XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 12 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 14 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la Carta costituzionale sancisce che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2), che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» (articolo 10) e che «promuove e favorisce le organizzazioni internazionali» rivolte alla pace e alla giustizia tra le Nazioni (articolo 11);
la legge 26 febbraio 1987, n. 49, stabilisce che la cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera dell'Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo. L'attività di cooperazione allo sviluppo è finanziata a titolo gratuito e con crediti a condizioni particolarmente agevolate. Essa può essere svolta sul piano bilaterale, multilaterale e multibilaterale; l'orizzonte di un pieno sviluppo dei rapporti commerciali ed economici tra i Paesi che fanno riferimento al bacino euromediterraneo rappresenta una grande potenzialità per la crescita dell'Italia e, in particolare, per lo sviluppo delle sue zone deboli, che vedono in questa prospettiva non solo un'opportunità di crescita in chiave di base logistica, ma anche e soprattutto di vera e propria integrazione economica;
in occasione del vertice per il Mediterraneo svoltosi a Parigi il 13 luglio 2008, i 48 Capi di Stato e di Governo partecipanti hanno riconosciuto l'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) come organo legittimo dell'Unione per il Mediterraneo, riconoscendone il diritto di proporre progetti nel quadro della stessa Unione come in ogni sistema politico democratico e rappresentativo, in modo che l'Unione sia responsabile dinanzi a un'assemblea legittimamente eletta;
la dichiarazione comune del vertice di Parigi del 13 luglio 2008 ha sottolineato che i Capi di Stato e di Governo appoggiano senza riserve il potenziamento del ruolo di tale assemblea nei suoi rapporti con i partner mediterranei;
nella stessa circostanza le autorità degli Stati hanno, altresì, esortato la presidenza dell'Unione e la sua segreteria generale ad adoperarsi a sostegno della proposta di trasformare il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP), braccio finanziario della Banca europea per gli investimenti (BEI), in un nuovo istituto di credito incaricato di finanziare progetti tesi allo sviluppo e alla convergenza dell'area euromediterranea;
il 13 e 14 marzo 2010 l'Assemblea si è riunita per la sesta volta in sessione plenaria per aprire un dibattito sulla possibilità di trasformare il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP), braccio finanziario della Banca europea per gli investimenti (BEI), in un nuovo istituto, la Banca euromediterranea per lo sviluppo, progetto al quale i firmatari del presente atto di indirizzo aderiscono pienamente;
la discussione è stata avviata dopo una serie di raccomandazioni e di risoluzioni approvate dall'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM), che richiamano con forza la necessità di pervenire nel più breve tempo possibile a una nuova ed efficace realtà economico-finanziaria, in grado di incentivare gli investimenti e lo sviluppo nell'area euromediterranea;
i firmatari del presente atto di indirizzo fanno propria la proposta di istituire tale istituto. Si rende indispensabile un nuovo soggetto chiamato a stimolare la crescita e la redistribuzione economica, attraverso piani di stimolo orientati,

in particolare, al settore privato nelle zone deboli e sottoutilizzate dell'area euromediterranea;
a tal fine va rilevata l'urgenza di implementare subito nuovi e più efficaci strumenti ispirati ai principi di flessibilità, agilità e semplificazione delle norme e delle procedure di finanziamento. Una strada obbligata, se si vuole arginare e combattere in maniera fattiva e duratura il fenomeno della disoccupazione e il conseguente dramma dell'emigrazione clandestina tra Paesi;
l'esigenza di istituire un nuovo e più efficiente strumento finanziario è evidenziata dai dati relativi al funzionamento del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP). Nell'arco degli ultimi sei anni, infatti, il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) è riuscito a finanziare appena 125 progetti, una media di 20 l'anno. Una mole che avrebbe potuto e avrebbe dovuto essere smaltita in un solo anno;
appare del tutto evidente ai firmatari del presente atto di indirizzo che il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) non riesce a fornire risposte concrete e tempestive ai crescenti bisogni delle realtà produttive operanti nella regione euromediterranea;
il gruppo tecnico incaricato della supervisione della trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in Banca euromediterranea, istituito presso il Parlamento euromediterraneo e formato da parlamentari di Tunisia, Giordania, Italia e Parlamento europeo, ha sottolineato che il nuovo istituto non dovrà essere indipendente, ma inserito come filiale nel contesto della Banca europea per gli investimenti (BEI), che deterrà il 51 per cento del suo capitale. I Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo concorreranno a coprire in misura paritaria il restante 49 per cento;
tale strategia, pienamente condivisibile a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, conferisce al progetto concretezza e prestigio istituzionale dal momento che la Banca europea per gli investimenti (BEI) gode di un notevole peso e della più alta credibilità nell'ambito del sistema finanziario mondiale. Va inoltre ricordato che la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha già patrocinato la creazione di diverse istituzioni finanziarie nello scenario internazionale, tra cui in particolare la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) nei Paesi dell'Europa orientale;
il Parlamento europeo ha espresso più volte il sostegno a tale progetto attraverso l'approvazione di una serie di risoluzioni, quali: la risoluzione 15 marzo 2007 riguardo ai rapporti euromediterranei, che invita i Paesi membri dell'Unione europea e i loro partner mediterranei a effettuare gli studi necessari alla trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in Banca euromediterranea di sviluppo; la risoluzione 5 giugno 2008 in cui si sottolinea che l'Assemblea (APEM), in quanto istanza parlamentare consultiva dell'UPM, ha facoltà di presentare proposte e procedere alla valutazione dei progetti da attuare nell'ambito dell'Unione; la risoluzione 19 febbraio 2009 che ribadisce l'appoggio dato alla trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in Banca euromediterranea di sviluppo, allo scopo di fornirle risorse occorrenti a finanziare i grandi progetti approvati dall'Unione per il Mediterraneo, tale strumento deve in particolare avere tra i suoi obiettivi principali la realizzazione di grandi progetti pubblici o privati per lo sviluppo dell'area mediterranea e la concessione del credito alle medie e piccole imprese che operano nello stesso bacino in una logica di una collaborazione e sinergia culturale;
il dialogo con i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente è uno dei cardini della politica estera italiana. La sfida del processo d'integrazione euromediterranea riveste una valenza strategica preziosa per tutta la nazione. Lo Stato

italiano deve adoperarsi attivamente per consolidare il suo ruolo nello scenario euromediterraneo, sia per promuovere e stimolare lo sviluppo e la crescita dei suoi territori, e in particolare di quelli deboli del Mezzogiorno, sia per rafforzare il proprio ruolo nelle dinamiche di concertazione e cooperazione con gli altri Stati europei attivi sul fronte mediterraneo. Anche per queste ragioni, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'Italia deve battersi per ottenere sul suo territorio la sede centrale della Banca euromediterranea per lo sviluppo,

impegna il Governo:

ad attivarsi per assicurare il necessario supporto politico finalizzato alla trasformazione del Fondo euromediterranea, d'investimento e partenariato (FEMIP) nella Banca euromediterranea, così come descritta in premessa, a partire dalla riunione dell'ECOFIN del prossimo 18 maggio e del vertice dei Capi di Stato che si terrà a Barcellona il prossimo giugno, ad assumere ogni utile iniziativa affinché la sede centrale di tale istituto sia istituita in Italia, e in particolare in una grande città del Mezzogiorno;
ad adottare ogni iniziativa di coordinamento e di intesa tra gli Stati membri della Comunità alla luce degli accordi avvenuti nei giorni scorsi per stabilizzare l'euro e dare una prospettiva di crescita europea potendo usare anche lo strumento della Banca euromediterranea a questo fine.
(1-00365) «D'Antoni, Bernardo, Messina, Stefani, Occhiuto, Commercio, Iannaccone, Vico, Mazzarella, Cimadoro, Piffari, Malgieri, Servodio, Iannuzzi, Baldelli, Germanà, Pagano, Antonio Martino, Gozi, Conte, Marinello, Milo, Latteri, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Barbato, Cambursano, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Mura, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
la recessione economica in Italia ha causato una perdita del prodotto interno lordo del 5 per cento e non sembra essersi arrestata, visto che il quarto trimestre del 2009 si è chiuso con un altro segno negativo;
l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, con quattro effetti principali: diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese, peggioramento del margine di filiera, allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e diminuzione dei redditi;
valore aggiunto del settore è diminuito del 5 per cento, frutto di una contrazione della produzione agricola e di una riduzione dei prezzi all'origine, a fronte di una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi;
il settore del frumento è in forte contrazione, sia sul fronte dei prezzi sia su quello delle produzioni, per effetto dei minori investimenti;
tra le altre produzioni mediterranee, consistenti flessioni dei listini si sono registrate per il vino, la frutta e l'olio, che segna anche un calo accentuato in termini di produzione;
i prezzi agricoli sono diminuiti del 16,3 per cento nel 2008 e del 6,1 per cento nel 2009, con punte del 200 per cento per il grano duro;

la diminuzione dei prezzi agricoli, del fatturato e dei redditi è stata aggravata dallo sgonfiamento della «bolla» agricola del 2008 e la crisi economica ha appesantito la situazione economica delle imprese agricole;
la diminuzione dei prezzi nel 2009 è stata causata anche da fattori strutturali, indipendenti dalla crisi; ad esempio, nel settore vitivinicolo lo squilibrio tra domanda e offerta persiste da anni. A ciò si aggiunge una crescente competizione a livello europeo e mondiale, frutto della liberalizzazione degli scambi e della diminuzione dei costi di trasporto, che hanno avuto un ruolo considerevole nella diminuzione dei prezzi agricoli;
margine di filiera, cioè della differenza tra i prezzi al consumo e quelli all'azienda, è aumentato del 13,9 per cento per l'insieme dei prodotti agricoli, con punte del 60,1 per cento per cereali e derivati, del 27,2 per cento per frutta ed agrumi e del 25,7 per cento per vini e spumanti, mentre gli aumenti sono generalmente più contenuti per i comparti zootecnici;
il reddito agricolo reale per lavoratore (dati Eurostat) ha subito una notevole diminuzione: nel 2009 si è contratto di oltre un quarto (-25,3 per cento) rispetto al 2008, anno in cui invece era cresciuto, seppur di poco. La contrazione dei redditi in Italia è più del doppio di quella media europea (-12,2 per cento);
la situazione del credito in agricoltura è peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 5,9 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
la crisi ha colpito tutta l'agricoltura, ma, in particolare, i settori cerealicolo, oleicolo, frutticolo, lattiero-caseario, tabacchicolo, bieticolo-saccarifero e della pesca;
la situazione di difficoltà delle imprese è generalizzata in tutta l'Italia, ma colpisce più pesantemente il Sud Italia, dove si concentrano i settori più colpiti dalla diminuzione dei prezzi: grano duro, vino, ortofrutta, olio di oliva;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose, in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie che mettano al centro la ricerca e l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno di un approccio multifunzionale e intersettoriale che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
il settore agroalimentare del nostro Paese sta sperimentando, in modo sempre più pervasivo, la presenza di fenomeni di illegalità e di criminalità, che alterano la libera e leale competizione tra le imprese del settore e determinano forme di lavoro irregolari, spesso gestite da organizzazioni malavitose; tale situazione, particolarmente grave nelle regioni meridionali, si manifesta con pesanti elementi di condizionamento dell'attività economica, del controllo delle filiere di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari;
è iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni sul sistema agroalimentare italiano: è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana, per rilanciare il settore agroalimentare e per accompagnare le imprese in un percorso di innovazione che favorisca il ricambio generazionale e incrementi la redditività delle aziende agricole;
il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi, senza una vera politica anticiclica, lasciando andare naturalmente il corso delle cose, senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo non ha adottato alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, mancando una strategia di politica agraria e di indirizzi per l'imprenditoria agricola; non solo, il Governo manifesta continue difficoltà a mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generate sul fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i territori svantaggiati e di montagna e sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero;
il fondo di solidarietà nazionale è rimasto senza risorse pubbliche per tutto il 2009, con grave incertezza per le imprese agricole; gli stanziamenti triennali previsti dalla legge finanziaria per il 2010, ampiamente propagandati dal Governo, dovranno servire a coprire la totale assenza di risorse del 2009 e saranno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto insufficienti a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012; infatti, a fronte di un fabbisogno annuo di circa 230 milioni di euro, lo stanziamento ammonta a 165 milioni di euro per il 2010 e di 131 milioni di euro per il 2011 e il 2012;
nel settore bieticolo-saccarifero non sono stati mantenuti gli impegni del Governo relativamente agli aiuti nazionali al settore derivanti dall'attuazione dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero e, ad oggi, al settore mancano 65 milioni di euro per finanziare le ultime due campagne produttive;

l'applicazione nazionale dell'health check della politica agricola comune, in particolare l'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, è stata attuata in totale assenza di un quadro strategico, con dieci tipologie di misure e una distribuzione a pioggia delle risorse; l'articolo 68 andrà ad erogare pagamenti esigui, con grandi difficoltà burocratiche per le imprese, per Agea e gli organismi pagatori; inoltre, il Governo è stato costretto a modificare l'applicazione dell'articolo 68 a febbraio 2010, quando gli agricoltori avevano già operato le scelte colturali, creando ulteriori difficoltà alle imprese agricole;
nel settore lattiero-caseario, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo si è limitato ad interventi ad personam, con una distribuzione dell'aumento di quote-latte ai produttori «irregolari», anziché alle imprese più virtuose, determinandone la caduta del prezzo; alcuni provvedimenti, in attuazione del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, non hanno trovato concreta applicazione, a cominciare dalla conclusione dell'iter delle istanze di rateizzazione;
nel settore lattiero-caseario il Governo non ha adottato alcuna politica di contrasto alla crisi, ad eccezione della distribuzione a pioggia di 23 milioni di euro messi a disposizione dall'Unione europea, che andrà ad erogare ai produttori di latte un contributo insignificante di 0,002 euro per chilo, a dimostrazione della mancanza di un disegno strategico e dell'incapacità di andare oltre ad una politica, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare esclusivamente «populista»;
nel settore suinicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa per fronteggiare la crisi dei prezzi;
nel settore cerealicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa a fronte del crollo dei prezzi, soprattutto nel grano duro, settore che ha toccato il minimo storico dei prezzi, addirittura al di sotto del prezzo del grano tenero;
nel settore tabacchicolo il Governo non è riuscito ad ottenere dalla Commissione europea quanto aveva promesso in merito alla misura agroambientale, lasciando il settore nella totale incertezza; la campagna 2010 del tabacco si apre con il rischio del totale smantellamento della filiera;
nel settore ortofrutticolo il Governo non è intervento per contrastare la caduta dei prezzi alla produzione: nessun intervento è stato posto in essere per ottenere dalla Commissione europea misure di gestione della crisi di mercato;
nel settore vitivinicolo il Governo mostra, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'assenza di qualsiasi politica strategica di contrasto al calo dei consumi, alle difficoltà nelle esportazioni e allo squilibrio strutturale tra domanda e offerta, ad eccezione della mera applicazione degli strumenti messi a disposizione dell'organizzazione comune di mercato del vino; in molte zone d'Italia le cooperative vitivinicole sono sull'orlo del fallimento e non remunerano le uve conferite dai soci;
negli altri settori il Governo si è limitato ad attuare le decisioni comunitarie, con grande enfasi propagandistica, ma senza una strategia che possa contribuire a contrastare la crisi;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare la Francia, la Spagna e la Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
il Governo continua ad ignorare il settore agricolo anche nella manovra presentata con il decreto-legge n. 78 del 2010, che non dispone nessuna misura di sviluppo per il comparto, prevedendo solo riduzioni di spesa;
tali carenze sono ancora più pesanti alla luce della grave emergenza che sta vivendo il comparto della pesca, che la normativa europea inchioda al rispetto di nuove e più rigide regole; se tale processo non sarà adeguatamente governato, guidando il settore verso nuove modalità di gestione dell'attività produttiva e definendo un nuovo ruolo delle imprese ittiche nella filiera, i contraccolpi socioeconomici e occupazionali derivanti da tale cambiamento saranno devastanti,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'immediato, un pacchetto di politiche di intervento pubbliche per l'agricoltura e l'agroalimentare, finalizzate ad assicurare un nuovo quadro di regole condiviso che consenta a tutti gli agenti della filiera agroindustriale di operare in maniera competitiva, attraverso:
a) il potenziamento dei controlli per il miglioramento del funzionamento dei mercati e una maggiore trasparenza, sanzionando

gli abusi di posizione dominante, al fine di evitare posizioni speculative, a partire da un deciso intervento del Governo, come avvenuto in Francia con l'autorevole mediazione del Presidente della Repubblica francese, finalizzato alla definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero le filiere agroalimentari, al fine di stabilizzare i rapporti dal produttore alla grande distribuzione organizzata, sulla base della proposta approvata dalla Conferenza Stato-regioni per fronteggiare la crisi dei prezzi della frutta fresca;
b) la previsione, con la massima urgenza, di un piano di gestione per il settore della pesca che consenta alle imprese ed agli operatori del comparto di far fronte ai nuovi obblighi comunitari, tutelando allo stesso tempo le specificità e le tradizioni del nostro Paese attraverso investimenti mirati per piani di ristrutturazione, l'ammodernamento delle flotte, l'organizzazione di piani di gestione locale, la diversificazione delle attività e la concessione di ammortizzatori sociali anche agli imbarcati a seguito delle misure relative al fermo pesca;
c) l'adozione di aiuti di Stato, recentemente autorizzati dall'Unione europea, fino a 15.000 euro per impresa agricola, per sostenere le imprese agricole maggiormente colpite dalla crisi economica in agricoltura;
d) iniziative volte alla proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aziende che operano in territori svantaggiati e di montagna e dell'«accisa zero» sul gasolio per tutte le imprese e non solo per le serre, allo scopo di garantire una riduzione dei costi;
e) il credito d'imposta per nuovi investimenti produttivi in agricoltura a tutto il territorio nazionale, con priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione ed alla concentrazione dell'offerta ed alla stipula di accordi interprofessionali;
f) l'individuazione immediata delle risorse necessarie alla sopravvivenza dei settori bieticolo-saccarifero e tabacchicolo;
g) una modifica urgente delle misure di gestione e di prevenzione delle crisi nel settore europeo degli ortofrutticoli, al fine di rendere più flessibili gli interventi, anche attraverso un adeguamento dei prezzi di ritiro dei prodotti, senza che ciò comporti un aumento dei costi;
h) un programma speciale per affrontare lo squilibrio di mercato nel settore vitivinicolo, per promuovere il consumo responsabile di vino, per contrastare la crisi delle imprese viticole con aiuti di Stato e per stimolare la riorganizzazione delle imprese cooperative di trasformazione;
i) l'attivazione in Europa del processo negoziale necessario per individuare, così come accaduto per la crisi del settore lattiero nell'autunno 2009 sotto la spinta dei Paesi del Nord Europa, un pacchetto di misure e aiuti a sostegno delle produzioni mediterranee (frumento, olio, ortofrutta) fortemente colpite dalla crisi economica;
l) l'adozione immediata di tutti i provvedimenti attuativi a sostegno dei produttori lattiero-caseari previsti dall'articolo 8-septies (disposizioni finanziarie) del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, ossia:
1) l'istituzione di un apposito conto di tesoreria destinato anche ad interventi nel settore lattiero-caseario, rivolti alle operazioni di ristrutturazione del debito e all'accesso al credito;
2) l'emanazione del decreto del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali recante criteri e modalità per l'utilizzo delle risorse precedenti;
3) l'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'assegnazione dei 45 milioni di euro a favore dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge n. 119 del 2003;
m) l'adozione di un provvedimento che abbia l'obiettivo di rendere trasparente il mercato dei prodotti suinicoli mediante l'etichettatura all'origine per contrastare la concorrenza sleale che oggi determina una grave crisi del settore;

n) un programma di sostegno al processo di internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane per migliorare la loro capacità di inserimento nei mercati esteri, attraverso nuove partnership commerciali, nuove relazioni bilaterali, assetti societari volti al radicamento e al controllo del prodotto italiano sui mercati esteri;
o) l'accesso al credito e la ristrutturazione finanziaria delle imprese agricole con la trasformazione del debito con gli istituti bancari dal breve a medio e lungo termine e con agevolazioni sui finanziamenti destinati alla trasformazione di esposizioni debitorie contratte con istituti di credito con l'assistenza del fondo riassicurativo presso l'Ismea, per una seria ed efficace politica del credito, che consenta di utilizzare tale strumento come antidoto contro necessità di tipo congiunturale e per fronteggiare la volatilità dei prezzi;
p) una maggiore efficienza dei sistemi di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
q) opportune iniziative normative per il ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale, al livello di 230 milioni di euro annui, allo stesso livello di quello degli anni 2006-2008;
r) la creazione di un quadro istituzionale che consenta lo sviluppo di un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa contro i rischi economici e ambientali;
s) una maggiore efficienza e razionalizzazione delle istituzioni della pubblica amministrazione e degli enti collegati al ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in particolare di Buonitalia per la promozione delle produzioni nazionali nel mondo, del Centro di ricerca agroalimentare (Cra), da lungo tempo in attesa di un effettivo rilancio, e di Agea, per velocizzare e anticipare i pagamenti dei fondi europei (politica agricola comune, programma di sviluppo rurale ed altri), nonché un significativo snellimento degli adempimenti burocratici a carico delle aziende;
t) la realizzazione di una politica nazionale che, nell'ambito del piano nazionale d'azione sulle energie rinnovabili, fornisca regole, condizioni e tempi certi per lo sviluppo delle risorse di biomassa, l'applicazione di dispositivi per la sostenibilità di biocarburanti e delle filiere di biometano, anche nell'ottica di incrementare le fonti di reddito degli agricoltori, facendo sì che l'insieme delle energie alternative realizzabili sul territorio aperto tenga conto della compatibilità e della salvaguardia del sistema agricolo nazionale e che il reddito derivante da tali attività sia inteso prevalentemente ad integrazione e non a sostituzione delle attività agricole.
(1-00366) (Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia, Laganà Fortugno».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione:
premesso che:
la crisi economico-finanziaria internazionale ha evidenziato le numerose debolezze dell'attuale sistema, ponendo con forza la necessità di adottare misure e politiche in ambito fiscale e finanziario in grado di stabilizzare il sistema bancario, rilanciare l'economia reale e coprire i costi della crisi;
l'impatto della crisi a livello globale sulle già fragili economie dei paesi in via di sviluppo e del terzo mondo rischia di essere ancora più vistoso rispetto alle conseguenze negative prodotte sui sistemi di welfare e sui livelli occupazionali dei paesi occidentali. Nei paesi in via di sviluppo, infatti, la crisi finanziaria arriva immediatamente dopo la crisi agricola, quella alimentare e quella climatica del 2007-2008, traducendosi in un aumento di 260 milioni di poveri, che si aggiungono agli 800 milioni che già vivono con meno di due dollari al giorno. Sempre in conseguenza della crisi gli Aiuti Pubblici allo Sviluppo, stanziati dai paesi più avanzati e già fortemente inadeguati alle necessità del sud del mondo, vengono automaticamente e drasticamente ridotti;
le misure fino ad oggi adottate per arginare la crisi globale appaiono inadeguate e insufficienti. Affinché le conseguenze della crisi finanziaria non siano subite dai soli contribuenti, occorre prevedere misure che non esentino da responsabilità gli operatori finanziari che devono farsi carico, almeno per una parte, dei costi della ripresa - vieppiù se si considera che la crisi origina soprattutto dalla finanza speculativa che trae indebiti vantaggi da operazioni finanziarie ad alta frequenza e a brevissimo termine;
la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Act - FTT), se realizzata in modo appropriato, potrebbe contribuire a coprire i costi generati dalla crisi, rappresentando un'efficace misura per frenare le attività speculative, senza colpire l'economia reale, e un utile strumento per reperire risorse da destinare allo sviluppo. Un tale prelievo fiscale colpirebbe le operazioni a breve termine, maggiormente inclini a scopi speculativi e responsabili dell'instabilità dei prezzi. Tuttavia, una tassazione di questo tipo, per la sua stessa natura, non sarebbe efficace se applicata da una sola nazione, e richiederebbe una previsione e implementazione a livello sopranazionale;
numerosi Stati e istituzioni internazionali hanno deciso di riesaminare e di valutare portata e implementazione di una tassa sulle transazioni finanziarie (FTT), proprio in considerazione della necessità di assumere decisioni capaci di attenuare l'impatto della crisi e di reperire risorse in favore della ripresa e dello sviluppo. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale, da sempre contrario a tassare le operazioni finanziarie, ora riconosce la necessità di porre dei vincoli ai flussi di capitali, anche con tassazioni analoghe alla cosiddetta Tobin Tax o alla sua variante Spahn Tax;
nel settembre 2009, a Pittsburgh, il G20 ha approvato una risoluzione per

affidare al Fondo Monetario Internazionale il compito di elaborare il piano per una tassazione delle transazioni finanziarie che assicuri il contributo del settore finanziario alle misure per combattere la crisi economica globale. Come effetto di questa risoluzione l'FMI ha in corso una consultazione pubblica mondiale per l'acquisizione di pareri per la definizione del piano, da presentare al prossimo G20 in Canada;
il Leading Group on Solidarity Levies to Fund Development, che comprende oltre 50 Paesi di diversi continenti, ha deciso di creare un gruppo di lavoro per studiare proposte da sottoporre in tutti i principali forum internazionali. Il 22 ottobre 2009 è stata creata a Parigi la Task Force on International Financial Transactions for Development, che comprende 12 Paesi, tra cui anche l'Italia, per studiare la fattibilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie;
la Commission of Experts of the International Financial and Monetary System dell'ONU - conosciuta come «Commissione Stiglitz» - ha menzionato la tassa sui servizi finanziari come un modo per rendere più stabile e prevedibile la finanza per lo sviluppo e per stabilizzare i mercati finanziari;
il 16 dicembre 2009 il Consiglio economico e sociale europeo ha adottato il parere denominato «Aiutare i paesi in via di sviluppo nel far fronte alla crisi», nel quale si raccomanda la tassazione delle transazioni finanziarie;
a febbraio 2010 nel Regno Unito una coalizione guidata dal sindacato britannico TUC e dalle maggiori organizzazioni della società civile internazionale (Oxfam, ActionAid e Save the Children, eccetera) ha lanciato la campagna Stamp Out Poverty, per garantire il sostegno popolare e dei media ad una tassazione delle transazioni finanziarie. Anche in Italia una larga coalizione di associazioni e la sezione italiana di Social Watch, ha lanciato la «Campagna per la Riforma della Banca Mondiale», collegata con l'analoga campagna internazionale Make Finance Work che sollecita i capi di Stato e di Governo del G20 a concordare una tassa sulle transazioni finanziarie;
il 3 marzo 2010 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione su «Tassazione delle transazioni finanziarie e la sua efficace applicazione» chiedendo alla Commissione di elaborare, in vista del prossimo vertice del G20, una valutazione d'impatto della tassazione delle operazioni finanziarie a livello mondiale, «esaminandone vantaggi e svantaggi». Il 10 marzo 2010 anche la Confederazione europea dei sindacati, nella risoluzione adottata su «Crisi economica: nuove fonti di finanziamento» ha chiesto alle istituzioni europee e agli Stati membri di perseguire una posizione comune per la tassazione delle transazioni finanziarie;
numerosi governi europei, come Francia e Belgio, hanno già in parte adottato tale tassazione, mentre in altri paesi, come la Germania e l'Austria, il dibattito vede il convergere di posizioni favorevoli di esponenti di tutti gli schieramenti politici. Anche se tasse di questo tipo già esistono in alcuni Paesi l'idea di adottarle su scala globale si sta facendo sempre più strada tra i leader di molti Paesi europei e non solo;
la preoccupazione per l'inadempienza degli impegni presi da molti Stati, tra i quali l'Italia, in ambito internazionale sulla lotta alla povertà, sollecita una riconsiderazione della proposta di tassazione sulle transazioni finanziarie, quale utile strumento volto ad aumentare le risorse disponibili per lo sviluppo e per il raggiungimento degli obiettivi del millennio che, in assenza di risorse economiche addizionali, rischiano di essere completamente disattesi;
in vista del prossimo vertice annuale dei ministri dell'economia dei Paesi Ocse, che si terrà il prossimo 27 e 28 maggio 2010 a Parigi, è importante che anche l'Italia contribuisca a definire una politica comune europea in sostegno di un

approfondimento circa la fattibilità dell'introduzione di un prelievo fiscale sulle transazioni finanziarie,

impegna il Governo:

a sostenere nelle sedi competenti internazionali - a partire dal prossimo vertice dei ministri dell'economia dei Paesi Ocse previsto il 27-28 maggio a Parigi e in vista del prossimo G20 del 26-27 giugno a Toronto - la necessità di una valutazione di impatto e di fattibilità finalizzata all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
a prevedere che una parte cospicua delle risorse derivanti dal gettito della tassazione delle transazioni finanziarie (FTT) siano destinate al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015;
a svolgere una relazione periodica, in sede parlamentare, sullo stato e sui risultati prodotti dai vertici e dagli organismi di studio internazionali, con particolare riguardo agli esiti della Task Force on International Financial Transactions for Development e della cosiddetta «Commissione Stieglitz» istituita presso le Nazioni Unite.
(7-00333) «Barbi».

