XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 5 luglio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
le Forze armate della Repubblica rappresentano lo strumento fondamentale per assicurare la difesa della patria e garantire la sicurezza dei cittadini, nonché per sostenere gli impegni del nostro Paese in politica estera e fornire supporto alle organizzazioni internazionali impegnate nelle aree di crisi e nelle emergenze mondiali;
nel corso del Consiglio supremo di difesa del 10 marzo 2010, convocato per esaminare la situazione internazionale e per valutare la configurazione e l'articolazione dei contingenti militari nazionali impiegati nelle aree di crisi, è emersa l'esigenza di continuare a razionalizzare le spese, viste le perduranti ristrettezze di bilancio;
nel comunicato ufficiale emesso al termine del Consiglio supremo di difesa si è sottolineato come «l'impegno militare e di concorso allo sviluppo profuso dal nostro Paese nel quadro della Comunità Internazionale resta fondamentale e, pertanto, deve continuare ad essere sostenuto con adeguate risorse umane, economiche e materiali»;
l'impatto della manovra economica del 2008 ha prodotto una drastica riduzione delle risorse destinate alla difesa. Secondo il rapporto «L'Italia e la trasformazione dello scenario internazionale», presentato nel marzo 2010 dall'Istituto affari internazionali (Iai) e dall'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), la percentuale del prodotto interno lordo destinata dal Governo alla difesa si è progressivamente ridotta ben al di sotto dell'1 per cento, più bassa della media europea (1,42 per cento) e delle richieste della Nato (2 per cento);
il rapporto segnala che per la «funzione Difesa (spese per l'operatività delle Forze armate) aumenta ulteriormente (63,3 per cento) la parte dedicata al personale (+750 milioni, ma con l'esclusione di nuovi reclutamenti) a detrimento di investimenti (-560) ed delle spese di esercizio (-440)» e che «la mancanza di risorse e di spese di qualità allontana l'Italia dagli standard di interoperabilità, quindi di sicurezza, delle forze Nato e Ue», rischiando, in tal modo, di pregiudicare la pluriennale esperienza acquisita negli interventi in aree di crisi ed in situazioni di conflitto a bassa e media intensità;
il 12 marzo 2009, con il parere favorevole del Governo, è stata approvata la mozione 1-00093, che prevedeva l'impegno dell'Esecutivo:
a) ad adottare in tempi rapidi misure atte a salvaguardare la funzionalità e le capacità operative di intervento dello strumento militare, garantendo le peculiari caratteristiche delle Forze armate, finalizzandole, oggi ed in previsione delle future esigenze, ai compiti che esse svolgono nelle aree di crisi presenti nel mondo, nonché per la sicurezza e lo sviluppo del nostro Paese;
b) a rivedere e ad ottimizzare, coinvolgendo pienamente il Parlamento, il quadro normativo per l'impiego e la gestione delle Forze armate e del comparto difesa nel suo complesso, garantendone la capacità di corrispondere alle esigenze di difesa nazionale ed agli impegni internazionali, operando le necessarie scelte nei settori tecnico-amministrativo, del personale, della logistica e dell'organizzazione delle Forze armate sul territorio nazionale;
c) a rimodulare gli investimenti, secondo criteri e priorità strettamente fondati sia sui compiti effettivamente svolti oggi dallo strumento militare in questo periodo storico, sia su quelli, ad alta intensità, che un possibile deterioramento del quadro strategico potrà costringere ad affrontare, sulla base delle risorse realisticamente disponibili;

d) a destinare in via prioritaria le risorse disponibili e quelle eventualmente recuperate da altre aree ai settori del reclutamento e dell'addestramento, essenziali per il mantenimento delle capacità operative;
e) ad assicurare, nel tempo, stabilità e coerenza all'assegnazione delle risorse per il comparto difesa, quale presupposto di base per l'efficiente ed economica finalizzazione dei programmi di trasformazione e razionalizzazione delle Forze armate;
il taglio delle spese correnti, delle retribuzioni e dei fondi per l'addestramento dei reparti, la manutenzione e gestione di mezzi e infrastrutture rischia, infatti, di creare arsenali sofisticati senza risorse e personale addestrato per utilizzarli;
il nuovo modello di difesa non è ancora delineato e manca una pianificazione a lungo termine che mette a rischio le Forze armate italiane, le quali solo grazie ai fondi destinati per le missioni all'estero riescono a recuperare risorse extra bilancio,

impegna il Governo:

a procedere celermente all'assunzione delle iniziative conseguenti agli impegni contenuti nella sopra citata mozione approvata dall'Assemblea della Camera dei deputati il 12 marzo 2009;
a condizionare il varo del nuovo modello di difesa professionale alla verifica prioritaria della piena realizzazione di quello delineato dalle leggi n. 331 del 2000, n. 215 del 2001 e n. 226 del 2004 e alla definizione dei tagli da apportare al bilancio della difesa;
a predisporre un piano di investimenti nel settore della difesa selettivo e funzionale alle esigenze prioritarie delle nostre Forze armate, privilegiando i programmi di reclutamento e di addestramento del personale in linea con gli standard degli altri partner europei e Nato.
(1-00402)
«Casini, Cesa, Vietti, Bosi, Rao, Pisacane, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Tassone, Galletti, Libè, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
la difesa e il suo bilancio non riguardano certamente solo il settore ma l'intero Paese, che ovviamente non può fare a meno di disporre di una buona organizzazione e capacità di forza difensiva; ogni nazione, infatti, vi si deve rapportare in relazione al suo peso internazionale e alla sua importanza geografica e strategica;
è certamente vero che oggi, in un momento in cui si scopre che la crisi economica globale ci riguarda, è necessario razionalizzare la spesa pubblica, ma è necessario farlo con un lavoro serio, puntuale, che entri nel merito di ogni programma di spesa, che si assuma la responsabilità di scegliere le priorità;
intanto, il bilancio italiano per la difesa continua a contrarsi: nel 2010 sono previsti ulteriori tagli lineari riguardanti tutti i Ministeri, che però aggraveranno ulteriormente il già pesante squilibrio nella ripartizione dei finanziamenti determinatosi a causa dei precedenti tagli contenuti nel decreto-legge n. 112 del 2008; ciò prefigura una serie di interventi volti ad un'ulteriore riduzione delle già limitate risorse a disposizione, con rilevanti (e non positivi) riflessi sul processo di professionalizzazione delle Forze armate e sull'esercizio;
i tagli di bilancio delle spese per l'esercizio, infatti, oltre a compromettere la capacità operativa del nostro strumento militare, rischia di avere gravi conseguenze anche sulla stessa sicurezza del

personale, mentre il Governo continua a non tenere conto che nel bilancio della difesa i consumi intermedi riguardano la manutenzione dei sistemi d'arma e l'addestramento, che invece dovrebbero essere considerati investimenti;
la nota aggiuntiva allo stato di previsione della spesa per il 2010, pubblicata dal Ministero della difesa, indica una spesa pari a 20,36 miliardi di euro, laddove, secondo la stima del gruppo sicurezza e difesa dell'Istituto affari italiani (Iai), le risorse effettivamente disponibili per la difesa nel 2010 sarebbero ancor più limitate e ammonterebbero a 17,6 miliardi;
il capitolo funzione difesa del bilancio del Ministero della difesa raccoglie tutti i costi relativi al funzionamento delle Forze armate, come l'addestramento, l'acquisizione e la manutenzione degli equipaggiamenti, ma soprattutto le spese per il personale, reparto che soffre del pesante squilibrio tra volontari di truppa da un lato e ufficiali e sottufficiali dall'altro. Questi ultimi, infatti, risultano in esubero rispetto alle reali esigenze (gli stessi vertici militari parlano di 40.000 marescialli in esubero, esattamente il numero di militari che prevede di tagliare, per fare un esempio, la Germania);
gli stanziamenti per la funzione difesa 2010 ammontano a 14.280 milioni di euro, in calo di 60 milioni di euro rispetto al 2009. Continua, quindi, il trend discendente cominciato nel 2008, quando per la funzione difesa erano stati stanziati 15,4 miliardi di euro;
come è noto, a questo valore vanno aggiunte le spese (stimate in 419 milioni di euro) per il personale dei carabinieri non impegnato nel campo della pubblica sicurezza, cioè i carabinieri in missione all'estero e quelli che svolgono funzioni di polizia militare;
calcolare quanto spenda realmente il nostro Paese per la difesa non è semplice, poiché, a seconda delle voci considerate e della metodologia utilizzata, le cifre potrebbero infatti variare, rendendone di difficile lettura il bilancio anche agli addetti ai lavori;
le variabili per giungere a un conteggio aggregato sono diverse: ad esempio, nel bilancio della difesa compaiono i carabinieri, che rappresentano la quarta forza armata, ma che comunque per una parte hanno compiti di polizia per i quali dipendono funzionalmente dal Ministero dell'interno; inoltre, non compaiono le spese per le missioni all'estero, che per il 90 per cento riguardano gli aspetti militari, né l'acquisizione di alcuni sistemi di arma pagati con i fondi del Ministero dello sviluppo economico;
il nostro Paese spende molto per la difesa ma abbiamo Forze armate comunque in condizioni precarie: uomini e donne senza più formazione e mezzi, senza carburante e pezzi di ricambio, con riduzioni degli investimenti in manutenzione e in addestramento (soprattutto per i contingenti che operano fuori area), fino a mettere in ginocchio settori importanti delle nostre Forze armate;
tra l'altro, nella nota aggiuntiva, con riferimento al capitolo riguardante l'esercizio (che tra il 2008 ed il 2009 aveva già subito un drastico taglio del 29 per cento ed ha sofferto un ulteriore decremento del 6,8 per cento, passando a 1.760 milioni di euro, laddove nel 2001 le spese per l'esercizio ammontavano a 3.570 milioni) si legge testualmente: «è possibile soddisfare, e non in modo adeguato, le esigenze nelle aree fondamentali della formazione e dell'addestramento (...) le restanti aree afferenti ad esempio il mantenimento e la manutenzione generale dei mezzi ed equipaggiamenti (...) permangono ed anzi accentuano la loro condizione di forte sottofinanziamento»; tutto ciò anche in considerazione del fatto che le Forze armate saranno sempre più intensamente impegnate in missioni internazionali e anche in operazioni di pubblica sicurezza, il che comporterà un aggravio di pressione sul personale e di usura degli equipaggiamenti;

sempre secondo l'Istituto affari italiani, la spesa per la difesa risulta, quindi, insoddisfacente, sia dal punto quantitativo che da quello qualitativo: si spende, cioè, poco e male, al punto che la stessa nota aggiuntiva paventa che ne possano essere compromesse le capacità operative delle Forze armate; si rischia in tal modo di sprecare risorse di non poco conto che non servono alla difesa del Paese, ma solo a favorire gli interessi dei vertici della lobby industrial-militare, mentre si fa morire la cooperazione allo sviluppo e il servizio civile, per fare qualche esempio;
il sistema attuale è, infatti, fortemente sponsorizzato dalla nostra industria bellica e dai vertici militari e prevede uno strumento militare composto da 190.000 uomini e donne volontari armati di tutto punto. Un modello che ha ovviamente fatto esplodere le spese militari e anche gli sprechi, con il risultato finale che le Forze armate «sono sempre più alla soglia di un'irreversibile inefficienza», per ammissione del precedente Ministro della difesa;
c'è da chiedersi, per esempio, quale impiego strategico si possa prevedere per il cacciabombardiere F35 con capacità di trasporto di ordigni nucleari, atteso che la «difesa del territorio» è già garantita dai famigerati Eurofighter, aerei con capacità aria-aria. Il Joint strike fighter (F35) è infatti ritenuto una sorta di pozzo di San Patrizio dallo statunitense Gao (Government accountability office), il corrispettivo della nostra Corte dei conti per gli Stati Uniti (capofila del progetto), che ne ha più volte denunciato i forti ritardi, il lievitare dei costi, ponendo più di un dubbio anche sulla buona riuscita del progetto stesso;
la stessa approvazione di nuovi acquisti - che per legge dovrebbe sempre passare al vaglio di una scelta parlamentare - è spesso fittiziamente presentata come proroga di decisioni precedentemente prese, anche nel caso in cui riguardi programmi del tutto differenti; è da tempo che il nostro Governo sulla necessaria e urgente ridefinizione del modello di difesa annuncia grandi cose, ma manca anche solo una proiezione di come nei prossimi dieci anni l'Italia intenderà approntare un proprio sistema di difesa e con quali strategie, sistema che dovrebbe essere ispirato a criteri coerenti, definiti e frutto di un'accurata analisi in ordine alla compatibilità delle risorse impiegate rispetto agli obiettivi da perseguire;
nonostante gli impegni assunti, non risulta ancora essere stata elaborata e presentata la relazione finale sulla proposta di un nuovo modello di difesa, per la cui elaborazione è stata insediata un'apposita commissione di alta consulenza e studio che ha da tempo concluso i suoi lavori; comincia a palesarsi a livello europeo la necessità di creare una «forza integrata», che stabilisca insieme agli alleati cosa deve fare e quali mezzi deve fornire l'Italia e cosa tocca agli altri. Ad esempio, chi deve schierare costosissimi aerei per ingannare i radar nemici e chi quelli per dare la caccia ai sottomarini. Conseguentemente, occorrerà specializzare e migliorare il ruolo dei nostri militari, soprattutto nell'ottica della nascente difesa europea;
infine, si deve registrare la mancata soppressione della società Difesa servizi s.p.a., facendo così permanere un ulteriore centro di spesa,

impegna il Governo:

a dare la piena disponibilità per un approfondito confronto in sede parlamentare sul nuovo modello di difesa, al fine di garantire efficaci programmi di esercitazione, aggiornamento delle professionalità e dello strumento militare, manutenzione dei mezzi, che permettano ai nostri soldati di ricominciare a effettuare i necessari addestramenti navali, terresti ed aerei, nonché garantire la formazione allo svolgimento delle funzioni di pubblica sicurezza;
ad adottare i necessari provvedimenti straordinari per correggere il grave squilibrio del personale per evitare che il

Paese corra il rischio di ritrovarsi con uno strumento militare impossibilitato a svolgere appieno le proprie funzioni;
a perseguire l'esigenza di una migliore qualità e di una razionalizzazione della spesa militare, accentuando la dimensione interforze dello strumento militare a livello nazionale e realizzando le migliori sinergie nel settore industriale e negli asset operativi a livello europeo, soprattutto nell'ottica della nascente difesa europea;
ad avviare una profonda revisione del sistema difesa, soprattutto attraverso una necessaria e urgente operazione di efficientamento e riorganizzazione di tutto l'apparato militare.
(1-00403)
«Di Stanislao, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
il quadro internazionale è fortemente caratterizzato dagli effetti di una congiuntura economica particolarmente negativa che sta interessando anche il nostro Paese;
permangono, e potrebbero acuirsi, situazioni di instabilità e di rischio per la sicurezza in molte aree del pianeta, generando localmente crisi di carattere etnico-sociale che si ripercuotono un po' ovunque sotto forma di migrazioni incontrollate, aumento dei traffici illeciti di ogni tipo, non senza generare fenomeni, anche a base ideologica, di matrice terroristica e rischi per le linee di comunicazione marittime;
sono tuttora in atto missioni internazionali, in particolare in Libano, in Afghanistan e nei Balcani, cui l'Italia partecipa con diverse migliaia di uomini e mezzi, determinanti per la tutela della sicurezza e per il sostegno alla ricostruzione;
l'Italia, nell'ambito delle organizzazioni internazionali di riferimento, svolge un ruolo importante ed è uno dei principali contributori per le missioni internazionali di pace;
l'Italia persegue con determinazione e convinzione l'attività di sostegno e contributo alle politiche di disarmo e non proliferazione, nell'ottica di pervenire al traguardo finale di un mondo libero da armi nucleari;
le Forze armate svolgono una funzione fondamentale per la difesa e la sicurezza della nazione e la tutela dei suoi interessi, per la prevenzione dei conflitti, nonché per contribuire alla pacificazione e al mantenimento della pace internazionale - anche al prezzo dell'estremo sacrificio di alcuni dei propri uomini nella riaffermazione dei valori etici che sono alla base dell'istituzione militare - e costituiscono un elemento fondamentale e determinante a sostegno della politica estera del Paese;
nel quadro dell'attuale congiuntura economica e a fronte dell'esigenza di un'ottimale impiego delle risorse disponibili, il Ministero della difesa e lo strumento militare necessitano di una trasformazione e modernizzazione, al fine di continuare ad assolvere ai compiti istituzionali e agli impegni internazionali;
risulta che la Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale, istituita dal Ministro della difesa, abbia ultimato la sua attività volta a definire i principi generali, cui dovrà ispirarsi la riforma delle Forze armate e del Ministero della difesa;
è necessario perseguire l'obiettivo di una difesa europea che consenta di conseguire un insieme più ampio di capacità operative integrate e di ridurre, nel contempo, la spesa militare dei singoli Paesi,

impegna il Governo:

a garantire che lo strumento militare, nel suo complesso, continui a disporre delle capacità necessarie per l'assolvimento dei compiti istituzionali;

a procedere, tramite opportune iniziative anche di carattere normativo, verso un riassetto ed una riorganizzazione estesa a tutti i settori delle Forze armate, al fine di generare economie di scala e un ulteriore efficientamento;
a sostenere il processo di reclutamento del personale, destinando adeguate risorse per accelerare l'attuazione del modello professionale, al fine di pervenire ad un ottimale bilanciamento della configurazione organica;
a porre particolare attenzione alla tutela della condizione del personale militare, anche attraverso appropriate iniziative nel settore alloggiativo;
ad assicurare adeguati livelli di alimentazione finanziaria delle spese di esercizio, anche attraverso la revisione delle voci del bilancio della difesa classificate rimodulabili, al fine di preservare le risorse necessarie per le esigenze connesse con la prontezza e l'efficienza peculiari dello strumento militare;
ad assicurare adeguati livelli di finanziamento al settore investimento della difesa, al fine di sviluppare le attività di ammodernamento e rinnovamento dello strumento militare, contribuendo a creare le condizioni per la crescita e la competitività, anche in ambito internazionale, dei settori industriali avanzati, essenziali per lo sviluppo economico del Paese;
a porre in essere, nell'ambito dei processi di acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa, un'attenta attività di pianificazione, sia per soddisfare le esigenze urgenti, quali, per esempio, quelle correlate alla protezione e alla sicurezza del personale impiegato nei teatri operativi, sia per assicurare uno sviluppo capacitivo dello strumento militare coerente con le prevedibili esigenze future;
a sviluppare il piano di trasformazione ed efficientamento coerentemente con il processo in corso nell'Alleanza atlantica e con l'obiettivo di una politica comune di sicurezza e difesa nell'ambito dell'Unione europea, nonché con riferimento a quanto analogamente in atto presso i Paesi partner.
(1-00404)
«Cicu, Baldelli, Iannaccone, Cirielli, Ascierto, Barba, Belcastro, De Angelis, Fallica, Gregorio Fontana, Holzmann, Lamorte, Giulio Marini, Mazzoni, Moles, Paglia, Petrenga, Luciano Rossi, Sammarco, Scandroglio, Speciale».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
il quadro internazionale è fortemente caratterizzato dagli effetti di una congiuntura economica particolarmente negativa che sta interessando anche il nostro Paese;
permangono, e potrebbero acuirsi, situazioni di instabilità e di rischio per la sicurezza in molte aree del pianeta, generando localmente crisi di carattere politico ed etnico-sociale che si ripercuotono un po' ovunque sotto forma di migrazioni incontrollate, aumento dei traffici illeciti di ogni tipo, non senza generare terrorismo e rischi per le linee di comunicazione marittime;
sono tuttora in atto missioni internazionali, in particolare in Afghanistan, in Libano e nei Balcani, cui l'Italia partecipa con diverse migliaia di uomini e mezzi, determinanti per la tutela della sicurezza e per il sostegno alla ricostruzione;
l'Italia, nell'ambito delle organizzazioni internazionali di riferimento, svolge un ruolo importante ed è uno dei principali contributori per le missioni internazionali di pace;
l'Italia persegue con determinazione e convinzione l'attività di sostegno e contributo alle politiche di disarmo e non proliferazione, nell'ottica di pervenire al traguardo finale di un mondo libero da armi nucleari;
le Forze armate svolgono una funzione fondamentale per la difesa e la sicurezza della nazione e la tutela dei suoi interessi, per la prevenzione dei conflitti, nonché per contribuire alla pacificazione e al mantenimento della pace internazionale - anche al prezzo dell'estremo sacrificio di alcuni dei propri uomini nella riaffermazione dei valori etici che sono alla base dell'istituzione militare - e costituiscono un elemento fondamentale e determinante a sostegno della politica estera del Paese;
nel quadro dell'attuale scenario internazionale, della congiuntura economica e a fronte dell'esigenza di un'ottimale impiego delle risorse disponibili, il Ministero della difesa e lo strumento militare necessitano di una trasformazione e modernizzazione, al fine di continuare ad assolvere ai compiti istituzionali e agli impegni internazionali;
risulta che la Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale, istituita dal Ministro della difesa, abbia ultimato la sua attività volta a definire i principi generali, cui dovrà ispirarsi la riforma delle Forze armate e del Ministero della difesa;
è necessario perseguire l'obiettivo di una difesa europea che consenta di conseguire un insieme più ampio di capacità operative integrate e di ridurre, nel contempo, la spesa militare dei singoli Paesi,

impegna il Governo:

a garantire che lo strumento militare, nel suo complesso, continui a disporre delle capacità necessarie per l'assolvimento dei compiti istituzionali;
a dare la piena disponibilità per un approfondito confronto in sede parlamentare sulle linee guida del nuovo modello di difesa e, in particolare, sulle raccomandazioni della Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale;
a procedere, tramite opportune iniziative anche di carattere normativo, verso un riassetto ed una riorganizzazione estesa a tutti i settori delle Forze armate, coerentemente con gli obiettivi assegnati allo strumento militare e con le disponibilità di bilancio, al fine di generare economie di scala e un ulteriore efficientamento;
a sostenere il reclutamento, destinando adeguate risorse per accelerare l'attuazione del modello professionale, al fine di pervenire ad un ottimale bilanciamento della configurazione organica e prevenire l'invecchiamento del personale militare;
a porre particolare attenzione alla tutela della condizione del personale militare, anche attraverso appropriate iniziative nel settore alloggiativo ed interventi di riordino sulle carriere che eliminino le sperequazioni di status ancora esistenti;
ad assicurare adeguati livelli di alimentazione finanziaria delle spese di esercizio, anche attraverso la revisione delle voci del bilancio della difesa classificate rimodulabili, al fine di preservare le risorse necessarie per le esigenze connesse con la prontezza e l'efficienza peculiari dello strumento militare;
a confermare adeguati livelli di finanziamento al settore investimento della difesa, al fine di sviluppare le attività di ammodernamento e rinnovamento dello strumento militare, contribuendo a creare le condizioni per la crescita e la competitività, anche in ambito internazionale, dei settori industriali avanzati, essenziali per lo sviluppo economico del Paese;
a porre in essere, nell'ambito dei processi di acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa, un'attenta attività di pianificazione, sia per soddisfare le esigenze urgenti, quali, per esempio, quelle correlate alla protezione e alla sicurezza del personale impiegato nei teatri operativi, sia per assicurare uno sviluppo capacitivo dello strumento militare coerente con le prevedibili esigenze future;
a sviluppare il piano di trasformazione ed efficientamento coerentemente con il processo in corso nell'Alleanza atlantica e con l'obiettivo di una politica comune di sicurezza e difesa nell'ambito dell'Unione europea, nonché con riferimento a quanto analogamente in atto presso i Paesi partner.
(1-00404) (Nuova formulazione) «Cicu, Gidoni, Baldelli, Iannaccone, Cirielli, Ascierto, Barba, Belcastro, Chiappori, De Angelis, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Holzmann, Lamorte, Giulio Marini, Mazzoni, Moles, Paglia, Petrenga, Pirovano, Luciano Rossi, Sammarco, Scandroglio, Speciale».

