XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 13 maggio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
la detassazione degli investimenti in macchinari, di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 78 del 2009, costituisce un utile strumento di sostegno del tessuto economico;
la predetta agevolazione risulta tuttavia applicabile agli investimenti effettuati solo fino al 30 giugno 2010;
nell'attuale fase di crisi economica è importante mantenere in vigore quelle misure che siano in grado di incentivare l'attività economica e favorire l'ammodernamento dell'apparato produttivo nazionale;
in particolare, è auspicabile che la vigenza della predetta agevolazione sia prorogata fino alla fine dell'anno in corso, al fine di assicurare un concreto aiuto alle imprese, che generalmente effettuano gli interventi di rinnovamento della loro dotazione infrastrutturale durante il periodo estivo,

impegna il Governo

ad assumere un'iniziativa normativa volta a disporre la proroga, fino al 31 dicembre 2010, dell'esclusione dal reddito d'impresa del 50 per cento degli investimenti in nuovi macchinari ed apparecchiature, prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 78 del 2009.
(7-00335) «Del Tenno, Contento».

La VIII Commissione,
premesso che:
il Mezzogiorno conosce da anni una deprecabile situazione che vede la generalità degli impianti di depurazione delle acque non funzionanti e mal gestiti, il che minaccia la salute dei cittadini e causa la distruzione di interi corsi d'acqua e di meravigliosi tratti di mare;
da questo quadro discendono direttamente anche gravi danni economici di varia natura in quanto da un lato la presenza in mare dei liquami allontana il turismo e dall'altro lato i cittadini sono costretti a pagare in bolletta il costo aggiuntivo per il funzionamento dei depuratori anche quando questi non funzionano;
la situazione più grave è quella presente in Campania, dove infatti di recente si è consumato l'ennesimo disastro ambientale provocato, secondo la magistratura, dalla società Hydrogest Campania, da un consorzio di imprese che gestiscono quattro depuratori nelle province di Napoli e Caserta e da alcuni allevatori di bufale: rifiuti non trattati venivano sversati nei Regi Lagni - la storica e preziosissima rete borbonica di canali tra le province di Napoli e Caserta per il deflusso delle acque piovane - e da lì finivano in mare. In questo modo, oltre al mare, sono state inquinate anche le falde acquifere. Secondo quanto emerso dalle indagini, inoltre, le acque dei Regi Lagni per anni sarebbero state avvelenate anche da rifiuti liquidi e solidi di ogni genere come scorie di altiforni, carcasse di animali e di veicoli, tessuti, scarti industriali e solventi;
in Campania la scorsa estate è stata segnata dall'esplodere dell'emergenza legata al cattivo funzionamento degli impianti di depurazione delle acque - in particolare quelli di Cuma, Procida e Capri - che ha portato allo sversamento di liquami in alcuni dei tratti di mare più belli e più frequentati dai turisti. I soli danni economici causati nel 2009 dal malfunzionamento del depuratore di Cuma sono stati i seguenti:
a) un calo complessivo delle presenze nei lidi campani su base annua pari al 60 per cento, con il poco invidiabile record del 90 per cento in alcuni stabilimenti del lido di Bacoli;

b) un danno in mancate entrate compreso tra 30 e 50 milioni di euro;
c) nell'area tra Pozzuoli e Monte di Procida, l'indotto generato dal turismo ha subito danni per circa 10 milioni di euro;
d) la perdita di circa 1.500 posti di lavoro stagionali connessi all'industria locale del turismo;
l'emergenza della Campania, che pure presenta caratteri di gravità assolutamente eccezionale, è emblematica di una situazione più ampia che vede lo stato degli impianti di depurazione generalmente negativo anche nel resto del Mezzogiorno come hanno dimostrato, nell'ultimo biennio, numerosi sequestri giudiziari di impianti di depurazione nelle aree costiere della Basilicata, della Calabria, della Puglia e della Sicilia;
è necessario e urgente attivarsi, con interventi strutturali e non più solo di natura emergenziale, per bloccare la distruzione del mare e, con esso, delle grandi opportunità di sviluppo per il Mezzogiorno legate al turismo,

impegna il Governo:

effettuare un complessivo monitoraggio sulla situazione della depurazione delle acque attivi in Campania;
ferme restando le competenze della regione in materia e nell'ottica di salvaguardare la salute pubblica, a verificare l'opportunità di propri interventi, anche di carattere normativo, volti a garantire nell'immediato la tutela delle coste campane e, in tal modo, contribuire a far sì che non si ripeta il disastro ambientale e turistico dell'estate 2009;
a garantire tutto il sostegno necessario, per quanto nelle sue competenze, alla nuova giunta regionale della Campania in materia di bonifica e rimessa in funzione degli impianti di depurazione delle acque mal funzionanti e, ormai, essi stessi causa di inquinamento e di allontanamento dei turisti;
a attuare tutte le iniziative, anche di carattere normativo, ritenute necessarie per avviare un piano di ampio respiro, che vada al di là degli interventi emergenziali ed episodici, volto a rendere finalmente efficienti tutti gli impianti di depurazione delle acque nel Mezzogiorno.
(7-00336) «Cosenza».

TESTO AGGIORNATO AL 25 MAGGIO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con tragica sistematicità nel nostro Paese si verificano incidenti, spesso dalle conseguenze mortali, che vedono coinvolti adulti, bambini e lattanti vittime di banali soffocamenti domestici;
si ricordano solo i casi più recenti, quali la morte di un bambino di Terni soffocato da una merenda lo scorso 8 marzo 2010, mentre si trovava a scuola, ovvero il caso della bambina di sei mesi morta lo scorso 2 novembre 2009, a Treviso per aver ingoiato un palloncino;
secondo i dati ufficiali della Società italiana di pediatria, ogni anno nel nostro Paese 50 bambini perdono la vita per soffocamento da corpo estraneo; tale percentuale rappresenta il 27 per cento del totale dei decessi accidentali di minori;
il decesso non sopraggiunge quasi mai per l'ingerimento accidentale del «corpo estraneo» (gomme americane, caramelle, cibi, monete, giochi ed altri piccoli oggetti di uso quotidiano), ma per gli esiziali effetti ingenerati dalle errate manovre di intervento praticate da soccorritori inesperti nella concitazione dei primi momenti;

la Croce rossa italiana ha da tempo ideato un progetto nazionale ad hoc volto a divulgare, diffondere, informare ed insegnare, a titolo completamente gratuito, le corrette manovre di disostruzione pediatrica da corpo estraneo e di rianimazione cardiopolmonare pediatrica ad esse collegate, in linea con i protocolli internazionali che, peraltro, vengono aggiornati ogni cinque anni;
tra queste attività di divulgazione, informazione ed insegnamento rientrano la fornitura di materiale didattico (manuali, opuscoli, dvd, poster, eccetera) ed un ciclo di lezioni interattive, gratuite ed aperte al pubblico, svolte da un team di esperti e qualificati medici volontari del Soccorso della Croce rossa italiana;
i destinatari del progetto sono: genitori, nonni, personale docente, assistenti all'infanzia, capi scout, istruttori e operatori dello sport, bagnini di salvataggio, assistenti sociali di minori con disabilità e così via;
la morte di un bambino - già di per sé insopportabile - è ancora più assurda se deriva dalla diffusa imperizia ed ignoranza -:
se non ritenga opportuno avviare una campagna informativa ad ampio raggio che coinvolga tutte le istituzioni scolastiche e le strutture sanitarie pubbliche attraverso la realizzazione di cicli di lezioni interattive volte alla conoscenza delle corrette manovre di disostruzione pediatrica da corpo estraneo e di rianimazione cardiopolmonare pediatrica ad esse collegate;
se non ritenga opportuno realizzare, in collaborazione con la Croce rossa italiana nell'ambito del servizio pubblico televisivo, una serie di spot della Pubblicità Progresso mirati a sensibilizzare i cittadini dell'esistenza e della rilevanza di tali corsi gratuiti ed aperti al pubblico.
(3-01067)

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le vicende riguardanti il decreto-legge n. 195 del 2009 che prevedeva il varo della Protezione civile servizi SpA poi convertito, con lo stralcio proprio dell'articolo sulla Protezione Civile spa, dalla legge n. 26 del 2010 hanno coinvolto non solo il Parlamento, l'opinione pubblica, i mass media ma anche le organizzazioni sindacali della Presidenza Consiglio dei ministri all'interno della quale è incardinato il dipartimento protezione civile;
le organizzazioni sindacali che hanno espresso pareri fortemente negativi sulla costituzione della Protezione civile nazionale in SpA ed hanno intrapreso numerose iniziative di mobilitazione e di denuncia. In una di queste circostanze un rappresentante sindacale della CGIL, nel mese di gennaio 2010 ha rilasciato delle dichiarazioni alla web TV «Youdem» parlando di progetti politici legati alla costituzione della Spa. Sempre lo stesso rappresentante sindacale è intervenuto con gli stessi argomenti anche durante una trasmissione radiofonica sul palinsesto «Elleradio» aggiungendo quali sarebbero state le ricadute sui lavoratori;
questa attività dell'organizzazione sindacale e del suo rappresentante alla quale si affiancano manifestazioni e presidi sindacali anche in piazza Montecitorio accadeva prima dell'intervento della magistratura e prima che l'utilizzo delle ordinanze e del potere di deroga della protezione civile per eventi non emergenziali assumesse le dimensioni di uno scandalo politico finanziario e assurgesse a cronaca;
i recenti fatti, connessi anche all'iter parlamentare del decreto-legge n. 195 del 2009, hanno avviato una discussione politica sull'opportunità di rivedere la legge n. 401 del 2001 nella parte che assegna alla Protezione civile la gestione dei così detti «grandi eventi», non solo perché essi, trattandosi di eventi non calamitosi, possono essere pianificati per tempo e gestiti quindi con gli ordinari strumenti di

governo del territorio, ma soprattutto perché è stato dimostrato che, data l'alta frequenza del loro verificarsi negli ultimi anni, essi hanno pesantemente distolto il dipartimento dalla sua primaria attività, volta alla tutela dei cittadini e del territorio dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali ed antropiche, così come dettato dalla legge n. 225 del 1992;
quanto detto in precedenza, in sostanza, rappresenta quanto denunciato dal dirigente sindacale; consta all'interrogante per tale denuncia risulta che il sindacalista sia stato destinatario di procedimenti disciplinari;
alcuni dei numerosi provvedimenti disciplinari a carico del sindacalista sono già stati oggetto di interrogazioni parlamentari alle quali il Governo ha risposto in maniera, secondo l'interrogante, evasiva e non esaustiva circa il lesivo comportamento intrapreso nei suoi confronti in relazione alle prerogative e normative vigenti in materia di libertà sindacali sancite dalla Costituzione;
il dirigente sindacale di cui sopra, insieme ad altri esponenti sempre della CGIL in seno al Dipartimento protezione civile, parrebbe sia considerato «non sindacalista» sia dal Dipartimento protezione civile sia dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e per questo destinatario di continue e ininterrotte note di contestazioni circa le sue prerogative di libertà sindacali e permessi sindacali tali da configurare, come del resto contestato dagli uffici del dipartimento, assenze ingiustificate dal servizio nonostante le reiterate chiarificazioni fornite sia dalla Funzione pubblica CGIL sia dalla CGIL confederale che, tramite comunicazioni scritte, hanno confermato la posizione del dirigente sindacale in questione in seno alla CGIL -:
se risulti vero quanto riportato in premessa;
se risulti vero che sia stato formalizzato al dirigente sindacale CGIL un «rimprovero scritto» ai sensi dell'articolo 64, comma 2, del vigente CCNL;
quali siano le motivazioni che portano a richiamare un esponente sindacale nell'espletazione delle sue funzioni;
cosa intenda fare il Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti dell'emanazione di questi provvedimenti.
(3-01068)

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPARINI, BITONCI, CICCIOLI, MONTAGNOLI, STEFANI, BONINO, LANZARIN, DEL TENNO, LAINATI, BERNARDO, LUCIANO DUSSIN, RAINIERI, BERGAMINI, GERMANÀ, BUONANNO, MOTTOLA, FOGLIATO, D'AMICO, TORAZZI, CONSIGLIO, SCANDROGLIO, ROMELE, PASTORE, LAZZARI, BERTOLINI, CHIAPPORI, NICOLA MOLTENI, ALLASIA, CAVALLOTTO, GOISIS, DOZZO, CALLEGARI, FOLLEGOT, GIDONI, COMAROLI, GRIMOLDI, POLLEDRI, LAURA MOLTENI, CROSIO, PINI, RONDINI, FEDRIGA, BRAGANTINI, TOGNI, DESIDERATI, VOLPI, SIMONETTI, GIRLANDA, BARANI, ASCIERTO, DI BIAGIO, VIGNALI, DE LUCA, GHIGLIA, RAMPELLI, BERRUTI, TOMMASO FOTI, DE ANGELIS, MANCUSO, DE CORATO, ARMOSINO, MARSILIO, CARLUCCI, RENATO FARINA, HOLZMANN e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato un procedimento per il completamento della revisione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale DVB-T;
lo schema di piano sottoposto a consultazione da parte dell'Agcom si basa su criteri completamente diversi da quelli in precedenza adottati per definire la pianificazione delle sei aree tecniche già completamente digitalizzate (Sardegna, Valle D'Aosta, Piemonte Occidentale corrispondente alle province di Torino e di Cuneo, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa la provincia di Viterbo e Campania);
il precedente schema di piano dell'Agcom ha registrato risultati eccellenti in quanto tutte le tv nazionali e locali nelle aree completamente digitalizzate hanno realizzato un dividendo di frequenze digitali da assegnare ai nuovi entranti;

i nuovi criteri di pianificazione ipotizzati contrastano con i principi in precedenza espressi dall'Agcom (in particolare con la delibera n. 181/09/CONS) in quanto prevedono la realizzazione di numerose reti K-SFN (cioè composte da più frequenze) in luogo di reti SFN (composte con una sola frequenza) e non garantiscono alle tv locali, almeno un terzo delle risorse sotto il profilo tecnico-qualitativo destinando alle stesse tv locali solo frequenze non previste dal piano di Ginevra 2006 (GE2006) e quindi non utilizzabili nelle aree italiane di confine;
la citata delibera n. 181/09/CONS è stata, peraltro recepita dall'articolo 45 della legge 7 luglio 2009, n. 88 che ha modificato l'articolo 8-novies, comma 4 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, della legge 6 giugno 2008, n. 101, sicché l'eventuale modifica dei criteri di pianificazione ivi espressi dovrebbe ora avvenire con legge e non attraverso un provvedimento amministrativo dell'Agcom;
l'approvazione dei nuovi criteri di pianificazione ridurrebbe drasticamente gli spazi frequenziali, in particolar modo delle tv locali, con grave danno per il pluralismo del settore, per l'informazione sul territorio e per l'occupazione lavorativa nel comparto;
la sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 1981 ha ribadito la natura di servizio pubblico essenziale di preminente interesse generale attribuito alle emittenti esclusivamente locali e la natura diversa tra l'emittenza locale e l'emittenza nazionale ovvero che l'emittenza nazionale non può godere della stessa tutela data all'emittenza locale;
il contenzioso giudiziale generato da tale situazione, causerebbe inevitabili ritardi al processo di digitalizzazione televisiva;
sarebbe opportuno intervenire affinché siano adottati i criteri di pianificazione Sardegna, Valle D'Aosta, Piemonte Occidentale corrispondente alle province di Torino e di Cuneo, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa la provincia di Viterbo e Campania -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(4-07191)

