XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 26 maggio 2010

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI e BRATTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la questione dell'affondamento delle navi cariche di rifiuti tossici continua ad essere uno dei misteri ancora irrisolti del nostro Paese;
in più occasioni, il collaboratore di giustizia Francesco Fonti, ex esponente della 'ndrangheta, considerato tra i responsabili dell'affondamento di alcune navi contenenti rifiuti radioattivi al largo delle coste italiane, avrebbe chiamato in causa esponenti dei servizi segreti e della politica, fra i responsabili dell'attività criminale;
quanto sopra citato, è stato dichiarato nei mesi scorsi dal pentito Fonti, in interviste sulla carta stampata (Il Sole 24 ore, Quotidiano Nazionale, Espresso) sia radiofoniche (Radio Anch'io-Rai 1), sia nel corso delle audizioni presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;
sull'Espresso in edicola questa settimana, in un articolo di Riccardo Bocca «Quei denari avvelenati», si riportano brani del memoriale del pentito Fonti, consegnato nel 2005 al magistrato Vincenzo Macrì della direzione nazionale antimafia da cui emerge che lo Stato avrebbe inviato all'ex collaboratore di giustizia, chiamato con lo pseudonimo di Francesco Baldassari utilizzato nel periodo di protezione, centinaia di milioni di lire come consulenze professionali;
si legge, in particolare, nell'articolo: «Si tratta di quattro comunicazioni che il ministero dell'Interno avrebbe inviato all'ex mafioso utilizzando il nome di copertura Francesco Baldassari. Note riservate dalle quali spuntano tracce di consulenze, versamenti da centinaia di milioni di vecchie lire e concessioni di anticipi. Il tutto partendo dal primo luglio 1999, quando il Dipartimento della pubblica sicurezza-Direzione centrale della polizia criminale scrive: "Dispaccio telegrafico, riservato "Z". Dr. Baldassari Francesco, in seguito della Sua disposizione verbale, l'ufficio ragioneria ha già provveduto alla variazione dell'appoggio bancario. Pertanto, dal prossimo semestre le Sue competenze di collaborazione con codesto Ministero pari a lire 134 milioni Le saranno accreditati presso la Rolo Banca 1473 filiale di Miramare di Rimini, nel c/c n.ro 903 intestato a suo nome. Tanto per Sua conoscenza, f.to Direttore Generale della Pubblica Sicurezza"»;
nello stesso articolo si riporta: «Non ricordo più con esattezza quanto mi versassero in via ufficiale», dice, «però era attorno ai due milioni e mezzo di lire al mese». Piuttosto, aggiunge, i soldi riportati in questi documenti sarebbero il ringraziamento per aiuti forniti alle istituzioni. Vere e proprie «consulenze professionali», delle quali c'è inequivocabile traccia in un'altra nota riservata del Viminale-Direzione centrale della polizia criminale. È datata 26 luglio 1999. «Dr. Francesco Baldassari, unicamente per informarla che abbiamo avuto disposizione, con nota "Z" riservata della segreteria del Viminale, di accreditarLe sul conto corrente bancario acceso a Suo nome (...), la somma di lire 245 milioni specificate con nota a parte come consulenze professionali intrattenute con il Ministero dell'Interno. Tale compenso non rientra nel normale rapporto professionale intrattenuto, bensì trattasi di consulenza extra richiesta dal nostro Ministero. Pertanto, con decorrenza 15 novembre 1999, si provvederà a rendere irrevocabile la disponibilità della somma

menzionata, 245 milioni (...). Tanto per Sua conoscenza. F.to Direttore Direzione Centrale della Polizia Criminale»;
nell'articolo sopramenzionato si afferma altresì: «Non stupisce, dopo avere scorso queste righe, che il 4 settembre 1999 il direttore del Servizio centrale del Viminale invii una terza comunicazione al dottor Baldassari, per informarlo che la ragioneria ha disposto, con "nota riservata "Z" del 31 agosto 1999", l'accredito di 178 milioni da depositare entro il 10 ottobre 1999 dopo la "consulenza del 6 agosto 1999". E suona quasi normale, a questo punto, che il 6 settembre 1999 il ministero dell'Interno si rivolga per la quarta volta a Baldassari-Fonti, in quanto la Commissione centrale ha deliberato l'anticipo di 150 milioni da lui chiesto il 6 agosto 1999 (...)". "Detta somma", scrive il direttore del Servizio centrale, "sarà a Sua disposizione a partire dal 30 settembre 1999 (...)"» -:
quali iniziative intendano mettere in campo per accertare se quanto riportato corrisponda al vero e se, nel caso gli accertamenti dovessero verificarsi positivi, per quali ragioni lo Stato avrebbe versato all'ex collaboratore di giustizia tali ingenti somme di denaro.
(4-07359)

NIRENSTEIN, ORSINI, VERNETTI, RENATO FARINA, PIANETTA, FERRARI e CORSINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulta da notizie di stampa che le catene di supermercati COOP e CONAD avrebbero deciso di escludere dai loro scaffali le merci prodotte in Israele;
tale scelta si basa su un pregiudizio ideologico verso lo stato di Israele uno stato amico ed alleato dell'Italia, una delle poche democrazie compiute del medio oriente;
questi atteggiamenti ricordano in modo inquietante il boicottaggio dei negozi ebraici posto in atto da alcune dittature negli anni '30 in Europa -:
se il Governo sia informato di quanto esposto e intenda fornire ulteriori elementi in merito;
se non ritenga il Governo opportuno - pur nel rispetto della libertà di impresa doveroso in una nazione ad economia di mercato - prendere posizione in ordine a tale scelta, che fra l'altro penalizza gravemente i consumatori italiani;
se non ritenga il Governo di ravvisare in quanto esposto una violazione di norme contro le discriminazioni razziali, politiche o religiose previste dal nostro ordinamento.
(4-07373)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è creata una situazione di grosso disagio per i beneficiari di pensioni INPS italiane in Argentina;
circa un migliaio di persone, che non hanno presentato in tempo il certificato di esistenza in vita per la riscossione della pensione dall'INPS, hanno ricevuto una comunicazione dell'ICBPI - Istituto di credito banche popolari italiane, al quale l'INPS ha affidato il pagamento delle pensioni all'estero, pensioni che di norma, vengono pagate presso gli sportelli del Banco ITAU', che ha un contratto per erogare detto servizio fino al mese di ottobre 2010;
secondo detta comunicazione, essi dovranno riscuotere la pensione di maggio 2010 presso alcuni sportelli della Western Union, la ditta dedicata al servizio dei pagamenti internazionali;
le norme stabiliscono che almeno una volta l'anno i beneficiari della pensione INPS, devono presentare un certificato di esistenza in vita, corredato da

documento di identità, per poter riscuotere la pensione, ma di tale norma non ne viene data comunicazione diretta agli interessati, che sovente non ne sono a conoscenza per svariati motivi, ed essi, per motivi di anzianità e di salute spesso non possono recarsi ai patronati;
la Western Union non paga né in euro, come attraverso la riscossione in banca, né in dollari, ma soltanto in pesos, quindi, i beneficiari sono ingiustamente penalizzati anche dal cambio sfavorevole, non solo, spesso il documento dei beneficiari per riscuotere la pensione e l'ordine di pagamento reca dati discordanti, cioè nomi in spagnolo anziché in italiano, oppure il nome della vedova legittimata alla riscossione per la propria parte e, quindi, anche in sede di riscossione alla Western Union, in mancanza di apposite comunicazioni della stessa all'ICBPI, per la risoluzione della questione, i pensionati che non hanno trasmesso il certificato tra marzo 2009 e marzo 2010 hanno problemi per la riscossione della pensione, con gravi disagi economici;
i danni sono ingiustamente patiti da una categoria debole e bisognosa, quindi si rende necessario risolvere prontamente il problema, sia di pagamento, che deve essere effettuato presso la banca come prima, sia di messa a conoscenza degli interessati delle disposizioni per la riscossione, tramite apposita comunicazione dell'INPS presso il domicilio degli stessi, magari indicando di inviare trimestralmente il certificato, per evitare irregolarità nella riscossione, o all'INPS o direttamente all'ICBPI che ha la delega (e la responsabilità) al pagamento delle pensioni agli aventi diritto;
la Commissione sicurezza e tutela sociale del Consiglio generale degli italiani all'estero, si è riunita il 26 aprile 2010 con il direttore delle convenzioni internazionali dell'INPS Salvatore Ponticelli, per avere informazioni circa la licitazione finalizzata al pagamento delle pensioni INPS all'estero;
in tale occasione, non si apprendeva della lettera che, nel frattempo, l'ICBPI aveva inviato ai pensionati, per comunicare che, nelle verifiche dell'esistenza in vita, la rata di pensione di maggio 2010 e probabilmente anche le successive, sarebbero state riscosse presso uno sportello della Western Union;
questo imperdonabile disguido, per cui la banca ITAU', che paga le pensioni in Argentina, delegata anche agli obblighi di verifica dell'esistenza in vita dei pensionati che si potevano prevalentemente recare di persona agli sportelli per la riscossione, ovvero tramite un delegato, non ha evidentemente provveduto all'uopo e, per monitorare il corretto e trasparente funzionamento del pagamento delle pensioni, certamente indispensabile per la correttezza dei pagamenti nell'interesse dello Stato e dell'istituto erogatore, nelle more di dette verifiche non provvede al pagamento, fa sì che le negative conseguenze si ripercuotano sugli anziani o sui loro aventi diritto, che devono scontare le inadempienze del sistema, le quali si potrebbero evitare con rapide ed esaurienti comunicazioni, direttamente a casa del pensionato che ora, si trova ad essere «dirottato» dalla ITAU' alla Western Union;
oltre al problema del cambio sfavorevole, la Western Union ha anche un limite di erogazione giornaliero degli sportelli, superato il quale, il pensionato che è rimasto fuori del tetto massimo, deve recarsi ad un altro sportello o ritornare un altro giorno;
questi inammissibili disagi e penalizzazioni per migliaia di pensionati, spesso indigenti e malati, sono aggravati dal fatto che l'esistenza in vita deve essere provata con certificato spedito alla sede ICBPI di Roma, poiché la Western Union non attesta le certificazioni, sicché è sempre più oscuro comprendere le ragioni per cui non sia più autorizzata a pagare la banca ITAU' e si rende necessario che l'INPS faccia chiarezza sulla situazione e su come si intenda risolvere immediatamente il disagio dei pensionati colpiti da questo improvvido provvedimento che li penalizza, privandoli di un diritto assistenziale e di sussistenza sine die;

ciò, anche in vista della prossima scadenza dell'accordo con l'ICBPI, cui l'INPS, come sopra detto, ha affidato il pagamento delle pensioni agli italiani che sono residenti all'estero, i quali sono troppo spesso incolpevoli vittime di disparità e di disagi, in questo caso di privazioni economiche e di affanni nel girare, nel vasto territorio argentino, a caccia di sportelli di un'agenzia cosiddetta «portapacchi» come la Western Union, con presenze più limitate e con attività diverse rispetto alla banca sinora erogatrice che ha presenze territoriali diffuse, più specifiche competenze nelle dovute verifiche e più capienza di erogazioni -:
se non si ritenga urgente ed opportuno stabilire rapidi meccanismi di informazione a domicilio dei pensionati interessati, per compiere le necessarie verifiche di trasparenza nei pagamenti, anche con certificati trimestrali di esistenza in vita e di legittimazione a riscuotere degli aventi diritto e quali iniziative urgenti si intendano adottare, per ripristinare i pagamenti presso gli sportelli bancari e il cambio dell'euro o equivalente in moneta locale, con immediati pagamenti degli arretrati, che i nostri connazionali pensionati, anziani, indigenti e spesso con problemi di salute hanno tutto il diritto di percepire, per l'esercizio dei diritti alla salute, all'esistenza dignitosa, alla parità, dopo una vita di onesto lavoro che ha onorato la patria, diritti tutti costituzionalmente sanciti, con l'obbligo dello Stato di rimuovere gli ostacoli tutti, di ordine sociale ed economico che, limitando, di fatto, la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione all'organizzazione del nostro Paese.
(4-07355)

GIBIINO e CASSINELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la compagnia aerea Ryanair copre la tratta Barcellona-Roma;
recentemente si è verificato un episodio lesivo sia della sicurezza in volo che della tutela della salute espressamente tutelata dalla Costituzione italiana;
su un aereo della compagnia Ryanair (volo FR 9186 - tratta Barcellona-Roma) ad un passeggero italiano - Angelo Pietrolucci - affetto da mieloma multiplo, non è stato garantito il posto a bordo nelle vicinanze dell'ingresso (i posti pare fossero già occupati da passeggeri che non hanno voluto alzarsi dal sedile);
al passeggero ed alla sua famiglia è stato «imposto» di spostarsi alla fila 32; trasferimento che è avvenuto con non poche difficoltà in considerazione della malattia;
il comandante dell'aereo, successivamente, ha chiesto al passeggero (ed alla sua famiglia) di scendere dal velivolo in quanto «persona non gradita»;
fra le proteste dei passeggeri a bordo, il comandante ha fatto intervenire la polizia spagnola;
in esito agli eventi, il passeggero Pietrolucci, a bordo dell'aereo, si sente male, i poliziotti cercano di ammanettarlo, cercano di sollevare il passeggero e, strattonandolo violentemente, gli procurano la frattura dell'omero destro;
a causa della lesione, il passeggero riesce a rimanere a bordo; giunto in Italia, in aeroporto, ad accoglierlo trova una ambulanza che lo trasferisce all'ospedale di Albano dove viene riscontrata la frattura dell'omero come anzidetto -:
se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni utile iniziativa sul piano diplomatico per fare piena luce sulla vicenda e per evitare che simili episodi abbiano a ripetersi.
(4-07367)

RAISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato un procedimento per il completamento della revisione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze

per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale DVB-T;
lo schema di piano sottoposto a consultazione da parte dell'Agcom si basa su criteri completamente diversi da quelli in precedenza adottati dalla stessa Agcom, con buoni risultati, per definire la pianificazione delle sei aree tecniche già completamente digitalizzate (Sardegna, Valle D'Aosta, Piemonte Occidentale corrispondente alle province di Torino e di Cuneo, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa le province di Viterbo e Campania), tanto è vero che in tali aree tutte le tv nazionali e locali esistenti hanno potuto convertire le proprie reti in tecnologia digitale realizzando peraltro un dividendo di frequenze da assegnare a nuovi entranti;
i nuovi ipotizzati criteri di pianificazione contrastano con i princìpi in precedenza espressi dall'Agcom (in particolare con la delibera n. 181/09/CONS) in quanto prevedono la realizzazione di numerose reti K-SFN (cioè composte da più frequenze) in luogo di reti SFN (composte con una sola frequenza) e non garantiscono alle tv locali, almeno un terzo delle risorse sotto il profilo tecnico-qualitativo destinando alle stesse tv locali solo frequenze non previste dal piano di Ginevra 2006 (GE2006) e quindi non utilizzabili nelle aree italiane di confine;
la citata delibera n. 181/09/CONS è stata, peraltro recepita dall'articolo 45 della legge 7 luglio 2009, n. 88 che ha modificato l'articolo 8-novies, comma 4 del decreto-legge 8 aprile 2008, n.59, convertito con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sicché l'eventuale modifica dei criteri di pianificazione ivi espressi dovrebbe ora avvenire con legge e non attraverso un provvedimento amministrativo dell'Agcom;
qualora i nuovi criteri di pianificazione venissero effettivamente approvati verrebbero drasticamente ridotti gli spazi frequenziali delle tv locali e ciò comporterebbe la chiusura di moltissime imprese operanti da oltre trentacinque anni, con grave danno per il pluralismo del settore televisivo, per l'informazione sul territorio e per l'occupazione lavorativa nel comparto;
inoltre, il contenzioso giudiziale generato da tale situazione, causerebbe inevitabili ritardi al processo di digitalizzazione televisiva -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(4-07369)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'inverno 2009 a seguito di intensi eventi metrologici avversi che si sono verificati nella regione Calabria si sono verificati alcuni gravi episodi franosi del territorio nella zona di Belvedere Marittimo centro della costa tirrenica in provincia di Cosenza;
gli smottamenti nel comune hanno compromesso fortemente il comprensorio mettendo in grave pericolo alcune dimore e costringendo il sindaco ad emettere diciassette ordinanze di sgombero per delle abitazioni ubicate nell'area interessata al cedimento franoso;
le persone evacuate sono quindi state alloggiate provvisoriamente in alberghi e successivamente si è provveduto a sistemarle presso altre abitazioni provvedendo a erogare contributi per i loro contratti di locazione data l'inagibilità delle loro case;
nonostante i passi avanti riscontrati con i primi interventi effettuati per la messa in sicurezza dell'area e per la stipula di alcuni contratti di locazione che hanno permesso ad alcune famiglie coinvolte di ottenere sistemazioni abitative, ad oggi la problematica si presenta ancora evidente mancando la disponibilità dei fondi necessari per il ripristino delle condizioni abitative preesistenti;

si contano in novanta le persone ancora costrette fuori dalle loro case, e che continuano a subire ingenti danni economici e disagi familiari che derivano da questo tardato stanziamento dei contributi e dalla mancata attenzione alla loro precaria situazione -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per permettere a queste famiglie che attualmente sono prive della casa, a causa del grave dissesto del territorio, di poter resistere all'emergenza e quali iniziative intenda adottare per sanare l'insostenibile situazione idrogeologica del suolo calabrese continuamente interessato a questo tipo di fenomeni.
(4-07361)

SBAI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i dati relativi all'inquinamento di origine industriale che affligge la città di Taranto assurgono da tempo agli onori delle cronache e stanno creando allarme e sconcerto nell'opinione pubblica;
studi e monitoraggi di soggetti pubblici, come l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) della Puglia, e di istituzioni scientifiche e universitarie forniscono un quadro sempre più allarmante dei livelli di inquinamento e dei loro effetti sulla salute dei cittadini e sull'ambiente, beni costituzionalmente tutelati;
la nota questione ambientale dell'area di Taranto che registra un triste primato europeo in materia di inquinamento ambientale, sta determinando danni sempre più allarmanti, come evidenziato già da anni orsono, dalla trasmissione televisiva di LA 7 «Malpelo» nella puntata del 23 ottobre 2008, in cui sono stati evidenziati i danni alla salute dei cittadini e, in particolare, alle fasce deboli degli anziani e dei bambini, dovuti alle abnormi immissioni inquinanti, nonché tracce significative di diossina nei terreni agricoli di una vasta area e nel latte prodotto dai locali allevamenti determinando, con delibera regionale, l'abbattimento di oltre mille capi ovini, senza contare l'inquinamento nel pollame e nelle uova ed in genere di materie commestibili di largo consumo, il che da tempo, sta creando pesanti ricadute economiche, del settore agro-alimentare del territorio, generando oltretutto discredito nel settore agricolo;
l'area tarantina ha, infatti, due impianti, l'Ilva e la centrale elettrica ex-Edison, che si collocano al secondo e terzo posto nella «classifica» degli impianti industriali italiani che, con le loro emissioni di anidride carbonica, contribuiscono maggiormente all'aumento dell'effetto serra;
questi dati abnormi riguardano le emissioni di inquinanti con dirette ricadute sull'ambiente e sulla salute a livello locale. La città pugliese ha infatti il primato italiano nelle emissioni in atmosfera di idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), di diossina, di piombo, di mercurio, di benzene, emissioni quasi tutte concentrate nell'impianto Ilva;
secondo dati INES (Inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti) attualmente disponibili su internet del 2006 e che sono riferiti al 2005, quindi ormai vecchi, «Sale a livelli record la diossina superando i valori del 2002. Fino ad ora erano noti a Taranto solo i dati del 2002 che già erano allarmanti per aver superato la soglia del 30 per cento. L'attuale percentuale del 90,3 per cento è calcolata rispetto alle emissioni complessive stimate per la grande industria. All'Ilva il primato nazionale per PCDD (policlorodibenzo-p-diossine) e PCDF (policlorodibenzo-p-furani). Sotto accusa l'impianto di agglomerazione»;
prima di quel periodo, il settimanale l'Espresso aveva fatto scoppiare il «caso Taranto» a livello nazionale, segnalando che a Taranto si sarebbe concentrato il 30 per cento della diossina italiana. Tale notizia si basava sui dati europei del 2002

