XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 11 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 29 LUGLIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'Italia sostiene con convinzione lo sviluppo del partenariato euromediterraneo;
il Mediterraneo è sempre stato un asse strategico per la costruzione di uno spazio di sicurezza, pace e prosperità e acquisirne consapevolezza dovrebbe indurre tutti a farne un «mare di pace», nel quale non trovino spazio le minacce estremistiche, fonte di instabilità e di insicurezza, ma si consolidino i valori del dialogo, della tolleranza e della convivenza;
in attivazione delle sue politiche per la regione euromediterranea, l'Unione europea ha predisposto una serie di strumenti e di programmi: il partenariato euromediterraneo e il programma Meda; il programma Ecip per le piccole e medie imprese; il programma Meda-Democrazia per la promozione dei diritti dell'uomo; il programma Life-Paesi terzi ed altri;
il partenariato euromediterraneo è nato con la Dichiarazione di Barcellona, adottata il 28 novembre 1995 dai 15 Ministri degli affari esteri dell'Unione europea e da quelli dei 12 partner mediterranei beneficiari dei programmi Meda: Algeria, Cipro, Egitto, Stato di Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, Territori di Gaza e della Cisgiordania. Si tratta di un importante patto politico tra l'Unione europea e i Paesi del bacino mediterraneo, per sviluppare verso la sponda sud le relazioni dell'Unione europea;
l'Italia ha tenuto a battesimo l'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM), che si distingue come la realtà istituzionale più viva ed operante dell'Unione per il Mediterraneo, riconosciuta quale istituzione del «processo di Barcellona» nella conferenza ministeriale svoltasi a Napoli a conclusione dell'ultimo semestre di presidenza italiano dell'Unione europea, nel dicembre 2003;
il Parlamento italiano, peraltro, aveva avviato sin dal 1996, parallelamente al Parlamento europeo, una serie di iniziative volte a sviluppare la cooperazione tra i Parlamenti degli Stati interessati, come, ad esempio, il Forum euromediterraneo delle donne parlamentari;
il Parlamento italiano, durante la sessione plenaria del 13 e 14 marzo 2010, che ha avuto luogo ad Amman, ha assunto la presidenza di turno dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM), che manterrà fino al marzo del 2011;
il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) è stato istituito come unità autonoma nell'ambito della Banca europea per gli investimenti (BEI) dal Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002. Si tratta di un fondo finanziario euromediterraneo di investimenti, integrato da un accordo di partenariato. Già nella sede dello stesso Consiglio era stata presa in considerazione la costituzione della Banca euromediterranea;
il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) riunisce l'intera gamma di servizi forniti dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) per sostenere lo sviluppo economico dei Paesi partner del Mediterraneo ed ha investito 10 miliardi di euro tra ottobre 2002 e dicembre 2009. Nel quadro della politica europea di vicinato e dell'Unione per il Mediterraneo, il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) incoraggia la modernizzazione e l'apertura delle economie dei Paesi partner del Mediterraneo. Le attività si concentrano su due settori prioritari: il sostegno al settore privato e la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti;
già nella sede del Consiglio europeo del marzo 2002 era stata presa in considerazione la costituzione della Banca euromediterranea;

nelle dichiarazioni istituzionali dell'epoca emerse la convinzione che la Banca euromediterranea dovesse essere una filiale della Banca europea per gli investimenti (BEI) e dovesse servire per finanziare progetti di sviluppo nei Paesi dell'Africa del nord, dell'area balcanica e nell'Europa meridionale. Il progetto trovava, comunque, la perplessità di numerosi Stati europei, timorosi che si creasse un'istituzione ridondante;
la riunione dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM), tenutasi a Tunisi il 29-30 gennaio 2010, è stata dedicata alla discussione sulla trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in Banca euromediterranea di sviluppo, cui sovrintende un gruppo tecnico formato da parlamentari di Tunisia, Giordania, Italia e del Parlamento europeo, ed ha riaffermato che la Banca euromediterranea di sviluppo non sarà una banca indipendente, ma rimarrà comunque una filiale della Banca europea per gli investimenti (BEI);
anche la terza sessione dei lavori dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) del marzo 2010 ad Amman è stata dedicata alla trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) nella Banca euromediterranea;
le raccomandazioni conclusive adottate dal Comitato economico, degli affari finanziari, sociali ed educativi dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) contengono i punti 19 e 20, che riguardano specificamente questa iniziativa. Tali punti, accompagnati da note esplicative, rappresentano un compromesso sulle considerazioni emerse nel corso del dibattito sulla potenziale trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) nella Banca euromediterranea;
il punto 19) afferma che va sostenuto il bisogno di avere uno strumento veramente efficace per rafforzare gli investimenti e la cooperazione nella regione euromediterranea;
il punto 20) afferma che vanno realizzate analisi esaustive, con l'obiettivo di identificare il meccanismo più efficiente per supportare l'Unione nei progetti per il Mediterraneo, fra i quali uno potrebbe essere rappresentato proprio dalla Banca euromediterranea;
le note esplicative precisano che la proposta di trasformare il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) nella Banca di sviluppo euromediterraneo, quale ramo della Banca europea per gli investimenti (BEI), nella quale la stessa Banca europea per gli investimenti finanzierebbe il 51 per cento del capitale della Banca, mentre il restante 49 per cento sarebbe investito dai partner delle regioni nord e sud del Mediterraneo, ha raccolto le seguenti osservazioni:
a) la trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in una banca potrebbe portare ad una diminuzione dei fondi destinati ai progetti, in quanto parte dei fondi sarebbe usato nei costi amministrativi della banca;
b) il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) costituisce un reale valore aggiunto e non ci sarebbe ragione per cambiare la sua struttura o il suo funzionamento. È stata espressa l'opinione che il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato dovrebbe essere mantenuto nella sua attuale forma come meccanismo finanziario per finanziare i progetti di cooperazione euromediterranei, specialmente nella cornice della politica europea di vicinato (European neighborhood policy);
c) la maggioranza dei Paesi del Mediterraneo hanno convenuto sull'importanza di un meccanismo finanziario efficace per finanziare i progetti su cui si è raggiunto un accordo nella cornice dell'Unione per il Mediterraneo e che la costituzione della Banca euromediterranea costituisce una priorità;
d) la maggior parte dei membri sono abbastanza d'accordo sul costituire la

Banca, come espressamente chiede l'Italia, quale meccanismo separato dal Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP);
e) la costituzione della Banca euromediterranea necessita di uno studio approfondito. In questo senso, si è in attesa di conoscere i risultati dello studio che sta conducendo il gruppo di lavoro costituito dal Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, per valutare la costituzione della Banca: i benefici attesi e la distribuzione del capitale azionario, che avrà peso nei processi decisionali della Banca;
appare condivisibile la perplessità di quegli Stati europei che sin dall'inizio si sono dichiarati timorosi che la fondazione di una Banca euromediterranea possa risolversi nella creazione di un'istituzione ridondante;
andrebbe evitata la nascita di tutte quello sovrastrutture che la costituzione di una banca comporta, con inutile dispendio di risorse pubbliche;
sarebbe invece da perseguire, efficacemente, l'idea della creazione di una Banca euromediterranea non come entità autonoma, bensì come una filiale specializzata euromediterranea della Banca europea per gli investimenti (BEI), da questa dipendente come ramo d'impresa;
la filiale, per qualificare la sua specializzazione, dovrebbe essere dotata di un efficiente ufficio studi e consulenza;
la filiale dovrebbe promuovere la realizzazione di grandi progetti, pubblici o privati, per lo sviluppo dei Paesi dell'Africa del nord, dell'area balcanica e dell'Europa meridionale, come, ad esempio, la costruzione delle reti idriche, delle strade, delle infrastrutture e la concessione del credito alle medie e piccole imprese che operano nel bacino mediterraneo, in una logica di collaborazione e sinergia progettuale;
il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) non dovrebbe essere scisso dalla filiale euromediterranea, ma andrebbero individuati meccanismi che consentano l'interdipendenza tra Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato e la filiale;
la sede della filiale dovrebbe essere collocata in un grande centro con valenza economica, che sia facilmente accessibile, specie in Italia, per esempio a Bari, Napoli o Palermo;
la filiale specializzata per l'area euromediterranea non deve essere condizionata dalla politica nella sua operatività, ritenendo che ad essa vada riservato il compito di dettare gli indirizzi generali della filiale, nel rispetto delle regole poste dall'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI),

impegna il Governo:

ad adottare tutte le iniziative di propria competenza affinché nell'ambito della Banca europea per gli investimenti (BEI) venga creata una filiale specializzata per l'area euromediterranea, che potrebbe essere denominata «Filiale euromediterranea», dotata della necessaria autonomia operativa, evitando soluzioni diverse che potrebbero dare luogo ad un'istituzione ridondante con inutile dispendio di risorse pubbliche;
ad adottare tutte le iniziative di propria competenza affinché la Filiale euromediterranea, per qualificare la sua specializzazione, sia dotata di un adeguato ed efficiente ufficio studi e consulenza e abbia tra i suoi obiettivi principali la realizzazione di grandi progetti, pubblici o privati, per lo sviluppo dei Paesi dell'Africa del nord, dell'area balcanica e dell'Europa meridionale e la concessione del credito alle medie e piccole imprese che operano nel bacino mediterraneo, in una logica di collaborazione e sinergia progettuale;
ad adottare tutte le iniziative di propria competenza affinché il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) e la Filiale euromediterranea della Banca europea per gli investimenti (BEI)

siano interdipendenti pur nel riconoscimento di una loro distinzione;
ad adottare tutte le iniziative di propria competenza affinché l'Italia sia scelta per ospitare la sede della Filiale, preferibilmente ubicandola in grandi città come Bari, Napoli o Palermo;
ad adottare tutte le iniziative di propria competenza affinché la Filiale sia dotata di strumenti e meccanismi che impediscano condizionamenti operativi da parte della politica, alla quale andrebbe riservato il solo compito di dettare gli indirizzi generali della filiale.
(1-00363)
«Messina, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Mura, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Piffari, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi venti anni a livello internazionale si è sviluppato un processo costante di aggregazione sia politica che finanziaria. Gli Stati nazionali hanno dato vita ad una crescente collaborazione ed integrazione delle loro politiche economiche e finanziarie e si sono affermati nuovi soggetti sovranazionali di carattere continentale;
questo processo è stato evidente e necessario in particolare in Europa. La comparsa di nuovi protagonisti sui mercati mondiali, specie quelli asiatici, caratterizzati da una dimensione continentale con enormi tassi di crescita e potenzialità di sviluppo, ha determinato la necessità di superare la tradizionale dimensione nazionale, che non avrebbe potuto mantenersi competitiva;
si è affermato un mondo nuovo nel quale le tradizionali politiche nazionali si devono integrare necessariamente all'interno di nuove macroaree di sviluppo e di azione comune; questo vale, in particolare, per il Vecchio Continente caratterizzato da un'elevata frammentazione in singoli Stati nazionali: l'Europa come entità politica, economica e finanziaria è il risultato in itinere di questo processo;
una delle aree di maggiore interesse per lo sviluppo dell'Europa nel suo complesso e dei suoi singoli Stati è certamente quella mediterranea: l'Italia in questo contesto è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale;
in particolare, nell'ottica di una comune politica mediterranea, diventano decisivi i rapporti con i diversi Paesi non europei che si affacciano sulla stessa area: con questi appare necessario sviluppare una costante e sempre maggiore collaborazione ed integrazione, sia economica che finanziaria, e servono politiche di sviluppo comune per l'intera area mediterranea;
questa è una consapevolezza acquisita a livello europeo già da diversi anni: la questione dei rapporti tra l'Unione europea ed i Paesi terzi del Mediterraneo, infatti, venne posta già dagli anni '60, quando, in particolare, la Francia sottolineò la necessità di rafforzare le interdipendenze commerciali tra alcuni Stati europei e i Paesi del Mediterraneo. Al vertice di Parigi del 1972 venne, pertanto, definita la prima politica «globale mediterranea», il cui asse centrale era rappresentato dal libero accesso ai mercati della Comunità per i manufatti dei Paesi del bacino mediterraneo;
la necessità e l'opportunità di sviluppare una comune politica mediterranea è condivisa dall'attuale Governo italiano. Proprio in quest'ottica va, ad esempio, inserita l'attività diplomatica svolta nei confronti della Libia, che ha portato allo storico incontro del 10 giugno 2009 tra il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ed il leader libico Gheddafi: incontro che ha suggellato un nuovo corso

nelle relazioni tra i due Paesi e nuovi fondamentali accordi di collaborazione;
a conferma della volontà di affermare una comune politica economica e finanziaria nell'area del Mediterraneo, nel 1995 a Barcellona si è svolta per la prima volta una conferenza di tutti i Ministri degli affari esteri dei quindici Paesi membri dell'Unione europea e di dodici Paesi del sud e dell'est del Mediterraneo (Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Israele, Giordania, Autorità nazionale palestinese, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta);
in tale occasione, dando seguito agli orientamenti già definiti dai Consigli europei di Lisbona (giugno 1992), Corfù (giugno 1994) ed Essen (dicembre 1994), nonché alle proposte formulate dalla Commissione europea, è stato dato avvio - con la Dichiarazione di Barcellona - a quello che va sotto il nome di «processo di Barcellona», ovvero il progetto di partenariato euromediterraneo (o euromed), finalizzato alla creazione di un'area di pace, stabilità e prosperità tra i Paesi europei e quelli del sud del Mediterraneo, attraverso il rafforzamento del dialogo politico e culturale, la cooperazione economica e finanziaria, nonché la progressiva integrazione dei mercati;
in particolare, furono definiti tre assi principali su cui articolare la nuova politica euromediterranea:
a) il partenariato politico e di sicurezza, che mira a realizzare uno spazio comune di pace e stabilità, attraverso l'implementazione di azioni volte a garantire la sicurezza ed il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;
b) il partenariato economico e finanziario, che intendeva promuovere la creazione di un'area di prosperità condivisa, in primis attraverso la creazione di una zona di libero scambio tra l'Unione europea ed i Paesi partner mediterranei (Ppm) firmatari della Dichiarazione di Barcellona, entro il 2010;
c) il partenariato sociale, culturale ed umano, volto a sviluppare le risorse umane, favorire la comprensione tra culture e gli scambi tra società civili;
da precisare che il partenariato euromed è stato pensato per svilupparsi su due direttrici: da una parte una dimensione bilaterale che attiene ai rapporti tra tra l'Unione europea ed i Paesi partner mediterranei, dall'altra su una dimensione regionale finalizzata a promuovere l'integrazione tra tutti i 35 partner; inoltre, è stata attribuita particolare importanza alla cooperazione «sud-sud» tra i Paesi mediterranei;
l'evoluzione del processo di Barcellona è monitorata da periodiche conferenze euromediterranee, cui partecipano i Ministri degli affari esteri dei Paesi coinvolti nel partenariato euromed;
nel 2005, sempre a Barcellona - in occasione del decimo anniversario dalla Dichiarazione omonima - si sono riuniti per la prima volta i Capi di Stato e di Governo dei 35 Paesi coinvolti, varando un programma di lavoro quinquennale, in cui si è ribadito l'impegno a raggiungere i seguenti obiettivi ritenuti prioritari: promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani; creare e sviluppare opportunità economiche e contribuire alla creazione di posti di lavoro, attraverso il completamento della zona di libero scambio entro il 2010; estendere il libero scambio all'agricoltura e ai servizi; fronteggiare il problema dell'immigrazione; rendere accessibile a tutti l'istruzione di base e collaborare con i Paesi partner per migliorare la qualità dell'istruzione;
quanto sia importante lo sviluppo di una politica mediterranea, in particolare per regioni del Sud Italia, è ben presente nelle linee strategiche del Governo: in quest'ottica appare fondamentale la creazione ed il sostegno di una rete finanziaria adeguata a sostenere tale sviluppo;
il processo di integrazione sud-sud è uno degli assi portanti del processo di

Barcellona, una tappa necessaria per una piena integrazione tra i mercati dei Paesi europei e di quelli mediterranei; da questa possibile integrazione dipende tanto la crescita dei singoli Paesi partner, quanto l'effettivo ampliamento delle opportunità di business per le imprese europee che si insediano nell'area. In questo quadro appare coerente e strategica la decisione di istituire la Banca del Sud;
è fondamentale ricordare che la Banca europea per gli investimenti (BEI), in qualità di istituzione finanziaria dell'Unione europea che ha il compito di attuare le politiche volte a rafforzare l'integrazione economica dei Paesi membri, svolge un ruolo chiave nel finanziamento delle iniziative che promuovono lo sviluppo dei Paesi mediterranei, nell'ambito degli obiettivi fissati dalla Dichiarazione di Barcellona;
l'attività di finanziamento della Banca europea per gli investimenti (BEI) è svolta sia su mandato della Commissione europea, a valere su risorse comunitarie (fondi Meda e, precedentemente all'istituzione del programma, sulla base di specifiche convenzioni con l'Unione europea), sia a valere sui fondi propri della Banca che provengono dalla sua attività di raccolta e dai proventi collegati al lending;
complessivamente, tra il 1974 ed il 2004, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha finanziato progetti di investimento nei Paesi partner mediterranei per circa 15 miliardi di euro, di cui oltre 8 miliardi di finanziamenti solo tra il 2000 ed il 2004;
il Consiglio di Barcellona del marzo 2002, al fine di potenziare gli interventi della Banca europea per gli investimenti (BEI) nel Mediterraneo, ha deciso di creare la Facility for Euromediterranean investment and partnership (FEMIP);
il Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) interviene attraverso una molteplicità di strumenti finanziari di cui possono beneficiare sia soggetti pubblici che privati: prestiti a medio-lungo termine per grandi progetti, operazioni di finanza strutturata, prestiti globali concessi ad intermediari finanziari, operazioni di equity e quasi-equity, garanzie, fondi di assistenza tecnica;
la possibilità di costituire una banca di sviluppo dedicata esclusivamente ai Paesi mediterranei era stata considerata favorevolmente dalla Commissione europea già nel 2002, quando si era ipotizzata la costituzione di un'affiliata alla Banca europea per gli investimenti (BEI), che avrebbe dovuto incorporarne le attività nell'area;
si decise, però, in un primo momento, di optare per una soluzione differente, attraverso appunto la creazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP), rinviando la decisione di costituzione di un organismo ad hoc ad un secondo momento, sulla base dei risultati conseguiti dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) con il nuovo strumento;
su queste premesse circa la possibilità di arrivare alla creazione di una Banca euromediterranea, il Ministro Tremonti già nel 2003 si era espresso favorevolmente, sempre nel rispetto di un quadro di scelte condivise con gli altri partner europei;
una delle principali ragioni che sostiene la creazione di un soggetto distinto rispetto alla Banca europea per gli investimenti (BEI) per le attività di finanziamento nei Paesi del Mediterraneo è certamente quello di ottenere un più efficace ed incisivo supporto al settore privato, nevralgico per il raggiungimento dello scopo;
è fondamentale, però, che tale eventuale decisione avvenga nel pieno rispetto ed in assoluto coordinamento con gli altri partner europei, che sia, cioè, il risultato tangibile di una politica comune, nella quale ogni singolo Stato si possa riconoscere pienamente e sentirsi pienamente responsabilizzato e coinvolto. L'iniziativa

del singolo Stato, anche in materia di politica comune mediterranea, deve essere vincolata alla necessità di una scelta condivisa da parte dell'Unione europea nel suo complesso. In questo senso appare evidente l'importanza storica dell'accordo raggiunto in questi giorni relativo all'impegno dell'intera Unione europea nei confronti della crisi della Grecia: un atto politico comune che ha dato il senso di una politica europea sempre più forte e che fa dell'Unione europea una realtà più di quanto non sia finora riuscita ad essere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare, nella riunione dell'Ecofin del 18 maggio 2010, la possibilità di pervenire ad un accordo, con gli altri partner europei, che possa definire tempi e modi per l'eventuale trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) nella Banca euromediterranea e, atteso il ruolo strategico dell'Italia nell'area mediterranea, a sostenere che la sede di tale nuovo istituto sia localizzata nel nostro Paese.
(1-00364)
«Bernardo, Conte, Baldelli, Marinello, Iannaccone, Milo, Germanà, Pagano, Commercio, Latteri».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
l'attuale crisi finanziaria globale, di dimensioni storiche, sta provocando danni non solo alle economie dei Paesi avanzati, ma soprattutto anche alle fragili economie dei Paesi in via di sviluppo;
secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), a seguito della crisi finanziaria, nell'ultimo anno milioni di donne e uomini hanno perso il lavoro, con un incremento di disoccupati di circa 34 milioni dal 2007 e la situazione sta peggiorando stante la recessione economica globale che colpisce quasi tutte le parti del mondo;
secondo dati FAO a causa della suddetta crisi finanziaria, cento milioni di persone in più oggi soffrono la fame e sono spinte sull'orlo della povertà e certo non saranno raggiunti gli obbiettivi che la stessa FAO si era prefissa;
tra le ragioni della crisi finanziaria vi è il comportamento irresponsabile di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno tratto indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione delle transazioni finanziarie scatenando la crisi finanziaria o comunque avendone gravi responsabilità;
secondo i dati dell'OCSE i Governi dei paesi industrializzati hanno destinato 11.400 miliardi di dollari al salvataggio delle banche, ma le risorse per arginare i danni sociali ed economici della crisi sono del tutto insufficienti;
nel settembre del 2009, il comunicato finale dei leader del G20 di Pittsburgh ha incaricato il Fondo monetario internazionale di stilare entro giugno 2010 un rapporto che individui delle opzioni sui modi in cui «il settore finanziario possa dare un contributo giusto e sostanziale per coprire i costi associati agli interventi governativi tesi a riparare il sistema bancario» (comunicato finale del G20 di Pittsburgh - paragrafo 16);
la tassa sui servizi finanziari è stata menzionata dalla Commission of experts of the international financial and monetary system dell'ONU (più conosciuta come «Commissione Stiglitz») come un modo per rendere più stabile e prevedibile la finanza per lo sviluppo e per stabilizzare i mercati finanziari;
è stato creato un gruppo di lavoro a cura del Leading group on solidarity levies to fund development, forum che comprende oltre 50 Paesi di diversi continenti, per studiare proposte sulle tasse finanziarie internazionali;

è stata creata, da 12 Paesi tra cui l'Italia, nell'ottobre 2009 la Task force on international financial transactions for development a Parigi per studiare la fattibilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie;
il Parlamento Europeo ha riconosciuto l'importanza del dibattito che si sta sviluppando a livello internazionale sull'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziari adottando il 3 marzo 2010 una risoluzione in cui si richiede alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione, auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea al summit del G20;
la suddetta tassa potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo stabilendo quali transazioni debbano essere soggette a transazione e quali invece si ritiene possano esserne escluse;
la tassa sulle transazioni finanziarie darebbe la possibilità concreta di riscuotere un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo per l'utilizzo delle risorse generate;
la suddetta tassa rappresenterebbe un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che a causa dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie reali hanno subito un forte aumento del loro debito pubblico con pericolosi tagli alle spese sociali e al welfare;
l'introduzione della suddetta tassa diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minor rischi degli investimenti esteri;
la tassa sulle transazioni finanziarie, genera risorse che possono essere impiegate per far fronte ai danni sociali della crisi e nell'aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri;
in assenza di tali risorse addizionali gli obiettivi di sviluppo del millennio verrebbero disattesi,

impegna il Governo:

a sostenere in sede di Unione europea e durante i negoziati del processo G8 e G20 specialmente al summit G20 di Toronto la valutazione della fattibilità dell'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie sulle principali valute internazionali;
a collaborare con le istituzioni internazionali e gli altri Governi che si sono già espressi a favore della tassa sulle transazioni finanziarie al fine di predisporre una proposta per la sua implementazione;
a garantire che una percentuale significativa delle risorse che sarebbero generate dagli introiti della tassa sulle transazioni finanziarie venga impiegata per tenere fede agli impegni assunti per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015.
(7-00328) «Zacchera».

La VII Commissione,
premesso che:
l'insegnamento della storia nelle scuole di ogni ordine e grado richiede un approccio completamente nuovo in riferimento all'evoluzione della società contemporanea ed ai problemi complessi collegati;
la storiografia ha subito infatti, una vera e propria rivoluzione nel corso dell'ultimo cinquantennio e contemporaneamente si sono enormemente ampliate le possibilità di attingere informazioni finora sconosciute dagli archivi e mettere a confronto pubblicamente tesi ed interpretazioni contrastanti; è in atto, inoltre, una

riconsiderazione del ruolo della storia nel quadro complessivo della formazione dei giovani;
la riforma dei programmi d'insegnamento ha dato spazio alla storia contemporanea e particolare rilievo ha assunto il rapporto fra la ricostruzione storica dell'identità nazionale e la prospettiva dell'unificazione europea ma ha tralasciato ad esempio di valutare l'impatto che il Cristianesimo ha avuto sulla civiltà greco romana e di conseguenza sulla storia mondiale;
il Consiglio d'Europa ha di recente adottato la prima raccomandazione sull'insegnamento della storia in Europa nel XXI secolo: il documento, nell'ottica della promozione della dimensione europea dell'insegnamento, stigmatizza l'incompatibilità con i principi fondamentali del Consiglio d'Europa delle falsificazioni e delle manipolazioni ideologiche della storia;
è indubbio che negli ultimi anni nella scuola italiana è prevalsa una visione ideologica che ha sovente alterato fatti storici incontrovertibili, per fini di parte, in una pura ottica politica; la necessità di delineare principi in base ai quali elaborare un metodo più appropriato per un corretto e non strumentale insegnamento della storia - quella contemporanea in special modo - è, dunque, avvertita con forza; si pensi, ad esempio, ad un momento particolarmente significativo dell'attività della scuola come quello dell'adozione dei libri di testo: il libro di testo è lo strumento didattico ancora oggi più utilizzato mediante il quale gli studenti realizzano il loro percorso di conoscenza e di apprendimento;
lo studio della storia svolge una funzione centrale nel processo formativo fin dagli anni dell'infanzia ed ha un ruolo fondamentale nella strutturazione della memoria e della coscienza nazionale e di gruppo; ecco perché assumono particolare importanza tutti i periodi che hanno segnato la storia del nostro Paese anche quelli spesso volutamente dimenticati per questioni ideologiche ad esempio, gli anni dell'immediato dopoguerra ed i crimini commessi soprattutto in certe regioni del nostro Paese, dettati dal clima di odio ideologico;
la storia - proprio perché non è mera conoscenza di nomi, di date e di avvenimenti - bensì analisi complessa e tentativo di spiegazione, tende ad utilizzare tutte le scienze umane e sociali e a raccordare incessantemente tra loro fatti politici ed economici, culturali e religiosi; essa è strumento di maturazione culturale e civile del giovane e per questo motivo deve essere insegnata tenendo conto di tutti i filoni della storiografia e con grande rigore scientifico,

impegna il Governo:

ad attivarsi, collaborando con le istituzioni scolastiche e nel rispetto della loro autonomia, per fa sì che nelle scuole di ogni ordine e grado l'insegnamento della storia, in particolare di quella contemporanea ma non solo, si svolga secondo criteri oggettivi rispettosi della verità storica per favorire un reale pluralismo conoscitivo della materia anche attraverso l'utilizzo di testi di assoluto rigore scientifico che tengano conto - in modo obiettivo - di tutte le correnti culturali e di pensiero, per un confronto democratico e liberale che assicuri un corretto apprendimento del passato, in special modo, di quello più recente, indispensabile più che mai nell'attuale momento politico caratterizzato da un'immigrazione incontrollata, da un complesso processo di integrazione che richiede la conoscenza della storia del nostro Paese e delle sue tradizioni culturali profondamente radicate nel Cristianesimo che ne ha permeato in duemila anni, tutti gli aspetti della vita culturale e sociale.
(7-00330)«Garagnani».

La IX Commissione,
premesso che:
la tratta «alta velocità»/«alta capacità» Brescia-Verona fa parte della linea AV/AC «Milano-Verona» che a sua volta è una parte fondamentale dell'asse AV/AC Torino-Milano-Venezia, che è inserito tra le opere della legge obiettivo e considerato elemento portante della rete ferroviaria italiana ai fini dell'incremento della quota modale del trasporto per ferrovia di passeggeri e merci;
la linea Milano-Verona costituisce parte integrante della direttrice Lione-Torino-Milano-Venezia-Trieste-Lubiana e si inserisce così nella rete transeuropea ad alta velocità in costruzione, ponendosi quale componente fondamentale per lo sviluppo del V corridoio continentale di congiunzione lungo l'asse est-ovest;
la tratta AV/AC Treviglio-Brescia, il cui progetto definitivo risulta in istruttoria presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, risulta nella delibera CIPE 6 marzo 2009, n. 10, come intervento incluso nel documento di programmazione economica-finanziaria 2009, da realizzare con contributi pubblici;
la tratta AV/AC Brescia-Verona risulta ancora in progettazione preliminare come approvato con la delibera CIPE n. 120 del 2003;
il tracciato attuale è contenuto per tutta la sua lunghezza di circa 50 chilometri nella fascia costiera del Garda, mantenendosi, ove possibile, parallelo e adiacente all'autostrada A4;
il territorio attraversato, in parte collinare e in parte pianeggiante, è densamente urbanizzato e fittamente coltivato a vigneti di alto pregio (Lugana DOC), presenta un riconosciuto valore sia paletnologico (resti palafitticoli e dell'età del ferro) che storico (i luoghi delle battaglie del 1859), e, inoltre, ospita diversi edifici produttivi, agricoli, manifatturieri, commerciali e turistici;
il progetto della tratta AV/AC Brescia-Verona, così come elaborato nelle linee di massima contenute nel progetto preliminare, crea una serie di criticità di carattere progettuale, ambientale ed economico;
per quanto riguarda gli aspetti negativi di carattere progettuale, si prevede la realizzazione di tre gallerie sotto i colli, in terreno morenico solo parzialmente coerente, e di una galleria artificiale sotterranea sotto la zona commerciale-artigianale di Desenzano, passando su terreni instabili (ghiaie sciolte e/o marnoso-argillose), o umidi e altamente sensibili, nelle vicinanze del lago del Frassino e dello stagno di Lavagnone;
il progetto interrompe, inoltre, numerosi collegamenti stradali e sovrappassi autostradali, di cui occorre prevedere il ripristino. Essi creano oneri ingenti che si aggiungono ad un costo dell'opera già aumentato mediamente sino a 10 volte a causa delle gallerie, dei viadotti, delle opere complementari di aggiustamento e di mitigazione. A ciò vanno aggiunti i costi degli espropri e dei risarcimenti che, nella fascia costiera gardesana, raggiungono valori sino a 100 volte superiori a quelli medi consueti dei territori agricoli;
per quanto riguarda gli aspetti negativi di carattere ambientale, il progetto preliminare attuale comporta un degrado generale diffuso del paesaggio, sia di quello estetico-percettivo, sia di quello naturalistico-ecologico, con alterazioni morfologiche e idrogeologiche, nonché vegetazionali e floristiche endemiche del fitoclima gardesano;
si prevede un incremento del rumore, già assai elevato a causa dell'autostrada A4 e della superstrada Brescia-Peschiera; pertanto le barriere acustiche, inevitabili per un'opera infrastrutturale di tale rilevanza, così come i rilevati verticali in cemento, incrementeranno gli impatti sul paesaggio gardesano che costituisce una delle maggiori attrattive per il turismo locale;

nel caso di passaggio in trincea o in galleria artificiale in pianura, si avrebbe una interferenza grave con l'acquifero di deflusso dai colli al lago, che giace ad una profondità media di 8-10 metri ed ha una configurazione reticolare;
si rilevano inoltre impatti con il Sito di importanza comunitaria del lago del Frassino e con il santuario della Madonna del Frassino, la cui costruzione risale al 1511;
si avrebbe infine un incremento, in ampiezza e densità, del fascio di infrastrutture parallele già presente lungo la costa a una distanza di soli 2-2,5 chilometri dalla sponda del lago, costituito dalla strada Lungolago (ex SS 11, Padana superiore), dalla superstrada Brescia-Peschiera (nuova SS 11), dalla autostrada A4, dalla ferrovia MI-VE e dalla viabilità urbana, locale e rurale;
per quanto riguarda gli aspetti negativi di carattere economico, il progetto preliminare, così come concepito, comporta gravi conseguenze negative sull'economia turistica dell'intera zona che oggi richiama 10 milioni di presenze annue, nonché sul relativo indotto nei comparti del commercio, produzione alimentare, manifatturiera ed altri;
il progetto, nella sua attuale localizzazione, comporta la distruzione irreversibile di oltre il 20 per cento dei vigneti Lugana DOC, tali vigneti non possono essere ripiantati in altre zone adiacenti, sia per il clima, sia per la peculiarità del suolo, costituito da una particolare placca argillosa che si estende per soli 850 ettari ed ha limiti molto precisi; inoltre, il decremento della produzione vinicola salirebbe ad oltre il 30 per cento per tutto il periodo della cantierizzazione;
il progetto comporta inoltre l'eliminazione di numerose aziende agricole, manifatturiere, commerciali, turistiche e agrituristiche, nonché l'eliminazione di edifici residenziali, e di alcune cascine storiche dell'800;
i cittadini locali propongono un tracciato alternativo di pari lunghezza, posto a sud dell'emiciclo morenico, che eviterebbe gli impatti sul territorio agricolo di alto pregio, lascerebbe integro il paesaggio e l'idrogeologia della zona, evitando il degrado del turismo, dell'agricoltura e della produttività generale del territorio, e riducendo i costi dell'opera di circa 8-12 volte rispetto a quelli del tracciato proposto nel progetto preliminare;
un tracciato posto a sud dell'emiciclo morenico permetterebbe quindi di realizzare il tratto gardesano della ferrovia AV nel modo più semplice e razionale, con costi e problemi assai minori rispetto al tracciato approvato nel progetto preliminare, senza gallerie ed opere particolari, seguendo un percorso parallelo a quello già previsto,

impegna il Governo

in vista della prosecuzione dell'iter di approvazione della tratta AV/AC Brescia-Verona, ad adottare le opportune iniziative per promuovere un tavolo d'incontro tra le amministrazioni dello Stato, le regioni Lombardia e Veneto e gli enti locali interessati, per poter rivedere il tracciato dell'opera come approvato dal CIPE in linea di progettazione preliminare con delibera n. 120 del 2003, valutando la possibilità di spostare il tracciato a sud dell'emiciclo morenico, allo scopo di poter salvaguardare la costa del Garda, i suoi colli, i suoi vigneti, il suo paesaggio e l'economia generale del territorio, con particolare riguardo al turismo e alla produzione vinicola di elevata qualità e specificità.
(7-00329)
«Montagnoli, Alessandri, Negro, Fogliardi, Ferrari».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Ennio Petricca risiede a Montelibretti (Roma), paese della Sabina romana ove svolge attività di agricoltore regolarmente dichiarata presso gli organi competenti, inoltre percepisce pensione di invalidità essendo stato riconosciuto invalido dal 1997 in quanto affetto da grave zoppìa e altre gravi patologie;
nonostante la sua invalidità, il signor Petricca potrebbe condurre una vita tranquilla ed accettabile se solo i suoi rapporti con il comandante dei carabinieri insediatosi nella stazione di Montelibretti non avessero assunto, nel corso del tempo, aspetti piuttosto inquietanti a causa degli atteggiamenti prevaricatori e delle condotte persecutorie poste in essere nei suoi confronti dal maresciallo Pasquale Fariello e da alcuni suoi sottoposti;
la vera e propria persecuzione alla quale è sottoposto da anni l'agricoltore Ennio Petricca ad opera dei carabinieri, costringe l'agricoltore di Montelibretti a vivere nella paura e nel terrore, oltre ad averlo costretto a spendere tempe e denaro per contrastare in sede giudiziaria le numerose accuse menzognere che i rappresentanti delle forze dell'ordine hanno sistematicamente elevato nei suoi confronti;
agli atti esistono circa venti sentenze, emesse dalle più diverse autorità giudiziarie, che assolvono il signor Petricca dalle accuse mosse nei suoi confronti da carabinieri di Montelibretti durante l'insediamento del maresciallo Pasquale Fariello. Peraltro alcune di queste sentenze non mancano di porre in luce il rapporto personale estremamente conflittuale tra il maresciallo e l'agricoltore nonché l'assoluta non credibilità di talune ricostruzioni e prospettazioni messe a verbale proprio dai carabinieri;
il primo episodio di una lunga serie di atti persecutori consumatisi ai danni del signor Petricca avvenne nella tarda notte del 5 novembre 1999, allorquando l'agricoltore e la sua anziana madre furono svegliati nel cuore della notte dal maresciallo Fariello il quale, senza motivo alcuno, pretendeva di entrare all'interno dell'abitazione dell'uomo. Di fronte all'insolito atteggiamento del maresciallo, il signor Petricca chiamò il proprio avvocato che, giunto sul posto, constatò l'inesistenza di motivi tali da giustificare una visita in piena notte da parte delle forze dell'ordine. Il rappresentante dei carabinieri giustificò il suo operato sostenendo che quella sera il signor Petricca, affacciatosi alla finestra, aveva insultato i carabinieri mentre stavano passando fuori di casa sua per un normale servizio, senza specificare alcunché circa il motivo per cui le forze dell'ordine stessero percorrendo una strada privata di proprietà di un cittadino incensurato. In seguito alla denuncia del maresciallo, Petricca venne tratto a giudizio, ma nel corso del procedimento penale il maresciallo non si presentò mai a testimoniare sicché, di rinvio in rinvio, il processo giunse a prescrizione;
successivamente, precisamente in data 21 marzo 2000, mentre il signor Petricca, in quell'occasione accompagnato dal signor Mancini, stava collaborando ad una raccolta firme per protestare contro l'operato del nuovo comandante della stazione dei carabinieri di Montelibretti in relazione ad alcuni presunti episodi di abusi commessi da quest'ultimo in danno di minori e portatori di handicap, venne preso con la forza, presumibilmente su ordine del maresciallo Fariello, e, privato del bastone canadese col quale si reggeva,

trascinato a forza all'interno della caserma dei carabinieri. Dopodiché l'uomo venne fatto oggetto di violenze fisiche e morali, come peraltro si evince da numerose fotografie datate nonché dai referti di due distinti medici assegnati presso il carcere di Regina Coeli, luogo dove il signor Petricca venne condotto con l'accusa di resistenza, minacce e lesioni a pubblico ufficiale. Sull'episodio esiste un'audiocassetta con la quale il signor Mancini, all'insaputa degli appartenenti alle forze dell'ordine, registrò le concitate fasi dell'arresto è del conseguente trattenimento in caserma del suo amico; nel predetto nastro, trascritto nel corso del processo mediante perizia giurata, si possono ascoltare le voci dei carabinieri Angelo Semeraro e Catello Esposito che, riferendosi ai fatti in questione, ammettono, contrariamente a quanto dichiarato nel verbale di arresto e nel referto medico dal carabiniere Semeraro, che il signor Petricca fu trascinato a forza nella caserma e che lo stesso non ha mai colpito nessun pubblico ufficiale. Non a caso la corte di appello di Roma, sezione I, assolse definitivamente l'imputato dalle accuse mosse nei suoi confronti dai carabinieri di Montelibretti con sentenza n. 7665/06 emessa in data 11 dicembre 2006;
vero è che la sera del 21 marzo 2000, quando il signor Petricca fu fermato in piazza della Chiesa Nuova, i carabinieri Semeraro e Desogus gli contestarono una inesistente irregolarità della sua autovettura (peraltro perfettamente in regola), dopodiché lo invitarono a seguirlo in caserma. Agli atti, però, gli stessi carabinieri dichiararono che l'uomo fosse ubriaco, ma allora non si capisce perché lo abbiano invitato a seguirli in caserma con la sua autovettura. E comunque il signor Petricca venne assolto anche dalla accusa di ubriachezza dal giudice del tribunale monocratico di Roma, dottoressa Carla Santese, con sentenza del 2 novembre 2004 (procedimento penale n. 38516/00 R.G.N.R.);
come prima ricordato, accusando il signor Petricca di minacce, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, il maresciallo Fariello ottenne la traduzione dell'uomo dalla caserma al carcere. Dopo che il giudice della cautela concesse all'indagato gli arresti domiciliari, il maresciallo Fariello e i suoi sottoposti cercarono in ogni modo di farlo tornare in carcere denunciando per ben due volte il signor Petricca di evasione (denuncia del 31 marzo 2000 e del 15 aprile 2000). Anche in queste due circostanze il giudice per le indagini preliminari decise di non procedere contro il signor Petricca ritenendo non fondate le accuse dei carabinieri come si evince dalla lettura del decreto di archiviazione depositato il 15 giugno 2001 dalla dottoressa Iannini e del decreto di archiviazione depositato il 13 marzo 2001 dal dottor Trivellini. Peraltro, in occasione della prima denuncia di evasione, e precisamente nella relazione del giorno 1o aprile 2006 inviata al magistrato, i carabinieri scrissero testualmente che il detenuto agli arresti domiciliari «sarebbe evaso o stava per evadere con la Passat del suo amico Fratini Francesco che aveva ancora il motore acceso»; accusa palesemente falsa atteso che, come venne appurato in seguito, il signor Fratini all'epoca non possedeva più l'autovettura Passat, che infatti si trovava ferma con il motore fuso nell'autofficina «Sifacar». A causa di questa accusa poi rivelatasi infondata, il signor Petricca venne arrestato e ammanettato coram populo nella piazza principale del paese, mentre si trovava a colloquio con il sindaco Pasqualino Imperi;
un ulteriore episodio si verificò in data 11 luglio 2000 allorquando il signor Petricca, nel mentre sedeva nella piazza del suo paese, venne avvicinato da due carabinieri i quali gli intimarono di seguirlo in caserma e di esibire i documenti di identificazione, tutto ciò nonostante l'uomo fosse persona già conosciuta alle forze dell'ordine dati i due precedenti arresti e le cinque denunce fatte dai militari nei suoi confronti nelle settimane precedenti. Fingendo di andare a prendere la carta di identità in macchina, il signor Petricca, avendo il sospetto che lo stessero portando in caserma con l'inganno e, quindi, temendo per sua incolumità (attesa

la violenza subita dallo stesso in passato all'interno della stazione dei carabinieri di Montelibretti), si diede alla fuga. Su questo episodio è stato aperto un procedimento penale a carico del signor Petricca, nel corso del quale sono stati sentiti tre testimoni che hanno smentito la versione fornita dai due carabinieri. Il procedimento non è ancora giunto a sentenza;
successivamente, in data 3 novembre 2000, due carabinieri si avvicinarono al signor Petricca, in quel momento intento a colloquiare con alcuni compaesani davanti al bar della piazza principale del paese, con l'intenzione di multarlo atteso che lo stesso aveva parcheggiato in modo illegittimo la sua autovettura. Al che l'uomo invitò gli operanti ad attivarsi in modo da spostare una vettura che senza diritto si trovava parcheggiata sullo spazio riservato ai disabili dove lui aveva il permesso di sostare. I carabinieri ignorarono il predetto invito, sicché il signor Petricca salì in macchina al fine di allontanarsi dal posto in cui si trovava e, soprattutto, senza avere la benché minima intenzione di seguire i carabinieri in caserma, luogo all'interno del quale pochi mesi prima aveva subito pesanti violenze ed umiliazioni. A questo punto il maresciallo cercò di strappargli le chiavi dal cruscotto ed il signor Petricca, nel tentativo di divincolarsi dall'aggressione, riportò alcune ferite poi curate presso il pronto soccorso di Tivoli dal quale venne rilasciato con un referto contenente «anamnesi obiettiva». Anche per questo accadimento il signor Petricca venne accusato di ingiuria, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale; accuse ritenute non veritiere ed assolutamente infondate come può evincersi dalle motivazioni della sentenza assolutoria emessa dal tribunale di Tivoli, giudice dottoressa Antonella Capri, passata in giudicato il 30 giugno 2006 (R.G.N.R. 65458/00);
in data 8 novembre 2001 il signor Ennio Petricca viene nuovamente denunciato dai carabinieri di Montelibretti per i reati di cui agli articoli 99, comma 4, 336 e 594 del codice penale. In questa circostanza, però, non è il maresciallo Fariello a muovere le predette accuse, ma i suoi sottoposti, carabinieri Angelo Semeraro e Massimiliano Cozzi. Il signor Petricca è stato assolto anche da queste imputazioni dal tribunale di Tivoli, giudice dottor Bucca, il quale nelle motivazioni della sentenza scrive testualmente che i carabinieri accusatori sono infedeli rappresentatori degli accadimenti (sentenza passata in giudicato il 31 maggio 2004, R.G.N.R. 101/04);
il 7 maggio 2002 i carabinieri Cozzi e Loreti, sottoposti del maresciallo Fariello, denunciano per l'ennesima volta il signor Ennio Petricca; in questa circostanza lo accusano addirittura di aver tentato di investire il carabiniere Cozzi durante una presunta forzatura di un posto di blocco (sul punto si rimanda a quanto dichiarato dagli operanti nei verbali n. 2238358 e 2238359); in particolare i due carabinieri scrivono quanto segue: «Petricca Ennio coinvolto in un incidente stradale con danni alle persone non ottemperava l'obbligo dell'ALT dandosi alla fuga». La predetta accusa si rivela ben presto assolutamente falsa ed inventata atteso che proprio quel giorno, nell'orario precisato nei due distinti verbali, il signor Petricca si trovava all'interno della caserma dei carabinieri di Monterotondo seduto davanti al maresciallo Graziano che in quel momento gli stava notificando un atto giudiziario. Il maresciallo Graziano, sentito a sommarie informazioni dal pubblico ministero, ha confermato la versione del signor Petricca, di tal che il giudice per le indagini preliminari, dottor Tamburelli, ha archiviato con decreto la denuncia dei carabinieri Cozzi e Loreti (R.G. G.I.P. 1004/03 - decreto di archiviazione del 29 maggio 2003). E con questa siamo giunti a ben cinque sentenze di assoluzione e a due decreti di archiviazione; tutti provvedimenti con i quali l'autorità giudiziaria ha ritenuto essere assolutamente non veritiere le ricostruzioni dei fatti e le conseguenti denunce fatte in danno del signor Petricca dai carabinieri di Montelibretti;
in data 20 settembre 2004 i carabinieri Angelo Semeraro e Massimiliano De

Santis si avvicinano al signor Petricca, in quel momento seduto sulla pubblica piazza, chiedendogli i documenti del motorino, documenti a loro già noti per averli chiesti in più di una circostanza sempre al medesimo signor Petricca. Al che quest'ultimo protestò dicendo che il motorino era parcheggiato correttamente e che quindi non capiva il motivo di tanto accanimento nei suoi confronti; sicché i due militari gli chiesero di seguirlo in caserma e, a fronte del rifiuto dell'uomo, lo presero con la forza, lo ammanettarono e lo trascinarono all'interno della loro autovettura. Anche su questa vicenda i testimoni presenti al fatto ed escussi poi in dibattimento hanno riferito che il signor Petricca, persona disabile e gravemente malata, fu vittima di una deliberata azione provocatoria, di una violenta aggressione e del conseguente illegittimo arresto operato da parte dei carabinieri di Montelibretti. A causa di questi fatti il Petricca venne accusato nuovamente dai carabinieri di minacce, ingiurie e resistenza a pubblico ufficiale; accuse dalla quale venne per l'ennesima volta assolto in data 25 ottobre 2006 dal tribunale di Tivoli, giudice dottor Fabrizio Gentili (sentenza n. 446/06). Peraltro il medesimo giudice, dottor Gentili, allora presidente del tribunale penale di Tivoli, ha assolto il signor Petricca anche da un'accusa di evasione originata dall'ennesimo rapporto dei carabinieri di Montelibretti (sentenza n. 448/05 del 30 novembre 2005);
il maresciallo Fariello ha denunciato Ennio Petricca pure per diffamazione che, a suo dire, sarebbe stata commessa da quest'ultimo durante una manifestazione di raccolta firme organizzata dai cittadini di Montelibretti in data 23 marzo 2000 per protestare contro alcuni dubbi atteggiamenti messi in atto proprio dal maresciallo. Anche la denuncia di diffamazione è stata archiviata dal giudice per le indagini preliminari di Tivoli, dottor Tamburelli, in data 7 luglio 2005 (procedimento n. 1579/02 R.G.N.R.); decreto di archiviazione emesso nonostante l'opposizione formulata dal rappresentante delle forze dell'ordine; oltre a tutti i citati provvedimenti giudiziari, con i quali l'autorità giudiziaria ha sempre smentito la ricostruzione dei fatti operata dai carabinieri, in primis dal maresciallo Fariello, occorre citare anche una decina di sentenze emesse dal giudice di pace, dottor Leofreddi e dottor Buonfiglio, con i quali sono stati puntualmente accolti i ricorsi presentati dal signor Petricca in ordine ai verbali accusatori elevati contro di lui dai carabinieri;
in tre occasioni, inoltre, sempre i carabinieri di Montelibretti hanno accusato Ennio Petricca di guidare in stato di ebbrezza violando l'articolo 186 del codice della strada (la prima denuncia è del 21 marzo 2000, la seconda del 4 novembre 2000 con rapporto n. 4852/131-1 alla prefettura di Roma; la terza del 27 settembre 2006 con rapporto 5440375 U.T.G. al Ministero dei trasporti). In tutti e tre i casi i verbali dei carabinieri sono stati totalmente annullati dall'autorità giudiziaria: il primo con sentenza emessa dal tribunale di Roma, giudice dottor Capri, in data 22 novembre 2004; il secondo emessa dalla medesima autorità giudiziaria in data 12 ottobre 2006, il terzo con sentenza n. 4904 del 17 maggio 2004 emessa dal giudice di pace, dottor Buonfiglio;
alla luce delle sentenze assolutorie citate, la questura di Roma, che nel frattempo, su richiesta dei carabinieri di Montelibretti, aveva emesso due diffide orali di sorveglianza a carico del signor Petricca, revocava i detti provvedimenti in data 7 febbraio 2006;
sulla base di un decreto penale di condanna con il quale il signor Petricca veniva condannato per averlo diffamato, il maresciallo Fariello ha ottenuto che in sede civile dell'agricoltore venisse condannato a corrispondergli 59.000 euro a titolo di danni non patrimoniali. La predetta sentenza è stata impugnata dal signor Petricca;
la volontà persecutoria del maresciallo Fariello ai danni del signor Petricca è altresì dimostrata dalle numerose relazioni di servizio nelle quali il rappresentante delle forze dell'ordine descrive il

malcapitato Petricca come una persona che: a) non ha mai svolto l'attività di agricoltore; b) fa parte della criminalità organizzata; c) è persona violenta e capace di ogni delitto; d) è dedita alla frequentazione di pregiudicati, nonché al commercio di droga e diamanti. Al contrario, è di palmare evidenza che il signor Petricca, oltre ad avere una partita IVA e a versare puntualmente i contributi INPS dal 1980, da vent'anni rifornisce di frutta i mercati generali e la distribuzione Conad, avendo proprio su questo acquisito attestati di fornitore ufficiale dallo stesso direttore generale degli ortofrutticoli Conad perlomeno fin dal 1989. Peraltro: a) non esiste alcun riscontro né indizio documentale, probatorio o investigativo dal quale poter inferire l'esistenza della criminalità organizzata nel territorio di Montelibretti; b) le affermazioni del maresciallo Fariello circa la natura violenta e criminale del Petricca non hanno ad avviso degli interroganti alcun aggancio con la realtà e sono pertanto gravemente diffamatorie;
in un'altra occasione, precisamente in data 26 febbraio 2002 i carabinieri contestarono al signor Petricca la violazione dell'articolo 180, commi 1 e 7, perché momentaneamente sprovvisto di patente di guida, e tutto ciò nonostante l'uomo si trovasse in quel momento all'interno della Banca di Roma e la sua autovettura fosse chiusa e regolarmente parcheggiata sulla pubblica via; il che dimostra per l'ennesima volta l'assoluta pretestuosità ed arbitrarietà dell'atteggiamento degli appartenenti all'Arma dei carabinieri;
in una circostanza il maresciallo Fariello ha scritto a verbale che il signor Ennio Petricca avrebbe minacciato il concittadino Luigi Alesi, ma quest'ultimo, con una successiva dichiarazione da lui sottoscritta, ha smentito categoricamente anche questa ricostruzione dei fatti;
nel corso di una udienza davanti al giudice di pace, dottor Buonfiglio, precisamente in data 20 aprile 2006, il signor Romano Zozzi ha dichiarato testualmente: «Ribadisco che le dichiarazioni che avrei fatto nei confronti del signor Petricca e che sono state riportate nel verbale, non sono state da me dette, ma sono state scritte ed inventate dai carabinieri»;
la signora Vilma Vera, anch'essa cittadina di Montelibretti, di professione insegnante, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Tivoli accusando i carabinieri di averle usato violenza facendola scendere di peso dalla macchina mentre, in compagnia del parroco di Montelibretti, Don Antonio Marghottini, si stava recando a visitare la madre paralizzata del suo amico Petricca. Nella denuncia la donna scrive che nell'occasione il maresciallo Fariello le avrebbe detto, testualmente: «come fa una bella ragazza come te a portare in regalo un profumo a uno storpio come Ennio Petricca»;
sottolineato infine che: a) la vera e propria persecuzione alla quale è sottoposto il signor Ennio Petricca ha lasciato talmente perplessi ed indignati gli stessi cittadini di Montelibretti al punto che numerosi quotidiani locali si sono occupati, nel corso degli anni, della vicenda; b) Ennio Petricca ha sporto diverse denunzie nei confronti del maresciallo Fariello; sul punto attualmente esiste un procedimento pendente in fase di indagini preliminari assegnato al pubblico ministero presso la procura di Tivoli, dottoressa Fazi -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
se non si ritenga di accertare, mediante ispezioni ministeriali e/o l'apertura di una indagine amministrativa interna, se nell'operato dei carabinieri della stazione di Montelibretti, e, in particolare, del maresciallo Pasquale Fariello, non siano ravvisabili estremi di rilevanza disciplinare riconducibili ad un ingiustificato atteggiamento persecutorio perpetrato dagli stessi nei confronti del cittadino Ennio Petricca;
in particolare come intendano intervenire e quali provvedimenti intendano

adottare nei confronti dei carabinieri indicati in premessa, visti gli innegabili riscontri, rappresentati anche da atti e provvedimenti giudiziari, che testimoniano come le numerose denunce presentate nel corso degli anni dai militari della stazione di Montelibretti nei confronti del signor Ennio Petricca siano state ritenute come non fondate dall'autorità giudiziaria.
(4-07110)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il numero degli internati presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari è progressivamente aumentato negli ultimi anni, con un esponenziale accrescimento di carica di violenza addizionale, a causa della gestione prevalentemente carceraria dell'istituto. Secondo i dati aggiornati al 31 marzo 2010 i presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari del Paese sono 1.565 internati;
ed ancor più drammatico è che confluiscano nello stesso istituto situazioni variegate, tanto sul piano psichiatrico che giuridico: sono infatti destinati a convivere, sotto il primo profilo, sia persone con infermità mentale, piena o scemata, sia tossicodipendenti o alcolisti, sia persone con deficienza psichica e, sotto il profilo della posizione giuridica sono presenti negli ospedali psichiatrici giudiziari, oltre ai prosciolti per vizio totale o parziale di mente e dichiarati socialmente pericolosi, i soggetti in osservazione psichiatrica con condanne definitive o con processi in corso, coloro cui sono applicate le misure di sicurezza ai sensi dell'articolo 206 codice penale e chi si trova, ai sensi degli articoli 148 codice penale o 212 codice penale, in esecuzione della pena o di misura di sicurezza detentiva (contro soggetti imputabili) cui sia sopravvenuta una infermità mentale;
le denunce degli operatori di settore sulla realtà degli ospedali psichiatrici giudiziari non si limitano al sovraffollamento, ma riguardano anche la mancanza di adeguato personale (sia numericamente che qualitativamente), il che impedisce di fatto il possibile svolgimento di attività ricreative-socializzanti-riabilitative per gli internati; la mancanza di risorse economiche, che rende difficoltoso non solo il reperimento di materiale logistico (sedie, tavoli, abbigliamento, ed altro), ma anche dei farmaci specifici necessari per la continuità della terapia;
sempre maggiori perplessità suscita il presupposto di applicazione degli ospedali psichiatrici giudiziari, la pericolosità sociale dell'autore di reato infermo, per la sua ascientificità, tanto che se ne auspica una ridefinizione ovvero l'abbandono per l'applicazione delle misure di sicurezza a favore di altri presupposti, come, ad esempio, quello del «bisogno di trattamento o di cura» sul quale convergono molti consensi;
da tempo la Corte costituzionale ha manifestato il proprio dissenso circa il trattamento penale riservato agli autori di reato infermi di mente arrivando a segnalare l'esigenza di una «attenta revisione» dell'intera disciplina dell'applicazione delle misure di sicurezza e, ancor più drasticamente, dichiarando con la sentenza n. 253 del 2003 l'illegittimità dell'articolo 222 codice penale (ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario) e con la n. 367 del 2004 dell'articolo 206 codice penale (applicazione provvisoria delle misure di sicurezza) nella parte in cui non consentivano al giudice di adottare, nei riguardi del soggetto prosciolto per infermità psichica e giudicato socialmente pericoloso, in luogo del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, tra quelle previste dalla legge, «idonea a soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura dell'infermo di mente con quelle di controllo della sua pericolosità sociale»;
le suddette indicazioni della Corte costituzionale possono essere attuate pienamente solo con la predisposizione di un

quadro variegato di risposte sanzionatorie a secondo degli effetti prodotti dalle diverse tipologie di disturbi poiché la soluzione attualmente possibile del ricorso alla libertà vigilata in alternativa all'ospedale psichiatrico giudiziario (che la Corte ha indicato per necessità esemplificativa, non avendo la competenza di provvedere direttamente alla individuazione di una misura apposita) è ancora modesta e foriera di difficoltà applicative;
da un analisi delle soluzioni sanzionatorie adottate negli altri Paesi i migliori risultati in termini di efficienza ed efficacia (anche sotto il profilo dell'attenuazione del recidivismo) si riscontrano laddove l'abrogazione degli ospedali psichiatrici giudiziari è avvenuta tramite l'avvio di una politica psichiatrica territoriale basata sulla presenza diffusa delle strutture assistenziali, senza rinunciare al controllo giurisdizionale;
le linee di una riforma del settore sono state ben delineate, da ultimo, negli articoli 21 e 22 del progetto per un nuovo codice penale elaborato dalla Commissione parlamentare presieduta dall'onorevole Pisapia. Si tratta di una proposta che risponde adeguatamente al problema delle misure di sicurezza applicate ai cosiddetti «folli rei» rinviando a percorsi trattamentali e riabilitativi che partono dalla considerazione dei bisogni dell'uomo malato la cui presa in carico intelligente e la cui gestione in ambiti idonei alla cura ed al recupero sociale possono effettivamente promuovere il riscatto a fronte del reato commesso e, all'un tempo, garantire la sicurezza sociale;
una seria spinta in questa direzione è costituita dal già vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008: (Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008), entrato in vigore il 14 giugno 2008, che sancisce il passaggio della funzione sanitaria in tutti gli Istituti penitenziari (adulti e minori e OPG) dal Ministero della giustizia a quello della salute, ma che ha come obiettivo finale il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari;
l'attuazione concreta delle disposizioni contenute nel suddetto decreto, che avrebbero dovuto quantomeno migliorare le condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari in attesa del loro definitivo superamento è lungi dall'essere realizzata. Ancora più grave è la situazione dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto per il mancato recepimento del menzionato decreto del 1o aprile 2008 da parte della regione Sicilia;
la realizzazione del modello di trattamento sanzionatorio auspicato per gli infermi di mente autori di reato necessita di una dotazione finanziaria adeguata affinché l'eventuale nuova legislazione non rimanga solo simbolica -:
quali misure di carattere generale e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di ottenere un migliore contemperamento tra istanze di difesa sociale e l'insopprimibile garanzia del diritto alla salute e del rispetto della dignità dell'uomo.
(4-07117)

CIOCCHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 120 del 3 agosto 2007, sul cui articolo 2 si registrò un'ampia convergenza politica, ha definitivamente chiarito lo status giuridico dei dirigenti medici del Ministero della salute ribadendo e sancendo il loro inquadramento nel ruolo della dirigenza del Ministero stesso, in distinta sezione. Ciò per distinguerli da quelli amministrativi, data la diversità delle loro competenze;
tale legge, però, oltre a non essere applicata, viene utilizzata quale elemento discriminante e dequalificante della dirigenza medica rispetto alla dirigenza amministrativa: i dirigenti delle professionalità sanitarie, pur percependo lo stesso stipendio tabellare della seconda fascia dirigenziale amministrativa dello Stato,

vengono relegati in una sorta di «terza fascia dirigenziale», non prevista da alcuna norma;
a ciò si aggiunga che a tali dirigenti sanitari viene preclusa la possibilità di accedere agli incarichi dirigenziali di funzione e di consulenza studio e ricerca, previsti in organico, che si rendono vacanti. Questa preclusione comporta la prassi, ormai consolidata, che tali posizioni di carattere squisitamente sanitario vengano ricoperte attraverso l'istituto dell'interim, che ha invece carattere di eccezionalità, da dirigenti amministrativi già titolari di altro incarico;
la condizione di estremo disagio della dirigenza sanitaria è maggiormente aggravata dal fatto che presso il Ministero della salute non è stato, a tutt'oggi, istituito il ruolo della dirigenza sanitaria medica, disattendendo la legge n. 15 del 2009 laddove ribadisce che in ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sia istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima (ora inesistente) e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire l'eventuale specificità tecnica;
ciò che tutti i dirigenti medici sanitari auspicano, dunque, è la piena applicazione delle norme vigenti nonché la pronta attuazione della parte normativa del contratto collettivo nazionale del lavoro dirigenza area 1 recentemente sottoscritto con l'accesso dei dirigenti delle professionalità sanitarie agli incarichi dirigenziali di seconda fascia resisi vacanti, salvo completare la tabella con le funzioni della prima fascia, soluzione, quest'ultima, che non comporta alcun onere aggiuntivo per lo Stato posto che la struttura stipendiale dei dirigenti delle professionalità sanitarie è già identica a quella dei dirigenti di seconda fascia nella parte che riguarda il tabellare e che gli incrementi, derivanti dall'attribuzione di incarichi dirigenziali ai dirigenti delle professionalità sanitarie, saranno a carico del Fondo unico della dirigenza presso il Ministro della salute -:
quali iniziative e provvedimenti concreti, nell'ambito delle loro competenze, intendano adottare per garantire ai dirigenti medici del Ministero della salute dignità e funzionalità come previsto dalla normativa vigente.
(4-07118)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Apcom del 3 maggio 2010, lo Stato spende circa 38 milioni di euro ogni anno come riparazione verso i cittadini vittime di ingiusta detenzione o errori giudiziari;
il dato viene fuori da un'inchiesta pubblicata sul numero di maggio del mensile free press pocket, diretto da Daniele Quinzi. Dal 2001 ad oggi la cifra erogata complessivamente è di 383 milioni di euro, con il dato relativo al 2010 ovviamente ancora parziale. Nel frattempo circa il 50 per cento degli oltre 66mila detenuti è composto da presunti innocenti. Sono infatti 15.241 i detenuti in attesa di primo giudizio, 8.182 quelli in attesa della sentenza d'appello, 5.011 i ricorrenti e 1.750 gli «imputati misti», vale a dire detenuti in attesa di primo giudizio che sono anche appellanti, o ricorrenti, per altri fatti a loro carico, o ricorrenti che sono anche appellanti, in ogni caso senza nessuna condanna definitiva;
in base al nostro ordinamento giuridico, chi ha subito una ingiusta detenzione ha la possibilità di fare richiesta di equa riparazione la cui entità, calcolata in 235,82 euro per ogni giorno di detenzione, non può eccedere i 516.456,90 euro, l'equivalente del vecchio miliardo di lire. Chi invece è vittima di errore giudiziario, ossia chi dopo i tre gradi di giudizio viene

prosciolto a seguito di un processo di revisione, può reclamare un indennizzo maggiore;
il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione sulle carceri presentata dalla prima firmataria del presente atto e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento;
la mozione approvata prevede, tra l'altro, alla lettera a), la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;
appare importante, ai fini della valutazione del lavoro della magistratura, conoscere il trend delle azioni promosse da cittadini italiani e stranieri per ottenere il risarcimento del danno da ingiusta detenzione;
è interessante conoscere i dati delle domande presentate dal 2005 al 2009 ed i dati delle domande accolte -:
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare al fine di ridurre i tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, ed il conseguente potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
quante domande di risarcimento del danno per ingiusta detenzione siano state presentate rispettivamente negli anni 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009;
quante di tali domande siano state accolte;
se, in ragione delle motivazioni delle sentenze di accoglimento delle domande, siano state avviate, per i casi più clamorosi, azioni disciplinari nei confronti dei magistrati responsabili.
(4-07121)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella sua ultima relazione concernente l'anno 2009, recentemente pubblicata, il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, organo al quale la convenzione di Roma affida il controllo della corretta e tempestiva esecuzione delle sentenze emanate dalla Corte di Strasburgo, dopo aver richiamato le numerose risoluzioni indirizzate all'Italia fin dal 1997 e aver passato in rassegna le misure adottate dal nostro Paese al fine di risolvere il problema dell'eccessiva durata dei processi, è giunto alla conclusione che il nostro Paese, «nonostante una lunga serie di riforme, l'aumento di risorse e gli sforzi volti ad istituire un rimedio efficace e a risolvere i casi pendenti più antichi, ha dimostrato l'esistenza di un problema strutturale riguardo alla eccessiva durata dei processi che rimane ancora da risolvere»;
in sostanza per il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, la situazione in cui versa il nostro Paese con riferimento alla durata dei processi non presenta ancora un sostanziale miglioramento rispetto alle carenze strutturali che sono alla base dei ritardi che caratterizzano l'amministrazione della giustizia civile, penale e amministrativa;
a causa della lentezza dei processi, l'Italia continua ad accumulare una serie impressionante di condanne in sede europea, condanne che comportano il pagamento di decine di migliaia di euro a centinaia di cittadini;
le carenze strutturali del nostro sistema giudiziario continuano quindi a costituire motivo di preoccupazione della

Corte europea e di altre istituzioni internazionali che hanno come compito il controllo della corretta attuazione di strumenti internazionali sulla protezione dei diritti fondamentali della persona;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, la pressione internazionale ha finora condotto solo a misure che non sono riuscite a risolvere i problemi della lentezza dei nostri processi nella loro dimensione strutturale;
il diritto a un processo equo in tempi ragionevoli è un diritto di tutti i cittadini che, in uno Stato di diritto, lo Stato deve assicurare indipendentemente dagli obblighi internazionali -:
quali misure il Governo intenda adottare, considerata la gravità della situazione, per ottemperare a quanto indicato dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa nella recente risoluzione del marzo 2009 con particolare riferimento all'annoso problema della eccessiva durata delle procedure giudiziarie in campo civile, penale e amministrativo.
(4-07122)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 4 febbraio 2010 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la «Convenzione monetaria tra l'Unione europea e lo Stato della Città del Vaticano (2010/C 28/05)» che all'articolo 5 recita:
«1. Le monete in euro emesse dallo Stato della Città del Vaticano sono coniate dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato della Repubblica italiana» -:
se l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato della Repubblica italiana percepisca un compenso e, in caso affermativo, quale ne sia l'entità e, se non lo percepisce, quali siano le disposizioni di legge che permettono di coniare le monete a titolo gratuito.
(4-07124)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 4 febbraio 2010 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la «Convenzione monetaria tra l'Unione europea e lo Stato della Città del Vaticano (2010/C 28/05)» che al considerando 7 recita:
viene istituito un comitato misto composto da rappresentanti dello Stato della Città del Vaticano, della Repubblica italiana, della Commissione e della BCE con il compito di esaminare l'applicazione della presente convenzione, decidere il massimale annuo per le emissioni di monete, esaminare l'adeguatezza della proporzione minima di monete da introdurre al valore facciale e valutare le misure adottate dallo Stato della Città del Vaticano per l'attuazione della normativa UE in materia -:
se il Comitato sia stato costituito e in caso affermativo chi siano i membri;
con quali criteri siano stati o saranno scelti i membri italiani;
se siano previsti oneri a carico dello Stato e in caso affermativo quale sia l'entità dei medesimi.
(4-07125)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 4 febbraio 2010 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la «Convenzione monetaria tra l'Unione europea e lo Stato della Città dei Vaticano (2010/C 28/05)» che all'articolo 9 recita: Gli istituti finanziari aventi sede nello Stato della Città del Vaticano possono avere accesso ai sistemi di regolamento interbancario e ai sistemi di pagamento e di regolamento dell'area euro a condizioni

adeguate fissate dalla Banca d'Italia, in accordo con la Banca centrale europea -:
se risulti al Governo quali siano gli istituti finanziari aventi sede nello Stato Città del Vaticano che si avvalgono della facoltà di cui in premessa e quali siano in concreto le modalità con le quali accedono ai sistemi di regolamento interbancario.
(4-07141)

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
le azioni di Governo compiute negli ultimi anni sulla rete diplomatico-consolare sia in termini di attribuzione di risorse finanziarie che di adozione di soluzioni organizzative, sono ad avviso degli interpellanti in evidente contraddizione con l'esigenza di renderla più estesa e moderna al fine di consentire al Paese di competere adeguatamente a livello globale;
questa divaricazione si evidenzia sia sul piano degli interventi riguardanti la presenza decentrata del Ministero degli esteri che su quello relativo a strumenti promozionali non meno importanti, quali gli istituti di cultura, le scuole e i corsi di lingua e cultura italiana all'estero, l'ICE e le camere di commercio;
in applicazione della legge finanziaria per il 2007 (n. 296 del 2006, articolo 1, comma 404) è stato avviato e realizzato un percorso di «razionalizzazione», articolato in tre fasi successive, che ha comportato nel recente passato una drastica contrazione della rete diplomatico-consolare;
il Ministero degli affari esteri, al di fuori di ogni prescrizione normativa, ha avviato una quarta fase di riduzione della presenza all'estero dell'amministrazione dello Stato italiano che prevede, tra la fine del 2009 e l'inizio del 2011, la chiusura di diciotto sedi consolari (tredici in Europa, due negli Stati Uniti, due in Australia, uno in Sudafrica), con prevedibili conseguenze negative per l'accesso ai servizi da parte delle comunità italiane e per le condizioni logistiche di lavoro del personale assunto in loco;
l'Amministrazione ha accompagnato questa quarta fase di «razionalizzazione» con un piano di riduzione dei costi ammontante a otto milioni di euro, che alla prova dei fatti si è rivelato impreciso, in quanto non si sono calcolati realisticamente gli oneri di trasferimento del personale, degli archivi, nonché quelli della sistemazione logistica delle sedi riceventi e del reperimento di nuovi spazi;
sulla quarta fase la Commissione esteri della Camera dei deputati è intervenuta nel luglio del 2009 con una risoluzione (atto n. 7-00193) con la quale si impegnava in modo unanime il Governo a riconsiderare le modalità di razionalizzazione degli uffici consolari all'estero, ad applicare il processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché ad accelerare l'informatizzazione destinata al funzionamento del «consolato digitale», a verificare le modalità trasnazionali di accesso alle strutture consolari da parte dei nostri cittadini; la risoluzione impegnava, altresì, il Governo a presentare una nuova ipotesi di intervento al Parlamento e al CGIE entro il 2009;
la presentazione, da parte del sottosegretario Alfredo Mantica, della nuova ipotesi di «razionalizzazione» della rete diplomatico-consolare, avvenuta nel corso della riunione congiunta delle Commissioni esteri di Camera e Senato del giorno 23 febbraio 2010 e sostanzialmente confermata dalla Relazione di Governo al comitato di presidenza del Consiglio generale degli italiani all'estero presentata in data 26 marzo 2010, non solo non ha comportato alcuna novità rispetto al piano già respinto dalla Commissione esteri della

Camera, ma ha riaperto alcune ipotesi di chiusura che sembravano scongiurate, come quelle riguardanti i consolati di Detroit, di Philadelphia, di Brisbane, di Adelaide, di Saarbrücken e l'agenzia consolare di Mannheim. In generale non ha offerto alcun parametro obiettivo di efficienza, funzionalità gestionale e semplificazione delle procedure a sostegno delle decisioni assunte;
di fronte alle ipotesi di chiusura di consolati che finora hanno avuto un'insostituibile funzione di servizio a beneficio di consistenti comunità italiane e di promozione dell'interscambio economico-commerciale e culturale con aree di importanti Paesi, come la Germania, la Svizzera, la Francia, l'Australia e altri, si sono manifestate esplicite riserve da parte di interlocutori internazionali e manifestazioni di disponibilità a trovare soluzioni, soprattutto logistiche, capaci di evitare ulteriori costi. Di tali disponibilità non si è tenuto conto nella nuova ipotesi governativa di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare;
la comparazione tra i risparmi preventivati e i costi politici e sociali da pagare nei confronti dei nostri interlocutori internazionali e delle comunità italiane non giustifica l'insistenza sulla cosiddetta quarta fase di «razionalizzazione» e, meno ancora, il perseguimento di ulteriori tagli;
la sperimentazione nel frattempo avviata di esperienze di innovazione tecnologica, quale il «consolato digitale», pur avendo una indiscutibile valenza strategica, alla prova dei fatti non consente di recuperare in tempi idonei gli standard di servizio assicurati dalla rete esistente;
più certi e consistenti risparmi utili per una maggiore efficienza della rete diplomatico-consolare, si potrebbero realizzare riducendo i margini di spreco e le duplicazioni presenti nella struttura esistente, unificando, ad esempio, in un'unica figura di riferimento diplomatico le diverse rappresentanze operanti nella stessa sede (Bruxelles, Parigi e Vienna), integrando gli uffici amministrativi nelle stesse località, promuovendo una più estesa applicazione delle procedure di semplificazione amministrativa, razionalizzando l'assetto logistico delle nostre rappresentanze, trasformando alcuni consolati generali in agenzie consolari presso le ambasciate presenti nella stessa città, evitando, a fronte di generalizzate difficoltà finanziarie, l'aumento dell'indennità di sede per i diplomatici -:
se non intenda predisporre e presentare alle Camere in tempi rapidi un piano di reale «razionalizzazione» della rete diplomatico-consolare basato sui seguenti orientamenti: il superamento delle azioni di chiusura in corso, l'eliminazione degli sprechi, numerosi e diffusi, che persistono nella rete, l'adozione di misure di semplificazione amministrativa da tempo annunciate ma solo in piccola parte realizzate, l'accelerazione, sulla base di investimenti adeguati in termini di risorse finanziarie e umane, dei programmi di rinnovamento tecnologico capaci di far conseguire in tempi precisi e ragionevoli gli standard di efficienza necessari.
(2-00711)
«Garavini, Marchi, Nannicini, Luongo, Pisicchio, Brandolini, Ciriello, Zucchi, Vannucci, Miglioli, Sbrollini, Rampi, Fluvi, Giulietti, Porta, Brugger, Zunino, Livia Turco, Boccuzzi, Pompili, Tempestini, Calgaro, Boffa, Graziano, Cuperlo, Ginoble, Misiti, Letta, Minniti, Fiorio, Baretta, Bobba, Gozi, Bindi, Cardinale, D'Antoni, D'Incecco, Fadda, Genovese, Giacomelli, Giorgio Merlo, Meta, Piccolo, Sanga, Sarubbi, Tidei, Tullo, Razzi».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1995, nella zona Nord- Est della provincia di Lucca, in particolare, nei comuni di Capannori, Porcari ed Altopascio, in prossimità dell'ex lago di Sesto (bonifica del Padule di Bientina), si sono verificati fenomeni di crepacciamento e subsidenza, imputabili all'eccesso di prelievi da falda, sia a scopo industriale che idropotabile;
in quella zona, in effetti, insiste un importante polo cartario, oltre che alcuni campi pozzi che approvvigionano gli acquedotti dei Comuni di Capannori (campo pozzi di Paganico), Porcari, e parte del territorio della Valdinievole (PT) (campi pozzi del Pollino);
questi fenomeni, nel 1995, avevano portato l'allora competente ufficio regionale del genio civile di Lucca ad emettere un'ordinanza di riduzione di circa il 20 per cento dei prelievi industriali, che venne poi sostituita da una serie di azioni da pianificare per garantire tutti gli utilizzi senza nuocere alla falda ed al territorio;
tra gli interventi concordati con le autorità di bacino competenti del Serchio e dell'Arno, fu individuato quello di realizzare un acquedotto industriale, che si diramasse dal canale nuovo, per fornire acqua superficiale per gli usi industriali e svincolarli in questo modo, dalla falda;
gli interventi, finanziati in parte dalla regione Toscana, in parte dall'autorità di bacino, furono realizzati dal 1998 al 2000;
l'opera più importante realizzata in questa fase è il cosiddetto «Tubone» ovvero l'acquedotto industriale che, diramandosi dal canale nuovo in località Camigliano, doveva alimentare le cartiere attestandosi in località casa del lupo ove era già presente un depuratore consortile;
detta opera prevedeva di prelevare circa 500 litri al secondo dal reticolo dei canali demaniali irrigui da destinare agli utilizzi industriali; l'alimentazione di questa conduttura era individuata nell'acqua superficiale del fiume Serchio convogliata tramite il canale nuovo;
il canale nuovo è stato realizzato attorno ai primi del '900 e pertanto nel suo percorso attraversa territori che negli anni hanno subito profonde modifiche; il progetto realizzato prima del 2000 prevedeva la presa del «Tubone» dopo circa 8 chilometri dall'origine del canale nuovo. La condotta denominata Tubone doveva alimentare le grandi utenze industriali;
la pratica fu seguita dall'allora competente Provveditorato alle opere pubbliche di Lucca, che non completò l'iter autorizzativo; nel frattempo le competenze passarono alla provincia di Lucca, che diede l'opera in concessione nel 2003;
a questo punto, furono evidenziate delle inefficienze del sistema idrico scelto (condotto pubblico - canale nuovo - tubone) ovvero che nel periodo estivo la funzione irrigua del canale non era compatibile con i prelievi dell'acquedotto industriale; inoltre, da subito, si manifestò l'esigenza di una manutenzione straordinaria del canale nuovo che aveva in vari tratti la sezione fortemente interrata ed in alcuni tratti non aveva tenuta idraulica sufficiente;
a partire dal 2004, visto che il fenomeno della subsidenza permaneva, per esaminare ulteriori risposte di contrasto al fenomeno fu attivato un tavolo tecnico presso la prefettura di Lucca; si susseguirono, quindi, numerosi incontri ai quali parteciparono tutti gli enti interessati al problema (comuni, province ed autorità di bacino del Serchio e dell'Arno); da questo tavolo scaturì un primo accordo volontario

tra gli enti, poi recepito nell'accordo di programma per la tutela delle risorse idriche del Serchio e degli acquiferi della piana lucchese di Capannori e Porcari e del padule di Bientina, firmato il 28 gennaio 2006 dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Toscana, le autorità di bacino dell'Arno e del Serchio, le province di Lucca e Pisa, le ATO N.1 e N.2, 8 comuni della provincia di Lucca, l'Arpat, l'associazione industriali di Lucca, il consorzio di bonifica del Bientina, Acquapur multiservizi spa;
nell'accordo di programma transitarono le ipotesi e le possibili soluzioni già presenti nell'accordo volontario; ma non azioni definite esattamente infatti da sempre il comune di Lucca si opponeva al prolungamento dell'acquedotto esistente - «Tubone» - fino ad un punto accettabile ed idoneo, per avere una garanzia dell'alimentazione con l'acqua del condotto pubblico proveniente dal fiume Serchio;
nell'accordo furono recepiti gli impegni della provincia a fare una manutenzione straordinaria del canale nuovo per 600.000 euro (già presenti come fonti propri nell'accordo volontario) anche se la, provincia, faceva notare e da subito, l'incompatibilità di principio tra i due utilizzi, che in concorrenza tra loro nel periodo primavera-estate di ogni anno, non permettevano di avere risorse idriche sufficienti per tutti gli usi; inoltre, la provincia segnalava l'insufficiente afflusso di acqua nella parte terminale del «Tubone»;
l'accordo di programma recepì le perplessità e le criticità sollevate dalla provincia, e pertanto nell'accordo si scrisse che il Canale nuovo, durante il periodo irriguo, era a servizio esclusivo dell'irrigazione e cessava di alimentare gli utilizzi industriali;
gli industriali fruivano dell'acquedotto solo nel periodo autunno-inverno, con benefici minimi sulla subsidenza; gli industriali da sempre segnalavano che questa doppia alimentazione alla quale erano costretti (estate - pozzi - inverno acqua superficiale) appariva irrazionale;
nell'accordo di programma per la subsidenza vera e propria erano previsti solo due interventi: 600.000 euro della provincia per interventi sul canale nuovo (già realizzati), incrementati con ulteriori 1.000.000 euro, di fondi ministeriali, per completare gli interventi sulle principali diramazioni e 3.000.000 euro di fondi regionali per sperimentare, tramite il bacino dell'Arno, il ravvenamento della falda a Casa del Lupo, in modo che questa, naturalmente, rimpinguasse la falda oggetto di prelievi verso valle;
l'intervento di ravvenamento della falda da parte dell'autorità di bacino dell'Arno non diede risultati accettabili, già nella prima fase autorizzativa di fattibilità;
nell'Accordo, inoltre, era previsto che, in caso di esito negativo del ravvenamento, dovevano essere studiate soluzioni alternative atte a contrastare il fenomeno;
a questo punto la provincia di Lucca (competente per prelievi d'acqua, gestione dei canali irrigui, e problemi connessi al dissesto idrogeologico) elaborava un progetto preliminare approvato con delibera di Giunta n. 126 del 29 maggio 2008 che proponeva il prolungamento dell'acquedotto già realizzato (Tubone) per portare a presa all'inizio del canale nuovo, in modo da non mettere in concorrenza utenze irrigue ed industriali, inoltre, in questo modo l'acqua era protetta in tutto il suo percorso (condotta chiusa in pressione e non canale a cielo aperto come lo stato attuale); con questo progetto, la provincia si proponeva, visto che la subsidenza aveva origine per l'eccesso, di prelievi sia industriali che idropotabili, di assegnare circa 150 litri al secondo alle utenze industriali ed i restanti 350 litri al secondo alle utenze idropotabili (nel periodo estivo primaverile) e destinare il canale solo agli usi agricoli; nel periodo inverno-autunno ad irrigazione assente, il canale si destinava agli industriali ed i 500 litri al secondo, se richiesti venivano completamente assegnati

agli utilizzatori idropotabili; in quel modo effettivamente la falda si sarebbe preservata per le generazioni future e si sostituiva l'acqua di falda con acqua superficiale, nel rispetto del minimo deflusso vitale del fiume Serchio;
in effetti nel bacino non c'è una vera e propria mancanza di risorsa idrica la riserva sotterranea complessiva ammonta a circa 800.000.000 mc, con una quota regolabile di circa 85.000 mc/anno (secondo le stime dell'autorità di bacino del Serchio) compatibile con i vari utilizzi; ciò che sembra mancare a parere della provincia è una corretta distribuzione, esiste piuttosto un deficit infrastrutturale, che si ritiene debba essere colmato con la proposta di creare l'«Acquedotto Pluriuso» (del costo stimato di circa 6.100.000 euro);
il progetto ha ottenuto i pareri favorevoli da tutti gli enti interessati, fatto salvo il comune di Lucca;
il comune per ultimo, ha proposto soluzioni alternative, tra le quali la principale è sempre stata quella di alimentare il potabilizzatore (da realizzare da parte dell'ATO 2) con acqua del canale nuovo, solo per i mesi invernali quando l'acqua non è utilizzata dall'agricoltura; appare ovvio che non è ipotizzabile un investimento per un potabilizzatore che funziona con acqua superficiale per 8-9 mesi l'anno, inoltre la qualità dell'acqua del canale, come appurato dall'ARPAT e dagli stessi consulenti ministeriali non era idonea per garantire un uso idropotabile, visto che il canale nuovo svolge in parte le funzioni di fognatura per Lucca e Capannori;
queste contro-osservazioni sono state fatte più volte al comune di Lucca, sia dalla provincia che dalle Autorità di bacino, che dalla regione Toscana, che da personale tecnico dello stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; la soluzione proposta dalla provincia era semplice ed efficace, ma il comune si è sempre rifiutato di prendere in considerazione questa soluzione e pertanto l'accordo di programma di fatto si è bloccato sull'azione più importante per la subsidenza;
la competenza del comune di Lucca è chiamata in causa esclusivamente in quanto ente firmatario dell'Accordo di programma del 2006 essendo il progetto dell'acquedotto lungo un tracciato che lo attraversa solo per poche centinaia di metri;
nel dicembre del 2009 la regione, per sbloccare questa situazione, ha proposto di suddividere gli accordi in base alle specifiche competenze degli enti interessati; in un primo tempo questa separazione era stata accettata da tutti i rappresentanti al tavolo di vigilanza dell'accordo presso la regione Toscana, tranne il comune di Lucca;
in una fase successiva, risulterebbe si sia chiamato fuori anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adducendo come motivazione, in accordo completo con il comune di Lucca, la realizzabilità solamente di quelle azioni previste nell'accordo di programma originariamente firmato da tutti e invitando i sottoscrittori alla ricerca dell'unanimità su eventuali revisioni dello stesso;
tale accordo comprendeva molteplici interventi fondamentali per il territorio ed in parte già in corso di realizzazione;
se fosse vero quanto sopra riportato questa scelta di deresponsabilizzazione rispetto ad un problema così complesso (la subsidenza infatti sta provocando danni gravissimi in due frazioni del comune di Capannori e di Porcari a fabbricati privati e pubblici) che dovrebbe essere affrontato con il massimo impegno da parte di un dicastero che ha nella propria ragione sociale la tutela del territorio e dell'ambiente apparrebbe assai grave -:
se risulti vero che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia deciso di sottrarsi all'accordo di programma sottoscritto con gli enti locali revocando i finanziamenti previsti e quali soluzioni progettuali ed economiche

possa in alternativa proporre, in base alle conoscenze che in questi anni i tecnici dello stesso Ministero, che si sono interessati della vicenda, hanno acquisito.
(5-02879)

