XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 8 aprile 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
correnti migratorie verso i Paesi a maggior tasso di crescita economica sono una costante nella storia dell'umanità, poiché, ove le condizioni di povertà sono la norma, la scelta dell'immigrazione è spesso l'unico tentativo possibile per sfuggire ad un destino senza speranza;
di ciò il nostro Paese è stato testimone consapevole fin dalla fine del XIX secolo, quando imponente fu l'emigrazione italiana verso il Nuovo Mondo, gli Stati Uniti, e anche in seguito quando l'emigrazione si indirizzò, in modo altrettanto massiccio, soprattutto dopo la II guerra mondiale, verso i Paesi europei in forte crescita, quali Germania, Francia, Belgio, Svizzera, nonché verso i Paesi del Sud America e verso l'Australia;
la stessa storia del nostro Paese ha conosciuto, durante il boom economico degli anni '70, rilevanti migrazioni interne dal Sud, dove un elevato tasso di disoccupazione era endemico, verso il Nord a più elevati tassi di sviluppo;
la società italiana sta diventando multietnica anche in forza di dinamiche ed esigenze interne, tipiche delle società cosiddette avanzate. In particolare, i migranti sono fondamentali per la copertura di posti lavoro a basso livello di specializzazione, che gli italiani rifiutano, nell'agricoltura e nell'industria pesante o insalubre, ma anche nell'ambito dei lavori di cura delle persone anziane; attualmente essi sono stimati in un numero compreso tra 4,2 e 5 milioni, una presenza consolidata con un impatto significativo sull'economia nazionale;
occorre considerare che le dimensioni del flusso migratorio verso il nostro Paese sono di vasta portata, soprattutto con riguardo all'arco di tempo, l'ultimo decennio, in cui si sono consumate e concentrate, producendo un impatto rilevante, che ha investito anche l'ambito sociale, prima ancora che culturale;
questa massiccia presenza evidenzia due ordini distinti di problematiche, che occorre affrontare e risolvere nel loro insieme inscindibile: da un lato, lo stato del lavoratore immigrato è riassumibile, in genere, in salario basso, lavoro pesante, spesso in nero, con un guadagno ridotto rispetto agli omologhi italiani, siano essi impiegati regolarmente o meno (i dati raccolti da diverse ricerche condotte nel 2009, in particolare dalle fondazioni Moressa, Debenedetti, Alma Mater testimoniano un'identica realtà, anche numerica); dall'altro questi forti flussi migratori, maturati per la gran parte nell'ultimo decennio e concentratisi prevalentemente nelle regioni del Nord del Paese, hanno creato una situazione oggettivamente complessa sul piano sociale anche interno, i cui aspetti più delicati sono stati subiti dalla parte meno abbiente della popolazione italiana: dall'assegnazione degli alloggi di edilizia popolare alla facoltà di accesso alla sanità pubblica, dal mondo del lavoro (dove spesso - per disperazione - l'immigrato è disposto ad accettare condizioni di salario, lavoro e sicurezza che mettono fuori gioco il lavoratore italiano) fino alla vivibilità delle periferie dei grandi e medi centri urbani, spesso oggetto di forte pressione demografica da parte di immigrati instaurando una vera e propria competizione sociale con le fasce più deboli della popolazione italiana;
una buona politica migratoria e la gestione dei flussi non possono scindere il tema dell'immigrazione dalla contingenza e dalla peculiarità del Paese «ospitante», con riguardo alla situazione economica e allo stato delle politiche sociali, comprese quelle che ineriscono al lavoro (welfare nel suo significato più largo), disciplinando al contempo gli ingressi e la permanenza nel Paese con l'obiettivo della sicurezza del territorio;

data la situazione, l'ideale sarebbe uno stretto controllo sull'immigrazione, in modo da far corrispondere gli ingressi al numero dei lavoratori effettivamente richiesti da motivazioni economiche, così da creare adeguate forme di integrazione nella nostra società; con particolare riferimento alla fase economica in corso, stante il perdurare di una crisi che sta avendo ripercussioni gravissime in particolare sul livello occupazionale del Paese e che vede oggi, e vedrà ancor più entro la fine del 2010, un forte aumento della disoccupazione, sia tra gli italiani sia tra gli immigrati, sarebbe auspicabile un blocco temporaneo degli ingressi, almeno fino a tutto il 2011, al fine di consentire prioritariamente, sia agli italiani che agli immigrati già presenti nel nostro Paese, di ritrovare più facilmente occupazione;
è inevitabile che massicce entrate di immigrati regolari, spinti dall'aspettativa di migliori condizioni di vita e di lavoro, implichino necessariamente la presenza di immigrati non regolari: da vari studi emerge che nel nostro Paese gli irregolari sono tra i 400.000 (stima Ismu) e i 700.000; essi, in molti casi, diventano facile preda, oltre che della criminalità organizzata, anche di datori di lavoro senza scrupoli, che a fini di profitto li impiegano in modo illecito, pagandoli molto meno dei regolari, in condizioni che finiscono con il favorire più infortuni sul lavoro, come confermano i dati ufficiali Inail, che non comprendono i casi in cui, per paura di perdere il posto di lavoro o di essere identificati ed espulsi, gli infortuni non vengono denunciati;
eppure, in tema di immigrazione clandestina nessuna delle norme introdotte dal Governo, a partire dai provvedimenti in materia di sicurezza per finire con il cosiddetto «collegato lavoro», ha cercato di impedire o almeno limitare lo sfruttamento da parte dei datori di lavoro della «convenienza» economica all'impiego di lavoratori irregolari; nessuna norma ha previsto l'introduzione o l'inasprimento di pene per i datori di lavoro - anzi, le sanzioni vigenti non si applicheranno nei casi di denuncia spontanea di impiego di lavoratori irregolari - e, al contempo, le ispezioni ed i controlli sui luoghi di lavoro nel territorio nazionale risultano alleggeriti ed in forte diminuzione, mentre proprio su questo tema l'Unione europea ha preannunciato una «stretta» ed in Francia sono stati arrestati nell'ultimo anno 900 datori di lavoro di immigrati non autorizzati;
all'inadeguatezza del sistema legislativo si accompagna la debolezza del nostro sistema di accoglienza ed integrazione, che sembra più improntato a politiche dettate da chiusura e paura; gli interventi sono esclusivamente incentrati sul problema della sicurezza pubblica, che, pur essendo tema non secondario, è ben lontano dall'esaurire tutte le problematiche. L'enfasi data a tale aspetto genera facilmente pregiudizi ed ostilità, non contribuisce a favorire una convivenza civile e finisce per incentivare lo sfruttamento dei più deboli e privi di diritti in ambito lavorativo;
ancora in tema di immigrazione, il cosiddetto «pacchetto sicurezza», ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha privilegiato scelte demagogiche, in quanto puramente mediatiche e completamente inefficaci, come l'introduzione delle ronde, del cosiddetto reato di clandestinità, anche in qualità di fattispecie aggravante, e l'inasprimento delle condizioni per l'acquisto della cittadinanza, che più che rimedi al problema creano problemi ulteriori esse stesse, a causa del loro fallimento e della loro difficile applicabilità;
sono mancate, invece, come hanno fatto altri Paesi europei, misure di integrazione positiva, come quelle idonee a produrre inclusione sociale, la quale costituisce lo strumento indispensabile contro l'insorgere di conflitti sociali e per il contemperamento dei bisogni della società italiana con i diritti della forza lavoro offerta dagli immigrati, così come la regolarizzazione della loro permanenza riduce i rischi di entrata nel circuito della criminalità organizzata,

impegna il Governo:

a promuovere una nuova e diversa rappresentazione pubblica dell'immigrazione - che appare dominata da una percezione negativa - posto che le istituzioni in primis hanno il compito ed il dovere di infondere e diffondere l'importanza assoluta della dignità della persona e del rispetto dei diritti umani;
con riguardo alle annunciate modalità di introduzione del permesso di soggiorno «a punti», sulla scia di iniziative adottate in altri Paesi europei, ad evitare che tale strumento, nel nostro Paese, trasformi l'immigrato, specialmente quello temporaneo, in un sorvegliato speciale;
a valutare accuratamente la rispondenza e l'efficacia dei requisiti di integrazione e di assimilazione della nostra cultura ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, che, in assenza di benefici diretti, paiono solo aggravare le procedure vigenti;
a prevedere, nell'ambito delle iniziative volte all'introduzione del permesso di soggiorno «a punti», procedure per l'emersione e la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari irregolari in tutti i comparti;
con riguardo ai flussi d'ingresso annuali, predeterminati attualmente dallo Stato, a coinvolgere direttamente il mondo delle imprese nella fissazione delle quote, in modo che esse rispondano e soddisfino effettivamente e pienamente le esigenze e le richieste del nostro mercato, a riportare su un piano triennale la programmazione, scaduta nel 2009 e non ancora rinnovata, e a prevedere, inoltre, la semplificazione delle procedure conseguenti ai «decreti flussi» per la presentazione ed il vaglio delle domande, attualmente complesse, lunghe ed onerose;
con riguardo all'imminente «decreto flussi» valido per il 2010, che sembrerebbe dover autorizzare l'ingresso, su un totale di 150.000 addetti, di 105.000 colf e badanti - nuove unità che farebbero seguito alle procedure di emersione ancora in corso per circa 300.000 addetti dello stesso settore - a prevedere quote più ampie per gli addetti degli altri settori, rispondendo gli immigrati a precise esigenze del nostro mercato del lavoro, onde evitare, inoltre, che, essendo da tempo quella dei servizi alle famiglie l'unica mansione cui viene puntualmente offerta la regolarizzazione, essa mascheri l'impiego di persone in attività del tutto diverse;
a fronte della perdurante crisi economica che attraversa il nostro Paese e dei suoi riflessi occupazionali, a prevedere il blocco dei flussi per il 2010 ed il 2011, al fine di consentire prioritariamente sia agli italiani che agli immigrati già presenti nel nostro Paese di ritrovare più facilmente occupazione;
a riprendere ed incrementare attività stringenti di ispezione e controllo dei diritti e delle tutele nei luoghi di lavoro - che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, risultano alleggerite - riducendo quel lavoro nero che alimenta l'immigrazione clandestina, l'illegalità e la criminalità, procurando, inoltre, un danno all'intero sistema produttivo;
ad assumere iniziative volte a ripristinare tempestivamente, incrementandone le risorse - trasferite quasi per intero alle politiche di controllo ed espulsione -, i «progetti di integrazione», per i quali il Governo Prodi aveva istituito un fondo ministeriale;
ad adottare iniziative, anche di carattere economico, in favore della tutela dei minori stranieri cosiddetti «non accompagnati», riconosciuta come area prioritaria di intervento in materia migratoria, provvedendo, con l'occasione, al reintegro delle risorse destinate al fondo per l'inclusione sociale degli immigrati;
ad affrontare il tema della politica migratoria come «questione europea» e non soltanto italiana, ricercando, al contempo, accordi diretti con i Paesi da cui provengono prevalentemente gli immigrati stranieri, in modo che essi, in cambio di