La Camera,
premesso che:
il bilancio italiano per la difesa ha subito diversi tagli nell'ultimo periodo, anche a causa delle riduzioni lineari del 10 per cento nelle assegnazioni previste per i Ministeri;
nell'operato delle Forze armate si deve tenere conto del crescente impegno in missioni internazionali e in operazioni di pubblica sicurezza in patria;
la nota aggiuntiva allo stato di previsione della spesa per il 2010, pubblicata dal Ministero della difesa, indica una spesa pari a 20,36 miliardi di euro. Secondo la stima del gruppo sicurezza e difesa dell'Istituto affari internazionali (Iai), invece, le risorse effettivamente disponibili per la difesa nel 2010 ammonterebbero a 17,6 miliardi di euro;
la stima dell'Istituto affari internazionali include solo le voci che contribuiscono realmente a produrre sicurezza esterna per il Paese nel corso dell'anno di riferimento: la cosiddetta funzione difesa, le spese per le missioni militari all'estero e gli investimenti per l'acquisizione e lo sviluppo di armamenti;
il capitolo funzione difesa del bilancio del Ministero della difesa raccoglie tutti i costi relativi al funzionamento delle Forze armate, come le spese per il personale, l'addestramento, l'acquisizione e la manutenzione degli equipaggiamenti ed altro. Sono, quindi, escluse dal computo le

voci che non riguardano direttamente il funzionamento della struttura militare: ad esempio, le pensioni o le spese riguardanti altre attività (come i servizi per il traffico aereo civile);
gli stanziamenti per la funzione difesa 2010 ammontano a 14.280 milioni di euro, in calo di 60 milioni rispetto al 2009. Continua, quindi, il trend discendente cominciato nel 2008, quando per la funzione difesa erano stati stanziati 15,4 miliardi di euro;
a questo valore vanno aggiunte le spese per il personale dei carabinieri non impegnato nel campo della pubblica sicurezza, cioè i carabinieri in missione all'estero e quelli che svolgono funzioni di polizia militare. Questa voce è stimata 419 milioni di euro;
per quanto riguarda le missioni, la legge n. 30 del marzo 2010 ha stanziato complessivamente 706 milioni di euro per il rifinanziamento delle missioni militari fino al giugno 2010. Questa cifra è stata calcolata lasciando fuori i costi per le missioni civili, i contributi alle attività di organizzazioni internazionali e la cooperazione allo sviluppo. Raddoppiando gli stanziamenti della legge n. 30 del 2010, il costo per le missioni militari dell'Italia per il 2010 dovrebbe attestarsi intorno ai 1.412 milioni di euro;
infine, nel novero delle spese della difesa dovrebbero rientrare anche i finanziamenti erogati dal Ministero dello sviluppo economico per progetti industriali di rilevanza nazionale, quali Eurofighter, Fremm e Freccia. Lo stanziamento del Ministero dello sviluppo economico per il 2010, basato su mutui pluriennali, dovrebbe ammontare quest'anno a poco meno di 1,5 miliardi di euro. Il totale ammonta a 17,6 miliardi di euro; una cifra che, seppure inferiore a quella dei principali partner europei, non è insignificante;
una nota positiva è rappresentata dalla spesa per gli investimenti, che aumenta di 287 milioni di euro; un incremento del 10 per cento rispetto al 2009, che porterà il totale a 3.172 milioni di euro, consentendo il mantenimento degli impegni assunti dal Paese nell'ambito dei programmi di sviluppo internazionali;
le spese per il personale scendono a 9.345 milioni di euro, cioè 219 milioni in meno rispetto al 2009. Tale cifra rappresenta oltre il 65 per cento dei fondi complessivi della funzione difesa, percentuale lontana dal quel 40 per cento indicato come obbiettivo «teorico» della riorganizzazione della difesa. Oltretutto, buona parte del taglio è ascrivibile alla riduzione del numero dei volontari di truppa, che passeranno da oltre 88 mila a circa 80 mila, non essendo previsto l'arruolamento di nuovi volontari. Ci si allontana, quindi, sempre più dall'obbiettivo di una forza di 190 mila uomini - tra volontari di truppa, ufficiali e sottufficiali - prevista dalla legge n. 331 del 2000, che aveva istituito il servizio militare professionale (nel 2010 si registreranno circa 179 mila, dai 188 mila del 2008);
lo stato del capitolo relativo all'esercizio comprende voci fondamentali quali la formazione e l'addestramento del personale, nonché la manutenzione e il supporto degli equipaggiamenti. Il capitolo, che tra il 2008 ed il 2009 aveva già subito un taglio del 29 per cento, ha sofferto un ulteriore decremento del 6,8 per cento, passando a 1.760 milioni di euro (nel 2001 le spese per l'esercizio ammontavano a 3.570 milioni di euro);
va ricordato, peraltro, che le Forze armate sono sempre più intensamente impegnate in missioni internazionali e che lo saranno sempre più anche in operazioni di pubblica sicurezza, il che comporterà un aggravio di pressione sul personale e di usura degli equipaggiamenti;
con riferimento alle missioni internazionali, il 10 marzo 2010 il Consiglio supremo di difesa, esaminando la situazione internazionale, con particolare riferimento all'Asia centrale, al Medio Oriente e ai Balcani, ha ribadito che l'impegno militare e di concorso allo sviluppo profuso dal nostro Paese nel quadro della

comunità internazionale deve continuare ad essere sostenuto con adeguate risorse umane, economiche e materiali;
il Consiglio supremo di difesa ha, inoltre, ribadito che l'attuazione di una comune politica estera e di difesa nell'ambito dell'Unione europea costituisce obiettivo vitale per gli Stati membri e per la crescita dell'Europa,

impegna il Governo:

a considerare l'opportunità di superare la logica dei tagli lineari per determinare un orientamento mirato a non penalizzare l'efficienza della struttura militare italiana, in coerenza con il nuovo modello di difesa, e a consentire la partecipazione dell'Italia all'auspicata costruzione di una forte struttura militare comune europea;
a verificare se sia possibile recuperare risorse per il mantenimento in efficacia dello strumento militare, con specifico riguardo all'addestramento ed alla manutenzione dei mezzi, ed orientare gli investimenti verso un impiego più direttamente finalizzato al sostegno delle operazioni in corso, per incrementare la sicurezza del personale e l'efficacia dei contingenti nazionali impegnati nelle missioni internazionali;
a contribuire affinché l'Unione europea diventi punto di riferimento comune in ambito internazionale per il disarmo e la riduzione dell'armamento nucleare;
ad intervenire nelle sedi internazionali, dal momento che è stata preannunciata una riforma dei modelli di difesa di Francia e Regno Unito, tesa a renderli più flessibili e adatti alle nuove sfide internazionali, al fine di sostenere e rafforzare una politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, invocando anche una «maggiore cooperazione» tra l'Unione europea e la Nato, così come l'Italia ha sempre auspicato;
a dare piena disponibilità al confronto nell'ottica dell'attuazione di una comune politica estera e di difesa e sicurezza nell'ambito dell'Unione europea, per quel che riguarda gli aspetti industriali e della ricerca, al fine di verificare la possibilità di lanciare una concreta iniziativa di finalizzazione del trattato di Lisbona, al duplice scopo di concorrere alla costruzione di uno strumento politico-militare comune dal punto di vista operativo e di conseguire importanti risparmi sul piano economico.
(1-00405)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

Risoluzione in Commissione:

La X Commissione,
premesso che:
il comparto del mobile-arredo è strategico per l'industria manifatturiera italiana, raccogliendo decine di migliaia di piccole e medie imprese che, orientate sempre più verso l'innovazione e la qualità dei prodotti, hanno raggiunto oggi eccellenti livelli di competitività soprattutto sui mercati internazionali;
l'attuale crisi dell'industria del legno, particolarmente profonda sia dal lato della flessione delle esportazioni sia da quello della contrazione dei consumi nazionali, non dipende dalla mancanza di capacità delle aziende, ma dalla gravità e dalla complessità della crisi economica internazionale, che ha colpito in modo particolare l'edilizia e i consumi di beni durevoli;
negli anni antecedenti la crisi, a differenza di altri settori del «made in Italy» fortemente messi in difficoltà dalla concorrenza sleale dei Paesi asiatici, l'industria italiana del legno, sia pur con problemi specifici in alcuni comparti, ha reagito bene alle nuove sfide della globalizzazione, affermandosi nel 2007 al primo posto per la produzione di mobili in Europa;
è stato dunque inevitabile, nel momento in cui la crisi mondiale ha toccato

il suo apice, che il settore del legno-mobile, caratterizzato da una spiccata proiezione internazionale, subisse un drastico contraccolpo;
il 2009 si è chiuso per il macrosistema italiano dell'arredamento con un calo consistente di tutti gli indicatori settoriali; gli ultimi elaborati mostrano una contrazione del fatturato totale del sistema arredamento del 17,6 per cento, determinato da un crollo delle esportazioni del 21,6 per cento e da una contrazione dei consumi interni del 14,8 per cento;
il notevole ridimensionamento del giro d'affari della filiera, passato dai quasi 25 miliardi di euro nel 2008 ai poco più di 20,5 miliardi, ha poi determinato un calo degli addetti del sistema, passando dai circa 234.000 addetti del 2008 ai circa 227.000 del 2009. Da un'analisi del servizio studi di Intesa San Paolo, emerge che, sempre nel 2009, le imprese italiane hanno fatto un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali;
la ripresa per il settore del legno arredo italiano sarà forse anche più lenta rispetto a quella di altri settori del «made in Italy» per il perdurare della crisi dell'edilizia e nei consumi di beni durevoli a livello internazionale. Dopo i negativi risultati del 2009, il previsto recupero di fatturato del sistema arredamento per il 2010 è solamente dell'1 per cento, mantenendosi quindi sensibilmente al di sotto dei livelli pre-crisi;
un'azione di sostegno della domanda interna potrebbe giocare un ruolo cruciale in vista della ripresa della domanda mondiale attesa per il 2011. In tale prospettiva, stimolare il mercato interno attraverso un piano governativo di incentivi ai consumi potrebbe favorire la ripresa di molte piccole e medie imprese, oggi in difficoltà, proteggendo l'industria nazionale del legno-mobile dal rischio di una crescente emorragia di posti si lavoro e di una grave perdita di competenze e di relazioni di filiera;
da tempo il Governo è stato sensibilizzato alla crisi del comparto del mobile, ed un passo importante è stato recentemente compiuto con l'approvazione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, che tra gli interventi di sostegno alla domanda in particolari settori industriali prevede anche specifici incentivi per il comparto delle cucine;
è necessario proseguire nella strada intrapresa, estendendo le misure di incentivazione per il sostegno della domanda ad altri settori del comparto ed in particolare al rinnovo dell'arredo del parco ricettivo-turistico, che rappresenta un volano per lo sviluppo dell'economia italiana;
la concessione degli incentivi al comparto del mobile-arredo è improrogabile, anche alla luce dell'attuale congiuntura economica, e necessaria per far ripartire un settore strategico per l'economia del Paese, la cui filiera sta dando lavoro a circa 410 mila persone con un fatturato di circa 32 miliardi di euro, che nel 2009 ha vissuto un'importante crisi;
in Parlamento sono state da tempo depositate dal gruppo parlamentare della Lega Nord diverse proposte di legge che hanno l'obiettivo, da un lato di favorire la ripresa del settore, e, dall'altro, di introdurre un sistema di tracciabilità per la valorizzazione dei prodotti del comparto del mobile-arredo, consentendo alle imprese di qualificare la propria produzione e ai consumatori di avere maggiori informazioni sulla qualità e la sicurezza dei prodotti acquistati,

impegna il Governo:

ad adottare urgenti iniziative, anche normative, in favore del comparto del mobile-arredo, estendendo gli incentivi per il sostegno alla domanda all'intero settore, compresi i mobili per uffici e negozi, prevedendo poi un particolare incentivo per il rinnovo degli arredi del parco turistico-alberghiero che rappresenta un settore strategico per l'economia italiana;

ad adottare ulteriori iniziative per favorire l'acquisto di mobili certificati, realizzati prioritariamente con materiali provenienti nell'ambito di programmi e progetti di riforestazione e con finiture di prodotti ecocompatibili;
ad assumere iniziative normative volte a prevedere forme di agevolazione fiscale per l'acquisto di mobili, da parte di famiglie composte da persone di età non superiore a 36 anni, da destinare all'arredo di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale;
ad introdurre misure per la certificazione dei legni impiegati nella realizzazione dei mobili e per la tracciabilità dei processi di lavorazione degli stessi, al fine di sostenere le produzioni di mobili italiani di alta qualità.
(7-00361)
«Torazzi, Togni, Allasia, Maggioni».

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i nostri concittadini esuli giuliano-istriano-dalmati, con la trascrizione del nome straniero della città di nascita nei loro vari documenti di identità ed in luogo della sigla della vecchia provincia di appartenenza delle sigle JU, EE, si sono sentiti considerati dallo Stato italiano alla stregua di cittadini stranieri naturalizzati italiani;
tutti gli esuli hanno sempre aspirato ad avere nei loro vari certificati di identità, oltre al nome italiano del comune di nascita, anche la vecchia sigla della provincia, per potersi sentire uguali a tutti gli altri italiani che hanno, accanto al comune di nascita, riportata la sigla della provincia di appartenenza;
il Ministero dell'interno, «rendendosi conto della situazione di disagio avvertito da tale categoria di cittadini», ha opportunamente emanato a suo tempo varie circolari affinché fosse riportato «unicamente il nome italiano del Comune di nascita, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene» - come giustamente ribadito nell'articolo 1 della legge 15 febbraio 1989 n. 54 - omettendo sempre, purtroppo, di aggiungere che andava apposta anche la sigla della vecchia provincia, pur confermando in altre circolari la «correttezza dell'indicazione della sigla della (vecchia) provincia riportata sulla carta d'identità aderendo alla specifica richiesta dell'interessato...»;
dette circolari sono state per lungo tempo poco divulgate, spesso male e diversamente interpretate, rendendo caotico lo stato civile di detti esuli, per cui molti di loro hanno avuto contemporaneamente finanche nove certificazioni di identità, l'una diversa dall'altra, sovente con pesanti conseguenze economiche, dovute ad un apparato burocratico ottuso che in qualche caso li ha anche considerati apolidi;
tale situazione di disagio si è acuita con l'avvento dell'elettronica in quanto gli enti preposti al rilascio dei certificati spesso non sono né in possesso né a conoscenza dei codici identificativi dei comuni ricadenti nei territori ceduti dall'Italia alla ex Jugoslavia;
questi cittadini saranno nuovamente discriminati e sottoposti ad ulteriori disagi con l'introduzione della Carta di Identità Elettronica (CIE) in quanto, per poterne fruire, si avrà la necessità che i loro dati anagrafici siano perfettamente identici nei vari enti in possesso dei loro dati;
in particolare, con l'assegnazione alla neo istituita provincia di Fermo della sigla FM, tale situazione si è ulteriormente

esasperata per i cittadini fiumani ai quali era stata assegnata tale sigla nel 1930;
per tale motivo, molti fiumani nati dopo il 1930, pur in possesso finalmente di una carta di identità rilasciata dai Comuni con l'esatta dicitura di Fiume e la sigla FM, sono attualmente registrati: negli stessi Comuni, senza la sigla della provincia; presso l'Agenzia delle Entrate come nati a Fiume con la sigla FU (erroneamente, in quanto relativa a quelli nati fino al 1929); presso alcuni enti - oltre che per mero errore, per scarsa cultura, anche geografica - come nati a Fiume Veneto (Pordenone), Fiume (Montenegro), Fiume (Serbia); in altri (vedi Poste Italiane), una pratica non si è potuta istruire perché il computer, non avendo addirittura memorizzato il nome della città di Fiume, non permetteva di proseguire nella compilazione dei dati;
a seguito di tutto quanto sopra esposto, tali cittadini non sanno più cosa esattamente trascrivere nelle loro autocertificazioni;
i Difensori Civici e Dirigenti delle Anagrafi comunali hanno ritenuto più che fondati i ricorsi prodotti in merito;
per la tutela dei loro diritti, è stata palesata da questi nostri concittadini la volontà di adire l'Alta Corte di Giustizia Europea;
ciò sicuramente comporterebbe una ennesima condanna dello Stato italiano da parte di tale organismo -:
quali provvedimenti intendano prendere per porre rimedio alla discriminazione ed al disagio cui, dopo oltre sessanta anni dalla fine degli eventi bellici, sono ancora soggetti gli esuli giuliano-istriano-dalmati;
se, per ovviare al problema latente di interpretazioni difformi e per rispettare l'italianità degli interessati, non ritengano necessario ed opportuno emanare un decreto attuativo che renda obbligatorio un codice identificativo ISTAT che assegni, automaticamente, a tutti quei comuni della ex Jugoslavia già appartenuti all'Italia, la sigla italiana della vecchia provincia di appartenenza e, per non in generare ulteriori errori, per quanto concerne le vecchie sigle della provincia di Fiume (FU e FM) e di Pola (PO) - quest'ultima attualmente usata dalla provincia di Prato - che venga prevista, in luogo della sigla della vecchia provincia, l'adozione per esteso dei nomi delle vecchie province.
(5-03169)

CICCANTI, PEZZOTTA, MANTINI, TASSONE, ADORNATO, RUVOLO, NUNZIO FRANCESCO TESTA e COMPAGNON. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il settore turistico, afferente l'attività di balneazione, registra circa 30.000 aziende con 250.000 addetti e costituisce un importante caposaldo delle attività economiche estive di tutta la costa italiana e rappresenta un rilevante volume di affari, soprattutto per i comuni rivieraschi;
la legge finanziaria 2007, all'articolo 1, comma 251, ha previsto l'abrogazione della norma che prevedeva l'aumento del 300 per cento dei canoni demaniali, stabilendo però un meccanismo moltiplicatore ancora più oneroso, ossia stabilendo la moltiplicazione della superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento, moltiplicandolo a propria volta per un indice di 6,5;
tale meccanismo non tiene conto degli investimenti fatti e non definisce in modo puntuale l'ambito delle pertinenze destinate ad attività direzionali e di produzione di beni e servizi, confondendole con le superfici destinate ad attività commerciali;
in occasione dell'approvazione da parte della Camera della legge n. 33 del 9 aprile 2009 è stato accolto dal Governo l'ordine del giorno 9/2187-A/77 che tra

l'altro impegnava lo stesso Governo a: «ad adottare al più presto provvedimenti volti a raggruppare, semplificare e armonizzare le numerose norme che attualmente regolano la materia del demanio marittimo, provvedendo in particolare ad effettuare una verifica sul numero delle concessioni demaniali esistenti sul territorio nazionale e sulla reale consistenza delle rispettive strutture, a tutelare gli attuali rapporti concessori regolati con titoli di godimento in corso di validità, ad evitare disparità di trattamento tra i gestori di attività balneari su immobili acquisiti allo Stato e coloro che gestiscono le stesse attività in strutture amovibili, a definire in maniera precisa le pertinenze commerciali alle quali deve essere applicato il canone, a procedere ad una diversa e più ampia classificazione delle aree demaniali onde commisurare l'effettiva entità del canone demaniale, tenendo conto delle particolari condizioni delle aree concesse, della natura pubblica o privata dei soggetti concessionari e del tempo di utilizzo dei beni; a valutare la possibilità di sospendere la riscossione dei contributi dovuti in attesa dei Provvedimenti che saranno adottati»;
si rende necessario definire come richiesto dalla imprese operanti nel settore della balneazione nel tavolo di concertazione con il sottosegretario al turismo, parametri idonei a misurare il canone demaniale nel contesto reale del territorio dove l'operatore economico esercita la propria attività di impresa, al fine di misurare in modo sintetico e concreto le diversità esistenti negli 8.000 chilometri di costa italiana -:
se intendano, semplificare ed armonizzare le numerose norme che attualmente regolano la gestione del demanio marittimo, con particolare riferimento ai canoni demaniali;
se intendano procedere ad una classificazione in più categorie le spiagge italiane e le relative strutture balneari;
se intendano mantenere il meccanismo dei rinnovi automatici alla scadenza dei relativi titoli concessori, così come previsto dall'articolo 10 della legge n. 88 del 2001;
se e come intendano regolare, con maggiori criteri di equità e trasparenza la procedura di pubblico incanto per l'ottenimento di nuove concessioni;
se intendano abolire la norma relativa all'acquisizione dallo Stato delle opere di difficile rimozione.
(5-03170)

DELFINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
durante gli ultimi vent'anni, il territorio del comune di Savigliano (provincia di Cuneo) è stato colpito da sei eventi alluvionali gravi, determinati dalla esondazione dei torrenti Mellea e Maira;
l'ultimo evento calamitoso del 29-30 maggio 2008 ha danneggiato ulteriormente le aree territoriali saviglianesi, con gravi ripercussioni sia sulla sicurezza dei cittadini che sulle attività delle aziende presenti sul territorio;
tale evento calamitoso ha evidenziato la delicatezza del nodo idraulico saviglianese, riconosciuta peraltro da molti documenti della regione Piemonte e dell'AIPO, in base ai quali l'area interessata è stata classificata ad alto rischio;
nel nuovo bilancio pluriennale della regione Piemonte, recentemente approvato dal consiglio regionale, non compaiono i 5.697.000 di euro a valere sui fondi per le aree sottoutilizzate (FAS), necessari per la costruzione delle sponde artificiali indispensabili per la messa in sicurezza del torrente Mellea;
il mancato inserimento a bilancio di tale somma, sarebbe dovuto al fatto che il Governo non ha ancora provveduto allo sblocco e al trasferimento alla regione dei fondi previsti;
lo stesso presidente della regione Piemonte, durante la campagna elettorale per

le elezioni regionali, si era detto disposto a fare tutto il possibile per risolvere la problematica in questione;
allo stato attuale, però, i fondi necessari per la costruzione delle sponde artificiali, non compaiono nel bilancio pluriennale della regione approvato a maggio;
il progetto relativo alla realizzazione dell'opera in parola, è stato già approvato in via definitiva dalla conferenza dei servizi, essendo stato considerato prioritario rispetto ad altri, di conseguenza i lavori per la sua realizzazione risulterebbero immediatamente cantierabili;
risulta, dunque, doveroso provvedere concretamente alla realizzazione mediante l'assegnazione dei fondi necessari -:
quali urgenti iniziative, di propria competenza, intendano avviare per assegnare e trasferire, in tempi rapidi, alla regione Piemonte i fondi FAS necessari per la realizzazione delle sponde artificiali per la messa in sicurezza del torrente Mellea, al fine di scongiurare ulteriori gravi rischi per la cittadinanza, qualora dovessero manifestarsi nuovi eventi calamitosi.
(5-03179)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»; all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca "disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987, n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione,

al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Diocesi suburbicaria di Albano» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 700.000 euro per la realizzazione del progetto «Basilica San Pancrazio Martire (Ristrutturazione)» e nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento triennio 2010-2012» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Complesso conventuale della ex Chiesa di S. Maria delle Grazie» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi suburbicaria di Albano» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07855)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e

beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica » e all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il

Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono:
la «Scuola Grande Arciconfraternita di S. Rocco a Venezia» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Restauro della cantoria lignea settecentesca della Chiesa di S. Rocco a Venezia»;
il «Provveditorato interregionale alle opere pubbliche Veneto-Friuli Venezia Giulia-Trentino Alto Adige-Magistrato delle acque di Venezia» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 1.000.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa di San Silvestro, Venezia: Lavori di consolidamento statico, restauro conservativo messa a norma impianti» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Patriarcato di Venezia» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto non avesse ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07856)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica» e, all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge

20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «Comune di Vergemoli (Lucca)» inserito nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 120.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa Parrocchiale di Vergemoli. (Restauro e consolidamento campanile)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;

se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Lucca» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto non avesse ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07857)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica» e, all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un

trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferite alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «Comune di Messina» inserito nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16/3/2007» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa di Gesù e Maria del Buon Viaggio (restauro)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto non avesse ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07858)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcos spa vi è la «Casa di Sant'Agnese dell'Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi»

inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 250.000 euro per la realizzazione del progetto «Complesso monumentale Sant'Agnese (Recupero)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio dei «Canonici Regolari Lateranensi».
(4-07859)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Compagnia di Gesù » per un totale di 1.500.000 euro ripartiti attraverso l'inserimento:
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» avente come contraente/destinatario «Provincia d'Italia della Compagnia di Gesù» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Palazzo Cariati sede dell'Istituto Pontano (Napoli) scuola paritaria dei Gesuiti a Napoli, restauro»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 16 marzo 2007» avente come contraente/destinatario «Compagnia di Gesù all'Argentina » per un importo di 200.000 euro per la realizzazione del progetto «Costituzione del Museo della Compagnia di Gesù»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 09 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati) » avente come contraente/destinatario «Padri Gesuiti» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Palazzo Cariati sede dell'Istituto Pontano (Napoli) scuola paritaria dei Gesuiti a Napoli, restauro»;
nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 09 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati) » avente come contraente/destinatario «Padri Gesuiti» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Palazzo Cariati sede dell'Istituto Pontano (Napoli) scuola paritaria dei Gesuiti a Napoli, restauro»;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento triennio 2010-2012»

avente come contraente/destinatario «Provincia d'Italia della Compagnia di Gesù» per un importo di 200.000 euro per la realizzazione del progetto «Recupero e valorizzazione del Fondo Librario Antico dei Gesuiti italiani»;
nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento triennio 2010-2012» avente come contraente/destinatario «Compagnia Padri Gesuiti» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Palazzo Cariati sede dell'Istituto Pontano (Napoli) scuola paritaria dei Gesuiti a Napoli, restauro» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio della «Compagnia di Gesù».
(4-07860)

PEDOTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 22 giugno 2010 è stata presentata dal senatore Carlo Giovanardi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, al contrasto delle tossicodipendenze e al servizio civile, la «Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia» relativa all'anno 2009;
in premessa alla relazione si legge: «La droga è come la spazzatura: va rimossa. È giusto non inquinare l'ambiente fuori e soprattutto non inquinare le persone dentro»;
dai dati che emergono dalla relazione si evince che il consumo di stupefacenti negli ultimi 10 anni si è contratto per quanto riguarda l'eroina e la cannabis, a fronte di un lieve aumento dei consumi di cocaina e, di un forte incremento degli stimolanti e degli allucinogeni;
secondo la relazione, l'eroina è stata consumata almeno una volta nella vita dall'1,2 per cento degli studenti italiani intervistati, mentre, nel 2010 il 4,1 per cento degli studenti italiani riferisce di aver assunto cocaina almeno una volta nella vita ed il 2,9 per cento dichiara di aver consumato la sostanza nel corso dell'ultimo anno; il consuma di cannabis è stato sperimentato dal 22,3 per cento degli studenti intervistati, quota che raggiunge il 18,5 per cento se si considera il consumo annuale ed il 12,3 per cento quando si fa riferimento agli ultimi 30 giorni (una o più volte);
sempre secondo la relazione, il 4,7 per cento della popolazione studentesca nazionale riferisce di aver provato sostanze stimolanti (amfetamine, ecstasy, e altre) almeno una volta nella vita e il 3.5 per cento di aver usato sostanze allucinogene;
la poliassunzione di sostanze psicoattive, legali ed illegali, caratterizza e definisce lo stile di consumo prevalente sempre più diffuso tra soggetti più giovani;
il consumo di sostanze stupefacenti è strettamente legato all'elevato consumo di alcol, infatti, il 90 per cento del campione di popolazione giovanile italiana di età compresa tra i 17 e i 18 anni ha dichiarato di aver consumato alcol almeno una volta nel corso della vita (quasi un adolescente su 4 ha dichiarato di averlo consumato

oltre 40 volte) e il 60 per cento degli studenti si è ubriacato almeno una volta nella vita;
rispetto al 2007, nel 2010 si registra un generale aumento del consumo di alcol negli adolescenti che si contrappone alla contrazione, seppur lieve, dei consumi di sostanze illecite -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per contrastare l'uso di sostanze stupefacenti nonché il consumo di alcol tra i giovani ed, in particolare, tra i giovanissimi e gli adolescenti;
quale sia stata l'utilizzazione dei fondi dedicati alla sorveglianza degli stili di vita degli adolescenti. visto che il Ministero della salute ha aderito al progetto «Health Behaviour in School-aged Children» nonché, in generale, l'utilizzazione delle risorse destinate ai progetti dedicati allo studio e al contenimento di questi fenomeni.
(4-07866)