del Registro Eper (European Pollutant Emission Register). In seguito, si sono resi noti i dati successivi al 2002;
PeaceLink ha infatti svolto una ricerca per acquisire valori più aggiornati. L'indagine è stata svolta sul database del registro INES delle emissioni inquinanti, elemento assai attendibile, visto che il registro INES è integrato con il registro EPER e contiene informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale. I risultati indicano che la situazione della diossina si è notevolmente aggravata rispetto alla stima allora pubblicata dall'Espresso. Taranto infatti è passata dai 71,4 grammi/anno del 2002 ai 93 grammi/anno di diossina del 2005, ultimo anno per il quale cui si dispone di stime relative alla grande industria;
questo aumento, si riferisce a elementi pericolosissimi come PCDD (policlorodibenzo-p-diossine) e PCDF (policlorodibenzo-p-furani), famiglia di diossine cancerogene e responsabili di malformazioni ai neonati. Sconvolgenti sono i reportage fotografici visionabili su internet relativi alle malformazioni neonatali;
questi dati sconvolgenti, nonché le relative conseguenze, hanno fatto nominare Taranto sorgente di «contaminazione nazionale», tanto da poter affermare che la diossina (aumentata in termini assoluti di 21,6 grammi/anno rispetto al 2002) ha subito un incremento del 30,3 per cento in termini percentuali. Queste sostanze sono dispersi per l'ambiente, non sono biodegradabili e anzi si «bioaccumulano» nella nostra alimentazione quotidiana. Possono inoltre «viaggiare» e percorrere con i venti grandissime distanze contaminando altri siti. Non è difficile immaginare tali ripercussioni nazionali, visto che la diossina, di Taranto passa dal 32,1 per cento al 90,3 per cento del totale nazionale;
sempre secondo le stime INES risalenti a pubblicazioni del 2006, mentre a Taranto la diossina è aumentata, in Italia la diossina è diminuita passando dai 222,5 grammi/anno del 2002 ai 103 grammi/anno del 2005. Sulla base di tali dati assoluti si possono ricavare quelli percentuali: la diossina stimata a Taranto passa così dal 32,1 per cento al 90,3 per cento rispetto al totale nazionale delle emissioni di diossina inventariate nel database INES. L'Ilva supera di 93 volte il valore di soglia per la diossina;
il database INES individua nell'Ilva la sorgente di tale contaminazione. Se i dati diffusi dall'Espresso hanno generato stupore, queste nuove informazioni fanno segnalare un livello di allarme straordinario. La città jonica registra ormai livelli di diossina da record. E l'Ilva di Taranto supererebbe di 93 volte il valore soglia di diossina che il Registro INES fissa in 1 grammo per lo stabilimento siderurgico;
la Commissione Ippc, entro marzo 2009 avrebbe dovuto esprimersi sul rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) allo stabilimento siderurgico di Taranto, il che si appalesa impossibile, in mancanza di interventi sia normativi che operativi sulla riforma dei parametri di riferimento;
questi preoccupanti dati creano allarme per la popolazione e per la salute pubblica e rendono urgenti e improrogabili interventi per accertare la reale natura e consistenza di tutte le possibili fonti inquinanti e la consistenza analitica degli agenti inquinanti e l'aggiornamento delle stime ormai datate, con indagine sulle ripercussioni sulla salute della popolazione, visto anche il fatto che una legge regionale del 2008 aveva imposto alle industrie pugliesi il limite europeo di 0,4 nanogrammi per metro cubo di tossicità equivalente per le emissioni di diossina, legge voluta dall'AIL - Associazione italiana contro le leucemie;
è di questi giorni la discussione in XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, di due interrogazioni a risposta immediata, bipartisan, che chiedevano al Governo l'istituzione del Registro nazionale dei Tumori, che nel caso di

specie, evidenzierebbe palesemente le tragiche conseguenze, alla stregua di un'indagine epidemiologica;
il Ministro Fazio, in XII Commissione ha dato risposta confortante, che si ritiene opportuno riportare, vista la valenza essenziale nel contenuto della presente interrogazione. Dopo aver fornito alcune considerazioni di carattere generale, secondo cui «I registri sanitari fanno capo a due principali tipologie che si differenziano per finalità, modalità di tenuta e di informazioni da registrare ossia: 1. registri di casistica finalizzati prevalentemente alla valutazione di efficacia degli interventi sanitari, registrano tutti i casi di soggetti portatori di una determinata patologia che afferiscono alla rete delle strutture sanitarie aderenti allo specifico registro, indipendentemente dalla provenienza territoriale dei pazienti. Tali registri sono meno complessi da organizzare ma non danno, in linea generale, informazioni sulla epidemiologia ed enologia delle patologie studiate. 2. I registri di popolazione, registrano, per un determinato territorio, tutti i casi relativi ai residenti indipendentemente dal luogo di trattamento. Tali registri richiedono un maggior impegno organizzativo e sono finalizzati a fornire informazioni sulle modifiche epidemiologiche (incidenza, prevalenza, mortalità generale e specifica per la patologia studiata) e sullo studio di fattori di rischio (enologia). Tali tipi di registro richiedono la ricerca attiva di tutti i casi già presenti e in trattamento (prevalenza) e di tutti i nuovi casi (incidenza) per singolo anno, attraverso un incrocio delle diverse fonti informative. In questo tipo di attività di registro, è necessario che tutti i casi siano rintracciati e registrati con un notevole sforzo organizzativo, per cui è preferibile «coprire» territori più limitati senza lasciarsi sfuggire casi, anziché coinvolgere territori più ampi ma in maniera incompleta». Si è passati, nella risposta del Ministro, alle considerazioni determinanti del Governo: «da quanto sopra esposto appare evidente che i differenti registri richiedono approcci diversificati. Un secondo elemento generale che è utile richiamare, riguarda il fatto che rispetto agli anni in cui hanno cominciato a strutturarsi le più importanti e qualificate esperienze di registri dei tumori in Italia (anni 70-80), è fortemente cresciuta, nel nostro Paese, la sensibilità sul rispetto dei dati personali e si è consolidata un'importante normativa in tema di tutela dei dati sensibili»;
infine, il Ministro ha affermato che «si comunica che, il Ministro della Salute intende inserire in un prossimo disegno di legge di iniziativa governativa una norma, che risponde alle esigenze di sanità pubblica»;
il Ministro ha depositato presso la segreteria della Commissione predetta, la bozza di articolato affermando che «Tale norma affronta in maniera organica la tematica dei registri sanitari nel nostro Paese, con riferimento anche a quello per i tumori. Nell'attivare la norma in esame sarà valutato: il rapporto costo-beneficio per ciascun tipo di registro da attivare, tenendo ovviamente conto anche degli impatti economico-finanziari connessi; il confronto con l'Autorità garante per la protezione dei dati personali in merito alle misure tecniche finalizzate alla tutela dei dati sensibili»;
il Governo, da ultimo, «senza alcuna nota di polemica», ha segnalato che il Ministero della salute, «guarda con favore anche ad ogni iniziativa di natura parlamentare che potrà essere avviata a sostegno della tematica in esame»;
per tutto quanto sopra, l'interrogante condivide la necessità di affrontare in sede normativa e governativa gli argomenti esposti come sopra dal Ministro, in tempi più possibile celeri, evidenziando che occorre altresì, stanziare le necessarie risorse economiche per fronteggiare la situazione di grave allarme sociale e scongiurare l'inevitabile aggravamento dei danni all'ambiente ed alla salute pubblica vista la gravità dell'attuale situazione dell'area tarantina -:
se intenda assumere con urgenza iniziative normative rappresentate dal Ministro

Fazio in XII Commissione per l'istituzione del Registro dei tumori con particolare riferimento a quelli definiti «di popolazione», miratamente all'area pugliese e tarantina e quali iniziative intenda intraprendere il Governo per aggiornare i già allarmanti dati di cui in premessa e di accertare tutte le possibili fonti inquinanti e la consistenza analitica attuale degli agenti inquinanti, per adottare tutte le possibili misure di messa in sicurezza, per contenere il danno e per acclarare o scongiurare un eventuale disastro ambientale, con danno alla pubblica salute ed incolumità fisica ed all'ambiente, visto che il generico e abusato termine di «emergenza» rappresenta, invece, una grave patologia per la salute umana e l'ambiente nonché fonte di danni crescenti per la popolazione, l'economia locale e, in generale anche regionale, anche convocando - se del caso - apposita conferenza di servizi per affrontare e risolvere il grave problema tra il Governo, le autorità locali, nonché le parti interessate visti i limiti vigenti in Italia relativi all'inquinamento da diossina ed i valori più restrittivi in vigore negli altri paesi dell'Unione europea, ampiamente superati in maniera crescente a livelli che non possono essere sottaciuti.
(4-07368)

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DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 145, «Regolamento recante riorganizzazione del Ministero della difesa», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 21 ottobre 2009, è entrato in vigore il 5 novembre 2009;
tale regolamento ha previsto una nuova organizzazione del Ministero della difesa articolata in un segretariato generale e nove direzioni generali, tra le quali la direzione generale della sanità militare;
il conseguente decreto ministeriale in data 1o febbraio 2010, recante la struttura del segretariato generale e delle direzioni generali in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 145 del 2009 ha fatto cessare l'applicazione delle normative antecedenti;
il decreto ministeriale in data 1o febbraio 2010 firmato dal Ministro della difesa, disciplinante la struttura e le attribuzioni della direzione generale della Sanità Militare, non è stato ancora eseguito;
a distanza di pochi mesi si sta operando una nuova ristrutturazione ancorché la precedente non sia stata ancora compiutamente attuata, attraverso interventi di radicale modifica al decreto del Presidente della Repubblica n. 145 del 2009;
lo schema di regolamento che si vuole attuare prevede la ricollocazione di tre direzioni generali (Terrarm, Navarm e Armaereo) nell'ambito del segretariato generale che viene riordinato in nove reparti e contestuale soppressione della direzione generale della sanità militare i cui compiti vengono assorbiti in parte dallo Stato maggiore della difesa, e in parte da Commiservizi;
con la ipotizzata soppressione di Difesan viene fortemente indebolito un delicato ed insostituibile servizio, quello sanitario militare, a favore delle forze armate che operano sia in patria che all'estero;
l'attività sanitaria militare, viene eccessivamente frammentata nei settori della medicina preventiva e sociale, della medicina legale, del servizio trasfusionale militare, della psicologia militare e statistica sanitaria, con gravi ripercussioni sui circa 10.000 soldati italiani attualmente presenti nei teatri operativi esteri, che rischiano di ritrovarsi privi di assistenza sanitaria supplementare e risarcitoria;

si rischia di disperdere un ingente e prezioso patrimonio di esperienze e competenze, acquisito negli anni, nell'ambito delle convenzioni sanitarie, dei rimborsi delle spese sanitarie, del contenzioso sanitario (soprattutto per quanto concerne le delicate questioni dell'amianto e dell'uranio impoverito) e delle acquisizioni di materiale sanitario;
la metodologia organizzativa che si sta delineando non risponde alle attuali esigenze e strategie di sviluppo della sanità militare per la cui efficienza e funzionalità sarebbe sufficiente sopprimere l'attuale ufficio generale della sanità militare presso lo Stato maggiore della difesa GSM che, costituito in maniera impropria (o.d.g. del Capo di stato maggiore della difesa) ed in via sperimentale, da tre anni affianca la direzione generale della sanità militare per l'assolvimento di funzioni di fatto similari -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alla citata problematica onde conseguire un efficiente e razionale assetto organizzativo del segretariato generale della difesa ed in particolare del servizio sanitario militare.
(3-01087)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 29 e 31 della Costituzione stabiliscono che la Repubblica italiana riconosce i diritti della famiglia come società naturale, protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo;
l'articolo 30 della Costituzione stabilisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli;
il procedimento di trasferimento del personale militare non dovrebbe prevalere su queste fondamentali norme costituzionali, che garantiscono l'esistenza di una famiglia e con essa il diritto ed il dovere per i genitori di accudire i propri figli, in modo accessibile, continuativo e certo;
risulta all'interrogante che il Coir del comando squadra aerea dell'Aeronautica militare, con la delibera n. 3 del 14 gennaio 2010, ha portato all'attenzione dell'autorità militare affiancata la problematica del personale militare coniugato con altro militare, chiedendo l'effettuazione di un censimento del fenomeno propedeutico all'individuazione di possibili provvedimenti risolutivi;
l'autorità militare, con il foglio prot. n. SQA-021/11870 del 5 febbraio 2010, ha accolto la richiesta ed ha disposto l'effettuazione di un censimento del fenomeno;
il risultato del censimento, nell'area CSA di competenza, è stato reso noto con il foglio prot. n. SQA-251/33834/P14-1/3 del 2 aprile 2010. I dati rappresentati hanno evidenziato l'esistenza di casi limite davvero gravosi per alcuni coniugi militari costretti a vivere distanti, l'uno dall'altro, oltre 1000 chilometri. Successivamente, in data 27 aprile 2010, con il foglio SQA-251/41635/P14-1/3, l'ufficio personale del comando della squadra aerea ha provveduto ad integrare il suo documento precedente effettuando una disquisizione su una fattispecie di ricongiungimento familiare che non era argomento della delibera COIR;
sono state evidenziate le procedure previste nei casi di ricongiungimento familiare di personale militare con coniuge militare trasferito d'autorità o collocato in congedo, lasciando in tal modo irrisolte le fattispecie relative ai casi di coniugi militari, non trasferiti d'autorità, ossia che abbiano contratto matrimonio dopo l'arruolamento o che siano stati comunque destinati in «prima assegnazione» in enti geograficamente molto distanti;
il permanere di situazioni di separazione tra coniugi, ancorché militari, di fatto mortifica le aspettative del personale in questione che attende già da tempo una

possibile soluzione allo stato di separazione in cui si trova costretto a vivere, con i conseguenti nefasti effetti sulla economia e sul morale -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se sia allo studio un'apposita normativa o regolamento afferente la fattispecie dei ricongiungimenti dei coniugi militari;
quali urgenti ed immediate azioni il Ministro interrogato intenda adottare per garantire, in considerazione del crescente numero di famiglie composte da coniugi militari, il diritto e il dovere, costituzionalmente tutelato di costituire una famiglia e di accudire alla prole, mediante il ricongiungimento dei nuclei familiari nelle sedi richieste.
(4-07351)

CONTENTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
all'interno di alcuni immobili di proprietà del Ministero interrogato e siti in località Centocelle a Roma, sarebbero conservate migliaia di schede personali degli appartenenti alle Forze armate e delle milizie volontarie fino all'Armistizio del 1943;
la fatiscenza di tali edifici sarebbe tale che gli stessi da tempo non risulterebbero più agibili;
l'unità responsabile del prezioso materiale ivi conservato risulta la «Persomil», quinto reparto, sedicesima divisione, quinta sezione, operativa alla Cecchignola, a Roma;
la documentazione depositata a Centocelle, già ben catalogata, sarebbe, pertanto, a rischio di decadenza a causa dello stato di cattiva conservazione, nonché della possibile presenza di infiltrazioni d'umidità e di incursioni da parte di ratti e altri animali -:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e, in caso di risposta affermativa, se intenda disporre al più presto il trasferimento in una sede più congrua ed appropriata del materiale storico attualmente depositato nei magazzini inagibili di Centocelle;
se nel territorio nazionale esistano ulteriori archivi simili a quello oggetto del presente atto e in condizioni di manutenzione similari;
per quali ragioni la documentazione in esame non sia mai stata affidata agli archivisti del Ministero della difesa, atteso il suo altissimo valore per la storia bellica - e non solo - del nostro Paese.
(4-07357)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il 25 febbraio 2010 è stata svolta una interpellanza urgente (n. 2/00585) concernente il regime tributario applicabile alle somme che sarebbero state percepite dall'associazione «Italia dei Valori» a titolo di rimborso elettorale;
il Governo ha risposto che «gli organi competenti effettueranno gli opportuni approfondimenti del caso»;
sono passati oltre cinque mesi dal deposito dell'interpellanza urgente e 3 mesi dallo svolgimento -:
se siano stati effettuati gli accertamenti indicati in premessa e quale ne sia stato l'esito.
(2-00731) «Brigandì, Lussana».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
V Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Comitato interministeriale per la programmazione economica-CIPE, nella seduta del 13 maggio 2010, ha approvato un ampio programma di investimenti nel settore delle infrastrutture e della viabilità che mobilita un ingente ammontare di risorse pubbliche;
in tale seduta, il CIPE ha inoltre assunto importanti decisioni relative all'utilizzo di risorse provenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate e confluite nel Fondo infrastrutture, approvando tra l'altro il primo stralcio del programma straordinario di interventi urgenti sul patrimonio scolastico, con l'assegnazione di 358 milioni di euro;
il CIPE ha reso disponibile nel proprio sito un resoconto sintetico degli esiti della seduta del 13 maggio 2010, dal quale è possibile ricavare soltanto informazioni sommarie senza peraltro che venga fornita alcuna indicazioni in merito ai criteri adottati per il riparto delle risorse;
ad avviso dell'interrogante è importante che il Parlamento sia tempestivamente informato del contenuto delle decisioni assunte dal CIPE, tenuto conto della loro rilevanza sotto il profilo della programmazione economica -:
quali siano gli esatti contenuti delle deliberazioni assunte dal CIPE nella seduta del 13 maggio 2010 in ordine all'utilizzo delle risorse provenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate e confluite nel Fondo infrastrutture e nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale e, in particolare, quali siano i criteri utilizzati per l'individuazione degli interventi da finanziare e i finanziamenti destinati a ciascun intervento, con particolare riferimento a quelli relativi al primo stralcio del programma straordinario di interventi urgenti sul patrimonio scolastico.
(5-02950)

GALLETTI, CICCANTI, LIBÈ, OCCHIUTO e VOLONTÈ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso del dibattito riguardante la ratifica del trattato italo-libico firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, fu introdotto un articolo relativo all'indennizzo dovuto agli italiani espulsi dalla Libia nel 1970, ai quali il colonnello Gheddafi aveva confiscato ogni bene (articolo 4 della legge 6 febbraio 2009, n. 7);
in quell'occasione il Sottosegretario agli esteri, Mantica, affermò che, grazie a quell'articolo, l'indennizzo sarebbe arrivato «in tempi certamente più brevi» rispetto all'iter che avrebbero dovuto compiere le varie proposte di legge presentate al riguardo e giacenti presso le Commissioni parlamentari competenti;
l'approvazione della norma rappresentava per gli interessati il coronamento di un sogno dopo tanti anni di attesa, facendo passare in subordine il modesto stanziamento previsto dal disegno di legge ed il fatto che l'applicazione della disposizione fosse subordinata al varo di un decreto attuativo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
con circa un anno di ritardo rispetto all'entrata in vigore della legge di ratifica, nello scorso mese di gennaio 2010 è stato trasmesso alle Camere per il prescritto parere il decreto ministeriale attuativo che deve stabilire la misura e le modalità per la corresponsione dell'indennizzo (Atto n. 175);
le commissioni competenti di Camera e Senato nel mese di febbraio 2010 hanno espresso il parere favorevole subordinato all'elevazione del coefficiente a fronte del quale è stabilito l'indennizzo dal 30 per cento al 47 per cento, avendo accolto in parte i rilievi mossi dall'Associazione italiani rimpatriati dalla Libia sui criteri, ad

avviso degli interroganti, assurdi, penalizzanti e contraddittori adottati dal Ministero stesso;
questo modesto miglioramento è sempre poca cosa rispetto al valore dei beni persi nel 1970 e stride con la totale disponibilità dimostrata dal Governo nei confronti di Gheddafi che, talvolta a prezzo, secondo gli interroganti, della dignità del nostro Paese, è servita e servirà ad assicurare consistenti commesse alle grandi imprese italiane anche di Stato;
comunque, da quando il decreto, nella prima settimana di febbraio 2010, è tornato al Ministero per il varo definitivo, se ne sono perse le tracce, nel senso che ogni tentativo teso a conoscerne l'iter è rimasto senza risposta o ha avuto risposte contrastanti;
oggi, a distanza di quindici mesi dall'entrata in vigore della legge n. 7 del 2009, l'articolo 4 relativo agli indennizzi ai rimpatriati dalla Libia non ha avuto ancora applicazione, mentre gli altri articoli della stessa legge, riguardanti le nostre obbligazioni verso la Libia, sono già completamente operanti -:
se non ritenga, alla luce delle premesse, indilazionabile il varo del decreto attuativo ex articolo 4 della citata legge n. 7 del 2009, nonché l'adozione nell'immediato di provvedimenti atti a riconoscere il giusto indennizzo ai rimpatriati dalla Libia che hanno già atteso troppo a lungo e che seguitano a vedere mortificato ogni loro legittimo diritto a fronte dei sacrifici che, come tutti gli italiani, sono costretti a pagare per gli oneri derivanti dal trattato italo-libico che, al contrario di quanto a loro dovuto, vengono puntualmente onorati.
(5-02951)

Interrogazioni a risposta scritta:

POLLEDRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4, comma 1, della legge n. 7 del 2009 «Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008» dispone che ai cittadini italiani nonché agli enti e alle società di nazionalità italiana già operanti in Libia, in favore dei quali la legge 6 dicembre 1971, n. 1066, ha previsto la concessione di anticipazioni in relazione a beni, diritti e interessi perduti a seguito di provvedimenti adottati dalle autorità libiche, ovvero che hanno beneficiato delle disposizioni di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 16, alla legge 5 aprile 1985, n. 135, nonché alla legge 29 gennaio 1994, n. 98, è corrisposto un ulteriore indennizzo, per gli anni dal 2009 al 2011, nei limiti delle risorse del fondo di cui al comma 5;
lo stesso articolo 4 della menzionata legge prevede, inoltre, che la misura e le modalità di corresponsione dell'indennizzo di cui al comma 1 dello stesso articolo, nel limite della dotazione del predetto fondo, sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia e per i profili finanziari;
il ministero dell'economia e delle finanze in ossequio alla normativa richiamata ha, dunque, emanato uno schema di decreto ministeriale concernente la misura e le modalità di corresponsione del predetto indennizzo;
lo schema di decreto, esaminato dalle Commissioni competenti, nel mese di febbraio 2010, è tornato al Ministero dell'economia e delle finanze e non si è ancora proceduto a darvi attuazione;
la legge di ratifica del Trattato italo-libico è stata attuata in tutte le sue parti, tranne quella riguardante il menzionato indennizzo previsto dall'articolo 4 della legge n. 7 del 2009. Per molte persone ciò comporta continuare a vedere negato il loro legittimo diritto alla percezione di un indennizzo che è loro dovuto per aver

subito la perdita di beni e relativi diritti a causa di provvedimenti adottati dalle autorità libiche; provvedimenti adottati, come noto, per ragioni politico-sociali che non riguardano i coinvolti;
ad oggi, moltissimi cittadini italiani interessati ed associazioni come l'AIRL, associazione italiani rimpatriati dalla Libia che riunisce venti mila italiani espulsi dalla Libia nel 1970, chiedono con forza l'applicazione del decreto ministeriale richiamato -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, visto il diritto dei cittadini italiani interessati alla corresponsione dell'indennizzo loro dovuto e vista l'espressa previsione legislativa di una copertura finanziaria per far fronte a tale scopo, intervenire in tempi certi, affinché possa essere data attuazione all'articolo 4 della legge n. 7 del 2009 con la dovuta applicazione del decreto ministeriale in questione.
(4-07347)