adeguate forme di collaborazione di cui si deve far carico il nostro Paese, diano pieno supporto al controllo dell'emigrazione dai loro Paesi;
ad affrontare il tema dell'immigrazione in modo non avulso dal tema dei diritti, compresi quelli di voto amministrativo e di cittadinanza, soprattutto con riguardo al futuro dei figli dei nostri immigrati;
ad affrontare con i Paesi di provenienza anche il tema dei luoghi di espiazione delle pene nei Paesi di origine, fin dalla detenzione in attesa di giudizio per i gravi reati, in modo da ridurre il numero delle persone detenute nel nostro Paese.
(1-00353) «Donadi, Di Pietro, Favia, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
recenti episodi di cronaca hanno dato grande rilievo al tema dell'immigrazione irregolare. I fatti di Rosarno, oltre ad aver portato alla luce le dimensioni di un fenomeno sottovalutato, hanno evidenziato lo stato di degrado umano e sociale e le condizioni di lavoro, assimilabili alla riduzione in schiavitù, cui sono soggetti i lavoratori extracomunitari clandestini;
secondo un rapporto della Uil, l'economia sommersa ha prodotto nel 2009 un fatturato di oltre 154 miliardi di euro, sottratti ad ogni tipo di tassazione, con un'incidenza sul prodotto interno lordo intorno al 10 per cento;
i dati evidenziano un forte insediamento del lavoro sommerso ed irregolare nel Sud, che trova però terreno fertile anche nelle zone più ricche del Paese, confermando come il lavoro nero sia un dramma che riguarda tutta l'Italia ed investa, soprattutto, i soggetti più deboli ed indifesi e che il fenomeno dell'immigrazione clandestina sia sempre più effetto e non causa dell'economia sommersa;
dal 2007 non è stato emanato alcun «decreto flussi» riservato ai lavoratori stagionali, con l'effetto di favorire il soggiorno ed il lavoro irregolare. Le misure di controllo e le varie regolarizzazioni di immigrati extracomunitari attuate dai Governi non sono più sufficienti a contenere il fenomeno, che necessita di una nuova disciplina organica che dia vita finalmente a flussi regolari di lavoratori, anche secondo le esigenze più volte manifestate dalle organizzazioni imprenditoriali;
secondo il rapporto 2009 dell'Ocse, dedicato al fenomeno dell'immigrazione, il numero di immigrati illegali in Italia oscilla tra i 500 e i 750 mila, pari al 25,6 per cento di tutti i residenti stranieri nel nostro Paese;
il rapporto Ocse sottolinea, inoltre, che la stragrande maggioranza degli irregolari entra in Italia legalmente (ben il 60-65 per cento sono persone che sono entrate in modo regolare e poi si sono trattenute oltre la data fissata nel visto di ingresso), mentre un altro 25 per cento dei clandestini giunge illegalmente da altri Paesi Schengen, approfittando dell'abolizione dei controlli alle frontiere; non più del 15 per cento dell'immigrazione irregolare, dunque, arriva dal mare e dalle rotte del Mediterraneo e, mediamente, si calcola che non più di 60.000 persone attraversano il Mediterraneo dirette in Europa;
secondo l'Ocse, «è difficile ridurre l'immigrazione irregolare attraverso misure di solo controllo delle frontiere e l'elemento principale per contrastare l'immigrazione illegale dovrebbe essere l'apertura di canali legali d'immigrazione. Questo è ciò che chiedono i mercati del lavoro nei Paesi Ocse e in Europa - conclude il rapporto - ma la relativa risposta politica è ancora insufficiente, a partire dal patto su immigrazione e asilo del 2008»;

anche se il fenomeno dell'irregolarità e della clandestinità interessa ormai tutti i Paesi europei, l'ingresso illegale degli immigrati dal mare nel nostro Paese è reso più semplice dalla posizione geografica dell'Italia, ma i rimedi messi in campo dal Governo (respingimenti verso la Libia) non sono stati condivisi dalle istituzioni internazionali ed europee, che hanno richiamato l'Italia al rispetto della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati;
è sempre più necessario, pertanto, un intervento a livello europeo che garantisca sia il contrasto dell'immigrazione irregolare che il rispetto dei diritti umani fondamentali. Per realizzare questa politica è necessaria una maggiore solidarietà tra gli Stati membri ed una soluzione unitaria in grado di dare risposte a tre esigenze principali: l'asilo e la protezione umanitaria e sociale; una politica comune sugli ingressi regolari per motivi di lavoro; la cooperazione con i Paesi terzi;
la direttiva 2009/52/CE, che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano immigrati irregolari nell'Unione europea, non è stata ancora recepita dall'Italia. Con tale direttiva gli Stati membri dovranno mettere a disposizione meccanismi che agevolino le denunce e garantiscano adeguate ispezioni sui luoghi di lavoro più a rischio, al fine di contrastare l'immigrazione illegale, vietare l'assunzione di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente e fissare norme minime comuni sulle sanzioni applicabili ai datori di lavoro che violano il divieto;
l'Italia non ha, inoltre, recepito ancora l'importante direttiva 2008/115/CE, che facilita il rimpatrio di immigrati in stato di irregolarità attraverso programmi di ritorno volontario ed assistito, realizzando, quindi, una politica certamente ben più efficace e meno onerosa di quella dei rimpatri coatti,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per l'adeguamento della disciplina dell'ingresso dei lavoratori extracomunitari alle esigenze del mercato del lavoro italiano e a procedere urgentemente ad un nuovo «decreto flussi»;
ad operare controlli ispettivi di maggiore intensità, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, al fine di debellare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro degli immigrati clandestini;
a promuovere campagne di sensibilizzazione atte ad impedire ogni forma di sfruttamento del lavoro di immigrati irregolari e a sostenere le organizzazioni della società civile impegnate nell'aiuto umanitario e solidale alle vittime dello sfruttamento;
a promuovere in tempi rapidi il recepimento delle direttive 2009/52/CE e 2008/115/CE;
ad attuare lo strumento della protezione sociale per le vittime di tratta e di traffico di persone, come previsto dall'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione;
a favorire strumenti, a livello nazionale e comunitario, per l'ingresso regolare e protetto di richiedenti asilo e rifugiati;
a sollecitare nelle competenti sedi la realizzazione di una conferenza Unione europea-Africa sulla migrazione e lo sviluppo dei Paesi maggiormente interessati dal fenomeno migratorio, in continuità con quella realizzata a Tripoli nel 2006.
(1-00354) «Pezzotta, Vietti, Delfino, Poli, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Adornato, Naro, Galletti, Occhiuto, Mereu, Rao, Tassone, Mantini, Ria».

La Camera,
premesso che:
la crescita esponenziale delle statistiche relative all'immigrazione in Italia, che attestano ormai gli immigrati intorno ai 4,5 milioni di unità, ha disegnato i contorni di un fenomeno relativamente

nuovo per il nostro Paese, almeno nel confronto con altri con una più antica tradizione di accoglienza, o addirittura formati dal melting pot di immigrati dalle origini più disparate, come gli Usa, il Canada o l'Australia;
la dimensione, nuova per la sua imponenza, del fenomeno ha trovato spesso impreparata la politica e le istituzioni, la cui insufficienza ha consentito la creazione ed il consolidamento di zone grigie di illegalità nella gestione dell'imperiosa spinta migratoria, alimentando il triste aumento dell'immigrazione clandestina (stimata intorno alle 700-800 mila unità), fonte di ricchezze illecite per gli intermediari di manodopera, gli sfruttatori della prostituzione, i gestori del mercato più abominevole, quello che sfrutta l'infanzia, i trafficanti di droga e di armi;
non raramente, dunque, la condizione dell'immigrato viene sottoposta ad un doppio sfruttamento selvaggio: quello del Paese di arrivo e quello delle organizzazioni malavitose;
al netto, tuttavia, dei problemi della legalità e dell'ordine pubblico, resta l'inadeguatezza di un approccio culturale, sociale e normativo rispetto al fenomeno;
sul piano culturale non è stata compiuta alcuna scelta tra l'ipotesi di una politica multiculturale (quale quella praticata dall'Australia e dal Canada), volta ad incoraggiare la tutela della cultura e dell'identità di provenienza, e quella dell'assimilazione nel sistema italiano, secondo il modello del melting pot di tipo statunitense;
né è stata impostata un'adeguata politica scolastica volta a sostenere una forma di integrazione delle giovani e giovanissime generazioni di immigrati;
dal punto di vista dell'approccio sociale bisogna tener conto che gli ultimi 10 anni hanno visto raddoppiare il numero degli immigrati e che, se i tassi di incremento della popolazione di origine straniera in Italia resteranno quelli attuali, nel prossimo ventennio tale numero raddoppierà ancora, raggiungendo il numero di 8 milioni di unità. Il profilo demografico, dunque, dischiude il vastissimo ventaglio delle implicazioni, che vanno dalla domanda di casa a quella di salute, dall'istruzione alla domanda di previdenza;
c'è, inoltre, l'approccio politico-istituzionale, che implica il profilo della cittadinanza e del diritto di voto, di partecipazione politica e di rappresentanza;
non v'è dubbio che il processo di integrazione trovi il suo punto di verifica più importante nella concessione del diritto di cittadinanza e del diritto di voto;
alla stregua di un sistema di regole che intenda andare oltre la mera affermazione del jus soli, la cittadinanza e la piena integrazione che da essa deriva devono voler significare creazione di norme volte a semplificare la congerie legislativa, che oggi sembrerebbe incoraggiare gli immigrati e i loro datori di lavoro alla pratica dell'irregolarità e del lavoro nero;
occorre, peraltro, giungere alla definizione di parametri «intelligenti,» per valutare in modo appropriato la qualità dell'integrazione, poiché non è sufficiente la misurazione dei semplici tassi di incidenza degli immigrati su segmenti di popolazione, per trarre indicatori utili a valutare l'avanzamento dei processi di integrazione;
né è da trascurare il profilo legato alla sfera dei diritti fondamentali dell'uomo, che talune recenti prassi, normate per legge, inevitabilmente chiamano in causa: si pensi alle procedure di detenzione temporanea dei migranti, che, secondo Amnesty international, si configurerebbero come «detenzione de facto, priva di basi legali certe e di controllo giudiziario»; si pensi alla prassi dei «respingimenti» e alla conduzione indiscriminata fuori dalle acque territoriali e verso i Paesi di origine di persone, senza che possa essere effettuata una valutazione sul loro possibile bisogno di una protezione internazionale;

è da riconoscere che una qualche forma istituzionale di monitoraggio sulle politiche di integrazione era stata proposta dal testo unico sull'immigrazione (legge 6 marzo 1998, n. 40), che all'articolo 44 istituiva la Commissione per le politiche di integrazione, composta da rappresentanti ed esperti dei ministeri investiti della responsabilità della materia. Ma la Commissione cessò ogni attività il 6 luglio del 2001,

impegna il Governo:

a promuovere ogni opportuna misura nell'ambito della normativa vigente, delle direttive europee e dei nuovi interventi legislativi, volta a combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro delle persone immigrate, a consentire l'emersione del lavoro irregolare e a contrastare ogni modalità di lavoro sommerso che sfrutti la condizione degli immigrati;
a promuovere, con le istituzioni del territorio, le forze imprenditoriali e sindacali, i soggetti sociali impegnati sul piano della solidarietà e del volontariato laico e religioso, una politica di integrazione tra cittadini italiani e immigrati che accolga le linee guida della politica europea dell'integrazione, realizzando i necessari presupposti di legalità e di sicurezza, di promozione della famiglia e dei diritti delle giovani e giovanissime generazioni di immigrati, di un welfare capace di garantire il diritto allo studio, alla casa e alla salute;
a riferire al Parlamento sullo stato di attuazione delle politiche di integrazione degli immigrati, inteso come esito degli impegni per la promozione delle politiche interculturali e delle politiche volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale, che limitano presso gli immigrati l'affermazione dei principi di uguaglianza e pari dignità sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
(1-00355) «Pisicchio, Touadi, Cambursano, Tabacci, Brugger, Rubinato, Rao».

