XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 23 giugno 2010

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale ed esigenze di bilancio rendono necessario intervenire sulla spesa pubblica anche riconsiderando impegni programmati, e ciò alla luce della logica di tagli lineari del 10 per cento nelle assegnazioni previste per i Ministeri;
è opportuno dare seguito alle indicazioni del Consiglio supremo di difesa del 10 marzo 2010, secondo cui l'attuazione di una comune politica estera e di difesa e sicurezza nell'ambito dell'Unione europea costituisce obbiettivo vitale per gli Stati membri e per la crescita dell'Europa, al duplice scopo di concorrere alla costruzione di uno strumento politico-militare comune più efficace dal punto di vista operativo e più economico;
per quanto riguarda le spese per la difesa, risulta inaccettabile qualunque riduzione per tutto ciò che è necessario a garantire la sicurezza dei contingenti militari impiegati fuori area, in termini di mezzi, supporto logistico e addestramento;
i tagli lineari attuati con la manovra finanziaria di cui al decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, hanno già sottratto alle spese per l'esercizio un miliardo e mezzo di euro per il triennio, riducendo le risorse destinate alla funzione difesa nella misura dello 0,87 per cento del prodotto interno lordo, dato finanziario molto distante da quello previsto nelle principali Nazioni europee, ed incidono pesantemente nei settori del reclutamento, dell'addestramento, della manutenzione dei mezzi operativi e delle infrastrutture e nel mantenimento a livello delle scorte, fino a mettere a rischio la funzionalità e l'efficienza dello strumento militare;
analoghe conseguenze negative si sono determinate nel settore del personale, dove il progetto di professionalizzazione delle forze armate e l'indispensabile bilanciamento quantitativo tra le varie categorie hanno subito sostanziali rallentamenti, impedendo tra l'altro il transito di un'aliquota dei volontari in ferma determinata negli organici delle forze di polizia, come previsto all'atto del loro arruolamento;
il settore degli investimenti per l'acquisizione dei sistemi d'arma ha fruito delle risorse finanziarie relative alle programmazioni di lunga durata approvate dal Parlamento negli ultimi decenni, sulla base del modello di difesa definito nell'anno 2000, su 190.000 uomini, ed in ottemperanza degli impegni assunti dal Paese in ambito internazionale;
l'area industriale della difesa è stata drasticamente ridimensionata nelle sue capacità produttive, in particolare nei centri di manutenzione di secondo e terzo livello che oggi rappresentano autentiche realtà industriali abbandonate dallo Stato ad un lento declino;
non appare in alcun modo possibile né realistico sostenere ulteriori riduzioni delle risorse da destinare alle spese per l'esercizio;
è iniziata in Parlamento la discussione sul nuovo modello di difesa, che dovrà necessariamente tenere conto dei radicali mutamenti intervenuti nello scenario geopolitico mondiale;
in tale quadro, ulteriori consistenti tagli lineari del bilancio della Difesa comprometterebbero la funzionalità e l'efficienza dello strumento militare;
appare opportuno rimodulare la politica degli investimenti sui sistemi d'arma, coerentemente con le scelte relative

al nuovo modello di difesa ed in linea con quanto sta avvenendo in altri paesi europei e negli Stati Uniti;
nell'attuale situazione di dichiarata crisi finanziaria, la politica del competente Ministero della difesa appare ai sottoscrittori del presente atto di indirizzo sempre più improvvisata, oscillante, indeterminata e reticente nelle motivazioni delle decisioni in ordine alla sicurezza del personale, all'efficienza dello strumento militare nei diversi scenari d'impiego e agli stessi programmi d'investimento,

impegna il Governo

a considerare, nella definizione dei tagli da apportare ai diversi Ministeri, le decisioni restrittive assunte nel recente passato nei confronti delle risorse relative all'esercizio ed al reclutamento per la funzione Difesa;
ad assicurare, con l'urgenza che la gravità della situazione impone, la propria disponibilità ad offrire il necessario apporto conoscitivo a sostegno della discussione sul nuovo modello di difesa, presso le Commissioni congiunte Difesa di Camera e Senato;
a dare impulso a tutte le possibili sinergie a livello europeo, sia dal punto di vista delle politiche industriali che degli assetti operativi, al fine di accelerare la costruzione di uno strumento militare comune europeo;
a sostenere, con un'attività partecipazione, lo sforzo internazionale per il disarmo, in primo luogo quello nucleare, la non proliferazione nucleare e il sostegno a misure di cooperazione e fiducia anche nei settori convenzionali;
a verificare l'utilità, le priorità, i tempi d'attuazione ed i costi di tutti i programmi d'armamento;
ad invertire la logica dei tagli lineari al bilancio della difesa attualmente previsti per programmare, invece, un criterio di tagli selettivi;
nel presupposto che non sia accettabile effettuare nuovi tagli sull'esercizio, a valutare, nell'ambito del suddetto Nuovo Modello di Difesa, e dell'auspicata integrazione degli strumenti di difesa europei nonché del ruolo dell'Italia nell'ambito della comunità internazionale, quali investimenti sui programmi d'armamento mantenere, quali cancellare, sospendere o rinviare.
(1-00395)
«Franceschini, Rugghia, Fiano, Villecco Calipari, Garofani, Fioroni, Giacomelli, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Sereni, Ventura, Maran, Brandolini, Farinone, Causi, Schirru, Touadi, Graziano, Rubinato, De Pasquale, Coscia, Castagnetti, Samperi, De Biasi, Marco Carra, Rossomando, Bindi».

La Camera,
premesso che:
il carcinoma mammario risulta essere la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile: il numero dei decessi per questa patologia si attesta tra i 12.000 e i 13.000 ogni anno e il fenomeno risulta ancora più drammatico se si considera che ogni anno vi sono tra i 33.000 e i 37.000 nuovi casi (circa 1 donna su 13);
grazie alla possibilità di ottenere diagnosi sempre più precoci in Italia, la patologia viene diagnosticata nel 30,4 per cento dei casi a donne con meno di 44 anni, nel 37,7 per cento a donne di età compresa tra i 45 ed i 64 anni e nel 18 per cento a donne di età maggiore di 65 anni. Entro i 65 anni nella popolazione femminile una diagnosi di tumore su tre è rappresentata da un carcinoma mammario;
in particolare, si segnala che il 15 per cento dei tumori al seno viene diagnosticato durante la gravidanza probabilmente per l'innalzamento dell'età media della prima gravidanza (tra i 34 e i 38 anni); ma probabilmente anche perché l'82 per cento dei tumori del seno sono sensibili all'azione degli estrogeni, che aumentano notevolmente durante la gravidanza.

In questa ipotesi, la maternità in età avanzata rappresenta un fattore di rischio, eppure questa è la tendenza che si va affermando nei Paesi occidentali, in cui matrimonio e maternità negli ultimi anni si sono spostati in avanti di circa 10 anni;
purtroppo, a quasi 20 anni dall'avvio dei programmi biennali di screening per la diagnosi precoce del tumore al seno, poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto riceve l'invito a sottoporsi alla mammografia, per cui circa 3 milioni di italiane restano escluse da questa importante azione di prevenzione. Inoltre, la percentuale di donne che accedono ai controlli periodici è fortemente squilibrata fra il Nord e il Centro da un lato, dove varia tra il 70 e l'80 per cento, e il Sud e le Isole dall'altro, dove si supera di poco il 25 per cento. La mancata adesione ai programmi di screening comporta un ritardo nella diagnosi e diminuisce le chance della terapia, che oggi può portare alla guarigione in un numero crescente di casi;
recenti rilevazioni dell'Associazione italiana registro tumori (Airtum) mostrano che la mortalità per il tumore alla mammella è in diminuzione rispetto a quella osservata nel 1970; ma questo dato deve tener conto delle modalità specifiche con cui viene calcolato questo indice. Perché come spiega il segretario nazionale dell'Airtum, Eugenio Paci, se è vero che nel 1970 morivano 24 donne ogni 100.000 e oggi ne muoiono più di 37, la ragione in parte sta nel fatto che oggi la popolazione italiana è più vecchia di quella di quarant'anni fa e il tumore al seno colpisce maggiormente le donne in età avanzata. Di fatto, accade che l'incremento della popolazione anziana fa aumentare il numero assoluto di donne che si ammalano, ma quando con un artificio statistico (standardizzazione dei tassi) si cancella l'effetto dovuto all'invecchiamento, sembra che oggi le donne muoiono meno di 40 anni fa;
una recente indagine ha stimato i costi del tumore al seno tra i 30.000 ed i 35.000 euro, a seconda della gravità e delle complicanze che presenta; la stima include costi diretti di tipo medico-sanitario, circa l'80 per cento, e costi indiretti circa il 20 per cento, che spesso comportano una riduzione del reddito familiare dovuto alle mutate condizioni lavorative della donna affetta da tumore. In ogni caso, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità di vita complessiva di tutto il nucleo familiare. Non si può, infatti, ignorare che questo tipo di tumore colpisce in genere donne che, oltre al loro lavoro professionale, si fanno carico della famiglia e della gestione della casa;
poiché negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», diventa utile affiancare allo screening mammografico anche lo screening genetico nelle persone giovani, in cui sussistano dei fattori di familiarità, in quanto questi geni rivelano un significativo rischio di sviluppare tale neoplasia;
il 29 aprile 2010 la conferenza Stato-regioni ha sottoscritto l'intesa sul piano nazionale della prevenzione 2010-2012; tale intesa prevede che le regioni si impegnino ad adottare, entro il 30 settembre 2010, il piano regionale di prevenzione per la realizzazione degli interventi previsti dal piano nazionale della prevenzione;
in base a detto piano, le regioni e le province autonome sono chiamate ad adattare obiettivi e finalità del piano nazionale della prevenzione alle proprie realtà locali, elaborando un piano regionale per i prossimi 3 anni. Per permettere un intenso scambio di conoscenze e di esperienze fra i numerosi tecnici che da anni lavorano e agiscono sul tema e sui servizi di prevenzione, è stato predisposto un supporto alla progettazione e alla valutazione dei documenti dei piani regionali:

«Supporto al piano nazionale della prevenzione e alla formazione per responsabili e operatori impegnati nei progetti dei piani regionali di prevenzione 2009-2011»;
l'intento del piano è quello di attivare, entro la fine del 2010, una comunità di tecnici, esperti, dirigenti del servizio sanitario provenienti da tutto il territorio nazionale, che, grazie alla condivisione di conoscenze ed esperienze su questa piattaforma, permetta alle singole regioni di mettere a punto dei piani di prevenzione centrati sul cittadino, solidi dal punto di vista metodologico ed efficaci rispetto agli obiettivi fissati;
il Sottosegretario Roccella, in risposta all'interrogazione n. 5-02359, a firma Nunzio Francesco Testa e inerente ai programmi di screening mammografici, ha dichiarato che era in corso di definizione il nuovo piano nazionale della prevenzione 2010-2012, che prevede, tra gli obiettivi prioritari, la possibilità di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il gap esistente fra le diverse aree del Paese, e consente il contenimento della spesa sanitaria, con una sempre maggiore razionalizzazione delle risorse,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad abbassare l'età in cui è garantito il primo screening mammografico, portandola dai 50 anni attualmente previsti ai 40 anni, per offrire una copertura diagnostica precoce ed efficace anche alle donne più giovani, in cui il carcinoma della mammella sembra decisamente in aumento;
a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il Paese, eliminando le sempre più evidenti discrepanze tra le regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia, istituendo una banca dati dalla quale si possa rilevare la concreta omogeneizzazione della prevenzione sull'intero territorio, considerando la patologia inquadrata all'interno dei livelli essenziali di assistenza;
a migliorare l'andamento dei programmi di screening mammografico, attribuendo al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza il compito di monitorare con continuità e attenzione i differenti costi e le molteplici modalità organizzative, promuovendo l'omogeneità dell'estensione in tutte le differenti realtà regionali;
a convocare tempestivamente un tavolo di confronto tra Governo e rappresentanti delle regioni, finalizzato a monitorare le regioni che sono in ritardo nell'attuazione dei programmi di screening e a fissare insieme un percorso che le porti ad allinearsi ai livelli nazionali entro i prossimi 3 anni;
a monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e l'esatto adempimento degli obblighi del servizio sanitario, promuovendo, con il coinvolgimento delle regioni, campagne informative atte a favorire attivamente l'accesso allo screening, informando le donne sull'importanza di eseguire una mammografia ogni due anni;
ad assicurare opportuni livelli di qualità nel settore della prevenzione, grazie alla formazione degli operatori e allo sviluppo di adeguati programmi di educazione sanitaria, così come raccomandato dalle linee guida europee;
a garantire la tempestiva attuazione del piano nazionale della prevenzione 2010-2012, così come sottoscritto in sede di conferenza Stato-regioni il 29 aprile 2010, assicurando il rispetto dei termini previsti.
(1-00396)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Vietti, De Poli, Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Mondello, Volontè, Rao, Ciccanti, Naro, Compagnon, Occhiuto, Ciocchetti».

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
la situazione di crisi economica-finanziaria in corso ha seriamente com

promesso la condizione di disoccupazione giovanile, già fortemente critica soprattutto in alcune aree territoriali del Paese;
secondo recenti statistiche, nel 2009 il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30 per cento in ben sei regioni (in Sardegna è al 44,7 per cento, in Sicilia al 38,5 per cento, in Basilicata al 38,3 per cento, in Campania al 38,1 per cento, in Puglia al 32,6 per cento, in Calabria al 31,8 per cento e nel Lazio al 30,6 per cento); tra le Regioni con il tasso di disoccupazione più basso, si segnalano la Toscana con il 17,8 per cento, la Valle d'Aosta con il 17,5 per cento, il Veneto con il 14,4 per cento e il Trentino-Alto Adige con il 10,1 per cento;
di converso, il tasso di occupazione presenta in otto regioni un tasso inferiore al 20 per cento: Campania (12,9 per cento), Calabria (13,4 per cento), Basilicata (13,6 per cento), Sicilia (14,2 per cento), Sardegna (15,5 per cento), Molise (17,7 per cento), Abruzzo e la Puglia (18,4 per cento). I tassi di occupazione più alti si registrano in Valle d'Aosta con il 27,8 per cento, in Emilia-Romagna con il 28,1 per cento, in Lombardia con il 28,8 per cento, in Veneto con il 30,2 per cento e in Trentino-Alto Adige con 34,2 per cento;
ben quattro regioni italiane (Campania, Basilicata, Sicilia e Calabria) compaiono tra le ultime dieci regioni europee per tasso di occupazione (esaminate sulla base di una classifica del tasso di occupazione delle 271 regioni europee, riferita al 2008);
il problema della disoccupazione giovanile non risulta, ovviamente, circoscritto solo all'Italia: nel 2009 la disoccupazione complessiva in Europa è passata dall'8 per cento al 10 per cento, mentre quella giovanile è balzata dal 16,6 per cento al 21,4 per cento; l'incremento medio è stato del 30 per cento, con punte del 50-60 per cento in paesi non solo a forte rischio come la Spagna (+49 per cento), la Grecia (+56 per cento), ma anche in stati molto più virtuosi in materia, come la Danimarca (+49 per cento);
a differenza di altri Paesi europei, tuttavia, i giovani italiani entrano molto tardi nel mercato del lavoro, di regola non prima dei 25 anni; tale ritardo è legato all'assenza di efficaci meccanismi di raccordo tra scuola e mercato del lavoro, al mancato decollo di alcuni strumenti previsti dalla cosiddetta riforma Biagi, alla scarsa diffusione dell'apprendistato, allo scarso radicamento degli uffici di orientamento e collocamento nelle scuole e nelle università;
a questi fattori strutturali se ne affiancano altri più propriamente «culturali», legati agli orientamenti dei giovani in merito alla scelta della loro professione: è qui che si registra un vero e proprio paradosso italiano, quello per cui, a fronte di migliaia di giovani laureati che non trovano lavoro, ci sono tante aziende che cercano laureati pressoché introvabili. Questo fattore testimonia la presenza di uno squilibrio tra domanda e offerta di laureati, con un esubero nel settore politico-sociale, psicologico, letterario, linguistico e biologico, mentre resta spesso insoddisfatta la domanda nei settori economico-statistico, sanitario e ingegneristico;
questo squilibrio, in particolare, interessa anche il settore medico: dopo il boom di iscrizioni degli anni settanta, l'introduzione del numero programmato alle facoltà di medicina e chirurgia ha contingentato il numero dei laureati, evitando che si determinasse un eccesso dell'offerta rispetto alla domanda di lavoro; nei prossimi anni però, quando per motivi anagrafici un'intera classe di medici sarà collocata a riposo, si registrerà una vera e propria carenza di medici, alla quale si dovrà far fronte in primo luogo rivedendo il numero delle immatricolazioni;
secondo un recente rapporto di Almalaurea, consorzio di 60 università, le lauree che, nel prossimo futuro, potrebbero offrire maggiori sbocchi professionali

sono innanzitutto quelle del settore sanitario, seguite da quelle ingegneristiche e quelle economico-statistiche;
al fine di rimuovere tale squilibrio tra domanda ed offerta di lavoro, è importante non solo migliorare la comunicazione tra il mondo del lavoro e quello della formazione, ma anche orientare le scelte formative dei giovani, al fine di scoraggiare l'accesso a quelle lauree «deboli» che non danno occupazione, promuovendo la preferenza verso quelle professioni più carenti, a partire da quelle sanitarie, che oltretutto sono destinate a soddisfare un bisogno fondamentale dei cittadini,

impegna il Governo:

a promuovere iniziative congiunte destinate a favorire una più efficace programmazione delle immatricolazioni alle facoltà di medicina e chirurgia, al fine di prevenire la carenza di personale medico e sanitario che, secondo le statistiche ad oggi disponibili, potrebbe verificarsi nel medio periodo;
ad intraprendere azioni per orientare le scelte formative dei giovani, offrendo loro dati aggiornati sui possibili sbocchi professionali rispetto alle specializzazioni ove si continua a registrare un surplus di domanda rispetto all'offerta di lavoro, a partire da quelle relative al settore sanitario.
(7-00355)«Rivolta, Negro».

La Commissione VIII,
premesso che:
sul territorio nazionale si stanno realizzando una moltitudine di impianti di produzione energetica industriale da fonte eolica in aree critiche sotto il profilo paesaggistico ed ambientale, richiamando l'attenzione e l'azione di molti comitati locali spontanei, sezioni periferiche di associazioni ambientaliste, gruppi ornitologici, associazioni di categoria, oltre che di numerosi cittadini e di personaggi del mondo della cultura. La situazione appare fuori controllo con studi ambientali generalmente superficiali, valutazioni disinvolte degli enti preposti, regole blande, inadeguate e insufficienti. Come risultato si sta verificando una compromissione dei valori di biodiversità e paesaggio su vasta scala, con ipoteche di ulteriori vasti comprensori, oggi non visibile ma desumibile dalla quota di centrali con parere positivo o addirittura già definitivamente autorizzate e prossima alla realizzazione;
il Position paper presentato dallo Stato italiano all'Unione europea nel 2007 prevede una capacità eolica di 10.000 megawatt on-shore e 2.000 off-shore. In Italia risultano in esercizio a fine 2009 4845 megawatt, mentre gli autorizzati assommano 7674 megawatt. Tuttavia considerando tutti i pareri ambientali positivi (pareri sostanziali e quindi preludio all'autorizzazione finale) il dato complessivo è pari a oltre 11.000 megawatt, senza che vi sia mai stata una effettiva pianificazione, programmazione o analisi costi-benefici da parte degli organi preposti. Ad aggravare la situazione delineata, premono istanze in istruttoria per ulteriori 70.000 megawatt;
malgrado la deregulation urbanistica che ha consentito la proliferazione di centrali eoliche, e nonostante l'eolico non sia obbligatoriamente assoggettato a valutazione di impatto ambientale ma solo a verifica di assoggettabili a valutazione di impatto ambientale, dal 2009 la situazione normativa nazionale è stata ulteriormente peggiorata con la deregolamentazione delle macchine eoliche da 1 megawatt (circa 100 metri di altezza) la cui realizzazione è stata sottratta anche alla verifica ambientale, con conseguenze ulteriormente caotiche e destrutturanti per il territorio;
ci si trova di fronte ad un uso del territorio totalmente inefficiente: gli oltre 10.000 megawatt di potenza installata, con oneri a carico delle bollette energetiche di circa 3,7 miliardi, contribuiranno a circa

l'1,5 per cento del fabbisogno energetico complessivo nazionale (elettrico, trasporti, civile e industria);
a tutt'oggi le linee guida nazionali per l'inserimento nel paesaggio degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili sul territorio previste dal 2003 (decreto legislativo n. 387 del 2003) non sono state redatte dallo Stato, mentre le regole, comunque inadeguate, emanate dalle regioni sono state spesso scavalcate da sentenze della giustizia amministrativa. La bozza delle linee guida attualmente disponibile risulta essere un documento del tutto insufficiente alla tutela del territorio e dell'ambiente in particolare perché applica le sue procedure solo alle nuove autorizzazioni;
l'articolo 9 della Costituzione eleva a valore di assoluta preminenza la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, artistico e storico del Paese. La salvaguardia del paesaggio costituisce oggetto di impegni assunti dall'Italia in sede internazionale (Convenzione europea del paesaggio promossa dal Consiglio d'Europa e firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14);
la tutela della biodiversità è parimenti sancita in sede comunitaria attraverso le direttive 92/43/CE «Habitat» e 79/409/CE «Uccelli». Le evidenze scientifiche identificano la pericolosità di una dinamica di insediamento incontrollato ormai in molti ambiti ambientali sensibili, in danno soprattutto di uccelli minacciati (rapaci, cicogne, e altro) e chirotteri;
le citate normative di tutela, anche di rango più elevato, sono state sovente poste in secondo piano in sede di giustizia amministrativa, tramite una giurisprudenza che ha considerato prevalente l'attuazione degli impegni comunitari o il protocollo di Kyoto rispetto ai vincoli paesaggistici ed ambientali che discendono dall'articolo 9 della Costituzione, dalle leggi o da trattati internazionali di valore pari al citato protocollo;
nell'annullare i vincoli posti dalle Soprintendenze su taluni siti eolici il giudice amministrativo si è manifestato secondo i sottoscrittori del presente atto di indirizzo non più quale tutore della legittimità e cioè mero controllore della correttezza dei procedimenti, dei titoli e dei vincoli, quanto piuttosto come un «...contemperatore tra esigenze contrapposte, in ossequio ad una idea di amministrazione che intende passare dagli atti ai risultati...»; non disponendo il giudice amministrativo di adeguati strumenti di misura dei costi-benefici, la decisione finisce col rispecchiare la tendenza giurisprudenziale genericamente accettata, se non addirittura le mere preferenze personali di coloro che compongono l'organo emanante,

impegna il Governo:

ad adottare con urgenza misure volte a garantire la salvaguardia dei valori paesaggistici ed ambientali, costituzionalmente ed internazionalmente tutelati, ancora non compromessi;
a prevedere che le emanande linee si applichino anche ai progetti per i quali non si sia ancora espressa la valutazione di impatto ambientale positiva, oltre che a quelli a cui non sia stata definitivamente rilasciata l'autorizzazione unica ai sensi del decreto legislativo n. 387 del 2003;
a favorire in ambito eolico e solare, considerati gli impatti sul territorio, la modularità e la capacità di stabilizzare le reti elettriche, la micro generazione diffusa secondo il modello proposto dal professor Jeremy Rifkin;
a valutare, alla luce degli atti posti in essere dai suoi associati e dall'organizzazione nel suo complesso, riconducibili ad una filosofia che vorrebbe subordinare le norme di tutela del paesaggio, dell'ambiente, e della fauna agli interessi della produzione energetica, se sussistano motivi di permanenza dell'Associazione nazionale energia del vento (ANEV) tra le associazioni ambientali riconosciute, anche considerando quello che appare ai sottoscrittori del presente atto di indirizzo il palese conflitto di interessi che deriva

dalla possibilità di partecipazione di questo soggetto alle Conferenze di servizi o alla costituzione in giudizio contro provvedimenti di diniego in qualità di associazione ambientalista riconosciuta, piuttosto che come gruppo di interesse economico.
(7-00356)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».

La IX Commissione,
premesso che:
la Tirrenia e le società regionali da questa controllate (Caremar-Campania Regionale Marittima Spa, Saremar-Sardegna Regionale Marittima Spa, Siremar-Sicilia Regionale Marittima Spa e Toremax-Toscana Regionale Marittima Spa,) esercitano il servizio pubblico di cabotaggio marittimo fra la penisola e le isole maggiori e minori in base a specifiche convenzioni;
la legge finanziaria per il 2007 (commi 998 e 999 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), in ragione della scadenza delle convenzioni al 31 dicembre 2008, ha predisposto la stipula di nuove convenzioni tra lo Stato e le società del gruppo Tirrenia, aventi scadenza non anteriore al 31 dicembre 2012, al fine di privatizzare le società esercenti servizi di cabotaggio pubblico;
il Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013, deliberato dal Consiglio dei ministri il 18 giugno 2008, ha confermato la volontà del Governo di attuare tempestivamente, in coerenza anche con quanto previsto dalla legge finanziaria per il 2007, il processo di privatizzazione della Tirrenia;
il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 e, successivamente, l'articolo 57, comma 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, hanno attribuito alle regioni le funzioni in materia di servizio pubblico di cabotaggio marittimo che si svolgono all'interno del loro territorio, prevedendo altresì, al comma 3, la possibilità per le regioni Campania, Sardegna, Sicilia e Toscana di richiedere, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, il trasferimento a titolo gratuito della partecipazione totalitaria detenuta da Tirrenia di Navigazione Spa rispettivamente nelle società Caremar, Saremar, Siremar e Toremar; nessuna delle regioni interessate ha peraltro esercitato tale facoltà entro i termini previsti;
il successivo articolo 26, comma 3, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n, 2, nell'abrogare la previsione, rimasta inapplicata, del trasferimento senza corrispettivo alle regioni interessate che ne avessero fatto richiesta dell'intera partecipazione detenuta da Tirrenia di Navigazione Spa nelle società di cabotaggio regionali, ha autorizzato la spesa di 65 milioni di euro per gli anni 2009, 2010 e 2011, al fine di attivare le procedure di privatizzazione di Tirrenia e delle società da questa controllate, e consentire la stipula delle nuove convenzioni volte ad assicurare i collegamenti marittimi essenziali;
in data 19 novembre 2008 è stata approvata dalla IX Commissione (Trasporti poste e telecomunicazioni) della Camera una risoluzione con la quale si impegnava il Governo a pervenire sollecitamente, comunque non oltre il 31 dicembre 2009, alla privatizzazione della società Tirrenia di navigazione Spa, da effettuarsi mediante ricorso a procedura competitiva, aperta, trasparente e non discriminatoria; ad assumere le opportune iniziative finalizzate al completamento dell'iter di approvazione delle nuove convenzioni con la Tirrenia e con le società regionali, valutando anche la possibilità, per il tempo necessario, fossero prorogate le convenzioni in essere con il gruppo Tirrenia; ad assicurare comunque che, per tutta la fase che precederà la privatizzazione, continuassero ad essere prestati i servizi offerti, individuando gli interventi opportuni per garantire la continuità territoriale e il

diritto alla mobilità dei cittadini e prevedendo adeguate misure di salvaguardia dei livelli occupazionali e di tutela nei confronti dei dipendenti del gruppo Tirrenia;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 marzo 2009 ha definito i criteri di privatizzazione e le modalità di dismissione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministro dell'economia e delle finanze nel capitale di Tirrenia di Navigazione Spa, stabilendo che l'alienazione della partecipazione detenuta indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze in Tirrenia di Navigazione Spa, - comprensiva anche delle partecipazioni totalitarie detenute dalla stessa nelle società marittime regionali - venisse effettuata mediante ricorso a procedura competitiva, trasparente e non discriminatoria, con potenziali acquirenti e avesse ad oggetto la totalità del capitale di Tirrenia di Navigazione Spa;
il 3 novembre 2009 sono stati firmati dal Governo e da 4 delle regioni interessate, ad esclusione della Sicilia, che ha rinunciato all'acquisizione della Siremar, gli accordi di programma per il trasferimento delle società regionali del gruppo Tirrenia, che prevedono la cessione gratuita dei rami d'azienda Caremar, Saremar e Toremar alle regioni competenti (Campania e Lazio, Sardegna e Toscana) e delle successive gare da parte delle regioni per la privatizzazione dei servizi;
l'articolo 19-ter del decreto-legge 25 settembre 2009 n. 135, introdotto dalla legge di conversione 20 novembre 2009, a 166, recependo sostanzialmente i contenuti dei suddetti accordi di programma, ha previsto il trasferimento a titolo gratuito in favore delle regioni Campania, Sardegna e Toscana rispettivamente del 100 per cento del capitale della Caremar, della Saremar e della Toremar e contestualmente ha assegnato alle citate regioni, a decorrere dal 1o gennaio 2010, le funzioni e i compiti di programmazione ed amministrazione relativi ai servizi di cabotaggio marittimo di servizio pubblico che si svolgono all'interno della regione medesima. La disposizione ha altresì prorogato, sino al 30 settembre 2010, la durata delle convenzioni attualmente in corso in cui siano parte la Tirrenia di Navigazione Spa e le compagnie da questa controllate, prevedendo a tal fine uno stanziamento complessivo pari a 184,942.251 euro per il 2010 e per ciascuno degli anni di durata delle nuove convenzioni e dei singoli contratti di servizio. Lo stanziamento complessivo è stato ripartito in modo da assegnare 72.685.642 alla Tirrenia di Navigazione Spa e 55.694,895 euro alla Siremar-Sicilia Regionale Marittima Spa (a Saremar, Toremar e Caremar sono stati assegnati, rispettivamente, gli importi di 13.686.441 euro, di 13.005.441 euro e di 29.869.832 euro);
il 23 dicembre 20097 la Società Fintecna Spa, interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha pubblicato l'invito a manifestare interesse per l'acquisto della Società Tirrenia di Navigazione Spa e della sua controllata Siremar Spa;
nel bando di gara è previsto che possano presentare la manifestazione d'interesse sia singole società private, sia cordate con possibili soci di minoranza pubblici che abbiano un patrimonio netto pari ad almeno dieci milioni di euro; tali società devono impegnarsi a prendersi carico dell'intero ammontare di debiti accumulati dalla Tirrenia;
sedici soggetti hanno presentato la loro manifestazione d'interesse alla privatizzazione della Tirrenia e della controllata Siremar;
in data 11 maggio Fintecna ha comunicato che il numero delle manifestazioni di interesse avanzate per la privatizzazione di Tirrenia era passato da sedici ad otto;
il 30 maggio 2010 è stato indicato da Fintecna come termine per presentare le offerte non vincolanti, corredate di piano industriale, e alcuni concorrenti, tra i quali i due più grandi gruppi armatoriali rimasti in gara, si sono ritirati;

al 18 giugno è stato fissato il termine per possibili aggregazioni di società ai fini dell'acquisizione della Tirrenia e della Siremar; dalle notizie di stampa apparse negli ultimi giorni risulta che le società o i gruppi interessati all'acquisizione di Tirrenia e Siremar si siano ridotti a due; pare inoltre che anche uno dei due partecipanti rimasti, il fondo Cinven limited, intenda ritirarsi, per cui soltanto un soggetto, la società Mediterranea holding di navigazione, partecipata per il 37 per cento dalla regione Sicilia, rimarrebbe in gara;
il 28 giugno 2010 scadrà il termine per la presentazione delle offerte vincolanti e desta notevole preoccupazione la riduzione del numero dei possibili gruppi interessati all'acquisizione delle società Tirrenia e Siremar;
entro il 30 settembre 2010 il processo di privatizzazione deve essere completato, dal momento che per tale data andranno in scadenza le convenzioni attualmente in essere;
il 10 giugno 2010 è peraltro intervenuta una sentenza della Corte di giustizia europea che ha qualificato come aiuti di Stato le sovvenzioni di cui ha beneficiato Tirrenia dal 1976 al 1990, con la motivazione che tali sovvenzioni sono state versate senza che fossero chiaramente definiti gli obblighi di servizio pubblico posti a carico dell'impresa beneficiaria;
risulta indispensabile pervenire entro il 30 settembre 2010 al completamento del processo di liberalizzazione del settore del cabotaggio pubblico e alla privatizzazione delle società esercenti i servizi di collegamento marittimo che rivestono carattere di pubblica utilità, dal momento che oltre tale data non è praticabile un'ulteriore proroga delle convenzioni in corso né, in assenza di privatizzazione, possono essere erogati i contributi destinati alle nuove convenzioni;
le vicende sopra richiamate suscitano tuttavia il fondato timore che la privatizzazione non si realizzi nei tempi previsti;
al tempo stesso occorre, come già segnalato dalla Commissione, garantire in ogni caso la continuità e la qualità del servizio anche per le tratte che non rivestono interesse di mercato e, in particolare, assicurare la continuità territoriale e l'erogazione dei servizi essenziali per i collegamenti con le isole maggiori e minori, e tra le isole stesse;

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative volte ad assicurare che entro i.1 termine del 30 settembre 2010 si pervenga effettivamente e in modo soddisfacente alla privatizzazione delle società Tirrenia Spa e Siremar Spa.
(7-00354) «Bergamini, Garofalo, Iapicca».