BOCCUZZI, MARCHIONI, BOBBA, BERRETTA, MIGLIOLI, RAMPI, ESPOSITO e TRAPPOLINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato un procedimento per il completamento della revisione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale DVB-T;
lo schema di piano sottoposto a consultazione da parte dell'Agcom si basa su criteri completamente diversi da quelli in precedenza adottati dalla stessa Agcom, con buoni risultati, per definire la pianificazione delle sei aree tecniche già completamente digitalizzate (Sardegna, Valle D'Aosta, Piemonte Occidentale corrispondente alle province di Torino e di Cuneo, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa le province di Viterbo e Campania), tanto è vero che in tali aree tutte le tv nazionali e locali esistenti hanno potuto convertire le proprie reti in tecnologia digitale realizzando peraltro un dividendo di frequenze da assegnare a nuovi entranti;
i nuovi ipotizzati criteri di pianificazione contrastano con i principi in precedenza espressi dall'Agcom (in particolare con la delibera n. 181/09/CONS) in quanto prevedono la realizzazione di numerose reti K-SFN (cioè composte da più frequenze) in luogo di reti SFN (composte con una sola frequenza) e non garantiscono alle tv locali, almeno un terzo delle risorse sotto il profilo tecnico-qualitativo destinando alle stesse tv locali solo frequenze non previste dal piano di Ginevra 2006 (GE2006) e quindi non utilizzabili nelle aree italiane di confine;

la citata delibera n. 181/09/CONS è stata, peraltro recepita dall'articolo 45 della legge 7 luglio 2009, n. 88 che ha modificato l'articolo 8-novies, comma 4 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, della legge 6 giugno 2008, n. 101, sicché l'eventuale modifica dei criteri di pianificazione ivi espressi dovrebbe ora avvenire con legge e non attraverso un provvedimento amministrativo dell'Agcom;
qualora i nuovi criteri di pianificazione venissero effettivamente approvati verrebbero drasticamente ridotti gli spazi frequenziali delle tv locali e ciò comporterebbe la chiusura di moltissime imprese operanti da oltre trentacinque anni, con grave danno per il pluralismo del settore televisivo, per l'informazione sul territorio e per l'occupazione lavorativa nel comparto;
che, inoltre, il contenzioso giudiziale generato da tale situazione, causerebbe inevitabili ritardi al processo di digitalizzazione televisiva -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(4-07193)

PIONATI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo del 9 gennaio 2008 n. 9 reca disposizioni in attuazione dei princìpi e dei criteri sanciti dalla legge 19 luglio 2007 n. 106;
il citato decreto serve a garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti televisivi degli eventi sportivi di campionato, coppe e tornei professionistici organizzati a livello nazionale ed a disciplinare la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti;
l'articolo 22 di detto provvedimento destina una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione di cui all'articolo 3, comma 1, per lo sviluppo del settore giovanile per la crescita dei settori giovanili della società professionistiche;
l'articolo 27, comma 7, benché il comma 6 del predetto articolo prevede che tali effetti di cui all'articolo 22, comma 2, e articolo 24 decorrano dopo il 30 giugno 2010 dalla stagione sportiva 2010 - 2011, dispone in deroga che nella fase transitoria per ciascuna delle stagioni sportive 2008-2009, 2009-2010 è destinato alla fondazione di cui all'articolo 23 una quota percentuale delle somme derivanti dai contratti di licenza, cessione o alienazione dei diritti audiovisivi sottoscritti per le medesime stagioni anche a titolo individuale entro 60 giorni dall'entrata in vigore del citato -:
se risulti che questa somma destinata al principio della mutualità generale sia stata effettivamente versata o accantonata;
qualora risultasse che gli stessi introiti siano stati effettivamente versati in che modo siano stati utilizzati;
qualora la somma non fosse stata né versata né accantonata quale iniziative di competenza si intendano adottare per il rispetto e l'attuazione delle disposizioni legislative citate.
(4-07201)

BARBATO, PALAGIANO, ANIELLO FORMISANO, RAZZI, CAMBURSANO e ZAZZERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da organi di stampa si apprende che gli editori del quotidiano Il Clandestino, Gian Gaetano e Fabio Caso, sono stati arrestati a seguito di un'indagine del nucleo della Guardia di finanza;
l'operazione della Guardia di finanza denominata «Capital Watering» ha infatti alzato il velo su una serie di

irregolarità penali che hanno portato all'arresto di sette persone, di cui cinque ai domiciliari, tra le quali i due editori de Il Clandestino, originari della provincia di Caserta. In totale le persone denunciate sono 14;
tra le accuse, abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false, 80 milioni di euro di fittizi aumenti di capitale sociale, e bancarotta fraudolenta per Hopit Spa, Net.Tel. Spa, Editoriale Dieci Srl e Segem Spa: tentata truffa aggravata nei confronti della regione Abruzzo per l'ottenimento illecito di fondi pubblici, falsità, calunnia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale per il patron del gruppo, suo figlio ed altri collaboratori e professionisti;
Il Clandestino è stato un quotidiano fondato a novembre del 2009, nato come versione cartacea del sito clandestinoweb.com, a seguito di una fusione con Il Campanile Nuovo, l'ex organo di stampa dell'Udeur di Clemente Mastella ceduto alla famiglia Caso dopo che quell'avventura politica era finita;
si è trattato di un investimento oltremodo vantaggioso per Il Clandestino, dato che Il Campanile accedeva al finanziamento pubblico per la stampa di partito e nel 2009 aveva ricevuto 1,15 milioni di euro, relativi al 2008, e la somma sarebbe stata confermata pressoché anche nel 2010;
l'arresto viene dopo una serie di fallimenti in campo editoriale. Dopo le esperienze dell'operazione Globo (primo esempio di giornale gratuito che non ha mai visto la luce) e del quotidiano sportivo Dieci, fallito dopo quattro mesi lasciando senza lavoro circa 35 giornalisti, più recentemente la famiglia Caso (Gian Gaetano il padre, Fabio il figlio) è stata protagonista, ancora una volta in negativo, dell'operazione Il Clandestino, il quotidiano messo in piedi con i fratelli Crespi (i sondaggisti Luigi e Ambrogio), partito a Roma il 24 novembre sborso e chiuso improvvisamente il 18 marzo dopo una furibonda lite con i soci, che pochi giorni prima della chiusura avevano disconosciuto l'operazione;
anche l'Associazione Stampa Romana, si legge in un comunicato, «ha dato mandato ai suoi legali di tutelare i giornalisti di fronte a questo ennesimo caso di "mala editoria"», avvenuto al di fuori delle leggi e delle prassi e che lascia per strada l'intera redazione, al momento sprovvista anche del paracadute degli ammortizzatori sociali. Continua il comunicato: «Non è la prima volta, purtroppo, che il nome di Caso si sposa a fallimentari operazioni editoriali che vengono poi pagate dai lavoratori dipendenti» -:
se il quotidiano Il Clandestino abbia beneficiato di finanziamenti statali e quali iniziative si intendano assumere per evitare che sia possibile percepire finanziamenti pubblici per la stampa di partito da parte di soggetti che pongono in essere mere operazioni finanziarie e commerciali.
(4-07204)

OLIVERIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre 2009 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2009, n. 303) è stato prorogato, fino al 31 dicembre 2010, lo stato di emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della regione Calabria, già dichiarato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre 2008 in considerazione dell'«aggravamento del contesto di criticità in atto nel territorio della regione, suscettibile di compromettere gravemente i diritti fondamentali della popolazione residente, esposta a rischi di natura igienico-sanitaria ed ambientale»;
proprio il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre

2008 segnalava, tra l'altro, la necessità di assicurare la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario ed urgente già in atto, con particolare riferimento alla realizzazione di nuovi siti da adibire a discarica per lo smaltimento degli scarti derivanti dalla lavorazione dei rifiuti e dei rifiuti urbani, da utilizzare nelle more della realizzazione degli ulteriori impianti di trattamento e smaltimento previsti nel piano regionale dei rifiuti;
in data 13 maggio 2009 è stata presentata dalla società Ecolsystema srl, con capitale sociale di euro 15.000, la domanda per il rilascio del parere di compatibilità ambientale e dell'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del decreto legislativo n. 59 del 2005, come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, per la costruzione di una discarica per rifiuti speciali dedicata esclusivamente allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto da realizzare in località Santa Marina del comune di Scandale, in provincia di Crotone;
in data 14 maggio 2009 è stato avviato il procedimento relativo all'ottenimento dell'autorizzazione integrata ambientale;
il sito ricade nei pressi dei confini del comune di Crotone, a meno di un chilometro in linea d'aria dal centro abitato della frazione di Scandale, denominata Corazzo, e a pochissimi chilometri dal centro abitato del comune di Rocca di Neto, e a meno di 400 metri in linea d'aria dalla strada statale 107, importante arteria che collega Crotone con tutti i comuni dell'Alto Marchesato e giunge a Cosenza, dopo aver attraversato la Sila;
l'area individuata per la costruzione del sito è sottoposta a vincolo idrogeologico, nonché a vincolo sismico ed è particolarmente ricca di falde acquifere, tanto che nei terreni immediatamente adiacenti vi sono diversi pozzi d'acqua, evidenza che peraltro sarebbe stata messa in dubbio dalle perizie presentate dalla società Ecolsystema;
il territorio in cui è stata individuata l'area per la costruzione del sito ospita diverse ed apprezzate aziende di apicoltori, la cui associazione provinciale è una delle più numerose e ricche della Calabria, e alcune aziende zootecniche di allevamento di bovini di razza podolica, di capre e di pecore, dal cui latte si ricava il noto pecorino crotonese. Sono inoltre presenti vigneti rientranti nell'IGT denominato «Valle di Neto», il cui storico stabilimento di trasformazione e cantina, dal quale prende il nome, è ubicato a meno di un chilometro in linea d'aria dal sito. Uliveti, di antichi e moderni impianti, sono situati in quel territorio quasi a fare da cornice al sito individuato per la costruzione della discarica, degradando fino a quasi il vicino litorale jonico. A poche centinaia di metri d'aria passa la linea elettrica nazionale;
l'invaso sarà suddiviso in tre celle separate, ciascuna avente un'estensione pari, rispettivamente, a 9.800 metri quadrati, 6.800 metri quadrati e 6.645 metri quadrati per una superficie totale di 23.245 metri quadrati e consentirà di abbancare una volumetria comprensiva pari a 450.000 metri cubi. Il fondo dello scavo è stato impostato a 80 metri sul livello del mare per una cella e a quota 88 metri sul livello del mare per le altre due;
al fine di meglio evidenziare la portata del progetto e i profili di criticità che esso determina, si riportano di seguito i passaggi più rilevanti dell'iter autorizzatorio;
l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria (Arpacal) - dipartimento provinciale di Crotone - ha espresso in data 9 settembre 2009 il parere sull'autorizzazione integrata ambientale, segnalando, tra l'altro, che nella documentazione in possesso dell'Arpacal non figurava il parere del nucleo VIA;
l'arpacal, come si legge nel parere, in considerazione del «carattere innovativo dell'intervento non ancora applicato a livello regionale», ritiene che «dovrà essere

prevista una verifica ad un anno dall'entrata in esercizio dell'impianto nella quale dovranno essere esaminati e valutati tutti i risultati dei monitoraggi ambientali, nonché i dati relativi all'attività dell'impianto al fine di una eventuale rimodulazione della frequenza dei controlli o dei contenuti dell'autorizzazione stessa». L'Arpacal, pertanto, in considerazione del fatto che si trova di fronte ad un caso mai prima affrontato, ritiene di procedere a sperimentazioni successive; infatti il parere si conclude con la seguente precisazione scritta in neretto e sottolineata: «si precisa che ulteriori variazioni a quanto indicato nel presente parere potranno essere adottate sia in fase di realizzazione dell'impianto che in fase di esercizio, nel caso in cui dovessero emergere criticità oggettive riguardanti gli aspetti ambientali o più strettamente sanitari»;
l'asl di Crotone, dipartimento di prevenzione servizio di igiene ambientale, in data 15 dicembre 2009, ha espresso parere favorevole al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale alla ditta Ecolsystema srl per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi dedicata esclusivamente allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto con la seguente considerazione igienico sanitaria: «la presenza delle centraline di monitoraggio della qualità dell'aria al di fuori del contesto operativo della discarica e precisamente in prossimità dei centri abitati non è utile ed ha azione confondente sull'eventuale valutazione dell'effettivo rischio sanitario e sulla percezione del rischio da parte della popolazione. infatti, né il censimento né la bonifica dei materiali contenenti amianto all'interno dei contesti urbani sono stati attuati nell'intero territorio della provincia di Crotone. Si ribadisce che è necessario dapprima effettuare il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto in tutti i centri abitati della provincia compresi quelli confinanti con il sito della discarica e in caso di riscontro avviare le necessarie attività di bonifica dei materiali»;
la regione Calabria, dipartimento n. 6 agricoltura, foreste e forestazione, ha espresso parere favorevole nei soli riguardi idrogeologici per la realizzazione della discarica con la prescrizione che «i lavori dovranno essere realizzati in maniera da non turbare le condizioni di equilibrio idrogeologico della zona interessata», a cui seguono altre prescrizioni da protocollo per la costruzione della discarica; il dipartimento n. 6 della regione Calabria conclude il parere affermando che: «l'inosservanza, anche parziale, delle prescrizioni suddette rende nulla la presente autorizzazione»;
la prima conferenza di servizi, tenutasi il 16 settembre 2009 presso la sede del dipartimento ambiente della regione Calabria, ha preso atto della documentazione pervenuta ed in particolare della nota n. 18909 del 14 settembre 2009 acquisita dal dipartimento ambiente dalla provincia nella quale viene richiesta documentazione integrativa;
la provincia di Crotone, con la suddetta nota, ritiene che «il Piano provinciale di gestione dei rifiuti prevede la realizzazione di un impianto dedicato almeno a far fronte alla domanda provinciale. Allo stato non è stato ancora specificato se la discarica in questione è a servizio solo dei comuni afferenti al nostro territorio». La provincia inoltre ritiene che dal punto di vista amministrativo/documentale si deve far riferimento: «1) allo strumento di pianificazione territoriale, quale il Piano Energetico Ambientale Regionale, approvato con Deliberazione del Consiglio regionale n. 315 del 14 febbraio 2005, che ha stabilito «che ... sul nostro territorio si esclude la possibilità di autorizzare l'ubicazione di ulteriori impianti di trattamento, trasformazione, conservazione e smaltimento rifiuti di ogni genere o suoi derivati»; 2) al disposto di cui alla delibera del Consiglio Provinciale n. 24 dell'11 settembre 2009, ... ove si esprime forte e motivata contrarietà alla realizzazione di qualsiasi discarica in tutto il territorio provinciale; 3) per l'area in

