XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 6 luglio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la politica di difesa italiana risente pesantemente di un prolungato periodo di decurtazione sistematica del bilancio, fatta eccezione per il rifinanziamento delle missioni internazionali di peacekeeping, cui anche l'opposizione ha sempre contribuito con senso di responsabilità;
il deterioramento della quantità e della qualità della spesa rischia, in uno scenario mondiale sempre più complesso, di compromettere il contributo del nostro Paese e la sua capacità di proiezione internazionale;
un esempio viene fornito dai Balcani e dal Kosovo, un'area che per l'Italia riveste un'importanza strategica e primaria, dove la pacificazione interetnica è molto lontana dal venire, e che richiede una tecnologia e un ruolo più adeguati del nostro Paese;
il ritiro parziale dai Balcani, annunciato dal Ministro della difesa in alcune occasioni pubbliche, sarebbe dettato dalla mancanza di risorse più che da obiettivi di politica estera, magari condivisi con gli alleati;
la persistente crisi finanziaria internazionale ha reso necessario un intervento sulla spesa pubblica che si è tradotto nel meccanismo dei tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie di tutti i Ministeri, compreso il Ministero della difesa, per le spese rimodulabili nel triennio 2011-2013 e che, in particolare, colpisce pesantemente l'esercizio, cioè l'addestramento delle Forze armate, la manutenzione e l'ammodernamento dei mezzi, nonché la messa in efficienza e la produttività dell'area industriale della difesa, in contrasto con l'obiettivo fondamentale di garantire e incrementare la sicurezza del personale e l'efficienza dei contingenti nazionali impegnati nelle missioni internazionali;
i tagli sopra citati risultano essere, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, profondamente non omogenei ed intempestivi in quanto colpiscono le Forze armate italiane particolarmente esposte negli scenari internazionali;
tali tagli, di fatto, finiranno con lo spiegare i loro effetti maggiori sui reparti periferici della difesa, brigate e reggimenti che rappresentano il cuore pulsante ed il braccio operativo delle Forze armate;
la riduzione delle risorse rischia di produrre conseguenze negative sulle strutture della sanità militare, considerate unanimemente di eccellenza per la qualità dei servizi resi;
il taglio delle risorse rischia di penalizzare oltremodo gli investimenti destinati all'equipaggiamento dei militari italiani, equipaggiamenti già al centro di polemiche e riserve da parte degli addetti ai lavori allorché si discuteva della necessità di tutelare la salute e la sicurezza dei nostri militari dal possibile contagio di sostanze nocive; già da tempo, infatti, la questione dell'adozione di adeguate misure protettive per i partecipanti alle missioni internazionali è stata oggetto di un dibattito a proposito delle morti di alcuni militari italiani a causa dell'uranio impoverito;
il Consiglio supremo di difesa, nella riunione del 10 marzo 2010, valutando i sempre maggiori oneri che l'impegno militare per la sicurezza comporta, tenendo conto delle necessarie ristrettezze di bilancio imposte dalla perdurante crisi economica, ha sottolineato l'esigenza di procedere verso una migliore razionalizzazione dello strumento militare e una più chiara qualificazione della spesa, fermo restando, pur con le scarse risorse disponibili, l'assolvimento delle funzioni e dei compiti prioritari per le Forze armate;
si configurano importanti interventi sull'esercizio, dal momento che la

spesa per consumi intermedi della difesa è diretta a finanziare, oltre che gli acquisti di beni e servizi destinati al normale funzionamento degli enti e degli uffici dell'organizzazione centrale e periferica del Ministero, anche i diversi obiettivi connessi al raggiungimento e al mantenimento di specifici livelli qualitativi, addestrativi e di efficienza richiesti a livello internazionale;
ne consegue che la continua riduzione delle risorse per consumi intermedi, registrata già a partire dal 2005, porterebbe un'ulteriore compressione degli stanziamenti previsionali per il 2011 di oltre il 66 per cento, con evidenti conseguenze sull'organizzazione operativa;
inoltre, gli interventi volti ad una riduzione delle già limitate risorse a disposizione, sono destinati ad incidere pesantemente anche nel settore del personale della difesa, nei cui confronti è previsto un taglio complessivo di 4,5 miliardi di euro dal 2009 al 2020, con gravi riflessi sul processo di professionalizzazione stessa delle Forze armate, dal momento che ben il 75 per cento delle risorse sono destinate al personale, mentre le spese di equipaggiamento racchiudono il rimanente;
infine, le misure in materia di pubblico impiego agiscono nei confronti del personale militare penalizzando in maniera abnorme gli operatori del settore,

impegna il Governo:

a rappresentare nelle adeguate sedi parlamentari gli intendimenti di medio-breve termine sulle proprie politiche di difesa, anche alla luce del recente e vago annuncio del varo della «mini-naja»;
a riconsiderare i tagli lineari alle risorse alle Forze armate in ragione degli impegni assunti dal nostro Paese in seno agli organismi di difesa internazionali;
a riconsiderare la riduzione delle risorse disponibili in funzione delle esigenze, anche pratiche, materiali e di approvvigionamento dei reparti militari di periferia, in modo da assicurarne il regolare esercizio;
a tenere nel debito conto le esigenze delle strutture della sanità militare al fine di assicurarne la funzionalità ed il più elevato livello di prestazioni assistenziali;
a predisporre interventi finalizzati a garantire una migliore qualità e una più adeguata razionalizzazione della spesa militare;
ad adottare le iniziative opportune, per quanto di propria competenza, all'accertamento della verità dei fatti sulle morti da uranio impoverito ed a fornire agli equipaggi italiani delle dotazioni di sicurezza e di tutela della salute più idonee ad affrontare le attività operative;
a prevedere un piano di investimenti nel settore della difesa in grado di garantire la sicurezza del personale, la sua professionalizzazione, l'efficienza dei contingenti nazionali impegnati nelle missioni internazionali.
(1-00406)
«Mosella, Cesario, Calgaro, Vernetti, Pisicchio, Brugger».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 27 giugno 2010, a due giorni dalla ricorrenza trentennale della strage di Ustica, il Sottosegretario di Stato Carlo Giovanardi, durante un'intervista radiofonica alla trasmissione Radio anch'io ha dichiarato che la ragione dell'inabissamento dell'aereo Itavia il 27 giugno 1980

sarebbe una bomba collocata nella toilette dell'aeromobile, probabilmente da mano libica, e, a domanda del dottor Priore, il Sottosegretario ha risposto di parlare a nome dell'Esecutivo -:
se la posizione espressa dal Sottosegretario Giovanardi sia effettivamente la posizione del Governo, su quali prove essa si fondi e se non si debba richiedere al Governo libico di fornire tutti gli elementi in suo possesso che possano fare finalmente luce sulla tragica vicenda.
(5-03192)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 4, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;

dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Direzione regionale per la Lombardia» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 1.000.000 di euro per la realizzazione del progetto «Duomo di Pavia»;
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Pavia» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;

se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07891)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;

l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Associazione Confraternita di S. Bernardino della Diocesi di Cuneo» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 150.000 euro per la realizzazione del progetto «Restauro e risanamento conservativo della Chiesa ex Confraternita di S. Bernardino in Canale d'Alba» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal

«fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Cuneo» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07892)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando

il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto l miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
la «Parrocchia di San Salvatore a Vaiano» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Badia S. Salvatore di Vaiano. Restauro e risanamento conservativo»;
la «Diocesi di Prato» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Museo d'Arte Sacra-Opere e restauri pittorici» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Prato» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07893)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello

spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la « Congregazione del Sacro Ordine Cistercense di Casamari» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 250.000 euro per la realizzazione del progetto «Intervento di recupero e restauro del complesso monumentale Abbazia di Casamari» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio della «Congregazione del Sacro Ordine Cistercense di Casamari».
(4-07894)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni,

pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza Episcopale Italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «Provveditorato interregionale alle opere pubbliche Puglia-Basilicata» inserito nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa San Domenico, Taranto (città vecchia): Restauro, sicurezza e fruibilità» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Taranto»

dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto non abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07895)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica», all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca «disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica

italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «comune di Pellezzano» inserito nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» per un importo di 100.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa S. Maria delle Grazie (restauro)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07896)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è l'«Ordine dei Frati Minori» per un totale di 4.675.000 euro ripartiti attraverso l'inserimento:
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» avente come contraente/destinatario «Frati Minori

(Osimo - Ancona)» per un importo di 75.000 euro per la realizzazione del progetto «Basilica di San Giuseppe da Copertino (restauro)»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» avente come contraente/destinatario «Chiesa San Francesco dei Cappuccini - Frascati, restauro» per un importo di 1.000.000 euro per la realizzazione del progetto «Palazzo Cariati sede dell'Istituto Pontano (Napoli) scuola paritaria dei Gesuiti a Napoli, restauro»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» avente come contraente/destinatario «Minoritica Provincia Romana dei SS. Apostoli Pietro e Paolo» per un importo di 100.000 euro per la realizzazione del progetto «San Francesco: cultura e spiritualità del Santo patrono d'Italia»;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» avente come contraente/destinatario «Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche Toscana - Umbria - Frati minori di San Francesco» per un importo di 1.000.000 euro per la realizzazione del progetto «Convento San Martino, Trevi (Perugia): Restauro»;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» avente come contraente/destinatario «Provincia Napoletana del SS. Cuore di Gesù dell'Ordine dei Frati Minori» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Complesso monumentale di S. Chiara Vergine in Napoli Chiostro maiolicato, restauro degli ambulacri e del loggiato»;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» avente come contraente/destinatario «Casa Generalizia dell'Ordine dei Frati Minori» per un importo di 2.000.000 euro per la realizzazione del progetto «Riqualificazione e adeguamento di alcuni locali del Collegio Internazionale S. Antonio, per le missioni Apostoliche all'Estero» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerata l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio dell'«Ordine dei Frati Minori».
(4-07897)

SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le ultime rilevazioni statistiche del numero di detenuti presenti negli istituti penitenziari del Paese, delineano una situazione di grave sovraffollamento;
il 1o luglio 2010 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo «L'estate calda nelle carceri strapiene»;
nell'articolo si legge «Detenuti stipati a decine nelle celle, reparti di polizia penitenziaria all'osso, il record di trentadue suicidi dall'inizio dell'anno. È la drammatica fotografia delle carceri in Sicilia che, con i suoi 8.318 detenuti, è la seconda regione d'Italia per sovraffollamento dopo la Lombardia»;

nello stesso, si legge la dichiarazione del provveditore alle carceri dell'Isola, Orazio Faramo, secondo cui «I vuoti di organico dovrebbero essere riempiti dai concorsi. L'ultima sentenza della Corte europea ha un po' migliorato la situazione, dal momento che per ogni detenuto sono previsti tre metri quadrati di spazio. Cerchiamo di privilegiare le attività volte alla socialità»;
e ancora «I dati ufficiali forniti dal provveditorato alle carceri siciliane parlano chiaro. Rispetto all'anno scorso nelle celle ci sono 800 detenuti in più, mentre i poliziotti penitenziari in servizio sono diminuiti di un centinaio. Su un campione di otto penitenziari siciliani, la situazione più drammatica è quella del carcere Piazza Lanza di Catania: qui, a fronte di una capienza di 457 detenuti, nelle celle si trovano 654 reclusi. Rispetto alla capienza prevista di 1.100 posti, anche i detenuti del Pagliarelli di Palermo non godono di spazi maggiori. Sono 1.353, infatti, i carcerati rinchiusi nelle celle. La storia non è diversa all'Ucciardone, dove i detenuti sono 706, mentre il penitenziario ne potrebbe ospitare 560. La musica non cambia quando si arriva al capitolo che riguarda i dati relativi alla polizia penitenziaria: nelle otto carceri prese a campione le carenze di organico vanno da 50 a 90 uomini. I dati ufficiali stridono con i numeri forniti dai sindacati e dal Garante per i detenuti della Sicilia, il quale sostiene che quello della capienza massima di un carcere è un concetto vago, e che bisogna guardare alla capienza effettiva dei penitenziari. Per non parlare dei numeri che riguardano la polizia penitenziaria: almeno il dieci per cento delle forze disponibili ogni giorno sono impegnata in traduzioni, scorte e altri incarichi. Anche secondo i dati diffusi dal sindacato Uilpa penitenziari, dei 1.100 posti sulla carta a Pagliarelli, quelli effettivi sono 800. E sui 708 poliziotti in servizio ogni giorno nello stesso penitenziario, ce ne sono in campo 500. Intanto, crescono i disagi dei detenuti che hanno avviato diverse proteste: da quella a oltranza, che inizierà oggi all'Ucciardone a quella di Piazza Lanza a Catania. I detenuti dell'Ucciardone non acquisteranno più prodotti dal «modello 72», la lista di alimenti forniti nelle celle. «I prezzi - hanno fatto sapere i detenuti in una lettera a Repubblica - sono troppo cari». Alle proteste pacifiche, purtroppo, si aggiungono i numerosi suicidi. L'anno scorso erano stati una sessantina. I 32 di quest'anno, in meno di sei mesi, arrivano come un grido d'aiuto. L'ultimo caso, due giorni fa, nel carcere di Giarre. Qui «la capienza massima è di 71 detenuti - dice Gioacchino Veneziano, segretario regionale della Uilpa - mentre sono presenti 111 carcerati»;
tale situazione si concretizza in una quotidiana realtà penitenziaria fatta sempre più frequentemente di tentativi di suicidio, risse, aggressioni e atti di autolesionismo -:
quali strategie urgenti si intendano mettere in atto per risolvere queste gravi criticità;
cosa preveda per la Sicilia il piano carceri che il comitato di sorveglianza, costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal capo del dipartimento della Protezione civile, istituito tramite ordinanza del Presidente del Consiglio risalente al 28 marzo 2010, ha approvato il 24 giugno 2010;
quali siano i dettagli del crono-programma che dovrebbe porsi il preciso obiettivo di fare fronte, in tempi brevi, all'emergenza carceri, coniugando certezza della pena, processo di rieducazione del detenuto e condizioni di vivibilità nel rispetto degli standard europei.
(4-07906)

ROMANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri di mercoledì 30 giugno 2010 ha approvato un decreto-legge finalizzato ad assicurare la regolarità

del servizio pubblico di trasporto marittimo con le isole nel periodo di intenso traffico estivo, nelle more del completamento delle procedure di dismissione della società Tirrenia di Navigazione;
il decreto sembrerebbe anche prevedere l'arrivo di un commissario al posto dell'attuale presidente Pecorini;
la decisione di rimuovere l'organo amministrativo della società in un momento così delicato in cui, al contrario, risulta determinante la continuità della gestione, risulta quanto meno inusuale. Tipicamente qualunque venditore razionale, che intenda cioè perseguire in buona fede la valorizzazione della società, dovrebbe mirare a garantire uno svolgimento fluido dell'attività industriale nell'interesse della società stessa, dei terzi (creditori, dipendenti e fornitori), dell'erario e, soprattutto, del potenziale compratore;
il commissariamento comporta, invece, una destabilizzazione della società con un grave pregiudizio in primo luogo all'operatività aziendale proprio nel corso dell'alta stagione che rappresenta il momento determinante per il conseguimento dei risultati commerciali dell'attività d'impresa;
tale decisione potrebbe ingenerare preoccupazione sul sistema dei fornitori, che non potranno che contrarre le forniture e le dilazioni, sugli interlocutori commerciali (agenzie di viaggio e tour operator ad esempio) con impatto diretto sui ricavi e sulle entrate e sulle organizzazioni sindacali che interpreteranno la rimozione del vertice aziendale come il primo atto di un percorso di smobilizzo della realtà industriale;
analogamente, gli istituti di credito (che già interpretano negativamente alcuni elementi di incertezza insiti nella procedura di vendita definita dall'azionista Fintecna come testimoniato dalla consistente revoca degli affidamenti bancari non garantiti) potrebbero procedere ad una ulteriore contrazione del credito finanziario volta ad ottenere un disimpegno completo e definitivo dalla finanza del Gruppo dando luogo ad ulteriori richieste di rientro;
è di tutta evidenza, infatti, che il management di una società rappresenta per i finanziatori, ancor di più in una fase di passaggio da un azionista all'altro, il presupposto principale del normale svolgimento delle attività di impresa. Diversamente, gli istituti di credito potrebbero percepire la rimozione del vertice come la conseguenza dell'esistenza di condizioni di estrema problematicità che incidono sicuramente anche sulla capacità di rimborso della società;
sarebbe, altresì, utile un chiarimento circa la credibilità dell'offerta presentata dalla cordata Mediterranea Holding. In particolare, sarebbe indispensabile conoscere se e in che misura l'offerta rispetti tutti gli elementi formali e sostanziali ufficialmente richiesti dalla procedura di gara. Soprattutto, è fondamentale evitare che un processo di privatizzazione definito e gestito con una rigidità formale tale da scoraggiare investitori internazionali, scaturisca poi di fatto in una trattativa privata con una new-co appositamente costituita alla vigilia del bando di gara, i cui soci, oltre ad un soggetto pubblico di maggioranza (regione Sicilia), sono imprenditori privati che ad avviso dell'interrogante devono dimostrare la loro affidabilità finanziaria in un ambito così delicato -:
quali siano state le motivazioni alla base della rimozione dell'organo amministrativo della Tirrenia di Navigazione spa;
se siano stati propriamente valutati gli impatti che tale iniziativa non potrà che avere sul processo di privatizzazione in corso e sulla stabilità industriale e finanziaria della società;
se sussista il rischio che la rimozione dell'organo amministrativo, oltre a costituire una discontinuità ingiustificata nella gestione tecnica, amministrativa e commerciale, crei un pregiudizio diretto alla

continuità aziendale e, cioè, alla capacità della società di fare autonomamente fronte ai propri impegni finanziari;
se non intendano chiarire se la procedura di vendita fin qui perseguita sia effettivamente volta ad una valorizzazione della società e non sia, invece, semplicemente un adempimento fine a se stesso perseguito con l'obiettivo di procedere poi, una volta conclusa senza esito la procedura, ad una liquidazione degli asset della società a vantaggio di alcuni concorrenti della Tirrenia che avrebbero un beneficio diretto, corrispondente ad un grave danno per l'erario, dallo smobilizzo della società.
(4-07908)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica», all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che:
«Le attività di controllo del ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia.
Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca "disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente.
Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio.
Il controllo del ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza.
Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da

esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso; nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Parrocchia S. Andrea Apostolo» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 200.000 euro per la realizzazione del progetto «Progetto di bonifica ambientale - parrocchia S. Andrea Apostolo» senz'altro indicazione della regione, la Puglia, nella quale si contano 11 parrocchie «S. Andrea Apostolo»;
si tratta della parrocchia sita nel comune di Bisceglie, parte dell'arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie-Nazareth; esponenti politici locali hanno affermato che sono stati sbloccati i 200 mila euro necessari per la sistemazione della chiesa di S. Andrea Apostolo a Bisceglie e per il definitivo recupero ambientale dell'area grazie al loro intervento, rilevando che si tratta di opere pubbliche che contribuiranno a rilanciare l'economia, l'occupazione e l'immagine delle zone interessate;
la prima pietra fu posta nell'aprile del 2008 -:
in cosa consista la «bonifica ambientale» della parrocchia S. Andrea Apostolo;
quando sia stato presentato il progetto, da chi e presso quale ufficio;
quale sia la natura degli interventi di sollecito svolti al riguardo;
quali siano i progetti che non sono stati approvati e quale la motivazione con la quale è stato scelto il progetto di «bonifica ambientale» della parrocchia S. Andrea Apostolo;
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti e quali eventualmente non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie-Nazareth» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto

abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07910)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 24 giugno 2010, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, secondo quanto risulta dal comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato approvato un decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia attualmente in atto;
il decreto-legge n. 1 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 2010, recava disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'amministrazione della difesa. Il decreto-legge ha finanziato, per il periodo dal 1o gennaio al 30 giugno 2010, la partecipazione delle forze armate e delle forze di polizia alle medesime missioni internazionali già oggetto dell'ultima proroga operata dal decreto-legge n. 152 del 2009, convertito dalla legge n. 197 del 2009.
il decreto-legge, è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità ed urgenza dal Governo, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione della Repubblica italiana ed entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
l'articolo 77 della costituzione stabilisce «Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.»;
il «Calendario dei lavori dell'Assemblea» della Camera dei Deputati, n. 24 (luglio 2010), prevede per il giorno lunedì 12 luglio «Discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia attualmente in atto (deliberato dal Consiglio dei ministri - in corso di presentazione - ove presentato alla Camera e concluso dalla Commissione)»;
l'annunciato decreto non risulta essere stato presentato alle Camere né pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
tale situazione (la mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) dà luogo ad una vacatio legis che, per i giorni che intercorrono dalla data del 1o luglio fino al giorno successivo a quello di effettiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, non appare sanabile ex post, rendendo illegittimo l'operato dei contingenti militari che dopo il 30 giugno 2010 hanno continuato a partecipare alle missioni internazionali in argomento;
la vacatio legis origina diverse problematiche in ordine alla valutazione giuridica degli atti e di avveramento si situino all'interno del periodo di non vigenza della norma;
buona parte dei problemi originati si rivela ex post, in sede di contenzioso, quando ad esempio per le norme a termine si debba esaminare un comportamento conforme al disposto sia della norma precedente che di quella rinnovata, ma compiutosi nel periodo di vacatio, nel silenzio (vizio frequente) della nuova norma circa tali ipotesi. In generale, per effetto della combinata considerazione di

norme generali, la valutazione non può, se non in casi numericamente assai limitati, ricondursi alla semplice registrazione di assenza di norma cogente, ma si addensano invece spesso, come intorno al caso esaminato, considerazioni di altra natura che rendono la vacatio origine di complesse riflessioni;
per le norme penali, si noti che il principio dell'irretroattività della norma penale governa con assoluta priorità tutte le questioni già a suo tempo contemplate con il decreto-legge n. 1 del 2010;
non risulta che il Ministro della difesa abbia disposto l'immediato rientro dei contingenti militari impegnati in territorio estero;
è del tutto evidente che la mancata presentazione alle Camere del decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il giorno 24 giugno 2010 rappresenta una palese violazione del dettato costituzionale -:
se non ritenga che la presenza di militari italiani nei territori di altri Stati possa rappresentare una pericolosa occupazione militare e che ogni azione da essi compiuta rappresenti una inaccettabile violazione dell'articolo 11 della Costituzione italiana oltreché delle leggi e della sovranità territoriale di quegli Stati;
quali immediati provvedimenti intenderà adottare per ristabilire la legalità che appare agli interroganti così palesemente violata e se il Ministro della difesa se non l'intero Governo non ritengano opportuno presentare le proprie dimissioni al Capo dello Stato per aver, ad avviso degli interroganti, così maldestramente provocato una inaccettabile violazione della sovranità territoriale di altri Stati esteri, mediante l'occupazione militare;
a decorrere dalle ore 24 del 30 giugno 2010, fino alla data di effettiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, citato in premessa, quante e quali siano state le operazioni militari che hanno coinvolto militari italiani, in quali Paesi, per quanto tempo, quanti i feriti o i deceduti, quanti i mezzi distrutti o danneggiati e per quale motivo, quali i costi di ogni singola operazione.
(4-07912)

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AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
in Etiopia, sul bacino del fiume Omo, circa 250 km sud-ovest di Addis Abeba, è attualmente in fase di costruzione la diga Gibe III, dotata di impianto idroelettrico, il cui costo complessivo, previsto per la realizzazione, è di 1.470 milioni di euro;
dal sito ufficiale del Gibe III Hydroelectric Project, risulta che il Governo etiope ha avanzato formalmente al Governo italiano una richiesta di finanziamento per il progetto Gibe III, e che lo stesso Governo italiano ha previsto di stanziare circa 250 milioni di euro a copertura parziale dei costi del progetto, i cui lavori sono iniziati già nel 2006 e la cui percentuale di realizzazione risulta essere già al 30 per cento del progetto complessivo;
l'impianto Gibe III segue a breve distanza di tempo il completamento di un'altra centrale idroelettrica, chiamata Gibe II, la cui inaugurazione è avvenuta il 13 gennaio 2010 alla presenza del Ministro degli affari esteri, trattandosi di un progetto realizzato anch'esso con un ingente contributo italiano pari a circa 220 milioni di euro;
il Ministero degli affari esteri, infatti, aveva proceduto allo stanziamento di un credito di aiuto pari a circa 220 milioni di euro, nonostante un parere contrario del dipartimento del tesoro-direzione rapporti

finanziari internazionali che contestava, tra le altre cose, l'eccessiva grandezza dell'ammontare del credito in rapporto alla consistenza del fondo rotativo, tale da far scendere la disponibilità di impegno del fondo a soli 375 milioni di euro e conseguentemente rischiando la mancanza di copertura economica per progetti già assunti in precedenza; si è trattato infatti del più grande credito d'aiuto mai erogato dal nostro Paese, una somma pari quasi ai due terzi dello stanziamento complessivo previsto dalla finanziaria 2010 per interventi di cooperazione in tutte le aree del mondo;
il dipartimento del tesoro aveva altresì rilevato l'inopportunità di rilasciare un credito di aiuto all'Etiopia - in assoluto il paese più povero del mondo - determinandosi così una violazione sostanziale della delibera n. 139 del 29 luglio 2003, che - conformemente agli orientamenti e alle deliberazioni assunte dal G7 e dal G8 sull'assistenza finanziaria ai paesi HIPC (ossia High Indebitated Poor Countries) - non prevede nei confronti di Paesi così classificati (tra i quali l'Etiopia) alcuna forma di concessione di crediti di aiuto; il parere esprimeva viva preoccupazione per il fatto che si andava ad approvare un nuovo credito nei confronti dell'Etiopia, nel momento in cui si stava finalizzando in sede internazionale l'accordo di cancellazione del debito bilaterale, di 360 milioni di euro, tra Italia ed Etiopia;
anche il Nucleo di valutazione tecnica della direzione generale della cooperazione allo sviluppo aveva presentato un parere in merito al contributo italiano nel quale si rilevava da un lato l'anomalia dell'affidamento del contratto di realizzazione delle opere alla Salini Costruttori s.pa. attraverso una trattativa diretta, una procedura che non trovava riscontro né nelle procedure vigenti interne alla direzione generale della cooperazione allo sviluppo, né nella normativa italiana, né nelle procedure applicate in materia dalle organizzazioni internazionali e dall'Unione europea; dall'altro si lamentava l'assenza di uno studio di fattibilità preventivo alla stipula del contratto tra l'Etiopia e la Salini costruttori s.p.a., l'insufficienza dello studio di impatto ambientale, l'inadeguatezza delle garanzie sulle modalità di adempimento del monitoraggio da parte di esperti della direzione generale della cooperazione allo sviluppo, nonché l'inopportunità di concedere un credito di aiuto ad un Paese con il quale era già in corso una trattativa per la cancellazione di 360 milioni di euro di debiti;
il 25 gennaio 2010, a soli 12 giorni dall'inaugurazione in presenza del Ministro, del premier etiope Zenawi e di gran parte del Governo etiope, il funzionamento della centrale elettrica dell'opera Gibe II si è interrotto a causa dell'avvenuto crollo del tunnel - lungo 26 chilometri ed infrastruttura principale della centrale idroelettrica -, come testimoniato anche da un servizio del Tg3 del 3 febbraio 2010 e da allora l'impianto non è più stato riavviato; tale tunnel era stato costruito dall'azienda italiana Salini costruttori s.p.a. che aveva ricevuto tramite trattativa diretta col governo Etiope (e quindi in assenza di una gara ad evidenza pubblica) l'appalto per la realizzazione di gran parte dell'opera;
nonostante i ministri interrogati non abbiano ancora fornito risposta ad un'interrogazione alla Camera dei deputati dall'8 febbraio 2010, a prima firma Realacci, sul Gibe II - che chiedeva tra le altre cose se i ministri interrogati intendessero verificare il corretto utilizzo delle risorse erogate al Governo etiope e alla Salini costruttori s.p.a per il progetto Gibe II - il Governo italiano sarebbe in procinto di stanziare ulteriori 250 milioni di euro per il progetto Gibe III, per il quale permangono molte delle obiezioni avanzate già in occasione del finanziamento del Gibe II nei rispettivi pareri del Ministero dell'economia e delle finanze, e dal Nucleo tecnico di valutazione della direzione generale della cooperazione allo sviluppo;
appare preoccupante che dopo i ripetuti tagli degli ultimi anni che hanno

posto il settore della cooperazione allo sviluppo in una condizione di criticità acuta, venga stanziato un nuovo credito di aiuto di 250 milioni di euro a favore di un Paese classificato come HIPC, non in grado di fornire adeguate garanzie sulla solvibilità del debito, in assenza di un rigoroso piano di fattibilità e di un'adeguata valutazione d'impatto ambientale - tale da escludere che l'invaso possa mettere a rischio la sicurezza e la sopravvivenza dei villaggi e delle popolazioni della bassa valle del fiume Omo - nonché in violazione delle norme italiane e comunitarie in materia di appalti pubblici che impongono, anche per iniziative di cooperazione, l'espletamento di una procedura di selezione ad evidenza pubblica, e nella mancanza di un'adeguata procedura di controllo sulla gestione dei fondi da parte della direzione generale della cooperazione allo sviluppo;
tale vicenda sembra acquisire un rilievo diplomatico ancor più ampio e delicato proprio in questi giorni alla luce del recente fallimento dei negoziati in atto da dieci anni tra i nove paesi aderenti all'NBI (l'agenzia che coordina lo sfruttamento delle acque del bacino del Nilo) che ha riacceso forti tensioni diplomatiche tra Egitto e Sudan da una parte ed Etiopia, Uganda, Tanzania Ruanda e Kenya dall'altra, proprio sulla gestione delle acque del Nilo -:
se quanto riportato sul sito ufficiale del Gibe III Hydroelectric Project, in merito all'imminente stanziamento di ulteriori 250 milioni di euro da parte del Governo italiano per la costruzione della diga corrisponda al vero e, in caso affermativo, se sia stato adeguatamente valutato il rischio che tale credito di aiuto, che andrebbe a finanziare un'opera la cui costruzione è già stata affidata tramite trattativa diretta alla Salini Costruttori s.p.a. possa tradursi in un ulteriore spreco di risorse pubbliche, anche alla luce dell'esperienza del Gibe II;
se tale procedura oltre che inopportuna rispetto alle indicazioni dell'ultimo rapporto Ocse-Dac che chiedeva la riduzione del cosiddetto «aiuto legato», sia conforme alle norme nazionali e comunitarie in materia di appalti pubblici e delle deliberazioni assunte in ambito internazionale sull'assistenza finanziaria ai Paesi in via di sviluppo, volti a vietare la concessione di crediti di aiuto ai paesi HIPC.
(2-00786)
«Mogherini Rebesani, Ginefra, Marchi, Marchignoli, Narducci, Pes, Levi, De Micheli, Gozi, Concia, Brandolini, Laganà Fortugno, Morassut, Coscia, Capano, Bachelet, Realacci, Velo, Sereni, Pistelli, Martella, Marchioni, Andrea Orlando, Rigoni, Garavini, Santagata, Meta, Laratta, Berretta, Bressa, Rossomando, Fluvi, Cavallaro, Bellanova».

