XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 1 giugno 2010

TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la conferenza per la revisione quinquennale del trattato di non proliferazione nucleare si è conclusa a New York nei giorni scorsi, con la votazione di un documento che sollecita il raggiungimento dell'obiettivo di un Medio Oriente senza armi atomiche e con l'auspicio che anche Israele aderisca al trattato, mettendo le sue testate sotto il controllo dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica;
l'intesa, la prima in dieci anni, ha registrato alcune riserve da parte degli Stati Uniti e di Israele, che lamentano l'assenza di riferimenti alle probabili violazioni del trattato messe in atto dall'Iran e al fatto che altri Paesi, come India, Pakistan e Corea del Nord, dispongono già di armi nucleari, ma non vengono menzionate nel documento;
per l'Iran, invece, la dichiarazione finale «non punta all'abolizione dell'arma nucleare e non interviene sulla posizione delle potenze atomiche», cioè Usa, Regno Unito, Francia, Russia e Cina, alle quali il trattato permette di mantenere i propri arsenali atomici a fronte di un generico impegno al loro smantellamento;
ancora oggi, gli Stati Uniti possiedono 5.113 testate nucleari funzionanti - come ha ufficialmente rivelato il Pentagono proprio nel corso della citata conferenza - mentre del numero di testate della Russia non si ha contezza ed altre potenze, come, ad esempio, la Francia, hanno fatto capire di non essere disposte a rinunciare al proprio arsenale atomico;
il nuovo trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari, che succede al trattato Start I scaduto nel dicembre 2009, siglato da Obama e Medvedev a Praga l'8 aprile 2010, rappresenta lo strumento indispensabile per procedere ad un completo disarmo nucleare;
nell'ambito degli accordi di condivisione nucleare o degli accordi bilaterali in ambito Nato sono a tutt'oggi schierate, in cinque Paesi membri militarmente non nucleari dell'Alleanza (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia), 150-200 armi nucleari tattiche;
tuttavia, gli arsenali nucleari statunitensi in Europa sono stati progressivamente ridotti del 90 per cento, mentre non altrettanto rilevanti appaiono le riduzioni in territorio russo;
l'Alleanza atlantica è anche - come unanimemente riaffermato in ogni sede - un'alleanza nucleare a responsabilità condivisa;
il 10 marzo 2010 è stata approvata dal Parlamento europeo, con voto bipartisan, una risoluzione sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari che «richiama l'attenzione sull'anacronismo strategico delle armi tattiche nucleari e sulla necessità che l'Europa contribuisca alla loro riduzione ed eliminazione dal proprio territorio nel contesto di un dialogo di più ampio respiro con la Russia»;
ciò nonostante, se ad oltre venti anni dalla fine della guerra fredda il rischio di un conflitto nucleare fra nazioni è diminuito, si deve registrare l'aumento del rischio di attacchi atomici da parte di nuove potenze e di organizzazioni terroristiche, come dimostrano i numerosi casi di sequestro di materiali radioattivi destinati al mercato nero,

impegna il Governo:

a sostenere, solidalmente con gli Stati Uniti e con i partner dell'Alleanza atlantica, il processo in corso per l'elaborazione di un nuovo concetto strategico della Nato, a cominciare dal vertice di Lisbona del mese di novembre 2010;
ad interagire per una positiva conclusione del trattato Start fra Usa e Russia,

in tema di armi nucleari in Europa, ispirato al concetto della deterrenza anche nei confronti di potenziali minacce provenienti dall'area mediorientale.
(1-00369)
«Bosi, Vietti, Volontè, Adornato, Pisacane, Compagnon, Ciccanti, Naro, Rao, Galletti, Libè, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
le convenzioni internazionali in materia di disarmo e di non proliferazione riflettono - più di ogni altro settore del diritto internazionale pattizio - le particolari condizioni geopolitiche esistenti al momento della loro conclusione. Se da un lato codificano in essenza la sfiducia reciproca alla base dei rapporti tra gli Stati contraenti, dall'altro sono il risultato di un processo di distensione che esse stesse concorrono ad alimentare;
in questo scenario va ricordato che la necessità di impedire o, quanto meno, di ridurre drasticamente la diffusione delle armi atomiche è stata ben presente sin dall'inizio dell'era nucleare. Nel gennaio del 1946, a pochi mesi dalla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che impegnava gli Stati membri a non dotarsi di ordigni nucleari ed a limitare l'uso dell'energia nucleare a scopi esclusivamente pacifici. Sempre nel 1946, il Governo degli Stati Uniti, che all'epoca era l'unico Paese ad avere realizzato ed usato la bomba atomica, propose la costituzione di un'autorità internazionale con poteri di controllo ed ispezione su tutte le attività connesse con l'energia nucleare. Tale iniziativa, comunemente indicata come «piano Baruch», non ebbe successo, così come quella, quasi contemporanea, dell'Unione sovietica, che proponeva il bando delle armi nucleari e la distruzione di quelle già realizzate. Nei fatti, la logica dell'equilibrio strategico tra blocchi contrapposti ebbe il sopravvento;
dopo un periodo di costante aumento degli armamenti nucleari, scelta strategica nel mondo dei due blocchi, si è gradualmente avviata una nuova stagione caratterizzata da una serie di accordi che hanno determinato un'importante riduzione delle armi di distruzione di massa esistenti sul nostro pianeta;
nella seconda metà degli anni '60 Stati Uniti, Unione sovietica e Regno Unito posero, infatti, le basi di un trattato internazionale, che, prendendo atto della presenza sulla scena internazionale di Stati «militarmente nucleari» (NWS) e Stati «militarmente non nucleari» (NNWS), avrebbe dovuto impedire l'ulteriore diffusione degli ordigni atomici e perseguire, nel lungo termine, l'obiettivo di un disarmo nucleare generale e completo, garantito da un efficace controllo internazionale. L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), attiva già dal 1957, fu incaricata sia di condurre le necessarie verifiche mirate ad evitare usi impropri dei materiali e delle tecnologie nucleari, sia di facilitare le applicazioni pacifiche di questa fonte energetica. Prese in tal modo corpo il trattato di non proliferazione, il cui testo definitivo, nel luglio 1968, fu aperto alla firma di tutti gli Stati, compresi quelli rimasti esclusi dal negoziato preparatorio. L'accordo, firmato a distanza di sei anni dalla «crisi di Cuba», fu concluso per una durata di 25 anni, allo scadere dei quali la maggioranza dei Paesi aderenti avrebbe deciso se prorogarne la validità indefinitamente, oppure per uno o più periodi di durata limitata;
oggi, inevitabilmente, l'attuale evoluzione verso un mondo multipolare, con futuri equilibri strategici essenzialmente regionali, non può non suggerire la necessità di un esame critico della materia, per garantire un processo di costante smilitarizzazione nucleare su scala mondiale;
in primo luogo, bisogna sottolineare che se moltissimi Paesi hanno nel tempo aderito al trattato di non proliferazione, alcuni continuano a restarne fuori: sono in realtà pochi, ma dotati di

grande peso politico e militare a livello regionale. L'assenza di Israele, India e Pakistan dal novero degli Stati contraenti rischia, infatti, di minare alla base il trattato e focalizza le lacune attuali del regime di non proliferazione;
inoltre, i casi recenti dell'Iraq e della Corea del Nord hanno evidenziato alcuni punti deboli del sistema, in particolare in relazione ai controlli previsti, costituiti essenzialmente dall'obbligo dell'Aiea, l'agenzia incaricata dei controlli, di effettuare le ispezioni solo nei siti dichiarati e soltanto sulla base della contabilità del materiale nucleare. A ciò si aggiunge il problema delle cosiddette «ispezioni non dichiarate», che, spesso avversate dagli Stati interessati e comunque non tempestive a causa della procedura attualmente in vigore, contribuiscono a rendere il sistema abbastanza «penetrabile» nel suo complesso;
è, pertanto, auspicabile attribuire maggiori poteri e prerogative all'Aiea. In particolare, sul piano istituzionale, è necessario che l'agenzia operi in presa diretta con il Consiglio di sicurezza dell'Onu, potenziando i meccanismi la cui efficacia è stata dimostrata dagli eventi connessi alla guerra del Golfo. Sul piano operativo, è, inoltre, indispensabile che siano conferiti ai suoi ispettori poteri di indagine e strumenti tecnici di verifica finora giudicati troppo intrusivi. A tal fine, presso la stessa Aiea sono tuttora in corso i negoziati per la messa a punto del cosiddetto programma 93+2, che, lanciato nel 1993, secondo le previsioni iniziali avrebbe dovuto essere formalizzato entro i due anni successivi. I ritardi registratisi sono imputabili alla consueta riluttanza degli Stati ad accettare limitazioni della propria sovranità ed alla presunta preoccupazione che un regime di controllo più stringente possa creare ostacoli allo sviluppo dei programmi nucleari nazionali;
il disarmo generale rimane un obiettivo fondamentale, il cui conseguimento passa attraverso il raggiungimento di obiettivi intermedi. Sotto questo profilo assume, pertanto, grande rilevanza il trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari, il Ctbt (Comprehensive test ban treaty), il cui testo definitivo, negoziato in seno alla conferenza per il disarmo di Ginevra, è stato siglato il 25 settembre 1996 a New York da 55 nazioni, tra cui i 5 Stati «militarmente nucleari» e l'Italia, dopo essere stato approvato dall'Assemblea generale dell'Onu con la risoluzione 50/245 del 17 settembre 1996, presentata dall'Australia;
negli anni più recenti si è assistito ad un radicale processo di disarmo e di riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze. I risultati raggiunti non devono, però, indurre ad abbassare la guardia ed a sottovalutare la reale entità del rischio nucleare per la sicurezza mondiale, che ancora oggi continua ad essere una minaccia reale. Il mondo non è ancora libero da armi nucleari e, accanto alle testate ancora operative, ne rimangono altre migliaia che potrebbero essere facilmente reimpiegate in futuro. Sebbene i progressi in atto siano di portata certamente epocale, i compiti della comunità internazionale sul fronte in esame sono lungi dall'essere esauriti;
sicuramente una potentissima spinta al rafforzamento del regime di non proliferazione è venuta anche dalle iniziative di disarmo delle due superpotenze nucleari. Un elemento questo di fondamentale importanza. La tendenza più o meno manifesta a violare il regime di non proliferazione nucleare sarà senza dubbio condizionata dall'atteggiamento complessivo delle grandi potenze e dalla loro volontà, in particolare, di proseguire verso un disarmo nucleare generale e completo. Se il processo di disarmo procederà speditamente, la comunità internazionale sarà sempre meno disposta a condonare l'eventuale accesso da parte di nuovi Stati all'opzione nucleare;
in questo quadro, i trattati Start I e II sulla riduzione delle armi strategiche, la proroga a tempo indefinito del trattato di non proliferazione e la messa a punto

del trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari sono tutti elementi che contribuiscono a diminuire l'enfasi sull'opzione nucleare. Tuttavia, la frammentazione successiva alla fine della guerra fredda ha moltiplicato gli scenari particolarmente «critici», facendo emergere le aspirazioni egemoniche di varie potenze medie;
il mutato contesto internazionale richiede, pertanto, la rapida adozione di adeguate innovazioni procedurali, dirette a far operare l'Aiea in presa diretta con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed a fornire ai suoi ispettori poteri di indagine e strumenti tecnici di verifica finora considerati troppo intrusivi;
il moltiplicarsi delle aree del globo dotate di una valenza strategica non solo regionale, ma mondiale, richiede il rafforzamento e l'espansione del sistema di accordi, che, nel quadro del trattato di non proliferazione, attuino il disarmo e il regime di proliferazione a livello regionale. Sotto tale aspetto, merita particolare attenzione il sempre più rapido processo di integrazione europea e la nuova dimensione aperta con il trattato di Maastricht, con l'introduzione della politica estera e di sicurezza comune (pesc);
negli ultimi mesi si sono registrate novità importanti. Il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno chiesto al Segretario generale della Nato l'apertura di un dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del successivo 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque Paesi europei sembra collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata da Obama;
il 10 marzo 2010 il Parlamento europeo ha approvato con voto bipartisan una risoluzione sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari;
ad aprile 2010 è stato varato negli Stati Uniti il Nuclear posture review, atteso da diverso tempo, che presenta alcune novità interessanti: in primo luogo la dottrina nucleare Usa viene inquadrata all'interno dell'obiettivo globale di un mondo libero da armi nucleari, secondo il discorso di Obama a Praga del 5 aprile 2009. Gli Usa si impegnano a ridurre il ruolo delle armi nucleari nella strategia militare, a non costruire nuove armi nucleari (accettando, quindi, il divieto alla proliferazione verticale), né a effettuare sperimentazioni, si impegnano a far ratificare e entrare in vigore il trattato per la messa al bando delle sperimentazioni, «mandano in pensione» un'intera categoria di armi nucleari (i tlam-n, cruise a testata nucleare) e offrono finalmente le «garanzie negative» a tutti gli Stati non nucleari del trattato di non proliferazione. Nello stesso tempo però gli Usa hanno ribadito che fintanto che esisteranno ancora armi nucleari nel mondo manterranno il loro potenziale deterrente;
l'8 aprile 2010 è stato firmato a Praga dal Presidente americano Obama a da quello russo Dmitry Medvedev l'accordo Start II. L'Accordo è il risultato di un lungo processo di avvicinamento della Russia all'Occidente, che anche l'Italia ha contributo con costanza a realizzare. In particolare, bisogna ricordare la nascita, nel 2002 a Pratica di Mare, del Consiglio Nato-Russia, fortemente voluto dal Governo italiano, mentre l'avvio della fase finale del processo di integrazione della Russia in Occidente è da ricondurre al 2001, cioè al vertice G8 di Genova, quando si svolse l'incontro bilaterale tra il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ed il Presidente russo Putin. La tappa successiva fu la visita di Berlusconi a Mosca nell'ottobre 2001, in occasione della quale osservatori e stampa parlarono esplicitamente di relazioni «privilegiate» instauratosi tra i due leader. Poi l'altra tappa fondamentale: la visita del Presidente del Consiglio dei ministri in Russia e l'annuncio a Roma, pochi giorni dopo, da parte di Berlusconi, del raggiungimento di un accordo tra la Nato e la Russia per

una maggiore integrazione di Mosca nell'Alleanza atlantica attraverso la creazione di un Consiglio a 20. Accordo, poi, ratificato il 28 maggio 2002 in occasione del vertice di Pratica di Mare. Tale accordo è stato fatto precedere dalla dichiarazione di Roma firmata dai 19 leader dell'Alleanza atlantica e dal Presidente russo Putin. Il preambolo della dichiarazione, dove si afferma che «all'inizio del ventunesimo secolo viviamo in un mondo nuovo, strettamente correlato come non mai nel passato, dove minacce e sfide nuove e senza precedenti esigono risposte sempre più unite», si accompagna ai «settori» di «comune interesse», nei quali Nato e Russia collaboreranno insieme. Tra di essi spicca quello della «non proliferazione». Un percorso, questo, confermato dai leader del G8 nel 2009 all'Aquila;
il 13 aprile 2010 si è tenuto a Washington il Vertice sulla sicurezza nucleare, a cui hanno partecipato 47 Stati. L'obiettivo era quello di portare avanti, con determinazione ed in un consesso multilaterale, e di realizzare entro quattro anni un regime di messa in sicurezza di tutto il materiale fissile del mondo. Sono stati fatti accordi bilaterali interessantissimi (e nuovi), sebbene l'accordo più generale tra tutti gli Stati presenti non configuri un trattato vincolante a tutti gli effetti;
l'Italia ha svolto, dunque, un ruolo di primo piano nel processo di riavvicinamento tra le due grandi potenze, in particolare anche con riferimento al processo di smilitarizzazione nucleare. Si ricorda in questo senso che il 23 giugno 2009 la Camera dei deputati e il 17 dicembre 2009 il Senato della Repubblica hanno approvato delle mozioni, con consenso di entrambi gli schieramenti, che incoraggiano il Governo italiano a sostenere, in ogni sede internazionale multilaterale, l'obiettivo di costruzione di un mondo libero da armi nucleari,

impegna il Governo:

a svolgere un ruolo attivo che confermi e rafforzi la visione sancita dal vertice G8 dell'Aquila per un mondo senza armi nucleari, facendo leva sull'importante passo in avanti registrato con la firma del nuovo trattato Start tra Usa e Russia, ma anche sull'esigenza di favorire nuovi processi di disarmo, che includano negoziati sulla riduzione delle armi non strategiche da parte dei Paesi che le possiedono;
a sostenere passi concreti per il rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione, di cui il trattato di non proliferazione rappresenta tuttora la pietra angolare, per l'entrata in vigore del trattato per la messa al bando delle sperimentazioni, per l'avvio di negoziati per la messa al bando della produzione di materiale fissile (fmct) e, infine, per l'adozione universale del protocollo aggiuntivo dell'Aiea, con l'obiettivo di consolidare le capacità ispettive dell'agenzia viennese;
a sviluppare ulteriormente il dibattito già avviato in seno all'Alleanza atlantica sul futuro del deterrente nucleare all'interno dei confini europei, anche nel quadro di un processo negoziale con la Federazione russa sul controllo degli armamenti;
ad approfondire con gli alleati, nel quadro del nuovo concetto strategico della Nato di prossima approvazione, il ruolo delle armi nucleari sub-strategiche, a garanzia della sicurezza collettiva nello spazio euro-atlantico, e l'opportunità di addivenire - tramite passi misurati, concreti e comunque concertati tra gli alleati - ad una loro progressiva ulteriore riduzione, in aderenza all'obiettivo di assicurare un equilibrio degli armamenti nucleari al più basso livello possibile nella prospettiva della loro eliminazione.
(1-00370)
«Boniver, Dozzo, Iannaccone, Baldelli, Antonione, Pianetta, Sardelli».

La Camera,
premesso che:
la Commissione bicamerale per l'infanzia nell'ottobre del 2008 ha dato

avvio ad un'indagine conoscitiva per approfondire la condizione dei minori stranieri non accompagnati immigrati nel territorio italiano ed ivi presenti in assenza di familiari, al fine di ricostruirne il percorso dal momento in cui questi minori, dopo essere stati identificati come tali e pertanto esclusi dalla procedura di esclusione dal territorio italiano, abbandonano i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
dall'indagine è emerso un dato allarmante, dal momento che una larga parte di minori, rilasciati dai centri di prima accoglienza, si allontanano dalle comunità alloggio che li ospitano senza lasciare traccia ed esponendosi al rischio di sfruttamento da parte della criminalità organizzata o mettendo in pericolo la loro stessa incolumità;
a tale proposito, secondo quanto riferito dal Ministro dell'interno, alcuni riscontri incrociati fra i dati dell'immigrazione clandestina dei minori e segnalazioni relative a possibili traffici di organi, gettano un'ombra inquietante sulla scomparsa di numerosi minori stranieri subito dopo il loro arrivo in Italia;
risulta altresì che molte giovani donne, giunte nel nostro Paese in stato di gravidanza a seguito delle ripetute violenze subite durante il tragitto, abbandonano il figlio nel centro di accoglienza dove sono ospitate;
il fenomeno descritto presenta preoccupanti connessioni con i flussi dell'immigrazione clandestina, gestiti dalla criminalità organizzata, spesso con base al di fuori del territorio italiano, a conferma dell'esistenza di gravi fenomeni di tratta degli esseri umani, finalizzata allo sfruttamento di minori, soprattutto donne;
secondo i dati forniti dall'organizzazione non governativa «Save The Children» la presenza dei minori stranieri non accompagnati è in crescita, con una concentrazione nelle città con più di 100.000 abitanti sebbene negli ultimi anni sia emersa una crescente presenza dei minori per città più piccole (tra i 15.001 e i 100.000 abitanti);
l'Italia ha ratificato il 27 maggio 1991 con la legge n. 176 la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, che, all'articolo 1, definisce «bambini» gli individui di età inferiore ai diciotto anni;
tale Convenzione rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, tra cui il diritto alla vita (articolo 6), il diritto alla salute e a godere delle prestazioni sanitarie (articolo 24), il diritto ad esprimere la propria opinione (articolo 12) e ad essere informati (articolo 13), il diritto al nome, tramite registrazione anagrafica, nonché alla nazionalità (articolo 17), il diritto all'istruzione (articoli 28 e 29), il diritto al gioco (articolo 31) ed il diritto ad essere tutelati da ogni forma di sfruttamento ed abuso (articolo 34);
l'Italia ha autorizzato la ratifica con la legge 11 marzo 2002, n. 46, due protocolli opzionali che accompagnano la Convenzione sui diritti dell'infanzia: il protocollo opzionale concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati ed il protocollo opzionale sulla vendita, prostituzione e pornografia dei bambini;
gli articoli 22, 30, 32, 34, 35, 36, 38 e 39 della Convenzione sui diritti dell'infanzia prevedono una tutela particolare nei confronti di alcuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione della loro maggiore vulnerabilità. Si tratta: di minori in situazioni di emergenza, rifugiati o impiegati nei conflitti armati; dei minori in situazioni di sfruttamento economico, compreso il lavoro minorile, abuso e sfruttamento sessuale; delle vittime di tratta o di altre forme di sfruttamento; infine dei bambini adolescenti di minoranze etniche o popolazioni indigene;
la gravità sociale dei fenomeni sin qui descritti e l'urgenza di individuare al più presto gli strumenti per una efficace tutela di questi minori e per l'affermazione dei loro diritti, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse, richiedono che da parte del Governo sia posta attenzione ad una politica di accoglienza

in sintonia con il quarto rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU in Italia, 2007-2008, pubblicato dal gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. In particolare nel citato rapporto si raccomanda, in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione (soprattutto gli articoli 2, 3, 22 e 37) e nel rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, che l'Italia: a) incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri speciali di accoglienza per minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale; b) assicuri che la permanenza in questi centri sia più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità siano garantiti durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza; c) adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati in tutto lo Stato parte; d) assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò corrisponde al superiore interesse del bambino, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo;
a tale riguardo, sia il Comitato sui diritti dell'infanzia che la rete europea dei garanti dell'infanzia hanno raccomandato linee guida esplicite per la gestione delle operazioni di rimpatrio dei minori, secondo le quali il rimpatrio dovrebbe avvenire solo quando è rispondente al «superiore interesse del minore», ovvero dopo opportuna verifica dei fattori di rischio diretto o indiretto;
come la Commissione parlamentare per l'infanzia ha potuto accertare nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori stranieri non accompagnati, molte famiglie già affidatarie sarebbero disponibili ad accogliere in affido temporaneo anche minori stranieri non accompagnati,

impegna il Governo:

ad adoperarsi affinché ogni intervento, anche normativo, che influisca sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati nel nostro Paese, risulti in armonia con i principi della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza richiamati in premessa, nonché con la normativa dell'Unione europea e con le indicazioni del Consiglio d'Europa in materia;
ad adoperarsi affinché siano destinate adeguate risorse finanziarie a favore dei minori stranieri non accompagnati, anche per assicurare, in accordo con la Conferenza unificata, la prosecuzione dei progetti e delle iniziative già avviate, quali ad esempio il «programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati», che il Comitato per i minori stranieri gestisce con l'ANCI;
ad intraprendere idonee iniziative, per definire - anche attraverso l'elaborazione di linee guida - criteri standard e procedure omogenee per l'identificazione dei minori stessi, la loro presa in carico, anche al fine di favorire la loro integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese;
ad assumere iniziative volte a garantire ai minori stranieri non accompagnati uno status giuridico in grado di poterli maggiormente tutelare;
ad adoperarsi per rendere effettivo l'esercizio per il diritto di asilo per i minori stranieri non accompagnati;
a coordinare, sempre in accordo con la Conferenza unificata, le opportune iniziative per instaurare una rete di comunità alloggio estesa al territorio nazionale, evitando la concentrazione in alcune regioni, come la Sicilia, attraverso cui ospitare i minori stranieri non accompagnati all'atto delle dimissioni dai centri di prima accoglienza, per ripartire equamente il carico finanziario di tale ospitalità e per evitare che la permanenza dei minori nell'ambito delle strutture sia condizionata da valutazioni di convenienza economica;
ad intraprendere idonee iniziative volte a verificare e controllare l'operato di tutte le strutture di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;

a promuovere affidamenti familiari temporanei di minori stranieri non accompagnati;
a verificare se i criteri utilizzati per l'adozione dei provvedimenti di tutela dei minori stranieri non accompagnati siano omogenei su tutto il territorio nazionale;
a prevedere un rafforzamento delle funzioni del Comitato per i minori stranieri non accompagnati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per fronteggiare in maniera efficace la massiccia e crescente immigrazione clandestina di minori diretti verso il nostro territorio, che si è andata registrando negli ultimi anni.
(1-00371)
«Mussolini, Carlucci, Soglia, Mannucci, Bocciardo, De Nichilo Rizzoli, Marsilio, Paglia, Marinello, Toccafondi, Lo Presti, De Angelis, Di Centa, Lussana».

