XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 24 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 3 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
diverse risoluzioni del Parlamento europeo ed il rapporto della delegazione ad hoc del Parlamento Europeo, presentato nel marzo 2009, chiedono da tempo il rispetto dei diritti umani nel Sahara occidentale;
le risoluzioni delle Nazioni unite, del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea generale dell'Onu, sul conflitto del Sahara Occidentale, hanno ribadito più volte il diritto all'autodeterminazione del Popolo Sahrawi, da realizzarsi attraverso un referendum al fine di arrivare ad una «soluzione politica giusta, durevole e mutuamente accettabile» che possa contribuire alla stabilità, allo sviluppo ed all'integrazione nella regione del Maghreb;
le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal regno del Marocco nel Sahara Occidentale, così come evidenziato dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura, dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite, suscitano viva preoccupazione per il possibile degenerare della situazione dei diritti umani in quest'area;
in particolare suscitano preoccupazione l'arresto a Casablanca l'8 ottobre 2009 di sette militanti dei diritti umani - al loro ritorno da un viaggio ai campi di rifugiati sahrawi in Algeria - privati dei diritti più elementari, nonché l'incremento della repressione nei confronti dei civili sahrawi che pacificamente manifestano i loro diritti e la detenzione di 56 prigionieri sahrawi per reati di opinione;
alcuni difensori dei diritti umani hanno attuato uno sciopero della fame dal 18 marzo 2010 per protestare contro la loro carcerazione e rivendicare il rispetto dei diritti umani, libertà e dignità per se stessi e per il proprio popolo. Tra questi ricordiamo Ali Salem Tamek, Brahim Dahane, Hamadi Nciri Yhdih Terrouzi e Rachid Sghair;
è auspicabile che la stessa Commissione europea preveda un proprio monitoraggio della situazione dei diritti umani nel Sahara Occidentale, inviando osservatori ai processi che vedano implicati i difensori dei diritti umani sahrawi e tenendo regolarmente informato il Parlamento Europeo sull'evolversi della situazione,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa utile, sul piano diplomatico, per favorire presso le autorità marocchine la liberazione dei detenuti sahrawi nella prigione di Salé in Marocco, anche al fine di evitare che il persistere di questa situazione possa determinare conseguenze tragiche per la salute fisica e mentale di questi detenuti che stanno rischiando la vita;
ad adottare ogni iniziativa utile atta ad ottenere garanzie da parte del Governo del Marocco circa la preservazione dell'integrità fisica di tutte le persone detenute per reati di opinione e in generale sul rispetto dei diritti fondamentali, come il diritto di espressione, di associazione e di riunione e la libertà di ingresso e movimento nel proprio territorio conformemente a quanto stabilito dall'articolo 12, comma 4o, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni unite;
ad adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere nel più breve tempo possibile ad una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite;
ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali per chiedere l'inclusione della funzione di monitoraggio in loco dei diritti

umani nel mandato della missione Minurso dell'Onu, o in alternativa, affinché tale monitoraggio sia comunque affidato ad altro organismo Onu;
ad adottare ogni iniziativa utile sul piano diplomatico volta a favorire il riconoscimento effettivo della libertà di accesso e di circolazione nei territori del Sahara Occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa ed delle organizzazioni umanitarie.
(7-00338)
«Tempestini, Motta, Barbi, Corsini, Grimoldi».

La III Commissione,
premesso che:
a quindici anni dall'Accordo di pace di Dayton e a dieci anni dall'intervento della Nato in Kosovo, anche grazie all'impegno della comunità internazionale, sono state garantite all'intera regione pace, sicurezza e stabilità;
i nuovi Stati, nati dalla dissoluzione della Federazione Jugoslava, si sono impegnati nel consolidamento di istituzioni democratiche;
nonostante ciò vi sono aree di conflittualità irrisolte che espongono la regione a rischi di nuove tensioni e rigurgiti nazionalisti;
è essenziale per la definitiva stabilizzazione dell'area la sua piena integrazione nelle istituzioni euroatlantiche;
con l'Agenda di Salonicco, nel 2003, l'Unione europea ha inaugurato il processo di stabilizzazione, finalizzato all'integrazione europea dei Paesi dei Balcani occidentali;
il Consiglio europeo, da allora, ha sempre ribadito la volontà di integrare tali Paesi nell'Unione europea, come da ultimo riaffermato anche dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Catherine Ashton;
l'Unione europea ha sottoscritto con tutti gli Stati dell'area Accordi di stabilizzazione e associazione e recentemente accordato a Serbia, FYROM e Montenegro un trattamento preferenziale in materia di visti e di libera circolazione, che sarà esteso anche agli altri Paesi della regione;
tutti i Paesi della regione hanno manifestato la volontà di integrarsi nell'Unione europea presentando domanda di adesione;
l'Italia ha contribuito in modo decisivo al rafforzamento di questo orientamento europeo assicurando un solido e costante impegno all'integrazione europea dei Paesi dei Balcani occidentali, come dimostra, sul versante parlamentare, la sollecita ratifica degli accordi di stabilizzazione e associazione - da ultimo quelli tra l'Unione europea e l'Albania e la Bosnia Erzegovina - l'impegno del Governo per l'implementazione del Piano in otto punti, proposto dal Ministro Frattini, nonché il sostegno attivo alle iniziative di cooperazione regionale, come l'iniziativa centro europea (InCE) e l'iniziativa adriatico jonica (IAJ);
il pluralismo culturale, etnico e religioso rappresenta un valore intrinsecamente europeo da cui deriva l'obbligo per tutti i Paesi che aspirano all'integrazione nell'Unione europea ad adeguare i propri ordinamenti interni conformemente al principio del pieno riconoscimento e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle minoranze e dei singoli individui;
la cooperazione da parte di tutti i Paesi della regione con il Tribunale internazionale per i crimini nell'ex Jugoslavia, affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili degli orrendi crimini contro l'umanità perpetrati durante le guerre degli anni Novanta, rappresenta un presupposto naturale per il conseguimento degli obiettivi della pace, della stabilità e dell'integrazione euroatlantica;
la Dichiarazione del Parlamento serbo sul massacro di Srebrenica rappresenta un importante passo che può sollecitare analoghi atti di riconciliazione nella regione;

una ferma azione di contrasto ad ogni forma di criminalità organizzata costituisce un'ulteriore ineludibile priorità per garantire sicurezza e rispetto della legalità ai cittadini di tutti i Paesi dei balcani occidentali,

impegna il Governo:

a proporre alla Conferenza dell'Unione europea sui Balcani occidentali, che si terrà il 2 giugno 2010 a Sarajevo, la definizione di una road map per l'integrazione europea dei Balcani, con indicazione di tappe e tempi certi e verificabili;
a invitare il Consiglio europeo a concludere entro il 2010 i negoziati di adesione della Croazia all'Unione europea;
a sollecitare il Consiglio europeo ad avviare i negoziati di adesione con la Repubblica ex Jugoslava di Macedonia (FYROM);
a promuovere il riconoscimento dello status di Paesi candidati a Serbia, Montenegro e Albania;
a sostenere il più celere avvio del processo di ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e Associazione Unione europea-Serbia riaffermando la legittima aspirazione europea del popolo serbo;
a adoperarsi per l'estensione della liberalizzazione dei visti di transito e breve soggiorno, come previsto dal primo punto del Piano promosso dal Ministro Frattini, nel rispetto delle necessarie condizioni tecnico-giuridiche, anche sotto il profilo del contrasto all'immigrazione clandestina, e nei tempi e nei modi che ne conseguiranno;
a sollecitare i Paesi della regione a dare soluzione politica ai loro conflitti sulla base del negoziato e del consenso, a promuovere attivamente il ritorno dei rifugiati nelle rispettive terre di provenienza e a riconoscere i diritti civili di ogni persona e di ogni comunità;
a incoraggiare i governi di Serbia e Kosovo a riprendere i colloqui bilaterali volti a dare soluzione consensuale ai problemi di comune interesse, anche tenendo conto della prossima sentenza della Corte internazionale di giustizia;
a sollecitare le autorità del Kosovo a garantire i diritti della minoranza serba e la tutela dei luoghi sacri ortodossi presenti in tutto il territorio kosovaro, assicurandone le condizioni di sicurezza;
a riaffermare in ogni sede il pieno sostegno all'integrità territoriale della Bosnia Erzegovina e favorire la stabilizzazione e il percorso di integrazione euro-atlantica del Paese, invitandone anche in questa prospettiva i dirigenti politici ad impegnarsi per realizzare le necessarie riforme;
a incoraggiare la Repubblica ex jugoslava di Macedonia (FYROM) a proseguire nell'attuazione degli Accordi di Ohrid;
a sollecitare i governi di Grecia e della Repubblica ex jugoslava di Macedonia ad accelerare il negoziato per il raggiungimento di un'intesa sulla nuova denominazione della FYROM;
a incoraggiare le forze politiche in Albania a superare i loro conflitti al fine di assicurare un corretto dialogo politico tra maggioranza e opposizione e la piena funzionalità dell'istituzione parlamentare;
a sostenere l'aspirazione dei Paesi della regione a integrarsi nella NATO e nelle strutture di sicurezza euro atlantiche;
a promuovere tutte le forme di cooperazione regionale - a partire dall'InCE e Iniziativa adriatico jonica coinvolgendo anche le regioni e gli enti locali interessati.
(7-00339) «Stefani, Fassino, Antonione».

L'VIII Commissione,
premesso che:
il 31 luglio 2009, il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha rifinanziato con 135 milioni

di euro prelevati dai fondi Fas 2007-2013, le opere relative alla statale 275 per le quali il 28 dicembre 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando di gara con cui l'Anas affiderà i lavori di allargamento della statale Maglie-Leuca; si tratta di un progetto a forte impatto ambientale, che rientra nelle previsioni programmatiche delle infrastrutture strategiche, individuate dalla delibera del Cipe 121 del 21 dicembre 2001, e che riguarda l'ammodernamento del tratto stradale da Maglie fino a Montesano Salentino, per il rettilineo che va dal chilometro 981,700 della strada statale 16 al chilometro 985,386 prima dell'ingresso a Montesano. Per questa arteria è previsto un allargamento, mentre è prevista la realizzazione ex novo di un tratto lungo 21 chilometri fino a Leuca bypassando i centri di Montesano, Tricase, Alessano, Gagliano e Castrignano del Capo con la costruzione di un viadotto a San Dana, necessario per scavalcare l'ultima propaggine delle serre salentine e la strada ferroviaria gestita dalle Ferrovie del sud est;
la sua realizzazione comporta la costruzione di un viadotto di mezzo chilometro con tredici coppie di piloni alti nove metri e una galleria di 70 metri. Ma soprattutto, proprio sotto il santuario di Santa Maria di Leuca dove approdò l'apostolo Pietro dalla Palestina, una gigantesca rotatoria di 450 metri di diametro, estesa su una superficie pari a 23 campi di calcio. Per far posto a questo nastro d'asfalto, con svincoli degni delle freeway californiane per paesini come Alessano, Tiggiano e Corsane, saranno sradicati tremila ulivi secolari;
a seguito di ricorsi in sede amministrativa è stata salvaguardata la parte relativa agli ultimi 7 chilometri, ossia la porzione di territorio che separa Novaglie da Santa Maria di Leuca, e relativa al viadotto di San Dana e alla rotatoria di 425 metri di diametro a poche centinaia di metri dal santuario di Leuca e su questo pende ricorso innanzi il Consiglio di Stato;
resta però ancora il forte impatto ambientale di un'opera che se realizzata nei 15 chilometri circa che separano Montesano da S. Dana distruggerebbe o comprometterebbe per la parte relativa ai 3 chilometri rientranti nel territorio di Tricase il sito di interesse comunitario denominato «Macchia di Ponente», 13 ettari di Quercus Coccifera (quercia spinosa); per l'attraversamento della «Serra Fico», la zona denominata «Matine», caratterizzata dalla presenza di numerose masserie (masseria Fumati, masseria del Gonfalone, masseria Panzera, masseria Resci, masseria Sauli) con paesaggio tipicamente rurale; la masseria del Moro è letteralmente sfiorata dalla nuova strada che prosegue nell'area denominata del «Gonfalone» per la presenza di una chiesa rupestre del XII secolo già oggetto di vincolo monumentale di particolare interesse architettonico e storico; avvicinandosi ad Alessano verrebbe compromessa una zona ricca di cave di tufo (quella così detta delle «calcareniti del Salento») mentre proseguendo a sud di Alessano si arriverebbe a lambire l'insediamento rupestre di «Macurano», dove l'impatto ambientale risulta più grave vista l'importanza storica e archeologica dello stesso insediamento sottoposto a vincolo della Soprintendenza;
a riprova dell'alto pregio dell'area interessata dal progetto vi sono le raccomandazioni contenute nella delibera Cipe sulla necessità «di effettuare, prima dell'avvio del progetto esecutivo, un'ulteriore analisi dell'area in prossimità del Capo di Leuca poiché le opere di cantiere interessano un territorio caratterizzato da diverse presenza archeologiche» e le raccomandazioni dell'Anas, oltre che in merito alle analisi preliminari, raccomanda la presenza di due archeologi durante i lavori di cantiere;
il progetto è stato approvato prima che la procedura di Via (Valutazione d'impatto ambientale) venisse completata, come si evince tra le prescrizioni della delibera Cipe; anche le proposte della regione Puglia relative alla realizzazione di una «strada parco» per il tratto da Montesano

a S. Dana comportano la realizzazione di una strada a 4 corsie a forte impatto ambientale che nonostante le raccomandazioni di ripiantumare gli oltre 3 mila ulivi che verrebbero sradicati e di ricollocare i muretti a secco e le pajare smontate, mettono in atto un vero e proprio falso storico che non tiene per nulla conto del genius loci del Sud Salento;
lo stralcio dell'opera in questione da quelle rientranti nella legge obiettivo consentirebbe l'avvio dei lavori di allargamento del tracciato esistente con i 152 milioni di euro già a disposizione della regione Puglia ed avviare nel frattempo una revisione del progetto soprattutto per il tratto ex novo da Montesano a S. M. di Leuca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sottrarre la strada statale n. 275 dall'elenco delle opere strategiche, regolate dalla legge obiettivo e di avviare una revisione del progetto soprattutto per il tratto ex novo da Montesano a S.M. di Leuca, affinché, tenendo conto delle istanze dei movimenti ambientalisti e dei comuni interessati, l'opera sia rimodulata secondo parametri di minor impatto ambientale.
(7-00337)«Zamparutti».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
il 18 maggio 2010 la prima firmataria del presente atto ha partecipato alla cerimonia del 193o Annuale del Corpo di polizia penitenziaria, tenutasi nella suggestiva cornice dell'arco di Costantino a Roma;
nel corso della bella cerimonia è stato eseguito per la prima volta, dalla banda del Corpo e dal tenore Vincenzo La Scola, l'inno ufficiale del Corpo di polizia penitenziaria intitolato «Siamo tutti figli tuoi»;
le parole dell'inno - autore il M. Giuseppe Marcucci - sono le seguenti: «Io affronterò La vita mia in sacrificio, patto d'onestà, E tu che puoi, ricorda che nel dolore siamo tutti figli tuoi. Percorrerò la retta via mi impegnerò sempre di più con l'anima mia. Affronterò con energia questo compito che scandirà la mia vita. Prega per me Santa Maria riempimi d'amore e cosi sia e aiutaci a vivere sempre uniti in fratellanza con lealtà. Prega per noi siam figli tuoi prega per noi, siam tutti figli, tutti figli tuoi. Mater Regina Amen» -:
se l'esplicito riferimento alla Madonna sia appropriato per l'inno di un Corpo di polizia di uno Stato che prevede la separazione fra Stato e Chiesa Cattolica (articolo 7 della Costituzione) e che «tutte le confessioni religiose sono egualmente libera davanti alla legge» (articolo 8 della Costituzione).
(2-00725)
«Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che una parte dei fondi necessari per lo svolgimento della manifestazione velica Louis Vuitton Cup, che prenderà il via prossimamente nelle acque della Maddalena, in Sardegna, saranno prelevati dal fondo pluriennale destinato alla bonifica del Sulcis;
il fondo di oltre 20 milioni, finanziato principalmente dall'Unione europea con la partecipazione anche dello Stato italiano e della regione Sardegna, appositamente costituito per dare luogo a tutte le opere di

recupero ambientale di una delle zone più depresse di tutto il territorio sardo, verrà, da quanto appunto riferito dalle notizie di stampa, diminuito di qualche milione di euro per permettere di coprire le spese necessarie allo svolgimento della manifestazione citata, per poi essere successivamente rifinanziato con ulteriori trasferimenti a copertura della quota prelevata;
il costo della manifestazione si aggirerebbe attorno ai 4 milioni di euro, di cui circa il 90 per cento secondo il preventivo originale sarebbe stato ottenuto attraverso il fondo della Protezione civile, appositamente integrato dal Ministero dell'economia e delle finanze, e la restante quota sarebbe stata a carico della regione Sardegna;
sulla vicenda è intervenuta la Corte dei conti che ha di fatto tagliato una cospicua parte dei finanziamenti previsti motivandone la decisione con la questione che la manifestazione non possa rientrare nell'alveo degli interventi di Protezione civile;
gli organi di stampa riportano anche alcuni interventi pubblici da parte dei rappresentanti della regione Sardegna che assicurano come la quota che verrà prelevata dal Fondo per il Sulcis rappresenta una sorta di «prestito» che verrà al più presto sanato dal Governo, utilizzato esclusivamente per permettere lo svolgimento della manifestazione che darà lustro e metterà la Sardegna al centro dell'attenzione mondiale per alcuni giorni, costituendo un'occasione per rilanciarne il turismo e l'immagine -:
se le notizie di cui in premessa corrispondano al vero e quali eventuali iniziative saranno intraprese per garantire l'eventuale effettivo trasferimento in tempi celeri della quota stornata dal fondo destinato al disinquinamento e risanamento dell'area del Sulcis-Iglesiente.
(3-01078)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CALVISI, SORO, FADDA, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la prossima realizzazione della manifestazione sportiva Louis Vuitton Trophy, che si terrà nelle acque antistanti la Maddalena, in Sardegna, si terrà solo grazie al prelievo delle risorse finanziarie destinate alla bonifica del Sulcis;
come già evidenziato in precedenti, numerosi atti di sindacato ispettivo e dalle prime risultanze dell'attività della magistratura ordinaria e contabile, il problema dei criteri, delle procedure e dell'utilizzo delle risorse finanziarie dello Stato relativamente alle opere progettate e parzialmente ultimate per il mancato vertice internazionale del G8, nella località sarda, presenta ancora molti punti che necessitano di una rigorosa verifica e accertamento di responsabilità sia sul piano politico, sia su quello amministrativo e giudiziario;
il preventivo di spesa della regata velica ammontava a 4 milioni di euro, di cui la parte preponderante, pari a 3 milioni e 750 mila euro, a carico del bilancio dello Stato, a valere sul fondo della Protezione civile, appositamente integrato dal Ministero dell'economia e delle finanze, e la residua somma di 250 mila euro a carico del bilancio della regione Sardegna;
a seguito dei rilievi della magistratura contabile - con deliberazione della Corte dei conti n. 5/2010/p (sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato) nell'adunanza del 4 marzo 2010 - all'ordinanza n. 3838 del 30 dicembre 2009 del Presidente del Consiglio dei ministri, recante Disposizioni urgenti per lo svolgimento della Louis Vuitton a la Maddalena, circa la legittimità dell'inclusione di una manifestazione sportiva nella categoria dei «grandi eventi» per cui si ravvisano situazioni di emergenza che mettono a grave rischio l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente, parte delle risorse statali, ammontante a 2 milioni e 300 mila euro, è stata successivamente

decurtata, determinandosi un serio problema di sostenibilità finanziaria degli impegni assunti per la realizzazione della citata regata;
in ottemperanza della decisione della Corte dei conti il Presidente del Consiglio dei ministri l'11 maggio 2010 ha emanato l'ordinanza n. 3876, ove si dispone d'intesa con la regione Sardegna, che del mancato contributo finanziario riferito all'articolo 7 della ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3838/2009 provvederà a farsene carico la regione stessa, che, con deliberazione della giunta regionale n. 18/11 dell'11 maggio 2010, ha confermato di assegnare al comitato organizzatore della Louis Vuitton la somma di euro 2.300.000, da definire con apposito finanziamento in sede di manovra di assestamento al bilancio regionale, esercizio finanziario 2010;
la copertura di detto ammanco finanziario sarebbe stata individuata attraverso l'utilizzo degli stanziamenti europei, statali e regionali, finalizzati alla bonifica del Sulcis, come sarebbe stato confermato da fonti riconducibili al presidente della regione Sardegna -:
se risultino fondate le notizie riportate in premessa e, qualora confermate, quali siano i contenuti dell'accordo fra Governo e regione menzionati nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2010.
(5-02929)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2010 avranno inizio i campionati mondiali di calcio e si profila certamente l'ennesimo campionato di calcio schermato per tutti gli italiani all'estero;
infatti la Rai non avendo acquisito i diritti per la trasmissione all'estero, sarà costretta ad oscurare gli schermi dei nostri connazionali sparsi per l'Europa. Un ennesimo comportamento di disinteresse dell'azienda di Stato per venire incontro a questioni di bilancio. Questo modo di agire tende in qualche modo a svilire il ruolo degli italiani all'estero che molto spesso mostrano un attaccamento superiore alla nazione e al tricolore soprattutto nei grandi eventi. Evidentemente, ad avviso dell'interrogante, si mostra poco rispetto per i nostri connazionali che vivono all'estero, ai quali in qualche modo, anche se con risultati non certamente chiari, è stato consentito il diritto di voto per renderli partecipi delle scelte di chi andrà a rappresentarli nel parlamento italiano ma, allo stesso tempo, si vieta di sostenere la propria nazione nell'evento calcistico per eccellenza. Si è riusciti dunque a dar loro un diritto di voto ma ancora gli si vieta di gioire attorno ai colori azzurri della nazionale. Sono passati ormai 4 anni dal trionfo di Berlino, una vittoria che oltre al prestigio di un trofeo conquistato sul campo è riuscita nell'intento di risollevare migliaia di nostri emigrati costretti nel tempo a subire forme velate di razzismo legate al classico stereotipo di italiano spaghetti-pizza e mandolino e a far riscoprire in essi un profondo orgoglio di patria -:
se si intenda assumere ogni iniziativa per venire incontro alle esigenze dei nostri italiani all'estero affinché possano insieme a tutti noi sostenere gli azzurri attraverso la Tv di Stato.
(4-07316)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:

in un articolo pubblicato il 18 maggio 2010 sul sito dell'Organizzazione lucana ambientalista (www.olambientalista.it), vengono riportati i seguenti dati: 47.000 metri quadrati di superficie, oltre 350.000 metri cubi di rifiuti in frazioni di 40.000 metri cubi all'anno per 8 anni in merito alla situazione della discarica di rifiuti speciali pericolosi (ex 2C), prevista in località Venita del comune di Ferrandina, in provincia di Matera, che con decreto del 22 aprile 2010 ha ottenuto giudizio favorevole di compatibilità ambientale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;
il progetto di questa ennesima discarica - che incide su un'area della Basilicata già fortemente inquinata e compromessa - è stato proposto dalla Basento Ambiente s.r.l. - società appartenente al Gruppo Iulia, titolare del 20 per cento della IAE, compartecipata dalla francese Veolia, multinazionale che detiene quote del 20 per cento in Tecnoparco, la «fabbrica dei rifiuti» della Val Basento, unitamente alla Finpar Spa (20 per cento), a Sorgenia spa (20 per cento) e al Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Matera (40 per cento). Un sistema di società a responsabilità limitata e società per azioni di piccole società e multinazionali già denunciato con l'inchiesta rifiuti Connection e dall'Organizzazione lucana ambientalista;
la OLA (Organizzazione lucana ambientalista) ritiene la continua approvazione di ampliamenti e discariche di rifiuti speciali come la dimostrazione del fallimento regionale sulla gestione dei rifiuti, nonostante le rassicurazioni date dal Presidente della giunta, Vito De Filippo, anche nel corso dell'audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti;
imputando ai cittadini e ai comuni poco virtuosi le responsabilità di una situazione concepita a tutto vantaggio degli interessi privati, delle famiglie e delle corporazioni; la discarica di rifiuti speciali che sorgerà in località Venita non prevista assolutamente dal piano provinciale dei rifiuti il cui stralcio è stato tra l'altro bocciato dalla regione, oltre a rifiuti pericolosi di tutti i tipi, unitamente a «rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco», sarà in grado di ricevere ed ospitare sostanze altamente tossiche e chimiche. Ovvero rifiuti pericolosi di provenienza anche extraregionale;
si tratta di un progetto che - oltre all'importante diffida dell'Associazione ambiente e legalità Onlus di Ferrandina e alla contrarietà dello stesso comune di Ferrandina, pur se con osservazioni inviate fuori tempo massimo - presenta gravi criticità per il territorio e per la salute dei cittadini, non ultima la violazione di un vincolo idrogeologico da tempo esistente sull'area, che oggi si vuole compensare con il rifacimento della facciata della Chiesa del Purgatorio di Ferrandina;
secondo la OLA, ancora una volta, sono le chiese della Basilicata ad essere abbassate a simboli di loschi affari, in cambio di «veleni chimici» regionali ed extraregionali. Inoltre, ad aver pagato e pagare il rifacimento della facciata non sarà la Basento Ambiente s.r.l. ma l'Unione europea attraverso fondi reperiti nell'ambito del POR Basilicata 2000-2006 misura IV azione C.6 per un importo totale pari a 200.000 euro, deliberati con atto di giunta n. 702 del 14 aprile 2010 e pubblicato sul BUR Basilicata n. 20 del 16 maggio 2010 -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto riferito in premessa;
per quali ragioni fondi reperiti nell'ambito del POR Basilicata 2000-2006, fondi stanziati dall'Unione europea con l'obiettivo del «miglioramento del contesto economico regionale al fine di indurre una significativa crescita nel medio periodo ed un aumento dell'occupazione regolare»

puntando «sulla valorizzazione della propria dotazione, articolata e composita, di risorse immobili (territorio, patrimonio naturale e culturale) e di risorse mobili (capitale umano)», dovrebbero essere utilizzati per il rifacimento della facciata della chiesa in questione;
per quali ragioni i Ministri interrogati abbiano concesso giudizio favorevole di compatibilità ambientale per la costruzione della discarica, considerato che si tratta di un'area già fortemente inquinata e compromessa e di un progetto altamente pericoloso per il territorio tra l'altro sottoposto a vincolo idrogeologico e per la salute dei cittadini;
se si intenda rivedere la valutazione di compatibilità ambientale, al fine di scongiurare l'evidente danno per l'ambiente e la salute pubblica, oltre alla diffusione della criminalità legata alla gestione dei rifiuti.
(4-07312)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizia di stampa locale come ad esempio http://www.quibrescia.it del 2 marzo 2010 risulta che in un rapporto dei tecnici della Commissione europea è stata contestata la veridicità dei rilievi effettuati in passato dall'Arpa Lombardia, l'azienda regionale per l'ambiente che per conto della regione gestisce il sistema di centraline collocato in tutta la regione;
secondo un'équipe specializzata del Joint research center, il centro comune di ricerca di Ispra per la direzione generale della Commissione europea per la ricerca scientifica, l'Arpa avrebbe sistematicamente sottostimato la quantità delle polveri fini presenti nell'aria;
i dubbi sono iniziati il 31 gennaio del 2007 quando, secondo quanto riferisce Corriere.it, la centralina dell'Arpa situata a Monza ha registrato 101 microgrammi per metro cubo di polveri sottili (Pm10). Ma proprio lì vicino i tecnici della Commissione avevano sistemato un laboratorio mobile per controllare l'attendibilità delle stazioni di rilevamento lombarde. La centralina europea, forse dotata di tecnologie più avanzate di quella lombarda, ha misurato ben 180 microgrammi di Pm10, quasi 80 in più. Discorso analogo per tutti i giorni successivi. Il rapporto dei tecnici Ue non ha lasciato dubbi: la centralina dell'Arpa «sottostima le concentrazioni»;
lo stesso è accaduto per altre verifiche: i dati dell'Arpa, assicurano i tecnici, sono «sistematicamente» più bassi di quelli reali, mediamente del 10 per cento, ma a volte anche di molto di più;
la ricerca è frutto di un accordo tra Commissione e regione Lombardia firmato nel 2006: l'ha pagata la regione ed è costata 6 milioni di euro. Sono stati consegnati sette rapporti, ma i dati non sono mai stati resi noti dalla regione, neppure ai comuni e alle province interessati;
secondo gli esperti della Commissione «il risultato suggerisce che l'efficienza delle macchine può variare tra le diverse stazioni di rilevamento e bisognerebbe fare attenzione a una corretta manutenzione»;
dopo che le notizie sono divenute di pubblico dominio, l'agenzia regionale per l'ambiente ha minimizzato e spiegato che la variabilità nella rilevazione dei dati è fisiologica e tollerata dalle regole europee. «C'è un margine che può arrivare addirittura al 25 per cento», dicono, per cui il 10 per cento di media è accettabile. Inoltre la Lombardia «si è dotata negli scorsi anni di una delle reti di analisi della qualità dell'aria tra le più avanzate in Europa. Basterebbero 39 centraline, ma l'Arpa ne ha 151» -:
quali misure si intendano promuovere per la trasparenza su come viene rilevata la qualità dell'aria in Lombardia oltre che nel resto del Paese.
(4-07319)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MARCHIONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 30 dicembre 2009 , il Ministro per i beni e le attività culturali ha firmato il decreto ministeriale di cui all'articolo 71-septies della legge 22 aprile 1941, n. 633, recante determinazione della misura del compenso per copia privata, decreto entrato in vigore il 14 gennaio 2010;
il decreto interviene sia sulla rideterminazione delle tariffe del compenso per copia privata, sia sulla rideterminazione degli apparecchi soggetti al pagamento dell'equo compenso estendendo quest'ultimo praticamente a tutti i dispositivi di memorizzazione idonei a supportate file audio e video;
il provvedimento ministeriale è stato oggetto di molte perplessità sia per quanto riguarda la forma dell'atto, sia per il contenuto delle disposizioni che in pratica impongono una tassa fissa sulla memoria (a tutela del diritto d'autore sulla «copia privata») di qualsivoglia apparecchio, per compensare gli autori dei mancati guadagni derivanti da eventuali copie private di opere protette dal diritto di autore. È infatti opinione comune che si determinerà inevitabilmente l'aumento del costo dei prodotti tecnologici inseriti nell'elenco allegato al decreto, aumento che si riverserà sul consumatore finale;
nel decreto si prevede, all'articolo 5, la costituzione di un tavolo di lavoro tecnico con il compito di monitorare le dinamiche reali del mercato del settore e formulare proposte ai fini dell'aggiornamento del decreto stesso;
dalla risposta del sottosegretario Francesco Maria Giro ad una interrogazione dell'onorevole Melandri che chiedeva al Ministro per i beni e le attività culturali di adottare misure per evitare che gli inevitabili rincari ricadessero sui consumatori finali appare chiaramente, a giudizio dell'interrogante, l'indisponibilità a considerare l'eventualità di modifiche al decreto succitato -:
se intenda valutare l'opportunità di una sospensione dell'efficacia della nuova disciplina, prorogando contestualmente la precedente ed attivando da subito il tavolo tecnico di cui all'articolo 5 del decreto ministeriale.
(4-07292)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI, LA FORGIA, LAGANÀ FORTUGNO, MOGHERINI REBESANI, RECCHIA e ROSATO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto sono stati previsti il divieto di estrazione, lavorazione, utilizzo e commercializzazione, la bonifica degli edifici, delle fabbriche, del territorio, le misure di tutela sanitaria e prevenzione dei lavoratori ex esposti, nonché le misure di risarcimento degli stessi, il riconoscimento della qualifica di malattia professionale e il danno biologico;
è noto che anche il personale militare si è trovato in diverse situazioni esposto al rischio amianto, per altro in una condizione di lavoro obbligato per il quale non è possibile astenersi dall'uso dei mezzi che prevedano la vicinanza con l'agente cancerogeno;
il personale militare che si è trovato esposto all'amianto, a bordo di mezzi o in situazioni operative particolari, può aver contratto patologie asbesto correlate e alcuni di questi casi avvenuti a bordo di navi

militari, con conseguenze particolarmente gravi, sono già all'attenzione dell'autorità giudiziaria;
non risulta agli interroganti che per il personale che ritiene di essere stato contaminato durante l'attività di servizio dall'esposizione all'amianto vi sia stato un qualche riconoscimento risarcitorio ottenuto in via amministrativa -:
prescindendo dalle eventuali responsabilità penali che saranno accertate nelle sedi competenti quale sia il numero dei dipendenti militari e civili che hanno presentato all'amministrazione della difesa domande intese al riconoscimento della causa di servizio per patologie asbesto correlate o ad altre provvidenze risarcitorie o a misure di sostegno alle cure e come l'amministrazione abbia corrisposto a queste istanze.
(5-02930)

DI STANISLAO e MESSINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 31 luglio 1998 è stato siglato un protocollo di Intesa fra il Ministro della difesa, la Regione Calabria e il Comune di Cutro per la realizzazione in loco di un insediamento militare a livello di reggimento;
in data 23 giugno 2000 tra il Comune di Cutro, il Ministero della difesa, il Ministero delle Finanze, la Provincia di Crotone e la Regione Calabria è stato sottoscritto un accordo di programma per la realizzazione di insediamento militare a livello di reggimento con area addestrativa viciniore;
il Comune di Cutro ha proceduto a compiere gli atti di propria competenza: variante al piano regolatore generale, acquisto dell'area, realizzazione delle opere di urbanizzazione, sostenendo un spesa complessiva di euro 4.000.000,00;
è stato appaltato un primo lotto funzionale relativo alla realizzazione dell'area alloggiativi - contratto n. 1875 del 18 giugno 2002 con l'impresa Consorzio artigiani romagnoli di Rimini subentrata al consorzio SITIE di Bitonto - per un importo contrattuale di 13.994.000,00 euro;
i suddetti lavori, consegnati in data 5 febbraio 2003, sono stati ultimati e collaudati in data 18 dicembre 2009;
per il secondo lotto - relativo alla realizzazione della caserma - è stato redatto il progetto esecutivo per un importo presunto di 50.000.000,00 euro;
è stato pubblicato il bando di preselezione per l'appalto dei lavori, ma ad oggi i lavori non risultano appaltati;
il Sindaco del Comune di Cutro ha richiesto un incontro con il Ministro della Difesa che però non è stato fissato, nonostante sia stato più volte sollecitato, ma tramite il Capo di Gabinetto, con nota del 6 maggio 2009 indirizzata al Sindaco (Prot. 1/20325/3.2.1/09RIG), il Ministro ha fatto però sapere che a causa della variazione delle politiche militari e delle limitate risorse finanziarie è stato aperto uno studio presso il Ministero volto a verificare la possibilità di accantonare definitivamente il progetto;
l'indisponibilità del Ministro all'incontro con il sindaco di Cutro lascia intendere agli interroganti un mancato interesse a prendere in considerazione, nella gestione del problema, variabili più prettamente socio-economiche, valutando complessivamente gli effetti che decisioni politiche, precedentemente prese, hanno avuto sul territorio e il conseguente danno che la collettività avrebbe dall'abbandono del progetto;
l'abbandono del progetto sarebbe un danno per la collettività che vedrebbe compromesse opere già eseguite, non più particolarmente utili, e soprattutto vanificati gli sforzi amministrativi ed economici profusi, considerato che gli interventi fin qui eseguiti hanno comportato una spesa fra Stato, regione e comune di più di 18.000.000,00 di euro;

il comune di Cutro, da anni, ha dovuto abbandonare ogni altro piano di sviluppo territoriale per convogliare le sue esigue risorse sul progetto della Caserma, programmando iniziative ed effettuando investimenti per creare servizi il cui piano economico richiede che vi sia l'utenza della Caserma;
anche molti privati cittadini, fidandosi di un progetto statale, hanno effettuato investimenti per creare iniziative imprenditoriali che ruotano intorno ai servizi che richiede una caserma destinata ad ospitare un migliaio circa di militari;
la struttura militare, a prescindere dai motivi che avevano dato avvio al progetto e che secondo il Ministero sembrano non più sussistere, rivestirebbe comunque un particolare rilievo per tutta la provincia, considerato che consentirebbe di consolidare in modo significativo la presenza dello Stato in un territorio caratterizzato da una forte presenza di pericolose organizzazioni criminali e dalla presenza di strutture (come il CIE di S. Anna che può ospitare fino a 1.582 cittadini extracomunitari) che, come le cronache ci ricordano spesso, possono diventare punti caldi per l'ordine pubblico -:
se si intenda o meno procedere al completamento dei lavori relativi al progetto della Caserma militare - al quale hanno creduto le popolazioni di una Regione e in particolare della Provincia di Crotone e del Comune di Cutro, territori che hanno bisogno di una dimostrazione concreta della vicinanza e della presenza dello Stato - e in caso affermativo se intenda rendere nota la data prevista per la ripresa dei lavori.
(5-02931)

GIDONI, CHIAPPORI, FAVA e PIROVANO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
le competizioni riservate ad atleti militari sono state fornite di importanti soddisfazioni per il nostro Paese;
l'utilizzo delle infrastrutture gestite dalle federazioni sportive nazionali da parte di atleti militari e l'accesso di atleti civili alle infrastrutture sportive appartenenti alla Difesa è stato finora regolato da apposite convenzioni tra il Ministero della difesa ed il Comitato olimpico nazionale Italiano, (Coni);
tali convenzioni vengono rinegoziate e rinnovate periodicamente;
il 12 maggio scorso il presidente del Coni, dottor Giovanni Petrucci, ed il Ministro della difesa, onorevole Ignazio La Russa, hanno firmato una nuova convenzione;
stando a quanto è stato dato di apprendere, la nuova convenzione avrà durata quinquennale e contemplerebbe anche la realizzazione e la manutenzione di infrastrutture sportive militari, che saranno nella disponibilità anche delle società sportive riconosciute dalle federazioni sportive nazionali -:
quali siano i maggiori elementi di novità della nuova convenzione rispetto a quella precedentemente in vigore.
(5-02932)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio intermedio di rappresentanza militare (CO.I.R.) delle forze operative terrestri (FOTER) con la delibera n. 22 del 13 maggio 2010, dal titolo «Riunioni di categoria "B" e "C" tra delegati CO.I.R. delle FOTER ed i confluenti delegati CO.BA.R» ha evidenziato che le categorie «B» e «C» del consiglio hanno richiesto più volte l'autorizzazione ad effettuare le riunioni con il personale rappresentato;
il comandante delle FOTER ha negato l'autorizzazione a causa della carenza di fondi sul capitolo 4221/7, ma ha autorizzato

lo svolgimento di videoteleconferenza tra i delegati CO.I.R. e gruppi di delegati CO.BA.R. suddivisi per aree geografiche;
durante la videoteleconferenza svoltasi il 10 maggio 2010 è emerso che alcuni CO.BA.R. hanno avuto già una specifica assegnazione sul capitolo 4221/7 con la motivazione «indennità di missione dei delegati CO.BA.R. cat. B e C per riunioni e convocazioni presso il CO.I.R. delle FO.TE.R.» con un'assegnazione complessiva di euro 127.000 euro -:
quante siano state le riunioni informative di categoria svolte da ogni consiglio intermedio della rappresentanza militare dell'esercito con i delegati CO.BA.R. confluenti dall'inizio del 2006 ad oggi;
quale sia l'importo delle assegnazione economiche sul capitolo 4221/7 e come siano state impiegate, per ogni singolo esercizio finanziario a decorrere dal 2006 ad oggi, per ogni CO.I.R. dell'Esercito Italiano e quale la previsione di spesa per il prossimo anno.
(4-07300)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
UNIFIL opera lungo il confine tra il Libano ed Israele dal 1978. L'Italia vi ha partecipato dal 1979 con un reparto elicotteristico interforze con il mandato di verificare il ritiro delle truppe israeliane dal Libano e assistere il Governo libanese nel ristabilire la propria autorità nell'area, ripristinando così la sicurezza e la stabilità internazionale;
successivamente, con la risoluzione 1701 dell'11 agosto 2006, ai precedenti compiti si sono aggiunti, tra l'altro, i seguenti: monitorizzare la fine delle ostilità; accompagnare e supportare le Forze armate libanesi nel loro dispiegamento nel sud del Paese parallelamente al ritiro israeliano; estendere la propria assistenza al fine di aiutare ad assicurare l'accesso umanitario alla popolazione civile ed il volontario e sicuro rientro degli sfollati, assistere le Forze armate libanesi nelle iniziative per stabilire, tra la «blue line» ed il fiume Litani, un'area libera da personale armato, assetti ed armi, a meno di quelli appartenenti al Governo libanese e ad UNIFIL;
il 13 gennaio 2010 il Sottosegretario alla difesa, onorevole Giuseppe Cossiga, intervenendo presso le Commissioni riunite esteri e difesa della Camera, durante i lavori per la conversione in legge del decreto-legge n. 1 del 1o gennaio 2010, «nel ricordare come l'Italia abbia dato fino ad oggi un contributo rilevante alla missione UNIFIL, fa presente che tale contributo ad oggi consta di 2.100 unità circa. Alla fine di gennaio l'Italia cederà il Comando della missione alla Spagna e, in tale ottica, avvierà da febbraio un processo di razionalizzazione del proprio impegno. Si tratta di un fisiologico ridimensionamento delle forze presenti in quel teatro, dell'ordine di qualche centinaio di militari, dovuto al cambio di Comando e che quindi non costituirà un indebolimento del contingente italiano dispiegato sul terreno, che manterrà pertanto inalterate le proprie capacità operative. Per il futuro un'ulteriore diminuzione della presenza non sarà possibile se non quando saranno individuati altri Paesi in grado di assicurare il proprio contributo alla missione al posto di quello italiano. Sul fronte marittimo della missione, va ricordato che, come da accordi intercorsi, il nostro Paese assicura il comando della Maritime Task Force dal dicembre 2009 e lo assicurerà fino al 31 maggio 2010, impiegando un'unità navale classe Maestrale»;
il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, il 18 marzo 2010 ha evidenziato l'opportunità di riflettere sul mandato dell'UNIFIL II e conseguentemente sulla natura della nostra partecipazione, intervenendo alla presentazione del rapporto congiunto dello IAI e dello ISPI dedicato alla politica estera italiana;
la situazione politica libanese è significativamente cambiata rispetto all'estate