Interrogazione a risposta immediata:

TEMPESTINI, VILLECCO CALIPARI, MARAN, LIVIA TURCO, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, GOZI e TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie a mezzo stampa, il 30 giugno 2010 circa 250 cittadini eritrei che si trovavano presso il centro di Misratah, sulla costa della Tripolitania, sarebbero stati spostati con tre camion container nel centro di detenzione di Sebha, un centro nel sud della Libia da dove normalmente vengono effettuati i rimpatri degli immigrati irregolari provenienti dall'Africa occidentale;
sempre da notizie a mezzo stampa sembra che mentre alcuni di questi cittadini eritrei si trovavano a Misratah da un tempo molto lungo, altri vi sarebbero giunti a seguito delle operazioni di respingimento effettuate da più di un anno a questa parte dalle motovedette cedute dal Governo italiano alla Libia o direttamente dalle unità della Marina militare italiana;

non si comprende ancora quali saranno le decisioni libiche in merito alla destinazione dei cittadini eritrei, in particolare se saranno oggetto di rimpatrio oppure se l'avvenuto trasferimento è stato determinato dalla rivolta scoppiata nei giorni precedenti a Misratah e, pertanto, se gli stessi resteranno trattenuti nel centro di Sebha;
la situazione a Misratah, infatti, è molto peggiorata dopo l'avvenuta chiusura improvvisa, l'8 giugno 2010, dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che operava in Libia in via di fatto da più di 19 anni e la cui attività costituiva una delle pochissime garanzie sul trattamento dei richiedenti asilo che restano in territorio libico, anche alla luce dell'accordo Italia-Libia, e che dall'8 giugno 2010 si trovano privati anche di quella minima possibilità di avanzare richiesta di asilo;
il Parlamento europeo, in una risoluzione approvata il 17 giugno 2010, dopo aver esortato le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo, ha invitato gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con Frontex, a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o a trattamenti inumani o degradanti;
è urgente che l'Unione europea adotti quanto prima un sistema comune in materia d'asilo, assicurando così il pieno rispetto di un principio ormai riconosciuto dal diritto internazionale generale e non lasciando il peso esclusivo della gestione di questo problema ai Paesi che sono per primi raggiunti dai richiedenti asilo;
le inumane condizioni di vita in Eritrea determinate dal regime autoritario di Isaias Afewerki - come documentato da diversi rapporti di organizzazioni non governative internazionali, tra cui Amnesty international, Reporter sans frontieres e Human rights watch - nonché la sussistenza di un servizio militare a tempo indeterminato, il clima di terrore, la negazione di ogni libertà individuale e sociale, il frequente arresto dei giornalisti, la persecuzione dei religiosi, il blocco di ogni attività produttiva sono la causa prima della fuga di centinaia di migliaia di giovani, tra i quali molti, verosimilmente, in possesso dei requisiti per presentare domanda di asilo;
ai sensi dell'articolo 1 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, entrato in vigore il 2 marzo 2009, le Parti si sono impegnate ad adempiere sia agli obblighi «derivanti dai principi e dalle norme del Diritto Internazionale universalmente riconosciuti, sia quelli inerenti al rispetto dell'Ordinamento Internazionale», mentre ai sensi dell'articolo 6 «le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente (...) agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo» -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare l'effettivo rispetto dei diritti garantiti ai sensi degli articoli 1 e 6 del Trattato con la Libia e per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e la riapertura dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nonché per acquisire notizie certe e garanzie sulle condizioni e la destinazione dei circa 250 cittadini eritrei, anche attivandosi con il Governo libico per consentire l'invio di una delegazione parlamentare italiana in visita ai centri di detenzione libici.
(3-01166)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PES. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Laura Ligas, cittadina italiana e Giscard Isifongi Isekolemo, cittadino congolese,

entrambi residenti a Kinshasa nel 2005 hanno contratto matrimonio;
il matrimonio è regolarmente trascritto in Italia nei registri dello stato civile;
i coniugi nel 2009 hanno adottato Lesline Isekolemo, nipote di primo grado di Giscard Isifongi: sentenza del tribunale di conciliazione della Gombe/Kinshasa del 22 aprile 2009 e successivo atto di adozione del comune della Gombe/Kinshasa;
ai sensi dell'articolo 38 della legge n. 218 del 1995, in caso di adottanti con differente cittadinanza, l'adozione è regolata dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti;
al momento del procedimento e della sentenza gli adottanti erano entrambi residenti in Congo, il diritto applicabile all'adozione della bambina è quindi il diritto congolese;
gli effetti dell'adozione in Congo sono stabiliti dagli articoli 650 e 677 del «Code de la Famille congolaise» (Codice della Famiglia congolese). In particolare l'articolo 650 stabilisce che: «L'adoption crée, par l'effet de la loi, un lien de filiation distinct de la filiation d'origine de l'adopté» (l'adozione crea per legge un legame di filiazione distinto da quello di origine); l'articolo 677 stabilisce che: «L'adopté est considéré à tous égards comme étant l'enfant de l'adoptant. Il entre dans la famille de l'adoptant» (l'adottato è considerato a tutti gli effetti come il figlio dell'adottante. Egli entra nella famiglia dell'adottante);
Lesline Isekolemo deve quindi essere considerata a tutti gli effetti come figlia legittima di Giscard Isefongi Isekolemo e di Laura Ligas;
la sentenza di adozione congolese non è stata riconosciuta in Italia, ma essendo i coniugi cittadini congolesi, l'adozione è efficace;
in qualità di «familiare di cittadino dell'Unione europea», Lesline - ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 30 del 2007 - ha il diritto di libera circolazione, ingresso e soggiorno in Italia;
per esercitare tale diritto di ingresso, essendo cittadina extracomunitaria, Lesline ha bisogno del visto di ingresso;
avendo intenzione di viaggiare in Italia, nel maggio-giugno 2009 i coniugi hanno fatto richiesta all'Ambasciata italiana a Kinshasa di visto per familiare a favore della minore;
il consolato italiano non ha riconosciuto la validità della sentenza di adozione e non ha quindi concesso alla bambina il visto;
ad oggi alla bambina non è stato ancora concesso il visto;
è stata avviata la pratica per il riconoscimento da parte del tribunale dei minori di Cagliari;
la stampa in questi giorni ha riferito di altri casi simili a quello descritto sopra -:
se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se intenda intervenire, per quanto di sua competenza, tempestivamente per sanare tali situazioni e tutelare l'interesse del minore.
(5-03187)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI e GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
intorno all'attività che i consolati svolgono in favore delle comunità italiane all'estero si sviluppa una rete di servizi retribuiti, tra i quali quelli di traduzione, che rivestono una significativa importanza per i fruitori e per le attese lavorative degli operatori;
nel consolato di Belo Horizonte nel recente passato si sono manifestate delicate

questioni relative alla composizione e alla gestione dell'albo ufficiale dei traduttori, che hanno indotto il Ministero degli affari esteri e la locale autorità consolare ad intervenire per escludere dall'elenco persone legate da rapporti di parentela con impiegati e funzionari del consolato;
nel mese di giugno 2010 il consolato di Belo Horizonte ha annunciato l'esclusione dalla lista dei traduttori ufficiali di cui si avvale di un certo numero di traduttori italiani motivando la decisione con l'intento di utilizzare solo i traduttori nominati dalla Junta Comercial do Estado de Minas Gerais;
nell'elenco dei Tradutores Publicos e Intérpretes Comerciais do Estado de Minas Gerais sono inclusi, tramite concorso, solo cittadini brasiliani, con esclusione, quindi, dei traduttori aventi una diversa cittadinanza. La decisione del consolato è fatta risalire a presunte indicazioni ricevute dall'amministrazione, indicazioni francamente incomprensibili dal momento che comportano l'esclusione di traduttori di cittadinanza italiana da attività collegate ad una sede istituzionale italiana e rivolte alla nostra comunità;
l'orientamento prevalente in tema di regolamentazione dell'ordine professionale dei traduttori in Italia propende per il riconoscimento della funzione di traduttore per i cittadini italiani, per quelli residenti all'estero, per i cittadini di altri Stati con i quali vi sia una regolare convenzione di reciprocità, mentre con il Brasile non esiste alcun rapporto di reciprocità in materia;
la decisione dell'amministrazione, che di fatto esclude gli italiani da servizi ruotanti intorno ai consolati, è in aperta contraddizione con il fatto che nel recente passato ai traduttori di madrelingua è stato richiesto dagli stessi consolati una prova di idoneità consistente in un esame di traduzione e che coloro che hanno superato tale prova hanno prestato giuramento di fedeltà alla legge e alla Costituzione, depositato le firme e operato in base ad un attestato ufficiale di nomina -:
se non intenda verificare l'esistenza e la provenienza dell'indirizzo dell'amministrazione al quale il consolato di Belo Horizonte si riferisce per giustificare la decisione di escludere traduttori che hanno per diverso tempo esercitato la loro professione con dichiarata soddisfazione da parte delle autorità consolari;
se non intenda definire e comunicare a tutti i consolati presenti nel mondo criteri uniformi e non penalizzanti per i nostri concittadini in tema di formazione degli albi dei traduttori italiani di cui la nostra amministrazione si avvale, in modo da assicurare efficienza e trasparenza a una funzione di notevole interesse sociale.
(4-07902)

TESTO AGGIORNATO AL 19 LUGLIO 2010

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

MAGGIONI, ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con la Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura l'Unione europea ha disciplinato l'uso di tali fanghi negli usi agronomici in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo. In particolare, essa stabilisce i valori limite per la concentrazione di metalli pesanti e proibisce lo spandimento di fanghi di depurazione quando la concentrazione di determinate sostanze nel suolo supera questi valori;
ai sensi della citata direttiva n. 86/278/CEE, i fanghi di depurazione possono essere utilizzati in agricoltura, a condizione che lo Stato membro ne disciplini la loro utilizzazione. In particolare, compete

agli Stati UE adottare le misure necessarie per garantire il rispetto di limiti di concentrazione di uno o più metalli pesanti dalla stessa direttiva;
la norma nazionale che definisce le condizioni che devono essere verificate per l'utilizzazione dei fanghi in agricoltura è il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, che recepisce la Direttiva 86/278/CEE. Il Decreto in particolare fissa: i valori limite di concentrazione per alcuni metalli pesanti che devono essere rispettati nei suoli e nei fanghi; le caratteristiche agronomiche e microbiologiche dei fanghi (i limiti inferiori di concentrazione di carbonio organico, fosforo e azoto totale, i valori massimi di salmonella); le quantità massime dei fanghi che possono essere applicati sui terreni;
in alcune regioni sono state emanate norme specifiche che disciplinano ulteriormente la materia;
purtroppo non sempre l'uso di tali fanghi produce effetti positivi sulle produzioni agricole coltivate sui suoli in cui vengono distribuiti. Sempre più spesso infatti si riscontrano colture agroalimentari contenenti residui o contaminanti che le rendono non commercializzabili o ad ogni modo con caratteristiche qualitative di scarso valore e ciò a danno degli agricoltori e dei consumatori;
al riguardo, l'istituto Mari Negri di Milano ha condotto una specifica relazione sui possibili rischi di contaminazione veicolati da fanghi. In tale documento si sottolinea come gli alimenti vegetali, segnatamente i cereali, siano particolarmente ricettivi ai metalli tossici come il cadmio ed il piombo;
tra i metalli pesanti, il cadmio in particolare ha effetti gravemente tossici per la salute dell'uomo, in quanto, assunto durante la dieta, incide negativamente sull'apparato scheletrico, genera osteoporosi e deformazioni della spina dorsale, oltre che avere effetti tumarli sul sistema riproduttivo e attività di distruzione endocrina;
l'istituto Mario Negri ha fatto perciò presente come proprio il riso sia un cereale che per la tecnica di coltivazione, l'elevato uso di acqua e la sua tendenza ad accumulare metalli ad alti livelli, sia una coltura a maggior rischio potenziale. In tali circostanze anche la Commissione Unione europea ha ritenuto necessario iniziare una valutazione per giungere ad una concentrazione ammessa in cadmio nei fertilizzanti, proponendo una riduzione dei limiti ammessi nei fanghi in relazione al pH del suolo;
altri inquinanti sono presenti nei fanghi di depurazione, tra cui numerosi composti ad attività endocrina di natura organica. La loro presenza sta diventando un serio problema nelle nostre società, sia per i danni provocati alle popolazioni, sia per quelli provocati all'ecosistema;
l'istituto Mario Negri, nelle proprie conclusioni anche basate sulle ultime scoperte scientifiche, suggerisce di valutare attentamente l'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura chiedendo di tenere sempre in attenta considerazione le interazioni che vi possono essere tra i fanghi, il territorio e le coltivazioni interessate. In particolare, nel territorio di Lomello, vi sarebbero importanti appezzamenti a riso e proprio in tale territorio andrebbero accuratamente svolte le predette valutazioni, anche ricordando che lo stesso istituto Mari Negri ha riscontrato su questi suoli livelli elevati di metalli tossici con concentrazioni prossimi ai limiti ammessi per scopi agricoli;
in provincia di Pavia vi sono numerose società autorizzate allo spandimento dei fanghi di depurazione ed esse attualmente soddisfano tutto il fabbisogno agricolo di ambito provinciale, il quale viene ad ogni modo garantito importando da altri luoghi il materiale eventualmente non realizzato dalle predette società;
anche in considerazione delle criticità che stanno sorgendo a causa dell'eccessivo utilizzo di fanghi di depurazione in agricoltura, originati anche da reflui speciali, la giunta regionale della Lombardia,

in attuazione di specifici accordi definiti nell'aprile 2009 tra regione, province e comunità montane, ha approvato in data 29 luglio 2009, la delibera di giunta regionale (d.g.r.) n. 9953, con la quale sono state definite le modalità di blocco progressivo dello spandimento sui terreni agricoli dei fanghi provenienti dall'attività di depurazione delle acque reflue urbane e industriali;
tale disposizione dovrebbe consentire di raggiungere un maggiore livello di protezione di tutti i corpi idrici e di creare le condizioni affinché i terreni agricoli possano ricevere preferibilmente gli effluenti d'allevamento nei limiti stabiliti dalla Direttiva Nitrati, allo scopo di promuovere il loro utilizzo e distribuire il carico d'azoto zootecnico;
proprio in provincia di Lodi si starebbero verificando fatti problematici e poco rassicuranti connessi alla gestione dei fanghi di depurazione usati in agricoltura;
come si può evincere anche dai comunicati stampa emessi dalla provincia di Lodi, durante mattinata di mercoledì 28 aprile 2010, personale del nucleo ambientale della polizia provinciale di Lodi, unitamente a personale del nucleo investigativo della procura della Repubblica di Lodi e a personale del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente - nucleo operativo ecologico (NOE), hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., emesso dal Giudice per le indagini preliminari, in data 07 aprile 2010 dell'impianto di trattamento dei rifiuti costituiti da fanghi di depurazione di acque reflue urbane sito nel comune di Maccastorna (Cascina Risi), e di proprietà della società C.r.e. (Centro ricerche ecologiche). Il provvedimento è stato emesso nell'ambito di attività d'indagine posta in essere dai carabinieri del NOE, per i reati di cui agli articoli 110 codice penale e 256 del decreto legislativo n. 152/06 a carico dei rappresentanti dell'azienda per avere, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative, gestito abusivamente, smaltendoli successivamente in terreni destinati alla coltivazione di prodotti agricoli, ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, costituiti da fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane contaminate da idrocarburi contenenti IPA (idrocarburi policrilici aromatici) cancerogeni in concentrazioni superiori al prescritto limite. Per i fatti in questione risultano quindi indagati in stato di libertà l'Amministratore unico ed il Procuratore della Società e il Direttore tecnico dell'impianto. I reati contestati sarebbero l'articoli 110 codice penale e 256 decreto legislativo n. 152/06 (per cui sono previste fino a 2 anni ed ammenda fino a 26.000 Euro) perché in concorso tra loro, nelle rispettive qualifiche, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative: gestivano abusivamente, smaltendoli successivamente in terreni destinati alla coltivazione di prodotti agricoli, ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi costituiti fa fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane contaminate da idrocarburi in concentrazioni superiori al limite e contenenti IPA cancerogeni in concentrazioni superiori al prescritto limite. Smaltivano a beneficio dell'agricoltura rifiuti speciali con tenore di carbonio organico inferiore al limite consentito dalla normativa DGR. Impiegavano autocarri per il trasporto di rifiuti speciali in assenza della prescritta iscrizione all'Albo gestori Ambientali;
i fatti contestati risalirebbero all'attività illecita posta in essere dalla società del biennio 2007-2008 e riguardano un ammontare di circa 70.000 tonnellate di rifiuti smaltiti illecitamente;
sulla vicenda sarebbero in corso ulteriori indagini finalizzate all'accertamento di eventuali ulteriori responsabilità;
il sequestro dell'impianto ha ad ogni modo un carattere preventivo, essendo il provvedimento finalizzato al controllo dei fanghi attualmente in lavorazione presso l'impianto, per capire se anche per il periodo successivo al biennio sopra-citato si possano ipotizzare fattispecie di reato;
al riguardo, il NOE di Milano, avrebbe fatto presente che la clientela