La Camera,
premesso che:
a pochi mesi dalla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, nel gennaio del 1946, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione con la quale si impegnavano gli Stati membri a non dotarsi di ordigni nucleari ed a limitare l'uso dell'energia nucleare a scopi esclusivamente pacifici;
nel 1946 il Governo degli Stati Uniti, all'epoca l'unico Paese ad avere realizzato ed usato la bomba atomica, propose la costituzione di un'autorità internazionale con poteri di controllo ed ispezione su tutte le attività connesse con l'energia nucleare. L'iniziativa, denominata «piano Baruch», non ebbe successo, così come quella dell'Unione sovietica che nello stesso periodo aveva proposto il bando delle armi nucleari e la distruzione di quelle già realizzate. La logica dell'equilibrio strategico, basato sulla forza di deterrenza nucleare, tra blocchi contrapposti ebbe il sopravvento;
negli ultimi anni si è gradualmente avviata una nuova stagione caratterizzata da una serie di accordi, che ha determinato un'importante riduzione delle armi di distruzione di massa esistenti sul nostro pianeta;
il trattato di non proliferazione fu uno dei primi importanti passi nella direzione del disarmo; il testo definitivo, nel luglio 1968, fu aperto alla firma di tutti gli Stati, compresi quelli rimasti esclusi dal negoziato preparatorio. L'accordo, firmato a 6 anni dalla «crisi di Cuba», fu concluso per una durata di 25 anni, allo scadere dei quali la maggioranza dei Paesi aderenti avrebbe deciso se prorogarne la validità indefinitamente oppure per uno o più periodi di durata limitata; appare oggi inevitabile, tenuto conto dell'evoluzione verso un mondo multipolare, che presenterà equilibri strategici essenzialmente regionali, la necessità di un esame critico della materia per garantire un processo costante di smilitarizzazione nucleare su scala mondiale;
è necessario sottolineare che, seppure moltissimi Paesi hanno nel tempo aderito trattato di non proliferazione, alcuni continuano a restarne fuori: sono pochi, ma dotati di grande peso politico e militare a livello regionale. L'assenza di Israele, India e Pakistan dal novero degli Stati contraenti rischia, infatti, di minare alla base il trattato e segnala le lacune del regime di non proliferazione;
inoltre, i casi recenti dell'Iran e della Corea del Nord hanno evidenziato punti deboli del sistema, in particolare in relazione al sistema dei controlli previsti costituiti essenzialmente dall'obbligo dell'Aiea, l'agenzia incaricata dei controlli, di effettuare le ispezioni solo nei siti dichiarati e soltanto sulla base della contabilità del materiale nucleare. A ciò si aggiunge il problema delle cosiddette ispezioni non dichiarate, che, spesso avversate dagli Stati interessati e comunque non tempestive a causa della procedura attualmente in vigore, contribuiscono a rendere il sistema abbastanza «penetrabile» nel suo complesso;

è auspicabile attribuire maggiori poteri e prerogative all'Aiea. In particolare, sul piano istituzionale è necessario che l'agenzia operi in presa diretta con il Consiglio di sicurezza dell'Onu, potenziando i meccanismi la cui efficacia è stata dimostrata dagli eventi connessi alla guerra del Golfo. Sul piano operativo è indispensabile che siano conferiti ai suoi ispettori poteri di indagine e strumenti tecnici di verifica finora giudicati troppo intrusivi. A tal fine, presso la stessa Aiea sono tuttora in corso i negoziati per la messa a punto del cosiddetto programma 93+2, che, lanciato nel 1993, secondo le previsioni iniziali avrebbe dovuto essere formalizzato entro i due anni successivi. I ritardi registratisi sono imputabili alla consueta riluttanza degli Stati ad accettare limitazioni della propria sovranità ed alla presunta preoccupazione che un regime di controllo più stringente possa creare ostacoli allo sviluppo dei programmi nucleari nazionali;
il disarmo generale è un obiettivo fondamentale, il cui conseguimento passa attraverso il raggiungimento di obiettivi intermedi. Sotto questo profilo assume, pertanto, grande rilevanza trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari, il Ctbt (Comprehensive test ban treaty), il cui testo definitivo, negoziato in seno alla conferenza per il disarmo di Ginevra, è stato siglato il 25 settembre 1996 a New York da 55 nazioni, tra cui i 5 Stati «militarmente nucleari» e l'Italia, dopo essere stato approvato dall'Assemblea generale dell'Onu con la risoluzione 50/245 del 17 settembre 1996, presentata dall'Australia;
negli anni più recenti si è assistito ad un radicale processo di disarmo e di riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze. I risultati raggiunti non devono, però, indurre ad abbassare la guardia ed a sottovalutare la reale entità del rischio nucleare per la sicurezza mondiale, che ancora oggi rappresenta una minaccia reale: accanto alle testate ancora operative, ne rimangono altre migliaia che potrebbero essere facilmente reimpiegate in futuro. Sebbene i progressi in atto siano di portata certamente epocale, i compiti della comunità internazionale sul fronte in esame sono lungi dall'essere esauriti;
una potentissima spinta al rafforzamento del regime di non proliferazione è venuta, inoltre, dalle iniziative di disarmo delle due superpotenze nucleari. Un elemento questo di fondamentale importanza. La tendenza più o meno manifesta a violare il regime di non proliferazione nucleare sarà senza dubbio condizionata dall'atteggiamento complessivo delle grandi potenze e dalla loro volontà di proseguire verso un disarmo nucleare generale e completo. Se il processo di disarmo procederà speditamente, la comunità internazionale sarà sempre meno disposta a condonare l'eventuale accesso da parte di nuovi Stati all'opzione nucleare;
in questo quadro i trattati Start I e II sulla riduzione delle armi strategiche, la proroga a tempo indefinito del trattato di non proliferazione e la messa a punto del trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari sono tutti elementi che contribuiscono a diminuire l'enfasi sull'opzione nucleare: tuttavia, la frammentazione successiva alla fine della guerra fredda ha moltiplicato gli scenari particolarmente «critici»;
il mutato contesto internazionale richiede, pertanto, la rapida adozione di adeguate innovazioni procedurali, dirette a far operare l'Aiea in presa diretta con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed a fornire ai suoi ispettori poteri di indagine e strumenti tecnici di verifica finora considerati troppo intrusivi;
il moltiplicarsi delle aree del globo dotate di una valenza strategica non solo regionale, ma mondiale, richiede il rafforzamento e l'espansione del sistema di accordi, che, nel quadro del trattato di non proliferazione, attuino il disarmo e il regime di proliferazione a livello regionale. Sotto tale aspetto merita particolare attenzione il sempre più rapido processo di integrazione europea e la nuova dimensione

aperta con il trattato di Maastricht con l'introduzione della politica estera e di sicurezza comune (pesc);
negli ultimi mesi si sono registrate novità importanti. Il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno chiesto al Segretario generale della Nato l'apertura di un dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del successivo 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque Paesi europei sembra collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata da Obama;
il 10 marzo 2010 il Parlamento europeo ha approvato con voto bipartisan una risoluzione sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari;
ad aprile 2010 è stato varato negli Stati Uniti il Nuclear posture review, atteso da diverso tempo, che presenta alcune novità interessanti: in primo luogo la dottrina nucleare Usa viene inquadrata all'interno dell'obiettivo globale di un mondo libero da armi nucleari, secondo il discorso di Obama a Praga del 5 aprile 2009. Gli Usa si impegnano a ridurre il ruolo delle armi nucleari nella strategia militare, a non costruire nuove armi nucleari (accettando, quindi, il divieto alla proliferazione verticale), né a effettuare sperimentazioni e si impegnano a far ratificare e entrare in vigore il trattato per la messa al bando delle sperimentazioni; «mandano in pensione» un'intera categoria di armi nucleari (i tlam-n, cruise a testata nucleare), offrono finalmente le «garanzie negative» a tutti gli Stati non-nucleari del trattato di non proliferazione. Nello stesso tempo, però, gli Usa hanno ribadito che fintanto che esisteranno ancora armi nucleari nel mondo manterranno il loro potenziale deterrente;
l'8 aprile 2010 è stato firmato a Praga dal Presidente americano Obama a da quello russo Dmitry Medvedev l'accordo Start II. Un accordo favorito dalla nascita nel 2002 a Pratica di Mare del Consiglio Nato-Russia, preparato da incontri bilaterali al massimo livello tra Italia e Russia, i cui risultati sono stati confermati dai leader del G8 riuniti nel 2009 all'Aquila;
il 4 gennaio 2007 è stato pubblicato sul Wall Street Journal un importante appello bipartisan di autorevoli statisti americani, sottoscritto da George P. Shultz, William J. Perry, Henry A. Kissinger e Sam Nunn, in cui, tra l'altro, si affermava che: «Le armi nucleari erano essenziali al mantenimento di una sicurezza internazionale durante la Guerra Fredda poiché erano mezzi di deterrenza. La fine della Guerra Fredda ha reso la teoria della mutua deterrenza sovietica-americana obsoleta. La deterrenza continua a essere un elemento rilevante per molti Stati rispetto a pericoli provenienti da altri Stati. Ma affidarsi alle armi nucleari per questo fine sta diventando sempre più azzardato e sempre meno efficace»;
nello stesso appello si sollecitava ad «abbandonare la logica ereditata dalla Guerra Fredda che vedeva il dispiegamento di armi nucleari quale mezzo per aumentare il tempo di avvertimento e perciò per ridurre il pericolo di un accidentale o non autorizzato uso di un'arma nucleare»;
l'Italia ha offerto un suo contributo sui temi del disarmo e della non proliferazione anche con la pubblicazione il 24 luglio 2008 di un appello firmato dai deputati Massimo D'Alema, Gianfranco Fini, Arturo Mario Luigi Parisi e Giorgio La Malfa, ex Ministri degli affari esteri, della difesa e delle politiche comunitarie, e dal professor Francesco Calogero in favore di una totale eliminazione delle armi nucleari;
il 13 aprile 2010 si è tenuto a Washington il Vertice sulla sicurezza nucleare, a cui hanno partecipato 47 Stati, con l'obiettivo di portare avanti, con determinazione ed in un consesso multilaterale, la realizzazione entro 4 anni di un

regime di messa in sicurezza di tutto il materiale fissile del mondo. Sono stati fatti accordi bilaterali interessantissimi (e nuovi), sebbene l'accordo più generale tra tutti gli Stati presenti non configuri un trattato vincolante a tutti gli effetti;
l'Italia ha svolto, dunque, un ruolo di primo piano nel processo di riavvicinamento tra le due grandi potenze, in particolare anche con riferimento al processo di smilitarizzazione nucleare. Si ricorda in questo senso che il 23 giugno 2009 la Camera dei deputati e il 17 dicembre 2009 il Senato della Repubblica hanno approvato delle mozioni, con consenso di entrambi gli schieramenti, che incoraggiano il Governo italiano a sostenere, in ogni sede internazionale multilaterale, l'obiettivo di costruzione di un mondo libero da armi nucleari;
ciò nonostante, se ad oltre venti anni dalla fine della guerra fredda, il rischio di un conflitto nucleare fra nazioni è diminuito, si deve registrare l'aumento del rischio di attacchi atomici da parte di nuove potenze e di organizzazioni terroristiche, come dimostrano i numerosi casi di sequestro di materiali radioattivi destinati al mercato nero,

impegna il Governo:

a sostenere ed incoraggiare la richiesta dell'apertura di un dibattito in sede Nato sulla presenza di armi nucleari sul territorio europeo, sulla loro attuale funzionalità ed efficacia reale in termini di sicurezza collettiva e sull'opportunità di giungere, per consenso multilaterale, alla decisione di una loro riduzione ed eliminazione nel contesto di un dialogo e di una cooperazione di più ampio respiro con la Russia;
a sostenere passi concreti per il rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione, di cui il trattato di non proliferazione rappresenta tuttora la pietra miliare, per l'entrata in vigore del trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari, per l'avvio di negoziati per la messa al bando della produzione di materiale fissile (fmct) e, infine, per l'adozione universale del protocollo aggiuntivo dell'Aiea, con l'obiettivo di consolidare le capacità ispettive dell'agenzia viennese;
a svolgere un ruolo attivo che confermi e rafforzi la visione uscita dal vertice G8 dell'Aquila per un mondo senza armi nucleari, facendo leva sull'importante passo avanti registrato con la firma del nuovo trattato Start tra Usa e Russia, ma anche sull'esigenza di favorire processi di disarmo che includano negoziati sulla riduzione delle armi non strategiche.
(1-00372)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
dal secondo dopoguerra è in atto nel mondo la più grande espansione demografica, urbana ed economica della storia, secondo un modello di produzione e consumo che ha provocato anche conseguenze negative, come quelle ecologiche, sempre più ingovernabili se non intervengono politiche di riequilibrio a partire dalla decrescita demografica su scala globale e dall'uso parsimonioso delle risorse non riproducibili;
secondo le stime delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale arriverà a toccare la soglia dei 7 miliardi nel 2010 e dei 9 miliardi nel 2050; la maggior parte dell'incremento si verificherà nei Paesi del sud del mondo, dove la popolazione potrebbe passare dagli attuali 5,6 miliardi ai 7,9 miliardi nel 2050. All'opposto, si prevede che in Occidente la popolazione diminuirà in modo minimale, passando da 1,23 a 1,28 miliardi, evitando un calo di 1,15 miliardi solo grazie all'apporto dei migranti;
si stima inoltre che dal 2009 al 2050 ogni anno, 2,4 milioni di migranti arriveranno in Occidente;

tali cifre sottolineano l'urgenza di consentire una crescita sostenibile della popolazione e di riconoscere anche nei Paesi del sud del mondo il diritto alla salute della donna e il diritto alla libertà di scelta, a una maternità libera, consapevole e informata, come in parte avviene nei Paesi occidentali;
lungi dall'implicare politiche di controllo della popolazione, tali diritti presuppongono invece il diritto all'educazione sessuale e riproduttiva di uomini e donne, liberi e libere da ogni forma di discriminazione, coercizione e violenza, come riconosciuto in strumenti internazionali firmati anche dall'Italia;
come documenta l'Aidos, duecento milioni di donne nei Paesi in via di sviluppo non possono ancora accedere ai contraccettivi, e la quota di aiuti destinati a una seria ed efficace campagna di pianificazione è passata dal 55 per cento al 5 per cento;
il rapporto 2009 dell'Unfpa (United Nations population fund), Fondo delle Nazioni Unite che si occupa del diritto alla salute, delle pari opportunità e della riduzione della povertà, ha documentato come il dissesto ambientale, con le inevitabili ripercussioni climatiche, vada direttamente collegato alla sovrappopolazione e come siano più le donne che gli uomini ad essere colpiti dai disastri naturali secondo i dati relativi a quelli accaduti in 141 Paesi tra il 1981 e il 2002;
«il senso comune», continua il rapporto, «suggerisce che un clima in continuo cambiamento avrà ripercussioni sulle società e sugli individui, in particolar modo su chi è più a rischio, esacerbando le disuguaglianze esistenti. Gli scienziati, inclusi gli autori dei rapporti del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici, riconoscono che l'importanza della velocità e della portata della recente crescita demografica inciderà sull'aumento delle future emissioni di gas serra. Una crescita demografica più lenta, sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, può facilitare il compito di portare le emissioni globali in equilibrio con l'ambiente nel lungo periodo e consentire l'adattamento ai cambiamenti in corso. Tuttavia, l'impatto del rallentamento dell'incremento demografico dipenderà dal trend futuro dei modelli economici, tecnologici e di consumo mondiali»;
secondo i dati FAO, in concomitanza con la crescita del prezzo del petrolio nel quadriennio 2004-2008, seguito dalla crisi economica nella quale ancora ci si trova, il livello di denutrizione ha iniziato ad aumentare di nuovo dopo decenni di decrescita continua che conosce oggi il tragico picco storico di 1,02 miliardi di persone che soffrono di fame nel mondo;
uno degli eventi cruciali del nostro tempo è il picco del petrolio che indica la necessità della fine del paradigma economico attuale il cui superamento deve essere governato con la consapevolezza che il flusso di energia e materiali deve ridursi rispetto ai consumi, dove essi sono «bulimia nevrotica», e rispetto alla popolazione, dove i consumi sono da fame;
dopo l'esito del vertice sul clima di Copenaghen (COP15) occorre rilanciare un approccio globale ai problemi ambientali che riconosca alla questione demografica la dovuta centralità,

impegna il Governo:

a promuovere in sede internazionale una migliore comprensione delle dinamiche demografiche, della condizione femminile, della salute sessuale e riproduttiva nell'ambito delle discussioni sulla situazione generale ambientale;
ad assumere iniziative per finanziare pienamente i servizi di pianificazione familiare, inclusi i moderni metodi contraccettivi, e consentirne l'accesso alle fasce sociali con reddito più basso;
ad operare in modo che aumenti la consapevolezza del ruolo delle dinamiche della popolazione e dei rapporti di genere nell'attenuazione del cambiamento climatico;

a prepararsi da subito ad affrontare e gestire le previste migrazioni di popolazione;
a prendere in considerazione le differenze di genere, e quindi l'importanza del ruolo femminile, nell'impegno mondiale per ridurre il dissesto ambientale.
(1-00373)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Colombo, Lehner, Touadi, Giulietti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il signor Fabrizio Favata, ex socio ed ex consulente del signor Paolo Berlusconi, è stato arrestato per estorsione nei confronti del signor Roberto Raffaelli. Secondo le ipotesi investigative egli avrebbe ottenuto da quest'ultimo la consegna di 300 mila euro (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, alla pagina 2) per non rivelare alla stampa la notizia di fatti illegali che avrebbero coinvolto il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, e suo fratello Paolo;
il signor Roberto Raffaelli era amministratore della Rcs (Research system control), che aveva affittato alla procura di Milano la strumentazione per intercettare le conversazioni telefoniche degli indagati «dell'estate dei "furbetti del quartierino"» (la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15);
le conversazioni alle quali si fa riferimento sono quelle ormai celebri tra l'onorevole Piero Fassino, allora segretario del partito dei Democratici di sinistra, e il signor Giovanni Consorte, intercettate dalla procura, a proposito della scalata alla Banca nazionale del lavoro da parte di Unipol;
su tali intercettazioni, atti d'indagine coperti da segreto istruttorio, a fine 2005 ci sarebbe stata una fuga di notizie di cui si sarebbero resi responsabili i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, attraverso l'accesso abusivo al sistema informatico (Il Messaggero, 25 maggio 2010);
la rivelazione sarebbe avvenuta quando l'intercettazione non era stata ancora depositata agli atti e addirittura nemmeno trascritta ad uso dei magistrati (Il Corriere della Sera, 26 maggio 2010), ma esisteva solo allo stato naturale di file audio noto esclusivamente ai pubblici ministeri e alla guardia di finanza (Il Corriere della Sera, 10 dicembre 2009);
i due avrebbero fatto ascoltare la registrazione al Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, e a suo fratello Paolo. Il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe detto ai due: «Grazie, la mia famiglia vi sarà grata in eterno» (la Repubblica, 6 maggio 2010);
al Presidente del Consiglio dei ministri o a suo fratello Paolo Berlusconi, Favata e Raffaelli avrebbero anche consegnato il supporto contenente le registrazioni (Il Corriere della Sera, 26 maggio 2010);
alcuni giorni dopo l'incontro (dicembre 2005), i contenuti delle conversazioni tra l'onorevole Fassino e Consorte cominciarono ad essere pubblicati sul quotidiano Il Giornale, di cui Paolo Berlusconi era ed è editore;
si è appreso che nell'ordinanza di custodia cautelare del signor Fabrizio Favata è scritto che si ritiene «verosimile» che alla vigilia del Natale 2005 Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli «abbiano fatto ascoltare le conversazioni telefoniche intercettate

al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi», consegnando poi «a lui e/o al fratello Paolo il supporto informatico che le conteneva» (la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15);
l'indagine in corso avrebbe «certificato» l'incontro tra i signori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, da una parte, e il Presidente del Consiglio dei ministri e suo fratello Paolo, dall'altra, nella villa di Arcore, di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri (la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15);
secondo il pubblico ministero, il signor Raffaelli, portando il nastro a Silvio Berlusconi, sperava di poter ottenere l'intercessione del Presidente del Consiglio dei ministri presso il Governo romeno, per far ottenere alla Rcs l'assegnazione di un appalto istituzionale in Romania, sempre nell'ambito delle attività di intercettazione (il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2010, alla pagina 2; la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15; Il Corriere della Sera, 26 maggio 2010);
il signor Raffaelli, invece, ha sempre smentito questa ricostruzione, ma il giudice per le indagini preliminari Giordano ha affermato che: «Tutte le circostanze esaminate inducono a ritenere che Raffaelli abbia mentito». Infatti, dopo l'incontro ad Arcore l'amministratore della Rcs ha incontrato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri Valentino Valentini, collaboratore personale del Presidente del Consiglio dei ministri, con il quale parlò effettivamente dell'appalto in Romania (la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15);
proprio l'editore de Il Giornale avrebbe suggerito al signor Raffaelli che serviva denaro «per "ungere le ruote", cioè per sbloccare il finanziamento italiano alla Romania e consentire quindi alla Rcs la conclusione del contratto» (la Repubblica, 27 maggio 2010, alle pagine 14 e 15). Da Raffaelli Paolo Berlusconi avrebbe ricevuto 40 mila euro al mese sino a un totale di 560 mila euro costatigli l'accusa di millantato credito, per la quale è indagato;
il signor Favata, invece, è un imprenditore con grandi problemi economici che è stato consulente della società Iptime, di proprietà del signor Paolo Berlusconi, da questi chiusa perché versava in brutte acque (la Repubblica, 6 maggio 2010). Secondo quanto riferito dalla stampa, egli ha avuto diverse disavventure giudiziarie in passato e nel corso del 2009, forse spinto dai suoi problemi economici, ha cercato di proporre a giornalisti, magistrati, avvocati e politici la sua verità «con atteggiamento ondivago tra parvenze di ricatto e cenni di vendetta per assente promesse non mantenute» (Il Corriere della Sera, 10 dicembre 2009) -:
se quanto in premessa, con riferimento al Presidente del Consiglio dei ministri, corrisponda al vero e quali elementi di informazione intenda fornire al riguardo;
se vi siano uffici giudiziari che intrattengono ancora rapporti con società riconducibili al signor Roberto Raffaelli.
(2-00739)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Palomba, Messina».

Interrogazioni a risposta orale:

MUSSOLINI e LO PRESTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso in data 27 maggio 2010 su un noto quotidiano si riporta la notizia di una sentenza del tribunale di Torino che ha stabilito che la Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà risarcire con 90 mila euro una studentessa universitaria vittima di uno stupro;
l'Italia, insieme alla Grecia, è inadempiente dal 2004 a una norma dell'Unione europea che impone al Governo di creare un fondo di indennizzo per le vittime di reati intenzionali e violenti commessi sul territorio nazionale - omicidi, lesioni dolose e violenze sessuali -, nel caso in cui l'autore sia sconosciuto, irreperibile

perché latitante o non abbia risorse economiche per risarcire la vittima -:
quali siano i tempi per l'istituzione di questo fondo di indennizzo.
(3-01094)

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assenza ormai dal 2004 - data dell'ultimo piano per l'infanzia approvato dal Governo - di un orientamento nazionale delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, rende sempre più urgente la necessità di definire, nell'ambito della concertazione istituzionale con i vari livelli di governo e nel rispetto della sussidiarietà, un efficace strumento di riferimento;
la proposta di piano per l'infanzia e l'adolescenza presentata dall'Osservatorio nazionale nell'ottobre 2009 è frutto di lunghi mesi di lavori di gruppo, analisi e approfondimenti da parte di una grande pluralità di soggetti, ma ad oggi non è stato ancora approvato dal Governo e adottato;
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (organo sussidiario all'Assemblea generale dell'ONU), nell'ambito del lavoro di verifica del rispetto della Convenzione ONU da parte dei Paesi membri, nel febbraio 2010 ha indirizzato all'Italia un documento contenente numerose conclusioni e raccomandazioni tra cui proprio l'adozione del nuovo piano nazionale;
il Sottosegretario Giovanardi ha ribadito nel corso dell'informativa in Senato il 22 aprile 2010, quanto già precedentemente annunciato alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, vale a dire la prossima approvazione dello schema di piano da parte dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, naturalmente tutto ciò si riferiva al mese d'aprile;
il Governo si è impegnato, anche in occasione della Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza tenutasi a Napoli nel novembre 2009, a proseguire il percorso per l'adozione del piano, ma a sei mesi di distanza non è ancora iniziato l'iter di approvazione -:
quali siano i reali motivi per i quali continua a slittare l'avvio dell'iter di approvazione del piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;
quali iniziative urgenti intendano attuare per accelerare il processo di consultazione interna con i Ministeri e di concertazione istituzionale con le regioni, al fine di convocare l'Osservatorio e procedere al più presto alla definizione di un piano nazionale d'azione per l'infanzia e l'adolescenza sulla base della proposta già presentata dall'Osservatorio nel 2009.
(3-01102)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è stata decretata la chiusura, per fortuna non ancora attuata, dell'ospedale di Cerreto Sannita;
il sistema attuale è caratterizzato da una stratificazione di scelte di politici e manager che hanno operato con l'avallo della politica e delle istituzioni. L'avallo politico, tuttavia, si potrebbe persino ritenere scontato in un sistema che prevede che a nominare il direttore generale delle ASL sia proprio la politica. L'appoggio delle istituzioni, invece, si desume analizzando le denunce, che non sono certo mancate, fatte pervenire alla procura della Repubblica di Benevento nel passato e che sono rimaste lettera morta;
la chiusura dell'ospedale di Cerreto Sannita, in realtà, è solo l'ultimo dei pregiudizi che il popolo sannita si prepara a ricevere dal corpo politico che regge le sorti della regione Campania. Per scongiurarla

sono stati chiamati in causa fior di politici sanniti e non ma senza grandi risultati;
il progetto dell'ospedale «Maria SS delle Grazie» di Cerreto Sannita risale al 1965 ed il nosocomio entrò in funzione nel 1996. In tutto, l'ospedale conta circa 140 posti letto. Dopo alterne vicende e l'avvicendamento di vari direttori, è iniziata la fase calante della struttura;
recentemente il sindaco del comune di Cerreto, Pasquale Santagata, nella piena consapevolezza dell'importanza sociale rivestita dalla struttura, aveva chiesto, a spese del comune, di poter asfaltare la rampa d'accesso al pronto soccorso per le autoambulanze, ma ciò gli è stato inspiegabilmente impedito. L'ospedale di Cerreto Sannita è il riferimento sanitario di molti importanti comuni della provincia beneventana, per lo più collinari e montani siti ad ovest del capoluogo. Gli abitanti di questi comuni si troverebbero in notevole difficoltà in termini di distanza per raggiungere Sant'Agata De' Goti, dove è stato costruito recentemente un nuovo ospedale, che ancora non è entrato in funzione. Se l'ospedale di Sant'Agata De' Goti, di fatto, andrà a sostituire quello di Cerreto Sannita, alle conseguenti citate difficoltà degli abitanti della Valle Telesina bisogna aggiungere un'opportuna riflessione: tale sostituzione non può giustificarsi con «il patto di stabilita» tra Stato e regione, che prevede il taglio di spese per la maggioranza delle ASL campane che versano in condizioni di disavanzo finanziario, ma, ad avviso dell'interrogante, si deve considerare piuttosto come una beffa. Ad una struttura, infatti, se ne andrebbe a sostituire un'altra con relativo ed esorbitante aggravio di costi solo per averla costruita ed attrezzata;
le spese per macchinari e ristrutturazioni dell'ospedale hanno creato, con scelte secondo l'interrogante non oculate, una vera e propria voragine debitoria. A tal proposito si può analizzare qualche dato nei dettagli. L'ASL BN 1 «usufruisce», per la sua attività secondaria, delle seguenti strutture private, che costano annualmente all'azienda come di seguito riportato: Ama costruzioni di Telese Terme euro 156.000; Groma Benevento (Via Mascellaro) euro 426.000; S.P.D.C. ospedale Rummo Benevento euro 42.000; Lampugnale, Benevento euro 392.000; Immobiliare beneventana euro 278.000; Suppa srl Montesarchio euro 190.000; Suppa Montesarchio (Via Ariello) euro 38.000; Suppa Lorenzo, Montesarchio euro 12.000; Lacerra, Montesarchio, euro 80.000; Ciervo Stefano, Sant'Agata De' Goti euro 26.000. Totale dei costi: euro 1.640.000 (unmilioneseicentoquarantamila). Ma non è ancora tutto. È di recente nomina, infatti, una commissione collaudo per la locazione di altre sedi;
da questi elementi non si desume certo che vi sia stata volontà di tagliare i costi superflui per indirizzare l'ASL verso una gestione razionale e di pubblica utilità. Ma le consulenze riservano ancora sorprese. Pur possedendo un regolare ufficio legale composto da due professionisti con stipendi equiparati a quelli dei dirigenti, l'azienda, negli ultimi tre anni, ha conferito circa 900 incarichi di consulenza legale ad avvocati esterni. Solo i contenziosi con i dipendenti sono stati: nell'anno 2006, 180; nell'anno 2007, 225; nell'anno 2008, 280 e nell'anno 2009, fino agli inizi di ottobre, 194;
da ultimo, va menzionato il caso della sala di rianimazione, che è costata all'azienda circa 900.000 euro e che da tre anni non è mai entrata in funzione senza giustificato motivo. Se non vi era personale idoneo, infatti, ci si chiede perché non si è provveduto ad assumerlo. E se non era possibile assumerlo, sarebbe utile sapere perché è stata comprata la sala. La sala, regolarmente chiusa, viene inoltre mantenuta mensilmente da una ditta specializzata, con tutta la sua scia di ulteriori aggravi;

sono solo alcuni esempi ma che fanno balzare le cifre del passivo a sette zeri e che dimostrano quali siano state in realtà le vere cause dell'indebitamento della sanità sannita. Va sottolineato che le modalità con cui sono state effettuate le nomine dei manager dell'ASL BN 1 meritano un capitolo a parte. In linea di principio esse, a quanto consta all'interrogante, non sarebbero quasi mai avvenute nel pieno rispetto dei parametri che richiedono anzianità e titoli, che invece avrebbero dovuto possedere i beneficiati, nel rispetto delle normative vigenti. E ancora: laboratori gestiti da medici al cui controllo è preposto il proprio coniuge; dirigenti di fascia C che sono assurti ipso facto al IX livello; medici spostati da nosocomi e nominati dirigenti aziendali;
chiudere il nosocomio di Cerreto Sannita, così com'è nei programmi odierni, significa arrecare un danno a tutti quei sanniti che dell'ospedale beneficiano, specie le fasce più bisognose e deboli. Né la questione può essere posta in termini di scelta tra Sant'Agata De' Goti e Cerreto Sannita, generando peraltro una sorta di dualismo dannoso per le comunità interessate. Entrambi gli ospedali possono convivere ed entrambi creare nuovo sviluppo e posti di lavoro. Altre sono le cause dell'indebitamento della sanità. Intanto, l'ospedale di Cerreto Sannita, da circa un mese, è presidiato giorno e notte dai componenti (incatenati) di un comitato che si è costituito all'uopo -:
se la decisione di chiudere l'ospedale di cui in premessa sia connessa ad esigenze di riorganizzazione e razionalizzazione della spesa imposte dal piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali e se, anche per il tramite del commissario ad acta, si intendano assumere iniziative volte a verificare, sul piano dell'efficienza e dell'economicità, l'assetto e la gestione della rete ospedaliera sannita, assicurando l'operatività dell'ospedale di Cerreto Sannita in considerazione della sua rilevanza per l'area in questione.
(4-07429)

