XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 5 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'11 MAGGIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la Carta costituzionale sancisce che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2), che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» (articolo 10) e che «promuove e favorisce le organizzazioni internazionali» rivolte alla pace e alla giustizia tra le Nazioni (articolo 11);
la legge 26 febbraio 1987, n. 49, stabilisce che la cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera dell'Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo. L'attività di cooperazione allo sviluppo è finanziata a titolo gratuito e con crediti a condizioni particolarmente agevolate. Essa può essere svolta sul piano bilaterale, multilaterale e multibilaterale;
il disegno di legge delega presentato dal Governo nella XV legislatura (S. 1537) sulla riforma della disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo conferma che la cooperazione allo sviluppo è parte qualificante della politica estera italiana;
l'orizzonte di un pieno sviluppo dei rapporti commerciali ed economici tra i Paesi che fanno riferimento al bacino euro-mediterraneo rappresenta una grande potenzialità per la crescita dell'Italia e in particolare per lo sviluppo delle sue zone deboli, che vedono in questa prospettiva non solo un'opportunità di crescita in chiave di base logistica, ma anche e soprattutto di vera e propria integrazione economica;
in occasione del vertice per il Mediterraneo svoltosi a Parigi il 13 luglio 2008, i 48 Capi di Stato e di Governo partecipanti hanno riconosciuto l'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) come organo legittimo dell'Unione per il Mediterraneo, riconoscendone il diritto di proporre progetti nel quadro della stessa Unione come in ogni sistema politico democratico e rappresentativo, in modo che l'Unione sia responsabile dinanzi a un'Assemblea legittimamente eletta;
la dichiarazione comune del vertice di Parigi del 13 luglio 2008 ha sottolineato che i Capi di Stato e di Governo appoggiano senza riserve il potenziamento del ruolo di tale Assemblea nei suoi rapporti con i partner mediterranei;
nella stessa circostanza le autorità degli Stati hanno altresì esortato la presidenza dell'Unione e la sua segreteria generale ad adoperarsi a sostegno della proposta di trasformare il fondo euro-mediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP), braccio finanziario della Banca europea per gli investimenti (BEI), in un nuovo istituto di credito incaricato di finanziare progetti tesi allo sviluppo e alla convergenza dell'area euromediterranea;
il 13 e 14 marzo 2010, l'Assemblea si è riunita per la sesta volta in sessione plenaria per aprire un dibattito sulla possibilità di trasformare il FEMIP, braccio finanziario della Banca europea per gli investimenti (BEI), in un nuovo istituto, la Banca euro-mediterranea per lo sviluppo, progetto al quale i firmatari del presente atto di indirizzo aderiscono pienamente;
la discussione è stata avviata dopo una serie di raccomandazioni e di risoluzioni approvate dall'APEM che richiamano con forza la necessità di pervenire nel più breve tempo possibile a una nuova ed

efficace realtà economico-finanziaria in grado di incentivare gli investimenti e lo sviluppo nell'area euro-mediterranea;
i firmatari del presente atto di indirizzo fanno propria la proposta di istituire tale istituto. Si rende indispensabile un nuovo soggetto chiamato a stimolare la crescita e la redistribuzione economica attraverso piani di stimolo orientati in particolare al settore privato nelle zone deboli e sottoutilizzate dell'area euro-mediterranea;
a tal fine va rilevata l'urgenza di implementare subito nuovi e più efficaci strumenti ispirati ai principi di flessibilità, agilità e semplificazione delle norme e delle procedure di finanziamento. Una strada obbligata, se si vuole arginare e combattere in maniera fattiva e duratura il fenomeno della disoccupazione e il conseguente dramma della emigrazione clandestina tra Paesi;
l'esigenza di istituire un nuovo e più efficiente strumento finanziario è evidenziata dai dati relativi al funzionamento del FEMIP. Nell'arco degli ultimi sei anni, infatti, il Fondo euro-mediterraneo di investimento è riuscito a finanziare appena 125 progetti, una media di 20 l'anno. Una mole che avrebbe potuto e avrebbe dovuto essere smaltita in un solo anno;
appare del tutto evidente ai firmatari del presente atto di indirizzo che il FEMIP non riesce a fornire risposte concrete e tempestive ai crescenti bisogni delle realtà produttive operanti nella regione euro-mediterranea;
il gruppo tecnico incaricato della supervisione della trasformazione del FEMIP in Banca euro-mediterranea, istituito presso il Parlamento euro-mediterraneo e formato da parlamentari di Tunisia, Giordania, Italia e Parlamento europeo, ha sottolineato che il nuovo istituto non dovrà essere indipendente, ma inserito come filiale nel contesto della Banca europea per gli investimenti (BEI), che deterrà il 51 per cento del suo capitale. I Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo concorreranno a coprire in misura paritaria il restante 49 per cento;
tale strategia, pienamente condivisibile, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, conferisce al progetto concretezza e prestigio istituzionale dal momento che la BEI gode di un notevole peso e della più alta credibilità nell'ambito del sistema finanziario mondiale. Va inoltre ricordato che la BEI ha già patrocinato la creazione di diverse istituzioni finanziarie nello scenario internazionale, tra cui in particolare la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) nei Paesi dell'Europa orientale;
il Parlamento europeo ha espresso più volte il sostegno a tale progetto attraverso l'approvazione di una serie di risoluzioni quali: la risoluzione 15 marzo 2007 riguardo ai rapporti euromediterranei, che invita i Paesi membri dell'Unione europea e i loro partner mediterranei a effettuare gli studi necessari alla trasformazione del FEMIP in Banca euromediterranea di sviluppo; la risoluzione 5 giugno 2008 in cui si sottolinea che l'APEM, in quanto istanza parlamentare consultiva dell'UPM, ha facoltà di presentare proposte e procedere alla valutazione dei progetti da attuare nell'ambito dell'Unione; la risoluzione 19 febbraio 2009 che ribadisce l'appoggio dato alla trasformazione del FEMIP in Banca euromediterranea di sviluppo allo scopo di fornire le risorse occorrenti a finanziare i grandi progetti approvati dall'Unione per il Mediterraneo;
il dialogo con i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente è uno dei cardini della politica estera italiana. La sfida del processo d'integrazione euro-mediterranea riveste una valenza strategica preziosa per tutta la Nazione. Lo Stato italiano deve adoperarsi attivamente per consolidare il suo ruolo nello scenario euro-mediterraneo sia per promuovere e stimolare lo sviluppo e la crescita dei suoi territori, e in particolare di quelli deboli del Mezzogiorno, sia per rafforzare il proprio ruolo nelle dinamiche di concertazione

e cooperazione con gli altri Stati europei attivi sul fronte mediterraneo. Anche per queste ragioni, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'Italia deve battersi per ottenere sul suo territorio la sede centrale della Banca euro-mediterranea per lo sviluppo,

impegna il Governo:

ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali per assicurare il necessario supporto politico finalizzato alla trasformazione del Femip nella Banca euro-mediterranea, così come descritta in premessa;
ad assumere ogni utile iniziativa affinché la sede centrale di tale istituto sia istituita in Italia, e in particolare in una grande città del Mezzogiorno;
ad adottare ogni iniziativa di coordinamento con il gruppo tecnico incaricato della supervisione della trasformazione del Fondo euromediterraneo d'investimento e partenariato (FEMIP) in Banca euromediterranea di sviluppo.
(1-00362)
«D'Antoni, Vico, Mazzarella, Cimadoro, Piffari, Malgieri, Antonio Martino, Occhiuto, Servodio, Iannuzzi, Stefani, Gozi».

TESTO AGGIORNATO AL 12 MAGGIO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI, BRAGA e MARANTELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel luglio 2009 diversi comuni della provincia di Lecco, Como, Bergamo e Varese venivano devastati e messi in ginocchio da un violento nubifragio, che ha causato anche una vittima;
subito dopo il tragico avvenimento il Governo, sollecitato da atti di sindacato ispettivo della prima firmataria del presente atto e dalle istanze delle istituzioni locali, aveva dichiarato lo stato di calamità promettendo interventi rapidi per il ripristino delle aree danneggiate;
solo nel mese di marzo 2010 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Protezione civile, Guido Bertolaso, informava con lettera la Regione Lombardia che il fondo calamità della Protezione civile era esaurito;
nei giorni scorsi dalla stampa si è appreso che il Presidente del Consiglio dei ministri ha firmato un'ordinanza con la quale venivano stanziati 9 milioni di euro da ripartire tra le 4 province danneggiate dall'alluvione: Lecco, Bergamo, Varese e Como. Ad oggi mancherebbe il decreto attuativo che definisce beneficiari, ripartizione e regole per l'assegnazione dei fondi;
solo nella provincia di Lecco la furia delle acque ha causato danni per oltre 8 milioni di euro e, secondo il sindaco di Varese, nella sua provincia i danni ammonterebbero a 42 milioni di euro;
i sindaci delle zone colpite hanno espresso la propria delusione e hanno chiesto all'ANCI lombardo di intervenire affinché il Governo ancora una volta non lasci soli i comuni -:
con quali ulteriori risorse e in che tempi intenda far fronte alle richieste dei comuni, che reputano assolutamente insufficienti i fondi stanziati, non solo per il risarcimento dei danni subiti dalle popolazioni e dalle aziende colpite dall'alluvione, ma anche alla luce delle grosse difficoltà in cui versano i comuni per il patto di stabilità e per la crisi economica in atto che ha colpito in modo violento il tessuto industriale in questi territori.
(5-02852)

Interrogazioni a risposta scritta:

SANGA e MISIANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Val di Scalve in provincia di Bergamo è in allarme per la possibile chiusura della Meccanica Valbona, specializzata in carpenterie metalliche, una delle realtà più importanti e significative di Vilminore, che occupa 32 lavoratori;
sorta nel 1991 a Vilminore, Meccanica Valbona è controllata al 100 per cento dal gruppo Cassina;
si tratta di una delle realtà più significative dell'economia vallare ed è particolarmente apprezzata nel mondo del lusso e del design per le sue lavorazioni, di altissima qualità, molte delle quali create ancora manualmente;
Meccanica Valbona avrebbe deciso di cessare l'attività a seguito del calo degli ordinativi;
Valbona costituisce una realtà produttiva strategica per la valle di Scalve, una delle poche fabbriche rimaste in un'area di montagna e profondamente legata alla storia umana e lavorativa di quella comunità;
se veramente si arrivasse alla chiusura, sarebbe un colpo terribile, in primo luogo per le 32 famiglie dei dipendenti interessati e poi per l'intera valle di Scalve, già alle prese con importanti emergenze occupazionali e non in grado, in un momento in cui la crisi è ancora in una fase acuta, di riassorbire in tempi brevi i lavoratori -:
quali iniziative intendano adottare per evitare la chiusura di una realtà produttiva così importante per le famiglie e per l'economia della valle di Scalve;
quali iniziative ritengano di assumere per garantire gli ammortizzatori sociali necessari nel periodo di crisi e in attesa di un piano aziendale di rilancio;
se intendano attivarsi per creare un ampio tavolo di consultazione per affrontare la crisi della Valbona ed in generale le crisi che colpiscono le realtà produttive nei territori montani della provincia di Bergamo.
(4-07059)

ZAMPARUTTI, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, MECACCI, BERNARDINI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo de L'Espresso di giovedì 29 aprile 2010, il 27 gennaio del 2010 vi sarebbero infiltrazioni mafiose nel business delle energie rinnovabili. Per la sola Sicilia le stime parlano di finanziamenti, limitandosi al fotovoltaico, di oltre 7 miliardi;
nell'articolo si riportano alcuni esempi come quello della presenza di cosche trapanesi del boss latitante Matteo Messina Denaro nel business energetico, grazie al sostegno di politici locali e di alcuni imprenditori. La prima tranche dell'inchiesta «Eolo» ha portato alla condanna di Giovan Battista Agate, fratello del boss Mariano, e di Luigi Franzinelli. Altro esempio riportato è quello di Messina, dove le indagini della Direzione investigativa antimafia hanno fatto luce sugli affari illeciti di Mario Giuseppe Scinardo. Accusato di far parte della cosca dei Rampulla di Mistretta, Scinardo ha subito un sequestro di beni record: c'era anche una società per la produzione di energia con impianti eolici che stava per essere venduta a una holding francese per 40 milioni di euro;
lungo l'asse Sicilia-Campania-Sardegna si muoveva l'imprenditore di Alcamo, Vito Nicastri. Con l'operazione «via col vento», condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura di Avellino, Nicastri è finito agli arresti domiciliari. A lui e a suoi partner sono stati sequestrati

sette parchi eolici per un totale di 185 turbine. Due diverse indagini invece puntano sulla Puglia, evidenziando gli interessi di clan calabresi e locali nei finanziamenti per l'elettricità verde;
quanto alla Calabria, l'articolo riporta che la centrale a vento più grande d'Europa è quella di Isola Capo Rizzuto a Crotone. Buona parte delle 48 torri dell'impianto sorgono sui terreni della famiglia del boss Arena. La società che lo gestisce, la Vent1 Capo Rizzuto Srl, è partecipata dalla Purena di Nicola Arena, nipote incensurato del capoclan. A Girifalco, tra Catanzaro e Lamezia Terme, è stato autorizzato un progetto per 44 megawatt. L'unico a opporsi è stato un docente universitario, Salvatore Tolone, che scopre per caso che la centrale ha invaso i suoi terreni: fa ricorso, denuncia che le mappe allegate al progetto autorizzato sono false. Le istituzioni lo ignorano, la 'ndrangheta no una bomba esplode sotto la sua auto parcheggiata davanti ai carabinieri. Tuttavia, la regione approva il progetto: a Girifalco più della metà delle pale è già stata realizzata -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e di quali elementi disponga in merito;
quali iniziative si intendano adottare in merito alle problematiche riferite in premessa.
(4-07067)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa dell'iniziativa condotta dal signor Matteo Portalupi, di Treviso, proprietario della «Gobbo Servizi» di Badoere (trasporto pubblico locale), che da giorni «fa picchetto» nel cortile della «Brusutti srl» di Tessera, di cui è creditore di circa 9mila euro, e ha intrapreso uno sciopero della fame perché il cliente non lo paga, e di conseguenza non riesce a versare contributi e stipendi ai suoi quattro dipendenti;
la «Brusatti srl» a sua volta attende di vedersi saldata dalle Ferrovie dello Stato il corrispettivo per il servizio erogato attraverso la «Gobbo Servizi», cioè il trasporto di macchinisti, controllori e altro personale dei treni dalle stazioni di Mestre e Venezia Santa Lucia al deposito locomotori di Marghera; in più vanta un credito di circa 70 mila euro dalla provincia, deputata a pagare le aziende di trasporto pubblico locale con i fondi corrisposti dalla regione ma non ancora ricevuti; insomma, come appare chiaro, si tratta di una sconcertante catena che, come risultato concreto, ha quello di soffocare i piccoli imprenditori;
«Rimarrò nel cortile della Brusutti fino a saldo avvenuto», ha annunciato il signor Portalupi, creditore di altri 115 mila euro dalla provincia di Treviso, da lui anticipati per l'attività dei primi cinque mesi dell'anno: «Un sacrificio non indifferente, ormai le banche non ci sostengono. E poi noi privati prendiamo 1,031 euro al chilometro, cui va sottratto il 10 per cento di Iva, mentre i vettori pubblici guadagnano il 20 per cento in più e possono contare sui fondi statali, perciò soffrono meno. E infatti in Veneto il 90 per cento del servizio è in mano ad aziende pubbliche, capaci comunque di intentare una causa da 30 milioni di euro alla Regione perché dal 1996 i contratti non sono stati adeguati all'inflazione programmata. La seconda udienza, al Tar, è prevista per maggio, ma in altre parti d'Italia per lo stesso contenzioso il Consiglio di Stato si è espresso a favore dei ricorrenti e le giunte senza liquidità hanno saldato in.... pullman. Sono felice di aver scoperchiato un pentolone in ebollizione.»;
mentre è in corso la pacifica manifestazione del signor Portalupi, i suoi dipendenti, lodevolmente, continuano a lavorare, coprendo le corse da Zero Branco a Castelfranco; il Consorzio «Attiva

Scarl», di cui il signor Portalupi fa parte, comunica: «È una vicenda che riflette la situazione di tutti noi, piccoli imprenditori privati che operiamo nei servizi di pubblica utilità e che, specie in questa prima parte dell'anno, rileviamo un ritardo crescente nei pagamenti per i servizi svolti. Questi ritardi da parte delle Regioni provocano una crescente tensione finanziaria e inevitabili difficoltà gestionali»;
per quanto attiene alle responsabilità della regione Veneto, il Presidente della regione Luca Zaia ha annunciato che sarà sua cura «condurre un'attenta verifica sul caso, nell'interesse di tutti» -:
se quanto sopra esposto, e peraltro reso noto da quotidiani ed emittenti televisive locali, corrisponda a verità, in caso affermativo, quali siano le ragioni del ritardo dei legittimi pagamenti dovuti da amministrazioni statali o da enti da queste vigilati o controllati, ritardi particolarmente gravi in un momento di crisi come l'attuale, le cui conseguenze possono risultare fatali per tanti piccoli e medi imprenditori;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano promuovere e adottare per la soluzione della questione.
(4-07076)