della C.r.e. è costituita da agricoltori lodigiani, i quali allo stato attuale si configurerebbero quali vittime dell'illecito;
riguardo alla società, si segnala che da ultimo, in Comune di Lomello, la predetta CRE abbia presentato un progetto per la realizzazione e gestione di un impianto di messa in riserva, di trattamento per l'utilizzo in agricoltura di rifiuti speciali non pericolosi e deposito preliminare di rifiuti pericolosi;
il comune di Lomello, insieme al comune di Galliavola e a gran parte dei comuni della Lomellina hanno espresso una forte contrarietà alla localizzazione dell'impianto per il trattamento dei fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue civile ed industriale;
le popolazioni dei comuni della Lomellina denunciano il rischio per la salute e per l'integrità dell'ambiente che un tale impianto potrebbe arrecare al loro territorio. Stesse posizioni sono state espresse dal mondo agricolo che rivendica la peculiarità del territorio rispetto alla produzione di riso e la cui reputazione potrebbe essere compromessa irrimediabilmente se i mercati di sbocco venissero a conoscenza che parte delle loro coltivazioni di pregio sarebbero ottenute anche con l'uso di fanghi di depurazione di reflui speciali di natura industriale;
per l'economia risicola locale, viste le segnalazioni di precauzione che raccomanda l'istituto Mario Negri ed anche in considerazione delle ipotesi criminose rivolte alla CRE riguardo alle illecite operazioni condotte in materia di utilizzo di fanghi di depurazione in territorio lodigiano, la realizzazione e l'esercizio del predetto impianto di smaltimento di rifiuti speciali, sarebbe un colpo letale. Si ricorda infatti che il riso pavese gode di una speciale rinomanza basata sulla qualità delle varietà e sull'integrità dei suoli su cui il cereale si coltiva, i quali devono essere privi di ogni sorta di inquinanti esterni e messi al riparo da contaminazioni di metalli ed altre sostanze pericolose;
inoltre, ai fini ambientali, il territorio su cui andrebbe ad incidere l'impianto, è assai rinomato essendo confinante con la Zona di protezione speciale natura 2000, Z.P.S. IT2080501 «Risaie della Lomellina». Si tratta di una prerogativa notevolissima che verrebbe certamente lesa in caso si procedesse a realizzare l'impianto in questione ed altresì si utilizzassero i relativi fanghi in aree riferibili al sito -:
se non ritengano di promuovere la revisione delle norme di competenza che disciplinano l'uso dei fanghi di depurazione in agricoltura, in particolare svolgendo valutazioni mirate circa la loro sostenibilità ambientale ed agricola;
se per quanto riguarda gli aspetti agricoli, non s'intenda rendere maggiormente severo e circoscritto l'uso di tali fanghi negli usi agronomici come fertilizzanti;
quali iniziative di competenza si intendano assumere con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-07907)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la rappresentanza militare si compone di 5 consigli centrali di sezione denominati Co.Ce.R. dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, della Guardia di finanza e dei carabinieri;
è in corso il Xo mandato, attualmente in regime di proroga -:
per ogni militare membro dei consigli centrali citati in premessa, quante siano state le convocazioni press la sede del Cocer dalla data della rispettiva elezione e con quali motivazioni, quale sia stato il trattamento di missione autorizzato e

quale quello effettivamente corrisposto, quale sia stata la spesa effettivamente sostenuta dall'amministrazione militare fino alla data odierna e quale quella prevista fino al termine del mandato, se nei giorni di convocazione ciascuno dei suddetti militari abbia effettuato del lavoro straordinario, in che misura, per quale motivo e chi lo abbia autorizzato; quali siano state le attività svolte dall'inizio del mandato in corso;
quanti siano stati gli incontri effettuati con gli organismi della rappresentanza di livello intermedio e di base per singola sezione Cocer, per categoria, per gruppi di lavoro;
quanti militari membri dei citati consigli risultino essere sottoposti ad indagini da parte delle autorità giudiziarie ordinaria e militare, quanti lo siano stati, quanti quelli coinvolti in procedimenti penali, in quale veste, per quale reato ed, eventualmente, con quale esito, e quali siano stati i provvedimenti adottati dall'amministrazione militare.
(4-07899)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in Gran Bretagna - dove David Cameron ha annunciato un progetto di revisione delle spese di assai più ampio respiro e lunga visione - il primo a farsi avanti per concedere sacrifici è il Ministro della difesa. Liam Fox, conservatore da poco nominato nel nuovo Governo Cameron ha annunciato tagli «brutali» alle spese militari di un paese che si trova tuttora coinvolto in uno sforzo bellico, in Afghanistan, che è costato la vita a 300 soldati in quasi nove anni;
il Regno Unito ha in bilancio una spesa di circa 37 miliardi di sterline per la difesa nell'anno fiscale 2010/2011. Ma alla fine di quest'anno le ambizioni e le cifre saranno drammaticamente riviste. La Reuters parla di un taglio previsto delle spese militari fino al 15 per cento nei prossimi quattro anni (il piano di tagli del Governo prevede una riduzione complessiva delle spese dell'11 per cento). Fox chiederà contestualmente che al suo Ministero siano allocati fondi per un bilancio decennale: «I tagli devono essere fatti su un piano a lunga scadenza»;
dello stesso avviso è il cancelliere tedesco Angela Merkel, che nella sua manovra attua drastici tagli alle armi in nome dell'euro, del rigore «targato» Maastricht e del risanamento dei conti pubblici;
tutto questo mentre in Italia le proposte del Governo per ridurre la spesa pubblica contemplano tagli alla scuola, tagli alla ricerca, tagli alla giustizia e tagli a ogni cosa di cui un paese dovrebbe avere cura senza preoccuparsi minimamente dei tagli alle spese militari;
sul bilancio dello Stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026;
solo nel triennio 2011-2013 l'acquisto programmato incide sulle casse dello Stato per circa 2,5 miliardi di euro. Totale della spesa prevista da qui al 2026: 15 miliardi di euro. Che si sovrappone per altro alla spesa per l'acquisto, già programmato, di 121 Eurofighter (80 sono stati già comprati e c'è ancora un'ultima tranche);
«Il rapporto difesa-industria va cambiato, ci sono costi e appetiti che lo rendono non ottimale, l'industria non può imporre ciò che vuole», ha denunciato pubblicamente lo stesso sottocapo di Stato maggiore dell'Aeronautica, Maurizio Ludovisi;
il Ministro La Russa afferma: «Il costo delle missioni di pace non è aumentato di un solo euro. È aumentato il nostro impegno ma a costo invariato. La spesa nel 2009 è stata di 1.350 mln euro e resterà invariata nel 2010. Con una prosecuzione di questo sforzo per arrivare a una riduzione nel 2011. Non abbiamo aumentato di un euro, nonostante che nella missione più impegnativa e costosa, quella in Afghanistan, arriveremo entro

fine anno a quasi 4000 unità, partendo da 3300 militari di inizio anno». Sembra all'interrogante alquanto poco chiaro come l'aumento del numero di militari non comporti nemmeno un euro in più;
occorre una nuova revisione dell'amministrazione della difesa e dello stesso «modello di difesa» che dovrebbe concentrarsi essenzialmente sull'acquisto di tecnologie e mezzi atti più a garantire la sicurezza dei nostri soldati nelle missioni all'estero che all'acquisizione di armamenti atti all'offesa. Un modello di difesa incentrato sulla formazione e sull'addestramento dei nostri soldati -:
se il Governo intenda chiarire finalmente se è intenzionato a rivedere concretamente ed efficientemente le spese militari, relative principalmente agli armamenti, e, in relazione a ciò, se intenda promuovere una riduzione della spesa proprio in questo settore.
(4-07905)

TESTO AGGIORNATO AL 15 LUGLIO 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

OCCHIUTO e GALLETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le concessioni demaniali marittime in Italia - non solo stabilimenti balneari ma anche ristoranti, campeggi, alberghi, discoteche, villaggi turistici, e altro - sono circa 30.000 con 300.000/320.000 addetti diretti che, insieme all'indotto, garantiscono il posto di lavoro ad oltre 3 milioni di occupati;
tale sistema di imprese si è consolidato con la garanzia della continuità del titolo concessivo sia attraverso il diritto di insistenza, previsto dal codice della navigazione, sia dalla legge n. 88 del 2010 che, con l'automatismo del rinnovo, ha stimolato investimenti e, di conseguenza, la crescita della quantità e della qualità dei servizi;
lo sviluppo economico ha inevitabilmente interessato intere regioni costiere con punti di eccellenza a livello mondiale;
la crescita economica è stata accompagnata dal rafforzamento dell'impresa familiare che, in regime di garanzia nella continuità del rapporto, sull'impresa balneare ha riversato l'impegno e il futuro dell'intero nucleo familiare portando i giovani ad impegnarsi in un lavoro nel quale hanno riversato professionalità ed entusiasmo;
con l'avvio della procedura di infrazione da parte della Comunità europea, con l'eliminazione del diritto di insistenza, con la definizione di un rinnovo delle concessioni fino al 31 dicembre 2015 e, contemporaneamente, con l'avvio del federalismo demaniale, si è dato avvio ad un periodo di incertezza e di precarietà che, come primo risultato, ha pressoché paralizzato gli investimenti, tolto tranquillità nel futuro e messo in difficoltà coloro che, sulla certezza della norma, si sono esposti economicamente contraendo mutui anche ventennali, a fronte dei quali hanno dovuto prestare garanzie con beni patrimoniali propri;
alla luce di queste realtà è necessario, così come stabilito dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, («Milleproroghe»), porre mano alla visione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni - una sorta di legge quadro - con la quale, pur nel rispetto della normativa europea, si tenga conto della necessità di salvaguardare un prodotto esclusivamente italiano legato alla tradizione di un turismo balneare nato, cresciuto e sviluppato sull'impegno e sulla professionalità di trentamila imprese familiari;
in tale contesto si dovrà anche stabilire il valore economico e commerciale delle imprese e degli impianti di proprietà

del concessionario a salvaguardia del legittimo in capo a chi lo ha determinato in tanti anni di lavoro e di investimenti, valore che dovrà costituire la base di partenza in una eventuale procedura di previdenza pubblica;
l'introduzione delle novità contenute nella legge n. 296 del 2006 ha prodotto il 90 per cento delle imprese un aumento del 50/60 per cento dei canoni corrisposti nel 2006, per l'altro 10 per cento, legato alle pertinenze demaniali commerciali ed ai valori OMI, ha prodotto canoni che sono cresciuti, rispetto a quelli del 2006, tra il 400 e il 1.500 per cento;
in conseguenza di ciò circa un migliaio di imprese si trova in forte difficoltà, tanto che molte di esse non sono in grado di pagare canoni al di sopra delle potenzialità delle imprese, e sono a rischio di revoca del titolo o di non rinnovo del medesimo;
per far fronte a questa realtà è stato sottoscritto nel novembre del 2008 un protocollo d'intesa con allegato memorandum, sottoscritto dall'allora Sottosegretario con delega al turismo, onorevole Vittoria Michela Brambilla, da tutte le regioni e dalle organizzazioni delle imprese con il quale, aumentando di un ulteriore 50 per cento il canone a carico di quel 90 per cento di concessioni senza immobili incamerati si sono riportati i valori per le pertinenze demaniali su valori sopportabili, per di più lasciando invariato, se non leggermente aumentato, il gettito complessivo in entrata per l'erario;
il Governo italiano sta tentando, tramite l'Agenzia del demanio, di appropriarsi di quelle strutture realizzate dai concessionari e che, per la loro tipologia costruttiva e per i titoli che le hanno autorizzate, non hanno i requisiti previsti dall'articolo 40 del Codice della navigazione indispensabili al loro incameramento e, quindi, acquisibili al patrimonio dello Stato. Operazione che tende a disconoscere impegni e certificazioni rilasciate in passato da organi istituzionali dello Stato al fine esclusivo di diventare proprietari di un patrimonio ingentissimo provocando un contenzioso dall'esito incerto e dalla durata indeterminabile -:
quali iniziative intenda adottare al fine di procedere al più presto ad una revisione della normativa sul rilascio delle concessioni demaniali e, in attesa della definizione della materia, se non ritenga opportuno, al fine di non mettere fuori dal sistema un considerevole numero di imprese, modificare l'attuale situazione o attraverso l'attuazione del citato protocollo di intesa o con una moratoria sul pagamento dei canoni delle pertinenze demaniali, così come previsto dalla risoluzione n. 7-00095 approvata dalla VI Commissione il 29 gennaio 2009.
(5-03189)

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi molti contribuenti residenti in provincia di Trento hanno ricevuto da Equitalia comunicazioni con le quali veniva loro sollecitato il pagamento di cartelle già notificate;
le comunicazioni invitavano a versare gli importi dovuti entro venti giorni dalla notifica del sollecito; Equitalia comunicava che, in mancanza del pagamento, avrebbe provveduto al fermo amministrativo dei veicoli di proprietà dei contribuenti iscritti al Pubblico registro automobilistico;
molte delle comunicazioni ricevute si sono rivelate prive di fondamento, in quanto non esisteva il debito tributario a monte dei solleciti stessi;
il fermo dei beni mobili registrati costituisce comunque un metodo di recupero, ad avviso dell'interrogante, vessatorio per il contribuente, che viene privato dell'uso dell'automobile, utile magari per svolgere la propria attività lavorativa -:
quanti solleciti di pagamento preliminari al fermo amministrativo dei veicoli siano stati emessi in provincia di Trento negli ultimi mesi, e quali siano i motivi dell'invio di un numero così alto di solleciti

di pagamento non corrispondenti alla realtà e nonché i motivi di un uso così massiccio dello strumento del fermo dei beni mobili registrati.
(5-03190)