La XIII Commissione,
premesso che:
il libro quinto, sezione IV, del codice civile, dagli articoli da 2170 a 2186, disciplina il contratto di soccida. In tal senso viene stabilito che nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto;
sempre più spesso si verificano casi di sperequazioni nei rapporti tra soccidari e soccidanti soprattutto quando il primo versi in una posizione di dipendenza economica nei confronti del secondo (accade sempre più di frequente che i soccidanti siano detentori di ingenti quote di mercato dei fattori produttivi e dell'attività di allevamento), tale da determinare un indebolimento della componente agricola, e lo snaturamento dello stesso contratto di soccida;

ad esempio, l'articolo 2178 del codice civile che reca norme sugli accrescimenti dei prodotti, sugli utili e sulle spese, dispone che gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite (dalle norme corporative) dalla convenzione o dagli usi. La norma dispone anche che sia nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno. In tale ambito, però, rimane lacunosa tutta la materia che regola le situazioni creditizie dei soccidari rispetto ai soccidanti, ossia le fattispecie in cui il soccidante non onori i propri obblighi economici con il relativo soccidario;
in tali circostanze andrebbero previste specifiche modifiche al codice civile in maniera da considerare anche il pagamento effettivo da parte dei soccidanti, dei loro debiti verso i soccidari, se del caso estendendo al contratto di soccida, l'applicazione dell'articolo 429 del codice di procedura civile, secondo cui il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre agli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto;
analogamente, andrebbero previste norme specifiche volte a riequilibrare la posizione del soccidario nei confronti del soccidante in quei casi in cui al soccidario siano fatte patire spese superiori al guadagno che gli spetti e ad evitare che, in caso di malattie infettive che comportino la morte dei capi, gli indennizzi spettanti al soccidario possano essere inferiori alle spese da questi sostenute e al valore del lavoro svolto in relazione agli animali abbattuti;
sempre al fine di tutelare la posizione del soccidario nei contratti di soccida, sarebbe necessario applicare ai contratti di soccida le analoghe norme sulle clausole vessatorie previste dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo), nonché le disposizioni sull'abuso di dipendenza economica, già previste ai sensi dell'articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192 (Disciplina della subfornitura nelle attività produttive). In tale contesto andrebbero individuate le specifiche clausole vessatorie del contratto di soccida, da suddividersi in tre categorie, e da modulare secondo il livello di gravosità dell'onere della prova della vessatorietà posto a carico del soccidario;
si dovrebbero pertanto distinguere:
a) clausole vessatorie, che di volta in volta il giudice è chiamato ad accertare, e che sono definite come quelle che determinano a carico del soccidario, che si trovi in posizione di dipendenza economica, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto;
b) clausole tipizzate che si presumono vessatorie, ma per le quali il soccidante abbia la possibilità di provare che non sono state frutto di un abuso di dipendenza economica (in tema di recesso o di deroga della competenza territoriale dell'autorità giudiziaria, o di possibilità per il soccidario di presenziare alle importanti operazioni di stima), così scongiurandone la nullità;
c) clausole sempre vessatorie, che non ammettono la prova contraria (sono quelle che derogano alle disposizioni di tutela del soccidario o che limitano la possibilità del soccidario di dare mandato a un terzo per la gestione del rapporto contrattuale);
le clausole vessatorie dovrebbero essere nulle di fatto, senza però comportare la nullità dell'intero contratto, al fine di evitare che il timore di un annullamento integrale dello stesso possa dissuadere il soccidario dal far valere le proprie ragioni in giudizio,

impegna il Governo:

ad intraprendere ogni utile iniziativa, se del caso di natura normativa, volta a

riequilibrare le posizioni del soccidario rispetto a quelle del soccidante nell'ambito della disciplina del contratto di soccida e, segnatamente, con riferimento al pagamento dei crediti da parte del soccidante, alla corresponsione di quote di indennizzi, in caso di epizoozie, non inferiori alle spese che il soccidario sostiene per la gestione dei relativi eventi infettivi, nonché, in materia di clausole vessatorie, contro cui tutelare il soccidario nel contratto di soccida;
a valutare la necessità di assumere iniziative normative che, per le finalità di cui trattasi, prevedano:
a) l'applicazione dell'articolo 429 del codice di procedura civile riguardo ai crediti del soccidario di cui all'articolo 2178 del codice civile;
b) che le spese di allevamento non possano essere poste a carico del soccidario in proporzione superiore alla parte di guadagno a lui spettante;
c) che, in caso di epizoozia degli animali, la quota di indennizzi concessa ai sensi della legge 2 giugno 1988, n. 218, spettante al soccidario, non possa essere inferiore alle spese da questi sostenute e al valore del lavoro svolto in relazione agli animali abbattuti;
d) che nel contratto di soccida semplice si considerino vessatorie le clausole che determinino a carico del soccidario in posizione di dipendenza economica un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto;
e) che siano presunte vessatorie, salvo la prova dell'assenza di abuso di dipendenza economica del soccidario, le clausole che abbiano per oggetto o per effetto di:
1) consentire al solo soccidante di recedere dal contratto, tranne nel caso di giusta causa;
2) derogare alla competenza territoriale dell'autorità giudiziaria;
3) escludere o limitare la possibilità del soccidario di presenziare alle attività connesse alla stima;
f) che le predette clausole considerate vessatorie siano nulle, mentre il contratto rimanga valido per la rimanente parte;
g) che siano in ogni caso nulle le clausole che abbiano per oggetto o per effetto di:
1) derogare alle previsioni di cui ai precedenti punti a), b) e c);
2) escludere o limitare la possibilità del soccidario di sostituire a sé un terzo nel compimento delle attività negoziali connesse al rapporto contrattuale con il soccidante, ivi incluse le attività di stima, disdetta, rinnovo, recesso.
(7-00357)
«Negro, Fogliato, Rainieri, Callegari».

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

CUOMO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 20 e il 21 giugno 2010 una tromba d'aria ha devastato il litorale della costa nel territorio del comune di Capaccio;
ingenti danni sono stati registrati alle strutture ricettive, agli stabilimenti balneari, alle infrastrutture e anche alla base del Corpo dei bersaglieri;
si tratta di un duro colpo all'economia turistica del comprensorio;

le amministrazioni comunali interessate hanno già fatto una prima quantificazione degli ingenti danni;
occorre un intervento immediato da parte del Governo -:
se e quali iniziative intenda immediatamente attivare per il riconoscimento ove richiesto, dello stato di calamità naturale per il comune di Capaccio-Paestum.
(3-01142)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ALESSANDRI e RAINIERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nelle giornate del 15 e 16 giugno 2010 si sono verificati nella parte occidentale della Regione Emilia Romagna eccezionali nubifragi di particolare intensità, con precipitazioni di oltre 150 millimetri di pioggia cumulata in 9 ore (paragonabile alla media dei tre mesi primaverili e ad un quinto della media annuale per la zona), che hanno provocando diverse interruzioni e danneggiamenti alle infrastrutture pubbliche essenziali e danni ai soggetti privati e alle attività produttive;
si è trattato di eventi i cui tempi di ritorno possono essere stimati in 120 anni per la pioggia oraria ed in 200 anni per la cumulata in 6 ore;
il quantitativo di pioggia in oggetto si è riversato su un'area di oltre 600 chilometri quadrati andando ad impattare sul reticolo idraulico minore, sui centri abitati e sulle superfici agrarie;
l'area maggiormente interessata dagli eventi calamitosi è stata la provincia di Parma, dove i nubifragi hanno colpito pesantemente i comuni compresi tra la via Emilia, il torrente Ongina ai confini con la provincia di Piacenza, il fiume Po ed il fiume Taro. Trattasi in particolare, dei comuni di Fontanellato, Fontevivo, Fidenza, Busseto, Roccabianca, Polesine, Zibello, San Secondo, Sissa, Soragna e in parte Noceto;
dai sopralluoghi effettuati si sono riscontrati rotture di argini, estese tracimazioni di canali e rii e rigurgiti dalle reti fognarie, diffusi allagamenti a strade provinciali e comunali, abitazioni, insediamenti produttivi e coltivazioni. Le esondazioni hanno anche provocato vasti allagamenti delle aree agricole con gravi danni alle colture;
sono stati già attuati interventi di somma urgenza, attivati sia dall'agenzia regionale di protezione civile, sia dalla provincia, dai comuni e dal consorzio di bonifica Parmense per un importo stimato in queste prime fasi di circa 500 mila euro. Una prima sommaria valutazione delle necessità finanziarie per la gestione della prima emergenza e la rimozione dei pericoli incombenti ammonta a 8 milioni di euro;
a seguito di questi avvenimenti, il presidente della regione Emilia Romagna, il 21 giugno 2010, ha firmato la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, per i territori della provincia di Parma colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni 15 e 16 giugno 2010;
una ricognizione provvisoria delle conseguenze dell'evento eccezionale di cui trattasi fanno emergere serie criticità per il territorio interessato, con situazioni emergenziali riguardanti, in particolare:
l'interruzione della viabilità per allagamento nelle strade provinciali 63 in Località Cannetolo di Fontanellato e 11 in località Paroletta e Mezzadri, dove i ponti stradali sulla Fossaccia Scannabecco sono andati in pressione sormontando gli argini delle suddette arterie viarie;
l'interruzione della strada provinciale 91 presso Samboseto;
gli allagamenti del sottopasso strada provinciale 12, Trena AV-TAV a Soragna e sottopasso strada provinciale 47, ferrovia Milano-Bologna a Fontevivo;
l'interruzione per allagamento della strada provinciale 50;
i cedimenti diffusi delle scarpate stradali di recente realizzazione;
il cedimento del terrapieno del sovrappasso della TAV in località Fontanellato;
si sono avuti danni anche nel piacentino dove a Pontenure si è abbattuta una tromba d'aria, che ha provocato seri danni ad insediamenti industriali e civili abitazioni;
per fare fronte alle emergenze provocate dall'evento alluvionale del 15 e 16 giugno è necessario un concorso finanziario del Governo commisurato all'entità dei danni accertati ed in maniera da permettere la realizzazione degli interventi immediatamente cantierabili e ad ogni modo non inferiore a circa 10 milioni di euro, salvo l'erogazione di ulteriori risorse da verificare in corso d'opera -:
quali informazioni possa riferire in merito all'evento alluvionale che ha colpito i territori della provincia di Parma e più in generale la parte occidentale della regione Emilia Romagna durante i giorni del 15 e 16 giugno 2010;
se non intenda assegnare con la massima urgenza alla regione Emilia Romagna le risorse finanziarie dalla stessa richieste sulla base di una prima stima dei danni, ai sensi dello stato di emergenza dichiarato il 21 giugno 2010 e quali ulteriori somme possa trasferire per fare fronte in maniera esaustiva al ripristino funzionale delle opere danneggiate ed al ristoro dei danni subiti dai cittadini e delle attività produttive.
(5-03108)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta la Gazzetta del Mezzogiorno di martedì 15 giugno 2010, a Senise, provincia di Potenza, si discute del nuovo sito per rifiuti in contrada «Palombara», un'area non molto distante dalla discarica precedente;
molto a monte di fosso Palombara (il luogo dove, per ipotesi, potrebbe sorgere la discussa discarica di rifiuti speciali non pericolosi), in una contrada saltata più volte agli onori delle cronache (una zona popolata che soffre perennemente a causa di dissesto stradale e non solo) che si chiama «Foss», era ubicata la discarica utilizzata dal comune prima di un nuovo progetto risalente al 1993;
si tratta di un territorio in perenne movimento - finora non sono serviti a nulla gli interventi per tamponare il dissesto stradale che si crea di volta in volta;
proprio nel punto in cui si trova la vecchia discarica, la strada quasi non esiste più. I rifiuti sotterrati si stanno lentamente avviando verso valle, in un punto che si ricongiunge proprio a Fosso Palombara, a sua volta distante poche centinaia di metri dalle rive dell'invaso di Monte Cotugno;
un video curato da Maurizio Bolognetti per Radio Radicale (http://www.radioradicale.it/scheda/306164/storie-di-invasi-e-di-discariche) documenta la situazione;
la discarica rischia di costare un importo considerevole al comune di Senise perché, come si apprende dal settore tecnico, anni addietro il comune aveva in affitto il terreno nel quale la discarica era ubicata. Quando l'area arrivò a saturazione, nei fatti il comune non riconsegnò mai il terreno ai legittimi proprietari. Il tutto ha fatto partire un contenzioso tra ente e proprietari che, dopo anni, si è risolto con una sentenza, di pochi anni fa, che intima all'attuale amministrazione di versare i pagamenti dei canoni stabiliti (e che ammonterebbero ad oltre 150 mila euro);
grazie all'ufficio tecnico è inoltre emersa l'esistenza di un vecchio progetto in base al quale il tracciato della strada che collega i due costoni (e sotto la quale si trova la discarica) doveva essere deviato;
l'assenza di un impegno di spesa nel bilancio (visti gli alti costi) non ha mai fatto partire definitivamente il progetto, tanto che ad oggi, accanto a quello che resta dell'arteria, si nota un accenno di pista alternativa -:
se si intenda avviare una campagna di accertamento dello stato degli smottamenti a valle, al fine di tutelare l'ambiente e la salute pubblica, e, nel caso, promuovere un'immediata operazione di contenimento nell'area interessata;
se si intenda promuovere la messa in sicurezza dell'area, in un territorio già gravemente compromesso dal dissesto idrogeologico.
(5-03116)

MOTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel corso della notte tra il 15 e il 16 giugno 2010 si sono verificate sulla provincia di Parma, in particolare nei territori dei comuni compresi all'interno di un quadrilatero delimitato a sud dalla via Emilia, a nord dal fiume Po, ad est dall'asta del fiume Taro e ad ovest dal Torrente Ongina (lungo i confini provinciali con la provincia di Piacenza), intense precipitazioni a carattere di rovescio che hanno messo in crisi l'intero sistema idraulico minore provocando esondazioni diffuse e numerosi danneggiamenti alle strutture e infrastrutture pubbliche, alle attività produttive e agricole, ai privati;
le analisi idrologiche sulle precipitazioni registrate dagli strumenti di rilevamento pluviometrici hanno confermato che l'evento ha raggiunto intensità tali da avere tempi di ritorno di 120 anni per la pioggia oraria e 200 anni per quella cumulata in 6 ore;
la pioggia cumulata nelle 12 ore ha raggiunto mediamente valori pari a 150 millimetri, un sesto delle precipitazioni medie annue della zona (900 millimetri);
le abbondanti precipitazioni hanno rapidamente messo in crisi l'intero reticolo idrografico minore (canali e rii), con numerose esondazioni per sormonti e rotture dei corpi arginali, provocando allagamenti estesi a campi, infrastrutture viarie, strutture pubbliche e private, oltre a numerose abitazioni;
su una superficie totale dell'area colpita pari a circa 33.000 ettari (nei comuni di Busseto, Fidenza, Fontanellato, Fontevivo, Polesine, San Secondo, Soragna, Zibello), oltre 4.300 ettari sono stati interessati da allagamenti, circa il 13 per cento del territorio interessato;
fin dalle prime ore della mattinata del 16 giugno si sono attivati tutti gli organi preposti a fronteggiare l'emergenza: Protezione civile, servizi d'emergenza della provincia, dei comuni, del Consorzio di bonifica P.se, dell'Agenzia interregionale per il fiume Po, del servizio tecnico di bacino degli affluenti del Po e vigili del fuoco;
la provincia, inoltre, si è da subito adoperata per coordinare le azioni e raccogliere i dati al fine di stilare un primo censimento dei danni: il quadro emerso ha evidenziato la forte fragilità idraulica di un territorio fortemente antropizzato e urbanizzato, caratterizzato da un fitto reticolo di canali, rii e nodi idraulici non più in grado di smaltire volumi di tale portata;
gravi emergenze hanno interessato strade provinciali con la conseguente limitazione o interruzione del traffico per gli elevati battenti d'acqua sul manto stradale: sono state interrotte le strade provinciali SP10 di Cremona, SP11 di Busseto, SP12 di Soragna, SP44 San Secondo-Fontanellato, SP47 di Fontevivo, SP50 di Carzeto, SP59 di Diolo, SP63 di Cannetolo, SP91 di Samboseto. Sono stati inoltre evidenziati fenomeni franosi sul rilevato stradale di accesso al sovrappasso della galleria artificiale TAV sulla SP11;
tra i maggiori danni al reticolo dei canali si riscontrano i sormonti, con danneggiamento del corpo arginale, lungo numerosi tratti del cavo Fossaccia Scannabecco nel comune di Fontanellato, oltre alla tracimazione del canale Ramazzone e conseguente allagamento del centro abitato di Fontanellato che ha interessato la casa di cura Cardinal Ferrari, rimasta priva di alimentazione elettrica con possibili rischi per i degenti. Ingenti sono stati i danni alle apparecchiature della struttura;
nei centri urbani si sono manifestati numerosi allagamenti anche per effetto di rigurgiti delle reti fognarie messe in crisi, mentre notevoli problemi si sono registrati per allagamenti prolungati anche nei giorni successivi l'evento, per la rottura degli argini lungo il canale Fossa Parmigiana nel comune di Busseto, gravato da un lento deflusso di piena;
a causa del lento defluire delle acque, dovuto ad una scarsa pendenza del terreno, ampie aree dei comuni rivieraschi (Polesine P.se e Zibello) risultano tuttora allagate a distanza di giorni con la conseguente compromissione di gran parte dei raccolti. La prolungata inibizione del corpo arginale di numerosi canali ha provocato, inoltre, il collassamento dello stesso in diversi tratti, compromettendo anche la futura irrigazione nei mesi di luglio e agosto 2010;
le problematiche emerse furono in parte già riscontrate in occasione degli eventi alluvionali del maggio e giugno 2007, durante i quali si evidenziarono analoghe criticità sul reticolo idrografico. Allora le piogge furono, però, di intensità notevolmente inferiore (tempo di ritorno di circa 10 anni);
dalla disamina dei danni è emersa la necessità di attivare interventi urgenti e di somma urgenza per un importo di circa 9.000.000 di euro relativi in particolare al ripristino delle opere idrauliche e delle infrastrutture danneggiate;
il Presidente della regione Vasco Errani, su richiesta del presidente della provincia di Parma Vincenzo Bernazzoli, ha firmato la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 -:
se il Ministro interrogato abbia acquisito ulteriori informazioni relative all'eccezionale evento alluvionale che ha colpito la provincia di Parma nei giorni 15 e 16 giugno 2010;
se il Ministro interrogato intenda attivarsi al fine di sostenere la richiesta dello stato di emergenza avanzata dal presidente della regione Emilia-Romagna, impegnandosi al contempo al reperimento delle risorse necessarie per gli interventi di somma urgenza, per il ristoro dei danni subiti dalle attività produttive, agricole e dai cittadini, e per la pianificazione degli interventi strutturali necessari a prevenire le conseguenze legate al determinarsi di questi eccezionali eventi atmosferici.
(5-03118)

GATTI, MADIA, MIGLIOLI e MURER. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
mediante l'interpellanza urgente n. 2-00708, a prima firma Boccia, presentata

l'11 maggio 2010, nella seduta n. 319, si esprimevano forti perplessità riguardo alle modalità di utilizzo, alla consistenza e alle modalità di restituzione delle risorse destinate al «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto». Tale fondo, istituito con l'articolo 1, comma 755 e seguenti, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2010), le cui modalità di finanziamento rispondono al principio della ripartizione, è gestito dall'INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato e vi affluiscono i contributi (versati mensilmente dai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti), pari alla quota di trattamento di fine rapporto non destinata alle forme pensionistiche complementari;
il Fondo in questione garantisce ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile per la quota che i dipendenti stessi hanno richiesto disponibile al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
per ciò che riguarda le risorse del Fondo, i commi 758 e 759 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, prevedevano che esse fossero destinate al finanziamento di una serie di interventi per lo sviluppo, in gran parte ascrivibili a spese d'investimento, indicati nell'elenco 1 allegato alla medesima legge, nei limiti degli importi stabiliti dallo stesso elenco;
nel corso degli esercizi 2007, 2008 e 2009 le risorse destinate al finanziamento degli interventi sono state versate sul capitolo n. 3331 («Versamenti corrispondenti alle risorse accertate sul fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile») per effetto dell'articolo 51, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. Con l'articolo 2, comma 105, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), è stata disposta la continuità, a decorrere dal 2010, del versamento, da parte dell'INPS, nell'apposito capitolo n. 3331 dell'entrata del bilancio dello Stato, delle risorse accertate del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto;
l'interpellanza predetta prendeva spunto dalla relazione della Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, concernente la «gestione delle relazioni finanziarie tra il Ministero dell'interno e le Autonomie territoriali», approvata con delibera n. 2/2010/G, la quale ha evidenziato come i timori, espressi anche nel corso del dibattito parlamentare di approvazione della legge finanziaria per il 2010, non fossero privi di fondamento;
la Corte dei conti, nel corso della sua relazione ha infatti posto l'accento su due profili ritenuti di «fondamentale importanza nella gestione delle risorse in esame: la vincolatezza a specifici interventi e l'obbligo di rimborsare il prelievo consentito dalla legge. Quanto al problema della vincolatezza, pur prendendosi atto che il termine "specifici interventi" non corrisponde specularmente alla accezione di investimento, non sembra controvertibile che gli interventi stessi debbano corrispondere a iniziative o programmi nuovi, restando escluso il finanziamento di spese correnti. Vi sarebbe dovuta essere, pertanto, una chiara correlazione tra somme forzosamente acquisite e singole iniziative, analiticamente quantificate». L'esame delle poste inserite nella missione oggetto del controllo della Corte ha invece dimostrato «che ciò non è avvenuto se non in piccola parte», tanto da indurre la Corte a «sottoporre all'attenzione del Parlamento e delle amministrazioni interessate l'opportunità di ricondurre l'utilizzazione delle somme del Fondo allo scopo effettivamente contemplato dalla legge»;
la relazione prosegue soffermandosi sulla problematicità «della questione afferente

alla ricostituzione del Fondo, che non può essere considerato una entrata ordinaria, senza correlata posta di rimborso... L'istruttoria ha messo in luce come nessuna delle correlate poste passive siano iscritte per il valore prelevato né nella parte del bilancio finanziario e neppure nel conto del patrimonio». Il rischio, sostiene la Corte, prendendo spunto dalla nota n. 16101/09 del Ministero dell'economia e delle finanze, ispettorato generale del bilancio, dove «si dichiara implicitamente che le quote da erogare negli anni futuri debbano gravare sull'Amministrazione che le ha forzosamente distolte dalla naturale destinazione», è che si venga «a riprodurre una sostanziale erosione del capitale destinato ai trattamenti previdenziali, che già contraddistingue la pensionistica e la previdenza delle amministrazioni pubbliche. Ciò, con l'aggravante della evidente natura privata delle risorse dalla legge finalizzate alla previdenza dei lavoratori(...)»; inoltre «(...)il meccanismo (...) nell'interpretazione datane dal Ministero dell'economia e delle finanze, produce un progressivo squilibrio dei conti pubblici e un depauperamento del patrimonio, aumentandosi di anno in anno il saldo negativo dei rapporti con gli aventi diritto ai trattamenti previdenziali, fenomeno che - a meno di costituire una sorta di esproprio indiretto, palesemente incostituzionale - non potrebbe che comportare nuovi interventi finanziari a carico dell'Amministrazione utilizzatrice del Fondo»;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, tramite il direttore generale per le competenze previdenziali, affermato «di condividere pienamente il contenuto della relazione per quel che riguarda le problematiche di propria competenza... La relazione ha permesso al Ministero di mettere a fuoco problematiche ulteriori rispetto a quella dell'accertamento, che riguardano essenzialmente la conservazione dello scopo per il quale il TFR viene accantonato. Questi profili saranno al centro dell'attenzione dell'Amministrazione, al fine di scongiurare i rischi fondatamente evidenziati dalla Corte», la quale, da parte sua, sottolinea che «il punto di vista dell'Amministrazione non può che essere condiviso; tuttavia l'azione del Ministero non è apparsa particolarmente incisiva nel tutelare il vincolo di destinazione del TFR. È di tutta evidenza - infatti - che allo stato delle cose non v'è nessuna garanzia, né copertura finanziaria per la ricostituzione del fondo attinto, ricostituzione che non può essere assicurata, peraltro, attraverso il mero valore nominale dei contributi prelevati, bensì tutelando nel tempo il suo valore reale. Allo stato delle cose, nella parte passiva del bilancio non esiste neppure la sorte al netto di interessi, fatto questo che dovrebbe indurre il Ministero ad una maggiore attenzione verso un fenomeno in grado di destabilizzare il correlato sistema previdenziale. Considerata la peculiare missione istituzionale, il problema più rilevante per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è quello di dare impulso alla sostanziale correzione del bilancio dello Stato, verificando la istituzione di appropriata posta passiva idonea a ricostituire il Fondo nella esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso. Un tale adempimento appare ineludibile per evitare una sorta di esproprio senza indennizzo, inammissibile secondo i vigenti principi costituzionali»;
le dettagliate e critiche osservazioni della Corte dei conti appaiono contrastare con quanto sostenuto dal Sottosegretario dell'economia e alle finanze, onorevole Luigi Casero, il quale, nel corso della risposta all'interpellanza urgente summenzionata, ha affermato che il Fondo oggetto dell'atto in questione «non è in alcun modo riconducibile all'ambito della previdenza privata. Conseguentemente, non sussiste alcun obbligo giuridico» di reintegrarlo, dal momento che «l'unica obbligazione esistente, come per tutte le altre gestioni previdenziali pubbliche a ripartizione, è quello di corrispondere agli assicurati le prestazioni previste dalla legge (trattamenti e anticipazioni) al momento della maturazione dei requisiti. Pertanto, non può essere prevista alcuna restituzione al "sistema della previdenza privata"

regolato dal decreto legislativo n. 252 del 2005, in quanto il Fondo di tesoreria fa parte del sistema della previdenza pubblica obbligatoria»;
le parole del Sottosegretario dell'economia e delle finanze, sembrano essere in contraddizione, oltre che con le osservazioni contenute nella relazione della Corte dei conti, anche con l'ordine del giorno 9/2936-A/188, presentato dalla prima firmataria del presente atto, attraverso il quale, stante la mancanza di garanzia che gli oltre 3 miliardi di euro prelevati dal TFR dei lavoratori tornassero agli effettivi destinatari e che il deficit prodotto nelle casse dell'INPS venisse effettivamente ripianato, il Governo si impegnava «a riferire alle competenti Commissioni parlamentari le modalità di restituzione del suddetto importo» -:
come si intenda, sulla base dei rilievi mossi dalla Corte dei conti e pienamente condivisi dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salvaguardare il vincolo di destinazione delle risorse destinate al «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto», riconducendo l'utilizzazione delle stesse allo scopo effettivamente contemplato dalla legge;
quali iniziative si intendano adottare al fine di dare impulso alla sostanziale correzione del bilancio dello Stato, verificando l'istituzione di appropriata posta passiva idonea a ricostituire il Fondo in questione nell'esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso, adempimento, questo, che a parere della Corte dei Conti «appare ineludibile per evitare una sorta di esproprio senza indennizzo, inammissibile secondo i vigenti principi costituzionali»;
come si possa conciliare la posizione del Ministero dell'economia e delle finanze riguardo alla non obbligatorietà giuridica di reintegrazione del Fondo, con quella espressa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, manifestando «piena condivisione» della relazione della Corte dei conti, nella quale si evidenziava la necessità «di ricostituire il Fondo nella esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso»;
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda, per la parte di sua competenza, rispettare l'impegno, assunto dal Governo all'atto dell'accoglimento dell'ordine del giorno 9/2936-A/188, di «riferire alle competenti Commissioni parlamentari le modalità di restituzione dell'importo» delle risorse del Fondo.
(5-03123)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza rifiuti in Campania rischia di passare dal dramma a paradosso;
con il decreto-legge per la cessazione dello stato di emergenza e l'avvio della fase post emergenziale, si introducono una serie di norme che renderanno ad avviso dell'interrogante più difficile e farraginoso l'iter della gestione del ciclo dei rifiuti. Una questione che ricadrebbe proprio sui comuni campani che fino ad oggi hanno avuto performance virtuose sul fronte della raccolta differenziata come ad esempio molti comuni del salernitano o il caso del comune di Camigliano;
il comune di Camigliano, in provincia di Caserta, ha raggiunto alti livelli di raccolta differenziata arrivando al 65 per cento del totale. Sono state inoltre messe in campo azioni di grande rilievo in termini di ecocompatibilità quali la raccolta degli olii esausti e l'approvvigionamento di pannolini ecologici per gli asili. Inoltre l'amministrazione comunale di Camigliano è riuscita a far cessare alcune attività estrattive abusive nel suo territorio comunale;
il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla

legge 26 febbraio 2010, n. 26 recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile, dispone infatti all'articolo 11 la costituzione e l'avvio di società provinciali, con l'attribuzione ai presidenti delle province dei compiti e delle funzioni il cui esercizio risulti essere funzionale alla programmazione della gestione dei rifiuti, anche in deroga alle precipue disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le società provinciali potranno affidare il servizio di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti a soggetti privati, in via di estrema urgenza, ovvero avvalersi dei soggetti pubblici e privati che attualmente svolgono tale servizio;
con la creazione di ulteriori società provinciali e con l'affidamento ai presidenti delle province di ogni funzione e compito del servizio di gestione integrata dei rifiuti si incide pesantemente, solo per la regione Campania, sull'intero sistema del riparto di competenze, sulla capacità impositiva dei comuni e sui poteri ordinatori dei sindaci in materia, senza alcun coordinamento con il testo unico degli enti locali, fatta salva la formula di deroga, a giudizio dell'interrogante assai risibile, con riferimento agli articoli 42, 48 e 50, che affidavano agli organi del comune il potere di intervenire, sia per la gestione ordinaria del servizio sia per eventi straordinari verificatisi nel proprio territorio. In mancanza di un corretto raccordo con quanto previsto dall'ordinamento vigente, sia con riferimento agli effetti sui bilanci dei comuni ai fini del Patto di stabilità che alla possibilità per questi ultimi di esperire i servizi senza adeguata compensazione per il minor gettito, è ragionevole ipotizzare che da tale impostazione, altrettanto emergenziale di quella che si intende superare, possano derivare rilevanti problemi applicativi;
la sentenza n. 314 del 2009 della Corte costituzionale ha sancito, relativamente all'articolo 20 della legge regionale della Campania n. 4 del 2009, che la regione non aveva facoltà di regolare in merito all'organizzazione delle province e segnatamente che esse potessero costituire delle società di gestione del ciclo dei rifiuti. Anche con riferimento all'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009 potrebbe profilarsi una previsione analoga a quella dell'articolo annullato dalla Corte costituzionale, perché in esso ci si riferisce alle province in qualità di gestori dei rifiuti, ma si entra nel merito dell'organizzazione delle province stesse stabilendo, per legge, che devono costituire società provinciali;
il sindaco di Camigliano non ha adempiuto alle disposizioni dell'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, rifiutando di consegnare i ruoli relativi alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e alla tariffa igiene ambientale (TIA). Tale circostanza avrebbe causato una serie di richiami, poi sfociati in una diffida da parte del prefetto e in un probabile scioglimento del consiglio comunale con nomina di un commissario ad acta;
al di là del dato meramente giuridico, non si comprende quale logica induca ad approvare una legge secondo la quale i comuni che rispettano gli obiettivi di raccolta differenziata possono essere parzialmente esautorati dalle società provinciali subentranti nella gestione del servizio rifiuti, mentre ciò non dovrebbe accadere per comuni situati sulle isole minori, compresi quelli che non raggiungono gli standard qualitativi e i livelli di raccolta imposti dalla normativa vigente. Si continua pertanto nel tenere distinti gli aspetti della raccolta da quello dello smaltimento, mantenendo così un alto rischio di nuove emergenze future;
la perdita degli introiti legati alla riscossione della TARSU e TIA obbligherà i comuni ad ulteriori contrazioni economiche, aumentando i rischi di dissesto

finanziario e avrà possibili ricadute sui cittadini in termini di imposte e tariffe;
risulta all'interrogante che le province starebbero inglobando, ai fini della sostituzione dei comuni nelle operazioni di raccolta, quei consorzi provinciali già noti per la loro manifesta incapacità di gestire il ciclo dei rifiuti, tanto da essere concausa delle molteplici crisi patite dalla regione Campania -:
se, visti i possibili effetti controproducenti della disposizione sopra indicata, non si ritenga necessario promuovere iniziative normative volte a modificarne il contenuto.
(4-07719)