MASTROMAURO, LOSACCO, SERVODIO e BELLANOVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Bari sono state rinviate a giudizio 10 persone (la posizione dell'undicesimo indagato è stata stralciata) coinvolte nell'inchiesta della psico-setta Arkeon, l'indagine ha preso spunto dalla trasmissione Mi manda rai3 del 2006 e più recentemente anche da differenti servizi di Striscia la notizia;
la setta, con sede amministrativa a Bari, liberamente ispirata alle filosofie orientali del genere Reiki, secondo gli investigatori sarebbe riuscita in dieci anni di attività a raccogliere e truffare oltre 10 mila adepti in tutta Italia, obbligandoli a partecipare a costosi seminari per poter guarire da malattie gravi, tumori e AIDS;
a capo della setta sarebbe Vito Carlo Moccia, di 57 anni di Noicattaro (Bari) il quale si dichiarava psicologo senza possederne il titolo;
attraverso la testimonianza di molti membri della predetta setta è stata riscontrata, tra l'altro, la pratica dell'abuso sessuale e della violenza di gruppo anche su minori, spingendo le vittime a credere che l'abuso sessuale fosse stato praticato nel corso dell'infanzia dal 95 per cento dei genitori sui propri figli;
tali ricordi, rimossi secondo la setta andavano recuperati attraverso l'abuso sessuale da parte dei maestri; tali fatti pare risalgano al periodo dal 1998 al 2008, nel corso del quale si sono accertati anche due suicidi collegati alle attività di Arkeon;
i maestri proponevano percorsi graduali di affiliazione all'organizzazione risultati essere vere e proprie manipolazioni, attraverso la partecipazione a seminari pagati dai partecipanti intorno ai 260 euro per il primo livello e fino ai 15 mila euro per i livelli successivi;
è stato inoltre riscontrato attraverso le testimonianze di alcune vittime che alcune coppie per risolvere la loro crisi coniugale sono arrivate a pagare fino a 100 mila euro;
dopo che la Corte Costituzionale, con una sentenza del 1981, ha cancellato il reato di plagio, l'attività lobbistica delle sette è molto più forte, non esistono al momento misure di contrasto efficaci contro queste organizzazioni, nonostante i numerosi arresti effettuati dalle Forze dell'ordine negli ultimi anni, ad esempio quello di Danilo Speranza, guru della setta Re Maya avvenuto a Roma;
la procura di Bari ha contestato ai dirigenti della setta Arkeon i reati per associazione a delinquere, truffa, esercizio abusivo della professione medica, violenza

privata, maltrattamenti di minori e incapacità procurata da violenza; il processo è iniziato la settimana scorsa -:
se si intendano adottare iniziative per riempire il vuoto normativo in materia di contrasto del fenomeno delle sette, ripristinando il reato di plagio;
se si intendano assumere e/o intensificare, soprattutto nelle zone più colpite dal fenomeno, i necessari interventi di ordine pubblico per reprimere il fenomeno;
se si ritenga opportuno promuovere una campagna di sensibilizzazione, in particolare nelle zone disagiate e colpite già in passato dall'attività delle sette, affinché fenomeni di questo tipo non proliferino, attivando strumenti culturali atti a prevenirli tramite la sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
(4-07078)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO, PORTA e FEDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a seguito del consistente taglio delle risorse finanziarie stabilito dalla legge di bilancio per gli assegni di sede del personale da destinare all'estero presso le istituzioni e le iniziative scolastiche e universitarie, il Ministero degli esteri ha disposto un'ulteriore revisione in termini riduttivi di tale contingente per l'anno scolastico-accademico 2010-2011;
in particolare, la circolare ministeriale (numero di protocollo 267/P) destinata alle sedi consolari e ambasciate italiane all'estero comunica il «congelamento» del lettorato di MAE di Mannheim a partire dal prossimo settembre;
tale decisione si pone in forte contrasto con gli impegni già assunti dallo Stato italiano e ribaditi solo pochi mesi fa ai quadri dirigenti dell'università di Mannheim nel corso di un incontro tenutosi a Mannheim lo scorso febbraio tra la dirigenza del seminario di romanistica e la rappresentanza diplomatica italiana, nel quale il console generale a Stoccarda ha confermato l'arrivo di un lettore/lettrice di ruolo all'università di Mannheim;
in funzione del suddetto colloquio e come segnale di apprezzamento per l'interesse segnalato dalle autorità italiane, la dirigenza del seminario di romanistica ha subito deliberato l'attivazione di nuovi corsi di studio e l'aumento delle quote di studenti ammessi ai corsi, impegnandosi in un potenziamento dell'italianistica già a partire dal prossimo semestre accademico che richiede necessariamente la presenza di un docente ministeriale che possa coprire 18 ore settimanali di carico didattico nonché garantire una presenza quotidiana in istituto al fine di promuovere e seguire l'istituzionalizzazione delle riforme in questione;
il congelamento del lettorato MAE di Mannheim, oltre a impone un passo indietro poco dignitoso al seminario, rischierebbe di compromettere seriamente il futuro dell'italianistica a Mannheirn la quale non sarebbe più in grado di offrire neanche il minimo contingente di ore atte a coprire i corsi base, dal momento che attualmente l'università di Mannheim dispone di un solo lettorato in sede, direttamente dipendente dal Land Baden-Württemberg, di 16 ore settimanali assolutamente insufficienti a coprire il carico di cui sopra;
l'eliminazione del lettorato MAE presso l'università di Mannheim rappresenterebbe un ulteriore grave perdita per la popolazione italiana residente che costituisce ben il 20 per cento degli oltre 450.000 abitanti della città;
dopo l'eliminazione, nell'arco degli ultimi anni, di tutta una serie servizi di supporto vitali per i cittadini italiani residenti quali la soppressione dei corsi di lingua garantiti a tutti i figli dei cittadini italiani emigrati all'estero, la chiusura degli uffici didattici così come dell'agenzia

consolare prevista per l'agosto 2010 e ora anche il congelamento del lettorato ministeriale, la città di Mannheim non avrà più alcuna rappresentanza italiana a tutela dei propri cittadini e dei loro figli che cresceranno senza possibilità di rapporto con la cultura di origine;
con il progressivo venire meno dell'impegno dello Stato italiano nella regione si toglierebbe non solo supporto ai cittadini italiani oltreconfine, ma si colpirebbe anche l'impresa Italia all'estero, visto che Mannheim, punto nevralgico nel bacino del Rhein-Neckar, ha un'importanza strategica dal punto di vista delle relazioni commerciali con la Germania ed è sede di importanti industrie come la Boehringer o la BASF che sono state spesso preziosi sponsor di iniziative italiane e hanno avuto contatti privilegiati con le rappresentanze italiane in loco come la raccolta di italianistica -:
se non si ritenga necessario intervenire affinché la lingua, la cultura e il potenziale produttivo che l'Italia possiede nella regione non vadano sprecati disponendo di conseguenza la revoca della misura disposta dal MAE per la sede di Mannheim e garantendo così la continuità dell'insegnamento dell'italiano.
(4-07080)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la cittadina italiana Jessica Zanchi, nata a Alzano Lombardo (Bergamo) il 21 giugno 1988, ha contratto matrimonio con il cittadino marocchino Youness Zarli, nato a Casablanca (Marocco) il 6 gennaio 1981 presso la rappresentanza diplomatico consolare italiana a Casablanca in data 3 marzo 2007, matrimonio regolarmente trascritto presso il registro di stato civile del comune di Alzano Lombardo;
dal matrimonio, nel maggio 2008, è nato il piccolo Adam, cittadino italo-marocchino;
a causa di un pregresso decreto di espulsione (del novembre 2005) - ai sensi del decreto-legge Pisanu - Youness Zarli non può fare rientro in Italia per 10 anni, malgrado nessuna prova di qualsivoglia contatto con circuiti dell'integralismo in Italia sia mai stata addotta, né detta espulsione sia mai stata vagliata dall'autorità giudiziaria;
da resoconti giornalistici comparsi all'epoca sull'Eco di Bergamo si desumeva che i (mai esplicitati) sospetti in capo a Youness Zarli fossero derivati dall'essere lo stesso fratello di due soggetti implicati in non meglio chiare vicende legate all'integralismo islamico, entrambi da anni non più in territorio italiano, e di cui uno detenuto in Marocco;
Youness Zarli soggiornava per altro regolarmente da quasi 10 anni e non aveva, né ha, mai avuto pendenze giudiziarie per fatti di natura eversiva;
a seguito dell'espulsione del 2005 Youness Zarli è stato incarcerato dalle autorità marocchine e, infine, dopo un anno di carcerazione preventiva, completamente assolto dalla Corte d'Appello di Rabat da qualunque accusa di partecipazione a fatti di matrice sovversiva;
da allora è in corso una battaglia legale in Italia affinché si accerti se debba prevalere sull'espulsione ministeriale il diritto all'unità familiare con moglie e figlio italiani; battaglia che è tutt'ora in corso;
nel corso di questi ultimi due anni Youness Zarli è sempre stato libero in Marocco ed ha cercato di lavorare per contribuire al mantenimento della famiglia;
la moglie Jessica Zanchi si è recata con il figlio varie volte in Marocco, per diversi mesi ciascuna, anche per consentire al figlio di poter crescere vicino al proprio padre;
tuttavia dall'11 aprile 2010 la signora Jessica Zanchi non ha più notizie del

marito, sceso in strada attorno alle ore 13, a seguito di una citofonata da parte di un connazionale non conosciuto;
da quella data l'angoscia della signora Jessica Zanchi è fortissima, non avendo avuto più notizie dirette del marito, padre di un cittadino italiano;
dopo un primo contatto con la nostra rappresentanza diplomatico-consolare in Marocco, che le ha unicamente consigliato di sporgere denuncia di «sparizione», la signora Jessica Zanchi non ha ricevuto alcun tipo di assistenza anche al solo fine di essere messa nelle condizioni di avere notizie del marito;
le uniche informazioni in possesso della cittadina italiana provengono da fonti giornalistiche e fanno riferimento a un presunto «fermo», mai formalizzato, di diversi cittadini marocchini per «presunti» fatti collegati a non meglio precisato gruppo eversivo;
l'ormai lungo periodo trascorso dalla sparizione del marito, in assenza di qualunque contatto da parte dello stesso anche con riferimento a un procedimento giudiziario, sollevano legittimi dubbi su cosa possa essergli successo -:
se e in quali forme il Ministro degli affari esteri sia intervenuto sulla vicenda ed eventualmente se sia stato attivato un canale presso la nostra rappresentanza diplomatico-consolare in Marocco affinché venga garantita la necessaria assistenza alla cittadina italiana Jessica Zanchi e a suo figlio Adam, di anni due.
(4-07082)

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2010

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ALESSANDRI, NEGRO, CALEARO CIMAN e FEDRIGA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il 12 febbraio 2010, GFK Temax, prima azienda in Italia e quarta al mondo nella ricerca mercato dei beni tecnologici, ha diffuso un comunicato stampa sui dati relativi al fatturato generato dalla vendita di prodotti tecnologici in Italia nel 2009, dati che vanno visti con la doppia accezione di sorprendenti, riguardo al volume di affari che implicano, e anche preoccupanti sotto l'aspetto delle considerazioni che ne scaturiscono circa la perdita di opportunità che accusa il nostro Paese;
in Italia sono stati spesi nel 2009, 19.659 milioni di euro in prodotti tecnologici, materiali che tra l'altro hanno un notevole impatto ambientale e non a caso molti paesi si stanno interrogando sulle misure da intraprendere per una efficace e compatibile gestione di tali prodotti e stanno avviando iniziative per una riduzione sostanziale di un problema che nel medio periodo potrebbe creare non pochi problemi;
il fatturato espresso dal settore dei prodotti consumabili è di 1.592 milioni di euro. Ciò significa che oltre la metà di questo importo ogni anno va ad alimentare economie concorrenti alla nostra visto che in Europa non esistono aziende del settore;
della cifra sopra indicata, relativa al volume di affari generata da stampanti e soprattutto consumabili di stampa (75 per cento del totale), il 60 per cento confluisce nelle casse di aziende multinazionali giapponesi, cinesi, coreane, americane in quanto non esistono aziende europee nel settore, la diffusione e il consumo di questo prodotto ormai coinvolge tutti e in particolare la pubblica amministrazione;
approfondendo il tema, si rileva che circa il 30 per cento di questo importo è speso per gli acquisti dell'amministrazione pubblica, una cifra importante che naturalmente ricade sul Bilancio dello Stato e quindi sugli adempimenti fiscali della collettività;

d'altro canto, vi sono persone e professionisti che compiono studi su questa materia e da una ricerca condotta a livello privatistico sarebbe scaturito che per ridurre questa voce di spesa si potrebbe proficuamente far leva sul ciclo del riuso di tali materiali;
in Italia esistono circa 2.000 aziende, più o meno grandi, nel settore del recupero e rigenerazione delle cartucce per stampanti, questi raccolgono i prodotti esausti e li riportano alla funzione originaria abbattendo il costo in media del 50 per cento;
si tratta di veri imprenditori che attualmente ricoprono il 15 per cento del mercato, percentuali molto inferiori rispetto alla media europea (35 per cento) e Usa (45 per cento);
le amministrazioni pubbliche del nostro Paese sono di certo a conoscenza della convenienza e dell'opportunità di incrementare il recupero dei materiali in questione, ma numerose amministrazioni non procedono ad attivare il ciclo del riuso dei prodotti per la stampa, soprattutto a causa di accordi con le imprese costruttrici che ne impediscono di fatto la perseguibilità;
molte aziende statali risulterebbero legate alle imprese costruttrici e fornitrici delle stampanti che usano, tramite accordi di fornitura o di noleggio che prevedono l'utilizzo di soli supporti nuovi, sottraendo quelli esausti al mercato per destinarli al macero;
sarebbe utile indagare su questi tipi di accordi verificando la loro convenienza sia sul piano del costo che richiedono, sia sotto gli aspetti dell'impatto ambientale;
vi sono altresì acquisti liberi da opzioni con le case madri, ma il più delle volte riguardano modelli di stampanti che hanno delle oggettive difficoltà nel permettere la rigenerazione delle loro cartucce, trattandosi di costruttori che offrono stampanti a basso costo con sistemi elettronici che non permettono la rigenerazione e costringono il consumatore ad acquistare esclusivamente il supporto di stampa originale a costi piuttosto rilevanti. Altre volte si è in presenza di clienti che pur avendo utilizzato il prodotto rigenerato non sono poi rimasti soddisfatti delle prestazioni allo scopo offerte;
vi è infine la casistica più grave e pericolosa per la sicurezza ambientale e la correttezza dei mercati, ossia quella della commercializzazione di prodotti contraffatti, di norma di origine cinese, che oltre a provocare una concorrenza sleale, mettono in serie difficoltà i clienti che si ritrovano con strumenti insicuri e di scarsa e breve affidabilità;
andrebbe tenuto conto del fatto che se solo le amministrazioni pubbliche procedessero ad un uso sistematico di prodotti per la stampa rigenerati, si potrebbe nel breve periodo conseguire un risparmio di risorse per lo Stato e per gli altri organi pubblici, di qualche centinaio di milioni di euro l'anno con il vantaggio di mantenere le risorse nell'ambito locale e di dare l'opportunità alla creazione di qualche migliaio di nuovi posti di lavoro;
riguardo alla situazione nazionale, si evidenzia che il settore italiano della rigenerazione dei materiali per stampanti consta di più di 3.000 piccoli e medi imprenditori con oltre 10.000 addetti;
trattasi di operatori specializzati che raccolgono i prodotti esauriti e attraverso macchinari particolari e tecniche manuali li riportano allo stato originale abbattendo il costo per il consumatore anche oltre 50 per cento rispetto al prezzo originale contribuendo innanzitutto ad una riduzione notevole dell'impatto ambientale oltre ad un concreto risparmio finanziario per il consumatore;
è da tenere in debita considerazione l'importanza di questo settore: per produrre la plastica necessaria alla costruzione di una media cartuccia toner laser occorrono 3 chilogrammi di petrolio con l'emissione di 6 chilogrammi di gas serra, tanto quanto basta ad alimentare una comune lampadina di 75 watt accesa per

15 giorni ininterrottamente. Con 55 cartucce rigenerate si risparmiano un barile di petrolio e con 500 cartucce si può alimentare elettricamente un'abitazione di 150 metri quadri compreso riscaldamento e aria condizionata per un anno intero. Se si rapportano questi indici ai circa 20 milioni di pezzi consumati ogni anno in Italia, ben si comprende la rilevanza del sistema della rigenerazione dei prodotti per la stampa;
purtroppo nonostante l'impegno quotidiano dei citati «rigeneratori» solo il 15 per cento del mercato viene coinvolto. Le cause del mancato sviluppo del settore sono da ricercare soprattutto nelle piccole dimensioni delle aziende interessate, nella diffidenza del consumatore, nelle strategie commerciali delle case madri che cambiano modelli di stampanti molto rapidamente inserendo dei blocchi elettronici tali da costringere il consumatore ad acquistare obbligatoriamente il prodotto originale con prezzi a volte più alti rispetto alla stampante;
sono altresì molto complesse ed osteggianti le procedure da seguire per poter iniziare un'attività di rigeneratore, ciò che blocca la crescita del settore a vantaggio dei costi inutili e dell'impatto sull'ambiente. A riguardo si deve considerare, a titolo di puro esempio esplicativo, che se un imprenditore volesse iniziare un'attività nella ricarica specializzata di cartucce e volesse effettuare una micro raccolta nell'ambito locale coinvolgendo privati, professionisti, piccole attività, e altro sarebbe obbligato ad iscriversi all'albo gestori ambientali, all'albo trasportatori, iscriversi al SISTRI e soprattutto dovrebbe farlo solo in aree artigianali fuori dai centri abitati con l'evidente difficoltà di raggiungere milioni di consumatori, di produrre una mole elevatissima di supporti e documentazioni cartacee, con spese e tempi di attesa spesso totalmente interdittivi;
sarebbe utile considerare queste operazioni come attività di servizio o piccolo artigianato e definire questo prodotto come un imballaggio nel caso che il cliente non volesse disfarsene;
semplificare questo settore significherebbe creare concretamente non meno di 20.000 nuovi posti di lavoro e consentire a tanti piccoli imprenditori, costretti dal mercato globale a chiudere la propria azienda, di poter ripartire le loro imprese;
andrebbe sensibilizzata, e se del caso obbligata, la pubblica amministrazione ad acquistare o noleggiare solo stampanti che consentano un facile riuso dei supporti e che questi non venissero raccolti per essere solo macinati ma obbligatoriamente destinati ad attività che possono rimetterli in circolo;
si dovrebbe favorire la costituzione di organismi associativi del settore del riciclo dei materiali per la stampa, quali seri ed autorevoli interlocutori con le autorità pubbliche competenti, affinché il settore venga gestito con regole semplici, efficaci e generatrici di sviluppo, anche per contrastare la concorrenza sleale ed i mercati irregolari -:
se non intendano intraprendere iniziative immediate dirette ad approfondire la materia descritta in premessa ed in tal senso elaborare ed attivare misure dirette a sostenere lo sviluppo del settore del riuso dei materiali consumabili del comparto delle macchine per la stampa;
se ritengano opportuno emanare direttive verso le amministrazioni pubbliche affinché destinino i materiali per la stampa esauriti, al settore della rigenerazione per poi riutilizzarli;
se non si ritenga di affrontare la materia in questione nell'ambito della revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006, allo scopo di apportare semplificazioni alle procedure necessarie per svolgere la attività di rigeneratore dei prodotti consumabili e per classificare nell'ambito del codice CER (150106) tali prodotti, soprattutto ai fini della loro efficace gestione al termine della vita utile;

quali iniziative si intenda assumere per ostacolare la commercializzazione di prodotti e di macchine per la stampa provenienti da paesi che offrono poche garanzie di sicurezza e di qualità o che siano il frutto di fenomeni di contraffazione.
(5-02851)