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 1 dell'articolo 2 della legge 22 dicembre 2008, n. 203 ha fissato l'aliquota IRAP per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi nella misura dell'1,9 per cento, togliendo alle regioni ogni possibilità di aumentare o diminuire detta aliquota di un punto percentuale;
l'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nella determinazione della base imponibile IRAP ammette in deduzione un importo pari a 4.600 euro per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta;
lo stesso articolo 11 stabilisce che tale importo deducibile è innalzato a 9.200 euro per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
venendo meno anche la possibilità residua per le regioni di intervenire sull'aliquota IRAP per i soggetti che operano nel settore agricolo e della pesca, le regioni non hanno leve su cui agire per modificare il regime dell'imposta sul reddito delle attività produttive -:
se il Governo intenda intervenire, nelle more della concreta attuazione del federalismo fiscale, assumendo le opportune iniziative normative per dare la possibilità a tutte le regioni di innalzare fino ad un massimo di 9.200 euro l'importo deducibile, ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, per ogni addetto impiegato a tempo indeterminato.
(4-07364)

TESTO AGGIORNATO AL 24 NOVEMBRE 2010

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GIUSTIZIA

Interpellanze:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con il P.D.G. del 20 giugno 2007 il Dipartimento per la giustizia minorile bandiva il concorso pubblico esterno ad 80 posti di educatore, il 15 febbraio del 2009 veniva approvata la graduatoria generale dei vincitori e degli idonei al predetto concorso;
il Dipartimento per la giustizia minorile il 4 marzo 2010 inviava al visto dell'ufficio centrale del bilancio del Ministero della giustizia il provvedimento n. 6830 contenente l'elenco dei primi 45 educatori, la cui assunzione è stata autorizzata con il decreto del Presidente della Repubblica del 28 agosto 2009 (40 unità) e con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009 (5 unità);
il visto non sarebbe stato concesso a causa di alcuni rilievi formali, sollevati dall'ufficio centrale del bilancio, relativi

all'inottemperanza da parte del dipartimento per la giustizia minorile agli adempimenti previsti dall'articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;
considerato che il previsto blocco delle assunzioni ai sensi dell'articolo 2, comma 8-quater, della legge 26 febbraio 2010, n. 25, decorrerà dal 30 giugno 2010, si rischierebbe di bloccare l'assunzione degli educatori presso il Dipartimento per la giustizia minorile;
tali assunzioni rivestono particolare importanza in considerazione del più volte denunciato sovraffollamento delle carceri e del ruolo rilevante che tali operatori avranno in vista della nuova disciplina delle misure alternative alla detenzione -:
quali rilievi formali hanno portato al rifiuto del visto dell'ufficio centrale del bilancio riguardo al provvedimento 4 marzo 2010 n. 6830 del Dipartimento per la giustizia minorile;
quali interventi urgenti si intendano assumere al fine di consentire in tempi brevi l'assunzione di educatori presso il Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia.
(2-00730) «Berretta, Migliori».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
con precedenti atti di sindacato ispettivo è stata affrontata la questione della vicenda giudiziaria sviluppatasi in relazione all'erogazione, da parte della regione Piemonte, delle provvidenze economiche previste per le vittime delle alluvioni del 1994 e del 2000;
in particolare, nell'interpellanza urgente n. 2-00384 nel segnalare l'esistenza di un procedimento penale riguardante l'attribuzione di tali provvidenze a soggetti che non ne avrebbero avuto diritto, già si sottolineava l'abnormità del mancato coinvolgimento nell'indagine, quale persona indagata, del dirigente regionale responsabile del relativo procedimento amministrativo;
peraltro dalla lettura degli atti processuali di un altro procedimento penale relativo alla medesima vicenda e nel quale l'onorevole Matteo Brigandì era indagato per diffamazione, il medesimo funzionario aveva reso in udienza - e davanti al medesimo pubblico ministero, come rappresenta in udienza - dichiarazioni di tenore diametralmente opposto a quelle rese nel precedente procedimento;
infatti nell'udienza del 24 febbraio 2006 il sopra citato direttore (pag. 10 trascrizioni) disse: «Noi intanto non potevamo escludere, non possiamo escludere, non escludo, che le imprese ricorrenti possano effettivamente essere state danneggiate. Il problema è che io avevo a mie mani soltanto un'autocertificazione» mentre nella seconda udienza del 26 settembre 2008, riferendosi alla medesima vicenda, il direttore afferma «A Moncalieri l'alluvione non arrivò proprio... io passo da lì tutti i giorni, come anche questa mattina, ... io so benissimo; sapevo benissimo io che l'alluvione lì non era mai arrivata»;
è evidentemente contraddittorio che il medesimo soggetto affermi in due procedimenti distinti - ma riguardanti il medesimo fatto - in un caso di non poter escludere l'esistenza di un danno alle imprese a cagione dell'alluvione e in un altro di essere certo che l'alluvione che avrebbe dovuto causare il danno non sia arrivata nel comune di Moncalieri, nel territorio del quale tuttavia aveva sede l'impresa per la quale egli stesso aveva autorizzato il pagamento di rimborsi, peraltro affermando di aver, in tale ultimo caso «ritenuto di derogare alla norma»;
nonostante quanto sopra riportato mentre l'onorevole Matteo Brigandì veniva sottoposto a procedimento penale nei confronti del funzionario non veniva effettuata dal pubblico ministero alcuna contestazione;
a fronte di tali fatti, già ricostruiti nel citato atto di sindacato ispettivo, il sottosegretario

di Stato per la giustizia, onorevole Caliendo, ha risposto nella seduta, n. 186, dell'11 giugno 2010: «dalla risposta emerge che con l'atto di sindacato ispettivo citato vengono riferiti comportamenti illeciti riscontrati in relazione all'erogazione, da parte della regione Piemonte, delle provvidenze economiche previste per le vittime delle alluvioni del 1994 e del 2000. In particolare, nel segnalare l'esistenza di un procedimento penale riguardante l'attribuzione di tali provvidenze a soggetti che non ne avrebbero avuto diritto, si sottolinea il mancato coinvolgimento nell'indagine, quale persona indagata, del dirigente regionale responsabile del relativo procedimento amministrativo. Inoltre, rilevate alcune anomalie dell'attività investigativa - come l'oggetto della truffa individuata dal pubblico ministero, nonché la limitazione del sequestro delle somme destinate a pagamenti illeciti o il diverso trattamento riservato ai soggetti toccati dall'indagine - si adombra un comportamento parziale del magistrato inquirente, determinato da rapporti di amicizia tra un ufficiale di polizia giudiziaria che collaborava alle indagini con il suddetto dirigente regionale. Si sollecita pertanto il Ministro della giustizia ad adottare iniziative in merito, non esclusa un'ispezione, onde accertare l'eventuale sussistenza di rilevanti omissioni o trattamenti immotivatamente differenziati addebitabili al pubblico ministero che si è occupato del caso. Al riguardo, si segnala che alla luce di tali rilievi formulati dagli interroganti e tenuto conto della documentazione acquisita in proposito, il Ministro della giustizia, per il tramite del competente ispettorato generale, intende disporre accertamenti preliminari al fine di ricostruire compiutamente la complessa vicenda processuale riguardante l'erogazione delle provvidenze economiche previste per le vittime delle alluvioni del 1994 e del 2000 ed accertare l'eventuale ricorrenza di profili suscettibili di assumere rilievo disciplinare. All'esito dei predetti accertamenti preliminari, valutate le risultanze degli stessi, il Ministro della giustizia assumerà le determinazioni di sua competenza» -:
se siano stati effettuati i sopra ricordati accertamenti preliminari, quali siano le risultanze degli stessi e quali determinazioni abbia assunto o intenda assumere il Ministro interpellato.
(2-00732) «Barani, Polledri, Crosio, Vanalli, Comaroli».

Interrogazioni a risposta orale:

BERRETTA e ANDREA ORLANDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 29 gennaio 2010 una delegazione di consiglieri della provincia regionale di Siracusa, ha effettuato una serie di visite agli istituti di pena della provincia di Siracusa, accertando alcune criticità inerenti al sovraffollamento e alle carenze strutturali e di personale di tali istituti;
nella casa di reclusione di Brucoli-Augusta, dall'illustrazione del direttore è emerso che l'istituto penitenziario è stato aperto nel 1987 ed alla data della visita ospitava oltre 600 detenuti pur essendo concepito per contenerne 300;
risulta insufficiente la dotazione organica effettiva della polizia penitenziaria: a fronte dei previsti 358 agenti di custodia infatti ve ne sono solo 225, una carenza grave dunque pari al 37 per cento della dotazione necessaria a garantire i compiti e le funzioni istituzionali;
la mancanza di personale di polizia penitenziaria comporta aggravio dei carichi di lavoro, stress psicofisico, assenze per malattia, ricorso al lavoro straordinario, ed alimenta il malcontento ed il malessere fra gli agenti;
particolarmente grave risulta la carenza di organico per il personale educativo che presenta solo due unità sulle quindici previste;
sconcertante ed inaccettabile risulta la situazione verificata in merito alle necessità di rifornimento e somministrazione

idrica: il rifornimento dell'acqua avviene tramite autobotti ed i detenuti sono sottoposti al razionamento;
questa grave carenza ha delle inevitabili conseguenze sotto l'aspetto igienico sanitario soprattutto per le alte temperature registrate durante la stagione estiva, che causano condizioni di invivibilità per la popolazione carceraria in primo luogo ed anche per il personale che vi opera;
particolarmente carenti le condizioni strutturali del carcere che sono state verificate anche a seguito delle audizioni effettuate successivamente con le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria: i sistemi elettrici non sono a norma e non consentono il raggiungimento di standard minimi sia per la sicurezza della struttura carceraria sia per l'incolumità del personale che vi opera;
gravi si appalesano i mancati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria anche in riferimento alle condizioni strutturali del carcere con particolare riferimento ai locali sotterranei che, da dichiarazioni acquisite, sovente si trasformano in ricettacolo e contenitore di infiltrazioni diffuse di acqua;
il 4 marzo 2010 si è verificato il crollo, a causa del forte vento, di parte dell'alta inferriata di recinzione del carcere;
il 18 febbraio 2010 la succitata delegazione ha eseguito una visita nella casa di reclusione di Noto, rilevando anche qui, notevoli criticità;
tale struttura grazie ai lavori di ammodernamento, terminati nel 2009, avrebbe dovuto migliorare ovvero risolvere il grave problema del sovraffollamento, ad oggi ospita 250 detenuti, nonostante la popolazione carceraria consentita è pari a 180 detenuti;
grave ed insostenibile è la situazione della polizia penitenziaria: l'organico reale è di 75 unità, ma quelli effettivamente in servizio sono circa 60 sui 169 necessari;
vengono denunciate gravi deficienze nelle procedure e negli standard di sicurezza e di controllo: il servizio serale di vigilanza è di sole 6 unità di polizia penitenziaria ed i servizi minimi non possono essere garantiti tanto da compromettere addirittura il livello minimo di sicurezza;
altrettanto grave appare la situazione del personale civile, quale quella degli educatori, presenti in sole due unità;
non accettabile infine si presenta la situazione relativa all'approvvigionamento idrico poiché l'acqua viene razionata e distribuita solo per poche ore durante l'arco della giornata ed in maniera non assolutamente sufficiente;
la carenza di personale di custodia ha assunto limiti intollerabili: i turni che gli agenti sono obbligati a sostenere sono massacranti e lo straordinario non viene remunerato per carenza di fondi;
in data 11 marzo 2010 la delegazione del consiglio provinciale ha effettuato la sua visita presso casa circondariale di Cavadonna;
la struttura ospita 550 detenuti, la capienza ottimale sarebbe di 280, mentre quella tollerabile è di 350 reclusi, la sezione di massima sicurezza accoglie 100 detenuti;
nelle sezioni che ospitano i detenuti comuni, gli standard minimi di decenza e di vivibilità, sono assolutamente intollerabili: in alcune di queste celle i detenuti vivono in 12 in uno spazio di circa 30 metri quadrati che comprendono anche gli arredamenti;
il 35 per cento della popolazione reclusa totale è composta da extracomunitari ed è anche presente una sezione «protetta» dove sono ospitati detenuti per reati che attengono la sfera sessuale: la casa circondariale contiene 138 detenuti che scontano una pena definitiva, mentre la restante parte è in attesa di giudizio o reclusa con pena non definitiva;

la condizione lavorativa della polizia penitenziaria risulta inaccettabile: su una previsione organica di 315 agenti, effettivamente in servizio ce ne sono 150 in quanto 36 risultano distaccati presso altre sedi e 40 si occupano della traduzione dei detenuti, di questo contingente residuo (150), 50 lavorano in attività meramente amministrativa presso uffici;
altrettanto, a dir poco, carente appare l'organico degli educatori presenti in 3 unità;
l'assistenza sanitaria è assicurata con medici ed infermieri 24 ore su 24, mentre mancano i medici specialisti e l'assistenza farmacologica è assolutamente carente;
l'assistenza psicologica è garantita con convenzione ed assicurata per 28 ore mensili;
la struttura, pur di recente costruzione, presenta carenze di manutenzione ordinaria ed in alcuni reparti sono evidenti infiltrazioni d'acqua, che in alcuni casi raggiungono le celle;
la fornitura idrica è garantita dall'esistenza di due pozzi, ma, per carenza di fondi, l'acqua calda è garantita solo un'ora al giorno -:
se sia a conoscenza delle gravi carenze degli istituti di pena presenti in provincia di Siracusa denunciate dal consiglio provinciale;
quali interventi urgenti intenda adottare al fine di fronteggiare le gravi criticità emerse dall'indagine svolta dal consiglio provinciale di Siracusa presso gli istituti di pena della provincia di Siracusa, con particolare riferimento allo stato di abbandono dei mezzi di traduzione dei detenuti, al sistema di video sorveglianza delle carceri, alla situazione di abbandono in cui vengono relegati alcuni detenuti, soprattutto gli extracomunitari che non ricevono adeguata assistenza esterna (visite, denaro), al sovraffollamento nelle celle che trasformano, in alcuni casi, le carceri in luoghi dove si registra una presenza carceraria tripla a quella prevista e doppia rispetto a quella tollerabile, al carente approvvigionamento idrico che rende necessario il razionamento dell'acqua.
(3-01088)

SANTELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a breve presso il tribunale di Paola non si potranno celebrare i processi di competenza del giudice penale monocratico penale né procedere agli atti urgenti penali, quali convalide e direttissime, a causa di una insostenibile carenza di organico;
l'impossibilità di rispondere celermente ed efficacemente alle esigenze di giustizia in un territorio in cui risultano costituite ed operanti ben tre associazioni mafiose, secondo l'ultima relazione della Commissione antimafia, vanifica ogni intervento, preventivo, repressivo nella lotta contro la criminalità;
a seguito dei trasferimenti disposti nei confronti di ben cinque giudici e di altri cinque in via di perfezionamento, essendo le domande ormai irrevocabili, il tribunale di Paola risulta attualmente assegnatario di soli tre giudici (più uno probabilmente in arrivo), già magistrati in tirocinio in servizio dal settembre 2009, che non possono svolgere funzioni monocratiche penali o di GIP/GUP;
in considerazione dei movimenti e del carico di lavoro del tribunale di Paola, già dal mese prossimo si lamenterà una scopertura del 70 per cento, dal momento che la pubblicazione di un bando per 5 posti ha trovato un solo aspirante e la procedura di interpello, ai fini dell'applicazione extradistrettuale ex articolo 110 dell'ordinamento giudiziario, non ha avuto esito per mancanza di disponibilità;
è prevedibile che la prossima pubblicazione per la copertura di 9 posti andrà deserta e la scopertura non è rimediabile con la destinazione dei magistrati attualmente

in tirocinio, impossibilitati per ragioni ordinamentali a svolgere funzioni monocratiche penali e di GIP/GUP;
in siffatta prevedibile ipotesi il tribunale non sarà nelle condizioni di celebrare i processi penali con rito monocratico e le connesse urgenze;
oltre alle attività di contrasto al traffico illegale di rifiuti pericolosi ed alla diffusione delle criminalità organizzata sul territorio, pendono davanti al tribunale di Paola ben quattro processi provenienti dalla direzione distrettuale antimafia, uno dei quali caratterizzato da allarmanti risvolti istituzionali essendo contestato il cosiddetto «voto di scambio»;
sono ancora in corso di trattazione i processi sui versanti penale, lavoro e fallimentare, per i fatti afferenti alla gestione dell'istituto ospedaliero Papa Giovanni XXIII, oggetto di attenzione televisiva a diffusione nazionale (speciale TG 2, Chi l'ha visto, Anno Zero, Presa diretta), ai quali sono connessi gravi riflessi sociali, tra i quali il licenziamento di oltre 500 lavoratori, l'insinuazione, in sede fallimentare, di circa 1000 creditori e la distrazione di denaro per circa 80 milioni di euro -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per impedire la paralisi del tribunale di Paola, a grave discapito delle esigenze di giustizia in un territorio ad alta densità criminale.
(3-01089)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

CAPANO, MAURIZIO TURCO, FERRARI, LOSACCO, GINEFRA, SERENI, IANNUZZI, LO MORO, VICO, CUPERLO, VENTURA, MINNITI, BERRETTA, CALVISI, PICIERNO, LENZI, MELIS, FIANO e BELLANOVA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con lettera, priva di data, ma pervenuta al comune di Bari in data 6 aprile 2010 ed indirizzata anche ad altri comuni, il Ministero della giustizia comunicava di aver raggiunto un accordo con il dipartimento della giustizia minorile, in virtù del quale aveva posto in essere una revisione delle competenze in materia di spese, per il funzionamento degli uffici giudiziari minorili;
per effetto di questa revisione i comuni di Bari, Ancona, Bolzano, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catania, Genova, Lecce, Messina, Milano, Perugia, Reggio Calabria, Salerno, Sassari, Taranto, Trento e Trieste dovranno far fronte alle spese per gli uffici giudiziari minorili relative a locali, manutenzione ordinaria, elettricità e tecnologia, riscaldamento, custodia e vigilanza e «quant'altro», con l'utilizzo del contributo economico previsto dalla legge n. 392 del 1941 e con le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 187 del 1998;
inoltre, detta nota dispone il subingresso dei comuni nei contratti di servizio in essere. Fino ad oggi tali spese non gravavano, come quelle della giustizia ordinaria, sui comuni ma direttamente sul Ministero e questa modifica che parifica i costi della giustizia minorile a quelle della giustizia ordinaria rischia di mettere in profonda difficoltà i comuni interessati ed i loro bilanci;
le spese di giustizia ordinaria, infatti, sono sostenute dagli enti locali in virtù di un obbligo normativo che prevede che il Ministero della giustizia, ricevuti nell'anno successivo all'esecuzione delle spese i rendiconti annuali da parte dei comuni interessati, procede ad una verifica e loro approvazione definitiva (successiva a quella effettuata dalla commissione manutenzione), disponendo così, nei limiti dei propri stanziamenti annuali di bilancio, un rimborso parziale nei confronti degli stessi comuni;
tale rimborso, peraltro effettuato in annualità successive a quella di riferimento, è in ogni caso parziale determinando pertanto che una parte della spesa rimanga in ogni caso a carico del civico bilancio;

tale discrasia ha comunque un notevole impatto sulla determinazione annuale dell'obiettivo programmatico definito per il rispetto obbligatorio del patto di stabilità interno dei comuni;
infatti, le spese (impegnate, per la parte corrente, e pagate, per la parte d'investimento), in uno con le entrate parziali (accertate, per quelle destinate a finanziare la spesa corrente, e riscosse, per quelle destinate a finanziare gli investimenti), incidono profondamente sulle scelte di bilancio anche in virtù del loro impatto sulla determinazione dell'obiettivo prefissato per l'ente ai fini del rispetto del patto;
peraltro non si comprende in base a quali criteri il Ministero abbia ritenuto di imporre questo sacrificio solo ad alcuni comuni e non ad altri esplicitamente esclusi da questo onere aggiuntivo;
si rende utile in ogni caso, proprio al fine di ridurre al minimo gli scompensi già derivanti per le casse comunali dal dover in ogni caso «anticipare finanziariamente» le spese di giustizia richieste dagli operatori del settore, senza peraltro alcuna certezza in ordine sia all'entità del rimborso parziale che ai tempi di esecuzione dello stesso, che tali tipologie di spese, in uno con le entrate correlate, siano perlomeno totalmente escluse dal computo del patto di stabilità -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per eliminare le spese per la giustizia minorile nei comuni indicati ovvero quantomeno a prevedere che le stesse non debbano essere contabilizzate ai fini del rispetto del patto di stabilità.
(5-02952)