questione non viene ancora chiarito il titolo di proprietà, né viene allegato contratto con terzi per l'acquisizione della stessa; 4) il sito in questione è attualmente a destinazione agricola, pertanto il sito in questione necessita di variante al PRG»;
alla seconda conferenza di servizi si è svolta il 16 dicembre 2009 presso la regione Calabria - dipartimento ambiente - hanno preso parte l'asp di Crotone, il sindaco e il responsabile di settore del comune di Scandale, il dipartimento n. 6 della regione Calabria e l'amministratore e gestore dell'impianto. La provincia di Crotone che ha espresso il già menzionato parere, non ha partecipato alla conferenza, né ha inviato alcun parere. La conferenza di servizi ha concluso i lavori con esito positivo;
il consiglio comunale di Scandale, con delibera n. 29 del 31 luglio 2009, ha espresso forte contrarietà alla realizzazione di qualsivoglia tipologia di discarica;
il consiglio provinciale di Crotone, nella seduta dell'11 settembre 2009, ha deliberato di essere contrario alla realizzazione di qualsiasi discarica in tutto il territorio provinciale;
sul territorio italiano, secondo dati forniti dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), ci sono ancora 2,5 miliardi di metri quadrati di superfici con copertura di eternit, pari a 32 milioni di tonnellate, per un totale di 8 milioni di metri cubi, quantitativo pari a circa 16 volte quello che potrebbe essere abbancato nella discarica in questione;
negli uffici tecnici comunali di Scandale e Crotone ed in quello della provincia giacciono progetti per discariche per un ammontare di 8 milioni di metri cubi di rifiuti di vario genere da costruire nel territorio di confine dei suddetti comuni. Non esiste in Europa una concentrazione simile in un'area così piccola;
da ultimo, va ricordato che è stata inaugurata il 20 aprile 2010 sul territorio di Scandale una centrale a turbogas, deliberata dal Cipe, con una potenza di 850 megawatt. La centrale è in grado di fornire energia elettrica a 250 mila famiglie, pari a oltre un terzo delle famiglie che vivono nella regione Calabria; la centrale è già in regime di produzione per la fase dei test, diventerà pienamente operativa per l'esercizio commerciale entro il mese di giugno. Per E.ON si tratta della seconda centrale realizzata direttamente in Italia dopo quella di Livorno;
a seguito, dei suddetti avvenimenti i cittadini di Scandale e di tutta la provincia di Crotone sono particolarmente preoccupati per la possibilità che venga costruita una discarica per rifiuti speciali dedicata esclusivamente allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto, in quanto tale materiale ha già creato particolari e gravissimi problemi alla salute dei cittadini di Crotone. In occasione dell'ultimo consiglio comunale di Scandale, tenutosi il 29 aprile 2010, i cittadini hanno messo in atto una forte protesta avverso la costruzione delle discarica e contro la posizione assunta finora dal sindaco. Dai dati forniti dall'Inail risulta che a Crotone l'allora forte concentrazione di industrie chimiche ha toccato pesantemente la salute dei cittadini e ha causato il diffondersi di malattie tumorali e la morte di molti crotonesi. Tale situazione, ovviamente, desta grande allarme nella popolazione. Tutto ciò è dimostrato anche dalle circa tremila domande presentate nell'ultimo periodo riguardanti la richiesta di benefici a causa dell'inquinamento da amianto;
tenuto conto della rilevanza dell'intervento, sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, verificare con maggiore attenzione se le garanzie tecniche (oltre che economiche e finanziarie) offerte dalla società che dovrebbe realizzare la discarica siano adeguate alla complessità del progetto che pone questioni delicate e rischia di determinare effetti fortemente pregiudizievoli sul territorio e sulla popolazione -:
di quali elementi disponga il Governo, anche in virtù del commissariamento

in atto in Calabria per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti, in relazione a quanto rappresentato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, con particolare riferimento ai potenziali effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute dei cittadini derivanti dalla realizzazione di una discarica per rifiuti contenenti amianto, soprattutto tenendo conto dell'enorme quantità di materiale che si prevede di conferire nel sito individuato e considerato il già troppo elevato tasso di mortalità da tumore registrato nella provincia di Crotone;
se il Governo abbia avuto modo di verificare, per quanto di competenza, se la presenza di una nuova discarica sia compatibile con una diffusa presenza di discariche di rifiuti nel territorio della regione Calabria, con il rischio di compromissione delle falde acquifere e, in generale, con le attività legate alla produzione agroalimentari, quali le produzioni agricole, gli allevamenti e l'apicoltura.
(4-07205)

ANTONINO RUSSO. -Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in più occasioni, ed in ultimo all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2010, il Dottor Giorgio Giallombardo, Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, ha fornito ampia e documentata informazione sull'andamento e sulle prospettive di questo settore della giustizia, determinando il quadro complessivo di difficoltà strutturale in cui il TAR Sicilia opera;
nonostante gli ottimi risultati avuti negli ultimi anni, dovuti, innanzitutto, alla sempre più ampia attivazione ed utilizzazione di strumenti informatici, ma anche ad un leggero decremento nella proposizione di ricorsi ed allo spirito di servizio e grande senso dello stato dei Magistrati, sempre disponibili a superare i limiti di carico di lavoro previsti, non meno che alla dedizione ed efficienza, con cui il personale di segreteria e di collaborazione, pur in numero assai sparuto, hanno fronteggiato le esigenze dell'ufficio;
l'attuale stato complessivo della Giustizia Amministrativa della Sicilia rimane pur tuttavia, caratterizzato da un notevole arretrato e le carenze restano pesanti, attenendo in primo luogo alla carenza di personale e alla penuria di mezzi finanziari;
il complessivo carico di lavoro del TAR-Sicilia (sede di Palermo e sezione staccata di Catania), risultante di n. 5.754 nuovi ricorsi depositati nell'anno 2009 (pari al 10,45 per cento dell'intero carico di lavoro di tutti i Tribunali amministrativi regionali della Repubblica) pone il TAR della Sicilia al 3o posto della graduatoria nazionale, dopo il TAR del Lazio ed il TAR della Campania;
la dotazione del personale di Magistratura presso la sede di Palermo rispetto ad un organico «di diritto» previsto in 19 magistrati, mai integralmente coperto, è costituito da 15 magistrati di cui 4 giovani referendari vincitori dell'ultimo concorso espletato, che, in forza di precise direttive del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, non possono assumere lo stesso carico di lavoro dei magistrati anziani;
lo stanziamento complessivo per il Consiglio di Stato (compreso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia) ed i Tribunali amministrativi regionali è stato caratterizzato negli ultimi anni finanziari da dimensioni assolutamente trascurabili rispetto alla spesa complessiva dello Stato (0,028, contro l'1,800 spesa complessiva giustizia), peraltro ampiamente compensale dalle entrate tributarie riferibili al settore;
i numerosi «giri di vite» sulla spesa pubblica, effettuati in maniera indiscriminata anche sul già magro bilancio della giustizia amministrativa, hanno avuto ricadute negative sulla spesa dell'ordinario funzionamento dei servizi, (persino costretti

a ridurre drasticamente il servizio di pulizia dei locali), con l'effetto di ritardare, nel recente passato, anche l'espletamento dei concorsi per l'assunzione di nuovi magistrati, essenziali per tamponare i sempre più ampi vuoti di organico;
il TAR-Sicilia ha perduto, per sua domanda di trasferimento, nel mese di luglio 2008 il dirigente amministrativo con funzioni di Segretario generale;
dall'ottobre 2008 le funzioni di Segretario generale sono state svolte ad interim, per alcuni giorni al mese, dal dirigente amministrativo dottor Elio Peduto, titolare della sezione staccata di Latina del TAR-Lazio fino a gennaio 2009, data del suo collocamento a riposo, il dottor Gianfranco Vastarella, subentrato a quest'ultimo nella titolarità della sede di Latina, ha accettato anche questo incarico ad interim ed è qui assegnato fino al prossimo 30 giugno 2010;
la perdurante carenza di personale amministrativo e di collaborazione rende cronici i problemi di organizzazione complessiva degli uffici, con inevitabile ricadute negative sulla complessiva efficienza dei servizi;
su scala nazionale, in questo settore il rapporto ritenuto accettabile dalle analisi di efficacia è di 5 unità di collaborazione per magistrato, invece, in Sicilia il rapporto attuale tra la categoria di personale e quella di magistratura è di appena 1,5/1,9 addetti per magistrato;
il personale di Segreteria e collaborazione che in pianta organica prevede 34 unità, suddivise fra le varie aree professionali è di 24 unità, tale dotazione organica, già di per sé inadeguata, è stata nel tempo influenzata negativamente dalla mancata sostituzione di 10 unità di personale collocate a riposo, cessate dal servizio, o trasferite, il turn over, che è bloccato da oltre dieci anni, aggiunge la circostanza non irrilevante di un'età media degli operatori superiore ai cinquanta anni, oggettivamente, con una minore resistenza fisica alla fatica ed all'impegno lavorativo;
per alleggerire il complesso dei problemi denunciati, la Regione Siciliana si era fatta carico del problema delle carenze strutturali degli organi giurisdizionali, ordinari e speciali, operanti in Sicilia (D.d.l n. 805 del 12 Aprile 2005) con provvedimenti di assegnazione, senza alcun onere finanziario per le Amministrazioni statali destinatarie, di contingenti di personale di collaborazione nonché di attrezzature strumentali in comodato d'uso, (come per altro è stato fatto nel 2006 in Friuli-Venezia Giulia);
l'iniziativa, in un primo tempo bloccata da un'impugnativa del Commissario dello Stato, è stata giudicata costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 207 del 26 maggio 2006, nonostante ciò, non si è avuta mai alcuna assegnazione di personale, non esaurendo quindi le aspettative indotte dalla legge regionale citata nei confronti delle esigenze sempre crescenti soprattutto sul versante del personale di collaborazione;
il protrarsi di tali condizioni, verosimilmente, non agevolerà la riduzione dei ricorsi pendenti in attesa di giudizio, con grave danno per la credibilità dello Stato agli occhi dei cittadini;
le succitate carenze di organico e di risorse espongono ad ulteriori censure e sanzioni presso le competenti sedi, sia europee che nazionali, a causa dell'eccessiva durata dei processi, conseguentemente, le risorse non impegnate per migliorare il servizio giurisdizionale dovranno essere destinate per risarcire i danni per i ritardi nella definizione dei processi -:
di quali elementi disponga, il Presidente del Consiglio in relazione e quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-07206)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la legge 7 ottobre 1986 n. 735 è stato ratificato l'accordo amministrativo tra Italia e Tunisia sottoscritto a Tunisi il 17 dicembre 1984 che protegge dai rischi relativi a malattie, maternità, infortuni sul lavoro;
la predetta convenzione non si applica ai dipendenti pubblici ed agli agenti diplomatici e le ASL di provenienza non rilasciano ai pensionati INPDAP il Modello I/TN9 necessario ai fini della applicazione dell'accordo tra Italia e Tunisia, la convenzione venne sottoscritta al fine di tutelare i lavoratori migranti ai fini previdenziali escludendo i pubblici dipendenti in attività di servizio;
sono esclusi dall'assistenza sanitaria i pensionati provenienti dal settore pubblico mentre questa viene invece garantita ai pensionati provenienti dal settore privato;
i pensionati italiani residenti in Tunisia perdono il diritto all'assistenza sanitaria in Italia, se non per casi urgenti e per un periodo massimo di 90 giorni l'anno;
se pensionati del pubblico impiego e residenti in Tunisia non possono accedere all'assistenza sanitaria in quel Paese;
il ricorso ad assicurazione sanitaria privata risulta complesso e particolarmente oneroso, il ricorso a cure mediche, spesso per malattie croniche, rappresenta una priorità per i connazionali residenti in Tunisia;
questa palese disparità di trattamento tra cittadini italiani, pensionati e pensionati privati, appare in contrasto con il dettato costituzionale;
sembra inoltre iniquo e ingiusto escludere dai servizi sanitari una categoria di cittadini che, in ragione dell'età, è maggiormente bisognosa di cure mediche e di accertamenti diagnostici e clinici, talvolta vitali, per esempio per i cardiopatici e per i diabetici;
è, ad avviso dell'interrogante, fortemente contraddittorio riconoscere in Italia talune patologie, tanto da giustificarne il riconoscimento per l'invalidità, e poi non curarsi di garantire agli stessi cittadini l'accesso a cure mediche adeguate se questi risiedono all'estero e sono ex-dipendenti dello Stato -:
se la convenzione di cui alla legge 735 del 1986 sia correttamente interpretata ed applicata anche in relazione agli ex-dipendenti pubblici ed ai pensionati pubblici;
se non sia possibile anche mediante un apposito scambio di note, una revisione dell'accordo amministrativo;
quali iniziative il Governo italiano intenda promuovere per garantire, ai cittadini italiani e ai pensionati pubblici e privati residenti in Tunisia, parità di trattamento in campo sanitario e nell'accesso ai servizi sanitari;
quali misure urgenti il Governo intenda adottare, immediatamente, in vista di una successiva modifica dell'accordo, per consentire ai soggetti interessati di poter beneficiare dei servizi sanitari.
(4-07203)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
rispetto all'ultimo anno, in Lombardia la spesa media annua del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani è