LO PRESTI, GHIGLIA e TORTOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il disastro ecologico che si sta consumando al largo delle coste della Louisiana, a causa dell'affondamento di una piattaforma petrolifera, evoca scenari drammatici per le gravi conseguenze che la marea di petrolio che si riversa in mare ogni giorno avrà sull'ecosistema planetario e in particolare su quello degli Stati che si affacciano sul golfo del Messico;
al largo delle coste italiane vi sarebbero in corso trivellazioni del fondo marino per la ricerca petrolifera -:
di quali elementi e notizie disponga il Ministro sulle dimensioni e la gravità del disastro ecologico del golfo del Messico e quali iniziative intenda assumere per scongiurare che simili eventi possano verificarsi anche al largo delle coste italiane.
(5-02855)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a fine 2009 la percentuale di elettricità prodotta con fonti rinnovabili in Italia è stata superiore del 19 per cento, contro il 16 per cento della Germania. La quota di energia verde calcolata sul totale dei consumi, non solo elettricità, ma anche trasporti e riscaldamento, era nel 2008 del 9,8 per cento in Germania e dell'8,9 per cento in Italia. Non così distante, quindi. E da loro, detto per inciso, più di un quarto dell'energia viene ricavata dal carbone e dall'assai poco ecologica lignite dell'ex Germania Est, che emette il doppio di CO2 del gas naturale;
è ovvio, comunque, che di provocazioni si tratti. Sul fronte della «green economy» la Germania è ormai troppo avanti in termini di slancio, legislazione, tecnologie di proprietà e investimenti per poter essere riagganciata in tempi brevi. In pochi anni, tra il Reno e l'Oder, si è arrivati a produrre tanta energia dal vento quanta se ne è raggiunga in Italia in decenni di sviluppo dell'idroelettrico. E l'elettricità verde che si produce a casa nostra deve la sua quota di stragrande maggioranza proprio alle acque e ai bacini montani, non più ulteriormente sfruttabili;
ma il confronto con i nostri ingombranti sodali del nord Europa serve quanto meno a dimostrare che le distanze non sono così incolmabili. A patto, ovviamente, di decisioni che appaiono in qualche caso radicali, perché a frenare «l'economia verde» nazionale sono i vizi di sempre: l'interventismo e la miopia spesso senza freni di regioni ed enti locali, le norme che appaiono e scompaiono con una velocità disarmante, l'inadeguatezza della rete e delle infrastrutture;
eppure le prospettive di sviluppo ci sono tutte. Nell'arco del decennio al 2020, infatti, il pacchetto «clima-energia» approvato da Bruxelles (quello del 20-20-20) obbligherà l'Italia a portare al 25-30 per cento il contributo delle energie rinnovabili al consumo di elettricità. Dagli scenari disegnati sulla base di questa prospettiva si sono ricavati elementi incoraggianti. La Bocconi e il Gestore dei servizi elettrici hanno calcolato che sul piatto ci siano otto miliardi di euro di investimenti medi ogni anno e 250.000 posti di lavoro potenziali. Ma non sarà semplice, perché proprio qui si mette il dito nella piaga delle tecnologie. Che non ci sono, mentre la chiave del successo tedesco (come di quello danese, spagnolo, degli Usa o asiatico) sta proprio nel possesso del know-how e dell'organizzazione industriale capace di portarlo sui mercati;

nell'eolico, la prima delle fonti rinnovabili mondiali, il mercato di produttori di turbine non vede la presenza di nessun italiano. I primi quattro operatori sono la danese Vestas, la spagnola Gamesa, la tedesca Enercon e la statunitense GeWind. L'industria italiana, dopo un timido tentativo dell'Ansaldo finito nel 2001, è di fatto fuori dai giochi, se si fa eccezione per le prime turbine vendute dalla Leitwind di Vipiteno negli ultimi due anni. Non molto diversa la situazione nel solare fotovoltaico, dove l'Asia sta prendendo il sopravvenuto e anche qui, tra i primi cinque produttori di celle e moduli non si parla italiano: si trovano le giapponesi Sharp (che di recente si è accordata con l'Enel in Italia), Kyocera e Sanyo-Panasonic, la tedesca Q-cell e la cinese Suntech;
da noi ci si dedica soprattutto alla distribuzione e all'installazione, mentre tra le poche esperienze rivendibili ci sono quelle nell'idroelettrico e nel geotermico (Larderello e dintorni). Un po' poco. E anche un problema che è destinato a ripercuotersi sugli investimenti e sui posti di lavoro che il «sistema Italia» sarà in grado di trattenere per sé. Per dirla con Giancarlo Pireddu, professore di Economia dell'Energia a Pavia, il Paese rischia di dirottare i suoi generosi incentivi nelle tasche di aziende estere contribuendo al loro decollo, «all'incirca come fecero nei primi secoli dell'era moderna Spagna e Portogallo, che trasferirono le ricchezze del Nuovo Mondo ai Paesi che furono poi protagonisti della Rivoluzione industriale, e ne rimasero fuori». Secondo le stime Gse-Bocconi, importare il 70 per cento degli equipaggiamenti significherebbe ridurre dagli 8 miliardi di potenziali a 2,4 miliardi di euro le vendite annue «italiane» e a 100 mila (su 250 mila) i posti di lavoro che si potrebbero creare al fatidico 2020;
prospettive e dubbi che si inquadrano, comunque, su un 2009 ancora di grande impeto per le rinnovabili di casa, come sottolinea anche l'Aper (l'associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili). Se la piovosità ha consegnato all'idroelettrico una delle sue stagioni migliori, nelle bioenergie si è arrivati a 700 impianti per 1.500 megawatt di potenza. L'energia del vento è cresciuta per un altro anno al tasso del 30 per cento, vede Puglia e Sicilia davanti a tutte le altre regioni, e si colloca al terzo posto in Europa, anche se assai distante dalla solita Germania (25.777 megawatt contro 4.845) e dalla Spagna (19.149), boom analogo anche sul fronte del fotovoltaico, dove la potenza installata è raddoppiata, arrivando a 850 megawatt e superando da poco quota mille. Vento e sole sono intermittenti, ma si può lo stesso stimare che da eolico e fotovoltaico italiano arrivi ormai nel corso di un anno la stessa elettricità prodotta da due centrali elettriche a gas di taglia standard;
certo, i costi rimangono più elevati, e la cosiddetta «grd parità», il momento in cui l'energia rinnovabile costerà come quella da altre fonti tradizionali, rimane lontana. Per questo uno dei punti più sensibili per tutto il comparto resta quello delle incentivazioni. Per il solare, per esempio, si attende la fine del negoziato per le nuove tariffe del conto energia, il sistema che per altri tre anni dal 2011 dovrà consentire la remunerazione (ventennale) degli investimenti. Un altro collo di bottiglia, soprattutto per l'eolico, è quello della rete elettrica ad alta tensione, che soffre di congestione e non ce la fa ad accogliere tutta l'elettricità verde;
in particolare dove insistono parecchi impianti tutti insieme, come è al Sud tra Andria e Foggia, Campobasso e Benevento, e Benevento e Montecorvino. E poi c'è l'infinito contenzioso con le regioni, che vogliono a tutti i costi dire la loro sulla localizzazione degli impianti, sulle compensazioni per il territorio e i danni al paesaggio. I ricorsi alla Consulta non si contano quasi più. Da sette anni si attendono le «Linee guida nazionali» che dovrebbero sciogliere ogni dubbio. Ora, a elezioni regionali concluse, il pacchetto dovrebbe finalmente andare alla Conferenza Stato-regioni. Ma con queste ultime divise 11 a 11 tra centrodestra e centrosinistra,

e con la Lega trionfante che vorrà dire la sua, gli auspici non sembrano dei migliori. Mentre la verde Germania prende il largo -:
quali iniziative intenda assumere per favorire lo sviluppo della green economy in Italia.
(4-07055)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo il Cnr l'Italia affonda ancora dentro 32 milioni di tonnellate di materiale contenente amianto. Cinquecento chili per abitante. Due miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture in eternit, quasi come una città di 60.000 persone fatta esclusivamente di amianto. Miliardi di fibre che, fino a quando non verranno smaltite, continueranno ad essere una bomba a tempo sulla quale l'Italia siede. E intanto i morti d'amianto crescono: 3 mila vittime ogni anno per malattie correlate all'esposizione all'asbesto, milleduecento casi di mesotelioma, una forma letale di cancro per il quale finora non è stata trovata una cura, questi sono i risultati dell'utilizzo dell'amianto dislocato quasi ovunque: sulle navi, sui treni, nelle fabbriche, nelle case, nelle palestre, persino tra le scuole e gli asili;
da qualche tempo, tuttavia, esistono operai bonificatori specializzati nell'incapsulamento e la rimozione di eternit e manufatti pericolosi. Le procedure di rimozione sono lunghe e laboriose. Il cittadino chiama, si fa un piano di lavoro, si inviano all'Asl dei frammenti di materiale sospettato di contenere amianto. Dopo 40 giorni inizia la rimozione. Bloccate le fibre con il collante a spruzzo, il materiale viene caricato sui camion, imballato e portato via;
il prezzo dell'operazione varia a seconda della tipologia di intervento, ma soprattutto del luogo, come dimostra un dossier di Legambiente. Nel Lazio liberarsi di una copertura in eternit di 10 metri quadrati costa 250 euro, più i costi fissi, che si aggirano attorno ai 500-1000 euro. La rimozione della stessa lastra costa molto meno in Sardegna, 640 euro in Abruzzo, 300 in Piemonte, 2000 in Puglia, dove il prezzo è fisso per qualunque superficie rimossa inferiore ai 25 metri quadrati. Inoltre, il costo finale dipende anche dagli incentivi regionali. in Abruzzo per le rimozioni di coperture fino a 30 metri quadrati la regione offre un contributo pari al 70 per cento. In Sardegna per i privati ci sono incentivi del 40 per cento dell'importo per un massimo di 5mila euro. Esistono finanziamenti anche per gli enti pubblici che rimuovono l'amianto. L'Emilia Romagna concede una detrazione del 36 per cento di Irpef se ristrutturi la casa per un massimo di 48 mila euro;
a Crescenzago, prima periferia milanese, esistono le «case minime», cioè 117 appartamenti monofamiliari con giardinetto, costruiti negli anni '50 e realizzati interamente in amianto. A Broni, oltrepo pavese, la fabbrica di 15 ettari che si trova all'interno del paese è realizzata in eternit. Accanto a queste due città sì possono porre Casale Monferrato, Monfalcone, La Spezia, Genova, Bari, Taranto e Bagnoli, nelle quali si parla addirittura di «esposti di seconda generazione». Questi ultimi sono coloro che si sono ammalati senza averne alcuna consapevolezza, credendo di vivere in un ambiente sano. Mentre si avvicina il picco di tumori previsto tra il 2015 e il 2020 si viene a conoscenza di nuove storie, come afferma Vittorio Agnoletto, medico del lavoro ed ex parlamentare: «Le donne che lavavano le tute dei mariti operai, quelle che cucivano i sacchi di juta dove veniva trasportato l'amianto o chi ha respirato le fibre perché aveva l'amianto sotto casa» -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di fornire una regolamentazione nazionale tempestiva per la rimozione e la bonifica di materiali a prevalenza di amianto.
(4-07065)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel XX secolo la popolazione globale è più che triplicata, mentre l'utilizzo d'acqua è cresciuto di ben sei volte. Oltre 1,1 miliardi di persone (circa il 20 per cento della popolazione mondiale) non ha accesso a un approvvigionamento sicuro di acqua potabile. Considerando che 55 Nazioni su 192 non rispettano gli obiettivi di sviluppo del millennio riguardanti le risorse idriche, le Nazioni Unite hanno recentemente lanciato l'allarme di una crisi idrica globale. Da una stima dell'Organizzazione mondiale della sanità risulta che l'80 per cento di tutte le malattie nei Paesi in via di sviluppo è legato alla carenza d'acqua, con la conseguente perdita annuale di circa cinque milioni di vite. L'utilizzo di acqua varia considerevolmente da Paese a Paese ed è strettamente correlato al livello di sviluppo economico;
l'inquinamento, e un eccessivo sfruttamento di questa risorsa, hanno reso le tradizionali sorgenti d'acqua dolce sempre più inaffidabili. Il ricorso a dighe e impianti di desalinizzazione si stanno dimostrando sempre più inadeguate e costose. La costruzione di dighe comporta lo sradicamento di popolazioni indigene, ha un impatto negativo sull'ambiente, compromette la produttività dei terreni agricoli e i bacini artificiali sono soggetti a fenomeni di evaporazione e sedimentazione. D'altro canto, gli impianti di desalinizzazione costano decine di milioni di dollari e richiedono enormi quantità di energia per il loro funzionamento, inoltre è stato dimostrato che, in molti casi, l'emissione di acqua calda salmastra ha un impatto negativo sugli ecosistemi marini circostanti e sulle barriere coralline;
pertanto, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sull'approvvigionamento idrico del millennio fissati dalle Nazioni Unite servono nuovi approcci creativi e soluzioni rapide ed efficienti. Una soluzione alternativa da tenere in considerazione è il paradigma del megawatershed, o «grande polla d'acqua dolce di profondità», che si ricarica naturalmente a livello della roccia madre. Pioniere di quest'idea è la Earth Water Global, con sede a New York. Solo ultimamente il discorso sulle acque sotterranee è diventato una questione di massima rilevanza economica e politica. Fino a ora i dati relativi al ciclo idrologico del pianeta sono stati frammentari, spesso approssimativi e sistematicamente mal interpretati;
le innovazioni tecnologiche e i progressi scientifici più recenti hanno offerto l'opportunità di equiparare i livelli di conoscenza sulle acque sotterranee a quelli di altri minerali strategici. L'applicazione della moderna teoria della tettonica a placche, unita alla rapida evoluzione delle tecnologie di esplorazione per petrolio, gas e altri minerali, ha permesso al gruppo di scienziati e tecnici della Earth Water di individuare con precisione le ampie reti di rigenerazione delle falde acquifere in aree in cui comunemente non si riteneva possibile la presenza d'acqua;
la tesi del megawatershed sostiene che, nel corso degli anni, la stessa attività tettonica, che ha prodotto le grandi catene montuose e che periodicamente causa terremoti devastanti, ha sgretolato la roccia madre in un sistema di fessure/canali dove confluisce l'acqua dolce. Mentre la teoria tradizionale sostiene che gran parte delle precipitazioni evapora in alta quota e il rimanente confluisce dalla superficie verso i corsi d'acqua naturali, la Earth Water Global ritiene che grandi quantità di quest'acqua confluiscano nel sottosuolo e, attraversando le fratture della roccia madre, scorrano per migliaia di chilometri sotto le piattaforme continentali sfociando negli oceani. Questo fenomeno è stato confermato anche recentemente da immagini satellitari. Il risultato è un gigantesco rinnovamento naturale sostenibile delle fonti di acqua potabile, il cui futuro sviluppo può cambiare il nostro modo di pensare l'approvvigionamento d'acqua dolce in tutto il mondo;

diversi anni di continuo monitoraggio dimostrano che l'acqua dei megawatershed deriva da fonti supplementari rispetto a quelle già conosciute e i test di regime isotopico, progettati su richiesta della Earth Water dal Woods Hole Oceangraphic Institution, confermano la sostenibilità di sfruttamento di questa risorsa. Secondo il Consiglio mondiale dell'acqua, i servizi idrici sono finanziati per circa il 65-70 per cento dal settore pubblico nazionale, per il 10-15 per cento da donatori internazionali, per il 10-15 per cento da donatori internazionali privati e solo per l'1-5 per cento dal settore privato locale. Questa situazione evidenzia il fatto che lo sviluppo dei progetti idrici è prevalentemente supervisionato dal settore pubblico, dove persiste una buona dose di interesse nel mantenimento dello status quo e dove, sfortunatamente, il rapporto tra rischio e beneficio tende più a punire il fallimento che a premiare il successo;
gestita in modo adeguato, la produzione d'acqua da pozzi profondi nella roccia frammentata è sostenibile e l'acqua può essere pompata a un livello costante anche in aree geografiche dove si ritiene non esistano risorse d'acqua dolce di altro tipo -:
se il Ministro intenda promuovere l'adozione nel rispetto dei parametri dettati dalla Comunità europea, del sistema del megawatershed, al fine di provvedere ad un ricambio naturale dell'approvvigionamento idrico.
(4-07068)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Viterbo ha attivato nell'autunno del 2009, in collaborazione con ARPA Lazio, Istituto superiore di sanità e dipartimento DECOS dell'università degli studi della Tuscia un approfondimento sullo stato ambientale del lago di Vico;
nell'ambito delle attività di monitoraggio di ARPA Lazio è stata effettuata l'analisi dei sedimenti lacustri da cui è emerso un grave superamento della soglia di contaminazione per i parametri di arsenico, nichel e cadmio: elementi chimici cancerogeni e particolarmente nocivi per la salute umana;
un rapporto del Centro tecnico logistico interforze dell'Esercito italiano del 25 marzo 2010, prot. n. 38, riporta i risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa ed eseguita all'interno del sito militare situato sulle rive del lago, in località Renari, nel comune di Ronciglione (Viterbo);
il suddetto centro chimico militare fu sede durante l'ultimo conflitto mondiale di «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale», presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche;
nel corso della recente indagine dell'Esercito sono stati effettuati carotaggi e analisi chimiche su campioni di terreno prelevati in superficie e in profondità, evidenziando, cosiccome nel lago, concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge;
nello stesso rapporto si evidenzia la probabile correlazione tra la contaminazione esistente nel sito militare e quella riscontrata nel centro del lago di Vico e si dichiara l'intenzione di procedere ad un più approfondito protocollo di analisi che vada a rilevare la eventuale presenza di altri elementi come il nichel e il cadmio. Il rapporto rileva inoltre che sono state individuate «masse anomale interrate», e che le operazioni di bonifica che verranno avviate saranno precedute dalla rimozione di «eventuali ordigni inesplosi o altri residuati bellici pericolosi»;
il lago di Vico è un bacino di origine vulcanica dell'Italia centrale situato nella

provincia di Viterbo. Esso vanta il primato di altitudine tra i grandi laghi italiani con i suoi 507 metri sul livello del mare. Per le sue peculiari caratteristiche naturali il comprensorio Vicano è incluso tra le aree di particolare valore naturalistico del Lazio e tra i biotopi di rilevante interesse biologico in Italia;
dal 1982, con la legge regionale n. 47, del 28 settembre 1982, il lago di Vico e la zona umida circostante sono stati dichiarati riserva naturale parziale, e tutelati come area naturale protetta. Nel 2005 il lago e stato inserito nell'elenco dei siti di interesse comunitario (PSIC) della regione biogeografica mediterranea proposti nel decreto 25 marzo 2005 del Ministero dell'ambiente italiano (recepimento dello Dir. 92/43/CEE);
il territorio circostante è infatti ricco di diverse specie vegetali e di ambienti diversissimi fra loro. L'ittiofauna, comprende il luccio, il coregone, il persico reale, la tinca. Numerosi gli anfibi come la rana verde, la raganella, il rospo comune e quello smeraldino; tra i rettili la natrice dal collare, la testuggine comune e il colubro d'Esculapio. Tra i mammiferi sono presenti la nutria, la volpe, il tasso, il cinghiale, la martora, la puzzola e, sempre più raro, il gatto selvatico. Il punto di maggiore interesse faunistico è costituito dall'avifauna, assai varia data la presenza di ambienti diversi come il bosco, la palude, i prati umidi, i coltivi e lo specchio d'acqua. Sulle sponde o sul pelo dell'acqua sono inoltre osservabili molti uccelli acquatici, dalle folaghe, tra le altre specie lo svasso maggiore, simbolo della Riserva, gli aironi bianchi, quelli cinerei, la garzetta, il tarabusino, il porciglione, la sgarza ciuffetto, lo svasso piccolo e gli storni. I rapaci annoverano il lanario (Falco biarmicus), il nibbio bruno, lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco di palude, il falco pellegrino. Nei boschi vivono rapaci notturni come il barbagianni, l'allocco, il gufo comune, la civetta, l'assiolo;
i comuni rivieraschi di Ronciglione e Caprarola compiono l'approvvigionamento idrico ad uso domestico e agricolo per le rispettive popolazioni proprio dalle acque del lago di Vico -:
quali iniziative urgenti intendano assumere, i Ministri interrogati al fine disporre i sopraccitati campionamenti all'interno del sito militare dismesso, con la rimozione degli ordigni bellici presumibilmente interrati, affinché si possa dare seguito ad un'efficace azione di bonifica dell'area contaminata, antistante le acque del lago Vico, già minacciata nel suo equilibrio ambientale e al fine di preservare inoltre le vicine produzioni agricole e la salute pubblica.
(4-07057)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sempre più spesso i telegiornali delle televisioni pubbliche e private trasmettono filmati con il logo della «polizia di Stato», dei «carabinieri», della «Guardia di finanza», relativi ad operazioni di ordine pubblico e repressione della criminalità;
detti filmati vengono utilizzati per documentare l'attività - peraltro meritoria - delle Forze dell'ordine, e sempre più spesso finiscono con il sostituire completamente o in parte la funzione che è propria del giornalista telecineoperatore-:
se, nell'ambito della polizia di Stato, dei carabinieri, della Guardia di finanza siano state istituite speciali branche di operatori con il compito di fornire materiale filmato alle televisioni pubbliche e private o se si tratti di attività ed iniziative per così dire estemporanee;
quale sia il costo di detti filmati che - è da presumere - siano forniti alle emittenti a titolo gratuito, e sotto quale voce di spesa vengano rubricati;
se siano le emittenti a richiedere detto materiale, o se siano le Forze di polizia a fornirlo spontaneamente;

se siano in grado di smentire che talvolta detti filmati vengono realizzati a posteriori con personale che si presta a «sceneggiare» le operazioni che sono state effettivamente condotte a termine.
(4-07072)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 8 e 9 maggio 2010 a Roma presso il Circo Massimo, si svolgeranno le celebrazioni per la giornata mondiale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, con il dispiegamento di strutture sanitarie, attrezzature e mezzi;
recentemente la stampa nazionale si è occupata della Croce rossa italiana con puntuali riferimenti alla mancanza di trasparenza nella gestione amministrativa e alla cattiva gestione di fondi pubblici -:
quanto personale, strutture e mezzi saranno impegnati per le celebrazioni in premessa, per quanto tempo e quale sia la previsione di spesa;
se i Ministri interrogati non ritengano più opportuno destinare le risorse economiche stanziate per detti festeggiamenti per il risanamento del debito o per le esigenze del Corpo militare.
(4-07060)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, a seguito di segnalazione del magistrato di sorveglianza di Trieste, dottoressa Mariangela Cunial, il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello, ha emesso apposita ordinanza con la quale intima al Ministero della giustizia di riportare il numero di persone recluse nella locale casa circondariale entro limiti accettabili;
attualmente, infatti, il penitenziario cittadino di Pordenone ospita 98 unità contro una soglia massima di 53;
se entro trenta giorni dalla predetta messa in mora il Ministero non dovesse individuare congrue soluzioni tecniche al problema segnalato, il sindaco Bolzonello si dice pronto a depositare un esposto alla competente procura della Repubblica, nonché a disporre la chiusura del carcere per motivi igienico-sanitari (lo stesso direttore della struttura, Alberto Quagliotto, ha manifestato il rischio di contagio di infezioni e di diffuse forme di protesta tra i detenuti) -:
quali iniziative intenda concretamente adottare per ridurre drasticamente la popolazione carceraria presente a Pordenone e per quali obiettive ragioni sia stato raggiunto un simile sovraffollamento;
in quante e quali altre pregresse occasioni sia stata superata la quota massima accettabile di reclusi all'interno del penitenziario di Pordenone e, in caso di risposta affermativa, quali azioni siano state registrate in tal senso dal magistrato e/o dal tribunale di sorveglianza di Trieste.
(5-02854)

