XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 22 luglio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
le regole attualmente utilizzate nel mercato italiano della difesa sono destinate ad essere radicalmente modificate a partire dal prossimo anno nel quadro del processo di integrazione europea;
per l'Italia il maggiore problema, in prospettiva, riguarda la capacità di adeguare tempestivamente ed efficacemente il quadro normativo, procedurale ed istituzionale ai cambiamenti intervenuti;
uno degli obiettivi primari sarà quello di migliorare il controllo parlamentare sulle decisioni del Governo relativamente ai nuovi programmi di equipaggiamento delle Forze armate;
la legge n. 436 del 1988 «Norme per la semplificazione e il controllo delle procedure previste per gli approvvigionamenti centrali della Difesa» ha svolto fino ad ora un importante ruolo nel consentire il controllo del Parlamento sulle decisioni assunte dal Governo in materia di nuovi programmi di equipaggiamento delle Forze armate. In particolare l'articolo 1, comma 1, lettera b), prevede che «i programmi relativi al rinnovamento e all'ammodernamento dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale» siano approvati con legge se richiedono finanziamenti di natura straordinaria e con decreto del Ministro della difesa se finanziati attraverso il bilancio ordinario. In quest'ultimo caso, «deve essere acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari» (entro trenta giorni dalla richiesta);
attualmente, però, la normativa prevede che i nuovi programmi di acquisizione della Difesa vengano presentati quando ne sorga l'esigenza e, pertanto, non consente né un'efficiente organizzazione dei lavori parlamentari, né un diretto inquadramento di tali programmi all'interno del bilancio di previsione della Difesa. Peraltro, si deve osservare che, in questo modo, si favorisce un esame eccessivamente dettagliato e di merito di ogni singolo programma, anziché favorirne un esame complessivo e una verifica della sua corrispondenza con la politica di difesa del nostro Paese e della compatibilità con i vincoli finanziari;
questa procedura non consente di valutare i programmi nel quadro del bilancio della Difesa in quanto il parere viene fornito in sede separata dall'esame dello stesso. Il risultato è che formalmente i programmi sono presentati e valutati dal Parlamento sulla presunzione, dichiarata dal Governo, che la copertura finanziaria verrà assicurata dalle disponibilità ordinarie del bilancio;
questa procedura, che assorbe un notevole impegno parlamentare, non consente, infine, un adeguato monitoraggio ex post di tali programmi dal momento che non è prevista una successiva informazione se non attraverso gli allegati al bilancio della Difesa che riportano in forma troppo dettagliata e disomogenea lo stato di attuazione dei programmi. Il Parlamento non è più informato direttamente né degli sviluppi del programma, né delle modifiche che vi vengono apportate nel tempo, né dei suoi costi finali;
attualmente, infatti, il parere viene richiesto al termine dell'iter di definizione del programma. A parte i casi esclusi, per gli altri programmi di acquisizione sarà più complicato aspettare il momento precedente l'emanazione del Decreto perché, al termine di una procedura ad evidenza pubblica (come previsto dalla nuova direttiva europea), il Parlamento non potrebbe che dare parere favorevole al fine di evitare possibili contenziosi con l'impresa selezionata;
il processo di integrazione del mercato europeo della difesa rende ancora più urgente questo adeguamento anche sul

piano delle informazioni predisposte dalla Difesa e appare necessaria una modifica alla normativa puntando a rendere più efficace il controllo parlamentare,

impegna il Governo:

ad avviare un dibattito teso a valutare l'opportunità di una modifica dell'attuale legge n. 436 del 1988, al fine di superare i reali limiti che la stessa impone al controllo parlamentare;
a valutare la necessità di fornire una relazione sullo stato di avanzamento dei principali programmi per l'anno precedente, redatta in termini riassuntivi e più efficaci degli attuali allegati, che consenta al Parlamento, e specificatamente alla Commissioni difesa, di espletare meglio il suo ruolo di controllo sull'operato del Governo e dell'amministrazione.
(7-00379) «Di Stanislao».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 5 maggio 2010 sono state accolte le dimissioni del Ministro dello sviluppo economico con la conseguente assunzione dell'interim da parte del Presidente del Consiglio dei ministri della responsabilità di tale dicastero;
in data 6 maggio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri, secondo quanto riportato da varie agenzie di stampa, dichiarava che si sarebbe trattato di un incarico limitato nel tempo, che sarebbe durato pochi giorni, di natura tecnica;
alla data di pubblicazione del presente atto di sindacato ispettivo, contrariamente a dette affermazioni, la durata dell'interim ha superato i settanta giorni - numero che in Costituzione è citato per determinare la data massima delle elezioni rispetto scadenza delle Camere (articolo 61), mentre tutti gli altri termini relativi a provvisorietà sono più stringenti (articolo 77 con sessanta giorni sui decreti-legge, 85 e 86 di quindici giorni sull'elezione del Presidente della Repubblica, articolo 94 sul Governo in attesa di fiducia) - e non pare esservi alcun intento di porvi fine, nonostante i delicati problemi di conflitto di interesse che si pongono con particolare riferimento al settore delle telecomunicazioni -:
se intenda proporre la nomina del Ministro dello sviluppo economico quanto prima, al fine di evitare che ci si allontani ulteriormente da quella tempistica fisiologica che era stata preannunciata sin dal 6 maggio.
(4-08134)

IANNACCONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Unità d'Italia è da ritenersi patrimonio comune e imprescindibile degli italiani;
le celebrazioni del 150o della sopraccitata Unità rappresentano occasione validissima per rendere testimonianza e opportuna memoria alle sofferenze subite da tutte le parti in causa, principalmente dal Sud, che ebbero a combattere;
sarebbe un sacrosanto principio di carità e morale il non formulare distinzioni fra vittime di uno stesso Paese, soprattutto se civili;
sarebbe da ritenere principio sacro di tutti i Paesi democratici non temere l'emergere di verità, ancorché scomode;

risulta davvero inspiegabile, oltre che anacronistico, il permanere, come avviene in Italia, dopo 150 anni del segreto di Stato su oltre 150 mila pagine di documenti riferibili ai processi unitari;
in data 26 ottobre 2007, con propria mozione unanime, il consiglio regionale della Campania invitava la Presidenza del Consiglio dei ministri alla desecretazione dei documenti sopra citati e relativi al Mezzogiorno d'Italia nel periodo fra il 1860/70, nonché contestualmente all'assunzione di iniziative per l'istituzione di una giornata della memoria per le tante vittime del Sud -:
se non ritengano di voler accogliere le richieste sopra espresse, oltre che dalla giunta regionale, anche da parte di migliaia di cittadini, affinché sia possibile, con il libero accesso a tutta la documentazione esistente, dare, al Sud, giusta memoria della sua storia e con essa una visione più puntuale del fenomeno definito a posteriori «Risorgimento».
(4-08136)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il Presidente della Commissione europea ha avanzato la proposta di eliminare la lingua italiana e quella spagnola dalle lingue con valore legale nel brevetto europeo valido nei 27 Stati membri;
la Società «Dante Alighieri» sta portando avanti una meritoria battaglia di difesa della nostra lingua e della nostra cultura nell'ambito delle istituzioni europee nei confronti di questa «istituzionalizzazione» del suo ridimensionamento nei confronti delle lingue inglese, francese e tedesco;
una decisione di tal fatta necessita dell'unanimità dei Paesi membri dell'Unione a meno che non si decida di applicare il sistema delle «cooperazioni forzate» previste dal trattato di Lisbona le quali prevedono l'esclusione automatica dall'iniziativa degli Stati che esprimono voto contrario, nel caso di specie, al sistema del trilinguismo per i Brevetti europei;
secondo quanto prevede il trattato di Lisbona basterebbe il consenso di 9 dei 27 Stati membri per far scattare la «cooperazione forzata» e la proposta vanta il consenso di ben 14 Stati;
la cultura e la lingua italiana sono base e fondamento imprescindibile della cultura e della coscienza europea ed uno Stato fondatore dell'Unione quale è l'Italia non può permettersi un tale arretramento politico, storico e culturale nei confronti delle pur importanti culture e lingue francese, tedesca ed inglese;
secondo quanto denuncia in un'intervista al quotidiano Il Tempo il direttore della società «Dante Alighieri» la lingua italiana è già scomparsa dal sito della Commissione europea -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti per evitare che questa proposta divenga definitiva.
(4-08128)

RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è creata una situazione di grosso disagio per i beneficiari di pensioni INPS italiane in Argentina;
secondo quanto riportato da Tribuna Italiana (periodico di informazione della collettività italiana residente in Argentina - 7 luglio 2010) ben 10.384 anziani, italiani

appartenenti ad una categoria sociale debole e bisognosa, non possono riscuotere la pensione, in quanto non avrebbero consegnato i certificati di esistenza in vita, richiesti dall'ICBPI - Istituto di credito banche popolari italiane, istituto al quale l'INPS ha affidato il pagamento delle pensioni all'estero;
per poter accedere alla propria pensione, i suddetti pensionati devono recarsi «personalmente» presso non meglio identificati uffici della Western Union - ditta dedicata al servizio dei pagamenti internazionali;
in tal modo, subiscono disagi di ordine economico - in quanto subiscono una ingiusta penalizzazione a causa del cambio applicato dalla Western Union che non paga né in euro, né in dollari, ma soltanto in pesos;
inoltre, subiscono disagi di tipo fisico, in quanto gli sportelli della Western Union non dispongono di locali di attesa idonei agli anziani; e l'attesa nei locali pubblici espone gli stessi al rischio di rapine e aggressioni; oltretutto, non sempre il pensionato riesce a riscuotere la propria pensione, poiché la Western Union ha un limite di erogazione giornaliero degli sportelli, superato il quale, il pensionato che è rimasto fuori del tetto massimo, deve recarsi ad un altro sportello o ritornare un altro giorno;
tale assurda situazione si è determinata, ad avviso dell'interrogante, a seguito dell'inefficienza dell'INPS e dell'ICBPI, a cui spetta monitorare il corretto e trasparente funzionamento del pagamento delle pensioni all'estero, nonché della banca ITAÙ, che è effettivamente la delegata al pagamento delle pensioni in Argentina ed è tenuta agli obblighi di verifica dell'esistenza in vita dei pensionati -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario che l'INPS faccia chiarezza sulla situazione per eliminare il disagio arrecato ai pensionati colpiti da questa improvvida situazione che li penalizza, privandoli di un diritto assistenziale e di sussistenza sine die;
se non ritengano urgente ed opportuno fare in modo che l'INPS fissi rapidi meccanismi di informazione a domicilio dei pensionati interessati in relazione alle istanze all'ente erogante, allo stesso tempo disponendo più semplificate procedure per regolarizzare l'erogazione delle pensioni italiane.
(4-08130)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da alcuni anni diversi soggetti operanti nel settore della rigenerazione delle cartucce di toner per stampanti ricevono indicazioni spesso contrastanti su quesiti da essi posti alle autorità territoriali competenti, circa la possibilità di poter svolgere le proprie attività artigianali di ricarica del materiale consumato, in laboratori aventi sedi nei perimetri delle città di riferimento, nonché riguardo alla esatta classificazione della tipologia delle loro attività;
il lavoro di tali soggetti consiste nel ricostituire le cartucce di toner in via di esaurimento, in tal senso rifornendo con nuovo materiale scrivente il pezzo consumato. L'operazione avviene previa consegna onerosa dello stesso pezzo da rifornire, dall'utente interessato all'operatore competente, realizzando per questo scopo un contratto di conto lavorazione;
nel caso in oggetto, le cartucce di cui trattasi rimangono sempre di proprietà dell'utente e l'operatore artigianale provvede, a titolo oneroso, ad assoggettare a manutenzione funzionale i componenti