incrementata del 3,8 per cento, arrivando a costare 191 euro, comunque al di sotto di 32 euro, rispetto alla media nazionale, pari a 223 euro. Bergamo con 209 euro e un aumento del 2 per cento tra il 2007 e il 2008, è tra le città lombarde ad avere la spesa più esosa. In assoluto, in Italia il record negativo si registra in Campania con 301 euro, mentre la palma d'oro spetta al Molise (126 euro), a dimostrazione di una marcata differenza tra aree geografiche del Paese, che trova conferma anche all'interno di una stessa Regione;
in Lombardia, a Milano si pagano 262 euro, 41 in più rispetto a Pavia, 52 e 53 euro in più rispetto a Varese e Bergamo, 63 in più rispetto a Lodi, 74 in più rispetto a Mantova, 86 in più rispetto a Como, 96 in più rispetto a Sondrio, 53 in più rispetto a Lecco, 130 in più rispetto a Cremona e ben 136 in più rispetto a Brescia. Lo afferma lo studio realizzato dall'osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ha realizzato un'analisi a carattere nazionale e regionale del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in termini di costo sopportato da una famiglia di tre persone con reddito lordo complessivo di 44.200 euro ed una casa di 100 metri quadrati;
l'indagine ha riguardato tutti i capoluoghi di provincia nel 2008. A più di dieci anni dal cosiddetto decreto Ronchi del 1997, solo 5 capoluoghi lombardi su 11 (Varese, Bergamo, Mantova, Brescia, Lodi) sono passati dalla Tarsu (tassa smaltimento rifiuti solidi urbani) alla Tia (tariffa di igiene ambientale). Inoltre, rispetto al 2007, tra i capoluoghi di regione lombardi, Lecco ha fatto registrare il più alto incremento tariffario: +29 per cento su scala nazionale, inferiore solo a quanto registrato a Salerno (+67,4 per cento) e Caltanissetta (+40 per cento);
in Lombardia altri aumenti si sono registrati a Pavia (+4,7 per cento), Cremona (+3,9 per cento), Brescia (+2,4 per cento), Bergamo (+2 per cento) e Mantova (+0,5 per cento). Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (presentato nel 2009), nel 2007 in Lombardia la produzione pro capite di rifiuti urbani è leggermente diminuita (-1,2 per cento) rispetto al 2006. A Bergamo si parla di 566 chili per abitante con una diminuzione del 2,7 per cento. Inoltre, il livello di raccolta differenziata si attesta al 48,8 per cento contro il 45 per cento della media regionale e il 28 per cento di quella nazionale. La città orobica in un solo anno, tra il 2006 e il 2007, ha aumentato la raccolta differenziata del 4,8, per cento;
«In Italia, ha commentato Antonio Gaudioso, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva, più della metà dei rifiuti va ancora a finire in discarica, la produzione pro capite di rifiuti urbani è pressoché stabile, mentre ciò che non accenna a diminuire è il carico delle tariffe, specie in quelle aree del Paese, come il Sud, dove il reddito pro capite è più basso. In sostanza, il servizio non migliora mentre i costi sopportati dalle famiglie sono sempre maggiori, e da questo punto di vista il caso della Campania è quanto mai esemplificativo. Quel che emerge dall'analisi è la mancanza di una politica nazionale della gestione dei rifiuti, capace di legare gli elementi di costo ad elementi di qualità del servizio, a tutto vantaggio di chi continua ad operare in assoluta assenza di trasparenza» -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di intensificare su tutto il territorio nazionale la pratica della «raccolta differenziata dei rifiuti», tramite la quale le tariffe Tarsu o Tia, si potrebbero abbassare notevolmente.
(4-07196)

LIBÈ e OCCHIUTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la città di Crotone è stata fino alla fine del 1900 il centro dello sviluppo industriale calabrese. Sul suo territorio si sono insediate realtà aziendali importanti quali la Montecatini Edison e la Pertusola Sud, oltre ad altre realtà di minori

capacità. Le due industrie si occupavano, l'una della produzione e dell'utilizzo di sostanze chimiche di varia natura, l'altra dei processi idrometallurgici nella lavorazione dello zinco. Le fabbriche per tutto il Novecento hanno rappresentato la forza economica della città e del suo territorio provinciale, ma alla fine degli anni novanta del 1900, lo smantellamento dell'apparato industriale ha portato ad un collasso delle condizioni economiche della popolazione;
lo smantellamento delle industrie Montecatini Edison e la Pertusola Sud ha lasciato in eredità al territorio gravi problematiche di natura ambientale: i processi industriali hanno prodotto enormi quantità di rifiuti tossici e nocivi con la relativa devastazione degli ecosistemi vicini al sito industriale;
secondo i rilievi effettuati dall'Agenzia regionale per l'ambiente della Calabria i rifiuti hanno provocato enormi danni alle falde acquifere, al mare, ai terreni, ai promontori collinari;
la grave situazione ha provocato, di conseguenza, un inaspettato declino della città, sotto ogni aspetto, di natura economica, sociale e ambientale; negli ultimi anni, in modo particolare, si sono consumati in danno all'ambiente ed alla salute dei cittadini, crimini gravissimi;
un'inchiesta voluta dalla procura della Repubblica di Crotone denominata «Black Mountains», conclusasi nel mese di settembre del 2009, ha portato alla luce l'illecito utilizzo, come materiale di riempimento per la costruzione di edifici pubblici e privati, di strade e di ponti, degli scarti di lavorazione degli stabilimenti industriali. Ciò ha generato atti criminosi, omissioni, complicità che hanno recato un danno al territorio di Crotone forse irreparabile. La situazione, attualmente può definirsi di allarme diffuso in tutta la popolazione;
la procura della Repubblica ha provveduto al sequestro di ben 24 aree urbane comprese nel territorio cittadino ed in due paesi della provincia, sulle quali sarebbero state poste in essere, anche in tempi diversi, una pluralità di condotte finalizzate alla realizzazione di vaste discariche non autorizzate di rifiuti pericolosi;
i reati che vengono a vario titolo contestati ai 47 imputati vanno dal disastro ambientale all'avvelenamento delle acque sotterranee destinate all'alimentazione;
la condizione è di pericolo permanente di disastro ambientale per un numero indeterminato di persone. Tali fatti, secondo gli inquirenti ed i periti tecnici della procura, sono destinati a cagionare disastri evidenti alla salute e all'incolumità pubblica;
non è escluso che anche la catena alimentare sia stata inquinata dalla presenza di metalli inquinanti nelle falde acquifere: gli stessi metalli sono stati smaltiti illecitamente, riversati in mare, occultati nel terreno per quasi tutto il secolo scorso; la mancata messa in sicurezza e la mai avviata bonifica del territorio non fa che acuire il problema, tutt'oggi pressante;
l'ArpaCal non ha dubbi sull'inquinamento marino provocato dagli scarichi; l'Organizzazione mondiale della Sanità in uno studio effettuato tra il 1981 ed il 1987, evidenziò nel comprensorio di Crotone un eccesso di mortalità legato all'insorgere di malattie croniche e neoplastiche a carico dell'apparato respiratorio ed epatico;
alcuni studi effettuati da esperti dell'Istituto superiore della sanità nel 2003 hanno mostrato l'altissima incidenza di malattie tumorali nella città di Crotone, rilevando una mortalità superiore, rispetto alla media provinciale, del 46 per cento nella popolazione di sesso maschile e del 15 per cento nella popolazione di sesso femminile;
da qualche tempo si è diffusa la consapevolezza che a Crotone l'inquinamento sia causato anche dall'aereodispersione dell'amianto utilizzato in entrambe

le fabbriche cittadine in modo massiccio per le sue proprietà coibentanti e per la sua economicità. Il suo utilizzo, è stato accertato, è nocivo per la salute dell'uomo, data la capacità del materiale stesso di rilasciare fibre potenzialmente inalabili che provocherebbero gravi ed irreversibili patologie all'apparato respiratorio e che si manifestano anche dopo molti anni dall'esposizione; il pericolo corso dai cittadini crotonesi potrà dirsi debellato intorno al 2040, ma solo se si provvedere ad una attenta analisi ed alla successiva bonifica;
la legislazione ha da tempo disposto non solo la cessazione della produzione e della commercializzazione di qualsiasi materiale contenente fibre di amianto, ma ha anche dettato le regole per le cosiddette bonifiche (decreto-legge n. 277 del 1991; decreto-legge n. 257 del 1992; decreto del Ministero della sanità 6 settembre 1994; decreto-legge n. 626 del 1994);
l'INAIL ha riscontrato che a Crotone ad essere contaminata sarebbe tutta l'area circostante e non solo quella industriale delimitata alle suddette fabbriche; di conseguenza moltissimi lavoratori che hanno prestato servizio in quell'area ed i cittadini residenti vicino a tali insediamenti industriali in cui si manipolava amianto, sarebbero tutt'ora esposti al rischio di contrarre gravi malattie;
risultano diverse le maestranze ed i loro familiari colpiti proprio da correlate patologie. Tenendo conto del fatto che il tempo di latenza del mesotelioma pleurico, tumore direttamente correlato all'esposizione amianto, è di oltre 40 anni, altri cittadini potrebbero essere coinvolti in futuro;
anche la procura della Repubblica di Crotone sta accertando eventuali responsabilità per la morte di alcuni lavoratori e loro familiari, a causa del contatto con la cosiddetta «fibretta purissima di amianto in polvere» utilizzata nel reparto «forno fosforo» della Montecatini Edison, dal 1960 e fino alla sua demolizione, avvenuta nel 1992;
dalle indagini avviate dalla procura della Repubblica si evidenziano colpe dei dirigenti Eni nella industria Montedison di Crotone in termini di imprudenza, negligenza, imperizia, nonché violazione delle norme di leggi speciali, per avere omesso: di informare e fare informare i lavoratori circa i rischi derivanti dalla inalazione delle polveri/fibre di amianto e circa le misure per prevenire tali rischi; di sottoporre o far sottoporre i lavoratori ad adeguato e obbligatorio controllo sanitario mirato sui rischi specifici da amianto; di curare o far curare la fornitura e l'effettivo impiego di idonei ed efficaci mezzi di protezione personale; di adottare o far adottare tutti i provvedimenti tecnici, organizzativi, procedurali necessari per impedire o ridurre la diffusione delle polveri/fibra di amianto negli ambienti nei quali le lavorazioni a rischio amianto venivano eseguite; di adottare o far adottare idonei sistemi per evitare il propagarsi delle polveri/fibre di amianto anche negli ambienti adiacenti a quelli dove si eseguivano le lavorazioni in questione; di denunciare o fare denunciare all'Inail l'esistenza delle lavorazioni a rischio di inalazione di amianto; il procedimento penale è in corso, ma la relazione tecnica predisposta nel corso dell'inchiesta ha evidenziato una situazione a dir poco allarmante. In particolare è emersa la probabilità che le sostanze tossiche ed inquinanti diffuse nell'ambiente dagli impianti produttivi possano avere contaminato i prodotti alimentari della zona, oltre ad aver coperto l'intero perimetro cittadino;
secondo i dirigenti del reparto Nisa della polizia giudiziaria, nella città di Crotone non esisterebbe «zona bianca», ossia non inquinata. L'amianto si è infiltrato ovunque. Se poi si pensa che le aziende ad elevato impatto ambientale erano situate in prossimità delle aziende agro-alimentari e che anche attualmente non possono considerarsi sicure, l'ipotesi di contaminazione è più che attendibile;
i dati epidemiologici seppure frammentari e dispersi in rivoli, a causa dell'assenza di un registro tumori, hanno

confermato i numerosi casi di mesotelioma pleurico;
per motivi sconosciuti, per assurdo, Crotone non rientra nelle direttive comunitarie e nazionali che prevedono la protezione dei lavoratori esposti al rischio amianto e la tonifica delle zone che sono state investite negli anni dal problema;
un ulteriore danno è legato allo smaltimento dell'amianto utilizzato nel «forno fosforo», del quale - per il tipo di lavorazione in cui veniva impiegato - si stima la scomparsa dagli stabilimenti, in cui veniva fermato in attesa di smaltimento come rifiuto speciale pericoloso, di una quantità di circa 12 mila tonnellate. Non vi è alcun dato o riferimento cartaceo che attesti sulla corretta modalità di smaltimento di questo terribile veleno. Le maestranze esposte al «rischio amianto» sono stimate in circa 3/4000 persone, mentre le cause per il riconoscimento dei benefici previdenziali ammontano a circa 2 mila;
attualmente esiste un registro tumori in comune con il territorio di Cosenza con sede nel capoluogo cosentino, difficilmente raggiungibile dai crotonesi -:
se non intenda attivarsi nell'ambito delle proprie competenze per ricondurre le problematiche insorte - a seguito del mancato avvio del procedimento di bonifica - a positiva e immediata soluzione, visto che la salute di ogni cittadino è un diritto tutelato dalla Costituzione della Repubblica italiana, sancito dall'articolo 32, che parla di diritto del singolo e di interesse collettivo, diritto indisponibile e non sempre garantito, tanto che nella prospettiva di una più efficace tutela della persona, la giurisprudenza ha affermato (Cass. Sez. Un. 6 ottobre 1979 n. 5172) che questo diritto comprende il diritto alla salubrità e sicurezza di ogni ambiente lavorativo;
ad assumere le necessarie iniziative di competenza per fare luce sulle modalità di smaltimento delle 12 mila tonnellate di amianto utilizzate in passato dalla Montedison;
se non intendano assumere iniziative per l'immediata costituzione del registro dei tumori, anche in deroga al limite stabilito per la sua istituzione di almeno 250 mila abitanti, vista la preoccupante situazione ambientale in cui versa il territorio crotonese.
(4-07209)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la cittadina di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, conosciuta come sede dell'Abbazia Florense nonché per l'opera spirituale del Beato Gioacchino da Fiore, possiede un patrimonio artistico ed architettonico di inestimabile valore;
per ordine di importanza, tra l'altro, non possono essere dimenticate le cosiddette «catacombe», presenti nel sottosuolo della città sin dal 1200 e caratterizzate dal fatto che ad esse si congiungono le chiese di San Giovanni in Fiore;
questa testimonianza storica non è attualmente fruibile perché gli accessi sono stati murati con la conseguenza non solo che un parte importante del patrimonio della cittadina silana è sottratta all'attenzione dei visitatori ma anche che è difficile monitorare le condizioni di salute di questa opera storica;
il comune e varie associazioni cittadine si sono nel tempo attivate per sensibilizzare la soluzione di questo problema che va nella direzione di valorizzare e promuovere le proprie radici ed il proprio patrimonio frutto di una storia secolare che non può essere dimenticata -:
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere, nell'ambito delle proprie