2006, quando venne deliberato l'ampliamento del contingente dei caschi blu. Sopratutto, è venuta meno la volontà dell'esecutivo di Beirut di procedere al disarmo degli Hezbollah, oggi considerati una forza politica riconosciuta dalle istituzioni nazionali libanesi alla quale è consentito mantenere un esercito privato. Né sono trascurabili gli sviluppi relativi alla più ampia regione mediorientale, giacché il Libano continua a risentire notevolmente delle crescenti tensioni tra Occidente e Iran. Affrontando l'argomento, il generale Camporini ha certamente dato voce alle legittime preoccupazioni del vertice interforze del nostro Paese, che attende direttive aggiornate sul da farsi a fronte di un contesto politico-strategico in significativa evoluzione. «L'efficacia delle operazioni militari all'estero dipende anche dalla chiarezza della missione», ha osservato il Capo di Stato Maggiore, chiedendosi se veramente l'attuale obiettivo di UNIFIL II sia evidente o meno -:
se il Governo intenda chiarire se l'attuale partecipazione dell'Italia alla Missione in Libano risponda alle esigenze iniziali e se non ritenga di dover fornire chiarimenti a seguito delle ultime dichiarazioni del Capo di Stato Maggiore della Difesa, nel rispetto, prima di tutto, delle forze militari sul campo;
se il Governo intenda illustrare gli obiettivi immediati e futuri in relazione anche alle dichiarazioni del Sottosegretario alla difesa rese il 13 gennaio 2010 presso le Commissioni riunite esteri e difesa della Camera.
(4-07308)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato stampa diffuso dal Sindacato di Polizia COISP si legge che il maresciallo dell'Arma dei Carabinieri Vincenzo Bonaccorso è «uno dei co-fondatori dell'Associazione carabinieri in servizio "Pastrengo" e del Partito per gli Operatori della Sicurezza e della Difesa, organismi che nascono fra le fila dell'Arma con il compito di emettere i primi vagiti di una vera sindacalizzazione»;
il militare risulterebbe essere stato coinvolto in un procedimento disciplinare definito con la sanzione di cinque giorni di consegna, comminata a seguito della partecipazione ad un convegno svoltosi recentemente a Bergamo al quale erano presenti i sindacati di polizia;
il comunicato riferisce anche di intimidazioni rivolte al citato militare al fine di farlo desistere dal partecipare ad una manifestazione in programma il giorno 23 maggio a Palermo «pena chissà quali altre possibili repressioni» -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto narrato in premessa, se il maresciallo Bonaccorso abbia potuto partecipare liberamente alla manifestazione svoltasi a Palermo, e in caso contrario quali i motivi dell'impedimento;
quale sia la natura delle intimidazioni rivolte al predetto militare, chi ne sia stato l'autore, per quale motivo e quali siano gli immediati provvedimenti adottati per impedire il ripetersi di simili azioni.
(4-07315)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comma 1 dell'articolo 4-bis del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n. 27, recante: «Proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania» stabilisce che «1. È disposta la realizzazione di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che a qualunque titolo hanno operato od operano nei territori della Bosnia-Herzegovina e del Kosovo, in relazione a missioni internazionali di pace e di assistenza umanitaria, nonché di tutto il personale della pubblica amministrazione,

incluso quello a contratto, che ha prestato o presta servizio, nei predetti territori, presso le rappresentanze diplomatiche o uffici ad esse collegati, e dei familiari che con loro convivono o hanno convissuto. I relativi accertamenti sanitari sono svolti a titolo gratuito presso qualsiasi struttura sanitaria militare o civile»;
il comma 3 del sopraccitato articolo, inoltre, recita: «3. Il Governo trasmette quadrimestralmente al Parlamento una relazione del Ministro della difesa e del Ministro della sanità sullo stato di salute del personale militare e civile italiano impiegato nei territori della ex Jugoslavia»;
l'obbligo di trasmissione della relazione di cui al comma 3 dell'articolo 4-bis del citato decreto non risulta essere stato ancora adempiuto -:
se il Governo intenda giustificare i motivi di tale mancanza e se e quando abbia intenzione di inviare il documento in questione.
(4-07317)

TESTO AGGIORNATO AL 27 MAGGIO 2010

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la Germania ha annunciato all'improvviso il 18 maggio 2010 il blocco delle vendite allo scoperto di titoli di Stato della zona euro e delle azioni delle dieci maggiori società tedesche quotate in Borsa, riportando di fatto alla loro finalità originaria l'uso dei credit default swap, oggi trasformati da strumenti di copertura in strumenti speculativi;
il divieto si applica solo in Germania e non impedisce che si possa speculare al ribasso su questi titoli mediante soggetti finanziari ubicati in altri Stati dell'eurozona;
la misura, come prevedibile, ha creato tensioni nei mercati, riconducibili al fatto di non essere stata coordinata;
è evidente che se tutti gli Stati dell'area euro adottassero una misura analoga, nessuno potrebbe più sfuggire alla regolamentazione, poiché un operatore non residente nell'eurozona, per operare su tali titoli, ha bisogno di un operatore residente nell'area per poterli tradurre in propria valuta;
questa esigenza era stata sottolineata già il 7 maggio 2010 dal Gruppo del Partito democratico;
la misura tedesca, infatti, è l'effetto della riluttanza di una parte dei grandi paesi a mettere ordine nel mercato finanziario, le cui conseguenze stanno ricadendo sui cittadini europei;
è chiaro che l'Europa e la sua moneta sono sotto attacco e le speculazioni riguardano tutti e possono colpire più duramente le economie con maggiori difficoltà: è successo con la Grecia, può succedere con Spagna, Portogallo e con la stessa Italia;
è ormai evidente che i fondi speculativi non sono più gli hedge funds nati con Alfred Winlslow Jones nel '49, ma essenzialmente strumenti che speculano su tutto e su tutti, compresi i titoli di Stato;
il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, durante il vertice Unione europea-America Centrale, si è dichiarato d'accordo sulla necessità di frenare le vendite allo scoperto e ha invitato il Comitato europeo dei regolatori a valutare rapidamente se le condizioni che hanno condotto le autorità tedesche a questa conclusione si presentino in altre parti d'Europa. L'obiettivo è quello di accelerare sul coordinamento europeo dell'azione per contrastare la volatilità dei mercati, poiché azioni adottate da altre autorità nazionali coordinate a livello europeo rafforzerebbero le azioni di ogni paese e aggiungerebbero valore e peso al messaggio trasmesso ai mercati;

è quindi necessario imporre misure immediate e certe per bloccare le speculazioni degli hedge funds sugli Stati europei e per questo devono essere bloccate le vendite allo scoperto di titoli in tutta l'Unione europea, esattamente come accadde nei mesi successivi al fallimento di Lehman Brothers;
appare, d'altro canto, evidente la necessità di dotarsi di un'agenzia di rating Europea, autonoma, indipendente e pertanto pubblica, poiché non sono più ammissibili giudizi frammentari di agenzie di rating americane sempre meno credibili: si pensi a quanto avvenuto nelle scorse settimane con Moody's, che ha espresso pareri affrettati, e prontamente ritrattati, ma che nel frattempo hanno provocato fortissime turbolenze nei mercati. Turbolenze che hanno sicuramente avvantaggiato, in quelle ore, gli speculatori -:
quali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo e, in particolare, se intenda procedere a misure analoghe a quelle adottate dal Governo tedesco, bloccando la possibilità di vendita di titoli allo scoperto in Italia e facendosi promotore dell'estensione di tale misura a tutta l'eurozona, così da garantire l'efficacia della misura stessa;
se il Governo intenda adottare iniziative sul piano fiscale tese a inasprire la tassazione sulle operazioni speculative;
se sia intenzionato a farsi promotore in sede europea della costituzione di un'agenzia di rating europea autonoma, indipendente e pubblica.
(2-00726)
«Boccia, Ventura, Baretta, Fluvi, Vico».

Interrogazioni a risposta scritta:

DE ANGELIS. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2003 è stato istituito e reso pienamente operativo l'ufficio unico delle dogane di Avezzano, nato dalla fusione di due uffici aventi competenza sull'intero territorio della provincia di L'Aquila: l'ufficio tecnico di finanza di Avezzano e la dogana di L'Aquila;
con delibera n. 122 dell'11 dicembre 2009 il comitato di gestione, in contemporanea con una serie di modifiche riguardanti gli uffici delle dogane di Civitanova Marche e di Giulianova, formulava l'ipotesi di trasferire l'ufficio delle dogane di Avezzano a L'Aquila;
a quanto consta all'interrogante dalla data di inaugurazione l'ufficio è stato allocato in una struttura concessa dal comune di Avezzano senza oneri a carico della Agenzia delle dogane ed è tuttora in funzione con dotazione organica di 12 dipendenti (5 di terza area e 6 di seconda area, oltre a 1 funzionario di terza area distaccato da Tirano);
nonostante l'esigua dotazione organica in relazione alla mole di lavoro, l'ufficio ha sempre raggiunto gli obiettivi di produzione e di budget assegnati dalla direzione regionale di Ancona, contribuendo quindi alla performance complessiva dell'Agenzia, rispettando sempre i vincoli di bilancio e di risparmio delle risorse, attuando una gestione economica oculata ed in linea con le prescrizioni locali e nazionali;
ad oggi i dati economici della provincia di L'Aquila dimostrano che gli operatori commerciali che si servono della struttura di Avezzano muovono un volume di traffico pari all'80 per cento di quello provinciale e sul territorio di L'Aquila questo rappresenta solo il 20 per cento;
è in via di ultimazione il centro smistamento merci della Marsina, alle porte di Avezzano, in parte già usato da Protezione civile nazionale e dalla Croce rossa italiana per l'emergenza terremoto, destinato ad accogliere in alcuni suoi locali anche l'ufficio delle dogane ed a rappresentare

per gli operatori economici abruzzesi un importante ed insostituibile punto di riferimento per tutte le loro attività -:
se quanto rappresentato in premessa corrisponda al vero;
se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché l'Agenzia delle dogane mantenga in attività l'ufficio delle dogane di Avezzano con conseguente revoca e/o modifica della delibera n. 122 dell'11 dicembre 2009, nella parte in cui prevede il trasferimento della sede dell'ufficio delle dogane di Avezzano nella città dell'Aquila.
(4-07297)

GRAZIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, non concorre a formare la base imponibile del reddito di lavoro dipendente l'utilizzazione delle opere e dei servizi apprestati per la generalità dei dipendenti o categorie di essi, quando la spesa relativa è volontariamente sostenuta dal datore di lavoro per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o di culto, come previsto dall'articolo 100, comma 1, del provvedimento citato;
i criteri distintivi degli oneri di utilità sociale, assunti dai datori di lavoro per le suddette finalità, sono stati di recente così ribaditi nella risoluzione dell'Agenzia delle entrate del 29 marzo 2010, n. 26/E:
la spesa deve essere sostenuta volontariamente dal datore di lavoro e non in adempimento di un vincolo contrattuale;
deve trattarsi di opere e servizi messe a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di essi;
tali opere e servizi devono perseguire le specifiche finalità prima descritte;
nella citata risoluzione, in continuità rispetto ad un principio già affermato nella risoluzione del 10 marzo 2004, n. 34, si è dato atto che l'esclusione da tassazione operi anche nell'ipotesi in cui detti servizi siano messi a disposizione dei dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all'azienda. In questo caso, affinché non ricorrano presupposti di tassazione a carico del dipendente, quest'ultimo deve risultare estraneo al rapporto che intercorre fra l'azienda e l'effettivo prestatore del servizio e, in particolare, non deve egli risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda in relazione all'obiettivo di fornitura dei servizi medesimi (neppure in forma di rimborsi di spese anticipate per fruire delle opere e dei servizi);
ad avviso dell'interrogante lo schema di seguito descritto può realizzare per i datori di lavoro - specie per quelli operanti sull'intero territorio nazionale, e dunque in molteplici regioni e realtà sociali differenziate - una valida modalità di organizzazione in outsourcing dell'offerta di opere e servizi di utilità sociale:
a) il datore di lavoro, di propria iniziativa e senza in questo dover assolvere alcun obbligo contrattuale verso i propri dipendenti, stipula con un'impresa di servizi una convenzione in base alla quale detta impresa, verso corrispettivo con onere a carico del datore di lavoro, si obbliga a garantire ai dipendenti del datore di lavoro che vi abbiano interesse l'accesso a strutture convenzionate con detta impresa, in grado di offrire opere e servizi che realizzano le finalità di cui all'articolo 100 del citato testo unico. Esemplificativamente: centri sportivi esterni, laboratori di analisi o centri medici polispecialistici per check up, centri culturali e di sviluppo culturale, laboratori linguistici, organizzazioni religiose o laiche in grado di fornire servizi alla persona e simili;
b) nella convenzione fra datore di lavoro ed impresa di servizi viene definita la lista degli interventi di utilità sociale

finanziata e i relativi limiti di spesa, secondo i parametri del caso in funzione delle modalità di erogazione dell'intervento (ad esempio, ore di utilizzazione di impianti sportivi collettivi; tipologia di controlli medico-sanitari convenzionati, in caso di offerta di check up; numero di lezioni, in caso di corsi, oppure quote di iscrizione, e simili);
c) l'impresa di servizi, in qualità di appaltatore o somministrante di un servizio unitario di organizzazione dell'erogazione dei servizi di utilità sociale (prestazione di fare), addebita il datore di lavoro committente con l'aliquota IVA del 20 per cento, e riceve addebiti dalle strutture convenzionate con le aliquote IVA proprie delle prestazioni da queste rese all'impresa di servizi, in forza dei contratti che l'impresa di servizi stipula con le stesse strutture convenzionate, per essere in grado di adempiere il proprio contratto con il datore di lavoro;
d) nella determinazione del reddito d'impresa del datore di lavoro, i corrispettivi dal medesimo dovuti all'impresa di servizi saranno deducibili nei limiti del 5 per mille del costo del lavoro, conformemente alla previsione di cui all'articolo 100 del testo unico di riferimento. L'impresa di servizi, da parte sua, rileva costi verso le entità con essa convenzionate e ricavi verso il datore di lavoro committente;
e) i datori di lavoro danno informativa, alla generalità del personale, o a singole categorie di essi, delle opportunità promosse dalla convenzione con l'impresa di servizi e forniscono ai dipendenti, secondo le procedure prescelte dall'impresa di servizi, le indicazioni di accesso alle opere e servizi da questa predisposti;
f) i dipendenti che vi abbiano interesse e, o i rispettivi familiari, opportunamente identificati mediante gli strumenti di dette procedure, senza che assuma rilevanza ai fini dell'IRPEF la loro denominazione o qualificazione, accedono quindi alla struttura esterna di utilità sociale (le entità convenzionate con l'impresa di servizi), beneficiando delle opere e servizi da questa offerti nei limiti di spesa stabiliti in funzione della tipologia di opera o servizio richiesto, con eventuale possibilità di estendere a proprie spese l'utilizzazione dell'opera o servizio, oltre il limite di convenzione -:
se lo schema riportato in premessa possa rappresentare un'effettiva modalità di organizzazione in outsourcing dell'offerta di opere e servizi di utilità sociale;
se resta confermato il fatto che l'offerta di servizi ad utilità sociale possa, ove del caso, risolversi nella fornitura di beni, anche a titolo di comodato, quando la fornitura del bene sia il mezzo per conseguire il fine di utilità sociale (come nel caso di acquisto di letti ospedalieri per l'assistenza domiciliare di familiari del dipendente).
(4-07318)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

TOTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in date 24 febbraio e 3 marzo 2010, l'interrogante, mediante atti di sindacato ispettivo, richiamava l'attenzione del Governo sulla situazione organizzativa e funzionale del tribunale civile e penale di Chieti e formulava al Ministro quesiti, intesi ad apprendere il suo orientamento in ordine all'opportunità o, tout court, necessità di eventuali visite ispettive per l'accertamento dei fatti, in funzione di successivi provvedimenti, ove occorrenti, volti a un più soddisfacente e ottimale dispensamento della giustizia in quella sede tribunalizia;
medio tempore, non è stato dato di veder segnalati elementi per un significativo e diverso apprezzamento, in senso positivo, delle rappresentate situazioni di criticità che permangono, a giudizio dell'interrogante, gravi e pregiudizievoli per

un'amministrazione della giustizia aderente allo spirito, alla lettera e alle finalità dell'ordinamento e, più in generale, coerente, sul piano meramente organizzativo, con i diritti e i doveri imposti, a chiunque, dalle norme materiali, regolamentari ed etiche relativamente al rispetto formale e sostanziale di ciascuna persona, anzitutto, e anche delle funzioni di ognuno;
tuttavia, nel sito informatico dell'associazione di magistrati «Magistratura democratica» è dato di rinvenire una pagina (http://magistraturademocratica.it/node/299), redatta nel febbraio 2005, nella quale, recando cronache dal Consiglio Superiore della Magistratura, testualmente si legge «NOTIZIARIO N. 43 gennaio - febbraio 2005. OGGETTO: PLENUM 26 e 27 gennaio, 9, 16, 17, 23 febbraio 2005 e LAVORI DI COMMISSIONE. B) Presidente di Sezione del Tribunale di Chieti; quali caratteristiche deve avere un Presidente di Sezione. È stato nominato Presidente di sezione del Tribunale di Chieti il dott. Geremia Spiniello, giudice presso lo stesso tribunale; ha riportato 15 voti (Unicost, MI, Cdl, Marvulli, Schietroma), mentre 9 voti sono andati al dott. Enzo Turco, giudice del tribunale di Pescara (MD, Movimenti, Berlinguer). Nel corso della discussione abbiamo evidenziato che nei confronti del dott. Spiniello emergevano dagli atti del fascicolo personale comportamenti che evidenziavano la non piena idoneità attitudinale al conferimento di un ufficio semidirettivo: espressione di reiterate critiche in pubblica udienza verso il rappresentante del P.M, rapporti non buoni con il foro, «sciatteria» nella redazione delle sentenze segnalata dal Procuratore Generale, eccessivo rigore formale nella gestione delle udienze con censure di ogni minimo ritardo delle parti. Questi argomenti non hanno convinto la «consueta» maggioranza consiliare»;
evidentemente, quegli stessi argomenti non hanno costituito motivo ostativo nemmeno per la successiva, più qualificata nomina del magistrato di cui si tratta a presidente dello stesso tribunale ma costituiscono fondata e comprensibile ragione di stupore e di inquietudine in chiunque ne apprenda il contenuto e constati la loro inopinata irrilevanza nel giudizio valutativo espresso, nelle sedi appropriate, ai fini del conferimento dei delicatissimi uffici anzidetti -:
se il Governo non intenda, tuttavia, fatte salve l'autonomia costituzionalmente inviolabile della magistratura e le competenze esclusive del suo organo di autogoverno, il consiglio superiore della magistratura, assumere le più opportune e confacenti iniziative normative atte a disciplinare, sul piano generale, le caratteristiche e i requisiti da soddisfare perché un magistrato possa aspirare al conferimento di incarichi semidirettivi e direttivi nell'ambito dell'ordinamento giudiziario e, altresì, idonee a scongiurare che condizioni soggettive analoghe a quelle menzionate nel sito informatico di «Magistratura democratica» e sopra trascritte possano essere neglette, misconosciute o minimizzate in sede di valutazione prodromica alle nomine alle quali ci si riferisce, di cui l'organo di autogoverno della magistratura ordinaria è unico ed esclusivo attributario del relativo potere.
(4-07295)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 23 maggio 2010 è stato celebrato il 18o anniversario della strage di Capaci, dove sono stati barbaramente trucidati dalla mafia Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo;
in occasione delle commemorazioni della citata strage da tutte le parti è stata ribadita la volontà di combattere le mafie, ma, ad avviso dell'interrogante, le varie organizzazioni mafiose non verranno mai debellate se, accanto all'accertamento delle verità, non saranno garantite l'esecuzione delle varie fasi processuali e la certezza dell'espiazione delle pene;
è dei giorni scorsi la notizia dell'impossibilità di svolgere un processo presso

la corte d'appello di Milano contro 34 imputati di una cosca della 'ndrangheta, giacché la polizia penitenziaria, sotto organico, non è stata in grado di tradurre in tribunale 14 imputati detenuti nel carcere «Opera» della città;
non è, purtroppo, la prima volta che vengono registrate gravi difficoltà che impediscono il regolare svolgersi delle traduzioni previste, con pesanti conseguenze sullo svolgimento dei processi, molti dei quali in fasi di appello;
sempre dei giorni scorsi è la notizia dell'avvenuta scarcerazione, per motivi di salute, del boss mafioso Salvatore Vitale, condannato all'ergastolo per il sequestro e l'omicidio del tredicenne Giuseppe Di Matteo;
Vitale, anche se poi prosciolto, era stato coinvolto nelle indagini sulla strage di Via D'Amelio, dove il 19 luglio 1992 morirono Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina;
altri noti boss appartenenti alle varie organizzazioni criminali italiane sono riusciti nel tempo ad uscire dalle carceri o per motivi di salute, che ad avviso dell'interrogante andrebbero realmente accertati, o per eccessivi benefici o per ritardi nel deposito delle sentenze o per «cavilli» di ogni genere -:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire l'espletamento di tutte le fasi processuali che coinvolgono, in particolare, mafiosi e terroristi, in particolare quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire le coperture degli organici della magistratura e della polizia inquirente;
quali urgenti iniziative intenda assumere per adeguare gli organici della polizia penitenziaria;
quali urgenti iniziative, anche normative, intenda assumere per assicurare la certezza dell'espiazione totale della pena inflitta a mafiosi e terroristi.
(4-07298)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa ANSA, Aldo Caselli, 44enne, si è tolto la vita la notte del 19 maggio nel carcere di Reggio Emilia impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della cella;
con Aldo Caselli salgono a 27 i detenuti suicidatisi in cella nel 2010: 21 si sono impiccati, mentre sei si sono tolti la vita inalando gas dai fornelletti;
oltre ai suicidi, in questo primo scorcio dell'anno si contano altri 49 detenuti morti per malattia: in totale, quindi, 76 persone decedute in cella, con una media superiore a 1 ogni due giorni;
tra i 21 suicidi «certi», 5 avevano meno di 30 anni, 8 tra i 30 e i 40 anni, 4 tra i 40 e i 50 anni, 3 tra i 50 e i 60 anni, 1 più di 60 anni (39 anni l'età media). Diciassette erano italiani e quattro stranieri;
su ognuno di questi 27 suicidi gli interroganti hanno rivolto altrettante interrogazioni a risposta scritta ai Ministri competenti chiedendo l'adozione da parte del Governo di alcuni provvedimenti e atti urgenti al fine quantomeno di ridurre nell'immediato le morti per suicidio all'interno degli istituti di pena, ma ai predetti atti di sindacato ispettivo non è stata data alcuna risposta;
lo scorso anno, dal primo gennaio al 20 maggio i suicidi all'interno delle carceri furono 22, nello stesso periodo del 2008 15, nel 2007 13, nel 2006 20 e nel 2005 18 -:
di quali informazioni disponga sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, indipendentemente dall'inchiesta che sulla vicenda vorrà aprire la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare eventuali responsabilità dell'amministrazione penitenziaria in relazione alla morte di Aldo Caselli, ciò anche alla luce della forte carenza del personale penitenziario e del

l'elevato tasso di sovraffollamento che si registra nel carcere di Reggio Emilia che limitano inevitabilmente le possibilità di assistenza, vigilanza e controllo dei detenuti all'interno degli istituti di pena;
se il detenuto avesse dato precedentemente segni di disagio psicologico che facessero ritenere probabile il compimento da parte sua di un gesto autolesionistico o suicidiario;
se sussistano evidenze che lascino intendere se questo ennesimo suicidio possa dipendere anche dall'elevato tasso di sovraffollamento di cui soffre da parecchi mesi l'istituto penitenziario di Reggio Emilia;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-07301)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 15 maggio 2010 è apparso un articolo sul quotidiano Sardegna Oggi intitolato: «A Buoncammino ci sono troppi detenuti con problemi psichici»;
secondo le indagini svolte dall'associazione «Socialismo Diritti Riforme», nel carcere di Buoncammino ci sarebbero non meno di 150 detenuti con disturbi psichiatrici tra i 530 ospiti dell'istituto di pena;
i disturbi psichiatrici, in particolare la depressione e la schizofrenia, non possono essere curati all'interno di una struttura le cui finalità non si conciliano con patologie complesse e dove mancano i tecnici riabilitativi specifici, e dove i medici incaricati sono 3 e 11 quelli del servizio integrato di assistenza sanitaria;
il numero dei sanitari e degli infermieri (complessivamente 38) è fortemente sottodimensionato rispetto alla esigenza di far fronte alle necessità dell'intera popolazione detenuta. Secondo gli operatori sanitari, a queste condizioni e con questi numeri è impossibile garantire gli attuali standard del servizio sanitario;
a giudizio della prima firmataria del presente atto il diritto alla salute dei detenuti di Buoncammino, senza opportuni investimenti, è seriamente a rischio -:
se i Ministri interrogati, in relazione alle funzioni di controllo di propria specifica pertinenza, siano informati sulle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria dei detenuti con problemi psichici del carcere di Buoncammino e se non ritengano opportuno acquisire ulteriori informazioni, anche attraverso un'ispezione, in merito alle disfunzioni segnalate;
se non ritengano necessario adottare urgentemente ogni iniziativa di competenza idonea a rimuovere le rilevate disfunzioni e carenze presenti nell'istituto di pena in esame per garantire ai detenuti ivi ristretti un adeguato trattamento sanitario, anche al fine di ristabilire un clima più adeguato al non facile processo di rieducazione e risocializzazione che fonda la legittimità della pena nel nostro ordinamento costituzionale.
(4-07302)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Tribuna di Treviso del 20 maggio è apparso un articolo intitolato: «Treviso: l'insegnante denuncia; al carcere minorile mancano gli spazi per poter fare lezione»;
Roberto Franzin, docente all'istituto penale minorile di Treviso, denuncia che nella struttura mancano gli spazi per poter fare lezione. Al suo interno ci sono 20 persone, due terzi sono stranieri. Dal 2000 sono iniziati i corsi per permettere ai ragazzi di conseguire il diploma di scuola

media e superiore. Mancano però le aule adatte a ospitare i ragazzi, sicché le lezioni si svolgono in posti di fortuna, come la mensa;
il docente ha dichiarato quanto segue: «Siamo in una situazione di pericolosità estrema. Manca personale di polizia, gli spazi sono minimi. C'è nervosismo. I detenuti fumano molto, cosa che dovrebbe essere vietata. Le proposte di spostare l'istituto in altra sede sembrano solo auspici. Nel carcere si sta creando una camera di prima accoglienza più grande di quella esistente. Ma un locale di quel tipo non dovrebbe nemmeno esistere dentro il carcere. Dovrebbe stare fuori la struttura. Non c'è nessuna programmazione» -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere i problemi connessi alla grave carenza di spazi e di personale di polizia penitenziaria denunciata dal docente Roberto Franzin;
se non intenda spostare l'istituto penale minorile di Treviso presso un'altra sede;
se il percorso detentivo che i minori reclusi nel carcere di Treviso stanno vivendo sia in tale situazione anche a causa della carenza e dell'inadeguatezza dei servizi minorili causata dai tagli di spesa che i Governi succedutisi negli ultimi anni hanno operato nella giustizia minorile, che in modo diffuso stanno provocando una carenza di personale e l'impossibilità di praticare forme di trattamento;
se non ritenga opportuno e necessario un ripensamento delle politiche fin qui operate dagli ultimi Governi in materia di giustizia minorile, abbandonando l'idea di un inasprimento del sistema e delle misure detentive per decidere, invece, di sostenere con risorse adeguate tutti gli strumenti alternativi al carcere e promuoverne altri per impedire che i minorenni vivano con il carcere una esperienza di solitudine e di emarginazione, inutile se non dannosa per la loro formazione e il loro reinserimento sociale.
(4-07303)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, Domenico Franzese, 45enne, originario di Afragola si è suicidato la mattina di sabato 15 maggio 2010 nel penitenziario di Siracusa;
l'uomo, che aveva sulle spalle una condanna definitiva ed un fine pena a ottobre 2011, si è impiccato nella sua cella del reparto accettazione dove era stato allocato da alcuni giorni, ovvero dal suo arrivo a Siracusa proveniente dal carcere napoletano di Poggioreale;
con Domenico Franzese salgono a 26 i detenuti suicidatisi in cella nel 2010. Sulla vicenda il segretario della Uil-Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, ha dichiarato: «Non potremo mai abituarci a questi rintocchi delle campane a morto che, purtroppo, stanno diventando la colonna sonora che accompagna il nostro agire quotidiano. Appena ieri abbiamo accompagnato nell'ultimo viaggio un nostro giovane collega suicidatosi, ed è il terzo in quindici giorni»;
su ognuno di questi 26 suicidi gli interroganti hanno rivolto altrettante interrogazioni a risposta scritta ai Ministri competenti chiedendo l'adozione da parte del Governo di alcuni provvedimenti e atti urgenti al fine quantomeno di ridurre nell'immediato le morti per suicidio all'interno degli istituti di pena, ma ai predetti atti di sindacato ispettivo non è stata data alcuna risposta -:
di quali informazioni disponga sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, a prescindere dalla inchiesta che sulla vicenda riterrà di aprire la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare eventuali responsabilità dell'amministrazione penitenziaria, ciò anche alla luce della forte carenza del personale penitenziario che limita inevitabilmente le possibilità di assistenza, vigilanza e controllo dei detenuti all'interno degli istituti di pena;

per quali motivi il detenuto Domenico Franzese sia stato trasferito dal carcere di Poggioreale a quello di Siracusa;
se presso la struttura penitenziaria siciliana il detenuto abbia potuto usufruire di un colloquio con lo psicologo prima della sua assegnazione alle sezioni, ciò al fine di accertare un suo eventuale rischio autolesionistico o suicidiario;
se vi siano elementi in base ai quali si possa desumere se l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda dall'elevato tasso di sovraffollamento degli istituti di pena dove attualmente sono ristretti quasi 68mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di circa 43mila posti;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-07304)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la popolazione detenuta femminile in Italia oscilla da sempre tra il 4 per cento e il 5 per cento del totale, non superando mai questa soglia;
le donne detenute in Italia si trovano allocate in sette istituti femminili (Trani, Pozzuoli, Rebibbia, Perugia, Empoli, Genova, Venezia) e in 62 sezioni all'interno di carceri maschili;
circa 70 bambini al di sotto dei tre anni di età si trovano in carcere con le loro madri, sia in prigioni interamente femminili, sia in sezioni ospitate all'interno di prigioni maschili;
le donne detenute, in media, scontano pene di lunghezza molto inferiore a quelle degli uomini e che, in particolare, non superano i cinque anni;
l'ordinamento penitenziario prevede una serie di strutture specifiche per le carceri e per le sezioni femminili, come ad esempio gli asili nido nel caso l'istituto, o la sezione, ospiti gestanti o madri con bambini;
in più di una circostanza l'associazione Antigone ha reso noti, attraverso alcune pubblicazioni e seminari, i risultati di una ricerca transnazionale - cui l'associazione stessa ha preso parte - sul reinserimento socio-lavorativo delle donne ex-detenute, dai quali emergono le seguenti considerazioni: a) nonostante l'esiguo numero di donne detenute in Italia e negli altri paesi europei, la maggior parte dei problemi che esse si trovano ad affrontare durante la detenzione e al momento del loro reingresso in società è diretta conseguenza del sovraffollamento di cui soffrono i sistemi penitenziari europei, determinato in massima parte dalle presenze maschili e subìto anche dalle donne medesime a causa della gestione amministrativa unitaria di prigioni e sezioni maschili e femminili; b) le donne detenute ed ex-detenute presentano problematiche peculiari legate alla loro condizione di genere - prime fra tutte, ma non unicamente, quelle sanitarie e quelle legate alla maternità - per far fronte alle quali si rivelano inadeguati gli strumenti utilizzati per gli uomini; c) la frammentazione della popolazione detenuta femminile, ospitata spesso in piccole sezioni all'interno di carceri maschili (in molte delle quali si trovano non più di due o tre detenute), determina una tendenza a trascurare tali sezioni, destinando alla detenzione maschile la quasi totalità delle risorse economiche e umane. Tale problema non si risolve eliminando le sezioni femminili all'interno degli istituti maschili e contenendo l'intera popolazione detenuta femminile nelle poche carceri interamente destinate a essa, in quanto così facendo si costringerebbe la maggior parte delle donne a scontare la pena lontano dal luogo di residenza del proprio nucleo famigliare -:
se il Ministro non ritenga necessario istituire un apposito ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che si occupi specificamente del trattamento delle donne detenute.
(4-07305)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ASCA del 20 maggio 2010, i detenuti presso il carcere di Imperia hanno deciso di protestare contro il sovraffollamento battendo le stoviglie contro le sbarre tra mezzanotte e le 2 del mattino e, successivamente, tra le 4 e le 6;
nell'occasione sono intervenuti la polizia prima ed i carabinieri poi, i quali hanno provveduto, insieme agli agenti della polizia penitenziaria, a riportare sotto controllo la situazione;
le condizioni in cui versa la struttura penitenziaria di Imperia, rispetto alla quale non sono rinviabili i necessari accertamenti, è gravissima ed intollerabile sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria che per le gravi mancanze esistenti nel trattamento al quale sono sottoposti i detenuti -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
per quali motivi, in occasione della protesta dei detenuti mediante battitura, si è reso necessario l'intervento della polizia e dei carabinieri;
se non si ritenga opportuno, con atto immediato, predisporre una qualificata ed articolata ispezione all'interno del carcere di Imperia, per accertare se nelle condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti non siano ravvisabili situazioni inaccettabili.
(4-07306)

SANTELLI, BERTOLINI, COSTA, LORENZIN, CICU, PANIZ, SALTAMARTINI, STRACQUADANIO, FALLICA e OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella tarda serata di ieri, lunedì 18 maggio, è stata resa nota la sentenza che ribalta quella di primo grado per i disordini e l'irruzione della polizia alla scuola Diaz, nella notte tra il 20 e il 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova;
i giudici della Terza sezione della Corte d'Appello di Genova hanno condannato venticinque imputati a pene severe (da tre anni e otto mesi fino a cinque anni, con l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni), imputati che in primo grado erano stati assolti;
i vertici della polizia Sono stati ritenuti colpevoli di falso ideologico;
la sentenza del processo d'appello, svoltosi senza rinnovamento del dibattimento, ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado;
i magistrati del collegio giudicante sono iscritti alla medesima corrente associativa di Magistratura Democratica;
appaiono alquanto inopportune, se non gravi, le dichiarazioni di commento alla sentenza di condanna rese dai pubblici ministeri di primo grado che hanno parlato di «forza e coraggio» dei giudici di secondo grado, insinuando il dubbio sui colleghi che, non ritenendo sostenibili le tesi dell'accusa, avevano precedentemente emesso una sentenza assolutoria;
risultano altresì inquietanti gli attacchi frontali dei pubblici ministeri, sia in sede processuale che nelle dichiarazioni pubbliche, alla Polizia di Stato, come istituzione -:
se sia vero che il Presidente del collegio, dottor Sinagra, abbia presentato in ritardo la domanda per il trattenimento in servizio e nonostante ciò il relativo decreto sia stato firmato dal Ministro;
se il Ministro intenda prendere iniziative nei confronti dei magistrati che, intervenendo pubblicamente sull'esito del processo, ad avviso degli interroganti, hanno reso dichiarazioni gravemente lesive dell'onore della magistratura.
(4-07320)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Pedemontana delle Marche è una opera ritenuta strategica e fondamentale per gli operatori economici ed i cittadini delle aree interne marchigiane che registrano gravi dati di sottoutilizzo ;
l'arteria già pensata e progettata dagli anni '70 costituirebbe un asse viario fondamentale per un sistema di collegamenti intervallivi alternativi al congestionato traffico costiero in grado di aiutare lo sviluppo;
la Pedemontana delle Marche è realizzata soltanto per alcuni tratti scollegati fra di loro;
in particolare, il tratto più a nord della regione Marche, in provincia di Pesaro e Urbino, che dovrebbe collegarla alle aree interne dell'Emilia Romagna, è realizzato soltanto per un tratto di poco più di un chilometro costituito dal ponte di Lunano, dalla galleria di recente realizzazione e dal viadotto di Chiappino; pur nel limitato percorso, l'opera è molto importante perché collega direttamente le valli del Metauro e del Foglia;
tale tratto di strada si collega a nord con la strada provinciale Frontino Carpegna ed a sud con una impervia strada comunale nel territorio del comune di Sant'Angelo in Vado; per collegarsi alla strada statale 73 bis;
il collegamento fra il tratto di Pedemontana e la strada statale 73 richiamato è di soli 2,5 chilometri ed è percorso ogni giorno, secondo recenti rilevazioni della provincia di Pesaro e Urbino da oltre 2.000 veicoli, in maggioranza costituiti da traffico commerciale pesante, collegando due valli altamente produttive;
il tratto in questione per la sua tortuosità e ristrettezza della carreggiata risulta altamente pericoloso ed impervio;
la pericolosità è aggravata dal fatto che la manutenzione del tratto è rimasta a carico del comune di Sant'Angelo in Vado che per la sua dimensione non dispone dei mezzi necessari per garantirla;
la realizzazione del collegamento con la strada statale 73 bis era previsto con l'appalto della galleria, completata nel 2002, ma le risorse necessarie furono utilizzate per coprire gli imprevisti registrati dalla costruzione della galleria medesima;
il lotto di cui trattasi è pertanto già progettato da ANAS che ha acquisito i pareri di natura ambientale (DGR 2678 del 13 novembre 2001) ed urbanistica (D.P. 2964/149 UT del 23 luglio 2002);
da verifiche effettuate la stima per la realizzazione dei lavori comporterebbe ad oggi una spesa di circa 10 milioni di euro;
i sindaci dei comuni ai due lati dell'arteria (Lunano e Sant'Angelo in Vado) hanno da tempo avviato iniziative per la soluzione del problema che vede il sostegno della provincia di Pesaro e Urbino, della regione Marche e la totale adesione delle due comunità montane e degli oltre 20 comuni interessati;
da ultimo con nota del 20 febbraio 2010 tutti i sindaci si sono rivolti direttamente al Ministro interrogato, alla regione Marche ed alla provincia di Pesaro e Urbino;
la nota, a quanto consta all'interrogante, non ha avuto riscontro dal Ministro interrogato;
l'intervento appare indispensabile per sanare l'anomalia che vede due strade nazionali collegate da una strada comunale;
l'intervento appare indispensabile per il grado di pericolosità della strada e per la difficoltà di percorrenza;
l'intervento appare possibile pur nelle scarse risorse a disposizione del Paese per

il limitato importo (10 milioni di euro), rispetto alla importanza dell'opera, per la già realizzata progettazione e per i pareri positivi già espressi -:
se il Ministro, a seguito della lettera dei sindaci, abbia potuto verificare il caso e se intenda disporre sopralluoghi o incontrare i sindaci interessati;
se la realizzazione dell'opera sia stata inserita nella programmazione ministeriale e con quali tempi potrà essere finanziata e realizzata, risolvendo così i problemi di pericolosità, limitando i tempi di percorrenza e rimuovendo l'anomalia di due strade statali collegate da una strada
comunale.
(5-02924)

