XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 8 luglio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 14 MARZO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il nostro Paese è impegnato in un progetto per la realizzazione di 2.700 cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35 sostenuto dagli Stati Uniti a cui partecipano altri 8 Paesi: Regno Unito al primo livello, Italia ed Olanda al secondo livello, Turchia, Canada, Australia Norvegia e Danimarca al terzo livello. La ditta capo-commessa del progetto è l'americana, Lockheed Martin Aero e l'azienda italiana maggiormente coinvolta è Alenia Aeronautica che partecipa allo sviluppo ed alla produzione second source dell'ala. Sono poi coinvolte in modo minore un'altra ventina di aziende del nostro comparto nazionale;
il costo complessivo di tale progetto è stimato in 250 miliardi di dollari, ma non è in alcun modo possibile fare stime sui costi finali reali, tanto che per un singolo aereo le recenti stime statunitensi (marzo 2010) parlano di un costo finale di acquisto di circa 110 milioni di dollari;
per la fase di produzione dell'aereo (successiva alle fasi di progettazione già completata) l'Italia ha ipotizzato di impegnarsi all'acquisto di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter al costo totale - solo per l'aereo senza armamenti - di oltre 12 miliardi di euro seguendo le ultime stime (cifra spalmata fino al 2026) ed alla realizzazione a Cameri (Novara) di un centro europeo di manutenzione al costo di 605,5 milioni di euro, da consegnare entro il 2012;
per la fase dello sviluppo e per quella di pre-industrializzazione l'Italia ha sottoscritto dei Memorandum of understanding che la impegnano a destinare al progetto 158,2 milioni di dollari dal 2007 al 2011, ed altri 745 milioni di dollari dal 2012 al 2046;
dal punto di vista puramente strategico è difficile comprendere quali siano le motivazioni per l'acquisto di un cacciabombardiere di quarta generazione: le nostre attuali missioni militari all'estero hanno una caratteristica prevalentemente di peacekeeping, dove fondamentale deve essere la figura umana mentre risulta totalmente inutile, oltre che contraria al nostro dettato costituzionale, la presenza di cacciabombardieri. La possibile giustificazione della deterrenza ai fini difensivi non regge in quanto occorre ricordare che stiamo già acquistando il caccia Eurofighter EFA più adatto a compiti da intercettore e di difesa da attacchi aerei;
anche gli Stati Uniti, con la nuova presidenza di Barack Obama, hanno deciso di effettuare importanti tagli sui sistemi d'arma considerati sovradimensionati ed inutili nelle nuove prospettive strategiche per investire sulla componente umana;
diverse voci ufficiali dei paesi partecipanti al progetto (la Corte dei conti olandese, lo U.S. government accountability office) hanno espresso le loro forti perplessità sulla sostenibilità, efficacia ed effettivo costo di tutto il programma JSF. In un rapporto del marzo 2009 il GAO risulta essere fortemente critico sul progetto lamentandone principalmente i forti ritardi, il lievitare dei costi e le scarse garanzie sulla buona riuscita. Viene criticata la scelta del dipartimento della Difesa di anticipare la fase di produzione senza aver completato i test necessari, con il forte rischio di scoprire eventuali difetti a posteriori, quando correggerli sarà estremamente complicato e costoso. Per ovviare alle difficoltà progettuali i paesi acquirenti hanno inoltre deciso di anticipare l'acquisizione del 15 per cento del totale dei velivoli, cioè 360 aerei, testando solo il 17 per cento delle capacità dell'F35 in volo, per lasciare tutto il resto alle simulazioni di laboratorio (molti problemi però emergono

solo con le prove di volo). Sempre secondo il GAO i costi complessivi nei primi nove anni del progetto sono lievitati dell'80 per cento e continueranno a crescere. Gli USA sono impegnati ad investire 10 miliardi di dollari l'anno per i prossimi venti anni;
la Corte dei conti olandese, nell'avanzare le proprie perplessità, ha esposto diverse critiche al forte lievitare dei costi del progetto affermando che è impossibile calcolare il costo reale di un singolo aereo, mentre tenendo presente il costo della partecipazione delle aziende olandesi al programma di sviluppo del JSF risulterebbe più economico per i Paesi Bassi scegliere l'acquisto puro e semplice dell'aereo finito;
la Norvegia il 30 marzo 2009 scorso ha sospeso fino al 2012 la sua partecipazione al programma del JSF;
uno studio interno del dipartimento USA alla difesa di fine 2009 ha confermato le previsioni di costi fuori budget già individuati negli anni precedenti (circa 16,5 miliardi di dollari), prevedendo un ritardo di circa 2 anni e mezzo nella fase di sviluppo e conseguentemente di produzione finale del caccia F35;
ciò ha comportato, in maniera inedita, grosse critiche alla capo-commessa Lockheed anche da parte del Pentagono (per bocca dei suoi massimi esponenti di acquisto armamenti) che ha paventato per la prima volta la possibilità di richiedere alla controparte industriale delle compensazioni monetarie per tutti questi ritardi e costi aggiuntivi;
diversi analisti sin dalla nascita del progetto hanno sottolineato come l'allargamento ai partner, in particolar modo quelli europei, serviva da un lato per coprire i forti costi di sviluppo e produzione dall'altro per tarpare le ali all'industria europea della difesa che specialmente con il progetto dell'Eurofighter stava affermandosi nel mercato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la terza tranche di produzione dell'Eurofighter, il programma del caccia europeo prodotto da Italia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, sarà ridimensionata. Dei 236 aerei previsti ne verranno prodotti solo la metà senza ulteriori certezze per il futuro. L'Italia, che ne doveva acquistare 46 da aggiungere ai 75 delle prime due tranche, ha sottoscritto l'acquisto solo di altri 21;
le promesse occupazionali di circa 600 posti di lavoro per le aziende italiane partecipanti al programma, impieghi realmente accertati e non i 10.000 di cui si è favoleggiato in qualche dichiarazione, in realtà saranno di fatto solo una compensazione di posti di lavoro che si perderanno per i tagli all'Eurofighter. In questo settore bisogna tener presente che i profitti dell'industria militare sono alti, anche perché garantiti dai Governi, ma basse sono le ricadute occupazionali in proporzione ai pur massicci investimenti;
per stessa ammissione del Governo italiano le ricadute industriali sono bassissime, tanto che, a distanza di diversi mesi dal parere positivo del Parlamento, che chiedeva garanzie su questo aspetto, non è stato ancora firmato il contratto. Considerando poi le maggiori difficoltà che sta incontrando lo sviluppo del progetto negli Stati Uniti resta sempre più difficile pensare che le richieste dell'Italia vengano accolte;
le ricadute industriali non andranno a sviluppare più ritorni rispetto ai soldi investiti dallo Stato per l'acquisto dei caccia, che verranno semplicemente rigirati per la quota parte su aziende italiane. Il grande costo di ogni singolo aereo sarà inoltre un grande deterrente per eventuali acquisti da parte di nazioni terze non partecipanti al programma di produzione;
in un momento di grossa crisi economica non è sicuramente una buona scelta di spesa pubblica andare ad impegnare complessivamente per i prossimi anni circa 15 miliardi di euro che potrebbero invece essere utilizzati per: stimolare la ripresa dell'economia ed affrontare meglio la crisi di questo periodo che sta attaccando in maniera forte l'occupazione

e i risparmi, senza dover procedere agli ipotizzati tagli alla scuola, alla sanità e al welfare del nostro Paese;


impegna il Governo:


a sospendere la partecipazione al programma di realizzazione dell'aereo Joint Strike Fighter non sottoscrivendo alcun contratto di acquisto di questi stessi velivoli;
a procedere in tempi rapidi ad una attenta ridefinizione del Modello di difesa che sia rispondente al nostro dettato costituzionale ed alla nostra politica estera oltre che alla vocazione del nostro Paese all'integrazione europea e al ruolo di peacekeeping delle nostre Forze Armate.
(1-00408)
«Pezzotta, Sarubbi, Colaninno, Marco Carra, Enzo Carra, De Pasquale, Bossa, Ruvolo, Giovanelli, Castagnetti, Fogliardi, Graziano, Rubinato, Delfino, Lucà, Marchioni, Bobba».

Risoluzione in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
il 30 giugno 2010 circa 245 cittadini eritrei (ma pare che 205 sia l'esatto numero di persone detenute, tra cui un numero imprecisato di donne e bambini), fuggiti da crisi umanitarie nel Corno d'Africa, risultano detenuti nel carcere di Al Braq, a 80 chilometri da Sebha, un centro nel sud della Libia da dove normalmente vengono effettuati i rimpatri degli immigrati irregolari provenienti dall'Africa occidentale;
gli stessi profughi erano transitati presso il centro di Misratah, sulla costa della Tripolitania, a seguito anche delle operazioni di respingimento effettuate da più di un anno a questa parte dalle motovedette cedute dal Governo italiano alla Libia o direttamente dalle unità della Marina militare italiana;
le notizie che giungono da quel carcere appaiono allarmanti: scarsa igiene, casi di diarrea, caldo soffocante, mancanza di acqua corrente, nessun posto dove espletare i propri bisogni fisiologici, maltrattamenti e torture di ogni tipo, ferite non curate e assenza di medicinali;
secondo il CIR, Consiglio italiano per i rifugiati, il motivo delle violenze libiche risiederebbe nel rifiuto dei profughi a firmare dei moduli di espulsione in Eritrea, Paese dove essi e le loro famiglie sarebbero soggetti a pesanti rappresaglie da parte del regime militare;
il 6 luglio 2010, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, ha chiesto ai Ministri italiani dell'interno e degli affari esteri di adoperarsi per fare luce su quanto accaduto agli eritrei e soprattutto di «...vigilare sul rispetto dei diritti umani e evitare di rinviare migranti, inclusi i richiedenti asilo, in Paesi dove rischiano di essere torturati o maltrattati»;
va ricordato, inoltre, che i profughi sono fuggiti da un Paese come l'Eritrea dove la sussistenza di un servizio militare a tempo indeterminato, il clima di terrore, la negazione di ogni libertà individuale e sociale, il frequente arresto dei giornalisti, la persecuzione dei religiosi, il blocco di ogni attività produttiva sono la causa prima della fuga di centinaia di migliaia di giovani, tra i quali la maggior parte di loro in possesso dei requisiti per presentare domanda di asilo;
da quando è stato chiuso, e poi riaperto il 28 giugno 2010 l'ufficio libico dell'Unhcr, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, la situazione nel paese è rapidamente deteriorata;
il 17 giugno 2010, il Parlamento europeo, ha approvato una risoluzione nella quale si esortano le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, inclusa la creazione