La Camera,
premesso che:
l'immigrazione costituisce per l'Italia e l'Unione europea un fenomeno di rilevante significato sociale, con notevoli implicazioni sul piano demografico, economico, politico, culturale e antropologico, che richiede interventi strutturali e mirati a garantire anche la coesione sociale;
il Governo Berlusconi ha affrontato il tema nei suoi vari aspetti, senza rinunciare a politiche di accoglienza, sostegno e integrazione dell'immigrazione regolare, accompagnandole con misure di rigore, per massimizzare il suo apporto positivo all'interno del sistema produttivo e sociale del Paese;
il Governo riserva da tempo particolare attenzione a quei territori dove esistono situazioni di sfruttamento del lavoro e di degrado e disagio sociale, come quella di Rosarno; situazione, quest'ultima, a cui il Governo si era interessato fin dal dicembre 2008, quando si era verificata un'aggressione analoga a quella del gennaio 2010. Già allora la risonanza dell'accaduto e la necessità di intervenire per assicurare agli immigrati condizioni dignitose di sussistenza ed un'adeguata situazione igienico-sanitaria determinarono una serie di incontri tra i rappresentanti della protezione civile regionale e dei comuni maggiormente interessati dalla presenza di lavoratori immigrati;
in quell'occasione i rappresentanti degli uffici sanitari della regione e dell'associazione Medici senza frontiere avevano constatato sul posto le precarie condizioni igienico-sanitarie dei luoghi ove vivevano gli immigrati. Ma gli interventi più tangibili erano venuti proprio dal Governo: già nel mese di aprile 2009 il ministero dell'interno aveva, infatti, erogato al comune di Rosarno, che svolgeva le funzioni di capofila del progetto, un primo significativo contributo di 200.000 euro, utilizzati per noleggiare delle strutture di carattere sanitario; nella stessa zona sono poi in via di realizzazione, oltre a progetti territoriali

per la sicurezza, ulteriori specifici progetti finanziati anche con le risorse provenienti dal Fondo sociale europeo, gestito dal ministero del lavoro e delle politiche sociali, diretti all'accoglienza e all'integrazione degli immigrati presenti nell'area, tra cui la realizzazione di alloggi per lavoratori stranieri impiegati nel lavoro stagionale;
simili episodi rendono comunque evidenti anche tutte le conseguenze negative che derivano dall'immigrazione clandestina, che, proprio per questo motivo, è necessario combattere senza tentennamenti, anche perché prima o poi si determinano processi di commistione tra i flussi migratori illegali e quelli legali, con conseguenze negative nell'opinione pubblica. Si rischia così di compromettere i valori della coesione sociale e dell'integrazione nel nostro tessuto sociale dei lavoratori provenienti da Paesi extracomunitari;
troppo spesso cittadini immigrati regolari dal punto di vista del permesso di soggiorno, non lo sono sotto il profilo del rapporto di lavoro; eppure le leggi attuali, in particolare il testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, così come modificato dalla cosiddetta «legge Bossi-Fini», già impongono la regolarità delle posizioni di lavoro e la necessità di assicurare idonea sistemazione alloggiativa per i lavoratori stranieri. È, quindi, necessario che le leggi siano applicate integralmente da chi fino ad oggi le ha semplicemente eluse;
l'ingresso illegale nel territorio dello Stato costituisce nella maggior parte dei casi il presupposto per l'emarginazione e lo sfruttamento lavorativo di molti stranieri e, spesso, il serbatoio per il reclutamento della manovalanza della criminalità;
anche su questo versante la maggioranza ha ottenuto importanti risultati con l'azione di Governo, in particolare attraverso il rafforzamento dei sistemi di effettiva espulsione dei clandestini. Negli ultimi due anni sono stati effettivamente rimpatriati 42.595 clandestini nei rispettivi Paesi di origine;
sul fronte della prevenzione dell'immigrazione clandestina, il Governo ha dato prova di concretezza: da quando si è dato compiuta attuazione alle intese con la Libia - Paese di maggiore transito degli immigrati provenienti dall'Africa sub-sahariana - gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane sono diminuiti del 90 per cento, rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente: 31.281 persone sbarcate nel 2008, 3.185 nello stesso periodo del 2009;
proprio con riferimento alla Libia - si ricorda - il ministero dell'interno ha raggiunto nel maggio del 2009 un risultato mai conseguito in precedenza, frutto degli accordi stipulati e dell'intensa attività diplomatica svolta: restituire alla Libia 227 cittadini extracomunitari clandestini che non erano libici, ma che erano partiti dalle coste libiche;
per continuare a combattere efficacemente la clandestinità bisogna proseguire nell'applicazione puntuale e rigorosa della cosiddetta «legge Bossi-Fini», che lega la possibilità di ingresso e soggiorno sul territorio dello Stato al possesso di un regolare contratto di lavoro;
questo fondamentale principio stabilito dal nostro ordinamento si sta affermando anche nelle più moderne legislazioni degli altri Paesi europei. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello della Spagna, guidata dal Governo Zapatero, dove proprio questo principio è stato ribadito e rafforzato dalla recente legge entrata in vigore il 13 dicembre 2009. Nella parte quinta del preambolo della nuova legge spagnola si stabilisce l'obiettivo di «perfezionare il sistema di canalizzazione legale ed ordinata dei flussi migratori per lavoro, rafforzando il vincolo tra la capacità di accoglienza dei lavoratori migranti e le necessità del mercato del lavoro»;
nel corso della XIV e della XVI legislatura, i Governi Berlusconi sostenuti

dalla maggioranza di centrodestra hanno promosso una politica di immigrazione che si fonda su due dimensioni, che si sostengono reciprocamente: fermezza e rigore contro la clandestinità e integrazione fondata sul lavoro, sulla conoscenza e sul rispetto della nostra identità;
una coerente integrazione di milioni di persone già presenti nel nostro Paese e di molte migliaia che chiedono l'ammissione richiede una disciplina dei flussi e dei visti che garantisca la presenza e la convivenza degli immigrati provenienti dalle varie nazioni, tenendo in considerazione le reali possibilità di assorbimento nel nostro tessuto sociale, al fine di assicurare il rispetto e la tutela della dignità umana dei lavoratori stranieri, dei nostri valori e della sicurezza dei cittadini del nostro Paese;
oggi il nostro Paese ospita, secondo le più recenti statistiche, 4 milioni di cittadini stranieri residenti, circa il 6,5 per cento della popolazione (tale percentuale era al di sotto del 3 per cento nel 2001 e pari allo 0,1 per cento dieci anni prima), mentre la quota degli occupati sale ormai al 7,5 per cento come dato medio, con punte più elevate nelle regioni più ricche e sviluppate (nel Centro-Nord il numero degli immigrati è di quattro volte maggiore di quello del Sud). Il lavoro degli stranieri è presente in diversi settori dell'economia (agricoltura, turismo, costruzioni, servizi alla persona, ma anche comparti dell'industria manifatturiera);
secondo tutte le banche dati disponibili - Istat, Inps, Inail - l'occupazione straniera in Italia è cresciuta costantemente, almeno fino al 2008, e in dieci anni risulta più che raddoppiata, passando da meno di un milione a più di due milioni;
il reddito imponibile degli immigrati è in progressivo aumento: superiore a 21 miliardi di euro nel 2007; erano 18,4 miliardi di euro nel 2006 e 16,7 miliardi di euro nel 2005;
la Costituzione ha riconosciuto i valori fondanti della nostra identità nazionale nel rispetto del valore della vita e nella centralità della persona, creando così la premessa per un equilibrato sistema di diritti e di doveri, adattati - come prescrive la nostra Carta costituzionale - alle condizioni di ciascuna persona;
per questo, l'ordinamento promuove l'accoglienza e l'integrazione degli immigrati regolari e garantisce loro un'ampia tutela dei diritti civili, economici, sociali e culturali;
la legge 15 luglio 2009, n. 94, ultimo atto normativo del «pacchetto sicurezza», contiene numerose disposizioni che intervengono sia sul versante del contrasto dell'immigrazione illegale, che in materia di integrazione;
tra queste ultime, in particolare, la suddetta legge ha introdotto, quale valido strumento a disposizione degli stranieri che vogliono lavorare ed inserirsi nella nostra società, l'istituto dell'«accordo di integrazione», da attuarsi con regolamento, a breve operativo, che ne stabilisca i criteri e le modalità di sottoscrizione;
il meccanismo dell'accordo prevede che il cittadino straniero - contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno - sottoscriva degli impegni di integrazione che riguardano: la conoscenza della lingua italiana e dei valori di libertà, eguaglianza e democrazia posti a fondamento della Costituzione; il rispetto di tali principi e l'acquisizione di un'adeguata conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento, ad esempio, ai settori della sanità, dei servizi sociali e del lavoro; l'assolvimento del dovere di istruzione dei figli minori e la conoscenza dell'organizzazione delle istituzioni pubbliche. A seguito del rispetto degli impegni di integrazione, ai cittadini stranieri vengono attribuiti crediti, proprio per riconoscere loro il merito ed il senso di responsabilità dimostrato, mentre a seguito della commissione di illeciti i crediti vengono decurtati; lo Stato, da parte sua, si impegna ad accompagnare il cittadino straniero tramite corsi di italiano e di educazione civica sulla tradizione

e la vita civile in Italia, nonché con voucher formativi per coloro che dimostreranno di aver raggiunto più alti livelli di integrazione;
tale approccio alla questione «immigrazione ed integrazione» denota un atteggiamento responsabile da parte del Governo per la tutela dell'intera comunità,

impegna il Governo:

a fornire nel piano nazionale per l'integrazione «Identità e incontro», annunciato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, i valori, la visione e i programmi dedicati all'integrazione stessa, nell'ottica di discostarsi dai modelli dell'«assimilazione», poco rispettosa delle identità culturali differenti, e del «multiculturalismo», frutto del relativismo culturale, entrambi rivelatisi fallimentari, in quanto produttivi di conflitti sociali, prevedendo iniziative volte alla promozione della conoscenza e del rispetto delle reciproche identità culturali, con l'obiettivo di una pacifica civile convivenza che si svolga nell'osservanza dei valori e dei principi a fondamento del nostro ordinamento giuridico;
ad analizzare, utilizzando le banche dati disponibili e, in particolare, quella dell'Inail, la natura e le modalità dell'immigrazione extracomunitaria, al fine di adottare politiche di governo dei flussi efficaci e tempestive;
ad adottare le opportune iniziative dirette a valorizzare l'apporto dei lavoratori immigrati al progresso economico e sociale del Paese, favorendo al contempo un processo di effettiva integrazione nel nostro tessuto sociale e la conoscenza ed il rispetto delle regole e della cultura di riferimento del nostro Paese;
a proseguire nel potenziamento degli uffici amministrativi competenti, affinché, entro la fine della XVI legislatura, i permessi di soggiorno siano rilasciati e rinnovati nei tempi previsti dalla legge;
a vigilare sull'applicazione delle disposizioni in vigore e sul rispetto puntuale e rigoroso delle norme che legano la possibilità di ingresso e soggiorno sul territorio dello Stato al possesso di un regolare contratto di lavoro e ad intensificare e rendere pienamente efficaci i controlli ispettivi, con il fattivo coinvolgimento dei vari livelli istituzionali e delle parti sociali;
a valutare, sulla base dell'esperienza compiuta, ogni possibilità di miglioramento dell'attuale assetto normativo, per contrastare l'immigrazione clandestina e regolare i flussi migratori, legandoli alle effettive necessità economiche e sociali del Paese;
ad intensificare una specifica, coordinata e capillare attività di contrasto dei fenomeni di illegalità e di sfruttamento del lavoro irregolare, con particolare riferimento all'agricoltura;
a potenziare le sinergie con le regioni e gli enti locali, per favorire la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana, come la conoscenza dei loro diritti e doveri, le opportunità di integrazione e di crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, nonché per sostenere ogni iniziativa di prevenzione della discriminazione razziale;
a misurare la reale esigenza di manodopera straniera nel nostro Paese, anche alla luce del periodo di crisi che l'Italia sta attraversando, anche al fine di non penalizzare i cittadini e le cittadine italiane oggi in cerca di occupazione;
ad adoperarsi con sempre maggiore impegno al contrasto del lavoro sommerso, in particolar modo degli immigrati spesso ridotti in uno stato assimilabile alla schiavitù, senza il rispetto delle più elementari regole e condizioni di vita e di lavoro.
(1-00356) «Santelli, Caparini, Cazzola, Moffa, Fedriga, Pelino, Baldelli, Dal Lago, Moroni, Granata, Laura Molteni».

TESTO AGGIORNATO AL 15 APRILE 2010

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio ha dichiarato al giornale La Gazzetta del Mezzogiorno del giorno 24 marzo 2010 che «la regione Puglia non ha bisogno di una centrale nucleare perché è già energeticamente autosufficiente»;
tale dichiarazione appare in aperto contrasto con la politica enunciata dallo stesso Governo di volere equilibrare con il 25 per cento di energia nucleare il mix delle fonti energetiche oggi pesantemente sbilanciato verso i combustibili fossili;
questa impostazione del Presidente del Consiglio dei ministri appare in contrasto con la procedura individuata nel decreto legislativo del Governo n. 31 del 2010 nel quale si indicano vari criteri di localizzazione per le centrali nucleari, fra i quali la sicurezza, ma in cui non figura il criterio della autosufficienza regionale -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda, attraverso la sopra citata dichiarazione, prospettare un mutamento dell'indirizzo politico del Governo, con particolare riferimento all'installazione di centrali nucleari in Italia che oltre che apparire in contrasto con l'obiettivo di riequilibrare il mix delle fonti energetiche, appare in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010.
(2-00662) «La Malfa, Brugger».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la Presidenza del Consiglio dei ministri ha puntualmente consegnato al Parlamento e reso pubblico l'annuale «Rapporto sui lineamenti di politica in materia di esportazione e transito di materiali di armamento» del 2009;
tale Rapporto evidenzia il forte incremento (di oltre il 61 per cento rispetto al 2008) di esportazioni di materiali ad uso militare dall'Italia - tanto che hanno raggiunto il record dal 1990 sia le autorizzazioni all'esportazione (4,9 miliardi di euro) sia le consegne effettuate (2,2 miliardi di euro) - e ciò soprattutto per l'aumentare delle autorizzazioni rilasciate verso Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente (che ammontano a 1,9 miliardi di euro e da sole ricoprono quasi il 40 per cento del totale) e più in generale verso Paesi fuori dalle principali alleanze del nostro Paese (Nato e Unione Europea);
il Rapporto afferma che «il processo di integrazione europeo nel campo della difesa e la progressiva razionalizzazione e ristrutturazione dell'industria europea» avrebbe portato a un «radicale cambiamento» dello scenario tanto che «il quadro normativo italiano è risultato sempre più inadeguato»;
proprio per questo - e per recepire nella legislazione nazionale le recenti Direttive e Posizioni Comuni europee - la Presidenza del Consiglio intenderebbe «operare per la finalizzazione del processo di revisione della normativa nazionale», cioè a «un intervento correttivo di tutta la normativa in vigore» ovvero della legge 185 del 1990;
a tal scopo la Presidenza del Consiglio già dallo scorso anno ha costituito presso l'Ufficio del Consigliere Militare (PCM/UCPMA) un apposito «Gruppo di lavoro» tra i cui compiti figura appunto quello di verificare «l'opportuna strada

perseguibile per un intervento correttivo di tutta la normativa in vigore» -:
come il Governo intenda procedere nel menzionato riordino della legislazione nazionale vigente e, data la forte sensibilità dell'associazionismo laico e cattolico su tutta questa materia;
se e con quali modalità il Governo intenda coinvolgere in questo processo di revisione legislativa le associazioni della società civile che fin dagli anni '80 sono stati in prima fila nel chiedere al Parlamento una legge «rigorosa e trasparente» sull'esportazione di armamenti (l'attuale legge n. 185 del 1990).
(2-00664) «Di Stanislao, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
(Presentata il 6 aprile 2010)

Interrogazione a risposta orale:

GIORGIO MERLO, RAO e GIULIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, ha introdotto nel nostro ordinamento una serie di agevolazioni tariffarie postali finalizzate a sostenere la copertura parziale dei costi sostenuti dalle imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC), dalle imprese editrici di libri, dalle associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro e dalle associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento per le spedizioni di prodotti editoriali, nonché da parte di sindacati, di associazioni professionali di categoria e di associazioni d'arma e combattentistiche, per la spedizione dei bollettini dei propri organi direttivi;
il medesimo decreto-legge ha stabilito che l'ammontare delle predette tariffe agevolate viene determinato con apposito decreto ministeriale, anche in funzione del rispetto del limite di spesa previsto, applicando la tariffa più bassa per le spedizioni di stampe periodiche la cui tiratura per singolo numero non superi le 20.000 copie;
in attuazione di quanto previsto dal predetto decreto-legge, il decreto del Ministro delle comunicazioni del 13 novembre 2002 ha fissato la tariffa base, fino a 200 grammi, pari a euro 0,2830 e quella agevolata pari a euro 0,1245 a copia per le spedizioni effettuate dagli editori iscritti al registro degli operatori di comunicazione, mentre per gli editori no-profit la tariffa base è stata fissata ad euro 0,0785 e quella agevolata ad euro 0,615;
con l'articolo 10 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, le tariffe agevolate stabilite dal decreto del Ministro delle comunicazioni del 13 novembre 2002 sono state aumentate del 7 per cento per gli importi annui relativi a ciascuna impresa beneficiaria di agevolazioni fino ad 1 milione di euro e del 12 per cento per gli importi annui relativi a ciascuna impresa beneficiaria di agevolazioni superiori ad 1 milione di euro;
con l'articolo 56, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, è stato stabilito che, nelle more della liberalizzazione dei servizi postali e fino alla rideterminazione delle tariffe agevolate per la spedizione di prodotti editoriali di cui ai decreti del Ministro delle comunicazioni in data 13 novembre 2002, a decorrere dal 31 luglio 2009, il costo unitario cui si rapporta il rimborso in favore della società Poste Italiane spa nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli di bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri è pari a quello riveniente dalla convenzione in essere in analoga materia più favorevole al prenditore;

per tali prodotti, pertanto, lo Stato si assume l'onere di versare a Poste italiane spa la differenza tra il costo unitario delle spedizioni e la tariffa agevolata pagata dagli editori;
in base a quanto previsto dall'articolo 56, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, la tariffa riveniente dalla convenzione in essere in analoga materia più favorevole al prenditore che pratica la società Poste italiane spa è inferiore a euro 0,18 a copia;
con il recente decreto interministeriale del 30 marzo 2010, senza alcun preavviso, le tariffe agevolate per l'editoria, previste dal decreto legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, sono state improvvisamente sospese senza alcun preavviso ai beneficiari;
appare agli interroganti inopportuno che alle associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro venga ora applicata la tariffa base prevista per gli editori iscritti al ROC pari a euro 0,2830 e non più quella base finora fissata ad euro 0,0785 -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto il Governo a sospendere le tariffe postali agevolate per l'editoria previste dal decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353;
quali siano le ragioni per le quali il Governo non abbia applicato le disposizioni previste dall'articolo 59, comma 4, della legge n. 99 del 2009, a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge;
se si intenda adottare un nuovo decreto ministeriale che, superando le previsioni del decreto interministeriale del 30 marzo 2010, garantisca ai legittimi beneficiari il riconoscimento di adeguate agevolazioni tariffarie postali e la continuità operativa di circa 8.000 testate, molte delle quali altrimenti destinate alla chiusura definitiva.
(3-01003)

Interrogazioni a risposta scritta:

PISICCHIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 10 marzo 2010 il tratto ferroviario della linea Caserta-Foggia tra le stazioni di Panni (Foggia) e quella di Montaguto (Avellino), è ostruito da una frana, con gravi ripercussioni sull'intera linea Lecce-Bari-Foggia-Napoli/Roma, e numerosi disagi per gli automobilisti e i passeggeri dei treni, specie per quelli pugliesi che percorrono la tratta Bari-Roma;
il territorio in questione non è nuovo a episodi di questo tipo, considerando che è dal 2006 che periodicamente si verificano movimenti franosi e piccoli riversamenti di terra e pietrisco. Nel 2006 nel territorio comunale di Montaguto fu dichiarato lo stato di emergenza, poi prorogato fino al 2009. La frana che ha nuovamente interessato il comune viene attualmente considerata la frana attiva più ampia d'Europa;
per evitare la cancellazione di tutti i treni diretti a Benevento, Caserta e nella Capitale, Rfi ha attivato un servizio sostitutivo con autobus: i passeggeri che percorrono la tratta sono costretti a scendere dal treno a Foggia, raggiungere in autobus Benevento e da qui risalire su un altro treno con tempi di percorrenza da Bari a Roma, ad esempio, che si allungano di 60-90 minuti;
nella riunione che si è tenuta a Roma subito dopo la frana presso il Dipartimento della protezione civile, in cui oltre al capo del Dipartimento, Guido Bertolaso, sono intervenuti anche il disaster manager campano, Mario De Biase, e rappresentanti delle Ferrovie dello Stato e dell'Anas, si era garantito un intervento veloce e un altrettanto celere ripristino delle linee ferroviarie interrotte -:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per:
a) ripristinare al più presto il collegamento ferroviario nella tratta Panni-Montaguto,

così da ripristinare anche la normale circolazione ferroviaria tra Bari e le altre città pugliesi e Roma;
b) attuare interventi strutturali per il contenimento della frana e la messa in sicurezza della zona interessata.
(4-06699)

