XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 30 giugno 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):

La Camera,
premesso che:
il giorno 18 giugno 2010 l'onorevole Aldo Brancher è stato nominato ministro senza portafoglio;
il comunicato del consiglio dei ministri dello stesso giorno rende noto che «il Presidente Berlusconi ha informato il Consiglio delle sue intenzioni di conferire al neoministro Brancher la delega per tutti gli adempimenti relativi alla pratica e concreta attuazione del Federalismo amministrativo e fiscale. Il Consiglio ha condiviso l'iniziativa e gli ha espresso le più vive felicitazioni ed auguri»;
per lo svolgimento di questa delega sono già in carica il Ministro delle Riforme per il federalismo Bossi, il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli, il Ministro per i rapporti con le Regioni Fitto;
sul sito internet del Governo italiano il Ministro Brancher è diventato Ministro della Sussidiarietà e del Decentramento ma a dieci giorni dalla nomina del ministro non è ancora noto il Dpcm con cui allo stesso sono attribuite funzioni specifiche;
pur in carenza di attribuzione specifica di deleghe, l'onorevole Brancher ha chiesto, salva successiva rinuncia, di far valere l'esercizio della sua attività di Ministro, ai sensi della legge n. 51 del 2010, come legittimo impedimento a comparire fino al mese di ottobre alle udienze di un processo che lo vede imputato, con l'esplicita motivazione di dover procedere ad organizzare un nuovo ministero;
pur avendo il Ministro rinunciato ad avvalersi del legittimo impedimento a partecipare al processo in cui è imputato resta intatto lo scandalo di una nomina che risulta in tutta evidenza inutile ed inopportuna;
a fronte della nomina di un ministro inutile desta stupore e preoccupazione il fatto che il Ministero dello Sviluppo Economico, a quasi due mesi dalle dimissioni dell'onorevole Scajola, sia ancora privo di un Ministro pienamente responsabile del dicastero,
per tali motivi:
visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati,
esprime la propria sfiducia al Ministro senza portafoglio, onorevole Aldo Brancher, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.
(1-00399)
«Franceschini, Donadi, Agostini, Albonetti, Amici, Argentin, Bachelet, Barbato, Barbi, Baretta, Bellanova, Benamati, Berretta, Bersani, Bindi, Bobba, Bocci, Boccia, Boccuzzi, Boffa, Bonavitacola, Bordo, Borghesi, Bossa, Braga, Brandolini, Bratti, Bressa, Bucchino, Burtone, Calvisi, Cambursano, Capano, Capodicasa, Cardinale, Carella, Marco Carra, Castagnetti, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Cimadoro, Ciriello, Codurelli, Colaninno, Colombo, Concia, Corsini, Coscia, Cuomo, Cuperlo, Dal Moro, D'Alema, Damiano, D'Antona, D'Antoni, De Biasi, De Micheli, De Pasquale, De Torre, Di Giuseppe, Di Pietro, Di Stanislao, D'Incecco, Esposito, Evangelisti, Fadda, Gianni Farina, Farinone, Fassino, Favia, Fedi, Ferranti, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fioroni,

Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Aniello Formisano, Froner, Garavini, Garofani, Gasbarra, Gatti, Genovese, Gentiloni Silveri, Ghizzoni, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Grassi, Graziano, Iannuzzi, La Forgia, Laganà Fortugno, Laratta, Lenzi, Letta, Levi, Lo Moro, Lolli, Losacco, Lovelli, Lucà, Lulli, Luongo, Madia, Maran, Marantelli, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Margiotta, Mariani, Cesare Marini, Marrocu, Martella, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melandri, Melis, Giorgio Merlo, Merloni, Messina, Meta, Migliavacca, Miglioli, Minniti, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Monai, Morassut, Mosca, Motta, Mura, Murer, Naccarato, Nannicini, Narducci, Nicolais, Oliverio, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Arturo Mario Luigi Parisi, Pedoto, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pes, Piccolo, Picierno, Piffari, Pistelli, Pizzetti, Pollastrini, Pompili, Porcino, Porta, Portas, Quartiani, Rampi, Razzi, Realacci, Recchia, Rigoni, Rosato, Rossa, Rossomando, Rota, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Sanga, Sani, Santagata, Sarubbi, Sbrollini, Scarpetti, Schirru, Scilipoti, Sereni, Servodio, Siragusa, Soro, Strizzolo, Tempestini, Tenaglia, Federico Testa, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Livia Turco, Vaccaro, Vannucci, Vassallo, Velo, Veltroni, Ventura, Verini, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zaccaria, Zampa, Zazzera, Zucchi, Zunino».

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni, il tema della prevenzione, diagnosi e cura del carcinoma al seno è stato oggetto di reiterati interventi programmatici e di indirizzo non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo ed in ambito regionale;
a livello nazionale, la legge 26 maggio 2004, n. 138, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, ha stanziato 10 milioni di euro per il 2004, 20 milioni e 975 mila euro per il 2005 e 21 milioni e 200 mila euro per il 2006 per la promozione della prevenzione secondaria dei tumori attraverso l'attivazione dello screening del cancro al colon retto e il consolidamento degli interventi già in atto per lo screening del cancro al seno e del collo dell'utero. Il suddetto finanziamento è stato destinato dirittamente dal Ministero della salute alle Regioni, alle Province autonome e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, al fine di garantire l'immediata erogazione delle prestazioni di prevenzione ai cittadini;
le istituzioni dell'Unione europea hanno impegnato gli Stati membri a potenziare, nell'ambito delle loro politiche sanitarie, gli interventi di prevenzione, diagnosi precoce e cura nei confronti della patologia in esame; si pensi, ad esempio, alla risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 5 giugno 2003, che individuava quale obiettivo programmatico per gli Stati membri la riduzione del 25 per cento della mortalità per tumore al seno, contribuendo ad eliminare le differenze nei tassi di sopravvivenza tra i diversi Paesi dell'Unione;
anche le regioni non hanno mancato di sviluppare autonome iniziative di settore, rivolte ora alla formazione degli operatori coinvolti nella lotta al tumore al

seno, ora alla realizzazione di campagne istituzionali per la sensibilizzazione delle donne; in particolare, molte Regioni hanno avviato campagne informative per la prevenzione dei tumori femminili, di regola rivolti alle donne in fascia d'età dai 50 ai 69 anni, coinvolte attraverso espliciti inviti postali da parte delle Asl territorialmente competenti nella realizzazione di un esame di approfondimento diagnostico;
la pluralità di iniziative ed azioni avviate nel settore conferma che qualsiasi strategia di intervento finalizzata alla prevenzione e cura del carcinoma al seno deve necessariamente realizzarsi in una prospettiva multilevel, fondata sulla fissazione di obiettivi comuni e sull'autonomia nella realizzazione dei percorsi assistenziali; tale rilievo trova conferma nel Piano oncologico nazionale 2010/2012, presentato dal Ministro Fazio il 22 gennaio 2010, che distingue le azioni programmatiche da implementare in «Azioni centrali di sistema» (riguardanti gli obiettivi il cui raggiungimento è legato alla responsabilità di governo nazionale, ma anche, per il rispettivo ambito, di governo regionale) ed «azioni affidate al sistema sanitario» (riguardanti gli obiettivi e le azioni attuate sotto la responsabilità del sistema sanitario nelle sue dimensioni nazionali, regionali e locali);
il potenziamento dei servizi di prevenzione e cura del carcinoma al seno presuppone, al contempo, una strategia integrata di intervento, che ai profili più prettamente assistenziali affianchi quelle riforme organizzative atte a garantire alle donne un'assistenza specialistica e mirata nei confronti del carcinoma al seno;
tale strategia integrata di intervento presuppone che sia dato seguito alle linee di indirizzo dettate dalla programmazione sanitaria nazionale nel settore oncologico, che prevede la diffusione della diagnosi precoce, la valorizzazione dell'ospedalizzazione a domicilio, la creazione di strutture ospedaliere specializzate nel settore e la promozione della ricerca sia di base che finalizzata;
nel settore della prevenzione, è necessario proseguire gli interventi già avviati sia nella prevenzione primaria (con riferimento, in particolare, all'educazione sanitaria e all'adozione di stili di vita salubri), sia in quella secondaria (le campagne di screening); per quanto riguarda lo screening, l'utilità della diagnosi precoce ai fini della riduzione della mortalità è confermata dalle statistiche elaborate a livello internazionale, che testimoniano che la mortalità tende ad aumentare in tutti i Paesi europei, ad eccezione di quelli (si tratta, in particolare, dei Paesi nordici e della Gran Bretagna) che per primi hanno attivato programmi di screening rivolti ad ampie percentuali della popolazione femminile;
il nostro Paese ha registrato, negli ultimi anni, un significativo potenziamento degli strumenti di screening, anche se permane un evidente divario tra il Nord e il Sud del Paese: dati recenti testimoniano che circa 3 milioni di donne sono state coinvolte nei programmi biennali di screening mammografico, ma poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto accede ai controlli periodici; l'implementazione delle campagne di screening presenta inoltre una forte differenziazione regionale, in quanto la percentuale di donne che accede a controlli periodici si attesta nel Nord e Centro Italia su una percentuale del 70-80 per cento, che si riduce vertiginosamente al 25 per cento nel Sud e nelle isole;
la prevenzione secondaria deve essere accompagnata dalla prosecuzione degli interventi di prevenzione universale o primaria, focalizzati sulla sensibilizzazione ed informazione della popolazione femminile in merito alle precauzioni da adottare al fine di ridurre il rischio di tumore al seno, con particolare riguardo alla diffusione della diagnosi precoce, che rappresenta una delle forme di intervento più accessibili ed efficaci in chiave preventiva;
accanto agli strumenti di prevenzione, la lotta ai tumori al seno richiede un'attenzione costante ai programmi di ricerca, con particolare riguardo a quelli

finalizzati ad elaborare nuovi protocolli terapeutici o di diagnosi e nuove terapie farmacologiche; il Piano oncologico nazionale 2010/2012 sottolinea l'esigenza di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il «gap» esistente fra le diverse aree del Paese e contribuendo al contenimento della spesa sanitaria; per realizzare tali obiettivi, si rende necessario investire nell'innovazione e nella ricerca clinica in oncologia, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
infine, per quanto riguarda gli interventi di assistenza ospedaliera e domiciliare alle donne colpite da carcinoma al seno, è questo un ambito di intervento che, stante il rilievo sovraregionale di molte delle strutture specializzate nell'assistenza oncologica, ricade direttamente sulla responsabilità politica e gestionale delle regioni; in questo ambito, ferma restando l'autonomia regionale, è opportuno incentivare, con un atto di intesa della Conferenza Stato-regioni, l'adozione di programmi assistenziali finalizzati a garantire un'assistenza personalizzata alle donne colpite da tumore al seno; in particolare, nasce l'esigenza di prevedere un'assistenza non solo sanitaria, ma anche sociale - ed in particolare psicologica - alle pazienti, che consenta loro di conseguire, nel più breve tempo possibile, un completo recupero dalla malattia;
se questi sono i tre pilastri (prevenzione, ricerca scientifica, assistenza personalizzata) che necessariamente devono accompagnare la futura politica sanitaria multilevel nella lotta al carcinoma al seno, vi sono altri interventi a carattere strumentale che potrebbero contribuire a rafforzare queste tre linee di azione;
da un lato, emerge l'esigenza di affrontare le problematiche relative alle patologie del seno (malattie di diversa eziologia, in particolare tumori) in forma specifica, attraverso l'istituzione di centri senologici ambulatoriali di diagnosi e cura e di reparti chirurgici di ricovero in regime ordinario e di day-hospital;
dall'altro lato, è opportuno riflettere sulle interazioni esistenti tra il sempre più frequente ricorso della popolazione femminile a protesi mammarie e l'incidenza del carcinoma al seno; anche nel nostro Paese, come nel resto d'Europa, si è registrato negli ultimi anni un continuo aumento nel numero delle donne che, a scopo di ricostruzione chirurgica o per ragioni estetiche, decidono di ricorrere a protesi mammarie. In mancanza di dati ufficiali sul fenomeno, si stima che la percentuale di donne che ricorre ad interventi chirurgici per motivi estetici si attesti attorno al 75-80 per cento, mentre solo il 20-25 per cento è mossa da esigenze mediche. Indipendentemente dalle motivazioni che sono all'origine della scelta, è comunque appurato che il ricorso ad impianti protesici mammari comporta delle conseguenze spesso non irrilevanti per la salute della donna, conseguenze che ovviamente variano a seconda della tecnica utilizzata e del materiale di riempimento impiegato. Nonostante l'esistenza di una prima casistica sulla questione, i rischi connessi agli interventi di plastica mammaria continuano ad essere sottovalutati dalle donne che decidono di ricorrervi, anche perché non sempre viene garantita loro un'adeguata informazione sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi. La presenza di un impianto protesico mammario può, in determinate circostanze, ostacolare la riuscita degli esami diagnostici, quali la mammografia, volti ad accertare l'assenza di masse tumorali;
per ovviare a tali negative interazioni, si dovrebbe valutare l'istituzione di un registro nazionale degli impianti protesici mammari che, attraverso la collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia, con specifico riguardo alle informazioni concernenti la durata dell'impianto, i suoi effetti collaterali e le potenziali controindicazioni dell'intervento; in particolare, è assolutamente necessario favorire la più ampia informazione possibile alle pazienti, per

evitare che scelte approssimative fatte al presente possano pregiudicare l'efficacia delle attività future di prevenzione,

impegna il Governo:

a promuovere un coordinamento degli interventi rivolti alla prevenzione e cura del carcinoma al seno secondo un approccio integrato e multilevel informato alle seguenti linee di indirizzo:
a) proseguire, in cooperazione con le regioni, i programmi di prevenzione secondaria già avviati nei confronti del carcinoma al seno, con l'intento di promuovere una più consapevole ed informata partecipazione della popolazione femminile alle campagne di screening, e quindi di ridurre il divario esistente tra la popolazione destinataria dei programmi di prevenzione e le pazienti che effettivamente si sottopongono agli interventi di diagnosi;
b) promuovere, in cooperazione con le regioni, la consapevolezza delle donne rispetto alla diagnosi precoce, attraverso campagne istituzionali specificamente rivolte all'universo femminile;
c) promuovere progetti sperimentali integrati tra le regioni ed il Ministero della salute, finalizzati ad implementare su un campione selezionato di pazienti forme di prevenzione secondaria e primaria innovative e potenzialmente più efficaci;
d) favorire la circolazione delle best practice consolidatesi a livello regionale, affinché attraverso il confronto interregionale sia possibile promuovere un miglioramento continuo degli standard assistenziali;
e) promuovere, in coerenza con il piano oncologico nazionale 2010/2012, l'innovazione e la ricerca clinica nel settore, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
f) coordinare il monitoraggio degli interventi predisposti dalle regioni preordinati alla valorizzazione dell'ospedalizzazione a domicilio e alla predisposizione di protocolli integrati di assistenza socio-sanitaria a favore delle donne affette da tumore al seno;
a sviluppare, in collaborazione con le regioni, una rete di centri senologici ambulatoriali di diagnosi e cura e di reparti chirurgici di ricovero in regime ordinario e di day-hospital;
a presentare in tempi brevi alle Camere il disegno di legge, già approvato in Consiglio dei ministri, istitutivo del registro nazionale degli impianti protesici mammari che, in collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia;
ad adottare iniziative volte a garantire alle donne che scelgono di impiantare protesi mammarie una più ampia ed esaustiva informazione non solo sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi, ma anche sui possibili eventi avversi correlati all'impianto e sulle potenziali controindicazioni in termini di effettività dello screening per la diagnosi del tumore al seno.
(1-00398)
«Lussana, Reguzzoni, Comaroli, Dal Lago, Goisis, Lanzarin, Laura Molteni, Munerato, Negro, Pastore, Rivolta».