TOGNI, ALLASIA, MACCANTI, GUIDO DUSSIN e LANZARIN. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la conferenza nazionale sull'amianto, svolta a Torino venerdì 6 novembre 2009, ha messo in evidenza la situazione critica in cui versano le bonifiche dei siti contaminati da amianto, richiamando l'attenzione sui dati dell'Istituto superiore di sanità, secondo cui, almeno 2000 persone ogni anno muoiono a causa dell'amianto;
la situazione si presenta critica soprattutto per la bonifica della cava di Balangero, la più grande d'Europa, in esercizio fino al 1990; in particolare, ai fini della conclusione di una parte della bonifica di tale cava, sembra che manchino ancora una ventina di milioni di euro e, nel frattempo, si rischiano crolli delle strutture di contenimento;
i lavori di messa in sicurezza in corso secondo la programmazione stabilita dall'accordo di programma siglato con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono eseguiti dalla società Rsa, che, dal 1995, si occupa del risanamento e dello sviluppo ambientale dell'ex miniera di amianto di Balangero e Corio;
il 4 novembre 2009 è stato siglato il contratto di servizio con la regione Piemonte per la prosecuzione degli interventi di bonifica che prevede uno stanziamento di 20 milioni di euro per il completamento delle attività programmate fino al 2015. Ad oggi la disponibilità finanziaria copre gli interventi previsti sino al 31 dicembre del 2010;
da quanto annunciato sulla stampa da parte della stessa Rsa, sono già stati affidati i lavori di demolizione delle porzioni dei capannoni a rischio di crollo e sono stati contestualmente iniziati i lavori di smantellamento degli impianti di proprietà privata;
gli interventi di sistemazione idrogeologica e di messa in sicurezza degli stabilimenti appaltati da Rsa nel periodo giugno-settembre 2009 sono stati consistenti e comprendono la sistemazione idrogeologica e idraulica della discarica lapidea lato Balangero e la messa in sicurezza dell'area stabilimenti, per un importo complessivo di oltre un milione e 100 mila euro;
il dipartimento di biologia vegetale dell'università di Torino, afferente al Centro «G. Scansetti», ha avviato una ricerca relativa agli effetti della copertura vegetale sull'aerodispersione di minerali fibrosi, mediante specifica metodologia di campionamento, al fine di verificare l'efficacia degli interventi sulla copertura a verde;
secondo i dati pubblicati, sembrerebbe che il numero di fibre aerodisperse campionate è abbattuto in maniera significativa, con un valore medio di riduzione fra il 50 per cento e il 65 per cento; tuttavia, la presenza vegetale nell'area è estremamente ridotta e limitata al solo 10 per cento di copertura;
da informazioni locali sembra che una gran parte dei finanziamenti stanziati sia utilizzata per il noleggio di macchinari specialistici che tuttavia restano fermi nell'area, alla vista di tutti; i cittadini lamentano uno spreco del denaro pubblico e temono un intervento scadente di bonifica del sito -:
se il Ministero interrogato stia effettuando un controllo capillare sulle attività della società incaricata della bonifica del sito e quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, anche con riferimento ai finanziamenti utilizzati.
(5-02880)

LIBÈ e RAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le acque del Lago di Vico, in ragione dell'origine vulcanica dello stesso lago, sono ricche di arsenico, un elemento classificato come cancerogeno dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro;
le acque da qualche anno sono interessate da periodiche fioriture di una pericolosa alga, denominata Planktothrix rubescens (alga rossa) come rilevato dall'Arpa Lazio di Viterbo e segnalato dall'associazione italiana medici per l'ambiente-Isde (International society of doctors for the environment-Italia) di Viterbo che da tempo denunciano la pericolosità della situazione in cui si trova l'area del lago;
la presenza di arsenico nell'acqua superiore a quanto previsto dalla normativa vigente potrebbe non derivare esclusivamente dall'origine vulcanica del lago in quanto non si possono escludere la presenza di scarichi abusivi o l'eccessivo utilizzo di fertilizzanti, circostanza quest'ultima compatibile con le intensive coltivazioni di noccioleti che occupano larga parte della zona circostante il lago;
l'acqua del lago di Vico fornisce la maggior parte dell'approvvigionamento idrico potabile per la popolazione dei comuni di Ronciglione e Caprarola;
la zona rappresenta un patrimonio naturalistico ambientale per tutta la regione Lazio e necessita di tutela;
la situazione del lago di Vico costituisce un serio pericolo per quanti frequentano anche saltuariamente la zona -:
se sia a conoscenza della vicenda e quali urgenti iniziative intenda adottare per verificare l'effettivo inquinamento dell'area del lago di Vico e far fronte alla situazione della problematica esposta che mette a repentaglio l'ecosistema e la salute delle persone che vivono nella zona.
(5-02881)

Interrogazioni a risposta scritta:

VOLONTÈ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
presso la «Struttura valorizzazione aree protette e difesa della biodiversità» della Direzione generale qualità dell'ambiente della regione Lombardia è in corso l'istruttoria di procedura di valutazione di incidenza ambientale relativa al progetto dell'ambito estrattivo ATEG8 - cava San Giuseppe, in comune di Arluno (Milano) - proponente «Inerti ECOTER sga» (Milano);
il progetto prevede il potenziamento dell'impianto per la produzione dei conglomerati bituminosi e il conseguente accentramento dell'attività industriale attualmente distribuita sugli impianti della stessa ECOTER a Nerviano (ICT), Legnano (Guerini) e Rho (Carugo);
la valutazione risulta necessaria in quanto l'impianto è limitrofo all'area di Natura 2000 zona di protezione speciale IT2050006 riguardante la peculiare area protetta Wwf di Vanzago;
lo studio predisposto dall'ECOTER secondo il parere dell'ente gestore della riserva risulterebbe fortemente deficitario di un aspetto basilare circa l'incidenza di un impianto con immissioni in atmosfera con il peculiare ambiente protetto e tutelato come sito di interesse comunitario/zona di protezione speciale;
l'area di Natura 2000 IT2050006 «Bosco Wwf di Vanzago» rappresenta un'area estremamente importante per la conservazione degli uccelli selvatici, tanto da esser stata designata zona di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE;
il problema più significativo di una industria di conglomerati bituminosi è senza dubbio rappresentato dall'emissione nell'aria di inquinanti che derivano dai processi di combustione dei bruciatori,

dalla lavorazione degli inerti, dal riscaldamento del bitume e dai mezzi per la movimentazione e il trasporto;
gli impianti per la produzione di conglomerati bituminosi, oltre ad esporre i lavoratori e le popolazioni a molti rischi per la presenza di agenti chimici pericolosi o cancerogeni, rumore, vibrazioni e altro hanno un forte impatto sul territorio e sulla popolazione -:
se sia a conoscenza della questione sopra esposta e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in considerazione della vicinanza dell'area protetta di Vanzago.
(4-07108)

SARUBBI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Governo italiano, con decreto-legge 23 maggio 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, in deroga alla legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991 e successive modificazioni e integrazioni e al decreto del Presidente della Repubblica di istituzione dell'Ente parco nazionale del Vesuvio del 5 giugno 1995, ha individuato nel comune di Terzigno (Napoli), ai sensi dell'articolo 9, due ex cave da destinare a discarica di rifiuti solidi urbani in località Pozzelle e località Cava Vitiello;
la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti e la direttiva 92/43/CEE (habitat) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, all'articolo 6, paragrafo 2, invitano gli Stati membri ad adottare «opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva» e la direttiva 79/409/CEE (uccelli) all'articolo 2 invita gli Stati membri ad adottare «le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1 ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative»; all'articolo 4, paragrafo 4, prevede che «Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione (omissis), l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative (omissis). Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l'inquinamento o il deterioramento dagli habitat al di fuori di tali zone di protezione»;
l'articolo 10 del Trattato istitutivo delle Comunità europee prevede che «Anche in assenza di misure di trasposizione o di applicazione di specifici obblighi posti da una Direttiva, le autorità nazionali devono adottare tutte misure necessarie a raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva e devono astenersi dal prendere misure suscettibili di compromettere gravemente la realizzazione del risultato che la Direttiva prescrive»;
il danno di immagine legato alla presenza delle discariche nel parco del Vesuvio avrà un impatto devastante tanto sull'indotto turistico - in modo particolare sulle aziende di ristorazione e soggiorno - che sulla produzione agricola e vitivinicola dell'area, impedendo ogni progettualità di sviluppo economico e sociale dei comuni a ridosso del Parco stesso, con allarmanti ripercussioni occupazionali nelle provincia napoletana -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, al fine di individuare, di concerto con gli enti locali interessati, siti alternativi per la dislocazione delle discariche che non vadano ad incidere negativamente sul valore simbolico, culturale ed ambientale costituito dal parco del Vesuvio.
(4-07120)

MISTRELLO DESTRO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il decreto 17 dicembre 2009, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2010, n. 9 - è stato istituito il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), al fine di permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la regione Campania;
l'entrata in funzione del SISTRI - che è stata scaglionata sulla base della caratteristiche dimensionali e delle attività svolte dai soggetti obbligati produttori di rifiuti - è prevista per un primo e nutrito gruppo dei soggetti predetti (imprese produttrici di rifiuti pericolosi con più di 50 dipendenti, imprese produttrici di rifiuti non pericolosi industriali ed artigianali con più di 50 dipendenti, imprese che effettuano operazioni di recupero e smaltimento rifiuti, trasportatori in conto proprio di rifiuti pericolosi, imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi, commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione, operatori del trasporto intermodale ed inoltre comuni enti ed imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania) già entro il 13 luglio 2010, mentre la partenza del sistema per un secondo gruppo di soggetti (imprese produttrici di rifiuti pericolosi con meno di 50 dipendenti e i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi industriali e artigianali che hanno tra gli 11 e i 50 dipendenti) è fissata appena un mese dopo ovvero il 12 agosto 2010;
l'iscrizione al Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti comporta per gli operatori specifici obblighi - così come previsto dall'articolo 3 del decreto 17 dicembre 2009 - e deve avvenire secondo le modalità descritte nell'allegato IA del citato decreto (consegna di dispositivi USB per la trasmissione e il salvataggio dei dati nonché per la firma elettronica e di black box da installarsi su ciascun veicolo in dotazione all'impresa);
ai sensi dell'articolo 4 del decreto del 17 dicembre 2009 i soggetti obbligati all'iscrizione al SISTRI sono tenuti a versare - a copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del sistema - un contributo annuale il quale è dato per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all'interno dell'unità locale, mentre, nel caso di unità locali per le quali è stato richiesto un dispositivo USB per ciascuna unità operativa, il contributo annuale è versato per ciascun dispositivo USB richiesto;
l'istituzione del SISTRI costituisce un evento di estrema importanza sotto tre distinti profili: a) quello della semplificazione delle procedure e degli adempimenti riducendo i costi sostenuti dalle imprese nonché della gestione in modo innovativo ed efficiente di un processo complesso e variegato con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell'illegalità; b) quello della lotta all'illegalità nel settore dei rifiuti speciali per contrastare il proliferare di azioni e comportamenti non conformi alle regole esistenti e, in particolare, per mettere ordine a un sistema di rilevazione dei dati che sappia facilitare, tra l'altro, i compiti affidati all'autorità di controllo (la gestione del SISTRI è stata affidata al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente); c) quello di rappresentare un elemento fondamentale nella politica economica di risanamento e di rigore che il Governo sta portando avanti;
è stato sottolineato che l'attivazione del SISTRI avrà benefiche ricadute non solo sulla pubblica amministrazione e sui contribuenti (maggiore trasparenza e riduzione dei costi) ma anche sul sistema delle imprese: una più corretta gestione dei rifiuti avrà, infatti vantaggi sia in termini di riduzione del danno ambientale, sia di eliminazione di forme di concorrenza sleale tra imprese, con un impatto positivo per tutte quelle che, pur sopportando costi maggiori, operano nel rispetto delle regole;

in un quadro economico-finanziario così delicato e difficile come quello attuale - tuttavia - l'avvio del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti potrebbe risultare, alla luce del quadro normativo vigente, particolarmente gravoso per le imprese artigiane e di piccole dimensioni, quali le carrozzerie artigiane, e più in generale il mondo dell'autoriparazione;
il settore auto è stato fra quelli più duramente colpito dalla crisi mondiale e, ovviamente, le ricadute negative sulle carrozzerie sono state pesantissime, senza contare che anche le politiche di incentivazione al rinnovo del parco macchine circolante è andato a discapito della categoria;
gli autoriparatori non mettono in discussione la tutela ambientale, così come è sono profondamente convinti che città meno inquinate e più vivibili siano l'obiettivo di ogni società moderna e proiettata verso il futuro -:
quali tempestive iniziative intenda adottare al fine di garantire una graduale
applicazione alle imprese artigiane, ed in particolare agli autoriparatori, della normativa relativa all'istituzione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, prevedendo, segnatamente:
a) una moratoria di ventiquattro mesi nell'entrata in funzione del SISTRI;
b) una moratoria del regime sanzionatorio di ulteriori dodici mesi, qualora le aziende incorrano in errori formali;
c) che il pagamento annuale per l'iscrizione sia solo una tantum, a meno che l'azienda non cambi partita IVA o che venga modificato il sistema societario.
(4-07133)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea sta procedendo contro l'Italia per il mancato rispetto dei limiti di inquinamento;
il «parere motivato» inviato il 5 maggio 2010 è un atto che precede il deferimento alla Corte di giustizia, aprendo pertanto la strada che potrebbe portare al «processo» e alla multe;
il nuovo commissario europeo all'Ambiente, Janez Potocnik, ha dichiarato: «l'inquinamento atmosferico continua a causare ogni anno più di 350.000 morti premature in Europa ed in Italia sono ancora troppi i luoghi dove, per ogni 10 mila abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle polveri sottili»;
nell'estate 2008 la Commissione europea aveva approvato una nuova direttiva sull'inquinamento, che concede la possibilità di una proroga al rispetto dei limiti di Pm10 purché si dimostri un intervento incisivo per ridurre le emissioni;
lo scorso autunno la Commissione, per la mancata adozione di un piano nazionale antismog, aveva respinto quasi tutti i piani regionali e comunali di risanamento dell'aria;
il rischio è il pagamento di centinaia di milioni di euro dal 2005 per le infrazioni in cui si è incorsi in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, province autonome di Trento e Bolzano, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia -:
in quale fase si trovi l'elaborazione del piano nazionale antismog;
se e quali misure si stiano considerando per ridurre la domanda complessiva di mobilità e della quota modale degli spostamenti autoveicolari;
se si prevedano misure di incentivazione di forme di mobilità sostenibile;

se e come si intenda promuovere il potenziamento e l'ammodernamento dei servizi di trasporto pubblico locale;
se e quale forma di incentivazione si intenda sostenere per sistemi di trasporto condivisi, quali il car pooling, il car sharing e bike sharing;
se si intenda, e come, promuovere forme di coordinamento fra pianificazione urbanistica e dei sistemi di mobilità in funzione delle esigenze di socialità, di sicurezza e di salute dei cittadini;
se e come si intenda potenziare la rete di monitoraggio della qualità dell'aria;
quali politiche si intendono promuovere in materia di aree pedonali e trasporto merci;
se si stiano considerando tasse di scopo per la realizzazione di infrastrutture per la mobilità sostenibile, criteri di ripartizione del fondo nazionale trasporti e la destinazione dei proventi delle sanzioni per violazione codice della strada;
se e quali misure si intendano promuovere per incentivare l'efficienza energetica in ambito edilizio e se si intende stabilizzare la detrazione del 55 per cento per gli interventi di efficienza energetica degli edifici;
se e come si intenda dare piena e completa attuazione al decreto del Ministro dell'ambiente 27 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 3 agosto 1998, con la previsione di sanzioni a carico degli enti pubblici e delle imprese che non hanno adottato il piano degli spostamenti dei dipendenti previsto dall'articolo 3 del medesimo decreto del Ministro dell'ambiente 27 marzo 1998, e non hanno disposto, ai sensi del medesimo articolo 3, la nomina del mobility manager, definito ai sensi dell'articolo 2 della presente legge.
(4-07134)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i militari del gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno rinvenuto, nell'ambito di un servizio di controllo del territorio, nella spiaggia di Bocale, periferia di Reggio Calabria, sull'arenile ed a pochi metri dalla battigia, centinaia di lastre in materiale eternit celati da sabbia e da scarti della lavorazione edile -:
di quali informazioni dispongano in ordine a quanto sopra riferito;
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, a salvaguardia dell'ambiente e della salute della popolazione locale e per far piena luce sull'accaduto.
(4-07138)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il recupero e il riciclo dei materiali di plastica sono significativamente aumentati negli ultimi anni, segno della crescente sensibilità dei cittadini;
le premesse per l'avvio di un sistema industriale per la gestione dei rifiuti sono state poste dal decreto legislativo n. 22 del 1997 - «decreto Ronchi» - , che definisce in un unico testo coordinato le regole per l'attività di gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata;
il decreto n. 22 del 1997, successivamente modificato e integrato dal decreto legislativo n. 389 del 1997 e dalla legge n. 426 del 1998, recepisce le indicazioni provenienti dalla legislazione europea in materia di gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e di rifiuti da imballaggi (direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE);
la crescita del consumo di posate, piatti e bicchieri di plastica «usa e getta»,

attualmente non classificati come imballaggi, provoca confusione nell'utenza e disomogeneità nella loro gestione da parte dei comuni;
i produttori di tale materiale non versano il contributo al Conai, consorzio nazionale imballaggi;
ciò che fa l'uso di un oggetto di plastica non è la materia di cui è composto o la sua forma, bensì l'uso che se ne fa, fattore che provoca l'utilizzo di tali prodotti al pari di altri imballaggi da parte di supermercati e altri attività commerciali, che versano per tale motivo regolare contributo al Conai;
la direttiva europea 11 febbraio 2004 ha esteso la definizione di imballaggio, per cui anche i contenitori progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita sono soggetti agli obblighi di raccolta differenziata;
l'impiego di bioplastiche favorirebbe la soluzione del problema riguardo l'utilizzo, il riciclo e lo smaltimento di stoviglie «usa e getta» -:
se si intende rivedere la definizione di «imballaggio» contenuta nelle normative sopra riportate;
se si ritenga utile introdurre l'obbligo di pagamento dell'onere di riciclo per i produttori di stoviglie «usa e getta», a prescindere dall'impiego specifico che ne verrà fatto;
se si intendano avviare campagne di sensibilizzazione mirate per la popolazione, in relazione all'uso e allo smaltimento delle stoviglie usa e getta;
se si intendano assumere iniziative, anche normative, che prevedano lo stanziamento di incentivi per i produttori di stoviglie «usa e getta» che prediligano l'uso di bioplastiche.
(4-07139)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

FADDA, CALVISI, FARINA COSCIONI, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le recenti frane verificatesi a ridosso dell'area archeologica punico-romana di Nora hanno confermato i timori espressi da tempo dall'amministrazione comunale di Pula, da autorevoli archeologi delle università di Padova, Viterbo, Genova, Milano, nonché dalla soprintendenza archeologica di Cagliari, ovvero che il sito archeologico è compromesso dall'erosione costante del mare che, come testimoniano i rilevamenti fotografici, è avanzato in maniera preoccupante nell'arco di tre decenni;
il sito archeologico e la limitrofa area costiera sono stati interdetti ai visitatori da una ordinanza del sindaco di Pula, giustamente allarmato e preoccupato per la tutela e l'incolumità fisica delle persone, che è pronto a dichiarare lo stato di calamità in modo da coinvolgere la Protezione civile ed avere la massima garanzia dell'interdizione dei luoghi a rischio;
i ritardi degli interventi necessari a mettere in sicurezza l'area archeologica, minacciano nell'immediato le vestigia del tempio romano di Esculapio e delle terme romane - considerate tra le principali attrazioni di tutto il Parco Archeologico di Nora - e considerato che per la salvaguardia di questo sito, uno dei più pregiati di tutta l'area del Mediterraneo, l'amministrazione comunale di Pula ha promosso un tavolo tecnico insieme alla regione Sardegna, la soprintendenza archeologica, la capitaneria di porto e l'Agenzia del

demanio per fare il punto sui pericoli incombenti su Nora e per individuare interventi anche eccezionali e risorse mirate alla soluzione dei problemi e delle criticità -:
se sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda adottare perché vengano disposti, con urgenza, i finanziamenti volti a combattere l'erosione costiera e a salvare il sito archeologico che è la testimonianza della antichissima città di Nora fondata dai Fenici, abitata dai Punici e dai Romani che ne avevano fatto uno dei centri marittimi più importanti del Mediterraneo.
(4-07132)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

CIOCCHETTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72, commi dal 7 all'11, del decreto-legislativo 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto, per gli anni 2009, 2010 e 2011, nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, la possibilità per le pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi;
il Ministero della difesa - direzione generale per il personale civile - con circolare n. 0015576 G 16 in data 24 febbraio 2010 ha emanato le modalità procedurali per l'attuazione dell'istituto della risoluzione del rapporto di lavoro per anzianità contributiva di 40 anni, sia per il personale dirigenziale che per quello non dirigenziale;
la suddetta circolare demanda ai responsabili dell'impiego (direttori generali) di avanzare motivata proposta all'autorità di vertice (segretario generale) che decide in merito, di non doversi procedere alla risoluzione del rapporto, attesa la rilevante difficoltà a garantire la continuità di servizio e la funzionalità della struttura in cui il dipendente è presente;
l'autorità competente ad attivare la procedura di blocco della facoltà di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro (direttore generale o titolare che ha conferito l'incarico) non è in possesso dei dati relativi all'anzianità contributiva del personale dipendente, detenuti unicamente dalla direzione generale per il personale civile che, però, rimane inerte. Ciò espone alcuni dirigenti che maturano 40 anni di contribuzione a concreti rischi di risoluzione inopportuna del rapporto lavorativo;
le modalità procedurali contenute nella predetta circolare di Persociv, essendo privi di criteri oggettivi predefiniti, sembrano configurare un vero e proprio «spoil system mascherato» il cui reale obiettivo è quello di trattenere alcuni dirigenti e di allontanarne altri, ritenuti scomodi, creando situazioni di disparità sostanziale di trattamento fra gli interessati;
altri Ministeri e la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri applicano la facoltà prevista dal comma 11 del riportato articolo 72, in maniera oggettiva, unicamente nei confronti di coloro che abbiano compiuto 65 anni di età in presenza della prescritta anzianità di massima contributiva di 40 anni -:
quali urgenti iniziative intenda assumere rispetto alla citata problematica onde conseguire una reale parità di trattamento fra i dirigenti civili della Difesa nella risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per anzianità contributiva di 40 anni.
(4-07119)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei mesi che hanno preceduto l'approvazione da parte del Parlamento della legge n. 78 del 2000 in un articolo dal titolo «Generali "premiati": Nunzella presto consigliere di D'Alema», pubblicato a pagina 5 del Corriere della Sera del 23 febbraio 2000 si legge che «Il Cocer, l'organismo sindacale dei Carabinieri, sostiene che i timori di un eccessivo potere sono infondati e che "l'autonomia non deve spaventare, servirà soprattutto per ragioni pratiche: a esempio l'Esercito ci mette a disposizione in tutt'Italia 60 medici. Pochissimi. E così l'anno scorso abbiamo avuto 15 colleghi suicidi a causa dello stress. E quest'anno siamo già a 3 suicidi".» -:
quanti casi di suicidio si siano verificati tra gli appartenenti dell'Arma dei carabinieri nei dieci anni precedenti la data del 31 marzo 2000 e quanti siano, invece, quelli appurati successivamente a tale data;
quanti siano i medici militari appartenenti all'Arma dei carabinieri attualmente in servizio e in quali sedi, quanti gli psicologi e quali le attività di assistenza e supporto in favore degli appartenenti all'Arma per prevenire atti di autolesionismo.
(4-07126)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito web http://www.afcea.org, tramite un collegamento interno è possibile accedere alla sezione del «Rome Chapter» in cui sono scritti i nomi di alcuni alti ufficiali della Forze armate italiane e i recapiti dei loro uffici. Dalla medesima pagina web è possibile accedere al sito dell'associazione «Capitolo di Roma dell'AFCEA» da cui risulta che il gen. isp. capo GA ing. elettronica Pietro Finocchio, attuale direttore generale della dir. gen. TLC/inf. e Tecn. avanz. del Ministero della difesa, ne è il presidente;
la direzione generale delle telecomunicazioni, dell'informatica e delle tecnologie avanzate (TELEDIFE) sopraintende alle attività pertinenti ai radar e sistemi elettronici (purché non facenti parte integrante e inscindibile di sistemi d'arma più complessi), ai materiali delle trasmissioni, ai sistemi di telecomunicazione e osservazione spaziale, nonché ai sistemi informatici per quanto riguarda lo studio e sviluppo tecnico, la costruzione, produzione, trasformazione, approvvigionamento, distribuzione e conservazione; la manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; l'emanazione della relativa normativa tecnica; formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio di pertinenza;
sempre dalle pagine del sito http://www.afcearoma.it è possibile consultare il lungo elenco dei soggetti membri dell'associazione e tra questi risultano esservi quasi tutte le maggiori ditte che intrattengono rapporti commerciali con l'amministrazione della difesa e che si sono aggiudicate importanti commesse per forniture di sistemi e servizi. Sul medesimo sito è consultabile anche lo statuto dell'associazione «Capitolo di Roma dell'AFCEA», l'elenco dei consiglieri e di altri membri del sodalizio;
l'associazione, come risulta dalle note pubblicate sul sito web della medesima,

sembra svolgere una intensa attività promozionale a favore delle società che vi hanno aderito. Tale attività di promozione sembrerebbe essere regolarmente svolta presso sedi e uffici di proprietà dell'amministrazione della difesa;
è presente, tra le altre, una pagina web contenete l'avviso che «il giorno 27 maggio 2010 presso il comando C4 difesa in via Stresa 31-b Roma, ci sarà una presentazione della società GM Spazio su: «Le Tecnologie AGI a supporto delle attività C4ISR»;
la società GM Spazio Srl con sede in via Stefano Longanesi, 14 - 00146 Roma risulta essere inclusa nell'elenco dei soci del citato sodalizio -:
se il ministro sia conoscenza del sodalizio «Capitolo di Roma dell'AFCEA» citato in premessa, se intenda accertarne la reale natura delle attività effettuate e la loro eventuale compatibilità con le funzioni e gli incarichi ricoperti dai militari che vi sono iscritti, i costi sostenuti dall'Amministrazione militare per le attività promozionali a favore delle società aderenti al sodalizio, quali siano le società che ne hanno beneficiato e quali gli eventuali appalti o gare vinte da ciascuna di esse, se a tali attività promozionali abbia partecipato personale dipendente dal Ministero della difesa, con quale incarico e per quale motivo.
(4-07131)

TESTO AGGIORNATO AL 13 MAGGIO 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
con l'articolo 1, commi 755-759, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) è stato istituto il «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto», gestito dall'INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato, nel quale affluiscono i contributi, versati mensilmente dai datori di lavoro, pari alla quota di trattamento di fine rapporto non destinata alle forme pensionistiche complementari;
il predetto Fondo garantisce ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile per la quota che i dipendenti stessi hanno richiesto disponibile al momento della cessazione del rapporto di lavoro (e pertanto non destinata alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252);
in particolare, i commi 758 e 759 hanno previsto che le risorse in questione siano destinate, nei limiti degli importi di cui all'elenco 1 della stessa legge finanziaria per il 2007, al finanziamento di una serie di interventi per lo sviluppo indicati nell'elenco 1 allegato alla legge finanziaria medesima, nei limiti degli importi stabiliti dal medesimo elenco. Tali interventi, in larga parte ascrivibili a spese d'investimento, concernevano, tra gli altri: il Fondo promozione nuova edilizia alta efficienza energetica, il Fondo insediamento infrastrutture strategiche energetiche, il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, nonché le imprese pubbliche, l'Autotrasporto, l'alta velocità/alta capacita, il contratto di servizio Ferrovie s.p.a, il rifinanziamento della rete tradizionale F.S., nuovi investimenti ANAS, e altro;
le risorse destinate al finanziamento degli interventi sono state versate negli esercizi 2007, 2008 e 2009 sul capitolo n. 3331 («Versamenti corrispondenti alle risorse accertate sul fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile») per effetto dell'articolo 51, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28

febbraio 2008, n. 31. Con l'articolo 2, comma 105, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), è stata disposta la continuità, a decorrere dal 2010, del versamento, da parte dell'INPS, nell'apposito capitolo n. 3331 dell'entrata del bilancia dello Stato, delle risorse accertate del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto;
in sostanza, le quote del Fondo sono state destinate ad interventi specifici prevedendo la restituzione delle somme effettivamente prelevate. Non sarebbe possibile, infatti, opinare diversamente in considerazione dell'indisponibilità di dette somme per fini diversi dalla previdenza privata;
pertanto due profili appaiono di fondamentale importanza nella gestione delle risorse in esame: il vincolo di destinazione a specifici interventi e l'obbligo di rimborsare il prelievo consentito dalla legge;
quanto al problema del vincolo di destinazione, anche nell'ipotesi che il termine «specifici interventi» non corrisponda esattamente alla accezione di investimento, non sembra controvertibile che gli interventi escludano il finanziamento di spese correnti e che, pertanto, o sarebbe stata necessaria una chiara e analitica correlazione tra le somme e le singole iniziative;
quanto, invece, al problema dell'obbligo di rimborso, esso impone l'accantonamento, quanto meno nella parte patrimoniale del bilancio dello Stato, delle quote corrispondenti agli utilizzi necessarie a ricostituire il Fondo medesimo;
la Corte dei conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, nella deliberazione n. 2 del 2010 e nella relativa relazione, ha analizzato la gestione delle relazioni finanziarie tra il Ministero dell'interno e le autonomie territoriali, anche con riguardo alle modalità di utilizzazione della parte del Fondo destinata a finanziare specifici interventi di investimento delle medesime autonomie territoriali;
dalla relazione emergono rilievi e perplessità in merito alla gestione, agli impieghi e alle prospettive del Fondo relativamente alle missioni di pertinenza del Ministero dell'interno secondo le poste individuate nei capitoli 7232, 7239 e 7243;
in particolare, per quanto concerne il citato problema del vincolo di destinazione, l'esame delle tre poste inserite nella missione dimostra che ciò non è avvenuto se non in piccola parte. Infatti, sottolinea la Corte, se è la destinazione del Fondo potrebbe apparire, attraverso un criterio ermeneutico estensivo, compatibile con il concetto di investimento nella formazione, per quel che concerne l'obiettivo di garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni delle scuole dell'obbligo e secondarie, ciò non può dirsi per la gestione dei capitoli 7232 e 7239: le risorse allocate nelle richiamate poste di bilancio sono destinate a coprire l'ammortamento di prestiti, e quindi dei pertinenti interventi, rimontanti ad esercizi notevolmente antecedenti, oppure a fornire contributi in tutto o in parte, destinati a spese di natura corrente (addirittura, si è accettato che il trattamento di fine rapporto inoptato dei lavoratori dipendenti è stato indirizzato a coprire, per il triennio 2007-2009, gli oneri afferenti ai lavoratori socialmente utili dei comuni di Napoli e Palermo e della provincia di Napoli);
in sostanza, sia nel caso in cui vengano pagate rate di ammortamento mutui finalizzate al riequilibrio dei bilanci degli enti dissestati, sia che vengano disposti contributi parziali o totali sull'ammortamento di mutui di enti locali destinati ad investimenti risalenti nel tempo, sia che detti contributi finanzino spese di natura corrente, la finalizzazione delle somme prelevate dal Fondo appare evidentemente vanificata, poiché nessun nuovo intervento viene di fatto posto in essere;
problematica si è anche rivelata la questione afferente alla ricostituzione del Fondo, che non può essere considerato una entrata ordinaria, senza correlata posta di rimborso;

data la natura di prestito forzoso dell'operazione, non considerabile in alcun modo come un'entrata effettiva e permanente, dato che il prestito dovrà essere comunque restituito ai lavoratori, ma piuttosto come una posta con effetti solo temporanei di alleggerimento del disavanzo ma non del debito, desta sconcerto quanto rivelato dalla relazione, ossia che nessuna delle correlate poste passive sia iscritta per il valore prelevato né nella parte del bilancio finanziario né nel conto del patrimonio;
in merito a questa carenza, l'Amministrazione ha infatti risposto ai rilievi della Corte che «i contributi dovuti dai datori di lavoro al Fondo per il trattamento di fine rapporto affluiscono, già al netto delle spese erogate, delle spese di amministrazione e dei rimborsi di contributi, all'apposita conto corrente di tesoreria gestito direttamente dall'INPS, per essere successivamente versati dall'Istituto medesimo al capitolo 3331 dello stato di previsione dell'entrata, denominato «Versamenti corrispondenti alle risorse accertate sul Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del Codice Civile»;
in buona sostanza, rileva la Corte dei conti, si dichiara implicitamente che le quote da erogare negli anni futuri debbano gravare sull'Amministrazione che le ha forzosamente distolte dalla naturale destinazione, in tal modo riproducendo una sostanziale erosione del capitale destinato ai trattamenti previdenziali;
il meccanismo legislativo, nell'interpretazione datane dal Ministero dell'economia e delle finanze, produce un progressivo squilibrio dei conti pubblici e un depauperamento del patrimonio, aumentandosi di anno in anno il saldo negativo dei rapporti con gli aventi diritto ai trattamenti previdenziali, fenomeno che a - meno di costituire una sorta di esproprio indiretto, che risulterebbe palesemente incostituzionale - non potrebbe che comportare nuovi interventi finanziari a carico dell'Amministrazione utilizzatrice del Fondo;
in conclusione, la relazione osserva diversi profili di forte criticità nelle modalità di utilizzazione della parte del Fondo destinata a finanziare specifici interventi di investimento delle autonomie territoriali:
a) le procedure di accertamento del trattamento di fine rapporto da versare nelle casse dello Stato appaiono lunghe ed incerte con possibilità di sensibili scostamenti tra previsioni di bilancio, stime di copertura ed accertamenti;
b) l'assenza di poste passive finalizzate alla ricostituzione del fondo in questione produce una sostanziale erosione del capitale destinato al trattamento previdenziale dei lavoratori dipendenti tale da rendere necessari in futuro nuovi interventi finanziari a carico dell'Amministrazione utilizzatrice del Fondo;
c) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrebbe tutelare con maggiore incisività il rispetto del vincolo di destinazione del Fondo, dando concreto impulso alla sostanziale correzione del bilancio dello Stato mediante la creazione di appropriata posta passiva idonea a ricostituire il Fondo nella esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso. La mancata costituzione comporterebbe una sorta di esproprio senza indennizzo, inammissibile secondo i vigenti principi costituzionali;
d) le finalità sottese all'utilizzazione del fondo per l'erogazione del trattamento di fine rapporto ai lavoratori dipendenti non sembrano congruenti con l'utilizzazione delle risorse allocate nelle poste di spesa in tal modo alimentate;
e) la classificazione di spesa di investimento attribuita al contributo corrente agli enti locali sull'ammortamento dei vecchi mutui altera i saldi afferenti alle spese di investimento, sovradimensionandoli;

f) la classificazione di spesa di investimento attribuita agli ordinativi in favore della Cassa depositi e prestiti per ammortamento in conto interessi e capitale dei mutui contratti per ripianare i bilanci degli enti dissestati altera i saldi afferenti alle spese correnti e al rimborso quote capitale, sottodimensionali, e a quelli dell'indebitamento, egualmente sottodimensionati, mentre accresce immotivatamente quelli inerenti alle spese di investimento;
g) la natura di spesa di investimento attribuita alla posta di bilancio riguardante i lavoratori socialmente utili dei comuni di Napoli e Palermo e delle Provincia di Napoli non corrisponde alle finalità delle norme in tema di utilizzazione del trattamento di fine rapporto e non dà luogo ad interventi specifici, riducendosi per la quasi totalità a spese correnti, destinate al pagamento di emolumenti in favore di questa particolare categoria di dipendenti pubblici -:
quali siano, negli stati di previsione di tutti i Ministeri, i quadri consuntivi circa la situazione dei fondi trattamento di fine rapporto, le modalità del loro utilizzo, la consistenza dei fondi e le modalità con le quali le somme saranno restituite al sistema di previdenza privata.
(2-00708)
«Boccia, Ventura, Baretta, Damiano, Nannicini».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
la società «Agenzia Defendini srl» lavora in Italia dal gennaio 2004, gestendo, per conto di «Equitalia Polis Spa» (ex Gest Line Spa), il servizio di notifica delle cartelle di pagamento;
per lo svolgimento della suddetta attività, la società si avvale della collaborazione di circa duemila persone a livello nazionale di cui mille nella sola Campania;
nel dicembre 2008, la società Equitalia Spa ha indetto una gara di appalto, per l'assegnazione delle suddette lavorazioni;
gara di appalto vinta dall'agenzia Defendini per avere presentato la migliore
offerta in termini economico/gestionali;
successivamente la commissione giudicatrice di Equitalia Spa ha rilevato, a suo parere, due presunte anomalie per le quali ha ritenuto di dovere escludere l'agenzia Defendini srl dalla gara;
contro tale decisione l'agenzia Defendini ha presentato ricorso al Tar del Lazio, avendo peraltro a suo favore una sentenza del Tar del Piemonte che si era espresso favorevolmente, per un caso analogo, su una delle due motivazioni di esclusione sollevate da Equitalia Spa;
nel mese di novembre, il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato dall'agenzia Defendini che ha avviato le procedure per il ricorso al Consiglio di Stato ed, in contemporanea, insieme ad altre società ha presentato ricorso al Tar contro Poste Italiane Spa per abuso di posizione dominante in considerazione del fatto che dal 2011 dovrebbe iniziare la liberalizzazione di tutto il servizio postale;
la corte di Cassazione con due sentenze: la prima n. 5305/99 che recita testualmente «... qualora nell'originale dell'atto da notificare la relazione sia priva della sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario, la notificazione dell'atto deve ritenersi inesistente e non semplicemente nulla» e la seconda n. 14105/2000 dove, nell'escludere l'illegittimità costituzionale dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha fatto leva sulla responsabilità, anche penale, dei messi notificatori che devono pertanto essere sempre identificabili;
in tal senso si sono mosse anche numerose sentenze delle commissioni tributarie, sia a livello centrale che provinciale, nonché la circolare del Ministero delle finanze n. 105/E del 22 maggio 2000;

nonostante ciò, anzi ignorando completamente quanto sentenziato, Equitalia Spa ha proceduto a bandire una gara nella quale propria la prima notifica viene assegnata a Poste Italiane e la seconda bandita a gara, nella quale la stessa Poste Italiane viene invitata risultandone in seguito aggiudicatrice;
nell'indizione della gara si è deciso di non fare riferimento a nessuna salvaguardia occupazione e sicuramente Poste Italiane non ha intenzione di inserire in organico i dipendenti di tutte le società che attualmente svolgono questo servizio;
recentemente il consiglio regionale della Campania ha votato, all'unanimità, un ordine del giorno a sostegno della tutela occupazionale dei lavoratori in oggetto -:
se non ritengano opportuno e urgente, alla luce della situazione sopra esposta nonché alle numerose sentenze che hanno decretato che le notifiche direttamente effettuate da Poste italiana sono illegittime, convocare un tavolo di confronto con Equitalia Spa e Poste italiane Spa al fine di arrivare ad una soluzione che metta al primo punto, all'ordine del giorno, la salvaguardia del posto di lavoro degli attuali addetti al servizio di notifica convocazione ancora più urgente stante sia l'età avanzata delle persone coinvolte che difficilmente ritroverebbero un proprio spazio all'interno del mercato del lavoro sia la localizzazione della maggior parte dei lavoratori che operano in un territorio già pesantemente afflitto da disoccupazione e precarietà.
(2-00712) «Iannaccone, Brugger, Sardelli, Belcastro, Milo».

Interrogazione a risposta immediata:

NUCARA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Moody's nel suo report sul rischio di contagio del debito degli Stati sovrani ha, forse, espresso una preoccupazione eccessiva nei confronti dell'Italia. A seguito delle proteste, ha quindi precisato che non era intenzione dell'agenzia di rating coinvolgere il nostro Paese in un giudizio negativo;
la successiva rettifica, tuttavia, non ha modificato il giudizio iniziale, dove, peraltro, era stato ben precisato che l'Italia si trovava in una posizione più solida rispetto agli altri Paesi considerati: Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Inghilterra. In questi casi, infatti, il rischio sistemico derivava dall'eccessiva esposizione dei relativi sistemi finanziari e dal forte indebitamento delle famiglie. In Italia, invece, il rischio di contagio poteva essere solo la conseguenza del mutato atteggiamento dei mercati nei confronti di tutte quelle economie che presentavano un eccesso di debito pubblico. Sta comunque il fatto che il rating - Aa2 - è stato confermato. Rispetto agli altri Paesi l'Italia si colloca, pertanto, nella terz'ultima posizione, seguita solo da Grecia - A3 - Irlanda - Aa1 - e Portogallo - Aa2. La differenza fondamentale sta nel fatto che la sua valutazione è stabile, mentre per le altre economie considerate, si attende una revisione al ribasso;
negli ultimi giorni lo spread tra i Btp e il bund tedesco ha mostrato forti oscillazioni. Venerdì 7 maggio 2010 era pari a 164 punti base per ridursi a 137 il giorno successivo, solo dopo il varo del piano europeo a difesa dell'euro: segno che i mercati scontano una fragilità complessiva dei nostri conti pubblici e chiedono, pertanto, un maggior premio per il rischio;
nel frattempo il Ministro interrogato annunciava una manovra di 25 miliardi di euro, per gli anni 2011 e 2012, al fine di rispettare le regole di Maastricht, inevitabilmente destinate - come mostra il caso della Spagna, della Grecia e del Portogallo - a divenire più stringenti;
nulla invece è immutato, nei propositi del Governo, per pervenire quanto prima alla riforma del federalismo fiscale, di cui è stato emanato il primo decreto

legislativo per il trasferimento di parte del demanio agli enti locali «a titolo gratuito», facendo così venir meno un cespite importante dello Stato centrale, la cui valorizzazione e successiva dismissione a titolo oneroso avrebbe potuto contribuire a ridurre la dimensione del debito pubblico -:
cosa intenda fare il Governo per far conoscere al Parlamento il quadro contabile, all'interno del quale collocare la prevista riforma del »federalismo fiscale", e se lo stesso non intenda congelare qualsiasi eventuale provvedimento in attesa di una verifica puntuale dei relativi oneri, il tutto alla luce della grave crisi finanziaria in atto, i cui esiti finali, nonostante l'importante provvedimento assunto a livello europeo, sono tutt'altro che scontati.
(3-01063)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FUGATTI, BRAGANTINI, COMAROLI e FORCOLIN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alcune società calcistiche di Lega Pro e di serie B, ma anche alcune di serie A, versano in uno stato di tensione finanziaria, con un arretrato di mesi nel pagamento degli stipendi;
sono quindici i club calcistici di serie B e sette quelli della Lega Pro che sono fermi con gli stipendi a dicembre 2009;
i regolamenti vigenti prevedono sanzioni per le società non in regola ed è stata avanzata la proposta, che verrà discussa nel prossimo consiglio federale, di introdurre penalizzazioni in classifica per i club inadempienti, facendo controlli costanti;
sembra altresì necessario aumentare la fideiussione che i club devono presentare a inizio anno a garanzia della loro solvibilità;
la società calcistica AS Roma, che presenta una capitalizzazione in borsa di circa 135 milioni di euro, aveva un debito verso dipendenti e tesserati, a fine dicembre 2009, di 21,8 milioni di euro, con un arretrato di due mesi negli stipendi;
le azioni in borsa della società, in previsione di una possibile vittoria dello scudetto, sono aumentate dell'1,36 per cento, confermando il progresso del 20 per cento dall'inizio del 2010 e del 30 per cento nell'ultimo mese;
la vittoria dello scudetto da parte della Roma comporterebbe delle entrate spalmate nei prossimi anni, derivanti dai premi degli sponsor, come Wind, e dai diritti televisivi, ma obbligherebbe altresì la società a pagare un premio ad allenatore e calciatori per un valore stimabile in 15-20 milioni di euro, aggravando il debito della società, che appartiene al gruppo Italpetroli, già piuttosto indebitato con le banche, di oltre 320 milioni di euro;
la situazione debitoria delle società calcistiche professionistiche, riportate dagli organi di stampa, potrebbe far pensare a debiti tributari verso l'Erario -:
se le società professionistiche di serie A, serie B e Lega Pro siano in regola con i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e, in caso negativo, se sia noto quale sia l'ammontare del debito verso l'Erario e gli enti previdenziali delle singole società.
(5-02871)

MILO, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un agricoltore in regime di esenzione IVA, con un volume d'affari dell'anno solare precedente inferiore a 2.580 euro, costituito da almeno due terzi dalla cessione di prodotti agricoli, nel 2005 era proprietario di un terreno agricolo con annessa rimessa, anch'essa utilizzata a fini agricoli;
prima del 2005 questi immobili sono stati inseriti nello strumento urbanistico

del comune come zona edificabile, precisamente come zona di espansione, e sono poi stati espropriati dal comune stesso ai fini dell'assegnazione a cooperative edilizie e dunque nell'assolvimento di un'attività istituzionale dell'ente;
facendo affidamento sul regime di esenzione dall'IVA, il proprietario del terreno agricolo, a seguito del recepimento dell'indennità di esproprio, non ha emesso fattura e non ha versato l'IVA e ha evidenziato all'ente che non sarebbe stato soggetto all'obbligo dell'emissione della fattura, così anche l'ente non ha emesso fattura e non ha versato l'IVA;
l'agenzia delle entrate ha svolto i propri controlli e ha inviato sia il comune sia l'agricoltore a fornire chiarimenti: l'agricoltore ha utilizzato l'invito al contraddittorio e ha pagato l'IVA e la sanzione con i relativi interessi in misura ridotta, salvo poi chiedere successivamente al comune di rimborsargli l'IVA, ma il comune non ha risposto e si è rifiutato, sostenendo che l'operazione non era comunque soggetta ad IVA e che in ogni caso non sarebbe stato soggetto all'IVA -:
se ritenga che il comune avrebbe già allora dovuto pagare l'IVA e se lo stesso debba ora rimborsare l'IVA pagata dall'agricoltore, considerando che il comune stesso, nell'ambito delle attività istituzionali, comunque non può portare in detrazione l'IVA, a norma degli articoli 18 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
(5-02872)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Guardia, di finanza svolge una funzione fondamentale per la tutela degli interessi dell'erario, soprattutto nell'azione di contrasto dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale e di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, nonché, più in generale, a garanzia della legalità sul territorio nazionale;
tale ruolo assume particolare rilievo nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nelle quali lo sviluppo economico e la convivenza civile risultano pregiudicati da un tasso di legalità assolutamente insufficiente e dalla presenza massiccia della criminalità organizzata;
in tale contesto sono stati segnalati all'interrogante preoccupanti episodi, riportati anche dagli organi di stampa, di minacce ed intimidazioni nei confronti di militari del Corpo della guardia di finanza in servizio presso la compagnia di Fondi, evidentemente volte ad ostacolare le attività di istituto svolte, a fronte delle quali gli stessi militari vittime dei predetti fenomeni sono stati relegati a svolgere solo servizi interni di caserma -:
se sia a conoscenza di tali episodi, quali siano gli intendimenti del Ministro in merito agli stessi e quali iniziative intenda assumere per assicurare la piena operatività dei reparti della Guardia di finanza operanti nel territorio di Fondi, a tutela degli interessi erariali dello Stato, nonché a garanzia dell'incolumità del relativo personale.
(5-02873)

DEL TENNO e VIGNALI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sussiste, ormai da anni, una controversia in merito all'applicazione del decreto legislativo n. 507 del 1993 per quanto riguarda l'applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicità in mento all'applicazione della stessa al marchio, apposto con dimensioni proporzionale alle dimensione dei beni, sulle gru mobili e sulle gru a torre adoperate nei cantieri edili;
le amministrazioni comunali, mediante le società concessionarie del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità, sottopongono il marchio, e tramite esso il fabbricante della gru a torre, alla corresponsione del tributo comunale sulla pubblicità esterna ogni volta che la gru viene installata

sul proprio territorio, anche quando la gru è divenuta di proprietà del cliente, che ne usufruisce come meglio crede;
la confusione applicativa può essere fatta risalire all'emanazione di due risoluzioni contraddittorie da parte del Ministero finanze: la 10 febbraio 1999 n. 18/E, nella quale, riferendosi genericamente a gru ed escavatori, ribadisce ancora una volta l'esclusione, da sempre pacificamente accolta dall'ordinamento, dall'imposta di pubblicità dei marchi di fabbrica apposti sui beni strumentali e la 13 marzo 1999, n. 42, che riferendosi in modo particolare alle gru mobili ed ai casi in cui il marchio esposto è di grandi dimensioni, le assoggetta all'imposta di pubblicità;
va osservato che l'attuale limite di esenzione, previsto in 300 centimetri quadrati, se rapportato alla grandezza di una macchina quale le gru a torre, spesso non consente mai di garantire il diritto di distinguere il prodotto tramite il marchio, ai sensi dell'articolo 2569 del codice civile; l'apposizione del marchio non rientra nel presupposto di applicazione del tributo stabilito dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 507 del 1993, in quanto non è volto allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzato a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato, ma essendo incorporato al bene, ha solo il fine di individuarlo;
la situazione sta assumendo una gravità insopportabile per i fabbricanti di gru, poiché le società concessionarie della riscossione, probabilmente sollecitate dalle proprie associazioni di categoria (ANUTEL e ANACAP), insistono nel ritenere tali marchi come pubblicità, applicando di conseguenza l'imposta comunale sulla pubblicità, eseguendo accertamenti riferiti anche ad anni passati, e in ragione di ciò moltiplicando esponenzialmente l'importo delle cartelle di accertamento: considerando il numero delle gru attualmente presenti sul mercato nazionale, gli spostamenti a cui sono soggette e infine gli anni a cui può essere applicata la tassa, ne risulta una situazione insopportabile economicamente per i soggetti colpiti;
le procedure relativa all'accertamento e alla contestazione dell'imposta da parte delle imprese risultano particolarmente complesse a causa dell'incertezza della situazione di fatto, visto che il soggetto che viene escusso non ha più la disponibilità della gru e non può conoscerne con precisione, e nemmeno controllarne, gli spostamenti sul territorio;
i ricorsi promossi contro l'imposizione del tributo da parte dei fabbricanti non hanno avuto un esito univoco, tuttavia si sta affermando una giurisprudenza secondo la quale il cartello apposto sulle gru ha natura di marchio identificativo della merce e non di messaggio pubblicitario -:
se non ritenga opportuno emanare disposizioni chiarificatrici che escludano le imprese produttrici di gru a torre dalla posizione di soggetto passivo dell'imposta comunale sulla pubblicità, dal momento in cui non abbiano più proprietà del suddetto bene strumentale, che stabiliscano, in conformità alla normativa precedente al 1999, che con riferimento alla posizione di soggetto passivo dell'imposta comunale sulla pubblicità delle imprese che utilizzino gru mobili a torre, non si tratta di pubblicità, ma di marchio di fabbrica, qualora esso sia fissato al macchinario stesso, ovvero che determinino un nuovo, congruo limite di superficie esente in relazione ai marchi apposti sulle macchine di grandi dimensioni, tale da garantire il diritto di distinguere il prodotto tramite il marchio, ai sensi dell'articolo 2569 del codice civile.
(5-02874)

OCCHIUTO e POLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sistema di fondi pensione in Italia sostiene una parte importante della nostra struttura sociale e il suo rendimento e la sua corretta amministrazione sono cruciali nella politica di assistenza e sviluppo sociale;
nonostante i nostri fondi pensione hanno sofferto e continuano a soffrire

dell'attuale clima finanziario, esiste un segmento in cui i gestori hanno opportunità di potenziare le prestazioni dei medesimi fondi;
la maggior parte dei fondi pensione italiani, ove consentito, ha una parte del proprio portafoglio investito al di fuori dei confini nazionali, nel mercato mondiale azionario e dei crediti;
secondo le più importanti società specializzate nei servizi di recupero fiscale concernente le ritenute alla fonte, tale proporzione varia tra il 25 per cento e il 50 per cento, a seconda della strategia di investimento adottata dal fondo;
il reddito derivante da tali investimenti internazionali è tassato nel Paese di investimento in base ad un'aliquota stabilita per legge, che può arrivare addirittura al 35 per cento;
le stesse società specializzate ritengono altresì che l'importo complessivo delle trattenute fiscali a livello mondiale si aggiri annualmente tra i 50 e i 300 miliardi di dollari;
in base agli Accordi sulle doppie imposizioni esiste in molte occasioni il diritto degli investitori di recuperare una parte delle tasse trattenute all'estero;
annualmente centinaia di miliardi di euro sono persi dagli investitori perché chi riceve tali redditi o li gestisce molto spesso non provvede al recupero delle doppie imposizioni;
è un dato ormai acquisito nel settore che far valere tali diritti sia difficile e complesso, dal momento che ciascuno dei Paesi cofirmatari degli accordi sulle doppie imposizioni prevede procedure ed adempimenti diversi per quanto riguarda la presentazione delle richieste di recupero;
la conseguenza di tale complessità è che molti dei nostri fondi pensione non presentino richieste di rimborso, venendo così meno allo scopo degli accordi (si valuta che meno del 10 per cento di questi diritti siano in genere riscossi);
inoltre, se il diritto al rimborso non viene esercitato entro un termine di decadenza, la cui durata varia in ciascun Paese contraente dell'accordo, la somma è definitivamente persa;
negli anni precedenti in cui i rendimenti degli investimenti erano buoni, tali recuperi venivano spesso ignorati, oggi invece, in un momento in cui i rendimenti del capitale investito sono così bassi, è opportuno che il valore dei fondi pensione venga tutelato nella misura più ampia possibile;
i paesi più avanzati hanno proceduto a riforme delle loro discipline legislative e regolamentari degli investimenti, allo scopo di fornire ai propri fondi pensione migliori opportunità e prospettive, in grado di accrescerne il rendimento, all'interno di un contesto di rischio più limitato -:
quali iniziative, anche normative, intenda eventualmente adottare per rilanciare il rendimento del nostro sistema di fondi pensione, introducendo un obbligo di governance a carico dei gestori dei fondi pensione e dei loro fiduciari affinché facciano valere i diritti sanciti dagli accordi sulla doppia imposizione.
(5-02875)

Interrogazioni a risposta scritta:

STRIZZOLO e MARAN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza è una presenza dello Stato a Cormons (Gorizia) ininterrottamente dagli anni cinquanta;
nel corso di questo periodo alla luce della realtà storica e socio-economica locale è stata dapprima comando di brigata, quindi comando tenenza e poi comando compagnia;
fino ad alcuni anni fa, prima dell'entrata della Slovenia nella Comunità europea, il reparto insediato a Cormons aveva alle proprie dipendenze ben 11 reparti;

di seguito sono venute meno la specificità di controllo di polizia di frontiera e le funzioni di vigilanza doganale ai valichi di frontiera con la conseguente soppressione di tutti i reparti dipendenti;
il reparto ha comunque mantenuto una propria identità e una circoscrizione comprensiva di 14 Comuni (Cormons, Gradisca d'Isonzo, Villesse, Farra d'Isonzo, San Floriano del Collio, Mossa, Capriva del Friuli, San Lorenzo Isontino, Moraro, Mariano del Friuli, Medea, Romans d'Isonzo e Dolegna del Collio) fino all'agosto 2009, fino a quando è stato declassato a Tenenza;
ora sembrerebbe che alla fine di febbraio 2009 sia stata proposta la chiusura definitiva del reparto da parte del comando regionale della Guardia di finanza di Trieste con decorrenza dal 1o agosto 2010 per presunti motivi economici, senza tener conto dei disagi che saranno eventualmente provocati alle comunità locali, oltre che alle circa 30 famiglie dei militari che prestano servizio presso tale sede (almeno 100 persone);
gli amministratori del comune di Cormons si erano impegnati ad assegnare alla Guardia di finanza, al posto dell'attuale immobile in regime di locazione, una palazzina di proprietà comunale nell'ex caserma dell'Esercito italiano denominata «Colombini» ubicata nella frazione comunale di Brazzano;
tale palazzina, dotata di adeguati spazi di pertinenza e ben collegata al sistema viario locale, sarebbe assegnata con le seguenti modalità in alternativa:
ristrutturazione e messa a norma con oneri completamente a carico dell'amministrazione comunale di Cormons, con l'apertura di un finanziamento agevolato regionale vincolato all'occupazione della struttura per 20 anni da parte dell'amministrazione che avrebbe dovuto corrispondere un canone di locazione annuo pari a euro 25.000, con consegna dell'immobile entro due anni;
ristrutturazione e messa a norma con oneri completamente a carico della Guardia di finanza con disponibilità immediata dell'immobile. Concessione dello stesso in comodato d'uso gratuito;
nelle more di una decisione circa una delle predette proposte, il proprietario dell'immobile attuale sede del reparto aveva dichiarato la propria disponibilità a posticipare i termini esecutivi dello sfratto intimato e inoltre aveva dichiarato la propria disponibilità a rinnovare ancora il contratto d'affitto in presenza di un aumento del canone (circa ulteriori 300 euro mensili);
in presenza delle suddette opportunità la Guardia di finanza pare non abbia, al momento, formalizzato al comune di Cormons alcuna decisione;
con la progressiva chiusura dei reparti che in precedenza dipendevano dalla compagnia di Cormons, la maggior parte dei militari sono affluiti nella attuale sede, integrandosi notevolmente nel tessuto locale e inserendo le proprie famiglie in loco, anche acquistando casa (con accollo dei relativi mutui);
la ipotizzata chiusura della tenenza di Cormons comporterebbe un notevole disagio per queste famiglie che vedrebbero aumentare le proprie spese in considerazione degli oneri di trasporto, qualora conservassero la residenza nella cittadina ed enormi difficoltà per eventuali cambi di abitazione e relativi traslochi. Questa ultima ipotesi, è cioè il trasferimento in altri centri delle oltre cento persone attualmente residenti, comporterebbe un ulteriore aggravamento per la realtà economica locale già impoverita dai progressivi trasferimenti avvenuti negli anni passati delle caserme dell'Esercito italiano in altri luoghi;
l'aspetto più significativo, tuttavia, oltre al controllo del territorio e/o prevenzione dei reati è quello di dare una risposta efficace alla necessità di sicurezza reale o solamente percepita da parte delle persone residenti in questa vasta area

dell'Isontino, oggetto - nell'arco di brevissimo tempo - di profonde trasformazioni socio-economiche, con l'auspicio ampiamente condiviso che prosegua la presenza in loco dei militari della Guardia di finanza -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di favorire la più concreta e tempestiva sinergia fra le competenti autorità militari e civili per individuare una adeguata soluzione che tenga conto delle esigenze del servizio, delle comunità locali e degli addetti della Guardia di finanza con le rispettive famiglie.
(4-07116)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 31 gennaio 2004, l'allora sindaco di Bergamo presentò al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, l'idea di costruire una nuova accademia della Guardia di finanza nella città di Bergamo;
la prima bozza di accordo di programma fu preparata nell'ottobre 2005 e il progetto fu approvato il 22 dicembre dello stesso anno dal consiglio comunale di Bergamo;
l'accordo di programma fu poi approvato dalla giunta regionale lombarda il 20 giugno 2006 e, di seguito, dalla giunta provinciale;
il complesso, da realizzare in due lotti, avrebbe dovuto svilupparsi su di un area di 180 mila metri quadrati compresa tra la ferrovia per Milano, il margine nordest di Grumello del Piano e l'asse interurbano;
l'apertura del cantiere del primo lotto fu indicata all'inizio del 2009;
da quanto riportato da un articolo del 17 dicembre 2009 sul quotidiano on-line Bergamo Sera, dopo lo slittamento di 48 mesi del progetto, la stessa Guardia di finanza aveva provveduto a comunicare il «definitivo allontanamento della costruzione dell'Accademia»;
ad allontanare la realizzazione del progetto è la mancanza di fondi (250 milioni di euro) che il Governo ha deciso di trasferire e destinare alla ricostruzione in Abruzzo e per la Calabria e la Sicilia;
da quanto appreso nello stesso articolo la decisione di abbandonare il progetto pare sia definitiva -:
se, pur in considerazione del sacrificio imposto dalla tragedia de L'Aquila, il Governo ritenga la costruzione di questa infrastruttura ancora un'opera strategica e quindi non intenda mantenere ferma la destinazione d'uso dell'area oggetto dell'accordo di programma per la costruzione dell'accademia della Guardia di finanza a Bergamo, nel rispetto degli impegni assunti con il comune e gli enti locali e in attesa dei fondi necessari alla realizzazione di questa opera.
(4-07140)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il tribunale di Crotone soffre in maniera cronica di un sottodimensionamento d'organico tra i magistrati inquirenti: la città è tra le sedi giudiziarie più disagiate in Italia, raggiungendo percentuali che la classificano quint'ultima tra le procure italiane, con una pendenza di diecimila procedimenti;
attualmente, oltre al procuratore capo, Raffaele Mazzotta, primo ad aver lanciato l'allarme, lavorano a numerose ed importanti indagini tre sostituti procuratori che rimarranno negli uffici giudiziari soltanto per qualche mese ancora, nonostante

la legge preveda la presenza di sei sostituti procuratori, oltre al procuratore capo;
a fronte della delicata situazione in cui versa il distretto calabrese, sarebbe stata fornita assicurazione circa la prossima destinazione temporanea alla procura di uditori giudiziari che hanno appena terminato il periodo di tirocinio;
la soluzione adottata risulta ad avviso degli interpellanti inadeguata per un territorio caratterizzato da una devastante presenza della criminalità organizzata, attiva soprattutto nel campo delle estorsioni e del traffico di droga, ma anche da un'illegalità diffusa, considerando le centinaia di truffe ai danni dello Stato, l'abusivismo edilizio e commerciale, la microcriminalità, i reati contro le assicurazioni;
anche altre procure e uffici giudiziari calabresi, come ad esempio il tribunale di Locri che ormai è al collasso, presentano situazioni di disfunzione, non soltanto per l'insufficienza di organico, ma anche per la carenza di strutture amministrative -:
quali urgenti ed opportune iniziative di lungo periodo intenda adottare, al fine di assicurare l'applicazione di un organico stabile che sia in grado di seguire le indagini durante tutto l'iter processuale, prima che i danni diventino incalcolabili e che l'esercizio della giurisdizione non sia più garantito.
(2-00713) «Tassone, Occhiuto, Vietti».

Interrogazione a risposta immediata:

PALOMBA, MESSINA, LEOLUCA ORLANDO, SCILIPOTI, ZAZZERA e BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa hanno riferito con grande rilievo di un'inchiesta della procura di Roma su un presunto comitato d'affari che avrebbe gestito alcuni appalti in maniera illecita;
risulta che le indagini sarebbero concentrate sul Credito cooperativo fiorentino e coinvolgerebbero uno dei coordinatori del partito del Popolo della libertà, che risulta iscritto nel registro degli indagati per il reato di corruzione;
nel registro degli indagati, sempre per il reato di corruzione, risultano iscritti anche l'imprenditore Flavio Carboni, il direttore dell'Arpa Sardegna Ignazio Farris e il consigliere provinciale di Iglesias Pinello Cossu;
sempre da notizie di stampa risulta che gli accertamenti su quello che si ritiene essere stato un giro di appoggi e di promesse per favorire alcuni imprenditori siano stati avviati nel 2008, nel quadro di un'altra indagine avviata dalla direzione distrettuale antimafia;
al centro dell'indagine risultano, soprattutto, gli appalti per l'energia eolica in Sardegna e in altre regioni d'Italia;
anche la procura della Repubblica di Cagliari ha aperto un'inchiesta sulle energie rinnovabili e il precedente presidente della regione Sardegna ha più volte denunciato infiltrazioni mafiose nel business dell'eolico;
in Italia sta iniziando un processo di diversificazione e di trasformazione nella produzione energetica ecocompatibile, che vede la crescita esponenziale di impianti ad energia pulita, sia pure partendo da una situazione di inizio fortemente limitata. Dalle ultime statistiche pubblicate da Legambiente nel nostro Paese si registra una notevole crescita di impianti di energia rinnovabile;
ma recentemente vi sono state notizie di preoccupanti interferenze speculative sul nuovo mercato dell'eolico, che fanno vedere infiltrazioni della criminalità organizzata che ha allungato i suoi tentacoli in diversi territori. A parte l'inchiesta che riguarda la Sardegna, il 17 febbraio 2009, nell'ambito delle indagini su dinamiche politiche e imprenditoriali relative alla realizzazione di parchi eolici in Sicilia, i militari del nucleo investigativo del comando dei carabinieri della provincia di Trapani e gli agenti di polizia della squadra

mobile, su richiesta della procura antimafia, hanno eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare;
il comunicato stampa sull'operazione antimafia «Eolo», pubblicato dalla questura di Trapani, sezione criminalità organizzata, ha registrato fra gli arrestati: Agate Giovan Battista, pluripregiudicato mafioso, Campana Baldassare, responsabile dello sportello unico attività produttive del comune di Mazara del Vallo, Cuttone Antonio, imprenditore e consigliere comunale (Forza Italia), Franzinelli Luigi, imprenditore, Martino Vito, imprenditore, già assessore e consigliere comunale (Forza Italia), Sucameli Giuseppe, architetto del comune di Mazara del Vallo e in atto detenuto per associazione mafiosa;
le accuse sono state di reato di associazione di tipo mafioso «per aver consentito all'associazione mafiosa denominata Cosa nostra, e in particolare alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, il controllo di attività economiche, di autorizzazioni, di appalti e di servizi pubblici nel settore della produzione di energia elettrica mediante impianti eolici, nonché allo scambio di voti politico-mafioso» e «concorso nella rivelazione di notizie di ufficio secretate, concernenti lo schema di convenzione per la realizzazione di un parco eolico a cura della società Enerpro;
carabinieri e polizia hanno reso noto di «aver appurato che l'attività criminosa posta in essere da imprenditori e politici abbia avuto un imprimatur mafioso che ha orientato modalità e obiettivi dell'attività delittuosa allo scopo di controllare occultamente l'intero comparto produttivo nel territorio, anche mediante l'affidamento dei lavori necessari per la realizzazione degli impianti eolici (...) per un affare di centinaia di milioni di euro, ai quali si erano aggiunti, per la stessa entità, gli ingenti finanziamenti regionali di cui le imprese in argomento avevano in ultimo beneficiato»;
esponenti di Cosa nostra avrebbero avuto un ruolo determinante nella strategia delittuosa, controllando e gestendo concessioni, appalti e autorizzazioni nel settore degli impianti eolici;
nell'ambito di una gara per l'autorizzazione a realizzare parchi eolici nel comune di Mazara del Vallo, Luigi Tamburello avrebbe prescelto la società Sud Wind s.r.l., perché la più adatta a perseguire gli scopi dell'organizzazione mafiosa;
in cambio di soldi, il consigliere comunale di Forza Italia Vito Martino sul piano politico avrebbe favorito la società Sud Wind s.r.l. nell'assegnazione della convenzione per la costruzione del parco eolico, mentre Saladino avrebbe illecitamente carpito l'offerta della società concorrente Enerpro per modificare e rendere più competitiva la proposta della Sud Wind s.r.l.;
socio della Sud Wind s.r.l. è l'imprenditore Luigi Franzinelli e l'impresa, inoltre, sarebbe appoggiata anche dal mafioso Giovan Battista Agate;
Luigi Franzinelli è collegato a diverse società, come la Eolo Lazio srl, la Eolo Murge srl, Esseolica srl, Gioia tower corporation srl, Sardeolica srl e altre ancora;
l'identificazione delle persone e delle società coinvolte nell'inchiesta siciliana ha, inoltre, evidenziato preoccupanti legami con la realizzazione di impianti eolici anche nel territorio pugliese;
il comune pugliese di Minervino Murge, peraltro, in quest'ultimo anno sembra essersi distinto per l'incredibile incremento delle strutture energetiche eoliche (si posiziona come secondo nella classifica dei primi 100 comuni dell'eolico);
una delle persone coinvolte nel processo penale che si avvierà nel 2010 dinanzi al tribunale di Canosa di Puglia per la costruzione di strutture eoliche abusive nel comune di Minervino Murge e di una cabina-sottostazione nel comune di Spinazzola è indagato nell'operazione siciliana «Eolo», nonché titolare della Murgiaeolica s.r.l.;

dalle sopra citate indagini emergerebbe l'interesse della criminalità organizzata nel trasformare la realizzazione delle centrali eoliche, finanziate con ingenti investimenti pubblici, in un colossale business, attraverso joint venture tra imprenditoria, cosche e politici, attraverso il quale le diverse mafie economiche estendono le proprie ramificazioni in vari territori, incuranti anche della devastazione e della depredazione dell'ambiente che impianti dettati solo dalla becera speculazione producono -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di assicurare maggiore trasparenza nel settore degli appalti ed impedire che in Sardegna, come anche in Puglia ed in Sicilia, si verifichi l'ingerenza della criminalità organizzata nella realizzazione di impianti di energia eolica.
(3-01061)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VACCARO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 12 ottobre 2009, durante la seduta n. 230, veniva presentata l'interrogazione a risposta scritta 4-04505, nella quale principalmente si chiedeva per quale motivo al concorso indetto dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con in data 21 novembre 2003, non avesse poi fatto seguito l'assunzione dei 39 psicologi risultati vincitori e, in secondo luogo, quali iniziative utili il Ministro intendesse assumere ed attivare per risolvere tale questione nel minor tempo possibile e con il miglior risultato perseguibile;
in ordine a tali fatti, su ricorso degli psicologi vincitori del concorso, il Consiglio di Stato ha recentemente pronunciato l'ordinanza n. 856; tale ordinanza recita «[...] l'appello in esame appare assistito da apprezzabili elementi di fondatezza, in quanto non bisogna confondere tra utilizzazione della graduatoria per l'assunzione dei vincitori (il caso in esame), per la quale sussiste una posizione di obbligo dell'Amministrazione a fronte di una posizione di diritto dei vincitori medesimi [...] con la diversa situazione del c.d. scorrimento della graduatoria per l'assunzione degli idonei, [...]»; e continua «Considerato, quindi che, come fondatamente dedotto dagli appellanti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, impugnato, trattandosi di vincitori del concorso Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, non avrebbe potuto stabilire in modo generico la mera possibilità bensì l'obbligo della preventiva utilizzazione della graduatoria ancora efficace rispetto a nuove procedure di reclutamento, disciplinando più in dettaglio termini e modalità di tale utilizzazione in sede di trasferimento delle corrispondenti funzioni al SSN, e che ciò, oltre ad essere maggiormente rispondente ai principi di efficienza, economicità e buon andamento dell'azione amministrativa, al contempo non comprime o sacrifica ingiustamente le legittime aspettative di soggetti valutati come capaci e meritevoli a conclusione di procedure selettive pubbliche [...]»;
il Ministro interrogato, durante l'audizione del 27 novembre 2008, dinanzi alla Commissione II giustizia della Camera dei deputati, ha ribadito l'impegno del Governo a procedere all'assunzione dei 39 vincitori del concorso;
di recente, poi, sono state discusse e approvate, con parere favorevole del Governo, mozioni parlamentari che impegnano quest'ultimo a procedere alle assunzioni anche degli psicologi: in primo luogo, la mozione 1-00240 (Vietti e altri), discussa il 12 gennaio 2010, e approvata con il parere favorevole del Governo, in cui si denuncia la drammatica situazione delle carceri e l'aumento della popolazione carceraria - si legge: «[...] A questo proposito il Ministero della giustizia proprio al fine di coprire almeno parzialmente la totale carenza di organico di tali figure professionali, aveva avviato nel 2004 un concorso per l'assunzione di 39 psicologi, arrivando anche ad approvare la relativa graduatoria del 2006; nonostante ciò, da

quel momento l'Amministrazione penitenziaria non ha proceduto ad alcuna assunzione dei vincitori del concorso, di fatto preferendo affidarsi ad un sistema di frammentarie collaborazioni precarie e insufficienti». Donde «impegna il Governo: [...] ad assumere le iniziative di competenza per l'assunzione di un congruo numero di psicologi, indispensabili per la vita dei reclusi, [...]»; altre mozioni di analogo contenuto, abbinate e discusse lo stesso giorno (mozione 1/00288, Bernardini e altri; mozione 1-00302, Franceschini e altri);
in mancanza di psicologi di ruolo, presso gli istituti penitenziari e strutture connesse si continuano a utilizzare gli incarichi di collaborazione esterna (oltre 400) e si è arrivati a prevedere l'impiego degli agenti di polizia penitenziaria nei servizi di prima accoglienza (cfr. circolare Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria n. 32296 del 25 gennaio 2010) per sopperire alle carenze di organico; iniziativa questa che ha destato l'allarme dell'Ordine degli psicologi -:
se, alla luce di queste considerazioni e dello stato di emergenza in cui si trova il sistema carcerario, facendo riferimento, in particolare, alla crescita vertiginosa del numero dei suicidi nel biennio 2009/2010 in carcere, il Governo intenda adempiere gli impegni presi, attraverso l'assunzione degli psicologi vincitori del concorso Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria suddetto, mostrando così responsabilità verso i diritti dei detenuti e quelli dei 39 professionisti.
(5-02867)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
giovedì 6 maggio 2010, è uscito un articolo sul quotidiano L'Opinione firmato da Dimitri Buffa ed intitolato: «Carceri, ora si suicidano anche gli agenti ma Maroni e l'IdV ci fanno sopra campagna elettorale»;
l'articolo dà conto del suicidio dell'agente di polizia penitenziaria M.A., di anni 46, originario di Atri in provincia di Teramo, sposato, con due figli e assistente capo in servizio presso il nucleo traduzioni e piantonamenti presso il carcere di Pescara-San Donato;
l'uomo era da tempo in malattia e si è tolto la vita sparandosi con la sua pistola d'ordinanza;
secondo alcuni colleghi dell'agente suicidatosi, la condizione di lavoro caratterizzata da storiche carenze di organico e da turni massacranti può essere stata la concausa che ha spinto l'uomo a togliersi la vita;
le condizioni di vita degli agenti di polizia penitenziaria sono a tal punto insostenibili da aver indotto l'amministrazione penitenziaria ad allestire una consulenza di psicologi che hanno aperto punti di ascolto;
la situazione è da considerarsi ormai drammatica e l'utilizzo della figura dello psicologo è un palliativo che non rimuove le cause del malessere;
implementare l'organico e quindi organizzare ragionevoli turni di lavoro risolverebbe il problema alla radice e renderebbe totalmente inutile il servizio di sostegno psicologico;
ad avviso dell'interrogante, per scongiurare questi gesti estremi occorre por mano seriamente al problema delle condizioni di lavoro in cui si vedono costretti ad operare gli agenti di polizia penitenziaria, problema risolvibile attraverso il rientro negli istituti di pena di tutti i distaccati presso il dipartimento amministrazione penitenziaria e il Ministero della giustizia e il significativo aumento dell'organico