competenze e responsabilità, per avviare a soluzione un problema particolarmente sentito dalla città.
(4-07197)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
dal sito del Ministero per i beni e le attività culturali e da quello del Governo si apprende che, lo scorso 10 marzo, il Ministro per i beni e le attività culturali, e il direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, hanno siglato un accordo di collaborazione con l'azienda statunitense proprietaria del popolare motore di ricerca Google e della piattaforma YouTube, con il quale motore - si legge nel comunicato stampa - si prevede la digitalizzazione e messa in rete di circa un milione di volumi non coperti da copyright e conservati nelle biblioteche nazionali di Roma e Firenze affinché chiunque nel mondo possa avere liberamente accesso a tale conoscenza;
il patrimonio culturale italiano è immensamente prezioso e costituisce una fonte pressoché inesauribile di ricchezza dal punto di vista economico, sociale e di promozione del nostro Paese nel mondo intero;
sempre secondo le notizie riportate dalla stampa, il costo della digitalizzazione sarà a totale carico di Google, che si occuperà anche di allestire uno scanning center in Italia;
non risulta all'interrogante che l'accordo e la documentazione correlata sia attualmente disponibile né sul sito del Ministero né a richiesta -:
se i fatti riportati in premessa risultino veritieri e, nell'eventualità positiva se l'accordo di collaborazione con l'azienda statunitense preveda delle clausole che tutelino il nostro patrimonio, consentendo a Google l'utilizzo delle scansioni ai solo fini della visione delle opere su determinate piattaforme;
nell'eventualità positiva, quali siano le piattaforme oggetto dell'accordo, informazione necessaria per scongiurare la potenziale possibilità di ricca monetizzazione da parte dell'azienda statunitense mediante una offerta economicamente onerosa per gli utenti del nuovo servizio offerto;
trattando del patrimonio di tutti i cittadini italiani se esistano eventuali fini commerciali conseguibili attraverso i numerosi servizi e le applicazioni di cui l'azienda in questione, dispone sul web;
se risponda al vero la notizia che l'accordo non preveda oneri finanziari espliciti per il Governo italiano e che tutto il costo dell'operazione sarà interamente a carico di Google;
se le copie digitali delle opere, così definite nel comunicato: «dei più grandi intellettuali, scrittori, scienziati e pensatori italiani» resteranno patrimonio italiano e se potranno essere utilizzate liberamente contestualmente all'avvio del servizio della società americana su tutte le piattaforme;
in quali formati saranno rese disponibili le opere scansionate e se saranno utilizzati formati aperti;
con quali modalità sarà possibile accedere ai contenuti acquisiti;
se sarà direttamente la società statunitense a fornire l'accesso ai contenuti e, nell'eventualità positiva, come garantirà e con quali forme, l'interoperabilità;
se le opere digitalizzate saranno conservate presso il Ministero per i beni e le attività culturali e, nell'eventualità positiva, quali modalità sono state predisposte dall'amministrazione per condividere questo importantissimo patrimonio con coloro (persone fisiche e giuridiche) che ne intendano fare uso;
per quale motivo, considerando la rilevanza dell'operazione per la diffusione

del nostro patrimonio culturale nel mondo, non è stato ritenuto necessario di dover divulgare pubblicamente i contenuti dell'accordo;
se, e nell'eventualità positiva, quando e dove, essi verranno resi pubblici.
(4-07202)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Terra di mercoledì 12 maggio 2010, si apprende di progetti di edificazione di un'area di interesse militare a Vitinia, zona tra la capitale e Ostia;
si parla di un'area di interesse naturalistico e archeologico, «già riconosciuto dalla soprintendenza per i beni culturali, visto il ritrovamento di fittili, cisterne e serbatoi che dimostrano la presenza di una o più ville romane»;
la zona sarebbe stata sottoposta a vincoli dalla regione Lazio, ma con il piano regolatore della giunta Veltroni da area agricola sarebbe divenuta edificabile;
esisterebbe ora una intesa tra il Ministero della difesa, che percepirebbe una cospicua entrata cedendo una parte del suo patrimonio e il comune di Roma, che usufruirebbe dell'alienazione, in forma di finanziamenti per Roma Capitale;
in particolare si parla di una bozza di accordo di programma tra Ministero e comune, risalente al 2007 che prevedeva un vero e proprio scambio con i costruttori, per realizzare appartamenti militari da 75 mila metri cubi di cemento nella vicina Cecchignola, avendo in cambio il nulla osta per costruire 500 appartamenti a Vitinia e cancellando un paesaggio di pregio raro che sarebbe stata superata per iniziativa di associazioni ambientaliste -:
se sia vero quanto sopra riferito;
quali siano i termini dell'intesa tra Ministero della difesa e comune di Roma relativamente all'area in questione;
se e come i Ministri intendano tutelare i vincoli naturalistici ed archeologici dell'area.
(4-07198)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002, per i comuni coinvolti delle province di Campobasso e Foggia, è stata disposta - a favore dei soggetti residenti nelle aree interessate - la sospensione dei termini relativi agli adempimenti tributari;
con nota del 26 febbraio 2010, la direzione provinciale di Campobasso dell'INPDAP ha trasmesso alla provincia di Campobasso la nota operativa n. 4 del 22 febbraio 2010 diramata dall'INPDAP - direzione centrale entrate - e, con riferimento al recupero dei contributi sospesi a seguito dei suddetti eventi calamitosi del 2002 nella regione Molise, ha invitato l'ente provinciale all'estinzione del debito contributivo residuo, sia per la quota a carico del datore di lavoro che per quella a carico del lavoratore;
l'estinzione del suddetto debito contributivo deve avvenire in un'unica soluzione entro un mese dalla data di ricezione della nota, restando salva la possibilità per l'ente provinciale, in alternativa all'estinzione in unica soluzione, di richiedere la rateizzazione del debito dovuto;

l'eventuale rateizzazione si prevede possa essere autorizzata fino ad un massimo di 60 mensilità con il pagamento degli interessi nella misura vigente al momento della domanda;
nella medesima nota dell'INPDAP viene precisato che gli enti datori di lavoro, in qualità di sostituti di imposta, devono provvedere al versamento della quota sia a carico del datore di lavoro che a carico del dipendente, anche per i dipendenti cessati a qualsiasi titolo dal servizio ovvero trasferiti successivamente alla sospensione contributiva;
alla data del 1o aprile 2010 il debito residuo ammonta a euro 9.785.716,80, di cui 7.428.080,98 quale quota a carico dell'ente provinciale, ed euro 2.357.635,82 per quota a carico dei dipendenti;
la richiesta di estinzione del debito contributivo residuo nei termini richiesti dall'INPDAP, sia nel caso di pagamento in unica soluzione che in caso di rateizzazione con interessi, metterebbe in seria difficoltà i lavoratori della provincia di Campobasso, che peraltro sapevano di dover restituire il debito senza il pagamento di interessi. Si evidenzia inoltre come la maggior parte dei dipendenti risulta essere monoreddito, e percepisce una retribuzione mensile non superiore a 1.200 euro;
si ricorda infine che la posizione debitoria dell'ente provinciale nei confronti dell'INPDAP, obbligherebbe l'ente a distrarre ingenti somme già stanziate nella programmazione di bilancio per garantire i servizi pubblici, con molto probabile esposizione del medesimo ente al mancato rispetto del patto di stabilità negli anni -:
se non si intenda assumere iniziative urgenti al fine di lasciare immutata l'attuale dilazione di pagamento del debito contributivo residuo nei confronti dell'INPDAP, secondo le modalità di restituzione che i dipendenti dell'ente provinciale stanno già sostenendo, pari a otto volte i mesi interi di durata della sospensione, valutando inoltre la possibilità di prevedere la restituzione rateizzata senza alcuna corresponsione di interessi.
(4-07195)

MARIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la proposta di bilancio 2010 del Comune di Viareggio prevede, tra le previsioni più rilevanti, l'inserimento, nel «Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari», della «Cittadella del Carnevale» per un importo pari a 18,4 milioni di euro;
le risorse recuperate dalla vendita verranno utilizzate dall'amministrazione per riportare in equilibrio il bilancio comunale, il quale a seguito dell'operazione registra una plusvalenza di circa 9,5 milioni di euro, che consente di liberare spese correnti per una cifra equivalente;
l'operazione, finalizzata al riequilibrio contabile, costituisce una scelta di grande impatto e ha comprensibilmente suscitato perplessità e preoccupazioni fra i cittadini di Viareggio;
la cessione, organizzata con un'architettura negoziale complessa, vede protagonisti: il comune che vende l'immobile alla banca BNP ed incamera le risorse necessarie per riportare in pareggio il bilancio, e la fondazione Carnevale di Viareggio, di fatto ente strumentale del comune, privo di adeguate risorse patrimoniali e finanziarie proprie, che sottoscrive con la BNP Paribas Lease Group spa un contratto di leasing immobiliare, di durata ventennale, per l'acquisto dell'immobile, a fronte di 24 rate mensili da 100 euro, di 216 rate mensili da 85.021,10 euro e da un riscatto finale di 5,52 milioni di euro;
il comune, al fine di consentire alla fondazione Carnevale di Viareggio di sottoscrivere il contratto di leasing, è chiamato

a sua volta a sottoscrivere con la BNP una lettera di patronage a garanzia dell'intera operazione;
la fondazione Carnevale di Viareggio ha come unico socio fondatore il comune e tutti i membri del Consiglio di amministrazione sono nominati dal sindaco;
la fondazione è priva di risorse proprie e per le proprie attività riceve annualmente risorse direttamente dal comune di Viareggio per un ammontare di alcune centinaia di migliaia di euro;
in relazione alla lettera di patronage sottoscritta dal comune con la BNP, le risorse che annualmente l'amministrazione comunale dovrà trasferire alla fondazione saranno superiori ad un milione di euro a partire dal 2013 e fino al 2030;
dalla relazione al bilancio dei revisori dei conti dell'Amministrazione di Viareggio si avverte che la vendita della Cittadella potrebbe comportare un ulteriore sforzo economico con le quote di rate di leasing e del prezzo finale di riscatto che resteranno a carico dell'Ente assieme ai contributi e finanziamenti erogati in qualità di unico socio fondatore;
la Corte dei conti, in una relazione inviata al Parlamento nel gennaio 2010, ha sottolineato che le operazioni di leasing immobiliare, pur previste dall'ordinamento, pongono evidenti problemi quando si ricorra ad esse con finalità elusiva della disciplina relativa all'indebitamento ovvero al rispetto del patto di stabilità e che pertanto lo strumento non può essere utilizzato dagli enti locali per eludere i vincoli di finanza pubblica che l'ente è tenuto ad osservare -:
se l'operazione di cui in premessa finalizzata alla cessione della Cittadella del Carnevale di Viareggio sia compatibile con il patto di stabilità interno e con le norme fondamentali di contabilità pubblica e, in caso contrario, quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-07207)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

BARBIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che il collegio nazionale degli agrotecnici, ed altri collegi locali della medesima categoria, tutti enti di diritto pubblico non economico, siano soci sovventori (finanziatori) delle cooperative private Agrifuturo SCARL ed Agrifuturo II SCARL, ove il presidente del collegio nazionale è socio fondatore e delle quali è stato ininterrottamente amministratore dalla loro fondazione sino al 2006;
avendo cognizione che gli enti di diritto pubblico non economico non possano disporre di risorse diverse dalle quote versate degli iscritti, e che le stesse devono, per legge, essere determinate nella misura «... strettamente necessaria ...» al funzionamento del collegio medesimo, non si comprende come tale forma di finanziamento a strutture private possa essere consentito;
tali cooperative hanno accesso ai cospicui finanziamenti comunitari attraverso l'Agea per lo svolgimento dei controlli in agricoltura (PAC e altre misure a sostegno del comparto);
proprio tale attività sarebbe al centro delle intricate vicende che avrebbero generato il conflitto tra il presidente nazionale Orlandi, nella sua duplice veste di presidente nazionale della categoria e di amministratore socio delle società beneficiarie degli appalti di Agea, con quegli agrotecnici rodigini impanati in attività analoghe e adesso concorrenti, che si sono visti perseguire e che tutt'oggi sono al centro delle denunce che l'Orlandi continua presentare, nonostante le continue archiviazioni subite dall'Autorità giudiziaria adita;
il ministero della giustizia è autorità preposta alla sorveglianza ed al controllo degli ordini professionali, per cui dispone

di apposito ufficio «III libere professioni» appartenente al Dipartimento «affari di giustizia civile»;
l'intera vicenda, seppur intricata e complessa, è stata più volte segnalata, dal Ministero della giustizia, sia verbalmente che formalmente, incrementando così la già cospicua documentazione formatasi nel frattempo nei preposti uffici Ministeriali;
ad oggi, essendo trascorsi già alcuni anni la questione rimane sospesa -:
se il Ministro indirizzo non ritenga opportuno che vengano attivate le necessarie verifiche nella gestione amministrativa e contabile della categoria professionale degli Agrotecnici;
se intenda assumere iniziative affinché venga opportunamente valutato l'operato del collegio nazionale nel confronti del collegio rodigino e dei componenti il consiglio provinciale nel 2004-2005, in relazione alle misure disciplinari adottate che, ad avviso dell'interrogante, destano dubbi sul piano della leggittimità;
se intenda assumere iniziative affinché vengano attivate adeguate misure di controllo sull'operato del collegio nazionale degli agrotecnici finalizzate a ricondurre la gestione della categoria a quei principi deontologici di imparzialità, dignità e decoro che le si addicono.
(4-07208)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'ANAS, incaricata di gestire i lavori per l'ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, ha ipotizzato come scadenza il 2013 per l'ultimazione e consegna dei lavori ad opera delle ditte incaricate all'esecuzione;
in base ai dati ufficiali diffusi dallo stesso ente statale tra febbraio 2009 e febbraio 2010 lo stato di avanzamento dei lavori è andato particolarmente a rilento e non ha seguito le tappe previste; all'inizio del 2009 i lavori in corso riguardavano circa 180 chilometri del tracciato e a distanza di un anno la situazione non è cambiata;
i chilometri ultimati di autostrada all'inizio del 2009 erano 185,7; ad oggi sono appena 193,5: ciò significa che in un anno sono stati ultimati solo 7,8 chilometri in più;
secondo i programmi dell'ANAS, entro il 2010 si sarebbe dovuto completare un tratto di 57 chilometri di autostrada, mentre entro il 2011 si sarebbero dovuti completare altri 140 chilometri; allo stato attuale i programmi non sono stati rispettati e saranno completati appena 30 chilometri nel 2010 e 106 entro il 2011;
nel 2009 si è stato previsto un incremento del fabbisogno finanziario pari a 2,7 miliardi di euro rispetto a quelli previsti e stanziati (sono stati impegnati già circa 7,5 miliardi di euro), raggiungendo una quota complessiva di fabbisogno finanziario di circa 10 miliardi di euro destinato ad incrementarsi ulteriormente;
nonostante i ritardi citati, l'ANAS continua a prevedere che i lavori saranno completati entro il 2013, non spiegando quali saranno le modalità per cui si sopperirà all'incremento di fabbisogno finanziario dei predetti 2,7 miliardi di euro (l'ultima Finanziaria 2010 ha stanziato per l'ANAS appena 300 milioni di euro da destinare alla realizzazione del ponte di Messina);
nella previsione del nuovo fabbisogno finanziario non si è tenuto conto delle spese necessarie a far fronte agli eventi calamitosi (frane e dissesti) provocati soprattutto nel tratto Rogliano-Altilia nelle vicinanze di Cosenza; nei dati promulgati dall'ANAS i predetti eventi

calamitosi sono considerati, piuttosto, come ulteriori interventi ancora da progettare e finanziare;
gli interventi sul tratto autostradale, e le vicende purtroppo tragiche con morti sul lavoro lo dimostrano, spesso mancano del rispetto delle principali norme di sicurezza e i sindacati hanno esercitato continue forme di protesta per evocare il rispetto delle condizioni di lavoro, sicurezza e salute nei cantieri;
come riportato da alcuni organi di stampa, nelle fasi di progettazione ed assegnazione dei lavori non vengono rispettati completamente i criteri di efficacia ed efficienza nella previsione delle strutture e dei materiali più idonei -:
se non intenda realizzare un monitoraggio continuo e veritiero sullo stato d'avanzamento dei lavori e comunicare le eventuali modifiche sulle tempistiche rispetto ai progetti approvati;
se si intenda valutare il reale surplus di fabbisogno finanziario necessario per il completamento delle opere e comunicare le modalità di reperimento delle ulteriori risorse finanziarie necessarie al completamento delle opere;
quali iniziative di competenza intenda assumere per esercitare controlli e monitoraggi accurati sul rispetto delle norme di salute e sicurezza da parte delle ditte appaltatrici nei cantieri aperti;
quali iniziative intenda assumere al fine di esercitare controlli accurati per la verifica di eventuali infiltrazioni nei lavori da parte della criminalità organizzata ed eventualmente ovviare a tale problema;
se corrispondano al vero le gravi affermazioni pronunciate da alcuni organi di stampa in merito allo svolgimento dei lavori sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria.
(2-00715) «Libè, Occhiuto».