La Camera,
premesso che:
nel mondo vi sono numerosi programmi nazionali di prevenzione e diagnosi precoce oncologica dei tumori della mammella, colon-retto, prostata, cervice uterina, endometrio e di sensibilizzazione dei medici di base circa la diagnosi precoce delle patologie tumorali di tiroide, testicoli, ovaie, linfonodi, cavità orale, pelle;
nei paesi industrializzati il carcinoma mammario è, per incidenza e mortalità,

al primo posto tra i tumori maligni della popolazione femminile e il Giappone è l'unico paese industrializzato dove questa malattia è poco comune (ma le figlie delle emigrate negli USA in due generazioni perdono la protezione, probabilmente dovuta a fattori ambientali, stili di vita e alimentazione);
il carcinoma mammario è la prima causa di morte fra le donne di età compresa fra i 35 ed i 45 anni; allo stesso tempo è una delle forme tumorali con prognosi più favorevole, infatti in più dei quattro quinti dei casi si sopravvive più di cinque anni ed in più della metà dei casi si guarisce e questa alta percentuale di successi è strettamente connessa alla precocità della diagnosi, che aumenta inoltre la possibilità di eseguire un intervento conservativo;
i principali fattori di rischio ad oggi conosciuti sono l'età, la predisposizione famigliare, il non avere figli e l'età tardiva della prima maternità, il menarca precoce e la menopausa tardiva, l'eccesso alimentare di grassi animali, l'obesità, l'utilizzo prolungato di anticoncezionali in periodo perimenopausale e in donne giovani con quadro displastico mammario, le radiazioni ionizzanti (pregressi trattamenti di tumori della tiroide e linfomi);
visto il ridotto numero di fattori di rischio realisticamente modificabili e il loro limitato impatto sul rischio di sviluppare il tumore, la strada della prevenzione secondaria, e quindi dello screening, è attualmente quella più indicata per ridurre la mortalità da carcinoma mammario;
lo screening clinico e mammografico consente di individuare tumori in fase precoce garantendo trattamenti meno invasivi, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo del 20-40 per cento (a seconda degli autori) la mortalità di chi vi si sottopone;
la mortalità per carcinoma mammario, negli ultimi 30 anni, si è ridotta drasticamente per effetto combinato di almeno due fattori: lo screening e il miglioramento dei protocolli terapeutici, mentre un apporto incerto è stato dato dal follow up, in particolare da quello intensivo, la cui efficacia sulla sopravvivenza è stata dimostrata essere totalmente sovrapponibile a quella garantita dal follow up minimo;
in Italia ogni anno (dati 2008) si stimano circa 31.000 nuovi casi di carcinoma mammario e circa 11.000 morti causate da questa neoplasia, 7 donne su 100 manifestano clinicamente un tumore mammario entro gli ottanta anni di età, inoltre nel meridione e nelle isole l'incidenza della malattia è più bassa e sale progressivamente andando al nord;
una recente indagine (Lega italiana per la lotta ai tumori) ha stimato che ogni nuovo caso di tumore mammario costa tra i 30.000 ed i 35.000 euro (comprendendo costi diretti ed indiretti);
il cancro del seno rappresenta quindi una vera patologia sociale, con grandi ripercussioni (come per tutte le patologie neoplastiche) sulla vita dell'intero nucleo famigliare di chi ne è affetto;
i sistemi sanitari universalistici, che riconoscono come valore rendere possibile a tutti il medesimo accesso all'assistenza sanitaria, senza barriere sociali, economiche o culturali, sono di fatto condannati a combattere un'eterna battaglia contro le diseguaglianze; la qualità dei servizi sanitari goduti dai cittadini, infatti, può essere pesantemente influenzata dai contesti socio-economici: molti studi dimostrano che le classi più agiate hanno mediamente più facile accesso a diagnosi più tempestive e cure migliori, con differenze significative in termini di salute, che tendono ad aumentare nel tempo;
i programmi di screening organizzati partecipano dello sforzo per ridurre le diseguaglianze di salute e proprio i presupposti che li contraddistinguono, come l'inserimento dell'intera popolazione bersaglio all'interno di percorsi diagnostici e

terapeutici di qualità controllata, possono rappresentare un efficace strumento riequilibratore;
in Italia il primo atto normativo riguardante gli screening, cioè la ricerca della presenza di una patologia nella popolazione apparentemente sana, è il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, che ha esteso gli screening a tutto il territorio nazionale;
l'8 marzo 2001 la Conferenza stato-regioni ha approvato le «Linee Guida» concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, prevedendo l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale;
l'inserimento dei programmi di screening oncologico organizzati tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001) e la nascita, nello stesso anno, dell'Osservatorio Nazionale Screening (ONS) hanno dato un grosso impulso allo sviluppo di programmi organizzati;
nel 2001 è stata decisa l'esenzione del ticket per gli esami di screening del tumore mammario, del carcinoma della cervice uterina e del carcinoma del colon;
l'Osservatorio Nazionale Screening (cui aderiscono il Gruppo Italiano per lo screening mammografico, il Gruppo Italiano per lo screening del cervicocarcinoma ed il gruppo italiano per lo screening colo-rettale) dal marzo 2005 ha una convenzione con il Ministero della Salute come strumento tecnico a supporto delle regioni per l'attivazione dei programmi di screening, e del Ministero per la definizione delle modalità operative, del monitoraggio e della valutazione dei programmi, fornendo consulenza per la gestione informatizzata, la formazione, il miglioramento della qualità e il piano di comunicazione in materia di screening oncologici:
ogni anno l'ONS promuove una sessione sullo stato di attuazione dello screening oncologico in Italia con il CCM e con i 3 gruppi di screening italiani;
la legge 138 del 2004 ha impegnato il paese a colmare gli squilibri dell'offerta di screening tra le diverse regioni e l'intesa stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica; il decreto ministeriale del 18 ottobre 2005 ha ricostruito i gruppi di lavoro sugli screening oncologici, che hanno aggiornato le linee guida sugli screening, pubblicate nel novembre 2006;
è incardinato all'interno della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria il Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, organismo di coordinamento tra il Ministero della Salute e le Regioni per le attività di sorveglianza, prevenzione e risposta tempestiva all'emergenza, con il compito di collegare l'azione del Sistema Sanitario ai grandi network internazionali, creando ponti tra il mondo della ricerca e le strutture sanitarie e tra le esperienze migliori e le realtà ancora in crescita, attivando partnership e collaborazioni e costruendo così la rete della sanità pubblica in Italia, con particolare attenzione alla coesione e all'equità, perché siano assicurati in tutte le regioni italiane, per tutti i cittadini, in ogni strato sociale, uguali possibilità di accesso agli interventi di prevenzione;
i primi programmi organizzati di screening mammografico in Italia sono partiti tra gli anni ottanta e novanta e nel 2008 in Italia circa due milioni e mezzo di donne sono state invitate a sottoporsi allo screening, più della metà ha accolto l'invito e di queste circa una su venti è stata chiamata ad effettuare un supplemento di indagine;

a quasi vent'anni dall'avvio dei programmi biennali di screening, poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto riceve l'invito a sottoporsi alla mammografia, con un forte squilibrio tra il Nord e il Centro da un lato (70-80 per cento) ed il Sud e le Isole dall'altro (25 per cento), permane inoltre un divario notevole tra l'estensione teorica e quella effettiva;
il numero piuttosto elevato di richiami e l'incidenza superiore alla norma di tumori intervallo (quei tumori che vengono diagnosticati durante l'intervallo biennale tra due mammografie) suggerisce una situazione di potenziale criticità per numerosi programmi e questo richiama alla necessità di porre in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico;
la miglior misura per valutare l'efficacia di uno screening è la riduzione della mortalità, che ci conferma che lo screening è stato in grado di intervenire sulla patologia in uno stadio così precoce da guarirla, ma accanto a indicatori di esito come la mortalità (la cui valutazione richiede decenni) è importante valutare indicatori di processo e tra questi l'adesione all'invito a sottoporsi ad indagini (bassi valori nell'adesione predicono bassa riduzione della mortalità);
poiché esistono evidenze scientifiche sul fatto che l'estensione della fascia di età riduca la mortalità, la recente inclusione nella popolazione bersaglio, da parte di diversi programmi, delle donne in fasce di età più giovane (45-49 anni) e l'estensione dello screening fino a 74 anni è da prendere attentamente in considerazione, pur coscienti della difficoltà attuale in molte aree del paese ad offrire la mammografia con periodicità biennale regolare alla intera popolazione bersaglio della fascia 50-69 anni e della presenza in letteratura di indicazioni scientifiche di analisi costo-efficacia discordanti;
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma mammario ha identificato alcuni geni, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia, definite «ad alta penetranza», in quanto conferiscono un aumento molto significativo del rischio di sviluppare la neoplasia, diventa perciò utile affiancare allo screening mammografico anche lo screening genetico nelle persone giovani in cui vi sia anamnesi di famigliarità;
è una situazione paradossale quella che si trova a vivere in questo momento l'Italia Meridionale: da una parte sta lentamente perdendo il «vantaggio competitivo» che l'aveva vista per decenni caratterizzata da una minore incidenza della malattia oncologica rispetto al nord, dall'altra, tuttavia, soffre di debolezze strutturali in due delle aree di maggiore efficacia nel contrasto ai tumori: i programmi organizzati di screening oncologici e quegli straordinari sensori delle dinamiche oncologiche che sono i registri tumori (copertura di popolazione del 42,5 per cento al Nord, 25,5 per cento al Centro e 15,2 per cento al Sud);
i principali problemi dei programmi di screening nell'Italia Meridionale sono il ritardo nell'estensione, lo scollamento tra estensione teorica ed effettiva, un indice di adesione nettamente più basso (spesso inferiore al 50 per cento che rappresenta il valore minimo accettabile), un più elevato numero di richiami e di «tumori intervallo», una diagnosi tardiva con un conseguente minore ricorso alla chirurgia conservativa;
un indice di adesione inferiore allo standard minimo accettabile (50 per cento) è molto preoccupante in quanto si traduce in una sostanziale inefficacia nella riduzione della mortalità con la conseguente inutilità del programma di screening;
il 29 aprile 2010 la conferenza stato-regioni ha sottoscritto l'intesa sul piano nazionale della prevenzione 2010-2012 e in base a questo piano le regioni sono tenute ad elaborare un proprio piano regionale per i prossimi 3 anni,

impegna il Governo:

a predisporre un progetto nazionale di informazione e coinvolgimento dei cittadini che insista sulla prevenzione primaria, con una sempre più diffusa conoscenza degli stili di vita e delle abitudini alimentari atti a ridurre l'incidenza di alcune neoplasie, e sulla prevenzione secondaria con un importante stimolo ad aderire alle campagne nazionali di screening oncologico;
a coinvolgere nella preparazione e diffusione nazionale di tale campagna i medici di famiglia e le associazioni di ammalati e di volontari;
a coinvolgere le regioni nel monitoraggio del numero di pazienti donne di ogni singolo medico di famiglia che aderiscono ai programmi di screening mammografico, così da esercitare azione di stimolo all'informazione;
a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il paese, mediante un progetto concordato con le regioni in collaborazione con l'ONS, che permetta, con scadenze precise ed eventuali meccanismi incentivanti o sanzionatori, di eliminare l'intollerabile divario esistente tra centro-nord e sud del paese in materia di prevenzione e terapia oncologica, così da garantire il reale rispetto dei LEA su tutto il territorio nazionale;
a istituzionalizzare un sistema di certificazione della qualità dei programmi di screening, ponendo in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico, in modo da ridurre l'incidenza di falsi positivi e di «tumori intervallo»;
ad individuare, in collaborazione con le regioni, una forma di rafforzata governance centrale della prevenzione oncologica, così da rendere maggiormente omogenei i modelli territoriali, la raccolta dei dati e la compatibilità dei sistemi informativi, spesso alla base della difficoltà ad ottenere in modo rapido ed efficace un quadro credibile della situazione su tutto il territorio nazionale;
ad incrementare e omogeneizzare sul territorio nazionale il livello di qualità diagnostica in campo oncologico mediante programmi formativi del personale addetto agli screening con regolari verifiche da parte di centri regionali di formazione e controllo di qualità e adesione a linee guida nazionali;
ad incentivare e diffondere omogeneamente sul territorio nazionale le cosiddette «breast units», cioè quelle equipe multidisciplinari cui riferire tutte le pazienti che necessitino di approfondimento diagnostico ed eventuale terapia in campo mammario, così da garantire loro la totale presa in carico dal punto di vista psicologico, diagnostico, chirurgico demolitivo e ricostruttivo, medico-oncologico e la presenza di associazioni di volontari e malati;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening per le donne a maggior rischio anamnestico di insorgenza di tumore mammario, per le quali è utile prevedere la mappatura genetica ed un inizio ad età più precoce dello screening mammografico;
a prendere attentamente in considerazione l'opportunità di includere nella popolazione bersaglio dello screening mammografico, le donne nelle fasce di età 45-49 e 70-74 anni;
a garantire la tempestiva attuazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2010-2012 così come sottoscritto in sede di Conferenza stato-regioni il 29 aprile 2010, assicurando il rispetto dei termini previsti.
(1-00400)
«Calgaro, Calearo Ciman, Cesario, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono

diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e alla durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli

standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro da un lato e il Sud e le Isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini ad un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,

impegna il Governo:

a) a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e ad avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
b) a promuovere progetti sperimentali integrati tra il Ministero della Salute e le regioni per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
c) a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
d) a monitorare con attenzione e continuità l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al comitato per la verifica dei LEA l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
e) ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
f) a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria, l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggiore efficacia

ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
g) ad assicurare una specifica iniziativa di affiancamento per le regioni inadempienti a quanto previsto negli attuali LEA, in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma per consentire l'adozione di specifici programmi di recupero dei ritardi. Tali programmi saranno valutati dal CCM e dal Comitato per la Verifica dei LEA, e condizioneranno l'accesso da parte delle regioni alla quota premiale del 3 per cento dell'intero finanziamento regionale per i servizi sanitari;
h) a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal Ministero della Salute nell'ambito del piano nazionale screening;
i) a proseguire in cooperazione con le regioni i programmi di prevenzione secondaria già avviati nei confronti del carcinoma al seno, con l'intento di promuovere una più consapevole ed informata partecipazione della popolazione femminile alle campagne di screening e quindi ridurre il divario esistente tra la popolazione destinataria dei programmi di prevenzione e le pazienti che effettivamente si sottopongono agli interventi di diagnosi;
l) a promuovere in coerenza con il piano oncologico nazionale 2010/2012, l'innovazione e la ricerca clinica nel settore, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
m) a coordinare il monitoraggio degli interventi predisposti dalle Regioni preordinati alla valorizzazione della assistenza a domicilio e alla predisposizione di protocolli integrati di assistenza socio-sanitaria a favore delle donne affette da tumore al seno;
n) a promuovere la possibilità di avviare un sistema di verifica e valutazione della qualità dei programmi di screening, ponendo in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico, in modo da ridurre l'incidenza di falsi positivi e di «tumori intervallo»;
o) ad individuare, in collaborazione con le regioni, una forma di rafforzata governance centrale della prevenzione oncologica, così da rendere maggiormente omogenei i modelli territoriali, la raccolta dei dati e la compatibilità dei sistemi informativi, spesso alla base della difficoltà ad ottenere in modo rapido ed efficace un quadro credibile della situazione su tutto il territorio nazionale;
p) ad incentivare e diffondere omogeneamente sul territorio nazionale le cosiddette breast units, cioè quelle équipe multidisciplinari cui riferire tutte le pazienti che necessitino di approfondimento diagnostico ed eventuale terapia in campo mammario, così da garantire loro la totale presa in carico dal punto di vista psicologico, diagnostico, chirurgico demolitivo e ricostruttivo, medico-oncologico e la presenza di associazioni di volontari e malati;
q) fatti salvi i programmi già in essere tra il Ministero della Salute e le regioni per migliorare la qualificazione degli interventi di senologia diagnostica, per garantire la diagnosi tempestiva anche sotto l'attuale soglia di età per lo screening il Governo avvia uno specifico approfondimento in ordine alla strategia di abbassamento della soglia dai 50 anni ai 40 anni, sia sotto il profilo tecnico-scientifico relativo al costo efficacia, sia sotto il profilo dell'inserimento nei LEA;
r) ad adottare iniziative volte a garantire alle donne che scelgono di impiantare protesi mammarie una più ampia ed esaustiva informazione non solo sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi, ma anche sui possibili eventi avversi correlati all'impianto e sulle potenziali controindicazioni in termini di effettività dello screening per la diagnosi del tumore al seno;

s) a presentare in tempi brevi alle Camere il disegno di legge, già approvato in Consiglio dei Ministri in prima lettura, istitutivo del registro nazionale degli impianti protesici mammari che, in collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia.
(1-00401)
«Carlucci, D'Incecco, Lussana, Binetti, Mura, Calgaro, Rivolta, Di Virgilio, De Nichilo Rizzoli, Aprea, Di Cagno Abbrescia, Palumbo, Cosenza, D'Ippolito Vitale, Castellani».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto ministeriale del 27 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2010, n. 125, ha disposto l'approvazione dello schema aggiornato relativo al VI elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
il Comitato per le aree naturali protette, di cui al citato articolo 3 della richiamata legge 6 dicembre 1991, n. 394, è stato soppresso e le relative funzioni sono state trasferite alla Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; la Conferenza Stato-regioni del 17 dicembre 2009 con repertorio atti n. 262/CSR, ha approvato il VI aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree protette;
il VI elenco aggiornato allegato al decreto richiama al n. 21 il Parco nazionale del golfo di Orosei e del Gennargentu per complessivi 79.935 ettari;
la legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2006) all'articolo 1, comma 573, ha disposto: «La concreta applicazione delle misure disposte ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, avviene previa intesa tra lo Stato e la regione Sardegna nella quale si determina anche la ripartizione, tra i comuni interessati, delle risorse finanziarie già stanziate sulla base dell'estensione delle aree soggette a vincolo. I comuni ricadenti nell'area individuata potranno aderire all'intesa e far parte dell'area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli»;
tale norma aveva sostanzialmente e formalmente reso inattiva l'istituzione del parco del Gennargentu, la cui definizione e perimetrazione era stata decisa in difformità dalla volontà delle comunità e istituzioni locali;
la volontà del legislatore era chiaramente quella di affidare l'eventuale istituzione e attivazione del parco alla volontà espressamente dichiarata sia dai consigli comunali interessati che dalla stessa regione autonoma della Sardegna;
la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette), ha provveduto alla classificazione delle aree naturali protette e ha istituito, altresì, l'elenco ufficiale delle aree naturali protette, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono a criteri stabiliti dalla deliberazione 21 dicembre 1993 del comitato per le aree naturali protette, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 1994;
la classificazione delle aree protette è stata integrata, con la deliberazione 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 1997, che ha incluso nell'elenco, sottoponendole ai vincoli previsti dalla legge n. 394 del 1991, le seguenti tipologie:
a) zone di protezione speciale (ZPS) designate ai sensi della direttiva