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
sul Corriere della Sera nella sua edizione del 29 maggio 2010, a pagina 33; si da conto della gravissima accusa mossa da tre docenti universitari, i professori Nicola Panocchia e Maurizio Bossola, del servizio emodialisi del policlinico Gemelli, e il professor Giacomo Vivanti, psicologo californiano, che in un articolo pubblicato sulla rivista American Journal of trasplantation, passano in rassegna la «letteratura giuridica e costituzionale», e analizzando una delibera della regione Veneto, denunciano come detta delibera preveda l'esclusione delle persone con ritardo mentale dalle liste dei trapianti di organo;
i tre professori concludono che non «esiste un motivo razionale per negare un organo a pazienti non in grado di intendere e volere», e che «l'incapacità di migliorare la qualità di vita e la presunta scarsa aderenza alla terapia sono le giustificazioni avanzate da chi è favorevole alla selezione», ma opportunamente e doverosamente fanno presente che queste tesi - che l'interrogante non esita a definire aberranti - non è sorretta da alcun dato scientifico;
il professor Bossola, interpellato successivamente dall'agenzia di informazioni «ANSA» ha ulteriormente chiarito che «tutte le regioni prevedono come unici criteri di esclusione la malattia psichiatrica grave, la psicosi; invece in Veneto c'è una contro-indicazione assoluta che riguarda tutte le malattie mentali»;
nonostante la blanda smentita dell'assessore alla sanità Luca Coletto («Le nostre linee guida non indicano priorità ma raccomandano anzi la valutazione caso per caso. Questi pazienti sono semplicemente definiti come persone cui porre speciale attenzione. Il nostro è un sistema di avanguardia. È bene riflettere su questi

interrogativi per non utilizzare in modo improprio le risorse»), nella delibera in questione, la n. 851 del 31 marzo 2009 si legge di «controindicazioni assolute al trapianto d'organo», in caso di - tra l'altro - «danni cerebrali irreversibili», e «ritardo con quoziente intellettivo inferiore a 50», mentre tra le «controindicazioni relative» figura invece «il ritardo mentale con quoziente intellettivo inferiore a 70»;
opportunamente il direttore del Centro nazionale trapianti, professor Alessandro Nanni Costa ha osservato come «nessuno in Italia sia mai stato penalizzato a priori»;
la Costituzione fissa come principio inderogabile, indiscutibile, irrevocabile, che tutte le persone sono egualmente titolari di diritti e doveri, e senza discriminazione;
opportunamente il direttore del centro di bioetica, professor Adriano Pessina sostiene il principio dell'universalità dei trattamenti, e che non devono e non possono essere ignorati i diritti dei disabili;
il centro nazionale trapianti, ai sensi della legge n. 91 del 1999, articolo 8, comma 6, lettere c) e d) «individua i criteri per la definizione di protocolli operativi per l'assegnazione degli organi e dei tessuti secondo parametri stabiliti esclusivamente in base alle urgenze ed alle compatibilità risultanti dai dati contenuti nelle liste di cui alla lettera a)» e «definisce linee guida rivolte ai centri regionali o interregionali per i trapianti allo scopo di uniformare l'attività di prelievo e di trapianto sul territorio nazionale» e, ai sensi della lettera e) della medesima disposizione, «verifica l'applicazione dei criteri e dei parametri di cui alla lettera e) e delle linee guida della lettera d)» -:
quale sia l'orientamento del Governo in relazione a quanto sopra esposto;
se non ritengano necessario e urgente accertare - dal momento che la delibera risale al 31 marzo del 2009 - quanti e quali casi di «controindicazioni assolute» al trapianto d'organo e quante «controindicazioni relative» al trapianto d'organo si siano verificate nella regione Veneto;
se non si ritenga necessario e opportuno verificare se anche altre regioni italiane hanno adottato analoghe delibere come quella della regione Veneto.
(4-07440)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
indagini della Guardia di finanza su disposizione della procura della Repubblica di Napoli sulla clinica «Villa Russo» di Miano avrebbero accertato quello che definiscono «un sistema dei ricoveri ripetuti e delle dimissioni simulate»;
le indagini - come pubblicato dal quotidiano «Il Mattino» nella sua edizione dell'8 maggio 2010 in un ampio e dettagliato articolo del giornalista Leandro Del Gaudio, riguarderebbero i ricoveri ripetuti in materia di lungodegenza: i pazienti non lasciano mai la clinica privata, garantendo sempre un costante flusso di denaro, proveniente dalle casse dello Stato, trattandosi di una realtà convenzionata con l'ASL competente;
un meccanismo ben oliato, sostengono gli inquirenti, «al punto tale da trasformare una clinica privata in un ospizio a tutti gli effetti, in pieno regime di monopolio»;
il cosiddetto «ricovero seriale», si legge in un decreto di perquisizione, consisterebbe nel fatto che «un paziente non lascia mai di fatto il lettino della clinica. O meglio, lo lascia solo sulla carta, per due o tre giorni, per poi ricoverarsi con un altro certificato medico (prescritto da un medico di base "distratto" o "colluso") e riprendere il posto di prima»;
la cosiddetta «lungodegenza» non può durare oltre sessanta giorni, e secondo gli inquirenti si verrebbe dimessi solo sulla

carta: spesso, sostengono, il paziente resta addirittura «gratis» in clinica, pur di non lasciare mai il lettino, vitto e alloggio offerto dalla clinica: tempo qualche giorno dalle dimissioni, il malato verrebbe di nuovo «accolto» in clinica, riprendendo anche da un punto di vita formale il possesso del ricovero lasciato libero, un «sistema» che gli inquirenti non esitano a definire «falso e truffaldino»; gli inquirenti nella loro ricostruzione parlano di «medici senza diligenza professionale, capaci di prescrivere ricoveri seriali, sempre agli stessi pazienti, sempre nella stessa struttura. Il tutto grazie all'assenza di verifiche, neanche solo a campione, da parte degli organi di controllo» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga, anche in ragione del commissariamento in atto in Campania per il rientro dai disavanzi sanitari, di assumere iniziative al fine di fare piena luce sulla vicenda e di evitare che tali fenomeni abbiano a ripetersi con sperpero di ingenti fondi pubblici.
(4-07441)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si ha notizia, a seguito di recenti normative iniziative urgenti del Governo, di un possibile ulteriore rinvio delle elezioni dei comitati degli italiani all'estero (COMITES) e conseguentemente del consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE);
non si tratta della prima proroga della durata di tali organismi rappresentativi -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per far sì che la vita democratica delle organizzazioni rappresentative delle nostre comunità all'estero possa riprendere quanto prima possibile e per evitare che in futuro possano ripetersi queste proroghe che rischiano di compromettere la rappresentatività dei citati organi.
(4-07434)

MONAI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
cinque sindaci di comuni delle Valli del Natisone, in provincia di Udine (San Pietro al Natisone, San Leonardo, Stregna, Savogna, Drenchia) hanno indirizzato una lettera aperta al Ministro degli affari esteri;
in tale lettera essi lamentano che l'istituto bilingue di San Pietro al Natisone con le sue attività farebbe «concorrenza sleale» alle scuole italiane del territorio, attirando finanziamenti derivanti dalla legge 38 del 2001 di tutela della minoranza slovena;
detti sindaci sostengono che le associazioni slovene e la stessa scuola tendono a far passare per «sloveni» i semplici fruitori dei loro servizi, sovradimensionando la comunità slovena e contribuendo così a falsare il carattere nazionale delle valli del Natisone e del Cividalese;
l'istituto scolastico bilingue di San Pietro ospita 71 allievi nella scuola dell'infanzia impegnando sei insegnati, 113 allievi di scuola primaria con quattordici insegnanti e 36 alunni alla scuola secondaria di primo grado;
la struttura scolastica è stata recentemente danneggiata da cedimenti del fabbricato, dichiarato inagibile, e si sta cercando una sistemazione provvisoria;
i suddetti sindaci richiedono una revisione degli articoli della legge 38 del 2001 riguardanti la tutela della lingua slovena nella provincia di Udine;
l'articolo 12 legge 38 del 2001, al comma 1, recita: «Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine di

cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprenderà anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato»;
lo stesso articolo, al comma 5, facendo riferimento al caso in questione, scrive «la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. [...] Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001», pari ad euro 741.632,10;
è opportuno che la scelta della sede provvisoria sia fatta di concerto con le altre istituzioni scolastiche del territorio, ad evitare che altre scuole (come la «Dante Alighieri» di San Pietro al Natisone) possano veder limitate o compromesse le normali attività didattiche per compressione di spazi essenziali, quali classi o altre sale destinate alla didattica o ai laboratori -:
se i Ministri ritengano di garantire il rispetto della legge 38 del 2001 relativa alla tutela della minoranza nazionale e della lingua slovena nella provincia di Udine, costituendo fonte d'arricchimento culturale anche per la maggioranza italiana;
se intendano assumere iniziative di competenza affinché l'individuazione della sede provvisoria della scuola slovena sia operata senza detrimento delle altre scuole pubbliche italiane viciniori e affinché si provveda con speditezza a dotare la scuola slovena di una sede idonea definitiva.
(4-07437)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

MOLES. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da numerose notizie di stampa si apprende che nell'invaso idrico della diga del Pertusillo, sito nella regione Basilicata e precisamente nella provincia di Potenza nell'area del Parco nazionale dell'Appennino Lucano - Val d'Agri-Lagonegrese, è comparsa da alcuni giorni una grande macchia scura che suscita preoccupazione da parte della popolazione del luogo;
l'invaso del Pertusillo contiene 155 milioni di metri cubi d'acqua in grado di rispondere ad un uso plurimo delle risorse idriche, quali la sfruttamento dell'energia idroelettrica e l'irrigazione di oltre trentacinquemila ettari di terreno tra Basilicata e Puglia;
il Corpo provinciale della guardia forestale di Stato ha sporto una denuncia contro ignoti per deturpazione delle bellezze ambientali ed ha effettuato analisi per capire l'origine della grande macchia scura;
se pure dai primi risultati sembra che l'acqua della diga non abbia elementi di tossicità, la macchia continua a persistere e l'acqua ha assunto un colore salmastro, e questo non ha tranquillizzato la popolazione che continua a chiedere maggiori spiegazioni alla regione Basilicata;
la regione Basilicata si limita a dichiarare che non c'è da preoccuparsi ma non spiega la causa del fenomeno né pubblica i dati delle analisi effettuate dall'azienda regionale della protezione ambientale;

tale situazione preoccupa non solo gli abitanti del luogo ma anche altri territori della Basilicata poiché l'acqua della diga potrebbe raggiungere la fascia costiera e dunque mettere a serio rischio sia la balneabilità delle acque, a poche settimane dall'inizio ufficiale della stagione estiva, che l'irrigazione dei campi della fascia jonica, la più produttiva della regione -:
se e quali iniziative di controllo si intendano assumere al fine di verificare che le acque dell'invaso lucano non presentino alcun elemento di tossicità e di inquinamento, e al fine di scoprire la causa di tale fenomeno a cui fino ad ora non sono state date risposte adeguate a livello locale.
(3-01095)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella Piana del Casone di Scarlino, provincia di Grosseto, devono essere rispettate le norme nazionali in materia di bonifica ambientale volte ad evitare che sostanze inquinanti, sicuramente cancerogene per l'uomo, come l'arsenico, possano essere immesse nei cicli vitali;
già negli anni 1999-2001 la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse della XIII legislatura si era occupata dell'inquinamento esistente in tale sito, dando prescrizioni e formulando raccomandazioni. In particolare si legga in Documento XXIII n. 55 degli Atti Parlamentari della suddetta Commissione la relazione conclusiva sulla Toscana ed Umbria, relatore senatore Giovanni Iuliano, pubblicato il 20 febbraio 2001 pagina 20;
a tutt'oggi, a dieci anni dalle suddette prescrizioni, la legge italiana sulle bonifiche dei siti inquinati non è stata rispettata, tant'è che le falde inquinate non sono state ancora correttamente delimitate e bonificate e non è stato realizzato alcun serio provvedimento risanatore, come ci si sarebbe atteso, in quanto le fonti inquinanti le falde idriche non sono state tutte individuate e messe in sicurezza;
a dimostrazione della parzialità degli interventi realizzati, gli ultimi dati ufficiali disponibili e riferentesi alla suddetta area (fonte Arpat di Grosseto del 2008 e 2009) segnalano una concentrazione di arsenico nelle falde idriche della zona pari a diverse centinaia di volte superiore ai limiti di legge ed anche, in alcuni casi in cui sono disponibili un numero sufficiente di dati, con trend di crescita statisticamente significativa;
nella suddetta area è stata rilasciata nel 2010 dalla provincia di Grosseto una VIA positiva, seppure con prescrizioni, per la realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento, proposto dalla società Scarlino Energia Srl, nel frattempo subentrata ad ENI nella proprietà degli impianti e del sito da bonificare, indipendentemente dalla puntuale conoscenza dei caratteri dell'area e della sua capacità di sostenere ulteriori scarichi inquinanti;
nel 1997 la provincia di Grosseto e la regione Toscana decisero, sulla base di valutazioni che sapevano essere parziali, prodotte da ENI, convalidate dall'ARPAT, che il fenomeno di inquinamento da arsenico nella pianura di Scarlino e Follonica era di origine naturale e che i siti dell'Eni, da bonificare, dovessero essere eliminati dal piano regionale di bonifica;
le indagini effettuate negli anni 2000-2001 dalla procura della Repubblica di Grosseto, le cui conclusioni accertarono la natura tossica di diverse centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente nella zona dalle aziende Eni, consigliarono l'Eni all'auto denuncia (ex articolo 9 del decreto ministeriale n. 471 del 1999) e a riattivare le procedure di bonifica;
successivamente all'autodenuncia di Eni del 2002, l'Arpat e gli enti locali hanno cercato con nuovi studi affidati al professor Tanelli dell'università di Firenze di accreditare la tesi di un'anomalia naturale,

che in qualche modo possa concorrere all'inquinamento prodotto dall'accertato smaltimento abusivo di rifiuti, producendo studi sul valore di fondo naturale nella piana di Scarlino non conformi alla legislazione da applicare alle procedure amministrative in fatto di bonifiche dei siti;
nonostante il dettato del decreto legislativo n. 471 del 1999, le procedure di bonifica riavviate e approvate dal comune di Scarlino e dalla provincia di Grosseto negli ultimi anni si sono inspiegabilmente limitate alle operazioni di bonifica della sola superficie e non anche delle falde idriche, riducendo le opere di bonifica entro il limite di proprietà dei soggetti responsabili, evitando arbitrariamente e illegalmente di indagare oltre i confini di tali proprietà, pur essendo documentato l'avvenuto smaltimento illegittimo di rifiuti sul territorio, realizzato anche all'esterno alle singole proprietà Eni;
esistono diversi documenti che testimoniano l'opera di inquinamento compiuta da Eni con il trasferimento e il deposito nella piana di rifiuti pericolosi tossici e nocivi, ceduti come «sterili» e interrati all'esterno delle loro proprietà;
la superficie inquinata dalle falde idriche nella pianura di Scarlino e Follonica non è stata ancora delimitata, nonostante il riavvio delle procedure di bonifica avvenuto nel 2002, e potrebbe essere molto maggiore di 500 ettari, oggi valutabili sulla base di parziali dati ARPAT, comprendendo anche le superfici di aziende artigianali e di aziende agricole, che non hanno responsabilità nell'inquinamento e dove con diverse ordinanze comunali sono stati sigillati alcuni pozzi artesiani per accertato inquinamento delle falde;
oltre un anno fa è stato stipulato un accordo tra regione Toscana ed ENI, accordo che non ha prodotto nulla e non può produrre nulla in quanto:
a) i criteri di ripartizione previsti stabiliscono che i costi di bonifica della falda inquinata nella piana di Scarlino-Follonica saranno ripartiti tra i vari proprietari dei terreni in modo direttamente proporzionale alla superficie attualmente di proprietà, in relazione alla superficie totale inquinata;
b) essendo rimasti oggi alla Syndial Spa (Eni) solo 5 ettari, dopo che in varie fasi l'Eni ha trasferito gran parte della sua proprietà a vari soggetti, comune di Scarlino compreso per circa 40 ettari, all'Eni toccherà una quota irrisoria dei costi di bonifica delle falde idriche;
c) i restanti proprietari di terreni coinvolti dall'inquinamento della falda idrica, di fatto non hanno accettato i criteri di ripartizione dei costi di bonifica della falda stessa, non avendo sottoscritto il suddetto accordo e non essendo responsabili dell'inquinamento;
d) l'accordo prevede, a fronte di alcuni finanziamenti erogati da Eni, che l'Eni non riconosca alcuna propria responsabilità nell'inquinamento delle falde idriche e che gli Enti pubblici rinuncino ad qualsiasi azione giuridica nei confronti di Eni -:
se si intenda assicurare la prevenzione di possibili disastri sanitari ed ambientali mediante un controllo diretto delle procedure di bonifica del sito sopraindicato da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con l'inserimento dell'area nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale;
se non fosse favorevole ad usare lo strumento sopra indicato, quale strumento intenda usare per assicurare una piena bonifica del sito.
(4-07427)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2010, all'articolo 2, comma 240, stabilisce che le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, sono destinate ai piani straordinari

diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico individuate dalla competente direzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da predisporre sentite le autorità di bacino del fiume Arno e il dipartimento della protezione civile;
le risorse in questione potranno essere utilizzate - per disposizione della stessa legge - anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
in ultima analisi è disposto altresì che l'accordo in questione definisca la quota di cofinanziamento regionale a valere sull'assegnazione di risorse del Fondo per le aree sotto utilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ciascun programma attuativo regionale destina a interventi di risanamento ambientale;
in data 18 febbraio 2005 è stato firmato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Toscana e l'autorità di bacino del fiume Arno, un accordo di programma per la realizzazione di interventi prioritari per la messa in sicurezza del fondovalle del fiume Arno (noto anche come accordo 200 milioni);
con il passaggio di consegne al nuovo segretario generale dell'autorità di bacino l'accordo in questione è stato oggetto di un nuovo e ancor più significativo impulso, in accordo con il presidente della regione Martini e il ministro interrogato, con la finalità di provvedere a realizzare tutti quegli interventi che insistono su quella che è la seconda emergenza nazionale del Paese;
la legge finanziaria ha riconosciuto alle autorità di bacino un importante ruolo tecnico chiamandole a supportare l'azione programmatoria facente capo al Ministero affinché sia fondata sul quadro delle criticità e relative priorità emergenti dalla pianificazione di bacino;
in anticipo sulle disposizioni della legge finanziaria, proprio facendo tesoro dell'intensa attività svolta nel settore della difesa del suolo fin dalla prima adozione di un piano di interventi per l'Arno e dei piani straordinari di cui al decreto Sarno per la mappatura della pericolosità, l'autorità di bacino del fiume Arno ha adottato l'elenco degli interventi da realizzarsi nel bacino dell'Arno, contenente anche le priorità dell'accordo 200 milioni, formalizzandolo con delibera del comitato istituzionale;
è infatti attraverso la pianificazione di bacino e specificatamente quella derivante dall'accordo cosiddetto 200 milioni» costantemente aggiornato dall'autorità, che risulta possibile fotografare in tempo reale il quadro esigenziale tecnico-economico del territorio di riferimento;
un costante flusso di finanziamento per la realizzazione di interventi si profila come urgenza e come necessità in un'ottica di connessione funzionale degli interventi tra loro, per l'ottimizzazione della capacità di abbattimento del rischio di ogni opera al fine di permettere al territorio di vivere con un livello di sicurezza maggiore dell'attuale -:
a che punto sia la predisposizione dell'Accordo previsto dalla legge finanziaria per il 2010 da sottoscrivere tra la regione Toscana e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
se le priorità individuate dall'autorità di bacino dell'Arno, così come recepite nella delibera del CI del marzo 2010 n. 207, siano o saranno tenute in considerazione nella individuazione degli interventi e se si intenda confermare anche nell'accordo il ruolo di monitoraggio e costante aggiornamento a cui le autorità di bacino sono per legge deputate;
quale peso il Ministero abbia attribuito, o intenda attribuire, all'interno dello stesso agli interventi da realizzarsi nel bacino del fiume Arno, con particolare riferimento, in via specifica, agli interventi

individuati nel cosiddetto accordo 200 milioni - parte integrante delle priorità contenute nella pianificazione di bacino e nella delibera sopraccitata.
(4-07430)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'orso bruno è un animale selvatico raro, simbolo dell'intero arco alpino che conta appena una trentina di individui, reintrodotti da pochi anni;
un orso di tale specie, Dino, da mesi vive tra le regioni del Veneto e del Trentino Alto Adige;
l'amministrazione regionale del Veneto, tramite il suo assessore alla caccia, ha deciso che l'orso debba essere catturato e riportato in Slovenia, mentre altre amministrazioni locali, quelle cioè che in linea teorica dovrebbero essere le più preoccupate dalla presenza dell'orso, hanno accolto positivamente la presenza di Dino come un'inaspettata e del tutto gratuita promozione pubblicitaria;
in Slovenia gli orsi sono presenti in numero considerevole fin dagli anni '90, da quando la guerra in Serbia e Croazia spinse molti orsi ad emigrare verso nord stabilendosi nella più tranquilla Slovenia. La presenza, oramai consolidata dell'orso in quelle zone, lo ha reso specie cacciabile, tanto che ogni anno in Slovenia vengono uccisi circa 100 orsi -:
quali iniziative di competenza intenda promuovere affinché l'orso Dino sia lasciato dove si trova tra le province di Trento e Vicenza;
qualora la cattura dovesse rivelarsi l'unica soluzione praticabile, se il Ministro ritenga di operare affinché Dino venga liberato in un'area tutelata dove sia vietata la caccia, garantendogli così la sopravvivenza.
(4-07433)

DI PIETRO e MONAI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a Trieste, nel rione Servola, che conta una popolazione complessiva di circa 40.000 abitanti, è attivo nelle vicinanze delle case di civile abitazione, di asili e scuole, lo stabilimento siderurgico Ferriera di Servola;
detto stabilimento siderurgico, costruito alla fine del 1800 per produrre circa 50.000 tonnellate annue di ghisa, realizzato a valle di quello che allora era un paese di poche case, oggi produce circa 400.000 tonnellate annue di ghisa;
già nel novembre del 1995, il comune di Trieste classificava la Ferriera quale «industria insalubre di Ia e IIa classe». Attualmente lo stabilimento esercisce la propria attività in regime di autorizzazione integrata ambientale - AIA - come da delibera del 28 dicembre 2007 della regione Friuli Venezia Giulia;
da sottolineare che la suddetta AIA, era stata concessa, tra l'altro, in totale assenza del «piano della qualità dell'aria», (successivamente presentato nell'autunno 2009 sotto forma di proposta), e contiene una lunga serie di prescrizioni ad adempiere finalizzate a raggiungere, nel corso del tempo, le caratteristiche di minimizzazione di impatto ambientale, cioè quelle caratteristiche tecniche di funzionalità impiantistica che lo stabilimento avrebbe già dovuto possedere all'atto del rilascio dell'autorizzazione, come si può evincere dal tempestivo ricorso al T.A.R. presentato dallo stesso comune di Trieste avverso la concessione AIA, a firma del sindaco Di Piazza;
della sorte di detto ricorso non si è più avuta pubblica notizia né tanto meno ha avuto risposta il quesito fondamentale, posto anche dall'ARPA fvg nella sua relazione tecnica pre-AIA, riguardante la compatibilità ambientale e conseguentemente sanitaria derivante dalla coesistenza tra rimpianto siderurgico e la zona fortemente antropizzata estremamente prossima allo stesso impianto;

dopo soli sei mesi dal rilascio dell'AIA (estate 2008), a fronte delle preoccupanti informative dell'azienda per i servizi sanitari (A.S.S.) n. 1, lo stesso comune di Trieste richiedeva alla regione, il riesame dell'AIA, con conseguenti convocazioni delle conferenze dei servizi;
a tutt'oggi, trascorsi ormai due anni, nessuna conferenza risulta convocata, nonostante le informazioni e le plurime sollecitazioni inoltrate dalle associazioni ambientaliste e da alcune forze politiche;
nell'aprile 2009, un protocollo d'intesa relativo ad un'eventuale riconversione della Ferriera e reimpiego delle maestranze in una construenda centrale elettrica da 400 mw, a gestione Lucchini Energia s.r.l., veniva sottoscritto tra proprietà ed enti locali. Peraltro successivamente si è assistito all'uscita della Lucchini dalla proprietà della Ferriera. Detto protocollo seguiva ad un precedente protocollo d'intesa, che prevedeva tra l'altro la dismissione dell'attività siderurgica per lo Stabilimento di Trieste entro il 2009, e anch'esso non onorato;
la situazione ambientale è andata progressivamente degradandosi nell'ultimo decennio, dopo la totale privatizzazione dello stabilimento. Attualmente, dopo la cessione del pacchetto azionario della Lucchini, la proprietà è totalmente del colosso siderurgico russo Severstal;
le criticità ambientali sono state rilevate anche a seguito di una serie di campagne di monitoraggio iniziate dalla procura della Repubblica di Trieste e confermate anche dall'ARPA fvg, in cui, nel corso degli ultimi anni, si sono evidenziati notevoli superamenti dei limiti di legge previsti per polveri (PM 10), benzene e benzo(a)pirene, talvolta, a seguito di dette criticità ambientali, sono stati condotti procedimenti giudiziari nei confronti della proprietà, procedimenti che non hanno sortito alcun effetto migliorativo concreto in quanto si sono sempre risolti in sanzioni pecuniarie simboliche;
l'ultimo di detti procedimenti, che interessava 240 eventi, accertati dalla P.G., di emissioni di fumi e polveri nocive/moleste/tossiche/irritanti, si è concluso il 5 marzo 2010 con una ulteriore oblazione;
a tutt'oggi proseguono le segnalazioni di cittadini alla polizia municipale per frequente presenza di emissioni diffuse gassose e polverulente irritanti con caratteristiche odorose di catrame, solfoderivati, naftaline e altro, di cui la popolazione ignora eventuali nocività e/o tossicità, stante l'assoluta disinformazione al pubblico da parte delle autorità preposte. A tale proposito si segnala che nel corso del 2009, sono pervenute alla polizia municipale di Trieste più di 640 segnalazioni in merito da parte di cittadini;
particolare interesse ed allarme sanitario per le istituzioni preposte, avrebbero dovuto suscitare i risultati di una campagna analitica del 2007 (da aprile alla fine di settembre), commissionata dalla procura di Trieste ad un istituto universitario cittadino, che anche in seguito svolgerà funzioni di consulente tecnico in ulteriori indagini per la stessa. In detto documento, acquisito in tempi precedenti alla concessione dell'AIA, vengono evidenziati ripetuti superamenti notevolissimi dei limiti di legge per polveri e idrocarburi, ed inoltre si esplicita come il particolato fine PM 2,5 prelevato in zona Servola eserciti sulle cellule azione genotossica e mutagena;
a seguito di detta indagine ambientale l'azienda per i servizi sanitari (A.S.S.) n. 1, inviò al sindaco di Trieste, tuttora in carica, una serie di informative, sollecitandolo a provvedere adeguatamente per la tutela sanitaria della popolazione. Nessun atto concreto risulta essere stato posto in essere dal primo cittadino;
altre segnalazioni verranno inviate successivamente dall'azienda per i servizi sanitari n. 1 all'attuale sindaco, in merito ai rischi sanitari connessi con i ripetuti superamenti dei limiti di legge per i vari inquinanti;
nelle polveri di ricaduta, oltre a vari metalli pesanti, sono stati reperiti una