che ricevono e rifornendoli di ricariche o altre sostanze tecniche necessarie al loro buon funzionamento;
in certi casi, purtroppo, le autorità locali competenti ad autorizzare l'apertura di tali esercizi artigianali e commerciali, negano il rilascio del permesso affermando che l'attività di manutenzione che essi svolgono rientra nell'ambito della disciplina della gestione dei rifiuti, il tal senso affermando che una cartuccia esaurita o in via di esaurimento costituisce di fatto un rifiuto;
la questione è stata pertanto rimessa alle autorità provinciali competenti ed anche in questo caso alcune province hanno confermato che le cartucce esaurite o in via di esaurimento sono da definire come rifiuti. Altre province, secondo l'interrogante correttamente, hanno escluso che si trattasse di gestione di un rifiuto esonerandoli dai relativi obblighi di legge;
sulla stessa questione si è espresso anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che già nel giugno 2007 aveva più puntualmente chiarito che l'attività in conto lavorazione per la ricarica delle cartucce dei toner sia da configurarsi come un rapporto contrattuale tra enti ed imprese che ha in oggetto la cessione in conto lavorazione delle proprie cartucce esauste da sottoporre a manutenzione, purché il contratto preveda anche la restituzione all'ente cedente delle medesime cartucce rigenerate. In tali circostanze l'operazione di ricarica si considera al di fuori della normativa dei rifiuti in quanto l'ente cedente non intende disfarsi delle proprie cartucce di toner esaurite, ma intende unicamente sottoporle ad un processo di ricarica per poterle continuare ad utilizzare;
ad oggi, molti potenziali operatori del settore della ricarica delle cartucce di toner esausti che intendono aprire nuove attività, incontrano seri ostacoli ad entrare in esercizio proprio perché le amministrazioni locali interpretano come rifiuto il materiale consumabile esausto per le stampanti a prescindere da ogni necessaria ed obbligatoria contestualizzazione della volontà da parte del relativo proprietario di mantenerlo nella propria disponibilità previa sottoposizione ad un processo di ricarica, oppure di volersene disfare ed abbandonarlo secondo la vigente normativa;
la definizione normativa della nozione di «rifiuto» è stata per molti anni oggetto di interpretazioni contrastanti e causa di effetti a volte negativi soprattutto per l'ambiente oltre che per il pubblico;
l'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), al riguardo recita che «... si intende per rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi»;
la dottrina e la giurisprudenza degli ultimi dieci anni, hanno contribuito notevolmente a definire l'esatta accezione del termine rifiuto, con ciò stabilendo chiaramente quando un materiale, da «prodotto», diventa «rifiuto del medesimo prodotto»;
si deve al riguardo evidenziare che sussiste una rilevante differenza tra il concetto comune di rifiuto e la definizione formale di «rifiuto». E questo è un punto essenziale, spesso confuso e sottovalutato in sede di gestione dei rifiuti e fonte di equivoci applicativi;
è pertanto opportuno sottolineare che tutto il materiale che non è giuridicamente e formalmente «rifiuto» deve essere escluso dal campo di applicazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, quindi non tutto ciò che intendiamo nel linguaggio comune come rifiuto equivale automaticamente alla relativa definizione giuridica;
l'attuale codice ambientale, decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come anche il precedente decreto Ronchi (decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), ha definito «rifiuto» qualsiasi sostanza od

oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte IV e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
il primo elemento essenziale della nozione di rifiuto è, pertanto, l'appartenenza ad una delle categorie di materiali e sostanze individuate nel citato Allegato «A» il quale sotto la dizione «categorie di rifiuti» stabilisce un elenco specifico che va dal punto Q1 al punto Q16;
oltre le condizioni normative, per determinare se un materiale sia un prodotto o il rifiuto del prodotto, bisogna che ricorrano anche pertinenti condizioni soggettive, segnatamente quella secondo cui il detentore di una sostanza o di un materiale compreso nell'Allegato «A»: 1) si disfi; 2) o abbia deciso di disfarsi; 3) o abbia l'obbligo di disfarsi dello stesso. Trattasi, come appare evidente, di tre diverse previsioni del concetto del «disfarsi»;
in realtà la volontà o l'obbligo del detentore di disfarsi del proprio materiale e perciò farlo diventare rifiuto dello stesso materiale, è l'aspetto essenziale per la individuazione del «rifiuto» formale e per la connessa differenziazione rispetto alle materie prime;
in seguito al recepimento della normativa europea sui rifiuti, la nostra Corte di Cassazione si è sempre allineata al principio secondo cui: «il sistema di sorveglianza e gestione istituito dalle direttive CEE in materia si deve intendere riferito a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfi, anche se esse hanno un valore commerciale a fine di riciclo, recupero o riutilizzo» (cassazione penale sezione III, sentenza 24 agosto 2000 n. 2419 Presidente Zumbo);
la giurisprudenza interna ha fornito numerosi elementi chiarificatori sulla nozione del rifiuto. In Cassazione penale, sezione III, 26 giugno 1997, n. 6222 (udienza 22 maggio 1997), Gulpen e altro leggiamo «In tema di smaltimento di rifiuti, la definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della "destinazione naturale all'abbandono", non rilevando l'eventuale riutilizzazione né la volontà di disfarsi della sostanza o dell'oggetto, sicché, quando il residuo abbia il suddetto carattere, ogni successiva fase di smaltimento rientra nella disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 e, dopo la sua abrogazione, in quella del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
la Cassazione penale, sezione III, 9 aprile 1998, n. 4280 (udienza 13 febbraio 1998), Ciurletti G. afferma ancora che rifiuto è "qualunque sostanza che rientri nelle categorie comprese nel catalogo dei rifiuti, e della quale il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi", e comprende anche i rifiuti allo stato liquido (in presenza delle due citate condizioni). Pertanto l'abbandono incontrollato sul suolo o l'immissione nelle acque superficiali o sotterranee di rifiuti allo stato liquido compresi nel catalogo europeo (dei rifiuti) è punito ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22; mentre lo scarico di acque reflue non compresi nel suddetto catalogo continua ad essere disciplinato dalla legge 10 maggio 1976 n. 319»;
nella più recente la pronuncia della Cassazione penale, sezione III, 10 gennaio 2001, n. 00157, Pacico I, si riporta «Al fine di configurare i rifiuti come "propri" dell'imprenditore non è necessario che gli stessi siano materialmente prodotti quali elementi di scarto di lavorazione dell'impresa, ovvero che derivino da una specifica attività di smaltimento, essendo sufficiente che si tratti di cose di cui l'originario detentore si disfi e che siano stati trattenuti dall'imprenditore in connessione con l'esercizio dell'attività produttiva di beni o servizi, con la prospettiva di disfarsene»;
e ancora la Corte di Cassazione, sezione III, 5 aprile 2001, n. 13808. (c.c. 9 aprile 2001). Pres. Acquarone - estensore Teresi - P.G. Izzo afferma «La definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della destinazione naturale

all'abbandono non rilevando l'eventuale riutilizzazione né la volontà di disfarsi della sostanza o dell'oggetto, sicché quando il residuo abbia il suddetto carattere, ogni successiva fase di smaltimento rientra nella disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 e, dopo la sua abrogazione, in quella del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Costituiscono, pertanto, rifiuti e non materia prima secondaria i fanghi compressi provenienti dall'esaurimento del ciclo produttivo e destinati al parziale riutilizzo mediante processi chimici da eseguire presso altro stabilimento industriale»;
infine la Cassazione penale, sezione III, sentenza 11 maggio 2001, n. 19125 (udienza 9 aprile 2001), Porcu, afferma che: "La definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della destinazione naturale all'abbandono non rilevando l'eventuale riutilizzazione né la volontà di disfarsi della sostanza o dell'oggetto, sicché quando il residuo abbia il suddetto carattere, ogni successiva fase di smaltimento rientra nella disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e dopo la sua abrogazione, in quella del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22»;
da queste decisioni emerge come il problema di individuare il significato del termine disfarsi non si ponga tanto per le operazioni di smaltimento, in cui il definitivo distacco dal bene dal produttore e la perdita di utilità per lo stesso sono di regola evidenti, quanto per le operazioni tese al recupero e/o al reimpiego del bene. Sul punto era intervenuto anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con la circolare 28 giugno 1999 recante «Chiarimenti interpretativi in materia di definizione di rifiuto» in cui si precisava che: «per qualificare rifiuto un bene risulta determinante il comportamento che il soggetto tiene o è obbligato a tenere o intende tenere». La circolare precisa che un soggetto «si disfa» di qualcosa quando è in atto o è stata effettuata un'attività di smaltimento di recupero: «con il termine disfarsi il Legislatore comunitario intende qualificare la destinazione, potenziale o in atto o più obbligata, di un materiale, di una sostanza o di un oggetto alle operazioni di smaltimento o di recupero indicate negli allegati B e C al decreto legislativo n. 22 del 1997»;
il momento soggettivo (decisione di disfarsi) e il momento prescrittivo (l'obbligo di disfarsi) sono i due punti cardine del concetto di «nascita» del «rifiuto» in senso giuridico;
in merito alle cartucce di toner per stampanti esaurite o non più integre per adempie in maniera efficace la loro funzione, esse rappresentano un rifiuto del medesimo prodotto quando il relativo detentore intende «abbandonarle» ed in tal senso segue le procedure allo scopo applicabili recate dal decreto ministeriale 22 ottobre 2008 recante «Semplificazione degli adempimenti amministrativi di cui all'articolo 195, comma 2, lettera s-bis) del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di raccolta e trasporto di specifiche tipologie di rifiuti»;
in tale ambito, una volta assolto il momento soggettivo della decisione del disfarsi, e che quindi siamo di fonte ad un rifiuto, per la successiva gestione, si applicano le pertinenti misure del decreto 22 ottobre 2008, che in particolare prevede che la raccolta ed il trasporto della tipologia di rifiuti individuati come cartucce di toner per stampanti laser, cartucce di stampanti inkjet, e cartucce di nastri per stampanti ad aghi per i quali è attribuito nel Catalogo europeo dei rifiuti (CER) il codice 080318 (toner per stampa esauriti non contenenti sostanze pericolose), possono essere effettuati, in deroga a quanto disposto dalla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, con modalità amministrative semplificate, a condizione che siano destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ad impianti autorizzati

alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'allegato C alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Per la raccolta ed il trasporto di questi rifiuti devono essere utilizzati imballi tipo «eco-box» non pallettizzato muniti di coperchio e sigillo ed idonei ad impedire la dispersione di liquidi e di polveri, con dimensioni massime pari a 35 cm x 35 cm x 70 cm e con un peso complessivo (imballo e rifiuti contenuti) non superiore a 30 kg;
appare evidente che se il detentore di cartucce di toner per stampanti non decide di disfarsene, esse rimangono un prodotto e non rientrano nell'ambito della normativa dei rifiuti. Nel caso invece il detentore voglia disfarsene, esse sono da definirsi come rifiuto e vanno depositate in appositi contenitori per essere gestite ai sensi del decreto ministeriale 22 ottobre 2008;
andrebbe chiaramente stabilito che allorquando un soggetto non proceda a disfarsi di un prodotto, tranne quando la legge preveda espressamente che un prodotto usato sia da considerare rifiuto del prodotto, come nel caso degli olii esausti, e neppure abbia intenzione di disfarsene ma vuol procedere a sottoporlo ad una attività di risanamento o rifornimento funzionale, il processo attivato in tal senso non rientri nell'ambito della normativa dei rifiuti;
in particolare andrebbe comunicato ai comuni ed alle province interessate che l'attività in conto lavorazione di ricarica o rigenerazione delle cartucce di toner per stampanti, non si configuri come operazione di gestione dei rifiuti -:
se al fine di evitare che si possa bloccare inutilmente la nascita di nuove ed auspicabili attività imprenditoriali dirette alla rigenerazione delle cartucce di toner per stampanti e di altro materiale consumabile di analoga natura, anche al fine di contribuire alla riduzione della produzione di rifiuti e ridurre le emissioni climalteranti evitando il consumo di ulteriori materie prime anche di origine petrolifera, non voglia assumere iniziative pertinenti dirette a chiarire agli enti locali competenti che il processo di ricarica di dette cartucce esaurite non rientra nell'ambito della normativa sui rifiuti, se del caso chiarendo che non costituisce un rifiuto di toner, la relativa cartuccia consumata che tramite un rapporto di conto lavorazione viene consegnata dal possessore all'operatore che ne effettua la manutenzione e dopo il processamento di ricarica viene riconsegnata allo stesso possessore in maniera funzionale -:
se per le finalità di cui trattasi, non intenda chiarire in maniera generalizzata che chi decide di far rigenerare proprie cartucce di toner per stampanti esaurite tramite un rapporto contrattuale di conto lavorazione, non va considerato come colui che agisce per disfarsi di un prodotto per destinarlo all'abbandono come rifiuto del prodotto stesso e che pertanto l'operatore che rigenera le predette cartucce di toner esaurite non compie una attività di gestione di un rifiuto.
(5-03281)