che consenta ai dirigenti di organizzare turni di lavoro che non abbiano il carattere della bestialità -:
se i fatti corrispondano al vero e se siano state avviate eventuali indagini amministrative sul caso;
se le autorità fossero a conoscenza del disagio psicologico dell'agente di custodia e se fossero state avviate tutte le procedure di precauzione per prevenire l'atto suicidale;
se nel carcere al quale era assegnato l'uomo sia mai stato istituito un punto di ascolto con la presenza di psicologi;
cosa intenda fare per aumentare significativamente l'organico degli agenti di polizia penitenziaria.
(4-07112)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, giovedì 6 maggio Eraldo Del Magro, 57enne originario di Cosenza e ristretto nel carcere Bassone di Como con precedenti per traffico di armi, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella con i lacci delle scarpe;
trattasi del ventiquattresimo suicidio dall'inizio dell'anno consumatosi nelle sovraffollate carceri italiane;
secondo quanto riferito da Eugenio Sarno, segretario della Uil-Pa penitenziari, già in passato l'uomo aveva mostrato intenzioni suicide;
nel denunciare l'episodio, le maggiori organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria sottolineano il gravissimo sovraffollamento che si registra nelle carceri italiane e la cronica carenza del personale in generale e, in particolare, quella del corpo degli agenti di polizia penitenziaria;
spesso gli agenti di custodia sono lasciati soli a gestire all'interno delle carceri moltissime situazioni di disagio sociale;
sul tema, le soluzioni tampone ed estemporanee adottate dal dipartimento amministrazione penitenziaria fino a questo momento nulla hanno risolto, se non ad addossare sulle già fragili spalle della polizia penitenziaria responsabilità e competenze estranee al proprio mandato -:
se risulti come si siano svolti i fatti che hanno portato alla morte del detenuto;
se corrisponda al vero il fatto che l'uomo avesse mostrato in precedenza intenzioni suicide e, nel caso, se fossero state avviate tutte le procedure di precauzione per prevenire l'atto suicidale;
cosa intenda fare per riportare la popolazione detenuta nel carcere Bassone di Como nella norma regolamentare e quali provvedimenti urgenti intenda adottare per adeguare gli organici della polizia penitenziaria alle esigenze trattamentali e di sicurezza dell'istituto;
quali iniziative intenda mettere in atto per prevenire i suicidi che così numerosi si verificano negli istituti penitenziari italiani;
se non ritenga che il combinato disposto del sovraffollamento, della carenza di personale di ogni tipo (agenti, educatori, psicologi, medici, infermieri), dell'insufficiente assistenza sanitaria e della mancanza di mezzi per porre in essere misure trattamentali finalizzate alla rieducazione dei detenuti concorra significativamente a determinare stati di frustrazione tali da indurre i più disagiati a gesti di disperazione del tipo di quello verificatosi nell'istituto penitenziario Bassone di Como, e quali iniziative intenda assumere in proposito.
(4-07113)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 5 maggio 2010 è apparso un articolo su il quotidiano Il Manifesto intitolato: «Napoli, a Secondigliano detenuto con AIDS vittima di pestaggio»;
l'articolo, scritto da Adriana Pollice, narra l'incredibile vicenda di R.R., ristretto nel carcere di Secondigliano e malato di AIDS; il quale si è presentato al colloquio con la madre stordito e pieno di lividi sulle mani, sulle braccia, sulle gambe e con segni sul collo, ematoma sul capo e forti dolori alla schiena;
nel corso del colloquio l'uomo ha confidato ai proprio familiari che a ridurlo in quelle condizioni erano stati la notte prima gli agenti di polizia penitenziaria che lo hanno pestato; R.R entra ed esce dal carcere, l'ultima volta è stato nel penitenziario di Cosenza, prima di finire a Secondigliano ad aprile 2009, e lì l'hanno liberato perché la sua situazione sanitaria era incompatibile con la reclusione, atteso che R. ha le difese immunitarie debolissime e i linfociti bassi;
nella sua denuncia R. scrive che cinque agenti di custodia con addosso dei passamontagna per nascondere la loro identità hanno fatto irruzione nella sua cella, dopodiché sarebbe successo quanto segue: «con le cannole mi hanno picchiato selvaggiamente fino a che ho perso conoscenza dai forti dolori, dovuti alle continue percosse. Ho chiesto di essere portato a visita medica ma mi è stata rifiutata, ho chiesto di parlare con il direttore ma mi è stato impedito»;
l'avvocato Luciano Santoianni che segue il caso da anni ha dichiarato: «Ho raccolto due denunce quella di R. e quella della madre, testimone delle condizioni del figlio. Abbiamo chiesto al più presto una perizia medica, prima che le tracce scompaiano del tutto, e il sequestro della cartella clinica. Se la madre non avesse avuto diritto al colloquio premio il fatto sarebbe venuto alla luce con quasi una settimana di ritardo. Non sono certo, ma potrebbero avergli notificato un provvedimento per tentata aggressione alle guardie, di solito in queste situazioni succede»;
secondo alcune stime nel sistema carcerario italiano, vi sarebbero oltre 4.000 detenuti sieropositivi di cui 600 affetti da AIDS conclamata;
il dato, tenuto conto della totalità della popolazione detenuta, induce a svolgere serie riflessioni sulla adeguatezza delle cure sanitarie all'interno delle strutture carcerarie;
in particolare, è evidente che il detenuto sieropositivo o, ancor più, affetto da AIDS conclamata, sia un detenuto con una patologia tanto grave quanto problematica da curare soprattutto in un ambiente come quello carcerario -:
se il Ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative ispettive con riguardo alla vicenda segnalata in premessa, al fine dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;
quali interventi il Ministro intenda intraprendere per monitorare la situazione delle carceri sul territorio nazionale ed evitare che casi analoghi possano accadere;
se risponda a verità il fatto che oltre 4.000 detenuti sono sieropositivi e che, di essi, molti vivano una condizione sanitaria di AIDS conclamata;
quali siano le iniziative che si intendano assumere per assicurare ai detenuti sieropositivi un adeguato ed aggiornato trattamento sanitario all'interno delle strutture carcerarie e per evitare che essi costituiscano un problema particolare e serio per la convivenza con altri detenuti, che in molti casi vivono la convivenza obbligatoria come un inammissibile rischio di natura sanitaria.
(4-07114)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza del 20 aprile 2010 la dottoressa Angelica Di Giovanni, presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli ha disposto «che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 della costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, quindi, prendendo atto della drammatica situazione degli istituti di pena della Corte di appello di Napoli ha inviato, alle rispettive direzioni, l'ordine di disporre quanto necessario per eliminare l'evidente contrasto tra le condizioni di vita all'interno degli istituti di pena partenopei e le norme vigenti;
vista l'importanza e la rilevanza del citato provvedimento giudiziario, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportarne integralmente il contenuto: «La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza Sulejmanovic c. Italia, del 16 luglio 2009 ricorda che: «...L'articolo 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti disumani o degradanti, a prescindere dal comportamento della persona a riguardo (Saidic. Italia n. 37201/2006 del 27 febbraio 2008 e Labita c. Italia, n. 26772/1995). Esso impone allo Stato di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che ecceda il livello inevitabile di sofferenza inerente la detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato»;
rilevato che una situazione di «sovrappopolazione carceraria grave pone in sé il problema che cade sotto l'articolo 3 della Convenzione, come ricorda la Corte Europea, v'è da sottolineare che altri aspetti delle condizioni di detenzione sono da prendere in considerazione nell'esame del rispetto della detta disposizione. Tra questi figurano la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base»;
infatti, su quest'ultimo punto, la Corte Europea ha dedotto la violazione dell'articolo 3 perfino nei processi in cui ogni detenuto disponeva da 3 a 4 metri quadrati dato che la mancanza di spazio si accompagnava ad una mancanza di ventilazione e di luce (Moisseiev c. Russia del 9 ottobre 2008 e Vlassov c. Russia del 12 giugno 2008). Considerato che il Giudice nazionale, per consolidata giurisprudenza e ormai principio convenzionale acclarato, è tenuto a conformarsi alle pronunce della Corte Europea, pur sempre nel rispetto degli orientamenti costituzionali, e che l'eventuale mancato rispetto delle indicazioni della Corte costituirebbe autonoma violazione della Convenzione, indipendente da quelle denunciate dalla parte ricorrente. Rilevato, peraltro, che l'Italia con l'adesione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, si è impegnata a conformarsi alle sentenze definitive della Corte Europea nelle controversie nelle quali è parte (articolo 46 della Convenzione). Letta la sentenza della Corte Costituzionale n. 266 del 23 settembre 2009, che nel rivalutare il ruolo complessivo del Magistrato di Sorveglianza nei suoi rapporti con le altre istituzioni ed in particolar modo con l'amministrazione penitenziaria, precisa che «...la norma (l'articolo 69 o.p.), nel quinto comma (ultimo periodo) dispone che il magistrato di sorveglianza «impartisce, inoltre, nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati». La parola «disposizioni», nel contesto in cui è inserita, non significa

segnalazioni (tanto più che questa modalità d'intervento forma oggetto di apposita previsione nel primo comma dell'articolo 69), ma prescrizioni ed ordini, il cui carattere vincolante per l'amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue»;
ed ancora la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza, ricorda che: «Pertanto, resta valido quanto già affermato da questa Corte con la citata sentenza 212 del 1997, per la quale l'ordinamento penitenziario, nel configurare l'organizzazione dei giudici di sorveglianza (magistrato e tribunale di sorveglianza) ha dato vita ad un assetto chiaramente ispirato al criterio per cui la funzione di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti è posta in capo a tali uffici della magistratura ordinaria»;
Rebus sic stantibus, attualmente il numero dei detenuti presenti nella Casa Circondariale di Napoli «Poggioreale» è di 2.759 a fronte di una capienza di 1.400 unità, ormai quasi il doppio, per cui la situazione è tale da essere oggettivamente, di per sé, possibile fonte di violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Di tutta evidenza, peraltro, appare la compromissione del dettato costituzionale, articolo 27 della Costituzione, atteso che in tali condizioni, resta difficile assicurare la concreta realizzazione del principio per cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Rilevata l'esigenza indifferibile di garantire che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana e che le condizioni di esecuzione della pena siano tali da consentire che «la salute ed il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato», e a tali fini risulta indiscutibilmente prioritaria la necessità di spazi di vita sufficienti, la possibilità di utilizzare la toilette in modo privato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce ed all'aria naturali, l'uso dell'acqua corrente per igiene personale, la qualità del riscaldamento ed il rispetto delle esigenze sanitarie di base. Letti gli articoli 69 O.P., 27 Cost. e 3 CEDU, dispone che la direzione della Casa Circondariale di Poggioreale si attivi con pronta sollecitudine per eliminare ogni possibile situazione di contrasto con l'articolo 27 costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, informandone tempestivamente questo magistrato di sorveglianza»;
la prima firmataria del presente atto nel corso di diverse visite ispettive effettuate presso la casa circondariale di Poggioreale ha potuto riscontrare condizioni di detenzione delle persone ivi ristrette che, come evidenziato anche dal presidente del tribunale di sorveglianza nel provvedimento sopra riportato, sono palesemente contrastanti con i principi costituzionale e con le norme dell'ordinamento penitenziario;
ad oggi, gli interroganti hanno depositato, senza ottenere alcun tipo di risposta nonostante i numerosi solleciti, due motivate e dettagliate interrogazioni parlamentari a risposta scritta rivolte al Ministro della giustizia proprio con riferimento alla situazione ad avviso degli interroganti totalmente illegale in cui versa l'istituto di pena di Poggioreale (interrogazione n. 4-03935 e 4-04023 entrambe presentate nella seduta n. 213 di lunedì 14 settembre 2009) -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di risolvere i problemi evidenziati nell'ordinanza del 20 aprile 2010 adottata dal presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli.
(4-07144)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GINEFRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano la Repubblica nel numero di giovedì 6 maggio 2010, ha riportato

la notizia che Trenitalia avrebbe dato disposizione al proprio personale viaggiante di segnalare e contare «eventuali passeggeri di etnia rom» che salendo alla fermata di Salone, percorrono la tratta ferroviaria Roma Tiburtina-Avezzano;
tale controllo dovrebbe essere espletato compilando un modulo prestampato che Trenitalia ha fornito al suddetto personale;
la suddetta modulistica richiederebbe esclusivamente l'indicazione di appartenenti all'etnia rom;
tale decisione ha provocato la denuncia dei ferrovieri del sindacato autonomo Fast Ferrovie, seguita da una dichiarazione da parte dell'azienda secondo la quale il già citato modulo fornito al personale non sarebbe mai stato impiegato;
il personale ha indirizzato una lettera al Ministro per le pari opportunità; chiedendo che venga corretta tale procedura «dall'evidente intento discriminatorio», poiché a quanto gli stessi sostengono: «La richiesta ai capotreni di indicare viaggiatori di etnia rom, meramente in quanto tali e senza alcun'altra motivazione, non può avere altra lettura che la discriminazione. Noi crediamo che tutto ciò non possa essere tollerato. Per questo siamo a chiederle un intervento»;
l'azienda ha successivamente dichiarato: «... tutto quello che facciamo è per la sicurezza dei viaggiatori, la fermata di Salone è nei pressi di un enorme campo nomadi, è stata chiusa nel 2002 per ragioni di sicurezza e riaperta solo dal 1o aprile. La questione è molto seria, in passato ci sono state minacce ai viaggiatori, nessuno voleva più prendere il treno in quella stazione. La riapertura è stata concessa solo a patto di controlli molto rigidi sulla sicurezza, con tanto di telecamere. La questione di quell'area è nota a tutte le amministrazioni»;
oltre a problemi di coscienza, gli addetti si sono posti anche quelli pratici e cioè come il personale possa preventivamente stabilire che il passeggero in questione sia inequivocabilmente di etnia rom;
tale circostanza andrebbe segnalata anche se i rom fossero regolarmente in possesso di biglietto -:
se i Ministri interrogati siano stati messi a conoscenza di tale decisione assunta da Trenitalia, e quali iniziative intendano promuovere per impedire una misura che appare xenofoba, discriminatoria e peraltro, come denunciato dai controllori, tecnicamente di difficile applicazione.
(5-02868)

FIANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
come si apprende da alcuni organi di informazione, la società Trenitalia avrebbe predisposto e distribuito un modulo da utilizzare sulla tratta ferroviaria tra Roma Tiburtina e Avezzano, sul quale i capotreni e i controllori avrebbero dovuto registrare e segnalare la presenza di passeggeri di etnia rom;
secondo la denuncia dei ferrovieri aderenti al sindacato autonomo Fast Ferrovie, il personale incaricato di tale incredibile funzione avrebbe dovuto procedere alla compilazione del modulo, esclusivamente sulla base di una valutazione discrezionale e superficiale dell'aspetto dei viaggiatori, anche se perfettamente in regola con il titolo di viaggio;
è del tutto evidente il rischio di un'applicazione discriminatoria di tali procedure, sintomo di una cultura di insofferenza e sospetto per la diversità e le minoranze che non può che essere stigmatizzata, soprattutto se ideata da un'azienda pubblica di un paese civile e democratico;
le stesse motivazioni addotte dai dirigenti di Trenitalia - così come riportate dagli organi di informazione - se, da un lato, sembrano confermare la notizia, dall'altro, non possono essere tollerate né sembrano essere appropriate per garantire

il sacrosanto diritto alla sicurezza su quella tratta, così come su tutto il territorio italiano;
la circostanza della presenza di un imponente campo nomadi lungo la richiamata linea ferroviaria, in particolare in corrispondenza della stazione di Salone, non può in nessun modo dar adito a pratiche discriminatorie -:
se le notizie, sommariamente riportate in premessa, risultino confermate e, nell'eventualità, quali iniziative intendano assumere affinché sia esclusa ogni forma di discriminazione dei passeggeri con iniziative lesive della dignità della persona e dei diritti inviolabili sanciti dalla nostra Costituzione;
quale sia stato l'effettivo utilizzo del richiamato modulo di segnalazione, quante segnalazioni siano state raccolte e quale ne sia stato l'utilizzo;
quali iniziative si intenda assumere per sollecitare l'accertamento delle responsabilità per la richiamata iniziativa;
come si intenda intervenire per individuare reali misure, rispettose della dignità di tutti i passeggeri, per assicurare la sicurezza sulla tratta Avezzano-Roma, così come su tutte linee ferroviarie del nostro Paese.
(5-02869)

NASTRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'approvazione da parte del Senato della riforma del codice della strada rappresenta un passo in avanti, in particolare per quanto riguarda la normativa della sicurezza stradale;
l'inasprimento delle violazioni di numerose infrazioni stradali, costituisce, infatti, un importante ed apprezzabile intervento da parte del legislatore, verso una giusta direzione, in particolare con riferimento agli incidenti, spesso mortali, provocati dai conducenti di veicoli in stato di ebbrezza o da minorenni alla guida di cosiddette microcar;
fra le norme approvate, tuttavia, manca quella relativa al sequestro delle biciclette, quando circolano la sera, senza le necessarie luci, che rappresentano per i ciclisti la principale causa di incidenti -:
se non intenda assumere iniziative normative volte all'introduzione del sequestro del mezzo per i conducenti di biciclette che circolano la sera senza gli indispensabili segnalatori di luce, la cui negligenza costituisce spesso, come suddetto, fonte di pericolo e di sinistri.
(5-02876)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da più parti sono giunte agli interroganti segnalazioni sull'impiego di diserbanti chimici sulle strade da parte dell'Anas e di varie amministrazioni locali;
la pratica del diserbo è erroneamente considerata un'alternativa alla falciatura per il mantenimento dei bordi stradali -:
di quali dati sia in possesso il Governo in merito al ricorso dei diserbanti lungo le strade da parte dell'Anas e per quanto di propria competenza nei confronti delle amministrazioni locali;
se e come si intenda promuovere la falciatura come alternativa ai diserbanti.
(4-07127)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e

del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un comunicato stampa del 7 maggio 2010 redatto da Italia Nostra Onlus, sezione Sud Salento, congiuntamente con Forum ambiente e Salute di Lecce e Coordinamento Civico per la tutela della Salute e del territorio di Maglie, ha posto l'attenzione sulla possibile costruzione di torri eoliche nel canale di Otranto, a largo di Tricase, dopo l'autorizzazione del 4 maggio da parte della regione Puglia;
secondo le associazioni ambientaliste, la collocazione di mega-torri eoliche di decine e decine di metri di altezza al largo della costa salentina nel bel mezzo del canale d'Otranto causerebbe gravi danni all'avifauna;
il canale d'Otranto, stretto di mare tra l'Adriatico e lo Ionio, dove le coste balcaniche distano soltanto 70-80 km dalla Penisola Italiana, costituisce certamente uno dei più importanti tratti di mare per confluenza e addensamento delle rotte migratorie internazionali del sud Italia, la cui importanza biologica strategica è sancita da diversi trattati internazionali, tra cui la Conferenza di Ramsar del 1971, sottoscritta dal nostro Paese. Il Salento è crocevia nel Mediterraneo per la sua particolarissima conformazione e posizione, luogo di approdo, stazionamento, passaggio e partenza per centinaia di specie di uccelli migratori, che si spostano ciclicamente in tutt'Europa, nel Mediterraneo e tra Europa, Africa e Asia;
se già è grave il rischio di intercettazione casuale delle pale dei rotori degli aerogeneratori con le rotte di volo degli uccelli, la gravità del loro impatto è incrementata dall'«effetto trespolo», ovvero dal fatto che tutti quegli uccelli in grado si posarsi su posatoi rocciosi o arborei, vedono nelle alte torri eoliche luoghi su cui appollaiarsi, e tentano pertanto di posarvisi sopra, venendone dilaniati e maciullati dall'impatto con le pale d'acciaio rotanti ad alta velocità, e confuse fatalmente dagli uccelli per innocui rami d'albero mossi dal vento;
il tutto diviene motivo di ancor maggiore danno se le torri sono ubicate in mezzo al mare e lungo importanti rotte migratorie, a largo come sotto costa, dove le torri divengono motivo di catalizzazione per gli uccelli che tentano di fermarvisi sopra per riposare, durante la faticosa trasvolata, lì nel tratto più breve tra la penisola balcanica e quella italiana;
come si può vedere in un video messo a disposizione da Italia Nostra e girato da zoologi, in una località montana greca, dove si vede un grifone (un grande avvoltoio, dalle suggestioni mitologiche, protetto dalla Comunità europea con la direttiva uccelli 79/409/CEE, che attraverso il canale d'Otranto non manca di raggiungere l'Italia, ed il Salento), tentare di posarsi sul cocuzzolo del tronco di una torre eolica (ad asse orizzontale del rotore, del tipo previsto a largo di Tricase), mentre è in funzione e venirne falciato;
sempre dagli uffici della regione è stata autorizzata la realizzazione di simili torri eoliche nel Parco naturale dell'Alta Murgia e nei suoi pressi, con conseguente diminuzione drastica, in pochi mesi, della presenza di diverse specie di uccelli rapaci, tipica presenza delle rupi e dei cieli murgiani, motivo per cui il corpo forestale dello Stato, con lodevole efficienza, ha presentato un esposto alla procura di Bari, che ha aperto un'inchiesta ed incluso funzionari regionali nel registro degli indagati. Quanto sta avvenendo nel canale d'Otranto è ancor più grave;
da recenti inchieste emerge come dietro all'eolico vi siano diffuse e gravissime operazioni di mera speculazione -:
se siano a conoscenza di quanto sopra riferito e di quali altri elementi dispongano in merito e se non si ritenga opportuno, considerata l'importanza strategica internazionale del canale d'Otranto per il passo migratorio, intervenire, nei limiti delle rispettive competenze, al fine di non dare autorizzazioni che, nel giro di pochi anni, potrebbero portare a un drastico decremento dell'avifauna migratoria mediterranea ed europea così scongiurando

attività speculativa sulle rinnovabili a danno dell'ambiente.
(4-07135)

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ANAS, per il controllo della vegetazione a bordo strada ha scelto di intervenire attraverso l'utilizzo del glyphosate, un disseccante non selettivo autorizzato e normalmente usato in agricoltura quando è necessaria l'eliminazione totale di ogni forma vegetale;
il glyphosate è classificato nella scheda di sicurezza come un diserbante a bassa tossicità acuta, di cui non sono noti gli effetti sull'ambiente, una volta penetrato nel terreno e disperso nelle falde idriche; ufficialmente si dichiarano effetti dannosi su anfibi, echinodermi, crostacei, pesci e insetti, danni che vanno dall'intossicazione, all'accumulo nei tessuti, alla morte;
si sa con certezza che in certe zone vinicole l'accumulo delle acque contaminate da questo diserbante è significativo e superiore ai limiti di legge. La scheda di sicurezza dichiara anche rischi d'intossicazione acuta sui mammiferi, incluso l'uomo, tant'è che l'intervento deve essere effettuato con l'uso di tutti i dispositivi di protezione individuale per evitare inalazione e contatto;
essendo il prodotto dannoso al punto di prevedere delle cautele verso gli operatori, non si può accettare che la popolazione non sia avvisata e che lungo le strade non vi siano cartelli che vietino ai cittadini il contatto con esso. Non risulta infatti che le ASL, che per legge devono essere preavvisate, procedano ad alcuna azione di cautela verso la popolazione;
questo tipo di manutenzione chimica inoltre aumenta il pericolo di innesco di incendio provocato dall'erba secca, l'effetto paesaggistico ne risulta compromesso e l'impatto ambientale è ingiustificato, dato che esiste un'alternativa meccanica per la quale l'ANAS è già attrezzata;
l'ANAS utilizza tale sistema per una pura questione economica: per ogni chilometro trattato infatti occorre un quarto del tempo ed un terzo del personale; si elimina poi il problema dei danni frequenti a cartelli e cippi stradali che vengono triturati da operatori incauti;
da ultimo, dal punto di vista della tutela della salute non sembrano, secondo quanto sopra esposto, essere messe in atto le benché minime azioni di precauzione e protezione della popolazione -:
se i Ministri siano a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intendano intraprendere al fine di evitare situazioni di rischio per la salute dei cittadini, sia in forma diretta attraverso l'inalazione o il contatto con la sostanza diserbante, sia in forma indiretta attraverso la contaminazione di falde acquifere, di vegetali e di animali.
(4-07142)

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 27 aprile 2010, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso alla capitaneria di porto di Cagliari un'istanza di concessione demaniale marittima cinquantennale presentata dalla ditta Energia Eolica off-shore della Sardegna, denominata Eos srl per realizzare e mantenere un impianto di generazione eolica off-shore, in uno specchio acqueo ubicato nel golfo di Cagliari;
il progetto vede come richiedente: Energia eolica off-shore della Sardegna, Eos srl la cui residenza fiscale risulta essere a Cagliari in via Agrigento n. 1 presso lo studio del dottor Antonio Collu;
la durata della concessione è prevista in anni 50;

la società risulta essere stata costituita il 17 marzo 2010, presso lo studio Tardiola;
la società è registrata alla Camera di commercio come inattiva;
risulta essere amministratore della Eos, il signor Andrea Cutrufo residente in viale della libertà n. 395 - Messina;
la società è partecipata al 99 per cento dalla società BBC Power srl con sede in Milano via San Pietro dell'Orto 22 entrata in attività il 30 settembre 2009;
il capitale della Eos srl versato è di diecimila euro;
l'oggetto sociale della società Eos srl risulta essere la progettazione, la costruzione e la gestione di impianti per la produzione di energia sotto tutte le sue forme con l'utilizzo di qualsiasi vettore con particolare riferimento ad impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili;
secondo quanto si legge nell'oggetto sociale la società potrà contrarre prestiti a breve, medio e lungo termine, ricorrere a qualsiasi forma di finanziamento pubblico o privato, beneficiando in particolare delle agevolazioni previste dalla legislazione vigenti comunitarie, nazionali e regionali;
scopo della concessione: realizzare e mantenere un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica off-shore, ai sensi del decreto-legge 31 marzo 1998 n. 112, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e della legge 24 dicembre 2007 n. 244;
la superficie oggetto dell'intervento dovrebbe essere tra i 6-8 milioni di metri quadrati di specchio acqueo;
il diametro del rotore delle pale utilizzate per questo tipo di impianti dovrebbe essere tra i 90 e 120 metri; - altezza del centro del rotore dal livello medio del mare metri 90; - parte sommersa della torre tra i 16 e 30 metri fondazione di tipo monopalo sino a metri 30 di profondità sotto il livello medio mare;
il progetto rappresenta secondo l'interrogante un vero e proprio nuovo tentativo di «assalto paesaggistico» allo straordinario golfo di Cagliari con gravissimo pregiudizio ambientale, naturalistico dell'intera costa;
nello stesso tratto di costa erano stati avanzati progetti che se realizzati rappresenterebbero una vera e propria muraglia eolica lunga 16 chilometri, quasi 30.000 ettari di mare occupati da quasi 300 pale davanti al golfo degli Angeli tra Cagliari e Pula;
è indispensabile ferma quella che all'interrogante appare l'arroganza di chi progetta, sul mare della Sardegna, una devastazione paesaggistico ambientale inaudita;
si tratta di progetti che si sovrappongono con aree di mare che vengono rivendicate a suon di cartografie che delimitano spazi da concedere ad illustri sconosciuti;
la «sfrontatezza» di questi progetti avanzati proprio quando tutte le istituzioni manifestavano la totale contrarietà a tale tipo di realizzazioni deve trovare risposte immediate, chiare forti e nette da parte dello stesso Governo nazionale;
la materia ambientale paesaggistica nelle regioni a statuto speciale ha specificità e competenze diversamente articolate rispetto alle regioni ordinarie;
nella procedura avviata da questa società, come per le altre, si configurano, ad avviso dell'interrogante, chiari conflitti di attribuzione tra lo Stato e la regione Sardegna;
va interrotta e revocata la procedura relativa alla «subliminale» assegnazione dello specchio acqueo davanti al golfo di Cagliari;
l'avvio di una procedura autorizzativa di un impianto eolico off-shore su un bene «pubblico» come il mare, senza disporre di nessuna concessione demaniale, si potrebbe configurare un'automatica concessione delle stesse aree;

norme e giurisprudenza obbligano ad una procedura concorsuale in regime di evidenza pubblica per assegnare un'area o un tratto di mare demaniale;
lo Stato ad avviso dell'interrogante attraverso l'avvio della procedura da parte del Ministero competente ha di fatto attivato una procedura unilaterale in palese contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e regione sancito dalla Costituzione;
l'avvio di procedura a favore della Eos è lesivo delle competenze regionali concorrenti, costituzionalmente riconosciute, sia delle norme di attuazione dello Statuto autonomo della regione Sardegna;
le norme di attuazione dello statuto speciale garantiscono specifiche competenze esercitate attraverso il provvedimento da impugnare. L'articolo 6, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (recante Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna) dispone che «sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione (...) ed attribuite al Ministero per i beni culturali e ambientali con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché da organi centrali e periferici di altri Ministeri. Il trasferimento predetto riguarda altresì la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'articolo 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497»;
le norme di attuazione, adottate per la Sardegna attraverso i decreti legislativi di cui all'articolo 56 dello statuto speciale, possono espletare una funzione interpretativa se non addirittura integratrice delle disposizioni statutarie. Esse svolgono, da un lato, il ruolo di norme sulla competenza che definiscono in termini concreti l'autonomia della regione, trattenendo in capo alla sfera statale di gestione le funzioni che siano di interesse generale, e, dall'altro, seppure in casi particolari, un'opera di integrazione e accordo con il principio fondamentale dell'autonomia regionale e con le altre disposizioni statutarie;
la regione Sardegna può, nell'esercizio della potestà legislativa primaria in materia di edilizia e urbanistica di cui alla lettera f) del medesimo articolo, altresì «intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico ambientale» e quindi può sollevare un conflitto di attribuzione per la revoca del procedimento avviato dallo Stato;
la prevalente giurisprudenza afferma che le concessioni di aree demaniali marittime rilasciate per finalità imprenditoriali devono ritenersi sempre sottoposte ai principi dell'evidenza pubblica, cioè sia nell'ipotesi in cui il relativo procedimento abbia inizio per volontà dell'amministrazione, sia nel caso in cui venga avviato a seguito di una specifica richiesta proveniente da uno dei soggetti interessati all'utilizzo del bene;
la scelta del concessionario incontra i limiti indicati dalle norme del Trattato dell'Unione europea in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario in materia di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento;
l'affidamento in concessione di beni demaniali suscettibili di uno sfruttamento economico deve essere sempre preceduto dal confronto concorrenziale, anche nel caso in cui non vi sia una espressa prescrizione normativa, e che tale principio vada quindi a rafforzare ogni disciplina di settore che già preveda - come accade nel caso dell'articolo 37 codice di navigazione - il ricorso alla procedura di evidenza pubblica, imponendo l'adozione di specifiche misure volte a garantire un effettivo confronto concorrenziale quali, ad esempio, forme idonee di pubblicità o di comunicazione rivolte ai soggetti potenzialmente interessati a partecipare alla procedura, dei quali l'amministrazione sia a conoscenza;

la pubblicità obbligatoria per i procedimenti concessori è oggi disciplinata con le disposizioni, normative e regolamentari, del codice della navigazione: tuttavia, si tratta di norme assai vetuste che non garantiscono (per intrinseca natura) la benché minima possibilità di aderire all'attuale contesto ordinamentale se non a prezzo di vistose incongruenze;
l'appartenenza del nostro Paese all'Unione europea, infatti, impone un adeguamento degli standard qualitativi e degli strumenti dell'azione amministrativa a livelli minimi capaci di garantire, primariamente, la concorrenza e la salvaguardia dei meccanismi del libero mercato;
la pubblicazione delle domande concessorie soltanto agli albi pretori o delle capitanerie, o in organi di informazione non primari, regionali e nazionali, si palesa assolutamente insufficiente per garantire un livello di pubblicità adeguato, soprattutto se il valore per il mercato di un determinato bene è un valore economico assai elevato nonché un valore funzionale altissimo (dettato, ad esempio, dal fatto che l'essere concessionari di quel bene diventa essenziale e indispensabile per accedere all'esercizio di quella determinata attività di impresa e per garantire, pertanto, lo sviluppo di una concorrenza autentica);
in Sardegna da tempo è in atto un'imponente mobilitazione bipartisan con un solo obiettivo, tutelare la Sardegna da chi vorrebbe trasformare il mare sardo in una distesa di improponibili pale eoliche che andrebbero a rafforzare un devastante principio delle grandi industrie inquinanti: «continuo a inquinare tanto ho i crediti verdi delle pale eoliche della Sardegna»;
la devastazione ambientale è palese e l'assenza di regole lascia spazio ad una discrezionalità concessoria che tradurrebbe ogni atto in vantaggi illegittimi nei confronti dell'uno o dell'altro;
la Sardegna non ha tratti di costa disponibili per progetti eolici a mare e qualsiasi contesto sarebbe leso nella sua specificità e naturale bellezza;
la manifesta arroganza di chi, nonostante le dichiarate contrarietà di tutte le istituzioni locali, insiste su tali progetti fa pensare che questi novelli conquistatori del vento si illudano che la Sardegna oltre la terra del vento sia anche terra di nessun -:
se non ritengano i Ministri interrogati di assumere iniziative affinché siano revocate le procedure avviate perché ogni autorizzazione sarebbe palesemente contraria a tutte le norme di tutela e salvaguardia di compendi sottoposti a tutela paesaggistica, ambientale e naturalistica;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda intervenire con proprio vincolo sull'intera area, considerata la vicinanza con le vestigia punico fenice e romane di Nora;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga di verificare preliminarmente l'esistenza, già rilevata da tutti gli altri soggetti preposti dei presuppostici paesaggistico-ambientali che richiedono gli interventi di competenza;
se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non ritenga di dover revocare il dispositivo di avvio di procedure autorizzative perché palesemente discrezionali e in contrasto con la presenza nella stessa area di altri progetti analoghi e sovrapposti;
se non ritenga il Governo, di concerto con la regione, escludere il territorio della regione Sardegna, proprio per le caratteristiche naturalistiche e ambientali delle sue coste, a qualsiasi progetto relativo a impianti eolici off-shore.
(4-07146)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
da notizie apprese da articoli di numerosi giornali nonché da riprese video andate in onda in TV e sul web è noto che un giovane, Stefano Gugliotta, di 25 anni, la sera del 5 maggio 2010, dopo la partita Roma-Inter è stato aggredito ed arrestato, nei pressi dello Stadio Olimpico, da agenti di polizia in assetto anti-sommossa;
come si evince chiaramente dai filmati girati da privati che abitavano nelle vicinanze, il Gugliotta si trovava insieme ad un amico in via del Pinturicchio a bordo del suo scooter quando viene prima raggiunto ed aggredito da un agente di polizia che gli sferra un violento colpo al volto e vari colpi di manganello e poi accerchiato e assalito da numerosi altri agenti;
stando alle ricostruzioni dei giornali e secondo quanto dichiarato dallo stesso Gugliotta e confermato da familiari e amici, il giovane che non apparterrebbe a nessuna tifoseria o gruppo ultrà, sarebbe del tutto estraneo agli scontri tra le tifoserie e le forze dell'ordine verificatisi subito dopo l'incontro di calcio, trovandosi nei pressi dello stadio Olimpico per partecipare ad una festa in un locale della zona;
dopo il fermo e l'aggressione il Gugliotta è stato trasportato con una camionetta dentro lo stadio e qui, già ferito, sarebbe stato nuovamente vittima di minacce e pressioni da parte di agenti di polizia per indurlo a rifiutare i soccorsi sanitari ai quali, però, il giovane non avrebbe rinunciato;
in seguito al fermo da parte della polizia il Gip, nonostante lo stato di salute e le dichiarazioni dell'indagato e le ragioni addotte dal legale, ha confermato l'arresto del Gugliotta e disposto la misura di custodia cautelare in carcere presso il penitenziario di Regina Coeli;
la madre del Gugliotta e i collaboratori del Garante dei detenuti del Lazio che hanno visitato il ragazzo in carcere hanno dichiarato che il giovane presenta diverse ferite fisiche tra cui un dente rotto, una ferita alla testa suturata con sei punti e diversi segni di colpi inferti con un corpo contundente sulla schiena, sulle braccia e sui fianchi, oltre che a versare in una situazione di grave disagio psicologico;
dal quadro complessivo della vicenda, ricostruita sulla base dei fatti ormai notori e dell'acclarata precarietà dello stato di salute psico-fisico del Gugliotta, sembrerebbe evidente la chiara inadeguatezza della misura di custodia cautelare in carcere disposta dal Gip;
è doveroso fare chiarezza con solerzia su quanto accaduto sia nell'interesse del giovane indagato che delle forze dell'ordine che quotidianamente, con sacrificio e competenza, svolgono la loro attività di pubblica sicurezza e lotta al crimine tutelando al contempo la loro professionalità ed autorevolezza danneggiate da sconsiderati comportamenti di certuni -:
quali misure il Ministro dell'interno intenda adottare per ricostruire, preliminarmente, l'esatta dinamica dell'accaduto e verificare, sanzionandoli con il massimo rigore, eventuali responsabilità ed eccessi sia degli agenti della polizia di Stato coinvolti direttamente nella vicenda che dei funzionari della polizia di Stato addetti al controllo e al coordinamento delle operazioni di sicurezza del dopo partita, al fine di scongiurare il rischio che in futuro si verifichino simili episodi di intollerabile violenza da parte di agenti delle forze dell'ordine.
(2-00709)
«Frassinetti, Barbaro, Dima, Granata, Mussolini, Polidori, Proietti Cosimi, Mazzocchi, Aracri, De Angelis, Nirenstein, Centemero, Pili, Renato

Farina, Tommaso Foti, Vella, De Luca, Di Centa, Bellotti, Massimo Parisi, Lolli, Ciccioli, Landolfi, Barani, Vincenzo Antonio Fontana, Girlanda, Vanalli, Castellani, Bocciardo, Ghiglia, Mariarosaria Rossi, Calabria, Simeoni, Garofalo, Minardo, Faenzi, Catone, Cazzola, Giammanco, Mancuso, Milanato, Bernardo, Perina».

Interrogazione a risposta immediata:

FIANO, AMICI, MARAN, BRESSA, MINNITI, BORDO, D'ANTONA, FERRARI, FONTANELLI, GIOVANELLI, LO MORO, NACCARATO, POLLASTRINI, VASSALLO, ZACCARIA, GIACHETTI, QUARTIANI, ARGENTIN, POMPILI e META. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un video e diverse testimonianze hanno reso pubblico un episodio di violenza che vede protagonisti agenti di polizia in azione contro persone inermi;
nel filmato, drammaticamente inquietante, diffuso dalla trasmissione «Chi l'ha visto?» e dal Tg3 si vede il ragazzo, Stefano Gugliotta, colpito a freddo da agenti di polizia in tenuta antisommossa, in una zona nei pressi dello stadio Olimpico a Roma;
i genitori del ragazzo testimoniano che lo stesso era appena uscito di casa ed infatti l'azione si svolge a pochi metri dal portone della sua abitazione;
l'audio del filmato rende poi ancora più drammatica la descrizione dell'evento, nel quale appare il ragazzo indifeso e disarmato in sella ad un motorino mentre viene colpito dagli agenti senza alcun evidente motivo e mentre si ascoltano le voci dei testimoni oculari che chiedono di fermare il pestaggio;
ancora i genitori del ragazzo riferiscono che lo stesso avrebbe riportato numerose ferite e verserebbe in condizioni psicologiche estremamente preoccupanti;
notizie di stampa riportano che il capo della polizia, al fine di far luce sulla vicenda, ha disposto una rigorosa attività ispettiva per verificare la correttezza del comportamento degli agenti;
l'esigenza di assicurare l'ordine pubblico non può mai autorizzare atti di violenza ripetuta nei confronti di fermati, ma, al contrario, dovrebbe portare all'adozione di tecniche di immobilizzo e prevenzione del pericolo per l'incolumità dei cittadini e degli agenti -:
pur nel rispetto degli accertamenti giudiziari in corso e al fine di scongiurare il ripetersi di eventi di tale gravità, quali siano i dati a disposizione del Governo circa lo svolgimento degli episodi legati al fermo, all'ipotesi di reato contestata e al ferimento del giovane Stefano Gugliotta, tenuto conto della diffusione delle immagini che ne ritraggono parte della dinamica e della conseguente preoccupazione e indignazione che hanno suscitato nell'opinione pubblica.
(3-01062)

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 5 maggio 2010 sono state arrestate 8 persone nei pressi dello stadio olimpico a Roma, con l'accusa di resistenza aggravata (337-339 codice di procedura penale) a pubblico ufficiale e lancio di oggetti in occasione di competizioni sportive (articolo 6-bis legge n. 401 del 1989), dopo la finale di partita di coppa Italia,
secondo quanto riferito dal legale, si tratta di A. A. (incensurato, titolare di ditta individuale, 1 bambino piccolo di 4 anni e la moglie all'ottavo mese del secondo); C. S. e D.G. E., entrambi studenti

universitari di 19 anni di un paesino vicino Lanciano, che per la prima volta andavano allo stadio, per altro simpatizzanti della Juventus, presi a piazza Mancini da soli, incensurati e senza precedenti legati ai tifo calcistico; G. E., incensurato, che ha assistito alla partita dalla tribuna Tevere, arrestato insieme ad A. C., mentre erano seduti sul motorino a mangiare un panino comprato al primo chiosco bar all'uscita dallo stadio e P. E., ragazzi questi tutti detenuti nel carcere romano di Regina Coeli e sistemati nella settima sezione, quella destinata ai primi ingressi, scelta opportuna di cui va dato atto alla direzione del carcere, tenuto conto della loro giovane età e dell'assenza di precedenti;
si trovano invece presso il centro clinico del carcere Gugliotta Stefano, che non era neanche andato a vedere la partita, accusato anche di lesioni aggravate a pubblico ufficiale, e L. D. (quarta volta allo stadio);
quanto a Stefano Gugliotta, un video ripreso con un cellulare trasmesso dalla televisione e da siti web di testate giornalistiche, fa vedere che arrivando in motorino con un amico viene spintonato proprio vicino allo stadio olimpico di Roma, sotto casa sua, da un agente di polizia che lo colpisce al viso e poi viene aggredito da numerosi agenti in tenuta anti-sommossa mentre l'amico scappa;
Stefano Gugliotta, che la prima firmataria del presente atto ha visto, come gli altri, il 10 maggio 2010, nell'ambito di una visita ispettiva al carcere romano, non ha più l'incisivo sinistro, ha sei punti in testa e vari ematomi sul corpo, oltre a risultare visibilmente traumatizzato da un punto di vista psicologico per l'accaduto;
in merito all'accaduto, articoli di stampa riferiscono le seguenti parole dell'avvocato Maria Carmela Guarino, residente in viale Pinturicchio: «ho visto un ragazzo che cercava di difendersi mentre lo picchiavano con i manganelli. Mi sono molto spaventata e, dalla finestra del mio palazzo, li ho supplicati di smettere, ho provato un senso di impotenza perché non potevo fare nulla per lui»;
quanto a L. D., che era davanti a dei chioschi quando è stato aggredito, senza precedenti di tifoseria violenta, da video trasmessi dal TG1 e TG2, risulta essere stato investito da un'auto della polizia che era nella zona pedonale mentre cercava di fuggire, fatto che gli ha causato la frattura di una vertebra con 30 giorni di prognosi riservata;
tutti gli arrestati hanno trascorso la notte del 5 maggio 2010 nelle celle presso lo stadio;
Stefano Gugliotta e L. D. sono stati visitati dal 118 presso lo stadio e solo il giorno dopo, una volta giunti a Regina Coeli, per le condizioni di L. D. è stato disposto il ricovero in ospedale nel corso del quale è stata individuata la frattura di una vertebra;
l'avvocato Lorenzo Contucci ha riferito di essere stato avvisato solo della nomina di A. A., arrestato da agenti del commissariato Prati, mentre il commissariato Primavalle non lo ha avvisato delle nomine fatte da G. E., C. S. e D.G. E. e D. L., delle ha appreso solo presso il carcere;
testimonianze parlano di ambulanze al seguito dei celerini che si recavano allo stadio la sera del 5 maggio 2010 -:
se e quali iniziative si intendano assumere nei confronti degli agenti di polizia il cui comportamento, dall'esame dei video, appare agli interroganti indiscriminato e sproporzionato nei confronti di alcune delle persone arrestate, in particolare per il pestaggio di Stefano Gugliotta e l'investimento di L. D. ad opera di un auto della polizia;
se sia vero che il commissariato Primavalle non ha avvisato l'avvocato delle nomine fatte dalle sopra citate persone e, in caso affermativo, quali provvedimenti siano stati presi sul piano amministrativo-disciplinare nei confronti dei responsabili;
se sia vero che diverse ambulanze fossero al seguito delle Forze dell'ordine presenti alla finale di coppa Italia del 5 maggio 2010 a Roma e per quale motivo;

se sia noto chi ha effettuato la notte del 5 maggio 2010, presso lo stadio, la prima visita sanitaria e per quale motivo per L. D. non abbia disposto il ricovero in ospedale nonostante le sue richieste, cosa che è avvenuta solo il giorno dopo, quando l'arrestato è giunto a Regina Coeli;
se sia vero che in quella stessa occasione sono avvenute anche cariche nei confronti di un gruppo di immigrati che abitualmente si ritrovano a piazza Mancini;
se intenda rendere obbligatoria una forma di identificabilità ex post degli agenti antisommossa, come ad esempio il numero sul casco, come avviene in molti Paesi europei.
(3-01057)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la nascita della cosiddetta «vertenza Sicilia» risale al lontano 2003, ed è un'iniziativa condivisa da tutte e cinque le organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e tratta delle problematiche dei vigili del fuoco della Sicilia;
agli incontri partecipano rappresentanti del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, il dipartimento regionale della Protezione civile ed i rappresentanti della regione siciliana. Gli incontri hanno permesso, grazie al fattivo contributo fornito da ciascuno degli intervenuti, di redigere un progetto finalizzato a potenziare il dispositivo di soccorso tecnico urgente in ambito regionale;
per raggiungere questo obiettivo, a giudizio dell'interrogante e di tutti gli attori, istituzionali e sindacali, della «vertenza Sicilia», occorrerebbe l'apertura di nuovi distaccamenti permanenti per migliorare la copertura del territorio dell'isola ed assicurare tempi d'intervento compatibili con quelli attesi dalla cittadinanza, l'acquisto, la ristrutturazione e l'adeguamento di alcune sedi di servizio già esistenti, la realizzazione del cosiddetto progetto «isole minori», l'ammodernamento ed il potenziamento della colonna mobile regionale, l'acquisto e la dislocazione di un elicottero a Palermo per la copertura del territorio della Sicilia occidentale;
vi sono altri temi che potrebbero determinare un efficace ed efficiente potenziamento della macchina dei soccorsi e consentire il conseguimento del prioritario obiettivo dell'autonomia del soccorso regionale siciliano;
il numero di vigili del fuoco, in ambito regionale, è fortemente deficitario. Tale condizione, già di per sé negativa poiché non consente di garantire un adeguato standard di sicurezza rispetto a quello erogato in altre regioni, è stato ancor di più accentuato in conseguenza delle recenti calamità che hanno interessato il territorio, dalle problematiche connesse ai passaggi di qualifica e in previsione dall'approssimarsi della stagione estiva che determinerà una nuova emergenza in funzione della recrudescenza degli incendi boschivi ormai tristemente nota e che si manifesta con particolare recrudescenza ogni anno;
a giudizio dell'interrogante e delle maggiori organizzazioni sindacali di categoria, tra le quali la Confsal-vigili del fuoco, occorre un potenziamento di uomini sul territorio assicurabile magari attraverso una mobilità straordinaria dei sottufficiali capi reparto e dei capi squadra per rimpinguare le forti carenze esistenti in tutti i comandi provinciali siciliani così com'è già avvenuto in passato;
occorre, inoltre, uno sforzo da parte del Ministro interrogato e del Governo tutto per reperire le risorse finanziarie da destinare al pagamento dello straordinario effettuato dal 1o ottobre 2009, data successiva all'evento calamitoso in provincia di Messina e quello effettuato dal personale intervenuto nell'occasione dell'emergenza

a Lampedusa e per la campagna antincendi boschiva 2009 e 2010 di prossima definizione -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-07115)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'edizione del TG3 delle ore 19,00 dell'8 maggio 2010 si riferiva dell'aggressione subita da un ragazzo venticinquenne, il signor Stefano Gugliotta, avvenuta il 5 maggio 2010 a Roma, vicino allo stadio Olimpico, ad opera di alcuni agenti di polizia;
nel servizio in questione si fa riferimento a un video che documenterebbe l'aggressione, inviato dalla famiglia del ragazzo alla trasmissione RAI «Chi l'ha visto?»;
i genitori del signor Stefano Gugliotta hanno denunciato che il figlio è in carcere, in cella d'isolamento, dopo essere stato fermato e malmenato da agenti di polizia intorno alle 21,40, in viale Pinturicchio;
nelle immagini del video si vede un motorino con a bordo due giovani; un poliziotto blocca il motorino. Comincia un diverbio fra i tre; il ragazzo che si trova di dietro, con una felpa bianca, scende, viene rincorso per un po', poi corre via. L'altro, con una maglia rossa, viene strattonato sul viso, vengono alle mani. Il giovane si difende. Arriva un altro poliziotto e poi altri agenti che circondano il ragazzo sulla moto e continua la colluttazione -:
quale sia la dinamica esatta della situazione;
per quale motivo il signor Gugliotta si trovi in carcere;
di cosa sia accusato esattamente il signor Gugliotta;
per quale ragione il signor Gugliotta sia stato aggredito;
se il signor Gugliotta sia stato visitato da un medico.
(4-07129)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«Il Corriere della Sera» nella sua edizione dell'8 maggio 2010 pubblicava una dettagliata inchiesta dei giornalisti Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella significativamente intitolato «La grande truffa siciliana dell'eolico senza vento»;
nella citata inchiesta, tra l'altro si sostiene che «non ce n'è una, nella selva di immense pale eoliche stagliate nel cielo della stupenda valle di Mazara, che accenni a muoversi sotto un refolo di vento, Non una»;
secondo quanto riportato, il sindaco della città di Salemi Vittorio Sgarbi dette pale eoliche «...non si muovono mai... Peggio: se anche si muovessero e producessero energia, quelli di Terna, che gestiscono la rete, hanno detto che non sarebbero in grado di prenderla e ridistribuirla»;
per edificare le citate pale eoliche sono stati sventrati «i fianchi delle colline, devastato i crinali, annientato ettari ed ettari di vigne in tutta la valle, tutto il Belice, tutta la Sicilia. Anche a ridosso di aree di pregio altissimo dove aziende modello come Donnafugata, Pellegrino o Tasca d'Almerita tentano tra mille difficoltà di tenere alto con prodotti di eccellenza l'onore dell'isola;
viene citata una tabella di Terna sull'attività degli impianti in Europa: «le pale girano mediamente per 1880 ore in Danimarca, 1960 in Belgio, 2000 in Svizzera, 2046 in Spagna, 2067 in Olanda,

2082 in Grecia, 2233 in Portogallo. Sapete quante ore, da noi? Solo 1466. E la media siciliana, spiegano gli esperti, è ancora più bassa»;
Terna ha domande di connessione alla rete per il solo eolico pari a 88.171 megawatt, cioè una volta e mezzo la punta massima del consumo italiano, che è di 56.000 megawatt;
l'Anev, che riunisce i produttori di energia eolica, stima che al massimo la produzione nel 2020 potrà raggiungere nel nostro paese 16.000 megawatt;
la potenza installata in Sicilia è di 1.140 megawatt, cioè più di un quarto del totale italiano;
non si comprende il senso di installare pale a vento dove non c'è vento;
riferiscono i due giornalisti, «... il segreto è negli incentivi elevatissimi per le energie rinnovabili. Nettamente superiori alla media europea. Dice un rapporto dell'Autorità dell'energia che nel 2009 il costo totale per la spinta alle fonti rinnovabili, come l'eolico e il fotovoltaico, avrebbe superato i 2 miliardi di euro, per salire di questo passo a 3 miliardi quest'anno, 5 nel 2015 e 7 nel 2020. Chi paga? Semplice: gli utenti, sulle bollette»;
sostengono ancora i due giornalisti, «il meccanismo speculativo si basa sui cosiddetti certificati verdi, dei veri e propri titoli che si vendono e si comprano alla borsa elettrica... mediamente questi certificati verdi cui hanno diritto i produttori valgono 80 euro a megavattora. Ai quali vanno aggiunti i soldi che lo stesso produttore incassa per l'energia venduta al sistema e immessa in rete. Una somma che varia fra 60 e 70 euro a megavattora nella media italiana ma che in Sicilia sale fino a 90-100 euro. Risultato finale: fatti tutti i conti, l'installazione e la manutenzione d'una pala media costa un milione in Danimarca (lo stato europeo che più ha investito sull'eolico) e può arrivare a costare in Sicilia, in 15 anni di vita, il quadruplo: quattro milioni»;
anche dove i cavi di Terna non sono in grado di sopportare il carico elettrico, come spesso accade lungo la dorsale appenninica meridionale, con punte di crisi paradossali in Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia, i produttori hanno comunque diritto al saldo per l'energia che «avrebbero prodotto se...», e anche questo si scarica sulle bollette;
non è possibile al momento accertare quanto questo meccanismo costa al contribuente, perché i certificati verdi non sono disaggregabili per tipologia di fonte d'energia, ma le cifre contenute a gennaio nella segnalazione dell'Authority al Governo fanno ritenere che nel 2008 si siano sborsati ben 1.230 milioni di euro, e di questi metà (630 milioni) a causa «dell'eccesso di offerta» -:
se tutto ciò corrisponda a verità;
in caso affermativo, cosa si intenda fare, promuovere, sollecitare, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, perché questa che agli interroganti appare una gigantesca speculazione realizzata a spese del contribuente, sperperando pubblico denaro abbia a terminare;
se non si ritenga di dover segnalare la cosa all'autorità giudiziaria.
(4-07130)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'istituzione, presso le questure, dell'ufficio minori per la segnalazione di casi riguardanti minori in situazione di rischio, ha certamente rappresentato un significativo momento di attenzione nei confronti delle problematiche, molto spesso difficili, poste dai minori di età;
appare importante una verifica qualitativa attenta del lavoro di tali uffici per esprimere un giudizio compiuto e documentato

sulla politica del Governo nei confronti di tale categoria «debole» -:
quale sia stato il rapporto fra gli uffici minori delle questure ed i tribunali per i minorenni;
quali siano i benefici più significativi derivati dal lavoro degli uffici minori delle questure;
quale opera di prevenzione sia stata posta in essere dagli uffici minori delle questure in rapporto alla legge n. 66 del 1996 sulla violenza sessuale ed in rapporto alla legge n. 269 del 1998.
(4-07143)

TESTO AGGIORNATO AL 12 MAGGIO 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
è in corso la revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole secondarie;
le classi di concorso delle materie letterarie nelle scuole secondarie di II grado, secondo la dicitura tradizionale, sono le seguenti: A052: lettore, latino, greco al liceo classico; A051: lettere, latino nei licei e istituti magistrali; A050: lettere negli istituti di istruzione secondaria di II grado;
la suddivisione delle classi di concorso dell'ambito disciplinare di lettere serve ad assegnare agli insegnanti cattedre nelle diverse tipologie di istituti secondari di II grado, peraltro, dalle tabelle dei decreti ministeriali del 2 marzo 1972 (recante indicazioni circa le nuove classi di abilitazione all'insegnamento secondario e nuove classi di concorso a cattedre), del 3 settembre 1982 (recante indicazioni circa le nuove classi di concorso a cattedre) e n. 39 dei 30 gennaio 1998 (testo coordinato delle classi di concorso) risulta con chiarezza la seguente associazione delle classi di concorso ai diversi insegnamenti dei vari istituti superiori:
A052: italiano, latino, greco, storia, educazione civica, geografia al ginnasio del liceo classico, latina e greco al triennio;
A051: italiano, latino, storia educazione civica, geografia al biennio del liceo scientifico, italiana e latino al triennio del liceo classico e scientifico; italiano, latino, storia educazione civica, geografia al primo amo dell'istituto magistrale, italiano e storia ad triennio;
A050: lettere italiane, storia educazione civica negli istituti magistrali; lingua e lettere italiane, Lingua italiana. Lettere italiane, storia ed educazione civica, Geografia. Italiano, storia, geografia. Lingua e lettere italiane-storia negli istituti tecnici. Lingue, lettere italiane e storia. Cultura generale ed esecuzione civica, letteratura e storia dello spettacolo. Letterature straniere. Italiano. Storia negli istituti professionali; letteratura e storia nei licei artistici; lettere italiane e storia. Lingua italiana, storia ed educazione civica, geografia negli istituti d'arte; lingua italiana, storia della chiesa, educazione civica e geografia. Cultura liturgica nell'istituto per la decorazione e l'arredo nella chiesa; lingua e letteratura italiana storia educazione civica e geografia nella scuola magistrale -:
in ogni caso, ogni classe di concorso più alta possiede i requisiti professionali e i titoli necessari per insegnare in quelle inferiori (si parla a questo proposito infatti di «abilitazioni a cascata» cfr. decreto ministeriale n. 354 del 1998) e quindi la classe di concorso più alta in assoluto tra quelle delle materie letterarie, cioè l'A052 è abilitata all'insegnamento delle materie letterarie in qualsiasi istituto secondario inferiore o superiore;
di per sé le diciture delle classi di concorso attuali, considerate atipiche, si prestano ad essere interpretate in un'ottica di sovrapposizione; tuttavia la classe di concorso che possiede tutte le abilitazioni

a cascato (A052), in realtà è confinata od insegnare al solo liceo classico essendo precluso l'insegnamento negli altri istituti per cui è comunque in possesso dell'abilitazione mentre le altre classi di concorso definite attraverso diciture generiche godono della possibilità di insegnare in un cospicuo numero di istituti;
le definizioni delle classi di concorso, se non si tengono in considerazione gli istituti ai quali sono associate dalle normative ancora vigenti comportano delle limitazioni molto evidenti per le possibilità lavorative di chi è professionalmente più qualificato a vantaggio di chi lo è meno;
tali limitazioni erano tuttavia fino al precedente anno scolastico tollerate perché era prassi dei dirigenti scolastici attribuire le cattedre di lettere agli istituti professionali e tecnici attingendo dalla classe di concorso A050, ai licei (escluso il ginnasio del classico) attingendo dalla classe A051, ai ginnasi dei licei classici attingendo esclusivamente dalla A052, al triennio dei liceo classico, per italiano e latino, dalla A051, per latino e greco, alla A052;
la situazione è diventata oramai intollerabile con l'emanazione, da parte del M.I.U.R., della nota (prot. 1348 del 21 aprile 2010) che stabilisce la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti del primo anno degli istituti superiori secondo la riforma della scuola superiore in vigore dal prossimo anno;
secondo la succitata nota e le tabelle ad essa allegate, gli ingegnanti di lettere e latino al primo anno del liceo classico verranno reclutati dalle classi di concorso A051 (lettere latino nei licei e A052 (lettere, latino e greco al liceo Classico) mentre in tutti gli altri licei per le materie dell'ambito disciplinare di lettere saranno reclutati insegnanti esclusivamente dalle graduatorie A050 e A051 e per gli istituti tecnici e professionali esclusivamente dalla classe di concorso più bassa A050;
risulta pertanto evidente che la nota ministeriale sopra citata assegna alla classe di concorso A051 la possibilità di insegnare al ginnasio del liceo classico illegittimamente dal momento che, come risulta dalle tabelle allegate al decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 i docenti della classe di concorso A051 non possiedono il titolo abilitante per l'insegnamento al ginnasio e allo stesso modo assegna alla classe di concorso A050 la possibilità di insegnare nei licei pur non essendo in possesso del titolo necessario per legge;
tale illegittimità consente così la possibilità per gli abilitati della classe di concorso più bassa di insegnare in tutti gli istituti superiori e l'impossibilità per la classe di concorso più alta di fare altrettanto;
queste iniziative dei M.I.U.R. si ripercuoteranno negativamente sulla qualità della didattica delle lingue classiche, infatti, per la prima volta dall'anno scolastico 2010-2011, ad insegnare lettere e latino al ginnasio del liceo classico diventerà norma utilizzare abilitati nella classe A051, rendendo prassi abituale dividere l'insegnamento ginnasiale del latino e del greco, discipline caratterizzate da un elevatissima grado di interdisciplinarità e pertanto comprensibili più efficacemente se affidate ad uno stesso docente esperto di entrambe le discipline;
inoltre considerata la cospicua riduzione delle ore di latino, italiano e storia-geografia nei licei, gli esuberi nella classe di concorso A051 saranno tali da costringere i dirigenti scolastici di istituti con più indirizzi, per via della salvaguardia della titolarità, ad assegnare le cattedre di lettere e latino al liceo classico al personale perdente posto nella classe di concorso A051 -:
se il ministro intenda ritirare la nota del 21 aprile 2010 e rivedere le diciture delle classi di concorso in modo da permettere a chi ha titoli maggiori e professionalità più elevate di avere almeno le stesse opportunità lavorative di chi è inserita all'interna dell'ambito disciplinare A052 (quindi lettere, latino e greco negli

istituti secondari di secondo grado) oppure lasciare il liceo classico appannaggio esclusivo degli insegnanti abilitati in greco (e quindi modificare le diciture delle classi di concorso A051: lettere, latino nei licei, escluso il classico, e A050; lettere negli istituti tecnici e professionali).
(2-00710)
«Zazzera, Di Giuseppe, Donadi, Di Pietro».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla rimodulazione degli orari scolastici in particolare per quanto riguarda l'insegnamento della matematica nei licei scientifici ed a voci che si susseguono e che parlano di accorpamento della medesima materia con l'insegnamento di fisica -:
se rispondano al vero le notizie sopra riportate che vedrebbero il trasferimento degli insegnanti abilitati al solo insegnamento della matematica agli istituti tecnici e se si intenda chiarire quale sarà la loro prospettiva futura.
(2-00707) «Garagnani».

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 1993 nascevano ad Assisi i primi corsi di laurea in Economia del turismo, nell'ambito della facoltà di economia dell'università degli studi di Perugia, insieme all'ateneo di Bologna con sede in Rimini;
malgrado esistano nel nostro Paese diverse sedi rinomate legate a corsi universitari sul turismo, il numero degli iscritti nella sede assisana è costante e attira studenti da ogni parte d'Italia;
l'offerta formativa incentrata sul turismo e la valorizzazione del territorio è centrale per l'intera regione Umbria, tanto in relazione alla sua economia quanto alla consistenza quantitativa e qualitativa degli stessi corsi delle scuole secondarie superiori;
gli ultimi decreti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono ispirati a criteri di razionalizzazione delle risorse esistenti, accorpamento delle sedi decentrate delle università e riduzione dei costi;
l'eventuale soppressione della sede decentrata di Assisi danneggerebbe la città dal punto di vista economico, formativo e sociale;
il sindaco della città ha già inoltrato una richiesta specifica e circostanziata al Ministero in merito alla valutazione dell'importanza della sede di Assisi -:
se sia possibile evitare la soppressione della sede di Assisi, dando riscontro alle richieste provenienti dal territorio e tenendo conto della storia e della specialità della sede decentrata di Assisi.
(4-07145)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, DAL LAGO, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, COTA, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA,

RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in base al decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, le prestazioni relative al danno biologico nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono previste come risarcimento per la lesione all'integrità psicofisica, indipendentemente dalla riduzione o meno della capacità lavorativa, e prevedono una soglia del 16 per cento del grado di menomazione indennizzabile in rendita e del 15 per cento del grado di menomazione indennizzabile in capitale;
mentre l'articolo 11 del citato decreto legislativo n. 38 del 2000 prevede la rivalutazione automatica della sola quota di rendita, il successivo articolo 13, al comma 3, dispone che gli adeguamenti della tabella dell'indennizzo del danno biologico avvengano con decreto del Ministro interrogato, su delibera del consiglio di amministrazione dell'Inail;
la mancata previsione di un adeguamento automatico degli indennizzi, unitamente alla mancata emanazione dei decreti di adeguamento, hanno, di fatto, determinato la cristallizzazione degli importi delle prestazioni ai valori del 2000 - secondo la tabella delle menomazioni allegata al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 luglio 2000, adottata sulla base di una delibera dell'Inail del 23 marzo 2000, calcolata sui dati congiunturali del 1999 - con conseguente progressiva diminuzione del livello di tutela e di assistenza dei lavoratori;
molti infortunati sul lavoro si ritrovano oggigiorno con menomazioni che impediscono il normale svolgimento di atti quotidiani, oltre che l'espletamento della propria attività lavorativa, compensati da una rendita di circa 350-400 euro;
nel giugno 2009 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto con il quale si attribuiva un aumento dell'8,68 per cento a titolo di recupero delle quote Inail per danno biologico e degli indennizzi in capitale;
il predetto decreto è stato emanato in attesa dell'introduzione di un meccanismo di rivalutazione automatica del danno biologico -:
se non convenga sull'opportunità di accelerare, anche con provvedimenti di propria competenza, la previsione di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi indicati nella «tabella indennizzo danno biologico», in analogia a quanto avviene in altri settori dell'ordinamento per la stessa tipologia di danno, garantendo al contempo un ancor maggiore rigore nelle verifiche concernenti le malattie professionali, al fine di evitare un utilizzo distorto della tutela assicurativa a scapito di coloro che realmente ne hanno diritto.
(3-01059)

BALDELLI e ANTONINO FOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'incremento dei flussi migratori verso l'Italia sta incidendo in profondità sull'assetto socioeconomico del nostro Paese;
è urgente definire un'organica strategia politica e adottare efficaci strumenti amministrativi di fronte a tale rilevante fenomeno migratorio;
il Governo ha già adottato nel corso dell'ultimo biennio alcuni interventi legislativi ad integrazione della cosiddetta legge Bossi-Fini;
è necessario promuovere politiche di integrazione come passo necessario e complementare alle politiche di tutela della sicurezza sociale e difesa del principio di legalità;
il Ministro interrogato ha dichiarato a mezzo stampa che è imminente l'emanazione

delle linee guida per l'integrazione e del regolamento inerente l'accordo di integrazione -:
quali siano i criteri costitutivi, i contenuti, le modalità e la tempistica di conclusione delle linee guida di integrazione e dell'accordo di integrazione, finalizzati alla promozione dell'integrazione nella sicurezza delle persone immigrate.
(3-01060)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 febbraio 2005, n. 34, e il decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, hanno istituito, dal 1o gennaio 2008, l'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che ha unificato l'ordine dei dottori commercialisti e l'ordine dei ragionieri e periti commerciali;
il legislatore del 2005 aveva auspicato l'unificazione della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti e della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, istituite per la tutela previdenziale e assistenziale obbligatoria, rispettivamente, dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, delegando il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti misure volte a sostenere l'iniziativa dei competenti organi di amministrazione delle casse finalizzata all'unificazione (articolo 4 della legge n. 34 del 2005);
il termine previsto per l'adozione dei decreti legislativi è spirato in data 31 marzo 2007 senza che il Governo esercitasse la delega, a causa della mancata adozione, da parte dei competenti organi delle due casse, di un progetto di unificazione;
con l'avvenuta unificazione degli ordini e la mancata unificazione delle casse si è determinata la situazione paradossale di un unico ordine professionale con due casse di previdenza obbligatoria;
l'articolo 1, comma 36, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (cosiddetta «legge Maroni»), ha previsto la possibilità, per gli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, di accorparsi fra loro, nonché di includere altre categorie professionali similari di nuova istituzione che dovessero risultare prive di una protezione previdenziale pensionistica; l'azione del Parlamento e del Governo è stata quindi ispirata dalla consapevolezza della necessità di non consentire la nascita di nuove casse di previdenza per i liberi professionisti e di favorire, al contrario, l'aggregazione di quelle già esistenti;
tale consapevolezza è stata condivisa dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale che, nel «Rapporto sugli enti previdenziali pubblici e privati» del 2006, ha individuato nelle caratteristiche della monocategorialità e della ristrettezza della popolazione amministrata i maggiori rischi di tenuta del sistema;
la situazione determinatasi in materia previdenziale per l'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili è quindi in contrasto con una corretta logica in materia di previdenza obbligatoria e genera incertezza sul futuro previdenziale e sugli obblighi contributivi degli iscritti al nuovo ordine dal 1o gennaio 2008;
le due casse, nel corso del confronto finalizzato a verificare i presupposti per la redazione di un progetto di unificazione, hanno ciascuna espresso valutazioni assolutamente differenti sulle prospettive di equilibrio a lungo termine dell'altra cassa. Nel corso del confronto, la cassa ragionieri ha avanzato la proposta di scambio delle rispettive basi dati, ai fini della verifica delle prospettive di lungo periodo di entrambe, mentre la cassa dottori commercialisti ha espresso un diverso avviso; anche la proposta della cassa ragionieri di

nominare un soggetto terzo, un advisor autorevole e competente, scelto di comune accordo, cui affidare la verifica dei bilanci e dei bilanci tecnici delle due casse o, meglio, di affidamento all'allora Ministero del lavoro e della previdenza sociale, organo politico e tecnico che esercita anche le funzioni di vigilanza sugli enti previdenziali, non è stata condivisa dalla cassa dottori commercialisti; entrambe le proposte sono state portate a conoscenza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
le nuove norme in materia di bilanci tecnici possono consentire una valutazione più convincente delle situazioni delle due casse in questione;
in data 4 febbraio 2009 intervenendo in Commissione lavoro alla Camera, il rappresentante del Governo confermò l'intenzione di adoperarsi per l'unificazione delle casse, dichiarando che «situazione d'incertezza» sulla unificazione delle casse di previdenza dei dottori commercialisti e dei ragionieri «rende sicuramente urgente la ricerca di una soluzione normativa volta a definire compiutamente il percorso già intrapreso con l'unificazione degli ordini e dei collegi professionali suindicati e al contempo indichi l'ente di previdenza al quale devono obbligatoriamente iscriversi i professionisti che dal 1o gennaio 2008 sono confluiti nel nuovo Albo, ivi compresi gli esperti contabili» e che «In questo senso posso garantire il mio impegno affinché questa situazione di stallo possa essere, nel più breve tempo, superata»;
la cassa dottori commercialisti, secondo recenti articoli di stampa, ha conclusivamente ribadito il proprio convinto «no» alla unificazione delle due casse, sostenendo come la cassa dei ragionieri registrerà tra il 2029 e il 2032 un saldo patrimoniale negativo con l'azzeramento «del patrimonio il che porrebbe a rischio persino gli impegni pensionistici da questa maturati al 31 dicembre 2003, per contro la cassa dei ragionieri sostiene, non solo di aver prodotto sia un bilancio tecnico standard al 4,1 per cento di rendimento che tiene conto delle specificità del comparto ai fini della succitata valutazione dei bilanci tecnici delle due casse ma, anche un bilancio tecnico confrontabile sulla base degli stessi parametri utilizzati dai dottori commercialisti con un rendimento al 3-4 per cento ed in linea con le indicazioni del nucleo di valutazione previdenziale, escludendo gli incrementi di carriera e di volume d'affari che invece, sempre secondo quanto affermato nei citati articoli di stampa, la cassa dottori commercialisti sembrerebbe aver considerato per le proprie proiezioni, diversamente da quanto indicato dal nucleo di valutazione previdenziale -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, considerato che i ragionieri e gli esperti contabili hanno al pari dei dottori commercialisti pieno diritto al godimento dei diritti di cui all'articolo 38 della Costituzione e che la loro cassa di riferimento è condannata - per quanto esposto in premessa - a veder assottigliarsi sempre più la platea dei suoi contribuenti per effetto di disposizioni di legge riguardanti il profilo formativo e professionale degli interessati, intenda adottare le opportune iniziative per realizzare quanto prima, anche con la partecipazione attiva dei soggetti interessati, l'unificazione della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti e della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali secondo quanto previsto dell'articolo 4 della legge n. 34 del 2005 o, in caso contrario, quali iniziative intenda adottare ivi inclusa l'incorporazione della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali nell'INPS.
(5-02870)

FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da tempo la cartiera Burgo di San Giovanni di Duino incontra forti difficoltà,

legate sia alla situazione economica dei mercati che al crollo degli ordini;
il calo di vendite strutturale, legato alla diminuzione dei volumi di carta richiesta, gravante sulla Linea 1, quella che produce carta patinata a grana grossa, ha significato negli ultimi due anni per gli operai interessati salario ridotto;
il fermo della Linea 1, infatti, ha determinato una ottantina di esuberi, che si sono ridotti a 75 a seguito di alcuni pensionamenti; il problema, a cavallo tra il 2008 ed il 2009, era stato affrontato con il ricorso alla cassa integrazione, anche per la fermata delle linee 2 e 3, ma ben presto si sono esaurite le ore disponibili, così a marzo dello scorso anno si era riproposto il problema, affrontato con un accordo interno che prevedeva la riduzione dell'orario di lavoro fino ad agosto. L'accordo riduceva da 8 a 6 le ore di lavoro portando da tre a quattro i turni nell'arco della giornata, con una decurtazione di circa 200 euro di stipendio; a settembre dello scorso anno i lavoratori sarebbero dovuti tornare a regime, ed invece l'orario ridotto è stato esteso fino a dicembre scorso;
a luglio 2009, comunque, l'intesa tra azienda e sindacati sembrava raggiunta: orario ridotto fino a dicembre e dal 1o gennaio 2010 contratti di solidarietà, salvaguardia dei posti di lavoro ed uscita con mobilità e legge amianto per una decina di lavoratori;
il ricorso ai contratti di solidarietà che avrebbero consentito di superare il regime di riduzione dell'orario di lavoro e di salario che aveva costretto molti lavoratori a compensare la riduzione di stipendio con l'anticipo del trattamento di fine rapporto era stato accolto come una boccata d'ossigeno ed invece a metà novembre arriva per gli operai l'ennesima cattiva notizia;
le condizioni che la Burgo detta per arrivare alla stipula del contratto di solidarietà assumono secondo l'interrogante i connotati di un vero e proprio ricatto: accordo aziendale sull'organizzazione del lavoro che preveda flessibilità interna, modifica dei parametri di valutazione del lavoratore, perdita dell'anzianità di reparto e dell'anzianità di assunzione, eliminazione del servizio di mensa all'interno -:
quale sia allo stato attuale la situazione della cartiera Burgo e quali iniziative intendano adottare, anche in termini di moral suasion, affinché siano garantiti i livelli occupazionali senza troppi aggravi sugli stipendi, magari dichiarando chiusa la Linea 1 e ricollocando i lavoratori in esubero nei posti di lavoro attualmente appaltati a ditte esterne e che prima erano della cartiera nonché per evitare che in futuro la Linea 1 possa continuare ad essere usata dai vertici aziendali come un improprio mezzo di pressione;
se corrisponda al vero che nel 2006 la proprietà abbia ricevuto fondi pubblici per far ripartire la Linea 1 che invece ha chiuso dopo neanche un anno di attività.
(5-02877)

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

CAPITANIO SANTOLINI, BUTTIGLIONE, VIETTI, VOLONTÈ, BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, DE POLI, DRAGO, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, MEREU, RAO, LIBÈ, GALLETTI, OCCHIUTO e ENZO CARRA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal 15 maggio 2009 è stata autorizzata la commercializzazione in tutta l'Unione europea del farmaco EllaOne, prodotto dalla compagnia farmaceutica Laboratoire Hra Pharma e registrato nella categoria dei «contraccettivi di emergenza», cioè in quell'insieme di metodi che possono essere utilizzati nei giorni immediatamente successivi a un rapporto non protetto per prevenire una gravidanza indesiderata;

il farmaco è stato chiamato dai media la «pillola dei cinque giorni dopo», poiché è efficace nei cinque giorni successivi a quelli del rapporto sessuale non protetto;
nella relazione pubblica di valutazione europea redatta dall'Emea (European medicine agency), EMEA/H/C/1027, il farmaco viene espressamente controindicato in caso di gravidanza già in atto;
l'analogo prodotto rubricato come «contraccezione di emergenza» già in commercio in Italia (la cosiddetta pillola del giorno dopo, efficace entro 72 ore dal rapporto non protetto), se assunto in gravidanza non ha controindicazioni, ma è dichiarato solamente non efficace;
il principio attivo di EllaOne è descritto agire «da modulatore del recettore del progesterone»;
sarebbe opportuno chiarire in anticipo rispetto alla commercializzazione e senza dubbi le differenze tra i due prodotti («pillola del giorno dopo» e «pillola dei cinque giorni») ed i rispettivi meccanismi di azione -:
se sia possibile escludere con certezza che il farmaco EllaOne agisca dopo il concepimento.
(3-01058)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PEDOTO, SARUBBI, BOSSA, PES, D'INCECCO, SBROLLINI, MERLONI, BORDO, BOCCUZZI e FOGLIARDI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come noto, il 31 maggio 2010 si celebrerà la giornata mondiale senza tabacco che dovrà rappresentare l'occasione per un'attenta verifica delle strategie e delle azioni concrete adottate e dei risultati conseguiti nel contrasto al consumo dei prodotti da tabacco nel nostro Paese;
il fumo di tabacco costituisce uno dei maggiori fattori di rischio nello sviluppo di patologie, spesso croniche ed invalidanti, che influiscono negativamente sul benessere e sull'economia di ogni Paese: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) rappresenta la principale causa delle morti evitabili nel mondo. Il fumo di tabacco è coinvolto nella patogenesi di almeno otto tipi di cancro (polmone, vie respiratorie, fegato, pancreas, esofago, stomaco, rene, cervice uterina, leucemie) e di diverse altre malattie non tumorali, ma potenzialmente mortali, così come è provato che è causa dell'aumento del rischio di aborti spontanei, di gravidanze extrauterine, di scarso peso alla nascita, nonché di difetti congeniti del nascituro. Queste e altre condizioni correlate al fumo di tabacco sono responsabili di una notevole spesa sanitaria;
i dati diffusi, in occasione della analoga scadenza dello scorso anno, segnalavano una preoccupante inversione di tendenza relativamente alla diffusione del fumo nella popolazione, con un aumento di oltre tre punti percentuali complessivi, con andamenti ancor più marcati per la popolazione femminile e per i giovani;
come già segnalato con precedente atto di sindacato ispettivo 4-05071, risulta sempre più evidente la necessità di una strategia organica di contrasto al tabagismo che operi contemporaneamente sul piano sanitario, sul piano culturale, su quello normativo e su quello economico;
secondo le indicazioni fornite dall'Istituto superiore di sanità, fornite nel 2009, il ventaglio delle azioni dovrebbe ricomprendere il riconoscimento dell'accesso gratuito ai centri di disassuefazione, l'introduzione nei livelli essenziali di assistenza (LEA) dei trattamenti per smettere di fumare, la rimborsabilità dei farmaci efficaci, un maggior coinvolgimento della classe medica, un maggior sforzo finanziario per la lotta al tabagismo, l'aumento minimo delle sigarette, l'eliminazione dei pacchetti da 10 sigarette, nonché norme più severe e maggiori controlli sui distributori automatici -:
quali iniziative siano state assunte per contrastare la diffusione del tabagismo,

quante risorse siano state destinate e con quali risultati;
come si intenda intervenire per favorire un'azione culturale che informi correttamente sulle conseguenze dell'uso del tabacco, anche attraverso l'affermazione di coerenti modelli comportamentali sui principali strumenti di comunicazione di massa, rivolti alle diverse tipologie di consumatori;
se non si ritenga necessario adottare, in collaborazione fra il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, apposite iniziative per campagne informative dedicate agli studenti per l'apprendimento dei rischi correlati all'uso di tabacco.
(5-02878)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASTIELLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia sono circa 3 milioni i portatori di patologie dell'acufene (ronzii agli orecchi) ed oltre 2 mila di questi sono riuniti ed iscritti finanche in diverse associazioni onlus;
tale disturbo, apparentemente banale, tende a creare un vero e proprio stato invalidante coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, le attitudini lavorative, inducendo e potenziando stati ansiosi e depressivi, interferendo in maniera grave nella qualità della vita;
in innumerevoli casi, la persistenza dell'acufene nel tempo e la sua dimensione invalidante ha indotto a stati di estrema depressione fino alle più drammatiche conseguenze;
sino ad oggi, questa patologia non ha ottenuto l'attenzione che forse meritava, tanto che non sono stati condotti studi e ricerche finalizzate a debellarne le cause e le ripercussioni indotte -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di riconoscere pienamente tale patologia e affinché si possa finalmente dare avvio, attraverso le diverse organizzazioni sanitarie nazionali, a studi specifici ed a ricerche scientifiche adeguate ad affrontare in maniera risolutiva un problema che coinvolge e colpisce milioni di cittadini italiani.
(4-07111)

DELFINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1° dicembre scorso, per effetto del decreto n. 76 del 23 novembre 2009, è stata sospesa l'erogazione, gratuita dei prodotti alimentari aproteici, a carico del servizio sanitario nazionale, per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica;
la motivazione alla base della decisione relativa alla sospensione è da ricondurre agli adempimenti previsti dal «piano di rientro» per il debito sanitario e al loro mancato inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA) attualmente in vigore;
se da un lato questo provvedimento viene considerato come atto dovuto per il rientro dal debito sanitario, dall'altro appare alquanto vessatorio nei confronti di persone malate;
la dieta aproteica è da considerarsi come strumento fondamentale della terapia conservativa, in quanto, parallelamente a trattamenti farmacologici, rallenta la progressione della malattia renale, ritardando il ricorso alla dialisi;
i prodotti aproteici, proprio per la loro specificità, non hanno costi accessibili per tutti, pertanto l'abrogazione della loro erogazione gratuita risulta essere una decisione estremamente grave e azzardata;
la sospensione di un tale servizio appare quanto mai vergognosa, in quanto gli interventi per il risanamento del debito non possono essere pianificati a scapito dei malati;
risulta estremamente necessario che la fornitura gratuita dei prodotti aproteici

sia effettivamente inserita nella nuova formulazione dei livelli essenziali di assistenza, al fine di renderla quanto prima operativa;
le soluzioni e le cause dell'attuale situazione economica disastrosa vanno sicuramente ricercate altrove, mediante controlli seri e concreti al fine di annullare completamente ogni sorta di spreco o abuso, fino ad oggi passati in sordina -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda intraprendere al fine di ovviare alla problematica sopraesposta, restituendo ai malati la dovuta dignità.
(4-07123)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa, notiziari di emittenti radio-televisive pubbliche e private e praticamente tutti i quotidiani hanno riferito della tragica morte a Napoli di un neonato;
il piccolo, venuto alla luce all'ospedale «Incurabili» di Napoli, dopo un parto cesareo, è morto in un altro nosocomio partenopeo, il Monaldi, dove era stato trasportato per problemi respiratori accusati subito dopo il parto;
secondo quanto ha denunciato il padre alla polizia, a rallentare le operazioni di soccorso del neonato sarebbe stato il ritardo provocato dal fatto che una equipe di medici del Monaldi, che avrebbe dovuto rianimarlo, è rimasta bloccata in un ascensore dell'ospedale Incurabili che ne aveva chiesto l'intervento;
i sanitari dell'ospedale «Incurabili» si sarebbero accorti prontamente del fatto che il bimbo non respirava bene. Di qui la richiesta di intervento urgente di un'equipe specializzata dell'ospedale Monaldi che, munita di incubatrice portatile è arrivata sul posto ma sarebbe rimasta bloccata in un ascensore dell'«Incurabili» per circa 15 minuti;
il padre del neonato, il signor Leandro Giordano, ha denunciato l'accaduto alla polizia e per ordine della procura napoletana è stata sequestrata la cartella clinica -:
di quali elementi disponga in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, per far piena luce sulla vicenda.
(4-07137)

TESTO AGGIORNATO AL 1o GIUGNO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sono ormai numerosissimi i casi di denuncia effettuati da clienti Telecom Italia riguardo all'abbonamento cosiddetto Alice Pay, un classico esempio ad avviso dell'interrogante di pratica commerciale che desta perplessità sul piano della conformità alla normativa di cui al codice del consumo;
risale al giorno di venerdì 9 aprile 2010 il più recente caso di quello che all'interrogante appare un evidente comportamento omissivo di informazioni verso il consumatore e di azione dilatoria della Telecom Italia, allorquando la segreteria dell'interrogante, affrontando un caso segnalato da un cliente, ha provveduto a chiamare il 187 per chiedere informazioni su voci contenute sulla fattura del predetto cliente, il quale non riusciva a capire come mai dovesse pagare una cifra di parecchie centinaia di euro, pur non avendo effettuato chiamate commisurate, bensì trovando scritto sull'effetto di pagamento specifiche e ripetitive voci recanti contenuti web Telecom Italia;
al 187 non sono riusciti a spiegare come fosse stata generata l'attivazione dell'abbonamento ne sapevano dare informazioni di merito sui contenuti addebitati.