GAVA, MISTRELLO DESTRO, POLIDORI, GOLFO, DELLA VEDOVA, BELLOTTI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso della cerimonia d'inaugurazione di una scuola primaria nel comune di Vedelago (TV), l'inno d'Italia, previsto nel programma concordato dal comune con la responsabile regionale dell'ufficio scolastico, non veniva eseguito dal coro, appositamente invitato dagli organizzatori a presenziare alla cerimonia con il compito di svolgere i canti e le arie ufficiali;
tale evento ha avuto molto rilievo sulla stampa e sui media locali e nazionali, con conseguenti polemiche politiche;
proprio a seguito di tali polemiche l'episodio è stato ricostruito, anche in modo difforme dal portavoce del presidente della regione Veneto, dal maestro del coro, dal sindaco del comune e dallo stesso Presidente Zaia;
facendo sintesi di tali ricostruzioni, l'inno italiano sarebbe stato quindi cantato o durante il taglio del nastro o, più probabilmente dopo, comunque sicuramente dopo che il coro aveva cantato l'aria «va' pensiero», canto questo avvenuto per certo subito prima del taglio del nastro;
tale tempistica risulterebbe, ad avviso degli interroganti, del tutto inadeguata, anche per il fatto che l'aria «va' pensiero», fin dal 1996 nella cosiddetta dichiarazione d'indipendenza della Padania fatta dall'onorevole Bossi, era stato proclamato come inno ufficiale della Lega Nord e della Padania;
appare, quindi, quanto mai opportuno prevedere un protocollo cerimoniale che indichi quando, come e con quale tempistica debba essere cantato e/o suonato l'inno nazionale durante le cerimonie d'inaugurazione, soprattutto quando dette cerimonie d'inaugurazione riguardano opere pubbliche afferenti funzioni di livello nazionale, come scuole, uffici pubblici statali o altro -:
se non si ritenga opportuno predisporre un protocollo cerimoniale con cui indicare quando, come e con quale tempistica debba essere prevista l'esecuzione dell'inno italiano nel corso delle cerimonie ufficiali d'inaugurazione di opere pubbliche.
(4-07721)

TOCCAFONDI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri gestisce il settore editoriale compresi i fondi corrisposti alla società Poste italiane per il rimborso delle tariffe agevolate postali;
le tariffe agevolate sono previste a favore di imprese editrici di quotidiani e periodici - 5.100 aziende editrici, 2.900 editori profìt e no profit - che non superino il 45 per cento di spazio fisico dedicato alla pubblicità; onlus, di cui 1.400 religiosi e 3.400 laici; associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano ottenuto il riconoscimento del carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento; ordini

professionali; sindacati; associazioni professionali di categoria; associazioni d'arma e combattentistiche;
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno dovuto emanare in data 30 marzo 2010 il decreto interministeriale che, comunque, fa salva la possibilità di destinare eventuali risorse aggiuntive alla copertura delle agevolazioni sulle tariffe postali nell'anno in corso;
gli editori che hanno già venduto gli abbonamenti annuali da mesi si trovano da un giorno all'altro, e senza preavviso, nella condizione di dover fronteggiare un aumento di almeno il 120 per cento delle tariffe, senza poter richiedere maggiorazioni agli abbonati in corso dell'anno;
le maggiori conseguenze saranno subite in particolare dalle piccole associazioni, il no profit che, dal 1o aprile fino a dicembre 2010, rischiano di sospendere le pubblicazioni e chiudere;
il Governo ha provveduto a reperire 30 milioni di euro per le organizzazioni no profit e si è impegnato ad istituire un tavolo di trattativa tra editori e Poste spa per arrivare ad una tariffa scontata che possa consentire a molti editori, specialmente quelli più piccoli, di poter sopravvivere -:
quale soluzione immediata sia possibile attuare, in favore degli editori, in particolare per quelli più piccoli, al fine di raggiungere tariffe convenienti in linea compatibilmente con l'equilibrio economico e finanziario;
quali siano i risultati raggiunti dal tavolo di trattative tra Governo, editori e Poste spa.
(4-07727)

COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO, LO MONTE e MISITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la base militare della Marina statunitense situata a Sigonella, in provincia di Catania, si appresta a ridurre, entro il 2010, personale civile americano e italiano impiegato nella base per un processo di riduzione del personale elegantemente definito «adeguamento dell'organico»;
gli esuberi, secondo la US Navy riguarderebbero «personale non più necessario come supporto alle attività di comando» e i posti di lavoro a rischio, tra il personale italiano, sarebbero 62;
la notizia degli imminenti licenziamenti è stata comunicata alle parti sindacali, che hanno indetto per il 23 giugno 2010 una mobilitazione di tutte le basi NATO italiane, nel corso di un incontro durante il quale si stava discutendo in ordine al rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2008;
la US Navy sottolinea che «l'adeguamento dell'organico, verrà effettuato facendo ricorso a diverse strategie, tra cui la possibilità di pensionamento per coloro che abbiano raggiunto i requisiti; la ricollocazione del personale in altri posti di lavoro vacanti laddove le loro competenze lo consentano; in caso di approvazione, incentivi per la risoluzione volontaria del rapporto di lavoro e, ove possibile, la riqualificazione professionale»;
il 18 febbraio 2010 è stato approvato dall'Assemblea regionale siciliana un ordine del giorno che impegna il Governo:d attivare tutte le misure necessarie presso la Conferenza Stato-regioni al fine di tutelare i lavoratori in esubero della base di Sigonella. In tal senso, il presidente della regione ha ribadito il suo impegno affinché la Conferenza Stato-regioni accetti la proposta;
il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione si è impegnato affermando che i lavoratori civili della base militare di Sigonella avranno accesso a tutte le misure di sostegno al reddito previste dalla legislazione in materia di ammortizzatori sociali in deroga, per la concessione delle quali il Ministero del

lavoro e delle politiche sociali ha proceduto, il 4 maggio 2010, alla firma di un apposito accordo con le organizzazioni sindacali;
è opportuno ricordare che il Parlamento, a seguito della sottoscrizione dei patti di intesa tra Governo italiano e Governo statunitense relativo alle infrastrutture in uso alle forze militari USA, ha approvato la legge 9 marzo 1971, n 98, e successive modificazioni ed integrazioni, la quale prevede che: «I cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso dei prescritti requisiti, in relazione al titolo di studio posseduto e alla diversa natura delle mansioni prevalentemente svolte, devono essere assunti a tempo indeterminato, nella amministrazioni dello Stato»;
successivamente la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), articolo 2, commi 100 e 101, ha esteso i benefici della legge n. 98 del 1971, consentendo a chi avesse maturato un anno di servizio al 31 dicembre 2006 di accedere, in soprannumero e sovra organico, all'interno della pubblica amministrazione, secondo uno speciale procedimento di accesso al pubblico impiego;
con l'articolo 68, comma 6, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si è provveduto in sede di riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture, alla soppressione della commissione per l'inquadramento del personale già dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica di cui all'articolo 2, comma 2, della citata legge 9 marzo 1971, n. 98 e al passaggio di consegne al dipartimento della funzione pubblica;
in data 15 gennaio 2009 è stato emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri uno specifico decreto (individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione di personale civile di basi militari soppresse) che trasferisce le competenze al dipartimento della funzione pubblica e definisce le procedure per l'inquadramento e la ricognizione dei posti nonché i criteri e le procedure per l'assunzione del personale;
si evidenzia inoltre che i lavoratori italiani delle basi USA in Sicilia, pur trovandosi al pari di altri lavoratori nelle condizioni previste dalla legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni, rischiano di non potere trovare collocazione presso tutti i rami dell'amministrazione statale in quanto nella regione siciliana sono pochissimi gli uffici periferici che rappresentano l'amministrazione statale, essendo molte competenze attribuite per statuto alla regione -:
quali iniziative si intendano porre in essere al fine di tutelare i 62 lavoratori della base militare di Sigonella, assicurando l'estensione a tutti loro dei benefici della legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni ed integrazioni e garantendo la ricollocazione, nel loro territorio, nell'ambito dell'amministrazione pubblica.
(4-07731)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e

le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura» che è nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento nel triennio 2010-2012» per un importo di 1.000.000 di euro per «progetti, consolidamenti, restauri, manutenzione» della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura;
il soggetto destinatario, «Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura» è di proprietà della Santa sede e gode della extraterritorialità;
tra la Repubblica italiana e la Santa sede sono in essere un trattato e un concordato; nel trattato è specificato che «per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana» -:
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero se siano state selezionate e con quali procedure le società che realizzeranno i diversi interventi («progetti, consolidamenti, restauri, manutenzione»);
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio della «Città del Vaticano» e della «Santa Sede».
(4-07735)

TOUADI e MELIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 8 giugno 2010 tutti i media nazionali e internazionali riportavano la notizia della chiusura dell'Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) presente a Tripoli;
le autorità libiche non hanno fornito sufficienti spiegazioni per motivare tale ingiustificata decisione, salvo spiegare che gli uffici dell'UNHCR svolgevano attività illecite, in quanto la Libia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951;
l'UNHCR è presente in Libia da 19 anni, come ha ricordato Laura Boldrini, ed ha svolto un lavoro fondamentale nella gestione dei flussi migratori con particolare riferimento ai potenziali rifugiati per motivi politici o umanitari -:
quali siano state le azioni intraprese dal Governo;
se e che tipo di richieste formali siano state fatte alla Libia;
se il Presidente del Consiglio dei ministri, recatosi in visita dal leader libico Gheddafi, abbia posto la questione della riapertura del centro UNHCR di Tripoli;
se non si ritenga che debba essere presa in considerazione la possibilità di sospendere gli accordi bilaterali con la Libia, in attesa che venga ripristinata l'attività dell'Agenzia ONU per i rifugiati.
(4-07737)

TESTO AGGIORNATO AL 13 LUGLIO 2010

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE ANGELIS, MOLES e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è legata da forti vincoli di amicizia con il popolo turco, legami sanciti da numerosi protocolli di intesa e accordi bilaterali;

la Repubblica turca, storico membro Nato e in attesa di ingresso nell'Unione europea, è uno dei principali partner commerciali della nostra Nazione ed è attualmente coinvolto con il nostro Paese in numerosi progetti di sviluppo tecnologico ed industriale, anche legati a settori strategici quali quelli energetico, della sicurezza e della difesa;
la Repubblica turca è stata sempre riconosciuta, in particolare dai nostri Governi, come un valido modello di democrazia musulmana da contrapporre alle spinte fondamentaliste in atto nel mondo islamico;
la nostra nazione è altresì legata da storici vincoli di collaborazione e di amicizia anche con la Repubblica israeliana recentemente coinvolta in un incidente dai tragici risvolti che ha condotto alla morte di un numero di cittadini turchi imbarcati su una nave battente bandiera turca e facente parte di un convoglio di aiuti destinati alla popolazione di Gaza;
tale episodio, in relazione al quale anche in sede Onu, i rappresentanti del Governo italiano, anche attraverso il voto contrario all'apertura di un'inchiesta indipendente su possibili violazioni del diritto internazionale, hanno rinnovato la fiducia alle autorità della Repubblica israeliana, rischia di compromettere le relazioni che fino a tempi recentissimi erano di grande collaborazione tra Israele e Turchia -:
se e quali iniziative diplomatiche il Governo italiano abbia intrapreso nei confronti del Governo della Repubblica turca per tutelare e rinnovare i legami di amicizia e collaborazione già esistenti;
se i progetti di collaborazione già avviati - e in particolare quelli in campo energetico - siano in qualche modo messi a rischio;
se il Governo italiano intenda intraprendere, o abbia già intrapreso, iniziative volte a riavvicinare Israele e Turchia, a tutela dei nostri interessi in entrambi i Paesi e della sicurezza e dello sviluppo nell'area mediterranea.
(5-03124)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 30 maggio 2010, l'imbarcazione «Mavi Marmara», facente parte del convoglio «Flottiglia Freedom» diretto a Gaza per portarvi aiuti umanitari, è stata attaccata in acque internazionali da reparti militari dello Stato d'Israele e tale azione ha causato la morte di nove attivisti e un numero ancora imprecisato di feriti, alcuni dei quali anche gravi;
oltre 600 passeggeri del convoglio sono stati arrestati dalle autorità israeliane e tra questi figuravano sei cittadini italiani, che sono stati poi rilasciati dopo tre giorni di detenzione;
in seguito, gli stessi hanno tuttavia rilasciato alla stampa dichiarazioni in cui denunciano violazioni dei diritti molto gravi, quali quelle di aver subito violenze sia sulla nave, da parte dei militari, che successivamente, da parte della polizia israeliana, e di non aver potuto, dal carcere in cui erano detenuti, contattare i propri legali; dalla stampa si è appreso anche di numerosi altri detenuti, tra i quali alcuni giornalisti australiani, che hanno denunciato in egual modo di aver subito maltrattamenti;
nel corso dell'audizione del 9 giugno 2010, presso le Commissioni esteri congiunte di Camera e Senato, sugli sviluppi della situazione mediorientale a seguito di quanto sopra menzionato, il Ministro interrogato non ha fornito chiarimenti in merito a quanto occorso ai nostri sei connazionali; né, in sede di ulteriore audizione del 17 giugno, a margine delle comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 17/18 giugno, ha ritenuto di fornirne -:
quali siano le informazioni in possesso del Governo sulla vicenda che ha visto coinvolti anche sei nostri connazionali

e quali iniziative intenda assumere, in particolare il Ministro interrogato, per far luce sulle gravi vicende denunciate dai cittadini italiani.
(4-07714)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la situazione della democrazia e del rispetto dei diritti umani in Venezuela è allarmante già da molti anni, in seguito alle azioni repressive e autoritarie del Governo di Hugo Chávez;
nell'ultimo decennio osservatori internazionali dichiarano che il Paese ha incassato dalla vendita del petrolio oltre 900 miliardi di dollari a fronte di una moneta nazionale che ha perduto l'89 per cento del suo valore e un'inflazione annua giunta al 25 per cento (con previsioni di superamento del 30 per cento entro il 2010);
a causa di una delle massime produzioni mondiali d'idrocarburi fossili, con introiti finanziari non paragonabili a qualsiasi altro Paese dell'area sudamericana, si vive giornalmente una situazione nella quale l'energia elettrica è interrotta anche otto ore di seguito senza preavviso, i generi di prima necessità scarseggiano cronicamente e, soprattutto, gli ospedali sono sprovvisti di attrezzature e medicine;
il tasso di criminalità è raddoppiato in pochi anni e, al contempo, è accresciuta l'azione di controllo del regime nei confronti dell'opposizione: sono state chiuse decine di radio locali ritenute scomode e la storica emittente televisiva privata Rctvi;
inoltre è stato istituito un regolamento che impone a tutte le radio del Paese l'interruzione in qualunque momento delle trasmissioni al fine di far ascoltare la voce del Presidente Chávez;
Michael Rowan, analista americano che ha vissuto undici anni a Caracas, ha dichiarato sulla stampa internazionale che «il Venezuela non è una democrazia funzionale: le elezioni non sono più trasparenti e oneste dal 2004» e che «la maggior parte del paese si trova sotto l'influenza del denaro, del potere e del controllo di Chávez, il quale intimidisce gli osservatori indipendenti che contraddicono la sua versione della realtà, oltre che giornalisti, intellettuali e scienziati. In conclusione, Chávez ha creato un vuoto nel quale lui è l'unico che può respirare»;
sono dagli interroganti ritenuti assai pericolosi i rapporti molto stretti che il regime venezuelano ha e continuamente alimenta con paesi come Cuba, Iran, Russia e Siria;
il giudice spagnolo Eloy Velasco dell'Audencia national ha aperto un'inchiesta sui finanziamenti del Governo venezuelano al terrorismo internazionale, in particolare riferendosi a FARC ed ETA;
l'ambasciatore venezuelano a Teheran, in un'intervista all'agenzia filogovernativa «Fars», ha annunciato che il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, si recherà in visita a Teheran a maggio per rafforzare i legami politici ed economici tra Venezuela e Iran dichiarando testualmente: «Auspichiamo che, in occasione della visita del nostro presidente, si stipulino nuovi accordi bilaterali al fine di incrementare i nostri rapporti economici»;
negli ultimi anni il Governo iraniano ha intensificato i rapporti con i Paesi del Sud America, in particolar modo con il Venezuela, che è diventato uno dei suoi principali partner economici tra i paesi dell'area. Caracas è infatti il principale esportatore di carburante verso l'Iran. A settembre il presidente Hugo Chávez ha anche annunciato di voler aumentare l'export di barili di carburante verso Teheran. In prospettiva di possibili nuove sanzioni contro l'Iran, che potrebbero prendere di mira anche la vendita a Teheran di carburante, il governo venezuelano con le importanti riserve di uranio possedute diventerebbe ancor più un alleato strategico per il Governo di Mahmoud Ahmadinejad;

il Venezuela nel recente passato ha minacciato di guerra la Colombia, di invadere l'Honduras e di inviare l'esercito nella Bolivia, con una politica violenta di ingerenza nei confronti di Paesi satelliti nell'America Latina che minaccia il fragile equilibrio dell'intera area;
Enzo Bettiza, in un articolo sulla Stampa del 5 aprile 2010, scriveva opportunamente: «Se Chávez, unico capo di Stato al fianco di Mosca nel 2008 contro la Georgia, sembra aspirare alla successione ideologica ed emblematica di Castro, il suo amico Putin dà in questi giorni l'impressione di ripercorre le orme filo - castriste di Kruscev nel temibile 1962. La frase più sintomatica, che non si ritrova nei documenti ufficiali, l'ha pronunciata Chávez nella conferenza stampa celebrativa dell'incontro: «non faremo la bomba atomica, ma svilupperemo con l'ausilio di Mosca l'energia nucleare per fini pacifici». Parole che paiono tratte dal lessico capovolto del presidente iraniano Ahmadinejad, antiamericano e solidale di Chávez, dove il «non faremo» e i «fini pacifici» significano l'esatto opposto. Così, via Chávez, Putin si congiunge incomprensibilmente, dopo l'attentato di Mosca, perfino ad Ahmadinejad prossimo alla bomba nucleare e non certo ostile ai martiri di matrice islamista»;
ormai da tempo Israele accusa il Venezuela di essere «complice» del regime iraniano, come si apprende dalle pagine del Corriere della Sera del 27 maggio 2009, dove si scriveva: «Con un mini-dossier, Gerusalemme ha rivelato che Venezuela e Bolivia forniscono ai Mullah l'uranio necessario per alimentare il progetto della bomba nucleare. Entrambi i paesi possiedono riserve del materiale, non hanno rapporti con Israele (rottura motivata con la sanguinosa offensiva su Gaza), e sono protagonisti di una lunga marcia di avvicinamento alla Repubblica Islamica, ma soprattutto, fanno da sponda a triangolazioni che possono portare tecnologia a Teheran. In cambio del presunto aiuto sul nucleare, gli iraniani garantiscono l'assistenza militare. Un intreccio di rapporti, aggiungono gli israeliani, che non si limita al terreno tradizionale, infatti da mesi il Venezuela si sarebbe trasformato in una testa di ponte dell'Hezbollah, il movimento libanese filo-iraniano»;
tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani - Amnesty international, Human rights watch, la Commissione Interamericana dei diritti civili dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), Reporter senza frontiere - hanno denunciato l'aggravarsi della repressione in Venezuela, in particolare denunciando come il Governo venezuelano stia reprimendo sempre più duramente chi dissente da Chávez. A tutto ciò si aggiunge uno spaventoso dilagare degli omicidi, ben 16.000 nel 2009, e in particolare a Caracas ci sono 130 omicidi ogni 100.000 abitanti mentre nella violenta San Paolo del Brasile sono solo 29!»;
nella recente visita in Venezuela del Ministro degli affari esteri è stata ribadita l'amicizia dell'Italia e la collaborazione in ambito economico, energetico, infrastrutturale e industriale, senza mai aprire il fascicolo dei diritti civili, della democrazia negata, della spirale di violenza che attanaglia il Venezuela e la sua capitale Caracas e senza parlare di libertà di informazione -:
quale sia la posizione del Governo italiano in relazione all'operato del regime venezuelano e alle violazioni della libertà di stampa e informazione, alla riduzione continua degli spazi democratici in quel Paese, all'impennata della violenza e alla repressione sistematica dell'opposizione;
come giudichi i rapporti sempre più stretti che vedono Iran, Siria, Cuba, Russia e Venezuela fare fronte comune contro la comunità internazionale in tema di controlli sulla tecnologia nucleare;
quale sia il giudizio in merito alle ipotesi di coinvolgimento del Venezuela nel finanziamento di organizzazioni terroristiche;
per quale motivo durante la recente visita a Caracas non siano stati sollevati

negli incontri bilaterali le questioni spinose dei diritti violati, della repressione e della mancanza delle principali regole democratiche;
se non si ritenga opportuno di proporre, in sede comunitaria, l'apertura di un tavolo di discussione e confronto con gli altri Paesi dell'Unione europea, per elaborare una posizione comune in merito a possibili azioni da porre in essere nei confronti del Governo venezuelano;
come intenda attuare pressioni diplomatiche affinché vi sia un cambio di rotta nella politica repressiva, antidemocratica e pericolosa attualmente espressa dal Presidente Hugo Chávez.
(4-07715)

NEGRO, FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 giugno Monsignor Luigi Padovese, vescovo di Anatolia è stato ucciso in Turchia dal suo autista con una dinamica che può essere ricollegata a quella utilizzata dal terrorismo di matrice fondamentalista islamico;
il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, nel personale messaggio di cordoglio per la morte del vescovo ucciso in Turchia ha dichiarato la necessità di attivare in tutte le sedi internazionali opportune apposite misure atte a garantire il rispetto di tutte le confessioni religiose e delle comunità cristiane all'estero;
il governatore della regione Lombardia Roberto Formigoni in occasione dei funerali di Monsignor Padovese ha rilasciato una dichiarazione nella quale ha chiesto ufficialmente al Governo italiano di attivarsi affinché sia fatta giustizia in merito a quanto accaduto;
la Chiesa italiana è la prima a sostenere i cristiani nel mondo, e paga con i suoi missionari, suore, preti e laici un prezzo di persecuzione sempre più pesante soprattutto in quei Paesi dove sono presenti regimi totalitari;
l'atrocità di questi crimini spesso non è più neppure oggetto di notizia da parte dei media, pronti, al contrario, a mettere in risalto tristi episodi come questi quando sono perpetrati nei confronti di uomini, donne o bambini di altre confessioni religiose;
più volte la chiesa cattolica e la conferenza episcopale hanno chiesto ufficialmente che l'Europa e tutta la comunità internazionale guardi con più attenzione al problema intervenendo per porre fine a una situazione di massacri quotidiani nei confronti dei cristiani nel mondo;
questi ultimi episodi gravissimi di persecuzioni contro i cristiani vanno ad aggiungersi ai noti fatti dell'Africa e dell'India dove dalla fine di agosto 2008 più di 60 cristiani sono stati uccisi, alle persecuzioni in America Latina, soprattutto in Messico; in Iraq, specialmente nella città di Mosul, da dove circa 2.400 famiglie cristiane sono state costrette a fuggire;
secondo il rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo, dell'associazione «Aiuto alla Chiesa che soffre», risulta che sono più di 60 le nazioni nel mondo dove si verificano gravi violazioni del diritto alla libertà religiosa dei propri cittadini;
comunità cristiane vengono perseguitate anche in alcune regioni della Nigeria, dell'Etiopia, delle Filippine e di altri Paesi, soprattutto islamici;
il diritto alla libertà religiosa è un elemento che bisogna garantire ad ogni persona, così come la libertà di parola e di espressione;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, sancisce all'articolo 18, fra l'altro, che «ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di

cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti» -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché sull'assassinio di Monsignor Luigi Padovese venga fatta chiarezza e vengano consegnati alla giustizia i colpevoli;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di contrastare la persecuzione delle comunità cristiane, facendosi promotore presso le sedi internazionali competenti di iniziative concrete finalizzate a contrastare con efficacia i soprusi perpetrati, in ogni angolo del mondo a danno della comunità cristiana.
(4-07722)

