XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 26 luglio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del Millennio, il segretario generale Ban Ki-Moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 nel fermo intento di indurre i governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà;
il Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio, istituito in questa legislatura presso la Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, ha fin dal 2008 operato per svolgere un'azione di monitoraggio sull'operato della comunità internazionale e del Governo italiano, soprattutto in coincidenza con l'anno di presidenza italiana del G8, nonché un'incisiva azione di sensibilizzazione della politica e dell'opinione pubblica italiana sui temi della lotta contro la povertà e per lo sviluppo;
tale impegno è stato rafforzato dalla deliberazione sullo svolgimento di un'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del millennio, che ha già prodotto nel 2009 un documento intermedio recante gli esiti del lavoro istruttorio ed un pacchetto di proposte operative finalizzate alla futura azione dell'Italia sui temi degli otto obiettivi;
l'interesse della comunità internazionale nei confronti di questo specifico impegno italiano, unico nel contesto europeo e dei Paesi che aderiscono all'OCSE, ha contribuito a dare visibilità ad iniziative analoghe assunte da altri sei Parlamenti nazionali - di India, Indonesia, Kenya, Mozambico, Nigeria e Sudafrica - per conferire efficacia al contributo parlamentare alla realizzazione degli obiettivi. La stessa Unione interparlamentare ha avviato uno studio sul caso italiano nell'intento di formulare delle linee guida destinate alle assemblee parlamentari dei cinque continenti e che saranno divulgate in occasione del summit di settembre;
la grave crisi economico-finanziaria, che ha investito anche l'Europa, ha indubbiamente gravato sullo scenario complessivo, inducendo tutti i maggiori Paesi donatori a drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e di riduzione degli impegni, anche sul versante della cooperazione allo sviluppo, come è progressivamente avvenuto in Italia anche in occasione della recente manovra, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, con tagli pari a 21 milioni di euro nel settore delle politiche di aiuto che sono venuti ad incidere su un già basso livello di stanziamenti;
pur in presenza di questo drastico cambiamento di contesto, intervenuto a metà del percorso per il raggiungimento degli obiettivi, non si può accettare una residualità politica dell'Aiuto pubblico allo sviluppo. Una moderna cultura di governo contiene in sé l'idea guida che le politiche di Aiuto pubblico allo sviluppo sono parte integrante e decisiva della proiezione internazionale del Paese. Il lavoro d'indagine ha permesso di delineare un quadro di luci ed ombre, anche in considerazione delle politiche attuate dai nuovi soggetti donatori, in particolare dalla Cina, suggerendo nuovi spunti di riflessione e dando centralità ad alcuni aspetti ai fini di una realistica programmazione degli interventi. Tali aspetti concernono il tema dell'efficacia degli aiuti, la loro prevedibilità, il coordinamento e la trasparenza quali elementi fondanti del patto di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari;
nella consapevolezza condivisa che lo scenario di crisi ha aggravato il compito dei Paesi donatori e ha proporzionalmente accresciuto l'importanza della ownership da parte dei Paesi destinatari, nel corso

degli approfondimenti istruttori sono state evidenziate le conseguenze negative del ricorso ad una «politica di annunci» non coerentemente accompagnata da una «politica di puntuali adempimenti», anche in riferimento ad isolate e controproducenti campagne di protesta assunte da personalità dello spettacolo note a livello internazionale e socialmente impegnate ma prive di responsabilità di tipo politico-istituzionale;
la negatività di tutto ciò sta nel fatto che poi tali politiche di annuncio contrastano con la realtà di un protezionismo soprattutto in materia agricola;
rispetto alle performance dei singoli Paesi membri appare sempre più determinante il ruolo dell'Unione europea quale maggior contributore alle politiche internazionali per lo sviluppo, anche per mezzo del Fondo europeo di sviluppo (FES) e alla luce del piano d'azione in dodici punti a sostegno degli obiettivi di sviluppo del millennio, elaborato dalla Commissione europea (il cosiddetto spring plan). Proprio questa sua centralità deve spingere l'Europa a razionalizzare i suoi percorsi decisionali rendendo più coerenti tra loro le competenze;
in merito alla situazione italiana vi è consapevolezza condivisa in ordine alla necessità di aggiornare gli strumenti operativi di attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo alle nuove esigenze della comunità internazionale, alla luce della Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo del 2005 e del Programma d'azione di Accra del 2008, procedendo nel percorso, già avviato con l'approvazione in sede legislativa alla Camera della proposta di legge C. 3400 Pianetta e Tempestini, di riforma della legge n. 49 del 1987 limitatamente ad alcuni aspetti connessi alla gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo. Vi è la consapevolezza a questo proposito che occorrerebbe andare ben oltre in termini di riferimenti della cooperazione per renderla strumento valido di una strategia Paese utilizzando per questo gli anni restanti della legislatura;
occorre tener conto del ruolo prioritario dato alla leadership efficace dei Governi nazionali nelle politiche di sviluppo, quale fattore-chiave per la realizzazione degli obiettivi del millennio, secondo quanto è indicato nel rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite «Keeping the promise» adottato il 12 febbraio 2010, ai sensi della risoluzione dell'Assemblea generale e n. 64/184,

impegna il Governo:

a mantenere, in generale, le sedi multilaterali al centro della gestione delle problematiche dello sviluppo, operando anche in seno all'Unione europea per accrescere l'efficienza e l'impegno delle Nazioni Unite;
al fine di incrementare il grado di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari, anche in vista del summit di settembre 2010, a delineare un quadro trasparente ed esaustivo sullo stato degli adempimenti da parte dell'Italia rispetto agli impegni assunti nelle sedi internazionali rispetto alle tematiche connesse agli obiettivi del millennio;
a formulare proposte concrete, da sottoporre alla comunità internazionale riunita a settembre a New York, in tema di efficacia, trasparenza e prevedibilità degli aiuti, anche al fine di ridurne la frammentazione;
anche alla luce del Piano d'azione della Commissione europea, ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo nella giusta considerazione la riflessione svolta in occasione dell'esame di proposte per la tassazione delle transazioni finanziarie internazionali;
nel confronto con la comunità internazionale a valorizzare la significativa prestazione italiana nella contribuzione finanziaria alle banche e ai fondi di sviluppo a carattere multilaterale, in qualità

di Paese membro del consesso G7/G8, nonché fondatore dell'Unione europea, dell'area dell'euro e della maggior parte delle banche di sviluppo, compiendo uno sforzo anche per assicurare la puntualità dei pagamenti che l'Italia comunque assicura alle istituzioni finanziarie internazionali, e promuovendo una gestione che, all'interno di un disegno unitario, dia la massima efficacia alla presenza di funzionari italiani ai più alti livelli di management di tali istituzioni;
in tal senso, a provvedere ad informare il Parlamento in modo tempestivo sullo stato della partecipazione finanziaria italiana alle istituzioni finanziarie internazionali, senza gli scarti temporali anche biennali registrati negli ultimi anni, tenuto conto delle importanti ricadute sulle politiche di aiuto che hanno avuto gli importanti e recenti accadimenti di tipo macroeconomico;
nel confronto con gli altri Governi a valorizzare il ruolo propulsivo che i Parlamenti nazionali possono avere nell'accrescere il consenso sulle tematiche del millennio e nel facilitare l'azione a favore dello sviluppo globale, anche in tempi di grave crisi per le economie nazionali;
a procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, individuando nel Ministero degli affari esteri la sede naturale ai fini della decisione politica e del coordinamento, provvedendo ad elaborare linee di riforma utili a innescare sinergie virtuose tra le diverse amministrazioni dello Stato e tra i diversi livelli di governo, centrale e periferico, interessati dagli interventi di cooperazione allo sviluppo;
a condurre, nel confronto con il Parlamento, una riflessione sui criteri che guidano le scelte del nostro Paese in tema di cooperazione allo sviluppo, in linea con le priorità di politica estera del nostro sistema e con un'attenzione rivolta anche alle politiche commerciali.
(7-00380)«Pianetta, Tempestini».

L'VIII Commissione,
premesso che:
gli interventi di adeguamento e ammodernamento della strada statale 38 cosiddetta dello Stelvio fanno parte del primo programma delle opere considerate strategiche per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nell'ambito del sistema «Accessibilità della Valtellina» di cui alla delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, approvata ai sensi della legge n. 443 del 2001;
gli interventi per l'accessibilità alla Valtellina sono stati definiti, in attuazione del decreto legislativo n. 190 del 2002, attuativo della legge n. 443 del 2001, nell'ambito dell'intesa generale quadro sottoscritta in data 11 aprile 2003 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il presidente della regione Lombardia;
il CIPE con deliberazione del 2 dicembre 2005, n. 151, ha approvato il progetto definitivo per l'appalto integrato del lotto 1 - variante di Morbegno dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano, prendendo atto della proposta di realizzazione di un primo stralcio da Fuentes allo svincolo di Cosio V;
il CIPE con successiva deliberazione n. 75 del 29 marzo 2006 ha assegnato la copertura finanziaria residua di 140 milioni di euro alla «strada statale n. 38 - Lotto 1 - Variante di Morbegno: dallo svincolo di Fuentes (compreso) allo svincolo del Tartano (compreso)», riservando alla «variante di Tirano» la quota residua e le economie realizzate a seguito dell'espletamento della gara per la realizzazione della progettazione esecutiva e dei lavori dell'intervento;
il 18 dicembre 2006 il ministero delle infrastrutture e dei trasporti della regione Lombardia, la provincia di Sondrio, l'ANAS Spa, la Camera di commercio di Sondrio e, in rappresentanza dei rispettivi enti territoriali, la comunità montana Valtellina di Morbegno e i comuni di Chiavenna, Sondrio, Tirano e Bormio hanno sottoscritto l'«accordo di programma

per la realizzazione degli interventi di potenziamento e riqualificazione della viabilità di accesso alla Valtellina e Valchiavenna (strada statale 36 e strada statale 38) e per l'attuazione immediata di un primo stralcio della strada statale 38 dello Stelvio: 1o lotto variante di Morbegno dallo svincolo di Fuentes allo svincolo di Tartano compreso» che, tra l'altro, prevede:
a) i compiti posti in capo ad ogni soggetto sottoscrittore, nonché la tempistica necessaria per addivenire nel più breve tempo possibile all'appalto del 1o lotto - 1o stralcio dal Trivio di Fuentes a Cosio V;
b) l'impegno per i soggetti sottoscrittori a predisporre, al fine di ridurne i costi, appositi studi per la definizione di soluzioni intermedie o provvisorie per la risoluzione degli attraversamenti di Tirano e Morbegno riconosciuti come emergenza nel progetto viabilistico ;
in ottemperanza a quanto previsto al punto a) è stata aggiudicata la gara per l'esecuzione del 1o lotto - 1o stralcio dal Trivio di Fuentes a Cosio V e l'avvio dei lavori è avvenuto il 28 febbraio 2009, con leggero ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale che prevedeva l'avvio dei lavori entro il 2008 e l'ultimazione dell'opera entro il 31 agosto 2011;
in ottemperanza agli impegni di cui al punto b) la provincia di Sondrio ha sviluppato le progettazioni delle soluzioni intermedie per la risoluzione degli attraversamenti di Tirano e Morbegno, attività concluse con la predisposizione di due studi di fattibilità che individuano:
per il nodo di Morbegno una soluzione comportante un costo complessivo di 195 milioni di euro a fronte del costo preventivo per la soluzione a suo tempo approvata dal CIPE di 390 milioni di euro;
per il nodo di Tirano una soluzione comportante un costo complessivo di 85 milioni di euro a fronte del costo preventivato per la soluzione a suo tempo approvata dal CIPE di 133 milioni di euro;
in data 5 novembre 2007 è stato stipulato un protocollo d'intesa da tutti gli enti facenti parte dell'accordo di programma con il quale si è assegnata all'ANAS la progettazione definitiva della variante di Morbegno e alla provincia di Sondrio la progettazione definitiva della variante di Tirano e inoltre stabilito il piano finanziario delle due tangenziali per un importo complessivo di 280 milioni di euro così garantito: per 60 milioni di euro da finanziamento CIPE, per 25 milioni di euro con fondi già disponibili sul lotto uno, per 63 milioni di euro con fondi assegnati dalla regione Lombardia, per 35 milioni di euro con le economie sul lotto uno del primo stralcio, per 97 milioni di euro con contributo degli enti locali;
a seguito degli accordi sottoscritti con il protocollo del 5 novembre, il CIPE, con propria deliberazione del 31 gennaio 2008, n. 14, ha disposto, ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo n. 163 del 2006, la variante al progetto definitivo accessibilità Valtellina, strada statale 38 1o lotto - variante di Morbegno relativa al 2o stralcio e ha assegnato, in via programmatica, il contributo di 60 milioni di euro la cui assegnazione definitiva sarà disposta in sede di approvazione definitiva del progetto;
il 19 febbraio 2009, l'ANAS ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e agli altri soggetti interessati il progetto definitivo del primo lotto secondo stralcio, da Cosio Valtellino al Tartano (cosiddetta variante di Morbegno), già approvato dal consiglio di amministrazione, per un costo complessivo di 287,713 milioni di euro, a fronte dei 195 milioni di euro preventivati e già coperti finanziariamente, così come risulta peraltro dalla ricognizione del programma delle infrastrutture strategiche di cui al DPEF 2009-2013;
l'opera rientra anche negli interventi della legge obiettivo previsti dal DPEF 2010-2013, tra gli interventi «finanziati in corso»;

nella «Relazione sullo stato del Procedimento» del 30 dicembre 2009, è indicato come costo complessivo del progetto del 2o stralcio del 1o lotto della variante di Morbegno la somma di 279.902.302,31 euro; la data di pubblicazione del bando risulta quella di giugno 2010 e l'inizio dei lavori è previsto per il mese di maggio 2011, con una durata di 1.250 giorni;
il 12 maggio 2009 è stata convocata la conferenza di servizi relativa al 2o stralcio, che ha concluso il proprio iter procedurale, dal punto di vista tecnico; tuttavia il progetto definitivo non è stato ancora approvato dal CIPE, ai fini dell'assegnazione del contributo statale di 60 milioni di euro, anche in attesa dell'individuazione della somma dei finanziamenti mancanti pari a circa 85 milioni di euro;
grazie agli interventi delle varianti alla strada statale 38, il traffico non attraverserà più i centri abitati di Piantedo, Delebio, Rogolo, Cosio Valtellino, Morbegno, Talamona, che costituiscono il territorio più antropizzato e con la maggiore concentrazione produttiva della Valtellina, permettendo il decongestionamento da traffico di tali centri abitati e garantendo la soluzione del nodo viabilistico ritenuto unanimemente più critico;
la popolazione locale sta aspettando da molti anni la realizzazione dei lavori di completamento delle opere, in quanto l'attuale configurazione della strada statale 38, a causa delle condizioni di saturazione del traffico, limita lo sviluppo locale del territorio e condiziona pesantemente la qualità della vita dei residenti,

impegna il Governo:

a garantire l'effettivo completamento delle opere necessarie per la funzionalità del sistema viario del territorio della Valtellina;
a garantire che il CIPE deliberi lo stanziamento delle risorse aggiuntive necessarie per permettere l'avvio delle procedure di gara del primo lotto secondo stralcio, tratto Cosio valtellino-Tartano, al fine di assicurare la prosecuzione dei lavori della strada statale n. 38, in corso di realizzazione sino a Cosio Valtellino (primo lotto primo stralcio), scongiurando il pericolo che, in assenza di un tempestivo provvedimento del CIPE, i fondi previsti possano essere dirottati altrove e che gli impegni notevoli della regione e degli enti locali (97 milioni) vengano vanificati;
ad assumere iniziative affinché sia destinata alla prosecuzione dei lavori per l'accessibilità della Valtellina, ed in particolare poi l'integrazione del finanziamento del 2o stralcio del 1o loto della variante di Morbegno, parte delle risorse provenienti dalle revoche dei finanziamenti effettuate ai sensi dell'articolo 46 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e destinate alla prosecuzione della realizzazione del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, con particolare riferimento alle risorse resisi disponibili a fronte della revoca attuata in ordine al limite di impegno quindicennale di 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005, destinato, ai sensi del comma 97 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, alla prosecuzione degli interventi volti al riassetto idrogeologico, alla ricostruzione e allo sviluppo del territorio della Valtellina di cui alla legge n. 102 del 1990;
a valutare l'opportunità di utilizzare per l'integrazione del finanziamento del 2o stralcio del 1o lotto della variante di Morbegno, le eventuali economie e ribassi d'asta provenienti dalla realizzazione del 1o lotto, 1o stralcio della variante di Morbegno, disponendo una modifica delle precedente determinazione del CIPE, così come deliberato dal collegio di Vigilanza dell'accordo di programma riunitosi a Sondrio il 18 giugno 2010, allo scopo di poter completare nell'immediato la parte più urgente dell'insieme degli interventi già programmati per l'accessibilità della Valtellina.
(7-00381)
«Guido Dussin, Crosio, Lanzarin, Togni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ha annunciato che dal 2012 verranno prodotte in Serbia le nuove versioni dei modelli Fiat Idea e Lancia Musa nonché la nuova monovolume Zero;
per il nuovo insediamento di Kragijevac si prevede un investimento complessivo di circa un miliardo di euro (di cui 350 milioni circa dalla Fiat, 400 dalla Bei e 250 dal governo serbo) per un produzione di 190 mila unità annue che sostituiranno i vecchi modelli realizzati a Mirafiori;
la notizia ha scatenato forti reazioni ed un acceso dibattito, sia nel mondo sindacale, che vede nella decisione dell'amministratore delegato una ritorsione nei confronti del sindacato e dei lavoratori; sia nel mondo politico, in cui tale ipotesi giudicata troppo frettolosa è avversata da tutti gli schieramenti; sia nel Governo, che finalmente si è accorto della necessità di riaprire un tavolo tra le parti per discutere del progetto Fabbrica Italia secondo il modello già concordato a Pomigliano;
lo stabilimento di Mirafiori, fulcro del rilancio del gruppo, finirà per essere il più penalizzato dalla decisione del management di Fiat;
il presidente della regione Piemonte, Roberto Cota, aveva appena espresso un giudizio assai positivo nei confronti della Fiat ed un apprezzamento particolare per l'amministratore delegato Marchionne per il «ritorno al segno più», assicurando un aumento di posti di lavoro sul territorio anche grazie «alle strategie della Regione Piemonte che aiuteranno la Fiat proprio grazie al nuovo piano di lavoro recentemente varato»;
oggi lo stesso presidente Cota afferma di voler ricordare all'amministratore delegato della Fiat il rispetto della parola data;
cresce l'allarme occupazionale tra gli operai dello stabilimento piemontese e già si annunciano nuove mobilitazioni che interesseranno tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat e cresce l'allarme economico in Piemonte ed in Italia per la perdita di una così rilevante attività industriale -:
se non ritengano di convocare subito l'amministratore delegato del gruppo Fiat per conoscere nel dettaglio i motivi di tale decisione, per avere maggiori chiarimenti rispetto agli impegni presi e al piano industriale anche al fine di evitare ulteriori e nuovi conflitti con tutte le forze sindacali e rassicurare le maestranze preoccupate per il loro futuro occupazionale.
(2-00797)
«Pezzotta, Anna Teresa Formisano, Delfino, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Ruggeri».

Interrogazione a risposta orale:

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che la fase dell'emergenza gestita dalla Protezione civile abbia lasciato ingenti debiti per le comunità colpite dal sisma del 6 aprile 2009;
a cifra che viene indicata è di circa 350 milioni di euro;
considerando che una elevatissima percentuale dei fondi stanziati per l'emergenza è andata per il piano c.a.s.e.;

il piano c.a.s.e. (insieme ai Map e all'affitto concordato) ha dato una risposta a 18.997 cittadini sui circa 50.000 sfollati e che questa spesa ha assorbito gran parte delle risorse previste dalla legge 39 del 2009 emanata dopo il sisma per la gestione dell'emergenza, le risorse messe a disposizione dall'Europa e persino delle donazioni;
su testimonianza del commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi e del vice Commissario massimo Cialente si apprende che ingenti sarebbero i debiti nei confronti degli alberghi che da oltre un anno ospitano gli sfollati, nei confronti degli oltre 25.585 cittadini ai quali non sono state erogate le risorse previste per l'autonoma sistemazione nonostante il comune de L'Aquila abbia anticipato al posto dello Stato due mesi di contributi ai cittadini, nei confronti delle aziende che hanno effettuato i puntellamenti degli edifici;
l'assenza di queste risorse a fronte di impegni presi durante la gestione dell'emergenza mette in difficoltà la situazione economica delle strutture alberghiere e soprattutto rischia di vedere i 3.127 cittadini ancora ospitati negli alberghi nella condizione di essere allontanati dalle strutture stesse, lascia le piccole aziende che hanno effettuato i puntellamenti in una situazione di significativa difficoltà economica e non fornisce ai tantissimi cittadini in «autonoma sistemazione» alcuna risorsa di sostegno;
inoltre gli impianti sportivi utilizzati come campi sono stati abbandonati senza essere ripristinati, come da prassi, lasciando alla città colpita dal sisma un'ulteriore incombenza -:
se le notizie secondo le quali sarebbero stati lasciati debiti alle comunità locali non vengano considerate parte dell'«emergenza» ed, in caso contrario, perché non siano state pagate;
cosa intenda fare il Governo per risolvere questa situazione.
(3-01196)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante il 14 settembre 2009 ha presentato l'atto di sindacato ispettivo 5-01750, allo stato ancora senza risposta, riguardante le anomalie della misura del compenso per l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della diffusione radiofonica e televisiva;
in particolare, l'interrogante chiedeva di sapere le motivazioni di tale incongruenza rispetto alla direttiva europea 2006/115/CE e se non si riteneva opportuno procedere a degli interventi correttivi dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di riferimento;
a seguito del suddetto atto di sindacato ispettivo e a conferma della sua fondatezza, in data 12 ottobre 2009, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato al Parlamento, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione per rappresentare al legislatore l'opportunità di rivedere la normativa italiana al fine superare il regime della misura legale dei compensi, con l'obiettivo di strutturare delle disposizioni ispirate al mantenimento di corrette dinamiche competitive, in linea con i princìpi comunitari di libera concorrenza del mercato;
siffatta distorsione risulta essere stata evidenziata anche da ricerche empiriche con studi comparativi ove si documenta che in Italia - per via del tetto normativo fissato al 2 per cento - la tariffa si aggiri intorno all'1 per cento dei ricavi delle emittenti, mentre quanto riconosciuto per i diritti connessi nel contesto europeo varia da un minimo del 2 per cento (Spagna) ad un massimo che supera il 5 per cento (Germania), con Francia e Regno Unito allineati attorno al 4 per cento;
l'attuale squilibrio giuridico determinato dai decreti del Presidente del Consiglio

dei ministri del 1975 e del 1976 ha prodotto inoltre un contenzioso tra gli artisti e i produttori e le emittenti radiofoniche, un conflitto che sta bloccando le trattative per il rinnovo del contratto sui diritti connessi, fermo al 2006 con grave pregiudizio per le imprese e gli autori;
su tale l'anomalia si è espressa anche la Commissione europea che ha dichiarato manifestamente fondata la questione per via delle evidenti alterazioni nel sistema di remunerazione di questi diritti -:
se non si ritenga quanto mai urgente e necessario rivedere la normativa italiana in materia di diritti connessi per adeguare la misura dei compensi agli standard europei per ragioni sia di equità sostanziale che di compatibilità giuridica con l'ordinamento comunitario.
(5-03289)

BOBBA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i giochi d'azzardo, pur essendo legali, possono innegabilmente rappresentare un rischio per coloro che, non riuscendo a controllare i propri impulsi, cadono preda di un vero e proprio vizio, che speso sfocia in una forma patologica detta ludopatia;
i casi di ludopatie sono in costante aumento a causa di vari fattori, tra cui l'incalzante pubblicità dei giochi, che assumono sempre nuove forme e modalità (lotterie istantanee e differite, poker online, superenalotto, win for live, e altre);
i dati di uno studio effettuato su 40.000 studenti, condotto dall'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) attestano che dal 2008 al 2009 la percentuale di studenti tra i 15 e i 19 anni che dichiarano di aver giocato in denaro almeno una volta negli ultimi dodici mesi è aumentata dal 40 per cento al 47 per cento, e l'aumento maggiore coinvolgerebbe le ragazze, passate dal 29 al 36 per cento; i maschi passano invece dal 53 al 57 per cento;
tra questi studenti, nonostante il divieto di legge, circa 550.000 sono minorenni, corrispondenti al 43 per cento dei minori scolarizzati (dati 2009, in crescita rispetto al 38 per cento del 2008);
sempre secondo detto studio, i giochi in denaro maggiormente praticati dagli studenti, sono nell'ordine il «gratta e vinci» e le lotterie istantanee (34 per cento, dal 28 per cento del 2008), scommesse sportive (17 per cento), lotto e superenalotto (cresciuti dal 9 al 14 per cento);
per quanto riguarda i contesti di gioco, ai primi tre posti si trovano i locali pubblici non dedicati, come bar, tabaccherie, pub (32 per cento), case private (20 per cento) e sale scommesse (12 per cento);
il gioco virtuale (internet, telefono cellulare) è utilizzato nel 7 per cento, anche se una quota del gioco praticato nelle case private avviene tramite web;
la legislazione vigente vieta ai minori di partecipare a giochi d'azzardo con premi in denaro, ponendo delle sanzioni sui gestori, nel caso di scommesse sportive giocate online, nelle ricevitorie, nei casinò e nel caso del poker online, al fine di limitare l'utenza ai soli soggetti maggiorenni;
il Codacons lamenta una grave falla nel sistema di tutela, rilevando, infatti, come anche i gratta e vinci siano da considerare in tutto e per tutto appartenenti alla categoria dei giochi d'azzardo;
detto tipo di gioco è quindi vietato ai minori, ma vista la facilità di reperimento, soprattutto nelle edicole, nelle tabaccherie, nei bar e nei distributori automatici, da una parte vi sono numerose possibilità di acquisto dei tagliandi, dall'altro i controlli sono inesistenti, come nel caso dei distributori automatici, o non effettuati dai gestori che, a volte per semplice ignoranza della legge e non rendendosi conto che anche i «gratta e vinci» siano gioco d'azzardo, non si preoccupano di accertare la maggiore età degli acquirenti;

la recente pubblicità relativa ai giochi d'azzardo non solo non scoraggia il minore in relazione ai rischi in cui potrebbe incorrere, ma vede come protagonisti personaggi del mondo dello sport e beniamini della TV, molto amati soprattutto da un pubblico giovane;
gli spot risultano poi ingannevoli in quanto lasciano intendere la facilità, quasi l'ovvietà, della vincita, che se, da un lato, può non convincere l'acquirente adulto, di certo illude il giovane minore sulla fattibilità di incassare cifre sostanziose in maniera semplice e con il minimo sforzo;
negli stessi spot, le forme di tutela e di informazione, come la scritta sulla responsabilità del gioco, minuscola e difficile da cogliere anche per gli adulti, risultano, a parere dell'interrogante, insufficienti ad avvertire gli utenti sulle problematicità del gioco d'azzardo;
le ludopatie comportano gravi rischi per gli utenti/consumatori, che spesso si traducono in serissimi problemi di salute le cui conseguenze non restano nella sfera privata dell'utente/consumatore, ma si riflettono dapprima sulla famiglia, e successivamente sull'intera collettività, sia per il ricorso al Sistema sanitario nazionale, sia per l'aumento della microcriminalità riconducibili al gioco d'azzardo patologico;
a parere dell'interrogante, in particolar modo i giovani non vengono adeguatamente formati ad un gioco responsabile e le campagne pubblicitarie alimentano il messaggio diseducativo, essendo tra l'altro trasmesse in fascia oraria protetta -:
quali iniziative si intendano porre in essere per tutelare i minori ed evitare che possano essere soggetti a forme compulsive di gioco;
se non si ritenga doveroso investire in campagne di comunicazione sia nelle scuole che sui media, al fine di rendere i giovani consapevoli e responsabili relativamente ai rischi connessi al gioco d'azzardo.
(5-03290)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 16 luglio 2010, come risulta da una notizia ANSA, il presidente del Consiglio nazionale forense, professor avvocato Guido Alpa, in una.conferenza stampa illustrando le ragioni della protesta dell'avvocatura ha evidenziato che il Cnf ha tra i suoi compiti istituzionali quello di esprimere pareri sui disegni di legge che il Governo vara in materia di giustizia ed ha lamentato che tale compito non poteva essere assolto dal Cnf in quanto il Ministero ha più volte assunto «iniziative che il CNF apprende dai giornali» augurandosi che il Guardasigilli «parli di processo innanzitutto con avvocati e magistrati, che ne sono il cuore»;
martedì 20 luglio i sedici Consigli dell'ordine degli avvocati dei distretti di Venezia, Trieste e Trento in rappresentanza degli oltre 14.000 iscritti, a mezzo diverse conferenze stampa e comunicati stampa, che hanno trovato ampia diffusione sulla stampa locale delle tre regioni, hanno criticato la scelta di ovviare all'inefficienza della giurisdizione «privatizzando» la giustizia e così, tra l'altro, sostituendo il giudice con arbitri, notai, commercialisti, o ausiliari vari di altra natura evidenziando, come i continui interventi disorganici sul processo civile venivano peraltro, assunti senza il necessario e preliminare confronto con i soggetti della giurisdizione che poi dovrebbero applicarli;
l'Avvocatura lamenta inoltre lo «stallo» in cui versa la trattazione parlamentare del progetto di riforma professionale -:
se siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se e come il Governo intenda intervenire per assicurare il necessario e preliminare confronto con avvocati e magistrati in tema di riforma del processo

civile, rispettando così il compito istituzionale del Cnf di esprimere pareri sui disegni di legge che il Governo vara in materia di giustizia.
(4-08154)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 18 luglio 2010, dalle 10,15 alle 15,25, la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale Ucciardone di Palermo accompagnata da Laura Baccaro (Ristretti orizzonti); Gloria Cammarata (ufficio del garante per la tutela dei diritti dei detenuti - regione Sicilia); Michele Recupero (volontario Crivop Onlus); Bruno Di Stefano (volontario; presente soltanto nelle prime due ore) e dai militanti radicali Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli;
nel corso della visita ispettiva la delegazione è stata accompagnata da Maurizio Veneziano, direttore del carcere e Carlo D'Anna, vice commissario polizia penitenziaria;
nell'istituto di pena in questione gli agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica dal decreto ministeriale sono 530, mentre quelli effettivamente in servizio risultano essere 370 (160 in meno);
i detenuti presenti sono 700 a fronte di una capienza regolamentare di 430; il 15 per cento circa è rappresentato da stranieri e un altro 15 per cento da tossicodipendenti. Vi sono anche 15 sieropositivi; molto diffuse risultano essere tra la popolazione detenuta le malattie infettive; ciononostante vi è un solo medico e un solo infermiere in servizio;
elevatissimo è il turn-over di detenuti: circa 25 tra ingressi e scarcerazioni ogni giorno; si registra un aumento di circa 30 unità al mese. Circa il 20 per cento dei detenuti ha una permanenza in carcere inferiore a 7 giorni;
gli educatori previsti in pianta organica sono 8, quelli effettivamente in servizio sei;
gli psicologi non sono di ruolo: 3 (a ore) + 8 (a ore) per il presidio nuovi giunti. Un ragazzo di 25 anni, affetto da schizofrenia, non riceve alcuna cura, da più di un mese ha fatto domanda per parlare con psicologo e psichiatra senza ricevere alcuna risposta;
il cosiddetto «Canile» rappresenta il primo approccio per chi viene arrestato, in attesa dell'assegnazione ad una sezione ed è a quel che sembra agli interroganti in tutto e per tutto simile ad un canile degradato. Celle assolutamente prive di arredamento. Dovunque sporcizia e degrado. Alcune celle hanno il gabinetto alla turca. Altre non hanno nemmeno il water. A detta del direttore, nel canile la permanenza non supera le 5 ore;
l'Ottava Sezione è ultimata ma in attesa di collaudo. Destinata ad ospitare 120 detenuti, ma ancora non aperta per carenza di personale (servono 40 unità di polizia penitenziaria);
la terza sezione presenta una struttura fatiscente;
al primo piano sono ubicati 37 detenuti. Sezione cosiddetta «protetta». Divieto d'incontro con altri detenuti. Per questi detenuti sono previsti solo 10 minuti d'aria al giorno, peraltro in un passeggio piccolo, con caldo infernale;
il lavoro è praticamente inesistente, così come le attività trattamentali;
umidità, muffa, tetti e muri scrostati sia all'interno delle celle, sia nella doccia comune;
le celle sono prive di doccia. Wc con muretto a vista dal corridoio. In molte celle lo scarico del bagno non funziona e i detenuti sono costretti a riempire secchi o bacinelle per tirare l'acqua;

in corridoio è presente la doccia in comune. Su 7 docce ne funziona una sola. D'inverno non c'è acqua calda. Condizioni igieniche pietose. Piatti doccia sporchissimi: a detta dei detenuti la candeggina non viene mai passata. È consentito ai detenuti di fare la doccia al massimo tre volte a settimana;
i detenuti ricevono gratuitamente soltanto due rotoli di carta igienica al mese. Tutto il resto devono acquistarlo a proprie spese: anche i prodotti per lavarsi e per pulire la cella, e perfino i sacchetti dell'immondizia (molti detenuti infatti per riporre i rifiuti utilizzano fogli di giornale al posto dei sacchetti);
le domandine per i colloqui spesso restano senza risposta. Un detenuto della cella n. 1 non fa colloqui da 13 mesi;
il barbiere non viene da 7 mesi;
in una cella era presente da solo un detenuto con tubercolosi. Indossa la mascherina ed è tenuto a distanza da tutti (detenuti e agenti);
al secondo piano sono ubicati 11 detenuti. Qui su 7 docce ne funzionano 2 e le condizioni strutturali sono uguali a quelle riscontrate al primo piano;
un detenuto (cella n.8) incontinente e affetto da emiparesi destra, con invalidità al 75 per cento, è senza materasso e non ha i soldi per comprare i pannolini. Vorrebbe un piantone. Ha bisogno di assistenza per lavarsi, per mettere il pannolino;
nella cella n. 7 non funziona la televisione. Sono reclusi un ragazzo di 18 anni, un uomo di 70 anni e un tunisino di 42 anni;
l'unica sezione ad avere le docce in cella è la quarta, che ospita 88 detenuti;
nella sezione settima, due settimana fa ha avuto luogo la protesta dei detenuti con battitura ferri per un'ora, da mezzanotte all'una;
i detenuti che lavorano sono pochissimi e i guadagni irrisori. Il porta vitto guadagna 400 euro al mese. Il barbiere guadagna soltanto 90 euro al mese;
un detenuto di 68 anni, diabetico, con la mano atrofizzata, deve essere operato urgentemente al tendine, è senza piantone. Al figlio, pure lui detenuto, non è consentito di accudirlo;
vi sono molti detenuti tossicodipendenti, sieropositivi e affetti da epatite C;
il detenuto affetto da tubercolosi che ora si trova nella terza sezione, prima stava in questa sezione con altri 10 detenuti, che chiedono invano un controllo medico;
anche qui wc con muretto basso e scarico dell'acqua spesso non funzionante;
un detenuto si è fratturato il piede: portato in ospedale dopo 2 mesi, quando ormai l'osso si era calcificato;
un cardiopatico ha la richiesta firmata dal magistrato per fare la scintigrafia, ma ancora non l'ha potuta fare;
le famiglie vengono alle 4 del mattino per prendere il turno per fare i colloqui e sono costrette ad aspettare all'aperto senza alcuna copertura (al sole o sotto la pioggia). Poi i colloqui iniziano alle 11.00;
la sala colloqui presenta muretto divisore e vetro e al suo interno l'igiene è scarsa; sicché molti detenuti preferiscono rinunciare ad avere colloqui con i figli;
nelle celle sono presenti formiche, scarafaggi, topi («grossi» sottolineano i detenuti);
nel passeggio è stata messa (con i soldi del carcere) una piccola tettoia solo dopo che i detenuti si erano autotassati. Nell'area retrostante il passeggio, su cui si affacciano le celle, sono presenti animali morti e salgono odori insopportabili;
c'è una palestra con attrezzi nuovi che non può essere utilizzata per carenza di personale;

per i detenuti è molto difficile avere un colloquio con gli educatori, a volte le attese possono durare anche 7 mesi;
in alcune celle il sovraffollamento ha raggiunto livelli di guardia: in esse stazionano 12 detenuti in circa 18 mq; e un solo agente controlla ben quattro piani. Nelle celle non ci sono le porte del bagno; né le cosiddette «bilancette» (armadietti) -:
se ritenga di dover provvedere affinché sia adeguatamente incrementato l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso la struttura carceraria Ucciardone di Palermo;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
quali iniziative intenda assumere il Governo per intervenire tempestivamente rispetto al grave problema del sovraffollamento nonché alle ancor più drammatiche urgenze edilizie e igienico-sanitarie della casa circondariale di Palermo, per le quali non si può certo aspettare la ancora assai lontana prospettiva di realizzazione del cosiddetto «piano carceri»;
se non intenda disporre la immediata chiusura del reparto chiamato «canile» dove i detenuti stazionano in attesa di essere assegnati alla propria sezione;
per quali motivi non sia stato ancora effettuato il collaudo dell'ottava sezione e se non intenda garantirne l'immediata apertura;
quali interventi si intendano mettere in atto per rendere igienicamente ed ambientalmente accettabile l'attuale struttura carceraria palermitana, nella quale i detenuti scontano di fatto una doppia pena e le stesse condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziarie e del personale amministrativo risultano essere alquanto difficili;
cosa intendano fare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale dei medesimi previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
quali misure urgenti si intendano adottare, promuovere e sollecitare al fine di aumentare l'organico degli educatori che operano nell'istituto di pena in questione;
se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, ai bagni delle celle e all'accesso quotidiano alle docce;
quali provvedimenti intenda adottare affinché vengano garantite ai familiari che si recano a colloquio con i detenuti tempi di attesa tollerabili, da trascorrere soprattutto senza essere esposti alle intemperie del clima;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se non intenda intervenire urgentemente per assicurare una migliore circolazione di aria e luce nelle celle degli uomini, anche mediante la rimozione del pesante retino posto sulle finestre; un ricambio più frequente delle lenzuola ed una migliore qualità del cibo;

se corrisponda al vero il fatto che molti detenuti incontrano difficoltà nel ricevere risposta alle cosiddette domandine per ottenere i colloqui;
se all'interno dell'istituto di pena non intenda garantire la presenza di un barbiere con cadenza periodica;
se intenda assicurare al detenuto invalido al 75 per cento e affetto da emiparesi destra l'assistenza di cui ha bisogno;
se sia noto per quali motivi il detenuto cardiopatico che ha ottenuto il permesso dal magistrato per fare la scintigrafia non vi sia stato ancora sottoposto;
per quali motivi recentemente i detenuti della settima sezione abbiano protestato con battitura ferri per un'ora;
quali provvedimenti urgenti si intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché siano evitate le trasmissioni di malattie infettive tra detenuti e tra questi e gli agenti;
quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario palermitano alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08155)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 «Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica», altrimenti noto come decreto Bersani, non disciplina in alcuna parte le modalità di misura relativamente al mercato elettrico;
la legge n. 481 del 1995 prevede all'articolo 2, comma 12, lettera c) che le autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità controllino che le condizioni e le modalità di accesso per i soggetti esercenti i servizi, comunque stabilite, siano attuate nel rispetto dei princìpi della concorrenza e della trasparenza, anche in riferimento alle singole voci di costo;
sempre la legge 481 del 1995 prevede all'articolo 2, comma 12, lettera f) che l'Autorità di settore emani le direttive per la separazione contabile e amministrativa e verifichi i costi delle singole prestazioni per assicurare, tra l'altro, la loro corretta disaggregazione e imputazione per funzione svolta, per area geografica e per categoria di utenza evidenziando separatamente gli oneri conseguenti alla fornitura del servizio universale definito dalla convenzione, provvedendo quindi al confronto tra essi e i costi analoghi in altri Paesi, assicurando la pubblicizzazione dei dati e all'articolo 2, comma 12, lettera m) valuta reclami, istanze e segnalazioni presentate dagli utenti o dai consumatori, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il sevizio nei confronti dei quali interviene imponendo, ove opportuno, modifiche alle modalità di esercizio degli stessi ovvero procedendo alla revisione del regolamento di servizio di cui al comma 37;
la legge 23 agosto 2004, n. 239, concernente «Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia prevede all'articolo 1, comma 35, che l'autorità per l'energia elettrica e il gas, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotti, compatibilmente con lo sviluppo della tecnologia degli apparecchi di misura, i provvedimenti necessari affinché le imprese distributrici mettano a disposizione dei propri clienti o di un operatore prescelto da tali clienti a rappresentarli il segnale per la misura dei loro consumi elettrici»;
il decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante «misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia prevede che l'autorità per l'energia elettrica e il gas adotta disposizioni per la

separazione funzionale, anche per lo stoccaggio di gas, secondo le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE del Parlamento europeo e del consiglio, del 26 giugno 2003, e definisce le modalità con cui le imprese di distribuzione di energia elettrica o di gas naturale garantiscono, nel rispetto delle esigenze di privacy, l'accesso tempestivo e non discriminatorio ai dati dell'ultimo anno derivanti dai sistemi informativi e dall'attività di misura, relativi ai consumi dei clienti connessi alla propria rete, strettamente necessari per la formulazione delle offerte commerciali e la gestione dei contratti di fornitura»;
di fatto l'attuale normativa lascia dubbi riguardo a quale sia il regime di svolgimento dell'attività di misura, e riguardo a se gli aventi interesse possano contare o meno relativamente alla misura di energia elettrica - sulle stesse garanzie di qualità del servizio che afferiscono l'attività di distribuzione;
l'incertezza di cui al punto precedente potrebbe limitare le possibilità dell'autorità per l'energia elettrica e il gas nell'impossibilità di dare seguito ai dettami normativi previsti dalle norme primarie sopra riportate;
ciò crea difficoltà ed incertezze agli operatori del settore come risulta dal caso di specie di seguito riportato:
Mengozzi rifiuti sanitari è un'azienda forlivese leader in Italia nella gestione dei rifiuti provenienti da attività ospedaliere e ambulatoriali. Fulcro della sua attività è l'esercizio di un termovalorizzatore con il quale, attraverso lo smaltimento dei rifiuti viene prodotta energia elettrica che in parte viene autoconsumata, e in parte, nelle quote eccedenti, viene rivenduta al GSE nell'ambito di una convenzione stabilita ai sensi del provvedimento Cip 6/92;
Mengozzi acquista l'integrazione di energia elettrica necessaria ai propri consumi dalla Hera s.r.l. attraverso la rete di Enel distribuzione;
con bolletta del 27 novembre 2009 Hera invia a Mengozzi una fattura a conguaglio per l'energia acquistata nel biennio 2009/2009 fatturando oltre ai consumi effettivamente trasferiti dalla rete anche quelli relativi all'energia prodotta dalla Mengozzi stessa sia l'energia ceduta al GSE e non immessa in rete, applicando sia il prezzo dell'energia sia l'aliquota per il trasporto, servizio mai effettuato;
alla contestazione effettuata da Mengozzi, Hera ha risposto con lettera del 2 marzo 2010 sostenendo che «le fatture di consumo di energia elettrica sopra indicate sono state emesse dai nostri sistemi in modo automatico sulla base dei dati di consumo forniti dal distributore locale competente, Enel distribuzioni Spa» e che stiamo procedendo ad eseguire le necessarie verifiche presso il distributore Enel distribuzione Spa";
con lettera trasmessa in data 13 aprile 2010 Hera comunicava che «relativamente alle azioni di verifica da noi intraprese presso Enel distribuzione Spa, siamo con la presente a confermarVi, allo stato, la correttezza dei dati di consumo di energia elettrica afferenti al vostro impianto in regime di Cip 6/92», avvertendo inoltre che, in caso di mancato pagamento delle fatture entro il termine indicato, «HERA Comm intraprenderà le azioni ritenute più opportune per il recupero del proprio credito, riservandosi di trasmettere alla Società di Distribuzione Locale, la richiesta di chiusura delle forniture per morosità, senza ulteriore preavviso», causando di fatto una interruzione di pubblico servizio;
in data 26 aprile 2010 Mengozzi ha trasmesso una comunicazione ad Hera con la quale veniva ribadita la fondatezza della propria posizione anche attraverso una puntuale analisi documentale dei documenti di fatturazione e come, laddove venissero rilevate violazioni contrattuali ai sensi degli articoli 1175 e 1375 del codice civile si configurerebbero gravi profili di responsabilità da valutare anche per aspetti non solo civilistici. Contemporaneamente

si chiedeva ad Enel e all'autorità per l'energia elettrica ed il gas nell'ambito delle rispettive competenze chiarimenti interpretativi allo scopo di fare chiarezza e dirimere la controversia -:
quali iniziative normative si intendano porre in essere per chiarire in modo esaustivo e conclusivo i dubbi interpretativi che hanno determinato questa situazione che rischia di coinvolgere decine di operatori presenti sul mercato che ne avrebbero grave danno e difficoltà nel proprio operare;
quali iniziative si intendano porre in essere affinché alla luce di casi come quello rappresentato vengano assunte le pertinenti iniziative di carattere normativo e regolamentare e vengano tutelati e garantiti gli operatori e i clienti del settore relativamente ai princìpi di trasparenza, parità di trattamento e tutela della concorrenza, anche affinché situazioni come quelle rappresentate non abbiano a ripetersi.
(4-08157)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 17 luglio 2010, dalle ore 16.00 alle ore 21.30, la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Messina insieme a Laura Baccaro (Ristretti Orizzonti), Salvatore Sciacca (ufficio del Garante per la tutela dei diritti dei detenuti - regione Sicilia), Gaetano Faraci (ufficio del Garante per la tutela dei diritti dei detenuti - regione Sicilia), Michele Recupero (volontario Crivop Onlus) e Gianmarco Ciccarelli, militante radicale;
la delegazione è stata accompagnata nel corso della visita da Angela Sciavicco, direttore aggiunto dell'istituto di pena in questione, Antonella Machì, vice commissario comandante di reparto; Giacomo Caudo, direttore sanitario e dal cappellano don Salvatore;
la pianta organica prevede che nella casa circondariale di Messina debbano essere presenti 293 agenti di polizia penitenziaria; a fronte di ciò, gli assegnati risultano essere 248 e quelli effettivamente in servizio sono 144 (quindi meno della metà);
lo scarto tra assegnati ed effettivamente in servizio è dovuto al numero elevato di agenti impiegati in traduzioni, distaccati, in missione;
i detenuti presenti alle ore 12,00 del 17 luglio 2010 erano 393 di cui: 349 uomini e 44 donne, così suddivisi per reparti: alta sicurezza, 211 (ma in questa sezione sono reclusi anche 89 detenuti comuni «media sicurezza», dopo la chiusura del reparto MS); SOSTA, 36; C.D.T. (Centro diagnostico terapeutico), 85; femminile, 44 (di cui una madre con un minore); sezione semiliberi, 17;
il carcere ha un reparto chiuso dal 14 gennaio 2010 («Media Sicurezza»); reparto che ospitava circa 200 detenuti, ora distribuiti in altri reparti;
il dato relativo alla capienza regolamentare dell'intera struttura non è stato fornito, comunque il carcere è gravemente sovraffollato; al punto che i singoli detenuti non godono dei 7 metri quadrati di spazio stabiliti dal Consiglio d'Europa e, in molti casi, nemmeno di 3 metri quadrati;
trattandosi di casa circondariale, sono presenti perlopiù detenuti in attesa di giudizio, con un elevato turn-over (fenomeno delle «porte girevoli»);
l'istituto ospita anche 9 internati, oltre ai detenuti cosiddetti «protetti» e un ex collaboratore di giustizia;
la direttrice ha definito l'istituto come «la struttura più complessa di tutta la regione», proprio per la presenza di sezioni, tipologie di detenuti e posizioni giuridiche differenti;

il wc è a vista, con evidente lesione della privacy. Le celle non sono provviste di doccia; ma vi è la possibilità di fare la doccia ogni giorno (tranne che la domenica);
le detenute trascorrono in cella 20 ore su 24. Nessuna socialità. Le detenute lamentano l'impossibilità di circolare in corridoio. L'unica attività extracella sono i corsi Enaip (per fare braccialetti);
le detenute lamentano: a) l'assenza di adeguata assistenza sanitaria e chi ha bisogno di farmaci, in molti casi, deve acquistarli a proprie spese; b) l'assenza di permessi e difficoltà per telefonare ai figli. Inoltre, riferiscono che i volontari vengono a trovarle raramente;
sono presenti anche donne incinte; in particolare due di loro, disperate per la lontananza dalla famiglia, vorrebbero l'avvicinamento; si tratta di: a) Jevremovic Svetlana nata a Torino il 31 maggio 1981, già madre di 5 figli; b) Badulovic Ruza, nata in Macedonia il 24 aprile 1983, già madre di 6 figli;
il primo piano, sempre nella sezione femminile, ospita il reparto «nido» dove staziona una giovane donna con la sua bimba di 2 anni. La ragazza ha altri due figli di 9 e 10 anni, che vivono in un istituto. Il padre dei bimbi è, a sua volta, detenuto;
il reparto alta sicurezza (femminile) posto al 1o piano presenta gli stessi problemi strutturali, ossia assenza di igiene, presenza di insetti, formiche, scarafaggi e topi. Nessuna socialità e assistenza sanitaria fortemente deficitaria, se non addirittura «inesistente» (a detta di tutte);
una detenuta è da sola in cella (protetta). Non ha né amici né parenti e non fa colloqui da più di tre anni. Ha problemi di salute (sciatica ed ernia al disco). Esce dalla cella soltanto per 30 minuti al giorno. Soffre molto, non ha rapporti con nessuno, scoppia in lacrime e dice di avere bisogno di parlare;
molte detenute soffrono per l'assenza del bidet (siamo costrette a farlo con la bottiglia»);
una detenuta (di nome Antonella Strano, che ha il marito in 41-bis) deve operarsi per un polipetto: lo chiede da 7 mesi senza che, ad oggi, abbia ottenuto alcune risposte né adeguata assistenza sanitaria. La stessa ha raccontato che una volta è rimasta svenuta nel letto per 8 ore, senza aver ricevuto alcuna assistenza;
una detenuta (cella n. 23) non riceve alcuna assistenza sanitaria nonostante le abbiano diagnosticato un tumore al polmone e nonostante sia stato emesso il provvedimento del giudice di ricovero d'urgenza;
le detenute lamentano che le lettere non vengono spedite, così come non vengono inoltrate le domandine per parlare con i volontari;
il reparto alta sicurezza è controllato da un solo agente. A volte, un solo agente controlla l'alta sicurezza e il nido;
il passeggio (9.00-11.00 e 13.00-15.00) avviene in due piccole aree squallide e degradate. In estate il sole è a picco e molte detenute rinunciano all'ora d'aria, restando in cella 24 ore su 24;
nella sezione maschile, nei camerotti posti al piano terra, vi sono i detenuti comuni media sicurezza;
il reparto è gravemente sovraffollato, fino a 6 detenuti in una cella di 12 metri quadrati. Le celle sono provviste di doccia (sempre nei 12 metri quadrati). Le celle in questo reparto hanno la porta blindata piena per metà e il retino della finestra particolarmente spesso: la circolazione dell'aria e l'illuminazione sono assai limitate e alcuni detenuti riferiscono di aver avuto un netto abbassamento della vista;
la permanenza all'interno delle celle supera le 20 ore al giorno. In alcuni casi è di 22 ore al giorno. Anche qui molti detenuti, in estate, preferiscono non recarsi nel passeggio per l'assenza di ombra;

molti denunciano il ritardo (anche di 4 o perfino 5 mesi) nella consegna di pacchi a loro destinati e ritengono che alcune lettere indirizzate all'esterno non vengano spedite. Molti detenuti incontrano difficoltà e attese estenuanti prima di poter telefonare all'esterno, perfino verso numeri fissi;
le lamentele per la carente assistenza sanitaria sono generalizzate;
a un detenuto di 30 anni (di nome Calogero Liotta) è stato diagnosticato 8 anni fa il morbo di Crohn. Liotta sostiene di non essere stato curato e di aver dovuto attendere 14 mesi prima di una visita in ospedale. Inoltre ha chiesto da più di un mese una calza elastica per ovviare ad un problema di gonfiore della gamba, senza averla ancora ricevuta. Un altro detenuto da più di un anno attende di fare la TAC;
tanti detenuti raccontano di essere stati trasferiti nel carcere di Messina per potersi avvalere del Centro clinico, senza avere poi effettivamente ricevuto alcuna cura. Colpisce che i detenuti parlino del Centro clinico (CDT) non in termini di malfunzionamento ma in termini di «inesistenza»;
il reparto cosiddetto «sosta» si compone di appena 5 celle sono ristretti 36 detenuti. Tutte le celle sono gravemente sovraffollate e non rispettano il criterio dello spazio minimo vitale di 3 metri quadrati per detenuto;
la doccia può essere fatta soltanto due volte e in alcuni casi tre volte alla settimana. Vi è solo una doccia per tutto il reparto. L'acqua è fredda anche in inverno. A causa dell'umidità e della muffa, i muri sono scrostati e il tetto cade a pezzi. Tutto è marcio, un ambiente talmente insalubre è difficilmente immaginabile;
anche l'interno delle celle e il corridoio sono in condizioni a dir poco fatiscenti: impressionano il degrado, la sporcizia e l'assenza delle più elementari norme igieniche;
nella cella n. 1, grande appena 10 metri quadrati sono presenti 4 detenuti stranieri (2 provenienti dalla Tunisia, 1 dal Marocco e 1 dal Bangladesh). Queste persone non hanno i soldi nemmeno per comprare lo shampoo (prodotto che non viene fornito dal carcere) e hanno chiesto un sussidio senza aver ricevuto alcuna risposta;
anche la cella n. 2 ospita 4 detenuti in 10 metri quadrati. Qui i detenuti hanno applicato un cartone nella parte bassa della porta, in modo da limitare l'ingresso dei topi. Topi grossi anche 30 centimetri, talmente grandi da mettere paura ai gatti, dicono. Un detenuto di nome Santo Rossano soffre di ulcera e ha da tre settimane una guancia visibilmente gonfia a causa di un ascesso dentario. Dice di non aver ricevuto alcuna assistenza sanitaria;
la cella n. 3 ospita 12 detenuti in 23,40 metri quadrati. Il giorno precedente alla visita erano in 13, ancora prima erano in 15. Qui i letti a castello sono addirittura di 5 piani. I detenuti raccontano che talvolta in questa cella più detenuti sono stati costretti a dormire nello stesso letto;
la cella n. 4 detiene il record negativo di spazio per detenuto: 8 detenuti stipati in 11,70 metri quadrati (lo spazio per ciascun detenuto è inferiore a 1,5 metri quadrato). Qui padre e figlio sono stati costretti a dormire nello stesso letto per diversi giorni. In questa cella un detenuto è caduto dal 4o piano del letto e si è lussato un polso. Ci sono anche un ragazzo di 18 anni e uno di 22 anni; quest'ultimo - ci hanno detto i suoi compagni di cella - «assume Tavor dalla mattina alla sera, e non fa nulla fuorché mangiare e vomitare». Un detenuto mostra il suo corpo pieno di macchie bianche (funghi) e ci dice che «tutti, alla Sosta, sono pieni di funghi». Anche in questa cella i detenuti utilizzano il cartone per tentare di limitare l'ingresso dei topi;
nella cella n. 5 (8 detenuti in 13,20 metri quadrati di spazio) c'è un detenuto sieropositivo. Qui i detenuti ci dicono che le lenzuola vengono cambiate una volta

ogni 45 giorni. Si lamentano per la scadente qualità del cibo («il mangiare è orribile, la frutta è dura») e ci fanno odorare uova sode e polpette di carne, oggettivamente maleodoranti;
tutti i detenuti lamentano la carenza di assistenza sanitaria;
i reclusi del reparto «Sosta» restano all'interno della cella 23 ore su 24. L'ora d'aria si svolge in un passeggio infestato dai topi, che condividono con i reclusi del CDT;
il Centro/diagnostico terapeutico posto al primo piano e presentato dalla direttrice nel colloquio iniziale come un «piccolo ospedaletto con diverse branche specialistiche» all'interno della struttura, versa in condizioni di abbandono e degrado tali da rendere, ad avviso degli interroganti, del tutto impropria e fuori luogo la stessa denominazione di centro clinico;
nel CDT sono reclusi sia detenuti affetti da patologie (in alcuni casi anche gravissime), sia detenuti comuni sistemati in questo reparto solo perché non vi è spazio altrove, a causa del sovraffollamento, sia internati. Nelle celle si può osservare la compresenza di letti ospedalieri e semplici brande;
le condizioni della struttura sono disastrose. Anche qui umidità e muffa sui muri e sui tetti. Quando piove entra acqua nelle celle. Spesso cadono pezzi di intonaci; vi sono formiche e scarafaggi. Nel cortile dove ci sono le vasche dell'acqua è stata avvistata anche una serpe. Presenza di escrementi di topo;
i detenuti non denunciano l'inadeguatezza della cure, ma l'assenza delle cure;
nella cella n. 12 (12 detenuti in 30,20 metri quadrati, lo spazio che separa il tetto da chi dorme all'ultimo piano del letto a castello è di circa 10 centimetri. In alcune celle il bagno è senza finestra e senza aspiratore. Un ustionato ha ricevuto cure e farmaci dopo 15 giorni dall'incidente;
il medico del Sert, riferiscono i detenuti, si reca nel reparto solo una volta ogni tre mesi;
un detenuto da oltre un mese attende una visita oculistica;
un detenuto di 77 anni, che si trova da un anno nel CDT, afferma di essere notevolmente peggiorato e di non avere ricevuto «nessuna cura, nemmeno una medicazione»;
nella cella n. 7 vive un detenuto di 190 chilogrammi, cardiopatico con numerose complicanze: è entrato senza gonfiori, ora non riesce più a camminare e solo grazie all'aiuto dei compagni di cella ogni tanto può fare una doccia;
un detenuto attende da 6 giorni un farmaco per curare una stomatite; un altro afferma di avere un tumore maligno al fegato, e di non ricevere la somministrazione dei farmaci di cui avrebbe bisogno. A nessuno viene riservata una appropriata dieta personalizzata;
i detenuti sottolineano che la presenza di un medico è rara ed è difficile perfino parlare con un dottore;
nella cella n. 9 Antonino Caruso, nato il 23 aprile 1972, chiede da molti mesi di poter fare una gastroscopia per verificare la lesione del pancreas;
nella cella n. 10 un detenuto (Gabriele Di Ponto) racconta così il suo atto di autolesionismo: «mi sono tagliato e mi sono dovuto ricucire da solo». Come conferma l'agente di polizia penitenziaria, Di Ponto non è autorizzato a telefonare ai suoi familiari. Non vede e non sente suo figlio da 4 mesi e mezzo e rimpiange il periodo in cui era recluso al carcere di Secondigliano, in cui invece gli era consentito di telefonare;
nella cella n. 11 sono reclusi 5 internati che hanno intrapreso 9 giorni di sciopero della fame;