Hanno però riferito di procedere a collegarsi al sito di Alice Pay e di inserire i codici di accesso per verificare i servizi incriminati;
d'altro canto, lo stesso cliente ha lamentato di non aver mai provveduto ad attivare alcun abbonamento di tale natura e soprattutto di non sapere quali eventualmente potessero essere i codici da usare per entrare nel predetto sito (password e nome utente);
in effetti questa vicenda è da tempo ben denunciata nelle lettere di molti clienti che si rivolgono a consulenti e ad esperti per capire di cosa si tratti e come sia possibile che si possano verificare tali fenomeni a danno di utenti che inconsapevolmente incappano in addebiti per acquisti mai richiesti e mai autorizzati;
dai siti di denuncia allo scopo presenti sul web, si apprende che Alice Pay sembra configurarsi come un servizio poco trasparente. Esso è un nuovo servizio di Telecom Italia che permette di fare acquisti on-line e far ricadere il costo sulla successiva bolletta telefonica (senza neppure specificare il proprio numero di telefono perché alla Telecom riconoscono automaticamente la linea ADSL dalla quale si è connessi);
in pratica (così si apprende dai siti a ciò dedicati), questo servizio che all'interrogante pare presentare modalità poco chiare funziona come i vecchi dialer che giravano ai tempi di internet a 56kbps, dato che si possono arrivare a sottrarre, in media, dai 4 ai 20 euro a servizio attivato, a settimana: ci si potrebbe quindi trovare in bolletta addebiti di decine o addirittura centinaia di euro;
questa pratica consiste nel potersi abbonare ad una serie di servizi con un semplice click, senza una conferma da parte del titolare della linea Telecom. Il servizio si attiva automaticamente e l'unico avviso di Telecom è una mail (quando si ha la fortuna di avere una e-mail alice, altrimenti neppure ciò), in cui si avvisa dell'avvenuto acquisto, senza alcun link di conferma;
se per errore si clicca un link, si può rischiare di abbonarsi all'istante ad un servizio di cui magari si voleva solo qualche informazione in più, ma non spendere decine di euro al mese;
è logico ad ogni modo chiedersi considerato che questi servizi sono riservati solo a persone maggiorenni, come fa Telecom ad assicurarsi che colui che ha cliccato abbia più di 18 anni. Un modo potrebbe essere quello della conferma tramite e-mail: una tecnica utilizzata quasi ovunque. E invece no, acquisto immediato e per un mese ed a tempo illimitato;
inoltre non è necessario inserire nemmeno il numero telefonico su cui verrà addebitato il servizio, Telecom tramite l'indirizzo IP riconosce la linea telefonica e addebita;
se un terzo diverso dal titolare della linea usa la linea ADSL del cliente, si rischia di trovarsi bollette del cui contenuto non si è responsabili. Si è soggetti allo stesso rischio se qualche male intenzionato s'introduce nella rete wireless domestica del titolare;
purtroppo però, come ha potuto verificare lo stesso interrogante affrontando direttamente un caso del genere, i clienti di Telecom Italia, non conoscono la nuova iniziativa capace di arrecare danni economici di notevoli entità;
ancora più grave è la condizione di quegli utenti che hanno l'addebito della fattura della Telecom direttamente sul proprio conto corrente bancario, infatti questi utenti si possono trovare nelle condizioni di aver pagato servizi non voluti e richiesti e ad ogni modo, le eventuali verifiche sono spesso tardive in quanto il pagamento è già stato effettuato;
tale pratica di attivazione e di esercizio dell'abbonamento Alice Pay appare all'interrogante del tutto priva di trasparenza e soprattutto contraria al codice del consumo, in particolare lesiva dei diritti degli utenti previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo),

segnatamente dall'articolo 57 sulla fornitura non richiesta che allo scopo recita:
«1. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso l'assenza di risposta non implica consenso del consumatore.
2. Salve le sanzioni previste dall'articolo 62, ogni fornitura non richiesta di cui al presente articolo costituisce pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 21, 22, 23, 24, 25 e 26» -:
se sia a conoscenza dei casi di cui in premessa concernenti l'attivazione poco trasparente dell'abbonamento Alice Pay da parte di Telecom Italia e quali iniziative di competenza intenda adottare per disciplinare compiutamente, avendo particolare attenzione alla tutela dei consumatori, la materia della conclusione dei contratti per via telematica, sia con riferimento ai servizi di telecomunicazione sia più in generale a tutte le tipologie di contratti stipulabili a distanza.
(4-07109)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano Terra il 7 aprile 2010 dal titolo «Garigliano, ancora misteri» viene denunciata la scarsa limpidezza con cui la Sogin avrebbe trattato le dichiarazioni sulla sicurezza del processo di decommissioning della struttura di Garigliano, oltre ai piani per lo stoccaggio a lungo termine delle scorie radioattive;
l'ex centrale nucleare del Garigliano sarebbe oggetto di lavori di recupero strutturale dell'impianto;
secondo il commissario regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, il nuovo sito per contenere i rifiuti presenti nella centrale è di quasi 10 volte più grande di quello dove sono attualmente depositati ed i lavori saranno completati nel 2011;
si tratterebbe di un carico inimmaginabile per garantire la sicurezza di una zona che già sconta le conseguenze di alcuni incidenti incorsi nel ventennio dagli anni '60 agli anni '80;
in più dal 1981, anno di chiusura della centrale dopo l'ennesimo incidente, lo smantellamento non è ancora avvenuto e la Sogin aveva comunicato, nel primo cronoprogramma, che si sarebbe completato nel 2016. Oggi invece si apprende che la data è stata già spostata senza spiegazioni al 2019 -:
di quali informazioni sia in possesso il Governo sui lavori di recupero strutturale dell'impianto di Garigliano;
se sia vero che il nuovo sito per contenere rifiuti sia 10 volte superiore all'attuale e in caso affermativo per quali motivi si stia procedendo all'ampliamento;
per quali ragioni lo smantellamento della centrale di Garigliano che doveva concludersi nel 2016 sia stato posticipato al 2019.
(4-07128)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che a metà marzo la compagnia Forest Oil Corporation, con sede in Roma, ha avanzato richiesta di concessione di coltivazione della riserva di gas naturale per l'area Monte Pallano-Colle Santo, che interessa i comuni di Bomba, Archi, Roccascalegna, Torricella Peligna, Pennadomo, Atessa, Villa Santa Maria, Colledimezzo e Montebello sul Sangro;
già negli anni Sessanta l'Eni compì analisi petrolifere nell'area, concludendo che trivellare il lago di Bomba avrebbe

provocato cedimenti della diga, con conseguenze devastanti per le popolazioni locali;
si parla di un progetto per costruire una raffineria-desolforatore, un inceneritore per bruciare rifiuti (sostanze cancerogene comprese), vari pozzi e una fitta rete di oleodotti;
oltre allo scempio ambientale, che colpirebbe abitanti, agricoltura e turismo, e alle emissioni che andranno a superare i limiti consentiti, ci sarebbe anche un serissimo rischio sismico, poiché la zona è soggetta a terremoti e la diga in terra battuta che ha dato origine al lago di Bomba andrebbe incontro alla destabilizzazione -:
se i Ministri interrogati siano al corrente del progetto, di quali ulteriori elementi dispongano e quale sia il grado di coinvolgimento dei Ministri interrogati.
(4-07136)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione D'Antoni e altri n. 1-00362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gozi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Mastromauro e Losacco n. 4-07078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Servodio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione e cambio presentatore.

Interrogazione a risposta orale Compagnon n. 3-00539, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2009, è da intendersi sottoscritta dal deputato Ruggeri che ne diventa il primo firmatario.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Togni n. 5-02137 del 19 novembre 2009;
interpellanza Alessandri n. 2-00671 del 13 aprile 2010.
interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-07082 del 5 maggio 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Castiello n. 3-00266 del 3 dicembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07111.
interrogazione a risposta orale Volontè n. 3-00810 del 15 dicembre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07108;
interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-00850 del 21 gennaio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07123;
interrogazione a risposta in Commissione Piffari e Cimadoro n. 5-02730 del 13 aprile 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07140.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio comunale di Rottofreno (Piacenza), con atto n. 39, del 20 luglio 2007, ha deliberato l'approvazione del Piano Particolareggiato di iniziativa privata per la coltivazione di parte del Polo Estrattivo n. 5 in località Boscone Cusani;
secondo una nota inviata da parte di cittadini locali al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 23 luglio 2007, la deliberazione del Consiglio comunale di Rottofreno ed in particolare le previsioni e i tempi di esecuzione del citato Piano Particolareggiato e la realizzazione di una strada per il trasporto degli inerti ivi prevista sarebbero in contrasto con la normativa vigente e in contrasto con il PIAE della Provincia di Piacenza;
il Comune di Calendasco, anche esso interessato al Polo Estrattivo n. 5, ha risolto il problema del trasporto degli inerti, in conformità al Piano infraregionale delle attività estrattive (PIAE) della Provincia di Piacenza, disponendo che tale trasporto debba avvenire prevalentemente per via fluviale;
la citata nota del 23 luglio 2007 mette in evidenza come il progetto del Piano di coltivazione del comune di Rottofreno sia stato inoltre esentato dalla presentazione della VIA, sulla base di norme transitorie non più valide alla data dell'approvazione del Piano medesimo;
pertanto gli impatti derivanti dalla realizzazione del Progetto non sono stati valutati da una Autorità competente in materia ambientale;
i timori della popolazione riassunti nella citata nota del 23 luglio 2007 sono i seguenti:
1) come conseguenza delle modalità di escavazione adottate e degli ingenti volumi di materiali inerti che saranno estratti, potrebbe innescarsi un processo di diversione del corso del Fiume Po;
2) la realizzazione di una nuova strada a servizio della cava è fonte di inquinamento diffuso, particolarmente dannoso per gli abitanti di Boscone Cusani e Santimento, e tale strada sarebbe in totale contrasto con gli strumenti di pianificazione vigenti in materia di attività estrattive;
3) il Comune avrebbe utilizzato come pretesto lo sfruttamento della necessità di dotarsi di una via più agevole per il trasporto degli inerti, in alternativa al trasporto fluviale, probabilmente puntando verso la realizzazione di una nuova infrastruttura di base per la successiva urbanizzazione dell'area;
il mancato impedimento della realizzazione del progetto comporta la distruzione di una delle ormai rare porzioni di territorio agricolo ancora perfettamente conservate, un territorio quest'ultimo ricco di cultura e di rara bellezza di carattere paesaggistico, per il quale occorre piuttosto

pensare ad interventi di riqualificazione e di recupero;
la citata nota del 23 luglio 2007 conclude chiedendo al Ministero, Direzione Generale per il danno ambientale, di dare corso con urgenza alle proprie competenze in materia di prevenzione del danno ambientale, così come indicato nella parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed in particolare negli articoli 301 e 304 di tale decreto;
ad oggi, gli interessati non hanno ricevuto alcuna risposta da parte del Ministero -:
quale iter abbia seguito la citata nota del 23 luglio 2007 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e se il Ministro intende adoperarsi per rispondere alle legittime richieste dei cittadini ricordate in premessa.
(4-03157)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Piano, oggetto dell'interrogazione, è stato autorizzato in data 20 luglio 2007, quindi precedentemente all'entrata in vigore della normativa nazionale di recepimento della Valutazione ambientale strategica (VAS), pertanto questo ministero non ha notizie al riguardo. Si osserva, comunque, che tale tipologia di Piano non ricade in ambito nazionale ma regionale.
Dagli elementi acquisiti dalla Regione Emilia Romagna si riporta quanto segue.
In merito alla procedura di valutazione degli impatti, la circolare regionale di attuazione della legge regionale 18 maggio 1999, n. 9, avente ad oggetto la «Disciplina della procedura della Valutazione dell'impatto ambientale», modificata dalla legge regionale 16 novembre 2000, n. 35, esplicita al punto
e) la disciplina specifica per «cave e torbiere» e definisce il regime transitorio per l'applicazione di tale legge; in particolare si fa salva la possibilità di concludere il procedimento di approvazione dei piani particolareggiati delle attività estrattive di iniziativa pubblica, di cui all'articolo 8 della legge regionale 18 luglio 1991, n. 17 e successive modificazioni e integrazioni «Disciplina dalle attività estrattive» adottati e di quelli di iniziativa privata presentati antecedentemente all'entrata in vigore della legge regionale n. 35 del 2000 (5 dicembre 2000).
Infatti, in attesa della Valutazione di impatto ambientale (VIA), la legge regionale n. 17 del 1991 aveva stabilito che i progetti di cava realizzati tramite piani particolareggiati fossero corredati da studi sull'impatto ambientale, previsione poi abrogata dalla legge regionale n. 9 del 1999 a seguito dell'entrata in vigore della procedura di Via.
La circolare chiarisce, altresì, che per le attività estrattive, per le quali è in corso il procedimento di approvazione del piano particolareggiato, non è necessario l'assoggettamento a tali procedure, in quanto la valutazione dell'impatto ambientale di tali attività è ritenuta assolta. In ragione delle loro finalità, contenuti e modalità procedurali, all'interno dei procedimenti riguardanti l'approvazione dei piani particolareggiati stessi.
Il piano particolareggiato di iniziativa privata per il polo in argomento è stato presentato il 29 novembre 2000, in data antecedente, quindi, all'entrata in vigore della legge regionale n. 35 del 2000 e contiene un'approfondita valutazione degli impatti ambientali, ivi compresa la valutazione sulla compatibilità idraulica, l'individuazione delle misure di mitigazione e il piano di monitoraggio.
Per quanto attiene le perplessità ed i timori della popolazione in merito alla compatibilità ambientale ed idraulica dell'intervento occorre, inoltre, evidenziare che la variante '96 al Piano infraregionale delle attività estrattive (PIAE), strumento di valenza provinciale che ha individuato tra l'altro il polo 5, ha imposto la redazione di uno specifico studio di compatibilità idraulico-ambientale preventivo al recepimento del polo da parte della pianificazione comunale delle attività estrattive.
Tale studio, secondo la prescrizione del Piae, deve valutare tra l'altro l'opportunità di condizionare l'attuazione dell'intervento estrattivo alla ricostruzione dell'argine golenale distrutto dalla piena del 1994, al fine

di garantire il corretto deflusso delle acque di piena e la stabilità degli argini maestri; lo studio deve essere sottoposto alle autorità idrauliche per ottenere un parere preventivo ed essere poi approvato dalla provincia e le sue risultanze devono obbligatoriamente essere recepite dalla pianificazione comunale e dai piani particolareggiati di attuazione.
I comuni di Rottofreno e Calendasco hanno quindi affidato l'incarico per la predisposizione dello studio di compatibilità idraulica e ambientale, che, una volta ultimato, è stato trasmesso all'Autorità di bacino del fiume Po di Parma e al Magistrato per il Po di Parma (ora AIPO), quali autorità idrauliche competenti.
L'Autorità di bacino del fiume Po, con nota n. 6271 del 15 giugno 2000, evidenziando che la Sottocommissione assetto idrogeologico nella seduta del 5 giugno 2000 aveva preso atto dello studio di compatibilità idraulico-geologico-ambientale, ha invitato «la Provincia a vigilare affinché le attività estrattive e di ripristino vengano svolte in modo conforme alle prescrizioni e alle finalità fissate nel piano stesso».
L'ufficio operativo di Piacenza del Magistrato per il Po, con nota n. 6697 del 14 luglio 2000, ha preso atto del parere espresso dalla Sottocommissione assetto idrogeologico dell'Autorità di Bacino del Fiume Po, confermando sotto il profilo idraulico il
nulla osta all'approvazione dello studio e all'esecuzione delle opere previste. Lo studio è stato quindi approvato con deliberazione della Giunta provinciale n. 207 dal 9 agosto 2000.
Successivamente i comuni interessati hanno adottato e approvato i rispettivi piani comunali delle attività estrattive, in conformità alle indicazioni dello Studio di compatibilità idraulico-ambientale.
Nel 2003, come previsto dalla seconda rimodulazione del piano degli interventi straordinari, redatto in applicazione dell'ordinanza ministeriale n. 3090 del 2000, sono stati eseguiti i lavori di ricostruzione dell'argine golenale, distrutto dalle piene del 1994 e del 2000.
Inoltre, in relazione alle richieste formulate in sede di espressione di parere sul progetto di coltivazione e sistemazione del polo 5, da parte della Commissione tecnica infraregionale per le attività estrattive (CTIAE) della provincia di Piacenza e alle richieste del Comitato, contrario alla escavazione del polo, i proponenti hanno commissionato ad una ditta specializzata in valutazioni di compatibilità idraulica, un nuovo studio finalizzato a verificare la compatibilità dell'intervento, nel rispetto delle indicazioni dell'Autorità di bacino del fiume Po. Anche questo studio ha confermato la piena compatibilità dell'intervento estrattivo, nella sua massima configurazione. Tale studio è stato sottoposto all'ufficio operativo di Piacenza dell'Ai PO, il quale, con nota del 22 gennaio 2009, ha espresso ulteriore parere favorevole sul progetto e quindi nuovamente all'esame della CTIAE della provincia di Piacenza, la quale in data 24 marzo 2009 ha espresso parere favorevole con prescrizioni sul Piano di coltivazione e sistemazione finale.
Appare quindi evidente che l'intervento è il risultato di vari approfondimenti di tipo ambientale ed idraulico preventivi, che hanno comportato un lungo
iter istruttorio ma che garantiscono la piena compatibilità dell'intervento.
Relativamente alle perplessità manifestate circa la futura nuova viabilità da realizzarsi per consentire il trasporto del materiale estratto, preme far rilevare che la variante urbanistica per la «Bretella» di Santimento è corredata dal Rapporto ambientale preliminare per la Valutazione ambientale strategica, prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006, modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008 e da uno specifico studio di compatibilità della viabilità, che ha valutato tutte le viabilità possibili per il trasporto dei materiali estratti, tra cui anche quello fluviale. Questo specifico studio ha valutato come migliore soluzione quella che prevede l'utilizzo della bretella di Santimento, prevista dalla variante urbanistica.
È altresì doveroso evidenziare che tale studio, in merito al trasporto via fiume, evidenzia come tale soluzione determini notevoli impatti sul territorio, in relazione al possibile bacino di distribuzione del materiale estratto: infatti i possibili attracchi

a valle dell'area di intervento non sono prossimi alla viabilità principale, il cui raggiungimento comporterebbe comunque l'attraversamento di un centro abitato e, in alcuni casi, la realizzazione di una nuova viabilità o la modifica di quella esistente; inoltre la soluzione viabilistica proposta dalla variante urbanistica risolve anche alcune importanti criticità, quali l'attraversamento del centro abitato di Santimento da parte dei mezzi pesanti. Infine è opportuno ricordare che il tratto di fiume Po prospiciente il polo 5 risulta navigabile solo pochi giorni all'anno e ciò in relazione agli attuali bassi fondali. Solo parte del materiale estratto, per la quota che verrà destinata agli impianti in sponda lombarda, potrà essere trasportata via fiume e con imbarcazioni di dimensioni minime.
Il Rapporto ambientale preliminare è stato verificato dalla provincia di Piacenza che ha ritenuto, con atto della giunta n. 138 del 18 marzo 2009, di non sottoporre a valutazione ambientale strategica la variante urbanistica.
Emerge quindi chiaramente la piena compatibilità ambientale della soluzione per il trasporto del materiale estratto prevista.
L'interrogazione evidenzia infine che la realizzazione dell'intervento comporta «la distruzione di una delle ormai rare porzioni di territorio agricolo ancora perfettamente conservate, un territorio quest'ultimo ricco di coltura e di rara bellezza di carattere paesaggistico per il quale occorre piuttosto pensare ad interventi di riqualificazione e di recupero». In merito, l'amministrazione locale ha evidenziato che la golena interessata dall'intervento è interessata da un'attività agricola intensiva che ha sistematicamente cancellato ogni traccia di diversificazione vegetazionale e morfologica. Non sono presenti esemplari arborei di interesse, né alcuna zona umida, tipica invece delle zone golenali del Po.
Al contrario, le risultanze regionali pongono in evidenza che il progetto estrattivo prevede, in piena coerenza con il Piae e il Piano territoriale di coordinamento provinciale della provincia di Piacenza e con gli indirizzi del Piano di assetto idrogeologico dell'Autorità di bacino del fiume Po, la riqualificazione dell'intera golena, con la creazione di zone umide diversificate sia sulle sponde che in profondità e con la piantumazione di essenze autoctone di tipo ripariale e mesofilo. Al termine dell'intervento la golena potrà quindi recuperare quell'assetto tipico delle zone perifluviali di Po, purtroppo cancellate da un'attività agricola intensiva.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ARACRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è attualmente in discussione alla X Commissione Attività Produttive della Camera il disegno di legge n. 1441-ter-B («Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»), sulla base del testo già approvato al Senato della Repubblica (disegno di legge);
il testo suddetto prevede, fra l'altro, all'articolo 37, il commissariamento dell'Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente (ENEA), la soppressione del medesimo e la costituzione del nuovo Ente ENEA, attraverso la ridefinizione degli obiettivi e delle funzioni;
ad una precedente interrogazione a risposta scritta la n. 4-02050, il Ministro dello sviluppo economico rispondeva, in chiusura, che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare affinché, nelle more del citato disegno di legge, che va a ridefinire la missione operativa dell'Ente, non vengano svolte, da parte dei vertici dello stesso, attività che esulano dall'ordinaria amministrazione e che vadano a modificare la struttura organizzativa;
nonostante ciò, la direzione dell'attuale ENEA, dopo aver effettuato sei importanti nomine di responsabili di progetto, provvedeva alla pubblicazione in

data 18 giugno 2009 di un avviso di interesse per la copertura delle posizioni di Direttore di Dipartimento, Direttore di Direzione Centrale, Responsabile della segreteria del consiglio, Responsabile per il controllo interno;
il bando risulterebbe tra l'altro in contrasto con il regolamento ufficiale interno dell'ENEA, che prevede per tali posizioni dirigenti con almeno cinque anni di esperienza, e che questo dato è stato fatto rilevare anche in modo animato alla presidenza dal Collegio dei revisori dei conti nel Consiglio di amministrazione del 17 giugno 2009;
nel bando stesso, le posizioni dirigenziali si configurerebbero come incarichi a termine, da esaurirsi con il commissariamento dell'ENEA, o della durata di anni tre in caso di mancato commissariamento, caso peraltro che il disegno di legge 1441-ter-B non prevede;
non pare all'interrogante propriamente ordinaria amministrazione procedere alle nomine di tutte le posizioni apicali dell'Ente, in contrasto con la chiara e netta indicazione ministeriale di svolgere attività che esulano dall'ordinaria amministrazione e che vanno a modificare la struttura organizzativa;
si sarebbe potuto utilizzare, per un periodo breve quale quello precedente all'imminente commissariamento, i dirigenti già presenti in ENEA con un interim per la copertura temporanea delle posizioni resesi vacanti alla scadenza degli incarichi dirigenziali di primo livello alla data del 30 giugno 2009;
inoltre nell'Avviso di interesse in particolare, laddove non vengono richiesti i requisiti minimi previsti dal Regolamento interno dell'ENEA, come ribadito con forza dal Collegio dei Revisori dei Conti, si ravviserebbero delle irregolarità, che, unite all'aspettativa creata nei dipendenti che rispondessero all'avviso di interesse per poi non poter fattualmente beneficiare della posizione vinta attraverso procedura concorsuale, rischiano di causare un'ulteriore esplosione di ricorsi contro l'ENEA, e che la precostituzione di una tale situazione non sia proprio dettata da una volontà dell'attuale vertice di raggiungimento di una situazione caotica anche nel nuovo ENEA;
il Ministero dello sviluppo economico dovrebbe intervenire nell'ambito delle proprie prerogative affinché tale operazione concorsuale possa svolgersi in un momento successivo all'emanazione della legge di riforma dell'ente, al commissariamento ed al nuovo regolamento di funzionamento;
ad avviso dell'interrogante appare sussistere uno scollamento pressoché totale tra vertice ENEA ed ente vigilante e questo, anche alla luce delle difficoltà gestionali e programmatiche dell'Ente ENEA che sono stati oggetto di numerosi atti parlamentari, richiederebbe un intervento drastico del Consiglio dei Ministri e del Ministero vigilante, anche, ante-legem 1441-ter-B, di immediato commissariamento -:
se, anche alla luce di quanto ricordato in premessa, non intenda valutare l'opportunità di un immediato commissariamento dell'ente.
(4-03325)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
L'emissione del bando interno dell'Enea del 18 giugno 2009, per la copertura delle posizioni di direttore di dipartimento e direttore di direzione centrale, di responsabile della segreteria del consiglio di amministrazione nonché di responsabile dell'ufficio del controllo interno, si inquadrava nel processo di riorganizzazione dell'Ente avviato nel febbraio 2008.
Si evidenzia, inoltre, che con il decreto legislativo n. 115 del 2008 l'Enea è stata chiamata a svolgere funzioni di Agenzia

nazionale per l'efficienza energetica, conformemente alla direttiva comunitaria 2006/32/CE, concernente l'efficienza degli usi finali delle energie ed i servizi energetici.
Nella riunione del 3 ottobre 2008, il consiglio di amministrazione dell'ente, attuando quanto previsto nella nota di indirizzo del ministero dello sviluppo economico, deliberava l'organizzazione e le prime attività della Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, istituita con il citato decreto legislativo.
L'approvazione della legge n. 99 del 2009 (legge sviluppo) e il successivo commissariamento dell'ente consentirà di delineare il nuovo assetto organizzativo e i responsabili delle strutture che sarà il risultato di un nuovo processo decisionale coerente con il mutato quadro strategico e con i compiti istituzionali affidati alla nuova Agenzia per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), istituita con la citata legge sviluppo (articolo 37).
Con la nuova missione l'Enea manterrà la caratteristica e lo
status di ente di ricerca, preposto non più solo alla ricerca sull'ambiente, ma anche sugli altri settori scientifici correlati al più complesso argomento dello sviluppo economico sostenibile.
Per garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali, fino all'avvio del funzionamento della nuova Agenzia Enea, il citato articolo 37, al comma 5, ha disposto la nomina di un commissario e due subcommissari.
Il Commissario, nominato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in data 11 settembre 2009, ha cominciato ad operare avviando una ricognizione interna tesa ad ottimizzare la utilizzazione delle competenze tecnico-scientifiche esistenti nell'ente, in vista della piena operatività della neo-costituita agenzia.
Per facilitare l'attuale fase di transizione, sono stati apportati limitati cambiamenti alla struttura organizzativa, che è da considerarsi provvisoria fino all'emanazione del decreto ministeriale,
ex articolo 37, comma 4, della legge n. 99 del 2009, con il quale saranno definite le modalità di costituzione e di funzionamento della nuova Agenzia per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea).
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Ittierre S.p.A del gruppo IT Holding con sede in Pettoranello del Molise (Isernia) dal 12 febbraio scorso è in amministrazione straordinaria ai sensi della cosiddetta Legge Marzano n. 39 del 18 febbraio 2004;
le centinaia di aziende fafconiste pugliesi di piccola e media impresa operanti nel settore del tessile, collegate alla Ittierre S.p.A, stanno vivendo un momento molto difficoltoso che si aggiunge a quello dovuto alla crisi dell'intero comparto;
in particolare le aziende fafconiste vantano nei confronti della Ittierre S.p.A. crediti insoluti per forniture effettuate a decorrere dall'anno 2008;
in tale situazione, mentre per l'azienda Ittierre S.p.A la situazione debitoria attualmente risulta congelata, le aziende fafconiste si trovano a vivere una duplice difficoltà finanziaria che non consente alle stesse di riprendere ossigeno, poiché gli istituti bancari oltre a far cessare i finanziamenti nei loro confronti chiedono alle aziende il rientro immediato delle loro esposizioni debitorie;
l'intero indotto è ridotto allo stremo, le piccole imprese rischiano di chiudere la propria attività determinando la catastrofica conseguenza di licenziare i propri dipendenti e dalle prime stime approssimative rilevate si parlerebbe di circa 20.000 lavoratori nella sola regione Puglia -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno convocare con urgenza un tavolo istituzionale atto a prendere visione, nella piena interezza, di questa grave problematica

al fine di tutelare l'avvenire delle centinaia di aziende fafconiste collegate all'azienda Ittierre e di tutti i loro lavoratori.
(4-02669)

Risposta. - In merito alle richieste dell'Onorevole interrogante, contenute nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Ministero dello sviluppo economico in data 12 febbraio 2009, la società Ittierre spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e conseguentemente sono stati nominati i commissari straordinari.
In data 18 febbraio 2009 il Tribunale di Isernia ha dichiarato lo stato d'insolvenza della spa Ittierre. Con successivi decreti la procedura di amministrazione straordinaria è stata estesa ad altre quattordici società del gruppo.
L'ammissione di una società quotata a una procedura concorsuale - qual è l'amministrazione straordinaria - comporta la sospensione del titolo dalle quotazioni di borsa, sospensione che perdura per l'intera durata della procedura stessa.
I passaggi salienti della procedura possono essere, inoltre, così sintetizzati:
il 24 settembre 2009 è stato pubblicato sulla stampa l'avviso che sollecita la trasmissione alla procedura di manifestazioni d'interesse all'acquisto dei rami di azienda facenti capo al gruppo Ittierre, per individuare e pre-qualificare potenziali acquirenti dei
business units Malo, Ferrè e Ittierre nonché per meglio definire il perimetro della possibile cessione;
il 9 novembre 2009 è stato depositato il programma del Gruppo Ittierre - considerato unitariamente - redatto secondo l'indirizzo della ristrutturazione del gruppo mediante concordato del terzo, non escludendo, tuttavia, la possibilità di perseguire per le
business units Ferrè e Malo la strada della cessione separata di rami di azienda;
il 20 gennaio 2010 è stato depositato il programma di cessione del complesso aziendale facente capo al
business units Malo (Malo spa, IT Distribuzione Srl e la partecipazione Mac Usa detenuta da It Holding) e i commissari hanno anticipato 1'imminente deposito di due programmi autonomi di cessione dei complessi aziendali anche per le altre business units del gruppo.

Non è prevista, inoltre, alcuna cessione di singoli assets (i marchi); i programmi di vendita dei commissari riguarderanno al più alcuni rami di azienda.
Ferme le opportune valutazioni in sede di esame dei programmi, in corso di deposito, si può precisare che nella vendita di aziende in esercizio - da pubblicizzare con idonee forme notiziali al fine di assicurare la massima trasparenza e partecipazione degli interessati alla procedura di cessione - la scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, con particolare riguardo alla garanzia dei livelli occupazionali.
Sarà, pertanto, esclusivamente in sede di valutazione dei piani industriali che potranno effettivamente determinarsi gli eventuali esuberi di personale con conseguente individuazione delle soluzioni più opportune per la gestione degli stessi.
Inoltre, nell'ambito delle iniziative finora avviate per far fronte alla crisi dell'Ittierre e garantire la tutela del tessuto produttivo molisano, va annoverata l'elaborazione di una misura volta a sostenere parallelamente il tessuto produttivo dell'indotto, anch'esso particolarmente coinvolto dalla crisi dell'impresa committente, sia sul piano della produzione sia della liquidità.
Le imprese subfornitrici delle aziende in amministrazione straordinaria, sopportano infatti, una drammatica crisi finanziaria che ha peggiorato la loro situazione debitoria, mettendone a rischio la capacità di acquisire nuovo credito e compromettendo così la loro prospettiva di tenuta sul mercato e di rilancio.
Il fondo statale di garanzia può essere una risposta a questa esigenza, questo, infatti, interviene sulle condizioni vigenti per i finanziamenti volti alla rinegoziazione e consolidamento dei debiti con il sistema

bancario e alle esigenze di liquidità destinate anche alla regolarizzazione degli obblighi contributivi.
A tal fine il Ministero dell'economia e delle finanze sta svolgendo un'analisi tecnica di uno schema di regolamento modificativo dell'attuale regolamento del citato fondo di garanzia, con il quale si prevede l'applicazione di condizioni diversificate nella concessione della garanzia per le operazioni finanziarie sopra indicate.
L'obiettivo di tale intervento, è quello di agevolare l'accesso al credito per un
target d'imprese che, allo stato, resterebbe escluso dai circuiti finanziari.
In via generale la misura, che ha come destinatarie le piccole imprese subfornitrici delle aziende in amministrazione straordinaria, prevede condizioni di vantaggio, quali la misura massima dell'intervento del Fondo di garanzia (80 per cento) e la non applicazione dei costi di commissione, nonché particolari criteri di valutazione.
Questa specifica finalità corrisponde all'esigenza delle imprese subfornitrici di operare una ristrutturazione finanziaria volta a consentire il riequilibrio aziendale.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

CALABRIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
l'industria conciaria in Italia è garanzia di eccellenza qualitativa, impiega circa 20.000 addetti e sviluppa annualmente milioni di euro di fatturato;
tale rinomato settore, oltre a subire gli effetti negativi della generale riduzione della domanda dovuta all'attuale crisi economica, sta attraversando un periodo di profonda difficoltà a causa del fenomeno sempre più esteso dell'invasione di prodotti contraffatti, provenienti soprattutto dai Paesi asiatici, che, connotati da costi di produzione decisamente molto convenienti e realizzati con materiali scadenti o privi dei necessari requisiti di sicurezza, hanno dei prezzi di vendita decisamente più bassi di quelli italiani;
l'attestazione del made in Italy indubbiamente conferisce al bene di consumo un alto valore aggiunto: scarpe, borse, giacche, divani e tutti i prodotti di pelletteria, acquisiscono una superiorità qualitativa se tutti i componenti con cui sono confezionati sono di origine italiana;
tale requisito, unitamente al rispetto sia delle norme di sicurezza per i lavoratori e per i consumatori, sia dell'ambiente nel processo industriale, è sinonimo di garanzia di qualità che deve essere valorizzata anche al fine di garantire alle imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, il legittimo guadagno e la conseguente continuità lavorativa degli addetti;
purtroppo le frodi in questo settore avvengono non solo nella contraffazione del design, ma anche nella falsa dichiarazione di nazionalità dei manufatti e dei loro stessi componenti, che spesso risultano essere di scarsa qualità e che illecitamente vengono spacciati come prodotti italiani;
l'incidenza di tale inganno nel costo di produzione si configura tra il 25 per cento e il 60 per cento, a danno dell'industria italiana e dei consumatori in primis, oltre che dell'immagine dei prodotti italiani che nel mondo rappresentano da sempre una creatività e una qualità indiscussa e molto ricercata;
si assiste purtroppo, ad un ancora insufficiente e incompleto controllo, se pur notevolmente migliorato rispetto al recente passato, del commercio abusivo di tali prodotti contraffatti;
con l'approvazione della legge 23 luglio 2009, n. 99, il Governo italiano ha introdotto diversificate misure volte a rafforzare la tutela della proprietà industriale, del made in Italy e degli strumenti di lotta alla contraffazione;
disposizioni in materia di tutela del made in Italy sono anche contenute nel

decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, in corso di conversione e approvato in prima lettura dal Senato, che introduce una regolamentazione circa l'uso di indicazioni di vendita che presentino il prodotto come interamente realizzato in Italia, quali «100 per cento made in Italy» e simili, prevedendo una sanzione penale per l'uso indebito di tali indicazioni di vendita o di contrassegni o di figure che inducano alla medesima fallace convinzione -:
se i Ministri interpellati, al fine di tutelare e salvaguardare l'attività delle imprese conciarie italiane, dei lavoratori del settore e del relativo indotto, non ritengano opportuno favorire un'intensificazione dei controlli da parte di tutte le forze dell'ordine ed una ancor più incisiva azione sanzionatoria, al fine di indebolire e scoraggiare il fenomeno del commercio illegale di prodotti di pelletteria di scarso pregio e contraffatti, che, comunque, inducono in inganno il consumatore e danneggiano grandemente le imprese del nostro Paese;
se e quali iniziative possano essere assunte affinché l'Ufficio europeo per la lotta antifrode, nell'intento di tutelare gli interessi economici dei Paesi dell'Unione europea, possa contribuire ad intensificare il controllo del commercio illegale.
(4-06037)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti dagli Uffici competenti e dal Ministero dell'interno, si comunica quanto segue.
L'azione del Ministero dello sviluppo economico è improntata alla massima e costante vigilanza del mercato, al fine di monitorare costantemente il fenomeno della contraffazione, che interessa, in modo particolare, il settore conciario e della pelletteria.
La «legge sviluppo» (23 luglio 2009, n. 99), ha introdotto importanti disposizioni volte a rendere più forte ed efficace l'azione di prevenzione e di contrasto alla contraffazione.
In particolare, è stato previsto un inasprimento delle sanzioni penali in materia di contraffazione di prodotti industriali e l'introduzione del reato, procedibile a querela di parte, di usurpazione di titolo di proprietà.
Inoltre, è stata rivista la sanzione amministrativa per chi acquista beni contraffatti, per renderla più efficace e favorirne l'applicazione generalizzata sul territorio, in un'ottica di contrasto alla domanda di tali prodotti. Sono stati, quindi, attribuiti maggiori poteri alle forze di polizia, per le casistiche di associazione a delinquere finalizzate a reati di contraffazione, e la possibilità di confiscare i beni provenienti dal compimento dei reati di contraffazione.
Per quanto riguarda l'invasione di prodotti asiatici, è possibile far ricorso agli strumenti di difesa commerciale previsti dalla normativa comunitaria.
Il Ministero dello sviluppo economico si è in più occasioni attivato, e continuerà ad adoperarsi a livello di Commissione europea, per richiedere l'introduzione di misure
antidumping o di salvaguardia, anche in relazione a importazioni dai paesi asiatici e specificamente dalla Cina. Ciò ha reso possibile l'effettiva applicazione di misure a difesa dei nostri comparti produttivi.
Il mezzo più efficace per combattere la pratica sleale della contraffazione, allo stato attuale, è il controllo alle frontiere da parte delle autorità competenti. Tuttavia, il provvedimento che più di tutti potrebbe garantire il consumatore sarebbe sicuramente l'adozione di una indicazione obbligatoria dell'origine (il cosiddetto «
made in»). Infatti, la presenza di tale marchio metterebbe immediatamente l'utente finale a conoscenza della reale provenienza di un determinato prodotto.
L'adozione del decreto-legge 25 settembre 2009 n. 135 può rappresentare un importante passo in questa direzione, ma ancora più importante potrebbe essere l'introduzione di un Regolamento comunitario specifico.
L'indicazione obbligatoria del marchio di origine per i prodotti importati da Paesi extraeuropei è uno dei temi cui il Ministero dello sviluppo economico si è particolarmente

dedicato negli ultimi anni, sia attraverso una azione di «lobbying» presso la Commissione europea che mediante contatti politici con i Paesi dell'Unione europea contrari. Infatti, l'adozione di un qualsiasi Regolamento da parte del Consiglio dell'Unione richiede una maggioranza di voti favorevoli che finora, nel caso dell'etichettatura obbligatoria, è sempre mancata.
Ad ogni modo, le pressioni esercitate dall'Italia hanno indotto la Commissione europea a presentare, qualche settimana fa, alcune ipotesi che modificano la proposta di regolamento già presentata nel 2005. Tali ipotesi (cosiddetta
option paper) restringerebbero il campo di applicazione del Regolamento ad alcuni settori e/o alcuni Paesi di origine, nel tentativo di raccogliere una più ampia base di consensi da parte degli Stati membri. Obiettivo del nostro Paese è quindi quello di riuscire a far sì che tale Regolamento possa essere adottato nel più breve tempo possibile.
Per quanto riguarda, in particolare, i prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, tali settori sono inseriti in un disegno di legge, già approvato (il 10 dicembre 2009) dalla Camera dei Deputati ed attualmente all'esame del Senato (A.S. 1930), che prevede l'istituzione di un sistema di etichettatura e di tracciabilità obbligatoria, nonché la definizione delle fasi di lavorazione, per l'apposizione dell'etichetta «
made in Italy».
Sempre sul problema della contraffazione, si ricorda che già con la legge finanziaria per il 2004 sono stati istituiti, presso le sedi estere dell'Istituto del commercio con l'estero, i
desk di assistenza alle imprese, per la tutela della proprietà intellettuale (cosiddetta Intellectual property rights), con l'obiettivo di offrire alle imprese italiane all'estero un insieme di servizi di assistenza e consulenza in materia di proprietà intellettuale.
Attualmente tali
desk sono 11 e sono operativi presso quei Paesi nei quali più intensa è la diffusione del fenomeno della contraffazione, sia sotto il profilo della produzione di beni contraffatti, che di quello della loro distribuzione (Cina, India, Corea del Sud, Vietnam, Emirati Arabi, Turchia, Russia, USA e Brasile).
Il Ministero dello sviluppo economico si sta, poi, attivando, come più volte in passato, affinché la Commissione europea riesca a far inserire nell'accordo di partenariato e cooperazione attualmente in negoziazione con il Governo cinese specifiche disposizioni che tutelino adeguatamente i diritti di proprietà intellettuale.
Operativamente, poi, il Ministero dello sviluppo economico coordina una serie di tavoli di lavoro, che coinvolgono sia le istituzioni, sia le associazioni imprenditoriali e dei consumatori maggiormente rappresentative, in un'ottica di piena e fattiva collaborazione tra pubblico e privato.
Infine è stato, da poco, definito un protocollo di intesa con l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ed è di prossima sottoscrizione un ulteriore accordo con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, al fine di verificare l'attuale situazione in tema di tracciabilità e rintracciabilità dell'origine dei prodotti e realizzare un progetto pilota volto a offrire alle imprese un nuovo strumento di tutela della proprietà industriale e di rafforzamento competitivo.
Il prossimo avvio del Consiglio nazionale anticontraffazione, istituito con la legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo), consentirà peraltro di condurre ad unità l'elaborazione di indirizzi e strategie in materia di lotta alla contraffazione, con una azione tesa a ricercare le necessarie sinergie anche con le politiche e le azioni in materia di sicurezza dei prodotti e tutela del
made in Italy.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Adolfo Urso.

CAPARINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
TiVU Sat è la nuova piattaforma satellitare RAI-Mediaset-LA7;
l'onorevole Erminio Boso ha acquistato un decoder IMAX con la scheda

TiVU Sat n. 109204261427 da installare nella casa materna di Spiado Pieve Tesino (Trento);
Spiado Pieve Tesino (Trento) è ubicato in un'area non servita da RAI, né in analogico né in digitale, quindi l'unica possibilità per vedere i programmi del concessionario del servizio pubblico è il satellite;
al consigliere regionale onorevole Erminio Boso l'operatore del numero verde (a pagamento) indicato non ha potuto attivare la scheda TiVU Sat;
il tecnico installatore ha, a sua volta, contattato il numero «verde» vanamente, senza alcuna risposta si è collegato al sito internet RAI, area riservata agli installatori, ma non è riuscito ad abilitare la tessera;
l'8 settembre 2009 la RAI confermava che le schede sarebbero state operative da dicembre -:
se l'utilizzo di un numero a pagamento per l'attivazione, ancorché non debitamente pubblicizzato, non sia inopportuno nei confronti degli utenti già titolari di abbonamento RAI e impossibilitati in altro modo a riceverne i servizi;
se la vendita di decoder e schede senza la data di inizio attivazione sia coerente con il principio di «must offer» e con l'obbligo di neutralità tecnologica e quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per garantire il rispetto del contratto di servizio.
(4-04287)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti dagli Uffici competenti, si comunica quanto segue.
In relazione all'atto parlamentare in esame, la Rai ha fatto presente che ciascun
decoder è venduto con la Smart card Tivù, che consente all'utente di fruire dell'offerta Rai, rimuovendo il problema dell'eventuale criptaggio tecnico per eventi privi di diritti di diffusione all'estero.
Il servizio clienti Tivù Sat afferma che non è stato possibile attivare la tessera in questione, numero seriale 109204261427, attraverso il
call center dedicato, in quanto non risulta prodotta da Tivù Sat ed inoltre il numero di card risulta inesistente nel customer relationship management (CRM), sistema informativo che gestisce il rapporto con l'utente.
Il servizio clienti di Tivù Sat ha, poi, comunicato di essere sempre disponibile a indagini più approfondite se opportunamente attivato anche tramite il semplice invio, ai suoi uffici, di una fotocopia delle
smart card non attivabili.
Quanto al fatto che l'attivazione delle schede debba essere fatta con un numero telefonico a pagamento, la Rai riferisce che l'utilizzo di tale numero non è necessario, in quanto le tessere possono essere attivate anche tramite procedura
on line.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

CAVALLARO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come risulta da alcuni articoli apparsi recentemente su autorevoli testate giornalistiche marchigiane l'azienda Poste Italiane s.p.a., nell'ambito di piano complessivo di organizzazione e razionalizzazione dei servizi offerti territorialmente, avrebbe disposto la chiusura pomeridiana di alcuni uffici postali nelle province di Ancona e Macerata;
tali progettate chiusure che interessano in particolare i comuni di Porto Recanati, Camerino, Matelica, Tolentino e Loreto e che dovrebbero essere esecutive già dalle prime settimane di novembre hanno sollevato accese proteste da parte dei cittadini e delle autorità locali, preoccupate per i disagi alla popolazione che tali scelte aziendali inevitabilmente comportano, soprattutto se si pensa alle lunghe file per accedere agli sportelli, alle difficoltà causate agli anziani o a quanti per motivi di lavoro, di studio o quant'altro non possono accedere a tali servizi esclusivamente di mattina;

oltre ai cittadini residenti gravi sono anche le ripercussioni socio economiche nonché in termini di immagine che la riduzione di tali offerte e servizi avrebbe sui tanti operatori economici e sui turisti che gravitano sui territori marchigiani, capaci di attirare interessi e visitatori non solo per le loro risorse e bellezze, ma anche per la particolare attenzione che, da sempre, le autorità locali hanno riservato allo sviluppo di infrastrutture e servizi adeguati a tali domande;
a ben vedere i comuni interessati sono caratterizzati da una presenza pubblica importante: sede di una nota Università o dell'unico carcere della provincia di macerata come Camerino, centro religioso di importanza notevole, come Loreto, che ogni anno ospita milioni di pellegrini, devoti della città mariana, ma anche sede di numerose attività produttive come Matelica;
a fronte di tale situazione le amministrazioni locali destinatarie del provvedimento hanno richiesto un incontro con l'azienda interessata, esternando le loro preoccupazioni e il loro disappunto per le logiche aziendali applicate ad un servizio pubblico, come quello svolto da Poste italiane s.p.a. e dicendosi pronte ad avvalersi per proprio conto, nonché ad informare adeguatamente la popolazione circa l'opportunità di rivolgersi ad altri soggetti privati, che offrono i medesimi servizi di Poste italiane, nel caso non si trovasse un riscontro positivo alle problematiche sollevate;
non a caso anche il Presidente della giunta regionale delle Marche, Gian Mario Spacca, nei giorni scorsi ha inviato una lettera all'amministratore delegato di Poste Italiane s.p.a., Massimo Sarmi, nella quale, pur definendo del tutto comprensibile e lecita la necessità della medesima azienda di operare delle scelte a volte difficili per ottimizzare le risorse a sua disposizione, ha ritenuto importante sottolineare come, nel caso specifico, l'imminente chiusura pomeridiana di alcuni uffici postali arrecherebbe al territorio e alle comunità locali un danno notevole con effetti deleteri sul piano economico e sociale per l'intera regione -:
se, tenendo conto dei fatti sopra menzionati e al fine di porre urgente rimedio alla lamentata situazione, il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso Poste SpA affinché riconsideri le proprie strategie aziendali, che portano alla progressiva chiusura degli uffici postali sopra menzionati e punti invece a migliorare l'offerta ed il servizio al cittadino.
(4-04903)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame riguardante la paventata chiusura di alcuni uffici postali in territorio marchigiano, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti, si comunica quanto segue.
La società concessionaria del servizio universale ha segnalato che, per quanto riguarda la distribuzione degli uffici postali sul territorio della provincia in questione, si attiene a quanto prevede, sull'argomento, il decreto 7 ottobre 2008, che disciplina i parametri per la fornitura del servizio universale su tutto il territorio nazionale.
In particolare, nel territorio in esame, sano stati sottoposti a rimodulazione dell'orario di apertura gli uffici postali di Camerino e Matelica, ubicati negli omonimi comuni in provincia di Macerata, e l'ufficio di Loreto, attivo nel comune omonimo, in provincia di Ancona.
La nuova modalità organizzativa è stata adottata, dopo un confronto con le organizzazioni sindacali ed a seguito di apposite analisi dei flussi di traffico, che hanno evidenziato una spiccata preferenza da parte della clientela verso le fasce orarie antimeridiane.
Inoltre, anche se i servizi erogati attraverso il turno di apertura antimeridiano soddisfano adeguatamente la domanda della clientela e risultano rispettosi degli standard di qualità previsti, viene comunque assicurato un costante monitoraggio dei flussi di traffico per garantire interventi tempestivi in caso di necessità.
Si rammenta che, anche in presenza di uffici postali sottoposti a rimodulazione

dell'orario di apertura, la clientela può servirsi, nelle ore pomeridiane, degli apparati self service attivi 24 ore, che consentono di effettuare le principali operazioni di sportello.
Nel territorio comunale di Camerino invece, sono attivi quattro uffici postali: Camerino, completamente ristrutturato nel 2003, che dispone di 6 sportelli operativi, un'area prodotti finanziari e un
cash dispenser fruibile nelle 24 ore, Camerino 1 (distante circa 1 chilometro dal precedente ufficio postale), Mergnano e Polverina, dotati complessivamente di cinque postazioni lavorative.
Nel comune di Matelica oltre all'ufficio omonimo ristrutturato nel 2008, dotato di 5 sportelli, due aree prodotti finanziari e un
cash dispenser fruibile nelle 24 ore, è operativo anche l'ufficio postale di Col Ferralo, distante circa 300 metri da Matelica, con due sportelli operativi e aperto al pubblico 3 giorni a settimana.
Nel comune di Loreto sono attivi tre uffici: Loreto, Villa Musone di Loreto e Loreto Stazione.
L'ufficio di Loreto dispone di cinque sportelli, un'area prodotti finanziari e un
cash dispenser esterno fruibile nelle 24 ore. Villa Musone e Loreto Stazione, distanti circa 2 chilometri da Loreto, dispongono rispettivamente di tre e due sportelli operativi e sono attivi durante il turno antimeridiano con orario 8,00-13,30, dal lunedì al venerdì, e 8,00-12,30, il sabato.
Si precisa, infine, che nessuna variazione è prevista per gli orari di apertura degli uffici di Tolentino e Porto Recanati i quali, dopo la temporanea rimodulazione dell'orario di apertura attuata durante il periodo estivo, hanno ripreso l'orario normale, che prevede l'apertura dalle 8,00 alle 18,30, dal lunedì al venerdì, e dalle 8,00 alle 12,30, il sabato.
Il ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle sue competenze, non mancherà, comunque, di sollecitare la concessionaria Poste Italiane, affinché valuti la possibilità che venga ripristinata la completa funzionalità degli uffici postali nei comuni sopraddetti, almeno nel caso che la richiesta dell'utenza torni a dei livelli per i quali debba ritenersi necessario ripristinare il precedente orario di servizio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

CIRIELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i servizi postali sono attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 261 del 1999, atto che, nell'introdurre «regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio», ha espressamente conferito al Ministero delle comunicazioni (oggi sviluppo economico) la competenza nella regolamentazione del settore postale;
tale competenza si articola nella scelta dei fornitori del servizio, la verifica del rispetto degli obblighi connessi all'espletamento del servizio, la determinazione dei parametri di qualità e l'organizzazione di un sistema di controllo periodico delle prestazioni che compongono il servizio stesso;
il più recente decreto legislativo n. 384 del 2003, che recepisce le direttive comunitarie di settore in materia di ampliamento della concorrenza dei servizi postali sui mercati comunitari, estende la competenza del dicastero alla predisposizione dei controlli volti a garantire che i servizi stessi siano rispettati, adottando, se necessario, specifici provvedimenti al riguardo;
stante il sopra esposto quadro normativo, che regolamenta in maniera analitica l'organizzazione del servizio postale sul territorio nazionale, risultano sempre più numerose le segnalazioni, da parte di utenti privati, relativamente ai disservizi cagionati dalla scorretta organizzazione dell'attività;
si fa riferimento a quanto appreso da recenti segnalazioni pervenute da cittadini e locali organi di stampa in merito a quanto accaduto nel comune di Camerota, rinomata località turistica del Cilento, a

sud della città di Salerno, secondo cui nella frazione Lentiscosa da diversi giorni gli utenti non possono usufruire dei servizi del locale ufficio postale;
tale questione, secondo quanto emerge da dichiarazioni rilasciate da esponenti locali dell'opposizione, sarebbe scaturita da un malfunzionamento della rete informatica dell'ufficio postale e col protrarsi del tempo avrebbe assunto caratteri emergenziali, arrecando seri disagi all'intera comunità;
nonostante diversi reclami inoltrati dall'utenza, infatti, Poste Italiane non avrebbe preso nell'immediatezza i dovuti provvedimenti, alimentando le proteste della cittadinanza e, in particolare, delle persone anziane che hanno subito la sospensione di un servizio essenziale come l'erogazione della pensione;
i disservizi in questione rappresentano soltanto l'ultimo di una serie innumerevole di vicissitudini che, a vario titolo e per diversi motivi, intercorrono tra Poste Italiane ed i suoi utenti per via di un non corretto funzionamento dei relativi servizi;
si fa riferimento, in particolare, a quanto accaduto mesi orsono in diversi comuni della provincia di Milano, i cui cittadini hanno subito notevoli ritardi nella consegna della corrispondenza, così come nella città di Trento, dove nel giugno scorso ben venti succursali hanno chiuso in contemporanea a causa di un'assemblea sindacale;
analogamente, durante lo scorso mese di maggio si accavallarono le segnalazioni in merito ai medesimi disagi subiti in alcuni comuni dei monti Picentini, in particolare San Cipriano Picentino, a nord-est di Salerno;
siamo, pertanto, in presenza di una disorganizzazione strutturale dell'azienda che condiziona il regolare funzionamento del servizio sull'intero territorio nazionale, cagionando così gravi disagi per i cittadini e tutti gli utenti che utilizzano la corrispondenza anche in ambito professionale;
tale disorganizzazione è tanto più grave in quanto inerente l'esercizio di un'attività che, in quanto finalizzata a garantire l'effettivo esercizio della libertà di comunicazione, è espressamente riconosciuta come servizio pubblico essenziale, suscettibile, pertanto, non solo di un'apposita regolamentazione, ma anche di stringenti forme di controllo che garantiscano la concreta esplicazione del servizio medesimo -:
quali provvedimenti intenda adottare per risolvere l'incresciosa situazione verificatasi nella frazione Lentiscosa del comune di Camerota, contribuendo al ripristino degli standard qualitativi del servizio postale previsti dalle norme vigenti;
quali provvedimenti ritenga opportuno porre in essere al fine di realizzare accordi ed intese aziendali, per un effettivo miglioramento dei servizi postali nei centri urbani periferici e decentrati, anche attraverso il diretto coinvolgimento delle amministrazioni locali;
se non ritenga possibile, al fine di arginare fenomeni ricollegabili ad ipotesi di sciopero selvaggio, estendere la portata del recente progetto di riforma, con cui il Governo ha inteso opportunamente razionalizzare la regolamentazione dello sciopero nel settore del trasporto pubblico locale, anche al settore dei servizi postali.
(4-04147)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla concessionaria Poste italiane, si comunica quanto segue.
Per quanto concerne l'interruzione del collegamento informatico verificatasi, durante lo scorso mese di settembre, si segnala che il comune di Camerota, cui appartiene la frazione di Lentiscosa, dove si è verificata una interruzione del collegamento informatico, durante lo scorso mese di settembre, conta circa 6.850 abitanti e, nel suo territorio, sono presenti altri tre uffici postali: Camerota, Marina di Camerota e Licusati.

Conformemente a quanto previsto dal decreto ministeriale 28 giugno 2007, nel periodo compreso tra il 15 giugno ed il 12 settembre 2009, l'ufficio postale di Lentiscosa è stato interessato da un'iniziativa di rimodulazione estiva dell'orario di apertura, assicurando l'apertura tre giorni a settimana (martedì, giovedì, sabato).
A causa di un problema di guasto tecnico, nei giorni 3, 5 e 8 settembre 2009, l'ufficio in parola non ha potuto garantire l'apertura nei giorni nei quali era programmata la sua operatività, riprendendo la propria attività il 10 settembre 2009, dopo la riparazione del suddetto guasto.
Per completezza di informazione si precisa che, durante i giorni in cui l'ufficio è stato tenuto chiuso, era comunque a disposizione della clientela l'ufficio di Marina di Camerota, distante circa 6 chilometri ed aperto tutti i giorni.
Per ciò che concerne, inoltre, il servizio di recapito, si comunica che attualmente, nei territori interessati dal presente atto di sindacato ispettivo, lo svolgimento del servizio risulta, comunque, conforme agli standard operativi.
Per completezza di informazione si precisa che, alla fine dello scorso mese di maggio, in una sola zona di recapito di San Cipriano Picentino (Salerno), a seguito dell'improvvisa assenza di un addetto, si è registrata qualche difficoltà, tempestivamente risolta grazie al supporto del portalettere caposquadra, che ha provveduto ad assicurare l'attività di consegna della posta.
Per ciò che concerne i disguidi nello svolgimento del servizio di recapito, registrati mesi or sono a Milano ed alla contemporanea chiusura di diverse succursali verificatasi a Trento, per lo svolgimento di assemblee sindacali, si precisa che, durante i primi mesi del corrente anno, nella città di Milano e nel relativo territorio provinciale, si sono effettivamente registrate alcune difficoltà nello svolgimento del servizio di recapito, prontamente fronteggiate con interventi volti a rimuovere le cause strutturali che le avevano generate, migliorando il servizio offerto alla clientela e, contemporaneamente, rafforzando l'organizzazione territoriale dei centri di distribuzione della corrispondenza.
In particolare si è provveduto, in collaborazione con gli enti locali, ad aggiornare i dati riguardanti il territorio in esame (toponomastica, attività economico/commerciali, ecc.). L'iniziativa è stata propedeutica all'avvio di un programma mirato di riorganizzazione delle varie attività afferenti il servizio universale postale e alla definizione sia della tempistica che delle relative modalità di attuazione.
Durante il periodo necessario all'implementazione, tutte le situazioni contingenti e le segnalazioni pervenute sono state affrontate con interventi immediati, misure straordinarie e incontri con le autorità locali.
Sono stati creati otto nuovi centri di distribuzione della corrispondenza, ai quali è stata affidata la responsabilità dei servizi logistici e di recapito.
Nel corso del 2009, inoltre, sono stati assunti a tempo indeterminato 146 portalettere, al fine di garantire la continuità al servizio soprattutto durante periodo estivo, allorché è necessario assicurare, come da previsione contrattuale, la fruizione delle ferie al personale.
Il personale neo assunto è stato inserito in un percorso di formazione, avente sia carattere teorico (conoscenza delle norme di sicurezza e modalità di erogazione del servizio con particolare attenzione ai singoli prodotti), che pratico, con un impegno operativo sul territorio.
Infine, il completamento della mappatura dei processi e della loro programmazione, unita ad una specifica determinazione delle aree di lavorazione, ha consentito un più incisivo controllo e un forte presidio delle situazioni operative presenti nei singoli Centri.
Con riferimento ai disguidi, che sarebbero stati registrati a Trento, si precisa che nel comune suddetto sono presenti 20 uffici postali: sette dei quali (Trento 1, Trento 2, Trento 3, Trento 4, Trento 7, Meano e Gardolo), nella giornata del 12 giugno 2009, sono rimasti chiusi al pubblico dalle ore 12.00 alle ore 14.00, in concomitanza di un'assemblea sindacale.

Il giorno 17 giugno 2009, anche l'ufficio di Trento centro, per lo stesso motivo, non ha garantito l'erogazione dei servizi dalle 7.50 alle 9.50 e dalle 17.00 alle 19.00.
Tali eventi, riconducibili all'esercizio di diritti dei lavoratori costituzionalmente garantiti, non risulta abbiano comunque determinato criticità né a carico del servizio di recapito della corrispondenza, trattandosi di uffici privi di tale servizio, né della sportelleria, considerato il breve arco temporale dell'interruzione.
Sarà comunque cura del ministero dello sviluppo economico effettuare puntuali monitoraggi su tutto il territorio nazionale affinché gli utenti possano usufruire della completa funzionalità degli uffici postali, per evitare disguidi, attese e disservizi nel recapito della corrispondenza, in ottemperanza a quanto stabilito dal contratto di servizio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

COSENZA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.177 del 2005 la disciplina del sistema televisivo garantisce la diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali ed oneste, che rispettino la dignità della persona, non evochino discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, non offendano convinzioni religiose o ideali, non inducano a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l'ambiente, non possano arrecare pregiudizio morale o fisico a minorenni, non siano inserite nei cartoni animati destinati ai bambini religione siano riconoscibili come tali e distinte dal resto dei programmi con mezzi di evidente percezione;
il paragrafo 4.1 del «Codice di autoregolamentazione tv e minori», sottoscritto dalle principali imprese televisive italiane, recita: «Le Imprese televisive si impegnano a controllare i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi, e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano ledere l'armonico sviluppo della personalità dei minori o che possano costituire fonte di pericolo fisico o morale per i minori stessi dedicando particolare attenzione alla fascia protetta. Volendo garantire una particolare tutela di questa parte del pubblico che ha minore capacità di giudizio e di discernimento nei confronti dei messaggi pubblicitari e nel riconoscere la particolare validità delle norme a tutela dei minori come esplicitate nel Codice di autodisciplina pubblicitaria, promosso dall'Istituto di autodisciplina pubblicitaria, le imprese televisive si impegnano ad accogliere - ove dia garanzie di maggiore tutela - e a rispettare tale disciplina, da considerarsi parte integrante del presente Codice»;
nonostante le previsioni sopra richiamate di fatto oggi la televisione trasmette, anche nella fascia in teoria più protetta per i minori (dalle ore 19 alle ore 22), spot di film violenti che esaltano, proprio al fine di attrarre il maggior numero di spettatori possibile, comportamenti i quali possono traumatizzare i giovanissimi telespettatori causando sofferenza psicologica oppure inducendo loro a pericolose forme di emulazione;
questo tema è oggi più attuale che mai perché, nell'attuale società, è un dato di fatto che siano spesso proprio i mezzi di comunicazione a imporre ai giovani modelli di comportamento nei cui confronti le famiglie si trovano a tentare battaglie impari -:
se vi sia oggi in Italia un problema di concreto rispetto riguardo l'effettiva attuazione del decreto legislativo n.177 del 2005 in tema di pubblicità e del «Codice di autoregolamentazione tv e minori»;
quali eventuali iniziative, per quanto di sua competenza, intenda assumere la pubblicità violenta sia definitivamente bandita dalla televisione italiana.
(4-03734)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi

forniti dagli uffici competenti e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si comunica quanto segue.
Il codice di autoregolamentazione TV e minori prevede che, durante la fascia protetta oraria, che va dalle 16 alle 19, sia applicata una «protezione rafforzata» alla pubblicità che viene mandata in onda. In particolare, viene vietata la trasmissione di pubblicità rivolte direttamente ai minori, che contengano situazioni che possano costituire pregiudizio per l'equilibrio psichico e morale dei minori; situazioni che violino norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l'autorità, la responsabilità e i giudizi di persone che rivestono un ruolo significativo nella vita dei minori stessi; situazioni in cui viene esaltata la trasgressione o che propongono discriminazioni di sesso, razza, eccetera.
Nelle altre fasce orarie, tra le quali quelle segnalate nel presente atto di sindacato ispettivo (dalle ore 19 alle 22 - cosiddetta fascia oraria per tutti) si applicano sistemi di tutela meno rigorosi, ai sensi della normativa vigente, a fronte dell'ipotesi, prevista dal codice di autoregolamentazione, che il pubblico dei minori in ascolto sia supportato dalla presenza di un adulto.
Il controllo del rispetto delle norme fissate nel codice spetta al Comitato di applicazione codice di autoregolamentazione TV e minori (ora «Comitato applicazione codice media e minori») il quale, d'ufficio o su denuncia specifica, procede all'accertamento delle eventuali violazioni.
Le competenze e i poteri del comitato sono disciplinate dall'articolo 6.2 del codice che prevede:
«Il Comitato, d'ufficio o su denuncia dei soggetti interessati, verifica, con le modalità stabilite nel Regolamento di seguito indicato, le violazioni del presente codice. Qualora accerti la violazione del codice adotta una risoluzione motivata e determina, tenuto conto della gravità dell'illecito, del comportamento pregresso dell'emittente, nell'ambito di diffusione del programma e della dimensione dell'impresa, le modalità con le quali ne debba essere data notizia».
Il comitato può inoltre:

a) ingiungere all'emittente, qualora ne sussistano le condizioni, di modificare o sospendere il programma o i programmi, indicando i tempi e le modalità di attuazione;
b) ingiungere all'emittente di adeguare il proprio comportamento alle prescrizioni del codice indicando i tempi e le modalità di attuazione.

In caso di violazioni accertate, il comitato, oltre ad adottare i provvedimenti di competenza, inoltra le proprie delibere all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni che attiva, qualora ne ravvisi i presupposti, il procedimento sanzionatorio.
Dal 2003, anno di inizio della sua attività, alla data odierna, il Comitato ha esaminato 2329 casi, aprendo 709 procedimenti a carico delle emittenti ed ha deliberato 256 risoluzioni di violazione del codice. Tutte le risoluzione sono state inviate all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per l'eventuale seguito di competenza sul cui dettaglio potrà compiutamente riferire l'autorità medesima.
Per quanto più specificatamente attiene all'argomento «pubblicità», il comitato ha deliberato 10 risoluzioni per
trailer di film violenti o inadatti alla programmazione per minori, 11 risoluzioni per spot pubblicitari, 24 risoluzioni per promozioni di linee telefoniche a valore aggiunto, cartomanzia, previsioni del lotto e chat erotiche. La maggior parte di tali risoluzioni riguarda pubblicità trasmesse in fascia protetta (16.00-19.00).
Il comitato ha inoltre emesso 230 raccomandazioni, 24 delle quali per pubblicità e
spot e 34 documenti di indirizzo, 10 dei quali inviati a tutte le emittenti e riguardanti promo, trailer e pubblicità.
Il comitato ha infine provveduto a segnalare direttamente all'autorità 148 programmi, per lo più trasmessi da emittenti locali, al cui riguardo ha ritenuto potesse formularsi ipotesi di violazione di legge per promozioni di linee telefoniche dal contenuto erotico e per servizi telefonici a valore aggiunto.


Per quanto riguarda l'attività di vigilanza sulla pubblicità trasmessa dalle emittenti televisive, effettuata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, questa si esplica attraverso il controllo della programmazione delle emittenti, sia nazionali che locali.
Tale controllo avviene tramite un monitoraggio a rotazione periodica e/o a campionamento di alcune tipologie di programmi, per le emittenti digitali terrestri; tramite un monitoraggio sistematico dell'intera programmazione delle emittenti, per le concessionarie televisive analogiche.
Per quanto riguarda, invece, le emittenti radiofoniche, l'attività di controllo avviene su base di segnalazione e/o denuncia, con l'ausilio di personale appartenente al corpo della Guardia di finanza e della Polizia postale. Recentemente è stata espletata una gara europea, per l'avvio del monitoraggio sistematico su tutte le emittenti radiofoniche che trasmettono sul territorio nazionale, al fine di poter vigilare sull'intero territorio.
Per le emittenti televisive locali, non essendo possibile praticare un monitoraggio capillare, a causa del notevolissimo numero di emittenti, l'attività preistruttoria di controllo è delegata a strutture periferiche (comitati regionali per le comunicazioni).
Da quanto sopra esposto si evince come il ministero dello sviluppo economico, tramite gli organi preposti, abbia posto in essere quanto di competenza nell'assicurare una attenta vigilanza sull'argomento in parola e continuerà a vigilare, al fine di garantire un uso corretto della televisione, sensibilizzando i produttori delle pubblicità televisive alle esigenze dei minori.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa, in particolare da un articolo dell'Unità del 9 marzo 2010, che anche la cosiddetta influenza «suina» è stata gestita dalla Protezione civile come un grande evento;
in particolare, l'articolo sopra citato riferisce che la Protezione civile ha gestito l'acquisto di 24 milioni di dosi di vaccino con una spesa che ancora oggi rimane ufficialmente ignota;
in data 11 giugno 2009 l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di pandemia connesso al nuovo ceppo influenzale A (H1N1), per cui il Ministero della salute ha istituito un'unità di crisi i cui lavori hanno portato a concludere che, ove non fossero state applicate ulteriori misure oltre alla somministrazione di farmaci antivirali disponibili, in Italia si sarebbero potuti verificare oltre nove milioni di casi di malattia nei mesi successivi;
le decisioni assunte dall'unità di crisi sono state fatte proprie dal Governo italiano che, con note del 17 e 21 luglio 2009, a firma del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla Protezione civile, ha espresso sia Novartis che a Sanofi Pasteur l'interesse ad acquisire 24.000.000 di dosi di vaccino antinfluenzale A (H1N1);
l'articolo riferisce anche che tra il 21 e il 31 luglio 2009 è stato formalizzato l'accordo tra il sottosegretario Guido Bertolaso e la società farmaceutica Novartis, specificando che questo accordo non è mai stato reso pubblico. La stessa magistratura contabile ha dovuto insistere per averne almeno gli estremi;
il 21 settembre 2009 la Corte dei conti, che esercita controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ha emanato la deliberazione n. 16/2009/P. La Corte con tale atto ha dato una sua valutazione sul contratto di fornitura di dosi di vaccino antinfluenzale A (H1N1) stipulato tra l'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l.;
la Corte ha chiesto inoltre chiarimenti su alcuni punti del contratto stesso.