DE POLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 31 luglio 1997, n. 249, recante «Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo», all'articolo 3, comma 5, prevede espressamente che: «Le concessioni relative alle emittenti radiotelevisive in ambito nazionale devono consentire l'irradiazione dei programmi secondo i criteri tecnici stabiliti nell'articolo 2, comma 6, e comunque l'irradiazione del segnale in un'area geografica che comprenda almeno l'80 per cento del territorio e tutti i capoluoghi di provincia. Le concessioni relative alle emittenti radiofoniche in ambito nazionale devono consentire l'irradiazione del segnale in un'area geografica che comprenda almeno il 60 per cento del territorio e tutti i capoluoghi di provincia. Il piano nazionale di assegnazione delle frequenze riserva almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale e, di norma, il 70 per cento dei programmi irradiabili all'emittenza radiofonica in ambito locale»;
la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS recante criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri prevede nell'ambito dell'Allegato A, al punto 6, che la stessa autorità intende implementare i seguenti aspetti: «a) per consentire un pieno efficiente e pluralistico utilizzo della risorsa radioelettrica è necessario prevedere l'uso della tecnica SFN (Single Frequency Network), già sperimentata con successo nella regione Sardegna, al fine di pianificare il maggior numero di reti televisive possibili in ogni area territoriale, da suddividere tra reti nazionali e reti locali. Di esse un terzo è riservato, secondo la normativa vigente a emittenti televisive locali. Il piano di assegnazione dovrebbe prevedere 21 reti nazionali con copertura approssimativamente pari all'80 per cento del territorio nazionale da destinare al DV-T, ed ulteriori 4 reti nazionali sarebbero utilizzate per servizi DVB-H» e ancora: «b) La conversione delle esistenti reti televisive locali analogiche in reti digitali pianificate, dovrà essere necessariamente effettuata nel rispetto delle previsioni normative che prevedono, come sopra detto, l'assegnazione di almeno un terzo delle risorse trasmissive disponibili a tale comparto. Ciò comporta che regole di conversione analoghe a quelle previste per le reti delle emittenze nazionali si applicano anche alle reti delle emittenti locali, con l'obbligo della restituzione delle frequenze all'atto dello switch-off e dell'utilizzo di reti digitali frequenziali»;
in data 28 giugno 2010 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato la delibera n. 300/10/CONS relativa al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiotelevisione televisiva terrestre in tecnica digitale (PNAF) che all'Allegato 2, con riferimento al paragrafo 3.5 (metodologia di pianificazione delle reti locali) riporta espressamente che «... la scelta delle frequenze

pianificabili sull'intera area tecnica o a livello sub-regionale o provinciale è stata effettuata tenendo conto dei vincoli di coordinamento internazionale e della presenza di allotment coordinati a Ginevra 2006. L'obiettivo principale è stato quello di garantire la pianificazione di almeno 13 multiplex a copertura regionale nelle regioni della Pianura Padana (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Friuli) che sono le più critiche in termini di orografia e coordinamento internazionale»;
in base alle decisioni assunte nella Conferenza di Ginevra del 2006, nell'ambito della fascia adriatica delle aree tecniche 5-6-7, ovvero l'Emilia Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, sono stati assegnati all'Italia i seguenti canali: 5, 8, 9, 24, 25, 26, 30, 32, 36, 37, 38, 40, 42, 44, 47, 48, 49, 50, 52, 54, 55, 56, 58, 60, 62, 63, 65;
i canali non assegnati all'Italia nell'ambito delle decisioni assunte nella Conferenza di Ginevra del 2006, sempre avendo riguardo alle aree tecniche 5-6-7, ovvero l'Emilia Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, sono il 6 (assegnato alla Slovenia); il 21 (assegnato alla Slovenia), il 22 (assegnato alla Slovenia); il 23 (assegnato alla Croazia), il 27 (assegnato alla Slovenia); il 28 (assegnato alla Croazia), il 29 (assegnato alla Croazia), il 31 (assegnato alla Slovenia), il 33 (assegnato alla Slovenia), il 34 (assegnato alla Croazia), il 35 (assegnato alla Slovenia), il 39 (assegnato alla Croazia), il 41 (assegnato alla Slovenia), il 43 (assegnato alla Croazia), il 45 (assegnato alla Croazia), il 46 (assegnato alla Croazia), il 51 (assegnato alla Slovenia), il 53 (assegnato alla Croazia), il 57 (assegnato alla Croazia), il 59 (assegnato alla Slovenia), il 61 (assegnato alla Croazia), il 64 (assegnato alla Slovenia), il 66 (assegnato alla Slovenia), il 67 (assegnato alla Slovenia), il 68 (assegnato alla Croazia);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito del già citato PNAF, all'Allegato 1, prevede la realizzazione di 25 reti nazionali che, in relazione alle aree tecniche del nord est 5-6-7, determina una tipologia di assegnazione tale per cui tutti i canali attribuiti finiscono per essere destinati all'emittenza nazionale, con l'unica eccezione dei canali 62, 63 e 65 che, presumibilmente, potrebbero essere destinati, in linea con gli orientamenti emergenti a livello europeo, ai servizi di telefonia mobile;
ciò appare particolarmente grave e preoccupante poiché in questo modo non risulterebbe rispettata la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale, in difformità da quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, nonché della delibera AGCOM n. 181/09/CONS;
inoltre si rileva che mentre la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale sia prevista espressamente dalla legge, non esiste alcun atto normativo di rango primario o secondario che disponga espressamente che le reti nazionali debbano essere necessariamente in numero di 25;
non si comprendono i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle citate aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del nord est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale;
appare quanto mai chiaro che la situazione descritta dalla presente interrogazione non fa altro che avvantaggiare la posizione delle emittenti televisive nazionali, che potrebbero ottenere più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico -:
se si intendesse comunque mantenere 25 reti televisive nazionali, il Governo, e segnatamente il Ministero dello sviluppo economico al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede

internazionale e le competenze sulle modifiche del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, potrebbe adottare gli opportuni provvedimenti nei confronti degli Stati della Slovenia e della Croazia, al fine di coordinare ulteriori 13 risorse frequenziali (in questo modo si determinerebbero 25 reti nazionali e 13 locali ovvero più un terzo rispetto a 25 per un totale di 38 canali tra nazionali e locali) nell'area del Nord-Est per un utilizzo da parte dell'Italia che sia tale da rendere attuabile - anche nelle aree tecniche 5, 6 e 7 il PNAF recentemente approvato dall'AGCOM, con l'effettiva riserva prevista dalla legge di un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale ad oggi non prevista dal suddetto piano;
se al Governo risultino i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle citate aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del nord est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale;
se il Governo non ritenga di intervenire in relazione alla situazione descritta dalla presente interrogazione che, ad avviso dell'interrogante, di fatto ha avvantaggiato la posizione, delle emittenti televisive nazionali, che potrebbero ottenere più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico a discapito dell'emittenza locale;
se e quali azioni urgenti il Governo, e segnatamente il Ministero dello sviluppo economico al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale e le competenze sulle modifiche del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, intenda assumere nei confronti degli Stati della Slovenia e della Croazia, al fine di coordinare, prima dell'assegnazione definitiva delle frequenze, ulteriori 13 risorse frequenziali nell'area del Nord-Est per un utilizzo da parte dell'Italia che sia tale da rendere attuabile, - anche nelle aree tecniche 5, 6 e 7, il PNAF recentemente approvato dall'AGCOM, con l'effettiva riserva prevista dalla legge di un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
se il Governo non ritenga di non procedere all'assegnazione effettiva dei canali fino a quando non saranno reperite le ulteriori 13 frequenze coordinate.
(4-07871)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo il rapporto 2009 dell'Osservatorio europeo sulle droghe lo spinello resta la droga preferita dai giovani, ma la sua diffusione è in calo. Sono circa 74 milioni gli europei, uno su cinque degli adulti, che hanno provato hashish o marijuana nella loro vita, 22,5 milioni ne hanno fatto uso nell'ultimo anno e 12 milioni nell'ultimo mese. Pur restando la sostanza illecita più comunemente usata in Europa i nuovi dati segnalano un calo di popolarità dello spinello una tantum, in particolare tra i giovani. L'uso quotidiano, invece, continua a coinvolgere 4 milioni di europei. Di questi circa 3 milioni ha un'età compresa fra 15 e 34 anni. L'Italia si colloca tra i Paesi europei dove il consumo è più alto: al primo o secondo posto tra gli adulti che l'hanno usata, nell'ultimo anno o nell'ultimo mese, lo stesso tra i giovani ed è tra i Paesi a più alta prevalenza anche nella fascia 15-24;
nel 2009, tuttavia, da quanto si evince dalla relazione annuale al Parlamento sull'uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze, i consumatori di sostanze stupefacenti sono diminuiti del 25,7 per cento rispetto all'anno precedente. Nel 2008 erano 3.934.450, nel 2009 sono scesi a 2.924.500. In calo anche i consumi di tutte le sostanze. Si inverte così, finalmente, una tendenza che durava da anni. Si ipotizza che alcuni motivi del calo di tendenza siano legati alla crisi

economica, che ha ridotto la disponibilità di denaro. Il calo dei consumi vale sia per la popolazione generale che per quella studentesca, e riguarda tutte le sostanze stupefacenti. Guardando l'andamento temporale negli ultimi 12 mesi, è da rilevare una diminuzione particolarmente significativa, -9 per cento, della cannabis nella popolazione generale, mentre per gli studenti diminuiscono tutti i consumi tranne quello di stimolanti. Per entrambe le categorie, si conferma la forte tendenza al policonsumo, vale a dire l'uso di più droghe o di droga insieme ad alcol;
più in particolare, gli studenti consumano più cocaina rispetto alla popolazione generale (l'1,6 per cento l'ha consumata negli ultimi 30 giorni contro lo 0,4 per cento) e molta più cannabis (12,3 per cento contro 3 per cento). Il consumo di spinelli cresce con l'età dai 15 ai 19 anni. Per quanto riguarda la popolazione generale, per l'eroina cala il consumo occasionale mentre resta stabile quello frequente o quotidiano; cala anche il consumo occasionale di cocaina. I ricoveri in ospedale per uso di cocaina sono aumentati nel 2009 del 4,2 per cento rispetto all'anno precedente, e quelli per uso di cannabinoidi del 5 per cento. Diverse le classi di età più frequentemente coinvolte: più giovani per la cannabis (20-24 anni), per la cocaina 30-39 anni, per l'eroina 35- 44 anni. La media nazionale è di 41,7 ricoveri ogni 100 mila abitanti. Si conferma, poi, la tendenza alla diminuzione dei decessi per droga: nel 1999 erano stati 1.002, nel 2009 sono stati 484. Aumenta l'età media delle persone morte per droga. La regione più critica è l'Umbria, con un tasso medio tre volte superiore a quello nazionale. E si continua a morire soprattutto per eroina, ma anche per cocaina, rispetto alla quale si registra un aumento delle overdose;
on line si offre, si acquista cocaina, si attivano blog, forum e social network per scambiarsi consigli e informazioni. Negli ultimi anni, rileva la relazione, si registra uno spostamento sempre più marcato dell'offerta e della commercializzazione di sostanze via internet. Esistono «farmacie» on-line che vendono sostanze di ogni tipo senza alcuna prescrizione medica, e drugstore dove è possibile acquistare sostanze vietate. Si sono sviluppati blog, forum, chatroom, social network dedicati alla discussione sulle varie droghe. Gli utenti si scambiano informazioni, consigli e «istruzioni per l'uso». Informazioni che spesso riguardano nuove sostanze che appaiono sul mercato: il sistema d'allerta nazionale del dipartimento antidroga ne ha già individuate una serie e, in particolare, alcuni cannabinoidi sintetici e altre meno note come il «mefedrone» -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di ridurre maggiormente il consumo di cocaina e di sostanze stupefacenti nei giovani, assumendo anche iniziative di competenza in relazione al fenomeno di siti e forum on line specializzati in vendita di droghe.
(4-07874)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta l'Unità di giovedì 1o luglio 2010, a Messina, nella piazza centrale della città, c'è un palazzo di tre piani antico ma a rischio crollo. Le aperture su strada, forse, ne hanno indebolito la struttura;
si tratta di un rischio già dichiarato, da almeno due anni, dall'ingegnere capo del Genio civile Gaetano Sciacca, che l'ha segnalato prontamente sia al comune sia alla procura. Tuttavia, il palazzo si trova ancora nello stesso punto;
nell'articolo del l'Unità si legge anche che l'informativa Lux della Direzione investigativa antimafia di Messina rivela che la Messina Calcestruzzi s.r.l. opera in «regime di monopolio» e produce calcestruzzo irregolare;
l'informativa della Direzione investigativa antimafia risale al 2004 e la confisca

dei beni dei fratelli Pellegrino, titolari della ditta, al 24 giugno 2010; il sequestro al giugno del 2009;
secondo il procuratore della Direzione distrettuale antimafia Fabio D'Anna «non ci sono stati ritardi, nel 2004 non si evidenziavano profili penali, ulteriori accertamenti e la modifica della legge sulla confisca nel 2008 hanno reso possibile il provvedimento di oggi». Il dubbio, però, vista la data dell'informativa, oggi archiviata, appare più che lecito. Considerata anche la data dell'intercettazione in cui il calcestruzzo viene definito «terra completa», la telefonata tra i due fratelli Pellegrino, intercettata dalla Direzione investigativa antimafia di Messina risale, infatti, al 26 novembre 2003. Con la confisca arriva anche la notizia che questa «terra completa» è stata utilizzata almeno in 13 opere pubbliche, come interventi su strade e torrenti;
se nel 2006 le aree a rischio R4 - il più grave rischio di dissesto idrogeologico - erano solo 27, nel nuovo aggiornamento del Pai (piano di assetto idrogeologico) del 2010 sono 111 in più e, tra queste, Giampilieri e Mili San Marco, quest'ultima colpita da frane a marzo 2010, e ora tratteggiata di rosso nelle carte dei geologi, che evidenziano un rischio molto simile a quello di Giampilieri prima di ottobre 2009. Ci sono, inoltre, un tratto dell'autostrada segnato in rosso, cioè a rischio imminente, subito sopra Gravitelli, quartiere centrale di Messina, e un'area a rischio R4, quella del quartiere Tremonti, che già risultava nel Pai del 2006 e che è rimasta tale e quale nell'aggiornamento del 2010. In quattro anni non è successo nulla -:
quali iniziative siano state avviate o si intendano avviare in merito all'utilizzo dal 2004 al 2009, di calcestruzzo impoverito (anche 25 chilogrammi in meno di cemento per metro cubo) nei torrenti, nei residence, nelle strade;
se non si ritenga opportuno avviare un'ampia indagine sulle opere pubbliche nella provincia di Messina e nelle aree a serio rischio idrogeologico, al fine di riscontrare un'ulteriore presenza di cemento depotenziato e provvedere a tutela della sicurezza dei cittadini.
(4-07879)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di giovedì 1o luglio 2010, il giorno 28 giugno 2010 è stata autorizzata dalle autorità una visita nella discarica di Chiaiano, ancora in attività, alla quale hanno partecipato i sindaci di Mugnano e Marano e rappresentanti dei comitati cittadini dell'area. Di solito, infatti, l'accesso alla discarica è severamente vietato anche ai sindaci dei comuni nei quali ricade la struttura o nei quali si ripercuotono gli impatti;
le autorità militari hanno vietato riprese fotografiche e da alcuni mesi sono state disattivate le webcam che, prima, consentivano una parziale visione della discarica;
la strada di accesso alla discarica da Marano è ancora in via di ultimazione, mentre avrebbe dovuto essere pronta prima dell'apertura dell'impianto in modo da consentire il transito agli autoveicoli pesanti senza provocare disagi ai cittadini;
all'ingresso della discarica si trova l'impianto di lavaggio degli automezzi: si tratta di una piattaforma sollevata dove il lavaggio avviene con getti azionati dal personale addetto. L'acqua scorre disperdendosi nella strada all'esterno: eventuali materiali inquinanti possono essere dispersi lungo la strada Cupa del Cane;
l'accesso alla vasca di conferimento dei rifiuti, a quota 25-30 metri sopra la base dell'impianto già colmato di rifiuti, è costituito da due piste: una è in calcestruzzo e serve per un primo lavaggio speditivo delle ruote degli autoveicoli che

conferiscono i rifiuti. L'altra è «in terra» ed è quella più usata dai mezzi meccanici che comunque entrano nella discarica e transitano anche su rifiuti schiacciati e dispersi sulla pista;
qualche decina di metri a valle dell'accesso, lungo la pista di uscita della discarica, si trova una griglia trasversale alla strada che raccoglie l'acqua che scorre sulla sede stradale su cui transitano i mezzi che sono entrati nella discarica e hanno ruote sporche di rifiuti. L'acqua di ruscellamento trasporta i materiali, che dovrebbero rimanere circoscritti nella discarica, nel canale che smaltisce le acque piovane verso Marano lungo la Cupa del Cane. Eventuali materiali contaminanti, pertanto, dalla discarica possono essere trasferiti all'esterno dell'impianto. In caso di contaminazione chimica o biologica non si potrebbe evitare che la contaminazione possa trasferirsi verso le aree abitate;
in due zone, l'argilla, che dovrebbe costituire lo strato impermeabile per evitare che il percolato si disperda all'esterno e nel sottosuolo, è di pessima qualità con molti frammenti di roccia a spigoli vivi che possono bucare i teli. Inoltre, non è stata messa in opera secondo quanto prescritto per legge, cioè mediante compattazione e rullaggio fino a raggiungere i valori di permeabilità obbligatori: si presenta vistosamente a grumi sciolti e in alcuni casi interessata da piccoli franamenti dovuti alla mancata compattazione. Questo problema è stato segnalato una settimana prima che iniziasse l'attività dell'impianto;
altro problema è rappresentato dai pozzi spia che devono servire ad evidenziare l'eventuale inquinamento della falda. Non è stato spiegato quanti siano e quanti funzionino. Due sono stati realizzati dopo l'apertura della discarica: non si sa quale fosse la qualità dell'acqua di falda, prima. Durante la visita alla discarica effettuata il 7 febbraio 2009 (poco prima che l'impianto iniziasse a 0 funzionare) alla presenza di due europarlamentari, la stessa persona dell'impresa che gestisce l'impianto ammise che nessun pozzo spia era stato realizzato. Ne consegue che se si trova oggi l'acqua inquinata non si può stabilire se la colpa sia della discarica. Tre pozzi spia sono insignificanti per stabilire il deflusso sotterraneo della falda con certezza, per cui se l'acqua risulta inquinata non si può definire quale possa essere la zona a valle da allertare dove si disperderà l'inquinamento;
per quanto riguarda il controllo della radioattività dei materiali conferiti in discarica, che fino ad alcuni mesi fa era garantito dall'Esercito, ora viene effettuato dall'impresa che gestisce l'impianto -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli ultimi fatti esposti relativi alla discarica di Chiaiano e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano adottare affinché siano tutelati la salute pubblica e l'ambiente;
se intendano verificare l'idoneità tecnica e il rispetto delle leggi in vigore nell'impianto ancora in attività, a maggiore garanzia della veridicità dei collaudi di cui già si dovrebbe disporre, anche mediante l'intervento di tecnici qualificati ed indipendenti.
(4-07881)

GIORGIO MERLO e ROSSOMANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che individua nei caselli autostradali di Bruere, Caselle e Settimo i luoghi dove aumentare il pedaggio di 20 centesimi è, a giudizio degli interroganti, incomprensibile, carico di incognite e profondamente dannoso per i cittadini;
un pedaggio che l'Anas può far applicare dall'Ativa a partire dal 1o luglio 2010 e che punta a fare cassa anche con i raccordi autostradali gestiti direttamente dall'Anas;
la provincia di Torino ha già calcolato che l'aumento porterà almeno 5 milioni di euro in più nella casse dell'Ativa,

mentre provocherà forti aumenti di traffico assolutamente imprevisti sulle arterie provinciali dei dintorni;
il rincaro delle tangenziale deciso dal Governo e concesso all'Anas in attesa che si realizzi una barriera a pagamento sulla superstrada di Caselle verso l'aeroporto torinese è, ad avviso degli interroganti, del tutto privo di fondamento alla luce del fatto che il sistema della tangenziale di Torino è aperto. Motivo per cui il balzello non ricadrà affatto su chi si reca a Caselle, ma prevalentemente sui cittadini che ogni giorno viaggiano da e per Torino dalla zona Ovest e dalla valle di Susa per andare a lavorare, per raggiungere gli ospedali e le scuole;
appare agli interroganti inopportuno aumentare il pedaggio solo su questi 3 caselli, escludendo gli altri, una scelta discriminante e del tutto fuori luogo che può mettere ulteriormente in ginocchio la già fragile economia delle famiglie torinesi in un periodo di forte crisi -:
quali siano le motivazioni politiche e tecniche di questa decisione del Governo.
(4-07884)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Luigi Deidda, residente nel comune di Serramanna, nella provincia del Medio Campidano, padre di Alessandro Giovanni Deidda, ha rivolto all'interrogante un sentito appello con il quale segnale la difficile situazione nella quale si trova il figlio Alessandro Giovanni e la propria moglie Luisa Ranieri con doppia nazionalità italiana e liberiana;
i due coniugi Alessandro Giovanni Deidda (cittadinanza italiana) e Luisa Ranieri (cittadinanza liberiana e italiana) si sono recati in Liberia ed hanno adottato una bambina di pochi mesi, come risulta dalla sentenza emessa da un Tribunale liberiano dalla quale risulta l'adozione della piccola Micol Deidda di anni 8, nata a Montserrado County (Liberia) in data 31 maggio 2010;
i due coniugi recatisi in Costa d'Avorio, dove ha sede l'ambasciata italiana che cura gli interessi anche della Liberia, si sono visti rifiutare il visto di ingresso in Italia per la bambina adottata, adducendo una serie di rilievi che trattengono ormai da un mese la famigliola in Costa d'Avorio;
tale permanenza, oltre al disagio e ai risvolti personali che la vicenda sta causando, sta comportando notevoli spese di soggiorno, oltre a due viaggi da Roma in Liberia e, quindi in Costa d'Avorio, spese che hanno assorbito gran parte dei loro risparmi;
la famigliola attualmente alloggia in un albergo nelle vicinanze dell'ambasciata italiana in Costa d'Avorio dove ormai da un mese attende l'autorizzazione per rientrare in Italia;
l'ambasciata italiana in Liberia, attualmente in Costa d'Avorio-Abidjan, non intende rilasciare il visto di ingresso in Italia della bambina, in quanto non sarebbe stata adottata tramite le associazioni riconosciute in Italia, procedura che non è stata seguita in quanto la cittadinanza liberiana della madre adottiva ha consentito l'adozione nazionale liberiana;
l'adozione è di carattere familiare in quanto la bambina adottata è cugina della madre adottiva;
la Repubblica di Liberia è uno Stato dell'Africa Occidentale, confinante a nord con Sierra Leone e Guinea, e ad est con la Costa d'Avorio;
la difficile situazione della Liberia, afflitta da due guerre civili (1989-1996 e 1999-2003) che hanno reso profughi centinaia di migliaia di cittadini e distrutto l'economia liberiana con un tasso di disoccupazione

che supera il 50 per cento, ha reso ancora più complessa l'adozione della piccola bambina;
le vicende che impediscono la definizione positiva dell'adozione della piccola bambina rischiano di provocare un grave danno alla famiglia Deidda che ha già sopportato un vero e proprio calvario burocratico per giungere al risultato sperato di poter adottare la bambina -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire con urgenza al fine di risolvere tutti i problemi che ostano al rilascio dell'autorizzazione all'ingresso in Italia della bambina insieme ai genitori;
se non si ritenga di disporre un immediato sostegno da parte dell'Ambasciata italiana in Costa d'Avorio alla famiglia Deidda e facilitare il loro immediato rientro con la bambina in Italia.
(5-03178)

Interrogazioni a risposta scritta:

CALABRIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quindici anni or sono e precisamente il 22 maggio del 1995 venne firmato a Roma l'accordo di sicurezza sociale Italo-Canadese che sostituiva l'accordo vigente entrato in vigore nel 1979;
nel 2002 fu firmato l'accordo con il Canada contro le doppie imposizioni fiscali;
entrambi gli accordi su menzionati, a differenza dell'Italia, sono regolarmente già stati approvati dal parlamento canadese;
il Governo canadese nel corso di questi anni ha ripetutamente sollecitato le autorità italiane a rispettare gli impegni assunti ratificando quindi entrambi gli accordi, tuttavia le difficoltà di bilancio ministeriale sono state chiamate in causa per giustificare tale mancanza;
l'Italia nonostante la crisi finanziaria, però, ha proceduto nella stipula di accordi previdenziali e fiscali con altri Paesi dove, comunque, gli scambi commerciali sono minimi rispetto a quelli sviluppatisi negli anni con il Canada;
nell'anno 2000 la III Commissione della Camera dei deputati sollecitò che si firmassero tali accordi, tenuto conto che da parte canadese la ratifica era avvenuta già nel 1995;
la diminuzione dei fondi disponibili rese dunque necessario disporre, al fine di procedere alla ratifica da parte italiana, un'indagine circa i dati relativi agli oneri costituenti la base dei calcoli per tale tipo di accordi;
nel 2007 vennero concluse le operazioni di aggiornamento degli oneri e per gli accordi con il Canada gli oneri aggiornati all'anno 2008 risultarono essere la somma complessiva di 533.000,00 euro;
più volte pubblicamente è stato confermato che tra Italia e Canada esistono ottimi rapporti che vanno sempre più attivandosi con nuove opportunità e che l'«Accordo di Sicurezza Sociale» è ormai in via di ratifica;
le ricadute della mancata ratifica da parte italiana vede numerosi lavoratori pensionati italo-canadesi ricevere un assegno di soli otto euro al mese con esclusione quindi dal trattamento minimo di pensione, contrariamente a quanto avviene per altri emigrati italiani rientrati in patria da altre Nazioni -:
quali iniziative ormai urgenti si intendano adottare affinché si proceda alla ratifica degli accordi su menzionati nel rispetto degli impegni già da lungo tempo presi e ancora non onorati, pur trattandosi dell'impegno di spesa per una somma decisamente contenuta.
(4-07872)

TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il sito di informazione «Fortress Europe-L'Osservatorio sulle vittime dell'emigrazione»,

in data 30 giugno 2010 riportava la notizia secondo la quale non si hanno più informazioni circa la sorte di circa 300 eritrei detenuti in Libia, parte dei quali già precedentemente respinti in mare da Lampedusa;
si tratta di eritrei che avrebbero diritto a entrare in Europa e di ottenere l'asilo politico;
nel 2009 l'Italia ha riconosciuto l'asilo politico o la protezione sussidiaria a 1.325 eritrei;
da quando sono attive le nuove procedure di respingimento, queste persone vengono prese in carico dalle autorità libiche senza riuscire ad avere notizie certe sulla loro destinazione;
i circa 300 eritrei risultavano essere stati reclusi presso il campo di detenzione di Misratah;
il 29 giugno le autorità libiche hanno costretto gli eritrei trattenuti nel campo di detenzione di Misratah a compilare un modulo per fornire le proprie generalità all'ambasciata eritrea, e il rifiuto degli stessi a farsi identificare ha causato una protesta che ha portato a scontri con i militari libici;
nella notte tra il 29 e il 30 giugno, un reparto dell'esercito libico ha fatto irruzione con l'obiettivo di trasferire con la forza i circa 300 detenuti presso il centro di detenzione di Sebha;
il trasferimento da Misratah a Sebha è avvenuto dentro 2 container di ferro, del tipo di quelli utilizzati per il trasporto di merci sulle navi cargo, in condizioni inumane e degradanti per l'alta temperatura, il sovraffollamento e la mancanza d'aria;
tre settimane fa il Governo libico ha espulso dalla Libia i rappresentanti dell'Alto Commissariato dei Rifugiati delle Nazioni Unite che operavano specificatamente nel centro di detenzione di Misratah da 3 anni, rendendo impossibile ogni forma di controllo circa la presenza di persone titolari dell'eventuale richiesta di asilo politico secondo le normative internazionali e comunitarie -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti accaduti a Misratah riportati dai media;
se il Ministro intenda assumere iniziative per assicurare che i circa 300 richiedenti asilo politico eritrei trasferiti con la forza da Misratah a Sebha non saranno rimpatriati con i gravi rischi per la loro incolumità che ne conseguirebbero;
se il Ministro intenda adottare iniziative per garantire che, attraverso i respingimenti non si neghi il diritto d'asilo a persone che potrebbero legittimamente chiederlo;
se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni politiche che hanno portato alla chiusura del centro UNHCR di Tripoli e che tipo di azione abbia eventualmente intrapreso nei confronti delle autorità libiche.
(4-07877)