Sergio Cermentini, anche lui di 56 anni, deve essere operato alla tiroide e attende da 7 mesi. Nel frattempo, nemmeno un'analisi. La famiglia sta a Roma e non la vede da 1 anno: anche lui vorrebbe un avvicinamento;
Nicolino Schirillo ha un'invalidità del 90 per cento e chiede da tempo di fare una risonanza magnetica;
a detta della direttrice, il Centro diagnostico terapeutico non è dotato nemmeno di un defibrillatore -:
per quali motivi risulti tuttora chiuso il reparto «media sicurezza» e se non si intendano adottare gli opportuni provvedimenti volti a garantirne l'immediata riapertura;
se si ritenga di dover provvedere affinché sia adeguatamente incrementato l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso la struttura carceraria di Messina;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il Corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
quali iniziative intenda assumere il Governo per intervenire tempestivamente rispetto al grave problema del sovraffollamento nonché alle ancor più drammatiche urgenze edilizie e igienico-sanitarie della casa circondariale di Messina, per le quali non si può certo aspettare la ancora assai lontana prospettiva di realizzazione del cosiddetto «piano carceri»;
quali interventi si intendano mettere in atto per rendere igienicamente ed ambientalmente accettabile l'attuale struttura carceraria messinese, nella quale i detenuti scontano di fatto una doppia pena e le stesse condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziarie e del personale amministrativo risultano essere alquanto difficili;
cosa intendano fare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
entro quali tempi verrà garantita l'apertura del reparto ubicato presso l'ospedale «Papardo» di Messina destinato ad accogliere un numero massimo di 4 detenuti per volta;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale dei medesimi previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
quali misure urgenti si intendano adottare, promuovere e sollecitare al fine di aumentare l'organico degli educatori che operano nell'istituto di pena in questione;
se intenda dotare il carcere di Messina di una palestra e di un'area verde destinata al colloquio tra detenuti e rispettivi bambini;
se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, ai bagni delle celle alla presenza del bidet (per le detenute) e all'accesso quotidiano alle docce (per i detenuti);
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se corrisponda al vero il fatto che le detenute incontrano molte difficoltà nel telefonare ai figli e quali ne siano i motivi;

se e quali provvedimenti si intendano adottare per garantire, come da loro più volte richiesto, ravvicinamento delle detenute Jevremovic Svetlana e Badulovic Ruza, entrambe incinta, alle rispettive famiglie;
quali iniziative intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire un adeguato supporto psicologico alla detenuta classificata come «protetta» che si trova sola in cella;
per quali motivi la detenuta Antonella Strano non riesca ancora a sottoporsi all'operazione di cui ha bisogno nonostante ne faccia richiesta da sette mesi;
quali iniziative urgenti si intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire alla detenuta della cella n. 23 un'adeguata assistenza sanitaria, atteso il fatto che alla stessa è stato diagnosticato un tumore al polmone;
se non intenda intervenire urgentemente per assicurare una migliore circolazione di aria e luce nelle celle degli uomini, anche mediante la rimozione del pesante retino posto sulle finestre, un ricambio più frequente delle lenzuola ed una migliore qualità del cibo;
se corrisponda al vero il fatto che molti detenuti incontrano difficoltà nel ricevere i pacchi a loro destinati e nell'effettuare telefonate ai propri familiari;
se corrisponda al vero il fatto che il detenuto di 30 anni di nome Calogero Liotta, al quale è stato diagnosticato 8 anni fa il morbo di Crohn, si è visto costretto ad attendere 14 mesi prima di poter effettuare una visita in ospedale;
se corrisponda al vero il fatto che il detenuto Antonino Caruso, affetto da grave lesione al pancreas, non sia stato ancora sottoposto a gastroscopia e se intendano, per quanto di competenza, intervenire in merito;
per quali motivi non venga consentito al detenuto Gabriele Di Ponto di entrare in contatto per via telefonica con i propri familiari;
se corrisponda al vero il fatto che il detenuto Santo Rossano, pur soffrendo di ulcera e di un grave ascesso dentario, non abbia ancora ricevuto alcuna forma di assistenza sanitaria e se intendano, per quanto di competenza, porre rimedio a questo ritardo;
quali siano i motivi che hanno indotto cinque internati reclusi nella cella n. 11 ad intraprendere lo sciopero della fame;
per quali motivi Sergio Cermentini attenda invano da 7 mesi di essere operato di tiroide e se non ritenga opportuno disporre l'avvicinamento del medesimo alla propria famiglia che non vede da un anno;
per quali motivi Nicolino Schirillo, invalido al 90 per cento, non sia stato sottoposto a risonanza magnetica pur avendolo chiesto da tempo;
se non si ritenga opportuno intervenire urgentemente affinché il Centro diagnostico terapeutico sia dotato di un defibrillatore;
più in generale quali provvedimenti il Ministro competente intenda adottare al fine di migliorare la qualità, tempestività ed efficienza dei servizi di cura e assistenza sanitaria offerti dal centro diagnostico terapeutico;
quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario messinese alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08158)

BARBATO, RAZZI, MESSINA, ZAZZERA, PALAGIANO, MURA, SCILIPOTI e CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Invitalia s.p.a., l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, è una società a partecipazione

pubblica che agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo;
la mission di Invitalia è realizzare infrastrutture a sostegno della competitività territoriale;
da notizie giornalistiche risulta stia attuando un piano di riordino e dismissioni sulla base della legge finanziaria 2007 e della direttiva del Ministro dello sviluppo economico del 27 marzo 2007 che indica priorità, obiettivi e indirizzi;
oltre a una profonda riorganizzazione interna dell'Agenzia, il suddetto piano prevede la cessione di tutte le società regionali e di gran parte delle società controllate e partecipate;
le società controllate ritenute strategiche sono state e saranno riorganizzate all'interno delle Newco, completamente ridefinite nella mission per essere complementari alle attività della capogruppo, ed in particolare: SVI Finance, società che sostiene la crescita e la competitività delle piccole e medie imprese utilizzando diversi strumenti finanziari; Invitalia reti, la cui mission è realizzare infrastrutture a sostegno della competitività territoriale; Italia Navigando, che agisce per realizzare una rete di porti turistici dotati di infrastrutture e servizi specializzati per la nautica da diporto; Italia turismo, la società che si occupa di investimenti immobiliari strategici, in particolare nuove strutture alberghiere e nuovi villaggi turistici, nonché di riqualificare assett già presenti;
nella Newco Reti sono già confluite SI Engineering e Innovazione Italia, e stanno confluendo Sviluppo Italia Aree Produttive e Infratel Italia;
in attuazione di quanto previsto dal piano di riordino del gruppo, Invitalia partecipazioni gestisce i processi residui di dismissione/liquidazione delle partecipazioni, secondo le regole fissate nella direttiva Ministeriale del 2007, ed è preposta alla progressiva riduzione del loro numero, fino al loro definitivo azzeramento;
la società ha in scadenza il proprio management e per tale ragione è riunito in prima convocazione il 25 giugno 2010 il Consiglio di amministrazione della società;
sempre da notizie di stampa (si veda Corriere della Sera, Italia Oggi) si avanza il nome di Paolo Torresani per ricoprire il ruolo di Amministrato delegato di Invitalia s.p.a. -:
se tal Paolo Torresani risulti essere la stessa persona coinvolta nell'affaire «Italflight» e nella gestione della MMP, già concessionaria di pubblicità del gruppo STET i cui esiti, ad avviso degli interroganti sono stati fallimentari;
se nell'eventualità che tale ipotesi giornalistica corrisponda a verità, quali iniziative si intendano assumere in relazione ad una così inopportuna indicazione di tal personaggio ai vertici dell'azienda di Stato che dovrebbe aiutare in particolare lo sviluppo del Sud.
(4-08170)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 22 maggio 1995, è stato firmato a Roma il nuovo accordo italo-canadese di sicurezza sociale (unitamente alla firma dell'Intesa amministrativa di applicazione) che avrebbe dovuto sostituire il precedente accordo, firmato nel 1977 ed entrato in vigore nel 1979;
il 12 luglio 2000, il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n. 4558 per la ratifica e l'esecuzione

del nuovo accordo di sicurezza sociale tra Italia e Canada, trasmesso poi alla Camera dove è diventato atto Camera 7210;
il 31 ottobre 2000 la XI Commissione e il 6 dicembre 2000 la III Commissione della Camera dei Deputati hanno espresso parere favorevole al citato atto Camera 7210;
il nuovo accordo era nato dall'esigenza di considerare l'evoluzione normativa intervenuta nelle legislazioni dei due Paesi dall'entrata in vigore del precedente accordo e di migliorare la qualità di uno strumento di tutela sociale dei lavoratori migranti e di garantire una più rapida erogazione delle prestazioni previdenziali rispetto a quanto assicurato dall'accordo attualmente in vigore;
l'accordo non solo conferma e consolida i benefici già previsti dal 1979 ma prevede dei miglioramenti della normativa relativi alle prestazioni pensionistiche, ai distacchi dei lavoratori e ai collegamenti tra gli enti previdenziali dei due Paesi, che rendono più ampia, equa e aggiornata la tutela sociale;
il Parlamento canadese ha da parte sua già da tempo approvato il nuovo accordo sottolineando come esso avrebbe rafforzato le relazioni tra i due Paesi;
a partire dall'anno 2000 il Ministero degli esteri italiano ha inserito l'accordo nell'elenco di quelli i cui oneri vanno inseriti ogni anno nella richiesta di fondi relativa alla legge finanziaria per l'anno successivo, mentre sono andati diminuendo progressivamente di anno in anno gli stanziamenti per il bilancio del Ministero degli affari esteri, non consentendo di disporre delle somme necessarie per l'avvio a ratifica dell'accordo con il Canada;
come illustrato nella relazione tecnica al disegno di legge n. 4558 approvato dal Senato, l'entrata in vigore del nuovo Accordo non comporta oneri amministrativi aggiuntivi, non prevede oneri organizzativi a carico di regioni o enti locali, non prevede oneri finanziari, organizzativi e burocratici a carico dei cittadini e delle imprese, ma solo oneri finanziari aggiuntivi, per il pagamento delle prestazioni, di modesta entità rispetto a quelli già esistenti in costanza di vigenza dell'accordo attuale;
l'INPS aveva calcolato per il 2005 che tali oneri finanziari aggiuntivi superavano di poco la spesa di un milione di euro a fronte di grandi benefici per i nostri connazionali che in Canada superano le 110.000 mila unità;
per di più, il Ministero degli esteri nel 2007 ha organizzato una riunione interministeriale con i rappresentanti dei dicasteri e organismi tecnici coinvolti nel procedimento di ratifica (Ministero dell'economia e finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della salute, INPS) chiedendo di effettuare una approfondita verifica dei dati relativi agli oneri che costituiscono la base su cui vengono effettuati i calcoli per degli oneri per tale tipo di accordi. A seguito di tale azione, le operazioni di aggiornamento degli oneri per il 2007 hanno portato per il Canada, come auspicato, a una consistente riduzione degli oneri stessi. Si è infatti passati da euro 1.037.000.00 per il 2005 a euro 533.000.00 per gli oneri aggiornati al 2007;
svariate sono state le risoluzioni approvate nelle passate legislature alla Camera che, in relazione a vari accordi di sicurezza sociale, tra cui quello con il Canada, impegnavano il Governo ad adottare iniziative volte a garantire la ratifica della citata convenzione entro una certa data e di graduarne l'attuazione sulla base delle risorse reperite -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare affinché il nuovo accordo di sicurezza sociale tra l'Italia ed il Canada possa finalmente entrare in vigore, per onorare così gli impegni presi con il Governo canadese e con le collettività dei cittadini italiani residenti in Canada e dei cittadini canadesi residenti in Italia.
(4-08153)

SIRAGUSA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'istituto italiano comprensivo «Galileo Galilei» di Adiss Abeba comprende: una Scuola elementare, una media e tre indirizzi per le superiori: liceo scientifico; tecnico geometri; tecnico commerciale;
circa due mesi fa il Ministero degli affari esteri ha comunicato all'istituto la chiusura dell'indirizzo commerciale anche in ragione del fatto che ad Adiss Abeba vi sono diverse scuole che si occupano di accounting e ragioneria aziendale (l'indirizzo tecnico per geometri, invece, dato lo sviluppo urbanistico e la presenza di importanti ditte italiane nel settore, conserva tutta la sua importanza);
a seguito di tale comunicazione le rappresentanze sindacali si sarebbero opposte a tale decisione rilevando che la chiusura del commerciale avrebbe comportato una perdita di posti di lavoro più alta rispetto a quella che si sarebbe verificata se la soppressione avesse riguardato il liceo scientifico;
a distanza di un mese dalla precedente comunicazione il Ministero fa sapere che verrà chiuso il liceo;
i genitori si sono riuniti in un comitato, appoggiato dall'Unione degli studenti, e hanno redatto un documento di protesta per non essere stati consultati e contro la chiusura del liceo: se ciò avvenisse ai ragazzi verrebbe negata la necessaria preparazione alla prosecuzione degli studi in Italia (considerati anche i test di ammissione all'università);
si fa notare, tra l'altro, che quest'anno gli iscritti al liceo sarebbero stati 14 contro 6 del commerciale e che salvare il liceo comporterebbe per il Ministero una spesa minima, dato che i professori necessari sarebbero tre -:
quali motivazioni abbiano indotto ad assumere tali decisioni, pur in presenza di una pressante richiesta del comitato dei genitori;
se non si ritenga di revocare la disposizione, mantenendo l'offerta scolastica attuale;
se non si intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, almeno sospendere il provvedimento di chiusura del liceo al fine di approfondire ulteriormente la vicenda.
(4-08164)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Adnkronos il 20 luglio 2010, il Wwf ha ribadito il pericolo gravissimo che incombe sul territorio di Siracusa, e in particolare sull'area marina protetta del Plemmirio, a causa di un piano regolatore che prevede la quasi totale cementificazione del territorio, come sollevato dall'appello di Enzo Maiorca, sottoscritto anche da Wwf e altre 41 associazioni nei giorni scorsi;
a seguito del piano regolatore entrato in vigore da 3 anni, rileva l'associazione ambientalista, «corriamo il rischio di vedere realizzati almeno 8 villaggi turistici. La maggior parte di essi verrebbero costruiti sulla costa mettendo in atto uno sviluppo turistico non rispondente alle reali necessità della nostra città e in totale controtendenza con gli elementari principi della sostenibilità»;
uno tra questi, sottolinea il Wwf, «metterebbe in serio pericolo una delle zone più pregiate, poco antropizzate e ricche di biodiversità: la penisola della Maddalena, tutelata dall'Area Marina Protetta del Plemmirio»;

il Wwf di Siracusa rilancia uno studio effettuato nel 2003 sulla possibilità di realizzare una riserva terrestre complementare con la già istituita area marina protetta, al fine di incrementare il grado di tutela di un ecosistema ambientale già unico al mondo. «Ci rendiamo conto che chi, in questo periodo storico, amministra la città di Siracusa inserita nel patrimonio dell'Unesco - afferma Giuseppe Patti, presidente del Wwf Siracusa - non ha la reale consapevolezza delle potenzialità legate alle bellezze naturalistiche che arricchiscono il territorio comunale»;
l'area marina protetta del Plemmirio tutela un patrimonio di biodiversità importante e riconosciuto a livello europeo ed è un esempio di buona gestione. Infatti, ha ricevuto, insieme a Cinque Terre, Torre Guaceto, Diramare, Tavolara e al Santuario Pelagos (nel 2010 si sono aggiunte le aree di Punta Campanella e Capo Caccia), il riconoscimento di area che protegge specie tutelate dalla Convenzione di Barcellona e partecipa a un progetto gestito dal Wwf per la buona gestione delle aree marine protette finanziato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Isea-interventi standardizzati gestione efficace aree marine protette);
la prateria do posidonia, i coralli, le grotte, la popolazione di tursiopi, la macchia mediterranea con la palma nana sono tra le caratteristiche principali della riserva;
la gestione dell'area marina protetta deve fronteggiare le minacce che gravano già sulla zona: la pesca illegale, le immersioni non controllate e non regolamentate, la nautica da diporto, l'erosione delle coste, il rischio da inquinamento fisico-chimico-organico, la distruzione dell'habitat, gli incendi e le alterazioni causate da specie aliene e invasive. A tutto questo rischiano di aggiungersi le nuove costruzioni abitative, i villaggi turistici e il porto turistico: sarebbe un grave danno per questo territorio prezioso -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa e se intenda sostenere le istanze del Wwf per la salvaguardia dell'area marina protetta di Siracusa, considerati il patrimonio di biodiversità tutelato dalla stessa area e il riconoscimento ottenuto anche a livello europeo;
se intenda promuovere la proposta del Wwf relativa alla realizzazione di una riserva terrestre complementare, al fine di garantire maggiore tutela ad un ecosistema unico al mondo;
quali iniziative intenda adottare per fronteggiare ognuna delle gravi minacce che già incombono sull'area considerata: pesca illegale, immersioni non regolamentate, nautica da diporto, erosione delle coste, rischio da inquinamento, distruzione dell'habitat, incendi, alterazioni provocate da specie invasive.
(4-08143)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è obbligo di legge l'utilizzo di pallini senza piombo per la caccia nelle zone umide da parte di titolari di concessione per l'attività venatoria;
l'Italia ha infatti aderito ad uno specifico accordo internazionale, con la legge 6 febbraio 2006, n. 66, «Adesione della Repubblica Italiana all'Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell'Africa - EURASIA, con Allegati e Tabelle, fatto a L'Aja il 15 agosto 1996», che prescrive il divieto di utilizzare l'uso dei «pallini» di piombo nelle «zone umide»;
il piombo dei comuni pallini da caccia, quando manca il bersaglio, finisce infatti nei cicli biologici inquinando l'ambiente ed intossicando gli animali. La sindrome da intossicazione da piombo si chiama saturnismo e può colpire anche gli esseri umani;
gli uccelli usano tenere nel gozzo alcuni sassolini e spesso pallini di piombo dispersi dai cacciatori: li usano per «masticare» il cibo prima di avviarlo allo stomaco. Nello stomaco il piombo incontra

un ambiente molto acido e passa in soluzione sotto forma di sali solubili. Bastano tre piombini ingeriti al posto dei sassolini per avvelenare molte specie di avifauna e facilmente entrare quindi nella catena alimentare umana, se commestibili;
la problematica è stata oggetto di un precedente atto di sindacato ispettivo, il n. 4-03303, al quale il Sottosegretario Menia, dopo quella che appare una parafrasi descrittiva del problema presentato dall'interrogazione, così risponde: «[...] Al momento, in Europa, l'impiego del piombo per le munizioni è stato vietato in ogni forma di caccia in Norvegia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, mentre in altri stati analoghe misure sono state adottate in ambiti locali. Anche in Italia è auspicabile un rapido superamento dell'uso di piombo nelle munizioni da caccia sull'intera superficie nazionale. Sul mercato internazionale esistono già numerose valide alternative al piombo, alcune delle quali, peraltro, risultano caratterizzate da costi paragonabili a quelli delle cartucce tradizionali. L'abbassamento dei costi in genere si verifica in relazione all'incremento della domanda e alla conseguente espansione del prodotto sul mercato: in paesi come la Danimarca, dove le munizioni contenenti piombo non possono essere utilizzate dal 1993, quelle in acciaio sono calate fortemente di prezzo, divenendo competitive anche sotto l'aspetto economico»;
la sopraccitata risposta non fornisce una soluzione alla questione sollevata dagli interroganti nella precedente interrogazione a risposta scritta -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per dare effettività all'accordo sottoscritto dall'Italia sul totale divieto di utilizzo di pallini di piombo nella zone umide a tutela dall'ambiente, della salute della fauna e dell'uomo;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative per incentivare economicamente la produzione di munizionamenti non tossici, di cui le aziende italiane sono produttrici leader nel mondo.
(4-08152)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, in data 15 maggio 2009, ha emesso un apposito decreto ministeriale attraverso il quale è stato riconosciuto il sistema dei laghi di Mantova quale «bene culturale di interesse nazionale» e, per questa ragione, sono stati posti un «vincolo diretto» sulle acque ed un «vincolo indiretto» sulle sponde dei laghi;
su questo decreto è stato presentato un ricorso avverso al decreto stesso da parte della società immobiliare «Lagocastello» sul quale il Ministero si è costituito in giudizio, per difendere i vincoli, insieme all'amministrazione comunale di Mantova;
il sindaco di Mantova Nicola Sodano ha recentemente dichiarato, nel consiglio comunale del 14 luglio 2010, di voler ridefinire il perimetro dei vincoli posti a tutela del bene contenuto nel decreto sopra indicato, intendendo, in questo modo, riaprire il confronto con il Ministero;
se le intenzioni del sindaco di Mantova dovessero essere accolte dal Ministro si metterebbe a rischio, a giudizio dell'interrogante, l'inedificabilità delle sponde dei laghi di Mantova -:
se il Ministro interrogato intenda confermare i contenuti del decreto ministeriale richiamato in premessa per confermare la volontà del Governo di mantenere la tutela del sistema dei laghi di Mantova quale «bene culturale di interesse nazionale».
(5-03288)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
dalla risposta all'interrogazione 5-02864 emerge che: in merito ai lavori di restauro della tavola dell'Annunciazione di Benozzo Gozzoli, per quanto riguarda quelli compiuti nel 1987 da G. Manuali, a cura del comune di Narni e a spese del Lion's Club di Narni, non risulta agli atti della Soprintendenza la relazione conclusiva dei lavori;
«agli atti della Soprintendenza non risulterebbe sia stato presentato un progetto del restauratore Deturres» nonostante il progetto fosse stato elaborato a richiesta comune di Narni e allo stesso presentato (ne pagò infatti le spese fotografiche), progetto che, a fronte delle gravi condizioni riscontrate nell'opera, sconsigliava un intervento di restauro immediato e suggeriva, tra l'altro, la rimozione totale di tutte le materie e sostanze applicate sulla preziosa tavola nel corso degli interventi pregressi ed un successivo, lungo periodo di «quarantena» in ambiente climatizzato, per valutare con cura ed attenzione tempi e modalità di un eventuale nuovo restauro;
nonostante la scelta di procedere, in senso opposto rispetto a quanto consigliato da Deturres, ad un nuovo radicale intervento di «miglioramento estetico e fissaggio dei sollevamenti di colore», ad opera di G. Manuali e di «risanamento e consolidamento del supporto» per mano di R. Saccuman, di questo restauro, che risale al 2001, «le relazioni finali non risultano agli atti della Soprintendenza»;
in un articolo comparso sul Corriere dell'Umbria a firma Chiara Rossi del 30 giugno 2010 sulla visita ai laboratori della CBC a Perugia e dal titolo «Nessun timore per l'Annunciazione» si legge che si stanno confrontando i dati recentemente acquisiti con «la documentazione d'archivio sui restauri precedenti»;
in merito, infine, al fatto che non risulterebbe alcuna offerta avanzata nel 2007 da parte di privati per il restauro del dipinto, si segnala che agli interroganti risulta invece che tale offerta venne avanzata all'amministrazione comunale;
risulterebbero stanziati 30.000 euro di cui 5.640 per indagini diagnostiche, 15.582,37 per fasi operative di restauro e la cifra restante per eventuali approfondimenti ed integrazioni con la stipula, il 24 marzo 2010, di un contratto con la CBC Soc. Coop. a.r.l. di Roma per un importo di 15.582,37 -:
quale documentazione d'archivio sui restauri precedenti si stia analizzando presso i laboratori della CBC a Perugia atteso che nella risposta alla interrogazione 5-02864 si afferma che «le relazioni finali degli ultimi interventi non risultano agli atti della Soprintendenza»;
se e quali iniziative intenda promuovere per verificare le ragioni della mancata trasmissione delle relazioni finali dei lavori di restauro della Tavola dell'Annunciazione del 1987 e del 2001 alla Soprintendenza e quali iniziative intenda promuovere per acquisirle;
se e quali iniziative intenda promuovere per verificare le ragioni della mancata trasmissione del progetto del restauratore Deturres e quali iniziative intenda promuovere per acquisirlo;
se si intenda chiarire per quali motivi l'offerta del privato avanzata nel 2007 sia stata respinta;
se e come siano stati impiegati i 5.640 euro per le indagini diagnostiche la cui gestione ed impiego avrebbe dovuto precedere la fase operativa e se la cifra di 15.582,37 sia da considerarsi sufficiente per un restauro definitivo.
(4-08160)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
tutte le Agenzie dei territorio della Sardegna - meno quella di Nuoro - hanno versato ai competenti archivi di Stato la documentazione storica relativa ai cosiddetti «processi verbali di delimitazione territoriale», che sono stati preliminari, in Sardegna, alla costituzione del catasto;
questi atti, redatti dopo il 1839, hanno verbalizzato, in contraddittorio, la delimitazione dei confini comunali e, all'interno di ciascun comune, i terreni di proprietà demaniale o comunale. Essi hanno un valore storico enorme poiché definirono contrasti o liti secolari fra comunità e fra proprietà pubblica e privata;
le risultanze dei processi verbali hanno costituito la base per la fissazione dei confini tra comuni e tra terreni pubblici e privati all'interno del catasto previsto da una legge del regno di Sardegna del 1851;
i processi verbali hanno un valore puramente storico, non solo perché provengono da uno Stato pre-unitario, quale deve essere considerato il regno di Sardegna, ma anche perché essi hanno esaurito la loro funzione con l'impianto del primo catasto;
trattandosi di documentazione puramente storica essa doveva - da decenni - essere versata al competente archivio di Stato; ma il versamento deve essere effettuato ancor oggi ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, che prevede l'obbligo da parte delle Amministrazioni statali di consegnare agli archivi di Stato i documenti riguardanti affari esauriti da oltre 40 anni;
anche l'Agenzia di Nuoro mostri di considerare storica detta documentazione è dimostrato dal fatto che la stessa è stata trasferita in un deposito chiuso, posto in una zona della città distante dalla sede degli uffici;
l'Agenzia del territorio di Nuoro, nel rifiutarsi di versare la documentazione in argomento all'archivio di Stato di Nuoro, non solo pone in essere una violazione di legge, ma mostra di considerare gli studiosi della provincia dei menomati, dato che non possono accedere a visionare atti che in altre parti della Sardegna sono consultabili presso le istituzioni deputate per legge a tale servizio -:
quali misure intenda adottare il Ministero per accertare il motivo per il quale gli uffici gerarchicamente superiori non siano ancora intervenuti a sanare tale disfunzione.
(4-08148)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO, ANDREA ORLANDO e MOSCA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dal sindacato UIL-PA Penitenziari, nella giornata di ieri presso la casa circondariale di Monza i detenuti hanno manifestato rumorosamente battendo le stoviglie sulle grate e sui blindi delle celle per richiamare l'attenzione circa l'insufficiente approvvigionamento dell'acqua;
il caso di Monza non appare isolato, poiché la stessa situazione si riscontra anche nei penitenziari di Lecce, Frosinone, Genova e Santa Maria Capua Vetere;
di fronte alle gravissime condizioni di vita all'interno delle nostre carceri a causa del sovraffollamento, il problema della mancanza di acqua può diventare un ulteriore fattore di tensione al quale gli agenti della polizia penitenziaria, in primis, e tutto il personale penitenziario

devono fare fronte nonostante l'organico sia assolutamente inadeguato al numero di detenuti presenti -:
quali siano i problemi che impediscono agli istituti menzionati di disporre del normale approvvigionamento delle risorse idriche;
quali iniziative siano state intraprese per adeguare gli organici di tutto il personale alle reali necessità dei nostri istituti penitenziari.
(5-03287)

Interrogazioni a risposta scritta:

CALEARO CIMAN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'obbligo alimentare è disciplinato dal titolo XIII, libro primo, del codice civile, articoli 433 e seguenti. Tale articolo afferma che l'obbligo di prestare gli alimenti a chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere a se stesso, spetta nell'ordine: al coniuge, ai figli, ai genitori, ai generi ed alle nuore, ai suoceri, ai fratelli;
il diritto alla prestazione alimentare nasce dalla legge e, storicamente, trova il suo fondamento nel principio di solidarietà familiare. Tale obbligo, avendo carattere familiare, è prescritto tra parenti, ha natura di obbligazione ed è in stretta relazione con la vita, la dignità e la sopravvivenza dell'avente diritto. Ha diritto agli alimenti unicamente chi non è in grado di mantenersi da solo con i propri beni o con un lavoro adeguato alla sua età, al suo stato di salute e alle sue condizioni di vita, o tenuto conto delle sue eventuali esigenze di formazione;
occorre rilevare come tale diritto venga sancito nel nostro ordinamento non sottoponendolo a vincoli e condizioni in merito all'operato presente o futuro tenuto da parte di chi ne beneficia;
l'indegnità è, nel diritto civile italiano, la situazione in cui si trova un soggetto che, per effetto di sue proprie azioni, va a perdere determinati requisiti necessari per l'esercizio di taluni diritti;
costituisce lo strumento predisposto dal legislatore per rimuovere un soggetto dall'eredità o dal legato a causa della sua condotta riprovevole nei confronti del defunto, e trae propriamente fondamento dalla ripugnanza sociale a consentire che chi abbia gravemente offeso la persona del de cuius o la sua libertà testamentaria possa trarre profitto dall'eredità dell'offeso;
l'indegnità viene considerata come sanzione civile per l'atto illecito posto in essere ed, operando quale causa di esclusione dalla successione, spiega i suoi effetti solo dal momento della pronuncia del giudice;
l'attuale formulazione dell'articolo 463 del codice civile enuncia sei casi d'indegnità, tassativi e non suscettibili d'estensione analogica, che possono raggrupparsi in due categorie: nella prima rientrano i fatti, penalmente rilevanti, che costituiscono attentato alla personalità fisica o morale del de cuius e dei suoi eredi legittimari, contemplati nei numeri 1, 2 e 3 dell'articolo in esame. Nella seconda categoria rientrano i fatti, rilevanti in sede civile, che si concretizzano in un attentato alla libertà di testare e che sono disciplinati nei numeri 4, 5 e 6 del medesimo articolo 463;
anche per quanto riguarda le donazioni sussiste una causa analoga a quella prevista per l'indegnità. La donazione può essere revocata per ingratitudine ai sensi dell'articolo 801 del codice civile il quale richiama le cause previste dall'articolo 463 del codice civile;
appare strano che il legislatore non abbia contemplato l'istituto dell'indegnità anche nel caso di corresponsione degli alimenti. Chi per pronuncia del giudice ha diritto alla prestazione alimentare può pretenderne la corresponsione anche nel caso in cui si sia macchiato di uno dei reati previsti nell'articolo 463 del codice civile;

ciò, per quanto tuteli e salvaguardi la dignità di chi non è in condizione di provvedere a se stesso, appare oltremodo iniquo rispetto a chi ha subito una delle offese citate dal nostro codice penale in materia di indegnità e si trova pure a dover sostenere materialmente colui il quale gli ha arrecato un danno (si pensi al caso di soggetto denunziato ingiustamente da parte di chi dovrebbe ricevere l'assegno alimentare) -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative normative al riguardo, tenuto conto che la mancata previsione dell'istituto dell'indegnità nei casi di diritto a ricevere l'assegno alimentare ai sensi dell'articolo 433 del codice civile appare una lacuna del nostro ordinamento giuridico che va opportunamente colmata.
(4-08140)

SCILIPOTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 27 novembre 2009 è stato riaperto il Museo di antropologia criminale «Cesare Lombroso» dell'università di Torino;
presso lo stesso museo crani e altre sezioni del corpo di centinaia di «briganti» meridionali (mescolati con quelli di criminali e malati di mente), giacciono in una sorta di «fossa comune» e sono esposti in quell'occasione in grande evidenza;
tra i pochissimi resti identificabili, ci sono quelli di Giuseppe Villella, presunto «brigante» nato a Motta Santa Lucia - provincia di Catanzaro - nel 1803 e morto in carcere a Pavia nel 1872;
le più recenti e aggiornate ricerche storiografiche testimoniano ormai definitivamente la natura politica del cosiddetto «brigantaggio» post-unitario, fenomeno vasto, articolato e tutt'altro che inquadrabile in un contesto di ordinaria delinquenza o di follia criminale (v. la Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato, a cura del Ministero per i beni e le attività culturali, ufficio centrale per i beni archivistici);
il «brigantaggio» fu un fenomeno drammatico con conseguenze pesantissime ai danni delle popolazioni meridionali ed in particolare calabresi e lucane con episodi intollerabili di violenza che arrivarono fino alla decapitazione sistematica della nostra gente da parte delle truppe piemontesi (Fondo Brigantaggio, Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Busta 60);
le teorie di Cesare Lombroso, molto spesso legate alle origini dello stesso razzismo nazista, hanno rivelato tutta la loro inattendibilità scientifica;
lo stesso Lombroso fu per diversi anni medico al seguito delle truppe piemontesi (circa 120.000 unità) impegnate nella sanguinosa repressione del «brigantaggio» nelle Calabrie e nel resto dell'ex Regno delle Due Sicilie;
in maniera del tutto immotivata dal punto di vista scientifico, Cesare Lombroso fece di Giuseppe Villella il simbolo della sua folle teoria sulle «fossette occipitali» e, quindi, il simbolo di tutta la delinquenza calabrese e meridionale contribuendo in maniera nefasta alla creazione di preconcetti razzisti (e mai del tutto cancellati) nei confronti della nostra gente giudicata «geneticamente inferiore» o «pericolosa»;
a 150 anni dall'unificazione italiana ed in vista di celebrazioni che, secondo i pareri più diffusi, ormai, dovrebbero essere finalizzate alla ricostruzione di una memoria storica nazionale finalmente condivisa, si ritiene doveroso richiedere la restituzione dei resti di Giuseppe Villella;
la restituzione dei resti di Giuseppe Villella avrebbe un profondo valore simbolico come gesto di vera riconciliazione nazionale, segno della sempre più necessaria ricostruzione della verità storica e dell'attesa restituzione di giustizia e dignità nei confronti di Giuseppe Villella, dei suoi eredi, dell'intera cittadinanza di

Motta Santa Lucia, simbolo, infine, del riscatto di tutte le popolazioni calabresi e meridionali;
la giunta comunale del comune di Motta Santa Lucia, presieduta dal sindaco, avvocato Amedeo Colacino, ha deliberato, dandone delega allo stesso sindaco, di proporre alle istituzioni interessate la restituzione dei resti del concittadino Giuseppe Villella, conservati presso il museo di antropologia criminale «Cesare Lombroso» dell'università di Torino, inviando copia del presente atto deliberativo al Ministro della giustizia (competente per i musei criminologici), al direttore del museo criminologico di Torino «Cesare Lombroso» e, per conoscenza, al Ministro per i beni e le attività culturali, al presidente della regione Calabria, al presidente della provincia di Catanzaro -:
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di procedere ad una rapida restituzione dei miseri resti del «brigante» Giuseppe Villella alla famiglia e alla sua città;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di procedere ad una rapida restituzione, di tutti i resti identificati, meridionali e non, alle rispettive famiglie e città per ottenere degna, cristiana e civile sepoltura.
(4-08146)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 18 luglio 2010 due detenuti sono evasi poco prima di mezzogiorno dal carcere di Pescarenico. Secondo una prima ricostruzione i due detenuti si sarebbero arrampicati dal cortile destinato al passaggio e avrebbero poi scavalcato il muro di cinta;
Nicodemo Romeo, 26 anni, calabrese, uno dei due detenuti evasi oggi dal carcere di Lecco, stava scontando una condanna fino al 2019. L'uomo è accusato dell'omicidio a scopo di rapina dell'imprenditore Maurizio Cirillo, ucciso il 15 dicembre del 2008 a Lumezzane (Brescia) nel corso di un tentativo di rapina. Arrestato e poi scarcerato per questa vicenda (il procedimento è ancora in corso), era detenuto per una condanna per traffico di droga. L'altro evaso, El Fadly Aly Amr, 29 anni, egiziano, era invece in carcere per rapina e lesioni personali aggravate, con un fine pena nel 2012;
Romeo Nicodemo, 26 anni, di origini calabresi, e El Fadly Aly Amr, egiziano 29 anni, si trovavano nel cortile della casa circondariale lecchese insieme agli altri detenuti per l'ora d'aria del mattino. Poi, secondo le ricostruzione della squadra mobile della questura di Lecco, i due, avrebbero eluso la sorveglianza degli agenti della polizia penitenziaria, riuscendo a scavalcare il muro perimetrale del carcere -:
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e se intenda aprire una rigorosa inchiesta amministrativa sull'evasione dei due detenuti dal carcere di Pescarenico;
se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di potenziare il sistema di sicurezza dell'istituto in questione;
se non si reputi opportuno intervenire in modo deciso per sopperire alla carenza dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato al carcere di Pescarenico.
(4-08156)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'afa di questi giorni sta peggiorando di molto la situazione nelle carceri, rendendola insopportabile e ingestibile;
secondo quanto riportato da Il Gazzettino.it, un trentanovenne marocchino è stato trovato morto dal suo compagno di cella nel carcere Due Palazzi;

S. T., queste le iniziali del detenuto trovato morto, era un ex tossicodipendente, si trovava in carcere per droga e avrebbe finito di scontare la pena nel 2014;
secondo il medico legale, che si è recato nel carcere assieme agli uomini della polizia scientifica e agli investigatori della squadra mobile, si tratterebbe di una morte naturale;
la Cgil ha denunciato che in questi giorni nelle celle del carcere Due Palazzi la temperatura arriva a sfiorare i 40 gradi reali -:
con quanti altri detenuti il trentanovenne deceduto condividesse la cella;
di quanti metri quadratipotesse disporre al suo interno;
quante ore potesse trascorrere fuori dalla cella nel corso della giornata;
se, vista la sua condizione di ex tossicodipendente, fosse in cura presso il Sert e, comunque, quali patologie erano state segnalate nella sua cartella clinica;
a quando risalisse l'ultima visita medica e, in particolare, quella con lo psicologo;
se risulti se la morte di S. T. sia stata causata, in tutto o in parte, anche dall'eccessiva ondata di caldo e dalla condizioni di eccessivo sovraffollamento di cui è affetta la struttura carceraria patavina.
(4-08162)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio sulle morti in carcere composto da Radicali Italiani, Associazione «Il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione «A Buon Diritto», Redazione «Radiocarcere», Redazione «Ristretti Orizzonti», la mattina del 23 luglio 2010 Andrea Corallo, 39 anni, detenuto nel carcere Bicocca di Catania, si è tagliato la gola con una lametta da barba ed è morto dissanguato. L'uomo era stato arrestato nell'aprile 2008 a Ragusa, nell'ambito di un'operazione contro la criminalità organizzata dedita alle estorsioni;
nel carcere della Bicocca poco più di un mese fa si era suicidato un altro detenuto, Antonio Di Marco, 43enne. Nel complesso degli istituti penitenziari della Sicilia nel 2010 i detenuti suicidi sono 6, di cui l'ultimo in ordine di tempo (il 18 luglio) è stato Rocco Manfrè, 65enne, che si è impiccato nella casa circondariale di Caltanissetta;
da inizio anno salgono così a 38 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (32 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 105 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.703, di cui 594 per suicidio);
nei primi sette mesi del 2009 (anno che ha fatto registrare il «record storico» di suicidi in carcere, con 72 casi), il numero dei detenuti suicidi era attestato a 31, quindi 7 in meno rispetto al 2010. Un trend negativo che, a meno di clamorose inversioni, a fine anno produrrà un numero di decessi in carcere mai visto, né immaginabile fino a pochi anni fa: a titolo di esempio nel 2007 i suicidi furono 45, l'anno successivo 46, ma oggi i numeri sono quasi raddoppiati;
come sottolinea oggi il Sindacato Uil-Pa Penitenziari, non sono soltanto i detenuti a «morire di carcere»; da inizio anno già 4 agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita e ieri si è ucciso anche il provveditore alle carceri della Calabria, Paolo Quattrone -:
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere Bicocca di Catania siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se

non vi siano state responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
se non si intendano adottare o implementare le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-08163)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
martedì 20 luglio 2010, Valerio Federico, membro del Comitato nazionale Radicali italiani, e Sergio Besi, iscritto all'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, hanno visitato il carcere di Varese insieme a Giangiacomo Longoni, consigliere regionale della Lega Nord;
militanti e dirigenti radicali stanno promuovendo in Lombardia visite ispettive nelle carceri per monitorare le condizioni di vita dei detenuti e il rispetto della legalità;
all'esito della visita ispettiva Valerio Federico e Sergio Besi hanno rilasciato il seguente comunicato che si riporta qui di seguito in versione integrale: «La visita al carcere di Varese è stata caratterizzata dalla peculiarità di trovarsi di fronte ad un carcere fantasma, formalmente «dismesso». Risale infatti al 2001 la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto di dismissione della struttura penitenziaria varesina, ma da allora della nuova struttura che avrebbe dovuto essere realizzata al suo posto non vi è traccia, se non in fiumi di articoli di giornale e dichiarazioni di politici (nel 2004 il ministro Castelli annunciava la costruzione, nel tempo record di 5 anni, di una nuova struttura con la formula del leasing). Nel decreto ministeriale 30 gennaio 2001, in attuazione del comma 34 dell'articolo 145 della legge finanziaria 2001, si legge che la casa circondariale di Varese e altri 20 istituti penitenziari sono stati «dismessi» in quanto «strutturalmente non idonei alla funzione». Ad oggi, come confermato dal direttore Mongelli, non pare essere stato individuato nemmeno il sito del nuovo carcere, e nel vecchio, ufficialmente «dismesso», non si può che operare in condizioni di illegalità a scapito di agenti, operatori e detenuti. Il paradosso di questa empasse burocratica tipicamente italiana è ben rappresentato dalla prima immagine che il visitatore si trova di fronte all'ingresso, un muro di cinta decrepito e dichiarato formalmente inagibile (e quindi messo in sicurezza con tanto di ponteggi) ma che è destinato a restare tale in quanto alle carceri dismesse non vengono assegnati fondi per l'effettuazione di lavori straordinari e/o di adeguamento alle nuove prescrizioni vigenti in materia di edilizia penitenziaria. Le torrette di controllo sono a loro volta inagibili e quindi non utilizzate dagli agenti. A questo riguardo ci chiediamo se sono mai state necessarie nel garantire la sicurezza visto che da tempo se ne fa tranquillamente a meno. Il carcere versa nel complesso in condizioni leggermente migliori rispetto ad altri Istituti della Lombardia ma questo non può consolare, l'illegalità è patente. Le celle, di 8/10 metri quadri, escluso il bagno e compreso lo spazio occupato dai letti a castello, non garantiscono, nei numerosi casi di presenza di 3 detenuti, i 3 metri quadrati (calpestabili) fissati dalla Corte europea per i diritti dell'Uomo, figuriamoci i 7mq per ogni detenuto stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Il bagno è correttamente separato dal resto della cella da parete e porta, ha un WC alla turca e un lavandino. Le celle sono disposte in un unico corpo con struttura a ballatoio: il piano terra ha 14

celle, il primo e il secondo piano 15 celle ciascuno. I due piani superiori sono serviti da stretti ballatoi (basta il carrello del cibo per ostruirli interamente). Il problema del sovraffollamento pur costituendo un ulteriore elemento di illegalità è meno drammatico che in passato: la capienza regolamentare corrisponde a 53 posti, quella massima tollerata è di 90, quella effettiva registrata oggi è di 107 detenuti, un valore tra i più bassi registrati negli ultimi 10 anni ma comunque doppio rispetto a quello regolamentare. L'unico spazio fruibile per il passeggio è un piccolo campo di calcetto completamente asfaltato e in gran parte esposto al sole (attrezzato anche per basket e ping-pong). Il rapporto tra agenti effettivi e detenuti (60/107) è quindi oggi accettabile se raffrontato a quello degli altri Istituti di detenzione regionali e nazionali. Il periodo che i detenuti possono trascorrere fuori dalle celle è in linea con gli standard indicati dal Comitato Europeo per la prevenzione della tortura (che prevedono un minimo di 8 ore al giorno) e buona è anche l'offerta di corsi di formazione offerti ai detenuti. Si segnala a tal proposito anche un qualificante corso di saldatura, al termine del quale i detenuti hanno realizzato la griglia di protezione della rampa interna delle scale. Un dato estremamente negativo è invece quello relativo al numero di detenuti che lavorano all'interno del carcere (solo una decina) che dimostra come la rieducazione del detenuto prevista dal nostro ordinamento non è perseguita. Lo strumento principale a questo scopo, il lavoro, non è utilizzato. La vetusta struttura (risale al 1886) è il principale ostacolo all'opportunità lavorativa per il detenuto. Desta forte preoccupazione l'elevato numero di detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti, ben 43 su 107, risultato di leggi criminogene che equiparano di fatto dei tossicodipendenti a pericolosi spacciatori. Come era lecito attendersi vista l'impossibilità di apportare ampliamenti o modifiche agli edifici, come rilevato in passato, gli spazi dedicati alla socialità sono insufficienti (e vengono utilizzati all'occorrenza anche per altri scopi, esempio per i colloqui), anche se è da segnalare l'assegnazione e l'allestimento di un piccolissimo locale ad uso palestra. Novità in chiaroscuro a livello sanitario: certamente positiva l'introduzione di una assistenza odontoiatrica nel carcere, apparentemente invece insufficiente la possibilità per i detenuti di accedere a cure specialistiche in tempi ragionevoli (fatta eccezione per quelle garantite ai detenuti tossicodipendenti e psichiatrici). È stato consegnato al direttore della struttura un questionario predisposto dai Radicali del Gruppo Carceri e Giustizia di Milano» -:
se il Governo abbia acquisito informazioni in merito alle gravi disfunzioni segnalate presso il carcere di Varese;
come mai, pur essendo stato ufficialmente dismesso perché strutturalmente non idoneo alla funzione, il carcere di Varese continui ad essere attivo;
se nel «piano carceri» rientri la costruzione del nuovo istituto preannunciato dall'ex Ministro Castelli nel lontano 2004;
se non ritenga necessario adottare misure urgenti volte a rimuovere le disfunzioni segnalate e le carenze presenti nell'istituto di pena in esame, per garantire ai detenuti del carcere di Varese, nonché agli agenti di polizia penitenziaria, il rispetto delle condizioni minime di vivibilità della struttura, il rispetto pieno degli standard di sicurezza e funzionalità al fine di garantire l'adeguatezza della struttura alle proprie finalità costituzionali.
(4-08167)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Rocco Manfrè, 61 anni, si è tolto la vita tre giorni dopo il suo arresto. L'uomo è stato trovato morto nella sua cella all'interno del carcere di Caltanissetta. L'allarme è stato dato dal compagno di cella e, malgrado il tempestivo

intervento dei sanitari e l'immediato ricovero presso il vicino ospedale, per il detenuto non c'è stato nulla da fare;
il decesso è avvenuto la mattina del 18 luglio ed è ancora avvolto nel mistero. Se, come in effetti, si tratta di un suicidio o di un malore improvviso, lo stabilirà l'autopsia che deve ancora essere eseguita;
Rocco Manfrè, 61 anni, era stato arrestato venerdì 16 luglio nell'ambito dell'operazione «Mantis religiosa» per l'omicidio e l'occultamento del cadavere di Agostino Reina, avvenuto nel giugno del 1992;
nell'ultimo fine settimana, oltre a Rocco Manfrè, altre 2 persone sono «morte di carcere»: entrambe si sono impiccate. Con questi ultimi 3 casi salgono a 104 i detenuti morti da inizio anno: 32 si sono impiccati, 7 sono morti per avere inalato del gas (5 di loro si sono suicidati, per gli altri 2 probabilmente si è trattato di un «incidente» nel tentativo di sballarsi), mentre 65 detenuti sono morti per malattia, o per cause ancora da accertare. In 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.702, di cui 593 per suicidio;
su ogni suicidio avvenuto all'interno delle carceri, gli interroganti hanno rivolto altrettante interrogazioni a risposta scritta ai Ministri competenti chiedendo l'adozione da parte del Governo di alcuni provvedimenti e atti urgenti al fine quantomeno di ridurre nell'immediato le morti per suicidio all'interno degli istituti di pena, ma ai predetti atti di sindacato ispettivo non è stata data alcuna risposta;
il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla interrogante e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento; la mozione approvata prevede, tra l'altro, alla lettera n), l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti -:
di quali informazioni disponga sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, nel rispetto e indipendentemente dalla inchiesta che sulla vicenda ha aperto la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare le responsabilità dell'amministrazione penitenziaria, ciò anche alla luce della forte carenza di personale, sia infermieristico che penitenziario, che limita inevitabilmente le possibilità di cura, assistenza, vigilanza e controllo dei detenuti all'interno dei nostri istituti di pena;
se presso il carcere di Caltanissetta sia presente, attivo e funzionante il servizio «nuovi giunti» e se pertanto il detenuto Rocco Manfrè abbia potuto usufruire di un colloquio con lo psicologo all'atto del suo ingresso in carcere e prima dell'assegnazione alle sezioni al fine di accertare un suo eventuale rischio autolesionistico o suicidiario;
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché per quanto di competenza dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipende dall'elevato tasso di sovraffollamento degli istituti di pena dove attualmente sono ristretti quasi 69 mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43 mila posti e quali rimedi intenda porre a tale situazione;

quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-08168)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in un articolo di Lucia Venturi pubblicato su www.greenreport.it il 22 luglio 2010, si legge che il patrimonio di edilizia scolastica del nostro paese e costituito da circa 42.000 edifici, di cui 22.858 immobili (oltre il 50 per cento) si trovano in zona sismica. Si tratta di un'anagrafe ancora incompleta, come sottolinea la Corte dei conti nella sua relazione sul «Programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici ai sensi dell'articolo 80, comma 21, della legge n. 289/2002», nonostante la sua realizzazione fosse già prevista dall'ormai lontano 1996;
dalla legge del 2002 discende il piano straordinario per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche, con particolare riguardo a quelle ubicate in zone a rischio sismico, incluso a sua volta nel programma delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo. Tale piano, redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con quello dell'istruzione, e su indicazione da parte delle regioni degli edifici a più alto rischio sismico, è stato approvato dal Cipe nel 2004 e prevede un fabbisogno complessivo prioritario di 4 miliardi di euro relativo a 22.258 edifici scolastici;
del programma sono stati, in seguito, approvati dal Cipe due successivi stralci (nel 2004 e nel 2006) e le risorse necessarie sono state assegnate (e in qualche caso anche tolte) con le successive leggi finanziarie;
il Cipe, con delibera n. 114 del 2008, ha previsto, per la prosecuzione del piano straordinario, l'accantonamento di una quota di tre milioni di euro, per quindici anni, a valere sul contributo di 60 milioni di euro, a decorrere dal 2009 e una quota di 7,5 milioni di euro, per quindici anni, a valere sul contributo di 150 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2010;
dall'indagine della Corte dei conti sullo stato di avanzamento del primo e del secondo programma stralcio di attuazione del piano straordinario, si rileva che, al 31 dicembre 2009, dei 1593 interventi programmati ne risultano attivati 1219 (77 per cento) e non avviati 374 (23 per cento). I contratti di mutuo stipulati sono 971 (61 per cento), mentre i lavori risultano aggiudicati o affidati per 463 interventi (29 per cento). Riguardo in particolare al primo programma stralcio, solo 137 interventi risultano ultimati, e 39 del secondo;
«La programmazione delle opere - si legge nel rapporto - negativamente influenzata da mancanza di pianificazione e da progettazione di base carente, ha spesso inseguito solo le disponibilità finanziarie piuttosto che le reali esigenze degli edifici scolastici»;
l'anagrafe non è ancora operante, anzi, è in continuo divenire, dal momento che tuttora le regioni e gli enti locali possono aggiungere, modificare, cancellare le informazioni richieste; manca, pertanto, un vero piano delle priorità cui assegnare le risorse per avviare gli aggiornamenti strutturali e la messa in sicurezza;
è necessario, inoltre, sottolineare che gran parte della nostra edilizia scolastica, oltre alla localizzazione in aree caratterizzate da rischio, soffre anche di diffusi e gravi problemi in relazione allo stato di conservazione delle strutture e sotto il profilo dell'agibilità e dell'igienicità. Per non parlare dei servizi mancanti;

la relazione si sofferma anche sulla normativa emanata per la messa in sicurezza degli edifici pubblici, dal 1996 ad oggi, e delinea un quadro di competenze e di procedure quanto mai complesso e con soluzioni diverse per l'attuazione degli interventi, alcuni dei quali ritenuti di particolare urgenza. Ad esempio, sull'esigenza di definire l'effettiva entità dei finanziamenti e dare organicità e stabilità nel tempo al loro trasferimento, per uscire dalla logica dell'emergenza o dell'occasionalità ed entrare invece in quella della programmazione;
viene, infine, segnalato il problema dell'incoerenza tra la programmazione nazionale e locale: i vincoli imposti, a livello locale, dal patto di stabilità limitano la capacità degli enti (almeno di quelli che dimostrano capacità di realizzazione) di investire e contrarre i mutui per la realizzazione delle opere, tanto che si impedisce di rispettare il cronoprogramma stabilito. Un sistema contraddittorio con norme che dispongono, da una parte, finanziamenti per la messa in sicurezza delle scuole e, dall'altra, impediscono agli enti locali investimenti per mettere in atto le norme;
ad interrogazione a risposta scritta n. 4-06929 presentata dall' onorevole Elisabetta Zamparutti il 27 aprile 2010 - in cui si domandavano informazioni relative al censimento dell'edilizia scolastica, alle misure di garanzia della massima trasparenza nella gestione delle risorse, alla messa in sicurezza degli edifici scolastici e le ragioni per cui nel decreto-legge «milleproroghe» sia stato inserito un ulteriore rinvio del termine per l'erogazione dei 300 milioni previsti dalla legge finanziaria nel 2010 per il programma straordinario per l'edilizia scolastica - non è ancora seguita risposta -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, di concerto con le regioni, aggiornare e ultimare tempestivamente l'anagrafe relativa all'edilizia scolastica;
se non ritengano opportuno operare al fine di ovviare ai ritardi burocratici che impediscono di giungere a soluzioni concrete per la messa in sicurezza degli edifici scolastici a rischio, non solo di quanti ubicati in zone sismiche ma anche di quelli che presentino uno stato di deperimento, di inagibilità e di mancanza di igiene;
se intendano adottare iniziative per una regolamentazione organica della materia, al fine di superare la logica, quanto mai inutile e rischiosa, dell'emergenza;
per quali ragioni, ad oggi, siano ancora da attivare ben 374 interventi, considerato il danno irreparabile che tali mancanze, frutto dell'incapacità di programmazione, potrebbero provocare e se i Ministri interrogati intendano attivare le soluzioni adeguate per porvi immediato rimedio.
(4-08147)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano ecologista Terra di apprende che Ferrovie dello Stato ha lanciato una campagna con bassi prezzi sulle tratte collegate con treni ad alta velocità come i Frecciarossa ma le chiamate al call center sono a pagamento e i ticket non si trovano;
con la «Promozione Estate» - scrive Ferrovie dello Stato sul suo sito internet - viaggi a prezzi davvero speciali. Soli 19 euro o 39 euro in seconda classe e 69 euro in prima classe. Il tutto con l'alta velocità, con i Frecciarossa «da Roma a Milano, Venezia, Padova, Torino, Verona, Brescia, Bolzano, Udine, Paola, Lamezia Terme, Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa» oltre che «da Milano a: Roma, Napoli e Salerno e viceversa». Mentre per le altre tratte dove ancora non si viaggia a 300 chilometri orari con gli etr500, ci sono i Frecciargento allo stesso prezzo. In quest'ultimo caso è possibile viaggiare «da Roma alle seguenti località della Puglia: Foggia, Barletta, Bari, Brindisi, Lecce, Bisceglie,