Essa così venne a sapere che il trattamento dell'influenza A (H1N1) era stato affidato alla Protezione civile, alla stessa stregua degli eventi calamitosi come terremoti, frane, e altri, e che non era stata prevista la possibilità per il Ministero di rivalersi per eventuali danni;
la Corte dei conti aveva chiesto altresì elementi per valutare la congruità del prezzo e le ragioni per cui le dosi del vaccino potevano essere consegnate in ritardo senza che la società Novartis dovesse pagare una penalità per questo;
si legge inoltre nell'articolo citato che «la Corte ha lamentato scarsa trasparenza e una lunga serie di deroghe alla normativa, così tante da etichettare l'accordo tra Stato e Novartis al di fuori degli ordinari schemi contrattuali» -:
se corrisponda al vero che l'influenza A (H1N1) sia stata inserita tra le emergenze nazionali, e a quanto ammonti il reale importo pattuito dal Governo con la multinazionale Novartis per la fornitura del vaccino in questione;
per quale motivo e su quali basi la fornitura del vaccino sia stata assegnata alla multinazionale Novartis;
per quale motivo sia stata accettata la clausola vessatoria di non potersi rivalere per eventuale danno e come sia stato possibile che nelle clausole contrattuali non fossero previste penalità nel caso di ritardo nella consegna del vaccino da parte della Società Novartis.
(4-06475)

Risposta. - In riferimento all'atto in esame, concernente la gestione dell'influenza suina, si fa presente che il direttore generale della prevenzione sanitaria del dipartimento prevenzione e comunicazione dell'allora ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al fine di mitigare l'impatto derivante dalla diffusione, in Italia, della pandemia influenzale del nuovo virus A (H1N1) e a seguito delle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Piano pandemico nazionale, con l'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3798 del 2009, è stato autorizzato ad acquisire, con urgenza, la fornitura di dosi di vaccino, di farmaci antivirali e di dispositivi di protezione individuale necessari per assicurare la vaccinazione delle categorie sensibili e, comunque, di almeno il quaranta per cento della popolazione residente nel territorio nazionale.
Il direttore generale si è avvalso anche dei poteri di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3275 del 28 marzo 2003, esercitando diritti di prelazione, già acquisiti presso i produttori farmaceutici per contrastare altri tipi di pandemie influenzali.
Tutto ciò è stato previsto a seguito della dichiarazione dell'organizzazione mondiale della sanità, che, l'11 giugno 2009, ha aumentato il livello di allerta pandemico da 5 a 6, il più elevato e mai dichiarato precedentemente.
Successivamente, valutato l'andamento epidemiologico della suddetta influenza e considerato che le dosi di vaccino acquisite dello Stato, come evidenziato nella relazione del Presidente dell'Istituto superiore di sanità in data 16 marzo 2010, costituiscono una riserva idonea almeno fino alla prossima stagione influenzale, la citata ordinanza n. 3798 del 2009 è stata parzialmente modificata dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3860 del 2010, recante «ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile finalizzate a fronteggiare il rischio della diffusione del virus influenzale A (H1N1)».
Inoltre, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della menzionata ordinanza 3860, tenendo conto l'articolo 21-
quinquies della legge n. 241 del 1990 e con limitato riguardo alle esigenze relative alla stagione influenzale in corso, l'autorizzazione di acquisto è stata rideterminata quantitativamente nella misura massima indicata dall'Istituto superiore di sanità con nota dell'11 marzo 2010.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

DI STANISLAO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha adottato una serie di orientamenti sull'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato previste dal trattato CE al finanziamento pubblico delle reti a banda larga. Il documento, che delinea per tutte le parti interessate un quadro chiaro e prevedibile, aiuterà gli Stati membri ad accelerare e potenziare lo sviluppo della banda larga. Gli orientamenti contengono inoltre disposizioni specifiche relative allo sviluppo di reti d'accesso di nuova generazione, che consentono l'erogazione di aiuti pubblici al fine di incentivare gli investimenti in questo settore strategico senza creare indebite distorsioni della concorrenza;
in particolare, il documento illustra in che modo è possibile stanziare finanziamenti pubblici per lo sviluppo di reti a banda larga di base e di reti d'accesso di nuova generazione («reti NGA») in aree in cui sono assenti investimenti di operatori privati. Gli orientamenti distinguono tra aree competitive («aree nere»), dove l'intervento statale non è necessario, e aree non redditizie o scarsamente servite («aree bianche» e «aree grigie»), in cui tale intervento, a determinate condizioni, può essere giustificato. Gli Stati membri richiedenti adattano poi tale distinzione alla situazione reale delle reti NGA (il cui sviluppo è ancora nella fase iniziale), tenendo conto non soltanto delle infrastrutture NGA già esistenti ma anche di progetti concreti di operatori del settore delle telecomunicazioni di investire nell'installazione di reti di questo tipo in un prossimo futuro. Gli orientamenti prevedono una serie di garanzie essenziali (ad esempio: mappatura dettagliata, gare d'appalto a procedura aperta, obbligo di libero accesso, o ancora neutralità tecnologica e meccanismi di recupero), dal fine di promuovere la concorrenza ed evitare l'esclusione dal mercato degli investimenti privati;
la Commissione europea sostiene che gli investimenti nelle reti a banda larga sono una componente essenziale del piano europeo di ripresa economica nel cui ambito la Commissione ha stanziato 1,02 miliardi di euro tramite il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) a sostegno del potenziamento delle infrastrutture internet a banda larga nelle aree rurali. Gli orientamenti saranno utili alle autorità pubbliche per investire questi ed altri fondi in modo equo ed efficace, e offriranno quindi un contributo alla ripresa economica a breve termine e alla competitività a lungo termine dell'Europa;
l'Italia è in fondo a tutte le classifiche europee come diffusione della banda larga e come frequentazione del web, è il solo paese occidentale a non avere un piano sistematico per quelle autostrade digitali che portano al tempo stesso pluralismo televisivo, ripresa economica e meno inquinamento grazie a comunicazioni veloci a distanza;
i ritardi di cui soffriamo sono di due tipi: il primo è il cosiddetto analfabetismo informatico: il 50 per cento degli italiani non ha mai messo le mani su un computer, l'80 per cento è senza banda larga (lo dicono tra gli altri i dati Ocse 2009 e di Between 2009); il secondo ritardo è nelle infrastrutture: la rete italiana perde colpi e avrebbe bisogno di ammodernamenti, a partire dalla fibra ottica;
la rete italiana di rame non ce la fa più a reggere il crescente carico di dati che bisognerebbe far passare e non solo, invecchiando diventa sempre meno affidabile. Otto italiani su dieci sono senza banda larga, mentre nelle ore di picco gli utenti navigano lenti, anche se pagano Adsl che promettono velocità elevate. Tutto questo in un contesto in cui comunicazioni importanti, scambi economici, rapporti con ospedali, pubblica amministrazione sono destinati ad andare sempre di più su internet. Non si possono incentivare e spesso rendere obbligatorie comunicazioni telematiche se poi non si è in grado di offrire una struttura tale da poterle sostenere;

l'ultimo rapporto delle università Oxford-Oviedo (basato su 24 milioni di test), rivela che la velocità reale della nostra banda larga è paragonabile a quella dell'Ucraina ed è nella fascia più bassa della classifica europea;
nei principali Paesi stranieri, inoltre, i Governi hanno già da anni piani nazionali per estendere la banda larghissima: al 75 per cento delle case entro il 2014 in Germania; a 4 milioni di case nel 2012 in Francia (che investirà 10 miliardi di euro); in Italia non c'è un piano statale;
banda larga significa benefici per il sistema Paese. Lo hanno capito anche i Paesi in via di sviluppo: il Brasile a novembre presenterà un progetto di 5,74 miliardi di dollari per estendere la banda larga. L'Unione europea ha stimato nel 2009 che la banda larga porterà un milione di posti di lavoro fino al 2015 e una crescita dell'economia europea di 850 miliardi di euro. Le aziende diventano più competitive perché riescono a lavorare più rapidamente. I costi di viaggi e trasporti si riducono. Scendono le spese della pubblica amministrazione e aumenta il risparmio energetico. Lo squilibrio, al confronto con Paesi più giovani, rischia di aumentare. La Nuova Zelanda investirà in nuove reti, in proporzione al prodotto interno lordo, circa 14 volte quanto deciso dagli ultimi governi italiani -:
se il Governo intenda considerare il problema dello scarso sviluppo di internet in Italia e del ritardo nelle infrastrutture e quali iniziative intenda intraprendere;
se il Governo intenda incentivare l'uso della rete ed accrescere innovazione e sviluppo online, elementi considerati in tutto l'Occidente fondamentali sia per la crescita civile sia per l'uscita della recessione.
(4-04977)

Risposta. - La disponibilità di un collegamento a banda larga sta diventando sempre più un elemento determinante per la qualità della vita dei cittadini e per la competitività delle imprese, che attraverso tale collegamento possono usufruire di servizi qualificati ed innovativi.
L'accesso alle infrastrutture di telecomunicazione a larga banda e alle tecnologie informatiche evolute è riconosciuto, ormai, come uno dei bisogni primari per lo sviluppo sostenibile di un territorio.
Per superare il
digital divide, presente nel nostro Paese, è stato definito un piano di intervento per la costruzione di una nuova rete a banda larga che non solo abbatta completamente il divario tecnologico ma che sia anche in grado di supportare i nuovi servizi della società dell'informazione.
La copertura sarà realizzata, prevalentemente, in fibra ottica, offrendo così una connettività sino a 20 Mb/s al 95,6 per cento della popolazione mentre nelle aree scarsamente abitate, laddove non risultasse strategicamente conveniente intervenire con investimenti in infrastrutture fisse, tale copertura sarà realizzata attraverso l'accesso a tecnologie radio.
A questo proposito, si evidenzia, inoltre, che un'ulteriore impulso allo sviluppo e alla diffusione della larga banda è pervenuto anche dalla diffusione dei servizi
wi-fi e dall'adozione di una nuova tecnologia «Wimax» (Worldwide interoperability for microwave access), destinata a soppiantare tecnologie ormai in parte superate.
Tale tecnologia di trasmissione senza fili è in grado di diffondere connessioni Internet ad alta velocità verso gli utenti per un raggio di 50 chilometri, a costi molto bassi in quanto non avendo bisogno di cavi (e, quindi, di appoggiarsi al cosiddetto ultimo miglio, il doppino di rame che collega la centrale telefonica alle case o alle imprese) arriva nelle abitazioni, o direttamente sul computer via onde radio, attraverso una rete di antenne.
La tecnologia Wimax consentirà, quindi, la copertura anche delle aree più sperdute, dove è difficile e poco economico arrivare con le tecnologie tradizionali via cavo come l'Adsl.
Il bando di gara per l'assegnazione delle licenze per il Wimax, indetto nell'ottobre 2007 si è concluso nel febbraio 2008 con l'assegnazione di 35 licenze agli operatori

che, entro 30 mesi, dovranno realizzare una «significativa» copertura territoriale garantendo un «particolare impegno» nelle aree soggette a digital divide.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009 - Supplemento ordinario n. 136 - viene pubblicata la legge 23 luglio 2009 n. 99 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»;
nei giorni scorsi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel corso del Consiglio informale dei ministri dell'ambiente Unione europea a Siviglia, afferma che il nucleare è una energia pulita, sicura ed è «assurdo che l'Italia ne sia rimasta fuori» e che ora «l'Italia ha fatto una scelta molto chiara», ha deciso «di investire anche sul nucleare»;
la riunione di Siviglia dei ministri, sotto presidenza spagnola, è dedicata principalmente alla strategia europea nel dopo vertice di Copenaghen sul clima;
in una riunione degli assessori regionali all'ambiente, tenutasi la scorsa settimana a Roma viene stipulato un documento comune in cui undici regioni italiane lamentano, rispetto alla delega del Governo per la localizzazione dei siti «l'ennesimo vulnus al principio di leale collaborazione» e chiedono «intese più forti»;
la legge sul ritorno al nucleare è stata impugnata da 11 regioni per «incostituzionalità»;
il documento anti-centrale è stato formulato dalle stesse 11 Regioni (Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Mouse e Toscana) che hanno impugnato la legge sul ritorno al nucleare e che delega al governo la localizzazione dei siti. Successivamente il documento ha ricevuto il sostegno anche da parte del Veneto, della Campania, della Sardegna e della Sicilia, arrivando così a un totale 15 regioni;
nello specifico, tra i temi più importanti affrontanti dal documento si rileva che «il decreto non è assolutamente coordinato con la normativa vigente», manca un Piano energetico nazionale, un deposito di scorie e non risultano elementi sulla procedura Vas (Valutazione ambientale strategica), sul ruolo dell'agenzia per la sicurezza nucleare e sulle misure compensative per le regioni;
per l'autorizzazione, la localizzazione e la realizzazione degli impianti nucleari si ricorre a una mera intesa di Conferenza unificata invece di intese più forti con le regioni interessate territorialmente. Vi è «un eccesso di delega» relativamente alle procedure autorizzative oltre che al quadro pianificatorio strategico nazionale che esclude le regioni e i loro piani energetici. Un «eccesso» di delega viene ravvisato anche dalla previsione di attività per il riprocessamento del combustibile irraggiato e anche sul versante autorizzativo c'è un'altra forzatura con l'autorizzazione unica. Inoltre, il Consiglio dei ministri potrebbe superare «il diniego regionale all'intesa mediante una deliberazione motivata». E, poi, in un articolo si stabilisce che «sono abrogate le disposizioni vigenti in materia incompatibili con il presente decreto»;
si parla delle scorie che ci saranno senza pensare a quelle pregresse presenti sul territorio dall'86, che avrebbero bisogno dell'individuazione di un deposito nazionale;
in quanto alle procedure di impatto ambientale e strategico, si nota che la procedura Vas prevista dal decreto, non tiene conto della localizzazione degli impianti, limitandosi a essere una procedura autorizzativa solo su parametri;

lo schema non individua le regioni tra i destinatari delle misure compensative né prevede che le regioni abbiano la competenza a effettuare l'attività programmatoria, di indirizzo e di verifica;
il ruolo dell'Agenzia risulta «ambiguo», essendo di fatto l'unico ente cui tutti i diversi enti competenti rilasciano le singole autorizzazioni e non c'è un piano energetico necessario per procedere -:
se e come il Governo intenda recepire il documento condiviso da 15 regioni italiane che hanno impugnato la legge «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» per incostituzionalità;
se il Governo non ritenga necessario aprire un confronto diretto con le Regioni in materia di ritorno al nucleare e promuovere le giuste modifiche alla legge n. 99 del 2009 affinché venga preso in considerazione anche il parere degli enti locali e instaurare, quindi, un dibattito costruttivo e concreto con tutte le parti in causa.
(4-05782)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La legge 23 luglio 2009, n. 99, recante, fra l'altro, la delega per il riassetto di alcune parti della disciplina sull'uso pacifico dell'energia nucleare ai fini del rilancio della produzione nucleare in Italia, ha inteso recepire la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 2005 in merito alla necessità di una intesa, in senso forte, fra lo Stato e le regioni nelle materie oggetto di legislazione concorrente, previste dall'articolo 117 della Costituzione, quale è la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale di energia.
In tal senso, è stata individuata nella conferenza unificata l'organo adeguatamente rappresentativo delle amministrazioni titolari delle molteplici competenze connesse alle politiche energetiche, quali le regioni e gli enti locali, prevedendo, pertanto, fra i passaggi istituzionali per l'esercizio della delega in materia nucleare, l'acquisizione del parere di detta conferenza unificata.
Il coinvolgimento «forte» auspicato dalla Corte costituzionale, per tutte quelle disposizioni legislative ed atti amministrativi che incidano in modo significativo sull'ambito delle materie affidate alla legislazione concorrente regionale, è stato recepito nel decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31. Tale decreto reca il citato riassetto normativo delegato al Governo, il cui testo finale, accogliendo, peraltro, alcune osservazioni e richieste pervenute dalle regioni ed enti locali, conferma la volontà generale di esercitare un metodo improntato sul confronto e sulla reciproca collaborazione istituzionale.
La disciplina introdotta con il predetto provvedimento prevede, infatti, la ricerca di un'intesa «forte» con la regione interessata dalla richiesta di insediamento di una centrale nucleare, fin dalla fase di certificazione del sito, secondo il modulo degli atti «a struttura bilaterale» richiamato dalla giurisprudenza costituzionale. Per la ricerca dell'intesa sono stati previsti tutti i possibili strumenti di stimolo alla leale collaborazione tra Stato e regione e le forme di coinvolgimento del territorio; analoghe garanzie sono state messe in campo nell'ambito delle procedure per la localizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
Circa la asserita mancanza di elementi riguardanti la procedura di valutazione ambientale strategica ed il ruolo dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, si precisa che il decreto legislativo n. 31 del 2010, definisce all'articolo 9 la procedura di valutazione ambientale strategica alla quale saranno soggetti sia il documento programmatico sugli obiettivi strategici in materia nucleare che i parametri sulle caratteristiche ambientali e tecniche delle aree idonee alla localizzazione degli impianti nucleari. Inoltre, il ruolo dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, oltre ad essere ben individuato dall'articolo 29 della legge n. 99 del 2009, è ulteriormente esplicitato in vari articoli del predetto decreto.


Riguardo ai destinatari delle misure compensative, si precisa che il decreto legislativo di che trattasi prevede compensazioni territoriali a favore, oltre che delle imprese operanti nel territorio, anche delle persone residenti e degli enti locali quali comuni e province. Sono, infatti, questi i soggetti che beneficeranno di misure compensative per la servitù a cui sarà assoggettata una parte del loro territorio e per l'onere derivante dal farsi carico della soluzione di un problema di interesse nazionale.
In merito, infine, all'affermazione contenuta nell'atto in argomento secondo la quale «si parla delle scorie che ci saranno senza pensare a quelle pregresse presenti sul territorio dall'86», si precisa che il decreto legislativo n. 31 del 2010, all'articolo 2 al punto
i), nell'enunciare la definizione di deposito nazionale, dispone che lo stesso sarà destinato allo smaltimento a titolo definitivo anche dei rifiuti derivanti dalla pregressa gestione degli impianti nucleari.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende di quello che viene descritto come un vero e proprio scempio realizzato in località Cala Luna in Sardegna;
che in particolare, come riferisce la scrittrice Michela Murgia, nel suo blog (www.michelamurgia.com) è stato distrutto lo scoglio fungo al fine di inserire una bitta d'acciaio;
«In un modo o nell'altro, noi a Cala Luna ci dobbiamo far arrivare la gente, perché non è possibile avere una spiaggia così e non usarla al massimo della capienza stipabile. Questo devono aver pensato i vandali che due settimane fa hanno martellato il caratteristico scoglio a fungo della famosa spiaggia sarda per impiantarci una bitta d'acciaio per l'attracco di natanti»; si legge, tra l'altro, nel blog di Michela Murgia, che con amara ironia aggiunge: «Del resto, "occuparsi di ambiente significa impegnarsi per far nascere un modello di coesistenza creativa tra gli esseri umani e la natura". Sono parole di Ugo Cappellacci nel programma con cui è stato eletto alle scorse Regionali sarde, e in quell'ammiccante accenno alla creatività era difficile non vedere legittimata la rabbia di quanti soffrivano le leggi forti che fino a quel momento avevano risparmiato le coste dell'isola dalla speculazione edilizia. La creatività, si sa, risponde solo alle regole che si dà l'artista stesso, e da questo punto di vista i creativi disposti a trovare ispirazione cementizia in Sardegna davvero non si contano. Quasi tutti adesso aspettano fiduciosi le decisioni della Regione in merito per poter tornare a fare affari creativi direttamente sull'orlo di smeraldo del mare sardo, ma tra di loro "l'artista" di Cala Luna doveva essere il più impaziente, se ha deciso di aggirare i tempi tecnici della burocrazia per creare opere estemporanee. Ha scelto bene la tavolozza: l'orientale Cala Luna è una delle spiagge più famose e ambite di tutto il Mediterraneo, talmente bella da essere voluta dalla Wertmuller per rappresentare l'isola caraibica del set di "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto". I sardi certo la frequentavano già, ma grazie a quella e altre vetrine il numero degli appassionati di Cala Luna nel tempo è sempre cresciuto, non solo grazie alla caratteristica acqua trasparente, ma anche al contorno di veri gioielli rupestri come le molte grotte della costa centro-orientale e le rocce cesellate dal vento in forme affascinanti. Tra queste ultime la più nota è proprio lo scoglio deturpato dal martello pneumatico, famoso come "fungo di Cala Luna" per il tronco sottile e la sommità ad ombrello che sembra galleggiare sull'acqua trasparente. Gli ignoti vandali notturni hanno ritenuto di declassarlo da monumento geologico ad aggancio di supporto

per il ponte attiguo, probabilmente bisognoso di un rinforzo a causa del continuo flusso di turisti che con frequenza impressionante ci arriva sopra tutti i giorni provenendo dalle vicine Arbatax, Santa Maria Navarrese, Cala Gonone, Orosei e La Caletta. Certo è difficile credere che un vandalo possa fare una operazione così funzionale per pura ispirazione creativa; è più credibile pensare che l'ignoto martellatore si nasconda tra i diversi soggetti interessati turisticamente alla spiaggia, che purtroppo - avendo la sventura di essere contesa da molti anni tra il comune di Baunei e quello di Dorgali - sconta anche così la debolezza permanente propria delle terre di nessuno»;
all'interrogante risulta che il comune di Baunei sia stato l'unico a denunciare alle autorità l'atto vandalico, segnalando l'irrimediabile scempio -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale episodio di vandalismo;
quali iniziative intendano promuovere e sollecitare per verificare quanto avvenuto in località Cala Luna, anche mediante il Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per accertare eventuali omissioni delle autorità preposte e per evitare che episodi analoghi possano ripetersi in futuro.
(4-03911)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, concernente lo scempio realizzato in località Cala Luna, in Sardegna, a seguito del posizionamento di una bitta in acciaio sullo scoglio denominato «Fungo», si comunica quanto segue.
Cala Luna è una località rinomata e particolarmente bella dal punto di vista paesaggistico ambientale ed è raggiungibile via mare o attraverso un sentiero impervio dopo circa due ore di cammino. Detta località è oggetto da diversi anni di una battaglia legale tra i Comuni di Dorgali (Nu) e Baunei (Og), che ne rivendicano dei diritti territoriali.
Il punto di approdo via mare alla spiaggia di Cala Luna è costituito da un pontile rudimentale con telaio in ferro con camminamento in tavolacci, ancorato a mare con corpi morti e sorretto da tiranti posizionati sul laterale scoglio denominato «a Fungo» per via della sua particolare forma. Il pontile viene utilizzato durante il periodo estivo come punto d'approdo da varie compagnie di navigazione locali (Arbatax, Dorgali, Baunei, Siniscola, Orosei) per condurvi numerosi turisti.
All'inizio dell'estate 2009, a seguito di un'ordinanza della Capitaneria di porto di Olbia, fu interdetto l'utilizzo del predetto pontile in quanto giudicato pericoloso. In tale contesto, si è reso necessario predisporre dei lavori di manutenzione straordinaria.
A seguito di numerose riunioni dei vari enti interessati (prefettura, provincia e comune), al fine di evitare ulteriori contrasti legali fra i comuni di Baunei (Og) e Dorgali (Nu), venne deciso che l'esecuzione e la gestione degli stessi, con le relative spese, dovesse essere condivisa fra i due comuni.
In data 30 giugno 2009 la polizia municipale del comune di Dorgali (Nu), effettuò il sequestro del pontile di Cala Luna, ove erano in corso i lavori di ripristino, ed inviava un'informativa di reato all'autorità giudiziaria di Lanusei per reati di natura edilizia. Successivamente, l'autorità giudiziaria dispose il dissequestro del pontile, per cui i lavori di manutenzione straordinaria vennero completati.
Il posizionamento della bitta di metallo sullo scoglio denominato «Fungo», non facente parte dei lavori di manutenzione straordinaria del pontile, fu constatata dalla polizia municipale di Baunei (Og), nel corso di sopralluoghi effettuati nel periodo compreso tra il 16 e il 21 luglio 2009. Tale bitta, dalle dimensione di 20 x 10 centimetri circa, venne fissata allo scoglio previa perforazione della roccia ed ancorata allo stesso tramite l'applicazione di viti filettate su una base, che sembrerebbe essere preesistente e non cementizia.
Gli esiti degli accertamenti svolti dalla polizia municipale di Baunei (Og), vennero comunicati alla procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei (Og), con informativa di reato contro ignoti.


A seguito della pubblicazione della notizia da parte dei quotidiani locali e di alcuni portali
internet, la capitaneria di porto di Olbia ha attivato il dipendente ufficio locale marittimo di Cala Gonone al fine di effettuare, in sinergia con le altre autorità competenti presenti in loco, gli opportuni accertamenti finalizzati alla verifica del danneggiamento e deturpamento di bellezze naturali, nonché all'individuazione degli autori del fatto.
Sulla base delle prime attività investigative effettuate, il 12 settembre 2009, il comandante dell'ufficio locale marittimo di Cala Gonone, in collaborazione con il titolare della stazione forestale e di vigilanza ambientale di Dorgali, hanno provveduto ad effettuare un sopralluogo nella località in argomento, funzionale all'adozione dei successivi atti di polizia giudiziaria, accertando l'avvenuta realizzazione ed ultimazione da parte di ignoti di lavori di livellamento della sommità dello scoglio denominato «il fungo di Cala Luna», con la posa in opera sulla sommità dello stesso di una bitta di ormeggio in acciaio, fissata mediante bullonatura.
Gli interventi predetti, eseguiti in area demaniale marittima sottoposta a vincolo paesaggistico, qualificate area naturale e sub-naturale dal Piano paesaggistico regionale e ricadente nell'ambito spaziale del sito di importanza comunitaria denominato Golfo di Orosei, sono risultati sprovvisti di qualsivoglia autorizzazione e o concessione e sono tali da aver prodotto un'alterazione sostanziale e pressoché definitiva dell'ambito tutelato.
Pertanto, con nota del 21 ottobre 2009, il Corpo forestale dello Stato di Dorgali e l'ufficio locale marittimo di Cala Gonone hanno provveduto a redigere e trasmettere una comunicazione di reato a carico di ignoti alla competente procura della Repubblica di Nuoro, segnalando, anche, che per il medesimo fatto, costituente ipotesi di reato, il comune di Baunei aveva originato apposita informativa alla procura della Repubblica di Lanusei. La differente individuazione dell'autorità giudiziaria competente è da ricollegarsi al permanere di uno stato d'incertezza circa l'appartenenza del territorio oggetto del fatto in parola al comune di Dorgali (Nuoro), ovvero di Baunei (Lanusei), il cui confine sarebbe proprio individuato dalla roccia in questione.
Sulla base degli accertamenti esperiti dal personale dell'ufficio locale marittimo di Cala Gonone è emerso che antecedentemente al posizionamento della bitta in parola,
in loco fosse già da diversi anni esistente un anello in ferro utilizzato per l'ormeggio delle unità di traffico che da anni, storicamente, effettuano verso tale località turistica il servizio di trasporto passeggeri con partenza da vari porti limitrofi (Arbatax, Cala Gonone e La Caletta).
Al tempo stesso, si rappresenta che le presenze nell'intera aerea di analoghi anelli in passato utilizzati (presumibilmente dai pescatori ponzesi) per i medesimi scopi di ormeggio risulta un fatto storicamente notorio.
Nelle more della definizione dei profili di tutela amministrativa con i diversi enti interessati, conseguenti all'abusiva realizzazione dell'intervento in parola, si ritiene di dover altresì segnalare come la bitta di che trattasi costituisca, di fatto, un supporto «integrativo» per l'ormeggio delle predette unità presso il limitrofo pontile, struttura precaria che, di per sé, non risulta in grado di resistere alle sollecitazioni prodotte dalle medesime (con pregiudizio per la sicurezza dell'ormeggio) in presenza di minime condizioni meteo marine non favorevoli.
Conseguentemente, se da un lato risulta facilmente individuabile l'ampia area dei soggetti potenzialmente portatori d'interesse dall'avvenuta realizzazione dell'abuso, per converso, attesa la pluralità di soggetti e relative unità che effettuano tale tipologia di trasporto passeggeri, risulta particolarmente difficoltoso per le indagini poter risalire all'autore/i materiale/i dello stesso abuso.
Il 21 novembre 2009 anche il NOE di Sassari, a mezzo della motovedetta dei carabinieri di Arbatax, effettuava un sopralluogo a Cala Luna constatando e confermando quanto già in precedenza riferito.


Da quanto detto, appare evidente come la vicenda sia all'attenzione di tutte le amministrazioni istituzionalmente coinvolte.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Stampa del 12 gennaio 2010, nella sezione cronaca di Torino, è riportato un articolo di Massimo Numa: «Una molecola killer ha ucciso 27 eroinomani - La scoperta dopo gli esami della Scientifica»;
l'articolo riporta la notizia che i laboratori della polizia scientifica hanno individuato uno stupefacente oppioide particolare, denominato «6-Mam», di provenienza afgana, che avrebbe provocato la morte di 27 cittadini tossicodipendenti, in provincia di Torino, nell'estate del 2009;
l'articolo riporta anche le dichiarazioni del professor Giovanni Serpelloni, direttore del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri: «Alcuni cadaveri sono stati trovati con ancora le siringhe conficcate nelle braccia. Una morte fulminea. Il tempo di assimilazione della molecola è di pochi secondi, molto più veloce dell'eroina (...) Allora, non fu perso un solo istante. Decidemmo di istituire il livello di massima allerta 24 ore dopo avere ricevuto, dagli organismi locali, i dati sul numero e sulle circostanze dei decessi. Ma il caso Torino è stato unico in Italia, in quel periodo, e ci ha consentito di studiare a fondo ogni dettaglio di questa vera e propria strage». Rispetto al perché è stato immessa sul mercato criminale uno stupefacente così letale, Serpelloni dichiara: «Impossibile ricostruire questo tipo di scenari, noi possiamo solo accertare il tipo di sostanza utilizzata, le caratteristiche chimiche, le aree di provenienza. E cercare di evitare, in futuro, con la prevenzione, una catena di morti di queste dimensioni spaventose»;
il decreto 23 gennaio 2009 del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, per il contrasto alle tossicodipendenze e servizio civile (decreto sull'organizzazione interna della struttura di missione «Dipartimento per le politiche antidroga»), e in particolare, l'articolo 2, comma 6 (funzioni del Dipartimento per le politiche antidroga), così recita: «Il Dipartimento, mediante sistemi di allerta precoce e il coordinamento delle altre amministrazioni centrali coinvolte, provvede alla sorveglianza epidemiologica, delle caratteristiche delle sostanze stupefacenti circolanti, dei comportamenti di abuso e dei fenomeni droga correlati, per l'evidenziazione precoce dei rischi e delle possibili conseguenze rilevanti per la salute della popolazione»;
solamente una piccola parte dell'opinione pubblica (i lettori dell'articolo de La Stampa citato in premessa) è venuta a conoscenza dei risultati dei laboratori della polizia scientifica non durante l'escalation delle morti, bensì alcuni mesi dopo le overdose mortali;
ad avviso degli interroganti un sistema di somministrazione controllata di eroina - sull'esempio di quello esistente in Svizzera, a cento chilometri da Torino - avrebbe evitato alcune di quelle overdose mortali, se non tutte;
analogamente la presenza di una o più narcosale nella città di Torino - sull'esempio di quelle operanti da un ventennio in varie città europee - avrebbe evitato alcune di quelle overdose;
l'utilizzo dell'oppio afgano per produrre morfina come proposto prima dai radicali e poi dal Parlamento europeo avrebbe impedito la trasformazione di quell'oppio in eroina e, nel caso specifico, in «6-Mam», il conseguente smercio sulla

piazza criminale torinese e la conseguente morte di 27 persone -:
quale sia la finalità del «sistema di allerta precoce», la cui istituzione e gestione rientra fra i compiti del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, tenendo conto che tale istituto non è riuscito ad evitare nemmeno una delle 27 morti per overdose citate in premessa;
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza, al fine di definire una nuova strategia in materia volta a superare quello che, ad avviso degli interroganti, è un vero e proprio regime proibizionista esistente su alcune droghe che appare il vero responsabile dei 27 decessi per overdose a Torino dell'estate del 2009.
(4-06554)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, gli interroganti chiedono di conoscere quali siano le finalità del sistema di allerta precoce istituito presso il dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio e se, alla luce della serie di decessi di cittadini tossicodipendenti che ha interessato la città di Torino, il Governo non intenda modificare la propria strategia di contrasto al fenomeno della tossicodipendenza, superando l'attuale regime proibizionista ritenuto il vero responsabile delle citate overdose letali.
Al riguardo si rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne le «finalità del sistema di allerta», istituito presso il dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, soprattutto alla luce dell'impressionante sequenza di decessi per
overdose di cittadini tossicodipendenti avvenuti nella città di Torino, osservo che il «sistema allerta precoce e risposta rapida per le droghe (national early warning system), già attivo nel nostro Paese dal 2009, è in grado di rilevare precocemente la comparsa sul mercato clandestino di sostanze atipiche, di raccogliere informazioni su anomali sintomi di intossicazione e sulla comparsa di nuove modalità di consumo di sostanze stupefacenti già note. Il sistema consente di attivare selettivamente la rete dei servizi per garantire una risposta rapida sul territorio e di segnalare al punto focale nazionale Reitox dell'Osservatorio europeo sulle droghe e sulle tossicodipendenze il fenomeno rilevato al fine di diffondere le informazioni acquisite anche all'interno del network europeo. Con tale strumento si procede al rilevamento di situazioni critiche che possono determinare, qualora necessario, l'attivazione di risposte rapide e concrete da parte delle unità operative territoriali e regionali preposte alla tutela della salute pubblica. Al pari di tutti gli altri sistemi di allerta, il Sistema deve essere attivato da segnalazioni provenienti sia dal privato sociale che dalle strutture pubbliche territorialmente competenti. Tali informazioni, una volta processate, si trasformano in tempestive comunicazioni di rischio imminente per i consumatori e la popolazione tossicodipendente. Si avvale, inoltre, della collaborazione delle forze di polizia con specifiche competenze nel settore del contrasto degli stupefacenti e di una serie di consulenze tecnico-scientifiche che coinvolgono le seguenti strutture scientifiche e laboratoristiche operative sul territorio nazionale: centri antiveleno, tossicologie forensi, istituti di medicina legale, laboratori universitari, laboratori forze di polizia e dipartimenti delle dipendenze.
Per quanto concerne l'impressionante catena di decessi avvenuta a Torino, tra l'8 maggio e il 15 settembre 2009, il quadro, ricostruito sulla base dei dati forniti dal citato Dipartimento antidroga, appare chiaro tanto nei numeri che nella sua evoluzione.
In particolare, il 13 luglio 2009, alle ore 15,02, il summenzionato sistema di allerta precoce riceveva la prima e unica, informale segnalazione - via
e-mail - da parte di un'associazione di volontariato piemontese circa l'osservazione di un raddoppio dei casi di morte per droga, correlata all'anno precedente, avvenuta nell'arco di circa 70 giorni nell'area di Torino. La segnalazione, confermata dall'Osservatorio epidemiologico dipendenze della regione Piemonte che, pur essendone al corrente, non aveva segnalato alcuna informazione al sistema nazionale, riferiva, da un lato, di 15-17 casi

di overdose infausta nell'area di Torino nei due mesi precedenti, con un ulteriore incremento dei casi nell'ultimo mese, e, dall'altro, della mancata attivazione, a livello locale, di azioni specifiche di contrasto. In base alla segnalazione ricevuta scattava immediatamente la procedura per l'indagine di campo al fine di identificare eventuali cause e fattori di rischio per la popolazione tossicodipendente. Tale indagine, svolta nel volgere di ventiquattr'ore, consentiva di ricondurre le overdose all'assunzione di un particolare tipo di eroina (denominata «Black Tar» a causa del suo particolare colore), largamente disponibile sulle piazze clandestine di spaccio dell'area piemontese, nella quale, come dimostreranno le successive indagini analitiche, era presente un'elevata percentuale di 6-monoacetilmorfina (6-MAM). Nelle ulteriori ventiquattr'ore dalla segnalazione, il sistema nazionale di allerta attivava anche un'«attenzione» all'interno della sua rete di esperti e di laboratori per rilevare un'eventuale presenza di casi analoghi in altre zone dell'Italia e, in particolare, nelle regioni limitrofe al Piemonte.
Il 14 luglio 2009, alle ore 12,36, dopo una prima verifica dei fatti ed alla luce di un concreto rischio di reiterazione di nuovi casi, il sistema attivava un'allerta di grado 3 (massimo grado) tra le strutture regionali competenti in materia di promozione e protezione della salute pubblica, tra i laboratori e i comandi delle forze dell'ordine partecipanti al
network nazionale del sistema.
La successiva evoluzione degli eventi è stata costantemente monitorata e riportata in appositi
report, due intermedi ed uno conclusivo, predisposti alla chiusura del periodo di osservazione.
Il 15 settembre 2009, dopo 40 giorni dalla registrazione dell'ultimo caso, come da protocollo
standard e, soprattutto, in considerazione del fatto che non veniva riscontrata un'ulteriore presenza, sul mercato clandestino di 6-MAM, il dipartimento antidroga, sempre attraverso il sistema nazionale di allerta precoce, inviava una nuova comunicazione con cui si comunicava la chiusura dell'allerta «Black Tar».
A conclusione delle procedure di analisi della dinamica dei decessi, i tecnici del Dipartimento antidroga, in sede di consuntivo delle operazioni, hanno potuto rilevare non solo carenze nelle attività di segnalazione dei decessi da parte delle unità operative locali (che, nel caso dell'Osservatorio regionale, erano peraltro a conoscenza del fenomeno), ma anche una certa difficoltà nell'attivare tempestivamente i sistemi territoriali di risposta in relazione all'inizio delle
overdose con esito letale. Tale difficoltà è verosimilmente riconducibile ad una bassa percezione dello sviluppo del fenomeno nelle sue fasi iniziali. Non a caso, la segnalazione pervenuta al citato dipartimento, che ha dato origine all'allerta, è avvenuta a distanza di circa 2 mesi dal primo decesso e solo dopo che, in tale arco temporale, si erano verificati ben 15 decessi per overdose.
Per il futuro, sarà probabilmente necessario un maggior coordinamento territoriale organizzativo ed operativo, soprattutto incentivando forme di collaborazione che permettano un più tempestivo passaggio di informazioni tra le unità di primo rilevamento dei fenomeni oggetto di allerta, gli enti e le organizzazioni regionali e locali deputati all'analisi ponderata e scientifica di tali eventi e le amministrazioni successivamente chiamate all'attivazione della risposta.
Quanto, infine, alle considerazioni circa il «regime proibizionista», rispondo conclusivamente che il Governo italiano, in coerenza con gli impegni programmatici assunti nei confronti dell'elettorato, ha preso una posizione estremamente ferma contro l'uso di tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope. Tale posizione può essere riassunta in due punti fondamentali che considero intangibili e non negoziabili. Il primo recita: non è lecito drogarsi; non esiste cioè un diritto a consumare droga, neppure occasionalmente. Il giudizio di netto disvalore espresso dall'ordinamento nei riguardi di tale condotta circoscrive oggi il fenomeno del consumo cronico in percentuali di popolazioni significative (complessivamente 1,5 per cento) ma non numericamente drammatiche come si sente

ripetere ogni giorno e, soprattutto, in alcun modo paragonabili con quelle delle persone dedite all'uso di altre sostanze psicoattive non sottoposte a particolari vincoli o controlli.
Il secondo riguarda le persone tossicodipendenti che, per quanto cronicizzate, non possono essere abbandonate alla loro condizione di disagio o di malattia e devono essere sempre considerate recuperabili alla vita, ai loro affetti e alla società senza cedere alla tentazione di affidare ad insostenibili interventi di riduzione del danno, come la «somministrazione controllata di eroina» o le «narcosale», il loro mero contenimento e il compito di evitare le
overdose mortali come quelle che hanno riguardato gli eroinomani, peraltro non in trattamento, nella città di Torino.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

ANTONINO FOTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane ha in progetto la soppressione dei 53 centri contabili sorti in Italia nel 2005;
in Calabria finora funzionavano tre centri distribuiti a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria;
con il progetto che Poste Italiane intenderebbe attuare, cioè la nascita dei competence center, si realizzerebbero 21 centri, uno per ogni regione;
Poste Italiane, a tal proposito, a partire dal mese di marzo 2009 ha già impiegato notevoli risorse economiche per la realizzazione della predetta nuova struttura a Reggio Calabria;
in perfetta contraddizione con quanto finora premesso Poste Italiane ha solo di recente reso nota la decisione di trasferire il settore competence center, amministrativo da Reggio Calabria a Catanzaro;
il ministero dello sviluppo economico si è già espresso in merito alla questione in oggetto invitando l'azienda a fornire spiegazioni in ordine «ad una determinazione che risulta in pieno contrasto con atti amministrativi ed economici già emanati, che disponevano l'impiego di ingenti risorse finanziarie per l'allestimento dei locali, l'impiantistica e gli arredi in favore della sede di Reggio Calabria»;
è ritenuta indispensabile in ogni caso una rimodulazione delle scelte strategiche aziendali, che tuteli i livelli occupazionali e garantisca l'efficienza dei servizi;
non appaiono evidenti ed effettive motivazioni tali da giustificare un eventuale trasferimento della struttura amministrativa da Reggio Calabria a Catanzaro in ragione di eventuali esigenze di interesse pubblico o scelte di razionalizzazione e sviluppo legate a reali programmi di ammodernamento ed efficienza aziendale -:
quali iniziative il Governo ritenga di assumere al fine di garantire che l'operato del management di Poste Italiane in Calabria sia improntato a principi di efficienza ed economicità.
(4-04283)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti, si comunica quanto segue.
Il progetto di riorganizzazione, avviato da Poste italiane, per ottimizzare molte attività della funzione aziendale mercato privati, è stato oggetto dell'accordo nazionale sottoscritto il 16 luglio 2009 da tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Il progetto prevede tra l'altro, che le attività svolte presso i 53 centri contabili amministrativi siano accentrate presso 27
competence center amministrativi, individuati secondo il criterio della rappresentanza regionale (almeno un centro in ogni capoluogo di regione).
Per la regione Calabria, in particolare, il nuovo modello organizzativo ha previsto un
competence center amministrativo con

sede nel capoluogo di regione, Catanzaro. Poste italiane ha escluso che siano state effettuate spese immobiliari riferibili a un altro ipotetico centro a Reggio Calabria.
Gli interventi di riorganizzazione contenuti nel citato accordo nazionale sono stati condivisi a livello regionale con specifici accordi sindacali.
In Calabria l'accordo regionale è stato sottoscritto lo scorso 1o ottobre 2009 e nel successivo incontro di verifica, che si è svolto il 17 novembre 2009, la società Poste italiane ha reso noto alle organizzazioni sindacali lo stato di avanzamento delle attività di ricollocazione, su base volontaria, delle risorse coinvolte nella riorganizzazione.
In tale fase solo alcune sigle sindacali, in una dichiarazione a verbale, hanno espresso il proprio dissenso all'allocazione del
competence center a Catanzaro piuttosto che a Reggio Calabria.
Le stesse parti hanno condiviso le modalità di attuazione di un'ulteriore fase di mobilità territoriale del personale necessaria al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano di riorganizzazione della società che non contempla alcun ridimensionamento occupazionale.
Il Ministero dello sviluppo economico verificherà, comunque, tramite gli uffici competenti, affinché gli impegni presi da Poste italiane relativamente al mantenimento degli attuali livelli occupazionali in Calabria siano effettivamente mantenuti e che Reggio Calabria non sia penalizzata da questo riassetto organizzativo.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

GAGLIONE. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministero dell'industria del 14 febbraio 1995 la società «Case di cura riunite» s.r.l. con sede in Bari, è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex lege n. 95 del 1997;
la vigilanza sulla regolarità della procedura è stata affidata, nel periodo citato, all'allora Ministero dell'industria;
l'amministrazione straordinaria dura ormai da circa 14 anni, in ragione di numerose e rinnovate proroghe -:
quali problematiche, allo stato attuale, permangano all'attenzione della gestione commissariale, quando sia previsto il termine per la chiusura della predetta gestione e quali siano state le spese per il mantenimento e il funzionamento della stessa dal 1995 ad oggi.
(4-05777)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La società Case di cura riunite (Ccr) è stata assoggettata ad amministrazione straordinaria, ai sensi della legge n. 95 del 1979 (legge Prodi), con decreto interministeriale in data 14 febbraio 1995, a seguito di dichiarazione di insolvenza del tribunale di Bari del gennaio 1995.
Con successivo provvedimento del 7 marzo 1996 veniva, inoltre, attratta alla procedura, su istanza dei commissari, la società arl Oncohospital, controllata al 100 per cento, alla quale, con atto in data 26 gennaio 1994, la controllante Ccr aveva ceduto il ramo d'azienda Mater Dei, con relativa convenzione in essere con l'Istituto oncologico. La procedura, nel 1995, è stata estesa anche alla controllata srl Kannegieser e, nel 1997, alla srl Magida a seguito di conversione dal fallimento. Entrambe non erano operative alla data dell'assoggettamento.
La procedura del gruppo Ccr è stata, fin dall'inizio, caratterizzata da un elevato grado di complessità con delicati riflessi di ordine pubblico, dato l'enorme esubero strutturale degli occupati (all'apertura della procedura erano in forza circa 3.150 dipendenti con un rapporto di addetti/posto letto di circa 7 a 1 a fronte di una media di settore di 1,5 a 1).
All'atto del commissariamento, la Ccr svolgeva la propria attività in 5 strutture in proprietà, e 3 in locazione.


Il programma di risanamento predisposto dai commissari straordinari ed approvato da questo Ministero, in data 13 marzo 1997, era finalizzato alla razionalizzazione in termini di economicità e funzionalità delle strutture.
In attuazione del programma e con la gradualità imposta dalla necessità di tenuta sul fronte dell'ordine pubblico, i commissari procedevano alla collocazione in cassa integrazione guadagni straordinarie degli esuberi.
In esito agli interventi effettuati, la gestione è stata gradualmente riportata in pareggio, passando da una perdita di oltre 7 miliardi di lire al mese all'atto del commissariamento, ad un utile di circa 1,1 miliardi di lire nel secondo semestre 1999.
È da evidenziare, per completezza, che la prosecuzione della gestione in esecuzione del programma è stata resa possibile grazie ad un finanziamento bancario di 40 miliardi di lire, a sostegno della gestione corrente, garantito dal Tesoro, a seguito di specifica autorizzazione della Commissione europea, su notifica del Ministero dello sviluppo economico. La garanzia è stata integralmente escussa e il Tesoro si è surrogato nella posizione creditoria, in prededuzione.
Nel giugno 2000, la procedura Ccr ha definito la vendita del complesso aziendale ospedaliero costituito da autorizzazioni e accreditamenti rilasciati dalla regione Puglia (n. 458 posti letto e n. 131 posti rene) per l'esercizio dell'attività sanitaria attraverso sei cliniche. In sede di esecuzione del contratto di compravendita sono sorte criticità, connesse prevalentemente alla questione occupazionale, che hanno comportato lunghe e laboriose trattative confluite in un arbitraggio e conseguenti definizioni conciliative tra le parti, che hanno comportato diminuzioni del prezzo originariamente pattuito.
A partire da tale data è, quindi, iniziata la fase liquidatoria della procedura volta alla realizzazione dell'attivo residuo e all'avvio delle azioni concorsuali (revocatorie e risarcitorie).
Occorre, peraltro, precisare che non esiste alcun regime di proroga della procedura, pur in presenza di successioni dell'organo commissariale in forza di interventi legislativi nell'ambito delle procedure di amministrazione straordinaria (leggi nn. 273 del 2002 e 296 del 2006).
Attualmente, è in carica per il gruppo Ccr un commissario liquidatore (dottor Enrico Stasi), che ha svolto e sta svolgendo un intenso lavoro di snellimento dell'
iter della procedura con riferimento sia al cospicuo contenzioso in essere (per quello giuslavoristico sono già state effettuate e sono tuttora in corso intese conciliative), che all'aggiornamento delle masse passive, nonché all'effettuazione di primi acconti in favore dei creditori ipotecari e privilegiati della prededuzione.
Allo stato è pendente un notevolissimo e cospicuo contenzioso che, in via esemplificativa e non esaustiva, coinvolge anche soggetti istituzionali (regione Puglia), nonché l'Irccs-Ospedale oncologico, oltre alla vendita dei residui beni in proprietà.
Al 31 dicembre 2009, la procedura presenta un passivo di circa 435 milioni di euro, di cui oltre 50 milioni di debiti prededucibili e 23 milioni in privilegio, relativi alle spettanze dei lavoratori, a fronte di una liquidità di circa 39 milioni di euro, comprensivi di importi incassati in virtù di provvedimenti giudiziari provvisoriamente esecutivi.
Tale complessiva situazione rende estremamente arduo fare previsioni sia in ordine alla soddisfazione dei creditori che ai tempi di chiusura della procedura.
Si segnala, infine, che i creditori della Ccr srl potranno, in ogni momento, acquisire, tramite gli ordinari strumenti normativi (legge 24 del 1990), informazioni e/o utili elementi di conoscenza circa la propria posizione creditoria.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

GIACHETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalla stampa e in particolare da una rilevazione

pubblicata dal Clandestino, il passaggio al digitale nel Lazio ha causato un crollo degli ascolti pari al 9 per cento con punte di quasi il 30 per cento per La7, del 21 per cento per Raitre, del 16 per cento per Italia 1, del 14 per cento per Raiuno;
nel frattempo è raddoppiato l'ascolto della piattaforma satellitare, mentre da giorni continua il flusso di notizie sui pesanti disagi subiti dai cittadini. Nello specifico molti utenti ancora oggi non possono vedere i canali che fino a poco più di una settimana fa vedevano tranquillamente. Gli inserzionisti subiscono danni pesanti che vanno a gravare anche sulle emittenti, in particolare le emittenti più piccole;
inoltre i problemi di interferenze colpiscono anche le regioni vicine al Lazio, in particolare Umbria e Toscana, da dove arrivano segnalazioni di frequenze sovraepposte, e la visione è diventata in alcuni casi impossibile;
appare evidente che si configurano quindi danni pesantissimi agli utenti, alle aziende televisive e agli inserzionisti pubblicitari -:
se non ritenga necessario individuare le responsabilità di una gestione così disastrosa e quali risorse intenda mettere in campo per porre rimedio alla situazione e per risarcire inserzionisti e telespettatori.
(4-05256)

Risposta. - Le problematiche interferenziali registrate da alcuni impianti televisivi situati nelle regioni Umbria e Toscana a seguito dello switch-off effettuato nel Lazio, scaturiscono dal passaggio della diffusione del segnale televisivo dalla tecnologia analogica a quella in digitale e sono intrinseche nel mutamento della tecnologia stessa.
Al fine di risolvere le problematiche nelle aree in questione, il ministero dello sviluppo economico, con l'ausilio dei propri organi periferici, e con il coinvolgimento degli operatori interessati, sta procedendo caso per caso, individuando gli impianti digitalizzati della regione Lazio che sono causa delle interferenze segnalate, al fine di renderli compatibili con gli impianti televisivi analogici ancora operanti nelle regioni limitrofe.
Si segnala, inoltre, che tale procedura ha già avuto esito positivo, in particolare, in alcune zone della Toscana.
Le limitate situazioni di disagio sono, comunque, continuamente monitorate dai competenti uffici periferici del ministero che indicano ai gestori degli impianti televisivi le soluzioni tecniche più opportune da adottare in questo periodo di transizione, in attesa del completo passaggio alla nuova tecnologia digitale in tutto il territorio nazionale.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni gli Stati Uniti stanno lanciando un dispositivo finanziario riguardante lo sviluppo e la diffusione dei veicoli ibridi in tutta la nazione. Ad Elkart, una cittadina nello Stato dell'Indiana, il Presidente Obama ha ricordato che occorre più che mai attuare una politica che preveda: la riduzione della dipendenza dal petrolio, la creazione di nuovi posti di lavoro, il miglioramento della qualità della vita e, soprattutto, salvaguardare il pianeta;
la somma stanziata è solo una piccola parte del Recovery Act, il fondo di 800 miliardi di dollari destinati al rilancio dell'economia statunitense. Nel febbraio 2009, era stato previsto di stanziare circa 2 miliardi di dollari, ma la cifra ufficiale è di 2,4 miliardi. I finanziamenti verranno così suddivisi: 1,5 miliardi di dollari per progetti sull'aumento della durata delle batterie (il punto attualmente più critico per lo sviluppo dell'auto elettrica); 500 milioni per la produzione di componenti e motori ad azionamento elettrico; 400 milioni

per supportare l'acquisto di veicoli elettrici per test dimostrativi e per le infrastrutture di alimentazione delle auto elettriche;
gli Stati Uniti, inoltre, si impegneranno a creare, nel proprio territorio, fabbriche che realizzeranno gli autoveicoli ibridi, senza alcuna delocalizzazione relativa alla produzione, promuovendo la nascita di nuovi posti di lavoro. Il piano di rilancio industriale appena esposto prevede anche una forte spinta alla ricerca di nuove tecnologie ecologiche e sostenibili, che possano migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini. Pertanto è necessario, come ha ribadito il Presidente Obama, che si comprenda l'importanza dell'auto elettrica, unico mezzo per lo sviluppo futuro del settore trasporti;
in Italia i primi autoveicoli ibridi sono stati presentati nel 2008 da Poste Italiane, in collaborazione con la facoltà di ingegneria dell'Università degli studi di Perugia. Attualmente la gamma di mezzi ibridi, fra i quali si può vantare anche un furgoncino, è utilizzata in via sperimentale soltanto in alcune città italiane, ma ha già posto le basi per un possibile sviluppo ad ampio raggio nel prossimo futuro -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare per incentivare lo sviluppo di nuove tecnologie volte alla realizzazione di autoveicoli ibridi.
(4-04605)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo all'incentivazione finanziaria per lo sviluppo degli autoveicoli ibridi, si rappresenta quanto segue.
L'adozione di misure volte allo sviluppo ed alla sperimentazione di nuove tecnologie in ambito motoristico e, segnatamente di autoveicoli ibridi, non rientra nelle attività istituzionalmente condotte dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Tuttavia, il ministero ha contribuito alla diffusione ed alla messa in circolazione di veicoli a ridotto impatto ambientale, tra cui quelli a trazione ibrida, sia mediante contributi diretti all'acquisto, sia mediante contributi ad attività di ricerca ed analisi del mercato dei veicoli ibridi.
Relativamente all'erogazione diretta di contributi, va ricordando il decreto ministeriale del 24 maggio 2004 che, in esecuzione dell'articolo 17 della legge 166 del 2004, ha avviato un programma per la concessione ed erogazione di contributi per l'acquisto e/o
leasing di veicoli a minimo impatto ambientale.
Con tale programma è stato previsto un sistema di incentivi a favore di persone fisiche e giuridiche per l'acquisto di veicoli elettrici, ibridi, a metano, GPL o biffe, a tal fine stanziando una somma di 90 milioni di euro, di cui il 60 per cento riservato ai veicoli elettrici ed ibridi, la cui gestione ed erogazione è stata affidata alla cassa depositi e prestiti.
Allo stato attuale, relativamente ai veicoli ibridi, sono stati erogati oltre 10 milioni di euro, con i quali è stato cofinanziato l'acquisto di circa 300 autoveicoli ibridi.
Tra le iniziative attivate, va ricordato il «Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico», attuativo del fondo per la mobilità sostenibile, istituito dalla legge 296 del 2006 (finanziaria per il 2007).
Destinato alle annualità 2007, 2008, e 2009, il Fondo ha una dotazione di 239 milioni di euro, dei quali il 75 per cento riservato a progetti presentati dalle aree metropolitane, il 14 per cento a favore dei Comuni che non siano compresi nelle aree metropolitane e che siano aree a rischio di inquinamento atmosferico individuate dalle regioni, il 10 per cento per il rinnovo di accordi di programma già in essere ed una quota residua dell'1 per cento per attività di monitoraggio.
Nell'ambito dei progetti rientranti nel programma summenzionato, sono stati finora concessi contributi pari a circa 20 milioni di euro per diverse attività che incentivano l'utilizzo di mezzi a basso impatto.
Il ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, in collaborazione con

l'iniziativa dei comuni per il car-sharing (ICS), ha attivato, con un contributo di 200 mila euro, una campagna di sperimentazione di autoveicoli ibridi con doppia alimentazione benzina/elettrica per il loro utilizzo all'interno delle flotte dei gestori locali dei servizi di car-sharing. Attualmente all'interno del parco veicolare dei gestori sono presenti 18 autoveicoli ibridi.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo periodo il costo della benzina ha subito un vorticoso aumento, fino ad arrivare a superare la quota di 1,33 euro. Alcune compagnie hanno ritoccato il prezzo di 0,5 millesimi, portando il litro di verde a 1,334 euro. Si tratta del valore più alto raggiunto da oltre un anno, quando nella settimana dal 6 al 13 ottobre 2008 aveva raggiunto 1,352 euro al litro, per poi scendere a 1,293 in quella successiva;
secondo le rivelazioni di Staffetta Quotidiana, la maggior parte delle compagnie petrolifere ha aumentato il prezzo della verde con un +0,3 cent, raggiungendo il costo di 1,322 euro al litro. Mercoledì sera l'indice petrolifero Wti ha chiuso alla borsa di New York al di sotto della soglia dei 78 dollari al barile e al minimo dallo scorso 14 ottobre. I future sul greggio con scadenza a dicembre, dopo le operazioni di compensazione, si sono attestati a 77,46 dollari al barile, in calo di 2,09 dollari, il 2,6 per cento rispetto alla chiusura di martedì 27 ottobre;
in base ai rilievi, dai mercati dei prodotti raffinati del Mediterraneo arrivano segnali di allentamento della tensione sui prezzi, sia per la benzina che per il gasolio, ma non mancano le proteste delle associazioni dei consumatori. Come affermano Elio Lannutti, presidente di Adusbef, e Rosario Trafiletti, presidente di Federconsumatori, «l'andamento dei prezzi della benzina ha dell'inverosimile. Infatti tornano ad aumentare, superando quota 1,33 euro al litro, proprio mentre il costo del petrolio sta scendendo. Torniamo a ribadire, quale misura inderogabile, la necessità di una decretazione d'urgenza che elimini ogni possibile impaccio burocratico (fatta eccezione, ovviamente per le questioni relative alla sicurezza degli impianti) che ostacola l'apertura di stazioni di rifornimento per la benzina, presso i punti vendita della grande distribuzione»;
«nonostante l'euro forte sul dollaro e il calo del petrolio i prezzi dei carburanti sono in costante aumento, dichiara Carlo Pileri, presidente dell'Adoc, un danno enorme agli automobilisti che ogni anno spendono oltre 2500 euro solo per i carburanti. È necessario e urgente un taglio di 10 centesimi sia delle tasse che del prezzo del prodotto industriale, per complessivi 20 centesimi, chi possiede un'auto a benzina spenderebbe in media 360 euro in meno l'anno, mentre con un'auto a gasolio si risparmierebbero 180 euro»;
anche se è previsto un rallentamento della corsa nei prossimi giorni, complice una frenata delle quotazioni del greggio che trascinano con sé anche i prezzi internazionali dei carburanti, il Codacons sottolinea che «gli aumenti registrati in queste ore portano un pieno di benzina a costare 4,3 euro in più rispetto ad appena un mese fa, e 4 euro in più per un pieno di gasolio». L'Unione petrolifera, con pronta replica, esprime al necessità di «legare l'andamento dei prezzi dei carburanti a quelli del petrolio greggio e non a quelli internazionali di benzina e gasolio, come si ostinano a fare le associazioni dei consumatori, è sbagliato sotto tutti i punti di vista», sottolinea in una nota l'Unione petrolifera -:
se il Ministro intenda organizzare un tavolo di confronto con le compagnie petrolifere italiane, che possa portare ad un'equa soluzione dei continui rincari del prezzo di benzina e gasolio, soprattutto nei confronti dei consumatori;

quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per frenare il continuo rincaro dei prezzi di benzina e gasolio ai consumatori, da parte delle compagnie petrolifere.
(4-04911)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, alla quale si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si evidenzia, in primo luogo, che la tematica dell'andamento dei prezzi dei carburanti è costantemente seguita dal Ministero dello sviluppo economico.
A tal proposito, si fa presente che, nel giugno 2008, il Ministero dello sviluppo economico ha istituito un Tavolo permanente di confronto sul mercato petrolifero, per far fronte all'esigenza, attraverso il confronto con gli operatori e le categorie interessate, di trovare soluzioni in grado di incidere sulla struttura organizzativa del settore e ridurre, così, la distanza del costo industriale dei prodotti petroliferi tra l'Italia e gli altri paesi europei.
L'attività del Tavolo è stata, inizialmente, orientata a studiare delle norme che potessero rimuovere alcuni vincoli commerciali all'apertura di nuovi distributori, per risolvere il contenzioso comunitario in atto in quel momento, e definire una nuova metodologia di analisi sull'andamento dei prezzi dei carburanti.
Si è giunti, poi, all'adozione di una metodologia di analisi dell'andamento dei prezzi e del confronto con i 15 Paesi dell'area euro, che tiene conto anche delle promozioni e delle offerte commerciali di benzina e gasolio.
Nell'ultima riunione del Tavolo, tenuta il 19 gennaio 2010, alla quale hanno partecipato l'Unione petrolifera, l'Assopetroli, l'Assoliquidi, l'Assocostieri, il Consorzio grandi reti, Federmetano, l'Assometano, Federdistribuzione, Faib-Confaesercenti, Fe.Gi.ca. Cisl, Figisc Confcommercio, CNCU e i rappresentanti delle regioni, l'attenzione si è focalizzata sull'esame delle proposte di strumenti attuativi per la riforma del mercato dei prodotti petroliferi, della logistica e della rete di distribuzione dei carburanti oltre che sull'analisi dell'andamento dei prezzi dei carburanti, nel più recente periodo.
In particolare, circa l'andamento dei prezzi dei carburanti, il Tavolo si è espresso sulla necessità di fare chiarezza sul tema della cosiddetta doppia velocità dell'andamento dei prezzi dei carburanti, mediante una verifica da condurre tramite il Garante per la sorveglianza dei prezzi.
La metodologia proposta dal Tavolo è stata, poi, quella di procedere con l'elaborazione di una riforma condivisa, attraverso la consultazione del Tavolo le cui attività di dettaglio sono state ripartite nei seguenti quattro gruppi di lavoro ristretti:
1. mercato al dettaglio;
2. mercato all'ingrosso e logistica;
3. raffinazione ed industria;
4. qualità del servizio.

I citati quattro gruppi di lavoro hanno tenuto una serie di riunioni in data 3, 5, 12 febbraio e 3 marzo 2010. In tali sedi sono già emersi elementi condivisi per la riforma dell'intera filiera, basati sulla necessità di agire per la salvaguardia e per fornire un maggior orientamento al mercato dei settori della raffinazione, della logistica e della distribuzione dei prodotti petroliferi, tenendo in considerazione, quale obiettivo fondamentale, anche la riduzione del cosiddetto «stacco Italia» (cioè la differenza tra il prezzo industriale medio dei carburanti in Italia e quello medio europeo).
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il vertice di Copenaghen riaccende il faro sulla sostenibilità di uno sviluppo economico che produce emissioni crescenti di anidride carbonica, tali da minacciare l'ecosistema. La fondazione Eni Enrico Mattei ha da poco presentato un indice in grado di monitorare la sostenibilità,

tenendo conto della produzione, del consumo di beni e servizi, del Pil, ma anche della sfera sociale e di quella ambientale di una nazione. Tale indice è «l'indice Feem», che, costruito da un gruppo di ricercatori dell'università veneziana di Ca' Foscari, guidato dal rettore Carlo Carraio, calcola le capacità di crescita di un'economia senza compromettere il benessere e le possibilità di consumo e investimento delle generazioni future. «Abbiamo seguito, spiega Bernardo Bortolotti, direttore della fondazione, la logica della commissione Bruntland, ormai condivisa nel mondo»;
«l'indice Feem» giudica Paesi e aggregazioni di Paesi: se un Paese ha un altissimo reddito pro capite e un'ottima posizione sociale, ma abusa dell'ambiente, avrà un voto basso perché toglie risorse naturali a chi verrà dopo. Gli Stati Uniti, per esempio, sono primi nella classifica dell'economia e quarti nel pilastro sociale, ma, essendo 33esimi nell'ecologia, finiscono al quindicesimo posto nell'indice generale. Un gradino sopra l'Italia, penultima tra i Paesi del G8. In testa appaiono Svezia, Finlandia e Canada, molto forti in tutti e tre i pilastri mentre in fondo figurano Africa, India e Indonesia, pur essendo Africa e Indonesia nelle posizioni di mezzo della classifica ambientale. Ma nel suo complesso il quadro generale non entusiasma: in nessun angolo del pianeta esiste un'economia altamente sostenibile;
tra i 10 Paesi più solidi, otto sono europei, uno è americano, il Canada, e un altro asiatico, il Giappone. «Il modello Feem» serve non solo ad agevolare confronti sull'oggi, ma anche a proiettare nel tempo la sostenibilità delle diverse economie. L'orizzonte è quello del 2020, ma se le politiche rimangono immutate, anche la classifica non subirebbe modifiche considerevoli; l'Italia non si sposterebbe da dove si trova ad oggi e la Cina, nonostante i grandi passi in avanti della produzione, scenderebbe addirittura dal 36esimo al 37esimo posto, causa il disastro ambientale e la mancanza di una politica sociale. Secondo Carraio: «Se non cambieranno politica, gli Usa avranno una performance ambientale così bassa da annullare i successi in campo economico e sociale. La Russia, invece, non eccelle in nulla, ma ha performance medie nei tre pilastri con una pronunciata tendenza al recupero nel social»;
una volta costruito l'indice, gli economisti della Feem proiettano gli effetti al 2020 di cinque politiche per migliorare lo sviluppo: l'adozione di misure per Paese e regione del mondo per la riduzione delle emissioni di gas serra in base alle posizioni negoziali presentate a Copenaghen; la mobilitazione delle risorse necessarie a realizzare gli obiettivi di alfabetizzazione e di prevenzione sanitaria del Millennium Development Goal, elaborato alle Nazioni Unite; una maggior efficienza nell'uso delle risorse idriche tale da far risparmiare il 10 per cento dei consumi; un aumento della produttività del 5 per cento nei Paesi in via di sviluppo grazie ai sussidi per la ricerca concessi dai Paesi ricchi. Nelle loro esercitazioni, gli autori dell'indice Feem considerano gli effetti al 2020 delle politiche nei tre pilastri economico, sociale e ambientale rispetto allo scenario base. Per l'Italia il miglioramento della sostenibilità del suo sistema (più 5 per cento rispetto al livello del 2009) si realizza grazie a un incremento dell'11 per cento della componente ambientale e a una diminuzione del 2 per cento del tasso di crescita e del 6 per cento della spesa sociale -:
quali misure i Ministri intendano adottare al fine di migliorare le azioni di politica economica, ambientale e sociale italiane, come richiesto dagli analisti dell'indice Feem.
(4-05630)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, nella quale si segnalano i punti «dell'indice FEEM», individuati da alcuni ricercatori dell'università Ca' Foscari di Venezia, affinché una Nazione possa conseguire uno sviluppo eco-sostenibile, per gli aspetti di competenza, si rappresenta quanto segue.


In particolare, riguardo al punto relativo alle misure da adottare da parte dei diversi Paesi e regioni del mondo per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra, in base alle posizioni negoziali presentate a Copenaghen, per uno sviluppo economico sostenibile, si sottolinea che la comunità scientifica ha evidenziato, da tempo, i riflessi negativi che la presenza dei gas ad effetto serra nell'atmosfera produce sul sistema climatico.
Di tale problema, come è noto, si sono fatte carico dapprima le Nazioni unite e, successivamente, la Comunità europea che, con la decisione n. 1600/2002 si è impegnata a conseguire, nel periodo 2008-2012, una riduzione dell'8 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, rispetto a quelle del 1990, e, nel lungo termine, ad una riduzione del 70 per cento.
In tale ambito, sempre a livello comunitario, è stata evidenziata la necessità che, nel mondo industrializzato, sia raggiunta una riduzione del 30 per cento delle emissioni di tali gas, attraverso l'adozione di tutte le possibili azioni dirette allo scopo.
A tal fine, da un lato, sono stati previsti contributi economico-finanziari a favore delle imprese che si faranno carico di strumenti di «riduzione» delle emissioni, dall'altro, è stata individuata una tecnologia «ponte» per la cattura e lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio (CO2). Tale tecnologia consiste nella cattura di detto gas, prodotto dagli impianti industriali, nel trasporto dello stesso nel sito di stoccaggio e nella successiva immissione in una formazione geologica sotterranea adatta allo stoccaggio definitivo.
Gli impianti che, in rapporto ai loro particolari processi produttivi, necessitano di una particolare attenzione nei riguardi della riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra ed, in alternativa, dell'adozione del sistema che prevede la loro cattura, trasporto e lo stoccaggio (CCS-Carbon Capture & Storage), sono, in particolare, le centrali termoelettriche, i cementifici, le raffinerie ed i termovalorizzatori.
Al riguardo, si precisa che la legge n. 99 del 23 luglio 2009 (legge sviluppo), individua la CCS come uno degli ambiti prioritari di ricerca e sviluppo nel campo energetico, prevedendo anche il finanziamento di progetti a carattere dimostrativo (cioè impianti con una potenza di circa 300 megawatt).
Si precisa, altresì, che sono in fase avanzata i lavori del gruppo tecnico del ministero dello sviluppo economico-ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, costituito lo scorso dicembre, per la definizione congiunta del testo di recepimento della direttiva in materia di CCS, che verrà emanato, presumibilmente, entro il 2010.
Occorre, anche, sottolineare che, un'ulteriore azione per il miglioramento della politica ambientale, è stata l'emanazione del decreto legislativo n. 22 dell'11 febbraio 2010 (articolo 27, comma 28 della legge n. 99 del 2009), attuativo del riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche. L'obiettivo è quello di favorire l'utilizzo della risorsa «rinnovabile» geotermica, in coerenza con gli indirizzi comunitari ed internazionali per la riduzione delle emissioni del biossido di carbonio, e l'apertura ad un regime concorrenziale che assicuri, nell'assegnazione in concessione delle risorse geotermiche, adeguata trasparenza e procedure non discriminatorie, nel rispetto degli accordi già siglati tra le regioni e gli operatori.
Il decreto in questione semplifica, tra l'altro, le regole per ottenere le autorizzazioni, così che possano essere attuati, più facilmente, progetti finalizzati alla valorizzazione energetica della geotermia. Attualmente, con la geotermia si producono 5 miliardi di kWh l'anno, sufficienti al fabbisogno di energia elettrica di oltre un milione e mezzo famiglie, corrispondenti a circa 6 milioni di persone. La geotermia costituisce, oggi, il 10 per cento delle rinnovabili italiane, percentuale che si prevede possa raddoppiare con l'attuazione delle disposizioni contenute nel decreto sopracitato.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

LEHNER. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Torre del Greco è da sempre uno dei più importanti centri mondiali per la lavorazione del corallo, stagliandosi da almeno due secoli come fiore all'occhiello dell'artigianato italiano;
3 anni fa la delegazione americana chiese alla CITES, la Convenzione di Washington sul commercio internazionale dello specie di flora e fauna minacciate di estinzione, di inserire tutte le specie di coralli - compreso il nostro corallium rubrum - nell'appendice II; la richiesta non fu accolta dall'assemblea, riunita presso L'Aia, perché non venne legittimata da maggioranza qualificata. La FAO, preposta a valutare le condizioni di sofferenza di una specie, non sostenne la richiesta di inserimento;
in un recente workshop internazionale, tenutosi a Napoli, gli esperti di biologia marina, quasi tutti docenti universitari, hanno rimarcato che non esistono le condizioni per misure restrittive del commercio del corallo, mentre i rappresentanti della CITES non sono riusciti a trovare una linea comune;
tuttavia, alla fino del 2009, la delegazione USA ha reiterato a proposta, che, se accettata, avrà certamente effetti devastanti sull'attività produttiva della comunità torrese, condannando centinaia di piccoli laboratori all'immediata chiusura;
la richiesta statunitense è sostenuta, ad avviso dell'interrogante da argomentazioni chiaramente infondate ed ingiuste, mirate all'inserimento di ogni tipo di corallo nella citata appendice II della CITES, nonostante il parere contrario espresso dalla FAO. Ciò, dopo che gli stessi americani che assumono iniziative contro il nostro artigianato del corallo, nulla fanno per limitare l'impatto ambientale della loro industria pesante;
nel marzo 2010 la conferenza delle parti della CITES si riunirà a Doha, per decidere le proposte di emendamento delle appendici, cioè il destino di Torre del Greco, la sua tradizione, la secolare creatività artigianale la specifica cultura del corallo -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per impedire che la demagogia prevalga sulla scienza, determinando disoccupazione e rovina nell'industriosa Torre del Greco.
(4-05701)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che, come noto, la Cites elenca in tre Appendici le specie animali e vegetali potenzialmente o effettivamente minacciate di estinzione soggette a commercio internazionale. In particolare in Appendice II sono incluse le specie non a rischio di estinzione, ma che potrebbero diventarlo se il loro commercio dovesse continuare negli attuali volumi, e se esso non venisse regolamentato.
Gli Stati Uniti d'America hanno presentato una proposta di inclusione in Appendice II della Cites dei generi
Corallium e Paracorallium, alla conferenza delle parti Cites (CoP15), che si è tenuta dal 13 al 25 marzo 2010 in Doha, Qatar.
La Commissione europea, nell'ambito delle riunioni del Comitato Cites, che hanno preceduto la conferenza delle parti, ha richiesto agli Stati membri di esprimere la propria posizione nei confronti della richiesta statunitense all'Unione europea di farsi coproponenti dagli Stati Uniti della proposta.
Questo Ministero, responsabile
in primis per l'attuazione della convenzione di Washington e dei regolamenti comunitari connessi, ha espresso a nome dell'Italia il proprio dissenso, sia in sede di riunioni internazionali, che formalmente con la nota indirizzata alla Commissione europea in data 10 agosto 2009.
Facendo seguito a quanto stabilito durante la scorsa CoP (CoP14), questo Ministero, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri e con il Governo degli Stati Uniti d'America, ha organizzato il

workshop internazionale di Napoli, nel settembre 2009, al fine di definire un quadro completo sia delle conoscenze scientifiche, che delle strategie di gestione, che dell'utilizzo commerciale del corallo rosso mediterraneo.
Preme sottolineare che dalle presentazioni discusse durante il
workshop, è emerso che la specie Corallium rubrum (corallo rosso del Mediterraneo) è in buono stato generale di conservazione e che la specie è abbondante e diffusa in tutto il bacino mediterraneo. È stato inoltre riconosciuto che il Corallium rubrum nel Mediterraneo è prelevato in modo selettivo, che esiste una normativa comunitaria che impone a tutti gli Stati membri il divieto di prelievo con metodi distruttivi. Sotto questo punto di vista è stata evidenziata la positiva esperienza dimostrata dalla regione Sardegna, dove, grazie a metodi di gestione opportuni e prelievo sostenibile, la risorsa non è in declino. Ciò dimostra che la protezione e l'utilizzo sostenibile della risorsa dovrebbe essere conseguita attraverso un sistema locale di piani di gestione regionali.
Infine, è apparsa evidente la necessità di considerare anche gli aspetti socio economici di una possibile inclusione in Cites, essendovi non solo pericolo che l'inclusione di
Corallium e Paracorallium in appendice II della Cites possa causare un aumento di prelievo illegale, ma anche una notevole probabilità di un effetto estremamente negativo sul commercio internazionale in tali esemplari.
La Commissione europea in vista dello svolgimento del
workshop sul corallo rosso del Mediterraneo ha prorogato i termini per la presentazione dei commenti alla proposta di co-sponsorship, al fine di consentire a tutti gli Stati membri di valutare le risultanze del workshop.
L'Italia, con nota del 5 ottobre 2009, ha espresso nuovamente il proprio dissenso ad appoggiare la
co-sponsorship, sia sulla base delle risultanze emerse dal workshop, sia sulla base della non rispetto dei criteri previsti dalla Ris. Conf 9.24 per l'inclusione nelle appendici Cites da parte della proposta statunitense.
Tale posizione è risultata minoritaria ed è quindi stata approvata la richiesta della Commissione di co-sponsorizzare la proposta di inserimento in appendice II della Convenzione della famiglia
Corolliidae.
La direzione generale protezione della natura di questo Ministero il 20 novembre 2009 ha partecipato alla riunione del WPIEI, acronimo di
working party on international environment issues, che è la sede di negoziazione e coordinamento sulle tematiche ambientali a livello internazionale presso il Consiglio dell'Unione europea. In tale sede, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con il ministero degli affari esteri, ha confermato la propria contrarietà all'inclusione in appendice II della Cites dei generi Corallium e Parucorallium, formulando una «riserva d'esame» alla proposta in parola, ed ha esortato il Consiglio a riconsiderare la decisione di co-sponsorizzare la proposta da parte dell'Unione europea, e in data 26 novembre 2009 ha notificato la propria riserva sulla proposta di co-sponsorship dell'Unione europea. In tale nota si ribadiva la assoluta mancanza della rispondenza ai criteri previsti dalla Ris. Conf 9.24 ed il grave appesantimento burocratico che avrebbe comportato una pesante ricaduta sull'economia che si basa sulla lavorazione dei coralli preziosi, comportando il rischio di chiusura per molte piccole imprese che sono soprattutto a base familiare e che non possono fare, quindi, fronte ad un eventuale aumento dei costi e dei tempi derivanti dall'inclusione in appendice II della convenzione. Si è inoltre sottolineato come tale aspetto non sia assolutamente stato tenuto in considerazione dalla proposta statunitense, come invece previsto dalla convenzione.
La suddette riserva e considerazioni sono state reiterate in data 24 dicembre 2009 con una nota ufficiale della predetta direzione generale al Consiglio dell'Unione europea alla Commissione europea e alla Presidenza dell'Unione europea (Svezia), anche in vista dei successivi incontri a livello di Consiglio previsti per il 12 gennaio e 2 febbraio 2010.


In tali sedi è stato sempre ribadito dai rappresentanti di questo ministero, supportati dai rappresentanti del ministero degli affari esteri e del Corpo forestale dello Stato, con forza il deciso dissenso dell'Italia alla proposta di inclusione e alla
co-sponsorship dell'Unione.
In data 14 gennaio 2010, sempre la direzione generale protezione della natura ha inviato una nota al Ministro delle politiche agricole, direzione generale della pesca, e al Ministero degli affari esteri, direzione generale per la cooperazione economica e finanziaria multilaterale, per presentare alla riunione del comitato scientifico della Commissione generale della pesca per il Mediterraneo (GFCM) le risultanze del
workshop di Napoli e richiedere, sulla base di tali risultanze, di promuovere una proposta di gestione della risorsa da parte di quest'organismo, che a parere di questo ministero, è più idoneo per garantire una corretta gestione della risorsa in tutti i Paesi del Mediterraneo.
Si è quindi giunti alla conferenza delle parti con una posizione comunitaria di appoggio alla proposta statunitense che è stata discussa in sede di conferenza il 21 marzo 2010 nell'ambito del comitato I della conferenza. Dopo un'approfondita discussione da parte dei rappresentanti dei vari Stati parte e delle organizzazioni governative e non presenti, la proposta è stata messa ai voti e non raggiungendo i due terzi dei voti a favore, come previsto dalle regole di procedura della conferenza, la proposta di inclusione non è stata approvata, tale decisione è stata confermata in seduta plenaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

LENZI, ZAMPA, BELTRANDI e GHIZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente dell'ANPAS (Associazione nazionale per le pubbliche assistenze), Comitato regionale Emilia-Romagna, organizzazione che si avvale ogni anno del prezioso lavoro dei giovani del servizio civile nazionale per lo svolgimento delle proprie attività, ha denunciato la grave situazione che si sta determinando a causa della riduzione delle risorse destinate al servizio civile, in particolare per la propria struttura;
le risorse previste dal bilancio, destinate al finanziamento dei progetti per il servizio civile nazionale, hanno subito, infatti, un forte ridimensionamento negli ultimi anni: dai circa 300 milioni di euro previsti nella finanziaria 2008, che hanno permesso l'impiego di 35.000 volontari, si è passati ai 171 milioni di euro per il 2009 e la previsione di un numero molto inferiore di volontari da avviare, pari a circa 25 mila giovani;
le previsioni di spesa per i prossimi anni prevedono ulteriori, gravi decurtazioni;
a causa dei pesanti tagli per il 2009 sopra citati, è stato rideterminato il criterio di ammissione dei progetti per il servizio civile e in Emilia-Romagna non tutti i progetti sono stati ammessi;
a partire dal 30 settembre 2009, quindi, sui 315 giovani volontari richiesti ne entreranno in servizio solo 95;
la mancanza di giovani volontari renderà praticamente impossibile, per le strutture ANPAS dell'Emilia-Romagna, fare fronte alle crescenti domande legate ai bisogni sociali e socio-sanitari dei cittadini, con un gravissimo disagio che colpirà proprio i soggetti più deboli del nostro territorio -:
se non ritengano necessario rivedere le modalità per l'accesso al finanziamento dei progetti per il servizio civile e prevedere comunque un adeguato incremento delle risorse, al fine di consentire a strutture come l'ANPAS dell'Emilia-Romagna, che svolgono un fondamentale servizio di assistenza alle fasce più deboli della popolazione, di portare avanti il proprio lavoro, dando, oltretutto, ad un sempre

maggior numero di ragazzi e ragazze un'importante opportunità di formazione umana e professionale.
(4-03979)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti - nell'evidenziare le difficoltà che l'Anpas (Associazione nazionale per le pubbliche assistenze) dell'Emilia Romagna sta affrontando a causa delle riduzioni delle risorse finanziarie destinate al servizio civile - chiedono al Governo se non sia opportuno rivedere le modalità per l'accesso al finanziamento dei progetti per il servizio civile e prevedere comunque adeguate risorse al fine di permettere che strutture come l'Anpas dell'Emilia Romagna di portare avanti la propria mission.
Preliminarmente appare necessario fornire delle precisazioni in merito all'affermazione degli interroganti circa la forte riduzione degli stanziamenti a favore del Fondo nazionale per il servizio civile, che da 300 milioni di euro previsti dalla finanziaria 2008 sono divenuti 171 milioni con la legge finanziaria 2009.
In proposito appare opportuno precisare che la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) aveva determinato la dotazione finanziaria dell'ufficio in circa 300 milioni di euro. Tuttavia, nel corso dell'attività gestionale sono intervenuti decisioni e provvedimenti che hanno inciso sulle disponibilità di bilancio e sul livello complessivo del contingente dei volontari da reclutare. Infatti, a seguito di un accantonamento di circa 33 milioni di euro, disposto nell'autunno 2008 in base alla legge n. 296 del 2006, la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile si è ridotta a 267 milioni di euro e conseguentemente è stata operata una riduzione del contingente delle partenze.
Occorre peraltro considerare che sulla somma sopraindicata gravava un indebitamento di circa 90 milioni di euro, accumulato dall'anno 2006, dovuto al mancato versamento all'Inps, da parte dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, dei contributi previdenziali a favore dei volontari.
Si rammenta che tale contribuzione era prevista dall'articolo 9, comma 4 del decreto legislativo n. 77 del 2002 - entrato in vigore il 1o gennaio 2006 - che disponeva il passaggio dalla contribuzione figurativa alla contribuzione a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
Da quanto esposto emerge che nell'anno 2008 è stato possibile avviare un più elevato numero di volontari rispetto al 2009, anche in considerazione della circostanza che la precedente gestione ha ritenuto di non estinguere, in tale anno, il debito nei confronti dell'Inps. Tale scelta, comunque, non ha consentito di soddisfare l'intera domanda di servizio civile: infatti, a fronte dei 6.557 progetti approvati dall'Ufficio nazionale, dalle regioni e province autonome, che prevedevano l'impiego di 88.025 volontari, è stato possibile finanziare e mettere a bando, in base alle risorse finanziarie disponibili, solo 2.447 progetti per l'impiego di 33.006 volontari, pari al 37,50 per cento di quelli richiesti.
Riguardo alle risorse relative all'anno 2009, si deve, innanzitutto, contestualizzare il momento storico. Si deve cioè tenere conto anche dello scenario nel quale si è obbligati ad operare: la grave crisi economico-finanziaria internazionale, che ha colpito le maggiori economie del mondo non ha risparmiato l'Italia. Per affrontare tale crisi è stato necessario intervenire economicamente in alcuni settori per assicurare la coesione sociale del nostro Paese. Ciò ha indotto il Governo ad operare numerosi tagli alla spesa pubblica, che hanno riguardato anche il servizio civile. Infatti lo stanziamento previsto a favore del Fondo nazionale per il servizio civile è stato di circa 171 milioni di euro.
Tuttavia il Governo si è adoperato al fine di individuare ulteriori risorse che consentissero di avviare, pur in presenza di risorse limitate sul Fondo, un adeguato numero di volontari. A tal fine è stato inserito nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, una disposizione (articolo 4, comma 2) che ha modificato il regime previdenziale dei volontari, attraverso il passaggio da una contribuzione obbligatoria a carico del Fondo nazionale per il servizio civile (prevista all'articolo 9 del decreto legislativo n. 77 del 2002) ad un regime

volontario «a riscatto». A seguito dell'entrata in vigore di tale normativa, che ha previsto l'eliminazione dei costi derivanti dalla contribuzione previdenziale per i volontari, l'Ufficio ha potuto realizzare, a decorrere dal 2009, un'economia pari a circa 19 milioni di euro.
Inoltre, successivamente all'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 185 del 2009, è intervenuto un accordo tra l'Ufficio nazionale per il servizio civile e l'Inps circa la decorrenza del passaggio dal regime di contribuzione figurativa (vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 77 del 2002) a quella obbligatoria, che ha permesso di conseguire un ulteriore risparmio di circa 21 milioni di euro.
Pertanto, nonostante la grave congiuntura economica, l'azione di Governo è riuscita, da un lato, ad arginare la complessa situazione debitoria ereditata, reperendo le risorse necessarie ad estinguere il debito con l'Inps e, dall'altro, ad assicurare, l'avvio di circa 27.000 volontari (pari a circa il 28 per cento di quelli richiesti: 97,872), a valere sullo stanziamento di circa 171 milioni di euro previsto nella legge finanziaria per il 2009, cui sono stati aggiunti ulteriori 40 milioni di euro reperiti nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Appare, pertanto, evidente che l'affermazione degli interroganti, relativa al «forte ridimensionamento» delle risorse destinate nel 2009 al servizio civile, non è propriamente puntuale, atteso che non tiene conto dell'accantonamento obbligatorio di circa 33 milioni di euro disposto nell'anno 2008, né del fatto che, nello stesso anno, sono state utilizzate per l'avvio di 33 mila volontari risorse finanziarie da destinare all'estinzione del debito con l'Inps. Gli interroganti inoltre non prendono in considerazione le iniziative adottate nel 2009 dall'attuale Governo per reperire ulteriori risorse economiche e far fronte alla riduzione dello stanziamento previsto nella legge finanziaria.
Perplessità sorgono, inoltre, circa l'affermazione degli interroganti secondo cui, a causa della riduzione degli stanziamenti per l'anno 2009, i criteri di ammissione dei progetti di servizio civile sarebbero stati rideterminati al fine di diminuire il numero dei progetti da finanziare.
Al riguardo si ribadisce che la riduzione dei finanziamenti a favore dei progetti di servizio civile è stata causata dalla grave situazione economica che ha determinato una complessiva contrazione della spesa pubblica e, inevitabilmente, anche delle risorse stanziate a favore del Fondo nazionale per il servizio civile. Gli effetti di tale situazione hanno inciso su tutti i settori del servizio civile e su tutti gli enti presenti sul territorio nazionale e non solo sul settore assistenziale e sulle strutture dell'Anpas presenti nell'Emilia Romagna.
Per quanto concerne l'asserita rivisitazione dei criteri di ammissione dei progetti di servizio civile, si fa presente che recentemente è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2009 recante la disciplina della procedura per l'esame e la valutazione dei progetti, che ha sostituito il decreto ministeriale 3 agosto 2006. Il nuovo decreto sarà applicato ai progetti presentati nel 2010 e pertanto le disposizioni in esso contenute non hanno interessato la valutazione dei progetti del 2009, cui si riferiscono gli interroganti. Peraltro le modifiche previste sono volte essenzialmente ad abbreviare i tempi del procedimento e, con riferimento ai parametri di valutazione, non sono state introdotte modifiche tese a favorire particolari settori del servizio civile.
In merito alle preoccupazioni espresse dagli interroganti, riguardanti il gravissimo disagio provocato ai soggetti più deboli della popolazione dalla mancata assegnazione di volontari all'Anpas, si fa presente che è quantomeno fuorviante ritenere che attraverso il servizio civile svolto dai volontari si possano realizzare obiettivi che costituiscono i fini istituzionali propri degli enti. Tali fini, infatti, dovrebbero essere perseguiti indipendentemente dal servizio civile. Diversamente, si attribuirebbero al servizio civile finalità del tutto estranee a quelle previste dalla legge n. 64 del 2001: la realizzazione di progetti di servizio civile deve costituire un valore aggiunto per l'ente

che lo realizza e non può in alcun modo costituire la sua ragion d'essere.
In particolare, riguardo all'Anpas ed ai progetti presentati, si fa presente che questo ente, iscritto alla prima classe dell'Albo nazionale degli enti di servizio civile con riferimento al 2009, ha presentato 50 progetti da realizzarsi in varie regioni per l'impiego di 3008 volontari. Di tali progetti 45 sono stati valutati positivamente dall'Ufficio nazionale per il servizio civile, ma le scarse risorse disponibili hanno consentito di finanziarne 7, di cui 1 in Emilia Romagna, per l'avvio di complessivi 1064 volontari. Tale numero corrisponde a circa il 35 per cento delle unita richieste. Facendo un raffronto con la situazione degli altri enti che hanno presentato progetti all'Ufficio nazionale, essendo iscritti all'Albo nazionale, si rileva che a tali enti è stato consentito, in relazione alle risorse disponibili, di impiegare in media un numero di volontari corrispondente a circa il 26 per cento di quelli richiesti. Ne deriva che l'Anpas ha ottenuto finanziamenti per l'avvio di un numero di volontari superiore rispetto alla media degli altri enti iscritti all'Albo nazionale.
Con riferimento alla regione Emilia Romagna si fa presente che tale regione ha ottenuto il finanziamento di un progetto per l'impiego di 91 volontari, corrispondenti al 29 per cento delle unità richieste nell'ambito delle regione medesima (314). All'evidenza l'Anpas, sia con riferimento alla regione Emilia Romagna che all'intero territorio nazionale, ha risentito solo parzialmente della riduzione degli stanziamenti rispetto ai quadro generale.
Sul punto, occorre altresì considerare che la selezione dei progetti avviene a seguito di una procedura concorsuale. Da tale circostanza deriva necessariamente che, all'esito della valutazione, non può essere garantito a nessun ente operante sul territorio nazionale il finanziamento di tutti i progetti da attuare in ciascuna regione. A tale stregua il mancato finanziamento di alcuni progetti presentati dall'Anpas è ascrivibile all'alea propria di una procedura concorsuale, cui sono soggetti tutti gli enti che presentano progetti di servizio civile.
Inoltre, si evidenzia che nella valutazione dei progetti il punteggio viene attribuito nel rispetto dei criteri di selezione fissati, per i progetti relativi all'anno 2009, dal decreto ministeriale 3 agosto 2006 (attualmente sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2009, come già anticipato). Tali criteri sono volti unicamente a premiare la qualità dei progetti e non prevedono di favorire o penalizzare alcun settore particolare, né contengono alcun riferimento ad un'equa distribuzione territoriale di progetti presentati da un medesimo ente. Ed invero nel caso di specie sono stati ammessi al finanziamento i migliori progetti presentati dall'Anpas e il mancato avvio di alcuni progetti è dovuto esclusivamente all'attribuzione di un punteggio inidoneo al finanziamento.
Tanto rappresentato, con riferimento al quesito posto dagli interroganti relativo alle iniziative che il Governo intende adottare per rivedere le modalità di accesso al finanziamento dei progetti e assicurare l'assegnazione di volontari a strutture che garantiscono assistenza alle fasce più deboli della popolazione, si fa presente che il Governo ha già adottato un'iniziativa in tal senso.
Infatti è stato predisposto un disegno di legge delega, approvato dal Consiglio dei ministri il 27 gennaio 2010, per l'emanazione di un testo unico volto a riordinare e razionalizzare la normativa in materia di servizio civile nazionale. Tale disegno di legge ha previsto tra i princìpi e criteri direttivi anche quello di individuare annualmente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro o del Sottosegretario di Stato delegato, le caratteristiche ed eventuali criteri di priorità per i progetti finalizzati all'assistenza di determinate categorie fisicamente svantaggiate.
Si segnala, inoltre, che il predetto disegno di legge delega, ha previsto la partecipazione economica al servizio civile da parte di regioni, province autonome ed enti, al fine di reperire ulteriori risorse finanziare e ottimizzare il sistema anche allo scopo di superare le difficoltà economiche emerse nel corso degli ultimi anni.