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei giorni immediatamente successivi all'armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) le autorità tedesche catturarono e deportarono nei territori del Terzo Reich circa 800.000 soldati italiani indicati con il nome ufficiale di internati militari italiani (italienische militär-internierten) - IMI;
le autorità del Terzo Reich vedevano nella cattura di centinaia di migliaia di italiani una preziosa risorsa di manodopera sfruttabile a piacere;
gli internati furono infatti impiegati coattamente nei campi e nelle fattorie, nei servizi antincendio delle città bombardate e nell'industria bellica (35,6 per cento), nell'industria pesante (7,1 per cento), nell'industria mineraria (28,5 per cento), nell'edilizia (5,9 per cento), nel settore alimentare

(14,3 per cento). Alcuni anche nella produzione di V2, incarico nel quale moltissimi persero la vita in condizioni disumane di lavoro;
le condizioni di lavoro degli IMI erano estremamente disagevoli. L'orario settimanale nell'industria pesante era in media di 57,4 ore, nelle miniere di 52,1 (circa nove ore giornaliere), ma spesso si aggiungevano turni lavorativi domenicali. Il luogo di lavoro poteva distare dal campo di internamento dai due ai sei chilometri, sovente da percorrersi a piedi. A fronte di un intenso impegno lavorativo non corrispondeva un'alimentazione adeguata. Dai racconti dei reduci si apprende che era prassi comune cercare bucce di patate e rape nelle immondizie, o cacciare piccoli animali come topi, rane e lumache per integrare le magre razioni;
gli internati ricevevano un salario spettante ai prigionieri di guerra sottoposti a lavoro coatto secondo le convenzioni internazionali. Il potere d'acquisto era basso e limitato a procurarsi prodotti per l'igiene personale negli spacci interni oppure tabacco da usare come merce di scambio con le guardie;
nell'estate del 1944, Mussolini riuscì ad ottenere da Hitler la conversione degli IMI in «lavoratori civili», mitigandone, almeno sulla carta, le condizioni di vita. Agli ex-IMI tuttavia non fu concesso di rientrare in Italia. La memorialistica dei reduci e le carte dell'ambasciata italiana a Berlino conservate presso la National Archives and Records Administration di College Park (Stati Uniti) dimostrano come stenti, vessazioni e abusi fossero pane quotidiano anche per i soldati che ottennero lo status di «lavoratore militarizzato»;
sulla Gazzetta di Mantova del 26 giugno 2010 (pagina 3) si legge che i 90 ex Imi italiani sopravvissuti hanno avviato un procedimento civile presso il tribunale di Brescia, al fine di ottenere un risarcimento per le sevizie e lo sfruttamento lavorativo subiti contro la Germania, riconosciuta da tribunali civili e militari, responsabile civile nei confronti di sopravvissuti e familiari delle vittime di stragi naziste;
il Parlamento ha approvato la legge n. 98 del 23 giugno 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2010) di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, «Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero»;
nel suddetto decreto si legge che: «Fino al 31 dicembre 2011, l'efficacia dei titoli esecutivi nei confronti di uno Stato estero è sospesa di diritto qualora lo Stato estero abbia presentato un ricorso dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, diretto all'accertamento della propria immunità dalla giurisdizione italiana, in relazione a controversie oggettivamente connesse a detti titoli esecutivi»;
sempre sulla Gazzetta di Mantova 26 giugno 2010 (pagina 3) si traggono le conseguenze di quel voto: «La legge sospende l'esecutività dei provvedimenti emessi dal giudice nei confronti di quegli Stati che, per contestarli, si sono rivolti alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Come ha fatto la Germania per non risarcire le vittime delle stragi naziste» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, se intendano intraprendere iniziative atte a sostenere i nostri sfortunati connazionali e rendergli doverosa giustizia.
(4-07887)

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2010

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente

e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul sito del laboratorio per Viggiano, in relazione all'Agri e alla diga del Pertusillo si fa riferimento ad un documento della Metapontum Agrobios, risalente al 2006, nel quale vi sarebbe scritto: «... La campagna di monitoraggio ha messo in evidenza un impatto antropico nell'asta fluviale dell'Agri a monte della diga del Pertusillo. La presenza di contaminanti nelle acque e soprattutto nei sedimenti (zone di accumulo) dei siti di studio, in direzione di Villa d'Agri e alla confluenza della diga suddetta, confermano la presenza di zone immissione laterale al fiume di carichi inquinanti civili e industriali...»;
inoltre in documenti della Metapontum Agrobios del 2001 si poteva già leggere di analisi chimiche condotte sulle acque e sui sedimenti di 11 siti individuati lungo l'asta fluviale del fiume Agri e di un rischio potenziale di inquinamento dovuto alla presenza di scarichi civili non correttamente depurati e alla presenza di scarichi industriali. Inoltre nello stesso documento la Metapontum segnalava relativamente agli idrocarburi policiclici aromatici che «Sono state ricercate 21 sostanze appartenenti alla famiglia degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sia nelle acque che nei sedimenti, ma mentre nelle acque sono stati riscontrati valori tutti al di sotto dei limiti di rilevabilità, nei sedimenti si è riscontrato presenza di IPA soprattutto nei sedimenti della diga del Pertusillo (Vs01) e meno in Agri Villa D'Agri (Vs10) e nel canale depuratore zona industriale (Vs07). Gli IPA più diffusi sono stati il fenantrene, il fluorantene il crisene ed il pirene, anche se nella diga sono stati ritrovate tracce di benzo[a]antracene e benzo[a]pirene»;
nel mese di gennaio 2010, Radicali lucani, con il sostegno di soggetti dell'area radicale, aveva commissionato analisi indipendenti, da cui è emersa la presenza di sostanze fecali negli invasi del Pertusillo, della Camastra e di Monte Cotugno, ma soprattutto la presenza di bario, una sostanza utilizzata dalle industrie petrolifere;
successivamente, ed in particolare dopo il manifestarsi di preoccupanti fenomeni come la moria di pesci nel Pertusillo, il direttore dell'Arpab, Vincenzo Sigillito, ha evidenziato «un'eccessiva concentrazione di azoto e fosforo nelle acque dell'invaso» spingendosi a fare anche alcune ipotesi: «una delle cause di questa eccessiva concentrazione potrebbe essere la presenza di depuratori non funzionanti o fuorilegge per i quali si sta procedendo ad acquisire tutti gli elementi necessari per avere il quadro di riferimento generale sott'occhio...» -:
se siano a conoscenza dei documenti della Metapontum Agrobios sopra riferiti;
di quali informazioni siano in possesso in merito all'evoluzione nel tempo della situazione sanitaria ed ambientale in relazione all'Agri e alla diga del Pertusillo, denunciata dalla Metapontum Agrobios, nel 2001 e poi di nuovo nel 2006;
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano promuovere per accertare le cause dei mancati controlli ed interventi igenico-ambientali nelle zone di cui in premessa.
(5-03182)

VELO e REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il disastro ambientale causato dalla immensa fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma della British Petroleum al largo delle coste della Louisiana, ha destato una profonda preoccupazione circa le conseguenze di dette attività sull'ecosistema di aree marine di particolare pregio e potenzialità turistica;
è stata annunciata la volontà della multinazionale australiana Key Petroleum di fare sondaggi nel mare a sud dell'isola d'Elba, in una zona da iscriversi dal largo delle coste meridionali dell'isola d'Elba fino a Montecristo (includendo molto probabilmente

il mare protetto di Pianosa), per la ricerca petrolifera e di gas naturale;
al riguardo, si sono registrate diverse prese di posizione di piena contrarietà, attraverso gli organi di stampa, da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'assessore regionale e dal presidente del parco dell'arcipelago toscano;
il turismo, fonte economica principale dell'economia dell'arcipelago, sta attraversando un lungo periodo di crisi e l'idea di instaurare una qualunque stazione di estrazione di gas e petrolio danneggerebbe drasticamente l'immagine delle isole interessate;
si apprende che il Consiglio dei ministri avrebbe approvato lo schema di decreto legislativo di riforma del codice ambientale, decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, prevedendo il divieto assoluto di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi all'interno delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro esterno delle zone di mare e di costa protette, mentre risulterebbe vietata l'attività di ricerca ed estrazione di petrolio nella fascia marina di 5 miglia, lungo l'intero perimetro costiero nazionale;
seppur apprezzabile, tuttavia, la richiamata decisione non sembra sufficiente ad assicurare condizioni sufficienti di salvaguardia, alla luce delle particolari condizioni del contesto marino mediterraneo, di fatto un bacino chiuso, e della circostanza che, per esempio, la piattaforma della British Petroleum si trova a circa 80 chilometri dalla costa, eppure sta devastando l'intera area costiera dello stato americano;
l'iter di approvazione definitiva delle disposizioni di modifica del citato codice, opportunamente, prevede un complessa procedura partecipativa della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e delle competenti Commissioni parlamentari, sicché l'entrata in vigore dei richiamati divieti non potrà intervenire con immediatezza -:
quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare che si proceda alle richiamate attività di trivellazione al largo delle coste dell'isola d'Elba, di Pianosa e di Montecristo, assicurando, comunque, il massimo rigore nei controlli del rispetto delle misure di tutela dell'equilibrio dell'ambiente marino, in un contesto così delicato quale quello dell'arcipelago toscano.
(5-03186)

Interrogazioni a risposta scritta:

COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come dimostrato dal fatto che già nel marzo 2010 alcune grandi città italiane hanno superato i limiti annuali in termini di giornate con concentrazione nell'aria di polveri sottili superiore rispetto ai limiti imposti dall'Unione europea con la direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'ambiente e per un'aria più pulita in Europa, nel nostro Paese l'inquinamento atmosferico ha raggiunti livelli ormai non più tollerabili;
la situazione è tanto grave che il 5 maggio 2010 la Commissione europea ha inviato il secondo e ultimo avvertimento all'Italia per il mancato rispetto degli standard in materia di qualità dell'aria-ambiente, affermando la volontà, qualora il nostro Paese non assuma con urgenza robuste e credibili misure in materia, di deferire l'Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee nell'ambito della procedura di infrazione avviata già da tempo;
oltre alla necessità di non far correre all'Italia il rischio di dover pagare pesantissime multe per la violazione degli obblighi comunitari sopra ricordati, a richiamare l'Italia a un maggiore e più concreto impegno per ridurre la concentrazione di polveri sottili è anche e soprattutto l'urgente

necessità di garantire a quanti abitano nei grandi centri urbani una qualità dell'aria salubre;
a parere dell'interrogante, è ormai improcrastinabile mettere a punto un complessivo programma di misure che, andando al di là di misure episodiche e del tutto fini a se stesse, come per esempio le giornate con il blocco del traffico, sia in grado di ovviare per davvero ai gravi rischi ambientali e sanitari legati all'inquinamento dell'ambiente. Si pensi alla necessità di dotare i mezzi pesanti (tir, camion e autobus sia privati che pubblici) dei filtri antiparticolato, di attuare misure per decongestionare i centri storici delle città e di mettere in campo mezzi e strumenti in grado di far rispettare sull'intero territorio nazionale le norme in vigore in materia di controlli dei gas di scarico e di blocco dei veicoli più inquinanti -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato, con particolare riferimento ai filtri antiparticolato, alla decongestione dei centri storici e al controllo dei veicoli inquinanti, intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-07861)

GALATI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una recente indagine Nomisma presentata in occasione di un convegno dedicato al trasporto sostenibile fa emergere un dato preoccupante per ciò che concerne il valore delle polveri sottili nelle città italiane. Secondo tale ricerca le elevate concentrazioni di PM10 (le polveri sottili) in atmosfera sono responsabili di 5.876 decessi all'anno. Il rapporto riporta i dati sui valori medi di concentrazione di polveri sottili nel triennio 2006-2008 delle prime 15 città italiane per popolazione da cui si desume che, oltre a Roma (40,4), le performance peggiori sono concentrate nelle città del Nord e in particolare nell'area della Pianura Padana, come Milano (49,2), Torino (56,5), Bologna (41,3), Verona (47), Padova (46,7). Questa situazione, sottolinea Nomisma, determina gravi patologie sanitarie che, nelle 15 aree urbane più popolate fa stimare all'istituto bolognese di ricerca «5.876 decessi all'anno» prodotti da elevate concentrazioni di PM10. Gli elevati valori di polveri sottili, non rappresentano solo un danno per la salute, ma anche per le casse dello Stato con milioni di euro spesi all'anno per ricoveri relativi a patologie respiratorie e cardiocircolatorie attribuibili all'inquinamento da polveri sottili;
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per cercare di ridurre il livello di polveri sottili sta avviando delle procedure per valutare un possibile apporto di elettrificazione del servizio di trasporto pubblico locale. Un'azione di tale portata potrebbe certamente porre un freno ma non può evidentemente arrogarsi la capacità di eliminare in modo definitivo gli alti livelli d'inquinamento -:
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro della salute abbiano in previsione nel lungo periodo ulteriori azioni volte al contenimento delle emissioni in ambito urbano;
quali politiche di prevenzione intendano promuovere per cercare di ridurre quel tipo di inquinamento, causa principale di migliaia di decessi all'anno.
(4-07870)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e PALAGIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la JuniOrchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, nata nel 2006 dall'impegno del professor Bruno Cagli, è la prima orchestra di bambini e ragazzi

creata nell'ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane e rappresenta un'occasione importante ed unica per tanti giovani che desiderano accedere al mondo della musica d'arte nel nostro Paese;
la JuniOrchestra ha debuttato con successo il 12 giugno 2006 presso l'auditorium Parco della musica di Roma, esibendosi successivamente, tra l'altro, presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, alla presenza del sindaco di Roma; al Quirinale, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano e della senatrice Rita Levi Montalcini; alla Camera dei deputati, alla presenza del Presidente della Camera, e presso la Sala Nervi in Vaticano;
attualmente, questa particolarissima orchestra è composta da circa 190 strumentisti, suddivisi in due gruppi a seconda della fascia d'età;
la JuniOrchestra si esibisce, inoltre, nell'annuale Concerto per l'unità pediatrica del policlinico Umberto I di Roma, in cui i ragazzi suonano per devolvere il ricavato della serata a favore del reparto d'emergenza e terapia intensiva pediatrica del policlinico romano;
le lezioni della JuniOrchestra si svolgono all'auditorium Parco della musica di Roma e sono curate da uno staff didattico coordinato dal settore Education dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia;
negli ultimi mesi, e in particolare dopo le ultime elezioni regionali, hanno iniziato a circolare voci insistenti sul possibile allontanamento dei maestri d'orchestra che hanno sino ad oggi accompagnato, con grande successo, la crescita dell'Orchestra, senza che queste voci fossero smentite dai rappresentanti dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia e senza che, d'altra parte, la decisione di allontanare i maestri fosse comunicata alle famiglie degli strumentisti e adeguatamente motivata;
il 21 aprile 2010, 178 genitori degli strumentisti della JuniOrchestra hanno scritto al presidente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, professor Bruno Cagli, esprimendo l'auspicio che si mantenesse «inalterato» il «miracoloso equilibrio» consistente nella capacità di far lavorare i ragazzi con estrema serietà e, al contempo, con grande divertimento;
successivamente, il direttore artistico della JuniOrchestra e coordinatore del settore Education del Santa Cecilia, maestro Francesco Storino, ha rassegnato le dimissioni, chiedendo di poter tornare al suo posto di violoncellista nell'orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia;
anche i ragazzi più grandi che compongono la JuniOrchestra hanno attuato, durante le esibizioni di chiusura dell'anno scolastico, delle simboliche forme di protesta per manifestare il proprio dissenso di fronte al possibile disfacimento di questo progetto;
in una recente intervista comparsa su organi di stampa nazionali, il presidente professor Cagli, alla luce del testo di legge firmato dal Ministro interrogato, denunciava la situazione drammatica prodotta dai pesanti tagli dei finanziamenti destinati all'Accademia nazionale di Santa Cecilia, dichiarava di vivere «con il cappello in mano alla continua ricerca di aiuti», adombrava per la JuniOrchestra il rischio di chiusura e affermava che la strada da percorrere fosse «quella di ricorrere in misura sempre maggiore ai privati, ai benefattori che per fortuna sono già presenti»;
una dipendenza eccessiva da finanziamenti privati e sponsor, nel caso di un'orchestra composta interamente da bambini e ragazzi, rischia di far prevalere la logica della spettacolarizzazione a scapito delle originarie finalità, innanzitutto educative, della JuniOrchestra e potrebbe, inoltre, condizionare indebitamente le scelte sul futuro dell'orchestra, spingendo, ad esempio, verso immotivati cambiamenti nello staff che ha sin qui costruito il successo della JuniOrchestra -:
quali provvedimenti il Governo intenda assumere per salvaguardare il futuro della JuniOrchestra e per evitare che

i tagli dei finanziamenti all'Accademia nazionale di Santa Cecilia e, dunque, l'accresciuto peso degli sponsor privati stravolgano l'assetto organizzativo dell'orchestra, determinando, tra l'altro, ulteriori defezioni, più o meno volontarie, all'interno del suo staff e facendo perdere al nostro Paese un'importantissima risorsa culturale presente e futura.
(5-03180)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

IANNACCONE, SARDELLI, BELCASTRO e MILO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come è noto, imprese sia nazionali che estere, trovano enormi difficoltà nell'investire capitali e risorse nel Sud d'Italia a causa della criminalità diffusa;
questa situazione, unita ad una ormai cronica mancanza di infrastrutture, è uno degli elementi che impedisce la crescita dell'economia nel Mezzogiorno;
i continui atti intimidatori e le persistenti richieste di «pizzo» ai danni di artigiani, commercianti e imprenditori, le continue aggressioni anche da parte delle cosiddette baby gang nei confronti di giovani, anziani e turisti in luoghi anche affollati e centrali, dimostrano che l'apparato di sicurezza al Sud non è sufficientemente dimensionato;
da un'attenta analisi dell'attuale situazione emerge che il contrasto della microcriminalità, che è quella più «avvertita» dalla popolazione, deve trovare nuova forza, maggior rigore e nuove risorse pur vivendo tempi di grave crisi economica;
in questo senso, da più parti, si auspica la riproposizione di un'esperienza, quella dei «Vespri», che ebbe un esito estremamente positivo;
con tale proposta non si vuole trasformare l'esercito in forza di polizia ma si vorrebbe, al contrario, liberare energie tra le forze dell'ordine nella quotidiana lotta alla criminalità lasciando ai reparti dell'esercito le funzioni di controllo territoriale e sugli obiettivi altamente sensibili;
tale proposta potrebbe essere rivalutata, almeno sino a quando non si riesca a stabilire una nuova stagione di rilancio economico nel meridione, prevedendo un impiego costante con la collocazione di reparti al Sud, attraverso uno studio organico, onde potere intervenire là dove vi è maggiore necessità;
tale scelta, oltre ad ottemperare alla necessità di ristabilire maggiore sicurezza nel Mezzogiorno, rappresenterebbe un impiego più utile, efficace e moderno del nostro esercito;
tale considerazione nasce da un'analisi delle trasformazioni avvenute sullo scenario europeo ed internazionale, dalle quali appare in tutta la sua evidenza il ruolo fondamentale che le nostre «frontiere» meridionali hanno assunto;
risulta innegabile che il nuovo scenario strategico internazionale debba prevedere, in virtù delle crescenti tensioni geopolitiche nell'area mediorientale, un maggiore controllo dei confini meridionali, così come non si può negare che le stesse frontiere sono interessate da un sempre maggiore traffico di immigrati clandestini, droga e armi;
in tal senso uno spostamento di reparti, dislocati attualmente al Nord in funzione di necessità di controllo strategico oggi totalmente inconsistenti, al Sud rappresenterebbe una migliore razionalizzazione delle forze in campo e risponderebbe contemporaneamente alla necessità di un maggiore controllo dei confini meridionali;
infine, non si può non sottolineare come un tale provvedimento rappresenterebbe un segnale preciso di una maggiore presenza dello Stato nelle regioni meridionali finalizzata a combattere la criminalità

e, allo stesso tempo, a restituire fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni a popolazioni che, troppo spesso, si sentono abbandonate e in balia di una criminalità sempre più violenta e capillare -:
se non si ritenga di rilevante necessità, in base a quanto sopra esposto, prevedere la possibilità di costituire una commissione tecnico-politica, con la partecipazione dei due Ministeri (difesa ed interno) e delle istituzioni locali, al fine di studiare la presenza stabile delle forze armate nel Sud del Paese, al fine di consentire, attraverso lo svolgimento di alcune funzioni di controllo del territorio, una maggiore operatività alle forze dell'ordine, sia in termini di prevenzione che di repressione, contro la criminalità in tutte le sue forme organizzate;
se non si ritenga utile, nel caso si convenisse sulla necessità di istituire tale commissione, prevedere una serie di audizioni con il Cocer esercito, il Cocer carabinieri e finanza e sindacati di polizia, al fine di concordare, anche con tali organismi di rappresentanza, un'azione comune per il rafforzamento della lotta alla criminalità nel Sud d'Italia.
(4-07864)

FADDA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa bandisce annualmente concorsi per l'arruolamento nelle Forze armate di volontari a ferma prefissata per un anno (VFP1), legge n. 226 del 2004; l'accertamento fisio-psico-attitudinale per gli aspiranti V.F.P.1 dell'esercito viene effettuato presso i centri di selezione di Bari, Bologna, Cagliari, Napoli, Palermo e Roma;
per l'anno 2010 è stato indetto il bando per l'arruolamento di 12.000 volontari (V.F.P.1) suddivisi in 4 blocchi di incorporamento (3.000 per ciascun blocco); tra i requisiti per l'arruolamento è richiesta l'idoneità sotto il profilo psico-fisico e attitudinale per l'impiego nelle Forze armate, in qualità di V.F.P.1;
con decreto dirigenziale n. 84 del 1o dicembre 2009 del direttore generale del personale del Ministero della difesa sono state nominate le commissioni previste dall'articolo 6, comma 3 del bando, con il compito di procedere all'accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali dei candidati ammessi al reclutamento;
le commissioni sono composte da un ufficiale di grado non inferiore a colonnello nel ruolo del presidente e tre membri, un ufficiale medico di grado non inferiore a tenente, un ufficiale abilitato alla professione di psicologo di grado non inferiore a tenente ovvero uno psicologo civile abilitato alla professione, appartenente all'amministrazione della difesa o convenzionato, ovvero un perito selettore attitudinale e un sottufficiale segretario senza diritto di voto;
vi sono commissioni composte da due ufficiali d'arma (presidente e un membro) più un ufficiale medico, nonostante presso i centri di selezione prestino servizio diversi ufficiali superiori medici;
in caso di votazione, essendo il giudizio adottato a maggioranza dei componenti, la decisione e la conseguente emissione del provvedimento medico-legale potrebbe essere determinata da una maggioranza composta da non appartenenti alla branca medica -:
se il Ministro non ritenga che le commissioni costituite presso i centri di selezione V.F.P.1 per l'accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali debbano essere composte solo ed esclusivamente da personale sanitario o quanto meno a maggioranza dello stesso;
se, in ogni caso, non ritenga che l'accesso ai dati clinici ed anamnestici debba essere consentito solo a personale abilitato all'esercizio della professione sanitaria.
(4-07865)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi, in particolare quelli che sono seguiti alla inutile proroga concessa già dallo scorso anno dal Governo, sono stati presentati dagli interroganti numerosi atti di sindacato ispettivo per chiedere lumi su comportamenti e fatti che hanno visto coinvolti sia singoli delegati che l'intero meccanismo della rappresentanza militare, evidenziando nelle premesse di quegli atti numerosi e gravi eventi che hanno reso chiaramente l'inutilità di tale strumento e l'uso per scopi personali e politici che ne viene ancora oggi fatto dai suoi componenti;
gli organismi della rappresentanza militare sono, nelle Forze armate e nelle Forze di polizia a ordinamento militare, il blando surrogato delle associazioni sindacali di categoria con la sostanziale differenza che i primi, vista anche la loro natura di organismo interno all'amministrazione datoriale, non hanno nessun effettivo potere di tutela e mediazione degli interessi collettivi e singoli del personale rappresentato e costano alle casse dello Stato cifre che sono stimate intorno ai 40 milioni di euro all'anno, come più volte riportato da numerose agenzie di stampa. Cifra questa che consentirebbe di escludere dall'attuale manovra economica la parte che prevede il blocco degli automatismi stipendiali dal comparto difesa, senza dovere ricorrere a ulteriori e fantasiose decurtazione dei trattamenti economici del personale interessato;
presso la 4a Commissione permanente del Senato della Repubblica è da tempo iniziata la discussione sui disegni di legge numeri 161, 1157, 1510, 2125 e la petizione n. 15, tutti vertenti sull'ordinamento della rappresentanza militare;
attualmente i Cocer, i Coir e i Cobar, sono gli unici organismi della rappresentanza militare deputati, con i limiti imposti dalla legge, a rappresentare e a dover ricercare adeguate soluzioni volte a soddisfare le richieste e le esigenze di tutela del personale eventualmente rappresentato;
il Coir del Comando squadra aerea dell'Aeronautica militare è certamente, nei suoi componenti titolari di quella sola carica, l'unico organismo sufficientemente funzionante in grado di fornire concrete risposte alle esigenze del personale rappresentato mantenendo e ricercando con esso e con i rappresentanti dei Cobar un costante e indispensabile dialogo;
recentemente quel Coir, con delibera n. 3 del 24 giugno 2010 ha chiesto, ai sensi dell'articolo 30 del Regolamento interno per l'organizzazione e il funzionamento della rappresentanza militare (R.I.R.M.) di cui al decreto ministeriale 9 ottobre 1985 pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 259 del 4 novembre 1985, l'autorizzazione ad un incontro con i Cobar confluenti da svolgersi a Roma dal 7 al 9 luglio 2010 al fine di renderli edotti ed acquisire proposte in merito agli effetti della recente manovra finanziaria straordinaria emanata dal Governo tramite il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
il comandante della squadra aerea dell'Aeronautica militare, generale Carmine Pollice, con nota prot. n. SQA-021/1660 del 2 luglio 2010 non ha autorizzato tale attività adducendo sostanzialmente motivazioni di natura economica presumendo un elevato costo dell'incontro, e di natura logistica per la carenza di posti letto nell'area capitale;
la decisione assunta dal generale evidenzia, in tutta la sua drammaticità, l'inutilità dell'unico strumento di tutela, quale è quello in argomento, di cui può avvalersi il personale militare, che deve sempre recedere di fronte ai maggiori e importanti interessi economici dell'Amministrazione militare. Interessi, questi ultimi, che tuttavia non sembrano riguardare le attività dei delegati dei Cocer -:
quali iniziative intenda attuare il Ministro della difesa nella considerazione che la mancata autorizzazione all'incontro