Fasano, Moffetta, Monopoli, Ostuni e Trani e viceversa». Per farlo, continua Trenitalia, basta acquistare le promozioni «almeno 30 giorni prima della partenza e sono disponibili per viaggi fino al 30 settembre 2010». Anche se «il numero di posti a disposizione per l'offerta è limitato e varia a seconda dei giorni della settimana, dei treni e della classe». Ci sono poi gli sconti «meno 30 e meno 15» che prevedono una riduzione del costo del biglietto dal 15 per cento (da acquistare fino a 7 giorni prima della partenza) al 30 per cento (almeno 15 giorni prima), sia in prima che seconda classe, su tutti i treni a lunga percorrenza (quindi tranne i regionali): alta velocità, eurostar, eurocity, intercity, intercity notte, espressi, comprese cuccette e vagoni letto, tranne quelle di alta categoria come le excelsior ed excelsior a 4 posti;
il problema è che dalle segnalazioni giunte alla redazione di Terra acquistare questi biglietti è quanto mai difficile, anche perché Trenitalia non comunica quanti biglietti scontati sono rimasti ma soprattutto quanti ne sono stati messi in vendita per una determinata tratta e in che giorno;
secondo Marco Mancini che in Ferrovie dello Stato si occupa proprio delle promozioni, «abbiamo messo a disposizione oltre mezzo milione di biglietti al mese sull'alta velocità, più di un milione in totale, mentre altre iniziative come lo sconto famiglie sono a numero illimitato», e, quando i giornalisti autori dell'articolo e Mancini provano a cercare insieme un biglietto a 19 euro da Milano a Roma con l'alta velocità per fine settembre (a tre mesi), lui lo trova ma i giornalisti no;
le Ferrovie assicurano che «sulla base di una verifica interna fatta la scorsa settimana, i biglietti promozionali messi in vendita nel mese di giugno non sono andati esauriti. Anzi in alcuni casi anche il 20 per cento è rimasto invenduto», ma alla domanda su come vengono ripartiti questi biglietti sulle varie tratte e quanti posti a prezzo scontato sono disponibili su ogni treno, le Ferrovie ammettono di non conoscere l'esatta ripartizione; sul sito internet di Trenitalia scegliendo giorno, orario e destinazione c'è solo un semaforo che indica la disponibilità dei posti scontati, non essendo consentita dalle Ferrovie «la visualizzazione del numero di biglietti offerti e di quelli residui, per evitare di dare informazioni alla concorrenza, sugli orari sensibili. Ma bastano due clic per capire se il biglietto c'è», spiegando anche che «se sui treni molto affollati ci saranno in media cinque biglietti a 19 euro (un etr500, treno usato per i collegamenti Frecciarossa, ha 603 posti a sedere,dunque i biglietti scontati sono meno dell'1 per cento), su quelli meno frequentati molti di più», senza però dire esattamente quanti -:
se e quali iniziative si intendano adottare affinché Trenitalia informi preventivamente quali sono le effettive disponibilità di biglietti scontati sulle varie tratte.
(4-08161)

TESTO AGGIORNATO AL 10 FEBBRAIO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Governo si era impegnato ad istituire, in ogni regione, centri di accoglienza per immigrati (oggi CIE);
finalmente, almeno così risulterebbe, il Ministero dell'interno avrebbe individuato un'ipotesi di ubicazione di un CIE in Toscana, nella zona di Campi Bisenzio vicino a Firenze;
tuttavia, permangono, nonostante certe aperture da parte della regione Toscana, molte riserve di tipo politico e logistico, in sede locale, che rischiano di far tornare la questione al punto di partenza;

è assolutamente urgente e necessario risolvere con la massima rapidità il problema, sfatando l'idea che i CIE siano dei Lager -:
come intenda operare per superare le citate riserve di tipo politico che rischiano di impedire la realizzazione del CIE in Toscana, ponendo a rischio le condizioni degli stessi immigrati, in specie quelli che versano in stato di maggior debolezza, e come, in ogni caso, intenda assicurare, nell'ambito delle proprie competenze, la concreta soluzione del problema.
(3-01198)

Interrogazione a risposta scritta:

CATANOSO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto fa sapere il sindacato autonomi di polizia, lo scorso 14 luglio tre poliziotti dell'XIo reparto mobile di Palermo sono rimasti feriti in seguito ad una rivolta scoppiata presso il Centro di permanenza temporanea «Serraino Vulpitta»;
oltre al ferimento dei tre poliziotti, la rivolta ha causato la fuga di 15 extra- comunitari;
questo episodio è il secondo avvenuto dopo pochi giorni nello stesso CPT ed il precedente ha visto un poliziotto ferito da un extra-comunitario sieropositivo;
gli autonomi di polizia e l'odierno interrogante ritengono che le condizioni di sicurezza in cui si vengono a trovare le nostre forze dell'ordine al CPT di Trapani siano precarie e che gli stessi uomini siano impiegati male;
un solo cancello divide i poliziotti dagli extra-comunitari rinchiusi nel centro di Trapani, ci sono soltanto due poliziotti a turno addetti all'ordine pubblico del luogo e i poliziotti del reparto mobile non vengono fatti lavorare in squadra;
a giudizio dell'interrogante e del sindacato autonomi di polizia il CPT di Trapani è una polveriera pronta ad esplodere in qualsiasi momento con il serio rischio di mettere in pericolo l'incolumità dei nostri poliziotti in servizio nel centro -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-08149)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (comma 72) ribadisce il principio della continuità didattica per gli alunni portatori di handicap;
numerose sono le lamentele di genitori di alunni autistici, relative al mancato rispetto del diritto alla continuità educativa e didattica per il sostegno con la stessa figura professionale;
il continuo cambiamento dell'insegnate di sostegno e dell'educatore compromette, nei casi di alunni affetti da autismo, proprio per la particolarità di questa disabilità, i progressi registrati;
nella maggior parte dei casi, il continuo cambiamento delle figure professionali che seguono alunni autistici, ha evidenziato importanti regressioni comportamentali nei soggetti disabili, essendo stata compromessa l'omogeneità e la continuità dell'intervento individuale;
una recente sentenza del Consiglio di Stato (20 gennaio 2009, n. 3104) ha accolto il ricorso in appello presentato dai genitori di un bambino autistico, ribadendo che le attività integrative di valenza socio-educativa devono essere prestate con modalità idonee a realizzare lo sviluppo della personalità dell'alunno e a garantire

una presenza stabile che segua costantemente l'alunno disabile nel processo di integrazione, e ad assicurare un'analoga figura professionale solo nel caso in cui vi sia una comprovata e oggettiva indisponibilità del docente ad esso affidata;
nonostante sia indubbio che le garanzie del diritto allo studio e all'assistenza dell'alunno disabile non possano trasmodare nelle scelte delle modalità con cui il servizio di sostegno socio-educativo viene svolto, è altresì evidente che non possano essere elusi gli obblighi previsti dalla vigente normativa in merito al principio della continuità didattica;
risulta quanto mai necessario rafforzare l'attuale normativa in materia, affinché si possa garantire l'omogeneità e la continuità dell'intervento individuale, soprattutto in presenza di particolari disabilità come l'autismo, che richiedono una maggiore stabilità nel percorso educativo e assistenziale per un proficuo processo di integrazione -:
quali urgenti iniziative applicative della normativa vigente, intenda assumere al fine di evitare che le famiglie di alunni disabili debbano ricorrere alla magistratura per il riconoscimento del diritto alla continuità didattica per i loro figli, già sancito dalla legge.
(5-03285)

Interrogazioni a risposta scritta:

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la vecchia educazione civica è stata sostituita, a partire dall'anno scolastico 2009/10, dall'insegnamento di «cittadinanza e costituzione», introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008;
secondo l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 tale insegnamento viene effettuato, utilizzando le risorse umane ed economiche vigenti nelle scuole, nell'ambito delle materie storico-geografiche;
come evidenziato dal documento d'indirizzo del 9 marzo 2009 del Ministro interrogato che ne spiega la fase applicativa, l'insegnamento di «cittadinanza e costituzione» si sviluppa in tutto l'arco della carriera scolastica, ovviamente con diverse metodologie educative e con scopi diversi, dalla scuola dell'infanzia alla scuola superiore -:
quale sia stato il tasso di concreta applicazione nelle scuole italiane del nuovo insegnamento;
quali criticità e quali positività siano eventualmente emerse da questa prima fase di sperimentazione;
in vista del prossimo anno scolastico, quali eventuali modifiche migliorative siano ritenute necessarie.
(4-08142)

LEHNER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
solleva sconcerto nell'interrogante la varietà e la quantità delle accuse di illeciti, sollevate da più parti nei confronti del professor Ferdinando Di Orio, rettore pro tempore dell'ateneo dell'Aquila, e giunte all'attenzione della magistratura;
in particolare si ha notizia di un procedimento avviato dalla procura della Repubblica dell'Aquila relativamente al reato di concussione; in un altro procedimento il professor Di Orio è indagato dalla procura della Repubblica di Rieti per corruzione, per aver stipulato con il comune di Antrodoco una convenzione per l'accreditamento di una inesistente struttura sanitaria; a seguito di ciò il comune avrebbe ceduto al professor Di Orio l'area del proprio campo sportivo, sulla quale il professore avrebbe iniziato a costruire un proprio immobile;
la stampa locale riporta una serie di altre vicende, invero poco edificanti e complessivamente offre del rettore dell'università dell'Aquila una immagine davvero poco lusinghiera -:
se il Ministro interrogato non ritenga di verificare se il rettore dell'università

dell'Aquila, professor Ferdinando Di Orio disponga dei titoli e delle caratteristiche adeguate alla permanenza in carica, posto che le numerose fonti che si registrano in ambito locale possono nuocere al buon andamento dell'ateneo aquilano.
(4-08172)

TESTO AGGIORNATO AL 10 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta la Gazzetta della Val D'Agri del 20 luglio 2010, lunedì 19 luglio, alle ore 21,36, nel corso dell'attività estrattiva si è verificato un ennesimo innalzamento della torcia, con fiamme che superavano di certo i 20 metri di altezza. Un fumo nerissimo ed alto accompagnava le fiamme; questa volta, tuttavia, si è associato un fenomeno alquanto preoccupante: un incendio annesso all'area immediatamente circostante alla torcia;
i lavori di ampliamento del Centro olio presuppongono un aumento della produzione in vista della «fermata fisiologica» dell'impianto;
sempre più spesso, di notte, si verificano «sbuffate» della torcia con innalzamento preoccupante delle fiamme, come è accaduto l'ultima volta nella notte tra lunedì 19 e martedì 20 luglio 2010;
gli abitanti dell'area chiedono risposte certe e non più rassicurazioni, così come avviene ormai da troppo tempo -:
per quali ragioni, sempre più spesso, nell'area circostante il Centro olio sia possibile sentire il rumore degli allarmi del Centro che si attivano per avvisare gli operai di qualche pericolo e se i problemi di cui in premessa dipendano dall'ampliamento del Centro.
(4-08145)

GERMANÀ e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ANAPI Pesca ha sottoscritto il 15 gennaio 2010 un nuovo Contratto collettivo nazionale del lavoro per i lavoratori dipendenti delle imprese esercenti attività nel settore della Pesca Marittima e della imprenditoria ittica con le seguenti Parti firmatarie: CONFSAL Pesca e CONFSAL FISALS, questo Contratto collettivo nazionale del lavoro conforma e conferisce lo stesso status del personale imbarcato ex lege n. 413 del 1984, estendendolo, anche ai lavoratori imbarcati la cui disciplina è contemplata dalla legge n. 250 del 1958 relativa alle cooperative della piccola pesca;
l'Unci pesca ha sottoscritto, il 30 settembre 2009, il Contratto collettivo nazionale del lavoro per i soci imprenditori ed i lavoratori dipendenti delle cooperative esercenti attività nel settore pesca marittima con le seguenti parti firmatarie: UNCI, UNCI Pesca, FESICA CONFSAL e CONFSAL FISALS;
alla data del 3 maggio 2010 entrambi gli articolati risultano vigenti e dal 9 giugno sono anche oggetto di Avviso Comune di accordo Sindacale;
il giorno 3 maggio 2010, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è svolto un incontro che ha avuto ad oggetto l'esame delle problematiche relative agli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca. Al termine dell'incontro, che ha coinvolto anche l'INPS che rimane impegnato a diffonderlo alle sedi territoriali, è stato sottoscritto con la direzione generale ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione del Ministero,

un verbale di accordo per impegnare le risorse residue e poi chiederne nuove da utilizzare per gli ammortizzatori sociali in deroga da Federpesca-Flai CGIL-Fai CISL-Uila UIL che hanno un Contratto collettivo nazionale del lavoro pesca valevole solo per gli imbarcati ex lege n. 413 del 1984 che esclude la possibilità di erogare la CIGS ai lavoratori della piccola pesca (legge n. 250 del 1958);
il suddetto verbale è stato sottoscritto anche dalla Cooperazione Lega pesca, AGCI pesca e FederCooPesca, che non hanno un Contratto collettivo nazionale del lavoro per gli imbarcati (legge n. 250 del 1958), hanno invece un Contratto collettivo nazionale del lavoro per i lavoratori non imbarcati;
il verbale del 3 maggio 2010 precisa l'impegno dell'INPS a diramare alle sedi territoriali interessate, un nuovo messaggio recante le modalità relative all'integrazione del reddito nelle ipotesi del fermo pesca, ferma restando però la procedura attuata e applicata in linea ad accordi conclusi precedentemente, ovvero quella divulgata col messaggio INPS n. 004497 del 26 febbraio 2009, Decreto interministeriale n. 44768 del 23 dicembre 2008, nel quale si esplicano le modalità per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali in deroga, indicandone quale unico riferimento il Contratto collettivo nazionale del lavoro FEDERPESCA siglato dalla FAI-CISL, FLAI-CGIL-UILAPESCA-UIL, pertanto escludendo de facto e automaticamente tutti coloro che applicano un contratto diverso;
questo verbale non può essere firmato dall'Anapi Pesca, come esposto dalla stessa alla DG ammortizzatori sociali che l'aveva convocata per la sottoscrizione il 3 giugno 2010, per il semplice fatto che viene fatto riferimento esclusivamente accordi conclusi precedentemente, il primo quello governativo del 25 settembre 2008 che ha autorizzato l'utilizzo della somma di 10 milioni di euro ai fini della concessione del trattamento straordinario d'integrazione salariale, in favore dei lavoratori dipendenti e soci lavoratori di cooperativa di cui alla legge n. 142 del 2001, appartenenti al personale imbarcato, sospesi dal lavoro da imprese di pesca interessate dallo stato di crisi che ha investito il settore, le quali applichino il Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore stipulato in data 8 marzo 2005, mentre il secondo, ovvero, l'accordo del 9 luglio 2009 che è lo strumento mediante il quale, sono state assegnate al comparto della pesca, ulteriori 10 milioni di euro, residuati dalle risorse del comparto avicolo. Occorre però far emergere la circostanza che, quando sono stati siglati i due accordi, l'unico Contratto collettivo nazionale di lavoro esistente era quello sottoscritto soltanto dalla Federpesca;
l'ANAPI Pesca, nel corso della già citata riunione del 3 giugno, ha fatto notare alla DG ammortizzatori sociali che ne ha preso atto, che oggi l'ANAPI Pesca, avendo siglato un proprio Contratto collettivo nazionale di lavoro, ha acquisito il diritto a stipulare un proprio accordo, assieme ad Unci Pesca e Confsal Pesca, quest'ultima peraltro è attualmente l'unico sindacato italiano costituito esclusivamente da lavoratori imbarcati della pesca;
inoltre, ANAPI, a seguito del decreto-legge n. 97 del 2008 della legge di conversione 2 agosto 2008 n. 129, che ha introdotto l'articolo 4-ter riguardante il «fermo di emergenza temporaneo e definitivo e cassa integrazione guadagni straordinaria nel settore della pesca», e del decreto interministeriale n. 44768 del 23 dicembre 2008 che, emanato di concerto dal Ministro del lavoro e dal Ministro dell'economia e delle finanze ha previsto la concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, introducendo interventi a favore dei lavoratori del settore della pesca, ha chiesto che tale normativa venga approvata anche in relazione al Contratto collettivo nazionale di lavoro ANAPI Pesca pregando la DG di adoperarsi affinché l'Inps divulghi, alle proprie sedi territoriali, le informazioni concernenti i soggetti che hanno diritto al trattamento, le condizioni per l'ammissione,

la relativa procedura di accesso e la modulistica da adottare per la richiesta degli ammortizzatori sociali in deroga, affinché la stessa non sia lasciata a interpretazioni non uniformi sul territorio magari indotte dalla presentazione da parte di terzi di un verbale tipo quello del 3 maggio 2010;
la DG ammortizzatori sociali per quanto sopra e per i dovuti chiarimenti in merito soprattutto rispetto alla dubbia autonomia di competenza delle sedi Inps territoriali a trattare l'argomento Cassa integrazione guadagni straordinaria aveva promesso di indire una nuova convocazione entro il 15 giugno 2010, ma l'incontro non è mai stato convocato;
ad oggi non se ne sa nulla mentre, come su detto, l'unità di crisi del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha approntato il DM sul fermo pesca che prevede la compensazione con la Cassa integrazione guadagni straordinaria anche ai marittimi della piccola pesca, che nel 2009 non l'avevano potuta avere per i motivi su espressi;
si ribadisce che la concessione della Cassa integrazione guadagni straordinaria alla piccola pesca è attuabile al momento solo per chi applica il CCNL ANAPI Pesca CONFSAL Pesca -:
quali siano le ragioni per cui Anapi e Confsal, nonostante abbiano fatto richiesta non vengano ancora convocate dalla DG ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che avevano promesso l'incontro entro il 15 giugno 2010, per sottoscrivere il proprio verbale di accordo senza il quale non possono chiedere ed avere il numero di codice statistico contributivo dell'INPS nelle imminenze dell'entrata in vigore del fermo 2010.
(4-08150)

FEDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la verifica di esistenza in vita è una necessaria operazione di controllo che gli istituti previdenziali, tra cui l'INPS, debbono portare avanti con assoluta precisione e tempestività;
la verifica dovrebbe avvenire automaticamente attraverso lo scambio di informazioni con gli enti previdenziali e fiscali, nonché gli istituti di credito preposti al pagamento delle pensioni medesime e ogni altra banca dati collegata agli istituti previdenziali o alla quale i medesimi possono accedere;
la verifica dell'esistenza in vita per i residenti all'estero avviene esclusivamente attraverso l'invio cartaceo di una dichiarazione che deve essere compilata, firmata, autenticata e rispedita all'istituto di credito -:
se non si ritenga opportuno prevedere sempre, nella stipula di convenzioni bilaterali, un'apposita clausola sullo scambio di informazioni limitatamente alla verifica di esistenza in vita;
se non si ritenga comunque opportuno procedere alla stipula di accordi sullo scambio di informazioni e sulla verifica dell'esistenza in vita con i Paesi con i quali sono in vigore convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e/o fiscali, tenendo conto delle norme su privacy e riservatezza delle informazioni;
se non si ritenga analogamente indispensabile adottare moderni ed efficienti meccanismi di verifica dell'esistenza in vita che tengano conto delle esigenze degli utenti;
se non si ritenga utile prevedere la possibilità di trasmettere elettronicamente l'esistenza in vita all'istituto di credito o all'istituto previdenziale - attraverso terminale consolare oppure a mezzo posta elettronica certificata - per evitare o ridurre i casi di impropria sospensione della pensione o di pagamento differenziato dal normale accredito bancario.
(4-08151)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, OLIVERIO, ZUCCHI, SERVODIO, MARAN e BRESSA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal 15 luglio 2010 è in corso un presidio di numerosi coltivatori nel pressi di Fanna, in provincia di Pordenone, nel luogo dove sarebbero state piantate nei mesi scorsi sementi di piante ogm;
l'allarme era stato lanciato dal direttore dell'Ersa (azienda regionale per lo sviluppo rurale del Friuli Venezia Giulia) a cui, con una lettera anonima nella notte tra lunedì 21 e martedì 22 giugno 2010, erano state recapitate foglie di pianta di mais e una mappa topografica indicante un campo proprio vicino Fanna. Secondo la missiva, sarebbero state messe a dimora, nel terreno, sementi di piante ogm;
l'assessore alle risorse agricole, naturali e forestali della regione Friuli Venezia Giulia, Claudio Violino, aveva subito informato della vicenda le autorità giudiziarie preposte;
dagli accertamenti ulteriori, da parte dell'Ersa è emerso successivamente che il materiale vegetale, inviato nella lettera, apparteneva a piante di mais geneticamente modificate, mentre per quanto riguarda la natura delle piante seminate a Fanna sono in corso verifiche da parte del nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri di Udine a cui sono state affidate le indagini da parte del sostituto procuratore di Udine Andrea Gondolo;
va inoltre aggiunto che ulteriori lettere anonime, che denunciano la coltivazione di piante ogm in provincia di Pordenone, sono state recapitate, tra gli altri, allo stesso Claudio Violino ed al prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante l'8 luglio 2010;
secondo la normativa nazionale, in particolare il decreto legislativo n. 212 del 24 aprile 2001 «Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli», è infatti vietato mettere in coltura sementi di varietà geneticamente modificate senza avere prima ottenuto un'apposita autorizzazione interministeriale (Ministeri della salute, delle politiche agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare);
per le motivazioni sopra indicate un'associazione agricola ha presentato alla procura della Repubblica di Pordenone, il 25 giugno 2010, una denuncia ed una richiesta di sequestro del campo di Fanna. L'esposto ha tra gli obiettivi quello di pervenire al sequestro cautelativo delle coltivazioni e, nel caso in cui gli esami fossero positivi, di procedere alla distruzione della coltivazione prima che il mais giunga allo stadio della fioritura con la conseguenza di contaminazione con il polline ogm delle coltivazioni convenzionali;
è stata già presentata, sulla vicenda, una interrogazione (5-03137) in data 28 giugno 2010, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali alla quale non è stata ancora data risposta -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per accertare in tempi brevi la reale natura delle piante di mais presenti nel campo di Fanna e, nel caso, se non ritenga di dover procedere alla distruzione, in via cautelativa, delle piante di mais geneticamente modificate, per evitare il rischio di contaminazione.
(5-03291)

Interrogazione a risposta scritta:

VITALI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli uliveti pugliesi, così come quelli di altre regioni, ormai da alcuni anni sono flagellati dalla cosiddetta «lebbra dell'olivo» che sta arrecando gravissimi danni anche in ragione della scarsa efficacia dei rimedi attualmente utilizzati. Si ricorda infatti che tale malattia determinata dal fungo (Gloeosporium olivarum/Colletotrichum gloeosporioides/glomerella cingulata) colpisce le drupe determinando una marcescenza delle stesse con conseguenza cascola e perdita di qualità dell'olio;
oggi la «lebbra dell'olivo» viene ad essere trattata con anticrittogamici a base di rame (poltiglia bordolese) che nell'ultimo periodo, anche e soprattutto a seguito del manifestarsi di un nuovo ceppo, sembrerebbero non avere più una grande efficacia;
in funzione di tanto si renderebbe necessario l'affiancamento di fitofarmaci che utilizzino molecole come le strobilurine nonché l'utilizzo di antiperenosporici il cui utilizzo in Italia è consentito su vigneti ed altre coltivazioni mentre risulta essere vietato per l'olivo;
la maggiore efficacia di tali trattamenti sulle piante dell'olivo sarebbe già stata accertata in Spagna ove sarebbe stata altresì verificata l'assenza di elementi di fitotossicità verso le piante e di eventuali residualità nel prodotto dell'olio di oliva -:
quali iniziative, studi e ricerche siano stati intrapresi o intendano intraprendere gli organi competenti, anche di concerto con le regioni interessate - in particolare con la regione Puglia - e con l'Osservatorio fitosanitario regionale ed all'università degli studi - facoltà di agraria, per valutare e verificare la possibilità di eventuali registrazioni e/o autorizzazioni, anche in deroga, all'utilizzo dei fitofarmaci-trattamenti innanzi indicati.
(4-08139)

TESTO AGGIORNATO AL 10 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la proposta di regolamento sul regime linguistico del brevetto europeo, recentemente sostenuta dalla Commissione europea, che intende operare attraverso una trasposizione nel sistema, delle regole vigenti sulla base di un accordo multilaterale stipulato a Monaco, risulta fortemente discriminatorio e lede il principio di pari dignità delle lingue dell'Unione europea;
l'iniziativa sostenuta tra l'altro anche dallo stesso presidente della Commissione europea Barroso, crea elementi di distorsione della concorrenza e coinvolge negativamente la quasi totalità degli Stati membri, nonché l'efficienza dei mercati e la competitività delle imprese, specie quelle di piccole e medie dimensioni, in particolare quelle italiane;
l'introduzione del brevetto unico da parte dell'Unione europea infatti, basato sulle tre lingue inglese, francese e tedesco, che intende escludere la lingua italiana, costituisce una discriminante geografica e culturale inaccettabile contro il sistema-Italia, le cui motivazioni appaiono tra l'altro inconcepibili;
a giudizio dell'Unione europea infatti, si sarebbe lasciato intendere che le tre lingue previste e precedentemente suesposta per il brevetto, siano considerate: «lingue di lavoro» della stessa Unione europea, affermazione, secondo l'interrogante, che non trova alcun fondamento giuridico;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di addivenire ad una rapida soluzione delle problematiche evidenziate in premessa evitando che si escluda la lingua italiana dal regolamento di regime linguistico per i brevetti comunitari,

posto che tale discriminazione rischia di penalizzare gravemente l'intero sistema economico ed industriale del nostro Paese, con evidenti ripercussioni negative per le imprese italiane in particolare, quelle di piccole e medie dimensioni.
(5-03286)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato del 20 luglio 2010 si legge che il coordinatore per l'alto jonio reggino del Movimento Sodale-Fiamma Tricolore, Claudio Belcastro, «a seguito di continue ed insistenti segnalazioni da parte di numerosi cittadini di Roccella Jonica (provincia di Reggio Calabria) che, particolarmente nelle ore serali e notturne, stentano a tenere le porte e le finestre aperte per il cattivo odore, si è recato presso il comando della Guardia di Finanza-Sezione Operativa Navale di Roccella Jonica, per denunciare che alla foce del torrente Pistonello, ubicata sotto il lungomare di Roccella, è presente un intenso e cattivo odore verosimilmente causato da liquame fognario»;
Belcastro, recita la nota, «ha denunciato inoltre l'esistenza di una discarica abusiva, sempre sul territorio del comune di Roccella sulla provinciale che porta a Gioiosa Jonica passando per Fonte, Junchi ecc., dove giace di tutto, dal materiale di risulta a copertoni, elettrodomestici di ogni tipo, carta, plastica, sotto gli occhi di tutti sul ciglio di una strada provinciale. Dispiace che questo tipo di denunce debbano essere fatte proprio in un comune che fa garrire al vento la sua ottava bandiera blu durante il periodo estivo, ma è proprio il caldo che contribuisce a far sentire molto di più gli odori mitigati dai freddi mesi invernali. Ed è proprio del 18 luglio il comunicato dell'amministrazione di Roccella che avvisa i cittadini della riparazione e ripristino delle pompe di sollevamento del depuratore, precisando che da quella data il sistema di depurazione è ritornato efficiente. Forse i cittadini di Roccella hanno fatto il bagno nei liquami fino ad oggi; e meno male che non sono ancora arrivati i turisti» -:
se sia vero che il comune goda della bandiera blu e con quali criteri sia stata decisa;
quali iniziative si intendano promuovere per accertare lo stato delle acque anche in vista della stagione estiva e più in generale tutelare la salute pubblica e l'ambiente della zona.
(4-08144)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
venerdì 23 luglio 2010 l'agenzia di stampa Il Velino/Campania ha battuto la notizia che da mesi un giovane detenuto del carcere napoletano di Poggioreale attende un'operazione chirurgica per occlusione delle vie urinarie, malattia che lo costringe a camminare con una sacca addosso e a non poter fare nulla;
sulla vicenda Adriana Tocco, Garante dei diritti dei detenuti della regione Campania, ha dichiarato di volersi recare in procura per presentare una denuncia, atteso che il caso in questione denota un livello di diniego dei diritti civili, anche i più elementari, che non può più essere tollerato;
il detenuto da mesi in attesa di una operazione chirurgica si trova in carcere per scontare una lieve pena e sta malissimo;
il professor Pempinello del Cotugno ha recentemente dichiarato che, nonostante

i solleciti del direttore degli istituti di pena, gli ospedali non ne vogliono sapere nulla dei detenuti, anche perché i nosocomi sembrano mal sopportare scorte e vigilanze -:
di quali elementi dispongano i Ministri con riferimento ai tempi di attesa dei detenuti per i quali sia disposto un trattamento sanitario presso strutture ospedaliere e se, rispetto a queste specifiche ipotesi, siano garantiti i livelli essenziali di assistenza.
(4-08159)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Riccardo Bocca in un articolo de L'Espresso di venerdì 23 luglio 2010, non vi sono certezze riguardo ai controlli dei veterinari pubblici sulla carne macellata in Italia;
Francesca Martini, sottosegretario alla Salute, rassicura: «Il consumatore italiano può stare tranquillo» e garantisce che «la sicurezza della filiera alimentare è assoluta, anche per la carne. Tutti gli standard europei vengono rispettati. I nostri veterinari sono un esempio di professionismo. Dunque non c'è da preoccuparsi»;
tuttavia, intrecciando i dati dell'anagrafe nazionale bovina, dell'lstat e dell'Unione nazionale avicoltura con le statistiche del piano nazionale residui, il programma ministeriale «di sorveglianza sulla presenza, negli animali e negli alimenti di origine animale, di residui di sostanze chimiche che potrebbero danneggiare la salute pubblica», emergono dati poco entusiasmanti: nel 2009, la percentuale dei controlli sui bovini macellati (in tutto 2 milioni 949 mila 828) ha riguardato 15 mila 803 capi, ed è stata pari allo 0,5 per cento. Dei 13 milioni 616 mila 438 suini macellati, invece, i veterinari ne hanno controllati 7 mila 563, cioè lo 0,05 per cento. Ancora meno sono stati controllati gli 11 milioni 740 mila quintali di volatili macellati (tra polli, tacchini, oche e quant'altro), con un totale di 4 mila 316 verifiche e il record negativo dello 0,03 per cento (inferiore agli standard imposti dalle direttive Ue);
un problema di prima grandezza, considerando che lo scorso anno gli italiani hanno consumato in media 92 chili di carne a testa, e che per il presidente di Assocarni Luigi Cremonini «i consumi sono destinati a crescere». Eppure l'opinione pubblica sembra non essere interessata a conoscere cosa può nascondere la carne. Sostiene Enrico Morioni, presidente dell'Associazione veterinari per i diritti animali (Avda): «Al massimo si agita quando scoppiano episodi di straordinaria gravità: come l'influenza aviaria nel 1999 e 2002, la cosiddetta mucca pazza nel 2001, o le carni suine irlandesi contaminate dalla diossina nel 2008». Emergenze che la sanità italiana ha affrontato senza sbandamenti, adeguandosi velocemente ai protocolli internazionali. La comune origine di questi allarmi è rimasta identica: «Una zootecnia suicida basata sugli allevamenti intensivi», la chiama Roberto Bennati, vicepresidente della Lega antivivisezione (Lav);
al posto dei pascoli si sono imposti capannoni «dove gli animali vivono in condizioni di sovraffollamento, immersi nell'inquinamento dei loro stessi escrementi (pregni di ammoniaca per i bovini, e metano per il pollame), con limitate possibilità di movimento e reiterati bombardamenti farmacologici». Non importa che anche la Food and Agricolture Organization, a nome delle Nazioni Unite, definisca queste strutture «un vivaio di malattie emergenti»;
malgrado la crisi, l'industria italiana delle carni nel 2009 ha fatturato 20,5 miliardi di euro: è una cifra che colpisce, oltre che per dimensioni, per il confronto con la quantità di bestiame che muore all'interno delle nostre aziende zootecniche.

«Nel 2008», documenta la Lav, «sono morti in Piemonte 20 mila 700 bovini allevati. In Veneto sono arrivati a quota 24 mila 433. In Emilia Romagna ne hanno contati 18 mila 217 e in Lombardia 67 mila 996»;
a Colombaro di Formigine, provincia di Modena, la realtà della società agricola Colombaro fa comprendere la drammaticità della situazione: «Qui cresciamo 20 mila suini»: maialini schiacciati, durante lo svezzamento, in ogni metro quadro; altri in un metro quadro tra i 70 e i 180 giorni di vita; ancora, 80 centimetri pro capite nei quali si trovano i suini all'ingrasso. Il titolare spiega: «Anche noi preferiremmo allevare maiali con altri criteri, più rispettosi del loro benessere. Ci abbiamo pure provato, ma prevalgono le esigenze commerciali»;
i tecnici dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) hanno presentato nel 2009 un'indagine sulla salmonella nei suini da riproduzione. Il risultato, accolto dal silenzio dei mass media, è che il batterio risulta presente nel 51,2 per cento degli allevamenti italiani;
«Sempre l'Efsa», spiegano, «ha concluso uno studio sulle carcasse dei polli da carne, e la scoperta è che nel 2008 il 49,6 per cento dei campioni italiani era affetto da campylobacter (un batterio che, in caso di cottura non completa della carne, può provocare forti dolori addominali, febbre e diarrea), mentre il 17,4 mostrava tracce di salmonella»;
il Piano nazionale residui dovrebbe individuare le sostanze illegali somministrate al bestiame per prevenire i malanni e velocizzarne la crescita. «Nel 2009», racconta Gandolfo Barbarino, responsabile dell'Unità operativa igiene degli allevamenti piemontesi, «su 33 mila 552 campioni analizzati, è risultato positivo appena lo 0,22 per cento. [...] i riscontri si basano sulle analisi chimiche di fegato, carni, sangue e urine. E chi pratica il doping, in questo campo, ha raggiunto livelli di tale raffinatezza da sfuggire ai controlli»;
un allevatore campano spiega le dosi e i tempi delle sostanze proibite dei dopanti per i bovini: «per far crescere alla svelta gli animali si dà estradiolo con testosterone o nandrolone. Poi si passa ai beta agonisti, che favoriscono la diminuzione del grasso, fino alla vigilia della macellazione. E nell'ultimo periodo, utilizziamo i cortisonici per aumentare la ritenzione idrica e definire al massimo la massa muscolare». Rimane la certezza dell'impunità totale, a causa della presenza della camorra;
il biologo Pierluigi Cazzola, responsabile a Vercelli dell'Istituto zooprofilattico sperimentale (Izs), rivela i dati del documento riservato, e non ufficiale, che il Ministero della salute ha discusso il 19 maggio 2010 con esponenti dei carabinieri, dell'Istituto di zooprofilassi e dell'Istituto superiore di sanità. «Al centro dell'attenzione, c'era la tabella del ministero con i farmaci prescritti agli animali d'allevamento», spiega un testimone. «In particolare, si è chiesto alle Regioni di specificare quante volte nel 2009 i veterinari avessero legalmente permesso agli allevatori di utilizzare sostanze delicate per la salute animale (e quindi umana) come gli ormoni». «L'esito, poco credibile, è che in Emilia Romagna su 46 mila 383 prescrizioni ordinarie non è risultato nessun caso. Idem per la Sicilia, su un totale di 9 mila 641 prescrizioni. Per non parlare di Lombardia, Liguria, Campania, Calabria, Basilicata, Veneto, Friuli e Sardegna, che scaduti i termini di consegna non avevano ancora inviato i dati»;
anche le marche auricolari, i sigilli che per gli animali equivalgono a carte d'identità, un tempo targhe metalliche, pertanto difficilmente trasferibili da una bestia all'altra, oggi invece sono di plastica, si staccano senza problemi, e vengono applicate alle bestie straniere, importate di nascosto ed escluse dal circuito sanitario. Vi sono casi in cui le marche auricolari non vengono applicate e si allevano animali malati;
quanto al fronte estero, al rischio che i nostri confini siano attraversati da bestiame

malato o fuori controllo, è utile leggere i regolamenti comunitari: si apprende, infatti, che in Europa i controlli spettano alle nazioni che esportano bestiame, mentre gli Stati riceventi possono giusto svolgere «controlli per sondaggio e con carattere non discriminatorio». Un obbligo che limita la rete dei nostri Uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (Uvac) e dei Posti di ispezione frontaliera (Pif): grava il sospetto sul lungo elenco di nazioni che potrebbero non segnalare alcuna positività delle loro bestie alle sostanze proibite. Tra queste, recita la tabella disponibile del 2007, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Slovenia, Repubblica slovacca e Svezia. Il Wwf Italia parla del documento sul ciclo illecito degli scarti di macellazione in Campania, Basilicata e Puglia, in cui si spiega come parti di animali a rischio non vengano eliminati dopo la macellazione, ma rientrino nel sistema alimentare sotto la guida di organizzazioni criminali;
nel febbraio 2010, il Nucleo anti sofisticazioni dei carabinieri (Nas) ha sequestrato 18 tonnellate tra carne e prodotti di origine animale: non solo trovati in pessimo stato di conservazione, ma privi della bollatura sanitaria: individuati 102 centri di macellazione clandestina e denunciate 113 persone per il mancato rispetto delle norme igieniche e la non corretta tenuta dei capi animali da parte degli allevatori;
una comunicazione riservata del Nucleo agroalimentare e forestale (Naf) spiega che «le macellazioni clandestine interessano (in Italia) circa 200 mila bovini, che spariscono ogni anno dagli allevamenti ad opera della malavita»;
in provincia di Treviso è stato stretto un accordo tra Adiconsum (Associazione in difesa di consumatori e ambiente), consorzio Unicarve e supermercati Crai per garantire ai consumatori carne che abbia una tracciabilità totale: dalla nascita dell'animale fino al banco vendita -:
se i Ministri siano a conoscenza dei dati sconcertanti di cui in premessa e se li confermino;
considerati i dati in premessa, in base a quali elementi il Sottosegretario alla salute, Francesca Martini, abbia usato le parole rassicuranti citate in premessa;
se i Ministri interrogati intendano avviare un'ampia e dettagliata indagine sugli allevamenti presenti nel territorio italiano, al fine di salvaguardare la salute pubblica, garantire agli animali le condizioni per una vita sana e naturale e scongiurare il sopravvento della criminalità organizzata, interna ed estera;
se e quali iniziative intendano adottare al fine di garantire ai cittadini informazione e diffusione dei dati relativi alle sostanze presenti nelle carni;
quali iniziative, inoltre, intendano intraprendere al fine di salvaguardare il rispetto della vita degli animali e creare una coscienza pubblica;
quali provvedimenti si intendano adottare al fine di tutelare la trasparenza dei controlli nel settore;
se si intendano promuovere l'adozione di accordi sull'esempio della provincia di Treviso;
quali elementi intenda fornire il Ministro della salute, in merito al documento riservato, e non ufficiale, discusso il 19 maggio 2010, nel quale emergono dati improbabili, per quali motivi alcune regioni si siano arrogate il diritto di non inviare i loro dati entro il termine prestabilito per la consegna e quali azioni si intendano promuovere in proposito.
(4-08166)

TESTO AGGIORNATO AL 10 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dopo le tensioni riscontrate negli ultimi mesi continuano negli ultimi giorni le

manifestazioni di protesta da parte dei lavoratori del gruppo Eurallumina di Portovesme, che chiedono una risoluzione chiara e definita della lunga vertenza relativa allo stabilimento industriale;
i manifestanti promuovono un incontro certo tra Governo, azienda, Enel e lavoratori, per sbloccare la vertenza sul costo dell'energia che da un anno impedisce la riapertura della fabbrica di allumina e che sta mettendo in serissima difficoltà la stabilità e la tranquillità lavorativa e sociale di più di 600 famiglie di lavoratori occupati in azienda e lo sviluppo dell'intera aerea industriale del Sulcis- Iglesiente;
materia del contendere è la questione relativa al mancato accordo, ad oggi, tra azienda ed Enel sul progetto di sviluppo di energia a vapore a bassa pressione che permetterebbe all'azienda di ricominciare dopo più di un anno di stop l'attività, riducendo sensibilmente i costi e ridando competitività al sistema produttivo;
il progetto, infatti, nello specifico, riducendo la quota dei costi di circa 60 milioni di euro annui, consentirebbe stabilità definitiva all'azienda che potrebbe garantire così la conferma occupazionale dei lavoratori;
la situazione appare di notevole criticità e necessita di un intervento risolutore da parte del Governo nel più breve tempo possibile per evitare una tragica conclusione degli eventi che porterebbe alla chiusura dello stabilimento e al conseguente crollo di tutto il settore produttivo del Sulcis-Iglesiente, che ha già coinvolto recentemente altre realtà produttive di grande rilevanza nel settore quali la Alcoa, la Portovesme srl e la Carbosulcis, a cui si aggiungerebbe la perdita di moltissimi posti di lavoro -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda adottare per una rapida risoluzione della problematica relativa alla vertenza Eurallumina, consentendo così lo sviluppo delle migliori condizioni possibili per far ripartire l'attività dell'impianto, scongiurandone la chiusura.
(3-01197)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAZZARI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2010 Telecom Italia ha annunciato un piano triennale di circa 7.000 esuberi entro il 2012, di cui 3.700 entro giugno 2011; per tutta risposta il Governo ha annunciato che intende gestire la vertenza in un tavolo a tre con azienda ed sindacati; a seguito dell'annunzio, Telecom Italia ha annunciato il congelamento del piano di esuberi fino alla chiusura della trattativa;
Telecom Italia è un operatore che continua a registrare forti utili nella generazione di cassa: i risultati economici comunicati dall'azienda ai mercati indicano un cashflow di oltre 1,5 miliardi di euro; sul Sole 24 Ore del 21 luglio 2010, in un articolo sul tema, si rileva che «...secondo fonti ministeriali nella riunione della settimana scorsa che ha portato al congelamento degli esuberi, si è arrivati alla tregua dopo aver verificato la disponibilità del governo a ricorrere a strumenti di protezione del reddito per accompagnare al pensionamento i lavoratori in esubero, nonché il sostegno del governo all'aumento del canone per l'ultimo miglio che Telecom incassa dai concorrenti, decisione che spetta all'Authority di settore...»;
l'articolo conferma la notizia secondo la quale Telecom Italia avrebbe chiesto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di aumentare del l4 per cento i canoni che l'ex monopolista applica agli operatori concorrenti per l'«ultimo miglio» della rete (unbundling), nonostante gli aumenti già riconosciuti negli anni 2008 e 2009; la richiesta, se accolta, porterebbe ad un incremento complessivo dei canoni del 26 per cento in tre anni;

nei mesi scorsi, Fastweb, Vodafone, Wind e Tiscali hanno presentato un piano industriale per la realizzazione di una rete di nuova generazione sul territorio nazionale, utilizzando una prima tranche di 2,5 miliardi di euro da fondi privati; Telecom Italia non sembra interessata ad aderire, avendo ribadito di aver elaborato un proprio piano che prevede anche l'utilizzo di fondi pubblici;
il complesso dei fatti esposti conferma, ad avviso dell'interrogante, come l'azienda non intenda prevedere investimenti importanti per la modernizzazione delle reti di telecomunicazione; la posizione assunta da Telecom impoverisce il mercato delle telecomunicazioni perché si accantonano gli investimenti e si danneggiano i concorrenti gravandone i conti di oneri ingiustificati che servono a sostenere i bilanci Telecom; di fatto, vengono pregiudicate anche le condizioni per un'eventuale ricollocazione presso le aziende del settore dei lavoratori in uscita da Telecom Italia;
la decisione relativa ai licenziamenti, secondo l'interrogante, è dovuta ad esigenze di carattere economico, ma alla definizione, da parte dell'azienda, di una strategia industriale che non prevede investimenti nelle reti di nuova generazione, quanto piuttosto una valorizzazione economica della vecchia rete in rame e lo sfruttamento di una rendita di posizione, entrambe ereditate dall'epoca del monopolio; questo appare, allo stato, il «piano industriale» di Telecom Italia;
il valore della concorrenza nelle comunicazioni è certificato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella sua ultima relazione annuale, laddove si chiarisce che i prezzi finali sono scesi oltre del 30 per cento negli ultimi 10 anni grazie alla competizione tra operatori;
a giudizio dell'interrogante un eventuale accoglimento delle richieste di Telecom Italia può incidere pesantemente sulla modernizzazione del Paese e avere gravi conseguenze sul piano sociale e occupazionale -:
se risponda al vero quanto evidenziato dal Sole 24 ore del 21 luglio 2010, citato in premessa, relativamente alla richiesta di Telecom al Governo di ricevere un supporto politico per il prepensionamento dei lavoratori e per l'aumento delle tariffe di unbundling in cambio del congelamento del piano di licenziamenti.
(4-08165)

BERTOLINI, STRACQUADANIO, DELL'ELCE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi Esselunga s.p.a. ha fatto pubblicare sui principali quotidiani nazionali un'inserzione a pagamento, con la quale denuncia un presunto «patto occulto» tra Coop Estense e il comune di Modena, volto ad impedire la costruzione di un supermercato della catena distributrice milanese, in via Canaletto a Modena, su un terreno di proprietà della stessa Esselunga, ma mai edificato per mancanza di permessi da parte dell'amministrazione comunale;
in tale inserzione Esselunga s.p.a. riassume i termini della vicenda che nel marzo 2000 la portò all'acquisto per 24 miliardi di lire di un lotto di terreno da 44.820 mq (lire 540.00 al mq) del comparto urbanistico che si affaccia sul lato nord della stazione dei treni, facendo affidamento sul programma di riqualificazione urbana (PRU) approvato dal Comune di Modena il 12 aprile 1999 e sulla scheda di piano regolatore;
il successivo progetto di piano particolareggiato di iniziativa privata allora in corso di approvazione prevedeva, fra l'altro, un supermercato con il fronte sulla via Canaletto, proprio sull'area di proprietà di Esselunga;
all'asta giudiziale del febbraio 2001, Coop estense si aggiudicò, per 23 miliardi di lire, il lotto adiacente di soli 8.834 mq (pagati lire 2.600.000 al mq), diventando partecipe del comparto e potendosi così opporre all'attuazione di quanto già programmato;

stando a quanto riportato dall'avviso pubblicato sui quotidiani, in data 24 novembre 2008, l'Assessore all'urbanistica del comune di Modena proponeva, per l'ennesima volta, ad Esselunga di insediarsi in un altro luogo e di cedere a Coop Estense il proprio lotto in via Canaletto. Se non avesse accettato o non avesse trovato un accordo con Coop Estense, il comune avrebbe cambiato le «destinazioni d'uso», cancellando l'uso commerciale;
tale intenzione dell'assessore all'urbanistica sarebbe poi stata confermata, il 4 maggio del 2009, dal sindaco di Modena;
a seguito di tali richieste Esselunga dichiarò di non rinunciare alla realizzazione del suo supermercato e che non si sarebbe ritirata;
l'eliminazione dell'area commerciale di via Canaletto, da parte del comune di Modena, significherebbe l'eliminazione dell'unico supermercato, cioè quello di Esselunga;
l'acquisto, da parte di Coop Estense, dell'area di minori dimensioni a fianco dell'area di proprietà di Esselunga, sarebbe stata funzionale, stando alla tesi della stessa Esselunga, all'obiettivo di impedirle di costruire un proprio supermercato in area destinata ad un importante piano di riqualificazione urbanistica;
come emergerebbe dalla suddetta inserzione, il mancato rispetto della trasparenza e dell'imparzialità nella gestione, da parte del comune di Modena, delle autorizzazioni per la realizzazione di supermercati ed ipermercati, avrebbe, secondo gli interroganti, di fatto creato un danno diretto ad Esselunga ed un privilegio, seppur indiretto, a Coop Estense -:
come intenda attivarsi affinché le politiche tese a regolamentare il mondo della grande distribuzione commerciale siano improntate alla più ampia correttezza ed imparzialità, a garanzia dei diritti e degli interessi di tutti gli operatori operanti sul mercato.
(4-08169)

FUGATTI, NEGRO, RAINIERI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Peg Perego è un'azienda italiana tra le più importanti nella produzione di prodotti e accessori per la prima infanzia;
fra i prodotti in vendita c'è il passeggino modello «Sdraietta melodia» che porta in bella vista sull'involucro l'etichetta made in Italy;
tale indicazione risulta secondo gli interroganti in realtà ingannevole in quanto sul seggiolino compare l'etichetta made in China;
sul sito internet della suddetta azienda si legge che «chi ama il Made in Italy cerca stile, eleganza, dettagli e sicurezza»;
al di là del rispetto della normativa, questa politica aziendale appare tutta incentrata su un made in Italy che, ad avviso degli interroganti, è solo apparente -:
quali iniziative, anche normative, intenda intraprendere il Ministro interrogato per tutelare i consumatori dall'acquisto di prodotti che, pur recando la dicitura made in Italy, sono in larga parte costituiti da componenti che non hanno tale origine.
(4-08171)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di mercoledì 21 luglio 2010, Galati, una frazione del comune di Brancaleone, è un piccolo

angolo di mare in provincia di Reggio Calabria, noto per essere un sito preferito dalle tartarughe Caretta Caretta per la nidificazione;
la loro presenza è così massiccia che, anche per via dell'attenzione dei turisti, quattro anni fa nacque il «centro per il soccorso ed il recupero delle tartarughe marine», grazie al progetto europeo Tartanet;
tuttavia, oggi questa costa paradisiaca rischia di scomparire sacrificata sull'altare del cemento: un progetto autorizzato nel 2006 dalla giunta comunale, chiamato jewel of the sea, prevede tra l'altro la costruzione di un gruppo di villette a due piani fuori terra, con un muro a una trentina di metri circa dalla battigia. Più a monte, inoltre, sorgerà un villaggio turistico residenziale con campo da golf. Sul sito internet dedicato alla presentazione del progetto, si legge, inoltre, che la nuova struttura comprenderà un centro commerciale, un albergo, impianti sportivi e piscine. Una cementificazione per un'estensione complessiva di 11,42 ettari;
Goletta Verde, lunedì 19 luglio 2010, ha assegnato la bandiera nera (riconoscimento dato ai nemici del mare) a chi ha avuto la responsabilità del danneggiamento di diverse centinaia di metri quadrati di ecosistema dunale: l'amministratore della RDV srl, l'amministrazione comunale di Brancaleone, il dirigente del settore pianificazione territoriale della provincia di Reggio Calabria e il dirigente della Soprintendenza per i beni Architettonici e per il paesaggio;
Nunzio Cirino Groccia, segretario nazionale Legambiente, evidenzia: «È davvero inconcepibile che un'area di così alto pregio naturalistico rischi di essere spazzata via da un progetto particolarmente impattante. Come se non bastasse, ci troviamo non solo all'interno del Parco regionale marino Costa dei Gelsomini, ma anche in un'area prossima al sito di Interesse Comunitario Spiaggia di Brancaleone, istituito al precipuo scopo di tutelare la spiaggia e la duna proprio dalle minacce costituite da urbanizzazione e insediamenti balneari. Non è da questa strada che passa lo sviluppo»;
il presidente di Legambiente Calabria, Antonino Morabito, denuncia: «Senza entrare nel merito della legittimità delle concessioni edilizie, che spetta solo agli inquirenti, ci chiediamo come sia stato possibile autorizzare la costruzione del villaggio, nella parte ricadente sulle dune» -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla progettazione di una struttura di così ampie dimensioni in una zona sottoposta a tanti vincoli ambientali e paesaggistici;
se e quali misure di competenza si intendano promuovere per contenere il danno descritto in premessa;
se i Ministri non ritengano opportuno promuovere il rilancio del turismo in Calabria, e con esso di tutta l'economia della regione, puntando sulla qualità e sulla valorizzazione dei tratti di costa unici, al fine di salvaguardare le specie animali in via di estinzione e tutelare il paesaggio, scongiurando la sopraffazione della speculazione edilizia.
(4-08141)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Polledri n. 4-00406, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava e altri n. 4-02110, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava e altri n. 4-02149, pubblicata nell'allegato

B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-02256, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-02304, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-02405, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni e Rivolta n. 4-03639, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Follegot n. 4-03862, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Forcolin e Callegari n. 4-04992, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n. 4-05494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava e altri n. 4-05969, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni e Reguzzoni n. 4-06012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava e altri n. 4-06399, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava e altri n. 4-06507, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-07364, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-07663, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro e Munerato n. 4-07883, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n. 4-08006, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n. 4-08137, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Bernardini n. 4-07110 dell'11 maggio 2010.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BENAMATI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Saeco International è leader nella progettazione, produzione e commercializzazione di macchine da caffè ad uso domestico e professionale e di distributori automatici di bevande calde, fredde e snack;
l'azienda, nata nel 1981 con sede in Italia, si è sviluppata con successo fino a diventare un gruppo a forte propensione internazionale, con 16 filiali in Europa, Stati Uniti, America Latina, Australia, Asia e una rete di importatori per la distribuzione dei prodotti a marchio Saeco in più di 60 paesi nel mondo;
a Gaggio Montano opera un impianto industriale che impiega circa novecento dipendenti;
lo stabilimento di Gaggio Montano, sede originaria del Gruppo, rappresenta un polo di eccellenza tecnologico e di ricerca e costituisce una importante realtà produttiva per tutta l'area dell'Alto Reno bolognese, i cui insediamenti artigianali e industriali stanno già attraversando un grave momento di difficoltà;
secondo quanto si apprende da fonti di stampa, nel mese di maggio 2009, è stato raggiunto l'accordo vincolante per il passaggio di Saeco International Group, controllata dal fondo d'investimento francese PAI, alla Royal Philips Electronics;
il completamento del processo di acquisizione è subordinato al raggiungimento dell'accordo finale con le banche, con le quali l'azienda Saeco ha considerevoli obblighi di natura creditizia -:
se quanto riportato corrisponda al vero e se il Ministro interrogato sia a conoscenza del piano industriale inerente all'acquisizione, con particolare riguardo alle prospettive occupazionali e alla tutela della capacità tecnologica e produttiva dello stabilimento di Gaggio Montano.
(4-03253)