CECCUZZI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i gravi effetti della crisi internazionale si stanno ancora ripercuotendo sul sistema produttivo economico ed occupazionale del nostro Paese;
la crisi economica nel 2009 ha provocato in Italia una caduta del Pil più consistente del calo delle entrate e il Paese, nel confronto con gli altri Stati europei, ha visto aumentare la pressione fiscale salita oggi al 43,3 per cento. Nel 2009 l'Italia si colloca infatti al quinto posto nell'Unione europea, dopo Danimarca, Svezia, Belgio e Austria, scalando due posizioni dal settimo posto in cui si trovava nel 2008;
secondo gli ultimi dati Istat nel 2009 è quasi raddoppiata, in Italia, l'incidenza dell'indebitamento netto sul Pil rispetto al 2008 passata dal 2,7 per cento al 5,3 per cento. Per la prima volta, nel nostro paese, il saldo primario è inoltre risultato negativo ( - 0,6 per cento del Pil), in calo di 3,1 punti percentuali rispetto al 2008;
per quanto riguarda l'occupazione, l'ultimo rapporto del Centro Studi di Confindustria ha rilevato come tra il primo trimestre 2008 e il quarto trimestre del 2009 i posti di lavoro diminuiti siano stati 528 mila. Sempre secondo le stime di Confindustria «il numero di persone occupate calerà di 144 mila unità dal quarto trimestre 2009 al quarto trimestre del 2010, e di altre 102 mila nel corso del 2011 mentre il tasso di disoccupazione è atteso in aumento all'8,7 per cento a fine 2010 ed al 9,4 per cento a fine 2011. Dati confermati dall'Istat, secondo i cui rilevamenti il tasso dei senza lavoro nel primo trimestre di quest'anno è salito al 9,1 per cento dal 7,9 per cento dello stesso periodo del 2009;
secondo i rilevamenti Istat, sono crollati nel 2009 gli investimenti fissi lordi, che hanno registrato una diminuzione del 12,1 per cento in termini reali, accentuando la fase di contrazione iniziata nel 2008 (- 4 per cento): si tratta di un livello, precisa l'istituto di statistica, mai raggiunto prima, almeno a partire dal 1970, inizio delle relative serie storiche, e paragonabile solo al calo registrato durante la precedente crisi del 1993, quando si raggiunse un -11,5 per cento. La diminuzione della spesa in beni capitali nel 2008 e nel 2009 ha interessato tutti i settori dell'economia: agricoltura, industria e servizi;
il settore delle piccole e medie imprese su cui si fonda il sistema industriale italiano è uno dei comparti maggiormente colpiti dalla recessione, soprattutto per quanto riguarda la capacità di accesso al credito;
per sostenere il sistema della Pmi il 3 agosto 2009 il Ministro dell'economia e delle finanze, il presidente dell'Abi (Associazione bancaria italiana) e le Associazioni dei rappresentanti delle imprese hanno firmato in attuazione dell'articolo 5, comma 3-quater del decreto-legge n. 78 del 2009 un «Avviso comune» per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio con «l'obiettivo di dare respiro finanziario alle imprese aventi adeguate prospettive economiche e in grado di provare la continuità aziendale»: tale accordo prevede, in particolare, la possibilità di sospendere temporaneamente il pagamento della quota capitale delle rate o dei canoni relativi ad operazioni di mutuo o di leasing;
tale accordo prevede però che per presentare la domanda di moratoria alle banche (entro la data del 30 giugno 2010) le imprese debbano avere, tra l'altro, i seguenti requisiti:
avere un numero di dipendenti a tempo indeterminato o determinato non superiore a 250 unità e un fatturato annuo minore di 50 milioni di euro (oppure un totale attivo di bilancio fino a 43 milioni di euro);

non avere (per i mutui e leasing) rate scadute (non pagate o pagate solo parzialmente) da non più di 180 giorni;
l'«Avviso comune» prevede la sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate di mutuo; la sospensione per 12 ovvero per 6 mesi della quota capitale dei canoni di operazioni di leasing rispettivamente immobiliare o mobiliare; l'allungamento a 270 giorni delle scadenze delle anticipazioni bancarie su crediti;
l'accordo «Avviso comune», scaduto il 30 giugno 2010, è stato prorogato al 31 gennaio 2011 e potranno accedere, secondo quanto si legge in un comunicato stampa dell'Abi, alla presentazione delle domande «le piccole e medie imprese che non abbiano già fatto ricorso alla procedura»;
secondo i dati resi noti dall'Abi, rispetto all'accordo, «da aprile 2010 le piccole e medie imprese hanno potuto contare su 10 miliardi in più di liquidità. Si tratta di oltre 500 milioni in più rispetto a marzo 2010, quando il dato si era attestato a circa 9,5 miliardi». I dati ufficiali del monitoraggio segnalano inoltre «che al 30 aprile 2010 sono state 184.000 le domande delle imprese, per un controvalore complessivo di finanziamenti in essere di 55 miliardi di euro. Nella sesta rilevazione, a marzo 2010 le domande erano state circa 171.000, per un controvalore complessivo di finanziamenti di 52 miliardi di euro;
l'Abi sottolinea inoltre come «l'adesione delle banche all'Avviso comune, e quindi la volontà di sostenere ulteriormente il sistema delle imprese in questa difficile congiuntura, è stata massiccia; al 25 maggio, le banche e intermediari finanziari che hanno aderito sono 584, pari a 33.555 sportelli (il 98,3 per cento del totale sportelli presenti in Italia)»;
risulta evidente che le Pmi che hanno potuto usufruire dell'accordo «Avviso comune» necessitino, proprio a causa dall'attuale e perdurante crisi economica, di un'ulteriore proroga delle sospensioni dei pagamenti previsti, anche in relazione al rinnovo dell'accordo stesso fino al 31 gennaio 2011;
è emerso, da quanto esposto in premessa, che non abbiano potuto accedere alla richiesta di sospensione prevista dall'accordo le Pmi in gravi difficoltà economica (che non hanno quindi potuto pagare, da oltre 180 giorni le rate scadute) e che la proroga di tale accordo preveda che non possono ripresentare la domanda le «Piccole e medie imprese che hanno già fatto ricorso alla procedura»;
si tratta quindi di limitazioni che non tengono conto della situazione complessiva di sofferenza che interessa ancora l'intero sistema economico, occupazionale e produttivo italiano e che escludono di fatto le Pmi in maggiore difficoltà e che avrebbero quindi maggiore necessità di poter ottenere proroghe dal sistema bancario -:
se non ritenga opportuno prevedere, relativamente al rinnovo dell'«Avviso comune» e per venire incontro alle impellenti necessità di gran parte del sistema economico, occupazionale e produttivo nazionale, un'ulteriore proroga per le aziende che hanno già avuto accesso al benefici presenti in «Avviso Comune»; estendere l'applicazione dell'Avviso anche alle aziende in gravi difficoltà finanziarie (che non hanno quindi potuto pagare, da oltre 180 giorni le rate scadute) e prevedere anche le Pmi che hanno già fatto ricorso alla procedura, ma che non hanno ottenuto i benefici previsti dall'accordo, possano ripresentare la domanda in virtù della proroga al 31 gennaio 2011 dell'accordo stesso.
(5-03191)

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Rete Autostrade Mediterranee s.p.a. (RAM s.p.a.), creata nel 2004, è una società a totale partecipazione del Ministero

dell'economia e delle finanze, allo scopo di promuovere l'attuazione del programma nazionale delle autostrade del mare;
R.A.M. s.p.a. supporta il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella pianificazione e nel coordinamento degli interventi in attuazione delle direttive europee sulle autostrade del mare, assicurando competenze specialistiche e rapidità d'azione anche per sostenere l'avvio della legge n. 265 del 2002 Ecobonus, migliorare l'accessibilità terrestre ai porti, promuovere l'innovazione e il trasferimento delle tecnologie nel comparto del trasporto marittimo;
l'ecobonus è l'incentivo nazionale diretto a sostenere le imprese di autotrasporto nel fare il miglior l'uso possibile delle rotte marittime, al fine di trasferire quote sempre maggiori di merci che viaggiano su mezzi pesanti dalla strada alle più convenienti vie del mare;
a tal fine la legge n. 265 del 2002 ha messo a disposizione degli autotrasportatori circa 240 milioni di euro attraverso uno stanziamento quindicennale e la finanziaria per il 2008 ha attualizzato tale importo stanziando 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008, 2009;
le misure di accompagnamento sono destinate anche ad incoraggiare le forme di associazione tra imprese di piccole dimensioni aventi l'obiettivo specifico di utilizzare in modo efficiente le alternative marittime al trasporto su gomma, nonché ad agevolare misure di formazione finalizzate a promuovere l'accesso alle rotte marittime e il loro utilizzo e l'acquisto di attrezzature elettroniche (hardware) e programmi informativi (software), volti ad ottimizzare la catena del trasporto in condizioni di massima sicurezza;
l'obiettivo della società Rete Autostrade Mediterranee, attraverso anche l'erogazione di incentivi per la formazione e per le aggregazioni imprenditoriali nel settore dell'autotrasporto, è quello di migliorare i collegamenti marittimi esistenti, istituirne di nuovi, comodi, regolari e frequenti, ridurre la congestione statale e l'inquinamento ambientale;
la Rete Autostrade Mediterranee, in atto non rende pubblici, anche nel sito internet, i propri bilanci annuali, la composizione degli organi societari e di vigilanza, il codice etico, gli incarichi e le consulenze, contravvenendo così al principio della pubblicità degli atti al quale le società partecipate, con denaro dello Stato, debbono uniformarsi, finendo così per agire in piena autonomia e discrezionalità;
la Società Rete Autostrade Mediterranee società per azioni - RAM S.p.a., come risulta dalla determinazione n. 35/2010 della sezione del controllo sugli enti del 10 maggio 2010, non ha ancora sottoposto al controllo della Corte dei conti, così come previsto dall'articolo 4 della predetta legge n. 259 del 1958, il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa, corredato dalle relazioni degli amministratori, dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, gli atti e documenti contabili generali di qualsiasi natura, come, ad esempio, quelli aventi scopo di previsione, preconsultivo, indirizzo, programmazione, pianificazione, sintesi, consolidamento, i verbali dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, gli atti normativi (statuto e sue modifiche) ed organizzativi di rilevanza generale, le relazioni redatte dal collegio sindacale, i verbali delle sedute e dei controlli eseguiti;
nella stessa determinazione n. 35/2010 della sezione del controllo sugli enti del 10 maggio 2010, la Corte dei Conti ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze tutti i provvedimenti rilevanti emessi, nell'esercizio dei poteri ad esso spettanti nei confronti della società;
la società R.A.M., partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sebbene previsto dall'articolo 3 comma 44 della legge n. 244 del 2007 (finanziaria

2008), non rende nota attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione, l'indicazione nominativa dei destinatari di eventuali compensi e a quanto ammontano;
lo stesso articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), prescrive come nessun atto comportante spesa può ricevere attuazione, se non preventivamente reso noto, prevedendo che l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario dei medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione sopra descritta e se intendano adottare iniziative affinché la Società Reti Autostrade del Mare s.p.a., interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, provveda, alla sollecita pubblicazione sul sito web dei bilanci annuali, della composizione degli organi societari e di vigilanza del codice etico e, secondo i termini previsti dall'articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), degli incarichi e delle consulenze con i relativi nomi e compensi percepiti, quali siano i provvedimenti rilevanti emessi dal Ministero dell'economia e delle finanze, nell'esercizio dei poteri ad esso spettanti nei confronti della società, richiesti anche dalla Corte dei Conti.
(4-07901)

ZAZZERA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
notizie stampa riportano che la Finmeccanica, holding italiana nei settori dell'aeronautica, dell'elicotteristica, dello spazio e della difesa, è sotto inchiesta per aver occultato all'estero ingenti somme di denaro e per aver utilizzato dette risorse per ottenere appalti e commesse;
le indagini sono condotte dalle procure di Napoli, Roma e Milano. A Napoli si procede per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta, mentre a Roma per corruzione ed evasione fiscale;
gli accertamenti riguardano presunte aperture di conti correnti in paradisi fiscali e false fatturazioni;
i fondi neri sarebbero stati accantonati attraverso l'intermediazione delle società collegate alla holding;
i carabinieri avrebbero sequestrato diversi documenti di appalti e forniture presso le società controllate -:
se il Ministro sia a conoscenza dei nomi delle società controllate dalla holding Finmeccanica e dei loro amministratori;
quali siano le forniture ottenute dalle società controllate e quali iniziative, anche normative, si intendano assumere per evitare il rischio di improprie interferenze tra società controllanti e controllate.
(4-07903)

FUGATTI, BRAGANTINI, NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
molti organi di stampa hanno riportato la notizia che il fondo sovrano Aabar, facente capo all'emirato di Abu Dhabi, ha acquistato sul mercato il 4,99 per cento del capitale azionario di Unicredit;
tale acquisizione fa seguito all'acquisto del 4,988 per cento da parte della Banca centrale di Libia e oggi gli investitori costituiscono la gran parte del capitale azionario di Unicredit;
Unicredit è la più grande banca italiana dedicata alle famiglie e alle piccole imprese, attenta a supportare lo sviluppo e la qualità di vita dei territori in cui opera; promuove e sostiene importanti iniziative sia in campo sociale, sia in campo ambientale;
tra i soci di Unicredit ci sono importanti fondazioni legate strettamente al territorio,

quali la fondazione cassa di risparmio di Verona e la fondazione cassa di risparmio di Torino;
Unicredit costituisce per storia, cultura e attività un'azienda essenzialmente italiana;
secondo quanto risulta all'interrogante l'organo per la tutela dell'interesse nazionale costituito presso il Ministero degli affari esteri, competente per la materia in questione (Comitato strategico per lo sviluppo e la tutela all'estero degli interessi nazionali in economia, istituito dalla legge n. 133 del 2008), non sarebbe stato consultato su questa vicenda -:
quale sia stato il processo decisionale che ha portato a questa scelta; se risulti vero che non è stato contattato l'organo delegato alla tutela per la sicurezza nazionale istituito presso il Ministero degli affari esteri e quali iniziative, nell'ambito delle loro competenze, intendano adottare per valorizzare la presenza italiana all'interno della compagine azionaria dei principali gruppi bancari del Paese.
(4-07911)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'associazione inquilini - A.CO.P - delle unità immobiliari del complesso Palestro, sito in Padova, di proprietà INPDAP, in fase di dismissione ha formulato una segnalazione di cui si riportano i contenuti;
si tratta di un complesso di circa 300 unità residenziali e di circa 20 unità commerciali; di questi, approssimativamente, 40 appartamenti e 15 unità commerciali sono sfitti da parecchi anni;
recenti iniziative normative del Governo di fatto bloccano nuovamente la procedura di vendita, riavviata solo nel mese di aprile 2010. Gli inquilini, nonché cittadini italiani, quindi, sono ancora una volta penalizzati. L'acquisto di questo immobile, in cui abitano da oltre trent'anni, viene di nuovo rimesso in discussione. Sono in attesa dal 1998, quando fu loro comunicato ufficialmente che gli appartamenti sarebbero stati venduti ai conduttori, di poter procedere all'acquisto;
la legge n. 410 del 2001 sembrava avesse posto fine alle loro incertezze, ma non è stato così viste le vicissitudini di SCIP 2. Gli interessati sono i residui di quell'operazione che l'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 ha fermato per oltre un anno. Ora la vendita è ripartita, ma esiste il rischio che essa sia nuovamente ritardata e loro ne paghino ancora una volta le conseguenze, continuando a versare un canone chissà per quanto tempo; l'immobile si deteriorerà ulteriormente, considerata la necessità inderogabile di manutenzione straordinaria non programmata dall'INPDAP; i 40 appartamenti sfitti, che dovrebbero essere venduti all'asta producendo introiti per l'Ente, rimarranno ancora chiusi con conseguente spesa di gestione a carico del medesimo -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se vi sia la volontà politica di intervenire in tempi brevi in modo tale da consentire la conclusione della procedura iniziata nel novembre 2002 con la cartolarizzazione SCIP 2 di questi immobili.
(4-07913)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
i finanziamenti del Pon sicurezza di Catanzaro, precisamente 900.000 euro per il progetto già approvato all'unanimità dal consiglio comunale nel 2009, non ci sono più: i fondi in questione sarebbero stati

ripartiti tra le varie province calabresi, secondo dei criteri ancora da verificare;
il progetto del consiglio comunale di Catanzaro di cui sopra chiedeva al Governo l'elevazione a direzione generale della questura di Catanzaro, l'immediata assegnazione di parte del personale del reparto mobile della polizia di Stato di Reggio Calabria, il potenziamento del commissariato di polizia di Catanzaro Lido, l'immediata messa in funzione del sistema di videosorveglianza finanziato dal Ministro dell'interno nell'ambito del Programma operativo nazionale sicurezza 2000/2006;
i gravi fatti di sangue che hanno colpito il capoluogo regionale nell'ultimo periodo (si ricordano gli omicidi dei giovani Citriniti e Duro) dimostrano che esso non costituisce affatto, come si tendeva a credere, un'«isola felice» (in termini di sicurezza), ma è interessata da un pericoloso giro di criminalità organizzata, capace di smuovere ingenti risorse;
una delle questioni sociali più gravi della zona sud del capoluogo è sicuramente quella legata alla presenza della comunità rom: appare dunque necessario affrontare seriamente il problema, eliminando i meccanismi che la vedono come bacino di voti raccolti illegalmente;
tale situazione non si risolve certamente tagliando i fondi destinati alle forze dell'ordine ed eliminando gli strumenti investigativi, ma attraverso risposte concrete da parte dei Governo;
la sicurezza costituisce un diritto primario, essenziale ed imprescindibile che deve poter consentire a tutti di poter circolare e vivere liberamente, senza essere coinvolti, incolpevolmente, in gravi fatti criminali -:
se non intenda, dopo un opportuno chiarimento circa i criteri adottati ai fini dell'individuazione delle province beneficiarie di quei fondi e le motivazioni del mancato raggiungimento da parte degli stessi della destinazione originaria, comunicare gli intendimenti dell'Esecutivo sulla realizzazione del progetto sopra illustrato.
(2-00784)
«Tassone, Occhiuto, Vietti, Mannino, Mantini».