COIR CSA con i COBAR confluenti si ponga, ad avviso dell'interroganti, come un chiaro atto diretto a condizionare e limitare l'esercizio del mandato dei componenti degli organi della rappresentanza in evidente contrasto con quanto stabilito dall'articolo 20 della legge 11 luglio 1978, n. 382, recante norme di principio sulla disciplina militare;
se ritenga che i motivi ostativi allo svolgimento dell'incontro siano l'evidente dimostrazione che, nell'attuale situazione economica, proprio gli obbiettivi di contenimento dei costi che si prefigge il Governo giustificherebbero il riconoscimento del diritto di costituire associazioni a carattere sindacale per il personale delle Forze armate, ponendo così, a carico degli iscritti ai sindacati medesimi i costi di gestione e funzionamento della rappresentanza del personale che ora gravano pesantemente sui bilanci della Difesa.
(4-07889)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 38, comma 1, della Costituzione prevede che «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale»;
tale inabilità deve essere riconosciuta da una commissione medica della ASL di appartenenza, con allegato un certificato medico (solitamente del medico curante) che attesti la patologia invalidante, riservandosi di sottoporre l'istante a visita medica entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda;
qualora trascorra un tempo superiore, l'istante può presentare diffida all'assessorato alla sanità della Regione di appartenenza, che fissa la visita medica richiesta entro nove mesi;
la stessa commissione medica della ASL, dopo aver effettuato i necessari accertamenti sanitari, ha ulteriori 30 giorni di tempo per redigere il verbale nel quale esprimere il proprio giudizio medico-legale;
detto verbale viene poi trasmesso alla commissione verifica competente per territorio che, entro ulteriori 60 giorni, si pronuncia sul giudizio della ASL;
qualora il giudizio non sia positivo, l'istante viene sottoposto a nuova valutazione medico-legale da effettuarsi entro altri 60 giorni;
tali procedure, pertanto, possono richiedere oltre un anno dal momento di presentazione della domanda di invalidità, qualora essa venga riconosciuta, inasprendo il disagio e l'umiliazione fisica e morale di chi ha subito una circostanza riduttiva della propria capacità di lavoro e di reddito;
il mancato riconoscimento dello status di invalido in tempi ragionevolmente brevi rispetto alle lungaggini burocratiche elencate priva l'istante di immediate opportunità, come l'esenzione dai ticket sanitari, il diritto al collocamento obbligatorio, la concessione dei permessi per parcheggio ed altri mezzi di sostegno alle mutate esigenze di vita quando si subisce un infortunio od una malattia;
nella XV legislatura la presente interrogazione è stata presentata al Senato (atto n. 4-00186 del 26 giugno 2006), rivolta al Ministro dell'economia e delle finanze, ma essa non ha avuto risposta -:
quali iniziative a carattere normativo si intendano assumere per ridurre le lungaggini burocratiche afferenti il riconoscimento dell'inabilità al lavoro di qualunque cittadino che ne chieda l'accertamento a causa di infortunio o malattia, così come riconosciuto dalla Costituzione;
se esista un sistema di monitoraggio dei tempi di riconoscimento da parte delle commissioni mediche delle ASL delle invalidità richieste e se risultino, come denunciato

da alcuni giornali, lungaggini burocratiche che vanno oltre l'anno per il riconoscimento.
(5-03171)

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, articolo 72, comma 7 e comma 11, vengono introdotte forti restrizioni riguardo al trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti;
la tendenza attuale nei Paesi dell'Unione europea è quella di prevedere un graduale aumento dell'età pensionabile sia in considerazione della crescente longevità di tutta la popolazione che della grossa difficoltà in cui versa l'attuale sistema previdenziale;
l'OCSE in particolare ha evidenziato in modo chiaro ed inequivocabile come la percentuale di popolazione attiva in Italia nella fascia di età compresa tra i 60 ed i 65 anni si ferma al 19 per cento rispetto alla media dei Paesi industrializzati che supera abbondantemente il 35 per cento;
il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in occasione del discorso d'apertura dell'anno finanziario ha commentato il dato dell'OCSE ribadendo la necessità di riformare il sistema previdenziale e la notizia è apparsa su tutti i maggiori quotidiani, tra i quali il Corriere della Sera dell'8 luglio 2008;
i tre Nobel per l'economia, Robert Mundell, James Heckman e Robert Solow hanno ribadito la necessità di innalzare l'età pensionabile, così motivando; «i costi del sistema attuale non sono più sostenibili. La gente vive oltre gli 80 anni e può continuare a lavorare anziché restare inattiva per 20 anni», in armonia con il pensiero dell'economista statunitense Franco Modigliani, che parlando di equità sociale si espresse in questi termini: «una spesa pensionistica eccessiva sottrae sicuramente risorse ad altri investimenti pubblici che maggiormente possono contribuire allo sviluppo del Paese»;
per effetto dell'applicazione delle norme in questione, nelle amministrazioni pubbliche ci saranno lavoratori di 65 anni che potranno restare in servizio fino a 67 anni e lavoratori di 57 anni costretti a lasciare il servizio per aver maturato 40 anni di contribuzione -:
se, per le parti di propria competenza, intendano assumere iniziative normative modificative della norma epigrafata al fine di evitare ingiustificati trattamenti di fine rapporto nell'ambito del personale afferente al medesimo comparto di contrattazione;
se non si intenda riproporre quanto disposto dall'articolo 1, comma 12, della legge n. 243 del 23 agosto 2004 (legge Maroni) che favoriva il posticipo del pensionamento del personale che aveva maturato il diritto alla quiescenza attraverso bonus contributivi;
se non ritenga che la soluzione prospettata contribuisca alla riduzione della spesa previdenziale e concorra quindi al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
(5-03172)

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999, finalizzato al riordino della organizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato a seguito della delega di cui all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59, ha operato un intervento di rilevante impatto sull'amministrazione finanziaria con l'introduzione di quattro agenzie fiscali (entrate, territori, dogane e demanio);
il capo II, titolo V, del citato decreto legislativo ha fissato criteri basilari riguardo all'articolazione degli uffici, all'organizzazione

ed al funzionamento delle medesime agenzie, dettando regole certe, chiare ed inequivocabili;
specificatamente all'accesso alla dirigenza ed in linea con i principi di cui all'articolo 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993, i regolamenti di amministrazione hanno definito criteri e modalità per la copertura dei posti vacanti e disponibili, prevedendo altresì procedure selettive pubbliche sia dall'interno che dall'esterno;
per particolari esigenze di servizio l'agenzia può stipulare, previa specifica valutazione comparativa della idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari con l'obbligo di avviare rapidamente le procedure concorsuali;
si registrano anomalie procedurali nell'assegnazione di incarichi a personale direttivo e dirigente, effettuati in difformità a norme regolamentari e di legge o in assenza di procedimenti selettivi -:
se la Direzione centrale dell'Agenzia abbia conferito eventuali incarichi ad interim di Capo Reparto di II fascia omettendo qualsivoglia valutazione comparativa e senza tenere in debita considerazione le conseguenze in termini economici e di rendimento di tale decisione;
se, per le parti di propria competenza, intendano attivare con urgenza tutti i controlli per accertare se sia vero quanto sopra evidenziato;
e, in caso affermativo, cosa intendano fare per eliminare tutte le situazioni di irregolarità sopra denunciate, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione (imparzialità e buon andamento dell'Amministrazione).
(5-03173)

Interrogazione a risposta scritta:

MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel bilancio dello Stato per l'anno 2010 tra le somme stanziate a favore degli interventi per pubbliche calamità sono previsti euro 10.164.569 quali «somme da erogare per l'ammortamento dei mutui contratti dai comuni interessati con la cassa depositi e prestiti e con altri istituti di credito per la prosecuzione degli interventi nelle zone del Belice colpite dal terremoto del 1968» ed euro 75.369.793 quali «somme da erogare per la prosecuzione degli interventi volti alla ricostruzione nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982»;
dagli eventi tragici del 1968 in Sicilia sono trascorsi ormai 42 anni, mentre dal terremoto in Irpinia sono trascorsi 30 anni;
ancora ad inizio 2010 una delegazione di sindaci delle zone della Sicilia colpite dal sisma protestava a Roma per avere i finanziamenti necessari alla ricostruzione post terremoto;
a seguito del terremoto in Irpinia, ci furono varie indagini e commissioni d'inchiesta sull'utilizzo dei fondi stanziati per la ricostruzione, che hanno denunciato abusi, sprechi e ruberie -:
quanti fondi statali siano stati stanziati per la ricostruzione delle zone colpite dai terremoti del Belice (1968) e dell'Irpinia (1980) dalla data degli eventi ad oggi, se sia disponibile l'elenco dettagliato degli interventi che tali fondi sono andati a finanziare e quali fondi siano già stati stanziati per gli anni prossimi.
(4-07867)

TESTO AGGIORNATO AL 7 LUGLIO 2010

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 24 gennaio 2001, nella seduta n. 691, la 2° Commissione Giustizia del

Senato, in sede deliberante, ha approvato il disegno di legge 4757 (che ha assorbito il disegno di legge 4798) che prevedeva il trasferimento della sede del Tribunale di Sorveglianza per adulti dalla città di Macerata a quella di Ascoli Piceno;
successivamente, il testo normativo è stato riproposto dal sottoscritto in data 2 aprile 2002, giusta AS 1300;
la definizione legislativa si rendeva necessaria per far fronte alle gravi disfunzioni che si registrano nell'amministrazione della giustizia in questa parte del territorio del Paese;
non è concepibile ancora immaginare la presenza di un super carcere ad Ascoli Piceno e dove sono ristretti anche detenuti sottoposti a regime aggravato previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e un servizio giudiziario ad esso connesso (Tribunale di Sorveglianza) a Macerata, distante oltre 100 chilometri, dove, tra l'altro, non operano più istituti carcerari;
tale irrazionale organizzazione della giustizia comporta oltre che una limitazione sostanziale dell'esercizio dei diritti in capo ai detenuti anche un aggravio di costi, di disagi e di disfunzioni in capo ai legali e al personale giudiziario e di sorveglianza;
occorre dare una risposta di razionalizzazione dell'amministrazione della giustizia penitenziaria;
nella XV legislatura la presente interrogazione è stata presentata al Senato (atto n. 4-00269 del 10 luglio 2008) rivolta al Ministro della giustizia, ma essa non ha ricevuto risposta -:
se sia a conoscenza della grave disfunzione giudiziaria che con la presente interrogazione viene nuovamente rimarcata e quali strumenti normativi urgenti si intendano adottare al fine di accelerare la soluzione delle disfunzioni lamentate;
se non si intenda predisporre un organico provvedimento legislativo che ricomprenda situazioni similari, di cui si chiede la razionalizzazione sia operativa che funzionale e la riduzione dei costi di gestione.
(5-03174)

CICCANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel sistema giudiziario italiano, la giustizia civile è da svariati anni in uno stato di cronica emergenza. I tempi medi per la conclusione di un processo civile sono decisamente irragionevoli e ciò impone una rivisitazione dell'intero sistema procedurale, che deve essere semplificato per ridurre al minimo i tempi della giustizia;
tale semplificazione potrebbe partire dalla previsione di un rito unico semplificato, per tutti i procedimenti civili (societario, del lavoro, etc. ...), minimizzando il numero delle udienze attualmente necessarie per giungere a conclusioni. Le parti potrebbero, sin dal primo scritto difensivo (ricorso), sottoporre al giudice le prove di cui intendono avvalersi e la prima udienza dovrebbe essere fissata dal Magistrato, contestualmente all'ordinanza che ammette i mezzi di prova; allo stesso modo, al termine dell'istruttoria, si potrebbe evitare il rinvio della causa per fissare una udienza per la precisazione delle conclusioni, giacché le parti potrebbero essere invitate a concludere subito, nel corso della stessa udienza in cui si è conclusa la fase istruttoria;
sarebbe anche opportuno prevedere espressamente che le sentenze possano essere emesse in forma sintetica, senza la necessità di riepilogare l'intera vicenda processuale, che può darsi per acquisita;
anche la motivazione può essere espressa in forma sintetica, come generalmente accade in caso di emissione di ordinanze ammissive dei mezzi di prova o in quelle sentenze che vengono rese direttamente in udienza, a seguito di discussione orale;

nell'ottica di snellire il carico dei procedimenti, si potrebbe prevedere l'arbitrato obbligatorio per le cause di natura strettamente tecnica (ad es.: cause per il riconoscimento di responsabilità medica) e per quelle cause in cui l'impianto motivazionale poggerebbe essenzialmente sulle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio;
nella XV Legislatura la presente interrogazione è stata presentata al Senato (Atto Senato n. 4-03416 del 26 febbraio 2008) rivolta al Ministro della giustizia, ma essa non ha ricevuto risposta -:
se non s'intenda intervenire per la modifica del codice di procedura civile, al fine di semplificare ed accelerare lo svolgimento dei processi civili.
(5-03175)

CICCANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella Casa di Reclusione di Fermo esiste una drammatica condizione lavorativa dovuta a quanto consta all'interrogante:
a) ad un impianto anti-scavalcamento ed anti-intrusione guasto, causa mancata manutenzione;
b) ad un impianto di telecamere interne ed esterne guasto da anni;
c) alla totale assenza di pulsanti di allarme all'interno dei reparti detentivi;
d) ad un servizio di sentinelle reintrodotto, dopo un recente tentativo di evasione, svolto in condizioni di lavoro assurde;
e) ad un stremato personale di polizia penitenziaria, che svolge servizio nei reparti, ricoprendo più posti di servizio aumentando a dismisura il carico di lavoro;
f) ad un lavoro straordinario nella misura di circa 25-30 ore mensili;
g) al totale abbandono in tema di manutenzione dell'istituto, con conseguenti infiltrazioni d'acqua, di umidità, con un impianto elettrico mal funzionante e con servizi igienici per il personale fatiscenti -:
se e quale sia stato l'esito dell'ispezione effettuata in data 27 gennaio 2009 per l'accertamento di quanto sopra e quali provvedimenti siano stati presi o si intenda prendere per risolvere il problema.
(5-03176)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali Italiani, Redazione Radiocarcere, Redazione Ristretti Orizzonti, Associazione «Il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione «A Buon Diritto», il pomeriggio del 28 giugno 2010, Marcello Mento, trentasettenne, detenuto nella casa circondariale di Giarre (Catania) si è tolto la vita impiccandosi con la cintura dell'accappatoio che ha provveduto a legare alle sbarre della finestra del bagno della cella in cui stava;
dall'inizio del 2010 sono trascorsi 171 giorni e nelle carceri italiane i morti sono stati 90: 26 si sono impiccati, 6 sono deceduti dopo aver inalato del gas, 38 a causa di malattie e 20 per motivi «da accertare» (sui loro casi sono state avviate inchieste da parte della magistratura);
dal 1o gennaio 2000 ad oggi nelle carceri italiane sono morti 1.688 detenuti: 586 per suicidio, 7 uccisi da altri carcerati, 84 stroncati da overdose di sostanze stupefacenti. Le restanti 1.011 morti in cella sono da attribuire quasi tutte a «malori improvvisi», oppure a malattie non diagnosticate, o sottovalutate, o curate in maniera inadeguata. L'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) prevede che un detenuto in condizioni di salute critiche sia ricoverato in ospedale, per essere curato e, quando non c'è cura

possibile, per consentirgli di morire da persona libera, ma, evidentemente, in almeno 100 casi l'anno questo non viene fatto;
ogni anno più di 150 detenuti muoiono in cella, di questi 50 o 60 si suicidano: numeri drammatici che da almeno vent'anni sono pressoché stabili;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, il numero dei suicidi potrebbe essere drasticamente diminuito se solo si rispettasse quanto previsto dall'ordinamento penitenziario nella parte in cui viene previsto che un detenuto debba rimanere in cella soltanto la notte in quanto nel corso dell'intera giornata allo stesso l'amministrazione penitenziaria dovrebbe offrire l'opportunità di lavorare, studiare, fare attività sportive e ricreative. Al contrario, oggi le predette disposizioni non vengono rispettate per mancanza di spazi, di soldi e di personale, al punto che, tranne in alcuni istituti di pena, i detenuti arrivano a trascorrere anche 20-22 ore al giorno chiusi in una cella, spesso sovraffollata, dove è possibile soltanto stare in branda ad aspettare che il tempo passi -:
nel rispetto e a prescindere dalla inchiesta avviata dalla magistratura quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, dell'inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio di Marcello Mento;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà.
(4-07853)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali Italiani, Redazione Radiocarcere, Redazione Ristretti Orizzonti, Associazione «Il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione «A Buon Diritto», la mattina del 1o luglio 2010, Santino Mantice, 25enne, detenuto nella casa di reclusione di Padova, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella;
quello di Santino Mantice è il 590esimo suicidio avvenuto nelle carceri italiane dal 2000 ad oggi;
da inizio anno è il 33o suicidio consumatosi all'interno degli istituti di pena italiani. Nel solo mese di giugno 2010 si sono impiccati sei detenuti, inoltre un detenuto semilibero si è suicidato impiccandosi ad un albero in provincia di Bolzano non appena ha saputo di dover tornare in carcere ed un giovane immigrato si è impiccato nella «cella di sicurezza» della Questura di Agrigento;
ogni anno più di 150 detenuti muoiono in cella, di questi 50 o 60 si suicidano: numeri drammatici che da almeno vent'anni sono pressoché stabili;
a tal proposito, il presidente della Conferenza regionale volontariato e giustizia, Maurizio Mazzi, ha ribadito che, annualmente, in carcere si registra un tasso di suicidi pari a circa il 14 per cento, a fronte dello 0,7 per cento registrato all'esterno, suicidi che peraltro crescono in parallelo al sovraffollamento, e quindi al peggiorare delle condizioni di vita;
a giudizio degli interroganti, una politica di fermezza verso il crimine non

esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo;
il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario -:
nel rispetto e a prescindere dalla inchiesta avviata dalla magistratura, quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, dell'inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio di Santino Mantice;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere; in particolare, se e quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà.
(4-07854)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla rivista L'Internazionale del 1 luglio 2010, è riportato un articolo a firma Geneviève Makaping intitolato «Detenuti a cinque stelle» che si riporta integralmente: «Pesci pregiati e aragoste. Champagne e altri vini francesi. E come se non bastasse, creme di bellezza e profumi. Tutto a disposizione di alcuni detenuti del carcere di Cosenza intitolato a Sergio Cosmai, che ne fu il direttore finché non venne ucciso nel marzo del 1985. La 'ndrangheta gli sparò undici colpi alla testa. Cosmai era venuto a Cosenza nel 1982 per riorganizzare la prigione e per lottare contro la criminalità organizzata. Come raccontano i vecchi cronisti, lottava contro i privilegi di cui godevano allora alcuni detenuti vip, cioè i capi dei capi della 'ndrangheta calabrese. Nome dell'operazione: Aragosta, ovviamente. I pasti di lusso nel carcere Sergio Cosmai sono stati scoperti dalla polizia penitenziaria ma la notizia non ha fatto nemmeno il giro di Cosenza, figuriamoci della regione. Appena nove righe in un lancio di agenzia pubblicato il giorno dopo lo scoop, realizzato il 25 giugno dal Quotidiano della Calabria, probabilmente perché la procura di Cosenza ha avviato un'indagine sulla vicenda. Sei persone sono state denunciate: tre detenuti che avevano il compito di distribuire il cibo e tre impiegati della ditta vincitrice dell'appalto per la fornitura di alimenti all'interno del carcere. Non si sa, invece, chi fossero i destinatari dei trattamenti di favore. La notizia avrebbe meritato i titoli di apertura sui giornali e nei Tg nazionali, non fosse altro che per ricordare un uomo ucciso barbaramente mentre andava all'asilo a prendere la sua bambina di tre anni. Anche il tratto di strada in cui Sergio Cosmai è morto, la statale 19, oggi porta

il suo nome, come il carcere dove i detenuti pasteggiano ad aragoste e champagne. Per l'omicidio di Cosmai tre uomini sono stati condannati all'ergastolo. In appello sono stati assolti tutti per insufficienza di prove.» -:
se sia a conoscenza della notizia riportata dalla rivista L'Internazionale;
quale sia il nome della ditta vincitrice dell'appalto per la fornitura di alimenti all'interno del carcere di Cosenza;
con quali procedure si svolgano le gare d'appalto per la fornitura di alimenti nelle carceri italiane;
quale tipo di controllo venga svolto sia centralmente che localmente sulle ditte fornitrici;
se nella lista dei prodotti forniti nel carcere di Cosenza figurino e/o figurassero - e per quanto tempo - pesci pregiati e aragoste, champagne e altri vini francesi oltre che creme di bellezza e profumi;
quanti siano i detenuti che hanno avuto la possibilità di acquistare i prodotti summenzionati, quale sia la posizione giuridica di ciascuno di loro e per quali reati siano imputati e/o condannati;
se non ritenga di intervenire con le più opportune iniziative al fine di accertare i termini reali della incresciosa situazione e, nel caso di conferma, di rimuoverla.
(4-07880)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
premesso che il 29 giugno 2010 l'abitazione del signor Andrea Trisciuoglio risulta essere stata perquisita dai carabinieri di Foggia;
il signor Trisciuoglio, dirigente dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca, e affetto da sclerosi multipla cittadino incensurato, ha subito e patito una perquisizione quasi fosse un affiliato a una cosca mafiosa o a un clan della camorra; come riferisce lo stesso signor Trisciuoglio «sveglia di prima mattina, con cinque carabinieri che entrano nella mia abitazione, mia moglie e mio figlio terrorizzati, con annessi pianti del bimbo, mani in tutti i cassetti, trasporto in caserma...»;
di fronte all'evidenza dei fatti, e cioè che il signor Trisciuoglio è affetto da SLA e che la sostanza stupefacente trovata era costituita semplicemente dal Bediol che riceve mensilmente dalla sua ASL, tutto si è concluso con un «scusateci per il disturbo»;
sono notori sia lo stato di salute che l'attività del signor Trisciuoglio nell'ambito dell'associazione Luca Coscioni e in generale della galassia radicale ed è altrettanto noto che per lenire e contrastare gli effetti provocati dalla SLA, il signor Trisciuoglio può assumere la sostanza denominata Bediol, che viene ricevuta mensilmente dalla ASL (ne hanno scritto e riferito il Venerdì di Repubblica, il quotidiano Terra, il mensile Agenda Coscioni, numerosi siti internet), non si comprende perché, per l'accertamento dei fatti, si sia proceduto con un incredibile e immotivato dispiegamento di forze, mentre sarebbe stato sufficiente assumere informazioni presso la ASL o l'interessato, che certamente non si sarebbe sottratto -:
se non si ritenga di dover avviare iniziative ispettive per l'accertamento dei fatti e per l'eventuale esercizio dei poteri di competenza;
in considerazione del fatto che, purtroppo, la situazione del signor Trisciuoglio è condivisa da parecchie centinaia di persone in tutto il territorio nazionale, quali iniziative si intendano assumere, promuovere e sollecitare perché vicende come quelle accadute al signor Trisciuoglio non abbiano più a verificarsi.
(4-07885)

LUSSANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le ultime vicende di cronaca relative alla vicenda di Gaetano De Carlo, carrozziere del cremonese con diverse denunce precedenti per stalking, che ha ucciso a colpi di pistola due sue ex compagne Maria Montanaro e Sonia Balcone, per poi togliersi la vita, portano nuovamente all'attenzione quello che rappresenta un fenomeno preoccupante nel nostro Paese, dove in poco più di un anno sono state denunciate oltre 7.000 persone per il reato di stalking;
sono dati importanti che servono a capire la diffusione e la pericolosità di questo reato, che è stato introdotto nel nostro codice solo nel febbraio 2009 e che ha condotto a buoni risultati, dato che fino a marzo 2010 sono state arrestate oltre 1.200 persone;
grazie alla nuova legge gli atti persecutori rappresentano un reato ben definito nel codice penale, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di reclusione, con pene aggravate quando il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona legata alla vittima da relazione affettiva, oppure se avviene a danno di minore, di donna incinta o di persona disabile, fino ad arrivare a punire lo stalker con l'ergastolo se, nell'escalation di atti persecutori accertati, uccide la vittima;
la scelta del legislatore è stata quella di fornire tutti gli strumenti indispensabili tanto alla magistratura quanto alle forze dell'ordine per prevenire e combattere un reato tanto odioso che colpisce non solo donne ma anche uomini;
rimane compito della magistratura applicare la legge e, in presenza di un quadro probatorio consistente e all'esito di un giudizio di pericolosità sociale, adottare tutte le misure previste in via preventiva come la custodia cautelare in carcere, ove necessaria;
è importante sottolineare come la nuova legge non riguardi solo l'aspetto della repressione penale ma anche misure indispensabili a contrastare il fenomeno sul nascere, dando molta importanza a norme che hanno una finalità preventiva e anche di educazione culturale, attraverso ad esempio l'istituzione di corsi nelle scuole di tutti gli ordini e gradi che insegnino la parità tra uomo e donna e il rispetto reciproco, per poter stroncare sul nascere episodi di violenza;
nel caso riportato, invece, il magistrato procedente aveva disposto un rinvio a giudizio per il quale era stata fissata l'udienza il 7 novembre 2010, nonostante le sette denunce di una delle vittime, terrorizzata dalle continue minacce e persecuzioni che duravano da sette anni, a quanto riferiscono oggi parenti e amici;
ancora una volta il triste epilogo di una vicenda che si protraeva da tempo, pone l'interrogativo su come sia stato possibile che il De Carlo fosse ancora in libertà e abbia potuto compiere reiterate molestie e minacce nei confronti di una delle vittime, nonostante le numerose denunce e nonostante la legge preveda l'adozione di opportune misure cautelari, nonché specifici obblighi di comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza per l'adozione di opportuni provvedimenti in materia di armi -:
se il Ministro non intenda verificare l'esistenza dei presupposti per le opportune iniziative di sua competenza in merito, anche promuovendo eventuali iniziative disciplinari nei confronti del magistrato procedente. (4-07886)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mancato rinnovo della connessione elettrica tra Sicilia e Calabria costa 800 milioni di euro l'anno. Tanto si sarebbe risparmiato se i lavori per il nuovo elettrodotto, dopo sei anni, fossero partiti. Il caso siciliano è il più eclatante, ma i colli di bottiglia della rete elettrica nazionale sono tanti e distribuiti su tutta la penisola. I lavori del progetto dovevano partire ad inizio 2010, dopo l'ultimo decreto dell'ottobre 2009, ma come ha spiegato lo stesso Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al quotidiano la Sicilia: «È arrivata un'eccezione dalla Regione Sicilia che ha posto il problema della presunta incidenza negativa dell'opera sull'avifauna. È stato necessario riaprire il procedimento della valutazione di impatto ambientale». Un po' a sorpresa nei sei anni precedenti in cui il progetto era stato esaminato dalla stessa regione Sicilia, dai Ministeri dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare e dello sviluppo economico, dalla regione Calabria e dai 21 comuni sulle due sponde dello stretto, il benessere degli uccelli della zona non era stato adeguatamente preso in considerazione. Nulla si è più mosso e, vista la congestione dell'attuale cavo, la Sicilia è di fatto elettricamente separata dal resto del Paese, anzi dal resto d'Europa. A maggio il prezzo del chilowattora nell'isola è stato di 110 euro, quando sulla costa opposta costava 54 euro. Da anni i prezzi alla borsa elettrica per la Sicilia sono del 50-100 per cento più alti che nel resto d'Italia. I consumatori si lamentano perché in bolletta pagano la differenza tra il prezzo riconosciuto ai produttori (quello di zona) e il prezzo unico nazionale (Pun). A maggio il Pun è stato di 63,45 euro a chilowattora, cioè 9,5 euro più alto di quello reale praticato nell'Italia continentale. Mentre tutti gli italiani compensano con circa 800 milioni l'anno gli extraprofitti dei produttori dell'isola, i siciliani pagano la loro «segregazione» con un numero più alto di black out e servizi peggiori;
ovviamente l'economia locale non può godere dei 700 milioni di euro di commesse, né liberarsi di 540 vecchi tralicci che pulirebbero 264 ettari di territorio. Anche dal punto di vista ecologico ogni giorno di ritardo è un vero disastro: l'energia elettrica siciliana viene prodotta, specie d'estate, da vecchie centrali ad olio combustibile, le più costose, ma anche le più inquinanti, mentre circa 70 megawatt di potenza eolica installata nell'isola producono elettricità che non può essere distribuita verso nord riducendo molto il vantaggio reale dell'anidride carbonica evitata. Tuttavia, per quanto attiene strettamente alla vicenda, i ritardi autorizzativi sono stati causati anche dai comitati ambientalisti e dalla diffusa sindrome Nimby riservata a centrali elettriche ed elettrodotti, rigassificatori, autostrade e ferrovie. Le elezioni per comuni, province e regioni tolgono certezza persino agli adempimenti già superati. Inoltre il sistema giudiziario ha tempi lunghi e spesso viene coinvolto dagli stessi operatori che si lamentano delle lungaggini della pubblica amministrazione. Valutazioni generali che valgono per tutte le infrastrutture, ma che nel caso della rete elettrica hanno un'ulteriore aggravante: le mancate opere hanno un costo immediato e misurabile, ma altrettanto immeditato e misurabile è il vantaggio di alcuni soggetti dalla mancata realizzazione, vale a dire i produttori di elettricità che si trovano all'interno di zone poco connesse e poco concorrenziali. Se si allarga lo sguardo a tutta la rete i punti dolenti sono equamente distribuiti su tutta la penisola: nove grandi elettrodotti sono in attesa di autorizzazione;
considerando che i tempi di realizzazione degli impianti sono stimati in 2-3 anni, se i tempi burocratici fossero stati accettabilmente rapidi si potrebbe già godere dei miglioramenti: vale a dire 730 chilometri di linee smantellate e sostituite con nuove strutture più efficienti e meno «impattanti»; inoltre una quota pari al consumo annuale di 70 mila persone sarebbe recuperata grazie alle minori dispersioni in rete, mentre la maggiore interconnessione consentirebbe di mettere 2450 megawatt di capacità produttiva già esistente sul mercato. Infine, un milione di tonnellate di CO2 emesse in meno senza cambiare la produzione attuale. Quindi, si verificherebbero prezzi più bassi per imprese e consumatori grazie alla riduzione degli oneri di sistema e alla maggiore concorrenza. Inoltre, tempi brevi permetterebbero di evitare che il piano strategico energetico rimanga una specie di libro dei sogni: i progetti in Calabria e Emilia non sembrano all'ordine del giorno. Ancor più avveniristici suonano le interconnessioni con la Francia e il Montenegro. Gli accordi trovati con i due Governi e la prospettiva di importare elettricità a costi molto più bassi rispetto ai livelli nazionali sono punti a «sfavore» della realizzazione. Oltre ai ritardi burocratici immaginabili, ci sarà anche la pressione degli operatori nazionali per aspettare che la domanda elettrica nazionale torni ai livelli precisi in modo da riassorbire gli squilibri di eccesso di offerta. Nel 2009 la potenza installata è aumentata del 5 per cento superando i 100 gigawatt

mentre i consumi totali sono scesi del 6,4 per cento. Il futuro immediato quindi si prospetta come una lotta impari tra l'opportunità di trasformare in risparmio i tanti investimenti fatti nelle centrali elettriche dell'ultimo decennio e l'interesse dei produttori a non eliminare i colli di bottiglia per difendere rendite e margini in tempi di bassi consumi -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di dare rapido avvio e definitiva realizzazione agli impianti di rete elettrica in Italia, soprattutto nella regione Sicilia.
(4-07878)

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Compagnia portuale di Livorno deteneva un terreno all'interno del porto di Livorno sul quale operava la società controllata Seal s.r.l.;
a seguito di una gravissima crisi finanziaria la Seal s.r.l. era in procinto di cessare la propria attività nel 2003 e Roberto Piccini presidente della Compagnia portuale proprietaria dell'area, dei magazzini e degli uffici, sottoscriveva con l'allora commissario dell'autorità portuale di Livorno, signor Bruno Lenzi, un contratto di vendita dell'intera superficie e degli immobili lì compresi per un valore di circa 7,5 milioni di euro, dopo che già aveva ricevuto dall'autorità portuale la somma di 3,5 milioni di euro per una «indennità di delocalizzazione» di un'attività industriale che in realtà mai più sarebbe stata ripresa;
in conseguenza di detto contratto, l'area e gli immobili sarebbero entrati nella disponibilità e piena proprietà dell'autorità portuale;
il contratto di vendita, che prevedeva alcune clausole di automatica cessazione e restituzione alla autorità portuale delle ingenti somme già percepite dalla Compagnia portuale, non si perfezionò durante il periodo in cui Bruno Lenzi rimase commissario dell'Autorità portuale, nonostante questo ente avesse già corrisposto alla Compagnia portuale, nel frattempo anch'essa precipitata in situazioni finanziarie non confortevoli, un cospicuo anticipo di circa 3 milioni di euro;
con l'arrivo di Roberto Piccini alla carica di presidente dell'Autorità portuale nel dicembre 2006 il contratto, da lui a suo tempo sottoscritto nella qualità di presidente di parte venditrice, veniva rivitalizzato e concluso, con relativo pagamento da parte di Piccini alla Compagnia portuale degli importi economici rimanenti pari a circa 4 milioni di euro;
il contratto prevedeva la singolare possibilità che la parte venditrice Compagnia portuale di Livorno continuasse a utilizzare le aree, nel frattempo divenute proprietà dell'Autorità portuale, sino al termine dell'anno 2008, impegnandosi a pagare un corrispettivo canone di affitto all'ente del porto;
scaduto il termine previsto del 2008, la Compagnia portuale avrebbe dovuto rilasciare le aree e gli immobili liberi da persone e cose e riconsegnarli all'Autorità portuale che, come detto, per volontà di Roberto Piccini, aveva acquistato i terreni ed i manufatti;
l'acquisto era stato finanziato dallo Stato, tramite l'erogazione dei fondi ai singoli porti vincolati alla realizzazione di opere ed infrastrutture destinate allo sviluppo delle «Autostrade del mare», corridoi di navigazione tramite i quali far transitare, per mare, grandi numeri di autotreni decongestionando, in tal modo, la rete autostradale nazionale;
si è potuto verificare che la Compagnia portuale di Livorno continua ad occupare sia gli uffici che le aree di proprietà dell'Autorità portuale livornese sulle quali è impedita ogni possibilità di accesso a causa di una ininterrotta recinzione e sbarramento delle vie di transito, peraltro costantemente presidiate da dipendenti della Compagnia portuale;

sugli immobili è ad oggi presente l'insegna societaria della Compagnia portuale livornese;
risulterebbe, che la Compagnia portuale di Livorno, la cui situazione finanziaria si è nel frattempo aggravata secondo quanto si è letto sulla stampa locale nei mesi scorsi, non paghi all'Autorità portuale alcun canone di affitto sugli immobili e sulle aree occupate senza titolo;
sulle aree in questione non si svolge e non si è mai svolto alcun traffico collegato con le cosiddette «autostrade del mare» scopo per il quale i beni sono stati acquistati dall'Autorità portuale utilizzando uno specifico finanziamento dello Stato;
l'Autorità portuale non ha mai avanzato alla Compagnia portuale richieste di pagamento per le aree occupate senza titolo e senza corrispettivo, pur non potendo ignorare il persistente stato di occupazione e illecito utilizzo degli immobili -:
se il contratto di acquisto dei terreni portuali su cui insisteva la società Seal s.r.l. sottoscritto nel 2007 tra il presidente Piccini e la Compagnia portuale di Livorno sia stato legittimo e proceduralmente corretto;
se i terreni acquistati siano mai stati utilizzati per sviluppare il traffico delle «autostrade del mare»;
se non ricorrano i presupposti per revocare il finanziamento di scopo di 8 milioni di euro erogato dallo Stato all'Autorità portuale di Livorno;
per quale motivo l'Autorità portuale consenta la perdurante occupazione di importanti aree operative alla Compagnia portuale di Livorno senza alcun corrispettivo economico così avvantaggiando un soggetto privato versante in una gravissima crisi economica e finanziaria, a scapito di altri concorrenti operatori portuali livornesi;
se i fatti come sopra esposti, per la loro gravità, non meritino una circostanziata inchiesta da parte degli organi ispettivi del Ministero e degli organi di controllo dell'Autorità portuale di Livorno, e qualora ne sussistano i presupposti, non si intendano effettuare le opportune segnalazioni alla Corte dei conti.
(4-07888)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'ultima tabella di valutazione dei titoli della terza fascia della graduatoria ad esaurimento del personale docente ed educativo delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, approvata con decreto ministeriale n. 27 del 15 marzo 2007 (legge n. 143 del 4 giugno 2004 come integrata dalla legge n. 186 del 2004 e modificata dalla legge 296 del 2006), venivano attribuiti i seguenti punteggi:
al punto c.1) della Tabella 2: per ogni titolo di studio di livello pari o superiore a quelli che danno accesso all'insegnamento di cui alla graduatoria sono attribuiti punti 3;
al punto c.8) della Tabella 2: per ogni attestato di frequenza di corsi di perfezionamento universitario di durata annuale sono attribuiti punti 1; ai docenti, che vantavano il medesimo titolo nel punteggio pregresso, lo stesso era stato valutato (per il tramite della Tabella precedente) punti 2, ponendo con ciò discriminazione nella valutazione di analogo titolo;
il servizio di insegnamento prestato nelle scuole di altro ordine e grado non attribuiva alcun punto -:
se nell'imminenza della emanazione del decreto di aggiornamento delle Graduatorie ad Esaurimento e concomitante

emanazione della relativa tabella di valutazione dei titoli culturali e di servizio, non si debba:
a) valutare l'ulteriore titolo di studio di livello pari o superiore - che poi quasi sempre è un diploma di laurea faticosamente conseguito - almeno punti 12 o punti 24, considerando che attualmente, per la seconda laurea, vengono riconosciuti 3 punti come per i master di 6 mesi, penalizzando la professionalità di docenti plurilaureati che mettono al servizio dell'istituzione scuola una maggiore formazione;
b) valutare il corso di perfezionamento con analogo punteggio, sia a chi lo presenti ex novo, sia a chi già lo presentò quando il medesimo venne valutato, con il doppio del punteggio dell'ultima tabella;
c) valutare sempre il servizio comunque prestato consentendo - a chi lo volesse - di poter considerare quello prestato nelle scuole di altro ordine e grado in modo che un docente di scuola primaria possa chiedere ed ottenere i 12 punti nella graduatoria della scuola primaria, avendo prestato 1 anno di servizio nella scuola secondaria.
(5-03177)

CENNI, GHIZZONI e CECCUZZI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana tutela e promuove il diritto universale all'istruzione;
le scuole italiane stanno vivendo una situazione finanziaria di assoluta e perdurante gravità, causata soprattutto dalla drastica riduzione di finanziamenti portata avanti dall'attuale Governo nel corso della XVI legislatura;
il Governo sta infatti procedendo ad un effettivo ridimensionamento della scuola pubblica del nostro Paese. Con l'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 sono stati disposti, in particolare, il taglio di 8 miliardi di euro di finanziamenti complessivi e di 130.000 posti di lavoro fra insegnanti e personale tecnico e amministrativo, la riduzione degli orari scolastici, il ridimensionamento dei contenuti e della qualità dei programmi didattici e la rimodulazione e l'accorpamento delle classi;
si tratta di interventi che stanno interessando tutti i livelli della pubblica istruzione di ogni ordine e grado e che sono stati aggravati dagli ulteriori tagli operati nel settore scolastico dalla legge finanziaria per il 2010;
in particolare, per le scuole medie superiori nei tre anni scolastici 2009-2010, 2010-2011, 2011-2012, sono state e saranno cancellate oltre 30 mila cattedre. Una situazione che ha già portato e porterà in maniera sempre crescente alla riduzione ed all'accorpamento delle classi e all'aumento di alunni per classe e che si ripercuoterà inevitabilmente sulla qualità dei livelli didattici e sulle dinamiche di apprendimento e di inserimento dei ragazzi nel contesto scolastico;
la situazione sta interessando, nello specifico, anche il liceo classico e scientifico statale «Alessandro Volta» di Colle Val d'Elsa, in provincia di Siena; un istituto che rappresenta, da anni, un fondamentale punto di riferimento per l'offerta didattica e formativa scientifica di un ampio e diversificato territorio e bacino di utenza;
a seguito della nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ambito territoriale della provincia di Siena, protocollo 3924 del 18 giugno 2010, con oggetto: determinazione delle classi - organico di diritto A.S. 2010/2011, sono state assegnate al liceo Alessandro Volta di Colle Val d'Elsa (sezione «scientifico») 4 classi terze, anziché 5: una riduzione che obbligherà la soppressione di una classe terza e la ridistribuzione degli alunni nelle altre classi rimanenti che avverrà tramite sorteggio nella giornata di venerdì 9 luglio 2010;
sempre secondo le indicazioni ministeriali verrà soppressa, nel medesimo istituto, anche una classe prima;

tali riduzioni comporteranno innanzitutto gravi ricadute sul sistema didattico: le classi saranno infatti composte da un numero sempre crescente di alunni e caratterizzate conseguentemente dall'impossibilità, da parte del ridotto corpo docente, di poter seguire con attenzione e continuità tutti gli allievi. Soprattutto gli alunni delle classi prime, che intraprendono un nuovo e decisivo ciclo di studi, fondamentale per la loro formazione e per la loro crescita formativa, sociale e culturale, necessiterebbero al contrario di tutto il supporto didattico possibile, anche per limitare il grave fenomeno dell'abbandono anticipato degli studi che caratterizza ancora purtroppo la popolazione giovanile italiana;
per quanto riguarda le classi terze è inevitabile che lo smembramento sopraccitato, oltre a creare negli studenti difficoltà oggettive di continuità didattica in conseguenza del cambiamento dei professori, causi nei ragazzi costretti a cambiare sezione problemi di ambientamento ed inserimento. Problemi con probabili ripercussioni nell'apprendimento e conseguenze negative sugli stessi risultati scolastici degli studenti;
risulta evidente come i tagli all'istruzione non potranno consentire alle famiglie di poter scegliere con serenità, certezza e programmazione il corso di studi dei propri figli e come la scuola non possa, in queste condizioni, rappresentare un punto di riferimento credibile per la crescita formativa, sociale e culturale delle giovani generazioni e per il futuro di questo Paese -:
quali iniziative urgenti intenda promuovere per evitare che la grave riduzione di risorse alla scuola pubblica possa, alla luce di quanto esposto in premessa, ed anche in riferimento al liceo Volta di Colle Val d'Elsa, compromettere la continuità e qualità dell'offerta didattica e la crescita formativa, sociale e culturale degli studenti ed incentivare, conseguentemente, l'abbandono anticipato degli studi.
(5-03181)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 10 febbraio 2004 è stato istituito con decreto ministeriale dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Letizia Moratti il Forum delle associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici (FONADDS), con lo scopo di promuovere e favorire l'esame ed il confronto fra il Ministero e le associazioni succitate;
il predetto FONADDS è stato istituito con le seguenti associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici: ADI, AIMC, ANDIS, APEF, CIDI, DIESSE, DISAL, FNISM, MCE, UCIIM;
il FONADDS è stato istituito con le seguenti finalità:
favorire il dialogo e il confronto fra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le rappresentanze dei docenti e dei dirigenti della scuola;
esprimere pareri sugli atti e sulle iniziative che il Ministro intende sottoporre;
formulare proposte, presentare studi e rappresentare esigenze in tema di istruzione e in ordine a problematiche scolastiche;
dialogare su problematiche di tipo educativo e didattico connesse alla professione docente e dirigenziale;
nel corso degli anni successivi all'istituzione del FONADDS, gli incontri organizzati fra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Forum, sono stati allargati ad altre associazioni professionali, quali Legambiente Scuola, Proteo Fare Sapere, IRSEF, IRFED, come testimonia, ad esempio, la circolare ministeriale Prot. n. A00DPIT.952;
non risulta essere in funzione, a livello nazionale, né locale, alcun sistema di rilevamento e misurazione delle adesioni alle associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici;

l'associazione professionale UNIcorno-l'AltrascuolA è stata riconosciuta come ente qualificato alla formazione professionale dei docenti e personale ATA con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 177 del 2000 e la stessa ha ottenuto la conferma dell'accreditamento/qualificazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 10 ottobre 2005;
da sempre l'istituzione scuola è il luogo del dialogo aperto, del confronto franco delle idee e delle proposte, invece, le modalità che sono alla base delle relazioni Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-FONADDS appaiono agli aggiornanti scarsamente trasparenti -:
con quali modalità il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia scelto le associazioni professionali che sono andate a comporre il sopraindicato Forum a partire dal febbraio 2004;
in base a quali requisiti, negli anni a seguire, siano state invitate a partecipare agli incontri allargati Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-FONADDS alcune associazioni professionali e non altre;
se si intenda rivedere ed ampliare la composizione del Forum delle associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici;
se si intenda ammettere l'associazione culturale UNIcorno-l'AltrascuolA al Forum, consentendole, al pari delle altre associazioni professionali, di esprimere pareri, formulare proposte e rappresentare esigenze della categoria docente.
(4-07862)

DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel comunicato stampa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 16 maggio 2010, con riguardo al tempo pieno, il Ministro interrogato afferma che «in due anni, anche grazie all'introduzione del maestro unico prevalente, sono state attivate quasi tremila classi in più»;
nel dettaglio, le cifre fornite sono le seguenti: 2.176 classi in più, rispetto alle precedenti, nell'anno scolastico 2009/2010 e 782 classi in più, per il prossimo anno scolastico 2010/2011. Per un totale relativo all'incremento del tempo pieno di 2.958 classi in due anni;
nel computo generale fornito dal Ministro manca la registrazione del mancato accoglimento delle domande dei genitori;
ad esempio, nel Lazio, per l'anno scolastico 2010/2011, sono stati concessi 20.408 posti a tempo pieno contro i 24.241 richiesti dalle scuole, cosicché 3.833 famiglie non hanno visto accolte le loro richieste;
ad esempio, la provincia di Roma vede 216 classi di tempo pieno in meno, rispetto alle esigenze manifestate dalle famiglie con le iscrizioni;
ad esempio, in Emilia Romagna le speranze disattese sono state 409: richiesti 15.033 posti, concessi solo 14.624, con 4.000 bambini fuori dal tempo pieno;
ad esempio, nella città di Milano, di 1.466 richieste per le prime del prossimo anno, ne sono state accolte solo 1.312, pari a 154 in meno del necessario e quindi quasi 3 mila bambini dovranno essere esclusi;
ad esempio, nella città di Torino le richieste accolte sono state 515 su 597, con un saldo negativo pari ad 82 posti, equivalenti ad 800 bambini fuori dal tempo pieno;
ad esempio, a Firenze saranno 600 i bambini che per il prossimo anno scolastico resteranno senza il tempo pieno;
risulta agli interroganti del tutto contraddittoria la volontà di aumentare il tempo pieno con una normativa relativa alla formazione degli organici che da cinque anni prevede che nelle classi prime

siano concessi tempi pieni solo a patto che non superino il numero delle classi quinte in uscita;
le classi a tempo pieno vengono comunque affollate oltre misura, quasi venissero considerate un«surplus irregolare» rispetto alla restante organizzazione del tempo scuola vigente nella scuola primaria -:
cosa intenda fare davvero il Ministro per garantire effettivamente il tempo pieno a tutte le famiglie che ne hanno fatto richiesta.
(4-07863)

TESTO AGGIORNATO AL 6 LUGLIO 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:

BELLANOVA, DAMIANO, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da qualche giorno i circa 1200 lavoratori ex LSU addetti al servizio di pulimento degli istituti scolastici della provincia di Lecce versano in una grave situazione, poiché sono in attesa di ricevere la retribuzione relativa alla mensilità di aprile 2010 e sono fortemente preoccupati per le prospettive di pagamento inerenti alla mensilità del mese di maggio;
le aziende per le quali i lavoratori prestano servizio e che operano nella provincia di Lecce sono: Supernova, Euroservizi, IMT, Meridionale Servizi, Sitec e Manutencoop. Imprese queste che fanno capo ai consorzi CNS, CICLAT, MANITAL e MILES che, con lettera del 18 maggio 2010, hanno rappresentato le enormi difficoltà che stanno incontrando relativamente alle spettanze dei lavoratori, poiché hanno già garantito il pagamento degli stipendi fino al mese di marzo 2010 senza incassare il pagamento di alcuna fattura in sospeso. Questa situazione ha portato le stesse imprese a dichiarare apertamente di non poter ulteriormente garantire la liquidazione degli stipendi con cadenza ordinaria come previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, anche perché, come evidenziato nella stessa lettera, hanno accumulato ritardi nell'erogazione dei residui relativi al periodo 2008/2009;
fermo restando che il pagamento degli stipendi ai lavoratori non può dipendere dal mancato incasso delle fatture e dovrebbe essere garantito dai consorzi e dalle aziende ad essi legate, non si può però sottovalutare che chi attualmente sta pagando il prezzo maggiore di questa gravissima situazione sono solo i lavoratori;
nella XI Commissione della camera è stata recentemente avviata la discussione della risoluzione Damiano 7-00326 sulla tutela dei posti di lavoro del personale operante nel settore dei servizi di pulizia e sorveglianza nelle scuole, e in quella sede il Sottosegretario Viespoli ha fornito un quadro interessante della situazione esistente nel settore;
per quanto riguarda la realtà salentina, dopo una prima disponibilità da parte del Governo a reperire i fondi, non è seguita una dimostrazione concreta poiché i lavoratori continuano ad attendere il giusto compenso dovuto. Va sottolineato che questa problematica riveste un carattere di grande rilevanza dal punto di vista sociale poiché nella realtà salentina, e non solo, già fortemente segnata dalla grave congiuntura economica e occupazionale, i lavoratori interessati sono spesso componenti di famiglia monoreddito e quindi unica fonte di sostentamento delle proprie famiglie -:
se non ritenga di dover intervenire con urgenza per ottemperare agli impegni assunti accelerando l'iter nell'erogazione e destinazione dei fondi in questione con l'intento fattivo di porre fine al grave

disagio in termini economici e sociali che questi lavoratori e le loro famiglie si trovano a vivere, vigilando al contempo affinché non si ripeta una situazione simile per i lavoratori che hanno diritto a percepire il proprio compenso con cadenza mensile e per non creare una sofferenza economica alle imprese.
(5-03183)