Per quanto concerne l'ulteriore quesito volto a conoscere se si intenda prevedere un incremento delle risorse economiche per garantire il finanziamento dei progetti svolti nel settore dell'assistenza, si fa presente che il Governo, pur in considerazione della grave situazione economica, si sta impegnando al fine di ottenere uno stanziamento straordinario a favore del Fondo nazionale per il servizio civile. È evidente che un aumento della dotazione finanziaria consentirà di destinare maggiori risorse a tutti i settori interessati al servizio civile tra cui anche quello oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in argomento.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

LUCÀ, LOVELLI, ESPOSITO, BOBBA, ROSSOMANDO, CALGARO, GIORGIO MERLO, BOCCUZZI e RAMPI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente dell'ANPAS (Associazione nazionale per le pubbliche assistenze), Comitato regionale del Piemonte, organizzazione che si avvale ogni anno del prezioso lavoro dei giovani del Servizio civile nazionale per lo svolgimento delle proprie attività, ha denunciato la grave situazione che si sta determinando a causa della riduzione delle risorse destinate al Servizio civile, in particolare per la propria struttura;
le risorse previste dal bilancio, destinate al finanziamento dei progetti per il Servizio civile nazionale, hanno subito, infatti, un forte ridimensionamento negli ultimi anni: dai circa 300 milioni di euro previsti nella Finanziaria 2008, che hanno permesso l'impiego di 35.000 volontari, si è passati ai 171 milioni di euro per il 2009 e la previsione di un numero molto inferiore di volontari da avviare, pari a circa 25 mila giovani;
le previsioni di spesa per i prossimi anni prevedono ulteriori, gravi decurtazioni;
a causa dei pesanti tagli per il 2009 sopra citati, è stato rideterminato il criterio di ammissione dei progetti per il servizio civile e nessuno di quelli presentati dall'ANPAS Piemonte è stato ammesso;
a partire dal 30 settembre prossimo, quindi, i 185 giovani volontari impiegati con il bando del 2008, numero, peraltro, già insufficiente, in partenza per quella data, non verranno rimpiazzati;
la mancanza di giovani volontari renderà praticamente impossibile, per le strutture ANPAS del Piemonte, fare fronte alle crescenti domande legate ai bisogni sociali e socio-sanitari dei cittadini, con un gravissimo disagio che colpirà proprio i soggetti più deboli del nostro territorio -:
se non ritengano necessario rivedere le modalità per l'accesso al finanziamento dei progetti per il Servizio civile e prevedere comunque un adeguato incremento delle risorse, al fine di consentire a strutture come l'ANPAS del Piemonte, che svolgono un fondamentale servizio di assistenza alle fasce più deboli della popolazione, di portare avanti il proprio lavoro, dando, oltretutto, ad un sempre maggior numero di ragazzi e ragazze un'importante opportunità di formazione umana e professionale.
(4-03874)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti - nell'evidenziare le difficoltà che l'Anpas (Associazione nazionale per le pubbliche assistenze) del Piemonte sta affrontando a causa delle riduzioni delle risorse finanziarie destinate al servizio civile - chiedono al Governo se non sia opportuno rivedere le modalità per l'accesso al finanziamento dei progetti per il servizio civile e prevedere comunque adeguate risorse al fine di permettere che strutture come l'Anpas dell'Emilia Romagna di portare avanti la propria mission.
Preliminarmente appare necessario fornire delle precisazioni in merito all'affermazione degli interroganti circa la forte riduzione degli stanziamenti a favore del

Fondo nazionale per il servizio civile, che da 300 milioni di euro previsti dalla finanziaria 2008 sono divenuti 171 milioni con la legge finanziaria 2009.
In proposito appare opportuno precisare che la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) aveva determinato la dotazione finanziaria dell'ufficio in circa 300 milioni di euro. Tuttavia, nel corso dell'attività gestionale sono intervenuti decisioni e provvedimenti che hanno inciso sulle disponibilità di bilancio e sul livello complessivo del contingente dei volontari da reclutare. Infatti, a seguito di un accantonamento di circa 33 milioni di euro, disposto nell'autunno 2008 in base alla legge n. 296 del 2006, la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile si è ridotta a 267 milioni di euro e conseguentemente è stata operata una riduzione del contingente delle partenze.
Occorre peraltro considerare che sulla somma sopraindicata gravava un indebitamento di circa 90 milioni di euro, accumulato dall'anno 2006, dovuto al mancato versamento all'Inps, da parte dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, dei contributi previdenziali a favore dei volontari.
Si rammenta che tale contribuzione era prevista dall'articolo 9, comma 4 del decreto legislativo n. 77 del 2002 - entrato in vigore il 1o gennaio 2006 - che disponeva il passaggio dalla contribuzione figurativa alla contribuzione a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
Da quanto esposto emerge che nell'anno 2008 è stato possibile avviare un più elevato numero di volontari rispetto al 2009, anche in considerazione della circostanza che la precedente gestione ha ritenuto di non estinguere, in tale anno, il debito nei confronti dell'Inps. Tale scelta, comunque, non ha consentito di soddisfare l'intera domanda di servizio civile: infatti, a fronte dei 6.557 progetti approvati dall'Ufficio nazionale, dalle regioni e province autonome, che prevedevano l'impiego di 88.025 volontari, è stato possibile finanziare e mettere a bando, in base alle risorse finanziarie disponibili, solo 2.447 progetti per l'impiego di 33.006 volontari, pari al 37,50 per cento di quelli richiesti.
Riguardo alle risorse relative all'anno 2009, si deve, innanzitutto, contestualizzare il momento storico. Si deve cioè tenere conto anche dello scenario nel quale si è obbligati ad operare: la grave crisi economico-finanziaria internazionale, che ha colpito le maggiori economie del mondo non ha risparmiato l'Italia. Per affrontare tale crisi è stato necessario intervenire economicamente in alcuni settori per assicurare la coesione sociale del nostro Paese. Ciò ha indotto il Governo ad operare numerosi tagli alla spesa pubblica, che hanno riguardato anche il servizio civile. Infatti lo stanziamento previsto a favore del Fondo nazionale per il servizio civile è stato di circa 171 milioni di euro.
Tuttavia il Governo si è adoperato al fine di individuare ulteriori risorse che consentissero di avviare, pur in presenza di risorse limitate sul Fondo, un adeguato numero di volontari. A tal fine è stato inserito nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, una disposizione (articolo 4, comma 2) che ha modificato il regime previdenziale dei volontari, attraverso il passaggio da una contribuzione obbligatoria a carico del Fondo nazionale per il servizio civile (prevista all'articolo 9 del decreto legislativo n. 77 del 2002) ad un regime volontario «a riscatto». A seguito dell'entrata in vigore di tale normativa, che ha previsto l'eliminazione dei costi derivanti dalla contribuzione previdenziale per i volontari, l'Ufficio ha potuto realizzare, a decorrere dal 2009, un'economia pari a circa 19 milioni di euro.
Inoltre, successivamente all'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 185 del 2009, è intervenuto un accordo tra l'Ufficio nazionale per il servizio civile e l'Inps circa la decorrenza del passaggio dal regime di contribuzione figurativa (vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 77 del 2002) a quella obbligatoria, che ha permesso di conseguire un ulteriore risparmio di circa 21 milioni di euro.
Pertanto, nonostante la grave congiuntura economica, l'azione di Governo è riuscita, da un lato, ad arginare la complessa situazione debitoria ereditata, reperendo le risorse necessarie ad estinguere il debito

con l'Inps e, dall'altro, ad assicurare, l'avvio di circa 27.000 volontari (pari a circa il 28 per cento di quelli richiesti: 97,872), a valere sullo stanziamento di circa 171 milioni di euro previsto nella legge finanziaria per il 2009, cui sono stati aggiunti ulteriori 40 milioni di euro reperiti nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Appare, pertanto, evidente che l'affermazione degli interroganti, relativa al «forte ridimensionamento» delle risorse destinate nel 2009 al servizio civile, non è propriamente puntuale, atteso che non tiene conto dell'accantonamento obbligatorio di circa 33 milioni di euro disposto nell'anno 2008, né del fatto che, nello stesso anno, sono state utilizzate per l'avvio di 33 mila volontari risorse finanziarie da destinare all'estinzione del debito con l'Inps. Gli interroganti inoltre non prendono in considerazione le iniziative adottate nel 2009 dall'attuale Governo per reperire ulteriori risorse economiche e far fronte alla riduzione dello stanziamento previsto nella legge finanziaria.
Perplessità sorgono, inoltre, circa l'affermazione degli interroganti secondo cui, a causa della riduzione degli stanziamenti per l'anno 2009, i criteri di ammissione dei progetti di servizio civile sarebbero stati rideterminati al fine di diminuire il numero dei progetti da finanziare.
Al riguardo si ribadisce che la riduzione dei finanziamenti a favore dei progetti di servizio civile è stata causata dalla grave situazione economica che ha determinato una complessiva contrazione della spesa pubblica e, inevitabilmente, anche delle risorse stanziate a favore del Fondo nazionale per il servizio civile. Gli effetti di tale situazione hanno inciso su tutti i settori del servizio civile e su tutti gli enti presenti sul territorio nazionale e non solo sul settore assistenziale e sulle strutture dell'Anpas presenti in Piemonte.
Per quanto concerne l'asserita rivisitazione dei criteri di ammissione dei progetti di servizio civile, si fa presente che recentemente è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2009 recante la disciplina della procedura per l'esame e la valutazione dei progetti, che ha sostituito il decreto ministeriale 3 agosto 2006. Il nuovo decreto sarà applicato ai progetti presentati nel 2010 e pertanto le disposizioni in esso contenute non hanno interessato la valutazione dei progetti del 2009, cui si riferiscono gli interroganti. Peraltro le modifiche previste sono volte essenzialmente ad abbreviare i tempi del procedimento e, con riferimento ai parametri di valutazione, non sono state introdotte modifiche tese a favorire particolari settori del servizio civile.
In merito alle preoccupazioni espresse dagli interroganti, riguardanti il gravissimo disagio provocato ai soggetti più deboli della popolazione dalla mancata assegnazione di volontari all'Anpas, si fa presente che è quantomeno fuorviante ritenere che attraverso il servizio civile svolto dai volontari si possano realizzare obiettivi che costituiscono i fini istituzionali propri degli enti. Tali fini, infatti, dovrebbero essere perseguiti indipendentemente dal servizio civile. Diversamente, si attribuirebbero al servizio civile finalità del tutto estranee a quelle previste dalla legge n. 64 del 2001: la realizzazione di progetti di servizio civile deve costituire un valore aggiunto per l'ente che lo realizza e non può in alcun modo costituire la sua ragion d'essere.
In particolare, riguardo all'Anpas ed ai progetti presentati, si fa presente che questo ente, iscritto alla prima classe dell'Albo nazionale degli enti di servizio civile con riferimento al 2009, ha presentato 50 progetti da realizzarsi in varie regioni per l'impiego di 3008 volontari. Di tali progetti 45 sono stati valutati positivamente dall'Ufficio nazionale per il servizio civile, ma le scarse risorse disponibili hanno consentito di finanziarne 7, per l'avvio di complessivi 1064 volontari. Tale numero corrisponde a circa il 35 per cento delle unita richieste. Facendo un raffronto con la situazione degli altri enti che hanno presentato progetti all'Ufficio nazionale, essendo iscritti all'Albo nazionale, si rileva che a tali enti è stato consentito, in relazione alle risorse disponibili, di impiegare in media un numero di volontari corrispondente a circa il 26 per cento di quelli richiesti. Ne

deriva che l'Anpas ha ottenuto finanziamenti per l'avvio di un numero di volontari superiore rispetto alla media degli altri enti iscritti all'Albo nazionale.
La circostanza che nella regione Piemonte non sia stato avviato alcun progetto appare priva di rilievo, in quanto l'Anpas è un ente che opera in tutto il territorio nazionale e, pertanto, presenta progetti da realizzarsi nelle diverse regioni. Poiché la valutazione dei progetti consiste in una procedura concorsuale, ne deriva necessariamente che, all'esito della valutazione, non possa essere garantito a nessun ente operante sul territorio nazionale il finanziamento di tutti i progetti da attuare in ciascuna regione. A tale stregua il mancato finanziamento di alcuni progetti presentati dall'Anpas è ascrivibile all'alea propria di una procedura concorsuale, cui sono soggetti tutti gli enti che presentano progetti di servizio civile.
Peraltro, occorre considerare che nella valutazione dei progetti il punteggio viene attribuito nel rispetto dei criteri di selezione fissati, per i progetti relativi all'anno 2009, dal decreto ministeriale 3 agosto 2006 (attualmente sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2009, come già anticipato). Tali criteri sono volti unicamente a premiare la qualità dei progetti e non prevedono di favorire o penalizzare alcun settore particolare, né contengono alcun riferimento ad un'equa distribuzione territoriale di progetti presentati da un medesimo ente. Ed invero nel caso di specie sono stati ammessi al finanziamento i migliori progetti presentati dall'Anpas e il mancato avvio di alcuni progetti è dovuto esclusivamente all'attribuzione di un punteggio inidoneo al finanziamento.
Tanto rappresentato, con riferimento al quesito posto dagli interroganti relativo alle iniziative che il Governo intende adottare per rivedere le modalità di accesso al finanziamento dei progetti e assicurare l'assegnazione di volontari a strutture che garantiscono assistenza alle fasce più deboli della popolazione, si fa presente che il Governo ha già adottato un'iniziativa in tal senso.
Infatti è stato predisposto un disegno di legge delega, approvato dal Consiglio dei ministri il 27 gennaio 2010, per l'emanazione di un testo unico volto a riordinare e razionalizzare la normativa in materia di servizio civile nazionale. Tale disegno di legge ha previsto tra i princìpi e criteri direttivi anche quello di individuare annualmente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro o del Sottosegretario di Stato delegato, le caratteristiche ed eventuali criteri di priorità per i progetti finalizzati all'assistenza di determinate categorie fisicamente svantaggiate.
Si segnala, inoltre, che il predetto disegno di legge delega, ha previsto la partecipazione economica al servizio civile da parte di regioni, province autonome ed enti, al fine di reperire ulteriori risorse finanziare e ottimizzare il sistema anche allo scopo di superare le difficoltà economiche emerse nel corso degli ultimi anni.
Per quanto concerne l'ulteriore quesito volto a conoscere se si intenda prevedere un incremento delle risorse economiche per garantire il finanziamento dei progetti svolti nel settore dell'assistenza, si fa presente che il Governo, pur in considerazione della grave situazione economica, si sta impegnando al fine di ottenere uno stanziamento straordinario a favore del Fondo nazionale per il servizio civile. È evidente che un aumento della dotazione finanziaria consentirà di destinare maggiori risorse a tutti i settori interessati al servizio civile tra cui anche quello oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in argomento.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 18 febbraio 2008 il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha dichiarato

che «Le sentenze della Corte di Giustizia europea devono essere rispettate. La Corte ha detto che si deve ristabilire la legalità: ridare a Europa 7 quello che è di Europa 7 e trasferire Retequattro sul satellite»;
il 20 novembre 2002 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 466, bocciò la legge Maccanico del 1997, affermando che la stessa, oltre a non aver dato seguito alla sentenza n. 420 del 1994, che aveva dichiarato illegittimo il duopolio Rai-Fininvest, aveva peggiorato la situazione «con effetti ulteriormente negativi sui principi del pluralismo e della concorrenza, e con aggravamento delle concentrazioni». Secondo i giudici costituzionali, la legge Maccanico «non garantisce l'attuazione del principio del pluralismo informativo, che rappresenta uno degli imperativi ineludibili» stabiliti dalla Costituzione e da quattro direttive europee, e Retequattro, uno dei tre network berlusconiani, avrebbe dovuto trasferirsi sul satellite, liberando le frequenze nell'etere a vantaggio di nuovi editori, entro il 31 dicembre del 2003;
in seguito, una serie di leggi e decisioni giudiziarie, ignorando le decisioni della Consulta, ha permesso a Retequattro di proseguire le sue trasmissioni; in particolare la legge Gasparri, firmata dal Governo Berlusconi, ha permesso a Retequattro di rimanere al suo posto;
la Quarta Sezione della Corte di Giustizia del Lussemburgo ha stabilito che il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva «è contrario al diritto comunitario» e «non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati». La sentenza, pubblicata, ha stabilito che: «L'articolo 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l'articolo 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "quadro"), gli articoli 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "autorizzazioni"), nonché l'articolo 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell'impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati»;
il Centro Europa 7 s.r.l. sin dal 1999, avendo vinto la gara per ottenere la concessione, avrebbe dovuto poter trasmettere su tutto il territorio nazionale, ma non ha potuto farlo, perché Retequattro, emittente del gruppo Mediaset, ha illegittimamente continuato ad occupare le frequenze -:
quali misure il Governo intenda adottare per dare seguito alla sentenza della Corte di Giustizia e per ripristinare tempestivamente la legalità violata, ponendo riparo ad una situazione che ad avviso degli interroganti nega i principi dello Stato di diritto e che ipoteca la possibilità di un futuro democratico per il nostro Paese.
(4-00030)

MECACCI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2008 il Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che è necessario «accompagnare il processo di liberalizzazione del sistema

audiovisivo, perché c'è ancora troppa concentrazione», e ha ribadito la necessità che «una rete Mediaset e una Rai vadano in anticipo su una piattaforma digitale terrestre. Non c'è nulla di così drammatico o punitivo come si vorrebbe fare credere»;
il 21 marzo lo stesso Ministro dichiarava, ospite della trasmissione Radio anch'io, che non serve «smembrare» Mediaset per aprire il mercato televisivo, ma sarebbe sufficiente trasferire una rete sul digitale, come stabilisce la legge -:
quali iniziative il governo intenda prendere in proposito, anche alla luce della recente pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito alla vicenda di Europa 7, sulla base della quale il fatto che una rete Mediaset (Retequattro) debba liberare le frequenze è un preciso obbligo giuridico al quale adempiere urgentemente, non una semplice «necessità».
(4-00031)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
La modifica del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, contenuta nel decreto ministeriale del 13 novembre 2008, prevede le fasi per il passaggio dalla canalizzazione italiana a quella europea.
La Conferenza internazionale di Ginevra, tenutasi nel giugno del 2006, introducendo definitivamente per la radiodiffusione televisiva l'obbligo della canalizzazione europea, ha reso possibile il reperimento di nuove risorse frequenziali ad opera della ricanalizzazione della banda III in VHF in Italia.
Il Ministero dello sviluppo economico, anche in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 2624/08, si è attivato, quindi, per l'attribuzione delle risorse frequenziali disponibili alla società Centro Europa 7, tenendo conto, al contempo, della necessità di contemperare l'interesse da questa vantato con gli interessi rilevanti di carattere generale (la razionale ed efficiente allocazione delle risorse frequenziali e la disciplina, progressivamente formatasi, per la transizione alla tecnologia digitale).
Il Ministero dello sviluppo economico con l'assegnazione del CH 8 ha, infatti, consentito alla società Centro Europa 7 l'utilizzazione in ambito nazionale di una rete di impianti in digitale, in osservanza della citata sentenza del Consiglio di Stato.
Si evidenzia, inoltre, che successivamente all'assegnazione del canale 8 la società Centro Europa 7 ha proposto un ulteriore ricorso al tribunale amministrativo regionale, ritenendo l'assegnazione di una sola frequenza insufficiente a coprire l'80 per cento del territorio nazionale e richiedendo, al contempo, il risarcimento dei danni.
Il giudizio pendente davanti al tribunale amministrativo regionale si è risolto con un accordo procedimentale in virtù del quale a fronte della rinuncia al giudizio da parte di Centro Europa 7, il Ministero dello sviluppo economico ha assegnato ulteriori frequenze integrative, soddisfacendo in tal modo le pretese della società.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

PROIETTI COSIMI, MOFFA, VERSACE e NIZZI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che dirigenti delle Poste Italiane S.p.a., siano inquisiti in un procedimento per i reati di devastazione e saccheggio a danno delle Poste Italiane S.p.a., e che siano stati recentemente rinviati a giudizio;
alcuni dirigenti in attesa del giudizio sono stati addirittura promossi recentemente, invece di essere sospesi dall'esercizio delle loro funzioni -:
come il Governo valuti tale comportamento di Poste Italiane S.p.a. e come, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire su questa vicenda inspiegabile sia sul piano della logica gestionale sia dell'equità in un momento in cui, oltretutto, il Governo sta lavorando attivamente per garantire il massimo della trasparenza e dell'efficienza nella pubblica

amministrazione e nelle società controllate dallo Stato.
(4-02774)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base di informazioni acquisite presso la società Poste Italiane.
In merito al presunto coinvolgimento di alcuni dipendenti in procedimenti per reati di devastazione e saccheggio, la società Poste Italiane ha precisato che dalle ricerche effettuate sull'intero territorio nazionale non risultano atti, procedimenti, o provvedimenti che possono essere, seppur indirettamente, riconducibili alle ipotesi delittuose riferite nell'atto in questione.
Nel rammentare, infine, che alla società Poste Italiane spettano le scelte organizzative e gestionali nell'ambito della propria autonomia societaria, si conferma, comunque, l'impegno del Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, a vigilare affinché tali scelte siano sempre conformi agli obblighi relativi allo svolgimento del servizio universale, contenuti nel vigente contratto di servizio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici - Federazioni rappresentativa di oltre 17.000 imprese e 600.000 addetti - dottor Alberto Tripi - ha avanzato lo scorso 7 luglio 2009 una serie di proposte contenute in un dossier «Le proposte del Settore dei Servizi Innovativi e Tecnologici per la manovra economica 2010»;
molte delle istanze avanzate risultano condivisibili anche in quanto perfettamente rientrati nelle politiche di sviluppo industriale adottate con successo dal nostro Governo;
paiono di particolare rilevanza i temi inerenti la competitività delle imprese (capitolo 1); le infrastrutture avanzate di comunicazioni elettroniche (capitolo 3), ed in particolare le reti di nuova generazione; le policy per la crescita (capitolo 6) -:
quali proposte siano già state recepite e siano in fase di recepimento, anche parziale, tra quelle indicate in premessa;
quale sia l'orientamento del Ministro in merito alle proposte citate.
(4-04199)

Risposta. - Il sostegno all'operatività delle imprese che svolgono ricerca e sperimentazione nelle nuove tecnologie costituisce, sicuramente, una delle priorità della politica industriale italiana.
La capillare diffusione delle nuove tecnologie, in particolare presso le piccole e medie imprese, consente, infatti, di valorizzare le punte di eccellenza presenti nel nostro sistema produttivo, favorendone la crescita competitiva sul mercato mondiale.
Per quanto concerne, in particolare, il tema delle infrastrutture avanzate nella comunicazione elettronica, è da ritenersi, sicuramente, condivisibile la necessità di puntare su infrastrutture di rete aperte in grado di fornire la necessaria flessibilità in un ambiente multi operatore. È, pure, di notevole interesse lo sviluppo di una rete di telecomunicazioni omogenea che possa offrire un giusto insieme di tecnologie
wired (fibra ottica, rame) e/o wireless (radio, ottico) a seconda dello scenario di riferimento.
Su tali argomenti il Ministero dello sviluppo economico, attraverso l'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione, ha recentemente organizzato un
workshop sulle attività di ricerca in merito agli sviluppi delle reti e dei servizi di nuova generazione.
In occasione di tale evento, sono stati esposti i risultati del progetto Sardana
(Scalable advanced ring-based passive dense access network architecture), orientato verso uno sviluppo sostenibile della banda ultra larga a basso impatto ambientale e a bassi costi di realizzazione, relativamente al quale si svolgono sperimentazioni nei laboratori di comunicazioni ottiche presso il citato istituto superiore.


Il Ministero dello sviluppo economico continuerà, quindi, a favorire le proposte di sviluppo nel settore dei servizi innovativi e tecnologici che costituiscono sempre più un elemento determinante per la qualità della vita dei cittadini e per la competitività delle imprese.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei primi giorni di novembre 2009 le principali compagnie petrolifere hanno rialzato i prezzi di benzina e gasolio;
tali aumenti paiono ingiustificati sia per le quotazioni del dollaro, sia per i ribassi del costo del greggio a livello mondiale;
la considerazione suesposta è altresì avvalorata dai dati relativi ai margini delle stesse compagnie, che risultano in aumento -:
se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di calmierare il costo dei carburanti, impedendo un aggravio dei costi a danno di cittadini ed imprese.
(4-04847)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si evidenzia, in primo luogo, che la tematica dell'andamento dei prezzi dei carburanti è costantemente seguita dal Ministero dello sviluppo economico.
A tal proposito, si fa presente che, nel giugno 2008, il Ministero dello sviluppo economico ha istituito un Tavolo permanente di confronto sul mercato petrolifero, per far fronte all'esigenza, attraverso il confronto con gli operatori e le categorie interessate, di trovare soluzioni in grado di incidere sulla struttura organizzativa del settore e ridurre, così, la distanza del costo industriale dei prodotti petroliferi tra l'Italia e gli altri Paesi europei.
L'attività del Tavolo è stata, inizialmente, orientata a studiare delle norme che potessero rimuovere alcuni vincoli commerciali all'apertura di nuovi distributori, per risolvere il contenzioso comunitario in atto in quel momento, e definire una nuova metodologia di analisi sull'andamento dei prezzi dei carburanti.
Si è giunti, poi, all'adozione di una metodologia di analisi dell'andamento dei prezzi e del confronto con i 15 Paesi dell'area euro, che tiene conto anche delle promozioni e delle offerte commerciali di benzina e gasolio.
Nell'ultima riunione del Tavolo, tenuta il 19 gennaio 2010, alla quale hanno partecipato l'Unione Petrolifera, l'Assopetroli, l'Assoliquidi, l'Assocostieri, il Consorzio Grandi Reti, Federmetano, l'Assometano, Federdistribuzione, Faib-Confaesercenti, FE.GI.CA. Cisl, Figisc Confcommercio, Cncu e i rappresentanti delle regioni, l'attenzione si è focalizzata sull'esame delle proposte di strumenti attuativi per la riforma del mercato dei prodotti petroliferi, della logistica e della rete di distribuzione dei carburanti oltre che sull'analisi dell'andamento dei prezzi dei carburanti, nel più recente periodo.
In particolare, circa l'andamento dei prezzi dei carburanti, il Tavolo si è espresso sulla necessità di fare chiarezza sul tema della cosiddetta doppia velocità dell'andamento dei prezzi dei carburanti, mediante una verifica da condurre tramite il Garante per la sorveglianza dei prezzi.
La metodologia proposta dal Tavolo è stata, poi, quella di procedere con l'elaborazione di una riforma condivisa, attraverso la consultazione del Tavolo le cui attività di dettaglio sono state ripartite nei seguenti quattro gruppi di lavoro ristretti:
1. mercato al dettaglio;
2. mercato all'ingrosso e logistica;
3. raffinazione ed industria;
4. qualità del servizio.

I citati quattro gruppi di lavoro hanno tenuto una serie di riunioni in data 3, 5, 12 febbraio e 3 marzo 2010. In tali sedi sono già emersi elementi condivisi per la riforma dell'intera filiera, basati sulla necessità di

agire per la salvaguardia e per fornire un maggior orientamento al mercato dei settori della raffinazione, della logistica e della distribuzione dei prodotti petroliferi, tenendo in considerazione, quale obiettivo fondamentale, anche la riduzione del cosiddetto «stacco Italia» (cioè la differenza tra il prezzo industriale medio dei carburanti in Italia e quello medio europeo).
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in risposta a interrogazione dello scrivente (4-01810) il Governo, con riferimento ai servizi gestiti da Poste Italiane, affermava «Con riferimento alle criticità concernenti la qualità del servizio del recapito dei prodotti editoriali, la, concessionaria del servizio universale ha reso noto di aver posto in essere una serie di iniziative, in collaborazione con le principali associazioni di categoria, per monitorare la qualità del servizio erogato e applicare le azioni correttive che si rendessero eventualmente necessarie»;
il Governo affermava inoltre: «la società ha assicurato che sono in fase di attuazione le seguenti iniziative: processo di monitoraggio e certificazione esterna dei livelli generali di servizio del comparto editoria; attivazione di gruppi di lavoro con tutte le principali associazioni (FIEG, AIE, USPI, ANES) per un confronto sistematico e trasparente sulle modalità di svolgimento del servizio di recapito; implementazione di un'attività di monitoraggio delle consegne, attuata anche attraverso l'utilizzo di strumenti innovativi messi a disposizione dei portalettere» -:
se si siano state effettivamente poste in essere, da parte di Poste Italiane, le azioni citate;
se ed in che misura il citato monitoraggio sulla qualità del servizio effettuato registri novità, e se le stesse siano positive o meno.
(4-05068)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante la qualità del servizio di recapito dei prodotti editoriali, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti, si comunica quanto segue.
La società Poste Italiane spa, al fine di rispondere alle richieste provenienti dai principali gruppi editoriali nazionali, ha attivato, dall'inizio del 2009, un sistema di misurazione della qualità del servizio postale, relativo al recapito dei prodotti editoriali, intesi come pubblicazioni periodiche.
Il monitoraggio, affidato ad una società specializzata esterna, certificata UNI ISO 9001, persegue il duplice obiettivo di rilevare il livello di qualità erogata
end to end (vale a dire il tempo intercorso dal giorno di accettazione al giorno di recapito) e di fornire uno strumento diagnostico interno a Poste Italiane, orientato alla gestione operativa che, attraverso il controllo degli standard di processo, consenta un costante miglioramento dei livelli di servizio.
L'attività di monitoraggio, basata su un modello statistico campionario, si svolge attraverso invii-test, inseriti nelle spedizioni di alcuni clienti editori, che hanno cortesemente offerto la propria disponibilità per lo svolgimento di tale operazione.
Gli invi-test sono spediti ad una lista di destinatari (collaboratori diretti della società incaricata della rilevazione) distribuiti su tutto il territorio nazionale, in modo da garantire una copertura capillare ed omogenea dei capoluoghi di provincia.
La rilevazione della qualità si esplica attraverso un applicativo
web che consente ai destinatari l'inserimento diretto in un portale Internet dei dati di ricezione delle spedizioni-test, e si traduce operativamente nella misurazione dei tempi di attraversamento della catena logistica, oltre che della percentuale degli invii-test recapitati entro lo standard previsto.


In particolare, il monitoraggio dei prodotti editoriali consente, con l'analisi puntuale delle
performance delle spedizioni monitorate, l'individuazione e la localizzazione delle criticità di processo e, di conseguenza, l'adozione delle opportune azioni correttive.
A distanza di un mese circa dalla data di spedizione dell'invio monitorato, viene fornito all'editore un
report con il dettaglio delle performance registrate a livello territoriale e l'indicazione delle eventuali criticità riscontrate nelle fasi operative.
L'offerta di monitoraggio delle spedizioni ha riscosso finora un generale apprezzamento da parte di una larga fascia del comparto dell'editoria.
Si sono infatti svolti anche incontri con alcune associazioni di categoria nel corso dei quali, oltre ad affrontare le problematiche operative di settore, sono state presentate le risultanze dei monitoraggi effettuati.
I risultati di qualità, registrati sui prodotti editoriali da gennaio ad ottobre 2009, evidenziano dei dati soddisfacenti: la
performance media nazionale, vale a dire la percentuale di invii-test consegnati nello standard (che è equivalente all'85 per cento delle spedizioni recapitate entro i tre giorni lavorativi successivi alla data di spedizione), risulta essere pari all'85,75 per cento.
Oltre al monitoraggio sopra descritto è stato anche introdotto un sistema di «controllo-accettazione» per i quotidiani in abbonamento. Presso i 74 stabilimenti della rete postale (CMP/CPO), preposti all'accettazione del prodotto di posta commerciale «quotidiani in abbonamento», vengono, infatti, effettuate rilevazioni giornaliere su tutte le testate in ingresso (187 testate nazionali), sia per quanto concerne la regolare e corretta tempistica di consegna, sia per quanto attiene le modalità di confezionamento/aggregazione da parte dei corrieri incaricati dagli editori.
Tramite tale monitoraggio è possibile rilevare, per ogni singolo quotidiano, a livello nazionale e locale:
il numero delle testate previste in consegna;
il numero delle testate effettivamente consegnate;
il numero delle testate consegnate per le quali non è stato, comunque, possibile effettuare la distribuzione entro i termini preventivati;
la percentuale delle testate previste, ma non consegnate ai centri;
la percentuale delle testate consegnate al centro di accettazione oltre orario limite previsto;
le quantità rimaste in giacenza.

Inoltre, sempre al fine di migliorare il servizio erogato, è stata posta in essere una modalità di controllo degli indirizzi critici o comunque già oggetto di reclamo, di volta in volta segnalati dai singoli editori, al fine di verificarne la correttezza e quindi permettere un corretto recapito oppure per rilevare eventuali anomalie e/o disguidi.
Utilizzando la stessa metodologia viene anche verificata l'esistenza delle cassette postali e la loro idoneità a contenere il prodotto editoriale, che può essere di differenti misure.
Si ritiene, quindi, che la società Poste Italiane stia, effettivamente, ponendo in essere le azioni concordate con il Ministero dello sviluppo economico, che continuerà, comunque, ad effettuare puntuali monitoraggi, segnalando ogni eventuale disguido, al fine di garantire a tutti gli utenti un ottimale servizio di recapito per i prodotti editoriali.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI, REGUZZONI, POLLEDRI e CROSIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
con circolare del 20 novembre 2009, a firma dell'onorevole professor Leonzio Borea, recante «nuove modalità di pagamento per i volontari su conto corrente bancario», l'ufficio nazionale per il servizio civile ha comunicato che «per i volontari

avviati a decorrere dal 1° dicembre 2009, i compensi saranno accreditati da questo Ufficio esclusivamente su conto corrente bancario intestato o cointestato al volontario e non più su libretto postale nominativo»;
si ricorda che sino al 1° dicembre 2009, le spettanze ai volontari venivano accreditate su apposito libretto di risparmio postale, intestato al volontario;
sempre nella circolare del 20 novembre si può leggere che «Grazie all'accordo tra questo Ufficio e la BNL i volontari potranno aprire un conto corrente bancario (Conto BNL Revolution Under 27) senza spese di canone - sino al compimento di 27 anni - e a condizioni vantaggiose»;
la scelta di mutare le modalità di accredito delle spettanze dei volontari pare sia stata dettata da questioni di carattere finanziario, al fine di eliminare la spesa di 500.000 euro prevista nella programmazione finanziaria dell'ufficio nazionale per il servizio civile per l'anno 2009 ed imputata alla «voce n. 4 - Convenzione con Poste Italiane SPA per gestione trattamento economico volontari in servizio civile»;
si segnala tuttavia che i cittadini italiani possono chiedere di svolgere servizio civile se aventi un'età minima di 18 anni ed un'età massima di 28. Pertanto numerosi volontari in servizio civile, avendo un'età superiore a 27 anni, non potranno accedere all'accordo tra l'ufficio nazionale per il servizio civile e BNL, e saranno gravati delle spese di tenuta conto;
si segnala inoltre che nel «documento di sintesi» del prodotto «conto Revolution under 27» di BNL è evidenziato come scatti un canone mensile di 6,90 euro nel caso di effettuazione di operazioni allo sportello: non corrisponde quindi al vero quanto affermato nella circolare sopra ricordata circa il fatto che il prodotto bancario offerto da BNL è in via assoluta «senza spese di canone». Preventivando anche una sola operazione mensile allo sportello da parte dei circa 25.000 volontari in servizio civile nell'anno 2010, ciò comporterà per gli stessi una spesa complessiva di oltre 172.000 euro;
ancora più grave il fatto che il «conto Revolution under 27» risulti gravato dall'imposta di bollo annua di 34,20 euro, come sempre si può evincere dal documento di sintesi del prodotto. Ciò significa che i 25.000 volontari in servizio civile nell'anno 2010 verseranno complessivamente oltre 850.000 euro di imposte di bollo, al fine di permettere un risparmio di 500.000 euro ad Ufficio nazionale per il servizio civile, grazie al non rinnovo del contratto con Poste Italiane SPA (si ricorda che i libretti di risparmio postale sino ad oggi utilizzati non sono gravati da imposta di bollo annuale);
le nuove modalità di pagamento dei volontari in servizio civile, ad avviso degli interroganti danno luogo ad un evidente caso di «trasferimento dei costi» dalla pubblica amministrazione ai singoli cittadini, ed in particolare per i volontari che si trovino nella sfortunata condizione di aver superato i 27 anni di età;
la sopra ricordata circolare del 20 novembre appare agli interroganti poco trasparente nella parte in cui afferma l'assenza di «spese di canone» -:
quali iniziative intendano adottare per evitare che nei prossimi mesi decine di migliaia di volontari siano costretti a versare centinaia di migliaia di euro in imposte di bollo, che incideranno sui loro magri assegni mensili di 434 euro, al solo fine di permettere un «risparmio» ad Ufficio nazionale per il servizio civile.
(4-05821)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti contestano le nuove modalità di pagamento dei compensi ai volontari del servizio civile, introdotte con la circolare dell'Ufficio nazionale per il servizio civile del 20 novembre 2009, recante «Nuove modalità di pagamento ai volontari su conto corrente bancario». Gli

interroganti, infatti, sostengono che l'iniziativa adottata, sebbene finalizzata ad eliminare a carico dell'Ufficio nazionale per il servizio civile la spesa di 500.000 euro prevista per il rinnovo della convenzione con Poste Italiane Spa, determinerebbe una serie di costi a carico dei volontari, relativi all'imposta di bollo e al canone mensile del conto corrente bancario. Chiedono pertanto di conoscere quali iniziative il Governo intenda intraprendere per evitare che tali spese incidano sugli assegni dei volontari.
A riguardo, si ritiene opportuno anzitutto rappresentare che l'Ufficio nazionale per il servizio civile, prima di procedere al rinnovo della convenzione con Poste Italiane spa, ha valutato, nell'ottica dell'economicità dell'attività amministrativa, tutte le possibili soluzioni volte a realizzare un risparmio per l'Ufficio e, nel contempo, ad offrire ai giovani volontari una modalità di accreditamento dei compensi più flessibile e vantaggiosa.
In tale ottica, al fine di individuare la soluzione più conveniente, l'Ufficio ha svolto un'indagine di mercato - cui ha partecipato anche Poste Italiane spa - a seguito della quale la soluzione presentata dalla Banca nazionale del lavoro, consistente nel prodotto «Conto BNL Revolution Under 27», è risultata essere la più vantaggiosa, sia per l'amministrazione che per i volontari, e pertanto si è proceduto alla stipula di una convenzione con il suddetto Istituto bancario.
Come peraltro ricordato dagli interroganti, la scelta effettuata dall'amministrazione di stipulare un accordo con la BNL consentirà di realizzare un'economia di spesa di circa 500.000 euro a favore del Fondo nazionale del servizio civile. La
ratio di tale scelta segue una serie di iniziative adottate dall'Ufficio nazionale per il servizio civile volte a reperire ulteriori risorse, rispetto a quelle stanziate nella legge finanziaria, e a garantire l'avvio di un maggior numero di volontari, pur in presenza di un quadro economico che riflette in modo significativo la crisi in atto. Tra tali iniziative si segnalano: la modifica del regime previdenziale dei volontari attraverso il passaggio da una contribuzione obbligatoria a carico del Fondo nazionale per il servizio civile (prevista all'articolo 9 del decreto legislativo n. 77 del 2002) ad un regime volontario «a riscatto»; l'introduzione di una procedura informatica per il rilascio in forma automatizzata degli attestati di svolgimento del Servizio civile volta, tra l'altro, ad eliminare gli oneri a carico dell'Ufficio relativi alle spese postali; l'elaborazione di una proposta che consenta di eliminare l'8,5 per cento dell'Irap ancora gravante sul Fondo nazionale dell'Ufficio.
Inoltre, al contrario di quanto sostenuto dagli interroganti, le nuove modalità di pagamento presentano notevoli vantaggi anche per i volontari. La convenzione con la BNL prevede, infatti, rispetto al libretto di risparmio postale o a un conto corrente tradizionale, una serie di agevolazioni e di benefici per i volontari, tra i quali si segnala: la puntuale valuta mensile di accredito; la gratuità del canone; il rilascio della carta bancomat; la carta di credito gratuita per il primo anno; l'assenza di costi per le operazioni via internet; la possibilità di prelevare gratuitamente presso tutti gli sportelli bancomat in tutto il mondo (incluso Bancoposta). La convenzione con BNL permette, altresì, la possibilità per i volontari del servizio civile, di fruire, senza garanzie supplementari - su richiesta - di una serie di ulteriori prodotti finanziari finalizzati ad ottenere prestiti e fondi pensione.
Per quanto concerne, invece, l'imposta di bollo, occorre tener presente che la corresponsione di tale tributo viene effettuato una sola volta nel periodo di svolgimento del servizio civile ed influisce in misura minima rispetto al compenso percepito dai volontari: l'incidenza dell'imposta è pari, infatti, allo 0,659 per cento del compenso annuo, quantificabile in circa euro 3 al mese.
Appare opportuno, peraltro, considerare che il volontario non è obbligato ad aprire un conto corrente bancario presso la BNL, in quanto, qualora sia già intestatario o co-intestatario di conto corrente presso qualsiasi altro istituto bancario, potrà utilizzare tale rapporto senza incorrere in ulteriori spese.


Con riferimento, poi, all'onere relativo al canone mensile, quantificato in euro 6,90, si precisa che tale spesa è eventuale, in quanto è addebitata al volontario esclusivamente nel caso in cui esegua operazioni allo sportello ed è circoscritta ai solo mese di riferimento. Pertanto, qualora il volontario effettui operazioni esclusivamente
on line ovvero tramite bancomat, non sarà gravato da alcun onere derivante dal canone mensile, come indicato nella circolare 20 novembre 2010. La quantificazione prospettata dagli interroganti, con riferimento ad una sola operazione mensile per ciascun volontario, appare una mera ipotesi in quanto i volontari possono effettuare le operazioni bancarie utilizzando gli strumenti di ampia fruibilità disponibili a costo zero, senza alcuna necessità di recarsi allo sportello ed incorrere nella spesa del canone mensile. Tuttavia, anche volendo tener conto delle denegata ipotesi prospettata dagli interroganti l'incidenza di tale spesa sul compenso annuo sarebbe esigua.
A fronte dei suddetti oneri, incidenti - si ribadisce - in misura minima sui compensi percepiti, il volontario gode dei considerevoli benefici sopra descritti, consistenti in una serie di servizi e in una maggiore fruibilità del conto, non previsti dalle modalità di pagamento in precedenza utilizzate. Infatti l'accredito sul libretto postale imponeva al volontario di recarsi esclusivamente presso gli uffici postali; diversamente l'accredito su conto corrente assicura al volontario medesimo l'ingresso in un circuito bancario internazionale, in un'ottica di modernizzazione delle operazioni finanziarie ed in linea con le esigenze delle nuove generazioni nonché con l'evoluzione dei tempi.
Circa le preoccupazioni espresse dagli interroganti in ordine alla preclusione dei benefici previsti dal «Conto Revolution under 27» per i volontari di età superiore a 27 anni, si rappresenta che l'Ufficio nazionale per il servizio civile si è attivato per rimuovere le disparità evidenziate, adottando, allo scopo, un'iniziativa che prevede l'estensione delle condizioni del Conto BNL Revolution fino al compimento del 28o anno di età. A tal fine è stata rettificata la citata circolare 20 novembre 2009: la suddetta modifica è stata pubblicata sul sito istituzionale dell'Ufficio in data 3 febbraio 2010.
Infine, si ritiene opportuno segnalare che l'Ufficio nazionale per il servizio civile ricorre, già da diversi anni, all'accreditamento su conto corrente bancario per il pagamento dei volontari di servizio civile impegnati in progetti all'estero. Tale modalità di pagamento, finora, non ha comportato alcuna problematica, bensì ha consentito di apprezzare la flessibilità e la maggiore fruibilità del prodotto offerto ai giovani.
Alla luce di quanto esposto emerge che l'iniziativa adottata dall'Ufficio nazionale per il servizio civile è pienamente coerente con i parametri di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa. Infatti l'Ufficio si è adoperato al fine di individuare una modalità di pagamento dei compensi che assicurasse ai volontari un utilizzo più dinamico dell'assegno mensile e garantisse un contenimento della spesa pubblica, senza gravare i giovani di eccessivi oneri.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

PAOLO RUSSO. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la sig.ra Immacolata Esposito, madre del bambino C.M. non vedente assoluto dalla nascita, ha inoltrato presso l'Assessorato alle politiche sociali della provincia di Napoli - per tramite della Unione Italiana Ciechi - richiesta per ottenere il servizio di trasporto scolastico per consentire al medesimo di raggiungere l'istituto professionale Paolo Colosimo e così proseguire gli studi previsti dopo le scuole dell'obbligo;
nonostante le continue sollecitazioni da parte dell'Associazione cui seguivano rassicurazioni ufficiose sul buon esito della pratica, ad oggi la scuola è iniziata

da tempo ed a dispetto del diritto allo studio, dell'integrazione dei disabili e delle pari opportunità, Mariano è costretto a restare a casa sognando di potere andare a scuola con gli altri bambini;
se sono finiti i tempi in cui le madri nascondevano i figli disabili agli occhi degli altri l'interrogante si chiede invece se sia iniziato il tempo in cui, di fatto, i disabili vengono nascosti dagli enti competenti risparmiando sull'assistenza dei più deboli con totale incuranza ed indifferenza -:
quali provvedimenti intenda assumere nell'immediato al fine di tutelare e garantire il diritto allo studio ed all'integrazione per C.M.
(4-01404)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente l'attivazione di un servizio di trasporto a favore di un alunno non vedente dell'istituto professionale Paolo Colosimo di Napoli.
A tale riguardo segnalo che, come riferito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca interpellato a riguardo, grazie ai finanziamenti erogati dall'amministrazione provinciale di Napoli, l'alunno C.M., disabile non vedente, usufruisce dal 6 ottobre 2008 dell'accompagnamento a scuola da parte degli operatori della
Social Innovation Service.
Nel ricordare che le problematiche connesse alla disabilità costituiscono oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero per le pari opportunità, attualmente impegnato nello studio delle soluzioni più idonee a garantire il raggiungimento di un'effettiva parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone diversamente abili, segnalo che la legge n. 67 del 2006 recante «Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni», ha introdotto nel nostro ordinamento degli strumenti giuridici che appaiono idonei a garantire l'effettiva parità di trattamento e a promuovere pari opportunità per le persone disabili, estendendo la particolare tutela giurisdizionale già prevista per le persone disabili vittime di discriminazioni in ambito lavorativo a tutte le situazioni che si presentano tali in ambiti diversi dalla sfera lavorativa. La legittimazione ad agire in giudizio per ricevere tutela contro gli atti discriminatori non spetta solo alla vittima, ma anche alle associazioni e agli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Sulla base del decreto interministeriale del 21 giugno 2007 la «Commissione per la valutazione degli enti legittimati ad agire in giudizio per la tutela delle persone con disabilità», operante presso il dipartimento per le pari opportunità, ha predisposto un primo elenco di 43 associazioni legittimate ad agire in giudizio a tutela della persone disabili, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - del 27 giugno 2008, n. 149, cui seguirà a breve un elenco aggiuntivo.
Pertanto, per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico alle associazioni rappresentative del mondo della disabilità viene attribuita la possibilità di utilizzare uno strumento coercitivo di carattere giudiziario per dare risposte immediate alle esigenze di vita delle persone diversamente abili.
In riferimento all'integrazione delle persone diversamente abili segnalo, infine, che il Dipartimento per le pari opportunità ha di recente presentato un avviso per il finanziamento di interventi finalizzati alla «promozione delle pari opportunità nel campo dell'arte e dello sport a favore dei soggetti diversamente abili» (
Gazzetta Ufficiale n. 14 del 5 febbraio 2010), il cui scopo è finanziare le iniziative dirette a valorizzare e ad accrescere le capacità dei soggetti diversamente abili per l'accesso e la diretta frequentazione di discipline sportive e artistiche, a rafforzare le abilità e le competenze possedute e ad integrare a livello relazionale, promozionale e culturale i soggetti portatori di handicap con i normalmente abili.
Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

SANGA e MISIANI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Bergamo consta di ben 244 comuni, molti dei quali ubicati in zone di montagna o comunque svantaggiati geograficamente o per le infrastrutture viabilistiche;
per quanto attiene ai servizi postali, le amministrazioni comunali hanno sempre manifestato concretamente disponibilità a garantire strutture e locali idonei;
gli uffici postali della provincia di Bergamo si trovano da anni con un organico inadeguato;
Poste italiane sta programmando la chiusura del turno pomeridiano di alcuni uffici postali della provincia, determinando situazioni di grande difficoltà per le comunità e i cittadini coinvolti;
tra i comuni oggetto di questa nuova programmazione dei servizi postali c'è il comune di San Pellegrino Terme, comune montano della Valbrembana, da sempre punto di riferimento per l'intera vallata, sia storicamente che geograficamente;
il comune di San Pellegrino ha avviato una grande operazione di rilancio turistico-termale d'intesa con la regione Lombardia, provincia, imprenditori privati che prevede investimenti per oltre 140 milioni di euro;
l'intera valle brembana è già stata oggetto di una penalizzante riorganizzazione del servizio postale -:
se confermino la nuova programmazione dei servizi come sopra richiamato e, nel caso, quali iniziative intendano assumere per impedire che delle comunità già fortemente penalizzate da una carente rete di trasporto pubblico e da forti criticità infrastrutturali siano ulteriormente penalizzate da una riorganizzazione dei servizi postali che peserà significativamente sui cittadini, sulle famiglie e sulle imprese del comune di San Pellegrino e dell'intera valle brembana.
(4-04414)

Risposta. - Si risponde all'atto indicato in esame sulla base degli elementi informativi acquisiti presso la società Poste Italiane.
In via preliminare si fa presente che il decreto 7 ottobre 2008, ha stabilito i criteri di distribuzione dei punti di accesso (uffici postali e caselle postali) alla rete pubblica, ai quali la società Poste Italiane è tenuta ad attenersi.
In particolare, per quanto concerne la distribuzione degli uffici postali, il citato decreto dispone all'articolo 2 che il fornitore del servizio universale assicuri sull'intero territorio nazionale:
una distanza massima di accessibilità al servizio (specificamente, un ufficio postale entro la distanza massima di 3, 5 e 6 chilometri dal luogo di residenza, rispettivamente per il 75 per cento, il 92,5 per cento ed il 97,5 per cento della popolazione);
l'operatività di almeno un ufficio postale nel 96 per cento dei comuni italiani;
un'apertura non inferiore a tre giorni e a diciotto ore settimanali, nei comuni con unico presidio postale.

Per quanto riguarda la rimodulazione dell'orario di apertura di alcuni uffici postali in provincia di Bergamo, Poste Italiane ha precisato che tali iniziative sono state adottate a seguito di specifiche analisi di flussi di traffico che hanno evidenziato una spiccata preferenza da parte della clientela ad eseguire le operazioni durante le fasce orarie antimeridiane.
Poste Italiane ha evidenziato, inoltre, che attualmente i predetti uffici erogano i servizi durante il turno antimeridiano, soddisfacendo adeguatamente la domanda della clientela.
A tal riguardo la società ha, comunque, precisato che l'ufficio postale di San Pellegrino Terme, a cui si fa riferimento nell'atto in esame, non risulta compreso tra quelli interessati da provvedimenti di rimodulazione oraria.
Poste Italiane ha segnalato che, durante le ore pomeridiane, sono a disposizione

della clientela gli apparati self service attivi «h 24», che consentono di effettuare le principali operazioni di sportello e sono distribuiti sull'intero territorio in modo da essere raggiungibili da parte di tutti gli abitanti della comunità montana della Val Brembana.
Quanto alla lamentata carenza del personale, Poste Italiane fa presente che il numero di risorse impiegate negli uffici postali della provincia di Bergamo risultano in linea con i fabbisogni della clientela ed in grado di assicurare i livelli attesi di qualità del servizio.
Si segnala, inoltre, che attraverso uno specifico accordo con i rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del lavoro per il personale dipendente di Poste Italiane, è stata prevista la necessità di adeguare l'offerta di servizi alla relativa domanda, in una logica di efficienza e di miglioramento della qualità e, in tal senso è stato definito un piano di ottimizzazione dei doppi turni degli uffici postali.
Sono stati realizzati tutti i progetti di informatizzazione, attraverso il posizionamento di apparati ATM e aree
self service accessibili 24 ore su 24, al fine di consentire ai cittadini la possibilità di fruire dei servizi che caratterizzano i flussi di clientela pomeridiana.
Per completezza d'informazione, Poste Italiane spa ha precisato che per ciò che concerne lo svolgimento del servizio di recapito in Val Brembana non è stata introdotta alcuna riorganizzazione del servizio.
L'unica variazione prevista in questo ambito è l'implementazione del Centro di distribuzione primario di Villa d'Almè che comporterà il trasferimento del personale portalettere dal presidio di Ponte Giurino al presidio di Sant'Omobono, l'Azienda assicura che tale modifica non avrà ripercussioni sul servizio di recapito, non comportando alcuna variazione dell'attività svolta dai portalettere.
Il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare, la situazione nella provincia di Bergamo, verificando che gli obblighi relativi allo svolgimento del servizio universale siano rispettati dalla società Poste Italiane.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da anni è in corso una battaglia legale e morale per la salvaguardia del Parco nazionale del Pollino, sito sui monti tra Calabria e Lucania;
nel territorio del comune di Laino Borgo (Cosenza), esiste una centrale elettrica, nota come centrale del Mercure, di proprietà dell'ENEL; la centrale è stata costruita a metà degli anni sessanta e all'epoca operava con due unità, alimentate dapprima a lignite e poi a OCD (olio combustibile denso), ciascuna della potenza di 75 MW elettrici;
l'autorizzazione alla costruzione della centrale del Mercure risale al 1962, epoca in cui venne rilasciata alla S.M.E. (Società Meridionale Elettrica) con il decreto del Ministero per l'industria e per il commercio di concerto con il Ministro per i lavori pubblici emanato in data 22 maggio 1962;
nella centrale termoelettrica del Mercure, le due unità da 75 MW erano predisposte inizialmente per il funzionamento a lignite, materiale estratto da giacimenti presenti nella zona;
nel 1966 iniziò il periodo di sfruttamento della lignite nella valle del Mercure, e già allora non furono adottate, da parte della società, le misure minime atte a preservare l'ambiente e i cittadini dalle abbondanti emissioni dei fumi. Nessun filtro risultava essere installato nell'impianto. I fumi uscivano dalla ciminiera e ristagnavano nella valle del Mercure a causa della particolare conformazione pedo-climatica dell'area industriale (inversione termica e «catino»). I danni alle persone, agli animali e alle coltivazioni furono enormi, tanto che venne riconosciuto, dopo varie lotte, il diritto al risarcimento;

nel 1970 il giacimento lignifero di contrada «Pianette» si esaurì e lo sfruttamento degli altri due giacimenti, in contrada «La Guardia» e contrada «Cavicchio», non venne ritenuto conveniente dal punto di vista economico, tant'è che l'ENEL decise di utilizzare l'olio combustibile denso, seppur in piena «austerity» per lo «scandalo petrolio» e per la crisi petrolifera;
per tale situazione, l'ENEL avviò la riconversione dell'impianto per il funzionamento a carbone, presentando nel 1984 il progetto di trasformazione alle Amministrazioni comunali, sia lucane che calabresi; nel 1985 il progetto venne formalmente trasmesso alle regioni Calabria e Basilicata per acquisirne il parere; nel 1986-1987 venne nominata una commissione scientifica per lo studio di impatto ambientale; nel 1987 venne presentata all'ENEL lo studio di impatto ambientale elaborato dalla commissione scientifica;
per la riconversione a carbone non furono investite né le istituzioni calabresi né quelle lucane;
in seguito l'ENEL, avendo ritenuto per motivi di ordine economico, in virtù del rapporto costi/benefici, di non procedere alla riconversione, collocò definitivamente a riposo i due generatori, nonostante vari e costosi interventi di ammodernamento effettuati;
più precisamente, una sezione della centrale fu disattivata e dichiarata dismessa al Ministero dell'industria e all'ufficio tecnico imposta di fabbricazione di Catanzaro nel 1993, mentre l'altra è stata posta in stato di arresto, con cessazione del servizio, dal 1997;
il 15 novembre 1993 è stato istituito il Parco nazionale del Pollino, a cavallo tra Calabria e Basilicata, comprendente il sito dove sorge la centrale ENEL del Mercure;
per i gravi danni ambientali e di immagine che questa centrale arreca alla valle del Mercure e al Parco nazionale del Pollino, viene da chiedersi perché l'Ente Parco non si sia battuto per chiedere la bonifica e lo smantellamento dei sito industriale, tra il 1997 e il 3 ottobre 2000 - data di presentazione all'Ente Parco, da parte dell'ENEL, del progetto di riconversione a biomasse di uno dei due gruppi della centrale;
il 3 ottobre 2000 e il 28 marzo 2001 in due sedute all'Ente Parco viene esaminato il progetto di riconversione a biomasse della centrale ENEL del Mercure;
l'Ente Parco aveva già rilasciato autorizzazioni alla società TERNA (società dell'ENEL) per la realizzazione del megaelettrodotto da 380.000 V, Rizziconi-Laino, che oggi deturpa alcune tra le aree più belle e significative del Parco nazionale del Pollino;
l'ENEL, in data 25 settembre 2001, ha presentato richiesta all'Amministrazione provinciale di Cosenza di riattivazione, con utilizzo di biomasse come combustibile, della sezione 2 della centrale del Mercure, sita nel territorio del comune di Laino Borgo (Cosenza), all'interno del Parco nazionale del Pollino;
l'8 aprile 2002 alla prima seduta della conferenza di servizi, l'Ente Parco ha chiesto che l'ENEL producesse la seguente documentazione integrativa al progetto: uno studio di impatto ambientale con particolare riferimento al traffico veicolare, emissione di fumi e inquinamento e un piano dettagliato sulla reperibilità del materiale oggetto di lavorazione;
l'8 maggio 2002, nel corso della seconda seduta della conferenza di servizi, l'ENEL ha consegnato la documentazione integrativa, inoltrata all'Ente Parco;
il 10 maggio 2002 il Comitato tecnico-consultivo per il rilascio delle autorizzazioni e concessioni dell'Ente Parco, vista la documentazione integrativa acquisita agli atti in data 8 maggio 2002, esprime parere favorevole al rilascio dell'autorizzazione per la riconversione della centrale;
il 16 maggio 2002 la provincia di Cosenza ha inviato un quesito al Ministero dell'ambiente, per verificare se fosse necessaria la procedura di VIA per il progetto

di riconversione della centrale ENEL del Mercure, ed il Ministero dell'ambiente ha risposto, con una nota del 30 maggio 2002, sostenendo che per il progetto di riconversione della sezione 2 della centrale ENEL del Mercure non era necessaria la VIA regionale (decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996), in quanto impianto termoelettrico;
questa interpretazione sommaria contrasta con le caratteristiche reali dell'opera, in quanto essa è una centrale termoelettrica, quindi un'opera industriale complessa formata principalmente da due impianti:
il primo, la caldaia, che brucia il combustibile derivante da biomassa creando vapore e acqua da per una potenza termica di 134 Mw, pertanto dovrebbe rientrare nella lettera A del punto 2 dell'allegato B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, modificato ed integrato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 settembre 1999 che così recita: «2. Industria energetica ed estrattiva: a) impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 Mw»;
il secondo, la turbina, che serve per generare energia elettrica per 35 Mw netti (41 Mw lordi), nella quale viene successivamente immesso il vapore e/o l'acqua calda prodotti dal primo impianto;
il 18 giugno 2002 il Ministero dell'ambiente ha segnalato la necessità di sottoporre il progetto a valutazione d'incidenza;
ciononostante, il Parco, con autorizzazione rilasciata in data 20 giugno 2002 dall'allora direttore Annibale Formica, ha dato il via libera alla messa in esercizio della riconversione a biomassa della centrale del Mercure;
ampia documentazione tecnica dimostra la pratica impossibilità di reperire in loco la biomassa necessaria ad alimentare la centrale e, infatti, la quantità di biomassa necessaria ad alimentare una centrale così grande, tra le più grandi d'Italia, è stimata nell'ordine delle 400.000 tonnellate/anno e oltre, quantità assolutamente non reperibile né in loco né per un amplissimo raggio dalla centrale;
l'ENEL, nella propria relazione tecnica che accompagna il progetto, ha dichiarato che la gran parte della biomassa sarebbe costituita da «legno cippato» che conta di prelevare dai boschi della Calabria e della Basilicata, stimata da ENEL stessa in 370.117 metri cubi. Quantità che stime sulla reale «disponibilità annua accessibile» indicano, invece, essere notevolmente inferiori. In parole povere, le stime dell'ENEL circa la disponibilità di «legno cippato» sul territorio delle due regioni non sono corredate da alcuna spiegazione e sono notevolmente sovrastimate anche alla luce della presenza di 3 centrali a biomasse già funzionanti in Calabria (Cutro, Strongoli e Crotone) che drenano tutta la biomassa calabrese disponibile. Il territorio della Basilicata dovrebbe, quindi, da solo, fornire la maggior parte del «legno cippato» per la centrale del Mercure ubicata nel comune di Laino Borgo, in Calabria, considerando inoltre che in Basilicata viene prevista la realizzazione di almeno due centrali a biomasse (Stigliano e materano) di potenza pari o abbastanza prossima a quella dell'impianto del Mercure;
l'ente elettrico dovrebbe pertanto disboscare grandi superfici forestali in Basilicata, in massima parte ubicate in aree protette (Pollino, Appennino Lucano, Gallipoli Cognato, Vulture, Foreste regionali demaniali). Ma è fin troppo evidente che la Basilicata non possiede la consistenza boschiva ipotizzata dall'ENEL per il funzionamento della centrale del Mercure;
il legno cippato» non compare nella definizione di biomasse di cui il comma 1, lettera a) dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 387 del 2003 «attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità», che definisce prodotti delle biomasse quelle relative alle

attività residuali della lavorazione del legno e delle attività silvicolturali;
secondo quanto specificato nel decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357 all'articolo 5 comma 3, si fa notare che per i progetti indicati nell'Allegato A e B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 non sottoponibili alla procedura di VIA, il proponente (ENEL) deve presentare alle autorità competenti (regione Calabria e regione Basilicata) una relazione documentata (valutazione d'incidenza) per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sul sito di importanza comunitaria (SIC) o sulla zona di protezione speciale (ZPS), tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo;
in ragione del coinvolgimento geografico ed ambientale delle regioni Calabria e Basilicata, la valutazione di impatto ambientale (VIA) nazionale sarebbe, altresì, da ritenersi necessaria, in base all'articolo 71 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che stabilisce come: «In materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), sono di competenza dello Stato: le opere e gli impianti il cui impatto ambientale investe più regioni...»;
come stabilito anche dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se nel sito interessato ricadono habitat naturali e specie prioritarie, l'intervento può essere realizzato solo per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, articolo 6, comma 10). In tutti gli altri casi (motivi di interesse privato o pubblico non rilevante), si esclude l'approvazione;
tutto il Parco nazionale del Pollino era già considerato area IBA (Important Birds Areas) e la Commissione europea ha indicato queste aree come zone da prendere da riferimento da parte degli Stati membri dell'Unione europea per l'istituzione di aree ZPS, fatto che l'Italia ha recepito, anche in seguito alla sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee per «insufficiente classificazione di nuove ZPS» (20 marzo 2003, causa C-378/01), emanando il nuovo elenco delle ZPS, ai sensi della direttiva 79/409/CEE (suppl. ord. Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2007), concernente le aree protette (nello specifico, Parco nazionale del Pollino e zone di protezione speciale (ZPS) IT9210275 - Massiccio Monte Pollino e Monte Alpi -, e IT9310303 - Pollino e Orsomarso che in pratica lo comprendono). La centrale del Mercure si trova così all'interno del Parco nazionale del Pollino e della ZPS Pollino e Orsomarso - IT9310303;
uno studio del professor ingegner Paolo Rabitti e del dottor Felice Casson, segnala, tra l'altro, la presenza nell'area di specie protette, quali la lontra (oggetto, recentemente, anche di un progetto di tutela del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interessanti le regioni meridionali, sottoscritto anche dal presidente del Parco nazionale del Pollino), che avrebbero, dall'avvio della centrale, danni molto rilevanti;
con decreto n. 536 dell'8 febbraio 2007 (BUR Calabria n. 5 del 16 marzo 2007) a firma del dirigente generale vicario, settore 55 del Dipartimento ambientale della regione Calabria, nel prendere atto del parere della Commissione di valutazione d'incidenza, si esprime parere favorevole con prescrizioni al progetto centrale termoelettrica del Mercure, riattivazione sezione 2 con «impiego di biomasse ricadenti in area SIC-ZPS - Valle del Fiume Lao - Pollino Orsomarso, nel comune di Laino Borgo»;
secondo un'analisi tecnica da parte della OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista), la valutazione d'incidenza rilasciata dalla regione Calabria appare vistosamente carente e non supportata da studi e pareri obbligatori da parte di organismi nazionali e comunitari;

il 30 luglio 2009 l'Ente Parco nazionale del Pollino ha dato parere favorevole nella conferenza di servizi sulla centrale ENEL del Mercure, promossa dalla provincia di Cosenza;
l'11 agosto 2009 con deliberazione n. 64 del consiglio direttivo del parco del Pollino, è stata emessa una sospensiva di 45 giorni del parere favorevole (all'ENEL) n. 7550 del 28 luglio 2009, reso il 30 luglio 2009 nella conferenza di servizi presso la provincia di Cosenza;
il 21 agosto 2009, l'Ente parco nazionale del Pollino ha richiesto parere all'Avvocatura dello Stato di Potenza;
il 21 settembre 2009 con deliberazione n. 66 del consiglio direttivo del Parco nazionale del Pollino si è data proroga di ulteriori 45 giorni alla sospensione di 45 giorni del parere favorevole (all'ENEL) n. 7550 del 28 luglio 2009, reso il 30 luglio 2009 nella conferenza di servizi presso la provincia di Cosenza;
l'8 ottobre 2009 l'Avvocatura dello Stato di Potenza ha emesso parere avverso il provvedimento favorevole (all'ENEL) n. 7550 del 28 luglio 2009 - di cui si suggerisce la revoca in autotutela - reso dall'Ente parco il 30 luglio 2009 nella conferenza di servizi presso la provincia di Cosenza;
il 12 ottobre 2009 con deliberazione n. 67, il consiglio direttivo del Parco del Pollino acquisisce e fa proprio il parere dell'Avvocatura dello Stato e dà mandato al direttore del parco per l'adozione degli atti connessi e conseguenti;
il 28 ottobre 2009, con determinazione n. 1111, del direttore dell'Ente Parco nazionale del Pollino, si procede all'annullamento in autotutela del parere favorevole (all'ENEL) n. 7550 del 28 luglio 2009, reso il 30 luglio 2009 nella conferenza di servizi presso la provincia di Cosenza;
la conferenza di servizi della provincia di Cosenza, chiusa il 31 luglio 2009, non ha espresso ancora il parere, nonostante il TAR abbia imposto termini, ormai anch'essi scaduti, anche a motivo della sospensiva prima, e del ritiro del parere poi, da parte dell'Ente parco;
a tutt'oggi l'Ente Parco nazionale del Pollino, non ha, da parte sua, ancora emesso il nuovo parere, così come previsto da norme e regolamenti;
la situazione sta degenerando, oltre che in relazione alle problematiche ambientali, anche con ricadute di carattere sociale e di ordine pubblico. Infatti sono già occorse manifestazioni popolari contro la riapertura della centrale, e sono stati organizzati presidi permanenti davanti alla sede dell'Ente parco, per chiedere il rispetto dei diritti delle popolazioni della valle del Mercure -:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro, per tutelare le popolazioni della valle del Mercure che sarebbero irrimediabilmente danneggiate dal progetto dell'ENEL, relativo alla riapertura della centrale elettrica, progetto potenzialmente pericoloso per la salute, per l'ambiente e per lo sviluppo economico ed occupazionale dell'intera area;
quali iniziative si intendano adottare per tutelare le preziose caratteristiche naturalistiche dell'area in questione, area sottoposta a duplice vincolo ambientale, in quanto situata all'interno del Parco nazionale del Pollino e della zona di protezione speciale (ZPS) Pollino-Orsomarso, nonché adiacente ad altre aree protette, SIC (Siti di Interesse Comunitario) e ZPS, che dall'entrata in funzione della centrale ENEL avrebbero gravissimo e irreparabile nocumento;
quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere, con l'urgenza che il caso richiede, per assicurare che il progetto dell'ENEL sia pienamente conforme alla normativa sia italiana che comunitaria;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia informato dell'atteggiamento assunto dal consiglio direttivo e dal direttore del parco nazionale del Pollino, che, dopo essere

stati costretti a ritirare in autotutela il precedente parere, a seguito dei gravissimi rilievi avanzati nei confronti dell'Ente Parco dall'Avvocatura dello Stato di Potenza, non hanno ancora espresso, a quanto consta all'interrogante, il nuovo, necessario e obbligatorio parere riguardo al progetto proposto dall'ENEL.
(4-05329)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, riguardante le vicende relative alla riattivazione della centrale del Mercure, nel premettere che trattasi di materia di competenza regionale, sulla scorta di quanto comunicato dagli enti locali, si rappresenta quanto segue.
Nell'anno 2001 l'Enel aveva presentato istanza di autorizzazione alla riattivazione della sezione n. 2 della centrale termoelettrica del Mercure ubicata nel comune di Laino Borgo.
A seguito di tre conferenze di servizi con gli enti interessati, fra cui l'ente Parco del Pollino, la regione Calabria e l'azienda sanitaria di Castrovillari, la provincia di Cosenza aveva rilasciato l'autorizzazione in data 2 settembre 2002.
In questa fase, e su richiesta delle predetta amministrazione provinciale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva rilasciato uno specifico parere che, in ordine alla ridotta potenza elettrica installata, escludeva, ai sensi della normativa allora vigente, la necessità della valutazione di impatto ambientale.
Successivamente, con decreto dell'8 febbraio 2007, la regione Calabria, previa richiesta dell'Enel, esprimeva parere favorevole circa la valutazione di incidenza ambientale e, in data 9 aprile 2009, su richiesta dell'ente Parco del Pollino, l'Enel acquisiva la valutazione di incidenza ambientale dalla regione Basilicata.
Nel 2007, sulla base della sopravvenuta direttiva europea 2006/12 e per come richiesto da questo Ministero, l'Enel richiedeva alla provincia di Cosenza un adeguamento dell'autorizzazione del 2002, esplicitando: «la limitazione all'uso esclusivo delle biomasse come alimentazione all'impianto».
Nel giugno 2009, anche in virtù di una sentenza del Tribunale amministrativo regionale Calabria favorevole alla richiesta dell'Enel di conclusione dell'
iter autorizzativo, la provincia di Cosenza teneva una conferenza dei servizi con l'acquisizione dei pareri favorevoli dell'Arpacal, del Corpo forestale dello Stato, dell'ente Parco del Pollino, dell'Azienda sanitaria locale di Castrovillari, dell'Azienda sanitaria locale di Cosenza, del settore ambiente e settore piano della provincia di Cosenza, della provincia di Potenza e dei comuni di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno e Castelluccio Inferiore; contrari dei comuni di Rotonda e Viggianello.
Il comune di Laino Borgo richiedeva, altresì, l'acquisizione di un parere da parte di una commissione medica circa l'impatto della centrale sulla salute delle popolazioni locali. Detta richiesta è stata accolta dall'Enel sulla base di specifici presupposti: alta professionalità dei componenti, operatività della commissione successiva all'emissione del decreto della provincia di adeguamento dell'autorizzazione e, infine, conclusioni delle attività di studio anteriormente alla messa in esercizio della centrale in argomento.
La provincia di Cosenza nel mese di agosto 2009 sospendeva il parere favorevole già rilasciato richiedendo specifico parere all'Avvocatura dello Stato di Potenza e, acquisitolo, in data 28 ottobre 2009, in autotutela, ritirava il citato parere.
A seguito di tale orientamento la provincia di Cosenza ha trasmesso la documentazione della conferenza dei servizi alla regione Calabria, ritenuta competente al rilascio del citato decreto di adeguamento dell'autorizzazione del 2002.
In data 5 febbraio 2010 la regione Calabria, in ordine alla competenza al rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione regionale, ha richiesto il parere alla competente avvocatura regionale che, con nota in data 1o marzo 2010, ha trasmesso la sopravvenuta sentenza del Tribunale amministrativo regionale Calabria n. 180 del 18 febbraio 2010 la quale ha statuito la competenza regionale al rilascio dell'autorizzazione.
A seguito della decisione del giudice amministrativo, l'ufficio regionale competente,

dal 1o marzo 2010, ha preso formalmente in carico il procedimento ed ha avviato l'esame di tutta la documentazione pervenuta, verificando, altresì, le conseguenze derivanti dall'acquisizione alla competenza regionale del procedimento in questione sui limiti imposti dall'articolo 2 della legge regionale n. 42 del 2008 alla quantità di potenza autorizzabile su scala regionale per ciascuna fonte rinnovabile.
Alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 124/2010, depositata in data 1o aprile 2010 ed in corso di pubblicazione, la quale ha sancito l'illegittimità costituzionale del citato articolo 2 e della conseguente decadenza dei limiti massimi di potenza autorizzabile dallo stesso previsti, si comunica che, ultimate le necessarie verifiche, la regione indirà, a breve, e successivamente convocherà la conferenza dei servizi al fine di acquisire eventuali nuovi pareri e/o confermare quelli già rilasciati.
Ciò premesso, relativamente ai quesiti posti dall'interrogante, la provincia di Cosenza, nell'evidenziare che le biomasse costituiscono una fonte di energia rinnovabile, ha fatto presente quanto segue:
il volume di biomasse stimato per il funzionamento dell'unità 2 per 8.000 ore all'anno al carico normale continuo, con un rendimento netto pari al 26 per cento ed una potenza elettrica netta di 35 MW, è pari a 190.000 tonnellate di cippato di legno e 150.000 tonnellate di legname da cippare, per un totale annuo di 340.000 tonnellate;
la stessa Enel spa conferma che per il funzionamento dell'impianto saranno approvvigionate esclusivamente biomasse vegetali vergini provenienti da attività di deforestazione, prodotte attraverso lavorazione meccanica del legno non contaminato da inquinanti e che è tassativamente escluso qualsiasi prodotto classificabile come rifiuto;
l'autorizzazione alla riconversione a biomasse della centrale del Mercure è stata rilasciata con atto dirigenziale della provincia di Cosenza in data 2 settembre 2002;
il procedimento in corso è relativo alle modifiche dell'autorizzazione richieste dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di utilizzare quale combustibile soltanto legno vergine proveniente da attività di deforestazione.