Risposta. - La Saeco international group è leader nella progettazione, produzione e commercializzazione di macchine da caffè ad uso domestico e professionale e di distributori automatici di bevande e snack.
Fondata nel 1981 ha due stabilimenti produttivi in Italia tra cui il sito di Gaggio Montano.
Nel mese di maggio 2009 la citata società ha concluso un accordo con la multinazionale olandese Royal Philips electronics e nel successivo mese di luglio, quest'ultima ha acquisito il 100 per cento della Saeco.
Prima dell'acquisizione, l'azienda era controllata dal fondo di investimento francese Pai, che l'aveva acquisita nel 2004.
Attualmente, così come peraltro noto all'interrogante, è entrata nella
Business unit domestic appliances,

all'interno del settore Philips consumer lifestyle ed è riuscita a mantenere la produzione nello stabilimento bolognese.
Dalle informazioni assunte da questa amministrazione presso la Saeco, il nuovo assetto societario non ha comportato ripercussioni occupazionali e non si prevede che ne comporterà, quanto meno nel breve periodo.
Si fa presente che le parti non hanno chiesto alcun incontro presso i competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico, né è pervenuta altra segnalazione al riguardo.
Si conferma, comunque la più ampia disponibilità, se richiesto a convocare un «tavolo di confronto» al fine di valutare ogni possibile ipotesi volta al mantenimento dell'attività produttiva e all'occupazione.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 48 comma 3 della Costituzione stabilisce che «il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge»;
la recente legge 7 maggio 2009 n. 46 ha modificato l'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006 n. 22, recante disposizioni in materia di ammissione al voto domiciliare di elettori affetti da infermità che ne rendano impossibile l'allontanamento dell'abitazione;
nello specifico, la normativa di riferimento prevede che gli elettori affetti da gravissima infermità, tale che l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano risulti impossibile, anche con l'ausilio dei servizi di cui all'articolo 29 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, e gli elettori affetti da gravi infermità che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali tali da impedirne l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano, possono avvalersi di un servizio che gli consente il voto a domicilio. Gli elettori disabili devono far pervenire, in un periodo compreso tra il quarantesimo o il ventesimo giorno antecedente la data della votazione, al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti: a) una dichiarazione in carta libera, attestante la volontà di esprimere il voto presso l'abitazione in cui dimorano e recante l'indicazione dell'indirizzo completo di questa; b) un certificato, rilasciato dal funzionario medico, designato dai competenti organi dell'azienda sanitaria locale, in data non anteriore al quarantacinquesimo giorno antecedente la data della votazione, che attesti l'esistenza delle condizioni di infermità di cui al comma 1, con prognosi di almeno sessanta giorni decorrenti dalla data di rilascio del certificato, ovvero delle condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali»;
la citata legge è stata approvata all'unanimità dai due rami del Parlamento su iniziativa dei deputati radicali eletti nelle liste del Partito democratico e costituisce il frutto dell'impegno civile, umano e politico di importanti militanti radicali e dirigenti dell'associazione Luca Coscioni, come i malati di sclerosi laterale amiotrofica (a partire da Luca Coscioni stesso, Piergiorgio Welby e il disabile grave Severino Mingroni); in pratica costoro si sono battuti, per anni e dopo un sessantennio caratterizzato dall'assenza di un reale suffragio universale, per la piena applicazione del richiamato articolo 48, comma 3, della Costituzione;
in diverse occasioni la legge sul voto domiciliare agli intrasportabili è rimasta lettera morta a causa della inefficienza e dei ritardi della macchina burocratico-amministrativa. Capita infatti che coloro

che intendono essere ammessi al voto domiciliare non sappiano, ad esempio, che devono presentare la relativa domanda al comune entro un termine perentorio, e non lo sanno perché troppo spesso gli enti locali non affiggono l'informativa sull'albo pretorio; così come risulta che la stragrande maggioranza dei disabili gravi ignori che prima di presentare la domanda al comune deve prima farsi rilasciare un certificato dalla ASL territorialmente competente che attesti la condizione di «malato intrasportabile»;
accade altresì che le ASL siano restie a rilasciare la certificazione richiesta anche di fronte a casi eclatanti come quello che ha riguardato, in occasione delle elezioni regionali abruzzesi, il consigliere generale dell'associazione Luca Coscioni, Severino Mingroni, affetto dalla sindrome locked-in o sindrome del chiavistello, una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo; paziente che per recarsi al seggio ha bisogno di 5 persone che lo assistano con apparecchiature particolari, compresa una specie di gru che lo sollevi dalla carrozzina speciale ove vive ad una carrozzina «normale» per lo spostamento che, oltre ad essere pericoloso per la sua incolumità, provoca nel paziente uno stress psichico di notevole portata;
la mancata applicazione della legge è dovuta anche al fatto che troppo spesso i sindaci non applicano con puntualità e rigore quanto previsto dall'articolo 1, comma 5, della richiamata normativa, nel punto in cui la stessa stabilisce che «il sindaco, appena ricevuta la documentazione di cui al comma 3, previa verifica della sua regolarità e completezza, provvede: a) ad includere i nomi degli elettori ammessi al voto a domicilio in appositi elenchi distinti per sezioni; gli elenchi sono consegnati, nelle ore antimeridiano del giorno che precede le elezioni, al presidente di ciascuna sezione, il quale, allatto stesso della costituzione del seggio, provvede a prenderne nota sulla lista elettorale sezionale; b) a rilasciare ai richiedenti un'attestazione dell'avvenuta inclusione negli elenchi; c) a pianificare e organizzare, sulla base delle richieste pervenute, il supporto tecnico-operativo a disposizione degli uffici elettorali di sezione per la raccolta del voto domiciliare; peraltro il diritto di voto domiciliare da parte del disabile immobilizzato a letto rischia di non poter essere esercitato dall'interessato nel momento in cui gli stessi presidenti degli uffici elettorali non vengono tempestivamente informati degli adempimenti previsti dall'articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 1 del 2006», il quale stabilisce che: «Il voto viene raccolto, durante le ore in cui è aperta la votazione, dal Presidente dell'ufficio elettorale di sezione nella cui circoscrizione è ricompresa la dimora espressamente indicata dall'elettore nella dichiarazione di cui al comma 3, con l'assistenza di uno degli scrutatori del seggio, designato con sorteggio, e del segretario. Alle operazioni di raccolta del voto a domicilio possono partecipare i rappresentanti di lista che ne facciano richiesta»;
se si vuole evitare che le predette inefficienze e i ritardi burocratico-amministrativi tornino a verificarsi anche in occasione dello prossime elezioni regionali, occorre che le istituzioni, ognuna negli ambiti di rispettiva competenza, comincino ad assolvere fin da subito tutti quegli importanti adempimenti sopra indicati e previsti dalla legge n. 22 del 2006, così come modificata dalla successiva n. 46 del 2009, ciò nel rigoroso rispetto di termini adeguatamente cadenzati, atteso che gli stessi, per espressa previsione legislativa, non sono lontani dalla scadenza;
in previsione dell'imminente appuntamento elettorale, stante l'inerzia dimostrata fino a questo momento dagli organi preposti all'applicazione della normativa sul voto ai disabili, la prima firmataria del presente atto si è unita, da oltre dieci giorni, con lo sciopero della fame, al Satyagraha radicate di Marco Pannella, ciò anche al fine di evitare che il dettato costituzionale e normativo in ordine al

diritto di voto di tutte le persone affette da infermità grave e, quindi, impossibilitate ad allontanarsi dalla propria abitazione, rimanga solo una mera statuizione di principio -:
quanti siano gli elettori disabili gravi che si sono avvalsi del voto a domicilio in occasione delle scadenze elettorali successive alla entrata in vigore della legge n. 22 del 2006;
quanti siano gli elettori che, affetti da una infermità talmente grave da renderne impossibile l'allontanamento dell'abitazione, si siano avvalsi, in occasione delle elezioni europee del 2009, del voto a domicilio così come disciplinato dalla legge n. 46 del 2009;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda urgentemente provvedere ad una necessaria e capillare opera di informazione nei confronti degli elettori - e tra questi quelli, poiché disabili o malati gravi, che presentano maggiori difficoltà di accesso alle forme di comunicazione tradizionale quali l'affissione - della possibilità di esercitare il diritto di voto a domicilio nonché delle concrete modalità e procedure utili, ai sensi del nuovo articolo 1, comma 3, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 così come modificato dalla legge 7 gennaio 2009 n. 46, al fine di essere ammessi a tale forma di votazione;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, non si intendano assumere le iniziative di competenza perché venga assicurata l'immediata designazione e la conseguente costituzione in piena operatività del funzionario medico che possa attestare - ai sensi della lettera b) del nuovo articolo 1, comma 3, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 così come modificato dalla legge 7 gennaio 2009 n. 46 - l'esistenza delle condizioni di infermità previste;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda urgentemente sollecitare i sindaci, uffici elettorali, alla piena applicazione dell'articolo 1, comma 5, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 ed in particolare a quanto previsto dalla lettera c) e cioè alla pianificazione e alla organizzazione, sulla base delle richieste pervenute, del supporto tecnico-operativo a disposizione degli uffici elettorali di sezione per la raccolta del voto domiciliare;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda informare i presidenti degli uffici elettorali degli adempimenti previsti dall'articolo 1, comma 7, della legge 27 gennaio 2006 n. 22.
(4-06144)

Risposta. - A seguito delle rilevazioni disposte dal Ministero dell'interno è emerso che, in occasione dello svolgimento delle elezioni politiche del 9/10 aprile 2006, hanno chiesto di avvalersi del voto domiciliare 465 elettori, di cui 342 maschi e 123 femmine; invece, in occasione del referendum costituzionale ex articolo 138 della Costituzione del 25/26 giugno 2006 hanno chiesto di usufruire di tale modalità di voto 111 elettori (80 maschi e 31 femmine); la medesima facoltà è stata invece richiesta in occasione delle elezioni politiche del 13/14 aprile 2008 da 376 elettori (261 maschi e 115 femmine).
Successivamente alla modifica che la legge 7 maggio 2009, n. 49 ha apportato all'articolo 1 del decreto-legge n. 1 del 2006, ora recante norme in materia di «voto domiciliare per elettori affetti da infermità che ne rendano impossibile l'allontanamento dall'abitazione», l'intero corpo elettorale nazionale è stato chiamato al voto in occasione delle elezioni del Parlamento europeo del 6/7 giugno 2009 e dei referendum abrogativi
ex articolo 75 della Costituzione del 21/22 giugno 2009. Nella prima circostanza, hanno chiesto di avvalersi del voto a domicilio 1.073 elettori (di cui 465 maschi e 608 femmine); nella seconda occasione la medesima richiesta è stata formulata da 607 elettori (di cui 296 maschi e 311 femmine).
La direzione centrale dei servizi elettorali del Ministero dell'interno, con le circolari n. 8 del 10 febbraio 2010 e n. 21 del

5 marzo 2010, ha diramato specifiche istruzioni ai fini della piena attuazione della normativa che disciplina il voto domiciliare.
In particolare, con la circolare n. 21 del 5 marzo 2010 è stato chiesto ai prefetti di ciascuna provincia di rammentare ai sindaci dei comuni i delicati adempimenti di loro competenza, invitandoli a dare la massima informazione, con ogni mezzo ritenuto idoneo, della facoltà di voto a domicilio per gli elettori affetti da infermità che ne rendano impossibile l'allontanamento dall'abitazione e delle modalità di sua fruizione nonché a svolgere opera di sensibilizzazione e di raccordo nei confronti dei presidenti di seggio e degli scrutatori per la piena attuazione delle disposizioni concernenti il voto domiciliare, garantendo così il diritto al voto costituzionalmente tutelato.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sussiste un diffuso malcontento tra molti candidati che hanno partecipato al III corso-concorso per l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali indetto dall'Ages e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 6 marzo 2007 (390 posti disponibili);
la disorganizzazione si era già evidenziata nella fase preselettiva;
gli orali sono iniziati a luglio 2008 e sono tuttora in corso: 12 mesi per interrogare 624 candidati e senza mai avere un calendario prefissato per gli esami;
tali tempi biblici hanno consentito ai commissari di conseguire rilevanti rimborsi spese (viaggi+soggiorni in albergo) oltre alle indennità per la partecipazione alle sedute;
vista la situazione, numerosi candidati hanno trasmesso per la prima convocazione un certificato di malattia e, sono stati riconvocati dopo due mesi e fino a cinque;
all'inizio del 2008 è stato indetto il IV concorso per 260 posti, quando ancora non si sapeva quanti candidati avrebbero superato la procedura in atto. Non pare all'interrogante necessario impegnare altri 700.000 euro dopo aver già speso 1 milione di euro per la prima procedura -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
alla luce di quanto sopra quali misure intenda adottare in modo di dare la possibilità a questi candidati di partecipare al corso per l'iscrizione all'Albo.
(4-03818)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il III ed il IV corso-concorso per l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, giova sottolineare che l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (Ages), ente che ha indetto le procedure concorsuali in esame, è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno e che al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione sono riconducibili unicamente le competenze in materia di autorizzazione all'avvio delle suddette procedure, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni.
Come è noto, per il reclutamento di personale presso pubbliche amministrazioni è, infatti, necessario attuare gli adempimenti previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in ordine alla programmazione delle assunzioni ed allo svolgimento delle procedure concorsuali.
In particolare, i concorsi pubblici banditi da detta agenzia a decorrere dall'anno 2007, tra i quali anche i due concorsi evocati dall'interrogante, non sono stati sottoposti alla preventiva autorizzazione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed infatti i competenti uffici

del dipartimento della funzione pubblica hanno avuto notizia delle citate procedure solo a seguito della pubblicazione dei relativi bandi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Si segnala, inoltre, che, fermo restando il rispetto delle procedure autorizzative sopra richiamate, le valutazioni di opportunità circa la scelta di bandire due successivi concorsi e di non ammettere al corso formativo tutti gli idonei, sono rimesse all'autonomia organizzativa dell'ente procedente.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

BORGHESI. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dai numerosi documenti trapelati www.michaelgeist.ca che tra l'Unione europea e Paesi terzi - per rafforzare la repressione contro la contraffazione dei marchi, la violazione dei brevetti e la falsificazione delle opere dell'ingegno - sarebbero in corso trattative segrete tendenti ad inserire in questo genere di reati anche la condivisione senza scopo di lucro delle opere tutelate da copyright che viene praticata su internet. Per combattere questo fenomeno sono previste misure che all'interrogante, paiono lesive della privacy e dei diritti fondamentali delle persone. In rete la vicenda viene definita l'affaire ACTA e su di essa la stessa amministrazione Obama ha posto il segreto per motivi di sicurezza nazionale www.punto-informatico.it;
facendo leva sulle presunte perdite economiche che l'industria dell'intrattenimento da alcuni anni lamenta www.laquadrature.net, l'intento è quello di far modificare gli ordinamenti giudiziari locali per rendere i fornitori di servizi responsabili di quanto la rete veicola, al fine di obbligarli a diventarne i «gendarmi». Ci sono sempre più evidenti e pressanti tentativi di far modificare il quadro normativo e giuridico europeo per adattarlo a quello che all'interrogante appare come un accordo liberticida - senza che nessuno ne abbia ancora preso visione;
se un rafforzamento della repressione contro la falsificazione dei prodotti può essere condivisibile e auspicabile, in particolare per quanto riguarda la tutela della salute delle persone, non è possibile che ciò porti all'inibizione all'utilizzo della rete per le persone che, senza scopo di lucro, condividono cultura e conoscenza attraverso i media del nuovo millennio;
il trattato ACTA contiene disposizioni che andrebbero a modificare il quadro legale dell'Unione europea, rendendo responsabili i fornitori di connettività ad internet e di servizi per quanto la rete veicola facendo cadere i principi di neutralità della rete che sono stati i fondamenti e grazie ai quali essa finora è riuscita ad affermarsi come strumento essenziale per il commercio, la libertà d'espressione, l'arricchimento culturale e la partecipazione democratica. ACTA inoltre imporrebbe delle restrizioni all'interoperabilità dei contenuti e del software che arrecherebbero notevoli danni ai consumatori e alle piccole e medie imprese ed introdurrebbe il concetto di «incitamento alla violazione del copyright» che non fa parte del quadro giuridico europeo e ostacola l'accesso ai contenuti anche quando questo è legale;
appare sempre più evidente che ACTA lederà le libertà dei cittadini italiani e il commercio nazionale molto più di qualsiasi ordinario accordo commerciale. I rappresentanti della Commissione europea sostengono che i negoziati armonizzeranno la legislazione del mercato interno, influenzeranno i diritti su internet e le responsabilità degli intermediari delle comunicazioni elettroniche. I negoziati su ACTA avranno quindi profonde implicazioni per la libertà di espressione, per il diritto alle comunicazioni private e per le attività commerciali basate su internet. Tali negoziati, ad avviso dell'interrogante, non dovrebbero essere segreti. ACTA deve essere soggetto alla trasparenza che un regolare processo democratico richiede;
al fine di raggiungere tale indispensabile trasparenza, l'impianto di negoziazione deve essere cambiato. L'Italia sarà vincolata a questo accordo, ma per quanto risulta all'interrogante il Parlamento italiano non è mai stato pienamente informato nel merito dei contenuti né ha potuto analizzare l'impatto che questo accordo avrà sul nostro sistema giuridico. ACTA è solo in apparenza un accordo commerciale: in realtà esso è di natura legislativa, come confermato dal rapporto trapelato dei negoziatori della Commissione europea www.scambioetico.org e come inoltre dichiarato dal Commissario designato per il mercato interno Barnier www.iptepritv.com;
appare inaccettabile che il Parlamento sia escluso dal processo, mentre 42 dirigenti delle industrie con interessi correlati a brevetti e copyright possano accedere ai documenti e concorrano alla loro formulazione www.keionline.org, e che si richieda di accettare come fatto compiuto i risultati di un lavoro svolto in segreto, tanto più che nel marzo 2009 il Parlamento europeo ha approvato a grande maggioranza una risoluzione che chiedeva di rendere pubblici i documenti a cui ancora non è stato dato seguito www.europarl.europa.eu;
l'interrogante ritiene auspicabile che prima di arrivare alla ratifica di questo trattato venga rimosso il segreto degli atti e che essi possano essere valutati da tutta la classe politica e dalla società civile: non è ammissibile che a decidere del futuro della libertà in rete e a modificare la normativa in materia siano pochi funzionari e rappresentanti di corporation -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se il Governo non ritenga di dover intervenire, anche in sede europea, al fine di assicurare modalità più trasparenti di discussione del citato accordo;
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per garantire che la rete mantenga il carattere di luogo di libertà nella circolazione delle informazioni.
(4-06098)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante la contraffazione dei marchi e la violazione dei brevetti, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente si segnala quanto segue.
Sulla trasparenza dei documenti relativi alle negoziazioni dell'
Anti-counterfeiting trade agreement, la posizione assunta dall'Italia, in sede di coordinamento dell'Unione europea, è sempre stata favorevole alla accessibilità degli atti. Con l'appoggio di Gran Bretagna e Svezia, l'Italia ha confermato, anche durante la sessione negoziale dell'Acta, tenutasi in Messico dal 26 al 29 gennaio 2010, la necessità di arrivare alla massima trasparenza possibile consentita.
Peraltro anche il Parlamento europeo si è recentemente pronunciato in tal senso con una risoluzione del 10 marzo 2010. Il Parlamento, in tale sede, ha ribadito che dal 1o dicembre 2009 (entrata in vigore del Trattato di Lisbona), la Commissione ha l'obbligo giuridico di fornire immediatamente informazioni complete al Parlamento in tutte le fasi dei negoziati internazionali. Inoltre, ha citato anche un'ulteriore risoluzione del 9 febbraio 2010, relativa alla revisione dell'accordo quadro con la Commissione, con la quale si richiede informazione immediata e completa in ogni fase dei negoziati sugli accordi internazionali, in particolare in materia di commercio e di altri negoziati che comportano la procedura di approvazione.
Dunque, con tale risoluzione si vincola la Commissione a pubblicare tutti i documenti, fin'ora prodotti, sulle contrattazioni con gli altri paesi e di informare il Parlamento europeo sui processi di negoziazione.
Durante l'ultimo
round dei negoziati Acta, svoltosi dal 12 al 16 aprile 2010, in Nuova Zelanda è stato deciso di rilasciare al pubblico la versione consolidata del trattato allo stato attuale dei negoziati, decurtata, solamente, delle posizioni ufficiali

delle singole parti. Dunque, è stata finalmente accolta la richiesta, da parte di alcuni Stati membri e della Commissione europea, di porre fine al vincolo di segretezza di tale accordo. Questo è stato, infatti, pubblicato il 21 aprile 2010. Tale decisione è stata, anche, favorita dal fatto che, nell'ultimo round, la negoziazione era arrivata ad un livello tale da permettere una adeguata fruibilità ed essere, quindi, correttamente interpretata dagli stakeholder interessati.
Occorre sottolineare peraltro che l'Acta è un trattato a competenza mista (Commissione/Stati membri) e viene negoziato e portato avanti dalla Commissione europea. Gli Stati nazionali in base alle norme vigenti in materia, vengono coinvolti esclusivamente in sede di coordinamento comunitario, fase preliminare ai negoziati.
Tuttavia essendo la sua natura a competenza mista, una volta, eventualmente, concluso nella prima sede, dovrà, anche, essere ratificato da ogni singolo membro dell'Unione europea, che, in quella fase, potrà liberamente esercitare un ruolo determinante per l'entrata in vigore.
Infine, sugli aspetti sostanziali del negoziato, la posizione italiana mira ad estendere i diritti di proprietà intellettuale protetti e a difenderli con sanzioni, anche, penali nonché ad estendere la platea dei partecipanti: un simile accordo, senza i Paesi emergenti, sarebbe, infatti, di scarsa utilità per le nostre imprese.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Adolfo Urso.

BUTTIGLIONE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato ha annunciato da tempo di voler procedere ad un censimento del numero di vetture di servizio attualmente impiegate dalla pubblica amministrazione;
di fatto non si ha contezza della consistenza di tale flotta anche se, secondo quanto riportato da un articolo apparso sul settimanale Espresso del 28 maggio 2010, l'associazione contribuenti italiani avrebbe stimato in 624.330 gli autoveicoli di proprietà o in leasing dello Stato, regioni, province, ASL e comuni, con un incremento del 2,7 per cento) proprio negli ultimi mesi;
tale numero appare spropositato se confrontato con quello di alcuni paesi industrializzati: circa 73 mila auto di servizio negli Stati Uniti, 63 mila in Francia e appena 56 mila in Gran Bretagna -:
se il numero delle vetture di servizio riportato nel citato articolo corrisponda al vero;
quale sia allo stato la distribuzione delle vetture tra le diverse amministrazioni;
come intenda procedere rispetto ad una situazione che appare insostenibile anche alla luce dei sacrifici imposti alla collettività dalla manovra economica appena varata.
(4-07667)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiedono chiarimenti circa le iniziative che il Governo intende assumere in ordine all'utilizzo delle cosiddette «auto-blu», si rappresenta che con direttiva n. 6 dell'11 maggio 2010 il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha disposto il censimento completo su numero, caratteristiche e modalità di utilizzo di tutte le autovetture attualmente in dotazione presso tutte le pubbliche amministrazioni.
L'iniziativa in questione contribuisce a dare attuazione all'irrinunciabile principio di trasparenza, valorizzato da tutti i recenti provvedimenti normativi in materia di pubblica amministrazione, tesi ad un generale miglioramento dell'efficienza dell'apparato burocratico nel suo complesso, e richiamato, da ultimo, dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, volto a chiarire che la trasparenza va intesa «come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto

dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione».
Il principio della trasparenza, propedeutico e funzionale alla realizzazione dei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità, deve, secondo la disposizione richiamata, essere applicato ad ogni aspetto dell'organizzazione e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, sia di tipo istituzionale, sia relative ai compiti strumentali. Tra questi ultimi, risultano di particolare rilevanza, in considerazione della quantità di risorse impiegate, i compiti inerenti all'approvvigionamento ed alla gestione del parco autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni, le cosiddette «auto blu».
Il tema delle autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni è stato affrontato, in ripetute occasioni, da diverse disposizioni di legge e regolamento e da varie direttive ministeriali, che hanno avuto il costante intento di razionalizzare il regime giuridico e le modalità di utilizzazione dei veicoli, al fine precipuo di ridurre i costi sostenuti dalle amministrazioni per questo servizio.
Anche il Ministro per la funzione pubblica è intervenuto sulla materia con la direttiva del 30 ottobre 2001 avente ad oggetto «Modi di utilizzo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato e degli enti pubblici non economici» (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2001, n. 289).
Nonostante i richiami operati dal legislatore, i provvedimenti sino ad ora adottati non hanno sortito, almeno a lungo termine, tutti gli effetti auspicati. Occorre, infatti, un più efficace impegno per la diminuzione del numero complessivo di autovetture in uso alle pubbliche amministrazioni e per rendere più omogenee e razionali le modalità prescelte per l'utilizzo e la gestione delle medesime.
Si è ritenuto, pertanto, opportuno fornire, mediante la circolare dinanzi richiamata, utili indicazioni atte a favorire la semplificazione delle procedure di acquisizione delle autovetture ed il loro migliore utilizzo, la riduzione dei costi ed il miglioramento complessivo del servizio, anche attraverso l'adozione di modalità innovative di gestione, che sono già state oggetto di sperimentazione, specie a livello di amministrazioni locali.
Per la prima volta sono stati, dunque, forniti chiarimenti generali circa la disciplina concernente l'attribuzione delle autovetture in «uso esclusivo» e «non esclusivo», l'ambito dei destinatari della disciplina medesima, le modalità di utilizzo e gestione delle autovetture in dotazione, con riferimento sia alla normativa vigente che a modalità innovative proposte dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione (quali l'adozione di modalità di
car sharing e di misure incentivanti della mobilità collettiva).
La normativa sulle autovetture in dotazione della pubblica amministrazione, dettata dal legislatore per mezzo di apposite norme di legge e regolamentari, ha avuto il costante obiettivo del contenimento della spesa per la gestione e l'utilizzo del servizio di trasporto. Per il più efficace raggiungimento di tale obiettivo prioritario, e per il mantenimento, nel tempo, degli effetti delle misure di contenimento della spesa, si è chiesto alle amministrazioni di adottare:
modalità trasparenti e razionali di gestione e utilizzo delle autovetture, anche attraverso la sperimentazione di forme innovative di approvvigionamento delle autovetture;
provvedimenti con cui vengano ridefiniti i soggetti aventi diritto all'utilizzo dell'autovettura per ragioni di servizio, con assegnazione in via non esclusiva.

Al riguardo, è sembrato utile procedere, preliminarmente, ad un monitoraggio generale dell'intero parco auto in uso alle

pubbliche amministrazioni (con esclusione delle autovetture o dei mezzi adibiti a servizi specifici, come, ad esempio, le vetture in dotazione alla polizia municipale), tenendo conto dei dati relativi agli ultimi due anni. In particolare, ciascuna amministrazione dovrà evidenziare:
1. il numero di «auto blu» utilizzate, assegnate in uso esclusivo e non esclusivo;
2. il numero e la qualifica degli assegnatari delle «auto blu»;
3. il numero di auto di servizio a disposizione per le esigenze degli uffici;
4. il costo complessivo delle autovetture.

Il censimento è riferito a tutte le autovetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, di cui all'elenco ISTAT pubblicato annualmente ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge n. 311 del 2004, classificate in base ad elementi che terranno conto dell'anzianità del veicolo e della classe della vettura.
Ciascuna amministrazione è chiamata, inoltre, a monitorare la percorrenza chilometrica annua delle autovetture e la spesa sostenuta, al fine di ricavare un dato riferibile al «costo
standard per chilometro». Tale dato di costo potrà, infatti, consentire di individuare modelli contrattuali che favoriscano la trasparenza e l'economicità della gestione, attraverso la definizione di un importo onmnicomprensivo (atto, cioè, a ricomprendere, oltre al canone per l'uso, tutte le altre voci di costo che gravano sul veicolo: assicurazione, bollo auto, manutenzione, eccetera), che permetta, ad esempio, acquisti basati su «pacchetti di chilometri».
La rilevazione, realizzata attraverso la compilazione di un questionario
online, è stata avviata il 15 maggio 2010 e la prima fase si concluderà nel mese di luglio. Inoltre, attraverso lo strumento della posta elettronica certificata (Pec), le amministrazioni contattate hanno documentato la spesa complessiva sostenuta per le autovetture nel 2008 e nel 2009. Il questionario è stato inviato 9.199 amministrazioni centrali e locali. Ad oggi hanno compilato online il questionario 2.221 amministrazioni. Inoltre, circa 200 amministrazioni centrali e locali particolarmente rappresentative sono state contattate per rilasciare un'intervista telefonica che facesse luce sul numero di auto blu utilizzate e sulle dimensioni del fenomeno.
Le amministrazioni finora rilevate sono il 26 per cento dell'universo indagato e rappresentano il 41,5 per cento del totale dei dipendenti delle amministrazioni interessate. In particolare rappresentano l'86 per cento dei dipendenti dei ministeri, il 55 per cento dei dipendenti delle province e il 78 per cento dei dipendenti dei comuni capoluogo.
Secondo le stime sui dati fin qui disponibili, nel 2010 il parco auto delle pubbliche amministrazioni (con esclusione delle auto con targhe speciali e/o dedicate a finalità di sicurezza e vigilanza) risulta di circa 90 mila, con una importante distinzione fra:
auto «blu blu» (di rappresentanza politico/istituzionale, circa 10 mila, a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali);
auto «blu» (di servizio, circa 20 mila, con autista a disposizione di dirigenti apicali);
auto «grigie» (senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative: visite ispettive, controlli, manutenzioni, sopralluoghi, eccetera).

In base alla rilevazione in corso si stima che il costo medio annuale di utilizzo per ogni singola auto ammonti a circa 3.300 euro. Il personale impegnato per il parco auto è di 1,4 unità per autovettura.
Gli elenchi delle amministrazioni che hanno risposto e i dati emersi dai questionari compilati correttamente saranno consultabili sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione (www.innovazionepa.it). Nella fase successiva dell'indagine verranno approfonditi in particolar modo i dati relativi alle auto a

disposizione delle autorità (auto «blu blu») e della dirigenza (auto «blu»).
Prima ancora di pubblicare le schede di monitoraggio delle amministrazioni pubbliche con i dati relativi alla certificazione della spesa complessiva sostenuta per le «auto blu», secondo quanto stabilito dalla citata direttiva, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha ritenuto opportuno anticipare, sul sito istituzionale, la pubblicazione dell'elenco delle auto di rappresentanza e di servizio assegnate al dipartimento della funzione pubblica e al dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica.
Infine, va aggiunto, che il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, in via di conversione in legge, prevede, all'articolo 6, comma 14, che, «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche [...] incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi; il predetto limite può essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. La predetta disposizione non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

CASSINELLI, SCANDROGLIO, COSTA e SCELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
«Il Canto degli italiani», meglio noto come «Fratelli d'Italia», pur privo di un riconoscimento costituzionale, è considerato nel comune sentire degli Italiani come l'inno nazionale della Repubblica;
per questa ragione, esso è regolarmente eseguito o riprodotto in apertura di cerimonie pubbliche ed istituzionali, ricorrenze nazionali e manifestazioni sportive e politiche;
la Società italiana degli autori ed editori, in diverse occasioni, ha preteso la corresponsione di importi, talvolta piuttosto elevati, a fronte dell'esecuzione o della riproduzione in pubblico de «Il Canto degli Italiani»;
ciò rappresenta secondo gli interroganti una mercificazione dell'inno nazionale e offende i sentimenti patriottici -:
se, a maggior ragione in concomitanza del 150° anniversario dell'unità d'Italia, il Governo non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative normative per portare ad un riconoscimento de «Il Canto degli italiani» come inno nazionale, e se non ritenga di intervenire affinché cessi da parte della Società italiana degli autori ed editori la pretesa di importi economici per l'esecuzione o la riproduzione de «Il Canto degli Italiani».
(4-07005)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in esame, si osserva quanto segue.
Per le esecuzioni e le rappresentazioni dell'inno nazionale «il canto degli italiani» la Società italiana degli autori ed editori (Siae) non richiede il pagamento dei diritti d'autore, bensì il diritto di noleggio delle partiture musicali, diritto che spetta alle case editrici della cosiddetta «musica a stampa», per ciò che attiene all'utilizzo degli spartiti da parte degli orchestrali.
Questi diritti sono riconosciuti in tutta Europa e confermati dalla direttiva europea 2001/29/CE.
Nel caso in questione il titolare dei diritti di noleggio è la casa editrice Sonzogno, che ha affidato alla Siae l'incarico, meramente esecutivo, di incassare le somme ad essa spettanti, in forza di appositi accordi contrattuali.
A seguito del clamore suscitato dai media la Siae ha ritenuto opportuno rinunciare

all'incarico assunto nei confronti della casa editrice Sonzogno di riscuotere i predetti diritti di noleggio.
Tale rinuncia è finalizzata a tutelare l'immagine della società, ma anche allo scopo di richiamare ancora una volta l'attenzione dei cittadini e dei mezzi di comunicazione sulla reale portata e sul valore dei diritti d'autore.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

CIRIELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 l'INPS (Istituto nazionale per la previdenza sociale) ha bandito un concorso pubblico per esami a 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1 (bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami, del 26 giugno 2007);
nel luglio 2009, al termine del concorso, programmaticamente strutturato su discipline particolarmente complesse e orientato a una forte selezione per premiare merito, competenza e professionalità, oltre ai vincitori, sono risultati idonei circa 500 partecipanti, a disposizione dell'Inps per ricoprire il forte vuoto in organico;
consta all'interrogante che l'INPS lamenta una forte carenza di personale ispettivo specializzato (il cui numero è quantificabile in circa 1.000 unità);
la grave carenza di organico dell'ente lasciava presagire l'imminente assunzione, oltre che dei vincitori, anche di un numero cospicuo di idonei;
il decreto-legge n. 78 del 2009 (cosiddetto «decreto anti crisi»), all'articolo 17, comma 7, ha tuttavia sancito il blocco delle assunzioni in gran parte delle pubbliche amministrazioni;
la sicurezza sul lavoro continua ad essere un tema importante, considerato l'elevato numero degli infortuni, e il blocco delle assunzioni degli ispettori costituisce grave menomazione del diritto costituzionale dei lavoratori ad un lavoro salubre, sicuro e regolare, e un beneficio indubbio per chi utilizza lavoro nero e opera senza rispettare le norme di sicurezza e di igiene del lavoro e in materia di regolarità contributiva e retributiva;
gli ispettori di vigilanza costituiscono in ogni caso un'entrata per le casse erariali, non un costo, posto che l'attività ispettiva potrebbe garantire allo Stato entrate per miliardi di euro, derivanti dal recupero dei contributi omessi: l'aumento del gettito contributivo, come si può osservare esaminando i bilanci preventivi dell'INPS per il 2009, è dovuto, tra l'altro, agli effetti della lotta all'evasione e al contrasto all'elusione contributiva, grazie all'attività di vigilanza degli ispettori -:
se i vincitori e gli idonei del concorso bandito dall'Inps nel 2007 rientrino nelle disposizioni normative di cui all'articolo 17, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2009 (cosiddetto «decreto anti crisi»), relativo al blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di dar corso alle assunzioni dei vincitori e di un congruo numero di idonei, necessarie a ricoprire la grave e pregiudizievole carenza di organico, in considerazione del fatto che il corpo ispettivo a disposizione dell'Inps non è sufficiente a dare continuità alle attività ispettive.
(4-04555)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il concorso pubblico per esami per 293 ispettori di vigilanza bandito dall'Inps nel 2007, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino sono state autorizzate ad assumere

un dato numero di unità di personale a tempo indeterminato (come indicato nella tabella allegata a tale decreto).
Per quanto concerne, in particolare l'Inps, si informa che l'istituto sta già provvedendo alla assunzione di 310 unità di personale, in qualità di ispettore di vigilanza - posizione C1 - vincitori del citato, da distribuire su tutto il territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti della fondazione Guglielmo Marconi;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dalla fondazione Guglielmo Marconi.
(4-06952)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante intende sapere quanti siano i dipendenti e le spese sostenute nel 2009 dalla fondazione Guglielmo Marconi, si osserva quanto segue.
La fondazione ha un solo dipendente che riveste la qualifica di funzionario di amministrazione di VIII livello.
Quanto al consuntivo 2009, la spesa risulta pari a euro 43.045,27 più euro 2.363,46 quali arretrati.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti della fondazione Il Vittoriale;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dalla fondazione Il Vittoriale.
(4-06953)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante intende sapere quanti siano i dipendenti e a quanto ammontino le spese sostenute nei 2009 dalla fondazione il Vittoriale, si osserva quanto segue.
La pianta organica della fondazione è costituita da 27 unità di cui 19 in servizio effettivo e da 25 collaboratori stagionali.
Le spese sostenute ammontano ad euro 1.642.879,36 ripartite in: spese correnti 1.432.945,84 euro; spese in conto capitale 45.000 euro; partite di giro 164.933,52 euro.
Le spese per attività istituzionali quali spettacoli, concerti e promozione spettacoli, sono previste in 30.000 euro.
Tali dati risultano dal bilancio preventivo 2009 che dovranno essere confermati dal consuntivo al momento non disponibile agli atti degli uffici del ministero.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti dell'Unione accademia nazionale;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dall'Unione accademia nazionale.
(4-06969)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che l'Unione accademica nazionale non ha personale dipendente.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti dell'Accademia nazionale dei Lincei;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dall'Accademia nazionale dei Lincei.
(4-06979)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante intende sapere quanti siano i dipendenti e a quanto ammontino le spese sostenute nel 2009 dell'Accademia nazionale dei Lincei, si osserva quanto segue.
Le spese per l'attività scientifica sono state presunte per l'importo di 151.400 euro, quelle per pubblicazioni per euro 34.150, quelle per la biblioteca euro 222.500, quelle per il Centro Linceo interdisciplinare euro 67.400.
Le spese di funzionamento sono state previste in euro 931,050.
La voce più rilevante delle spese è quella riferibile al personale che ammonta ad euro 2.670.500.
Occorre precisare che tali dati risultano dal bilancio preventivo 2009, pertanto dovranno essere confermati dal consuntivo che al momento non è disponibile agli atti degli uffici del Ministero.
Inoltre è necessario porre l'attenzione sul fatto che all'Accademia afferiscono 14 fondazioni ed i 28 fondi autonomi che derivano da offerte e lasciti di enti pubblici e di privati, con i proventi dei quali vengono annualmente assegnati premi, borse di studio e di ricerca, promossi convegni ai quali partecipano scienziati italiani e stranieri.
I dati più significativi relativi alle spese preventivate a carico dei fondi sono: fondo Antonio Feltrinelli - contributo per gli scopi culturali dell'Accademia (articolo 14 regolamento) - euro 1.150.000: fondo professor Luigi Tartufari - contributo per gli scopi culturali dell'Accademia (articolo 8 regolamento) - euro 50.000; fondo Virginio Rizzo - contributo euro 40.000; fondo Amalia Bruno Frassetto - contributo euro 50.000.
Le risultanze di bilancio preventivate, relative, altresì alla quantificazione delle spese dell'Accademia e dei fondi possono essere riassunte in: entrate Accademia euro 4.740.246 uscite 4.739.238, fondi amministrati entrate 8.929.798, uscite 6.562.276, partite di giro entrate 1.350.000, uscite 1.350.000.
La pianta organica dell'Accademia, approvata dal consiglio di presidenza nella seduta del 13 novembre 2008, è così composta: area C-dotazione organica 41 - posti occupati 28; area B dotazione organica 15 - posti occupati 10; area A dotazione organica 1 - posti occupati 1; dirigente di 2 fascia dotazione organica 3 - posti occupati 3.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

DI BIAGIO e PICCHI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi delle disposizioni contenute nella finanziaria 2008, i pensionati iscritti all'INPDAP, per beneficiare delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia devono presentare annualmente apposita domanda con la quale confermare il diritto a tali detrazioni e la richiesta è condizione essenziale per il loro riconoscimento;
l'INPDAP, quale sostituto d'imposta, è tenuto ad effettuare il conguaglio fiscale dei redditi da pensione corrisposti ogni anno, tenendo conto anche delle detrazioni d'imposta spettanti ai pensionati;
tutti coloro che non hanno comunicato all'INPDAP la richiesta, si troverebbero nella condizione di ricevere il loro vitalizio erogato in misura ridotta, con decurtazioni pari al 50 per cento della pensione, dalla rata di gennaio 2009, in virtù della procedura innovativa, condivisa dalla Agenzia dalle entrate, in base alla

quale è stato garantito a tutti gli interessati il trattamento pensionistico minimo INPS;
la situazione attuale coinvolge circa 350.000 pensionati italiani;
le dinamiche contenute nelle disposizioni della Finanziaria 2008 hanno suscitato grande sconcerto da parte dei pensionati che si sono trovati di fronte ad un iter complesso da seguire, a seguito della inadeguata e non tempestiva comunicazione degli obblighi da adempiere per usufruire delle detrazioni -:
quali misure intenda predisporre al fine di chiarire la normativa di riferimento e garantire adeguati meccanismi di semplificazione delle informazioni dirette agli utenti, onde evitare situazioni di incomprensione o assenza di disposizioni chiare.
(4-02371)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente i debiti per conguagli fiscali accertati nei confronti dei pensionati amministrati dall'Inpdap nonché alle eventuali iniziative intraprese al fine di ovviare al lamentato disagio economico causato agli stessi, si rappresenta quanto segue.
La normativa fiscale attualmente vigente prevede che l'Inpdap, quale sostituto di imposta, effettui il conguaglio fiscale dei redditi da pensione corrisposti ogni anno, entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello cui i redditi da conguagliare si riferiscono. Tale adempimento deve altresì tenere conto delle detrazioni d'imposta spettanti al pensionato stesso.
In particolare, l'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 stabilisce che i contribuenti, per poter beneficiare delle detrazioni di imposta per carichi familiari, devono, all'inizio di ciascun anno, inviare apposita dichiarazione al sostituto d'imposta.
Qualora tali soggetti non forniscano detta dichiarazione nei termini stabiliti, le detrazioni, eventualmente già attribuite, vengono recuperate sulla pensione entro il termine ultimo previsto per l'effettuazione del conguaglio fiscale.
Tutto ciò premesso, l'Inpdap ha provveduto ad inviare ai pensionati, il 9 e il 10 febbraio 2008, una lettera per informare delle intervenute novità normative in materia; comunicando, nel contempo, che le detrazioni, per l'anno 2008, sarebbero state comunque attribuite, in via provvisoria, fino al 30 giugno 2008, previa presentazione, entro il 31 maggio, di relativa richiesta alle sedi dell'istituto, ai centri assistenza fiscale o agli altri soggetti abilitati. In assenza di tale adempimento le detrazioni medesime sarebbero state revocate con conseguente recupero dell'eventuale debito Irpef relativo al periodo 1o gennaio-30 giugno 2008 sulla rata di pensione di luglio 2008.
Nel mese di luglio 2008 l'Inpdap ha rilevato che non avevano inoltrato alcuna richiesta circa 200.000 pensionati. L'istituto, pertanto, nella considerazione che un buon numero dei destinatari potesse non aver ricevuto tale lettera, ha disposto, prima di procedere alla revoca delle detrazioni, di inviare una seconda lettera (con raccomandata A/R) nei primi giorni del mese di ottobre 2008, con la quale si invitavano i pensionati, che non avessero ancora provveduto, a presentare la richiesta di detrazioni entro il 28 novembre 2008.
Con la medesima lettera veniva ribadito che in assenza della prescritta dichiarazione nei termini indicati, le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, attribuite nell'anno 2008, sarebbero state revocate a decorrere dal 1o gennaio 2009, con conseguente recupero del debito Irpef accertato per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2008, in sede di conguaglio fiscale (rata di pensione febbraio 2009).
Contemporaneamente sono stati informati, nel corso di alcuni specifici incontri, sia le organizzazioni sindacali dei pensionati che gli istituti di patronato e assistenza sociale, nella consapevolezza della necessità di rendere partecipi tali soggetti al fine di una diffusione capillare delle informazioni sulle modifiche normative intervenute in materia fiscale.


Sono stati successivamente diramati dall'istituto due comunicati stampa, ripresi da quotidiani nazionali (
Italia Oggi e Il Sole-24 ore) e locali (ad esempio Corriere dell'Umbria ed altri), ed è stato dato ampio risalto alle disposizioni in parola attraverso gli uffici per le relazioni con il pubblico delle sedi Inpdap ed il sito Internet dell'istituto medesimo.
Nel mese di gennaio 2009 l'istituto ha rielaborato tutte le richieste ricevute ed ha accertato che circa 115.000 pensionati non hanno presentato alcuna richiesta, pur avendo ricevuto (come risulta dalle ricevute di ritorno delle raccomandate) la citata lettera, e che circa 120.000 pensionati hanno dichiarato di non aver più diritto alle detrazioni per carichi di famiglia.
Conseguentemente l'istituto ha effettuato il recupero delle detrazioni fiscali, provvisoriamente concesse nell'anno 2008, per circa 235.000 soggetti.
Posto che la norma fiscale non consente il recupero del debito in forma rateale, l'istituto, al fine di incidere nella maniera meno gravosa sui redditi dei pensionati, ha deliberato, sentita l'agenzia delle entrate, che a tutti gli interessati fosse garantito un importo pari al trattamento pensionistico minimo Inps (euro 458,20) e che venissero rateizzati, con cadenza mensile, gli eventuali ulteriori debiti.
Successivamente, in considerazione della significativa incidenza delle trattenute sull'importo della pensione, l'istituto, dopo aver formulato un'ulteriore specifica richiesta di parere all'agenzia delle entrate ha stabilito che il recupero dovesse essere effettuato garantendo un importo di pensione corrispondente al doppio del minimo Inps (euro 916,40).
Va precisato, infine, che in considerazione delle segnalazioni pervenute da alcuni pensionati che si sono visti revocare le detrazioni per carichi di famiglia provvisoriamente riconosciute nell'anno 2008, nonostante avessero presentato ai Caf o alle sedi la richiesta nei termini (casi molto limitati), la direzione centrale previdenza ha sospeso, a decorrere dalla rata di marzo, il recupero del debito fiscale. Tale direzione centrale ha comunicato, inoltre, alle sedi l'obbligo di accettare eventuali richieste di detrazioni qualora i richiedenti fossero stati in grado di produrre idonea documentazione di presentazione della citata richiesta (ad es. la ricevuta di consegna alla sede o ai Caf) nei termini stabiliti dall'Inpdap (28 novembre 2008). Per coloro che hanno presentato tale ultima documentazione, entro il 13 marzo 2009, sono stati disposti due pagamenti straordinari (l'11 e il 31 marzo) con i quali sono stati restituiti ai pensionati gli importi dei recuperi fiscali trattenuti a febbraio ed è stato modificato centralmente il CUD 2009.
I pensionati, invece, che pur avendo diritto alle detrazioni non avevano presentato alcuna richiesta nel corso dell'anno 2008, hanno potuto recuperare il beneficio fiscale richiedendolo in sede di dichiarazione dei redditi con la presentazione del modello 730/Unico ed ottenerlo ad agosto 2009.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

DONADI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il III corso-concorso per l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali indetto dall'Agenzia autonoma gestione dell'Albo dei segretari comunali (AGES), con sede in Roma a piazza Cavour, 25) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 19 del 6 marzo 2007 (390 posti disponibili);
gli orali sono durati dieci mesi (da luglio 2008 a maggio 2009) e hanno interessato 624 candidati;
questi tempi così lunghi hanno consentito ai commissari di avere enormi rimborsi spese, oltre alle indennità per la partecipazione alle sedute. Il finanziamento delle spese facilmente si può riscontrare consultando i bilanci dell'AGES, senza togliere che questa struttura è finanziata anche dai comuni;

il 23 luglio 2009 è stata approvata dal Consiglio di amministrazione dell'AGES la graduatoria che vede 71 idonei non vincitori che non potranno partecipare al corso formativo, pur essendoci una strutturale carenza di segretari comunali soprattutto nel Nord Italia, denunciata dalle stesse strutture regionali dell'AGES;
all'inizio del 2008 è stato indetto il IV concorso per 260 posti, che potrebbe risultare inopportuno poiché non si è tenuto conto che ci sarebbe stata una graduatoria utile derivante da omologa selezione e senza un'adeguata motivazione in ordine al mancato previo scorrimento della graduatoria stessa;
solo in questo concorso, al contrario di quanto accaduto in precedenza, decine di candidati idonei non potranno prendere servizio -:
per quali ragioni siano stati impegnati altri fondi dopo aver già speso 1 milione di euro per la prima procedura;
per quali motivi non vengano ammessi al corso formativo tutti i 461 idonei al Coa3, considerata la validità pluriennale della graduatoria di cui trattasi o, in alternativa, se si ritenga di ammettere gli idonei non vincitori al corso che verrà organizzato per il Coa4, considerato, altresì, che il corso consente solo l'iscrizione all'albo nazionale e quindi non comporta spesa pubblica;
se non ritengano di assumere iniziative per far cessare quello che, ad avviso dell'interrogante, è un cattivo modo di amministrare la cosa pubblica.
(4-04312)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il III ed il IV corso-concorso per l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, giova sottolineare che l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (Ages), ente che ha indetto le procedure concorsuali in esame, è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno e che al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione sono riconducibili unicamente le competenze in materia di autorizzazione all'avvio delle suddette procedure, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni.
Come è noto, per il reclutamento di personale presso pubbliche amministrazioni è, infatti, necessario attuare gli adempimenti previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in ordine alla programmazione delle assunzioni ed allo svolgimento delle procedure concorsuali.
In particolare, i concorsi pubblici banditi da detta agenzia a decorrere dall'anno 2007, tra i quali anche i due concorsi evocati dall'interrogante, non sono stati sottoposti alla preventiva autorizzazione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed infatti i competenti uffici del dipartimento della funzione pubblica hanno avuto notizia delle citate procedure solo a seguito della pubblicazione dei relativi bandi nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Si segnala, inoltre, che, fermo restando il rispetto delle procedure autorizzative sopra richiamate, le valutazioni di opportunità circa la scelta di bandire due successivi concorsi e di non ammettere al corso formativo tutti gli idonei, sono rimesse all'autonomia organizzativa dell'ente procedente.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il segretario comunale è un organo monocratico del comune le cui funzioni possono ravvisarsi in «compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti», così come disciplinato dalla Parte I, Titolo IV, Capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
secondo l'articolo 98 del decreto legislativo l'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali è articolato in sezioni regionali;
l'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno;
per conseguire tale abilitazione è necessario partecipare, ex articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, ad un corso-concorso di formazione, della durata di nove mesi seguito da un periodo di tirocinio pratico di tre mesi presso uno o più Comuni. Al corso si accede al termine di un concorso pubblico per esami, che viene bandito periodicamente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (AGES). Gli esami consistono in tre prove scritte ed una orale;
al termine del corso viene approvata una graduatoria che consente, ai candidati inclusi, di ottenere l'iscrizione nella fascia iniziale dell'albo;
ad oggi sono in corso contemporaneamente tre concorsi, in fasi differenti, a seconda dell'ordine di emanazione: per il «COA3» si attende l'ultimazione dei tirocini propedeutici a settembre 2010, per il «COA4» la conclusione degli scritti, per l'ultimo, il «COA5», bandito nel mese di novembre 2009, è stata rinviata la prova preselettiva a data da destinarsi;
il corso-concorso «COA4» è stato bandito a marzo 2008, le domande scadevano ad aprile dello stesso anno, il test preselettivo a quiz è stato svolto a fine aprile 2009, le prove scritte si sono svolte il 14, 15 e 16 luglio 2009, ma l'esito delle prove non è ancora pervenuto, pur essendo circa 800 i candidati che hanno ultimato e consegnato i temi, per un totale approssimativo di 2.400 elaborati da correggere;
nel corso-concorso «COA4», a fronte di 260 posti da ammettere al corso, solo 200 sono i posti vacanti da iscrivere all'albo, quindi è possibile che 60 tra le persone che portino a termine tutta la procedura non vengano poi iscritte all'albo;
il corso-concorso «COA5», uguale al «COA4» per disponibilità di posti, prevede la facoltà di aumentare, da parte dell'autorità competente, le stesse iscrizioni all'albo, anteriormente alle prove preselettive, facoltà però non prevista per il «COA4», in quanto ogni concorso è regolato dal relativo bando, con quella che all'interrogante appare una discrezionalità che potrebbe danneggiare o favorire i candidati a seconda del concorso al quale partecipano;
il concorso «COA3 « è stato superato da 420 persone, mentre hanno avuto accesso al corso solo 390 e l'AGES ha dovuto assumere, nel mese di dicembre 2009, una delibera nella quale si prospettava l'adozione di una soluzione per le 30 persone eccedenti, senza però precisarne le modalità;
ad oggi, in totale le persone che attendono di conoscere il proprio esito sono circa 900: le 30 persone in esubero del «COA3 « che hanno superato solo il concorso e non hanno avuto accesso al corso, le 60 che stanno frequentando il corso, ma non sanno se potranno essere iscritte all'albo, ed infine le 800 persone del «COA4» che, pur avendo concluso la prova scritta un anno fa, non ne conoscono ancora l'esito;
la procedura è destinata ad esser ancor più farraginosa se si considera che molti degli iscritti al concorso «COA5» sono gli stessi che attendono l'esito delle prove del «COA4», aggiungendo disagio ai candidati e dispendio inutile di tempo per la commissione esaminatrice;

diversi sono i Comuni che hanno la sede di segreteria convenzionata, anche di quattro Comuni insieme, comportando, quindi, il fatto che un segretario debba presenziare a quattro giunte alla settimana e quattro consigli al mese e seguire quattro bilanci;
non essendo previsto nessun criterio per l'accorpamento dei comuni, dette convenzioni sono autorizzate dalle agenzie regionali per i comuni di classe quarta, terza e seconda, mentre per i Comuni di classe prima e capoluoghi di provincia sono autorizzate dall'AGES a Roma, che decide caso per caso;
il convenzionamento indiscriminato tra i comuni di quarta classe, di fatto, oltre a non consentire un buon servizio, riduce la possibilità di accesso ai neo segretari;
a parere dell'interrogante, essendo il segretario comunale una delle espressioni più autentiche del territorio, occorrerebbe valorizzare questo legame attraverso la regionalizzazione degli albi e una procedura più snella di accesso -:
se non si intendano assumere iniziative normative volte a modificare la procedura di accesso alla professione di segretario comunale, garantendo tempi più adeguati nello svolgimento delle prove ed evitando che lo stesso avvenga in contemporanea con più corsi-concorsi;
se non si ritenga urgente intervenire al fine di promuovere sia la regionalizzazione della gestione dell'albo, a fronte di requisiti di accesso identici in ogni regione e di una formazione uniforme e spendibile su tutto il territorio nazionale, sia una disciplina puntuale sulle convenzioni tra i comuni.
(4-07074)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, giova sottolineare che l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (Ages), ente che ha indetto le procedure concorsuali in esame, è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno e che al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione sono riconducibili unicamente le competenze in materia di autorizzazione all'avvio delle suddette procedure, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni.
Come è noto, per il reclutamento di personale presso pubbliche amministrazioni è, infatti, necessario attuare gli adempimenti previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in ordine alla programmazione delle assunzioni ed allo svolgimento delle procedure concorsuali.
In particolare, i concorsi pubblici banditi da detta Agenzia a decorrere dall'anno 2007, tra i quali anche i due concorsi evocati dall'interrogante, non sono stati sottoposti alla preventiva autorizzazione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed infatti i competenti uffici del dipartimento della funzione pubblica hanno avuto notizia delle citate procedure solo a seguito della pubblicazione dei relativi bandi nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Si segnala, inoltre, che, fermo restando il rispetto delle procedure autorizzative sopra richiamate, le valutazioni di opportunità circa la scelta di bandire tre successivi concorsi e di non ammettere al corso formativo tutti gli idonei, sono rimesse all'autonomia organizzativa dell'ente procedente.
Quanto alle eventuali iniziative normative evocate dall'interrogante al fine di modificare la procedura di accesso alla professione di segretario comunale e provinciale e di regionalizzare la gestione dell'albo, si rappresenta che esse non possono essere intraprese su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, rientrando, come dinanzi sottolineato, nelle competenze dell'amministrazione vigilante, alla quale, del resto, la presente interrogazione era stata correttamente indirizzata.
Peraltro, per i profili connessi alla materia della semplificazione normativa, nonché per gli aspetti afferenti alla razionalizzazione

ed al contenimento della spesa delle amministrazioni pubbliche, la competenza a proporre eventuali modifiche alla disciplina vigente, è riconducibile rispettivamente ai Ministri per la semplificazione normativa e dell'economia e delle finanze che, al riguardo, hanno infatti formulato opportune ipotesi di norme, ancora in corso di approfondimento, nell'ambito del Codice delle autonomie e del decreto legge n. 78 del 2010.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

ANTONINO FOTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in base al recente rapporto INAIL sugli infortuni sul lavoro per l'anno 2007 tra i settori maggiormente a rischio, nei quali si verificano incidenti gravi, tali da provocare un'invalidità permanente, al primo posto troviamo le costruzioni, seguite dalla lavorazione del legno e dall'estrazione di minerali che sempre in base al suddetto rapporto il costo sociale degli infortuni sul lavoro in Italia calcolato dall'INAIL per l'anno 2005 ammonta a quasi 45 miliardi e mezzo di euro, pari a circa il 3,21 per cento del Prodotto interno lordo;
nello specifico i costi assicurativi sono stati solo 11.760 miliardi di euro, a fronte di 14.377 miliardi per gli interventi e i dispositivi di prevenzione e di ben 19.307 per le altre spese legate ai danni da lavoro;
lavoro nero ed irregolare, la riemersione del caporalato, il frenetico indotto di appalti e subappalti con il fuorviare di illecite committenze, costituiscono primario rapporto di causa ed effetto per la produzione di incidenti sul lavoro;
i dati devono indurre a riflettere: 3,5 milioni di lavoratori irregolari; 1,5 milioni di occupati che svolgono la propria prestazione lavorativa con restrizioni e condizionamenti; 1 su 4 i lavoratori nel nostro Paese che operano nel sommerso (triste record tra i paesi europei con i nostri standard di industrializzazione), 1,6 milioni di maestranze addette nel settore dell'edilizia di cui il 50 per cento extracontratto, ai dati occorre anche aggiungere la miriade di imprese irregolari non censite;
i settori sopracitati sono soggetti all'attività di vigilanza dell'Ispettorato del lavoro, il quale svolge un'importante attività di prevenzione anche attraverso l'emersione del lavoro irregolare rappresentando, altresì, uno strumento di recupero contributivo;
il Ministero del lavoro dispone di un bacino di potenziali ispettori - circa 300 unità utilmente collocati nelle graduatorie (prorogate fino al 2010 per espressa disposizione decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248) dell'ultimo concorso pubblico per l'area funzionale C2 - profilo professionale ispettore del lavoro;
la legge finanziaria per il 2008, articolo 1 comma 346 lettera d), ha previsto lo stanziamento di risorse finanziarie da destinarsi all'assunzione di personale ispettivo nell'organico del Ministero del lavoro e previdenza sociale nella misura di 1 milione di euro per il corrente anno, 8 milioni per il 2009, 16 milioni dal 2010;
uno dei punti cardini del programma del Governo concerne l'incremento delle tutele delle garanzie e dei controlli in materia di sicurezza sul lavoro -:
se il Governo intenda procedere al potenziamento degli organici mediante assunzione dell'ultimo contingente di idonei tramite un definitivo scorrimento delle graduatorie regionali.
(4-00784)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il concorso pubblico per esami per ispettori del lavoro bandito nel novembre 2004, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici del Ministero

del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
A seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri, il 20 maggio 2010, concernente la preliminare approvazione dello schema di regolamento di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è dato avvio, con decreto del direttore generale delle risorse umane e affari generali, al programma di assunzioni riguardante diverse figure professionali.
In particolare, il giorno 28 maggio 2010, hanno sottoscritto, presso la sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il contratto individuale di lavoro gli ultimi idonei al concorso predetto (44 per la regione Emilia Romagna e 30 per la regione Sardegna).