BRAGA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano e Reggio Calabria sulla possibile penetrazione della mafia calabrese nel Nord dell'Italia è partita all'alba dello scorso martedì 13 luglio 2010 una maxi operazione che ha di fatto accertato l'infiltrazione della 'ndrangheta nel Nord Italia, in particolare in Lombardia e che ha portato all'arresto di oltre 300 persone;
gli accertamenti hanno documentato negli ultimi anni sia avvenuta una «mutazione genetica» del modo di operare della 'ndrangheta, diventata ora «mafia imprenditrice ad alta redditività» di cui gli esponenti «costituiscono la terza generazione di 'ndranghetisti», che ha dato vita a nuove forme di controllo di settori economici quali il movimento terra nei cantieri, l'edilizia, la gestione dei rifiuti, la

concessione di finanziamenti e di infiltrazioni in istituzioni pubbliche a livello locale;
in particolare gli inquirenti hanno evidenziato il tentativo della 'ndrangheta di infiltrarsi in diversi appalti, con l'ingresso di due indagati oggi arrestati, nella Perego General Contractor srl di Cassago Brianza in veste di società «capo commessa» per partecipare agli appalti pubblici di Expo, di Citylife, del cantiere di un nuovo edificio del Tribunale di Milano, del Portello, del quartiere Mazzini, dell'area Ansaldo, della Paullese, dell'ospedale Sant'Anna di Como;
la maxioperazione condotta dagli uomini del Ros insieme ai colleghi di tutta la Lombardia ha pesantemente colpito la provincia di Como dove gli inquirenti hanno individuato ben tre «locali» della 'ndrangheta, rispettivamente Mariano Comense e Cabiate, Erba e Canzo, e dove sono state quindici le persone arrestate tra le quali anche il titolare della ditta Perego Strade di Cassago Brianza trasformata poi in Perego General Contractor srl, società diventata organica e letteralmente commissariata dalla malavita calabrese, un controllo che, come scrivono gli stessi inquirenti, «presenta tre vantaggi: gestire in modo diretto l'indotto del movimento terra, conferire appalti e subappalti a società collaterali e disporre di un soggetto imprenditoriale capace di accaparrarsi rilevanti appalti pubblici a partire da Expo 2015»;
la procura di Como già dalla metà del 2008 aveva iniziato ad indagare sulla gestione illecita di detriti contenenti anche rifiuti tossici, tra cui amianto, smaltiti irregolarmente da parte dei camion della società Perego, contestando un'illecita gestione di ben 2.025.336 chili di rifiuti che la stessa società avrebbe triturato abusivamente e scaricato all'interno dei suoi cantieri o usato come bitume per l'asfalto; dato che gli inquirenti lariani hanno fornito agli uomini della Dda di Milano e che risulterebbe confermato dall'ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere il titolare della ditta Perego Strade;
secondo quando emerso dalle dichiarazioni di alcuni dipendenti della società Perego interrogati dal Giudice per le indagini preliminari di Milano nell'ambito della suddetta inchiesta sulla criminalità organizzata in Lombardia, all'interno del cantiere del nuovo ospedale Sant'Anna di Como i camion dell'azienda di Cassago Brianza avrebbero conferito rifiuti e materiali proibiti, altamente inquinanti, tra cui bentonite, amianto ed eternit con i quali sarebbe stato creato il terreno sottostante le fondamenta del nuovo ospedale;
per realizzare l'ospedale in area Tre Camini di Como, fu a suo tempo eseguito uno scavo con pochi precedenti in provincia di Como, della portata di circa 220 mila metri cubi di terra, 50 mila dei quali furono conferiti nelle discariche autorizzate; nell'ipotesi in cui fosse confermata la presenza di veleni e/o materiali pericolosi, tra cui amianto, bentonite e rifiuti speciali, a correre i rischi maggiori sarebbero senz'altro i due corsi d'acqua, il torrente Seveso e il torrente Valle Grande, in mezzo ai quali si colloca il nuovo Sant'Anna e la falda che scorre nel sottosuolo considerata dai progettisti «falda anomala» in quanto scorre ad una quota particolarmente alta cioè molto vicina al piano di campagna e quindi facilmente inquinabile;
la procura comasca ha affidato allo stesso ospedale Sant'Anna di Como, all'AsI, all'Arpa e ai vigili del fuoco di Como l'incarico formale di effettuare gli accertamenti sul terreno del nuovo ospedale per verificare la possibile presenza di sostanze tossiche, sotterrate dai mezzi dell'azienda Perego strade -:
quali attività di controllo e sanzione svolgano di norma i Ministeri al fine di scongiurare eventi di tale gravità per la salute pubblica e l'ambiente;
quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri intendano mettere in atto, anche alla luce degli sconcertanti eventi emersi dall'inchiesta antimafia in Lombardia, per assicurare la tutela della

salute di cittadini preoccupati dall'ipotesi della presenza di materiali fortemente inquinanti come eternit, amianto e bentonite nelle fondamenta e addirittura nella falda acquifera sottostante il nuovo ospedale Sant'Anna, nonché per garantire la protezione del sistema ambientale comasco di fronte alla possibilità e alla minaccia resasi in questi giorni più reale e concreta dell'esistenza di una preoccupante interferenza della criminalità organizzata nel sistema degli appalti pubblici e della gestione dei rifiuti nel territorio comasco.
(5-03283)

Interrogazione a risposta scritta:

LARATTA, PIZZETTI, SERVODIO, MOTTA, BOCCUZZI, BUCCHINO, FEDI, NICCO, BOSSA, SIRAGUSA, TULLO, BRANDOLINI, MATTESINI, FARINONE, MARCHI, GNECCHI, MARGIOTTA e OLIVERIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato lancia oggi l'allarme in merito al rischio di chiusura dei Parchi italiani - uno straordinario strumento a tutela delle nostre bellezze naturali e paesaggistiche -, a causa dei tagli imposti dalla manovra finanziaria del Governo;
il Ministro annuncia, nelle dichiarazioni alla stampa, di un prossimo provvedimento di legge al fine di ripristinare i fondi tagliati dal Ministro dell'economia e delle finanze;
l'onorevole Stefania Prestigiacomo, titolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, siede nel Consiglio dei ministri che ha approvato la manovra che taglia le risorse destinate ai parchi nazionali;
lo stesso ministro parla chiaramente di un grave rischio per la sopravvivenza dei parchi italiani -:
quali siano i reali rischi che corrono i Parchi Nazionali in seguito ai tagli previsti dalla manovra finanziaria in via di definitiva approvazione dal Parlamento;
come saranno garantiti, per l'immediato futuro, i servizi che i parchi italiani garantiscono, soprattutto il servizio di tutela e sicurezza delle aree protette e delle risorse paesaggistiche e i servizi antincendio dei nostri meravigliosi boschi;
entro quali tempi, con quali strumenti e quali coperture finanziarie il Ministro intenda ripristinare i fondi tagliati.
(4-08132)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nell'aprile 2008, subito dopo le elezioni, il neosindaco di Roma Gianni Alemanno e la nuova Giunta portarono all'attenzione pubblica il problema del debito del comune, puntando il dito contro l'incauta gestione finanziaria delle precedenti amministrazioni Rutelli e Veltroni e paventando l'ipotesi di dissesto finanziario;
la procedura di dissesto ordinaria, prevista dal titolo VIII del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto, n. 267) viene deliberatamente evitata per garantire alla città una regolare programmazione economica e finanziaria e per scongiurare, tra l'altro, pesanti conseguenze sul recupero dei crediti delle migliaia di piccole e medie imprese fornitori del comune, con conseguenze sulla loro stabilità e possibili ripercussioni anche sul tessuto socioeconomico della città;

la soluzione per il risanamento del debito pubblico, fortemente voluta dal sindaco Alemanno d'intesa con il Governo, viene attuata per decreto derogando, secondo gli interpellanti, alla ratio delle norme ordinarie sul dissesto finanziario e istituisce un'inedita doppia gestione, commissariale e ordinaria, che si suddivide le competenze a far data dal 28 aprile 2008;
si procede così alla nomina dello stesso sindaco Alemanno a commissario governativo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune e delle società partecipate e la predisposizione di un piano di rientro dal debito pregresso, relativo alla gestione precedente il 28 aprile 2008, così come previsto all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
il piano di rientro, peraltro mai pubblicato in Gazzetta Ufficiale, né notificato ai creditori, viene approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 5 dicembre 2008;
il suddetto piano di rientro ottiene prima 500 milioni all'anno strutturali, poi trasformati, a causa della crisi economica e del terremoto in Abruzzo, in trasferimenti decisi, anno per anno, attraverso le leggi finanziarie, che assommano complessivamente a 500 milioni di euro per il 2008, 500 milioni di euro per il 2009 e 600 milioni di euro per il 2010, attraverso la cessione di immobili di proprietà del Ministero della difesa;
tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2010 il piano di gestione commissariale non sembra funzionare e la stampa riporta un'allarmante situazione di crescita del debito pubblico complessivo: il debito finanziario pregresso in gestione commissariale si somma infatti al debito della gestione ordinaria con prestiti flessibili, alla mole dei contenziosi con i fornitori e non solo, alle partite in sospeso degli strumenti derivati fuori bilancio;
sembra definitivamente compromesso lo stesso impianto della doppia gestione commissariale e ordinaria, affidata al sindaco Gianni Alemanno, in quanto la gestione commissariale ha eroso in sostanza le capacità di spesa e di investimento della gestione ordinaria. Il Campidoglio infatti, poiché i trasferimenti dello Stato tardano ad arrivare, paga ratei dei mutui (le rate di ammortamento dei mutui sono pari a 565 milioni l'anno) e dei debiti con i fornitori non differibili, riferiti al periodo antecedente al 28 aprile 2008. La gestione ordinaria ha finora anticipato circa 690 milioni di euro alla gestione del piano di rientro e, complessivamente, dovrebbe recuperare da quella commissariale circa 2,2 miliardi per coprire gli ammanchi certificati nel piano di rientro;
la situazione diviene insostenibile e il sindaco cerca una soluzione in accordo con il Governo, facendo innanzitutto slittare i termini per l'approvazione del bilancio di previsione 2010 e del rendiconto 2009 e dando forma ad un nuovo commissariamento nel disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 2 del 2010 «Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni», che all'articolo 4, comma 8-bis, prevede: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nominato un Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro di cui all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, gestito con separato bilancio e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2008. A partire dalla data di nomina del nuovo Commissario, il sindaco del comune di Roma cessa dalle funzioni di Commissario straordinario del Governo per la gestione dello stesso piano di rientro. Il Commissario straordinario del Governo procede alla definitiva ricognizione della massa attiva e della massa passiva rientranti nel predetto piano di rientro. Per il comune di Roma, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono fissati i nuovi termini per la deliberazione del bilancio di