Per quanto riguarda, invece, la potenza dell'impianto, ha riferito che:
nel corso del procedimento amministrativo, la società Enel S.p.A. non ha mai avanzato proposta di ridimensionamento della potenza dell'impianto e inoltre, a seguito di apposita richiesta da parte del comune di Laino Borgo, ha acconsentito alla costituzione di una commissione con compiti di studio degli effetti sulla salute dei cittadini, determinati dall'entrata in esercizio a biomasse della sezione 2 della centrale del Mercure;
allo scopo di tutelare ulteriormente la salute dei cittadini residenti nella Valle del Mercure, gli enti coinvolti nel procedimento autorizzativo hanno imposto una serie di prescrizioni come la realizzazione di punti di controllo e/o misura, attrezzati con apposita apparecchiatura, aventi la funzione di raccolta di dati e parametri ambientali che saranno poi verificati dagli enti preposti al controllo; inoltre, nel comune di Laino Borgo, su cui insiste la centrale, sarà installato un apposito terminale da cui sarà possibile monitorare i parametri ambientali più significativi legati all'esercizio dell'impianto;
gli effetti impattanti sono stati debitamente considerati nella procedura di valutazione d'incidenza attivata presso la regione Basilicata, per i siti lucani, e presso la regione Calabria, per i siti calabresi, considerando tutti gli effetti indotti sull'ambiente in seguito alla riconversione della Centrale, quali, l'aumento del volume del traffico veicolare, fonti di approvvigionamento, emissioni sonore, impatti sulle specie di flora e fauna, effetti sul fiume Mercure, eccetera.

Si informa, a tal proposito, che le due regioni interessate si sono espresse positivamente nell'esaminare gli esiti dello studio di incidenza, fissando delle prescrizioni a maggior salvaguardia dell'ambiente circostante.

Inoltre, a maggior garanzia della tutela della salute dei cittadini, sarà costituita una commissione tecnico-scientifica con compiti di monitoraggio, tutela ambientale e ricerca epidemiologica degli effetti sulla salute dei cittadini interessati, dei lavoratori esposti nonché sull'intero ecosistema del fiume.
Compito di tale commissione sarà valutare in particolare le emissioni e le dispersioni degli inquinanti gassosi e delle ceneri, l'inquinamento acustico prodotto dall'impianto e dal traffico veicolare, l'inquinamento elettromagnetico, eccetera, per verificare la corrispondenza di tali parametri con gli
standards di accettabilità previsti dalla legislazione vigente e dalle prescrizioni imposte dagli enti in sede di conferenza dei servizi, al fine di individuare tempestivamente interventi e provvedimenti risolutivi da adottare.
Per quanto concerne, infine, il procedimento penale in corso presso la procura della Repubblica di Castrovillari relativo all'esistenza di rifiuti nocivi da bonificare all'esterno della centrale, si comunica che lo stesso è nella fase delle indagini preliminari.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

STRIZZOLO, MARAN e ROSATO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - per sapere - premesso che:
dopo 22 anni dal referendum del 1987, con i quali gli italiani dissero «no» alle centrali atomiche, il Governo Berlusconi ha deciso di riaprire la strada del nucleare, tecnologia energetica che, a giudizio degli interroganti, presenta enormi costi economici e ancora problematiche ambientali e di sicurezza. In quella occasione, si recò a votare il 65,1 per cento degli elettori, con i seguenti risultati: l'80,6 per cento contrario alla costruzione di centrali nucleari in Italia; il 71,9 per cento contrario alla partecipazione dell'Enel a impianti nucleari all'estero; il 79,7 per cento contrario ai contributi per incentivare le centrali nucleari;
il Parlamento ha approvato, col voto contrario del Partito democratico, il complesso di norme che consentono il ritorno al nucleare in Italia (legge 23 luglio 2009, n. 99, cosiddetta «legge sviluppo»), indicato da molti esponenti del centrodestra, in particolare dal Ministro interrogato, sostanzialmente come la «panacea» per i problemi energetici del Paese;
i siti per la costruzione delle future centrali nucleari potranno sorgere in aree già sedi di centrali o che comunque abbiano una buona capacità di trasmissione elettrica e disponibilità di acqua, secondo quanto previsto dal decreto legislativo attuativo della citata «legge sviluppo», che fisserà i criteri per la localizzazione dei nuovi impianti. Secondo indiscrezioni di stampa, di cui sono venuti a conoscenza gli interroganti, sulla base dei contenuti del suddetto decreto legislativo, il Governo avrebbe individuato dieci aree candidate ad ospitare i nuovi impianti per la produzione di energia nucleare e per lo smaltimento delle scorie: Trino Vercellese (Vercelli) in Piemonte, Caorso (Piacenza) in Emilia Romagna, Monfalcone (Gorizia) in Friuli Venezia Giulia, Chioggia (Venezia) in Veneto, Montalto di Castro (Viterbo) nel Lazio, l'area alla confluenza tra l'Umbria e il Lazio del Tevere e del Nera tra Orte (Viterbo) e Magliano Sabina (Rieti), Oristano in Sardegna, Termoli (Campobasso) in Molise, Scanzano Jonico (Matera) in Basilicata, Termini Imerese (Palermo) e Palma (Agrigento) in Sicilia;
la localizzazione definitiva delle centrali nucleari, secondo quanto dichiarato dal Ministro interrogato, sarà di fatto affidata ai soggetti privati che realizzeranno gli impianti. Infatti il Ministero, ricevute le richieste degli operatori, provvederà a trasmettere alla conferenza Stato-Regioni e all'Agenzia per la sicurezza nucleare l'elenco completo delle aree per una valutazione di merito. L'Agenzia avrà 60 giorni per esprimere il proprio parere;
a giudizio degli interroganti, è importante evidenziare che, sempre in base alla

«legge sviluppo», i siti delle nuove centrali e i luoghi per la gestione delle scorie potranno essere localizzati anche contro il parere della regione che dovrà ospitarli e inoltre gli impianti potranno essere equiparati ad installazioni militari e le informazioni sul loro funzionamento saranno in questo caso inaccessibili ai cittadini;
è importante sottolineare che ben undici regioni italiane hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la norma che consentirebbe di realizzare le centrali anche contro la volontà delle amministrazioni regionali coinvolte;
il Governo, rispondendo a un'interrogazione presentata alla Camera dei deputati dal Partito Democratico, non ha ritenuto di indicare l'elenco dei siti nucleari, ma non ha smentito che la lista in via di predisposizione ricalchi quella definita a suo tempo dal Comitato nazionale per energia nucleare (Cnen); tutto ciò significa semplicemente che degli oltre 40 siti della mappa nucleare dell'Italia, uno di questi si trova in Emilia Romagna, a Caorso, già sede di una storica centrale. Inoltre altri siti saranno valutati in zone costiere prossime alla medesima regione;
è opportuno sottolineare che il tipo di tecnologia che si adotterà sarà la tecnologia francese European pressurized reactor (EPR), che prevede una dimensione di 1.600 megawatt, che richiede quantità di acqua tali da escludere tutte le localizzazioni sul Po, la cui portata idrica non è stabile e, per molti mesi all'anno, molto inadeguata;
mentre ai cittadini non viene indicato dove nasceranno gli impianti nucleari, secondo gli interroganti, la lista sarebbe nota, non solo al Governo, ma anche alle imprese interessate all'affare, come avrebbe ammesso candidamente lo stesso amministratore dell'Enel Fulvio Conti, dichiarando testualmente nel corso di una trasmissione televisiva («Effetto domino», andata in onda su La7 il 6 dicembre 2009) che «nemmeno sotto tortura» avrebbe rilevato la lista;
a giudizio degli interroganti a fronte di vantaggi incerti e discutibili, in Italia non arriverebbero benefici dal ritorno al nucleare che, al contrario, comporta rischi economici ed ambientali notevoli: i problemi irrisolti legati allo smaltimento delle scorie, ai costi esorbitanti per la realizzazione degli impianti (che aggraveranno la bolletta energetica senza sviluppare alcun sistema di imprese ad alta tecnologia, essendo totalmente sussidiari alla tecnologia francese e non inseriti in una strategia industriale italiana) e ai pericoli di proliferazione procedure quasi militari per la localizzazione e la gestione di siti e impianti; estromissione delle regioni dalle scelte localizzative;
mentre l'Italia sceglie di ritornare dopo vent'anni all'energia nucleare, nel resto del mondo i grandi Paesi industrializzati non investono più nel settore nucleare, soprattutto da quando il mercato energetico si è privatizzato e nessun operatore di mercato investe se non ha coperture dei costi da parte dello Stato. Gli altri Paesi incentrano le proprie politiche di innovazione energetica sul risparmio, sulle fonti rinnovabili e sulla ricerca, vedendo in tali opzioni le strade maestre per fronteggiare i problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e per rendere le proprie economie più moderne e competitive -:
se il Ministro interrogato sia in grado di escludere che tra le aree dove prevedibilmente sorgeranno le future centrali nucleari, vi sia la regione Friuli Venezia Giulia, con particolare riferimento alla zona della costa al confine con il Veneto, ovvero lungo il fiume Tagliamento tra Spilimbergo (Pordenone) e Latisana (Udine) o il territorio del comune di Monfalcone;
se il Ministro intenda fornire urgentemente elementi sui criteri e le modalità di scelta adottati per la realizzazione delle centrali nucleari, nonché sul numero dei siti individuati per la localizzazione degli impianti e dei depositi per le scorie nucleari.
(4-06027)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.


Come è noto, il Governo, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 25 della legge sviluppo (legge n. 99 del 2009), ha predisposto uno schema di decreto legislativo, per definire le diverse fasi del programma nucleare italiano.
Tale schema di decreto (ora decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31), dopo l'esame delle competenti Commissioni parlamentari e la convocazione della conferenza unificata per l'acquisizione del relativo parere, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010.
Quanto al contenuto di detto decreto si ribadisce che il Governo, con questo provvedimento, ha avuto come obiettivo prioritario quello di porre le basi legislative per una maggiore garanzia della sicurezza degli impianti nucleari, della tutela della salute della popolazione e degli operatori e della protezione dell'ambiente, non certo quello di stilare degli elenchi di siti candidati ad ospitare detti impianti.
Dunque, il riferimento contenuto nell'atto in esame secondo il quale «il Governo avrebbe individuato di 10 aree candidate ad ospitare i nuovi impianti per la produzione di energia nucleare e per lo smaltimento delle scorie», non appare appropriato. Infatti, il citato decreto legislativo prevede che l'Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn), istituita dall'articolo 29 della «legge sviluppo» (legge 23 luglio 2009, n. 99), definisca soltanto i parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee ad ospitare un sito nucleare, sulla base dei contributi e dei dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, ivi incluse le Università.
Tali parametri saranno, successivamente, approvati dal Governo, unitamente al documento programmatico sulla strategia nucleare, sulla base di una procedura di consultazione pubblica ed istituzionale che coinvolgerà tutti gli enti ed i soggetti interessati, nonché della valutazione ambientale strategica, agli esiti delle quali i parametri suddetti dovranno essere adeguati.
Solo dopo il completamento di tale procedura potrà avvenire, secondo quanto stabilito dallo schema di decreto, l'individuazione dei siti, peraltro ad iniziativa e sulla base di specifica richiesta degli operatori interessati.
Spetterà, conseguentemente, all'Agenzia l'esame della rispondenza dei siti proposti ai criteri ed ai parametri individuati e la conseguente certificazione degli stessi, che sarà successivamente sottoposta dal Governo all'intesa con la Regione interessata e con la conferenza unificata, ai fini dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio delle centrali, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli territoriali di governo.
In base a quanto precisato, risulta evidente che la scelta dei siti non viene operata dal Governo ma viene rimessa ad apposite procedure dettate dal decreto che coinvolgeranno i ministeri competenti, in particolare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, gli enti locali e gli operatori interessati.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

STUCCHI, CONSIGLIO, PIROVANO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerosi uffici postali della Provincia di Bergamo soffrono ormai da anni di una grave carenza di personale;
Poste Italiane Spa ha previsto entro breve la chiusura del turno pomeridiano di alcuni uffici postali della Provincia di Bergamo, tra cui figurerebbe anche quello di Zogno (Bergamo) e di San Pellegrino Terme (Bergamo);
l'Amministrazione comunale ha sempre collaborato con l'ufficio postale di Zogno, attraverso l'affidamento di alcuni servizi di riscossione dei tributi;

il Comune di Zogno (Bergamo) è il paese più popoloso della Valle Brembana, nonché sede di numerosi uffici pubblici, di attività commerciali e industriali e di un polo scolastico superiore, solo quest'ultimo frequentato da più di mille studenti;
la paventata chiusura arrecherebbe un enorme disagio alla popolazione e alla Amministrazione comunale di Zogno (Bergamo), ma anche un cospicuo inferiore introito nella casse di Poste Italiane Spa (e non solo), costringendo gli utenti ad indirizzarsi verso forme di pagamenti alternativi -:
se risultino veri i fatti esposti in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere, al fine di evitare gli ulteriori previsti disagi nella Provincia di Bergamo riguardanti l'erogazione dei servizi postali.
(4-04302)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base degli elementi forniti dalla direzione competente, si comunica quanto segue.
La società concessionaria del servizio universale ha segnalato che, per quanto riguarda la distribuzione degli uffici postali sul territorio della provincia in questione, si attiene a quanto prevede, sull'argomento, il decreto 7 ottobre 2008 che disciplina i parametri per la fornitura del servizio universale su tutto il territorio nazionale.
In particolare, gli uffici postali di Zogno e Lovere, sono stati interessati da una rimodulazione dell'orario di apertura al pubblico, mentre l'orario dell'ufficio di San Pellegrino Terme è rimasto invariato. I due uffici citati mettono a disposizione della clientela, rispettivamente quattro e tre sportelli operativi, ed entrambi sono dotati di sportello bancomat (Atm) fruibile nelle 24 ore.
A seguito dell'analisi relativa ai flussi di traffico, che ha evidenziato una spiccata preferenza da parte della clientela verso le fasce orarie antimeridiane, gli uffici citati sono stati sottoposti a provvedimento di rimodulazione dell'orario di apertura e al momento erogano il servizio durante il turno antimeridiano soddisfacendo adeguatamente la domanda di servizi.
Nelle ore pomeridiane la clientela può comunque servirsi degli apparati
self service attivi h. 24, che consentono di effettuare le principali operazioni di sportello e sono distribuiti sull'intero territorio in esame, in maniera da essere agevolmente raggiungibili da parte di tutti gli abitanti della comunità montana della Val Brembana.
Per quanto riguarda la carenza di personale negli uffici postali della provincia di Bergamo, Poste Italiane ha precisato che il numero delle risorse applicate è in linea con i fabbisogni della clientela e che queste assicurano un corretto svolgimento del servizio.
Peraltro, attraverso uno specifico accordo con i rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del lavoro per il personale dipendente di Poste Italiane, è stata prevista la necessità di adeguare l'offerta di servizi alla relativa domanda, in una logica di efficienza e di miglioramento della qualità e, in tal senso, è stato definito un piano di ottimizzazione dei doppi turni degli uffici postali, a valle di tutti i passaggi relazionali con le organizzazioni sindacali.
Sono stati anche realizzati tutti i progetti di informatizzazione, attraverso il posizionamento di apparati Atm e aree
self service, accessibili 24 ore su 24, al fine di permettere ai cittadini di fruire dei servizi che caratterizzano i flussi di clientela pomeridiana.
Il Ministero dello sviluppo economico, attraverso gli uffici competenti, non mancherà, comunque, di vigilare affinché siano, in ogni caso, rispettati gli obblighi connessi allo svolgimento del servizio universale, affinché l'importante servizio reso dalla concessionaria universale, sia sempre più efficiente e adeguato alle esigenze sia dei cittadini, sia delle aziende operanti sul territorio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, sono stati sequestrati dai Carabinieri di Bergamo seimila cosmetici contenenti metalli pesanti in concentrazioni molto elevate e dannose per l'organismo, in diversi negozi cinesi della città e della provincia orobica;
il sequestro a scopo preventivo riguarda prodotti con marchio Riveel importati direttamente dalla Cina da due imprenditori cinesi di Milano, che erano stati già indagati per lo stesso reato nel dicembre 2009, quando in tutto il Paese vennero sequestrati 6 milioni di cosmetici -:
se i Ministri interrogati intendano attivarsi, anche tramite l'ausilio delle Forze dell'ordine competenti, affinché vengano adottate altre iniziative volte a salvaguardare la salute dei consumatori, che spesso si ritrovano ad essere vittime inconsapevoli di commercianti senza scrupoli.
(4-05705)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato in esame, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti e dal Ministero della salute, si comunica quanto segue.
L'azione del Ministero dello sviluppo economico è sempre improntata alla massima e costante vigilanza del mercato, per monitorare il fenomeno della contraffazione.
La «legge sviluppo» (23 luglio 2009, n. 99), ha introdotto nuove disposizioni volte a rendere più efficace l'azione di prevenzione e di contrasto alla contraffazione.
In particolare, è stato previsto un inasprimento delle sanzioni penali in materia di contraffazione di tutti i prodotti, quindi anche per i prodotti cosmetici, l'introduzione del reato, procedibile a querela di parte, di usurpazione di titolo di proprietà industriale nonché della fattispecie penalmente rilevante di contraffazione o alterazione di indicazioni geografiche o denominazioni d'origine.
È stata, anche, riformulata la sanzione amministrativa per chi acquista beni contraffatti, per favorirne l'applicazione generalizzata sul territorio, in un'ottica di contrasto alla domanda di beni contraffatti. Sono stati, quindi, attribuiti maggiori poteri alle forze di polizia, attraverso l'estensione delle cosiddette operazioni speciali (operazioni sotto copertura, acquisto simulato), oggi previste per i reati di mafia, nel caso di associazioni per delinquere finalizzate a reati di contraffazione, oltre alla confisca dei beni provenienti dal compimento dei reati di contraffazione.
Trattandosi, in particolare, di contraffazione di prodotti cosmetici, la materia è regolata dalla direttiva 76/768/CE, più volte modificata, da ultimo dalla direttiva 2003/15/CE del 27 febbraio 2003, e con regolamento CE n. 1223/2009 del 30 novembre 2009.
Il Ministero della salute ha attivato, sul proprio sito istituzionale, una specifica pagina per i prodotti pericolosi sequestrati in Italia. Dal suddetto sito si accede alla pagina «Rapex», sistema di allarme rapido per i prodotti pericolosi, con l'esclusione dei prodotti alimentari, farmaceutici e dispositivi medici, coperti da altri meccanismi. Tale sistema agevola lo scambio rapido di informazioni tra gli Stati membri e la commissione sulle misure adottate per prevenire o limitare la commercializzazione o l'uso di prodotti che presentano un rischio grave per la salute e la sicurezza dei consumatori.
A tal proposito il Ministero della salute informa che, nel caso preso in esame dalla presente interrogazione, relativa all'importazione di cosmetici dalla Cina, la Guardia di finanza di Venezia sta curando l'inoltro al Ministero dello sviluppo economico della documentazione necessaria alla notifica di 16 «allerta comunitari» (i sopraddetti Rapex) relativi al sequestro penale di prodotti cosmetici che risultavano contaminati da una elevata presenza di metalli pesanti, in misura molto superiore a quella consentita.


Il predetto ministero ha, inoltre, sottoscritto un accordo di collaborazione con il Comando carabinieri per la tutela della salute che, prevede un corso finalizzato ad implementare l'attività ispettiva nello specifico settore dei cosmetici, anche con la creazione di uno specifico nucleo ispettivo, mettendo a regime la notevole esperienza e professionalità maturata nel campo.
Operativamente sulla materia in esame, il Ministero dello sviluppo economico coordina una serie di tavoli di lavoro, che coinvolgono sia le istituzioni, sia le associazioni imprenditoriali e dei consumatori maggiormente rappresentative, in un'ottica di piena e fattiva collaborazione tra pubblico e privato.
Si segnala, altresì che, recentemente, è stato definito un protocollo di intesa con l'università degli studi di Roma «La Sapienza» ed è di prossima sottoscrizione un ulteriore accordo con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, al fine di individuare lo stato di applicazione delle norme sulla tracciabilità e rintracciabilità dell'origine dei prodotti e realizzare un progetto pilota volto a offrire alle imprese un nuovo strumento di tutela della proprietà industriale.
Infine, il prossimo avvio del Consiglio nazionale anticontraffazione, istituito con la legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo), consentirà di condurre ad unità l'elaborazione di indirizzi e strategie in materia di lotta alla contraffazione, con una azione tesa a ricercare le necessarie sinergie anche con le politiche e le azioni in materia di sicurezza dei prodotti e tutela del
made in Italy.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Adolfo Urso.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
secondo la stima dell'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza sulla base dell'indagine «Oltre il Made in Italy», presentata il 20 gennaio 2009 in un convegno a Monza, ammonta a quasi 200 milioni di euro l'investimento delle imprese bergamasche in innovazione, attraverso la registrazione di invenzioni, marchi e brevetti;
tale rapporto attribuisce un valore di oltre 1,5 miliardi di euro all'intera Lombardia e di oltre 7,5 miliardi di euro all'intero Paese;
questo patrimonio di investimenti è a rischio di imitazioni illecite, che, secondo le stime dell'indagine, costano alle imprese italiane quasi 50 miliardi di euro all'anno: in Lombardia in particolare le perdite economiche causate dalla contraffazione sono stimate in quasi 10 miliardi di euro, distribuiti per lo più tra le imprese milanesi (oltre 3 miliardi di euro), bresciane (oltre 1,5 miliardi di euro), bergamasche (quasi 900 milioni di euro) e varesotte (oltre 800 milioni);
dal 99,1 per cento del campione di studio emerge che la difesa del «made in Italy» sia considerata una priorità dalla quasi totalità degli imprenditori bergamaschi;
tra gli strumenti di difesa indicati sono chieste azioni mirate quali la tracciabilità (76,9 per cento), maggiori controlli (46,3 per cento) e, in misura inferiore, l'etichetta obbligatoria (30,6 per cento);
riguardo alla tracciabilità dei prodotti, in particolare, prevale chi ritiene che dovrebbe essere obbligatoria e non solo volontaria;
il 96,3 per cento dei bergamaschi sentiti nell'indagine è convinto che il «made in Italy» deve essere rigoroso, prevedendo sia l'ideazione, sia il confezionamento del prodotto in Italia -:
se non ritengano necessario, anche alla luce dei dati allarmanti dell'indagine riportata in premessa dalla quale risultano ingenti perdite per le imprese del nostro Paese, ed in particolare della provincia di Bergamo, a causa delle imitazioni illecite di prodotti, promuovere a livello europeo l'adozione di misure più stringenti per la

tutela dei prodotti nazionali dalla concorrenza sleale in modo da favorire la ripresa economica e produttiva nel nostro Paese.
(4-05836)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti e dal Ministero dell'interno, si comunica quanto segue.
L'azione del Ministero dello sviluppo economico è improntata alla massima e costante vigilanza del mercato, per monitorare costantemente il fenomeno della contraffazione, anche attraverso il confronto con tutti gli attori coinvolti, e conseguentemente elaborare piani e linee di intervento.
Dal 1o agosto 2008 è, infatti, operativa presso il Ministero dello sviluppo economico una linea diretta dedicata al servizio delle imprese e dei consumatori per segnalare casi di contraffazione e violazione delle norme che tutelano il
made in Italy. Recentemente è stata prodotta, su iniziativa del ministero dello sviluppo economico, una campagna pubblicitaria per sottolineare come la compravendita di beni contraffatti è un danno grave, per tutta la collettività, per le imprese e per i lavoratori regolari, per la sicurezza dei consumatori, per il fisco e, dunque, per tutto il Paese.
La «legge sviluppo» (23 luglio 2009, n. 99), ha introdotto importanti disposizioni volte a rendere più forte ed efficace l'azione di prevenzione e di contrasto alla contraffazione.
In particolare, è stato previsto un inasprimento delle sanzioni penali in materia di contraffazione di prodotti industriali e l'introduzione del reato, procedibile a querela di parte, di usurpazione di titolo di proprietà.
Inoltre, è stata rivista la sanzione amministrativa per chi acquista beni contraffatti, per renderla più efficace e favorirne l'applicazione generalizzata sul territorio, in un'ottica di contrasto alla domanda di tali prodotti. Sono stati, quindi, attribuiti maggiori poteri alle forze di polizia, per le casistiche di associazione a delinquere finalizzate a reati di contraffazione, e la possibilità di confiscare i beni provenienti dal compimento dei reati di contraffazione.
Per quanto riguarda l'invasione di prodotti asiatici, è possibile far ricorso agli strumenti di difesa commerciale previsti dalla normativa comunitaria.
Il ministero dello sviluppo economico si è in più occasioni attivato, e continuerà ad adoperarsi a livello di Commissione europea, per richiedere l'introduzione di misure
antidumping o di salvaguardia, anche in relazione a importazioni dai paesi asiatici e specificamente dalla Cina. Ciò ha reso possibile l'effettiva applicazione di misure a difesa dei nostri comparti produttivi.
Il mezzo più efficace per combattere la pratica sleale della contraffazione, allo stato attuale, è il controllo alle frontiere da parte delle autorità competenti. Tuttavia, il provvedimento che più di tutti potrebbe garantire il consumatore sarebbe sicuramente l'adozione di una indicazione obbligatoria dell'origine (il cosiddetto «
made in»). Infatti, la presenza di tale marchio metterebbe immediatamente l'utente finale a conoscenza della reale provenienza di un determinato prodotto.
L'adozione del decreto-legge 25 settembre 2009 n. 135 può rappresentare un importante passo in questa direzione, ma ancora più importante potrebbe essere l'introduzione di un regolamento comunitario specifico.
L'indicazione obbligatoria del marchio di origine per i prodotti importati da Paesi extraeuropei è uno dei temi cui il Ministero dello sviluppo economico si è particolarmente dedicato negli ultimi anni, sia attraverso una azione di «
lobbying» presso la Commissione europea che mediante contatti politici con i Paesi dell'Unione europea contrari. Infatti, l'adozione di un qualsiasi regolamento da parte del Consiglio dell'Unione richiede una maggioranza di voti favorevoli che finora, nel caso dell'etichettatura obbligatoria, è sempre mancata.
Ad ogni modo, le pressioni esercitate dall'Italia hanno indotto la Commissione europea a presentare, qualche settimana fa, alcune ipotesi che modificano la proposta di regolamento già presentata nel 2005. Tali ipotesi (cosiddette «
option paper») restringerebbero

il campo di applicazione del regolamento ad alcuni settori e/o alcuni Paesi di origine, nel tentativo di raccogliere una più ampia base di consensi da parte degli Stati membri. Obiettivo del nostro Paese è quindi quello di riuscire a far sì che tale regolamento possa essere adottato nel più breve tempo possibile.
Per quanto riguarda, in particolare i prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, tali settori sono inseriti in un disegno di legge già approvato (il 10 dicembre 2009) dalla Camera dei deputati ed attualmente all'esame del Senato, che prevede l'istituzione di un sistema di etichettatura e di tracciabilità obbligatoria, nonché la definizione delle fasi di lavorazione, per l'apposizione dell'etichetta «
made in Italy».
Sempre sul problema della contraffazione, si ricorda che già con la legge finanziaria 2004 sono stati istituiti, presso le sedi estere dell'Istituto del commercio con l'estero, i
Desk di assistenza alle imprese, per la tutela della proprietà intellettuale (cosiddetti intellectual property rights), con l'obiettivo di offrire alle imprese italiane all'estero un insieme di servizi di assistenza e consulenza in materia di proprietà intellettuale.
Attualmente tali
Desk sono 11 e sono operativi presso quei Paesi nei quali più intensa è la diffusione del fenomeno della contraffazione, sia sotto il profilo della produzione di beni contraffatti, che di quello della loro distribuzione (Cina, India, Corea del Sud, Vietnam, Emirati Arabi, Turchia, Russia, USA e Brasile).
Il Ministero dello sviluppo economico si sta, poi, attivando, come più volte in passato, affinché la Commissione europea riesca a far inserire nell'accordo di partenariato e cooperazione attualmente in negoziazione con il Governo cinese specifiche disposizioni che tutelino adeguatamente i diritti di proprietà intellettuale.
Operativamente, poi, il Ministero dello sviluppo economico coordina una serie di tavoli di lavoro, che coinvolgono sia le istituzioni, sia le associazioni imprenditoriali e dei consumatori maggiormente rappresentative, in un'ottica di piena e fattiva collaborazione tra pubblico e privato.
Infine è stato, da poco, definito un protocollo di intesa con l'università degli studi di Roma «La Sapienza» ed è di prossima sottoscrizione un ulteriore accordo con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, al fine di verificare l'attuale situazione in tema di tracciabilità e rintracciabilità dell'origine dei prodotti e realizzare un progetto pilota volto a offrire alle imprese un nuovo strumento di tutela della proprietà industriale e di rafforzamento competitivo.
Il prossimo avvio del Consiglio nazionale anticontraffazione, istituito con la legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo), consentirà peraltro di condurre ad unità l'elaborazione di indirizzi e strategie in materia di lotta alla contraffazione, con una azione tesa a ricercare le necessarie sinergie anche con le politiche e le azioni in materia di sicurezza dei prodotti e tutela del
made in Italy.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Adolfo Urso.

TAGLIALATELA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli Stati Uniti, nel 2007, hanno proposto l'inserimento di tutte le specie del genere corallium in Appendice II della Cites (la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna minacciate di estinzione). Tale proposta è basata su dati assolutamente fuorvianti. Giusto per fare un esempio, dal 1994, in Europa, vige il divieto di pesca con reti a strascico, per cui la pesca avviene solo in modo selettivo: ebbene nella proposta americana si fa derivare il calo del pescato avuto negli anni successivi al 94, da una condizione di sofferenza della specie (senza nemmeno citare l'avvenuto divieto di pesca con strascico);
nel settembre 2009 si è tenuto a Napoli un importante workshop sul corallo, in cui i più grandi biologi mondiali,

ed anche il più importante studioso americano di coralli - Richard Grigg - hanno dichiarato che il corallo rosso non è a rischio di estinzione;
nel 1988, anche la Fao, nella consultazione tecnica sul corallo rosso del Mediterraneo, concluse i lavori senza chiedere particolari provvedimenti di protezione e suggerì l'utilizzo a rotazione dei banchi. Posizione, peraltro, riconfermata nel 2007;
attualmente, nel Mediterraneo il corallo viene raccolto da non più di cento subacquei che effettuano esclusivamente prelievi selettivi. Inoltre, la diminuzione della domanda mondiale di corallo fa sì che se ne peschi e se ne lavori sempre meno, con conseguente minore sfruttamento della specie;
Torre del Greco, il maggiore centro di lavorazione di corallium rubrum al mondo (corallo rosso del Mediterraneo), conta circa 300 imprese ed un indotto che coinvolge circa 5.000 persone. L'eventuale inclusione del corallo in Cites, provocherebbe, ad avviso dell'interrogante, un tale appesantimento burocratico che, aggiunto al danno di immagine, segnerebbe a fine di una fiorente attività, fiore all'occhiello del made in Italy, oltre ad una notevole perdita di posti di lavoro;
l'inclusione del corallo in un elenco di specie da proteggere, provocherebbe la chiusura di centinaia d'imprese artigianali-commerciali e la conseguente immediata perdita di ogni fonte di reddito per migliaia di persone, molte delle quali residenti nell'area della città di Torre del Greco e segnerebbe inoltre a fine di un'attività molto importante per la Campania;
dal 13 al 25 marzo 2010, si terrà a Doha, in Qatar, la Conferenza delle Parti e, in quella sede, notizie apprese dall'interrogante riferiscono che gli Stati Uniti ripresenteranno la richiesta d'inserimento del corallo nell'Appendice II della Cites -:
se il Governo ritenga necessario porre in essere ogni idonea iniziativa, durante la riunione di Doha, al fine di scongiurare l'inserimento del corallo rosso del Mediterraneo nell'Appendice II della Cites.
(4-05470)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che, come noto, la Cites elenca in tre appendici le specie animali e vegetali potenzialmente o effettivamente minacciate di estinzione soggette a commercio internazionale. In particolare in appendice II sono incluse le specie non a rischio di estinzione, ma che potrebbero diventarlo se il loro commercio dovesse continuare negli attuali volumi, e se esso non venisse regolamentato.
Gli Stati uniti d'America hanno presentato una proposta di inclusione in appendice II della Cites dei generi
Corallium e Paracorallium, alla Conferenza delle parti Cites (CoP15), che si è tenuta dal 13 al 25 marzo 2010 in Doha, Qatar.
La Commissione europea, nell'ambito delle riunioni del Comitato Cites, che hanno preceduto la Conferenza delle parti, ha richiesto agli Stati membri di esprimere la propria posizione nei confronti della richiesta statunitense all'Unione europea di farsi coproponenti dagli Stati uniti della proposta.
Questo ministero, responsabile
in primis per l'attuazione della Convenzione di Washington e dei Regolamenti comunitari connessi, ha espresso a nome dell'Italia il proprio dissenso, sia in sede di riunioni internazionali, che formalmente con la nota indirizzata alla Commissione europea in data 10 agosto 2009.
Facendo seguito a quanto stabilito durante la scorsa CoP (CoP14), questo ministero, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri e con il Governo degli Stati uniti d'America, ha organizzato il
workshop internazionale di Napoli, nel settembre 2009, al fine di definire un quadro completo sia delle conoscenze scientifiche, che delle strategie di gestione, che dell'utilizzo commerciale del Corallo rosso mediterraneo.
Preme sottolineare che dalle presentazioni discusse durante il
workshop è emerso che la specie Corallium rubrum (corallo rosso del Mediterraneo) è in buono

stato generale di conservazione e che la specie è abbondante e diffusa in tutto il bacino mediterraneo. E stato inoltre riconosciuto che il Corallium rubrum nel Mediterraneo è prelevato in modo selettivo, che esiste una normativa comunitaria che impone a tutti gli Stati membri il divieto di prelievo con metodi distruttivi. Sotto questo punto di vista è stata evidenziata la positiva esperienza dimostrata dalla Regione Sardegna, dove, grazie a metodi di gestione opportuni e prelievo sostenibile, la risorsa non è in declino. Ciò dimostra che la protezione e l'utilizzo sostenibile della risorsa dovrebbe essere conseguita attraverso un sistema locale di piani di gestione regionali.
Infine, è apparsa evidente la necessità di considerare anche gli aspetti socio economici di una possibile inclusione in Cites, essendovi non solo pericolo che l'inclusione di
Corallium e Paracorallium in appendice II della Cites possa causare un aumento di prelievo illegale, ma anche una notevole probabilità di un effetto estremamente negativo sul commercio internazionale in tali esemplari.
La Commissione europea in vista dello svolgimento del
workshop sul Corallo rosso del Mediterraneo ha prorogato i termini per la presentazione dei commenti alla proposta di co-sponsorship, al fine di consentire a tutti gli Stati membri di valutare le risultanze del workshop.
L'Italia, con nota del 5 ottobre 2009, ha espresso nuovamente il proprio dissenso ad appoggiare la co-
sponsorship, sia sulla base delle risultanze emerse dal workshop, sia sulla base del non rispetto dei criteri previsti dalla Ris. Conf 9.24 per l'inclusione nelle Appendici Cites da parte della proposta statunitense.
Tale posizione è risultata minoritaria ed è quindi stata approvata la richiesta della Commissione di co-sponsorizzare la proposta di inserimento in appendice II della Convenzione della famiglia
Coralliidae.
La direzione generale protezione della natura di questo ministero il 20 novembre 2009 ha partecipato alla riunione del Wpiei, acronimo di
Working party on international environment issues, che è la sede di negoziazione e coordinamento sulle tematiche ambientali a livello internazionale presso il Consiglio dell'Unione europea. In tale sede, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con il Ministero degli affari esteri, ha confermato la propria contrarietà all'inclusione in appendice II della Cites dei generi Corallium e Paracorallium, formulando una «riserva d'esame» alla proposta in parola, ed ha esortato il Consiglio a riconsiderare la decisione di co-sponsorizzare la proposta da parte dell'Unione europea, e in data 26 novembre 2009 ha notificato la propria riserva sulla proposta di co-sponsorship dell'Unione europea. In tale nota si ribadiva la assoluta mancanza della rispondenza ai criteri previsti dalla Ris. Conf 9.24 ed il grave appesantimento burocratico che avrebbe comportato una pesante ricaduta sull'economia che si basa sulla lavorazione dei coralli preziosi, comportando il rischio di chiusura per molte piccole imprese che sono soprattutto a base familiare e che non possono fare, quindi, fronte ad un eventuale aumento dei costi e dei tempi derivanti dall'inclusione in appendice II della Convenzione. Si è inoltre sottolineato come tale aspetto non sia assolutamente stato tenuto in considerazione dalla proposta statunitense, come invece previsto dalla Convenzione.
La suddette riserva e considerazioni sono state reiterate in data 24 dicembre 2009 con nota ufficiale della predetta direzione generale al Consiglio dell'Unione europea alla Commissione europea e alla Presidenza dell'Unione europea (Svezia), anche in vista dei successivi incontri a livello di Consiglio previsti per il 12 gennaio 2010 e 2 febbraio 2010.
In tali sedi è stato sempre ribadito dai rappresentanti di questo ministero, supportati dai rappresentanti del Ministero degli affari esteri e del Corpo forestale dello Stato, con forza il deciso dissenso dell'Italia alla proposta di inclusione e alla co-
sponsorship dell'Unione.
In data 14 gennaio 2010, sempre la direzione generale protezione della natura ha inviato una nota al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali,

direzione generale per la pesca, e al Ministero degli affari esteri, direzione generale per la cooperazione economica e finanziaria multilaterale, per presentare alla riunione del Comitato scientifico della commissione generale della pesca per il Mediterraneo (General fisheries commission for the Mediterranean) le risultanze del Workshop di Napoli e richiedere, sulla base di tali risultanze, di promuovere una proposta di gestione della risorsa da parte di quest'organismo, che a parere di questo ministero, è più idoneo per garantire una corretta gestione della risorsa in tutti i paesi del Mediterraneo.
Si è quindi giunti alla Conferenza delle parti con una posizione comunitaria di appoggio alla proposta statunitense che è stata discussa in sede di Conferenza il 21 marzo 2010 nell'ambito del Comitato I della Conferenza. Dopo un'approfondita discussione da parte dei rappresentanti dei vari Stati parte e delle organizzazioni governative e non presenti, la proposta è stata messa ai voti e non raggiungendo i due terzi dei voti a favore, come previsto dalle regole di procedura della Conferenza, la proposta di inclusione non è Stata approvata, tale decisione è stata confermata in seduta plenaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

TORAZZI, BONINO, FUGATTI, DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dalle notizie rese note dall'Agenzia Ucanews, dal giorno 10 gennaio 2010 un gruppo di 48 cristiani della provincia di Salavan, nel sud del Laos, è in stato di detenzione con l'accusa di professare una fede pericolosa per la politica governativa. Sempre stando alle informazioni riportate dagli organi di stampa il rilascio dei prigionieri sarebbe condizionato ad una pubblica abiura del proprio credo;
il leader del Governo del distretto di Ta-Oyl ha ordinato l'arresto dopo un incidente avvenuto il mese scorso, quando cento ufficiali del distretto hanno fatto irruzione durante una celebrazione religiosa domenicale nella località di Katin;
nella retata del 10 gennaio, gli ufficiali del distretto hanno puntato le pistole alla testa dei cristiani e li hanno coattivamente portati agli arresti;
i loro beni personali sono stati confiscati e sei case sono state distrutte;
in Laos, il 65 per cento della popolazione è buddista, l'1,5 per cento cristiano con circa 40.000 cattolici. Le autorità comuniste accusano i cristiani di aderire ad un credo che rappresenta una minaccia per il sistema politico;
gli articoli 6 e 30 della Costituzione del Laos garantiscono il diritto dei cristiani e di altre minoranze religiose di praticare la religione che scelgono senza discriminazioni o penalizzazioni;
la retata del 10 gennaio rappresenta un ritorno al passato, alla persecuzione anticristiana degli anni Novanta, rientrata per la pressione internazionale e il rischio di perdere aiuti finanziari. Ora che il Governo ha stabilito stretti rapporti con Stati totalitari vicini come la Cina, le autorità tornano a perseguitare i cristiani;
dal 1975 in Laos il potere è in mano al Pathet Lao, il partito comunista laotiano, che ha espulso tutti i missionari stranieri e ha perseguitato le religioni. Dal '91 è in atto una «democrazia centralizzata», guidata dal Partito rivoluzionario del popolo laotiano. Sebbene negli ultimi anni vi sia stata un'apertura economica, vi è un grande controllo della Società e delle religioni. Verso i cristiani vi è una vera e propria campagna per sradicarli dal paese come «seguaci di una religione straniera». Per questo si vieta ogni diffusione della fede e ogni proselitismo, anche se si accettano alcune forme controllate di culto;
la Chiesa italiana è la prima a sostenere i cristiani nel mondo, e paga con

i suoi missionari, suore, preti e laici un prezzo di persecuzione sempre più pesante soprattutto in quei Paesi dove sono presenti regimi totalitari;
l'atrocità di questi crimini spesso non è più neppure oggetto di notizia da parte dei media, pronti, al contrario, a mettere in risalto tristi episodi come questi quando sono perpetrati nei confronti di uomini, donne o bambini di altre confessioni religiose;
più volte la Chiesa cattolica e la conferenza episcopale hanno chiesto ufficialmente che l'Europa e tutta la comunità internazionale guardi con più attenzione al problema intervenendo per porre fine a una situazione di massacri quotidiani nei confronti dei cristiani nel mondo;
questi ultimi episodi gravissimi di persecuzioni contro i cristiani vanno ad aggiungersi ai noti fatti dell'Africa e dell'India, dove dalla fine di agosto 2008 più di 60 cristiani sono stati uccisi, alle persecuzioni in America Latina, soprattutto in Messico e in Iraq, specialmente nella città di Mosul, da dove circa 2.400 famiglie cristiane sono state costrette a fuggire. Nel corso degli ultimi quattro anni, tra il 2004 e il 2008 le famiglie cristiane sfollate sono state 50.000;
secondo il rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo, dell'associazione «Aiuto alla Chiesa che soffre», risulta che sono più di 60 le nazioni nel mondo dove si verificano gravi violazioni del diritto alla libertà religiosa dei cittadini;
comunità cristiane vengono perseguitate anche in alcune regioni della Nigeria, dell'Etiopia, delle Filippine e di altri Paesi, soprattutto islamici;
il diritto alla libertà religiosa è un elemento che bisogna garantire ad ogni persona, così come la libertà di parola e di espressione;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, sancisce all'articolo 18, fra l'altro, che «ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti» -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di contrastare la persecuzione delle comunità cristiane nel Laos così come in altri Paesi, facendosi promotore presso la comunità internazionale di iniziative concrete finalizzate a contrastare con efficacia i soprusi perpetrati, in ogni angolo del mondo, a danno della comunità cristiana.
(4-06259)

Risposta. - La tutela della libertà di religione o di credo delle minoranze religiose rappresenta una delle priorità dell'azione dell'Italia in materia di diritti umani. Si tratta di un diritto fondamentale, tra i cardini della nostra civiltà, che in diverse parti del mondo è stato e continua ad essere oggetto di crescenti attacchi, rivolti soprattutto nei confronti delle persone di religione cristiana.
Recentemente, proprio prendendo spunto dagli attacchi contro le minoranze religiose - in particolare quelle cristiane - registratisi in diverse parti del mondo, l'Italia ha sollevato a più riprese il tema della difesa della libertà di religione e della tutela delle minoranze religiose in ambito Ue. Grazie a questo impulso, si è riusciti a giungere all'adozione, 16 novembre 2009, di conclusioni
ad hoc sulla libertà di religione da parte del Consiglio affari generali e relazioni esterne dell'Unione.
Tramite questo documento, i Ministri degli affari esteri dei 27 hanno riaffermato il loro forte impegno per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di religione o di credo - un diritto che, d'altra parte, si lega strettamente a quello della libertà di espressione - e si sono dichiarati allarmati per le notizie di frequenti e crescenti atti di estrema violenza contro persone appartenenti a minoranze religiose.

Inoltre, il Consiglio ha previsto anche l'avvio di un esercizio interno di valutazione degli strumenti a disposizione dell'Unione per contrastare l'intolleranza religiosa.
La riflessione è proseguita in seno al gruppo di lavoro comunitario sui diritti umani che ha accolto, in occasione della riunione del 9-10 febbraio 2010, le nostre proposte per un rafforzamento dell'azione dell'Ue tanto a livello bilaterale (anche attraverso una campagna di
demarches da avviare presso i Paesi terzi) che multilaterale (oltre all'azione in ambito Onu, organizzazione di iniziative transregionali sul tema della libertà di religione) Verrà inoltre data maggiore attenzione al tema sul piano dei finanziamenti a progetti in Paesi terzi (tramite l'european instrument for democracy and human rights, lo strumento finanziario Ue per la democrazia e i diritti umani) ed è stata avviata la predisposizione di vademecum sulla libertà di religione per i capi missione dell'Unione europea.
D'altra parte, e ad ulteriore riprova dell'impegno del nostro Governo, va menzionata, tra le iniziative più significative avanzate, la risoluzione sull'intolleranza religiosa che l'Italia e l'Ue hanno presentato nel 2009, come oramai da diversi anni a questa parte, all'Assemblea generale delle Nazioni unite. Si tratta di un documento che, sul piano del contenuto, rivolge innanzitutto una forte condanna verso tutte le forme di intolleranza e di discriminazione basate sulla religione o sul credo e riconosce l'aumento di episodi di intolleranza nei confronti delle comunità religiose nel mondo, tra le quali anche quelle cristiane.
Si tratta di un testo di notevole importanza politica perché, da un lato, affronta il problema dell'intolleranza religiosa in maniera organica; dall'altro, in quanto ha consentito all'Unione europea di riuscire nell'obiettivo di mettere a punto un testo condiviso approvato dall'Assemblea generale per consenso.
In merito al presunto arresto di 48 cristiani nel sud del Laos, le notizie rimangono frammentarie e basate su fonti non ufficiali. Si tratterebbe di un gruppo di protestanti evangelisti del villaggio di Katin nella provincia di Savannakhet (Laos del Sud) che sarebbero stati allontanati dalle autorità del villaggio in considerazione della propria fede, e che non si troverebbe in stato di detenzione in carcere bensì confinato nella campagna attigua (non risulta peraltro confermata la notizia di uso di armi da parte delle autorità locali). Tale episodio fa seguito ad una serie di altri incidenti che, sempre secondo informazioni non confermate, sarebbero occorsi tra la comunità animista e quella protestante nella stessa località di Katin. In particolare, nel luglio del 2009, il capo del villaggio avrebbe proibito la professione della religione cristiana e richiesto la conversione.
Tali eventi possono essere inquadrati nella più generale questione del livello di libertà religiosa in Laos. Le autorità laotiane esercitano infatti, in via di principio, un controllo sull'insieme delle religioni, inclusa quella buddista, che diventa ancora più incisivo nei confronti delle Chiese evangeliche in considerazione del loro proselitismo, di gran lunga più dinamico.
Nel novembre 2009, lo
special rapporteur delle Nazioni unite sulla libertà di religione e di credo, signora Asma Jahangir, ha visitato il Paese su invito delle autorità laotiane. Il rapporto di missione, nel mettere in luce l'alto grado di tolleranza religiosa della popolazione laotiana, fa al contempo presente come negli ultimi 12 anni si è avuta notizia di episodi di violazioni di diritti umani da parte delle autorità sulla base di motivazioni religiose o campagne finalizzate a forzare i cristiani alla conversione. Secondo lo stesso rapporto, la situazione sarebbe molto migliorata nei tempi recenti, pur permanendo delle preoccupazioni per specifici casi individuali e alcune politiche in palese violazione della libertà di religione o di credo. Le autorità laotiane avrebbero peraltro ammesso, in occasione degli incontri avuti con lo special rapporteur, che alcuni episodi sarebbero realmente accaduti, assicurando al contempo di avere impartito istruzioni alle amministrazioni locali affinché non si ripetessero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

TRAPPOLINO e ZUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Consorzio agrario di Rieti-Terni è stato posto in liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in data 18 settembre 1991;
il Commissario liquidatore del Consorzio agrario di Rieti-Terni nel corso dell'esercizio provvisorio di impresa ha ceduto (atto notarile del 27 settembre 2007) il ramo di azienda relativo ai settori merceologici alimentari e non (sito a Terni in Via del Maglio n. 16) al Consorzio Servizi s.r.l. di cui l'unico socio è il medesimo Consorzio Agrario di Rieti-Terni;
le aziende agricole delle province di Rieti e Terni vantano, alla data di oggi, crediti nei confronti del Consorzio Servizi s.r.l. per un totale di 759.227,23 euro. La cifra è il corrispettivo pattuito per la cessione del raccolto cerealico 2008 e 2009 ed è attestata dal computo delle fatture emesse dalle medesime aziende agricole tra il febbraio e l'aprile 2009;
in data 19 novembre 2009 il Commissario liquidatore ha pubblicato su due quotidiani nazionali (Il Messaggero e La Nazione) un «invito ad offrire» - con scadenza fissata al 9 dicembre 2009 - rivolto a chiunque interessato ad acquistare due magazzini di proprietà del Consorzio Agrario di Rieti-Terni (siti in Montecastrilli e Alviano) e il 100 per cento delle quote di partecipazione dello stesso Consorzio Agrario nella Consorzio Servizi s.r.l.;
l'«invito a offrire» pubblicato nei summenzionati quotidiani non evidenzia in maniera esaustiva l'obbligo per la parte acquirente del pagamento delle fatture emesse dalle aziende agricole per la vendita al Consorzio Servizi s.r.l. dei cereali delle campagne 2008 e 2009 pari all'importo evidenziato in precedenza (759.227,23 euro);
due importanti organizzazioni di categorie degli agricoltori hanno diffuso, in data 2 dicembre 2009, un comunicato stampa congiunto con il quale si chiede al Commissario liquidatore del Consorzio Agrario Rieti-Terni di ritirare l'«invito a offrire» perché possa essere riformulato al fine di tutelare anzitutto gli interessi delle aziende agricole creditrici -:
se i Ministri interrogati ritengano il dispositivo di vendita posto in essere dal Commissario liquidatore adeguato a tutelare le aziende agricole creditrici del Consorzio della provincia di Rieti e di Terni, specialmente in un momento di pesante crisi che mette quotidianamente a repentaglio attività e investimenti di un significativo settore dell'economia reatina e ternana.
(4-05302)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti di questo ministero, si comunica quanto segue.
Il Consorzio agrario di Rieti-Terni è stato posto in liquidazione coatta amministrativa in data 18 settembre 1991, con decreto del Ministro delle politiche agricole, mentre in data 30 ottobre 2006, con decreto n. 457 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali è stato nominato Commissario liquidatore del Consorzio il dottor Marco Pasquali.
I bilanci d'esercizio, del Consorzio agrario di Rieti-Terni, fino al 31 dicembre 2006, evidenziavano un risultato negativo.
Il ministero dello sviluppo economico, in accordo con il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e tenuto conto della situazione del Consorzio (verificata nel corso delle riunioni della Commissione per la valutazione delle attività dei Consorzi agrari), ha espresso parere favorevole alla continuazione dell'esercizio provvisorio d'impresa, al fine di consentire la conclusione delle procedure di dismissione.
Ciò per permettere al Consorzio agrario di mantenere inalterato il valore dell'azienda e di salvaguardare il livello occupazionale degli addetti.
Nel 2007 è stata riattivata l'attività di stoccaggio e commercializzazione dei cereali,

servizio indispensabile alla valorizzazione delle produzioni agricole. Sono, inoltre, state poste in essere collaborazioni commerciali con diversi imprenditori privati, diminuendo, quindi, l'indebitamento del Consorzio stesso.
Il bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2007 aveva iniziato ad evidenziava, perciò, un lieve utile d'esercizio, che aveva fatto sperare che il Consorzio potesse maturare i presupposti per il superamento dello stato di insolvenza.
Successivamente, purtroppo, l'attività di stoccaggio, la commercializzazione dei cereali e l'offerta di mezzi tecnici hanno presentato difficoltà superiori a quanto previsto, per la scarsa disponibilità di risorse finanziarie a disposizione del consorzio e per le pregresse difficili relazioni commerciali con le aziende fornitrici, derivanti dalle gestioni in perdita degli anni precedenti.
Pertanto, anche alla luce della legge n. 99 del 2009, il Consorzio, considerando la propria situazione economica e patrimoniale, non è sembrato in grado di poter presentare una proposta di concordato.
Il ministero dello sviluppo economico, quindi, al fine di salvaguardare il livello occupazionale del Consorzio ed il soddisfo del ceto creditorio, ha autorizzato la pubblicazione di un bando per la raccolta di offerte per la cessione del complesso dei beni mobili ed immobili, al prezzo di perizia redatta in data 28 ottobre 2009 dal dottor Gianluca Di Mei: 100 per cento delle quote della società «Consorzio Servizi Srl»; immobile sito nel comune di Montecastrilli con terreno di pertinenza e relative attrezzature; immobile sito nel comune di Alviano con terreno di pertinenza e relative attrezzature, pari ad un prezzo di euro 202.187,68.
Ciò in quanto il valore del complesso aziendale, tenuto conto delle singole poste di bilancio risultava pari ad euro 1.287.466,00 mentre le passività ammontano ad euro 1.796.480,56; rilevando, pertanto, un risultato negativo pari ad euro 509.014,56.
Il valore degli immobili posti in vendita, di proprietà del Consorzio (magazzini di Montecastrilli e di Alviano), è di euro 711.202,24 mentre il valore del 100 per cento delle quote della società Consorzio servizi risulta, dunque, pari al valore di euro 509.014,56, ciò in quanto chi acquista il complesso di beni oggetto dell'invito ad offrire si dovrebbe assumere i debiti la cui soddisfazione costituisce una parte del pagamento del prezzo.
La soddisfazione totale dei debiti della Consorzio servizi verso le aziende agricole costituisce un obbligo per chi acquista essendo parte del corrispettivo previsto per la vendita.
Tale vendita consentirà il soddisfo dei debiti del Consorzio (in capo alla Consorzio servizi) verso le aziende agricole in quanto il bando prevede che nel caso di mancato pagamento dei debiti non si possa perfezionare la cessione.
Inoltre il bando prevede che costituisce condizione per la cessione una garanzia fideiussoria bancaria a prima richiesta di euro 500.000 a favore della Consorzio servizi per garantire i creditori.
A seguito della citata pubblicazione del bando per la raccolta di offerte è pervenuta una sola offerta da parte di un soggetto privato. Il Commissario, ai sensi dell'articolo 6 della legge 410 del 1999 ha inviato ai consorzi limitrofi la comunicazione della vendita, in modo che possano esercitare il diritto di prelazione.
Pertanto il ministero dello sviluppo economico, unitamente alle associazioni di rappresentanza dei consorzi agrari interessati, si stanno attivando affinché il complesso dei beni mobili ed immobili del Consorzio di Rieti-Terni possa venire acquistato da altro consorzio agrario vicino, in qualità di ente che svolge funzioni di salvaguardia degli stessi interessi generali del Consorzio in esame.
L'ipotesi di cui sopra consentirebbe il mantenimento dei livelli occupazionali e del ruolo di garanzia rispetto al mercato agricolo provinciale in capo ad un consorzio agrario ed il soddisfo dei debiti della Consorzio servizi verso le aziende agricole.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 9 marzo scorso l'agenzia Ansa rilanciava la notizia secondo cui, in base ai dati diffusi dal Ministero dello sviluppo economico, cresce il numero di coloro che cancellano le ipoteche senza il ricorso del notaio. Secondo i dati del Ministero, in base agli aggiornamenti dell'Agenzia del territorio, in meno di un anno si sarebbe infatti già superata quota 150 mila, con un risparmio complessivo per i cittadini di circa 40-60 milioni di euro, considerando che ogni operazione costa, mediamente, intorno ai 300-400 milioni di euro. La norma è stata introdotta dalle cosiddette «lenzuolate» sulle liberalizzazioni del Ministro Pier Luigi Bersani;
sempre in base ai dati del Ministero, l'intero pacchetto sulle liberalizzazioni avrebbe prodotto finora un risparmio dei costi per i cittadini tra i 2,5 e i 2,8 miliardi di euro tra calo dei prezzi dei medicinali, della telefonia mobile e dei biglietti aerei, l'eliminazione dei costi per il passaggio di proprietà delle auto e, appunto, per la cancellazione delle ipoteche -:
quali siano, a un mese e mezzo di distanza dalla precedente comunicazione, i dati aggiornati sui risparmi dei costi per i cittadini determinati dall'adozione delle misure di liberalizzazione del Governo.
(4-00024)

Risposta. - Secondo quanto rilevato dai competenti uffici di questo ministero, si comunicano gli elementi di valutazione e le stime sui risparmi dei costi per i cittadini, in conseguenza dell'adozione delle misure di liberalizzazione, introdotte dalle leggi n. 248 del 2006 e n. 40 del 2007.
Le misure di cui all'articolo 13 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, nella legge 2 aprile 2007, n. 40, con cui si è previsto che, una volta estinto il mutuo contratto con l'istituto di credito, non è più necessaria l'autentica notarile per la cancellazione dell'ipoteca sull'abitazione, hanno determinato un risparmio per i cittadini che è agevolmente valutabile.
In tal caso, infatti, tenendo conto che, dai dati trasmessi dall'Agenzia del territorio, risultano essere state effettuate, per l'intero anno 2009, 516.017 cancellazioni di ipoteca, ed indicando in circa 300/400 euro il costo di una singola cancellazione effettuata presso un notaio, il risparmio per i cittadini, conseguito in virtù della norma sopra indicata, può essere stimato in circa 150/200 milioni di euro.
Alcune delle altre misure di liberalizzazione hanno determinato per i consumatori dei benefici economici difficilmente quantificabili.
Tuttavia, attraverso i grafici, contenuti nello schema allegato, è possibile per alcune «voci» verificare l'andamento, secondo le rilevazioni Istat delle variazioni dell'anno 2009 rispetto all'anno precedente, confrontandolo con l'andamento del tasso di inflazione generale.
Si evidenzia che alcuni settori interessati dalle misure di liberalizzazione, ed in particolare i prezzi dei medicinali, il costo del trasferimento delle proprietà di auto e le tariffe del trasporto aereo hanno avuto, nel corso del 2009, una variazione ben al di sotto dell'inflazione generale.
Un andamento particolare si riscontra nei dati rilevati in merito alla telefonia mobile, in quanto, si è registrato una notevole diminuzione dei costi, nel primo anno successivo all'entrata in vigore della legge n. 40 del 2007, in conseguenza dell'eliminazione dei costi fissi per le ricariche dei cellulari.
Tale diminuzione dei costi si è registrata anche nei primi mesi del 2009 e, dopo un periodo di andamento difforme, solo da novembre è nuovamente sceso al di sotto del tasso d'inflazione.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
uno dei maggiori punti di contatto tra il Ministero della difesa e la cittadinanza è rappresentato, da decenni, dai distretti militari che svolgono importanti compiti di rilievo sociale e trattano pratiche che hanno sempre risvolti di carattere economico verso quell'utenza che ha, a qualsiasi titolo, avuto a che fare con il servizio militare, sia come coscritto, sia come volontario, sia come ufficiale o sottufficiale (a titolo di esempio si ricorda che ai fini pensionistici di qualsiasi cittadino necessita la copia del foglio matricolare);
tali enti gestiscono anche le documentazioni di appartenenti all'Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Polizia di Stato, Vigili del fuoco, obiettori di coscienza e altri) senza che da tali corpi pervenga alcuna forma di collaborazione;
all'interno dei distretti militari fu istituito un «Nucleo di supporto» per i militari colpiti da gravi patologie o gravi infortuni (esempio: patologie derivanti dal contatto con uranio impoverito e altre);
dal giugno 2007 i distretti militari sono stati riorganizzati e trasformati in centri documentali (viene tra l'altro da chiedersi se il cambiamento del nome non sia servito solo a creare una voluta confusione nell'utenza esterna) rivedendo di fatto solo gli organici ma non certo i compiti;
da tale operazione si è subito evidenziata un sostanziale riduzione del personale militare, ridotto a pochissime unità, a favore dell'impiego di personale civile della difesa;
proprio in virtù di questa scelta sembra agli interroganti che gli organici siano stati definiti più per l'esigenza di non movimentare il predetto personale civile piuttosto che in base alle effettive, necessità dei singoli centri documentali;
le varie scelte operate fino ad oggi sembrano far risaltare una precisa volontà di «distacco» tra la struttura militare ed il mondo civile costituito da coloro che appartennero al mondo militare, ma che non vi fanno più parte, perché congedati, pensionati o riformati. In sintesi, così come già evidenziato in altri momenti, sembra che i vertici militari tendano ad abbandonare al loro destino tutti coloro che hanno lasciato l'uniforme;
allo stato delle cose i vari centri documentali si trovano in situazioni assai gravose nell'espletare i loro compiti istituzionali e tra questi in particolare il centro documentale di Roma sembra realmente abbandonato a se stesso, tanto che, in totale violazione della nota legge n. 241 del 1990, al cittadino che presenta domanda di copia del foglio matricolare presso gli sportelli del citato centro viene rilasciata una ricevuta ove si ipotizzano addirittura 120 giorni per dare una risposta. Purtroppo il predetto centro, con troppa frequente assiduità, non riesce a far fronte a tali richieste neanche nei biblici tempi segnalati, nonostante il documento richiesto dall'utenza serva, come già detto, per la pratica pensionistica che, nelle more del rilascio del documento, resta sospesa con il rischio per il cittadino di perdere le opportunità fornite dalle varie «finestre». Al cittadino che presenta la domanda per posta o con altri mezzi non diretti va ancora peggio, in quanto nessuno segnala neanche i tempi necessari all'espletamento della sua pratica;
i cittadini che si avvalgono dell'accordo diretto con l'INPS vedono buona parte delle loro richieste ferme addirittura al 2007;
sono in sospeso diverse migliaia di pratiche di vecchi «renitenti» per i quali nulla si è fatto per sanare la loro posizione (teniamo conto che alcune centinaia di questi sono ancora iscritti sul bollettino delle ricerche), nonostante da anni il servizio di leva obbligatorio sia stato sospeso;
i tentativi di richieste telefoniche vanno frequentemente a vuoto, risultando

assolutamente occasionale il caso che qualcuno risponda;
varie segnalazioni pervengono inoltre per casi di ineducazione, arroganza ed indisponibilità sia presso gli sportelli che al telefono;
il personale sia militare che civile che ha lasciato il centro (vuoi per trasferimento, vuoi per malattia, vuoi per pensionamento) non è mai stato reintegrato, facendo sì che i già lacunosi organici (segnalati come insufficienti da tutte le sigle sindacali che concorsero alla trasformazione) si sono ulteriormente assottigliati;
molti uffici esistenti non sembrano essere compresi negli organici e fra questi spicca per gravità il già citato «nucleo di supporto», dove si segnala che l'unico sottufficiale presente è andato in pensione e non è stato sostituito (l'errata dichiarazione di morte del maresciallo Diana è una delle negative conseguenze) -:
se i fatti segnalati corrispondano al vero e quali le immediate azioni il Ministro interrogato intenda adottare per garantire ai cittadini la piena fruibilità dell'importante servizio che devono offrire i centri documentali.
(4-04610)

Risposta. - L'Esercito italiano ha sempre posto notevole e costante attenzione al legame con le comunità locali ed in particolare alla rilevante funzione, svolta dai competenti enti ed organi dell'organizzazione territoriale, di fornire supporto ai cittadini, nell'ottica di soddisfare, in modo adeguato e puntuale, tutte le relative esigenze di carattere informativo e/o documentale.
Tale attenzione non è certo diminuita a seguito delle profonde modifiche e delle razionalizzazioni conseguenti al processo di trasformazione dello strumento militare, e della forza armata, in senso interamente professionale e soprattutto dell'intervenuta sospensione della leva.
In particolare, attesa la soppressione degli organi della leva, i compiti gestionali/esecutivi nei settori presidiario, territoriale, sicurezza, protezione sociale, reclutamento e forze di completamento, rapporti con il pubblico (di tipo informativo-documentale) sono stati assegnati ai Comandi militari dell'Esercito.
Allo stesso tempo, sono stati attribuiti ai Centri documentali i compiti afferenti alle funzioni residue dell'ufficio documentazione e matricola dell'ufficio reclutamento e forze di completamento (per il reclutamento obbligatorio) dei soppressi distretti militari.
Per quanto concerne, in particolare, il supporto dei militari colpiti da gravi patologie, sono gli enti dell'area territoriale della forza armata ad occuparsi del monitoraggio e della gestione dei casi riscontrati, così come previsto da una specifica direttiva, emanata dallo Stato Maggiore dell'Esercito.
Tale funzione viene assolta dall'ufficio Affari generali, sia a livello di Comando di regione militare sia a livello dei Comandi militari Esercito, siti nelle diverse regioni amministrative, che si avvale di personale appositamente preposto per la trattazione di tali problematiche.
Per quanto riguarda il livello delle dotazioni organiche, effettivamente sussistono alcune situazioni di carenza di personale civile, peraltro in linea con la media nazionale in ambito forza armata, pari al 22 per cento, che in alcuni casi, quale per esempio il richiamato centro documentale di Roma, vengono opportunamente compensate da adeguate aliquote di personale militare.
Ciò posto, in ordine alle preoccupazioni espresse dall'interrogante che lamenta diversi presunti disservizi presso il citato centro documentale, sono opportune alcune precisazioni.
Premesso che l'obiettivo prioritario della forza armata è quello di soddisfare pienamente le istanze dei cittadini che si rivolgono al centro documentale, comprimendo il più possibile i tempi di evasione delle pratiche, non si può sottacere la notevole e complessa mole di lavoro alla quale viene costantemente sottoposto il centro stesso.
Infatti, il centro gestisce, ad oggi, oltre 5.000.000 di fascicoli personali, a partire dalle classi di leva più anziane (1900) sino

alle più recenti, distribuiti in 17 chilometri lineari di archivi nelle 3 sedi della caserma Manara (sede principale), caserma Zignani (classi di leva dal 1900 al 1930 per i sottufficiali e la truppa) e caserma Betti-Medici (sezioni colonnelli e generali).
A questo si deve aggiungere che il centro documentale riceve ogni anno circa 15.000 richieste di copie del foglio matricolare, prevalentemente a fini pensionistici.
È del tutto evidente che l'elevato numero di richieste pervenute non consente di conseguire sempre l'auspicato obiettivo di fornire all'utenza risposte con l'auspicata tempestività.
In tale quadro, tuttavia, si evidenzia lo sforzo dell'Esercito che ha provveduto a potenziare la sezione documentazione, in modo da comprimere il tempo di risoluzione medio delle pratiche dai circa 120 giorni del passato agli attuali 30 giorni lavorativi.
Contrariamente a quanto viene affermato, non risultano in giacenza presso il nucleo Inps del centro documentale di Roma pratiche relative all'anno 2007.
Al riguardo, si fa osservare che sin dal 2005 è stato istituito un protocollo d'intesa, tra l'amministrazione difesa e la direzione generale dell'Inps, che consente di accreditare direttamente, con procedure telematiche congiunte, presso gli archivi informatizzati della citata direzione generale, il periodo di servizio militare prestato dai cittadini computabile ai fini pensionistici.
Per quanto concerne le pratiche dei renitenti, attualmente sono iscritti sul relativo registro circa 17.000 unità, in quanto con la sospensione del servizio obbligatorio di leva non si estingue il reato di renitenza, ancorché sia possibile ottenere la cancellazione della nota di renitenza.
Al riguardo, la forza armata è impegnata nello studio delle possibili iniziative da intraprendere per rendere note le opportunità offerte dall'attuale quadro legislativo.
Pur non registrandosi anomalie nell'ambito delle risposte telefoniche all'utenza, è in fase d'istituzione un ufficio dedicato.
Infine, in merito all'affermazione secondo cui l'errata dichiarazione di morte del maresciallo Diana rappresenti una delle negative conseguenze delle inefficienze lamentate, si precisa che il citato sottufficiale mai è stato amministrato dal centro documentale di Roma.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il rapporto recentemente pubblicato dal titolo «2050 China Energy and CO2 Emissions Report» prospetta per la Cina, principale produttore mondiale di sostanze clima-alteranti, una decisa svolta nelle politiche energetiche;
il rapporto è frutto di un lavoro collettivo di studiosi che ha visto la partecipazione di grandi esperti dei think-tank statali cinesi, tra i quali membri dell'Energy research institute e dello State council development Research centre;
lo studio rappresenta un segnale importante perché Pechino, anche se recentemente ha assunto una posizione meno intransigente rispetto alla possibilità di contenere le sue emissioni di gas serra, si è sempre dichiarata indisponibile a rispettare precisi target;
secondo la prefazione alla pubblicazione la Cina è diventata nel 2008 il principale emettitore di gas serra scavalcando gli Stati Uniti e deve fronteggiare sfide senza precedenti;
nel Rapporto si legge che con politiche appropriate la crescita delle emissioni dovrebbe rallentare dal 2020, con il picco raggiunto intorno al 2030. Se la Cina dovesse raggiungere questi risultati, il livello di anidride carbonica provocato dai suoi combustibili fossili potrebbe scendere al livello del 2005 o anche a livelli più bassi entro il 2050;

se la Cina condividesse obiettivi precisi (anche se ancora blandi) in materia di ambiente sarebbe un enorme passo avanti nella lotta al riscaldamento globale -:
se siano a conoscenza del contenuto del Rapporto «2050 China Energy and CO2 Emissions Report» e se intendano utilizzare i dati e le posizioni in esso contenuti ed espresse nei confronti della Cina per portarla a condividere obiettivi precisi (anche se ancora blandi) in materia di ambiente soprattutto in vista della conferenza Onu di Copenhagen di dicembre, dove andrà sottoscritto un nuovo patto mondiale per sostituire il protocollo di Kyoto che scadrà alla fine del 2012.
(4-03955)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, con la quale si chiede «se siano a conoscenza del contenuto del "Rapporto 2050 China Energy and CO2 Emissions Report" e se intendano utilizzare i dati e le posizioni in esso contenuti ed espresse nei confronti della Cina per portarla a condividere obiettivi precisi (anche se ancora blandi) in materia di ambiente soprattutto in vista della Conferenza Onu di Copenaghen di dicembre dove andrà sottoscritto un nuovo patto mondiale per sostituire il Protocollo di Kyoto che scadrà alla fine del 2012», si segnala quanto segue.
È indubbio che il potenziale di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra della Cina è notevole e tecnicamente sarebbe possibile raggiungere il picco delle emissioni al 2030.
Tuttavia, sebbene la Cina non abbia mai negato la necessità di coniugare la sua crescita con la protezione del clima, restano profonde divergenze su come traslare le azioni che la Cina è disposta ad attuare a livello nazionale nel contesto di un trattato internazionale legalmente vincolante. Tra le divergenze più significative si segnalano quelle inerenti:
lo strumento legale per la regolamentazione delle emissioni di gas ad effetto serra per il periodo post-2012: la Cina ha più volte dichiarato di non essere disposta ad assumersi impegni a livello internazionale a meno che i Paesi industrializzati non mostrino una chiara volontà politica di continuare ad assumere un ruolo
leader nella lotta ai cambiamenti climatici adottando impegni di riduzione al 2020 nell'ordine del 30 per cento rispetto ai livelli del 1990. A tale riguardo la Cina si oppone fermamente alla proposta dei Paesi industrializzati di giungere all'approvazione di un accordo globale unico che regolamenti le emissioni di gas ad effetto serra sia dei Paesi industrializzati sia dei Paesi in via di sviluppo e da un lato chiede ai Paesi industrializzati che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto di sottoscrivere la sua prosecuzione anche dopo il 2012 e agli Usa che non sono parte del Protocollo, di Sottoscrivere impegni di riduzione legalmente vincolanti attraverso uno strumento legale ad hoc. La Cina ha infatti sempre rimarcato con forza la differenza tra i Paesi che hanno contribuito in passato con le loro emissioni al raggiungimento delle attuali concentrazioni di gas serra in atmosfera (si tratta del principio della responsabilità storica delle emissioni) e i Paesi che invece sono arrivati successivamente a livelli di sviluppo che possono produrre un impatto significativo sul sistema climatico;
la verifica delle azioni messe in atto per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra: la Cina ritiene che le azioni «autonome» (ossia quelle non supportate finanziariamente dai Paesi industrializzati, ma attuate con finanziamenti propri) non debbano essere oggetto di alcuna verifica da parte di organismi internazionali (al contrario di quanto sostengono i Paesi industrializzati che vorrebbero il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica di tutte le azioni e relativi effetti in vista dell'obiettivo globale del contenimento dell'incremento della temperatura al di sotto dei 2oc rispetto ai livelli preindustriali, così come raccomandato dall'analisi scientifica dell'
Intergovernmental Panel on Climate Change).
La condizionalità di azioni addizionali alla disponibilità di supporto finanziario/efficace trasferimento di tecnologie da parte dei Paesi in via di sviluppo: la Cina ritiene possibile impegnarsi a dare attuazione ad azioni addizionali a quelle già intrapresi o

che comunque intende assumere, solo a fronte della disponibilità di risorse finanziarie e di un'efficace trasferimento di tecnologie.

È evidente, pertanto, che le informazioni contenute nel «2050 China Energy and CO2 Emissions Report» da sole non sono sufficienti a far evolvere positivamente il dialogo con la Cina. Il nodo non è di natura tecnica, ed è questa la ragione che ha portato a Copenhagen i Capi di Stato delle più importanti economie mondiali. Questo però non è stato sufficiente per il raggiungimento di un accordo globale legalmente vincolante. Occorre infatti dare «risposte» concrete alle richieste sopra richiamate, che - considerata l'attuale posizione di Usa, Giappone, Canada e Russia - al momento la comunità internazionale non sembra pronta a fornire.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
martedì 11 luglio 2009, il Consiglio direttivo dell'Ente Parco del Pollino ha deciso di sospendere per quarantacinque giorni il parere favorevole reso in sede di Conferenza dei Servizi il 30 luglio scorso riguardo la riconversione a biomasse della centrale termoelettrica di Laino Borgo che sarebbe costata 50 milioni di euro ma essendo ferma da 4 anni avrebbe provocato perdite per 12 milioni di euro l'anno;
il Presidente del Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra ha segnalato ai Prefetti «che in seguito alla chiusura della Conferenza dei Servizi» riguardante la Centrale del Mercure, conclusasi con i pareri favorevoli resi dalla quasi totalità dei soggetti competenti ad esprimerli, nella Valle del Mercure si è accesa una forte mobilitazione di sindaci, associazioni e movimenti contrari all'attivazione dell'impianto, sfociata in due distinte manifestazioni di protesta svoltesi presso la sede dell'Ente parco del Pollino di Rotonda (Potenza);
le motivazioni sarebbero sia di ordine generale (incompatibilità di una Centrale in un'Area Protetta, i potenziali rischi per la salute dei cittadini, l'acquisizione delle biomasse da parte dell'Enel, la notevole movimentazione di mezzi pesanti lungo le strade locali, eccetera), sia di ordine tecnico relativamente alla legittimità dei pareri resi dai vari soggetti competenti a far data dal 2002;
l'iter autorizzativo della riattivazione in esercizio della Centrale del Mercure - ricorda Pappaterra nella lettera ai Prefetti - si era concluso in data 2 settembre 2002 con l'autorizzazione rilasciata dalla competente amministrazione provinciale di Cosenza; solo successivamente e preliminarmente all'entrata in esercizio, il Ministero dell'ambiente comunicava alla Provincia di Cosenza la necessità di modificare l'autorizzazione già rilasciata per adeguarla alla Direttiva Comunitaria 2006/12/CE. Sulla base di questa richiesta la provincia di Cosenza indiceva nuova conferenza dei servizi conclusasi il 30 luglio 2009 per acquisire nuovamente tutti i pareri. Riguardo alle motivazioni rappresentate dai sindaci e dalle associazioni in ordine alla legittimità degli atti prodotti dai soggetti coinvolti, Pappaterra riferisce che «con riferimento all'Ente Parco è stato contestato, in via principale, che i pareri favorevoli rilasciati il 2002 e il 2009 sono stati resi in violazione dell'articolo 7 delle Misure provvisorie di Salvaguardia allegate al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993 istitutivo dell'Ente Parco Nazionale del Pollino, per una presunta interpretazione errata dello stesso»;
un articolo pubblicato dal Quotidiano della Basilicata dell'8 settembre 2009 dal

titolo «La centrale e l'ecobusiness» afferma che «per la ricaduta sul territorio delle emissioni da combustione a lignite prima e oli poi alcuni lavoratori e non solo, hanno sviluppato il cancro ai testicoli»;
la centrale del Mercure attiva per decenni, era inizialmente alimentata a lignite e successivamente con oli combustibili per passare a biomasse per una potenza di 40 Mw;
tale potenza avrebbe bisogno di 500 mila tonnellate l'anno di biomasse che sarebbero recuperabili, tenuto conto dei limiti della capacità produttiva locale, solo da filiera lunga o da Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti ndr), che rientra nel concetto di biomassa ma che trasformerebbe la centrale in un enorme inceneritore;
la stessa relazione Rabitti-Casson del 2006 sulla centrale aveva posto l'attenzione sul fatto che in Calabria le centrali a biomassa stanno già riscontrando molte difficoltà a reperire il combustibile e ricorrono a Cdr per funzionare, ingenerando ulteriori problemi di carattere ambientale;
sempre secondo l'articolo l'Enel avrebbe successivamente acconsentito a ridimensionare la potenza in base alle esigenze territoriali, scendendo tra i 10 massimo 15 Mw e a reperire materia a livello territoriale per un raggio non superiore ai 100 km, oltre a creare una commissione aperta ai comitati cittadini per il monitoraggio, e soprattutto, nel momento in cui le biomasse non fossero disponibili a fermare l'impianto per il nuovo accumulo;
successivamente però la Provincia di Cosenza avrebbe sostenuto in sede di conferenze di servizio una riapertura a 40 Mw -:
quali iniziative intendano adottare per verificare le condizioni ambientali e di salute pubblica nella zona interessata alla centrale del Mercure ed in particolare per verificare se vi è una connessione tra la ricaduta sul territorio delle emissioni da combustione a lignite prima e oli poi e i casi di cancro ai testicoli;
quali ragioni, a conoscenza dei Ministri interrogati, abbiano indotto a non realizzare la centrale a una potenza ridotta, nonostante la disponibilità dell'Enel, e perché sia stata ampliata;
se il parere favorevole dell'Ente parco del Pollino alla riapertura della centrale del Mercure sia conforme all'obbligo di tutela delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), di interesse comunitario, che si trovano al suo interno e su cui sorge la centrale, condizione che vincola, per legge, qualsiasi intervento alle sole «esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico» (decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003 n. 120 - Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2003, articolo 6, comma 10).
(4-04000)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, riguardante le vicende relative alla riattivazione della Centrale del Mercure, nel premettere che trattasi di materia di competenza regionale, sulla scorta di quanto comunicato dagli enti locali, si rappresenta quanto segue.
Nell' anno 2001 l'Enel aveva presentato istanza di autorizzazione alla riattivazione della sezione n. 2 della Centrale termoelettrica del Mercure ubicata nel comune di Laino Borgo.
A seguito di tre conferenze di servizi con gli enti interessati, fra cui l'ente Parco del Pollino, la regione Calabria e l'Azienda sanitaria di Castrovillari, la provincia di Cosenza aveva rilasciato l'autorizzazione in data 2 settembre 2002.
In questa fase, e su richiesta delle predetta amministrazione provinciale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva rilasciato uno specifico parere che, in ordine alla ridotta potenza elettrica installata, escludeva, ai

sensi della normativa allora vigente, la necessità della Valutazione di impatto ambientale.
Successivamente, con decreto dell'8 febbraio 2007, la regione Calabria, previa richiesta dell'Enel, esprimeva parere favorevole circa la Valutazione di incidenza ambientale e, in data 9 aprile 2009, su richiesta dell'Ente parco del Pollino, l'Enel acquisiva la Valutazione di incidenza ambientale dalla regione Basilicata.
Nel 2007, sulla base della sopravvenuta direttiva europea 2006/12 e per come richiesto da questo ministero, l'Enel richiedeva alla provincia di Cosenza un adeguamento dell'autorizzazione del 2002, esplicitando: «la limitazione all'uso esclusivo delle biomasse come alimentazione all'impianto».
Nel giugno 2009, anche in virtù di una sentenza del Tar Calabria favorevole alla richiesta dell'Enel di conclusione dell'
iter autorizzativo, la provincia di Cosenza teneva una conferenza dei servizi con l'acquisizione dei pareri favorevoli dell'Arpacal, del Corpo forestale dello Stato, dell'Ente parco del Pollino, dell'Asl di Castrovillari, dell'Asl di Cosenza, del settore ambiente e settore piano della provincia di Cosenza, della provincia di Potenza e dei comuni di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno e Castelluccio Inferiore; contrari dei comuni di Rotonda e Viggiariello.
Il comune di Laino Borgo richiedeva, altresì, l'acquisizione di un parere da parte di una Commissione medica circa l'impatto della centrale sulla salute delle popolazioni locali. Detta richiesta è stata accolta dall'Enel sulla base di specifici presupposti: alta professionalità dei componenti, operatività della Commissione successiva all'emissione del decreto della provincia di adeguamento dell'autorizzazione e, infine, conclusioni delle attività di studio anteriormente alla messa in esercizio della centrale in argomento.
La provincia di Cosenza nel mese di agosto 2009 sospendeva il parere favorevole già rilasciato richiedendo specifico parere all'Avvocatura dello Stato di Potenza e, acquisitolo, in data 28 ottobre 2009, in autotutela, ritirava il citato parere.
A seguito di tale orientamento la provincia di Cosenza ha trasmesso la documentazione della Conferenza dei servizi alla regione Calabria, ritenuta competente al rilascio del citato decreto di adeguamento dell'autorizzazione del 2002.
In data 5 febbraio 2010 la regione Calabria, in ordine alla competenza al rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione regionale, ha richiesto il parere alla competente Avvocatura regionale che, con nota in data 1o marzo 1010, ha trasmesso la sopravvenuta sentenza del Tar Calabria n. 180 del 18 febbraio 2010 la quale ha statuito la competenza regionale al rilascio dell'autorizzazione.
A seguito della decisione del giudice amministrativo, l'ufficio regionale competente, dal 1o marzo 2010, ha preso formalmente in carico il procedimento ed ha avviato l'esame di tutta la documentazione pervenuta, verificando, altresì, le conseguenze derivanti dall'acquisizione alla competenza regionale del procedimento in questione sui limiti imposti dall'articolo 2 della legge regionale n. 42 del 2008 alla quantità di potenza autorizzabile su scala regionale per ciascuna fonte rinnovabile.
Alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 124 del 2010, depositata in data 1o aprile 2010 ed in corso di pubblicazione, la quale ha sancito l'illegittimità costituzionale del citato articolo 2 e della conseguente decadenza dei limiti massimi di potenza autorizzabile dallo stesso previsti, si comunica che, ultimate le necessarie verifiche, la regione indirà, a breve, e successivamente convocherà la conferenza dei servizi al fine di acquisire eventuali nuovi pareri e/o confermare quelli già rilasciati.
Ciò premesso, relativamente ai quesiti posti dall'interrogante, la provincia di Cosenza, nell'evidenziare che le biomasse costituiscono una fonte di energia rinnovabile, ha fatto presente quanto segue:
il volume di biomasse stimato per il funzionamento dell'unità 26 per 8.000 ore all'anno al carico normale continuo, con un rendimento netto pari al 26 per cento ed una potenza elettrica netta di 35 MW, è pari a 190.000 tonnellate di cippato di legno e

150.000 tonnellate di legname da cippare, per un totale annuo di 340.000 tonnellate;
la stessa Enel Spa conferma che per il funzionamento dell'impianto saranno approvvigionate esclusivamente biomasse vegetali vergini provenienti da attività di deforestazione, prodotte attraverso lavorazione meccanica del legno non contaminato da inquinanti e che è tassativamente escluso qualsiasi prodotto classificabile come rifiuto;
l'autorizzazione alla riconversione a biomasse della centrale del Mercure è stata rilasciata con atto dirigenziale della provincia di Cosenza in data 2 settembre 2002;
il procedimento in corso è relativo alle modifiche dell'autorizzazione richieste dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di utilizzare quale combustibile soltanto legno vergine proveniente da attività di deforestazione.