di un sistema nazionale di asilo; in materia d'asilo è parimenti urgente che l'Unione europea adotti quanto prima un sistema comune in materia d'asilo, assicurando così il pieno rispetto di un principio ormai riconosciuto dal diritto internazionale generale e non lasciando il peso esclusivo della gestione di questo problema ai Paesi che sono per primi raggiunti dai richiedenti asilo;
il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia, stipulato a Bengasi il 30 agosto 2008 e recentemente ratificato dal nostro Parlamento, prevede, agli articoli dall'1 al 7 il pieno rispetto dei principi universalmente riconosciuti della legalità internazionale, del diritto internazionale, nonché dell'ordinamento internazionale, nel quadro della Carta delle Nazioni Unite;
in particolare, in virtù dell'articolo 6 di detto Trattato le parti si impegnano solennemente ad agire nel pieno rispetto degli obiettivi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo,


impegna il Governo:


a riferire in Parlamento sull'attuazione del Trattato, con particolare riguardo al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, affinché dalle autorità libiche venga garantito e assicurato l'effettivo rispetto dei diritti garantiti ai sensi degli articoli 1 e 6;
ad assumere ogni iniziativa sul piano diplomatico per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e di sostenere politicamente ed economicamente il lavoro dell'UHNCR in Libia;
a prevedere, nell'ambito dell'attuazione del Trattato, visite periodiche di un rappresentante diplomatico italiano, di concerto con autorità libiche, ai campi di transito e custodia, per verificarne le condizioni di detenzione e di salute;
a interrompere i respingimenti in Libia, almeno fino a quando quel Paese non rispetterà i diritti umani fondamentali.
(7-00363)«Evangelisti, Leoluca Orlando».

TESTO AGGIORNATO AL 19 LUGLIO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «Pontificio Istituto Maestre Pie Filippini», istituto religioso femminile di

diritto pontificio, per un totale di 800.000 euro ripartiti attraverso l'inserimento:
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» avente come contraente/destinatario «Pontificio Istituto Maestre Pie Filippine» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Complesso monumentale ex convento delle Benedettine (Teggiano)»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» avente come contraente/destinatario «Pontificio Istituto Maestre Pie Filippine» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa di (S. Caterina) S.Benedetto (restauro)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'Interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerata l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio del «Pontificio Istituto Maestre Pie Filippini».
(4-07968)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010»" dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è:
il «Monastero delle Clarisse di Santa Rosa » inserito nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Restauro e consolidamento del Santuario di Santa Rosa a Viterbo» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto

abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio dell'«Ordine delle Clarisse».
(4-07969)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca "disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e

per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
la «Diocesi di Terni, Narni e Amelia» inserita nell'«Aggiornamento Piano di Interventi 2004» per un importo di 600.000 euro per la realizzazione del progetto «Cattedrale di Terni-lavori di Restauro»; nell'«Aggiornamento Piano Interventi Anno 2006» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Cattedrale di Terni»; nell' «Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» per un importo di 100.000 euro per la realizzazione del progetto «FilmFestival Interreligioso-Popoli e Religioni»;
la «Parrocchia di S. Maria Assunta» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 600.000 euro per la realizzazione del progetto «Lavori di restauro, risanamento e rifunzionalizzazione della Chiesa Cattedrale di S. Maria Assunta e dell'ex Seminario di Terni da destinare a Museo Diocesano» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Terni, Narni e Amelia» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07970)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte,

a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «a Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra

i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
la «Arcidiocesi di Ancona-Osimo» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» per un importo di 900.000 euro per la realizzazione del progetto «Istituto Colle Ameno (restauro)»;
la «Parrocchia di S. Maria Assunta» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Ristrutturazione e restauro della Villa ex Camerata» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Ancona-Osimo» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07971)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo

48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
l'«Arcidiocesi di Bari-Bitonto» inserita nelP«Aggiornamento Piano Interventi Anno 2006» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Bitonto-Progetto »Museo dell'arte«»;
la «Basilica di S. Nicola» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 900.000 euro per la realizzazione del progetto «Basilica di S. Nicola» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'Interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Bari-Bitonto» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07972)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca "disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello

spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
la «Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 1.200.000 euro per la realizzazione del progetto «Progetto Ascoltare la Cattedrale: Il Duomo di Milano - Restauro guglia»;
la «Parrocchia Santa Maria della Scala in S. Fedele» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 1.000.000 euro per la realizzazione del progetto «Restauro e risanamento conservativo delle superfici e manufatti interni della Chiesa S. Fedele in Milano (11o Lotto)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Milano» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07973)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito

complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Arcidiocesi di Napoli» inserita:
nell'«Aggiornamento Piano di Interventi 2004» per un importo di 1.000.000 euro;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 09 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 650.000 euro;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010- 2012» per un importo di 800.000; per un totale di 2.450.000 euro per la realizzazione del progetto «Museo Diocesano di Napoli» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal

«fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;

se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Napoli» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07974)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca «disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente

adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Arcidiocesi di Pesaro» inserita:
nell'aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» per un importo di 250.000 euro;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 600.000; per un totale di 850.000 euro per la realizzazione del progetto «Polo museale di Pesaro» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo, se e quanto abbia ricevuto l'«Arcidiocesi di Pesaro» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07975)

BITONCI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 249 del 31 luglio 1997 «Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo», all'articolo 2, recita: «riserva in favore dell'emittenza televisiva in ambito locale un terzo dei canali irradiali per ogni bacino d'utenza»;

il piano nazionale di assegnazione delle frequenze ha escluso di fatto dal digitale terrestre 27 emittenti locali del Veneto, riservando loro frequenze assegnate agli Stati frontalieri adriatici, disturbate e quindi sostanzialmente inutilizzabili;
bisogna considerare l'importanza che riveste nel nostro territorio l'informazione capillare che offrono le emittenti locali, come ampiamente testimoniato dagli alti ascolti registrati;
l'assegnazione dovrebbe tener conto delle preferenze del pubblico;
le emittenti locali costituiscono un mezzo di diffusione della cultura e delle tradizioni del popolo veneto, nonché mezzo privilegiato di informazione locale;
la riduzione delle frequenze locali porterebbe inevitabilmente alla chiusura di numerose testate televisive, con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro -:
come il Governo intenda intervenire per tutelare la libera informazione delle emittenti locali in modo da garantire la pluralità di informazione e la diffusione di servizi televisivi legati al territorio.
(4-07980)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Doudou Sall Bakayoko è nato il 2 giugno 1978 a Dakar in Senegal ed è residente da ben dieci anni in Italia, attualmente si trova a Lecce dove lavora stabilmente presso la ditta del signor Sergio Valentini;
in data 7 giugno 2010 il signor Doudou Sall Bakayoko è stato ricoverato d'urgenza presso il centro di rianimazione del presidio ospedaliero «Vito Fazzi» di Lecce ed è tuttora, come è stato dichiarato dal certificato rilasciato dalla U.O. di «Anestesia e Rianimazione», in stato incosciente ed in imminente pericolo di vita;
il signor Doudou Sall Bakayoko ha quindi necessità improrogabile di assistenza continuata ed attualmente non ha parenti residenti in Italia né concittadini disponibili a fornire detto tipo di sostegno;
il signor Sergio Valentini stante la situazione di emergenzialità e le precarie condizioni di salute in cui versa il cittadino senegalese ha avviato in data 11 giugno 2010 l'iter burocratico necessario per il ricongiungimento familiare della moglie, signora Mariama Ciré Kane e della piccola figlia dell'ammalato. La finalità è quella di poter fare certamente ricongiungere la famiglia in un momento doloroso, ma si è ritenuto di procedere in tal senso anche in virtù delle future decisioni da intraprendere in merito alla sorte del signor Doudou Sall Bakayoko, che potrebbe, come è stato dichiarato da colloqui intercorsi con i medici, anche non risvegliarsi più;
ad oggi, nonostante gli sforzi e le sollecitazioni attuate dall'imprenditore non si è ancora giunti ad una risoluzione del problema, l'iter burocratico atto al ricongiungimento pare essere molto farraginoso;
il signor Doudou Sall Bakayoko è stato nel frattempo sottoposto ad un intervento, ma le condizioni di salute, purtroppo, sembrano non migliorare -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire tempestivamente per verificare lo stato della pratica in questione, tenendo in considerazione dell'emergenzialità della situazione cui l'intera famiglia senegalese è sottoposta, al fine di consentire che non sia il semplice iter burocratico ad impedire ad una moglie con la piccola figlia di stare al fianco della persona cara e, congiuntamente,

alla persona ammalata di poter, in un momento così tragico della propria vita, usufruire del sostegno dei propri cari.
(4-07961)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 7 luglio 2010, gli agenti del Corpo forestale dello Stato hanno sequestrato un ingente carico di rifiuti ferrosi al molo di Porto Marghera, in provincia di Venezia dopo un controllo avvenuto su una nave proveniente da Augusta, in provincia di Catania;
secondo la documentazione presentata, il carico avrebbe dovuto contenere esclusivamente materia prima secondaria (MPS) destinata ad un'acciaieria veneta;
i controlli hanno dimostrato, invece, che si trattava di rifiuti ferrosi vista la presenza di numerosi rottami di autovetture. Il carico presente nella stiva, che ammonta a circa 50.000 tonnellate, è stato sequestrato dagli agenti del Corpo forestale;
la ditta di Catania, che ha inviato il carico, e l'acciaieria veneta, cui era destinato, sono state segnalate per attività di gestione di rifiuti non autorizzata all'autorità giudiziaria di Venezia -:
se si intenda verificare se si tratta di un caso isolato o non piuttosto di un fenomeno più diffuso che coinvolge anche altri impianti siderurgici.
(4-07963)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

TORTOLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni in particolare durante le attività di scavo connesse con la realizzazione di opere pubbliche si sono ripetuti con costanza ritrovamenti di ordigni bellici inesplosi. Tale circostanza ha confermato che l'attività di bonifica è indispensabile per garantire i lavoratori dei cantieri temporanei e mobili dal rischio di esplosione derivante dall'attivazione accidentale di residuati bellici;
l'attività di bonifica da ordigni bellici è tuttora disciplinata esclusivamente dal decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946 n. 320, modificato dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 1o novembre 1947 n. 1768, che affida l'intera «organizzazione del servizio» al Ministero della difesa cui compete (articolo 5 decreto legislativo luogotenenziale n. 320 del 1946) anche la bonifica dei terreni appartenenti ai privati;
l'intervento di bonifica può essere svolto dal Ministero della difesa su terreni ed opere dello Stato, di enti diversi dallo Stato od anche di privati, sia con gestione diretta dell'intervento sia affidandolo in appalto ad imprese private; oppure, possono provvedervi i proprietari dei terreni, direttamente o tramite imprese affidatarie;
ciò riguarda la cosiddetta bonifica sistematica perché ogni intervento connesso con l'attività militare o che si rendesse necessario per il ritrovamento occasionale di ordigni esplosivi di ogni specie non può che competere esclusivamente all'amministrazione della difesa, per l'aspetto tecnico, ed alle prefetture per i loro compiti istituzionali in materia di sicurezza pubblica quando si tratti di interventi occasionali;

una volta superata l'emergenza post bellica, ogni attività edilizia, specie per la realizzazione di grandi opere pubbliche (ferrovie, autostrade, porti, e altro) esige comunque obbligatoriamente la preventiva bonifica di tutte le aree interessate ai lavori; questo tipo di bonifica sistematica nel nostro Paese costituisce di gran lunga l'intervento quantitativamente più rilevante. Ne consegue che l'attività di bonifica nella maggior parte dei casi non è eseguita dall'amministrazione della difesa, bensì da imprese che agiscono per conto di committenti sia pubblici che privati;
secondo i dati ufficiali del Ministero della difesa (nota prot. M-D/GGEN/01/01059/121/800/10 del 5 febbraio 2010) nel 2007 gli ordigni rinvenuti sul territorio nazionale sono stati 91.386, le bombe d'aereo 190; nel 2008 gli ordigni rinvenuti sono stati 67.238, le bombe d'aereo 191; nel 2009 sono stati ritrovati 77.206 ordigni e 153 bombe d'aereo;
nel caso in cui la bonifica non è effettuata direttamente del Ministero della difesa, sono come detto la maggioranza dei casi, l'articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale n. 320 del 1946 prescrive che sia utilizzato esclusivamente personale specializzato (maestranze e personale dirigente) formato attraverso corsi gestiti dal Ministero della difesa e che l'attività sia svolta comunque osservando le prescrizioni imposte dal Ministero della difesa;
la normativa non contiene prescrizioni generali che debbano essere osservate nella esecuzione dell'attività quanto questa viene svolta direttamente dai soggetti, privati o pubblici, proprietari delle aree da bonificare. Per ovviare a tale lacuna si era instaurata una prassi seguita dai principali enti aggiudicatori, in particolare dalle Ferrovie dello Stato, per la quale, fra i documenti che disciplinavano lo svolgimento delle attività di bonifica veniva sempre richiamato il capitolato 1984 del Ministero della difesa-esercito, direzione generale dei lavori, del demanio e dei materiali del genio, che regolava la bonifica da ordigni esplosivi e residuati bellici, anche nel caso in cui l'ente appaltante non fosse stata l'amministrazione della difesa, prescrivendo, quale condizione essenziale per poter eseguire l'attività di bonifica, che l'impresa fosse iscritta all'albo dei fornitori e appaltatori dal Ministero della difesa (A.F.A.);
la verifica del possesso del requisito dell'iscrizione all'AFA, secondo importi di potenzialità del lavoro, ha consentito in passato all'amministrazione di controllare preventivamente la capacità delle imprese di eseguire attività di bonifica ed agli enti appaltanti di fare affidamento sull'autorizzazione che, di volta in volta, veniva rilasciata dall'autorità militare;
l'intero sistema normativo in materia di bonifica - comprendente norme di legge e prescrizioni amministrative destinate ad integrare il contenuto dei contratti di appalto - è sempre stato, ed in parte lo è tuttora, improntato a considerare tale attività di prevalente competenza del Ministero della difesa, anche in ipotesi di svolgimento diretto da parte dei soggetti proprietari delle aree;
in questo quadro, l'iscrizione all'AFA - secondo quanto ritenuto dalla stessa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con determinazione n. 19 del 27 settembre 2001 - costituiva un passaggio di grande importanza ed assolveva in modo adeguato all'esigenza di controllare la capacità delle imprese operanti nel settore della bonifica; esigenza che, per un verso, nasce dalla natura stessa del «servizio» di bonifica, che è destinato a garantire interessi pubblici di carattere primario quali la sicurezza e l'incolumità della collettività;
esistevano ed esistono validissime ragioni e specifici riscontri normativi per garantire, attraverso l'iscrizione ad un albo speciale, il controllo preventivo dei requisiti di abilitazione allo svolgimento dell'attività di bonifica, in questo senso non vi è dubbio che l'abolizione dell'AFA disposta con decreto ministeriale 27 settembre 2002 abbia posto un problema di assoluto rilievo sull'efficacia delle funzioni

che la legge attribuisce all'amministrazione della difesa nel garantire la pubblica incolumità;
appare necessario introdurre nella disciplina del settore il ripristino del controllo preventivo sulla capacità delle imprese; in questo senso appare urgente intervenire prevedendo la ricostituzione dell'albo delle imprese di bonifica; l'urgenza nel provvedere è resa evidente dalla considerazione che la mancanza a far data dall'abolizione dell'AFA di un adeguato sistema di verifica dell'idoneità delle imprese impegnate nella bonifica confligge radicalmente con l'esigenza primaria di garantire una attività che salvaguardi la sicurezza nei luoghi di lavoro e l'utilizzabilità delle opere realizzate -:
in quali tempi ed in quali modi intenda intervenire per colmare l'attuale lacuna normativa venutasi a creare con la soppressione dell'albo dei fornitori e appaltatori dal Ministero della difesa (A.F.A.) ripristinandone funzionalità, compiti e servizi, al fine di garantire al meglio possibile la pubblica incolumità.
(5-03201)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'attuale crisi economica europea e italiana e chiedono il reperimento di risorse eliminando gli sprechi, tagliando la spesa pubblica e reprimendo l'evasione fiscale. Quest'ultima ha un'incidenza altissima nel deficit di bilancio dello Stato. Di tale evasione una parte, calcolata secondo taluni in 3 miliardi di euro, concerne quella derivante dagli affitti «in nero»;
è stato constatato dalle forze dell'ordine che l'irregolarità degli affitti è frequentemente associata ad attività illegali o illecite da parte degli affittuari, immigrati e italiani, cosicché a un illecito amministrativo se ne aggiungono altri di carattere penale. In tale situazione è evidente la volontà dei proprietari di molti immobili, specie nelle grandi città, di selezionare, per così dire al ribasso, i loro locatari tra soggetti devianti o delinquenti, giacché difficilmente persone perbene accetterebbero, e di solito non accettano, di rinunciare a un regolare contratto d'affitto, rendendosi così complici di un illecito contro l'erario. Ma va anche rilevato che chi occupa un immobile da «clandestino», cioè senza contratto, è tentato da attività illecite, sentendosi protetto dalla propria situazione invisibile, per così dire;
in tale contesto la Guardia di finanza e l'Arma dei carabinieri, nei loro reparti specializzati, hanno compiti ispettivi volti all'accertamento di situazioni irregolari e di reati tributari da rilevarsi mediante visite all'interno degli immobili con interrogatori formali e verbalizzati degli occupanti;
ora accade che, malgrado le segnalazioni di molti cittadini volenterosi, sia la Guardia di finanza che i carabinieri solo di rado emerge una loro reale azione -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
quali siano le ragioni di una scarsa azione da parte della Guardia di finanza e dei carabinieri nella repressione della frode fiscale scaturente dagli affitti irregolari;
quali provvedimenti intendano adottare per rendere l'azione delle suddette forze dell'ordine più agile, solerte e incisiva.
(4-07965)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'economia e delle finanze possiede partecipazione azionaria di numerose società, talvolta di intesa con altri dicasteri, che svolgono funzioni strumentali

per conto dello Stato e su di esse il dipartimento del tesoro svolge funzione di monitoraggio, l'esercizio dei diritti dell'azionista e la gestione dei processi di dismissione e di privatizzazione, compresa la relativa attività istruttoria e preparatoria;
il Ministero provvede all'approvazione del bilancio, alla nomina degli organi sociali e alla determinazione dei relativi compensi, nonché alle eventuali modifiche dello statuto sociale;
si tratta di società nelle quali la partecipazione può essere di maggioranza o di minoranza a seconda che superi o meno il 50 per cento, e diretta od indiretta a seconda che il capitale sociale sia posseduto dallo Stato direttamente o attraverso una società partecipata;
le società partecipate, per i compiti che gli sono stati affidati, amministrano settori rilevanti di servizi che incidono profondamente nella vita sociale e bilanci con ingenti risorse economiche acquisite attraverso contratti di servizio con lo Stato o con l'incameramento di specifiche tariffe;
la maggioranza di esse, elencate in un apposito link del sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, detiene partecipazioni in altre miriadi di società, controllate o collegate, anch'esse formate di consigli di amministrazioni, organi di controllo, staff e management, alle quali vengono ulteriormente affidati compiti dalle rispettive «capigruppo»;
per l'alto numero di «società satellite» delle partecipate (basti pensare Eni, Poste italiane o Ferrovie dello Stato), si è in presenza di un vero e proprio sistema di scatole cinesi, dove individuata una società controllata dallo Stato, immediatamente al suo interno se ne trovano altre e così via, il tutto con aggravi spaventosi di costi per incarichi ad amministratori, consulenze, personale, strutture e quant'altro;
se sembra possibile individuare, attraverso il sito del Ministero dell'economia e delle finanze, quante sono le società partecipate dal Tesoro e quali sono i loro compiti, risulta complesso se non impossibile determinare il numero esatto delle soprarichiamate «società satellite» e le funzioni che svolgono, visto che bisogna districarsi in un ginepraio di sigle e contenitori che il Ministero dell'economia, quantomeno nel suo sito internet non aggiorna;
è conclamato che i siti internet istituzionali, sia per dare rilievo e pubblicità all'attività degli enti e per meglio rispondere alla esigenze di trasparenza per le attività finanziate con risorse pubbliche, hanno assunto sempre più rilevanza, divenendo, per previsione normativa, dei veri e propri organi di informazione, immediati, efficaci e diretti che mettono in grado il cittadino, meglio di gazzette ufficiali o albi pretori, di monitorare costantemente l'attività pubblica nel suo complesso -:
se il Ministero dell'economia e delle finanze che, attraverso il dipartimento del Tesoro, svolge funzioni di monitoraggio e controllo, intenda comunicare quante e quali sono le società partecipate dallo Stato nonché le cosiddette «società satellite» delle società partecipate medesime e se non ritenga opportuno, oltre che doveroso, atteso che esse amministrano risorse pubbliche, di tenere il loro elenco aggiornato nel suo sito internet istituzionale.
(4-07976)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la procura della Repubblica di Velletri conduce ormai da anni un'inchiesta