BERNARDINI, ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
domenica 28 marzo 2010 centinaia di cittadini della città de L'Aquila, colpita da un grave terremoto nell'aprile 2009, si sono nuovamente recati con delle carriole nei luoghi dove giacciono ancora le macerie dei crolli dei palazzi per portare via i detriti che inspiegabilmente vengono lasciati ai margini delle strade;
gli agenti della Digos hanno immediatamente sequestrato alcune carriole; in uno dei verbali di sequestro è stato scritto nell'oggetto quanto segue: «Verbale di sequestro di una carriola, in pessimo stato di conservazione, con contenitore in ferro di colore blu, con legatura in ferro sotto il contenitore, e cerchio ruota di colore viola, e di due pale con manico in legno a carico di...»;
una carriola è stata tolta perfino dalle mani di un bambino di dieci anni, Andrea. In tutto, gli uomini della Digos ne hanno sequestrate un quindicina per metterle dentro i furgoni. Venti carriole sono state solo respinte, non ammesse, e sono restate fuori dal centro storico;
la manifestazione promossa dal Comitato dei cittadini che abitavano il centro storico de L'Aquila ha come scopo quello di organizzare il trasferimento delle macerie causate dal crollo di alcuni palazzi che senza alcuna spiegazione rimangono ai margini delle strade;
i manifestanti sono ugualmente entrati nel centro storico come normali cittadini e hanno preso alcune carriole che avevano nascosto precedentemente dentro un tendone a piazza Duomo; è stato poi formato un corteo sulla via principale che si è diretto verso piazza Nove Martiri; la Digos è rimasta a guardare, ma ha provveduto a identificare tutti i manifestanti;
la piazza è invasa dalle macerie e il popolo delle carriole si è messo al lavoro sotto la lente di decine di telecamere prima di riunirsi in assemblea; anche l'assemblea è stata vietata dalla Digos;
il trattamento verso quei cittadini dovrebbe essere caratterizzato da una maggiore delicatezza e da molta più attenzione alle loro richieste proprio per la situazione di grave disagio in cui si trovano -:
quali siano le ragioni per le quali le macerie del terremoto de L'Aquila non vengono rimosse;
quali siano motivi per i quali non si permette agli abitanti del centro storico di conoscere lo stato delle attività messe in campo relativamente alle loro abitazioni crollate;
per quale motivo venga impedito ai cittadini del centro storico de L'Aquila di manifestare liberamente per denunciare il fatto che da mesi le macerie del terremoto non vengono portate via;
per quale motivo la Digos sia intervenuta per identificare i manifestanti e abbia vietato un'assemblea degli stessi;
per quale motivo siano state sequestrate le carriole e quale pericolo potessero determinare i manifestanti, tutti cittadini del centro storico de L'Aquila, che hanno vissuto la doppia tragedia della perdita di loro cari oltre che delle loro abitazioni.
(4-06700)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 26 maggio 1992 ha iniziato ad operare, nel distretto della corte di appello di Messina, il tribunale di Barcellona

Pozzo di Gotto, istituito a quel tempo per dare una risposta di giustizia autorevole alle esigenze di un territorio dominato dalla criminalità mafiosa;
il 22 maggio 1993 il comune di Barcellona Pozzo di Gotto, quale conduttore, stipulava con i signori Domenica Rita Speciale e Mario Speciale, quali locatori, un contratto di locazione di due appartamenti, siti a Barcellona Pozzo di Gotto in via Mons. Aliquò n. 9, rispettivamente al piano rialzato e al primo piano, da adibire ad uffici della pretura circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto;
in particolare, i due appartamenti venivano assegnati l'uno ad uffici della sezione di Polizia giudiziaria della procura presso la pretura circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto e l'altro al servizio della pretura circondariale quale aula di udienza e quale deposito per materiale dell'ufficio;
con la riforma del giudice unico, il 2 giugno 1999 cessava il funzionamento della pretura circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, con la conseguenza che i suoi uffici venivano accorpati a quelli del locale tribunale;
in meno di un anno da quella data, il personale della pretura circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto veniva materialmente trasferito negli uffici del locale tribunale, sito in via Napoli, e la sezione di polizia giudiziaria prima veniva allocata al secondo piano dello stabile nel quale tuttora insiste la sede dell'UNEP e, infine, veniva trasferita negli attuali locali di via Camarda, adiacenti alla sede della procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto;
in conseguenza di tali modifiche normative e logistiche degli uffici giudiziari di Barcellona Pozzo di Gotto, a partire dal 2000 è cessata l'esigenza che aveva portato al contratto di locazione dei due appartamenti di via Mons. Aliquò n. 9, che infatti sono rimasti vuoti e inutilizzati;
nel 2000 la dottoressa Domenica Rita Speciale, locataria di uno dei due appartamenti di via Mons. Aliquò n. 9 e sorella del locatario dell'altro appartamento, divenuta dirigente amministrativo del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, si trova, ad avviso dell'interrogante, in condizione di incompatibilità con l'incarico ricoperto, in ragione dei contratti di locazione stipulati dalla stessa e dal di lei fratello in relazione ad immobili (uno dei quali assegnato proprio al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ove la stessa svolge le sue funzioni) rimasti del tutto inutilizzati;
infatti, secondo il codice di comportamento dei dipendenti pubblici «il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi... e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione», mentre «il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado e affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio»;
il predetto contratto di locazione, pur a fronte del ruolo di dirigente amministrativo presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ricoperto dalla dottoressa Speciale, è stato sempre puntualmente rinnovato, con la corresponsione di un canone di locazione pari a 18.000.000 (diciotto milioni) di lire poi riconvertito e aggiornato in 12.077,22 (dodicimilasettantasette/22) euro;
ed ancora con nota del 23 aprile 2008, prot. 20139, i signori Domenica Rita Speciale e Mario Speciale richiedevano al comune di Barcellona Pozzo di Gotto l'aggiornamento del canone di locazione secondo gli indici ISTAT;

l'adeguamento del canone veniva concesso con determina n. 2902 del 6 novembre 2008;
in seguito a tale determina il canone annuo di locazione è divenuto 12.394,85 (dodicimilatrecentonovantaquattro/85) euro;
a seguito delle rimostranze delle locali organizzazioni sindacali (ed in particolar modo della CGIL), nei primi mesi del 2009 il comune di Barcellona Pozzo di Gotto avviava la procedura per l'eventuale disdetta del contratto di locazione relativo all'appartamento di via Mons. Aliquò n. 9 formalmente in uso alla sezione di polizia giudiziaria, inoltrando all'uopo noto alla procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto in data 28 aprile 2009;
rispondendo all'interpello il procuratore della Repubblica in data 7 maggio 2009 comunicava che tali locali si trovavano liberi da arredi e/o altro materiale di pertinenza del proprio ufficio;
il 27 maggio 2009 la CGIL funzione pubblica di Messina inviava al Ministero della giustizia una nota con cui segnalava la situazione relativa agli affitti degli archivi del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto;
con nota del 1o giugno 2009, ricevuta il 10 giugno 2009, il comune di Barcellona Pozzo di Gotto comunicava ai signori Domenica Rita Speciale e Mario Speciale l'intenzione di esercitare il diritto di recesso dal contratto di locazione dei locali di via Mons. Aliquò n. 9, formalmente adibiti alle esigenze degli uffici giudiziari ed ormai inutilizzati;
purtuttavia in tale preannuncio di disdetta il comune faceva riferimento esclusivamente ai locali sede della Sezione di polizia giudiziaria «già da tempo allocata in altro immobile» ma taceva sull'appartamento sito al piano rialzato di via Mons. Aliquò n. 9 già assegnato nel 1993 alla pretura circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto ed oggi nella disponibilità del locale tribunale;
pertanto la peculiare situazione della dottoressa Speciale (contemporaneamente dirigente amministrativo del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, contraente del comune di Barcellona Pozzo di Gotto per la locazione di proprio immobile assegnato proprio al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e sorella dell'altro locatore) ed il conflitto d'interessi che ne deriva rimane a tutt'oggi immutata;
dalla locazione, ad opera del comune di Barcellona Pozzo di Gotto nell'interesse degli uffici giudiziari, di immobili di fatto da molti anni inutilizzati è derivato e tuttora deriva, pertanto, un rilevante danno economico, all'erario;
per tale ragione la CGIL funzione pubblica di Messina ha proposto espressa denuncia alla procura generale presso la Corte dei conti ed al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto -:
se e quali accertamenti siano stati disposti sulla situazione sopra descritta;
se e quali eventuali responsabilità siano state rilevate in ordine ad essa;
in caso negativo, come intendano operare per far cessare il rilevante danno derivante dai fatti sopra descritti e per rimuovere il conflitto d'interesse in cui si trova la dottoressa Domenica Rita Speciale, dirigente amministrativo presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto;
se in relazione a tali vicende vi siano state in passato omissioni e/o negligenze da parte dei vertici degli uffici giudiziari di Barcellona Pozzo di Gotto.
(4-06701)

REALACCI e MARCO CARRA. - Al Presidente del consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla base delle tecnologie attualmente disponibili non risulta credibile, ad avviso dell'interrogante, la motivazione del Governo in carica di puntare sull'energia

nucleare come fonte in grado di fornire significative quantità di energia elettrica a prezzi molto più bassi degli attuali;
la struttura dei costi del nucleare è particolare rispetto a quella delle altre fonti energetiche: incide molto la costruzione degli impianti, relativamente poco la gestione e il costo del combustibile, tantissimo lo smantellamento e la chiusura del ciclo, con la messa in sicurezza delle scorie. Vale la pena sottolineare a tal proposito, che gli italiani ogni anno pagano in bolletta 400 milioni di euro per lo smantellamento del vecchio nucleare. Allo stato attuale di tecnologia in Italia questa fonte energetica, comporta dunque costi elevati, tempi molto lunghi, problemi legati allo smaltimento delle scorie radioattive;
se in un'economia di mercato si tiene conto di tutti questi costi il ritorno al nucleare non è competitivo, mentre diverso è ovviamente, il caso delle centrali già esistenti. È questo il motivo per cui attualmente in tutto l'Occidente sono in costruzione due soli impianti nucleari, uno in Francia a Flamanville e uno in Finlandia a Oikiluoto, entrambi con tecnologia francese Areva, la stessa privilegiata dall'Enel e dal Governo italiano;
l'impianto di Oikiluoto avrebbe dovuto essere consegnato nel 2009, si parla ora del 2012 e i costi di costruzione sono già aumentati del 60 per cento, un vero e proprio disastro industriale;
l'Enel per gestire finanziariamente la costruzione di centrali nucleari, ha chiesto al Governo la certezza dell'acquisto e un prezzo minimo per il kilowattora nucleare. Un'opzione molto lontana da quella di ottenere un prezzo più basso per l'energia, oltre che una messa in discussione dello stesso mercato elettrico;
lo stesso amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni in un'intervista rilasciata al quotidiano il Sole 24 ore il 13 marzo 2010, nel sottolineare allo stato attuale il non interesse dell'Eni per il piano nucleare ha dichiarato che il nucleare è possibile (...) dove è lo Stato ad assumersi l'onere del decomissioning e dove l'Acquirente Unico è disposto a garantire un prezzo minimo. Solo a queste condizioni è conveniente farlo (...) -:
se nel corso degli incontri tra il Governo italiano, il Governo francese e la società francese Areva sia stata ipotizzata una clausola secondo la quale, in caso di mancata realizzazione delle centrali nucleari in Italia, per cause indipendenti dalla volontà del fornitore, lo stesso abbia comunque la garanzia di essere pagato totalmente, con un evidente e pesante onere sulle finanze dello Stato italiano.
(4-06723)

PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre la dichiarazione di «grande evento» in relazione al preannunciato svolgimento nel territorio nazionale dei campionati europei di calcio previsti per il 2016;
la possibile dichiarazione di grande evento per lo svolgimento degli europei di calcio coinvolgerebbe gran parte delle regioni italiane compresa la regione Sardegna e nella fattispecie la città di Cagliari;
il 22 gennaio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ha sottoscritto le lettere di garanzie e di impegni richieste dalla Figc, dando così il via libera alla candidatura italiana a Euro 2016;
il 28 maggio 2010 a Ginevra la Uefa sceglierà tra i Paesi candidati quello che dovrà ospitare l'evento sportivo, le cui ricadute in termini economici e d'immagine saranno rilevanti;
le città italiane candidate ad ospitare gli incontri europei che hanno garantito i presupposti per portare a termine la candidatura sono dodici: Roma, Milano, Napoli, Palermo, Firenze, Bari, Verona, Udine, Cagliari, Torino, Cesena e Parma;

tra le città prescelte Cagliari ha proposto la realizzazione di un nuovo stadio che prevederebbe secondo il progetto presentato 33 mila posti a sedere (capienza netta di 30 mila), stadio e servizi annessi occuperanno 7,5 ettari per una spesa presunta di trenta milioni di euro;
il comune di Cagliari ha adottato una delibera di giunta e un ordine del giorno consiliare, con il quale ha assicurato alla Figc la costruzione del nuovo stadio, che resterà di proprietà pubblica;
attraverso una delibera precedente, la stessa amministrazione ha deciso di assegnare il compito di realizzare gli impianti (e, conseguentemente, di sfruttarne i diritti per un congruo numero di anni) a una società privata, che verrà individuata attraverso un bando di gara pubblico, attualmente in fase di definizione;
la ristrettezza dei tempi e la necessità di dare maggiori certezze alla proposta italiana per lo svolgimento nel nostro Paese dell'importante occasione di promozione rendono necessario perseguire tutte le strade possibili al fine di accelerare la realizzazione delle infrastrutture necessarie a supportare l'evento, a partire dalla realizzazione dello stesso nuovo stadio;
l'attuazione degli interventi è in capo a soggetti diversi a seconda dell'infrastruttura e del tipo di intervento previsto;
nel caso della Sardegna il soggetto preposto è il comune di Cagliari;
si rende necessario attivare meccanismi e procedure per accelerare l'attività amministrativa, operativa e tecnico-gestionale relativa alla realizzazione degli interventi previsti;
oltre allo stadio la città di Cagliari, al fine di ospitare degnamente l'evento, necessita di alcune strategiche opere infrastrutturali;
due interventi fondamentali e imprescindibili riguardano la realizzazione del tunnel sotterraneo di via Roma con servizi annessi e l'interconnessione ferroviaria tra porto, stazione centrale e aeroporto;
i tempi a disposizione per la predisposizione delle procedure e delle autorizzazioni, sia per lo stadio che per le altre due opere, risultano eccessivamente lunghi -:
se non ritenga di dover individuare apposite e urgenti procedure per rendere immediatamente realizzabili tali opere;
se non ritenga che il sindaco di Cagliari pro tempore possa essere nominato, con apposito provvedimento, commissario governativo delegato, al fine di accelerare, autorizzare e approvare tutti gli atti necessari a garantire la puntuale realizzazione degli interventi indispensabili per ospitare l'evento Euro 2016 nella città di Cagliari;
se non ritenga, qualora necessario, di affiancare il commissario delegato l'apporto tecnico amministrativo del competente provveditorato interregionale alle opere pubbliche.
(4-06736)

TOCCAFONDI e GIOACCHINO ALFANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
tra le istituzioni, le imprese e gli operatori è diffusa e crescente una viva preoccupazione circa i ritardi nell'approvazione da parte del Governo delle necessarie iniziative normative per l'indizione e il finanziamento del censimento generale della popolazione e delle abitazioni e del censimento dell'industria e dei servizi;
i censimenti nella tornata del 2001 erano stati indetti con la legge 17 maggio 1999, n. 144, e pertanto il ritardo accumulato per l'attuale tornata è quasi di un anno;
il censimento della popolazione trova fondamento negli articoli 56 e 57 della Costituzione, poiché sulle sue risultanze è basata la ripartizione dei seggi alla Camera e al Senato; ulteriori fonti normative dei prossimi censimenti sono rappresentate dal regolamento (CE) n. 763/2008 del

9 luglio 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, che dispone l'obbligo di effettuazione del censimento nel 2011 per tutti gli Stati membri, e da successivi regolamenti;
il ritardo in questione rischia di compromettere il buon esito delle complesse ed onerose attività preparatorie da parte degli enti coinvolti, a cominciare dall'Istat, che è il coordinatore delle operazioni censuarie e il garante dei risultati, fino ai singoli Comuni, che ne sono il braccio esecutivo;
tale ritardo mette a rischio l'effettuazione dei censimenti nei tempi previsti e qualora la data del 2011 non venga rispettata si aprirà una procedura d'infrazione a carico dell'Italia che comporterà il pagamento di una pesante sanzione monetaria pari quasi al costo delle operazioni censuarie;
i censimenti rappresentano la principale fonte conoscitiva delle risorse umane, abitative, ambientali, economiche del Paese, a livello nazionale e territoriale, regionale, provinciale, comunale e subcomunale;
sulle risultanze dei censimenti si fondano le indagini campionarie che permettono di aggiornare le conoscenze sulle dinamiche della popolazione, dell'economia e della società nel decennio successivo;
il censimento della popolazione rappresenta un'operazione indispensabile per la corretta tenuta delle anagrafi, spina dorsale dell'amministrazione;
i censimenti costituiscono un patrimonio conoscitivo pubblico prezioso e insostituibile e il ritardo nella loro esecuzione rappresenta un danno netto culturale e materiale per la collettività, particolarmente in una fase storica nella quale si sta operando la transizione verso un assetto di federalismo fiscale, che richiede la migliore conoscenza possibile delle condizioni economiche e sociali locali -:
se il Governo intenda adottare, in tempi rapidi, iniziative normative per l'indizione dei censimenti del 2011.
(4-06739)

VELTRONI, SARUBBI, BARBIERI, RAO e ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o morbo di Lou Gehrig è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto (motoneuroni), sia centrali - 1o motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia periferici - 2o motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale;
le cause della SLA sono ancora sconosciute, comunque è ormai accertato che la SLA non è dovuta ad una singola causa; si tratta invece di una malattia multifattoriale, determinata cioè dal concorso di più circostanze e le numerose ricerche in corso mirano a chiarire il ruolo di alcuni fattori;
la SLA è una malattia molto difficile da diagnosticare. Oggi non esiste alcun test o procedura per confermare senza alcun dubbio la diagnosi di SLA. È solo attraverso un attento esame clinico, ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto, ed una serie di esami diagnostici per escludere altre patologie che emerge la diagnosi;
gli esiti di studi scientifici commissionati dalla magistratura hanno evidenziato che in Italia su 24 mila calciatori professionisti monitorati tra il 1970 ed il 2001 i casi di SLA finora accertati sono circa 50 con una incidenza media tra le 6 e le 7 volte superiore a quella riscontrata nella popolazione;
tale incremento dell'incidenza media della malattia - anche se in maniera non così accentuata come in Italia - si è riscontrato anche fra i calciatori inglesi;
tutti gli altri sport indagati dagli studi - pallavolo, basket e ciclismo in particolare - non hanno rilevato tale fenomeno;
gli studi clinici finora effettuati non sono stati ancora in grado di chiarire la correlazione fra la suddetta malattia (anche

nelle sue varianti Bulbare) e l'incremento numerico di casi insorti fra giocatori professionisti di calcio -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a:
a) porre rimedio alle innumerevoli carenze dell'assistenza domiciliare del paziente affetto da SLA che essendo impossibilitato a recarsi in strutture ospedaliere, necessita di un intervento continuativo da parte dell'Asl territoriale considerato che su questo punto esistono a tutt'oggi gravi ostacoli di tipo burocratico e normativi, ai quali spesso le regioni non riescono a dare delle soluzioni (ad esempio, la difficile compresenza di medico e infermiere per una semplice somministrazione di antibiotici endovena nei pazienti affetti da Sla, che è necessaria nelle gravi affezioni polmonari);
b) dati gli ultimi sviluppi della ricerca scientifica, concentrare l'attenzione sull'analisi della popolazione calcistica affetta da Sla e verificare le eventuali connessioni con fattori ambientali: pesticidi, diserbanti o popolazione microbica residente presente nei terreni di calcio.
(4-06747)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 dicembre 2009, la sezione dell'Alta Corte di Shimla, in India, composta dai giudici Surinder Singh e Surjit Singh, ha assolto in secondo grado Angelo Falcone e gli altri coimputati dall'accusa di traffico internazionale di droga, ordinandone l'immediato rilascio dalla prigione di Nahan;
Angelo Falcone era stato arrestato con Simone Nobili il 9 marzo 2007, al loro primo viaggio all'estero nella località di Mandi dalla polizia locale che sosteneva fossero in possesso di 18 chili di hashish e per questo condannati a 10 anni di carcere in primo grado;
i cittadini italiani si sono sempre dichiarati innocenti e attualmente sono sprovvisti di documenti necessari a trovare ricovero in albergo e dunque costretti a girovagare senza fissa dimora riuscendo a sopravvivere grazie al denaro elargito dall'Ambasciata italiana a Dheli che sta seguendo il caso;
la pubblica accusa dell'India ha presentato il 22 marzo 2010, ricorso in terza istanza con ben 20 giorni di ritardo e sulla cui ammissibilità si dovrà pronunciare la Corte suprema;
prassi locali fanno presagire che nonostante il ritardo il ricorso sarà ammesso;
i costi finora sostenuti per la difesa di Angelo Falcone ammontano a circa 40 mila euro ed una prima stima dei costi per la difesa in ultima istanza ammonterebbero a 7000 euro solo per la prima udienza, costi che saranno sostenuti dalla nostra rappresentanza a Dheli;
a giudizio degli interroganti il comportamento delle autorità indiane si configura come volto a perseguitare cittadini italiani anche al fine di introitare denaro più che a perseguire i veri responsabili del traffico di droga;
se e come il Ministro intenda sottoporre al suo omologo indiano il caso di Angelo Falcone e di Simone Nobili come emblematico di un modo di amministrare la giustizia volto a penalizzare e a sfruttare i cittadini italiani -:
se e come il Ministro intenda porre nei confronti del Governo indiano la necessità di un rispetto delle norme internazionali in materia di trattamento dei cittadini stranieri detenuti o condannati in India;

quali misure intenda adottare a tutela dei cittadini italiani detenuti in India e nel mondo.
(4-06705)