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS, TOUADI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei soli primi mesi dell'anno in corso 2010, si sono registrati nelle carceri italiane 76 suicidi, ossia - come documenta il periodico on line Ristretti orizzonti - ogni 2 giorni si è suicidato un detenuto (21 impiccandosi, 6 inalando gas);
tale gravissimo dato è certamente da porsi in relazione con le condizioni di insopportabile disagio in cui vivono oggi i detenuti italiani (quasi 64 mila ospitati in spazi che ne potrebbero al massimo contenere 43 mila);
concorrono a determinare questo risultato tragico le condizioni generali di vivibilità (spazio, aria, luce, promiscuità), l'assenza in molti casi oggettiva delle attività di rieducazione, la mancata assistenza psicologica per difetto cronico di personale specialistico, la deficienza numerica degli educatori e in genere la condizione di crisi di tutti i servizi di supporto -:
quali concrete misure il Ministro intenda assumere per porre fine da subito al fenomeno dei suicidi in carcere, o quanto meno per contenerne la crescita;
se non ravvisi l'urgenza di garantire almeno l'assistenza diretta nelle carceri, dando luogo a politiche sistematiche di integrazione degli organici per quanto concerne agenti penitenziari, psicologi, educatori, categorie per le quali il reclutamento o anche la semplice chiamata dei vincitori di recenti concorsi ha subito per ragioni di bilancio significativi blocchi o rallentamenti.
(4-07352)

CASSINELLI, SCANDROGLIO e MINASSO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dai dati diffusi dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria (SAPPE) è emerso che alla data del 30 aprile 2010 erano presenti nelle 7 case circondariali della Liguria 1.765 detenuti a fronte di una capienza regolamentare degli istituti pari a 1.140 posti letto;
molto alta è la percentuale di detenuti stranieri (tra il 50 ed il 60 per cento)

e di tossicodipendenti (circa il 40 per cento) complessivamente presenti negli istituti penitenziari liguri;
ad aggravare ulteriormente queste evidenti criticità, il SAPPE ha evidenziato anche le gravi carenze negli organici del personale di polizia penitenziaria (oltre 400 unità in meno rispetto al previsto): mancano 16 agenti in organico a Chiavari, 155 a Genova Marassi, 58 a Genova Pontedecimo, 23 a Imperia, 53 a La Spezia, 83 a Sanremo e 13 unità a Savona;
gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria lavorerebbero nelle 7 carceri liguri spesso a livelli minimi di sicurezza per le gravissime carenze di personale di polizia e devono quindi fare fronte a carichi di lavoro particolarmente delicati e stressanti, aggravati da una popolazione detenuta ogni giorno sempre più in crescita esponenziale;
la funzione rieducativa della pena, prevista dall' articolo 27 della Carta costituzionale, non si può svolgere pienamente - nonostante l'impegno e gli sforzi di tutti gli operatori carcerari - in penitenziari abbondantemente sovraffollati come quelli liguri;
il provvedimento di indulto, adottato con la legge n. 241 del 2006 sotto il precedente Governo Prodi, per effetto del quale i soggetti usciti dagli istituti penitenziari della Liguria sono stati 1.158 nel periodo 1o agosto 2006/30 settembre 2009, si è dimostrato fallimentare, dal momento che in breve tempo il problema del sovraffollamento è tornato grave ed oltre un terzo di coloro che hanno beneficiato dell'indulto è incorso nella recidiva, facendo rientro in carcere e contribuendo quindi ad aumentare il numero delle presenze negli istituti penitenziari del Paese -:
come il Governo intenda intervenire per superare la situazione come sopra evidenziata e ripristinare adeguate condizioni infrastrutturali e logistiche negli istituti penitenziari della Liguria nonché sanare le carenze dei relativi reparti di polizia penitenziaria.
(4-07353)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'attivo unitario dei sindacati di categoria (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Orsa) ha indetto per il 16 giugno 2010 uno sciopero generale del trasporto calabrese;
le organizzazioni sindacali ritengono che la proclamazione di questa giornata di mobilitazione potrebbe rappresentare la giusta occasione per evidenziare il progressivo stato di abbandono del settore sempre più caratterizzato da servizi inadeguati, utenza insoddisfatta, lavoratori vessati, parco mezzi non rinnovato e quindi sempre più deteriorato, soprattutto con riferimento alla questione Trenitalia dell'impianto di Cosenza;
il quadro d'insieme che ne emerge risulta essere contraddistinto dall'evidente conflittualità esistente tra le rappresentanze dei lavoratori ed i vertici aziendali di Trenitalia, che è causata dalla mancata soluzione di alcune problematiche che incidono pesantemente sulla fornitura di servizi di pubblica utilità che abbiano il carattere della qualità e dell'efficienza;
i principali punti di criticità da ravvisarsi nel trasporto ferroviario della provincia di Cosenza sono rappresentanti dal fatto che se, attualmente, sono in servizio trentuno macchinisti giornalieri, di cui venti impiegati sui locomotori elettrici ed undici su quelli diesel, dal 12 giugno 2010, invece, la stessa Trenitalia eliminerà il

turno diesel dell'impianto di Cosenza composto da undici giornate con probabile conseguenza di esubero di personale;
nel 1996 nello stesso impianto di Cosenza erano in servizio 98 unità lavorative e successivamente, a causa di prepensionamenti e pensionamenti, non si è provveduto alla sostituzione delle stesse tanto da dover assistere alla soppressione di alcuni treni a lunga percorrenza, all'annullamento di convogli per mancanza di personale ed alla chiusura dell'officina di Vaglio Lise con le riparazioni che sono effettuate a Reggio Calabria, pur essendo la provincia di Cosenza la più produttiva tra quelle calabresi -:
quali iniziative, il Ministro interrogato intenda porre in essere per arginare un fenomeno di depauperamento e di delocalizzazione delle strutture da Cosenza verso altri impianti, che penalizza il territorio sotto il profilo occupazionale e dei servizi forniti.
(4-07354)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dagli organi di stampa che un cittadino afghano trattenuto nel centro di permanenza temporanea (C.I.E.) in località Restinco, in provincia di Brindisi, ha portato avanti una protesta durata due giorni che è culminata con un atto di autolesionismo: la cucitura delle labbra con ago e filo e la lacerazione di varie parti del corpo con una lametta;
all'uomo sarebbe stato impedito di mettersi in contatto telefonico con la famiglia, in particolare con i suoi due bambini;
attualmente il cittadino afghano è ricoverato presso l'ospedale «Perrino» di Brindisi. La sua odissea sarebbe durata due giorni: dopo essere stato prima condotto al pronto soccorso presso il quale i medici gli hanno rimosso la sutura alle labbra e medicato le ferite, l'uomo è stato riaccompagnato al C.I.E. Il giorno successivo, questi avrebbe posto in essere il medesimo gesto;
una volta ricondotto in ospedale, l'uomo adesso si troverebbe in ricovero coatto;
tale accadimento non rappresenta un caso singolo: qualche giorno fa presso il centro di identificazione ed espulsione (di Bologna, una donna si è cucita le labbra con ago e filo per protestare contro il rigetto della sua richiesta di asilo politico;
da quanto si apprende, in entrambi gli episodi vi sarebbe stata un'ingiustificata limitazione dei diritti dei cosiddetti ospiti, impedendo addirittura ad alcuni di loro di poter comunicare con i propri familiari -:
se il Ministro abbia assunto iniziative volte a verificare l'effettivo svolgimento dei fatti e ad accertare ogni eventuale responsabilità nei confronti delle autorità preposte alla direzione dei sopra citati centri.
(5-02948)

TULLO e ROSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il centro storico della città di Genova è uno dei più grandi d'Europa, da metà degli anni 80 è iniziata una grande opera di recupero che ha visto significativi investimenti pubblici e privati. In particolare cogliendo l'occasione di tre grandi appuntamenti (1992 celebrazioni colombiane - 2001 svolgimento vertice G8 - 2004 capitale europea della cultura) si è data alla città una rinnovata vocazione turistica, che ha nell'area del Porto antico, dismessa dalle funzioni portuali e che ospita l'acquario, nel sistema museale, nella valorizzazione del sistema dei palazzi dei Rolli (inseriti nel luglio del 2006 nella lista del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO) gli elementi centrali e trainanti;
accanto ad importanti lavori di ristrutturazione, l'amministrazione cittadina

ha rafforzato in questi anni l'attività di illuminazione, pulizia, manutenzione del centro storico, che ha tra le sue caratteristiche una rete infinita di «carruggi» che collegano le vie e le piazze più grandi e frequentate;
in questi anni grazie al risanamento, molti hanno scelto di vivere nella città antica, e grazie all'investimento di molti, in particolare giovani, sono stati aperti laboratori artigiani e molti ristoranti e bar, capaci di rispondere alla domanda turistica e che sono diventati punti di ritrovo per migliaia di ragazze e di ragazzi, vista anche la presenza di varie facoltà universitarie, in particolare la sera;
dai dati sulla delittuosità del 2009 del Ministero dell'interno, elaborati dall'osservatorio sulla sicurezza urbana della regione Liguria, emerge che complessivamente i reati nel capoluogo ligure diminuiscono complessivamente in maniera sensibile (mediamente -20 per cento tra il 2009 e il 2008) ad eccezione dei delitti informatici (che aumentano di circa il 40 per cento nello stesso periodo);
dentro un quadro complessivamente positivo, non mancano però motivi di preoccupazione per i numerosi casi di aggressione a fine di rapina, che si sono registrati delle ultime settimane nell'area del centro storico che hanno visto vittima diversi giovani;
da molto tempo le organizzazioni sindacali pongono il problema di una forte carenza di organici ai fini del controllo del territorio e nelle sedi di commissariato, che penalizza anche fortemente l'attività investigativa;
recentemente anche i vertici della questura, a cui va riconosciuto lo sforzo quotidiano per garantire la sicurezza dei cittadini, hanno manifestato la necessità di rafforzare attraverso risorse umane e mezzi adeguati il presidio nel centro storico genovese -:
se sia a conoscenza della situazione determinatasi, e quale iniziative possa assumere per rafforzare l'attività di presidio e prevenzione.
(5-02949)

Interrogazioni a risposta scritta:

LENZI e NARDUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sistema di formazione della polizia di Stato è ispirato dalla legge di riforma del 1981: l'articolo 60 stabilisce che l'obiettivo è quello di «conseguire la più alta preparazione professionale del personale e di promuovere il senso di responsabilità e la capacità di iniziativa», e gli istituti di istruzione della polizia di Stato ne hanno rappresentato, fino ad ora, uno degli attori principali;
il dipartimento della pubblica sicurezza ha il compito di elaborare le strategie in tema di prevenzione, controllo del territorio, lotta alla criminalità, studio di innovazioni legislative, tecnologie: tali strategie sono il punto di riferimento essenziale per la formazione, la qualificazione e l'aggiornamento dei poliziotti ai vari livelli;
il dipartimento della pubblica sicurezza nel 2007 ha avviato la predisposizione di un progetto di razionalizzazione proprio in relazione agli istituti di istruzione della polizia di Stato presenti sul territorio nazionale;
a seguito di una valutazione più approfondita il Ministero si determinò a ridefinire le fasi di avvio volte alla chiusura immediata delle scuole di istruzione, in particolare valutando il perseguimento dell'interesse pubblico primario;
adesso, però, apprendiamo che il dipartimento della pubblica sicurezza ha nuovamente dato impulso ad un piano di chiusura progressiva delle strutture operative di polizia dislocate sul territorio nazionale, tra le quali figura la scuola allievi agenti di polizia di Stato «Gianni Rivera» di Campobasso;
la presenza della scuola allievi di Stato a Campobasso è da considerare assolutamente qualificante sia per l'immagine che per l'economia del capoluogo di

regione, che per la sicurezza del territorio, senza considerare la considerevole ricaduta anche in termini occupazionali;
tra le scuole a tutt'oggi ancora attive sul territorio nazionale, risultano quelle di Brescia, Trieste, Alessandria, Peschiera del Garda, Piacenza, Campobasso, Caserta e Vibo Valentia;
la maggior concentrazione dei citati istituti d'istruzione risulta dunque essere nel nord Italia: una soppressione della scuola allievi agenti di Campobasso penalizzerebbe tutto il centro sud del Paese, creando a livello geografico un vuoto del tutto ingiustificato;
apprendiamo, inoltre, che alcuni istituti di formazione, di proprietà di privati, ai quali, però, lo Stato versa cospicue somme di denaro per sostenerne le spese di locazione dei locali, non verranno interessati dal provvedimento, mentre quello di Campobasso, di nuova costruzione, edificato con criteri antisismici ed adeguati alla legge n. 626 del 1996, (è stato recentemente dotato di una moderna sala multimediale), che è di proprietà dello Stato, è a rischio di chiusura, con il rischio evidente, tra gli altri, di una considerevole dispersione di denaro pubblico;
inoltre l'eventuale abbandono di questa struttura alimenterebbe il senso d'emarginazione sociale, culturale ed economica, che sempre più si evidenzia nelle piccole realtà come quella molisana, oltre a rappresentare un duro colpo per l'intera economia del capoluogo di regione, e un disagio alla forza lavoro della scuola di polizia, che saranno assegnati ad altri reparti e quindi soggetti a trasferimento -:
se il Governo non ritenga di doversi adoperare al fine di garantire la sopravvivenza della scuola allievi polizia dello Stato «Gianni Rivera» di Campobasso, o se, in alternativa, non ritenga di doversi attivare per la creazione e l'avvio di nuove unità operative, quali per esempio un reparto di prevenzione crimine allo stato del tutto assente nel Centro-Sud, che sia in grado di sostituire, in termini di importanza e rilevanza sociale ed economica per il territorio, la suddetta scuola allievi.
(4-07346)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il consiglio regionale del Molise il 17 maggio 2010 all'unanimità ha adottato una delibera in cui chiede al Ministro dell'interno di non chiudere la scuola allievi di polizia «Giulio Rivera» di Campobasso;
successivamente il vicepresidente della commissione lavoro del consiglio regionale del Molise ha inviato una lettera al Ministro e per conoscenza ai componenti delle Commissioni difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per sottoporre la questione;
una serie di documenti del Presidente della giunta regionale e del sindaco chiedono al Ministero dell'interno di non procedere alla chiusura perché «significherebbe togliere un avamposto fondamentale per la sicurezza» - è stato il commento in consiglio comunale - e ridurre drasticamente i vantaggi, sia in termini sociali sia economici, che quella fucina di poliziotti - che porta il nome di Giulio Rivera, un agente diventato eroe - rappresenta per l'intera comunità molisana;
altro aspetto rilevante è che con tale decisione Campobasso, la città più importante del Molise, verrebbe privata di una presenza importante e di uno strategico punto di riferimento dello Stato;
i sindacati denunciano una situazione allarmante che si verificherebbe con la soppressione della scuola allievi polizia: esuberi per gli addetti delle mense e del pulimento oltre ai servizi integrati con risvolti negativi sul tessuto economico-regionale. La perdita economica del territorio riguarda anche l'indotto che si è determinato dalla presenza di importanti strutture come la scuola allievi, ad esempio, il settore del commercio, della ristorazione, delle strutture alberghiere, esse

avranno ricadute sicuramente negative che significherà intervenire sul personale dipendente;
preso atto che il Presidente del Consiglio dei ministri è stato eletto parlamentare nella circoscrizione del Molise e che nella seduta del consiglio regionale relativa alla sopracitata delibera, vengono chieste da parte di tre consiglieri del centro-destra le sue dimissioni per manifesto disimpegno su ogni questione territoriale riguardante i rapporti tra lo Stato e la regione;
i lavoratori unitamente alla FILCAMS, hanno ritenuto di inviare una richiesta urgente di intervento al Presidente del Consiglio dei ministri al fine di scongiurare la possibile chiusura della scuola -:
se il Governo intenda chiarire le motivazioni che lo hanno indotto a sostenere la chiusura della scuola allievi di polizia di Campobasso;
se il Governo intenda rivalutare la possibilità di non chiudere la scuola allievi di polizia «Giulio Rivera» di Campobasso prendendo in considerazione le richieste e gli appelli provenienti da tutte le parti istituzionali della regione Molise, nonché dai sindacati di categoria.
(4-07349)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria è stato preceduto da costanti richiami alla necessità sia di far rispettare a tutti i candidati il codice etico, approvato all'unanimità dalla Commissione parlamentare antimafia, sia di non avvalersi dei voti della 'ndrangheta, sempre pronta a dirigere il proprio consenso per ottenere poi «favori» in cambio;
per tutti i candidati, eletti e non, la Commissione parlamentare antimafia, dopo aver acquisito le notizie necessarie, farà adeguate valutazioni;
nei giorni scorsi la stampa regionale calabrese ha riferito dei suffragi elettorali che la nota famiglia Tegano della 'ndrangheta reggina avrebbe riservato sul candidato della lista Federazione di Sinistra nella circoscrizione di Reggio Calabria e provincia, Nino De Gaetano, consigliere regionale uscente e rieletto con 8.765 preferenze, delle quali ben 4.820 voti ottenuti nella sola città di Reggio, quadruplicando addirittura le preferenze rispetto alla precedente tornata elettorale;
a fare campagna elettorale per De Gaetano sarebbero stati in prima persona Bruno Tegano e la di lui moglie, donna che alcune settimane fa, davanti alla questura, all'arresto del boss Giovanni Tegano (latitante da 17 anni e cognato della donna), ha urlato, vedendo uscire il boss in manette: «è un uomo di pace»;
sempre secondo fonti giornalistiche il consigliere Nino De Gaetano, che alla scorsa legislatura regionale calabrese ha anche avuto l'incarico di presidente della commissione regionale antimafia, oltre che dalla famiglia Tegano sarebbe stato elettoralmente aiutato anche da altre cosche della 'ndrangheta reggina;
la notizia dei voti mafiosi elargiti al consigliere regionale sembra sia nata dalla divulgazione di una lettera anonima che era stata sottovalutata dall'interrogante, ritenendo che il suo contenuto potesse rappresentare solo la volontà di offuscare l'immagine di un consigliere rieletto;
l'allarme e la preoccupazione che, però, sulla notizia ha pervaso Rifondazione Comunista calabrese e lo stesso segretario nazionale, Paolo Ferraro, il quale si è affrettato a recarsi presso il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno imposto all'interrogante di chiedere, con il presente atto di sindacato ispettivo, l'intervento dei Ministri interrogati;
gli uomini e le donne delle varie consorterie mafiose votano e fanno votare, così come sicuramente è avvenuto per l'ultima competizione regionale in Calabria,

indirizzando il loro consenso anche su altri candidati del territorio regionale -:
se, per le parti di competenza, non ritengono necessario ed urgente accertare se siano state avviate indagini sulle elezioni regionali svoltesi in Calabria nell'ultima tornata, da parte della Direzione distrettuale antimafia di quella regione;
se il Ministro dell'interno non ritenga necessario ed urgente avviare un adeguato monitoraggio sulle candidature e sullo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria;
se no ritengano necessario ed urgente assumere iniziative normative che, oltrepassando il vigente articolo 416-ter del codice di procedura penale, possono individuare e colpire il «voto di scambio».
(4-07356)

VERINI, FIANO, MORASSUT, TOUADI e COSCIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
apprendiamo che nella giornata di oggi 25 maggio 2010, l'amministrazione comunale di Roma scoprirà una targa intestata a Giuseppe Tucci, esploratore e orientalista presso il museo civico di zoologia di Roma;
non intendiamo mettere in discussione le competenze scientifiche e di ricercatore di Giuseppe Tucci, che però fu tra le 180 «personalità» che, come scrisse il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938 sottoscrissero il Manifesto sulla razza elaborato (ma, si dice, in gran parte scritto da Mussolini) da 10 accademici e sul quale si sarebbe basata la Dichiarazione sulla razza licenziata dal Consiglio nazionale del fascismo il 6 ottobre 1938, fondamento delle gravissime discriminazioni antiebraiche disposte dal regime, le «leggi razziali»;
nel 1925 il regime lo inviò ad insegnare l'italiano in Cina e poi in India. L'esperto di Oriente fu molto legato anche all'ideologo dell'estrema destra Julius Evola ed ebbe rapporti di collaborazione scientifica ed accademica con molti dei 180 firmatari del Manifesto;
appare quantomeno inopportuna la scelta di Tucci come ispiratore della targa da esporre nel museo zoologico di Roma, soprattutto in un momento quale quello che stiamo vivendo, in modo particolare a Roma, ma in realtà in tutto il territorio nazionale, che vede crescere un clima caratterizzato da nostalgie fasciste che spesso cercano visibilità politica attraverso azioni intimidatorie e violente -:
se il Governo non intenda assumere iniziative anche normative volte a far sì che gli atti a forte contenuto simbolico, quale l'intitolazione di luoghi pubblici da parte di soggetti istituzionali, non si pongano in contrasto con in princìpi costituzionali ampiamente recepiti dalla legislazione che nel nostro ordinamento vietano ogni discriminazione fondata sulla razza e sull'origine etnica.
(4-07374)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