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 1o maggio 2010 la prima firmataria del presente atto, assieme al leader radicale Marco Pannella e a Matteo

Angioli del comitato nazionale di Radicali italiani, ha visitato il carcere di Parma;
nel corso della visita guidata dal direttore, dottor Silvio Di Gregorio, è stata riscontrata la seguente situazione:
5 sezioni sono chiuse per lavori di ristrutturazione che prevedono anche la costruzione di docce in ogni cella;
i detenuti presenti sono 450 per una capienza di 250 posti;
fra i 450 detenuti sono comprese 62 persone in regime di 41-bis e 80 in regime di Alta Sicurezza;
l'istituto ha al suo interno un centro clinico con 12 celle, un centro per paraplegici con 9 celle e un padiglione Z per detenuti familiari di collaboratori di giustizia;
è prevista la costruzione di un nuovo padiglione di 200 posti;
la carenza dell'organico degli agenti è notevole: mancano, infatti, ben 181 unità; gli educatori attualmente in servizio sono solo 2 anche se ne sono stati assegnati 9; a questa ridotta attuale presenza, si aggiunge l'inconveniente di un recente totale rimpiazzo che ha fatto disperdere le conoscenze e l'esperienza degli operatori precedentemente in funzione; gli psicologi assicurano in tutto 56 ore mensili;
i detenuti tossicodipendenti sono 95 di cui 8 in trattamento metadonico;
150 sono i detenuti stranieri mentre solo una quindicina sono provenienti dalla provincia di Parma;
molti dei detenuti sono ristretti a centinaia di chilometri dalle loro famiglie costretti così a rinunciare a contatti affettivi fondamentali ai fini della rieducazione;
nel corso del 2009 si sono verificati ben 2 suicidi e gli atti di autolesionismo sono all'ordine del giorno;
104 sono i detenuti impegnati in mansioni interne all'istituto; 11 sono in articolo 21 e 11 semiliberi; l'istituto riesce meritevolmente a destinare ogni anno 30 detenuti al lavoro esterno;
all'interno del carcere sono presenti le scuole elementari e medie, i corsi per geometri e ragionieri e i corsi di formazione professionale come quelli per giardiniere e panettiere;
il Direttore ha molte idee e progetti per migliorare, per quanto possibile, la situazione del carcere; 4 di questi suoi progetti sono stati approvati e finanziati dalla cassa delle ammende per un totale di 200.000 euro; paradossalmente non ha trovato ancora riscontro da parte dell'amministrazione un progetto per l'installazione di pannelli solari che dopo il piccolo investimento iniziale consentirebbe all'istituto di produrre l'energia necessaria per il riscaldamento e le docce a costo zero; altri interessanti progetti riguardano l'aiuto psicologico agli agenti, particolarmente stressati dal sovraccarico di lavoro e un corso di formazione del personale (agenti, educatori, psicologici) che segue i detenuti al 41-bis che lo stesso Direttore definisce «murati» nelle loro celle;
salta agli occhi ad avviso dell'interrogante che tutte le buone intenzioni e le indubbie capacità professionali del direttore, si scontrano con il dato del sovraffollamento, della forte carenza di personale di ogni tipo e della mancanza di risorse gestionali -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Parma, in particolare, entro quali tempi si prevede che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
a che punto siano i lavori relativi alla costruzione del nuovo padiglione e con quali agenti, educatori, psicologi si intenda renderlo operativo;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare,

entro quali tempi verrà garantita loro un'adeguata assistenza psicologica;
cosa si intenda fare per implementare l'attività trattamentale dei detenuti, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
cosa intenda fare il Governo per applicare finalmente quanto previsto dall'ordinamento penitenziario per consentire ai detenuti di scontare la pena il più vicino possibile al luogo di residenza delle proprie famiglie;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se il Governo ritenga di dover assecondare l'istituto nell'incrementare il già significativo ed encomiabile numero di detenuti assegnati al lavoro esterno;
se il Governo intenda sostenere i significativi progetti predisposti dal direttore e citati in premessa;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-07081)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

BELCASTRO, SARDELLI, IANNACCONE, GAGLIONE e MILO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Gioia Tauro, specializzato nelle cosiddette attività di transhipment, è il più grosso terminal del Mediterraneo ed è attualmente, nonostante i numerosi ritardi che ne hanno caratterizzato la realizzazione e lo sviluppo infrastrutturale, al terzo posto in Europa tra i porti contenitori, rappresentando, di fatto, una realtà in grado di contribuire fortemente al rilancio del Mezzogiorno;
questa eccessiva specializzazione (nell'attività di transhipment) non ha contribuito al pieno sviluppo di tutte le potenzialità del porto di Gioia Tauro;
a questo elemento negativo va aggiunto un quadro complessivo caratterizzato da ritardi ed incertezze sul destino dello stesso, che non ha consentito uno sviluppo polifunzionale del sito portuale, negandone, di fatto, il suo ruolo strategico nell'area mediterranea;
la recente intesa sottoscritta dai vertici delle autorità portuali di Cagliari, Gioia Tauro e Taranto, che ha portato alla costituzione dell'associazione Imeta, è sicuramente un elemento decisivo per rilanciare la competitività dei tre porti italiani;
la decisione successiva da parte del comitato portuale di Gioia Tauro di abbattere le «tasse di ancoraggio» (del 90 per cento per le navi superiori a 50 mila tonnellate e del 60 per cento per le navi di tonnellaggio inferiore) è un ulteriore importante passaggio, che può favorire il superamento dell'attuale crisi economica e di sviluppo;
in questo quadro appare superato il ricorso alla cassa integrazione da parte della società Mct, che dovrebbe, al contrario, diventare soggetto propulsivo per la crescita e lo sviluppo del porto di Gioia

Tauro, al fine di accentuare la funzione strategica dello stesso nell'area del Mediterraneo;
in tal senso si auspica che vi sia un adeguamento da parte della Mct agli sforzi compiuti dalle autorità portuali e che si arrivi, in tempi rapidi, ad una maggiore efficienza dei tempi di carico e scarico delle navi, fattore questo che può essere realizzato solo attraverso l'annullamento del ricorso alla cassa integrazione, su cui si è convinti che vi sarà un intervento decisivo da parte del Governo -:
come si intenda, in termini di potenziamento e ammodernamento delle infrastrutture portuali, in concorso con la regione Calabria, sostenere le iniziative intraprese dalle autorità portuali di Gioia Tauro per consentire il superamento e l'allargamento delle attuali specializzazioni e se non si ritenga necessario ed urgente, a tale scopo, l'istituzione di un «tavolo di sistema» dedicato a quest'area, che deve diventare un crocevia strategico dei traffici nazionali e internazionali, al fine di rilanciare le attività industriali della Calabria e, al contempo, dare un aiuto formidabile all'intera economia del Mezzogiorno.
(3-01049)

BALDELLI, BERGAMINI e TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sistema aeroportuale italiano fornisce all'economia nazionale un contributo pari al 50 per cento di quello che danno alla loro economia il sistema aeroportuale francese e tedesco;
il sistema è costituito da circa 100 aeroporti e di questi solo 21 superano la soglia di 1 milione di passeggeri l'anno, sotto la quale, stando agli esperti, si lavora in perdita;
esistono ampi margini per migliorare l'attuale sistema -:
quali azioni intenda intraprendere il Governo per migliorare il sistema aeroportuale italiano.
(3-01050)

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dopo le segnalazioni e le denuncie dei mesi scorsi si registrano nuovamente notizie di disservizi e disagi notevoli sulla linea di trasporto ferroviario regionale sarda, nel tratto che collega Cagliari a Carbonia;
negli ultimi giorni i comitati dei pendolari, fruitori principali del servizio, hanno denunciato ulteriori anomalie nel servizio di distribuzione degli abbonamenti e della biglietteria e mancanza di informazioni sugli orari dei convogli da parte del personale nelle stazioni;
le lunghe attese nelle stazioni e nei convogli continuano da mesi a mettere a dura prova la pazienza dei tanti viaggiatori che da troppo tempo stanno subendo l'inefficienza del servizio di trasporto ferroviario;
a pagare le conseguenze di un tale disservizio sono soprattutto i lavoratori e gli studenti pendolari che ogni giorno assistono impotenti alla vergognosa inadeguatezza che ormai caratterizza il nostro trasporto ferroviario;
recentemente la vicenda è stata segnalata con un altro atto di sindacato ispettivo che denunciava la situazione, a cui il Governo ha risposto con l'impegno ad attivarsi al fine del superamento della problematica in questione con la costituzione di un tavolo tecnico nell'ambito del quale si sarebbero definiti gli opportuni interventi necessari al ripristino della funzionalità della linea, ma allo stato attuale non si riscontra nessun miglioramento in funzione della risoluzione della vicenda;
è necessario un urgente e tempestivo intervento risolutore della problematica che sta recando continui disagi a moltissimi

cittadini sardi, rendendone insostenibile la qualità della loro vita e le attività lavorative e familiari -:
quali urgenti iniziative intenda adottare per risolvere gli ormai insostenibili disagi che ricadono gravemente sui cittadini che utilizzano la rete di trasporto ferroviario regionale sardo sulla tratta Cagliari-Carbonia.
(3-01054)

Interrogazioni a risposta scritta:

CESARE MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
un numero non trascurabile di cittadini, proprietari di oltre duecentomila autocaravan, percorrono le strade del Paese;
si diffonde l'uso della minuscola casa su quattro ruote anche in Italia per il vantaggio che hanno le famiglie nell'utilizzare questo mezzo di trasporto;
la viabilità non sempre favorisce l'uso delle autocaravan a causa dei numerosi ostacoli che caratterizzano i tracciati stradali;
la mancanza di segnaletica adeguata, l'inesistenza di una rete di aree attrezzate per ospitare le autocaravan, la presenza di sbarre altimetriche e di dossi rialzati, solo per fare alcuni esempi, ostacolano la circolazione di questi mezzi e ne dissuadono la diffusione;
per giunta, alcune società proprietarie di autostrade limitano le soste e la circolazione delle autocaravan;
il Ministero dei trasporti ha il compito di svolgere funzioni di controllo e indirizzo nella materia della circolazione -:
se non ritenga di dover promuovere iniziative al fine di sensibilizzare gli uffici periferici del Ministero, nonché di indire un tavolo di lavoro con tutti i soggetti interessati per concordare le soluzioni idonee a facilitare la circolazione delle autocaravan.
(4-07058)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
martedì 13 aprile 2010 si sono vissuti attimi di paura su un volo di linea in partenza dall'aeroporto di Linate e diretto a Roma;
l'aereo, durante la fase di rullaggio, ha investito una lepre che attraversava la pista: l'urto, avvertito distintamente dai passeggeri, ha danneggiato il carrello ed il comandante dell'aeromobile ha preferito rientrare nella piazzola per i controlli del caso. Lo scalo è rimasto chiuso per una decina di minuti al fine di consentire la pulizia della pista;
fortunatamente l'incidente non ha fatto registrare feriti, benché l'urto dell'animale contro il carrello abbia diffuso il panico tra i passeggeri, costretti, successivamente, ad imbarcarsi su altri voli diretti nella capitale;
il 67 per cento degli incidenti aerei avviene nelle fasi di decollo o di atterraggio, spesso a causa della presenza di animali. Tra tutti i più pericolosi sono gli uccelli: lo stesso aeroporto di Linate in passato ha fatto tragicamente i conti con questo problema, quando, nel 2003, un jet privato si è schiantato dopo l'impatto con uno stormo di uccelli provocando la morte di due persone;
secondo il rapporto pubblicato un anno fa dalla Federal Aviation Administration, dal 1988 al 2009, 219 persone sono morte e 200 velivoli sono andati distrutti in tutto il mondo a seguito di incidenti causati da uccelli;
ma non sono soltanto gli uccelli protagonisti di simili episodi. Gli scali combattono ogni giorno una vera battaglia contro il «bestiario aeroportuale»: a Londra e Chicago la minaccia è rappresentata dalle lepri, a Parigi dai conigli, mentre in Canada il pericolo principale sono le oche;
in Italia, gli scali di Linate e di Orio al Serio da tempo sono costretti ad affrontare l'invasione delle lepri, che, insediandosi

in colonie stanziate in zone limitrofe alle aree aeroportuali, minacciano la sicurezza interferendo con i radar di terra o finendo sotto le ruote dei velivoli;
nel 2007 a Linate sono stati catturati 57 esemplari di lepre e 4 conigli selvatici nell'ambito di una «caccia pacifica» ai roditori che ha coinvolto circa 200 persone, mentre nel 2009 presso lo scalo bergamasco ne sono stati allontanati 53 -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine garantire la sicurezza delle operazioni di decollo ed atterraggio, seriamente compromessa dalla presenza di animali selvatici nelle aree aeroportuali.
(4-07064)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la signora Ivana Lodovici ha contratto matrimonio in Napoli con il signor De La Rosa;
il cognome del marito, cittadino americano, è stato trascritto nei pubblici registri napoletani come «Denarosa», così come risultava da un certificato di nascita americano;
il cognome del signor De La Rosa, nel passaporto e nella carta di identità risulta a tutti gli effetti essere De La Rosa (tre parole distinte);
sopravvenendo il divorzio dei suddetti signori, tale atto in America è stato registrato (correttamente) a nome di «De La Rosa»;
il comune di Napoli non accetta la trascrizione degli atti a questo nome per incongruenza dei nominativi, e ha pertanto richiesto alla signora Lodovici una modifica della sentenza americana di divorzio per poter registrare l'atto in Italia. Ma cambiare la sentenza di divorzio per fare apparire il cognome «Denarosa» è impossibile perché la Corte americana ha confermato che il documento presentato all'atto del divorzio è stato la carta d'identità (e non il certificato di nascita) per cui non c'è stato nessun errore a cui dover rimediare;
il consolato è al corrente della situazione e comprende che si tratta della stessa persona;
non è nella volontà del suddetto De La Rosa o Delarosa, che dir si voglia, provvedere alla facilitazione di questa pratica burocratica per la ex moglie, ed essendo chiaramente identificato come persona concernente gli eventi, a prescindere da equivoci ortografici;
tutto questo non appare compatibile con i criteri della buona amministrazione -:
se tutto ciò risulti vero;
se i Ministri non ritengano di provvedere affinché possano essere applicati dagli uffici di Napoli logica e buonsenso così da evitare inghippi burocratici che ostacolano la vita della signora Lodovici, impedendo di fatto il riconoscimento del suo status di persona libera da vincoli matrimoniali.
(5-02856)

Interrogazioni a risposta scritta:

CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti da organi di stampa locali, emergono incresciosi episodi di violenza ed intolleranza verificatisi a Siano, in provincia di Salerno, ai danni di politici ed amministratori locali;
i suddetti episodi coinvolgerebbero il sindaco della città Sabatino Tenore ed alcuni assessori della giunta comunale di Siano, vittime di minacce, attentati ed atti di vandalismo di vario genere;

in particolare, nei giorni scorsi alcuni ignoti avrebbero preso di mira la farmacia di proprietà della famiglia del sindaco, attualmente gestita dalla sorella dello stesso, danneggiandone i locali facendo esplodere una bomba-carta che non ha causato vittime, essendo la deflagrazione avvenuta in piena notte;
secondo la ricostruzione offerta dal primo cittadino di Siano, l'attentato, seppur commesso ai danni di un locale commerciale, sarebbe direttamente ricollegabile alla sua persona ed al suo ruolo istituzionale, anche in virtù dei precedenti verificatisi a ridosso di pochi mesi e che avrebbero coinvolto anche alcuni assessori della sua giunta, come l'assessore ai lavori pubblici Massimo Frasci, l'assessore al bilancio Donato Liguori, nonché il responsabile dell'ufficio tecnico comunale Vincenzo Leo;
in altri termini, l'episodio verificatosi il 29 aprile 2010 ai danni della farmacia, sarebbe soltanto l'ultimo di una lunga serie di attentati espressione di una escalation di violenza che sta terrorizzando la tranquilla cittadina di Siano;
nonostante non ci siano state esplicite rivendicazioni ad opera di gruppi o movimenti organizzati, infatti, le modalità ed i tempi dell'azione lasciano ipotizzare che i suddetti episodi di violenza non sono atti casuali di semplice vandalismo da strada, ma tasselli di un medesimo disegno criminoso ben definito;
è evidente che simili comportamenti necessitano non solo di essere sanzionati, ma anche prevenuti e controllati, al fine di impedire che la prepotenza di pochi possa condizionare il regolare esercizio del mandato amministrativo, nel pieno rispetto delle regole democratiche -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, una volta verificata la veridicità degli stessi, se ritenga opportuno assumere specifiche determinazioni finalizzate ad incrementare la sicurezza ed il controllo del territorio, al fine di salvaguardare l'onorabilità delle istituzioni ed il regolare svolgimento dell'attività amministrativa nella gestione degli enti locali.
(4-07056)

FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il segretario comunale è un organo monocratico del comune le cui funzioni possono ravvisarsi in «compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti», così come disciplinato dalla Parte I, Titolo IV, Capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
secondo l'articolo 98 del decreto legislativo l'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali è articolato in sezioni regionali;
l'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno;
per conseguire tale abilitazione è necessario partecipare, ex articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, ad un corso-concorso di formazione, della durata di nove mesi seguito da un periodo di tirocinio pratico di tre mesi presso uno o più Comuni. Al corso si accede al termine di un concorso pubblico per esami, che viene bandito periodicamente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (AGES). Gli esami consistono in tre prove scritte ed una orale;
al termine del corso viene approvata una graduatoria che consente, ai candidati inclusi, di ottenere l'iscrizione nella fascia iniziale dell'albo;

ad oggi sono in corso contemporaneamente tre concorsi, in fasi differenti, a seconda dell'ordine di emanazione: per il «COA3» si attende l'ultimazione dei tirocini propedeutici a settembre 2010, per il «COA4» la conclusione degli scritti, per l'ultimo, il «COA5», bandito nel mese di novembre 2009, è stata rinviata la prova preselettiva a data da destinarsi;
il corso-concorso «COA4» è stato bandito a marzo 2008, le domande scadevano ad aprile dello stesso anno, il test preselettivo a quiz è stato svolto a fine aprile 2009, le prove scritte si sono svolte il 14, 15 e 16 luglio 2009, ma l'esito delle prove non è ancora pervenuto, pur essendo circa 800 i candidati che hanno ultimato e consegnato i temi, per un totale approssimativo di 2.400 elaborati da correggere;
nel corso-concorso «COA4», a fronte di 260 posti da ammettere al corso, solo 200 sono i posti vacanti da iscrivere all'albo, quindi è possibile che 60 tra le persone che portino a termine tutta la procedura non vengano poi iscritte all'albo;
il corso-concorso «COA5», uguale al «COA4» per disponibilità di posti, prevede la facoltà di aumentare, da parte dell'autorità competente, le stesse iscrizioni all'albo, anteriormente alle prove preselettive, facoltà però non prevista per il «COA4», in quanto ogni concorso è regolato dal relativo bando, con quella che all'interrogante appare una discrezionalità che potrebbe danneggiare o favorire i candidati a seconda del concorso al quale partecipano;
il concorso «COA3 « è stato superato da 420 persone, mentre hanno avuto accesso al corso solo 390 e l'AGES ha dovuto assumere, nel mese di dicembre 2009, una delibera nella quale si prospettava l'adozione di una soluzione per le 30 persone eccedenti, senza però precisarne le modalità;
ad oggi, in totale le persone che attendono di conoscere il proprio esito sono circa 900: le 30 persone in esubero del «COA3 « che hanno superato solo il concorso e non hanno avuto accesso al corso, le 60 che stanno frequentando il corso, ma non sanno se potranno essere iscritte all'albo, ed infine le 800 persone del «COA4» che, pur avendo concluso la prova scritta un anno fa, non ne conoscono ancora l'esito;
la procedura è destinata ad esser ancor più farraginosa se si considera che molti degli iscritti al concorso «COA5» sono gli stessi che attendono l'esito delle prove del «COA4», aggiungendo disagio ai candidati e dispendio inutile di tempo per la commissione esaminatrice;
diversi sono i Comuni che hanno la sede di segreteria convenzionata, anche di quattro Comuni insieme, comportando, quindi, il fatto che un segretario debba presenziare a quattro giunte alla settimana e quattro consigli al mese e seguire quattro bilanci;
non essendo previsto nessun criterio per l'accorpamento dei comuni, dette convenzioni sono autorizzate dalle agenzie regionali per i comuni di classe quarta, terza e seconda, mentre per i Comuni di classe prima e capoluoghi di provincia sono autorizzate dall'AGES a Roma, che decide caso per caso;
il convenzionamento indiscriminato tra i comuni di quarta classe, di fatto, oltre a non consentire un buon servizio, riduce la possibilità di accesso ai neo segretari;
a parere dell'interrogante, essendo il segretario comunale una delle espressioni più autentiche del territorio, occorrerebbe valorizzare questo legame attraverso la regionalizzazione degli albi e una procedura più snella di accesso -:
se non si intendano assumere iniziative normative volte a modificare la procedura di accesso alla professione di segretario comunale, garantendo tempi più adeguati nello svolgimento delle prove ed evitando che lo stesso avvenga in contemporanea con più corsi-concorsi;

se non si ritenga urgente intervenire al fine di promuovere sia la regionalizzazione della gestione dell'albo, a fronte di requisiti di accesso identici in ogni regione e di una formazione uniforme e spendibile su tutto il territorio nazionale, sia una disciplina puntuale sulle convenzioni tra i comuni.
(4-07074)

BOSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 novembre del 2009 il prefetto di Napoli ha nominato una commissione d'accesso per verificare l'esistenza di condizionamenti della criminalità organizzata sull'attività dell'amministrazione comunale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli;
l'invio della commissione d'accesso era stato sollecitato dalla stessa amministrazione comunale, all'epoca guidata dal sindaco Salvatore Vozza, con l'obiettivo di fare chiarezza sulle innumerevoli accuse che venivano mosse all'ente locale, soprattutto dopo il tragico omicidio del consigliere comunale Luigi Tommasino;
la commissione d'accesso ha concluso i suoi lavori nei tre mesi previsti dal mandato e non risulta aver chiesto proroghe per cui si ritiene che la relazione conclusiva dell'accesso sia stata inviata al prefetto di Napoli e al Ministro interrogato;
nel frattempo, il 28 e il 29 marzo 2010, a Castellammare di Stabia ci sono state le elezioni comunali, che hanno determinato l'elezione di un nuovo sindaco, il quale risulta aver ricoperto il ruolo di capo di gabinetto di un Ministro del Governo in carica,
tali elezioni si sono svolte in un clima di tensione, con il candidato sindaco del PdL Luigi Bobbio, poi eletto, e gli altri candidati Antonio Sicignano e Antonio Iovino che, in dichiarazioni ripetute alla stampa (Il Mattino - Metropolis 30 marzo 2010) hanno richiamato l'allarme su presunte «irregolarità nel corso delle operazioni di voto», su presunte «ripetute violazioni delle più elementari norme di comportamento, su presunte pressioni su chi si recava a votare»;
il prefetto di Napoli, in risposta a tali allarmi, ha predisposto un monitoraggio del voto nel comune di Castellammare di Stabia, come in altri comuni della provincia di Napoli, atteso il paventato rischio di condizionamento dell'esercizio del diritto di voto da parte della criminalità organizzata;
sarebbe stato più opportuno rendere noti i risultati della commissione d'accesso ed eventuali decisioni correlate prima dell'appuntamento elettorale, in modo da consentire l'insediamento dell'amministrazione comunale in un clima di maggiore serenità complessiva;
ancor più oggi, ad elezioni avvenute, con un'amministrazione nuova appena entrata in carica, appare necessario rendere noti i risultati della commissione di accesso ed eventuali decisioni conseguenti;
appare necessario scongiurare il rischio di archiviare una procedura di accesso, senza neppure renderne noti i risultati, per il solo fatto che l'amministrazione comunale sia cambiata di segno politico dal momento che, se condizionamento camorristico c'è stato in questi anni, esso deve essere reso noto e rispetto ad esso vanno assunti i provvedimenti di legge;
appare indispensabile, per l'efficacia stessa dello strumento, sgomberare il campo dal sospetto che si usi la commissione d'accesso per ragioni politiche e che quindi si smetta di garantirle attenzione nel momento in cui l'amministrazione comunale assume un segno politico più vicino a quello del Governo nazionale -:
se siano state effettivamente svolte verifiche e azioni di monitoraggio durante e dopo lo svolgimento delle operazioni di voto nel comune di Castellammare di Stabia e quali risultati tali verifiche abbiano prodotto;

se siano state ravvisate presenze, intimidazioni, condizionamenti e un complessivo inquinamento del voto; quali siano i risultati dell'accesso disposto dal prefetto di Napoli presso il comune di Castellammare di Stabia per verificare l'esistenza di condizionamenti camorristici sull'attività amministrativa e quali siano i provvedimenti che il Governo intenda, eventualmente, assumere in conseguenze delle valutazioni della commissione;
per quali ragioni non si sia ritenuto di rendere noti i risultati della commissione prima del voto delle ultime amministrative e se il Ministro ritenga che il cambio di amministrazione e di colore politico della stessa siano motivo sufficiente per ritenere archiviata e non rilevante la relazione della commissione d'accesso e gli eventuali provvedimenti ad essa legati.
(4-07083)

GRIMOLDI, VOLPI e TOGNI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da alcune settimane, in diversi negozi islamici di Milano, è stato notato un cartello, scritto esclusivamente in arabo, a firma «Islamic Relief Italia»;
tale associazione avrebbe organizzato per il primo maggio al PalaSharp di Milano una manifestazione con ospiti del tutto discutibili, come Omar Abdel Kafi, telepredicatore espulso dall'Egitto in quanto fondamentalista islamico e Salman Al Ouda, saudita e wahabita come Bin Laden;
la manifestazione è stata resa pubblica anche da un video pubblicitario (indirizzo web: http://www.c6.tv/archivio?id=9048);
l'Islamic Relief, secondo autorevoli fonti giornalistiche, è una di quelle associazioni «caritatevoli» islamiche ben note per le proprie attività nei Balcani e in Palestina; è stata accusata di aver svolto attività di fund-raising per scopi terroristici nonché di essere a contatto con gruppi Jihadisti, con Hamas e con Al Quaeda;
inoltre, negli scorsi anni, diversi esponenti dell'Islamic Relief sono stati arrestati nel Regno Unito ed in Israele per legami con i fondamentalisti islamici -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suddetti e se non ritenga opportuno procedere con delle verifiche in merito; come sia possibile che, mentre negli altri Paesi europei ed arabi queste associazioni siano ritenute strettamente legate a gruppi fondamentalisti islamici, in Italia venga concessa loro la possibilità di predicare indisturbati.
(4-07084)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:

GHIZZONI, FRANCESCHINI, MARAN, VILLECCO CALIPARI, BOCCIA, LENZI, BACHELET, COSCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, FIORONI, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PES, PICIERNO, ROSSA, ANTONINO RUSSO, SIRAGUSA, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con una politica in controtendenza rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea che destinano ingenti risorse al sistema di istruzione universitario, nella legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), lo stanziamento complessivo per la missione «istruzione universitaria» è pari a 7.902,3 milioni di euro, con una riduzione di ben 652,7 milioni di euro (-8,3 per cento) rispetto alle previsioni assestate del bilancio 2009;
già nella legge 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria 2009), lo stanziamento complessivo per la missione «istruzione universitaria» era pari a 8.549,3 milioni di euro (pari al 15,4 per cento dello stanziamento del ministero), con una

riduzione di ben 133,5 milioni di curo (-1,5 per cento) rispetto al bilancio 2008;
all'interno del programma «sistema universitario e formazione post-universitaria», il fondo per il finanziamento ordinario (ffo) delle università (cap. 1694) - finalizzato, tra l'altro, al pagamento di stipendi, delle utenze e di tutte le spese correnti delle università - ha una dotazione di 6.256,4 milioni di euro e registra un decremento di ben 678,8 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009;
a parziale accoglimento di quanto contestato dal mondo universitario e dai suoi organi di rappresentanza ed in seguito alle denunce sugli effetti della politica dei tagli sollevate dall'opposizione, con una modifica approvata nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria per l'anno 2010 alla Camera dei deputati, il Governo ha destinato 400 milioni di euro derivanti dall'applicazione dello «scudo fiscale» (istituito dal decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini») a limitato reintegro della dotazione finanziaria del fondo per il finanziamento ordinario. Al netto di tale integrazione, il fondo per il finanziamento ordinario risulta decurtato del 3,72 per cento delle risorse rispetto all'assestato 2009, pari a 278,8 milioni di euro;
il fondo per il finanziamento ordinario, in attuazione dell'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), era stato già ridotto di 63,5 milioni di euro per il 2009, di 190 milioni di euro per il 2010, di 316 milioni di euro per il 2011, di 417 milioni di euro per il 2012 e di 455 milioni di euro a partire dal 2013, per un totale di 1,4 miliardi di euro in un quinquennio;
il suddetto fondo, in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), è decurtato del 6,85 per cento, pari a oltre 467 milioni di euro, per dare copertura all'esenzione ici prima casa anche per gli immobili di pregio;
tutto ciò a triste conferma della politica di disimpegno colpevolmente assunta dal Governo nei confronti dei sistema universitario - volano di crescita del Paese - che, sottoposto al draconiano regime dei progressivi tagli lineari al fondo di finanziamento ordinario, rischia il dissesto finanziario, con conseguenze negative per il futuro delle giovani generazioni e del Paese;
ad oggi - cioè quasi a metà dell'esercizio finanziario - non sono noti i criteri e i parametri per il riparto delle risorse agli atenei, mentre nel corso dell'ultima assemblea della Conferenza dei rettori delle università italiane (svoltasi il 29 aprile 2010) i magnifici rettori hanno valutato con estrema preoccupazione ulteriori possibili diminuzioni al fondo per il finanziamento ordinario per il 2010;
nel 2011 - a legislazione vigente - si determinerà un'aggiuntiva decurtazione cumulativa di non meno di 1.300 milioni di euro sul fondo per il finanziamento ordinario, che configurerebbe una situazione finanziaria oggettivamente insostenibile per gli atenei italiani e renderebbe de facto impraticabile qualunque serio progetto riformistico per il sistema universitario -:
se risponda a verità che il fondo per il finanziamento ordinario, decurtato del 3,72 per cento rispetto al 2009 (pari a 278,8 milioni di euro), subirà di fatto un'ulteriore diminuzione a seguito della pressoché totale indisponibilità delle risorse di cui all'articolo 2, comma 428, della legge n. 244 del 2007 - vale a dire 550 milioni di euro annui per il triennio 2008-2010 messi a disposizione dal Governo

Prodi per il cosiddetto patto per le università - interamente impegnate per far fronte agli incrementi stipendiali e, pertanto, inutilizzabili per le obbligazioni ministeriali, che graverebbero sul suddetto fondo per il finanziamento ordinario, determinandone un'ulteriore riduzione delle disponibilità approssimativamente pari al 2 per cento.
(3-01053)

TESTO AGGIORNATO AL 7 GIUGNO 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BENAMATI, LENZI, LA FORGIA, ZAMPA e VASSALLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Nuova Renopress srl con sede a Budrio (Bologna), fonderia di pressofusione di alluminio integrata con lavorazioni meccaniche che aveva un organico di 130 dipendenti, ha usufruito della Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi fino al 15 marzo 2010;
l'azienda aveva aperto una prima procedura di mobilità in data 30 aprile 2009 per 49 lavoratori conclusa con un mancato accordo il 12 luglio 2009 senza peraltro dare luogo all'intimazione di licenziamento per i lavoratori interessati;
l'azienda ha attivato una seconda procedura di mobilità il 2 gennaio 2010 relativa a 65 lavoratori, che si è conclusa il 1o marzo 2010 con il suo ritiro da parte di Nuova Renopress srl;
il consiglio di amministrazione dell'azienda ha deliberato il 6 marzo 2010, in conseguenza della grave situazione produttiva e finanziaria causata del progressivo e costante aggravarsi delle condizioni di mercato, la cessazione dell'attività produttiva e l'attivazione dei provvedimenti inerenti e conseguenti finalizzati alla sua messa in liquidazione;
al fine di ricercare possibili alternative imprenditoriali e per consentire di gestire al meglio le eccedenze di personale, l'azienda ha richiesto l'esame congiunto per l'attivazione della Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività a far data dal 16 marzo 2010 e ha aperto una ulteriore procedura di mobilità per 106 lavoratori;
è stato sottoscritto un accordo tra azienda e organizzazioni sindacali presso la regione Emilia-Romagna alla presenza del sindaco di Budrio il 22 marzo 2010, in seguito al quale la Nuova Renopress srl ha presentato richiesta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività, a partire dal 16 marzo 2010, per 106 lavoratori attualmente in forza e ha ritirato la procedura di mobilità già aperta;
con tale accordo le parti si sono impegnate a monitorare continuamente l'evolversi della situazione al fine di valutare tutte le possibili soluzioni per la salvaguardia dell'occupazione e del reddito dei lavoratori;
la regione Emilia-Romagna, tenuto conto dell'accordo, ha espresso parere favorevole alla richiesta di Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, decorrendo quanto previsto dalla legge n. 291 del 2004 come rappresentato dagli uffici della regione Emilia-Romagna agli uffici del Ministero;
senza l'autorizzazione ministeriale i lavoratori non possono ricevere le indennità mensili di cassa integrazione di cui hanno un grande bisogno. Ci sono lavoratori che aspettano da sei mesi e il 16 aprile 2010 uno di loro, Mario Farisano, si è tolto la vita per la disperazione, diventando un simbolo per tutta la realtà bolognese delle difficoltà e delle sofferenze dei lavoratori che stanno perdendo il lavoro a causa della gravissima crisi attuale -:
che cosa intenda fare il Ministro interrogato per assicurare la concessione

ai 106 dipendenti della Nuova Renopress srl della Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività, decisiva per assicurare ai lavoratori un minimo di tutela in collegamento con gli altri ammortizzatori sociali che saranno successivamente utilizzabili, e per poter dar corso immediatamente al pagamento delle loro indennità mensili.
(5-02848)

NICOLA MOLTENI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da tempo i lavoratori del cantiere nautico Giacomo Colombo sono in stato di agitazione, causa la decisione della proprietà aziendale di trasferire l'attività produttiva da Bene Lario, sul lago di Como, a Capriolo, nel bresciano, dove il gruppo Sarnico - titolare della «Giacomo Colombo» dal 2007 - gestisce l'altra base operativa Cantieri di Sarnico;
conseguenza di questa chiusura sarebbe la perdita di 33 posti di lavoro e la scomparsa di un glorioso e storico marchio della nautica comasca;
nonostante sindacato e lavoratori abbiano chiesto alla proprietà - con scioperi ed assemblee - un tavolo istituzionale per valutare possibili alternative al trasferimento a Capriolo, l'azienda ha ribadito l'irrevocabilità della propria decisione, escludendo anche il ricorso agli ammortizzatori sociali - richiesto dal sindacato - proprio perché è una misura cui si ricorre in caso di crisi;
la rigidità di posizione assunta dalla proprietà appare incomprensibile, se si tiene conto che nel capannone di Bene Lario ci sono commesse per 2 milioni di euro, a testimonianza che il prestigioso marchio Colombo regge ancora bene il mercato nonostante la crisi in atto -:
quali iniziative il Governo intenda assumere tempestivamente per il mantenimento della produzione e la salvaguardia dei posti di lavoro, scongiurando la chiusura dello stabilimento di Bene Lario e al contempo schivando un duro colpo alla capacità industriale comasca.
(5-02849)

GATTI, DAMIANO, GNECCHI, SCHIRRU, CODURELLI, BELLANOVA, MOSCA, MATTESINI, MADIA, RAMPI, BOBBA, BRANDOLINI, BOCCUZZI, SANTAGATA e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, durante la presentazione della relazione annuale tenuta alla Camera dei deputati il 27 aprile 2010, ha evidenziato un utilizzo sempre più diffuso dei buoni lavoro, meglio conosciuti come voucher, i quali, secondo le cifre fornite dall'Istituto nazionale di previdenza sociale, hanno raggiunto la cifra di 3,6 milioni nel corso del 2009; nei primi mesi del 2010 sono già stati rilevati un milione di voucher in più rispetto a quelli conteggiati nell'anno precedente, infatti si è attualmente giunti alla cifra di 4,6 milioni;
il Veneto, con 702 mila buoni (19,5 per cento del totale), l'Emilia Romagna, con 406 mila (11,2 per cento) e il Piemonte, con 350 mila (quasi il 10 per cento) sono le regioni che, nel 2009, hanno maggiormente utilizzato i voucher. Il Sud ha utilizzato poco i voucher, in Calabria, ad esempio, ne sono stati rilevati 4977 (circa lo 0,1 per cento). L'agricoltura è stato il settore nel quale i buoni lavoro sono stati maggiormente utilizzati, con il 58 per cento del totale, seguita dal commercio (14 per cento), i servizi (11 per cento) e il turismo (7 per cento);
questa particolare forma di pagamento, consentita esclusivamente per le prestazioni occasionali di tipo accessorio è stata introdotta dalla legge n. 30 del 2003 (legge Biagi), disciplinata dal decreto legislativo n. 276 del 2003 e attuata per la prima volta dal Governo Prodi che, tramite un decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale datato 12 marzo