serie di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) estremamente tossici per inalazione, ingestione e contatto. Si ritiene di dover sottolineare che la convivenza con tali polveri per i cittadini residenti non è saltuaria, ma bensì si configura come una situazione permanente e continua alla quale non hanno la possibilità di sottrarsi in alcun modo;
un campione di volontari sottopostisi privatamente ad analisi ematiche ha riscontrato nel 100 per cento dei soggetti superamenti dei range per manganese e/o altri metalli pesanti, con punte da 3 a 22 volte il massimo tabellare. Dell'argomento è stata informata la suddetta azienda per i servizi sanitari n. 1;
attualmente lo stabilimento Ferriera di Servola, come si è visto, svolge le sue attività in regime AIA nonostante a fine settembre 2009, cioè ad oltre 18 mesi dalla concessione, non risultassero ottemperate alcune prescrizioni, di cui la più importante interessa la depurazione preventiva al congedo a mare di una serie di acque meteoriche ed industriali. A tutt'oggi non risulta soddisfatta la completa ottemperanza alle prescrizioni;
detta situazione, rischia di incrementare il già pesante inquinamento di acque di falda e fondali marini antistanti lo stabilimento, come già più volte evidenziato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a firma dell'allora (luglio 2008) responsabile della direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che inoltre sollecitava stabilimento ed istituzioni preposte alla verifica della messa in sicurezza dell'arenile prospiciente allo Stabilimento;
ultimamente lo stabilimento è stato oggetto di attenzione della procura della Repubblica di Grosseto in merito a presunte anomalie nella gestione dei rifiuti speciali, pericolosi e non;
è inoltre di pubblica visibilità l'incremento dei cumuli, a livello collinare formati da residui di lavorazione, in particolare di loppa d'altoforno giacente fino sul bagnasciuga e scivolata anche a mare, e tutto questo stante l'assoluta assenza di provvedimenti impositivi per l'opportuno stoccaggio e dislocazione protetta;
a fronte di quanto suesposto, non è mai stato fatto alcun passo serio e credibile nella direzione di una riconversione della Ferriera, motivata sia dal recupero di un'area di oltre 700.000 metriquadri, utile per uno sviluppo alternativo, che da motivi ambientali e di pubblica sanità, il tutto con la doverosa attenzione alla tutela economica delle maestranze;
in ambito locale, l'associazione «NOSMOG», riconosciuta Onlus, che, per statuto, si prefigge di combattere l'inquinamento che affligge la città di Trieste ed in particolare il rione di Servola, ha lavorato in questi anni a una continua ricerca documentale presso le istituzioni preposte al controllo dell'ottemperanza alle prescrizioni imposte dall'AIA, alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Negli ultimi due anni ha provveduto alla stesura di un centinaio di segnalazioni, osservazioni, sollecitazioni, richieste di tutela, note informative, rivolte di volta in volta a tutte le istituzioni cittadini, alla locale procura della Repubblica, e, più recentemente, anche a quella di Grosseto, presentando inoltre due esposti (l'ultimo dei quali in data 6 marzo 2009) alla Commissione ambiente della Comunità europea -:
se, stante quanto indicato in premessa, e nell'ambito delle proprie prerogative, non si intenda verificare se sia stato fatto tutto quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, stante la coesistenza dell'impianto siderurgico con le relative emissioni inquinanti da esso prodotte, e la zona fortemente antropizzata prossima all'impianto medesimo e se non si ritenga opportuno intervenire al fine di favorire una riconversione della Ferriera, motivata da ragioni di tutela ambientale e soprattutto di pubblica sanità, recuperando un'area di oltre 700.000 metriquadri, utile per uno

sviluppo alternativo e maggiormente eco-sostenibile, il tutto con la doverosa attenzione alla tutela economica delle maestranze della stessa Ferriera e del relativo indotto.
(4-07436)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
l'immobile denominato «La Villa la Colombaia» già di proprietà di Luchino Visconti a Ischia è stato sottoposto a vincolo, con annesso parco, accessori e dipendenze, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1089 del 1939 con decreto del Ministro per i beni culturali del 24 ottobre 1991;
secondo quanto riferisce in un comunicato stampa il giornalista Gennaro Savio, direttore di PCIML-TV, e come si può anche vedere dal video pubblicato dallo stesso Savio sul sito web youreporter;
risulta che da qualche giorno, in quella che fu la villa estiva del regista Luchino Visconti, villa situata a Forio nel cuore del bosco di Zaro, sono in corso d'opera lavori di «ordinaria manutenzione», così come recita un cartello affisso proprio sul cancelletto d'ingresso;
i lavori stanno interessando tutta la facciata dello storico stabile dal quale si sta provvedendo a rimuovere l'intonaco aggiunto nel corso dei lavori svoltisi tra il 1998 e i 2001 e con i quali, allora, fu modificato l'originario stato dei luoghi;
attraversando la villa nella quale riposa Luchino Visconti le cui ceneri sono conservate sotto una roccia assieme a quelle della sorella Uberta, si vedono calcinacci tra i quali vi sono anche mattonelle che formavano il vecchio pavimento e che, seppur spaccate e malridotte, stanno venendo fuori dalle antiche fioriere inspiegabilmente ricoperte di cemento alla fine degli anni novanta;
si tratta di piastrelle scelte direttamente da Luchino Visconti per abbellire la sua villa, distrutte e alla portata di tutti e che ognuno potrebbe persino portare via se si considera che l'intera tenuta non è delimitata da nessuna recinzione e chiunque, dal bosco, può introdursi al suo interno;
salendo all'ultimo piano della residenza estiva del regista italiano, si nota il vecchio ascensore ridotto ormai a uno scheletro di ferro la cui ruggine ha letteralmente sostituito il caratteristico mosaico in vetro in minima parte rottosi in passato e completamente rimosso in questi giorni; l'edificio è inagibile dal lontano febbraio 2007 e i lavori che si stanno svolgendo, sembrerebbe che non modifichino lo stato di inagibilità; sembrerebbe poi che i lavori li stia svolgendo la Fondazione La Colombaia di L. Visconti (ente di diritto privato), con fondi pubblici derivanti da contributi regionali e provinciali per le attività culturali e che proprio per questo non dovrebbero essere spesi per lavori strutturali di ordinaria manutenzione ma per attività culturali ed editoriali;
navigando su internet si è potuto appurare che presso La Colombaia sono state già programmate per l'estate 2010, alcune manifestazioni pubbliche -:
se e che tipo di lavori la Soprintendenza ai beni architettonici di Napoli abbia autorizzato essendo «La Colombaia» vincolata ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1089 del 1939 con decreto del Ministro per i beni culturali del 24 ottobre 1991;
se effettivamente l'edificio sia ancora inagibile e come sia possibile allora che siano programmate per l'estate 2010, manifestazioni pubbliche;

se sia noto chi stia eseguendo i lavori a Villa La Colombaia, con quali risorse, quali autorizzazioni e quali finalità.
(4-07428)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata:

EVANGELISTI, DI STANISLAO, BORGHESI e DONADI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno successivo all'uccisione di nostri due militari, avvenuta il 17 maggio 2010 in Afghanistan, risulta, a quanto si apprende da fonti giornalistiche, che ci sarebbe stata una ritorsione, condotta dai nostri alpini paracadutisti, affiancati da marine americani e commando afgani, contro un accampamento talebano non lontano dalla zona dove si è concretizzata la tragica trappola contro il nostro convoglio militare, a Bala Murghab;
secondo una ricostruzione del settimanale L'Espresso, l'operazione sarebbe stata condotta in gran segreto, preparata dettagliatamente seguendo una tattica standard e affidata a elementi della task force 45, un'unità formata dagli uomini migliori delle nostre forze speciali, quali sono appunto gli alpini paracadutisti del battaglione Monte Cervino;
a quanto risulta, sempre da notizie riportate dal settimanale in questione, ci sarebbe stato l'avallo del ministero della difesa a tale operazione;
il Ministro interrogato ha tenuto a precisare che si tratta di operazioni che «vengono fatte tutte le settimane (...) in linea con i compiti che sono affidati al nostro contingente Isaf dall'Onu»;
tuttavia, se i fatti citati rispondessero al vero, ciò svelerebbe in modo inequivocabile che quella in Afghanistan non si configurerebbe come una missione di pace, ma un'attività militare di controinsorgenza in uno scenario di guerra, senza esclusione di colpi, con il rischio di creare un vulnus costituzionale, con evidente riferimento all'articolo 11 della Costituzione;
inoltre, sembra inserirsi perfettamente nella più complessiva e annunciata offensiva contro le roccaforti talebane, secondo precise indicazioni disposte dai generali McChrystal e Petraeus (quest'ultimo, tra l'altro, ha affermato che i combattimenti saranno «difficili e duri, ma sono necessari»);
a tale offensiva programmata dovrebbero partecipare circa 23 mila soldati della Nato, in gran parte americani, e delle forze governative -:
cosa sia realmente accaduto nel corso dell'operazione citata in premessa e quale sia stato il ruolo del Ministro interrogato in tale operazione.
(3-01096)

MOSELLA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la politica di difesa italiana risente pesantemente di un prolungato periodo di decurtazione sistematica del bilancio, fatta eccezione per il rifinanziamento delle missioni internazionali di peacekeeping, cui anche l'opposizione ha sempre contribuito con senso di responsabilità;
il deterioramento della quantità e della qualità della spesa rischia, però, oggi, in uno scenario mondiale sempre più complesso, di compromettere il rango del Paese e la sua capacità di proiezione internazionale;
da notizie apparse sulla stampa, risulterebbe che il Governo italiano sarà costretto a declinare l'invito ad assumere il comando della missione di stabilizzazione nei Balcani, con particolare riguardo al Kosovo, dove sarà la Germania a sostituirci e l'Italia ad assumere un comando provinciale;
l'area di prossimità dei Balcani riveste per ovvie ragioni un'importanza strategica primaria per l'Italia e, da analisi

concordi dei maggiori esperti internazionali e delle nostre forze di sicurezza, la pacificazione interetnica è lontana dall'essere raggiunta. Il ritiro parziale dai Balcani, annunciato dal Ministro interrogato in alcune occasioni pubbliche, sarebbe dettato esattamente dalla mancanza di risorse, più che da obiettivi di politica estera, magari condivisi con gli alleati -:
se il Ministro interrogato non intenda avviare con il Parlamento una revisione della qualità della spesa relativa al suo dicastero, con particolare riguardo alla redistribuzione delle risorse tra personale (che assorbe il 75 per cento dei pochi fondi a disposizione) e spese per equipaggiamento e innovazione tecnologica, i cui livelli ci conducono lontanissimi dagli standard degli altri Paesi della Nato e ci rendono incapaci di svolgere un ruolo propositivo nel percorso di costruzione di un'identità di difesa europea.
(3-01097)

BALDELLI e MOLES. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 2 giugno 2010 le forze armate italiane celebreranno l'anniversario della fondazione della Repubblica -:
quale sia l'impegno organizzativo del ministero della difesa in occasione della celebrazione di questa importante festa nazionale.
(3-01098)

RAO, BOSI, VIETTI, CIOCCHETTI, DIONISI e COMPAGNON. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
le acque del lago di Vico sono ricche di arsenico, un elemento classificato come cancerogeno dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc);
per via di questa situazione, le acque del lago da qualche anno sono interessate da periodiche fioriture di una pericolosa alga, denominata planktothrix rubescens (alga rossa);
le rilevazioni dell'Arpa Lazio di Viterbo dimostrano una rilevante presenza di tale alga;
l'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International society of doctors for the environment - Italia) di Viterbo da tempo segnala la pericolosità della situazione in cui si trova l'area del lago di Vico;
l'acqua del lago di Vico fornisce la maggior parte dell'approvvigionamento idrico potabile per la popolazione dei comuni di Ronciglione e Caprarola;
la presenza di arsenico nell'acqua superiore a quanto previsto dalla normativa vigente potrebbe non derivare esclusivamente dall'origine vulcanica del lago;
tra le cause che potrebbero essere all'origine dello sviluppo dell'alga rossa, infatti, non si possono escludere la presenza di scarichi abusivi o l'eccessivo utilizzo di fertilizzanti, circostanza quest'ultima compatibile con le intensive coltivazioni di noccioleti che occupano larga parte della zone circostante il lago;
l'eccessiva presenza di arsenico nella zona del lago di Vico risulterebbe anche da un'indagine geofisica commissionata dal ministero della difesa e riportata in un documento del centro tecnico logistico interforze Nbc del ministero della difesa con sede a Civitavecchia, inviato alla regione Lazio, alla provincia di Viterbo e al comune di Ronciglione;
secondo tale documento, i valori dell'arsenico sarebbero dovuti alla presenza di materiale interrato nei pressi del magazzino materiali di difesa Nbc di Ronciglione;
la situazione del lago di Vico costituisce un serio pericolo per quanti frequentano anche saltuariamente la zona -:
se sia a conoscenza della situazione, se vi siano responsabilità del ministero della difesa nell'anomala presenza di sostanze inquinanti nelle acque del lago e come intenda eventualmente procedere nell'ambito della sue competenze.
(3-01099)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI e MOGHERINI REBESANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il settimanale L'espresso con un articolo pubblicato nel n. 22 di giugno dal titolo «Alpini, la ritorsione scatta all'alba» ha diffuso la notizia di combattimenti che avrebbero avuto luogo nei pressi di Bala Murghab il 17 maggio 2010 e in cui sarebbero state coinvolte forze del contingente italiano schierato in Afghanistan;
la ricostruzione fornita dall'articolo tende a presentare lo scontro quasi come una rappresaglia, decisa dopo l'attentato subito da un convoglio ISAF il giorno prima e nel quale due nostri alpini sono rimasti uccisi e altri due feriti;
la pubblicazione dell'articolo mette di fronte ad una situazione che può ritenersi emblematica dell'insostenibile condizione in cui viene a trovarsi il Parlamento, per cui, tutto ciò che avviene nel teatro afgano, diventa oggetto di informazione da parte del Governo soltanto in occasione di eventi luttuosi;
quanto dichiarato alla stampa dal Ministro della difesa in relazione all'episodio raccontato da L'espresso, al di là dei contenuti stessi dell'articolo, non sembra agli interroganti sufficiente a garantire un'adeguata informazione al Parlamento;
l'operazione militare, al di là delle opinabili conclusioni con cui la presenta il giornalista de L'espresso sembra agli interroganti ricadere nelle fattispecie sottoposte a caveat e quindi alla decisione delle autorità politiche -:
se non ritenga necessario informare tempestivamente il Parlamento, su quanto realmente avvenuto, anche al fine di smentire interpretazioni dei fatti, non sostenute da elementi oggettivi.
(5-02976)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
lo Stato maggiore dell'esercito discuterà, nella riunione del 9 giugno 2010, la soppressione dei Nuclei informativi al pubblico (NIP) attivati presso trentaquattro amministrazioni comunali già sedi di soppressi distretti militari a funzioni ridotte;
la soppressione di detti NIP è ritenuta coerente alla sospensione della leva obbligatoria avvenuta nel 2005 e al progressivo processo di informatizzazione della società, che sta rendendo non più necessaria l'esistenza di uffici con le funzioni ora in capo ai Nuclei informativi al pubblico;
i NIP sono stati istituiti, in seguito alla soppressione dei distretti militari a funzioni ridotte, a mezzo di apposite convenzioni con le amministrazioni comunali, allo scopo di garantire in quei comuni lo svolgimento dell'attività informativa sulle norme che regolano la leva e il reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica;
pur operando nell'ambito delle amministrazioni comunali, i NIP rimangono alle dipendenze dei Comandi militari dell'esercito (CME) di cui sono emanazione;
il NIP di Trieste invia settimanalmente (giornalmente in casi urgenti) al CEDOC di Udine, tutte le richieste relative alla branca reclutamento-concorsi e alla branca matricole, documentale, tessere militari AT-BT del numeroso personale militare e civile in congedo;
la documentazione prodotta dal NIP di Trieste è particolarmente abbondante in quanto ad esso fanno riferimento non solo l'utenza delle province di Trieste e Gorizia, ma anche gli ex militari e combattenti istriani, fiumani e dalmati e i loro discendenti provenienti dalle zone sotto attuale sovranità croata e slovena;

per quanto lo SME abbia affermato che i NIP non sembrino più funzionali alle esigenze della Forza armata anche in ragione del fatto che le funzioni loro devolute sono già svolte dai CME-CEDOC, si sottolinea che il CME di Trieste svolge funzioni affatto diverse da quelle del CEDOC di Udine;
il rilascio dei tesserini AT-BT, delle domande per i volontari e la riserva selezionata e non, le richieste delle documentazioni matricolari, gli stati di servizio, e altro, avviene presso gli uffici del NIP, dopo le valutazioni da parte del suo personale, e la sua soppressione priverebbe pertanto i cittadini ed utenti di un importante servizio, arrecando danno all'immagine del Ministero -:
in considerazione dell'ampiezza e della specificità degli utenti che esso serve, se il Ministro della difesa intenda derogare dalla decisione di sopprimere il Nucleo informativo al pubblico di Trieste o, in subordine, ipotizzare una struttura alternativa in grado di garantire al territorio gli stessi servizi nella stessa tempistica.
(4-07413)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, COTA, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un'indagine condotta nel 2007 da una commissione ministeriale guidata dall'allora Sottosegretario per l'economia e le finanze Alfiero Grandi e dal generale della guardia di finanza Castore Palmerini aveva evidenziato un'enorme truffa ai danni dello Stato per una cifra ammontante a 98 miliardi di euro;
la truffa deriverebbe dalla sottrazione alla rete di controllo statale di un elevato numero di apparecchi per il gioco d'azzardo non collegati, come invece richiederebbe la legge, al sistema informatico della Sogei, società di informatica che si occupa di controllo sul pagamento delle imposte;
l'indagine sopra citata avrebbe evidenziato che circa i due terzi delle macchinette per il gioco d'azzardo non risulterebbe collegata al cervellone della Sogei, sicché si evidenzierebbe uno scostamento tra le risultanze ufficiali della «raccolta di gioco» ed il volume di affari reale, con una conseguente massiccia evasione di imposte;
la truffa sarebbe stata resa possibile dall'inefficienza dei controlli: in particolare, dai dati forniti dagli stessi Monopoli di Stato, un elevato numero di apparecchi, stimato in 40 mila, risulterebbe collocato in magazzino ma in realtà sarebbe in esercizio senza connessione alla rete;
gli espedienti utilizzati per far risultare un volume di affari inferiore a quello reale da parte delle aziende concessionarie risulterebbero i più diversi: dall'applicazione di regimi fiscali forfettari alla retrodatazione delle autorizzazioni, al fine di eludere l'applicazione di normative più stringenti sopravvenute;

i fatti citati hanno determinato una rilevante evasione del prelievo erariale unico, cui è assoggettato il giro di affari derivante dalle slot-machine e dagli apparecchi simili -:
quali misure il Governo abbia adottato o intenda adottare per porre fine alle gravi anomalie denunciate in premessa e per procedere al recupero delle rilevanti somme evase.
(3-01100)

GENTILONI SILVERI, META, MARAN, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in Germania si sta svolgendo la gara per assegnare alla telefonia mobile il «dividendo di spettro» liberato dal passaggio della tv dall'analogico al digitale, gara che sta superando il tetto di 3,5 miliardi di euro;
l'Italia è l'unico Paese europeo che non ha deciso di destinare ai nuovi servizi di telecomunicazioni una parte delle frequenze liberate nel passaggio dall'analogico al digitale;
il Governo italiano ha deciso che, nell'ambito televisivo, siano assegnate, non con una gara, ma attraverso un beauty contest, solo una piccola parte di frequenze, il 10 per cento, destinata ai nuovi entranti;
il Cipe non ha deliberato nemmeno una parte degli 800 milioni di investimenti pubblici per la banda larga previsti dal piano del Governo -:
se il Governo intenda considerare, sul modello tedesco, la possibilità di ricavare fondi dalla messa in gara delle frequenze, anche in considerazione dell'invito dell'Unione europea a destinare per nuovi servizi di telecomunicazioni una parte delle frequenze liberate dalla transizione alla tv digitale.
(3-01101)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è stato annunciato che i provvedimenti relativi alla manovra economica 2011-2012 prevedono la soppressione dell'Ente teatrale italiano, che ha in corso da tempo un progetto di dismissione della gestione diretta dei teatri Duse di Bologna, della Pergola di Firenze e Quirino di Roma;
tale progetto era basato su un passaggio alla gestione locale attraverso un accompagnamento economico da parte dell'Eti, come risulta dal confronto in atto, per quanto riguarda il teatro Duse di Bologna, con la regione, il comune e la provincia di Bologna, le fondazioni bancarie e operatori teatrali locali;
la soppressione dell'Eti e dei relativi finanziamenti fa venir meno i presupposti del progetto che si stava discutendo per il teatro Duse e mette in discussione la sopravvivenza delle sale storiche da esso gestite, non consentendo di prevedere quale collocazione futura potranno avere i suoi 28 dipendenti pubblici e i 144 dipendenti con contratto di natura privatistica;
la manovra comporterebbe inoltre, sulla base delle informazioni finora disponibili, l'azzeramento dei contributi statali a quattro enti culturali bolognesi: l'Accademia filarmonica e l'Accademia delle Scienze, che sono all'origine della scuola musicale bolognese e dell'Università moderna, hanno secoli di storia e svolgono tuttora un'attività essenziale, la fondazione di ricerca istituto Carlo Cattaneo e la fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, istituzioni culturali di riconosciuto valore internazionale, che svolgono funzioni preziose e insostituibili -:
cosa intenda fare il Governo per scongiurare un danno irreparabile ai teatri

di prosa e alle più importanti istituzioni culturali del nostro Paese, quale quello che si produrrebbe se i tagli annunciati nella manovra economica non venissero profondamente modificati.
(5-02978)

MAZZUCA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - Premesso che:
in data 1o giugno 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»;
la manovra del Governo, tra le misure da attuare, prevede la soppressione con il passaggio delle funzioni e del personale al Ministero per i beni e le attività culturali dell'ente teatrale italiano;
con legge n. 365 del 19 marzo 1942 venne costituito l'Ente teatrale italiano per la cultura popolare, con lo scopo di promuovere «l'incremento delle attività teatrali e di pubblico spettacolo nel quadro delle direttive fissate dal Ministero della Cultura Popolare», da allora l'ente ha subito una serie di trasformazioni e con la legge n. 70 del 20 marzo 1975, a seguito del riordino degli enti e delle istituzioni culturali nella più ampia famiglia degli enti parastatali, l'Eti viene inserito tra gli enti pubblici culturali non economici. Attualmente l'Eti è regolato dalla normativa sugli enti pubblici, la legge n. 836 del 14 dicembre 1978, e dallo statuto approvato nel marzo 2002 e sue successive modificazioni;
la soppressione dell'Eti, a giudizio dell'interrogante, rischia di non rappresentare una forma sostanziale di risparmio tale da incidere positivamente sul complesso della necessaria manovra economica predisposta dal Governo, ma rischia di colpire, con inevitabili ricadute negative e di immagine, i fondamenti stessi del Paese che proprio nelle attività culturali trova risorse essenziali;
la soppressione dell'Eti, inoltre, rappresenta un impoverimento di quel ricco patrimonio umano e professionale di cui il nostro sistema spettacolo ha molto bisogno;
il Duse di Bologna è una delle sale teatrali storicamente gestite dall'Eti e, sebbene il teatro sia stato posto in dismissione dal 2007 con atto di indirizzo dell'allora Ministro per i beni e le attività culturali, la sua definitiva scomparsa a causa della soppressione dell'Eti non può che avere effetti negativi sull'intero comparto culturale cittadino e ovviamente sulle maestranze che ad esso fanno riferimento -:
se i ministri interrogati, ognuno nel proprio ambito, non intendano valutare soluzioni diverse volte ad assicurare il mantenimento dell'Eti e dunque delle strutture teatrali da questi gestite, anche attraverso altre forme di gestione e controllo, non escludendo la loro privatizzazione.
(5-02979)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la manovra economica 2011-2013 prevede misure volte al contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, fondando sulle cifre recuperate una percentuale importante degli introiti della manovra;
è stata redatta un'indagine accurata relativa alle percentuali sulle quote di evasione fiscale in ogni regione sull'intera popolazione dei contribuenti;
una percentuale non indifferente di evasori è composta dalle persone che per diversi motivi ignorano di avere i requisiti per dover effettuare la dichiarazione dei redditi, le scadenze e l'evoluzione dei modelli di dichiarazione e delle fasce di contribuzione;

tale realtà interessa prevalentemente le fasce dei pensionati e dei lavoratori occasionali -:
se il Ministro intenda promuovere un'adeguata campagna di sensibilizzazione volta ad informare la cittadinanza in relazione alle scadenze previste dalla legge riguardo alla dichiarazione dei redditi e rendere note le varie modalità attraverso le quali poter ricevere informazioni e assistenza.
(4-07408)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la manovra economica 2011-2013 prevede misure volte al contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, fondando sulle cifre recuperate una percentuale importante degli introiti della manovra;
è stata redatta un'indagine accurata relativa alle percentuali sulle quote di evasione fiscale in ogni regione sull'intera popolazione dei contribuenti;
una percentuale non indifferente di evasori è composta dalle persone che per diversi motivi ignorano di avere i requisiti per dover effettuare la dichiarazione dei redditi, le scadenze e l'evoluzione dei modelli di dichiarazione e delle fasce di contribuzione;
tale realtà interessa prevalentemente le fasce dei pensionati e dei lavoratori occasionali;
il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha promosso da oltre un anno in tutta Italia una campagna per l'attivazione della posta elettronica certificata negli enti pubblici come regioni, province, comuni, università, asl, presidi delle forze dell'ordine;
l'abbattimento dei costi e dei tempi di comunicazione tra enti pubblici e cittadinanza consente la possibilità di ottimizzare il rapporto tra questi ultimi -:
se si intendano assumere iniziative, in collaborazione con gli enti locali, in particolar modo i comuni, affinché siano comunicate con preavviso importanti scadenze di tipo fiscale e contributivo ai cittadini residenti in ciascun comprensorio, al fine di concorrere alla riduzione dei fenomeni di evasione fiscale e mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, dovuti alla scarsa conoscenza da parte della popolazione delle possibilità e delle modalità di ricezione di informazioni e modulistica.
(4-07425)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 13 maggio 2009 è stata svolta un'interpellanza urgente (la n. 2/00384) concernente il regime applicato dalla regione Piemonte agli eventi alluvionali del 2000;
il Governo ha risposto che: «il Ministro della giustizia, per il tramite del competente ispettorato generale, intende disporre accertamenti (...) ed accertare l'eventuale ricorrenza di profili suscettibili di assumere rilievo disciplinare»;
è passato oltre un anno dal deposito e quasi un anno dallo svolgimento -:
se siano stati effettuati gli accertamenti indicati in premessa e quale ne sia stato l'esito.
(2-00736)
«Lehner, Vanalli, Comaroli, Caparini, Rainieri, Fogliato, Goisis, Luciano Dussin, Barani».