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

FRONER. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da parecchio tempo si riportano sugli organi di informazione locali notizie che riguardano la rigidità interpretativa applicata dall'agenzia S.I.A.E. di Trento in materia di norme di tutela dei diritti d'autore e di riscossione dei relativi tributi dovuti;
già negli scorsi anni è stato invocato l'intervento delle competenti sedi ministeriali e della Direzione nazionale della S.I.A.E., affinché l'agenzia di Trento si sforzasse di agire, nel pieno rispetto della legge e delle disposizioni, ma anche tenendo conto della natura degli interlocutori ed in particolare del valore del volontariato culturale;
per decenni la convivenza con l'agenzia S.I.A.E. di Trento non ha mai destato proteste e/o diffuse preoccupazioni, ma recentemente, soprattutto per l'atteggiamento messo in campo dai responsabili di tale ufficio ed anche per il reiterarsi di proteste e segnalazioni, è emerso sul territorio interessato un evidente stato di disagio che non può essere ulteriormente ignorato;
non vi è dubbio, almeno sul piano della stretta applicazione del diritto, che il comportamento fin qui tenuto dalla S.I.A.E. di Trento sia rigoroso ed incontestabile, ma colpisce l'atteggiamento più volte usato dall'agenzia S.I.A.E. di Trento nei confronti dell'associazionismo culturale -:
se il governo sia al corrente delle difficoltà esistenti con l'agenzia S.I.A.E. di Trento e qui brevemente riassunte in premessa;
in che modo si possa migliorare il rapporto fra l'agenzia S.I.A.E. di Trento e le molte realtà culturali del territorio.
(4-06201)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Gli uffici ispettivi della Direzione generale della competente sede regionale della Società italiana degli autori ed editori (SIAE) hanno svolto un'indagine ispettiva volta ad accertare le modalità di applicazione della normativa sul diritto d'autore relativa alle manifestazioni spettacolistiche facenti capo all'associazionismo culturale da parte della filiale di Trento.
Dalla suddetta indagine è emerso che la filiale di Trento, pur nell'applicazione puntuale della normativa vigente a tutela del diritto d'autore, ha adottato ogni riguardo nei confronti dei soggetti facenti parte del cosiddetto associazionismo culturale, tenuto conto dell'importanza sociale delle iniziative culturali di questi ultimi.
La filiale di Trento ha peraltro richiesto agli organizzatori di eventi spettacolistici, in maniera più sistematica rispetto al passato e comunque in linea con le normative vigenti in tema di riscossione dei diritti d'autore, notizie circa le contribuzioni alle iniziative di spettacolo, finalizzate non solo all'attività di controllo, ma anche ad una più completa rappresentazione del dato amministrativo di carattere locale.


È stato infine confermato dal titolare della filiale di Trento che nell'applicazione delle tariffe e delle loro misure, ove richiesto dall'evento specifico, si è tenuto in considerazione il limitato utilizzo del repertorio musicale amministrato dalla Siae rispetto all'intera consistenza dell'evento.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FUGATTI, BRAGANTINI, MONTAGNOLI e NEGRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il comune di Dolcè e quello di Brentino Belluno sono comuni in provincia di Verona che confinano con il Trentino. Molti giovani di tali comuni e anche di altri comuni veronesi vicini al Trentino frequentano le scuole di Rovereto e di Trento;
essendo iscritti nelle scuole trentine, gli studenti in questione hanno diritto al badge settimanale, mensile o annuale per poter usufruire del servizio di trasporto pubblico e quindi delle previste agevolazioni sul piano tariffario; tuttavia, il fatto che si debba convalidare il badge più volte ad ogni viaggio determina difficoltà e disagi, che sono all'origine di diffuse lamentele;
il tragitto che separa le residenze degli studenti dalle scuole di appartenenza include, infatti, tratte ferroviarie di pertinenza sia della Trentino Trasporti s.p.a., affidataria dei servizi di trasporto pubblico nella provincia di Trento, sia delle Ferrovie dello Stato; accade quindi che chi sale alla stazione di Peri, sita nel comune di Dolcè, paghi dapprima la tratta Peri-Borghetto, dopodiché utilizzi l'abbonamento rilasciato dalla provincia di Trento. Gli studenti, già sul treno, sono pertanto obbligati a scendere alla stazione di Borghetto - con tutti i disagi e i rischi connessi alla salita e discesa dai convogli - al solo fine di obliterare il titolo di viaggio, regolarmente acquistato, pena l'irrogazione di una sanzione che va da 3,50 euro, se pagata subito, a 10,50 euro, se recapitata a domicilio;
ad avviso degli interroganti non è corretto né funzionale che l'abbonamento rilasciato dalla società che ha in gestione il trasporto pubblico in provincia di Trento debba essere convalidato ad ogni viaggio e, comunque, sarebbe opportuno che fossero adottate soluzioni volte a risolvere i citati inconvenienti, ad esempio collocando le obliteratrici per i menzionati titoli di viaggio su tutta la tratta ferroviaria interessata (in particolare, nelle stazioni delle Ferrovie dello Stato in territorio veronese, limitrofe al confine con il Trentino), ovvero dotando i convogli o il personale in servizio delle necessarie apparecchiature per la convalida, a tal fine, ricorrendo, ove ne sussistano i presupposti, ad apposite intese tra i diversi gestori ferroviari -:
se il Ministro interrogato intenda adoperarsi, per quanto di competenza, affinché gli inconvenienti di cui in premessa possano trovare una rapida soluzione ed, in particolare, affinché gli utenti siano agevolati negli adempimenti richiesti per fruire del servizio di trasporto in questione.
(4-06093)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo, n. 422 del 1997, i servizi ferroviari gestiti da Trenitalia spa nelle regioni a statuto ordinario e dunque anche quelli svolti nella regione Veneto, non rientrano più nelle competenze del ministero delle infrastrutture e dei trasporti a far data dal 1o gennaio 2000.
Relativamente ai servizi ferroviari di interesse locale svolti sul territorio della provincia autonoma di Trento, le competenze di programmazione e di amministrazione in materia di comunicazione e trasporti provinciali sono a quest'ultima riservate dalle norme di attuazione dello

statuto speciale del Trentino Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 527, come integrato dall'articolo 1 del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 174.
In base alle predette norme di attuazione la provincia di Trento svolge i compiti e le funzioni di cui sopra su tutti i servizi di comunicazione e di trasporto di persone e di merci, di linea e non di linea, soggetti a concessione o ad autorizzazione svolti nel proprio ambito territoriale e di interesse non nazionale od internazionale, ivi compresi quelli in concessione a Trenitalia spa indicati nell'accordo di programma stipulato ai sensi degli articoli 9 e 12 del decreto legislativo n. 422 del 1997, tra il Ministero dei trasporti e la provincia medesima, in data 20 aprile 2006.
La problematica in argomento attiene in particolare ad aspetti che riguardano le modalità di svolgimento del servizio di trasporto pubblico ferroviario gestito dalla concessionaria Trentino trasporti spa su una tratta che interessa parzialmente il territorio della confinante regione Veneto, fattispecie rispetto alla quale le predette norme di attuazione (articolo 1, comma 3) prevedono la possibilità di un'intesa fra i due enti territoriali coinvolti.
Per quanto sopra ed alla luce dell'attuale quadro normativo non sono configurabili interventi dell'autorità statale in grado di incidere su questioni relative alla programmazione ed amministrazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale che nel caso in esame sono riservate alla provincia autonoma di Trento eventualmente d'intesa con la regione Veneto.
Si rappresenta tuttavia che non appena sarà attivato l'osservatorio sul trasporto pubblico locale, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007, (legge finanziaria 2008), le criticità analoghe a quella lamentata con l'atto ispettivo in esame saranno verificate a livello nazionale e comunicate agli enti territoriali competenti affinché adottino i necessari provvedimenti per ovviarle.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FUGATTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
lo Stato, le regioni e gli enti locali devono, con ogni mezzo a disposizione, perseguire l'obiettivo della lotta ad ogni forma di evasione ed elusione fiscale;
anche quest'anno la Siae ha svolto in provincia di Trento tantissimi controlli in occasione delle manifestazioni relative al carnevale; i controlli hanno avuto come obiettivo gli organizzatori delle sfilate di carri allegorici, principalmente associazioni non profit, volontari, pro loco, gruppi legati alle parrocchie, agli oratori, che con la loro opera valorizzano e contribuiscono a tramandare nel tempo le tradizioni del territorio trentino;
i controlli su tali manifestazioni negli ultimi due anni si sono intensificati al punto che alcuni rappresentanti di queste associazioni hanno parlato sulla stampa locale di «vessazione» e di «atteggiamento persecutorio» da parte della Siae, in un contesto locale dove forte è la cultura della legalità e del rispetto;
l'attività di queste organizzazioni non si può certo definire a scopo di lucro; i loro proventi sono spesso utilizzati per interventi a favore delle comunità locali ed eventuali errori materiali nel disbrigo degli adempimenti fiscali sono spesso dovuti a mancanza di conoscenze specifiche e non a dolo -:
se ritenga opportuno favorire l'attività delle associazioni non profit in provincia di Trento, impegnate nella valorizzazione delle tradizioni e delle culture locali, attraverso la semplificazione degli adempimenti in tema di diritti d'autore e attraverso la diminuzione dei controlli della Siae e degli importi dovuti.
(4-06202)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Occorre premettere che, come noto, la Società italiana degli autori ed editori esercita

la protezione delle opere ad essa affidate in tutela e agli utilizzatori di tali opere rilascia permessi in base ai quali sono stabilite le condizioni di utilizzazione ed i compensi applicabili (legge n. 633 del 1941).
Per gli spettacoli a pagamento i compensi sono costituiti da un'aliquota sugli introiti conseguiti dall'organizzatore dello spettacolo pubblico, inclusi gli eventuali proventi da pubblicità, sponsorizzazioni e contributi di privati o di enti pubblici.
Per gli spettacoli gratuiti, cioè offerti e finanziati direttamente dall'organizzatore, intervengono altri parametri, il più importante dei quali, oltre al genere di attività svolta, è costituito dal numero dei partecipanti all'evento e/o degli spettatori.
Per quanto attiene alla determinazione della misura dei compensi in relazione al genere di attività di spettacolo svolta ed al soggetto utilizzatore, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, dello Statuto, la misura dei compensi per l'utilizzazione delle opere, salvo quanto previsto dalle norme speciali delle singole sezioni della Siae, è stabilita dal Consiglio di amministrazione dell'ente, su parere delle competenti Commissioni di sezione.
In base alle direttive del Consiglio di amministrazione della Siae a tale proposito vengono stipulati accordi con le associazioni di categoria degli organizzatori di spettacoli/utilizzatori.
Particolari agevolazioni nelle tariffe dei diritti d'autore sono fissate a favore dei soggetti utilizzatori facenti parte del cosiddetto terzo settore e nei confronti di altri particolari soggetti istituzionali e non, considerato che, proprio per le finalità ispiratrici e ruolo socialmente rilevante della propria azione, essi sono nelle condizioni di fruire di trattamenti tariffari più favorevoli rispetto ai normali utilizzatori commerciali.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, le attività delle associazioni
no profit, come quelle operanti nella provincia di Trento, sono già ampiamente favorite date le condizioni tariffarie ridotte in tema di diritto d'autore che sono già vigenti ed applicate.
Al fine di garantire l'uniformità di trattamento degli utilizzatori nell'intero territorio nazionale e garantire la tutela del diritto d'autore, assume rilevante importanza l'azione di controllo e di presidio del territorio da parte della struttura territoriale della Siae, che nel caso della filiale di Trento, nel periodo di carnevale del corrente anno, si è esplicata essenzialmente nella verifica durante le manifestazioni, spesso dichiarate gratuite, del numero dei partecipanti agli eventi spettacolistici, al fine di constatare la congruità dei compensi applicati preventivamente all'atto del rilascio del permesso.
Inoltre la Siae, in base alla vigente convenzione con l'Agenzia delle entrate, valida per il decennio 2010-2019, coopera con quest'ultima in materia di imposta sul valore aggiunta e imposta sugli intrattenimenti per il reperimento di dati fiscali e monitoraggio del volume d'affari in materia di attività spettacolistiche, continuando ad esercitare, come per il passato, anche l'importante funzione di prevenzione e lotta all'evasione fiscale e fornendo la tradizionale e sempre più apprezzata attività amministrativa di informazione e di assistenza ai contribuenti in materia di spettacoli pubblici, favorendo così la cultura della legalità non soltanto nell'ambito istituzionale del diritto d'autore, ma anche in quello fiscale.
In tale quadro si inserisce anche l'attività di controllo della Siae sulle manifestazioni di spettacolo sotto il profilo erariale, che nel caso della filiale di Trento nel bimestre gennaio-febbraio 2010 ha interessato circa venti operatori professionali e nessuna tra le categorie di soggetti citate nell'interrogazione.
È opportuno inoltre rendere noto che costantemente vengono diramate specifiche istruzioni rivolte a tutti gli operatori della struttura territoriale della Siae, al fine di garantire l'uniformità di trattamento tariffario per la riscossione dei compensi in tema di diritto d'autore.
Tali istruzioni definiscono minuziosamente le misure dei compensi applicabili, sulla base dei citati accordi con le associazioni degli utilizzatori, in relazione alle

molteplici fattispecie di utilizzazione del repertorio amministrato dalla Siae stessa.
La corretta applicazione da parte degli uffici territoriali delle suddette istruzioni è, peraltro, costantemente monitorata dalle 13 sedi regionali e dai sovraordinati uffici della direzione generale dell'ente, anche mediate una costante attività ispettiva e di controllo rivolta, quindi, non soltanto nei confronti dell'utenza, ma anche in «autotutela» verso i propri uffici periferici, per garantirne la sempre migliore efficienza e un'azione omogenea.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

GALATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo fonti sindacali e secondo un'intervista rilasciata al mensile Tutto Trasporti, si apprende che il direttore della divisione cargo della società Trenitalia, Mario Castaldo, avrebbe deciso di disegnare una nuova rete degli scali ferroviari merci in Italia e di attuare una politica di smantellamento del traffico merci d'importanti snodi ferroviari calabresi, siciliani e del Centro Italia;
da un comunicato stampa del 21 gennaio 2009 emesso dalla medesima Trenitalia cargo, emerge che ci sarà una radicale riorganizzazione degli scali ferroviari merci poiché quelli esistenti sono troppo polverizzati ed inadatti ai traffici di lunga percorrenza, soprattutto nell'Italia meridionale, dove molti sono gli scali non sostenuti da un'adeguata domanda di trasporto da parte delle aziende nel territorio;
Trenitalia cargo intende portare a compimento il processo di razionalizzazione di una rete che negli anni '90 vantava sul territorio nazionale ben mille scali e che a partire dal 2000 è stata ridotta a 450 per passare a 314 nel 2007 fino ai 199 attuali e vuole puntare su dieci grandi scali merci quali Torino, Alessandria, Novara, Milano, Brescia, Modena-Marzaglia, area di Roma, Marcianise, Bari Ferruccio e Catania-Bicocca, tutti in gran parte da potenziare poiché carenti di attrezzature per il trasporto intermodale -:
tali decisioni, assunte dalla divisione cargo di Trenitalia, sono dovute in prevalenza alla politica tariffaria che le Ferrovie dello Stato praticano in maniera indiscriminata non tenendo conto degli squilibri tra i territori e delle necessità di supportare, in questo momento di crisi, i sistemi economici locali;
abolire tali stazioni di snodo del trasporto merci su rotaia di Lamezia Terme, Cosenza e Latina, rappresenterebbe un durissimo colpo per tutte le aree coinvolte poiché obbligherebbe le imprese ad utilizzare il trasporto stradale, con conseguenti aumenti dei relativi costi, e ciò significherebbe emarginare ancora di più territori deindustrializzati e già fortemente penalizzati, sia per ciò che riguarda la mobilità dei cittadini, sia per ciò che riguarda la movimentazione delle merci e dei prodotti;
al fine di attuare una linea politica strategica di crescita e di sviluppo lungo l'intero asse che coinvolge i siti di Lamezia Terme, Cosenza e di Latina, sarebbe opportuno non limitare, ma dar vita a forti interventi di potenziamento delle linee ferroviarie, del traffico merci e delle infrastrutture -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto sopra illustrato e se intendano intervenire rispetto alla problematica della gestione degli scali merci di Lamezia Terme, Cosenza e Latina;
quali misure urgenti intendano adottare, anche in considerazione del particolare momento di recessione economica in cui ci troviamo, per impedire il disimpegno del gruppo Trenitalia e delle sue controllate CEmaT ed ITALCoNTAINER e per evitare la conseguente chiusura degli scali merci di Lamezia Terme, Cosenza e Latina;
quali provvedimenti ritengano opportuno intraprendere al fine di rinnovare gli

impegni finanziari assunti precedentemente dall'amministrazione poiché lo scenario del traffico intermodale peggiora anche a causa dei ritardi con i quali vengono erogati i contributi dovuti alle molteplici aree che hanno realizzato interventi di sostegno all'autotrasporto ed al trasporto combinato, in particolare utilizzando i fondi messi a disposizione attraverso il Comitato centrale dell'Albo nazionale dell'autotrasporto.
(4-02441)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il trasporto ferroviario delle merci nel nostro Paese è stato liberalizzato a partire dal 2001, in applicazione della normativa comunitaria ancora vigente in materia. A seguito di ciò, attualmente in Italia operano 26 imprese ferroviarie che trasportano merci.
Trenitalia, che fa parte di una di queste 26 imprese ferroviarie, opera, pertanto, non sulla base di un regime di concessione, ma sulla base di una licenza rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al pari di tutte le altre imprese. Opera, quindi, in una logica di mercato liberalizzato, organizza la propria attività di trasporto merci adeguando l'offerta alle reali esigenze e dimensioni del mercato, applicando prezzi, e non tariffe, adeguati ai costi di produzione del servizio. Quindi le aziende di trasporto ferroviario di merci, in questo momento, agiscono in un libero mercato dove evidentemente si devono incontrare domanda e offerta.
A seguito dell'evoluzione della liberalizzazione, da alcuni anni, tutte le imprese storiche europee hanno avviato una profonda riorganizzazione dei loro processi industriali, per poter competere con le nuove imprese entrate sul mercato. Il contesto di forte crisi dell'ultimo periodo ha reso necessaria un'accelerazione e una maggiore incisività di tale riorganizzazione, attuata sulla base di criteri di maggiore efficienza del sistema e di un rapporto equilibrato tra costi e ricavi.
In quest'ottica, anche la divisione cargo di Trenitalia ha avviato un processo di ristrutturazione industriale del settore, nell'ambito del quale si inserisce tra l'altro la riorganizzazione del traffico a carro singolo o a gruppi di carri (il cosiddetto traffico diffuso) che è particolarmente oneroso e non competitivo nei confronti del trasporto su gomma.
La riorganizzazione, che è in corso di attuazione dal 1o aprile 2010, e che rientra in questo quadro, ha riguardato alcuni impianti per i quali si registravano per il traffico diffuso modesti volumi di merci, notevoli complessità operative e costi elevati - sicuramente superiori ai ricavi - non più sostenibili da Trenitalia, che non può certamente effettuare servizi in perdita, essendo e ragionando in termini di Società per azioni, quindi come un ente di struttura giuridica privatistica. Tale riorganizzazione mira non a ridimensionare, bensì a consolidare e sviluppare il posizionamento dell'azienda nel settore, con un modello industriale più snello e flessibile.
Con il nuovo modello industriale Trenitalia cargo effettuerà il servizio di trasporto dovunque vi sarà domanda di traffico economicamente sostenibile. Peraltro, Trenitalia sta lavorando per trasformare i traffici a carro singolo in treni completi; una modalità questa che consente di abbattere i costi operativi e assicura ai fruitori del servizio più qualità nei trasporti, sollecitando fra l'altro forme di aggregazione di più imprese per poter organizzare treni completi multiclienti.
Per quanto riguarda il Sud, la nuova struttura d'offerta del «diffuso» ha previsto l'attestamento ferroviario di questo tipo di trasporti su alcune piattaforme logistiche, nell'ambito delle quali è possibile usufruire di servizi integrativi come magazzinaggio e inoltro alla destinazione finale via strada (o viceversa). Per la Sicilia, fin dal luglio 2009, la concentrazione del traffico diffuso è prevista sulla piattaforma nodo di Catania (per la Calabria, invece, sull'impianto di Cosenza), mentre nessuna modifica commerciale/produttiva è stata attuata per i trasporti a treno completo, che continuano ad essere svolti nei 12 impianti della Sicilia.
In tale contesto si inserisce l'intervento del Governo il quale regola e sovvenziona l'erogazione di alcuni servizi mediante con

tratto di servizio pubblico stipulato con Trenitalia spa, si tratta di trasporti caratterizzati da perdita strutturale, erogati essenzialmente a beneficio della Sicilia.
In assenza dell'intervento dello Stato, è ragionevole ritenere che tali servizi, a motivo della mancanza di redditività che li connota, non sarebbero più erogati dall'impresa ferroviaria in regime di autonomia commerciale. Ad oggi è in corso di definizione il nuovo contratto di servizio; naturalmente, in condizioni di risorse finanziarie scarse e tendenzialmente in diminuzione nel corso degli anni, ed attesa la necessità di equilibrio economico del contratto, è necessario «selezionare» (ovvero, individuare adeguatamente) la quantità, la tipologia e le caratteristiche dei servizi da contrattualizzare.
Per quanto concerne lo scalo merci di Latina, Ferrovie dello Stato fa presente che lo stesso, effettuando già dal 2008 esclusivamente trasporti a treno completo, non è interessato da alcuna modifica commerciale/produttiva. Al riguardo è opportuno porre in rilievo che tale impianto, inserito nel reticolo commerciale e produttivo del trasporto ferroviario merci - relativamente ai treni completi convenzionali e soprattutto quale terminal intermodale - a cui si affianca, peraltro, per il territorio pontino lo scalo di Aprilia, non è tuttavia attualmente in grado di incrementare le proprie quote di mercato nel traffico delle merci, principalmente per effetto della forte penetrazione che il trasporto su gomma esercita sul territorio interessato.
Conseguentemente lo scalo di Latina, che potrebbe rappresentare, per le potenzialità offerte dal
terminal stesso, uno dei principali snodi del traffico intermodale delle merci sul versante tirrenico fino alla Campania, risulta attualmente sottoutilizzato e particolarmente penalizzato dalla scarsa domanda di trasporto merci su ferro del bacino laziale.
Per quanto concerne le eventuali ricadute sul personale della riorganizzazione richiamata, queste saranno comunque gestite attraverso tutti gli strumenti previsti dall'attuale normativa, comprese azioni di mobilità all'interno del gruppo Ferrovie dello Stato e corsi di riqualificazione professionale.
Per quanto concerne le misure di sostegno al trasporto di merci per ferrovia (soprattutto, al trasporto combinato) si evidenzia che esse sono state introdotte dall'articolo 38 della legge 1o agosto 2002, n. 166, tuttavia sono state attuate per il solo triennio 2004-2006 in quanto il legislatore non ne ha disposto il rifinanziamento, ancorché esse abbiano generato una buona risposta del mercato ed un'apprezzabile efficacia.
In merito poi agli interventi di sostegno all'autotrasporto, si segnala che i fondi che il Comitato centrale dell'albo nazionale degli autotrasportatori mette annualmente a disposizione delle imprese del settore, non sono destinati al trasporto combinato, come sembra ipotizzare il testo dell'interrogazione, ma alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali.
Infatti, il decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, all'articolo 2, assegna al Comitato centrale dell'albo nazionale degli autotrasportatori risorse da utilizzare per la protezione ambientale e la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all'uso delle infrastrutture.
L'articolo 45 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, a decorrere dall'anno 2000, rende strutturali le misure previste dalle disposizioni normative sopra citate, destinando alle stesse una determinata somma stabilita, nel corso degli anni, dalle leggi finanziarie e di bilancio dello Stato.
È infine opportuno evidenziare che tra le misure orientate a incentivare il trasporto di merci, con decreto-legge del 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge n. 25 del 26 febbraio 2010, il Governo ha predisposto interventi di sostegno del trasporto combinato e trasbordato su ferro e degli investimenti delle imprese di autotrasporto merci, finalizzandoli al miglioramento dell'impatto ambientale ed allo sviluppo della logistica attraverso il finanziamento del cosiddetto «ferrobonus».

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GARAVINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge in materia di titoli cambiari, e quindi riferibile anche agli assegni bancari, prevede che i titoli che non siano stati pagati possano essere protestati, su richiesta del prenditore al fine di consentirgli l'esercizio delle azioni cosiddette cambiarie;
il protesto può essere richiesto qualunque sia la ragione del mancato pagamento, sia, quindi, per l'assenza di fondi presso il trattario sia, ad esempio, per la sottrazione del titolo;
anche nel caso in cui al soggetto titolare del conto corrente sia sottratto un assegno, la circolare n. 3512 c., del Ministero dell'industria del 30 aprile 2001 prot. 505844, prevede che debba essere protestato il titolare del conto corrente;
a seguito dell'elevato protesto il nome dei correntista viene iscritto nel registro dei protesti, sia pure con una postilla che spiega che l'assegno risulta sottratto;
quando viene richiesto un estratto dal registro dei protesti dalle agenzie e dai privati per effettuare accertamenti sulla solvibilità, tale postilla noti sempre appare o appare in modo incompleto tanto da ingenerare confusione sulle ragioni del protesto;
sono numerosi i casi di imprenditori a cui hanno protestato titoli trafugati, anche a seguito di rapine, che hanno ricevuto rilevanti danni da tale situazione, essendogli stato negato il credito necessario per lo svolgimento delle loro attività e che, per tale ragione, si sono visti costretti a sottoporsi a defatiganti attività giudiziarie, anche con un carico di spese, per ottenere la cancellazione dall'elenco dei protesti -:
quali iniziative si intendano adottare in ordine a quanto rappresentato in premessa e perché ad imprenditori vittima di reati non venga anche cagionato il danno di essere considerati insolventi;
se si intenda modificare la circolare sopra citata e prevedere che dall'elenco dei protesti e dai certificati comunque rilasciati risulti in modo chiaro la ragione per la quale il protesto medesimo è stato elevato.
(4-04946)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante i protesti di titoli trafugati, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente, si segnala quanto segue.
Il decreto ministeriale 9 agosto 2000, n. 316 (articolo 2, comma 1) prevede che le Camere di commercio provvedano alla pubblicazione ufficiale dell'elenco dei protesti mediante il registro informatico.
Lo stesso decreto ministeriale dà l'incarico ai pubblici ufficiali abilitati di redigere l'elenco dei protesti da essi
levati dal primo giorno al giorno 15 di ogni mese e dal giorno 16 all'ultimo di ciascun mese. Allo stesso modo provvedono i procuratori dell'ufficio del registro per i rifiuti di pagamento, da essi registrati. I relativi elenchi sono redatti in base ad apposito modello, approvato dal Ministro dell'industria, ora Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero della giustizia.
Per il rifiuto di pagamento delle cambiali e degli assegni bancari può essere intrapresa la procedura di protesto dei titoli di credito. La circolare in argomento è frutto della collaborazione della banca d'Italia, del Ministero dell'interno, della Cipa (convenzione interbancaria per l'automazione), del Consiglio nazionale del notariato, e dell'Associazione bancaria italiana tutti chiamati a comporre un apposito tavolo di lavoro.
Il modello per la pubblicazione dell'elenco dei protesti (circolare n. 3512 del 2001) prevede anzitutto delle tipologie di causali in base alle quali si procede alla pubblicazione del protesto. Fra queste vi è la causale «
Irregolarità dell'assegno», che a sua volta si distingue in tre ulteriori tipologie di causali, a seconda che l'irregolarità concerna l'importo o la firma, oppure riguardi un assegno denunciato smarrito.
Il modello, indicando ulteriormente varie motivazioni, riferibili a singole causali,

individua nei vari casi il soggetto sottoposto alla procedura del protesto. In particolare sulle «motivazioni» che contemplano il furto dell'assegno, il soggetto protestabile è sempre quello individuato in base alla sottoscrizione dell'assegno, tranne il caso in cui l'assegno rechi una firma di traenza non rispondente al nominativo del correntista (causale n. 37) nel qual caso viene protestato il firmatario.
La scelta di elevare il protesto nei confronti del correntista risponde all'esigenza di assicurare prioritariamente la tutela ai creditori, fornendogli uno strumento per perseguire un eventuale responsabile, che non può che essere individuato, in prima battuta, con l'unico soggetto il cui nome risulti. L'esigenza di certezza nei rapporti creditizi, fa ritenere che scelte diverse concretizzerebbero un irrigidimento in tutti i settori guidati da rapporti economici ed un freno nella speditezza dei flussi finanziari.
Le direttive contenute nella circolare sopracitata rispondono all'esigenza di razionalizzazione le operazioni, in un'ottica di chiarezza e di trasparenza dell'informazione e costituisce uno strumento di lavoro sia per i pubblici ufficiali abilitati alla levata dei protesti, per il sistema bancario, sia per tutti i soggetti coinvolti nella procedura sanzionatoria degli assegni bancari, introdotta dal decreto legislativo n. 507 del 1999, in quanto tutti gli operatori potranno utilizzare le medesime causali.
Dal tenore della circolare appare chiaro che non esiste un obbligo di utilizzazione dell'elenco causali a carico degli
ufficiali levatori nei cui confronti, infatti, non esiste un potere gerarchico e di controllo da parte del Ministero dello sviluppo economico la cui attività attiene, in primo luogo, ai contenuti della legislazione di settore (legge cambiaria e legge assegni). La disciplina di tali materie rientra nella competenza del Ministero della giustizia il quale, come già riferito, ha approvato il contenuto della circolare.
Allo stato attuale, pur riconoscendo che perseguire il correntista, nel caso prospettato o in casi analoghi, possa creare l'eventualità di consistenti e ingiusti danni a carico di operatori economici, la scelta operata nella circolare sembra essere ancora quella da prediligere per i motivi sopra richiamati. Questi si possono, comunque, avvalere degli strumenti giudiziari (ricorso
ex articolo 700 del codice di procedura civile), a disposizione dei soggetti che si ritengono ingiustamente lesi nei propri diritti, che, in una visuale più ampia, sembrano possano garantire equità all'operato di coloro che attuano le procedure per la levata dei protesti.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

GNECCHI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 è stato bandito un concorso nazionale per 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1 presso l'istituto nazionale per la previdenza sociale;
il decreto «anticrisi» - decreto-legge n. 78 del 2009 - all'articolo 17 comma 7, ha stabilito il non luogo a procedere di nuove assunzioni di personale nella pubblica amministrazione;
il concorso ha visto la partecipazione di circa 15.000 candidati, laureati in materie giuridiche ed economiche e dopo le tre prove previste dal concorso (due prove scritte e una prova orale) sono risultate idonee circa 800 persone;
il concorso fu bandito per l'evidente necessità di colmare una grave ed oggettiva mancanza di ispettori nell'organico dell'INPS, la quale limitava fortemente la lotta all'evasione e all'elusione contributiva;
in molte pubbliche dichiarazioni i Ministri interrogati hanno chiaramente espresso la volontà e l'impegno di questo Governo a perseguire l'evasione fiscale e contributiva e pertanto, per coerenza, alle parole devono seguire fatti concreti che consentano di perseguire l'obiettivo dichiarato -:
se i Ministri interrogati non ritengano, al fine di dare seguito agli stessi

obiettivi dichiarati dal Governo, di intervenire per promuovere una deroga, che consenta di poter procedere all'assunzione degli ispettori, necessari per consentire l'attività di vigilanza dell'INPS.
(4-04513)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il concorso pubblico per esami per 293 ispettori di vigilanza bandito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale nel 2007, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino sono state autorizzate ad assumere un dato numero di unità di personale a tempo indeterminato (come indicato nella tabella allegata a tale decreto).
Per quanto concerne in particolare l'Inps, si informa che l'istituto sta già provvedendo alla assunzione di 310 unità di personale, in qualità di Ispettore di vigilanza - posizione C1 - vincitori del citato, da distribuire su tutto il territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo Alessandro De Stefano, professore di progettazione di strutture antisismiche al politecnico di Torino, la normativa italiana antisismica è confusa, ed è difficile farla rispettare, perché, anche dove si esercitano adeguati controlli, non è semplice intervenire e spesso mancano le risorse. Il professor De Stefano critica anche i provvedimenti adottati negli ultimi anni che, seppur elaborati da professionisti competenti, non hanno coinvolto gli esponenti del settore edilizio, per questo le norme contengono errori o lacune. Inoltre, una volta effettuati i controlli, dovrebbe essere compito degli enti locali, in primo luogo delle Regioni, intervenire per rimettere a norma gli edifici. Spesso, però, sono proprio le Regioni a non disporre delle risorse economiche necessarie alla verifica ad ampio spettro;
le autorità de L'Aquila hanno confermato che, oltre al crollo delle vetuste costruzioni in pietra, il terremoto del 6 aprile ha anche distrutto o danneggiato i palazzi di recente costruzione, come l'ospedale, sorto nel 2000, e l'hotel «Duca degli Abruzzi». Non è soltanto la tragedia appena accorsa a preoccupare. Infatti la Protezione Civile calcola che in Italia esistono circa 80 mila edifici pubblici «vulnerabili», fra i quali si annoverano scuole, ospedali, uffici, caserme. Le scuole costituiscono una vera emergenza: quelle edificate in zone a rischio sarebbero 22 mila, 16 mila delle quali in aree ad alto rischio; di queste circa novemila sarebbero prive di criteri antisismici e potrebbero subire danni in caso di scosse;
in merito al terremoto del 6 aprile ha espresso il proprio parere anche il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Paolo Stefanelli. Il dottor Stefanelli ha affermato che tutti gli edifici costruiti negli anni '50 e '60, a causa del tipo di cemento armato usato, sono a rischio sismico in un tempo tra i 5 e i 30 anni, ed ha ribadito la necessità di un'adeguata e giusta normativa che renda obbligatorio il monitoraggio sul tempo di vita delle costruzioni -:
se il Ministro intenda adottare iniziative finalizzate a definire un'adeguata normativa antisismica, di facile attuazione per tutte le ditte edili italiane;
quali iniziative urgenti il Ministro intenda intraprendere per effettuare delle verifiche ad ampio raggio di tutti gli edifici, pubblici e privati, costruiti in zone a rischio sismico.
(4-03198)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.


La qualità dei calcestruzzi, come anche l'accorta esecuzione dei getti e l'appropriata disposizione delle armature, è fondamentale affinché le strutture in cemento armato offrano prestazioni ottimali. Anche gli accorgimenti per garantire la durabilità sono oggi riconosciuti come essenziali, mentre molte costruzioni in cemento armato edificate negli anni cinquanta e settanta hanno mostrato di essere molto sensibili alle aggressioni ambientali.
Ciò premesso, si evidenzia che sono stati avviati diversi provvedimenti volti specificamente a ridurre il rischio per le opere strategiche e rilevanti. Tali strumenti permettono di programmare, anche in futuro, piani di riduzione del rischio sismico.
Il dipartimento delle protezione civile ha fornito una sintesi delle iniziative intraprese insieme alle altre amministrazioni dello Stato per conoscere e fronteggiare il rischio sismico:
piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui all'articolo 80, comma 21 della legge n. 289 del 2002; il piano ha comportato un finanziamento di 489 milioni di euro per complessivi 1593 interventi di cui 1188 interventi sono in corso e 86 sono stati ultimati;
piano di riduzione del rischio sismico di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legge 28 aprile 2009 n. 39, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 che mette a disposizione della Protezione civile, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per la prevenzione del rischio sismico. A tal fine è stata autorizzata la spesa di euro 44 milioni per l'anno 2010, di euro 145,1 milioni per l'anno 2011, di euro 195,6 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di euro 145,1 milioni per l'anno 2015 e di euro 44 milioni per l'anno 2016. Il piano risulta concretamente avviato dopo la definizione di obiettivi e criteri da utilizzare e con l'imminente definizione delle modalità di ripartizione delle risorse relative all'anno 2010.
Con il comma 239 dell'articolo 2 della legge n. 191 del 23 dicembre 2009, è stato dato ulteriore impulso alla messa in sicurezza ed all'adeguamento antisismico delle scuole con la previsione di ulteriori finanziamenti, fino a 300 milioni di euro, definendo le modalità di ripartizione delle somme e le procedure di gestione previste dall'articolo 7-
bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137. Nelle attività menzionate, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca opera, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il dipartimento della protezione civile, è chiamato a fornire l'intesa al soggetto attuatore, sentita la Conferenza unificata.
Inoltre, il dipartimento della protezione civile si è occupato di prevenzione sismica delle scuole curando il finanziamento ed il monitoraggio di verifiche sismiche previste dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2003 per gli edifici di carattere strategico o rilevante, l'articolo 32-
bis del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, che ha istituito il fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio del ministri, ha consentito di finanziare circa 2500 verifiche sismiche sulle scuole, secondo la disciplina dettata dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri 3362 del 2004 e 305 del 2006. I risultati che stanno emergendo da dette verifiche, espressi in termini di indice di rischio, ossia rapporto fra la capacità attuale della struttura e capacità che si richiede ad una scuola sismicamente adeguata, possono essere utilizzati per ottimizzare l'uso delle risorse in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Si evidenzia che la disciplina del Fondo prevede il cofinanziamento degli enti beneficiari, cosa che ha consentito di mettere in campo risorse complessive pari a circa il doppio di quelle proprie del fondo.
L'articolo 32-
bis è stato successivamente rifinanziato con l'articolo 2, comma 276, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che al fine di conseguire l'adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico nonché la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire

quelli a rischio sismico, ha incrementato di 20 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008, il predetto fondo prevedendone l'utilizzo secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità. L'uso dei fondi è stato disciplinato con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3728 del 2003, che ha avuto l'assenso da parte della conferenza unificata ed ha prodotto il piano di impiego della quota 2008, alla quale hanno aderito 13 regioni per complessive 43 scuole e 18 milioni di finanziamento statale. I fondi rimasti disponibili sono in corso di ripartizione fra le regioni che hanno aderito. Al fine di garantire un efficace coordinamento, l'ordinanza ha previsto l'istituzione, presso il dipartimento di protezione civile, di una commissione mista composta da qualificati rappresentanti del dipartimento della protezione civile, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, del Ministero dell'economia e delle finanze e delle regioni, con il compito di esaminare le proposte delle regioni e definire le eventuali rassegnazioni. La stessa ordinanza ha stabilito la ripartizione dei fondi fra le Regioni in relazione ad un indicatore approssimativo di rischio sismico, e la misura dei finanziamenti specifici in relazione all'indice di rischio della singola scuola, accertando in coerenza con le indicazioni derivanti dalle verifiche sismiche in dettaglio. In sostanza il finanziamento statale è pari al 100 per cento del costo convenzionale se la capacità della scuola è inferiore al 20 per cento di quella di un edificio sismicamente adeguato, rischio molto elevato, mentre è nulla se la capacità della scuola è superiore all'80 per cento di quella di un edificio sismicamente adeguato.
Infine, si evidenzia che per quanto riguarda le scuole il dipartimento della protezione civile a seguito di alcuni incidenti, fra i quali quello del liceo Darwin di Torino, ha proposto un'iniziativa per la valutazione del rischio connesso agli elementi non strutturali, che va a completare le informazioni già presenti nell'Anagrafe dell'edilizia scolastica predisposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Infatti, lo scopo è di porre attenzione specifica a quegli elementi che possono determinare incidenti in caso di terremoto. L'iniziativa ha ottenuto l'intesa della Conferenza unificata il 28 gennaio 2009.
Al riguardo e per quanto riguarda le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si fa presente che con l'intesa sancita il 28 gennaio 2009 si è deciso di emanare degli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» prevedendo, tra l'altro, che le informazioni acquisite nel corso delle verifiche tecniche ivi previste fossero rese disponibili alle amministrazioni interessate, le quali, nell'ambito delle rispettive competenze, ne avrebbero tenuto conto anche ai fini della programmazione dei relativi interventi.
Inoltre, nell'ultimo documento di programmazione economica e finanziaria presentato nel luglio 2009 fra gli impegni di questo dicastero coerenti con le attuali disponibilità finanziarie si prevede che non appena noto «... il quadro degli investimenti urgenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici ...» si provvederà all'aggiudicazione di parte dei lavori riconducibili alla predetta previsione programmatica.
All'interno del quadro normativo e regolamentare anzidetto e sulla base delle risultanze dei sopralluoghi che allo stato attuale hanno consentito di verificare più del 70 per cento del patrimonio scolastico esistente sul territorio nazionale pari a circa 46 mila edifici e delle comunicazioni e segnalazioni pervenute dai gruppi di coordinamento regionali, dai provveditorati interregionali e dagli stessi soggetti proprietari il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato un'azione di raccolta delle istanze espresse da tutti i soggetti rappresentati nei tavoli di monitoraggio regionali (enti locali proprietari, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regioni)

coordinati dalle regioni stesse allo scopo di predisporre un primo programma di interventi urgenti finalizzato alla rimozione immediata delle situazioni di pericolo accertate e quantificate dai soggetti coinvolti nella citata intesa e consentire il regolare svolgimento delle attività scolastiche destinando 350 milioni di euro a valere sui fondi aree sottoutilizzate assegnati al Fondo infrastrutture per l'edilizia scolastica dalla delibera Cipe 6 marzo 2009.
Attesa l'enorme eterogeneità dei dati acquisiti e delle comunicazioni pari a oltre 6.900 richieste di intervento per un totale di oltre 950 milioni di euro si è ritenuto di garantire la tempestiva soluzione delle situazioni più urgenti e la equa assegnazione delle risorse operando la sotto riportata prima ripartizione indicativa sulla base della consistenza numerica del patrimonio scolastico e della popolazione scolastica.

Ripartizione indicativa delle risorse per regione

REGIONI n. edifici Popolazione scolastica %edifici %popolazione 50% edif.
50% pop. 1ostralcioml€
Piemonte 3.233 495.661 6.95 6.37 6.64 23.240
Val d'Aosta 149 15.079 0.32 0.19 0.25 0.875
Lombardia 6.319 1.155.686 13.59 14.85 14.2 49.700
Trentino A.A. 888 142.232 1.91 1.81 1.85 6.48
Veneto 3.716 601.004 7.99 7.72 7.85 27.490
Friuli 1.022 136.877 2.2 1.76 1.97 6.895
Liguria 867 170.299 1.86 2.19 2.2 7.700
Em. Romagna 2.350 485.173 5.05 6.24 5.64 19.740
Toscana 2.612 420.480 5.62 5.4 5.51 19.285
Umbria 1.085 105.789 2.33 1.36 1.83 6.405
Marche 1.355 194.701 2.91 2.5 2.7 9.450
Lazio 4.595 716.785 9.89 9.2 9.52 33.320
Abruzzo 1.315 170.165 2.83 2.18 2.51 8.75
Molise 332 41.631 0.71 0.53 0.62 2.17
Campania 4.249 962.038 9.13 12.36 10.72 37.52
Puglia 2.788 611.770 5.99 7.86 6.92 24.23
Basilicata 693 85.550 1.49 1.1 1.3 4.55
Calabria 2.756 299.506 5.92 3.85 4.88 17.08
Sicilia 4.261 762.770 9.16 9.8 9.46 33.12
Sardegna 1.929 212.445 4.15 2.73 3.43 12.01
TOTALE 46.514 7.785.641 100 100 100 350.00

Sulla base di tale ripartizione indicativa e a partire dalle priorità indicate nelle segnalazioni pervenute prevalentemente dai gruppi regionali di coordinamento previsti dalla citata intesa, integrate, ove necessario, dalle comunicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche di questo Ministero e dai medesimi enti locali proprietari si sono, quindi, individuati 1552 interventi contenuti nel «programma straordinario stralcio

di interventi urgenti sul patrimonio scolastico finalizzato alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi, anche non strutturali, degli edifici scolastici».
Il predetto programma in data 29 aprile 2010 è stato esaminato dalla Conferenza unificata che, dopo aver apportato alcune modifiche ed integrazioni, ha reso parere favorevole.
Per effetto di tali modifiche ed integrazioni si è pervenuti alla definitiva stesura che prevede l'utilizzo di 358,422 milioni di euro destinandoli alla realizzazione di 1706 interventi.
Il prospetto che segue sintetizza la distribuzione sul territorio degli interventi individuati.

Ripartizione regionale delle risorse contenuta nel piano

RIEPILOGO
Regione n. interventi programma
Abruzzo 65 9.115.000
Basilicata 27 5.920.000
Calabria 28 12.774.000
Campania 101 38.878.000
Emilia Romagna 125 20.954.000
Friuli Venezia Giulia 5 6.218.000
Lazio 154 35.495.000
Liguria 43 7.714.000
Lombardia 152 49.890.000
Marche 42 10.510.000
Molise 15 2.007.000
P.A. di Bolzano
P.A. di Trento
Piemonte 83 28.950.000
Puglia 181 25.089.000
Sardegna 99 13.052.000
Sicilia 296 36.310.000
Toscana 64 20.133.000
Umbria 37 6.998.000
Valle d'Aosta 3 875.000
Veneto 186 27.540.000
TOTALE 1.706 358.422.000

Nel corso della riunione del 13 maggio 2010 il Cipe ha approvato il programma per l'importo complessivo di 358.422.000 euro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 25 marzo è stato reso esecutivo lo sfratto dell'Istituto Centrale del Restauro dalla sua sede di sempre, la

romana chiesa di San Francesco di Paola e l'adiacente Palazzo Borgia, di cui l'ordine dei Frati Minimi è proprietario. Nel 1623 mori a Roma il cappuccino calabrese don Giovanni Pezzullo da Regina, che da un'umile nascita si era fatto ricco di mezzi grazie a eredità legate ai suoi meriti, e li legò a sua volta ai Frati Minimi con l'impegno di costruire la chiesa di San Francesco di Paola e il convento accanto a San Pietro in Vincoli, e di destinarli a collegio di giovani calabresi a Roma per gli studi ecclesiastici. Le clausole ebbero molte deroghe, come succede: niente controlli annuali dei libri mastri da parte dei notai, niente dote alle Convertite;
dopo l'intermezzo fra il 1866 e il Concordato, gli edifici tornarono ai frati minimi e nel 1937 furono presi in affitto dal comune di Roma, che nel 1939 li subaffittò all'appena fondato istituto del restauro, affidato a Cesare Brandi e da lui diretto per oltre vent'anni. L'istituto diventò presto una gloria dell'Italia agli occhi del mondo, e lo è ancora. Le autorità competenti lo mandano in avanscoperta in luoghi di pace e di guerra, la Cina di Xian o il Museo di Baghdad, per far seguire l'intendenza, i Ministri e gli industriali. Insistendo sullo sfoggio di tecnologia, a scapito del buon occhio e delle mani abili di cui è fatto spesso il restauro, arte del minimo. «Marines della cultura», li definì un direttore ministeriale. Tutto questo, però, non evitò lo sfratto;
lo sfratto è stato intimato nel gennaio del 2008, con il rifiuto di un aumento del canone fino a 250 mila euro all'anno ed ignorando le risorse statali investite nel tempo in lavori di consolidamento e messa a norma, e l'offerta del restauro gratuito della chiesa chiusa da anni. I Frati Minini si sono allora rivolti all'ufficiale giudiziario, che designò la nuova sede dell'istituto in San Michele a Ripa, in cui sono già passati il laboratorio di fisica e alcune attività;
tuttavia, nel frattempo, buona parte del San Michele veniva occupata «in deroga» da altri uffici del Ministero, riducendo drasticamente lo spazio disponibile e separando locali che dovrebbero essere comunicanti, tanto più per un'attività che si fonda sull'interdisciplinarità e l'attitudine a lavorare insieme, storici, archeologi, architetti, scientifici, restauratori, custodi - e docenti e allievi. Non solo: lungi dall'adeguarsi alle esigenze dell'Istituto, gli spazi designati hanno bisogno di lavori preliminari di restauro. Nell'antica sede ci sono Direzione e uffici, chimica e biologia, biblioteca e archivi, e le attrezzature speciali, costosissime e fragili al punto di far dubitare del trasporto. E il trasloco comporta anche la rinuncia a insediare nel Palazzo Borgia il Museo del restauro;
l'Istituto centrale del restauro è diventato da poco istituto superiore per la conservazione e il restauro, anche se le scuole sono sospese da 4 anni, con un'annunciata ripresa in autunno: gli ultimi concorsi per i restauratori sono di otto anni fa, quelli per i funzionari sono bloccati, con un'età media sui 60 anni, la trasmissione di sapere che è la forza dell'Istituto è vicina a spezzarsi. L'attuale direttore, Giuseppe Basile, afferma con amarezza: «Fra poco vedremo soltanto macerie. L'Istituto viene usato per gli annunci a effetto, come il restauro della Grande Muraglia cinese» -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di conferire una sede adeguata all'istituto centrale del restauro.
(4-06889)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si osserva che la questione dello sfratto dell'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro è stata definitivamente risolta.
È stato, infatti, sottoscritto un accordo tra l'amministrazione e tutte le organizzazioni sindacali interessate con il quale è previsto che l'Istituto ritorni nei locali originariamente ad esso destinati, ossia presso il complesso del San Michele, con accesso da piazza di Porta Portese.
Pertanto viene riproposto l'assetto che era stato previsto fin dai tempi del progetto

Fio 1986, che corrisponde alle indicazioni di tutti i Direttori dell'allora Icr.
L'insufficienza degli spazi della sede storica di San Francesco di Paola, aveva portato, fin dagli anni sessanta, l'allora direttore Pasquale Rotondi a sollecitare l'individuazione di una diversa sede per l'Istituto individuando, con l'acquisto dell'
ex ospizio apostolico del San Michele del luglio del 1969, una soddisfacente ipotesi di sistemazione.
Lo spostamento dei laboratori di restauro dell'istituto nel complesso del San Michele all'inizio degli anni ottanta era stato accolto dal direttore Giovanni Urbani con viva soddisfazione e con l'auspicio di una sollecita ricomposizione delle attività dell'Istituto all'interno di questa nuova sede.
Difficoltà insorte negli anni successivi avevano impedito il riaccorpamento delle due sedi dell'Istituto che si realizzerà ora con la nuova sistemazione.
Pur nella difficoltà di adeguamento di tipologie di manufatto dalle caratteristiche diverse, la nuova configurazione consentirà una distribuzione ottimale allo svolgimento di quella trasversalità delle funzioni che da sempre ha costituito la peculiarità delle attività dell'Iscr.
Si verrà così a rafforzare l'interdisciplinarità che ha sempre contraddistinto, fin dalla sua fondazione, l'organico dell'Istituto.
Storici, architetti, archeologi, esperti, restauratori, docenti, allievi torneranno a ritrovarsi all'interno di spazi comuni che andranno a costituire, come recentemente affermato dal direttore dell'Iscr arch. Gisella Capponi, una «cittadella del restauro» ampia e articolata intorno a spazi aperti che potranno anche essere utilmente strutturati per accogliere alcune operazioni di restauro.
Con la prevista concessione dell'
ex carcere maschile sarà realizzabile la fruizione di uno spazio espositivo permanente per le attività di restauro e di promozione dell'Istituto.
La soluzione della sede ha consentito all'istituto di poter programmare la ripresa della scuola di alta formazione che potrà rilasciare un titolo equiparato ad una laurea specialistica. Il 27 maggio si è tenuta la prima prova per selezionare i numerosi candidati che hanno fatto domanda di iscrizione ai nuovi corsi che saranno avviati nel mese di ottobre.
Il trasferimento dell'istituto è ormai imminente: sono infatti già iniziate le operazioni di trasferimento della sede della direzione regionale del Lazio che il ministero ha deciso di spostare proprio per consentire una più organica dislocazione dell'Iscr.
Sin dai primi incontri avuti con le organizzazioni sindacali, l'allora segretario generale dottor Giuseppe Proietti, assicurava l'assegnazione dei fondi necessari al completamento degli interventi necessari a rendere perfettamente agibili per l'Iscr tutti gli ambienti assegnati. Tale impegno è stato ribadito tempestivamente dal nuovo segretario generale architetto Roberto Cecchi pochi giorni dopo la sua nomina.
Infine, si precisa che non sarà necessario rinunciare al museo del restauro e si sottolinea che tale ipotesi non è mai stata avanzata.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