LENZI, ZAMPA, VASSALLO, LA FORGIA e BENAMATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'11 maggio 2010 ad un incontro con i sindacati nazionali le FS hanno annunciato l'intenzione di chiudere gli stabilimenti-officine grandi riparazioni di Melfi e di Bologna;
la OCM Ert officine grandi riparazioni di Bologna impiega 360 lavoratori ed è uno stabilimento importante e di qualità collocato in uno dei maggiori poli ferroviari del paese;
l'operazione pare legata alla valorizzazione dell'area pur risultando che nel 2004 le FS in sede di accordi per la costruzione della nuova stazione dichiararono di non avere interesse alla valorizzazione dell'area delle officine. L'attuale piano regolatore esclude quindi una diversa utilizzazione;
la chiusura di tale attività comporta un'oggettiva perdita per il territorio bolognese -:
quale sia l'intendimento della FS Spa in merito alle officine di riparazioni in Italia e in specifico allo stabilimento bolognese e al destino dell'area sita in Bologna.
(5-02927)

LANZARIN e DAL LAGO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il collegamento ferroviario alta velocità/alta capacità Verona-Padova costituisce parte della trasversale est-ovest Torino-Milano-Venezia, inserita nel Corridoio europeo n. 5 Lione-Kiev;
il progetto ha per obiettivo il quadruplicamento della suddetta tratta, di cui è prevista la «rilocazione», in alcuni casi di stretto affiancamento tra le due linee; le stazioni/fermate interessate dalla nuova linea sono Verona Porta Vescovo, San Bonifacio, fermata di Lonigo, Montebello Vicentino, Vicenza, Lerino, Grisignano di Zocco, Mestrino, Rubano, Padova;
il CIPE, con delibera 29 marzo 2006, n. 94, ha approvato, con le prescrizioni e le raccomandazioni proposte dal MIT, il progetto preliminare del «collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova», limitatamente alle tratte di 1a fase tra Verona e Montebello e tra Grisignano di Zocco e Padova. Per quanto riguarda l'aspetto finanziario, la delibera indica un costo complessivo aggiornato, per la 1a e la 2a fase, di 4.483 milioni di euro (erano 2.630 nel 2003) di cui 3.333 milioni di euro per la sola prima fase e una disponibilità di 156,3 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al Contratto di programma 1994-2000. In merito ai tempi di realizzazione la delibera fa presente che «l'intero periodo di progettazione, approvazione e costruzione della 1a e 2a fase dell'intervento è pari a circa 11,5 anni, mentre la durata del solo periodo di realizzazione è stimato essere pari a circa 5,5 anni, e la data di inizio dei lavori prevista è il 2009 e quella di attivazione del modello completo (1a e 2a fase) è il 2014»;
lo stesso CIPE, con delibera 6 marzo 2009, n. 10, ha preso atto dei contenuti della ricognizione sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche al febbraio 2009, nonché della «Proposta di Piano infrastrutture strategiche 2009» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'opera è compresa

nell'allegato 2, tra gli interventi dei sistemi ferroviari del Corridoio plurimodale padano, con un costo di 5.130 milioni di euro e una disponibilità di 171 milioni di euro di «altre risorse pubbliche»;
nonostante la suesposta programmazione, in questi giorni sono apparsi articoli di stampa che manifestano l'allarme della popolazione e delle categorie economiche per l'assenza di stanziamenti destinati alla progettazione ed alla realizzazione della linea ferroviaria AV/AC nel tratto Verona-Padova;
la paura è quella che l'intero Nord-Est sta per perdere un'occasione irripetibile per continuare a svolgere il ruolo di locomotiva dell'economia del Paese, a causa dei ritardi della realizzazione della linea alta velocità/alta capacità nel territorio veneto;
negli ultimi mesi il Governo ha manifestato una rinnovata attenzione istituzionale verso il tema della prosecuzione della linea ferroviaria alta velocità/alta capacità nel territorio Veneto ed infatti, nell'allegato infrastrutture al DPEF 2010-2013, ha definito «opera prioritaria» la tratta Brescia-Verona-Padova;
la conseguente proposta di aggiornamento 2009 del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI, tra i fabbisogni di competenza, assegnava all'annualità 2010 84 milioni di euro per la progettazione della tratta Brescia-Verona e 120 milioni di euro per la progettazione della tratta Verona-Padova, mentre assegnava all'annualità 2011 1.000 milioni di euro per la tratta Brescia-Verona, quale prima tranche di finanziamento della concreta esecuzione dei lavori;
anche i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, già all'indomani della delibera CIPE del 15 luglio 2009 sull'allegato infrastrutture, hanno assicurato una forte accelerazione del procedimento tecnico-amministrativo relativo all'opera, mentre il Ministro interrogato aveva espressamente assicurato la prossima chiusura del capitolo Corridoio 5: «Entro settembre 2010 sarà pronto il progetto definitivo dell'alta velocità da Verona a Padova (Corriere del Veneto del 2 ottobre 2009);
da quanto esposto ad una lettera ufficiale della Confindustria Vicenza ad esponenti del Governo e del Parlamento, sembra che la versione definitiva dell'aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007-2011 tra il Ministero delle infrastrutture ed RFI (sul quale il CIPE ha espresso parere favorevole nella seduta del 13 maggio 2010), prevede uno slittamento al 2011 delle competenze 2010, sia per quanto riguarda gli 84 milioni di euro per la tratta Brescia-Verona sia per quanto concerne i 120 milioni di euro per la tratta Verona-Padova, mentre risulta completamente assente il finanziamento di 1.000 milioni di euro per la realizzazione della tratta Brescia-Verona;
tale rimodulazione crea preoccupazione a tutto il territorio vicentino e veneto perché non sembrerebbe proveniente da una riduzione complessiva dei finanziamenti, già stanziati peraltro dalla finanziaria 2010, ma piuttosto da una diversa graduatoria delle priorità assegnate ai vari interventi del programma infrastrutturale;
tutta la popolazione aspetta dal Parlamento e dal Governo di rivedere tale aggiornamento del contratto di programma, in occasione della pronuncia del parere di competenza sullo stesso aggiornamento 2009 nonché in vista della predisposizione del prossimo DPEF;
in occasione della imminente pubblicazione del Bando della Commissione europea sulle Reti ten-T, occorre inserire la tratta Veneta del Corridoio V nel dossier recante le richieste di finanziamenti comunitari allo scopo di incentivare il ruolo di eccellenza che il territorio veneto svolge nell'ambito del sistema economico e sociale del Paese, anche in vista dell'imminente evento dell'EXPO 2015 -:
se i dati e le notizie sopra esposte corrispondano a verità e se i programmi di

immediata attuazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti includano la progettazione della tratta alta velocità/alta capacità Verona-Padova, individuando le risorse finanziarie occorrenti per il finanziamento di tale opera ritenuta prioritaria ed improcrastinabile per l'intero sistema infrastrutturale del Nord.
(5-02928)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALOMBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Grandi Stazioni SpA ha il compito di riqualificare, ristrutturare, valorizzare e gestire i complessi immobiliari delle 13 stazioni più grandi d'Italia, che saranno riconsegnati a Rete ferroviaria italiana (RFI) al termine del mandato quarantennale previsto per il 2040: Milano centrale, Torino Porta Nuova, Genova Brignole e Genova piazza Principe, Venezia Mestre e Venezia Santa Lucia, Verona Porta Nuova, Bologna centrale, Firenze Santa Maria Novella, Roma Termini, Napoli centrale, Bari centrale e Palermo centrale;
il «Programma Grandi Stazioni» si articola in due tipologie di interventi: adeguamento funzionale per gli edifici di stazione e infrastrutture complementari ad essi;
il 14 marzo 2003, con delibera n. 10/03, il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha approvato i progetti definitivi di adeguamento funzionale per gli edifici di stazione, prevedendo il ricorso a fonti di finanziamento autonomamente reperite da Grandi Stazioni, ed i progetti preliminari delle infrastrutture complementari (comprendenti il sistema integrato di videosorveglianza);
nelle sedute del 22 e 29 marzo 2006, con la delibera n. 129 sono stati approvati dal Cipe i progetti definitivi delle infrastrutture complementari agli edifici di stazione;
Grandi Stazioni SpA, così come stabilito dalla delibera Cipe del 2003, sta procedendo nella realizzazione del programma citato per la parte relativa agli adeguamenti funzionali delle stazioni attraverso il ricorso all'uso dei volumi disponibili trasformati in locali commerciali;
il piano di sviluppo e di valorizzazione della mission di Grandi Stazioni, redatto nel 2003, è stato ideato e costruito su due elementi cardine:
a) la realizzazione di nuovi supporti pubblicitari di gradevole impatto e soprattutto di elevato contenuto innovativo - in primis il circuito della videocomunicazione con oltre 1.400 schermi lcd previsti nei 13 principali scali ferroviari italiani.
b) una nuova organizzazione commerciale, dedicata, professionale, in grado di sviluppare con coerenza sul mercato pubblicitario il nuovo asset. Grandi Stazioni, sulla base del business plan che trae origine dagli elementi cardine descritti, sottopose a Fida Vidion il progetto di sottoscrivere un contratto di associazione in partecipazione, affidando all'associato ogni onere, dallo studio alla fornitura, dalla installazione alla gestione, ed infine alla manutenzione dei nuovi impianti. Ciò a fronte di ricavi, per Fida Vidion, esclusivamente e direttamente legati, con una percentuale, alla raccolta pubblicitaria;
nel corso del 2008, Grandi Stazioni, sotto la gestione del nuovo amministratore delegato Fabio Battaggia, persegue quanto segue:
a) senza incontrare i responsabili delle agenzie generali a cui si attribuiscono i risultati raggiunti, con una lettera del 15 aprile 2008 a firma di Battaggia, Grandi stazioni modifica le politiche commerciali sino allora conseguite, ignorando le caratteristiche del nuovo mercato e la fase congiunturale,
b) risolve nel giugno 2008, in soli due mesi, i mandati di agenzia con le quattro società, coordinate da Publica,

mandati a tempo determinato con scadenza 2015, origine di un contenzioso di 50 milioni di euro;
c) non fa seguire un piano adeguato e tempestivo di riorganizzazione commerciale: solo a gennaio 2009 inserisce un nuovo responsabile commerciale non strutturandosi sul territorio nazionale. Consegue nel 2009 una grave perdita di posizionamento e soprattutto di fatturato, tale da riportare i valori di raccolta al 2004. In relazione al business plan la perdita di fatturato ammonta per il solo 2009 a oltre 25 milioni di euro, con previsioni catastrofiche per il triennio successivo in quanto l'asset pubblicitario è ormai compromesso;
d) alla fine del 2008 Grandi Stazioni emana un nuovo piano industriale riferito al periodo 2009-2013 smentendo il piano industriale emanato dalla precedente amministrazione (la quale aveva sempre rispettato tale piano per cinque anni), nel periodo dal 2004 al 2008. Con l'emanazione del nuovo piano industriale, il fatturato pubblicitario di Grandi Stazioni risulta quasi dimezzato rispetto al piano in vigore fino a quel momento. Grandi stazioni non riesce tuttavia a rispettare le sue stesse previsioni: nel piano industriale dell'anno 2009, è prevista una raccolta pubblicitaria di 21,8 milioni di euro a fronte di una reale raccolta che supera di poco gli 11 milioni di euro;
e) nell'autunno del 2008, l'evidenza di una inadeguata organizzazione commerciale, preoccupa non poco gli associati in partecipazione di Grandi Stazioni, i quali elaborano una proposta di concessione pubblicitaria, garantendo nell'arco di due anni, il riallineamento con gli obiettivi di ricavo previsti nel piano economico originario. Grandi Stazioni non darà alcun seguito alla proposta, conseguendo nel 2009 il crollo del fatturato totalizzando 2,5 milioni di euro di videocomunicazione, contro i 10,442 milioni che avrebbe garantito l'attuazione della proposta di riallineamento;
il segno evidente del disastro che è in corso in seno alle Ferrovie dello Stato, alla società Grandi Stazioni si evince dall'analisi degli scostamenti dal 2008 al 2012 che evidenziano una perdita dei ricavi pubblicitari pari a 175.000.000 di euro;
in particolare solo per l'anno 2009 i ricavi previsti per la raccolta pubblicitaria sono dimezzati rispetto a quanto atteso dalla precedente amministrazione (21,8 milioni di euro contro 41,4 milioni di euro). Ma l'amministrazione Battaggia non riesce a conseguire neanche tali previsioni riviste al ribasso: difatti la raccolta pubblicitaria consuntivata da Grandi Stazioni nel 2009 supera di poco gli 11 milioni di euro, e anche per gli anni successivi sono attesi risultati altrettanto negativi;
per Ferrovie dello Stato la perdita di utili è pari a 42.000.000;
per Grandi Stazioni la perdita di utili è pari a 63.000.000;
Grandi Stazioni ha in corso un contenzioso, per oltre 50.000.000 di euro di danni per risoluzione ingiustificata del contratto, intrapreso dalla società Publica, alla quale è stato risolto il contratto come del resto alle altre agenzie incaricate della raccolta pubblicitaria;
un primo arbitrato è stato promosso contro Grandi Stazioni per la caduta della pubblicità e per una serie di inadempimenti nei confronti dell'associato in partecipazione Vidion; la richiesta di risarcimento si aggira intorno ai 5.000.000 di euro per il 2008 e per il primo semestre del 2009;
Vidion sta promuovendo un secondo arbitrato con richiesta di risarcimento di alcune decine di milioni di euro;
la diminuzione delle attività pubblicitarie ed il conseguente crollo dei ricavi sta determinando la crisi economica di tutti i soggetti privati che hanno investito nel progetto, spingendoli a depositare, presso le autorità competenti, la richiesta di cassa integrazione per alcune centinaia di lavoratori -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali

iniziative intenda adottare al fine di intervenire per fermare al più presto il dissesto in atto in un'azienda che al 60 per cento è pubblica in quanto partecipata dallo Stato onde evitare, quindi, che a pagare per le inefficienze delle aziende pubbliche sia ancora una volta il cittadino come avveniva in passato;
quali determinazioni intenda assumere, nei confronti del Gruppo Ferrovie dello Stato, per la responsabilità del fallimento sostanziale commerciale del progetto Grandi Stazioni in atto ormai dal 2008 e che, procedendo di pari passo con i ritardi nella riqualificazione delle stazioni, sta conducendo al fallimento di un'esperienza di partnership pubblico-privato tra le più importanti della storia commerciale italiana.
(4-07322)

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

QUARTIANI e FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le celebrazioni della Liberazione nel corso della giornata del 25 aprile 2010 organizzate unitariamente dalle associazioni partigiane e combattentistiche, dalle associazioni dei deportati, dalle organizzazioni sindacali e culturali, dai partiti politici e dalle istituzioni locali, sono state fatte oggetto in diverse località di contestazioni di frange estremistiche di manifestanti nel corso dello svolgimento dei cortei e dei comizi conclusivi degli stessi;
in particolare a Milano, come riportato correttamente da più organi di stampa, la contestazione della manifestazione ufficiale, pur lecita quando mantenuta all'interno di regole rispettose della legge e della altrui libertà di manifestare il proprio pensiero pubblicamente, è invece andata definendosi come violenta e irrispettosa se riferita a uno sparuto ed isolabile gruppetto di facinorosi organizzati dietro la sigla del Centro sociale Il Cantiere, munitosi di un grosso camion attrezzato con altoparlanti ed altra strumentazione presumibilmente non solo atta ad esercitare il diritto di propaganda ma ad offendere anche oltre l'uso della parola e dell'insulto, così configurandosi una condizione di grave pericolosità per l'ordine pubblico e per l'incolumità di tutti i partecipanti al corteo ufficiale nonché dei rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni e dei partiti responsabili dell'organizzazione della manifestazione medesima;
non casualmente fin dall'ora di inizio del corteo il sopradescritto camion con i relativi sostenitori stazionava in corso Venezia cercando in seguito più volte di guadagnare la testa del corteo in cui sfilavano le autorità, i gonfaloni dei comuni, i reduci dai campi di sterminio nazista, le associazioni partigiane e combattentistiche, nell'intento di prendere la testa del corteo, dissuaso da numerosi partecipanti alla manifestazione che seguivano il corteo stesso dietro gli striscioni delle sigle sindacali e dei partiti politici;
per oltre due ore il corteo è stato così esposto a continui battibecchi e tafferugli, senza che le forze dell'ordine intervenissero per separare nettamente il corteo ufficiale dalla frangia di facinorosi sempre più fattisi aggressivi anche grazie al fatto che potevano farsi scudo ed utilizzare come ariete il camion Tir lasciato incontrollatamente incunearsi nel corteo;
all'altezza di corso Vittorio Emanuele, quando la situazione dell'ordine era compromessa, veniva eseguita una carica di polizia che coinvolgeva i partecipanti senza distinzione alcuna, peraltro non essendo valsa nemmeno ad ottenere che l'incedere del camion, che conteneva i facinorosi dichiaratamente volti all'obbiettivo di impedire lo svolgimento del comizio finale, potesse arrestarsi e concludersi a debita distanza dalla Piazza Duomo dove gli oratori ufficiali avevano cominciato a prendere la parola;
detto camion veniva lasciato avanzare fino ad irrompere nella piazza, tollerando

che potesse posizionarsi minacciosamente a una decina di metri dal palco, posizione dalla quale sono stati insultati e minacciati tutti gli oratori, sono stati fatto oggetto di insulti e violenza (lanci di birra e vino) i reduci dei campi di sterminio ed altri partecipanti alla cerimonia di celebrazione dell'anniversario della Liberazione;
la stessa piazza del Duomo di Milano che il 25 aprile 1945 vide i cittadini accorsi ad accogliere partigiani e militari alleati gioire per la cacciata dei tedeschi e dei fascisti, si è trasformata così in una arena nella quale pochissimi facinorosi, ben individuabili dalle forze dell'ordine, isolabili sin dai primi momenti di svolgimento del corteo, controllabili e sicuramente separabili dal corteo con misure preventive atte a non fare entrare in contatto il sopraddetto camion con i manifestanti della sfilata ufficiale, hanno messo a repentaglio la libertà di pensiero e di parola, nonché l'incolumità fisica dei partecipanti al corteo e al comizio antifascista;
a giudizio degli interroganti la manifesta impreparazione e la sottovalutazione della pericolosità del comportamento dei pochi, ma aggressivi e ben determinati appartenenti al centro sociale che utilizzava come strumento di offesa il camion attrezzato di cui in premessa, ha concorso a determinare una situazione di rischio che poteva ulteriormente degenerare se da parte degli organizzatori e degli oratori non fosse stato tenuto un comportamento di moderazione e di consapevole responsabilità di fronte al rischio di ingovernabilità della piazza;
non è il primo caso accaduto a Milano negli ultimi mesi di contatto tra possibili provocatori e partecipanti a manifestazioni pubbliche di piazza e, nella fattispecie del corteo del 25 aprile, di tollerato comportamento violento e aggressivo dei responsabili di un ben individuabili organizzazioni che si reitera da almeno quattro anni, benché solo quest'anno abbia così chiaramente potuto configurarsi come evidentissimo momento di aggressione diretta verso le autorità, le personalità e i cittadini partecipanti alla manifestazione ufficiale, con la pericolosità insita in una condizione, determinatasi per scelta dei responsabili dell'ordine pubblico, di pressoché quasi impossibile controllo da parte delle forze dell'ordine, munite della sola forza della truppa non coadiuvata dalla presenza e dal dispiegamento di mezzi meccanici e di automezzi utilizzabili per isolare e bloccare anzitempo i facinorosi dell'azione organizzata dai sostenitori del centro sociale partecipanti all'iniziativa di piazza all'uopo organizzati sul camion in oggetto -:
quali provvedimenti intenda il Ministro intraprendere nei confronti dei massimi responsabili dell'ordine pubblico e della piazza milanese, al fine di garantire nel futuro libertà di manifestazione, prevenire scontri di piazza e provocazioni di ogni genere che possano provenire da frange estremistiche di ogni orientamento politico, affinché Milano possa risultare una città sicura, aperta alla partecipazione popolare anche attraverso l'utilizzo di piazze e vie cittadine senza che comportamenti pericolosi e violenti di infime minoranze estremistiche compromettano il buon esito delle manifestazioni pubbliche e il buon nome della città.
(5-02926)

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi periodi ha continuato a mostrarsi con tutta la sua crudezza la violenza dentro e fuori gli stadi. Il calcio sappiamo tutti essere lo sport nazionale, che fa discutere, gioire e soffrire per un semplice risultato sportivo. Siamo tutti un popolo di allenatori pronti a giudicare nel bene o nel male l'operato della nostra squadra del cuore. Ma tutto questo a volte cade nella barbarie della violenza che rende gli stadi dei veri e propri campi di battaglia e le zone antistanti quasi delle trincee con scontri fra fazioni con le forze dell'ordine impegnate a cercare di sedare i disordini;

anche in questo campionato di calcio si è evidenziato in tutta la sua forma negativa uno spettacolo di violenza che scade spesso in degrado culturale e sociale. È stato oltremodo vergognoso assistere a scontri feroci con lanci di bombe artigianali, accoltellamenti ed auto bruciate fuori dello stadio;
mettere in discussione il calcio magari minacciando, per esempio, l'estremo atto del blocco del campionato non sarebbe sicuramente un'opzione adeguata. Rappresenterebbe un fallimento sia per i troppi interessi economici che ruotano intorno ad esso sia per tutti gli sportivi che verrebbero privati per colpa di pochi di una ritualità radicata nel tempo e nei luoghi -:
quali misure, rispetto a tutte quelle finora attuate, il Ministero intenda varare, per eliminare in modo definitivo tali forme di violenza e per ripopolare gli stadi di famiglie intere riuscendo quindi a trasformare una semplice partita di calcio in una vera e propria giornata di festa.
(4-07293)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo di Riccardo Bocca, pubblicato su L'espresso di venerdì 21 maggio 2010, in un documento del giugno 2005, indirizzato al magistrato Vincenzo Macrì (Direzione nazionale antimafia), che riguarda le navi dei veleni e la ragnatela dei mafiosi e trafficanti che le avrebbero affondate, l'autore Francesco Fonti, ex boss della 'ndrangheta che nel 1994 inizia a collaborare con la giustizia, si accusa di avere partecipato in Calabria all'affondamento di tre navi dei veleni e svela un retroscena riguardo ai rapporti con lo Stato italiano, per il quale avrebbe svolto a fine anni Novanta collaborazioni riservate, ricevendo in cambio cifre consistenti;
a supportare le dichiarazioni del pentito vi sarebbero quattro comunicazioni che il Ministero dell'interno avrebbe inviato all'ex mafioso utilizzando il nome di copertura Francesco Baldassari;
nel primo documento del 1o luglio 1999, il Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale della polizia criminale scrive: «Dispaccio telegrafico, riservato "Z". Dr. Baldassari Francesco, in seguito della Sua disposizione verbale, l'ufficio ragioneria ha già provveduto alla variazione dell'appoggio bancario. Pertanto, dal prossimo semestre le Sue competenze di collaborazione con codesto Ministero pari a lire 134 milioni Le saranno accreditate presso la Rolo Banca 1473 filiale di Miramare di Rimini [...]. Tanto per Sua conoscenza, f.to Direttore Generale della Pubblica Sicurezza»;
nella seconda nota riservata del Viminale - Direzione centrale della polizia criminale, datata 26 luglio 1999, si legge: «Dr. Francesco Baldassari, unicamente per informarla che abbiamo avuto disposizione, con nota "Z" riservata della segreteria del Viminale, di accreditarLe sul conto corrente bancario acceso a Suo nome (...), la somma di lire 245 milioni specificate con nota a parte come consulenze professionali intrattenute con il Ministero dell'interno. Tale compenso non rientra nel normale rapporto professionale intrattenuto, bensì trattasi di consulenza extra richiesta dal nostro Ministero. [...]»;
il 4 settembre 1999 il direttore del servizio centrale del Viminale invia una terza comunicazione al dottor Baldassari, per informarlo che la ragioneria ha disposto l'accredito di 178 milioni da depositare entro il 10 ottobre 1999 dopo la «consulenza del 6 agosto 1999»;
infine, il 6 settembre 1999, il Ministero dell'interno si rivolge a Baldassari-Fonti per la quarta volta, in quanto la «Commissione centrale ha deliberato l'anticipo di 150 milioni da lui chiesto il 6 agosto 1999 (...)» -:
se si tratti di documenti affidabili oppure modificati ad arte per ragioni incomprensibili;

per quali ragioni, in poco più di due mesi, il Ministero dell'interno avrebbe stanziato per Francesco Baldassari, alias Francesco Fonti, centinaia di milioni di lire;
in che cosa consistesse il «normale rapporto professionale» tra l'ex boss e il Viminale e per quale genere di prestazioni lo Stato avrebbe pagato il collaboratore di giustizia;
cosa riguardasse, nel dettaglio, la «consulenza extra» richiesta al dottor Baldassari-Fonti dal Ministero.
(4-07321)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MONTE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il professor Intilisano Carmelo, di Messina, fece istanza all'Ufficio Scolastico Provinciale di Messina (ex CSA), per partecipare alla graduatoria per il conferimento di incarico di presidenza, settore formativo di 1° grado, per l'anno scolastico 2005/2006;
in particolare tre insegnanti si classificarono all'8o, 15o e 19o posto, riportando rispettivamente punti 226, 209 e 191;
da una comparazione con la medesima graduatoria dell'anno scolastico precedente (2004/2005), si evidenziava che i tre docenti da ultimo citati, nella graduatoria 2005/2006 beneficiavano di vistosi incrementi di punteggio, tali da consentire:
a) al primo, da punti 121,60 a 226,00 (cioè oltre 105 punti in più in un solo anno), collocandolo dal 64° all'8° posto della graduatoria;
b) al secondo, da punti 151,00 a 209,00 (cioè 58 punti in più), collocandolo dal 49° al 15° posto della graduatoria;
c) al terzo, da punti 157,00 a 191,00 (cioè 31 punti in più), collocandolo dal 48° al 19° posto della graduatoria;
il professor Intilisano, poco convinto dell'attribuzione dei punteggi, in data 8 agosto 2005, cioè alcuni giorni dopo che erano state effettuale le nomine secondo la graduatoria di che trattasi, inoltrava istanza formale al dirigente pro tempore dell'ex CSA di Messina, per avere tutti gli atti che erano serviti a formare il punteggio dei predetti tre docenti;
in data 17 agosto 2005, l'ex CSA di Messina rilasciava al professor Intilisano, in maniera incompleta, gli atti richiesti. In particolar modo non veniva rilasciata la tabella di attribuzione dei punteggi e, dalla documentazione comunque inviata dal CSA, per il primo docente citato, emergeva che, ad eccezione di un certificato di laurea e di un certificato di servizio, aveva prodotto solo e soltanto autocertificazioni. Comparando il punteggio attribuito alle autocertificazioni, inoltre, si rendevano evidenti contraddizioni con la graduatoria dell'anno precedente, facendo insorgere dubbi nel professor Intilisano;
il predetto professor Intilisano, attraverso apposite istanze inoltrate, ai sensi della legge n. 241 del 1990, il 26 agosto 2005 (prot. 4273 e 4272) all'istituto comprensivo n. 8 di Messina, procedeva così ad una verifica relativa alle autocertificazioni del docente classificatosi all'8o della graduatoria, il quale, particolare non del tutto insignificante, in quel periodo era vicario proprio del dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo n. 8 di Messina;
non a caso, quindi, proprio nel medesimo giorno (26 agosto 2005) in cui l'Intilisano esercitava il diritto d'accesso agli atti, con nota prot. 4279, quindi successiva alle istanze dell'Intilisano medesimo, inviata al dirigente del CSA di Messina, il predetto docente classificatosi all'8o posto, al fine di evitare proprie responsabilità, comunicava di avere erroneamente dichiarato, a suo dire in buona fede, di non essere stato designato, con regolare atto formale, collaboratore vicario nell'anno

scolastico 1997/1998, aggiungendo che l'autocertificazione non andava tenuta in considerazione ai fini dell'attribuzione del relativo punteggio;
a seguito della comunicazione di rettifica del predetto docente, tuttavia, il Dirigente del CSA di Messina non provvedeva a verificare tutti gli atti e le certificazioni di quanto dichiarato in autocertificazione e, cosa ancor più grave, non provvedeva a segnalare i fatti alla competente autorità giudiziaria, cosicché potesse accertarsi se si era in presenza di dichiarazioni mendaci o no, inoltre il dirigente pro tempore del CSA di Messina, adito dall'Intilisano per riformulare la graduatoria, previa verifica degli atti, confermava «inequivocabilmente» (così testualmente nella risposta fornita al ricorrente) il punteggio e il posto in graduatoria precedentemente attribuiti al docente classificatosi all'8o posto;
a questo punto il professor Intilisano, in copia conforme, acquisiva i documenti per i quali il CSA di Messina aveva attribuito quei punteggi. Dall'analisi di essi, scaturivano altri macroscopici errori;
pertanto il professor Intilisano, il 14 ottobre 2005, inviava un esposto al Direttore pro tempore dell'Ufficio scolastico regionale della Sicilia (USR), sovraordinato gerarchicamente al dirigente del CSA, contestando i fatti e censurando l'applicazione dell'apposito decreto in cui venivano fissati i criteri previsti dall'ordinanza ministeriale n. 40 del 2005;
constatato che i dirigenti pro tempore dell'ex CSA di Messina e dell'USR, sebbene fosse trascorso un lasso di tempo più che ragionevole (4 mesi) non rispondevano, il professor Intilisano, attraverso il suo legale, notificava, a distanza di poco tempo, atto extragiudiziale al dirigente dell'USR Sicilia e al dirigente dell'ex CSA, affinché, in autotutela, annullassero la graduatoria provinciale per il conferimento degli incarichi di presidenza per l'anno scolastico 2005/2006 e procedessero all'applicazione delle sanzioni previste dall'ordinanza ministeriale n. 40, in materia di dichiarazioni mendaci;
nulla verificandosi, il professor Intilisano, sporgeva presso la Procura di Messina una regolare denuncia e a distanza di poco tempo inviava una nuova nota diffida al Dirigente dell'USR, il quale provvedeva a diffidare il Dirigente del CSA;
ad oggi il silenzio totale, ad eccezione del fatto che i tre docenti di cui s'è detto, sono diventati dirigenti scolastici, prendendo parte a concorsi riservati che avevano proprio nell'incarico di presidenza il requisito essenziale di partecipazione. Al contrario, proprio perché non incaricato, il professor Intilisano non ha avuto tale possibilità: al danno si è aggiunta la beffa -:
se il Governo non intenda fare luce su un caso che mette insieme complicità, illegalità e reticenze;
se il Ministro della pubblica istruzione, nel caso i fatti fossero veri, non intenda procedere disciplinarmente nei confronti dell'insegnante che ha prodotto le predette dichiarazioni, nei confronti dei Dirigenti pro tempore del CSA di Messina e dell'USR della Sicilia, quest'ultimo almeno negligente - ad avviso dell'interrogante - nel non avere attivato le dovute procedure di controllo, atteso che nella qualità di responsabile dell'USR è il soggetto conferente l'incarico di dirigente dei CSA;
se il Ministro della pubblica istruzione, nel caso i fatti fossero veri, non ritenga di dover revocare l'incarico di dirigente scolastico a quei soggetti che l'hanno ottenuto dopo aver partecipato ad un concorso per il quale non avrebbero avuto i requisiti formali per prendervi parte (anzianità come dirigenti incaricati);
se il Ministro della pubblica istruzione, proprio per dare un segnale al mondo scolastico in termini di legalità, sia intenzionato a trovare un modo per ristorare il diritto negato del professor Intilisano, il quale, non essendosi utilmente collocato nella graduatoria per il conferimento di incarico di dirigente a causa delle predette irregolarità, non ha potuto partecipare al concorso riservato per dirigenti scolastici.
(4-07291)

TOUADI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 13 maggio 2010 sulla cronaca romana del quotidiano La Repubblica è stato pubblicato un articolo a firma dei giornalisti Carlo Alberto Bucci e Giovanna Vitale, nel quale si faceva cenno all'istituzione di un corso di studi presso l'università «La Sapienza» di Roma in materia di «alta moda»;
tale corso sarebbe stato proposto da una Fondazione privata che si occuperà anche dell'organizzazione del corso di studi stesso;
la referente di tale Fondazione sarebbe la dottoressa Valeria Mangani, moglie di Adolfo Panfili, medico personale del sindaco di Roma Gianni Alemanno;
il sindaco di Roma avrebbe già provveduto all'assegnazione di un locale prestigioso situato in via di Porta San Sebastiano;
il rettore dell'università «La Sapienza», Luigi Frati, avrebbe già esaminato e dato l'approvazione all'istituzione del corso sopramenzionato;
lo stesso rettore avrebbe già avviato l'iter per la modifica dello statuto dell'ateneo;
desta molte perplessità, a giudizio dell'interrogante, il fatto che sia istituito un corso di studi prima ancora che siano stati identificati l'organizzazione e il corpo docente di tale corso -:
se il Ministro sia al corrente di tale iniziativa;
se, nell'esercizio dei poteri di controllo di cui all'articolo 6 della legge n. 168 del 1989, intenda rilevare quella che, ad avviso dell'interrogante, è la dubbia regolarità delle procedure di modifica dello statuto dell'ateneo che sembrerebbero essere state avviate dal rettore Frati;
se il Ministro non ritenga di dover acquisire maggiori informazioni su tale iniziativa al fine di garantire la trasparenza di tale proposta didattica.
(4-07294)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 142 del 2001, in materia cooperativistica con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore, si è provveduto a disciplinare tutto il rapporto di lavoro con le relative conseguenze sul piano previdenziale del socio di cooperativa;
l'articolo 1, comma 3, della sopracitata legge permette al socio lavoratore di affiancare al rapporto associativo quello di lavoro subordinato, autonomo o d'altro genere, compreso quello parasubordinato, attribuendo al socio la facoltà di operare la scelta di configurazione del proprio rapporto societario e di lavoro;
in tal senso, il principio contenuto nell'articolo ha l'intento di abrogare tacitamente l'articolo 2 del regio decreto n. 1422 del 1924, il quale prevedeva l'equiparazione delle società cooperative ai datori di lavoro in tema di obblighi contributivi nei confronti dei soci lavoratori;
nonostante la legge n. 142 disciplini in modo chiaro la materia in questione, l'INPS del Piemonte continua a disattendere la volontà del legislatore e il contenuto della legge, generando un contenzioso che attualmente permane;
conseguentemente, tutti gli albi regionali e provinciali per l'artigianato, competenti sul territorio nazionale e gli enti previdenziali si sono adeguati alla normativa tranne l'INPS del Piemonte, il quale resiste e crea contenzioso sia a livello

amministrativo che giudiziario, determinando sconcerto tra i soci e pesanti costi di natura legale alle cooperative;
il contenzioso previdenziale tra l'INPS e le cooperative artigiane, costituite in ossequio ai dispositivi normativi di cui alla legge quadro sull'artigianato n. 443 del 1985, investe la quasi totalità delle cooperative artigiane piemontesi;
così facendo, viene costantemente inibita nel sistema piemontese la funzione di complementarietà proprie del modello cooperativo applicata al settore artigiano;
molteplici sentenze della Suprema Corte di Cassazione (sezione lavoro e sezioni unite civili) e dei tribunali piemontesi, relative al sopracitato contenzioso, hanno sempre accolto favorevolmente il ricorso presentato da diverse cooperative artigiane piemontesi, affermando che anche in riferimento al regime anteriore all'entrata in vigore della legge n. 142/2001, le società cooperative devono ritenersi assoggettate all'obbligo contributivo nei confronti dei soci lavoratori, con la contribuzione propria del tipo di lavoro effettivamente prestato (subordinato o autonomo), ritenendosi trasformato nel significato normativo il regio decreto n. 1422 del 1924, dati i profondi mutamenti del sistema in cui è inserito;
l'incertezza interpretativa ha raggiunto in Piemonte livelli ormai insostenibili, in quanto, pur in presenza di regolarità contributiva da parte dei soci, non viene rilasciato il documento unico di regolarità contributiva, arrecando un danno economico rilevante;
inoltre viene inibita la possibilità di iscrizione negli elenchi previdenziali artigiani, previsto invece per i soci delle altre società artigiane (società in nome collettino, società in accomandita semplice, società a responsabilità limitata) e per i titolari di ditte individuali;
tale discrepanza, tra l'applicazione della normativa in Piemonte e nelle altre regioni, sta avendo effetti devastanti sulle imprese cooperative artigiane piemontesi, in quanto pone a carico degli artigiani associati in cooperativa un regime più oneroso rispetto sia agli artigiani titolari di impresa individuale sia agli artigiani associati in altra forma societaria;
risulta quanto mai necessario chiarire il perché di questa insostenibile discrepanza che vede come protagonista il Piemonte -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda avviare al fine di risolvere il contenzioso previdenziale tra l'INPS e le (cooperative artigiane, fortemente penalizzate dalla persistente determinazione dell'ente previdenziale a non rispettare e applicare la sopracitata normativa, malgrado numerose sentenze della Suprema Corte di Cassazione (sezione lavoro e sezioni unite civili) e dei Tribunali del Piemonte abbiano sempre accolto le istanze delle Cooperative artigiane e abbiano condannato l'INPS anche al pagamento delle spese legali;
se non ritenga necessario e utile emanare un atto ministeriale interpretativo a chiarimento della puntuale e omogenea applicazione della normativa richiamata in premessa per evidenti ragioni di equità.
(3-01079)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Smit spa, società che da 30 anni opera dalle parti di Pantano Basso nel Nucleo industriale termolese, è alle prese con una difficile situazione economica a causa di pendenze con l'Erario, che hanno portato Equitalia, ente di riscossione, ad ottenere il 19 aprile scorso il sequestro di tutti i mezzi dell'azienda, bloccandone completamente l'attività produttiva con conseguente sospensione forzata di tutti gli operai;

la Smit è una global services, azienda che lavora in diversi settori, dalle pulizie industriali alla realizzazione e noleggio di autogru fino all'edilizia civile e industriale. Conta 52 dipendenti fra operai e impiegati ma l'indotto raggiunge circa 200 persone, secondo quanto reso noto in un comunicato dalla stessa azienda;
i problemi dell'azienda, secondo l'amministratore unico Antonio Nastasia, sono nati quando «la Momentive (azienda chimica del Nucleo di Termoli) ci ha messo fuori con la scusa che non eravamo in regola con i versamenti Inps e le tasse»; la perdita delle commesse da questa ed altre imprese del posto ha posto a rischio chiusura la Smit. La Momentive ha dichiarato, dal suo canto, di essere stata l'unica azienda a stare vicino alla Smit fino a quando è stato possibile e ha garantito il dieci per cento del fatturato totale della fabbrica (http://www.primapaginamolise. com/detail.php?news-ID=30692);
in aprile il rapporto di lavoro tra le due aziende si è interrotto perché la Smit non era in regola con il documento unitario di regolarità contributiva (DURC), che attesta la regolarità contributiva dei pagamenti Inail e Inps e Cassa Edile. La Smit non ha negato l'esistenza delle pendenze erariali per mancati versamenti contributivi;
il Durc deve essere presentato in tutti i casi di partecipazione delle imprese ad appalti pubblici, nonché per l'esecuzione di lavori privati in edilizia soggetti al rilascio di concessione ovvero a denuncia di inizio attività. La mancata presentazione di questo certificato al committente o al responsabile dei lavori comporta la revoca dell'affidamento in caso di appalti pubblici e la sospensione dell'efficacia del titolo abilitativo negli altri casi;
le piccole e medie imprese che hanno subito la crisi dei comparti di appartenenza, spesso ne hanno pagato il costo più alto, perché le grandi imprese, col sistema dei subappalti più o meno diretti hanno spesso evitato di farsi carico di grossi oneri contributivi;
i provvedimenti assunti negli anni per permettere la regolarizzazione delle posizioni contributive sono risultati inadeguati, dovendo le ditte far fronte al pagamento di somme cospicue, gravate da sanzioni civili ed interessi, senza poter usufruire del sostegno delle banche, sempre poco disponibili di fronte a debiti nei confronti dell'erario;
questo ha fatto sì che spesso si sia attivato un circolo vizioso che impedisce alle imprese la possibilità di lavorare, perdendo commesse ed entrate, e di conseguenza non consente loro di regolarizzare la propria posizione contributiva. Nel caso concreto, la Smit ha affermato che il sequestro dei mezzi non le permette di far fronte alle commesse già in atto, né di impegnarsi per nuove commesse;
secondo l'amministratore della Smit, che ha riconosciuto che la richiesta dell'Erario «è legittima, ma sproporzionata», «Il tracollo a cui si è giunti nasce da lontano, infatti operando nel settore servizi e manutenzioni, l'azienda è stata costretta più volte a lavorare in condizioni inique per mantenere tutte le unità lavorative»;
secondo le dichiarazioni dell'azienda, questa si è trovata al bivio tra «Pagare gli stipendi o corrispondere gli oneri sociali. La scelta è ricaduta sulla prima ipotesi». Perché «la prima cosa sono gli operai. Sono loro che stanno pagando». I cinquantadue dipendenti della Smit risultano essere senza stipendio già dal mese di marzo, secondo quanto si apprende dagli organi di stampa (http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=6737);
l'azione posta in essere dall'ente di riscossione - secondo l'amministratore - avrebbe di fatto decretato la «morte» della Smit Spa, causando la perdita di occupazione in una piccola regione dove duecentocinquanta famiglie circa che vivono del solo reddito possono sprofondare in una profonda crisi sociale;
i sindacati hanno annunciato che «la Smit non può morire. Vogliamo tornare a