La XI Commissione,
premesso che:
le organizzazioni sindacali hanno organizzato in Sardegna, il 5 febbraio 2010 uno sciopero generale contro la crisi e per lo sviluppo. La giornata di mobilitazione è stata incentrata sulla crisi socio - economica dell'isola con i casi eclatanti come Alcoa - Portovesme spa - Euroallumina, Otefal, Sardal (Carbonia - Iglesias), Equipolymers, Legler, Queen (Sardegna centrale) e Vinyls di Porto Torres;
anche la scuola ha aderito alla giornata dello sciopero generale della Sardegna. Tra i punti cardine della piattaforma dello sciopero vi è la valorizzazione della formazione professionale, della scuola, dell'università e della ricerca, come condizione fondamentale in ogni discorso di sviluppo democratico, sociale ed economico, per dare competitività all'intero sistema regionale;
in Sardegna vi è una dispersione scolastica e universitaria altissima, indici di scolarità fra i più bassi del meridione, anche per i consistenti tagli di risorse e di personale, un precariato della scuola intollerabile e una formazione professionale stremata nella sua azione e nelle sue professionalità;
ma il vero problema che affligge la Sardegna è il lavoro per il quale è necessario un piano straordinario che si ponga come obiettivo la creazione di almeno 150 mila posti di lavoro per combattere il dilagare della disoccupazione, del lavoro precario e la piaga della nuova emigrazione. I tassi di disoccupazione, oggi, non sono in linea col Trattato di Lisbona e non possono essere raggiunti se non in conformità con gli obiettivi nazionali inseriti all'interno della Questione meridionale;
la Sardegna, in linea con quanto accade in tutto il territorio italiano è di fronte all'alternativa tra regressione o progresso. I segni della crisi sono evidenti, in molti casi drammatici, soprattutto sul versante delle condizioni di vita e di lavoro, e sconvolgono l'assetto del sistema produttivo e sociale dell'isola;
più di 600 imprese hanno formalmente dichiarato la propria crisi, 11.000 lavoratori utilizzano gli ammortizzatori sociali in deroga, 150.000 sono i disoccupati reali, 350.000 persone vivono al di sotto della soglia della povertà;
in un territorio di appena 1.650.000 abitanti, il comparto industriale e manifatturiero sono quelli che maggiormente hanno bisogno di grande attenzione per superare la situazione di grande emergenza in atto e pensare allo sviluppo di settori come la chimica, l'alluminio, la metallurgia non ferrosa, il tessile, il comparto manifatturiero dei settori estrattivi, edili;

l'impegno cardine dei sardi si deve reggere su una società che persegue l'obiettivo dell'uguaglianza e della giustizia attraverso la partecipazione e la sussidiarietà in grado di far emergere in egual misura opportunità per tutti, e concretizzare un'uguale dignità, ruolo e rappresentanza per tutti i cittadini. Proprio per questo il lavoro è condizione primaria ed imprescindibile per un nuovo sviluppo economico e sociale della Sardegna che sia conforme al raggiungimento di una maggiore competitività del sistema regionale, di un incremento della ricchezza, di una sua più equa distribuzione;
le profonde trasformazioni socio-economiche avvenute dal 1948 ad oggi, hanno fatto sì che gli schemi di quella «prima» autonomia non siano più sufficienti, né adatti a governare la società sarda. Per questo motivo occorre redigere il progetto di un «modello» statutario che coniughi insieme i bisogni della società isolana e i concetti di internazionalizzazione e di interdipendenza, capaci di integrare la società sarda con il resto del mondo continentale, ridefinendone la specialità;
la specialità della Sardegna deve imperniarsi sul concetto di insularità, dunque sul binomio positivo di identità-diversità, ma anche sulla condizione di oggettivo svantaggio che fa gravare sul sistema sardo pesanti differenziali negativi;
la specialità dell'isola deve fondarsi proprio sulla sua insularità e garantendo quei vantaggi (fiscali, economici, e altri) in grado di renderla sempre più competitiva rispetto alle altre economie continentali, con particolare riferimento al settore dei trasporti, della dotazione di infrastrutture e del sistema energetico; in quest'ultimo contesto occorre raggiungere un costo di produzione allineato al costo medio europeo. Per questo serve una scelta verso le fonti rinnovabili, il metano (progetto GALSI), una rete di distribuzione moderna di gas ed energia; occorre completare il collegamento della rete elettrica sarda con la rete nazionale (SAPEI) nonché la valorizzazione del carbone Sulcis attraverso la realizzazione dell'integrazione del processo miniera-centrale con la cattura e lo stoccaggio della CO2;
nello specifico, nell'ambito della più generale strategia di intervento a favore delle aree del Mezzogiorno su cui si sta discutendo a livello nazionale, sarebbe opportuno privilegiare la fiscalità di vantaggio per la condizione di insularità, attribuendole un fatto premiale, consistente - ad esempio - in uno o più punti percentuali in più di riduzione rispetto alle altre regioni continentali;
l'oggettiva condizione di svantaggio del sistema produttivo dovrà prevedere compensazioni con l'utilizzo della leva fiscale, ad esempio, introducendo il tema della fiscalità di vantaggio che accompagni la fase di start up e di messa a regime degli investimenti o per la creazione di nuova occupazione attraverso crediti di imposta;
le difficoltà registrate nell'attuazione dei programmi di sviluppo costituiscono una conferma dell'inadeguatezza dell'amministrazione pubblica intesa come sistema complessivo delle istituzioni presenti sul territorio regionale; inadeguatezza che si manifesta quotidianamente, ai diversi livelli, nei rapporti con i cittadini e le imprese;
il sistema produttivo della Sardegna è attualmente caratterizzato da alcune anomalie, alcune d'una patologia congenita e altre di più recente affezione. Per certi versi, almeno da una ventina d'anni a questa parte, appare come un sistema privo di motivazioni alla crescita, orientato più ad una resistente sopravvivenza che ad una propensione verso crescita e sviluppo;
la coesione sociale rappresenta una condizione essenziale per lo sviluppo: il livello di istruzione della popolazione e dei lavoratori, la qualità dei servizi territoriali, il rispetto della legalità, costituiscono fattori indispensabili per dare competitività al territorio. Non è possibile uno sviluppo economico basato esclusivamente su interventi

sul sistema delle imprese e del lavoro: sono necessarie politiche che garantiscano la vivibilità del territorio, adeguati livelli di assistenza sociale e sanitaria, di istruzione, servizi per il lavoro moderni ed efficienti;
le politiche attive del lavoro costituiscono un efficace strumento di stimolo per l'economia e di crescita per l'occupazione, in quanto finalizzate ad accrescere l'occupabilità delle forze lavoro favorendo l'incontro tra domanda e offerta. Particolare attenzione deve essere rivolta, con specifici interventi, alla condizione del lavoro giovanile e femminile, sia per gli alti tassi di disoccupazione, sia per l'urgenza di innestare nel mercato del lavoro e nelle attività produttive di servizio un valore aggiunto fondamentale rappresentato dalle professionalità di genere e giovanili;
nel quadro generale così descritto è evidente quanto sia necessario un governo forte e unitario in ambito locale in grado di programmare e gestire le politiche sociali che dovranno essere decise ed indirizzate dalla Regione per contrastare la povertà, per rafforzare le politiche per gli adolescenti e i giovani, per garantire i livelli essenziali di assistenza sociale e sanitaria, che dovrebbero essere universali e rivolti a tutti i cittadini, così come sancito dalla Costituzione,

impegna il Governo

a convocare, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le parti sociali interessate, onde giungere in tempi rapidi alla definizione di obiettivi condivisi per contrastare la crisi che in modo così drammatico colpisce soprattutto i lavoratori, i disoccupati, i precari e i pensionati della Sardegna e per contribuire a ridare speranza all'isola, anche attraverso nuovi piani di sviluppo che contengano il riconoscimento dell'insularità attraverso una rinegoziazione del rapporto Stato-regione previa intesa con la Conferenza unificata.
(7-00331) «Delfino, Mereu».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore lattiero-caseario sta attraversando una delle fasi più gravi e profonde degli ultimi decenni. Il calo dei prezzi e la più generale situazione di emergenza in cui versa il mercato sono ormai diventati fonte di preoccupazione in tutta Europa. Il tessuto produttivo è in pieno allarme come testimoniano le ripetute manifestazioni di preoccupazione che vedono protagonisti gli allevatori di tutta l'Unione europea;
i provvedimenti approvati a settembre dal Parlamento europeo (risoluzione sulla crisi del settore, proroga del periodo di intervento per latte in polvere e burro e ripristino dell'aiuto allo stoccaggio privato dei formaggi) sono un segnale forte e importante in un momento straordinariamente delicato che rischia di pregiudicare il ruolo economico e produttivo di una parte rilevante del potenziale agricolo europeo;
la normativa comunitaria richiede un complesso sistema organizzativo capace di ripartire il quantitativo globale garantito, attribuito dall'Unione europea ad ogni Stato membro e prevede la obiettiva responsabilità dello Stato italiano nei confronti dell'Unione europea nella corretta gestione del sistema;
l'applicazione del sistema e delle quote produttive assegnate al nostro Paese è avvenuta attraverso la legge n. 119 del 2003, che sostituiva la legge n. 468 del 1992, e successivamente attraverso il decreto-legge n. 3 del 2009 convertito, con modificazioni dalla legge n. 33 del 2009; tuttavia, l'applicazione stessa è stata segnata da continui «splafonamenti» della quota produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie;
l'assegnazione effettuata dalla Comunità non è mai stata ritenuta dall'Italia adeguata alle sue necessità né corrispondente al dato reale di produzione del Paese; tuttavia i produttori si sono adeguati

rispettando le normative nazionali in quanto hanno ritenuto e ritengono di vivere e di lavorare in uno stato di diritto che garantisca equità ed omogeneità di trattamento;
si evidenzia come questi produttori, che sono la stragrande maggioranza negli anni, hanno sostenuto enormi sacrifici economici per lavorare in conformità alle disposizioni legislative. A fronte di un imponente modifica del tessuto produttivo, caratterizzata dalla chiusura di oltre 60.000 stalle negli ultimi 10 anni, le restanti 40.000 o meglio una importante frazione, pari a circa l'80 per cento del totale, ha provveduto ad acquistare e/o affittare quote latte per un volume complessivo stimabile in ben 60/70 milioni di quintali, versando tra l'altro all'erario milioni di euro di IVA al fine di potersi garantire il diritto a produrre;
contestualmente a tale processo di assestamento tra produzione e quota latte, collegato ovviamente al processo di aumento della dimensione aziendale, con l'avvento della legge n. 119 del 2003, considerata il vero spartiacque in materia di quote latte, queste aziende hanno chiuso i precedenti contenziosi con lo Stato aderendo alla rateizzazione;
tali produttori hanno rinunciato attraverso un atto di fiducia alle sospensive pendenti, hanno versato in una unica soluzione il prelievo supplementare 2002/2003 ed hanno avviato il pagamento rateale, in 14 anni, delle competenze maturate dal 1995/1996 al 2001/2002. Contestualmente, come detto, hanno continuato, in caso di necessità, ad acquistare e affittare quote latte ed a subire, da parte dei primi acquirenti, la trattenuta del prelievo supplementare nel caso di splafonamento oltre la quota disponibile;
questi stessi produttori sono stati penalizzati con l'introduzione del decreto-legge n. 5 del 2009 in quanto:
a) la maggiore frazione della ingente quota latte assegnata gratuitamente nel 2009 è andata a chi produceva senza quota latte;
b) il valore delle quote latte acquisite a caro prezzo è crollato miseramente, con un evidente depauperamento patrimoniale;
c) i promessi, e giustamente attesi, interventi economici previsti dal citato decreto-legge, finalizzati ad «indennizzare anche solo parzialmente» coloro che avevano acquistato quote latte dal 1995/1996 al 2008/2009 (inizialmente quantificati in 500 milioni di euro, ridotti successivamente a 45 milioni di euro) non si sono materializzati;
d) la priorità di compensazione prevista dal decreto-legge n. 3 privilegia inoltre coloro che hanno munto molto oltre la quota nel 2007/2008, senza contare lo sconto del 95 per cento per il 2009/2010 e del 90 per cento per il 2010/2011 sull'entità del prelievo supplementare da versare in corso di campagna, sempre accordato a coloro che hanno splafonato nel 2007/2008;
a conclusione dei lavori della commissione di indagine amministrativa sulle quote latte istituita dal Ministro delle politiche agricole Zaia con decreto 25 giugno 2009, il Comando carabinieri politiche agricole e alimentari ha svolto un approfondimento su aspetti relativi all'attendibilità dei dati dichiarati nei modelli L1 ed utilizzati dall'AGEA per il conteggio del prelievo supplementare;
da quanto si apprende, gli scostamenti tra i dati verificati nel corso degli approfondimenti - si fa notare nella relazione - portano inoltre a ritenere che esistano rilevanti anomalie anche sui conteggi delle compensazioni nazionali e quindi sulle imputazioni del prelievo supplementare sin dalla prima campagna soggetta al regime quote latte (1995);
considerato infine che la grave crisi del 2009, con mancati introiti per le stalle da latte stimabili in circa 400 milioni di euro, ha messo molte delle aziende interessate,

rispettose delle normative, nell'impossibilità di versare la sesta rata del piano di regolarizzazione,

impegna il Governo

in attesa di approfondire l'esito della relazione citata in premessa, ad adottare i provvedimenti necessari per disporre la sospensione del versamento della sesta rata dell'importo dovuto ovvero la compensazione per coloro che avessero già provveduto al versamento, prevedendo che le somme relative possano essere ripartite sulle rate rimanenti e/o assorbite, almeno in parte, qualora fossero stanziati gli indennizzi prima ricordati.
(7-00332) «Fiorio, Marco Carra, Zucchi, Oliverio, Brandolini, Marrocu, Dal Moro, Cenni, Servodio, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino, Agostini, Cuomo, Pizzetti».

La XIII Commissione,
premesso che:
il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo, tra le altre cose, prevede che, a decorrere dal 1o giugno 2010, non sia più consentito, né l'esercizio della pesca a strascico entro determinate distanze dalla costa, né l'impiego di reti a maglia inferiore a quella regolamentare (40 millimetri per la quadrata, 50 per quella a losanga);
il divieto di cui sopra è destinato ad incidere significativamente su alcune particolari realtà di pesca e, in specie, sul piccolo strascico costiero che rappresenta una delle realtà più importanti del settore ittico nazionale, nonché quella maggiormente legata all'economia locale e, quindi, alle altre attività economiche presenti a livello territoriale, quali, ad esempio, la ristorazione e il turismo;
secondo stime effettuate da autorevoli centri di ricerca è stato calcolato che la cessazione delle attività di pesca, conseguente al suddetto divieto, produrrebbe un danno diretto, immediato, di 12 milioni di euro che, in larga parte, diverrebbe permanente e tale da determinare un mancato reddito, stimabile in circa 120 milioni di euro nei prossimi venti anni, senza considerare le conseguenze, assai più rilevanti, che si avrebbero sull'indotto, ossia sulle altre componenti il sistema economico sociale di cui fanno parte le imprese di pesca che sarebbero costrette a cessare la loro attività;
in Italia sono attualmente presenti circa 15.000 motopescherecci che esercitano attività di pesca a strascico e che si trovano al centro di un sistema socio-economico che, considerati i settori a monte e a valle, coinvolge circa 100.000 posti di lavoro;
la regione italiana maggiormente penalizzata dall'entrata in vigore delle nuove norme comunitarie è, senza dubbio, la Liguria, dove, a causa della particolare conformazione dei fondali (forte profondità già a breve distanza dalla costa), l'introduzione di distanze sotto le quali non è consentito praticare la pesca (un miglio e mezzo) impedirà, di fatto, alle imbarcazioni, attualmente presenti, di esercitare la loro tradizionale attività, in quanto non in grado - per le loro dimensioni, mediamente, piccole - di operare alle profondità in cui si troverebbero a dover pescare;
attraverso gli strumenti di sostegno alla pesca attualmente disponibili, ferma restando l'emergenza costituita dall'imminente entrata in vigore del divieto di cui sopra, è possibile ricercare le soluzioni necessarie per l'attuazione di un programma integrato in favore delle imprese interessate, fondato su interventi finalizzati al perseguimento di un numero circoscritto di obiettivi mirati, quali il passaggio a sistemi di pesca alternativi, l'ammodernamento e la crescita dimensionale delle imbarcazioni, l'abbandono definitivo,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le iniziative necessarie per avere accesso alle deroghe previste dal regolamento (CE) 1967/2006;
a predisporre, d'intesa con le regioni e le organizzazioni professionali interessate, un programma coordinato di interventi - statali e regionali - che, a partire dal complesso degli strumenti finanziari disponibili, sia espressamente finalizzato al superamento dei problemi posti dall'entrata in vigore del divieto di cui in premessa;
ad adottare tutte le iniziative necessarie, affinché nelle sedi comunitarie, anche alla luce del programma di cui al punto precedente, sia concessa una proroga all'entrata in vigore del divieto di cui al succitato regolamento (CE) 1967/2006.
(7-00334) «Fogliato, Chiappori».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

TORRISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 9 novembre 2008 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria;
con sentenza del 31 marzo 2010 il TAR del Lazio, Sez. II, ha annullato gli atti di proclamazione degli eletti e di insediamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per l'incompatibilità e ineleggibilità di due dei suoi componenti;
l'incompatibilità, come dichiarata dal TAR, costituisce il riconoscimento di una palese violazione dei principi di terzietà e imparzialità;
tale incompatibilità, in quanto riferita a membri del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, nuoce alla credibilità dell'organo di autogoverno che dovrebbe porsi come garante della terzietà dei giudici tributari e in definitiva alla credibilità dell'intera giustizia tributaria -:
quali iniziative adottare nell'esercizio dell'alta sorveglianza sulle commissioni e sui giudici tributari di cui all'articolo 29 del decreto legislativo n. 545 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni.
(4-07149)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
risulta falso che la produzione di elettricità di origine nucleare sia sicura. I casi sempre citati degli incidenti ai reattori di Three Mile Island e di Chernobyl sono solo due episodi di una lunga, e solo in parte conosciuta, serie di incidenti che hanno avuto effetti di inquinamento ambientale e di avvelenamento di lavoratori, incidenti verificatisi lungo l'intero ciclo di funzionamento delle centrali, di separazione e trattamento del combustibile irraggiato, di trasporto e smaltimento dei materiali radioattivi associati a tale ciclo;
inquinamenti radioattivi si verificano durante l'intero ciclo dal minerale alla sepoltura delle scorie, anche se in gran parte i dati sono poco noti; gran parte delle contaminazioni umane e ambientali sono destinate a verificarsi in futuro;
i più delicati punti di inquinamento sono associati alle attività minerarie, alla fase di trattamento chimico del minerale, alla fase di arricchimento, allo stesso funzionamento

del reattore che inevitabilmente è accompagnato da, sia pure in genere abbastanza limitate, emissioni di elementi radioattivi nell'atmosfera e nelle acque. Ma la parte più inquinante del ciclo nucleare si ha nella fase di ritrattamento del combustibile irraggiato e, sotto forma di contaminazioni future e certe, nelle fasi di sistemazione e sepoltura delle scorie radioattive e di quanto resterà dei reattori dopo la fine della loro vita utile. La contaminazione futura si può solo intuire perché mancano proposte affidabili di sistemazione delle scorie radioattive in modo che, per migliaia e diecine di migliaia di anni le materie radioattive non vengano a contatto con le acque e con esseri viventi;
dovunque passa, il ciclo nucleare genera e lascia materiali radioattivi formatisi, spesso per irraggiamento di parti di macchinari; lo si vede dalla circolazione di crescenti quantità di merci rese radioattive dall'impiego, nel loro ciclo produttivo, di materie che sono state a contatto con la radioattività delle centrali o dei vari processi. Anche in questo caso si hanno poche notizie sotto forma di scoperta di metalli radioattivi, soprattutto alluminio e acciaio, importati anche in Italia e provenienti da parti del ciclo nucleare, non solo come sottoprodotti di incidenti. Se si considera che esistono in funzione circa 450 reattori nucleari, alcuni già abbandonati, ma che finiranno la loro vita utile entro alcuni decenni, e che alla fine della loro vita utile i milioni di tonnellate di cemento, metalli e residui, tutti radioattivi, dovranno essere sepolti «da qualche parte», nessuno sa come e dove;
esiste poi un altro aspetto in cui gli stessi problemi, moltiplicati per molte volte, sono associati al ciclo nucleare relativo alla produzione di esplosivi e di materiali militari, dall'uranio ad alta concentrazione dell'isotopo 235, al plutonio, al trizio, un ciclo che, a maggior ragione si può definire non sicuro e non pulito e che deve essere fermato, come chiede trattato di non proliferazione nucleare -:
se il Governo abbia considerato i molteplici effetti di una centrale nucleare sull'ambiente e sulla salute umana;
come il Governo intenda contrastare e prevenire tali effetti e per tali ragioni se non ritenga di dover esporre una relazione dettagliata sulle cause ed effetti dei processi che intende mettere in campo.
(4-07161)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il dibattito sul ritorno al nucleare è stato motivato con i bassi costi certi dell'energia elettrica di derivazione nucleare. Peraltro in un'intervista al Tg2 nel luglio 2009 il Ministro Scajola ha ribadito questo concetto: l'energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari costa meno;
secondo diversi studi, non è vero che l'energia nucleare sia «economica»: se si fanno i conti del costo dell'elettricità nucleare si vede che esso è ben più alto del costo dell'elettricità ottenibile dai combustibili fossili, da fonte idroelettrica o geotermica e anche da fonti rinnovabili;
i costi monetari dell'elettricità nucleare devono essere infatti calcolati in riferimento al suo intero ciclo a cominciare dai costi relativi all'estrazione dei minerali di uranio la cui fase di estrazione, frantumazione, macinazione, fabbricazione del combustibile, arricchimento e gestione delle scorie, necessitano di parecchio combustibile fossile che emette tantissimo gas serra. Seguono i costi della trasformazione per via chimica dell'ossido di uranio in esafluoruro di uranio, con formazione anche qui di scorie sia pur blandamente radioattive. Poi vi sono i costi della trasformazione dell'esafluoruro di uranio in un concentrato di esafluoruro di uranio contenente dal 3 al 4 per cento di uranio-235, con formazione di sottoprodotti di uranio «impoverito». Tale

«arricchimento» in uranio-235 può avvenire con il vecchio processo di diffusione gassosa o con il processo di centrifugazione, entrambi basati sul fatto che il fluoruro di uranio-235 è più leggero del fluoruro dell'uranio-238, presente in ragione di circa il 99,3 per cento nel minerale, una parte dei costi di arricchimento è pagata dal fatto che il residuo di fluoruro di uranio impoverito può essere trasformato in uranio metallico, blandamente radioattivo, che, essendo un metallo pesante ed essendo piroforico, trova «utile» impiego come proiettile di cannoni o di aerei. Il ricavato di questo commercio va detratto dal costo (ben maggiore) del processo di arricchimento. Poi vanno contabilizzati i costi di trasformazione chimica dell'esafluoruro arricchito di uranio-235, in ossido, che viene introdotto nei reattori per liberare calore per la fissione nucleare. A questo punto debbono cominciare ad aggiungersi i costi relativi alla costruzione e all'installazione del reattore e della centrale, costi che incidono sul chilowattora dell'elettricità nucleare sotto forma di una frazione (ammortamento) del capitale investito. Più a lungo la centrale produce e vende elettricità, meno i costi fissi incidono sul costo del chilowattora elettrico nucleare;
e ancora, ogni uno o due anni il combustibile deve essere estratto dal reattore, sotto forma di «combustibile irraggiato». Il combustibile irraggiato deve stazionare per mesi o anni in una piscina sott'acqua, e anche questo presenta dei costi. A questo punto il combustibile irraggiato può seguire due strade. La prima, quella del recupero del plutonio che va separato dall'uranio, può peraltro avere anche un piccolo ritorno monetario sotto forma di plutonio venduto a fini militari. La seconda strada consiste nella sepoltura, per migliaia di anni, del combustibile irraggiato i cui costi sono imprevedibili (prospezioni geologiche, costruzione di gallerie sotterranee, e altro);
c'è da considerare poi che una centrale nucleare è sempre una centrale termoelettrica che sfrutta un ciclo di Carnot e, quindi, deve utilizzare una grande quantità d'acqua fredda. In Italia nel 2003 si sono dovute spegnere delle centrali a combustibile fossile proprio per la siccità. Fenomeno questo che potrebbe ripetersi con costi esorbitanti;
tutto ciò evidenzia come qualsiasi indicazione di un basso costo dell'elettricità nucleare sia falsa pur essendo noti e contabilizzabili soltanto alcuni costi ed essendo del tutto sconosciuti in gran parte i costi complessivi come ad esempio i costi di «derivazione» umana, come lo spostamento di popolazioni dalle zone a rischio, i costi della militarizzazione e del controllo poliziesco delle zone coinvolte con attività nucleari, e altro -:
se il Governo intenda tenere conto di tali considerazioni e come intenda giustificare la scelta di produrre energia elettrica da centrali nucleari in relazione al costo quale fattore rilevante.
(4-07163)