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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
nella notte del 5 maggio 2010 sono state arrestate 8 persone nei pressi dello stadio olimpico a Roma, con l'accusa di resistenza aggravata (337-339 codice di procedura penale) a pubblico ufficiale e lancio di oggetti in occasione di competizioni sportive (articolo 6-bis legge n. 401 del 1989), dopo la finale di partita di coppa Italia;
secondo quanto riferito dal legale, si tratta di A. A. (incensurato, titolare di ditta individuale, 1 bambino piccolo di 4 anni e la moglie all'ottavo mese del secondo); C. S. e D.G. E., entrambi studenti universitari di 19 anni di un paesino vicino Lanciano, che per la prima volta andavano allo stadio, per altro simpatizzanti della Juventus, presi a piazza Mancini da soli, incensurati e senza precedenti legati ai tifo calcistico; G. E., incensurato, che ha assistito alla partita dalla tribuna Tevere, arrestato insieme ad A. C, mentre erano seduti sul motorino a mangiare un panino comprato al primo chiosco bar all'uscita dallo stadio e P. E., ragazzi questi tutti detenuti nel carcere romano di Regina Coeli e sistemati nella settima sezione, quella destinata ai primi ingressi, scelta opportuna di cui va dato atto alla direzione del carcere, tenuto conto della loro giovane età e dell'assenza di precedenti;
si trovano invece presso il centro clinico del carcere Gugliotta Stefano, che non era neanche andato a vedere la partita, accusato anche di lesioni aggravate a pubblico ufficiale, e L. D. (quarta volta allo stadio);

quanto a Stefano Gugliotta, un video ripreso con un cellulare trasmesso dalla televisione e da siti web di testate giornalistiche, fa vedere che arrivando in motorino con un amico viene spintonato proprio vicino allo stadio olimpico di Roma, sotto casa sua, da un agente di polizia che lo colpisce al viso e poi viene aggredito da numerosi agenti in tenuta anti-sommossa mentre l'amico scappa;
Stefano Gugliotta, che la prima firmataria del presente atto ha visto, come gli altri, il 10 maggio 2010, nell'ambito di una visita ispettiva al carcere romano, non ha più l'incisivo sinistro, ha sei punti in testa e vari ematomi sul corpo, oltre a risultare visibilmente traumatizzato da un punto di vista psicologico per l'accaduto;
in merito all'accaduto, articoli di stampa riferiscono le seguenti parole dell'avvocato Maria Carmela Guarino, residente in viale Pinturicchio: «ho visto un ragazzo che cercava di difendersi mentre lo picchiavano con i manganelli. Mi sono molto spaventata e, dalla finestra del mio palazzo, li ho supplicati di smettere, ho provato un senso di impotenza perché non potevo fare nulla per lui»;
quanto a L. D., che era davanti a dei chioschi quando è stato aggredito, senza precedenti di tifoseria violenta, da video trasmessi dal TG1 e TG2, risulta essere stato investito da un'auto della polizia che era nella zona pedonale mentre cercava di fuggire, fatto che gli ha causato la frattura di una vertebra con 30 giorni di prognosi riservata;
tutti gli arrestati hanno trascorso la notte del 5 maggio 2010 nelle celle presso lo stadio;
Stefano Gugliotta e L. D. sono stati visitati dal 118 presso lo stadio e solo il giorno dopo, una volta giunti a Regina Coeli, per le condizioni di L. D. è stato disposto il ricovero in ospedale nel corso del quale è stata individuata la frattura di una vertebra;
l'avvocato Lorenzo Contucci ha riferito di essere stato avvisato solo della nomina di A. A., arrestato da agenti del commissariato Prati, mentre il commissariato Primavalle non lo ha avvisato delle nomine fatte da G. E., C. S. e D.G. E. e D. L., delle ha appreso solo presso il carcere;
testimonianze parlano di ambulanze al seguito dei celerini che si recavano allo stadio la sera del 5 maggio 2010 -:
se sia stata immediatamente avviata un'indagine per appurare i fatti in tempi brevi;
se e quali iniziative si intendano assumere nei confronti degli agenti di polizia il cui comportamento, dall'esame dei video, appare agli interroganti indiscriminato e sproporzionato nei confronti di alcune delle persone arrestate, in particolare per il pestaggio di Stefano Gugliotta e l'investimento di L. D. ad opera di un auto della polizia;
se sia vero che il commissariato Primavalle non ha avvisato l'avvocato delle nomine fatte dalle sopra citate persone e, in caso affermativo, quali provvedimenti siano stati presi sul piano amministrativo-disciplinare nei confronti dei responsabili;
se sia vero che diverse ambulanze fossero al seguito delle Forze dell'ordine presenti alla finale di coppa Italia del 5 maggio 2010 a Roma e per quale motivo;
se sia noto chi ha effettuato la notte del 5 maggio 2010, presso lo stadio, la prima visita sanitaria e per quale motivo per L. D. non abbia disposto il ricovero in ospedale nonostante le sue richieste, cosa che è avvenuta solo il giorno dopo, quando l'arrestato è giunto a Regina Coeli;
se sia vero che in quella stessa occasione sono avvenute anche cariche nei confronti di un gruppo di immigrati che abitualmente si ritrovano a piazza Mancini;
se intenda rendere obbligatoria una forma di identificabilità ex post degli

agenti antisommossa, come ad esempio il numero sul casco, come avviene in molti Paesi europei.
(2-00716)
«Zamparutti, Agostini, Albonetti, Aprea, Baretta, Belcastro, Beltrandi, Berardi, Bernardini, Bressa, Calearo Ciman, Calgaro, De Camillis, Della Vedova, Di Giuseppe, Di Virgilio, Divella, Evangelisti, Farina Coscioni, Formichella, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Gibiino, Giulietti, Guzzanti, Iapicca, Lazzari, Lehner, Libè, Malgieri, Mazzuca, Mecacci, Angela Napoli, Naro, Nicco, Nucara, Palagiano, Mario Pepe (PD), Piffari, Sbai, Scalera, Speciale, Tocci, Maurizio Turco».

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la necessaria connessione tra le aziende ospedaliero-universitarie ed il servizio sanitario nazionale e regionale ha avuto in alcune realtà regionali, come quella dell'Emilia Romagna ma non solo, effetti distorsivi;
la peculiarità del ruolo dell'università nel rapporto con le strutture sanitarie territoriali, in particolare nella formazione del personale medico ed in generale nell'assistenza, è stata spesso svilita dall'eccessiva preponderanza del potere politico regionale;
l'oggettivo condizionamento di nomine e di procedure concorsuali nell'ambito delle strutture sanitarie universitarie collegate alla regione finisce, da un lato, per ledere l'autonomia universitaria e, dall'altro, per instaurare un rapporto anomalo con la regione che tende ad omologare il sistema sanitario, penalizzando le punte di eccellenza, avvalendosi delle competenze attribuite per legge nazionale e che dovrebbero essere meglio definite, cosa che avviene quotidianamente in Emilia Romagna;
al fine di porre rimedio a tali criticità, l'interrogante ha presentato un'apposita proposta di legge -:
se il Governo intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte a riequilibrare e rafforzare il ruolo dell'università nel rapporto con il servizio sanitario nazionale, mediante disposizioni precise in materia di nomine dei vertici delle aziende ospedaliero-universitarie, finalizzate a rafforzare il ruolo dei rettori nelle decisioni riguardanti le designazioni medesime e l'attribuzione degli incarichi nelle aziende suddette, ovviamente d'intesa con le regioni.
(5-02896)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella scuola, fra gli altri, vengono, disposti comandi annuali di personale docente di ruolo sollecitati da associazioni riconosciute ed aventi diritto, i cui costi vengono totalmente ascritti alle associazioni medesime sia per quanto attiene allo stipendio del docente richiesto che per suoi contributi pensionistici;
ai sensi del decreto-legge n. 240 del 28 agosto 2000, convertito con modificazioni nella legge n. 306 del 27 ottobre 2000, dopo anni cinque ininterrotti di rinnovato comando, la norma prevede la perdita di titolarità del docente richiesto nella scuola di provenienza dall'associazione; ciò comporta la perdita del posto e, ad esaurimento della posizione di comando, la necessità di una nuova operazione di assegnazione;

attualmente, a causa della riduzione delle cattedre a seguito dei tagli operati con la riforma Gelmini, ed ancor più negli anni a venire, nonostante viga una sorta di precedenza, la perdita di titolarità comporta ugualmente non solo il rischio di una mancata assegnazione alla vecchia scuola di appartenenza, bensì anche quello di venire integrato in un istituto appartenente a tutt'altro luogo geografico, se non di rimanere «perdente posto» e non ritrovare la titolarità in nessuna scuola dell'intera provincia, dovendo passare così, di anno in anno, da un'assegnazione provvisoria ad un'altra;
migliaia di «distaccati» sindacali il cui stipendio ed i cui contributi pensionistici sono pagati interamente dallo Stato, pur trovandosi in posizione di comando presso l'Organizzazione di appartenenza, non vengono ricompresi nella citata norma relativa alla perdita di titolarità dopo cinque anni di incarico;
quest'anno, nella provincia di Roma, per la prima volta è stato dato seguito alla norma su citata, nonostante essa, come già chiarito, sia in vigore dal 2000, intervenendo però, secondo l'interrogante, in modo del tutto inappropriato nei tempi e discriminatorio rispetto alle persone;
nell'intera provincia di Roma risultano essere oltre cento i «comandati» rientranti nella fattispecie in parola con almeno anni cinque di percorso presso una qualche associazione senza soluzione di continuità alle spalle;
la perdita del posto di titolarità è stata disposta per sole tre persone, fra le quali il docente Stefano d'Errico, comandato con stipendio e contributi pensionistici completamente a carico dell'Associazione culturale «Unicorno - l'AltrascuolA» (soggetto qualificato alla formazione con decreto MIUR N-177/2000), e due altri insegnanti rientranti solo marginalmente nella casistica (avendo richiesto l'avvicinamento al coniuge), mentre s'è «soprasseduto» per tutto il resto del personale docente, in particolare per quello amministrato da altre Associazioni;
la perdita di posto di titolarità è stata disposta nell'ultimo periodo utile per rientrare nei movimenti del personale, in particolare, in modo assai tardivo, il 10 marzo 2010, con una comunicazione all'interessato (fax prot. 4142 inviato al dirigente scolastico del 1o circolo didattico di Roma) a firma del dottor G. Minichiello, primo dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Roma, il quale, in pari data imponeva, nel caso in cui il docente si fosse trovato nella condizione di rientrare in servizio il 1o settembre 2010, di produrre domanda di mobilità «entro 5 giorni dal ricevimento della notifica», anticipando addirittura la scadenza naturale prevista dall'ordinanza generale per il 22 marzo. Tutto ciò, nonostante la normativa annuale relativa ai trasferimenti aprisse queste operazioni dal 22 febbraio, come previsto appunto dall'ordinanza del Ministero dell'istruzione n. 19 del 19 febbraio 2010;
il docente Stefano d'Errico, che ha ottenuto anche per il prossimo anno l'utilizzazione presso l'associazione «Unicorno - l'AltrascuolA», al momento non aveva ancora risposta in merito e Comunque avrebbe anche potuto trovarsi nella condizione di dover rientrare in servizio dal prossimo anno, con il disagio di essere stato avvertito improvvisamente, irritualmente (non nei tempi dovuti) e con un ristrettissimo margine di tempo per trovare nuova collocazione;
il docente Stefano d'Errico risulta essere il segretario nazionale dell'organizzazione Unicobas Scuola, sindacato attivamente impegnato nella contestazione della riforma Gelmini, cosa che, attesa la discriminazione operata rispetto agli altri docenti nella sua stessa posizione di comando pluriennale, lascia profondamente perplesso l'interrogante in relazione ai motivi di tale scelta;
la richiamata norma relativa alla perdita di titolarità trascura completamente il dovere di garantire il diritto di voto dell'insegnante perdente titolarità ed in posizione di comando relativamente alle consultazioni sindacali per l'elezione delle