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio 2009 l'amministratore e azionista di maggioranza del Bottonificio Fossanese s.p.a. aveva annunciato alle organizzazioni sindacali e agli organi di stampa, ma non alle maestranze, la decisione di liquidare l'azienda (53 dipendenti e 5 lavoratori di una ditta esterna) e l'attivazione della procedura di concordato preventivo;
il tribunale di Cuneo, con decreto del 12 marzo 2009, aveva ammesso alla procedura di concordato preventivo il Bottonificio Fossanese s.p.a., il quale ha effettuato il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per procedura concorsuale a decorrere dalla data della pronuncia del tribunale, per 50 lavoratori (12 mesi);
nel maggio 2009, l'azienda ha presentato al tribunale di Cuneo una modifica al piano concordatario in origine depositato, in modo da prevedere la possibilità di stipulare contratti di affitto di uno o più rami dell'azienda, preordinati alla futura cessione degli stessi;
a seguito di un accordo sindacale, del 16 giugno 2009, è stato sottoscritto da parte di un imprenditore (Bedino & C. SAS) un contratto di affitto del ramo d'azienda per la produzione di piatti di plastica, con l'assorbimento di 8 dipendenti;
a tutt'oggi però, dopo tanti mesi di incontri e contatti per tentare di rimettere in piedi l'attività, nulla sembra cambiare;
una rinascita dell'azienda non può certamente prescindere da un appoggio concreto delle istituzioni, almeno nella fase iniziale;
per garantire un futuro certo ai numerosi lavoratori che stanno rischiando il loro posto di lavoro, è indispensabile una vera presa di posizione, al fine di predisporre un piano aziendale credibile, sostenibile e soprattutto condivisibile;
numerose sono state le manifestazioni di solidarietà ai dipendenti dell'azienda durante la campagna elettorale, ma chi si è fatto portavoce di importanti interventi per salvare il futuro dell'azienda e dei suoi lavoratori, nel concreto non ha cambiato nulla, e nulla è cambiato per chi vede la propria speranza di riottenere il posto di lavoro sgretolarsi ogni giorno che passa -:
quale sia il reale e concreto quadro relativo alla cassa integrazione straordinaria e ordinaria dei dipendenti del Bottonificio Fossanese s.p.a. e, dunque, quali urgenti iniziative intenda attivare per salvaguardare l'unità produttiva in questione e i relativi livelli occupazionali, nonché conoscere l'attuale situazione lavorativa dei dipendenti dell'azienda.
(5-03184)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI PIETRO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 73, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, dispone testualmente che le pensioni ordinarie per i funzionari statali già appartenenti alle qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione o equiparate dei cosiddetti ruoli ad esaurimento vanno liquidate «sulla base del trattamento economico che sarebbe ad essi spettato se, all'atto della cessazione

dal servizio, avessero conseguito l'inquadramento a primo dirigente», ora dirigente di seconda fascia;
nella fattispecie, si tratta di una norma speciale intesa a garantire un giusto risarcimento morale e materiale ai soggetti interessati che, pur appartenendo alla carriera diretti e pur avendo svolto compiti non estranei all'area operativa della dirigenza (vedi sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 19 settembre 1997), non vennero a suo tempo inquadrati, per carenza di posti disponibili, nelle corrispondenti qualifiche previste dall'articolo 59 dello stesso testo legislativo, e furono quindi gravemente discriminati rispetto ai loro ex colleghi direttivi che conseguirono tale inquadramento solo grazie alla loro maggiore anzianità di servizio;
la base retributiva da prendere in considerazione per il calcolo dell'importo pensionistico deve corrispondere alla sommatoria dei soli emolumenti di natura fissa e continuativa dell'ex primo dirigente, pari, cioè, al trattamento economico fondamentale spettante a quest'ultimo a prescindere dall'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali;
la circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 12 del 24 ottobre 2000, che regola la materia sul piano amministrativo, pur avendo previsto che le pensioni in parola vanno commisurate, oltre che alla RIA maturata al 30 novembre 1995, al predetto trattamento economico fondamentale, ha omesso di includere, tra le voci relative, la parte fissa o minima della retribuzione di posizione, che rappresenta, invece, una delle sue componenti strutturali, essendo corrisposta in misura uguale per tutti i dirigenti della medesima fascia (si veda la decisione del Consiglio di Stato n. 14 dell'11 dicembre 2006) e riconosciuta comunque a questi ultimi, perfino nei casi di aspettativa (si veda il parere del direttore dell'ufficio ruolo unico dirigenza n. 175-2003 del 5 giugno 2003) o durante i periodi in cui essi sono distaccati presso altra sede di servizio e sollevati dai propri compiti di direzione (si veda la lettera della ragioneria generale dello Stato n. 64581 del 7 giugno 2002);
peraltro, detta quota retributiva riproduce esattamente l'indennità di funzione dirigenziale ex articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, che fino al 30 novembre 1995 è stata regolarmente resa pensionabile in favore del personale di cui trattasi, a prescindere dall'effettivo esercizio di dette funzioni;
tale circolare - le cui direttive avevano già a suo tempo formato oggetto di fondate riserve da parte dell'Avvocatura generale dello Stato con lettera n. CS 19437/01-414 del 10 dicembre 2001 - viene tuttora duramente contestata dai rispettivi destinatari per gli effetti gravemente riduttivi da essa prodotti arbitrariamente sulla misura delle loro già esigue pensioni, a causa di un'applicazione della norma che le regola sul piano legislativo che appare agli interroganti distorta;
a conferma della legittima collocazione della retribuzione di posizione di parte fissa o minima tra le voci del trattamento economico fondamentale dell'ex primo dirigente, si possono citare - oltre alle norme di contrattazione collettiva vigenti in materia (articolo 37, comma 2, del CCNL 5 aprile 2001 - biennio 1998/1999 e articolo 1, comma 2, del CCNL 5 aprile 2001 - biennio 2000/2001) - svariate altre fonti significative, tra cui principalmente:
a) la deliberazione n. 2/2004/P del 26 febbraio 2004 con cui la sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti, traendo spunto dalle predette norme collettive, ha stabilito che la retribuzione di posizione è composta di due parti: «una parte fissa ascritta al trattamento fondamentale al pari dello stipendio e della RIA e di una parte variabile, ricompresa, così come la retribuzione di risultato, nel trattamento economico accessorio»;

b) 13 sentenze emesse negli anni dal 2003 al 2007, dalle sezioni giurisdizionali della stessa Corte dei conti per le regioni Lazio, Lombardia, Abruzzo, Sardegna, Marche, Liguria, Molise e Toscana (una di esse ha anche riscosso il pieno assenso dell'Avvocatura generale dello Stato con lettera n. CS 24351/04 Sezione 7 del 17 maggio 2004) in base alle quali i ricorrenti - tutti ex funzionari dei ruoli ad esaurimento - hanno visto accogliere le proprie istanze con il riconoscimento del diritto alla riliquidazione del loro trattamento di quiescenza con il computo nella base pensionabile della retribuzione di posizione di parte fissa o minima, proprio perché considerata elemento costitutivo del trattamento economico fondamentale del dirigente e non legata allo svolgimento delle funzioni dirigenziali;
c) 4 sentenze emesse in precedenza dai TAR del Lazio e della Liguria in cui è stato sostenuto che la retribuzione di posizione concorre a formare inscindibilmente il trattamento economico del dirigente, quale emolumento «fisso, continuativo, costante e generale» spettante al dirigente stesso «in ogni caso», anche soltanto per l'espletamento di «funzioni di studio o consulenza, ispettive o comunque non operative», funzioni, peraltro, attribuite al personale dei ruoli ad esaurimento ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993, trasfuso nell'articolo 69, comma 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
d) la lettera della ragioneria generale dello Stato n. 128654 del 24 agosto 1999 a firma Monorchio, che attribuisce al predetto emolumento le identiche caratteristiche di cui al punto precedente;
e) le sentenze n. 31/09, n. 162/09 e n. 163/09 del 21 novembre 2008, emesse dalla III sezione centrale d'appello della Corte dei conti, con le quali viene espressamente dichiarato che la retribuzione di posizione è inclusa «per legge» nel trattamento economico fondamentale del personale dirigenziale;
f) la più recente sentenza n. 93/10 del 24 novembre 2009 della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Emilia-Romagna, esattamente conforme a quelle testé citate;
g) la circolare n. 7/2008 del 17 luglio 2008 con cui lo stesso dipartimento della funzione pubblica, nel disporre in ordine alle assenze per malattia dei pubblici dipendenti, ha espressamente dichiarato che tra le voci del trattamento economico fondamentale dei dirigenti rientra anche la retribuzione di posizione di parte fissa, contrariamente a quanto risulta dalla circolare in contestazione;
del resto, appena pochi mesi dopo l'emanazione della circolare n. 12/2000 il dipartimento della funzione pubblica, con lettera n. 2407/10/BC del 21 maggio 2001, aveva già modificato il proprio parere espresso nella circolare stessa, dichiarando di ravvisare nella retribuzione di posizione di parte fissa o minima «le caratteristiche del trattamento economico fisso corrisposto ai dirigenti a prescindere dalla posizione funzionale ricoperta» e di considerare tale quota minima «come parametro di riferimento economico spettante, ai fini pensionistici, al personale dei ruoli ad esaurimento»;
lo stesso Dipartimento della funzione pubblica, con lettera n. 269/10/BC del 30 gennaio 2002, spinto dall'esigenza di assicurare al personale de quo il riconoscimento di un diritto da non ignorare, non mancò di assumere concrete iniziative ai fini di una revisione della contestata circolare, trasmettendo alla ragioneria generale dello Stato - per «il preventivo assenso» - una «bozza» di circolare integrativa in cui veniva inserita, tra le voci del trattamento economico fondamentale del dirigente, la «retribuzione di posizione minima contrattualmente prevista», pari alla sua parte fissa;
a sua volta, la Ragioneria generale dello Stato, con lettera n. 23330 del 1° marzo 2002, concordava pienamente con quanto prospettato dalla funzione pubblica, dichiarando, tra l'altro: «Invero, con la previsione - operata di recente dal CCNL 5 aprile 2001 - di una parte fissa

e di una variabile nell'ambito della retribuzione di posizione, si può sostenere che solo la componente fissa, in quanto non strettamente correlata all'effettivo svolgimento delle funzioni dirigenziali, sembra assumere connotati propri più del trattamento economico fondamentale che di quello accessorio e, pertanto, possa ritenersi speculabile ai fini pensionistici in favore del personale interessato»;
nonostante l'orientamento favorevole degli organi innanzi citati, detentori della massima competenza giuridico-amministrativa in materia, la circolare n. 12/2000 non venne modificata a causa di una posizione di rigido rifiuto da parte degli uffici centrali del Ministro dell'economia e delle finanze, che, richiamando alcune sentenze contrarie della magistratura contabile, sostennero che la retribuzione di posizione, anche nei suoi valori fissi o minimi, non poteva comunque essere resa pensionabile, neanche nei suoi valori fissi o minimi, nei confronti dei funzionari dei ruoli ad esaurimento, in quanto comunque connessa all'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali, conseguente all'inquadramento nei ruoli della dirigenza;
tale motivazione, peraltro ritenuta sostanzialmente infondata, appare di assai dubbia pertinenza alla fattispecie in esame, in quanto non tiene conto di un fattore di importanza determinante e, cioè, che il predetto articolo 73 fu introdotto nel testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 quale misura di salvaguardia diretta a compensare i funzionari dei ruoli ad esaurimento proprio del loro mancato inquadramento nei ruoli dirigenziali;
stante la grave difformità di giudizio esistente in materia sia sul piano amministrativo che su quello giurisdizionale, si è venuta a creare una grave ed intollerabile discriminazione tra soggetti che, pur avendo rivestito durante la loro attività di servizio posizioni assolutamente identiche quanto a responsabilità e a livello qualitativo delle relative prestazioni, percepiscono trattamenti pensionistici differenziati a seconda di come la norma in questione - peraltro di facile lettura - viene di volta in volta interpretata da questo o da quel magistrato contabile o funzionario ministeriale;
tale discriminazione è ancora meno accettabile se si considera che mentre in base alla circolare n. 12 del 2000 i rispettivi destinatari continuano a percepire - da oltre 9 anni - una pensione di importo ridotto rispetto a quello dovuto per legge, un ben diverso trattamento viene invece già da molto tempo riservato, con il beneplacito degli stessi organi amministrativi responsabili, a talune particolari categorie privilegiate della stessa carriera direttiva dello Stato, quali, ad esempio, i funzionari direttivi di ragioneria in forza al Ministero dell'interno (si veda lettera della ragioneria generale dello Stato n. 60911 del 3 ottobre 2002 e lettera del dipartimento della funzione pubblica n. 2936/10/BC del 29 ottobre 2002) ed altri funzionari pubblici;
ciò non può che contrastare in maniera stridente con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, come viene autorevolmente sostenuto con sentenza n. 1/1999 dell'8-9 gennaio 1999 con la quale la Corte costituzionale, nel dichiarare fondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti in merito a una norma di natura pensionistica relativa ad alcuni alti funzionari dello Stato, ha espresso il concetto secondo cui la discriminazione che si determina agli effetti del trattamento di quiescenza, tra soggetti di identica posizione funzionale per avere prestato la medesima attività lavorativa configura una evidente violazione dell'articolo 3 della nostra Carta fondamentale -:
se i Ministri interrogati indicati dal Ministro per la pubblica amministrazione nella risposta all'interrogazione n. 4-05319 del 9 dicembre 2009, quali competenti a trattare - unitamente a tale Ministro - la questione oggetto della presente interrogazione,

intendano coordinarsi, per la parte di rispettiva competenza, al fini di prevedere l'inclusione della retribuzione di posizione, parte fissa o minima, nel trattamento economico fondamentale e quindi nella determinazione della pensione del personale del ruolo ad esaurimento, anche mediante una modifica in tal senso della circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 12 del 24 ottobre 2000, o mediante qualche altra iniziativa che possa essere assunta in ordine alla soluzione della legittima richiesta della categoria.
(5-03168)

Interrogazione a risposta scritta:

CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 Italtel ha acquistato un'azienda di 500 dipendenti (One-ans) che opera nel mercato della sicurezza delle reti informatiche rivolto anche alla pubblica amministrazione (350 sono a Castelletto di Settimo Milanese, 150 a Roma). Oggi One-ans è completamente integrata nelle attività Italtel, operando in maniera stabile direttamente dal cliente (Vodafone, Wind, Telecom, banche, pubblica amministrazione). Dalla data dell'acquisizione oltre la metà dei dipendenti di One-ans ha dato le dimissioni dall'azienda;
le sedi commerciali di Italtel sono rispettivamente localizzate a Castelletto di Settimo Milanese (Milano) e Roma, mentre l'insediamento di Carini (Palermo) e parte dell'area di Castelletto costituiscono il cuore della ricerca Italtel. Il gruppo occupa oggi circa 2.100 addetti;
da 10 anni i fatturati di Italtel sono a rischio. Il problema è duplice, il rifinanziamento del debito da parte delle banche e la ricapitalizzazione della società da parte degli azionisti Telecom, Cisco e fondi americani;
sono ormai poche le aziende di Italtel con 1500 dipendenti. Oggi 1400 persone in tutto il gruppo sono in contratto di solidarietà per un anno e mezzo (da luglio 2009 a dicembre 2010, lavorando mezza giornata in meno alla settimana per ridurre gli eccedenti). Questo sta impedendo il licenziamento di un centinaio di lavoratori. Entro la fine del 2010, circa 150 persone usciranno comunque in mobilità;
l'8 gennaio 2010 l'amministratore delegato di Italtel ha annunciato 400 nuovi esuberi (per effetto dei tagli sul fatturato di decine di milioni di euro da parte di Telecom) che si sommano ai 450 del biennio 2009/2010 e la chiusura di una sede «periferica» -:
quali urgenti iniziative intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali in un'azienda, quale è l'Italtel, player di primo piano nel mercato delle telecomunicazioni;
quale sia la destinazione dei fondi stanziati per lo sviluppo della banda larga e se non ritengano opportuno destinarli a sostegno delle aziende che si occupano di telecomunicazioni e che rappresentano, come l'Italtel, una risorsa per il Paese.
(4-07873)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO, MUNERATO e STUCCHI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, a Roma a via di Torrenova si è consumata l'ennesima violenza motivata da precetti fanatico religiosi. Stando sempre a quanto riportato dai media un uomo di origini egiziane ha tentato di accoltellare moglie e figlia perché si «ostinavano» a voler lavorare;
sono oltre 3,3 milioni gli stranieri presenti in Italia, il 5,7 per cento della popolazione complessiva. È quanto emerge

dall'undicesimo rapporto sulle migrazioni elaborato dalla Fondazione Ismu. Secondo lo studio negli ultimi 15 anni la componente straniera è triplicata e le presenze di extracomunitari in Italia sono raddoppiate nell'ultimo triennio. Se questo tasso di crescita dovesse mantenersi, la prospettiva è un raddoppio della popolazione straniera circa ogni tre anni. Gli immigrati regolari sono 2,8 milioni, mentre gli irregolari sono circa 540 mila;
l'aumento esponenziale del fenomeno dell'immigrazione da Paesi di cultura islamica ha messo a dura prova le politiche di integrazione facendo emergere problematiche di diversa natura estremamente complicate e difficili da dirimere. Se, da un lato, è difatti connaturata nella storia democratica del nostro Paese una politica di integrazione e tolleranza, dall'altro lato, non è più accettabile procrastinare interventi volti a garantire il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti nel nostro territorio;
nel nostro Paese gli uomini e le donne di fede musulmana sono circa un milione, poco più di diecimila invece gli italiani convertiti all'Islam. Di fondamentale importanza è analizzare come si è organizzata questa comunità in Italia, dove opera, come agisce e da chi è finanziata;
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una progressiva attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale che nell'ambito dei Governi locali;
l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l'Unione europea definiscono la violenza alle donne nell'accezione di «violenza di genere», cioè una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di possesso e di controllo da parte del genere maschile su quello femminile;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita;
nel corso degli ultimi anni, il fenomeno è in preoccupante evoluzione anche nel nostro Paese;
i fatti di sangue, che hanno visto donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza, armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico-religiosi, meritano giustizia e attenzione: Saana Dafani ferita a morte con arma da taglio dal padre perché frequentava un giovane italiano, Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia, Khaur costretta al suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia, sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al «teodispotismo coranico»;

i dati raccolti da associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico segnalano che l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400.000 donne islamiche presenti in Italia conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi normale;
nelle famiglie di immigrati di fede islamica emerge una profonda disparità di diritti tra uomo e donna e nell'educazione dei figli, nonché la mancanza di un'istruzione adeguata;
sono sempre più diffuse le denunce da parte di donne di fede islamica che lamentano una scarsa attenzione del nostro Paese ad episodi di maltrattamenti conseguenti ad unioni poligamiche;
il maschilismo e la misoginia, mascherati da precetti religiosi, sono la causa di queste tragedie femminili legate a matrimoni combinati, a matrimoni poligamici e all'assoluto divieto di integrazione per le donne musulmane in seno alla società italiana;
tali atti si indirizzano, soprattutto, nei confronti delle donne e dei soggetti, che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza;
è necessario quindi ribadire come non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva accettazione, da parte di tutta la comunità islamica del principio fondamentale della separazione inequivocabile tra la sfera laica e quella religiosa, delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico, di autodeterminazione, di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge e di status giuridico o religioso delle donne, nonché del rispetto del diritto di famiglia e dell'istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti degli animali;
l'Islam si presenta fin dalle origini come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita. Include un modo di vivere, di comportarsi, di concepire il matrimonio, la famiglia, l'educazione dei figli, perfino l'alimentazione. In questo sistema di vita è compreso anche l'aspetto politico: come organizzare lo Stato, come agire con gli altri popoli, come rapportarsi in questioni di guerra e di pace, come relazionarsi agli stranieri. Tutti questi aspetti sono stati codificati a partire dal Corano e dalla sunna e sono rimasti «congelati» nei secoli. La legge religiosa determina la legge civile e gestisce la vita privata e sociale di chiunque vive in un contesto musulmano, e, se questa prospettiva è destinata a rimanere immutata come è accaduto finora, la convivenza con chi non appartiene alla comunità islamica non può che risultare difficile -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare per contrastare il fenomeno allarmante che si sta diffondendo nel nostro Paese in merito ad atti e comportamenti che violano la libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi.
(4-07883)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

OLIVERIO, BRANDOLINI, ZUCCHI, AGOSTINI, MARCO CARRA, DAL MORO, MARIO PEPE (PD), SERVODIO, CENNI, SANI, FIORIO, TRAPPOLINO, MARROCU e CUOMO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE) è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria che ha portato al suo commissariamento il 13 marzo 2010;

in un primo momento era stata valutata un'ipotesi di risanamento che prevedeva l'elaborazione di un programma da presentare al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il quale sarebbe dovuto subentrare nella posizione debitoria dell'UNIRE al fine di consentire la continuazione dei suoi compiti istituzionali e la predisposizione, da parte dello stesso ente, del bilancio preventivo per il 2010;
allo stato attuale risulta che il Ministero vigilante abbia respinto le proposte di risanamento avanzate dal commissario straordinario, lasciando sull'ente l'onere del rientro dalla posizione debitoria e, costringendo, di fatto, il commissario alle dimissioni;
da notizie stampa risulta che, in tale situazione di bilanci fallimentari e compromissione dell'attività istituzionale dell'ente, il segretario generale dell'UNIRE, abbia effettuato 14 nuove assunzioni e tre promozioni;
risulta estremamente grave la decisione di nuove assunzioni alla luce di quanto fino ad ora illustrato, anche in considerazione del fatto che i proprietari e gli allevatori dei cavalli non riescono a riscuotere i soldi dei premi e gli ippodromi non percepiscono i pagamenti per l'organizzazione e gestione delle corse;
invece di predisporre un piano di rilancio del settore ippico, l'apparato dell'UNIRE, drena ulteriori risorse per spese di personale la cui necessità è tutta da dimostrare; infatti l'ente risulta già dotato di un consistente organico, pari a 183 unità;
il Governo aveva manifestato l'intenzione di intervenire sull'UNIRE sciogliendolo e attribuendo parte delle competenze all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e parte al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali stesso, ritenendo che questa fosse l'unica strada per consentire al settore ippico un effettivo rilancio -:
se la notizia sulle nuove 14 assunzioni dell'UNIRE corrisponda al vero e, in caso affermativo, se si ritenga tale decisione praticabile da un ente fortemente indebitato;
se il Ministro non ritenga urgente promuovere una riforma dell'UNIRE per rilanciare e sostenere i settori dell'allevamento equino e dell'ippica.
(4-07868)

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è esploso in Italia il caso relativo alle cosiddette «mozzarelle blu», mozzarelle provenienti dalla Germania sequestrate dai Nas. I controlli sono stati realizzati su tutto il territorio nazionale e i sequestri sono stati effettuati per ora solo nei discount, ha spiegato il comandante dei Nas Cosimo Piccino. «Ne stiamo sequestrando parecchie in diverse regioni e stiamo monitorando a livello nazionale tutta la filiera delle mozzarelle che provengono dalla Germania. Anche nella zona di Roma ne abbiamo sequestrate diverse confezioni, a partire anche da una precisa denuncia arrivata da Ostia di una mozzarella acquistata che una volta aperta è diventata blu»;
a Teramo alcuni cittadini hanno consegnato le mozzarelle incriminate al servizio di igiene degli alimenti di origine animale della Asl che le ha girate per le analisi ai laboratori specializzati dell'Istituto zooprofilattico. L'Asl ha disposto la verifica e il controllo sul ritiro dal mercato da parte degli operatori alimentari delle mozzarelle identificabili attraverso il codice «DE-BY106-EG» apposto sulle confezioni. In provincia di Teramo tutti i prodotti sono stati ritirati dai banchi di vendita di negozi e supermercati. La colorazione blu si evidenzia solo dopo alcune ore dall'apertura della confezione e, comunque, al momento, non ci sono segnalazioni di disturbi da parte di chi le ha consumate;

nel Lazio sono stati effettuati sequestri a Subiaco, Vitinia e Ostia per 77 chilogrammi. I carabinieri del nucleo antisofisticazioni di Sassari hanno sequestrato cinque partite di mozzarelle sospette in altrettanti discount della provincia dopo un caso denunciato a La Maddalena. La Confederazione italiana agricoltori chiede di aprire subito un tavolo di confronto tra i Ministeri della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali e tutte le componenti della filiera lattiero-casearia, in quanto la vicenda delle cosiddette «mozzarelle blu» rischia di provocare contraccolpi tra i produttori per un possibile calo dei consumi. Ogni allarmismo è, però, «totalmente ingiustificato, ricorda la Cia, i prodotti made in Italy sono sicuri e di grande qualità». Però «non bisogna sottovalutare l'effetto domino che creano questi scandali, di cui gli agricoltori italiani non sono affatto responsabili»;
dopo l'Italia e la Slovenia, si è scoperto che il prodotto sotto accusa era destinato anche al mercato francese, russo e della Bielorussia. «La mozzarella sotto inchiesta era destinata anche a Francia, Russia e Bielorussia, come dimostrano i certificati d'esportazione della società tedesca», spiega Frederic Vincent portavoce del commissario europeo alla sanità John Dalli. Il processo di produzione del formaggio, con la presenza del batterio pseudomonas di cui è stata esclusa la tossicità, passerà nei prossimi giorni sotto la lente di ingrandimento degli esperti dell'Agenzia dell'alimentazione europea. «Due ispettori dell'Ue partiranno forse già mercoledì per la Baviera dove ha sede l'azienda di produzione tedesca della mozzarella sotto inchiesta», ha aggiunto Vincent. La Commissione europea comunque, «è fiduciosa nella cooperazione tra i Paesi interessati per giungere a un chiarimento rapido su quanto è avvenuto». Dal canto suo la Coldiretti ha sottolineato che la metà delle mozzarelle in vendita sono realizzate con latte straniero o addirittura una su quattro con cagliate industriali provenienti dall'estero. L'associazione dei coltivatori ha aggiunto che l'operazione dei Nas di Torino fa luce su un fenomeno che inganna consumatori e allevatori italiani e mette a rischio la salute dei cittadini. Dalle frontiere italiane sono passati in un anno, sostiene la Coldiretti, ben 1,3 miliardi di litri di latte sterile, 86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte, di cui circa 15 milioni di chili di caseina utilizzati in latticini e formaggi all'insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di realizzare controlli più restrittivi sugli alimenti «semilavorati» che arrivano in Italia dall'estero;
quali iniziative si intendano attuare al fine di tutelare maggiormente il made in Italy soprattutto per quanto attiene la produzione alimentare.
(4-07876)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 21 giugno 2010, una bambina autistica di 10 anni, e la sua terapista, sono state allontanate dal centro commerciale Meridiana di Reggio Emilia. Secondo quanto affermato dalla terapista, la dottoressa Maddalena Algeri, che ha accompagnato la ragazzina a tavola proprio per aiutarla a inserirsi in un ambiente ampiamente frequentato e, contemporaneamente, indurla a nutrirsi, è stata cacciata via a metà del pranzo da uno degli addetti al servizio di sicurezza: «Quello non era il posto giusto per noi, racconta la dottoressa Algeri, io la imboccavo e le tenevo ferme le mani, ma ci è stato detto che allarmavamo la clientela che ci circondava». Da qui, la denuncia ai carabinieri di Reggio