79/409/CEE, costituite da territori idonei per estensione o localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli di cui all'allegato I della direttiva citata, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
b) zone speciali di conservazione (ZSC) designate dallo Stato, mediante un atto regolamentare, amministrativo o contrattuale, ai sensi della direttiva 92/43/CEE (cosiddetta «direttiva habitat»). Contengono zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, naturali o seminaturali (habitat naturali), e che contribuiscono in modo significativo a conservare, o a ripristinare, un tipo di habitat naturale o una specie della flora e della fauna selvatiche di cui alla direttiva 92/43/CEE;
l'inclusione di tali zone nella classificazione delle aree protette ha generato di fatto un'applicazione di dubbia legittimità a tali siti delle misure di salvaguardia e dei divieti previsti dalla legge sulle aree protette; e poiché l'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, di attuazione della direttiva habitat, riserva alle regioni l'adozione di specifiche misure, tale inclusione ha di fatto provocato un palese contrasto normativo sia nel quadro delle competenze istitutive che in quelle attuative;
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il decreto ministeriale 25 marzo 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2005, ha correttamente proceduto all'annullamento della deliberazione 2 dicembre 1996, definendo nel contempo una specifica disciplina di tutela da applicare alle Zone di protezione speciali e alle Zone speciali di conservazione;
il decreto citato è stato impugnato. Il tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le ordinanze n. 6854/2005, n. 6856/2005 e n. 6870/2005, accogliendo la richiesta dei ricorrenti, ha disposto la sospensione del provvedimento, che è stata confermata dal Consiglio di Stato con le proprie ordinanze del 14 febbraio 2006, n. 797, n. 798 e n. 799;
la complessa situazione normativa venutasi a creare dopo la sospensione del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 marzo 2005 rende contrastanti gli obiettivi di tutela con quelli dello sviluppo sostenibile, provocando un conseguente blocco di tutte le attività economicamente sostenibili nelle aree oggetto di nuova classificazione;
in particolar modo, si evidenzia che l'adozione di nuove perimetrazioni costituisce l'estensione di nuovi vincoli legati alla conseguente applicazione della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991; tale estensione adottata sul piano amministrativo costituisce di fatto una sostanziale modifica normativa intervenuta con una deliberazione di un organismo che il Parlamento ha successivamente soppresso con il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
il venir meno dell'organismo che ha inizialmente adottato la nuova classificazione e l'intervenuta decisione di sospendere l'efficacia del provvedimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha di fatto provocato un'insostenibile paralisi sia sul piano della fruizione del patrimonio ambientale che della chiara interpretazione della norma;
a 19 anni dall'adozione della normativa quadro in tema di aree naturali protette si pone con forza l'esigenza di rivedere il concetto di fondo della tutela ambientale;
troppo spesso estremismi interpretativi e normativi hanno profondamente minato il rapporto tra l'ambiente e l'uomo, rendendo quest'ultimo un soggetto estraneo alla vita stessa dell'ambiente;
le reiterate restrizioni intervenute a seguito di quelle che appaiono nuove arbitrarie classificazioni territoriali hanno

comportato un sempre maggiore distacco tra le comunità locali e l'esigenza di una condivisione della tutela ambientale, fino a provocare vere e proprie contrapposizioni sociali;
è indispensabile riproporre con forza la necessità di perseguire una politica di tutela ambientale condivisa e partecipata, ispirata al concetto fondamentale che l'uomo è protagonista dell'ambiente;
in quest'ottica, quindi, devono essere favorite le opportunità di sviluppo e di tutela partecipata delle comunità locali, facendo prevalere questa impostazione a quella meramente vincolistica;
la prevalente impostazione vincolistica ha finito per rendere l'ambiente un'entità estranea alle comunità locali con il rischio di mettere a repentaglio la stessa tutela di questo patrimonio,

impegna il Governo:

a stralciare l'indicazione del parco nazionale del golfo di Orosei e del Gennargentu dall'elenco allegato al decreto ministeriale 27 aprile 2010 in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 1, comma 573, della legge n. 266 del 2005;
a non applicare norme vincolistiche nell'area del golfo dell'Asinara e del Gennargentu prescindendo dal contenuto della citata legge n. 266 del 2005, che subordina l'attivazione del parco all'intesa con la regione e i comuni, ove gli stessi ricadessero nell'eventuale perimetrazione del parco stesso;
a promuovere una revisione normativa in materia di Zone di protezione speciali e alle Zone speciali di conservazione, senza includerle nelle aree previste dalla legge n. 394 del 1991.
(7-00360)
«Pili, Vella, Murgia, Nizzi, Porcu, Tortoli, Ghiglia».

TESTO AGGIORNATO AL 7 LUGLIO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

VELTRONI, ANDREA ORLANDO, GENTILONI SILVERI, MARANTELLI, MINNITI, CORSINI, ROSATO, ROSSA, D'ANTONA, MARCHI, MARCHIGNOLI, SORO, BRESSA, RECCHIA, MOGHERINI REBESANI, CASTAGNETTI, FIORONI, PEDOTO, VERINI, BORDO, CAUSI, MARCO CARRA e DAL MORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 25 giugno 2010, a due giorni dalla ricorrenza trentennale della strage di Ustica, il Sottosegretario con deleghe alla famiglia, al contrasto delle tossicodipendenze e al servizio civile, Carlo Giovanardi, in un'intervista all'emittente radiofonica Radio anch'io ha dichiarato: «Le sentenze hanno spazzato via l'ipotesi del missile e della battaglia aerea. Sappiamo ormai con certezza che non c'erano aerei in prossimità del Dc9 e che le tracce accertate sui resti dell'aereo, come tutti possono vedere a Bologna, sono quelle di una bomba [...] Ci sono delle certezze che emergono. Non c'erano missili, non c'erano aerei, ci sono tracce di bomba. Semmai queste tracce sono simili a quelle della bomba che buttò giù l'aereo della Pan Am a Lockerbie» che il 21 dicembre del 1988, come accertato nel 2001 dalla magistratura britannica, fu distrutto da una bomba posta da mano libica; a domanda del dottor Rosario Priore, il Sottosegretario ha risposto di parlare a nome dell'Esecutivo;
il 30 agosto 2008, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha sottoscritto con la Libia il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria araba, libica, popolare, socialista, noto anche

come trattato di Bengasi; trattato che prevede il pagamento di 5 miliardi di dollari in riparazioni per il periodo coloniale nel quadro di relazioni diplomatiche improntate alla «pace e alla sicurezza regionale e internazionale» (articolo 5), in cui «le due Parti decidono la costituzione di un Partenariato all'altezza del livello di collaborazione e coordinamento cui ambiscono sui temi bilaterali e regionali e sulle questioni internazionali di reciproco interesse» (articolo 14) e in cui «le due Parti si impegnano a sviluppare la collaborazione nel settore della Difesa tra le rispettive Forze Armate, anche mediante la finalizzazione di specifici Accordi che disciplinino lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e quello di informazioni militari» (articolo 20) -:
se la posizione espressa dal Sottosegretario Giovanardi circa l'esplosione di una bomba a bordo del velivolo Itavia inabissatosi al largo di Ustica il 27 giugno del 1980 sia effettivamente la posizione del Governo e su quali prove essa si fondi;
se esistano in possesso del Governo informazioni circa un coinvolgimento di uomini dell'intelligence libica come accertato per la strage di Lockerbie;
se, nel dare corso al trattato di Bengasi che prevede cospicue erogazioni da parte dello Stato italiano - anche in considerazione del fatto che Gheddafi ha sempre sostenuto di sapere la verità - non si ritenga opportuno richiedere al Governo libico, come ai Governi degli altri Paesi interessati da questa tragica vicenda, di fornire alla magistratura italiana tutti gli elementi in loro possesso atti a fare finalmente luce sulla morte di 81 nostri connazionali e, in caso contrario, quali iniziative straordinarie il Governo intenda intraprendere.
(3-01159)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.» al secondo capoverso recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.» e all'articolo 44 si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale

italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge.»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Parrocchia S. Andrea in Collegiata della Diocesi di Tortona» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Chiesa Collegiata (restauro)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Tortona» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogato da soggetti pubblici.
(4-07804)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.» al secondo capoverso recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.» e all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge.»;
dai dati diffusi dalla Conferenza Episcopale Italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per

lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Parrocchia di S. Caprasio della Diocesi di Massa Carrara-Pontremoli» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 1.850.000 euro per la realizzazione del progetto «Restauro dell'Abbazia di San Caprasio di Aulla, XXX stadio della Via Francigena.»
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Massa Carrara-Pontremoli » dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07805)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.» al secondo capoverso recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.» e, all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza.»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni,

pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Parrocchia della Basilica Cattedrale, SS. Michele, Agostino e Francesco in Volterra della Diocesi di Volterra» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Cattedrale di S. Maria Assunta di Volterra, del Battistero e del Palazzo Vescovile (Restauro conservativo e di consolidamento della). Realizzazione del nuovo Museo Diocesano. Restauro e consolidamento della Torre Campanaria III lotto funzionale.» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali

procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Volterra» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto non avesse ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07806)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» al secondo capoverso, recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica», all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso

possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è il «Comitato per il restauro della Cattedrale di S. Maria Assunta della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 500.000 euro per la realizzazione del progetto «Cattedrale di S. Maria Assunta a Reggio Emilia- Recupero facciata, Completamento del restauro» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto non avesse ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07807)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.» al secondo capoverso recita che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.» e, all'articolo 44, si stabilisce che «La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente

un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza»;
l'8 aprile 2010 il Sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Francesco Palma in risposta all'interrogazione 4-00051 affermava che: «Le attività di controllo del Ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia. Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca »disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi« ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente. Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio. Il controllo del Ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al Ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza. Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge»;
dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale italiana (www.sovvenire.it) risulta che tra il 1990 e il 2009 a fronte di un trasferimento dalle casse della Repubblica italiana di 13 miliardi e 811 milioni di euro la stessa abbia speso per edilizia di culto 1 miliardo e 617 milioni di euro e per tutela e restauro dei beni ecclesiastici 740 milioni di euro, risultando impossibile comprendere quanto denaro sia stato trasferito alle singole entità territoriali ecclesiastiche e come sia stato da queste ultime speso;
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Diocesi Suburbicaria di Porto Santa Rufina» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 300.000 euro per la realizzazione del progetto «Cattedrale della Diocesi di Porto

Santa Rufina, località La Storta, Roma - Restauro e consolidamento» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se risulti al Governo se e quanto abbia ricevuto la «Diocesi Suburbicaria di Porto Santa Rufina» dalla Conferenza episcopale italiana a titolo di redistribuzione di quanto incassato dalla stessa a norma dell'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 e per realizzare quali progetti;
se prima di finanziare il progetto descritto abbia appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07808)

PISICCHIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 26 giugno 2009 il tribunale militare di Roma ha condannato 9 SS all'ergastolo per le stragi commesse in San Terenzo Monti e in altre frazioni del comune di Fivizzano, provincia di Massa Carrara, il 19 agosto 1944 e giorni successivi;
l'innovazione di questa sentenza è che recepisce il dettato dell'orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione a sezioni unite dell'11 marzo 2004 n. 5044 che riteneva corretto riferire la giurisdizione civile italiana alla Repubblica Federale di Germania per i fatti integranti reati contro l'umanità i quali, in quanto tali, sono da considerarsi imprescrittibili;
su tale assunto il giudice dell'udienza preliminare del tribunale militare di la Spezia (prima che questo ente fosse chiuso per legge dello Stato Italiano) autorizzò la chiamata nel processo penale militare ai 9 SS della Repubblica Federale di Germania quale responsabile civile dei fatti dedotti in giudizio;
proseguito l'instaurato processo, dopo la chiusura del tribunale militare di La Spezia, presso il tribunale militare di Roma lo stesso processo si è concluso con le 9 condanne all'ergastolo e la condanna della Repubblica Federale di Germania a corrispondere alle parti lese alte provvisionali;
ottenuta la provvisoria esecuzione della sentenza in data 29 dicembre 2009 ed accertata la volontà di non pagare le provvisionali manifestata dalla Germania, i legali delle parti lese si accingevano a chiedere l'esecuzione della sentenza ma tale esecuzione coatta è stata bloccata con legge dello stato italiano decreto-legge 28 aprile 2010;
tale legge disponeva, infatti, all'articolo 1, la sospensione di efficacia dei titoli esecutivi in pendenza dell'accertamento dell'immunità dalla giurisdizione italiana degli stati esteri -:
quali urgenti iniziative il Presidente del Consiglio intenda assumere per restituire giustizia alle popolazioni di S.Terenzio Monti e delle altre frazioni del comune di Favizzano, che attendono da 66 anni un gesto di risarcimento per le feroci stragi subite dalla furia nazista.
(4-07812)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro

dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
sia nel 2005 che nel 2006 tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è stata la «Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli» per la realizzazione del progetto Piazza di Spagna (Rm) - restauro del palazzo di Propaganda Fide e realizzazione di una pinacoteca per un importo totale di euro 5.000.000 (cinquemilioni);
il soggetto destinatario, «Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli» è un dicastero della curia romana della Santa sede;
il 20 luglio del 2005 il decreto ministeriale che approva il programma di Arcus con il finanziamento di Propaganda Fide viene firmato dal Ministro per i beni e le attività culturali e dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore;
il 29 novembre 2005 il consiglio di Arcus approva il progetto di Propaganda Fide;
il 16 dicembre del 2005 monsignor Francesco Di Muzio, allora capo dell'amministrazione di Propaganda Fide, scrive a Francesca Nannelli (inquilina di Propaganda Fide in Via del Governo Vecchio), responsabile del procedimento per il finanziamento erogato alla Curia dalla società Arcus Spa «restituisco la bozza della convenzione con apportate piccole modifiche. In particolare segnalo che sarebbe opportuno che il finanziamento venga erogato secondo le scadenze indicate in bozza, in considerazione del notevole esborso sino ad ora sostenuto dalla Congregazione per l'avanzato stato dei lavori»;
il 23 dicembre del 2005, nella convenzione firmata tra il direttore generale di Arcus Ettore Pietrabissa e il cardinale Sepe, Propaganda Fide ottiene un milione e mezzo di euro entro 30 giorni dalla firma, solo «previa comunicazione dell'effettivo avvio delle attività»; altri 500 mila euro entro 90 giorni salvo un generico «monitoraggio» di Arcus. Solo il restante mezzo milione di euro è legato alla «verifica dell'effettiva conclusione positiva delle attività connesse al progetto»;
nell'articolo 6 della convenzione tra Arcus e Propaganda Fide, è previsto come termine del progetto il 31 dicembre del 2006;
l'articolo 8 prevede che il finanziamento sia revocato in caso di utilizzo «per finalità diverse» oppure qualora il contraente «non completi il progetto nei termini»;
a distanza di quattro anni la Pinacoteca aperta al pubblico non esiste -:
se siano a conoscenza dei fatti descritti e se corrispondano nel testo e nelle date;
se e quando sia stato chiesta a Propaganda Fide la restituzione del finanziamento per inadempimento contrattuale ovvero chi e quando abbia affermato che la convenzione fosse stata rispettata ovvero se fosse stato appurato chi abbia consentito al pagamento dell'intero finanziamento;
se intenda fare piena luce sulla vicenda e in particolare sulle modalità secondo le quali la dottoressa Nannelli abbia adempiuto al proprio incarico considerato che la medesima dottoressa Nannelli risulta inquilina di Propaganda Fide.
(4-07815)