Rappresentanze sindacali unitarie, che peraltro dovranno tenersi entro il prossimo dicembre. Il diritto di voto in queste elezioni è inviolabile, poiché non soprassiedono unicamente a designare i rappresentanti dei lavoratori abilitati alle trattative sul contratto di istituto, bensì anche a definire la rappresentatività nazionale delle organizzazioni sindacali ai fini dell'accesso alle trattative nazionali e di ogni altro beneficio accordato alle organizzazioni sindacali «maggiormente rappresentative». Tutto ciò avviene ai sensi del decreto legislativo n. 396 del 4 novembre 1997 (e successive modificazioni). La richiamata norma relativa alla perdita di titolarità nemmeno si preoccupa di prendere anche solo in esame l'analogo problema che viene a crearsi con riguardo alle elezioni degli organi provinciali e nazionali dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), previste anch'esse entro il presente anno solare;
tale diritto di voto viene negato nei fatti, dal momento che con la perdita di titolarità non risulterebbe più il luogo fisico ove espletarlo, non potendo, con le normative vigenti, il docente comandato ma perdente titolarità venire ricompreso nell'elenco degli aventi diritto, né nella vecchia scuola di provenienza, né in alcun altro ambito del comparto scuola ove hanno titolo a costituirsi i seggi elettorali per entrambe le citate consultazioni;
l'insegnante in parola gode dell'indiscutibile diritto di voto in tali elezioni ed ha titolo a partecipare anche alle elezioni ENAM, dove peraltro risulta eletto già da due mandati presso il comitato provinciale ENAM funzionante per Roma e provincia -:
quali siano le motivazioni secondo le quali il dottor Minichiello, dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Roma (ex provveditorato) non ha operato applicando le norme a tutti coloro che risultavano nella stessa situazione dell'insegnante D'Errico, relativamente alla perdita di titolarità in tutti i casi che interessavano altre persone e associazioni;
se il Ministro non ritenga di sanare urgentemente la indiscutibile disparità, assumendo iniziative affinché nell'immediato tutti coloro che si trovano nella medesima condizione del docente in parola abbiano lo stesso trattamento (come prevede la legge);
se, viceversa, nelle more relative ad una normativa che ad avviso dell'interrogante si disinteressa di garantire istituti determinanti e costituzionalmente tutelati come il diritto di voto (disposto con apposita legge) nelle elezioni sindacali e di categoria, il Ministro non ritenga di assumere iniziative per il ritiro della disposizione relativa all'insegnante in parola ed alle altre due docenti che hanno parimenti subito la perdita di titolarità, rinviando l'applicazione di dette norme in tempi utili a fornire garanzie e condizioni adeguate e non precipitose riguardo ai termini di preavviso come avvenuto quest'anno per questi unici tre casi;
se il Ministro non ritenga suo dovere fornire comunque le risposte necessarie ed ufficiali atte a garantire il diritto di voto nelle due diverse consultazioni elettorali citate, per tutti quanti siano o dovessero trovarsi in posizione di comando ma senza titolarità, in tempi utili perché l'inalienabile diritto al voto possa essere onorato nelle due citate procedure elettorali il cui avvio risulta a breve scadenza;
infine se il Ministro non ritenga di assumere iniziative dirette a sospendere e rivedere le norme citate, operando in modo equanime e ricomprendendo fra i perdenti posto anche tutte le tipologie dei duemila distaccati sindacali di «lungo corso» (in molti casi si parla di più di un decennio), che siano a totale o parziale carico dello Stato, semiesoneri inclusi, ai quali la titolarità viene garantita ad libitum e senza alcuna strettoia normativa, ciò perché il disagio creato alla scuola di appartenenza, ove i posti dei comandati sindacali vengono coperti con incarichi annuali che mutano costantemente, risulta essere esattamente lo stesso creato dai comandati presso associazioni professionali

e così non si lederebbe il diritto al distacco sindacale che verrebbe comunque garantito.
(4-07210)

TESTO AGGIORNATO AL 27 MAGGIO 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a causa della crisi economica, che farà sentire i suoi effetti negativi ancor di più nei prossimi due anni, sono migliaia e migliaia i lavoratori e le lavoratrici, messi in cassa integrazione, anche per lunghi mesi, così come numerose sono le aziende impossibilitate a continuare il normale processo produttivo;
il susseguirsi nel tempo, di norme aggiuntive e modificative, per singole categorie o settori e in assenza di quella riforma organica degli ammortizzatori sociali che era stata prevista dal «protocollo Welfare» del Governo Prodi e dal Pd più volte sollecitata, rende particolarmente difficile una chiara visione della gestione degli ammortizzatori sociali in atto;
intere famiglie vivono con lo stipendio decurtato, spesso con entrambi i percettori di reddito in cassa integrazione o, in mobilità con i tanti drammi di cui siamo stati spettatori;
le condizioni economiche dei nuclei famigliari diventano, dunque, spesso da un giorno all'altro assolutamente precarie e la situazione è troppo frequentemente aggravata dal fatto che anche le forme di sussidio o sostegno, vengono percepite molti mesi con tutto ciò che ne consegue;
per diversi mesi i lavoratori, dunque, si trovano senza alcuna forma di sostegno, e gli istituti bancari troppo spesso ne negano l'anticipo;
l'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 469 del 1997 prevede che, nell'ambito delle procedure di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 2 del medesimo decreto, le regioni esprimono motivato parere nelle procedure relative ad interventi di integrazione salariale straordinaria. I tempi tra l'acquisizione del parere regionale e la liquidazione della prestazione, da parte del Ministero competente, sono però ingiustificatamente lunghi;
il 27 aprile 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno a firma dell'interrogante che impegna l'esecutivo a prevedere che i tempi di erogazione delle forme di sostegno per i lavoratori, che ne hanno diritto, siano tali che questi ultimi possano percepirli in tempi certi dal momento dell'assegnazione della cassa integrazione, proprio per evitare ulteriori drammi e aumento della povertà in atto -:
se e come il Governo intenda intervenire, semplificando e non sovrapponendo passaggi già effettuati dalle regioni, al fine di stabilire tempi certi e ravvicinati per l'erogazione degli strumenti di sostegno del reddito dei lavoratori in difficoltà.
(5-02891)

MATTESINI e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, è stato abolito il processo di stabilizzazione del personale precario avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), e legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008);
le procedure di stabilizzazione previste dalle leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008 rispondevano all'esigenza di risolvere la drammatica ed annosa situazione dei lavoratori precari sanando, così, un'anomala situazione che ha visto l'utilizzazione, per anni, del lavoro di persone che, in molti casi, vincitori o idonei di concorsi o selezioni svolte negli anni passati, non erano e non sono mai state assunte, a causa del continuo blocco delle assunzioni;

le norme delle leggi finanziarie suddette sono, rispettivamente, in vigore dal 1o gennaio 2007 e dal 1o gennaio 2008. Sulla base di queste norme molti enti pubblici ed enti locali, peraltro in linea con il patto di stabilità, hanno già approvato, entro il termine prescritto, piani triennali di assunzione del personale, prevedendo, oltre a concorsi e selezioni, la stabilizzazione dei cosiddetti precari;
a decorrere dal 1o luglio 2009, con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni relative alle procedure di «stabilizzazione» dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, tali piani di assunzione sono sospesi -:
cosa intenda fare per dare certezza a quei lavoratori, che con le nuove norme varate dal Governo riportate in premessa, rischiano di non rientrare nel processo di stabilizzazione previsto dalla legge finanziaria per il 2007, mettendo così a rischio il loro posto di lavoro.
(5-02892)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
già in data 2 luglio 2009 l'interrogante - con atto di sindacato ispettivo n. 4-03437, tuttora privo di risposta - denunciava che gli oltre cento dipendenti della DIWAR SpA, azienda di materie plastiche con sede legale a Villanova di Camposampiero e stabilimento produttivo a Campodarsego, da mesi non percepivano lo stipendio, trovandosi in uno stato di assoluta incertezza circa i tempi di pagamento delle retribuzioni arretrate e future;
da allora la situazione non è affatto migliorata, anzi lo scenario prospettatosi è ancora più drammatico per i lavoratori dell'azienda che, pur privi di stipendio da 5, 6 mesi, hanno e devono comunque fronteggiare rate di muto, bollette, spese quotidiane di viveri, e altro;
secondo notizie di stampa (vedi Il Mattino del 4 maggio 2010) i vertici aziendali hanno inviato una richiesta di concordato presso il tribunale di Padova per congelare tutti i debiti e ripartire da zero; peraltro ad avviso dell'interrogante la presente proposta potrebbe presentare profili di dubbia legittimità;
tale operazione comporterebbe il congelamento dei debiti fino all'8 aprile 2010 con la nascita dal 9 aprile della Diwar 2, il saldo parziale (secondo una percentuale concordata) a fornitori ed istituti di credito debitori e l'azzeramento degli arretrati di stipendio ai lavoratori, ma nessun cambiamento nei vertici aziendali della Diwar 2, che resterebbe in mano a Walter Fattore, padre del sindaco di Villanova: in altri termini nascerebbe da una vecchia azienda una nuova, con lo stesso padrone ma senza debiti;
proprio la circostanza che la gestione della nuova azienda resterà la medesima crea forte preoccupazione ed agitazione tra i dipendenti, sfiduciati sul futuro aziendale e, di conseguenza, sul proprio futuro occupazionale -:
se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere con urgenza, al fine di tutelare i diritti e la dignità dei lavoratori interessati ed evitare il collasso economico di centinaia di famiglie.
(4-07194)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, ANDREA ORLANDO, ROSSA e ZUNINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il 31 maggio 2010 entrerà in vigore la nuova regolamentazione delle pesca

Europea, normativa che si pone l'obiettivo di tutela del patrimonio ittico del Mediterraneo;
le nuove regole, devono però tenere conto di specificità che evitino di danneggiare, un settore che già è in sofferenza da molto tempo;
in particolare, tra le così dette pesche speciali, s'inserisce l'attività che si svolge in Liguria da oltre 200 piccole imbarcazioni che danno occupazione a circa 500 persone, nella pesca ai bianchetti, rossetti e ai cicerelli, vista la significativa presenza di pesce azzurro lungo la costa Ligure;
si tratta di un'attività faticosa, con un prodotto di nicchia, che trova un suo mercato anche nel contesto turistico-ricettivo;
la regione Liguria ha prodotto una documentazione in sede Europea per la tutela di questa attività di pesca -:
quali misure si intendano assumere perché, nel quadro Europeo delle politiche a tutela del mare si possa salvaguardare questa attività e quali strumenti di tutela occupazionale si intendano attivare per il sostegno delle imprese interessate.
(5-02895)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce Marco Aurelio Pasti, presidente nazionale dell'Associazione italiana maiscoltori (Aim), «gli Ogm in Italia sono presenti da anni». Infatti, spiega «ogni anno in Italia vengono seminati accidentalmente svariati milioni di semi di mais geneticamente modificato contenuto in tracce nei sacchi di sementi di mais non Ogm»;
«Le attuali norme per il controllo delle sementi - ha spiegato Pasti - prevedono infatti che i lotti con meno di 1 seme geneticamente modificato su 2.000 possano, di fatto, essere commercializzati come non Ogm, e non potrebbe essere diversamente, dati i limiti posti dalla statistica nell'esecuzione dei campionamenti per il controllo delle sementi». Quindi Pasti ha spiegato che «componenti geneticamente modificati nelle filiere di molti prodotti a denominazione di origine e indicazione di origine protette sono presenti da anni nel nostro Paese»;
«Insomma, come avviene per i generi alimentari, dove è ammessa l'eventuale presenza di una percentuale minima di prodotti geneticamente modificati - ha concluso Pasti - anche nelle coltivazioni di mais il cosiddetto Ogm free non esiste»;
di quali dati sia in possesso il Ministro sulla dimensione del fenomeno della semina accidentale di semi di mais Ogm;
se confermi che in Italia non si può più ormai parlare di Paese Ogm free;
se non ritenga pertanto di regolamentarne l'uso.
(4-07199)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
le norme contenute nell'articolo 7, comma 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, dispongono che: a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane; nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda

di seppellimento all'Unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto;
che in data 6 febbraio 2007 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato alcune variazioni al «Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali» del 9 novembre 2004 n. 6, tra l'altro modificando le procedure inerenti la richiesta di trattamento dei prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane, da parte dei genitori che lo desiderano, tramite sepoltura o cremazione; contestualmente, è stato previsto lo stesso trattamento anche per i casi in cui la richiesta non venga avanzata da alcuno: in questo caso si dà carico all'ASL, all'azienda ospedaliera e al comune, che sono tenuti a trattare i prodotti abortivi e i feti in analogia alle parti anatomiche riconoscibili (arti amputati o parti di essi) e quindi cremate o sepolte nelle apposite aree cimiteriali, anziché essere smaltite come «rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo» ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003;
l'utenza degli ospedali in Lombardia, come su tutto il territorio nazionale italiano, è plurale e composita, sotto ogni punto di vista, com'è l'attuale popolazione del nostro territorio;
dal febbraio 2007 ad oggi, le donne che hanno interrotto spontaneamente o volontariamente la gravidanza sono state tutte regolarmente informate della possibilità attraverso le procedure del consenso informato;
dopo essere state regolarmente informate, solo un'esigua percentuale di donne che hanno interrotto spontaneamente o volontariamente la gravidanza ha fatto richiesta di provvedere in proprio al seppellimento del prodotto abortivo/feto, mentre la quasi totalità ha scelto di lasciare il compito alle aziende ospedaliere e ai comuni;
dal febbraio 2007 il seppellimento dei prodotti abortivi e dei feti è stato regolarmente svolto in ottemperanza alle normative regionali e a quella nazionale, e nel pieno rispetto della laicità del suo ruolo di istituzione garante dei diritti di ogni cittadino indipendentemente dall'etnia, dal credo religioso e dalle convinzioni etiche;
venuti a conoscenza a mezzo stampa che l'amministrazione comunale di Cremona avrebbe stipulato una convenzione con l'Associazione «Difendere la vita con Maria»; che detta convenzione prevedrebbe l'affidamento a quest'ultima della gestione dei feti abortiti di cui non sia stata fatta richiesta di seppellimento; il citato accordo, a quanto riporta la stampa, prevedrebbe che il comune garantisca il trasporto dall'azienda ospedaliera di Cremona al cimitero, e la posa di una lapide su ogni sepoltura prevista il primo venerdì di ogni mese. A carico dell'Associazione il disbrigo delle pratiche presso l'ASL, con le quali diventerebbe «proprietaria dei resti», e una sorta di rito religioso;
nella convinzione che se tale accordo affidasse a terzi privati l'esclusività di operazioni così delicate, contemplando cerimonie e riti non previsti dalle norme di legge senza avere il consenso esplicito degli interessati, ciò sarebbe fortemente lesivo del diritto di libertà di scelta dei cittadini e della laicità dell'istituzione comune;
a giudizio degli interroganti tutto ciò costituisce un'evidente anomalia circa il regime di esclusività che la citata associazione detiene rispetto alle richieste da inoltrare alla unità sanitaria locale ed al servizio di prelievo e trasporto per il seppellimento del feto;
come si evince dalle norme della convenzione sottoscritta tra azienda ospedaliera ed associazione «Difendere la vita con Maria» all'articolo 1 delle procedure attuative è previsto che i prodotti del concepimento siano conservati tutti indistintamente, senza diversificare tra quelli di cui si è fatta richiesta di sepoltura entro le 24 ore successive all'espulsione o all'estrazione del feto, come previsto dalle norme citate, e quelli di cui non si inoltra tale richiesta e di

cui non vi è ragione di una conservazione in camera mortuaria trascorse le 24 ore dall'espulsione o estrazione stessa. Inoltre l'articolo 1 della convenzione delega alla sola associazione il servizio di prelievo, trasporto e sepoltura dei feti. In tal modo gli aventi diritto alla richiesta non sembra possano avvalersi di altra distinta organizzazione al fine di dare sepoltura al feto né sembra essere possibile avvalersi della facoltà di inoltrare direttamente e personalmente la richiesta all'unità sanitaria locale, detenendo l'associazione «Difendere la vita con Maria» un monopolio ingiustificato di tali adempimenti;
a tale conclusione, ad avviso dell'interrogante, sembra potersi pacificamente giungere anche alla luce dei punti 1, 2 e 3 dell'allegato 2 della convenzione stessa, ove si prevede che nel caso in cui l'autorizzazione all'azienda sanitaria locale non sia richiesta direttamente dall'associazione e dalla stessa non siano materialmente effettuate le operazioni di prelievo, trasporto e sepoltura, non sembra darsi ai parenti o chi per essi altra possibilità che assoggettare il feto «al regime giuridico dei rifiuti pericolosi»;
ad avviso degli interroganti, esiste un chiaro nesso causale tra la presenza di associazioni antiabortiste e le convenzioni con esse stipulate da parte delle strutture del servizio sanitario nazionale quali le associazioni «Difendere la vita con Maria», e l'altissima percentuale di medici obiettori. La situazione «ambientale» venutasi a creare all'interno delle aziende sanitarie lombarde, fondata anche sulla stipulazione di convenzioni quale quella in oggetto, rende pressoché impossibile la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978 -:
se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza anche normativa, affinché con particolare riguardo alle questioni segnalate in premessa sia assicurata la piena applicazione dei princìpi affermati dalla legge n. 194 del 1978 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990.
(5-02897)