previsione per l'anno 2010, per l'approvazione del rendiconto relativo all'esercizio 2009, per l'adozione della delibera di cui all'articolo 193, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e per l'assestamento del bilancio relativi all'esercizio 2010. Ai fini di una corretta imputazione al piano di rientro, con riguardo ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 248 e al comma 12 dell'articolo 255 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il primo periodo del comma 3 dell'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, si interpreta nel senso che la gestione commissariale del comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008, anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data»;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 maggio 2010 viene nominato commissario straordinario il magistrato della Corte di conti Domenico Oriani, già sub-commissario della precedente gestione, a cui spettava il compito di portare a termine entro il 15 giugno 2010, la ricognizione della massa attiva e passiva del debito ereditato dalle precedenti gestioni e di certificare definitivamente le risorse necessarie a garantire il piano di rientro;
la carenza di liquidità continua ad essere il problema principale e il sindaco, dopo aver dichiarato che in mancanza di trasferimenti stabili e strutturali dello Stato, il comune non riuscirà a garantire l'attuazione del piano di rientro, in sede di manovra finanziaria 2011-2012 ottiene solo 300 dei 500 milioni annui previsti allo scopo, secondo quanto previsto dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che costituisce un «fondo con una dotazione annua di 300 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2011 per il concorso al sostegno degli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro». Si prevede inoltre che la restante quota necessaria per il piano di rientro sia a carico della fiscalità locale: «La restante quota delle somme occorrenti a fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del predetto piano di rientro è reperita mediante l'istituzione, su richiesta del Commissario preposto alla gestione commissariale e del Sindaco di Roma, fino al conseguimento di 200 milioni di euro annui complessivi:
a) di un'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in arrivo o in partenza dagli aeroporti della città di Roma fino ad un massimo di 1 euro per passeggero;
b) di un incremento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche fino al limite massimo dello 0,4 per cento»;
anche per quanto concerne l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria nel succitato provvedimento finanziario si prevede il possibile ricorso all'istituzione di nuovi strumenti di fiscalità locale: «in considerazione della specificità di Roma quale Capitale della Repubblica, e fino alla compiuta attuazione di quanto previsto ai sensi dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, per garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, il Comune di Roma può adottare le seguenti apposite misure:
[...]
e) introduzione di un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno;
f) contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari, mediante l'applicazione del contributo di costruzione sul valore aggiuntivo derivante da sopravvenute previsioni urbanistiche; a tali fini, il

predetto valore aggiuntivo viene computato fino al limite massimo dell'80 per cento»;
il piano di rientro è stato gestito in maniera irrituale, con ampio ricorso alla decretazione di urgenza, rimodulando in maniera singolare le forme del commissariamento per ben due volte, nonché nominando commissario straordinario lo stesso Sindaco Alemanno, proprio mentre portava avanti una campagna politica contro le precedenti amministrazioni di centrosinistra, con largo scontro di cifre tra maggioranza e opposizione sull'entità del debito e permettendogli di trasformare uno strumento di natura tecnico-contabile in un'operazione politica;
il piano di rientro si è rivelato, secondo gli interpellanti, inadeguato sotto il profilo degli strumenti, essendo essenzialmente basato sull'attesa di fondi statali;
il piano straordinario, sempre ad avviso degli interpellanti, si è rivelato inefficace ed inefficiente rispetto agli obiettivi raggiunti, essendo ancora migliaia i fornitori del comune che attendono di essere pagati, né, ad oltre un anno e mezzo dall'approvazione del piano, è ancora nota la massa attiva e la massa passiva rientranti nel piano;
tale inefficienza si rivela anche rispetto agli obiettivi di primo livello per i quali il piano era stato fortemente promosso rispetto ad una procedura di dissesto ordinaria, ossia garantire alla città una regolare programmazione economica e finanziaria, mentre il risultato è stato l'erosione della capacità di spesa e di investimento della gestione ordinaria e la crescita del debito ordinario con un necessario slittamento dei termini per l'approvazione del bilancio di previsione 2010;
il piano di rientro è stato gestito, secondo gli interpellanti, dall'amministrazione comunale in maniera non trasparente, non è mai stato pubblicato il bilancio straordinario del comune, né c'è stata ancora una comunicazione ufficiale ai fornitori in merito ai crediti commissariati, con grave danno per tante piccole e medie aziende, che non solo non riescono ancora a riscuotere i loro crediti ma non possono neppure approntare un loro piano di rientro aziendale;
il piano di rientro, così come si profila con la recente approvazione del decreto di manovra finanziaria, graverà per un 40 per cento sulla fiscalità locale -:
in considerazione di quanto esposto in premessa e del grande peso che il piano di rientro ha sui cittadini, in termini di fiscalità e di adeguatezza dei servizi erogati dal comune di Roma e, soprattutto, sulla sopravvivenza di tante piccole e medie aziende fornitrici del comune, come siano state spese le annualità già trasferite dallo Stato, quali siano stati i risultati finora ottenuti dai commissari straordinari per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune di Roma e delle sue società partecipate, in sede di attuazione del piano di rientro dall'indebitamento pregresso, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 5 dicembre 2008, e quale tempistica sia possibile prevedere per lo sblocco dei pagamenti per i fornitori del comune.
(2-00796)
«Di Pietro, Messina, Donadi, Borghesi, Cambursano».

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO e ANDREA ORLANDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la drammatica situazione di sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari, con ormai 70.000 ristretti su una capienza di 45.000, sta determinando gravissimi problemi sia in ordine alla vita dei detenuti

che al lavoro del personale penitenziario ed in particolare alle attività svolte dalla polizia penitenziaria;
nonostante il Corpo della polizia penitenziaria sia sotto organico, con una carenza di oltre 5000 unità e più volte sia stato assicurato dai rappresentanti del Governo l'imminente aumento di 2000 unità, a tutt'oggi non c'è stato alcun intervento e le condizioni di lavoro risultano ormai al limite della legalità;
attualmente oltre 40 istituti penitenziari sono privi di un direttore titolare;
rispetto alle piante organiche anche le altre categorie di personale risultano abbondantemente sotto organico: mancano gli psicologi, nonché oltre 370 educatori, 500 assistenti sociali, 300 contabili, 1000 collaboratori di istituto 300 tecnici;
risulterebbero, alla luce di queste gravi carenze di organico, oltre 4000 agenti in servizio presso strutture esterne agli istituti di prevenzione e pena: 804 al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, 1.198 presso uffici e servizi in Roma, 756 presso i provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, 148 presso gli uffici territoriali per l'esecuzione penale esterna, 658 presso le scuole di formazione del personale, 456 sono addetti ai bar e agli spacci all'interno degli istituti, 184 presso altri enti ed uffici giudiziari -:
quale sia il piano del Governo per colmare le carenze di organico evidenziate e quali siano i tempi di realizzazione;
se il Ministro non ritenga opportuno ed urgente intervenire affinché venga ridotto il numero di agenti di polizia penitenziaria assegnati a compiti diversi da quelli di istituto, ridistribuendo detto personale sul territorio e, in particolare, in quelle realtà dove è più sentita la carenza di personale, in modo da alleggerire il carico di lavoro di quei lavoratori che spesso sono costretti ad effettuare turni massacranti e a non godere dei riposi e delle ferie per assicurare la sicurezza e la legalità all'interno delle carceri italiane.
(5-03278)

CODURELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione delle carceri italiani è ormai al collasso: aumento dei suicidi, sovraffollamento, carenza di personale di sorveglianza, condizioni strutturali e igieniche deficitarie. Solo nella giornata di ieri, secondo il sindacato della polizia penitenziaria in agitazione contro la manovra economica, si sono verificati 220 eventi critici (tentato suicidio, tentata evasione e altri) negli istituti penitenziari di tutto il Paese;
ogni anno più di 150 detenuti muoiono in cella, di questi 50 o 60 si suicidano: numeri drammatici ma che non stupiscono affatto gli «addetti ai lavori», perché da almeno vent'anni sono pressoché stabili. Non serve evocare «l'emergenza» ogni volta che si verifica un nuovo caso, piuttosto sarebbe necessario mettere a punto urgentemente politiche per limitare le morti in cella. Annullare il rischio di suicidio tra i detenuti è impossibile, ma è fattibile una prevenzione basata semplicemente sul miglioramento della «qualità della detenzione»;
l'ordinamento penitenziario, scritto 35 anni fa, prevede che un detenuto debba rimanere in cella soltanto la notte (le celle, infatti, sono chiamate «camere di pernottamento»). Durante la giornata dovrebbe poter lavorare, studiare, fare attività sportive e ricreative. Per mancanza di spazi, di soldi e di personale, la legge non viene rispettata e, tranne in alcuni istituti, i detenuti trascorrono 20-22 ore al giorno chiusi in una cella, spesso sovraffollata, dove è possibile soltanto stare in branda ad aspettare che il tempo passi, che passino i giorni i mesi e gli anni;
in questo contesto di difficoltà il 18 luglio 2010 sono evasi dalle carceri di Lecco Nicodemo Romeo, ventisettenne di Polistena (Reggio Calabria), pluripregiudicato per gravi reati, tra cui l'omicidio di

Maurizio Cavillo, avvenuto a Lumezzane in provincia di Brescia, il 15 dicembre 2008 nel corso di una rapina, e detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, e Amr Aly El Fadly, un egiziano ventinovenne, già arrestato per rapina e lesioni personali aggravate. Quest'ultimo sarebbe stato rintracciato nella giornata del 20 luglio 2010 mentre l'altro rimane ancora latitante. L'italiano Romeo, segnalato come persona pericolosa, deve scontare ancora 9 anni di carcere mentre Amr Aly El Fadly due anni;
il carcere di Lecco non è di massima sicurezza, è stato ristrutturato recentemente ma non è previsto che vi soggiornino detenuti che richiedono sorveglianze speciali. Stante la situazione emergenziale dei penitenziari a livello nazionale e regionale, è successo che un detenuto come Romeo si trovava a Lecco pur non dovendo esserci;
anche la casa circondariale di Lecco, nonostante sia una realtà di ridotte dimensioni, vive le stesse problematiche dei grandi istituti penitenziari: carenza di fondi, sovraffollamento, carenza di organico nel corpo di polizia penitenziaria con le conseguenze di cui sopra;
i tagli operati al comparto della sicurezza e quanto contenuto nella manovra finanziaria pregiudicano in modo grave il lavoro di tutte le forze dell'ordine, che con grande abnegazione si stanno adoperando per riassicurare al carcere anche l'evaso pericoloso -:
se non ritenga doveroso adoperarsi affinché i detenuti ritenuti pericolosi non siano rinchiusi in carceri non attrezzati a tali emergenze come quella di Lecco;
quali iniziative di carattere straordinario intenda adottare, sollecitare e promuovere, al fine di potenziare le risorse e l'organico degli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso le strutture penitenziarie italiane.
(5-03279)

Interrogazione a risposta scritta:

MINNITI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 19 luglio 2010, una cartuccia di fucile calibro 12, caricata a pallettoni, è stata rinvenuta sul parabrezza dell'auto di servizio del procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Palmi, dottor Giuseppe Creazzo. Il gesto è stato compiuto da ignoti, mentre la vettura era parcheggiata nel garage del Cedir a Reggio Calabria, il centro direzionale che ospita il tribunale e gli uffici della procura. Il gravissimo atto intimidatorio è stato scoperto dall'autista del magistrato nel parcheggio interno del Cedir, dove, come ogni mattina, l'autista si recava per prendere la vettura blindata e quindi raggiungere l'abitazione del magistrato, per accompagnarlo a Palmi;
il 13 luglio 2010 si era già verificato un analogo e gravissimo atto di sabotaggio, sempre nel garage del Cedir, ai danni dell'auto di servizio della dottoressa Adriana Fimiani, sostituto procuratore della procura generale di Reggio Calabria, impegnata nel processo Fehida (faida di San Luca e strage di Duisburg). Un bullone della ruota dell'auto che avrebbe dovuto accompagnare la dottoressa Fimiani a Locri, era stato svitato mentre un altro bullone era stato allentato. L'autista, dopo poche decine di metri dall'uscita dal garage del Cedir, ha avvertito un rumore sospetto proveniente dalla macchina in movimento ed ha deciso di fermare il mezzo, scongiurando così il possibile incidente;
la medesima tecnica operativa di stampo mafioso, era già stata sperimentata il 9 giugno 2010 sull'auto di servizio del procuratore generale di Reggio Calabria, dottor Salvatore Di Landro. La ruota della macchina di servizio su cui viaggiava il dottor Di Landro si è sganciata mentre stava viaggiando a velocità ridotta: alla ruota erano stati svitati quattro bulloni su cinque. Anche in questo caso l'automobile era stata manomessa nel parcheggio sotterraneo

del Cedir di Reggio, dove, tra l'altro, è in funzione un sistema di sorveglianza telematica;
la concatenazione temporale dei tre episodi è particolarmente grave, soprattutto perché si sono verificati all'interno del medesimo luogo, il Cedir di Reggio Calabria, e avendo come bersaglio tre magistrati impegnati in prima fila contro la 'ndrangheta; la matrice è sicuramente unica e si inserisce all'interno di una strategia intimidatrice e destabilizzante, portata avanti con inquietante metodicità e ostentata spavalderia -:
se il Ministro sia conoscenza dei predetti fatti e quali misure siano state già adottate (o intenda adottare) al fine di garantire l'incolumità dei magistrati minacciati;
quali atti di carattere amministrativo il Ministro intenda assumere per la comprensione delle circostanze in cui sono maturati i gravi atti intimidatori;
quali misure amministrative, ordinarie e straordinarie, il Ministro interrogato, viste le circostanze ed il luogo fisico (il Cedir di Reggio Calabria) in cui sono maturati i gravi fatti intimidatori, intenda urgentemente assumere per garantire la sicurezza e l'impermeabilità delle strutture fisiche (tribunali e uffici giudiziari) e la sicurezza dei mezzi adibiti al trasporto dei magistrati.
(4-08126)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stampa del 7 luglio 2010 riporta la notizia che Trenitalia, la società di trasporti nazionale, per il prossimo orario invernale «non trasferirà, sulla linea Adriatica neanche una delle sei coppie di Eurostar sottratte più di un anno fa per servire la dorsale Tirrenica» perché «la società deve utilizzare gli Eurostar su linee che consentano di sfruttare velocità più alte aumentando i margini di redditività» (Corriere del Mezzogiorno);
ne consegue che i servizi di mobilità pugliesi continueranno ad essere gravemente insufficienti. «Le motrici tecnologicamente avanzate - dichiara nel succitato articolo di stampa l'assessore regionale ai trasporti Guglielmo Minervino - non possono essere impiegate per viaggi dalla Puglia verso le destinazioni del Nord visto che non c'è ancora l'Alta velocità»;
i disagi per i pugliesi sono considerevoli, basti pensare che per i cittadini della BAT non ci sono linee ferroviarie dirette che consentano di raggiungere Roma prima del pomeriggio;
lo stesso assessore Minervini si è detto molto preoccupato per la carenza dei servizi di trasporto ferroviario in Puglia, in particolare per la mobilità veloce che risulta del tutto assente nel tratto Bologna-Milano-Torino -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per evitare che la società di trasporti nazionale privi la regione Puglia del servizio Eurostar per il prossimo orario invernale, così come indicato in premessa.
(5-03282)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la finanziaria per il 2009 prevede che «al fine di incentivare l'adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale con traffico superiore ai 10 milioni di passeggeri» possano essere introdotti sistemi di tariffazione pluriennale in deroga alla normativa vigente in materia;
a tal proposito il CIPE si appresta ad autorizzare quell'aumento delle tariffe aeroportuali

che consentirà ad ADR di avviare, con i soldi dei cittadini, il suo piano di raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino;
ADR subordina l'intero piano di sviluppo aeroportuale all'aumento delle tariffe all'odg del CIPE, in altre parole l'investimento del privato è condizionato al finanziamento pubblico;
il tutto avviene sulla base di un unico dato certo: fino ad oggi ADR spa ha dato, secondo l'interrogante, ampia prova di incapacità nella gestione dei servizi aeroportuali ma anche dei propri bilanci finanziari (l'indebitamento finanziario netto di ADR si è attestato, al 31 marzo 2010, a 1.304,5 milioni di euro);
il provvedimento avrebbe dovuto essere esecutivo già dal primo gennaio 2010, ma finora era rimasto lettera morta, non essendosi più riunito il Cipe dopo la prima approvazione;
il gestore aeroportuale (Gemina, della famiglia Benetton) avrebbe dovuto procedere all'aumento di capitale da 500 milioni di euro, da lungo tempo atteso e che dovrebbe servire a sostenere gli investimenti sugli scali capitolini;
apparirebbe oltremodo strano se Gemina provvedesse ad un aumento di capitale dopo l'approvazione del nuovo aumento delle tariffe -:
se il Ministro interrogato essendo a conoscenza della situazione non intenda intervenire presso il CIPE per chiedere, prima di procedere all'aumento delle tariffe aeroportuali, la verifica della bontà degli interventi previsti dai gestori aeroportuali, così come previsto al paragrafo 4.3 della «Direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva» allegato alla delibera CIPE 15 giugno 2007, n. 38.
(4-08131)

CATANOSO e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 15 giugno un A-330 dell'Alitalia in volo da Boston per Roma-Fiumicino è stato costretto a fare rientro nello scalo statunitense a causa di una seria avaria ad uno dei due motori del velivolo e solo l'indiscussa professionalità dei piloti e di tutto l'equipaggio ha garantito la tutela e la salvaguardia dei passeggeri a bordo;
l'evento segue uno precedente accaduto pochi giorni prima sempre sui cieli americani e sempre sullo stesso velivolo A-330 di Alitalia, la nostra compagnia allora ne possedeva soltanto due, avvenuto su un volo partito da New York-Newark e diretto a Roma-Fiumicino;
la storia di Alitalia e l'indiscussa bravura dei nostri piloti riconosciute entrambe da una storia aeronautica pluridecennale non meritano che possa financo sorgere il sospetto che «ci sia qualcosa che non va» negli aspetti tecnici relativi alla safety della nostra flotta aerea commerciale;
la FAA, la corrispondente statunitense del nostro ENAC, ha già iniziato a prendere dei provvedimenti di limitazione nei confronti dell'A-330, seguita a ruota dall'ENAC che ha sospeso l'autorizzazione ETOPS per il settore Airbus 330;
pochi giorni prima dei due accadimenti, il direttore della produzione Alitalia Giancarlo Schisano aveva scritto ai dipendenti del settore una nota in cui si elencavano una serie di successi in ambito organizzativo di cui non possiamo che essere felici e citava il primo cambio motore su aeromobili A-330 eseguito in completa autonomia piuttosto che affidato alla Lufthansa Technik risultato poi, per ammissione dello stesso, effettuato proprio sul velivolo il cui motore è andato in avaria;
fatti del genere, ove sottovalutati anche dal punto di vista economico, possono portare a conseguenze devastanti e devono essere attenzionati con la massima cura -:
quali provvedimenti abbia adottato l'ENAC in merito a quanto esposto in premessa;

per quale motivo ENAC abbia ritenuto opportuno concedere al nuovo A3 30 appena entrato in flotta l'estensione ETOPS a 138 minuti, in considerazione che le estensioni ETOPS sono funzione della qualità tecnica e delle avarie riscontrate e non della vetustà dell'aeroplano;
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per sensibilizzare ulteriormente i vertici di Alitalia ad un'approfondita analisi tecnica da parte della compagnia aerea sugli eventi in questione allo scopo di determinarne le cause e prevenirne il ripetersi.
(4-08135)

PINI e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
interrogante ha ricevuto numerose informazioni e documenti, che hanno destato forti preoccupazioni sulla regolarità nella realizzazione del nuovo Pala-Congressi di Rimini;
in particolare, l'interrogante ha avuto modo di verificare copie di verbali che attestano la presenza nel cantiere di funzionari del Consiglio superiore dei lavori pubblici fin dal gennaio 2009, al fine di verificare l'effettivo utilizzo di acciaio di provenienza libica senza i prescritti preventivi controlli di accettazione;
l'interrogante è venuto a conoscenza, tra l'altro, di un esposto, inviato alla procura competente da un libero professionista di Rimini, in merito alla presunta mancanza o insufficienza di staffe in alcuni pilastri;
in seguito a tale esposto sarebbe stato redatto un documento, sottoscritto da due ingegneri, uno della regione Emilia Romagna - servizio tecnico di bacino Romagna (l'ex Genio civile di Rimini) e l'altro del comune di Rimini (evidentemente inviati sul cantiere a verificare la fondatezza dell'esposto), nel quale, è parere dell'interrogante vi siano elementi che possano essere di interesse, oltre che per la competente procura, anche per il Ministero preposto al controllo delle opere di pubblica utilità in quanto:
a) dal documento, che risulta all'interrogante redatto a seguito di un incarico conferito dalla procura di Rimini, si apprende che i sopraccitati ingegneri, dopo avere sentito l'autore dell'esposto, affermano correttamente che una violazione delle norme in materia strutturale si configurerebbe come una potenziale pericolosità per la pubblica incolumità;
b) gli stessi ingegneri proseguono dichiarando che in data 24 febbraio 2010 la direzione lavori del Palacongressi ha fatto eseguire un sondaggio sul pilastro d'angolo tipo 37, demolendo per una superficie di ½ mq (mezzo metro quadro) il cappotto di rivestimento di polistirolo e il copriferro. Dal sondaggio si è evidenziata la presenza di 4 staffe, a passo variabile, da circa 20 a circa 30 cm (centimetri), il passo delle staffe previsto in progetto è di 20 cm, mentre quello massimo consentito dalle norme tecniche è di 25 cm;
c) gli ingegneri affermano in seguito, in maniera che all'interrogante appare dubbia sul piano della coerenza, che, al di là del sondaggio effettuato, che ha evidenziato che il passo di 2 staffe è superiore al valore massimo consentito dalle norme tecniche, non sono in grado di controllare la veridicità di quanto sostenuto nell'esposto;
d) gli stessi concludono poi dicendo: «Sulla base delle indagini effettuate i sottoscritti non sono in grado di riferire in merito alla potenziale pericolosità della struttura. I sottoscritti ritengono, comunque, che la valutazione della potenziale pericolosità della struttura, sia attività complessa, tale da non poter essere automaticamente correlata alla sola presenza di alcune isolate, non conformità alle norme tecniche»;
le prescrizioni contenute nel decreto ministeriale 9 gennaio 1996, utilizzato dal progettista, nel punto di interesse recitano esplicitamente: «5.3.4. Pilastri. Nei pilastri