2008, avviava la fase di sperimentazione «nell'ambito dell'esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario» svolta da studenti e pensionati;
si intendeva, attraverso la regolamentazione di quei rapporti di lavoro che soddisfano esigenze occasionali e di carattere saltuario, far emergere la vasta area di lavoro nero collegata a quel tipo di attività e consentire una maggiore tutela dei tanti lavoratori sprovvisti di protezione assicurativa e previdenziale;
nel corso degli ultimi due anni, con il Governo in carica, si è assistito a uno smisurato ampliamento dei soggetti, committenti e lavoratori, e dei settori autorizzati a utilizzare i voucher;
il portale dell'INPS, istituto concessionario del servizio, presenta un minuzioso elenco dei settori lavorativi destinatari della normativa riguardante le prestazioni occasionali di tipo accessorio: i lavori domestici; i lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti (tali prestazioni possono essere richieste anche dagli Enti locali); l'insegnamento privato supplementare; le manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli o di lavori di emergenza o di solidarietà (tali prestazioni possono essere richieste anche da committenti pubblici oltre che da aziende e da committenti privati); in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, scuole e università, il sabato e la domenica e nei periodi di vacanza e compatibilmente con gli impegni scolastici da parte dei giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado (per qualunque tipologia di attività); le attività agricole rese a favore di imprenditori, di aziende di qualunque dimensione, limitatamente però alle attività di carattere stagionale e solo per le prestazioni rese da casalinghe, pensionati e giovani; imprenditori con volume d'affari non superiore a 7.000 euro, per le prestazioni rese dalla generalità dei soggetti, anche per attività non stagionali; l'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nell'ambito di tutti i settori produttivi, per determinate attività; la consegna porta a porta e la vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica; le attività svolte nei maneggi e nelle scuderie; in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, da parte dei pensionati; in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, in via sperimentale per gli anni 2009-2010, da parte di percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito, compatibilmente con quanto stabilito dall'articolo 19, comma 10 della legge 2 del 2009; in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, per i lavoratori in part-time (anno 2010) con esclusione della possibilità di utilizzare i voucher presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale;
i committenti possono essere: famiglie; enti senza fini di lucro; soggetti non imprenditori; imprese familiari; imprenditori agricoli; imprenditori operanti in tutti i settori; committenti pubblici (in caso di prestazioni per manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà, rese direttamente dal prestatore senza il tramite di intermediari, il beneficiario può essere anche un committente pubblico). Gli enti locali possono impiegare i voucher anche per lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione edifici, strade, parchi e monumenti;
i lavoratori che possono accedere al lavoro occasionale accessorio sono: pensionati; studenti (i giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'Università o istituto scolastico di ogni ordine e grado) in periodi di vacanza o, se regolarmente iscritti a un ciclo regolare di studi universitari, in qualunque periodo dell'anno; inoccupati, titolari di disoccupazione a requisiti ridotti o disoccupazione speciale per agricoltura, lavoratori dipendenti pubblici e privati; gli extracomunitari, se in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento di attività lavorativa, compreso quello per studio o, nei periodi di disoccupazione,

se in possesso di un permesso di soggiorno per «attesa occupazione»; per gli anni 2009/2010 anche i percettori per gli anni di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito (cassintegrati, titolari di disoccupazione ordinaria, di disoccupazione speciale per l'edilizia e i lavoratori in mobilità) e per il 2010, con alcune limitazioni, i lavoratori in part-time;
per il lavoratore l'attività di natura occasionale accessoria non deve dare luogo a compensi superiori a 5.000 euro netti, nel corso di un anno solare, da parte di ciascun singolo committente, per il quale, quindi, il limite di importo lordo è di 6.660 euro. Per i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito che hanno accesso al lavoro occasionale accessorio in via sperimentale per gli anni 2009-2010, il limite economico dei compensi derivanti dallo svolgimento di prestazioni di natura occasionale accessoria è di 3.000 euro netti per anno solare (4.000 euro lordi per il committente). Nel caso di impresa familiare, le prestazioni di lavoro accessorio non possono superare un importo complessivo di 10.000 euro nette, per anno fiscale, corrispondenti ad un importo lordo di 13.330 euro;
il pagamento delle prestazioni occasionali di tipo accessorio avviene, come detto, mediante un buono lavoro, voucher, il cui valore nominale è di 10 euro, comprensivo della contribuzione a favore della gestione separata INPS (13 per cento), accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore; di quella in favore dell'INAIL per l'assicurazione anti-infortuni (7 per cento), e di un compenso, pari al 5 per cento, all'INPS, per la gestione del servizio. Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro. Sono disponibili anche due buoni «multipli», non separabili, del valore di 50 euro (valore netto nominale 37,50 euro) e 20 euro (valore netto nominale 15 euro);
vi sono due tipi di voucher: telematico e cartaceo; il primo, poco usato rispetto all'altro (nel 2009 sono stati 563.080 rispetto ai 3.049.197 cartacei), necessita di una preventiva registrazione da parte del lavoratore e del committente presso un apposito servizio online predisposto dall'INPS. Il committente deve poi richiedere all'istituto concessionario, dandone comunicazione all'INAIL, i buoni virtuali, indicando l'anagrafica di ogni lavoratore ed il relativo codice fiscale, le date presunte di inizio e di fine dell'attività lavorativa, il luogo dove si svolgerà la prestazione e il numero di buoni presunti per ogni lavoratore. Fatto ciò, il committente deve versare all'INPS, prima dell'inizio della prestazione, il valore complessivo dei voucher acquistati e al termine della prestazione lavorativa comunicare l'entità della prestazione effettivamente svolta dal lavoratore, al quale verrà poi accreditato l'importo delle prestazioni eseguite sulla INPS card ricevuta al momento della registrazione o, in caso di mancato utilizzo della stessa, attraverso bonifico domiciliato riscuotibile presso tutti gli uffici postali. La fase conclusiva consiste nell'accredito dei contributi, da parte dell'INPS, che provvede anche al riversamento all'INAIL del 7 per cento destinato all'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, sulle posizioni assicurative individuali dei prestatori;
i voucher cartacei possono essere ritirati dai committenti su tutto il territorio nazionale presso le sedi provinciali dell'INPS dopo aver pagato il corrispettivo del loro valore negli uffici postali. Da aprile del 2010 è possibile pagare e ritirare i voucher anche nelle tabaccherie. Prima dell'inizio dell'attività lavorativa il committente deve darne comunicazione all'INAIL indicando, oltre ai propri dati anagrafici e al codice fiscale, l'anagrafica di ogni prestatore e il relativo codice fiscale, il luogo di svolgimento della prestazione e le date presunte di inizio e fine dell'attività lavorativa. Il committente prima di consegnare al lavoratore i buoni che costituiscono il corrispettivo della prestazione lavorativa, e che questo riscuoterà presso qualsiasi ufficio postale controfirmandoli e presentando un documento d'identità, provvederà

a intestarli, apponendovi la propria firma e scrivendo su ciascun buono i codici fiscali suo e del prestatore e il periodo di durata della prestazione; la fase di accredito dei contributi e di riversamento all'INAIL è analoga a quella dei voucher telematici;
quanto sopra riportato fa sorgere forti perplessità derivanti dal timore che questa forma di pagamento, dal punto di vista contributivo e fiscale estremamente vantaggiosa per i datori di lavoro, sia utilizzata dai più spregiudicati di questi non solo per regolare prestazioni di tipo occasionale ma anche rapporti di lavoro, di fatto irregolari, di tipo più continuativo; i dubbi derivano anche dall'analisi riguardante la distribuzione geografica dei voucher, i quali, secondo i dati forniti dall'INPS sono utilizzati in gran parte nel nord Italia;
venendo meno ai propositi iniziali dei suoi ideatori, i buoni lavoro potrebbero rappresentare un'alternativa ai contratti di lavoro, provocando così un arretramento delle tutele dei lavoratori invece che una loro maggiore salvaguardia; si potrebbe giungere alla paradossale situazione di lavoratori in precedenza titolari di contratti di lavoro ora costretti a usufruire di voucher;
anche la particolare modalità di corresponsione del voucher si presta a forti dubbi concernenti la sua reale efficacia: si pensi al datore di lavoro che attivi le procedure previste per i voucher per un determinato lavoratore ma faccia dei buoni un uso assai limitato, se non quasi nullo, rispetto alle effettive prestazioni lavorative rese dal lavoratore (è infatti previsto il rimborso dei voucher cartacei non utilizzati). Egli sarà così garantito nei confronti di un eventuale controllo dell'ispettorato del lavoro, infatti la comunicazione all'INPS e all'INAIL è stata fatta, e se il lavoratore, come suggerito dal committente, dirà che quello era il suo primo giorno di lavoro (nel caso non sia stato ancora corrisposto il primo buono) o il sesto (nell'ipotesi che ne siano stati corrisposti cinque) non rischierà nulla, dovendo il voucher essere corrisposto alla fine della singola prestazione lavorativa;
il monitoraggio costante del numero di voucher in circolazione deve necessariamente accompagnarsi e incrociarsi con la verifica del numero di contratti di lavoro vigenti nei settori ove è possibile ricorrere alla normativa relativa alle prestazioni occasionali di tipo accessorio, per appurare se questi siano in aumento o in diminuzione e per assicurarsi che la veemente espansione del ricorso ai buoni lavoro non provochi una riduzione dei contratti di lavoro e, di conseguenza, delle garanzie e delle tutele, previdenziali e assicurative, dei lavoratori -:
quali siano i dati a sua disposizione, regione per regione, relative alla variazione percentuale e numerica dei contratti di lavoro e dei voucher nei settori riconducibili alle prestazioni occasionali di tipo accessorio, avviati e in corso a partire dal 1o agosto 2008, allo scopo di consentire una valutazione più completa e ragionata sull'effettiva efficacia dello strumento del voucher per l'emersione del lavoro nero;
quanti siano i lavoratori per la prima volta assicurati all'INPS tramite lo strumento del voucher, dal 1o agosto 2008;
quali siano gli eventuali contratti di provenienza dei lavoratori che attualmente sono occupati tramite voucher.
(5-02853)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come reso noto dai media della provincia di Bergamo, un altro colpo terribile sta per abbattersi sull'economia vallare, stavolta scalvina, in Bergamasca;
dopo mesi di sofferenza gestionale e produttiva, la proprietà della Meccanica Valbona, ditta specializzata in carpenterie

metalliche, una delle realtà più importanti e prestigiose di Vilminore, avrebbe deciso di cessare l'attività;
se davvero arrivasse la chiusura, sarebbe un colpo durissimo: prima di tutto per le 32 famiglie dei dipendenti interessati e poi per l'intera valle di Scalve, già alle prese con importanti emergenze occupazionali e non in grado, in un momento in cui la crisi è ancora in una fase acuta, di riassorbire in tempi brevi i lavoratori;
nata nel 1991 nella zona di Ponte Formello di Vilminore, Meccanica Valbona è controllata al 100 per cento dal gruppo Cassina a sua volta detenuto da Poltrona Frau (la cui proprietà fa capo alla famiglia Montezemolo): è una delle realtà più significative dell'economia vallare (insieme a GraphicScalve e al gruppo Piantoni) ed è particolarmente apprezzata nel mondo del lusso e del design per le sue lavorazioni, di altissima qualità, molte delle quali create ancora manualmente;
fin dall'avvio della crisi, la Valbona, la cui organizzazione è fortemente legata all'attività del gruppo, ha risentito del calo delle commesse, al punto da utilizzare in maniera massiccia la cassa integrazione ordinaria;
la proprietà pensava ad una ristrutturazione del sito di Vilminore, riconducibile a una riduzione significativa del personale, ma l'ulteriore calo dei profitti l'ha indotta a pensare addirittura alla cessazione dell'attività;
nella giornata del 5 maggio 2010 è previsto un presidio con sciopero a cui parteciperanno lavoratori, sindacati, parroci e sindaci della valle, mobilitati contro la possibile chiusura della Meccanica Valbona e per manifestare tutta la solidarietà alla comunità scalvina;
anche Ettore Ongis, direttore de «L'Eco di Bergamo» - il più importante organo di informazione bergamasco - ha indirizzato una lettera alla proprietà della Meccanica Valbona, affinché non chiuda, definendola «un polmone produttivo che è strategico per la Valle di Scalve (...), una straordinaria valle baciata dalla natura che merita di essere vissuta e salvaguardata, sia nei boschi sia nelle ultime fabbriche rimaste, che sono ancora il segno di una memoria fatta di sudore e di fatica» -:
se non ritengano opportuno convocare urgentemente la proprietà della Meccanica Valbona per verificare se sono state effettivamente esaminate tutte le possibili ipotesi per permettere la continuità della produzione nello stabilimento bergamasco, prima di deciderne l'eventuale chiusura;
quali iniziative si intendano attivare, al fine di mettere la Meccanica Valbona, con i propri dipendenti, nella condizione di poter continuare ad operare, garantendo transitoriamente i lavoratori interessati dalla situazione di crisi con adeguati ammortizzatori sociali.
(4-07061)

GRIMOLDI, VOLPI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per far fronte alla situazione difficile che molti nuclei familiari si ritrovano a vivere in seguito alla perdita del posto di lavoro o alla riduzione del reddito da lavoro di uno o più componenti, il comune di Concorezzo (MB), individuando con molta fatica all'interno del proprio bilancio un budget di risorse economiche disponibili, ha pensato di utilizzare i buoni per lavoro occasionale di tipo accessorio, per offrire, soprattutto a chi non ha più alcun reddito (disoccupato e/o inoccupato), la possibilità di svolgere piccoli lavori per il Comune, percependo in cambio un reddito erogato attraverso i buoni lavoro;
analizzando la normativa di riferimento, in particolare l'ultima circolare dell'INPS (circolare n. 17 del 3 febbraio 2010) e la legge finanziaria (legge n. 191 del 2009) risulta che per il «committente pubblico» il campo di applicazione del lavoro occasionale di tipo accessorio preveda che nelle categorie di prestatori di

lavoro non siano considerati i disoccupati che non percepiscono alcun reddito, ma solo i percettori di prestazioni connesse con lo stato di disoccupazione (disoccupazione ordinaria, mobilità, trattamenti speciali di disoccupazione edile);
ciò impedisce agli enti locali di utilizzare un ottimo strumento, quale quello del «buono lavoro», per attuare iniziative di politica attiva a sostegno delle persone rimaste senza reddito, evitando il ricorso ad uno strumento di tipo più assistenzialistico, quale quello del contributo economico -:
se il Ministro, considerato l'obiettivo virtuoso che si intende intraprendere, non ritenga opportuno chiarire i contenuti delle succitate circolari, al fine di sbloccare questa situazione che non permette ai comuni di offrire opportunità di lavoro occasionale a soggetti disoccupati o inoccupati privi di reddito.
(4-07062)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il lavoro non sicuro rappresenta una minaccia alla convivenza civile: istituzioni e società interna devono reagire per affermare il significato etico, sociale e politico della salvaguardia della vita umana nei luoghi di lavoro. In questa materia quanto si fa non è mai abbastanza ed occorre un impegno costante nella ricerca di continui miglioramenti. Miglioramenti che comunque ci sono e si evincono dai dati statistici. Il presidente dell'Inail ha recentemente confermato che le prime stime a consuntivo per il 2008 indicano una ulteriore riduzione degli infortuni mortali, al di sotto delle 1.200 unità;
è chiaro che anche un solo infortunio mortale rappresenta una sconfitta per la società civile ma fare strumentalmente leva sul comprensibile clima di allarme che si determina al verificarsi di eventi tragici e non riconoscere la bontà di quanto fin qui è stato fatto e i risultati che sta producendo, altera e distorce la percezione del fenomeno, compromettendo l'efficacia degli interventi. Le strategie da mettere in campo per abbattere lo zoccolo duro degli infortuni che ancora avvengono devono puntare in primo luogo all'emersione del lavoro nero e dell'economia sommersa, che sono la causa principale, quando non unica, di povertà, precarietà, sfruttamento, morte sul lavoro;
l'approccio ai temi della salute e sicurezza sul lavoro deve saper coniugare coesione sociale e sviluppo economico, attraverso il rafforzamento nei lavoratori e negli imprenditori dell'attitudine culturale alla prevenzione dei rischi lavorativi. Non c'è contraddizione tra cultura della sicurezza e cultura d'impresa: la neutralizzazione delle fonti di rischio è parte integrante delle attività di impresa e l'attitudine alla prevenzione altro non è che un riflesso della propensione imprenditoriale alla qualità, all'efficienza e alla redditività degli strumenti di produzione;
dunque l'interazione/identificazione tra cultura di impresa e cultura della sicurezza in luogo delle vecchie logiche formalistiche viene prima della pur necessaria deterrenza repressiva, per una decisa riduzione del fenomeno infortunistico. Inoltre è necessario che l'impegno delle aziende e dei lavoratori sia adeguatamente sostenuto da un valido sistema normativo. L'obiettivo da tener presente è quello di incidere sul fenomeno infortunistico, per accelerarne in modo decisivo il trend discendente, attraverso un complesso di azioni mirate a rendere gli imprenditori, i manager e i lavoratori delle aziende associate ancora più consapevoli della fondamentale valenza culturale della salute e sicurezza sul lavoro, quale imperativo etico e di responsabilità sociale, oltre che di qualità del lavoro, prima ancora che obbligo giuridico;
una fondamentale direzione di marcia deve essere la promozione di stili di comportamento culturalmente improntati alla sicurezza e di condotte, anche istintive, orientate in modo funzionale e coerente con l'assimilazione dell'esigenza di

tutela per se stessi e per gli altri. A questi fini la formazione continua a tutti i livelli può certo fare molto e oggi si dispone di strumenti e metodiche idonei. Tuttavia, per ottenere uno stabile ed effettivo radicamento culturale dei comportamenti sicuri occorre operare sui tempi lunghi e, a questo fine, è assolutamente indispensabile intervenire con adeguati strumenti educativi sui giovani, vale a dire i cittadini e i lavoratori di domani -:
quali interventi il Ministro intenda adottare, al fine di prevenire comportamenti illegali che possano nuocere alla salute del lavoratore e alla qualità dell'ambiente in cui esso opera.
(4-07063)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -Per sapere - premesso che:
purtroppo in alcune zone d'Italia vige ancora uno stile di approvvigionamento del lavoro che potrebbe essere definito «feudale», dove in cambio di manodopera, se si è fortunati, si può dormire in baracche sudice che crescono attorno ai campi. O dentro le serre, o nelle fabbriche abbandonante o nelle stalle come i «valani», i braccianti del beneventano che negli anni '50 venivano venduti in piazza per un quintale di grano. A volte si dorme a turno, nello stesso vecchio letto. Oppure in dieci in un monolocale, manodopera straniera pronta da spremere in cantiere per 3 euro l'ora. Questa è l'Italia dei caporali, i boss del neo-schiavismo che impongono la loro legge e fanno affari d'oro, come si è appreso in questi giorni, dopo l'avvio del processo seguito ai fatti di Rosarno del gennaio 2010;
i nuovi mercanti di braccia si sono evoluti. Si trovano in cima alla filiera dello sfruttamento, subappaltano ai colonnelli il mercato dei «campesinos» immigrati, dei manovali, delle badanti, reggono le fila di organizzazioni dedicate; trattano con la malavita organizzata o ne fanno loro stessi parte. Sono la testa di un sistema che tiene insieme, illegalmente, fette di mercato agricolo e industriale, il tutto grazie ai fantasmi, gli extracomunitari irregolari che vivono e lavorano come bestie. Questa attitudine illegale riguarda tutto il tour meridionale della frutta e della verdura: gli agrumi di Calabria, i pomodori della Puglia, le primizie di Caserta e le olive di Alcamo, le pesche, le fragole. Secondo la Flai Cgil gli immigrati irregolari impiegati in agricoltura al Sud sfiorano il 90 per cento. Lavorano anche dieci ore al giorno e a volte la paga non arriva a 15 euro;
sono 60 mila, sempre secondo i sindacati, gli immigrati che vivono nelle stesse condizioni degli schiavi ribelli di Rosarno. Diecimila in più stando alle stime della Confederazione italiana agricoltori. Che ha scattato una fotografia dai risvolti drammatici. Nelle Rosarno italiane il 40 per cento dei braccianti stranieri vive in edifici abbandonati e fatiscenti, oltre il 50 per cento senza acqua potabile, il 30 per cento senza elettricità, il 43,2 per cento senza servizi igienici. Hanno tra i 16 e i 34 anni i raccoglitori di verdura a cottimo. Arrivano dall'Africa sub-sahariana e dai Paesi dell'Est europeo. L'80 per cento non ha mai visto un medico. Di qui la crescente diffusione di patologie legate ai ritmi di lavoro sfiancanti e senza sicurezza. Nei campi come nei cantieri edili. È l'edilizia l'altro terreno di conquista dei caporali. Qui gli stranieri sono in media il 30-35 per cento in gran parte al Nord. In Veneto su 100 manovali quasi 70 parlano un'altra lingua. In Lombardia oltre 50;
sono le regioni che trainano un Paese che vanta record poco invidiabili: 1 lavoratore su 4 opera nel sommerso, 700 mila gli immigrati irregolari impiegati nelle imprese (primo posto in Europa davanti a Grecia e Regno Unito). Gli ultimi degli ultimi a Milano li trovi all'alba per strada, in piazzale Lotto o a Lambrate, che elemosinano una giornata in cantiere. Sono mercati di uomini a cielo aperto;
un manovale regolare costerebbe all'azienda 21 euro all'ora, l'azienda che si rivolge a un intermediario che procura manodopera in nero, ne paga meno della