LO MONTE, BELCASTRO, COMMERCIO, IANNACCONE, LATTERI, LOMBARDO, MILO e SARDELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
dopo lunga attesa e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2009, del decreto n. 53 del 2009, si è conclusa la fase transitoria prevista dall'articolo 182, comma 1-bis del «Codice dei Beni culturali e del Paesaggio» in tema di acquisizione della qualifica di restauratore dei beni culturali nonché della qualifica di collaboratore dei beni culturali;
il suddetto provvedimento detta una nuova disciplina individuando i requisiti di ammissione e le modalità per lo svolgimento della prova di idoneità finalizzata all'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore, in applicazione del regime

transitorio di cui all'articolo 182, comma 1-bis del Codice dei beni culturali;
in virtù delle norme contenute nel decreto ministeriale n. 53 del 2009, la qualifica di restauratore spetta a coloro che hanno conseguito un diploma presso una scuola di restauro riconosciuta e accreditata e svolto attività di restauro per almeno due anni, numero di anni che cresce fino a diventare otto qualora non si sia in possesso del titolo di studio;
il nuovo regime normativo consente finalmente di individuare con certezza i soggetti che ad oggi devono ritenersi in possesso della qualifica professionale di restauratore di beni culturali oppure della qualifica di collaboratore, attestazioni che consentiranno di eseguire interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici, per i quali l'articolo 29, comma 6 del «Codice dei beni culturali ed ambientali», prevede una riserva professionale in favore di tali figure;
in attesa della pubblicazione del bando per l'esame di idoneità sono state predisposte dal Ministero per i beni e le attività culturali, con la circolare n. 35 del 12 agosto 2009, le «Linee guida applicative», che riordinano la materia e regolano il conseguimento della qualifica professionale di restauratore di beni culturali previste dalla disciplina transitoria dell'articolo 182 sia in base al comma 1 dello stesso che prevede la ipotesi in cui il possesso dei requisiti individuati dalla norma determina direttamente il conseguimento (cosiddetto riconoscimento diretto, ope legis) della qualifica di restauratore, sia in base al comma 1-bis (che prevede l'ipotesi in cui il possesso di altri requisiti consente di partecipare ad una prova di idoneità al cui superamento è legata l'attribuzione della predetta qualifica) e l'ipotesi, infine, in cui il possesso dei requisiti individuati dalla norma determina il conseguimento della qualifica di collaboratore restauratore (comma 1-quinquies);
pur prendendo atto della tanto auspicata conclusione di un percorso che si attendeva da anni, e pur riconoscendo al legislatore lo sforzo di aver fatto chiarezza su alcuni profili di competenza e sui percorsi formativi e di aver voluto sanare una situazione pregressa caratterizzata ormai da tempo da ambiguità e confusione, gli interroganti non possono non rilevare alcune riserve in merito ad alcuni aspetti della nuova normativa e la cui attuazione, sempre a parere degli interroganti, escluderà dal mercato a vario titolo migliaia di operatori qualificati, aggravando una situazione occupazionale peraltro già molto critica;
il primo rilievo che sollevano gli interrogati è che il testo del decreto n. 53 del 2009, presenta un'interpretazione molto restrittiva dell'articolo 182 del citato decreto legislativo n. 63 del 2008 (Codice dei Beni culturali e del Paesaggio), ed in particolare riguardo alla certificazione che i candidati dovranno addurre per potersi iscrivere alla prova di idoneità, iscrizione che è stata vincolata alla presentazione di requisiti sostanzialmente impossibili da recuperare per i lavoratori, con il risultato che decine di migliaia di essi verranno escluse dalla possibilità di accedere alla prova finalizzata all'acquisizione in via definitiva del titolo di restauratore pur avendo, di fatto, svolto questo ruolo fino ad oggi, con gravissime ripercussioni per il loro futuro lavorativo;
numerosi di questi lavoratori infatti si sono formati, lavorando per anni, direttamente nei cantieri in condizioni di precarietà, e malgrado vantassero una grande specializzazione e numerosi anni di studio alle spalle, hanno goduto di meno tutele e spesso di minor salario rispetto agli altri lavoratori dell'edilizia;
molte delle difficoltà di reperimento delle certificazioni atte a comprovare l'esperienza lavorativa hanno come matrice l'assenza di un contratto nazionale dei restauratori che definisca con esattezza le figure professionali operanti nel settore. Attualmente, infatti, ci si riferisce al contratto dell'edilizia che non individua figure professionali corrispondenti alle categorie

del restauro (ad esempio la figura del «capo cantiere») con la conseguente difficoltà, per quei dipendenti che dirigono i lavori, di figurare nelle certificazioni di buon esito dei lavori. Più precisamente è, soltanto con il C.C.N.L. per i lavoratori dipendenti delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali del settore delle costruzioni, siglato il 15 giugno 2000, che all'articolo 78 (Classificazione dei lavoratori) viene riconosciuta ed inquadrata per la prima volta al 3° livello, la figura del restauratore;
dopo il 2001, anno del varo del primo decreto riformatore, nel nostro Paese si è continuata a fare formazione in modo confuso e disordinato, creando tra i giovani aspettative per poi ritrovarsi con titoli di studio non riconosciuti. Gli operatori già attivi a quella data, invece, hanno di fatto continuato, indipendentemente dal titolo, ad essere utilizzati dalle imprese per svolgere attività di restauro a tutti gli effetti, spesso vedendosi affidata ufficiosamente la gestione dei cantieri, favorendo così la proliferazione di sfruttamento e precarietà;
esistono, inoltre, molti imprenditori del settore, che, pur avendo frequentato scuole di restauro regionali, ma accreditati dalle regioni stesse solo in un secondo momento, corrono il rischio di dover comprovare otto anni di lavoro continuativo e certificato con la Soprintendenza precedenti al 2001, data del varo del primo decreto ministeriale in materia;
le stesse Soprintendenze non dispongono di un modello di certificazione unificato e molto spesso tardano a rilasciare la certificazione ben oltre i 30 giorni previsti dalla normativa;
numerose sono inoltre quelle imprese che pur avendo eseguito lavori di restauro negli anni '80 e negli anni '90, quando le certificazioni non erano necessarie, se ne trovano oggi sprovviste, ed appare difficile che, in vista della prova di idoneità, a distanza di così tanto tempo, le possano ottenere;
nel frastagliato mondo del restauro vi è poi la condizione di coloro che passando, in modo alternato, da dipendenti a parasubordinati e poi a partite iva individuali, alla fine non si ritrovano alcun riconoscimento formale dell'opera eseguita;
un ulteriore impedimento alla partecipazione alla prova di idoneità è rappresentato dal requisito che il certificato dovrà attestare non più solamente la responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, ma anche «la responsabilità diretta del candidato nella scelta delle metodologie, dei tempi e dell'esecuzione dell'intervento di restauro sul bene, con un ruolo almeno pari a quello di direttore di cantiere»;
lo stesso decreto n. 53 del 2009 fissa in 60 giorni dalla pubblicazione dei decreti attuativi, la data di avvio delle prove di esame. Gli stessi, inoltre, si svolgeranno una tantum, senza possibilità di appello, stabilendo così in via definitiva le sorti professionali ed il futuro lavorativo di migliaia di persone;
dare solo 60 giorni di tempo agli interessati per ricostruire e presentare tutta la documentazione attestante numerosi anni di lavoro, con tutte le suddette difficoltà nel reperirla, appare però lesivo dei diritti più elementari di questi lavoratori e impedisce di fatto alla maggioranza di essi di accedere ad un futuro lavorativo. Sarebbe pertanto necessario prorogare ulteriormente la data di espletamento delle prove di esame -:
se non ritenga, alla luce di quanto premesso, di dover rivedere i criteri di selezione per l'accesso alla prova d'idoneità, ed il sistema di valutazione della documentazione dei titoli e la cui validità è indispensabile per operare nel settore, anche prevedendo la possibilità di ricorrere ad una commissione esaminatrice che operi con neutralità e valuti le capacità professionali di ogni singolo aspirante, venendo così incontro alle esigenze di una categoria che si sente penalizzata dalle recenti disposizioni governative;

se non ritenga che sia necessario predisporre un modello di certificazione unificato da far compilare alle Soprintendenze ed alle imprese private;
se non ritenga opportuno considerare nel sistema di valutazione anche gli studenti che si formano con corsi di restauro appropriati nelle scuole d'arte;
se non reputi necessario disporre una proroga della data di espletamento delle prove di esame.
(4-04262)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Questo dicastero ha attuato o favorito interventi normativi e interpretativi che hanno tenuto conto delle richieste provenienti dalle associazioni di categoria coerenti con l'impianto della disciplina introdotta dal codice.
Ciò premesso, occorre anzitutto evidenziare che le esperienze lavorative maturate nel settore del restauro di beni culturali vengono riconosciute dall'articolo 182 del codice, con riferimento a determinati limiti temporali, nonché a determinati presupposti di responsabilità ed autonomia professionale.
In particolare, la previsione testuale dell'articolo 182, comma 1-
ter, richiede l'esistenza di una specifica documentazione in ordine all'attività svolta da ciascun operatore. Poiché una simile documentazione può risultare di difficile reperimento per coloro che non siano titolari, bensì dipendenti o collaboratori delle imprese appaltatrici, il ministero, nell'ambito della selezione pubblica in corso volta al conseguimento delle qualifiche, ha apprestato un sistema di valutazione incentrato sulla dichiarazione e dimostrazione della posizione lavorativa nei confronti dell'impresa appaltatrice, da parte degli interessati, e sulla successiva attestazione di quanto dichiarato, ad opera delle soprintendenze preposte alla tutela del bene oggetto dell'attività di restauro.
In pratica, in mancanza di elementi contrastanti e di conflitti tra diversi richiedenti, alla dimostrazione della posizione lavorativa seguirà l'attestazione dell'attività di restauro dichiarata.
Per la qualifica di collaboratore restauratore, la dimostrazione può consistere anche in un'autocertificazione o in una dichiarazione del datore di lavoro.
A tal proposito si rappresenta che si tratta di una forte apertura interpretativa rispetto al tenore testuale della normativa. Consentire di più, avrebbe significato dare rilevanza al lavoro nero o alle mansioni di fatto, ipotesi evidentemente impraticabile per elementari esigenze di certezza e salvaguardia della qualità degli interventi, oppure basarsi, anche per la qualifica di restauratore, sulle autocertificazioni, ciò che la legge espressamente esclude.
Non si sarebbe trattato di una semplificazione, ma di un vero e proprio abbandono di ogni possibilità di controllo sulla effettiva capacità ed esperienza degli operatori, anche in via presuntiva o indiretta, che avrebbe comportato evidenti pericoli per la tutela del patrimonio culturale.
Anche secondo l'impostazione indicata, la dimostrazione dell'attività svolta resta comunque un adempimento complesso.
Per questo motivo. il termine di presentazione delle domande è stato prorogato al 30 aprile 2010, sono stati fornite analitiche linee guida applicative, sono stati diramati chiarimenti attraverso il sito istituzionale e sono stati attivati presso le direzioni regionali centri di assistenza.
Si comunica inoltre che, da ultimo, con il decreto-legge cosiddetto proroga termini, per venire incontro alle esigenze dei più giovani - le cui aspettative erano state alimentate dalla ritardata attuazione dell'articolo 182 - alcune date ultime di riferimento per lo svolgimento dell'attività di restauro sono state spostate al luglio 2009 (entrata in vigore della nuova disciplina della formazione dei restauratori, dettata dal decreto ministeriale n. 87 del 2009). Tanto, per quanto concerne l'accesso alla prova di idoneità utile al conseguimento della qualifica di restauratore, ed il conseguimento in via diretta della qualifica di collaboratore restauratore.
Si ritiene, pertanto, che il ministero abbia cercato di venire incontro alle esigenze

degli operatori, ed in particolare delle imprese artigiane, nei modi che la prioritaria necessità di assicurare la qualità degli interventi di restauro consentiva. Del resto, secondo le previsioni di questo ministero, la stragrande maggioranza degli interessati dovrebbe vedersi riconosciuta una delle qualifiche previste, e continuare quindi ad operare nel settore.
Resta comunque inteso che, nel rispetto dei suddetti punti fermi, il ministero per i beni e le attività culturali è disponibile ad attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria degli artigiani al fine di individuare criteri applicativi delle disposizioni oggi vigenti e modalità operative che garantiscano un corretto svolgimento delle attività di attestazione da parte delle soprintendenze, nonché delle attività di valutazione delle posizioni dei singoli, compresa la prova di idoneità, nel prosieguo della procedura di selezione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

GIULIO MARINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Società italiana degli autori e degli editori (SIAE) è un ente di diritto pubblico «a base associativa» preposto istituzionalmente per i propri iscritti alla tutela del diritto d'autore, di cui provvede alla riscossione per l'attività svolta nei luoghi di spettacolo mediante prelievo di una quota percentuale dagli incassi delle sale;
al predetto prelievo sono soggetti non solo contratti di sponsorizzazione, ma sempre più spesso anche i contributi che gli enti locali erogano per il sostegno delle attività di spettacolo;
l'azione di riscossione è effettuata mediante propri agenti mandatari sul territorio secondo direttive fissate dalla competente Direzione generale che pur lasciano spazi di interpretazione difforme sul territorio nazionale;
l'ambito del prelievo appare sempre più esteso anche in conseguenza della rivoluzione che interessa la comunicazione dei contenuti, con implicazioni sia sul diritto all'accesso alla cultura che di protezione della creazione;
in un recentissimo caso, nella città di Viterbo, si è registrata l'applicazione del diritto d'autore per una serata di spettacolo di beneficenza i cui proventi nella quasi totalità sono affluiti nelle casse della SIAE anziché essere destinati agli scopi solidali prefissati;
ad avviso dell'interrogante, la legittima tutela del diritto d'autore deve essere contemperata con le difficoltà economiche delle attività di spettacolo, che pur svolgono un'importante funzione sociale e culturale per la collettività, riconosciuta e sostenuta finanziariamente dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali;
all'interrogante non appare legittima la richiesta dei diritti d'autore in ordine ad attività di spettacolo finanziate con risorse pubbliche che costituiscono il presupposto imprescindibile per la realizzazione dei progetti artistici, considerato che prelevare e ridurre le risorse a monte equivale a ridimensionare i livelli produttivi, di fatto contraddicendo la stessa finalità istituzionale di tutela degli interessi degli iscritti -:
se esistano disposizioni o interpretazioni restrittive che determinano una applicazione pedissequa della disciplina in materia di diritto d'autore e legittimano comportamenti, ad avviso dell'interrogante, vessatori e talvolta incomprensibili;
come si intenda operare affinché possano essere risolte le criticità di cui in premessa.
(4-06111)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Ai fini di una risposta esaustiva occorre preliminarmente osservare che il diritto d'autore è un diritto soggettivo che trova la sua disciplina oltre che nella legge speciale 22 aprile 1941 n. 633, anche nel Libro V

del codice civile (del lavoro) e tale sistemazione all'interno del codice è sintomatica del fatto che la riscossione del diritto d'autore costituisce la remunerazione che spetta all'autore dell'opera dell'ingegno da parte di soggetti terzi che la vogliano utilizzare.
Dall'analisi della normativa sopracitata emerge che il legislatore abbia voluto riservare dei diritti all'autore dell'opera quando questa venga utilizzata da terzi sia per fini economici che gratuiti.
Ciò spiega il motivo per cui viene riscosso il diritto d'autore per la rappresentazione ed esecuzione dell'opera effettuata gratuitamente o per fini altruistici/solidaristici.
In relazione agli elementi che compongono la base di commisurazione del diritto d'autore, è principio generale che l'autore debba essere sempre chiamato a conseguire un corrispettivo in caso di utilizzazione dell'opera, e che tale corrispettivo è quantificato in base al valore economico dello spettacolo.
Tale valore economico è espresso dal complesso delle somme percepite a qualsiasi titolo (per finalità di lucro o meno) dall'utilizzatore in connessione con la manifestazione.
Tale criterio, nel rispetto dell'obbligo da parte della Società italiana degli autori ed editori di assicurare agli organizzatori pari trattamento, è valido per ogni genere di spettacolo e per tutte le categorie di utilizzatori.
Se gli introiti dell'evento, pertanto, derivano anche da contributi pubblici o privati, trattandosi di entrate collegate alla manifestazione e quindi all'utilizzazione delle opere dell'ingegno, non vi è ragione per cui le stesse debbano o possano essere sottratte al diritto d'autore.
Si evidenzia, al riguardo, che esiste una consolidata giurisprudenza confermativa della fondatezza dell'inclusione nella base di calcolo del diritto d'autore anche dei contributi erogati da soggetti partecipanti/spettatori o meno agli eventi di spettacolo o di intrattenimento.
Al riguardo si richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 267 del 2004 secondo la quale «l'esistenza di un collegamento diretto tra l'erogazione del contributo e l'esecuzione dell'opera giustifica l'inclusione dei finanziamenti pubblici per le manifestazioni artistiche nella base imponibile per il calcolo dei compensi dovuti a Siae per lo sfruttamento economico delle opere dell'ingegno».
Ai sensi dell'articolo 10, comma 2, dello statuto della Siae la misura dei compensi per l'utilizzazione delle opere, salvo quanto previsto dalle norme speciali delle singole sezioni, è stabilita dal Consiglio di amministrazione dell'ente, su parere delle competenti Commissioni di Sezione.
In base alle direttive del Consiglio di amministrazione della Siae, vengono stipulati accordi con le associazioni di categoria degli organizzatori di spettacoli/utilizzatori ed in tutti è prevista la corresponsione dei diritti d'autore, oltre che sull'ammontare dei corrispettivi derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso, anche sui proventi che afferiscono all'allestimento dello spettacolo, cioè anche ai contributi a diverso titolo erogati.
Per il computo di sponsorizzazioni e contributi nella base di calcolo sono comunque previsti abbattimenti in ragione di spese di acquisizione o di carattere generale.
Inoltre è importante sottolineare come la Siae abbia sempre dimostrato disponibilità ed apertura verso istanze manifestate da associazioni od operatori che perseguono finalità non lucrative di utilità sociale.
Con le associazioni del settore, in particolare, sono state concordate e sottoscritte numerosissime convenzioni, con la previsione di trattamenti tariffari di particolare favore, adempimenti e procedure semplificate, forme di abbonamento per determinati generi di manifestazione.
In merito all'esistenza di «spazi di interpretazione difforme sul territorio nazionale» la Siae ha fatto presente che la normativa è valida su tutto il territorio nazionale ed i compensi per le varie forme di utilizzazione sono determinati in base a parametri prefissati, che derivano da accordi sottoscritti dalle parti interessate e che abitualmente viene fatto ricorso alla procedura di concordare i trattamenti delle diverse fattispecie di utilizzazioni del repertorio

con le rappresentanze nazionali di categoria degli utilizzatori.
La corretta applicazione da parte dei citati uffici territoriali periferici delle istruzioni diramate dalla direzione generale viene costantemente monitorata dalle 13 sedi regionali e dai sovraordinati Uffici della stessa direzione generale dell'ente, anche mediante un' intensa attività ispettiva e di controllo
in loco.
A seguito dell'interrogazione parlamentare in questione inoltre è stata svolta un'attività ispettiva, dalla quale è emerso che nella circoscrizione di Viterbo non risultano siano state istruite pratiche per manifestazioni di beneficienza con contributi pubblici negli ultimi tre mesi antecedenti la data dell'interrogazione.
Pertanto non è stato possibile individuare il recentissimo caso indicato nell'interrogazione in occasione del quale è stato rappresentato che i proventi derivati dall'applicazione del diritto d'autore per una serata di beneficenza a Viterbo «sono affluiti nelle casse della Siae anziché essere destinati agli scopi solidali prefissati».

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MAZZARELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 30 ottobre 2009 si è riunito il tavolo tecnico per l'aggiornamento della seduta del 29 ottobre 2009 relativa al Progetto BROS (Budget per il reinserimento occupazionale e sociale), presenti la dottoressa Matilde Mancini per il Ministero del lavoro, il dottor Francesco Girardi per la regione Campania, il dottor Massimo Ragosta per la provincia di Napoli, il dottor Gennaro Mola per il comune di Napoli;
il tavolo, ai sensi della convenzione stipulata, ha tra l'altro previsto il trasferimento delle risorse finalizzate al progetto BROS alla regione Campania, prevedendone l'erogazione della somma prevista in 4 tranche, di cui la prima a titolo di anticipazione e le successive sulla base dell'attivazione delle opportunità di lavoro, come da verbale del tavolo prot. int. 2446 del 30 ottobre 2009;
è urgente dare attuazione agli impegni concordati tra gli aderenti al tavolo tecnico del Progetto BROS perché si possa rispettare il cronoprogramma degli interventi previsti nella convenzione -:
a che punto sia il previsto trasferimento delle risorse alla regione Campania, considerato che tali risorse sono condizioni irrinunciabili per il buon esito della Convenzione.
(4-05736)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il progetto denominato Bros (Budget per il reinserimento occupazionale e sociale) sulla base delle informazioni acquisite dai competenti uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
Il citato progetto, rivolto ai disoccupati, inoccupati ed in generale ai soggetti in condizione di svantaggio occupazionale della regione Campania, è il risultato di una convenzione sottoscritta il 15 luglio 2009 tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione Campania.
Con successiva convenzione del 2 novembre 2009 (attuativa della precedente) è stato previsto che il finanziamento del progetto in argomento, pari a 10 milioni di euro a carico del fondo sociale per l'occupazione e la formazione, venga erogato alla regione Campania in quattro
tranches.
In proposito si fa presente che la prima
tranche pari a 2,5 milioni di euro, è stata già erogata a titolo di anticipo lo scorso 15 marzo; per quanto concerne, invece, le ulteriori tranches, il ministero del lavoro in occasione del tavolo tecnico, svoltosi presso la prefettura di Napoli il 29 aprile scorso, ha confermato la sussistenza della somma

prevista in convenzione precisando che potrà provvedere all'erogazione quando la Regione avrà fornito, conformemente alle disposizioni della citata convenzione, la documentazione necessaria delle «opportunità di lavoro» offerte.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

MELIS. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 l'INPS (Istituto nazionale per la previdenza sociale) ha bandito un concorso pubblico per esami a 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1 (bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami, del 26 giugno 2007), concorso, le cui prove si sono concluse nel 2009, basato sulla conoscenza approfondita di 10 materie, complesse e molto differenti l'una dall'altra;
il decreto-legge n. 78 del 2009 (cosiddetto «decreto anti crisi»), all'articolo 17, comma 7, ha tuttavia sancito il divieto di procedere a nuove assunzioni di personale;
consta all'interrogante che l'INPS lamenta una forte carenza di organico, in particolare per il ruolo di ispettore di vigilanza (ove sarebbero necessarie circa 1.000 unità);
i circa 800 candidati, avendo profuso nella preparazione del concorso un impegno totalizzante, ed avendo superato tutte le prove previste, si sono riuniti in un comitato, il CO.F.I.V.E. (Comitato futuri ispettori di vigilanza esterni), e chiedono con forza la possibilità di una deroga, in loro favore, all'attuale blocco delle assunzioni;
gli ispettori di vigilanza costituiscono in ogni caso una risorsa per le casse erariali, non un costo. L'attività ispettiva, infatti, garantisce allo Stato entrate per miliardi di euro, derivanti dal recupero dei contributi omessi: l'aumento del gettito contributivo, come si può osservare esaminando i bilanci preventivi dell'INPS per il 2009, è dovuto, tra l'altro, agli effetti della lotta all'evasione e al contrasto all'elusione contributiva, grazie specialmente l'attività di vigilanza degli ispettori;
gli ispettori sono altresì importantissimi sia nella lotta al fenomeno del lavoro nero che per il rispetto rigoroso delle garanzie riguardanti la sicurezza sul lavoro -:
se il Ministro interrogato non ritenga, alla luce delle pregresse considerazioni, di assumere iniziative volte a modificare la normativa vigente onde consentire - in presenza di esigenze tanto cogenti - una maggiore flessibilità dell'amministrazione e specificamente l'assunzione dei legittimi vincitori di un concorso regolarmente espletato.
(4-04492)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il concorso pubblico per esami per 293 ispettori di vigilanza bandito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale nel 2007, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino sono state autorizzate ad assumere un dato numero di unità di personale a tempo indeterminato (come indicato nella tabella allegata a tale decreto).
Per quanto concerne, in particolare, l'Inps, si informa che l'istituto sta già provvedendo alla assunzione di 310 unità di personale, in qualità di Ispettore di vigilanza - posizione C1 - vincitori del citato, da distribuire su tutto il territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

MINARDO e GAROFALO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero per i beni e le attività culturali ha emanato il decreto ministeriale 30 marzo 2009, n. 53, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2009 - serie generale n. 121, recante il regolamento che disciplina le modalità di svolgimento della prova di idoneità utile all'acquisizione delle qualifiche di Restauratore dei beni culturali e di Collaboratore dei Beni Culturali in attuazione dell'articolo 182, comma 1-quinquies, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - «Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio» - come modificato ed integrato dai decreti legislativi 24 marzo 2006, numeri 156 e 157 e dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63;
con tale provvedimento il legislatore completa il percorso di attuazione di quanto previsto dall'articolo 29, commi 7-11, del suddetto codice;
in particolare, si tratta della disciplina che gestisce la fase transitoria che funge da spartiacque tra una vecchia ed una nuova qualificazione della figura del restauratore attraverso l'istituzione di una prova di idoneità per l'acquisizione del titolo di Restauratore e di collaboratore Restauratore;
tuttavia il decreto n. 53 del 2009 introduce alcuni requisiti d'accesso alla suddetta prova di idoneità esigibili solo da pochi lavoratori tra i tanti che invece hanno costituito e che tuttora costituiscono la colonna portante negli interventi di restauro, avendo acquisito la propria professionalità direttamente in cantiere, in bottega addirittura, come in molti casi si è verificato nella regione Sicilia, senza il riconoscimento di qualifiche contrattuali utili al conseguimento della qualifica di restauratore come previsto dal regolamento;
tra i suddetti requisiti rispetto ai quali si pone la necessità di rivisitazione, ad esempio, la presentazione del certificato di regolare esecuzione dell'intervento di restauro, a dimostrazione della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, individuato come criterio di selezione per la figura del restauratore di beni culturali, che tuttavia è stato introdotto solo nel 2000 (allegato D, del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 «Regolamento per l'istituzione di un sistema di qualificazione unico dei soggetti esecutori di lavori pubblici) quando invece ai candidati alla prova di idoneità è richiesto di avere svolto attività di restauro per almeno quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 420 del 2001;
ed ancora il riferimento alle ore di formazione per i titoli di studio professionali conseguiti presso corsi regionali o scuole private con riconoscimento regionale che determinerebbe l'esclusione di moltissimi candidati e una sostanziale disparità di trattamento derivante dalla partecipazione dei potenziali candidati a corsi formativi diversi tra loro per contenuti e durata, considerato che prima del 2000 ed ancora oggi non sono riscontrabili standard orari minimi di riferimento concordati tra regioni e Ministero per i beni e le attività culturali;
se non ritenga necessario rivedere taluni criteri di certificazione richiesti per l'accesso alla prova di idoneità prevista per l'acquisizione delle qualifiche di restauratore dei beni culturali e di collaboratore dei beni culturali, come il riferimento alle ore di formazione per i titoli di studio professionali conseguiti presso corsi Regionali o scuole private con riconoscimento regionale attestata la mancanza di standard orari minimi di riferimento concordati tra regioni e Ministero per i beni e le attività culturali, al fine di armonizzare le situazioni eterogenee che hanno caratterizzato finora l'accesso alle attività di restauro nel nostro Paese.
(4-05514)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Questo dicastero ha attuato o favorito interventi normativi e interpretativi che

hanno tenuto conto delle richieste provenienti dalle associazioni di categoria coerenti con l'impianto della disciplina introdotta dal codice.
Ciò premesso, occorre anzitutto evidenziare che le esperienze lavorative maturate nel settore del restauro di beni culturali vengono riconosciute dall'articolo 182 del codice, con riferimento a determinati limiti temporali, nonché a determinati presupposti di responsabilità ed autonomia professionale.
In particolare, la previsione testuale dell'articolo 182, comma 1-
ter, richiede l'esistenza di una specifica documentazione in ordine all'attività svolta da ciascun operatore. Poiché una simile documentazione può risultare di difficile reperimento per coloro che non siano titolari, bensì dipendenti o collaboratori delle imprese appaltatrici, il Ministero, nell'ambito della selezione pubblica in corso volta al conseguimento delle qualifiche, ha apprestato un sistema di valutazione incentrato sulla dichiarazione e dimostrazione della posizione lavorativa nei confronti dell'impresa appaltatrice, da parte degli interessati, e sulla successiva attestazione di quanto dichiarato, ad opera delle soprintendenze preposte alla tutela del bene oggetto dell'attività di restauro.
In pratica, in mancanza di elementi contrastanti e di conflitti tra diversi richiedenti, alla dimostrazione della posizione lavorativa seguirà l'attestazione dell'attività di restauro dichiarata.
Per la qualifica di collaboratore restauratore, la dimostrazione può consistere anche in un'autocertificazione o in una dichiarazione del datore di lavoro.
A tal proposito si rappresenta che si tratta di una forte apertura interpretativa rispetto al tenore testuale della normativa. Consentire di più, avrebbe significato dare rilevanza al lavoro nero o alle mansioni di fatto, ipotesi evidentemente impraticabile per elementari esigenze di certezza e salvaguardia della qualità degli interventi, oppure basarsi, anche per la qualifica di restauratore, sulle autocertificazioni, ciò che la legge espressamente esclude.
Non si sarebbe trattato di una semplificazione, ma di un vero e proprio abbandono di ogni possibilità di controllo sulla effettiva capacità ed esperienza degli operatori, anche in via presuntiva o indiretta, che avrebbe comportato evidenti pericoli per la tutela del patrimonio culturale.
Anche secondo l'impostazione indicata, la dimostrazione dell'attività svolta resta comunque un adempimento complesso.
Per questo motivo, il termine di presentazione delle domande è stato prorogato al 30 aprile 2010, sono stati fornite analitiche linee guida applicative, sono stati diramati chiarimenti attraverso il sito istituzionale e sono stati attivati presso le direzioni regionali centri di assistenza.
Si comunica inoltre che, da ultimo, con il decreto-legge cosiddetto proroga termini, per venire incontro alle esigenze dei più giovani - le cui aspettative erano state alimentate dalla ritardata attuazione dell'articolo 182 - alcune date ultime di riferimento per lo svolgimento dell'attività di restauro sono state spostate al luglio 2009 (entrata in vigore della nuova disciplina della formazione dei restauratori, dettata dal decreto ministeriale n. 87 del 2009). Tanto, per quanto concerne l'accesso alla prova di idoneità utile al conseguimento della qualifica di restauratore, ed il conseguimento in via diretta della qualifica di collaboratore restauratore.
Si ritiene, pertanto, che il ministero abbia cercato di venire incontro alle esigenze degli operatori, ed in particolare delle imprese artigiane, nei modi che la prioritaria necessità di assicurare la qualità degli interventi di restauro consentiva. Del resto, secondo le previsioni di questo ministero, la stragrande maggioranza degli interessati dovrebbe vedersi riconosciuta una delle qualifiche previste, e continuare quindi ad operare nel settore.
Resta comunque inteso che, nel rispetto dei suddetti punti fermi, il ministero per i beni e le attività culturali è disponibile ad attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria degli artigiani al fine di individuare criteri applicativi delle disposizioni oggi vigenti e modalità operative che garantiscano un corretto svolgimento

delle attività di attestazione da parte delle soprintendenze, nonché delle attività di valutazione delle posizioni dei singoli, compresa la prova di idoneità, nel prosieguo della procedura di selezione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MONTAGNOLI e FUGATTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge 1° marzo 2005, n. 32, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in alcune materie, tra cui la liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasporto di merci per conto di terzi e contestuale raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei relativi servizi, da informarsi al principio generale della tutela della sicurezza della circolazione e della sicurezza sociale;
il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, ha attuato la parte della legge delega per la riforma dell'autotrasporto merci, prevedendo in particolare il superamento delle tariffe obbligatorie, la contestuale libera contrattazione dei prezzi, disposizioni incentivanti la forma scritta del contratto di trasporto, nonché la responsabilità condivisa tra tutti i soggetti della filiera (vettore, committente, caricatore e proprietario delle merci) per talune violazioni alle disposizioni sulla circolazione stradale e sulla sicurezza sociale, con norme particolari sulla procedura di accertamento di dette responsabilità, nonché la previsione, in caso di controversie legali relative a contratti non in forma scritta, dell'applicazione degli usi e delle consuetudini elaborati dall'osservatorio sulle attività di autotrasporto e raccolti nei bollettini predisposti dalle camere di commercio, proprio per garantire l'osservanza di alcuni parametri minimi ed insopprimibili di sicurezza;
il predetto osservatorio non è stato sinora istituito nell'ambito della consulta generale per la logistica e l'autotrasporto, poiché quest'ultima, a quasi quattro anni dalla sua previsione con il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284, non è ancora operativa;
in assenza dei menzionati usi e consuetudini, il decreto-legge n. 112 del 2008, ha previsto, nel suo articolo 83-bis e dopo oltre due anni e mezzo, l'introduzione di una specifica clausola di adeguamento del costo del gasolio sopportato dalle imprese di autotrasporto, con la determinazione di specifici parametri minimi di sicurezza sui costi di esercizio delle stesse imprese, con riferimento alle diverse tipologie di veicoli;
per garantire l'osservanza di questi parametri di sicurezza, il comma 14 del citato articolo 83-bis prevede specifiche sanzioni alla committenza ed ai vettori che non li applicano, che vengono irrogate da autorità competenti da individuare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con quello dell'economia e finanze, quello della giustizia e quello dello sviluppo economico;
detto decreto, emanato il 16 settembre 2009, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 14 dicembre 2009 ed è ormai pienamente operativo;
risulta che una primaria azienda di trasporto della provincia di Bolzano, che opera spesso come committente, col dichiarato intento di rimanere tra i leader nel mondo della logistica, stia chiedendo a tutti i suoi propri sub-vettori, di restituirgli un «contributo di solidarietà» pari al tre per cento del fatturato dei servizi di trasporto effettuati nel 2009, per fronteggiare le difficoltà del momento;
con tale riduzione, imposta unilateralmente, i corrispettivi pagati da detta azienda alle imprese che effettivamente svolgono il trasporto delle merci su strada risultano scendere sotto il livello dei parametri minimi di sicurezza, previsti dalla normativa proprio al fine di tutelare la sicurezza della circolazione strada e la sicurezza sociale -:
cosa intenda fare il Ministro interrogato per assicurare la piena operatività dei

controlli sull'applicazione dei parametri minimi di sicurezza, sui costi di esercizio delle imprese di autotrasporto, e l'irrogazione delle previste sanzioni nei casi accertati di violazione delle disposizioni di cui al predetto articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2000, al fine di garantire che, con l'applicazione dei citati parametri, venga assicurato il rispetto della sicurezza della circolazione stradale e della sicurezza sociale, in particolare per quanto riguarda le disposizioni sul carico massimo dei veicoli adibiti al trasporto delle merci, i tempi massimi di guida e quelli minimi di riposo dei conducenti e la velocità massima consentita.
(4-05574)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base di specifiche segnalazioni pervenute, ha invitato la Fercam Spa con sede a Bolzano a fornire chiarimenti in merito alla richiesta ai piccoli autotrasportatori di un contributo di solidarietà pari al 3 per cento del fatturato dei servizi di trasporto.
La suddetta società ha comunicato che «la misura di solidarietà» è ad adesione volontaria,
una tantum nonché con effetti limitati nel tempo ed è stata richiesta in modo indistinto a tutti i fornitori, ha precisato, inoltre, che in caso d'impossibilità nessun contributo sarà applicato ed i contratti saranno comunque onorati.
In attuazione dell'attività istruttoria prevista ai sensi dell'articolo 1 del decreto interministeriale 16 novembre 2009, preso atto della risposta fornita dalla Società Fercam ed a seguito delle ulteriori e più specifiche segnalazioni pervenute al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la medesima società è stata invitata a produrre, per i trasporti commissionati senza contratto scritto, copia dei pagamenti delle fatture di trasporto ricevute dai propri vettori, indicando i chilometri dei servizi di trasporto cui si riferiscono, onde verificare se sono stati rispettati i parametri di sicurezza indicati ai commi 6 e 7, dell'articolo 83-
bis, della legge 133 del 2008 e sue successive modificazioni ed integrazioni. Per quanto attiene ai trasporti commissionati attraverso contratti scritti, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 2005 n. 286, è stata invitata a fornire copia degli stessi ai soli fini di verificare l'esatta osservanza dei commi 4 e 5 del già citato articolo 83-bis.
Pertanto, allo stato attuale il ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in attesa di ricevere la suddetta documentazione che una volta verificata, ove necessario, consentirà di attivare la procedura di applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 83-
bis, comma 14, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
contro la crisi economica, il Cipe il 10 marzo 2009, ha sbloccato decine di opere pubbliche, per un investimento di 17 miliardi e 800 milioni di euro;
il Governo, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ed i consensi raccolti, ha «dimenticato» la Sardegna;
tra i 17 miliardi e 800 milioni stanziati dal Cipe, c'è spazio solo per un intervento nell'isola: il sistema urbano e metropolitano di Cagliari;
ovviamente la maggior parte degli investimenti sbloccati, sono destinati al Nord Italia: dalla nuova strada Brescia, Bergamo, Milano alla tangenziale est di Milano per l'accessibilità all'aeroporto di Malpensa;
lo stesso finanziamento per il ponte sullo stretto - circa un miliardo di euro - non lascerà un'impronta indelebile in quanto i soldi stanziati servono solo per la progettazione di massima, dunque, non aprirà alcun cantiere, non partiranno i lavori, non ci saranno operai assunti;

questo «intervento pubblico per l'economia», al quale si è rapidamente convertito il Governo, ha cancellato l'unica opera, almeno in Sardegna, pronta a partire, a dare lavoro e creare sviluppo: la Olbia-Sassari a 4 corsie;
con un atto ufficiale del 29 agosto del 2008, lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si era impegnata firmando un'ordinanza, con cui finanziava tutte le opere per il G8, compresa la Olbia-Sassari;
proprio in relazione a quest'ordinanza che la struttura di missione del G8, ha avviato le gare d'appalto per gli 8 lotti della nuova strada;
le 800 imprese che hanno presentato le offerte, aspettano solo l'esito della gara per partire con i lavori -:
se il Governo intenda dare seguito all'impegno assunto dal Presidente del Consiglio il 29 agosto 2008 e dare al nord della Sardegna un asse viario capace di collegare in sicurezza e velocità i due aeroporti (Olbia e Alghero), i due porti (Olbia e Porto Torres) e i due capoluoghi (Olbia e Sassari);
se il Governo non ritenga necessario attuare un «piano di rinascita» per il nord della Sardegna anche in vista di un evento unico e irripetibile come il G8.
(4-02512)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 16 marzo 2009, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Nell'Atto aggiuntivo all'intesa generale quadro tra Governo e regione Sardegna per l'integrazione del programma delle infrastrutture strategiche, sottoscritto il 2 ottobre 2009, l'opera «completamento, adeguamento tratta SS 597/199 Olbia-Sassari» è stata inserita per un importo complessivo di 632 milioni di euro, dei quali 470 milioni di euro finanziati con le risorse dei fondi Par-Fas 2007/2013.
Successivamente, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, nella seduta del 17 dicembre 2009, ha assegnato all'opera l'importo di 162 milioni di euro, necessario per assicurare la copertura dell'intero intervento.
Nel febbraio 2010 la regione autonoma della Sardegna ha rappresentato che il quadro economico aggiornato dell'opera indica un fabbisogno complessivo pari a 701,7 milioni di euro, chiedendo che il residuo finanziamento necessario venga assicurato con la prossima programmazione finanziaria per le opere di legge obiettivo.
Il ministero delle infrastrutture e trasporti ha avviato l'istruttoria diretta a verificare le motivazioni dell'incremento del costo dell'opera.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

NEGRO, MUNERATO, MONTAGNOLI e BRAGANTINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo di stampa pubblicato il 29 aprile 2010 sul Corriere di Verona riportava la notizia che i lavoratori dipendenti veneti hanno gli stipendi più bassi d'Italia;
secondo uno studio condotto dalla OD&M Consulting per conto della Camera di commercio di Venezia, le buste paga venete (eccezion fatta per Venezia) sono le più basse d'Italia: poco più di 23mila euro all'anno per gli operai e circa 45mila euro annui per gli impiegati; stipendi questi che collocano il Veneto molto al di sotto della media europea;
da sempre la Lega Nord sostiene la necessità di riformare l'attuale sistema di contrattazione in modo che le retribuzioni siano commisurate al costo della vita nelle diverse province, perché è fuor di dubbio che il caro-vita varia da regione a regione e addirittura da provincia a provincia, e lo status dei lavoratori non si misura con la busta paga, bensì con il potere d'acquisto che ciascuno ha concretamente;

si ricorda che nell'ottobre 2008 il Senato ha approvato la mozione n. 1-00026, con la quale si impegnava il Governo «ad attivare le procedure necessarie alla riforma del sistema di contrattazione nazionale del pubblico impiego e ad introdurre strumenti che consentano autonomia ai diversi livelli territoriali di governo nella gestione della contrattazione collettiva»;
si rammenta, altresì, che il 26 novembre 2009 il Governo, durante l'esame in Assemblea al Senato del disegno di legge delega in materia di lavori usuranti (A.S.1167), ha approvato un ordine del giorno a firma dei senatori della Lega Nord con cui si impegna a valutare «l'applicazione di un coefficiente del territorio utile per la rivalutazione delle retribuzioni dei dipendenti pubblici che operano in Province nelle quali il costo medio della vita risulti superiore a quello nazionale» -:
se il Governo non intenda adottare con sollecitudine le iniziative di propria competenza per mantenere gli impegni assunti in sede parlamentare ed adeguare le buste paga dei dipendenti al reale costo della vita del territorio in cui si risiede.
(4-07546)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si chiedono chiarimenti in merito alle iniziative che il Governo intende adottare per corrispondere agli impegni assunti in sede parlamentare, consistenti nell'adeguare i trattamenti economici dei dipendenti pubblici al costo della vita del territorio in cui risiedono.
Gli interroganti, a tal proposito, riferendosi ad uno studio condotto dalla società OD&M Consulting per conto della camera di commercio di Venezia, osservano che le buste paga del Veneto, ad eccezione fatta per Venezia, sono le più basse d'Italia (poco più di 23 mila euro all'anno per gli impiegati dello Stato e circa 45 mila euro annui per gli impiegati), e sottolineano la necessità di riformare l'intero sistema della contrattazione in modo da adeguare le retribuzioni al costo della vita nelle diverse province. Osservano, altresì, che nell'ottobre 2008 il Senato ha approvato la mozione n. 1-00026 con la quale il Governo si è assunto l'impegno di attivare le procedure necessarie a riformare il sistema della contrattazione nazionale del pubblico impiego e ad introdurre strumenti che consentano autonomia ai diversi livelli territoriali di governo nella gestione della contrattazione collettiva ed inoltre che il 26 ottobre 2009 il Governo ha approvato un ordine del giorno nel quale si impegna a valutare l'applicazione di un coefficiente di territorio utile per rivalutare le retribuzioni dei dipendenti pubblici che operano in province dove il costo medio della vita risulti superiore a quello nazionale.
In ordine al meccanismo predisposto per definire le dinamiche salariali dei lavoratori subordinati, occorre considerare che il nuovo «Accordo quadro di riforma degli assetti contrattuali», stipulato il 22 gennaio 2009 tra il Governo, le organizzazioni sindacali e le Associazioni imprenditoriali, prevede che gli incrementi salariali avranno come indicatore di crescita dei prezzi al consumo un nuovo indice previsionale triennale calcolato in base all'Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato su base europea), depurato dall'inflazione data dal prezzo dei beni energetici importati e la cui stima è rimessa ad un soggetto terzo, nella specie l'Istituto di studi e analisi economica.
La verifica degli eventuali scostamenti tra inflazione prevista e realmente realizzata sarà effettuata alla scadenza del triennio contrattuale, previo confronto con le parti sociali, attraverso la comparazione della retribuzione di fatto dell'intero settore con l'inflazione reale. Il recupero dell'eventuale scostamento avverrà nel primo anno del triennio contrattuale successivo.
Al riguardo occorre, tuttavia, considerare che il decreto legge n. 78 del 2010, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», in corso di conversione in legge, sospende per un triennio, a partire dal 2010, l'effettività delle disposizioni contrattuali dinanzi richiamate.


Fermo restando quanto previsto dal citato decreto legge, il predetto accordo e la successiva intesa del 30 aprile 2009 riguardante l'applicazione dell'accordo quadro ai comparti contrattuali del settore pubblico, prevedono che ai ministeri competenti, previa concertazione con le confederazioni sindacali rappresentative del pubblico impiego, spetterà definire le risorse da destinare agli incrementi salariali, tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica e dei limiti della necessaria programmazione prevista nella legge finanziaria.
Allo stato attuale sono imminenti le trattative tra Governo e confederazioni sindacali per la determinazione dell'Ipca per il triennio 2010-2012, mentre sono in corso le trattative presso l'Agenzia per la rappresentazione negoziale delle pubbliche amministrazioni per la ridefinizione dei comparti e le aree di contrattazione, atteso che il nuovo decreto n. 150 del 2009, di riforma del lavoro pubblico, fissa il numero dei comparti e le aree di contrattazione collettiva nazionale nel numero massimo, rispettivamente, di quattro (ciò che impone il riaccorpamento dei comparti esistenti).
Nell'ambito del modello descritto, il Governo assume la decisione sulle quantità finanziarie per i rinnovi contrattuali triennali anche per le regioni, gli enti locali ed il servizio sanitario nazionale, considerato il permanente assetto della finanza pubblica fondato prevalentemente sui trasferimenti dello Stato agli enti locali.
Si è, infatti, in attesa che il Governo attui la delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, nella quale sono indicati una serie di princìpi e criteri direttivi per assicurare autonomia finanziaria a regioni ed enti locali, in modo da sostituire in maniera graduale per tutti i livelli di governo i trasferimenti statali. Tra le previsioni contenute nella legge delega, ai fini che qui interessano, assume particolare rilievo la disposizione dell'articolo 2, comma 2, lettera
ii), che indica tra i princìpi e i criteri direttivi generali: «la tendenziale corrispondenza tra autonomia impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse umane e strumentali da parte del settore pubblico, anche in relazione ai profili contrattuali di rispettiva competenza».
In attesa dei decreti delegati in questione, il Governo determina gli incrementi retributivi da destinare al rinnovo dei contratti collettivi nazionali anche per le amministrazioni regionali, locali, e degli Enti del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto del patto di stabilità, dei vincoli di bilancio, e degli analoghi strumenti di contenimento della spesa pubblica, previa consultazione con le rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie (articolo 48, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001).
Si rammenta, in ogni caso, che la «Riforma Brunetta» del lavoro pubblico, recata dal decreto legislativo n. 150 del 2009, riconosce sul livello decentrato alle regioni ed agli enti locali ampi margini di autonomia finanziaria. Infatti, l'attuale articolo 40, comma 3-
quinquies, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come risultante dalla novella apportata dal decreto legislativo n. 150 del 2009, consente ai suindicati soggetti di destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa per il personale dalle disposizioni vigenti, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio, del patto di stabilità e di analoghi strumenti del contenimento della spesa.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in riferimento al concorso per 293 ispettori di vigilanza C1 dell'INPS in data 17 novembre 2009 è stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che autorizzerebbe 1000 assunzioni di cui 711 progressioni verticali;
tale provvedimento diventa un investimento prezioso capace di generare ingenti entrate finanziarie, ora oggetto di evasione;

alla data odierna non risulterebbe essere stata ancora pubblicata la graduatoria del concorso che evidentemente costituisce l'atto propedeutico alla procedura di assunzione, ancora avvolto da incertezze e rinvii come denunciato dal comitato Co.fi.ve;
risulterebbe opportuno intraprendere ogni più sollecito e concreto provvedimento per l'assunzione, oltre che dei vincitori, altresì di tutti gli idonei alla graduatoria del concorso nonché per la pubblicazione della stessa -:
se sia imminente la pubblicazione della graduatoria del concorso per l'assunzione degli ispettori di vigilanza dell'INPS e quale sia la tempistica per l'effettivo impiego delle risorse.
(4-05786)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare sopra distinta, concernente il concorso pubblico per esami per 293 ispettori di vigilanza bandito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale nel 2007, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino sono state autorizzate ad assumere un dato numero di unità di personale a tempo indeterminato (come indicato nella tabella allegata a tale decreto).
Per quanto concerne, in particolare l'Inps, si informa che l'Istituto sta già provvedendo alla assunzione di 310 unità di personale, in qualità di Ispettore di vigilanza - posizione C1 - vincitori del citato, da distribuire su tutto il territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della riorganizzazione e delle privatizzazioni in atto nell'azienda Trenitalia, nello scorso giugno, è stata soppressa la tratta Zurigo-Lecce troncando, in tal modo, un importante collegamento non solo commerciale e turistico ma anche molto importante per la comunità italiana residente in Svizzera;
il treno diretto Zurigo-Lecce consentiva, infatti, a molti italiani di tornare a casa anche per periodi brevi di poter risalire comodamente;
quel treno ha rappresentato per molti anni un simbolo, un veicolo storico, un ponte tra la Svizzera e l'Italia;
inoltre le Ferrovie Svizzere avrebbero, nello stesso tempo annullato il trenonavetta Autoreise-Zug che trasportava passeggeri ed automezzi sulla stessa linea;
anche questa linea era oltremodo importante per gli italiani residenti in Svizzera che in tal modo potevano raggiungere i propri paesi di origine e per assicurare ingenti flussi turistici dalla Svizzera per le località di villeggiature italiane;
con l'abolizione delle linee suddette il traffico ferroviario sarà inevitabilmente trasferito su strada creando un forte impatto ecologico, costi e congestioni sulla rete autostradale -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro, anche d'accordo con le autorità svizzere, per ovviare ai disagi derivanti dalla soppressione delle due linee ferroviarie;
quali siano state le motivazioni che hanno portato alla soppressione degli stessi;
se, infine, non ritenga necessario approfondire con Trenitalia quali siano i piani per i collegamenti internazionali da e per l'Italia da parte delle Ferrovie dello Stato e Trenitalia per facilitare i flussi turistici e garantire alle grandi comunità di italiani residenti in Europa di poter mantenere il contatto con la propria terra almeno in occasione delle più importanti Festività.
(4-01358)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il collegamento ferroviario Lecce-Zurigo, si fa presente quanto segue.
Tale collegamento, con l'utilizzo di materiale ferroviario svizzero, è stato soppresso di comune intesa tra le due aziende partecipate Trenitalia e Ferrovie federali svizzere, Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che tale decisione è dovuta ad un rapporto costi/ricavi notevolmente sbilanciato, con perdite economiche determinate soprattutto dall'inadeguatezza dei relativi volumi di frequentazione.
Si fa peraltro presente che, in quanto servizio internazionale, il collegamento espressamente menzionato nell'atto ispettivo non è oggetto, né storicamente lo è stato, di regolazione e correlata contribuzione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto deferito ad accordi tra imprese ferroviarie appartenenti a stati diversi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RAZZI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da fonti sindacali si è avuta notizia della proposta del Ministero degli affari esteri di sopprimere l'attuale posto di dirigente scolastico dei corsi di lingua e cultura italiana presso il consolato generale di Zurigo;
dalle stesse fonti risulta che l'intento del Ministero degli affari esteri sarebbe quello di affidare le funzioni dell'attuale dirigente dei corsi di lingua all'altra dirigente in servizio a Zurigo. Tale eventuale riorganizzazione non risulta realistica considerato l'oneroso incarico che la stessa dirigente ricopre come responsabile del «polo scolastico Casa d'italia» (Scuola dell'infanzia, primaria statale e media paritaria) che sta attraversando la delicata fase di sperimentazione quale «Scuola bilingue» recentemente riconosciuta dalle autorità cantonali;
risulta poi che oltre alla mancata sostituzione del dirigente preposto - è previsto il rientro, per fine mandato, della sua unica collaboratrice, direttore dei servizi generali e amministrativi (DGSA), la cui sostituzione appare improbabile considerato che le relative «graduatorie dell'area tedesca» risultano esaurite e che la conoscenza di tale lingua è non solo necessaria da un punto di vista operativo, ma viene richiesta dalla normativa del canton Zurigo per tutti gli operatori scolastici;
consta altresì che rappresentanti sindacali scolastici della circoscrizione consolare di Zurigo hanno pubblicamente espresso forti preoccupazioni per il regolare avvio dei corsi dell'anno scolastico 2010/11;
appare importante sottolineare che l'ufficio scuola per i corsi di lingua e cultura italiana del consolato generale di Zurigo gestisce il più alto numero di corsi presenti in Svizzera (319, per un totale di circa 3800 alunni, cioè un quarto della popolazione scolastica dei corsi di tutta la Svizzera), distribuiti in una circoscrizione consolare che comprende ben nove Cantoni, a fronte di un organico già ridotto lo scorso settembre con la soppressione del posto di assistente amministrativo;
in tale contesto, la prospettata soppressione del posto di dirigente scolastico e la contemporanea partenza della DSGA renderebbero di fatto impossibile mantenere l'operatività dell'ufficio corsi di lingua e cultura italiana di Zurigo, con conseguenti gravi ripercussioni negative sui corsi stessi, specialmente nella delicata fase di avvio del nuovo anno scolastico;
di quali informazioni disponga in relazione alla fondatezza delle notizie sopra riportate;
quali provvedimenti urgenti intenda assumere per mantenere l'operatività dei corsi di lingua e cultura italiana nella circoscrizione di Zurigo, garantendo un servizio di estrema importanza per i numerosissimi giovani italiani che, attraverso tali corsi, mantengono e rinsaldano i legami linguistici e culturali con il proprio Paese.
(4-06073)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La riduzione di risorse che la legge finanziaria ha determinato per l'anno 2010 sul capitolo di bilancio relativo al finanziamento degli assegni di sede destinati al personale di ruolo della scuola in servizio all'estero, ha indotto questo ministero degli affari esteri ad avviare un'azione di razionalizzazione del servizio scolastico che, impostata su base pluriennale, ha riguardato tutto il personale della scuola all'estero.
Alla funzione dirigenziale è stata riservata una particolare attenzione evitando eccessive frammentazioni di incarichi e prevedendo l'estensione delle competenze anche su circoscrizioni consolari viciniori. I dirigenti scolastici, infatti, sono chiamati a svolgere un compito fondamentale per garantire la produttività e l'efficacia dell'azione amministrativa nel contesto dell'intero settore educativo e scolastico all'estero.
Nel corso delle riunioni di concertazione tra la delegazione di parte pubblica e le organizzazioni sindacali, svolte nei mesi di febbraio e marzo 2010, è stato definito il contingente relativo al personale scolastico in servizio all'estero. Nell'ambito di detto contingente sono stati mantenuti i due posti da dirigente scolastico presso il consolato generale di Zurigo.
Per quanto attiene alla sostituzione del direttore dei servizi generali amministrativi (Dsga), resa problematica dall'esaurimento della relativa graduatoria permanente di area tedesca, questo ministero degli esteri ha provveduto alla sostituzione del posto suddetto con uno di assistente amministrativo. Tale posto potrà essere regolarmente coperto già dal prossimo anno scolastico in quanto le relative graduatorie di lingua tedesca risultano ancora attive.
Questo ministero ritiene di poter rassicurare la collettività italiana, le famiglie ed i giovani che si rivolgono alle nostre istituzioni scolastiche che, sia pure in un quadro di ristrettezze economiche, sarà assicurato anche per il prossimo anno scolastico 2010-2011 il regolare svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e della cultura italiana alle giovani generazioni interessate nella circoscrizione consolare di Zurigo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

REALACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi alcuni organi di stampa hanno riportato le dichiarazioni rilasciate dai Procuratori della Repubblica di Agrigento e Caltanissetta a proposito delle indagini avviate dalle loro Procure sull'utilizzo di calcestruzzo scadente per la realizzazione di opere pubbliche. In particolare in un'intervista rilasciata al TG3, il Procuratore di Caltanissetta Lari, nel rendere noto i contenuti delle indagini avviate dalla Procura di sua competenza, denuncia anche di aver aperto un filone di inchiesta che coinvolge altre regioni, altre procure e altre opere pubbliche. Una denuncia di particolare gravità e che evidenzia come sia più che lecito sospettare che il fenomeno della costruzione di edifici e infrastrutture pubbliche con standard sotto la norma sia molto diffuso nell'intero Paese;
restando in Sicilia poco prima di Pasqua la Procura di Caltanissetta ha chiuso, il traforo Cozzo Minneria di due chilometri e mezzo sulla A20 fra Messina e Palermo per la necessità di effettuare nuove verifiche sulla qualità del cemento utilizzato nella costruzione. Ad Agrigento, invece, l'équipe di esperti nominata dalla Procura ha appena terminato le analisi sul cemento utilizzato nella costruzione dell'Ospedale S. Giovanni di Dio, inaugurato solo 5 anni fa, da cui è emerso che la «resistenza alla compressione» è di molto inferiore ai valori indicati nel progetto e una delle cause potrebbe proprio essere l'eccessiva quantità di sabbia miscelata con il calcestruzzo;
dopo le polemiche sui crolli in Abruzzo e le inchieste avviate dalle procure di Caltanissetta e Agrigento la protezione civile della

regione Sicilia, in cui il 90 per cento del territorio è ad elevato rischio sismico, ha intensificato i controlli agli edifici e infrastrutture strategiche di rilevanza regionale gran parte dei quali già avviati dopo il terremoto di S. Giuliano di Puglia del 2003, affidandole ai comuni e alle altre amministrazioni proprietarie delle opere. Gli edifici potenzialmente a rischio sarebbero 200 tra cui ospedali, strade e ponti su cui sono in corso i test per provare la solidità delle strutture. La Regione ha stanziato il 70 per cento dei fondi necessari alle verifiche degli edifici ma a quanto si apprende dalle dichiarazioni del Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Sicilia non tutti hanno accettato di mettere la propria quota del 30 per cento per effettuare i controlli;
anche le circa quattromila scuole siciliane saranno oggetto di monitoraggio nei prossimi mesi attraverso 19 squadre di tecnici messe in campo dalla Protezione Civile. Uno dei problemi evidenziati è l'assenza di un censimento dettagliato degli edifici che consenta di avere un quadro completo della vulnerabilità sismica degli edifici in cemento armato e le risorse per monitorare l'intero patrimonio edilizio della regione non ci sono;
ciò che desta preoccupazione è la grande diffusione dell'utilizzo del calcestruzzo depotenziato in cui la percentuale di sabbia utilizzata è decisamente elevata rispetto al cemento, cosa che, come abbiamo tragicamente visto in questi giorni, rende le strutture stabili solo finché non si verifica un fenomeno sismico di portata significativa;
l'Italia è il paese a più alto rischio sismico in Europa e con la legge n. 62 del 1974 si era inteso proprio assumere dei provvedimenti per costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. Molti degli edifici e delle infrastrutture pubbliche sono stati costruiti prima di quella normativa e anche in seguito, la normativa non è stata sempre adempiuta a dovere;
un dato preoccupante emerge dal Dossier «Ecosistema Scuola 2009» di Legambiente e riguarda gli edifici scolastici italiani. Dai dati riportati risulta essere molto alto il numero di scuole costruite prima del 1974, attestandosi al 52,82 per cento. Se si considera poi che il 75,04 per cento degli edifici si trova in zone ad alto rischio sismico e che meno della metà di essi ha ricevuto interventi di cura negli ultimi 5 anni è facile comprendere la gravità del fenomeno con cui siamo confrontati;
è di questi giorni, inoltre, la notizia che il Sindaco di Isernia è stato costretto a chiudere le scuole, per due giorni, a seguito delle proteste dei genitori che chiedevano edifici sicuri per i propri figli. I genitori sostengono che gli stabili utilizzati fino ad oggi non abbiano i necessari requisiti di sicurezza e staticità e hanno spinto il Sindaco a reperire locali adeguati in cui sistemare i circa duemila ragazzi fino alla fine dell'anno scolastico;
è facile intuire, da questi dati, dalla recente tragedia in Abruzzo e dalle altre che l'hanno preceduta, che l'intero Paese e in particolare le zone ad alto rischio sismico non sono monitorate in maniera adeguata e che mancano sistemi efficaci di controllo della solidità delle strutture e dei materiali usati nella costruzione -:
se non si intenda avviare immediatamente un monitoraggio degli edifici e delle infrastrutture strategiche, a partire da scuole e ospedali, in tutte le aree classificate ad alto rischio sismico e intervenire con la massima rapidità ed efficacia sulle strutture che risultino non essere adeguate a sopportare fenomeni sismici considerato che tale monitoraggio, oltre a rappresentare un necessario intervento per la sicurezza dei cittadini, può attivare un volano occupazionale per tecnici ed esperti e per le piccole e medie imprese sul territorio nazionale;
se non si intenda avviare un censimento del patrimonio edilizio italiano che consenta di avere un quadro chiaro della vulnerabilità delle strutture e individuare le aree del Paese in cui è necessario intervenire con maggiore rapidità.
(4-02823)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 22 aprile 2009, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La qualità dei calcestruzzi, come anche l'accorta esecuzione dei getti e l'appropriata disposizione delle armature, è fondamentale affinché le strutture in cemento armato offrano prestazioni ottimali. Anche gli accorgimenti per garantire la durabilità sono oggi riconosciuti come essenziali, mentre molte costruzioni in cemento armato edificate negli anni cinquanta e settanta hanno mostrato di essere molto sensibili alle aggressioni ambientali.
Ciò premesso, si evidenzia che sono stati avviati diversi provvedimenti volti specificamente a ridurre il rischio per le opere strategiche e rilevanti. Tali strumenti permettono di programmare, anche in futuro, piani di riduzione del rischio sismico.
Il dipartimento delle protezione civile ha fornito una sintesi delle iniziative intraprese insieme alle altre amministrazioni dello Stato per conoscere e fronteggiare il fischio sismico:
piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui all'articolo 80, comma 21 della legge n. 289 del 2002; il piano ha comportato un finanziamento di 489 milioni di euro per complessivi 1593 interventi di cui 1188 interventi sono in corso e 86 sono stati ultimati;
piano di riduzione del rischio sismico di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009 n. 39, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009 n. 77 che mette a disposizione della Protezione civile, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per la prevenzione del rischio sismico. A tal fine è stata autorizzata la spesa di euro 44 milioni per l'anno 2010, di euro 145,1 milioni per l'anno 2011, di euro 195,6 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di euro 145,1 milioni per l'anno 2015 e di euro 44 milioni per l'anno 2016. Il piano risulta concretamente avviato dopo la definizione di obiettivi e criteri da utilizzare e con l'imminente definizione delle modalità di ripartizione delle risorse relative all'anno 2010.
Con il comma 239 dell'articolo 2 della legge n. 191 del 23 dicembre 2009, è stato dato ulteriore impulso alla messa in sicurezza ed all'adeguamento antisismico delle scuole con la previsione di ulteriori finanziamenti, fino a 300 milioni di euro, definendo le modalità di ripartizione delle somme e le procedure di gestione previste dall'articolo 7-
bis del decreto-legge 1o settembre 2008 n. 137. Nelle attività menzionate, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca opera, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il dipartimento della protezione civile, è chiamato a fornire l'intesa al soggetto attuatore, sentita la Conferenza unificata.
Inoltre, il dipartimento della protezione civile si è occupato di prevenzione sismica delle scuole curando il finanziamento ed il monitoraggio di verifiche sismiche previste dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2003 per gli edifici di carattere strategico o rilevante, l'articolo 32-
bis del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, che ha istituito il fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio del ministri, ha consentito di finanziare circa 2500 verifiche sismiche sulle scuole, secondo la disciplina dettata dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri 3362 del 2004 e 305 del 2006. I risultati che stanno emergendo da dette verifiche, espressi in termini di indice di rischio, ossia rapporto fra la capacità attuale della struttura e capacità che si richiede ad una scuola sismicamente adeguata, possono essere utilizzati per ottimizzare l'uso delle risorse in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Si evidenzia che la disciplina del Fondo prevede il cofinanziamento degli enti beneficiari, cosa che ha consentito di mettere in campo risorse complessive pari a circa il doppio di quelle proprie del fondo.
L'articolo 32-
bis è stato successivamente rifinanziato con l'articolo 2, comma 276, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che al fine di conseguire l'adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del

sistema scolastico nonché la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, ha incrementato di 20 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008, il predetto fondo prevedendone l'utilizzo secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità. L'uso dei fondi è stato disciplinato con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3728 del 2003, che ha avuto l'assenso da parte della conferenza unificata ed ha prodotto il piano di impiego della quota 2008, alla quale hanno aderito 13 regioni per complessive 43 scuole e 18 milioni di finanziamento statale. I fondi rimasti disponibili sono in corso di ripartizione fra le regioni che hanno aderito. Al fine di garantire un efficace coordinamento, l'ordinanza ha previsto l'istituzione, presso il dipartimento di protezione civile, di una commissione mista composta da qualificati rappresentanti del dipartimento della protezione civile, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'economia e delle finanze e delle regioni, con il compito di esaminare le proposte delle regioni e definire le eventuali rassegnazioni. La stessa ordinanza ha stabilito la ripartizione dei fondi fra le regioni in relazione ad un indicatore approssimativo di rischio sismico, e la misura dei finanziamenti specifici in relazione all'indice di rischio della singola scuola, accertando in coerenza con le indicazioni derivanti dalle verifiche sismiche in dettaglio. In sostanza il finanziamento statale è pari al 100 per cento del costo convenzionale se la capacità della scuola è inferiore al 20 per cento di quella di un edificio sismicamente adeguato, rischio molto elevato, mentre è nulla se la capacità della scuola è superiore all'80 per cento di quella di un edificio sismicamente adeguato.
Infine, si evidenzia che per quanto riguarda le scuole il dipartimento della protezione civile a seguito di alcuni incidenti, fra i quali quello del liceo Darwin di Torino, ha proposto un'iniziativa per la valutazione del rischio connesso agli elementi non strutturali, che va a completare le informazioni già presenti nell'Anagrafe dell'edilizia scolastica predisposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Infatti, lo scopo è di porre attenzione specifica a quegli elementi che possono determinare incidenti in caso di terremoto. L'iniziativa ha ottenuto l'intesa della conferenza unificata il 28 gennaio 2009.
Al riguardo e per quanto riguarda le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si fa presente che con l'intesa sancita il 28 gennaio 2009 si è deciso di emanare degli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» prevedendo, tra l'altro, che le informazioni acquisite nel corso delle verifiche tecniche ivi previste fossero rese disponibili alle amministrazioni interessate, le quali, nell'ambito delle rispettive competenze, ne avrebbero tenuto conto anche ai fini della programmazione dei relativi interventi.
Inoltre, nell'ultimo documento di programmazione economica e finanziaria presentato nel luglio 2009 fra gli impegni di questo dicastero coerenti con le attuali disponibilità finanziarie si prevede che non appena noto «... il quadro degli investimenti urgenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici ...» si provvederà all'aggiudicazione di parte dei lavori riconducibili alla predetta previsione programmatica.
All'interno del quadro normativo e regolamentare anzidetto e sulla base delle risultanze dei sopralluoghi che allo stato attuale hanno consentito di verificare più del 70 per cento del patrimonio scolastico esistente sul territorio nazionale pari a circa 46 mila edifici e delle comunicazioni e segnalazioni pervenute dai gruppi di coordinamento regionali, dai provveditorati interregionali e dagli stessi soggetti proprietari il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato un'azione di raccolta delle istanze espresse da tutti i soggetti rappresentati nei tavoli di monitoraggio regionali (enti locali proprietari, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regioni) coordinati dalle regioni stesse allo

scopo di predisporre un primo programma di interventi urgenti finalizzato alla rimozione immediata delle situazioni di pericolo accertate e quantificate dai soggetti coinvolti nella citata intesa e consentire il regolare svolgimento delle attività scolastiche destinando 350 milioni di euro a valere sui fondi aree sottoutilizzate assegnati al Fondo infrastrutture per l'edilizia scolastica dalla delibera Cipe 6 marzo 2009.
Attesa l'enorme eterogeneità dei dati acquisiti e delle comunicazioni pari a oltre 6.900 richieste di intervento per un totale di oltre 950 milioni di euro si è ritenuto di garantire la tempestiva soluzione delle situazioni più urgenti e la equa assegnazione delle risorse operando la sotto riportata prima ripartizione indicativa sulla base della consistenza numerica del patrimonio scolastico e della popolazione scolastica.