Interrogazione a risposta scritta:

LO MORO, OLIVERIO, LARATTA e CESARE MARINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Isola di Capo Rizzuto è un paese della costa jonica calabrese, in provincia di Crotone, con poco più di quindicimila residenti, il cui territorio è condizionato da tempo dalla presenza di pericolose cosche mafiose, invasive e sanguinarie, che influiscono negativamente sulle condizioni di vita della comunità e sull'economia del luogo (circostanze queste ben note al Ministero dell'interno che, attraverso il sottosegretario Nitto Palma, sarà presente, nella mattinata del 6 luglio, alla sottoscrizione in prefettura del patto antiracket «Io denuncio»;
l'attuale amministrazione comunale di Isola di Capo Rizzuto (insediatasi a seguito delle elezioni del 13 aprile 2008, dopo un lungo periodo di commissariamento, avviato per lo scioglimento di un precedente consiglio comunale per infiltrazioni mafiose e interrotto dall'insediamento di un'amministrazione durata meno di dieci mesi, con conseguente nuovo commissariamento prefettizio), la cui giunta è guidata dal sindaco, dottoressa Carolina Girasole, e composta, tra gli altri, da alcuni liberi professionisti della zona, ha scelto di utilizzare, quale principale metodo di guida della propria azione amministrativa, il rispetto delle regole imposte dalle leggi;
la situazione economico-sociale si presenta disastrata (centinaia di persone di ogni sesso ed età giornalmente bussano alla casa comunale in cerca di sussidi, aiuti economici, lavoro) e la macchina burocratica-amministrativa è completamente in panne (il numero dei dipendenti comunali è, per quantità e qualità, assolutamente

insufficiente a garantire ed assicurare anche solo i servizi ordinari minimi ed indispensabili in una comunità civile; la situazione finanziaria è pregiudicata dall'enorme evasione tributaria, rispetto alla quale ogni tentativo di porvi rimedio è inevitabilmente vanificato dalla mancanza di fondi e di personale utile a farvi fronte);
in questo contesto, estremamente critico, sono state avviate delle azioni concrete per ridare alla comunità una prospettiva di legalità e di buona amministrazione. Si richiamano, in particolare:
a) la ferma presa di posizione dell'amministrazione comunale di collaborare con la prefettura di Crotone al progetto di riutilizzo di beni confiscati alla criminalità organizzata (si pensi alla mobilitazione e a quanto organizzato dalla giunta comunale, in collaborazione con la prefettura e l'associazione Libera, per la raccolta dei finocchi e la mietitura dell'orzo sui terreni confiscati alla famiglia Arena dell'omonima cosca);
b) la particolare attenzione posta dalla stessa amministrazione nel pretendere il pieno rispetto di tutte le norme relative alle diverse procedure burocratiche (ci si riferisce a numerosi procedimenti non portati a compimento, quali ad esempio alcune procedure relative all'acquisizione al patrimonio comunale di diversi ettari di terreno lungo la costa, mai acquisiti al patrimonio comunale nonostante apposite convenzioni urbanistiche relative alla lottizzazione Blandino, località Chiantata, in Le Castella; alla lottizzazione Riva dei Turchi, località Seleno, in Capo Rizzuto);
c) la determinazione con la quale la giunta comunale ha deciso di portare avanti la lotta all'abusivismo edilizio, con l'abbattimento di due manufatti abusivi sulla spiaggia di Capo Rizzuto e l'espletamento di apposita gara, purtroppo andata deserta, per l'abbattimento di una costruzione e di altri manufatti realizzati abusivamente sull'arenile fronte stante le località Capo Piccolo e Capo Rizzuto, che comunque nei prossimi giorni saranno abbattuti con la collaborazione della prefettura;
d) la decisione di intervenire direttamente ed in maniera incisiva, stravolgendo assetti d'interessi ormai consolidati da tempo, sul metodo di gestione di alcuni servizi comunali (campo profughi, darsena turistica, pulizia delle spiagge, manutenzione impianto di illuminazione pubblico, e altri);
e) la particolare attenzione dell'amministrazione sul fronte dell'energia alternativa (parchi eolici e fotovoltaici);
f) la grande attenzione posta dalla giunta comunale, al fine di migliorare l'efficienza e la funzionalità della macchina amministrativa, nella riorganizzazione dei settori, dei servizi e degli uffici, con l'avvio di iter procedimentali finalizzati all'espletamento di pubblici concorsi per l'assunzione di nuovo personale (comandante della polizia municipale, due vigili, tre geometri e un amministrativo) e con l'affidamento al personale in servizio di nuove e diverse mansioni e responsabilità;
g) il delicato groviglio di interessi che ruota intorno ai terreni comunali gravati da uso civico e alla relativa procedura di legittimazione ed affrancazione degli stessi;
h) infine, ultimo in ordine di tempo, l'approvazione di un piano triennale delle opere pubbliche che prevede interventi sul territorio per una somma complessiva di oltre 50 milioni di euro diluita nei tre anni;
dopo l'approvazione del bilancio comunale si è immediatamente scatenato un'azione di disturbo all'azione amministrativa dell'attuale giunta e che si sta svolgendo su almeno due fronti, fomentando gli animi contro l'amministrazione, attraverso azioni abbastanza mirate che hanno fatto leva sulle condizioni economico-sociali disagiate e disperate di molti cittadini, e intralciando l'azione amministrativa,

attraverso condotte che all'interrogante appaiono dirette a tentare di bloccare l'attività degli uffici comunali;
si è cominciato con una fantomatica raccolta di firme (alcune delle quali si presentano con una grafia molto simile che lascia dubbi sulla loro autenticità) contro il sindaco, e si è continuato con una campagna mediatica fortemente denigratoria nei confronti dell'attuale giunta comunale, additata come portatrice di interessi particolari a scapito della comunità intera;
si è cercato in ogni modo di ostacolare il funzionamento del già debole apparato burocratico, in particolare, da parte di alcuni consiglieri di minoranza, con la scusa di volere svolgere la loro funzione di controllo, attraverso la presentazione di innumerevoli richieste di copie di atti, per esaudire le quali, gli uffici comunali avrebbero dovuto interrompere il loro servizio per mesi (nelle ultime richieste avanzate a giugno del 2010 i consiglieri di minoranza Riillo, Martino, Pullano e Timpa, chiedono al responsabile del settore affari generali, la rendicontazione economica delle attività relative alla gestione del campo profughi di Sant'Anna, per tutti gli anni dal 2001 al 2009 e al comandate della polizia municipale il rilascio di tutte le copie di tutte le pratiche relative a tutti i servizi e le attività svolte dallo stesso comando negli anni dal 2003 al 2010, nonostante il fatto che loro stessi sono stati amministratori di maggioranza nel periodo maggio 2006-marzo 2007);
alcuni di detti consiglieri di minoranza, ed in particolare i signori Antonio Riillo e Raffaele Martino, gli stessi soggetti che solo pochi mesi fa sono finiti sulle pagine dei giornali nazionali per essere stati ritratti in compagnia di alcuni pregiudicati (nel caso del senatore Di Girolamo) hanno richiesto ed ottenuto l'intervento della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, tanto celermente (la richiesta da parte dei consiglieri è del 31 maggio 2010, la risposta indirizzata al comune da parte della Commissione è datata 9 giugno 2010), quanto stranamente, poiché la normativa di legge richiamata nella stessa risposta (articolo 27, comma 5, legge n. 241 del 1990), non ha nulla a che vedere con il diritto di accesso agli atti amministrativi da parte dei consiglieri di minoranza;
in questo velenoso clima creato ad avviso dell'interrogante per disturbare l'azione amministrativa, attraverso l'esasperazione delle tensioni esistenti sul territorio e l'indiscriminato attacco contro tutti gli atti amministrativi, si inseriscono gli episodi degli ultimi giorni;
in data 29 giugno 2010 una cittadina esagitata dalla disperazione entra nel palazzo comunale e cerca di aggredire fisicamente il sindaco, colpevole di non averle corrisposto un supporto economico preteso, ma non dovuto, dall'amministrazione comunale e accusandolo, per tale motivo, di essere la causa del fatto che l'autorità le porterà via la figlia. Solo la fortuita presenza ed il pronto intervento di alcuni impiegati hanno impedito nell'occasione che l'aggressione fisica venisse portata a compimento;
in data 2 luglio, l'autovettura della moglie del capo settore dell'ufficio urbanistica, dottor Agostino Biondi, parcheggiata nei pressi della sua abitazione, viene incendiata da parte di ignoti malfattori;
nella notte tra il 2 e il 3 luglio, la scena si ripete identica, con l'incendio dell'autoveicolo della moglie del vice sindaco Anselmo Rizzo;
nella notte tra il 4 e il 5 luglio, alle ore 1,30 viene incendiata la macchina in uso al sindaco Girasole (formalmente intestata al padre) -:
se e in che modo si ritenga di intervenire per garantire la sicurezza degli amministratori di Isola Capo Rizzuto;
se e quali iniziative si intendano porre in essere per consentire al sindaco Girasole e alla sua amministrazione di portare avanti in piena sicurezza il progetto

di rinascita del comune di Isola Capo Rizzuto che non può continuare ad essere piegato dalla presenza di cosche violente ed invasive che hanno già dimostrato di avere interesse al «controllo» del territorio e delle sue istituzioni.
(4-07909)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

PICIERNO e GRAZIANO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112, e convertito dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008 prevede il taglio di 8 miliardi di euro di finanziamento all'istruzione, che si traducono nella perdita di 87.341 docenti e 44.500 ATA in tre anni;
dopo la prima tranche di tagli nell'anno scolastico in corso, nelle scuole sono presenti più studenti e meno personale docente e ATA. Gli studenti iscritti alle scuole di ogni ordine e grado, infatti, sono 7.805.947, con un aumento di 37.000 unità, mentre ci sono 42 mila docenti e 15.000 ATA in meno;
per il prossimo anno scolastico (2010-2011), la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prevede una riduzione di 25.000 insegnanti (22.000 in organico di diritto e 3.600 in organico di fatto). Cifre rilevanti, ma addirittura contraddette per difetto da quelle contenute nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto del Presidente della Repubblica «recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali». Dalla relazione tecnica si apprende che la riduzione degli organici conta ben 31.390 posti di personale docente e 15.000 posti di personale ATA;
la regione Campania, con oltre 8.000 tagli nell'ultimo anno, è la regione maggiormente colpita dai tagli alla scuola. In particolare, le riduzioni agli organici si sono abbattute sulla provincia di Caserta;
il personale ATA nell'anno scolastico 2008/09 ha subito una decurtazione del 6 per cento per ciascun profilo: ausiliario tecnico, ausiliario amministrativo, collaboratore scolastico. In provincia di Caserta la dirigenza scolastica ha applicato una maggiore riduzione sul profilo AT; la diretta conseguenza di questa scelta è la penalizzazione degli istituti tecnici e professionali, i quali sono costretti a una parziale o mancata utilizzazione dei laboratori, delle strumentazioni e strutture, in alcuni casi anche molto costose, alla parziale inattività «coatta» dei docenti delle materie che prevedono ore di laboratorio, e alla limitata fruizione delle risorse in dotazione alla scuola;
ne consegue che i tagli al personale previsti dal Ministero e realizzati dalla dirigenza scolastica regionale hanno effetti negativi sull'utilizzo efficiente ed efficace delle risorse disponibili: anziché migliorare la qualità tagliando gli sprechi, emerge un quadro di maggiore dispersione delle risorse e peggioramento della didattica e dell'offerta formativa;
in data 26 agosto 2009 è stata notificata all'ufficio scolastico provinciale di Caserta una diffida della FLC CGIL ad oggetto «Organico AT I.T.I. Giordani Caserta area AR23» che lamentava il taglio ingiustificato di 2 unità AT area AR23, con conseguente mancanza di copertura per 72 ore complessive di impegno settimanale dei laboratori;
una successiva comunicazione del dirigente scolastico dell'I.T.I Giordani, avente per oggetto «Organico personale ATA a.s. 2009/10: carenza di assistenti tecnici AR23», rappresentava come, a fronte di 160 ore di laboratorio di chimica necessarie, gli AT attribuiti in organico avrebbero potuto garantire l'utilizzo dei laboratori per non più di 90 ore;
a tutt'oggi permane questa incongruenza fra organici attribuiti e impianto