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il tribunale di Bologna ha attualmente un organico composto da 72 magistrati, compresi il presidente del tribunale e 10 presidenti di sezione;
risultano assegnati al settore civile 35 magistrati, compreso il presidente del tribunale, e 34 magistrati al settore penale, di cui 11 alla sezione GIP/GUP;
compongono l'ufficio anche le due sezioni distaccate di Imola, cui sono assegnati due magistrati (uno per le funzioni civili e l'altro per le funzioni penali), e di Porretta Terme, cui è assegnato un unico magistrato, che svolge funzioni promiscue sia civili sia penali;
il tribunale di Bologna ha competenza distrettuale per tutta l'Emilia Romagna in quanto sede del tribunale della libertà e bidistrettuale (Emilia Romagna e Marche) per le controversie relative alla proprietà industriale e intellettuale. A ciò aggiungasi che dal 1o gennaio 2010 il tribunale di Bologna, a seguito dell'introduzione dell'articolo 49 della legge n. 99 del 23 luglio 2009, ha, inoltre, competenza distrettuale per la cognizione delle cosiddette azioni di classe (class action);
essendo Bologna sede della direzione distrettuale antimafia (D.D.A.), l'ufficio GIP/GUP del tribunale di Bologna ha anche competenze distrettuali in questo particolare settore;
il servizio giustizia nel circondario del tribunale di Bologna si caratterizza per l'elevato tasso di conflittualità, sia nel settore civile che nel settore penale, e, nel contempo, per la drammatica scarsità delle risorse materiali e, soprattutto, di personale;
nonostante l'elevata produttività dei magistrati, in aumento in tutti i settori, con una netta prevalenza dei procedimenti definiti rispetto a quelli sopravvenuti, che colloca il tribunale di Bologna, in relazione al numero dei magistrati in organico, ai primi posti della graduatoria nazionale (a puro titolo esemplificativo nel periodo 1o luglio 2008-30 giugno 2009 le definizioni, per quanto riguarda i procedimenti civili in materia di cognizione ordinaria, sono aumentate, rispetto al periodo precedente, del 23,3 per cento ed il numero delle sentenze civili pubblicate nel 2009 rispetto al 2008 si è incrementato del 71 per cento, l'arretrato accumulatosi nel tempo e l'entità delle sopravvenienze creano gravi ostacoli ad una rapida riduzione delle pendenze e alla velocizzazione dei processi. Ciò è dovuto ad una molteplicità di fattori, primi fra i quali l'inadeguatezza degli organici dei magistrati e la carenza di personale amministrativo. Infatti, particolarmente sottodimensionato risulta essere l'organico del tribunale di Bologna, in relazione al carico di lavoro che deve smaltire, dovuto ad un aumento delle sopravvenienze per magistrato superiore, specie per alcuni settori (civile e Gip noti), a quello che si verifica negli altri tribunali del distretto ed in sedi di tribunali capoluogo di distretto che pur hanno una dotazione di organico sensibilmente superiore;
i riferimenti comparativi più significativi con il tribunale di Firenze e con il tribunale di Genova dimostrano come questi ultimi, pur avendo bacini d'utenza simili o inferiori, ed una sopravvenienza di affari per magistrato nettamente inferiore a quella di Bologna, hanno, tuttavia, entrambi, 80 giudici in pianta organica a fronte dei 72 giudici del tribunale di Bologna. A mero titolo esemplificativo va rilevato che dall'esame comparativo degli affari relativi agli anni 2006, 2007 e 2008 della commissione flussi emerge con chiarezza che in alcuni settori chiave, quali il settore GIP/GUP noti ed il riesame, le sopravvenienze globali del tribunale di Bologna, intese come numero di procedimenti, sono notevolmente più elevate rispetto a quelle dei tribunali di Firenze e di Genova con una differenza percentuale nell'ordine di circa il 40 per cento per quanto riguarda i procedimenti GIP/GUP

noti presso il tribunale di Firenze e di circa il doppio per quelli relativi al tribunale di Genova. Né, d'altronde, può sostenersi che il tribunale di Bologna svolga un'attività meno intensa di quella dei tribunali di Firenze e di Genova in quanto, in base ai dati disponibili relativi al triennio 2006-2008, anche il numero di procedimenti definiti per magistrato è superiore a Bologna rispetto a Firenze e a Genova (n. 871 procedimenti definiti pro capite a Bologna nel 2006 a fronte dei n. 825 definiti a Firenze e dei n. 563 definiti a Genova; n. 852 procedimenti definiti pro capite a Bologna nel 2007 a fronte dei n. 825 definiti a Firenze e dei n. 642 definiti a Genova; n. 931 procedimenti definiti pro capite a Bologna nel 2008 a fronte di n. 689 definiti a Firenze e dei n. 661 definiti a Genova). A titolo riepilogativo: nel 2006 i procedimenti sopravvenuti per magistrato nel tribunale di Bologna sono stati n. 927 a fronte dei n. 849 del tribunale di Firenze e dei n. 550 del tribunale di Genova; nel 2007 i procedimenti sopravvenuti per magistrato a Bologna sono stati n. 908 a fronte dei n. 861 di Firenze e dei n. 624 di Genova; nel 2008 i procedimenti sopravvenuti per magistrato a Bologna sono stati n. 934 a fronte dei n. 746 di Firenze e dei n. 636 di Genova. È, quindi, evidente, da una parte, la sproporzione di risorse che esiste fra il tribunale di Bologna (72 magistrati) ed i tribunali di Firenze e di Genova (80 magistrati ciascuno) e, dall'altra, la necessita di urgenti provvedimenti per il riequilibrio delle piante organiche. A ciò aggiungasi che anche il rapporto fra popolazione del circondario e numero dei giudicanti in organico è del tutto sfavorevole al tribunale di Bologna rispetto ai tribunali di Firenze e di Genova. Mentre il rapporto fra magistrati e popolazione nel tribunale di Bologna è, infatti, pari a un magistrato ogni 12.555 persone, il rapporto è di un magistrato ogni 11.412 persone nel tribunale di Firenze e di un magistrato ogni 9.100 persone nel tribunale di Genova (cfr. dati censimento 2001);
le richieste di aumento della pianta organica dei magistrati del tribunale di Bologna, che da anni è sottodimensionata rispetto al carico di lavoro, come è stato anche di recente rilevato dall'ispezione ministeriale svoltasi nel novembre 2008-gennaio 2009, non hanno avuto sinora alcun esito da parte dei competenti organi ministeriali;
anche le nuove piante organiche del personale amministrativo penalizzano pesantemente il tribunale di Bologna rispetto ai tribunali di Firenze e di Genova dal momento che, nonostante i più gravosi flussi di lavoro del tribunale di Bologna, la pianta organica del personale amministrativo di tale tribunale è stata ridotta a n. 227 unità a fronte delle n. 244 unità del tribunale di Firenze e delle n. 269 unità del tribunale di Genova;
il rinvio, come altra volta è stato detto, di ogni decisione alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie significherebbe aggravare in maniera forse irrimediabile, per quanto riguarda il tribunale di Bologna, la situazione esistente e rendere impossibile il perseguimento degli scopi fondamentali della giurisdizione che consistono, oltre che nell'aumento della produttività e nella diminuzione della durata dei processi, nella effettiva attuazione del giusto processo previsto dall'articolo 111 della Costituzione;
in difetto di tali interventi, da adottare con la massima tempestività, anche la pratica realizzazione delle numerose riforme del sistema giudiziario attualmente in discussione presso il Parlamento, tese a renderlo più efficiente, oltre a garantire un più equo e tempestivo svolgimento dei processi, rischierebbe di venire totalmente vanificata -:
alla luce di quanto sopra esposto, quali provvedimenti intenda adottare in merito agli organici dei magistrati e del personale amministrativo del tribunale di Bologna per adeguarli quanto meno agli organici dei tribunali di Firenze e di Genova.
(2-00734)
«Bernini Bovicelli, Benamati, Cazzola, Garagnani, La Forgia, Lenzi, Marchignoli, Mazzuca, Vassallo, Zampa».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PIZZETTI, ANDREA ORLANDO e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i magistrati assegnati al tribunale di Cremona sono undici più un presidente di sezione e il presidente del tribunale stesso;
in realtà i magistrati in sede sono soltanto otto, di cui due in maternità e due in fase di trasferimento ad altre sedi;
anche il presidente di sezione è in fase di collocazione in altra sede;
cosicché l'operatività del tribunale sarà affidata di fatto a quattro magistrati oltre che al presidente, un terzo di quelli assegnati;
rilevante è inoltre la carenza del personale definibile nel 30 per cento dell'organico;
tale condizione limita fortemente l'attività processuale, generando gravi e ulteriori ritardi sui tempi dei processi che colpiscono i diritti dei cittadini -:
se e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per affrontare la situazione, così da rendere pienamente funzionale il tribunale di Cremona.
(5-02975)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Trentino del 26 maggio 2010 è apparso un articolo intitolato: «Trento: il nuovo carcere è pronto ma non ci sono abbastanza agenti per farlo funzionare»;
l'articolo dà conto della situazione in cui versa il carcere di Gardolo - formato da otto bracci con una capienza di 244 detenuti;
struttura penitenziaria all'avanguardia sotto molti profili, sia tecnologici che ambientali: ampie celle con angolo cottura, pareti chiare e luminose, sale lettura, laboratori, un campo con erba sintetica; le aperture delle celle sono controllate da un sistema elettronico, un sistema di telecamere interne (283) tiene sottocchio ogni angolo; i vetri sono antiproiettile e tutti a risparmio energetico; al suo interno vi è anche una legatoria, una falegnameria e persino una serra per la coltivazione di piante e fiori; due gli spazi di culto: uno per i cattolici, il secondo dedicato a tutte le altre religioni. E ancora: ambulatori in ogni braccio, un'infermeria per le degenze, una cucina per l'intera struttura e spazi in una serie di celle per riscaldare le vivande, un teatro-cinema, aule e laboratori, una palestra e un campo da calcetto;
la struttura penitenziaria Spini di Gardolo è stata ultimata con un anno di anticipo rispetto ai tempi previsti, ciononostante il nuovo carcere rischia di restare una cattedrale nel deserto, atteso che per funzionare a pieno regime la nuova struttura avrebbe bisogno dell'opera di circa 350 agenti di polizia penitenziaria ma al momento a disposizione ce ne sono nemmeno un centinaio -:
quali spiegazioni intenda dare il Ministro a proposito dello stato di apparente abbandono in cui versa il nuovo carcere di Trento;
quali provvedimenti siano previsti nel «piano carceri» formulato dal Ministro interrogato e dal DAP per sanare la situazione del carcere di Trento garantendo la sua immediata apertura e, quindi, per impedire che ulteriore denaro pubblico sia speso inutilmente;
se non intenda armonizzare l'impiego e/o aumentare gli organici degli agenti di polizia penitenziaria in modo da garantire nel più breve tempo possibile l'apertura e/o un migliore utilizzo dei circa 40 istituti di pena già costruiti ma mai aperti o non pienamente utilizzati a causa del mancanza degli agenti di custodia.
(4-07418)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 28 maggio 2010, un detenuto tossicodipendente e sieropositivo è morto nel carcere cagliaritano di Buoncammino;
sulla vicenda la presidente dell'Associazione socialismo diritti riforme, Maria Grazia Caligaris, sottolineando che «quando una persona muore in carcere è chiaramente una sconfitta per le istituzioni e per chi opera dentro e fuori gli Istituti penitenziari. Sarà l'autopsia disposta, dal pubblico ministero Guido Pani, ad accertare le cause del decesso. Il detenuto, nonostante fosse affetto da diverse patologie e stesse facendo accertamenti per una sospetta neoplasia, aveva rifiutato il ricovero nel Centro clinico. I medici però lo seguivano con particolare attenzione per la delicatezza del suo quadro clinico generale. Avrebbe dovuto tuttavia essere ospitato, come tutti coloro che fanno uso di sostanze stupefacenti e finiscono in carcere per reati comuni, in un'apposita struttura a custodia attenuata»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, sorprende che in Sardegna, nonostante l'alto numero di detenuti con doppia diagnosi, non ci sia l'opportunità di essere ospitati in un'apposita struttura a custodia attenuata, e che il ricovero nelle comunità terapeutiche sia sempre complicato;
il 12 gennaio la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla interrogante e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento;
la mozione approvata prevede, tra l'altro, alla lettera g), «la creazione di istituti "a custodia attenuata" per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento» -:
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare al fine di implementare la creazione di istituti "a custodia attenuata" per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
quali urgenti iniziative di carattere amministrativo intenda adottare al fine di rendere più rapido e facilmente fruibile il ricovero dei detenuti tossicodipendenti presso le comunità terapeutiche.
(4-07419)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 28 maggio 2010, un extracomunitario detenuto presso il carcere di Sanremo si è abbandonato ad alcuni gesti autolesionistici per protestare contro un provvedimento di "sorveglianza particolare" che gli rendeva ancora più restrittiva la sua custodia in carcere;
l'uomo ha reperito una graffetta a clip con la quale si è trafitto le labbra cucendosi la bocca;
gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno subito soccorso e portato all'ospedale. I medici lo hanno curato e dimesso;
il detenuto ha protestato in quanto gli è stata applicata una particolare misura di sicurezza che gli impedisce di usufruire di tutti i benefici concessi agli altri detenuti,

tipo la privazione del televisore e altre piccole punizioni -:
quali provvedimenti intenda adottare al fine di evitare il ripetersi di episodi di questo genere, che grave turbamento provocano nelle coscienze civili e democratiche dei cittadini italiani;
quali atti concreti intenda urgentemente compiere allo scopo di dare sostegno e sollievo ai detenuti, soprattutto in questa congiuntura di grave e perdurante sovraffollamento delle strutture penitenziarie e di conseguente aumento dei rischi di depressione e di fatti tragici come quelli descritti in premessa, tutto ciò in attesa di provvedimenti normativi finalmente capaci di dare risposte certe e definitive ai problemi delle carceri italiane.
(4-07420)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 25 maggio 2010, Antonio Smacchia, 44enne assistente capo della polizia penitenziaria del carcere della città di Pesaro, si è tolto la vita nella sua abitazione sparandosi con la pistola di ordinanza;
la scoperta è stata fatta intorno alle 11 dalla postina che, giunta alla casa per consegnare una lettera, ha visto del sangue uscire dalla porta. Quando i soccorsi sono giunti sul posto hanno trovato l'uomo ancora agonizzante: è spirato durante il trasporto in ospedale dopo i casi di Frosinone, Brescia e Sulmona, questo è il quarto caso di un agente di polizia penitenziaria che nel giro di nemmeno 30 giorni si è tolto la vita; indice evidente di un disagio sociale che avvalora ancora una volta la necessità di una riforma organica del nostro sistema carcerario;
l'assistente capo della polizia penitenziaria si trovava da qualche settimana in convalescenza per un incidente stradale, sarebbe dovuto rientrare in servizio proprio oggi;
le condizioni di vita degli agenti di polizia penitenziaria sono a tal punto insostenibili da aver indotto l'amministrazione penitenziaria ad allestire una consulenza di psicologi che hanno aperto punti di ascolto;
la situazione è da considerarsi ormai drammatica e l'utilizzo della figura dello psicologo è un palliativo che comunque non rimuove le cause del malessere;
implementare l'organico e quindi organizzare ragionevoli turni di lavoro risolverebbe il problema alla radice e renderebbe totalmente inutile il servizio di sostegno psicologico;
ad avviso dell'interrogante, per scongiurare questi gesti estremi occorre por mano seriamente al problema delle condizioni di lavoro in cui si vedono costretti ad operare gli agenti di polizia penitenziaria, problema risolvibile attraverso il rientro negli istituti di pena di tutti i distaccati presso il dipartimento amministrazione penitenziaria e il Ministero della giustizia e il significativo aumento dell'organico che consenta ai dirigenti di organizzare turni di lavoro che non abbiano il carattere della bestialità -:
se i fatti corrispondano al vero e se siano state avviate eventuali indagini amministrative sul caso;
se le autorità fossero a conoscenza del disagio psicologico dell'agente di custodia e se fossero state avviate tutte le procedure di precauzione per prevenire l'atto suicidale;
se nel carcere al quale era assegnato l'uomo sia mai stato istituito un punto di ascolto con la presenza di psicologi;
cosa intenda fare per aumentare significativamente l'organico degli agenti di polizia penitenziaria.
(4-07422)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 24 maggio 2010, nel centro clinico Buoncammino di Cagliari vi sarebbe un detenuto 67enne in gravissime condizioni di salute, a letto con le bombole di ossigeno che sole gli consentono di respirare;
l'incredibile fatto è stato denunciato dalla presidente dell'Associazione socialismo diritti e riforme, dottoressa Maria Grazia Caligaris, la quale riferisce che il predetto detenuto è stato dichiarato dai medici incompatibile con il carcere proprio a causa delle sue gravi condizioni di salute;
l'uomo sarebbe affetto da un carcinoma polmonare non trattabile chirurgicamente e, quindi, a rischio della vita;
nel caso di specie il centro clinico del carcere di Buoncammino non è idoneo alla ossigenoterapia, non essendo in grado di gestire, in piena sicurezza, la dotazione di bombole di ossigeno, garantirne il trasporto e la loro sostituzione, sicché il detenuto, che ha bisogno di assumere ossigeno durante la giornata, versa in condizioni di estremo disagio personale -:
quali iniziative di competenza intendano intraprendere, negli ambiti delle loro rispettive competenze, affinché vengano verificate le condizioni in cui è costretto il detenuto indicato in premessa e, nel caso, quali provvedimenti intendano adottare per rimuovere le gravissime anomalie denunciate in ordine alla palese violazione dei suoi diritti fondamentali di detenuto, in primis quello alla salute.
(4-07423)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - Premesso che:
un detenuto del carcere di Sanremo, Giovanni Bonafé, di 44 anni, è morto la mattina del 25 maggio 2010 nella cella in cui si trovava;
secondo il sindacato Uil-pa Penitenziari, due detenuti avrebbero visto l'uomo cadere dal letto a castello;
il direttore del penitenziario smentisce quanto dichiarato dai compagni di cella dell'uomo e parla di morte per «cause naturali» in un soggetto con AIDS conclamato;
il direttore del carcere riferisce che l'uomo si sarebbe alzato dal letto verso le 5,30 del mattino cercando di prendere una boccata d'ossigeno mentre era in atto un infarto. Sceso dal letto, sempre secondo la ricostruzione del carcere, l'uomo si sarebbe accasciato a terra. Soccorso dai compagni di cella e poi dagli agenti, il detenuto è spirato dopo pochi istanti;
il medico legale ha effettuato una perizia dalla quale risulterebbe che il detenuto, trovato girato sul fianco sinistro, segno caratteristico di chi ha subito un infarto, sarebbe spirato per cause naturali. Il direttore del carcere, Francesco Frontirré, ha pertanto smentito il sindacato di polizia penitenziaria dichiarando quanto segue. «Il medico legale attribuisce la morte a un'insufficienza cardio-respiratoria acuta, in un soggetto affetto da Aids conclamato. La conclusione, dunque, è che può trattarsi di causa naturale. Il suo corpo non presentava ecchimosi o ferite che possano far pensare a una caduta»;
il sindacato di polizia penitenziaria però ribatte: «Il detenuto è stato visto cadere dal letto da altri due detenuti extracomunitari che hanno così riferito agli agenti penitenziari» -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna volta a verificare: a) l'esatta dinamica che ha condotto alla morte il signor Giovanni Bonafé; b) eventuali responsabilità amministrative o disciplinari dell'amministrazione penitenziaria

in ordine a quanto avvenuto all'interno del carcere di Sanremo, ciò anche alla luce, e tenendo conto, della forte carenza di personale che limita inevitabilmente le possibilità di vigilanza sui detenuti;
in che modo Giovanni Bonafé era seguito dal servizio sanitario per la sua grave patologia e quali controlli di tipo diagnostico erano stati fatti negli ultimi tre mesi;
se siano state effettuate segnalazioni volte a valutare se le condizioni di detenzione di Giovanni Bonafé fossero compatibili con lo stato di salute del detenuto, quale sia stata, in tal caso, la pronuncia del magistrato di sorveglianza e sulla base di quale motivazione.
(4-07438)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nell'ultima riunione del CIPE non è stato varato il finanziamento previsto di 200 milioni di euro per la piastra logistica del porto di Taranto;
tale opera è di assoluta ed urgente rilevanza strategica per una struttura portuale di notevole interesse economico e dalle ancor più straordinarie potenzialità (grandi spazi, banchine operative, fondali profondi anche se in attesa da anni di opere di bonifica);
le conseguenze nell'area jonica della crisi economica internazionale sono particolarmente gravi, con riferimento sia alla grande industria ed al conseguente indotto sia ad un'agricoltura di grande produttività e qualità, e potrebbero essere alleviate dall'utilizzo ottimale del grande valore aggiunto costituito dalle attività portuali, nonché dai ritorni locali di grandi quanto necessari investimenti;
la comunità jonica paga un altissimo prezzo, in termini di sicurezza ambientale, agli interessi economici nazionali -:
quali siano le ragioni della mancata attivazione in sede CIPE del suddetto finanziamento;
quali siano i tempi attualmente previsti per tale attivazione.
(2-00735)
«Patarino, Taddei, Lazzari, Rosso, D'Ippolito Vitale, Di Virgilio, Granata, Bellotti, Nola, Bocchino, Lamorte, Porcu, Antonio Pepe, Angeli, Lehner, Consolo, Di Biagio, Proietti Cosimi, Scapagnini, Bocciardo, Castellani, Mancuso, Pelino, Simeoni, Galati, Girlanda, Briguglio, Giammanco, Garofalo, Polidori, Berardi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il settore del trasporto merci ferroviario ha visto nel corso degli ultimi due decenni un importante processo di innovazione normativa che è sfociato a partire dagli anni 2000 con la liberalizzazione del trasporto merci su ferro;
a fronte di tale evoluzione legislativa, nel periodo 2003-2007, si è registrato un incremento dei volumi di trasporto che sono passati da 10,43 a 13,19 miliardi di tonnellate/chilometro, soprattutto lungo la direttrice nord-sud e con un corrispondente incremento degli investimenti da parte degli operatori privati italiani e stranieri;
come è noto, tale modalità di trasporto può vantare il più alto valore in termini di compatibilità ambientale sia nei confronti del trasporto aereo, sia del trasporto su gomma, rispetto al quale registra

un 77 per cento in meno di emissione di gas serra e un 77 per cento in meno di emissione di anidride carbonica;
la nostra infrastruttura ferroviaria può beneficiare dell'opportunità di trovarsi in diretta e funzionale correlazione con i tre principali assi di traffico europei: l'Asse ovest (Portogallo, Spagna, Inghilterra, Francia e Italia); l'Asse nord-sud (Penisola scandinava, Germania, Olanda, Svizzera, Austria e Italia); l'Asse est (Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Balcani, Grecia e Italia);
tuttavia, i più recenti dati indicano per l'Italia volumi trasportati su rotaia in calo, con solo il 9,9 per cento rispetto al totale annuo, contro il 17,7 per cento della media europea (Eurostat yearbook 2009), mentre la gomma arriva al 90,1 per cento, contro il 76,7 per cento dell'Europa;
si stima che in Italia la congestione stradale costi 25 miliardi di euro all'anno, circa 2 punti percentuali di Pil (dati freight leaders council), il doppio rispetto alla media Unione europea;
come sostenuto lo scorso novembre da Federmobilità, l'associazione di assessorati ai trasporti di regioni, province e comuni, in occasione della prima edizione della manifestazione MercinTreno, il rilancio e l'incentivazione del trasporto ferroviario delle merci costituisce uno dei presupposti per dare maggiore competitività al sistema economico nazionale, anche in vista della prossima ripresa economica. La situazione della mobilità, già oggi molto difficile, rischierà di diventare ingovernabile, in assenza di azioni concrete, quando l'economia ricomincerà a marciare ai livelli precedenti alla crisi economica;
la strategia aziendale di Trenitalia, alla luce di alcune scelte avviate in determinati ambiti regionali, appaiono contraddire la necessità di uno sforzo organizzativo e finanziario volto a potenziare e migliorare gli standard qualitativi del nostro sistema di trasporto merci su rotaia;
in particolare, nella regione Toscana, è stato comunicato dalla società Trenitalia, la chiusura degli scali ferroviari di Grosseto, Chiusi, Empoli, Arezzo, San Giovanni e successivamente delle postazioni logistiche di Pisa San Rossore e Massa zona industriale mentre, nel 2009, gli occupati nella divisione cargo della regione sono calati di 134 unità su un totale di 599 lavoratori; processo organizzativo gestito tutt'ora in maniera unilaterale da Trenitalia, con trasferimenti pseudo volontari ed in particolare, con elargizione di lauti compensi economici al personale, per lasciare l'azienda;
altrettanto vistosi risultano i casi della Sicilia e della Sardegna, dove rispettivamente, come denunciato dai sindacati aziendali, dopo la chiusura di quasi tutti gli scali merci siciliani, si profila l'interruzione del traffico ferroviario delle merci in Calabria, per farle proseguire sull'isola a bordo di camion, e la chiusura del collegamento Golfo Aranci-Civitavecchia, poi, solo parzialmente, ripristinato;
tali azioni di riduzione progressiva del perimetro di azione, con la chiusura di numerose relazioni di servizio e la riduzione consistente dei volumi, rischiano di lasciare intere aree del Paese sprovviste di collegamenti ferroviari per il trasporto ferroviario delle merci;
l'attuale sistema di agevolazioni fiscali prevede un evidente squilibrio a favore del trasporto merci su gomma, a discapito di quello su rotaia, soprattutto per le tratte superiori a 250 chilometri, e a differenza di quanto avviene negli altri Paesi europei -:
quali siano i dati a disposizione del Governo relativamente agli andamenti del trasporto ferroviario delle merci nel nostro Paese, sia in termini assoluti sia in termini relativi rispetto al complessivo dato nazionale, nonché con riferimento ai diversi operatori esistenti;
quali urgenti iniziative, coinvolgendo le istituzioni locali e regionali, intenda assumere per scongiurare la chiusura degli

impianti ferroviari (scali merci e interporti, eccetera), in questo caso situati nella regione Toscana, che hanno la conseguenza di gravi ripercussioni sul lavoro, sull'occupazione e anche sulla dismissione delle infrastrutture ferroviarie;
quali iniziative a carattere generale, intenda assumere al fine di favorire un recupero di competitività della modalità ferroviaria di trasporto merci, in linea con le iniziative degli altri Paesi dell'Unione europea in cui il servizio ferroviario registra migliori performance;
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alle scelte di Trenitalia, non solo dal punto di vista della compatibilità aziendale e di conformità con gli strumenti negoziali sottoscritti, ma anche con riferimento all'interesse nazionale del riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto;
quali iniziative intenda assumere per sostenere la domanda di trasporto ferroviario di merci da parte delle imprese presenti sul territorio nazionale, nonché per evitare che ancora una volta siano i lavoratori a pagare le scelte rinunciatarie in materia di sviluppo del settore.
(2-00738)
«Velo, Meta, Lovelli, Ginefra, Viola, Realacci, Zaccaria, Mattesini, Fontanelli, Lulli, De Torre, Lo Moro, Trappolino, Boffa, Scarpetti, Cenni, Andrea Orlando, Graziano, Boccia, Sani, Esposito, Siragusa, Fluvi, Ceccuzzi, Tullo, Albonetti, Nannicini, Gatti, Giacomelli, Froner, Zunino, Federico Testa».