DI PIETRO e RUBINATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 31 luglio 1997, n. 249, recante «Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo», all'articolo 3, comma 5, prevede espressamente che: «Le concessioni relative alle emittenti radiotelevisive in ambito nazionale devono consentire l'irradiazione dei programmi secondo i criteri tecnici stabiliti nell'articolo 2, comma 6, e comunque l'irradiazione del segnale in un'area geografica che comprenda almeno l'80 per cento del territorio e tutti i capoluoghi di provincia. Le concessioni relative alle emittenti radiofoniche in ambito nazionale devono consentire l'irradiazione del segnale in un'area geografica che comprenda almeno il 60 per cento del territorio e tutti i capoluoghi di provincia. Il piano nazionale di assegnazione delle frequenze riserva almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale e, di norma, il 70 per cento dei programmi irradiabili all'emittenza radiofonica in ambito locale»;
la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS recante criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri prevede nell'ambito dell'Allegato A, al punto 6, che la stessa autorità intende implementare i seguenti aspetti: «a) per consentire un pieno efficiente e pluralistico utilizzo della risorsa radioelettrica è necessario prevedere l'uso della tecnica SFN (Single Frequency Network), già sperimentata con successo nella regione Sardegna, al fine di pianificare il maggior numero di reti televisive possibili in ogni area territoriale, da suddividere tra reti nazionali e reti locali. Di esse un terzo è riservato, secondo la normativa vigente a emittenti televisive locali. Il piano di assegnazione dovrebbe prevedere 21 reti nazionali con copertura approssimativamente pari all'80 per cento del territorio nazionale da destinare al DV-T, ed ulteriori 4 reti nazionali sarebbero utilizzate per servizi DVB-H» e ancora: «b) La conversione delle esistenti reti televisive locali analogiche in reti digitali pianificate, dovrà essere necessariamente effettuata nel rispetto delle previsioni normative che prevedono, come sopra detto, l'assegnazione di almeno un terzo delle risorse trasmissive disponibili a tale comparto. Ciò comporta che regole di conversione analoghe a quelle previste per le reti delle emittenze nazionali si applicano anche alle reti delle emittenti locali, con l'obbligo della restituzione delle frequenze all'atto dello switch-off e dell'utilizzo di reti digitali frequenziali»;
in data 28 giugno 2010 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato la delibera n. 300/10/CONS relativa al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiotelevisione televisiva terrestre in tecnica digitale (PNAF) che all'Allegato 2, con riferimento al paragrafo 3.5 (metodologia di pianificazione delle reti locali) riporta espressamente che «... la scelta delle frequenze pianificabili sull'intera area tecnica o a livello sub-regionale o provinciale è stata effettuata tenendo conto dei vincoli di coordinamento internazionale e della presenza di allotment coordinati a Ginevra 2006. L'obiettivo principale è stato quello di garantire la pianificazione di almeno 13 "multiplex" a copertura regionale nelle regioni della Pianura Padana (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Friuli) che sono le più critiche in termini di orografia e coordinamento internazionale»;
in base alle decisioni assunte nella Conferenza di Ginevra del 2006, nell'ambito della fascia adriatica delle aree tecniche 5-6-7, ovvero l'Emilia Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, sono stati assegnati all'Italia i seguenti canali: 5, 8, 9, 24, 25, 26, 30, 32, 36, 37, 38, 40, 42, 44, 47, 48, 49, 50, 52, 54, 55, 56, 58, 60, 62, 63, 65;
i canali non assegnati all'Italia nell'ambito delle decisioni assunte nella Conferenza di Ginevra del 2006, sempre

avendo riguardo alle aree tecniche 5-6-7, ovvero l'Emilia Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, sono il 6 (assegnato alla Slovenia); il 21 (assegnato alla Slovenia), il 22 (assegnato alla Slovenia); il 23 (assegnato alla Croazia), il 27 (assegnato alla Slovenia); il 28 (assegnato alla Croazia), il 29 (assegnato alla Croazia), il 31 (assegnato alla Slovenia), il 33 (assegnato alla Slovenia), il 34 (assegnato alla Croazia), il 35 (assegnato alla Slovenia), il 39 (assegnato alla Croazia), il 41 (assegnato alla Slovenia), il 43 (assegnato alla Croazia), il 45 (assegnato alla Croazia), il 46 (assegnato alla Croazia), il 51 (assegnato alla Slovenia), il 53 (assegnato alla Croazia), il 57 (assegnato alla Croazia), il 59 (assegnato alla Slovenia), il 61 (assegnato alla Croazia), il 64 (assegnato alla Slovenia), il 66 (assegnato alla Slovenia), il 67 (assegnato alla Slovenia), il 68 (assegnato alla Croazia);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito del già citato PNAF, all'Allegato 1, prevede la realizzazione di 25 reti nazionali che, in relazione alle aree tecniche del nord est 5-6-7, determina una tipologia di assegnazione tale per cui tutti i canali attribuiti finiscono per essere destinati all'emittenza nazionale, con l'unica eccezione dei canali 62, 63 e 65 che, presumibilmente, potrebbero essere destinati, in linea con gli orientamenti emergenti a livello europeo, ai servizi di telefonia mobile;
ciò appare particolarmente grave e preoccupante poiché in questo modo non risulterebbe rispettata la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale, in difformità da quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, nonché della delibera AGCOM n. 181/09/CONS;
inoltre si rileva che mentre la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale sia prevista espressamente dalla legge, non esiste alcun atto normativo di rango primario o secondario che disponga espressamente che le reti nazionali debbano essere necessariamente in numero di 25;
non si comprendono i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle citate aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del nord est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale;
appare quanto mai chiaro che la situazione descritta dalla presente interrogazione non fa altro che avvantaggiare la posizione delle emittenti televisive nazionali, tra cui Mediaset S.p.A, che potrebbero ottenere più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico;
se si intendesse comunque mantenere 25 reti televisive nazionali, il Governo, e segnatamente il Ministero dello sviluppo economico al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale e le competenze sulle modifiche del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, potrebbe adottare gli opportuni provvedimenti nei confronti degli Stati della Slovenia e della Croazia, al fine di coordinare ulteriori 13 risorse frequenziali (in questo modo si determinerebbero 25 reti nazionali e 13 locali ovvero più un terzo rispetto a 25 per un totale di 38 canali tra nazionali e locali) nell'area del Nord-Est per un utilizzo da parte dell'Italia che sia tale da rendere attuabile - anche nelle aree tecniche 5, 6 e 7 il PNAF recentemente approvato dall'AGCOM, con l'effettiva riserva prevista dalla legge di un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale ad oggi non prevista dal suddetto piano;
nel nostro Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri concentra nella propria persona una molteplicità di poteri politici, economici e mediatici che ha determinato nel tempo un costante conflitto di interessi in capo al Presidente stesso che, attraverso i propri parenti e sodali, gestisce numerosi e importanti gruppi societari

imprenditoriali, tra i quali Mediaset S.p.a., concessionario di frequenze televisive nazionali;
in data 4 maggio 2010 il Ministro italiano dello sviluppo economico Claudio Scajola, ha presentato le dimissioni dal suo incarico in coincidenza con un'inchiesta giudiziaria riguardante il pagamento effettuato da terzi con fondi in nero per l'acquisto di un immobile a suo favore;
dal 5 maggio 2010 ad oggi tale Ministero è stato assegnato ad interim al Presidente Silvio Berlusconi;
la legge n. 121 del 2008, assegna al Ministero sopra citato le competenze del Ministero delle comunicazioni, ivi compresa la gestione delle concessioni delle frequenze televisive e dell'intero settore delle televisioni -:
se al Governo risultino i motivi per i quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia deciso di pianificare comunque 25 reti nazionali, quando appare decisamente evidente che nelle citate aree tecniche 5-6-7 relative alla fascia adriatica del nord est, ma anche in tutto il territorio nazionale, erano pianificabili al massimo 18 reti nazionali, in modo tale da garantire la riserva di un terzo (ovvero 9 frequenze coordinate) all'emittenza locale;
se il Governo non ritenga di intervenire in relazione alla situazione descritta dalla presente interrogazione che, ad avviso dell'interrogante, di fatto ha avvantaggiato la posizione, delle emittenti televisive nazionali, quali Mediaset, che potrebbero ottenere più reti rispetto a quelle attualmente possedute in analogico a discapito dell'emittenza locale;
se e quali azioni urgenti il Governo, e segnatamente il Ministero dello sviluppo economico al quale spettano le attività di coordinamento delle frequenze in sede internazionale e le competenze sulle modifiche del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, intenda assumere nei confronti degli Stati della Slovenia e della Croazia, al fine di coordinare, prima dell'assegnazione definitiva delle frequenze, ulteriori 13 risorse frequenziali nell'area del Nord-Est per un utilizzo da parte dell'Italia che sia tale da rendere attuabile, - anche nelle aree tecniche 5, 6 e 7, il PNAF recentemente approvato dall'AGCOM, con l'effettiva riserva prevista dalla legge di un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
se il Governo non ritenga di non procedere all'assegnazione effettiva dei canali fino a quando non saranno reperite le ulteriori 13 frequenze coordinate.
(4-07822)

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da articoli apparsi in questi giorni sulla stampa si è appreso che la signora Federica Gagliardi, assunta dal 1o giugno 2010 alla regione Lazio, dipartimento segretariato generale, categoria D1, 45 mila euro l'anno, ha partecipato al G20 di Toronto, come membro della delegazione governativa;
al riguardo il Presidente del Consiglio Berlusconi avrebbe dichiarato: «Si tratta di una professionista che ho conosciuto qualche tempo fa e che voleva fare un'esperienza internazionale. Nessun mistero, mi mancava una segretaria nello staff»;
da parte dell'interessata e degli uffici della presidente della regione Lazio, Renata Polverini, sono state fornite, nel giro di un giorno, tre versioni diverse;
nella prima versione, fornita dalla diretta interessata, si apprendeva che la signora Gagliardi era in permesso speciale, concessole dal presidente della regione Lazio, Renata Polverini. In una seconda versione, invece, il responsabile degli uffici della presidente della regione Lazio, precisava che la signora Gagliardi risultava essere in ferie, circostanza confermata anche dal suo portavoce;

poiché la signora Gagliardi è stata assunta in data 1o giugno 2010, e non ha ovviamente maturato giorni di ferie, la presidente della regione Lazio è intervenuta infine fornendo una terza versione, ovvero che la signora Federica Gagliardi è in permesso non retribuito dalla regione Lazio fino a data 2 luglio, pur essendo il vertice conclusosi il giorno 28 giugno;
la concessione di permessi non retribuiti è disciplinata dalla legge nonché dai contratti collettivi nazionali del settore;
il Ministro interrogato ha sempre aspramente combattuto il fenomeno dell'assenteismo, che nella sua accezione più larga comprende anche le malattie e, a maggior ragione, eventuali permessi retribuiti e non;
andrebbe verificato se siano state rispettate le procedure per la concessione del permesso, se la normativa vigente consenta un'operazione quale quella descritta e se tutti passaggi amministrativi siano adeguatamente documentati sì da comprendere a che titolo e su quali basi si sia verificata la partecipazione di una dipendente regionale ad un'attività della Presidenza del Consiglio dei ministri -:
a quale titolo la signora Gagliardi abbia preso parte alla delegazione governativa costituita per il vertice di Toronto e sulla base di quali autorizzazioni o permessi.
(4-07823)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) è un ente pubblico non economico ed ha autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, secondo quanto dispone la legge 25 marzo 1997, n. 68, «Riforma dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 1997;
«L'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è l'ente che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti» (www.ice.gov.it);
l'ICE ha la propria sede centrale in Roma e dispone di una rete composta da 17 uffici in Italia e da 116 uffici in 88 Paesi del mondo;
con delibera n. 195 del 26 giugno 2008, è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, Area funzionale C, posizione economica C1;
il concorso si è articolato in una preselezione, due prove scritte, una orale e la valutazione dei titoli, ed è durato circa due anni;
la graduatoria definitiva di detto concorso è stata approvata con determinazione del direttore generale in data 8 aprile 2010;
al comma 1 dell'articolo 12 del bando di concorso, si precisa che «il superamento del concorso non costituisce garanzia di assunzione, essendo la stessa subordinata alla previa autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di assunzioni di personale nella Pubblica Amministrazione», e successivamente il comma 2 dispone: «il candidato dichiarato vincitore del concorso è invitato a stipulare un contratto individuale di lavoro, a tempo pieno e indeterminato»;
esistono fondati rischi che però i vincitori del concorso possano essere assunti con un ritmo di quattro/sette all'anno, per cui il sessantesimo in graduatoria prenderà servizio tra non meno di circa cinque anni;

a distanza di cinque anni da un concorso, si può sostenere con buona probabilità che, nelle migliori delle ipotesi, il giovane interessato abbia trovato un'alternativa lavorativa, magari all'estero, vista l'ottima conoscenza delle lingue che il concorso richiede, e nella peggiore, essendo nel frattempo diventato adulto, abbia dovuto trovare un lavoro non rispondente alla sue capacità per far fronte alla propria sussistenza e a quella della famiglia, qualora sia stato in grado di formarla;
gli articoli 97 e 98 della Costituzione stabiliscono i princìpi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione, mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nel titolo relativo alla cittadinanza, all'articolo 41, disciplina il diritto ad una buona amministrazione, e, a tali princìpi, si affianca il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni pubbliche, pienamente attuato anche in Italia con la sentenza della Cassazione n. 500/1999 in tema di risarcimento degli interessi legittimi, prefigurando la responsabilità della pubblica amministrazione -:
come mai si sia indetto un concorso pubblico a 107 posti se non si era in grado di garantire l'assunzione dei giovani interessati, visto anche l'articolo 12 dello stesso bando in premessa;
se non si ritenga necessario, pur condividendo l'esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, investire sui giovani meritevoli e migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, garantendo ai vincitori del concorso in premessa l'assunzione in tempi rapidi.
(5-03149)

Interrogazione a risposta scritta:

FEDI e BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il capitolo di bilancio 3153 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri prevede l'erogazione di contributi ad enti che svolgano attività di promozione e di diffusione della lingua e cultura italiana in favore della collettività della circoscrizione consolare di riferimento, ai sensi della legge n. 153 del 1971 e del decreto legislativo n. 297 del 1994, articoli 625, comma 3, e 636;
l'assegnazione del contributo è basata su un preventivo nel quale sono chiaramente indicati introiti, spese di funzionamento didattico generale, spese per il personale docente e spese di funzionamento amministrativo-contabile;
l'ente gestore dichiara di impegnare le entrate (sia locali sia ministeriali) per lo svolgimento delle attività previste;
la richiesta di finanziamento e le spese indicate sono ben circoscritte e pertanto i controlli amministrativo-contabili devono essere indirizzati esclusivamente a questo settore in modo che risulti verificabile la destinazione del contributo e che questo «non sia destinato a finalità diverse da quelle indicate nella richiesta»;
l'ente deve mettere «a disposizione i libri contabili e la relativa documentazione»;
deve esistere una stretta connessione contabile tra il bilancio preventivo e quello consuntivo e quanto dichiarato nel preventivo deve avere riscontro nel consuntivo;
la circolare n. 13 del 7 agosto 2003 dell'ufficio II, Direzione generale per l'integrazione europea e per le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri, ribadisce (paragrafo 5.2, dal punto 4 al punto 7) che i fondi erogati dal Ministero degli affari esteri «sono contributi e non finanziamenti» e che (punto 6) essi «non devono tradursi in un arricchimento patrimoniale»;
l'esame amministrativo-contabile si riferisce espressamente al contributo del Ministero degli affari esteri (e a quanto riportato nei bilanci preventivi e consuntivi) e non all'amministrazione generale dell'ente che, plausibilmente, può avere altre attività e altri programmi, finanziati

con risorse proprie, che non rientrano nell'ambito delle iniziative previste dalla legge n. 153 del 1971 e che quindi non sono e non possono essere soggetti ai controlli ministeriali di cui trattasi -:
se non si ritenga opportuno procedere ad una fase di revisione della circolare 13 del Ministero degli affari esteri ed alla elaborazione e diffusione presso ambasciate e consolati di direttive che chiariscano la delicata situazione dei rapporti intercorrenti tra enti gestori e personale ministeriale addetto ai controlli amministrativo-contabili;
se non si ritenga analogamente indispensabile procedere ad una revisione dei criteri generali a cui debbono uniformarsi i controlli ispettivi, tenendo conto delle realtà dei singoli Paesi, della disponibilità di verifiche contabili localmente eseguite e di certificazione contabile che attestino sia l'adeguatezza che l'osservanza, da parte dell'ente gestore, delle prassi, procedure, norme e regole contabili ed amministrative previste dalle legislazioni locali;
se infine non si ritenga di dover instaurare una migliore collaborazione con gli enti, evitando che si assumano quelli che agli interroganti appaiono atteggiamenti di invadente diffidenza, decisamente non proporzionata, nei confronti di associazioni senza fini di lucro che soddisfano i requisiti di legge, in termini di trasparenza e gestione amministrativa, fissati dagli ordinamenti locali.
(4-07814)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sull'isola d'Ischia lo Stato sta costruendo la nuova Caserma forestale. Nonostante i vincoli paesaggistici e il diniego ufficiale della Sopraintendenza ai beni ambientali di Napoli, nella pineta Bosco della Maddalena - nel comune di Casamicciola Terme -, in una zona ad alto rischio idrogeologico e nel comune dove pochi mesi fa si è verificata la frana che ha visto la morte della piccola Anna De Felice, sono stati abbattuti decine e decine di rigogliosi pini, è stata letteralmente sbancata un'intera collinetta e con impressionanti colate di cemento per realizzare un palazzone di cemento armato di ben tre piani in un isola dove agli abitanti legalmente non è consentito neppure di potersi ampliare la stanza di un vecchio appartamento;
un giornalista, Gennaro Savio, direttore di PCIML-TV, da dieci anni si batte contro questo scempio edilizio ma al momento inutilmente -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
cosa intenda fare per evitare in futuro distruzioni ambientali come quella qui citata.
(4-07819)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il 15 giugno 2010 l'ABI ha comunicato di aver approvato la proroga al 31 gennaio 2011 dell'«Avviso comune» adottato il 3 agosto 2009 riguardante la moratoria dei debiti delle piccole e medie imprese (PMI) nei confronti del sistema creditizio;
i dati diffusi a metà giugno e relativi a tutto aprile 2010 sono confortanti, in quanto risultano presentate 184 mila domande, con un incremento dell'8 per cento rispetto al mese precedente (erano 171 mila a fine marzo) ed una massa di crediti