Ripartizione indicativa delle risorse per regione

REGIONI n. edifici Popolazione scolastica %edifici %popolazione 50% edif.
50% pop. 1ostralcioml€
Piemonte 3.233 495.661 6.95 6.37 6.64 23.240
Val d'Aosta 149 15.079 0.32 0.19 0.25 0.875
Lombardia 6.319 1.155.686 13.59 14.85 14.2 49.700
Trentino A.A. 888 142.232 1.91 1.81 1.85 6.48
Veneto 3.716 601.004 7.99 7.72 7.85 27.490
Friuli 1.022 136.877 2.2 1.76 1.97 6.895
Liguria 867 170.299 1.86 2.19 2.2 7.700
Em. Romagna 2.350 485.173 5.05 6.24 5.64 19.740
Toscana 2.612 420.480 5.62 5.4 5.51 19.285
Umbria 1.085 105.789 2.33 1.36 1.83 6.405
Marche 1.355 194.701 2.91 2.5 2.7 9.450
Lazio 4.595 716.785 9.89 9.2 9.52 33.320
Abruzzo 1.315 170.165 2.83 2.18 2.51 8.75
Molise 332 41.631 0.71 0.53 0.62 2.17
Campania 4.249 962.038 9.13 12.36 10.72 37.52
Puglia 2.788 611.770 5.99 7.86 6.92 24.23
Basilicata 693 85.550 1.49 1.1 1.3 4.55
Calabria 2.756 299.506 5.92 3.85 4.88 17.08
Sicilia 4.261 762.770 9.16 9.8 9.46 33.12
Sardegna 1.929 212.445 4.15 2.73 3.43 12.01
TOTALE 46.514 7.785.641 100 100 100 350.00

Sulla base di tale ripartizione indicativa e a partire dalle priorità indicate nelle segnalazioni pervenute prevalentemente dai gruppi regionali di coordinamento previsti dalla citata intesa, integrate, ove necessario, dalle comunicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche di questo Ministero e dai medesimi enti locali proprietari si sono, quindi, individuati 1552 interventi contenuti nel «programma straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico finalizzato alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli

elementi, anche non strutturali, degli edifici scolastici».
Il predetto programma in data 29 aprile 2010 è stato esaminato dalla conferenza unificata che, dopo aver apportato alcune modifiche ed integrazioni, ha reso parere favorevole.
Per effetto di tali modifiche ed integrazioni si è pervenuti alla definitiva stesura che prevede l'utilizzo di 358,422 milioni di euro destinandoli alla realizzazione di 1706 interventi.
Il prospetto che segue sintetizza la distribuzione sul territorio degli interventi individuati.

Ripartizione regionale delle risorse contenuta nel piano

RIEPILOGO
Regione n. interventi programma
Abruzzo 65 9.115.000
Basilicata 27 5.920.000
Calabria 28 12.774.000
Campania 101 38.878.000
Emilia Romagna 125 20.954.000
Friuli Venezia Giulia 5 6.218.000
Lazio 154 35.495.000
Liguria 43 7.714.000
Lombardia 152 49.890.000
Marche 42 10.510.000
Molise 15 2.007.000
P.A. di Bolzano
P.A. di Trento
Piemonte 83 28.950.000
Puglia 181 25.089.000
Sardegna 99 13.052.000
Sicilia 296 36.310.000
Toscana 64 20.133.000
Umbria 37 6.998.000
Valle d'Aosta 3 875.000
Veneto 186 27.540.000
TOTALE 1.706 358.422.000

Nel corso della riunione del 13 maggio 2010 il Cipe ha approvato il programma per l'importo complessivo di 358.422.000 euro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REALACCI e CENNI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'Accordo al quale l'Italia ha aderito con la legge 6 febbraio 2006, n. 66, «Adesione della Repubblica Italiana all'Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell'Africa - EURASIA, con Allegati e Tabelle, fatto a L'Aja il 15 agosto 1996», ha stabilito il divieto di utilizzare l'uso dei «pallini» di piombo nelle «zone

umide» da parte dei titolari di concessione per l'attività venatoria;
recentemente sono entrati in produzione surrogati del piombo e dell'acciaio nell'ambito della fabbricazione di cartucce ad uso venatorio e sportivo, con caratteristiche non inquinanti ma ad alto costo e a limitatissima diffusione;
da più parti è auspicata la prevenzione dell'inquinamento da piombo anche al di fuori delle cosiddette «zone umide»;
la nostra industria è considerata all'avanguardia, per innovazione tecnologica e tradizione, nella fabbricazione di prodotti e strumenti ad uso venatorio, ma occorre sostenere adeguatamente la conversione ecologica anche in tale campo -:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative volte ad incentivare la ricerca applicata a livello industriale, che ha già prodotto significativi esiti negli Stati Uniti, al fine di agevolare la produzione e quindi la diffusione dell'uso di munizioni da caccia ecocompatibili.
(4-03303)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente la promozione dello sviluppo industriale per la produzione di munizioni da caccia ecocompatibili, si rappresenta quanto segue.
Evidenze scientifiche, raccolte soprattutto negli ultimi anni, dimostrano, in modo ormai inequivocabile, come l'uso di munizioni da caccia contenenti piombo determini l'avvelenamento di numerose specie di uccelli selvatici, sia fonte di inquinamento ambientale e comporti rischi sanitari non indifferenti anche per l'uomo. Sulla base di ciò, numerosi paesi hanno avviato un processo di superamento dell'uso delle munizioni contenenti piombo.
Inizialmente, questo processo ha interessato soprattutto la caccia nelle zone umide, perché in tali ambienti si sono manifestati prima gli effetti del saturnismo, soprattutto sugli uccelli acquatici. La più recente scoperta delle conseguenze negative che il munizionamento di piombo determina su molte specie di uccelli granivori e carnivori sta inducendo diversi stati ad adottare bandi generalizzati, estesi a tutte le forme di caccia.
Al momento, in Europa l'impiego del piombo per le munizioni è stato vietato per ogni forma di caccia in Norvegia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, mentre in altri stati analoghe misure sono state adottate in ambiti locali. Anche in Italia è auspicabile un rapido superamento dell'uso del piombo nelle munizioni da caccia sull'intera superficie nazionale.
Sul mercato internazionale esistono già numerose valide alternative al piombo, alcune delle quali, peraltro, risultano caratterizzate da costi paragonabili a quelli delle cartucce tradizionali. L'abbassamento dei costi in genere si verifica in relazione all'incremento della domanda e alla conseguente espansione del prodotto sul mercato: in paesi come la Danimarca, dove le munizioni contenenti piombo non possono essere utilizzate dal 1993, quelle in acciaio sono calate fortemente di prezzo, divenendo competitive anche sotto l'aspetto economico.
Le ditte italiane commercializzano già da tempo munizionamenti non tossici per il mercato estero e in alcuni casi sono
leader nel settore. Ad esempio, la ditta Fiocchi in America promuove la linea di prodotti «Tundra» a base di tungsteno, pubblicizzandola come particolarmente innovativa e competitiva. In Italia la tecnologia dunque esiste già, ed incentivi di natura economica affinché le case produttrici convertano le linee di produzione verso i materiali atossici non può che essere vista con favore.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ROSATO, MONAI, COMPAGNON, STRIZZOLO, ANTONIONE e MARAN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 15 maggio 2009 è stato siglato un accordo programmatico per il rilancio competitivo del gruppo FS, tra il gruppo FS e le segreterie nazionali delle organizzazioni

sindacali firmatarie del contratto collettivo delle attività ferroviarie;
alla base della nuova organizzazione vi sarebbe l'obiettivo di sviluppare «una produzione di maggiore quantità e qualità, a costi operativi economicamente compatibili», e tale risultato dovrebbe essere ottenuto «avendo a riferimento tre obiettivi: un aumento della capacità delle linee, una migliore gestione delle anormalità infrastrutturali, uno sfruttamento delle capacità di automazione»;
l'accordo e la nuova organizzazione territoriale, che sono stati resti operativi l'8 luglio 2009, al posto delle precedenti 15 direzioni compartimentali movimento, prevede la creazione sul territorio nazionale di tredici «Centri operativi esercizio rete» (COER), destinati a sovrintendere alla pianificazione, programmazione, gestione e controllo della circolazione dei nostri treni, da cui Trieste e la regione Friuli Venezia Giulia rimangono escluse, mentre se ne prevedono due nella regione Veneto, a Verona e a Venezia-Mestre;
laddove finora in Friuli Venezia-Giulia erano presenti due direzioni compartimentali, movimento e infrastrutture, ora è presente una nuova «Direzione territoriale produzione» che, per quanto riguarda la sede di Trieste, verrà diretta ad interim dal responsabile di Venezia;
in essa è sostanzialmente compresa la precedente direzione compartimentale infrastrutture, quel poco che rimane sul territorio della ex direzione compartimentale di Trieste, ora di fatto trasferita a Mestre ed assorbita dalla direzione compartimentale movimento di Venezia, ora divenuta il nuovo Coer;
a seguito di questa riorganizzazione, si assiste alla scomparsa dei centri direzionali strategici delle Ferrovie dal Friuli Venezia-Giulia, in quanto la direzione manutenzione rete che formalmente ha sede a Trieste, da quattro anni ha il direttore e il personale a Venezia, mentre quella del traffico internazionale passeggeri è trasferita ormai da sette anni, e Ferservizi, che gestisce i servizi amministrativi e gli immobili, da Trieste è passata a Verona;
lo stesso dicasi dei centri direzionali del traffico merci, di cui in regione è rimasto lo stabilimento di Udine, nonostante l'attività merci sia in questo territorio tra le più rilevati in ambito nazionale, ciò anche in ragione della presenza dei poli industriali che la generano, dei valichi con Austria e Slovenia, di tre porti regionali e dello scalo di Cervignano smistamento che con il suo interporto è uno dei più attivi della rete nazionale;
resta ancora incerto il futuro della sede centrale, ospitato in uno storico palazzo del 1895, per complessivi 17.800 metri quadrati, che nel settembre 2003 figurava in un lungo elenco di immobili che le Ferrovie avevano deciso di vendere, ma senza che a tutt'oggi vi siano elementi certi riguardo a una gara per la vendita del palazzo, sebbene sia in atto il lento trasferimento di una serie di uffici in altre sedi;
con l'abolizione dei confini, è doveroso impostare una serie di relazioni transfrontaliere con Austria e Slovenia, già richieste dalle ferrovie a contatto ancor prima che si avviasse l'integrazione europea, così come impellenti sono le esigenze di sinergie nel settore merci tra i porti di Trieste e di Capodistria e gli scali di smistamento di Cervignano e di Lubiana;
agli interroganti non appare opportuno, come peraltro denunciato anche dalle organizzazione sindacali regionali del settore maggiormente rappresentative, che dopo la perdita di posti dirigenziali di pregio avvenuta negli anni passati, i centri decisionali delle Ferrovie dello Stato in Friuli Venezia Giulia siano sottoposti a un ulteriore impoverimento -:
quali passi intenda compiere presso le Ferrovie dello Stato affinché questo trend negativo sia invertito con decisione, anche con riguardo alla conservazione dei 2.700 posti di lavoro presenti nell'intera Regione;
considerato che all'estremo nordest si stende ormai un'area metropolitana

transfrontaliera che non può essere abbandonata dalle Ferrovie dello Stato, quali iniziative si intendano assumere al fine di assicurare al Friuli Venezia-Giulia un direttore regionale e un direttore commerciale pienamente responsabili, in grado di studiare il mercato, di impostare un dialogo con istituzioni e imprese e di interfacciarsi proficuamente con le sede centrale.
(4-04233)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per quanto concerne gli aspetti riguardanti la riorganizzazione delle attività ferroviarie di rete ferroviaria italiana, il nuovo modello organizzativo della società definisce una nuova configurazione territoriale attraverso:

a) una conferma del radicamento territoriale all'interno del quale si svolge il processo produttivo funzionale alla circolazione (attuazione della normativa e delle prescrizioni operative di esercizio, mantenimento in efficienza, terminali e servizi di manovra) che prevede 15 direzioni territoriali produzione, tra cui, quella di Trieste;
b) un'attività di pianificazione, programmazione, gestione e controllo del processo di circolazione organizzata in strutture aventi giurisdizione su bacini territoriali che valicano gli ex confini compartimentali in modo tale da consentire una visione strategica sull'intera tratta di linee/direttrici di rilevante importanza (reti fondamentali, corridoi Trans european network, eccetera) e che, per l'appunto, interessano più territori di ex compartimenti. Per tali attività sono individuati 13 Centri operativi esercizio rete (Coer), tra cui quello di Venezia che ricomprende i territori delle ex direzione compartimentale movimento di Trieste e Venezia.

In tale ottica il territorio relativo alla ex direzione compartimentale di Trieste è stato coinvolto attraverso una riorganizzazione che ha prodotto:
l'allocazione di tutte le attività di comando e controllo della circolazione esercitate dagli impianti presenziati sulle linee di competenza alle strutture della direzione territoriale produzione di Trieste;
il mantenimento presso le strutture territoriali (reparto gestione circolazione) di Udine e Trieste delle attività relative alla supervisione delle linee rette a Dirigenza centrale e del comando e controllo della linea esercitata dal direzione centrale operativa (Dco) di Pinzano, comunque, in coerenza con quanto evidenziato al punto
b), dipendenti dal Coer di Venezia.

Inoltre, Rete ferroviaria italiana fa sapere che continueranno ad essere assicurati i rapporti con le istituzioni con la consueta collaborazione e tempestività; localmente, infatti, continueranno ad essere operanti presidi specialistici per le materie di pianificazione e sviluppo infrastrutturale nonché di sicurezza della circolazione.
Per gli aspetti relativi all'organizzazione della divisione cargo, Trenitalia fa sapere di aver già da tempo avviato, nell'ambito del processo di liberalizzazione del mercato ferroviario in Europa, un processo di riorganizzazione complessiva del servizio di trasporto ferroviario finalizzato ad una maggiore efficienza e competitività del sistema per poter competere con le imprese concorrenti secondo logiche di mercato.
Nel perseguimento di tali obiettivi Trenitalia ha proceduto, nel rispetto delle procedure stabilite dalla vigente disciplina contrattuale, ad adeguare l'organizzazione aziendale secondo criteri di ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse disponibili per il raggiungimento di una maggiore rapidità ed efficacia nella realizzazione delle scelte operative. In questo quadro Trenitalia ha individuato il fulcro delle attività produttive nelle strutture a diretto contatto con il territorio.
In tale ottica, il presidio della divisione cargo di Trenitalia nella Regione Friuli Venezia-Giulia, che non ha subito modifiche sostanziali nella propria organizzazione strutturale, è assicurato, per il ruolo strategico svolto e nella prospettiva di ulteriore sviluppo del traffico ferroviario delle merci, da strutture operative commerciali e di

produzione gestite da figure dirigenziali che hanno sede sul territorio regionale, e cioè:
il responsabile della filiera «chimica», che è preposta all'offerta di servizio di trasporto per i segmenti dei prodotti petrolchimici;
il responsabile della struttura «vendite
multimodal transport operator internazionale» che, nell'ambito della filiera il «trasporto intermodale», si rivolge al settore degli operatori internazionali di trasporto multimodale;
il responsabile «area Trieste», che sovrintende a tutte le attività di produzione per il traffico merci interessanti gli impianti della regione, con competenza territoriale anche sui porti (Trieste, Monfalcone, S. Giorgio di Nogaro) ed i transiti (Tarvisio, Villa Opicina, Gorizia).

La sede amministrativa degli uffici «area Trieste» è a Udine da circa un decennio ed i presidi operativi sono dislocati presso gli scali maggiormente rilevanti per il traffico merci (Cervignano, Trieste, Udine, Gorizia, Tarvisio, Villa Opicina, Pordenone, Osoppo).
Ferrovie dello Stato fa presente, infine, che sul territorio della regione Friuli Venezia-Giulia sono presenti, per il trasporto regionale, sia la direzione regionale Friuli Venezia-Giulia sia la relativa struttura di produzione, entrambe con sede a Trieste.
Sempre a Trieste, ha sede anche il responsabile della vendita e assistenza servizi di base nord est e della divisione passeggeri nazionale/internazionale alla quale fa capo la gestione dei collegamenti di media/lunga percorrenza.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 16 dicembre 2009, l'interrogante con atto n. 4-05480, ha interrogato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
dalla risposta del 17 marzo 2010 (n. 0011734) (pubblicata nell'allegato B del resoconto della seduta dell'Assemblea del 31 marzo 2010), si evince che, una volta acquisito il parere del Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti potrà trasmettere al CIPE l'istruttoria con la richiesta di approvazione ed il relativo finanziamento necessario alla costruzione della piattaforma logistica nel porto di Trieste;
il costo complessivo per le opere relative al primo stralcio del progetto ammonta a 132,4 milioni di euro e rimangono da reperire ancora 51 milioni -:
se il Ministro interrogato possa assicurare che le risorse sono già nella disponibilità del Ministero e quindi che l'opera sia immediatamente finanziabile una volta acquisito il parere del Ministero per i beni e le attività culturali.
(4-06810)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'intervento di realizzazione della «piattaforma logistica del porto di Trieste», prevede il banchinamento dello spazio incluso tra lo scalo legnami e la ferriera di Servola per un'area complessiva di 247.000 metri quadri, di cui 140.000 metri quadri attualmente occupati da specchi d'acqua e quindi un ampliamento delle aree operative esistenti.
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica, con le delibere 20 dicembre 2004, n. 99 e 2 dicembre 2005, n. 148, ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni, rispettivamente il progetto preliminare dell'intervento «
Hub portuale di Trieste - piattaforma logistica tra lo scalo legnami e il punto franco oli minerali» e la stesura aggiornata ed integrata del progetto, al fine di procedere all'affidamento dell'opera in concessione.
Con delibera n. 75 del 29 marzo 2006, il Cipe ha assegnato all'intervento un finanziamento in linea programmatica di 32 milioni di euro.


In data 10 luglio 2009 l'autorità portuale, in qualità di oggetto aggiudicatore, ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e trasporti il progetto definitivo delle opere relative al 1o stralcio dell'intervento infrastrutturale, per un costo complessivo di 132,4 milioni di euro.
Rispetto a tale importo e considerati sia il finanziamento già assentito dal Cipe nel 2006 sia le risorse rese disponibili dall'autorità portuale, per la realizzazione del 1o stralcio rimangono da reperire circa 51 milioni di euro.
Per quanto riguarda l'
iter istruttorio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha acquisito i pareri con prescrizioni dalle amministrazioni ed enti interessati, mentre non è ancora pervenuto il parere del Ministero per i beni e le attività culturali.
Dal punto di vista economico e finanziario, il progetto ha già acquisito il parere positivo dell'unità tecnica finanza di progetto; pertanto, una volta acquisito il parere del Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti potrà trasmettere al Cipe la relativa istruttoria con richiesta di approvazione e finanziamento.
Di recente, l'autorità portuale ha trasmesso, con nota del 17 marzo 2010, il progetto definitivo delle opere del 2o stralcio della piattaforma logistica, del costo di circa 200 milioni di euro e quindi, con nota del 28 aprile 2010, si è dichiarata disponibile al fine di accelerare al massimo l'avvio dell'opera ad anticipare la somma di 20 milioni di euro a fronte di un atto del Cipe che assicuri lo stanziamento di una somma di pari entità sui lavori del 2o stralcio.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ROSATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con interrogazione n. 4-05480 di data 16 dicembre 2009, cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha risposto il 17 marzo 2010 (risposta pubblicata nell'allegato B del resoconto della seduta dell'Assemblea del 31 marzo 2010), si richiedevano notizie sull'iter relativo all'erogazione del finanziamento necessario alla costruzione della cosiddetta piattaforma logistica, la cui realizzazione è prevista all'interno del porto di Trieste, anche al fine di accelerare l'iter medesimo;
tale piattaforma logistica è concordemente ritenuta un'infrastruttura indispensabile allo sviluppo commerciale del porto di Trieste, e dunque della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, e per l'incremento complessivo dei traffici dell'intero Paese;
la realizzazione della piattaforma era già inserita nella delibera n. 121 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 21 dicembre 2001, e parte dell'opera risulta finanziata con delibera CIPE n. 75 del 29 marzo 2006;
nella risposta fornita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti si fa riferimento ad un parere necessario, ma al momento ancora mancante, che dovrebbe essere fornito da parte del Ministero per i beni e le attività culturali al fine di sbloccare l'erogazione del finanziamento -:
se il Ministero per i beni e le attività culturali abbia preso in carico il procedimento;
quali siano i tempi entro cui il Ministro interrogato ritenga di poter fornire il parere richiesto.
(4-06811)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rassicura che in tempi brevi la soprintendenza per i beni archeologici rilascerà il parere di competenza che si è riservata di emanare ai sensi delle disposizioni in materia di verifica preventiva dell'interesse archeologico (articolo 28 decreto legislativo n. 42 del 2004 e decreto legislativo n. 163 del 2006).
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

ROSATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il 14 dicembre 2009 ha scritto una lettera aperta al Ministro per i beni e le attività culturali ponendo la questione della pubblicazione dei decreti ministeriali n. 53 del 30 marzo 2009 e n. 86 del 26 maggio 2009 e del bando di concorso per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore di beni culturali, che rischiano di escludere dall'accesso alla professione migliaia di operatori del settore, talora con molti anni di esperienza e altamente professionalizzati;
i decreti succitati non garantiscono il riconoscimento dei corsi da restauratore finanziati dalle regioni e mettono così in discussione la competenza esclusiva delle regioni in materia di formazione professionale;
qualora i percorsi formativi non dovessero essere riconosciuti conformi ai nuovi standard fissati, sarebbe in capo agli interessati - al fine di poter partecipare all'esame per la qualifica alle figure professionali di cui sopra - l'onere di dover dimostrare d'aver svolto, al 16 gennaio 2001, almeno quattro anni di «attività di restauro di beni culturali»;
la documentazione richiesta risulta tuttavia di assai difficile reperimento, secondo quanto dichiarato dalla determinazione n. 6 del 3 aprile 2002 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale attesta, per il periodo anteriore all'anno 2000, «diffusa negligenza delle stazioni appaltanti [...] nella redazione dei certificati di esecuzione dei lavori» -:
se ritenga opportuno riaprire i termini del bando riconoscendo agli interessati anche la possibilità di certificare la professionalità acquisita attraverso l'esperienza di lavoro svolto nei cantieri di restauro con oggi mezzo documentale legislativamente e contrattualmente valido, consentendo loro di autodichiarare tali attività ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;
se il Ministro intenda considerare di riconoscere le qualifiche di restauratore e di collaboratore restauratore a quanti abbiano frequentato corsi di formazione in materia di restauro autorizzati o promossi dalle regioni o, almeno, di eliminare qualunque vincolo di durata riferita a tali corsi;
se consideri opportuno aprire in tempi brevi un tavolo di consultazione tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le regioni e le province autonome per avviare un confronto sui temi qui esposti e più in generale sugli interventi di conservazione del patrimonio artistico-culturale italiano.
(4-07048)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Questo dicastero ha attuato o favorito interventi normativi e interpretativi che hanno tenuto conto delle richieste provenienti dalle associazioni di categoria coerenti con l'impianto della disciplina introdotta dal codice.
Ciò premesso, occorre anzitutto evidenziare che le esperienze lavorative maturate nel settore del restauro di beni culturali vengono riconosciute dall'articolo 182 del codice, con riferimento a determinati limiti temporali, nonché a determinati presupposti di responsabilità ed autonomia professionale.
In particolare, la previsione testuale dell'articolo 182, comma 1-
ter, richiede l'esistenza di una specifica documentazione in ordine all'attività svolta da ciascun operatore. Poiché una simile documentazione può risultare di difficile reperimento per coloro che non siano titolari, bensì dipendenti o collaboratori delle imprese appaltatrici, il ministero, nell'ambito della selezione pubblica in corso volta al conseguimento delle qualifiche, ha apprestato un sistema di valutazione incentrato sulla dichiarazione e dimostrazione della posizione

lavorativa nei confronti dell'impresa appaltatrice, da parte degli interessati, e sulla successiva attestazione di quanto dichiarato, ad opera delle soprintendenze preposte alla tutela del bene oggetto dell'attività di restauro.
In pratica, in mancanza di elementi contrastanti e di conflitti tra diversi richiedenti, alla dimostrazione della posizione lavorativa seguirà l'attestazione dell'attività di restauro dichiarata.
Per la qualifica di collaboratore restauratore, la dimostrazione può consistere anche in un'autocertificazione o in una dichiarazione del datore di lavoro.
A tal proposito si rappresenta che si tratta di una forte apertura interpretativa rispetto al tenore testuale della normativa. Consentire di più, avrebbe significato dare rilevanza al lavoro nero o alle mansioni di fatto, ipotesi evidentemente impraticabile per elementari esigenze di certezza e salvaguardia della qualità degli interventi, oppure basarsi, anche per la qualifica di restauratore, sulle autocertificazioni, ciò che la legge espressamente esclude.
Non si sarebbe trattato di una semplificazione, ma di un vero e proprio abbandono di ogni possibilità di controllo sulla effettiva capacità ed esperienza degli operatori, anche in via presuntiva o indiretta, che avrebbe comportato evidenti pericoli per la tutela del patrimonio culturale.
Anche secondo l'impostazione indicata, la dimostrazione dell'attività svolta resta comunque un adempimento complesso.
Per questo motivo, il termine di presentazione delle domande è stato prorogato al 30 aprile 2010, sono state fornite analitiche linee guida applicative, sono stati diramati chiarimenti attraverso il sito istituzionale e sono stati attivati presso le direzioni regionali centri di assistenza.
Si comunica inoltre che, da ultimo, con il decreto-legge cosiddetto proroga, termini, per venire incontro alle esigenze dei più giovani - le cui aspettative erano state alimentate dalla ritardata attuazione dell'articolo 182 - alcune date ultime di riferimento per lo svolgimento dell'attività di restauro sono state spostate al luglio 2009 (entrata in vigore della nuova disciplina della formazione dei restauratori, dettata dal decreto ministeriale n. 87 del 2009). Tanto, per quanto concerne l'accesso alla prova di idoneità utile al conseguimento della qualifica di restauratore, ed il conseguimento in via diretta della qualifica di collaboratore restauratore.
Si ritiene, pertanto, che il ministero abbia cercato di venire incontro alle esigenze degli operatori, ed in particolare delle imprese artigiane, nei modi che la prioritaria necessità di assicurare la qualità degli interventi di restauro consentiva. Del resto, secondo le previsioni di questo Ministero, la stragrande maggioranza degli interessati dovrebbe vedersi riconosciuta una delle qualifiche previste, e continuare quindi ad operare nel settore.
Resta comunque inteso che, nel rispetto dei suddetti punti fermi, il ministero per i beni e le attività culturali è disponibile ad attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria degli artigiani al fine di individuare criteri applicativi delle disposizioni oggi vigenti e modalità operative che garantiscano un corretto svolgimento delle attività di attestazione da parte delle soprintendenze, nonché delle attività di valutazione delle posizioni dei singoli, compresa la prova di idoneità, nel prosieguo della procedura di selezione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 2008 ad oggi oltre 15.000 informatori medico-scientifici del farmaco (ISF) sono stati licenziati da parte di multinazionale del settore;
il presidente di farmaindustria Sergio Dompè, in un intervento ha preannunciato una ulteriore riduzione di ISF per il 2010, come riportato anche dal quotidiano il Giorno del 1° dicembre 2009;

in un quadro economico che vede la produzione industriale mondiale in calo, in Italia il settore farmaceutico registra un incremento del 6 per cento a settembre 2009 rispetto all'anno precedente (fonte Rainews24 del 12 dicembre 2009), ciononostante viene regolarmente attuata la politica dei licenziamenti;
le multinazionali farmaceutiche, nonostante chiudano i loro bilanci fortemente in attivo, attingono a piene mani agli ammortizzatori sociali e quindi al denaro pubblico, sottraendo, ad avviso dell'interrogante, risorse e denari a quelle aziende che sono veramente in crisi;
molte delle procedure di mobilità aperte da queste aziende sono sembrate a dir poco ambigue, se non ai limiti della legge, da qui il sempre crescente numero di contenziosi giudiziari che gli ISF aprono nei confronti di queste imprese;
con sentenza dell'11 dicembre 2009, il giudice per le udienze preliminari del tribunale di Monza Giovanni Gerosa, nel processo con rito abbreviato per bancarotta fraudolenta sul fallimento della «X-Pharma», la multinazionale farmaceutica del centro Colleoni dichiarata fallita nel marzo 2009, con un buco di 22 milioni di euro, che ha messo sulla strada 376 informatori scientifici, ha condannato i quattro imputati, oltre alle rispettive pene di reclusione anche al risarcimento dei danni alle parti civili con una provvisionale di 1 milione e 400mila euro nei confronti dei creditori riuniti nel fallimento;
appare opportuno che il Governo eserciti un controllo di merito sulle procedure di mobilità sino ad oggi attuate per constatarne la conformità alle leggi vigenti;
ad avviso dell'interrogante è inaccettabile che sia consentito al management di queste grandi imprese del farmaco di attuare politiche da «padroni delle ferriere» che solo nell'800 venivano attuate nella certezza di restare impuniti;
colossi farmaceutici come la Merck, Astra Zeneca, Pfizer, e altri trasferiscono migliaia di ISF, anche se questo sembra impossibile, verso società, come la Marvecs, che sono a giudizio dell'interrogante praticamente l'anticamera del licenziamento;
anche altre aziende italiane scaricano decine di ISF su società come la Innovex, che non è chiaro se operi come agenzia di servizi o come società farmaceutica;
anche una multinazionale come la Roche spa, produttrice del farmaco Tamiflù, che solo nell'ultimo semestre ha fatturato un miliardo di franchi svizzeri e che chiuderà il bilancio 2009 in forte attivo, assume, come regolarmente denunciato, atteggiamenti vessatori e mobbizzanti con umilianti demansionamenti e illeciti trasferimenti nei confronti di informatori scientifici (fonte: settimanale La Rinascita del 7 maggio 2009);
dai dati in possesso dell'interrogante risulta che sono molte altre le aziende della cui dubbia metodologia operativa, il Governo dovrà essere debitamente informato;
a causa del disagio morale, economico e sociale in cui vertono, gli informatori scientifici del farmaco si sono costituiti in un movimento di protesta, pacifico e spontaneo, non potendo più subire supinamente questa «mattanza» attuata dall'industria farmaceutica; desiderosi di far conoscere a tutti i cittadini le loro ragioni e difendere i loro diritti, si sono già rivolti a tutti quegli strumenti che la società moderna e civile gli fornisce, dai quotidiani alla TV, fino alle proteste di piazza -:
se, alla luce di quanto esposto, si ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a rivedere quegli articoli di legge che consentono alle aziende di usufruire degli ammortizzatori sociali per licenziare sostanzialmente i lavoratori, nonostante le stesse abbiano profitti rilevanti e costante crescita dei fatturati;
come intenda agire il Governo per verificare ed opportunamente bloccare rapidamente, quella che, ad avviso dell'interrogante,

è una ingiusta serie di licenziamenti, totalmente priva di reale giustificazione, e che vessa migliaia di famiglie di lavoratori.
(4-05571)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, del ministero della salute e del ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne il settore farmaceutico ed in particolare la situazione degli informatori scientifici del farmaco (Isf) si precisa che l'esecutivo, attraverso il progetto denominato
Welfarma, ha inteso dare una prima risposta alla problematica occupazionale di tale settore.
Tale progetto ha origine dall'accordo quadro nazionale per la riqualificazione e ricollocazione del personale in esubero del settore farmaceutico, sottoscritto il 20 novembre 2008 presso il ministero dello sviluppo economico tra Farmindustria e le organizzazioni sindacali del settore (Filcem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil), cui ha partecipato Italia Lavoro.
Il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato un piano di intervento nazionale dal titolo «azione di sistema
welfare to Work per le Politiche di re-impiego», attuato con l'assistenza tecnica di Italia lavoro spa a decorrere dal 1o gennaio 2009, che rappresenta una azione strutturale di sistema, di durata triennale (2009-2011), finanziata con risorse del programma operativo nazionale - fondo sociale europeo 2007-2013. L'azione si pone l'obiettivo di rispondere in modo strutturato alle urgenze poste dall'attuale crisi economica, attraverso la messa in campo di interventi volti a tutelare l'occupazione, con particolare attenzione ai soggetti più deboli del mercato del lavoro, maggiormente esposti alle ricadute della crisi, ivi compresi i lavoratori espulsi dalle industrie farmaceutiche.
A seguito della presentazione da parte di Italia Lavoro, nel settembre 2009, delle progettazioni degli interventi speciali, il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato anche l'intervento speciale a supporto del progetto
Welfarma, finalizzato al reimpiego degli informatori scientifici del farmaco.
Il progetto settoriale prevede il supporto alla realizzazione di interventi di reimpiego più mirati, efficaci ed integrati, rivolti ai lavoratori fuoriusciti da specifiche crisi settoriali e in particolare dal settore farmaceutico, nelle regioni Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto.
Tale progetto, approvato per la realizzazione di azioni di assistenza tecnica realizzate da Italia Lavoro, che gravano su risorse a valere sul fondo sociale europeo-programmazione 2007-2013, prevede la messa a disposizione di risorse per la realizzazione di percorsi formativi diretti ai destinatari degli interventi, a carico del competente fondo di rotazione.
Le organizzazioni sindacali, come precisato anche dal ministero dello sviluppo economico, hanno valutato positivamente le iniziative che
Welfarma sta attivamente sviluppando per la riconversione professionale degli addetti all'informazione scientifica in esubero.
Per quanto concerne in generale, la disciplina dei trasferimenti d'azienda sembra opportuno precisare che la normativa vigente in materia (articolo 2112 del codice civile, articolo 47 della legge 428 del 1990) non impone obblighi specifici in ordine alla continuazione dell'esercizio del ramo d'azienda ceduto né pone limitazioni in ordine alla possibilità di accesso a forme di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. Si fa, inoltre, presente che la citata normativa prevede la possibilità dell'esperimento di una consultazione sindacale tra azienda cedente, azienda cessionaria e organizzazioni sindacali, senza che l'eventuale mancato accordo possa inficiare il trasferimento d'azienda.
Si ribadisce che il ministero del lavoro e delle politiche sociali, in costanza dei presupposti previsti dalla legge, autorizza il trattamento di integrazione salariale sulla base della documentazione presentata e delle risultanze ispettive disposte.
Si rappresenta, sulla base dei dati Istat, che le grandi aziende farmaceutiche, pur

nel contesto della crisi globale, hanno fatto un ricorso più limitato alla cassa integrazione guadagni rispetto a quanto avvenuto in altri ambiti settoriali, ricorso che è stato praticamente nullo nel secondo semestre 2009.
Si fa presente, inoltre che, dal novembre 2008, è attivo presso il ministero dello sviluppo economico un tavolo permanente per il settore farmaceutico, con l'obiettivo di monitorarne le dinamiche e definirne le politiche di sostegno.
Il ministero della salute ha precisato che in attuazione della legge finanziaria del 2006 (articolo 1, commi 313-316 della legge 23 dicembre 2005, n. 266), recante la previsione di interventi finalizzati a favorire sul territorio nazionale investimenti in produzione ricerca e sviluppo, l'agenzia italiana del farmaco in qualità di ente regolatorio nazionale operativo nel settore farmaceutico, ha stipulato per il triennio 2007-2009 accordi di programma con numerose industrie farmaceutiche, secondo quanto previsto dal programma decennale di rinnovamento e di stimolo dell'ambiente economico e sociale dell'Unione europea, definito dal Consiglio europeo di Lisbona, utilizzando il valore di stimolo che può essere esercitato dal finanziamento pubblico sulle attività di ricerca e innovazione. In particolare i progetti relativi ai suddetti accordi sono finalizzati alla realizzazione di investimenti che garantiscano incrementi occupazionali, a tempo indeterminato, relativamente al personale addetto alla produzione e ad attività di ricerca e sviluppo.
Occorre precisare che l'erogazione degli incentivi è soggetta al controllo e alla verifica da parte dell'Aifa, che si è riservata, altresì, la facoltà di revocare il finanziamento in ipotesi di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto approvato.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'attuale crisi generalizzata, il settore farmaceutico gode di ottima salute giacché è l'unico in netta controtendenza rispetto a tutti gli altri settori industriali;
l'azienda farmaceutica AstraZeneca spa, con sede in Basiglio (Milano) controlla anche l'azienda farmaceutica Simesa spa con sede in Basiglio (Milano);
entrambe le società hanno una rete di informatori scientifici del farmaco (ISF) diffusa in tutta Italia;
AstraZeneca in Italia commercializza i propri farmaci sia direttamente e sia attraverso licenza affidata ad altre aziende, tra cui la stessa società controllata Simesa S.p.A.;
le due reti di informazione sui farmaci di AstraZeneca e Simesa hanno promosso farmaci composti dal medesimo principio attivo e quindi direttamente concorrenti tra loro (Antra/Losec, Symbicort/Assieme, Nexium/Axagon, Crestor/Simestat): le reti erano coordinate in sede e sul territorio direttamente e solamente dai manager di AstraZeneca;
le due reti di informazione sui farmaci di AstraZeneca e Simesa promuovono da qualche anno solo farmaci AstraZeneca, pur disponendo Simesa di farmaci propri. In tal modo AstraZeneca arricchisce i propri fatturati e carica su Simesa i costi di personale impiegato per produrre per altra azienda che è la stessa AstraZeneca;
Simesa ha effettuato una co-promotion dei farmaci di AstraZeneca, identici ai farmaci della stessa Simesa per i quali ha ricevuto dal Ministero della salute la specifica autorizzazione all'immissione in commercio (A.I.C.);
AstraZeneca, in data 3 marzo 2005, ha aperto una procedura di mobilità per 28 unità lavorative di cui 16 della rete di informazione scientifica sui farmaci; in data 25 luglio 2007 ha disposto la cessione di ramo d'azienda bella linea 2-Gastro-

Intestinale (G.I.) di Simesa a Marvecspharma, eliminando attraverso questo strumento 120 informatori scientifici del farmaco Simesa;
in data 26 luglio 2007 ha effettuato una cessione di contratto con esodo volontario di numerosi altri informatori scientifici del farmaco della linea gastro-intestinale (G.I.) di AstraZeneca a Marvecspharma;
in data 5 ottobre 2007 ha effettuato una cessione di ramo d'azienda di 15 informatori scientifici a Marvecspharma;
nei primi mesi del 2008 Marvecspharma ha poi posto in cassa integrazione guadagni straordinaria 450 informatori scientifici tra i quali numerosi informatori provenienti dalle cessioni di ramo d'azienda e dalle cessioni di contratto AstraZeneca e Simesa;
in data 21 gennaio 2009 ha avviato una procedura di mobilità per ristrutturazione aziendale dovuta all'asserita necessità di creare una «struttura snella e tale da affrontare proficuamente il mercato nei prossimi anni». Per tale mobilità ha licenziato, da febbraio a maggio 2009, l'intera linea Resp e G.I., più altri informatori scientifici, per un totale di n. 256 informatori scientifici del farmaco. Ed è stata posta in mobilità l'intera linea Resp e G.I., sostenendo asseritamente l'infungibilità delle mansioni svolte dagli informatori scientifici della linea G.I. e Resp Inoltre è stata disposta la dismissione dell'informazione sui farmaci G.I. e Resp per sopravvenute esigenze di mercato;
la mobilità non è stata approvata da tutti i delegati sindacali e da tutte le organizzazioni sindacali coinvolte;
a distanza di soli sei mesi dal licenziamento collettivo operato per ben 256 informatori scientifici del farmaco, e cioè in data 23 novembre 2009, AstraZeneca ha dato avvio sorprendentemente all'acquisizione di ben 170 informatori scientifici del farmaco, mediante procedura di cessione/acquisizione di ramo d'azienda, direttamente dalla controllata società farmaceutica Simesa. Simesa ha ceduto l'intera rete esterna di informatori scientifici del farmaco, ma ha mantenuto la registrazione di importanti farmaci che dovrà promuovere attraverso la ricostituzione di una rete di informatori scientifici del farmaco con costi di selezione e di formazione considerevoli. Le motivazioni per le quali AstraZeneca ha dichiarato di dovere procedere all'assunzione di ben 170 informatori scientifici del farmaco (dopo che ne aveva licenziati ben 256) sono le seguenti:
a) rafforzare la competitività di AstraZeneca per il lancio di nuovi prodotti nell'area primary care (l'esatto contrario di quanto asserito per avallare la mobilità di sei mesi or sono);
b) ottimizzare l'efficacia dell'informazione scientifica all'interno di un'unica struttura (l'esatto contrario di quanto asserito per avallare la mobilità di sei mesi or sono, visto che AstraZeneca aveva già l'unica struttura che ha diviso in due per licenziarne una metà con la mobilità);
c) evitare duplicazione di attività e procedure (la duplicazione di attività sarà invece presente, atteso che ci saranno gli stessi farmaci in promozione);
AstraZeneca ha caricato sugli oneri sociali ben 256 lavoratori, dato che ha asserito di dovere far fronte al mercato acquisendo, per esigenze produttive, 170 dipendenti di Simesa dopo avere messo in mobilità, solo sei mesi prima, la linea dedicata alla stessa informazione scientifica che ora svolge con il «ramo acquistato» da Simesa;
le esigenze produttive dichiarate da AstraZeneca appaiono, alla luce dei fatti sopra citati, non vere. Infatti, dopo soli sei mesi, ricostituisce la linea Resp e G.I. attraverso quella che all'interrogante appare una poco credibile «acquisizione di ramo d'azienda» proprio e direttamente dalla società controllata Simesa, la quale, solo un anno prima, aveva anche essa ceduto una ipotetica linea G.I.;
ad avviso dell'interrogante le operazioni sopradescritte, verosimilmente, nascondono la volontà di effettuare consistenti

riduzioni di personale ed operazioni che formalmente appaiono conformi alla disciplina vigente, ma in realtà tendono ad aggirare la normativa in materia -:
quali iniziative intendano assumere per impedire che gli ammortizzatori sociali vengano concessi ad aziende farmaceutiche con floridi bilanci, che li sottraggono a lavoratori dipendenti da aziende realmente in crisi, acquisendo a tal fine elementi circa le operazioni finanziarie riguardanti i rapporti tra le due società AstraZeneca e Simesa;
se, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda acquisire elementi circa la gestione, a giudizio dell'interrogante disinvolta, di AstraZeneca nel governare i listini concorrenti dei farmaci appartenenti ad AstraZeneca e Simesa;
quali iniziative si intendano assumere per verificare l'opportunità della decurtazione del prezzo dei farmaci AstraZeneca e Simesa, i cui costi di informazione scientifica sui farmaci sono stati abbattuti rispetto al momento della contrattazione dei prezzi.
(4-05835)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare sopra distinta, concernente le problematiche occupazionali degli informatori scientifici del farmaco del gruppo AstraZeneca Plc di cui fanno parte AstraZerieca S.p.A. e Simesa S.p.A., sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, del ministero della salute e del ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente appare opportuno fare presente che le predette società, nel 2007, hanno effettuato trasferimenti d'azienda a favore della Marvecspharma services srl, società che si occupa di fornire servizi di informazione scientifica del farmaco anche su prodotti di società farmaceutiche terze; tale ultima attività denominata
co-promotion è regolamentata dall'articolo 119, comma 5, decreto legislativo n. 219 del 2006.
La Marvecspharma services srl, a causa delle mutate esigenze del mercato farmaceutico, ha subito una lenta contrazione dei contratti di
co-promotion; conseguentemente ha concentrato l'attività sulla promozione dei propri farmaci.
In considerazione di ciò, la società ha presentato un piano di riorganizzazione ai fini della concessione del relativo trattamento di cassa integrazione guadagni straordinari; tale piano ha previsto investimenti superiori a quelli effettuati nel biennio precedente (per circa 13 milioni di euro), una parte dei quali destinati alla formazione, rivolta, prevalentemente, all'aggiornamento professionale degli informatori scientifici.
Il predetto trattamento di Cigs è stato autorizzato, con decreto del 19 giugno 2009, per il periodo 7 aprile 2008-6 aprile 2010, per un numero massimo di 450 lavoratori.
In proposito si precisa che, nel periodo dal 4 aprile 2008 al 30 settembre 2009, su un organico totale di 1082 dipendenti, hanno lasciato l'azienda 379 lavoratori (301 per mobilità e 78 per dimissioni).
Per quanto concerne la società AstraZeneca S.p.A., la medesima nel novembre 2008 ha avviato una procedura di mobilità motivata dal «generalizzato stato di sofferenza dell'industria farmaceutica in Italia» e dalla «perdita dei brevetti di alcuni prodotti chiave» oltre che dalla «aumentata concorrenza di farmaci generici»; fattori che avrebbero deteriorato il
business aziendale.
La predetta procedura ha portato al licenziamento di 229 lavoratori (tra personale di sede e territorio) di cui 197 informatori scientifici del farmaco (Isf) ed al passaggio di 17 Isf in Simesa S.p.A. (anch'essa, come AstraZeneca S.p.A., appartenente al gruppo AstraZeneca Plc).
Nel dicembre 2009, nell'intento di concentrare in AstraZeneca S.p.A. le attività di informazione scientifica del farmaco del gruppo, con l'obiettivo di rafforzarne l'efficienza operativa e ridurre gli adempimenti burocratici, Simesa S.p.A. ha ceduto ad AstraZeneca S.p.A. il ramo d'azienda «avente ad oggetto l'attività di informazione medico scientifica e pubblicità» comprendente 170 dipendenti.
Si precisa, inoltre, che entrambe le citate società non hanno presentato agli uffici competenti del ministero del lavoro e delle

politiche sociali alcuna istanza di ammissione ai benefici di integrazione salariale straordinaria; in proposito, si ribadisce che il ministero del lavoro e delle politiche sociali autorizza il trattamento di integrazione salariale, qualora sussistano i requisiti di legge, sulla base della documentazione presentata e delle risultanze ispettive disposte.
Per quanto concerne, in generale, la disciplina dei trasferimenti d'azienda sembra opportuno precisare che la normativa vigente in materia (articolo 2112 del codice civile, articolo 47 della legge 428 del 1990) non impone obblighi specifici in ordine alla continuazione dell'esercizio del ramo d'azienda ceduto né pone limitazioni in ordine alla possibilità di accesso a forme di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. Si fa, inoltre, presente che la citata normativa prevede la possibilità dell'esperimento di una consultazione sindacale tra azienda cedente, azienda cessionaria e organizzazioni sindacali, senza che l'eventuale mancato accordo possa inficiare il trasferimento d'azienda.
Con riferimento alla delicata problematica occupazionale del settore farmaceutico, si informa che l'Esecutivo ha fornito una prima risposta attraverso il progetto denominato
Welfarma.
Tale progetto ha origine dall'accordo quadro nazionale per la riqualificazione e ricollocazione del personale in esubero del settore farmaceutico, sottoscritta il 20 novembre 2008 presso il ministero dello sviluppo economico tra Farmindustria e le organizzazioni sindacali del settore (Filcem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil), cui ha partecipato Italia Lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato un piano di intervento nazionale dal titolo «azione di sistema
welfare to work per le politiche di re-impiego» attuato con l'assistenza tecnica di Italia Lavoro S.p.A., a decorrere dal 1o gennaio 2009, che rappresenta una azione strutturale di sistema di durata triennale (2009-2011), finanziata con risorse del programma operativo nazionale-fondo sociale europeo 2007-2013. L'azione si pone l'obiettivo di rispondere in modo strutturato alle urgenze poste dall'attuale crisi economica, attraverso la messa in campo di interventi volti a tutelare l'occupazione, con particolare attenzione ai soggetti più deboli del mercato del lavoro, maggiormente esposti alle ricadute della crisi, ivi compresi i lavoratori espulsi dalle industrie farmaceutiche.
A seguito della presentazione da parte di Italia Lavoro, nel settembre 2009, delle progettazioni degli interventi speciali, il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato anche l'intervento speciale a supporto del progetto
Welfarma, finalizzato al reimpiego degli informatori scientifici del farmaco.
Il progetto settoriale prevede il supporto alla realizzazione di interventi di reimpiego più mirati, efficaci ed integrati rivolti ai lavoratori fuoriusciti da specifiche crisi settoriali e in particolare dal settore farmaceutico, nelle regioni Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto.
Tale progetto, approvato per la realizzazione di azioni di assistenza tecnica realizzate da Italia Lavoro, che gravano su risorse a valere sul fondo sociale europeo-programmazione 2007-2013, prevede la messa a disposizione di risorse per la realizzazione di percorsi formativi diretti ai destinatari degli interventi, a carico del competente fondo di rotazione.
Le organizzazioni sindacali, come precisato anche dai competenti uffici del ministero dello sviluppo economico, hanno valutato positivamente le iniziative che
Welfarma sta attivamente sviluppando per la riconversione professionale degli addetti all'informazione scientifica in esubero.
Si rappresenta, sulla base dei dati Istat, che le grandi aziende farmaceutiche, pur nel contesto della crisi globale, hanno fatto un ricorso più limitato alla cassa integrazione guadagni rispetto a quanto avvenuto in altri ambiti settoriali, ricorso che è stato praticamente nullo nel secondo semestre 2009.
Si fa presente, inoltre, che dal novembre 2008, è attivo presso il ministero dello sviluppo economico un tavolo permanente per il settore farmaceutico, con l'obiettivo di monitorarne le dinamiche e definirne le politiche di sostegno.
Tale ultimo dicastero ha precisato che il prezzo dei farmaci delle aziende in parola

non si è discostato dai listini di altre aziende farmaceutiche tanto da far supporre intenti speculativi o la necessità di un intervento dell'amministrazione.
Il ministero della salute ha precisato che le operazioni societarie effettuate dalle aziende farmaceutiche, consistenti nella riduzione del personale impiegato nell'informazione medico-scientifica, non producono effetti riconducibili alle competenze dell'agenzia italiana del farmaco (AIFA) essendo ispirate da ragioni di natura imprenditoriale alle quali l'agenzia è del tutto estranea. Né potrebbe sostenersi che alla riduzione del personale possano correlarsi variazioni (in diminuzione) del prezzo delle specialità medicinali; il prezzo di un farmaco rimborsabile dal servizio sanitario nazionale, in ambito di contrattazione negoziale non comprende infatti il costo che consegue dall'impiego di informatori farmaceutici.
In realtà il prezzo di un farmaco non è determinato dal solo costo di produzione del medesimo, bensì dal risultato della contrattazione tra parte pubblica e parte privata, in applicazione dei seguenti parametri:
1. rapporto costo-efficacia, qualora il medicinale si dimostri utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esista alcuna terapia efficace;
2. rapporto rischio/beneficio rispetto a medicinali già disponibili per la medesima indicazione;
3. costo
terapia/die in confronto con prodotti con uguale efficacia;
4. valutazione dell'impatto economico sul sistema sanitario nazionale;
5. quote di mercato/pazienti stimate per il nuovo farmaco;
6. prezzi e consumi nei paesi europei.