lavorare». Le tre sigle sindacali, Uilm, Fiom-Cgil ed il comparto edili della Cisl hanno convocato il 13 maggio 2010 un incontro con i giornalisti per chiedere che la questione della crisi della Smit trovi l'interesse della gente e delle istituzioni. «Ognuno deve fare la sua parte. Speriamo nell'intervento delle istituzioni e degli enti di previdenza» ha dichiarato Vincenzo Perrotta della Uilm;
lo stesso giorno, 13 maggio, l'azienda e i sindacati hanno avuto un incontro per cercare di sbloccare la concessione della cassa integrazione, anche se, nelle parole dei sindacati, non vi sarebbe nemmeno le condizioni per richiedere la cassa integrazione (http://www.termolionline.it/mobile/notizie/operai-smit-a-rischio-equotcondanna-a-morteeguot-16768.html);
secondo i sindacati «L'azienda finora ha navigato nell'incertezza. Oggi abbiamo formalizzato l'ingresso della Smit nella lunga lista delle aziende in crisi dopo quella dei cantieri navali di Termoli. I problemi dovuti alla recessione economica che nelle aziende del venafrano hanno iniziato a mordere un po' prima, sono arrivati anche in Basso Molise con tutta la loro gravità. Abbiamo segnali anche di altre aziende che si stanno avviando verso la chiusura» (http://www.conquistedellavoro.it/cdl/it/Archivio-notizie/2010/Maggio/News-Maggio/info 192014 9527.htm) -:
se abbiano notizie della crisi che ha colpito la Smit spa;
se intendano assumere ogni iniziativa di competenza affinché si possa assicurare l'utilizzo di ammortizzatori sociali per i dipendenti della Smit spa e verificare la possibilità di far ripartire l'azienda scongiurando la sua chiusura definitiva;
quali misure abbiano intrapreso o intendano intraprendere per bloccare la perdita di occupazione in una piccola regione dove la chiusura di un azienda come quella citata, può determinare una rilevante crisi sociale;
quali provvedimenti il Governo intenda adottare per contenere e recuperare la crisi che sta colpendo le aziende molisane e i comparti produttivi delle aree industriali limitrofe anche fuori dal Molise;
se intendano adottare misure che, a fronte del sequestro per debiti con l'erario, consentano di far comunque continuare l'attività dell'azienda sottoposta a sequestro.
(4-07313)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAGNANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la vicenda del concorso al policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna con i presunti vincitori già designati (Il Resto del Carlino del 20 maggio 2010), se confermata, evidenzia la crisi della sanità bolognese ed emiliano-romagnola e chiama prepotentemente in causa il ruolo della regione e la posizione «autocratica» dei direttori generali delle Ausl e delle aziende ospedaliere;
sempre più spesso vengono alla luce le disfunzioni e le anomalie profonde che caratterizzano, soprattutto in materia di allocazione delle risorse e di definizione dei concorsi a primario, la sanità emiliano-romagnola e bolognese tanto che, a parere dell'interrogante, di fronte a casi di malasanità che coinvolgono varie regioni, in nome della salvaguardia del principio dei livelli essenziali di assistenza validi per tutti i cittadini, è necessario ripensare dalle fondamenta l'organizzazione sanitaria delle regioni che esercitano sempre di più un potere esclusivo e vasto che le sottrae da ogni forma di controllo da parte dello Stato -:
di quali elementi disponga in ordine a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative, per attuare una revisione profonda della normativa, anche costituzionale, attualmente in essere.
(4-07290)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie riferite da agenzie di stampa e quotidiani si apprende del caso di una giovane mamma di Cava dei Tirreni (Salerno), la signora Annabella Benincasa, dopo un intervento di mastoplastica additiva allo scopo di aumentare il seno;
la donna, secondo le ultime diagnosi dei sanitari sarebbe in stato di encefalogramma piatto e sarebbe stata operata in una clinica priva di sala di rianimazione, e quindi non in grado di fronteggiare le emergenze -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere e adottare in ordine all'episodio sopra riferito.
(4-07299)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica nella sua edizione del 21 maggio 2010 ha pubblicato un articolo del giornalista Alberto Custodero, significativamente intitolato: «Sanità, così si sprecano due miliardi all'anno. Ospedali pagano i prodotti il 30 per cento in più; i pacemaker variano da 1.250 euro in Toscana a 1.559 in Piemonte fino a 2.324 in Emilia Romagna, senza che ci sia una ragione apparente. Il ministro della Salute non esclude l'insidia delle "mazzette";
pare pertanto che lo stesso modello di protesi sanitaria, dalle valvole cardiache ai pacemaker, dai defibrillatori agli attrezzi chirurgici ha un prezzo che varia parecchio a seconda dell'Asl che lo acquista;
nessuno sembra sapere con precisione le ragioni di questo trend altalenante che sembra non risparmiare nessuna regione d'Italia, che interessa il settentrione come il meridione, e si verifica in modo bipartisan in amministrazioni di entrambi gli schieramenti politici;
a quanto si apprende, lo stesso Ministero non esclude che dietro quelle inspiegabili oscillazioni da elettrocardiogramma dei prezzi allignino fenomeni corruttivi;
si registrano casi clamorosi di divario dei prezzi a parità di prodotto come per esempio nei capoluoghi del Trentino-Alto Adige: il defibrillatore bicamerale della Boston scientific (modello teligen 100 Dr F110) costa, a Trento, 13.500 euro; ad appena 50 chilometri di distanza, a Bolzano, 16.100. Duemilaseicento euro di differenza non si sa giustificati da cosa; ma simili episodi si registrano ovunque, in Italia;
sono ampiamente utilizzati in cardiologia piccolissimi tubi, gli stent, che si infilano nelle coronarie ostruite, e servono a disostruire le arterie cardiache. Per evitare che quei tubicini vengano ostruiti dal colesterolo, vengono ricoperti al loro interno da sostanze particolari e prendono il nome di «stent medicati»; lo «stent medicato» a rilascio di farmaco Xience V costa a Terni 594 euro, ma a Genova il prezzo misteriosamente raddoppia balzando a 1.250 euro. Per un altro modello, il Taxus Liberte-Promus Elemento, avviene inspiegabilmente il contrario: il prezzo più alto è a Terni (1.486 euro), dove costa più del doppio di quello del centro acquisti Estav-Sudest della Regione Toscana (670 euro);
analogo discorso si può fare per cardiochirurgia: una valvola aortica cardiaca percutanea ha un prezzo di 19mila euro all'Azienda ospedaliera Niguarda di Milano, di 20mila alle Molinette e di 21mila all'Estav-Sudest Toscana. Le stesse valvole meccaniche mitraliche all'Estav-Sudest della regione Toscana costano 2.380 euro, 2.500 all'ospedale di Alessandria e 3.400 all'azienda messinese Papardo Piemonte. I prezzi delle valvole cardiache aortiche e mitraliche biologiche oscillano dai 2.150 euro dell'Estav-Centro Toscana ai 2.500 di

Molinette, Alessandria e Niguarda. Dai 2.600 euro dell'ospedale di Terni ai 3.200 del Papardo Piemonte di Messina;
per quanto riguarda alcuni prodotti in uso in chirurgia, risulta che i trocar - tubi che si piantano nell'addome attraverso cui si introducono fibre ottiche e strumenti chirurgici, pinze e forbici - hanno prezzi che variano all'interno della stessa regione da un minimo di 80 euro a un massimo di 102;
l'oscillazione dei prezzi dei dispositivi medici a parità di modello riguarda quasi tutte le specialità: gli stessi pacemaker monocamerali con sensore della Medtronic Inc costano in Toscana 1.250 euro, in Piemonte 1.559, in Emilia Romagna 2.324 euro. Lo stesso avviene anche per le medicazioni in alginato (fibre derivate dalle alghe marine), indicate per ferite particolarmente sanguinanti. L'oscillazione all'interno della stessa regione può variare in Italia da 1,22 a 1,84 euro;
osserva il giornalista, «nel mercato delle protesi sanitarie nessuno denuncia queste gravi anomalie che vanno contro la legge della domanda e dell'offerta. Anzi, nonostante tutti ne siano a conoscenza da anni, dal ministero della Salute ad Assobiomedica, dalle Asl alle associazioni scientifiche, dagli informatori sanitari ai medici, tutti tacciono. Ottenere i prezzi di acquisto delle varie Asl è praticamente impossibile. Nessuno li fornisce. Ogni azienda sanitaria se li tiene per sé e rifiuta di renderli pubblici addirittura alle altre Asl. I dati sono taciuti al ministro della Salute - quando li richiede - dalle stesse Regioni. E il caso della Sicilia che non ha mai inviato alle direzioni ministeriali che si occupano del monitoraggio-prezzi i dati dei loro costi di acquisto delle Asl... È un mercato dal fatturato miliardario: esclusa la farmaceutica, l'importo complessivo è di 7 miliardi all'anno»;
il giornale, per questo stato di cose, adombra alcune ipotesi: «Si tratta di pessima gestione amministrativa delle forniture biomedicali... una forma di degenerazione del federalismo sanitario: ogni regione, essendo autonoma nella gestione del proprio bilancio sanitario, fa come crede. Ma lo scenario più inquietante è che l'altalena dei prezzi nasconda, invece, episodi di corruzione e tangenti. Come ad esempio avvenne otto anni fa a Torino, quando la magistratura contrastò un vasto, quanto diffuso e addirittura decennale sistema di corruzione sulla fornitura di valvole cardiache che interessava tutto il Nord: dal Piemonte (all'ospedale Molinette), alla Lombardia fino al Veneto. In quella vicenda la tangente concordata tra fornitori e cardiochirurghi all'insaputa delle commissioni aggiudicatrici dell'appalto faceva lievitare il prezzo delle protesi (acquistate dalle Asl coi soldi del contribuente), di circa 600 euro. Allora, la spiegazione del variare dei prezzi da Asl ad Asl era dunque la presenza o meno di tangenti sulle forniture»;
sempre La Repubblica, nella citata inchiesta, riporta, virgolettate, alcune affermazioni attribuite al ministro della Salute Ferruccio Fazio: «È chiaro ed evidente che una quota definibile malaffare o corruzione non è assolutamente da escludersi. In parte può essere anche scarsa competenza, ma ben sappiamo che in sanità esistono abusi e spazi di interventi che sono contro la legge. Lo sappiamo e non ci sfugge» -:
se quanto riferito dal quotidiano La Repubblica corrisponda al vero;
in caso affermativo quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere o adottare in relazione alla gravissima situazione che emerge dall'inchiesta di Repubblica;
se il Ministro confermi o smentisca le affermazioni circa possibili episodi di corruzione e tangenti;
nel caso dette affermazioni siano confermate, su quali elementi si basino;
quali iniziative, eventualmente di concerto con altri Ministeri, si intendano adottare, promuovere, sollecitare;

se, in ogni caso, non si ritenga di informare di quanto adombrato circa possibili corruzioni e tangenti le procure della Repubblica, affinché intervengano, e se comunque non ritenga di dover riferire all'autorità giudiziaria di quanto sia venuto a conoscenza qualora sussistano specifiche fattispecie di reato.
(4-07307)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Emilia Romagna dopo aver riconosciuto la sensibilità chimica multipla (MCS) come malattia rara nel 2005, ha dato incarico al policlinico Sant'Orsola di Bologna di dare assistenza ai malati. Da allora i malati riferiscono pubblicamente di aver ricevuto dai medici di Bologna soltanto la prescrizione di analisi di routine per un controllo generale senza l'offerta di alcuna opzione terapeutica, con l'eccezione di una visita psichiatrica;
a fronte di numerosi malati che lamentano da anni l'inadeguatezza delle prestazioni offerte dai medici del policlinico di Bologna, questi ultimi hanno dichiarato, anche nei tribunali, di essere perfettamente in grado di trattare i pazienti con sensibilità chimica multipla, facendo ribaltare nelle corti di appello le sentenze di primo grado che avevano dato ragione a due malati che avevano chiesto, con provvedimento di urgenza, il rimborso per potersi curare all'estero in base alla legge sulle patologie residuali;
uno di questi pazienti, che dalle terapie aveva ricevuto enorme giovamento, lasciato solo, senza soldi e impotente davanti a tale ingiustizia, visto che da Bologna non aveva ricevuto alcuna assistenza, si è tolto la vita nel marzo 2009;
attualmente una cinquantenne di Ferrara, malata di sensibilità chimica multipla al quarto stadio e poliallergica, con invalidità civile al 100 per cento accompagnamento e riconoscimento dell'invalidità ai sensi della legge n. 104 del 1992, che aveva perso l'appello in seguito alle rassicurazioni dei medici di Bologna di poter trattare i malati, si trova a doversi sottoporre urgentemente ad intervento chirurgico ginecologico per la rimozione di una formazione di 76 millimetri (non adeguatamente investigata per l'impossibilità di sottoporsi a certi esami con liquido di contrasto). C'è la massima urgenza di sottoporla a tale intervento per evitare ulteriori complicazioni;
questa formazione è stata diagnosticata presso l'ambulatorio ginecologico dell'azienda ospedaliera-universitaria di Ferrara Arcispedale Sant'Anna che, non essendo adeguatamente bonificato per le esigenze di un malato di sensibilità chimica multipla, avrebbe, a quanto consta all'interrogante ha causato alla signora diverse reazioni e un aggravamento generale della sensibilizzazione agli agenti chimici;
la paziente ha richiesto, in data 22 marzo 2010, al direttore generale dell'azienda ospedaliera Sant'Anna ambienti adeguati al suo ricovero per procedere all'intervento, ma le è stato risposto, in data 6 aprile 2010, che l'azienda ospedaliero universitaria non è in grado, allo stato attuale, di predispone quanto richiesto, suggerendole di rivolgersi al cosiddetto centro di riferimento presso l'ospedale Sant'Orsola di Bologna;
quest'ultimo ha riposto in data 14 maggio 2010 che nell'ospedale non è prevista «alcuna struttura di degenza o sala operatoria con caratteristiche speciali quali quelli a cui Lei fa riferimento, perché non ritenute necessarie sulla base di evidenze scientifiche», rimandando la paziente all'ospedale di Ferrara -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se esistano strutture adeguate alle quali pazienti come quelli di cui in premessa possano rivolgersi per avere una terapia di urgenza come l'asportazione di una formazione;
se il Ministro ritenga di dover intervenire, mediante apposite iniziative, anche normative, affinché i cittadini interessati

dai problemi di sensibilità chimica multipla abbiano un'apposita, necessaria ed efficace tutela della salute.
(4-07309)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, ANDREA ORLANDO, ROSSA e ZUNINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 13 gennaio 2010 è stata presentata una mozione del gruppo del Partito Democratico, a prima firma onorevole Ludovico Vico (atto n. 1-00311), molto articolata sulla situazione preoccupante della cantieristica ed in particolare del Gruppo Fincantieri;
più volte il Governo ha annunciato lo sblocco di risorse economiche e commesse per garantire i carichi di lavoro dei vari cantieri, tali decisioni sono quanto mai urgenti anche a fronte delle difficoltà dovute alla grave crisi internazionale che ha visto contrarsi, in particolare nel settore crocieristico, le ordinazioni;
nella sede di progettazione di Genova, dai primi di maggio 2010 è scattata la cassa integrazione che coinvolge ad oggi, a rotazione 40 tra ingegneri, tecnici ed impiegati;
il perdurare di tale situazione e il rischio di estendere le ore di cassa integrazione avrebbero immediate conseguenze sulle attività dei cantieri in particolare quelli dedicati alla produzione militare di Riva e del Muggiano;
nel recente decreto-legge incentivi sono stati previsti 50 milioni a sostegno di settori innovativi, tra cui anche il finanziamento al prototipo di nave multiuso per la Marina e la Protezione civile;
è previsto un decreto interministeriale per l'uso delle risorse a disposizione, al fine di stabilire le priorità tra i diversi settori interessati -:
se non si ritenga di considerare prioritario il finanziamento del prototipo della nave multiruolo ai fini di salvaguardare l'occupazione e la prospettiva futura del centro di progettazione di Genova e dei cantieri interessati.
(5-02925)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, CONSIGLIO, VANALLI e PIROVANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si legge l'ennesimo disservizio dell'azienda Poste Italiane spa dalle pagine dei media locali della provincia di Bergamo, dalle quali si apprende che dalla fine di marzo 2010 nella città di «Bergamo il ritiro delle raccomandate, assicurate e atti giudiziari non consegnati per assenza del destinatario è possibile presso l'ufficio postale di via Galimberti 5»;
l'ufficio comunicazione di Poste Italiane fa presente che il ritiro delle raccomandate in via Galimberti, nel quartiere di Redona, riguarda tutti i residenti della città;
tra i cittadini ci sono anche anziani senza auto che, se prima riuscivano a risolvere il problema prendendo i bus verso il centro, ora si trovano ad affrontare un'impresa piuttosto ardua per ritirare una raccomandata in via Galimberti, vedendosi costretti a raggiungere la periferia cittadina per eseguire l'operazione;
inoltre, ci sono i cittadini che lavorano, alcuni pendolari, che non riuscirebbero ad arrivare con i mezzi pubblici (treno e bus) prima dell'orario di chiusura degli uffici in via Galimberti, essendo una zona periferica della città -:
se il Ministro ritenga opportuno assumere iniziative nei confronti dell'azienda Poste Italiane affinché non sia peggiorato ulteriormente il già carente servizio offerto ai cittadini della provincia di Bergamo, che patiscono da lungo tempo i gravi disagi riguardanti problematiche puntualmente segnalate dagli interroganti, prevedendo un'adeguata prestazione in tutta la bergamasca.
(4-07289)

FADDA, CALVISI, FARINA COSCIONI, MELIS, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo tessile russo Kord ha espresso la volontà di non procedere nell'acquisizione della Legler in quanto sarebbero state cambiate, con un aggravio finanziario ed economico insostenibile, le condizioni di vendita previste dal bando internazionale;
la decisione del gruppo tessile russo determina l'incertezza del futuro della Legler e, conseguentemente, accentua la drammatica situazione economica e sociale di tutto il territorio nuorese, dove l'intero comparto industriale è allo stremo e vive momenti di criticità senza precedenti;
le organizzazioni sindacali, le forze sociali, i comuni dei territori interessati, l'amministrazione provinciale di Nuoro - allarmate dal nuovo fronte di gravi contestazioni che si potrebbero aprire qualora le trattative con il gruppo russo si interrompessero definitivamente - chiedono con vigore che il Governo si assuma le responsabilità della trattativa e chiuda positivamente la vertenza Legler nel più breve tempo possibile, evitando, comunque, il ricorso ad un nuovo bando di gara internazionale che avrebbe tempi incerti, mentre certe ed estremamente gravi sarebbero le conseguenze che ricadrebbero sugli 800 lavoratori e sulle loro famiglie -:
se non ritenga indispensabile e urgente convocare un tavolo di confronto tra il commissario straordinario e il gruppo tessile Kord, con la partecipazione della regione Sardegna, degli enti locali del territorio delle forze sociali e sindacali, volto a chiarire e superare le cause che hanno portato il gruppo tessile russo a decidere di abbandonare l'iter procedurale e finanziario per l'acquisizione della Legler.
(4-07296)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato da Sergio Rizzo sul Corriere della Sera si legge che: «la storia del boom di questi ultimissimi anni dice che l'ultimo dei problemi che si sono posti molti investitori è quello di produrre sul serio energia nel modo giusto, nel posto giusto, col vento giusto. Lo dimostra una tabella di Terna sull'attività degli impianti in Europa: le pale girano mediamente per 1880 ore in Danimarca, 1960 in Belgio, 2000 in Svizzera, 2046 in Spagna, 2067 in Olanda, 2082 in Grecia, 2233 in Portogallo. Sapete quante ore, da noi? Solo 1466. E la media siciliana, spiegano gli esperti, è ancora più bassa. E allora come mai Terna ha domande di connessione alla rete per il solo eolico pari a 88.171 megawatt, cioè una volta e mezzo la punta massima del consumo italiano, che è di 56.000 megawatt? L'Anev, che riunisce i produttori di energia eolica, stima che al massimo la produzione nel 2020 potrà raggiungere nel nostro paese 16 000 megawatt. Dieci anni prima già ci sono domande per 5 volte quel totale. Altra domanda: come è possibile che la potenza installata in Sicilia sia di 1.140 megawatt, cioè più di un quarto del totale italiano? Che senso c'è a installare pale a vento dove non c'è vento? Il segreto è negli incentivi elevatissimi per le energie rinnovabili. Nettamente superiori alla media europea. Dice un rapporto dell'Autorità dell'energia che nel 2009 il costo totale per la spinta alle fonti rinnovabili, come l'eolico e il fotovoltaico, avrebbe superato i 2 miliardi di euro, per salire di questo passo a 3 miliardi quest'anno, 5 nel 2015 e 7 nel 2020. Chi paga? Semplice: gli utenti, sulle bollette. Che già sono le più care d'Europa a causa della scelta scellerata di dipendere dal petrolio e dal gas, e diventano ancora più care, paradossalmente, via via che

aumenta la componente delle fonti rinnovabili. Introdotti nel '99 dal governo di centrosinistra con la durata di otto anni, gli incentivi sono stati poi portati a 12 e quindi, con l'ultima finanziaria Prodi, addirittura a 15. Il che significa che chi tira su una pala non solo becca un incentivo, ma lo becca per tre lustri dal momento in cui comincia a girare. Se gira. Il meccanismo è un po' complesso. Si basa sui cosiddetti certificati verdi, dei veri e propri titoli che si vendono e si comprano alla borsa elettrica. Spiegare la cosa nei dettagli porterebbe via ore. Basti sapere che mediamente questi certificati verdi cui hanno diritto i produttori valgono 80 euro a megawattora. Ai quali vanno aggiunti i soldi che lo stesso produttore incassa per l'energia venduta al sistema e immessa in rete. Una somma che varia fra 60 e 70 euro a megawattora nella media italiana ma che in Sicilia sale fino a 90-100 euro. Risultato finale: fatti tutti i conti, l'installazione e la manutenzione d'una pala media costa un milione in Danimarca (lo stato europeo che più ha investito sull'eolico) e può arrivare a costare in Sicilia, in 15 anni di vita, il quadruplo: quattro milioni. C'è poi da stupirsi se la corsa all'energia del vento, anche quando appare insensata, continua? Anche là dove i cavi di Terna non sono in grado di sopportare il carico elettrico, come spesso accade lungo la dorsale appenninica meridionale, con punte di crisi paradossali in Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia? Direte: niente energia fornita, niente soldi. Macché: i produttori hanno comunque diritto al saldo per l'energia che "avrebbero prodotto se..." E anche questo si scarica sulle bollette. Quanto ci costa? Boh... I certificati verdi non sono disaggregabili per tipologia di fonte d'energia. Ma le cifre contenute a gennaio nella segnalazione dell'Authority al governo lasciano basiti: nel 2008 abbiamo sborsato 1.230 milioni di euro. Per la metà (630 milioni) a causa "dell'eccesso di offerta". Testuale.» -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
per quali ragioni Terna abbia domande di connessione alla rete per il solo eolico pari a 88.171 megawatt, cioè una volta e mezzo la punta massima del consumo italiano, che è di 56.000 megawatt e per una produzione che già oggi è 5 volte superiore alla produzione massima di 16000 megawatt della produzione al 2020 secondo le proiezioni di Anev;
se sia noto per quale ragione la potenza installata in Sicilia di 1.140 megawatt, cioè più di un quarto del totale italiano;
se si intenda rivedere la politica di incentivi all'eolico in vista della redazione delle linee guida sulle rinnovabili.
(4-07310)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce un articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 3 maggio 2010, l'ufficio minerario idrocarburi e le georisorse (UNMIG) del Ministero dello sviluppo economico ha concesso alla Shell Italia l'autorizzazione per la ricerca petrolifera offshore nel golfo di Taranto. Le zone interessate coprono un'area di 1.356 chilometri quadrati tra le coste pugliesi e quelle calabre. Ad annunciarlo è stata il 2 maggio 2010 la stessa compagnia petrolifera che attendeva una risposta dal novembre del 2009. «Con questa nuova opportunità - ha commentato Marco Brun, country manager Shell in Italia e ceo (chief executive officer) Shell Italia E&P spa - nel Golfo di Taranto potremo ulteriormente espandere i nostri interessi esplorativi offshore andando oltre la presenza già in essere dall'inizio dello scorso anno nel Canale di Sicilia. Speriamo davvero che entrambe le opportunità esplorative possano porre le basi per un futuro di crescita in Italia»;

la multinazionale con sede amministrativa a Milano confida di poter eseguire presto una campagna di acquisizione sismica dei dati che saranno la base per valutare ogni decisione su eventuali pozzi esplorativi. Le concessioni avute dall'UNMIG daranno il via ai battelli di ricerca muniti di sonar che scandaglieranno i fondali nei quadranti di mare concessi, in cerca di conformazioni bidimensionali idonee alla trivellazione. Individuati i punti, i programmi di sperimentazione prevedono i primi sondaggi tridimensionali che consistono nella perforazione dei fondali con fori di piccole dimensioni. Solo dopo, spiegano alla Shell, potranno iniziare i lavori di costruzione delle piattaforme per le trivellazioni. Non prima, comunque, di aver chiesto e ottenuto ulteriori e più specifiche autorizzazioni dai Ministeri, enti, Agenzia del demanio, regioni e province interessate. Quello che parte oggi è solo l'inizio di un lavoro di ricerca che può avere una durata variabile da uno a cinque anni;
l'Italia (e i mari della Puglia in particolare) è posizionata sulla mappa del gruppo Royal Dutch Shell come uno dei Paesi più importanti per l'Europa continentale con opportunità di crescita nel settore dell'esplorazione e produzione di idrocarburi;
nell'esplorazione off-shore, già nel 2009 la Shell ha acquisito importanti quote di partecipazione in sei permessi esplorativi nel canale di Sicilia e ora anche in Puglia con le due licenze nel golfo di Taranto. Alle stesse aree del golfo erano interessate anche i concorrenti Nautical Petroleum, Transunion Petroleum Italia e Northern Petroleum che comunque hanno ottenuto autorizzazioni nel tratto di Adriatico di fronte alle coste pugliesi e abruzzesi nonostante il petrolio del basso Adriatico sia di bassa qualità e non di quantitativi rilevanti -:
se l'autorizzazione alla Shell Italia spa sia stata sottoposta alla prevista procedura di assoggettabilità alla valutazione d'impatto ambientale;
se non ritengano necessario avviare una moratoria immediata che sospenda tutte le attività di prospezione ed esplorazione per gli idrocarburi nel Mar Adriatico;
quali iniziative concrete di vigilanza intendano assumere a tutela del patrimonio naturalistico dell'Unesco presente nel Mare Adriatico.
(4-07311)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è stata montata a San Basilio, nel cagliaritano, il Sardinia radio telescope (Srt), una parabola di 64 metri di diametro e un peso di 500 tonnellate che costituisce «l'orecchio» del radiotelescopio più grande d'Europa e secondo al mondo;
il Sardinia radio telescope, con i suoi 64 metri di diametro e una capacità di osservazione in molteplici bande di frequenza, rappresenta un gioiello scientifico e tecnologico unico in Europa e secondo al mondo, frutto di quell'eccellenza italiana che, nel campo dell'astronomia e dell'astrofisica in particolare, vanta un primato che dura da 400 anni;
alla soddisfazione dell'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e Agenzia spaziale italiana (Asi) per l'importantissima tappa che segna l'avvio dell'ultima fase prima dell'entrata in funzione, però fa riscontro la preoccupazione dell'astrofisica Margherita Hack per la presenza di un campo eolico sulla linea di orizzonte del radiotelescopio;
la scienziata attende le misure sull'impatto elettromagnetico delle pale eoliche sul radiotelescopio Srt per capire quanto l'installazione potrà disturbare un apparato scientifico che è stato localizzato proprio a San Basilio per la necessità di

totale «silenzio» elettromagnetico, per non disturbare la capacità di ascolto del radiotelescopio;
quanto sopra riferito lo ha dichiarato il portavoce del comitato pro «Sardinia radio telescope», Max Cordeddu, dopo aver assistito al sollevamento del gigantesco paraboloide del Srt ed al suo posizionamento sopra l'albero portante del radiotelescopio a 35 metri d'altezza;
Cordeddu, dopo aver fatto a nome del comitato, i complimenti al direttore del Srt, Nicolò D'Amico, per il lavoro portato a termine dalla squadra di tecnici e ingegneri dell'Inaf, ha aggiunto che ora si aspetta il completamento del Srt e che vengano predisposte le strutture ricettive per ospitare le migliaia di turisti. «Aspettiamo, inoltre, di sapere - ha puntualizzato Cordeddu - se siano state effettuate le misure d'interferenza elettromagnetiche delle pale eoliche sul Srt. Questo lo chiede l'astrofisica Margherita Hack (e diversi professori di fisica e astrofisica della comunità scientifica internazionale) che nei giorni scorsi hanno denunciato il pericolo derivato dall'installazione delle pale eoliche (costruite un po' dovunque in Sardegna) anche vicino al Srt, lungo la «linea di vista» del radiotelescopio;
il parco eolico, secondo quanto è stato possibile apprendere, sarebbe stato realizzato in brevissimo tempo a differenza del radiotelescopio, che ha avuto tempi lunghi tra progettazione e realizzazione;
anche la fase di montaggio della parabola è stata molto complessa e lunga. Per issare le 500 tonnellate è stata utilizzata una grande gru arrivata dall'Olanda, a bordo di 48 trasporti eccezionali, 50 tir pesanti, con la scorta di centinaia di pattuglie ed elicotteri della polizia stradale che hanno coordinato la logistica internazionale via terra e via mare; si chiede di sapere -:
di quali informazioni i Ministri interrogati siano in possesso in merito al parco eolico che rischia di compromettere le potenzialità del Sardinia radio telescope (Srt), e se le possibili interazioni tra i progetti fossero nate e per quali ragioni si sia consentita la realizzazione di tale parco nonostante la progettazione e realizzazione del Sardinia radio telescope (Srt) fosse in corso da molto tempo prima;
se tale situazione abbia creato danni economici, a carico di chi e come ci si intenda rivalere nei confronti dei responsabili.
(4-07314)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

La interrogazione a risposta orale Vietti n. 3-00409, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rao.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 10 giugno 2009, pubblicava la lettera-sfogo del signor Salvatore Pilato di Napoli, «Agenzia delle entrate, cronaca di una mattina»;
il signor Pilato raccontava di come a suo figlio Vincenzo fosse pervenuta «una comunicazione dell'Agenzia delle entrate Napoli 3 di via Vespucci, riguardante un credito di imposta Inps. «Si può anche telefonare o collegarsi via internet ma io poiché sono pensionato ho preferito andare di persona, con regolare delega di mio figlio. Arrivo alle 12, l'impiegato della postazione "Prima informazione" mi dice che ci sono molte persone in attesa per cui, visto l'orario, sicuramente non sarei stato chiamato, gli uffici chiudono alle 13. "Torni domani, alle otto e si metta in lista". Il giorno dopo è un venerdì, giornata piovosa, alle 8,15 sono lì, in via Vespucci, scrivo il mio cognome sulla lista, al numero 25 e aspetto. Noto che il numero di sedie è insufficiente e due ascensori non funzionano. Alle 9 una guardia giurata preleva la lista e usciamo tutti fuori per essere chiamati cinque-sei alla volta. Piove, ci consentono di stare sulla scala elicoidale che ci porterà poi agli uffici. Finalmente arriva il mio turno. Altra fila allo sportello "Prima informazione". L'impiegato trascrive il mio nome su un'altra lista. Non sa se sarò ricevuto perché devono esaurire prima la lista telematica e poi quella manuale. Io ho la sfortuna di stare nella manuale. Ma una volta accettata la prenotazione - osservo - non potete mandar via l'utente. "Le disposizioni sono queste. Noi accettiamo tutti quelli che vogliono iscriversi ma arrivati alle 13 gl'impiegati terminano il loro lavoro. Torni lunedì se crede". E se anche lunedì non rientro tra quelli che saranno ricevuti? Risposta: "Ritorni martedì e se anche martedì non sarà chiamato ritorni mercoledì e così via". Mi conviene aspettare e nel frattempo leggo un avviso all'utenza: il cittadino può formulare segnalazioni, suggerimenti o reclami utilizzando l'apposito modulo prestampato oppure per ogni altra informazione si può rivolgere al coordinatore, stanza 1A07. Ma il coordinatore è in ferie, in quella stanza ci sono cinque scrivanie con computer ma non c'è anima viva. Finalmente sento echeggiare il mio nome. Alle ore 12,28, dopo poco più di quattro ore, l'impiegato dello sportello 11 mi conferma che c'è un credito di imposta Inps di 166,94 euro e mi invita ad andare all'Inps per risolvere il problema. Mi chiedo: non sarebbe stato più semplice scrivere sulla comunicazione pervenuta a casa che il credito di imposta Inps era di 166,94 euro e che l'utente doveva recarsi presso gli sportelli Inps senza passare per l'Agenzia delle entrate?» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, promuovere o sollecitate in relazione ai disservizi lamentati dal signor Pilato.
(4-03269)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, ZAMPARUTTI e MECACCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 10 giugno 2009 pubblicava la lettera-sfogo del signor Salvatore Pilato di Napoli, «Agenzia delle Entrate, cronaca di una mattina»;
il signor Pilato raccontava di come a suo figlio Vincenzo fosse pervenuta «una comunicazione dell'Agenzia delle Entrate Napoli 3 di via Vespucci, riguardante un credito di imposta Inps... Arrivo altre 12, con regolare delega di mio figlio, l'impiegato della postazione «Prima informazione» mi dice che ci sono molte persone in attesa per cui, visto l'orario, sicuramente non sarei stato chiamato, gli uffici chiudono alle 13. «Torni domani, alle otto e si metta in lista». II giorno dopo è un venerdì, giornata piovosa, alle 8,15 sono lì, in via Vespucci, scrivo il mio cognome sulla lista, al numero 25 e aspetto. Noto che il numero di sedie è insufficiente e due ascensori non funzionano. Alle 9 una guardia giurata preleva la lista e usciamo tutti fuori per essere chiamati cinque-sei alla volta. Piove, ci consentono di stare sulla scala elicoidale che ci porterà poi agli uffici. Finalmente arriva il mio turno. Altra fila allo sportello «Prima informazione». L'impiegato trascrive il mio nome su un'altra lista. Non sa se sarò ricevuto perché devono esaurire prima la lista telematica e poi quella manuale. Io ho la sfortuna di stare nella manuale. Ma una volta accettata la prenotazione - osservo - non potete mandar via l'utente. «Le disposizioni sono queste. Noi accettiamo tutti quelli che vogliono iscriversi ma arrivati alle 13 gli impiegati terminano il loro lavoro. Torni lunedì se crede». E se anche lunedì non rientro tra quelli che saranno ricevuti? Risposta: «Ritorni martedì e se anche martedì non sarà chiamato ritorni mercoledì e così via". Mi conviene aspettare e nel frattempo leggo un avviso all'utenza: il cittadino può formulare segnalazioni, suggerimenti o reclami utilizzando l'apposito modulo prestampato oppure per ogni altra informazione si può rivolgere al coordinatore, stanza 1A07. Ma il coordinatore è in ferie, in quella stanza ci sono cinque scrivanie con computer ma non c'è anima viva. Finalmente sento echeggiare il mio nome. Alle ore 12,28, dopo poco più di quattro ore, l'impiegato dello sportello 11 mi conferma che c'è un credito di imposta Inps di 166,94 euro e mi invita ad andare all'Inps per risolvere il problema. Mi chiedo: non sarebbe stato più semplice scrivere sulla comunicazione pervenuta a casa che il credito di imposta Inps era di 166,94 euro e che l'utente doveva recarsi presso gli sportelli Inps senza passare per l'Agenzia delle Entrate?» -:
quali iniziative si intendano adottare a promuovere e sollecitare in relazione alla situazione raccontata dal signor Pilato che appare sintomatica di una cattiva organizzazione degli uffici ricordati in premessa.
(4-03420)

Risposta. - In riferimento alle interrogazioni in esame, aventi ad oggetto una lettera del signor Salvatore Pilato, relativa ad una comunicazione di avvenuta liquidazione del modello UNICO 2007, ricevuta dal figlio Vincenzo da parte dell'ufficio di Napoli 3, dell'Agenzia delle entrate, pubblicata sul Mattino di Napoli in data 10 giugno 2009, la medesima Agenzia delle entrate ha evidenziato quanto segue.
Il signor Pilato si è recato presso l'ufficio di Napoli 3 in due diverse giornate: la prima volta, essendosi presentato circa un'ora prima della chiusura del
front-office e in considerazione del numero di utenti ancora in attesa, è stato avvisato della difficoltà ad essere servito in mattinata appena l'interessato ha chiesto spiegazioni; la seconda, l'utente si è presentato tre quarti d'ora prima dell'apertura del front office e dell'attivazione del totem distributori dei numeri elimina coda. In quest'ultima occasione, ha trovato già molte persone in coda, che si sono passate un

foglietto con un elenco, dove, secondo le priorità di arrivo, ciascuno dei presenti ha segnato il proprio nome. In tale circostanza gli viene assegnato il numero (provvisorio) 25 e viene servito alle ore 12 e rinviato alla sede territoriale dell'INPS per la valutazione della posizione, trattandosi di tematiche di competenza del richiamato Istituto previdenziale.
Rispetto all'episodio descritto il contribuente non esprime lamentele in ordine al comportamento dei funzionari, che appare comunque corretto, garbato e rispettoso dell'età e delle esigenze dell'utenza. Il
front office di Napoli 3 riceve mediamente circa quattrocento persone al giorno, in parte con appuntamento tramite centro unico di prenotazioni, nel rispetto dell'orario prefissato, e, per larga parte, senza appuntamento. Le postazioni sono 26, con tempi medi, per ogni operazione, che variano dai 15 ai 30 minuti circa, in ragione della complessità del servizio richiesto. L'afflusso, soprattutto in particolari periodi, si concentra nelle prime ore del mattino, quando, fra le ore 7.30 e le ore 8.00 - l'apertura al pubblico è prevista per le ore 9.00 - sostano nel cortile e nell'androne antistante la scala circa 150-200 perone, fra cittadini e professionisti.
Per fronteggiare tali situazioni, frequenti negli uffici delle grandi città, l'Agenzia delle entrate ha posto in essere e sta avviando molte iniziative volte a migliorare la qualità dei servizi erogati attraverso i vari canali di contatto (uffici, centro di assistenza multicanale, internet) al fine di agevolare l'utenza.
I contribuenti per avere informazioni e ricevere assistenza, oltre che recarsi negli uffici dell'Agenzia delle entrate, possono prenotare un appuntamento con i funzionari degli uffici sia telefonicamente che tramite il sito internet dell'Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it); chiamare il
call center al numero indicato dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 17 e il sabato dalle ore 9 alle ore 13; usufruire del servizio web mail inviando una comunicazione all'indirizzo di posta elettronica: www.agenziaentrate.gov.it/servizi; prenotare una richiamata col servizio di call back all'indirizzo mail indicato o al numero di telefono. È attivo anche il servizio per ricevere informazioni tramite sms.
Fino al 30 giugno dell'anno in corso gli uffici locali dell'Agenzia delle entrate hanno erogato quasi 5 milioni di servizi, di cui circa 645 mila relativi alle comunicazioni di irregolarità; gli appuntamenti prenotati presso i funzionari degli uffici locali sono stati 781.662, di cui 74.578 disdetti. Dei 707.084 effettuati, 2.123 sono da 15 minuti e 704.961 da 30 minuti; i computer-aided manifacturing CAM hanno risposto a 827.657 telefonate dei contribuenti.
I contribuenti, inoltre, direttamente o tramite gli intermediari e previa loro autorizzazione, hanno la possibilità di accedere a molte delle informazioni fiscali che li riguardano tramite il servizio telematico del «cassetto fiscale», che gli permette di consultare direttamente da casa e in tutta sicurezza, le informazioni relative alle proprie posizioni fiscali.
In determinati periodi dell'anno, in prossimità della predisposizione della dichiarazione dei redditi e/o con l'invio di un numero rilevante di comunicazioni di irregolarità, si possono verificare alcuni disservizi dovuti alla eccessiva pressione soprattutto negli uffici delle grandi città.
In ogni caso, allo scopo di rispondere più adeguatamente alle richieste dei contribuenti, ed alle particolare esigenze dei professionisti, l'Agenzia è impegnata nello sviluppo di progetti tecnologici ed organizzativi che permettano di aumentare la capacità di erogazione dei servizi e diminuire i tempi di attesa ed erogazione.
I progetti che si intendono realizzare nascono dall'esigenza di creare un nuovo modello di funzionamento per l'erogazione dei servizi dell'Agenzia delle entrate, finalizzati a:
consentire ai contribuenti di scegliere l'accesso più rapido e più adatto alle proprie esigenze;

integrare i diversi canali di accesso con l'obiettivo di:
ridurre drasticamente i tempi di attesa;
migliorare la qualità percepita del servizio;
potenziare l'offerta dei servizi;
consentire la distribuzione dei servizi in funzione dei carichi di lavoro superando i vincoli territoriali.