Seduta n. 342 del 23/6/2010

TESTO AGGIORNATO AL 1° LUGLIO 2010

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
all'incirca nel 1970 iniziava nel territorio dei comuni di Rossano e Corigliano, in provincia di Cosenza, la vicenda della centrale di Rossano Calabro sorta sulla costa jonica della Calabria, in località Cutura del comune di Rossano, con la richiesta di installazione di 4 sezioni da 320 megawatt elettrici ciascuna per un totale 1280 megawatt elettrici, alimentate a olio combustibile e gas naturale;
la prospettiva dell'installazione sul territorio di un simile fattore inquinante, nonché penalizzante per lo sviluppo al tempo ipotizzato, produsse la forte reazione delle istituzioni locali e dei cittadini nonché del proprietario dell'area interessata, che sul sito aveva già previsto e avviato un progetto turistico assentito dagli organi governativi del tempo e da altri soggetti istituzionali;
tale progetto avrebbe, oltretutto, dato impiego a qualche migliaio di addetti;
per un verso le popolazioni e le istituzioni del luogo e di tutta la piana di Sibari furono indotte all'accettazione di quell'impianto dalla speranza di nuova occupazione, ma soprattutto per le prospettive e le promesse governative di industrializzazione della piana di Sibari che prevedeva con il famoso «pacchetto Colombo», ventimila posti di lavoro che si sarebbero dovuti ottenere con:
a) il porto di Sibari (ora porto di Corigliano);
b) la Liquichimica, con l'EGAM (acciaierie speciali);
c) l'istituzione della prima università in Calabria che si sarebbe dovuta chiamare «Università della Sibaritide»;
d) la realizzazione dell'autostrada Taranto/Sibari e Sibari/Catanzaro che avrebbe dovuto chiudere l'anello autostradale italiano da Nord a Sud;
e) la realizzazione dell'aeroporto della Sibaritide;
f) il raccordo ferroviario SS 106-Centrale, a carico dell'Enel, per ridurre il carico del trasporto del combustibile su gomma;
per altro verso poiché le forze politiche locali, facenti parte del consiglio comunale di Rossano, continuavano ad opporsi al progetto della centrale, l'amministrazione comunale di allora fu fatta cadere con conseguente scioglimento del consiglio e nomina del commissario prefettizio, che immediatamente rilasciava all'Enel la richiesta licenza edilizia e che, terminato l'incarico, venne promosso prefetto

a Grosseto (nella cui provincia era in costruzione la centrale di Piombino, gemella di quella di Rossano);
nulla di quanto promesso è stato realizzato nella piana di Sibari e nell'area urbana Corigliano-Rossano, infatti:
a) il porto di Corigliano, benché fortemente ridimensionato, tuttora non è terminato e fatica a decollare per evidente mancanza di volontà politiche statali e regionali;
b) non vi è stato alcun insediamento industriale di quelli previsti e nemmeno di altri;
c) la sede universitaria prese la via di Cosenza e fu realizzata ad Arcavacata (comune di Rende);
d) le autostrade non furono mai realizzate, né le dorsali e tutt'ora i cittadini sono costretti a percorrere la strada statale 106 Jonica (definita da tutti, anche nazionalmente, «la strada della morte») con la conseguenza che per raggiungere il capoluogo di provincia si impiegano ancora oltre un'ora e mezza di viaggio (120 chilometri) e per raggiungere quello di regione oltre due ore (180 chilometri);
e) nulla si è fatto di concreto per l'aeroporto e le ferrovie sono impraticabili, sia quelle locali, sia quelle nazionali, compreso il suddetto raccordo ferroviario strada statale 106-Enel, con annoso conseguente intasamento e consunzione del tratto di 106 interessato (TA-Rossano Centrale e SA-Rossano Centrale);
nonostante tutto ciò, l'Enel otteneva nel 1991 di potere installare altri quattro gruppi turbo gas da 115 megawatt elettrici, in totale altri 460 megawatt elettrici di potenza senza che l'area di produzione abbia avuto alcun miglioramento o vantaggio;
nonostante queste esperienze negative sembrerebbe che le istituzioni locali abbiano offerto all'Enel di rimodulare impianti esistenti, sia utilizzando energie rinnovabili e sia ricorrendo al cosiddetto «ciclo combinato», che pur mantenendo l'area urbana sottoposta al vincolo di una produzione industriale convenzionale, rappresentava comunque un punto di mediazione possibile;
viceversa l'Enel, pur potendo procedere a trasformare a carbone altre sue centrali in Italia, anche più obsolete e vecchie di quella di Rossano, ha rifiutato ogni proposta alternativa e vuole a tutti i costi imporre il carbone, che nessun'altra comunità locale vuole, essendo ormai una tecnologia obsoleta e altamente inquinante poiché:
a) è dannosa alla salute, alla salubrità dell'aria e dell'ambiente, soprattutto in aree densamente popolate come la nostra;
b) l'acquisto del carbone proviene interamente dall'estero, al pari delle altre fonti energetiche convenzionali e nucleari;
c) il costo aumenta sempre più (dal 2000 al 2008 vi è stato un aumento del 300 per cento) perché se ne assottiglia la quantità e perché sono necessari costosi disinquinanti per renderlo non già «pulito», ma appena meno dannoso, per non parlare dei danni che tale produzione di energia determina sulla salute dei cittadini;
a fronte di tutto ciò, l'Enel ha deciso di trasferire a Brindisi, portandole via dalla regione Calabria e da Rossano, le direzioni regionali e compartimentali relative alla gestione degli impianti produttivi, sottraendo di fatto anche quel poco di risorse che potevano scaturire da tali siti;
non si può, inoltre, non mettere in evidenza, come tali scelte siano decisamente in contrapposizione con qualsiasi ipotesi di sviluppo agro-turistico e culturale di questa importante area strategica della Calabria;
a tutto ciò vanno aggiunte le seguenti considerazioni:
a) la definizione di «centrale policombustibile» appare fuorviante in quanto è previsto l'utilizzo di bio-masse e di energia solare solo per il 5 per cento,

contro il 95 per cento a carbone. Quindi appare più corretto considerarla una centrale «policombustibile quasi totalmente a carbone»;
b) la cosiddetta «nuova tecnologia a carbone pulito» per la presenza dei filtri a manica, dei dosolforatori e dei denitrificatori riduce solo in parte le particelle fini, ma nulla può fare sulle emissioni di polveri ultrafini (Φ< 0,1 μm), che, rappresentano la causa più importante d'incremento della mortalità e della morbilità;
c) il carbone è una delle forme più importanti d'inquinamento da mercurio. Il derivato di quest'ultimo, il metilmercurio, entrando nella catena alimentare dell'uomo, attraverso i pesci, può causare ritardo mentale, difficoltà di apprendimento, ritardo nello sviluppo neurologico, deficit del linguaggio, della funzione motoria, dell'attenzione e della memoria com'è evidenziato da numerosi studi scientifici in materia;
d) il processo di combustione del carbone produce, soprattutto nelle fasi di avviamento e di spegnimento dei gruppi termici ben 67 elementi tossici inquinanti, tra cui i ben noti metalli pesanti (arsenico, cromo cadmio), che causano nell'uomo gravi e mortali patologie mediche, nonché elementi radioattivi per 22 anni, come il piombo 210, responsabile di aumenti dell'autismo nei bambini;
e) una centrale a carbone emette rispetto ad un impianto di pari potenza alimentato a metano un quantitativo doppio di CO2, i cui effetti deleteri sul clima (effetto serra) sono oramai sotto gli occhi di tutti ed un quantitativo 140 volte superiore di ossidi di azoto. Le emissioni della combustione di carbone in centrali elettriche rappresentano la più grande fonte artificiale di anidride carbonica, che secondo la maggior parte degli studiosi del clima è causa primaria del riscaldamento globale. La riconversione a carbone non rispetta l'adesione dell'Italia al protocollo di Kyoto ed all'accordo raggiunto in seno all'Unione europea per la riduzione delle emissioni serra del 20 per cento;
f) le emissioni da questi impianti sono i principali responsabili delle piogge acide. La scelta del carbone, combustibile sporco, non considera le energie alternative, come solare ed eolico, se non marginalmente, nonostante esse abbiano già oggi costi complessivi molto minori del carbone e vantaggi ambientali per tutti;
g) la costruzione della centrale a carbone appare come scelta politica imposta dall'alto al territorio senza il minimo rispetto delle regole e dei deliberati delle istituzioni locali (piano energetico regionale e PCTP, piano territoriale di coordinamento provinciale, entrambi escludenti il ricorso alla combustione del carbone) e delle popolazioni;
h) su un sistema fortemente connotato da attività agricole di pregio (distretto agricolo di qualità, istituito dalla Regione Calabria) e da attività turistico-alberghiere (l'occupazione di entrambi questi settori già oggi stimabile in almeno diecimila unità) tale impianto di circa cento unità stabili, più un indotto di meno di un centinaio di addetti, avrebbe effetti catastrofici; nel distretto di Brindisi, dove è stato realizzato un impianto simile, l'occupazione agricola è drasticamente diminuita, come quella turistica, e i prodotti locali non sono più venduti, con una grave crisi socio-economica, nonché un grave aumento di patologie a carico della popolazione residente;
i) il piano energetico regionale adottato dalla regione Calabria, delibera n. 315 del 14 febbraio 2005, così recita «è vietato, su tutto il territorio regionale calabrese, l'utilizzo del carbone per alimentare centrali per la produzione di energia elettrica»;
l) le amministrazioni comunali di Rossano e Corigliano hanno espresso in maniera congiunta il proprio disaccordo sul progetto dell'ENEL;

m) dal quadro sopra evidenziato risulta evidente che la decisione dell'ENEL contrasta totalmente con i desideri e le vocazioni del territorio in questione -:
cosa si intenda fare, di concreto con le amministrazioni locali e regionali, per far sì che l'ENEL riveda le sue valutazioni e decisioni in merito alla ristrutturazione e alla riconversione al carbone della centrale sita nel territorio di Rossano e Corigliano, considerato che tale progetto appare totalmente inidoneo e in contrasto con ogni possibile ipotesi di sviluppo di quel territorio che ha nell'agricoltura e nel turismo le leve fondamentali per puntare ad una propria autonomia economica;
se non si ritenga necessario prendere spunto da questa situazione per una seria riflessione che ponga il territorio della Calabria al centro di produzioni di energie alternative che possano rappresentare un volano per nuove forme di sviluppo e, al contempo, che siano in armonia con le vocazioni naturali della regione Calabria.
(2-00769) «Belcastro, Brugger, Iannaccone».

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le abbondanti precipitazioni cadute nei giorni scorsi in Ciociaria hanno creato problemi alla sorgente di Posta Fibreno, una delle più importanti della provincia di Frosinone, provocando un intorbidamento delle acque;
risulterebbe infatti che una forte concentrazione di calcare, probabilmente dovuto a un fenomeno di slittamento franoso della falda, abbia contaminato le acque rendendole torbide al punto da incidere sulla colorazione della stessa;
a seguito dell'evento è stata attivata la procedura d'urgenza della non potabilità nei circa diciotto comuni interessati alla vicenda (tra cui vanno menzionati grossi centri quali Ceccano, Sora, Isola Liri), consentendo l'utilizzo delle acqua ai cittadini esclusivamente per fini igienici;
è necessario intervenire celermente per risolvere la problematica del ripristino delle condizioni di potabilità dell' acqua che porta grave disagio ai cittadini della zona e rischi per la salute pubblica;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 2009, all'articolo 4, comma 1, lettera a), prevede che la direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche svolga le funzioni di competenza del Ministero nei seguenti ambiti:
indirizzo e coordinamento delle misure relative alla definizione degli obiettivi qualitativi e quantitativi dei corpi idrici e individuazione delle misure volte alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento e risanamento dei corpi idrici nonché realizzazione degli interventi per l'eliminazione delle sostanze pericolose -:
quali misure siano state individuate per risolvere la problematica sopra esposta e ripristinare la normale attività della rete idrica nella provincia di Frosinone.
(3-01144)

MEREU. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 aprile 2010, ha disposto l'approvazione dello schema aggiornato relativo all'elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, introducendo al n. 21 il parco nazionale del golfo di Orosei e del Gennargentu per complessivi 79.935 ettari;
in sede di conferenza Stato-regioni del 17 dicembre 2009 si è approvato il citato VI aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree protette ma nei verbali

della conferenza non risulta nessuna richiesta di modifica da parte della regione autonoma della Sardegna;
il parco nazionale del Gennargentu e del golfo di Orosei è stato istituito con decreto presidenziale nel 1998 ma da sempre ha trovato l'opposizione ferma delle popolazioni e delle amministrazioni locali di molti dei comuni ricadenti nell'area;
contro il decreto di istituzione del parco stesso, si erano opposti - all'epoca - i comuni di Baunei, Orgosolo, Arzana, Villa Grande, Strisaili, Seulo e Gairo, che hanno proposto davanti al tribunale amministrativo regionale della Sardegna una serie di ricorsi, poi riuniti in un unico procedimento sospeso nel 2000 per la soluzione della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 34 della legge n. 394 del 1991 (in relazione soprattutto all'articolo 128 della Costituzione), nella parte in cui non impone specifiche modalità procedurali di coinvolgimento degli enti locali nel procedimento di individuazione e delimitazione del territorio del parco, ricondotto alla sola espressione di un parere non vincolante, relativo per giunta alle sole misure di salvaguardia e non anche ai confini del parco;
con ordinanza n. 9 del 30 gennaio 2002, la Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al tribunale amministrativo regionale della Sardegna, perché effettui un nuovo esame della questione sollevata, dal momento che, nel frattempo, è entrata in vigore la legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha abrogato l'articolo 128 della Costituzione;
per cercare di dare risposte concrete alle sempre più pressanti richieste provenienti dal territorio si è cercato di intervenire con la presentazione di alcune proposte di legge durante la XIV legislatura che disponevano la revoca dell'istituzione dell'ente parco di cui al comma 2 dell'articolo 34 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette);
durante le audizioni intercorse in fase d'esame delle proposte di legge sopramenzionate in commissione Ambiente sono state confermate le richieste di ferma opposizione alla costituzione del parco da parte delle rappresentanze locali interessate;
il 12 gennaio 2005 il consiglio regionale della Sardegna ha approvato un ordine del giorno con il quale si impegnava la giunta regionale ad attivare ogni iniziativa utile a promuovere in tempi rapidi la revisione della legge n. 394 del 1991 e a richiedere tempestivamente al Governo il superamento del decreto istitutivo dell'ente parco nazionale del Gennargentu e del golfo di Orosei;
successivamente per dirimere la vicenda, con una norma inserita all'interno della legge finanziaria 2006 si è provveduto a prevedere sostanzialmente che l'istituzione del parco in questione avvenisse previa volontà della regione Sardegna espressamente concordata con le autonomie locali interessate;
con le novità introdotte ultimamente dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si da luogo formalmente all'istituzione del parco nazionale in questione eludendo il parere delle cittadinanze interessate che ancora oggi fortemente denunciano la loro contrarietà;
è indispensabile riproporre con forza la necessità di perseguire una politica di tutela ambientale condivisa e partecipata con le popolazioni locali e gli enti che più da vicino li rappresentano, che hanno il diritto di potersi esprimere con parere vincolante sulle decisioni che riguardano l'ambiente delle zone amministrate -:
quali iniziative intenda adottare per risolvere le problematiche venutesi a creare con l'inserimento nell'elenco ufficiale delle aree protette del parco del Gennargentu e del golfo di Orosei, al fine di rispettare le

indicazioni normative precedentemente introdotte e soprattutto la volontà delle popolazioni locali da sempre contrarie all'istituzione dei parco.
(3-01146)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il comma 240 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono state destinate risorse per un miliardo di euro a «piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico

individuate dalla direzione regionale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare....» e deliberati dal CIPE;
la situazione di dissesto idrogeologico, soprattutto dopo l'ultima stagione invernale, interessa una alta percentuale del territorio italiano;
è necessaria una grande operazione «sicurezza» per l'ambiente italiano e per le popolazioni che vivono nelle numerose zone a rischio che interessano l'80 per cento dei comuni italiani;
non si hanno notizie circa l'utilizzo dei fondi richiamati tranne anticipazioni di stampa su un probabile accordo di programma con la sola regione Sicilia;
il ritardo rispetto alle necessità del Paese appare grave (sono trascorsi 18 mesi dall'approvazione della legge);
anche la regione Marche è stata particolarmente colpita dai numerosi eventi atmosferici ed al proprio interno il territorio della provincia di Pesaro e Urbino è stato «devastato» in più fasi, considerato che nelle «carte geologiche» la provincia medesima è fra le più «fragili» ed a rischio d'Italia -:
a cosa sia dovuto il ritardo registrato;
quali atti siano stati assunti per l'utilizzo dei fondi, quanti fondi siano stati impegnati ed in quale direzione;
quali siano le previsioni di utilizzo ed i criteri usati o che verranno usati;
quali interventi si prevedano per la regione Marche ed in particolare per la provincia di Pesaro e Urbino.
(5-03126)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta la Repubblica - Affari e Finanza di lunedì 21 giugno 2010, il fitto elenco delle opere incompiute in Italia rischia di arricchirsi ulteriormente: l'elettrodotto «Sorgente-Rizziconi» tra la Calabria e la Sicilia, un'opera in grado di tagliare di oltre un miliardo di euro l'anno il costo della bolletta elettrica nazionale, rischia di bloccarsi;
il progetto, presentato da Terna nel 2005, ha seguito per cinque lunghi anni la tradizionale corsa a ostacoli delle approvazioni. I 100 chilometri di linea a 380 kv a corrente alternata (di cui 38 sottomarini) hanno ottenuto l'approvazione degli enti locali e della valutazione d'impatto ambientale; infine, il via libera del Ministero dello sviluppo economico;
al decollo dei lavori - spesa prevista circa 300 milioni - manca solo la firma del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo;
il problema, per cittadini e imprese, è semplice: oggi tra continente e isola corre un elettrodotto da 100 megawatt che impedisce di far arrivare in Sicilia l'energia necessaria a imprese e famiglie oltre lo Stretto di Messina;
secondo Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, «vi sono zone del paese sostanzialmente isolate nelle quali si formano artificiose posizioni dominanti che alterano le condizioni dell'offerta». La Sicilia è, infatti, la regione con la corrente elettrica più cara del mondo. È sufficiente controllare quotidianamente le tabelle dei prezzi riportate dal gestore dei mercati energetici (Gme) nazionale: venerdì scorso un megawatt di energia in Sicilia ha toccato punte di costo di 175 euro, contro una media di 80 euro per il resto del paese. E, visto che il prezzo della corrente elettrica a livello nazionale è calcolato sulla media delle zone, il caro-bolletta di Palermo e dintorni, calcolano gli esperti, è stimabile in un paio di euro a megawatt per tutti gli italiani, vale a dire oltre un miliardo di euro l'anno;
l'elettrodotto «Sorgente-Rizziconi», fatte naturalmente tutte le debite verifiche

ambientali e tecniche, sarebbe la chiave per «far saltare questo tappo». L'energia in Puglia e Calabria è tra le meno care d'Italia. Inoltre, avere una linea con la capienza necessaria a farla correre verso l'isola consentirebbe di cancellare tutte le distorsioni di prezzo attuali, magari limando i maxi-profitti dei produttori di energia in Sicilia (oggi i maggiori beneficiari a livello economico di questo sistema elettrico a due velocità), concedendo uno sconto in bolletta ad imprese e famiglie locali e tagliando il fardello da un miliardo che oggi grava in modo anomalo su tutto il paese;
se e quando arriverà la firma del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, occorreranno almeno tre anni per rendere operativo l'elettrodotto -:
per quali ragioni il Ministro interrogato non abbia autorizzato in tempi immediati il progetto.
(4-07706)

BUCCHINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sono oramai alcuni mesi che si verificano gravi scontri, gli ultimi il 4 giugno 2010, tra le forze dell'ordine e gli abitanti dei comuni vesuviani di Terzigno, Boscoreale, Boscotrecase e Trecase, che protestano per l'apertura di una seconda discarica a Terzigno nel parco nazionale del Vesuvio e difendono il proprio territorio da quello che si sta prefigurando come un vero e proprio disastro ambientale;
le discariche di Terzigno sorgono su aree protette e vulcaniche che nel sottosuolo ospitano falde idriche che alimentano vari usi (potabile, industriale, agricolo) e dove applicando gli interventi prescritti dalle norme vigenti non è possibile garantire l'impermeabilizzazione alla base dei rifiuti per un periodo superiore a venti anni; il loro riempimento con materiale inquinante rappresenta quindi una certezza di inquinamento per le acque sotterranee;
nel prossimo futuro, proprio quando l'accentuazione della variazione climatica provocherà una diminuzione delle risorse idriche, i cittadini della zona erediteranno falde in gran parte inutilizzabili perché inquinate dai rifiuti;
attualmente essendo le discariche vicinissime ai centri abitati della città limitrofe, tra l'altro nel cuore di un'area protetta e sottoposta a vincoli di natura paesaggistica, giungono segnalazioni e denunce di vigneti coperti da coltre di cenere, della distruzione di campi agricoli coltivati, di particelle disperse di diossina che escono dai fumaioli, dell'aria diventata irrespirabile per le popolazioni locali e le numerose strutture turistiche, insomma di una vera e propria emergenza ambientale e sanitaria;
sotto il profilo dell'opportunità urbanistica la scelta delle discariche di Terzigno appare illogica per numerosi motivi: sono ubicate in un parco nazionale dove passano falde acquifere; sono ubicate in una provincia con la più alta densità abitativa d'Italia; le strade di accesso sono poche, strette, in cattive condizioni e attraversano centri densamente abitati; sono molto vicine a importanti insediamenti abitativi;
la Campania per anni ha «accolto» con le sue discariche abusive tutti tipi di rifiuti inclusi quelli industriali provenienti da tutt'Italia; il territorio è già stato gravemente deturpato e contaminato con aumento nella popolazione delle patologie respiratorie e cancerogene;
le numerose valutazioni dell'impatto ambientale ed economico delle discariche indicano le seguenti conseguenze: danno alla salute pubblica; disagi alla popolazione; deturpamento paesaggistico e danno al ricostituendo ecosistema del parco nazionale del Vesuvio; danno d'immagine per il turismo; danno alle attività di produzione agricola; danno alle attività di ricezione turistica e di tempo libero;

il Governo italiano, con decreto-legge 23 maggio 2008, convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, in deroga alla legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991 e al decreto del Presidente della Repubblica di istituzione dell'ente parco nazionale del Vesuvio del 05 giugno 1995, ha individuato nel comune di Terzigno (Napoli), ai sensi dell'articolo 9, due ex cave da destinare a discarica di rifiuti solidi urbani in località Pozzelle e Cava Vitiello;
sono numerose le direttive comunitarie relative alle discariche di rifiuti e alla conservazione degli habitat naturali che invitano gli Stati membri ad adottare misure per evitare il degrado di habitat naturali e di specie e a prevenire l'inquinamento e il deterioramento paesaggistici -:
se non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative, anche normative, volte a:
a) riconsiderare la decisione di utilizzare come discariche i siti suindicati e inseriti nel parco nazionale protetto del Vesuvio e patrimonio dell'UNESCO e, alternativamente, individuare, nuovi criteri di smaltimento dei rifiuti che tengano conto della salute dei cittadini e della preservazione del territorio;
b) adottare criteri e procedure tecnologicamente avanzate che vadano verso una riduzione dei rifiuti vicina allo zero per valorizzare l'immenso patrimonio paesaggistico e ambientale della Campania;
c) fare in modo che le decisioni in materia siano discusse e concordate con la popolazione e gli enti locali interessati.
(4-07710)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per - sapere - premesso che:
è sempre più acuta nell'opinione pubblica la coscienza dei gravi rischi di compromissione della salute, in relazione alla qualità delle acque nella regione Basilicata;
le analisi bio-chimiche riferite alle acque degli invasi lucani di Camastra, Monte Cotugno (Senise) e Pertusillo (quest'ultimo ubicato in prossimità dei pozzi petroliferi dell'Alta Val d'Agri e del Centro Oli di Viggiano), documentano che l'inquinamento delle acque destinate ad uso potabile per le regioni Basilicata e Puglia è dovuto ad inquinanti biologici, quali i coliformi (totali e fecali), gli streptococchi e le salmonelle, ed in parte ad inquinamento chimico da sostanze come il bario ed il boro;
i dati delle analisi ARPAB del 5 e del 18 novembre 2009, periodo nel quale gli invasi erano solo parzialmente pieni, documentavano un decadimento della qualità delle acque;
a seguito delle analisi dell'ARPAB veniva redatta una informativa della polizia provinciale di Potenza e, al fine di verificare l'attendibilità dei dati, il 21 gennaio 2010 venivano eseguiti, su iniziativa di Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali Lucani, dei prelievi di campioni di acque sugli stessi invasi, allo scopo di farli analizzare presso un altro centro di analisi ubicato fuori regione;
i risultati delle analisi documentavano un peggioramento della qualità delle stesse acque, nonostante il 21 gennaio 2010, gli invasi fossero pressoché colmi, e pertanto ci si aspettasse una maggiore diluizione dei contaminanti. Si evidenziava invece, una forte contaminazione da coliformi, streptococchi fecali ed escherichia coli, ad avviso degli interroganti con probabili responsabilità di Acquedotto lucano, consorzi di bonifica e comuni che scaricano i propri reflui nei corsi d'acqua, senza effettuare un'adeguata depurazione o senza effettuarla affatto;
è stata inoltre registrata la presenza di altre sostanze chimiche tossiche, come

il bario, che potrebbero ricondursi ad un inquinamento delle acque ad opera dei fanghi usati per la trivellazione dei pozzi petroliferi;
nel gennaio del 2010 fu prodotta una denuncia per rivelazione di segreti di ufficio, a seguito della diffusione dei risultati delle analisi delle acque dei suddetti invasi ad opera del segretario dei Radicali Lucani, Maurizio Bolognetti;
a seguito di tale denuncia, veniva sospeso dal servizio per due mesi l'ufficiale di polizia giudiziaria tenente Giuseppe Di Bello, accusato di aver trasmesso i dati delle analisi delle acque destinate alla fornitura di acqua potabile e di aver fatto assistere un cittadino, il già citato responsabile locale regionale del partito Radicale, ai prelievi delle acque eseguiti il 21 gennaio 2010. Da sottolineare che il tenente Di Bello aveva consegnato quei dati in piena legittimità, trattandosi di analisi di acque potabili destinate ad uso umano; i portatori di interessi diffusi risultavano avere, infatti, pieno titolo e diritto di ricevere copia di tali dati;
nel marzo 2010, la procura di Potenza convoca Maurizio Bolognetti per conoscere la sua fonte sulla vicenda dighe e al termine dell'interrogatorio, viene disposto un decreto di perquisizione e sequestro della sua abitazione, che è anche sede dell'associazione Radicali Lucani;
in questi giorni l'opinione pubblica è stata allertata sull'attuale peggioramento delle acque dell'invaso del Pertusillo, caratterizzate dalla moria di migliaia di pesci a causa della presenza dell'alga cornuta vegetale, che si sviluppa proprio in presenza di inquinamento diffuso, e fatto ancor più inquietante il sindaco di Potenza in data 27 maggio 2010, ha emesso l'ordinanza 21/2010/prot. 794/2010 che vieta - al fine di salvaguardare la salute pubblica - l'uso di acqua potabile in contrada Valle Paradiso, ricompresa nella più vasta contrada di Gallitello, a causa di probante inquinamento chimico della rete idrica. Questa contrada è ubicata a meno di quattro chilometri dalle vasche fosfogessi e dei fanghi industriali presenti nella ex Liquichimica Meridionale di Tito zona industriale;
l'Unione europea ha da tempo aperto una procedura d'infrazione per il mancato trattamento delle acque reflue in ben 525 comuni italiani con oltre 15mila abitanti. Siffatta inadeguatezza del sistema di depurazione, a parere degli interroganti, è gravissima perché mette a rischio la salute pubblica, in quanto si tratta di impianti destinati alla produzione di acqua potabile -:
se i ministri interessati intendano acquisire elementi sull'affidabilità dei controlli sulla qualità delle acque sia superficiali che di falda nelle zone maggiormente a rischio;
quali misure intendano adottare in relazione ai controlli sulle acque e per rendere pubbliche le analisi e le matrici;
come si intenda assicurare la tutela del diritto di informazione dei cittadini in merito alle analisi di aria, acqua, suolo sottosuolo e falda, così come sancito dalla Convenzione di Aarhus, nonché dalla direttiva comunitaria 2003/4/CEE e dal relativo decreto legislativo di recepimento 19 agosto 2005, n. 195;
quali iniziative, anche normative, intenda adottare al fine di chiarire in maniera inequivocabile la legittimità di attività e comportamenti di autorità pubbliche, volti ad assicurare il rispetto dei diritti di informazione dei cittadini in applicazione della Convenzione di Aarhus.
(4-07738)