sulle attività della casa di cura San Raffaele sita in Velletri e gestita dalla Tosinvest;
la suddetta inchiesta prende in considerazione l'attività medica e ospedaliera della casa di cura San Raffaele convenzionata con la regione Lazio;
l'ipotesi accusatoria si baserebbe su una pluralità di aspetti illeciti e penalmente rilevanti nella gestione di detta struttura sanitaria;
il San Raffaele veliterno, in particolare, avrebbe, sempre secondo la ricostruzione accusatoria, conseguito illeciti profitti di varie decine di milioni di euro mediante la fatturazione di attività terapeutiche, tutte diverse ed inferiori per qualità e quantità rispetto a quelle effettivamente rese al pubblico dei pazienti ed utenti della regione Lazio;
in pratica, a fronte della fatturazione di prestazioni sanitarie del valore di un dato ammontare, sarebbero stati forniti servizi dal costo inferiore o, addirittura, talvolta, non sarebbe stato fornito alcun servizio;
l'inchiesta apparirebbe evidenziare altresì che talune prestazioni fatturate non fossero neanche state autorizzate dagli atti normativi e programmatori della regione;
tale meccanismo, sempre secondo la ricostruzione dell'autorità giudiziaria, avrebbe fatto fruttare alla Tosinvest un cospicuo arricchimento illecito, quantificabile in molte decine di milioni di euro;
tutto ciò sarebbe stato possibile, tra il 2004 ed il 2007, grazie ad una vera e propria organizzazione criminosa che l'autorità giudiziaria qualifica non come concorso di persone nel reato, ma, come vera e propria associazione per delinquere comune (articolo 416 del codice penale) il cui intento sarebbe stato quello del reato di truffa aggravata perché in danno di ente pubblico ai sensi dell'articolo 640 del codice penale e falso in atto pubblico, anche per induzione, ai sensi degli articoli 479 e 48 del codice penale;
sempre secondo la ricostruzione accusatoria, di tale associazione per delinquere, farebbe parte in posizione apicale, tra gli altri, Giampaolo Angelucci, e, con compiti organizzativi, diversi altri soggetti, quali ad esempio Antonio Vallone (anch'egli dirigente della Tosinvest), Rodolfo Conenna, Tiziana Petucci, Agnese D'Alessio, Claudio Ciccarelli e Domenico Damiano Tassone;
risulterebbero far parte dunque di tale associazione a delinquere anche funzionari pubblici che, invece di agire per il perseguimento e la tutela degli interessi pubblici del servizio sanitario nazionale si sarebbero prestati a tale disegno illecito;
a tal proposito, risulterebbe, in ogni caso, che nei confronti di Agostino Messineo, Agnese D'Alessio e Maurizio Iacono, la misura cautelare venne annullata;
ai sensi dell'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7 e lettera b) del codice di procedura penale la durata massima delle indagini preliminari non può essere superiore a due anni se quest'ultime riguardano il delitto di cui all'articolo 416 del codice penale, nei casi in cui sia obbligatorio l'arresto in flagranza, ovvero notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità dei fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte ad indagini;
pur rientrando nelle ipotesi di cui sopra, le indagini preliminari relative al caso di specie risulterebbero esser in corso da almeno quattro anni contrariamente al limite di due anni consentiti;
ad oggi, altresì, non risulterebbe né esser stata richiesta l'archiviazione, né esercitata l'azione penale;
in proposito, basti considerare che le fonti indiziarie poste a fondamento della misura cautelare eseguita nel febbraio 2009, a carico di taluni degli indagati, consistenti in documenti, raffronti contabili di vario tipo, sunti di sommari e informazioni testimoniali, intercettazioni telefoniche e di altri documenti, per

quanto consta agli interpellanti erano già state certamente acquisite in epoca antecedente all'applicazione della misura cautelare, unito al fatto che le intercettazioni erano certamente già in corso nel 2007;
ad avviso degli interpellanti non sembrerebbe essere stato rispettato il disposto dell'articolo 335, comma 1 del codice di procedura penale avendo il pubblico ministero, com'era suo dovere, proceduto ad iscrivere immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato (...) nonché contestualmente o dal momento in cui è risultato, il nome della persona alla quale il reato stesso era attribuito;
sembrerebbe altresì essere stato violato il disposto dell'articolo 405, in relazione all'articolo 407 del codice di procedura penale, non essendo, ad oggi, né richiesta l'archiviazione, né esercitata l'azione penale -:
se non intenda adottare iniziative ispettive al fine dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(2-00787)
«Laboccetta, Cicchitto, Pittelli, Ventucci, Scelli, Lisi, Corsaro, Mazzocchi, Torrisi, Catanoso, Di Caterina, Terranova, Renato Farina, Papa, Porcu, Brigandì, Laffranco, Antonione, Ciccioli, Scalera, Mariarosaria Rossi, Iapicca, De Angelis, Contento, Rosso, Cassinelli, Costa, Sbai, Dima, Stracquadanio, Paniz, Boniver, Marinello, Malgieri, D'Anna, Milo, Proietti Cosimi, Belcastro, Moffa».

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a Firenze, nel quartiere di Novoli area ex Fiat, sono, da qualche anno, terminati i lavori di costruzione del nuovo palazzo di giustizia, che ha rappresentato un ingente investimento di alcune centinaia di milioni di euro;
il nuovo palazzo di giustizia è stato concepito per ospitare tutti gli uffici giudiziari del capoluogo toscano, attualmente disseminati in numerosi edifici reperiti in varie parti della città;
il suddetto stato di cose, oltre a determinare evidenti disservizi, costituisce un pesante aggravio di costi a carico della pubblica amministrazione;
il nuovo palazzo di giustizia risulta ad oggi totalmente inutilizzato nonostante il trascorrere del tempo, a causa del mancato acquisto degli arredi e delle necessarie apparecchiature d'ufficio -:
quali siano gli importi necessari all'approntamento dei nuovi uffici ed i motivi per i quali non si sia ancora provveduto;
se corrisponda al vero che la spesa necessaria per tali approntamenti risulterebbe assai modesta e, comunque, inferiore ai 10 milioni di euro;
quando se ne preveda l'entrata in esercizio.
(3-01170)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza del 20 aprile 2010 la dottoressa Angelica Di Giovanni, presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli ha disposto «che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 della costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, quindi, prendendo atto

della drammatica situazione degli istituti di pena della Corte di appello di Napoli ha inviato, alle rispettive direzioni, l'ordine di disporre quanto necessario per eliminare l'evidente contrasto tra le condizioni di vita all'interno degli istituti di pena partenopei e le norme vigenti;
vista l'importanza e la rilevanza del citato provvedimento giudiziario, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportarne integralmente il contenuto: «La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza Sulejmanovic c. Italia, del 16 luglio 2009 ricorda che: «...L'articolo 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti disumani o degradanti, a prescindere dal comportamento della persona a riguardo (Saidic. Italia n. 37201/2006 del 27 febbraio 2008 e Labita c. Italia, n. 26772/1995). Esso impone allo Stato di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che ecceda il livello inevitabile di sofferenza inerente la detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato»;
rilevato che una situazione di «sovrappopolazione carceraria grave pone in sé il problema che cade sotto l'articolo 3 della Convenzione, come ricorda la Corte Europea, v'è da sottolineare che altri aspetti delle condizioni di detenzione sono da prendere in considerazione nell'esame del rispetto della detta disposizione. Tra questi figurano la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base»;
infatti, su quest'ultimo punto, la Corte Europea ha dedotto la violazione dell'articolo 3 perfino nei processi in cui ogni detenuto disponeva da 3 a 4 metri quadrati dato che la mancanza di spazio si accompagnava ad una mancanza di ventilazione e di luce (Moisseiev c. Russia del 9 ottobre 2008 e Vlassov c. Russia del 12 giugno 2008). Considerato che il Giudice nazionale, per consolidata giurisprudenza e ormai principio convenzionale acclarato, è tenuto a conformarsi alle pronunce della Corte Europea, pur sempre nel rispetto degli orientamenti costituzionali, e che l'eventuale mancato rispetto delle indicazioni della Corte costituirebbe autonoma violazione della Convenzione, indipendente da quelle denunciate dalla parte ricorrente. Rilevato, peraltro, che l'Italia con l'adesione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, si è impegnata a conformarsi alle sentenze definitive della Corte Europea nelle controversie nelle quali è parte (articolo 46 della Convenzione). Letta la sentenza della Corte Costituzionale n. 266 del 23 settembre 2009, che nel rivalutare il ruolo complessivo del Magistrato di Sorveglianza nei suoi rapporti con le altre istituzioni ed in particolar modo con l'amministrazione penitenziaria, precisa che «...la norma (l'articolo 69 o.p.), nel quinto comma (ultimo periodo) dispone che il magistrato di sorveglianza «impartisce, inoltre, nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati». La parola «disposizioni», nel contesto in cui è inserita, non significa segnalazioni (tanto più che questa modalità d'intervento forma oggetto di apposita previsione nel primo comma dell'articolo 69), ma prescrizioni ed ordini, il cui carattere vincolante per l'amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue»;
ed ancora la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza, ricorda che: «Pertanto, resta valido quanto già affermato da questa Corte con la citata sentenza 212 del 1997, per la quale l'ordinamento penitenziario, nel configurare l'organizzazione dei giudici di sorveglianza (magistrato e tribunale di sorveglianza) ha dato vita ad un assetto chiaramente ispirato

al criterio per cui la funzione di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti è posta in capo a tali uffici della magistratura ordinaria»;
Rebus sic stantibus, attualmente il numero dei detenuti presenti nella Casa Circondariale di Napoli «Poggioreale» è di 2.759 a fronte di una capienza di 1.400 unità, ormai quasi il doppio, per cui la situazione è tale da essere oggettivamente, di per sé, possibile fonte di violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Di tutta evidenza, peraltro, appare la compromissione del dettato costituzionale, articolo 27 della Costituzione, atteso che in tali condizioni, resta difficile assicurare la concreta realizzazione del principio per cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Rilevata l'esigenza indifferibile di garantire che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana e che le condizioni di esecuzione della pena siano tali da consentire che «la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato», e a tali fini risulta indiscutibilmente prioritaria la necessità di spazi di vita sufficienti, la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, l'uso dell'acqua corrente per igiene personale, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base. Letti gli articoli 69 O.P., 27 Cost. e 3 CEDU, dispone che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
la prima firmataria del presente atto nel corso di diverse visite ispettive effettuate presso la casa circondariale di Poggioreale ha potuto riscontrare condizioni di detenzione delle persone ivi ristrette che, come evidenziato anche dal presidente del tribunale di sorveglianza nel provvedimento sopra riportato, sono palesemente contrastanti con i principi costituzionale e con le norme dell'ordinamento penitenziario;
ad oggi, gli interroganti hanno depositato, senza ottenere alcun tipo di risposta nonostante i numerosi solleciti, due motivate e dettagliate interrogazioni parlamentari a risposta scritta rivolte al Ministro della giustizia proprio con riferimento alla situazione ad avviso degli interroganti totalmente illegale in cui versa l'istituto di pena di Poggioreale (interrogazione n. 4-03935 e 4-04023 entrambe presentate nella seduta n. 213 di lunedì 14 settembre 2009) -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di risolvere i problemi evidenziati nell'ordinanza del 20 aprile 2010 adottata dal presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli.
(5-03200)