CASTAGNETTI e MARCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna, dottor Marcello Limina, con propria circolare del 27 aprile 2010, prot. n. 489 ha diffidato dirigenti e insegnanti a rendere sulla stampa dichiarazioni «con le quali si esprimono posizioni critiche, con toni talvolta esasperati e denigratori», sostenendo che tali «toni e contenuti si riscontrano in atti e documenti indirizzati ad autorità politiche o amministrative dell'Amministrazione centrale e fatti spesso circolare all'interno delle istituzioni scolastiche o distribuiti ad alunni e famiglie», e ricordando

che esistono disposizioni che impongono ai dipendenti di astenersi da dichiarazioni che possano «ledere l'immagine dell'Amministrazione pubblica e di rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa pubblica» pena la minaccia di subire provvedimenti sanzionatori adeguati;
per quanto riguarda il richiamo della citata circolare Ufficio scolastico regionale Emilia Romagna, prot. 489 del 27 aprile 2010 all'articolo 11 del decreto 28 novembre 2000 del «Codice di comportamento delle pubbliche amministrazioni» in cui si fa obbligo al «dipendente di astenersi da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione e di tenere informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa», è da ritenersi che tale disposizione sia applicabile solo per il comportamento in servizio e non nei casi di esercizio dei diritti sindacali e di quanto garantito dall'articolo 21 della Costituzione, primo comma in base al quale «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»;
tale circolare, recante «indicazioni» sulle dichiarazioni a mezzo stampa del personale scolastico, configura inequivocabilmente un provvedimento lesivo della libertà di espressione volto a impedire un dibattito serio sulle conseguenze dei provvedimenti governativi già emanati e di quelli in corso di attuazione, e persino una corretta informazione agli studenti e alle loro famiglie da parte del personale scolastico costituito da docenti e cittadini della Repubblica italiana -:
se la circolare in questione sia stata emanata dall'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna in esecuzione di una direttiva ministeriale o su autonoma decisione del menzionato direttore;
se una simile iniziativa sia stata assunta anche da altri direttori di altre sedi regionali italiane;
se non ritenga di assumere, iniziative nei confronti del predetto direttore regionale, spesso oggetto di critiche per il suo operato che agli interroganti appare eccessivamente zelante, quantomeno per indurlo a ritirare la circolare e per evitare sanzioni contro i destinatari, oggettivamente increduli e sconcertati;
se non intenda intervenire perché almeno nella scuola, cioè l'istituzione preposta alla formazione delle coscienze e dello spirito critico, non si determini un'inaccettabile contrazione degli spazi di autonomia e libertà di pensiero e di parola.
(3-01090)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 12 maggio 2010 si è svolto il consiglio di circolo della direzione didattica di via F.lli Bandiera a Parma per l'approvazione del bilancio consuntivo 2009;
dal bilancio posto in votazione emerge che la direzione didattica vanta residui attivi per euro 103.789, oltre a un credito nei confronti del Ministero di euro 75.426,00 ascrivibile integralmente al pagamento delle supplenze per gli insegnanti; la mancanza di tali risorse fa sì che il bilancio 2009 si chiuda con una perdita di esercizio di euro 47.278;
il Ministero interrogato e l'ufficio scolastico regionale hanno emanato, a partire dal dicembre 2009, alcune circolari al fine di chiarire la gestione contabile del 2010 in ordine ai finanziamenti per le supplenze ma in alcun modo hanno fornito risposte alle richieste di liquidazione dei residui attivi maturati dalle scuole;
a fronte della persistente incertezza sull'esigibilità di dette risorse, i componenti del consiglio di circolo in questione hanno ritenuto di non procedere all'approvazione del bilancio in questione;
la mancata approvazione, come rilevato nel corso della stessa seduta del

consiglio di circolo, non è stata volta ad esprimere una critica nei confronti della gestione economica effettuata dalla dirigente scolastica e dalla Direzione dei servizi generale e amministrativi nei confronti delle quali, al contrario, è stato espresso un apprezzamento per la gestione delle difficoltà gestionali riscontrate in conseguenza dalla mancata assegnazione di fondi da parte del Ministero;
il consiglio di circolo ha approvato un dispositivo nel quale vi è un impegno formale alla riconvocazione dell'assemblea, qualora, entro il termine di legge (10 giugno 2010) giungano da parte del Ministero indicazioni certe circa la liquidazione o la compensazione dei crediti residui vantati dalla direzione didattica F.lli Bandiera di Parma -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione finanziaria della direzione didattica di via F.lli Bandiera a Parma, non dissimile dalla situazione finanziaria di diversi altri istituti scolastici della provincia di Parma, come già evidenziato nell'interrogazione a risposta in commissione 5-01088 alla quale il Ministro interrogato, per il tramite del sottosegretario Pizza, ha risposto in data 21 maggio 2009 assicurando lo stanziamento di risorse adeguate che evidentemente, a consuntivo, si sono dimostrate insufficienti;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione finanziaria in cui sono costretti ad operare i dirigenti scolastici a seguito della mancata corresponsione alle scuole dei residui attivi maturati per le supplenze;
se e in che modo il Governo ritenga di intervenire al fine di garantire le risorse adeguate per il funzionamento del sistema scolastico pubblico.
(5-02945)

MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi anni la provincia di Parma ha operato con l'obiettivo di valorizzare le peculiarità e le differenze che costituiscono la ricchezza del territorio, salvaguardando le realtà locali in modo da offrire a tutti le medesime opportunità di crescita e benessere. In questo quadro un'attenzione particolare è stata riservata alla montagna in cui la scuola rappresenta il principale presidio di sopravvivenza e di prospettiva nonché la leva strategica per lo sviluppo sociale, civile ed economico delle piccole comunità locali al fine contrastarne il progressivo spopolamento;
l'obiettivo primario è stato quello di evitare la soppressione indiscriminata e schematica delle scuole nei territori periferici e di montagna come conseguenza anche dei continui tagli degli organici del personale docente e ATA che, nella provincia di Parma, hanno comportato già per l'anno scolastico in corso una diminuzione di 132 docenti e di 73 unità di personale ATA;
gli enti locali della provincia di Parma, in questi anni, hanno investito consistenti risorse al fine di qualificare il patrimonio scolastico, garantire il diritto allo studio, mantenere e spesso ampliare i servizi, consapevoli che la presenza della scuola è una ricchezza e una risorsa per i comuni di montagna che hanno visto un continuo progressivo depauperamento in termini di opportunità formative e lavorative;
la provincia di Parma ha investito nell'innovazione realizzando i poli telematici, l'estensione della banda larga per collegare alunni e plessi distanti fra loro, progetti di «teledidattica» tra i quali Scuola@Bardi, convinta che le nuove tecnologie, adeguatamente supportate da attrezzature telematiche, siano una nuova modalità di insegnamento in grado di coniugare qualità dell'offerta didattica ed esigenze sociali, specie nelle realtà decentrate e di montagna;
la regione Emilia Romagna e la provincia di Parma hanno operato nel tempo tutte le razionalizzazioni necessarie tanto che il numero medio degli alunni per classe supera di oltre un'unità la media nazionale e le scuole di montagna sono

state organizzate in istituti comprensivi che includono ognuno le scuole di quattro o cinque diversi comuni;
in montagna non è più sostenibile imperniare la programmazione scolastica sul sistema delle deroghe, ma occorre, al contrario, investire in modo stabile e strutturale per garantire la continuità e la qualità del percorso formativo nel tempo -:
quali iniziative, il Ministro interrogato, intenda attuare al fine di rivedere i criteri di assegnazione delle risorse, umane e finanziarie, agli istituti scolastici, poiché le norme attuali stanno determinando serie difficoltà nell'organizzazione e nell'articolazione dell'offerta formativa scolastica soprattutto nei territori montani;
come il Governo ritenga di intervenire al fine di dare stabilità e certezza agli enti locali e agli istituti scolastici al fine di garantire un percorso educativo adeguato e consono alle esigenze dei territori più disagiati, anche promuovendo le necessarie modifiche alla cosiddetta legge Gelmini per quanto riguarda le scuole di montagna, nelle quali, come testualmente indicato dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009, «possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito dagli articoli 10, 11 e 16».
(5-02946)

VIOLA e MARTELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in coerenza con le istruzioni ricevute con nota n. 9537 del 14 dicembre 2009 e sulla base delle risorse formalmente messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i bilanci delle scuole per il 2010 sono stati formulati prevedendo:
a) la riduzione del 25 per cento degli importi dei contratti di appalto per le pulizie, per le scuole che si avvalgono di appalti esterni;
b) scarse o nulle disponibilità per le ordinarie spese di funzionamento amministrativo e didattico ricavate da finanziamenti statali in quanto oggettivamente limitati;
c) esigue risorse a finanziamento delle supplenze, insufficienti per le effettive necessità;
d) il «congelamento», per indispensabile prudenza nella gestione, di ingenti somme collegate contabilmente ai residui attivi, con riferimento alle quali non possono essere previste spese, fino alla riscossione degli stessi residui attivi. (Tali somme sono inserite nei bilanci come disponibilità da programmare nel cosiddetto aggregato Z01);
per «sopravvivere» in presenza di tali difficoltà, le scuole quindi hanno dovuto ricorrere a tutti i mezzi utili per continuare ad erogare l'offerta formativa con la minor penalizzazione possibile per l'utenza;
in molti casi non è stato possibile assicurare la supplenza di personale legittimamente assente;
le spese di funzionamento amministrativo e didattico sono state finanziate, ad un livello necessariamente molto ridotto, con i contributi degli enti locali o i contributi delle famiglie;
nelle scuole con appalto esterno delle pulizie è stato necessario rinegoziare i contratti con un aggravio dell'impegno di lavoro del personale collaboratore scolastico e sono diminuiti gli standard di pulizia ed igiene;
la «quadratura» dei bilanci è stata ottenuta con i risparmi forzosi relativi a spese di funzionamento od investimento già programmate nel 2009, non sostenute per mancanza di liquidità;
nel solo territorio del Portogruarese (provincia di Venezia) ad esempio, riguardo ai residui attivi il credito totale dei sedici istituti presenti nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e

della ricerca è di complessivi euro 873.536, dei quali ben euro 568.817 riferiti alle cinque scuole superiori;
la riduzione del 25 per cento degli importi dei contratti di appalto per pulizie ha comportato conseguenze variabili in proporzione all'entità dei contratti, riferibili alla gestione delle pulizie e alla sorveglianza dei minori, con grave penalizzazione soprattutto per le scuole del primo ciclo;
molte scuole si trovano con una previsione effettiva di spese per supplenza (per le supplenze già in corso) di molto superiore allo stanziamento che è stato possibile inserire nel programma annuale. In tali scuole una volta esaurite le risorse stanziate, per l'ovvia ragione di non aggravare ulteriormente le difficoltà di bilancio, i supplenti potranno essere pagati solo quando le ulteriori risorse necessarie saranno effettivamente accreditate alle scuole stesse;
per far fronte in parte alle difficoltà generate dagli ingenti residui attivi di cui è debitore il Ministero, usando sempre come riferimento le sedici scuole della rete del Portogruarese, «congelata» nei bilanci una somma complessiva di euro 474.294, con una riduzione rilevante delle spese preventivate per il funzionamento, gli investimenti o i progetti di miglioramento dell'offerta formativa;
una parte consistente dei residui attivi (euro 399.241) costituisce l'entrata sulla quale sono state programmate spese inderogabili per garantirne un funzionamento minimo. Se tali risorse non arriveranno con tempestività, le attività così finanziate non potranno essere realizzate in quanto non sarà possibile procedere ai relativi pagamenti, con grave danno per l'offerta formativa ordinaria;
il Governo rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in assemblea (3-01037) dell'IdV, che chiedeva il ritiro della nota del 14 dicembre 2009, non ha dato alcuna assicurazione in merito all'erogazione delle risorse di cui sopra -:
se il Ministero intenda provvedere con assoluta urgenza all'erogazione delle risorse per le supplenze, in modo tale da poter pagare con regolarità i relativi stipendi e all'erogazione dei finanziamenti corrispondenti al totale dei residui attivi dovuti alle scuole e se intenda ripristinare i finanziamenti statali per spese di funzionamento amministrativo e didattico ad un livello adeguato.
(5-02947)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica il 28 gennaio 2010, dal titolo «Università, bloccati i nuovi dottorati», si legge «Per i giovani laureati quest'anno niente dottorati all'Università di Palermo. Dovevano essere banditi a marzo, poi a settembre, poi la data è slittata a dicembre. Ma il timore è che i bandi rimangano bloccati - e quindi l'avvio dei dottorati - per l'intero anno solare e che se ne riparli a gennaio del 2011... In tutti gli altri atenei italiani, compresi quelli siciliani, i dottorati sono partiti in autunno. Palermo fa eccezione anche nel panorama italiano. O meglio: le proposte di dottorato già esistono ma con l'avvento, in estate, del nuovo regolamento per i criteri di valutazione, i tempi sono andati per le lunghe. «È un ritardo fisiologico, non abbiamo bloccato i bandi. Abbiamo rivisto i criteri per garantire una maggiore trasparenza e una più equa ripartizione dei dottorati tra le facoltà umanistiche e quelle scientifiche, che erano favorite in maniera macroscopica», afferma il delegato del rettore per i dottorati Luigi Russo. Su tutto ha inciso il clima di incertezza dell'Ateneo per la ristrettezza dei soldi in cassa, che ha imposto al rettore Roberto Lagalla scelte di rigore e di risparmio. Con un disavanzo nel 2008 di 38 milioni di euro e un'inchiesta della Procura ancora in corso per accertare i motivi del deficit, oltre al dimezzamento dei dipartimenti

(da 80 a 40), l'Ateneo ha previsto anche una cura dimagrante del quaranta per cento anche dei dottorati, portandoli da 80 a 50. Tra i tagli annunciati, si riduce così anche la spesa per il funzionamento dei dottorati che nell'ultimo bilancio di previsione era di 651 mila euro, su un totale di 13,7 milioni impegnati per la didattica»;
ad oggi, non risulta all'interrogante, che i bandi siano stati pubblicati;
il Rettore dell'Università ha assicurato che i dottorati saranno banditi nel mese di giugno 2010;
anche se ciò accadesse, i dottorati dovrebbero partire, di fatto, tra ottobre-novembre 2010: in tal modo si sarà sostanzialmente perduto un anno;
il reale motivo di tale ritardo sarebbe la mancanza di fondi per pagare le borse (di circa 1000 euro mensili) che dovrebbero essere erogate ad almeno la metà dei dottorandi;
una siffatta situazione va a colpire i laureati migliori che vorrebbero fare ricerca a Palermo, i quali, non va dimenticato, vivono in una regione, la Sicilia, nella quale è necessario puntare sull'innovazione e sulla ricerca per poter avere un reale sviluppo economico -:
se sia a conoscenza di quanto sta avvenendo all'università di Palermo e se non intenda intervenire nell'ambito dei poteri attribuiti al Ministro dalla legge;
se non intenda tener conto della situazione di difficoltà dell'università di Palermo, anche in sede di riporto del fondo per il finanziamento ordinario dell'università, per il prossimo anno, al fine di consentire l'aumento del numero di borse volte a coprire l'aumento inevitabile del numero di partecipanti ai dottorati dell'anno venturo, aumento che si andrà determinando col sommarsi dei laureati di questo anno con i laureati dell'anno precedente.
(5-02955)

GRIMOLDI, MAGGIONI e CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 8 maggio 2010 si è verificato un episodio riprovevole all'istituto superiore «Cairoli» di Pavia;
difatti, come riportato da numerosi quotidiani locali e nazionali, al termine di un'interrogazione, un'insegnante ha valutato negativamente un alunno semplicemente in quanto leghista («non ti posso dare la sufficienza perché sei leghista»);
tale grave vicenda, che è venuta a galla grazie alla stampa, è solo uno dei tanti episodi di discriminazione che si verificano ogni anno ai danni di studenti leghisti -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto accaduto e se non ritenga opportuno prendere i dovuti provvedimenti ed intervenire per evitare il ripetersi di simili discriminazioni politiche.
(5-02957)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sono 1707 i posti tagliati nella scuola in Sardegna (di cui 670 riguardano i collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici e 1.037 l'organico dei docenti);
il prossimo anno la scuola sarda potrà contare soltanto su un organico complessivo di 26.319 unità di personale (18.972 docenti e 7.347 ATA). L'entità dei tagli che questo governo intende operare è tra le più alte registrate in questi ultimi anni. Le possibili ricadute negative sulla qualità del servizio che sarà erogato a famiglie e studenti saranno notevoli. Basti pensare che nella regione Sardegna risultano oltre 1.600 edifici scolastici e 387 autonomie scolastiche, frequentate da circa 220.000 alunni;

la riduzione negli organici metterà seriamente a rischio l'erogazione del servizio scolastico nel suo complesso. Dovrà essere ulteriormente ridotto il tempo lungo, sarà penalizzata la frequenza scolastica degli alunni disabili che vedranno ulteriormente ridurre il prezioso lavoro di assistenza dei collaboratori scolastici, più faticoso e rallentato diverrà il lavoro che grava sugli uffici di segreteria. Il funzionamento dei laboratori, vanto soprattutto di alcune tipologie d'istituti superiori, soprattutto quelli ad indirizzo professionale, viene pesantemente messo in discussione. Ancor più grave sarà il fatto che in molte scuole non si avrà più neppure il personale sufficiente a garantire la regolare apertura delle scuole per l'orario scolastico previsto, se non trascurando la sicurezza, la vigilanza, la pulizia dei locali, il supporto per le attività didattiche;
nella scuola primaria del comune di Perdasdefogu è prevista la costituzione per anno scolastico 2010/2011, di una pluriclasse costituita da alunni di seconda e terza, frequentanti le attuali prima e seconda classe;
il paventato accorpamento di queste due classi (fortemente osteggiato dalle famiglie, dalla scuola e dall'amministrazione comunale) creerebbe notevole danno al processo di apprendimento degli alunni, i quali dovranno affrontare programmi didattici specifici e con modalità organizzative differenti (una classe con tempo pieno - quaranta ore - l'altra con tempo ordinario - trenta ore);
l'eventuale provvedimento, se attuato, si dimostrerebbe inopportuno anche alla luce del ripetersi dell'incremento, in corso d'anno scolastico, delle iscrizioni di nuovi alunni, a causa del trasferimento delle famiglie del personale del poligono interforze;
ovunque la scuola rappresenta il principale presidio che assicura la crescita culturale, non solo del singolo ma di un'intera collettività. In particolare questa è vitale nei piccoli centri che, come il comune di Perdasdefogu, sono a forte rischio di spopolamento;
tale azione comporta una grave limitazione del fondamentale diritto all'istruzione, che deve essere garantito a ciascun individuo, come previsto dalla Costituzione italiana;
occorre tutelare ed assicurare il diritto ad una scuola di qualità, come prevista dalla nostra Costituzione -:
se non si ritenga opportuno porre in essere ogni tempestivo intervento, volto ad assicurare il diritto alla formazione e all'istruzione dei ragazzi, come risulta definita oggi;
quali iniziative ritenga opportuno assumere al fine di sanare una situazione che mette a repentaglio non solo il diritto allo studio degli studenti, ma soprattutto l'istruzione e la formazione, uniche garanzie per il futuro del nostro Paese.
(4-07345)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il dirigente scolastico regionale dell'Emilia Romagna, in questi giorni, è stato oggetto di una campagna diffamatoria che non ha precedenti per aver fatto semplicemente il suo dovere, invitando con una circolare i docenti ed i dirigenti delle scuole della regione ad evitare strumentalizzazioni o a drammatizzare eventuali situazioni di difficoltà degli istituti scolastici per non fare polemiche inutili, esortandoli a concentrarsi nell'adempimento del proprio dovere in un momento di difficoltà economica del nostro Paese e dell'intera Europa;
alcuni dirigenti e diversi insegnanti infatti avrebbero manifestato in orario scolastico il loro dissenso nei confronti del Governo e della politica scolastica;
in molti comuni della provincia di Bologna sarebbero inoltre apparsi rozzi documenti strumentali contro il Ministro ed i presunti tagli che sarebbero stati distribuiti agli studenti e alle loro famiglie;

ad avviso dell'interrogante ciò che si finge di non capire da parte degli operatori della scuola è che non è in questione il diritto di critica o la manifestazione di una opinione politica bensì il significato di appartenenza ad uno Stato di cui si è collaboratori e le cui norme devono essere applicate senza discutere -:
alla luce di questi fatti se non sia il caso di assumere iniziative normative per elaborare al più presto uno statuto dei diritti e dei doveri dei dirigenti scolastici, che superi ed integri l'attuale normativa, e che preveda, in caso di palese inosservanza delle norme di legge o comunque di ostruzionismo delle medesime, provvedimenti sanzionatori precisi che nei casi più gravi arrivino fino al licenziamento.
(4-07348)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il nuovo sistema accademico disegnato dalla riforma del Governo sta procurando profondo malcontento fra docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti;
molte università italiane sono state occupate simbolicamente in segno di protesta contro la riforma del Governo che tra gli altri effetti provocherebbe la riduzione dei docenti di ruolo e l'aumento del numero dei precari non riconosciuti. Conseguentemente il 40 per cento della didattica universitaria rimarrebbe a carico dei soli ricercatori;
per questo i ricercatori dell'UNIVPM hanno dichiarato che se non vi saranno delle modifiche nella riforma, si rifiuteranno di impartire la didattica nel prossimo anno accademico. Se ciò dovesse accadere, l'università politecnica delle Marche perderebbe il 40 per cento delle lezioni;
notizie stampa riportano la situazione drammatica in cui versano gli atenei a causa dei tagli al finanziamento: molte università riescono a fatica a mantenere i bilanci in pareggio, mentre altre sono in rosso, e perciò costrette ad alienare il patrimonio immobiliare per far fronte alle spese;
il presidente della Crui (Conferenza dei rettori), Enrico De Cleva, ha dichiarato che il taglio del 18-19 per cento rispetto alle risorse del 2008 porterebbe al collasso l'intero sistema universitario, perché nessuno riuscirebbe a chiudere i bilanci;
su un articolo del quotidiano La Repubblica del 19 febbraio 2010 si legge testualmente «A Siena ogni mese si chiedono se ce la faranno a pagare gli stipendi del personale (...). Alla Federico II di Napoli il bilancio di previsione 2010 non l'hanno nemmeno approvato preferendo la gestione provvisoria. Lo stesso alla Sapienza di Roma dove lo sbilanciamento fra le entrate e le uscite è saldamente a due cifre con il segno rosso davanti. A Bari e a Palermo idem»;
inoltre l'incertezza sulla modalità di assegnazione del fondo di 400 milioni di euro derivanti dallo scudo fiscale impedirebbe la pianificazione di nuovi interventi edilizi e di reclutamenti, lasciando comunque allo stallo le università italiane. Infatti l'impossibilità di programmare le assunzioni comporta il serio rischio di lasciare scoperti interi settori disciplinari;
il rettore di Bari, Corrado Petrocelli, ha denunciato la grave situazione dell'ateneo, con un deficit di 52 milioni di euro, e ha ammesso che se i tagli continueranno, non sarà più possibile fare ricerca e didattica;
il rettore, Ivano Dionigi, ha inoltre dichiarato sempre sul medesimo giornale: «Se verranno confermati questi numeri per il 2011, (taglio al Fondo di finanziamento ordinario e la riduzione di 27 milioni se sarà eliminato il fondo interministeriale Padoa Schioppa) in assenza di

tesoretto pregresso e dello scudo fiscale, rischia di essere messo in ginocchio anche un ateneo virtuoso come Bologna» -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di consentire agli atenei italiani di chiudere i bilanci in positivo, garantendo il diritto allo studio degli studenti italiani.
(4-07350)