posticipati pari a circa 10 miliardi di euro. Solo il 2,5 per cento delle istanze non è stato accolto;
la posticipazione del termine a fine gennaio 2011 è utile anche al sistema bancario, sul quale graveranno a fine 2010 sofferenze per 64 miliardi di euro, circa il 4 per cento degli impieghi nei settori produttivi; la scadenza al 31 gennaio 2010 permette di spostare una quota di dette sofferenze al bilancio dell'esercizio futuro;
l'analisi dei dati disaggregati tuttavia mostra le difficoltà di attuazione della parte dell'Avviso comune nella quale si consente alle imprese con debitori certi ma tardivi di mantenere le anticipazioni di crediti per un periodo più lungo di quello consentito da Basilea 2, cioè da 180 a 270 giorni; in tale ambito le domande, tra ammesse e non ammesse sono state solo 12.000, pari al 6,5 per cento del totale delle richieste di moratoria;
gli interpellanti avevano già sollevato questo problema con proprio atto di sindacato ispettivo a inizio febbraio 2010, evidenziando come le articolazioni territoriali del sistema bancario frapponessero diversi ostacoli all'utilizzo dei questa possibilità; in particolare era stato segnalato che sia la pubblica amministrazione sia le grandi imprese hanno «fatto banca» delle PMI, allungando i pagamenti ad esse dovuti, in modo da realizzare una forma implicita di autofinanziamento;
il problema è particolarmente sentito nelle regioni in cui dovranno essere adottati severi piani di rientro dal deficit sanitario; è appena il caso di osservare che la gran parte di queste aziende è sana, non avendo problemi economico finanziari, ma solo una deficienza di cassa dovuta alle inadempienze della pubblica amministrazione o ai ritardi delle imprese più grandi;
in considerazione della stretta imposta dalla situazione economica sulle dotazioni dei bilanci delle pubbliche amministrazioni, se non ritenga opportuno intervenire nell'ambito di competenza al fine di semplificare le procedure per l'accesso delle PMI alle anticipazioni di credito, in particolare qualora esse siano coperte dai crediti certi ed esigibili che le PMI hanno nei confronti della pubblica amministrazione.
(2-00776) «Polidori».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI, CARELLA, CAUSI, CECCUZZI, D'ANTONI, DE MICHELI, FOGLIARDI, GASBARRA, GRAZIANO, MARCHIGNOLI, PICCOLO, PIZZETTI, SPOSETTI e STRIZZOLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, recante «Controlli sui circoli privati», ha dettato nuove disposizioni per gli enti di tipo associativo e per le organizzazioni di volontariato (ODV) prevedendo che l'applicazione del regime fiscale agevolato per i suddetti enti sia subordinato alla trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate di un apposito modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi, «modello EAS», approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;
l'Agenzia delle entrate, al fine di applicare le nuove disposizioni senza penalizzare la reale agibilità degli spazi di partecipazione e la stessa libertà di associazione, con particolare riguardo alle esperienze associative più fragili e meno strutturate, che vivono esclusivamente dell'impegno volontario degli associati, ha attivato un tavolo di confronto con il Forum del terzo settore, con l'Agenzia delle Onlus e con i rappresentanti delle associazioni di categoria;
in tale sede l'Agenzia delle entrate ha ribadito il carattere conoscitivo e non

sanzionatorio del provvedimento, e la volontà di gestirlo in modo comprensivo e non punitivo: a garanzia di questa impostazione si è deciso che il tavolo di confronto avrebbe affrontato le problematiche che sarebbero emerse in sede di compilazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi (Modello EAS) ed, eventualmente, nei successivi controlli;
si è quindi realizzata una gestione concertata della vicenda che, pur facendo chiarezza nel mondo del no profit isolando gli abusivi, ha tutelato l'autentico associazionismo, il suo valore sociale, la reale agibilità degli spazi di partecipazione e la stessa libertà di associazione;
ad oggi, conclusa la fase documentale di indagine attraverso il «modello EAS», l'amministrazione finanziaria ha avviato la fase dei controlli e delle verifiche sostanziali sui circoli privati e, nell'ambito delle diverse metodologie utilizzate, ha riproposto la modalità in via preventiva del «questionario» inviato ai soci per acquisire informazioni ritenute utili ai fini del controllo;
tale metodologia, pur essendo pienamente legittima, potrebbe non essere adeguata al fine di comprovare l'effettività del rapporto associativo e, in ogni caso, presenta risvolti assai delicati in termini di violazione del privato del corpo sociale -:
quali siano gli obiettivi e le finalità delle attività di indagine che l'amministrazione sta effettuando nei confronti del mondo associativo italiano, in particolare per quel che riguarda il metodo del «questionario».
(5-03146)

BRAGANTINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - Premesso che:
i commi 436 e 437 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, consentono all'Agenzia del demanio di alienare i beni immobili di proprietà dello Stato;
le regioni e gli enti locali territoriali sul cui territorio insistono gli immobili in vendita hanno il diritto di opzione all'acquisto, da esercitarsi entro il termine di quindici giorni dal ricevimento della determinazione a vendere comunicata dall'Agenzia del demanio prima dell'avvio delle procedure; le stesse regioni ed enti locali territoriali hanno il diritto di prelazione all'acquisto nel caso di vendita con procedure ad offerta libera;
il comune di Roncà (VR) ha espresso la volontà di acquisire la proprietà dell'area «zona lancio 67o GR.IT.» con diverse comunicazioni all'ufficio competente dell'Agenzia del demanio;
l'ufficio competente dell'Agenzia del demanio ha risposto telefonicamente dicendo che il procedimento di alienazione è temporaneamente sospeso in attesa dell'attuazione del decreto legislativo n. 85 del 2010 «Attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42»; a tale comunicazione telefonica sono seguite diverse richieste formali da parte del comune di Roncà per avere ufficialmente una proroga del termine per l'esercizio del diritto di opzione che scade il 30 giugno, ma non è seguita alcuna risposta scritta da parte dell'Agenzia del demanio;
pur avendo avuto rassicurazioni telefoniche sul fatto che il comune non perderà il diritto di opzione sull'acquisto dell'area nonostante la mancanza di una comunicazione scritta in merito, visto anche che molti enti locali sono nelle stesse condizioni del comune di Roncà, il comune vorrebbe avere una conferma ufficiale sulla proroga del diritto di opzione sull'acquisto della citata area -:
se il termine per l'esercizio dell'opzione per l'acquisto del bene citato da parte del comune di Roncà si debba

intendere prorogato, in attesa dell'attuazione del decreto legislativo n. 85 del 2010, anche in mancanza di conferma scritta da parte dell'Agenzia del demanio.
(5-03147)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche hanno evidenziato in questi giorni un'importante problematica relativa alle attività illegali ed ai rapporti con la criminalità organizzata dell'imprenditoria cinese nel nostro Paese;
in particolare nella città di Prato, in seguito a tre omicidi di imprenditori cinesi, sono state avviate indagini che hanno portato alla luce un sistema criminoso, legato alla mafia cinese, in cui sono coinvolti anche cittadini italiani, le quali hanno consentito alla Guardia di finanza di individuare un giro di denaro sporco, riciclato da società italiane, pari a cinque miliardi di euro;
tale operazione, denominata «Cian Liu», che ha richiesto due anni di indagini ed un ingente impiego di risorse umane, ha portato a risultati sbalorditivi: 158 indagati, di cui 24 arrestati (17 cinesi e 7 italiani), 73 aziende coinvolte, 190 immobili, 300 conti correnti aperti in 50 banche, 166 auto di lusso sequestrate, 13 milioni di euro in contanti confiscati;
dall'indagine si evince che i proventi delle attività illegali di operatori cinesi venivano trasferiti dagli uffici di money transfer italiani in Cina, per un totale di 1,2 milioni di euro al giorno;
per far perdere le tracce della provenienza illecita del denaro e per ostacolare l'individuazione dei soggetti titolari dei proventi, la somma veniva frazionata in migliaia di tranche, la cui titolarità era attribuita talvolta a soggetti compiacenti tal altra a persone ignare o inesistenti;
l'ascesa della criminalità cinese, che presenta molte analogie con la mafia tradizionale, è un fenomeno molto preoccupante, sia per i devastanti effetti sull'economia «sana» italiana, determinati soprattutto dall'ampio ricorso all'evasione fiscale e dalla disponibilità di capitali di provenienza illecita, sia per la sua capacità di infiltrarsi silenziosamente nel tessuto industriale italiano;
il boom finanziario di molti imprenditori cinesi nel nostro Paese è avvenuto troppo in fretta e senza basi accertabili: basti pensare alle varie «chinatown» sorte in Toscana, a Milano, a Roma e a Napoli, nonché nell'hinterland napoletano, in particolare nel quadrilatero Terzigno-San Giuseppe Vesuviano (il cui consiglio comunale è stato recentemente sciolto per infiltrazioni mafiose) - Ottaviano-San Gennaro, dove si concentrano ormai oltre 10.000 cinesi e dove l'ultimo censimento ISTAT segnalava più residenti provenienti dalla Cina che nell'intera città di Napoli;
appare pertanto fondamentale che le forze dell'ordine, e segnatamente la Guardia di finanza, nel suo ruolo di forza di polizia specificamente votata al contrasto alla criminalità economica, concentrino maggiormente i propri sforzi per monitorare, squarciando quel velo che ha finora circondato le comunità cinesi, i meccanismi finanziari che hanno consentito alla criminalità organizzata di origine cinese di acquisire un ruolo di primo piano nel panorama criminale, evitando di disperdere invece le forze su iniziative di scarso rilievo, com'è accaduto di recente in alcune zone del casertano e del napoletano, dove le forze dell'ordine sono recentemente intervenute in massa per compiere controlli su piccoli imprenditori italiani operanti nel settore della coltivazione del tabacco di qualità «Burley» -:
quali attività di controllo siano state poste in essere dalla Guardia di finanza per contrastare gli imponenti fenomeni di riciclaggio di capitali di provenienza illecita e di evasione fiscale posti in essere dalla criminalità di origine cinese presente sul territorio italiano, se sussista in materia uno specifico piano di azione e se

non ritenga opportuno, per il futuro, concentrare maggiormente su tali forme di criminalità le risorse della Guardia di finanza.
(5-03148)

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il giorno 10 maggio 2010 il quotidiano Il Messaggero riportava la notizia secondo cui un giudice di pace che aveva «dato ragione a una cittadina che aveva presentato ricorso contro Equitalia per una iscrizione ipotecaria a suo carico», aveva ricevuto da «l'agenzia del fisco per la riscossione, ricorso contro la sentenza, sollevando un caso di conflitto di interessi: quel giudice, infatti, era stato a sua volta colpito da un provvedimento di iscrizione ipotecaria, e quindi - secondo Equitalia - avrebbe dovuto astenersi»;
da notizia di stampa è emersa la circostanza che Equitalia Gerit SpA avrebbe ricevuto una circolare nella quale si indicavano una serie di soggetti nei confronti dei quali non si sarebbe dovuto procedere ad azione esecutiva;
infine il dottor Attilio Befera, quale direttore delle agenzie delle entrate, è l'azionista di maggioranza di Equitalia SpA, ma è anche il Presidente di Equitalia SpA, cosa che, secondo l'interrogante, mina la necessaria indipendenza tra controllore e controllato ai fini di una trasparente gestione del conflitto di interessi, per un servizio di interesse generale quale la riscossione pubblica dei tributi -:
se il Ministro interrogato abbia attivato dei meccanismi di audit indipendente per capire quanto sta accadendo e quanto sia accaduto in passato in Equitalia;
se in ogni caso la circolare contenente la lista dei contribuenti privilegiati sia stata consegnata alle procure della Repubblica competenti per la Gerit e cioè Roma, Civitavecchia, Velletri, Tivoli, Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone, L'Aquila, Livorno, Siena e Grosseto.
(4-07813)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SAMPERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la croniche carenze che investono sia gli organici degli operatori della giustizia sia i mezzi e le risorse di cui dispone il tribunale di Caltagirone, rendono concretamente impossibile il regolare svolgimento di interi servizi, con evidenti ricadute negative sugli utenti. I magistrati, in procura, sono 3 invece dei 5 previsti, nel giro di pochi mesi, i 12 attuali diventeranno 8. Il personale di cancelleria, che prevede un organico di 7 addetti, ne ha solo 4, destinati in un paio di mesi, per il pensionamento di 2 operatori, a dimezzarsi;
la competenza del tribunale di Caltagirone si estende su un territorio molto vasto, ad alta densità criminale, con una popolazione di centocinquantamila abitanti;
rispetto alla pianta organica cui al decreto ministeriale 8 marzo 2007 presso il tribunale si è registrata una riduzione di 2 unità, all'apparenza una situazione non molto grave. Ma la gravità diventa evidente se si analizzano le figure che hanno subito la riduzione più drastica;
in particolare, si è avuto un taglio di ben 2 direttori C3, 2 cancellieri C2, 1 cancelliere B3 che si è pensato di colmare con l'incremento di 2 operatori B1 (ex dattilografi) e di 2 ausiliari A1 (ex commessi);
è evidente che il taglio di 4 funzionari apicali ed un cancelliere sicuramente non è per niente compensato da tali incrementi,

in quanto si determina una grave diminuzione proprio di quelle figure che possono assumere responsabilità;
la complessità del lavoro espletato in un tribunale dal civile al penale, dal fallimentare alle esecuzioni civili, dalla volontaria giurisdizione alla direzione del personale, dalla gestione dei beni mobili ai rapporti con le sezioni distaccate e con gli uffici del giudice di pace, e la predisposizione di tutte quelle attività che ne garantiscano il funzionamento, comprese le applicazioni di personale, presumono la presenza di una giusta quantità di giudici e di personale amministrativo che ne consenta un minimo funzionamento;
inoltre, malgrado i tagli delle piante organiche effettuati con decreto ministeriale 5 novembre 2009, si deve evidenziare che si registrano forti carenze; in particolare, le carenze riguardano il dirigente amministrativo, 1 direttore C3, 3 cancellieri C1, 2 cancellieri B3, per un totale di carenza, in tali figure, di ben 7 unità su 18;
non tanto diversa la situazione presso la sezione distaccata;
nelle figure apicali il decreto ministeriale 5 novembre 2009 ha limitato la riduzione della pianta organica ad un solo posto di C2, portandoli da 2 a 1;
presso la sezione il problema è costituito da una carenza cronica di personale, mancando 1 cancelliere C2 ed 1 cancelliere C1 su 5 unità;
questo stato di cose ha comportato continue applicazioni di personale (C2 e B3) dalla sede centrale e dall'ufficio del giudice di pace di Grammichele, fin dal 2000;
per quanto riguarda gli uffici del giudice di pace, la riduzione ha riguardato le figure apicali del cancelliere C2, che sono state tutte soppresse; il Ministero ha ritenuto opportuno lasciare come figura apicale il cancelliere B3;
finora la sede centrale ha garantito la presenza del cancelliere C2 ricorrendo all'applicazione di un funzionario proveniente dalla sede centrale per un giorno a settimana in ciascuno dei 6 uffici del giudice di pace, nel futuro dovrà garantire la presenza del cancelliere B3 nei tre uffici in cui il posto non è coperto (Vizzini, Niscemi e Mineo); inoltre, poiché non è più previsto il posto di C2 non si capisce chi, in questi 3 uffici, debba coordinare il personale, ammesso che ci sia del personale da coordinare; infatti, a Mineo il problema è costituito non tanto dalla riduzione della pianta organica, quanto dal fatto che il personale è inesistente. In particolare, l'apertura dell'ufficio è garantita esclusivamente da personale applicato da altri uffici del circondario;
i tagli previsti dal Governo aggraveranno ulteriormente questa situazione costringendo a rinviare i processi che senza i cancellieri non possono tenersi e determinando persino casi paradossali, come quello degli stessi cancellieri che non potranno più avere i rimborsi per l'uso della propria auto e che per recarsi negli uffici del giudice di pace nelle sedi di Mineo o Militello dovranno farlo con i mezzi pubblici, con conseguenze sull'efficienza del servizio facilmente immaginabili in una regione come la Sicilia assolutamente priva di una rete ferroviaria che consenta rapidi trasferimenti -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato riguardo ai fatti suesposti e quali iniziative intenda intraprendere al fine di porre rimedio alle suddette gravi disfunzioni in termini di copertura degli organici, per la dotazione di personale amministrativo e la relativa riqualificazione professionale.
(5-03150)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Comitato nazionale di bioetica si è recentemente occupato della problematica