Interrogazioni a risposta scritta:

LUSSANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione dell'amministrazione della giustizia nel distretto della corte di appello di Brescia risente della cronica sproporzione tra la popolazione delle province che fanno capo al distretto medesimo, l'alta densità industriale che caratterizza città come Brescia e Bergamo, uno dei più importanti poli industriali del Paese, e le dotazioni di organici degli uffici;
tale situazione si riflette negativamente sulla celebrazione dei processi, con conseguenti ripercussioni nel tessuto produttivo della zona e nella lotta alla criminalità;
eloquente è il caso del tribunale di Brescia che tra i 165 tribunali italiani si colloca al quinto posto per popolazione e scende oltre il decimo quanto al numero di dipendenti amministrativi;

da anni il presidente della corte d'appello di Brescia lamenta carenze di organico tra il personale amministrativo operante nei vari uffici giudiziari del distretto e nei giorni scorsi ha espresso l'intenzione di applicare un'unità di personale appartenente al ruolo di cancelliere e sei operatori giudiziari in servizio nelle varie procure del distretto, per coprire le carenze di organico esistenti presso la procura di Cremona e il tribunale di Brescia;
il distretto della corte d'appello di Brescia si è sempre distinto per i lusinghieri risultati raggiunti in termini di efficienza e operosità del personale amministrativo, che opera con grande professionalità ed encomiabile spirito di sacrificio consentendo ai vari uffici giudiziari di raggiungere lusinghieri risultati dal punto di vista della definizione dei procedimenti, con particolare riferimento ai tempi medi di durata dei processi, con alto livello di soddisfazione dell'utenza;
l'eventuale ricorso alla mobilità di alcuni dipendenti per ovviare agli inconvenienti evidenziati ha generato allarme nei vari uffici giudiziari, in particolare tra il personale amministrativo del tribunale di Bergamo che, qualora utilizzato per sopperire alle rilevate scoperture, sarebbe costretto a compiere ogni giorno spostamenti, gravosi da un punto di vista economico e impegnativi in termini temporali, per raggiungere la nuova sede di lavoro;
pur riconoscendo che la ventilata iniziativa del presidente della corte d'appello di Brescia di applicare da altri uffici giudiziari alcune unità di personale nell'ambito delle rilevate professionalità sarebbe assolutamente vitale e determinante per l'ordinaria attività di altri uffici giudiziari che non vantano la copertura dell'intera pianta organica, si ritiene che questo non possa determinare un ulteriore effetto peggiorativo nella condizione lavorativa delle unità in servizio, che, nel caso del personale di in servizio presso il tribunale di Bergamo, sarebbe costretto a spostamenti quotidiani di quattro ore;
la situazione evidenziata è da tempo rappresentata agli uffici competenti e, pur nella consapevolezza delle particolari contingenze economiche che sono alla base del blocco delle assunzioni -:
se il Ministero della giustizia sia informato circa la situazione sopra ricordata in cui versa il distretto della corte d'appello di Brescia;
se non ritenga di intervenire efficacemente sull'organizzazione amministrativa, potenziandone adeguatamente l'organico al fine di consentire il puntuale espletamento del carico di lavoro che grava sugli uffici giudiziari del distretto, con particolare riguardo alla procura di Cremona e al tribunale di Brescia.
(4-07967)

CUPERLO e SERENI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Stefano Mazzitelli, Massimo Comito ed Antonio Canzariti sono i tre dirigenti di Telecom Sparkle, che, il 23 febbraio 2010, sono stati arrestati perché considerati coinvolti in un'inchiesta riguardante un'associazione a delinquere molto estesa (che coinvolgerebbe un'ottantina di persone) operante anche all'estero, finalizzata all'evasione fiscale e al riciclaggio (tale imputazione non è, però, riferita a nessuno dei tre indagati);
il 25 giugno 2010 la Corte di cassazione ha annullato l'ordinanza cautelare in base alla quale è stata disposta la custodia in carcere rispetto alle misure applicate, ordinando il rinvio degli atti al tribunale per un nuovo giudizio, ma la procura di Roma si è opposta alla scarcerazione;
allo stato si contano 135 giorni di carcere cautelativo per i tre dirigenti, con divieto di incontro tra di loro, nonostante la presunzione di innocenza;
Stefano Mazzitelli, ex amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, versa

in condizioni di salute decisamente preoccupanti: prima dell'arresto era stato sottoposto ad un'operazione per problemi alla cervicale, un intervento andato bene; tuttavia, nuovi problemi si sono verificati in seguito, problemi in ragione dei quali era stato sottoposto a dei trattamenti riabilitativi, che sono stati interrotti a causa della detenzione, con un conseguente, immediato e progressivo peggioramento della situazione;
è stata appurata dai medici una gravissima difficoltà nella deambulazione e una paralisi pressoché totale nella mobilità del piede destro e della caviglia;
il netto peggioramento di Mazzitelli è dovuto, per i medici, anche all'estremo dimagrimento, circa 20 chili in meno, il tessuto adiposo serve infatti a proteggere le terminazioni nervose;
il primo firmatario del presenta atto ha visitato di persona Mazzitelli e ha potuto verificare di persona le sue precarie condizioni fisiche e psicologiche, giudicandole assolutamente ed evidentemente incompatibili con la detenzione in carcere;
di «detenzione collaterale» parla invece la moglie di Massimo Comito, ex manager di Telecom Sparkle, arrestato assieme a Mazzitelli, che denuncia una grave difficoltà relativa alla condizione psicologica del loro figlio minore, che per settimane e settimane non ha potuto ricevere neanche una telefonata da suo padre, al punto da avere incubi e difficoltà di relazione -:
se la direzione della casa circondariale in cui è detenuto Stefano Mazzitelli stia garantendo allo stesso la presenza costante di un adeguato supporto psicoterapeutico e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché al detenuto venga garantito il rispetto dei diritti inviolabili considerata la gravità delle sue condizioni di salute.
(4-07982)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, situato a circa 150 metri sul livello del mare, su quell'ampio promontorio che separa il golfo di Taranto dal golfo di Squillace, per la sua posizione geografica soddisfa un bacino di utenza che comprende l'intera provincia di Crotone, la fascia ionica della provincia di Cosenza, gran parte dell'altopiano Silano ed i comuni della provincia di Catanzaro a nord della città costituendo un bacino di circa 450.000 abitanti. La Calabria, per la sua posizione geografica, viene spesso considerata la terza grande isola italiana con una orografia che non consente rapidi collegamenti tra la zona ionica e quella tirrenica, ha necessità di potenziare gli aeroporti come strumento di crescita economica e sociale;
la pista di lunghezza 2000 metri ha un orientamento tale che i venti prevalenti risultano il maestrale e soprattutto lo scirocco che obbligano i velivoli ad atterrare in direzione Nord-Sud;
la presenza a poca distanza del lago di Sant'Anna, provoca la formazione di foschia, che spesso riduce notevolmente la visibilità;
ai fenomeni di foschia, in diversi periodi dell'anno si associano condizioni metereologiche avverse che, riducendo la visibilità sotto la soglia minima di sicurezza, non consentono l'atterraggio degli aeromobili;
in questi casi i voli vengono dirottati sull'aeroporto di Lamezia Terme con relativi disagi;
l'Accordo di programma quadro (A.P.Q.) del 2002 è stato lo strumento di programmazione che ha consentito di realizzare la nuova aerostazione Pitagora;

la nuova torre di controllo è stata ultimata ma mancano i nuovi impianti tecnologici previsti dall'accordo;
il prolungamento della pista di volo da 2000 a 3.000 metri, non è stato ancora realizzato così pure i lavori di messa a norma della superficie di sicurezza della pista (Strip e Resa), l'installazione del sistema I.L.S. e la messa in sicurezza dello svincolo sulla strada statale 106 -:
quali tempi siano necessari al completamento delle importanti opere richiamate in premessa e quale sarà l'utilizzo effettivo della torre di controllo, per rendere l'aeroporto usufruibile, in ogni condizione meteo.
(5-03202)

MURGIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la privatizzazione della Tirrenia, è tornata alla casella di partenza;
la super dote da 1,24 miliardi di euro di sussidi garantiti dal Governo ai traghetti di Stato, non è bastata;
armatori e private equity si sono defilati e, salvo sorprese dell'ultima ora, l'Alitalia dei mari sarà protagonista del primo caso di devolution nautica: il controllo passerà dal Ministero dell'economia e delle finanze alla regione Sicilia, capofila dell'unica offerta arrivata sul tavolo di Fintecna;
di questa partita di giro a saldo vicino allo zero - Unione europea permettendo - gli unici che rischiano di pagare un prezzo salato sono proprio i contribuenti italiani;
questa via crucis è destinata a durare almeno fino al 2022 visto che il bando di privatizzazione, se così si può ancora chiamare, garantisce al compratore 72,6 milioni di euro di aiuti pubblici l'anno per otto anni per Tirrenia e 55,6 (per 12 anni) per Siremar (la linea di navigazione regionale siciliana all'asta con la casa madre);
quest'ultimo aiuto porta quasi a 3 miliardi di euro il conto pagato dagli italiani per tenere a galla le navi di Stato;
da almeno trent'anni - tra vascelli fantasma, stipendi d'oro e contratti da favola - il «carrozzone di Stato galleggiante» rappresenta secondo l'interrogante un esempio di spreco di denaro pubblico simile alla vecchia Alitalia;
le sovvenzioni in molti casi sono necessarie, ma il problema è come vengono usate queste risorse;
in teoria sono soldi necessari a coprire le perdite per i collegamenti anti-economici (trasporto adeguato anche fuori stagione), in realtà vi è il rischio di nascondere le storiche inefficienze del gruppo;
l'altra faccia degli sprechi di Tirrenia è la sua flotta, una pattuglia di 44 mezzi - valore a bilancio 855 milioni di euro con ipoteche bancarie per 245 - fatta di navi ad alta tecnologia ma con un'età media di 10 anni, unità veloci già vecchie di 12, traghetti (sono 28) che navigano da 25 anni, con tutti gli inconveniente del caso;
soprattutto i sei gioielli della cantieristica italiana - costati 300 milioni di euro - sono stati mandati in disarmo (va da sé a spese dei contribuenti) poco dopo il varo;
la pioggia di aiuti di Stato consente ogni anno a Tirrenia, e alle sue compagnie regionali, di chiudere i conti in utile;
la verità però è che il bilancio, al netto degli stanziamenti statali, sarebbe gravemente in perdita;
i debiti consolidati a fine 2008, dopo le spese discutibili degli anni '90, erano a quota 920 milioni di cui 311 a breve termine con le banche -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro per evitare il rischio che, se l'Unione europea - che da 25 anni chiede che si proceda alla privatizzazione su