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Ance dell'Aquila ha lanciato nei mesi scorsi un grido di dolore denunciando il rischio di chiusura per mancanza di liquidità di molte aziende del territorio impegnate nella ricostruzione;
le risorse pubbliche destinate agli interventi non circolano e mentre i General contractor del progetto «Case» sono stati pagati, il pagamento dei lavori subappaltati dagli stessi General contractor alle aziende locali (è consentito il 50 per cento di subappalto dei lavori) ha subito moltissime lentezze e gli interventi, ad esempio, sulle case A, B e C non vengono ancora pagati oppure vengono pagati con grandissimo ritardo;
tutto questo crea una situazione di crisi di liquidità che rischia di portare al fallimento delle aziende locali;
è evidente che il meccanismo rigido e farraginoso, la lentezza degli iter e la mancanza di denaro pubblico porta a rallentare tutti i passaggi e le erogazioni

dei contributi creando una situazione di difficoltà che arriva sino alle aziende impegnate nei lavori di ricostruzione che sono, a questo punto, in una situazione di indebitamento e di difficoltà grandissima -:
cosa intenda fare il Governo per risolvere questa situazione paradossale dove le aziende del territorio sul quale si dovrebbe investire rischiano la chiusura;
quali interventi intenda prendere il Governo per semplificare e accelerare i meccanismi di erogazione dei fondi e dei contributi.
(4-07174)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere:
se confermi o smentisca che i fondi stanziati a favore del comitato per le biotecnologie, per il progetto di ricerca sulle Scienze della vita, uno dei cinque progetti che avrebbero dovuto essere conclusi nel 2015, siano stati stornati, ed utilizzati per soccorrere l'Alitalia;
in caso affermativo, quando questi fondi verranno nuovamente stanziati a favore del comitato per le biotecnologie e quando detto comitato sarà messo in condizione di poter realizzare i cinque progetti per cui i fondi stornati erano stati in origine stanziati.
(4-07176)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 28 marzo 1990 veniva istituito il comitato nazionale per la bioetica (CNB);
che detto comitato ha il compito di svolgere attività di consulenza presso il Governo, il Parlamento e le altre istituzioni, sia funzioni di informazione nei confronti dell'opinione pubblica sui problemi etici emergenti con il progredire delle ricerche e con le nuove applicazioni tecnologiche nell'ambito delle scienze della vita e della cura della salute; e di esprimere le proprie indicazioni attraverso pareri e mozioni che vengono pubblicati, non appena approvati, sul proprio sito. L'azione del CNB si svolge anche in un ambito sovra nazionale con regolari incontri con i comitati etici europei e contatti internazionali;
tra i propri compiti istituzionali detto comitato ha il compito di promuovere una adeguata cultura bioetica nel nostro Paese attraverso la redazione di documenti, e la promozione di iniziative scientifiche; a tal fine il CNB, oltre alle iniziative che esso stesso decida di attivare, può accordarsi con altri enti, istituzioni o associazioni e in particolare: a) Ministeri e i loro organi decentrati; b) enti locali, quali regioni, province e comuni; c) università statali e non statali; d) scuole di ogni ordine e grado; e) organizzazioni nazionali, internazionali, accademie, associazioni scientifiche, comitati etici italiani e stranieri, enti e fondazioni di ricerca e di promozione culturale, purché dotate di pubblico accreditamento o di adeguato credito; f) ordini professionali legalmente riconosciuti; e da ciò si evince l'importanza del lavoro di tale comitato;
come riferisce la giornalista Margherita De Bac sul sito del Corriere della Sera, «fra le vittime di un decreto "sul riordino degli organismi operanti presso la Presidenza del Consiglio" firmato dal Ministro Brunetta con finalità di snellimento e risparmio» c'è anche il Comitato nazionale di bioetica;
parrebbe che i componenti del comitato nazionale di bioetica abbiano ricevuto tre giorni fa, per posta elettronica, un laconico messaggio da parte del presidente del comitato, presidente emerito della

Corte costituzionale professor Francesco Paolo Casavola, nel quale si comunicava testualmente: «In data 4 maggio il nostro mandato si esaurisce», senza ulteriore spiegazione e comunicazione, al di là di un accenno ad una normativa che stabilisce il termine del mandato;
si tratta di un provvedimento del 4 maggio del 2007, che prevede la durata triennale di nove comitati e commissioni di varia natura;
non si comprendono le ragioni alla base di questo provvedimento, che colpisce quello che viene considerato il principale punto di riferimento della bioetica italiano;
parrebbe che i componenti di detto comitato sono stati «avvertiti» della cessazione di attività in modo così «irrituale» e per più in una ragione sorprendente e sconcertante;
nessuno avrebbe preavvertito i componenti del comitato che il loro mandato stava per scadere, e come confida più di un componente del citato comitato, nessuno si è preoccupato di fornire spiegazioni sull'accaduto;
come si legge nell'articolo citato del Corriere della Sera, «... L'attività è sospesa. Non possiamo convocare l'assemblea plenaria. I colleghi hanno lavorato tanto per documenti che non vedranno mai la luce»;
nel citato articolo vengono riportate le comprensibilmente risentite prese di posizione di alcuni componenti del comitato; tra l'altro il farmacologo Silvio Garattini, impegnato tra l'altro nella redazione di un atteso parere sulla segretezza dei farmaci in corso di approvazione («Non capisco, se ce lo avessero detto lo avremmo licenziato nell'ultima seduta di fine aprile»); il professor Lorenzo D'Avack, vice-presidente del Comitato («È un danno di visibilità notevole. Mi auguro che il prossimo Comitato sia rinominato in tempi veloci per evitare il buco nero. Non possiamo scomparire a livello internazionale»); il professor Riccardo Di Segni, co-vicepresidente del Comitato («Essere licenziati così...»); della professoressa Assuntina Morresi («È stato un fulmine a ciel sereno»; e ricorda uno dei documenti di maggior peso pronti a tagliare il traguardo, sulla morte cerebrale) -:
se sia vero quanto riportato in premessa e per quali ragioni i membri del comitato siano stati avvisati in forme tanto irrituali;
che tipo di risposta istituzionale si intende dare alle reazioni e obiezioni sopra riportate;
quando il Comitato verrà ricostituito e potrà tornare a lavorare nella pienezza delle sue funzioni.
(4-07181)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio del 2004 è nato un organismo accreditato dall'A.N.S. (Autorità nazionale per la sicurezza) in conformità agli standard internazionali, competente per le valutazioni di sicurezza di un prodotto o di un sistema;
il sopraccitato organismo è un centro di valutazione (CEVA) struttura ad organizzazione militare, riconosciuta dall'Autorità nazionale per la sicurezza (A.N.S.) per le verifiche dei requisiti di sicurezza di prodotti o sistemi COMPUSEC (Computer security) destinati alla trattazione di informazioni coperte dal segreto di stato. La sede legale è ubicata presso il «Reparto Informazioni e Sicurezza delle Stato Maggiore Difesa», mentre la sede operativa è presso il Centro Interforze Studi e Applicazioni Militari (CISAM) di San Piero a Grado (Pisa);
il personale assegnato nel Centro in questione è stato scelto secondo criteri stabiliti dalle normative in materia di «impiego» emanate dallo Stato maggiore della difesa, e quindi con caratteristiche professionali di alta specializzazione con un giudizio di valutazione non inferiore ad «Eccellente»;

l'organico a carattere «Interforze», nel suo insieme è composto attualmente da un «esiguo» numero di militari appartenenti al Ruolo Ufficiali e Ruolo Marescialli provenienti da Esercito, Marina e Aeronautica (EMA) in Servizio Permanente Effettivo e quindi, in quanto tali, soggetti al «Regolamento di disciplina militare» (Legge nr. 382 del 1978);
da evidenziare che l'Autorità Nazionale di Sicurezza - UCSE non dispone di un organo tecnico per l'emissione dei certificati relativi alle valutazioni dei prodotti destinati alla gestione delle informazioni classificate e si avvale del CEVA DIFESA (elemento dell'organizzazione del reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato maggiore della difesa);
proprio l'impiego di personale militare dipendente dallo Stato maggiore della difesa potrebbe creare situazioni di disorientamento nell'assolvimento del «compito di istituto», in particolare riferimento alla difficoltà di valutare arbitrariamente secondo le direttive impartite dall'Ente certificatore (D.I.S.) in quanto il CEVA DIFESA essendo una struttura militare è soggetto anche ad ottemperare a quelle che sono le disposizioni degli organi gerarchicamente superiori che potrebbero in alcuni casi contrastare con le disposizioni di natura tecnico-funzionale del D.I.S. quale Ente certificatore;
in riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 aprile 2002 portante il seguente oggetto: «Schema Nazionale per la valutazione e la certificazione della sicurezza e delle tecnologie dell'informazione, ai fini della tutela delle informazioni Classificate concernenti la Sicurezza dello Stato» che recita: «Imparzialità, indipendenza e integrità: Il laboratorio di prova e il suo personale devono essere liberi da qualsiasi pressione commerciale, finanziaria o di altro genere che possa influenzare il loro giudizio tecnico. Deve essere evitata qualsiasi influenza sui risultati degli esami e delle prove, da parte di persone od organismi esterni ai laboratori di prova. Il laboratorio di prova non deve essere coinvolto in attività che possono danneggiare la fiducia nella sua indipendenza di giudizio ed integrità nei riguardi delle sue attività di prova;
nella risposta del Governo resa nella seduta della Commissione difesa del 4 maggio 2010 all'interrogazione a risposta immediata n. 5-02838 riguardante il medesimo argomento si afferma «[...] Va rilevato, altresì, che tutte le attività dei Centri di Valutazione accreditati - ovviamente, anche quelle del Ce.Va. Difesa - avvengono sotto il controllo e l'approvazione del Polo Tecnologico della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'uopo delegato da DIS/UCSe. Vorrei aggiungere, in ultimo, che le Forze armate consentono la permanenza dei valutatori presso il Ce.Va. per periodi molto più lunghi di quelli indicati nell'atto in discussione, proprio per l'ammortamento dei costi e dei tempi necessari alla formazione del personale. [...]»
appare all'interrogante che l'impiego del personale militare nel Ce.Va. difesa non rispetti appieno l'obbligo di imparzialità, indipendenza ed integrità sancito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 aprile 2002 «Schema Nazionale per la valutazione e la certificazione della sicurezza e delle tecnologie dell'informazione, ai fini della tutela delle informazioni classificate concernenti la sicurezza dello Stato» -:
se il Governo, in relazione alla risposta in Commissione all'interrogazione n. 5-02838, non intenda chiarire tempi e costi della formazione del personale delle Forze armate e ogni quanto tempo avvenga il ricambio di tale personale addestrato presso il Ce.Va.
(4-07184)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
è di questi giorni la notizia che il sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, intende rimanere per alcuni mesi ancora al proprio posto;

si tratta, ad avviso dell'interrogante di un'intenzione pregiudizievole per gli interessi del Paese. Già il sottosegretario ebbe a fare affermazioni inopportune sugli aiuti statunitensi a Haiti, irritando i nostri maggiori alleati e mettendo in imbarazzo il Governo e la nostra diplomazia;
pochi giorni fa in una conferenza stampa si è - nientemeno - accomunato per motivi francamente prosaici a uno dei migliori presidenti della Repubblica statunitensi, Bill Clinton, che non solo è stato eletto per due mandati consecutivi (1992 e 1996) ma ha governato facendo godere agli Stati Uniti il periodo di crescita economica e basso indebitamento migliore che si ricordasse dalla fine della depressione degli anni trenta del secolo scorso;
che un semplice sottosegretario si lanci in paragoni e iperboli di questo genere, noncurante delle immani questioni di politica e economia internazionale sottese all'attività dei Capi di Stato estero, appare decisamente inaccettabile e pregiudizievole per gli interessi di un Paese di 60 milioni di abitanti come l'Italia -:
se non ritenga di voler proporre la revoca immediata dell'incarico al sottosegretario Bertolaso.
(4-07190)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
la società Snam Rete Gas S.p.A., ai fini dell'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica», relativo alla costruzione di un nuovo tratto di rete di trasporto del gas metano che interessa le regioni Sicilia, Calabria e Campania, ha presentato istanza corredata dallo studio d'impatto ambientale al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, depositando la stessa documentazione anche presso gli enti territoriali interessati a vario titolo dal procedimento;
secondo Snam Rete Gas S.p.A. occorre potenziare la rete nazionale e locale di gasdotti e incrementare la produzione energetica nazionale, oltre che i collegamenti con la Sicilia, la quale attualmente riceve il gas naturale attraverso il metanodotto Algerino (Tmpc), ma che nel futuro potrà anche contare sul gas che arriverà dalla Libia, attraverso un altro gasdotto transcontinentale in corso di avviamento a regime (Green Stream);
secondo Snam Rete Gas S.p.A. le quantità in arrivo sono enormi ed insorgono problemi d'ordine economico che rivestono grosso rilievo per il Paese, non solo per gli investimenti necessari, ma anche perché vi sono in vigore contratti take-or-pay (obbligo di ritiro del prodotto, altrimenti è prevista una penale) di lungo termine per forniture via pipeline. Nel sud Italia sono previsti 7 nuovi progetti di importazione di gas dall'estero (ciascuno da circa 8 Mld. Sm3/anno, equivalenti a circa 25 Mil. Sm3/giorno), dei quali 4 sono ubicati in Puglia (terminali GNL di Brindisi e di Taranto, metanodotti offshore dall'Albania e dalla Grecia), due in Sicilia (terminali GNL di Porto Empedocle è di Melilli) e uno in Calabria (terminale GNL di Gioia Tauro);
la scheda di progetto originariamente depositata al Ministero dell'ambiente nel luglio 2008 prevede un gasdotto sottomarino in partenza dalla Sicilia, il quale, dopo aver attraversato un tratto di oltre 200 chilometri di mare, prende terra nel Cilento nel comune di Santa Marina, presso le foci del Bussento (frazione Policastro Bussentino); a circa 3 chilometri dall'approdo le condotte raggiungono una

centrale di decompressione e di lì attraversano per circa 42 chilometri diversi comuni (Santa Marina, Torre Orsaia, Morigerati, Caselle in Pittari, Sanza, Buonabitacolo, Padula), fino alla centrale di compressione di Montesano sulla Marcellana, per congiungersi infine alla rete nazionale, rappresentata da un ulteriore gasdotto, che corre lungo l'autostrada Salerno Reggio Calabria; in questa ipotesi le condotte oltre ad attraversare per circa 5,5 chilometri il parco del Cilento e Vallo di Diano (PNCVD), ricadono quasi integralmente in area contigua del parco e in 5 siti d'importanza comunitaria: il SIC IT8050007 «Basso corso del fiume Bussento», IT8050024 «Monte Cervati, Centaurino e Montagne di Laurino», SIC IT8050001 «Alta valle del fiume Bussento», SIC IT8050022 «Montagne di Casalbuono», SIC IT8050019 «Lago Cessuta e dintorni»;
nel novembre 2009 Snam Rete Gas S.p.A. ha presentato una variante che propone un tracciato alternativo per il tratto tra la centrale di decompressione e la centrale di Montesano, in modo da ridurre la lunghezza del tratto all'interno del Parco da 5,5 chilometri a 780 metri; il nuovo tracciato interessa i territori dei comuni di Santa Marina, Tortorella, Vibonati, Casaletto Spartano, e Casalbuono in area contigua al Parco, mentre resta sostanzialmente invariato l'attraversamento del SIC «Basso corso del Fiume Bussento», che è inoltre nuovamente interferito in corrispondenza del Torrente Iunda, e del SIC «Montagne di Casalbuono» attraversato in questo caso per circa 12 chilometri. Nel nuovo tracciato è anche interferito il SIC IT8050019 «Lago Cessuta e dintorni» per 1,3 chilometri;
entrambe le ipotesi sono state sottoposte al Parco del Cilento e Vallo di Diano (PNCVD) per ottenere un parere ed eventuali prescrizioni secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003;
la variante di tracciato, presentata a novembre 2009, trova motivazione nella necessità di ridurre al minimo l'interferenza dell'opera con il territorio del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano;
con decreto ministeriale del 21 ottobre 2009, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha istituito l'area marina protetta «Costa degli Infreschi e della Masseta» (10A03797), che sarà interferita dall'opera;
a giudizio degli interpellanti e delle associazioni ambientaliste e consumeriste locali, lo Studio di impatto ambientale (SIA) presentato da Snam Rete Gas S.p.A. appare carente e generico per entrambe le ipotesi; va preliminarmente considerato che anche le aree contigue al Parco e i SIC interessate dal progetto presentano caratteristiche ambientali e floro-faunistiche oggetto di tutela sia nazionale che comunitaria; secondo il proponente la principale misura di mitigazione risiede in una non meglio definita «limitazione del consumo» degli habitat di maggior pregio naturalistico;
a tal proposito di osserva che le ipotesi considerate prevedono la rimozione di oltre 28.000 alberi, che non possono essere considerati «perdita temporanea di habitat», richiedendo anni se non decenni la ricostituzione delle cenosi forestali rimosse, né possono essere adeguatamente sostituiti da impianti di talee, in particolare lungo le sponde dei fiumi; particolare preoccupazione destano gli attraversamenti dei corsi d'acqua (2 nel progetto originario, 6 nella variante): qui il SIA di Snam opera per confusione. Le previste soglie o le dighe sui fiumi non sono opere di «mitigazione» o «ripristino», quanto piuttosto opere trasversali che interrompono la continuità longitudinale del corso d'acqua. Giova a questo proposito ricordare che la VIA dovrebbe anche misurare il rischio di frammentazione degli ecosistemi. Allo stesso modo la generica previsione di «opere di difesa spondale» se non adeguatamente definita non può essere considerata «ripristino dello stato dei

luoghi». Riguardo alla fauna, senza voler approfondire gli impatti per le singole specie di interesse comunitario interferite dall'opera, si osserva che in tutti i corsi d'acqua interferiti è presente la lontra (Lutra lutra), il carnivoro a maggior rischio di estinzione in Italia, e per la quale l'area interessata al tracciato rappresenta una porzione importante dell'area di distribuzione italiana;
la variante di percorso proposta nel novembre 2009 poggia sul presupposto sbagliato che sia sufficiente evitare di intersecare i limiti amministrativi del Parco per evitare impatti sulle componenti biotiche; naturalmente non è così, poiché la distribuzione degli habitat e delle specie non segue i confini amministrativi; viceversa, attraversando o risalendo 6 corsi d'acqua la variante rischia di essere più dannosa del tracciato originale;
ancora maggiori sono le perplessità che gli interpellanti sollevano in relazione al fatto che l'opera non porta alcun beneficio agli enti locali attraversati, per i quali rappresenta un mero consumo del territorio; e si tratta dei comuni del Cilento meridionale, che stanno vivendo oggi, dopo anni di ritardo economico, una stagione di rilancio nel settore turistico, rilancio basato sulle bellezza naturali e sull'ambiente incontaminato, cioè proprio le caratteristiche sulle quali va ad incidere l'Iniziativa Sealine Tirrenica; anche per tali motivi le istituzioni locali interessate hanno espresso una posizione genericamente o specificamente (cioè con apposite delibere) contraria all'opera;
in termini più generali gli interpellanti osservano che l'attuale situazione del mercato del gas italiano è quella di un enorme surplus, con gli stoccaggi pieni e la recente entrata in servizio di due rigassificatori (Panigallia e Rovigo, entrambe da 8 miliardi di mc l'anno); a fronte di questo si segnala la totale assenza di una strategia nazionale con il moltiplicarsi incontrollato di iniziative economiche relative soprattutto a rigassificatori e gasdotti; al riguardo il professore Alberto Ciò, economista dell'energia, in un'intervista sul Sole 24 Ore, osserva che «ben vengano rigassificatori e gasdotti, ma si sappia che alcuni saranno veri flop che non dovranno trasformarsi in oneri impropri sulle bollette degli italiani»; ipotesi confermata ad ottobre 2009 dall'AD di ENI Scaroni secondo il quale «...si profila un "ingorgo di tubi" e un'offerta molto abbondante. Mi auguro che non si verifichi un eccesso di infrastrutture, il cui costo verrà scaricato sulla bolletta degli italiani...»;
giova infine ricordare che il 26 gennaio 2010 è stata approvata dalla Camera dei Deputati la Mozione 1-00324 sull'uso del territorio nazionale e sulla tutela delle aree agricole e naturali di maggior pregio, sottoscritta da tutti i Gruppi parlamentari, nella quale si impegna il Governo a riconoscere il territorio come bene comune e risorsa limitata ed esauribile, quale presupposto irrinunciabile per una pianificazione urbanistica sostenibile e a dettare norme quadro sull'utilizzo dei suoli e sulla tutela delle aree di maggior pregio, con particolare riguardo alle aree a vocazione agricola ed alle aree protette; in questo quadro l'Iniziativa Sealine Tirrenica si muove nella logica di consumo dei territori vergini piuttosto che in quella di riuso di territori già sfruttati o di ripristino di territori degradati -:
quali iniziative intendono adottare i Ministri interpellati per ottenere dalla SNAM la valutazione e presentazione di un tracciato alternativo con impatti significativamente ridotti;
valutare l'opportunità del progetto Iniziativa Sealine Tirrenica in termini di politica e sicurezza energetica nazionale;
recepire le istanze delle istituzioni e delle comunità locali in relazione al danno arrecato ad un modello di sviluppo economico locale che appare più sostenibile, più produttivo e comunque non imposto dall'alto e in danno;
imporre alla Snam Rete Gas S.p.A., qualora si intenda approvare l'iniziativa, di seguire il principio generale dello sfruttamento

degli spazi prossimi agli assi stradali già esistenti, muniti di pertinenze libere e già interessati da infrastrutture ed opere permanenti, nonché facilmente accessibili per ogni intervento di vigilanza e manutenzione.
(2-00714) «Mario Pepe (PdL)»

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 2008 è stato il quarto anno di piena attuazione del meccanismo dei titoli di efficienza energetica, introdotto con i decreti ministeriali 24 aprile 2001, successivamente sostituiti dai decreti ministeriali 20 luglio 2004, recanti «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali di energia, si sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79» e «Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali per il risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164», ulteriormente revisionati e aggiornati dal decreto ministeriale 21 dicembre 2007 recante «Revisione e aggiornamento dei decreti 20 luglio 2004, concernenti l'incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili». Il quadro generale normativo e regolatorio relativo al meccanismo è stato descritto nel dettaglio nel primo e nel terzo rapporto;
dalla pubblicazione del Terzo rapporto annuale sul meccanismo dei titoli di efficienza energetica, nel quale sono stati illustrati i contenuti del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 del 2008 rilevanti per il meccanismo dei TEE, non sono intervenute novità legislative di rilievo con specifico riferimento al meccanismo. Con la fine del quarto anno si è chiusa la prima metà del periodo complessivo di otto anni (2005-2012) per il quale sono stati fissati obiettivi nazionali di risparmio energetico da conseguirsi attraverso il meccanismo. L'analisi degli indicatori presentati nel Quarto rapporto annuale sul meccanismo dei titoli di efficienza energetica spinge a confermare il giudizio sostanzialmente positivo sul funzionamento del sistema già espresso nei primi tre rapporti annuali, evidenziando molti aspetti sui quali si può dire che il sistema ha guadagnato maturità; a fronte di ciò, non si possono tuttavia trascurare alcuni aspetti che evidenziano ancora margini di miglioramento;
l'obiettivo nazionale di risparmio energetico per l'anno 2008 andava ripartito tra le imprese di distribuzione alle cui reti erano allacciati almeno 50.000 clienti finali al 31 dicembre 2006, in attuazione dell'abbassamento della soglia d'obbligo introdotto dal decreto ministeriale 21 dicembre 2007. Sulla base di tale criterio e tenuto conto delle modifiche societarie nel frattempo intervenute, l'autorità ha identificato 76 imprese di distribuzione soggette agli obblighi di risparmio energetico, 14 delle quali operano nel settore dell'energia elettrica e 62 nel settore del gas naturale. Ai distributori obbligati si aggiungevano 370 imprese di distribuzione dell'energia elettrica e/o di gas naturale che, pur non soggette ad alcun obbligo di risparmio energetico nel corso dell'anno, erano ammesse ad operare dal lato dell'offerta di TEE; si tratta di un numero in costante decrescita nel corso degli ultimi anni, in ragione delle numerose operazioni di aggregazione avvenute tra gli operatori, soprattutto del settore del gas naturale;
al 31 maggio 2009 risultavano accreditati come «società di servizi energetici» (SSE) 1375 soggetti, con un aumento del 18 per cento rispetto all'anno precedente. Si osserva tuttavia, che di questi soggetti solo 196 (pari al 14 per cento di quelli accreditati) hanno ottenuto l'emissione di TEE, soltanto 11 in più di quelli già attivi un anno prima. Per quanto riguarda i soggetti con energy manager (SEM), la loro

partecipazione al meccanismo è risultata ancora assai contenuta: solo 5 sono stati i soggetti che hanno presentato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per l'accreditamento, 2 dei quali hanno ottenuto il rilascio di TEE alla data del 31 maggio 2009;
l'anno d'obbligo 2008 è stato anche il primo per il quale il decreto ministeriale 21 dicembre 2007 ha introdotto un meccanismo di assorbimento automatico di eccessi di offerta eventualmente superiori al 5 per cento disponendone la ripartizione sugli obiettivi annuali degli anni successivi. In particolare, a tal fine il decreto ministeriale prevede che l'autorità verifichi i TEE ancora presenti sui conti di proprietà di taluni operatori (segnatamente, le società terze operanti nel settore dei servizi energetici e i soggetti adempimenti all'obbligo di nomina dell'energy manager ammessi ad operare nel meccanismo) dopo le comunicazioni di annullamento. Una prima verifica effettuata anche con il supporto della società gestore del mercato elettrico S.p.a. ha evidenziato che dopo le comunicazioni di annullamento sui conti di proprietà delle SSE e dei SEM erano registrati 299.821 TEE, equivalenti al 13,63 per cento della somma degli obiettivi assegnati per l'anno 2008. Al fine di completare la verifica prevista dalla normativa, l'autorità ha avviato approfondimenti finalizzati ad identificare quali tra le SSE incluse nel calcolo di cui sopra rispondevano al requisito di terzietà previsto dal meccanismo di aggiornamento automatico introdotto dal decreto ministeriale del 21 dicembre 2007. Più in generale, gli approfondimenti sono orientati a garantire l'attuazione del disposto normativo anche negli anni successivi e a formulare eventuali proposte per potenziarne l'efficacia;
nel complesso, quindi, il numero di TEE di cui è stata richiesta l'emissione al GME nel periodo considerato è risultato, per la prima volta, inferiore all'obiettivo complessivamente assegnato per l'anno 2008 (90 per cento). Tuttavia, tenuto conto dei titoli di efficienza energetica emessi nel periodo precedente e non annullati a seguito delle verifiche di conseguimento degli obiettivi 2005, 2006 e 2007, i TEE complessivamente disponibili al 31 maggio 2009 ammontavano a 2.686.778, pari al 122 per cento dell'obiettivo complessivo da conseguirsi nel 2008. Malgrado il fatto che anche nel 2009 la disponibilità di titoli sia risultata superiore al fabbisogno costituito dalla somma degli obiettivi assegnati, si rileva una netta riduzione del rapporto tra questi due parametri. Tuttavia, il basso valore di tale rapporto non è da addebitare esclusivamente all'incremento degli obiettivi 2008 introdotto dal decreto ministeriale 21 dicembre 2007. Infatti, nel caso in cui gli obiettivi non fossero stati incrementati, il suddetto rapporto avrebbe comunque assunto un valore pari a 22,9 per cento in ogni caso molto inferiore a quello registrato nei due anni precedenti. È quindi da concludere che, tra il 2007 e il 2008, l'incremento del tasso di generazione di risparmi energetici non sia stato adeguatamente proporzionato a soddisfare l'incremento degli obiettivi nazionali fissati dalla normativa;
a fronte di incentivi per circa 110 milioni di euro erogati dall'Autorità fino a fine 2008, il costo energetico evitato tra il 2005 e il 2009 dai consumatori domestici (presso i quali è stata realizzata la maggior parte degli interventi) è stato dalle 6 alle 15 volte il costo degli stessi incentivi (per ogni unità di energia risparmiata). È importante sottolineare che questa valutazione è da ritenersi alquanto conservativa per due principali motivi. In primo luogo, mentre il meccanismo di incentivazione riconosce l'incentivo solo per i risparmi energetici cosiddetti «addizionali» ossia, ad esempio, superiore ai requisiti minimi di efficienza degli impianti che sono obbligatori per legge, gli interventi realizzati comportano spesso la sostituzione di tecnologie che sono invece più obsolete della media o di quelle obbligatorie per legge, e quindi, assai meno efficienti. Questo comporta che i risparmi energetici effettivamente conseguiti dal consumatore presso il quale vengono realizzati gli interventi siano spesso maggiori di quelli incentivati