metà. Quest'ultimo dà le briciole al lavoratore e si mette in tasca il resto. Questo accade, secondo la Fillea Cgil, per 400 mila lavoratori. Manovali invisibili. Fantasmi che popolano un girone di disperati che in vista dell'Expo 2015 potrebbero crescere di qualche decina di migliaia di unità. A Milano ci sono 120 mila operai edili. Per l'esposizione universale se ne stimano 80 mila in più. Il 40 per cento saranno stranieri con una percentuale di nero del 30 per cento -:
quali interventi il Ministro intenda attuare, in un'ottica di rispetto dell'immigrato lavoratore, al fine di contrastare il lavoro nero e la conseguente economia sommersa, che potrebbero di nuovo originare episodi come quelli occorsi a Rosarno nello scorso inverno.
(4-07066)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
«Dal 1970 al 2008, afferma Gian Ettore Gassani, presidente dell'Associazione matrimonialisti italiani (AMI), si sono consumati 378 infanticidi, con la media di circa 9,9 all'anno. Gli autori degli infanticidi sono nel 90 per cento dei casi le madri. I padri, nel 90 per cento uccidono i figli quando essi sono nella fase preadolescenziale (da 7 a 12 anni). Dal 2001 al 2008 vi sono stati 58 infanticidi commessi dalle madri. La maggioranza degli infanticidi avviene nel Nord Italia (48,9 per cento) mentre nel Centro (24,3 per cento), Sud (17,8 per cento) ed isole (12 per cento) le vittime degli infanticidi sono per lo più di sesso femminile (56,3 per cento)»;
tali numeri inducono a rinnovare la politica giuridico-giudiziaria, volgendo particolare attenzione alla prevenzione di fatti tanto gravi e ad una più severa repressione del reato di maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione, prodromici di fatti ben più gravi. Nell'80 per cento dei casi i minori sono uccisi in via preterintenzionale a causa delle forti percosse ricevute dai genitori. Nella maggioranza dei casi il decesso avviene per gravi danni al fegato, dato che tale organo è estremamente fragile nell'età infantile. Negli ospedali sono migliaia i referti medici che attestano lesioni in danno di bambini solitamente credute meri incidenti domestici ed invece probabilmente riconducibili a violenza;
occorre allora il potenziamento dei servizi sociali e una specializzazione della polizia giudiziaria nel contrasto ai reati intrafamiliari. Negli ultimi anni sono state giustamente realizzate leggi a tutela del coniuge o della parte più debole, come lo stalking, ma non c'è nessuna legge che tuteli realmente i diritti e l'incolumità dei minori. A tal riguardo occorre citare l'ennesimo fatto di cronaca occorso a Cosenza;
una cittadina di origini rumene ha partorito in casa e, dopo aver tagliato il cordone ombelicale con un paio di forbici, ha gettato la neonata dalla finestra. La piccola è precipitata per 4 metri di altezza ed è finita sul marciapiede, dopo aver sbattuto su alcuni gradini. Le sue condizioni stanno migliorando, ma ha subito un grave trauma cranico. La bimba respira e si alimenta da sola e questo viene considerato un buon segno dai medici di neonatologia dell'ospedale di Cosenza. La prognosi, tuttavia, resta riservata;
la madre, di 40 anni, è stata arrestata per tentato infanticidio ed è piantonata in ospedale. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la piccola è caduta prima su una scala da 4 metri di altezza, poi è finita per terra, volando per due volte da due metri d'altezza. Alcuni vicini, persone anziane, hanno sentito, il pianto disperato della bimba. Hanno chiamato un giovane dipendente comunale, chiedendo di andare a vedere, e questi ha trovato a terra il

corpicino esanime. Ha subito chiamato il 118. I carabinieri di Scalea, appena giunti sul posto, hanno individuato l'abitazione da dove la bambina poteva essere stata lanciata, e lì hanno trovato in una stanza la madre che stava male per un'emorraggia. «C'era sangue ovunque, sugli abiti e per terra», hanno detto i militari, che hanno portato la donna all'ospedale di Cetraro. I familiari della donna, che erano con lei in casa, sentiti dai carabinieri, hanno detto che non si erano accorti di nulla: nemmeno il marito che stava guardando la tv al momento del fatto. I parenti hanno addirittura detto che non avevano mai saputo nemmeno della gravidanza, nascosta fino alla fine alla donna, di costituzione robusta -:
quali misure il Governo intenda adottare al fine di realizzare adeguati sostegni psicologici per le madri in difficoltà dopo il parto, nonché per prevenire i numerosi infanticidi che si sono susseguiti finora.
(4-07069)

LOVELLI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
con protocollo n. 16267 del 4 marzo 2010 il comune e la provincia di Alessandria hanno inviato una nota al Ministero per le pari opportunità, firmata dagli assessori e dai presidenti delle consulte e commissioni pari opportunità dei due enti per segnalare una «situazione penalizzante che riguarda in particolare il personale femminile delle Forze di polizia»;
si tratta del diritto «all'aggregazione prolungata» di cui all'articolo 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 rispetto al quale verrebbe opposto un diniego immotivato nei confronti delle dipendenti della polizia di Stato, come denunciato anche dal sindacato autonomo di polizia (SAP);
secondo la nota sopra citata «l'Amministrazione pubblica ha sempre negato il suo consenso sostenendo che, causa esigenze organizzative di servizio e alla luce di quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 i militari e le forze di polizia, in quanto soggetti ai relativi ordinamenti non possono fare richiesta di avvicinamento»;
tale atteggiamento appare in contrasto anche con orientamenti giurisprudenziali consolidati quali la sentenza del TAR Lazio n. 482 del 2009 che ha dichiarato illegittime le ragioni di diniego della pubblica amministrazione ai sensi della disposizione citata -:
se sia a conoscenza della situazione meglio dettagliata in premessa e come intenda intervenire per favorire un'applicazione della norma secondo le indicazioni formulate nella nota inviata dal comune e dalla provincia di Alessandria.
(4-07079)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

VIETTI, RUVOLO, LUSETTI, NARO, LIBÈ, GALLETTI, DELFINO, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, MEREU, RAO, OCCHIUTO, MONDELLO e DE POLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la decisione del Commissario europeo all'agricoltura, Mariann Fischer Boel, di non consentire il rinvio del pagamento della sesta rata delle multe per il superamento delle quote latte da parte dei produttori italiani sta danneggiando, soprattutto, gli allevatori che hanno rispettato le regole e che ancora una volta saranno gli unici a pagare;
a fronte della mancata sospensione, i produttori dovranno pagare 25 milioni di euro di multa per il 2009 corrispondente alla sesta annualità di un piano di 14 rate senza interessi previsto dalla legge n. 119 del 2003, per complessivi 350 milioni di euro, finalizzato a saldare le multe accumulate dall'Italia tra il 1996 e il 2002;

il rinvio del pagamento sarebbe opportuno anche alla luce della relazione dei carabinieri del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ha messo in dubbio l'attendibilità dei dati utilizzati per il calcolo dello splafonamento e del prelievo, sin dalla prima campagna in regime quote, e, in particolare, del criterio del contenuto di materia grassa del latte;
gli errori nel calcolo del prelievo supplementare sul latte, secondo la relazione, avrebbero comportato, oltre alla penalizzazione causata dall'iniquo sistema delle quote, le numerose multe che hanno messo a dura prova la sopravvivenza degli allevatori italiani e della stessa zootecnia nazionale;
la relazione metterebbe in discussione lo splafonamento e, quindi, la legittimità del prelievo supplementare, per cui è necessario - prima ancora di accertare e chiarire tutta la vicenda - che venga disposta la sospensione immediata della rateizzazione in corso e di ogni genere di riscossione in atto nei confronti dei produttori di latte interessati;
tale inquità risulta, altresì, evidente tenuto conto che quasi tutti i produttori hanno regolarizzato la loro posizione pagando le multe ed hanno fatto cospicui investimenti per acquistare le quote, mentre i cosiddetti produttori splafonatori non solo hanno ricevuto recentemente l'assegnazione di quote con il decreto-legge n. 5 del 2009, ma a tutt'oggi continuano ad alimentare il contenzioso per evitare il pagamento delle multe -:
se non ritenga di adottare iniziative volte a disporre la sospensione delle procedure di rateizzazione e, soprattutto, delle riscossioni coattive effettuate nei confronti degli allevatori, senza dimenticarsi di quanti hanno già provveduto ai versamenti, al fine di dare certezza ad un settore già fortemente provato e di consentire agli operatori di agire in condizioni di equità competitiva.
(3-01048)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa hanno riportato la notizia della morte del signor Carlo Sansiviero, ricoverato nel centro di medicina Sdn di Napoli, deceduto dopo la somministrazione di un liquido di contrasto;
a quanto pare, il signor Sansiviero era - come riferiscono i familiari - una persona sana, con solo qualche problema alla prostata, in precedenza aveva fatto numerosi esami, e la TAC cui si era sottoposto doveva essere l'ultima; già in precedenti occasioni aveva fatto la TAC con mezzo di contrasto, senza peraltro accusare complicanze -:
di quali elementi disponga in ordine alla vicenda di cui in premessa e se non ritenga di doversi attivare, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, per accertare come e perché il signor Sansiviero sia deceduto.
(4-07071)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il giorno 3 maggio 2010 l'agenzia di informazioni «AdN-Kronos», alle ore 20.10 immetteva in rete il seguente dispaccio n. 1175: «La Banca d'Italia ha comunicato che i tagli alle spese penalizzano proprio quelle persone che sono state danneggiate dallo Stato, come le vittime da sangue infetto. È quanto osserva Mario Lana, presidente dell'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo»;
in sostanza la Banca d'Italia avrebbe comunicato l'indisponibilità di fondi da

destinare a risarcire le persone danneggiate da trattamenti sanitari effettuati in strutture pubbliche con sangue non controllato;
detta indisponibilità, denuncia l'avvocato Lana, si traduce in una precisa conseguenza: «lo Stato ha deciso di non risarcire coloro che hanno contratto gravi patologie attraverso le trasfusioni di sangue o l'assunzione di farmaci emoderivati, incurante delle numerose condanne giudiziarie subite in tutta Italia»;
ad avviso degli interroganti, ciò costituisce un fatto deplorevole, oltre che un'atroce beffa ai danni di coloro che hanno sofferto per la gravità delle malattie contratte a causa della negligenza delle istituzioni, così come di coloro che per lo stesso motivo hanno visto morire i propri cari e oggi si vedono negare il diritto ad essere risarciti. Un diritto già riconosciuto dai tribunali ai quali si erano affidati per ottenere giustizia; appare altresì un inaccettabile taglio della spesa pubblica necessaria a realizzare i diritti di coloro che lo Stato avrebbe dovuto proteggere, ma che invece, in questo modo, tradisce due volte: una prima volta distribuendo negli ospedali sacche di sangue non controllato; e successivamente impedendo loro di ottenere un sia pur minimo risarcimento, che tuttavia mai li compenserà della salute perduta né della vita dei propri congiunti -:
se quanto sopra riportato corrisponda a verità;
a quanto ammonti il risparmio che in tal modo verrebbe conseguito.
(4-07073)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, COTA, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la nuova ondata di aumenti sulla rete carburanti non sembra sia destinata a placarsi, facendo registrare prezzi sempre più vicini al picco storico raggiunto nell'estate 2008, antecedente la crisi, con punte che hanno toccato 1,44 euro al litro per la benzina e 1,28 per il diesel;
i dati dimostrano un andamento dei prezzi che inizia a destare preoccupazione, dal momento che questo sta trascinando al rincaro tutte le altre voci di spesa correlate, dall'aumento dei prezzi dei biglietti. aerei e marittimi a quelli del trasporto su gomma, rischiando di generare una nuova spinta all'inflazione;
con i nuovi aumenti del prezzo della benzina i maggiori esborsi previsti per gli automobilisti nel 2010 superano la stima di 288 euro annui, tra costi diretti ed indiretti, tenendo conto che già rispetto ad un mese fa un pieno da 60 litri di benzina verde è salito di circa un euro e di quasi due euro quello di gasolio;
sembra esistere un fenomeno definibile a «doppia velocità» in funzione del quale l'andamento dei prezzi alla pompa non rispecchia mai quello del prezzo al barile, in particolar modo in quei periodi dell'anno in cui l'utenza automobilistica tende ad intensificare i propri spostamenti, come, ad esempio, in occasione dei grandi esodi vacanzieri;
il Governo è da tempo impegnato in una riforma organica del settore che introduca nel mercato una maggiore con

correnza e trasparenza nella formazione dei prezzi, puntando anche a risolvere il problema del divario per litro di carburante tra i prezzi italiani e quelli europei, che ha raggiunto ormai quota 4,4 centesimi di euro per la benzina e 3,7 centesimi di euro per il gasolio;
tra i provvedimenti annunciati dal Governo dovrebbero avere priorità di discussione in Parlamento le nuove misure di monitoraggio dei prezzi del carburante, a garanzia di una maggiore chiarezza sull'andamento dei prezzi stessi, a beneficio del consumatore finale -:
quali misure ritenga di adottare nell'immediato per tutelare i consumatori dal sempre crescente aumento dei prezzi dei carburanti ed a garanzia di una maggiore trasparenza ed informazione sui prezzi praticati dalle compagnie petrolifere.
(3-01051)

MONAI, BORGHESI e CAMBURSANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese un aspetto particolarmente grave e preoccupante riguarda l'assenza di risorse per l'infrastrutturazione in banda larga e la lotta al digital divide, dimostrato dal sostanziale congelamento degli 800 milioni di euro previsti dal decreto legge n. 78 del 2009 per il finanziamento delle nuove reti tecnologiche. La legge finanziaria per il 2010, peraltro, non ha previsto nulla sul finanziamento della banda larga, quando, per la modernizzazione del nostro Paese, sarebbe invece fondamentale garantire una dotazione adeguata di infrastrutture di comunicazione avanzata su tutto il territorio nazionale. Realizzare la banda larga significa, infatti, sviluppare infrastrutture e tecnologie abilitanti con un chiaro effetto, diretto e indiretto, sulla crescita economica complessiva. Un recente studio della Commissione europea ha, infatti, dimostrato che il contributo alla crescita del prodotto interno lordo nei Paesi con una maggiore diffusione della banda larga (crescita media dello 0,89 per cento) è stato il doppio rispetto ai Paesi con una minore diffusione (0,47 per cento);
il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori ha più volte sottoposto all'attenzione del Parlamento sia l'importanza di sostenere e attuare le applicazioni e i servizi di interesse pubblico per i quali sia necessario l'utilizzo della banda larga, sia la necessità di facilitare l'uso sociale delle nuove tecnologie, prevedendo interventi volti a superare la disomogenea distribuzione sul territorio delle possibilità di accesso alle infrastrutture a banda larga, con particolare riguardo alle aree caratterizzate da una bassa densità abitativa o da vincoli morfologici del territorio, ovvero dall'assenza di condizioni economiche favorevoli;
il nostro Paese, infatti, presenta purtroppo scarsi valori di alfabetizzazione informatica rispetto agli altri grandi Paesi europei (il 50 per cento degli italiani non ha mai utilizzato internet contro il 26 per cento dei francesi, il 20 per cento dei tedeschi e il 18 per cento dei britannici). A livello geografico, l'adozione della connessione a banda larga fa registrare ancora notevoli differenze sia fra regione e regione, sia fra Nord, Centro e Sud, e circa il 12 per cento della popolazione risulta in condizioni di digital divide (ovvero dispone di una velocità di connessione inferiore a 1 mb/s). A causa dell'esponenziale crescita del traffico internet, le analisi di lungo periodo mostrano la crescente necessità di iniziare a pianificare una nuova rete telematica in grado di supportare volumi di traffico molto più sostenuti;
in tutti i Paesi sviluppati ed emergenti gli investimenti in nuove tecnologie sono ritenuti decisivi come parte delle misure anticicliche per uscire rapidamente e positivamente dalla crisi. In particolare, il piano francese France numerique 2012, quello inglese Digital Britain e quello americano American recovery and reinvestment act destinano somme ingenti allo sviluppo della banda larga nei rispettivi Paesi;
il problema vero nel nostro Paese rimane quello dell'esiguità delle risorse;

la «dote» che il decreto-legge n. 40 del 2010 - il cosiddetto decreto incentivi - mette in campo per lo sviluppo della banda larga è di appena 20 milioni di euro, con un bonus singolo di 50 euro che consentirà di incentivare, secondo le stime dell'Anie, al massimo 400 mila connessioni, ma solo per soggetti che hanno meno di 30 anni di età;
recentissimamente, e segnatamente in data 3 maggio 2010, nell'inserto Affari e Finanza di la Repubblica è apparso un articolo a firma Stefano Carli, dal titolo «Con l'Italia a banda larga risparmi per 30 miliardi», dove si legge: «La banda larga italiana ancora non decolla. Il Governo è fermo: si discute di Ngn, di architetture societarie e di partecipazioni pubbliche come delle maggioranze politiche ai tempi della Prima Repubblica: ossia con formule e giochi di parole, ma fatti zero. E allora gli industriali hanno deciso di fare il loro lavoro e di tornare a ragionare in termini e soldi. E il risultato è in una cifra impressionante e comunque scritta nero su bianco: 30 miliardi l'anno. È il risparmio che si può ipotizzare cumulando tutti i piccoli e grandi vantaggi in termini di minore spesa e di maggiore efficienza di tutto il Sistema Italia, dall'amministrazione centrale all'ultima comunità di montagna. Il documento è firmato Confindustria Servizi Innovativi (...)» -:
quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di dare definitivamente seguito all'impegno di stanziare gli 800 milioni di euro previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009 per il finanziamento delle nuove reti tecnologiche a banda larga.
(3-01052)