Emilia formalizzata soltanto qualche ora più tardi dal presidente dell'associazione «Aut Aut», Roberto Vassallo;
l'episodio si è verificato attorno alle 12.30. Dal responsabile del servizio di sicurezza al responsabile del servizio mensa, sino ai responsabili del Meridiana stesso, tutti hanno chiesto conto al vigilante di cosa fosse realmente accaduto. La versione dei fatti, tuttavia, contrasta non solo per quel che riguarda i toni utilizzati dall'uno e dall'altra, ma soprattutto per l'epilogo della vicenda. «Io non ho mandato via nessuno» è ciò che la guardia giurata (che fa capo ad un'azienda di portierato esterna al centro commerciale) ha ripetuto ieri a chi l'ha interpellato;
stando a quel che avrebbe raccontato, l'uomo ha deciso di intervenire dopo aver notato una sorta di «aggressività» utilizzata nei confronti della bambina. A sollecitarlo, ha raccontato ancora, anche alcuni clienti preoccupati di taluni atteggiamenti. Ma il presidente dell'associazione «Aut Aut» non ammette giustificazioni: «Quanto accaduto è semplicemente vergognoso, la mamma di quella bambina sta ancora piangendo per il trattamento riservato alla figlia. La terapista è una professionista seria che fa questo mestiere da tanti anni. Tutti i giorni accompagna bambini autistici a pranzare fuori, proprio per far sì che si ambientino, e mai, mai le era capitata una cosa del genere. I dirigenti del centro mi hanno chiamato costernati per chiedere scusa alla ragazzina e a sua madre: nessuno mi ha raccontato una differente versione dei fatti. Anzi. Da quel che so, il vigilante ha avuto il coraggio di dire alla dottoressa «tanto non hai testimoni». I testimoni invece ci sono. E vedremo chi è che non racconta la verità. Un episodio del genere è inaccettabile -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare, anche promuovendo specifiche campagne di sensibilizzazione, al fine di evitare il ripetersi di simili episodi, tenendo conto che lo scorso anno era occorsa una situazione simile quando un bambino autistico era stato allontanato, insieme alla famiglia, da un hotel sulla riviera veneta.
(4-07882)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'impianto Rockwool Italia, che sorge in regione «Sa Stoia» di Iglesias, è l'unico stabilimento italiano e soddisfa il 60 per cento del mercato nazionale di lana di roccia;
la lana di roccia è un prodotto naturale, perché ricavato dalle rocce di basalto (lava fusa) che nello stabilimento di Iglesias arriva dalle cave di Macomer;
la lana di roccia è un eccezionale isolante e viene usato in diversissimi settori: edilizia o gamma industriale, per controsoffittature acustiche, antiumidità, nonché come elemento antincendio perché ignifugo;
l'impianto di Iglesias iniziò a produrre lana di roccia nel 1996, quando era proprietà della regione Sardegna e, per una piccola parte, dell'azienda svedese Paroc;
nel 1999 il gruppo Rockwool acquistò la fabbrica e, a fine dello stesso anno, venne costituita la Rockwool Italia, attuale proprietaria dell'unico stabilimento del genere nel Paese e uno dei 22 che il gruppo detiene nel mondo;
il Gruppo Rockwool, presente in Italia nel mercato dell'isolamento termico e acustico dal 1988, conta nel nostro Paese 131 dipendenti e un fatturato di oltre 46,6 milioni di euro. La produzione della gamma di prodotti destinati all'edilizia, all'industria e alla marina è iniziata, appunto, nel 1998 con l'acquisito dello stabilimento produttivo di Iglesias (Cagliari);

negli anni scorsi lo stabilimento si è aggiudicato il terzo posto nella speciale classifica mondiale relativa alla qualità per produzione, sicurezza, rispetto ambientale, tipologia di prodotto e progressi compiuti;
il più largo uso di questo prodotto è dato dall'utilizzo per l'isolamento in edilizia e nell'industria. Secondo calcoli ormai consolidati nel tempo, l'isolamento Rockwool (durata media 50 anni) può far risparmiare una quantità d'energia che supera di oltre 100 volte l'energia utilizzata nel suo processo di produzione;
a febbraio 2009 l'azienda aveva annunciato il ricorso alla cassa integrazione a rotazione per 90 di loro per poi decidere nei mesi successivi la definitiva chiusura dello stabilimento con il licenziamento di almeno 200 lavoratori tra diretti e indiretti;
la danese Rockwool sta mandando a regime uno stabilimento in Istria, (arriverà a produrre 150.000 tonnellate all'anno di lana di roccia, contro le 30.000 della fabbrica di Sa Stoia) configurando di fatto un vero e proprio progetto di delocalizzazione produttiva ai danni dello stabilimento italiano;
la realizzazione della fabbrica italiana, attraverso società a partecipazione regionale, e con l'apporto di una società privata era avvenuta attraverso un piano di reindustrializzazione attivato dal governo nazionale per fronteggiare la decisione dell'Eni di chiudere l'intero comparto minerario del Sulcis Iglesiente con il conseguente tracollo economico e sociale del territorio;
al fine di pianificare la reindustrializzazione del territorio e consentire la ricollocazione del personale espulso dal processo produttivo minerario fu attivata una legge dello Stato che avrebbe dovuto consentire un passaggio diretto dalle società minerarie al nuovo processo industriale in fase di avvio;
tale meccanismo, concatenato tra dismissione e riassorbimento della forza lavoro, si è sviluppato con accordi diretti tra società e attraverso apposite leggi dello Stato e della stessa regione Sardegna;
appare evidente che l'aver previsto un meccanismo diretto tra la fase di dismissione e il riassorbimento ha garantito in molti casi la continuità occupazionale e comunque un regime di ammortizzatori sociali che hanno consentito negli anni di evitare che l'eventuale fallimento della nuova intrapresa industriale provocasse la perdita di quel regime di tutela riservato ai lavoratori impegnati nei progetti di riconversione industriale;
lo spirito delle norme nazionali e la loro attuazione è sempre stata proiettata in un quadro di osmosi positiva tra le diverse iniziative al fine di tutelare proprio coloro che avevano sostanzialmente usufruito della fase di reindustrializzazione post mineraria nell'Iglesiente;
la società «Lana di roccia», del gruppo Emsa che aveva realizzato nel 1996 lo stabilimento sardo in località Sa Stoia ad Iglesias aveva usufruito delle provvidenze previste dalla legge n. 221 del 30 luglio 1990;
in particolar modo lo stabilimento era stato attivato attraverso l'articolo 2 della legge n. 221 del 1990 che prevedeva programmi quinquennali e attività sostitutive così disciplinati:
«2. al fine di favorire la ripresa economica ed occupazionale nelle aree interessate da processi di ristrutturazione del comparto minerario il CIPI, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto, per quanto di competenza, con i Ministri delle partecipazioni statali e per gli interventi straordinari nel mezzogiorno, sentite le regioni interessate, fissa gli indirizzi di coordinamento delle iniziative da intraprendersi da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici; delibera il programma speciale di promozione di nuove attività produttive nel quale sono indicate le iniziative imprenditoriali da attuare ed impartisce direttive all'ente nazionale idrocarburi (Eni) per una azione di promozione,

di consulenza e di assistenza da svolgere nelle predette aree in favore dei soggetti che intraprendono attività sostitutive ai sensi dell'articolo 1 della legge 3 febbraio 1989, n. 41, come modificato dall'articolo 3 della presente legge;
3. il CIPI, altresì, ripartisce l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7 in modo che una quota non inferiore al 40 per cento delle disponibilità complessive venga destinata agli interventi per le attività sostitutive di cui all'articolo 1 della legge 3 febbraio 1989, n. 42, come modificato dall'articolo 3 della presente legge»;
appare sin troppo evidente che i lavoratori impegnati in quel processo di riconversione industriale, seppur con un passaggio di proprietà intervenuto tra la regione Sardegna e la Rockwool, non debbano in alcun modo perdere il diritto al proprio impiego di fatto garantito da una legge dello Stato che aveva il primario obiettivo della ricollocazione del personale dismesso dalle attività minerarie e l'attivazione, nell'ambito di quel processo, dei posti di lavoro nella misura utile a sostituire quelli persi con la chiusura del comparto minerario;
l'area in cui è insediato lo stabilimento ha subito particolari danni ambientali che fanno ritenere necessario un processo di riabilitazione ambientale rilevante e per il quale non è stato disposto nessun provvedimento che ne dispone l'entità -:
se non ritenga di assumere iniziative volte ad evitare la delocalizzazione dell'unico impianto italiano che produce l'importante materiale per il quale la dipendenza totale da altri paesi potrebbe avere rilevanti ripercussioni negative sull'economia considerata anche l'evoluzione dell'utilizzo dello stesso materiale nell'ambito del risparmio ed efficienza energetica;
se il Ministero dello sviluppo economico non ritenga di dover valutare l'esigenza di adottare atti o promuovere iniziative tese a ripristinare la continuità produttiva nello stabilimento di Iglesias anche in considerazione della richiamata legge n. 221 del 1990 relativamente alla parte della riconversione e reindustrializzazione del territorio garantendo ai lavoratori impegnati in quel processo, anche attraverso intese con la regione Sardegna, il mantenimento della loro occupazione;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario, per quanto di propria competenza, valutare l'entità dell'eventuale danno ambientale e quantificare l'onere a carico della stessa società proprietaria per il ripristino dell'area stessa.
(5-03185)

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la questione della privacy è un tema di primaria importanza nel dibattito pubblico. Di crescente rilievo è il tema della sicurezza informatica che riguarda sia i privati cittadini, sia le imprese: esso coinvolge tutti gli aspetti che riguardano la protezione dei dati sensibili archiviati digitalmente ma in particolare è noto al grande pubblico con riferimento all'utilizzo di internet;
in effetti, la rete è in grado di offrire una vasta gamma di informazioni e servizi ma contemporaneamente può costituire un luogo pericoloso per la nostra privacy anche perché il mezzo stesso non è stato concepito per scambiare o gestire dati sensibili. In un contesto simile, mantenere l'anonimato risulta spesso arduo e con il proliferare dei conti on-line e lo spostamento delle aziende su internet, risulta più semplice per i malintenzionati accedere alle nostre informazioni riservate. A tal proposito, una delle piaghe più dannose della rete è lo spyware che, installandosi spesso in maniera fraudolenta nel personal computer delle vittime, provvede ad inviare dati personali (pagine visitate, account di posta, gusti, e altro) ad aziende che successivamente li rielaboreranno e rivenderanno. Attualmente l'unica vera tutela per

l'utente è quella dell'autocontrollo, con accorgimenti individuali nella difesa della privacy. Nella gestione dei contenuti e servizi su internet i grandi fornitori, in prima linea Google ma anche Facebook, sono poco attenti al problema della privacy. Dovrebbero agire in modo più incisivo per diminuire il più possibile il rischio di trattamenti illeciti. Per esempio, per il servizio street view, Google non ha ancora soddisfatto le richieste di molti Garanti della privacy nazionali. Chiedono che Google avvisi, con suoni o segnali luminosi, quando passa l'auto che fotografa le strade delle città, che poi finiscono sulle mappe. Sempre Google, in base a quanto sostenuto ultimamente dallo stesso responsabile d'area in Europa Carlo D'Asario Biondo, ha commesso alcuni errori di privacy a causa di una fase di sviluppo iniziale errata della sua rete sociale Buzz. Urge la necessità dunque di un intervento chiaro a tutela della privacy del cittadino optando per una linea di accordi globali perché globale è il fenomeno e multinazionali sono i protagonisti -:
se il Ministero intenda assumere iniziative normative volte a introdurre modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali per estendere la disciplina e il controllo anche nel contesto della rete.
(4-07869)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
uno dei problemi che sta maggiormente preoccupando l'Europa è quello del metano, problema al quale gli Stati Uniti hanno risposto grazie al cosiddetto gas «non convenzionale». È proprio negli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi due-tre anni, grazie al progresso in campo tecnologico si è assistito a un vero boom nell'estrazione di metano dalle rocce metamorfiche, dal carbone e dalle argille. Si tratta di giacimenti i cui pozzi, una volta individuati, vengono messi in produzione in breve tempo. Grazie a uno sviluppo inaspettato in campo ingegneristico, si possono sfruttare risorse prima difficilmente accessibili, con nuovi sistemi di perforazione orizzontale e di strutturazione idraulica. Questo ha portato le compagnie a investire in nuove esplorazioni, che in breve hanno portato grandi risultati, con l'individuazione di campi di notevoli dimensioni dal Texas alla Louisiana. Il tutto a costi tecnici di fatto dimezzati rispetto all'estrazione del gas convenzionale. Questo ha portato gli Stati Uniti a disporre di una quantità senza precedenti di materia prima: già a fine 2008, la produzione di gas non convenzionale ha superato la metà della domanda complessiva del Paese e per la fine del 2010 dovrebbe avvicinarsi a superare il 65 per cento del fabbisogno nazionale. Senza che nessuno lo prevedesse fino a un paio di stagioni fa, gli Stati Uniti sono diventati il primo produttore mondiale di metano. Se fino a tre anni fa si parlava di declino della produzione di gas in America, ora si parla tranquillamente di surplus. Con un andamento dei prezzi che ha seguito la più elementare delle leggi economiche: proprio per l'abbondanza di offerta, il prezzo è sceso fino a 3 dollari per poi assestarsi tra i 5 e i 6 dollari per Mbtu (l'equivalente del barile per il petrolio);
il nuovo gas estratto da rocce, carbone e argille proprio per i suoi bassi costi di estrazioni è quello che, al momento, viene usato per produrre energia e riscaldare le case. In questo modo, le società energetiche hanno a disposizione per la vendita sui mercati esteri tutto il gas «convenzionale» che si erano accaparrati con contratti di lungo termine. In particolare, è crollata la domanda del cosiddetto Lng (gas naturale liquido): già nel 2008 le importazioni negli Usa di Lng erano scese da 22 a 9 miliardi di metri cubi e per la fine dell'anno non dovrebbero superare i 3 miliardi di metri cubi. Soltanto nel 2000, gli analisti indicavano gli Stati Uniti come il Paese che, in assoluto, avrebbe avuto bisogno di Lng. Ora, di fatto, questo non accade. Pertanto, tutto il gas liquido in eccesso, che i mediatori si erano procurati negli anni passati, si è

riversato in Europa. Lo stesso hanno fatto i grandi produttori di metano che negli anni Novanta hanno investito nei grandi impianti per la liquefazione e nelle navi gasiere, dai «grandi» come il Qatar ai più «piccoli» come l'Indonesia. Le ripercussioni sul mercato del gas non si sono fatte attendere: è sceso il prezzo del gas liquido in arrivo negli impianti di rigassificazione europei, in Olanda come in Spagna;
i grandi gruppi europei del settore si sono così dovuti adeguare, muovendosi in due direzioni. Da una parte hanno approfittato dell'occasione di acquistare gas a prezzi più bassi anche del 40 per cento, ma dall'altra hanno dovuto aprire un contenzioso di difficile soluzione con i Paesi produttori di gas convenzionali. In particolare con i russi di Gazprom e gli algerini di Sonatrach, che insieme alla società di Stato libica negli ultimi anni hanno fornito più del 50 per cento del fabbisogno di gas in Europa. In sostanza, i manager delle compagnie europee, da qualche mese, hanno intavolato trattative sia con Gazprom che Sonatrach per rivedere gli accordi di fornitura, i quali, oltre a prevedere contratti di lungo periodo, sono spesso legati alla cosiddetta clausola del take or pay: se, per qualche ragione, la quantità di gas contrattata in anticipo non viene ritirata bisogna pagarla lo stesso. Ora l'Europa si trova proprio in questa situazione: i gruppi europei non vorrebbero ritirare il gas da Russia e Algeria perché i prezzi sono molto più bassi dai rigassificatori, ma russi e algerini impongono la clausola del take or pay;
si potrebbe uscirne rivedendo i contratti. Ma Gazprom e Sonatrach, fino ad ora, hanno concesso solo qualche sconto e/o qualche dilazione. Mettendo nei guai i bilanci dei gruppi europei. In che misura lo si potrà vedere nei bilanci di fine anno, tenendo conto che tutto ciò arriva in un momento di forte calo delle domanda a causa della crisi economica. In Italia, per citare qualche dato, la domanda complessiva nel corso dei primi sei mesi del 2010 è calata dell'8 per cento complessivamente e del 14 per cento per il consumo industriale. Per l'Europa ci sarebbe un'altra via da percorrere, quella dell'indipendenza dalle forniture, cosa cui non è abituata visto che i giacimenti del vecchio continente soddisfano solo il 30 per cento della domanda interna e sono tutti in via di esaurimento, ma qualche passo avanti si sta facendo. Per esempio, andando alla ricerca di giacimento di gas convenzionali anche al di qua dell'Atlantico e sfruttando il gas che si può ricavare dal carbone: perforazioni sono in corso in Germania, Francia e Svizzera ma anche in Italia, mentre in Polonia si pensa di sfruttare i bacini della lignite;
in alternativa, i grandi gruppi possono pensare di andare a comprare il gas non convenzionale dove c'è già. In quest'ottica si spiega l'operazione varata da Eni meno di un anno fa: l'alleanza strategica con Quicksilver Resources, produttore indipendente di gas in Texas, che ha portato all'acquisizione del 27,5 per cento di un'area di produzione di gas dalle argille per 280 milioni di dollari. L'accordo prevede anche uno scambio di know how che Eni potrà utilizzare nell'esplorazione in altre parti del mondo. È quindi necessario investire, se è vero quanto sostengono gli esperti: che il gas non convenzionale potrebbe soddisfare la domanda mondiale per i prossimi 50-150 anni -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di favorire lo sviluppo di tecnologie e mezzi che possano estrarre «gas non convenzionale» anche dal nostro sottosuolo.
(4-07875)

DI PIETRO e CIMADORO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il «diritto annuale» è il tributo che ogni impresa, iscritta o annotata nel registro delle imprese, è tenuta a versare alla camera di commercio di riferimento (articolo 18 della legge n. 580 del 1993 come modificato dall'articolo 1, comma 19, del

decreto legislativo n. 23 del 15 febbraio 2010); se l'impresa o la società, oltre alla sede principale, ha sedi secondarie nella stessa provincia o altrove, è dovuto un pagamento a ciascuna camera competente per territorio;
sono tenuti al pagamento del diritto annuale: le imprese individuali, le società di persone e di capitali, le società fra professionisti (di cui al comma 2, dell'articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96), i consorzi, gli imprenditori agricoli e coltivatori diretti, le unità locali e sedi secondarie di imprese con sede principale all'estero;
il diritto annuale è dovuto per ciascun anno solare d'iscrizione nel registro delle imprese; pertanto, i soggetti che si cancellano dal registro nel corso dell'anno sono in ogni caso tenuti a versare l'intero importo dovuto, senza possibilità di frazionare lo stesso in relazione ai mesi di effettiva iscrizione nel registro delle imprese;
le camere di commercio, ai sensi del comma 10 dell'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dall'articolo 1, comma 19, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, possono aumentare la misura del diritto annuale fissata dal decreto ministeriale fino a un massimo del 20 per cento, pertanto il diritto annuale può variare da un minimo di 88 euro ed un massimo di 48.000 euro;
il decreto legislativo n. 112 del 1998, per realizzare il decentramento amministrativo previsto dalla legge Bassanini (legge 59 del 1997), ha abrogato i controlli del Ministero dell'industria, commercio e artigianato, oggi sviluppo economico, nei confronti delle camere di commercio per quanto riguarda gli statuti, i bilanci, la determinazione delle piante organiche e l'istituzione d'aziende speciali;
lo stesso decreto legislativo n. 112 del 1998 ha conferito alle camere di commercio piena autonomia, per le materie di propria competenza, anche in campo regolamentare affidando alle regioni il controllo sugli organi camerali, in riferimento anche al loro mancato funzionamento, e ha previsto che la fissazione dei diritti annuali e la ripartizione dei componenti i consigli siano di competenza della Conferenza unificata tra Stato, regioni, città e autonomie locali;
le funzioni tradizionali delle camere di commercio riguardano il settore anagrafico-amministrativo, attraverso l'iscrizione obbligatoria nei registri, negli albi, nei ruoli o negli elenchi camerali di tutte le imprese individuali e societarie; le camere registrano e certificano lo svolgimento delle attività che animano la vita imprenditoriale di città e province e dovrebbero svolgere funzioni di supporto e di promozione degli interessi generali delle imprese;
il comma 1 dell'articolo 5-quater del decreto-legge n. 282 del 2002 definisce il diritto annuale inquadrandolo nei tributi locali;
il comma 4 dell'articolo 18 della legge n. 580 del 1993, stabilisce che «La misura del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da parte di ogni impresa iscritta o annotata nei registri di cui all'articolo 8, ivi compresi gli importi minimi e quelli massimi, nonché gli importi del diritto dovuti in misura fissa, è determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale...»;
risulterebbe all'interrogante che il diritto annuale dovuto alle camere di commercio che grava sulle imprese italiane sia di quasi un miliardo di euro all'anno;
il sito dell'Unioncamere riporta i dati della rete del sistema camerale: 105 camere di commercio, 1 unione italiana, 19 unioni regionali, 16 società di sistema, 66 camere arbitrali, 103 camere di conciliazione, 21 laboratori chimico-merceologici, 38 borse merci e sale di contrattazione, 146 sedi distaccate per l'erogazione di

servizi sul territorio, 144 aziende speciali per la gestione di servizi promozionali e infrastrutture, 607 partecipazioni con altri soggetti pubblici e privati in infrastrutture, 9 centri per il commercio estero, 65 eurosportelli, 74 camere di commercio italiane all'estero, 32 camere di commercio italo-estere;
non serve citare singolarmente le fonti che evidenziano come da più di un anno a questa parte le nostre imprese risentano della crisi economica e che per molte di esse il 2009 abbia decretato la loro definitiva cessazione dall'attività imprenditoriale -:
se considerata l'attuale congiuntura economica e quella che all'interrogante appare l'inadeguata risposta del Governo; non ritengano opportuno verificare, con gli enti preposti e nel rispetto delle singole autonomie, se le quote dei diritti annuali siano state calcolate in sintonia con le problematiche delle imprese italiane;
se i Ministri, nell'ambito delle loro competenze, e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, non ritengano di promuovere un potenziamento dei sistemi di verifica della spesa delle camere di commercio italiane, nell'ambito della disciplina della gestione patrimoniale e finanziaria delle stesse.
(4-07890)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00395, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bindi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n. 4-02257, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rainieri e Alessandri n. 4-02446, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Laura Molteni n. 4-02734, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rainieri e Alessandri n. 4-03690, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Pini e altri n. 4-04808, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Torazzi e altri n. 4-05065, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-07640, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli e altri n. 4-07771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-07827, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Cicu n. 1-00404 già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 347 del 5 luglio 2010.

La Camera,
premesso che:
il quadro internazionale è fortemente caratterizzato dagli effetti di una congiuntura economica particolarmente negativa che sta interessando anche il nostro Paese;
permangono, e potrebbero acuirsi, situazioni di instabilità e di rischio per la sicurezza in molte aree del pianeta, generando localmente crisi di carattere politico ed etnico-sociale che si ripercuotono un po' ovunque sotto forma di migrazioni incontrollate, aumento dei traffici illeciti di ogni tipo, non senza generare terrorismo e rischi per le linee di comunicazione marittime;
sono tuttora in atto missioni internazionali, in particolare in Afghanistan, in Libano e nei Balcani, cui l'Italia partecipa con diverse migliaia di uomini e mezzi, determinanti per la tutela della sicurezza e per il sostegno alla ricostruzione;
l'Italia, nell'ambito delle organizzazioni internazionali di riferimento, svolge un ruolo importante ed è uno dei principali contributori per le missioni internazionali di pace;
l'Italia persegue con determinazione e convinzione l'attività di sostegno e contributo alle politiche di disarmo e non proliferazione, nell'ottica di pervenire al traguardo finale di un mondo libero da armi nucleari;
le Forze armate svolgono una funzione fondamentale per la difesa e la sicurezza della nazione e la tutela dei suoi interessi, per la prevenzione dei conflitti, nonché per contribuire alla pacificazione e al mantenimento della pace internazionale - anche al prezzo dell'estremo sacrificio di alcuni dei propri uomini nella riaffermazione dei valori etici che sono alla base dell'istituzione militare - e costituiscono un elemento fondamentale e determinante a sostegno della politica estera del Paese;
nel quadro dell'attuale scenario internazionale, della congiuntura economica e a fronte dell'esigenza di un'ottimale impiego delle risorse disponibili, il Ministero della difesa e lo strumento militare necessitano di una trasformazione e modernizzazione, al fine di continuare ad assolvere ai compiti istituzionali e agli impegni internazionali;
risulta che la Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale, istituita dal Ministro della difesa, abbia ultimato la sua attività volta a definire i principi generali, cui dovrà ispirarsi la riforma delle Forze armate e del Ministero della difesa;
è necessario perseguire l'obiettivo di una difesa europea che consenta di conseguire un insieme più ampio di capacità operative integrate e di ridurre, nel contempo, la spesa militare dei singoli Paesi,

impegna il Governo:

a garantire che lo strumento militare, nel suo complesso, continui a disporre delle capacità necessarie per l'assolvimento dei compiti istituzionali;
a dare la piena disponibilità per un approfondito confronto in sede parlamentare sulle linee guida del nuovo modello di difesa e, in particolare, sulle raccomandazioni della Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale;
a procedere, tramite opportune iniziative anche di carattere normativo, verso un riassetto ed una riorganizzazione estesa a tutti i settori delle Forze armate, coerentemente con gli obiettivi assegnati allo strumento militare e con le disponibilità

di bilancio, al fine di generare economie di scala e un ulteriore efficientamento;
a sostenere il reclutamento, destinando adeguate risorse per accelerare l'attuazione del modello professionale, al fine di pervenire ad un ottimale bilanciamento della configurazione organica e prevenire l'invecchiamento del personale militare;
a porre particolare attenzione alla tutela della condizione del personale militare, anche attraverso appropriate iniziative nel settore alloggiativo ed interventi di riordino sulle carriere che eliminino le sperequazioni di status ancora esistenti;
ad assicurare adeguati livelli di alimentazione finanziaria delle spese di esercizio, anche attraverso la revisione delle voci del bilancio della difesa classificate rimodulabili, al fine di preservare le risorse necessarie per le esigenze connesse con la prontezza e l'efficienza peculiari dello strumento militare;
a confermare adeguati livelli di finanziamento al settore investimento della difesa, al fine di sviluppare le attività di ammodernamento e rinnovamento dello strumento militare, contribuendo a creare le condizioni per la crescita e la competitività, anche in ambito internazionale, dei settori industriali avanzati, essenziali per lo sviluppo economico del Paese;
a porre in essere, nell'ambito dei processi di acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa, un'attenta attività di pianificazione, sia per soddisfare le esigenze urgenti, quali, per esempio, quelle correlate alla protezione e alla sicurezza del personale impiegato nei teatri operativi, sia per assicurare uno sviluppo capacitivo dello strumento militare coerente con le prevedibili esigenze future;
a sviluppare il piano di trasformazione ed efficientamento coerentemente con il processo in corso nell'Alleanza atlantica e con l'obiettivo di una politica comune di sicurezza e difesa nell'ambito dell'Unione europea, nonché con riferimento a quanto analogamente in atto presso i Paesi partner.
(1-00404)
(Nuova formulazione) «Cicu, Gidoni, Baldelli, Iannaccone, Cirielli, Ascierto, Barba, Belcastro, Chiappori, De Angelis, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Holzmann, Lamorte, Giulio Marini, Mazzoni, Moles, Paglia, Petrenga, Pirovano, Luciano Rossi, Sammarco, Scandroglio, Speciale».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Ciocchetti n. 2-00608 del 3 febbraio 2010;

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su rischiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Pietro e altri n. 4-07003 del 28 aprile 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03168.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su rischiesta dei presentatori:
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-00354 del 16 giugno 2008 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03171.
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-00365 del 16 giugno 2008 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03174.

L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-00557 del 7 luglio 2008 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03175.
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-01642 del 14 novembre 2008 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03169.
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-02333 del 18 febbraio 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03177.
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-02593 del 18 marzo 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03176.
L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti e altri n. 4-03009 del 14 maggio 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03170.
L'interrogazione a risposta orale Ciccanti n. 3-00649 del 15 settembre 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03173.
L'interrogazione a risposta orale Ciccanti n. 3-00650 del 15 settembre 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03172.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-07822 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 345 del 30 giugno 2010. Alla pagina 14176, prima colonna, alla riga trentaquattresima, deve leggersi: «dalla presente interrogazione che, ad» e non «dalla presente interrogazione che ha, ad», come stampato.