MURER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
una nota esplicativa, emanata dall'ufficio scolastico regionale del Veneto, relativa alla circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010, «Organico di diritto personale docente a.s. 2010/2011 - Assegnazione contingente ed Indicazioni Operative», evidenzia tagli molto consistenti di organico che riguardano in particolar modo la scuola primaria sul territorio regionale veneto;
il numero degli insegnanti assegnati in organico in Veneto verrà ridimensionato nel periodo 2010-2011 di 1600 unità; solo nel primo anno, ci saranno 652 tagli che si traducono in 53 insegnanti in meno per Belluno, 113 in meno per Padova, 27 in meno per Rovigo, 135 in meno per Treviso, 69 in meno per Venezia, 123 in meno per Verona e 132 in meno per Vicenza;
a fronte di questi tagli, la popolazione scolastica è in aumento: il Veneto, infatti, avrà 4200 alunni in più, di cui 1171 solo a Venezia; a questi numeri si aggiungono i tagli notevoli al personale Ata (15mila unità), la riduzione dei docenti specialistici di lingua inglese, i tagli del 25 per cento agli appalti delle pulizie;
nella suddetta circolare si palesa l'impossibilità di far fronte a tutte le richieste di «tempo pieno» vista la «consistente riduzione del personale assegnato dal MIUR alla scuola primaria» e il generico impegno a «tenere in particolare considerazione le richieste avanzate dalle scuole di conservare l'attuale offerta formativa, simile al tempo pieno, che prevede un orario da 35 a 37 ore settimanali» con i rientri pomeridiani;
in tutto il Veneto, complessivamente, le nuove richieste di tempo pieno riguardano 382 classi, ma la circolare del Ministero prevede che a tali richieste non venga dato seguito;
a causa della prevista riduzione di organico, potrebbero rimanere inevase richieste di tempo pieno per 7.500 bambini di famiglie che hanno scelto questa opzione per motivi di organizzazione familiare (entrambi i genitori lavorano);
la situazione del Veneto, in realtà, è diffusa su tutto il territorio nazionale; secondo i dati forniti dalla Flc-Cgil, per il periodo 2010-2011 è previsto, in Italia, il taglio di circa 8.700 docenti di scuola primaria, di 600 nelle scuole di primo grado e di 13mila in quelle di secondo grado, per un totale di circa 25mila tagli;
la situazione crea, com'è agevole immaginare, una forte preoccupazione nelle famiglie e tra gli operatori scolastici costretti a tollerare classi affollate (fino a 30 alunni e più), meno sicure e meno pulite -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione delineata in premessa, che riguarda il Veneto come altre regioni d'Italia, e cosa il Governo intenda fare perché sia rispettato, nella rete scolastica pubblica, il diritto a ricevere servizi di qualità, che garantiscano l'esercizio del diritto costituzionale allo studio;
se il Governo intenda ritirare il piano di tagli che sta mettendo a dura prova la scuola pubblica italiana e che cosa intenda fare per ripristinare standard minimi di qualità su elementi fondamentali come sicurezza e pulizia degli edifici scolastici.
(4-07358)

NANNICINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 115 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e il successivo decreto-legge n. 78 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 viene prevista eccezionalmente per gli anni 2009, 2010 e 2011 la «risoluzione forzosa del rapporto di lavoro» nella pubblica amministrazione.
la «risoluzione forzata del rapporto di lavoro» del personale dovrebbe avvenire in presenza di 40 anni di contributi, compresi quelli figurativi e cioè quelli della laurea e del servizio militare;
la misura riguarderebbe tutte le pubbliche amministrazioni tra cui la scuola, le aziende e le altre amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, le istituzioni universitarie, gli enti pubblici non economici, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale;
la norma escluderebbe dalla «risoluzione forzosa del rapporto di lavoro» i magistrati, i professori universitari, i dirigenti di struttura sanitaria complessa e cioè i cosiddetti primari;
la «risoluzione forzosa del rapporto di lavoro» si dovrebbe basare sul presupposto legislativo di accertamento della condizione di esubero in organico, come indicano le norme citate, che attribuiscono alla pubblica amministrazione tale facoltà, «solo nell'ambito degli interventi per il contenimento della spesa per il pubblico impiego», con raccomandazione che «dovrà essere evitata ogni forma di aggravio erariale connesso al formarsi di ruoli in esubero»;
le circolari ministeriali del MIUR ed in particolare le note prot. n. AOODGPER 1053 del 29 gennaio 2010 e n. AOODGPER 2261 del 25 febbraio 2010 interpretano, ad avviso dell'interrogante, arbitrariamente la legge prevedendo la «risoluzione forzosa del rapporto di lavoro» anche ili condizioni di non esubero ed allo stesso tempo con nota prot. n. AOODGPER 2167 del 24 febbraio 2010 tratterebbe in servizio fino a 67 anni di età i dirigenti delle istituzioni scolastiche a prescindere da qualsiasi limite di anzianità contributiva, continuando ad applicarsi, per loro, il comma 5 dell'articolo 509 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297. A tale proposito la sentenza n. 5 del 05 gennaio 2010 della Corte di cassazione recita che «la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per Cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo, le circolari, norme di diritto...»;
tali difformità di trattamento nei confronti dei cittadini negli anni 2009, 2010, 2011, termine oltre il quale non sarà più possibile una «risoluzione forzosa del contratto di lavoro» e fra gli stessi lavoratori, rischiano, secondo l'interrogante, di essere in contrasto con l'articolo 3, comma 1, della Carta costituzionale;
in particolare, la «risoluzione forzosa del rapporto di lavoro degli insegnanti» rischia di non confliggere col principio della «continuità didattica», danneggiando, in primo luogo, gli studenti e le loro famiglie -:
se tali interpretazioni della norma, invece di allungare l'età lavorativa, cosa auspicata da più parti e raccomandata dalla Comunità europea, producano un aggravio per le casse dell'INPDAP e quindi per il bilancio dello Stato, pensionando forzatamente persone che possono avere anche meno di 60 anni di età.
(4-07366)

GIANNI FARINA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha presentato ben due interrogazioni a risposta scritta sull'affaire dell'istituto Diomede Carafa di Ariano Irpino (Avellino): le mie interrogazioni traevano spunto dalle notizie che l'istituto

stesso mi aveva fornito attraverso il suo sito web (http://www.diomedecarafa.it);
sul sito comparivano la foto degli studenti che risultavano 14, la foto delle insegnanti che apparivano essere 9, ma che, prese le opportune informazioni, l'interrogante ha appreso comprendessero anche la titolare della ditta, tale Cecilia Majello, che in una sua dichiarazione pubblica si è definita direttrice-gestore, nonché anche una segretaria amministrativa e non è noto se le rimanenti 7 fossero realmente le insegnanti; sul sito, il piano offerta formativa (P.O.F.) era una fonte di notizie circa quelle che all'interrogante appaiono la dequalificazione e le mistificazioni dell'istituto, dove venivano menzionate anche le figure del dirigente scolastico e del preside, non esistenti per stessa ammissione pubblica della direttrice-gestore;
l'interrogante è tornato a visitare il sito dell'istituto Diomede Carafa e senza nessuna sorpresa, ha avuto conferma che le mie interrogazioni avevano colpito nel segno: è sparita la foto che raffigurava le «insegnanti», è sparita la foto di una classe, sono sparite la foto degli studenti, la foto della sede dell'istituto e la foto della direttrice-gestore;
quanto cancellato è stato sostituito da un'unica pagina intitolata sezione studenti, contenente lo stemma del comune di Ariano Irpino, la bandiera europea con la scritta «fondi europei» e al centro pagina su fondo giallo, la scritta in nero: «presto online» (scritto proprio online e non on line), cosa che desta preoccupazione visto che questo istituto dovrebbe consentire a liceali, ragionieri e altri di conseguire la maturità;
le 26 pagine del piano offerta formativa (P.O.F.) sono state sostituite da un'unica pagina con la scritta: «Istituto Paritario Diomede Carafa - il P.O.F. aggiornato sarà presto disponibile»;
ovviamente l'interrogante aveva salvato e stampato quanto letto sul sito web del Diomede Carafa, ma questa autocensura assomiglia, a giudizio dell'interrogante - al maldestro tentativo di cancellare le «prove» di una gestione «disinvolta» -:
se intendano intervenire per controllare se la scuola paritaria possieda i requisiti di una qualificata scuola pubblica;
se, nell'attuale situazione di crisi economica, di aumento della disoccupazione e di tagli alla scuola pubblica, non sarebbe opportuno intervenire per controllare questa ditta individuale che gestisce l'istituto paritario Diomede Carafa che all'interrogante appare dequalificato;
quali interventi intendano intraprendere nei confronti dell'istituto paritario Diomede Carafa che dopo aver presentato un piano offerta formativa che non corrisponde a verità, attualmente ne è anche privo.
(4-07370)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in tutto il territorio nazionale, si registrano ormai da mesi crescenti proteste dei lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro e sono in aumento il numero di vertenze nazionali che riguardano operatori di società nazionali e gruppi multinazionali nel settore informatico e delle comunicazioni. Sono, infatti note le proteste dei lavoratori dell'azienda Agile-Eutelia, vicende che hanno già coinvolto ottomila lavoratori del gruppo Omega (Agile, Phonemedia, Raf Spa, Soft4Web e Multimedia Placet) in tutta Italia;
l'azienda di call center, Video On Line 2.0 (Vol 2), in via Montecassino a Cagliari, con 470 lavoratori, gestisce l'assistenza tecnica per i clienti di Telecom Italia e

rischia di essere travolta dal fallimento di Libeccio, la holding che controlla il gruppo Omega, con sede a Roma;
i lavoratori di Vol 2.0 svolgono l'attività da più di dieci anni, hanno maturato una professionalità elevatissima e garantiscono al committente standard di qualità superiori alla media;
da un anno e mezzo questa azienda è stata rilevata dal gruppo Omega, società controllata dalla Libeccio, la holding dichiarata fallita dal tribunale fallimentare di Milano in riferimento alle noti vicende Eutelia. Da allora i lavoratori del call center cagliaritano Video On Line 2 vivono nella costante incertezza e preoccupazione che l'azienda fallisca, percependo gli stipendi con ampio ritardo e non riuscendo ad avere contatti con i vertici societari, che risultano spesso irrintracciabili;
una vicenda alquanto controversa che rischia di trascinare nel baratro l'azienda Video On Line 2 e con essa i 500 lavoratori che vedono all'orizzonte il rischio e lo spettro del fallimento;
risulta che l'amministratore unico della nuova società Emme & Partners che avrebbe rilevato Video On Line 2.0, abbia convocato i sindacati e annunciato che, con la nuova proprietà, a parte i problemi di bilancio (2 milioni di euro di perdite), l'azienda avrebbe potuto superare la crisi. La nuova proprietà, sconosciuta ai più, appartiene invece a un nome ben noto: l'amministratore unico del gruppo Omega. Nello stesso incontro le rappresentanze sindacali hanno comunicato che, a causa dei ritardati pagamenti di Telecom, l'azienda non avrebbe potuto pagare gli stipendi prima del 30 maggio. Per poi successivamente comunicare via email che l'accredito sarebbe avvenuto entro il 5 giugno 2010;
nelle scorse settimane diversi sono stati gli scioperi e le manifestazioni di protesta dei lavoratori;
occorre garantire la continuità dell'azienda cagliaritana, gli attuali livelli occupazionali, le questioni legate al rinnovo della commessa Telecom -:
se il Governo sia informato della vicenda degli assetti proprietari dell'azienda, secondo quanto delineato in premessa;
quali iniziative urgenti intenda adottare per salvaguardare i livelli occupazionali dell'azienda citata.
(3-01086)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FOGLIARDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con riferimento a ricorsi presentati alle direzioni regionali del lavoro avverso verbali elevati da ispettori del lavoro, molte imprese hanno ottenuto e ottengono sovente la risposta che si riporta fedelmente di seguito: «Con riferimento al ricorso in oggetto si informa che la pratica è stata archiviata perché è trascorso inutilmente il termine previsto (articolo 17 D.Lgs n. 124/04 e articolo 2 Legge n. 241/90) per la decisione del comitato regionale per i rapporti di lavoro»;
in sostanza, anche a seguito di richiesta di chiarimenti verbali, la risposta che viene formulata dalla direzione regionale è che nei fatti non vi è stato il tempo necessario per esaminare la pratica e che se il ricorrente volesse ottenere soddisfazione si dovrebbe affidare ad un legale, avviando un procedimento ordinario innanzi al tribunale. Tale risposta è stata proprio in questi giorni fornita dalla direzione regionale di Venezia da parte del Direttore regionale;
la problematica assume gravissima rilevanza in quanto vengono completamente disattese e negate le normali vie di difesa amministrativa al cittadino ricorrente che per ottenere conforto alla propria istanza deve sobbarcarsi ulteriori oneri e spese per adire la via giudiziaria -:
quali provvedimenti intenda assumere il Ministro per fare chiarezza in

queste situazioni e garantire una legittima risposta ai tanti cittadini soggetti a questa ingiustizia;
se non ritenga opportuno avviare una verifica atta ad accertare la reale mole di lavoro delle suddette direzioni regionali nella specifica materia.
(5-02943)

Interrogazione a risposta scritta:

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il codice civile, articolo 2117, recita: «I fondi speciali per la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro», tale norma garantisce soprattutto l'indisponibilità dei fondi di previdenza e si applica non solo ai fondi esterni, dotati quindi di soggettività giuridica, ma altresì ai «fondi interni» ossia a quelle forme previdenziali interne al bilancio dell'azienda;
i fondi «interni» in Italia sono stati regolamentati in due diversi modi, distinguendosi fra fondi bancari e assicurativi e tutti gli altri fondi;
il decreto legislativo n. 123 del 1994 all'articolo 4, comma 2, impone la separatezza del patrimonio «I fondi pensione possono essere costituiti altresì nell'ambito del patrimonio di una singola società o di un singolo ente pubblico anche economico attraverso la formazione con apposita deliberazione di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell'ambito del patrimonio della medesima società od ente, con gli effetti di cui all'articolo 2117 del codice civile»;
l'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 123 del 1994 prevede che i fondi interni entro 4 anni (ovvero entro il 28 aprile 1997 avrebbero dovuto dotarsi di strutture separate: «Alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992 n. 421, non si applicano gli articoli 4, comma 4, e 6, commi 1, 2 e 3, mentre l'articolo 13, commi 5 e 7, ha effetto dal 1o luglio 1994. Salvo quanto previsto al comma 3, dette forme, se già configurate ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile ed indipendentemente dalla natura giuridica del datore di lavoro, devono, entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, dotarsi di strutture gestionali amministrative e contabili separate». Il comma è stato così modificato, prima dall'articolo 5, decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 585 e poi dall'articolo 15, legge 8 agosto 1995, n. 335. Tale obbligo, in forza dello stesso articolo 18, comma 3, lettera b, è però escluso per le banche e le assicurazioni, che rimangono assoggettate al controllo non della COVIP ma della stessa Banca d'Italia e dell'ISVAP. La conseguenza di tale norma è stata la creazione di una zona franca nell'ambito della previdenza complementare;
i fondi pensioni delle banche e delle assicurazioni sono stati quindi sottratti alla vigilanza della COVIP e per di più non hanno avuto l'obbligo di dotarsi di autonomia gestionale. La dicotomia della normativa è stata mantenuta altresì dal decreto ministeriale 14 gennaio 1997 n. 211, ovvero il regolamento ministeriale attuativo del decreto legislativo 124 del 1993. Tale decreto ministeriale all'articolo 12, comma 2, ha stabilito una serie di obblighi a carico dei fondi interni, tutti finalizzati all'autonomia gestionale dei suddetti fondi, allo scopo di tutelare gli iscritti. Ancora una volta tali obblighi sono stati esentati i fondi interni bancari e assicurativi;
in seguito il decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari) all'articolo 4, comma 2, è prevista la costituzione di fondi interni a condizione che il patrimonio di destinazione sia separato

in autonomo, e per i fondi preesistenti l'articolo 20, comma 1, prevede l'obbligo di adeguamento alla stessa legge entro il 1o gennaio 2007, e quindi di dotarsi di strutture gestionali, amministrative e contabili separate, con le modalità stabilite da un decreto ministeriale attuativo che venne emanato il 10 maggio 2007. Tale decreto ministeriale all'articolo 3, comma 4, ancora una volta separa i fondi interni bancari e assicurativi dagli altri fondi, esentandoli dall'obbligo di autonomia gestionale e contabile. L'unica innovazione consiste nel passaggio della vigilanza dalla Banca d'Italia alla COVIP;
Unicredit Spa ha nel suo bilancio numerosi fondi pensioni «interni», regolarmente iscritti nell'albo della COVIP, nell'apposita «SEZIONE SPECIALE III - Fondi pensione preesistenti interni bancari o assicurativi». A tali fondi «interni» si applica pacificamente la garanzia di indisponibilità di cui all'articolo 2117 codice civile. Più in generale tale norma si inserisce ormai nel principio generale di cui all'articolo 2447 bis del codice civile, in tema di «Patrimoni destinati ad uno specifico affare». Per i fondi «preesistenti» l'applicabilità dell'articolo 2117 è stata affermata fra l'altro nella sentenza della Corte di cassazione del 12 marzo 2002 n. 3630;
i principi contabili internazionali (IAS 19) non hanno abrogato l'articolo 2117 codice civile e attengono più alla rappresentazione contabile che non alla titolarità dei diritti;
tra i fondi presenti in Unicredit spa c'è il Fondo pensione ex credito romagnolo;
dall'esame dei bilanci di Unicredit spa dal 2006 al 2009 si rileva, negli allegati al bilancio, alla voce «prospetti di movimentazione e rendicontazione dei fondi pensione interni», che UniCredit ha prelevato dai fondi elencati 77 milioni di euro nel 2006 e non ha provveduto a coprire perdite attuariali successive che risultano nel bilancio 2009 di 58 milioni di euro. A quanto è dato comprendere dai bilanci suddetti, la spa Unicredito ha ritenuto di procedere come segue. A seguito di nuove valutazioni attuariali, l'Unicredito spa ha ravvisato un'eccedenza nelle riserve matematiche dei bilanci dei fondi interni, ed ha ritenuto di poter distrarre tali somme ritenute eccedenti, imputandole ad utili di esercizio della banca stessa e successivamente essendosi rilevata una minusvalenza rispetto alle riserve matematiche non ha provveduto al relativo reintegro. Tale condotta si pone in contrasto con l'articolo 2117 del codice civile, così come interpretato dalla Cassazione;
sulla base delle azioni contabili poste in essere da Unicredit spa, in caso ipotetico di liquidazione coatta della stessa, i percettori di pensione erogata dai fondi «interni» a prestazione definita (come il fondo pensione ex credito romagnolo) che hanno per tutta la loro vita lavorativa contribuito al fondo con una elevata percentuale delle loro retribuzioni, non vedrebbero assicurate le loro rendite essendo le stesse state imputate praticamente ad utili di esercizio della banca stessa, e dunque non rientranti nell'alveo delle tutele di cui all'articolo 2117 del codice civile -:
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, non ritengano opportuno adottare idonee iniziative atte a garantire, agli interessati, i diritti di cui all'articolo 2117 del codice civile, anche in considerazione dell'interpretazione fornita dalla sentenza della Corte di cassazione del 12 marzo 2002 n. 3630.
(4-07372)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2010