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, TOUADI, MELIS e ZUNINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è intenzione del Ministero dell'interno, attuare con l'inizio del prossimo campionato di calcio 2010/2011 il progetto «tessera del tifoso» (TdT);
tale progetto ha suscitato perplessità sulla sua attuazione e sulla reale efficacia nel contrastare il fenomeno della violenza negli stadi e più in generale necessiterebbe una riflessione sul fatto che le politiche di contrasto al fenomeno, maturate nel nostro Paese, sono sempre state assunte con una logica dettata dall'emergenza e da fatti gravi accaduti;
sarebbe importante sviluppare, come è accaduto in gran parte d'Europa, accanto a misure tese a contrastare la violenza, la capacità di dialogo e di autoresponsabilizzazione dei tifosi, incoraggiando progetti che già oggi vedono impegnate molte società e tifoserie italiane;
il progetto (TdT), inizialmente proposto come strumento di fidelizzazione volontaria tra le società e i tifosi, è oggi proposto come obbligatorio, per chi ritiene di fare l'abbonamento per l'intero campionato;
nonostante le rassicurazioni espresse dal Ministro il 24 settembre 2009 alla Commissione affari costituzionali del Senato e il decreto ministeriale del 14 agosto 2009 e la determinazione 33/2009 dell'Osservatorio nazionale manifestazioni sportive in riferimento all'interpretazione degli articoli 8 e 9 del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, sia i modelli disponibili sul sito dell'Osservatorio, sia le note specifiche di quelli comparsi su molti siti delle società di calcio, pongono limitazioni al rilascio della TdT riconducibili alla legge in vigore;
solo una modifica della stessa può dare chiarezza a società ed enti preposti al rilascio delle TdT;
dalle disposizioni attuali risulterebbe, che, chi non è in possesso della tessera potrà comprare liberamente i biglietti per le trasferte autorizzate dall'Osservatorio, per qualsiasi settore tranne per quello

riservato agli ospiti possessori della tessera, creando così una rischiosa situazione, per cui è ipotizzabile che centinaia di tifosi ospiti potrebbero accedere al settore distinti o tribune della società ospitante;
le questure saranno impegnate in un lavoro eccezionale, in un tempo brevissimo, per verificare le richieste per l'emissione delle TdT, considerato che le società di calcio emettono gli abbonamenti fino alla prima giornata di campionato e talvolta anche oltre -:
se non si ritenga di assumere iniziative per la modifica all'articolo 9 del decreto-legge dell'8 febbraio 2007, n. 8, convertito dalla legge 4 aprile 2007, n. 41;
se non si ritenga di avviare il progetto della tessera del tifoso con un'adesione volontaria, visto il forte rischio, che tutte le componenti e le società interessate al progetto non siano pronte a sostenerlo, anche dal punto di vista tecnico/amministrativo.
(5-02972)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
la direzione centrale anticrimine della polizia di Stato, nel corso di un convegno di Telefono Azzurro svoltosi il 24 maggio 2010 a Roma, in occasione della «Giornata internazionale dei bambini scomparsi», ha reso noto che nel solo 2009 sono 1.003 i minori italiani e stranieri per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale e che risultano ancora inseriti nell'archivio delle ricerche;
dal 1o gennaio al 4 marzo 2010 le segnalazioni sono state già 222;
dal 2007 al 2009 si è verificato un costante incremento dei casi: la maggior parte delle scomparse riguarda minori di nazionalità straniera, e la fascia più consistente di minori da rintracciare è quella di età compresa tra i 15 e i 18 anni;
per quanto riguarda invece i bambini appartenenti alla fascia di età fino ai 10 anni, emergerebbe un fenomeno che risulterebbe invece irrilevante nelle altre fasce di età: cioè la sottrazione nazionale o internazionale;
i minori scomparsi e ancora da rintracciare nel periodo che va dal primo gennaio 1974 al 31 ottobre 2009 in Italia, secondo i dati del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse del Ministero dell'interno, sono 10.768, di cui 1.994 italiani e 8.774 stranieri. Il numero di minori scomparsi costituisce ben il 41 per cento del totale delle persone scomparse nel periodo considerato;
fatti salvi i casi di scomparsa «volontaria» costituiti soprattutto da ragazzi in fase adolescenziale, oppure vittime di tragedie, spesso queste sparizioni si sospetta siano dovute a vere e proprie tratte internazionali per lo sfruttamento sessuale;
nello scenario internazionale, i minori scomparsi sono una tematica di rilievo sociale tanto da aver comportato la nascita di istituzioni che focalizzano l'impegno sul tema -:
quali iniziative abbiano predisposto e intendano predisporre per il contrasto di un fenomeno le cui dimensioni diventano sempre più inquietanti;
quali iniziative, di concerto con le istituzioni locali, si intendano adottare, in particolare per la pubblicizzazione del servizio telefonico, numero 116.000, attivo in tutta Europa e anche in Italia, che permette di fornire indicazioni o denunciare i casi dei bambini scomparsi, e se non si ritenga di dover predisporre un'adeguata campagna di informazione e conoscenza negli asili e negli ospedali per quel che riguarda l'esistenza di tale servizio.
(4-07412)

LANDOLFI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da tempo nel territorio di Teano (Caserta) si registra un notevole incremento di furti che sta destando un fortissimo allarme sociale tra gli abitanti come testimonia il gran numero di firme apposte in calce ad una petizione popolare inoltrata alle competenti autorità il 1o febbraio scorso. I residenti chiedono il potenziamento della locale stazione dei carabinieri o l'istituzione di un commissariato di polizia;
a giudizio dell'interrogante il contenuto della petizione è assolutamente condivisibile: Teano è situata tra due grandi arterie stradali statali, la via Casilina e la via Appia, e dista appena 8 chilometri dal casello autostradale (A1) di Caianello, a sua volta crocevia tra il basso Lazio, il Molise-Abruzzo ed il Beneventano, nonché nodo ferroviario della linea ferroviaria Roma-Napoli via Cassino. Il territorio è dunque al centro di grandi vie di comunicazione e i pochi carabinieri in servizio a Teano o gli agenti di polizia stradale nel comune di Caianello, per quanti sforzi compiano, difficilmente possono garantire un efficace controllo in una zona così vasta;
a ciò va aggiunto che, a seguito della chiusura di un'analoga struttura ricadente nel comune di Capua, il Sert (Servizio tossicodipendenti) di Teano accoglie da qualche tempo un accresciuto numero di utenti -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per venire incontro all'allarme lanciato dai cittadini di Teano attraverso la già citata petizione popolare;
quali ostacoli e di quale natura si frappongano al potenziamento in termini di presenze e di mezzi della locale stazione di carabinieri o alla istituzione in loco di un commissariato di polizia.
(4-07414)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica del 27 maggio 2010 è apparso un articolo intitolato: «Rivolta nel Cie di Bari; senegalese in fin di vita dopo gli scontri con la polizia»;
l'articolo dà conto dell'ennesimo tentativo di rivolta scoppiato alle dieci di martedì sera nel Cie di Restinco;
nei disordini un cittadino senegalese è rimasto in fin di vita a causa degli scontri con le forze dell'ordine, mentre altri nove clandestini sono rimasti feriti e cinque poliziotti hanno riportato ecchimosi e lesioni;
inoltre sarebbero dieci gli extracomunitari che secondo la questura sarebbero riusciti a scappare;
il Cie di Restinco è un ex campo profughi istriani ed ex deposito misto dell'Esercito, trasformato prima in centro di permanenza temporanea, poi in centro di prima accoglienza ed infine in centro per richiedenti asilo ma in parte anche in Cie;
è il terzo tentativo di rivolta esploso a Restinco negli ultimi tre mesi -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in riferimento alle rivolte, alle proteste e ai disordini scoppiati in questi ultimi mesi nel Centro di identificazione ed espulsione di Bari.
(4-07421)

MURA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato da fonti di stampa, in data 15 febbraio 2008 si è appreso dell'avvenuto arresto a Castel San Giovanni (Piacenza) di una donna accusata di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito di una indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Perugia.

La donna era sospettata di aver compiuto operazioni riciclaggio per conto della 'ndrangheta;
in data 7 giugno 2008 si è appreso del sequestro di 36 appartamenti e appezzamenti di terreno a Colle San Giuseppe di Alseno (Piacenza) nell'ambito di una operazione di polizia che ha colpito duramente l'organizzazione criminale facente capo al clan Cava operante nel territorio di Napoli e Avellino. Le abitazioni sarebbero state costruite, oltre che come «basi» d'appoggio, per investire il denaro provento di attività illecite;
in data 19 ottobre 2008 si è appreso di un rapporto della Direzione investigativa antimafia, relativo al primo semestre 2008, che rivela la presenza della mafia calabrese nel piacentino;
in data 19 dicembre 2008 si e appreso delle condanne a sei persone, residenti a Monticelli d'Ongina e Castelvetro Piacentino, inflitte dal tribunale di Piacenza per associazione a delinquere di stampo mafioso all'esito di una operazione denominata «Grande drago». I condannati, che farebbero parte di una cosca della 'ndrangheta, con base tra i due paesi della bassa piacentina, rispondono a vario titolo anche dei reati di traffico d'armi, estorsione e spaccio di stupefacenti;
in data 12 marzo 2009 si e appreso di quanto dichiarato dal Ministro interrogato avanti alla Commissione parlamentare antimafia e cioè che sarebbero documentati gli interessi dei clan calabresi anche in Emilia Romagna, soprattutto nelle province di Parma, Piacenza e Rimini;
in data 20 maggio 2009 è stata pubblicata la notizia dell'avvenuto arresto a Piacenza di un promotore finanziario accusato di riciclaggio e di aver fatto parte del clan «Amato-Pagano». Avrebbe reimpiegato in modo lecito denaro proveniente da traffici internazionali di stupefacenti. In città avrebbe operato una «lavanderia» di soldi sporchi che dopo una serie di operazioni finanziarie tornavano ripuliti al clan per essere investiti in attività regolari;
in data 17 giugno 2009 è stata data notizia dell'avvenuto arresto con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso di un imprenditore edile siciliano, abitante a Piacenza, ritenuto il «postino» del boss Matteo Messina Denaro, attuale capo di Cosa nostra, con il quale avrebbe mantenuto contatti;
in data 2 agosto 2009 la stampa ha dato notizia che rispondendo ad una interrogazione parlamentare il Ministro della giustizia Alfano ha affermato che le cosche «pur non avendo una presenza forte e pressoché stabile - sul territorio piacentino - riescono ad acquisire sotto il proprio controllo una buona parte dello smercio degli stupefacenti, collaborando con altre organizzazioni costituite da gruppi stanziali composti, quasi sempre, da cittadini extracomunitari, in stragrande maggioranza albanesi»;
nel dicembre 2009 anche secondo l'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente «anche la ricca e tranquilla Piacenza è nel mirino della criminalità organizzata. E in particolare della 'ndrangheta calabrese, che tenta di inserirsi nel mercato edilizio, dove trova terreno fertile per il riciclaggio di denaro sporco». Gli inquirenti indagherebbero sui cantieri dell'alta velocità Milano-Bologna, per presunte irregolarità nelle forniture di calcestruzzo;
in data 27 aprile 2010 è stata pubblicata la notizia di un filone di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia milanese legate alle estorsioni nei cantieri che riguarderebbero alcuni calabresi, originari della zona di Cutro, nel crotonese, dietro cui potrebbe esserci l'ombra della 'ndrangheta. Potrebbero emergere collegamenti con gruppi criminali coinvolti nell'operazione denominata «Grande Drago» che vide indagate decine di persone tra la bassa piacentina e Cremona per associazione a delinquere di stampo mafioso;

in data 28 aprile 2010 è stata data notizia dell'avvenuto arresto nel lodigiano di sei persone accusate di tentata estorsione di 480.000 euro nei confronti di un imprenditore lodigiano. Sarebbero in corso indagini per accertare i legami degli arrestati con la malavita organizzata;
in data 29 aprile 2010 si è appreso dell'avvenuto sequestro a Castel San Giovanni (Piacenza) di un ingente quantitativo di armi una delle quali era stata utilizzata pochi giorni prima per compiere una tentata estorsione ai danni di un imprenditore lodigiano, minacciato di morte, conclusasi con l'arresto di sei persone;
in data 11 maggio 2010 è stata data notizia dell'avvenuto arresto in un appartamento di Piacenza dell'ex armiere dei Casalesi, meglio noto come «U' Maresciallo», con l'accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico, nell'ambito di una operazione condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Napoli e dalla questura di Caserta;
in data 13 maggio 2010 è stata data notizia dell'avvenuto arresto di imprenditori valdardesi e di esponenti della 'ndrangheta calabrese radicata nel basso milanese legati alla famiglia Pelle-Vottari, originaria di San Luca (Reggio Calabria). Dalle indagini emergerebbe che fondi della FAO destinati a debellare la fame nel mondo avrebbero alimentato il narcotraffico;
i fatti sopra elencati possono essere poco significativi se analizzati singolarmente ma offrono una diversa prospettiva se analizzati in un quadro d'insieme e precisamente quella di una crescente diffusione nel piacentino di presenza mafiosa interessata, oltre che al controllo dell'economia illegale, legata al traffico degli stupefacenti, a prendere contatto con le dinamiche imprenditoriali per trarne vantaggi;
la ricchezza prodotta e la sostanziale tenuta sul piano economico del territorio piacentino, anche rispetto a territori contigui, seppure in epoca di crisi, sono fattori che rendono fortemente appetibile il territorio medesimo e lo espongono al rischio di infiltrazioni della criminalità con conseguente alterazione delle regole della concorrenza e grave danno per l'economia, le imprese e la comunità;
la presenza sul territorio piacentino - in un arco di tempo breve quale quello monitorato, ricavata unicamente da notizie di stampa - di soggetti legati a vario titolo a cosche mafiose di diversa matrice («cosa nostra», camorra, 'ndrangheta) supportano la tesi per cui la crisi economica offre ai clan mafiosi l'opportunità di accrescere i propri guadagni proprio nei territori più dinamici;
il riciclaggio del denaro «sporco» finalizzato al suo reimpiego in attività lecite, che avviene secondo modalità note, sperimentate in vaste aree del Paese, che vanno dal sub-appalto, all'intermediazione di manodopera, al prestito ad usura, colpisce in particolare imprenditori resi deboli dalla crisi economica e con difficoltà di accesso al credito bancario operanti in primo luogo nei settori dell'edilizia, del commercio e dell'artigianato;
è necessario acquisire e promuovere la consapevolezza dei rischi e dei danni che la penetrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso può provocare in territori, un tempo non tradizionali, quale quello piacentino, respingendo l'illegalità e rendendo più solido il tessuto democratico della realtà locale, sovente distratta, ad avviso dell'interrogante, da campagne di propaganda che legano i problemi della sicurezza unicamente al fenomeno dell'immigrazione -:
se al Ministro risulti, anche alla luce di ulteriori elementi eventualmente a disposizione del Ministero, che le inquietanti presenze di soggetti legati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso sul territorio piacentino siano la testimonianza di un sempre più marcato radicamento oltre che di infiltrazione mafiosa;
quali misure intenda assumere, anche di intesa con gli altri Ministeri competenti,

a Piacenza a sostegno della legalità e delle forze dell'ordine per contrastare le presenze suddette e per tutelare le imprese locali, soprattutto di piccole dimensioni, impedendo che la crisi economica le esponga al rischio di asservimento a interessi illeciti;
quali iniziative intenda promuovere per aiutare gli imprenditori, commercianti, artigiani, lavoratori e cittadini ad acquisire la piena consapevolezza dei reali timori da affrontare nella lotta contro la criminalità organizzata e mantenere alta la fiducia nella legalità.
(4-07431)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'interno della documentazione relativa al patrimonio disponibile da assegnare alla regione Toscana nell'ambito del federalismo demaniale sono individuati i seguenti beni:
a) n. 15843, comune di Campi Bisenzio, SS 66 Vingone, terreno, Ex campo d'atterraggio dirigibili S. Angelo a Lecore, Codice FI.IP042 valore 309.192;
b) n. 15844, comune di Campi Bisenzio, SS 66 Vingone, fabbricato, Codice FI.Boots. Ex campo d'atterraggio dirigibili S. Angelo a Lecore, Codice FI.0042003 senza valore di inventario;
trattasi degli stessi beni più volte citati dal Ministro dell'interno quale possibile sede del C.I.E da molto tempo previsto in Toscana e mai realizzato stante la pregiudiziale posizione contraria della regione Toscana con drammatici risultati per la tenuta di livelli ottimali di gestione delle forze di polizia in Toscana e conseguentemente per la sicurezza;
la cessione alla regione Toscana ed al comune di Campi Bisenzio allontanerebbe definitivamente la possibilità di uso di tale area ai fini del costituendo C.I.E. nell'area metropolitana fiorentina;
tale elenco è provvisorio -:
se non si reputi opportuno stralciare dall'elenco del patrimonio statale in cessione i due suddetti beni nel comune di Campi Bisenzio individuati come possibile sede del C.I.E. toscano o altrimenti provvedere ad una celere nuova individuazione di altro sito idoneo nel territorio regionale.
(4-07432)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 30 maggio 2010 ha pubblicato una inquietante corrispondenza della giornalista Rosaria Capacchione, significativamente intitolato «Confisca beffa, dimenticato il tesoro del boss»;
in detto articolo si racconta - e denuncia - la vicenda di Giacomo Diana, conosciuto come «zio paperone» o come «cappellone» per via del copricapo a larghe falde;
Diana viene descritto come «l'uomo dei rifiuti molto prima dell'era Vassallo e dei fratelli Orsi, quando dettava legge in provincia di Caserta dall'alto della discarica di Bortolotto, un ammasso abusivo di immondizia sistemato in posizione strategica tra Caserta, Napoli e il Basso Lazio. Era stato l'uomo che aveva dato il via libera ai camion e ai compattatori che arrivavano da ogni parte d'Italia, che non aveva detto no ai carichi di veleni industriali, che aveva saputo tirarsi fuori dall'affare in tempo per reinvestire altrove il denaro incassato grazie alle ecomafie»;
Diana risulta coinvolto «in una inchiesta su camorra e affari, battezzata "Artemide", con l'arresto per associazione camorristica disposto dal gip napoletano Giovanna Ceppaluni, al quale era seguito il sequestro dei beni: case, terreni, società (un immobile di lusso conosciuto a Mondragone come "Villa Nina", quote azionarie

delle società Vento srl e Disa srl), titoli e depositi bancari (per oltre 3 milioni). Due anni fa l'imprenditore di San Cipriano d'Aversa è morto. Delle sue proprietà, che nel frattempo erano state confiscate, non si è saputo più nulla: nessuno le ha reclamate, nessuno le ha destinate a chicchessia, nessuno si è preoccupato di svincolarle dal sequestro penale - imposto parallelamente alle misure di prevenzione»;
ora quel piccolo grande tesoro è ricomparso: era nascosto negli atti del processo penale iniziato dieci anni fa, tra le decine e decine di fascicoli conservati negli archivi della I sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il procedimento, nel quale sono imputate dodici persone, si era trascinato a dibattimento per qualche tempo. Poi, come per i beni di Diana, era finito nel dimenticatoio. Lo ha tirato fuori il collegio presieduto dal giudice Raffaello Magi, l'estensore della sentenza Spartacus, che lo sta portando a conclusione. E rileggendo gli atti in vista della requisitoria del pubblico ministero antimafia i giudici sammaritani, che non sono gli stessi che avevano avviato il dibattimento, hanno ritrovato il tesoro perduto; è stato ricostruito anche l'iter giudiziario: la sezione per le misure di prevenzione nel 2004 aveva disposto la confisca di terreni, fabbricati e delle giacenze dei conti correnti di Diana, Bnl di Montecatini (dove era stato versato il ricavato della vendita del complesso turistico Area che Diana aveva gestito per qualche anno in Toscana) e Banca di Roma di Mondragone. Depositi affidati a un custode. Il sequestro penale previsto dall'articolo 12 sexies aveva, però, congelato gli effetti di quella confisca, diventata definitiva a ottobre del 2009. L'avvenuta morte di Diana aveva, successivamente, «liberato» quelle stesse proprietà che avrebbero dovuto essere formalmente consegnate all'avente diritto, che nel frattempo era diventato lo Stato. Procedura che, come successo proprio nell'ambito del processo Spartacus, potrebbe essere avviata anche prima della sentenza del processo penale, sentenza che dovrebbe essere emessa tra settembre e ottobre -:
di quali elementi dispongono, nell'ambito delle rispettive competenze con riferimento alla vicenda riportata in premessa;
se il Ministro della giustizia intenda assumere iniziative ispettive per l'esercizio dei poteri di competenza.
(4-07439)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE TORRE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'indagine conoscitiva sugli alunni immigrati, il 17 marzo 2010, veniva rivolta al dottor Biondi, capo dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, la richiesta di avere in Commissione Cultura i dati completi e aggiornati riguardo alla presenza di alunni immigrati o figli di immigrati nelle scuole del Paese. Il dottor Biondi assicurava che sarebbe stata messa automaticamente on line la pubblicazione aggiornata che il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca tradizionalmente curava fin dal 1999, e che per i membri della Commissione sarebbe stata predisposta una copia cartacea;
ad oggi, 27 maggio 2010, on line sul sito del Ministero si trova solo la pubblicazione relativa ai dati dell'anno scolastico 2008/09, che, peraltro, è una versione molto ridotta e parziale rispetto ai precedenti volumi che, per 11 anni dal 1999 in poi, ed in modo particolare per impulso del Ministro Moratti, sono stati pubblicati dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;

sul sito del Ministero non vi è traccia di dati neppure sintetici rispetto al corrente anno scolastico 2009/10 (ci sono solamente i dati aggiornati delle classi che superano il 30 per cento di alunni stranieri) ed essi non sono stati fatti pervenire neppure alla Commissione; né tanto meno i commissari hanno ricevuto la copia cartacea di cui nel corso dell'audizione era stato prospettato l'invio;
in data 28 gennaio 2010, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca emanava la nota n. 253 in cui si fornivano chiarimenti in merito alla circolare ministeriale n. 2 dell'8 gennaio 2010 relativa alla richiesta alle istituzioni scolastiche di non procedere al censimento degli alunni stranieri, in quanto tale operazione sarebbe stata svolta dalla direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi sulla base di tabelle contenenti i dati aggregati circa la presenza degli alunni suddetti nelle scuole che la stessa direzione avrebbe inviato entro il 29 gennaio 2010;
si sta per concludere (il termine è fissato a giugno 2010) l'«indagine conoscitiva sulle problematiche connesse all'accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano» che risulterà mancante di dati aggiornati che costituiscono ad avviso delle interroganti un elemento rilevante affinché il Parlamento sia in grado di esprimere un indirizzo consapevole -:
se i dati riguardo agli alunni con cittadinanza non italiana nell'anno scolastico 2009/10 siano stati effettivamente raccolti;
se tali dati potranno essere comunicati al Parlamento in tempi brevi;
se abbia intenzione di continuare a pubblicare, almeno on line, il volume indicato in premessa, che non solo è materiale utile per la gestione della scuola italiana e per mettere in atto buone politiche educative e sociali, ma è anche fonte di conoscenza per molte altre istituzioni, quali l'ISMU e la Caritas, che lo citano in prestigiose proprie pubblicazioni.
(5-02980)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI, SCHIRRU e MURER. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Per sapere - premesso che:
la legge 3 marzo 2009, n. 18, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009); all'articolo 3, istituisce il richiamato osservatorio nazionale;
secondo la legge, l'osservatorio ha i seguenti compiti: a) promuovere l'attuazione della convenzione ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'articolo 35 della stessa convenzione, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani; b) predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; c) promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali; d) predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, di cui all'articolo 41, comma 8, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal comma 8 dell'articolo 3; e) promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità;

ai sensi di tale legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, avrebbe dovuto prevedere la disciplina, la composizione, l'organizzazione e il funzionamento dell'osservatorio;
l'osservatorio è composto da non più di 40 membri nominati, e dura in carica tre anni; per gli anni 2009-2014 sono stati stanziati 500.000 euro per il suo funzionamento; inoltre, tre mesi prima della scadenza l'osservatorio dovrebbe presentare una relazione al Governo sulla sua attività;
è trascorso più di un anno dall'approvazione della legge suddetta e ancora non si hanno notizie circa l'operatività e la costituzione di tale osservatorio -:
se il citato osservatorio sia stato costituito e con quali modalità e, in caso contrario, per quali motivi non sia stato rispettato il termine di tre mesi dalla pubblicazione della legge 3 marzo 2009, n. 18, entro cui costituire l'osservatorio, e quando si preveda che lo stesso sarà reso operativo.
(5-02974)

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la preoccupante flessione del «settore del legno» nella Val Brembana nella provincia di Bergamo, eccellenza riconosciuta a livello internazionale, non è causata soltanto dalla tremenda congiuntura economica internazionale e dal blocco del mercato nazionale;
la Val Brembana è da anni dimenticata dal tavolo di programmazione delle grandi opere infrastrutturali e dal governo integrato del territorio;
già da tempo alcune importanti aziende hanno chiuso i loro siti nella Valle, per costruire impianti più moderni in altre aree della bergamasca;
negli ultimi quindici anni nessun fondo straordinario per le aree a viabilità complessa è stato destinato alla Valle;
senza produzione, senza occupazione, senza movimento di persone e di merci il mercato collassa e la «fiscalità» è retta solamente dalla minoranza della popolazione;
la scarsa attenzione alla mobilità, alla viabilità dedicata al commercio delle materie prime e dei prodotti finiti sono da anni la malattia che rischia di uccidere lo sviluppo della Val Brembana e delle altre valli bergamasche;
tale situazione è ulteriormente aggravata dalla devastante crisi economica che ha colpito pesantemente tutta la bergamasca -:
se intendano assumere iniziative per attivare in tempi brevi una transitoria «fiscalità di vantaggio», in linea con i princìpi di attuazione del federalismo, per impedire la chiusura e l'emigrazione delle imprese che ancora rimangono in Valle Brembana;
se, al fine di difendere e promuovere la tradizione di eccellenza delle piccole e piccolissime imprese che caratterizzano il territorio della provincia di Bergamo, non ritengano necessario avviare una nuova programmazione territoriale condivisa e concertata con le parti sociali e le associazioni industriali.
(4-07407)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il vino Frascati (oggi DOC) è noto da millenni, tanto che già lo stesso Marco Porzio Catone detto il Censore stese le prime norme di coltivazione e vinificazione nel suo celebre trattato De agri cultura;
il consorzio di tutela del Frascati DOC sta portando avanti un duro lavoro volto all'innalzamento qualitativo della relativa denominazione di origine, necessario ad un sempre maggior riconoscimento da parte del consumatore come eccellenza del territorio, ma anche per perseguire risultati economicamente e socialmente validi per le imprese vitivinicole aderenti;
l'intera filiera che partecipa alla produzione del Frascati DOC - dalla produzione agricola, alla trasformazione, all'imbottigliamento fino alla distribuzione - genera un indotto notevole;
valore aggiunto del Frascati DOC è dato dalla bellezza e storicità del paesaggi coltivati a vite in aree così vicine a Roma;
il Frascati DOC ha sempre avuto un valore superiore a tutte le altre DOC della zona a sud di Roma ed esercita molto spesso un'azione trainante su queste ultime: all'aumento di valore del Frascati segue l'aumento di valore delle altre DOC locali;
la base produttiva del Frascati DOC è costituita da circa 800 produttori viticoli su una superficie di circa 1.400 ettari con produzioni superiori ai 150.000 quintali di uva che trasformata rende più di 110.000 ettolitri di vino. Le cantine trasformatrici sono 3 di cui 32 vinificatrici e 41 imbottigliatrici;
l'economia del Frascati DOC rischia di essere seriamente danneggiata dalle ripetute autorizzazioni da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'imbottigliamento fuori zona, nonostante il disciplinare della DOC sopraddetta lo vieti categoricamente;
la presente interpellanza non ha l'obiettivo di giudicare o mettere in dubbio il lavoro delle cantine imbottigliatrici fuori zona, beneficiarie delle deroghe, ma solo quello di tutelare il lavoro di tante imprese vitivinicole e l'immagine del Frascati DOC;
con il decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1966 veniva emanato il disciplinare di produzione del vino Frascati DOC; in questa prima versione del disciplinare non si faceva cenno all'obbligo di imbottigliamento nella stessa zona di produzione;
la modifica nel senso suddetto - e cioè l'obbligo di imbottigliare il Frascati DOC nell'areale di produzione, vietandolo di fatto fuori zona - è stato introdotto con decreto dirigenziale 28 ottobre 1996;
successivamente con decreto dirigenziale 1o aprile 1999, il divieto di imbottigliamento fuori zona è stato eliminato, finché, anche a seguito della sentenza della Corte di giustizia europea 16 maggio 2000 (causa C-388/95 Rioja 2), il decreto direttoriale 15 giugno 2000 lo ha reintrodotto, sia pur in via temporanea. Detta sentenza citata della Corte di giustizia Unione europea, sottolinea che il divieto di imbottigliare fuori dall'areale di produzione «deriva dalla necessità di garantire ai consumatori la certezza che i controlli siano effettuati in maniera sistematica, univoca ed efficace, ritenendosi che tale certezza possa essere assicurata solo in quanto i controlli predetti avvengano nell'ambito della zona di produzione»;
il definitivo divieto di imbottigliamento fuori zona pertanto è stato stabilito con il decreto direttoriale 28 luglio 2000, lasciando comunque la possibilità per gli imbottigliatori storici fuori dall'areale previsto, di usufruire di una deroga «fino