nell'ambito del meccanismo. In secondo luogo, la vita tecnica effettiva delle tecnologie installate è in molti casi maggiore di quella convenzionalmente riconosciuta per l'emissione dei TEE;
come è noto, il contributo economico erogato ai distributori per il raggiungimento degli obblighi assegnati è finanziato, conformemente a quanto previsto dalla normativa, da un prelievo sulle tariffe dell'energia elettrica e del gas naturale. In base a quanto detto, il meccanismo dei titoli di efficienza energetica potrebbe venire ulteriormente potenziato e orientato alla promozione degli interventi che potrebbero efficacemente contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei e all'evoluzione in senso più sostenibile del sistema energetico nazionale. L'ulteriore aggiornamento e integrazione della regolazione attuati va oggi in vigore, sulla base dell'esperienza accumulata in questi quattro anni di gestione, potrà dare un contributo in tale direzione -:
quali iniziative intendano intraprendere, nel prossimo periodo di otto anni (2012-2020) al fine di aggiornare e migliorare il meccanismo dei cosiddetti «titoli di efficienza energetica», dal quale potrà derivare maggior risparmio sia per lo Stato che per le famiglie italiane.
(4-07178)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'anno 2010 è stato dichiarato dall'ONU l'anno internazionale della biodiversità. Contestualmente la Commissione europea ha lanciato la campagna di sensibilizzazione volta a fermare la perdita di biodiversità nell'Unione europea. La campagna ha come slogan «Biodiversità. Siamo tutti coinvolti» e si articolerà in due fasi. La prima include il lancio di un sito web e di un video, azioni di PR, street art e annunci pubblicitari sulla stampa e outdoor, ed è progettata per calamitare l'attenzione, attraverso il richiamo all'idea di una «scena del crimine». La seconda fase, che inizierà a metà maggio con il coinvolgimento dei social media, renderà i cittadini più consapevoli del ruolo che essi possono svolgere nel rallentare e prevenire la perdita di biodiversità. La campagna avrà un costo approssimativo di circa 5 milioni di Euro, e proseguirà per tutto il 2010;
nonostante gli sforzi realizzati in tutto il mondo, gli studi mostrano che la biodiversità - la ricca varietà della vita sul nostro pianeta - si sta riducendo a una velocità sorprendente;
obiettivo principale della campagna è quello di svelare ai cittadini le reali implicazioni che la perdita di biodiversità ha nella loro vita quotidiana, con un focus particolare sulle azioni concrete che essi stessi possono adottare per prevenire tale perdita. Attualmente, solo il 38 per cento dei cittadini europei ha affermato di sapere cosa significa il termine biodiversità, mentre il 28 per cento ne ha sentito parlare ma non sa di cosa si tratti;
ideata e promossa a livello paneuropeo attraverso un sito web disponibile in tutte le lingue dell'Unione, la campagna si focalizzerà in particolare sui quei paesi in cui l'azione è considerata particolarmente utile e incisiva, e cioè Spagna, Paesi Bassi, Bulgaria, Romania, Polonia e Italia;
la biodiversità a livello mondiale è seriamente minacciata, con specie che vengono perse da 100 a 1000 volte più velocemente del normale. Più di un terzo delle specie valutate sono a rischio di estinzione e si stima che il 60 per cento degli Ecosystem service della Terra hanno subito processi di degrado negli ultimi 50 anni. A causare questa riduzione sono soprattutto le attività umane, come i cambiamenti nell'utilizzo del terreno, lo sfruttamento eccessivo, le pratiche non sostenibili, l'inquinamento e l'introduzione di specie invasive, che portano al degrado e alla

distruzione di habitat e specie. Un altro fattore importante è rappresentato inoltre dal cambiamento climatico;
nel corso del mese di marzo 2010, i ministri dell'ambiente dell'Unione europea hanno concordato i nuovi obiettivi riguardanti la biodiversità, proponendosi di arrestare la perdita di biodiversità e il degrado degli Ecosystem service proponendosi di ripristinare quanto più possibile entro il 2020. Hanno inoltre definito una visione a lungo termine per il 2050, termine entro il quale la biodiversità dovrebbe essere protetta, valorizzata e opportunamente ristabilita, chiedendo che gli obiettivi di biodiversità siano integrati in modo più chiaro in una varietà di politiche e strategie dell'Unione;
sono 167 i Paesi che hanno adottato una strategia nazionale per biodiversità, ma tra questi non c'è l'Italia nonostante abbia sottoscritto la Convenzione internazionale sulla biodiversità, CBD;
con 57.468 specie animali di cui l'8,6 per cento endemiche, e 12.000 specie di flora, delle quali il 13,5 per cento specie endemiche, l'Italia è il paese europeo più ricco di biodiversità ma molta della ricchezza si sta perdendo: attualmente sono a rischio di estinzione il 68 per cento dei vertebrati terrestri, il 66 per cento degli uccelli, il 64 per cento dei mammiferi, il 76 per cento degli anfibi e addirittura l'88 per cento dei pesci d'acqua dolce. Tra le minacce principali la modifica degli habitat e il consumo del suolo;
è necessario attivarsi immediatamente per tutelare questo patrimonio che rischiamo di perdere per sempre -:
se il Governo non ritenga di dover stabilire un'apposita conferenza nazionale, aperta al contributo scientifico delle associazioni ambientaliste e dei maggiori esperti italiani, per la definizione della strategia nazionale della biodiversità e un conseguente piano d'azione, sostenuto da adeguate risorse economiche.
(4-07180)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, CICCIOLI, FRASSINETTI e BARANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il cosiddetto «decreto Bondi» finalmente pone un freno agli sprechi perpetrati dagli enti lirici per quanto riguarda le «masse artistiche» (cori, orchestre, balletti), che godono di stipendi, secondo gli interroganti, eccessivi, gonfiati da numerose indennità, a fronte dei pochi giorni effettivi di lavoro;
negli altri Paesi europei le "masse artistiche" lavorano per 5-6 giorni alla settimana e questo consente di mettere in scena maggiori produzioni e, conseguentemente, consente ai teatri maggiori incassi;
gli organici degli enti lirici sono sproporzionati per quanto riguarda ruoli quali: macchinisti, elettricisti, impiegati, maschere, sarte; con conseguente appesantimento dei bilanci;
il futuro di questo settore artistico-culturale, emblematico e fortemente caratterizzante per il nostro Paese, passa per una decisa azione di razionalizzazione delle risorse economiche di natura pubblica e per il necessario ridimensionamento degli addetti -:
se il Governo ritenga di adottare misure di parziale defiscalizzazione dei contributi economici erogati da soggetti privati verso gli enti lirici, come accade all'estero, così da promuovere un circuito virtuoso di sostegno al settore in oggetto, tassello importante del sistema made in Italy.
(4-07164)

MELANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 5 maggio 2010, il quotidiano La Repubblica, nell'articolo «Il mistero del quadro super pagato», riportava la notizia secondo cui il Ministero per i beni e le attività culturali avrebbe pagato 1 milione e 200 mila euro per l'acquisto della tempera su tavola raffigurante l'ascensione, attribuita a Ludovico Brea, destinata alla Galleria Palazzo Spinola di Pellicceria;
numerosi esperti d'arte, tanto appartenenti al settore del mercato quanto appartenenti al mondo della ricerca e delle università italiane e francesi, ritengono sovrastimato il prezzo pagato per il pur pregevolissimo dipinto;
in data 8 maggio 2010, il quotidiano La Repubblica, nell'articolo «La consulta universitaria: fuori la verità sul quadro», riporta la volontà dei componenti della consulta universitaria di confrontarsi con Maria Dalai Emiliani, presidente del comitato tecnico-scientifico del Mibac, e che molti esperti di mercato ritengono che l'opera in questione valesse «almeno la metà»;
il Mibac ha subito negli ultimi due anni, una sensibile e costante riduzione di risorse economiche, costringendo i diversi comparti dell'amministrazione ad operare in grande ristrettezza -:
quali elementi siano stati presi in considerazione dal Mibac per procedere all'acquisto dell'opera.
(4-07182)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GATTI, FONTANELLI e CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il convento di Sant'Agostino a Nicosia, comune di Calci, edificato tra il 1263 e il 1267 per iniziativa di Ugo da Fagiano, già vescovo di Nicosia in Cipro, versa da anni in condizioni di incuria e abbandono;
la parte agibile è utilizzata dalla popolazione locale per manifestazioni di carattere pubblico mentre la chiesa all'interno della struttura è sede della parrocchia locale;
il complesso è attualmente in affidamento al comune di Calci allo scopo di tenerla in sicurezza ed evitare, nella parte pericolante, l'ingresso di persone;
gli enti locali del territorio hanno mostrato interesse all'acquisizione della struttura al fine di consentirne la manutenzione, la riqualificazione e l'uso per fini pubblici -:
se il complesso in questione sia già stato segnalato alla Sovraintendenza per l'espressione dei pareri previsti;
se il complesso sia interessato da una trattativa tra l'Agenzia fiscale competente e uno o più soggetti che abbiano manifestato interesse per l'acquisizione o la gestione del bene;
se in caso di trattativa in corso non ritenga di sospendere ogni decisione almeno fino all'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009 in materia di demanio, per non precludere alla regione ed agli enti territoriali interessati di avanzare richiesta per l'acquisizione del bene, con le procedure previste in tale decreto legislativo.
(5-02890)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
nel 2007, in Italia, i giochi on line valevano «appena» 840 milioni di euro, valore quasi raddoppiato nel 2008, con 1.484 milioni (+76,7 per cento) e quadruplicato

nel 2009, quando gli incassi arrivarono a 3.765 milioni di euro, con un incremento del 153,7 per cento;
quest'anno le prime stime parlano di un ulteriore incremento del 10 per cento e di incassi complessivi per 60 miliardi di euro. Nel primo trimestre del 2010, gli italiani hanno già giocato on line oltre 1.350 milioni di euro;
per tentare la fortuna su internet, verranno spesi 150 euro a testa: praticamente ciascun italiano maggiorenne spenderà, nel corso del 2010, ben 1.205 euro per dare la caccia alla dea bendata. In dettaglio la spesa pro capite è passata dai 955 euro del 2008 ai 1.093 euro del 2009, con un incremento in questi tre anni del 26,2 per cento;
analizzando solo i primi tre mesi del 2010, i maggiorenni italiani hanno già speso 307 euro a testa. Tra i tanti giochi quelli che hanno registrato la crescita più elevata sono dunque i giochi on line: scommesse, Totocalcio, Totogol, Gratta e Vinci, Bingo, SuperEnalotto, Win For Life, ma soprattutto gli skill games, dove è re incontrastato il poker;
questi giochi attirano infatti oltre un milione e mezzo di appassionati. Sono circa 100 i siti autorizzati sui quali poter tentare la fortuna ed a fine anno, si stima che la raccolta potrebbe superare i 7 miliardi di euro. Solo nel 2009 il poker ha generato oltre 2,3 miliardi di euro, collocandosi al 5o posto nella classifica di tutti i giochi, sia on line che tradizionali;
dal gioco on line, lo scorso anno l'erario ha beneficiato di oltre 140 milioni di euro, con una crescita del 94 per cento rispetto al 2008. I margini di crescita del gioco on line emergono anche dai raffronti con altri mercati «nuovi» abilitati dalle tecnologie digitali: a fronte di una crescita del 96 per cento del fatturato on line del gioco on line (2009 su 2008), abbiamo tassi pari al 15 per cento per il mercato delle televisioni digitali, al 6 per cento per la pubblicità on line e al 3 per cento per i mobile Content&Internet;
a fine 2010 la tendenza ipotizzata vede un sorpasso del gioco on line sul cosiddetto eCommerce, cioè la vendita di prodotti e servizi effettuati tramite internet. A fine 2010 il gioco on line dovrebbe superare i 7 miliardi, l'eCommerce in Italia dovrebbe sfiorare i 6. Sono 2,8 milioni i conti di gioco movimentati almeno una volta nel corso del 2009;
mediamente, ogni mese, sono stati movimentati 835.000 conti e ne sono stati registrati circa 200.000 nuovi;
inoltre oggi le attività non legali dei giochi valgono la cifra altissima di oltre tre miliardi di euro;
farà il suo ingresso a fine maggio 2010 anche il poker in modalità cash game -:
se il Governo non intenda effettuare maggiori controlli sul mercato dei giochi on line e avviare una serie di iniziative atte a sensibilizzare l'opinione pubblica, ed in particolare i giovani, contro una piaga sociale che rischia sempre di più di diventare una vera e propria dipendenza per migliaia di italiani.
(4-07173)

ASCIERTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, sono state pubblicate nuove norme per la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza dalle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie;
i vari comandi di corpo, non avendo avuto disposizioni attuative comuni per disciplinare la materia secondo i criteri di semplificazione individuati, hanno emanato circolari spesso non uniformi e in molti casi contro gli interessi degli aventi diritto;

il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie si è fatto subito notare per i provvedimenti adottati, che spesso sono stati iniqui e non rispondenti alle reali infermità contratte dal personale militare;
una delegazione del SUPU (Sindacato Unitario dei Pensionati in Uniforme), rilevate queste anomalie, anche su segnalazione dei propri iscritti, che lamentavano ingiustizie e sperequazioni, ha chiesto ed ottenuto un colloquio con il Presidente del Comitato di Verifica Cause di Servizio;
il suddetto funzionario ha risposto che: le richieste di riconoscimento di cause di servizio vengono bocciate anche perché dai vari Ministeri pervengono pratiche incomplete, con documenti che non confortano quanto rappresentato dagli interessati e addirittura fogli in bianco;
parrebbe altresì che il Comitato (che inspiegabilmente non chiede chiarimenti agli Uffici pensioni dei vari Ministeri) sostenga di avere insufficienza di organici e minore attenzione verso le proprie attività da parte dei suddetti uffici ministeriali;
i più colpiti da questi provvedimenti iniqui risultano coloro che sono stati arruolati prima del 1981, cioè tutti quelli che, senza essere sindacalizzati, hanno combattuto efficacemente il terrorismo e la criminalità organizzata;
il suddetto Comitato, proprio perché sprovvisto di mezzi e strumenti idonei, risulterebbe inutile e costoso per il contribuente, in considerazione del fatto che esiste la commissione medica ospedaliera che un tempo svolgeva sino al 2001, e in modo più efficace, le funzioni ora attribuite al comitato;
peraltro, il Comitato è costituito da 25 componenti, di cui solo due sono medici, Generali di corpo d'armata delle forze armate, certamente i più esperti, che spesso sono messi in minoranza;
il personale militare vive notevoli ristrettezze economiche e non si può permettere il «lusso», di fare ricorso contro questi provvedimenti iniqui, in quanto costosi -:
se si ritenga utile mantenere un organismo, inutile e costoso e peraltro non professionalmente idoneo a svolgere le mansioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica richiamato.
(4-07185)

DIMA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato in una missiva indirizzata al Direttore centrale della Banca d'Italia ha espresso rilievi circa l'applicazione da parte di alcuni istituti di credito di tassi di interesse superiori al limite previsto dalla normativa in materia;
la lettera dell'Authority è il frutto di un'iniziativa di un imprenditore calabrese che in data 31 marzo 2009, nello scrivere all'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, al Comitato interministeriale per il Credito ed il Risparmio, alla Consob ed alla Banca d'Italia, denunciò testualmente «la presenza di un cartello bancario finalizzato all'illecito arricchimento ai danni delle imprese e dei cittadini calabresi attraverso l'applicazione di interessi usurai che violerebbero le regole del libero mercato»;
a seguito di questa iniziativa, l'Autorità garante, nell'adunanza del 9 aprile 2010, nel rilevare che «i fatti segnalati non costituiscono violazioni della concorrenza», ebbe comunque modo di approfondire la questione evidenziando alla Banca d'Italia che «l'assenza di alcune condotte non esclude di per sé che alcune banche possano aver applicato tassi usurai tanto è vero che, dall'analisi di un campione di rapporti bancari sono emersi livelli di tassi d'interesse significativamente elevati da superare, in alcune circostanze, anche il 20 per cento. Tale fenomeno risulta essere oggetto di denuncie in

quanto particolarmente marcato in determinate aree del Paese tra le quali la Calabria»;
la questione degli elevati tassi d'interesse bancari, che potrebbero configurarsi come usurai, è anche oggetto di un procedimento penale che si sta trattando di fronte la Corte d'Appello di Reggio Calabria e che vede imputati, per il reato di usura, a seguito di denuncia presentata dallo stesso imprenditore, i presidenti dei principali istituti di credito nazionali;
il problema dell'accesso al credito, soprattutto nel Meridione, ed in particolar modo in Calabria, è particolarmente sentito da tutti quegli imprenditori che costituiscono il tessuto produttivo ed economico locale e che tra tante difficoltà di carattere congiunturale, legate alla specificità della crisi finanziaria in corso, e sistemiche, connesse alla fragilità della rete calabrese, chiedono garanzie di accesso al credito rispettose della legge e non configurabili come possibile arricchimento ai danni delle imprese e dei cittadini -:
quali iniziative, anche normative, il Ministro intenda assumere al fine di favorire e promuovere l'accesso al credito equo con particolare riferimento alle regioni meridionali e alla Calabria anche al fine di contrastare il rischio che in quest'area persino gli istituti di credito pratichino tassi di interesse superiori a quelli considerati usurai.
(4-07187)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

NEGRO e LUCIANO DUSSIN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 9 aprile 2010 una circolare del procuratore capo di Venezia, Vittorio Borraccetti, inviata a Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, oltre che ai pubblici ministeri, al procuratore generale, al prefetto e alla direttrice del carcere, invitava i magistrati ad una applicazione rigorosa dell'articolo 558 del codice di procedura penale che, per i reati minori di competenza del giudice unico, prevede il giudizio per direttissima senza necessità di entrare in carcere, salvo in presenza di esigenze istruttorie o investigative;
testualmente, il comma 1 dell'articolo stabilisce che «gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l'arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio», ma, secondo quanto previsto nel comma 2, qualora il giudice non tenga udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l'arrestato all'udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall'arresto;
la norma in oggetto viene richiamata in collegamento alla disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, esattamente l'articolo 121, nel quale è stabilito che pubblico ministero dispone che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dover richiedere l'applicazione di misure coercitive;
la suddetta nota comporta che la polizia giudiziaria, in caso di arresto di un imputato per reati minori, possa trattenerlo, per il breve tempo necessario a sottoporlo a giudizio direttissimo, nelle «camere di sicurezza» presso le questure o le altre sedi delle forze di polizia, con la conseguenza che, qualora questo non sia possibile, il magistrato possa addirittura valutare se rimetterlo in libertà;
tale evenienza si potrebbe verificare, ma solo a titolo di esempio, anche per alcuni reati previsti dalla legge cosiddetta «Bossi-Fini», dato che rientrano nei casi di competenza del giudice unico, per i quali è prevista la richiesta del giudizio direttissimo senza necessità di passare dal

carcere così che nel frattempo, dato che il giudice deve fissare l'udienza al massimo entro 24 ore, l'arrestato dovrebbe stare in carico alle strutture della polizia giudiziaria, salvo la possibilità del pubblico ministero di disporre la rimessione in libertà se queste aree non dovessero risultare adatte, sempre naturalmente che non esistano esigenze investigative o cautelari;
la iniziativa del procuratore Borraccetti, intrapresa per arginare il sovraffollamento del carcere di Venezia «Santa Maria Maggiore», ha suscitato indignazione tra gli esponenti del gruppo Lega Nord e del sindacato di Polizia, che ritengono tale intervento assolutamente inutile per risolvere il problema evidenziato oltre che lesivo e pericoloso per la sicurezza dei cittadini -:
se e quali iniziative ispettive il Ministro intenda assumere, ove sussistano i presupposti di legge con riferimento alle vicende sopra ricordate.
(3-01066)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI e VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da tempo si trascina insoluta la questione relativa all'introduzione di un nuovo e diverso sistema tariffario applicato all'autostrada Napoli - Pompei - Salerno, gestita in concessione dalla Società autostrade meridionale (SAM);
infatti la predetta società ha deciso di sostituire l'attuale sistema tariffario fondato sul pagamento in misura forfetaria ed identica quale che sia il percorso in concreto effettuato, con un sistema tariffario differenziato e giustamente basato su pedaggi diversificati e collegati al chilometraggio effettivamente percorso;
a tal fine il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, (seduta della Camera dei Deputati del 18 settembre 2008) in risposta all'interpellanza urgente del gruppo PD n. 2-00119, attraverso il sottosegretario di Stato Giuseppe Maria Reina, ha dichiarato che erano in corso lungo l'autostrada Napoli - Pompei - Salerno lavori per la predisposizione del nuovo sistema tariffario con la gestione di pedaggi differiti, consistenti in sconti di pedaggio per le autovetture munite di telepass, proporzionati ai percorsi effettuati; in tale occasione il sottosegretario ha precisato che il nuovo sistema tariffario sarebbe andato in funzione entro la fine del 2008;
tale impegno è stato disatteso, tant'è che l'onorevole Vaccaro ha presentato il 27 marzo 2009 una nuova interrogazione n. 4-02679 per sollecitare la rapida soluzione del problema;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con risposta pubblicata in data 21 luglio 2009, ha dichiarato che «si prevede che tutto il sistema tariffario nuovo possa entrare in funzione il 1o luglio 2009»;
invece tale diverso meccanismo di modulazione tariffaria non è stato ancora attivato, nonostante i ripetuti impegni assunti dal Ministro con grave pregiudizio per le popolazioni e le comunità locali interessati;
il perdurare di tale situazione è particolarmente grave ed è privo di ogni ragionevole giustificazione, in considerazione del notevole tempo trascorso e delle dichiarazioni del Ministro, secondo cui le opere necessarie (portali telepass per 27 varchi di uscita e 66 postazioni in totale) sono da mesi in corso e sono prossime alla ultimazione; anzi, tutte le postazioni avrebbero dovuto essere già ultimate entro maggio 2009;
il 7 ottobre 2009, gli onorevoli Iannuzzi e Vaccaro hanno presentato una ulteriore interrogazione n. 4-04448 per sollecitare la rapida attivazione del nuovo

sistema tariffario differenziato e per chiarire le ragioni dei continui rinvii e dei pesanti ritardi;
nella seduta della Commissione trasporti del 29 ottobre 2009, il Sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Giuseppe Maria Reina, nel rispondere a quest'ultima interrogazione, ha finalmente chiarito che la mancata attivazione del nuovo modello tariffario è dovuta non già ai lavori non ancora ultimati, bensì «sia a motivi tecnici sia per la necessità di ulteriori verifiche»;
in particolare ha affermato che sono ancora in corso di valutazione le diverse ipotesi di pedaggiamento possibili (tariffe differenziate lungo l'intera settimana; ovvero solo per i giorni feriali);
successivamente la nuova Convenzione unica sottoscritta da Anas e SAM, approvata con la legge finanziaria (articolo 2, comma 192) per l'anno 2010 ha previsto l'obbligo per la Società concessionaria di attuare il sistema delle tariffe differenziate e correlate alla percorrenza effettiva, fissando il termine del 30 giugno 2010, per la introduzione del nuovo modello;
di conseguenza entro questa scadenza deve essere realizzato il nuovo sistema;
a tal fine deve essere assunta, come livello tariffario più alto la tariffa attualmente vigente di 1,60 euro, evitando ingiustificati incrementi di tale tariffa massima, che provocherebbero pesanti ed intollerabili costi sociali per la comunità ed i territori interessati;
infatti occorre tenere conto dell'incremento del flusso di traffico lungo l'Autostrada Napoli - Pompei - Salerno che conseguirà sia all'introduzione del nuovo sistema tariffario, sia allo svolgimento di lavori di ammodernamento e messa in sicurezza del suo tracciato che sono in corso e che renderanno più fluida e più rapida la circolazione -:
quali provvedimenti il Governo intenda tempestivamente adottare per la entrata in funzione del nuovo sistema entro il prossimo 30 giugno 2010, senza ulteriori gravi ed ingiustificati ritardi e rinvii e senza che gli impegni assunti dal Governo siano ancora una volta smentiti e contraddetti dalla realtà, come purtroppo è accaduto in questi mesi;
come, in concreto, sarà strutturato ed organizzato il nuovo sistema di tariffe differenziate e legate ai chilometri effettivamente percorsi.
(5-02886)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 16, nel tratto compreso tra Foggia e Chieuti, è una delle arterie stradali maggiormente trafficate della provincia di Foggia, poiché è la principale via di collegamento tra alcuni dei principali bacini produttivi in campo agricolo, agroalimentare, artigianale ed estrattivo e le zone industriali di Foggia e Termoli;
anche a causa dei volumi di traffico, per buona parte costituito da mezzi pesanti e agricoli, il tasso di incidentalità è tra i più alti dell'intera regione Puglia;
l'Anas ha inaugurato, il 28 aprile 2010, i 3 lotti, per un totale di 27 chilometri, del raddoppio della strada statale 16 nel tratto che va da Foggia a Cerignola, garantendo così la possibilità di percorrere su strada a 4 corsie l'intero tragitto compreso tra Foggia a Lecce;
il completamento del raddoppio della strada statale 16 comprende la tangenziale di Foggia, inclusa nella programmazione nazionale di attuazione «reti e mobilità» del quadro di sostegno nazionale 2007-2013, siglato dal Ministero delle infrastrutture e dalla Regione Puglia il 28 febbraio 2007, in ragione della sua strategicità, riconducibile all'incremento dei volumi di traffico attesi dalla realizzazione del polo logistico e di nuovi insediamenti industriali

all'interno dell'area industriale di Foggia-Borgo Incoronata, dall'incremento dell'operatività dell'aeroporto «Gino Lisa» del capoluogo e dal raddoppio della statale 16 nel tratto tra Foggia e Cerignola;
il decreto-legge n. 112 del 2008 ha drasticamente ridotto i fondi a disposizione di Anas spa per il triennio 2009-2011 -:
se ed in quali termini il Governo intenda:
a) procedere con il raddoppio e la messa in sicurezza della strada statale 16 nel tratto compreso tra Foggia e Chieuti;
b) concertare con il compartimento Anas, competente per territorio, l'attivazione di un programma di manutenzione ordinaria e straordinaria del manto stradale e della segnaletica orizzontale e verticale;
c) promuovere azioni, anche di concerto con le istituzioni e gli uffici locali, volte ad elevare lo standard di sicurezza.
(4-07147)