Per accedere alla contrattazione, l'azienda interessata deve presentare apposita istanza all'Aifa corredata da un dossier nel quale sono indicati gli elementi riassuntivi della specialità medicinale, corredata da numerose informazioni tecnico-scientifiche, nonché dal prezzo che l'azienda propone al Ssn, ma da nessuno dei dati forniti emerge il costo di produzione del farmaco o altri dati che possano in qualche modo correlarsi all'argomento richiamato dall'interrogante.
Il predetto ministero ha chiarito, inoltre, che in attuazione della legge finanziaria del 2006 (articolo 1, commi 313-316 della legge 23 dicembre 2005, n. 266), recante la previsione di interventi finalizzati a favorire sul territorio nazionale investimenti in produzione, ricerca e sviluppo, l'Aifa, in qualità di ente regolatorio nazionale operativo nel settore farmaceutico, ha stipulato per il triennio 2007-2009 accordi di programma con numerose industrie farmaceutiche, secondo quanto previsto dal programma decennale di rinnovamento e di stimolo dell'ambiente economico e sociale dell'Unione europea, definito dal Consiglio europeo di Lisbona, utilizzando il valore di stimolo che può essere esercitato dal finanziamento pubblico sulle attività di ricerca e innovazione. In particolare i progetti relativi ai suddetti accordi sono finalizzati alla realizzazione di investimenti che garantiscano incrementi occupazionali, a tempo indeterminato, relativamente al personale addetto alla produzione e ad attività di ricerca e sviluppo.
Occorre precisare che l'erogazione degli incentivi è soggetta al controllo e alla verifica da parte dell'Aifa che si è riservata, altresì, la facoltà di revocare il finanziamento in ipotesi di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto approvato.
Pur non risultando attualmente che l'azienda in parola abbia sottoscritto alcun accordo di programma, si evidenzia che l'Aifa ha già preventivato per il corrente anno l'effettuazione dei richiamati controlli, finalizzati a valutare la conformità dell'attività effettivamente svolta al progetto approvato e in tal senso l'Aifa procederà a valutare gli accordi di programma che saranno eventualmente sottoscritti dalla azienda citata.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni nel settore industriale si sta sviluppando un metodo che mira sostanzialmente a disfarsi di personale, procedendo a licenziamenti collettivi di migliaia di lavoratori attraverso trasferimenti di rami d'azienda a società «satelliti» o create ad hoc per consentire queste operazioni;
si aggira in tal modo la normativa sui licenziamenti collettivi e si impedisce ai lavoratori una reale tutela dei loro diritti, mascherando un licenziamento con una fittizia continuità di rapporto lavorativo, destinato a concludersi in breve tempo con il definitivo licenziamento dei lavoratori operato dalla società, solo apparentemente acquirente, che spesso fallisce o chiude definitivamente; spesso le aziende acquirenti hanno già al momento dell'acquisto dei lavoratori un bilancio in rosso;
nel settore farmaceutico, che è il settore a maggior valore aggiunto industriale e che non conosce crisi, si sta perpetrando da diversi anni, ad avviso dell'interrogante, un sostanziale aggiramento delle norme in materia di licenziamenti collettivi attraverso l'abuso dello strumento delle cessioni di ramo d'azienda e della mobilità;
la Marvecspharma ha acquisito numerosi rami d'azienda dalle maggiori aziende farmaceutiche multinazionali. Si citano alcune di queste operazioni a titolo di esempio;
in data 31 gennaio 2007 ha acquisito da Pfizer 440 informatori scientifici al prezzo totale di 1000 euro. Non c'è chi non veda in ciò una palese anomalia in ordine al prezzo e all'oggetto della compravendita;
in data 25 luglio 2007 ha acquisito 120 informatori scientifici dalla multinazionale Astrazeneca (consociata Simesa);
in data 26 luglio 2007 ha acquisito 141 informatori scientifici del farmaco sempre da Astrazeneca;
in data 5 ottobre 2007 ha acquisito 15 informatori scientifici del farmaco sempre da Astrazeneca;
le acquisizioni di informatori scientifici sono proseguite al punto tale da rendere Marvecspharma la più grande impresa farmaceutica italiana per numero di informatori scientifici, cioè 1200 unità lavorative. Da notare che un numero di informatori scientifici pari a 1200 unità lavorative è un numero notevolmente superiore alla forza lavoro delle stesse società venditrici;
a questo punto comincia una progressiva attività di contrazione degli informatori scientifici già ceduti con le operazioni di trasferimento di ramo d'azienda, sulle cui reali finalità l'interrogante ritiene che sussistano molti dubbi;
quindi, in data 11 gennaio 2008 la Marvecspharma attiva la riduzione di personale e pone inizialmente in cassa integrazione guadagni straordinaria 200 informatori scientifici per arrivare in brevissimo tempo a 450 unità, scaricando sulla collettività gli oneri economici di operazioni che all'interrogante appaiono ciniche e socialmente dannose;
questi processi, a quanto consta all'interrogante, hanno indotto numerose persone a lasciare volontariamente l'azienda anche attraverso operazioni di mobilità mirate, per cui l'organico è passato in poco tempo da 1200 unità a 604;
in data 12 marzo 2010 l'azienda annuncia di voler collocare in cassa integrazione guadagni straordinaria ben 420 lavoratori mediante richiesta di proroga della stessa a partire dal 7 aprile 2010;
l'azienda sembrerebbe voler portare l'organico nel 2010 a 213 unità lavorative. Quindi in poco più di due anni, dei 1200 informatori scientifici fatti transitare da altre aziende verso Marvecspharma ne resterebbero in attività 213, con quello che

all'interrogante appare di fatto un licenziamento di ben 987 unità;
inoltre, l'azienda Astrazeneca, che ha recentemente ceduto a Marvecspharma un consistente numero di informatori scientifici, ha attribuito tale inevitabile decisione a:
a) l'avvento dei farmaci generici che avrebbero eroso parte delle quote di mercato della stessa Astrazeneca;
b) le pressioni delle regioni con regolamenti sulle visite degli informatori scientifici presso i medici;
c) il taglio del prezzo dei farmaci operato dal Governo;
d) gli interventi dell'Aifa per il contenimento dei costi;
la medesima azienda ha effettuato le riduzioni di personale operando nel seguente modo:
in data 25 luglio 2007, con una cessione di ramo d'azienda (consociata Simesa) a Marvecspharma, 120 informatori scientifici del farmaco vengono ricollocati attraverso questo strumento;
in data 26 luglio 2007 con una cessione di ramo d'azienda altri 141 informatori scientifici del farmaco della stessa Astrazeneca sono stati ceduti sempre a Marvecspharma;
in data 5 ottobre 2007 viene effettuata ancora una cessione di ramo d'azienda a Marvecspharma, che riguarda altri 15 informatori scientifici;
da febbraio a dicembre 2009, per l'accordo di mobilità firmato all'agenzia regionale di Milano il 21 gennaio 2009, la stessa azienda ha licenziato n. 256 informatori scientifici del farmaco e 32 lavoratori della sede di Basiglio (Milano), dichiarando peraltro che non vi sarebbero stati altri licenziamenti;
in data 23 novembre 2009 - a distanza di soli sei mesi dal licenziamento collettivo operato per ben 256 informatori scientifici - Astrazeneca ha acquisito da Simesa spa, azienda di sua proprietà e da essa direttamente gestita, 170 informatori scientifici del farmaco;
in data 9 marzo 2010, dopo aver chiuso la precedente mobilità in data 31 dicembre 2009, Astrazeneca apre una nuova procedura di mobilità con le stesse motivazioni per ulteriori 41 persone;
queste scelte effettuate da aziende che hanno ceduto o che hanno acquistato rami d'azienda, di fatto con gli stessi effetti di licenziamenti collettivi, finiscono per impedire oggi il rientro dei cassintegrati al termine del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria, scaricandone quindi ingiustamente i costi sulla collettività;
lo Stato pertanto si ritrova ad avere erogato risorse per cosiddetti investimenti alle società che hanno ceduto i lavoratori (Pfizer, Astrazeneca e altre) e, insieme, a farsi carico di dover corrispondere ammortizzatori sociali non dovuti, atteso che chi ha ceduto i lavoratori non avrebbe avuto diritto, a giudizio dell'interrogante, ad accedere a tali risorse;
per quanto concerne l'emergenza occupazionale del settore, relativa, in particolare, alle figure professionali degli addetti all'informazione scientifica, si ricorda che è stato sottoscritto un articolato accordo tra Farmindustria e le organizzazioni sindacali, che hanno dato vita al progetto denominato Welfarma;
tale progetto la cui dotazione, erogata dallo Stato, risulta pari a 10 milioni di euro parrebbe aver registrato un totale fallimento, giacché, a fronte di 12.000 esuberi, solo 122 informatori scientifici del farmaco hanno firmato il patto per entrare in questo apparato, che dovrebbe ridare collocazione a lavoratori che però difficilmente riusciranno a ricollocarsi;
ad avviso dell'interrogante, le operazioni sopra descritte, verosimilmente, nascondono la volontà di effettuare consistenti riduzioni di personale ed operazioni che formalmente appaiono conformi alla

disciplina vigente, ma in realtà tendono ad aggirare la normativa in materia;
inoltre l'interrogante ritiene che non vi siano i motivi e le condizioni per avviare procedure di mobilità in settori che sono stati già oggetto di riduzione di personale -:
se il Governo disponga di elementi che confermino la ricostruzione di cui in premessa;
in caso affermativo, quali iniziative si intendano adottare affinché siano recuperati i costi di tutti gli ammortizzatori non dovuti, restituendo allo Stato quanto i competenti uffici rileveranno;
se si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad un'accurata verifica della politica dei prezzi dei farmaci delle aziende che hanno abbattuto i costi di produzione attraverso drastici tagli di personale;
se non si intenda, per quanto di competenza, effettuare una verifica dei contratti di cessione di ramo d'azienda e delle procedure di mobilità attivate dalle aziende farmaceutiche che vi hanno fatto ricorso, per accertare il rispetto della normativa ed operare il recupero delle somme eventualmente erogate in virtù del ricorso ad ammortizzatori sociali in mancanza dei presupposti di legge;
se non si ritenga di riconsiderare il sostegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al progetto Welfarma, che, ad avviso dell'interrogante, è risultato del tutto fallimentare.
(4-06677)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali, del ministero della salute e del ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
Nel corso del 2007 le società Simesa spa e Astrazeneca spa hanno effettuato trasferimenti d'azienda a favore della Marvecspharma services srl, società che si occupa di fornire servizi di informazione scientifica del farmaco anche su prodotti di società farmaceutiche terze; tale, ultima attività denominata
co-promotion è regolamentata dall'articolo 119, comma 5, decreto legislativo n. 219 del 2006.
La Marvecspharma services srl, a causa delle mutate esigenze del mercato farmaceutico, ha subito una lenta contrazione dei contratti di
co-promotion; conseguentemente ha concentrato l'attività sulla promozione dei propri farmaci.
In considerazione di ciò la società ha presentato un piano di riorganizzazione ai fini della concessione del relativo trattamento cassa integrazione guadagni straordinari; tale piano prevedeva investimenti superiori a quelli effettuati nel biennio precedente (per circa 13 milioni di euro), una parte dei quali destinati alla formazione, rivolta, prevalentemente, all'aggiornamento professionale degli informatori scientifici.
Il predetto trattamento di cassa integrazione guadagni straordinari è stato autorizzato, con decreto del 19 giugno 2009, per il periodo 7 aprile 2008 - 6 aprile 2010, per un numero massimo di 450 lavoratori.
In proposito si precisa che, nel periodo dal 4 aprile 2008 al 30 settembre 2009, su un organico totale di 1082 dipendenti, hanno lasciato l'azienda 379 lavoratori (301 per mobilità e 78 per dimissioni).
Per quanto concerne la società AstraZeneca spa, la medesima nel novembre 2008 ha avviato una procedura di mobilità motivata dal «generalizzato stato di sofferenza dell'industria farmaceutica in Italia» e dalla «perdita dei brevetti di alcuni prodotti chiave» oltre che dalla «aumentata concorrenza di farmaci generici»; fattori che avrebbero deteriorato il
business aziendale.
La predetta procedura ha portato al licenziamento di 229 lavoratori (tra personale di sede e territorio) di cui 197 informatori scientifici del farmaco (Isf) ed al passaggio di 17 Isf in Simesa spa (anch'essa, come AstraZeneca spa, appartenente al gruppo AstraZeneca Plc).
Nel dicembre 2009, nell'intento di concentrare in AstraZeneca spa le attività di informazione scientifica del farmaco del gruppo, con l'obiettivo di rafforzarne l'efficienza

operativa e ridurre gli adempimenti burocratici, Simesa spa ha ceduto ad AstraZeneca spa il ramo d'azienda «avente ad oggetto l'attività di informazione medico scientifica e pubblicità» comprendente 170 dipendenti.
Si precisa, inoltre, che entrambe le citate società non hanno presentato agli uffici competenti del ministero del lavoro e delle politiche sociali alcuna istanza di ammissione ai benefici di integrazione salariale straordinaria; in proposito, si ribadisce che il ministero del lavoro e delle politiche sociali autorizza il trattamento di integrazione salariale, qualora sussistano i requisiti di legge, sulla base della documentazione presentata e delle risultanze ispettive disposte.
Per quanto concerne, in generale, la disciplina dei trasferimenti d'azienda sembra opportuno precisare che la normativa vigente in materia (articolo 2112 codice civile, articolo 47 della legge n. 428 del 1990) non impone obblighi specifici in ordine alla continuazione dell'esercizio del ramo d'azienda ceduto né pone limitazioni in ordine alla possibilità di accesso a forme di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. Si fa, inoltre, presente che la citata normativa prevede la possibilità dell'esperimento di una consultazione sindacale tra azienda cedente, azienda cessionaria e organizzazione sindacali, senza che l'eventuale mancato accordo possa inficiare il trasferimento d'azienda.
Con riferimento alla delicata problematica occupazionale del settore farmaceutico, si informa che l'Esecutivo ha fornito una prima risposta attraverso il progetto denominato
Welfarma, di cui si fa cenno nell'atto ispettivo.
Tale progetto ha origine dall'accordo quadro nazionale per la riqualificazione e ricollocazione del personale in esubero del settore farmaceutico, sottoscritto il 20 novembre 2008 presso il ministero dello sviluppo economico tra Farmindustria e le organizzazioni sindacali del settore (Filcem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil), cui ha partecipato Italia Lavoro.
Il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato un piano di intervento nazionale dal titolo «azione di sistema
Welfare to Work per le politiche di re-impiego» attuato con l'assistenza tecnica di Italia Lavoro spa a decorrere dal 1° gennaio 2009, che rappresenta una azione strutturale di sistema di durata triennale (2009-2011), finanziata con risorse del programma operativo nazionale - Fondo sociale europeo 2007-2013. L'azione si pone l'obiettivo di rispondere in modo strutturato alle urgenze poste dall'attuale crisi economica, attraverso la messa in campo di interventi volti a tutelare l'occupazione, con particolare attenzione ai soggetti più deboli del mercato del lavoro, maggiormente esposti alle ricadute della crisi, ivi compresi i lavoratori espulsi dalle industrie farmaceutiche.
A seguito della presentazione da parte di Italia Lavoro, nel settembre 2009, delle progettazioni degli interventi speciali, il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato anche l'intervento speciale a supporto del progetto
Welfarma, finalizzato al reimpiego degli informatori scientifici del farmaco.
Il progetto settoriale prevede il supporto alla realizzazione di interventi di reimpiego più mirati, efficaci ed integrati rivolti ai lavoratori fuoriusciti da specifiche crisi settoriali e in particolare dal settore farmaceutico, nelle regioni Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto.
Tale progetto, approvato per la realizzazione di azioni di assistenza tecnica realizzate da Italia Lavoro, che gravano su risorse a valere sul fondo sociale europeo-programmazione 2007-2013, prevede la messa a disposizione di risorse per la realizzazione di percorsi formativi diretti ai destinatari degli interventi, a carico dei competente fondo di rotazione.
Alla data del 12 maggio 2010, hanno aderito a tale programma 298 lavoratori (tra i quali 128 ricollocati con l'utilizzo di diverse tipologie contrattuali) supportati nel percorso di reinserimento da tre agenzie per il lavoro.
In fase di programmazione del citato progetto, era stato previsto un totale di risorse destinate alla formazione dei lavoratori pari a 10 milioni di euro. In seguito, però, è stata decisa l'erogazione delle risorse

sulla base dell'andamento del progetto in considerazione del monitoraggio dei dati sui lavoratori aderenti.
Allo stato degli atti, il ministero del lavoro sta procedendo al controllo della regolarità amministrativa e contabile delle relazioni trimestrali trasmesse da Italia Lavoro, contenenti gli aggiornamenti sull'andamento delle azioni già realizzate distinte per ciascun territorio, riguardanti sia l'azione di sistema nel complesso che i singoli interventi specifici approvati.
Per quanto riguarda le citate risorse a carico del fondo di rotazione, per gli interventi diretti di formazione, il ministero del lavoro ha ricevuto da Italia Lavoro una prima richiesta di risorse pari a circa 500 mila euro, successivamente portate a 1 milione di euro. Ad oggi sono in atto le verifiche sulla regolarità della spesa per le azioni di sistema al fine di acquisire le informazioni circa il rispetto delle procedure di selezione dei beneficiari dei contributi per la formazione, all'esito delle quali si provvederà alla definizione dei relativi atti di impegno,
Le organizzazioni sindacali, come precisato anche dai competenti uffici del ministero dello sviluppo economico, hanno valutato positivamente le iniziative che
Welfarma sta attivamente sviluppando per la riconversione professionale degli addetti all'informazione scientifica in esubero.
Si rappresenta, sulla base dei dati Istat, che le grandi aziende farmaceutiche, pur nel contesto della crisi globale, hanno fatto un ricorso più limitato alla cassa integrazione guadagni rispetto a quanto avvenuto in altri ambiti settoriali, ricorso che è stato praticamente nullo nel secondo semestre 2009.
Si fa presente, inoltre, che dal novembre 2008, è attivo presso il ministero dello sviluppo economico un tavolo permanente per il settore farmaceutico, con l'obiettivo di monitorarne le dinamiche e definirne le politiche di sostegno.
Il ministero della salute ha precisato che le operazioni societarie effettuate dalle aziende farmaceutiche, consistenti nella riduzione del personale impiegato nell'informazione medico-scientifica, non producono effetti riconducibili alle competenze dell'agenzia italiana del farmaco (Aifa) essendo ispirate da ragioni di natura imprenditoriale alle quali l'agenzia è del tutto estranea. Né potrebbe sostenersi che alla riduzione del personale possano correlarsi variazioni (in diminuzione) del prezzo delle specialità medicinali; il prezzo di un farmaco rimborsabile dal servizio sanitario nazionale, in ambito di contrattazione negoziale, non comprende infatti il costo che consegue dall'impiego di informatori farmaceutici.
In realtà il prezzo di un farmaco non è determinato dal solo costo di produzione del medesimo, bensì dal risultato della contrattazione tra parte pubblica e parte privata, in applicazione dei seguenti parametri:
1) rapporto costo-efficacia, qualora il medicinale si dimostri utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esista alcuna terapia efficace;
2) rapporto rischio/beneficio rispetto a medicinali già disponibili per la medesima indicazione;
3) costo
terapia/die in confronto con prodotti con uguale efficacia;
4) valutazione dell'impatto economico sul sistema sanitario nazionale;
5) quote di mercato/pazienti stimate per il nuovo farmaco;
6) prezzi e consumi nei paesi europei.

Per accedere alla contrattazione, l'azienda interessata deve presentare apposita istanza all'Aifa corredata da un dossier nel quale sono indicati gli elementi riassuntivi della specialità medicinale, corredata da numerose informazioni tecnico-scientifiche, nonché dal prezzo che l'azienda propone al servizio sanitario nazionale, ma da nessuno dei dati forniti emerge il costo di produzione del farmaco o altri dati che possano in qualche modo correlarsi all'argomento richiamato dall'interrogante.
Il predetto ministero ha chiarito, inoltre, che in attuazione della legge finanziaria del 2006 (articolo 1, commi 313-316 della legge 23 dicembre 2005, n. 266), recante la previsione di interventi finalizzati a favorire

sul territorio nazionale investimenti in produzione, ricerca e sviluppo, l'Aifa, in qualità di ente regolatorio nazionale operativo nel settore farmaceutico, ha stipulato per il triennio 2007-2009 accordi di programma con numerose industrie farmaceutiche, secondo quanto previsto dal programma decennale di rinnovamento e di stimolo dell'ambiente economico e sociale dell'Unione europea, definito dal Consiglio europeo di Lisbona, utilizzando il valore di stimolo che può essere esercitato dal finanziamento pubblico sulle attività di ricerca e innovazione. In particolare i progetti relativi ai suddetti accordi sono finalizzati alla realizzazione di investimenti che garantiscano incrementi occupazionali, a tempo indeterminato, relativamente al personale addetto alla produzione e ad attività di ricerca e sviluppo.
Occorre precisare che l'erogazione degli incentivi è soggetta al controllo e alla verifica da parte dell'Aifa, che si è riservata, altresì, la facoltà di revocare il finanziamento in ipotesi di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto approvato.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

ZACCHERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia detiene nel mondo il primato per l'esistenza dei tesori d'arte, ma innumerevoli sono anche i beni artistici che necessitano di continui interventi di manutenzione e di restauro;
per questi motivi la categoria dei restauratori d'arte è particolarmente importante per la tutela e valorizzazione del nostro patrimonio artistico;
nella predetta categoria coesistono persone che hanno seguito recenti corsi di studi a livello di formazione universitaria, ma anche artigiani di lunga esperienza professionale e che nei decenni di lavoro hanno man mano acquisito ineguagliabili abilità manuali e capacità tecniche tanto da essere spesso essi stessi chiamati ad insegnare ai più giovani restauratori le tecniche di intervento;
si pone il problema per queste categorie di non aver a suo tempo sostenuto studi a livello universitario, ma ciò può porsi in contrasto con l'articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e con i suoi provvedimenti attuativi, tra cui il bando di selezione pubblica contenente le modalità di conseguimento delle qualifiche e di partecipazione alla prevista prova di idoneità, che sta causando molte difficoltà alle imprese artigiane che in Italia operano in questo settore e contano almeno 30.000 addetti;
molte aziende artigiane di assoluto valore tecnico-artistico e di indubbia esperienza (spesso costituite da un solo addetto) si trovano nell'impossibilità di vedersi riconosciute sia esperienze che lavori certificati dalla Sovraintendenze tanto che si stima che solo il 2 per cento delle imprese potranno essere riconosciute dalla nuova normativa, con il rischio di perdere capacità professionali preziose ed enormi, a danno degli stessi enti che necessitano di operatori qualificati per operazioni di restauro;
si impongono una serie di iniziative che vanno dalla proroga dei termini per il riconoscimento professionale ad almeno tutto il 2010, al cancellamento dei riferimenti temporali pregressi per la dimostrazione di attività lavorativa qualificata, alla semplificazione delle procedure per le domande avvalendosi in parte anche della autocertificazione dei lavori svolti;
più in generale, appare evidente la necessità di una normativa che tenga conto delle effettive peculiarità e competenze professionali maturate in anni di attività di cantiere e sul territorio -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di ovviare alle situazioni evidenziate in premessa che potrebbero negativamente incidere sulla conservazione del patrimonio artistico nazionale.
(4-05003)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Questo dicastero ha attuato o favorito interventi normativi e interpretativi che hanno tenuto conto delle richieste provenienti dalle associazioni di categoria coerenti con l'impianto della disciplina introdotta dal codice.
Ciò premesso, occorre anzitutto evidenziare che le esperienze lavorative maturate nel settore del restauro di beni culturali vengono riconosciute dall'articolo 182 del codice, con riferimento a determinati limiti temporali, nonché a determinati presupposti di responsabilità ed autonomia professionale.
In particolare, la previsione testuale dell'articolo 182, comma 1-
ter, richiede l'esistenza di una specifica documentazione in ordine all'attività svolta da ciascun operatore. Poiché una simile documentazione può risultare di difficile reperimento per coloro che non siano titolari, bensì dipendenti o collaboratori delle imprese appaltatrici, il Ministero, nell'ambito della selezione pubblica in corso volta al conseguimento delle qualifiche, ha apprestato un sistema di valutazione incentrato sulla dichiarazione e dimostrazione della posizione lavorativa nei confronti dell'impresa appaltatrice, da parte degli interessati, e sulla successiva attestazione di quanto dichiarato, ad opera delle Soprintendenze preposte alla tutela del bene oggetto dell'attività di restauro.
In pratica, in mancanza di elementi contrastanti e di conflitti tra diversi richiedenti, alla dimostrazione della posizione lavorativa seguirà l'attestazione dell'attività di restauro dichiarata.
Per la qualifica di collaboratore restauratore, la dimostrazione può consistere anche in un'autocertificazione o in una dichiarazione del datore di lavoro.
A tal proposito si rappresenta che si tratta di una forte apertura interpretativa rispetto al tenore testuale della normativa. Consentire di più, avrebbe significato dare rilevanza al lavoro nero o alle mansioni di fatto, ipotesi evidentemente impraticabile per elementari esigenze di certezza e salvaguardia della qualità degli interventi, oppure basarsi, anche per la qualifica di restauratore, sulle autocertificazioni, ciò che la legge espressamente esclude.
Non si sarebbe trattato di una semplificazione, ma di un vere proprio abbandono di ogni possibilità di controllo sulla effettiva capacità ed esperienza degli operatori, anche in via presuntiva o indiretta, che avrebbe comportato evidenti pericoli per la tutela del patrimonio culturale.
Anche secondo l'impostazione indicata, la dimostrazione dell'attività svolta resta comunque un adempimento complesso.
Per questo motivo, il termine di presentazione delle domande è stato prorogato al 30 aprile 2010, sono stati fornite analitiche linee guida applicative, sono stati diramati chiarimenti attraverso il sito istituzionale e sono stati, attivati presso le direzioni regionali centri di assistenza.
Si comunica inoltre che, da ultimo, con il decreto-legge cosiddetta proroga termini, per venire incontro alle esigenze dei più giovani - le cui aspettative erano state alimentate dalla ritardata attuazione dell'articolo 182 - alcune date ultime di riferimento per lo svolgimento dell'attività di restauro sono state spostate al luglio 2009 (entrata, in vigore della nuova disciplina della formazione dei restauratori, dettata dal decreto ministeriale n. 87 del 2009). Tanto, per quanto concerne l'accesso alla prova di idoneità utile al conseguimento della qualifica di restauratore, ed il conseguimento in via diretta della qualifica di collaboratore restauratore.
Si ritiene, pertanto, che il ministero abbia cercato di venire incontro alle esigenze degli operatori, ed in particolare delle imprese artigiane, nei modi che la prioritaria necessità di assicurare la qualità degli interventi di restauro consentiva. Del resto, secondo le previsioni di questo ministero, la stragrande maggioranza degli interessati dovrebbe vedersi riconosciuta una delle qualifiche previste, e continuare quindi ad operare nel settore.
Resta comunque inteso che, nel rispetto dei suddetti punti fermi, il ministero per i beni e le attività culturali è disponibile ad attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria degli artigiani al

fine di individuare criteri applicativi delle disposizioni oggi vigenti e modalità operative che garantiscano un corretto svolgimento delle attività di attestazione da parte delle soprintendenze, nonché delle attività di valutazione delle posizioni dei singoli, compresa la prova di idoneità, nel prosieguo della procedura di selezione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'associazione francese anti nuclearista Réseau «Sortir du nucléaire» è venuta in possesso di alcuni documenti confidenziali, divulgati da una fonte anonima interna ad Edf da cui risulta che la progettazione dell'Epr implica un serio rischio di maggiori incidenti, rischio preso coscientemente da Edf per ragioni di calcolo economico;
da una prima lettura dei documenti risulta che: «Alcuni modi di controllo del reattore Epr possono provocare l'esplosione del reattore a causa dell'espulsione dei cluster (che permettono di moderare, di sopprimere la reazione nucleare). Questi modi di controllo sono principalmente legati ad un obiettivo di redditività economica, che implica che la potenza del reattore possa essere adattata alla domanda di energia elettrica. Così, allo scopo di trovare una giustificazione ipotetica economica all'Epr, i suoi progettisti hanno fatto la scelta di correre il rischio concreto di un incidente nucleare. Inoltre, l'essenzialità delle argomentazioni a favore dell'Epr (potenza, rendimento, diminuzione dei rifiuti, sicurezza aumentata) risulta falsa. Edf ed Areva hanno tentato di modificare il controllo del reattore: questi sforzi non hanno dato esito positivo a blocchi o intoppi che eliminano questa classe di incidenti. L'autorità di sicurezza nucleare (Asn) sembra essere stata tenuta all'oscuro di queste questioni. Sembra dunque che la concezione del Epr aumenti il rischio di un incidente di tipo Chernobyl, che comporterebbe la distruzione del recinto di relegazione e la dispersione massiccia di radionucleidi nell'atmosfera»;
il possibile scenario dell'incidente nei suoi dettagli così come emerge nei documenti di cui è entrata in possesso Réseau «Sortir du nucléaire» è il seguente: «Secondo i calcoli di Edf e di Areva, il controllo del reattore in modo RIP (ritorno istantaneo in potenza) e la disposizione dei cluster di comando del reattore possono causare un incidente d'espulsione dei cluster stessi a debole potenza e comportare la rottura dell'involucro del meccanismo di comando di questi. Questa rottura causerebbe il passaggio del refrigerante fuori dal serbatoio del reattore nucleare. La perdita di refrigerante, liquido di raffreddamento (un tipo d'incidente nucleare molto grave), comporterebbe la rottura di un numero importante di barre con riscaldamento del combustibile e delle guaine e dunque il rilascio di vapore estremamente radioattivo nel recinto di relegazione. C'è allora un rischio grave d'escursione critica che provocherebbe un'esplosione, essendo la potenza del reattore Epr moltiplicata in modo estremamente brutale. Dopo le espulsioni dei cluster di comando a debole potenza (Edg), il reattore Epr potrebbe non mettersi in «arresto automatico». Qualunque sia la configurazione dei cluster di comando, l'incidente d'espulsione di un gruppo di comando comporta un tasso grave di rottura del combustibile (Nce) e dunque un rischio elevato d'escursione - fuga - critica»;
il reattore EPR è alla base dei protocolli Enel-Edf successivi all'accordo siglato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il Presidente francese in vista del rientro dell'Italia nel nucleare -:
se il Governo sia al corrente dei problemi di sicurezza sopra riferiti;
se intenda comunque proseguire nella realizzazione in Italia di reattori che comportano simili problematiche.
(4-06522)

Risposta. - L'interrogazione in esame fa riferimento a notizie diffuse dalla associazioni, francese antinuclearista Réseau «Sortir du nucléaire» in ordine al reattore Epr (European Pressurized Reactor), secondo le quali l'obiettivo, perseguito dal progettista a fini economici, di adeguare la produzione al carico richiesto dalla rete elettrica, avrebbe condotto ad una concezione ingegneristica del reattore in parola che implicherebbe gravi rischi di un incidente importante «tipo Chemobyl». Più in dettaglio, la possibile espulsione di un gruppo di barre di controllo del reattore in regime di bassa potenza potrebbe dar luogo ad una sequenza incidentale grave.
In merito ai problemi di sicurezza sopra evidenziati, si rappresenta quanto segue.
La caratteristica di funzionamento in «modulazione di carico» non è riconducibile, in via esclusiva, ad un fine di tipo economico. Anzi, viste le caratteristiche produttive degli impianti nucleari, per i quali il costo di produzione registra un più marcato contenimento quanto più essi vengano eserciti in prossimità della massima potenza, si ritiene che uno scopo esclusivamente economico-commerciale sia meglio perseguibile con altre tipologie di impianto, più adatte alla modulazione.
Verosimilmente, la verifica delle condizioni di sicurezza, anche in assetto diverso da quello di pieno carico, è riconducibile alla necessità di analizzare tutte le situazioni di possibile esercizio di un impianto, anche quelle
sub ottimali o comunque non tipiche, ma pur sempre possibili in considerazione delle esigenze di sicurezza della rete elettrica o del sistema elettrico nel suo insieme.
In merito alla ipotesi di sequenza incidentale riportata in premessa, si evidenzia che l'analisi di sicurezza di qualsiasi moderna centrale nucleare (si ricorda, al riguardo, che la
safety assessment è nata proprio nel settore nucleare) è effettuata sostituendo al precedente approccio probabilistico, un approccio di tipo deterministico. Ciò significa che in sede di progetto: 1) vengono definiti ed analizzati vari eventi che possono evolversi in un incidente - anche se caratterizzati da una probabilità di verificarsi molto bassa - e, di conseguenza, il progetto viene sviluppato in modo da minimizzare la probabilità che l'incidente si verifichi; 2) in ossequio alla filosofia della «difesa in profondità», si assume inoltre che l'incidente si possa verificare comunque e si accerta che, in tale condizione, il progetto dell'impianto sia tale che l'evento non comporti significativi effetti sulla popolazione, sui lavoratori e sull'ambiente.
Per quanto riguarda l'espulsione delle barre di controllo, menzionata nell'interrogazione, si fa presente che tale fattispecie rappresenta un incidente che, nonostante sia caratterizzato da una probabilità di verificarsi estremamente bassa, viene preso in considerazione normalmente nella analisi di sicurezza di ogni impianto nucleare. Questo, proprio al fine di dimostrare che, anche qualora si verificasse, non darebbe luogo a rilasci di radioattività significativi. Pertanto, l'ipotesi incidentale cui
Réseau «Sortir du nucléaire» fa riferimento, lungi dal costituire una «rivelazione» o, peggio, una questione di cui l'autoritè de Sûreté nucléaire francese sia stata tenuta all'oscuro da parte del proponente, rappresenta piuttosto un elemento incluso per prassi nella analisi di sicurezza dei reattori nucleari.
Da informazioni assunte per le vie brevi, risulta che l'evento in parola sia stato incluso anche nel rapporto preliminare di sicurezza dell'impianto attualmente in costruzione in Francia e che tale analisi verrà aggiornata in sede di presentazione del rapporto di
pre-commissioning: pertanto, l'autorizzazione finale dell'Asn francese includerebbe anche la valutazione di tale aspetto.
Per quanto concerne la realizzazione in Italia di nuove centrali nucleari, si precisa che ogni tipologia di reattore nucleare proposto per la produzione di energia elettrica sul territorio nazionale dovrà, comunque, soddisfare i requisiti richiesti dalla delibera Comitato interministeriale per la programmazione economica di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, per la quale sono in corso i previsti passaggi istituzionali.


Si precisa, inoltre, che la validazione di ogni specifico progetto, presentato dall'esercente, relativo alla realizzazione di nuove centrali nucleari sarà a cura dell'agenzia per la sicurezza nucleare, che dovrà, ai sensi dell'articolo 13, comma 10 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, trasmettere al ministero dello sviluppo economico un parere vincolante ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica alla costruzione ed all'esercizio.
Si può, pertanto, assicurare che nessuna centrale nucleare potrà essere operativa sul suolo nazionale senza che siano stati preventivamente accertati, dagli organismi competenti, i requisiti fondamentali di sicurezza nucleare cui si fa riferimento nell'atto di cui trattasi.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso di venerdì 2 aprile 2010, il Governo e l'Anas hanno promesso il completamento dei lavori per l'autostrada Salerno-Reggio Calabria entro il 2013, ma alcuni esperti consultati dal settimanale parlano del 2016, quando non indicano il 2020;
la prova che l'obiettivo sarà mancato si trova negli stessi documenti interni dell'Anas, che L'Espresso ha potuto consultare. Fra il febbraio del 2009 e il febbraio del 2010 il cronoprogramma è avanzato di pochissimo. All'inizio del 2009 i lavori in corso o in appalto riguardavano 180 chilometri di tracciato e sono ancora 180. I chilometri da progettare erano 75 e sono 70. I chilometri ultimati un anno fa erano 185,7 ed ora sono 193,5. Dodici mesi per completare 7,8 chilometri di autostrada. Tutta la tempistica delle aperture sta slittando in avanti. Nel 2009 si prevedeva di finire 57 chilometri di strada entro il 2010 e quasi 140 entro il 2011. Nel 2010 si è scesi a 30 chilometri entro il 2010 a 106 entro il 2011;
nel 2009 servivano circa altri 2,7 miliardi di euro, ora servono altri 2,7 miliardi di euro, dopo avere già impegnato 7,5 miliardi. Ora il totale dell'investimento supera i 10 miliardi. Oltre 10 miliardi di spesa pubblica non basteranno per evitare l'odissea quotidiana sull'A3. Ci vorranno almeno un paio di miliardi in più perché le imprese di costruzione stanno avanzando perizie di variante, aggiornamento prezzi e riserve tecniche. Nessun passo avanti sostanziale è stato fatto ma la data di fine lavori al 2013 è rimasta invariata dello stesso punto di fine legislatura. Dove saranno trovati i miliardi che mancano non è chiaro: la finanziaria per il 2010 ha dato all'Anas soltanto i 300 milioni di euro necessari all'aumento di capitale della controllata Stretto di Messina;
le ristrettezze imposte dal ministero dell'economia e delle finanze non si ripercuoteranno soltanto sui nuovi progetti e sui nuovi tratti da assegnare a gara ma anche sulla semplice manutenzione ordinaria del tracciato: mancano i soldi per le buche, la segnaletica, i cartelli e i problemi normali;
il tratto Rogliano-Altilia a sud di Cosenza, segmento dove si sono consumati diversi incidenti, risulta fra i lotti da progettare e finanziare e rappresenta una delle zone più problematiche. Altri tratti molto difficili sono quelli fra Calabria e Basilicata dove non c'è un chilometro di autostrada completata. Sul Pollino sono stati assegnati gli appalti, ma non ci sono i cantieri. Nella zona di Castrovillari mancano ancora i progetti. Lo stesso succede a sud di Cosenza, sotto Lamezia, nel golfo di Pizzo. L'ultima gara risale a 10 mesi fa, quando Maire Tecnimont e i catanesi di Uniter (Costanzo, Campione, Bosco) si sono aggiudicati per 400 milioni di euro la seconda parte del macrolotto 3. L'opera include l'ampliamento in sede del ponte

sul fiume Lao, il più alto d'Italia a 259 metri di altezza. Sarà ampliato e non abbattuto anche l'altro gigante dell'A3, lo Sfalassà, 210 metri di altezza fra Scilla e Bagnara. In entrambi i casi, si annunciano chiusure che si trasformeranno in un inferno per gli automezzi. I sindacati hanno protestato per le condizioni di sicurezza non rispettate nei cantieri aperti, ad esempio nella zona più a sud, macrolotti 5 e 6, dove si possono contare altri incidenti;
inoltre, la contabilità degli attentati e delle certificazioni antimafia revocate è a tre cifre in una delle zone a maggiore densità mafiosa d'Italia. Le imprese che hanno vinto i lavori, Impregilo e Condotte, sono strette fra l'assedio del crimine e le difficoltà tecniche. Il progetto stabilisce di abbattere viadotti in ottimo stato in favore di gallerie. Nonostante i motivi ambientalistici pro tunnel, i trafori sono più convenienti anche per le imprese perché offrono più margine per aumentare i prezzi in corso d'opera. Un esempio fra tanti: dove il progetto esecutivo prevedrebbe cavi interrati, il progetto costruttivo li realizza in volta, con prezzi maggiorati per la protezione contro gli incendi e i topi, senza controlli della vigilanza;
alcuni esempi: il macrolotto 5, bandito per 1,2 miliardi di euro e aggiudicato a 1 miliardo con il 16 per cento di ribasso, potrebbe costare il doppio. Le 35 riserve tecniche iscritte dall'Ati fra Impregilo e Condotte, due colossi delle costruzioni, superano i 900 milioni di euro e il tassametro continua a girare. Fra le richieste degli appaltatori: i prezzi maggiorati dei prodotti siderurgici e degli esplosivi, i 2 milioni spesi per il protocollo antimafia con la prefettura di Reggio, gli eventi meteorologici eccezionali, la sospensione dei lavori causa incendi e la sorpresa geologica. Impregilo e Condotte hanno deciso di aumentare la quota dei lavori da affidare ad altre imprese. La lentezza dei cantieri, in una delle zone a più alta disoccupazione d'Europa, è a suo modo una garanzia. A prendere gli appalti sono soprattutto le grandi e le medie imprese: Pizzarotti, consorzio Sis, Fincosit, le società della Lega cooperative, la Btp di Roberto Fusi;
sul macrolotto 6, il più a sud, la situazione è la seguente. Partenza ufficiale dei lavori: ottobre 2007. Termine previsto: 31 gennaio 2011. Situazione reale: l'avanzamento delle opere dichiarato dall'Anas è pari al 2,8 per cento e da parte delle imprese, che hanno già ottenuto 33 milioni in più sui 600 dell'appalto originale, sono in arrivo altre centinaia di milioni di riserve. Il macrolotto 6 si dovrebbe allacciare al ponte per saldare la parte finale del corridoio 1 Berlino-Palermo. I progettisti interessati dichiarano la monocampata da 3,3 chilometri tecnicamente impossibile. Tuttavia il Governo il 23 dicembre 2009 ha inaugurato i cantieri a Cannitello in Calabria e i lavori veri e propri dovrebbero partire a metà del 2011, con termine previsto per fine 2016. A marzo Pietro Ciucci, presidente dell'Anas e amministratore della Stretto di Messina, ha annunciato che. la progettazione definitiva sarebbe dovuta partire il 1° aprile 2010 -:
se sia vero quanto esposto in premessa riguardo ai programmi che risultano dai documenti Anas e che non sembrano essere stati rispettati;
quali siano le iniziative concrete improntate alla trasparenza e alle regole della buona amministrazione che si intendono adottare al fine della realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, per un effettivo miglioramento del traffico veicolare fra Nord e Sud del nostro Paese.
(4-06725)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con riferimento all'interrogazione in oggetto, relativa allo stato dei lavori in corso sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, si comunica che il termine per il completamento dei lavori rimane fissato al 2013, così come affermato, in più occasioni, dai vertici aziendali dell'Anas.


Riguardo agli specifici interventi citati nell'interrogazione Anas chiarisce quanto segue.
Il tratto Rogliano-Altilia a sud di Cosenza rientra nell'ambito del macrolotto 4, per il quale è stato redatto il progetto definitivo e risulta attivata la Conferenza dei servizi per l'acquisizione di pareri/osservazioni da parte degli enti interessati.
Il tratto di autostrada ricadente tra Basilicata e Calabria rientra, in parte nell'ambito del macrolotto 2, con i lavori già avviati e la previsione di chiusura nel 2012, e in parte nell'ambito del macrolotto 3 parte I, per il quale è in corso la progettazione esecutiva, a cura del contraente generale aggiudicatario, con avvio dei cantieri previsto entro l'autunno 2010.
Il tratto ricadente sul Pollino rientra, sia nell'ambito del macrolotto 3 parte II, già aggiudicato, sia nell'ambito del macrolotto 3 parte III, i cui lavori, consegnati alla fine dello scorso mese di aprile, sono in corso.
Il tratto ricadente nella zona di Castrovillari rientra nel macrolotto 3 parte IV, attualmente in fase di progettazione definitiva.
Nel tratto tra Lamezia e Sant'Onofrio ricadono n. 3 interventi, dei quali uno già ultimato da tempo e due in fase di progettazione.
La complessità dei lavori di ammodernamento, dovuta alla particolare situazione orografica/geomorfologica del territorio attraversato e alla necessità di conciliare le attività realizzative con il mantenimento del traffico autostradale, ha comportato una maggiore attenzione dell'Anas su due aspetti fondamentali: la sicurezza dei cantieri e la prevenzione degli infortuni/incidenti nei luoghi di lavoro. In particolare, l'Anas verifica, direttamente o nel caso di affidamenti a contraente generale per mezzo di tecnici esterni deputati, l'osservanza degli adempimenti in materia di sicurezza prescritti dalla legge e dal contratto accertando che vengano attuati i necessari provvedimenti per la prevenzione degli infortuni e per la tutela dei lavoratori.
Riguardo, poi, al tema del condizionamento criminale negli appalti per i lavori di competenza Anas, esso risulta da tempo all'attenzione del vertice aziendale di Anas, il quale, proprio nell'ottica di attuare ogni possibile forma di contrasto, ha reso operativa una struttura aziendale
ad hoc denominata unità legalità e trasparenza. A tale articolazione, istituzionalmente e con competenza sull'intero territorio nazionale, è affidato il compito di effettuare un costante monitoraggio sulla situazione dell'ordine pubblico nelle aree interessate dai cantieri, dove operano le imprese impegnate nella realizzazione delle infrastrutture.
Questo monitoraggio, regolato da specifici protocolli di legalità sottoscritti tra Anas, prefetture e imprese appaltatrici, avviene in sinergica collaborazione con i gruppi interforze - attivati presso le prefetture - e costituiti dai rappresentanti delle tre forze di Polizia, della direzione investigativa antimafia e dell'ispettorato del lavoro.
Sotto il profilo dell'infiltrazione criminale negli interventi di competenza Anas, maggiore attenzione viene riservata a specifiche aree nelle quali, endemicamente, risultano più radicate le fenomenologie criminali di stampo mafioso. Più in particolare, gli atti intimidatori citati nell'interrogazione sono oggetto di costante valutazione in occasione di riunioni presso le prefetture territorialmente competenti, nonché in sede istituzionale centrale (Comitato per il coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere).
Si rappresenta, infine, che le problematiche concernenti l'aumento dei prezzi dei materiali, l'applicazione dei protocolli di intesa, gli eventi meteorologici eccezionali, la questione incendi e sorpresa geologica, hanno in effetti reso più difficoltosa l'esecuzione di alcuni appalti ostacolando in qualche caso il regolare svolgimento degli stessi.
Tali difficoltà vengono, comunque, affrontate da Anas mediante l'assunzione di ogni utile iniziativa, atta a garantire la realizzazione degli interventi nel rispetto delle norme, dei tempi e dei costi previsti.
In conclusione, al fine di fornire un panorama più completo e dettagliato degli interventi in corso di progettazione, i cui

quadri economici sono stati predisposti tenendo conto dell'elenco prezzi 2008, Anas ha elaborato il seguente prospetto:
nuovo svincolo di Eboli in provincia di Salerno (delocalizzazione dell'esistente al chilometro 29+900), situato al chilometro 31+600. L'importo dell'intervento è pari a euro 24,338 milioni. La conclusione della progettazione definitiva è prevista entro il 2o semestre del 2010.
nuovo svincolo di Sala Consilina Sud (località Trinità) in provincia di Salerno, situato al chilometro 95+244. L'importo dell'intervento è pari euro 21 milioni. La conclusione della progettazione definitiva è prevista entro il 2o semestre 2010.
nuovo svincolo di Padula-Buonabitacolo, provincia di Salerno, (delocalizzazione dell'esistente al chilometro 103+900), situato al chilometro 103+207. L'importo dell'intervento è pari a euro 26 milioni. È in corso la redazione del progetto definitivo.
macrolotto n. 3 (parte 4) è compreso tra chilometro 185+000 ed il chilometro 206+500, ha un'estesa complessiva di 21,500 chilometri. L'importo lordo dell'investimento, secondo le stime aggiornate all'attualità, è pari a euro 598 milioni. È in corso l'approntamento del progetto definitivo per l'approvazione e l'invio al Comitato interministeriale per la programmazione economica.
macrolotto n. 4 (parte 1) dal chilometro 259+700 al chilometro 270+700. L'importo dell'intervento, secondo stime aggiornate all'attualità, è pari a euro 588,519 milioni. È stato redatto il progetto definitivo ed è stato inviato al Cipe, nel maggio 2010, per la relativa approvazione e finanziamento.
macrolotto n. 4 (parte 2) - stralcio 1o - dal chilometro 270+700 al chilometro 280+350. L'importo dell'intervento, secondo stime aggiornate all'attualità, è pari a euro 437,780 milioni. Il progetto definitivo è stato approvato dal Consiglio d'amministrazione dell'Anas in data 28 luglio 2008, a novembre 2008 è stata avviata la procedura Cipe e a fine marzo 2009 il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato la Conferenza dei servizi.
macrolotto n. 4 (parte 2) - stralcio 2o - dal chilometro 280+350 al chilometro 286+000. L'importo dell'intervento, secondo stime aggiornate all'attualità, è pari a euro 343 milioni. Il progetto definitivo è stato approvato dal Consiglio d'amministrazione dell'Anas il 28 luglio 2008, a novembre 2008 è stata avviata la procedura Cipe. L'intervento è stato finanziato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica con delibera programmatica del 6 marzo 2009, ed alla fine dello stesso mese, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato la Conferenza dei servizi.
lavori di adeguamento ed ammodernamento dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria al tipo 1a delle norme Cnr/80 tra i chilometri 320+400-331+400. Contratto rescisso (seconda rescissione). È in corso la redazione del progetto esecutivo per l'appalto. L'importo dell'intervento aggiornato secondo i nuovi criteri è pari a euro 77,387 milioni, di cui 45,520 milioni già finanziati.
lotto dal chilometro 337+800 (svincolo di Pizzo Calabro incluso) al chilometro 348+600 (svincolo di Sant'Onofrio incluso). L'importo dell'intervento è pari a euro 451,840 milioni. Il 28 febbraio 2008 è stata autorizzata dal Consiglio di amministrazione dell'Anas la gara per il completamento della progettazione preliminare, lo studio Sia e il progetto definitivo. La gara è stata aggiudicata in maniera definitiva il 14 dicembre 2009 all'Atp Typsa sa, Rpa srl e Vams Ingegneria srl. È in corso il completamento della progettazione preliminare.
nuovo svincolo di Laureana di Borrello, provincia di Reggio Calabria, situato al chilometro 377+750. L'importo dell'intervento è pari a euro 25 milioni. La conclusione della progettazione definitiva è prevista entro il primo semestre 2010.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano La Repubblica di lunedì 26 aprile 2010, elementi centrali della politica italiana dei trasporti internazionali sono: i tunnel ferroviari transalpini dei Brennero e del Frejus, oltre alla galleria appenninica del Terzo Valico dei Giovi in grado di connettere il Mediterraneo alla Pianura Pariana, alla rete svizzera e alla Renania;
queste opere hanno come obiettivo quello di sviluppare traffici di treni merci di moderna concezione e sono in grado non solo di incidere sulla competitività dell'import-export, attraverso la diminuzione dei costi energetici e l'aumento della capacità dei treni e delle linee, ma anche di ridurre i traffici stradali di merci e passeggeri in aree di montagna di pregio ambientale;
inoltre, congiungere la rete ferroviaria italiana quella europea in modo efficiente, superando le evidenti restrizioni tecniche imposte dalla attuali linee che in alcuni casi hanno alle spalle circa 140 anni di servizio, come la galleria del Moncenisio tra Bardonecchia e Modane inaugurata nel 1871, ha una serie di implicazioni di ampia portata sull'intero sistema dei trasporti nazionale ed europeo;
nel nuovo quadro regolatorio e competitivo, risulta ancora più stridente l'anomalia italiana, costituita dall'essere l'unica grande nazione ad avere una quota di trasporto ferroviario merci sul totale inferiore al 10 per cento, rispetto al 20,7 per cento della Germania, il 14,5 della Francia e il 30,1 per cento dell'Austria;
inoltre, la politica dei trasporti nazionale continua ad essere fortemente condizionata dagli aspetti sociali dell'autotrasporto, dove le fragilità economiche delle imprese sono tanto evidenti che senza gli oltre 600 milioni di euro di sgravi fiscali annui concessi dal Governo italiano le imprese faticherebbero a sopravvivere;
in realtà, lo stato di avanzamento delle opere che permetterebbero di agganciare all'Europa la rete nazionale è ancora sconfortante. Lungo il corridoio 24, fra Genova e Rotterdam, l'unica tratta in Italia su cui sono effettivamente aperti i cantieri è quella relativa al nodo ferroviario di Genova, dove Rfi prevede di investire 622 milioni di euro nei prossimi sette anni. Il terzo valico ha a disposizione fondi pari a circa il 10 per cento del costo dell'opera, cioè 500 milioni su 5,06 miliardi, e nonostante il Cipe abbia deliberato questo finanziamento lo scorso novembre, la Corte dei conti non ha ancora registrato la delibera, allungando così i tempi di un'opera che dispone del progetto esecutivo approvato e condiviso già dal 2006 -:
quali azioni si intendano intraprendere per rendere il settore dei trasporti internazionali italiano efficiente e flessibile al pari degli altri Paesi europei, considerato che le infrastrutture (tunnel transalpini del Brennero, del Frejus e dei Giovi), una volta completate, potrebbero permettere traffici merci su rotaia competitivi e veloci;
con quali mezzi si intenda sostenere uno sviluppo del settore tale da permettere all'Italia un livello di competitività pari a quello degli altri Paesi europei.
(4-06942)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si riferiscono i seguenti elementi di risposta.
Occorre premettere che l'azione del Governo nonché del ministero delle infrastrutture e dei trasporti è fortemente improntata al miglioramento della quota di trasporto su ferrovia, attraverso una serie di misure e di provvedimenti che hanno come obiettivo l'aumento dell'efficienza della filiera di trasporto mare - ferro, con l'integrazione del trasporto stradale per quanto riguarda l'«ultimo miglio».


Tra le misure di livello europeo in corso di adozione va sottolineato il nuovo regolamento che istituisce i «corridoi merci ferroviari», vale a dire quei corridoi che comprendono linee ferroviarie e linee di traghetto, prevalentemente destinate al trasporto merci, che collegano due o più centri intermodali presenti sui territori di almeno due Stati membri ed estesi anche, ove possibile, a paesi confinanti con l'Unione europea.
L'Italia è interessata da ben quattro «corridoi merci» ed è importante rilevare come tali corridoi prevedano l'utilizzo delle linee ferroviarie convenzionali esistenti sul nostro territorio.
Attraverso gli investimenti in atto nel settore dei sistemi di controllo elettronico di segnalamento e di sicurezza di marcia del treno, Ertms -
European Rail Train Management System, le linee convenzionali italiane offrono un'ottima capacità di trasporto per le merci anche se in larga misura ancora da utilizzare a pieno.
Una parte degli allineamenti dei «corridoi merci» corre in parallelo alle nuove linee alta velocità/alta capacità, distinguendosi da queste tuttavia per geometria del tracciato,
standards di operatività e livello di implementazione del sistema Ertms.
I corridoi merci individuati sul territorio nazionale sono quattro. Tre di questi interessano direttrici nord - sud: Zeebrugge-Anversa-Rotterdam-Basilea-Milano-Genova, Stoccolma-Copenhagen-Amburgo-Innsbruck-Verona-Palermo, Danzica-Varsavia-Bratislava-Vienna-Udine-Venezia-Trieste. Il quarto riguarda la direttrice Madrid-Marsiglia-Lione-Torino-Milano-Trieste-Lubiana-Budapest.
Parallelamente alla formalizzazione delle intese volte a istituire i quattro corridoi sopra menzionati che, da un punto di vista degli investimenti infrastrutturali, richiedono interventi già previsti e finanziati nel contratto di programma di rete ferroviaria italiana, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti sta procedendo al completamento della rete Av/Ac che comprende i tunnel transalpini citati nell'atto ispettivo e precisamente il tunnel ferroviario del Brennero, del Frejus e la galleria appenninica del terzo valico dei Giovi.
Per quanto riguarda il tunnel del Brennero, il Comitato interministeriale per la programmazione economica con la delibera n. 71 del 31 luglio 2009, ha approvato il progetto definitivo per l'importo complessivo di 7.150 milioni di euro, di cui 3.575 milioni a carico dell'Italia.
Le linee guida per la redazione del progetto della sezione italiana della linea ferroviaria Torino-Lione, che comprende la realizzazione del nuovo tunnel del Frejus, sono state definite d'intesa con gli enti locali interessati e Ltf Sas presenterà il progetto entro il mese di giugno 2010.
Infine, per il tunnel del terzo valico dei Giovi, ai 500 milioni resi disponibili dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel novembre 2009 si sono aggiunti ulteriori 220 milioni di euro per effetto del parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, nella seduta del 13 maggio 2010, in merito al Contratto di programma di rete ferroviaria italiano - aggiornamento 2009. In seguito all'approvazione dei predetti finanziamenti, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti sta predisponendo i provvedimenti propedeutici all'attivazione dell'articolo 2, comma 232 della legge finanziaria 2010 (cosiddetti «lotti costruttivi»). Inoltre, nel corso della predetta seduta, su proposta di questo dicastero, il comitato ha espresso il parere ai sensi dell'articolo 2, comma 202 della legge finanziaria del 2010 su alcuni schemi di convenzione unica sottoscritti nel 2009 tra Anas Spa e la società italiana per il traforo autostradale del Frejus spa.
In conclusione, con l'approvazione dell'aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007/2011 tra il Ministero delle infrastrutture e trasporti e Rfi, la linea Av/Ac Milano-Verona - tratto Treviglio-Brescia dispone di una copertura finanziaria complessiva di 1.131 milioni di euro, il nuovo valico del Brennero di 728 milioni di euro mentre per il terzo valico la disponibilità complessiva ammonta a 729 milioni di euro.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.