soggetti a compressione centrata od eccentrica deve essere disposta un'armatura longitudinale di sezione non minore dello 0,15 NSd / fyd, dove NSd è la forza normale di calcolo in esercizio per combinazione di carico rara ed fyd è la resistenza di calcolo, e compresa fra lo 0,3 per cento e il 6 del cento della sezione effettiva. Quest'ultima limitazione sale al 10 per cento della sezione effettiva nei tratti di giunzione per ricoprimento. In ogni caso il numero minimo di barre longitudinali è quattro per i pilastri a sezione rettangolare o quadrata e sei per quelli a sezione circolare. Il diametro delle barre longitudinali non deve essere minore di 12 mm. Deve essere sempre prevista una staffatura posta ad interasse non maggiore di 15 volte il diametro minimo delle barre impiegate per l'armatura longitudinale, con un massimo di 25 cm. (omissis)»;
i citati tecnici concludono dicendo sostanzialmente che non si ravvisano rischi nonostante siano state riscontrate dagli stessi tecnici passi tra le staffe anche di 30 cm, quindi ben oltre il limite di 25 cm consentito dalle norme tecniche;
le attuali norme (N.T.C. 2008) sono molto più severe al riguardo;
nessuno, ad avviso dell'interrogante, può arrogarsi il diritto di sostenere tesi che condurrebbero alla discrezionalità nell'applicazione della norma;
l'articolo 29 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche», recita: «Art. 29. Vigilanza per l'osservanza delle norme tecniche. Nelle località di cui all'articolo 2 della presente legge e in quelle sismiche di cui all'articolo 3 gli ufficiali di polizia giudiziaria, gli ingegneri e geometri degli uffici del Ministero dei lavori pubblici e degli uffici tecnici regionali, provinciali e comunali, le guardie doganali e forestali, gli ufficiali e sottufficiali del corpo nazionale dei vigili del fuoco e in generale tutti gli agenti giurati a servizio dello Stato, delle province e dei comuni sono tenuti ad accertare che chiunque inizi costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni sia in possesso dell'autorizzazione rilasciata dall'ufficio tecnico della regione o dall'ufficio del genio civile a norma degli articoli 2 e 18. I funzionari di detto ufficio debbono altresì accertare se le costruzioni, le riparazioni e ricostruzioni procedano in conformità delle presenti norme. Eguale obbligo spetta agli ingegneri e geometri degli uffici tecnici succitati quando accedano per altri incarichi qualsiasi nei comuni danneggiati, compatibilmente coi detti incarichi»;
considerato che gli ingegneri sopra citati hanno ravvisato la violazione di alcune norme, già con un sondaggio che rappresenta una piccolissima porzione della struttura complessiva, ci si chiede per quali motivi non siano stati effettuati ulteriori accertamenti;
un ulteriore, gravissimo aspetto su cui occorre far luce, che l'interrogante ha peraltro sottoposto direttamente all'autorità giudiziaria, è costituito dal fatto che, in base alla normativa vigente, nel momento in cui in corso d'opera viene rilevata una violazione delle norme in materia strutturale, la chiusura della pratica passa obbligatoriamente attraverso un progetto in sanatoria. In quel caso il committente non sarebbe più libero di scegliere il collaudatore, ma ciò verrebbe rimesso all'Ordine degli ingegneri che sarebbe tenuto a fornire una terna di nomi (collaudo su terna);
in relazione a quanto enunciato nel capoverso precedente, ad avviso dell'interrogante il collaudatore incaricato non sarebbe stato più titolato a pronunciarsi sulla collaudabilità delle opere;
il direttore dei lavori, secondo notizie di stampa del 4 luglio 2010, ha dichiarato che tutto è in regola e di non conoscere difformità rispetto alla disciplina vigente;
sempre secondo il verbale sottoscritto dai tecnici incaricati dalla procura risulta invece che l'apertura del pilastro n. 37, nel

quale è stata immediatamente rilevata l'infrazione, sarebbe stata disposta proprio dalla direzione lavori;
risulta all'interrogante anche una relazione conclusiva redatta dai funzionari del servizio tecnico centrale presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, dalla quale emerge una violazione dei disposti contenuti nell'allegato 8 - paragrafo 3 - al decreto ministeriale 9 gennaio 1996 -:
se il Ministro sia informato sui fatti in premessa;
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, un tempestivo intervento ed un sopralluogo urgente da parte dei tecnici del Ministero al fine di disporre le doverose verifiche del caso estese a tutte le strutture;
se non ritenga opportuno affidare ad una commissione di periti indipendenti ed autorevoli l'incarico della verifica strutturale dell'opera attesa la sua importanza e considerato che, alla luce di quanto riportato in premessa, è quantomai opportuno ad avviso dell'interrogante un ulteriore approfondimento in via amministrativa a tutela della pubblica incolumità.
(4-08138)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 4 luglio del 2010 è stato assassinato presso il quartiere Aurelio di Roma a colpi di pistola il pregiudicato Carmine Gallo, giova rilevare che la relazione della direzione investigativa antimafia al Parlamento del secondo semestre del 2009 ha rilevato l'operatività del clan Gallo di Torre Annunziata anche a Roma e nel Lazio;
il 10 settembre del 2001 veniva ucciso da un commando a Torvaianica Giuseppe Carlino, 43 anni, assieme ai fratelli Francesco e Calogero, boss di spicco della banda della Marranella;
il 18 ottobre 2002, alle ore 16,40, Paolo Frau, pluripregiudicato, già membro di spicco della «Banda della Magliana» e fino al decesso notoriamente capo dell'organizzazione criminale operante sul litorale romano e dedita alla commissione di molteplici e gravi delitti, veniva ucciso sotto la sua abitazione, sita in Ostia Lido, da due uomini con il volto coperto da caschi integrali, a colpi di arma da fuoco;
il 22 novembre dello stesso anno veniva assassinato a Ciampino Michele Stettanni, pregiudicato collegato alla consorteria criminale Senese;
il 29 febbraio del 2008 veniva assassinato a Roma Umberto Morzilli, collegato ai figli di Enrico Nicoletti, con i quali risultava essere condannato in primo grado per il delitto di tentata estorsione; Morzilli risultava altresì indagato nel procedimento contro il faccendiere Danilo Coppola;
il 5 giugno del 2009 veniva assassinato ad Acilia Emidio Salomone, già raggiunto da un provvedimento cautelare per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso e secondo le indagini della squadra mobile di Roma elemento apicale di una consorteria criminale attiva ad Ostia;
il giudice per le indagini preliminari distrettuale di Roma, nell'ordinanza di custodia cautelare del 28 ottobre 2004, così descrive il Salomone: «Salomone Emidio è uno dei promotori, unitamente al Pergola Roberto, dell'associazione delinquenziale mafiosa individuata ed operante in Ostia Lido. Il predetto, già membro di spicco della cosiddetta »Banda della Magliana« e »braccio armato« del defunto Frau Paolo, dal quale ha »ereditato« il sodalizio in questione, annovera numerosi e gravi pregiudizi penali per traffico di sostanze stupefacenti, rapina, porto abusivo

d'armi da fuoco, evasione, furto, ricettazione, lesioni dolose e danneggiamento aggravato, evasione, ed altro»;
il delitto di Carmine Gallo con molta probabilità è ascrivibile alla criminalità organizzata -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato per quanto riguarda la penetrazione e l'operato delle mafie nel tessuto finanziario e produttivo della capitale e della regione Lazio, nonché sull'incidenza delle operazioni malavitose sulla sicurezza dei cittadini e la trasparenza e libertà delle attività economiche;
quali iniziative intenda assumere per rafforzare l'attività di contrasto alla criminalità organizzata nella capitale e nel Lazio, anche in relazione ai fatti delittuosi di cui in premessa.
(4-08127)

MARSILIO, RAMPELLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la cronaca recente ha riportato la notizia della vasta operazione della Guardia di finanza contro la mafia cinese nel corso della quale, in diverse regioni italiane, sono stati eseguiti numerosi arresti, perquisizioni e sequestri di beni immobili, mobili di lusso, quote societarie e denaro contante;
suddetta operazione, volta a colpire un avviato giro di riciclaggio, ha acceso i riflettori sulla criminalità organizzata cinese, in costante sviluppo e crescente radicamento nel territorio italiano, come testimoniato anche dalle numerose segnalazioni provenienti da amministratori locali, istituzioni e soggetti che a diverso titolo si sono occupati della questione;
non da ultimo lo stesso Roberto Saviano, spesso ascoltato autore di denunce sui fenomeni mafiosi, nel suo ormai celebre «Gomorra», scrive che "il porto di Napoli è il buco del mappamondo da dove esce quello che si produce in Cina, estremo Oriente come ancora i cronisti amano definirlo [...] tutto quello che si produce in Cina viene sversato qui [...] il solo porto di Napoli movimenta il 20 per cento del valore dell'import tessile dalla Cina, ma oltre il 70 per cento della quantità di prodotto passa qui. È una stranezza complicata da comprendere, però le merci portano con sé magie rare, riescono ad esserci non essendoci, ad arrivare pur non giungendo mai, a essere costose al cliente pur essendo scadenti, a risultare di poco valore al fisco pur essendo preziose;
ancora, nello stesso capitolo del libro, sempre Saviano scrive che «a Napoli ormai si scarica quasi esclusivamente merce proveniente dalla Cina, 1.600.000 tonnellate. Quella registrata. Almeno un altro milione passa senza lasciare traccia. Nel solo porto di Napoli, secondo l'Agenzia delle Dogane, il 60 per cento della merce sfugge al controllo della dogana, il 20 per cento delle bollette non viene controllato e vi sono cinquantamila contraffazioni: il 99 per cento è di provenienza cinese e si calcolano duecento milioni di euro di tasse evase a semestre»;
a conferma di quanto ai punti precedenti, la DIA (direzione investigativa antimafia), nella relazione del primo semestre 2009, parlando della criminalità cinese, scrive che «i sequestri di merce attuati dalle forze dell'ordine dimostrano come le stesse arrivino in Italia principalmente attraverso gli scali doganali marittimi, ma talvolta anche in quelli aerei e terrestri e in tale fase è di fondamentale importanza la complicità degli italiani deputati alla alterazione della documentazione da presentare in dogana» e che «nessuna area nazionale è risultata immune dal fenomeno, anche se chiaramente a maggiore sollecitazione sono esposte quelle che rappresentano i luoghi di ingresso, tra i quali si segnalano i diversi porti di attracco delle navi porta containers»;
sempre la DIA rileva che «illecito direttamente correlato all'industria del falso è quello della immissione nel circuito legale di tutti i proventi derivanti dalla vendita dei prodotti e che si configura come una vera e propria attività di riciclaggio.