all'entrata in vigore del decreto applicativo delle modalità e i requisiti per la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini DOC e DOCG»;
quest'ultimo decreto è stato emanato il 31 luglio 2003, sotto la forma del decreto ministeriale, e reca appunto le «Modalità e requisiti per la delimitazione della zona di imbottigliamento nei disciplinari di produzione dei vini D.O.C. e D.O.C.G»;
l'articolo 3, comma 1 del sopraccitato decreto ministeriale stabilisce che per le denominazioni di origine per le quali alla data della sua entrata in vigore sia già stata definita una delimitazione della zona ove è possibile l'imbottigliamento «restano valide le disposizioni già vigenti»;
restano dunque vigenti le disposizioni previste nel disciplinare Frascati DOC, per il quale tale divieto vige, come detto, dal 28 luglio 2000; per lo stesso motivo a partire dalla data del 31 marzo 2003 non sono neppure più possibili le deroghe temporanee previste dal decreto direttoriale 28 luglio 2000, in virtù dell'entrata in vigore del decreto attuativo;
le modifiche al disciplinare del Frascati DOC, apportate con decreto direttoriale 26 aprile 2005, non apportano alcuna modifica se non quella per cui, allo scopo di tener conto di particolari condizioni di tradizionalità, l'imbottigliamento fuori zona può essere concesso, in casi debitamente autorizzati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, solo in cantine ubicate nel limitrofo territorio amministrativo dei comuni compresi nella zona di produzione della denominazione di origine controllata «Castelli Romani»;
l'importanza dell'imbottigliamento per i produttori vitivinicoli di una DOC è sancita anche negli stessi considerando iniziali del decreto ministeriale 31 luglio 2003, ove si evidenzia che «l'imbottigliamento dei vini D.O.C. e D.O.C.G. costituisce un'operazione rilevante al fine della valorizzazione degli stessi vini ottenuti nelle corrispondenti aree di produzione e di vinificazione delle uve, contribuendo alla redistribuzione del reddito nell'area vocata interessata; che i produttori vitivinicoli rappresentano la categoria che all'interno della filiera assume un peso fondamentale, in quanto è essenzialmente la loro attività che conferisce al prodotto le caratteristiche peculiari che consentono l'ottenimento della denominazione di origine; e che la fase di imbottigliamento è rilevante nell'assicurare vantaggi economici a tutti i componenti della filiera della denominazione d'origine»;
dal 2001 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con l'avallo del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle DOC e IGT, ha concesso più volte deroghe al divieto di imbottigliamento più volte sopra richiamato, deprimendo di conseguenza il valore, nonché l'immagine, del Frascati DOC, e colpendo di fatto le iniziative di tutela e valorizzazione;
da ultimo sono state concesse in data 5 febbraio 2010 dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - dipartimento per le politiche competitive del mondo rurale e della qualità - direzione generale sviluppo agroalimentare, qualità e tutela del consumatore - SACO IX - deroghe all'imbottigliamento ad imprese indiscutibilmente «fuori zona» (in particolare sono state autorizzate: una ditta di Gaeta (Latina); una di Missaglia (Lucca); una Pontedera (Pisa); una di Bolzano e una di Cossano Bembo (Cuneo));
contro tali deroghe e autorizzazioni sono stati presentati ricorsi e controricorsi all'autorità giudiziaria amministrativa, fino al livello del Consiglio di Stato e molti giudizi sono ancora pendenti;
nelle sentenze e ordinanze finora pronunciate i giudici di merito hanno sempre riconosciuto la validità delle tesi presentate dal consorzio di tutela, a difesa dell'imbottigliamento in zona;
alla Camera dei deputati è stata presentata una interpellanza (2-00595) in

data 28 gennaio 2010 di pari oggetto, cui a tutt'oggi non è stata data una risposta dal Governo;
la concessione di deroghe sembrerebbe andare in direzione opposta a molte dichiarazioni di principio fatte dallo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali il quale, come si legge nel suo curriculum, presente nel sito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, «ha fatto della valorizzazione e del sostegno delle identità territoriali la sua missione»;
molto opportunamente più volte il Ministro è intervenuto a difesa delle specificità territoriali ed anche in ultimissime dichiarazioni (comunicato stampa Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 12 marzo 2010 a proposito della decisione da parte del comitato vini di ratificare il «Progetto Oltrepò Pavese») dicendosi «convinto che la strada intrapresa per difendere le denominazioni, con accurati controlli da parte degli organismi competenti, contribuirà non solo a preservare l'eccellenza del nostro patrimonio enologico, ma anche ad affermare ulteriormente sui mercati internazionali i nostri vini di qualità»;
in occasione della recentissima approvazione da parte del Governo del decreto legislativo per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini (che dopo 18 anni dalla legge n. 164 del 1992, rinnova il quadro normativo del settore vitivinicolo) il Ministro pro tempore, ha sottolineato come tale «decreto di riforma della legge n. 164 metta al centro la qualità dei vini e la tutela dei consumatori e il rafforzamento della redditività delle imprese, migliorando anche il sistema di controlli e adeguando le norme alla riforma dell'Organizzazione Comune di Mercato del vino e, soprattutto, alle rinnovate esigenze degli operatori del settore vitivinicolo, che sono chiamati ad affrontare le nuove sfide del mercato...» -:
per quale motivo, nel perseguimento della condivisibile politica della qualità delle produzioni agricole, più volte affermata dal titolare del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, non si sia tenuto conto delle specificità e di quanto previsto nel disciplinare di produzione del vino Frascati DOC, con la concessione di deroghe e successivamente di autorizzazioni all'imbottigliamento fuori zona, arrecando così un danno sia di immagine che economico;
se sia intendimento del Ministro interpellato, anche per coerenza con la sua condivisibile linea politica a difesa e tutela della qualità, sospendere con effetto immediato tutte le autorizzazioni concesse per l'imbottigliamento fuori zona.
(2-00737)
«Rugghia, Ventucci, Sbrollini, Vico, Fadda, Piccolo, Cesare Marini, Servodio, Zunino, Coscia, Madia, Amici, Villecco Calipari, Pes, Tempestini, Schirru, Antonino Russo, Sanga, Sani, Pizzetti, Cardinale, Tocci, Bellanova, Mariani, Recchia, Bratti, Viola, Vannucci, Zucchi, Garofani, Pierdomenico Martino, Lehner, Lamorte».

Interrogazione a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 20 aprile, la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha emanato un decreto che regolamenta la ripartizione delle quote di pesca del tonno rosso per la campagna 2010, con il quale, si stabilisce, in particolare, che il 50 per cento della quota assegnata al sistema «circuizione» - pari a 821,700 tonnellate - dovrà essere attribuito eccezionalmente al palangaro (397,0 tonnellate), alla tonnara fissa (248,8 tonnellate), alla pesca sportiva (94,70 tonnellate) ed alle quote di riserva (81,20 tonnellate), già assegnatari della loro quota ab origine;

nello stesso decreto si legge, inoltre, che il restante 50 per cento potrà essere ripartito, con successivo decreto direttoriale, in funzione dell'andamento della campagna di pesca 2010;
il criterio di ripartizione adottato nel citato decreto penalizza fortemente il sistema di pesca con licenza di «palangaro» che, pur rappresentando il tipico metodo di pesca degli operatori locali siciliani del settore, ad essa è consentita una quota accidentale assolutamente irrisoria di 750 chilogrammi;
tale situazione, aggiungendosi alla crisi economica in atto, mette in serio pericolo i livelli occupazionali del settore della pesca marittima, siciliana e castellese in particolare;
il sistema del palangaro, rappresenta una realtà lavorativa locale assolutamente da tutelare, che vede impegnati circa 200 pescatori marittimi professionali, e che in passato si è visto assegnare quote ad avviso dell'interrogante assolutamente arbitrarie, traendo da ciò un grave danno -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e auspicabile un intervento ulteriore, al fine di ripristinare una situazione di maggiore equità, prevedendo l'assegnazione delle restanti quote in favore dei palangari.
(4-07417)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta orale:

MOSELLA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il sistema della Posta elettronica certificata (PEC) sta mostrando gravi disservizi, come mostra un'inchiesta giornalistica che ha evidenziato come su quattro comuni interpellati, solo uno abbia risposto e soddisfatto le esigenze del cittadino che si era avvalso della PEC;
le comunicazioni ai tribunali, all'ACI e perfino al Ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione cadono nel vuoto;
di fronte a cittadini che hanno seguito le indicazioni del Ministro interrogato sono le pubbliche amministrazioni a non fare certo bella figura non rispondendo, e in alcuni casi, neppure attivando una casella di posta certificata -:
se al Ministro interrogato risultino i disservizi sopra esposti e, in caso affermativo, cosa intenda fare per rendere effettivamente funzionante uno strumento come la Posta elettronica certificata (PEC), che, secondo il Ministro stesso, è stato creato per rendere più agevoli i rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione, snellendo le lungaggini burocratiche, e che invece all'interrogante appare essere divenuto per la quasi totalità degli uffici un'operazione inutile e quasi un intralcio per i cittadini.
(3-01103)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'affidamento degli incarichi di collaudo di lavori pubblici, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 11 settembre 2008, n. 152, a dipendenti pubblici prevede:
a) la verifica della idoneità e dei requisiti dei diretti dipendenti o di diversa amministrazione aggiudicatrice all'espletamento dell'incarico di collaudo;
b) per il compenso spettante ai dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, il collaudo è indicato fra le attività tecniche per le quali l'articolo 92, comma 5, del codice stabilisce dei Contratti pubblici stabilisce un incentivo nella misura

del 2 per cento dell'importo a base di gara in favore del personale coinvolto nell'espletamento delle stesse, tuttavia il decreto-legge n. 185 del 2008 convertito dalla legge n. 2 del 2009, all'articolo 18, ha ridotto allo 0,5 per cento la quota da destinarsi alla finalità del citato articolo 92, comma 5, del codice disponendo l'assegnazione del restante 1,5 per cento ad un apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato;
sarebbe auspicabile che la remunerazione delle prestazioni svolte dai dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici in favore della stazione appaltante sia oggetto di apposite intese fra le pubbliche amministrazioni, utilizzando l'incentivo di cui all'articolo 92, comma 5, del codice come termine di raffronto fatto salvo il rimborso delle spese sostenute nell'espletamento dell'incarico;
secondo notizie di stampa non controllate, vari dirigenti delle amministrazioni pubbliche si sarebbero affidati reciprocamente incarichi di valore molto alto; potrebbe essere accaduto che ciò sia avvenuto senza peraltro alimentare il capitolo di entrata del bilancio dello Stato come imposto dal decreto-legge n. 185 del 2008, articolo 18;
in aggiunta a ciò risulta che molte società per azioni partecipate e/o controllate dagli enti pubblici hanno applicato impropriamente quanto indicato dall'autorità, gratificando impropriamente i propri dirigenti senza alcuna economia né ricaduta positiva sull'ente pubblico -:
se risultino le irregolarità segnalate e nel caso cosa intenda fare per evitarle o non ritenga di introdurre misure di prevenzione;
se non si ritenga opportuno intervenire per evitare pregiudizi alle libere professioni, affinché i collaudi come tutte le altre attività tecniche vengano affidate ai dipendenti pubblici senza responsabilità dirigenziale salvo affidamento a liberi professionisti tramite gara ad evidenza pubblica.
(5-02973)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore di lunedì 31 maggio 2010, la prima prova sul campo per la posta elettronica certificata (Pec), lanciata dal Ministro interrogato il 26 aprile 2010, si chiude con un bilancio negativo: dall'indagine - condotta dal quotidiano per verificare l'efficienza del sistema - che ha previsto l'invio di 24 raccomandate elettroniche, emerge che sono state soddisfatte solo due richieste;
nelle intenzioni della funzione pubblica, la Pec dovrebbe servire per tutte le comunicazioni tra cittadini e pubblica amministrazione, ma molti uffici non sono ancora dotati dello strumento o non lo usano. Rimangono inoltre diversi problemi tecnici: gli indirizzi di alcune amministrazioni non sono stati abilitati a comunicare con le caselle dei cittadini;
l'inchiesta de Il Sole 24 Ore ha cercato di verificare cosa potrebbe accadere ai cittadini di quattro città italiane (Torino, Milano, Roma e Bari) che volessero servirsi della Pec per alcune istanze: richiesta di un certificato di residenza, del permesso di sosta per l'auto, estratto contributivo Inps, verifica dei pagamenti del bollo e stato del casellario giudiziale, oltre alla richiesta, inoltrata alla funzione pubblica, dell'elenco dei documenti che è possibile ottenere via Pec;
per ben 22 volte si sono verificati problemi di comunicazione. Nel dettaglio: impossibilità di inviare i messaggi (in nove casi, il 37,5 per cento), silenzio delle pubbliche amministrazioni (dieci volte, il 41,6 per cento) e assenza di una casella cui inviare le comunicazioni (tre volte, il 12,5 per cento). Dunque, nel 92 per cento dei casi la Pec non ha funzionato;
i problemi, in alcune occasioni, sono iniziati già nella fase di attivazione. Le

poste di Roma, ad esempio, hanno mostrato qualche lacuna. L'ufficio di via della Circonvallazione Nomentana in ben due occasioni non è riuscito a completare la procedura: una volta per problemi di connessione internet, la seconda per l'impossibilità di stampare la documentazione necessaria;
solo il comune di Roma e l'Inps di Roma Tiburtina hanno risposto in maniera celere alle richieste inoltrate da Il Sole 24 Ore (rispettivamente, un certificato di residenza e un estratto dei contributi versati);
molto più ricco, invece, il campionario dei casi negativi. Innanzitutto, la prova sul campo ha denunciato il problema di errori di sistema per cui, nonostante le molte realtà con un indirizzo Pec, non risulta possibile inviare messaggi. In particolare l'Aci che, insieme all'Inps, ha addirittura sperimentato per primo la Pec. A Milano, Torino, Roma e Bari, nonostante i vari tentativi, le mail non hanno mai raggiunto il destinatario. Dall'Automobil club, tuttavia, declinano qualunque responsabilità e fanno sapere che il problema è delle caselle di posta certificata pubblica, incapaci di dialogare con alcune tipologie di indirizzi mail, tra cui, appunto, quello Aci. Il problema, dopo la segnalazione, è stato comunque risolto dal Ministero;
la stessa impossibilità di inviare messaggi si è verificata anche con il comune di Bitonto a Bari e con quelli di Milano e Torino. Per quanto riguarda le mancate risposte, il caso più clamoroso è quello del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione: tante mail inviate, tutte con regolare ricevuta di ritorno, ma nessuna risposta. Casi di inefficienza anche per i tribunali: a Roma, Torino e Milano, la richiesta di aggiornamento sullo stato del casellario giudiziale è caduta nel vuoto;
vi sono situazioni in cui gli istituti non possiedono ancora una casella Pec, come l'Agenzia per la mobilità di Roma, il tribunale e l'Inps di Bari, poiché preferiscono optare per metodi più tradizionali -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione;
quali azioni intenda intraprendere per porre rimedio allo stato di inefficienza del sistema avviato: precisamente, come si intenda ovviare ai problemi tecnici ed errori di sistema, alle situazioni in cui le amministrazioni non sono state ancora abilitate a comunicare con le caselle dei cittadini e al silenzio delle pubbliche amministrazioni.
(4-07426)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

POLLEDRI e LAURA MOLTENI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, disciplinando per la prima volta l'intero settore degli investimenti in materia di edilizia sanitaria, ha autorizzato l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti;
la legge ha impegnato le regioni a predisporre una strategia programmatica, attraverso il coinvolgimento delle unità sanitarie locali, per la valutazione, in particolare, dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità delle proposte di investimento;
l'articolo 5-bis, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, dispone che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e Bolzano, può stipulare accordi di programma con le regioni per la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 20 della citata legge n. 67 del 1988, rimettendo ai citati accordi di programma la disciplina delle funzioni di monitoraggio e di vigilanza demandate al Ministero della salute, dei rapporti finanziari tra i soggetti partecipanti all'accordo, delle modalità di erogazione dei finanziamenti statali, delle modalità di partecipazione finanziaria delle regioni e degli altri soggetti pubblici interessati, nonché degli eventuali apporti degli enti pubblici preposti all'attuazione del programma;
il decreto legislativo n. 502 del 1992, come i successivi interventi legislativi che, nel corso del tempo, sono intervenuti nel settore, ha introdotto rilevanti modifiche quanto ai soggetti coinvolti nel processo decisionale, mentre pochissime variazioni sono state apportate in merito agli obiettivi originari del programma;
una seconda fase di investimenti per la riqualificazione dell'offerta sanitaria, con vari programmi finalizzati, è stata avviata a decorrere dal 1998, mentre l'anno successivo ha avuto inizio il programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative; infine, la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 796, lettera n), ha previsto un ampliamento del programma straordinario di investimenti in edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, inaugurando così quella che è stata definita come «terza fase» degli investimenti;
in particolare, l'articolo 1, comma 796, lettera n), della legge n. 296 del 2006 ha fissato nuovi principi fondamentali che vincolano ad effettuare il riparto tra le regioni con riferimento alla valutazione dei bisogni relativi ad alcuni criteri e linee prioritarie, tra cui l'innovazione tecnologica delle strutture del servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell'oncologia e delle malattie rare;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 45 del 2008, ha affermato, proprio in riferimento alla richiamata disposizione della legge finanziaria per il 2007, che non spetta allo Stato definire vincoli puntuali di destinazione dei fondi stanziati nell'ambito dell'edilizia sanitaria, anche in riferimento alle priorità legate all'innovazione tecnologica, in quanto tale intervento viola l'autonomia finanziaria riconosciuta alle regioni ai sensi dell'articolo 119, terzo comma, nonché la potestà concorrente regionale in materia di tutela della salute e governo del territorio di cui all'articolo 117, terzo comma, Cost.;
se, quindi, non spetta allo Stato vincolare le regioni all'utilizzo delle risorse per l'edilizia sanitaria, anche in riferimento all'innovazione tecnologica, è opportuno che le regioni condividano comuni criteri di riferimento atti ad orientare i programmi regionali di edilizia sanitaria al perseguimento di comuni obiettivi di riequilibrio tecnologico;
con lettera circolare prot. 100/SCPS/6.7691 del 18 giugno 1997, il Ministero della salute ha indicato gli obiettivi e le modalità di avvio della seconda fase del programma di investimenti in edilizia sanitaria;
anche in rapporto alla «terza fase» del programma di investimenti in edilizia sanitaria sarebbe opportuno fissare criteri comuni finalizzati, in particolare, ad evitare che le risorse destinate all'ammodernamento tecnologico siano destinate ad obiettivi non proporzionati allo scopo ovvero a forte rischio di inappropriatezza in rapporto al contesto territoriale di riferimento;
tale obiettivo potrebbe essere realizzato, in particolare, attraverso la stipula, in seno alla Conferenza Stato-regioni, di un accordo finalizzato a fissare comuni linee guida per l'utilizzo delle risorse per l'edilizia sanitaria in rapporto alle innovazioni tecnologiche, al fine di evitare che le risorse siano disperse o utilizzate per interventi inappropriati o sproporzionati al fine -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare o promuovere al fine di

rappresentare nelle opportune sedi l'esigenza di una programmazione degli interventi di edilizia sanitaria destinati, in particolare, all'ammodernamento tecnologico delle aziende e delle altre strutture erogatrici;
se il Ministro interrogato non intenda opportuno promuovere, in seno alla Conferenza Stato-regioni, la stipula di un accordo finalizzato alla fissazione di comuni linee guida in relazione alla problematica di cui in premessa.
(5-02977)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 l'Italia ha recepito, con il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, la direttiva europea relativa al codice comunitario concernente tutti i medicinali per uso umano;
il fine di questa direttiva è quello di armonizzare e parificare - anche nel nostro Paese rispetto a quanto accade già nel resto d'Europa - la normativa sui farmaci;
la direttiva europea recepita con il suddetto decreto n. 219 del 2006, si pone tra l'altro l'obiettivo di eliminare le «discriminazioni» che il settore dei farmaci omeopatici subisce e che ricadono non solo sulla produttività, sull'occupazione, sulla ricerca scientifica, ma soprattutto sugli oltre 9 milioni di italiani, e su migliaia di medici che vedono diminuite le possibilità di scelta terapeutica;
va ricordato che tutto il comparto produttivo dei farmaci omeopatici, costituito da circa 30 aziende, non ha possibilità di registrare nuovi farmaci fin dal lontano 1995. Con la conseguenza che ci rimettono tutti i soggetti coinvolti: ricercatori, lavoratori, imprese, e i cittadini-utenti;
le procedure di registrazione, secondo la direttiva europea, vengono suddivise in: registrazione con procedura semplificata e registrazione con procedura non semplificata;
l'articolo 17, comma 2, del suddetto decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, ha stabilito la possibilità di utilizzare una procedura semplificata di registrazione per alcuni farmaci omeopatici, prevedendo espressamente che il relativo modello di registrazione semplificata, stabilito dall'AIFA, dovesse essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, entro tre mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto n. 219 del 2006. Sono quindi trascorsi inutilmente 4 anni;
a seguito di diverse interrogazioni parlamentari, tra le quali quella presentata alla Camera (n. 4-02609) dall'interrogante, l'AIFA, nel mese di marzo 2009, inseriva finalmente nel proprio sito internet le linee guida relative alla procedura per la suddetta registrazione semplificata dei farmaci omeopatici, dando finalmente così attuazione ad almeno uno degli articoli riferentisi alla regolamentazione dell'omeopatia;
alla suddetta pubblicazione, da parte dell'AIFA, delle linee guida riguardanti la procedura per la registrazione semplificata, non è seguita a più di un anno di distanza, la necessaria pubblicazione in Gazzetta Ufficiale così come prevede la normativa vigente;
questo semplice atto burocratico da parte del Ministero, consentirebbe all'intero settore di liberare risorse in ambito occupazionale, proprio nel momento in cui il nostro Paese vive un momento di gravissima crisi economica -:
quali siano le reali motivazioni che impediscono la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle linee guida emanate e pubblicate un anno fa sul proprio sito dall'AIFA e riguardanti la procedura per la registrazione semplificata dei farmaci omeopatici.
(4-07409)

BUCCHINO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'International Society of Doctors for the Environment - Italia, sezione di Viterbo, il 30 marzo 2010 ha presentato un esposto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro della salute sul gravissimo rischio sanitario ed ambientale derivante dal degrado e dall'inquinamento dell'ecosistema del lago di Vico;
sono ormai ben documentate le gravi problematiche ambientali del lago di Vico dovute alla presenza dell'alga rossa Plankthotrix rubescens, produttrice di numerosi tipi di tossine dette microcistine a valenza epatotossica, gastroenterica e con possibile azione cancerogena; alla marcata riduzione del quantitativo di ossigeno nelle sue acque e alla scarsa trasparenza di esse; alla presenza di metalli pesanti in elevata concentrazione nelle acque e nei suoi sedimenti;
dalla documentazione dei Dipartimento di prevenzione - Servizio igiene e sanità pubblica - sezione 4 Vetralla della Asl di Viterbo, dell'Arpa Lazio sezione di Viterbo e dell'Ato1-Lazio, non risulta che finora sia stato attuato alcun monitoraggio di questa microcistina;
il 2 marzo 2010 sono stati presentati dati allarmanti («Attività di contrasto al degrado della qualità delle acque del lago di Vico» assessorato all'ambiente della provincia di Viterbo) che hanno evidenziato la presenza di arsenico e di altre sostanze tossiche e cancerogene di norma estranee alle acque del lago quali: mercurio, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), e nei suoi sedimenti alte concentrazioni di arsenico - 647 mg/kg SS (valore soglia 20 mg/kg SS) -, cadmio - 12 mg/kg SS (valore soglia 2 mg/kg SS) - e nichel - 566 mg/kg SS (valore soglia 120 mg/kg SS);
ulteriori risultati di indagine, presentati il 10 maggio 2010 dall'Arpa Lazio - sezione di Viterbo presso il dipartimento regionale rifiuti ed energia, hanno confermano la presenza di arsenico in concentrazioni molto elevate nei sedimenti lacustri;
un rapporto del Centro tecnico logistico interforze Nbc di Civitavecchia del 25 marzo 2010, prot. 38, relativo ai risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa per la ricerca di masse anomale interrate presso il magazzino materiali di difesa Nbc di Ronciglione (sede, durante l'ultimo conflitto mondiale, di «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale» presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche), ha evidenziato la presenza di masse metalliche e non metalliche interrate in diversi punti del sito e, da carotaggi ed analisi chimiche su campioni di terreno prelevati, valori di arsenico superiori a quanto previsto dalla normativa in vigore;
il decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, modificato e integrato con successivo decreto legislativo n. 27 del 2002, fissa il valore limite per l'arsenico nelle acque destinate a consumo umano a 10 microgrammi/litro e solo per continue deroghe regionali tale limite è stato innalzato a 50 microgrammi/litro per i comuni dell'alto Lazio appartenenti all'Ato1-Lazio;
i comuni di Caprarola e Ronciglione utilizzano per la maggior parte acque captate dal lago di Vico, ma le condizioni di funzionamento dei potabilizzatori comunali sembrano non garantire in modo efficace la potabilità di tali acque come confermano, per il comune di Ronciglione, un «Memorandum» redatto in data 23 dicembre 2009 dal Dipartimento di prevenzione - Servizio igiene e sanità pubblica - sezione 4 Vetralla della Asl di Viterbo, la relazione tecnica «Verifica delle condizioni tecnico-qualitative dell'acquedotto comunale di Ronciglione - Vt» redatta dalla società SIF (sistema integrato di fitodepurazione) e l'ordinanza n. 12/2010 del sindaco di Ronciglione;
il «Dipartimento Ambiente e connessa prevenzione primaria" dell'Istituto

superiore di sanità afferma che, relativamente ai comuni di Caprarola e Ronciglione, sono stati effettuati finora solo esami estemporanei su alcuni campioni di acqua prelevati il 5 marzo 2010 a Caprarola e il 7 aprile 2010 a Ronciglione e, soltanto dal 15 marzo 2010, in forma sperimentale, è iniziata una ricerca «sull'eventuale presenza e rimozione di tossine algali nelle acque da destinare a consumo umano prelevate dal lago di Vico» ad integrazione di una precedente convenzione sempre tra l'Istituto superiore di sanità e l'Ato1-Lazio;
la popolazione può essere esposta alle tossine e ad altre sostanze altamente pericolose attraverso l'ingestione di acqua potabile contaminata, tramite la balneazione, l'inalazione di aerosol durante attività ricreative in prossimità delle aree di fioritura dell'alga, l'assunzione di alimenti trattati e realizzati con acque contaminate (la microcistina non è termolabile), durante i trattamenti di emodialisi -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di sostenere i soggetti competenti a:
a) individuare la provenienza delle sostanze tossiche e cancerogene rilevate nel lago di Vico che di norma sono estranee agli ecosistemi lacustri e intensificare i controlli di tutte le attività all'interno della riserva;
b) assicurare un monitoraggio più frequente e su un più largo e rappresentativo numero di fonti e punti di distribuzione rispetto a quanto fatto in passato, anche per garantire il numero minimo di controlli previsti in condizioni di routine in aree non sottoposte a provvedimenti di deroga, di tutte le sostanze tossiche che possono essere presenti nelle acque destinate a consumo umano;
c) individuare fonti alternative di approvvigionamento idrico per tutta la popolazione, per gli esercizi commerciali, per le scuole, per l'ospedale di Ronciglione e per tutte le industrie alimentari locali;
d) avviare studi di monitoraggio e sorveglianza di lungo periodo dello stato di salute delle popolazioni di Caprarola e Ronciglione;
e) intervenire con misure di bonifica non più rinviabili a partire dal sito militare Nbc di Ronciglione.
(4-07410)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia di informazioni «ANSA» il 20 maggio 2010 ha messo in rete una notizia, proveniente da Firenze, nella quale si racconta che un disabile non è potuto scendere dal treno, «Frecciargento Brescia-Roma» perché allo scalo Campo di Marte di Firenze non si è presentato l'addetto della cooperativa incaricata di manovrare la piattaforma che permette alla carrozzine di superare il dislivello fra vagone e pensilina;
per questa ragione il convoglio non è potuto ripartire, cosicché il treno è arrivato a Roma con 25 minuti di ritardo;
nel chiedere scusa al passeggero, le Ferrovie hanno spiegato che il servizio è affidato in gestione a una cooperativa, che era stata avvertita dell'esigenza di un addetto in stazione, per l'arrivo di un viaggiatore in carrozzina. Il passeggero è stato comunque assistito da personale di Trenitalia, che lo ha aiutato a scendere dal treno. Ferrovie avvieranno accertamenti e contesteranno alla cooperativa il mancato servizio -:
quale sia l'esito degli annunciati accertamenti;
quali provvedimenti le Ferrovie abbiano adottato nei confronti della cooperativa responsabile del mancato servizio.
(4-07424)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'11 maggio 2010, nell'ambito dello svolgimento di interrogazioni alla Camera dei deputati, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, rispondeva ad un atto di sindacato ispettivo dell'interrogante n. 3-00864 in materia di iniziative nei confronti di Poste italiane s.p.a. in relazione al progetto di rimodulazione dei giorni e degli orari di apertura al pubblico degli sportelli postali in provincia di Udine;
in tale occasione, il Sottosegretario Saglia affermava testualmente: «(...) Il Ministero dello sviluppo economico, al fine di verificare la legittimità di tale rimodulazione, ha effettuato attraverso l'Ispettorato territoriale Friuli Venezia Giulia opportuni accertamenti in merito. Le ispezioni effettuate hanno evidenziato che gli uffici postali di San Pietro al Natisone, Pulfero, Savogna, Clodig, Drenchia, Fusine in Valromana, Cave del Predil, Malborghetto, Forni di Sopra, Ampezzo, Lignano Pineta, Lignano Sabbiadoro, Pertegada, Precenicco, Pavia di Udine, Risano, Santa Maria La Longa e Trivignano Udinese non risultano aver subito riduzioni di orario di apertura nella stagione estiva in esame, mentre gli uffici di Camporosso in Valcanale e Percoto, sottoposti a rimodulazione oraria estiva, sono risultati regolarmente inseriti nel "piano di rimodulazione delle aperture estive degli uffici postali" di Poste italiane Spa, per l'anno 2009. Il Ministero dello sviluppo economico, continuerà, comunque, a monitorare il territorio interessato al fine di garantire il rispetto degli obblighi relativi allo svolgimento del servizio universale previsti dal vigente contratto di programma»;
la situazione reale denunciata in questi giorni da numerosi sindaci dei comuni della provincia di Udine e dall'ANCI regionale (della quale hanno dato notizia alcuni organi di stampa) è in stridente contrasto con quanto affermato dal rappresentante del Governo, dal momento che, il «Piano di rimodulazione delle aperture estive giornaliere e orarie degli uffici postali della Concessionaria del Servizio postale universale» che è stato consegnato dal Ministero dello sviluppo economico - dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione all'Anci nazionale e regionale, contiene, tra l'altro, tagli per 35 comuni della regione Friuli Venezia Giulia, dai più grandi, come Trieste e Udine che subiranno la chiusura di alcuni uffici di quartiere, ai più piccoli;
la chiusura degli sportelli nonostante le rassicurazioni verbali del Sottosegretario Saglia, preoccupa le amministrazioni locali e la cittadinanza, in particolare anziana, soprattutto con riguardo al pagamento delle pensioni, anche perché si teme che tali chiusure, da limitate al periodo estivo, di fatto diventino definitive -:
se possa smentire le notizie riportate dalla stampa e come intenda dar corso ai formali impegni assunti alla Camera dei deputati l'11 maggio 2010, al fine di scongiurare il rischio che ai cittadini residenti nella provincia di Udine venga negato il diritto di usufruire del servizio universale postale previsto dal vigente contratto di programma.
(3-01093)