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è il primo produttore di riso in Europa con i suoi 238.460 ettari ad esso dedicati;

in particolare in Piemonte, la coltivazione del riso complessivamente riguarda 121.600 ettari, e nella sola provincia di Vercelli ne vengono coltivati 74.000 ed in quella di Biella 4.000;
negli ultimi sei mesi i prezzi di alcune varietà di riso da esportazione o da insalate come Lido, Loto, Balilla, Selenio, Gladio, sono diminuiti drasticamente attestandosi sotto il costo di produzione;
pur essendo le importazioni diminuite del 12 per cento e le esportazioni aumentate del 13 per cento, si assiste ad una situazione controversa, visto che i tre gruppi leader del settore, quali Gallo, Scotti ed Euricom, che trasformano il 70 per cento del prodotto, sostengono che le cause siano dovute alla crisi economica mondiale e alla diminuzione dei consumi, nonostante abbiano aumentato i costi del prodotto al consumatore di circa il doppio rispetto alla pasta;
ad oggi non si conoscono i dati né sulle importazione né sulla tipologia, né sulle caratteristiche sanitarie del riso che viene importato;
non sono noti i dati reali sui consumi e di conseguenza quali siano le preferenze del mercato in modo da poter coltivare la varietà più richiesta, nonostante esista l'ente a ciò preposto, ovvero l'«Ente nazionale risi»;
l'intero mercato risicolo oggi è gestito da intermediari «mediatori» i quali percepiscono una percentuale pari a 0.30 cent al quintale dal produttore e 0.45 cent dal trasformatore, come si evince dalle bolle di vendita;
il mercato del riso negli ultimi tre anni ha subito oscillazioni di prezzo non indifferenti, in grado di mettere in crisi le imprese risicole e le piccole e medie riserie artigianali, in quanto non si possono fare programmazioni nel medio lungo periodo;
l'etichettatura e la tracciabilità del prodotto ad oggi non sono disciplinate in modo appropriato, per cui il consumatore spesso non conosce né l'origine né la varietà del prodotto che acquista -:
se il Ministro al fine di tutelare gli imprenditori e il consumatore finale, ed evitare speculazioni sul mercato del riso, non ritenga necessario ed urgente rendere obbligatoria in etichetta l'indicazione dell'origine territoriale del riso, effettuare le analisi delle caratteristiche qualitative e sanitarie sulle produzioni importate, pubblicare i dati relativi alle importazioni, al fine di garantire la tracciabilità delle produzioni e revisionare l'attività borsistica delle Camere di commercio;
se non si intendano creare i presupposti per giungere al più presto ad accordi di filiera che tengano conto dei reali costi di produzione, della qualità e dei metodi di coltivazione e creare le condizioni affinché venga utilizzato riso locale presso le mense scolastiche, ospedali ed in generale nella ristorazione collettiva pubblica;
se, al fine di promuovere il prodotto made in Italy, non si ritenga necessario estendere il diritto allo «spazio scaffale» per i prodotti della filiera agricola italiana, attraverso azioni mirate nei confronti della Grande distribuzione organizzata;
se non ritenga doveroso garantire una programmazione che permetta le coltivazioni e le varietà in funzione delle reali richieste del mercato.
(5-02953)

NEGRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da oltre un mese le cronache, non solo locali, riferiscono della presenza di un orso che, migrato spontaneamente dalla Slovenia, si aggira nelle aree montane a sud dell'Altopiano di Asiago, uccidendo animali di allevamento e causando danni riconducibili non solo alla perdita dei suddetti capi di bestiame, ma anche agli effetti su altre attività economiche, quali il turismo, che potrebbe negativamente risentire

del clima di preoccupazione determinato dalla presenza dell'orso sul territorio;
nell'area interessata dalla presenza - e dalle scorribande - dell'orso risultano essere presenti 80 malghe, nella quali sta per iniziare la stagione dell'alpeggio che vedrà arrivare 5 mila bovini ed almeno altrettanti animali, tra pecore e capre;
in considerazione di tale situazione che, di fatto, prefigura una vera e propria emergenza incombente, il 21 maggio 2010, ad Asiago, si è tenuto un vertice tecnico-istituzionale, cui hanno partecipato i competenti organi regionali e locali, nonché i rappresentanti delle prefetture delle tre province interessate (Vicenza, Verona e Belluno), al termine del quale è stato deciso che l'orso dovrà essere catturato e allontanato, pur nel rispetto delle norme europee, nazionali e interregionali esistenti;
il Ministro interrogato, in data 14 maggio 2010, per quanto risulta dal sito internet del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha rilasciato una dichiarazione con la quale ammoniva «che nessuno tocchi l'orso», mentre dopo il succitato vertice di Asiago del 21 maggio ha dichiarato alla stampa che, pur apprezzando l'approccio seguito in tale circostanza, sul destino dell'orso «è meglio attendere il parere dell'ISPRA» -:
se e quali provvedimenti si intendano adottare, al fine di consentire il superamento della situazione di emergenza venutasi a creare, a seguito dei fatti di cui in premessa.
(5-02956)

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto pubblicato, il 30 aprile 2010, dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sulla programmazione finanziaria e l'avanzamento del bilancio comunitario e della spesa pubblica, risultano preoccupanti ritardi nell'attuazione dei programmi di sviluppo rurale delle regioni per il periodo 2007-13;
la rilevazione trimestrale sulla spesa sostenuta dalle regioni al 31 marzo 2010, contenuta in detto rapporto, mostra per i 21 programmi di sviluppo rurale e per la rete rurale nazionale 2007-2013, un avanzamento complessivo della spesa pari ad appena il 19,32 per cento delle attribuzioni del Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale (FEASR);
le amministrazioni che, al 31 marzo 2010, hanno già completato le annualità di spesa 2007-2008 sono soltanto 6 (Province autonome di Trento e Bolzano e le regioni Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria e Valle D'Aosta), mentre, sempre con riferimento alle medesime annualità, risultano ancora da spendere, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, circa 615,02 milioni di euro, al fine di evitare il disimpegno automatico dei corrispondenti fondi comunitari;
i maggiori ritardi sono rilevati per le regioni meridionali e, in specie, per Puglia (131,82 milioni di euro da spendere entro il 2010), Campania (100,97 milioni di euro), Sicilia (95,81 milioni di euro) e Basilicata (84,47 milioni di euro);
il mancato rispetto dei tempi fissati dall'Unione europea ed il conseguente disimpegno dei fondi, oltre a determinare un irreparabile pregiudizio alle imprese agricole interessate e, quindi, alle relative economie territoriali, prefigura anche l'emergere di profili di danno all'erario che, oltre ad essere particolarmente gravi nell'attuale fase di crisi economica, determinano anche la necessità di individuare e perseguire i soggetti responsabili -:
se si intendano adottare iniziative di coordinamento delle attività delle regioni meno efficienti, al fine di evitare o, almeno, limitare il rischio di disimpegno delle risorse comunitarie;

se e quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti dei soggetti che, a causa della loro inefficienza ed inadempienza, dovessero determinare perdita di risorse finanziarie e, quindi, danni all'erario.
(4-07365)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

VASSALLO e BRESSA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in attuazione del decreto legislativo n. 117 del 2009 di riforma del CNIPA con la sua trasformazione in ente pubblico denominato DigitPA, il Governo ha proposto il signor Davide Giacalone per l'incarico di Presidente di DigitPA;
su questa proposta di nomina la Commissione Affari costituzionali del Senato ha espresso parere contrario mentre nel corso dell'esame della medesima proposta da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera è stato osservato da parte di numerosi deputati intervenuti come il signor Giacalone fosse del tutto privo dei requisiti scientifici e professionali richiesti dal decreto 117;
non è stato mai emanato il decreto del Presidente della Repubblica di nomina del signor Giacalone;
in risposta ad una interrogazione presentata presso questa Commissione nella quale si chiedeva conto della mancata assegnazione dell'incarico, il sottosegretario alla pubblica amministrazione e innovazione, senatore Andrea Augello, ha riferito che il signor Giacalone «ha comunicato la propria indisponibilità a ricoprire tale incarico», senza menzionare alcuna specifica motivazione;
successivamente, con decreto del 13 maggio del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, onorevole Renato Brunetta, il medesimo signor Giacalone è stato nominato presidente della agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione;
in base allo Statuto della medesima agenzia, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2008, il Presidente è scelto «tenendo conto di requisiti di alta competenza e professionalità nella gestione della ricerca e dell'innovazione, acquisiti nella direzione di strutture pubbliche o private di rilevanza nazionale, comunitaria ed internazionale»;
come si legge nel suo sito istituzionale, «l'Agenzia agisce come catalizzatore, per facilitare il processo di trasferimento delle conoscenze tecnico-scientifiche dal mondo dell'Università e ricerca verso il sistema industriale, al fine di integrare e potenziare, secondo una logica di sussidiarietà, quanto già esistente a livello nazionale e regionale a livello sia pubblico sia privato. Essa, inoltre, opera all'interno dello Spazio comune europeo della ricerca e dell'innovazione, in collaborazione con istituzioni e organismi europei, siano essi nazionali, regionali o sovranazionali, che ne condividano le finalità»;
appare agli interroganti inappropriato e nella sostanza elusivo di ogni forma di controllo l'aver rinunciato di fatto alla nomina del signor Giacalone a presidente di DigitPA, ruolo per il quale era previsto li vaglio delle competenti commissioni parlamentari oltre che l'adozione di un decreto del Presidente della Repubblica, data la palese inadeguatezza del suo curriculum, per decidere poi di nominare il medesimo soggetto, sempre privo dei requisiti sostanziali necessari, ad un ruolo per il quale è sufficiente una decisione monocratica del Ministro stesso, trattandosi peraltro della medesima persona resasi indisponibile per ragioni non meglio specificate ad assumere un incarico per il quale erano richieste competenze

simili e un pari impegno professionale; peraltro il signor Giacalone è persona pienamente attiva nella quotidiana battaglia politica attraverso testate giornalistiche ad ampia diffusione e dunque, ad avviso degli interroganti, incompatibile sotto il profilo deontologico con un ruolo di alta direzione amministrativa, oltre che priva di alcun retroterra di studio e professionale che la leghi sia al mondo della ricerca scientifica (universitaria e non) sia al mondo dell'industria tra i quali, nella veste di presidente della agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, dovrebbe promuovere il dialogo e la fattiva cooperazione -:
sulla base di quali elementi il Ministro abbia inteso procedere alla nomina del signor Giacalone a presidente dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
(5-02958)

LANZILLOTTA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la riforma della pubblica amministrazione varata dal Governo Berlusconi con la legge 4 marzo 2009, n. 15, e attuata con il successivo decreto delegato 27 novembre 2009, n. 150, ha identificato nei processi di valutazione delle performance degli uffici e dei singoli dipendenti lo strumento attraverso cui realizzare una vera e propria rivoluzione delle amministrazioni pubbliche introducendo meccanismi di trasparenza e di incentivazione meritocratica;
chiave del nuovo sistema dovrebbe essere l'organismo previsto dall'articolo 4, comma 2, n. 5, lettera f), della legge n. 15 del 2009, cui è affidato il compito di definire metodologie per la valutazione delle amministrazioni pubbliche, monitorare l'attuazione dell'intero processo al fine di legare strettamente in ogni struttura amministrativa il sistema delle retribuzioni alla piena operatività di efficienti sistemi di valutazione oltre che garantire trasparenza e accountability nel rapporto tra amministrazioni, cittadini e imprese;
tale organismo denominato commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità nelle pubbliche amministrazioni (COVIT) insediatosi il 15 dicembre 2009 ha subito incontrato enormi difficoltà nell'avvio della sua operatività poiché il Ministero dell'economia e delle finanze ha atteso alcuni mesi prima di dare il concerto ai fini dell'emanazione del regolamento di organizzazione e contabilità;
nonostante ciò, la commissione ha prodotto una cospicua attività e numerosi documenti per l'impostazione metodologica della propria attività come è possibile ricavare dal sito internet;
tuttavia, dopo circa sei mesi dal suo insediamento risultano ad oggi ancora bloccate le risorse, pari a otto milioni di euro, stanziate dalla legge per assicurare il funzionamento della Commissione e il finanziamento della sua attività;
notizie di stampa, confermate dalle bozze del decreto recante la manovra di finanza pubblica, indicherebbero la volontà di sospendere l'operatività della commissione e dell'intero sistema di valutazione contenuto dalla riforma finalizzato tra l'altro alla attribuzione del salario accessorio sulla base di criteri di differenziazione legati al merito, indiscrezioni che confermano l'ostilità del Ministro dell'economia e delle finanze per la cosiddetta «riforma Brunetta», ostilità forse dovuta anche alla constatazione del forte aumento della spesa delle amministrazioni pubbliche nel biennio 2008-2009 ed allo scarso controllo esercitato sulle componenti di spesa da parte del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, fattori che sono alla base, insieme al crollo delle entrate, della necessità di una manovra particolarmente dura;
la mancata retribuzione dei membri della COVIT è un grave inadempimento del Governo e una assoluta mancanza di lealtà nei confronti di persone che optando per tale incarico hanno compiuto

difficili scelte personali e professionali trovandosi ora in gravi difficoltà; tale comportamento omissivo espone ad avviso dell'interrogante, l'Amministrazione a evidenti responsabilità civili e contabili e impone al Ministro la presa d'atto della sostanziale vanificazione della sua riforma e il ritorno, con la manovra adottata il 25 maggio 2010 dal Governo, alla logica dei tagli lineari nonché alla rinuncia a riforme strutturali, le uniche in grado di coniugare riduzione della spesa e aumento della qualità dei servizi pubblici, obiettivo irrinunciabile per la crescita economica -:
quali siano le questioni aperte e gli intendimenti del Ministro interrogato in relazione al funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità nelle pubbliche amministrazioni (COVIT) e, più in generale, in ordine alle effettive possibilità di dare attuazione al complessivo disegno di riforma di cui alla legge n. 15 del 2009.
(5-02959)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLOTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'agricoltura biologica rappresenta uno dei settori più dinamici del primario italiano e un importante comparto economico in cui l'Italia ha saputo guadagnare una posizione di leadership a livello europeo, consentendo anche di differenziare la propria produzione agricola;
è opinione condivisa da tutte le forze politiche che il biologico italiano, favorendo buoni margini di guadagno agli agricoltori e consolidando il patrimonio di qualità e sicurezza alimentare delle produzioni nazionali, concedendo ad esse un vantaggio commerciale, vada tutelato e promosso;
vi sono tuttavia una serie di problematiche che questo importante settore deve affrontare, specie per alcuni ritardi dovuti ad inerzie della pubblica amministrazione;
per ciò che concerne le autorizzazioni ai princìpi attivi da utilizzarsi in agricoltura biologica, un comportamento conservativo nei confronti di nuove molecole, magari già valutate positivamente dall'Unione europea, diventa di fatto un ostacolo verso la coltivazione di produzioni minori, come i frutti a guscio, che vedono pertanto accrescere il loro svantaggio competitivo nei confronti di produzioni estere -:
quali iniziative di propria competenza intendano adottare al fine di snellire l'iter autorizzativo dei princìpi attivi utili alla realizzazione di prodotti fitosanitari e se non ritengano di garantire a quelli destinati all'agricoltura biologica una corsia preferenziale, data la minore tossicità e l'importanza che questo settore ricopre per l'agricoltura italiana.
(5-02954)

Interrogazione a risposta scritta:

LAFFRANCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla salute è una delle principali garanzie che uno Stato civile ha il dovere di garantire ai propri cittadini;
i progressi scientifici hanno elevato, nel tempo, costantemente gli standard sanitari permettendo nuovi e sempre più incisivi interventi a salvaguardia della salute. A volte però anche metodi di cura possono rivelarsi causa di ulteriori danni e malattie, così come è avvenuto nel caso delle trasfusioni di sangue infetto che si sono manifestate in diversi Paesi europei agli inizi degli anni 80;
in Italia, le persone che si sono ammalate a causa di una trasfusione di sangue infetto, pur non potendo definire una stima precisa, risultano essere decine di migliaia. Dal 1980 all'aprile del 2008, le

morti accertate hanno superato le 2.500 unità, mentre sono circa 4.000 le persone che sono state contagiate da emoderivati infetti;
il legislatore, agli inizi degli anni 90, è intervenuto riconoscendo i diritti delle persone contagiate, con la legge n. 210 del 1992 si è previsto un indennizzo a favore delle persone danneggiate in modo irreversibile a causa di vaccinazioni, trasfusioni, somministrazioni di emoderivati, infezioni contratte per rischi professionali (in relazione al personale sanitario);
nel dettaglio, la legge in questione si rivolge a chi ha riportato lesioni o infermità permanenti derivanti da vaccinazioni di vario tipo (obbligatorie per legge, consigliate, effettuate per motivi di lavoro o per poter accedere a uno Stato estero, antipoliomielitica non obbligatoria). A queste si aggiungono le persone contagiate dai virus dell'AIDS (HIV) o dell'epatite a seguito di somministrazioni di sangue o dei suoi derivati, il personale sanitario che ha contratto l'infezione da HIV durante il servizio, il coniuge e/o il convivente contagiato dal partner e il figlio infettato durante la gestazione;
inoltre, in caso di morte del danneggiato, anche i parenti stretti (coniuge, figli, genitori, fratelli minorenni e maggiorenni) possono presentare una specifica domanda di indennizzo;
con la legge n. 210 si riconosce, però, un indennizzo e non un risarcimento del danno;
il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all'attribuzione indennitaria regolata dalla legge n. 210 del 1992;
in relazione, infatti, alla responsabilità derivante da emotrasfusioni infette, negli ultimi anni, sono state registrate novità rilevanti. Oltre alle condizioni definite dalla legge n. 210 del 1992, esiste la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di emotrasfusioni di sangue infetto, citando direttamente in giudizio il Ministero della salute;
rispetto alle richieste di risarcimento fino a pochi anni fa sussisteva il problema della prescrizione, ma al riguardo è intervenuta una rivoluzionaria pronuncia della Cassazione che agevola notevolmente le possibilità di richiesta danni: «Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli articoli 2935 e 2947, comma 1, codice civile, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche». (Cassazione Sezioni unite n. 581/2008);
il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno per il soggetto che afferma di aver contratto per contagio una malattia, a causa di un fatto doloso o colposo di un terzo, decorre, dunque, non più dal giorno in cui il terzo determina la condizione che produce il danno altrui o in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto derivante dal comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e considerando le conoscenze scientifiche diffuse;
è necessario precisare che il legislatore è intervenuto nel merito della questione con specifici interventi. Una prima volta con il decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159 convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, con il quale all'articolo 33 si è disposto che: «Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue

infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, è autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per il 2007»;
successivamente, a distanza di pochi mesi, il legislatore è nuovamente intervenuto nella materia con la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), con la quale all'articolo 2, si è definito, al comma 361, che «Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, è autorizzata la spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008»;
al comma 362 si sono precisate le modalità con cui procedere alle transazioni specificando che: «Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri in base ai quali sono definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 361 e, comunque, nell'ambito della predetta autorizzazione, in analogia e coerenza con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, con priorità, a parità di gravità dell'infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni»;
infine, al comma 363 si è decisa l'estensione della possibilità di accedere all'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 ad un'altra categoria di soggetti per cui: «L'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, è riconosciuto, altresì, ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia»;
in attuazione di quanto disposto dal comma 362 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008); è stato emanato il decreto ministeriale 28 aprile 2009, n. 132;
in tutti gli interventi successivi alla legge n. 210 del 1992, con riferimento alle transazioni, non vengono ricompresi tra i soggetti destinatari gli operatori sanitari che hanno contratto infezioni durante il servizio entrando a contatto con sangue infetto. A questi soggetti è riconosciuto cioè, a norma della legge n. 210 del 1992, un indennizzo a titolo di solidarietà sociale ma non il risarcimento del danno;
è necessario precisare che la Corte costituzionale con sentenza n. 476 del 2002 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 nella parte in cui non prevede che i benefici previsti dalla legge tessa spettino anche agli operatori sanitari che, in occasione del servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni permanenti all'integrità psico-fisica conseguenti ad infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti. Si è, dunque, estesa la portata della norma originaria che pareva vincolata per quanto riguarda il personale sanitario alle sole infezioni riportate con il contatto con sangue infetto di soggetti affetti da infezione da HIV;
gli infortuni sul lavoro, così come le morti bianche, continuano ad essere un'emergenza di carattere nazionale. La tutela della salute e dell'integrità psico- fisica

dei lavoratori non può che essere garantita in ogni occasione e di fronte a qualsiasi accadimento -:
se non ritenga necessario intervenire per conoscere la platea degli operatori sanitari danneggiati nell'espletamento delle loro mansioni dal contatto con sangue infetto e, nel caso, se intenda assumere iniziative, anche normative, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, per prevedere che anche costoro possano adire a procedure di transazione come quelle definite dal decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159 convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 e dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008).
(4-07360)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRANDOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 - attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno - in vigore dall'8 maggio 2010, all'articolo 73 (attività di intermediazione commerciale e degli affari) modifica le modalità di iscrizione delle attività disciplinate dalle legge 3 febbraio 1989, n.39, e all'articolo 80 (disposizioni transitorie) demanda ad un decreto del Ministro delle sviluppo economico - da adottare entro i sei mesi successivi alla entrata in vigore - la disciplina delle modalità d'iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi e nei ruoli;
la legge 3 febbraio 1989, n. 39 - Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore - all'articolo 2, comma, lettera e), così sostituita dall'articolo 18 della legge 5 marzo 2001, n. 57, prevede la possibilità di iscriversi al ruolo degli agenti di affari in mediazione senza aver superato l'esame diretto ad accertare l'attitudine e la capacità professionale dell'aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto, a coloro che, oltre ad «avere conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado», abbiano «effettuato un periodo di pratica di almeno dodici mesi continuativi con l'obbligo di frequenza di uno specifico corso di formazione professionale»;
tale possibilità non è stata ancora posta in attuazione, di conseguenza, l'iscrizione al ruolo può avvenire solo dopo aver frequentato un corso di formazione organizzato da un ente abilitato per un numero di ore previsto dalla regione di competenza che, pertanto, varia da 80 a 200 ore, determinando forti disparità da regione a regione;
essendo inoltre prevista in media una sessione di esame ogni sei mesi (in alcune camere di commercio addirittura una sola sessione all'anno), alla quale ci si può iscrivere solo dopo aver frequentato il corso, qualora non si dovesse passare la prova, occorre attendere altri sei mesi prima di potersi reiscrivere alla successiva sessione di esame;
la suddivisione in tre sezioni dell'iscrizione al ruolo penalizza in particolare gli agenti che concludono esclusivamente intermediazioni relative a contratti d'affitto, in quanto inseriti nella sezione degli agenti immobiliari, quindi costretti a frequentare un corso di formazione il cui programma è prevalentemente dedicato alle nozioni indispensabili per poter assistere le parti nella compravendita di immobili; l'estimo, la conservatoria e molti altri aspetti sono nozioni senz'altro interessanti, ma certamente non necessarie per chi deve imparare a valutare il canone di locazione e a consigliare la forma contrattuale maggiormente rispondente alle esigenze dei contraenti un contratto di locazione -:
quali iniziative intenda porre in essere - considerato che l'articolo 11 della legge n. 39 del 1989 demandava all'ex