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Pagnacco, in provincia di Udine, dopo aver proceduto a modificare il proprio regolamento comunale di intervento nel sottosuolo, affinché Telecom Italia potesse dar corso alla posa della fibra ottica necessaria per la cablatura e l'installazione delle apparecchiature, avviava con la stessa azienda il prescritto iter procedurale;
il 7 luglio 2009 Telecom Italia presentava, a sua volta, ad Autostrade per l'Italia la richiesta di autorizzazione per l'allacciamento della fibra ottica dal territorio comunale all'autostrada A-23 Alpe-Adria;
a distanza di dieci mesi, Autostrade per l'Italia non ha ancora accordato la propria autorizzazione, con la conseguenza che il territorio del comune di Pagnacco e buona parte dell'hinterland udinese, ancora oggi, non sono coperti da ADSL;
la realizzazione della banda larga rappresenta una risorsa fondamentale per lo sviluppo di un territorio e uno strumento importante per innescare un circolo virtuoso, particolarmente in un momento di crisi come l'attuale;
a tutt'oggi, si stima che circa dieci milioni di cittadini italiani non abbiano ancora accesso alla banda larga e che esistano vaste aree del territorio nazionale non ancora servite da tale tecnologia, con grave nocumento per i privati, per le imprese e per la competitività dell'intero sistema-Paese;
per sopperire alla mancata copertura della banda larga, la connessione satellitare rappresenta ancora un'alternativa costosissima e non risolutiva -:
se non ritengano opportuno nell'ambito delle proprie competenze, assumere iniziative nei confronti di Autostrade per l'Italia, al fine di dar tempestivamente

corso alla richiesta di Telecom Italia s.p.a. volta ad ottenere da Autostrade per l'Italia l'autorizzazione di cui in premessa necessaria all'attivazione della banda larga nel territorio del comune di Pagnacco e di buona parte dell'hinterland udinese;
se non ritengano opportuno avviare una mappatura della reale situazione della rete della banda larga nel nostro Paese, al fine di individuare l'eventuale presenza di zone geografiche discriminate rispetto tale servizio.
(3-01047)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è tenuta, recentemente, la 74a assemblea generale dei soci di Apima (Associazione provinciale imprese di meccanizzazione agricola) di Mantova;
in quel contesto, il presidente della sopracitata associazione ha pubblicamente denunciato il rischio che il comparto agromeccanico sia vittima dell'abusivismo da parte di operatori opportunisti;
se la denuncia di cui sopra trovasse una qualche conferma, ci troveremmo di fronte ad una evidente distorsione del mercato che alimenterebbe concorrenza sleale ed evasione fiscale;
risulta evidente che le imprese che praticano comportamenti corretti non potrebbero accettare una perdita di competitività rispetto a chi opera fuori dalle regole -:
se il Governo abbia elementi per confermare o smentire l'esistenza dell'abusivismo nell'ambito del comparto agromeccanico e, se tale preoccupazione trovasse conferma, quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per contrastarlo.
(5-02850)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, interpellato in merito al caro benzina: «Quest'anno torneremo verso il record storico del deficit energetico 2008, quando la cifra fu di 59,4 miliardi di euro, pari al 3,8 per cento del Pil. In termini relativi, solo il 1981 era andato peggio perché si era toccato il 6 per cento. Quest'anno avremo un nuovo peggioramento dopo la boccata d'ossigeno del 2009 perché il deficit energetico arriverà a 53 miliardi sempre che non peggiorino i valori dei petrolio e del dollaro... abbiamo calcolato che si arriverà a 65 euro al barile contro un valore di 44 dell'anno scorso. Il deficit energetico peggiorerà del 25 per cento. Tutto questo vale mezzo punto di Pil secco che noi regaliamo ai nostri fornitori»;
il problema principale è dato dal fatto che l'Italia è il Paese che dipende di più, energeticamente parlando, dall'estero fra tutti quelli industrializzati. Infatti è «debitore» dalle importazioni per l'85 per cento del proprio fabbisogno energetico. «Quando parliamo di petrolio bisogna considerare che non si intende solo la benzina, ma l'olio combustibile per le fabbriche, il gas che al greggio è legato e serve anche a produrre energia elettrica, quindi la luce e via seguendo», spiega Tabarelli. Proprio per questi motivi, l'esborso per la benzina andrebbe ridotto il più possibile. Alcuni anni fa si era pensato di poter risolvere il problema con un decreto consentiva di aprire pompe presso i centri commerciali o anche indipendentemente da parte di chiunque in qualunque posto del Paese;
solo adesso Conad e Auchan stanno cominciando ad attuare quanto disposto da quella normativa (in Francia si vende così il 60 per cento della benzina) ma una serie di norme regionali ha complicato maledettamente le cose: il Lazio dispone le distanze minime fra una pompa e l'altra, la Toscana impone che sia rigorosamente sulla strada, la Lombardia setta i bacini

minimi di utenza, e così via. Il tipico caso in cui la corporazione si chiude a riccio è quando cita il Platt's, un prezzo indice americano, quello dei prodotti petroliferi che escono dalla raffineria, che per convenzione le compagnie adottano per fissare i prezzi. Secondo i petrolieri, quest'indice non è sceso poi così tanto negli ultimi tempi;
il Platt's è una società di New York del gruppo MacGraw Hill che dal 1909 pubblica giornalmente 8.400 prezzi calcolati in 17 uffici nel mondo (per l'Europa la base è a Londra), e solo di varietà di greggio ne valuta un centinaio. «Collegare l'andamento dei prezzi alle quotazioni del greggio è inappropriato perché il riferimento è all'indice Platt's», insiste De Vita, presidente dell'Unione Petrolifera. «L'indice non è necessariamente connesso con il valore del greggio, anzi nel 30-40 per cento dei casi si muove in senso opposto». I consumatori non sono convinti: «In qualunque settore, attacca Paolo Landi, presidente dell'Adiconsum, quando c'è un calo della domanda scendono i prezzi, e i volumi della benzina sono diminuiti molto ora nella recessione ma anche nei due-tre anni precedenti». Secondo Landi sarebbe opportuno abbandonare il Platt's;
a tale provocazione risponde sdegnato lo stesso Platt's. «Noi ci basiamo esclusivamente su fattori di mercato», dice John Kingston, direttore delle relazioni esterne, dal quartier generale di New York. All'obiezione che il Platt's non terrebbe conto delle oscillazioni del petrolio, risponde inviando lo spreadsheet con le quotazioni degli ultimi due anni, partendo dai picchi dell'estate 2008. Dallo spreadsheet si evince che le oscillazioni rispecchiano l'andamento del greggio;
al momento del picco petrolifero, il 30 giugno 2008, il valore Platt's toccava i 1180,75 per tonnellata, già a metà agosto era ridisceso a 967, poi all'inizio del 2009 aveva toccato il minimo di poco superiore a 300, poi la risalita ma con un andamento irregolare e vicino alle oscillazioni petrolifere: le escursioni verso l'alto ma anche verso il basso sono più marcate in percentuale che non il prezzo della benzina. «Noi comunichiamo il valore nei due porti più vicini all'Italia, Genova e Savona, conclude Kingston, e sono escluse le spese ulteriori di trasporto e logistica dai due scali a qualsiasi punto del vostro paese». Qui sta forse una delle spiegazioni di questo giallo. La rete distributiva italiana è farraginosa, antiquata e costosa. Piena di diseconomie, a partire dalla capillarità della rete;
una delle diseconomie più pesanti per l'Italia, ammettono all'unanimità tutti i protagonisti del mercato, è la difficoltà di trasporto. Mancano innanzitutto gli oleodotti: fra Trieste e Genova, i due terminal petroliferi più importanti, ce ne sarebbe uno in costruzione, ma ogni compagnia si è fatta il suo pezzo e non esiste un accordo fra di esse per congiungere i vari tronconi e costruire le poche decine di chilometri che mancano per realizzare il sospirato raccordo;
«quando ero direttore generale per l'energia del Ministero dello Sviluppo Economico fra il 2004 e il 2006, tentai in tutti i modi di mettere intorno a un tavolo tutte le principali compagnie operanti in Italia per promuovere questo e altri accordi, ma non ci fu verso», racconta Sergio Garriba, oggi consulente per l'ex ministro Scajola. «Uno dei miei obiettivi principali, a parte gli oleodotti interni, era quello di convincere le compagnie a consorziarsi per realizzare un'opera ambiziosa ma strategica: un oleodotto che partendo dal terminale di Costanza sul Mar Nero, in Romania, arrivasse a Trieste per portare il petrolio del mar Caspio bypassando il Bosforo. Doveva chiamarsi Peop Pan european oil pipeline: avrebbe evitato il passaggio di 200 petroliere l'anno nel Mediterraneo, con tutte le comprensibili economie oltre al risultato antinquinamento. Da Trieste poi la rete di oleodotti si sarebbe irradiata verso Genova, dove poteva congiungersi con la rete esistente che va verso la Svizzera e la Germania. L'accordo sembrava maturo, c'erano anche le compagnie americane che

si erano dichiarate disponibili a realizzare l'opera, poi non se ne è fatto più niente» -:
quali misure il Governo intenda attuare al fine di poter giungere ad un accordo con le compagnie petrolifere, per l'abbassamento delle imposte fissate sulle materie prime da cui derivano i carburanti;
quali interventi il Governo intenda porre in essere al fine di dotare l'Italia di adeguati canali di approvvigionamento delle materie prime, al fine di abbassare i costi dei carburanti e dei combustibili derivanti dalle materie prime.
(4-07054)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'opinione pubblica è stata costretta a occuparsi del Mezzogiorno soprattutto in seguito all'allarme sulla condizione sociale, economica e occupazionale del Sud creato a luglio 2009 dalla presentazione dell'annuale rapporto Svimez sull'economia meridionale. Nel rapporto si è evidenziato un quadro nettamente peggiore rispetto all'anno precedente: nel 2008 si è ampliato il divario di sviluppo dell'economia del Mezzogiorno con il Centro-Nord. Dal 2002 ad oggi le regioni del Sud sono sempre cresciute meno di quelle del resto del Paese: nel periodo 2001-2008 l'incremento annuo del prodotto a prezzi concatenati nel Mezzogiorno è stato dello 0,6 per cento pari a poco più della metà di quello del Centro-Nord;
il Prodotto interno lordo del Mezzogiorno a prezzi correnti è risultato nel 2008 il 23,8 per cento di quello del Centro-Nord mentre era pari al 24,1 per cento nel 2000. Si è ulteriormente indebolita la partecipazione dell'industria meridionale all'export che si è gradualmente concentrato su un numero ristretto di impianti appartenenti al cosiddetti settori di scala che nella quasi totalità dei casi dipendono da imprese esterne all'area, mentre la parte numericamente prevalente del sistema industriale presenta livelli di internazionalizzazione assai modesti o trascurabili;
nel 2008 gli investimenti fissi lordi industriali meridionali sono diminuiti in termini reali del 6,7 per cento circa un punto percentuale in più di quanto verificatosi nel Centro-Nord. La flessione degli investimenti in costruzioni ha interessato entrambe le ripartizioni con un'intensità leggermente più intensa nel Mezzogiorno rispetto al centro-nord (-2,0 per cento nel Mezzogiorno contro 1,7 per cento nel Centro-Nord); per contro in agricoltura si assiste nel 2008 a un'inversione rispetto al trend negativo che aveva caratterizzato l'agricoltura meridionale a partire dal 2005. Il valore aggiunto dell'agricoltura in senso stretto aumenta del 3,2 per cento rispetto al 2007, sostanzialmente in linea con ciò che si osserva nell'agricoltura del Centro-Nord (3,8 per cento);
il fenomeno più preoccupante è costituito dalla ripresa del fenomeno dell'emigrazione sia nella forma tradizionale del trasferimento di residenza che ha portato tra il 1997 e il 2008 circa 700.000 persone ad abbandonare il Mezzogiorno, sia nella componente (che la Svimez definisce «nuova migrazione») del pendolarismo di lungo raggio. Nel 2008 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro nelle regioni centrali e settentrionali in Paesi esteri sono 173.000 pari al 23 per cento degli occupati residenti nel Sud e nelle isole (23.000 in più che nel 2007/8, +15,3 per cento);
complessivamente la dinamica migratoria nel 2008 ha interessato 295.000 persone, sommando i trasferiti dal Sud e quanti pur mantenendo la loro residenza nel territorio meridionale, lavorano fuori dell'area. La gran parte è a elevata scolarità: il 35,8 per cento aveva conseguito il diploma superiore, il l6,8 per cento la laurea. Nel 2006, nella classe di età tra i 25-29, i flussi migratori hanno interessato 15.000 unità, in quella 30-34 anni 12.000, confermando il rischio di un fenomeno di brain drain,

cioè di fuga dei cervelli che avrebbe conseguenze assai negative in termini di perdita di capitale umano;
il rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese conferma che la crisi ha prodotto nel mezzogiorno effetti maggiormente negativi sull'andamento dei consumi: il 36,5 per cento delle famiglie meridionali dichiara che il reddito mensile non è sufficiente ad arrivare alla quarta settimana (28,5 per cento media nazionale) e non riesce a realizzare una seconda attività, è costretto a ridurre le spese alimentari oppure a far ricorso ai risparmi -:
quali misure il Governo intenda adottare al fine di fornire al Mezzogiorno i mezzi necessari ad una prima fase di start-up di sviluppo economico-industriale, onde evitare il continuo flusso migratorio della popolazione in altri Paesi europei o zone d'italia.
(4-07070)

ZAZZERA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato il 10 aprile 2010 su La Repubblica denuncia il fenomeno del «boicottaggio» da parte del sistema delle relazioni economiche nei confronti delle imprese confiscate alla mafia;
sarebbero prima di tutto gli stessi istituti di credito a frenare il rilancio di società sottratte alla 'ndrangheta, aggravandole persino del peso delle ipoteche;
nel 2009 ammontano a 1.185 le imprese confiscate alla criminalità organizzata, di cui il 38 per cento in Sicilia, il 19 per cento in Campania, il 14 per cento in Lombardia e l'8 per cento nel Lazio. Circa il 35 per cento dei beni non possono essere utilizzati perché soggetti ad ipoteche bancarie;
«un'impresa tolta ai clan non ha quasi mai futuro, è inevitabilmente destinata al tracollo: alla rovina», si legge nell'articolo succitato. Al momento della confisca infatti «gli istituti di credito che davano fiducia ai boss voltano le spalle allo Stato, le compagnie assicuratrici ritirano le garanzie, i fornitori pretendono all'improvviso pagamenti immediati»;
ciò rende assolutamente impossibile il rilancio di queste imprese;
il meccanismo si verificherebbe soprattutto a Reggio Calabria, dove le aziende confiscate sono 95. A quanto afferma Larizza, custode giudiziario di un'attività sottratta ai boss, a Reggio «la 'ndrangheta garantisce il benessere e lo Stato la miseria»;
in questa realtà l'influenza dei boss sarebbe tanto imponente da tradursi in lavoro, in prosperità economica, in ricchezza per tutti. La presenza dello Stato invece è sinonimo di bancarotta e povertà;
la mafia sarebbe in grado di condizionare i meccanismi economici e finanziari, al punto da determinare il fallimento delle attività svincolate dal suo controllo -:
se i Ministri siano a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa e quali iniziative intendano adottare al fine di tutelare le attività economiche sottratte alla 'ndrangheta, di fatto escluse dal sistema creditizio.
(4-07075)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione normativa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
uno dei punti principali del programma dell'attuale Governo è lo snellimento dell'apparato burocratico nazionale, in modo da realizzare un sistema più snello e maggiormente efficiente. Nonostante gli sforzi effettuati, ci si trova ancora in un Paese in cui le imprese per il pagamento di una fattura della pubblica amministrazione arrivano ad aspettare anche 600 giorni e dove per poter costruire un magazzino o un piccolo capannone industriale sono necessari in media 257

giorni a causa di procedure fra le più lunghe e complicate del mondo occidentale. Quest'ultima stima è della Confartigianato, che ha elaborato dati di Doing business 2010, la classifica della libertà economica che viene stilata ogni anno dalle strutture della Banca mondiale;
i 257 giorni necessari per ottenere tutti i permessi burocratici collocano l'Italia al 143o posto su 181 Paesi, dietro tutti i nostri principali concorrenti. Ad esempio, negli Stati Uniti le autorizzazioni per realizzare un magazzino si ottengono mediamente in quaranta giorni, anziché in otto mesi e mezzo come da noi. E tutto questo nonostante il numero dei passaggi burocratici sia superiore: 19 negli Usa contro 14 in Italia. Ma anche il Regno Unito, dove bastano 95 giorni, oppure la Germania, trentesima nella classifica di Doing business 2010 con 100 giorni, o la Francia: 137 giorni. Ad avere tutti i via libera per costruire un magazzino si fa prima anche in Spagna, dove pure la burocrazia non è rapidissima (233 giorni). La differenza rispetto alla media dell'Ocse è di ben 100 giorni: 257 in Italia, 157 per i Paesi considerati più sviluppati;
secondo la Confartigianato, a causa di questo ritardo, il costo che le imprese sopportano in termini di mancato fatturato raggiunge 1 miliardo 811 milioni di euro l'anno. Per ciascuna nuova costruzione, ha calcolato l'organizzazione degli artigiani, la perdita è di 184.325 euro. In termini di occupazione, è come se ogni anno non venissero impiegate 10.420 persone. Chi ci rimette di più è il Nord, dove i ritardi dei tempi di costruzione imputabili alla burocrazia incidono per 880 milioni, contro i 284,6 del Centro e i 646,4 milioni del Sud. La Lombardia è la regione maggiormente danneggiata, con una perdita di 275 milioni l'anno, seguita dal Veneto, con 157 milioni, dall'Emilia-Romagna e dal Piemonte con 150, dalla Campania con 149 e dalla Sicilia con 140. Ci sono poi la Puglia, con 116 milioni, la Toscana (94) e il Lazio (93). Perfino il piccolissimo Molise, con i suoi 320 mila abitanti, perderebbe quasi 19 milioni di euro l'anno;
questo soltanto per la costruzione di un piccolo capannone o di un magazzino. Perché il costo complessivo della burocrazia per le nostre imprese è molto maggiore. La stessa Confartigianato lo ha quantificato in 15 miliardi di euro l'anno. Ovvero, poco meno di un punto di prodotto interno lordo. Secondo un recente studio dell'organizzazione un sistema burocratico in linea con la media europea consentirebbe di aumentare la produttività del 6 per cento. Sempre la Confartigianato afferma che per aprire un'officina meccanica sono necessarie 76 pratiche burocratiche, mentre per un'impresa edile ne servono 73, per un ristorante 71, per una lavanderia 68, per un negozio di alimentari 58. Qualche anno fa un rapporto di Doing business quantificava in 5.012 euro la somma occorrente per avviare in Italia una qualunque attività economica, oltre a una trafila di 62 giorni di pratiche burocratiche. Negli Usa, invece, bastano 167 euro e tutto si esaurisce in quattro giorni -:
quali misure il Governo intenda intraprendere al fine di snellire l'iter burocratico necessario per ottenere il nulla osta relativo alla costruzione di magazzini e/o capannoni, nonché per l'apertura di una nuova impresa.
(4-07077)

...

Apposizione di firme ad una interpellanza urgente ed indicazione dell'ordine dei firmatari.

L'interpellanza urgente n. 2-00697 Mecacci ed altri, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2010, è stata sottoscritta anche dai deputati:

Bucchino, Fedi, Mancuso, Lenzi ed Evangelisti che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa l'ottavo firmatario.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Berretta n. 4-06899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capodicasa, Antonino Russo, Bordo, Mosca, Gatti, Codurelli, Boffa, Misiani, Corsini.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta scritta Laratta n. 4-06272 del 24 febbraio 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Alessandri e Negro n. 4-06615 del 30 marzo 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-02851.