Tirrenia - valuterà positivamente questa privatizzazione all'italiana, si chiuda un'era e si apra quella delle inefficienze regionali.
(5-03203)

CECCUZZI, MARIANI, CENNI e SANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è di questi giorni la notizia dell'introduzione di una disciplina transitoria che prevede la maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas;
nella regione Toscana i tratti gestiti dall'Anas e per cui è prevista l'introduzione del pedaggio sono la Firenze-Siena e la Bettolle-Perugia: entrambi incidono in maniera rilevante sulla popolazione e sul tessuto produttivo della Toscana e della provincia di Siena. Conseguentemente, le norme transitorie, prevedono una maggiorazione del pedaggio, rispettivamente, per i veicoli che attraversano i caselli autostradali (sulla «A1») di «Firenze Certosa» e «Valdichiana» in direzione Siena;
per quanto riguarda il flusso dei veicoli del casello «Valdichiana» va rimarcato come questa sia l'unica strada a lunga percorrenza che congiunge Siena utilizzata da molti residenti dei comuni della parte sud-est della provincia. Si tratta, in particolar modo, di pendolari che si recano nella città capoluogo per motivi di lavoro e studio e che vedranno un aumento delle tariffe stimabili in circa 300 euro all'anno;
per quanto riguarda invece il flusso dei veicoli del casello «Firenze Certosa», il pedaggio preventivo per percorrere la Siena-Firenze risulta inaccettabile sia rispetto alle caratteristiche tecniche del tracciato (carreggiata di 13 metri in luogo dei 23 dello standard europeo), sia in ordine alla situazione disastrosa del manto stradale dissestato e pericoloso, sia in relazione alla ricadute negative che comporterebbe per l'economia locale. Il pedaggio infatti, anche qualora escludesse i residenti e comunque quantificabile per i pendolari intorno ai 600 euro all'anno, penalizza fortemente le attività produttive della zona, a partire dal turismo, senza la garanzia che i proventi della nuova imposta vadano a finanziare effettivamente gli interventi di Anas in Toscana;
va aggiunto, in questo contesto, che in Toscana sono programmate, tra le altre, tre grandi opere infrastrutturali di valore nazionale ed europeo, come la E-78 Grosseto-Fano pesantemente ritardata da quello che, ad avviso degli interroganti, è il disimpegno del Governo, il sottoattraversamento di Firenze con le linee di alta velocità, l'autostrada tirrenica Livorno-Civitavecchia. Dal momento che la realizzazione di quest'ultima è prevista con finanza di progetto a carico del concessionario che potrà remunerare il suo investimento con l'esazione del pedaggio, essa non solo non grava sul bilancio dello Stato, ma risalta come esempio nel quale gli introiti presumibili del pedaggio vengono impiegati per ripagare un'opera già realizzata e fruibile da chi la percorre;
anche il compartimento Anas della Toscana, a seguito dei tagli operati dalle ultime due leggi finanziarie e soprattutto con quella per il 2010, non ha infatti le risorse sufficienti per la manutenzione ordinaria delle strade ed i lavori di un'altra arteria fondamentale per la mobilità locale e regionale come la Siena-Grosseto subiscono gravi ritardi anche a causa del mancato trasferimento dei fondi, peraltro già stanziati per l'intero tratto, dal precedente Governo di centrosinistra -:
quanti veicoli/anno siano transitati in uscita dai caselli autostradali «Firenze Certosa» e «Valdichiana», posti sull'autostrada A1, nel corso dell'anno 2009, o dell'anno 2008, e, conseguentemente, in quanto possa essere stimato, almeno per il periodo transitorio, il maggiore introito dovuto alla maggiorazione del pedaggio autostrade relativo alla connessione con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas;

a quanto ammontino i fondi trasferiti dallo Stato al compartimento Anas della Toscana nel corso dell'anno 2009 e nella prima metà del 2010;
quando saranno trasferite al compartimento Anas della Toscana almeno le risorse aggiuntive ricavate dall'esazione del pedaggio presso i suddetti caselli autostradali «Firenze Certosa» e «Valdichiana», per provvedere alle manutenzioni ordinarie e straordinarie e finanziare l'ammodernamento della Siena-Firenze, la realizzazione delle opere mancanti sulla Siena-Bettolle, e tutte le opere della rete Anas della Toscana.
(5-03204)

TESTO AGGIORNATO AL 21 LUGLIO 2010

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 21 gennaio 2010 il Ministro della giustizia, l'onorevole Angelino Alfano durante il suo discorso sullo stato della giustizia nel nostro Paese ha dichiarato che erano depositati sul cosiddetto Fondo unico giustizia presso il conto corrente amministrato da Equitalia giustizia somme lorde confiscate alla criminalità organizzata per un importo di 1,59 miliardi di euro, somma nell'ambito della quale si evidenziano 631,4 milioni di euro disponibili per la riassegnazione pro quota al settore giustizia;
il 31 marzo 2010 il Ministro dell'interno durante l'audizione di fronte alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia ha dichiarato che erano depositati sul cosiddetto Fondo unico giustizia presso il conto corrente amministrato da Equitalia giustizia somme lorde pari a 1,708 miliardi di euro confiscate alla criminalità organizzata -:
quale sia l'importo esatto delle somme confiscate alla criminalità organizzata e depositate sul cosiddetto Fondo unico giustizia presso il conto corrente amministrato da Equitalia giustizia alla data del 31 dicembre 2009, quale sia il saldo attualmente disponibile sullo stesso conto e quale sia la destinazione dei fondi eventualmente già impiegati.
(5-03205)

Interrogazione a risposta scritta:

ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli abitanti di via Pallavicini e zone limitrofe del comune di Bologna versano da tempo in un grave stato di preoccupazione e di tensione causato dallo svolgersi settimanale di numerosi assembramenti di cittadini extracomunitari di origine islamica su determinate aree della loro zona;
tali cittadini denunciano, in particolare, l'incontrollato ed eccessivo afflusso di persone sulla citata via, i quali, soprattutto in giorni come il venerdì quando vi giungono fino 900 individui, si riuniscono per svolgere riti religiosi islamici ed in tali circostanze effettuano il parcheggio di autovetture in maniera disordinata, caotica ed incontrollata; ostruiscono vie di uscita necessarie alla mobilità dei residenti, erigono mercatini irregolari per il commercio di frutta e prodotti avicoli, spesso degenerando in risse e tafferugli;
già nel febbraio 2009 gli abitanti in questione avevano effettuato un circostanziato esposto al questore ed al prefetto di Bologna evidenziando le criticità e le anomalie del fenomeno, in tal senso chiedendo l'adozione di misure urgenti atte a ripristinare le preesistenti situazioni di tranquillità sociale e di assenza di rischio cui i residenti hanno diritto;
le problematicità lamentate dagli abitanti di via Pallavicini, a parere dell'interrogante, non avrebbero avuto ragione di esistere sin dall'origine, se solo si fosse tenuto conto del fatto che a tali extracomunitari era preclusa la possibilità di recarsi in quei luoghi per svolgere attività religiose di rito islamico in ragione del

fatto che in via Pallavicini non poteva ubicarsi, per mancanza di autorizzazioni e di permessi, alcuna struttura o luogo di riunione volto a consentire lo svolgimento di attività religiose, soprattutto non vi si poteva realizzare un luogo di culto quale una moschea, come invece oggi risulta esservi;
la vicenda trae origine nel 2001, quando la «ex scuola Manfredi», sita in via Guelfa a Bologna, era divenuto un luogo di prima accoglienza di numerosi cittadini extracomunitari di origine pakistana, oltre che centro di cultura islamica e versava in condizioni di particolare criticità, costituendo un'emergenza sociale con forti preoccupazioni dal punto di vista igienico-sanitario;
l'amministrazione comunale di Bologna ritenne necessario dar corso ad una gara esplorativa per individuare soggetti interessati ad acquisire l'area ex scuola Manfredi in cambio di un immobile libero, adeguabile alle necessità degli occupanti del medesimo centro;
ad aggiudicarsi la predetta gara fu la società Multipla Srl, oggi società Frascari spa. La stessa società Multipla si rese disponibile ad eseguire lavori di allestimento e di sistemazione comprendenti la realizzazione di 110 posti letto in camere collettive, spazi di servizio, spazi tecnologici senza però prevedere alcun altro tipo di intervento di individuazione di ulteriori immobili da destinare a fini religiosi o assembleari, ciò in conformità al regolamento edilizio del comune di Bologna;
il comune di Bologna, in data 21 marzo 2009, Protocollo N. 103/2009, ha assegnato al settore gabinetto e staff del sindaco, l'immobile sito in via Pallavicini 13, affinché ne disponga la concessione in uso gratuito e temporaneo fino 30 aprile 2010, al Centro di cultura islamica di Bologna cosa che però apparerebbe in contrasto con la destinazione dell'area -:
se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa, in particolare degli esposti inoltrati alle autorità competenti, segnatamente al questore ed al prefetto di Bologna, dai cittadini di Bologna del quartiere di via Pallavicini e delle zone limitrofe, denunciando il grave stato di pericolo e di disagio provocato dall'eccessivo ed incontrollato afflusso di immigrati extracomunitari islamici che soprattutto il venerdì, in numero spesso superiore alle 900 persone, insistono su tale area per accedere alla moschea sita al civico n. 13, e quali risposte siano state fornite al riguardo;
se non intenda accertare il concreto stato dei fatti circa la legittimità o la regolarità dei luoghi e delle attività di riunione effettuate dagli extracomunitari di origine islamica in via Pallavicini n. 13 a Bologna, in tal senso anche verificando quali siano i rischi provocati dall'eccessivo afflusso di immigrati alla sicurezza dei cittadini residenti;
in tale ambito, in caso riscontrasse profili problematici per l'ordine e la sicurezza pubblica, quali provvedimenti intenda assumere per rimuovere i presupposti che originano tali criticità e, nell'immediato, quali misure ritenga di adottare per prevenire i pericoli segnalati dai cittadini circa il manifestarsi di liti e risse o azioni che possano turbare la tranquillità pubblica.
(4-07981)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla situazione drammatica delle scuole paritarie anche a seguito di verifiche precise effettuate ultimamente per effetto del venir meno dei contributi statali a suo tempo previsti. Al riguardo, si fa presente che l'assegnazione «storica» alle scuole paritarie è attorno a 535 milioni annui, da quando nella legge