dei suicidi in carcere con un parere di cui si trova traccia in un comunicato stampa pubblicato sul sito internet ufficiale del Governo e di cui si riporta integralmente il testo: «nella seduta del 25 giugno 2010 il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha approvato il parere dal titolo »Il suicidio in carcere Orientamenti bioetici«, nato da un gruppo di lavoro coordinato dalla professoressa Grazia Zuffa. Il CNB ritiene che l'alto tasso di suicidi della popolazione carceraria, di gran lunga superiore a quello della popolazione generale, sia un problema di considerevole rilevanza etica e sociale, aggravato dalle presenti condizioni di marcato sovraffollamento degli istituti e di elevato ricorso alla incarcerazione. La recrudescenza di questo tragico fenomeno nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010 rende ancora più urgente richiamare su di esso l'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica. Anche se l'atto di togliersi la vita contiene una irriducibile componente di responsabilità individuale, la responsabilità collettiva è chiamata in causa per rimuovere tutte quelle situazioni legate alla detenzione che, al di là del disagio insopprimibile della perdita della libertà, possano favorire o far precipitare la decisione di togliersi la vita. Il richiamo alla responsabilità sociale è rafforzato dalla considerazione della particolare vulnerabilità bio-psico-sociale della popolazione carceraria rispetto a quella generale (i detenuti sono più giovani, più affetti da malattie, più poveri, meno integrati socialmente e culturalmente). Ne deriva il preciso dovere morale a »garantire un ambiente carcerario che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale"; ma prima ancora a riconsiderare criticamente le politiche penali che siano di per sé causa di sovraffollamento, poiché così facendo si pongono direttamente in contrasto col principio di umanità delle pene. Il Comitato si è chiesto se il carcere, per come è oggi, rispetti il principio secondo cui la detenzione possa sospendere unicamente il diritto alla libertà, senza annullare gli altri diritti fondamentali (come quello alla salute, alla risocializzazione e a scontare una pena che non mortifichi la dignità umana): rilevando che in molti casi esiste una contraddizione fra l'esercizio di questi diritti e una pratica di detenzione che costringe le persone alla regressione, all'assenza di scopo, in certi casi perfino a subire violenza. Il CNB raccomanda alle autorità competenti di predisporre un piano d'azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere, secondo le linee indicate dagli organismi europei. Il piano dovrebbe prevedere indirizzi:
per lo sviluppo di un sistema delle pene più aderente ai princìpi costituzionali (nuove normative per l'introduzione di pene principali non detentive e l'applicazione piena delle norme già esistenti che permettono alternative al carcere, come quelle per i tossicodipendenti);
per una maggiore trasparenza delle regole interne al carcere e per una maggiore personalizzazione del trattamento, contrastando le pratiche «deresponsabilizzanti» e «infantilizzanti» che riducono all'impotenza e umiliano le persone detenute;
per una prevenzione specifica non tanto rivolta alla selezione dei soggetti a rischio suicidiario, quanto alla tempestiva individuazione e intervento sulle situazioni a rischio in grado di travalicare la «soglia di resistenza» delle persone (quali l'impatto psicologico dell'arresto, il trauma dell'incarcerazione eccetera);
per lo sviluppo del monitoraggio e della ricerca intorno al fenomeno e per la formazione specifica degli operatori a partire dall'esame dei singoli casi di suicidio.";
scopo istituzionale del Comitato Nazionale di Bioetica è quello di svolgere «sia funzioni di consulenza presso il Governo, il Parlamento e le altre istituzioni, sia funzioni di informazione nei confronti dell'opinione pubblica sui problemi etici emergenti con il progredire delle ricerche

e con le nuove applicazioni tecnologiche nell'ambito delle scienze della vita e della cura della salute.»;
il 29 giugno 2010 nel carcere di Giarre (Catania) si è tolto la vita un detenuto di 37 anni impiccandosi alle sbarre della finestra del bagno della cella. È il trentaduesimo suicidio verificatosi nei penitenziari italiani dall'inizio dell'anno;
il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla prima firmataria del presente atto e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento; la citata mozione contiene pressoché tutte le principali raccomandazioni con le quali il Comitato nazionale di bioetica ha sollecitato le autorità competenti a predisporre un piano d'azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere -:
se non ritenga di intervenire urgentemente dando seguito alle raccomandazioni provenienti dal Comitato nazionale di bioetica e ai contenuti della mozione sulle carceri approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010, ciò anche attraverso auspicati provvedimenti d'urgenza stante il fatto che il crescente sovraffollamento degli istituti di pena, unitamente all'arrivo della stagione estiva, rischia di rendere la situazione all'interno degli istituti di pena ancora più drammatica.
(4-07820)

BELLANOVA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il magistrato onorario, figura istituita ai sensi del regio decreto del 20 luglio 1934 n. 140, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, recante istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1934 n. 208, è un membro dell'ordine giudiziario che svolge le funzioni del giudice o del pubblico ministero. Il magistrato onorario esercita la funzione giurisdizionale per un lasso di tempo determinato e non riceve una retribuzione, ma solo un'indennità per l'attività svolta;
la circolare del Consiglio superiore della magistratura circa la nomina e lo status dei giudici onorari minorili, emessa con delibera del 13 maggio 2010 ed attinente ai criteri per la nomina e conferma dei giudici onorari per il triennio 2011-2013, all'articolo 7, comma 4, reca testualmente: «non sussistono per i giudici onorari minorili le incompatibilità derivanti da un pubblico impiego, sempre che le esigenze del medesimo siano compatibili con le disponibilità di tempo e di impegno richieste dall'incarico onorifico, e sempre che lo specifico impiego non contrasti con la necessaria terzietà del giudice. Nei casi di incertezza quanto alla disponibilità di tempo deve essere acquisita una dichiarazione di disponibilità dell'aspirante e della Amministrazione di appartenenza»;
in data 22 giugno 2010 il professor Luigi Martano dirigente scolastico dell'istituto comprensivo di Corigliano d'Otranto (Lecce), già giudice onorario presso la corte d'appello del tribunale per i minori di Taranto, ha inoltrato presso l'ufficio scolastico regionale per la Puglia - direzione generale ufficio IV - dirigenti scolastici e personale della scuola la richiesta di nulla osta per la partecipazione alla selezione per la nomina di giudice onorario;
in data 23 giugno 2010 dallo stesso ufficio sopra citato con protocollo n. AOODRPU 6332 veniva recapitata, a mezzo fax, al professore Luigi Martano una comunicazione, da parte del direttore generale, dottoressa Lucrezia Stellacci, di rigetto del nulla osta sopra richiesto. Dalla missiva in oggetto si legge che «lo scrivente ritiene che non ricorrano i presupposti per la concessione. La molteplicità e la complessità delle funzioni in cui si

articola l'incarico di direzione dell'istituto comprensivo, come quello affidato alla S.V., sono tanto assorbenti per la qualità e la quantità dell'impegno professionale, da non consentire l'espletamento della funzione di giudice onorario, senza detrimento per l'incarico principale»;
lo stesso diniego del nulla-osta è stato espresso anche per altri dirigenti scolastici della regione Puglia;
andrebbe ricordato che la figura del dirigente scolastico ha diritto come previsto dal CCNL-AREA V articolo 15 ad «organizzare autonomamente i tempi e i modi della propria attività», le proprie ferie ed in particolare può organizzare l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative. A differenza di tutti i dipendenti pubblici, il dirigente scolastico non ha un orario prestabilito di servizio e risponde solo degli obiettivi assegnati e dei risultati ottenuti -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire con urgenza per verificare se anche in altre regioni d'Italia, i direttori generali degli uffici scolastici stiano procedendo nello stesso senso, vale a dire negando ai dirigenti scolastici il nulla osta propedeutico allo svolgimento delle funzioni di giudice onorario;
se non ritengano di dover appurare se anche dopo il riconoscimento costituzionale dell'autonomia delle scuole, come da decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 8 marzo 1999, per partecipare alla sopraccitata selezione un dirigente debba avere necessariamente parere positivo per il nulla osta da parte del direttore generale dell'ufficio scolastico, al fine di evitare una seria discriminazione che porterebbe a privare il Consiglio superiore della magistratura di elevate professionalità che potrebbero fornire un contributo fattivo in ambito della giustizia minorile.
(4-07826)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO, FIANO, MARGIOTTA, GENOVESE, SBROLLINI, BENAMATI, MURER, GINEFRA, BRAGA, BARETTA, BOBBA, GATTI e SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l'articolo 1, comma 1328, della legge finanziaria 2007 ha previsto che l'addizionale sui diritti d'imbarco sugli aeromobili, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, sia incrementata a decorrere dall'anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato e allo stesso fine che sia creato un apposito fondo di 30 milioni di euro annui alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato;
successivamente, con il decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2009, la previsione di spesa relativa al fondo alimentato dalle società di gestione aeroportuali è stata modificata prevedendo che le risorse dello stesso siano destinate al dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno e fossero utilizzate - a decorrere dal 1o gennaio 2009 - per il 40 per cento al fine dell'attuazione di patti per il soccorso pubblico e per il 60 per cento al fine di assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo particolari emolumenti da destinare all'istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all'esterno;
stando a quanto è a conoscenza degli interroganti, le società di gestione aeroportuali non hanno mai versato quanto dovuto;

il mancato arrivo delle risorse solleva tra l'altro anche la giusta protesta delle organizzazioni sindacali che lamentano la mancata erogazione di quanto pattuito con l'amministrazione -:
quanto, dal 2007 ad oggi, abbiano versato le società di gestione aeroportuali e cosa sia stato fatto per escutere quanto dovuto e non corrisposto;
quale sia l'importo suddiviso per anno di competenza incassato dal Ministero dell'economia e delle finanze quale addizionale d'imbarco e quali siano invece gli importi rassegnati per competenza ai capitoli di entrata del dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
(4-07810)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da tempo l'Unione europea emana sistematiche raccomandazioni nonché atti di indirizzo volti a far potenziare, da parte degli Stati membri, i sistemi di trasporto su rotaia delle merci;
in realtà, a fronte di una media dell'Unione europea del 12 per cento, le stime italiane si attestano su un 6 per cento di materiali trasportati su convogli;
il trasporto via treno, già ridottosi del 30 per cento nel 2009 rispetto all'anno precedente, dovrebbe deflettere di un ulteriore 8 per cento alla fine dell'anno in corso, secondo le stime del presidente della federazione di settore, Giacomo Di Patrizi -:
quali iniziative intenda adottare per una rapida inversione di rotta rispetto alla situazione in narrativa denunciata e se attualmente il nostro Paese risulti a rischio di infrazione da parte dell'Unione europea.
(4-07811)

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INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
sono passati due anni dall'omicidio del consigliere provinciale e comunale dell'Italia dei Valori Giuseppe Basile, assassinato con una quarantina di coltellate la notte tra il 14 ed il 15 giugno 2008;
ad oggi non c'è ancora chiarezza su mandanti ed esecutori materiali dell'omicidio, e molti restano i lati oscuri di una vicenda che ha scosso l'opinione pubblica;
Peppino Basile è stato consigliere provinciale di Lecce e consigliere comunale a Ugento distinguendosi per una serie di battaglie in difesa della legalità e del territorio che lo hanno portato spesso a denunciare il malaffare e le illegalità perpetrate ai danni della sua terra;
Basile ha denunciato in un pubblico comizio gli interessi di una grossa multinazionale straniera per l'impianto di un grosso parco eolico, si è opposto strenuamente alla sopraelevazione della discarica autorizzata di Ugento gestita dalla Monteco srl, si è battuto perché venisse fatta chiarezza sulla bonifica della discarica di Burgesi e infine si è opposto alla speculazione selvaggia in modo particolare per un megavillaggio turistico sorto all'interno del parco naturale di Ugento, noto anche come villaggio OREX;
Basile prima di essere assassinato ha ricevuto numerose minacce e sono comparse sui muri di Ugento scritte intimidatorie del tipo «Basile muori», «Basile sei nulla»;
esecutori materiali delle minacce vergate sui muri di Ugento sarebbero stati alcuni ragazzi iscritti tutti ad AN tra cui il nipote di un amministratore di Ugento;
il parroco don Stefano Rocca sin dal primo giorno ha invitato la cittadinanza di

Ugento a rompere il muro di silenzi e a riferire eventuali informazioni. Don Stefano dopo questi atti di denuncia è stato oggetto di minacce e atti intimidatori a tal punto da richiedere la presenza di un servizio di sorveglianza permanente a tutela della persona;
a Ugento si sono verificati alcuni mesi dopo l'omicidio di Basile una serie di atti vandalici e intimidatori nei confronti di pubblici amministratori e cittadini, tanto da richiedere un rafforzamento di 10 unità di carabinieri presso la locale compagnia;
ad oggi è in corso il processo ai due vicini di casa di Peppino Basile nipote e nonno, Luigi Vittorio Colitti e Vittorio Colitti, accusati di essere gli esecutori materiali dell'omicidio;
il delitto, secondo quanto dichiarato dal procuratore capo della Repubblica Cataldo Motta, sarebbe scaturito in seguito a cattivi rapporti di vicinato. Ad incastrare i due presunti omicidi sarebbero state le parole di una bambina di sei anni;
durante il secondo incidente probatorio del 17 febbraio 2010 sarebbero emersi seri dubbi sull'attendibilità della bambina testimone dell'omicidio e principale elemento d'accusa. La teste, dimostratasi confusa e contraddittoria, avrebbe rivelato delle falsità, inoltre non sarebbero state applicate le regole normalmente utilizzate durante l'ascolto dei minori;
la bambina avrebbe più volte cambiato versione a tal punto che la Corte di cassazione il 13 maggio 2010 ha annullato il provvedimento del tribunale del riesame che aveva confermato il carcere per i Colitti e dichiarato inattendibile la testimonianza della bambina, sollevando eccezioni sulle modalità con cui la teste sarebbe stata ascoltata;
il 4 aprile 2010, dalla stampa emergono fatti relativi alla documentazione sul caso. Vi sarebbero alcuni verbali datati 27 ottobre e 17 dicembre 2008 contenenti le dichiarazioni di Giovanni Vaccaro, presunto collaboratore di giustizia, appartenente alla Sacra corona unita;
Giovanni Vaccaro avrebbe parlato dell'omicidio Basile come di un delitto su commissione ad opera di un commercialista per episodi collegati all'attività politico-amministrativa del consigliere. Tuttavia gli inquirenti non avrebbero ritenuto attendibili tali affermazioni, che non sono state accolte nel dibattimento processuale -:
se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se ai Ministri risulti che il signor Giuseppe Vaccaro rientri nel programma di protezione previsto per i pentiti;
se risulti ai Ministri interpellati che alcuni ragazzi autori delle scritte recanti le minacce di morte contro Basile sui muri di Ugento siano stati fermati dalla questura di Lecce.
(2-00775)
«Zazzera, Palagiano, Messina, Scilipoti, Di Giuseppe, Barbato».