LAGANÀ FORTUGNO e OLIVERIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010 si sono riuniti in seduta congiunta i consigli comunali di Rossano e Corigliano per discutere il progetto integrato policombustibile, presentato dall'Enel nel mese di aprile 2010 e che prospetta la riconversione prevalentemente a carbone (94 per cento) della centrale termoelettrica Enel di Rossano;

al termine della seduta, con voto unanime, gli stessi consigli comunali hanno espresso la netta e decisa opposizione alla riconversione a carbone della centrale; un «no» fermo e irrevocabile condiviso dalla maggioranza della popolazione, dai sindaci e dalle amministrazioni comunali dei 57 comuni della Sibaritide e del Pollino e dal mondo delle associazioni di categoria, indistintamente indignati per quello che potrebbe accadere al paesaggio naturale, al turismo, alla pesca e all'imprenditoria agricola se un tale piano trovasse attuazione;
il carbone è ritenuto infatti un combustibile altamente inquinante e il piano energetico ambientale approvato dal consiglio regionale della Calabria con delibera n. 365 del 14 febbraio 2005 ne esclude l'utilizzo sia in fase di costruzione di nuovi impianti sia in quella di riconversione delle strutture già esistenti;
peraltro, secondo quanto si legge in un dossier pubblicato da Legambiente, il ritorno al carbone prospettato con i progetti di nuove centrali avrebbe un impatto disastroso sui cambiamenti climatici, compromettendo non solo l'applicazione del protocollo di Kyoto, ma anche il rispetto dei nuovi obiettivi fissati al 2020 per la riduzione dei gas serra;
inoltre, pare opportuno prevedere l'avvio di ulteriori centrali di produzione di energia da fonti non rinnovabili e che comportano un ulteriore incremento delle emissioni di gas climalteranti dopo che il Governo, alla luce dell'esaurimento della riserva relativa agli operatori «nuovi entranti» (delle installazioni generanti emissioni di CO2), ha provveduto a varare il decreto-legge n. 72 del 2010 per rivedere l'assegnazione gratuita di quote agli impianti di nuova realizzazione;
a fronte di tutto ciò, ci si domanda perché l'Enel, in maniera pressoché unilaterale, intenda proseguire la corsa lungo questa direzione e non si dimostri, invece, pronta a collaborare per trovare soluzioni che non pregiudichino le risorse naturali e che rispettino le vocazioni delle zone interessate;
in un'epoca che guarda con interesse alle fonti energetiche rinnovabili e punta sull'innovazione, è infatti veramente inspiegabile un simile atteggiamento;
appare quindi inopportuno - anche alla luce dell'esaurimento della riserva dei «nuovi entranti» - prevedere l'avvio di ulteriori centrali di produzione di energia che comportano un ulteriore incremento delle emissioni di gas climalteranti -:
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a privilegiare lo sviluppo delle fonti energetiche climalteranti;
se non si ritenga necessario intervenire con urgenza, per quanto di competenza, allo scopo di impedire la riconversione a carbone della centrale termoelettrica Enel di Rossano.
(4-07739)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ROSSA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è stato recapitato a tutti i parlamentari, deputati e senatori, un volume che raccoglie gli atti del convegno «Omicidio Tobagi: 30 anni dopo, il caso non è chiuso» organizzato dalla Fondazione Bettino Craxi a Milano, il 30 novembre 2009;
tale volume fa parte della collana «I nuovi quaderni della fondazione Craxi»;
nella presentazione del volume l'autrice, il Sottosegretario per gli affari esteri Stefania Craxi, si scaglia violentemente, e ripetutamente, verso la figlia di Walter Tobagi, Benedetta, autrice del libro «Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre»;
tra le altre cose Stefania Craxi giudica il lavoro della Tobagi, definendolo come un «libro incredibile, di storie inventate di sana pianta, di allucinazioni

presentate come verità», e così proseguendo: «mai avrei immaginato di dover leggere tante nefandezze, tante calunnie, tante falsità che solo una mente alterata e un odio viscerale contro Bettino Craxi e contro i socialisti poteva partorire», prosegue mettendo in dubbio l'equilibrio mentale dell'autrice;
in altre e più parti del volume vengono chiamati in causa persone e citati fatti non inquadrabili né rispondenti alla verità storica;
all'interrogante risulta, inoltre, che la Fondazione Bettino Craxi abbia ricevuto fondi statali che per gli anni 2008-2010 ammontano ad euro 78.400, e che continuerà a riceverne in futuro, essendo stata stralciata dalla lista contenuta nella prima versione della manovra finanziaria che ne prevedeva la soppressione;
il Ministro interrogato ha, in più occasioni, dichiarato di ritenere immorale che lo Stato finanzi opere cinematografiche che ricostruiscono in maniera di parte eventi delicati della nostra storia: è successo in occasione della proiezione de «Il Sol dell'avvenire» nell'agosto del 2008 («Ritengo immorale che lo Stato possa finanziare un film che rappresenta il tentativo di ricostruire in maniera di parte, eventi delicatissimi e controversi», Il Giornale, 8 agosto 2008), ed è successo per il film «La Prima Linea»: «Ritengo personalmente che la sopravvivenza nella storia del nostro Paese di rigurgiti di violenza politica, nonché il rispetto che tutti, a partire dalle istituzioni, dobbiamo alla memoria di tutte le vittime del terrorismo, per non parlare della doverosa riservatezza che i protagonisti di quella stagione dolorosa dovrebbero mantenere, imporrebbero di non usare fondi pubblici per finanziare questo genere di film» -:
se il Ministro sia a conoscenza della pubblicazione del volume «Omicidio Tobagi: 30 anni dopo, il caso non è chiuso» a cura della Fondazione Craxi, se abbia piena contezza dei suoi contenuti, nonché della sua distribuzione capillare a tutti parlamentari;
se il Ministro non ritenga necessario riferire in merito al costo complessivo dell'operazione suesposta, nonché sui finanziamenti statali che sono stati utilizzati.
(4-07724)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VILLECCO CALIPARI, RUGGHIA, GAROFANI e MOGHERINI REBESANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si è appreso che la presidente del network Persone sieropositive, Rosaria Iardino, ha denunciato una latente discriminazione, attuata attraverso i criteri di reclutamento, nei confronti delle persone sieropositive che cercano di intraprendere, attraverso concorsi pubblici, la carriera all'interno delle Forze armate e di polizia;
la sindrome da immunodeficienza acquisita o acquired immune deficiency syndrome (AIDS in inglese) è un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione ovverosia la diminuzione del numero di linfociti T derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2. La sindrome è, allo stato attuale, curabile con numerosi farmaci e può considerarsi una patologia cronica non invalidante;
al di là degli interrogativi sollevati in merito a tale situazione che è stata oggetto di specifiche interrogazioni alle quali non è stata ancora data risposta, gli interroganti intendono sollevare il tema, ancor più rilevante di quei casi in cui una persona appartenente alle Forze armate o di polizia contragga la malattia durante gli anni di servizio;
dovendo prevalere, nelle sole ipotesi da ultimo indicate, il diritto costituzionalmente garantito ed affermato di ogni cittadino

al lavoro e l'impegno dello Stato a promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto -:
se il Ministro interrogato intenda assumere le necessarie misure al fine di garantire al personale appartenente alle Forze armate che, per qualsiasi motivo, abbia contratto una sindrome da immunodeficienza durante il servizio, e risulti quindi sieropositivo, una ricollocazione all'interno dell'amministrazione della difesa o altra amministrazione pubblica, tale da garantire la continuità del rapporto di lavoro in condizioni di sicurezza per sé e per gli altri, tenendo conto dell'imprescindibile ed inalienabile diritto al lavoro e al rispetto della dignità umana.
(5-03122)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
dal 15 al 18 giugno 2010, presso il comando generale dell'Arma dei carabinieri, si è svolto il secondo incontro dei delegati dei consigli intermedi della rappresentanza militare (COIR) per dibattere sul trattamento previdenziale e pensionistico del personale dell'Arma;
al termine dei lavori è stato prodotto un documento con cui i convenuti, a seguito dell'analisi dei provvedimenti normativi intervenuti dal 1992 in poi, hanno formulato pareri e proposte ritenuti «non negoziabili»;
i delegati COIR hanno ritenuto opportuno sottolineare, in rappresentanza della totalità degli appartenenti all'Arma, che «si renderebbe necessario omogeneizzare il personale del Comparto Sicurezza-Difesa con quello del pubblico impiego ed in particolare tramite: 1. Abolizione del C.P.M.P.; 2. Settimana lavorativa organizzata in 5 gg per tutti; 3. Anticipo TFR; 4. Abolizione della disciplina militare; 5. Transito ad organizzazione ad ordinamento civile; 6. Possibilità di svolgere il secondo lavoro; 7. Estensione del sistema fiscale già valido per i titolari di partita IVA.»;
il contenuto del documento redatto dai delegati dei COIR dell'Arma, appositamente riuniti, sembra voler affermare una piena condivisione delle azioni e delle proposte politiche che il Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia sta da tempo attuando con evidente successo nei confronti dei cittadini in divisa e nel caso specifico dei militari -:
se il Ministro sia a conoscenza del documento citato in premessa, se ne condivida i contenuti e se non ritenga opportuno dare piena attuazione alle richieste in esso formulate.
(4-07716)

TESTO AGGIORNATO AL 28 LUGLIO 2010

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con un atto di segnalazione del 3 giugno 2010, l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, formulava al Governo ed al Parlamento alcune osservazioni in merito alla recente riforma della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, recata dall'articolo 15 della legge 20 novembre 2009, n. 166, che ha modificato ed integrato le disposizioni previste dall'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
la suddetta disciplina avrà portata delegificante e riguarderà un ambito molto vasto, ridefinendo sostanzialmente il quadro normativo del settore. Il regolamento potrà, infatti, individuare espressamente le norme abrogate, in quanto incompatibili con la riforma; inoltre, il legislatore ha demandato al regolamento la soluzione di problematiche molto delicate, quali l'individuazione

delle procedure di gara e le previsioni di dettaglio per l'affidamento a società miste, il rispetto del patto di stabilità interno - anche da parte delle società miste ed in house -, il regime delle incompatibilità per mantenere distinte le funzioni di regolazione e di gestione, l'armonizzazione delle discipline generali con quelle settoriali, la partecipazione di imprese estere alle procedure di aggiudicazione, la tutela degli utenti dei servizi;
da un punto di vista più generale, gli approfondimenti effettuati, in vista dell'emanazione del regolamento attuativo previsto dal comma 10 dell'articolo 23-bis, hanno posto in rilievo la persistente incompiutezza del processo di transizione dei servizi pubblici locali verso assetti di mercato concorrenziali, in larga parte dovuta a profili critici propri dell'architettura complessiva del sistema;
anche se caratterizzati da un comune dato istituzionale, i servizi pubblici locali costituiscono un insieme piuttosto eterogeneo di settori produttivi, dal punto di vista tecnologico e delle caratteristiche della domanda. Il novellato articolo 23-bis, al comma 1, come noto, esclude tout court dall'ambito della riforma alcuni settori (distribuzione di gas naturale, distribuzione di energia elettrica, gestione delle farmacie comunali, trasporto ferroviario regionale) e, al contempo, abroga alcune norme generali e settoriali. Per l'affidamento dei servizi nei settori oggetto di deroga continuano, quindi, ad applicarsi le normative previgenti; tuttavia, anche in tal caso, non sembra venir meno la necessità di vagliare tali normative alla luce dei princìpi generali introdotti dalla riforma e, laddove necessario, intervenire con le opportune modifiche legislative al fine di pervenire ad un grado apprezzabile di armonizzazione. Per tutti gli altri servizi (tra i quali si annoverano la gestione dei rifiuti urbani, il trasporto pubblico locale non ferroviario ed il servizio idrico) opera la regola dell'applicazione integrale della riforma e dell'abrogazione tacita delle disposizioni settoriali incompatibili;
l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, segnala come l'assenza di chiare ed uniformi indicazioni interpretative, rischia di disincentivare l'apporto di risorse private;
a titolo esemplificativo, occorrerebbe chiarire se per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti (per la quale il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 non contempla l'in house fra le modalità gestionali - articolo 202, comma 1), nel caso in cui ricorrano le situazioni eccezionali di cui all'articolo 23-bis, l'opzione organizzativa in house torni ad essere valida, mentre per la gestione delle risorse idriche e per la gestione dei rifiuti merita attenta considerazione la peculiare fase di riassetto e transizione determinata dalla soppressione, a partire dal 27 marzo 2011, delle autorità d'ambito territoriale;
il problema del raccordo con le normative di settore si manifesta in maniera evidente anche nel settore del trasporto pubblico locale e necessità di un'attenta analisi delle peculiarità della disciplina settoriale e delle sue prospettive evolutive;
un ulteriore fondamentale profilo rimarcato dall'autorità, riguarda la persistente mancanza di chiarezza sulle regole procedurali da osservare per l'aggiudicazione dei servizi in particolare nel determinare i requisiti di partecipazione alle gare e le procedure di gara da seguire;
un intervento chiarificatore si rende, del pari, opportuno con riguardo al profilo dell'operatività dei gestori ed in particolare al divieto previsto dal comma 9 dell'articolo 23-bis, secondo cui, le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali

degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono, per tutta la durata della gestione, acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare;
per quanto concerne le società miste, al fine di evitare utilizzi distorsivi, il regolamento attuativo dovrebbe imporre agli enti affidanti di circoscrivere puntualmente le attività comprese nei compiti operativi del socio privato, nonché esplicitare l'obbligo di indire una nuova procedura di gara in caso di modifica alle condizioni essenziali dell'affidamento (tra cui l'oggetto dello stesso);
con riguardo all'in house, poiché la nuova formulazione del comma 3 dell'articolo 23-bis chiarisce che, anche dopo il periodo transitorio, esso è consentito per situazioni eccezionali che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, nel rispetto dei princìpi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano, andrebbero indicati quali siano i mezzi per dare adeguata pubblicità alla scelta dell'ente, come previsto dal comma 4 dell'articolo 23-bis;
un approfondimento a sé stante merita l'applicazione dell'in house al trasporto pubblico locale non ferroviario, per il quale la disciplina generale deve essere armonizzata con quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007, che codifica l'in house in modo compiuto per cui sarebbe auspicabile puntualizzare, nel regolamento attuativo dell'articolo 23-bis, che, qualora il servizio di trasporto pubblico locale di passeggeri sia affidato in house, il controllo analogo dovrà essere determinato secondo quanto previsto dal citato regolamento;
ulteriori incertezze interpretative sussistono con riguardo al regime transitorio degli affidamenti non conformi, ora opportunamente dettato dal comma 8 dell'articolo 23-bis e non più demandato al regolamento attuativo mentre l'Autorità ritiene opportuno garantire una transizione ordinata verso l'esternalizzazione totale o parziale dei servizi gestiti dalle società in house conformi ai princìpi comunitari -:
quali siano gli orientamenti del Governo rispetto alle segnalazioni citate e quali iniziative conseguenti intenda adottare.
(2-00771) «Libè, Galletti».

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARIO PEPE (PD). - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la grave crisi economico-finanziaria ed occupazionale in cui versa il nostro Paese ha reso più volte necessario intervenire per la salvaguardia delle iniziative beneficiarie di contributi pubblici in materia di patti territoriali e di contratti d'area conclusi o in fase di avanzata realizzazione;
a causa delle complesse lungaggini burocratiche, migliaia di piccole e medie imprese attendono ancora la parziale erogazione dei contributi previsti nell'ambito dei suddetti strumenti della programmazione negoziata approvati nel periodo 1994-2001;
nonostante le richieste presentate nel rispetto del decreto-legge n. 185 del 2008, che all'articolo 18-bis, reca nuove disposizioni in materia di contributi pubblici, la Cassa depositi e prestiti non ha ancora provveduto all'erogazione delle agevolazioni spettanti alle imprese interessate, arrecando in tal modo non pochi danni a

quest'ultime che hanno dovuto anticipare l'atteso contributo previsto dalla suddetta legge -:
quali iniziative si intendano porre in essere nei confronti della Cassa depositi e prestiti per garantire alle imprese beneficiarie la fruibilità del diritto previsto dall'articolo 18-bis del decreto-legge n. 185 del 2008, quale concreto ed efficace strumento a favore delle piccole e medie imprese in questa fase di grave crisi di liquidità finanziaria, ed evitare i danni che potrebbero derivare alle imprese, oltre che all'occupazione ed alla finanza pubblica.
(5-03113)

Interrogazioni a risposta scritta:

FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010 si è previsto per il 2010 la possibilità per i contribuenti di destinare una quota pari al 5 per mille dell'Irpef a finalità di interesse sociale;
l'Agenzia delle entrate ha imposto la presentazione delle richieste di ammissione al beneficio entro il 7 maggio 2010 e solo in forma telematica, nei modi e nelle forme previste dall'ufficio e, per farlo, vi è l'obbligo dell'abilitazione ai servizi telematici;
dal 23 aprile al 7 maggio 2010 ci sono stati 14 giorni, di cui solo 10 lavorativi e in questi 10 giorni molti richiedenti hanno provato ad inoltrare la richiesta, ma il sistema non ha riconosciuto la password e il pincode dell'anno precedente e la richiesta del nuovo pincode e password è rimasta disattesa;
i contatti telefonici con l'agenzia (a pagamento) sono stati impediti dalla lunga lista d'attesa, (fino a 70 contribuenti), provocando così, a causa dei tempi ristretti e dei disservizi dell'Agenzia delle entrate, l'impossibilità da parte di tutti di poter accedere al beneficio -:
quali siano le ragioni di tempi tanto ristretti per la presentazione dell'istanza per l'iscrizione nella lista dei beneficiari del 5 per 1000 e di tanti oneri burocratici e tecnologici per una semplice domanda;
per quale motivo non si istituisce un numero verde, funzionante, affinché il contribuente possa essere aiutato e tutelato contro i disservizi dell'Ente.
(4-07726)

NACCARATO e SBROLLINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 16 giugno 2010, in seguito all'inchiesta Dirty Leather disposta dalla procura della Repubblica di Vicenza, la Guardia di finanza ha arrestato otto persone (Angelo Fiaccabrino, Vittorio Bonadeo, Giandomenico Brando, Claudio Consolaro, Mario Pietrangelo, Graziano Dal Lago, Felice Floris e Alessandro Salvadori) con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Si tratta di commercialisti, consulenti fiscali e funzionari dell'Agenzia delle entrate di Arzignano e Vicenza;
nell'ambito della medesima indagine, condotta dal procuratore di Vicenza Ivano Nelson Salvarani e dal sostituto procuratore Marco Peraro, risultano complessivamente iscritte nel registro degli indagati 77 persone: 55 sono imprenditori, 13 commercialisti o consulenti fiscali e 9 dipendenti dell'Agenzia delle entrate. Attualmente, gli episodi di corruzione al vaglio degli inquirenti sono 68 e si concentrano nel periodo 2003-2009;
l'inchiesta Dirty Leather è stata avviata nel 2008, dopo la scoperta di numerose e ripetute frodi tributarie di aziende e società operanti nel distretto della concia della provincia di Vicenza. Nel corso del 2009 la Guardia di finanza aveva accertato evasioni dell'Iva per centinaia di milioni di

euro e arrestato l'imprenditore Andrea Ghiotto, il consulente Marcello Sedda e l'ex comandante della Guardia di finanza di Arzignano Luigi Giovine;
dall'indagine in questione emerge un ampio e diffuso impiego di tangenti, utilizzate al fine di eludere o concordare controlli e verifiche fiscali dirette a una cinquantina di aziende del distretto della concia. Tali tangenti sarebbero quantificabili in circa 2 milioni di euro;
nel corso dell'inchiesta sono emersi tentativi di depistaggio delle indagini da parte di alcuni inquisiti. In particolare, secondo le dichiarazioni rese dalla Guardia di finanza, pubblicate sul Corriere del Veneto del 17 giugno 2010, in alcune intercettazioni telefoniche si faceva riferimento a «iniziative volte a intralciare le indagini della Guardia di finanza con interventi da effettuare nei confronti del maggiore Paolo Borrelli, comandante del Nucleo di polizia tributaria» che conduceva le indagini. Inoltre, nel corso di una conversazione intercettata si era fatto riferimento a contatti con parlamentari per la presentazione di interpellanze e di richieste al Ministro della giustizia di ispezioni all'ufficio di Procura di Vicenza, come riportato dal quotidiano sopra citato;
la scoperta delle frodi nel distretto della concia vicentino è stata possibile soprattutto grazie alle grandi capacità investigative dei magistrati inquirenti e della Guardia di finanza di Vicenza comandata dal colonnello Antonio Morelli e dal tenente colonnello Paolo Borrelli;
il sistema illegale ricostruito nei fascicoli dell'inchiesta Dirty Leather è stato scardinato per merito dell'utilizzo delle intercettazioni telefoniche e grazie alla disposizione di innumerevoli e capillari controlli incrociati, mediante i quali è stato possibile mettere a confronto le denunce dei redditi degli indagati con il loro tenore di vita -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti fin qui esposti;
quali iniziative intendano porre in essere per implementare le risorse necessarie al pieno ed effettivo esercizio dei controlli fiscali e delle conseguenti investigazioni;
in che modo intendano sostenere e potenziare le iniziative e le attività investigative nella provincia di Vicenza, per contrastare e reprimere l'illegalità e l'evasione fiscale.
(4-07741)

GRIMOLDI, ALLASIA, CAVALLOTTO e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'ENSE, Ente nazionale delle sementi elette con sede centrale in Milano, è istituzione pubblica di riferimento del settore sementiero, la cui attività di certificazione, indispensabile garanzia della qualità e tracciabilità del prodotto commercializzato, si accompagna ad un'opera intensa di ricerca e sperimentazione per la messa a punto e l'attuazione di nuove metodologie per la valutazione tecnologica e varietale delle sementi; né minor rilievo assumono i compiti dell'ENSE relativi all'attività di assistenza, controllo e supervisione dei soggetti privati che, sulla base del vigente quadro normativo, adempiono in proprio, su base volontaria, alle attività di certificazione;
tale ente viene soppresso dal decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica», pubblicato sul S.O. n. 114/L della Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010, che ne affida le funzioni, il personale e le strutture all'INRAN, Istituto nazionale per la ricerca per gli alimenti e la nutrizione di Roma;
un ente analogo all'ENSE c'è in ogni Paese dell'Unione europea: il mondo delle sementi rappresenta un settore specifico, regolato a livello nazionale, comunitario e

anche sovra-europeo da normative e accordi che ne disciplinano la produzione, le modalità di controllo, il commercio;
l'ENSE è parte importante di questo sistema e, per svolgere le proprie attività, non riceve alcun contributo pubblico; i suoi bilanci, reperibili sul sito internet, sono largamente in attivo; gli avanzi di amministrazione, peraltro, vengono reinvestiti a beneficio del settore sementiero, come previsto dalla legge;
i dipendenti dell'ENSE a tempo indeterminato sono un centinaio; a questi si aggiungono altrettanti collaboratori, in numero variabile secondo le esigenze stagionali tipiche del settore agricolo;
ogni iniziativa volta ad assimilare l'attività dell'ENSE a quella di altre istituzioni, oltre a non recare vantaggi per i programmi di finanza pubblica, può ripercuotersi negativamente sull'industria sementiera, che attualmente può contare su un'organizzazione specialistica adeguatamente flessibile e capace di rispondere tempestivamente alle esigenze produttive degli operatori;
il valore delle sementi commercializzate in Italia viene calcolato in 1,2 miliardi di euro da uno studio dell'Istituto nazionale di economia agraria;
l'attuale situazione non solo non comporta oneri per la finanza pubblica, ma l'attività dell'ENSE contribuisce anche ad evitare esborsi, da parte dello Stato, per la ricerca che l'Ente attua avvalendosi di risorse proprie -:
quali siano i motivi della soppressione dell'ENSE e se siano state prese in considerazione ipotesi alternative.
(4-07744)

TESTO AGGIORNATO AL 19 LUGLIO 2010

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

TENAGLIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il terremoto che ha colpito l'Abruzzo ha determinato gravissimi lutti e conseguenze drammatiche per l'intera popolazione, per il tessuto produttivo e per le istituzioni;
in particolare l'amministrazione della giustizia versa in una situazione di grave e totale emergenza, perché sia gli Uffici giudiziari de L'Aquila che di Chieti, in dipendenza degli eventi sismici, sono completamente o parzialmente inagibili;
è fondamentale assicurare in tempi rapidi la piena funzionalità dell'attività giudiziaria anche in ragione della circostanza che L'Aquila è sede distrettuale competente per tutta la regione Abruzzo per le cause di appello e per i procedimenti di criminalità organizzata;
il Governo, nella seduta della Camera dei deputati del 17 giugno 2009, nel corso dell'esame del provvedimento n. 2468, concernente «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile» ha accolto un ordine del giorno, a prima firma dell'interrogante contenente il seguente impegno:
«al fine di garantire il funzionamento degli uffici giudiziari di cui al comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame e assicurarne la gestione e la riorganizzazione nella fase di emergenza, nonché per provvedere alla riparazione e al ripristino degli stessi, nonché del tribunale di Chieti, e il recupero della loro piena funzionalità al termine del periodo di sospensione dei processi, a destinare prioritariamente una quota sufficiente delle risorse di cui all'articolo 14, comma 15 del presente decreto, agli scopi predetti»;
in particolare, per quanto riguarda il tribunale di Chieti, l'immobile che lo ospita, è stato danneggiato dal sisma, causandone la parziale inagibilità;

ciò ha provocato inevitabili disagi, affrontati con adeguato senso di responsabilità e sacrificio da parte di tutti gli operatori della giustizia e dagli utenti;
è opportuno ricordare che non vi è stata alcuna interruzione del servizio prestato agli utenti e le udienze si tengono regolarmente;
tuttavia, la fase emergenziale continua tuttora, nonostante l'allocazione del settore civile, che costituisce la parte numericamente più importante del lavoro del tribunale, presso un immobile retrostante quello danneggiato, con spazi insufficienti allo svolgimento delle udienze e conseguenti gravi disagi per l'utenza;
la soluzione individuata deve essere considerata provvisoria ed occorre giungere in tempi brevi alla ristrutturazione e riqualificazione dell'immobile principale, mediante lo stanziamento di adeguate risorse economiche -:
quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere per dare corso all'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno suindicato e per giungere in tempi brevi alla ristrutturazione e riqualificazione degli uffici giudiziari de L'Aquila e di Chieti.
(5-03115)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura ha deliberato all'unanimità i primi trasferimenti d'ufficio su disponibilità nelle cosiddette «sedi disagiate» per come disciplinato dalla legge n. 24 del 2010 a cui lo stesso Consiglio superiore della magistratura ha dato attuazione con deliberazione del 16 marzo 2010;
nell'elenco delle sedi disagiate è stata anche inserita la procura della Repubblica presso il tribunale di Locri (RC) che attualmente presenta una scopertura dell'organico pari al 75 per cento pur essendo chiamata ad esercitare un'importante funzione requirente in uno dei territori più esposti del Mezzogiorno sotto il profilo della presenza e del conseguente contrasto alla criminalità organizzata;
la disposizione legislativa richiamata prevede che possano essere accolte le domande presentate da quei magistrati che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità e che non appartengano ad altre sedi disagiate;
la stampa regionale ha riportato il caso di un sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto che avrebbe presentato all'organo di autogoverno della magistratura domanda di trasferimento presso l'ufficio di Locri essendo in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente sia per quanto riguarda quello della prima valutazione di professionalità sia par quello della sede di appartenenza che, al momento della pubblicazione del bando, non era considerata «sede disagiata» in quanto presentava una scopertura d'organico pari al 18 per cento e quindi al di sotto della soglia minima prevista del 20 per cento;
la domanda di trasferimento presentata sarebbe stata respinta dalla terza commissione del Consiglio superiore della magistratura senza che se ne conoscano ufficialmente i motivi anche se, da notizie apparse sulla stampa regionale, questi potrebbero ravvisarsi nell'obiettivo di evitare che la procura pugliese diventasse «sede disagiata», anche e soprattutto perché, nel frattempo, un altro magistrato sarebbe stato trasferito da Taranto a Lecce e quindi si sarebbe optato per la reiezione, nonostante i requisiti per l'ammissibilità del trasferimento si sarebbero dovuti valutare solo al momento della pubblicazione del bando -:
se il Ministro, nell'ambito dell'autonomia decisionale del Consiglio superiore della magistratura, intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, per risolvere le criticità degli uffici giudiziari, come nel caso di Locri, che presenta

evidenti carenze di organico che devono essere superate per garantire l'efficace contrasto alta criminalità organizzata.
(4-07736)

CALLEGARI, FORCOLIN, LUCIANO DUSSIN e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
suscita indignazione la notizia riportata in data odierna dal quotidiano Nuova Venezia sull'immediata scarcerazione disposta nei confronti di cinque banditi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Treviso, a meno di quarantotto ore dall'arresto effettuato dalla squadra mobile;
i cinque banditi sono stati colti in flagranza di reato dalla squadra mobile, con ancora i cappucci in testa e gli attrezzi usati per scardinare la cassa, mentre avevano fatto saltare la cassa continua di un supermercato di Valdobbiadene, al termine di un paziente lavoro di pedinamento per smascherare i delinquenti, peraltro sospettati di aver compiuto almeno altre cinque rapine di sportelli bancomat nelle provincie di Padova e Treviso;
con tale decisione sconcertante il giudice per le indagini preliminari ha disposto per i cinque rapinatori il solo obbligo di dimora nei rispettivi comuni di residenza unitamente al divieto di uscire dall'abitazione nell'orario compreso tra le nove di sera e le sette del mattino, in tal modo compromettendo seriamente le indagini che nel frattempo si stanno svolgendo per risalire alla responsabilità dei cinque banditi anche per precedenti rapine messe a segno nel Nord Italia;
l'articolo di stampa riporta lo sconcerto del questore di fronte ad una decisione del giudice che consente a cinque delinquenti di muoversi liberamente e di inquinare prove che i poliziotti della squadra mobile avevano pazientemente iniziato a ricostruire per assicurarli alla giustizia e collegarli alle altre rapine;
simili vicende hanno ripercussioni irreparabili per la sicurezza dei cittadini e contribuiscono ad accrescere il senso di sfiducia nei confronti delle decisioni di alcuni magistrati che consentono a delinquenti incalliti di poter tornare immediatamente liberi dopo l'arresto compiuto mentre erano in flagranza di reato -:
se il Ministro ritenga opportuno assumere iniziative di carattere ispettivo ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza.
(4-07740)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TULLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 25 febbraio 2010 è stata presentata dal firmatario del presente atto ispettivo un'interrogazione (5-02559), relativa alla riduzione del servizio sulle tratte Torino-Reggio Calabria, Torino-Palermo, Milano-Reggio Calabria ed in particolare del materiale rotabile dedicato al trasporto auto;
in data 16 marzo 2010 viene data risposta, dal Governo, che confermava le scelte di Trenitalia, quali una razionalizzazione del servizio e delle risorse, in quell'occasione l'interrogante si dichiarò insoddisfatto delle risposte ed invitò il Governo, attraverso il Sottosegretario presente in Commissione a monitorare la situazione in relazione in particolar modo all'imminente stagione estiva;
è di questi giorni la costituzione a Genova di un comitato di cittadini interessati al «Servizio auto al seguito» che si sono ritrovati nell'impossibilità di usufruire dello stesso dalla stazione genovese dove tra l'altro erano stati fatti investimenti per facilitare il carico delle vetture;
l'8 giugno 2010 si è tenuto un incontro in regione Liguria, in cui i responsabili del servizio passeggeri di Trenitalia, hanno

potuto verificare le difficoltà in cui si ritrovano molti cittadini che non solo sono impossibilitati ad avere il servizio dal capoluogo ligure, ma non trovano disponibilità neppure recandosi a Torino, almeno fino al 15 agosto 2010;
già nell'interrogazione (5-02559) viene rimarcata come la scelta di Trenitalia colpiva in particolar modo le fasce economiche più deboli che non hanno la possibilità di usufruire di altri mezzi di trasporto perché più onerosi, situazione che si aggrava vista la difficile fase finanziaria che colpisce le famiglie italiane -:
se non ritenga d'intervenire rapidamente nei confronti di Trenitalia, per ripristinare almeno parzialmente il servizio anche con partenza da Genova, e comunque trovare soluzione ai fini di garantire a chi intendeva partire dal capoluogo ligure, la certezza di programmare il viaggio verso la Calabria e la Sicilia.
(5-03102)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal mese di giugno 2009 la società «Trenitalia», parte integrante del gruppo «Ferrovie dello Stato» ha «sospeso temporaneamente il servizio di oggetti smarriti» (così testualmente nel sito ufficiale dell'azienda);
in realtà, più volte nel corso degli ultimi mesi i media sono intervenuti sulla questione della soppressione del comparto, quanto mai importante per un Paese in cui sono milioni le persone che si spostano a bordo dei convogli nazionali;
secondo i dettami del codice civile, richiamati anche nel predetto sito internet a seguito della disattivazione, spetta ai capotreni o ai singoli passeggeri recuperare eventuali beni dimenticati e consegnarli all'ufficio comunale del luogo di destinazione;
sfogliando mail, lettere e interventi vari da parte dell'utenza, sembra, però, che il nuovo sistema lasci molto a desiderare, tant'è che ora come ora parrebbe in netto calo la possibilità di rientrare in possesso dei propri oggetti;
quanto sopra apre numerosi interrogativi giuridici circa l'incentivazione di fenomeni penalmente rilevanti (leggasi la continua appropriazione da parte di passeggeri con scarso senso civico), nonché in ordine alla posizione del personale di servizio che, pur avendo individuato dei beni altrui, se ne disinteressino per evitare inutili trafile burocratiche con gli uffici comunali di competenza -:
se il servizio di raccolta e restituzione degli oggetti smarriti a bordo dei treni nazionali sia da considerarsi «temporaneamente sospeso» o, piuttosto, definitivamente soppresso;
a quante unità ammontino i beni smarriti che sono stati affidati dal giugno 2009 ad oggi ai singoli uffici comunali da parte del personale del gruppo «Ferrovie dello Stato» affinché gli stessi vengano restituiti ai legittimi proprietari;
se intenda intervenire sulla vicenda, scongiurando qualsiasi forma di disagio per l'utenza, nonché l'incentivazione di comportamenti scorretti e spesso financo di rilievo penale.
(5-03103)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società «Trenitalia», parte integrante del gruppo «Ferrovie dello Stato», ha attivato uno speciale numero di telefono a favore dei disabili e dei loro accompagnatori;
in realtà, il servizio di «assistenza alle persone a mobilità ridotta» disponibile al 199303060, risulta essere a carico dell'utente chiamante;
non pare il caso di richiamare le molteplici fonti normative, anche di natura comunitaria ed internazionale, che impongono alla collettività e alle aziende

di garantire ai portatori di handicap la massima accessibilità possibile ai servizi, soprattutto quelli della mobilità -:
se non ritenga indispensabile che il servizio telefonico di ausilio all'utenza disabile del gruppo «Ferrovie dello Stato» diventi al più presto gratuito mediante l'attivazione di un apposito numero verde.
(5-03104)

VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 21 giugno 2010 si è verificato un ennesimo incidente sul lavoro, evitabile, a bordo del traghetto Toremar Oglasa ormeggiato a Portoferraio;
un uomo di 47 anni, Giuseppe Peruffo, direttore di macchina a bordo, è in coma dopo essere caduto da una scala, da un'altezza di circa due metri, mentre cercava di rimettere in funzione una rampa rimasta bloccata;
la capitaneria di porto ha avviato un'inchiesta amministrativa per stabilire le cause e le responsabilità;
i dati Inail per l'anno 2009 sugli infortuni sul lavoro sono abbastanza confortanti, rilevando una tendenza in calo rispetto agli anni precedenti, ma purtroppo non tutti gli infortuni vengono denunciati causa la forte crisi economica che ha aumentato l'abusivismo;
il decreto legislativo n. 106 del 2009 ha portato modifiche rilevanti soprattutto nel sistema sanzionatorio, diminuendo, ad avviso dell'interrogante, in misura significativa il livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
il persistere del fenomeno delle cosiddette «morti bianche» e dei continui e numerosi incidenti sul lavoro ripropone con urgenza un forte impegno delle istituzioni e delle forze politiche e sociali, affinché continuino ad essere affrontate le gravi problematiche connesse al tema della sicurezza sul lavoro -:
quali iniziative intenda intraprendere sul caso specifico e più in generale come intenda intervenire al fine di garantire maggiore sicurezza ai lavoratori del settore.
(5-03109)

TULLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione del 5 febbraio 2009 (5-00962) discussa il 12 marzo 2009 presso la Commissione trasporti, si è posta l'attenzione sul complesso accordo di programma concernente le aree siderurgiche di Genova Cornigliano, in particolare la parte riferita agli impegni assunti dal Governo nei confronti dell'autorità portuale di Genova;
l'accordo prevedeva una compensazione per l'autorità portuale di 70 milioni di euro da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinati a «consentire l'ampliamento e lo sviluppo della funzione logistico-portuale» secondo il programma triennale presentato dall'autorità portuale di Genova;
in considerazione dell'accordo di programma l'autorità portuale ha inserito nel suo programma triennale 2008/2010 i seguenti interventi relativi alla logistica: prolungamento sopraelevata portuale 23.500.000 euro, ammodernamento sopraelevata esistente 15.000.000 euro, autoparco 20.000.000 euro, adeguamento tecnologico 11.500.000 euro, per un totale di 70.000.000 euro;
è in corso da parte dell'autorità portuale di Genova un importante intervento infrastrutturale, con risorse proprie, che consentirà allo scalo genovese, alla ripresa dei traffici, ora contratti a seguito della grave crisi finanziaria internazionale, di avere maggiori spazi disponibili per container e merci e le opere inserite nel

programma triennale sono immediatamente realizzabili e funzionali allo sviluppo del porto e della città;
dinanzi al mancato rispetto da parte del Governo dell'impegno assunto con l'autorità portuale di Genova, la stessa si è rivolta al Tribunale amministrativo regionale della Liguria che con sentenza del 27 maggio 2010, ha aderito alle ragioni manifestate dai rappresentanti legali del Ministero, che ritengono superato l'accordo con riferimento ai 70.000.000 di euro, in quanto, con la legge 24 dicembre 2007, n. 244, le autorità portuali hanno ricevuto la completa autonomia finanziaria, con conseguente cessazione di trasferimenti di risorse statali a tali enti ai fini di realizzare le loro infrastrutture;
nel pieno rispetto delle decisioni assunte dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, non si può che constatare che la misura assunta con la legge 24 dicembre 2007, n. 244, rispetto all'autonomia finanziaria delle autorità portuali non ha trovato attuazione come prevedevano i decreti attuativi, a seguito della chiusura anticipata della legislatura;
anche nella recente proposta di riforma della legge n. 84 del 1994 annunciata dal Governo non sarebbe prevista l'autonomia finanziaria delle autorità portuali, e nel frattempo sono praticamente stati azzerati i contribuiti per la manutenzione straordinaria dei porti, e nell'ultimo decreto cosiddetto «incentivi» si è dato la possibilità alle autorità portuali di ridurre o addirittura abolire le tasse d'ancoraggio;
il permanere della decisione del Governo di non rispettare l'accordo nella parte riguardante l'autorità portuale rischia di compromettere l'attuazione complessiva dell'accordo di programma di Cornigliano; tale scelta crea anche un grave precedente, che mina il rapporto di fiducia tra le diverse istituzioni, che in futuro dinanzi ad altri accordi di programma, con scelte unilaterali del Governo per sopraggiunte modifiche normative, che nel caso specifico appaiono richiedere dei provvedimenti ulteriori, potrebbero vedere tradite le intese raggiunte -:
se non ritenga di rivedere la posizione nei confronti dell'autorità portuale di Genova;
se non ritenga di farsi promotore di un'incontro con i diversi soggetti interessati all'accordo di programma per trovare una soluzione in tempi rapidi.
(5-03120)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il 24 marzo 2010 venne pubblicato sul sito della prefettura di Roma, http://www.prefettura.it/roma, l'avviso pubblico per l'affidamento della gestione del Centro di accoglimento richiedenti asilo (C.A.R.A.) di Castelnuovo di Porto;
il costo complessivo dell'appalto, stimato su base storica, al netto dell'IVA, era previsto in oltre 34 milioni di euro per una durata di tre anni;
la scadenza per la presentazione delle offerte era prevista per le ore 12,00 del giorno 30 aprile;
a seguito di alcune richieste di chiarimenti pervenute alla prefettura, vennero disposte rettifiche integrative del suddetto bando e, pertanto, con la comunicazione del 9 aprile, pubblicata sul sito della prefettura di Roma, la scadenza della gara venne prorogata alle ore 12,00 del 17 maggio 2010;
con la stessa comunicazione venne prorogato il termine per effettuare il sopralluogo presso la struttura dal 19 aprile al 7 maggio;
ai primi di maggio, quindi oltre la scadenza prevista dal bando, sul sito della

prefettura di Roma veniva pubblicato l'avviso che sospendeva le procedure per l'affidamento della gara a «causa di difficoltà organizzative connesse con la disponibilità di alcuni locali del Centro» -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
per quali motivi il bando di gara e le successive comunicazioni siano state cancellate dal sito della prefettura di Roma;
quali siano le difficoltà organizzative, sopraggiunte fra il 9 aprile ed i primi di maggio 2010, che hanno portato alla sospensione dell'affidamento del servizio e con quali misure si intenda superarle;
in quali tempi si intenda riattivare le procedure per l'affidamento della gestione del Centro di accoglimento richiedenti asilo (C.A.R.A.) di Castelnuovo di Porto, attualmente gestito in regime di proroga.
(2-00770)«Berretta, Laratta, Madia».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, ANDREA ORLANDO e ZUNINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nelle prime ore di venerdì 18 giugno 2010, un'incendio di origine dolosa, ha completamente distrutto nella città di San Remo il pub «BIG BEN», con conseguenti danni agli appartamenti collocati nei piani superiori del palazzo;
quello del 18 giugno 2010 è l'ultimo di una lunga serie di episodi che si stanno registrando a San Remo e nella provincia d'Imperia a danno di attività commerciali, atti delittuosi che sono stati già descritti in due interrogazioni (5-02336 del 14 gennaio 2010 e 4-06876 del 22 aprile 2010), nelle quali si chiedeva al Governo di porre attenzione e risposte al territorio interessato, a partire dal rafforzamento degli organici delle forze dell'ordine e della procura di San Remo;
da tempo la direzione nazionale antimafia nelle sue relazioni, in particolare in riferimento alla «ndrangheta» parla d'infiltrazioni nel Ponente ligure, scrivono i magistrati: «Particolare attenzione occorre rivolgere alla Provincia di Imperia ove è stata registrata una particolare recrudescenza sotto il profilo di azioni criminali, soprattutto incendi e danneggiamenti»;
nella giornata del 13 giugno 2010, sulla base di un'inchiesta avviata dalla procura sanremese, vengono compiuti 8 arresti, per reati compiuti a Bordighera, legati allo sfruttamento della prostituzione, ma anche per minacce, estorsione e violenza. La stampa riporta le dichiarazioni dell'assessore al turismo di Bordighera, che dopo le minacce ricevute da alcuni degli arrestati, avrebbe dichiarato ai magistrati: «Da quando sono venuti quelli lì a farmi visita dormo con la pistola sotto il cuscino»;
è necessaria una risposta adeguata alle questioni di organico già poste nelle precedenti interrogazioni, al fine anche di dare messaggi rassicuranti ai cittadini residenti a San Remo e del Ponente ligure -:
quali iniziative s'intendano assumere per mettere a disposizione delle forze dell'ordine e della procura di San Remo le risorse e gli strumenti idonei a svolgere le indagini e a garantire l'opera di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata.
(5-03114)

Interrogazioni a risposta scritta:

DE CORATO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Milano, secondo le stime di Cgil e Fondazione Ismu (iniziative e studi sulla multietnicità), la presenza dei clandestini oscilla tra le 44 e 50 mila unità, numero che incide pesantemente sulla sicurezza della città;

il 16 giugno 2010, la squadra interventi speciali del Nucleo radiomobile della polizia locale, a seguito di un'indagine durata mesi, ha scoperto una «centrale» per false regolarizzazioni in un negozio di telefonia nel quartiere Corvetto a Milano gestito da un pakistano di 33 anni, che è poi stato arrestato e tradotto a San Vittore con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e truffa;
il meccanismo fraudolento prevedeva che i clandestini pagassero 5.000 euro per ottenere falsi contratti di lavoro (almeno un centinaio quelli sequestrati dalla polizia locale) da utilizzare poi nella procedura on-line di richiesta di regolarizzazione per colf e badanti, prevista dalla sanatoria del settembre 2009, attraverso lo sportello unico telematico del sito del Viminale -:
in che modo intenda procedere il Ministro a seguito di quello che probabilmente può considerarsi il primo caso in Italia di raggiro alla sanatoria di colf e badanti, attraverso l'utilizzo dei moduli di regolarizzazione scaricabili dal sito del Ministero dell'interno, una procedura che avrebbe dovuto agevolare la pratica ma che si scopre essere esposta al rischio di truffa, dato che, approfittando dei ritardi nelle verifiche delle domande di regolarizzazione presentate tra il 1o e il 30 settembre 2009, per quasi 9 mesi migliaia di clandestini avrebbero potuto avvalersi dell'avviamento della pratica per aggirare i controlli.
(4-07711)

DE CORATO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010 l'agenzia di stampa Adn Kronos ha riportato una notizia diffusa dal quotidiano arabo al-Sharq al-Awsat, secondo il quale l'Italia aveva concesso l'asilo politico all'egiziano Abu Imad, ex imam dell'istituto islamico di viale Jenner di Milano. A suo carico la Cassazione aveva confermato il 28 aprile 2010 la condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione inflitta sia in primo grado il 20 dicembre 2007 che in secondo il 21 dicembre 2008 per l'accusa di associazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo;
il giorno successivo, in data 28 maggio, e dunque a sole 24 ore dalla notizia riportata dalla stampa araba, la Commissione nazionale per il diritto all'asilo, riunendosi di mattina, ha revocato lo status di rifugiato concesso all'ex imam di viale Jenner;
a quanto si è appreso da alcune agenzie di stampa, Abu Imad aveva fatto domanda di asilo nel 1995, ma la Commissione territoriale per l'asilo della Lombardia la respinse. In seguito l'egiziano fece ricorso al Tar, che accolse la sua richiesta. Il Ministero dell'interno si appellò al Consiglio di Stato che nel 2006 confermò la sentenza del Tar, concedendo così l'asilo politico -:
se il Ministro intenda chiarire l'intera vicenda, in particolare sul perché la Commissione si sia riunita solo dopo che la stampa araba ha portato alla luce la notizia della concessione del diritto d'asilo e non l'abbia fatto invece dopo la sentenza della Corte di cassazione del 28 aprile 2010.
(4-07712)

MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 19 giugno 2010 a Modena si è svolta una manifestazione contro il centro di identificazione e di espulsione (CIE), indetta da organizzazioni anarchiche-insurrezionaliste e autorizzata dalla questura;
nel corso della manifestazione, a cui hanno partecipato circa 300/400 persone molte delle quali coperte nel viso, è stato attraversato il centro storico di Modena e i partecipanti si sono resi responsabili di diversi atti di vandalismo: imbrattati muri, danneggiate telecamere, lanciato vernice contro le vetrine dei negozi;
si è trattata per il centro della città di Modena come evidenziato da diverse testimonianze apparse sulla stampa locale

di un sabato pomeriggio in cui il centro è stato inagibile con negozi chiusi e l'impossibilità di usufruire della città: insomma come hanno detto le istituzioni e le forze politiche si è trattato di una giornata da dimenticare;
non è in alcun modo tollerabile che dietro il diritto a manifestare si nasconda come avvenuto a Modena quello di delinquere;
vanno certamente ringraziate le forze dell'ordine per il loro impegno e per la loro professionalità che ha consentito «la riduzione del danno» è però inaccettabile per una città come Modena che i cittadini siano stati espropriati del loro diritto ad usufruire della città, in particolare nel tratto della via Emilia -:
per quali ragioni la manifestazione non sia stata vietata e se proprio fosse necessario consentire l'attraversamento del centro storico, quando erano possibili anche altri percorsi e di conseguenza quali provvedimenti il Ministro intenda intraprendere per evitare nel futuro il ripetersi di questi gravissimi episodi.
(4-07713)

LARATTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 21 giugno 2010 il sindaco di Sant'Agata D'Esaro (Cs), dottor Antonio Bisignani, ha subito una vile aggressione ad opera di più persone, al termine della quale è stato colpito al ventre da una coltellata;
il fatto che un sindaco, che da oltre un anno è oggetto costante di aggressioni, intimidazioni e agguati, sia rimasto da solo, senza protezione o tutela, è una cosa davvero molto grave;
se a ciò si aggiunge che il Governo è stato da tempo informato di quanto accadeva a Sant'Agata D'Esaro e che l'interrogante aveva inoltrato apposite e documentate interrogazioni parlamentari - rimaste prive di risposta -, la cosa si fa ancora più grave e inspiegabile -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto è accaduto al sindaco di Sant'Agata d'Esaro;
quali siano i motivi per cui il sindaco Bisignani non era sotto scorta o tutela, nonostante le numerose aggressioni di cui era stato vittima;
se il Governo conosca i motivi o disponga di elementi con riferimento a tanto accanimento contro il sindaco Bisignani, che qualcuno la notte scorsa ha tentato di uccidere, dopo averlo più volte minacciato e aggredito, e dopo aver dato fuoco alla sua abitazione e a quella dei suoi genitori.
(4-07717)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'ennesimo omicidio avvenuto a Catanzaro il 17 giugno 2010, del giovane ventiseienne ed incensurato Nicola Duro, impone una vigile attività di controllo e di interventi per garantire la sicurezza dei cittadini di quel territorio caduto nella morsa della criminalità;
andrebbe accertato il coinvolgimento di appartenenti alla comunità rom, che ha il proprio quartiere generale a pochi metri da dove è avvenuto l'omicidio di Nicola Duro;
a febbraio, in un centro commerciale, sempre sul viale dove è avvenuto l'omicidio del 17 giugno 2010 è stato ucciso, per un banale scherzo di carnevale, il giovane ventiquattrenne Massimiliano Citriniti, studente universitario; di questo delitto sono state accusate tre persone di etnia rom;
durante l'estate dello scorso anno sono scomparsi Giuseppe Fraietta e Luigi Grande, entrambi cresciuti nella periferia della città di Catanzaro, ed i cui corpi sono stati ritrovati dopo alcuni mesi;

nell'ultima relazione annuale della direzione nazionale antimafia viene evidenziata la presenza nel quartiere di Santa Maria di Catanzaro di questo gruppo di etnia rom che ormai ha assunto i connotati di una vera associazione mafiosa e che opera nel traffico di sostanze stupefacenti e nel campo delle estorsioni;
senza dubbio negli anni è stata sottovalutata la potenzialità criminale del gruppo rom presente sul territorio catanzarese, così come era avvenuto in precedenza nei confronti di gruppi rom del cosentino e del crotonese;
anche a Crotone, infatti, con l'operazione «Scarface», che ha portato a diciotto arresti e trenta indagati, è emerso il nuovo controllo criminale dei rom, dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolar modo della cocaina;
a Crotone, infatti, il controllo criminale dei rom ha sottratto un pezzo della città legale alla collettività riuscendo persino a costituire un reticolo di fitte abitazioni in cui le Forze dell'ordine non riescono ad accedere neppure con le autovetture di servizio -:
quali urgenti iniziative intendano attuare per garantire la sicurezza di tutti i cittadini di Catanzaro e Crotone;
se non ritengano necessario ed urgente, anche alla luce della relazione della DNA, e nonché dalle ultime inchieste e degli omicidi registrati, rafforzare la presenza delle forze di polizia in queste realtà problematiche garantendo così un miglioramento del controllo del territorio.
(4-07720)

VIETTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il contratto dei segretari comunali relativo al quadriennio normativo 2006/2009 è ormai scaduto da 53 mesi;
in data 27 novembre 2007, ANCI, UPI, i Ministri dell'economia e delle finanze e delle riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione assunsero l'impegno, mediante firma di apposito protocollo d'intesa con le parti sindacali, di conseguire, con la stipula del CCNL 2006/2009, la piena equiparazione dei segretari comunali e provinciali alla dirigenza degli enti locali;
in data 17 aprile 2008, la Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della funzione pubblica - trasmetteva all'ARAN l'atto di indirizzo relativo al contratto dei segretari comunali e provinciali per il quadriennio 2006/2009 ed il primo biennio 2006/2007, con il quale, al punto 1 - Premessa, dopo avere fatto esplicito richiamo al «Protocollo d'intesa» del 27 novembre 2007, si sottolinea in particolare che il CCNL deve affermare la compiuta valorizzazione della funzione dirigenziale svolta dai segretari avviando un percorso per raggiungere, nell'ambito del CCNL economico 2006/2007, tra gli altri, il seguente obiettivo:
«per i segretari di fascia A e B la piena equiparazione del trattamento economico tabellare con quello dei dirigenti del comparto regioni autonomie locali;
per i segretari di fascia C un trattamento economico tabellare pari all'80 per cento di quello previsto per i dirigenti del comparto regioni autonomie locali»;
l'atto di indirizzo, ai fini della equiparazione di cui sopra, prevede, analogamente a quanto previsto per i dirigenti, l'onnicomprensività del trattamento economico dei segretari comunali e provinciali, destinato a remunerare qualsivoglia funzione attribuita ai medesimi, con assorbimento di ogni altro emolumento o indennità economica accessoria a vario titolo corrisposta;
la legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) provvedeva al reperimento di una parte dei fondi necessari per la copertura finanziaria del contratto, per un importo di euro 5.000.000 a carico

del bilancio dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali;
la restante parte dei fondi necessari scaturisce dalle economie derivanti dall'assorbimento nel trattamento economico dei cosiddetti «oneri aggiuntivi»;
l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ha effettuato una indagine conoscitiva sulle indennità accessorie riconosciute da ciascun ente al segretario comunale e provinciale ed ha già provveduto a trasmettere al Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione la quantificazione delle risorse disponibili derivanti dagli oneri aggiuntivi;
qualora le somme così quantificate dovessero risultare insufficienti, si potrebbe comunque intervenire sul bilancio dell'Agenzia, posto che i relativi costi di gestione, stando alle notizie riportate dagli organi di stampa, ammontano a circa 120.000.000 euro all'anno. In particolare, si potrebbe intervenire sul «fondo di mobilità», i cui oneri sono a carico dei comuni e delle province, stante l'esiguità del numero dei segretari in disponibilità (il cui onere va finanziato con il suddetto «fondo») in relazione al numero delle sedi vacanti;
qualora non si addivenisse al più presto alla stipula del CCNL 2006/2009 dei segretari comunali e provinciali, scaduto da tempo immemorabile, questi lavoratori sarebbero doppiamente penalizzati;
dopo la stipula del CCNL 2002/2005, da considerarsi un «contratto-ponte», continuano ad applicarsi gli istituti giuridici del CCNL 1998/2001, oggetto di interpretazioni tutt'altro che univoche che, spesso, hanno costretto l'ARAN e la Ragioneria generale dello Stato ad intervenire -:
quali iniziative si intendano adottare affinché l'ARAN convochi nel più breve tempo possibile le parti per la definizione della piattaforma contrattuale e per la successiva stipula del CCNL 2006/2009 dei bienni economici 2006/2007 e 2008/2009 per la categoria dei segretari comunali e provinciali.
(4-07723)

LO MORO, CESARE MARINI e MINNITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
attorno alla mezzanotte di lunedì 21 giugno 2010, Antonio Bisignani, sindaco di Sant'Agata d'Esaro, usciva dalla casa dei suoi genitori quando, in un vicoletto buio del piccolo centro dell'entroterra cosentino, veniva raggiunto e aggredito da due persone, con un'azione fulminea che non gli consentiva di accorgersi della presenza dei due e di riconoscerli. Il sindaco riportava una ferita non grave al fianco sinistro, prodotta probabilmente da un'arma impropria (si ipotizza un portachiavi o un punteruolo), e veniva soccorso e trasferito in osservazione presso una casa di cura della zona;
l'episodio appare di particolare gravità perché preceduto da innumerevoli minacce ed atti intimidatori nei confronti dello stesso sindaco di Sant'Agata d'Esaro e di altri amministratori dello stesso comune e perché questa volta è stata posta in essere un'aggressione fisica nei confronti del sindaco, il quale, a commento della violenza subita, ha messo in relazione gli episodi che si sono succeduti a suo danno, compreso l'ultimo, con l'attività politica, sottolineando che «fino ad un anno fa» aveva «una vita tranquilla»;
Antonio Bisignani, dentista quarantunenne, è sindaco dall'8 giugno 2009 e ha vinto le elezioni comunali candidandosi a capo di un'aggregazione civica. Gli episodi criminosi che di seguito si riepilogano, servendosi del lavoro prezioso di alcune testate regionali (si confronti in particolare l'articolo pubblicato in data 23 giugno dal Quotidiano della Calabria - «Ferito il Sindaco di Sant'Agata» di Francesco Mollo), hanno tutti riguardato il sindaco direttamente o qualche altro componente della sua maggioranza;

nel dicembre 2008 nello stabile dove risiede il consigliere Sergio Castellucci e dove Antonio Bisignani esercita la professione di dentista, vengono recapitate due lettere anonime che invitano i due candidati e futuri amministratori «a mettersi da parte ... altrimenti saranno guai!»;
nella notte dell'8 maggio 2009, il giorno prima della presentazione delle liste elettorali, ignoti entrano in casa di Antonio Bisignani e danno fuoco a uno sgabuzzino adiacente all'abitazione e comunicante con essa; la famiglia Bisignani è costretta ad evacuare. Nei pressi dello stesso sgabuzzino viene poi rinvenuto un biglietto anonimo riportante la frase «Adeguati al sistema»;
il 2 giugno 2009, all'alba, ignoti entrano nel garage di casa Bisignani e danno fuoco a un'auto, una Fiat Cinquecento ritenuta di proprietà del sindaco che in realtà apparteneva alla cognata;
il 15 giugno 2009, presso l'ufficio dei vigili urbani viene recapitata una lettera minatoria anonima, con i nomi di quasi tutti i consiglieri, nella quale si intima di «fare attenzione ai propri figli»; nella parte inferiore del biglietto sono disegnate due bare: una più grande, chiusa con un fiocco, e una bara più piccola, con il coperchio aperto. Successivamente viene ritrovata un'altra lettera anonima con la minaccia «Preparatevi al peggio»;
altre lettere e sms anonimi e minacciosi sono stati inviati a diversi assessori e consiglieri della nuova amministrazione guidata da Bisignani, con esplicita richiesta di dimissioni;
il 14 luglio 2009 si verifica un'altra gravissima intrusione nella casa del sindaco, con gravi danni: vengono bruciati i divani e il portatile; viene distrutto un televisore; con una bomboletta vengono scritte frasi minatorie sui pavimenti e su un secondo televisore; vengono disegnate croci sulle foto dei figli del Bisignani;
il 27 luglio 2009 ignoti si sono introdotti nell'aula consiliare, prima di un consiglio comunale, ed hanno segnato con una croce il posto del sindaco e del vicesindaco, imbrattando i muri con la scritta «No cambio»;
nello stesso periodo, nei pressi dell'abitazione dell'assessore Ranuino Bruno, contenuto in un sacchetto e appositamente posizionato sull'automobile di famiglia dello stesso amministratore viene rinvenuto il rene di un animale;
nel mese di ottobre 2009, prima di una riunione di consiglio comunale, nell'aula consiliare viene rinvenuto un biglietto sulla sedia del sindaco che avverte il primo cittadino di fare attenzione ai genitori; la stessa notte, dopo il consiglio comunale, ignoti entrano a casa dei genitori del sindaco e appiccano il fuoco a un divano;
il 24 dicembre 2009, mentre il sindaco e la figlia sono alla messa della vigilia di Natale, la macchina del primo cittadino, parcheggiata nel cortile della scuola adiacente alla piazza principale, viene imbrattata di vernice;
il 22 febbraio 2010, alle ore 23 e 15 circa, il sindaco si reca a casa dei genitori e parcheggia la macchina nei pressi del centro storico. Poco dopo, al ritorno, il Bisignani ritrova la sua Mercedes completamente in fiamme;
si aggiunge che anche l'episodio di lunedì scorso, sicuramente il più grave, si è verificato alla vigilia di un importante consiglio comunale;
le intimidazioni ad amministratori costituiscono oramai da anni una specificità irrisolta della realtà calabrese, oggetto di innumerevoli denunce e di uno specifico rapporto elaborato annualmente da Legautonomie Calabria;
succede anche che lo stesso amministratore sia soggetto a più intimidazioni. Il caso del sindaco di Sant'Agata D'Esaro è in tal senso emblematico e di inaudita gravità;
il fenomeno, di dimensioni vastissime (circa 700 episodi censiti in Calabria), appesantisce il ruolo dei sindaci e delle

amministrazioni comunali che, nella situazione difficile in cui versa la Regione, aggravata dalla grave crisi attuale, finiscono per essere il riferimento più vicino per la cittadinanza ma anche il bersaglio più immediato per soggetti, associati e non, che tendono, con attività criminali, a condizionare la vita delle comunità locali -:
quali iniziative siano state assunte a seguito delle denunce presentate dal Sindaco Bisignani, oggetto, insieme ad altri amministratori della sua stessa maggioranza, di innumerevoli atti di intimidazione e di violenza;
se e come sia stata garantita la sicurezza personale del Bisignani;
come si pensi di affrontare il problema degli attentati agli amministratori, che in Calabria ha oramai assunto caratteristiche allarmanti, ed appare aggravato dal fatto che nella stragrande parte dei casi non viene individuato alcun responsabile di atti che, oltre a mettere a rischio gli amministratori e le loro famiglie, creano insicurezza nelle comunità amministratrici.
(4-07728)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono circa 650 i precari che il Ministero dell'interno ha assunto in varie fasi negli ultimi anni (per tramite di agenzie interinali e concorso successivo), al fine di un loro impiego presso gli uffici immigrazione delle questure e gli sportelli unici delle prefetture;
tali lavoratori svolgono un ruolo indispensabile al fine di fare fronte correttamente e celermente alle ingenti moli di lavoro derivanti dal fenomeno migratorio;
appaiono fuori discussione sia la professionalità ormai acquisita da tali lavoratori, senza la quale i suddetti uffici rischierebbero il collasso, sia la legittima attesa da parte degli stessi di stabilizzazione del relativo rapporto di lavoro, che era stata considerata ampiamente scontata;
giungono notizie che il Ministero dal febbraio scorso si avvarrebbe di 650 lavoratori mediante agenzia interinale, con gli stessi compiti dei lavoratori di cui sopra;
tale situazione ha determinato la convinzione, di cui è esempio la «lettera al direttore» pubblicata domenica 21 giugno dal quotidiano La Nazione, della possibilità che il rapporto di lavoro tra il Ministero dell'interno stesso e i lavoratori di cui sopra starebbe per esaurirsi;
nessun tipo di esigenza economica potrebbe legittimare una scelta assurda di preferire nuova precarizzazione, invece di risolvere la lunga precarizzazione già in atto;
un'eventuale siffatta scelta determinerebbe ovvie conseguenze negative sulla qualità dei delicati servizi in questione, oggi gestiti nelle questure e nelle prefetture -:
quali garanzie certe ed immediate si intendano accordare sul piano del perfezionamento del rapporto di lavoro ai precari storici degli uffici immigrazione delle questure e degli sportelli unici delle prefetture.
(4-07729)

MADIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere premesso che:
il Ministero dell'interno ha tenuto un concorso, bandito con decreto ministeriale del 26 maggio 2008, per 80 collaboratori amministrativi (ex C1) chiusosi, con l'approvazione della graduatoria, con decreto ministeriale 3 dicembre 2009;
gli 80 vincitori del concorso sono, al pari di numerosi altri vincitori di altre procedure concorsuali nella pubblica amministrazione, da mesi in attesa di assunzione;

il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 (cosiddetta Milleproroghe) stabilisce che alcune pubbliche amministrazioni, tra cui il suddetto Ministero, sono tenute a una riduzione di organico e di spesa del 10 per cento da effettuarsi entro il 30 giugno 2010; al dettato del decreto-legge cosiddetto Mille-proroghe deve aggiungersi quanto disposto in materia di turn over dall'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale, inoltre, all'articolo 74, impone alle pubbliche amministrazioni di provvedere alla riduzione delle dotazioni organiche e della relativa spesa al fine di poter assumere nuovo personale, cui il Ministero dell'interno ha già ottemperato con l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2009 n. 210;
in caso di inottemperanza della norma l'amministrazione in questione non avrà facoltà di procedere a qualsiasi assunzione di personale e alla stipula di contratti;
il dipartimento della funzione pubblica ha confermato al Ministero dell'interno con parere n. 12694 del 15 marzo 2010 che i vincitori del concorso potranno essere assunti soltanto previa riduzione del 10 per cento delle spese per il personale e nel pieno rispetto della normativa sul turn over;
la questione è stata oggetto di precedente atto di sindacato ispettivo al Senato (Andria - 4-02685) attualmente in corso -:
se il Ministero dell'interno intenda, e quando, assumere gli 80 vincitori di concorso per collaboratori amministrativi;
se il Ministero dell'interno abbia provveduto alla riduzione di cui all'articolo 2, comma 8-bis e comma 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25;
se non si ritenga di dover effettuare un monitoraggio, al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo i relativi dati;
quali iniziative si intendano adottare affinché le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno.
(4-07734)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con riferimento al quadro istituzionale in materia di autonomie locali appare all'interrogante quanto mai opportuna una verifica sull'assetto e sul funzionamento delle «aziende speciali» ex municipalizzate, che, a seguito delle modifiche intervenute in passato in virtù delle quali è stata prevista la possibilità di una loro configurazione come società per azioni, di fatto prescindono da ogni forma di significativo controllo da parte dei comuni, non essendo sufficiente la presenza formale di un rappresentante della giunta comunale;
a parere dell'interrogante l'attuale configurazione giuridica non tutela adeguatamente i consumatori e fruitori di determinati servizi da eventuali alterazioni delle regole del mercato e soprattutto da spericolate operazioni di borsa, per non parlare dell'aumento delle tariffe -:
se il Governo intenda promuovere una modifica dell'attuale normativa, che introduca elementi di maggiore trasparenza e controllo nell'interesse della collettività tutta.
(4-07742)

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il degrado in cui versano alcune aree di Padova, in particolare le zone prossime alla stazione ferroviaria, tra via Cairoli e

via Bixio, è stato di recente argomento di alcuni reportage da parte della stampa e della televisione;
oggetto da anni di numerosi rilievi da parte dei cittadini residenti nelle aree predette, la situazione non accenna apparentemente a migliorare;
gli abitanti dei quartieri prossimi alla stazione lamentano in particolare la sporcizia crescente, la frequenza degli atti osceni in luogo pubblico e lo spaccio di droga, oltretutto perpetrati in presenza di sistemi pubblici di videosorveglianza che dovrebbero essere costantemente controllati;
alcuni cittadini che hanno documentato il degrado hanno inoltre subito gravi minacce da parte di immigrati extracomunitari;
e tutto ciò malgrado il dispiegamento di ingenti quantità di personale delle Forze dell'ordine e delle Forze armate, che tuttavia risultano inabilitati ad intervenire d'iniziativa, non è chiaro in base a quali «regole di ingaggio»;
il fenomeno sembra trarre ulteriore forza dal progressivo esodo dei residenti, che sta alterando anche il profilo sociale delle aree sopramenzionate -:
a quali regole si conformino gli uomini delle forze dell'ordine in servizio a Padova nella zona compresa tra via Cairoli e via Bixio, nonché quali misure si intenda adottare per ripristinare sul posto legalità e decenti condizioni di vita.
(4-07745)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

CICCIOLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono comparse in alcuni articoli di giornale della stampa locale notizie relative a ipotetiche tensioni all'interno del liceo Mamiani di Pesaro;
le particolari tensioni tra il dirigente scolastico e il corpo docente, a quanto consta all'interrogante, sarebbero insorte in seguito a rimproveri verbali a due docenti per aver tenuto un comportamento non conforme al codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in occasione di un incontro riservato ai docenti e al personale ATA eletti nel consiglio d'istituto, per argomentazioni pretestuose, ostruzionistiche e non attinenti all'ordine del giorno (è di competenza del dirigente scolastico - decreto legislativo n. 150 del 2009 - l'esercizio dell'azione disciplinare ove ne ricorrano i presupposti);
i rapporti con gli studenti e il dirigente scolastico sono sempre stati sereni e colloquiali, punti di vista divergenti si sono registrati alla fine dell'anno scolastico, allorché è stata proposta la formulazione dell'orario per l'anno scolastico 2010-2011, in concomitanza con l'applicazione della cosiddetta «riforma Gelmini» che prevede il rispetto del monte ore annuale per ciascuna disciplina;
i sit-in di cui parla la stampa locale, definendoli atteggiamenti di «guerra aperta», sono state serene proteste da parte degli studenti preoccupati dell'eventuale allungamento del tempo scuola derivante dall'applicazione dei regolamenti vigenti; il dirigente scolastico ha più volte invitato gli studenti a prendere atto di quanto avviene in tutte le altre scuole della provincia, soprattutto in quelle con lo stesso indirizzo di studi, ma i richiami alla normativa non sono stati ascoltati, ritenendo - sia gli alunni che parte del personale docente - che l'autonomia scolastica di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 permetta qualsiasi arbitraria organizzazione del servizio scolastico;
il 21 aprile 2010 il direttore dell'ufficio scolastico regionale delle Marche ha conferito al dirigente Bozzi l'incarico di esperire accertamenti per situazioni di

conflitto al liceo Mamiani, ma il conferimento di tale incarico è stato oltremodo generico in quanto non sono stati indicati l'oggetto dell'ipotetico conflitto, né quali siano le persone coinvolte. Alle richieste della direzione sulle motivazioni di tale inchiesta non è stato dato alcun chiarimento, ciò anche considerando il comportamento dell'ispettore designato, ad avviso dell'interrogante, alquanto anomalo soprattutto nei confronti del dirigente scolastico, soprattutto in considerazione della genericità delle motivazioni;
l'intervento delle forze dell'ordine, peraltro verificatosi in un contesto legittimo (il dirigente scolastico in occasione della riunione dello staff di dirigenza, aveva chiesto di allontanarsi all'ispettore Bozzi, la cui presenza era ritenuta incompatibile con la natura dell'incontro, intralciando immotivatamente un servizio pubblico), non incide negativamente né lede in alcun modo l'operato della scuola né di chi vi lavora;
ad oggi, a parte i provvedimenti disciplinari relativi ai richiami ai due docenti, non vi sono altri contenziosi aperti (se non un ricorso al tribunale amministrativo regionale e uno al Presidente della Repubblica per atti compiuti sotto la precedente dirigenza scolastica) -:
se il Ministro interrogato, considerato l'interesse venutosi a creare nei confronti del liceo Mamiani in seguito a semplici e fisiologiche divergenze interne, non ritenga necessario assumere iniziative finalizzate a chiarire le motivazioni specifiche dell'inchiesta ispettiva ordinata per accertamenti sui conflitti al liceo Mamiani, ad avviso dell'interrogante, strumentalmente utilizzata ad altri fini.
(3-01145)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VILLECCO CALIPARI, GHIZZONI e MELIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel dicembre 2008 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito il fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB) per il 2008 nella innovativa formula «Futuro in ricerca» (decreto direttoriale 19 dicembre 2008, prot. n. 146/Ric/2008) con l'obiettivo ambizioso dichiarato di «favorire sia il ricambio generazionale sia il sostegno alle eccellenze scientifiche emergenti e già presenti presso gli atenei e gli enti pubblici di ricerca» in favore, tra l'altro, di «giovani docenti o ricercatori di età non superiore a 38 anni, già strutturati presso le medesime istituzioni»;
l'iniziativa del Ministero, pubblicizzata su tutti gli organi di stampa, veniva presentata come una significativa inversione di tendenza nella politica di finanziamento della ricerca. Il bando si configurava come un'iniziativa lungimirante che abbina la certezza di una retribuzione alla sicurezza dei finanziamenti, in linea con le azioni di sostegno alla ricerca in atto a livello internazionale;
con decreto ministeriale n. 992/Ric. del 6 ottobre 2008, venivano ripartite le complessive disponibilità del fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) per l'anno 2008 secondo le finalità ivi indicate assegnando 50.000.000,00 euro per interventi del FIRB da destinare alla emanazione dì un apposito bando, per favorire il ricambio generazionale all'interno degli atenei attraverso il finanziamento di progetti di ricerca di base coordinati da giovani ricercatori strutturati e non strutturati;
con decreto direttoriale di impegno n. 1454/Ric. del 18 dicembre 2008, venivano impegnati per gli interventi del FIRB previsti (in attuazione di quanto stabilito con il citato decreto ministeriale n. 992/Ric. del 6 ottobre 2008 e, in particolare, tenendo conto dell'articolo 5 del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 268, che destina l'1 per cento delle risorse assegnate ai fondi riguardanti il finanziamento di progetto o programmi

di ricerca alle attività di valutazione e monitoraggio) euro 49.500.000,00;
con decreto direttoriale di impegno n. 1463/Ric. del 19 dicembre 2008, relativo al programma «Futuro in ricerca», veniva affidata l'istruttoria dei progetti presentati alla Commissione FIRB, cui compete la formulazione della proposta relativa alla graduatoria dei progetti da ammettere al finanziamento, sulla base del parere della Commissione di esperti di cui all'articolo 1, comma 4, dello stesso decreto direttoriale n. 1463/08, da rilasciare al termine della prevista fase di audizioni;
con decreto ministeriale n. 755/Ric. del 18 novembre 2009, venivano destinate altre risorse per euro 50.000.000,00 ad iniziative per giovani ricercatori;
pervenivano alla commissione 3792 progetti, a dimostrazione della presenza sul territorio nazionale di professionalità emergenti e attive nel recuperare le risorse necessarie per sostenere la propria carriera e contribuire allo sviluppo tecnico e scientifico del Paese. Un altro aspetto degno di nota è l'utilizzo di una procedura di valutazione tramite panel internazionali e la scelta di ammettere alle audizioni solo i progetti giudicati eccellenti (punteggio 40/40), che voleva sottolineare la volontà di trasparenza del giudizio e di incentivazione delle eccellenza. Il numero significativo di proposte giudicate eccellenti dai gruppi di valutazione internazionali dimostra l'elevata qualità e l'alto profilo scientifico dei giovani ricercatori italiani;
con più decreti direttoriali, l'ultimo dei quali emesso il 19 gennaio 2010, venivano ammessi ed invitati alle audizioni i progetti selezionati dalla commissione di esperti prevista dall'articolo 1, comma 4, del decreto direttoriale 1463/08 articolata, in prima istanza, in panel di esperti di settore, sia italiani che stranieri, che hanno provveduto alla valutazione in via telematica e in totale anonimato;
in data 23 febbraio 2010 la commissione di esperti nominata dalla commissione FIRB per la valutazione dei progetti formulava il giudizio complessivo sui progetti ammessi alla fase delle audizioni, classificati in progetti «da finanziare» (105), progetti «finanziabili ove le risorse disponibili lo consentano» (66) e progetti «da non finanziare» (33) e forniva altresì un parere di congruità sui costi esposti;
al contrario di quanto e stato dichiarato, rassicurato e pubblicizzato dal Ministro in persona sui migliori organi di stampa, il Ministro approvava ed ammetteva al finanziamento solo i 105 progetti dichiarati dalla Commissione degli esperti «da finanziare» per un totale di spesa di euro 45.149.040,00 e nulla disponeva in merito ai progetti dichiarati dalla Commissione «finanziabili ove le risorse disponibili lo consentano» per la restante somma di euro 4.350.960,00, già impegnata con decreto direttoriale di impegno n. 1454/Ric del 18 dicembre 2008 e per l'ulteriore somma di euro 50.000.000,00 destinati ad iniziative in favore di giovani ricercatori dal decreto ministeriale n. 755/Ric. del 18 novembre 2009;
sono stati ammessi al finanziamento solo 105 dei progetti finanziabili (in tutto 171), mentre risultano esclusi i 66 progetti dichiarati «finanziabili se le risorse disponibili lo consentano» nonostante l'esistenza e la disponibilità delle risorse necessarie a finanziare tutti i progetti meritevoli;
in data 8 giugno 2010, il sottosegretario Guido Viceconte rispondendo all'interrogazione 5-02787 dell'onorevole Melis ha fatto presente che il Consiglio universitario nazionale (CUN), con propria mozione del 14 aprile 2010 ha effettivamente chiesto che, per il bando in argomento, «vengano messi a disposizione ulteriori fondi affinché tutti i 171 progetti valutati dopo le audizioni come finanziabili» lo possano essere effettivamente;
l'opportunità dell'accoglimento di tale mozione risulta ancora in fase di esame -:
se corrisponda al vero che l'amministrazione abbia inteso sostituirsi alle valutazioni espresse della commissione di

esperti all'uopo nominata, e se l'amministrazione abbia trattenuto somme impegnate e/o destinate per il finanziamento dei progetti in essere o abbia destinato ad altre finalità le somme in questione;
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che sono in distribuzione o sono già distribuiti finanziamenti ad «accordi di programma», senza che per essi sia stato preventivamente previsto ed espletato un bando;
quali siano le reali motivazioni che hanno impedito finora il finanziamento dei progetti FIRB valutati eccellenti e finanziabili, attestata la disponibilità delle risorse finanziarie.
(5-03111)

MANCUSO, CICCIOLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
presso l'istituto comprensivo scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di 1o grado di sant'Arsenio (SA) non è stato concesso l'assistente ad una docente non vedente, commissaria agli esami di Stato;
la docente in oggetto nell'ultimo anno ha avuto un'evoluzione della sua condizione di cieca parziale-ventesimista in cieca totale;
la docente ha individuato nel coniuge persona di fiducia ai sensi della legge n. 270 del 1982, articolo 61, comma 2;
alla richiesta è stato opposto rifiuto in quanto non avanzata all'inizio dell'anno scolastico (settembre 2009), quando la situazione di salute della docente non si era ancora aggravata -:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Governo nei confronti di una docente che sta facendo il suo dovere di commissario agli esami di Stato di terza media, senza potersi avvalere di un assistente di fiducia, che svolgerebbe la sua attività in modo gratuito e, quindi senza costi per l'amministrazione pubblica.
(5-03117)

PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con comunicazione inoltrata dall'ufficio scolastico regionale della Sardegna, ufficio di Oristano, riguardante l'assegnazione dell'organico della scuola dell'infanzia all'Istituto comprensivo di Senis, plesso di Nureci, per l'anno scolastico 2010-2011 risulta essere stata assegnata una sola sezione rispetto alle due assegnate negli ultimi quindici anni;
con tale decisione, nonostante il numero di iscrizioni pervenute per il prossimo anno scolastico, ovvero 29 alunni regolari e 9 anticipatari, la scuola verrà privata di una delle due sezioni esistenti da quindici anni, la cui realtà (costituita da bambini provenienti da un consorzio di quattro comuni limitrofi), ha permesso negli anni lo svolgimento di innumerevoli progetti extracurricolari e di laboratori, i quali hanno prodotto il successo formativo e l'innalzamento della qualità degli apprendimenti;
il taglio di una sezione determinerà una situazione e un contesto particolarmente disagevoli per i bambini, per le famiglie e per le insegnanti;
la presenza di bambini più piccoli rispetto all'utenza che caratterizza la scuola dell'infanzia richiede una particolare articolazione spazio-temporale delle attività e delle risorse umane, per le quali è stato predisposto uno specifico progetto educativo;
tale progetto fornisce una risposta al bisogno di organizzare, articolare e garantire una relazione educativa adeguata per soddisfare i bisogni psico-fisici molto diversi da quelli dei bambini di 3-4-5 anni, mentre ciò non potrebbe essere in nessun modo garantito in una scuola con 29 (+ 9 anticipatari) iscritti in un'unica sezione con due sole insegnanti;
il territorio, già fortemente penalizzato nelle sue risorse, verrebbe privato di

un servizio, il quale, iniziato con l'anno scolastico in corso, si è rivelato un valido supporto alle famiglie -:
per quali motivi, pur essendoci stato un numero di iscrizioni corrispondente alla normativa definita a livello nazionale, non siano state riconfermate le due sezioni con 4 insegnanti di organico, già assegnate lo scorso anno.
(5-03121)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIORGIO MERLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la razionalizzazione del servizio scolastico per il biennio 2010-2011 crea situazioni di profondo disagio in tutto il Paese, in particolare nelle zone montane. E il caso dell'istituto «C. Gouthier» di Perosa Argentina (Torino), dove è prevista una contrazione di 4 docenti e, di conseguenza, di un insegnante per la scuola del comune di Fenestrelle;
si tratta di una situazione che innesca parecchi riflessi negativi per quel comune, come per tutti i comuni montani, una situazione che ricade direttamente su quelle famiglie che hanno scelto di vivere in località montane, che come tutti sanno sopportano costi più alti rispetto ai medi e grandi centri della pianura;
inoltre, la riduzione del personale scolastico è anche segno tangibile del disinvestimento nella cultura e nella formazione delle future generazioni -:
se, alla luce di queste profonde disfunzioni il Ministro intenda rivedere la sconcertante razionalizzazione della spesa delle attività scolastiche di montagna o se, invece, intenda confermare misure che hanno come unico effetto quello di penalizzare direttamente e unilateralmente le scuole di montagna e l'intero territorio montano.
(4-07709)

MARCHIONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, che recepisce la direttiva europea 2005/36/ CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ai titoli universitari in architettura conseguiti in ambito europeo ed anche in Svizzera, che ottengono il decreto di riconoscimento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è attribuita la stessa efficacia dei diplomi rilasciati dallo Stato italiano per l'accesso dell'attività nel settore dell'architettura, per il suo esercizio con il titolo professionale di architetto, nonché per l'iscrizione all'Ordine, senza che agli interessati sia richiesto di sostenere l'esame di Stato, come invece è per legge indispensabile per i laureati delle università della Repubblica -:
se non ritengano che la normativa di cui sopra risulti eccessivamente penalizzante nei confronti dei laureati in architettura in Italia e se intendano valutare la possibilità di intervenire per por fine a tale discriminazione.
(4-07732)

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GNECCHI e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con la legge 23 dicembre 1999 n.488, articolo 51, comma 2, è stata introdotta la facoltà, per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di riscattare annualità di lavoro prestato in periodi antecedenti all'entrata in vigore dell'assoggettamento all'obbligo contributivo di cui alla predetta legge n. 335;

come si può leggere nel sito INPS, la facoltà di chiedere il riscatto è data a tutti i lavoratori dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni), ai lavoratori iscritti ai fondi speciali, a coloro che sono soggetti al contributo per il lavoro parasubordinato (collaboratori coordinati e continuativi), ai venditori porta a porta, nonché ai liberi professionisti (senza cassa di categoria);
con messaggio n. 25982 del 19 novembre 2008, l'INPS chiariva che la facoltà di riscatto dei contributi ante 1o aprile 1996, poteva essere esercitata dai liberi professionisti senza cassa di categoria, solo con riferimento esclusivo a periodi di attività prestata in veste di collaboratori coordinati e continuativi;
è evidente la condizione di disparità di trattamento che penalizza questa tipologia di lavoro autonomo rispetto a quella dei lavoratori parasubordinati, entrambe iscritte alla gestione separata INPS, che preclude ai professionisti senza cassa di categoria, la possibilità di poter riscattare periodi di attività di libero professionista, antecedenti l'anno 1996 e non si comprende la ratio di questa rigidità normativa, nonostante il costo del riscatto di contributi sia a totale carico dei richiedenti -:
se non ritenga il Ministro interrogato di valutare l'opportunità di fare chiarezza sulla norma richiamata, correggendo il relativo decreto ministeriale 2 ottobre 2001, al fine di estendere anche ai liberi professionisti senza cassa di categoria, la facoltà di esercitare il riscatto dei contributi per l'attività prestata come libero professionista in periodi antecedenti il 1996.
(5-03110)

Interrogazioni a risposta scritta:

MOSCA e FARINONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Società Carlo Colombo fondata nel 1947, dal 1963 ha sviluppato la propria attività nella lavorazione dei semilavorati di rame sull'area di 55.000 m2 dello stabilimento di Agrate Brianza;
nello stabilimento erano presenti le più moderne macchine per la lavorazione di conduttori di rame nudi e stagnati per una capacità complessiva di circa 80.000 tonnellate per anno;
la produzione della Carlo Colombo SPA, realizzata a partire dalla vergella di rame ETP1 o lega Cu-Ag proveniente principalmente dalle colate del gruppo, è commercializzata sia sul mercato nazionale che in Europa e nel resto del mondo, proponendo un elevato livello qualitativo e di riconosciuta affidabile in conformità alle norme internazionali;
la Colombo SPA ha concluso importanti investimenti che si sono particolarmente concretati sulla gamma produttiva delle barre in rame con sezioni tonde e piatte;
nel maggio del 2008, la nuova dirigenza, nel nome di Marco Negrini (amministratore delegato), Maurizio De Faveri (direttore di stabilimento), ha comunicato l'intenzione di avviare una nuova programmazione per il rilancio del sito stesso, che comprendeva una riduzione del personale (30 fra operai ed impiegati) posti in mobilità;
nel mese di giugno 2008 un repentino quanto inspiegabile cambio di strategia aziendale ha portato all'annuncio della chiusura del sito;
la direzione avrebbe motivato la scelta con la volontà di perseguire un incremento di redditività potenziando le sedi di Pizzighettone (Cremona) e Pisa;
il 1o ottobre 2008 viene siglato un accordo con le parti sociali, che sancisce la chiusura dello storico stabilimento di Agrate Brianza e che comprende il ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria a decorrere dal 1o gennaio 2009 e fino al 31 dicembre 2009 per un massimo di 81 lavoratori;

l'accordo prevede la disponibilità dell'azienda ad effettuare l'ulteriore anno di Cassa integrazione guadagni straordinari dal 1o gennaio al 31 dicembre 2010 per il residuo numero di lavoratori in forza al 31 dicembre 2009;
contestualmente all'intervento di Cassa integrazione guadagni straordinari l'Accordo sancisce che la Carlo Colombo attivi la procedura di mobilità per gli 81 lavoratori fino a tutto il 31 dicembre 2009 e nel caso di concessione della Cassa integrazione guadagni straordinari per il 2010 fino a tutto il 31 dicembre 2010;
viene altresì siglato il piano di gestione degli esuberi che prevede per il 2009 la ricollocazione presso lo stabilimento di Pizzighettone di circa 7 lavoratori, la ricollocazione di 20 lavoratori presso altre imprese del territorio e l'accesso al trattamento pensionistico di 5 dipendenti e per l'anno 2010 l'accesso al trattamento pensionistico di 5 lavoratori, la ricollocazione per 18 e le dimissioni incentivate per 26 dipendenti;
l'accordo è stato ratificato dal Ministero dello sviluppo economico nel mese di gennaio 2009;
dall'autunno 2009 i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno chiesto verifiche nelle sedi preposte in merito all'attuazione dell'accordo, tali richieste non hanno avuto esito positivo, da qui le proteste culminate il 16 giugno nell'occupazione della fabbrica ed otto operai sono saliti sul tetto per chiedere il rispetto degli impegni che la proprietà si era assunta siglando l'accordo;
detti operai minacciano altresì di voler intraprendere un'iniziativa di sciopero della fame a tempo indeterminato in quanto, a seguito dell'ulteriore incontro del tavolo di trattativa svoltosi in data 21 giugno 2010 presso la provincia di Monza e Brianza, la direzione della Carlo Colombo non avrebbe dato risposte concrete in merito a quanto sottoscritto nel mese di ottobre del 2008;
la situazione creatasi nel territorio Brianzolo dove la crisi della Carlo Colombo si aggiunge alle pesanti ristrutturazioni e delocalizzazioni appare preoccupato e tale situazione sembra che possa derivare dai troppi anni di mancati investimenti industriali su innovazione del prodotto, tecnologia e organizzazione, che rischiano di portare al disfacimento un tessuto industriale diffuso e qualitativamente elevato con le conseguenti ricadute negative sociali, occupazionali e di reddito -:
se non ritenga di dover convocare con urgenza le parti imprenditoriali e sociali per individuare adeguate forme di garanzia che impegnino la proprietà di cui in oggetto al rispetto dell'accordo siglato in data 1o ottobre 2008 a tutela dei diritti dei lavoratori ed alla luce del disagio degli 8 dipendenti che dal 16 giugno sono accampati sul tetto dell'azienda;
quali iniziative intenda adottare per scongiurare il drastico ridimensionamento del settore hi-tech (3.200 lavoratori a rischio soltanto nella Brianza est) e per salvaguardare il patrimonio industriale del territorio e delle aziende stesse.
(4-07718)

BELLANOVA, RIA, LISI e LAZZARI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Adelchi di proprietà del signor Sergio Adelchi, con sede a Tricase (Lecce), opera da anni nel settore calzaturiero. La crisi che ha investito durante questi anni il settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero ha determinato una grave situazione aziendale che sta producendo ricadute devastanti sui livelli occupazionali locali;
il gruppo Adelchi si compone di diverse aziende alcune delle quali nel corso degli anni hanno cessato la propria attività per avvenuta crisi, mentre altre hanno continuato la loro attività pur ricorrendo all'utilizzo degli ammortizzatori sociali ed

altre ancora sono sorte sembrerebbe con l'intento di riavviare e riqualificare l'attività aziendale ed il prodotto;
questo gruppo aziendale nel corso degli anni è stato caratterizzato dalle due aziende «cardine», vale a dire La Nuova Adelchi s.p,a. e l'Adelchi s.r.l., e le cosiddette aziende «satellite» sempre di proprietà dello stesso Sergio Adelchi;
le aziende cosiddette «satellite» facenti parte del gruppo Adelchi in un primo momento constavano solo nella Magna Grecia s.r.l., Sky s.r.l., Selcom s.r.l. e la KNK s.r.l. Nel corso degli anni sono poi sorte, anche in taluni casi dalle ceneri delle precedenti la G.S.C. Plast s.r.l;
questo insieme di aziende che a detta dei gestori sarebbero state utili a rilanciare il prodotto e la competitività ad avviso degli interroganti di fatto si sono trasformate per i lavoratori in una sorta di labirinto nel quale la manodopera è stata costretta ad una continua precarizzazione transitando in modo continuo da un'azienda all'altra vedendosi poi sospendere anche l'attività lavorativa per crisi aziendale ed il continuo ricorso da parte delle aziende rivenienti al gruppo Adelchi a tutti gli strumenti previsti dagli ammortizzatori sociali;
e, a quel che risulta all'interrogante, insieme ai lavoratori, il gruppo Adelchi avrebbe inoltre fatto transitare dall'opificio di Tricase presso altri distretti le stesse catene di montaggio utili a produrre le calzature nonostante accordi precedentemente sottoscritti presso l'Amministrazione provinciale di Lecce - ufficio politiche del lavoro nei quali si fa esplicito riferimento all'impegno che l'azienda prendeva nei confronti dei lavoratori di lasciare a disposizione degli stessi le catene di montaggio senza spostarle dall'opificio di Tricase;
ciò che negli anni si è determinato è stata solo una lenta agonia del gruppo con una ricaduta pesantissima sui livelli di occupazione se si pensa che prima di dar vita alle aziende «satellite» il gruppo contava circa duemila dipendenti, e che oggi invece la manodopera quantificabile è di circa 550 lavoratori, collocati dapprima in regime di cassa integrazione straordinaria e che da mesi non percepiscono più alcun reddito;
attualmente le aziende «satellite» che compongono il gruppo Adelchi sono quantificabili nel numero di tre. La Nuova Adelchi S.p.a che ad oggi si trova ad usufruire della cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale in deroga ministeriale, la C.R.C S.r.l., anche questa usufruisce della cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale in deroga ministeriale e la G.S.C. Plast S.r.l. che avendo già avuto accesso a tutte le forme di ammortizzatori sociali attualmente usufruisce della cassa integrazione straordinaria in deroga regionale;
più volte al gruppo è stato chiesto di presentare un piano industriale utile a rilanciare l'attività, ma lo Stesso non è stato in grado di garantire nulla di tutto ciò avanzando per di più l'istanza di un continuo bisogno di finanziamenti per far ripartire l'attività di produzione;
peraltro dalle notizie apparse sulla stampa locale sembrerebbe che io stesso Sergio Adelchi abbia dichiarato di avere richieste per cento mila paia di scarpe e che sia intenzionato a produrle non nell'opificio di Tricase ma a dare la commessa da produrre o in conto terzi oppure presso altre aziende all'estero -:
se il Ministro interrogato non intenda verificare se nel corso degli anni il gruppo Adelchi abbia avuto accesso delle risorse pubbliche e quale utilizzo ne sia stato fatto;
se i passaggi effettuati dal gruppo da un'azienda all'altra hanno visto i lavoratori interessati collocati in mobilità e se sono stati utilizzati da parte del gruppo incentivi alla ricollocazione previsti dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, ciò al fine di tutelare lavoratori che hanno vissuto e tutt'oggi vivono una situazione lavorativa, economica ed umana drammatica.
(4-07725)