finanziaria per il 2002 il Governo Berlusconi innalzò il contributo di circa 54 milioni dai 473 milioni di euro dell'anno precedente - secondo Governo Amato;
nella legge finanziaria per il 2010 era previsto il taglio di 134 milioni di euro sullo stanziamento complessivo di 534 milioni di euro:
4 milioni di euro sono stati recuperati immediatamente da tagli ad altri fondi;
130 milioni (elenco 1, articolo 2, comma 250 della legge n. 191 del 2009 sarebbero stati recuperati dallo «scudo fiscale»;
per disporre dei 130 milioni è stato predisposto un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri registrato il 1o aprile 2010 (ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale). A seguire occorre un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che non ha ancora firmato (a quanto risulta all'interrogante) stante l'attuale situazione di bilancio. Poi i decreti degli uffici scolastici regionali e il pagamento delle ragionerie, se e quando le risorse saranno disponibili per cassa;
in sostanza, per l'anno scolastico 2009/2010 - che si concluderà formalmente, il mese di agosto 2010 - le scuole paritarie non sono in condizione ne di ricevere le risorse loro spettanti per un servizio già offerto, né di sapere quando le riceveranno, ne di sapere quanto riceveranno (i 130 milioni ovviamente non sono stati ripartiti fra le regioni, dovendosi prima attendere il decreto di assegnazione del Ministro dell'economia e delle finanze). Al momento, pertanto, le scuole paritarie stanno ricevendo contributi pari a circa 400 milioni per l'anno scolastico 2009/2010, circa un terzo in meno del previsto dalla legge finanziaria;
la questione è stata anche oggetto di interrogazioni parlamentari (in base alle quali il Governo avrebbe assicurato che i 130 milioni saranno erogati;
nel frattempo, numerose scuole paritarie stanno ricorrendo al credito bancario a copertura degli stipendi insegnanti. Altre, più «deboli» strutturalmente e finanziariamente, stanno chiudendo;
altra questione, l'esercizio finanziario 2011;
nella legge finanziaria per il 2009 il piano triennale 2009-2011 per le paritarie prevedeva una riduzione dai 535 milioni del 2008 a 312 milioni per il 2011;
a questa cifra, stando all'ultimo decreto di contenimento delle spese dei Ministeri, dovrebbe aggiungersi un'ulteriore riduzione del 10 per cento, portando l'importo complessivo a circa 280 milioni, ovvero circa il 48 per cento in meno del 2008;
in un simile contesto la conduzione di una scuola paritaria diviene sempre più non un «rischio educativo» quanto piuttosto un «gioco d'azzardo» in campo scolastico. Mancando tutte le certezze diviene pressoché impossibile programmare le attività scolastiche;
sono inevitabili i riflessi sugli studenti delle scuole paritarie (oltre un milione) e sul corpo docente di queste scuole;
ad avviso dell'interrogante non è interesse del Paese l'ulteriore ridimensionamento del sistema paritario che pure è riconosciuto essere parte del sistema nazionale d'istruzione (legge n. 62 del 2000). Evidentemente non si sono valutate le maggiori spese che conseguono per le casse dello Stato dalla chiusura di queste scuole con il conseguente passaggio degli studenti nelle scuole statali;
questo stato di cose concerne non tanto (o non solo) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quanto piuttosto la politica complessiva del Governo e gli impegni assunti nelle elezioni del 2008;
anche se l'interrogante si rende conto della situazione in un qualche modo obbligata del Governo nel far fronte agli oneri della scuola statale con oltre

1.200.000 fra docenti e ATA e dà atto al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della sensibilità più volte manifestata sull'argomento, ritiene però che un sistema autenticamente pluralista non possa prescindere dall'apporto delle scuole paritarie -:
quali iniziative «concrete» intenda intraprendere per risolvere la problematica citata in premessa.
(4-07962)

MIOTTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli insegnanti di religione cattolica della scuola primaria e secondaria sono stati immessi in ruolo dal settembre 2005 in applicazione della legge n.186 del 2003 ed hanno acquisito il diritto alla ricostruzione della carriera, mediante il programma ministeriale «SIDI» che prevede un doppio canale, uno per gli insegnanti delle scuole materne-elementari ed un secondo per gli insegnanti delle scuole medie-superiori;
in molte province detti docenti hanno ottenuto il riconoscimento della ricostruzione di carriera, mentre nelle province di Vicenza e Padova, le rispettive direzioni provinciali del tesoro hanno respinto le domande presentate dagli insegnanti;
tale orientamento sarebbe ispirato da una interpretazione, difforme nel Paese, delle norme che equiparano il docente della scuola media al docente della scuola media superiore, mentre la normativa è inequivocabile;
la formazione delle cattedre è prevista in verticale, così come stabilito dal concorso per l'immissione in ruolo, e pertanto va tenuto presente il principio della situazione più favorevole dal punto di vista economico;
le norme che consentono l'applicazione delle tabelle stipendiali previste per i docenti laureati della scuola media superiore anche agli insegnanti della scuola media sono riferibili al comma 6 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 399 del 23 agosto 1988, richiamato dal comma 7 dell'articolo 66 del contratto collettivo nazionale del 1995, confermato dal contratto collettivo nazionale del 2003 e recepito nell'ultimo contratto di lavoro all'articolo 146;
in tal senso appare orientato il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Veneto, che, con nota del 12 giugno 2009, ha formalmente invitato i dirigenti degli uffici scolastici provinciali a procedere all'inquadramento retributivo sulla base delle norme citate, ma la ricostruzione della carriera nelle province di Vicenza e Padova non può avvenire a causa del diverso orientamento della direzione provinciale del tesoro e ciò determina una disparità di trattamento alla quale il Ministero, già sollecitato per un chiarimento, dovrebbe porre rimedio -:
quali iniziative si intendano assumere al fine di rimuovere le difficoltà interpretative emerse a Vicenza e Padova che finora hanno bloccato la ricostruzione della carriera agli insegnanti di religione cattolica della scuola secondaria di primo grado.
(4-07979)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

CUOMO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i compiti di Buonitalia spa sono stati individuati dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 99 del 29 marzo 2004;
Buonitalia spa è a capitale interamente pubblico (70 per cento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, 10 per cento dell'ICE, 10 per cento dell'ISMEA, 10 per cento dell'UNIONCAMERE);

Buonitalia spa quale società in house del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è soggetta all'indirizzo ed al controllo dello stesso;
Buonitalia spa persegue i propri fini statutari esclusivamente attraverso la realizzazione di progetti approvati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. La natura pubblicista di Buonitalia spa determina l'applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, normata dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) e successive modifiche e integrazioni (decreto legislativo n. 152 del 2008);
risulterebbe all'interrogante che (come riportato anche da «Il venerdì di Repubblica» n. 1162 del 25 giugno 2010 pagine 33/34/35): nella gestione dell'attuale presidenza, siano stati affidati progetti per circa 90 milioni di euro ma consta all'interrogante che gli stessi non siano stati oggetto di concertazione né con gli azionisti stessi di Buonitalia spa né con le associazioni di categoria più rappresentative né con le regioni che dovrebbero essere rappresentate all'interno del consiglio di amministrazione della società;
l'individuazione dei fornitori dei progetti di Buonitalia spa non sia avvenuta attraverso alcuna procedura di affidamento ad evidenza pubblica;
l'attuale presidenza di Buonitalia spa, a causa della sua gestione, sia stata oggetto di diverse interrogazioni parlamentari e di un'inchiesta giornalistica (L'Espresso 25 marzo 2010 - titolo «Gran buffet Zaia») e che le accuse ad essa indirizzate non siano mai state smentite;
nonostante le ultime voci riguardanti il futuro della società il presidente di Buonitalia spa abbia proceduto con l'assunzione di un «super manager» e la richiesta di rinnovo del finanziamento per progetti riguardanti sponsorizzazioni sportive a favore di squadre di basket straniere (già oggetto di una precedente interrogazione - come evidenzia il citato articolo del n. 1162 del settimanale «Il venerdì di Repubblica»);
nessun progetto presentato dall'attuale presidente sia andato a favore delle filiere produttive e delle regioni del Centro-Sud Italia;
nessun progetto presentato dalla società Buonitalia spa riguarderebbe la mozzarella di bufala campana D.O.P., nonostante essa rappresenti uno dei prodotti più rappresentativi e apprezzati del made in Italy e la stessa sia continuamente danneggiata dai fenomeni di contraffazione e stia attraversando un forte periodo di crisi -:
quali siano tutti i progetti finanziati da Buonitalia spa, con le relative procedure di selezione, budget ed analisi dei costi, quali risultati siano stati conseguiti e quali strumenti di valutazione siano stati attivati;
se e quali controlli, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in qualità di azionista di maggioranza di Buonitalia spa, abbia esercitato, considerato che il monitoraggio delle attività è risultato, ad avviso dell'interrogante di dubbia efficacia e che, come dichiarato dal Ministro interrogato, il Ministero stesso ha finanziato i progetti per l'80 per cento;
se il Ministro non ritenga opportuno avviare un'azione ispettiva e di indagine interna nei confronti di Buonitalia spa, estesa anche a chi ha il compito del controllo di gestione della stessa, e a chi aveva competenze di controllo all'interno del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
se il Ministro, alla luce delle sue recenti dichiarazioni sulla società, fosse a conoscenza e abbia condiviso la recente assunzione di un «super manager», e per quale motivo il soggetto sia stato selezionato esternamente alla struttura di Buonitalia spa, aumentando di fatto i costi fissi e non consentendo la valorizzazione

del personale interno, che avrebbe consentito un evidente risparmio di risorse finanziarie pubbliche;
se il Ministro intenda dedicare attenzione e veicolare un chiaro indirizzo di sostegno alle filiere produttive del Centro-Sud Italia, ad avviso dell'interrogante, dimenticate dalla progettualità di Buonitalia spa;
se il Ministro intenda dedicare un progetto speciale di promozione e di internazionalizzazione a favore delle filiera della mozzarella di bufala campana D.O.P., sfruttando le risorse di Buonitalia spa impegnate ma non ancora spese.
(4-07978)