Si tratta generalmente di denaro liquido, parte del quale, attraverso una serie di soggetti compiacenti, quasi sempre italiani, transita in Cina, attraverso un giro di false fatturazioni che contestualmente servono anche ad evadere il fisco»;
in relazione al punto di cui sopra, dai dati del «V Rapporto dell'Osservatorio Romano sulle Migrazioni della Caritas di Roma» emerge che, nel 2007, le rimesse inviate dall'Italia sono state destinate per il 47,1 per cento in Asia, il 25,7 per cento in Europa (nella quasi totalità dirette verso i paesi dell'Est), il 15,1 per cento in Africa e il 12 per cento in America (quasi esclusivamente in America Latina);
dal medesimo rapporto si evince che, nel periodo tra il 2004 e il 2007, si è assistito ad un incremento del 151 per cento delle rimesse dell'area romana, e nel solo 2007 ben 1,207 miliardi di euro si sono diretti verso l'Asia;
nello specifico, si può leggere che «la Cina è il primo paese di destinazione degli invii monetari effettuati attraverso i Money Transfert, sia in Italia che a Roma. Dalla capitale, nel corso del 2007, ha avuto origine la metà dei flussi diretti in Cina dall'intera penisola, una quota che di per sé suscita stupore se associata al numero dei cinesi presenti nel capoluogo di provincia laziale, appena il 5.6 per cento di tutti i cinesi residenti in Italia»;
ancora dal rapporto della Caritas di Roma, dopo aver appreso che, dal 2005 al 2007, è quasi raddoppiato il volume complessivo delle rimesse facente capo alla comunità cinese, a testimonianza del crescente radicamento territoriale, si può leggere che «la Cina, con 689 milioni di euro, totalizza il 45.8 per cento dei flussi monetari inviati da Roma» e che la stessa «che conta 8.840 residenti nella provincia di Roma, ha il valore annuo pro capite più alto (78.006 euro)», precedendo le Filippine (16.577 euro) e gli altri Paesi con valori nettamente inferiori (dai 5.412 euro della Colombia a scendere);
la situazione romana, in particolare, è stata più volte portata all'attenzione delle istituzioni dalle numerose segnalazioni dei residenti del rione Esquilino, esasperati dalla presenza delle attività commerciali cinesi e da tutto ciò che ruota loro intorno, con fenomeni di illegalità diffusa e manifesta;
anche le istituzioni locali, sindaco Alemanno in testa, si sono mobilitate nei confronti di questo fenomeno e sono diverse le segnalazioni di consiglieri municipali alle autorità competenti, con circostanziate denunce di negozi che fungono da «vetrina» per la scelta della merce, poi ritirata in altra zona con palese elusione delle normative fiscali e del commercio;
a conferma di quanto esposto nei capoversi precedenti, nel rapporto «Analisi ed elaborazione dati sull'immigrazione cinese in Italia» del dicembre 2008, curato dalla missione italiana dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e dal Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno, si sostiene che l'elevata quota di invii monetari (Roma continua a detenere la metà delle rimesse) «deve essere attribuito alla presenza nella capitale di oltre 400 commercianti all'ingrosso cinesi che importano merci dalla madrepatria»;
ulteriore riprova sono le parole del Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi che, nel corso dell'audizione alla Commissione antimafia del giugno 2007, parlando delle economie della comunità immigrata cinese, ebbe a dire che tali dati «non consentono un riscontro sull'origine delle rimesse di cui una parte importante proviene verosimilmente da attività svolte in un contesto di economia sommersa che si presta all'evasione della normativa fiscale»;
a questi reati, secondo quanto rilevato dalla DIA nella relazione citata in precedenza a proposito della mafia cinese, si devono aggiungere nuove tipologie delittuose, come il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, lo sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione, «reati connessi agli stupefacenti, che appaiono di più recente sviluppo all'interno

di questa comunità etnica e fanno segnare una evoluzione» e, da ultima, la clonazione dei titoli di pagamento elettronici;
le indagini delle forze dell'ordine nei confronti della comunità cinese sono rese particolarmente difficili dalla difficoltà di comprensione della loro lingua, suddivisa in centinaia di dialetti, che rendono impermeabile tale comunità e ne rafforzano i vincoli solidaristici tra gli appartenenti alla stessa;
ancora dalla relazione semestrale della DIA, a proposito di contraffazione e importazione irregolare di merci, si può leggere che «si tratta di un business illecito milionario e, come definito opportunamente dalle agenzie dell'ONU, rappresenta a livello internazionale »un'attività illecita particolarmente redditizia, anche in rapporto ad altre assai proficue come il traffico di droga e di armi. Inoltre, le organizzazioni criminali che oggi controllano l'effettiva produzione e il commercio di prodotti contraffatti sono attratte dalla mancanza di deterrenti legislativi«. Tale mancanza è reale anche nel nostro Paese ma è stata già auspicata l'opportunità di considerare maggiormente la plurioffensività di tali reati, trasferendone la collocazione dai delitti di falso a quelli più gravi contro l'economia, sperando in un riassetto normativo ed ampliando la competenza giudiziaria distrettuale per le nuove eventuali fattispecie di reato» -:
se sia intenzione del Ministro interrogato proporre iniziative normative che recepiscano i suggerimenti avanzati dalla DIA;
se non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative, tramite i mezzi a disposizione e per quanto di propria competenza, per potenziare le capacità investigative nei confronti della criminalità cinese;
quali specifiche iniziative intenda intraprendere al fine di contrastare il radicamento e la diffusione della mafia cinese in Italia;
se non ritenga necessario, per la città di Roma, adottare un piano particolareggiato di interventi che possa fronteggiare e arginare le situazioni descritte in premessa, che, sia sul versante della sicurezza che dell'ordine pubblico, stanno raggiungendo livelli di vero e proprio allarme sociale.
(4-08133)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MATTESINI, GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'applicazione del regolamento decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 2009, concernente la nuova determinazione degli organici del personale amministrativo tecnico ausiliario (ATA), tramite lo schema di decreto interministeriale del 9 giugno 2010 trasmesso con nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 09 giugno 2010, prot. n. 5706, alcuni istituti scolastici situati in territori montani, alla fine del triennio 2009/2010 - 2010/2011- 2011/2012 dovranno affrontare una difficile situazione;
tale normativa, infatti, collegata all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, penalizza fortemente le realtà scolastiche che operano nei territori disagiati dei piccoli comuni montani e che presentano una dislocazione di plessi distanziati tra di loro. In particolare l'assegnazione del personale ausiliario, in base alla tabella 2 del predetto regolamento, prevede un incremento di tre unità con sedi da 5 a 7 e di 4 unità con sedi tra 8 e 11. Si evince che le scuole con 11 plessi hanno, rispetto ad una istituzione con 5 plessi, una sola risorsa in aggiunta pur avendo oltre il doppio di plessi da gestire;

lo schema di decreto considera altresì, nell'assegnazione di risorse, il tempo scuola erogato dall'istituzione scolastica prendendo come riferimento il numero totale di alunni che usufruiscono di 40 ore settimanali (orario completo di funzionamento della scuola infanzia, tempo pieno della scuola primaria e tempo prolungato della scuola secondaria) ma non il numero dei plessi in cui tale orario viene attivato; allo stesso modo si procede nel determinare la riduzione di personale amministrativo, che opera nelle segreterie, in quanto si calcola in rapporto al numero totale degli alunni a prescindere dalla complessità dell'istituto;
in sostanza le istituzioni scolastiche che operano in un territorio dove sono presenti piccoli comuni montani e gestiscono plessi non molto grandi, distanti tra di loro, con un numero superiore a 10 nei quali sono previsti un'apertura del servizio alla prima infanzia fin dai due anni (in base al comma 6 dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009) e un'attivazione di orario nel primo ciclo di 40 ore settimanali nell'80 per cento dei plessi, si trovano ad avere un'insufficiente assegnazione di risorse del personale ausiliario (in media, uno per plesso) che potrebbe solo garantire la vigilanza, ma non di certo la pulizia dei locali;
è risaputo che nei comuni di montagna la scuola rappresenta un servizio primario per le famiglie perché evita a bambini di età tra i 2 e i 10 anni, gli spostamenti nella stagione invernale soggetta, viste le altitudini, a precipitazioni nevose. Inoltre i piccoli comuni montani spesso, per ottimizzare le risorse del proprio ufficio scuola, delegano agli istituti alcuni compiti organizzativi quali, ad esempio, la gestione del budget delle uscite nel territorio, caricando le segreterie di ulteriore lavoro;
ad avviso delle interroganti, tale applicazione del regolamento rappresenta un enorme disagio per le istituzioni scolastiche situate in comuni montani, creando anche diseguaglianze tra cittadini -:
se non reputi doveroso prevedere una deroga ai parametri di calcolo di cui alle tabelle previste al punto 1.5 dello schema di decreto interministeriale per le realtà scolastiche che operano in territorio montano.
(5-03275)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI e SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
al personale dipendente della società Poste italiane spetta, per il servizio prestato al momento dell'assunzione fino al 28 febbraio 1998 - data della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni - l'indennità di buonuscita di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 23 dicembre 1973;
l'indennità di buonuscita viene calcolata per tutti i dipendenti pubblici avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita dal lavoratore prima della sua collocazione in quiescenza;
il calcolo dell'indennità di buonuscita avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita ne garantisce la sua costante rivalutazione per effetto degli aumenti contrattuali e degli avanzamenti di carriera dei lavoratori; per i lavoratori postelegrafonici l'articolo 53, comma 6, della legge n. 449 del 30 dicembre 1997 (legge finanziaria 1998) stabilisce che «a decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente poste italiane in società per azioni...al personale dipendente dalla società medesima spettano il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma»;

alla liquidazione dell'indennità di buonuscita maturata per il servizio prestato in Poste Italiane fino al 28 febbraio 1998 provvede, all'atto del pensionamento dei lavoratori, una gestione commissariale istituita presso l'Ipost, Istituto postelegrafonici;
la liquidazione dell'indennità di buonuscita ai lavoratori di cui sopra viene tuttavia effettuata, a causa dell'interpretazione letterale del comma 6 di cui sopra, facendo riferimento alla retribuzione percepita al 28 febbraio 1998;
il sopra citato sistema di calcolo, che «congela» la buonuscita al valore maturato al 28 febbraio 1998 indipendentemente da quando il lavoratore andrà in pensione, determina un evidente e grave danno economico ai lavoratori interessati, e cioè a tutti i dipendenti di Poste assunti prima di tale data, che sono la grande maggioranza degli attuali dipendenti;
in questi anni i lavoratori collocati in quiescenza hanno prodotto un notevole contenzioso giudiziario per la rivalutazione della buonuscita sulla base dell'ultima retribuzione percepita prima della quiescenza stessa; il contenzioso giudiziario ha avuto sino ad ora esito favorevole per i lavoratori;
i lavoratori postelegrafonici possono ottenere la concessione di un mutuo da parte dell'Ipost che lo eroga attingendo al fondo costituito dalla buonuscita del dipendente e rimasto nella disponibilità dell'istituto previdenziale per effetto dell'articolo 53 della legge n. 449 citata e sul quale l'istituto chiede al dipendente la corresponsione di interessi;
si realizza pertanto una situazione paradossale che vede il dipendente prestare il proprio denaro a sé stesso e corrispondere gli interessi legali sul prestito all'Ipost;
i dipendenti di Poste italiane non ottengono neanche l'anticipazione del 75 per cento della buonuscita così come avviene per altri lavoratori -:
se non ritenga opportuno adoperarsi perché sia trovata una soluzione adeguata a questa vicenda, attraverso iniziative normative volte a chiarire i termini di esatta interpretazione del citato comma 6 a garanzia dei lavoratori interessati;
se risponda al vero che il dipendente di Poste italiane non può ottenere l'anticipazione della buonuscita maturata al 28 febbraio 1998 nel caso dell'acquisto della prima casa, e se, nel caso, non ritenga porvi rimedio.
(5-03280)

Interrogazione a risposta scritta:

CATANOSO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il permanere dello stato di crisi nel settore agricolo ed agrumicolo della Sicilia e del divario tra costi di produzione e ricavi ha già determinato un forte indebolimento e la chiusura di migliaia di aziende agricole;
il settore necessita da anni di un serio ed efficace intervento da parte delle istituzioni comunitarie, statali e regionali per fronteggiare gli esorbitanti aumenti dei costi di produzione a fronte di una continua diminuzione dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli;
il 31 luglio 2010 va in scadenza la proroga delle agevolazioni sui contributi previdenziali per la manodopera agricola riconosciuta alle aziende che ricadono nelle aree montane e svantaggiate e nelle regioni ex-Obiettivo 1;
l'aumento degli oneri previdenziali costringerà le aziende agricole ad effettuare una notevole riduzione dell'impiego di manodopera contribuendo in tal modo all'espulsione dal processo produttivo di migliaia di braccianti;
a giudizio dell'interrogante si dovrebbe garantire la stabilizzazione, almeno triennale, della riduzione degli oneri previdenziali

a carico delle aziende ricadenti nelle aree montane e svantaggiate e nelle regioni ex-Obiettivo 1;
si dovrebbe prevedere, inoltre, l'azzeramento delle accise per i carburanti ad uso agricolo per tutte le tipologie aziendali -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-08129)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il Vitigno «Uva di Troia» (inserito nel «catalogo nazionale delle varietà di viti» con codice 247) è una varietà autoctona fortemente rappresentativa della vasta area viticola che va dalla provincia di Foggia al nord barese;
su iniziativa del comune di Troia è stato costituito il comitato denominato Comitato promotore per il riconoscimento della DOC «Terre del Nero di Troia», con l'obiettivo di una migliore tutela del vitigno e, in un'ottica di maggiore caratterizzazione del vino rosso dell'area, della nascita di una nuova denominazione di origine controllata denominata «Terre del Nero di Troia»;
la relazione geologica realizzata dal dottor Francesco Frattaruolo, geologo iscritto all'Ordine dei geologi della provincia di Foggia, condotto per conoscere la geologia dei terreni e soprattutto le caratteristiche geo-pedologiche e vegetazionali, ha accertato che tali terreni risultano favorevoli alla coltura dei vigneti ed in particolar modo della varietà «Uva di Troia»;
il giorno 3 marzo 2010 su incarico di Confcooperative Foggia e del Comitato promotore per il riconoscimento della DOC «Terre del Nero di Troia» il dottor Felice Cota Teodoro, iscritto all'albo dei dottori agronomi della provincia di Foggia al numero 376 svolgeva perizia stragiudiziale che confermava la validità e l'obiettività delle richieste contemplate nel disciplinare di produzione del vino «Terre del Nero di Troia»;
con istanza del 29 luglio 2009 presentato da ConfCooperative Foggia e Coldiretti Foggia è stato richiesto il riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini «Terre del Nero di Troia» e l'approvazione del relativo disciplinare di produzione;
in riscontro alla predetta istanza, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con nota prot. 0019597 del 16 dicembre 2009, ha richiesto alcune integrazioni documentali nonché il parere della regione Puglia sulla proposta di riconoscimento del D.O.C. «Terre del Nero di Troia»;
con nota del 22 aprile 2010 la richiesta documentazione integrativa è stata inviata sia al Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali sia alla regione Puglia, ai fini dell'espressione di competenza;
il servizio alimentazione della regione Puglia, con nota prot. n. 7983 del 30 aprile 2010, ha trasmesso il parere negativo espresso dal comitato vitivinicolo regionale nelle riunioni del 26 aprile 2010 e del 28 aprile 2001;
il predetto parere negativo è stato espresso senza il preventivo esame e, conseguentemente, la ponderata valutazione di tutta documentazione integrativa prodotta in data 22 aprile 2010, in ottemperanza alla formale richiesta ministeriale prot. n. 19597 del 16 dicembre 2009, tanto che il comitato vitivinicolo regionale ha

espresso il proprio parere esclusivamente sulla base della documentazione a corredo dell'originaria istanza, così come attestato nella nota prot. n. 7983 del 30 aprile 2010;
il predetto parere negativo è stato, inoltre, espresso senza preventivamente comunicare alle Associazioni Confcooperative Foggia e Coldiretti Foggia nonché al Comitato promotore i motivi che ostavano all'adozione di un parere favorevole, contestualmente assegnando un termine ragionevole per presentare controdeduzioni, eventualmente corredate da documenti; né, tanto meno, è stata disposta la convocazione delle Associazioni che hanno presentato l'istanza prima dell'adozione del parere negativo, così precludendole di fornire al Comitato eventuali chiarimenti e, comunque, di presentare le proprie controdeduzioni;
non risulta che il comitato vitivinicolo regionale, prima di procedere all'esame dell'istanza, abbia ponderatamente verificato l'eventuale sussistenza di situazioni di incompatibilità - o, addirittura, di conflitto di interesse - dei singoli componenti, con conseguente obbligo di astensione;
il servizio alimentazione della regione Puglia, con nota prot. n. 8601 del 12 maggio 2010, ha disposto il riesame del parere negativo espresso dal comitato vitivinicolo regionale nelle sedute del 26 aprile 2010 e del 28 aprile 2010 anche con il coinvolgimento delle organizzazioni professionali agricole che ne hanno evidenziato la necessità -:
quali iniziative intenda adottare per garantire che l'istanza di riconoscimento della denominazione «Terre del Nero di Troia» venga correttamente esaminata alla luce della documentazione presentata dai richiedenti.
(2-00795)
«Carlucci, Barba, Barbieri, Bertolini, Bruno, Di Cagno Abbrescia, Divella, Franzoso, Frassinetti, Fucci, Giammanco, Gibiino, Girlanda, Golfo, Lainati, Antonio Pepe, Giulio Marini, Holzmann, Luciano Rossi, Iannarilli, Mottola, Palmieri, Tommaso Foti, Cirielli, Cesaro, Taglialatela, Proietti Cosimi, Nizzi, Stanca, Torrisi, Di Caterina, Savino, Dell'Elce, Dima, Tortoli, Ceroni, Abelli, Bocciardo».

TESTO AGGIORNATO AL 22 SETTEMBRE 2010

...

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e BARANI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la notizia della donna livornese in fin di vita, a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), noto all'opinione pubblica come morbo della «mucca pazza», ripropone all'attenzione delle autorità competenti e dell'intera collettività, l'impegno nel monitorare con maggiore applicazione, i controlli stringenti sulle partite di carne che entrano nel nostro Paese;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, che il caso suddetto evidenzi come il livello di attenzione sul fenomeno della «mucca pazza» debba essere ancora elevato, dovendosi comprendere come e quando la donna abbia contratto il virus, verificando la provenienza della carne che ha mangiato;
al fine di rassicurare i consumatori, nonché gli operatori del settore, occorre rendere pubblici i dati sui controlli e sui sequestri di carne sospetta, connessa al morbo della «mucca pazza» effettuati negli ultimi 2 anni in Italia;
a giudizio della Coldiretti, il caso suesposto rappresenta un'eredità del lontano passato facilmente prevedibile, per i lunghi tempi di incubazione della malattia,

che non ha nulla a che fare con il consumo della carne italiana che, secondo l'associazione agricola, grazie ai rigidi controlli introdotti con successo dal 2001 per far fronte all'emergenza della BSE, è del tutto sicura -:
quale sia al momento la situazione in Italia, con riferimento al numero dei sequestri effettuati di carne ritenuta sospetta proveniente dall'estero, ma anche prodotta e venduta nel nostro Paese;
se sussistano attualmente pericoli, in considerazione del caso avvenuto a Livorno ed esposto in premessa, per i consumatori di carne nel nostro Paese e, in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere al fine di tutelare i consumatori di carne;
se non ritengano infine rendere pubblici i dati sui controlli e sui sequestri avvenuti negli ultimi anni nel nostro Paese.
(5-03277)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARGIOTTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 45 della legge n. 99 del 2009 ha previsto l'incremento dal 7 al 10 per cento dell'aliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione per le produzioni di idrocarburi è tenuto annualmente a versare;
la quota del fondo così costituito attribuita alla regione Basilicata parrebbe essere quantificata pari a 32 milioni di euro;
tali somme sono finalizzate a sconti sul rifornimento alla pompa nelle regioni interessate dalle coltivazioni;
ad oggi non è possibile la loro utilizzazione, in assenza del decreto attuativo del Ministero previsto dalla legge, che avrebbe dovuto essere emanato entro settembre 2009 -:
se sia corretta la quantificazione di 32 milioni di euro per la Basilicata;
quali cifre spettino alle altre regioni;
quali ostacoli si siano sin qui frapposti all'emanazione del decreto attuativo;
quando esso sarà emanato;
in che maniera si intendano effettivamente utilizzare tali fondi.
(5-03276)

TOTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
fonti d'informazione hanno riferito che il numero delle linee mobili di Telecom Italia, più precisamente il numero delle utenze del gestore di telefonia mobile TIM, sarebbe pari a 30,4 milioni, in decremento significativo rispetto ai 34, 8 milioni di abbonati dichiarato nell'anno 2008;
il dato è di per sé emblematico di quella che all'interrogante appare una inadeguata capacità competitiva di una società in evidente involuzione, nonostante le aspettative, diverse e contrapposte, che il processo della sua privatizzazione, iniziato nel 1997, sembrava postulasse;
al tempo della gestione pubblica di Telecom Italia, la società implementava investimenti, occupazione e la disponibilità e l'utilizzo di tecnologie avanzate, mentre oggi manifesta corpose criticità nelle quali è dato di riscontrare una sorta di dissipazione di quel cospicuo patrimonio lasciato «in eredità» al mercato;
in effetti, nel piano industriale per il triennio 2010-2012, l'azienda ha previsto oltre 6.800 esuberi, in relazione ai quali ha avviato, molto recentemente, le procedure per il licenziamento di 3.700 dipendenti nel 2011 -:
se il Governo non intenda, nel pieno rispetto della normativa, subordinare la

fruizione, da parte del gruppo Telecom Italia, di qualsiasi misura di sostegno o di intervento di parte pubblica all'analisi e alla verifica delle ragioni dei risultati operativi di gestione, con specifico riguardo alla perdita delle quote di mercato.
(5-03284)

Interrogazione a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'epoca dell'informatizzazione e della nuova gestione logistica di tutti i servizi postali, parlare di disservizi legati alla lentezza di recapito delle missive pare un'assurdità;
nello specifico le notizie e le informazioni che giungono dal comune di Cantù (Como) come diligentemente segnalate dal settimanale locale Il Giornale di Cantù attestano l'esistenza di alcuni disservizi nel servizio postale locale;
in particolare, viene segnalato che una lettera ordinaria spedita da Cantù con destinazione lo stesso comune abbia impiegato ben 32 giorni per giungere a destinazione;
la lettera risulta essere arrivata al centro di smistamento di Roserio (Milano) il 5 giugno 2010, ma il postino ha provveduto al recapitato della missiva il giorno 7 luglio, dopo 768 ore dalla partenza;
la situazione segnalata sembrerebbe essere solo l'ultimo episodio di alcuni disservizi nella consegna delle missive, dalle normali cartoline alle più importanti scadenze economiche, che fotografano una realtà quotidiana di disagi e disservizi con cui i cittadini devono fare i conti ormai quotidianamente;
sarebbe importante che Poste italiane verificasse i disservizi anche attraverso un'analisi strutturale della situazione sui territori di tutti i paesi dell'area al fine di riorganizzare le proprie risorse e ottimizzare la funzionalità del servizio nell'interesse dei cittadini e delle numerose imprese e aziende presenti sul territorio canturino, brianzolo e comasco in generale;
infatti il territorio locale è caratterizzato dalla presenza di un tessuto economico produttivo particolarmente efficiente e sviluppato, per cui le aziende locali non possono sopportare il peso di ritardi e disservizi e quindi di costi aggiuntivi anche e soprattutto in una situazione di crisi economica -:
se il Ministro, essendo a conoscenza della situazione, non intenda intervenire presso Poste italiane al fine di evitare i tanti disagi per i nostri cittadini e i danni economici per le nostre aziende che i disservizi citati arrecano, in un epoca in cui le comunicazioni si basano sulla velocità e sulla certezza del recapito;
se, quali e quante visite ispettive, spontanee e a seguito di segnalazione degli utenti, abbia effettuato il Ministero nei confronti di Poste italiane spa e con quali risultati; se il Ministro non ritenga opportuno incrementare le visite ispettive nei confronti di Poste italiane spa; se il Ministro non intenda adottare opportune iniziative,e quali, per contrastare il fenomeno dei disservizi postali imputati a Poste italiane spa e tutelarne gli utenti.
(4-08137)

...

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Carlucci n. 2-00791 del 20 luglio 2010.

...

ERRATA CORRIGE

Nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2010, alla pagina 14778, seconda colonna, le righe dalla settima alla

sedicesima devono intendersi sostituite dalle seguenti: «La risoluzione in Commissione Ventucci n. 7-00370, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Angelucci, Berardi, Bernardo, Gianfranco Conte, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Jannone, Laboccetta, Leo, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Soglia, Fluvi, Comaroli, Barbato, Occhiuto.» e non come stampato.