In merito al lamentato doppio passaggio (prima presso lo sportello dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate e poi presso l'Inps), l'Agenzia delle entrate ha chiarito che per poter usufruire di un credito di imposta o di un rimborso, occorre far riferimento all'articolo 36-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che disciplina la «liquidazione delle imposte dei contribuenti, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni».
Tale attività è svolta con procedure automatizzate dall'amministrazione finanziaria e riguarda anche i contributi previdenziali indicati nel quadro RR del modello UNICO.
Nel caso che dai controlli si evidenzi un credito a favore del contribuente, non richiesto in dichiarazione, il medesimo contribuente è convocato, tramite specifica comunicazione, presso gli uffici dell'Agenzia delle entrate per verificare e confermare la spettanza del credito.
Nell'ipotesi in cui dalla verifica emerga un credito a favore del contribuente, quest'ultimo potrà utilizzarlo in compensazione o richiederlo a rimborso. In tale ultima circostanza, se il credito è relativo a contributi previdenziali, il contribuente deve inoltrare istanza di rimborso al competente istituto previdenziale.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come ha riferito l'agenzia «ANSA» il 10 ottobre 2009, il direttore del dipartimento di psichiatria della ex Asl Salerno 3 dottor Michele di Genio è stato sospeso dall'incarico;
la decisione è stata adottata da una Commissione d'indagine dell'ASL di Salerno, nominata in seguito alla morte del signor Francesco Mastrogiovanni, maestro di scuola elementare, deceduto il 4 agosto 2009 nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno;
secondo notizie di stampa, il signor Mastrogiovanni potrebbe esser deceduto dopo essere rimasto immobilizzato a letto, legato mani e piedi, per quattro giorni;
tra le motivazioni della sospensione da parte della commissione, secondo quanto affermato dal dottor Di Genio, «vi sarebbe la non vigilanza sull'operato dei medici del reparto e l'assenza di linee guida precise all'interno del dipartimento. Voglio far presente che le linee guida sono state da me inviate al dottor De Leo, presidente della commissione d'indagine, e direttore del dipartimento di salute mentale della ex asl Salerno 2, dunque mio pari grado. A quanto mi risulta nella relazione della commissione non vi è traccia di esse, nonostante siano state regolarmente formalizzate nel 2006 con apposita delibera»;
il dottor Di Genio sostiene di non essere mai stato presente in reparto nei giorni in cui si sono verificati i fatti, ma che, «a parte ciò, in questi mesi non ho avuto la possibilità di chiarire le mie controdeduzioni, poiché non sono mai stato convocato dalla commissione -:
se quanto sopra riportato corrisponda al vero e se si disponga di elementi concernenti le cause che hanno portato alla morte del signor Mastrogiovanni;

per quale ragione il signor Mastrogiovanni sia stato ricoverato nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Vallo della Lucania, se effettivamente è stato tenuto immobilizzato a letto, legato mani e piedi per quattro giorni, chi abbia deciso questo trattamento e per quali ragioni.
(4-04601)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
presso l'ospedale civile «San Luca» di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, il 4 agosto 2009, è deceduto il Sig. Francesco Mastrogiovanni il cui ricovero nella struttura sanitaria fu la conseguenza della disposizione di un provvedimento di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) esercitato dal sindaco di Pollica, Angelo Vassallo;
il Sindaco Angelo Vassallo aveva ritenuto necessario che lo stesso fosse sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, ex articolo 2 legge n. 178 del 1980, perché affetto da patologia psichica che ne alterava i comportamenti;
nello specifico, il motivo alla base del provvedimento, sembra essere stato esclusivamente un episodio di guida in direzione opposta al senso di marcia consentito e, dunque, di violazione di una norma del codice della strada;
il Sig. Mastrogiovanni svolgendo regolarmente la professione di maestro elementare non ha mostrato disturbi psichici tali da far determinare comportamenti violenti o una rilevante diminuzione della capacità cognitive;
la legge n. 180 del 1978, consente solo in casi eccezionali, vale a dire «se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere» (articolo 2 comma 2), di disporre il TSO in condizioni di degenza ospedaliera;
viceversa, il Sindaco Vassallo riteneva necessario disporre il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera;
in ogni caso, qualunque trattamento sanitario, a norma della legge n. 180 del 1978 deve assicurare «il rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura» (articolo 1 comma 2);
in ospedale, per tutti i giorni di degenza, il Sig. Mastrogiovanni è stato sottoposto, da parte dei sanitari del reparto, esclusivamente ad un trattamento di contenzione, così come risulta dalle registrazioni video operate da una telecamera a circuito chiuso presente in reparto ed acquisite al fascicolo delle indagini, è stato contenuto ininterrottamente con legature rigide che ne impedissero ogni minimo movimento;
i medici legali nominati dal magistrato del pubblico ministero di Vallo della Lucania hanno stabilito che la morte è stata causata essenzialmente dalla contenzione operata dai sanitari;
dallo stesso esame autoptico del cadavere i medici legali hanno anche appurato che il Sig. Mastrogiovanni non è stato né oggetto di specifiche attenzioni terapeutiche e neanche alimentato nel corso della degenza -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda sopra citata;
se non ritengano necessario disporre accertamenti di competenza presso l'Ospedale Civile «San Luca» di Vallo della Lucania per verificare se siano stati perpetrati altri comportamenti simili a danno di altri pazienti del reparto di psichiatria e comunque per scongiurare che possano

essere posti in essere altri episodi del genere.
(4-05445)

Risposta. - In merito al grave episodio delineato nelle interrogazioni parlamentari in esame, si ritiene opportuno riportare per intero la dettagliata documentazione trasmessa dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo di Salerno.
«In riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, il Comando provinciale dei carabinieri, al riguardo interessato, ha comunicato che nei confronti del signor Francesco Mastrogiovanni è stato emesso, dal sindaco di Pollica (Salerno), un provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio per aver manifestato evidenti disturbi comportamentali mentre era alla guida di un'autovettura il 31 luglio 2009, a seguito del quale veniva ricoverato nel reparto di psichiatria dell'ospedale civile di Vallo della Lucania dove decedeva dopo quattro giorni.
L'Autorità giudiziaria disponeva gli accertamenti medico-legali affinché fossero individuate le cause della morte.
Le risultanze di tale accertamento non sono ancora note, ma, da una prima ricognizione delle salma venivano riscontrati segni riconducibili al presunto utilizzo di mezzi di costrizione fisica durante il ricovero.
Al fine di individuare eventuali responsabilità è stato aperto il procedimento penale n. 1799/2009-Mod 21, attualmente nella fase delle indagini preliminari.
L'azienda sanitaria locale di Salerno, interessata al riguardo, ha precisato che, in data 13 agosto 2009, il sub commissario straordinario veniva a conoscenza, dagli articoli di stampa, del decesso del paziente Mastrogiovanni Francesco, avvenuto in data 4 agosto 2009, presso l'unità ospedaliera complessa di psichiatria del plesso ospedaliero di Vallo della Lucania, nonché delle indagini avviate della procura della Repubblica del tribunale di Vallo della Lucania, a seguito del referto depositato dal medico legale dell'ASL.
Nell'immediatezza venivano richieste, per le vie brevi, le relazioni sui fatti accaduti al responsabile dell'unità organica complessa di psichiatria del plesso ospedaliero di Vallo della Lucania, nonché direttore del dipartimento di salute mentale della disciolta ASL Salerno 3 e al sostituto
pro-tempore del direttore del medesimo ospedale.
Al contempo, veniva istituita, con disposizione prot. 4524 del 18 agosto 2009, un'apposita commissione tecnica composta dai medici psichiatri in servizio presso le disciolte ASL SA1 e ASL SA2, allo scopo di accertare:
1) l'esistenza o meno, nell'ambito del dipartimento di salute mentale dell'ex SA3, di appositi protocolli/linee guida, che disciplinino le modalità operative da seguire nel caso di ricorso alla contenzione dei pazienti;
2) nel caso che tali normative esistano, se esse siano state rispettate nel caso specifico;
3) se, in alternativa, esistendo una prassi, quali adempimenti essa prevedeva e se essi sono stati puntualmente eseguiti;
4) se, nel caso specifico, sono stati applicati i principi di buona pratica clinica.

Sulla base della relazione predisposta dalla commissione tecnica e dal parere dei sub commissari delle aree amministrativa e sanitaria, l'ASL ha adottato la deliberazione n. 776 dell'8 ottobre 2009, che si allega, con cui, riservandosi ogni ulteriore provvedimento alla fine dell'inchiesta penale e non emergendo dagli atti istruttori elementi sufficienti all'adozione di provvedimenti diversi, si è proceduto alla revoca dell'incarico del direttore del dipartimento di salute mentale della disciolta ASL SA3, altresì direttore della struttura complessa di psichiatria del predetto plesso ospedaliero, dottor Michele di Genio.
Con la medesima deliberazione, al predetto dirigente medico sono state affidate le attività territoriali, sottraendogli qualunque attività gestionale riguardante il servizio psichiatrico di diagnosi e cura del plesso ospedaliero di Vallo della Lucania.
Si precisa, infine, che non risulta a questo ufficio che siano stati perpetrati altri

comportamenti simili a danno di altri pazienti nel reparto di psichiatria del plesso ospedaliero di Vallo della Lucania».
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FAVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il comune di Viadana aveva adottato nel 2007 le apparecchiature T-Red per la rilevazione fotografica delle infrazioni semaforiche;
l'amministrazione comunale, a seguito del decreto di sequestro preventivo emesso dalla procura di Verona, ha comunicato la risoluzione del contratto in data 27 febbraio 2009;
queste apparecchiature sono State poste sotto sequestro essendo stati sollevati dubbi sulla regolarità del loro funzionamento;
a conferma di quanto sopra il giudice di pace di Viadana ha accolto molti ricorsi presentati dai cittadini sanzionati;
tuttavia ciò ha creato disparità di trattamento rispetto ai cittadini che non hanno presentato ricorso ed hanno pagato la sanzione oppure hanno presentato ricorso ma lo stesso è stato respinto;
i rilevamenti fotografici avvenivano in assenza degli agenti accertatori in chiaro disprezzo delle indicazioni della Corte di Cassazione come da ultimo ribadito nella sentenza n. 27414/09 -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare che l'installazione e il funzionamento delle apparecchiature per le rilevazioni fotografiche delle infrazioni semaforiche gestite dagli enti locali siano conformi alla normativa vigente e per evitare che si determinino situazioni di danno per i cittadini come nel caso di cui in premessa.
(4-06423)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La recente sentenza della Corte di cassazione, sezione II civile, n. 27414 del 28 dicembre 2009 si riferisce ad un episodio specifico che, pertanto, non può essere generalizzato.
Nella sentenza si fa riferimento all'articolo 384 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), evidenziando la prevalenza della norma primaria sulla norma regolamentare.
L'articolo 201, comma 1-
bis, lettera b), del decreto legislativo n. 285 del 1992 - nuovo codice della strada - prevede espressamente, e in ogni caso, la contestazione non immediata della violazione in caso di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa.
Il successivo comma 1-
ter, inoltre, estende la portata della norma anche ai dispositivi di rilevamento appositamente approvati per funzionare in assenza degli organi di polizia stradale.
Pertanto, si ritiene che l'episodio sia avvenuto prima delle intervenute modifiche normative che hanno consentito la contestazione non immediata di talune violazioni.
Si fa presente, peraltro, che sono in corso indagini della magistratura in relazione alle modalità di installazione e di impiego delle apparecchiature per le rilevazioni fotografiche da parte delle amministrazioni comunali.
Si evidenzia, inoltre, che le procedure di approvazione dei dispositivi di rilevamento si sono evolute nel tempo parallelamente alla normativa sanzionatoria; esse forniscono ogni garanzia affinché gli accertamenti, qualora condotti secondo le modalità indicate nei decreti di approvazione, risultino giuridicamente corretti e operativamente efficaci.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GREGORIO FONTANA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la sezione di maiscoltura di Bergamo è stata costituita nel 1920, grazie al contributo di diversi enti e istituzioni locali e dal 1968 è parte dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura e fin dall'inizio l'istituto ha contribuito allo sviluppo della maiscoltura italiana con la creazione di varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche nazionali e, nell'immediato dopoguerra, con l'introduzione e l'adattamento dei mais ibridi;
negli ultimi 10 anni le principali linee di ricerca svolte dall'Istituto cerealicolo di Bergamo hanno contribuito al miglioramento genetico del mais e della qualità proteica del mais da granella, all'analisi dei meccanismi genetici e molecolari che influenzano la sintesi delle proteine di riserva del seme di mais, allo sviluppo della biologia cellulare, della coltura in vitro e dei metodi di trasformazione genetica in specie cereali, allo studio delle basi delle resistenze genetiche a stress biotici ed abiotici, al miglioramento genetico della specie, studio di alcuni sistemi interessanti il miglioramento genetico della specie utilizzando dei marcatori molecolari del dna;
attualmente l'Istituto svolge attività di ricerca prevalentemente indirizzata al miglioramento genetico del mais e particolarmente curato è il settore scientifico, che riguarda l'approccio genetico alla produttività, questo, grazie all'enorme aumento della resa produttiva degli ibridi di mais oggi coltivati, che permette un rapido ammortamento del costo della ricerca per gli operatori. In particolare, gli attuali temi di ricerca e sperimentazione della sezione riguardano le problematiche agronomiche, la scelta varietale, il miglioramento genetico, la fisiologia della produzione, la genetica formale e quantitativa, la genetica biochimica, fisiologica e cellulare, la biologia molecolare e studi avanzati sull'organizzazione del genoma del mais;
gli interessi scientifici ed operativi dell'Istituto cerealicolo di Bergamo sono indirizzati a ricerche sia di base che applicate al miglioramento genetico del mais condotte nel quadro di progetti finalizzati di interesse nazionale ed europeo;
nel 2005 l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Gianni Alemanno, bocciava il piano di riorganizzazione del CRA (Consiglio per la ricerca e Sperimentazione in agricoltura che fa capo al Ministero stesso) che prevedeva un ridimensionamento dell'Istituto bergamasco, valutandolo inopportuno e non rispondente all'equilibrata valorizzazione delle entità territoriali esistenti che devono mantenere la caratteristica di multidisciplinarità nella ricerca in agricoltura;
l'Istituto sperimentale per la cerealicoltura di Bergamo è una sede che si caratterizza per ricerche innovative che non vengono svolte da altre sezioni all'interno del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) e la cui competenza non è trasferibile;
la sezione di Bergamo è geograficamente sita in uno degli ambienti più accessibili ai partner di ricerca europei, data la vicinanza agli aeroporti di Linate, Orio al Serio, Malpensa e all'autostrada Milano-Venezia ed è collocata in un'area strategica della produzione agricola nazionale, la Pianura padana, dove l'agricoltura soddisfa più di altre aree agricole la domanda di derrate alimentari; infatti in questa area l'agricoltura è intensiva, altamente produttiva: si producono 10 milioni di tonnellate di mais, colonna portante della zootecnia nazionale per produzioni ad alto valore aggiunto (latte, carni e derivati);
le ricerche della sezione di Bergamo coinvolgono direttamente anche il rapporto con attività imprenditoriali non riguardanti il settore agricolo (chimico, tessile, farmaceutico, ambientale) e che sono d'importanza strategica per la ripresa economica italiana agendo sull'innovazione tecnologica trasversale;

tale diversa operatività rappresenta un elevato valore aggiunto per l'intero CRA e la provincia di Bergamo che dispongono al loro interno di una realtà di ricerca trasversale al settore agricolo-industriale strategicamente importante per l'accrescimento della competizione nazionale nei diversi settori d'interesse sopra citati;
il rilancio ed il potenziamento della struttura di Bergamo in centro specializzato del CRA in attività di ricerca avanzata nel settore dell'innovazione genetica dei vegetali, rappresenta un traguardo strategico importante sia a livello nazionale sia a livello locale non esistendo nulla di simile in Italia;
l'ambito territoriale interessato è ad elevata densità d'imprese agricole ed industriali, di cui Bergamo è un esempio indicativo ed il centro avrebbe la funzione di:
dotare il Paese di una struttura tecnologica di rilievo europeo di cui non esiste simile in Italia;
sostenere la formazione di nuove imprese dedicate ad attività d'innovazione tecnologica trasversale ai comparti chimico, tessile, farmaceutico, ambientale;
accrescere la redditività in agricoltura favorendo il collegamento della stessa con diversi settori produttivi;
promuovere l'occupazione nel settore dell'innovazione tecnologica;
attraverso il rilancio e il potenziamento del centro, la struttura di Bergamo sarebbe nelle condizioni ideali anche per agire da interfaccia dedicata a dialogare in modo organico con le strutture regionali e con le organizzazioni dei produttori e consumatori, per il trasferimento delle conoscenze e delle innovazioni che mirano a:
valorizzare il centro di maiscoltura esistente;
riorientare tecnologicamente ed incentivare l'interesse privato territoriale aprendo la strada ad una collaborazione pubblico-privato di grande interesse (programmazione e gestione unitaria con strutture complementari di enti diversi: Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste, provincia, Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, Unione agricoltori, Coldiretti, Unione Industriali, imprese pubbliche e private, University);
trasferire tecnologia e promuovere competitività -:
se, all'interno del «Piano di riorganizzazione e razionalizzazione della rete delle articolazioni territoriali» del CRA, sia stato ipotizzato il potenziamento e l'allargamento della sede di Lodi con conseguente chiusura dell'unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo o se tale progetto determini un ridimensionamento dell'Istituto;
se il Ministro interrogato non ritenga d'intervenire al fine di evitare la chiusura dell'Istituto di cerealicultura di Bergamo, che per la sua particolare peculiarità di centro di ricerca e di sperimentazione è unico nel suo genere, e se, attivando sinergie con i privati ed enti locali, non intenda sostenere il potenziamento ed il rilancio della sede di Bergamo per promuovere l'innovazione in un settore strategico per l'agricoltura italiana.
(4-05905)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, istitutivo del Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (Cra), all'articolo 7 comma 5 ha demandato allo Statuto la definizione di tempi e modalità per la razionalizzazione degli ex Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (Irsa) sul territorio nazionale attraverso fusioni, trasformazioni, aggregazioni, sinergie ed eventuali soppressioni degli istituti, delle sezioni e delle altre strutture.
Questo compito va senz'altro portato avanti e portato a termine, data la forte necessità di razionalizzare il Cra allo scopo di renderlo quanto più funzionale, competitivo

ed operativo possibile, tenendo conto però non solo delle esigenze di distribuzione dei centri sul territorio, ma anche e soprattutto della necessità di tutelare le competenze dei gruppi di ricerca operanti in Italia.
Il Piano, deliberato (ai sensi dell'articolo 24 dello Statuto) dal Consiglio di amministrazione previo parere del Consiglio dei dipartimenti, è stato approvato con decreto ministeriale in data 22 marzo 2006 da questo Ministero, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, prevedendo una nuova struttura costituita da 15 Centri e 32 unità di ricerca tra cui l'Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo (CRA-MAC, con 22 persone in servizio di cui 9 ricercatori e tecnologi).
Questa amministrazione già da qualche tempo è stata interessata alla questione della paventata ipotesi di trasferimento dell'unità a Lodi, ma ad oggi nessuna ulteriore proposta di razionalizzazione, in cui si sancisca il trasferimento, è stata approvata da questo ministero in considerazione anche del fatto che a breve saranno rinnovate le cariche del Consiglio di amministrazione e la presidenza.
L'obiettivo di questa amministrazione è quello di tutelare gli interessi di gruppi di ricercatori e unità che dimostrano competenze e capacità nei loro ambiti di attività di ricerca e rappresentano per il territorio su cui operano un valore aggiunto da preservare, creando eventualmente anche delle sinergie con strutture affini.
Si sottolinea inoltre che questo ministero attribuisce molta importanza all'unità di Bergamo, tanto che spesso si avvale delle competenze degli esperti che lavorano presso tale centro, attraverso l'affidamento diretto della realizzazione di studi e ricerche nei campi in cui essi operano come fatto anche recentemente. Tale atteggiamento dimostra nei fatti l'impegno profuso da questo ministero per garantire continuità al lavoro dell'unità.
Inoltre, si fa presente che ulteriori proposte di razionalizzazione e riorganizzazione dell'ente, saranno valutate da questo ministero, considerata l'importanza che il citato ente riveste a livello nazionale ed internazionale nella ricerca nonché l'interesse di questa amministrazione ad accompagnare la riorganizzazione nel rispetto di ruoli, competenze ed esigenze territoriali specifiche.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

FRASSINETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE è l'ente tecnico preposto all'organizzazione delle corse dei cavalli in Italia, sottoposto al controllo e alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
l'UNIRE ha tra i propri fini istituzionali, come risulta dal suo Statuto, il controllo e la sorveglianza tecnica e disciplinare delle corse;
l'UNIRE per effettuare tale suo compito istituzionale si avvale dell'attività di numerosi collaboratori, che non sono dipendenti, né sono previsti dalla pianta organica;
detti collaboratori sono inseriti in un apposito elenco, in base ai vigenti regolamenti delle corse, al quale possono essere iscritti solo coloro che abbiano comprovata esperienza e specifica professionalità, essenziali in un settore così peculiare e delicato quale è quello del controllo disciplinare delle corse dei cavalli e che non incorrano nelle cause di incompatibilità previste dal regolamento di disciplina di cui alla deliberazione commissariale n. 98 del novembre 2001 e s.m.i., approvata con decreto ministeriale 19 marzo 2002;
detti collaboratori svolgono le loro prestazioni professionali in regime contrattuale di collaborazione coordinata e continuativa;

il rapporto contrattuale tra gli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse è regolato da contratti individuali stipulati nell'anno 2004, validi fino al 31 dicembre 2004 e in seguito tacitamente rinnovati sino a tutto il 31 dicembre 2008;
la legge finanziaria per il 2008 ha previsto in diverse disposizioni la stabilizzazione dei lavoratori precari della pubblica amministrazione;
i vertici dell'UNIRE hanno più volte riferito verbalmente ai rappresentanti degli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse che l'ente non potrà più provvedere ad assegnare loro gli incarichi a partire dalla data del 1° maggio 2009;
se, e con quali modalità, l'UNIRE intenda procedere alla stabilizzazione degli addetti al controllo tecnico e disciplinare;
quali siano, in alternativa, le proposte per la risoluzione del problema relativo alla regolamentazione del rapporto di lavoro tra gli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse e l'UNIRE -:
quali iniziative intendano assumere urgentemente i Ministri interrogati per garantire la conservazione del lavoro agli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse.
(4-02435)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, riguardante la deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine n. 77 del 22 dicembre 2008, nella parte in cui assume l'inquadramento degli addetti al controllo e disciplina delle corse nella categoria dei «funzionari onorari», si fa presente che l'Unire ha comunicato quanto segue.
Con la precitata deliberazione l'Unire ha provveduto alla nomina degli addetti al controllo disciplinare delle corse per il periodo dal 1o gennaio al 30 aprile 2009; detta nomina trova il suo presupposto nella scadenza al 31 dicembre 2008 dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa già stipulati per la gestione di tale settore di attività; quindi, ai fini del conferimento dei nuovi incarichi, in esito all'approfondimento compiuto in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto discendente dagli incarichi stessi, assume che la posizione rivestita dai «giudici sportivi» sia quella di «funzionari onorari».
Appare peraltro opportuno precisare che tale approfondimento è stato sollecitato dal rinnovato richiamo dal legislatore ai limiti del ricorso a collaborazioni esterne da parte delle pubbliche amministrazioni, in relazione ai quali si imponeva una nuova verifica di conformità alla normativa vigente del sistema di inquadramento degli addetti al controllo e disciplina delle corse.
Al riguardo, veniva in particolare in considerazione la disposizione dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che consente il ricorso a professionalità esterne con contratti di lavoro autonomo, soltanto per esigenze temporanee ed eccezionali, laddove le attività demandate agli addetti al controllo e disciplina delle corse sono riconducibili, a tutti gli effetti, tra le attività attraverso le quali l'Ente assolve in via ordinaria alla propria missione istituzionale.
La verifica compiuta ha quindi evidenziato che le modalità di svolgimento dell'incarico di «giudice sportivo» sono tali da escludere la qualificazione del relativo rapporto in termini di lavoro subordinato, riportando piuttosto la fattispecie a quella del funzionario onorario.
In particolare, si è ritenuto che trovino inquadramento nella figura del funzionario onorario, i cosiddetti organi di giustizia sportiva, cui l'ordinamento dell'Unire riserva il compito di garantire l'osservanza dei principi derivanti dall'ordinamento sportivo attraverso il controllo delle competizioni ippiche, l'accertamento di ogni forma di illecito sportivo e l'irrogazione delle relative sanzioni disciplinari. Ai sensi degli articoli 3 e seguenti del «Regolamento di disciplina» adottato con deliberazione commissariale n. 98 del 20 novembre 2001, sono organi di giustizia sportiva i Commissari di riunione e le giurie, la Procura della disciplina, la Commissione di disciplina di prima istanza e la Commissione di disciplina d'appello; parimenti sono qualificati

«giudici sportivi» i cosiddetti «funzionari di gara» (veterinari, handicapper, starter, eccetera) soggetti a vario titolo incaricati del controllo sul campo della regolarità delle competizioni ippiche.
In ordine al predetto inquadramento, si osserva che la configurazione data dalla normativa regolamentare sopra richiamata agli Organi di giustizia sportiva depone chiaramente verso il riconoscimento del carattere onorario dell'incarico attribuito ai componenti gli organi stessi riscontrandosi, in particolare, tutti gli elementi caratterizzanti la figura del funzionario onorario, così come individuati dalla giurisprudenza e in particolare:
l'esercizio di funzioni pubbliche, quali quelle inerenti all'accertamento delle violazioni e l'applicazione delle relative sanzioni disciplinari;
la posizione di autonomia funzionale degli organi, cui il comma 2 dell'articolo 3 del precitato Regolamento riconosce piena autonomia, prevedendo che l'Unire si limiti ad assicurarne i supporti organizzativi e strumentali;
la mancanza di inserimento nella struttura organizzativa dell'Unire e lo svolgimento del rapporto in un quadro non retto dalle regole del pubblico impiego;
i sistemi di scelta dei componenti, la cui nomina è riservata al Consiglio di amministrazione (Componenti della procura della disciplina e della Commissione di disciplina di prima istanza e di appello) ovvero al ministero vigilante (presidenti degli organi medesimi) ovvero dagli organi di vertice sulla base di elenchi tenuti dall'Unire (funzionari e veterinari);
il sistema di remunerazione delle funzioni svolte attraverso la corresponsione dei compensi unilateralmente fissati dall'Ente con proprio provvedimento;
il carattere temporaneo dell'incarico (articolo 4, 5 e 6 del Regolamento).

Si evidenzia infatti che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, efficacemente riassunto da Cassazione civile sezioni riunite, sentenza 20 aprile 2007, n. 9363, «la posizione del funzionario onorario si configura ogniqualvolta esista un rapporto di servizio per lo svolgimento di funzioni pubbliche, ma manchino gli elementi caratterizzanti dell'impiego pubblico, quali la scelta del dipendente di carattere prettamente tecnico-amministrativo effettuata mediante procedure concorsuali (che si contrappone nel caso di funzionario onorario a una scelta politico discrezionale), l'inserimento strutturale del dipendente nell'apparato organizzativo dell'amministrazione (rispetto all'inserimento meramente funzionale del funzionario onorario), lo svolgimento del rapporto secondo un apposito statuto per il pubblico impiegato (che si contrappone ad una disciplina del rapporto di funzionario onorario derivante pressoché esclusivamente dall'atto di conferimento dell'incarico e dalla natura dello stesso), il carattere retributivo - perché inserito in un rapporto sinallagmatico - del compenso percepito dal pubblico dipendente (rispetto al carattere indennitario e di ristoro delle spese rivestito dal compenso percepito dal funzionario onorario) la durata tendenzialmente indeterminata del rapporto di pubblico impiego (a fronte della normale temporaneità dell'incarico onorario)» (Cassazione Civile sezioni riunite, sentenza 20 aprile 2007, n. 9363; cfr. altresì Corte Costituzionale, Sentenza n. 319/1994; Cassazione Civile sezioni riunite, 9 marzo 2007 n. 5398; sezioni riunite 10 aprile 1997 n. 3129; Tar Lazio sezione III-ter sentenza 22 gennaio 2008, n. 607).
Nell'interrogazione in oggetto si prospetta inoltre il problema della compatibilità della predetta qualificazione con la riserva di legge stabilita dall'articolo 97 della Costituzione in materia di organizzazione della pubblica amministrazione, la quale impone che l'attribuzione di un qualsivoglia pubblico ufficio ad un funzionario onorario sia prevista da una norma di legge.
Al riguardo si deve notare innanzi tutto che, trattandosi di una riserva cosiddetta relativa, la legge può limitarsi alla istituzione del pubblico ufficio, affidando alle disposizioni di rango secondario il compito

di disciplinare compiutamente lo stesso (un esempio è dato dalla figura del difensore civico, prevista a fare data dalla legge n. 142 del 1990, la cui disciplina è affidata ai regolamenti dei singoli enti locali).
Venendo, quindi, alla fattispecie che ci occupa, si ritiene di poter affermare che l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 449 del 1999, il quale stabilisce che la regolamentazione, l'organizzazione e la gestione delle strutture disciplinari dell'Unire sono definite dal «Regolamento di disciplina» (Regolamento adottato con delibera commissariale n. 98 del 20 novembre 2001 ed approvato con decreto ministeriale del 15 marzo 2002), possa essere qualificata quale norma di legge che in ossequio alla previsione di cui all'articolo 97 Cost., ha istituito gli organi di disciplina, rinviando, per la concreta regolamentazione degli stessi, alla fonte regolamentare interna che, pertanto ben può qualificare i componenti dei predetti organi alla stregua di «funzionari onorari» e dell'UNIRE.
Infine, circa i dubbi espressi in ordine all'idoneità del «rapporto atipico proposto... a risolvere una funzione organicamente e sistematicamente resa dall'Ente, ...» si osserva, per un verso, che la previsione già contenuta nei vigenti regolamenti della iscrizione dei giudici sportivi in apposito albo o registro, previo superamento di una prova di idoneità, offre tutte le garanzie di professionalità e specializzazione dei funzionari onorari, per l'altro, che tale qualifica vale piuttosto a rendere ancor più stringenti le responsabilità dei soggetti incaricati di tale delicata funzione a maggiore garanzia del suo corretto esercizio.
Si fa inoltre notare che, anche sulla base di quanto rappresentato per le vie brevi dal dipartimento della funzione pubblica, sulla qualificazione in termini di funzionari onorari dei giudici sportivi, inserita nel regolamento di organizzazione del personale dell'Unire deliberato dal Consiglio di amministrazione (deliberazione n. 63 del 28 novembre 2008) le Amministrazioni vigilanti, oltre a questo ministero, il ministero dell'economia e delle finanze ed il dipartimento della funzione pubblica, in sede di controllo ai sensi dell'articolo 6, comma 4 del decreto legislativo n. 449 del 1999, si sono concordemente espresse in merito alla correttezza della predetta qualificazione.
Da ultimo si ritiene doveroso precisare che la possibilità di stabilizzazione del personale utilizzato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell'articolo 3, comma 94, della legge n. 244 del 2007 è comunque venuta meno per effetto delle restrizioni successivamente stabilite dalla legislazione finanziaria; d'altro canto, alla luce della attuale normativa, la contrattualizzazione degli addetti al controllo delle corse come collaboratori coordinati e continuativi non sarebbe ulteriormente possibile, con l'effetto di paralizzare l'attività di corse e del conseguente danno all'erario.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

FUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da molti mesi il settore agricolo in Puglia sta vivendo una fase di forte crisi - in particolare nei comparti dell'olio extravergine di qualità, dell'ortofrutta e del vino - dovuta in particolare al crollo dei prezzi al consumo, alle speculazioni sui mercati, agli effetti della concorrenza sleale, alla contraffazione e all'arretratezza complessiva delle infrastrutture che di fatto ne compromettono le capacità di esportazione verso il resto del Paese e verso l'estero;
oltre a danneggiare in primo luogo gli imprenditori agricoli pugliesi, la crisi sta avendo anche pesanti risvolti sociali a causa dei negativi riflessi sui livelli di occupazione tra i braccianti;
nella seduta del 9 dicembre 2009 il consiglio regionale della Puglia ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che impegna i vertici della regione a indirizzare al Governo nazionale due richieste:
attivare le procedure per l'emanazione del decreto con il quale dichiarare lo

stato di crisi del comparto agricole delle sue produzioni, per porre gli imprenditori agricoli nelle condizioni di beneficiare di quanto disposto dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e dalla legge n. 231 del 2005;
dare attuazione alla piattaforma di proposto congiunturali, già approvata all'unanimità da tutte le regioni d'Italia in seno al comitato agricolo nazionale, traducendola in azioni concrete e adeguatamente finanziate con risorse aggiunte a quelle attualmente previste -:
quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo al fine di offrire un concreto sostegno al comparto agricolo della Puglia così da consentire a tutti gli operatori coinvolti, dagli imprenditori agricoli ai braccianti, di superare l'attuale e drammatico momento di crisi per poi avviare una nuova fase di sviluppo e crescita.
(4-05907)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha comunicato quanto segue.
La dichiarazione dello stato di crisi di mercato per le produzioni agricole di cui all'allegato 1 del Trattato, per le quali si fosse verificata una riduzione del reddito medio annuale delle imprese agricole addette del 30 per cento rispetto al reddito medio del triennio precedente, è disciplinata dall'articolo 1-
bis del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 71 del 2005.
Tale disposizione non fa riferimento alla crisi generalizzata dell'intero settore agricolo o di un certo territorio, ma si riferisce alle singole produzioni.
Per questo motivo, per poter dichiarare lo stato di crisi, sarebbe necessario dimostrare, per le singole produzioni di cui all'allegato 1 del Trattato, il verificarsi di una riduzione del reddito medio annuale delle imprese agricole addette del 30 per cento rispetto al reddito medio del triennio precedente.
La Commissione europea, tuttavia, ha rilevato la non compatibilità con il mercato comune della misura in questione, in quanto aiuto al funzionamento concesso esclusivamente sulla base del prezzo, della quantità, dell'unità di produzione, e ha sottolineato altresì che la normativa comunitaria non prevede esplicitamente alcun intervento per le perdite di reddito conseguenti ad una fluttuazione di prezzi al ribasso.
Per quanto sopra esposto, l'articolo 1-
bis del decreto legge n. 22 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 71 del 2005, allo stato, non è applicabile.
Le autorità italiane, tuttavia, stanno lavorando al fine di individuare strumenti validi per intervenire tempestivamente di fronte alle crisi di mercato, al crollo dei prezzi e all'aumento dei fattori di produzione.
Infatti, in vista della riforma della politica agricola comune post 2013, questo ministero sta studiando l'elaborazione di misure di gestione della crisi che tengano conto degli impegni assunti dall'Italia con l'adesione all'Accordo sull'agricoltura all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio, oltre che del rispetto delle norme comunitarie sugli aiuti di stato.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

GAGLIONE. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministero dell'industria del 14 febbraio 1995 la società «Case di cura riunite» s.r.l. con sede in Bari, è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex lege n. 95 del 1997;
la vigilanza sulla regolarità della procedura è stata affidata, nel periodo citato, all'allora Ministero dell'industria;
l'amministrazione straordinaria dura ormai da circa 14 anni, in ragione di numerose e rinnovate proroghe -:
quali problematiche, allo stato attuale, permangano all'attenzione della gestione

commissariale, quando sia previsto il termine per la chiusura della predetta gestione e quali siano state le spese per il mantenimento e il funzionamento della stessa dal 1995 ad oggi.
(4-05777)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La società Case di cura riunite (CCR) è stata assoggettata ad amministrazione straordinaria, ai sensi della legge n. 95 del 1979 (legge Prodi), con decreto interministeriale in data 14 febbraio 1995, a seguito di dichiarazione di insolvenza del tribunale di Bari del gennaio 1995.
Con successivo provvedimento del 7 marzo 1996 veniva, inoltre, attratta alla procedura, su istanza dei commissari, la società a.r.l. Oncohospital, controllata al 100 per cento, alla quale, con atto in data 26 gennaio 1994, la controllante CCR aveva ceduto il ramo d'azienda Mater Dei, con relativa convenzione in essere con l'Istituto Oncologico. La procedura, nel 1995, è stata estesa anche alla controllata s.r.l. Kannegieser e, nel 1997, alla s.r.l. Magida a seguito di conversione dal fallimento. Entrambe non erano operative alla data dell'assoggettamento.
La procedura del Gruppo CCR è stata, fin dall'inizio, caratterizzata da un elevato grado di complessità con delicati riflessi di ordine pubblico, dato l'enorme esubero strutturale degli occupati (all'apertura della procedura erano in forza circa 3.150 dipendenti con un rapporto di addetti/posto letto di circa 7 a 1 a fronte di una media di settore di 1,5 a 1).
All'atto del commissariamento, la CCR svolgeva la propria attività in 5 strutture in proprietà, e 3 in locazione.
Il programma di risanamento predisposto dai commissari straordinari ed approvato da questo ministero, in data 13 marzo 1997, era finalizzato alla razionalizzazione in termini di economicità e funzionalità delle strutture.
In attuazione del programma e con la gradualità imposta dalla necessità di tenuta sul fronte dell'ordine pubblico, i commissari procedevano alla collocazione in Cassa integrazione guadagni straordinari degli esuberi.
In esito agli interventi effettuati, la gestione è stata gradualmente riportata in pareggio, passando da una perdita di oltre 7 miliardi di lire al mese all'atto dei commissariamento, ad un utile di circa 1,1 miliardi di lire nel secondo semestre 1999.
È da evidenziare, per completezza, che la prosecuzione della gestione in esecuzione del programma è stata resa possibile grazie ad un finanziamento bancario di 40 miliardi di lire, a sostegno della gestione corrente, garantito dal Tesoro, a seguito di specifica autorizzazione della Commissione europea, su notifica del ministero dello sviluppo economico. La garanzia è stata integralmente escussa e il tesoro si è surrogato nella posizione creditoria, in prededuzione.
Nel giugno 2000, la procedura CCR ha definito la vendita del complesso aziendale ospedaliero costituito da autorizzazioni e accreditamenti rilasciati dalla regione Puglia (n. 458 posti letto e n. 131 posti rene) per l'esercizio dell'attività sanitaria attraverso sei cliniche. In sede di esecuzione del contratto di compravendita sono sorte criticità, connesse prevalentemente alla questione occupazionale, che hanno comportato lunghe e laboriose trattative confluite in un arbitraggio e conseguenti definizioni conciliative tra le parti, che hanno comportato diminuzioni del prezzo originariamente pattuito.
A partire da tale data è, quindi, iniziata la fase liquidatoria della procedura volta alla realizzazione dell'attivo residuo e all'avvio delle azioni concorsuali (revocatorie e risarcitorie).
Occorre, peraltro, precisare che non esiste alcun regime di proroga della procedura, pur in presenza di successioni dell'organo commissariale in forza di interventi legislativi nell'ambito delle procedure di amministrazione straordinaria (leggi nn. 273 del 2002 e 296 del 2006).
Attualmente, è in carica per il gruppo CCR un commissario liquidatore (dottor Enrico Stasi), che ha svolto e sta svolgendo

un intenso lavoro di snellimento dell'iter della procedura con riferimento sia al cospicuo contenzioso in essere (per quello giuslavoristico sono già state effettuate e sono tuttora in corso intese conciliative), che all'aggiornamento delle masse passive, nonché all'effettuazione di primi acconti in favore dei creditori ipotecari e privilegiati della prededuzione.
Allo stato è pendente un notevolissimo e cospicuo contenzioso che, in via esemplificativa e non esaustiva, coinvolge anche soggetti istituzionali (regione Puglia), nonché l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico-ospedale oncologico, oltre alla vendita dei residui beni in proprietà.
Al 31 dicembre 2009, la procedura presenta un passivo di circa 435 milioni di euro, di cui oltre 50 milioni di debiti prededucibili e 23 milioni in privilegio, relativi alle spettanze dei lavoratori, a fronte di una liquidità di circa 39 milioni di euro, comprensivi di importi incassati in virtù di provvedimenti giudiziari provvisoriamente esecutivi.
Tale complessiva situazione rende estremamente arduo fare previsioni sia in ordine alla soddisfazione dei creditori che ai tempi di chiusura della procedura.
Si segnala, infine, che i creditori della CCR Srl potranno, in ogni momento, acquisire, tramite gli ordinari strumenti normativi (legge n. 241 del 1990), informazioni e/o utili elementi di conoscenza circa la propria posizione creditoria.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

GIACHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni il Presidente del Consiglio Berlusconi si trova in visita in Bielorussia, dove ha incontrato il Capo di Governo Lukashenko;
da 15 anni, e precisamente dal 1994, anno in cui l'attuale Presidente è stato eletto, il premier italiano è il primo capo di governo occidentale a recarsi in Bielorussia, data anche la freddezza dell'Europa nei confronti di Lukashenko, considerato dalla Comunità internazionale e dagli Stati Uniti come «l'ultimo dittatore in Europa», secondo la definizione di Condoleezza Rice;
secondo quanto riportato soprattutto dai quotidiani Libero e il Giornale il Presidente Berlusconi si sarebbe profuso nell'elogio di Lukashenko, testimoniandogli apprezzamento in ragione «dell'amore del popolo sotto gli occhi di tutti visti i recenti risultati elettorali»;
Lukashenko è stato rieletto per la seconda volta nel 2006 con l'83 per cento dei voti, ma sia l'Ocse che gli Stati Uniti non le considerano elezioni democratiche perché forte è il sospetto di brogli e manipolazioni;
si apprende, inoltre, che il capo di governo bielorusso avrebbe regalato a Berlusconi alcuni fascicoli provenienti dall'archivio del Kgb, frutto di un lavoro meticoloso, utili per «stabilire le sorti dei cittadini italiani prigionieri in Russia e Bielorussia durante la seconda guerra mondiale» ma anche per ricostruire le vicende degli italiani «vittime delle persecuzioni sovietiche negli anni Trenta». Inoltre Lukashenko avrebbe promesso all'Italia altri documenti «per consolidare i rapporti tra i due Paesi»;
il Capo del Governo avrebbe accettato questo dono con grande commozione;
il giornalista di Libero, giornale notoriamente vicino al Presidente del Consiglio, sembra poi paventare la possibilità che quella documentazione, oltre ad un intrinseco valore storico e di testimonianza, conterrebbe anche materiale utile a chiarire la fitta rete di spionaggio e il sistema di informatori che l'Urss, dal dopoguerra alla caduta del muro, aveva anche in Italia;
poiché nella parte iniziale dell'articolo si dice testualmente che tali fascicoli «potranno riservare qualche sorpresa al Cavaliere, o almeno alla sua parte politica»,

a giudizio dell'interrogante preoccupa proprio l'eventuale utilizzo «politico» di tale documentazione a cui il pezzo in questione sembra chiaramente alludere -:
in base a quali valutazioni politiche il Presidente del Consiglio abbia ritenuto di recarsi in visita in Bielorussia;
quali presunti accordi economici avrebbe stretto con Lukashenko visto che sulla Bielorussia all'interrogante risultano esistere forti limitazioni da parte della Comunità internazionale per la realizzazione di accordi economici;
se risponda al vero quanto titolato dal quotidiano «Libero» cioè che: «Berlusconi fa lo 007 a caccia di nemici negli archivi del Kgb».
(4-05266)

Risposta. - In riferimento all'atto in esame, concernente la visita del Presidente del Consiglio in Bielorussia, si fa presente che nel corso della visita, effettuata il 30 novembre 2009, è stato firmato un accordo con cui le due parti si sono impegnate a promuovere la cooperazione economica bilaterale.
In particolare si precisa che la Direzione generale per la politica commerciale del ministero dello sviluppo economico ha partecipato alla negoziazione, condotta dal ministero degli affari esteri, del nuovo Accordo intergovernativo di cooperazione economica che è stato firmato a Minski lo stesso 30 novembre 2009.
L'accordo ha previsto, all'articolo 5, l'istituzione di una Commissione mista incaricata di valutare periodicamente l'andamento delle relazioni economiche e discutere questione tecniche ed amministrative che si ritenga opportuno approfondire a livello intergovernativo.
Per quanto riguarda le presunte «forti limitazioni da parte della Comunità internazionale per la realizzazione di accordi economici» si precisa che le relazioni tra l'Unione europea e la Bielorussia, negli ultimi tempi, sono migliorate. L'Unione europea ha preso atto dei progressi compiuti da questo Paese e dell'interesse manifestato allo sviluppo dei rapporti con l'occidente, motivato in primo luogo dall'esigenza di rafforzare i legami economici e commerciali con lo spazio europeo, così da non dipendere, in modo esclusivo, dall'alleato russo.
Un passo importante in questo senso è rappresentato dalla decisione di coinvolgere anche la Bielorussia nel Partenariato orientale, benché limitatamente ad alcuni aspetti multilaterali.
Minsk rimane, infatti, esclusa dalla parte bilaterale ovvero dalla possibilità di avviare negoziati per un Accordo di associazione, comprensivo di una «Area di libero scambio rafforzata».
Si ricorda, al riguardo, che al momento non esistono relazioni contrattuali tra l'Unione europea e la Bielorussia in quanto lo stesso Accordo di partenariato e cooperazione (PCA), firmato nel 1995, non è mai entrato in vigore per iniziativa europea a causa dell'insoddisfacente livello di rispetto dei diritti democratico fondamentali in Bielorussia.
Il Consiglio affari generali e relazioni esterne (Cagre) dell'Unione europea del 16 e 17 novembre 2009, che ha prolungato fino a ottobre 2010 l'impianto sanzionatorio, ha, al contempo, mantenuto la sospensione di alcune misure (divieto di soggiorno sul territorio della UE), per incoraggiare Minsk a proseguire sulla via della lieve apertura democratica constatata in questi ultimi mesi.
Al termine di tale periodo il Consiglio rivedrà la situazione alla luce dei progressi realizzati da Minsk nel campo delle riforme democratiche (in particolare in vista delle elezioni presidenziali previste per il 2011).
La Commissione europea ha, intanto, attivato un dialogo tecnico in materia di ambiente, energia, trasporti e dogane e si è dichiarata disponibile ad estenderlo ad altri campi (agricoltura, fitosanitario, servizi finanziari).

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

GRIMOLDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi anni numerosi soggetti, tra cui regioni, province, comuni, consorzi, aziende ed associazioni si sono attivate per il recupero della storica idrovia di origine medievale che collega il lago Maggiore al mare Adriatico (Locarno-Milano-Venezia);
la regione Emilia Romagna, tramite l'Azienda Regionale per la Navigazione Interna Regione Emilia Romagna (ARNI) avvierà a breve la costruzione della Conca di Isola Serafini nel tratto Milano-Venezia;
la regione Lombardia ha inaugurato la Conca della Miorina, prima opera idraulica realizzata nel tratto Locarno-Milano;
la regione Lombardia ed il comune di Milano, inoltre, hanno già restaurato le prime due conche sul Naviglio di Pavia ed è in programma la restaurazione delle conche della Maddalena e del Panperduto necessarie per raggiungere dal lago Maggiore il canale industriale;
per completare quest'ultimo tratto è necessario che la regione Piemonte realizzi la nuova Conca di Porto Torre, per la quale è già stato redatto il progetto esecutivo e sono già state concesse le autorizzazioni necessarie;
la regione Piemonte ha stanziato in bilancio 7.700.000 euro per la realizzazione dell'intervento, a fronte però di una spesa complessiva necessaria di 11.300.000 euro;
l'opera in questione è di rilevanza strategica fondamentale in quanto permetterebbe di raggiungere, attraverso il canale industriale, l'aeroporto intercontinentale della Malpensa;
nel programma operativo di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera 2007-2013 è previsto il progetto «Il porto fluviale della Malpensa, un collegamento fluviale tra la Svizzera e lo scalo intercontinentale»;
la parte Svizzera del progetto attende notizie sui lavori di realizzazione della Conca di Porto Torre in quanto quest'opera è ritenuta di fondamentale importanza per l'intero progetto succitato, poiché viene vista come segnale di intenzioni concrete sull'intera tratta di navigazione Locarno-Venezia; in assenza di garanzie sulla sua realizzazione, si opterà per altri progetti;
inoltre, la realizzazione di quest'opera, insieme a quelle programmate da regione Lombardia, consentirebbe di realizzare prima del 2015 il collegamento via acqua tra il lago Maggiore e l'aeroporto intercontinentale della Malpensa con tutti gli effetti indotti per il trasporto turistico e per passeggeri che la via d'acqua consentirebbe in vista dell'Expo -:
quali iniziative concrete intenda intraprendere il Ministro interrogato, anche d'intesa con la Regione Piemonte, affinché la Conca di Porto Torre sia completamente finanziata, appaltata e realizzata nel più breve tempo possibile, in considerazione della rilevanza strategica dell'opera all'interno del progetto di navigazione Locarno-Malpensa-Milano-Venezia.
(4-04497)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, sono state chieste informazioni alla regione Piemonte che ha riferito quanto segue.
Il piano «via navigabile Locarno-Milano attraverso il lago Maggiore e il parco del Ticino», oggetto dell'accordo sottoscritto dalla regione Lombardia e dalla regione Piemonte nell'ambito dell'iniziativa comunitaria Interreg III 2000-2006 Italia-Svizzera sarà sviluppato da parte piemontese con la realizzazione dell'intervento della Conca di Porto della Torre nel territorio di Varallo Pombia (Novara).
L'intero programma prevede in sostanza la creazione di una via navigabile nel tratto fluviale dall'attraversamento stradale/ferroviario in comune di Castelletto Ticino/Sesto Calende fino allo sbarramento della Maddalena, interessando sia la sponda piemontese sia la sponda lombarda.


Il progetto di via navigabile e degli studi di impatto ambientale e di incidenza sono stati redatti dall'ente di gestione del parco naturale della Valle del Ticino e dal consorzio parco lombardo della Valle del Ticino, su incarico rispettivamente della regione Piemonte e della regione Lombardia. Il progetto relativo alla conca di navigazione di Porto della Torre è stato redatto a cura del consorzio del Ticino.
La costruzione della conca di Porto della Torre, insieme al ripristino del funzionamento delle conche esistenti presso gli sbarramenti della Miorina e del Panperduto, consentirà di rendere navigabile un tratto di fiume Ticino di circa 11 chilometri fra i più interessanti sotto l'aspetto paesaggistico, naturalistico e storico per la presenza di boschi ben conservati, di una numerosa fauna e di un'importante zona archeologica della cultura preistorica (prima età del ferro IX-V secolo a.C.) nel comune di Golasecca.
Gli attuali sbarramenti della Miorina, del Panperduto e di Porto della Torre determinano con i loro invasi una bacinizzazione di questo tratto di Ticino, predisponendolo di fatto quasi interamente alla navigazione. Questa condizione idraulica permette, attuando modesti interventi di sistemazione idraulica dell'alveo, di ottenere la navigabilità del fiume anche nei periodi di magra.
Questo stato di fatto ha portato a considerare favorevolmente l'ipotesi della riattivazione della via navigabile, e quindi, al recupero delle conche esistenti oltre alla costruzione di quella mancante presso lo sbarramento di Porto della Torre.
La futura idrovia, che richiederà oltre ai lavori sulle conche anche interventi di adeguamento dei tratti di fiume interessati, dovrà utilizzare specifiche imbarcazioni dotate di doppia motorizzazione elettrica e diesel con previsione di utilizzo all'interno dell'area protetta della sola propulsione elettrica, fatte salve eventuali situazioni di emergenza.
La conca di navigazione di Porto Torre dovrà essere costruita nell'area adiacente la diga, destinata attualmente al deposito dei panconi di soccorso che si utilizzano in caso di emergenza e di lavori di manutenzione, sulle luci dello sbarramento.
La regione Piemonte nel 2002 ha affidato al consorzio del Ticino l'incarico di progettazione per la realizzazione della conca di navigazione che ha richiesto una complessa progettazione corredata dagli studi per affrontare la procedura
ex articolo 12 legge regionale n. 40 del 1998 e decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 articolo 5 e successive modificazioni e integrazioni per il giudizio di compatibilità ambientale.
La giunta regionale del Piemonte con delibera di giunta regionale n. 21-5374 del 26 febbraio 2007 si è espressa al riguardo positivamente, come pure il comitato per le opere pubbliche della regione Piemonte, con nota del 10 marzo 2008, sul progetto definitivo.
Infine, in data 22 luglio 2008 con il parere del registro italiano dighe che ha ritenuto l'opera approvabile, la progettazione esecutiva è attualmente completa delle autorizzazioni, nulla osta e pareri necessari per la realizzazione dell'intervento.
Con la progettazione esecutiva il quadro economico complessivo ha raggiunto l'importo di euro 11.320.141,31, di cui euro 7.711.293,36 per lavori comprensivi degli oneri per la sicurezza superando il finanziamento concesso ai sensi della legge n. 350 del 2003; conseguentemente, per consentire l'appalto dell'opera, come sopra specificato, occorre la disponibilità di ulteriori euro 3.374.915,83.
La legge n. 350 del 2003, già citata, e la legge n. 376 del 2003, sono state le ultime a disporre finanziamenti per la realizzazione del sistema idroviario padano veneto; la destinazione degli stessi è stata, come è noto, concordata con le regioni interessate.
La normativa di riferimento è quella recata dal decreto legislativo n. 112 del 1998 che ha assegnato allo Stato le funzioni di programmazione del sistema idroviario padano veneto, da esercitare d'intesa con le regioni, e a queste ultime le funzioni di enti attuatori e di gestione.
La stessa vigenza delle funzioni di programmazione è oggi in discussione in conseguenza

delle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione.
Allo stato attuale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non dispone di ulteriori fondi e non svolge competenze nel settore, limitandosi al pagamento delle rate dei mutui contratti dalle regioni medesime a valere sui limiti di impegno recati dalle leggi di settore.
Da ultimo, per completezza, si segnala che la complessità delle progettazioni e i tempi necessari per l'ottenimento di tutte le autorizzazioni hanno di fatto comportato una consistente riduzione del valore dei finanziamenti, con la conseguenza che diversi progetti di realizzazione del sistema idroviario padano veneto avrebbero necessità di ulteriori finanziamenti per poter essere portati a termine o addirittura avviati. A ciò si aggiunge che una quota consistente dei finanziamenti è stata oggetto di pignoramenti per situazioni debitorie conseguenti a provvedimenti giudiziari, senza che se ne sia potuto ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze, il reintegro.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

LABOCCETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un documentato articolo apparso nella edizione odierna del quotidiano Il Giornale, a firma di Gian Marco Chiocci, si riferisce della sistemazione alloggiativa, in vero ragguardevole, della quale beneficia il Sindaco PD dell'Aquila Massimo Cialente;
il primo cittadino del capoluogo abruzzese devastato dal recente sisma è stato collocato insieme ad altri nuclei familiari di suoi parenti in un resort nei pressi di Tortoleto;
il Cialente avrebbe a sua disposizione un villino su due livelli con doppi servizi, tre camere, salone, tv al plasma, aria condizionata, garage, giardino panoramico vista mare e angolo piscina con idro-massaggio;
dal testo dell'articolo non appare chiaro se la protezione civile abbia proceduto all'assegnazione dell'edificio -:
se risulti al Governo, per quanto di competenza, quanto riportato nell'articolo ricordato in premessa;
per iniziativa di chi e con l'utilizzo di quali fondi si sarebbe assicurata al Cialente tale invidiabile sistemazione alloggiativa, seppure temporanea.
(4-03326)

Risposta. - In relazione all'atto in esame, concernente la sistemazione alloggiativa del sindaco di L'Aquila a seguito del sisma che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile 2009, si fa presente che, da quanto è emerso da un articolo di giornale, il primo cittadino avrebbe avuto a disposizione un villino su due livelli con doppi servizi, tre camere, salone, tv al plasma, aria condizionata, garage, giardino panoramico vista mare ed angolo piscina con idro-massaggio.
In merito, a seguito dell'istruttoria esperita dal Dipartimento della protezione civile e dalle informazioni del Coordinamento generale centro intercomunale di Giulianova (Coi), è emerso che circa 60 nuclei familiari (pari a circa 217 persone), tra i quali la famiglia del sindaco Cialente, dopo essere state allocate nel lido d'Abruzzo, hanno trovato una sistemazione in 47 appartamenti del «Borgo Castello» di Tortoreto, lungo la strada statale n. 16 Adriatica.
I costi dei suddetti alloggi sono stati identici a quelli previsti per gli altri hotel a 3 stelle per il soggiorno dei pensionati e dei gruppi vacanze utilizzati per gli sfollati.
Del resto le famiglie legate al sindaco (le famiglie abruzzesi dopo il terremoto generalmente si sono riunite in grandi nuclei familiari) non sono state accettate dal villaggio «Santinello», dove avevano immediatamente acconsentito a trasferirsi, in quanto la direzione non accoglieva gli animali domestici della suddetta famiglia.
Si precisa inoltre che il «Borgo Castello» di Tortoreto, è una struttura con

vista sulla strada statale, sul viadotto autostradale e parzialmente sul mare.
Gli appartamenti, di varie misure, sono adatti a ospitare 4, 5, o 6 persone e, poiché non sono dotati di angolo cottura, gli ospiti consumano i pasti ai
self service, del pianoterra, dove si trova una cucina/sala da pranzo di piccole dimensioni.
La piscina di cui parla l'interrogante è in realtà una vasca centrale di ridotte dimensioni che si trova nel piazzale d'ingresso.
Va anche specificato che il suddetto «Borgo Castello» è piuttosto scomodo per quanto riguarda i mezzi di trasporto ed i servizi pubblici, per la lontananza dal lido, nonché alquanto rumoroso per la presenza del contiguo Acquapark.
Si rende noto, infine, che il sindaco Cialente, all'epoca dei fatti, viveva a L'Aquila, in un
camper a causa dei numerosi impegni connessi all'emergenza.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

LABOCCETTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia Defendini srl lavora in Campania da gennaio 2004, gestendo per conto di Equitalia Polis S.p.A. (agente per la riscossione per le province campane (ex Gest Line S.p.A., ex Esaban S.p.A., ed altre) il servizio di notifica delle cartelle esattoriali;
la Defendini srl svolge la suddetta attività in nove province italiane e si avvale della collaborazione di circa 800 persone, di cui più di 500 in Campania (tra dipendenti e collaboratori);
è importante specificare che, gran parte del personale che attualmente lavora con l'agenzia Defendini srl, in precedenza ha collaborato con le ditte che di volta in volta hanno curato l'attività di notifica per conto dei soggetti giuridici che si sono succeduti nel ruolo di agenti della riscossione (concessionari);
alcuni dei lavoratori più anziani hanno lavorato, in Campania, nell'arco temporale 1994-2000, direttamente per il concessionario Esaban spa. Ciò prima dell'esternalizzazione del servizio di notifica a «service» esterni e pertanto la gran parte dei lavoratori di cui si parla ha circa 15 anni di esperienza nel settore «notifica»;
nel dicembre del 2008 la società Equitalia spa ha indetto una gara di appalto, (senza includere un meccanismo di salvaguardia occupazionale), per l'assegnazione delle lavorazioni di cui sopra. L'Agenzia Defendini srl è risultata vincitrice avendo presentato la migliore offerta economico/gestionale;
successivamente, a seguito dell'analisi della documentazione, la commissione aggiudicatrice di Equitalia spa, ha rilevato, a suo parere, due anomalie, che parrebbero molto discutibili e non sostanziali, per le quali ha ritenuto di dover escludere l'Agenzia Defendini srl dalla gara;
contro tale decisione l'Agenzia Defendini srl ha effettuato un primo ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, avendo peraltro a suo favore una sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte che si era espresso favorevolmente, per un caso analogo, su una delle due motivazioni di esclusione sollevate da Equitalia spa;
tuttavia, nel mese di novembre 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto il ricorso presentato dall'Agenzia Defendini srl e di conseguenza quest'ultima ha avviato le procedure per l'appello al Consiglio di Stato;
nel frattempo Equitalia Polis spa ha proceduto all'aggiudicazione definitiva della gara a Poste Italiane spa;
al momento Equitalia Polis spa non ha ancora avviato le procedure per far effettuare le notifiche tramite Poste Italiane spa, e quindi l'Agenzia Defendini srl sta continuando a lavorare in proroga di contratto con scadenza il 30 aprile 2010;

l'Agenzia Defendini srl, nel gennaio 2010, ha proposto un secondo ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio chiedendo l'esclusione di Poste Italiane dalla gara, sia per eccesso di posizione dominante, sia per la mancanza di fatturato specifico per attività di notifica (requisito fondamentale per la partecipazione alla gara d'appalto). A sostegno di questa tesi vi sarebbero numerose sentenze che sanciscono la nullità di una notificazione effettuata direttamente dall'agente della riscossione tramite raccomandata e non effettuata dai soggetti esplicitamente indicati dall'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (ufficiali di riscossione, messi notificatori, agenti di polizia municipale);
se non interverranno fatti nuovi, dal 12 maggio 2010 le circa 800 persone attualmente occupate dall'Agenzia Defendini srl (di cui si sottolinea 500 nella sola Campania) perderanno il loro posto di lavoro;
i lavoratori della Agenzia Defendini srl sono in agitazione e la prefettura di Napoli ha attivato un tavolo di consultazione del quale sono parti sia Poste Italiane spa, al momento vincitrice dell'appalto in questione per tre dei quattro lotti in gara (si tratta di un fatturato triennale che supererà i 60 milioni di euro), sia Equitalia Polis spa, nell'attesa che sia il Consiglio di Stato sia il tribunale amministrativo regionale emettano le proprie sentenze definitive;
nell'ipotesi in cui le sentenze definitive dei ricorsi sopra citati dovessero avere esito negativo per l'Agenzia Defendini srl, i lavoratori chiedono che Poste Italiane spa (a questo punto vincitrice della gara) oppure Equitalia spa assumano tutti i lavoratori, possedendo questi ultimi una professionalità attualmente non esistente all'interno di Poste Italiane e non ricollocabile in altri ambiti -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative intendano porre in essere per la salvaguardia occupazionale di un così elevato numero di lavoratori che dopo tanti di attività al servizio dei concessionari che si sono succeduti nel servizio di riscossione vedono ora fortemente compromessa la propria condizione di impiego.
(4-06072)

Risposta. - In relazione al tema posto con il documento di sindacato ispettivo in esame, si illustra quanto segue, sentita l'Agenzia delle entrate, d'intesa con le competenti strutture di Equitalia Spa.
Con bando di gara pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (S218 dell'8 novembre 2008) e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (n. 132 del 12 novembre 2008), Equitalia Spa, società holding del gruppo Equitalia, cui appartiene Equitalia polis Spa, ha indetto la gara per l'affidamento del servizio di notificazione delle cartelle e degli altri documenti esattoriali per il Gruppo.
La Commissione giudicatrice ha iniziato i lavori in data 22 dicembre 2008 e, all'esito, in data 29 aprile 2009 Equitalia Spa ha aggiudicato, in via provvisoria, il servizio ai concorrenti risultati primi nella graduatoria provvisoria di ciascun lotto, i quali hanno successivamente prodotto i documenti richiesti per l'aggiudicazione definitiva. Tra questi, il costituendo raggruppamento temporaneo di imprese composto da Agenzia Defendini Srl, (mandataria), Infocert Spa (mandante) e Uniposta Recapito Spa (mandante).
Eseguiti i controlli di rito, è emerso che alla data di scadenza della presentazione dell'offerta la società Uniposta Recapito Spa non era in regola con il pagamento dei contributi INPS, stante l'esistenza di debiti insoluti definitivamente accertati.
Infocert Spa, in quanto indirettamente controllata dalle Camere di Commercio per il tramite di Infocamere, risultava a propria volta in corsa nel divieto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Conseguentemente Equitalia Spa, in applicazione della normativa in materia di appalti pubblici ed in coerenza con i documenti di gara, con provvedimento del 30

luglio 2009 ha disposto l'esclusione dalla procedura di gara del citato raggruppamento d'imprese, nonché l'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria già operata in favore dello stesso per i Lotti numeri 2 e 4.
Con ricorso al TAR Lazio notificato in data 11 agosto 2009 il raggruppamento d'imprese ha chiesto l'annullamento del provvedimento di esclusione.
Con sentenza del 14 ottobre 2009, le cui motivazioni sono state depositate in data 27 gennaio 2010, il TAR Lazio ha respinto il ricorso precisando che «correttamente e doverosamente la stazione appaltante ha escluso il raggruppamento temporaneo d'imprese ricorrente dalla procedura revocando l'aggiudicazione provvisoria».
Il 10 novembre 2009 il raggruppamento d'imprese ha proposto appello avverso la sentenza del TAR Lazio. Al momento non risulta ancora fissata la data per la discussione nel merito del ricorso.
Il 20 novembre 2009, infine, Equitalia Spa ha stipulato i contratti con gli aggiudicatari dei quattro Lotti: il raggruppamento temporaneo d'imprese composto da Poste Italiane Spa (mandataria) e da Postel Spa (mandante) per i Lotti numeri 1, 2 e 4 ed il raggruppamento temporaneo di imprese composto da T.N.T. Post Notifiche Spa (mandataria) e dalle società T.N.T. Post Italia Spa, S.N.E.M. Spa, Consorzio Stabile Olimpo/Lampo Service Srl (mandanti) per il Lotto n. 3.
Sempre sulla vicenda il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fatto conoscere i seguenti elementi, forniti dalle Direzioni provinciali del lavoro della regione Campania.
La DPL di Avellino ha riferito che Equitalia Polis Spa opera nelle provincia di Avellino dal 29 dicembre 2008, data di acquisizione della struttura provinciale di Avellino, e non s'è mai avvalsa dall'Agenzia Defendini Srl per il servizio di notifica delle cartelle esattoriali.
La DPL di Benevento ha riferito che la Defendini Srl utilizza per il servizio di notifica delle cartelle di pagamento per conto di Equitalia Polis Spa, in provincia di Benevento, n. 2 lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e n. 46 lavoratori con contratto di collaborazione a progetto. Ha rappresentato, altresì, che Poste Italiane Spa, aggiudicataria della gara di appalto, non è ancora subentrata nel Servizio espletato dalla Defendini Srl, per cui, allo stato, non è stato possibile accertare se la Società subentrante nell'appalto si avvarrà delle prestazioni degli stessi lavoratori.
La DPL di Caserta ha comunicato che Defendini Srl opera nella provincia di Caserta, alla data del 26 marzo 2010, con una forza lavoro di n. 14 impiegati e n. 73 lavoratori parasubordinati con contratto a progetto. L'azienda, come emerge dal verbale di accordo stipulato presso il Ministero del lavoro il 16 marzo 2010, è in CIGS a decorrere dal 22 marzo 2010, per un periodo di 12 mesi, interessando tutto l'organico aziendale, pari a 245 unità, dislocati nelle diverse sedi; attualmente i dipendenti occupati presso la filiale di Caserta sono collocati in CIGS per n. 12 ore settimanali.
La DPL di Napoli ha riferito che, a seguito di bando di gara effettuato da Equitalia Spa, per il servizio di notificazione delle cartelle e di altri documenti esattoriali per le Società del Gruppo Equitalia, è risultata aggiudicatrice l'Ente Poste Italiane. Ha comunicato altresì che Defendini Srl svolge attività di recapito. Nel 2004 è nata l'Unità operativa di Napoli, con sede in Arzano al Corso Salvatore D'Amato 83, che ha svolto per conto di Equitalia Polis, il servizio di notificazione delle cartelle e di altri documenti esattoriali a seguito di aggiudicazione di appalto (ultimo in corso dal 1o ottobre 2008 al 30 giugno 2009).
Sino ad oggi quello di Equitalia è stato l'unico appalto vinto dalla Defendini srl nella provincia di Napoli costituendo, pertanto, quella della notifica delle cartelle di pagamento, l'unica attività lavorativa svolta dalla società.
Per lo svolgimento del servizio la Defendini si è avvalsa di lavoratori (nominati messi notificatori dalla stazione appaltante), con i quali ha posto in essere contratti di collaborazione a progetto con scadenza al 30 giugno 2010, che alla data del 27 aprile 2010, risultano essere 208 unità, oltre 38

lavoratori, con mansioni di impiegati, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Inoltre la maggior parte del personale occupato nella provincia di Napoli dalla Defendini Srl proviene dall'allora service della Gest Line e ancora prima dalla Esaban (oggi Equitalia) dove erano assunti con contratti di lavoro a tempo determinato. Pertanto, parte dei lavoratori in questione svolge l'attività di messo notificatore dal 1995.
La DPL di Salerno ha fornito elementi d'informazione in ordine agli accertamenti esperiti presso l'Equitalia Polis Spa-Agente della riscossione per la provincia di Salerno di cui all'interrogazione parlamentare in esame.
Il Responsabile dell'Agenzia di Salerno ha rappresentato l'insussistenza di qualsiasi contratto di collaborazione con la Defendini Srl sin dal 1o aprile 2009, data di acquisizione da parte di Equitalia Polis Spa della struttura provinciale di Salerno. Analoga assenza risulterebbe anche per il periodo della gestione precedente sin dall'anno 1997; ha, altresì, rappresentato, che dagli atti di Ufficio, non risultano richieste di incontro per vertenze collettive in merito al fatti indicati nell'interrogazione parlamentare di cui trattasi.
Si può concludere, sulla base di quanto precede, che solo all'esito del contenzioso in atto potranno valutarsi le iniziative più opportune per la salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori della Società Defendini Srl.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

LEVI, MIGLIOLI, SANTAGATA e GHIZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
al fine di consentire un efficiente collegamento del comprensorio della ceramica delle province di Modena e Reggio Emilia con i sistemi autostradali e ferroviari nazionali ed internazionali e di contribuire, in questo modo, a rimuovere uno dei fattori che pesano sulle condizioni di competitività di un settore di punta dell'industria italiana, è da anni in faticoso e lento avanzamento la realizzazione del collegamento autostradale, la cosiddetta «bretella», tra Campogalliano e Sassuolo;
a partire dal 2004 sono state avanzate proposte di realizzazione dell'infrastruttura facendo ricorso, parziale o totale, a fonti di finanziamento private da reperirsi con gli strumenti della finanza a progetto;
il Cipe nella riunione del 27 marzo 2008 ha approvato il progetto definitivo della bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo;
a seguito della revisione del progetto il costo totale dell'opera è passato dai 467 milioni di euro previsti nel 2005 ai circa 620 milioni del progetto definitivo, a fronte di una disponibilità finanziaria, così come stabilito dal Cipe, di non più di 234 milioni di euro;
a conclusione della Conferenza dei servizi gli enti locali del territorio hanno espresso in un documento ufficiale una posizione unitaria, sottolineando la necessità di realizzare tale opera integralmente e non per parti funzionali e separate, facendo anche ricorso agli strumenti della finanza di progetto, vista la incompleta copertura finanziaria dei costi previsti;
il neoeletto sindaco di Sassuolo, Luca Caselli, ha pubblicamente dichiarato che il Cipe nella seduta del 26 giugno 2009 avrebbe stanziato 600 milioni di euro per la realizzazione della bretella destinata a collegare Campogalliano con Sassuolo;
il comunicato ufficiale con il quale la Presidenza del Consiglio ha dato conto delle decisioni assunte nella riunione del Cipe dello stesso 26 giugno non menziona in alcun modo il citato collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo -:
se corrisponda al vero quanto annunciato dal sindaco di Sassuolo Caselli e, pertanto, quali decisioni il Cipe abbia effettivamente assunto in relazione alla

realizzazione della bretella Campogalliano-Sassuolo nella seduta del 26 giugno 2009 e, in particolare, quale sia stato l'importo eventualmente stanziato;
se sia prevista la realizzazione integrale dell'opera così come unanimemente richiesto dagli enti locali del territorio interessato all'infrastruttura o se, invece, si preveda soltanto un primo stralcio fino allo scalo merci sito nel comune di Marzaglia, a sud di Modena, vanificando così i benefici attesi dal comprensorio della ceramica;
se la realizzazione dell'opera sia affidata alla stessa società, l'Anas, che ha impiegato 15 anni per il semplice e limitato tratto che va dal comune di Casinalbo a quello di Fiorano o se non sia più opportuno considerare le proposte avanzate dal settore privato per l'esecuzione dell'opera ricorrendo agli strumenti della finanza di progetto e consentire così un più che probabile abbattimento tanto dei costi quanto dei tempi;
quali siano, nel caso si faccia ricorso alla finanza di progetto, i tempi previsti per la pubblicazione del relativo bando di promozione.
(4-03614)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente la realizzazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 11 febbraio 2010, l'Anas ha inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la documentazione da porre a base di gara per l'individuazione del concessionario che si occuperà, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, della realizzazione e della gestione dell'intero collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sottoporrà il progetto definitivo del collegamento in questione all'approvazione del Cipe in una delle prossime sedute.
A seguito di ciò, l'Anas potrà, quindi, attivare le procedure di gara per l'affidamento in concessione della realizzazione e gestione dell'opera.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MARINELLO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2006 è stato bandito ed espletato un concorso pubblico di categoria C3 dell'ente UNIRE;
l'UNIRE stava intraprendendo un importante progetto d'integrazione delle anagrafi equine chiamato E-UNIRE e aveva bisogno di professionalità elevate, fu bandito il suddetto concorso su volontà dell'allora segretario generale dottor Panzironi;
con determinazione n. 10 del 20 luglio 2007 pubblicata dal Dipartimento della funzione pubblica, sono state avviate le procedure per le assunzioni per l'anno 2007 mediante l'utilizzo di un apposito fondo;
l'assunzione dei vincitori non è ancora avvenuta ad oggi e l'ufficio del personale dell'UNIRE ha dichiarato che quei fondi sono stati utilizzati per l'immissione in ruolo di due dirigenti e per numerose progressioni interne volute dai sindacati interni RSU dell'Ente -:
come il Governo intenda intervenire per rendere operativa tale graduatoria e per permettere l'assunzione dei vincitori del concorso che ne hanno diritto da più di tre anni.
(4-05780)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede chiarimenti circa l'assunzione dei vincitori di un concorso pubblico bandito dall'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine, si rappresenta che con decreto del Presidente della Repubblica del 28 agosto 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 9 ottobre 2009, l'ente in esame è stato autorizzato

ad assumere 10 unità di personale dell'area C1 e 10 unità dell'area C3.
Si precisa, al riguardo, che le iniziative conseguenti alla suddetta autorizzazione sono di competenza dell'ente in questione, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile, e posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali, amministrazione alla quale l'interrogante potrà, quindi, chiedere, se necessario, ulteriori approfondimenti in proposito.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'area della vice-dirigenza, introdotta dalla legge 145 del 15 luglio 2002, è stata di recente oggetto di dibattito parlamentare in vista dell'approvazione della legge 4 marzo 2009 n. 15 sulla produttività del lavoro pubblico e la trasparenza della P.A. ove il Governo all'articolo 8 ha previsto apposita norma interpretativa in materia di vice dirigenza;
ad oggi non sono ancora state emanate direttive al riguardo, così continuandosi a concedere vantaggi alle cosiddette ex carriere concettuali, che attraverso i corsi di riqualificazione acquisiscono - pur in assenza del diploma di laurea - posizioni di vertice nella ex carriera direttiva (C2 e C3);
resta improrogabile l'esigenza di emanare le direttive del caso al fine di ridare dignità professionale ai funzionari direttivi destinatari del provvedimento di cui in premessa -:
se siano già state impartite all'ARAN (Agenzia per la Rappresentazione Negoziale delle P.A.) le direttive utili alla risoluzione del problema e qualora ciò non fosse avvenuto, quando ne sia prevista la emanazione;
quali siano gli specifici intendimenti del Ministro in indirizzo quanto ai contenuti che vorranno esser dati all'istituto della vice-dirigenza.
(4-03036)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede chiarimenti in merito alla mancata attuazione dell'area della vice-dirigenza, si rappresenta quanto segue.
Com'è noto, l'articolo 17-
bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, inserito dall'articolo 7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n. 145, ha introdotto nell'ordinamento amministrativo l'area della vice-dirigenza. La figura del vice-dirigente sarà estesa inoltre - ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, ove compatibile - al personale dipendente delle altre amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del predetto decreto legislativo, appartenente a qualifiche equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto ministeri, cioè alla VIII e IX qualifica funzionale, e l'equivalenza sarà definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
È d'uopo chiarire, sin d'ora, che dall'esame del dettato normativo in argomento discende che l'istituzione della vice-dirigenza è demandata alla contrattazione collettiva previa prefigurazione al soggetto deputato ad avviare le trattative, cioè l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), di apposito atto di indirizzo da parte dei competenti comitati di settore.
Tale lettura è ulteriormente suffragata dall'articolo 8 della legge n. 15 del 2008, con il quale è stata fornita l'interpretazione autentica dell'articolo 17-
bis sopra citato nel senso che «la vice-dirigenza è disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione costitutiva al riguardo».
Precisa, inoltre, quest'ultima disposizione, che il personale in possesso dei relativi requisiti può accedere alla vice-dirigenza soltanto previa costituzione dell'area da parte della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento.