Per quanto riguarda, invece, la potenza dell'impianto, ha riferito che:
nel corso del procedimento amministrativo, la società Enel Spa non ha mai avanzato proposta di ridimensionamento della potenza dell'impianto e inoltre, a seguito di apposita richiesta da parte del comune di Laino Borgo, ha acconsentito alla costituzione di una Commissione con compiti di studio degli effetti sulla salute dei cittadini, determinati dall'entrata in esercizio a biomasse della sezione 2 della centrale del Mercure;
allo scopo di tutelare ulteriormente la salute dei cittadini residenti nella Valle del Mercure, gli enti coinvolti nel procedimento autorizzativo hanno imposto una serie di prescrizioni come la realizzazione di punti di controllo e/o misura, attrezzati con apposita apparecchiatura, aventi la funzione di raccolta di dati e parametri ambientali che saranno poi verificati dagli enti preposti al controllo; inoltre, nel comune di Laino Borgo, su cui insiste la centrale, sarà installato un apposito terminale da cui sarà possibile monitorare i parametri ambientali più significativi legati all'esercizio dell'impianto;
gli effetti impattanti sono stati debitamente considerati nella procedura di valutazione d'incidenza attivata presso la regione Basilicata, per i siti lucani, e presso la regione Calabria, per i siti calabresi, considerando tutti gli effetti indotti sull'ambiente in seguito alla riconversione della centrale, quali, l'aumento del volume del traffico veicolare, fonti di approvvigionamento, emissioni sonore, impatti sulle specie di flora e fauna, effetti sul fiume Mercure, eccetera.

Si informa, a tal proposito, che le due regioni interessate si sono espresse positivamente nell'esaminare gli esiti dello studio di incidenza, fissando delle prescrizioni a maggior salvaguardia dell'ambiente circostante.
Inoltre, a maggior garanzia della tutela della salute dei cittadini, sarà costituita una Commissione tecnico-scientifica con compiti di monitoraggio, tutela ambientale e ricerca epidemiologica degli effetti sulla salute dei cittadini interessati, dei lavoratori esposti nonché sull'intero ecosistema del fiume.
Compito di tale commissione sarà valutare in particolare le emissioni e le dispersioni degli inquinanti gassosi e delle ceneri, l'inquinamento acustico prodotto dall'impianto e dal traffico veicolare, l'inquinamento elettromagnetico, eccetera, per verificare la corrispondenza di tali parametri con gli standards di accettabilità previsti dalia legislazione vigente e dalle prescrizioni imposte dagli enti in sede di conferenza dei servizi, al fine di individuare tempestivamente interventi e provvedimenti risolutivi da adottare.
Per quanto concerne, infine, il procedimento penale in corso presso la Procura della repubblica di Castrovillari relativo all'esistenza di rifiuti nocivi da bonificare all'esterno della centrale, si comunica che lo stesso è nella fase delle indagini preliminari.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore del 2 settembre 2009 dal titolo «L'elettricità più cara d'Europa» è emerso che alle ore 12 della giornata in cui è stato pubblicato l'articolo l'energia elettrica sulla borsa elettrica italiana costava 172,25 euro per mille chilowattora (vale a dire circa il triplo dei prezzi negoziati nel resto d'Europa in quella stessa ora). Tale situazione permane il 3 settembre giorno in cui in Sardegna la corrente elettrica toccherà alle ore 21 i 300 euro per mille chilowattora;
secondo quanto riferito nell'articolo del 2 settembre, tale prezzo elevato sarebbe causato - pur in un momento di domanda bassa dovuto alla crisi e alla solo parziale riapertura delle fabbriche dopo la pausa estiva - da un'offerta ancora più bassa a causa di diverse centrali elettriche e linee di alta tensione indisponibili per manutenzione;
l'articolo del 2 settembre riferisce che «già la settimana scorsa il rincaro medio era stato del 28 per cento, come rileva il Gestore del mercato elettrico, con 79,7 euro per mille chilowattora tra i 76 dell'alta Italia e i 107 della Sardegna. Anche per la giornata di oggi la Sardegna contribuisce a rendere più frizzanti i prezzi nazionali: la corrente prodotta dalle centrali dell'isola oggi arriva fino a 220 euro»;
diversa la situazione registrata in Europa dove nella stessa giornata la Borsa elettrica olandese Apx registra un picco di 45 euro per mille chilowattora, a Londra si sfiorano 35 euro, in Germania la Borsa elettrica Eex rileva un massimo di 49 euro, in Spagna il listino Omel è arrivato a 46 euro (la media della giornata è di 36,77 euro) e a Parigi le quotazioni massime Powernext arrivano a 49 euro per mille chilowattora;
una stima teorica, per avere un ordine di grandezza delle possibili ricadute sui cittadini di questo sovracosto estivo è tale per cui, secondo l'articolo, se si moltiplicasse per dodici il divario rilevato in luglio tra il prezzo medio italiano e quello europeo (pari a 25,56 euro per mille chilowattora), gli italiani dovrebbero pagare 8 miliardi di euro in più in un anno;
l'articolo riferisce peraltro della graduale entrata in vigore della riforma del mercato elettrico prevista nel decreto-legge n. 185 del 2008 studiata dal Ministero dello sviluppo economico per aumentare la competitività del settore;
l'articolo riferisce anche dell'ottenuto via libera ecologico da parte del Ministero dell'ambiente al progetto di Terna per costruire un elettrodotto tra la Sicilia e la Sardegna, che insieme a quello tra Sicilia e Calabria - in grave ritardo rispetto ai piani di Terna degli anni scorsi - dovrebbe in futuro limitare i prezzi dell'energia nelle isole, oggi caratterizzate da un parco produttivo meno efficiente e più concentrato nelle mani di pochi operatori rispetto a quello continentale;
un recente studio di Ref stima che nel solo 2008 la mancata operatività dell'elettrodotto Sorgente-Rizziconi (che avrebbe già dovuto potenziare l'interconnessione tra Sicilia e Calabria) è costata in termini di welfare netto perduto dalla collettività (maggiori costi medi pagati dai consumatori al netto dei maggiori ricavi medi dei produttori) 36 milioni di euro;
il mercato interno del gas (da cui si produce una quota importante di elettricità e il cui prezzo quindi influenza quello dell'elettricità) è ancora scarsamente competitivo, sia per la presenza di un operatore dominante ancora detentore di una partecipazione di controllo sulla rete dei gasdotti, sia per la mancanza di una borsa all'ingrosso e di un mercato della flessibilità presenti invece nel mercato elettrico -:
a quale stadio siano la realizzazione dei potenziamenti degli elettrodotti di

Terna tra la Sicilia e la Sardegna e tra la Sicilia e la Calabria e quali provvedimenti Terna abbia preso affinché la loro realizzazione proceda più speditamente in futuro;
quali sono state le altre cause, ad avviso dei Ministri interrogati, di questa e altre simili recenti impennate del costo dell'energia elettrica;
quali sono stati, ad avviso dei Ministri interrogati, i costi per la collettività del suddetto innalzamento;
quali provvedimenti si intendano assumere per rendere più competitivo il mercato del gas.
(4-04013)

Risposta. - La messa in esercizio delle linee elettriche, tra la Sicilia e la Calabria (Sorgente-Rizziconi) e tra il Lazio e la Sardegna (Sa.Pe.I), assume importanza fondamentale, in quanto, garantisce una maggiore capacità di scambio di energia con le due isole e assicura, quindi, sia benefici in termini di sicurezza del sistema elettrico che di vantaggi dal punto di vista economico.
Al riguardo, si fa presente che tutte le amministrazioni coinvolte, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni interessate, in considerazione dell'importanza strategica di tali strutture, hanno tenacemente lavorato per consentirne la realizzazione in tempi rapidi.
In particolare, per quanto riguarda l'elettrodotto «Sorgente-Rizziconi», si precisa che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 20 febbraio 2009, è stata autorizzata la realizzazione del tratto con cavo sottomarino fino alle stazioni elettriche di Scilla, in Calabria, e di Francavilla Tirrena, in Sicilia, e che i lavori per la realizzazione di tali opere sono iniziati nel mese di maggio 2009.
Per quanto concerne, invece, i tratti in linea aerea, ricadenti sia sul territorio calabrese che su quello siciliano, si fa presente che, ad oggi, dopo aver acquisito una tardiva, ma positiva valutazione di impatto ambientale, il Ministero dello sviluppo economico, terminata l'istruttoria, ha firmato il decreto di autorizzazione anche per i tratti aerei, già inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la controfirma.
In merito al collegamento in corrente continua da 500 kV, tra la Sardegna e la Penisola (Sa.Pe.I), si precisa che lo stesso, già autorizzato ai sensi della legge 443 del 2001 (legge obiettivo) con la delibera del Cipe del 2 dicembre 2005, è in fase di realizzazione secondo i tempi previsti.
Al riguardo, si evidenzia, inoltre, che, trattandosi del secondo collegamento più lungo al mondo (420 chilometri) e che la posa del cavo sottomarino raggiunge profondità che toccano i 1.620 metri (profondità mai raggiunta prima), la sua realizzazione ha richiesto l'impiego delle migliori tecnologie attualmente disponibili con l'ulteriore obiettivo di rispettare gli ecosistemi interessati dal tracciato.
In relazione a questa nuova opera, che di fatto porrà fine all'isolamento elettrico della Sardegna, si informa che il collaudo è stato completato ed è stato avviato all'esercizio il primo polo di potenza nominale pari a 500 megawatt. La messa in esercizio del secondo polo, anch'esso di portata pari a 500 megawatt, è prevista, invece, alla fine dell'anno 2010.
Per quanto concerne il quesito relativo alle cause degli alti costi dell'energia elettrica, riscontrati in alcuni periodi dello scorso anno in Sardegna, in via generale, si precisa che le cause che incidono sul livello dei prezzi sono molteplici e di varia natura.
Tra queste si ritiene di dover citare, in primo luogo, la presenza di congestioni nella rete elettrica, la composizione del parco produttivo, oltre che il problema strutturale del costoso
mix energetico, utilizzato in Italia per la produzione di energia elettrica, nonché la ridotta concorrenzialità del mercato nazionale.
Si aggiunge che gli elevati costi dell'energia elettrica, dipendono, altresì, dalla carenza di infrastrutture, in particolare nelle isole.
Riguardo alle infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica nelle isole, si ribadisce quanto detto in precedenza in merito all'importanza

degli elettrodotti tra la Sicilia e la Calabria (Sorgente-Rizziconi) e la Sardegna e il Lazio (Sa.Pe.I). Con riferimento al Sa.Pe.I, si ritiene, in particolare, che la sua presenza, oltre ad incrementare sensibilmente lo scambio energetico tra la Sardegna ed il resto dell'Italia, contribuirà ad eliminare l'attuale congestione della rete e ad incrementare la concorrenza tra gli operatori.
Sul tema dell'incremento della concorrenza nel mercato elettrico in Sardegna, si fa presente che il Governo è intervenuto anche attraverso altre misure con l'intento, pur nel rispetto del libero mercato, di indurre un abbassamento del prezzo di vendita dell'elettricità. Tra tali misure si segnala quella relativa alla implementazione dei cosiddetti «
virtual power plants», ovvero la cessione virtuale di capacità produttiva di energia elettrica, finalizzata ad aumentare la competitività e a ridurre la possibilità, per i principali produttori elettrici, di determinare alti prezzi dell'energia. La misura è stata definita dalla legge n. 99 del 2009 ed è stata attuata nel mese di agosto 2009 attraverso specifici indirizzi del Ministero dello sviluppo economico.
Si fa, altresì, presente che il Governo, al fine di incrementare la sicurezza del sistema elettrico nazionale e di consentire un abbassamento del costo di produzione dell'energia elettrica, ha tra i suoi obiettivi la rimodulazione del
mix energetico nazionale, con un contributo adeguato della fonte nucleare, nella produzione dell'energia elettrica.
Si fa, infine, presente che l'attenzione posta dal Governo sulle dinamiche del settore elettrico evidenziatesi in Sardegna è anche alla base del decreto-legge n. 3 del 25 gennaio 2010 recante «Misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori», recentemente convertito in legge e di prossima pubblicazione, emanato al fine di mantenere il sistema elettrico in Sicilia e in Sardegna in perfetta efficienza e sicurezza.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il modello che deve essere utilizzato dai contribuenti che intendono fruire della detrazione d'imposta del 55 per cento prevede l'obbligo di comunicazione di fine lavori all'ENEA che trasmetterà in via telematica questi dati all'Agenzia delle entrate;
secondo i dati riferiti da Adiconsum che gestisce per l'ENEA il numero verde di informazioni al numero verde delle 6-7 mila telefonate che giungono mediamente in un giorno sono per l'80 per cento di protesta per le procedure ritenute troppo complicate sulle detrazioni del 55 per cento per interventi che migliorano l'efficienza energetica sugli immobili, con attese al call center che arrivano anche a 15-20 minuti;
la situazione rischia di degenerare avvicinandosi alla fine dell'anno quando per la scadenza dell'anno fiscale le telefonate si moltiplicheranno -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
quali provvedimenti intendano adottare per facilitare le procedure e le operazioni di detraibilità del 55 per cento per interventi che migliorano l'efficienza energetica sugli immobili.
(4-04020)

Risposta. - Per ciò che attiene alla gestione del servizio di informazione ai cittadini riguardo le detrazioni fiscali del 55 per cento in caso di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, a valle di una verifica svolta con Enea, si precisa quanto segue.
1. Negli, ultimi mesi del 2009, il numero verde, gestito da Adiconsum per conto dell'ENEA ha ricevuto in media 500 telefonate al giorno e non 6-7000, come riportato nella nota dell'interrogante.


In considerazione, comunque, dell'alto numero delle chiamate, è probabile che gli utenti abbiano dovuto attendere alcuni minuti per trovare un operatore disponibile, non sopportando, tuttavia, oneri a loro carico.
2. Per usufruire della detrazione, i contribuenti sono tenuti a compilare un'apposita modulistica, disponibile sul sito
web Enea entro 90 giorni dal termine dei lavori e senza scadenze di fine anno.
Pertanto, coloro che avessero completato i loro interventi il 31 dicembre 2009, avrebbero avuto, comunque, tempo fino al 31 marzo 2010 per soddisfare tale obbligo. In ogni caso è sempre disponibile il sito informativo Enea che, continuamente aggiornato, fornisce tutte le notizie per usufruire correttamente delle detrazioni.
3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 6 agosto 2009, di concerto con questo ministero, sono state apportate semplificazioni, compatibili con le procedure di controllo fiscale, volte alla riduzione degli adempimenti amministrativi a carico dei cittadini.
4. Questo ministero, venuto a conoscenza dei disagi agli utenti, causati dall'avvio di un nuovo
software applicativo predisposto da Enea per la presentazione delle pratiche di detrazione per il 2009, ha sollecitato il predetto Ente a predisporre uno strumento informatico di più semplice utilizzo. L'Enea informa che questo strumento è attualmente in fase di collaudo.
5. Con il decreto del ministero dello sviluppo economico del 26 gennaio 2010 si è provveduto ad aggiornare alcuni requisiti minimi di efficienza energetica, necessari per ottenere il beneficio fiscale del 55 per cento ad integrazione del quadro di regole stabili predisposte per agevolare i cittadini e gli operatori. Questo intervento è stato commisurato in relazione:
all'esperienza maturata in questi anni con l'applicazione delle norme incentivanti la riqualificazione energetica degli edifici esistenti;
allo sviluppo della normativa in materia;
alla luce di talune segnalazioni pervenute dagli operatori di settore, giudicate fondate e meritevoli di attenzione;
alle proposte, condivise con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in merito al contenimento dell'immissione di polveri sottili nell'aria, nel quadro dell'attuazione della direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell'aria, e delle misure necessarie a far fronte alla procedura di infrazione n. 2194 del 2008 per il superamento dei valori limite di qualità dell'aria per il Pm10;
al convincimento che la promozione dell'utilizzo delle biomasse combustibili sia da perseguire, in un quadro di reale e corretta parità di trattamento con le fonti fossili e con quelle rinnovabili adoperate per i medesimi fini, tenendo conto dei costi energetici che derivano dalla raccolta, lavorazione, confezionamento e trasporto delle stesse.

Anche in questo caso si evidenzia l'impegno del Ministero dello sviluppo economico che, grazie ai soli provvedimenti in materia, è riuscito a garantire una riduzione dei consumi energetici di circa 8.000 GWh (termici) dal 2007 a tutto il 2009, con un risparmio totale che, a fine 2010, si prevede possa essere di circa 17.000 GWh (termici).
Cifra che, da sola, senza, quindi, il contributo delle altre fonti rinnovabili, coprirebbe quasi il 50 per cento dell'obiettivo nazionale di 35.700 GWh di minori consumi (termici + elettrici), previsto per la stessa data e indicato nel Piano d'azione per l'efficienza energetica consegnato alla Commissione europea nel 2007.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a cinque anni dall'adozione del decreto legislativo n. 387 del 2003 non sono state adottate le linee guida per l'inserimento degli impianti a energie rinnovabili, soggetti ad autorizzazione unica, in attuazione dell'articolo 12 del citato decreto legislativo;
nelle more dell'adozione delle linee guida si è creata una situazione per cui l'installazione degli impianti a energie rinnovabili in Italia prevede norme e procedure differenti regione per regione;
in base al decreto legislativo le linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento egli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio;
per quanto riguarda l'eolico, è documentato che per la sua realizzazione è necessario un uso di territorio sette volte superiore a quello del fotovoltaico integrato;
nel nostro paese, ad alta intensità abitativa, il territorio è un bene prezioso, sia per la sua relativa scarsità per gli usi primari, agricoli, silvicoli e zootecnici, sia per la conservazione di habitat necessari alla biodiversità -:
quando i Ministri interrogati intendano adottare le linee guida e se intendano tenere conto del costo in termini di territorio insito nell'eolico e quindi limitarlo.
(4-04025)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Il Governo sta provvedendo ad approvare uno schema di linee guida per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Tali linee guida, redatte in attuazione dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, sono volte ad assicurare un adeguato inserimento degli impianti, in particolare quelli eolici, nel contesto ambientale e paesaggistico.
Le suddette linee guida, inviate per il previsto parere alla Conferenza unificata, prevedono, in un allegato specificamente dedicato all'inserimento degli impianti eolici nel paesaggio, i criteri per la valutazione dei diversi impatti dei citati impianti sul territorio, con la precisa indicazione di soluzioni progettuali adeguate, nel pieno rispetto delle esigenze di tutela dei beni culturali, naturalistici e paesaggistici.
Il risultato auspicato dal Governo è, sicuramente, quello di uniformare e snellire le procedure autorizzative regionali, favorendone la omogeneizzazione a livello nazionale, tutelare il territorio e l'ambiente e, al tempo stesso, dare certezza agli investimenti nel settore delle energie rinnovabili ivi compreso lo sviluppo delle relative infrastrutture. Tale sviluppo si rende necessario per raggiungere gli obiettivi comunitari fissati per il 2020, in tema di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e di riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra, ripresi poi nel programma di Governo per la parte di competenza nazionale.
Si aggiunge, infine, che il Ministero dello sviluppo economico, nella gestione delle problematiche energetiche, sta procedendo, attraverso il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, alla creazione dei presupposti per una corretta programmazione, energetica e ambientale, regionale in armonia con le future indicazioni strategiche nazionali per lo sviluppo energetico compatibili con le peculiarità ambientali locali e le potenzialità di sviluppo sia delle fonti energetiche rinnovabili che del risparmio energetico.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul quotidiano Il sole 24 ore del 21 settembre 2009 emerge che a quasi tre mesi dall'entrata in vigore, la certificazione energetica degli edifici è estremamente confusa per il sovrapporsi di norme nazionali e regionali;
la certificazione nello spirito della direttiva 2002/91/Ce deve garantire all'utente il consumo di energia primaria necessario per fornire i servizi di riscaldamento, produzione di acqua calda sanitaria e condizionamento estivo (quest'ultimo non ancora implementato dalla normativa);
il calcolo, secondo le linee guida nazionali contenute nel decreto ministeriale 26 giugno 2009, deve essere in conformità con la normativa europea, come interpretata dalle norme UNI TS della serie 1130 attraverso l'uso di calcoli verificati e validati dal comitato termotecnico italiano;
inoltre sempre secondo il decreto ministeriale 26 giugno 2009, è prevista una classificazione degli edifici sempre conforme alla normativa europea al fine di fornire ai cittadini il metro della misura per la valutazione della qualità energetica;
l'articolo 17 del decreto legislativo 192 del 2005 riconosce alle regioni piena autonomia legislativa in materia, salvo il rispetto dei vincoli derivanti dal diritto comunitario e dai principi fondamentali desumibili dal suddetto decreto e dalla direttiva 2002/91/Ce;
i principi fondamentali però non sono identificati in modo chiaro e in Lombardia le procedure di certificazione sono state modificate 14 volte in due anni mentre i programmi di calcolo messi a disposizione della regione sono cambiati 8 volte, generando così problemi sulla attendibilità di certificati redatti secondo norme diverse e con difficoltà per i progettisti di individuare i criteri da usare, dal momento che le costruzioni dovranno essere in regola con le norme vigenti al momento della loro ultimazione;
le differenze maggiori riguardano però la classificazione degli edifici con le sole normative nazionali e liguri rispettose delle norme europee mentre tutte le altre, oltre a non soddisfare l'esigenza di uniformità avvertita in tutta Europa, sono diverse tra loro e rendono impossibile il confronto delle prestazioni di edifici ubicati in regioni diverse -:
se e quali iniziative intendano assumere nell'ambito delle rispettive competenze per assicurare chiarezza, uniformità e trasparenza delle classi energetiche su tutto il territorio nazionale.
(4-04338)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si forniscono, in premessa, le seguenti precisazioni.
1. Nell'ordinamento nazionale, la certificazione energetica degli edifici è stata attuata direttamente dal decreto legislativo 19 agosto, 2005, n. 192, che, in attesa dell'emanazione delle specifiche linee guida nazionali, ha avviato una fase transitoria, gestita anche attraverso successivi provvedimenti, quali i decreti legislativi n. 311 del 2006 e n. 115 del 2006.
2. Con decreto del ministro dello sviluppo economico del 26 giugno 2009 sono state emanate le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici. Sulla base della clausola di cedevolezza di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 192 del 2005, questo provvedimento, che ha ricevuto l'intesa della conferenza unificata, prevede:
all'articolo 3, che:
le disposizioni contenute nelle linee guida si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica degli edifici e comunque sino alla data della loro eventuale entrata in vigore;
nel disciplinare il sistema di certificazione energetica degli edifici, le regioni e le province autonome tengono conto degli

elementi essenziali di cui all'articolo 4, del decreto ministeriale 26 giugno 2009;
le regioni e le province autonome che, alla data del presente decreto abbiano già provveduto a disciplinare la materia, adottano misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri strumenti regionali di certificazione energetica degli edifici alle linee guida nazionali affinché sia assicurata la coerenza dei loro provvedimenti con gli elementi essenziali di cui all'articolo 4, del decreto ministeriale 26 giugno 2009.
all'articolo 4, che:
sono elementi essenziali del sistema di certificazione degli edifici:
i dati informativi contenuti nell'attestato di certificazione energetica, compresi i dati relativi all'efficienza energetica dell'edificio, i valori vigenti a norma di legge, i valori di riferimento o classi prestazionali che consentano ai cittadini di valutare e raffrontare la prestazione energetica dell'edificio in forma sintetica, i suggerimenti e le raccomandazioni in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione;
le norme tecniche di riferimento, conformi a quelle sviluppate in ambito europeo e nazionale;
le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici;
i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l'indipendenza dei soggetti preposti alla certificazione energetica degli edifici;
la validità temporale massima dell'attestato;
le prescrizioni relative all'aggiornamento dell'attestato.
all'articolo 5, che:
venga istituito un tavolo di confronto e coordinamento con la partecipazione dei ministeri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dell'ambiente, delle regioni, province, comuni e altri organismi tecnici nazionali. Obiettivi del tavolo sono, tra gli altri, il monitoraggio dell'applicazione normativa, il trasferimento delle esperienze, la massima diffusione e omogeneizzazione delle procedure su tutto il territorio nazionale.
3. Il decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 2009, attuativo del decreto legislativo n. 192 del 2005, concernente le metodologie di calcolo e i requisiti minimi della prestazione energetica degli edifici, all'articolo 7, prevede che gli strumenti di calcolo con cui si determina la prestazione energetica debbano essere conformi alle norme tecniche definite dall'ente nazionali italiano di unificazione (Uni Ts) 11300-1 e -2) e che tale conformità sia dichiarata dal comitato termotecnico italiano a valle di una rigorosa verifica tecnica (a oggi sono stati dichiarati idonei 9
software, mentre altri 13 sono in corso di valutazione).
4. Le linee guida nazionali non prevedono, al momento, la valutazione energetica del servizio di climatizzazione estiva, in quanto, non sono ancora disponibili le norme Uni che permettono il calcolo dell'energia primaria necessaria allo scopo. Si segnala, per contro, che le predette linee guida richiedono già il calcolo della prestazione estiva dell'involucro edilizio e ne prevedono l'informazione nell'attestato di certificazione energetica.

Ciò premesso, si fa presente che il Ministero dello sviluppo economico mantiene un costante contatto con le regioni, sia attraverso il coordinamento interregionale per l'energia, sia direttamente, per un confronto attivo, volto a raccogliere le esperienze sul campo e individuare soluzioni in modo coordinato tra le amministrazioni centrali e quelle locali. Recenti sono stati i confronti con le regioni Veneto, Lombardia, Valle d'Aosta e la provincia autonoma di Bolzano.
Si afferma, comunque, che su questa materia non sono presenti, anche a livello europeo, esperienze complete che affrontino tutte le problematiche in maniera soddisfacente. Probabilmente, pur con evidenti contraddizioni,

solo in Germania è in corso un'azione particolarmente significativa, dal punto di vista quantitativo.
Nello specifico si segnala che la regione Lombardia ha avviato la certificazione energetica degli edifici in anticipo rispetto all'emanazione del provvedimento nazionale e che, pur con una normativa in evoluzione e con le difficoltà che tutte le amministrazioni stanno incontrando, costituisce un'esperienza molto importante, non solo per l'informazione corretta fornita ai cittadini, ma anche, per il notevole numero dei certificati emessi e per la possibilità di poter programmare una politica energetica di settore, attraverso l'acquisizione automatica di dati sul patrimonio immobiliare esistente.
In conclusione, si informa che, a breve, il ministero dello sviluppo economico avvierà il tavolo di confronto e coordinamento in materia di certificazione energetica, previsto all'articolo 5 del decreto ministeriale 26 giugno 2009, di cui si è detto in precedenza, con il principale obiettivo di assicurare su tutto il territorio nazionale la massima omogeneità applicativa ed efficacia dei provvedimenti vigenti in materia.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Italia vi è un situazione di surplus di offerta di gas essendovi più metano di quanto non se ne consumi con le riserve strategiche colme e l'ipotesi di nuovi depositi geologici in grado di ospitare queste riserve al momento allo stadio di ipotesi e di studio;
dopo una stabilizzazione dei consumi che si era saldamente ancorata a circa 85 miliardi di metri cubi, tra gennaio e agosto - secondo i dati dell'Anigas - questi sono scesi del 12 per cento rispetto all'anno precedente e del 9,2 per cento se il riferimento è al mese di settembre 2008, effetto anche questo della crisi economica che ha portato ad una riduzione della domanda di metano per l'industria e per l'elettricità, il cui fabbisogno rispetto all'anno precedente è sceso del 5,6 per cento secondo i dati forniti da Terna;
il surplus si accompagna ad un momento di grande espansione della capacità di importazione di questo combustibile essendo aumentata la quota che potrà raggiungere il paese tramite i potenziamenti di gasdotti (6,5 miliardi dall'Algeria e altrettanti metri cubi dalla Russia) e l'arrivo di metano liquido ai rigassificatori (8 miliardi in più) di Panigaglia e a quello realizzato di recente a Rovigo;
in programmazione vi sono altri rigassificatori, che - in assenza soprattutto di una strategia nazionale - sembrano davvero inutili;
al riguardo il professore Alberto Clò, economista dell'energia, in un'intervista sul Sole24Ore dello stesso giorno, osserva che «ben vengano rigassificatori e gasdotti, ma si sappia che alcuni saranno veri flop che non dovranno trasformarsi in oneri impropri sulle bollette degli italiani»;
in Italia non esiste però un mercato del gas in cui un venditore che si sia approvvigionato di gas all'ingrosso possa acquisire anche i diritti su capacità di stoccaggio indispensabili a modulare le forniture ai clienti finali senza incorrere in penali;
in questo contesto di prezzi europei del gas all'ingrosso in forte calo, il sistema italiano di accesso alla capacità di stoccaggio (sostanzialmente amministrato e non di mercato) impedisce la ripercussione

dell'eccesso di disponibilità di un bene in calo di prezzo per il suo cliente finale;
intanto da una nota del 29 settembre risulta che l'Eni sta cercando di rinegoziare con Mosca le forniture di gas e che secondo Davide Tabarelli, direttore di Nomisma Energia, nella peggiore delle ipotesi l'Italia sarà costretta a non ritirare circa 4 miliardi di metri cubi per un valore intorno a 800 milioni di euro. Un minimo di flessibilità è prevista anche nei take-or-pay e l'Eni non è l'unico operatore con obblighi contrattuali di questo tipo. Tutto sommato potrebbe cavarsela con 400-500 milioni»;
a parere degli interroganti esiste un problema che è quello strategico che richiede un'ampia riflessione in Italia che sappia tener conto del contesto europeo -:
se e quando la nascenda borsa del gas (affidata dalla legge n. 99 del 2009 al Gestore del mercato elettrico) verrà affiancata a un vero mercato della flessibilità in grado di introdurre una effettiva concorrenza tra i venditori di gas naturale in grado di trasferire ai clienti finali parte degli effetti dell'eccesso di gas di questo periodo;
se e come intendano perseguire una politica che ponga, insieme all'efficienza energetica, come priorità europea la creazione di un mercato integrato dell'energia con l'impegno a rafforzare quel poderoso piano di proposte che la Commissione europea ha presentato per aprire alla concorrenza il mercato interno dell'energia elettrica ed in particolare del gas.
(4-04653)

Risposta. - In merito alle richieste dell'interrogante, contenute nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 30 della legge 1999 del 2009, dispone le seguenti azioni in materia di concorrenza nel settore del gas:
emanazione della disciplina relativa alla nuova borsa del gas, predisposta dal gestore dei mercati energetici spa (Gme), con successiva approvazione da parte di questo ministero, sentite le competenti Commissioni parlamentari e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
assunzione, da parte del Gme, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, della gestione delle offerte di vendita e di acquisto del gas;
emanazione di misure per la revisione dei tetti per l'immissione di gas in rete, che scadranno il 31 dicembre 2010, al fine di aumentare la concorrenzialità dell'offerta di gas a vantaggio dei clienti industriali con elevato e costante utilizzo di gas.

Il ministero dello sviluppo economico ha attivato uno specifico tavolo, per il settore gas, al quale partecipano il Gme, le associazioni e le maggiori imprese del settore, per discutere i possibili modelli di sviluppo del mercato del gas, tenuto conto delle specificità nazionali.
In tali incontri è stato concordato di attuare la delega, di cui all'articolo 30, comma 6, della legge 1990 del 2009, procedendo in maniera coordinata per permettere un avvio graduale alla borsa del gas naturale e favorire, così, lo sviluppo di una offerta realmente concorrenziale sul mercato nazionale, che eviti segnali di distorsione dei prezzi.
In particolare, con riferimento alla richiesta «se e quando la costituenda borsa del gas verrà affiancata a un vero mercato della flessibilità, in grado di introdurre una effettiva concorrenza tra i venditori di gas naturale in grado di trasferire ai clienti finali parte degli effetti dell'eccesso di gas di questo periodo», si precisa che, in attuazione delle disposizioni di legge sopra indicate, il ministero dello sviluppo economico ha, già predisposto alcuni schemi di

decreti ministeriali per attuare i seguenti indirizzi:
a) far assumere al Gme la gestione delle offerte di gas, già previste dalle disposizioni dell'articolo 11 del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito con legge 2 aprile 2007, n. 40, consistenti nell'offerta delle quote della produzione di gas dovute allo Stato e delle quote del gas importato dall'estero soggette all'obbligo di offerta a carico degli importatori, anche con riferimento ai dati delle movimentazioni registrate negli ultimi anni al mercato regolamentato della capacità, gestito da Snam rete gas spa (cosiddetto /punto virtuale di scambio/-Psv);
b) esercitare le azioni di raccordo fra i soggetti che svolgono attività di interesse pubblico e gli organi istituzionali, per sviluppare la piattaforma informatica e i diversi modelli di borsa, anche sulla base dell'esperienza sull'andamento delle offerte di cui al punto precedente, al fine di concretizzare la proposta di disciplina del mercato borsistico del gas.

In merito alla richiesta «se e come intendano» (il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ndr) «perseguire una politica che ponga, insieme all'efficienza energetica, come priorità europea la creazione di un mercato integrato dell'energia con l'impegno a rafforzare quel poderoso piano di proposte che la Commissione europea ha presentato per aprire alla concorrenza il mercato interno dell'energia elettrica ed in particolare del gas», si osserva che sono stati sempre assolti, senza che venisse rilevata alcuna infrazione, gli impegni di recepimento della normativa europea di riferimento in materia di liberalizzazione dei mercati energetici di realizzazione del mercato interno. È attualmente all'esame parlamentare il disegno di legge comunitaria 2009 che contiene i criteri di delega per il recepimento della direttiva 2009/73/CE del 13 luglio 2009, che introduce nuove norme comuni per il mercato interno del gas naturale.
Le norme del settore, da recepire entro il 3 marzo 2011, hanno, infatti, come obiettivo, la realizzazione di un mercato del gas naturale concorrenziale, sicuro e sostenibile, anche dal punto di vista ambientale.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per la sicurezza nucleare francese (ASN), alcuni mesi dopo che le autorità inglesi e finlandesi avevano minacciato di bloccare la realizzazione di reattori Epr nei loro Paesi a causa dei dubbi sul sistema di comando e di controllo della sicurezza, ha rivolto una lettera ad Edf, in cui si sollevano in modo molto serio questioni di sicurezza legate al sistema Epr in corso di realizzazione a Flamanville;
la pubblicazione della dichiarazione dell'Asn e della consulenza tecnica che le è stata presentata dal gruppo permanente di esperti e dall'istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn), è avvenuta al momento della pubblicazione di una dichiarazione congiunta, nella quale le autorità di sicurezza per il nucleare francese Asn, finlandese Stuk e la britannica Hse confermano la loro comune preoccupazione;
le tre autorità ritengono che «il disegno dell'Epr, nel modo in cui esso è stato originariamente proposto dai licenziatari e dal produttore Areva, non osserva il principio di indipendenza» tra i sistemi di sicurezza e quelli di controllo, che costituisce un principio basilare della sicurezza;

nella sua lettera a Edf, l'Asn conclude che «la complessità dell'architettura proposta da Edf rende difficile che possa adeguatamente dimostrarsi la sua sicurezza» e dichiara che la sua accettabilità è soggetta a modifiche dei disegno e a dimostrazioni complementari. Inoltre, «l'analisi di questi elementi (forniti da Edf) da parte dell'Asn e il suo supporto tecnico costituirà una condizione preliminare ai fini della valutazione circa l'accettabilità della futura richiesta (presentata da Edf) di una licenza per far operare il reattore Epr a Flamanville-3»;
l'inadeguatezza del disegno sarebbe tanto grave da far manifestare all'Asn persino dubbi sulla possibilità di sanarla, in modo da soddisfare i principi standard in materia di sicurezza. Nella lettera a Edf si conclude sostenendo che «data la vastità e la complessità delle spiegazioni che devono ancora essere fornite affinché si possa affermare che si ritengono soddisfatti i principi dal sistema, l'Asn considera che non esiste certezza provata che sulla base dell'attuale architettura sarà realizzato un sistema di sicurezza dimostrativo accettabile». Pertanto, l'Asn chiede a Edf che, mentre si adopera per fornire questa giustificazione, nel contempo «esamini sin d'ora programmi basati su concezioni alternative»;
la società francese si è difesa, sottolineando che le critiche dei tre enti «non mettono in dubbio la sicurezza dell'Epr» e assicurando che il disegno dei sistemi sarà modificato «entro la fine dell'anno» ed Edf ha escluso ritardi;
Areva, però, non è in grado di precisare in quale misura le modifiche, ancora allo studio, potranno incidere sul costo del reattore e alcuni osservatori ritengono che la necessità di tornare al tavolo di disegno possa comportare nuovi ritardi - e maggiori costi - nella realizzazione dell'impianto finlandese di Olkiluoto e di quello francese di Flamanville;
notizie di stampa francesi riferiscono inoltre che lunedì 2 novembre 2009 si è appreso che un reattore nucleare su tre sarebbe attualmente fermo per manutenzione e che almeno cinque sarebbero chiusi per degli incidenti seri;
i reattori Epr in questione sono quelli che nei piani dell'Enel, dovrebbero essere il cuore delle quattro centrali del futuro piano nucleare italiano;
nel mese di febbraio 2009 sono infatti stati siglati accordi per un'alleanza, guidata dalle due controllate di Stato Enel e Edf, per costruire quatto centrali nucleari in Italia, la prima delle quali operativa nel 2020 in virtù di un accordo che riguarda tutti gli aspetti del nucleare, dalla collaborazione in sede europea ai temi della sicurezza, dalla cooperazione tecnologica alla formazione dei tecnici, dallo smantellamento degli impianti alla collaborazione industriale in Paesi terzi -:
se il Governo sia al corrente dei gravi problemi di sicurezza dei reattori Epr oggetto dell'intesa italo-francese;
se non si ritenga di dover immediatamente soprassedere al rientro nel nucleare per meglio valutare programmi basati su concezioni alternative.
(4-04887)

Risposta. - In merito alle questioni riguardanti la sicurezza del reattore EPR (european pressurized reactor), sollevate nei mesi scorsi dall'autorità per la sicurezza nucleare francese nei confronti dell'esercente Edf, cui si fa riferimento nell'atto in questione, si evidenzia quanto segue.
La procedura di certificazione dei sistemi di sicurezza del reattore Epr, così come di tutti i reattori nucleari, richiede una proficua ed intensa collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti (progettista, costruttore, esercente e controllore). In tale contesto, non riveste carattere di eccezionalità la richiesta, rivolta all'esercente-costruttore Edf da parte dell'autorità di sicurezza nucleare francese, di chiarimenti in ordine al fondamentale requisito del pieno soddisfacimento del principio di indipendenza dei sistemi di sicurezza. A tali quesiti il progettista si è impegnato a dare risposta in tempi brevi.


Una volta che gli accertamenti di cui sopra dovessero concludersi con esito positivo, merita rilevare che il progetto proposto presenta significativi sviluppi rispetto ai reattori di seconda generazione, attualmente in esercizio nel mondo, introducendo alcuni sistemi che migliorano la sicurezza intrinseca e quella passiva. Inoltre, il reattore in parola fonda la sua competitività economica sulla possibilità di produrre più energia e meno rifiuti radioattivi a parità di quantità di combustibile impiegato.
Si fa presente che è intendimento del Governo di pianificare il rientro dell'Italia nel nucleare affidandosi alle migliori tecnologie attualmente disponibili a livello internazionale, in particolare i reattori commerciali di terza generazione in fase di realizzazione, peraltro, secondo quanto delibererà in merito il Cipe.
Si precisa, inoltre, che nel caso in cui un esercente dovesse proporre, per uno o più siti italiani, la tipologia di reattore in parola, l'Agenzia per la sicurezza nucleare, istituita ai sensi dell'articolo 29 della legge 1999 del 2009, metterà in atto tutte le opportune procedure di verifica tecnica sui progetti presentati, esprimendo, al termine della propria istruttoria, un parere vincolante ai fini del rilascio dell'autorizzazione, corredato da prescrizioni per la esecuzione delle varie fasi relative alla costruzione, avviamento ed esercizio dell'impianto.
Riguardo alla scelta del rilancio del nucleare, operata dal Governo per il soddisfacimento del fabbisogno elettrico del nostro Paese, occorre evidenziare che gli obiettivi del piano di rilancio del nucleare sono rivolti, in via prioritaria, al riequilibrio del
mix produttivo italiano nel settore elettrico, oggi troppo sbilanciato verso i combustibili fossili e, quindi, troppo legato alle importazioni energetiche dall'estero, nonché alla stabilizzazione dei prezzi dell'energia elettrica, attualmente troppo dipendenti dal prezzo del petrolio. Il ritorno al nucleare va visto, pertanto, nell'ambito di un più vasto programma che prevede, a regime, un mix energetico composto da un 25 per cento da nucleare, da un 25 per cento da fonti rinnovabili (oggi al 19 per cento) e da un 50 per cento da fonti fossili (oggi all'81 per cento).
Inoltre, il nucleare risponde alla necessità di ridurre le emissioni dei gas ad effetto-serra, secondo gli impegni internazionali condivisi dall'Italia. Senza il ricorso all'energia nucleare, difficilmente tali obiettivi potranno essere efficacemente conseguiti su vasta scala.
In merito alla richiesta di valutare opzioni alternative a quella nucleare, si precisa che il Governo ha già in atto un considerevole programma, anche nel settore della ricerca, volto al risparmio energetico ed alla promozione di investimenti nel settore dell'energia da fonti rinnovabili. Occorre, tuttavia, evidenziare che, dal punto di vista tecnologico, le fonti rinnovabili, fatta eccezione per l'idroelettrico, oggi possono svolgere un ruolo parziale nell'ottica della produzione di energia elettrica esente dalla produzione ed emissione dei gas ad effetto serra, a causa dei vincoli fisici delle risorse (si pensi all'eolico ed all'idroelettrico) e dei costi di generazione più elevati rispetto alle altri fonti, oltre alla propria debolezza intrinseca di non essere in grado di assicurare la continuità della fornitura energetica, in accordo al profilo di potenza richiesto sulla rete.
Pertanto, non ha senso la contrapposizione tra rinnovabili e nucleare, in quanto si tratta di due fonti tra loro sinergiche e complementari che solo insieme riusciranno a garantire la fruibilità dell'energia elettrica a prezzi competitivi nel rispetto dei vincoli ambientali imposti a livello internazionale che stanno determinando un onere economico notevole a tutta la collettività. Peraltro, si assicura che il Governo tiene nella più grande considerazione la necessità di prevedere, a livello nazionale e regionale, l'utilizzo bilanciato delle varie fonti energetiche, il ricorso al risparmio ed una maggiore efficienza degli usi finali dell'energia.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del

Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo l'Agenzia di stampa francese AFP, il 3 dicembre l'Istituto di radioprotezione e di sicurezza nucleare (IRSN) a seguito dell'incidente avvenuto nella notte tra l'1 e il 2 dicembre ad uno dei quattro reattori della centrale nucleare Edf di Cruas, nell'Ardeche, ha dichiarato che per la «prima volta» le due prese d'acqua fredda che servono al circuito di raffreddamento si sono guastate simultaneamente;
questo è il terzo incidente a centrali nucleari avvenuto in tre mesi in Francia;
l'IRSN ha giudicato la gravità dell'ultimo incidente sulle inquinate rive del Rodano al secondo livello della scala internazionale Ines di pericolosità;
sempre secondo AFP, in Inghilterra, dove il Governo ha deciso all'inizio del 2008 di rilanciare la costruzione di centrali nucleari per sostituire i reattori vecchi, il 27 novembre la direzione Sanità e Sicurezza britannica (HSE) ha avvertito che potrebbe non approvare i progetti di nuovi reattori nucleari dei gruppi francesi EDF e Areva e il reattore AP1000 dell'americana Westinghouse qualora non rispondano alle riserve espresse in tema di sicurezza;
l'organismo britannico per la sicurezza nucleare ha affermato che i costruttori «hanno ancora molto lavoro da fare per rispondere ai quesiti posti e per presentare i loro dossier in maniera adeguata quanto a sicurezza, sotto molti aspetti tecnici»;
il processo di valutazione dei due progetti di reattori non saranno conclusi prima del 2011;
sempre secondo AFP, il 19 novembre, la Commissione per la regolamentazione dell'energia (CRE) ha concluso un'inchiesta avviata dopo che i guasti ai reattori nucleari di EDF e alla centrale idraulica di Grand Maison, nell'Isère, hanno ridotto di 4100 megawatt (MW) la capacità di produzione d'elettricità nella giornata del 19 ottobre, giornata in cui la caduta brutale della temperatura ha generato una crescita della domanda di 3000 MW, con EDF che ha dovuto importare 7711 MW d'elettricità, un record storico secondo le cifre fornita dalla rete del trasporto di elettricità (RTE), filiale di EDF, provocando un'impennata dei prezzi sulla borsa elettrica Powernext;
a conclusione dell'inchiesta CRE ha chiesto ad EDF di «rafforzare l'affidabilità ad oggi insufficiente dei dati previsionali del suo parco produttivo» al fine di assicurare maggior trasparenza alle operazioni di mercato; ha inoltre chiesto all'Unione francese di elettricità, di «migliorare la trasparenza dei dati di previsione» e ha richiamato l'importanza attribuita alla pubblicazione degli arresti fortuiti delle centrali;
il 6 novembre, le operazioni di manutenzione sul reattore n. 2 della centrale di Tricastin (Drome) hanno dovuto essere sospese a seguito di un incidente avvenuto nel corso della sostituzione di una barra d'uranio come EDF ha dichiarato. Un incidente simile avvenuto l'8 settembre 2008 sullo stesso reattore aveva ritardato le operazioni di manutenzione di parecchi mesi. E l'Autorità di sicurezza nucleare (ASN) aveva domandato ad EDF di «intraprendere azioni particolari nella sorveglianza delle operazioni di ricambio dei combustibili dei reattori nucleari»;
un altro incidente è avvenuto lo scorso mese di maggio al reattore 1 della centrale di Tricastin quando due pezzi metallici di due tonnellate ciascuno utilizzati per dei test di funzionamento sul ponte di manutenzione erano caduti da un'altezza di circa 15 metri;
infine, da un lancio di agenzia dell'AFP del 14 ottobre, si apprende che l'Autorità di sicurezza nucleare a deciso di classificare al livello 2 della scala Ines un incidente avvenuto a Cadarache e ha ordinato l'arresto dei lavori in corso per lo

smantellamento nel corso delle cui operazioni il Commissariato per l'energia atomica (CEA) ha affermato di aver reperito dei depositi di plutonio superiori alle sue previsioni;
in un comunicato l'ASN ha sottolineato che i depositi «valutati all'incirca 8 chili durante il periodo di sfruttamento dell'installazione erano di fatto dell'ordine di 22 chili e che la CEA stima che la quantità totale potrebbe innalzarsi a 39 chili». Inoltre l'ASN, con le parole di Laurent Kelly, capo della divisione di Marsiglia, ha giudicato inaccettabile il ritardo intercorso tra la conoscenza di questo problema da parte del CEA che risale a giugno e la sua segnalazione in ottobre;
dei 58 reattori nucleari francesi, 15 sono attualmente fermi secondo quanto riferito da Pierre Gadonneix di EDF;
come segnalato con precedente interrogazione 4-04887 l'Autorità per la sicurezza nucleare francese (ASN), congiuntamente alle autorità per la sicurezza nucleare inglesi e finlandesi ritengono che «il disegno dell'Epr, nel modo in cui esso è stato originariamente proposto dai licenziatari e dal produttore Areva, non osserva il principio di indipendenza» tra i sistemi di sicurezza e quelli di controllo, che costituisce un principio basilare della sicurezza;
il 4 dicembre, a Lille, si tiene un «colloquio dal preoccupante titolo "la preparazione al post-incidente nucleare«", organizzato dall'Asn e dall'istituto di radioprotezione e di sicurezza nucleare (Irsn) -:
se siano al corrente dei problemi di sicurezza che caratterizzano il parco nucleare francese;
se siano al corrente dei problemi di difficile disponibilità delle informazioni su dati attinenti la sicurezza nucleare che la stessa ASN lamenta;
se siano al corrente dei problemi di smantellamento delle centrali nucleari francesi e dei relativi costi;
se non ritengano, visti i problemi in cui si imbattono i pochi Paesi che ricorrono al nucleare, non procedere, per ragioni economiche e di sicurezza, al rientro dell'Italia nel nucleare.
(4-05317)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, alla quale si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
In merito alle notizie di stampa relative agli incidenti avvenuti in centrali nucleari francesi, alle quali si fa riferimento nell'interrogazione di che trattasi, si fa presente che gli stessi, secondo le dichiarazioni rese al riguardo dall'Istituto di radioprotezione e di sicurezza nucleare francese (Irsn), non si configurano come veri e propri incidenti in quanto sono stati classificati, da tale istituto, al livello 2 della scala INES
(International nuclear and radiological event scale che corrisponde ai guasti.
Tale scala, sviluppata dalla Iaea (Agenzia internazionale per l'energia atomica), permette di classificare gli incidenti che possono avvenire nel settore nucleare e radiologico e comprende 7 livelli, di cui i primi tre si riferiscono ai guasti mentre gli ultimi quattro agli incidenti.
In relazione alla dichiarazione della direzione, sanità e sicurezza britannica (Hse), citata nell'atto in questione, «di non approvare i progetti di nuovi reattori nucleari qualora non rispondano pienamente alle riserve espresse in tema di sicurezza», si evidenzia che tale dichiarazione non riveste carattere di eccezionalità, dal momento che la sicurezza costituisce da sempre un requisito indispensabile dei reattori nucleari. Si evidenzia, inoltre, che entrambi i reattori, ai quali si fa riferimento, appartengono alla terza generazione che beneficia della vasta esperienza acquisita nella gestione dei reattori di I e II generazione e si caratterizza, tra l'altro, per la riduzione del rischio di incidenti, per l'utilizzo di sistemi di sicurezza passiva ed il potenziamento dei sistemi attivi.
Per quanto concerne il quesito relativo alla sicurezza dei reattori nucleari francesi, occorre precisare che la sicurezza di un impianto nucleare è verificata e controllata,

al massimo grado possibile, in tutte le fasi di progetto, autorizzazione, realizzazione, esercizio e decommissioning. Inoltre, giova precisare che il settore nucleare è un settore internazionale per eccellenza e i reattori nucleari in esercizio in tutto il mondo sono sottoposti, oltre che alla sorveglianza da parte delle autorità di controllo nazionali, al regime di controllo ispettivo della sopracitata Agenzia dell'Onu (Iaea).
La Iaea ha la duplice finalità: verificare le condizioni di sicurezza degli impianti e impedire eventuali impieghi illeciti dei materiali nucleari. Nei paesi europei, inoltre, il regime di controllo ispettivo della Iaea è associato a quello previsto dal trattato Euratom, che prevede analoghi meccanismi di controllo. Qualsiasi malfunzionamento o evento anomalo si verifichi presso un impianto nucleare deve essere immediatamente notificato alla Iaea che ha il potere di disporre accertamenti indipendenti da quelli disposti in forma autonoma dall'esercente dell'impianto e dalle autorità di controllo nazionali.
In merito ai possibili problemi connessi allo smantellamento delle centrali nucleari ed ai relativi costi, si precisa che lo smantellamento degli impianti nucleari è basato su tecnologie ormai mature, la cui fattibilità è stata dimostrata ampiamente, considerato che molti impianti sono già stati smantellati o sono in avanzata fase di smantellamento in tutto il mondo, compresa la Francia.
Si precisa, altresì, che alla luce della maggiore esperienza acquisita, di recente, molte
utilities negli Usa hanno rivisto al ribasso i costi per lo smantellamento. Tali costi, secondo analisi approfondite condotte dalle agenzie nucleari dell'Onu (Iaea) e dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (NEA), incidono sul costo totale di produzione del kWh nucleare per circa 0,1 centesimi di euro.
Per quanto concerne, poi, la richiesta di non procedere al rientro nel nucleare per ragioni economiche e di sicurezza, si fa presente che il costo del kWh di origine nucleare è più basso del costo del kWh proveniente da molte altre fonti energetiche e che tutti gli accorgimenti adottati per garantire la sicurezza di tali impianti rappresenteranno un elemento fondamentale e imprescindibile sulla cui validità vigilerà costantemente l'Agenzia per la sicurezza nucleare.
Si fa presente, infine, che la convenienza economica dell'energia nucleare è stata dimostrata dai risultati di tutti gli studi condotti negli ultimi dieci anni da organizzazioni nazionali ed internazionali. Tali studi hanno evidenziato che il nucleare è conveniente rispetto a tutte le altre forme di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e non. Secondo le più recenti ed approfondite analisi, il costo totale di produzione del kWh di origine nucleare, comprensivo dei costi di smantellamento, è compreso tra 2,4 e 3,9 centesimi di euro, con l'attuale tasso di cambio euro/dollaro.
Si può, quindi, affermare che l'energia nucleare è in grado di assicurare energia su vasta scala a costi competitivi e che, in aggiunta, risponde efficacemente alle sfide poste dai cambiamenti climatici, consentendo di ottemperare agli obblighi internazionali per la riduzione della emissione dei gas ad effetto serra.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo una ricognizione dei regolamenti edilizi comunali, contenuta nel rapporto Onre 2009, realizzato da Cresme e Legambiente, risulta che sono quasi 600 i comuni italiani (su oltre 8000) che hanno adottato innovazioni normative riguardanti l'energia e la sostenibilità ambientale applicata all'edilizia;
circa un terzo di questi impone di adottare le misure per il risparmio energetico anche in caso di ristrutturazione, e non solo di nuove costruzioni: dai pannelli

solari all'isolamento termico, dal recupero delle acque piovane all'utilizzo di materiali riciclabili;
applicare alle nuove costruzioni standard elevati - anche più severi di quelli previsti dal decreto legislativo n. 192 del 2005 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2009 sul rendimento energetico in edilizia - non significa necessariamente gravare il costruttore di costi eccessivi;
già nel 2004 un caso di studio presentato dal comune di Carugate (Milano), uno dei precursori assoluti sul fronte della sostenibilità, aveva dimostrato che con un maggior investimento del 3 per cento era possibile ridurre i consumi per il riscaldamento di oltre il 40 per cento;
quando si tratta di intervenire su edifici esistenti, invece, il bilancio economico dell'intervento diventa più difficilmente sostenibile, perché occorre spendere di più per ottenere risultati minori;
non si può però pensare, a giudizio degli interroganti, di migliorare il rendimento energetico del patrimonio edilizio italiano senza disciplinare anche le ristrutturazioni;
infatti nel 2007 (ultimo anno rilevato dall'agenzia del territorio) sono state realizzate circa 730 mila nuove unità immobiliari, a fronte di uno stock complessivo che supera i 60 milioni;
i più attivi sono i comuni del centronord e quasi l'80 per cento dei regolamenti verdi è stato adottato negli ultimi tre anni -:
se e quali iniziative intendano adottare per incoraggiare l'adozione di regolamenti edilizi comunali contenenti innovazioni normative riguardanti l'energia e la sostenibilità ambientale applicata all'edilizia, con particolare riferimento alle aree del centro-sud.
(4-05606)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si precisa quanto segue.
L'Italia, in anticipo rispetto a molti paesi europei, ha posto, al centro della politica per l'efficienza energetica, la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, consapevole che, senza un intervento in tale ambito, non sia possibile raggiungere risultati significativi.
Testimonianza di questa politica sono i provvedimenti emanati in attuazione della direttiva 2002/91/CE: il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, il decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2 aprile 2009 e il decreto ministeriale 26 giugno 2009 (linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici).
Al riguardo, si evidenzia come in questi provvedimenti, per la prima volta, siano stati previsti requisiti minimi, obbligatori, in tutti i casi di ristrutturazione degli edifici, indipendentemente dall'entità, dimensionale o economica, dell'intervento: se si sostituisce anche una sola finestra si deve installare un componente con requisiti minimi equivalenti a quelli richiesti nel caso di nuove costruzioni, se si ripara l'impermeabilizzazione di una copertura si deve garantire un livello adeguato di coibentazione, se si sostituisce un impianto o una caldaia si deve installare almeno un generatore a bassa temperatura (3 stelle se a gas), eccetera.
Si evidenzia, inoltre, che per queste misure, definite sulla base di valutazioni tecnico economiche, è stata stabilita una gradualità per la loro entrata in vigore, cadenzata negli anni 2006-2008-2010.
Si sottolinea, poi, che quanto disposto nel nostro paese non trova riscontro in altri stati europei. In taluni stati europei, infatti, i provvedimenti emanati in materia prevedono
standards minimi legati a una soglia dimensionale dell'intervento.
Questo vincolo, che non è stato possibile eliminare per l'opposizione di stati come la Germania, l'Olanda, il Regno Unito, il Portogallo ed altri, si riscontra, purtroppo, anche nel recente testo di revisione della direttiva 2002/91/CE che, grazie alle pressanti richieste dell'Italia, prevede la definizione di requisiti minimi, nel caso di ristrutturazione, per gli elementi costruttivi

ma li lega a una estensione minima dell'intervento di ristrutturazione.
Si aggiunge che, in Italia, per quanto riguarda gli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti (coibentazione, sostituzione di finestre, installazione di pannelli solari termici, sostituzione di impianti di riscaldamento), sono in vigore detrazioni fiscali che sono all'attenzione di altri paesi europei per una possibile trasposizione nella loro normativa nazionale.
Si aggiunge, inoltre, che le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, emanate con il decreto ministeriale 26 giugno 2009, facendo perno proprio sulla ristrutturazione degli edifici esistenti, prevedono la messa a punto di un attestato di certificazione energetica che, attraverso l'indicazione della classe energetica dell'edificio, è in grado di fornire al cittadino la percezione immediata della convenienza economica della riqualificazione energetica della propria abitazione. Questa impostazione deriva dal fatto che, alla base dei requisiti minimi fissati dalle norma, sono state poste delle considerazioni tecnico-economiche che tengono conto, in particolare, del clima, della tipologia edilizia, dei costi di costruzione e di quelli di gestione e manutenzione dell'edificio.
Ciò precisato, si fa presente che, nell'ottica di un prossimo aggiornamento dei predetti requisiti minimi e in relazione alle previsioni della revisione della direttiva 2002/91/CE, che fornirà uno specifico strumento di comparazione e valutazione degli
standards nazionali, su cui gli stati dovranno rendere conto degli eventuali scostamenti dai requisiti ottimali, il Ministero dello sviluppo economico effettuerà un nuovo studio per tenere conto dell'evoluzione tecnologica e dei costi inerenti la costruzione, la gestione e la manutenzione degli edifici, intercorsi dal 2005 a oggi.
In conclusione, nel sottolineare, ancora una volta, l'attenzione costante che il Ministero pone alle tematiche dell'efficienza energetica, si ritiene che il Ministero dello sviluppo economico debba prioritariamente operare al Tavolo di confronto e coordinamento in materia, previsto all'articolo 5 del decreto ministeriale 26 giugno 2009, dove sono presenti regioni, province e comuni, con il principale obiettivo di assicurare, nel paese, la massima omogeneità applicativa ed efficacia dei provvedimenti in materia di efficienza energetica. In quella sede, in un quadro di coerenza nazionale, le amministrazioni locali avranno modo di valorizzare le loro specificità e di cogliere le migliori opportunità che si potranno loro porre.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
lo schema di decreto legislativo sui criteri per l'individuazione dei siti nucleari è tutt'ora all'esame delle Commissioni parlamentari competenti per un parere e la Conferenza unificata non ha ancora espresso il suo parere a riguardo;
dopo le parole dell'amministratore delegato di ENEL Fulvio Conti, che in un'intervista a La7 del 5 dicembre aveva dichiarato: «I siti dove sorgeranno le centrali nucleari in Italia li abbiamo già individuati ma non li dico neanche sotto tortura. Aspettiamo l'imprimatur del Governo», il 27 gennaio Cesare Pillon, amministratore dell'APS AGEGAS ha dichiarato al quotidiano Leggo di Padova: «Il nostro territorio è uno dei siti indicati per la possibile costruzione di una centrale nucleare. Se la linea è questa; occorre chiarirsi bene le idee. Il Governo ha le idee chiare, hanno già fatto le mappe dei siti e il triveneto è una delle aree per ospitare le centrali. Più precisamente le zone sono quelle vicino a Monfalcone e a Rosolina, nel polesine» -:
se risponda al vero quanto sopra riferito in merito alla già avvenuta individuazione delle mappe dei siti con l'indicazione, per quanto riguarda il Triveneto, di Monfalcone e Rosolina.
(4-05930)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, alla quale si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, il Governo, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 25 della legge sviluppo (legge n. 99 del 2009), ha predisposto uno schema di decreto legislativo, per definire le diverse fasi del programma nucleare italiano.
Tale schema di decreto (ora decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31), dopo l'esame delle competenti commissioni parlamentari e la convocazione della conferenza unificata per l'acquisizione del relativo parere, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta ufficiale n. 55 dell'8 marzo 2010.
Quanto al contenuto di detto decreto si ribadisce che il Governo, con questo provvedimento, ha avuto come obiettivo prioritario quello di porre le basi legislative per una maggiore garanzia della sicurezza degli impianti nucleari, della tutela della salute della popolazione e degli operatori e della protezione dell'ambiente, non certo quello di stilare degli elenchi di siti candidati ad ospitare detti impianti.
Dunque, il riferimento contenuto nell'atto in esame sulla «già avvenuta individuazione delle mappe dei siti» dove sorgeranno i nuovi impianti per la produzione di energia nucleare e lo smaltimento delle scorie, non appare appropriato. Infatti, il citato decreto legislativo prevede che l'Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn), istituita dall'articolo 29 della «legge sviluppo» (legge 23 luglio 2009, n. 99), definisca soltanto i parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee ad ospitare un sito nucleare, sulla base dei contributi e dei dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, ivi incluse le università.
Tali parametri saranno, successivamente, approvati dal Governo, unitamente al documento programmatico sulla strategia nucleare, sulla base di una procedura di consultazione pubblica ed istituzionale che coinvolgerà tutti gli enti ed i soggetti interessati, nonché della valutazione ambientale strategica, agli esiti delle quali i parametri suddetti dovranno essere adeguati.
Solo dopo il completamento di tale procedura potrà avvenire, secondo quanto stabilito dallo schema di decreto, l'individuazione dei siti, peraltro ad iniziativa e sulla base di specifica richiesta degli operatori interessati.
Spetterà, conseguentemente, all'agenzia l'esame della rispondenza dei siti proposti ai criteri ed ai parametri individuati e la conseguente certificazione degli stessi, che sarà successivamente sottoposta dal Governo all'intesa con la regione interessata e con la conferenza unificata, ai fini dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio delle centrali, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli territoriali di governo.
In base a quanto precisato, risulta evidente che la scelta dei siti non viene operata dal Governo ma viene rimessa ad apposite procedure dettate dal decreto che coinvolgeranno i ministeri competenti, in particolare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, gli enti locali e gli operatori interessati.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle date 7 luglio 2009, seduta n. 198, e 14 settembre 2009, seduta n. 213, gli interroganti hanno presentato le interrogazioni n. 4-03482 e n. 4-03956 relative alla preoccupante situazione ambientale creatasi a Stroncone e in una vasta area comprendente limitrofi comuni del Ternano in seguito all'incendio divampato all'Ecorecuperi di Vascigliano di Stroncone (Terni) nella notte tra il primo e il due luglio 2009;

in quel rogo, sedato dai vigili del fuoco con grande difficoltà e dopo diversi giorni di strenuo impegno (ben centotredici interventi nell'arco di quarantotto giorni), sono andati distrutti capannoni stipati all'inverosimile di rottami di plastica provenienti da carcasse di automobili (6929 tonnellate di plastica rispetto alle 3200 concesse);
a tutt'oggi rimangono non ancora adeguatamente conosciute le proporzioni del disastro che ha scatenato la diffusione nell'ecosistema di diossine e altri inquinanti cancerogeni, a discapito della salute degli abitanti e di numerosi piccoli agricoltori e allevatori della zona rimasti, tra l'altro, per mesi senza alcuna protezione e finiti economicamente sul lastrico;
su disposizioni del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Terni, dottor Maurizio Santoloci, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, dottoressa Elisabetta Massini, sono state avanzate richieste di misure cautelari nei confronti dell'architetto Nicola Beranzoli, sindaco di Stroncone, del professor Terenzio Malvetani, noto esponente politico di lunga militanza democristiana, imprenditore nonché presidente della Cassa di risparmio di Terni e Narni, dell'ingegner Adriano Rossi, direttore del dipartimento provinciale dell'Arpa, nonché di Massimo Scerna, titolare della Ecorecuperi;
le accuse della magistratura sono estremamente gravi e vanno dall'incendio colposo alla produzione e commercializzazione di alimenti con diossina, al favoreggiamento di interessi economici di privati (come il figlio del Malvetani, proprietario di un agriturismo situato nel raggio di tre chilometri dalla Ecorecuperi), nonché alla dolosa attività di falsificazioni seriale e sistematica della realtà delle cose reali, creando disinformazione sulle gravissime e probabilmente non note conseguenze del disastro ambientale verificatosi;
la stampa locale, e in particolare il Messaggero e il Giornale dell'Umbria, in articoli apparsi mercoledì 17 febbraio 2010, riportando stralci della ricostruzione del pubblico ministero accolta dal giudice e contenuta nelle sessantacinque pagine dell'ordinanza, hanno parlato di una sorta di «cupola» il cui unico intento sarebbe consistito nel minimizzare, per evidenti tornaconti, l'allarme diossina e che avrebbe agito con pressioni, contatti, rilevazioni «pilotate» testimoniante anche da sei mesi di intercettazioni telefoniche;
sempre secondo le accuse, a causa delle blande ordinanze emanate dall'amministrazione comunale di concerto con l'Arpa, la popolazione avrebbe continuato a nutrirsi con alimenti contaminati, bevendo latte inquinato, mangiando carne di animali che avevano assunto diossina, nonché a commercializzare prodotti ortofrutticoli potenzialmente fortemente cancerogeni;
sono ovviamente riscontrabili nella popolazione sconcerto, indignazione, viva preoccupazione per la mancanza di dati effettivamente attendibili -:
se i Ministri interrogati intendano procedere con urgenza, e con quali strumenti, affinché si faccia chiarezza sulla dimensione del disastro ambientale prodottosi a Vascigliano di Stroncone, anche promuovendo per il tramite dell'istituto superiore di sanità un accertamento degli effetti dell'incendio sulla salute della popolazione e quali rimedi i Ministri si intendano adottare per ricondurre la situazione ad un minimo di normalità con riferimento, in primo luogo, alla tutela della salute della popolazione.
(4-06213)

Risposta. - In risposta all'interrogazione di cui all'esame, si rappresenta che il 7 luglio 2009 la prefettura di Terni ha trasmesso alla direzione generale competente per materia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una comunicazione di potenziale contaminazione ambientale, ai sensi dell'articolo 304, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, inerente un incendio verificatosi il 2 luglio presso il capannone della ditta Ecorecuperi s.r.l., sito in località Vascigliano, comune di Stroncone (Terni), che ha interessato rifiuti di materie

plastiche da riciclare provocando emissioni di diossina e furani.
I successivi aggiornamenti, trasmessi dalla prefettura hanno evidenziato che le analisi effettuate dall'agenzia regionale per l'ambiente e dalle aziende sanitarie locali competenti sui campionamenti del suolo avevano evidenziato valori inferiori ai limiti di legge, ma che per i prodotti alimentari permanevano, anche a diversi giorni dalla verificazione dell'evento, ragioni di carattere sanitario, motivo per cui i comuni interessati ne hanno disposto il divieto di consumo.
Il comune di Stroncone ha, inoltre, disposto, ai sensi degli articoli 301 e 304 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che la Ecorecuperi srl procedesse alla messa in sicurezza dell'area di pertinenza interessata dall'incendio e all'adozione di un piano di rimozione e smaltimento dei rifiuti ivi presenti, compresi i residuati dalla combustione.
Successivamente, il medesimo comune ha avanzato richiesta di intervento statale
ex articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006 anche al fine di rinvenire risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi prescritti e non realizzati dal soggetto ingiunto.
Si sono, quindi, tenuti presso la direzione generale suddetta degli incontri con rappresentanti del comune di Stroncone e della regione Umbria, nell'ambito dei quali è stato rappresentato il quadro dei danni subìti dai produttori agricoli e dagli allevatori della zona a causa delle misure adottate in seguito all'incendio ed è stato richiesto al Ministero dell'ambiente di prendere in incarico tale situazione di criticità, sia da un punto di vista finanziario, sia attraverso l'emanazione di un'ordinanza per l'adozione di misure di prevenzione e ripristino ambientale.
Alle suddette richieste si è ritenuto di non dar seguito per i motivi di seguito illustrati.
In primo luogo, è stato rappresentato che non è possibile procedere ad un intervento statale ai sensi della parte VI del decreto legislativo n. 152 del 2006 - nella forma dell'ordinanza del Ministro per l'adozione di misure di prevenzione e di ripristino ambientale - alla luce di quanto stabilito dall'articolo 303, lettera
i) del citato decreto legislativo, che esclude dalla predetta normativa le situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica.
Nel caso di specie, infatti, le procedure relative alla bonifica devono ritenersi effettivamente avviate, sia perché la Ecorecuperi srl ha provveduto alla comunicazione di potenziale contaminazione del suo sito, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, qualificando espressamente in tali termini la sua iniziativa, sia perché la medesima società ha successivamente inviato al comune di Stroncone, alla provincia di Terni e all'Arpa Umbria la caratterizzazione del sito e dei materiali ivi depositati, nonché un apposito piano di sgombero e smaltimento degli stessi.
Si osserva, inoltre, che l'area interessata dall'incendio non è ricompresa all'interno di alcun sito di interesse nazionale di cui all'articolo 252 del decreto legislativo n.152 del 2006, per cui si ritiene che la competenza a proseguire nelle procedure per la bonifica della stessa appartenga agli enti territoriali, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 242 e seguenti del citato decreto legislativo.
Da ultimo, si informa che, per gli adempimenti di competenza, con nota del 3 febbraio 2010, è stato conferito incarico all'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per la valutazione e l'eventuale quantificazione dei danni patiti dalle matrici ambientali interessate dall'incendio, anche al fine di valutare l'opportunità di promuovere azione risarcitoria.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha lanciato la campagna «Energia sostenibile per

l'Europa (SEE)», rivolta a soggetti pubblici e privati, e nel 2008 il patto dei sindaci al fine di impegnare le città nel raggiungere e addirittura superare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 2020;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge una funzione di coordinamento al fine di coinvolgere il maggior numero di città e collabora direttamente con le città per la redazione dei piani di azione e nell'organizzazione di eventi sul territorio finalizzati ad accrescere la considerazione sui temi energetici;
nel maggio 2009 si è avviata in Italia una discussione per la redazione di linee guida utili per la redazione dei SEAP;
tali linee si sarebbero dovute predisporre tenendo in considerazione le esperienze già maturate da alcune città nell'ambito della preparazione dei propri piani e programma energetici locali e sulla base delle linee guida della Commissione europea -:
se le linee guida sopra citate siano state elaborate e quando;
come le linee guida siano state diffuse tra i soggetti interessati o si intenda diffonderle.
(4-06416)

Risposta. - Con riferimento all'atto sindacato ispettivo di cui all'esame, relativo alle linee guida sull'energia sostenibile (SEAP), si rappresenta quanto segue.
Nel maggio 2009 si è avviata in Italia una discussione per la predisposizione di linee guida utili per la redazione dei Seap (piani di azione per l'energia sostenibile), previsti nell'ambito dell'attuazione del patto dei sindaci.
L'appuntamento, svoltosi a Torino del maggio 2009, è stato seguito da altri incontri nei quali il Ministero dell'ambiente ha dialogato con le città aderenti al patto dei sindaci e raccolto utili indicazioni per la finalizzazione delle linee guida.
Il 6 ottobre 2009 si è svolta a Bruxelles la presentazione generale delle linee guida Seap, predisposte dalla Commissione europea, anche con il contributo delle esperienze delle città italiane, per il tramite del proprio centro comune di ricerca (Ccr) e, nel gennaio 2010, tali linee guida sono state messe a disposizione
on-line nella loro versione originale in lingua inglese, reperibili anche sul sito della campagna SEE (energia sostenibile per l'Europa) nazionale: www.campagnaseeitalia.it/doc/redigere-i-piani-dazione-per-lenergia-sostenibile-seap.
La versione in italiano di tali linee guida sarà redatta sempre dal Ccr della Commissione europea e si ritiene che sarà disponibile entro il mese di maggio 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso, in data 7 dicembre 2007, il generale di divisione Erasmo Lorenzetti avrebbe scritto, con grande anticipo, e sigillato la lettera con i nomi della società che avrebbe vinto l'appalto per l'organizzazione del G8 del 2009 e dei dirigenti dello Stato che avrebbero gestito e controllato le grandi opere, elencati sotto il titolo «pacchetto Bertolaso»;
tra i nomi compaiono la società Triumph di Maria Criscuolo, che ha effettivamente organizzato il vertice tra capi di stato la scorsa estate, e Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici arrestato il 10 febbraio 2010;
il settimanale «L'Espresso» avrebbe appreso casualmente dell'esistenza della «busta profetica» nel dicembre 2009 durante la preparazione dell'inchiesta «Protezione civile super spa» pubblicata il 21 dicembre 2009, e dopo numerose insistenze avrebbe convinto il generale Lorenzetti

ad aprire la busta ancora in suo possesso davanti a una telecamera;
la ripresa filmata fu fatta alle ore 18.50 di mercoledì 16 dicembre 2009, il generale Lorenzetti raccontò di avere consegnato la seconda busta il generale aveva sigillato due buste: quella aperta davanti alle telecamere de L'Espresso e quella consegnata al ministero - al capo ripartizione del ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione attraverso la sua capo segreteria, secondo il racconto, la busta sigillata (con la previsione dei nomi di cui sopra), che aveva consegnato al Ministero, gli è stata restituita integra dopo la pubblicazione dell'inchiesta de L'Espresso di dicembre 2009;
secondo l'intervistato, «a partire dal vertice di Genova molti grandi eventi, per la parte congressuale, sono stati appannaggio della ditta Triumph di Maria Criscuolo [...] I nomi di chi avrebbe diretto i lavori mi erano logici visto che sin dalla fine del Giubileo (2000) apparivano quasi sempre gli stessi»;
come riportato da «il Fatto Quotidiano» il 26 febbraio 2010, il gruppo Triumph fattura 20 milioni di euro ogni anno grazie anche all'organizzazione di tutti gli eventi governativi e la Triumph gira poi parte dei servizi di catering alla Rlj di Stefano Ottaviani. Triumph e Ottaviani, come scrive «L'Espresso», hanno ricevuto un milione di euro a testa per il G8 de L'Aquila. Anche nel precedente G8 di Genova, nel 2001, tutti sapevano che avrebbe vinto Maria Criscuolo e infatti Triumph ottenne l'appalto per l'ospitalità delle delegazioni senza l'espletamento di una gara d'appalto -:
se il Governo sia a conoscenza dei motivi per i quali il gruppo Triumph sia stato affidatario dell'organizzazione di ogni evento governativo, anche in qualità di general contractor;
se il Governo non ritenga che, al di là dell'eccezionalità di grandi eventi come il G8, lo svolgimento di regolari gare tra diversi soggetti garantirebbe una più ampia selezione delle offerte con conseguente possibile risparmio di spesa.
(4-06448)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente l'organizzazione degli eventi governativi, si fa presente quanto segue.
In considerazione delle speciali misure di sicurezza dell'evento e degli interessi essenziali degli stati coinvolti, l'affidamento alla società Triumph congressi s.r.l. dell'incarico di consulenza organizzativa e di segreteria dell'evento relativo alla presidenza italiana del G8, è avvenuto all'esito di una procedura di gara espletata ai sensi dell'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o febbraio 2008, repertoriato al numero 243 del 4 febbraio 2008, che ha dichiarato il servizio di cui trattasi «segreto» ai sensi degli articoli 2, della direttiva CEE 14 giugno 1993, n. 36, 4 della direttiva CEE 18 giugno 1992, n. 50, 14 della direttiva CEE 31 marzo 2004, n. 18, 39 e seguenti della legge 3 agosto 2007, n. 124 e 17, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Nell'ambito del predetto grande evento la società Triumph congressi s.r.l. non ha svolto alcun ruolo di
general contractor e gli altri servizi necessari per l'organizzazione dell'evento sono stati acquisiti in virtù di autonomi rapporti negoziali.
Per quanto attiene alla spesa, si evidenzia che il Dipartimento della protezione civile ha previsto, nell'ambito di tutti gli affidamenti di importo superiore a euro 20.000,00, che i beni e le prestazioni oggetto di fornitura fossero assoggettati ad una verifica di congruità da parte dell'Agenzia del territorio con la quale è stata stipulata apposita convenzione in data 28 maggio 2009.
Detto giudizio tiene conto del valore ordinario dei beni e delle prestazioni, nonché delle straordinarie circostanze di tempo, di modo e di luogo in cui le attività sono state rese.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.