TESTO AGGIORNATO AL 7 MARZO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TULLO, ROSSA e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Parmalat ha acquistato nel 1992 la centrale del latte di Genova, di proprietà della civica amministrazione;
nello stabilimento di Fegino erano occupati circa 150 addetti; oggi i dipendenti sono poco più di ottanta, avendo la proprietà deciso di rinunciare alla produzione della panna, delle mozzarelle, del burro e del latte uht;
recentemente Parmalat ha deciso di rinunciare alla linea del «I»tetrapak«/I», facendo scendere da 700 a 500 i quintali, al giorno, di latte trattato ed imbottigliato;
è forte la preoccupazione dei dipendenti per il futuro dello stabilimento, che potrebbe avere anche serie conseguenze per un centinaio di allevatori delle valli genovesi che conferiscono il latte alla centrale -:
se siano a conoscenza della situazione che si è determinata;
se ritengano insieme alle istituzioni locali di aprire un confronto con la proprietà al fine di salvaguardare una realtà produttiva significativa del territorio.
(5-02893)

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'imminente passaggio dal segnale analogico a quello digitale per la visione dei canali televisivi, è necessario monitorare su tutto il territorio nazionale, affinché non si verifichino eccessivi disagi, in particolare per gli utenti anziani;
il 18 maggio 2010, in occasione del cosiddetto switch off, ovvero la fase terminale della transizione alla televisione

digitale in cui avviene lo spegnimento della televisione analogica, si completerà in Italia il processo che costituisce una vera e propria rivoluzione nella tecnologia utilizzata per la telediffusione che, dalla fine del XX secolo, si sta realizzando in tutto il mondo;
in alcune province piemontesi tuttavia, in cui il passaggio dall'analogico al digitale è già in corso, si sono verificati numerosi problemi di ricezione, in particolare in alcune aree caratterizzate da un segnale debole;
occorre pertanto evitare, nel momento in cui l'avvento del digitale interesserà tutta l'area novarese, il verificarsi di ulteriori difficoltà per la ricezione del segnale;
in particolare risulta tutt'ora complicata la ricezione del canale televisivo Raitre Piemonte in digitale, ove il segnale dovrebbe rimanere in analogico, a differenza delle trasmissioni della sede milanese che potranno essere viste con il nuovo segnale -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di potenziare il sistema di controllo per la fase di transizione del passaggio della ricezione per la visione della televisione analogica a quella digitale per l'area della provincia di Novara interessata;
quali iniziative intenda altresì, intraprendere al fine di consentire la visione per il prossimo mese di settembre 2010, data che costituisce la scadenza ultima del segnale analogico allorquando esso sarà completamente spento, per la provincia di Novara che rischia di non poter vedere il canale nazionale di Raitre;
se non ritenga infine opportuno avviare una campagna informativa particolarmente mirata per i soggetti anziani, in difficoltà con l'apprendimento di nuove tecnologie e con l'avvento di una rivoluzione digitale in atto, per evitare che tale importante avvenimento sia accolto negativamente.
(5-02894)

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPARINI, CAVALLOTTO, VOLPI, PINI, RONDINI, CROSIO, LAURA MOLTENI, GOISIS, RIXI, ALLASIA, BRIGANDÌ, BITONCI, FOLLEGOT, BRAGANTINI, LANZARIN, COMAROLI, RIVOLTA, PASTORE, NEGRO, POLLEDRI, TOGNI, PAOLINI, FORCOLIN, DAL LAGO, TORAZZI, CONSIGLIO, RAINIERI, FEDRIGA, MONTAGNOLI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni l'Agcom assegnerà il posizionamento dei canali delle emittenti televisive che trasmettono su piattaforma digitale;
l'Agcom ha il compito di predisporre il piano dell'ordinamento automatico dei canali mentre il Ministero dello sviluppo economico ha quello di assegnare le numerazioni per ciascun programma autorizzato;
il 16 aprile 2010 il Consiglio dell'Agcom ha approvato la consultazione pubblica, della durata di 15 giorni, sullo schema di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre e delle modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi;
l'Agcom ha posto a consultazione il criterio secondo cui i primi nove canali siano assegnati ai canali generalisti tradizionali e i successivi dieci alle emittenti locali ex analogiche di particolare valore e radicamento sul territorio;
la consultazione servirà, tra l'altro, ad approfondire gli aspetti relativi alle abitudini e preferenze degli utenti;
sembrerebbe che le prime sette posizioni siano assegnate, nell'ordine, ai canali Rai, Mediaset e Telecom Italia, mentre rimane da decidere l'assegnazione dei canali 8 e 9;
secondo i criteri dell'Agcom le emittenti televisive regionali, come TeleLombardia, TeleNorba, Antenna Sicilia, Videolina, che attualmente occupano i tasti 8 e

9 del telecomando nel 70 per cento dei cittadini italiani sarebbero escluse dall'assegnazione di questi due canali;
queste emittenti televisive locali, nelle Regioni in cui è avvenuto il passaggio al digitale terrestre, hanno subito una perdita di audience stimabile fra il 30 e il 40 per cento;
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44 prevede che il Piano di numerazione automatica debba rispettare come criterio prioritario le abitudini e le «preferenze degli utenti» con riferimento anche alle emittenti locali;
il medesimo decreto stabilisce inoltre per le emittenti locali l'obbligo di prevedere adeguati spazi nella numerazione relativa al primo arco di numeri -:
a valutare, per quanto di competenza, l'opportunità che l'articolazione del digitale terrestre sul territorio nazionale abbia come fondamento quello di un'adeguata attribuzione alle televisioni regionali delle posizioni di sintonia di più agevole e primaria selezione, individuando procedure e soluzioni idonee a rendere tale processo immediatamente applicabile.
(4-07192)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, interpellato in merito al caro benzina: «Quest'anno torneremo verso il record storico del deficit energetico 2008, quando la cifra fu di 59,4 miliardi di euro, pari al 3,8 per cento del Pil. In termini relativi, solo il 1981 era andato peggio perché si era toccato il 6 per cento. Quest'anno avremo un nuovo peggioramento dopo la boccata d'ossigeno del 2009 perché il deficit energetico arriverà a 53 miliardi sempre che non peggiorino i valori del petrolio e del dollaro... abbiamo calcolato che si arriverà a 65 euro al barile contro un valore di 44 dell'anno scorso. Il deficit energetico peggiorerà del 25 per cento. Tutto questo vale mezzo punto di Pil secco che noi regaliamo ai nostri fornitori»;
il problema principale è dato dal fatto che l'Italia è il Paese che dipende di più, energeticamente parlando, dall'estero fra tutti quelli industrializzati. Infatti è «debitore» dalle importazioni per l'85 per cento del proprio fabbisogno energetico. «Quando parliamo di petrolio bisogna considerare che non si intende solo la benzina, ma l'olio combustibile per le fabbriche, il gas che al greggio è legato e serve anche a produrre energia elettrica, quindi la luce e via seguendo», spiega Tabarelli. Proprio per questi motivi, l'esborso per la benzina andrebbe ridotto il più possibile. Alcuni anni fa si era pensato di poter risolvere il problema con un decreto consentiva di aprire pompe presso i centri commerciali o anche indipendentemente da parte di chiunque in qualunque posto del Paese;
solo adesso Conad e Auchan stanno cominciano ad attuare quanto disposto da quella normativa (in Francia si vende così il 60 per cento della benzina) ma una serie di norme regionali ha complicato le cose: il Lazio dispone le distanze minime fra una pompa e l'altra, la Toscana impone che sia rigorosamente sulla strada, la Lombardia setta i bacini minimi di utenza, e così via. Il tipico caso in cui la corporazione si chiude a riccio è quando cita il Platt's, un prezzo indice americano, quello dei prodotti petroliferi che escono dalla raffineria, che per convenzione le compagnie adottano per fissare i prezzi. Secondo i petrolieri, quest'indice non è sceso poi così tanto negli ultimi tempi;
il Platt's è una società di New York del gruppo MacGraw Hill che dal 1909 pubblica giornalmente 8.400 prezzi calcolati in 17 uffici nel mondo (per l'Europa la base è a Londra), e solo di varietà di greggio ne valuta un centinaio. «Collegare l'andamento dei prezzi alle quotazioni del greggio è inappropriato perché il riferimento è all'indice Platt's», insiste De Vita, presidente dell'Unione petrolifera. «L'indice non è necessariamente connesso con il valore del greggio, anzi nel 30-40 per cento dei casi si muove in senso opposto». I consumatori non sono convinti: «In qualunque settore, attacca Paolo Landi,

presidente dell'Adiconsum, quando c'è un calo della domanda scendono i prezzi, e i volumi della benzina sono diminuiti molto ora nella recessione ma anche nei due-tre anni precedenti». Secondo Landi sarebbe opportuno abbandonare il Platt's;
a tale provocazione risponde sdegnato lo stesso Platt's. «Noi ci basiamo esclusivamente su fattori di mercato», dice John Kingston, direttore delle relazioni esterne, dal quartier generale di New York. All'obiezione che il Platt's non terrebbe conto delle oscillazioni del petrolio, risponde inviando lo spreadsheet con le quotazioni degli ultimi due anni, partendo dai picchi dell'estate 2008. Dallo spreadsheet si evince che le oscillazioni rispecchiano l'andamento del greggio;
al momento del picco petrolifero, il 30 giugno 2008, il valore Platt's toccava i 1180,75 per tonnellata, già a metà agosto era ridisceso a 967, poi all'inizio del 2009 aveva toccato il minimo di poco superiore a 300, poi la risalita ma con un andamento irregolare e vicino alle oscillazioni petrolifere: le escursioni verso l'alto ma anche verso il basso sono più marcate in percentuale che non il prezzo della benzina. «Noi comunichiamo il valore nei due porti più vicini all'Italia, Genova e Lavora, conclude Kingston, e sono escluse le spese ulteriori di trasporto e logistica dai due scali a qualsiasi punto del vostro Paese». Qui sta forse una delle spiegazioni di questo giallo. La rete distributiva italiana è farraginosa, antiquata e costosa. Piena di diseconomie, a partire dalla capillarità della rete;
una delle diseconomie più pesanti per l'Italia, ammettono all'unanimità tutti i protagonisti del mercato, è la difficoltà di trasporto. Mancano innanzitutto gli oleodotti: fra Trieste e Genova, i due terminal petroliferi più importanti, ce ne sarebbe uno in costruzione, ma ogni compagnia si è fatta il suo pezzo e non esiste un accordo fra di esse per congiungere i vari tronconi e costruire le poche decine di chilometri che mancano per realizzare il sospirato raccordo;
«Quando ero direttore generale per l'energia del Ministero dello sviluppo economico fra il 2004 e il 2006, tentai in tutti i modi di mettere intorno a un tavolo tutte le principali compagnie operanti in Italia per promuovere questo e altri accordi, ma non ci fu verso», racconta Sergio Garribba, oggi consulente per il Ministro dello sviluppo economico. «Uno dei miei obiettivi principali, a parte gli oleodotti interni, era quello di convincere le compagnie a consorziarsi per realizzare un'opera ambiziosa ma strategica: un oleodotto che partendo dal terminale di Costanza sul Mar Nero, in Romania, arrivasse a Trieste per portare il petrolio del mar Caspio bypassando il Bosforo. Doveva chiamarsi Peop Pan european oil pipeline: avrebbe evitato il passaggio di 200 petroliere l'anno nel Mediterraneo, con tutte le comprensibili economie oltre al risultato antinquinamento. Da Trieste poi la rete di oleodotti si sarebbe irradiata verso Genova, dove poteva congiungersi con la rete esistente che va verso la Svizzera e la Germania. L'accordo sembrava maturo, c'erano anche le compagnie americane che si erano dichiarate disponibili a realizzare l'opera, poi non se ne è fatto più niente» -:
quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di poter giungere ad un accordo con le compagnie petrolifere, per l'abbassamento delle imposte fissate sulle materie prime da cui derivano i carburanti;
quali interventi il Governo intenda porre in essere al fine di dotare l'Italia di adeguati canali di approvvigionamento delle materie prime, al fine di abbassare i costi dei carburanti e dei combustibili derivanti dalle materie prime.
(4-07200)

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Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Boccia e altri n. 2-00708, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nannicini.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Poli n. 4-06158 del 17 febbraio 2010;
interpellanza Compagnon n. 2-00692 del 28 aprile 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta dal presentatore: interrogazione a risposta orale Zamparutti n. 3-01057 del 10 maggio 2010 in interpellanza urgente n. 2-00716.