BORGHESI, PALADINI, PORCINO, DONADI e DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel settembre 2007 l'INPS ha proceduto ad indire più concorsi pubblici per l'assunzione di personale;
tra questi vi è il concorso per l'assunzione di 50 posti nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B, area economica B1. Tale concorso, dopo una lunga gestazione, è in dirittura d'arrivo con la pubblicazione delle graduatorie dei vincitori. Le prove del concorso sono state superate da 319 candidati su circa 25 mila concorrenti;
in base all'articolo 97, comma terzo, della Costituzione il concorso pubblico è istituito come lo strumento fondamentale di accesso al lavoro nella pubblica amministrazione, al fine di garantire il suo buon andamento e l'imparzialità, nonché la legalità e l'oggettività del merito e limitare fenomeni di clientelismo;
tuttavia, l'INPS il 24 marzo 2010 ha sottoscritto un contratto per la fornitura di 900 lavoratori interinali, per 4 ore giornaliere, per 12 mesi, con mansioni di «addetto all'acquisizione dati su supporto informatico ed ai sistemi di archiviazione», profilo equivalente alla posizione B1 del CCNL degli enti pubblici non economici, con l'agenzia TEMPOR spa, specificatamente per il ruolo dell'area funzionale B, mentre il 25 giugno 2009 ne aveva assunti altri 750, per 4 ore giornaliere, per 3 mesi, sempre con le stesse mansioni e lo stesso inquadramento (i relativi avvisi sono disponibili sul sito internet dell'INPS);
la riorganizzazione dell'INPS negli ultimi anni ha determinato una crescita dell'efficienza e una riduzione degli sprechi. Tuttavia, a fronte di un aumento delle competenze dell'Istituto, il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione che si sono succedute al fine di contenere la spesa pubblica ha determinato una costante e progressiva flessione della consistenza del personale rispetto alla pianta organica dell'INPS;
la riduzione del personale dell'INPS, necessaria per tanti aspetti, deve essere comunque accompagnata da un'oculata gestione delle risorse umane che consenta di fare fronte in maniera efficiente anche alle accresciute funzioni dell'INPS e di continuare a garantire servizi di qualità;
non sembra che ciò stia accadendo, dal momento che l'INPS continua a ricorrere all'assunzione di lavoratori a tempo determinato nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B, al di fuori di qualsiasi esigenza che si possa definire straordinaria o eccezionale, come è dimostrato dal fatto che questi contratti di somministrazione continuano ad essere rinnovati e si susseguono da svariati anni, dimostrando una situazione di fabbisogno di personale oramai diventata strutturale;
non di rado, poi, questi lavoratori interinali sono impiegati in attività di informazione all'utenza ed in altre mansioni non riconducibili alla mera attività di acquisizione, come previsto dal bando dell'appalto richiamato, come denunciato, ad esempio, con lettera del 13 aprile 2010 diretta all'INPS dalle rappresentanze sindacali di base aderenti alla C.U.B;
rimane saldo inoltre l'insegnamento consolidato della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui le deroghe legislative al principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, seppure previste espressamente dallo stesso articolo 97, terzo comma, della Costituzione, sono sottoposte al sindacato di legittimità costituzionale. In particolare, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sentenza n. 215 del 2009; sentenza n. 363 del 2006). Le deroghe, cioè, sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006). In altre parole, la deroga al principio del concorso pubblico deve essere essa stessa funzionale

alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 293 del 2009; sentenza n. 9 del 2010);
sotto l'aspetto economico, inoltre, risulta che il costo finale dell'appalto per le assunzioni interinali non rappresenta un risparmio per la pubblica amministrazione, essendo addirittura economicamente più conveniente - fatte le debite proporzioni - l'assunzione a tempo indeterminato di tutti gli idonei del concorso rispetto al ricorso al lavoro somministrato. Infatti, il costo finale totale per la somministrazione dei 900 lavoratori interinali è di 23.397.877,40 euro, IVA al 20 per cento inclusa; mentre quello per i 750 dell'anno precedente è stato di 4.311.489,60 euro, IVA al 20 per cento inclusa. Al contrario dall'analisi della retribuzione tabellare del contratto collettivo risulta che la retribuzione di un impiegato, a tempo pieno e non solo per 4 ore giornaliere, inquadrato nella fascia B1 dell'INPS ammonta a 18.218,00 euro l'anno, che sale a 21.254 euro considerando la tredicesima e la quattordicesima mensilità. Aggiungendo a ciò le contribuzioni previdenziali e i buoni pasto, viene fuori che per un anno di lavoro l'INPS spenderebbe 10.321.947 euro se assumesse i 319 candidati che hanno superato tutte le prove del concorso -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa;
se il Governo intenda promuovere l'assunzione di personale amministrativo stabile da parte dell'INPS nell'area funzionale B, facendo ricorso ai candidati risultati idonei al concorso appena concluso, per garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione.
(4-07733)

MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto nazionale della previdenza sociale nell'anno 2007 ha bandito un concorso pubblico, per esami, per l'assegnazione di 50 posti nei ruoli del personale amministrativo dell'INPS, area funzionale B, posizione economica B1, le cui prove si sono concluse nell'aprile 2010. A fronte della partecipazione di circa 25.000 candidati soli 319 sono risultati idonei;
attualmente i vincitori e gli idonei sono in attesa di assunzione, vista anche la notevole carenza di organico sofferta dall'INPS -:
se l'INPS procederà, e quando, alle assunzioni ovvero se rientrino nelle limitazioni delle facoltà assunzionali della amministrazioni dello Stato;
se non si ritenga di dover effettuare un monitoraggio, al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo i relativi dati;
quali iniziative intenda adottare affinché le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno.
(4-07743)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro per le politiche europee, per sapere - premesso che:
il regolamento (CE) n. 1967/2006, del Consiglio del 21 dicembre 2006, relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo, tra l'altro, prevede che, a decorrere dal 1o giugno 2010, non sia più consentito, l'uso dei rastrelli da natante, l'esercizio della pesca a strascico entro le tre miglia dalla costa, l'impiego di reti a

maglia inferiore a quella regolamentare (40 millimetri per la quadrata, 50 per quella a losanga);
i divieti di cui sopra, che riguardano soltanto il 5 per cento della flotta italiana, sono destinati ad incidere significativamente su alcune particolari realtà di pesca e, in specie, sulla cattura delle telline e sul piccolo strascico costiero praticato, nella costa meridionale della Sicilia, in cui insistono aziende di piccole o piccolissime dimensioni, prevalentemente a gestione familiare, dotate di piccole imbarcazioni che praticano attività di pesca a carattere artigianale;
i limiti imposti dal succitato regolamento impedirebbero la cattura, da parte delle marinerie della Sicilia meridionale, di alcune specie ittiche tre le quali la seppia, il gambero bianco, il cicirello, le cui ridotte dimensioni, anche degli esemplari adulti, sono incompatibili con le dimensioni delle maglie previste dal regolamento;
le suddette specie non sarebbero salvaguardate dall'utilizzo delle maglie previste dal regolamento succitato, in quanto verrebbero ugualmente catturate dalle reti e rilasciate morte dalle maglie di dimensioni troppo elevate;
i suddetti limiti riguarderebbero soltanto i motopescherecci italiani e non quelli extraeuropei, della costa nord dell'Africa, che pur operano nelle stesse acque dei pescherecci siciliani;
la cessazione delle attività di pesca, conseguente al suddetto divieto, produrrebbe un danno diretto, immediato, derivante da un mancato reddito, stimato in 12 milioni di euro, senza considerare le conseguenze, assai più rilevanti, che si avrebbero sull'indotto, ossia sulle altre componenti il sistema economico sociale di cui fanno parte le imprese di pesca che sarebbero costrette a cessare la loro attività;
sarebbero circa 15.000 i motopescherecci che esercitano attività di pesca a strascico, in tutta Italia, e che si trovano al centro di un sistema socio-economico, che, considerati i settori a monte e a valle, coinvolge circa 100.000 posti di lavoro;
al di là della sostenibilità sociale dell'entrata in vigore di detto regolamento, del valore economico delle imprese, prevalentemente non riconvertibili ad altre attività o tipologie di pesca, tale tipo di pesca rappresenta un patrimonio da salvaguardare: una tradizione, una cultura, la storia della gastronomia siciliana, un mestiere e una socialità che rischiano di scomparire -:
se il Governo non intenda avviare, d'intesa con la Regione siciliana e le organizzazioni professionali interessate, un programma coordinato di interventi - statali e regionali - che, a partire dal complesso degli strumenti finanziari disponibili, sia espressamente finalizzato al superamento dei problemi posti dall'entrata in vigore del divieto di cui in premessa;
quali misure intenda attuare, attraverso gli strumenti di sostegno alla pesca attualmente disponibili, ferma restando l'emergenza costituita dall'entrata in vigore del divieto di cui sopra;
quali iniziative intenda promuovere per l'attuazione di un programma integrato in favore delle marinerie interessate, fondato su interventi finalizzati al perseguimento di un numero circoscritto di obiettivi mirati, quali il passaggio a sistemi di pesca alternativi, l'ammodernamento e la crescita dimensionale delle imbarcazioni, l'abbandono definitivo;
quali iniziative intenda avviare, affinché nelle sedi comunitarie, sia concessa una deroga all'entrata in vigore del divieto di cui al succitato regolamento (CE) n.1967/2006, ovvero la predisposizione di piani di gestione regionali mirati a garantire la pesca di determinate specie quali il gambero bianco e la seppia.
(2-00768)«Berretta, Capodicasa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, la provincia di Mantova, in numerose sue comunità locali, è stata duramente colpita dal maltempo;
i dati del Centro meteo lombardo hanno evidenziato che, nel territorio mantovano, non pioveva così dal 1968;
il dato medio relativo alla pioggia caduta nel mese di giugno è di 137,8 millimetri, a fronte di una media storica di 62,5 millimetri;
in ragione dei dati sopra riportati, il comparto agricolo ed agroalimentare ha subito danni ingenti alla coltura, anche a seguito di esondazioni e tracimazioni di fossi e canali -:
se il Ministro intenda riconoscere lo stato di calamità naturale per consentire alle imprese agricole ed agroalimentari di vedere riconosciuti, sul piano economico, i danni subiti dal maltempo.
(5-03105)

RAINIERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nelle giornate del 15 e 16 giugno 2010 si sono verificati nella parte occidentale della regione Emilia Romagna eccezionali nubifragi di particolare intensità, con precipitazioni di oltre 150 millimetri di pioggia cumulata in 9 ore (paragonabile alla media dei tre mesi primaverili e ad un quinto della media annuale per la zona), che hanno provocato diverse interruzioni e danneggiamenti alle infrastrutture pubbliche essenziali e danni ai soggetti privati e alle attività produttive;
si è trattato di eventi i cui tempi di ritorno possono essere stimati in 120 anni per la pioggia oraria ed in 200 anni per la cumulata in 6 ore;
il quantitativo di pioggia in oggetto si è riversato su un'area di oltre 600 chilometri quadrati andando ad impattare sul reticolo idraulico minore, sui centri abitati e sulle superfici agrarie;
l'area maggiormente interessata dagli eventi calamitosi è stata la provincia di Parma, dove i nubifragi hanno colpito pesantemente i comuni compresi tra la via Emilia, il torrente Ongina ai confini con la provincia di Piacenza, il fiume Po ed il fiume Taro. Trattasi in particolare, dei comuni di Fontanellato, Fontevivo, Fidenza, Busseto, Roccabianca, Polesine, Zibello, San Secondo, Sissa, Soragna e in parte Noceto;
dai sopralluoghi effettuati si sono riscontrati rotture di argini, estese tracimazioni di canali e rii e rigurgiti dalle reti fognarie, diffusi allagamenti a strade provinciali e comunali, abitazioni, insediamenti produttivi e coltivazioni. Le esondazioni hanno anche provocato vasti allagamenti delle aree agricole con gravi danni alle colture;
sono stati già attuati interventi di somma urgenza, attivati sia dalla Agenzia regionale di protezione civile, sia dalla provincia, dai comuni e dal consorzio di bonifica parmense per un importo stimato in queste prime fasi di circa 500 mila euro. Una prima sommaria valutazione delle necessità finanziarie per la gestione della prima emergenza e la rimozione dei pericoli incombenti ammonta a 8 milioni di euro;
a seguito di questi avvenimenti, il presidente della regione Emilia Romagna, il 21 giugno 2010, ha firmato la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, per i territori della provincia di Parma colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni 15 e 16 giugno 2010;
una ricognizione provvisoria delle conseguenze dell'evento eccezionale di cui trattasi fanno emergere serie criticità per il territorio interessato, con situazioni emergenziali riguardanti, in particolare lo stato delle opere irrigue avendo anche il

consorzio di bonifica parmense segnalato numerose rotture arginali dei canali idrici, molteplici e diffuse tracimazioni, necessità di ripristinare opere idrauliche occorrenti alla regimazione in sicurezza dei corsi d'acqua;
è presumibile che gli agricoltori colpiti dai nubifragi subiranno perdite irrecuperabili per la distruzione delle colture agrarie e per i danni arrecati alle strutture agrarie ed ai mezzi di produzione -:
quali iniziative intenda adottare per fare fronte ai danni subiti dal settore agricolo della provincia di Parma colpito dagli eventi alluvionali del 15 e 16 giugno 2010;
se non intenda attivare misure specifiche dirette ad indennizzare gli agricoltori che hanno subito la distruzione delle colture agronomiche, nonché danni alle strutture agrarie capaci di limitare le loro capacità di reddito nell'immediato e nel lungo periodo.
(5-03107)

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, in una sua lettera recentemente pubblicata dal Corriere della Sera, si è chiesto «quale significato hanno le promozioni legate al campionato del mondo di calcio e pagate dal suo Ministero», soprattutto «in un momento economico, ma anche sociale, che dovrebbe essere intonato all'austerità»;
il Ministro si è inoltre chiesto «cosa resterà della ricca presenza alimentare, italiana, sostenuta dal Ministero di cui ho la responsabilità? Ci sarà forse un consistente ritorno a seguito delle tante degustazioni offerte in Casa Azzurri?»;
infine, il Ministro ha sostenuto che «se è giusto comunicare e promuovere attraverso spese che oggi mi sembrano in ogni caso altissime, è ancora più giusto eliminare sprechi inaccettabili, soprattutto se questi servono ad alimentare parassitismi comunicativi o banalità insensate che in nulla aiutano la nostra agricoltura» e si è chiesto «se uno qualunque di voi fosse a capo di un'azienda, spenderebbe milioni e milioni in attività comunicative che quasi certamente arricchiscono soltanto chi le confeziona?»;
tutto quanto detto dal Ministro è di evidente gravità -:
se il Ministro intenda specificare quante risorse finanziarie il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha investito nelle «degustazioni» offerte in «Casa Azzurri»;
quali siano i soggetti che, quasi certamente, si sono arricchiti in attività comunicative finanziate dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
(5-03125)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

LIVIA TURCO e CODURELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con il decreto ministeriale 18 aprile 2007 «Aggiornamento e completamento delle tabelle contenenti l'indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope e relative composizioni medicinali», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope e di prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza i cannabinoidi sono stati inseriti nella tabella II del Testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) attestante così la loro capacità farmacologica;
la collocazione nella tabella II afferma l'attività farmacologica di una data sostanza ed il suo potenziale utilizzo in

terapia, ma non significa l'automatica autorizzazione alla produzione o all'immissione in commercio sul territorio nazionale, che è regolata da specifiche norme fatte osservare dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA);
ciò comporta che alcune asl prevedano il rimborso, mentre, la maggior parte, nega tale rimborso costringendo il cittadino-paziente a farsi carico in toto dell'acquisto del medicinale -:
quali e quante siano attualmente le regioni e le asl che rimborsino, totalmente o parzialmente, l'acquisto dei farmaci cannabinoidi e se non ritenga di dover intervenire, affinché su tutto il territorio nazionale vi sia uniformità nella prescrizione, nell'acquisto e nel rimborso di questo tipo di farmaci.
(4-07707)

LO MONTE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Dirigente medico assegnato all'area di igiene e sanità pubblica - dipartimento di prevenzione, dipendente a rapporto esclusivo con un'azienda sanitaria può chiedere, in base a quanto stabilito dall'articolo 5, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000 e dall'articolo 1, comma 4 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, di svolgere l'attività libero professionale espletandola nella disciplina di appartenenza e con il parere favorevole del collegio di direzione e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, in una disciplina equipollente a quella di appartenenza, sempre che il dipendente sia in possesso della specializzazione o di una anzianità di servizio di cinque anni nella stessa disciplina;
l'attività di cui sopra può essere concessa anche per l'attività di prevenzione di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, salvo quanto previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000, per quanto attiene l'attività libero professionale del personale del dipartimento di prevenzione;
l'articolo 11 prevede, infatti, che il personale del dipartimento di prevenzione possa essere autorizzato a svolgere, per conto dell'azienda, prestazioni richieste all'azienda stessa anche da terzi (pubblici o privati) purché lo svolgimento di tali prestazioni non sia incompatibile con le funzioni istituzionali svolte. L'incompatibilità per ciascun dirigente è accertata dal direttore generale dell'azienda;
l'articolo 55 comma 3 del Contratto collettivo nazionale del lavoro 8 giugno 2000 dispone che l'autorizzazione prevista dall'articolo 1, comma 4 del decreto ministeriale 31 luglio 1997 (libera professione in disciplina diversa da quella per la quale si è stato assunto) «è concessa anche nei casi di esercizio di attività professionali svolge in qualità di specialista in medicina del lavoro o medico competente nell'ambito delle attività previste dal decreto legislativo n. 626 del 1994 (ora decreto legislativo n. 81 del 2008), con esclusione dei dirigenti che versino in condizioni di incompatibilità in quanto direttamente addetti alle attività di prevenzione di cui all'articolo 59»;
per lo svolgimento dell'attività libero professionale i dirigenti di dipartimenti di prevenzione incorrono nelle disposizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008;
in particolare si richiamano le disposizioni dell'articolo 39, comma 3, del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 che recita: «Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente»;
l'articolo 13 del sopra citato decreto legislativo attiene, invece, alla vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: in particolare, il comma 5 stabilisce che il dipendente pubblico che svolge tale tipo di attività di vigilanza non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza;

il legislatore ha dunque previsto, con l'articolo 39, comma 3, una norma di divieto specifico per l'attività di medico competente svolta dal pubblico dipendente, non prevedendo al contempo alcun richiamo all'articolo 13 ed, in particolare, al comma 5;
per valutare la portata del divieto posto dall'articolo 39, comma 3, si deve riportare, inoltre, il fatto che, mentre il decreto legislativo n. 626 del 1994 prevedeva che il dipendente pubblico non potesse svolgere l'attività di medico competente «qualora esplichi attività di vigilanza», l'articolo 39, parla di dipendete pubblico «assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza», con un significativo ampliamento della fattispecie -:
se si intenda chiarire, per quanto di competenza, quale interpretazione, in base alla normativa sopra richiamata, debba essere data, al fine delineare le incompatibilità in ordine allo svolgimento della libera professione da parte di medico competente assegnato all'area di igiene e sanità pubblica.
(4-07730)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da tempo in numerosi sportelli di Poste italiane si verificherebbero dei continui disservizi legati ad improvvisi black out nella rete informatica del gruppo, con conseguente annullamento delle operazioni in corso, lunghe attese a carico dell'utenza e financo blocco totale delle attività degli uffici;
tali disguidi sarebbero correlati all'attivazione del Service delivery platform, una sorta di impianto centralizzato in grado di gestire a livello unificato le vari operazioni di Poste italiane;
il sistema sarebbe in fase di estensione in tutti gli uffici postali italiani dopo un periodo di sperimentazione, pur ripetendosi i disservizi denunciati nell'odierno atto ispettivo -:
se corrisponda al vero che da tempo si susseguono interruzioni del servizio e disagi all'utenza di Poste italiane a causa dell'improvvisa e ripetuta carenza di rete internet e, in caso di risposta affermativa, se siffatti eventi possano dipendere dal nuovo sistema di gestione delle attività del gruppo denominato Service delivery platform;
in cosa consista, concretamente, il sistema denominato Service delivery platform e quali ricadute dovrebbe avere nella gestione degli uffici postali;
se sia noto a chi sia stato affidato lo sviluppo della piattaforma, sulla base di quali requisiti, sulla scorta di quale metodo di scelta del contraente, con quali partecipanti e con quali esiti definitivi;
quali interventi intenda adottare per scongiurare ulteriori problemi alla clientela e agli operatori di Poste italiane ed, in particolar modo, se non si ritenga necessario che Poste italiane accerti l'effettiva funzionalità del sistema prima di estenderlo a livello nazionale.
(5-03106)

FRONER, LULLI, VICO e NANNICINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, trasmesso al Parlamento il 27 aprile 2010, concernente la ripartizione per l'anno 2010 del «Fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori», all'articolo 7, è stanziata la somma di euro 7.600.000,00 per favorire la restituzione delle somme versate in relazione alla retroattività delle disposizioni in materia di cosiddette polizze dormienti di cui ai commi 345-quater e 345-octies dell'articolo 1

della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008 n. 166;
nel parere espresso il 19 maggio 2010 dalla Commissione attività produttive della Camera, il Governo era stato invitato a valutare la possibilità di incrementare lo stanziamento previsto, previa congrua valutazione dell'entità delle somme all'uopo necessarie;
a più di un mese dall'espressione del parere, non risulta all'interrogante che il succitato decreto ministeriale sia stato attuato, pur essendo stato adottato circa un mese fa, con la firma del Ministro pro-tempore;
addirittura sembrerebbe non esserci la certezza della disponibilità delle risorse utilizzate per le varie iniziative a vantaggio dei consumatori, secondo il piano di utilizzo previsto dal suddetto decreto, in considerazione del fatto che il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe trasferito materialmente al Ministero dello sviluppo economico soltanto una quota parte dei 38 milioni complessivamente stanziati -:
se il Governo sia in grado di dare indicazioni temporali in ordine all'erogazione almeno dei rimborsi già previsti che interessano migliaia di famiglie che dopo il dolore per scomparsa dei loro cari titolari delle polizze cosiddette dormienti hanno dovuto subire anche il danno della perdita delle somme maturate, a causa dell'assurda normativa, con effetto retroattivo, introdotta con il famigerato decreto Alitalia del 2008;
se il Governo possa fornire informazioni più concrete sulla procedura che la Consap intende definire per consentire agli aventi diritto di ottenere il rimborso da parte degli intermediari assicurativi in tempi brevi e senza costi aggiuntivi;
se il Governo abbia provveduto alla valutazione dell'entità complessiva dello stanziamento necessario a completare il rimborso a tutti coloro che erano incappati nelle disposizioni introdotte nel 2008 sulla prescrizione delle polizze, alle quali si è in parte posto rimedio con le norme dell'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito dalla legge n. 73 del 2010, che hanno eliminato la retroattività;
se il Governo preveda di assumere iniziative volte a incrementare la somma stanziata, al fine di scongiurare che la scarsità di risorse vada a creare ulteriori discriminazioni fra gli aventi diritto.
(5-03112)

FADDA, CALVISI, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU, SORO, BENAMATI, COLANINNO, FRONER, LULLI, MARCHIONI, MASTROMAURO, PELUFFO, PORTAS, QUARTIANI, SANGA, SCARPETTI, FEDERICO TESTA, VICO e ZUNINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, articolo 9, definisce la Rete nazionale dei gasdotti e stabilisce che il Ministero dell'industria, commercio e artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico) individua, sentita la conferenza unificata e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, l'ambito della stessa rete;
con decreto dello stesso Ministero del 22 dicembre 2000 è stata individuata la Rete nazionale dei gasdotti;
nel gennaio del 2003 si costituisce la società Galsi spa per la progettazione e la realizzazione di un gasdotto destinato all'importazione di gas naturale dall'Algeria all'Italia attraverso la Sardegna;
nello stesso anno la regione Sardegna, attraverso le controllate Sfirs e Progemisa, entra nella compagine societaria della Galsi spa con una partecipazione dell'11,6 per cento, mentre il restante capitale azionario è distribuito tra la Sonatrach (41,6 per cento), Edison (20,8 per

cento), ENEL Produzione (15,6 per cento) e il GRUPPO HERA (10,4 per cento);
il progetto Galsi prevede la costruzione di una sezione internazionale del gasdotto e due sezioni su territorio nazionale, una delle quali prevede il punto approdo Sud Sardegna presso Porto Botte dove verrà localizzata la stazione di misura e riduzione di pressione e il punto di approdo Nord Sardegna presso Olbia dove verrà localizzata la stazione di compressione;
la regione Sardegna con deliberazione n. 32/17 del 4 giugno 2008 ha espresso al Ministero per lo sviluppo economico parere positivo sull'inserimento del gasdotto Galsi nella Rete nazionale dei gasdotti;
il 30 settembre del 2008 Galsi spa e Snam Rete Gas hanno firmato un accordo per sviluppo del progetto, secondo il quale Galsi gestirà la fase di progettazione, autorizzazione e sviluppo dell'intero progetto dall'Algeria alla Toscana, mentre Snam Rete Gas diverrà titolare, realizzerà e gestirà il tratto di rete nazionale del metanodotto;
il gasdotto Galsi è stato dichiarato progetto di interesse europeo e incluso dal Parlamento Europeo con decisione n. 1364/2006/EC tra i 5 assi prioritari per lo sviluppo della rete transeuropea dell'energia, quale nuova infrastruttura per l'approvvigionamento di gas naturale dai Paesi terzi;
il 14 novembre 2007 ad Alghero è stato firmato un accordo intergovernativo tra Italia e Algeria che riconosce la rilevanza strategica dell'opera e garantisce il supporto istituzionale per lo sviluppo del progetto;
nell'ambito del pacchetto di misure anticrisi ratificato il 6 maggio 2009 dal Parlamento europeo, Galsi è stato incluso nella lista di progetti energetici prioritari che potranno beneficiare di finanziamenti comunitari con uno stanziamento di 120 milioni di euro a fondo perduto;
la realizzazione di tale infrastruttura riveste per la Sardegna un importanza strategica non solo perché consentirebbe un ulteriore sviluppo del sistema industriale sardo, ma perché renderebbe possibile il mantenimento dell'attuale tessuto industriale e in particolare quello costituito dalle imprese energivore;
tuttavia, nel corso dell'audizione presso le Commissioni riunite X Camera e 10a Senato del 15 giugno 2010, il rappresentante della EDISON ha consegnato un documento nel quale tra l'altro viene evidenziato che «Le attese di una situazione di prezzo critica per i contratti di lungo termine combinate con differenziali strutturali di prezzo rispetto ai mercati Europei potrebbero mettere in discussione la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento che contribuiscono alla sicurezza del sistema e alla diversificazione delle fonti sia per l'Italia che per l'Europa» e in particolare, per i motivi su richiamati, è in pericolo la realizzazione del Galsi -:
se sia fondato il rischio esposto in premessa e in tal caso quali iniziative intenda assumere il Governo per scongiurare la sospensione dell'iter di realizzazione del gasdotto Algeria Italia, prospettiva che vanificherebbe quanto disposto dalla legge n. 41 del 2010 sull'approvvigionamento dell'energia elettrica nelle due isole maggiori e costringerebbe i cittadini sardi a continuare a pagare l'energia ad un prezzo nettamente superiore a quello pagato nel resto del Paese.
(5-03119)

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Val d'Arzino, in provincia di Pordenone, è da qualche giorno al centro di vivaci polemiche dopo che la società «Poste Italiane» ha annunciato una drastica

riduzione degli orari di funzionamento dell'ufficio di Anduins e la soppressione dello sportello di Pielungo;
la situazione di disagio per la popolazione locale, in larga maggioranza anziana, si spiega anche con la notevole distanza chilometrica tra le varie frazioni della valle (a tratti ammontante financo a 15 chilometri), nonché con la contemporanea chiusura del limitrofo recapito di Flagogna (Udine);
uno dei precipui motivi di timori si lega alla possibilità che lo stesso servizio di consegna della corrispondenza venga ridimensionato;
il caso di specie può essere in considerazione come esempio per altri episodi simili attualmente registrabili sul territorio nazionale;
all'interrogante non sfuggono il contingente quadro macroeconomico e la conseguente necessità di ridurre i servizi, laddove gli stessi si rivelino grandemente in sofferenza, ma, al contempo, non può non tenersi in debito conto la fondatezza del rischio di futuri disservizi -:
quali iniziative intenda adottare per scongiurare che gli annunciati tagli di «Poste Italiane» in Val d'Arzino (Pordenone) comportino disagi e problemi vari all'utenza, in particolar modo nel recapito quotidiano della corrispondenza.
(4-07708)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

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TURISMO

Interrogazione a risposta orale:

MARCHIONI. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
con l'emanazione del decreto dell'allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega al turismo 21 ottobre 2008 sono state definite le modalità per l'erogazione dei buoni vacanza da destinare alle fasce sociali più deboli e per favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici, prevedendo che ai relativi oneri si provveda a carico del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri;
l'articolo 3 del predetto decreto stabilisce che il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, con apposito atto pubblicato in Gazzetta ufficiale, comunica le modalità di presentazione delle domande per l'erogazione dei buoni vacanze;
i ripetuti annunci del Governo sulla disponibilità dei buoni vacanze avevano creato fin dall'inizio del 2009 legittime aspettative soprattutto in quelle famiglie che non avevano altre possibilità di vacanze e che ritenevano di poter usare questi buoni già dalla primavera 2009, ma solo il 25 novembre 2009 è stato pubblicato il decreto che ne avvia l'operatività, fissando la decorrenza del 20 gennaio 2010 per prenotare i buoni vacanze che saranno validi fino al 30 giugno 2010;
considerato che l'articolo 2 del succitato decreto prevede che la gestione dell'acquisto e della distribuzione dei buoni vacanze possa essere data in convenzione dal dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo all'ANCI e alle associazioni non profit di comprovata esperienza nel settore, non è chiaro se la gestione dei buoni vacanze è stata affidata all'associazione non profit BVI SoGe srl, dopo aver preso in considerazione anche altre associazioni non profit;
ai sensi dello stesso articolo 2, non dovevano essere previsti corrispettivi per la gestione, ad eccezione del rimborso delle sole spese postali derivanti dalla trasmissione dei buoni vacanze agli aventi diritto, mentre la procedura online tramite la quale è possibile aderire al sistema buoni vacanze prevede la sottoscrizione di un contratto che stabilisce un contributo del 4 per cento più IVA degli importi incassati -:
quali siano le ragioni delle discordanze tra il decreto del 21 ottobre 2008 ed i provvedimenti successivi;

quante siano state le richieste avanzate per il 2010, da quali tipologie di famiglie con riferimento alla composizione e ai livelli di reddito ammessi, e con quale distribuzione territoriale;
se lo stanziamento previsto per il 2010 di 5 milioni di euro sia stato sufficiente a coprire le richieste e se il Ministro intenda adoperarsi per incrementarlo per il prossimo anno.
(3-01143)

Allegato B
Seduta n. 342 del 23/6/2010
(Continuata nella giornata di giovedì 24 giugno 2010)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Callegari n. 4-00217, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Torazzi n. 4-01403, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Callegari n. 4-03650, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-05320, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-05367, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Laura Molteni n. 4-06848, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-06871, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Caparini e Volpi n. 4-07330, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-07494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La interrogazione a risposta scritta Lehner n. 4-07519, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bernardini.

La interrogazione a risposta scritta Caparini e altri n. 4-07679, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato dell'interpellanza Garagnani n. 2-00748, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 334 del 9 giugno 2010.

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
le agevolazioni per garantire il diritto allo studio in questo momento, sono estremamente differenziate da regione a regione, favorendo una disparità di trattamento nella fruizione di diritti essenziali fra studenti;

ad esempio la regione Lombardia molto opportunamente, a parere dell'interpellante, ha riconosciuto il principio della libera scelta educativa dei genitori, mentre altre come l'Emilia Romagna e la Toscana privilegiano le sole istituzioni educative statali o comunali;
non si tratta di ledere l'autonomia delle regioni, ma di fissare alcuni princìpi essenziali che stabiliscano un livello di prestazione uguale per tutti i cittadini;
si fa presente, infine, che con la definizione di un'iniziativa generale come quella succitata, si avvierebbe un primo percorso per realizzare la parità scolastica della quale il nostro Paese ha disperatamente bisogno;
l'interpellante dal 2001, e anche in questa legislatura, per ben tre volte ha presentato un'apposita proposta di legge in materia, discussa e votata nella sola XIV legislatura -:
quali iniziative, nel rispetto del riparto costituzionale delle competenze, il Ministro intenda assumere con riferimento alla problematica rappresentata in premessa.
(2-00748)«Garagnani».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bellanova e altri n. 5-02333 del 13 gennaio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07725.