Interrogazioni a risposta scritta:

DISTASO, PATARINO, LISI, SISTO, DIVELLA, FRANZOSO, SCELLI, BARBA, SBAI, CARLUCCI, DE GIROLAMO, DI CAGNO ABBRESCIA, FUCCI, VITALI e ANTONIO PEPE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le operazioni di rendicontazione del POR 2000-2006 della regione Puglia, sono state da tempo ultimate;

risulta, anche da numerose delibere di giunta regionale, che nelle rendicontazioni del POR 2000-2006 sono state inserite diverse opere e progetti sponda e/o coerenti, ammontanti a circa 1,4 miliardi di euro;
risulta anche, in particolare dalla delibera di giunta regionale n. 1179 del 18 maggio 2010, che la Commissione europea avrebbe sanzionato la regione Puglia ritenendo alcuni di questi progetti non coerenti con il quadro comunitario di sostegno e che con la stessa delibera la regione Puglia ha formalizzato ricorso contro tale decisione -:
se dai dati in possesso del Ministero interrogato sia possibile sapere a quanto ammontino in totale le risorse liberate al termine della rendicontazione del POR 2000-2006 della regione Puglia, tra riutilizzate e non;
quale sia l'elenco analitico di tutti gli impegni assunti dalla regione Puglia per l'utilizzo delle risorse liberate e in disponibilità della regione in seguito alla rendicontazione dell'intero POR 2000-2006;
a quanto ammontino le risorse liberate e non ancora impegnate e che eventualmente sono attualmente in disponibilità della regione Puglia;
se il Ministero interrogato sia nelle condizioni di stabilire se nel corso degli esercizi finanziari 2008 e 2009 della regione Puglia parte di queste risorse siano state utilizzate a copertura delle perdite del servizio sanitario regionale e, se sì, quante;
se non si ritenga di acquisire, tramite i rappresentanti del Governo nel comitato di sorveglianza, elementi sulla correttezza delle procedure seguite dalla regione Puglia.
(4-07411)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel dossier istruttorio sulla reale dinamica della proliferazione di impianti eolici in Italia, «L'eolico in Italia» - curato da Altura, Amici della Terra, CNP, Italia Nostra, Mountain Wilderness, LIPU, OLA, con il contributo e il sostegno di Comitati, Associazioni ambientaliste territoriali e Ornitologiche di tutte le regioni italiane (rev. 3 maggio 2010 - coordinamento raccolta dati: Enzo Cripezzi) - emerge che, secondo il piano energetico regionale della Calabria, importantissima per l'avifauna migratoria e stanziale, già nell'aprile 2006 vi erano progetti presentati per oltre 2000 megawatt, di cui con parere ambientale positivo 729,95 megawatt, 50 progetti anche in IBA-ZPS e quasi la metà, 485,5 megawatt, nel solo Crotonese, area determinante per la sopravvivenza di specie faunistiche di interesse internazionale;
a fine 2009 risultano quasi 300 megawatt in esercizio, ma al 23 maggio 2008 vi erano già 3125 megawatt che vantavano pareri ambientali positivi già emessi e, di questi, ben 1525 già con autorizzazione unica rilasciata. Al 2007 nessuno dei numerosi progetti valutati sul piano ambientale dai competenti uffici ha avuto parere negativo. Presso il dipartimento regionale ambiente vengono presentati progetti ogni giorno con istanze ulteriori e accumulate per una potenza complessiva, all'ottobre 2009, di oltre 6.000 megawatt;
a quel che consta agli interroganti la modesta qualità delle relazioni ambientali e paesaggistiche dei progetti presentati, unitamente alle inadeguate valutazioni degli organi regionali preposti, reitera, anche in questa regione, una gestione secondo gli interroganti del tutto insufficiente delle procedure di valutazione ambientale e un mancato rispetto delle direttive e delle sentenze comunitarie in materia di gestione dei siti Natura 2000 e di quelli prossimi a diventarlo (IBA) con evidente esposizione all'apertura di una procedura di infrazione comunitaria. Si rilevano anche l'assenza di studi di impatto ambientale nonché valutazioni di incidenza autoreferenziali della qualità dei progetti;

il versante calabrese prospiciente lo stretto di Messina (tra il Golfo di Sant'Eufemia sul Mar Tirreno e quello di Squillace sullo Ionio) rappresenta un'area di enorme importanza per la migrazione dei rapaci diurni, senza considerare altri milioni di uccelli che transitano in quest'area, anche di notte;
proprio lungo il corridoio di maggiore concentrazione dei migratori, nel comune di Cortale, la regione Calabria aveva autorizzato la realizzazione di un primo impianto eolico, 7 torri in funzione, ad avviso degli interroganti senza alcuna valutazione delle conseguenze negative (dirette e indirette) sugli uccelli. Al 2007 risultano già emessi pareri ambientali per altri impianti eolici contigui: nei comuni di S. Pietro a Maida-Jacurso (Piano di Corda; 31 aerogeneratori); Jacurso-Polia (Serra Pelata, 33 aerogeneratori);
Gasperina, Vallefiorita e Palermiti, (Fossa del Lupo, 44 aerogeneratori); Marcellinara (19 aerogeneratori); Pianopoli (Pianolago, 40 aerogeneratori); Caraffa (11 aerogeneratori). Sono inoltre stati proposte le centrali eoliche di Filadelfia (28 aerogeneratori); Girifalco, Stringilovo, Piano del Bello, Passo delle Fate e Fiego (22 aerogeneratori); San Vito sullo Ionio (6 aerogeneratori); Borgia (4 aerogeneratori); San Floro, Loc. Sermonti e il Maricello (6 aerogeneratori). È in fase di istruttoria la richiesta di ampliamento dei primi impianti realizzati, come a Cortale Serra del Gelo;
gravemente ipotecate da progetti che gli interroganti appaiono poco avveduti, con pareri ambientali positivi, risultano aree strategiche per elevata concentrazione di specie minacciate, come la ZPS/IBA 149 del Marchesato in cui sono messi a repentaglio siti di nidificazione di avvoltoio capovaccaio, lanario, biancone, cicogna nera, cicogna bianca, gufo reale e in cui sono presenti esemplari della rarissima aquila del Bonelli. Ripetutamente contestato dalle associazioni ambientaliste ha ottenuto un decreto di approvazione nell'agosto 2006 (progetto Melissa - Strangoli, Società Edison, 33 megawatt);
pericolosi insediamenti eolici hanno ottenuto la compatibilità ambientale anche in paesaggi selvaggi come l'Aspromonte, area ricca di specie a rischio, a cominciare dal falco pecchiaiolo;
emblematico è il «caso» di S. Sostene dove un progetto eolico è stato realizzato con ampi disboscamenti per consentire le opere. Risultano approvati molti impianti a ridosso di aree protette (Mucone, Spezzano della Sila) e scenari della Sila. Altri, numerosi, nel corridoio migratorio della piana di Catanzaro, percorsa da milioni di uccelli. Diversi impianti sono approvati nel Crotonese, moltissimi a sud di Crotone, a ridosso di SIC e ZPS-IBA, e un nuovo impianto, non ancora formalizzato nel suo iter, presso il parco regionale delle Serre, in zona B, C e a ridosso di SIC importantissimi (comune di Bivongi, Reggio Calabria);
anche in questa regione il piano energetico regionale approvato senza valutazione di incidenza ha sostanzialmente preso atto della quantità di impianti già con parere ambientale positivo o già definitivamente autorizzati. La regione aveva cercato di imporre un freno in attesa del piano, «limitando» il tetto a 300 megawatt. Nonostante ciò, le società eoliche e le associazioni di settore si sono opposte anche a suon di ricorsi ottenendo nuovamente il via libera alla saturazione del territorio calabrese -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati sopra riferiti;
se il Governo intenda accertare la situazione sul piano ambientale e paesaggistico per quanto di propria competenza;
se, conformemente allo spirito delle direttive comunitarie recepite dall'Italia, sia stata assicurata la trasparenza delle informazioni concernenti gli impianti eolici in tutte le fasi procedurali;
se si sia provveduto a verificare la compatibilità della quota di eolico programmata in oltre 2000 megawatt con quanto previsto sul piano nazionale;

se non si intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine, con riferimento agli incentivi di competenza statale, sull'intero territorio regionale calabrese;
se nelle procedure di competenza statale non si riscontrino un eccesso di semplificazioni nelle procedure di autorizzazione;
se e quali misure si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel mercato dell'eolico;
se si intenda predisporre un piano per utilizzare questi incentivi alternativamente per opere di efficienza energetica e di sviluppo delle energie rinnovabili in forme ecocompatibili di autogenerazione diffusa e volte a contrastare i disastri ecologici, paesaggistici e culturali.
(4-07415)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel dossier istruttorio sulla reale dinamica della proliferazione di impianti eolici in Italia, «L'eolico in Italia» - curato da Altura, Amici della Terra, CNP, Italia Nostra, Mountain Wilderness, LIPU, OLA, con il contributo e il sostegno di Comitati, Associazioni ambientaliste territoriali e Ornitologiche di tutte le regioni italiane (rev. 3 maggio 2010 - coordinamento raccolta dati: Enzo Cripezzi) - emerge che la Sicilia è una delle regioni ormai con un trend drammatico: i dati ufficiali rilevano 1116 megawatt al dicembre 2009 anche se, considerando quanto in esercizio e gli impianti già in possesso di autorizzazioni finali e in fase di realizzazione, al 27 ottobre 2009, risultano complessivi 1876 megawatt. Tuttavia, va ricordato che al 28 febbraio 2007, già i progetti che avevano conseguito pareri ambientali positivi e quindi in corsa per l'autorizzazione unica o già realizzati, facevano lievitare il dato complessivo a ben 2900 megawatt. Al 2007, esistevano già 25 impianti approvati per oltre 1000 megawatt, nonostante lo stesso gestore della rete elettrica TERNA avesse dichiaro pubblicamente che la potenza eolica da allacciare alla rete siciliana non poteva superare i 500 megawatt;
anche in Sicilia il piano energetico ambientale risulta approvato senza valutazione di incidenza;
inoltre, altri progetti sono sottoposti alla procedura di valutazione di impatto ambientale (screening), per un totale stimato di 10.000 megawatt, in costante ascesa;
anche in Sicilia, come in Puglia e in Calabria, sono in realizzazione torri eoliche da 3 megawatt;
ben 16 impianti sono stati approvati nell'IBA 215 Monti Sicani, nonostante la presenza dell'unica popolazione italiana dell'aquila del Bonelli (insieme alle coppie superstiti dell'IBA di Monte Cofano), e dove ancora vivono le superstiti coppie della popolazione nazionale di avvoltoio capovaccaio, oltre a nibbio reale e a colonie di grillaio;
numerosi gli impianti approvati lungo le rotte migratorie molto importanti e a ridosso del Parco dei Nebrodi dove si sta introducendo faticosamente il grifone;
determinano gravissimo impatto ambientale i progetti approvati nei tre SIC dei Monti Peloritani: inizialmente due progetti della API Holding, poi accorpati in uno, per 63 turbine, dove migrano i rapaci e le cicogne e dove nidificano l'aquila reale, il falco lanario e molte altre specie rare di uccelli;
decisamente pericolosi anche gli impianti autorizzati nell'importantissimo corridoio migratorio del Trapanese, uno dei punti più importanti per i migratori che giungono dall'Africa;
al 2007, su oltre 100 progetti complessivamente trattati, alle procedure di

valutazione ambientale solo 9 avevano avuto un parere negativo. Anche in Sicilia le procedure di valutazione si caratterizzano a quanto risulta gli interroganti per gravi superficialità con numerosi casi di palese mancato rispetto delle direttive comunitarie di riferimento, a cominciare da assenza o pessime valutazioni di incidenza (anche post-realizzazione) nelle IBA e nei siti Natura 2000 -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati sopra riferiti;
se il Governo intenda accertare la situazione sul piano ambientale e paesaggistico per quanto di propria competenza;
se, conformemente allo spirito delle direttive comunitarie recepite dall'Italia, sia stata assicurata trasparenza delle informazioni concernenti gli impianti eolici in tutte le fasi procedurali;
se si sia provveduto a verificare la compatibilità della quota di eolico programmata in oltre 10.000 megawatt con quanto previsto sul piano nazionale;
se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine, con riferimento agli incentivi di competenza statale, sull'intero territorio regionale siciliano;
se nelle procedure di competenza statale non si riscontrino un eccesso di semplificazioni nelle procedure di autorizzazione;
se e quali misure si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel mercato dell'eolico;
se si intenda predisporre un piano per utilizzare questi incentivi alternativamente per opere di efficienza energetica e di sviluppo delle energie rinnovabili in forme ecocompatibili di autogenerazione diffusa e volte a contrastare i disastri ecologici, paesaggistici e culturali.
(4-07416)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel dossier istruttorio sulla reale dinamica della proliferazione di impianti eolici in Italia, «L'eolico in Italia» - curato da Altura, Amici della Terra, CNP, Italia Nostra, Mountain Wilderness, LIPU, OLA, con il contributo e il sostegno di comitati, associazioni ambientaliste territoriali e ornitologiche di tutte le regioni italiane (rev. 3 maggio 2010 - coordinamento raccolta dati: Enzo Cripezzi) - emerge che il piano energetico regionale della Basilicata è stato recentemente revisionato. Il precedente piano prevedeva, anche se puntualmente ampiamente disatteso, una potenza nominale di 108 megawatt al 2010 per la fonte eolica. Limite ampiamente superato e poi legittimato dal nuovo Piano;
nonostante l'ANEV (che promuove interessi nel settore), partendo dai 16.000 megawatt desiderati sul suolo nazionale ne proietti 700 sulla Basilicata (quota già notevole), la regione, pur partendo invece dai 10.000 megawatt del position paper dello Stato abbia previsto ben 1500 megawatt, cioè più del doppio di quanto fosse stimato dall'ANEV;
inoltre, il piano deregolamenta, contro le evidenze di norme sovraordinate dello Stato, l'eolico da 1 megawatt, sottratto all'autorizzazione unica e assoggettato alla sola dichiarazione di inizio attività, oggi oggetto di ricorso del Governo alla Corte costituzionale, che già si era espressa sulla illegittimità di analoga norma in Puglia;
il quadro attuale evidenzia 227 megawatt in esercizio con oltre 215 torri eoliche che già hanno deturpato molti crinali lucani. Ma i megawatt lievitano a 372 considerando i nuovi impianti già autorizzati e in fase di realizzazione in situazioni ambientali pericolose per paesaggi e biodiversità;

circa 4000 megawatt premono nelle istruttorie regionali, forti della insensata apertura del nuovo piano energetico, e delineano un preoccupante quadro nel prossimo periodo;
in Basilicata ritroviamo alcune specie a rischio da tutelare con la massima responsabilità: il nibbio reale, la lontra, la cicogna nera, il grifone, il capovaccaio, il falco lanario, il biancone, il nibbio bruno, i falchi grillai. Un devastante progetto da 40 torri per totali 56 megawatt, già con sconcertante parere ambientale positivo, investe il territorio di Muro Lucano (Potenza) a ridosso del SIC-ZPS del Monte Paratiello, uno dei pochissimi siti regionali, forse unico, di nidificazione dell'aquila reale;
minacciate (in parte già degradate) sono anche l'IBA 141 del Lagonegrese e l'IBA 196 dei Calanchi lucani oltre a quella 195 del Pollino e 137 Dolomiti di Pietrapertosa solo in parte tutelate da aree protette. Il Parco nazionale del Pollino è oggetto di costanti ed insistenti pressioni per una riduzione dei suoi confini allo scopo di consentire ulteriori impianti eolici, oltre ai grossi progetti già proposti a ridosso della attuale perimetrazione, da tempo in istruttoria. Per le stesse ragioni si rischia di distruggere il neonato Parco Nazionale della Val d'Agri. Un altro impianto, autorizzato e in fase di realizzazione, è in agro di Campomaggiore (Potenza), sebbene all'interno dell'IBA 137 (Dolomiti di Pietrapertosa), baricentricamente fra 3 SIC di cui uno anche ZPS e parco regionale delle Dolomiti lucane, oltre che sovrapposto ad un sito di aggregazione invernale di un centinaio di nibbi reali. Anche in questo caso, il parere ambientale positivo ha sommariamente escluso il progetto dalle procedure di Via e non è stata effettuata nemmeno la valutazione di incidenza malgrado la vicinanza ai siti natura 2000 e all'interno dell'IBA citata. L'impianto è stato oggetto di contestazioni degli ambientalisti e di ricorsi al TAR e in sede civile anche ad opera di privati che hanno subito l'invasione indebita dei propri terreni, oltre che in sede penale con interventi della magistratura e del CFS;
stanno per essere seriamente compromesse aree con paesaggi straordinari come, ad esempio, i calanchi di Craco e Aliano, il Parco letterario «Carlo Levi» e i pianori del Pollino dominati dal Pino Ioricato, oltre a scenari che hanno valso nomination e riconoscimenti nazionali ed internazionali in ambito cinematografico -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati sopra riferiti e se li confermino;
se il Governo intenda accertare la situazione sul piano ambientale e paesaggistico per quanto di propria competenza;
se, conformemente allo spirito delle direttive comunitarie recepite dall'Italia, sia stata assicurata trasparenza delle informazioni concernenti gli impianti eolici in tutte le fasi procedurali;
se si sia provveduto a verificare la compatibilità della quota di eolico, programmata in 1500 megawatt, con quanto previsto sul piano nazionale;
se non riscontrino un eccesso di semplificazioni nelle procedure di autorizzazione di competenza statale;
se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un'indagine, con particolare riferimento agli incentivi di competenza statale, sull'intero territorio regionale lucano;
se e quali misure si intendano assumere per verificare l'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel mercato dell'eolico;
se si intenda predisporre un piano per utilizzare questi incentivi alternativamente per opere di efficienza energetica e di sviluppo delle energie rinnovabili in

forme ecocompatibili di autogenerazione diffusa e volte a contrastare i disastri ecologici, paesaggistici e culturali.
(4-07435)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Fedriga n. 4-00990, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fava n. 4-01787, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 dicembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini e Grimoldi n. 4-04289, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2009, dove intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-05498, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Forcolin n. 4-05527, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Comaroli e altri n. 4-05846, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini e altri n. 4-06487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-06760, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Bitonci n. 4-06864, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini e altri n. 4-06874, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-07019, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Comaroli e Grimoldi n. 4-07020, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-07109, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-07334, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Mogherini Rebesani n. 1-00359, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 313 del 28 aprile 2010.

La Camera,
premesso che:
il 4 gennaio 2007 è stato pubblicato sul Wall Street Journal un importante appello bipartisan di autorevoli statisti americani, sottoscritto da George P. Shultz, William J. Perry, Henry A. Kissinger e Sam Nunn, in cui, tra l'altro, si affermava che: «Le armi nucleari erano essenziali al mantenimento di una sicurezza internazionale durante la Guerra Fredda poiché erano mezzi di deterrenza. La fine della Guerra Fredda ha reso la teoria della mutua deterrenza sovietica-americana obsoleta. La deterrenza continua a essere un elemento rilevante per molti Stati rispetto a pericoli provenienti da altri Stati. Ma affidarsi alle armi nucleari per questo fine sta diventando sempre più azzardato e sempre meno efficace»;

nello stesso appello si sollecitava ad «abbandonare la logica ereditata dalla Guerra Fredda che vedeva il dispiegamento di armi nucleari quale mezzo per aumentare il tempo di avvertimento e perciò per ridurre il pericolo di un accidentale o non autorizzato uso di un'arma nucleare»;

anche l'Italia ha offerto un suo contributo sui temi del disarmo e della non proliferazione, con la pubblicazione il 24 luglio 2008 di un appello firmato dai deputati Massimo D'Alema, Gianfranco Fini, Arturo Mario Luigi Parisi e Giorgio La Malfa, ex Ministri degli affari esteri, della difesa e delle politiche comunitarie, e dal professor Francesco Calogero in favore di una totale eliminazione delle armi nucleari;

il 6 aprile 2010 il dipartimento della difesa Usa ha presentato la Nuclear posture review, che, in coerenza con l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari enunciato dal Presidente Barack Obama nel suo discorso del 5 aprile 2009 a Praga, ridefinisce la politica statunitense in materia, a partire da una riduzione del ruolo e del numero delle armi nucleari nella strategia di sicurezza nazionale e dalla decisione di non usare né minacciare l'uso di armi nucleari contro Paesi non nucleari, membri del trattato di non proliferazione ed in regola con l'impegno per la non proliferazione;

l'8 aprile 2010 a Praga è stato sottoscritto dal Presidente americano Obama e dal Presidente russo Medvedev il nuovo trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari, che succede al trattato Start, scaduto nel dicembre 2009, e che consentirà di compiere un ulteriore significativo passo nella prospettiva di un completo disarmo nucleare;

in questi mesi sono previsti importanti appuntamenti internazionali sui temi del disarmo e della non proliferazione nucleare, dalla conferenza sulla sicurezza nucleare tenutasi a Washington il 12 e 13 aprile 2010 alla conferenza di riesame del trattato di non proliferazione di maggio 2010 a New York, fino all'approvazione del nuovo concetto strategico della Nato, prevista per il vertice di Lisbona di novembre 2010;

il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque

Paesi europei sembra collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata da Obama;

il Parlamento europeo ha approvato con voto bipartisan il 10 marzo 2010 una risoluzione sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari, che «richiama l'attenzione sull'anacronismo strategico delle armi tattiche nucleari e sulla necessità che l'Europa contribuisca alla loro riduzione ed eliminazione dal proprio territorio nel contesto di un dialogo di più ampio respiro con la Russia; prende atto in tale contesto della decisione adottata il 24 ottobre 2009 dal Governo di coalizione tedesco di adoperarsi per il ritiro delle armi nucleari dalla Germania nell'ambito del processo globale di conseguimento di un mondo denuclearizzato; si compiace della lettera inviata il 26 febbraio 2010 dai Ministri degli esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia al Segretario generale della Nato, in cui si chiede l'avvio di un ampio dibattito in seno all'Alleanza sulle modalità di conseguimento dell'obiettivo politico generale di un mondo senza armi nucleari»;

nella stessa risoluzione del Parlamento europeo si ribadisce come «nell'ambito degli accordi di condivisione nucleare o degli accordi bilaterali in ambito Nato sono a tutt'oggi schierate in cinque Paesi membri non nucleari dell'Alleanza 150-200 armi tattiche nucleari (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia)»;

Hans Blix, già direttore generale dell'Aiea e presidente della Commissione sulle armi di distruzione di massa, nel corso della conferenza «La sicurezza ha bisogno delle armi nucleari?», che ha avuto luogo alla Camera dei deputati il 25 marzo 2010, in relazione alle armi nucleari tattiche statunitensi, tutt'oggi presenti in Europa, ha dichiarato che: «si tratta di armi che possono essere sganciate da aerei secondo procedure così complesse da essere considerate attuabili non in pochi minuti, ma in mesi. Sono state impiegate durante la Guerra fredda e la maggior parte degli esperti concordano sul fatto che oramai oggi non hanno più una funzione reale nelle relazioni tra Est ed Ovest - tanto più che l'Alleanza può essere protetta dalle armi nucleari strategiche statunitensi»;

Hans Blix, nella stessa occasione, ha anche sottolineato come una possibile decisione di ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi dall'Europa rappresenterebbe un contributo importante e unilaterale alla distensione internazionale, che potrebbe favorire una decisione speculare da parte della Federazione russa, volta a rivedere l'attuale dislocazione delle armi nucleari tattiche russe, indietreggiandolo rispetto al suo confine occidentale;

inoltre, il 23 giugno 2009 la Camera dei deputati e il 17 dicembre 2009 il Senato della Repubblica hanno approvato mozioni parlamentari, con consenso di entrambi gli schieramenti, che incoraggiano il Governo italiano a sostenere, in ogni sede internazionale multilaterale, l'obiettivo di costruzione di un mondo libero da armi nucleari,

impegna il Governo:

a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie e, in particolare, nel processo di revisione del concetto strategico della Nato;

a sostenere ed incoraggiare la richiesta dell'apertura di un dibattito in sede Nato sulla presenza di armi nucleari sul territorio europeo, sulla loro attuale funzionalità ed efficacia reale in termini di sicurezza collettiva e sull'opportunità di giungere, per consenso multilaterale, alla decisione di una loro riduzione ed eliminazione

nel contesto di un dialogo e di una cooperazione di più ampio respiro con la Russia.
(1-00359)
(Nuova formulazione) «Mogherini Rebesani, La Malfa, Arturo Mario Luigi Parisi, D'Alema, Pezzotta, Di Stanislao, Fassino, Villecco Calipari, Tempestini, Sereni».

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Mussolini n. 1-00164 del 6 maggio 2009.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Rao n. 4-06896 del 22 aprile 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interpellanza Patarino e altri n. 2-00721 del 19 maggio 2010 in interpellanza urgente n. 2-00735.