Da ciò consegue l'inesistenza di un diritto soggettivo all'inquadramento, il quale potrà sorgere solo allorché la contrattazione collettiva costituirà l'apposita area.
Detto diversamente, il citato articolo 8 ha ribadito che la materia della vice-dirigenza è disciplinata «esclusivamente» nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento e che a quest'ultima il legislatore del 2002 ha inteso attribuire la mera «facoltà» di introdurre nel contratto collettivo nazionale di lavoro una specifica previsione costitutiva dell'area in esame.
Secondo la normativa
de qua, pertanto, il personale in possesso dei requisiti non può vantare alcun diritto al riconoscimento della qualifica di vice-dirigente, poiché la contrattazione collettiva nazionale non ha ancora istituito la relativa area, né in relazione al comparto Ministeri, né in relazione ad altri comparti.
Appare chiara, infine, la competenza della contrattazione collettiva per la predisposizione dell'area, l'istituzione della figura professionale e la doverosità dell'attività istituzionale tesa alla predisposizione degli atti di indirizzo all'Aran ai fini dell'istituzione dell'area medesima.
Per ciò che riguarda, nello specifico, tale ultimo aspetto, si rappresenta che il Dipartimento della funzione pubblica, in qualità di comitato di settore, ha adempiuto attraverso l'emanazione di un apposito atto di indirizzo all'Aran, del 15 marzo 2006 (atto quadro sulla composizione dei comparti di contrattazione), in cui era contenuta una precisa indicazione per la costituzione dell'area vice-dirigenziale nel comparto ministeri. Analogamente si è disposto attraverso l'atto di indirizzo del 7 maggio 2007 relativo al Ccnl del comparto ministeri 2006-2009.
Per ciò che attiene, invece, al successivo accordo fra le parti, appare pleonastico evidenziare che la contrattazione collettiva non è vincolata né vincolabile, essendo espressione di autonomia privata
ex articolo 39 della Costituzione.
Le parti contrattuali, in specie, non hanno inteso disciplinare la vice dirigenza attraverso il Ccnl del comparto ministeri sottoscritto il 14 luglio 2007, ma hanno rinviato tale adempimento ad una sequenza negoziale successiva, che per dottrina e giurisprudenza costante integra il contratto collettivo essendo espressione della volontà delle parti di esercitare in più fasi il mandato negoziale. Tuttavia questa sequenza contrattuale non ha avuto seguito.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

REALACCI e STRADELLA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella puntata del dicembre 2009 della trasmissione televisiva «Mi manda RaiTRE», condotta da Andrea Vianello, è stata riportata all'attenzione dei media e dell'opinione pubblica la vicenda dello scandalo del metanolo;
lo scandalo del vino al metanolo fu una truffa perpetrata mediante una sistematica adulterazione di vino da tavola con il metanolo che si verificò in Italia tra la fine del 1985 e il 1986. Il vino veniva sofisticato con miscele di liquidi e alcol metilico sintetico, un composto inodore usato per lacche e vernici;
l'ingestione del prodotto adulterato causò l'avvelenamento e l'intossicazione di parecchie decine di persone, cui provocò danni personali gravissimi quali cecità, irreversibili danni neurologici ed in 22 casi la morte;
il 1986 si chiuse con una contrazione del 37 per cento degli ettolitri nazionali prodotti e la perdita di un quarto del valore incassato l'anno prima;
l'indagine che ne seguì rivelò che a partire da dicembre 1985 circa 30 aziende vinicole del Nordovest italiano avevano iniziato a tagliare i loro vini con dosi

eccessive di metanolo, una sostanza che veniva usata in piccole quantità per aumentarne il contenuto alcolico;
la stessa inchiesta individuò poi il principale responsabile nel commerciante di vini di Narzole, Giovanni Ciravegna. Alla fine del processo, Ciravegna fu condannato per omicidio colposo plurimo a 14 anni di reclusione, di cui 4 condonati;
ad oltre 23 anni da questa terribile truffa le vittime del vino adulterato, rappresentate dall'Associazione vittime del metanolo, non sono ancora state risarcite -:
se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative di carattere normativo per il risarcimento delle vittime creando un fondo speciale ad hoc per le vittime del vino al metanolo, richiesta peraltro avanzata anche da altre associazioni in difesa dei consumatori costituitesi parti civili già nel primo processo «Ciravegna».
(4-05503)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Con tale interrogazione, gli interroganti chiedono quali iniziative di carattere normativo intendano assumere questo Ministero e quello della salute ai fini di una costituzione di un fondo speciale per il risarcimento delle vittime oggetto di avvelenamento nel 1986 con il «vino al metanolo».
Al riguardo, come evidenziato dagli interroganti, l'argomento riguarda la competenza non solo di questo Ministero ma dell'intero Governo.
In ogni caso questo Ministero si farà parte attiva per trovare, d'intesa con gli altri Ministeri interessati, una soluzione normativa al problema, al fine di assicurare un equo risarcimento alle vittime della scandalosa sofisticazione in questione, nell'ambito delle risorse riservate dal bilancio pubblico per eccezionali eventi, in questo caso di grave pregiudizio per la salute pubblica.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
tra il 18 e il 20 settembre 2009 si svolgerà a Laveno Mombello (Varese) la quinta prova dell'International Optirace Regatta della Volvo Cup, importante competizione velica internazionale;
detta competizione è rivolta ai giovani tra i 9 e i 15 anni;
sia la Lega Navale Italiana, sia l'Associazione Italiana Classe Optimist sono impegnate nella promozione di iniziative sportive rivolte ai giovani e aventi gli obiettivi di promuovere lo sport, incentivare un rapporto corretto uomo-natura, far conoscere il nostro territorio e le caratteristiche ottime di basi veliche come la citata Laveno;
l'impegno del Comune di Laveno per divenire una base strategica per la vela potrebbe essere sostenuto anche riconoscendo il patrocinio alle manifestazioni sopra ricordate: sarebbe un segnale importante per sostenere lo sport velico -:
quali intendimenti abbia circa la promozione ed il sostegno alla diffusione dello sport velico.
(4-03753)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che, in ordine alla competizione velica «Optirace Regatta della Volvo Cup», che si è tenuta dal 18 al 20 settembre 2009 a Laveno Mombello (Varese), non risulta essere stato richiesto da parte del circolo organizzatore (Lega navale di Varese) il patrocinio del Sottosegretario di Stato con delega allo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Appare evidente che, in assenza di specifica richiesta, necessaria per dare avvio al relativo procedimento, il patrocinio non sia stato concesso.
In merito alla promozione ed al sostegno alla diffusione dello sport velico, si fa presente che è stato assegnato un contributo di euro 200.000,00 con imputazione al Fondo eventi sportivi internazionali, istituito

dall'articolo 1, comma 1291, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'organizzazione del Campionato mondiale di vela 420, che si è tenuto sul lago di Garda dal 28 luglio al 5 agosto 2009.
A riprova dell'attenzione rivolta allo sport
de quo, il 14 dicembre 2009 sono stati ricevuti a Palazzo Chigi i dirigenti e l'equipaggio di Azzurra, vincitori a Nizza del Louis Vuitton Trophy, a cui il Governo aveva assicurato la partecipazione con la presenza del sottoscritto Sottosegretario con delega allo sport.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Rocco Crimi.

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in una precedente interrogazione (4/04247) l'interrogante scriveva - tra l'altro - che «in data venerdì 7 agosto 2009, in pieno esodo estivo e nel periodo più importante per il turismo che viaggia da e verso il nostro Paese, la società che gestisce gli Aeroporti di Roma ha annunciato che un "guasto al sistema di check-in" ha causato numerosi ritardi nei voli e disagi per i passeggeri» e chiedeva di sapere «quale sia la portata effettiva dei ritardi e dei disagi» e «quali azioni il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere per porre fine ai disagi» nonché «quali azioni il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere per verificare le cause dei disservizi» e «per evitare che il sovra-affollamento dell'aeroporto di Fiumicino continui a creare danni al Paese»;
a detta interrogazione il Ministro interrogato rispondeva - tra l'altro - «che in relazione alle problematiche dei servizi della Compagnia aerea italiana (Cai) si porta a conoscenza che dall'inizio di maggio l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha instaurato un tavolo tecnico di monitoraggio della puntualità e regolarità dei voli di Alitalia-AirOne che si riunisce settimanalmente per esaminare i dati su ritardi, cancellazioni, inconvenienti tecnici che procurano disagi ai passeggeri». Ed inoltre: «in occasione del periodo estivo 2009 lo scorso giugno è stato istituito il Comitato di monitoraggio sui disservizi relativi alla puntualità dei voli, alla loro regolarità e all'attività di assistenza a terra (restituzione bagagli)» ed infine che «Successivamente, in data 16 settembre si sono tenute presso l'Enac una serie di riunioni tecniche ed istituzionali in merito ai disservizi verificatisi quest'estate nell'Aeroporto di Roma Fiumicino ed alle misure e strategie da adottare per risolvere le criticità registrate.
All'esito di questi incontri i vertici dell'Enac hanno indicato la data dell'8 dicembre 2009 come il termine entro cui sarà valutata l'efficacia delle azioni poste in essere dagli operatori aeroportuali, con l'intento di riconsiderare gli interventi per minimizzare i disservizi durante il periodo natalizio» -:
quale sia l'esito del monitoraggio finora condotto;
se in previsione del periodo natalizio e approssimandosi la data dell'8 dicembre 2009 citata nella risposta del Ministro vi siano elementi di novità organizzative - e quali - atti a prevenire i numerosi disagi occorsi ai passeggeri nel periodo estivo.
(4-04846)

REGUZZONI e MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere quale sia l'esito delle valutazioni di cui l'ENAC ha dato conto in merito alle azioni degli operatori aeroportuali tese ad eliminare e perlomeno ridurre i disservizi sulle attività aeroportuali, citate nella risposta alla interrogazione del Ministro interrogato in data 27 novembre 2009 - interrogazione 4-03494.
(4-05405)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.


Per quanto riguarda il trasporto aereo, il periodo natalizio si è svolto senza particolari disservizi; ciò anche sulla base delle azioni di miglioramento organizzativo messe in atto da Aeroporti di Roma, Alitalia e gli altri
handler sull'aeroporto di Fiumicino.
Da ultimo l'Ente nazionale per l'aviazione civile fa sapere che le azioni infrastrutturali, fra cui l'installazione di una smistatrice bagagli di tipo automatico, sono tutt'ora in corso e ne sarà verificato il completamento entro l'inizio della stagione estiva 2010.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Varese-Como-Lecco rappresenta un'infrastruttura viabilistica molto utile ed importante: allo scopo si è costituito localmente un comitato promotore finanziato dalle Camere di Commercio e da numerose associazioni di categoria -:
se e come il Ministro intenda supportare lo studio e la realizzazione di un collegamento via gomma tra le città di Varese, Como e Lecco, anche allo scopo di detensionare la rete infrastrutturale che fa capo a Milano.
(4-05413)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si premette che il collegamento Varese-Como-Lecco è una infrastruttura di interesse della regione Lombardia. Tuttavia, al fine di fornire una risposta ai quesiti posti con l'atto ispettivo, si informa che alla luce delle informazioni pervenute al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, risulta che le camere di commercio di Varese, Como e Lecco e numerose associazioni di categoria hanno costituito un comitato promotore allo scopo di verificare la fattibilità di un nuovo collegamento viabilistico autostradale tra le città di Varese, Como e Lecco. A tal fine, il suddetto comitato ha commissionato un apposito studio di fattibilità.
Tale studio indaga una serie di tracciati alternativi, collegati in vario modo al lotto 1 della tangenziale di Varese e al lotto 1 della tangenziale di Como, così come previsti nel progetto definitivo dell'autostrada pedemontana lombarda approvato dal Cipe; complessivamente, il nuovo collegamento automobilistico andrebbe ad integrare le tangenziali di Varese e di Como, realizzando un unico tracciato tra l'autostrada A8 Milano-Varese e la viabilità
ex strada statale 36 Milano-Lecco, passando per l'autostrada A9 Milano-Como.
Dopo la presentazione dello studio di fattibilità da parte del comitato promotore, avvenuta in data 27 novembre 2009, la regione Lombardia ha attivato una serie di tavoli di confronto con gli enti territoriali interessati nell'ipotesi che il nuovo collegamento viabilistico Varese-Como-Lecco diventi un'autostrada a carattere regionale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SARUBBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
due anni e sei mesi fa, il 30 aprile 2006, una serie di frane sul versante settentrionale del monte Vezzi, nel comune di Ischia, causarono la morte di 4 persone ed il serio danneggiamento delle abitazioni di centinaia di persone conseguentemente sfollate;
con una ordinanza del 2 maggio 2006 il presidente del Consiglio dichiarò lo stato d'emergenza, nominando il presidente della regione Campania commissario delegato per la realizzazione dei primi interventi urgenti. Erano diretti al soccorso della popolazione, alla rimozione delle situazioni di pericolo e ad una ricognizione dei territori colpiti per stimare complessivamente i danni subiti e definire un piano di interventi di ripristino delle condizioni di sicurezza delle infrastrutture

danneggiate, dei beni pubblici e privati e degli interventi di stabilizzazione geologica del territorio;
si prevedeva che gli oneri relativi alla attuazione dell'ordinanza fossero inizialmente individuati in 2.000.000 di euro da prelevare dal fondo per la Protezione Civile «a titolo di anticipazione sulle maggiori somme che saranno all'uopo erogate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze ad integrazione del fondo stesso» (articolo 14, comma 1);
con ordinanza del 2 agosto 2006 il Commissario adottò il primo - che poi si è rivelato anche l'unico - stralcio degli interventi d'emergenza, per un totale di euro 2.300.000, e definì la stima complessiva per il completamento ed il ripristino delle infrastrutture in euro 13.076.757;
a fine ottobre dello stesso anno, il coordinatore della struttura commissariale dichiarava che per la cifra individuata non si fosse ancora trovata la copertura finanziaria; rimaneva in particolare aperto il problema degli alloggi per i 20 nuclei familiari sgombrati, a cui continuava ad essere vietato il rientro nelle proprie abitazioni;
il 4 luglio 2008, la presidenza del Consiglio dei ministri emetteva decreto di proroga dello stato di emergenza, richiamandosi alla nota del 1° luglio del Commissario delegato, nella quale veniva sollecitata anche la disposizione di un finanziamento pari a euro 24.800.000 per il completamento definitivo dei lavori e per la messa in sicurezza del versante settentrionale del monte Vezzi;
a distanza di due anni e mezzo dal tragico evento, si è riusciti a far rientrare nelle rispettive abitazioni solo 8 dei 20 nuclei familiari, peraltro in uno stato di assoluta precarietà, visto che il mancato completamento delle opere di stabilizzazione rende necessaria la rigida osservanza del regime di vigilanza e di prevenzione, che prevede l'evacuazione ogni qual volta sia comunicato lo stato di «attenzione» nell'ipotesi del verificarsi di eventi meteorologici anche di scarsa entità;
ci si trova oggi di fronte ad una situazione di stallo, relativo tanto allo sblocco dei fondi previsti quanto alla definizione progettuale degli interventi, a fronte del permanere della estrema instabilità geologica della zona, causata dalla mancata messa in sicurezza del versante settentrionale del monte Vezzi -:
se il Governo non ravveda l'urgenza si sbloccare immediatamente i fondi ed i progetti riguardanti la messa in sicurezza del territorio di Ischia, in considerazione anche dell'approssimarsi di una stagione invernale che si prevede soggetta a fenomeni meteorologici di particolare intensità.
(4-01560)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo, concernente i fondi per gli interventi nell'isola d'Ischia a causa di una frana del monte Vezzi, si fa presente quanto segue.
A seguito dell'evento franoso che ha interessato la frazione Pilastri del comune di Ischia è stato dichiarato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 maggio 2006, lo stato di emergenza nel territorio comunale di Ischia e prorogato, con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 giugno 2007, del 21 febbraio e del 4 luglio 2008 e del 27 marzo 2009, fino al 31 dicembre 2009.
Inoltre, con l'ordinanza n. 3521 del 2 maggio 2006 il Presidente della regione Campania è stato nominato commissario delegato al fine di fronteggiare la situazione emergenziale, mentre la gestione operativa dell'emergenza è stata affidata, dallo stesso Commissario, al settore regionale della protezione civile.
Per l'attuazione di tutte le attività previste dalla suddetta ordinanza 3521, è,stata assegnata la somma di 2.000.000,00 di euro e, con la delibera della giunta regionale n. 559 del 2 maggio 2006, la regione Campania ha stanziato ulteriori euro 300.000,00 per un totale di 2.300.000,00 euro.

Successivamente, con l'ordinanza commissariale n. 8 del 2006, è stato approvato il piano degli interventi infrastrutturali per il ripristino dei danni e la mitigazione del rischio idrogeologico in località Pilastri nel comune di Ischia e, considerando il finanziamento disponibile di 2,3 milioni di euro, è stato redatto il seguente piano stralcio:

Attività Fondi Regionali Fondi Nazionali Totale Spese sostenute
Spese di prima emergenza ed interventi di somma urgenza.   € 700.000,00 € 700.000,00 € 832.753,16
Interventi di somma urgenza disposti dal Comune di Ischia.   € 0,00 € 0,00 € 400.000,00
Primi interventi prioritari del programma delle opere.   € 950.000,00 € 950.000,00 € 0,00
Contributi ai nuclei familiari ed attività produttive.   € 350.000,00 € 350.000,00 € 288.288,98
Spese per finanziamento struttura commissariale, attività progettuali, servizi di ingegneria ed informatici, indagini geologiche e geotecniche. € 300.000,00   € 300.000,00 € 750.789,07
TOTALE... € 300.000,00 € 2.000.000,00 € 2.300.000,00 € 2.271.831,21

In data 16 gennaio 2009 la struttura commissariale ha riferito che è stato predisposto un piano di emergenza per l'area del Monte Vezzi, approvato con decreto del dirigente del settore protezione civile della regione Campania n. 2 del 22 gennaio 2008, e inviato al comune di Ischia.
Il piano ha avuto il sussidio di un sistema di monitoraggio pluviometrico che ha consentito di allertare la popolazione in occasione di particolari avverse condizioni meteo.
Inoltre, sempre sulla base di quanto comunicato dalla suddetta struttura, sono stati richiesti ulteriori fondi per la realizzazione delle seguenti opere:

a) Sistemazione idrogeologica dell'area di Monte Vezzi nell'isola di Ischia interessata dai fenomeni franosi del 30 aprile 2006 € 13.200.000,00
b) Delocalizzazione impianto di compattazione dei r.s.u. € 7.000.000,00
c) Realizzazione di n. 20 unità abitative da delocalizzare € 3.000.000,00
  TOTALE... € 23.200.000,00

Con successiva nota n. 5772 del 27 ottobre 2009 il suddetto Presidente della regione ha rappresentato l'opportunità di proseguire le attività nel territorio e, a tal proposito, ha chiesto la predisposizione di un provvedimento che permetta lo stanziamento di circa 24 milioni di euro.
Lo stato di emergenza nel territorio di Ischia è scaduto il 31 dicembre 2009.
Successivamente, con l'articolo 9 dell'ordinanza n. 3849 del 6 marzo 2010, il dottor Mario Pasquale De Biase è stato nominato commissario delegato per il completamento, entro il 31 dicembre 2010, di tutte le iniziative necessarie al definitivo superamento dei contesti di criticità in atto nei territori dei comuni di Ischia (Napoli), frazione Pilastri, Montaguto (Avellino) e Nocera Inferiore (Salerno), di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri nn. 3521 del 2006, 3532 del 2006 e 3485 del 2005 e successive modifiche ed integrazioni.
Per l'espletamento delle iniziative di competenza, il commissario delegato si deve avvalere, in qualità di soggetto attuatore, dell'Agenzia regionale campana per la difesa del suolo (Arcadis).
Agli oneri necessari per la realizzazione delle iniziative di cui al suddetto articolo 9, si provvede a valere sulle risorse di cui al Fondo aree sottoutilizzate FAS 2007/2013 di spettanza della medesima regione, nel limite massimo di 38.200.000,00 euro, nonché sulle residue risorse disponibili sul fondo regionale di protezione civile.
Per quanto attiene alla realizzazione della rete fognaria nell'area di Monte Vizzi, sulla base della documentazione in possesso del Dipartimento della protezione civile, la regione Campania - settore acque ha garantito la copertura finanziaria dei lavori per l'importo di euro 750.000,00.
Tali lavori rientrano nell'ambito del piano degli interventi di ripristino dei danni, predisposto dalla regione Campania settore protezione civile, a seguito delle ricognizioni sul territorio effettuate successivamente all'evento franoso.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

SCHIRRU. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 313 del 2004 gli operatori del settore apistico hanno visto riconosciuti i meriti di un lunghissimo lavoro che definisce il settore apistico come «attività d'interesse nazionale, utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale, finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità»;
la Finanziaria 2007, all'articolo 1, comma 1066 prevedeva: «Agevolazioni fiscali all'apicoltura. Accisa agevolata su gasolio e benzina in favore degli imprenditori che esercitano l'apicoltura nomade. Le modalità di accesso all'agevolazione saranno stabilite da un decreto Politiche agricole, d'intesa con il ministero dell'economia»;
la Finanziaria 2008 contiene il rifinanziamento del piano apistico nazionale nel biennio 2008-2009 con la previsione di due milioni di euro/anno. Tale provvedimento è un primo importante segnale di sostegno all'apicoltura che vive un momento di difficoltà causato da fattori diversi, produttivi e di mercato. Con questo atto da parte del Senato e del Governo si riafferma l'importanza del settore e la volontà di sviluppare politiche specifiche di sostegno per la sua sopravvivenza;
considerati i punti l) incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del nomadismo e p) incentivazione dell'insediamento e della permanenza dei giovani nel settore apistico dell'articolo 5 della citata legge n. 313 del 2004;
come prospettato ora, il riconoscimento dell'assegnazione del gasolio agricolo per l'apicoltura è limitato alle sole trattrici agricole. A causa della lunghezza dei tragitti, basti pensare al caso specifico della Regione Sardegna in cui gli spostamenti interessano diverse centinaia di chilometri, dalla pianura alla montagna, sarebbe difficile raggiungere le arnie e trasferire le api servendosi di un trattore agricolo, poiché, tralasciando la lentezza del mezzo, si deve tenere conto soprattutto

delle norme di sicurezza sulla circolazione stradale, che vietano la circolazione dei mezzi agricoli sulle strade statali -:
se non ritenga opportuno valutare l'ipotesi di un articolato per il riconoscimento dell'assegnazione del gasolio agricolo anche per l'apicoltura, in funzione della pratica del nomadismo, con assegnazione di almeno dodici litri di gasolio per arnia movimentata e la possibilità che il gasolio possa venire impiegato sui mezzi che effettivamente vengono utilizzati per tale pratica (camion e veicoli 4x4 attrezzati di rimorchio, da dichiarare eventualmente nella domanda di assegnazione).
(4-02420)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, si fa presente che il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha comunicato quanto segue.
L'aliquota di accisa ridotta sul gasolio è stata riconosciuta agli apicoltori, agli imprenditori apistici ed agli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo con l'articolo 1, comma 1066, della legge finanziaria 2007, che ha esteso, così, al settore apistico i benefici già previsti per tutti gli altri settori dell'agricoltura.
Questa amministrazione ha provveduto a predisporre lo schema di regolamento concernente le modalità di applicazione dell'aliquota agevolata come previsto dalla citata legge finanziaria 2007.
Con tale provvedimento si definiscono le modalità per l'accesso all'agevolazione da parte degli apicoltori, degli imprenditori apistici e degli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo con l'utilizzo degli autoveicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettere
d), e), h), ed i), del decreto legislativo n. 285 del 1982, adibiti in via permanente ed esclusiva al trasporto delle api e sono disciplinati altresì gli adempimenti di natura tecnico/fiscale per l'ammissione all'agevolazione e le modalità di fruizione del beneficio.
I veicoli in questione, sono i seguenti:
1) autocarri, di cui alla lettera
d): veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all'uso o al trasporto delle cose stesse;
2) trattori stradali, di cui alla lettera
e): veicoli destinati esclusivamente al traino di rimorchi o semirimorchi;
3) autotreni, di cui alla lettera
h): complessi di veicoli costituiti da due unità distinte, agganciate, delle quali una motrice;
4) autoarticolati, di cui alla lettera
h): complessi di veicoli costituiti da un trattore e da un semirimorchio.

Per quanto concerne i quantitativi da assegnare ai beneficiari, è stato stimato che il consumo specifico massimo annuo necessario per lo spostamento di ogni alveare con i predetti autoveicoli in 2,0 litri di gasolio, in relazione alla tipologia, alla modalità ed all'entità degli spostamenti effettuati dagli apicoltori, dagli imprenditori apistici e dagli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo.
Questa amministrazione, dopo aver ottenuto il parere della Ragioneria generale dello Stato e del Consiglio di Stato, ha inviato, in data 1o aprile 2008, lo schema di regolamento al ministero dell'economia e delle finanze, che lo ha restituito, con la richiesta di apportare talune modifiche, in data 13 maggio 2009.
Il decreto interministeriale è stato inviato al citato ministero economico, per l'intesa, in data 21 dicembre 2009.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da una inchiesta pubblicata sul noto quotidiana nazionale La Stampa attraverso gli articoli del 13 maggio 2009 «Amici e parenti la grande famiglia della Forestale», 14 maggio 2009 «Scandalo Forestale in Procura» e 15 maggio 2009 «Quella mattina tra regolamenti di conti e insulti - Nel 2008 l'UGL denuncia abusi. L'indomani trova l'ufficio distrutto», si è avuto modo di apprendere di fatti gravissimi

che riguarderebbero la gestione del Corpo forestale dello Stato, nonché le procedure di selezione, in riferimento ad alcune ultime assunzioni nella pianta organica del suddetto Corpo;
più specificamente detta grave e incresciosa situazione, come si apprende da La Stampa, sembrerebbe riguardare, tra le innumerevoli anomalie, anche i trasferimenti e le determinazioni delle piante organiche;
se trovasse conferma quanto sembra essersi verificato nell'ufficio dell'UGL, così come riportato dal quotidiano La Stampa, con risvolti di violenze anche personali, saremmo senz'altro di fronte ad una vera e propria rappresaglia nei confronti di chi ha avuto il coraggio di denunciare gravi fatti illeciti e illegittimi;
dalla stessa inchiesta si apprende, altresì, che il Consiglio di amministrazione del Corpo forestale avrebbe proceduto recentemente ad una serie di promozioni e, tra queste, in particolare, otto dei nove candidati selezionati e promossi proverrebbero dal nord Italia, soprattutto dal Veneto, con un forte squilibrio della rappresentanza per il resto del Paese;
detta grave incresciosa situazione è tanto più preoccupante in quanto non investe il vertice apicale di un qualsiasi ramo della pubblica amministrazione, ma segnatamente quello di uno dei cinque corpi di polizia della Repubblica italiana;
il protrarsi del suddetto stato di cose già di per sé inammissibile, con enorme danno e disdoro all'immagine dello Stato italiano, della pubblica amministrazione e delle Forze di polizia, se non troverà adeguata risposta nelle istituzioni costituirà un ulteriore gravissimo cattivo esempio per i cittadini messo in atto proprio da chi dovrebbe rappresentare le istituzioni e tanto più grave in considerazione dell'eventuale coinvolgimento dei vertici di un corpo di polizia ed aumenterà ancora di più il sentimento di distanza e di diffidenza dei governati nei confronti dei governanti;
in un paese normale, civile e democratico, quale dovrebbe essere l'Italia, fatti del genere richiedono una severa analisi per accertare tutte le irregolarità eventualmente riscontrabili, con i conseguenti provvedimenti che il caso richiede -:
se il Governo e il Ministro interrogato siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali provvedimenti urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, si intendano adottare al fine di verificare la correttezza e la trasparenza di ogni fase dei procedimenti relativi ai concorsi ed alle promozioni indicati in premessa, accertando eventuali abusi e favoritismi nell'espletamento di tali selezioni, dei trasferimenti e delle determinazioni delle piante organiche del personale ad ogni livello, sia pure periferico;
quali azioni verranno intraprese per comminare le previste sanzioni ai presunti responsabili, al fine di garantire la piena legittimità delle procedure e degli incarichi ricoperti, così ripristinando la fiducia nelle istituzioni che appare gravemente compromessa dai fatti.
(4-03418)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Corpo forestale dello Stato ha rappresentato quanto segue.
I concorsi, pubblici e di progressione interna, si svolgono e si sono svolti nel più assoluto rispetto delle modalità procedurali fissate dalle leggi in materia, ispirate ai principi posti a tutela della imparzialità del meccanismo di reclutamento e del buon andamento dell'azione amministrativa attraverso la rigorosa selezione del personale più idoneo all'espletamento delle funzioni.
Assolve a tale compito l'organo collegiale della commissione esaminatrice che, sovrana nelle proprie determinazioni, sempreché rispettose dei principi sopra menzionati, assicura la massima qualificazione professionale.
Nelle fattispecie indicate, sono stati posti in essere tutti gli accertamenti dovuti per la verifica della correttezza e della trasparenza,

che hanno trovato pieno riscontro nell'operato di questa amministrazione e degli organi preposti alle selezioni, svoltesi nel pieno rispetto delle procedure e dei principi posti a garanzia della efficienza.
Si rileva inoltre che, sui fatti aventi rilevanza disciplinare si pronuncia, anche su impulso del servizio ispettivo del Corpo forestale dello Stato, la preposta commissione di disciplina la quale viene prontamente investita ogni qualvolta se ne presentino le circostanze.
Anche in questo caso, per le fattispecie denunciate, sono stati effettuati i dovuti accertamenti che hanno portato all'avvio di procedimenti disciplinari con conseguente irrogazione di sanzioni nei confronti dei responsabili ed all'invio della documentazione alla procura della Corte dei conti.
Per quanto concerne le presunte irregolarità nelle procedure di formazione del personale del Corpo forestale, giova ricordare che esse sono ispirate a criteri predeterminati dall'amministrazione e resi noti alle organizzazioni sindacali, al fine di garantire la trasparenza, evitare un esercizio arbitrario del potere e garantire il perseguimento dell'interesse pubblico generale.
Nella fattispecie, l'attribuzione delle funzioni dirigenziali è stata correntemente orientata a colmare posti vacanti ed è notorio che il Veneto, tra le altre regioni del Nord Italia, è cronicamente sguarnito di personale direttivo.
Da ultimo, si precisa che i candidati selezionati sono stati 348 per 68 posti disponibili (e non «otto dei nove» come indicato in interrogazione).

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione repubblicana si impegna, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma secondo, a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
la stessa Costituzione prevede all'articolo 16 che «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche»;
ed ancora l'articolo 41 della Costituzione, al comma secondo, avverte che l'iniziativa economica privata «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;
la situazione dei trasporti, in particolare di quelli ferroviari e marittimi, in cui versa Messina e comprensorio appare allarmante e con segnali di evidente degrado;
tale risultato è senz'altro frutto della politica messa in atto dalle Ferrovie dello Stato, inequivocabilmente incentrata sul progressivo smantellamento del servizio, con inevitabili ricadute sull'utenza, sul personale impiegato e, più in generale, sulle esigenze di mobilità dei cittadini;
la dismissione di una nave per il trasporto nello stretto di Messina a far data dal 15 giugno 2009 è indice della politica adottata, che ha prodotto immediati disagi agli utenti del servizio di lunga percorrenza sia per il settore passeggeri che per quello destinato al trasporto merci;
oltretutto gli effetti deleteri sopra delineati investono direttamente il personale impiegato nel settore sia marittimo che ferroviario, con ricadute negative sotto il profilo occupazionale per l'intero comparto;

desta notevole preoccupazione, anche e soprattutto alla luce dei recenti tragici accadimenti di Viareggio, la constatazione che la stazione di Messina, situata nel cuore del centro cittadino, risulterebbe impiegata in modo anomalo quale snodo cruciale per il transito di merci provenienti dai poli del petrolchimico di Gela e Priolo;
dalla lettura di quanto riportato all'interno di un articolo del noto quotidiano Gazzetta del Sud del 2 luglio 2009, si colgono segnali di forte e manifesta preoccupazione sulle modalità operative del suddetto trasporto che interessano in specie la stazione ferroviaria di Messina centrale;
il quadro delineato dal puntuale intervento a cura delle rappresentanze della Cisl, della Federazioni trasporti e dei responsabili del settore ferrovie della Fit-Cisl, e, prima che sconfortante, di una gravità assoluta anche in considerazione del quotidiano e rilevante numero di passeggeri che usufruiscono dei mezzi ferroviari e dei servizi presenti in stazione;
si apprende, tra l'altro, di binari e scali privi di adeguata manutenzione, sui quali permarrebbero per un periodo di tempo cospicuo, da 24 sino a 48 ore, numerosi carri-cisterne all'interno dei quali sarebbero contenute merci pericolose come gas di petrolio liquefatto, acido solforico, propilene ed in ogni caso agenti infiammabili e chimici di forte impatto e pericolosità ambientale;
tale allarmante situazione sarebbe agevolata dalla scriteriata ed imponente riduzione dei lavoratori addetti alle attività di manovra e di traghettamento, con conseguente permanenza dei convogli in prossimità della stazione, nella lunga attesa di una nave per il traghettamento;
a ciò si aggiunga la precarietà dei binari utilizzati quali improprio ricovero dei suddetti mezzi, che infatti risultano tout court interdetti al transito per vetustà o altrimenti utilizzabili a velocità moderatissima di circa 10 km/h;
peraltro tale situazione, ormai limite, permane da diverso tempo se è vero che diversi episodi, fortunatamente risolti in breve tempo senza danni, si sarebbero comunque verificati nel corso degli anni 2006 e 2007, richiedendo il pronto intervento delle unità locali dei Vigili del fuoco -:
di quali dati disponga il Governo in merito alla situazione generale della stazione di Messina riguardante il trasporto, i servizi e la prospettiva occupazionale, sia sotto il profilo del trasporto su rotaia che su nave, con espresso riferimento all'adeguata manutenzione delle opere e dei mezzi a ciò preposti;
quali dati siano disponibili in ordine ai tempi di percorrenza stimati per il traghettamento tra la sponda siciliana e quella calabrese e se essi risultino adeguati per consentire un ordinato e regolare traffico di persone e merci, anche in considerazione dell'incremento delle stesso dovuto al periodo estivo;
se il Governo abbia contezza delle modalità di permanenza dei convogli-cisterne, contenti materiale esplosivo e/o pericoloso per l'incolumità pubblica, nei pressi della suddetta stazione ferroviaria e quali misure e/o protocolli di sicurezza siano in atto;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire la normale operatività delle attività e dei servizi effettuati nella stazione di Messina, senza alcun nocumento e/o esposizione al maggior rischio di incolumità personale per tutti gli utenti ed il personale operante in loco.
(4-03449)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Secondo la normativa vigente, poiché lo scalo di Messina non rientra nella categoria degli scali terminali per merci pericolose ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente 20 ottobre 1998, la permanenza di carri carichi contenenti merci pericolose deve essere limitata ai tempi tecnici strettamente

necessari alle operazioni connesse al trasporto ed alla consegna al destinatario. Anche se la norma non definisce un intervallo di tempo massimo è necessario che l'impresa ferroviaria che effettua il trasporto e il gestore dell'infrastruttura che gestisce lo scalo adottino tutte le misure per limitare al più breve tempo possibile la permanenza dei carri in questi scali.
In alcune circostanze l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf) è intervenuta richiamando il gestore dell'infrastruttura (Rete ferroviaria italiana - Rfi) e le imprese ferroviarie perché tali tempi fossero più contenuti.
Dall'analisi sugli incidenti e inconvenienti occorsi presso la stazione di Messina, non risultano essersi verificati svii connessi con lo stato dell'infrastruttura negli ultimi 24 mesi e in precedenza, quelli che hanno coinvolto carri contenenti merci pericolose sono in numero piuttosto limitato e solo in un caso si è registrata una fuoriuscita di prodotto; tale risultato può essere messo in relazione al programma di rinnovamento dei binari e dei deviatoi di stazione di Messina, iniziato da Rete ferroviaria italiana nel 2008 e attualmente in corso.
Inoltre, l'Ansf ha emesso a livello nazionale provvedimenti mitigativi di carattere generale sulle attività di manovra, che interessano anche gli aspetti relativi agli inconvenienti verificatisi nello scalo di Messina e legati all'esecuzione delle operazioni di manovra per la composizione e scomposizione dei treni. Anche per questa tipologia di eventi, solo in pochissimi casi risultano essere stati coinvolti carri contenenti merci pericolose ed in nessun caso è avvenuta una fuoriuscita del prodotto.
Gli eventi connessi al trasporto di merci pericolose occorsi nello scalo di Messina risultano in linea con l'andamento del fenomeno registrato a livello nazionale negli ultimi anni. Si tratta, sostanzialmente, di rilasci legati a problematiche in fase di carico del carro o di difetti delle cisterne che trasportano le merci.
Sull'argomento l'Ansf ha sollecitato le imprese ferroviarie perché adottino provvedimenti finalizzati ad una riduzione degli eventi legati a perdite da carro-cisterne chiedendo di coinvolgere gli altri attori della catena del trasporto di merci pericolose previsti dalla normativa di settore (caricatore, detentore, mittente, eccetera), con i quali l'Agenzia non ha rapporti diretti.
In particolare, per quanto attiene alla fase di carico, che pure avviene presso impianti industriali esclusi dalla circolazione ferroviaria, le imprese ferroviarie sono state richiamate ad occuparsi della formazione del personale, quantunque quest'ultimo non sia direttamente dipendente dalle stesse imprese.
Per quanto attiene ai difetti delle cisterne, l'Ansf in accordo con il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha in atto un'azione di monitoraggio e vigilanza dei controlli sui serbatoi a seguito di interventi manutentivi (riparazione di valvole e interventi sul passo d'uomo).
Inoltre, l'Agenzia ha imposto a tutte le imprese ferroviarie italiane un controllo suppletivo alla frontiera all'atto dell'acquisizione dei trasporti provenienti dall'estero di merci pericolose in ferro-cisterne, data l'anomalia riscontrata su questa tipologia di trasporti.
Infine, si comunica che l'Ansf ha intrapreso un programma di verifiche ispettive puntuali sul campo, in merito ad alcune problematiche emerse come particolarmente sensibili per la sicurezza del sistema ferroviario (manovre, trasporto di merci pericolose, eccetera) che si affianca all'attività di
audit che l'Agenzia conduce sui processi che hanno impatto sulla sicurezza ferroviaria, compresa l'attività di manutenzione dell'infrastruttura.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SIRAGUSA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dopo 22 anni dai referendum del 1987, con i quali gli italiani dissero «no» all'atomo, il Governo italiano ha deciso di riaprire la strada del nucleare;
il 24 febbraio 2009 è stato firmato a Villa Madama, a Roma, dal Presidente del

Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, e dal Presidente francese Nicholas Sarkozy, l'accordo di cooperazione sull'energia nucleare tra Italia e Francia, che dovrebbe portare alla costruzione in Italia di almeno quattro centrali nucleari di terza generazione «European Pressurized Water Reactor» (Epr) entro il 2020;
il Parlamento ha approvato, col voto contrario del Pd, il complesso di norme che consentono il ritorno al nucleare in Italia;
a fronte di vantaggi incerti e discutibili, il ritorno al nucleare porterebbe rischi certi: i problemi irrisolti del nucleare legati allo smaltimento delle scorie, ai costi esorbitanti per la realizzazione degli impianti, ai pericoli di proliferazione, procedure quasi militari per la localizzazione e la gestione di siti e impianti, estromissione delle regioni sulle scelte localizzative;
l'articolo 25 della legge n. 99 del 2009 prevede la costruzione di impianti per la produzione di elettricità da energia nucleare e la realizzazione di strutture per la messa in sicurezza di rifiuti radioattivi. Secondo la norma tutte le opere sono soggette ad un'autorizzazione unica, rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza unificata. Gli enti locali sono chiamati a pronunciarsi al termine di un procedimento al quale partecipano le Amministrazioni interessate. Non sono però previsti accordi vincolanti tra Governo e territorio. L'Esecutivo può inoltre sostituirsi a regione ed enti locali in caso di loro disaccordo sulla localizzazione scelta per gli impianti;
secondo gli enti locali la disposizione, escludendo le regioni dal processo decisionale su localizzazione degli impianti, smaltimento delle scorie radioattive e smantellamento delle strutture non più in attività, infrange non solo il Titolo V della Costituzione, che prevede poteri concorrenti in materia di governo del territorio, ma anche il principio di leale collaborazione;
l'intesa con gli enti locali, lamentano le Regioni, è prevista solo per la costruzione e l'esercizio degli impianti. Al contrario la Conferenza unificata non può pronunciarsi sulla localizzazione dei siti, che vengono equiparati ad aree militarizzate gestite da privati;
le regioni Calabria, Toscana, Liguria e Piemonte hanno impugnato di fronte alla Corte costituzionale la legge 99 del 2009;
la localizzazione dei siti delle nuove centrali nucleari è tanto più problematica viste le condizioni morfologiche del territorio italiano, con molte aree ad alta sismicità e un pervasivo dissesto idrogeologico;
alla pressante richiesta dell'opinione pubblica che chiede di sapere dove sorgeranno le future centrali nucleari, il Governo finora non ha risposto;
tra le ipotesi si è ventilata l'individuazione di Termini Imerese quale possibile sito per la costruzione di un nuovo impianto nucleare;
mentre l'Italia sceglie di ritornare dopo vent'anni all'energia nucleare, nel mondo i grandi Paesi industrializzati incentrano le proprie politiche di innovazione energetica sul risparmio, sulle fonti rinnovabili, sulla ricerca, vedendo in tali opzioni le strade maestre per fronteggiare i problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e per rendere le proprie economie più moderne e competitive -:
se l'impianto previsto per Termini Imerese sia di 3° o 4° generazione;
se sia stato considerato il rischio connesso all'intensità abitativa dell'area di Termini ed alla vicinanza (40 chilometri) a Palermo e alle altre città siciliane di Caltanissetta e Catania;
se sia stata considerata la sismicità della zona, considerati gli eventi tellurici, le presenze vulcaniche della Sicilia e delle

sue isole minori, nonché gli eventi di instabilità idrogeologica;
se sia stato considerato l'effettivo fabbisogno energetico della Sicilia, tenuto conto della sovrapproduzione degli impianti siciliani;
se siano state considerate le alternative alla scelta nucleare, visto - a regime - il previsto mero apporto di circa il 15 per cento del fabbisogno nazionale, quando tale cifra potrebbe essere coperta da un'ottimizzazione dell'impiego di fonti rinnovabili e del risparmio energetico;
se sia stato contestualmente previsto un idoneo piano energetico, regionale e nazionale, ove sia considerato il bilancio energetico di tutti i diversi tipi di fonte energetica, nonché del risparmio e una maggiore efficienza energetica dei consumi.
(4-04965)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, il Governo, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 25 della legge sviluppo (legge n. 99 del 2009), ha predisposto uno schema di decreto legislativo, per definire le diverse fasi del programma nucleare italiano.
Tale schema di decreto (ora decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31), dopo l'esame delle competenti Commissioni parlamentari e la convocazione della Conferenza unificata per l'acquisizione del relativo parere, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010.
Quanto al contenuto di detto decreto si ribadisce che il Governo, con questo provvedimento, ha avuto come obiettivo prioritario quello di porre le basi legislative per una maggiore garanzia della sicurezza degli impianti nucleari, della tutela della salute della popolazione e degli operatori e della protezione dell'ambiente, non certo quello di stilare degli elenchi di siti candidati ad ospitare detti impianti.
Dunque, il riferimento contenuto nell'atto in esame «sull'ipotesi di aver individuato Termini Imerese quale possibile sito per la costruzione di un nuovo impianto nucleare», non appare appropriato. Infatti il citato decreto legislativo prevede che l'Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn), istituita dall'articolo 29 della «legge sviluppo» (legge 23 luglio 2009, n. 99), definisca soltanto i parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee ad ospitare un sito nucleare, sulla base dei contributi e dei dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, ivi incluse le università.
Tali parametri saranno, successivamente, approvati dal Governo, unitamente al documento programmatico sulla strategia nucleare, sulla base di una procedura di consultazione pubblica ed istituzionale che coinvolgerà tutti gli enti ed i soggetti interessati, nonché della valutazione ambientale strategica, agli esiti delle quali i parametri suddetti dovranno essere adeguati.
Solo dopo il completamento di tale procedura potrà avvenire, secondo quanto stabilito dallo schema di decreto, l'individuazione dei siti, peraltro ad iniziativa e sulla base di specifica richiesta degli operatori interessati.
Spetterà, conseguentemente, all'Agenzia l'esame della rispondenza dei siti proposti ai criteri ed ai parametri individuati e la conseguente certificazione degli stessi, che sarà successivamente sottoposta dal Governo all'intesa con la regione interessata e con la Conferenza unificata, ai fini dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio delle centrali, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli territoriali di governo.
In base a quanto precisato, risulta evidente che la scelta dei siti non viene operata dal Governo ma viene rimessa ad apposite procedure dettate dal decreto che coinvolgeranno i ministeri competenti, in particolare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, gli enti locali e gli operatori interessati.
Riguardo all'opportunità suggerita nell'atto in argomento, di considerare scelte alternative a quella del nucleare, si conferma

quanto più volte ribadito in merito alla copertura del fabbisogno energetico nazionale e all'apporto del nucleare. Il programma energetico cui si fa riferimento, prevede, infatti, a regime, un mix produttivo composto, per il settore elettrico, per un 25 per cento da nucleare, per un 25 per cento da fonti rinnovabili (oggi al 19 per cento), e per un 50 per cento da fonti fossili (oggi all'81 per cento).
Gli obiettivi del piano di rilancio del nucleare sono, dunque, volti al riequilibrio del
mix produttivo italiano nel settore elettrico, che è oggi troppo sbilanciato sui combustibili fossili e, quindi, troppo legato alle importazioni dall'estero, nonché alla stabilizzazione dei prezzi dell'energia elettrica, attualmente molto dipendenti dai corsi dei prezzi del petrolio. Inoltre, il nucleare risponde alla necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto-serra, secondo gli impegni internazionali condivisi dall'Italia. Senza il ricorso all'energia nucleare, difficilmente tali obiettivi potranno essere efficacemente conseguiti su vasta scala.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