delle attività didattiche: oltre all'evidente peggioramento dell'efficienza amministrativa, la conseguenza più pesante di tagli effettuati senza tenere in considerazione le esigenze delle scuole e l'offerta formativa, è quella di assestare un durissimo colpo alla credibilità di quegli istituti che basano la propria attrattività sull'offerta didattica integrata con attività di laboratorio altamente specializzate, come gli istituti tecnici e professionali;
la perdita di credibilità dei suddetti istituti si riflette nel calo di iscrizioni registrato per tecnici e professionali e nell'aumento relativo delle iscrizioni ai licei: non avendo permesso alle famiglie e ai ragazzi un serio orientamento e una scelta consapevole e avendo minato il fondamento stesso su cui si orienta la scelta verso un istituto tecnico o professionale, il risultato complessivo delle iscrizioni ha visto un aumento del 3,5 per cento di iscritti ai licei; gli istituti tecnici registrerebbero una flessione complessiva dell'1,4 per cento, mentre quella degli istituti professionali sarebbe del 2,2 per cento;
l'istruzione tecnica e professionale ne esce fortemente danneggiata, nonostante la riconosciuta importanza di questo settore, evidenziata con forza da un imponente schieramento di forze sociali ed economiche, fra cui la Confindustria; la confusione e le scelte vaghe operate da studenti e famiglie saranno alla base di ulteriori aumenti delle bocciature e della dispersione scolastica -:
cosa intenda fare il Ministro interrogato per:
a) evitare che i tagli operati si riflettano, anziché in una razionalizzazione delle spese, in una ulteriore perdita di efficienza e in uno spreco di risorse delle scuole, messe nell'impossibilità di un pieno ed efficace utilizzo dei fondi a vantaggio della qualità dell'istruzione;
b) salvaguardare la dignità e la qualità degli istituti tecnici e professionali, che proprio sulla presenza di materie qualificanti con attività didattiche tecnico-pratiche basano la propria attrattività e la possibilità di formare gli studenti attraverso una combinazione pedagogica di «sapere» e «saper fare» essenziale nel mercato del lavoro e utile anche per successive specializzazioni professionali richieste dalle imprese e ad oggi ancora mancanti in Italia;
c) trovare una soluzione nella provincia di Caserta, dove i tagli effettuati sul personale ATA comportano gravi incongruenze con le necessità delle stesse scuole.
(4-07900)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ha avviato la trasformazione degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, in persone giuridiche private, portando quindi alla privatizzazione numerosi enti previdenziali pubblici, tra i quali l'Enpaia, l'Enasarco, l'Enpam, l'Enpaf, l'Enpav, la Fimit, la Cassa forense, e altri;
il medesimo decreto legislativo n. 509 del 1994 ha deciso la privatizzazione di una serie di enti previdenziali, non sottraendoli però alla funzione sociale e alla caratteristica di essere privi di lucro, e comunque sottoponendoli al controllo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'economia e delle finanze, oltre al controllo della Corte dei Conti;
il decreto legislativo 104 del 1996 prevedeva che entro 5 anni gli enti previdenziali di natura pubblica (di cui alla legge 70 del 1975) avrebbero dovuto completare

un processo di dismissione dei propri patrimoni immobiliari, stabilendo il diritto di prelazione, che poteva essere esercitato dagli stessi inquilini, se in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori;
successivamente il decreto legge 41 del 2004, convertito dalla legge n. 104 del 2004, ai fini della fissazione delle modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendeva a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001. Per effetto di tale ultima legge, gli enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004 a prezzi maggiorati, venivano chiamati a risarcire i propri inquilini;
la normativa contenuta nei menzionati provvedimenti legislativi, legge 104 del 1996 e decreto-legge 41 del 2004, miravano quindi a realizzare una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini;
la legge n. 410 del 2001 all'articolo 3, comma 3, riconosceva in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di opzione;
successivamente, l'approvazione della legge n. 243 del 2004, e in particolare il comma 38 dell'articolo 1 in essa contenuto, basato su un uso strumentale della interpretazione autentica della suddetta legge 104 del 1996, ha consentito agli enti effettivamente privatizzati, di non applicare la disciplina prevista dal medesimo provvedimento e in particolare, quella parte contenente l'obbligo di vendita e di fissazione di canoni di affitto ai valori del 2001;
detto comma 38, ha dato quindi il via libera agli enti interessati di procedere a una operazione di dismissione del proprio patrimonio immobiliare a prezzo di mercato, con valori correnti e non più riferiti al 2001, e a rinnovi dei contratti di locazione con aumenti dei canoni fino al 100 per cento (non più inferiori a quelli di mercato), con conseguenti rischi di sfratto per tutti gli inquilini non disposti ad accettare in conseguenza degli alti prezzi;
peraltro l'imminente processo di dismissione dei patrimoni immobiliari da parte dei suddetti enti previdenziali privatizzati, sta creando forti preoccupazioni per le ricadute pesantissime che sta avendo e avrà sugli inquilini interessati;
detti enti gestori di forme di previdenza, stanno infatti operando di fatto una sorta di «cartello» a evidente svantaggio degli inquilini stessi, con immediati effetti: a) sulle condizioni proibitive per coloro che saranno chiamati ad acquistare l'immobile; b) sul rischio di sfratto una volta ultimato il processo di dismissione nel caso di cessione dell'invenduto da parte dagli enti ad un fondo d'investimento immobiliare, e la conseguente scontata messa in vendita sul libero mercato degli immobili da parte del suddetto Fondo; c) sui probabili rinnovi dei contratti di locazione a prezzi di mercato e quindi difficilmente sostenibili (situazione quest'ultima, peraltro, già in atto relativamente ai contratti scaduti o in corso di scadenza) per molti inquilini;
anche gli enti previdenziali rimasti pubblici (Inps, Inpdap, e altri) hanno ancora un consistente patrimonio rimasto invenduto, all'interno del quale vi abitano alcune migliaia di inquilini considerati senza titolo, e una parte di questo patrimonio è tenuto sfitto;
la scelta di dismissione degli alloggi degli enti pubblici prima e di quelli privatizzati poi, insieme alla politica degli affitti che vengono portati ai livelli di quelli di mercato, sta contribuendo inevitabilmente ad aggravare l'emergenza abitativa - cambiando la natura e il ruolo di calmierazione del mercato abitativo di questo importante patrimonio - che vede in Italia oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui e oltre 230.000 sfratti di cui - nelle grandi città - quasi il 90 per cento per morosità;
tutto ciò sta conducendo a una situazione di vero allarme sociale. Una situazione

che interessa soprattutto Roma ma che ha caratteristiche nazionali. Solo nella Capitale i numeri parlano di circa 30 mila appartamenti oltre a diversi altri immobili situati in alcune città del nord Italia, per oltre 100.000 persone in essi residenti, prevalentemente lavoratori dipendenti, pensionati, persone anziane, disabili;
quanto suesposto, ha portato in queste settimane a una forte mobilitazione da parte degli inquilini degli enti previdenziali, con manifestazioni e assemblee pubbliche, proprio per denunciare le inaccettabili condizioni capestro alle quali sono sottoposti da parte dei medesimi enti;
si rammenta che detti enti previdenziali, che fanno valere la loro intervenuta privatizzazione per giustificare l'instaurando processo di dismissione «a prezzi di mercato», hanno goduto nel tempo di benefici e sgravi fiscali previsti per gli enti di natura pubblica, oltre a costruire in molti casi su aree ex-legge 167 del 1962 in regime di convenzione;
peraltro, proprio relativamente alla suddetta legge 167 del 1962 in materia di edilizia economica e popolare, si sottolinea infatti che vi sono immobili dei suddetti enti privatizzati, che risulterebbero rientrare nelle convenzioni di edilizia economica e popolare previste da detta legge 167 del 1962. Il fine di tali convenzioni, stipulate dal comune di Roma, era quello di finanziare la costruzione di immobili tramite il contributo pubblico stabilendo, con le società costruttrici, dei limiti quali: prezzo massimo per la vendita, e i parametri prestabiliti per i canoni di locazione;
in relazione alle politiche che stanno adottando i vari enti previdenziali, è indicativo il caso riguardante la fondazione Enasarco. In base all'accordo Enasarco/sindacati del settembre 2008, gli appartamenti, costruiti da diversi decenni e spesso con uno scadente stato manutentivo, saranno messi in vendita agli inquilini a un prezzo a metro quadro che prende a riferimento il valore medio stabilito dall'Agenzia del Territorio;
tale valore medio risulta essere mediamente più elevato di quello normalmente praticato dalle più importanti agenzie immobiliari. Ciò in quanto, l'Agenzia del territorio - ai fini della determinazione del citato importo medio - tiene conto unicamente dei dati relativi alle compravendite effettivamente conclusesi, e non della contrazione delle vendite, registratasi negli ultimi anni, che ha provocato la diminuzione in maniera consistente del prezzo degli immobili. A conferma di ciò, si evidenzia che lo stesso Corriere della sera del 14 giugno scorso, nel riportare le quotazioni del mercato immobiliare dell'ultimo anno (valori minimi e massimi), indica costi a metro quadro decisamente più bassi di quelli esposti nelle tabelle predisposte dall'Agenzia del territorio;
inoltre, a coloro ai quali è scaduto o è in scadenza il contratto di locazione, viene proposto dalla Fondazione Enasarco un rinnovo con un aumento tra il 50 ed il 70 per cento (in dipendenza di una serie di accordi stipulati ogni biennio con i citati sindacati e con la richiesta di migliaia di euro di arretrati, dovuti alla stipula effettiva dei rinnovi di norma fissata dall'ente molto in ritardo (anni) rispetto alla scadenza pattuita per i contratti precedenti;
nel caso specifico relativo invece all'ente ENPAIA, che, almeno per il momento, non risulterebbe avere un piano di dismissioni, si evidenzia come gli incrementi dei canoni di locazione proposti dal predetto ente superano l'85 per cento del canone vigente. Tali incrementi - generalizzati, senza alcuna differenziazione per lo stato manutentivo dei singoli immobili e non conformi al vigente accordo Territoriale del comune di Roma - sono stati richiesti anche in relazione ad unità immobiliari di cui alla suindicata legge 167 del 1962 e successive modifiche, con conseguenti iniquità nonché gravi difficoltà diffuse per tutto l'inquilinato interessato -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, e ai fini di una ridefinizione della normativa in materia di gestione e

alienazione di alloggi degli enti previdenziali privatizzati, non si ritenga indispensabile attivare un tavolo tecnico, con la partecipazione anche degli enti locali, dei prefetti, degli enti privatizzati, dei sindacati e dei comitati degli inquilini, al fine di individuare delle soluzioni in grado di tutelare i diritti degli attuali conduttori degli immobili di proprietà dei medesimi enti, e in corso di dismissione, sospendendo in via immediata e fino alle conclusioni del tavolo concertativo suindicato, le procedure di alienazione dei relativi alloggi, gli aumenti legati ai rinnovi contrattuali, nonché le procedure di sfratto in corso.
(2-00785)
«Piffari, Borghesi, Donadi, Scilipoti».

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:

CASINI, VIETTI, LIBÈ, RUVOLO, DELFINO, VOLONTÈ, DE POLI, CICCANTI, COMPAGNON, GALLETTI, RAO, OCCHIUTO e NARO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli ex-cobas latte sono tornati in questi giorni a contestare il Governo e ad allestire presidi di protesta contro il pagamento delle sanzioni per il superamento delle quote latte assegnate;
la scorsa settimana, audito in Commissione agricoltura presso la Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha riferito circa la risposta dell'ex Commissario europeo all'agricoltura, Mariann Fischer Boel, che - alla richiesta del Governo italiano di non far pagare all'Italia la sesta rata delle sanzioni dovute allo splafonamento delle quote latte - ha opposto un secco diniego;
è opportuno ricordare che il Governo è tenuto a pagare comunque le sanzioni comminate all'Italia e che queste gravano su tutti i contribuenti italiani. A riguardo il Ministro interrogato ha ricordato come la vicenda sia già costata all'Italia e agli italiani circa 1,7 miliardi di euro a causa «degli errori di alcuni produttori di latte, meno del 5 per cento del totale»;
con la legge 9 aprile 2009, n. 33, voluta dall'allora Ministro Zaia, è stata introdotta una sanatoria che ha consentito una rateizzazione di favore per chi non aveva rispettato le quote;
sempre in questi giorni alcuni esponenti del partito della Lega Nord, ad avviso degli interroganti, avrebbero lasciato intendere la possibilità di concedere un condono totale a chi non ha rispettato le quote, danneggiando chi ha scelto la legalità anche a fronte di costose rinunce;
se così fosse l'onere del pagamento delle multe all'Europa ricadrebbe sull'intero Paese, proprio mentre gli italiani onesti sono chiamati ai duri sacrifici imposti dalla manovra economica -:
se non ritenga di fornire le necessarie rassicurazioni affinché per l'ennesima volta non venga minato lo Stato di diritto e non vengano penalizzati gli allevatori onesti, che, a fronte di costose rinunce, hanno rispettato le regole e sono pertanto gli unici legittimati a richiedere eventuali tutele.
(3-01161)

MILO, BELCASTRO, GAGLIONE, IANNACCONE e SARDELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
un nucleo del Comando carabinieri politiche agricole ed alimentari - sezione di Salerno - nelle scorse settimane ha, di fatto, bloccato, per quanto risulta agli interroganti con procedure anomale e senza alcuna apparente ragione, tutto il latte congelato di bufala esistente presso due grandi strutture del casertano, arrestando così l'intera attività (già languente) di quella provincia versata nella produzione di mozzarella di latte di bufala (non

dop), che, in particolare in questo periodo, è quasi in via esclusiva, stante la tipica carenza stagionale di latte fresco;
per eseguire tale «blocco» i carabinieri hanno fatto riferimento al regolamento (CE) 178/2002, che consente, solo dopo un'analisi su un possibile rischio sanitario, condotta su dati scientifici, da eseguirsi addirittura anche con l'ausilio della comunità accademica, di procedere all'eventuale blocco di prodotti alimentari;
in questo caso i carabinieri, che sembrerebbero avere omesso totalmente tale analisi, hanno proceduto al blocco unicamente mettendo a raffronto il peso del prodotto rilevato all'uscita della cella di congelamento (quindi comprensivo degli imballi e dell'umidità di cui gli imballaggi medesimi erano imbevuti) con il peso del prodotto asciutto, che era, come previsto dalla normativa vigente, dichiarato solo indicativamente al congelatore, al fine di determinarne il corrispettivo;
il prodotto, infatti, non era posto in vendita e, conseguentemente, nemmeno sussisteva un obbligo di legge di dichiarare, in quel frangente, il peso esatto;
il «blocco» è stato disposto in quanto il peso del prodotto, rilevato allo stato umido, con particolare riferimento all'imballaggio, si discostava dal peso meramente indicativo dichiarato al congelatore, anche solo di una percentuale minima (comunque al di sotto di un 4 per cento, in qualche caso di uno 0,3 per cento); i circa duecento trasformatori del casertano sono rimasti così privi della materia prima e gli operatori di altre province (Frosinone, Latina, Salerno, Foggia) hanno raddoppiato e anche triplicato il prezzo del latte, creando una situazione di grave difficoltà economica nel settore;
è da evidenziare che il regolamento (CE) 178/2002, richiamata dai carabinieri, volge dichiaratamente anche alla tutela della libera circolazione delle merci e prevede il blocco solo come misura residuale da adottare in casi di evidente pericolosità, cioè in presenza di un conclamato allarme sanitario, dopo una valutazione delle alternative e, comunque, previa espressa specificazione delle ragioni sanitarie, concernenti quindi solo la qualità del prodotto, non certo la quantità; in occasione del blocco non è stata richiesta nessuna documentazione in ordine alla provenienza della merce, al fine di ricavarne la «tracciabilità» e, conseguentemente, non è stata effettuata nessuna indagine documentale comunque correlata alla qualità della merce;
il blocco, in definitiva, è apparso del tutto irragionevole, adottato al di fuori di ogni parametro e procedura prevista dal regolamento (CE) 178/2002;
sorge il dubbio che tale operazione avesse una finalità non dichiarata e in tal caso non si comprende perché si sia fatto, impropriamente, riferimento al regolamento (CE) 178/2002;
se tale dubbio corrispondesse al vero sarebbe stata adottata una procedura del tutto anomala e in contrasto con le garanzie e i diritti di ogni cittadino -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se sia in grado di spiegare la finalità di un'operazione, in cui, nella sostanza, si è fatto riferimento in maniera del tutto impropria al regolamento (CE) 178/2002 e si è inferto un grave colpo all'intera economia della provincia, che risultava già traballante a causa della grave crisi economica che attanaglia il Paese e, in particolare, il Mezzogiorno.
(3-01162)