CATANOSO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 14 settembre 2008 Cai e sindacati firmano l'accordo quadro, con il quale si dà il via all'operazione di privatizzazione e salvataggio dell'Alitalia. Dal suddetto documento si evince che Cai avrebbe dovuto selezionare le risorse umane in coerenza con le esigenze del nuovo progetto industriale e dei nuovi assetti organizzativi nonché con i criteri da definirsi con un'intesa tra le parti;
il 31 ottobre 2008 le parti si riuniscono alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, onorevole Gianni Letta, e firmano l'accordo che sancisce, tra le altre cose, i criteri di selezione del personale in base alle «esigenze organizzative in coerenza con il nuovo piano industriale»;
la nuova Alitalia-Cai nella selezione del personale terrà conto, nell'ordine, di: possesso dei titoli professionali (abilitazione alla condotta del velivolo impiegato) requisito ormai peraltro esaurito, residenza, anzianità maturata nelle aziende di provenienza e, a parità di anzianità, carichi familiari;
Alitalia-Cai si è impegnata ad assumere esclusivamente il personale dal bacino Cigs/mobilità, proveniente dalle aziende del gruppo Alitalia, fino ad esaurimento dello stesso;
tra le «esigenze organizzative in coerenza con il nuovo piano industriale», si evince che il piano aziendale chiamato «Piano Fenice» prevede 6 basi d'armamento con i relativi fabbisogni di risorse umane, in particolare: Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania. Su Catania si specifica che saranno impiegati 48 piloti e 90 assistenti di volo;
nel mese di febbraio 2009 e successivamente a giugno 2009, dopo una serie di incontri fra azienda e sindacati, viene stabilito che la fase di start - up della nuova Alitalia-Cai si fosse esaurita ed in conseguenza di ciò, fu redatto un nuovo verbale di accordo nel quale si eliminava il criterio di assunzione per residenza, dando di fatto all'azienda l'opportunità di avere libero arbitrio sulla assunzione del personale;
le basi operative individuate del piano Alitalia-Cai, esclusa Catania, erano già pre-esistenti. Ciò ha comportato che sulla sola base di Catania, non ancora operativa, non siano utilizzati gli stessi criteri impiegati sulle altre cinque basi (i milanesi a Milano, i veneti a Venezia, eccetera) e, per cui, non sono state allocate risorse locali (siciliane e/o catanesi) che ad oggi si trovano ancora in Cigs;
nel mese di agosto 2009, Alitalia-Cai risponde alla regione Sicilia affermando che la base Catania sarà aperta e che le

assunzioni sarebbero avvenute nel rispetto del piano industriale e secondo i criteri e gli accordi sindacali in vigore;
nel mese di settembre 2009 parte la base di Catania con un solo aeroplano e non tutto il personale trasferito. Il resto dei voli è garantito con l'impiego di equipaggi in sosta presso strutture alberghiere;
da quella data e fino alla fine dell'anno Alitalia-Cai ha assunto altri settantotto piloti e circa 100 assistenti di volo. Tali assunzioni sono state effettuate, sempre su accordo sindacale, ma senza quella necessaria pubblicità e visibilità che avrebbe garantito il rispetto delle regole e degli accordi sottoscritti alla presenza di tutte le parti sociali alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
risultano all'interrogante, invece, avviate e in parte completate procedure di trasferimento di personale navigante già in organico da altre sedi (Roma, Milano e altre sedi) verso Catania;
ove questo fosse accertato gli accordi di Palazzo Chigi sarebbero stati in parte traditi vedendo privilegiati alcuni lavoratori a scapito di altri;
secondo quanto risulta all'interrogante nessun siciliano in Cigs è stato richiamato in servizio e vi sono in cassa integrazione residenti a Catania un totale di 11 persone, 2 comandanti e 9 primi ufficiali -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati affinché non abbiano a verificarsi le problematiche esposte in premessa.
(4-07148)

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
al fine di consentire un efficace collegamento del comprensorio della ceramica delle province di Modena e Reggio Emilia con i sistemi autostradali e ferroviari nazionali ed internazionali e di contribuire, in questo modo a rimuovere uno dei fattori che pesa sulle condizioni di competitività di un settore, quello della ceramica, di punta dell'industria italiana, è da anni in un faticoso e lento avanzamento la progettazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo;
a partire dal 2004 sono state avanzate diverse proposte di realizzazione delle infrastrutture sino a quando nella riunione del 27 marzo 2008 il CIPE ha approvato il progetto della cosiddetta bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo finanziando l'intervento con 234 milioni di euro nonostante le sollecitazioni pervenute dalle istituzioni locali: regione, provincia, comuni, associazioni di categoria delle imprese e dei lavoratori, di tutte le forze politiche sino ad ora non si è proceduto alla approvazione definitiva del progetto;
in data 15 dicembre il Ministro ed il direttore generale del Ministero hanno rassicurato i rappresentanti delle istituzioni circa l'impegno per deliberare in via definitiva, in una delle prossime sedute del CIPE l'intervento autostradale;
in data 11 febbraio 2010, come risulta dalla risposta del Ministro ad una precedente interrogazione, l'ANAS ha inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la documentazione da porre a base di gara per l'individuazione del concessionario che si occuperà, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 163 del 2006 della realizzazione della gestione dell'intero collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo;
nel mese di marzo il Ministro partecipando ad un convegno a Modena presso la Camera di commercio ha ribadito tale impegno -:
essendo trascorsi ulteriori mesi quando il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sottoporrà il progetto definitivo del collegamento autostradale bretella Campogalliano-Sassuolo all'approvazione del CIPE.
(4-07156)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
solo in Italia l'industria dell'automobile da lavoro ad una filiera di 2 milioni di persone. Nel resto del pianeta il mercato è saturo e l'industria si muove grazie gli incentivi statali. Ma questo modello produttivo deve essere ripensato, dato che per essere sostenibile non può continuare ad andare avanti per conto suo, ma essere parte di un sistema di vasi comunicanti, dove si possano rinnovare anche il traffico e le tipologie di spostamento;
nelle principali città italiane, si contano ormai oltre 60 auto ogni 100 abitanti, contro una media europea di 46 auto e questo fa sì che l'automobile sia il mezzo non solo più posseduto, ma anche il più utilizzato dai cittadini. Vuol dire che in Italia ogni cittadini, dal bambino al centenario, possiede uno 0.6 per cento di automobile. Il tasso di motorizzazione è secondo solo agli Stati Uniti. Il giornale «The Economist» sosteneva qualche anno fa l'ipotesi di arrivare a 3 miliardi di auto circolanti in tutto il pianeta. Tale previsione, fortunatamente, è impossibile non solo per l'aumento dell'inquinamento, ma anche perché per far circolare un numero così alto di vetture, occorrerebbe un numero spropositato di strade e di circuiti stradali, a discapito del territorio;
diretta conseguenza del numero di auto, è il fatto che l'Italia sia uno dei principali consumatori mondiali di carburante, circa 40 milioni di tonnellate, più della metà del petrolio lavorato. Le persone si spostano di giorno mediamente, precisamente per un'ora e 22 minuti. Nel 1987, lo stesso numero era pari a 58-59 minuti. Cioè si percorrono solo più chilometri ma per fare le stesse cose: si sono allontanate le case dai posti di lavoro, niente trasporto pubblico e la mobilità viene pagata da tutti i cittadini con le automobili. Sono spostamenti medi giornalieri di 3,1 chilometri per una durata di circa 21 minuti. Un intero sistema di mobilità organizzato per rimanere fermo per quasi 24 ore. E le città italiane trasformate in infrastrutture per automobili, senza marciapiedi, strisce pedonali, scivoli per persone disabili;
l'Istat afferma che la famiglia italiana mediamente al mese ha un reddito disponibile di 2.800 euro. Ne spende 650 per la casa, 450 per mangiare, 800 per l'automobile. Queste spese familiari, a livello nazionale, generano un flusso di spesa di circa 200 miliardi di euro l'anno, che producono 40 miliardi di euro l'anno di tasse. Lo Stato trasferisce ogni anno per la gestione dei trasporti pubblici, 6 miliardi. Se a questi 6 miliardi si sommano la spesa delle famiglie per i biglietti e gli abbonamenti per i trasporti pubblici, i costi di investimento nell'acquistare gli autobus e costruire nuove linee ferroviarie e metropolitane, si può arrivare ad un massimo di 20 miliardi di spesa, contro i 200 miliardi sostenuti attualmente per l'acquisto e la manutenzione delle autovetture. Per questo, c'è un rapporto di 10 a 1 tra spesa per l'auto e spesa per il trasporto pubblico;
la situazione è aggravate dalla mancanza di adeguati piani regolati. In una società civile, in una capitale come Roma, è inconcepibile che in un piano regolatore non vengano prima risolti il problema dei servizi e poi eventualmente la nascita dei palazzi, e quindi delle abitazioni e quindi delle persone. Ciò che è auspicabile è la densificazione, cioè non disperdere la città e trasporto pubblico, grazie alla quale si consumerà meno spazio, meno energia e si inquinerà meno. In base a tale logica, è fondamentale costruire un nuovo quartiere dove c'è già un collegamento ferroviario o tram viario se non c'è va costruito subito;
il flusso di spesa che ruota intorno all'automobile è di 200 miliardi l'anno. Quello che ruota intorno al trasporto pubblico, è di 20 miliardi l'anno. Uno sbilanciamento che si traduce in costi esterni, quelli causati dalla congestione, i danni da inquinamento, gli incidenti, il tempo perso, questi costi esterni sono quantificabili in 40 miliardi. Gli incentivi dati all'industria

dell'automobile dovrebbero prevedere anche un network che si preoccupa di smaltire l'auto vecchia. Sempre più spesso si vedono, infatti, le macchine rottamate negli argini e questo causa un'ulteriore danno ambientale;
nel resto d'Europa i cittadini possiedono meno auto rispetto a quanto accade in Italia, perché ne hanno meno bisogno. Chi amministra decide dove si può abitare, dove lavorare e come collegarsi con il trasporto. Organizza l'intero sistema. Per i cittadini, ad esempio, è un grande vantaggio usare il car sharing e non dover essere costretti a possedere un'automobile. È questo che si cerca di fare nelle grandi metropoli nord-europee, insieme alla progettazione di una politica straordinariamente efficace intorno al 10 per cento di emissioni, con un conseguente, calo dei consumi dei prodotti petroliferi dell'ordine di 3-4 milioni di tonnellate solo di carburanti che però implica almeno un 10 milioni di tonnellate in meno di lavorazione di greggio. Questo porterebbe a risparmi sulla bilancia energetica intorno ai 5 miliardi di euro che potrebbero essere utilizzati per politiche volte a contenere gli effetti negativi che avremmo se dovessimo chiudere uno o due raffinerie. Ad Hannover e a Malmo, ad esempio, questa logica è già stata attuata 40 anni fa, con la pianificazione, dell'urbanizzazione e trasporti. Esigenze normali, sulle quali hanno continuato a lavorare perché il territorio cambia con aziende che chiudono, altre che aprono e la popolazione che cresce. Per loro il piano trasporti è un obiettivo nazionale. Basterebbe dirottare gli incentivi sugli autobus invece di continuare a premere sulla macchina da cambiare e l'industria starebbe in piedi lo stesso, oppure creare dei piani regolatori in cui l'attenzione principale sia rivolta alle esigenze basilari del cittadini, come il tempo e la facilità di spostamento e la vicinanza dei servizi -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere una normativa regolamentare dello sviluppo delle città più attenta alle esigenze del cittadino;
quali iniziative il Ministro intenda attuare al fine di ridurre l'utilizzo delle autovetture private del singolo cittadino, a favore del trasporto pubblico locale e nazionale.
(4-07169)

MARIO PEPE (PdL). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con diversi atti di sindacato ispettivo, da ultimo l'interpellanza urgente 2-00462, discussa il 17 settembre 2009, sono stati posti in evidenza i problemi riguardanti la strada statale n. 166 "degli Alburni" in provincia di Salerno afflitta da continue frane e dissesti a causa della natura dei luoghi e della tortuosità del percorso; la strada statale 166 rappresenta la via diretta di comunicazione utilizzata dagli studenti, da quanti hanno bisogno di cure ospedaliere e da tutti coloro che quotidianamente si recano dagli Alburni al Vallo di Diano o intendano raggiungere l'autostrada Salerno-Reggio Calabria o la Basilicata;
l'ANAS, sia pure in assoluta limitatezza di risorse ha avviato a novembre i lavori di due punti, (km 42,700 e 42,800), dove si sono verificate frane e forti smottamenti nella stagione 2008 e 2009; inoltre l'ANAS ha predisposto due nuovi progetti: la messa in sicurezza delle aree interessate dai dissesti tra il chilometro 22 (abitato di Roccadaspide) e il chilometro 61,275 (comune di Atena Lucana) e la sistemazione delle frane presenti lungo il tracciato nel territorio comunale di Corleto Monforte;
la situazione è tuttavia ben lungi dall'essere sanata: a tutt'oggi risultano ancora restringimenti di carreggiata in corrispondenza delle località di Aquara, Bellosguardo, Corleto Monforte, San Pietro al Tanagro, San Rufo e Roccadaspide. Nei tratti interessati dai lavori, la circolazione procede a senso unico alternato regolato da semaforo;
per quel che riguarda la situazione del ponte in località Sette Luci l'ANAS ha chiarito come non sia possibile prevedere

una sistemazione provvisoria tramite un ponte militare; attualmente esso è attraversabile a senso unico e solo dalle autovetture ed dai mezzi sotto i 35 quintali, costituendo quindi un problema sia per la movimentazione delle merci, che per i trasporti pubblici ed il turismo; pullman e camion sono dirottati su un percorso alternativo di decine di chilometri;
l'esasperazione delle popolazioni locali e degli amministratori è crescente, in quanto il tutto si risolve in isolamento economico e turistico e in maggiori costi di trasferimento, a fronte di una spesa che, oggettivamente, non è insormontabile -:
se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile ed urgente intervenire nei confronti dell'ANAS al fine di destinare ulteriori fondi al ripristino della statale n. 166 degli Alburni, con particolare riguardo alla necessità assoluta di consentire l'attraversamento del ponte in località Sette Luci ai mezzi pesanti.
(4-07175)

TESTO AGGIORNATO AL 29 GIUGNO 2010

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

OLIVERIO, ZUCCHI, BRANDOLINI, FIORIO, MARROCU, MARIO PEPE (PD), CICU, MARCO CARRA, CENNI, DAL MORO, SERVODIO, AGOSTINI, SANI e TRAPPOLINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'agroalimentare italiano sta sperimentando, in modo sempre più pervasivo, la presenza di fenomeni di illegalità e di criminalità che alterano la libera e leale competizione tra le imprese del settore, snaturano il normale funzionamento dei mercati, non ultimo quello del lavoro, e, soprattutto nelle regioni meridionali, introducono pesanti elementi di condizionamento dell'attività economica attraverso l'asfissiante ricerca, da parte dei clan criminali, del controllo delle filiere di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari;
soprattutto al Sud, sono numerosi i segmenti della catena produttiva, commerciale e logistica che scontano le pressioni e le infiltrazioni della criminalità per il controllo dei mercati ortofrutticoli e fiorovivaistici che, da sempre, si configura come un'attività particolarmente redditizia per le reti criminali organizzate (dalla fornitura di materie prime agricole e di prodotti agricoli ai servizi di imballaggio merci, dalle attività di trasformazione e confezionamento del prodotto ai servizi logistici e di trasporto, a quelli di facchinaggio);
è proprio di ieri la notizia dello smantellamento, da parte della Dia di Napoli e della Squadra mobile di Caserta, di una presunta organizzazione criminale che imponeva il monopolio ai commercianti ed agli autotrasportatori di prodotti ortofrutticoli in tutto il centro-sud Italia, con la conseguente lievitazione dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli. In totale, secondo quanto riferito dagli organi inquirenti, sono state eseguite circa 70 ordinanze di custodia cautelare. Nel mirino di magistratura e investigatori sono finiti i vertici del clan camorristico dei Casalesi e dei Maliardo di Giugliano (Napoli) che, alleate con le famiglie mafiose siciliane dei Santapaola-Ercolano di Catania, imponeva il monopolio dei trasporti, con il conseguente incremento dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli;
è noto che le pressioni e le infiltrazioni riguardano non solo le regioni meridionali (dal mercato ortofrutticolo di Gela a quello di Fondi, al mercato dei fiori di Pompei) ma anche il mercato ortofrutticolo di Milano è da tempo al centro delle polemiche per presunte infiltrazioni mafiose;
proprio le infiltrazioni della malavita nelle attività di autotrasporto, secondo autorevoli associazioni di categoria, sono la causa dell'incremento dei prezzi della frutta e della verdura che, dal campo alla

tavola, possono scontare aumenti anche del 200 per cento, aumenti che si riflettono significativamente sulla capacità di acquisto dei consumatori italiani. Secondo le stesse fonti di categoria, in un Paese come l'Italia dove oltre l'86 per cento dei trasporti commerciali avviene su gomma, la logistica incide per quasi un terzo sui costi di frutta e verdura -:
quali provvedimenti urgenti intendano adottare per assicurare il contrasto di tutti i meccanismi criminali che alterano la leale e libera concorrenza tra imprese operanti nel settore dell'agricoltura e nell'indotto della logistica e della distribuzione del settore primario e per spezzare il monopolio ed i cartelli criminali che incidono sull'organizzazione e sul funzionamento dei mercati agroalimentari italiani penalizzando in maniera significativa i consumatori di prodotti agroalimentari italiani;
se i Ministri intendano, attraverso ricerche, analisi e studi, analizzare e misurare la pervasività del fenomeno criminale e illegale in agricoltura secondo una lettura unitaria e di sistema, dal momento che tali fenomeni non possono in alcun modo essere circoscritti ad una specifica area regionale o sub-regionale, a causa della crescita dell'integrazione dei processi produttivi e distributivi del settore agroalimentare.
(5-02883)

TULLO, ANDREA ORLANDO, ROSSA e ZUNINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
martedì 23 febbraio 2010 è stata inaugurata a Lavagna la nuova caserma del Corpo forestale dello Stato, ubicata in via del Mercato;
l'edificio del Corpo forestale è stato intitolato a Michele Menechini;
tale decisione ha provocato una reazione indignata delle Associazioni partigiane, delle istituzioni pubbliche di Lavagna e del Tigullio e di personalità politiche di tutte le forze politiche, perché dopo un attenta ricerca si è dimostrato che il Menechini aveva aderito alla Repubblica sociale italiana e ne rappresentava un corpo che si inseriva nella Guardia nazionale repubblicana compiendo azioni brutali e di repressione nei confronti degli antifascisti e degli uomini e delle donne della Resistenza;
alla morte del Menechini intervenne il Comandante della GNR di Chiavari, Vito Spiotta, esaltandone la figura in quanto «fascista di provata fede», e altri atti ufficiali possono essere acquisiti per evidenziarne il suo ruolo attivo a sostegno della RSI;
tale decisione ha riaperto ferite e non aiuta sicuramente un processo di pacificazione, offende la storia democratica e la Resistenza e la memoria di coloro che sacrificarono la vita;
si tratta di una decisione che gli interroganti ritengono sbagliata e da rivedere -:
con quali motivazioni e chi si sia adoperato per tale inopportuna scelta;
se non si ritenga di rivedere questa scelta e di condividere la proposta delle associazioni partigiane di dedicare la sede di Lavagna a quei forestali che hanno perso la vita nello svolgimento del loro lavoro.
(5-02889)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
già in data 6 luglio 2009 è stata condotta dalla DIA di Roma e dal comando provinciale dei Carabinieri di Latina, con l'esecuzione di diciassette ordinanze di custodia cautelare, un importante operazione frutto di un'inchiesta relativa alla città di Fondi;
dall'inchiesta era emerso che la 'ndrangheta calabrese era diventata padrona

nell'agro pontino: dalla gestione del mercato ortofrutticolo di Fondi al controllo di importanti lavori pubblici nella provincia di Latina;
dall'inchiesta erano emerse responsabilità anche di amministratori locali, funzionari comunali e persino del capo della polizia municipale;
gli uomini della 'ndrangheta coinvolti in quella operazione appartengono alla nota cosca Tripodo di Sambatello di Reggio Calabria;
all'alba di ieri, 10 maggio 2010, sempre la DIA di Roma e la squadra mobile di Caserta, hanno arrestato 67 persone, quattro a Fondi, appartenenti ai vertici del clan Casalesi e della cosca mafiosa dei Santapaola-Ercolano di Catania;
l'operazione di ieri è scaturita dall'inchiesta che ha svelato il controllo del trasporto ortofrutticolo attuato da un cartello di clan della camorra, della mafia e della 'ndrangheta;
l'inchiesta in questione ha, altresì, evidenziato che la presenza dei clan era riuscita a diventare particolarmente forte anche nel Mof di Fondi, uno dei mercati ortofrutticoli più importanti d'Europa;
il Mof di Fondi, così come già evidenziato nell'inchiesta citata del 2009, è stato molto influenzato dalla 'ndrangheta, in particolare dalla famiglia Tripodo, proveniente da Reggio Calabria, storicamente legata a note famiglie della mafia siciliana; proprio i Tripodo sembra fossero cardine per le rotte verso il sud dell'ortofrutta;
nonostante la nuova operazione giudiziaria di ieri che ha coinvolto il Mof di Fondi, alcuni politici locali, pur plaudendo all'intervento delle Forze dell'ordine, continuano a definire "illazione" la presenza della 'ndrangheta in quell'importante Mof;
le precedenti attività d'accesso presso il comune di Fondi avevano dato risultanze oggetto di molteplici interventi nella Commissione parlamentare antimafia, che tuttavia per note scelte del locale civico consesso, non hanno comportato alcuno scioglimento per infiltrazioni mafiose;
sicuramente, sia la stessa minimizzazione che viene lanciata sulla pervasività e potenzialità della 'ndrangheta sul Mof di Fondi, quanto le risultanze della stessa nuova inchiesta giudiziaria, evidenzia la presenza di «fiancheggiatori» che dovrebbero essere perseguiti -:
se non ritengano necessario ed urgente, per le parti di competenza, e alla luce sia delle risultanze conseguite dalle precedenti Commissioni d'accesso nel comune di Fondi, sia dalle varie inchieste giudiziarie che hanno visto coinvolti, insieme agli uomini della 'ndrangheta anche elementi politici ed amministrativi dello stesso comune, dover avviare l'iter per nuovi accertamenti presso lo stesso ente locale di Fondi.
(4-07150)

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 6 maggio 2010, come ampiamente riportato nella stampa locale, il signor Amir Aiubic, trentottenne iraniano senza fissa dimora, in Italia per aver chiesto asilo politico, si appropriava di una bicicletta posizionata nei pressi di alcuni esercizi commerciali in corso Milano a Padova. Alcuni commercianti della zona, in costante stato di allerta considerato il persistere ad ogni giorno dell'ora e della notte di furti, saccheggi, scippi e più in generale di reati contro il patrimonio e la persona, dopo aver notato il tentativo di furto perpetrato sotto i loro occhi, si lanciavano all'inseguimento dell'uomo, dopo aver allertato le forze dell'ordine. Amir Aiubic, una volta raggiunto, non esitava a minacciare i tre inseguitori brandendo una siringa sporca di sangue e, minacciandoli con l'arma improvvisata, cercando di aggredirli. Ripresa la fuga, dopo aver scavalcato il muro sull'argine del Piovego, si rifugiava nella condotta fognaria, dove veniva arrestato dalle forze dell'ordine;

Amir Aiubic non è sconosciuto alle forze dell'ordine, avendo sulle spalle ben otto diversi tipi di reato contro il patrimonio collezionati in due anni, per i quali è stato più volte arrestato e successivamente sempre rilasciato;
appare all'interrogante inaccettabile, oltre che contrario ai principi della civile convivenza, che lo Stato sia costretto a proteggere e ad ospitare persone che si rifugiano in Italia per sfuggire a regimi persecutori o a guerre sanguinarie, nonostante il loro comportamento abituale sia lesivo della sicurezza pubblica -:
quale sia l'intendimento del Governo sui fatti generalizzati nella premessa e quali misure ritenga di dover assumere in merito alla vicenda esposta, in particolare come sia ammissibile che tale soggetto sia dichiarato «non espellibile» dal territorio italiano in quanto richiedente asilo politico.
(4-07152)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 15 marzo 2010 il responsabile del settore tributi del comune di Padova ha inviato alla direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno una richiesta scritta di chiarimenti in merito al rimborso dell'addizionale comunale, competenza anno 2007;
il comune di Padova, secondo il metodo utilizzato per il calcolo del rimborso, ha riscontrato un minor incasso rispetto a quello teoricamente spettante pari a 2.245.736,91 euro;
secondo il comune di Padova tale importo rientra pienamente nei parametri adottati dal Ministero dell'interno nella ripartizione delle somme spettanti ai comuni. Il criterio ministeriale, infatti, prevede un rimborso ai comuni pari al 30 per cento dell'addizionale, calcolata prendendo come base l'aliquota dell'anno precedente se non deliberata entro il 15 febbraio 2007 (per il comune di Padova -0,4 per cento) e l'imponibile dell'anno 2006 (per il comune di Padova pari a 3.419.267.498,00 euro);
nella comunicazione inviata alla competente direzione centrale del Ministero dell'interno il comune di Padova ha anche sottolineato il fatto che, avendo deliberato un'aliquota pari allo 0,6 per cento nell'anno 2007 (delibera del consiglio comunale n. 24 del 26 marzo 2007) - introducendo una soglia di esenzione per i redditi fino a 10.500,00 euro - non si è tenuto conto in sede di trasferimento che i versamenti eseguiti dai datori di lavoro sono stati maggiori rispetto a quanto erogato dal Ministero dell'interno;
in particolare, secondo il comune di Padova, i datori di lavoro - nel calcolare l'acconto dovuto per l'anno 2007 - possono aver utilizzato la nuova aliquota dello 0,6 per cento anche se è stata deliberata dopo il 15 febbraio 2007 mentre per le cessazioni dei rapporti di lavoro nel corso dell'anno 2007, gli stessi datori di lavoro hanno operato il conguaglio dei redditi complessivamente erogati con le nuove aliquote;
inoltre, anche tenendo presente il diverso metodo di calcolo adottato dal Ministero dell'interno, il settore tributi del comune di Padova ha stimato un mancato rimborso di circa 400.000,00 euro. Tale importo è ottenuto tenendo conto del 30 per cento dell'addizionale comunale calcolata considerando i redditi complessivi dell'anno 2006, depurati dei contribuenti esenti, ed applicando l'aliquota vigente nell'anno 2006 -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; quali misure intenda porre in essere per erogare la somma ancora non incassata dal comune di Padova relativa all'addizionale comunale IRPEF di competenza 2007; quali azioni intenda intraprendere per accertare se la situazione riscontrata dal comune di Padova si sia verificata anche in altri comuni italiani; cosa intenda fare il Ministro - di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze - per monitorare il corretto

andamento del rimborso delle somme relative all'addizionale IRPEF a favore degli enti locali.
(4-07166)

MOSELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giovane Stefano Gugliotta, arrestato la notte del 5 maggio 2010 a Roma, alla luce delle testimonianze e del video raccolti in questi giorni, è stato violentemente percosso dalle forze dell'ordine prima del suo arresto;
la detenzione prima del processo si rende necessaria solo nel caso di pericolo di inquinamento di prove, circostanza che sembra da escludersi nel caso in oggetto;
nonostante ciò, e nonostante le modalità brutali dell'arresto, Stefano Gugliotta risulta essere ancora in carcere;
inoltre, non risultano chiare le motivazioni che hanno portato al fermo ed all'arresto del Gugliotta -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in atto per fare piena luce su quanto accaduto la notte del 5 maggio 2010, considerato che dopo l'agghiacciante vicenda della morte di Stefano Cucchi, è assolutamente necessario chiarire ogni punto oscuro nell'interesse e per la sicurezza di tutti i cittadini, ma anche per difendere il lavoro di tanti esponenti delle forze dell'ordine che lavorano per il bene di tutti, e la cui onorabilità non merita di essere macchiata.
(4-07170)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è stata data ampia risonanza da parte dei media locali e nazionali alla vicenda di Stefano Gugliotta, il ragazzo che nella notte del 5 maggio 2010, a conclusione della partita di Coppa Italia svoltasi presso lo stadio Olimpico di Roma, avrebbe subito violenza da parte di diversi agenti preposti alla sicurezza della zona circostante lo stadio;
il suddetto Stefano Gugliotta, in seguito a tale episodio, è stato arrestato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e lesioni e, al momento in cui l'interrogante scrive, si trova in stato di fermo presso l'istituto penitenziario Regina Coeli di Roma;
la notizia del presunto pestaggio è arrivata alle cronache e all'attenzione della pubblica opinione in quanto delle violenze che sarebbero avvenute a danno di Stefano Gugliotta esistono alcuni video amatoriali, girati da testimoni oculari che hanno assistito al brutale evento e che diverse emittenti televisive hanno mandato in onda;
dalla visione di una delle suddette registrazioni si evince che Stefano Gugliotta, fermato da un agente in tenuta antisommossa mentre assieme ad un amico viaggiava in motorino nei pressi dello stadio, viene prima schiaffeggiato dall'agente, e il ragazzo cerca di difendersi, poi viene circondato da una decina di agenti, disarcionato dal ciclomotore e colpito con manganelli e calci senza apparente motivo; si sentono anche le voci dei testimoni oculari che chiedono di fermare il pestaggio, senza sortire alcun effetto sulle forze di polizia;
come riportato dalle cronache, a Stefano Gugliotta, una volta trasportato presso le celle di sicurezza dello stadio Olimpico, sarebbe stato chiesto dagli agenti di firmare un foglio con una X già sbarrata, dove si leggeva che avrebbe rifiutato visite mediche supplementari, ma il ragazzo si sarebbe opposto riuscendo ad ottenere un nuovo foglio non precompilato e quindi a farsi visitare;
come riportato dai media, come testimoniato dalla famiglia e come ha potuto constatare l'interrogante, che ha più volte visitato Stefano Gugliotta presso l'istituto penitenziario, il ragazzo, ancora fortemente scosso per l'accaduto, riporta grandi ecchimosi su gambe e schiena, punti di sutura in testa, un dente rotto e lesioni su una palpebra;

il segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), dottor Enzo Letizia, in data 10 maggio 2010, intervistato dal quotidiano Il Corriere della Sera avrebbe detto in merito all'accaduto, che «Ogni domenica e mercoledì, spesso di sera, in occasione delle partite, gli agenti vengono aggrediti dai teppisti fuori dallo stadio [...] e poi permettetemi un'ultima considerazione: certo che l'altro ragazzo sullo scooter riusciva a correre proprio bene, nonostante le stampelle...»;
oltre al giovane Stefano Gugliotta, la notte del 5 maggio 2010 sarebbero stati arrestati per gli stessi reati altri soggetti, fra i quali Luca Daniele, al quale ugualmente sarebbero state arrecate violenze da parte degli agenti tali da procurargli una vertebra schiacciata con 30 giorni di prognosi, e due studenti abruzzesi di 19 anni, Manuele De Gregorio e Stefano Carnesale i quali, pur dichiarandosi parimenti estranei ai fatti di cui sono imputati, si trovano al momento in stato di fermo presso l'istituto penitenziario di Regina Coeli -:
quale sia la ricostruzione della dinamica dell'evento in possesso del Ministro;
quali siano le informazioni in possesso del Ministro in merito al presunto tentativo da parte delle forze di polizia di privare il giovane Stefano Gugliotta del diritto di essere sottoposto a visita medica;
se non si ritenga che, parallelamente al lavoro della magistratura che ha aperto in data odierna una inchiesta sull'ipotesi di lesioni volontarie a carico degli agenti di polizia, sia utile aprire una indagine interna che porti all'accertamento di eventuali responsabilità amministrative e disciplinari nella vicenda di Gugliotta e degli altri arrestati la notte del 5 maggio 2010;
se il Ministro non intenda attivarsi immediatamente presso il segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), dottor Enzo Letizia, al fine di chiarire, anche all'opinione pubblica indignata da quanto avvenuto e dalle affermazioni espresse dal dottor Letizia, la posizione ufficiale delle forze dell'ordine nei confronti dell'evento;
se non si ritenga che gli episodi di violenza ingiustificata da parte delle forze dell'ordine nei confronti di civili, che hanno interessato recentemente le cronache, non siano anche generati da un malessere derivante dalle difficoltà che le forze dell'ordine devono affrontare nel lavoro quotidiano, anche a causa dei continui tagli di risorse finanziarie operati dal Governo, tali che costringono spesso gli agenti a lavorare in sottorganico e persino ad autotassarsi per lo svolgimento dei compiti di pubblica sicurezza;
quali iniziative intenda porre in essere il Ministro in indirizzo al fine di sanare la sopra richiamata difficile condizione e permettere alle forze dell'ordine di lavorare nella massima serenità e nel rispetto del diritto all'integrità fisica e psichica dei cittadini.
(4-07171)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da venerdì 14 maggio a domenica 16 maggio 2010 sono in programma i festeggiamenti per il 158o anniversario della fondazione della Polizia di Stato. La cornice della manifestazione, come consuetudine, sarà quella di piazza del Popolo a Roma;
analoghe celebrazioni si svolgeranno anche in altre città d'Italia;
per l'occasione saranno impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti al Corpo e di civili della Polizia di Stato -:
quanti uomini e mezzi saranno effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni in premessa, per quanto tempo e quale sia la spesa complessivamente sostenuta.
(4-07172)

GIACHETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dai mezzi di informazione che un ragazzo di 25 anni, Daniele Luca, è rinchiuso nel carcere di Regina Coeli con l'accusa di aver preso parte agli scontri tra ultras e forze dell'ordine il 5 maggio 2010 nei pressi dello stadio Olimpico di Roma in cui si disputava la finale di Coppa Italia Inter-Roma;
a quanto risulta all'interrogante il ragazzo non sarebbe un tifoso abituale (era la quarta volta che andava allo stadio) e sarebbe finito in ospedale con la schiena rotta dopo essere stato investito, secondo il racconto dei suoi avvocati, da una macchina civetta della polizia;
secondo le testimonianze degli avvocati e dello stesso giovane nel corso di un colloquio con l'esponente radicale Mario Staderini - riportato sul sito del settimanale Panorama - Daniele si sarebbe divincolato dalle manganellate, finendo poi investito da una Marea Bianca riportando evidenti conseguenze fisiche;
sembrerebbe che, dopo essere stato trattenuto quella sera presso le celle dello stadio, il ragazzo avesse chiesto di andare in ospedale a causa di un forte dolore alla schiena, ricevendo però un rifiuto per assenza di requisiti. Solamente alle 6 del mattino dopo, quando è arrivato in carcere, i sanitari lo avrebbero immediatamente mandato al Fatebenefratelli, con una prognosi di 30 giorni per una frattura alla vertebra frontale;
l'avvocato Contucci sosterrebbe che, dal momento che altri due arrestati indossavano una maglietta rossa, Daniele avrebbe avuto la sfortuna di venir scambiato per l'autore di una sassaiola contro gli agenti - che effettivamente portava un capo di quel colore - e che le forze dell'ordine avrebbero scatenato una sorta di "caccia all'uomo contro" chi aveva una maglietta rossa -:
quali siano le informazione a disposizione del Ministero in ordine ai tafferugli verificatisi al di fuori dello Stadio Olimpico la notte del 5 maggio 2010;
se non ritenga opportuno aprire un'indagine specifica su quanto accaduto, al fine di chiarire la dinamica e le eventuali responsabilità nell'investimento di Daniele Luca e se risponda al vero che siano state rifiutate le immediate cure mediche al ragazzo per assenza di requisiti, pur in presenza di un incidente traumatico di quella gravità che poteva costare al giovane anche la paralisi.
(4-07177)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Pizzighettone (Cremona) ha provveduto ad installare un autovelox fisso sulla strada ex statale 234 «Codognese» nel tratto previsto dal decreto prefettizio del 25 ottobre 2007, anche a seguito dell'elevata incidentalità, anche mortale, dell'arteria stradale;
la circolare ministeriale, a firma del ministro Maroni, del 14 agosto 2009 ha evidenziato e sottolineato che i sistemi fissi e mobili di rilevamento della velocità devono avere una funzione preventiva e repressiva;
tale provvedimento ha generato un impatto positivo su quel tratto di strada, dov'è diminuito drasticamente il numero di incidenti;
l'amministrazione locale ha provveduto a finalizzare al miglioramento complessivo della viabilità, della segnaletica e della sicurezza stradale i proventi delle contravvenzioni elevate;
il bilancio di previsione per il corrente anno del comune di Pizzighettone prevedeva entrate di notevole entità derivanti da questa iniziativa di prevenzione;
analogamente al comune di Pizzighettone, anche i comuni di Soncino e di Cremona hanno provveduto ad installare dispositivi di telelaser;
improvvisamente, con decreto prefettizio n. 8030/2010 del 17 marzo 2010, inaudita altera parte, è stato rettificato ed integrato il precedente decreto, con modificazione

delle progressive chilometriche in cui è possibile esercitare il controllo;
con le nuove progressive chilometriche, che spostano di circa dieci chilometri il tratto soggetto a controllo della strada ex statale 234, tutto il territorio ricompreso nel comune di Pizzighettone viene ad essere escluso dalla possibilità di installazione di autovelox o altri dispositivi analoghi;
tale provvedimento, oltre a generare sensibili danni al bilancio approvato dal comune di Pizzighettone - per un'entità compresa tra i 600 e gli 800 mila euro, fino a paventare il mancato rispetto del tetto previsto dal patto di stabilità - è stato accolto come un fulmine a ciel sereno ed è stato interpretato dalla stampa locale (vedasi articolo Il Cittadino di Lodi del 16 aprile 2010) come il risultato dell'iniziativa assunta da qualificate autorità istituzionali del confinante territorio lodigiano, appartenenti alla Lega Nord;
il nuovo decreto prefettizio non comporta alcuna modifica alle installazioni dei medesimi dispositivi nei comuni di Soncino (località Gallignano) e per le dodici postazioni previste nel comune di Cremona -:
quali siano le motivazioni che, senza tener conto degli argomenti a suo tempo considerati dall'autorità prefettizia di Cremona, improvvisamente abbiano determinato un così clamoroso capovolgimento di indirizzo da parte della stessa autorità prefettizia che aveva generato il precedente provvedimento;
se e quali motivazioni possano portare ad una disparità così eclatante di comportamenti riferiti agli strumenti telelaser installati da altri comuni;
se e come si intenda provvedere per il ripristino delle entrate necessarie al comune di Pizzighettone per il completamento delle iniziative di sicurezza stradale indicate nel bilancio preventivo, approvato antecedentemente al decreto del prefetto.
(4-07179)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GIUGNO 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli organici della scuola nella provincia di Palermo subiranno nell'anno scolastico 2010-2011 il taglio di 307 posti di docenti nella scuola primaria, di 137 posti nella secondaria di primo grado, di 367 posti nella secondaria di secondo grado, nonché il presumibile taglio di oltre 300 posti di personale ATA;
un tributo pesantissimo che sarà pagato dalla scuola statale e che avrà come conseguenza classi sovraffollate, personale a tempo determinato senza più lavoro, personale di ruolo in soprannumero e costretto a spostarsi da una sede all'altra;
il taglio del personale ATA non consentirà alle scuole di garantire i servizi amministrativi, i servizi di pulizia, la vigilanza e il funzionamento dei laboratori;
una siffatta situazione riduce notevolmente la qualità dell'offerta formativa in modo più pesante rispetto al resto del Paese e impedisce l'accoglimento delle richieste delle famiglie in ordine al tempo scuola (tempo pieno e tempo prolungato), in presenza di tutta la certificazione idonea ad autorizzarlo: nessuna nuova richiesta di tempo pieno sarà autorizzato in Sicilia per le prime elementari nel prossimo anno scolastico, né alcuna di tempo prolungato in prima media;
anche il diritto allo studio degli alunni diversamente abili sarà gravemente compromesso;
agli oltre 2000 posti venuti meno tra il 2009-2010 dobbiamo aggiungerne altri 3.000 nei prossimi tre anni -:
se il Ministro non intenda, in vista del prossimo anno scolastico, interrompere

la politica dei tagli, alla luce dei danni gravissimi che essi stanno producendo sul funzionamento quotidiano e sulla qualità della scuola pubblica del nostro Paese e, in particolare, in Sicilia;
come, in caso contrario, riterrà di spiegare ciò alle famiglie, alle quali invece è stato più volte promesso l'accoglimento delle loro richieste sul tempo scuola.
(5-02884)

Interrogazioni a risposta scritta:

OLIVERIO, LARATTA e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sulla materia degli interventi riguardanti la sicurezza delle scuole e l'edilizia scolastica, il Governo mantiene un atteggiamento di estrema riservatezza, caratterizzato anche dalla mancata comunicazione al Parlamento dello stato di attuazione degli interventi già programmati e finanziati dal Governo di centrosinistra nella scorsa legislatura e dello stato di indeterminatezza in cui si trovano quelli previsti dallo stesso Governo in carica;
la delibera CIPE del 6 marzo 2009 n. 3 relativa al «Programma straordinario di interventi urgenti finalizzati alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» aveva assegnato, al «Fondo infrastrutture» di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008, 1 miliardo di euro;
del miliardo di euro, detratti i 226,4 milioni assegnati all'Abruzzo, non si conosceva, fino a poche settimane fa, la destinazione dei restanti 773,6;
solo recentemente si è venuto a conoscenza che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) avevano predisposto un primo piano stralcio riguardante i suddetti interventi e che si accingevano ad avviarlo alla deliberazione finale del CIPE, senza un preventivo e formale coinvolgimento della Conferenza unificata;
l'intesa, raggiunta nella Conferenza unificata del 28 gennaio 2009, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del febbraio 2009, prevedeva la costituzione presso ciascuna regione e provincia autonoma, di appositi gruppi di lavoro, composti da rappresentanze degli uffici scolastici regionali, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNCEM, con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici del rispettivo territorio e della compilazione di apposite schede, il cui contenuto era destinato a confluire successivamente nell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica;
il Presidente del Consiglio aveva annunciato, in una delle conferenze stampa con il Ministro interrogato, che l'intera iniziativa avrebbe dovuto essere completata entro il 6 agosto 2009. A tutt'oggi, nonostante le ripetute interrogazioni parlamentari in materia, non era dato sapere cosa fosse realmente accaduto e perché non fosse stata fornita dal Governo alcuna informazione sui risultati di questo progetto;
nei giorni scorsi i Ministri interrogati hanno presentato un Piano stralcio recante la spesa di 350 milioni di euro per un totale di 1552 interventi, in cui si afferma l'avvenuta utilizzazione dei risultati parziali di quel monitoraggio;
se si vanno però a considerare i criteri di ripartizione regionali si rileva facilmente che si sono fotocopiati quelli da molti anni in vigore che prevedono la valutazione del riparto sulla base del numero di studenti e di quello degli edifici esistenti nella regione;
risulta così, come per i decenni passati, che in testa figura con 49,7 milioni la Lombardia e che chiude la coda con 2,17 milioni il Molise. Alla Calabria sono stati

assegnati 12,774 milioni di euro per solo 28 interventi così suddivisi: 13 a Cosenza, 6 a Catanzaro, 5 a Reggio Calabria, 3 a Vibo Valentia ed 1 a Crotone, nel cui territorio diverse scuole sono state chiuse a causa di una inchiesta della procura della Repubblica di Crotone che aveva accertato che gli edifici scolastici erano stati costruiti con scorie industriali particolarmente nocive per la salute dei cittadini;
il Partito Democratico ha rivendicato in più occasioni il superamento dei vincoli imposti dal patto di stabilità, che con questo piano non viene peraltro messo in discussione, e l'avvio di una vasta iniziativa dei comuni nel più generale ambito dello sviluppo di attività immediatamente cantierabili;
le due convenzioni, allegate al piano e tra di loro collegate, stabiliscono delle prescrizioni che possono aprire la strada in numerose realtà al trasferimento dell'intera materia riguardante la realizzazione delle opere ai Provveditorati interregionali alle opere pubbliche e al successivo coinvolgimento, per queste funzioni di carattere amministrativo, di privati dai medesimi individuati;
la tempistica delineata nella prima convenzione, per l'erogazione dei finanziamenti e per il loro impiego, non consente di garantire, come fanno i Ministri nella loro lettera di trasmissione del Piano, una realizzazione degli interventi di carattere non strutturale «in tempi compatibili con la prossima ripresa delle attività scolastiche»;
i fondi previsti dal piano sono stati prelevati dal FAS, le cui risorse dovrebbero essere destinati per legge, nella misura dell'85 per cento, alle otto regioni meridionali, che invece hanno ottenuto meno del 40 per cento dei fondi ripartiti. E che di conseguenza per un piano quale quello approvato il 6 marzo 2009, occorrono ulteriori ingenti stanziamenti da recuperare da fonti diverse rispetto a quelle fino a questo momento utilizzate -:
quali siano le motivazioni che hanno portato ad una redistribuzione delle risorse difforme rispetto alla proporzione prevista per l'utilizzo del FAS e quali iniziative intendano assumere al fine di conseguire ufficialmente, in sede di Conferenza unificata, il riequilibrio nella ripartizione dei rimanenti 420 milioni di euro a favore delle regioni del Sud, ed in particolare della Calabria, nell'ambito della quale sussistono particolari condizioni di emergenza come quella di Crotone;
quali iniziative intendano assumere affinché venga ripristinato il pieno rispetto in ogni occasione, a partire dal suddetto piano stralcio, delle competenze e delle procedure di programmazione regionale degli interventi stabilite dalla legge n. 23 del 1996;
come si intenda concorrere alla completa attuazione del Piano triennale avviato nel 2007 dal Governo Prodi, innanzitutto assumerlo iniziative per restituire il taglio di 22,8 milioni effettuato nella legge Finanziaria per il 2009, definendo le opportune risorse e i tempi del loro impiego e a tal fine riferire puntualmente alle Camere circa lo stato di avanzamento e gli interventi progressivamente realizzati.
(4-07157)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con le sentenze depositate il 28 aprile scorso il Tar Toscana per la prima volta in questi anni si è espresso favorevolmente in ragione delle istanze presentate dai genitori di studenti portatori di handicap per ciò che concerne i tagli all'insegnamento di sostegno;
difatti, non vi erano fino ad oggi sentenze emesse dal Tar Toscana che avessero accolto queste istanze e le famiglie toscane avevano ottenuto provvedimenti cautelari o decisori solo «emigrando» presso altri Tar (Lazio o Liguria)

con il rischio di vedersi opporre, come è accaduto, l'eccezione di incompetenza territoriale;
i ricorsi sono stati presentati per un totale di nove ragazzi della provincia di Massa Carrara. Uno di questi (alunno del Liceo artistico di Carrara) nelle more del giudizio aveva però ottenuto già il sostegno richiesto e quindi il Tar si è pronunciato al momento sugli altri otto casi (tre nel liceo artistico Carrara, uno scuola elementare Giromini Marina di Carrara, uno all'istituto Einaudi di Carrara, uno alla scuola elementare Frezza Carrara, uno alla scuola media Buonarrotti, uno alla scuola elementare 3o circolo Massa). Altra sentenza favorevole ha coinvolto un alunno di Pontedera;
è stato riconosciuto il pieno diritto alla scolarizzazione ed a un sostegno fornito da insegnanti specializzati commisurato in ragione delle reali esigenze dell'alunno e non solo dettato dalle motivazioni di bilancio;
in questi anni si era assistito ad un progressivo logoramento dei diritti sanciti nella Costituzione, nella carta dei diritti dell'uomo e nella legge n. 104 del 1992. La continua riduzione delle ore assegnate ai singoli alunni aveva comportato una pericolosa inversione di tendenza nell'accettazione scolastica, minando i rapporti tra gli alunni, gli insegnanti e le famiglie. I genitori degli alunni portatori di handicap avevano visto restringere le possibilità di apprendimento e di inserimento offerte ai loro figli;
adesso, sul solco della decisione della Corte costituzionale n. 80 del 2010 (con la quale si era dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008 -, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; e l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente) e di altri numerosi pronunciamenti di altri Tar e del Consiglio di Stato, le decisioni del Tar Toscana segnano un punto fermo fondamentale, decisamente non modificabile e sicuramente di grande impegno sociale;
le amministrazioni scolastiche non potranno più giustificare la carenza di sostegno con esigenze di bilancio così come non si potranno surrogare al sostegno altre figure (che pur utili, necessarie ed importanti) non possono mai sostituire l'insegnante specializzato;
ancora una volta, come spesso accade, la magistratura, ha dovuto fare azione di supplenza eliminando una palese ingiustizia e ripristinando l'aspettativa concreta per una sicura integrazione scolastica -:
quali iniziative concrete intende assumere il Ministro interrogato al fine di approntare tutte le misure, anche extra-bilancio atte a consentire agli alunni tutto il sostegno del quale gli stessi avranno effettivamente bisogno.
(4-07158)

BRIGUGLIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere:
se intenda provvedere perché anche nell'anno scolastico in corso venga garantito l'insegnamento dello strumento musicale nelle scuole medie statali della provincia di Messina con particolare riferimento alle Scuole, aggiuntive rispetto alle cattedre esistenti dalle quali è pervenuta richiesta dai dirigenti corrispondenti a diversi comuni della provincia, posto che la soppressione di tale insegnamento provocherà l'eliminazione di servizio scolastico di alto valore sociale e la perdita di posti di lavoro qualificato.
(4-07159)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 è ancora in corso di definizione;
le attuali classi di concorso, opportunamente integrate e modificate con le discipline e gli ambiti disciplinari relativi agli ordinamenti del primo anno di corso degli istituti di secondo grado interessati al riordino, evidenziano nel settore dell'informatica le seguenti indicazioni:
a) l'insegnamento dell'Informatica nei bienni degli istituti tecnici commerciali e nei bienni degli istituti professionali commerciali è attribuito ai docenti diplomati di trattamento testi (ex stenografia e dattilografia);
b) l'insegnamento di informatica nei licei scientifici è assegnato anche agli abilitati in matematica e fisica, matematica, elettronica;
c) l'insegnamento di informatica negli istituti tecnici industriali è assegnato anche ai docenti abilitati in elettronica;
la disciplina «Trattamento Testi e Dati» è stata introdotta nel biennio degli istituti tecnici e professionali, nell'intento di garantire competenze fondamentali per l'alfabetizzazione e l'approfondimento delle conoscenze informatiche di base;
un tale profilo culturale e professionale dello studente rischia di precludere, nel prossimo futuro, l'accesso all'insegnamento a giovani laureati competenti e predisposti alla ricerca e all'approfondimento, elementi, questi ultimi, che costituiscono il fondamento di un insegnamento di qualità;
l'informatica è oggi parte integrante della maggioranza delle aziende, ad un punto tale che la professione di informatico si è diversificata in una moltitudine di funzioni specializzate, che vanno dalle reti, allo sviluppo informatico, alla sicurezza dei sistemi informatici o ancora all'ergonomia;
ad alcune professioni corrispondono degli studi particolari, mentre per altre funzioni più tecniche la carenza di informatici apre le porte più o meno a tutti;
la contrazione degli iscritti ai corsi di laurea in informatica, è probabilmente determinata anche dal fatto che il primo contatto dello studente con la disciplina dell'informatica, affidata ad un docente non specializzato in informatica, possa contribuire ad una visione distorta della disciplina medesima, per esempio associando alla professionalità dell'informatico quella di un esperto ECDL (certificazione che attesta la capacità di utilizzare il PC nelle applicazioni più comuni, o poco più);
attribuire nel primo biennio l'insegnamento di informatica ai titolari delle classi di concorso sopra menzionate, rischia di comportare un problema occupazionale per i laureati in informatica, e più in generale uno svilimento della disciplina che non può non interessare anche il mondo accademico;
l'insegnamento dell'informatica prevede la capacità del docente di associare alla capacità analitica uno spirito di sintesi dell'aspetto tecnico e creativo -:
quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare, nelle more dell'attuazione del nuovo regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso, la dignità disciplinare dell'informatica, tenendo conto delle peculiari competenze di questo specifico settore, anche al fine di offrire sbocchi professionali nella scuola superiore di secondo grado ai giovani laureati.
(4-07165)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) è la principale fonte di sostegno delle università pubbliche ed è erogato dal