SIRAGUSA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel richiamare l'atto di sindacato ispettivo n. 4-04965 già presentato dall'interrogante, si rileva che il Governo attualmente in carica assegna, nelle strategie energetiche dell'Italia, un ruolo centrale al rilancio della fonte nucleare sulla base delle tecnologie attualmente disponibili. Tale scelta viene presentata come in grado di fornire significative quantità di energia elettrica a prezzi molto più bassi degli attuali;
il Partito Democratico ritiene che la soluzione non sia un ritorno al nucleare che, a questo stato di tecnologia, comporta costi elevati, tempi molto lunghi, problemi legati allo smaltimento delle scorie radioattive;
è invece necessario puntare in via prioritaria su efficienza, risparmio energetico, innovazione tecnologica, fonti rinnovabili per affrontare le sfide che il Paese ha davanti a cominciare dalla necessità, ribadita nel summit mondiale sul clima di Copenaghen, di ridurre drasticamente le emissioni di CO2. A tal fine è necessario accompagnare, aiutare, sostenere le scelte di imprese, istituzioni, cittadini che consentono di migliorare la qualità della vita e la competitività della nostra economia, cogliendo opportunità offerte dalla green economy;
la scelta nucleare fu a suo tempo bocciata dai cittadini italiani con il referendum del 1987, quindi una sua riproporzione richiede grande cautela anche dal punto di vista democratico. Il Governo ha invece varato una norma che, caso unico nei Paesi occidentali, prevede la possibilità di avviare la costruzione di una centrale nucleare o di un impianto di trattamento di scorie anche in presenza di un parere contrario delle istituzioni locali e delle regioni interessate, militarizzando inoltre i siti scelti. Undici regioni (Lazio, Marche, Umbria, Basilicata, Puglia, Calabria, Toscana, Liguria, Emilia-Romagna e Piemonte, Campania) hanno avanzato ricorso alla Corte costituzionale nei confronti di questa norma;
il 19 gennaio 2010, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità un ordine del giorno presentato da alcuni deputati del Partito Democratico, che impegna il governo regionale a impedire la «costruzione di centrali nucleari in Sicilia»;
l'Agenzia per la sicurezza nucleare (peraltro neanche prevista inizialmente e inserita solo successivamente dopo un'increscioso «balletto» tra Ministeri sul attribuzione dei posti o le cui delicate funzioni meglio sarebbero state svolte da un'autorità indipendente) risulta finanziata nei prossimi tre anni un importo, ad avviso dell'interrogante, ridicolo, cosa che ne compromette la reale operatività;
durante il question time del 13 gennaio 2009, il Governo, rispondendo all'interrogazione

a risposta immediata 3-00833 a prima firma dell'onorevole Ermete Realacci, non ha, a giudizio dell'interrogante, fornito una risposta chiara circa l'elenco dei siti individuati per la produzione di energia nucleare, e non ha smentito che la lista in via di predisposizione ricalchi quella definita dal Comitato nazionale per l'energia nucleare nel 1979;
i tempi per l'individuazione dei siti da parte dei soggetti interessati alla costruzione di impianti sono tali da non rendere possibile un confronto trasparente e democratico su tale tema in occasione delle prossime elezioni regionali. Pur, ovviamente, in presenza di orientamenti già consolidati da parte dei soggetti proponenti: l'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, che ad esempio recentemente dichiarato in una trasmissione televisiva (Effetto Domino del 6 dicembre 2009) in onda su La7): «ho idea di quali siano i possibili siti ma non li rivelerò nemmeno sotto tortura»;
non sono cambiati nel corso degli ultimi anni i criteri fondamentali per rendere un sito idoneo alla realizzazione di un impianto nucleare a cominciare dalla bassa sismicità, da una relativamente bassa densità abitativa, dalla disponibilità di grandi quantitativi di acqua. Né sono cambiate le caratteristiche geofisiche del nostro Paese;
tra i siti potenzialmente idonei per la costruzione di impianti nucleari in Italia la «mappa siti Comitato nazionale per l'energia nucleare del 1979», per la Sicilia individua: la zona costiera intorno al comune di Licata (Agrigento); la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Ragusa); la zona costiera intorno a Gela (Caltanissetta); la zona costiera a sud di Mazara del Vallo (Trapani) -:
se il Governo ritenga che la mappa dei siti per la realizzazione degli impianti per la produzione di energia nucleare che l'istituenda Agenzia per la sicurezza nucleare dovrà realizzare possa essere diversa da quella redatta dal Comitato nazionale per l'energia nucleare ai sensi della legge n. 23 del 1975;
se tra quelli individuati possano esserci siti siciliani, come quelli indicati dal Comitato nazionale per l'energia nucleare o altri, come Termini Imerese, come si è letto sulla stampa;
se il Governo terrà conto della volontà espressa dalla Regione Siciliana di rimanere territorio «denuclearizzato».
(4-05853)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, il Governo, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 25 della legge sviluppo (legge n. 99 del 2009), ha predisposto uno schema di decreto legislativo, per definire le diverse fasi del programma nucleare italiano.
Tale schema di decreto (ora decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31), dopo l'esame delle competenti Commissioni parlamentari e la convocazione della Conferenza unificata per l'acquisizione del relativo parere, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010.
Quanto al contenuto di detto decreto si ribadisce che il Governo, con questo provvedimento, ha avuto come obiettivo prioritario quello di porre le basi legislative per una maggiore garanzia della sicurezza degli impianti nucleari, della tutela della salute della popolazione e degli operatori e della protezione dell'ambiente, non certo quello di stilare degli elenchi di siti candidati ad ospitare detti impianti.
Dunque, il riferimento contenuto nell'atto in esame sull'ipotesi che «tra i siti individuati possano esserci siti siciliani, come quelli individuati dal Cnen o quello di Termini Imerese» per la costruzione di nuovi impianti nucleari, non appare appropriato. Infatti, il citato decreto legislativo prevede che l'Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn), istituita dall'articolo 29 della «legge sviluppo» (legge 23 luglio 2009, n. 99), definisca soltanto i parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche

cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee ad ospitare un sito nucleare, sulla base dei contributi e dei dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, ivi incluse le università.
Tali parametri saranno, successivamente, approvati dal Governo, unitamente al documento programmatico sulla strategia nucleare, sulla base di una procedura di consultazione pubblica ed istituzionale che coinvolgerà tutti gli enti ed i soggetti interessati, nonché della valutazione ambientale strategica, agli esiti delle quali i parametri suddetti dovranno essere adeguati.
Solo dopo il completamento di tale procedura potrà avvenire, secondo quanto stabilito dallo schema di decreto, l'individuazione dei siti, peraltro ad iniziativa e sulla base di specifica richiesta degli operatori interessati.
Spetterà, conseguentemente, all'Agenzia l'esame della rispondenza dei siti proposti ai criteri ed ai parametri individuati e la conseguente certificazione degli stessi, che sarà successivamente sottoposta dal Governo all'intesa con la regione interessata e con la Conferenza unificata, ai fini dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio delle centrali, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli territoriali di governo.
In base a quanto precisato, risulta evidente che la scelta dei siti non viene operata dal Governo ma viene rimessa ad apposite procedure dettate dal decreto che coinvolgeranno i ministeri competenti, in particolare il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, gli enti locali e gli operatori interessati.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

STUCCHI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
come apparso oggi 28 luglio 2009 sul sito web de Il Corriere della Sera, il direttore di un albergo di Madonna di Campiglio (Trento) ha chiesto ad una signora di «nascondersi», mentre nutriva la sua bambina al seno;
la signora in questione, una cardiologa di Bergamo in vacanza con il marito e le figlie, è stata costretta ad allontanarsi dalla sala ristorante per continuare ad allattare la figlia di 5 mesi;
il direttore del «family hotel» a 4 stelle ha giustificato la sua richiesta, adducendo lamentele da parte dei clienti;
la donna era solita allattare la figlia in carnera, prima di scendere al ristorante e in due occasioni soltanto, mentre era già seduta al tavolo, è capitato che dovesse allattare la bimba;
un gesto naturale come quello dell'allattamento - compiuto, tra l'altro, con rispetto e discrezione - non dovrebbe al giorno d'oggi creare turbamenti e riprovazione -:
se non si intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al riguardo, e specificatamente se non si intenda promuovere campagne di sensibilizzazione che consentano di evitare il ripetersi di analoghi spiacevoli fatti.
(4-03846)

Risposta. - Mi riferisco all'interrogazione indicata in esame concernente l'allattamento al seno nei luoghi pubblici.
A tale proposito segnalo che da parte del dipartimento per le pari opportunità sono state poste in essere diverse attività di sensibilizzazione in ordine a tale materia.
In particolare, in occasione della Giornata di «Sensibilizzazione sull'allattamento», celebrata il 20 novembre 2009, in collaborazione con l'Associazione «Salvamamme - Salvabebè» ed il comune di Roma, il dipartimento per le pari opportunità ha organizzato una serie di iniziative volte a portare la pratica dell'allattamento al seno nei luoghi più importanti di Roma, compresi quelli istituzionali, per stabilire un precedente di valore simbolico finalizzato a porre fine agli episodi di allontanamento

dai pubblici esercizi delle mamme che allattano, come quello riportato dall'interrogante, e per affermare il diritto delle donne ad essere mamme.
Nel corso della giornata sopracitata una delegazione di mamme è stata ospitata presso il dipartimento per le pari opportunità dove, accolte dal Capo del dipartimento, professoressa Isabella Rauti, hanno allattato i loro bimbi.
Successivamente la delegazione è stata accompagnata in Campidoglio dove si è ripetuto il simbolico gesto e si è svolta una conferenza stampa nel corso della quale l'Associazione «Salvamamme - Salvabebè» ha illustrato i dati relativi ad un sondaggio effettuato sull'accoglienza nei luoghi pubblici delle mamme italiane e straniere che allattano al seno i propri bambini.
Dal sondaggio è emerso che le madri italiane sono più sicure del loro diritto di allattare al seno in luoghi pubblici (100 per cento), mentre solo il 78 per cento delle madri straniere ha allattato in pubblico. La stragrande maggioranza del campione, ha evidenziato reazioni di sottile disapprovazione lette negli sguardi della gente (68 per cento italiane e 87 per cento straniere). In alcuni casi si sono verificati anche episodi negativi e attacchi personali e una discreta percentuale delle donne straniere (30 per cento) ha sviluppato reazioni di imbarazzo e di autocensura.
Ovviamente sono state rilevate anche reazioni positive e di normalità (30 per cento) nei confronti dell'allattamento al seno che ha permesso alle mamme di sentirsi parte integrante di un contesto sociale non oppositivo.

Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'attività dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura di Bergamo è stata principalmente indirizzata allo studio di problematiche agronomiche del mais, scelte varietali, miglioramento genetico, fisiologia della produzione, genetica di base, biologia molecolare e manipolazione degli acidi nucleici con le nuove tecnologie dell'ingegneria genetica;
la sezione di maiscoltura di Bergamo è stata costituita nel 1920, grazie al contributo di diversi enti e istituzioni locali e dal 1968 è parte dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura;
fin dall'inizio la stazione ha contribuito allo sviluppo della maiscoltura italiana con la creazione di varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche nazionali e, nell'immediato dopoguerra, con l'introduzione e l'adattamento dei mais ibridi;
attualmente il centro svolge attività di ricerca prevalentemente indirizzata al miglioramento genetico del mais e particolarmente curato è il settore scientifico, che riguarda l'approccio genetico alla produttività;
l'istituto potrebbe essere spostato dalla provincia di Bergamo alla provincia di Lodi;
lo spostamento del centro a Lodi rappresenterebbe una grave perdita per l'agricoltura bergamasca, considerando inoltre l'incognita lavorativa per le 35 persone a cui il centro dà lavoro -:
se il Ministro intenda verificare la possibilità di confermare la permanenza del centro nella provincia di Bergamo, nell'ottica di un rilancio dell'attività di ricerca avanzata nel settore dell'innovazione genetica dei vegetali.
(4-05979)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, istitutivo del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra), all'articolo 7 comma 5 ha demandato allo statuto la definizione di tempi e modalità per la razionalizzazione degli
ex Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (Irsa) sul territorio nazionale attraverso fusioni, trasformazioni, aggregazioni, sinergie

ed eventuali soppressioni degli istituti, delle sezioni e delle altre strutture.
Questo compito va senz'altro portato avanti e portato a termine, data la forte necessità di razionalizzare il Cra allo scopo di renderlo quanto più funzionale, competitivo ed operativo possibile, tenendo conto però non solo delle esigenze di distribuzione dei centri sul territorio, ma anche e soprattutto della necessità di tutelare le competenze dei gruppi di ricerca operanti in Italia.
Il piano, deliberato (ai sensi dell'articolo 24 dello Statuto) dal consiglio di amministrazione previo parere del consiglio dei dipartimenti, è stato approvato con decreto ministeriale in data 22 marzo 2006 da questo Ministero, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, prevedendo una nuova struttura costituita da 15 centri e 32 unità di ricerca tra cui l'Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo (Cra-Mac, con 22 persone in servizio di cui 9 ricercatori e tecnologi).
Questa amministrazione già da qualche tempo è stata interessata alla questione della paventata ipotesi di trasferimento dell'Unità a Lodi, ma ad oggi nessuna ulteriore proposta di razionalizzazione, in cui si sancisca il trasferimento, è stata approvata da questo Ministero in considerazione anche del fatto che a breve saranno rinnovate le cariche del consiglio di amministrazione e la presidenza.
L'obiettivo di questa amministrazione è quello di tutelare gli interessi di gruppi di ricercatori e Unità che dimostrano competenze e capacità nei loro ambiti di attività di ricerca e rappresentano per il territorio su cui operano un valore aggiunto da preservare, creando eventualmente anche delle sinergie con strutture affini.
Si sottolinea inoltre che questo Ministero attribuisce molta importanza all'Unità di Bergamo, tanto che spesso si avvale delle competenze degli esperti che lavorano presso tale centro, attraverso l'affidamento diretto della realizzazione di studi e ricerche nei campi in cui essi operano come fatto anche recentemente. Tale atteggiamento dimostra nei fatti l'impegno profuso da questo Ministero per garantire continuità al lavoro dell'Unità.
Inoltre, si fa presente che ulteriori proposte di razionalizzazione e riorganizzazione dell'ente, saranno valutate da questo Ministero, considerata l'importanza che il citato ente riveste a livello nazionale ed internazionale nella ricerca nonché l'interesse di questa amministrazione ad accompagnare la riorganizzazione nel rispetto di ruoli, competenze ed esigenze territoriali specifiche.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende quanto segue:
sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (Oes), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni, con il compito di «vagliare» le notizie da diffondere;
di questa struttura farebbero parte circa 50 giornalisti che avrebbero il potere di autorizzare il «Nulla osta di sicurezza» (Nos) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica;
la rivelazione dell'esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, sarebbe stata fatta la settimana scorsa, durante una riunione dell'Autorità nazionale per la sicurezza (Ans), da parte del rappresentante del dicastero delle Comunicazioni - attualmente guidato da Paolo Gentiloni -, dal cui Organo centrale di sicurezza (Ocs) dipenderebbe la struttura di viale Mazzini;
l'Ans è alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale, secondo la legge n. 801 del 24 ottobre 1977 sull'Istituzione ed ordinamento

dei servizi per l'informazione e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, è demandato il potere di decidere la secretazione delle informazioni, il cui regolamento attuativo, emanato da Palazzo Chigi, è stato classificato come «riservatissimo»;
i responsabili del reparto Informazione e sicurezza del Centro intelligence interforze dello Stato maggiore della Difesa, che partecipavano all'incontro ne erano all'oscuro;
la normativa in vigore sul segreto di Stato stabilisce che sono coperti «gli atti, i documenti, le notizie, le attività ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno all'integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato»;
secondo questa definizione, potrebbe rientrarvi qualsiasi tipo di notizia, comprese quelle «politiche» -:
se risponda al vero che in Rai sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (OES), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni e, se fosse confermato, chi abbia scelto i giornalisti che ne farebbero parte, con quali criteri siano stati scelti, se sia loro corrisposto un emolumento;
se risponda al vero che i membri dell'OES avrebbero il potere di autorizzare il «Nulla osta di sicurezza» (Nos) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica;
se risponda al vero che il regolamento attuativo emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stato classificato riservatissimo e, se fosse confermato, quali ne siano le ragioni e chi siano le persone che sono a conoscenza del contenuto;
se tra «gli atti, i documenti, le notizie, le attività ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno all'integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato» siano compresi anche quelli che si richiamano ai rapporti tra la Repubblica italiana e lo Stato Città del Vaticano.
(4-00074)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la presunta esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, si fa presente che l'Ufficio centrale per la sicurezza (Ucse) ha precisato che le notizie stampa concernenti l'esistenza, in ambito Rai, di un «organo esecutivo di sicurezza» (Oes), con il compito di «autorizzare il Nos (nulla osta di sicurezza) sulla divulgazione di notizie sulle reti della Tv pubblica», sono prive di fondamento.
L'esistenza di un organo con il compito di vagliare le notizie da diffondere dall'emittente televisiva, peraltro, è stata già smentita anche dall'allora direttore generale della Rai, dottor Felice Cappon, in sede di Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in risposta ad un «quesito a risposta immediata», presentato nel corso della passata legislatura dall'onorevole Beltrandi, di contenuto identico a quello del suddetto atto di sindacato ispettivo (
cfr. Camera dei deputati, Bollettino delle giunte e commissioni parlamentari di giovedì 19 luglio 2007).
Ciò premesso, il ministero dello sviluppo economico, appositamente interpellato dall'Ucse in relazione all'interrogazione in argomento, ha confermato che i compiti del Punto di controllo Nato-Ueo, istituito in ambito Rai quale titolare di servizio pubblico, ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 febbraio 2006, in analogia a quanto previsto

per i settori della pubblica amministrazione, sono invece esclusivamente quelli di verifica ed attuazione delle misure volte alla tutela delle informazioni classificate, secondo quanto stabilito dalla citata disposizione.
In particolare per ciò che attiene a quanto riportato dall'interrogante riguardo al Nos previsto dall'articolo 9 delle legge n. 124 del 2007, il nulla osta di sicurezza viene rilasciato a dipendenti Rai in ragione dell'espletamento di incarichi di natura amministrativa e non riguarda, quindi, l'attività di giornalista.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica del 20 agosto a firma Luca Lezzi si legge che il ritardo sull'adempimento del protocollo di Kyoto per la prima volta peserà direttamente nelle tasche dei consumatori visto che il Governo è alla disperata ricerca di 555 milioni entro la fine dell'anno;
Italia e l'Unione europea nel 2007 hanno infatti contrattato tetti alle emissioni di anidride carbonica pari a 201,63 milioni di tonnellate l'anno per il quadriennio 2008-12;
le società elettriche hanno denunciato che quote così basse avrebbero bloccato la costruzione di nuove centrali con il paradosso di non poter rinnovare (e quindi rendere meno inquinante) il nostro sistema elettrico;
nel 2008 il Governo, al fine di superare le difficoltà di cui al precedente paragrafo, si è impegnato a garantire 16,93 milioni di tonnellate ai nuovi entranti vale a dire a quelle centrali che non avevano ancora ottenuto l'autorizzazione ad emettere gas serra e, a tutti i nuovi entranti, le quote di C02 eccedenti questo tetto;
secondo le stime del Comitato di controllo guidato dal Direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i nuovi entranti avranno bisogno di crediti per 56 milioni di tonnellate: 37 milioni già nel 2009, cioè ben oltre la riserva accordata;
il Governo deve andare sul mercato dei diritti ad emettere CO2 e comprarli all'asta dalle imprese comunitarie che sono sotto i loro tetti di emissione;
se non lo fa, sempre secondo il Comitato, la sanzione inflitta dall'Europa sarà di 5,6 miliardi nel 2012;
acquistare i diritti di emissione ora costa meno: 555 milioni, ma visto lo stato delle finanze pubbliche ci si orienta per chiedere un anticipo alla Cassa Depositi e Prestiti per far fronte alle scadenze di fine anno;
tale anticipo sarebbe da ripagare con un aumento in bolletta dal 2010;
tale misura inciderebbe, secondo le associazioni di consumatori, per circa 40 euro a famiglia, fra costi diretti e indiretti -:
se corrisponda al vero quanto riportato nell'articolo sopra citato;
quali misure di controllo sulle emissioni il Ministro intenda adottare per evitare il ripetersi di tale situazione l'anno venturo;
se intenda assumere iniziative affinché siano le imprese elettriche e non i consumatori a pagare i costi relativi al mancato rispetto del Protocollo di Kyoto.
(4-04046)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in oggetto, nella quale si fa riferimento ad un articolo di stampa incentrato sul problema della insufficiente dotazione residua di quote di emissione di C02 da attribuire ai «Nuovi Entranti» (impianti di produzione di energia non ancora attivi al

momento dell'assegnazione iniziale delle quote di emissione) e alla necessità di reperire sul mercato le quote mancanti, con un onere stimato in 555 milioni per il 2009, mentre, nel caso di inadempimento, si corre il rischio di incorrere in una multa della Unione europea pari a 5,6 miliardi di euro nel 2012, si rappresenta quanto segue. Innanzitutto, va precisato che la soluzione al problema si presenta piuttosto articolata e complessa, in quanto occorre tener conto, ad un tempo, delle esigenze del sistema produttivo, dell'impatto economico sul consumatore, dei vincoli di finanza pubblica e degli impegni internazionali assunti dal nostro Paese.
Al riguardo, si fa, comunque, presente che, ad oggi, al fine di risolvere il problema senza oneri per l'erario e minimizzando il rischio di effetti sui prezzi dell'energia elettrica, il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE ha ipotizzato e proposto ai Ministri competenti una soluzione che potrebbe - ove condivisa - essere inserita al più presto in idonea norma, che riservi al settore manifatturiero le limitate quote residue, mentre per il settore termoelettrico preveda che gli operatori acquistino sul mercato le quote necessarie, con successivo rimborso, a valere sui proventi delle future aste delle quote di emissione, che avranno luogo a partire dal 2011. Tale soluzione finanziaria rimarrebbe all'interno del sistema ETS (emission trading scheme) e non andrebbe ad incidere sui consumatori.
Sul tema sono in corso le valutazioni da parte delle amministrazioni competenti,
in primis, del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare presso cui è costituito il citato Comitato nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
durante la riunione dell'Ecofin, a Göteborg la Svezia ha proposto di fissare un livello minimo di tassazione sulle emissioni di CO2 da applicare a famiglie, trasporti e piccole imprese, vale a dire per tutti i soggetti esclusi dal sistema Ets di scambi dei certificati di emissioni di CO2, ma comunque responsabili per metà delle emissioni;
l'ammontare ipotizzato per l'accisa sarebbe di 30 euro - 10 euro per le famiglie - per tonnellata di CO2 a partire dal 2013;
modalità e termini della tassazione resterebbero in capo ai singoli Stati;
Danimarca, Svezia e Finlandia sono i Paesi pionieri in Europa della politica per la «tassa sulle emissioni di anidride carboniche» e recentemente anche il Governo francese ha deciso di dotarsene;
la Finlandia è stato il Paese pioniere dell'introduzione di un'accisa ambientale nel 1990, basata all'inizio solo sul carbone ed estesa poi all'insieme delle emissioni di CO2 (20 euro a tonnellata che salgono a 75 nel caso di emissioni da carbone), un dazio ambientale che nel solo 2008 ha reso 3,2 miliardi di euro allo Stato;
l'esperienza svedese, avviata nel 1991 è anch'essa giudicata un caso di successo: calo del 9 per cento delle emissioni in meno di vent'anni, senza frenare la crescita economica (+48 per cento dal 1991 ad oggi), e gettito fiscale aggiuntivo annuo pari a 1,4 miliardi di euro. L'idea a Stoccolma è nata da un principio semplice - chi inquina paga - e prevedeva in origine un'accisa di 27 euro per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa nell'aria, bene comune da difendere. Tanto che la Svezia è riuscita ad aumentare progressivamente questa tassa (ora è a 108 euro a tonnellata), diventando un polmone europeo con i minori tassi di emissioni nocive (6,7 tonnellate per abitante contro una media Ue di 9,3);

quanto alla Danimarca, che nel 1992 decise l'introduzione, per i privati di un'imposizione doppia rispetto alle imprese (14,3 dollari per ogni tonnellata di CO2 privata, contro i 7,15 dollari per quella industriale, tassa poi allineata a quella privata tra mille polemiche) e altri incentivi tutt'ora validi, l'attenzione verso il mondo produttivo si è tradotta negli anni attraverso la riduzione dell'imposizione fiscale e bonus per investimenti in infrastrutture a risparmio energetico, una politica che ha ridotto le emissioni del 15 per cento in 18 anni;
quanto all'Italia, le conclusioni del rapporto di Althesys per il Sole 24ore pubblicato il 12 ottobre 2009 dimostrano che se si applicasse la tassa «alla francese» (17 euro per tonnellata di CO2 si otterrebbe un gettito aggiuntivo di 5,6 miliardi; il modello svedese (108 euro per tonnellata) porterebbe a un introito di 35 miliardi, cioè una manovra finanziaria;
le differenze tra i sistemi produttivi e fiscali sono tali e tante che l'implementazione della tassa non potrebbe non includere meccanismi originali per il nostro Paese. Ma la scelta che può - e ad avviso degli interroganti deve essere presa subito - riguarda l'impianto di fondo del nostro sistema fiscale;
in seno all'Unione europea è anche aperto un dibattito sull'eventuale imposizione di una tariffa doganale da applicare agli stessi prodotti sottoposti a «tassa sulle emissioni» che siano però di provenienza extra-UE. In base al regolamento dell'Organizzazione mondiale della sanità tale tassa potrebbe essere accolta dall'Organizzazione mondiale della sanità stessa, in particolare laddove il gettito fosse vincolato al cofinanziamento di investimenti volti alla riduzione del consumo di risorse ambientali nel Paese produttore del bene tassato;
i Radicali da molto tempo hanno individuato nella riforma del sistema pensionistico la prima leva per il risanamento delle finanze pubbliche e la riforma del welfare. La seconda leva da attivare è quella dello spostamento della pressione fiscale dal lavoro e dalla produzione al consumo delle risorse non riproducibili (non solo l'emissione di CO2 dunque, ma anche il consumo selvaggio del «territorio», che in Italia è addirittura incentivato dalla necessità dei comuni di fare cassa con le aree edificabili) con meccanismi che impediscano alla pressione fiscale complessiva di aumentare anche di un solo euro e con parte del ricavato da destinare a meccanismi compensativi per quelle categorie economicamente «deboli» che sarebbero penalizzate dal nuovo sistema;
ad avviso degli interroganti l'adozione di una tassa sulle emissioni di anidride carbonica integrata da disincentivi fiscali sul consumo di territorio, attraverso un percorso vincolante di avvicinamento al modello svedese, consentirebbe all'Italia di orientare gli investimenti per i prossimi decenni e di candidarsi ad essere, anche sul piano tecnologico, tra i Paesi che guidano le politiche globali invece di subirle;
l'Italia dovrebbe inoltre sostenere in sede di Unione europea l'imposizione di una tariffa doganale da applicare agli stessi prodotti sottoposti alla «tassa sulle emissioni» che siano però di provenienza extra-UE, a condizione che il gettito ottenuto non sia penalizzante le produzioni extra-UE, non presenti alcun meccanismo di distorsione protezionistica e sia interamente destinato a investimenti per la riduzione del consumo di risorse ambientali - ed in particolare per la riduzione delle emissioni - nel Paese produttore del bene tassato, dando così un ulteriore contributo al raggiungimento di un accordo vero a Copenaghen -:
quale posizione abbia assunto l'Italia durante l'ultima riunione Ecofin in merito all'iniziativa svedese e quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alle proposte descritte in premessa;
con quali proposte, a quaranta giorni dalla Conferenza sul clima di Copenaghen, l'Italia intenda presentarsi per contribuire a ridurre il consumo globale di risorse non

riproducibili quali l'aria, l'acqua, il suolo, la biodiversità, le riserve ittiche.
(4-04835)

Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo in esame l'interrogante chiede di conoscere le proposte che l'Italia, a quaranta giorni dalla conferenza sul clima di Copenaghen, intende presentare per contribuire a ridurre il consumo globale di risorse non riproducibili quali l'aria, l'acqua, il suolo, la biodiversità, le riserve ittiche.
Al riguardo, sentita l'Agenzia delle dogane, si fa presente quanto segue.
In primo luogo, si evidenzia che la direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, prevede che i prodotti energetici e l'elettricità siano sottoposti ad accisa e fissa le aliquote minime di riferimento, al di sotto delle quali gli Stati membri non possono stabilire le proprie aliquote nazionali, salvo che la medesima direttiva non consenta l'applicazione di esenzioni o agevolazioni.
In coerenza con il suddetto quadro normativo di riferimento sono state adottate le disposizioni nazionali del testo vigente del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle accise).
In questo contesto si andrebbe ad inserire la proposta consistente nella tassazione delle emissioni CO2.
Tuttavia, occorre puntualizzare che, sulla base del modello svedese, sembrerebbe doversi procedere a una rimodulazione delle vigenti aliquote d'accisa sulla base delle emissioni CO2 che ciascun prodotto energetico determina, con inevitabile impatto non solo sulle aliquote dei prodotti maggiormente inquinanti ma anche sul complessivo sistema di tassazione. Solo in tal caso, infatti - e non procedendo a meri incrementi delle aliquote su taluni prodotti energetici - si potrebbe ottenere una effettiva penalizzazione dei prodotti energetici maggiormente inquinanti, tenendo conto nel contempo sia delle esigenze di tenuta del gettito erariale che della situazione generale economica.
Le medesime considerazioni valgono anche con riguardo all'auspicato sostegno ad iniziative comunitarie volte all'introduzione di una tariffa doganale da applicare a prodotti di provenienza extra-Unione europea analoghi a quelli cui dovrebbe applicarsi la tassa.
Va inoltre evidenziato che con l'articolo 8 della legge n. 448 del 1998 (cosiddetta «carbon tax») il legislatore nazionale aveva già previsto una rimodulazione delle aliquote di accisa sugli oli minerali (oggi prodotti energetici) sulla base, tra l'altro, delle emissioni CO2 di ciascun prodotto. Tali aliquote costituirono aliquote obiettivo da raggiungersi il 1o gennaio 2005 attraverso variazioni annuali, ma, successivamente, il notevole incremento del prezzo dei carburanti e dei combustibili, dovuto all'aumento del prezzo del petrolio, ha indotto il legislatore a sospendere, dapprima, gli incrementi annuali e successivamente ad abrogare le menzionate disposizioni.
È il caso, infine, di segnalare che è allo studio dei servizi tecnici della Commissione europea una proposta di modifica della menzionata direttiva 2003/96/CE, volta a prevedere che una componente dell'accisa tenga conto dell'impatto ambientale di taluni prodotti energetici. Tale sede, pertanto, sarà quella opportuna per operare le riflessioni sulle politiche disincentivanti l'utilizzo dei prodotti maggiormente inquinanti e, in seguito all'eventuale adozione dell'atto normativo comunitario, si potrà operare nell'ordinamento interno con interventi rispettosi dei vincoli europei.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Alberto Giorgetti.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
per chi è cieco o ipovedente muoversi in autonomia con i mezzi pubblici per recarsi al lavoro, sbrigare una commissione o semplicemente fare una passeggiata significa affrontare ogni volta la sfida del buio;

piccoli accorgimenti su autobus e metro potrebbero agevolare l'orientamento di ciechi e ipovedenti;
Tommaso Daniele, presidente dell'Unione italiana ciechi, spiega: «Più volte abbiamo chiesto alle amministrazioni locali di installare sistemi di annuncio delle fermate e predisporre indicatori di direzione, acustici e luminosi, come esistono in molti Paesi europei. Qualcosa è stato fatto, ma non è ancora abbastanza. La maggior parte degli autobus, nelle grandi città come in quelle più piccole, ne è ancora sprovvista»;
si tratta di lacune evidenziate anche da un'indagine condotta nelle maggiori città italiane dal Corriere della Sera di cui si dà conto con un articolo pubblicato il 25 febbraio 2010 relativamente a Torino, Milano, Firenze, Roma, Napoli e Palermo;
se cicalini e annunci vocali sono presenti nella maggior parte dei treni e delle metropolitane - non sempre però in funzione su tutta la tratta - invece, sono davvero pochi all'interno degli autobus e quasi inesistenti all'esterno. Inoltre, a volte sono installati ma non funzionanti -:
se i Ministri interroganti intendano verificare la situazione esposta;
se i Ministri interrogati intendano attuare un monitoraggio della situazione di disagio per gli utenti non vedenti dei mezzi pubblici in Italia e quali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo;
se esista o se si intendano assumere iniziative per l'istituzione di un fondo apposito da trasferire agli enti locali per interventi che favoriscano gli spostamenti dei cittadini non vedenti.
(4-06298)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le principali fonti normative si individuano nella legge n. 118 del 1971, la quale in materia di servizi di trasporto dispone che i servizi di trasporti pubblici, in particolare i tram e le metropolitane, dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti e nel decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996, regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, che all'articolo 24 e 25 regolamenta l'eliminazione delle barriere architettoniche per tranvie, filovie, linee automobilistiche, metropolitane, treni, stazioni e ferrovie.
L'articolo 30 del predetto decreto del presidente della Repubblica 503 prevede inoltre che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce con propri decreti le modalità ed i criteri di attuazione delle norme del regolamento relative al trasporto pubblico di persone.
L'applicazione della citata legislazione alle tramvie, metropolitane e ferrovie è stata favorita sia dalla chiarezza del disposto normativo che dalle altre norme sulla accessibilità delle infrastrutture che si sono succedute nel tempo.
L'applicazione al settore del trasporto su gomma, prevalentemente ai bus urbani, ha incontrato invece maggiori difficoltà per la scarsa chiarezza della norma e per l'assenza di specificità per le istallazioni di terra.
Ulteriore elemento di criticità è rappresentato poi dal fatto che la materia del trasporto pubblico locale, particolarmente quella su gomma, in termini di scelta dei sistemi e di programmazione ed organizzazione del servizio rientra nelle funzioni trasferite alle autonomie locali e territoriali. La legge 104 del 1992 all'articolo 26 demanda ai comuni il compito di assicurare modalità di trasporto individuali per i disabili non in grado di servirsi dei mezzi pubblici, secondo quanto in materia specificamente disciplinato dalle regioni. Residuano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le funzioni di verifica del rispetto delle norme di sicurezza fissate dal codice della strada in sede di omologazione dei veicoli e dei dispositivi, oltreché sulla definizione della normativa, d'intesa con gli altri soggetti istituzionalmente coinvolti.
L'Ente nazionale italiano di unificazione (UNI), si è occupato della materia ed ha prodotto la norma UNI 11168-1 del 2006 sulla «Accessibilità delle persone ai sistemi

di trasporto rapido di massa. Criteri progettuali per le metropolitane». Tale norma è entrata in vigore il 23 febbraio 2006 mentre nel marzo del 2009 è stata pubblicata la seconda parte della norma (UNI 11168-2) relativa ai criteri progettuali per le ferrovie. Entrambe le norme trattano il disagio visivo. Ulteriori disposizioni normative sull'argomento sono contenute nella norma UNI-UNIFER 11174 relativa al «Materiale rotabile per tranvie e tranvie veloci» e nel progetto di norma UNIFER prE10.04.905.0 relativo al «Materiale rotabile per metropolitane - Caratteristiche generali e prestazioni».
L'applicazione di misure analoghe ai sistemi su gomma risulta tuttavia intrinsecamente difficoltosa per l'assenza in tali veicoli dell'incarrozzamento a raso e soprattutto per l'incertezza nell'accosto dei veicoli in fermata, fatto questo che rende pericolosa l'operazione di salita o discesa dal veicolo per le persone che recano disabilità visive, peraltro non sempre individuabili dal personale di guida.
Si evidenzia, inoltre, una costante attenzione da parte dei comuni in sede di realizzazione e attrezzaggio di nuove linee automobilistiche nel cui ambito vengono attentamente seguite le problematiche degli utenti deboli, ivi compresi quelli con disagio visivo, anche attraverso il confronto con le associazioni locali per l'individuazione e l'introduzione di nuove soluzioni rese disponibili dall'evoluzione tecnologica.
La materia è comunque costantemente monitorata ed oggetto di sempre crescente attenzione a più livelli:
europeo - il piano d'azione sulla mobilità urbana del settembre 2009 prevede uno specifico punto d'azione relativamente a miglioramento dell'accesso ai sistemi di trasporto da parte delle persone a mobilità ridotta;
nazionale - l'avvio dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale istituito ai sensi dell'articolo 300 della legge 244 del 2007 potrà fornire un migliore scambio di conoscenze utili ad adottare le azioni più efficaci in materia;
regolamentare - si potrebbe prevedere in futuro, attraverso specifici regolamenti, l'introduzione di facilitazioni al trasporto dei disabili tra i requisiti per la concessione dei contributi statali destinati al potenziamento e/o il rinnovo del parco veicolare (stradale/ferroviario) destinato al trasporto pubblico locale, legge n. 104 del 1992, articolo 1, comma 1031, e legge n. 296 del 2006.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.