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN,

MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Unire (Unione nazionale incremento razze equine) versa, da tempo, in una grave crisi finanziaria e funzionale, che, recentemente acuitasi, ha reso necessaria la nomina di un commissario straordinario avvenuta il 13 marzo 2010;
in data 13 aprile 2010, il commissario straordinario ha presentato al Ministero vigilante un programma di risanamento sulla base delle «Linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica», elaborate dallo stesso dicastero;
il suddetto programma di risanamento aveva il suo punto nodale nella risoluzione della posizione debitoria dell'ente, attraverso la presa in carico della stessa da parte del ministero vigilante, e, in ogni caso, non prevedeva nuove assunzioni;
tale passaggio era fondamentale per consentire all'Unire di continuare a svolgere i suoi compiti istituzionali e, quindi anche ai fini della predisposizione, da parte dello stesso ente, del bilancio preventivo per il 2010;
alla presentazione del programma di risanamento sono seguiti scambi di documentazione, tra il commissario straordinario ed i competenti uffici ministeriali, che, in ultimo, hanno richiesto puntualizzazioni ed ulteriori proposte, comunque fornite dallo stesso commissario;
nonostante ciò, il Ministero vigilante, in data 13 maggio 2010, in modo, apparentemente, inaspettato, ha comunicato di non avere approvato il bilancio preventivo per il 2010 e, quindi, di avere rigettato le proposte di risanamento avanzate dal commissario straordinario, lasciando sull'ente l'onere del rientro dalla posizione debitoria e costringendo, di fatto, il commissario alle dimissioni;
in data 23 giugno 2010, il Ministro interrogato ha proceduto alla nomina di un nuovo commissario e, in data 30 giugno 2010, nel corso di un'audizione presso la XIII Commissione ha sostanzialmente ribadito la sua volontà di risanare l'Unire e di rilanciare il settore dell'ippica, ponendo fine agli sprechi;
da organi nazionali di stampa (Libero del 1o luglio 2010) si apprende che il 29 giugno 2010, il giorno precedente la scadenza delle graduatorie di alcuni concorsi svoltisi nel 2006, il segretario generale dell'Unire, nonostante la giornata festiva, ha proceduto a perfezionare le relative assunzioni, reclutando nei ruoli dell'ente quattordici nuove unità di personale e consentendo l'avanzamento di livello professionale di altre tre -:
come le assunzioni del 29 giugno 2010 si concilino con il nuovo corso che il Ministro interrogato ha annunciato di avere inaugurato per risanare l'Unire e rilanciare l'ippica e, in specie, come si intendano giustificare fatti come quelli in premessa, rispetto alla prioritaria esigenza di assicurare la prosecuzione delle indispensabili funzioni istituzionali a sostegno dei settori dell'allevamento equino e dell'ippica.
(3-01163)

BALDELLI, TADDEI, DIMA, BECCALOSSI, GOTTARDO e DI CATERINA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la quantità di pomodori cinesi arrivata nel nostro Paese è in continuo aumento e ha registrato un incremento del 174 per cento nel trimestre dicembre-febbraio 2010 rispetto al precedente periodo

del 2009, anno in cui in Italia sono arrivati 82 milioni di chili di concentrato da spacciare come made in Italy;
i pomodori conservati sono la prima voce dell'import agroalimentare dalla Cina, oggi al terzo posto nel mondo nella commercializzazione del prodotto dopo Stati Uniti e Unione europea, pari ad oltre il 34 per cento del totale. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso, circa 1.000 al giorno, con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano. Un quantitativo che corrisponde a circa il 10 per cento della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia, che nel 2009 è stato di 5,73 miliardi di chili;
nel settore del pomodoro lavorato dall'industria sono impegnati in Italia 8.000 imprenditori agricoli, che coltivano su 85.000 ettari, 178 industrie di trasformazione, per un valore della produzione di oltre 2 miliardi di euro;
alcune associazioni di categoria lamentano danni per i consumatori e per i produttori, su cui pesano gli effetti di una concorrenza sleale con ingenti danni economici -:
quali siano le iniziative del Governo a tutela dei consumatori e dei produttori italiani per quanto riguarda la commercializzazione e il consumo dei pomodori di importazione.
(3-01164)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo i risultati ottenuti grazie alle analisi effettuate con una nuova tecnologia dalla Coldiretti, dalle prove effettuate su un totale di 13 campioni di mozzarelle provenienti da diversi caseifici, ben 6, ovvero quasi la metà (46 per cento), sono risultate non ottenute esclusivamente con latte fresco;
a giudizio dell'organizzazione agricola infatti, l'esito degli esami basato sull'evidenziazione di un marcatore che si trova nelle mozzarelle non prodotte con solo latte fresco, messo a punto con la collaborazione della facoltà di agraria dell'università di Bari, consente di rilevare se una mozzarella vaccina è stata realmente prodotta con latte fresco o se, invece, è stata realizzata utilizzando cagliate congelate o cagliate refrigerate vecchie;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, che se i risultati suesposti fossero confermati, si avvalorerebbe il livello di rischio di utilizzo nei prodotti agro-alimentari italiani, evidentemente elevato, di ingredienti alimentari scadenti o addirittura tossici, come nel caso del sequestro delle mozzarelle blu avvenuto nelle scorse settimane, mozzarelle prodotte in Germania e successivamente vendute in Italia con nomi quali «Fattoria Paradiso», «Fattorie Torresina» e «Monteverdi»;
a parere della Coldiretti, gli italiani, consumando in un anno oltre 164 milioni di chili di mozzarelle, acquistate nel 39 per cento dei casi nei supermercati, per il 26 per cento negli ipermercati, per il 14 per cento nei discount e per il 21 per cento nel dettaglio tradizionale, confermano come tale formaggio sia il più acquistato in quantità essendo presente sulle tavole di quasi sei su dieci -:
quali siano gli intendimenti del Ministro con riferimento a quanto esposto in premessa;
se sia a conoscenza dei risultati pubblicati dalla Coldiretti e in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere al fine di assicurare che le aziende agricole del settore utilizzino, nella totalità della produzione di mozzarelle, esclusivamente latte fresco, in considerazione anche del fatto che la mozzarella è il simbolo del made in Italy all'estero e l'utilizzo di cagliate congelate, o addirittura vecchie, rischia di provocare un evidente danno di immagine per il nostro Paese.
(5-03188)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

BINETTI e NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è svolta a Roma la V edizione del convegno delle unità di terapia intensiva neonatale (TIN) del Lazio. Il direttore dell'unità del Policlinico Umberto I ha denunciato la mancanza di almeno 20 posti e la necessità di una riorganizzazione dell'assistenza;
già da anni tutti i neonatologi italiani che si occupano di TIN segnalano la cronica mancanza di posti letto per neonati che necessitano di terapia intensiva neonatale. Vale la pena ricordare che si tratta di bambini gravemente immaturi (il 40 per cento ha meno di 32 settimane) o gravemente sottopeso (il 35 per cento ha un peso inferiore ai 1500 grammi). Per questi bambini il ricovero in terapia intensiva diventa condizione essenziale per la sopravvivenza. Sono bambini che se trasferiti da un ospedale all'altro in cerca di un letto di TIN hanno una percentuale raddoppiata di morire. Il 45,4 per cento dei bambini è stato trasferito per mancanza di posti letto;
davanti alla denuncia di questo problema il Ministro della salute ha accolto ripetutamente ordini del giorno, mozioni e interrogazioni parlamentari, dicendosi sempre più che disponibile a trovare la soluzione al problema, che invece è rimasto drammaticamente insoluto, come conferma il recente convegno delle unità di terapia intensiva neonatale. Il numero di posti in una TIN è un fattore di civiltà in un Paese, dal momento che uno degli indicatori più importanti per descrivere il suo livello di qualità complessiva è rappresentato proprio dall'indice di mortalità infantile;
le TIN non possono essere considerate in una logica puramente economico-finanziaria. Non ci sono margini di risparmio possibile, perché non c'è alcuno spreco di risorse, non ci sono falsi invalidi. Ma un neonato a rischio, se non è ben trattato fin dal primo momento, corre seri rischi di morire o di diventare un invalido vero con costi molto più alti per la nostra sanità, senza dimenticare il costo personale altissimo di chi sarà sempre un disabile;
la TIN, pur essendo - come la maggioranza dei problemi sanitari - una questione di competenza regionale, richiede un'attenzione particolare a livello ministeriale proprio in un momento di tagli pesanti alla sanità, al welfare e a tanti altri aspetti cruciali della vita delle famiglie italiane -:
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda attuare al fine di garantire una migliore organizzazione delle cure perinatali anche attraverso la razionalizzazione dei punti nascita e il potenziamento del numero dei posti di terapia intensiva, riducendo in tal modo il rischio di lasciar morire bambini che potrebbero tranquillamente sopravvivere.
(4-07898)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
premesso che da quanto hanno riferito numerosi organi di stampa locali e siti internet il 3 e 4 luglio 2010, risulta che una signora cinquantenne, invalida permanente al 100 per cento a causa di una poliomielite, è costretta su una carrozzella, e vive praticamente segregata al terzo piano di uno stabile IACP del rione Japigia di Bari, privo di ascensore;
come ha denunciato il segretario nazionale della Confail Inquilini, Michele Ladisa, che è più volte intervenuto presso lo Iacp di Bari per sollecitare una soluzione - «oltre al danno c'è la beffa: la signora, per giungere all'interno dello stabile

o da questo uscire e prendere un mezzo di locomozione ha due possibilità, ma sono entrambe impraticabili: o percorrere almeno cento metri di una stradina irta di ostacoli insormontabili. Oppure da una piazzetta retrostante da raggiungere percorrendo una ventina di metri quasi tutti all'interno della recinzione dello stabile, ma la pavimentazione è sconnessa con piastrelle sollevate, scalini rovinati e cemento sconnesso»;
la signora risulterebbe essersi ammalata successivamente all'assegnazione dell'immobile;
l'impossibilità di movimento sopravvenuta non è una fattispecie prevista dalla vigente normativa;
sarebbe opportuno tipizzare rimedi in casi simili -:
se non si intenda promuovere un'integrazione della normativa vigente in tema di attribuzioni di immobili popolari a persone invalide, prevedendo rimedi nel caso di invalidità sopravvenuta successivamente all'assegnazione dell'immobile.
(4-07904)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, DONADI, BORGHESI, MONAI e EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sia la legge n. 249 del 1997, sia la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS prevedono espressamente che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze (pnaf) riservi almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
in data 28 giugno 2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato la delibera n. 300/10/CONS relativa al piano nazionale di assegnazione delle frequenze, che, all'allegato 2, riporta che la scelta delle frequenze pianificabili sull'intera area tecnica o a livello sub-regionale o provinciale sia stata effettuata tenendo conto dei vincoli di coordinamento internazionale e della presenza di allotment coordinati a Ginevra 2006. E ancora, che l'obiettivo principale sia stato quello di garantire la pianificazione di almeno 13 multiplex a copertura regionale nelle regioni della pianura padana (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Friuli Venezia Giulia), che sono le più critiche in termini di orografia e coordinamento internazionale;
in base alle decisioni assunte nella Conferenza di Ginevra del 2006, nell'ambito della fascia adriatica delle aree tecniche 5-6-7, ovvero l'Emilia-Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, sono stati assegnati all'Italia i seguenti canali: 5, 8, 9, 24, 25, 26, 30, 32, 36, 37, 38, 40, 42, 44, 47, 48, 49, 50, 52, 54, 55, 56, 58, 60, 62, 63, 65. I canali non assegnati, invece, sono stati il 6, il 21, il 22; il 27, il 31, il 33, il 35, il 41, il 51, il 59, il 64, il 66, il 67 (assegnati alla Slovenia) e il 23, il 28, il 29, il 34, il 39, il 43, il 45, il 46, il 53, il 57, il 61, il 68 (assegnati alla Croazia);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito del già citato piano di assegnazione delle frequenze pubblicato il 28 giugno 2010, all'allegato 1, prevede la realizzazione di 25 reti nazionali, che, in relazione alle citate aree tecniche del Nord-Est 5-6-7, determina una tipologia di assegnazione tale per cui tutti i canali attribuiti finiscono per essere destinati all'emittenza nazionale, con l'unica eccezione dei canali 62, 63 e 65, che, presumibilmente, potrebbero essere destinati, in linea con gli orientamenti emergenti a livello europeo, ai servizi di telefonia mobile;
ciò appare particolarmente grave e preoccupante, poiché in questo modo non risulterebbe rispettata la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale, in difformità da quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, nonché dalla delibera dell'Autorità

per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS. Inoltre, mentre la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale risulta prevista espressamente per legge, non esiste atto normativo di rango primario o secondario che disponga che le reti nazionali debbano essere necessariamente in numero di 25;
non si comprendono i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle citate aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del Nord-Est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale;
appare quanto mai chiaro che la situazione descritta dalla presente interrogazione non fa altro che avvantaggiare la posizione delle emittenti televisive nazionali, tra cui Mediaset s.p.a., a discapito di quelle locali, che potrebbero ottenere molte più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico;
se si intendessero comunque mantenere 25 reti televisive nazionali, il Ministero dello sviluppo economico, al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale e le competenze sulle modifiche del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, potrebbe adottare gli opportuni provvedimenti nei confronti degli Stati della Slovenia e della Croazia, al fine di coordinare ulteriori 13 risorse frequenziali (in questo modo si determinerebbero 25 reti nazionali e 13 locali, ovvero più di un terzo, per un totale di 38 canali tra nazionali e locali) nell'area del Nord-Est per un utilizzo da parte dell'Italia che sia tale da rendere attuabile il piano nazionale di assegnazione delle frequenze, recentemente approvato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con l'effettiva riserva di un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale ad oggi non prevista dal suddetto piano;
nel nostro Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri concentra nella propria persona una molteplicità di poteri politici, economici e mediatici, che ha determinato nel tempo un costante conflitto di interessi in capo al Presidente stesso, che, attraverso i propri parenti e sodali, gestisce numerosi e importanti gruppi societari imprenditoriali, tra i quali Mediaset s.p.a., concessionario di frequenze televisive nazionali;
in data 4 maggio 2010 il Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola ha presentato le dimissioni dal suo incarico, in coincidenza con un'inchiesta giudiziaria riguardante il pagamento effettuato da terzi con fondi in nero per l'acquisto di un immobile a suo favore. Dal 5 maggio 2010 ad oggi tale ministero è stato assegnato ad interim al Presidente Silvio Berlusconi e, come noto, la legge n. 121 del 2008 assegna al ministero sopra citato le competenze dell'ex Ministero delle comunicazioni, ivi compresa la gestione delle concessioni delle frequenze televisive e dell'intero settore delle televisioni -:
se al Governo risultino i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del Nord-Est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale, e quali iniziative urgenti il Ministero dello sviluppo economico, al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale e le competenze sulle modifiche del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, intenda assumere in relazione alla situazione descritta dalla presente interrogazione, che, ad avviso degli interroganti, ha di fatto avvantaggiato la posizioni delle emittenti televisive nazionali, quali Mediaset, che potrebbero ottenere molte più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico, a discapito dell'emittenza locale.
(3-01165)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Alessandri e altri n. 7-00350, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pili.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in commissione Picierno n. 5-03011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Di Pietro e altri n. 5-03168 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 347 del 5 luglio 2010. Alla pagina 14324, seconda colonna, riga trentacinquesima, deve leggersi: «CCNL 5 aprile 2001 - biennio 2000/» e non «CCNL 5 gennaio 2001 - biennio 2000/» come stampato. Alla pagina 14326, seconda colonna, riga quarantesettesima, deve leggersi: «nella risposta all'interrogazione n. 4-05319» e non «nella risposta all'interrogazione 4-05219», come stampato.