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con cadenza annuale. All'interno del sistema universitario è in corso un'accesa discussione intorno alle modalità di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario per l'anno 2010. Tale situazione è particolarmente motivata dalla riduzione dell'importo complessivo del Fondo, già per l'anno 2010, ed in misura maggiore per il 2011, con il rischio che le università già sottofinanziate, e normalmente anche più virtuose sotto il profilo della gestione delle risorse finanziarie, vengano doppiamente penalizzate;
al fine di evitare che l'assegnazione per l'anno 2010 sottolinei ancora di più la disomogeneità del sistema occorre considerare alcuni elementi nella definizione dei criteri di riparto. Un elemento assolutamente prioritario è rappresentato dalla previsione di una quota del Fondo destinata al «riequilibrio» da assegnare alle sole università che presentano una situazione di sottofinanziamento superiore al 3 per cento. La somma destinata a tale riequilibrio dovrebbe avere una certa significatività in modo da rappresentare un reale avvicinamento alla situazione di equilibrio;
inoltre sarebbe necessario prevedere una clausola di salvaguardia che preveda che le università che risultano sottofinanziate mantengano almeno l'importo assegnato nel 2009. Per quanto riguarda le modalità di rassegnazione, in termini «meritocratici», della quota del 7 per cento del Fondo, occorre sottolineare che la decisione di assegnare tale quota collegandola nella misura dei 2/3 alla valutazione della ricerca, trova un limite fortissimo nel fatto che l'ultimo dato disponibile si riferisce al periodo 2001-2003, e quindi fortemente datato rispetto alla situazione attuale. Questo ha un impatto drammatico sulle università che negli ultimi anni sono cresciute in misura significativa, come l'ateneo di Bergamo;
sarebbe, pertanto, da evitare l'ipotesi avanzata da qualche università di escludere ed attenuare il peso del criterio legato agli «sbocchi occupazionali» dei laureati. Tale comportamento, infatti, starebbe a misconoscere la finalità principale della formazione universitaria che è quella di avere un riscontro con il mercato del lavoro;
infine, non è condivisibile l'ipotesi di introdurre un criterio legato alla «capacità contributiva» degli studenti. Occorre infatti considerare che ancora esiste un tetto massimo del gettito delle tasse e contributi pari al 20 per cento del Fondo di finanziamento ordinario. Tale misura risulterebbe quindi una ulteriore penalizzazione per gli atenei sotto finanziari -:
quali misure il Ministro intenda attuare al fine di una più equa e razionale distribuzione del Fondo di finanziamento ordinano, alla luce delle considerazioni sopra esposte.
(4-07168)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOSSA e BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati delle Commissioni per l'emersione del lavoro irregolare e per la dispersione scolastica, resi noti il dieci maggio 2010 in occasione della giornata mondiale contro il lavoro minorile, in Italia 450 mila bambini tra i 9 e i 13 anni sono impegnati saltuariamente o quotidianamente in attività lavorative, alcune delle quali usuranti. Il 35 per cento lavora come cameriere in bar, pizzerie e locali di ristoro, il 25 per cento è impiegata nel comparto del commercio e il 40 per cento (si tratta di bambine di età tra i 12 e i 13 anni) guadagna come baby sitter; spesso i datori di lavoro sono legati ai piccoli operai da rapporti di parentela: in questo modo è più facile sfuggire ai controlli e alle punizioni previste (per gli adulti dalla legge);

secondo i dati nella sola Napoli e provincia sono 40mila i bambini che lavorano in nero, con un aumento del 12 per cento rispetto ai dati forniti dalla fondazione Banco di Napoli nel 2004;
si tratta di bambini inclusi in una fascia di età fra i 9 ed i 13 anni con punte addirittura di 8 anni, prevalentemente impegnati come camerieri, baby sitter o addirittura addetti alle pulizie;
il problema non riguarda solo Napoli, ma l'intero Mezzogiorno dove finora non è stato possibile portare in classe tutti i ragazzi che si trovano nell'età dell'obbligo scolastico;
secondo altri dati sull'evasione scolastica raccolti dall'Eurispes sono circa 9.500 i ragazzini che ogni anno vanno via dalle scuole napoletane; di questi, almeno l'80 per cento inizia a lavorare scegliendo una serie di comparti tradizionalmente legati all'apprendistato (quello legale) o ai servizi alla famiglia;
secondo i dati raccolti lo scorso anno dalla regione Campania, che ha istituito un'anagrafe scolastica, in Campania gli evasori dell'obbligo scolastico sono circa 50mila;
secondo la denuncia del segretario della Camera del lavoro di Napoli, Giuseppe Errico, pubblicata sul quotidiano Il Mattino: «Moltissimi ragazzini sono utilizzati completamente fuori della legalità; a Scampia e in quell'area molti minori sono impiegati come pusher»;
Melita Cavallo, per anni giudice minorile a Napoli e adesso presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, in una intervista pubblicata da Il Mattino, ha dichiarato che le cause di tali fenomeni «sono complesse e trovano la loro ragione principale in un sistema che non riesce a tutelare le fasce più deboli. Lo Stato non sembra essere in grado di proporre una organizzazione capace di garantire a tutti gli stessi diritti; soprattutto non punta su strumenti determinanti per lo sviluppo dei ragazzi»;
in relazione ai gravi fenomeni di esclusione sociale di cui da tempo il nostro Paese soffre - destinati a peggiorare con la recessione economica - il Governo ha scelto di non imboccare la strada di una riforma organica della rete di protezione sociale, preferendo l'adozione di alcuni interventi spot: essenzialmente, la carta acquisti e il bonus famiglie;
con le manovre finanziarie il Governo ha fortemente ridotti una serie di stanziamenti destinati a interventi e progetti di carattere sociale. Questi tagli incrineranno sensibilmente la capacità di offerta di servizi a livello locale (il Fondo nazionale politiche sociali è un'importante fonte di finanziamento per i comuni) e paralizzeranno svariati progetti di politiche per le famiglie, per la non autosufficienza, per la prima infanzia; il ridimensionamento dei fondi per le politiche sociali indebolisce la rete di welfare proprio quando - in una fase di grave crisi economica - sarebbe necessario un suo rafforzamento;
dall'insediamento di questo Governo, sono stati tagliati drasticamente i fondi dedicati ai nidi, all'associazionismo, ai giovani, alle famiglie. Dal 2010 non sono più previste risorse per i congedi parentali e per la non autosufficienza. La riduzione dei fondi per le politiche sociali è pari a -21,8 per cento (-694 milioni nel 2009) e arriva a -55,9 per cento (-1.777,5 milioni) nel 2011. Per quanto riguarda il principale tra questi fondi, il Fondo nazionale politiche sociali istituito dalla legge n. 328 del 2000, il ridimensionamento rispetto al 2008 è pari a -17,1 per cento (-270 milioni) nel 2009, per toccare -41,8 per cento (-661 milioni) nel 2011. Ancora più pesante è il declino delle risorse degli altri fondi, che coprono importanti settori delle politiche di welfare: -26,5 per cento (-424 milioni) nel 2009, per giungere a -70 per cento (-1.116,5 milioni) nel 2011 -:
se sia a conoscenza dei dati sopra riportati, e cosa il Governo intenda fare per intervenire in maniera seria e rapida sul fenomeno del lavoro nero minorile e

dell'evasione scolastica, in particolar modo nel Mezzogiorno e a Napoli, con un piano di iniziativa nel sociale e se il Governo intenda continuare a tagliare le risorse finanziarie per gli interventi sociali, in particolar modo nel Mezzogiorno, oppure abbia intenzione di sostenere economicamente un progetto di intervento su famiglie e aree di disagio in modo da dotare i territori e gli enti locali degli strumenti per garantire sostegno, tutela, assistenza ai nuclei familiari più deboli e alle fasce sociali più esposte.
(5-02882)

DI BIAGIO, GRANATA, MURGIA, FRASSINETTI, MINARDO, ANTONINO FOTI, VINCENZO ANTONIO FONTANA e LO PRESTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che
stando ai dati Inail ogni anno in Italia il numero degli infortuni sui luoghi di lavoro ammonta a circa 1 milione. Molte delle vittime pur subendo danni irreversibili sono riconosciuti dall'Inail come idonei a rientrare al lavoro pur mantenendo oggettive difficoltà nella gestione e soprattutto nel mantenimento del lavoro svolto al momento dell'incidente;
eloquente ed esaustivo è il caso di un operaio che all'età di 38 anni, a seguito di un incidente con una sega circolare, ha perso completamente l'uso della mano sinistra, è stato licenziato - non potendo più svolgere alcun tipo di mansione presso l'azienda in cui era impiegato, - e a cui l'Inail ha riconosciuto un grado di invalidità permanente pari al 23 per cento corrispondente ad una pensione mensile di euro 386;
la condizione attuale dell'operaio è particolarmente drammatica, non potendo costui svolgere anche le più semplici attività quotidiane e non trovando alcun tipo di impiego in considerazione anche delle difficoltà in cui versano le piccole e medie imprese italiane;
la legge n. 68 del 12 marzo 1999 concernente «norme per il diritto al lavoro dei disabili» avente come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato, si rivolge - tra l'altro - alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;
il decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale del 12 Luglio 2000 che ha provveduto all'approvazione di «Tabella delle menomazioni», «Tabella indennizzo danno biologico», «Tabella dei coefficienti», relative al danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali lascia emergere delle insufficienze alla «Tabella delle menomazioni» non riuscendo a prevedere adeguati riconoscimenti a chi è vittima di infortuni alla mano;
una menomazione di tale natura - a differenza di altre fattispecie annoverate nella medesima tabella - risulta particolarmente grave poiché inficia il corretto svolgimento delle più elementari pratiche di vita quotidiana oltre che rendere praticamente impossibile lo svolgimento di qualsivoglia attività lavorativa che sia di tipo operativo nonché manuale;
allo stato attuale in considerazione della normativa vigente, il riconoscimento limitato della percentuale di invalidità ed il conseguente contributo pari a 386 euro - riconosciuto per la suindicata percentuale di invalidità - non consente a queste vittime di infortuni sul lavoro di poter vivere in maniera dignitosa, non potendo usufruire di una pensione di invalidità onesta che rispecchi realmente la gravità dell'handicap di cui sono portatori;
la suindicata fattispecie comporta una sostanziale quanto incomprensibile negazione dei diritti del lavoratore, che pur avendo subito un grave ed irreversibile

danno sul luogo del lavoro non ricevono adeguate e proporzionate garanzie e tutele da parte dello Stato -:
se si intenda intervenire con opportune iniziative anche normative al fine di riconoscere alle menomazioni della mano e degli arti una fattispecie diversa nell'ambito del riconoscimento del danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali e quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire una piena tutela del lavoratore vittima del suindicato grave infortunio sul lavoro.
(5-02885)

MUNERATO e NEGRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Grimeco di Ceregnano, azienda di proprietà della famiglia Grillini, presente in Polesine da oltre 40 anni e per molti anni leader mondiale di componentistica per motocicli (pinze, freni, ruote, e altro) in alluminio, attraversa una forte crisi;
l'azienda - che annovera tra i clienti principali: Piaggio, Honda, Aprilia, Yamaha - conta oggi circa 850 dipendenti e per gran parte di essi utilizza da circa 7/8 anni la cassa integrazione ordinaria per far fronte alla difficile situazione;
le difficoltà aziendali hanno avuto inizio in seguito all'acquisizione dei gruppi Piaggio/Aprilia da parte di Colaninno e la conseguente scelta di delocalizzare in Cina buona parte delle produzioni, ma si sono aggravate nel tempo per la forte flessione che il settore del motociclo ha subito negli ultimi anni;
ciononostante l'azienda, anche perché fortemente patrimonializzata, è riuscita negli anni a sostenere i costi delle pesanti perdite di quote di mercato, facendo fronte agli impegni finanziari con mezzi propri e riuscendo a garantire la corresponsione degli stipendi, sia pure con qualche lieve ritardo, ed oggi cerca di uscire dalla crisi progettando un nuovo assetto industriale attraverso la differenziazione di prodotti che valorizzino le molte competenze acquisite in questi decenni sulla lavorazione di componentistica in alluminio;
il piano industriale presentato ad un pool di banche (Cariplo, Bnl, Banca delle Marche) prevede un finanziamento di 35 milioni di euro ed un taglio di circa 400 occupati, pari a quasi la metà dei dipendenti;
da mesi le banche non decidono e solo alcuni giorni fa la Bnl ha sostanzialmente dichiarato di non aderire al finanziamento già deliberato dalle altre due banche e senza l'accordo a tre c'è il concreto rischio che salti l'intero finanziamento;
ad aggravare ulteriormente la situazione è l'arresto delle trattative con la cassa di Risparmio del Veneto per dar vita ad un nuovo protocollo che permetta di anticipare i soldi dello stipendio, sulla falsariga di quello siglato lo scorso anno per la cassa integrazione in caso di ritardo da parte dell'Inps nell'erogazione, vale a dire la possibilità per il lavoratore, in attesa dell'iter burocratico relativo all'attivazione della cassa integrazione a zero ore, di chiedere, su segnalazione della Provincia, l'anticipo della somma spettante agli sportelli della Cassa di risparmio del Veneto, con l'impegno di restituirli non appena l'Inps effettua l'accredito ed a copertura degli interessi derivanti da questa operazione finanziaria interviene la Fondazione cassa di risparmio di Padova e Rovigo;
nel caso della Grimeca era stato chiesto l'anticipo di tutti gli stipendi e l'impegno da parte della fondazione di coprire gli interessi, tuttavia, nonostante in un primo momento l'ipotesi sembrava potesse realizzarsi, l'operazione si è poi arenata a seguito della comunicazione della banca di «piena disponibilità nei confronti dei dipendenti che hanno un conto da noi» ovvero circa un quarto del totale;

di fatto l'azienda non può al momento garantire il pagamento degli stipendi di aprile, nonostante i lavoratori abbiano continuato a produrre -:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere con urgenza per addivenire ad una soluzione che garantisca il puntuale pagamento degli stipendi ai lavoratori della Grimeca e al contempo consenta alla proprietà l'attuazione del piano industriale per il rilancio aziendale, al fine di scongiurare la chiusura della Grimeca, che per il Polesine rappresenterebbe un danno sociale pesantissimo.
(5-02887)

MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509 ha previsto per gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria la trasformazione in associazioni o fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, a condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici;
tra gli enti in oggetto figurano le casse di previdenza degli ordini professionali: avvocati, commercialisti, ragionieri, giornalisti, rappresentanti di commercio e altri;
dal punto di vista del patrimonio immobiliare di proprietà degli enti le norme sopradette hanno determinato delle rilevanti trasformazioni nella gestione, indirizzate a un'apertura verso il mercato;
alcuni enti stanno operando delle dismissioni del patrimonio collocandolo sul mercato, altri stanno procedendo all'adeguamento, anche sostenuto, dei canoni di locazione -:
se il Governo non ritenga di dover promuovere le condizioni affinché vengano stipulate delle convenzioni tra enti locali ed enti previdenziali, indirizzate alla creazione di percorsi di adeguamento dei canoni che siano più attenuati e graduali nel tempo, in modo da risultare meno traumatici.
(5-02888)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'11esimo rapporto de Lo stato delle madri nel mondo di Save the children e il nuovo rapporto fondazione cittalia - ANCI ricerche per Save the children su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia, entrambi diffusi il 4 maggio scorso, attestano che l'Italia si posiziona nella zona alta, ma non altissima della graduatoria riguardante lo standard di «benessere materno-infantile». A leggere i numeri sulla povertà nel nostro Paese, si scopre che l'impoverimento è più frequente fra le donne, tanto più se madri con almeno 1 figlio piccolo: il 15,4 per cento delle coppie con 1 bambino sotto i 18 anni, vive in povertà il che significa che, per esempio il 16,3 per cento delle mamme in coppia con figlio piccolo paga in ritardo almeno una delle bollette di casa, mentre il 10,3 per cento non riesce a sostenere regolarmente le spese scolastiche dei figli. E, secondo i numeri, maternità significa anche inferiore tasso di occupazione femminile, con una differenza nel tasso di disoccupazione che sfiora i 22 punti percentuali in più rispetto a donne senza figli;
Norvegia, Australia, Islanda, Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Germania, sono i 10 Paesi dove madri e figli godono delle migliori condizioni di vita. All'estremo opposto Afghanistan, Niger, Chad, Guinea Bissau, Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Sudan, Eritrea, Guinea Equatoriale, dove donne e bambini sfidano quotidianamente la morte, molte volte soccombendo. Nei Paesi ai piedi della classifica il 50 per cento delle nascite avviene senza l'assistenza di personale specializzato; 1 mamma ogni 23 muore per cause collegate alla gravidanza e al parto; 1 bambino su 6 perde la vita prima di aver compiuto 5 anni; più di 1 minore su 3 soffre di malnutrizione, 1 bambino su 5 non va a scuola, in media una donna ha

5 anni di studio, 9 madri su 10 con molta probabilità vedranno morire un loro figlio. Il confronto è ancora più duro: in Norvegia ogni bambino nasce assistito da un'ostetrica o un dottore. In Afghanistan solo il 14 per cento;
il nostro Paese presenta numeri in generale buoni, tanto che si posiziona al 17esimo posto dell'indice delle madri, e molto buoni rispetto ad alcuni singoli parametri, come per l'appunto il rischio di mortalità materna, il tasso di mortalità infantile (4 su 1000 nati vivi) o i tassi di iscrizione alla scuola secondaria. Se però si sposta lo sguardo sulle condizioni sociali delle donne e dei bambini, si scopre che è in ripresa la povertà fra le madri, soprattutto con bambini. Secondo il nuovo Rapporto Fondazione Cittalia - ANCI Ricerche per Save the children su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia, sono 4,2 milioni le donne povere nel nostro Paese, 1.678.000 sono madri. Circa 1 milione di esse ha almeno un figlio minorenne: l'86,3 per cento vive in coppia, il 7,5 per cento è sola, il 6,2 per cento in famiglie allargate. Prendendo in esame il totale delle famiglie in povertà, che è pari all'11,3 per cento delle famiglie italiane, l'incidenza della povertà in un nucleo costituito da una donna in coppia con un figlio piccolo è superiore alla media di 4 punti percentuali, attestandosi al 15,4 per cento. Percentuale che sale al 16,5 per cento in presenza di 2 figli, di cui almeno uno minorenne, e al 26,1 per cento se i figli sono almeno 3, di cui uno minorenne;
segno che la maternità può diventare causa di povertà per molte donne oltre a incidere anche sui livelli occupazionali femminili, che diminuiscono sensibilmente. Già di per sé inferiore al dato medio europeo, documenta il rapporto, il divario occupazionale cresce all'aumentare del numero dei figli: il tasso di occupazione femminile è pari al 65 per cento in assenza di figli ma decresce al 60,6 per cento e al 54,8 per cento nel caso, rispettivamente, di uno e due figli, per crollare al 42,6 per cento quando i figli sono almeno 3;
le difficoltà economiche per molte donne emergono drammaticamente considerando le numerose voci di bilancio e del menage familiare: fra le mamme in coppia con un bambino piccolo, per esempio, il 18,6 per cento non ha i soldi sufficienti per fare fronte e tutte le spese del mese; il 16,3 per cento ha pagato in ritardo almeno una bolletta; il 10,3 per cento non è stato in grado di sostenere con regolarità le spese scolastiche dei figli; il 5 per cento non ha potuto acquistare sempre generi alimentari. E nel caso di madre sola con almeno un figlio minore la situazione è ancora più grave, con gli indicatori di deprivazione che salgono ulteriormente: il 44 per cento arriva a fine mese «con molta difficoltà», quasi il 31 per cento è in arretrato con le bollette, il 25 per cento non ha potuto sostenere le spese mediche, il 21 per cento le spese scolastiche;
tanto più in questo periodo di grave crisi economica, il sostegno alle madri diventa cruciale e urgente se vogliamo contrastare la povertà», commenta Valerio Neri, Direttore Generale per l'Italia di Save the children. «È necessario procedere su un doppio binario combinando misure che agevolano l'accesso al lavoro e ai servizi - come per esempio gli asili nido che sono tutt'ora insufficienti - con il sostegno al reddito». Per quanto riguarda invece la condizione di madri e bambini nei paesi più a basso reddito «i governi nazionali, insieme alle istituzioni e organizzazioni internazionali, debbono mettere in cima alle priorità il reclutamento, l'incremento e il rafforzamento del personale sanitario, a cominciare da quello femminile che dovrebbe costituire il primo riferimento per donne e bambini, o all'interno delle loro comunità o in cliniche e strutture di cura prossime alle comunità e al villaggio -:
quali interventi il Governo intenda attuare, alla luce dei dati pubblicati dal Rapporto Fondazione Cittalia - ANCI Ricerche per Save the children su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia, al

fine di migliorare le condizioni occupazionali ed economiche delle madri italiane, contrastando la loro emarginazione dal mercato del lavoro.
(4-07167)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
si ha notizia delle gravi discriminazioni che subirebbero le persone affette da sindrome Down nel parco di Gardaland;
in particolare, come segnalato dal signor Andrea Ponzano, che si è rivolto al sito HandyLex.org, a chi è affetto dalla sindrome Down sarebbe impedito l'accesso a molte delle attrazioni;
opportunamente le norme di sicurezza prevedono il divieto per le persone affette da ritardi mentali, problemi cardiologici, e motori, ma nella sindrome di Down questi tre fattori ha però una variabilità molto ampia: ci sono persone con SDD che guidano la macchina, che si laureano, e hanno un QI nella media; numerose, inoltre, sono le persone con SDD che non hanno nessun problema di cuore, svolgendo addirittura attività sportive a livello agonistico, autorizzate dal certificato medico obbligatorio; e non hanno nessun problema motorio;
il ritardo mentale delle persone con SDD è variabile, e spesso sovrapponibile a quello di persone che non hanno nessuna evidenza fisica di questo ritardo, e a volte persino di persone che hanno un QI nella media: in ogni caso, di persone che non vengono fermate all'ingresso;
l'esclusione dovuta a possibile rischio cardiologico è discutibile e ingiustificato: molte persone Down notoriamente hanno fattori di rischio inesistenti o comunque minori di persone che non hanno nessuna evidenza fisico-somatica di questi rischi;
l'esclusione per una possibile deficienza motoria è da escludere, dal momento che la SDD in sé non comporta alcun problema motorio, e il paragone con le persone in carrozzella (anch'esse fermate a causa di un handicap che non possono nascondere), è, quindi completamente inappropriato;
pertanto, si deve necessariamente concludere che le persone con SDD, a Gardaland, sono di fatto discriminate unicamente sulla base dei loro tratti somatici; il che, oltre ad essere umanamente inaccettabile è in palese contrasto con la legge n. 67 del 2006, articolo 2;
la questione era già emersa con grande scalpore nel 2007, come si può facilmente riscontrare consultando la notizia apparsa sul Corriere della Sera è disponibile sul sito all'indirizzo: http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_17/down_ottovolante. shtml;
non si comprende su quali elementi si basi di un divieto così generalizzato, se non per i loro tratti somatici e, se così fosse, si configurerebbe un clamoroso ed odiosissimo caso di inaccettabile discriminazione;
all'epoca i responsabili di Gardaland affermarono che per loro le persone con Sindrome di Down sono disabili psichici e in quanto tali vanno esclusi, per motivi di sicurezza, da alcune attrazioni presenti nel centro ludico;
tratta come si è sopra rilevato, di affermazione totalmente infondata;
i responsabili di Gardaland hanno predisposto un regolamento che stabilisce - invocando la sicurezza degli impianti - che talune attrattive siano interdette alle persone con disabilità psichica e mentale, anche se non è chiaro come gli addetti riescano ad accertare il disagio psichico dei clienti;

a loro giustificazione giostrai e titolari di impianti si rifanno a quanto prescritto dalla legge n. 104 del 1992 che al terzo articolo definisce la «persona handicappata» come «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva...», e che il legislatore non ha considerato una persona con sindrome di Down, se queste persone rientrino o no fra quelle tutelate dalla legge quadro sull'handicap (la 104, appunto) e godere dei benefici previsti; tutto ciò riporta, evidentemente, all'incertezza e all'approssimazione delle definizioni, alla contraddizione lessicale e di contenuti, alla mancanza di aderenza a ciò che in questi anni è stato elaborato a livello scientifico, riabilitativo, pedagogico, culturale; di volta in volta il legislatore ha fatto ricorso a terminologie disomogenee: non autosufficienti, disabili gravi, disabili gravissimi, mentali e psichici (intendendo anche gli intellettivi); e senza peraltro definire cosa significhino e come si «misurino» non tanto le minorazioni, quanto i bisogni, le necessità, il disagio, le difficoltà e le capacità residue; al punto che, a diciotto anni dall'approvazione della legge 104, non sono ancora stati definiti e indicati i criteri e le scale per quantificare e qualificare la condizione di handicap; cosicché ogni USL fa per sé, con conseguente disomogeneità di trattamento, e con evidente fonte di innumerevoli problemi;
va considerato quanto previsto dalla Legge 67 sulla discriminazione sulla base della disabilità, normativa rafforzata dalla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (legge n. 18 del 2009);
su quali elementi si basi di un divieto così generalizzato, se non per i loro tratti somatici;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, si intendono promuovere, sollecitare e adottare perché la situazione sopra esposta sia finalmente superata e non abbiano più a ripetersi episodi come quello sopra esposto.
(4-07183)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

LANZILLOTTA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in un post di Antonello Caporale pubblicato il 23 ottobre 2008 su Repubblica.it si segnala che il dottor Francesco Verbaro direttore generale per il personale del Ministero della pubblica amministrazione (incarico per il quale gode di un compenso di 141.532 euro) risulta anche componente del Comitato Direttivo dell'ARAN Sicilia per un compenso pari a 80.000 euro, nonché consulente del comune di Milazzo per un compenso pari a 44.000 euro e, infine, consulente della provincia di Messina per un compenso pari a 127.000 euro (incarico cui pare l'interessato abbia poi rinunciato a causa di un intervento della Corte dei conti che ne ha contestato l'eccessivo importo);
il Ministro Brunetta ha più volte dichiarato di avere realizzato una operazione di totale trasparenza pubblicando gli emolumenti dei dirigenti dello Stato, rilevato che tale operazione è poi nei fatti risultata assai limitata visto che oltre al Dipartimento dipendente dallo stesso Ministro Brunetta nessuna altra amministrazione statale ha risposto all'appello tant'è che sul sito del medesimo Dipartimento risultano inseriti solo gli emolumenti di spettanza dei dirigenti dello stesso Dipartimento della pubblica amministrazione e rilevato altresì che, anche per questi ultimi dirigenti, risultano evidentemente omessi gli emolumenti relativi a incarichi e consulenze che i medesimi dirigenti (tra i quali il dottor Verbaro) percepiscono da parte di altre amministrazioni pubbliche;
ricordato che anche i dati forniti dal Ministro Brunetta con riferimento al crollo dell'assenteismo sono stati contestati dal sito infolavoce che ne ha messo in discussione la veridicità in quanto raccolti con una metodologia totalmente priva di

scientificità (sarebbero stati infatti forniti i dati di un 7 per cento di amministrazioni pubbliche che non rappresentano un campione statistico significativo ma solo alcune amministrazioni che hanno volontariamente fornito i dati) -:
se i dati relativi agli incarichi e ai compensi del dottor Francesco Verbaro pubblicati da Repubblica.It e ad oggi non smentiti dal Ministro rispondano a verità e, in tal caso: a) come sia ciò compatibile con l'assolvimento dei compiti e degli obiettivi oggetto del contratto sottoscritto dal medesimo dottor Verbaro e dal Ministro Brunetta e per i quali gli è stato riconosciuto un trattamento più che adeguato; b) come ciò sia coerente con la battaglia che il Ministro conduce contro i fannulloni e contro le consulenze esterne;
qualora il direttore del personale del Dipartimento che dipende dal Ministro Brunetta svolga effettivamente le predette attività di consulenza e riscuota i relativi compensi, per quale motivo essi non siano stati pubblicati sul sito del Ministero e, qualora ciò sia dovuto al fatto che sono stati pubblicati solo gli emolumenti contrattuali, se il Ministro non ritenga che ciò non sia l'esatto opposto della trasparenza da lui tanto pubblicizzata in quanto si accredita l'idea che il sito fornisce una informazione completa e veritiera sui compensi dei dirigenti e, al contrario, si forniscono all'opinione pubblica informazioni parziali e distorte con un effetto manipolativo tanto più grave in quanto prodotto dall'informazione fornita da un sito istituzionale del Governo cui compete una particolare responsabilità quanto a correttezza e completezza dell'informazione;
se non ritenga, di conseguenza, che nella sezione del sito del suo ministero non debba essere segnalato con la necessaria evidenza che i dati ivi contenuti sono parziali e scarsamente significativi in quanto riguardano solo gli stipendi contrattuali dei dirigenti ovvero (il che sarebbe più coerente con il più volte conclamato obiettivo della trasparenza) non debbano essere pubblicati tutti gli emolumenti dei dirigenti del suo Dipartimento, a qualsiasi titolo percepiti da parte di amministrazioni pubbliche;
se, anche alla luce di tale vicenda che getta un'ombra di grave inaffidabilità delle informazioni sin qui fornite, non si debba, anche con riferimento ai dati sull'assenteismo, esplicitare le metodologie con cui essi sono stati raccolti ed elaborati affinché i dati su cui è basata l'azione amministrativa risultino effettivamente credibili.
(4-07186)

EVANGELISTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa risulta che il Ministro interrogato intende proseguire nella sua, ad avviso dell'interrogante, poco credibile crociata per la moralità nella pubblica amministrazione, censendo il numero delle auto blu (la Repubblica sito web dell'11 maggio 2010);
ancora una volta si tratterebbe apparentemente di un proposito lodevole, ma una serie di dati e comportamenti pregressi, già evidenziati in precedenti atti di sindacato ispettivo, minano fortemente la credibilità di un'effettiva volontà moralizzatrice;
il Ministro interrogato fa parte di una maggioranza della quale alcuni membri hanno proposto niente meno che l'immunità per gli autisti delle auto blu;
il Ministro interrogato ha ancora un enorme ufficio sul Canal Grande di Venezia, a spese del contribuente, cosa che evidentemente i veneziani sanno, tanto che - al momento di eleggere il loro sindaco - si sono regolati di conseguenza;
il Ministro interrogato si serve nel suo Gabinetto di personale qualificatissimo che percepisce, oltre allo stipendio, una cospicua indennità di funzione, sempre a spese del contribuente;

il Ministro interrogato ha nominato, come componente retribuito assai lautamente del suo staff Gianni De Michelis, sempre a spese del contribuente;
il Ministro interrogato risulta si sia espresso a suo tempo in senso contrario allo scioglimento del comune di Fondi, che era stato proposto per infiltrazioni mafiose dal Ministro dell'interno. Tale posizione si è peraltro rivelata del tutto erronea, dato che, proprio di recente in tale area è stata effettuata un'importante operazione contro la mafia dell'ortofrutta, a conferma delle buone ragioni della proposta di scioglimento (confronta l'articolo di Michele Marangon sul sito de Il Corriere della Sera del 10 maggio 2010);
il complesso di tali elementi richiede una concreta verifica della coerenza tra propositi e comportamenti concreti del Ministro interrogato e legittima pertanto una serie di domande -:
con quale mezzo il Ministro interrogato si rechi al ministero ogni mattina;
con quale mezzo si rechi al lavoro il suo consulente Gianni De Michelis;
con quale mezzo vi si rechino gli altri componenti del suo staff.
(4-07189)

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RAPPORTI CON LE REGIONI

Interrogazione a risposta scritta:

MANTINI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'indagine conoscitiva presso la Commissione I affari costituzionali, il presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha evidenziato i difetti di allineamento nella comunicazione dei dati all'Osservatorio centrale sugli appalti, da parte di alcune regioni e dei relativi Osservatori regionali sugli appalti;
con nota del 3 marzo 2010, i responsabili degli Osservatori appalti di alcune regioni, hanno contestato le osservazioni svolte dal presidente dell'AVCP in forme di dubbia ritualità e con rilievi assai gravi che peraltro eludono la questione del corretto allineamento nella comunicazione dei dati all'Osservatorio centrale ai fini del corretto esercizio delle funzioni dell'Autorità, che ha la competenza sul piano nazionale per garantire l'efficienza per garantire l'efficienza della concorrenza e dei mercati;
tale conflitto merita un pronto chiarimento perché la trasparenza e la corretta vigilanza nel settore degli appalti pubblici è di primario interesse nazionale e non può essere mortificata da un federalismo inefficiente -:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché, anche attraverso iniziative normative o mediante intese in sede di Conferenza Stato-Regioni, siano definite adeguate modalità di coordinamento rispetto alle questioni segnalate in premessa al fine di assicurare la piena efficacia delle funzioni conoscitive dell'Osservatorio nazionale e delle funzioni di vigilanza dell'Autorità.
(4-07188)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

CICCIOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia neurologica largamente diffusa e gravemente invalidante. Essa è conseguenza di eventi infiammatori che portano alla distruzione della guaina mielinica che isola i prolungamenti delle cellule cerebrali lungo i quali viaggiano gli impulsi nervosi su cui si basa il funzionamento del cervello. La distruzione della mielina «isolante» impedisce che la comunicazione tra cellule nervose avvenga in modo appropriato

determinando l'instaurarsi di danni anatomici e tissutali permanenti che sono la causa prima dell'accumularsi dei gravi handicap psico-fisici che caratterizzano la malattia ed il suo progredire con il passare degli anni;
i dati emersi da differenti tipi di ricerche indicano la sclerosi multipla come il risultato di una interazione complessa, di tipo multifattoriale, tra una predisposizione genetica e fattori ambientali non ben definiti. I tentativi volti ad attribuire un peso quali-quantitativo alle diverse variabili, alcune relative al soggetto (ad esempio, etnia, sesso), altre all'ambiente fisico (ad esempio latitudine, altitudine, clima, agenti chimici e fisici), altre legate all'ambiente biologico (agenti infettivi), altre ancora correlate al contesto sociale (ad esempio scolarità, classe sociale, occupazione, migrazioni) sono stati, però, deludenti: nessuna di queste variabili è risultata associata alla sclerosi multipla in modo convincente;
ad oggi i pazienti affetti da sclerosi multipla in Italia sono circa 57.000 ed ogni anno si registrano circa 1.800 nuovi casi. La malattia, che colpisce prevalentemente i giovani e che si stima abbia un costo sociale elevatissimo (circa 20.000-30.000 euro/paziente/anno), rappresenta un'emergenza clinica e sociale;
questi pazienti sono curati per via sintomatica con cortisone, immunodepressori, interferoni, anticorpi monoclonali (rituximab), impiegati nella terapia contro il cancro, e psicofarmaci;
il professor Domenico Fiore, medico, studioso, ricercatore, da diversi anni ha definito l'eziopatologia che provoca una serie di malattie auto-immuni, dimostrando che la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, la sindrome da affaticamento cronico, la fibromialgia e il Parkinson sono malattie tossi-infettive con una causa batterica ben precisa, la bordetella pertussis, e un fattore predisponente individuale ben identificato, un difetto della barriera muco-ciliare nasale che consente alle tossine batteriche di entrare nel circolo sistemico e attivare la cascata di eventi responsabili del quadro clinico della malattia;
la presenza di questa tossi-infezione è stata rilevata su oltre 1500 casi portatori delle diverse patologie citate attraverso un semplice test di laboratorio che va a ricercare gli anticorpi contro le tossine prodotte dal batterio;
le ricerche di immunologi di fama internazionale in collaborazione anche con le nostre università documentano come il batterio, bordetella pertussis deprima e soverchi il sistema immunitario, in particolare impedisce la formazione delle cellule Th1;
dal settembre 1997 autorevoli riviste medico/scientifiche (Journal of the Neurological Sciences, L'American Journal of Therapeutics e altre) hanno pubblicato estratti dello studio del dottor Fiore, nel quale si enuncia che la sclerosi multipla è una malattia tossi-infettiva: il fattore ambientale è un batterio - la bordetella pertussis, il fattore individuale è un difetto di barriera muco-ciliare ed astrociti (un tipo di cellule cerebrali) produttori di antigeni HLA di seconda classe. La terapia consiste in un trattamento con eritrocina;
anche l'Istituto Pasteur di Parigi ha esaminato lo studio del dottor Fiore per poter produrre un vaccino nuovo ed efficace;
secondo il ricercatore, in base agli studi effettuati, il trattamento più idoneo sarebbe la somministrazione protratta di eritromicina, antibiotico di norma ben tollerato, che non farà regredire le lesioni già consolidate, ma arresterà l'evoluzione della malattia e sarà tanto più efficace quanto più precocemente verrà instaurato -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire, attraverso i propri organismi di consulenza scientifica, lo studio del dottor Fiore al fine di verificare la validità delle sue conclusioni in merito alla presenza del batterio, bordetella pertussis concausa dell'insorgere delle malattie

auto-immuni, che potrebbe essere foriero di positivi sviluppi per la cura e la prevenzione delle malattie auto-immuni, nonché di significativa riduzione sella spesa sanitaria nel settore.
(3-01064)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GIUGNO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

DI BIAGIO, ANTONINO FOTI e VINCENZO ANTONIO FONTANA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il recente disastro ambientale negli Stati Uniti, nel Golfo del Messico, provocato da una falla in una piattaforma per la trivellazione del petrolio, ha creato una marea nera che ha invaso e devastato un'area dall'alto valore ambientale sconvolgendo il sensibile ecosistema, e ha riaperto il dibattito sulla sicurezza nell'approvvigionamento delle fonti fossili;
le trivellazioni in mare per le estrazioni del petrolio, pur prevedendo, di massima, standard precauzionali nell'estrazione della fonte fossile, purtroppo, come evidenziano gli analisti di settore, presentano un'alea non prevedibile e non controllabile in caso di incidenti sulle piattaforme in mare;
il danno ambientale provocato dalla «marea nera» è uno degli esempi più eclatanti di danno ambientale, ovvero di danno alla biodiversità con conseguente riduzione e danno dei servizi dell'ecosistema mondiale e come effetto successivo il danno nell'approvvigionamento alimentare, alla disponibilità idrica, alla riduzione della capacità dell'adattamento climatico e in generale alla messa a repentaglio di tutti i processi economici globali;
la convenzione sulla diversità biologica dell'Onu ha sancito la essenzialità della salvaguardia della biodiversità per il futuro sviluppo del mondo, poi trasfusa in un processo internazionale di attuazione degli obiettivi prefissati, attraverso una strategia internazionale comune degli obiettivi da raggiungere nel 2010 e un'ipotesi strategica post 2010, tale da coinvolgere operatori e protagonisti del mondo economico e finanziario;
l'importanza della salvaguardia della biodiversità è sottolineata dalle opportunità derivanti dalle celebrazioni quest'anno dell'Anno internazionale della biodiversità e dal meeting sulla biodiversità dell'ONU;
la tutela della biodiversità, correlata all'uso sostenibile delle risorse naturali, nel salvaguardare e nel mitigare il cambiamento climatico, contribuisce ad un recupero economico globale, orientato verso i valori ambientali, attraverso un mercato del lavoro positivo e sostenibile;
la lungimirante politica energetica del Governo correlata alla governance ambientale, attuata dall'azione del Ministero dello sviluppo economico e dal dipartimento energia, affidato al sottosegretario onorevole Stefano Saglia, sta prediligendo nel piano energetico nazionale la valorizzazione delle fonti rinnovabili, dell'efficienza energetica, e dell'energia nucleare;
si ha consapevolezza che la componente ecologica nei processi di produzione e consumo sarà sempre più indispensabile -:
se il Ministro interrogato possa informare sullo stato di avanzamento di un piano strategico nazionale, politico, economico e scientifico per la tutela delle biodiversità, che preveda anche ulteriori strategie di valorizzazione delle fonti rinnovabili quali ulteriore mezzo per la salvaguardia dell'ambiente.
(3-01065)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARTELLA, BARETTA, MURER, VIOLA, CALLEGARI e FORCOLIN. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Nuova Pansac S.p.a., azienda leader e tecnologicamente all'avanguardia a

livello europeo nella tecnologia dell'estrazione di film in bolla, con sede a Mantova, sta attraversando ormai da mesi una grave crisi finanziaria dovuta alla carenza di liquidità che ha comportato una riduzione della produzione pari al 15 per cento;
la grave crisi aziendale sta destando forti allarmi per il futuro di centinaia di famiglie e per le condizioni complessive di una vasta area del territorio veneto che verrebbe profondamente penalizzata dalla perdita di una delle realtà industriali più interessanti del nostro paese;
l'azienda occupa complessivamente 860 lavoratori, di cui circa 700 in provincia di Venezia, tra Malcontenta di Mira, Marghera e Portogruaro;
la preoccupazione per il futuro dell'azienda e degli occupati è fortemente aumentata a seguito del nuovo piano industriale e finanziario presentato al Ministero dello sviluppo economico il 4 maggio 2010;
in tale sede, i rappresentanti del consiglio di amministrazione - presieduto ad honorem da Fabrizio Lori, imprenditore e patron del Mantova Calcio - hanno rappresentato al Governo l'intenzione di procedere ad un forte ridimensionamento produttivo ed occupazionale, che di fatto si tradurrebbe in un taglio di oltre 440 lavoratori, su 860, di cui 100 presso lo stabilimento di Portogruaro, 100 a Ravenna, 35 a Mantova e altrettanti a Milano, mentre i restanti 170 tagli previsti verrebbero applicati tra Mira (che conta 500 lavoratori), Marghera e Zingonia;
dal nuovo piano industriale e finanziario risulterebbero penalizzati particolarmente i lavorati dei quattro stabilimenti, tra cui quello di Portogruaro, che il nuovo consiglio di amministrazione ha definito «improduttivi» e, pertanto, destinati alla chiusura;
lo stabilimento di Portogruaro detiene ancora oggi potenzialità produttive legate alla tipologia di prodotti lavorati - alcuni dei quali sono oggetto di brevetto esclusivo - nonché agli investimenti effettuati negli ultimi anni;
il suddetto piano industriale è stato presentato quando ancora manca l'approvazione delle banche al piano di rientro del debito, presupposto necessario per scongiurare il fallimento;
da notizie di stampa sembra desumersi che la situazione finanziaria di altre società facenti capo all'imprenditore Fabrizio Lori, ed in particolare il Mantova Calcio, potrebbero aver determinato ovvero contribuito a mettere in crisi nel giro di pochi mesi una azienda come la Nuova Pansac S.p.a. che, nella classifica di Business Week, appariva al primo posto tra le imprese italiane che crescono più in fretta in Europa -:
quali urgenti misure si intenda adottare per contrastare il grave stato di crisi finanziaria che ha investito la Nuova Pansac S.p.a;
in particolare, quali iniziative si intendano mettere in campo per garantire il mantenimento delle sedi a rischio di chiusura, come quella di Portogruaro nonché per affrontare i problemi occupazionali e le ripercussioni economiche e sociali derivanti dalla grave crisi che ha investito detta azienda e anche al fine di scongiurare un'ulteriore contrazione del tessuto imprenditoriale e produttivo del territorio interessato;
se, a tal fine, non si ravvisi la necessità di attivare urgentemente un tavolo istituzionale, tra Governo, regioni e i vari soggetti interessati per individuare, anche attraverso il coinvolgimento di Confindustria, un piano industriale che risponda alle esigenze di rilancio della produzione e di riorganizzazione delle diverse attività produttive, salvaguardando l'integrità del gruppo e gli attuali livelli occupazionali;
inoltre, se non ritenga necessario fare in modo che si preveda nel nuovo piano industriale un graduale e utile ricorso agli

ammortizzatori sociali finalizzato al rientro dei lavoratori nella filiera produttiva del gruppo;
se non ritenga necessario vigilare affinché le eventuali manifestazioni di interesse all'acquisizione dei siti produttivi da parte di potenziali imprenditori acquirenti vengano vagliate anche nel rispetto degli interessi dei lavoratori.
(4-07151)

BRANDOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 febbraio 1989, n. 39 - Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore - all'articolo 2, lettera e), così sostituita dall'articolo 18 della legge 5 marzo 2001, n. 57 prevede la possibilità di iscriversi al ruolo degli agenti di affari in mediazione senza aver superato l'esame diretto ad accertare l'attitudine e la capacità professionale dell'aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto, a coloro che oltre ad «avere conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado» abbiano «effettuato un periodo di pratica di almeno dodici mesi continuativi con l'obbligo di frequenza di uno specifico corso di formazione professionale»;
tale possibilità non è stata ancora posta in attuazione, di conseguenza, l'iscrizione al ruolo può avvenire solo dopo aver frequentato un corso di formazione organizzato da un ente abilitato per un numero di ore previsto dalla regione di competenza che, pertanto, varia da 80 a 200 ore determinando forti disparità da regione a regione;
essendo inoltre prevista in media una sessione di esame ogni sei mesi (in alcune camere di commercio addirittura una sola sessione all'anno), alla quale ci si può iscrivere solo dopo aver frequentato il corso, qualora non si dovesse passare la prova, occorre attendere altri sei mesi prima di potersi reiscrivere alla successiva sessione di esame;
la suddivisione in tre sezioni della iscrizione al ruolo penalizza in particolare gli agenti che concludono esclusivamente intermediazioni relative a contratti d'affitto in quanto inseriti nella sezione degli agenti immobiliari quindi costretti a frequentare un corso di formazione il cui programma è prevalentemente dedicato alle nozioni indispensabili per poter assistere le parti nella compravendita di immobili; l'estimo, la conservatoria e molti altri aspetti sono nozioni senz'altro interessanti ma certamente non necessarie per chi deve imparare a valutare il canone di locazione e a consigliare la forma contrattuale maggiormente rispondente alle esigenze dei contraenti un contratto di locazione -:
quali iniziative intenda porre in essere, visto che l'articolo 11 della legge n. 39 del 1989, demanda al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, l'emanazione di norme regolamentari di attuazione della legge, tenuto conto che il Ministero delle attività produttive in una nota del 12 maggio 2006 ha condiviso la proposta delle regioni di sostituire il regolamento con un accordo tra il Ministero e le regioni per stabilire gli ambiti dei rispettivi ruoli, al fine di:
a) assicurare la piena attuazione dalla legislazione vigente per quanto riguarda la possibilità di acquisire il diritto all'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione dopo aver svolto un periodo di pratica di almeno dodici mesi consecutivi (stabilendo la modalità di verifica dello svolgimento del periodo di pratica, attraverso un registro che consenta di attestare le presenze del praticante presso l'agenzia immobiliare sede della pratica);
b) garantire la parità di condizioni per l'accesso ai ruoli in tutto il territorio nazionale ed una tempistica delle sessioni di esame che preveda l'organizzazione di almeno un esame ogni 2 mesi e che eviti agli aspiranti agenti di dover attendere sei mesi prima di poter ripetere l'esame qualora in prima battuta non avesse superato

la prova, riducendo il tempo di attesa ad un mese, periodo necessario al candidato ad approfondire la propria preparazione;
c) introdurre una nuova distinzione attraverso l'istituzione di una quarta sezione per gli agenti di intermediazione locativa, accessibile attraverso un percorso formativo differente e specifico per questo tipo di agenti, che sia focalizzato sugli aspetti legati alla locazione immobiliare.
(4-07153)

ALLASIA, FAVA, REGUZZONI, TORAZZI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i fondi strutturali europei (PON) sono stimabili in circa 3,1 miliardi di euro;
attualmente sono stati predisposti specifici accordi di programma con le regioni dell'obiettivo convergenza che hanno impegnato risorse pari a 2 miliardi di euro circa, lasciando aperti, per l'anno 2009, gli spazi per ulteriori interventi;
risultano poi disponibili, secondo l'interrogante, circa 6 miliardi di euro dei fondi per le aree sottoutilizzate (FAS), destinati al finanziamento di altri accordi di programma riguardanti la ricerca e lo sviluppo e gli investimenti innovativi, i quali non hanno avuto ancora l'approvazione da parte degli organi istituzionali competenti;
obiettivo del programma FAS è accrescere la capacità di produrre delle piccole e medie imprese e utilizzare ricerca e innovazione di qualità per l'innesco di uno sviluppo duraturo e sostenibile su tutto il territorio nazionale, con un approccio strategico integrato anche con i fondi strutturali per la ricerca e la competitività;
il fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) finanzia la realizzazione di autonomi progetti di ricerca industriale che interessano prevalentemente il Centro-Nord. Le risorse disponibili sono stimate in 1,5 miliardi di euro e finanziano gli interventi di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297 e del decreto ministeriale 8 agosto 2000;
le suddette risorse, a giudizio dell'interrogante, giacciono inutilizzate da tempo nelle pieghe della burocrazia, in attesa della firma del relativo decreto di riparto, arrecando un serio danno alle competitività di importanti settori produttivi del Paese;
tra le posizioni bloccate figurano una cinquantina di progetti riguardanti aree del Centro-Nord per oltre 300 milioni di euro, i cui decreti di riparto risultano già predisposti senza che le risorse siano utilizzabili, nonostante le numerose richieste già istruite ed erogabili -:
se il Ministro in indirizzo voglia favorire la stipula di nuovi accordi di programma su tutto il territorio nazionale a cui indirizzare le risorse dei fondi strutturali rimaste inutilizzate per l'anno 2009, al fine di aiutare le imprese ad uscire dall'attuale fase di crisi economica;
se non intenda adottare, attraverso iniziative legislative, opportuni interventi che portino alla disponibilità e all'utilizzo delle risorse finanziarie di cui in premessa nel campo della ricerca e sviluppo e degli investimenti innovativi, posto che tali risorse consentirebbero la realizzazione di importanti progetti di industrializzazione nel Paese.
(4-07154)

MARIO PEPE (PD). - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo stato dell'apparato produttivo e industriale a fronte della grave crisi economica e finanziaria rischia di diventare sempre più drammatico sia per la mancanza di commesse sia per la mortalità progressiva delle imprese manifatturiere;
le politiche del Governo, anche con l'adozione della legge n. 99 del 2009 contro la crisi, non produrranno gli effetti sperati di un improvviso start-up delle

aziende in grave crisi soprattutto per carenza di liquidità e di facilitazione del credito -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per frenare la progressiva, lenta chiusura di stabilimenti e di imprese produttive soprattutto nel Sud e nell'area della Campania interna, Sannio-Irpinia, che provocherebbero non solo un danno economico e produttivo incommensurabile ma alimenterebbero numerose uscite dal mondo del lavoro di tantissimi operatori che rischiano sempre più di vivere con le modeste, inadeguate risorse degli ammortizzatori sociali.
(4-07155)

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TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la «F.T.I. - Ferrovie Turistiche Italiane» è un'Associazione di volontariato nata nel 1998 che parte di «FEDECRAIL», la federazione europea del settore. La FEDECRAIL in particolare si prefigge di: promuovere il salvataggio, il restauro e la gestione del patrimonio ferroviario in Europa (i suoi membri rappresentano gli interessi vis-a-vis degli organismi internazionali e, in particolare, la Commissione europea a Bruxelles e il Parlamento europeo a Strasburgo); incoraggiare lo scambio di idee oltre i confini nazionali e culturali, nonché promuovere la cooperazione tra il museo ferroviario ed organizzazioni turistiche; contribuire a fornire consulenza e assistenza per tali organizzazioni;
uno dei principali obiettivi della «F.T.I.» è quello di estendere il concetto di ferrovia turistica anche a quelle linee ferroviarie dove, per il momento, non è possibile introdurre, per diversi motivi, servizi con convogli ferroviari propriamente detti. Si intende quindi salvaguardare il patrimonio ferroviario - dai binari, in primo luogo, alle stazioni, ai diversi manufatti ed agli stessi tracciati - che ancora esiste in tante splendide zone italiane;
oggi il patrimonio storico ferroviario è un'importante risorsa per la valorizzazione dei territori, in particolare dei territori interni, che ancora conservano ferrovie secondarie ottocentesche di eccezionale valore paesaggistico e naturalistico. Non si dimentichi che all'estero alcune ferrovie sono entrate nel patrimonio dell'umanità Unesco (ad esempio la ferrovia del Bernina da Tirano a Saint Moritz) mentre la rivista Siti della stessa Unesco ha ospitato proprio nel dicembre scorso un articolo sul deposito rotabili storici di Pistoia;
l'attenzione internazionale sulle ferrovie secondarie e la grande domanda di pubblico che caratterizza i viaggi sui treni storici o comunque turistici, non sono suffragate da un sufficiente apprezzamento da parte delle imprese di trasporto, impegnate con problemi contingenti di budget e che, in genere, non appaiono molto interessate a conservare la loro memoria;
le numerose esperienze di treni storico/turistici che circolano in tutta l'Italia sono quasi esclusivamente frutto di un impegno gravoso, ma competente e ostinato, delle tante associazioni di volontari finalizzate alla promozione del patrimonio storico ferroviario;
l'attività delle associazioni è però «strozzata» dai problemi economici, perché i treni sono proprietà delle imprese di trasporto che richiedono alti prezzi per affittare locomotive, littorine e carrozze; inoltre, complice una rigida normativa, ai volontari risulta difficile svolgere anche semplici mansioni dell'esercizio ferroviario, tali da ridurre le cifre del canone di noleggio;
occorre valutare una normativa specifica per i treni storici (come del resto

esiste da decenni in tutti i paesi europei più avanzati) che pur garantendo la sicurezza del servizio, riduca i costi di effettuazione di questa tipologia di treni ed un'opera di sensibilizzazione di regioni ed enti locali per inserire nei contratti di servizio regionali una quota di chilometri da destinare ai viaggi dei treni storici e turistici -:
se il Governo non ritenga di dover valutare una serie di soluzioni che possano consentire ai treni storici di circolare e di continuare la loro opera di valorizzazione del territorio e in generale dell'Italia cosiddetta «minore».
(4-07160)

DI STANISLAO. - Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Italia alle prese con la crisi economica, il crollo dell'occupazione e dei posti di lavoro è tra i primi paesi in Europa per gioco d'azzardo;
uno studio presentato in questi giorni ad Aosta da Contribuenti.it, che con lo sportello antiusura monitora costantemente il fenomeno del gioco d'azzardo, rivela che nei primi quattro mesi del 2010 si è registrato un aumento delle perdite legate alla dipendenza da giochi e scommesse del 12,3 per cento. Rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente sono stati lasciati sul tavolo da gioco circa 550 milioni di euro in più;
nel nostro Paese il solo gioco legalizzato coinvolge circa 29 milioni di persone, di cui 7 milioni con frequenza settimanale, e sviluppa un fatturato di circa 54 miliardi di euro. Ogni giocatore sottrae 1.860 euro l'anno all'economia reale, lasciandoli sui tavoli da gioco;
il fenomeno è in crescita e interessa circa la metà degli studenti italiani, con un incremento maggiore tra le ragazze. Gratta e vinci, lotterie istantanee, scommesse sportive, lotto e superenalotto sono i giochi in denaro più praticati, il coinvolgimento dei minorenni è aumentato passando da 860 mila unità a 1,9 milioni;
in Italia, nonostante il gioco d'azzardo sia una dipendenza ufficialmente riconosciuta dalle comunità psichiatriche, non viene percepita come tale dallo Stato, al pari di altre dipendenze quali la droga o l'alcol;
per arginare tale fenomeno, Contribuenti.it chiede misure restrittive nei confronti del gioco legalizzato, pari a quella sul divieto delle sigarette nei luoghi pubblici, la diminuzione dell'offerta di lotterie, il divieto del gioco d'azzardo on line, l'aumento della tassazione sulle vincite al fine di renderle meno appetibili; lo scopo delle istituzioni è quello di educare i cittadini, proteggere la loro salute, mentale e fisica non quello di indurli a giocare al poker o ad indebitarsi;
è evidente che il gioco d'azzardo non può e non deve essere una soluzione alle entrate nelle casse statali;
il gioco sta diventando l'ultima speranza per i milioni di italiani che, nonostante non arrivino a fine mese con le loro risorse, vi si affidano peggiorando le loro condizioni. Sono necessarie, pertanto soluzioni concrete e non nuovi giochi che periodicamente entrano sul mercato -:
se il Governo non intenda prendere seri e immediati provvedimenti per arginare il continuo dilagare del fenomeno del gioco d'azzardo al fine di un reale rilancio dell'economia e per accompagnare il Paese dall'uscita della crisi economica.
(4-07162)

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Apposizione di firme ad interpellanze.

L'interpellanza urgente Zazzera e altri n. 2-00710, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Pietro.

L'interpellanza urgente Iannaccone e Brugger n. 2-00712, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sardelli, Belcastro, Milo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Mastromauro e altri n. 4-07078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bellanova.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Raisi n. 2-00695 del 3 maggio 2010;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Milo n. 5-02872 dell'11 maggio 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Lanzillotta n. 5-00615 del 14 novembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07186;
interrogazione a risposta in Commissione Allasia e altri n. 5-01453 del 26 maggio 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07154;
interrogazione a risposta in Commissione Brandolini n. 5-01819 del 23 settembre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07153;
interrogazione a risposta in Commissione Mario Pepe (PD) n. 5-01780 del 16 settembre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07155.