TESTO AGGIORNATO AL 21 LUGLIO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il consumo di energia, a livello europeo, risulta essere in costante aumento e, ad oggi, questo può essere considerato responsabile di oltre il 50 per cento delle emissioni di gas serra;
l'Italia importa gran parte delle risorse energetiche primarie. La nostra capacità di produzione di energia è minima e questo comporta una duplice problematica, elevati costi e alto impatto ambientale;
il nostro Paese importa un quantitativo di energia superiore all'80 per cento della domanda nazionale. La dipendenza energetica dall'estero risulta quindi essere decisamente marcata. Il fabbisogno energetico italiano è fortemente dipendente dal petrolio per il 45 per cento e dal gas per il 32 per cento;
la dipendenza italiana dal petrolio è rilevante soprattutto nel settore dei trasporti mentre si riscontra marginale nel settore della produzione dell'energia elettrica. È da sottolineare che una consistente fetta di energia prodotta viene sprecata;
l'Italia risente pesantemente degli sbalzi nei prezzi delle fonti di energia fossili e, solo la presenza di un euro forte ha permesso al nostro Paese di contenere la crescita della spesa energetica;
nell'incertezza degli scenari energetici futuri, diventano prioritari i seguenti obiettivi:
diversificazione del mix energetico per ridurre i rischi di eccessiva dipendenza;
miglioramento dell'efficienza della rete e del sistema elettrico;
risparmio energetico;
ricorso a fonti energetiche rinnovabili;
ridurre le inefficienze del sistema energia è fondamentale, ci consentirebbe di raggiungere costi opportunità altrimenti perduti e spendere meno nella bolletta energetica con l'estero. Si ricorda inoltre che una fetta consistente dei bilanci comunali è destinata al pagamento delle bollette per la pubblica illuminazione;
l'Unione europea sta cercando di sensibilizzare i Governi nazionali, in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, di maggiore efficienza energetica e di maggiore utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. In questo ambito, il 29 gennaio 2008, durante la seconda edizione della settimana europea dell'energia sostenibile (EUSEW 2008), la Commissione europea ha lanciato il patto dei sindaci (covenant of mayors), un'iniziativa per coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale;
tale iniziativa, su base volontaria, impegna le città europee a predisporre un piano di azione con l'obiettivo di ridurre di oltre il 20 per cento le proprie emissioni di gas serra attraverso politiche e misure

locali che aumentino il ricorso alle fonti di energia rinnovabile, che migliorino l'efficienza energetica e attuino programmi ad hoc sul risparmio energetico e l'uso razionale dell'energia;
ad oggi però a fronte di grandi proclami ben poche città in Italia hanno proposto concrete soluzioni mirate a ridurre i consumi energetici e le iniziative intraprese hanno avuto più il sapore di passerelle mediatiche che non di progetti duraturi;
a tal proposito, degno di nota il caso del comune di Torraca (Salerno), un piccolo paese di circa 1200 abitanti balzato alle cronache nazionali ed internazionali per avere realizzato un progetto del tutto innovativo e ambizioso, ossia essere la prima LED city al mondo. LED è l'acronimo di light emitting diode (diodo ad emissione luminosa);
primi LED sono stati i sviluppati nei anni '60 e sono in buona sostanza dei semiconduttori che emettono luce al passaggio della corrente elettrica grazie ad una speciale guarnizione di silicio;
tra i vantaggi del LED, privo di filamento interno, al contrario delle tradizionali lampadine, vi è uno straordinario risparmio energetico (dal 50 al 80 per cento), l'alta durata e la sicurezza assoluta degli impianti, dato che per il loro funzionamento sono necessari appena 24/48 volt;
l'impianto fa inoltre risparmiare circa il 70 per cento dei costi di manutenzione ed elimina l'inquinamento luminoso. È stato calcolato che una fetta consistente dei bilanci comunali viene destinata al pagamento delle bollette per l'illuminazione pubblica. Torraca ha tagliato del 50 per cento questi costi puntando tutto sulla cosiddetta luce fredda;
brevemente i vantaggi della tecnologia LED rispetto all'illuminazione tradizionale:
a) risparmio energetico - a parità di illuminazione, con la tecnologia LED, si ha un risparmio energetico dal 50 al 80 per cento;
b) qualità della luce superiore;
c) abbattimento dell'inquinamento luminoso;
d) elevata durata: la vita utile dei sistemi a LED è stimata in 50.000-100.000 ore (10-20 anni, 12 ore al giorno) contro le 4000-5000 ore (11-14 mesi) delle lampade al sodio ad alta pressione;
e) manutenzione - i costi di manutenzione degli apparati di illuminazione a LED sono stimati nell'ordine di un decimo rispetto agli impianti al sodio attualmente in uso;
f) costi - i sistemi a LED hanno un costo iniziale maggiore, dal doppio al triplo, rispetto alle soluzioni tradizionali. Considerando però la maggiore durata, il risparmio energetico e la manutenzione quasi assente, si ha un risparmio netto dal 50 per cento al 80 per cento;
il dipartimento dell'energia degli Stati Uniti d'America stima che sostituendo, nei prossimi 20 anni l'attuale illuminazione stradale e urbana con i LED si possa:
a) diminuire il consumo di energia elettrica del 62 per cento;
b) ridurre le emissioni inquinanti di 250 milioni di tonnellate di anidride carbonica;
c) risparmi finanziari per 115 miliardi di dollari di finanziamenti non necessari per la costruzione di centrali elettriche -:
se il Ministero dello sviluppo economico abbia intrapreso delle iniziative atte a stimolare le amministrazioni a dotarsi di piani energetici credibili e concreti al fine di raggiungere risultati tangibili nel breve periodo;
se, in virtù dell'entrata in vigore della legge n. 244 del 2007 che prevede il ritiro dal commercio delle lampade ad incandescenza a partire dal 1o gennaio 2011, quali siano gli incentivi per stimolare le Amministrazioni a dotarsi di illuminazione pubblica a LED;

se sia noto, a due anni dall'entrata in vigore del patto dei sindaci, quali obiettivi siano stati realizzati e quanto abbiano influito nelle casse pubbliche;
se e come verrà coinvolta la comunità scientifica e quali siano i concreti aiuti che vengono forniti per incentivare scelte mirate nel campo della ricerca.
(4-07964)

ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane ha recentemente deciso di sospendere per due giorni a settimana (giovedì e sabato) dal 10 al 31 luglio e dal 12 al 28 agosto 2010, il servizio dell'ufficio postale di Ramiseto (RE);
si tratta, ad avviso dell'interrogante, di una controversa ed irrazionale rimodulazione dei giorni e orari di apertura al pubblico degli sportelli degli uffici postali dell'ufficio di Ramiseto, che attualmente assolvono a gran parte del servizio di un territorio molto vasto (di poco inferiore ai 100 chilometri quadrati) e spesso anche in sostituzione dell'altro ufficio postale di Succiso che però funziona solo il lunedì e dista 20 chilometri dal capoluogo;
va inoltre precisato che in provincia di Reggio Emilia i soli uffici postali di comuni prossimi al capoluogo con variazione di orario sono Ramiseto e Ligonchio, mentre nei comuni di altre realtà di alta montagna non risultano esservi ipotesi di analoghe misure di chiusure settimanali;
sul territorio di Ramiseto esistono realtà produttive che necessitano inderogabilmente di un servizio postale continuo ed efficace, tra cui un ramificato sistema imprenditoriale ed una forte ricettività turistica;
la rimodulazione del servizio postale di cui trattasi sta generando disagi soprattutto all'utenza locale, la quale, tra l'altro, nel periodo estivo aumenta notevolmente fino a triplicare di numero. Tale situazione diventa più critica proprio nei giorni di giovedì, giorno di mercato settimanale, e di sabato, quando aumenta ulteriormente l'utenza postale per i numerosi turisti di passaggio;
in particolare, la chiusura degli sportelli il sabato mattina rappresenta una decisione, a parere dell'interrogante, incongrua, dal momento che tale giornata è, per numerosi cittadini-utenti, l'unica tradizionalmente utilizzata per il disbrigo di tutta una serie di incombenze;
l'ufficio postale di Ramiseto è, inoltre, un ufficio che registra un costante aumento di volumi sia assicurativi sia finanziari e mal si comprende la scelta adottata di limitare la funzionalità del servizio universale questione;
tale determinazione - che ha sollevato vivaci proteste e comprensibile preoccupazione nella cittadinanza, in particolare anziana, soprattutto con riguardo al pagamento delle pensioni - coinvolge numerose direzioni delle filiali di Poste italiane s.p.a. sull'intero territorio nazionale ed è destinata a creare notevoli disagi, anche in considerazione del fatto che numerosi centri abitati dispongono di un unico ufficio postale;
il decreto del Ministero delle comunicazioni del 28 giugno 2007, nel definire le linee generali di intervento relative alla rimodulazione degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali, tiene conto tanto delle esigenze organizzative di Poste italiane s.p.a., quanto delle istanze del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, in modo tale che il contemperarsi delle prime con le seconde consente di assicurare un livello di offerta del servizio in linea con le esigenze della popolazione su tutto il territorio nazionale -:
quali iniziative intenda porre in essere nei confronti della direzione dell'azienda Poste Italiane al fine di mantenere inalterata l'apertura dell'ufficio postale di Ramiseto, soprattutto per assicurare, in un momento particolarmente

difficile per l'economia, un servizio efficiente ai cittadini e alle attività produttive che operano nel vasto bacino di utenza del citato comune.
(4-07966)

STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dalla stampa locale della provincia di Bergamo si apprende la notizia che è stato presentato a Treviglio (Bergamo) un progetto che prevede la collocazione di spazi commerciali e sportivi nel futuro dell'area dove è situata l'azienda Bianchi;
lo stabilimento e i capannoni dello storico marchio di biciclette occupano circa 40.000 metri quadrati dei 110.000 complessivi dell'area in questione, nella frazione Battaglie a Nord di Treviglio;
alcuni sindacati aziendali e parte dei lavoratori hanno paventato l'ipotesi dello smantellamento e del trasferimento della produzione verso gli stabilimenti di Taiwan e della Francia, dove già viene sfornato il grosso della produzione, mantenendo però a Treviglio solo il «quartier generale»;
l'azienda Bianchi ha reso noto che non è ipotizzabile la cessazione della produzione presso lo stabilimento di Treviglio e mira piuttosto a sviluppare la produzione delle biciclette in carbonio e di alta gamma in genere -:
se intendano verificare le intenzioni del gruppo Bianchi, alla luce degli scenari prospettati dalla realizzazione del nuovo piano che interessa l'area industriale di Treviglio, accertandosi che quanto ha dichiarato venga effettivamente rispettato, poiché l'eventuale immotivato trasferimento del sito produttivo sarebbe l'ennesimo durissimo colpo all'occupazione e all'economia del territorio bergamasco.
(4-07977)

...

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-07144 dell'11 maggio 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03200.