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con la nota Prot. 629/10 S.N datata 28 giugno 2010, avente ad oggetto «Pisa, un funzionario ai rappresentanti dei Sindacati di Polizia: "vi spazzolo via"», il segretario generale del COISP - Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia - ha scritto al prefetto Antonio Manganelli, capo della polizia di Stato, direttore generale della pubblica sicurezza, in merito ai fatti che hanno visto coinvolti i rappresentanti sindacali del COISP e di altre organizzazioni sindacali -:
se il Ministro sia a conoscenza del contenuto della nota in premessa e quali

immediate iniziative abbia inteso intraprendere per ristabilire la necessaria correttezza nelle relazioni tra il questore di Pisa e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali citate;
quali siano stati i provvedimenti adottati nei confronti dei dirigenti della polizia di Stato per i comportamenti assunti verso i rappresentanti sindacali, descritti nella nota di cui in premessa;
se non ritenga opportuno affermare, con la necessaria severità, l'importanza delle organizzazioni sindacali e della doverosa prevenzione di ogni comportamento teso a limitare lo svolgimento delle indispensabili attività di informazione e tutela del personale, proprie delle predette organizzazioni.
(4-07803)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le Sezioni della Polizia Stradale di Lecco e Milano avevano notificato all'utenza automobilistica una miriade di verbali, stimati in oltre centomila, per violazioni accertate con autovelox sulla strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga senza contestazione immediata, adducendo come motivazione la non obbligatorietà ai sensi della lettera F dell'articolo 201, comma 1-bis del codice della strada perché la strada statale 36 era ritenuta erroneamente strada extraurbana principale;
in quella occasione il dottor Calogero Sanfilippo, residente a Lecco, via XI Febbraio, 1, già comandante della polizia municipale di Lecco, era venuto a conoscenza che la strada era, invece, extraurbana secondaria, per cui i verbali erano da ritenersi illegittimi;
il fatto veniva portato alla cognizione di tutti i quotidiani nazionali nonché dell'Associazione SOS utenti - difesa consumatori dalla quale il dottor Sanfilippo veniva nominato Delegato Regionale per la Lombardia. Da qui una miriade di ricorsi proposti dalla citata associazione che hanno visto l'annullamento dei relativi verbali;
nell'espletamento della propria attività a difesa degli automobilisti colpiti illegittimamente dalla disinvoltura degli agenti del traffico, a seguito della sua direttiva del 14 agosto 2009, il dottor Sanfilippo ha scoperto che in data 22 agosto 2009, alle ore 18,30 (sabato) una pattuglia della Polstrada, sulla strada statale 36, direzione Nord, in località Abbadia Lariana al chilometro 57,200, era ancora appostata all'interno di una piazzola in contrasto con quello previsto nella direttiva ministeriale;
successivamente il dottor Sanfilippo ha avuto modo di occuparsi di un ricorso proposto al giudice di pace di Lecco avverso un verbale di contestazione del 14 agosto 2009 (data della direttiva) della polizia stradale di Lecco, in cui si ipotizzava una violazione accertata con apparecchiatura autovelox sulla medesima strada statale 36, direzione nord in località Abbadia Lariana al chilometro 59,100 e dal posizionamento dell'apparecchiatura emergeva con certezza che la pattuglia era ancora appostata all'interno di una piazzola di emergenza SOS dalla esigua capacità di un solo autoveicolo, fuori dalla carreggiata, a pochi metri dallo sbocco di una galleria e in curva con visibilità zero. Anche in tale circostanza, il dottor Sanfilippo in data 12 novembre 2009, ha inviato altra missiva al Ministro, avente per oggetto «La Polizia Stradale, in omaggio alla direttiva del Ministro, cambia nascondiglio»;
numerosi sono ancora i casi, in Italia, in cui gli automobilisti subiscono interventi inutili o ingiusti da parte, minima per fortuna, di forze dell'ordine -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
quali provvedimenti e reali controlli siano stati operati su questa ed altre simili situazioni riguardanti la piena applicazione della sua direttiva ministeriale (relativa

all'articolo 183 del codice della strada) in materia di appostamenti di pattuglie di polizia munite di dispositivo autovelox.
(4-07809)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il ponte delle Torri di Spoleto, antico acquedotto di età romana, è una delle opere più caratteristiche e simboliche della città di indiscutibile importanza a livello architettonico, archeologico, paesaggistico e turistico;
ogni anno è teatro di svariati suicidi, già tre nella sola prima metà del 2010, che si sommano alla dozzina del 2009, da parte di persone che vi giungono anche da fuori regione;
già nel mese di settembre 2010 era stato depositato un fascicolo presso la procura della Repubblica chiedendone l'interdizione ai visitatori;
il sindaco della città, Daniele Benedetti, ha annunciato una serie di provvedimenti che poi sono rimasti disattesi a causa delle varie competenze che ricadono sulla gestione di quest'opera, tra cui quella della Soprintendenza ai beni archeologici -:
quali iniziative si intendano assumere per limitare il drammatico fenomeno dei suicidi, tutelando nello stesso tempo, la fruibilità dell'opera da parte di turisti e residenti.
(4-07817)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce il Rapporto 2010 sulle esportazioni italiane di armi leggere ad uso civile, pubblicato dall'Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo, vi sarebbe un forte incremento nelle vendite dell'industria bellica;
l'Italia ha esportato armi comuni da sparo, munizioni ed esplosivi per oltre 460 milioni di euro nel 2007 e per oltre 465 milioni di euro nel 2008, con un incremento del 12 per cento rispetto al biennio precedente, toccando così i valori più alti dal 1996. In particolare, il 67 per cento del totale delle esportazioni del biennio è costituito da pistole e fucili, a fronte di un 29 per cento di munizioni e di un 4 per cento di esplosivi;
la ricerca dell'Archivio Disarmo è stata condotta su fonte Istat. «Malgrado i dati Istat siano affidabili noi non riusciamo però ad avere informazioni dettagliate sulle esportazioni delle armi leggere - dichiara Maurizio Simoncelli dell'Archivio Disarmo - mentre esiste una legislazione più chiara e definita sulla vendita internazionale delle armi da guerra, per quanto riguarda le armi leggere non riusciamo ad avere notizie certe. Se le armi leggere da caccia arrivano in paesi in guerra, dubito che una doppietta verrà utilizzata per andare a caccia di uccellini. Inoltre, anche quando le armi vengono vendute a Paesi non a rischio, non si è certi dell'utilizzo reale che ne verrà fatto. È notizia di pochi giorni fa che i narcotrafficanti messicani si riforniscano di armi leggere negli Stati Uniti, uno degli acquirenti principali delle armi italiane»;
nel biennio 2007-2008 tali esportazioni sono state dirette per la maggior parte verso gli Stati Uniti (30 per cento) e i Paesi dell'Unione europea (45 per cento), ma anche verso una serie di Paesi nei quali si riscontrano la presenza di conflitti e di gravi violazioni dei diritti umani. Nella lista di Paesi che acquistano armi dall'Italia ne figurano alcuni sottoposti ad embarghi internazionali sulle forniture di armi: Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Uzbekistan, Armenia e Azerbaigian. A questi vanno aggiunti Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si riscontrano gravi violazioni dei diritti

umani riconosciute non solo da Ong ma anche dalle stesse Nazioni Unite e dall'Unione europea: tra questi figurano la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l'India, l'Afghanistan, la Colombia, Israele, il Congo e il Kenia;
la ricerca, oltre sulla definizione di armi piccole e leggere, si sofferma anche sulle normative vigenti in Italia e sul quadro giuridico internazionale, nonché sull'Arms trade treaty in discussione in ambito Onu, il trattato internazionale sul commercio che dovrebbe approdare nel 2012 ad accordo mondiale;
in particolare, ancora una volta emergono le contraddizioni derivanti dal fatto che le procedure e i divieti previsti per le armi comuni da sparo (previste dalla legge n. 110 del 1975) sono diverse da quelle previste dalla legge n. 185 del 1990 che si occupa dei trasferimenti di armi ad uso militare, una tra le discipline più avanzate a livello internazionale;
emergono dall'analisi da un lato l'incremento progressivo delle esportazioni italiane di armi «leggere ad uso civile», dall'altro un quadro normativo tutt'altro che univoco e che lascia delle zone d'ombra molto importanti. È opportuno ricordare che, come ha più volte messo in luce l'Onu, spesso attraverso vendite legali si passa poi a successive forniture a soggetti che di questi strumenti fanno un uso non consentito, finendo per armare anche la delinquenza organizzata, formazioni terroristiche, bande paramilitari, e altro;
«Come avviene già a livello europeo, appare necessario considerare giuridicamente le armi comuni da sparo alla stregua delle armi leggere ad uso militare alla luce dell'ormai accertata pericolosità della loro presenza soprattutto nei numerosi scenari di conflitto in cui le armi contribuiscono alla radicalizzazione della violenza» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del rapporto citato in premessa;
se i Ministri interrogati non ritengano, considerate le premesse, opportuno assumere iniziative volte ad adeguare la normativa vigente alla normativa europea in materia di esportazione di «armi ad uso civile», uniformando tale branca a quella relativa all'esportazione di armi ad uso militare.
(4-07818)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

OLIVERIO, ZUCCHI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il settore agricolo italiano è frutto dell'insieme delle peculiarità e delle difficoltà specifiche vissute dai singoli territori;
in tale prospettiva il Mezzogiorno e i territori montani particolarmente svantaggiati rivestono un'importanza cruciale per il settore primario e pertanto è necessario valutare con attenzione le misure utili a sostenere e rilanciare il comparto agricolo mediante un sostegno alle categorie produttive interessate;
è fondamentale sostenere le categorie produttive del settore agricolo intervenendo sugli oneri di natura previdenziale gravanti sui datori di lavoro agricolo e sugli stessi lavoratori come già stabilito per il triennio 2006-2008 dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 10 Gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, all'articolo 1, comma 2, ha disposto che, dal 1o gennaio 2006 e per il triennio 2006-2008, le agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate

fossero più vantaggiose rispetto a quanto stabilito dall'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter, della legge n. 67 del 1988;
in particolare il decreto-legge n. 2 del 2006 ha stabilito che:
nei territori montani particolarmente svantaggiati (ossia situati ad una altitudine di almeno 700 metri), lo sgravio contributivo, rispetto a quanto normalmente dovuto sul territorio nazionale, spetta nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro (pertanto la quota da versare sarà del 25 per cento, quindi più bassa rispetto alla quota del 30 per cento attualmente dovuta);
nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, recante «Disposizioni generali sui Fondi strutturali», nonché i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, lo sgravio contributivo compete nella misura del 68 per cento (pertanto la quota da versare sarà del 32 per cento, notevolmente più bassa rispetto al 60 per cento attualmente previsto);
l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 171 del 2008 ha disposto l'applicazione, fino al 31 dicembre 2009, delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 9, commi da 5 a 5-ter, della legge n. 67 del 1988, nei territori montani particolarmente svantaggiati e nelle zone agricole svantaggiate, nelle misure - più favorevoli - stabilite dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2006;
l'articolo 2, comma 49, della legge 23 dicembre 2009, il 191 (legge finanziaria 2010) ha, da ultimo, prorogato per il periodo 1o gennaio-31 luglio 2010 la rideterminazione delle agevolazioni contributive di cui all'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988, nelle misure più favorevoli;
alla luce della riforma della politica agricola comunitaria tale intervento non si configura come di natura assistenziale bensì ha una valenza strutturale per tali imprese e per il settore intero;
la modalità con cui l'Esecutivo proroga le misure di agevolazione contributiva, quasi mese per mese, confermano una gestione difficile ed insufficiente dell'ordinario anche in presenza di situazioni oggettivamente critiche poiché le agevolazioni riguardano territori svantaggiati o particolarmente svantaggiati;
a fronte della richiesta di una stabilizzazione delle agevolazioni previdenziali avanzata dal mondo agricolo, il Governo non è in grado di fornire certezze e, fino ad ora, si è limitato a proroghe prossime alla scadenza, senza che su di esse ci sia la certezza di ulteriori interventi -:
se sia intenzione del Governo assumere iniziative normative volte a prorogare, almeno fino al 31 dicembre 2010, le agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle modalità più vantaggiose previste dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006.
(3-01156)

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 l'INPS ha bandito un concorso pubblico per esami a 296 posti nel profilo di ispettore previdenziale di vigilanza (posizione economica C1);
le prove del concorso si sono concluse nel 2009 e, a fronte della richiesta ufficiale dell'INPS di poter assumere 444 unità, sono stati autorizzati/assunti solo 310 ispettori;
tale richiesta risulterebbe peraltro ritenuta non conforme alla normativa vigente dal Ministro dell'economia e delle finanze sia sotto il profilo del contingentamento del personale sia sotto il profilo della copertura finanziaria, in conformità agli obblighi prescritti dalla legge n. 78 del 2009;

allo stato attuale però, l'INPS risulterebbe avere una carenza di organico pari a circa 1000 unità nella qualifica di ispettore di vigilanza;
tale carenza di organico lasciava presagire l'assunzione, non solo dei vincitori del concorso, ma anche di un cospicuo numero di candidati risultati idonei;
già in un'altra interrogazione, laddove si faceva riferimento alla ratio del decreto-legge cosiddetto anticrisi, si è tenuto a sottolineare come il blocco delle assunzioni per contenere i costi dell'apparato pubblico, non tenesse in considerazione l'entità delle somme recuperate grazie all'attività di ispezione e di vigilanza, generando paradossalmente un vero danno all'erario, avendo limitato la capacità dell'INPS di contrastare il lavoro nero e l'evasione contributiva;
a seguito di numerose segnalazioni di giovani laureati risultati idonei, in merito alla mancata assunzione delle rimanenti unità ispettive richieste dall'istituto in questione, è auspicabile un sollecito intervento nell'interesse generale, in quanto le risorse umane impiegate rappresenterebbero un valido e concreto contributo alla lotta contro ogni tipo di evasione -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di consentire all'INPS di superare l'attuale carenza di organico, mediante l'assunzione delle rimanenti unità ispettive richieste dall'ente, e quale sia la tempistica per l'effettivo impiego di tutte le risorse necessarie.
(3-01157)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, DAMIANO, GATTI e CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
già con la legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del 1996), fu approvata una norma, purtroppo mai attuata, che prevedeva incentivi sia per gli anziani che per i giovani, agevolando l'uscita dal lavoro dei lavoratori più anziani e contestualmente assumere forze fresche con contratto di lavoro a part-time. Con la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 1160 e 1161 della legge n. 296 del 2006), è stata riapprovata con alcune varianti questa norma, che prevede un incentivo per il lavoratore che abbia compiuto i 55 anni di età, che per l'azienda. Lo sgravio contributivo si perfeziona nel momento in cui il lavoratore «anziano» trasforma il contratto di lavoro a tempo parziale, e contemporaneamente l'azienda assume per la differenza fra l'orario parziale e il tempo pieno, un giovane disoccupato di età inferiore ai 25 anni o inferiore ai 29 anni se laureato;
l'eccessiva rigidità nella fissazione di limiti di età per l'accesso alla pensione rischia di disperdere un ingente patrimonio cognitivo e di esperienze formatosi nel tempo, anche grazie a significativi investimenti pubblici e in questo modo si consente anche di non disperdere il patrimonio di conoscenze e la grande professionalità acquisita in azienda dal lavoratore anziano, trasferendolo alle nuove generazioni che entrano nel mondo del lavoro;
per l'attuazione della suddetta misura, sono state poste in bilancio risorse per gli anni 2008 e 2009, pari a 82,2 milioni di euro destinati a finanziare accordi aziendali, con la finalità di creare nuovi posti di lavoro per i giovani e ridurre le uscite dal sistema produttivo dei lavoratori anziani;
la norma, definita nella legge finanziaria per il 2007, come: «accordo di solidarietà fra generazioni», prevede per la messa a regime, l'emanazione di un decreto concertato fra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni e le organizzazioni sindacali, nel quale devono stabilirsi le modalità, i contenuti e requisiti di accesso al finanziamento, nonché la ripartizione delle risorse;
il Trattato di Lisbona sottolinea con forza la necessità di favorire un progressivo

allungamento dell'età attiva in funzione della dinamica della speranza di vita, anche al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali e per contro è preoccupante il dato sull'occupazione che riguarda i giovani diffuso dall'Istat nel'aprile 2010. Il tasso di disoccupazione nella popolazione tra 15 e 24 anni è pari ad aprile al 29,5 per cento, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto a marzo e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009 -:
se non ritenga il Ministro interrogato di procedere all'emanazione del decreto attuativo previsto dalla legge finanziaria per il 2007 e fornire quindi ai giovani, in questo periodo di crisi, nuove opportunità occupazionali.
(5-03144)

CONTENTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
all'esito della procedura concorsuale per l'attribuzione di 22 posti di dirigente di seconda fascia, indetto con decreto direttoriale del 14 novembre 2006 (in Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale «concorsi ed esami» n. 89 del 21 novembre 2006), sono risultai idonei 203 candidati;
in risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo, si era ventilata l'ipotesi che, vista la validità triennale della graduatoria, oltre ai vincitori potessero essere assunti nel ruolo dirigenziale, anche diversi candidati idonei;
risulterebbero scoperte numerose posizioni dirigenziali nel mentre diverse tra esse risulterebbero assegnate a dirigenti provenienti da altre amministrazioni -:
se sia intenzione dell'amministrazione servirsi, oltre che dei vincitori, anche degli idonei allo scopo di ricoprire posizioni dirigenziali e, in caso affermativo, in che misura.
(5-03145)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il 3 settembre 2008 è stata approvata dal Parlamento europeo la risoluzione n. 2038 (2008/2038/ICI), relativa all'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini;
con la relazione n. A6-0199/2008, la Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere ha messo in evidenza il modo in cui la pubblicità alimenta e consolida stereotipi di genere, determinando un impatto negativo sulla parità;
da tale relazione si evince che, in base a studi condotti a livello europeo, gli stereotipi sulle differenze di genere nella pubblicità svolgono sugli individui un processo di oggettificazione, mediante il quale un individuo costruisce la propria identità;
la minaccia costante, soprattutto per i soggetti più sensibili, è il doversi conformare ad un contesto di genere prestabilito, data la continua esposizione a messaggi oggettificanti e stereotipizzanti;
alla luce di quanto esposto finora, risulta necessario intervenire con un atto di responsabilità collettiva, mediante norme etiche e giuridiche vincolanti, proibendo la pubblicità che presenti stereotipi di genere o che inciti al sessismo e alla violenza;
alcune realtà locali si stanno muovendo in tal senso, promuovendo una moratoria della pubblicità lesiva della dignità di genere, al fine di impedire l'affissione di detti messaggi pubblicitari negli impianti di proprietà comunale, in attesa del recepimento della sopraccitata risoluzione comunitaria;
allo stato attuale, è necessario che il Governo intervenga al fine di rendere esecutivo quanto approvato dal Parlamento

europeo, affinché vi sia un impegno concreto e omogeneo contro messaggi pubblicitari lesivi e fuorvianti -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di dar seguito alla risoluzione n. 2038 del 3 settembre 2008 approvata dal Parlamento europeo sull'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini, ponendo fine a messaggi pubblicitari oggettificanti e alla continua divulgazione di stereotipi di genere prestabiliti e lesivi di tutti i princìpi etici e morali.
(3-01158)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GNECCHI, GATTI, BELLANOVA e CODURELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo altri Ministri dell'attuale Governo, sostengono la necessità di elevare l'età per il pensionamento e già si è intervenuti in tal senso per considerare anche l'aspettativa di vita sia per quanto riguarda l'età pensionabile, che il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
esistono proposte di legge dei diversi schieramenti politici presentate sia alla Camera che al Senato per affrontare una riforma delle pensioni sia per aspetti particolari che di sistema;
il Ministro interrogato rispondendo all'atto ispettivo n. 4-04782 sul numero delle dipendenti donne cui sia stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ha sostenuto l'8 febbraio 2010: «Tuttavia, in conformità ai princìpi di trasparenza ed accessibilità a cui deve ispirarsi in ogni caso l'attività degli uffici pubblici, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intende, anche in riscontro all'istanza dell'interrogante, avviare, presso tutte le amministrazioni pubbliche, una ricognizione delle modalità di applicazione delle suddette normative e dei relativi effetti»;
si ha motivo di ritenere che sia stata effettuata questa ricognizione perché utile a tutto quanto sopra premesso -:
quanti dipendenti pubblici siano stati collocati a riposo obbligatoriamente (in base all'articolo 17, comma 35-novies, della legge n. 102 del 2009), in particolare quanti uomini e quante donne con la specificazione dell'età anagrafica degli interessati, suddivisi per settore della pubblica amministrazione.
(5-03152)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, PIFFARI, SCILIPOTI, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Protezione civile è un corpo di elevata professionalità e competenza, qualità raggiunte grazie ai dipendenti ed ai volontari che lo compongono e operano sul campo; la Protezione civile si è dimostrata, negli anni, al servizio dell'Italia e una guida per l'organizzazione di analoghe strutture in molti paesi del mondo;
con l'approvazione del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 26 febbraio 2010, specificatamente all'articolo 14, comma 1, si autorizza il dipartimento di

protezione civile «... ad avviare procedure straordinarie di reclutamento finalizzate all'assunzione di personale a tempo indeterminato, mediante valorizzazione delle esperienze acquisite presso lo stesso Dipartimento dal personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di contratto a tempo determinato, anche di qualifica dirigenziale...»;
il comma 4 dell'articolo 14 del citato decreto-legge autorizza il dipartimento di protezione civile a procedere alle assunzioni del predetto personale nel limite di spesa di 8,02 milioni di euro a decorrere dal 2010;
il dipartimento della protezione civile ha notificato ai propri dipendenti la circolare, Prot. DPC/UDC/0042174 del 28 maggio 2010, riguardante l'attuazione dell'articolo 14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 195 del 2009, nel quale si dispone l'immissione in ruolo speciale di 147 unità di qualifica non dirigenziale, di 18 unità in posizione di comando o fuori ruolo e di 13 unità di personale dirigenziale titolari di contratto a tempo determinato ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 31 luglio 2008; il personale interessato doveva presentare domanda entro il 15 giugno 2010;
il suddetto comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 31 luglio 2008 prevede che gli incarichi di livello dirigenziale possano essere conferiti, fornendone esplicita motivazione a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali;
il 27 marzo 201 0 il quotidiano La Repubblica pubblicava un articolo intitolato «La Parentopoli di Bertolaso quei figli dei potenti assunti senza concorso» in cui veniva denunciata una presunta corsa all'assunzione in deroga all'articolo 97 della Costituzione, di figli e nipoti di generali, colonnelli, magistrati, cardinali, prefetti, direttori generali del tesoro, avvocati di Stato, dirigenti e segretari generali della Presidenza del Consiglio, tutti assunti per chiamata diretta; nello stesso articolo si evidenziava come dal 2004 ad oggi fossero più che raddoppiati i dipendenti a fronte anche di 150 comandati da altre amministrazioni;
il 26 giugno 2010 il quotidiano Il Fatto Quotidiano pubblicava un articolo sugli sprechi di Palazzo Chigi evidenziando come per il solo «funzionamento» della struttura del dipartimento della protezione civile fossero stati spesi 141.884.213 euro a fronte dei 63.006.000 euro previsti;
se non si intenda verificare il trasparente svolgimento dell'attuazione dell'articolo 14 del decreto-legge n. 195 del 2009, in correlazione anche al comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 31 luglio 2008;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a definire in modo specifico anche i tagli alla Presidenza del Consiglio andando a sanare una situazione di disomogeneità nella pubblica amministrazione che vede il dipartimento della protezione civile quale unica amministrazione pubblica in grado di assumere personale ed effettuare spese che al momento sono bloccate in tutte le altre amministrazioni statali.
(4-07824)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
è diventata una pratica ormai abusata, quella delle ragazze in giovane età, di far affidamento a siti o blog per cercare di dimagrire o «mantenersi in linea». In base ad un'indagine condotta dalla Johns Hopkins Bloomberg school of public health di Baltimora molti di questi siti, definiti

come «pro-ana», sono considerati pericolosi per i consigli estremi che danno. In tali siti emergono suggerimenti o sarebbe meglio definirli cattivi insegnamenti come: dare di stomaco per eliminare il cibo mangiato, assumere farmaci come lassativi e diuretici, incitare all'esortazione e all'ammirazione verso chi è più capace di rifiutare il cibo. Tali siti inoltre, molto pericolosi per la salute, sono a portata di mano. La ricerca di tali siti, da parte di queste giovani donne, nella maggior parte dei casi affette da malattia, può essere interpretata come una disperata richiesta di aiuto. Secondo sempre gli autori dell'indagine, «per molte pazienti internet diventa un modo per esprimere i propri sentimenti invece di gestirli attraverso tradizionali modelli di cura come la psicoterapia» -:
quali siano le politiche messe in atto dal Ministero della salute per contrastare la piaga dell'anoressia che colpisce molte giovani donne;
quali siano le iniziative del Ministero per le pari opportunità per affiancare le donne in questo loro disagio psicofisico.
(4-07816)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i marchi industriali Seleco, Imperial e Brionvega, per decenni simbolo della produzione di componenti elettronici in provincia di Pordenone, potrebbero essere messi sul mercato dal commissario straordinario, l'Avvocato Francesco Fimmanò;
quest'ultimo, di fronte all'unica offerta pervenuta e ritenendo la stessa poco convincente, avrebbe richiesto una valutazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, al quale spetterebbe un giudizio complessivo sull'operazione;
la fase della cessione dei brand viene ritenuta di particolare delicatezza anche in conseguenza delle implicazioni che potrebbero derivarne in ordine agli investimenti e all'occupazione nel settore dell'elettronica;
inoltre, non va trascurata la valorizzazione che i marchi potrebbero ricevere da una procedura aperta che ponesse in concorrenza più pretendenti alle condizioni ovviamente ritenute più opportune -:
quali iniziative intenda adottare per una rapida e soddisfacente valorizzazione dei marchi Seleco, Imperial e Brionvega.
(5-03151)

Interrogazioni a risposta scritta:

GINEFRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«Telebari» è da sempre stata considerata la televisione dei baresi: nata il 19 aprile 1973, agli inizi della sua storia, la rete si è proposta come tv via cavo collegando buona parte del capoluogo regionale; nel corso di oltre trent'anni ha maturato esperienze irripetibili nei settori dell'editoria, dello spettacolo, delle telecomunicazioni, della pubblicità, del marketing, della realizzazione di eventi volti ad attirare e a coinvolgere grandi masse di pubblico;
a testimonianza del buon lavoro svolto si possono citare alcuni dei personaggi dello spettacolo e dell'informazione che, nati professionalmente negli studi di «Telebari», sono poi saliti alla ribalta nazionale realizzando carriere di grande successo: tra gli altri, Paolo Longo, Beppe Capano, Attilio Romita, Susanna Napolitano, Fortunata dell'Orzo e molti ancora;
la rete si è proposta, dunque, come una scuola di giornalismo e palcoscenico di lancio di grandi attori e personaggi del

mondo dello spettacolo, come ad esempio l'attore Emilio Solfrizzi, e storiche rimarranno anche le prime telecronache di affidate alle voci di Beppe Capano, Paolo Longo e Nanni Besostri;
importante, inoltre, è stata in questi anni anche l'attività di coinvolgimento del pubblico televisivo, più volte messo al centro del processo produttivo dell'informazione;
da tempo, però, «Telebari» subisce interferenze sul Canale 48 che, nonostante le ripetute denunce all'ispettorato di Puglia e Basilicata del Ministero dello sviluppo economico, continuano a manifestarsi;
analogo trattamento subisce anche l'unico canale radiofonico 88.8 da parte di altre emittenti e tale situazione, nonostante reiterate denunce, non ha trovato, ad oggi, alcuna soluzione;
da qualche settimana, la situazione si è ulteriormente aggravata: «Telebari» è costretta subire dannose interferenze da parte di un'altra emittente che è stata autorizzata, dall'Ispettorato di Puglia e Basilicata del Ministero dello sviluppo economico, a trasmettere sul Canale «G», utilizzato in tecnica digitale dalla stessa emittente sin dal 1985;
apparirebbe, dunque, leso un diritto per altro riconosciuto da sentenze della magistratura, in particolare dal pretore di Bari e dalla prima sezione civile del tribunale di Bari;
ci troveremmo, dunque, di fronte ad un vero e proprio sopruso che starebbe arrecando notevoli danni non solo sul piano tecnico e dell'immagine della rete, ma sul corretto svolgimento di un lavoro come quello dell'informazione, delicato, importante e che non tollera interferenze di alcun tipo;
è stata inoltrata una richiesta di chiarimenti all'ispettorato che ad oggi non ha avuto alcun esito;
come è noto, il periodo elettorale costituisce uno dei maggiori introiti per tutte le reti, soprattutto alla luce dei tagli operati al sistema dell'emittenza radiotelevisiva locale, a seguito del recente decreto milleproroghe (Legge 26 febbraio 2010, numero 25) e per il quale l'interrogante auspica un repentino ravvedimento da parte del Governo;
di fronte ai problemi fin qui illustrati, i proprietari della rete, dopo aver attivato ogni possibile azione, compresa quella giudiziaria, qualora non dovessero essere rimosse non le difficoltà di trasmissione e quindi di ricezione da parte dell'utenza, si vedrebbero costretti ad interrompere il rapporto di lavoro con tecnici, operatori e giornalisti;
allo stato attuale, quindi, c'è il rischio di una drastica riduzione di personale e, di conseguenza, di licenziamento per tutte le figure professionali impegnate nelle due emittenti -:
come il Ministro intenda intervenire per tutelare la libertà di informazione dei giornalisti delle due testate, evitando che il sopra citato provvedimento pregiudichi l'occupazione di tutti i lavoratori che attualmente operano in «Telebari» e «Radiobari»;
come intenda rimediare alla penalizzazione di tutte le emittenze radiotelevisive alla luce dei tagli operati con l'approvazione del recente decreto milleproroghe (Legge 26 febbraio 2010, numero 25), e con quali azioni intenda ripristinare le risorse.
(4-07821)

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
sempre più italiani utilizzano il personal computer e, soprattutto la rete internet, sia per lavoro che per divertimento. Ormai la quasi totalità degli utenti per accedere ai numerosi servizi offerti in rete opta per un collegamento a banda larga offerto dai gestori in differenti modalità e condizioni d'uso. Negli ultimi periodi alcuni

siti che si occupano di tecnologie hanno riportato la notizia che conferma i dubbi sull'effettiva velocità dell'adsl. Un test effettuato sulle adsl italiane conferma il forte squilibrio tra quanto si legge nelle pubblicità e quanto effettivamente si ottiene. Una delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) del 2008 aveva intimato alle compagnie telefoniche di adeguarsi in tempi brevi ad alcuni criteri di garanzia di trasparenza nei confronti degli utenti, soprattutto in merito alla velocità minima, ma anche a quella media. Ad oggi tale delibera non è stata totalmente rispettata dalle Telco. In ottobre, inoltre, arriverà un software certificato sempre dall'Agcom che permetterà agli utenti di verificare le promesse degli operatori. Se le velocità risultanti dal software dovessero essere inferiori a quelle garantite, gli utenti avranno diritto a recedere dal contratto senza costi. Sembra però chiaro che l'intervento principale per un elemento di trasparenza dovrebbe venire dalle stesse compagnie telefoniche -:
se il Ministero competente abbia intenzione di assumere iniziative anche normative volte a ristabilire, in seno alle compagnie telefoniche, quell'elemento minimo di trasparenza sulla qualità reale delle Adsl italiane che assicurino all'utente pagamenti consoni al reale servizio offerto.
(4-07825)

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Carlucci e altri n. 1-00261, pubblicata nell'allegato B al resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castellani.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00395, pubblicata nell'allegato B al resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Tassone e Vietti n. 2-00767, pubblicata nell'allegato B al resoconti della seduta del 22 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Occhiuto.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Dal Lago n. 4-01248, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Dal Lago n. 4-02900, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Luciano Dussin n. 4-03354, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-05510, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-05490, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Luciano Dussin Luciano n. 4-06193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Luciano Dussin Luciano n. 4-06194, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta

del 18 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-06280, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-06794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-07759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Scilipoti n. 4-07444 già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 331 del 3 giugno 2010.

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il cittadino che acquista direttamente un farmaco di fascia A, senza ricorrere al sistema sanitario nazionale, riceve la penalizzazione non solo di averlo pagato di tasca propria, ma di pagarlo anche più caro;
il prezzo del farmaco è pagato al prezzo indicato sulla scatola solo dal cittadino che lo acquista direttamente, perché quando il cittadino ritira il farmaco e a pagarlo è invece l'ASL, perché erogato in assistenza diretta, la farmacia pratica all'ASL uno sconto che va dal 3,5 per cento al 19 per cento, con uno sconto medio pari al 7,5 per cento;
non è, ad avviso dell'interrogante, in alcun modo giustificabile che il cittadino paghi il farmaco di cui necessita ad un costo maggiore di quello pagato dalla ASL per assisterlo (nonostante il cittadino paghi in contanti mentre l'ASL paga il farmaco al farmacista con ritardi sempre maggiori);
il prezzo del farmaco riportato in fustella vale solo per il cittadino che lo acquista e pertanto risulta essere, secondo l'interrogante, inaccettabile che l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che avrebbe potuto e dovuto correggere, continua invece ad alimentare;
è necessario riportare il prezzo della fustella dei farmaci, erogati gratuitamente dal servizio sanitario nazionale, al vero prezzo che l'ASL paga alle farmacie e cioè al netto dello sconto che viene loro praticato. Ciò produrrebbe un risparmio medio del 10 per cento per l'utente che molte volte sceglie o è costretto ad acquistare il farmaco direttamente e un risparmio medio del 5 per cento dei farmaci di fascia A acquistati direttamente dalle ASL, giacché lo sconto del 50 per cento cui le stesse hanno diritto non verrebbe applicato sull'attuale prezzo di fustella (che paga solo l'utente), ma sul prezzo reale del 90 per cento che viene rimborsato alle farmacie, con un evidente recupero delle risorse di cui le regioni hanno necessità;
l'indicazione del prezzo del farmaco di Fascia A a quello realmente pagato dall'ASL/AO produrrà un consistente risparmio aggiuntivo, maggiore quindi di quello proposto, evitando che il sistema, attualmente previsto, produca vantaggi per pochi ed effetti disastrosi per la distribuzione finale che opera sul territorio e di conseguenza per il cittadino che vedrebbe ridotto il pieno accesso al farmaco -:
se il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e della finanze abbiano assunto iniziative affinché ai cittadini che acquistano di tasca propria farmaci, erogati per qualunque motivo in assistenza diretta, venga applicato uno sconto non inferiore o quanto meno uguale a quello praticato dal farmacista all'ASL e quindi in piena parità di trattamento,

ponendo termine all'attuale ingiusto prelievo aggiuntivo nei confronti degli ammalati e loro famiglie.
(4-07444)

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Carlucci n. 1-00261 del 28 ottobre 2009;
mozione Livia Turco n. 1-00393 del 22 giugno 2010;
mozione Binetti n. 1-00396 del 24 giugno 2010;
mozione Lussana n. 1-00398 del 30 giugno 2010;
mozione Calgaro n. 1-00400 del 30 giugno 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Ginefra n. 5-02667 del 17 marzo 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07821.