Ministero dell'industri, del commercio e dell'artigianato l'emanazione di norme regolamentari di attuazione della legge e tenuto conto che l'allora Ministero delle attività produttive in una nota del 12 maggio 2006 ha condiviso la proposta delle regioni di sostituire il regolamento con un accordo tra il Ministero e le regioni per stabilire gli ambiti dei rispettivi ruoli - affinché il decreto ministeriale in questione:
a) assicuri la piena attuazione dalla legislazione vigente per quanto riguarda la possibilità di acquisire il diritto all'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione dopo aver svolto un periodo di pratica di almeno dodici mesi consecutivi (stabilendo la modalità di verifica dello svolgimento del periodo di pratica, attraverso un registro che consenta di attestare le presenze del praticante presso l'agenzia immobiliare sede della pratica);
b) garantisca la parità di condizioni per l'accesso ai ruoli in tutto il territorio nazionale ed una tempistica delle sessioni di esame che preveda l'organizzazione di almeno un esame ogni 2 mesi e che eviti agli aspiranti agenti di dover attendere sei mesi prima di poter ripetere l'esame qualora in prima battuta non avessero superato la prova, riducendo il tempo di attesa ad un mese, periodo necessario al candidato ad approfondire la propria preparazione;
c) introduca una nuova distinzione attraverso l'istituzione di una quarta tipologia per gli agenti di intermediazione locativa, accessibile attraverso un percorso differente che preveda una formazione specifica per questo tipo di agenti, focalizzata sugli aspetti legati alla locazione immobiliare.
(5-02944)

Interrogazioni a risposta scritta:

FADDA, MELIS, CALVISI, FARINA COSCIONI, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere premesso che:
la finalità specifica del Contratto d'area - strumento di programmazione negoziata definito dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, articolo 2 commi 203 - 209 e disciplinata dalla Delibera CIPE del 21 Marzo 1997 - è quella di recuperare, bonificare e riconvertire la produzione in vaste aree industriali dismesse attraverso la promozione di nuove attività produttive e la riqualificazione e rioccupazione del maggior numero di lavoratori espulsi dai processi di ristrutturazione e di dismissione aziendale;
il contratto d'area di Sassari-Alghero-Porto Torres è stato sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nel maggio del 1998 per la realizzazione nel territorio di un ambiente economico favorevole all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione;
l'area di riferimento era interessata da una grave crisi a causa di una progressiva deindustrializzazione delle attività dei grandi gruppi industriali;
è stata definita pertanto una azione rivolta, da un lato ad assicurare una soddisfacente gestione degli urgenti problemi occupazionali e, dall'altro a predisporre le condizioni per il riavvio di un permanente sviluppo mediante un programma di interventi fondato sul sostegno al mercato del lavoro, sul rafforzamento del comparto infrastrutturale, sull'avvio della reindustrializzazione dell'area mediante la promozione di nuove iniziative imprenditoriali;
il contratto d'area di Sassari - Alghero - Porto Torres si articola in quattro interventi:
a)il contratto originario sottoscritto il 13 maggio 1998;
b) il primo protocollo aggiuntivo sottoscritto il 19 marzo 1999;
c) il secondo protocollo aggiuntivo sottoscritto il 19 luglio 2002;

d) il secondo protocollo aggiuntivo, completamente sottoscritto il 12 gennaio 2004;
nel corso dell'attuazione del primo e secondo protocollo aggiuntivo del Contratto d'Area di Sassari-Alghero-Porto Torres, entrambi finanziati con risorse CIPE, sono intervenute diverse rinunce e revoche delle agevolazioni provvisoriamente concesse e sono state determinate economie nella erogazione delle stesse;
il responsabile unico in data 24 febbraio 2005 ha inoltrato al Ministero competente una proposta di rimodulazione delle risorse non utilizzate, cui sono seguite - con note del 24 maggio 2006 e del 6 novembre 2008 due proposte di integrazione;
dalla data della prima richiesta di rimodulazione ad oggi, l'attuale responsabile unico ovvero il Presidente della Provincia di Sassari dottoressa Giudici, ha ripetutamente richiesto al Ministero dello Sviluppo Economico l'autorizzazione alla rimodulazione delle risorse non utilizzate;
con una nota del 3 febbraio 2009 il Ministero ha informato il Responsabile Unico che l'autorizzazione alla rimodulazione delle risorse non poteva essere concessa prima dell'emanazione di un Decreto Ministeriale contenente le disposizioni relative alle modalità di attuazione delle rimodulazioni da avviare, In data 2 luglio 2009 e stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico che fissa i nuovi criteri, le condizioni e le modalità per la concessione delle agevolazioni finanziarie attraverso la sottoscrizione dei contratti d'area, di cui all'articolo 2, comma 203, lettera f) della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Tale decreto si applica esclusivamente ai programmi imprenditoriali da agevolare attraverso le rimodulazioni di risorse finanziarie, assegnate dal CIPE ai Contratti d'Area e ai loro protocolli aggiuntivi, in essere alla data del 31 dicembre 2007 le cui richieste siano presentate entro il 31 dicembre 2008;
il Ministero dello sviluppo economico con nota protocollo 101983 del 10 settembre 2009, pervenuta in data 21 settembre 2009, ha inoltrato al responsabile unico la richiesta di trasmettere il parere favorevole della regione Sardegna sulla rimodulazione del Contratto d'area;
il responsabile unico con nota protocollo n. 37509 del 21 settembre 2009, ha trasmesso alla Regione autonoma della Sardegna la richiesta del suddetto parere favorevole che a seguito anche di una nota di sollecito dell'8 ottobre 2009, è pervenuto in data 22 ottobre 2009;
il responsabile unico ha trasmesso al Ministero dello sviluppo economico il parere favorevole della regione Autonoma della Sardegna in data 23 ottobre 2009;
il responsabile unico, ovvero il Presidente della Provincia di Sassari dottoressa Giudici, con nota del 21 gennaio 2010 ha trasmesso al Ministero una relazione illustrativa, redatta sulla base dell'allegato 1 alla circolare del 18 febbraio 2002 n. 1.178.517, relativa al riepilogo dei dati di cui alla proposta di rimodulazione presentata e alle successive integrazioni;
il responsabile unico con nota protocollo n. 11633 del 11 marzo 2010 ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico chiarimenti in merito ai criteri che stanno alla base dell'assegnazione delle risorse da rimodulare;
il Ministero dello sviluppo economico con nota protocollo n. 4148 del 23 marzo 2010 ha trasmesso il decreto direttoriale n. 8400 del 12 novembre 2009 con il quale è stata definita in euro 42.698.672,93 la somma derivante dalle revoche dei contributi, disponibile per assicurare la copertura finanziaria delle domande di rimodulazione dei Contratti d'Area che potrebbero essere autorizzate, una volta verificata la sussistenza di tutti i presupposti prescritti dalla normativa di riferimento in vigore;
il responsabile unico in data 21 aprile 2010 ha trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico la nota di sollecito, prot.

N. 17434, in merito ai chiarimenti sui criteri di assegnazione delle risorse da rimodulare;
il Ministero dello sviluppo economico con nota n. 10904 del 5 maggio 2010 ha trasmesso il Decreto n. 9068 del 4 maggio 2010 relativo all'autorizzazione alla rimodulazione e che tale decreto autorizza «il riutilizzo della somma complessiva di euro 2.973.762,45 per la realizzazione di nuove iniziative imprenditoriali e per nuovi interventi infrastrutturali, al netto della ritenuta del 20 per cento pari a euro 743.44,61. Sul predetto importo graveranno gli oneri di istruttoria»;
le somme oggetto della rimodulazione presentata dal responsabile unico del contratto d'area di Sassari-Alghero-Porto Torres ammontano a circa 42 milioni di euro;
il decreto ministeriale di autorizzazione alla rimodulazione autorizza il riutilizzo soltanto della somma di euro 2.973.762,45, non riporta alcun riferimento ai criteri adottati nella individuazione di tale importo e contiene diversi punti da chiarire;
permane, nei territori in cui sarebbero ricaduti i benefici effetti del contratto d'area, una situazione economica e sociale che rispetto al 1998 è notevolmente peggiorata vista la crisi attuale che attanaglia in maniera preoccupante soprattutto la Sardegna -:
se non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative per assicurare il ritiro del decreto del direttore generale del Ministero dello sviluppo economico n. C.A. 9068 del 4 maggio 2010 denominato «Contratto d'Area: Sassari-Alghero-Portotorres Autorizzazione alla Rimodulazione n. 1» per evitare nell'immediato un contenzioso con il responsabile unico del Contratto d'Area Sassari-Alghero-Porto Torres;
se non ritenga di convocare urgentemente un tavolo di confronto per verificare la fondatezza delle richieste del responsabile unico e quindi predisporre gli atti perché le somme oggetto della richiesta siano messe a disposizione del contratto d'area.
(4-07362)

LISI, PIZZOLANTE e SCELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come noto il Consiglio dei ministri, in data 19 marzo 2010, ha licenziato il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante «Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno», pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 23 aprile 2010, n. 94, Suppl. Ord. n. 75/L. Detto provvedimento è entrato in vigore nel nostro ordinamento giuridico il giorno 8 maggio 2010. Il decreto in questione ha inteso fornire un contributo decisivo al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi, in particolare incidendo sulla materia dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (come appare di competenza esclusiva regionale), in relazione ai quali - il riferimento è agli articoli 64 e 71 - sono state introdotte importanti innovazioni;
in particolare:
è stato abolito il sistema dei parametri numerici, per cui per ciò che concerne i provvedimenti di programmazione delle aperture, come chiarito anche in maniera analitica dalla circolare del Ministero preposto n. 3635/C del 6 maggio 2010, non è più ammissibile una limitazione fondata su presupposti vietati dalla direttiva comunitaria (cosiddetta Bolkestein);
è stato confermato l'obbligo di autorizzazione preventiva per l'apertura di nuovi esercizi di somministrazione, chiarendo contemporaneamente che l'attività in questione mantiene la natura di licenza di polizia;
è stata disposta la sottoposizione del trasferimento di sede, della titolarità e

della gestione di un esercizio di somministrazione all'istituto della dichiarazione di inizio attività;
sono stati previsti nuovi requisiti professionali per l'avvio dell'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande anche se effettuate nei confronti di una cerchia determinata di persone. In tal senso, ai fini dell'avvio di ambedue le tipologie di attività, l'articolo 71, comma 6, lettera c), ammette la possibilità anche di riconoscere valido ai fini della qualificazione il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore e/o di laurea, anche triennale, o di altra scuola di indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso degli studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione di alimenti;
in relazione a tale ultima previsione di cui all'articolo 71, comma 6, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 59 del 2010, di individuazione dei requisiti per l'esercizio delle attività di cui sopra, l'interrogante rileva che la novella disposizione ha trascurato il requisito della pratica professionale relativa all'esercizio in proprio dell'attività di commercio alimentare o di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, così come stabilito dall'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Detta ultima normativa all'articolo citato, alla lettera b), espressamente disponeva tra i requisiti professionali l'«aver esercitato in proprio per almeno due anni nell'ultimo quinquennio l'attività di vendita all'ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari». La nuova formulazione, infatti, contenuta nel già richiamato articolo 71, comma 6, lettera b), testualmente prende in esame solo le seguenti casistiche: «aver prestato la propria opera, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, presso imprese esercenti l'attività nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, ..., o in qualità di socio lavoratore, o in qualità di coadiutore familiare, comprovata dall'iscrizione all'Istituto nazionale per la previdenza sociale»;
la norma in questione pone numerosi problemi pratici alle amministrazioni competenti, con espresso riferimento a quelle territoriali e, quindi, in particolare ai comuni, che sono chiamati a verificare requisiti e procedure relative all'applicazione della norma e più in generale il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità indicate dal decreto legislativo n. 59 del 2010. In particolare, alcuni operatori professionali del comune di Gallipoli hanno inteso attivare l'interrogante al fine di trovare soluzione alle problematiche che di seguito si specificano;
la mancata previsione dell'esercizio in proprio quale requisito professionale per l'avvio dell'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande appare visibilmente come una svista del legislatore, peraltro sottaciuta anche dalla circolare ministeriale esplicativa prima richiamata. Appare evidente, infatti, all'interrogante che, se il requisito della prestazione della propria opera all'interno di un'azienda esercente l'attività nei settori citati in qualità di dipendente qualificato e di socio lavoratore o di coadiutore familiare consente l'ottenimento del requisito, a maggior ragione lo stesso spetterebbe al titolare dell'azienda, ancor di più ed evidentemente nel caso di azienda individuale, in quanto è chiaro che il titolare è sicuramente addetto e preposto a tutte le attività inerenti all'amministrazione, la vendita o la preparazione degli alimenti, ancor più nell'ambito delle piccole aziende e di quelle a conduzione familiare, che a seguito di un'interpretazione restrittiva della norma potrebbero essere le più penalizzate;
la mancanza di una norma transitoria, in fase di prima applicazione della disposizione con riguardo all'esercizio delle attività stagionali, di per sé, genera non pochi problemi a tutte le amministrazioni

locali in sede di rinnovo delle attività stagionali. Appare evidente che, ove dette attività si svolgano esclusivamente per alcuni mesi all'anno, e segnatamente per tre o quattro mesi, tutti i titolari (per effetto della carenza normativa evidenziata al punto precedente) e i dipendenti qualificati, soci lavoratori e coadiutori familiari, non avrebbero più il requisito professionale per l'esercizio dell'attività, in quanto, per effetto dell'applicazione della norma, i periodi non continuativi nel quinquennio precedente, rischiano di non essere sufficienti per raggiungere i due anni (24 mesi) complessivi richiesti. Le situazioni appena rappresentate, lungi dall'essere dei casi scolastici, sono purtroppo ipotesi reali, che come evidenziato dal comune prima citato sono anche ricorrenti e riguardando una moltitudine di soggetti esercenti in particolare l'attività di stabilimento balneare in relazione alle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ivi allocate e generalmente complementari all'attività principale. Infatti, in questi casi i rispettivamente titolari addetti o delegati alla somministrazione rischiano tutti, per effetto dell'interpretazione prima specificata, di non possedere i requisiti professionali all'esercizio dell'attività di somministrazione peraltro sotto un duplice profilo, e cioè del non riconoscimento del requisito professionale dell'esercizio in proprio dell'attività secondo le modalità specificate e del non raggiungimento del periodo minimo di due anni (24 mesi) nell'ultimo quinquennio;
si ritiene utile evidenziare come non solo l'articolo 5 del decreto legislativo n. 114 del 1998 (cosiddetto decreto Bersani) prevedesse espressamente l'esercizio in proprio quale requisito professionale, ma anche come tale norma era espressamente prevista nella legislazione regionale pugliese in materia di commercio e segnatamente dall'articolo 6 della legge n. 11 del 1o agosto 2003 e che tale requisito era previsto anche dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1991 in materia di somministrazione di alimenti e bevande, norme tutte abrogate espressamente (quelle nazionali) dall'articolo 71, comma 6, del decreto legislativo n. 59 del 2010 e per effetto, in relazione alle normative regionali, dalla clausola di cedevolezza contenuta nell'articolo 84 del decreto legislativo n. 59 del 2010;
al riguardo appare necessario un intervento urgente, in quanto la stagione balneare è praticamente già in corso di attività e quindi i pregiudizi economici prima accennati hanno già il carattere della immediatezza e si andrebbero ad aggiungere ad una già difficile situazione economica complessiva del Paese e del settore -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro al fine di risolvere la problematica sollevata, tenendo conto delle notevoli implicazioni a carattere economico e sociale, e quindi anche politiche, che una siffatta normativa determinerebbe nel caso di interpretazione letterale della norma citata, e se ritenga a tal punto opportuna una ulteriore circolare esplicativa la quale specifichi che, in relazione alle attività svolte stagionalmente come appunto avviene per quelle relative agli stabilimenti balneari, i due anni possono essere computati anche comprendendo i periodi di inattività, purché non vi sia stata soluzione di continuità, e che quindi l'attività sia rimasta nella titolarità del medesimo soggetto per due anni negli ultimi cinque e inoltre che, ai fini del riconoscimento del requisito professionale, nella dicitura di cui all'articolo 71 debba essere compresa anche quella relativa all'esercizio in proprio.
(4-07363)

DI PIETRO, DI GIUSEPPE, DONADI, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la situazione della ITTIERRE, in gestione commissariale ai sensi della legge Marzano dal 12 febbraio 2009, sta assumendo tratti sempre più drammatici per i lavoratori e le lavoratrici attualmente presenti in organico;

all'inizio dell'amministrazione straordinaria i commissari garantivano a tutti i dipendenti dell'ITTIERRE che l'azienda non avrebbe subito alcun ridimensionamento in termini di produzione e di occupazione. In un secondo tempo si è parlato della necessità di collocare in cassa integrazione 350 dipendenti, senza utilizzare alcun criterio organizzativo-professionale per la valutazione di chi dovesse andare in cassa integrazione;
alla fine sono stati messi in cassa integrazione guadagni 500 lavoratori, tutto ciò senza che ci sia stato mai un confronto su un piano industriale a nessun livello;
attorno all'azienda molisana operano oltre 1.500 dipendenti, diretti e dell'indotto, impegnati in decine di laboratori sparsi sull'intero territorio regionale;
da tale situazione non poteva non derivare un diffuso allarme sociale, che ha trovato come portavoce, oltre alle maestranze direttamente coinvolte, le forze politiche e quelle sindacali, circa le prevedibili ricadute negative sull'occupazione e sul reddito di centinaia di famiglie molisane, nonché sull'intero sviluppo della regione Molise;
il 20 gennaio 2010 è stato depositato il programma di cessione del complesso aziendale facente capo alla business unit Malo (Malo spa, IT Distribuzione srl e la partecipazione Mac Usa detenuta da IT Holding) ed i commissari hanno anticipato l'imminente deposito di due programmi autonomi di cessione dei complessi aziendali anche per le altre business unit del gruppo. Come previsto dalla legge italiana, il compito primario dei commissari nominati è quello di salvaguardare il patrimonio industriale, professionale ed occupazionale delle aziende, nel suo insieme. Quindi la priorità nella cessione delle imprese è verso quelle proposte credibili che puntano a rilevare l'insieme delle attività, dei marchi, dei dipendenti;
risulta agli interroganti che attualmente i commissari, pur avendo all'inizio imboccato questa strada, stiano vendendo a pezzi la ITTIERRE a partire dalla cessione di alcuni marchi, senza che i lavoratori sappiano nulla almeno sulle garanzie occupazionali per chi oggi lavora nei rami di azienda che i commissari vogliono cedere. Questa è una strada che non appare condivisibile ma prevista dalle normative vigenti, se non ci fossero proposte complessivamente alternative;
risulta invece agli interroganti che siano state presentate a Mediobanca e ai professionisti indicati dal Ministero dello sviluppo economico per controllare la correttezza delle operazioni, proposte in tal senso, corredate da piani industriali, finanziari ed occupazionali. Se fosse vero e ignorato dai commissari per perseguire la strada imboccata di quello che appare agli interroganti, lo «spezzatino» della ITTIERRE sarebbe un fatto grave, lesivo del mandato previsto dalla legge e soprattutto delle aspettative dei lavoratori;
inoltre, forti dubbi sulle consulenze decise dai commissari cominciano ad essere denunciate dalla stampa. Come si apprende da un articolo apparso su Il Fatto Quotidiano, mercoledì 5 maggio 2010 «Scajola nel febbraio 2009 ha mandato a salvarla non uno, ma tre commissari: Stanislao Chimenti, Roberto Spada e Andrea Ciccoli. Tre, perché aumentando il numero dei curatori è più facile accontentare tutti e rendere scientifica la lottizzazione. Parte subito il valzer delle consulenze: 6 milioni di euro in un anno. Price Waterhouse: 1.3 milioni di euro. Mediobanca: 1 milione. Ma anche 980mila euro a Sin&rgetica Milano: è la società di Bruno Ermolli, ascoltato consulente di Silvio Berlusconi. E ancora: 1 milione di euro allo studio legale di Donato Bruno, avvocato ma anche parlamentare berlusconiano e grande amico di Cesare Previti. Una consulenza da 300mila euro arriva anche a Mario Ralli, collaboratore di Bruno»;
tutto ciò in una situazione aziendale che resta difficile e anzi si aggrava. Il fatturato del gruppo ITTIERRE si è dimezzato in un solo anno, passando dai 600

milioni di euro nel 2008 ai non più di 300 nel 2009. I tre commissari alla guida della procedura, si sono assegnati compensi per 300 milioni di euro a testa;
l'articolo di cui sopra cita altri casi di aziende in amministrazione controllata con dei commissari veloci nella spesa e scarsi nei risultati, come per la Lares Cozzi di Paderno Dugnano, o la Merloni -:
se risulti al Ministro l'esistenza di proposte credibili di acquisto per l'intero gruppo ITTIERRE, ed in caso affermativo, quale consistenza occupazionale e garanzie finanziarie abbiano;
se non ritenga inopportuno che i Commissari facciano prevalere cessioni di parti dell'azienda rispetto a proposte che, pur giunte in tempi successivi, garantiscono l'insieme del perimetro industriale e occupazionale;
se ritenga giustificate le consulenze attivate dai Commissari rispetto al reale conto economico.
(4-07371)

...

Apposizione di una firma a una interrogazione.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione De Micheli n. 5-02942, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fluvi.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Fedi n. 4-07285 del 20 maggio 2010.