PORTA, BUCCHINO e GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno dell'accumulo delle richieste di cittadinanza in Paesi dell'America Latina di forte tradizione emigratoria, oltre a ledere un diritto fondamentale del cittadino, intacca l'immagine dell'amministrazione italiana rispetto alle nostre comunità e alimenta preoccupanti circuiti di affarismo e di illegalità, come confermato da recenti inchieste apparse su autorevoli organi di informazione italiani e stranieri;
per affrontare la giacenza di un milione circa di richieste inevase di cittadinanza in Brasile, Argentina, Uruguay e Venezuela, a seguito di uno specifico stanziamento nella finanziaria per il 2008, nel maggio di quell'anno è stata autorizzata la costituzione di una speciale task force, alla quale sono stati destinate risorse umane straordinarie, nella misura di 20-25 missioni di lunga durata, 25 unità di ruolo aggiuntive, 50 impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato, da reperire in loco con particolari modalità, e un certo numero di «digitatori» da acquisire mediante società di lavoro interinale;
a distanza di circa due anni dal concepimento di questa soluzione straordinaria e di circa un anno dalla sua concreta entrata in funzione pervengono notizie di stampa che configurano esiti molto diversi nei Paesi dove la task force sta operando;
in Argentina, infatti, le locali autorità consolari hanno annunciato l'azzeramento delle 62.000 richieste in attesa dal 2002 entro la fine del mese di marzo 2010, mentre in Brasile le richieste inevase ammonterebbero ancora a poco meno di 600.000, con una punta di 400.000 nel solo consolato di San Paolo -:
da quali ragioni dipenda una così forte divaricazione di risultati di un'esperienza amministrativa concepita unitariamente e secondo modalità omogenee;
quale sia l'effettiva situazione delle giacenze delle richieste di cittadinanza in ciascuno dei Paesi nei quali la task force ha operato e in ciascun consolato di tali Paesi;
quali siano le previsioni di azzeramento delle pratiche giacenti per ciascun Paese e, in caso di particolari difficoltà, come quelle manifestatesi in Brasile, se il Ministro non ritenga di adottare specifiche misure di riequilibrio, volte a conseguire in breve tempo un risultato positivo e omogeneo.
(4-06720)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche europee. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato da un articolo del quotidiano: Il Corriere della Sera, l'Italia, attraverso la Cassa depositi e prestiti, entro il 2012 deve corrispondere una cifra pari a 840 milioni di euro all'Unione europea, al fine di evitare l'inadempienza prevista per il mancato rispetto dell'applicazione del Protocollo di Kyoto sui tetti di emissione di anidride carbonica assegnati ai singoli Paesi;
il suddetto articolo prosegue, riportando i dati preliminari riferiti all'anno 2009 dalla Commissione europea, sostenendo come il nostro Paese a prima vista figuri in una posizione vantaggiosa, considerando che la riduzione di CO2 ha raggiunto il 16,4 per cento a fronte della media europea pari all'11,2;
in realtà, la frenata è quasi interamente collegata alla recessione, secondo

un'equazione: meno produzione uguale meno inquinamento, che di conseguenza non consente all'Italia di rientrare nei parametri del «Piano nazionale di assegnazione dei permessi di emissione alle imprese italiane (il cosiddetto Pna) approvato il 28 febbraio 2008;
il predetto provvedimento recepiva la direttiva europea emission trading che prevedeva: una quota di emissioni per ogni Paese (da distribuire tra le industrie attive sul territorio nazionale) e l'istituzione di un mercato in cui comprare o vendere i certificati di CO2, ovvero dei bonus aggiuntivi che consentono alle imprese di superare il limite assegnato di anidride carbonica;
per il periodo 2008-2012 il vincolo-obiettivo per l'Italia risulta pari a 201, 63 milioni di tonnellate all'anno, che costituisce un traguardo fuori dalla portata del nostro sistema economico, come spesso segnalato dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
il principio della direttiva era sostanzialmente quello di costringere il sistema produttivo delle imprese del settore di modernizzare gli impianti e di abbattere le emissioni di CO2, ma l'obiettivo non è stato raggiunto;
l'articolo suesposto sostiene che le imprese italiane che non hanno raggiunto gli obiettivi di modernizzazione dei propri impianti, sono costrette a comprare i certificati sul mercato europeo dell'emission trading, al fine di mettersi in regola con il bilancio energetico, per un totale, come precedentemente riportato, di una cifra pari a di 840 milioni di euro;
in alternativa le conseguenze nel 2012, a giudizio del rapporto pubblicato, sarebbero devastanti poiché la Commissione europea avvierebbe una procedura d'infrazione che si concluderebbe con una multa colossale per l'Italia pari a 3 miliardi di euro -:
se le notizie pubblicate dall'articolo del quotidiano: Il Corriere della sera corrispondano al vero;
in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere al fine di evitare che la Commissione europea commini una multa al nostro Paese così elevata, come riportato in premessa;
se non ritengano opportuno infine valutare l'opportunità di prevedere un'iniziativa legislativa ad hoc, al fine di salvaguardare e tutelare le imprese del settore, che a causa della crisi economica, non sono riuscite a rientrare nei parametri previsti dalla direttiva europea citata in premessa.
(5-02721)

Interrogazioni a risposta scritta:

PILI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'ambiente - Divisione VIII Bonifiche e risanamento è competente per:
la definizione ed aggiornamento dei criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati d'interesse nazionale e per la redazione dei progetti di bonifica ai sensi della vigente normativa;
la definizione dei criteri per l'individuazione dei siti inquinati d'interesse nazionale ai sensi della vigente normativa e delle migliori tecnologie da applicare alle matrici ambientali interessate;
l'individuazione di nuovi siti di bonifica da classificare come d'interesse nazionale ai sensi della vigente normativa, con particolare attenzione alle aree marittime, portuali, lagunari, lacuali e fluviali;
lo svolgimento delle funzioni in materia di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale dei siti di bonifica d'interesse nazionale;
la predisposizione degli atti necessari per la definizione, l'aggiornamento e

la verifica del Programma nazionale di bonifica e del Piano straordinario per la bonifica e il recupero ambientale di aree industriali prioritarie, ivi comprese quelle ex estrattive minerarie;
la predisposizione degli atti necessari ai fini della perimetrazione dei siti di interesse nazionale da sottoporre a bonifica e ripristino ambientale;
l'individuazione dei nuovi siti di bonifica per la presenza di rifiuti abbandonati di amianto e di rifiuti derivanti dalle attività minerarie anche dismesse;
il monitoraggio e controllo della conformità dei piani regionali di bonifica alla normativa vigente, nonché monitoraggio dello stato di attuazione degli interventi in essi previsti;
il censimento delle discariche a fine vita, nonché monitoraggio e verifica della conformità alla legislazione vigente degli interventi volti alla loro messa in sicurezza, bonifica, ripristino ambientale ed eventuale chiusura;
l'individuazione su indicazione regionale degli interventi da bonificare di particolare urgenza nelle zone del territorio nazionale interessato da amianto;
la predisposizione delle attività necessarie all'attribuzione delle risorse per la mappatura delle zone del territorio nazionale interessato da amianto nonché per gli interventi di bonifica di particolare urgenza;
in data 26 febbraio 2001 il Tribunale di Cagliari ha pronunciato la risoluzione del concordato preventivo della società Ferriere Acciaierie Sarde, dichiarandone il fallimento e nominando giudice delegato e curatori fallimentari;
l'area in cui sorge lo stabilimento di titolarità della predetta società risulta interamente compresa al Fg. n. 557 della Carta d'Italia dell'I.G.M. - Sezione III;
il sito, avente una superficie di circa 40 ha è ubicato a sud-est del comune di Elmas, provincia di Cagliari, a circa un chilometro dallo stagno denominato Santa Gilla ed a qualche centinaio di metri dal Rio Sestu;
il ciclo produttivo adottato dalla società in esame, finalizzato alla produzione di ferro tondo per cemento armato, può essere sinteticamente riassunto nelle seguenti fasi fondamentali:
trattamento e riduzione volumetrica degli scarti ferrosi;
fusione degli scarti mediante forno elettrico e produzione di billette d'acciaio;
laminazione delle billette d'acciaio e produzione di ferro tondo;
la materia prima prevalentemente utilizzata era rappresentata da autoveicoli dismessi sottoposti ad attività di riduzione volumetrica;
l'esplicazione di tale ciclo di lavorazione, condotto talvolta con insufficiente oculatezza ed attenzione sotto il profilo della tutela ambientale, ha determinato una serie rilevante di dispersioni di contaminanti con effetto cumulativo nel medio-lungo periodo;
la F.A.S. Spa produceva ferro tondo per cemento armato trattando quantità di scarti ferrosi variabili tra le 55.000 e le 100.000 tonnellate annue;
all'interno dello stabilimento sono stoccati residui classificati come tossico-nocivi denominati «fanghi di abbattimento fumi forno elettrico» che contengono quantità rilevanti di metalli pesanti (Fe, Zn, Pb, Cd, As, Sb, e altri) e che venivano normalmente ceduti all'Enirisorse di Portoscuso (ora Portovesme Srl) per l'estrazione e il riutilizzo dei metalli, oltre alle scorie di acciaieria classificate come speciali;
dalle indagini condotte sul sito è emerso, nell'ambito del compendio industriale, un ingente quantitativo di fanghi da fumi di acciaieria, contenuti in un vascone in calcestruzzo cementizio, di amianto in frammenti all'interno dei capannoni industriali, di policlorobifenili negli

olii dielettrici dei trasformatori impiegati nell'attività produttiva, nonché la probabile presenza di materiali inquinanti nelle scorie ed altri materiali di scarto;
l'area di cui in oggetto era di proprietà della Società «F.A.S. ferriere acciaierie sarde Spa» (la «F.A.S. Spa») la quale operava nel settore di lavorazione di materiali ferrosi e acciaio;
F.A.S. Spa, trovandosi in stato di insolvenza, veniva assoggettata dal tribunale di Cagliari a procedura fallimentare, nominando curatori della società i signori Dessalvi e Meloni;
a seguito di tale procedura, l'attività produttiva nell'area, già fortemente ridimensionata negli anni '80-'90, è completamente cessata, con conseguente ed integrale dismissione del sito produttivo;
in data 31 marzo 2001, in ragione dello stato di contaminazione dell'area riferibile alle attività produttive condotte dalla F.A.S. Spa, i curatori fallimentari avrebbero avviato la procedura di bonifica dell'area ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 e del decreto ministeriale n. 471 del 1999, procedura che sarebbe ad oggi ancora in corso;
in data 1o giugno 2007, il tribunale di Cagliari omologava con proprio decreto un concordato fallimentare;
in data 29 gennaio 2008, il tribunale di Cagliari, nell'ambito del soprarichiamato concordato fallimentare, trasferiva la proprietà dell'area di cui in oggetto alla società Villa del Mas Srl;
la Gazzetta Ufficiale n. 24 in data 29 gennaio 2008, stesso giorno della definizione del concordato fallimentare, pubblicava il decreto legislativo approvato 16 gennaio 2008, n. 4 recante «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale»;
il decreto legislativo n. 4 del 2008 all'articolo 2, comma 43-ter, ha introdotto il seguente articolo 252-bis al cosiddetto codice ambientale:
«252-bis. Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale.
1. Con uno o più decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, nonché il termine, compreso fra novanta e trecentosessanta giorni, per la conclusione delle conferenze di servizi di cui al comma 5. In tali siti sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo. Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati, entro dodici mesi dall'adozione del decreto di cui al presente comma, con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per lo sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute e il presidente della regione territorialmente competente, sentiti il presidente della provincia e il sindaco del comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.
2. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è

obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.
l'articolo 253 dello stesso decreto n. 4 del 2006 prevede oneri reali e privilegi speciali così disciplinati:
1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.
2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
3. il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.
4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subìto;
il Consiglio comunale di Elmas il 18 gennaio 2010 ha assunto a maggioranza la deliberazione: riqualificazione ambientale ed urbanistica dell'area ex FAS - atto di indirizzo;
nel dispositivo della deliberazione si legge:
la società Villa del Mas Srl ha provveduto a presentare nel mese di marzo 2009 un progetto operativo di bonifica che, recependo le preferenze della amministrazione comunale di Elmas, prevede la rimozione e lo smaltimento presso una discarica esterna di tutti i rifiuti e di tutto il terreno contaminato presente in sito;
tale soluzione, sebbene preferibile in quanto idonea a garantire la massima tutela ambientale per il territorio di Elmas - secondo l'amministrazione comunale di Elmas - risulta particolarmente onerosa per l'operatore privato e crea in capo allo stesso un onere superiore rispetto a quello richiesto dalla legge;
la società Villa del Mas Srl, pur confermando la propria disponibilità ad eseguire il progetto di bonifica concordato, ha rilevato che lo stesso non è economicamente sostenibile se non all'interno di una riqualificazione complessiva dell'area dismessa, riqualificazione che dovrebbe essere affidata ad un accordo di programma che, tra le altre cose, preveda anche l'inserimento di nuove funzioni e destinazioni;
con nota del 13 gennaio 2009, la Società Villa del Mas Srl, aveva già presentato una proposta di accordo di programma che, anche ai sensi dell'articolo 246 decreto legislativo n. 152 del 2005, coordinasse la bonifica dell'area con la riqualificazione urbanistica della stessa al fine di renderne sostenibile l'intervento;
tale necessità di coordinamento è stata ribadita e sottolineata anche in occasione della citata Conferenza di servizi del 28 agosto 2009 e con successiva nota del 16 dicembre 2009;

la bonifica e la riqualificazione dell'area dismessa ex F.A.S. Spa rappresenta un intervento di interesse generale in ragione, da un lato, delle pregnanti esigenze di tutela - garantite a livello costituzionale - dell'ambiente e della salute, dall'altro, in ragione dell'esigenza di dover programmare un uso del territorio sostenibile e utile per la cittadinanza, attraverso il recupero di un'area dismessa e già edificata, con conseguente salvaguardia di aree verdi e naturali non ancora edificate;
la società Villa del Mas Srl, sebbene non responsabile dell'inquinamento dell'area, acquisendo l'area, si è detta disponibile ad intervenire volontariamente nella procedura di bonifica al fine di programmare una riqualificazione dell'area sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista urbanistico;
il progetto operativo di bonifica presentato dalla Società Villa del Mas Srl e valutato «Favorevole a Condizione» dalla Conferenza di Servizi del 28 agosto 2009, ha previsto, così come richiesto dalle amministrazioni locali, come obiettivo della bonifica il raggiungimento delle CSC attraverso la rimozione e lo smaltimento di tutto il terreno contaminato e/o compromesso;
la fissazione di tale obiettivo di bonifica maggiormente cautelativo determina - sempre secondo l'amministrazione comunale - un costo a carico dell'operatore privato molto elevato ed economicamente non sostenibile in considerazione dell'attuale situazione dell'area, ormai dismessa da diversi anni e non più di interesse per l'insediamento di nuove attività produttive/manifatturiere e ciò vista la grande dimensione dell'area stessa e viste le attuali difficoltà economiche che, su scala nazionale e internazionale, colpiscono le attività manifatturiere;
il costo dell'intervento di bonifica, sempre secondo l'amministrazione comunale - se non bilanciato da una riqualificazione complessiva dell'area attraverso l'insediamento di nuove destinazioni e funzioni più attuali e di interesse per i cittadini e per il territorio, pregiudicherà l'attuazione e la realizzazione del progetto operativo di bonifica stesso;
è comprensibile, sempre secondo l'amministrazione comunale di Elmas, in linea di massima, la richiesta del privato volta alla promozione di un accordo di programma che coordini l'esecuzione del progetto operativo di bonifica con lo sviluppo urbanistico dell'area;
l'amministrazione comunale considererà l'introduzione di nuove destinazioni idonee a garantire un effettivo riutilizzo dell'area e la sostenibilità dell'intervento di bonifica stesso;
è altresì condivisibile, sempre secondo l'amministrazione comunale, l'opportunità di coordinare i lavori di bonifica con lo sviluppo urbanistico del sito;
lo strumento di coordinamento più adatto per la riqualificazione complessiva dell'area può essere effettivamente individuato, secondo l'amministrazione comunale, in un piano strategico ovvero accordo di programma, eventualmente promosso su base regionale (per la valutazione degli aspetti relativi alle attività commerciali), il quale, oltre a regolare i modi e tempi della bonifica ai sensi dell'articolo 246 del decreto legislativo n. 152 del 2006, può anche comportare variazione urbanistica ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
in sede di accordo di programma - secondo il comune di Elmas - verranno individuate le destinazioni e funzioni da inserire nell'area e che pertanto il consiglio comunale, con la presente delibera, non prende posizione e non esprime valutazioni di merito sulla proposta di accordo di programma presentata dal privato il 13 gennaio 2009, ma individua solamente lo strumento attraverso cui programmare la riqualificazione urbanistica del sito;
appare opportuno e necessario: promuovere un piano strategico ovvero

accordo di programma che disciplini la riqualificazione complessiva dell'area dismessa;
prendere atto dell'esigenza manifestata dalla società Villa del Mas di programmare la riqualificazione dell'intera area attraverso un apposito accordo di programma, che coordinerà e regolerà la riqualificazione urbanistica e il ripristino ambientale dell'area ex F.A.S.;
prendere atto dell'esigenza manifestata dalla Società Villa del Mas di coordinare l'intervento di bonifica con lo sviluppo urbanistico dell'area con il conseguente rinvio dell'esecuzione del progetto operativo di bonifica all'accordo di programma di cui al punto precedente;
confermare l'interesse già manifestato dell'amministrazione comunale di ottenere una bonifica radicale dell'area ex F.A.S. volta a rimuovere e conferire in discarica i rifiuti depositati nel sito e il terreno contaminato per il raggiungimento dei livelli più cautelativi per la salute pubblica;
assumere come atto di indirizzo la volontà che l'accordo di programma preveda la conclusione della bonifica da parte dell'operatore privato come fase obbligatoria, precedente e indispensabile alla conseguente fase di sviluppo urbanistico;
assumere quale atto di indirizzo di avviare le procedure per la promozione del piano strategico ovvero dell'accordo di programma, anche su base regionale -:
se l'area della ex FAS, ricadente nel Comune di Elmas e confinante con quello di Cagliari, rientri, per tipologia e caratteristiche, nei criteri di individuazione dei siti inquinati d'interesse nazionale;
se nell'ambito delle proprie competenze sia stato predisposto un aggiornamento del piano di bonifiche nazionali relativo ad aree industriali prioritarie;
se per il sito ex FAS debba essere applicata la disposizione del comma 2 dell'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 relativamente all'obbligo del proprietario del sito contaminato di farsi carico degli oneri connessi alla messa in sicurezza e bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali;
se gli interventi di bonifica e messa in sicurezza siano stati verificati dal Ministero e se la quantificazione degli oneri sia stata effettuata per l'iscrizione, come previsto dalle norme vigenti, nel certificato di destinazione urbanistica;
se sia suffragata da elementi conoscitivi in possesso del Ministero dell'Ambiente l'affermazione contenuta nella delibera del Consiglio comunale di Elmas del 18 gennaio 2010 relativamente alla riqualificazione ambientale e urbanistica dell'area ex FAS dove si afferma che la soluzione di bonifica «risulta particolarmente onerosa per l'operatore privato e crea in capo allo stesso un onere superiore rispetto a quello richiesto dalla legge» e se il Ministero ritenga necessario con proprio diretto intervento, relativamente alle proprie competenze, verificare con quali parametri e criteri sia stato previsto e valutato «un onere superiore a quello richiesto dalla legge»;
se l'obiettivo di riqualificazione dell'area, con la paventata sostanziale modifica della destinazione urbanistica, non confligga con le principali funzioni pubbliche dell'area stessa ed in particolare:
a) se la viabilità statale interessata a quell'area, con la funzione di raccordo di tutto il sud Sardegna con l'aeroporto di Cagliari - Elmas e lo stesso ingresso a sud della città di Cagliari, rischi di essere fortemente compromessa per un congestionamento legato ad un insediamento confliggente con le infrastrutture aeroportuali strategiche della Sardegna;
b) se il carico urbanistico, risulterebbero ipotizzati oltre 10.000 nuovi residenti e strutture commerciali fruibili da decine di migliaia di utenti al giorno, con evidente sovraccarico territoriale e urbanistico rispetto alla posizione dell'aeroporto di Cagliari direttamente collegato con la

stessa area ex FAS, risulti in contrasto con i piani di sviluppo aeroportuali valutati da Enac e della viabilità statale pianificati e realizzati da Anas di concerto con la regione Sardegna
(4-06717)

NACCARATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 è stato pubblicato il decreto ministeriale che regolamenta l'entrata in vigore del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (denominato SISTRI), introducendo parziali modifiche al precedente decreto del 17 dicembre 2009;
tali decreti prevedono, in un lasso di tempo che varia dal 30 marzo al 27 aprile 2010 a seconda delle categorie interessate, l'implementazione dei sistemi operativi nonché la disponibilità di attrezzature costose soprattutto per le imprese di piccole dimensioni;
l'obiettivo del decreto, ovvero quello di contrastare le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti pericolosi e garantire corrette e trasparenti modalità di smaltimento degli stessi, è chiaramente condivisibile;
tuttavia il provvedimento in oggetto obbliga anche le piccole aziende che producono una quantità irrisoria di rifiuti speciali ogni anno, a dotarsi di tutte le attrezzature necessarie per l'accesso telematico al sistema SISTRI;
senza la necessaria differenziazione tra aziende di grandi dimensioni, medie e piccole l'avvio del sistema SISTRI rischia di configurarsi per le attività economiche più piccole come un onere aggiuntivo di rilievo che penalizza ulteriormente l'attività di tali aziende, già colpite dalla grave crisi economica in atto;
inoltre, la mancanza di linee ADSL in larga parte del territorio nazionale renderà problematico l'efficiente utilizzo del sistema telematico, aumentando i costi per le imprese -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali misure i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di garantire alle piccole imprese un più adeguato lasso di tempo per l'adempimento dell'obbligo che dia modo alle piccole imprese di programmare l'entrata in funzione del nuovo sistema, in considerazione delle rilevanti conseguenze penali derivanti da eventuali errori in buona fede;
cosa intendano fare i Ministri interrogati per specificare meglio la platea dei soggetti sottoposti dal decreto in questione all'implementazione del sistema SISTRI, escludendo attività che producono rifiuti speciali in quantità minimale, ferma restando in vigore la modulistica precedente al decreto che fornisce sufficiente informazione;
quali misure i Ministri intendano attuare per verificare la possibilità di un accesso gratuito al sistema SISTRI per non pesare sui bilanci di aziende di piccole dimensioni già in grande difficoltà a causa della crisi economica.
(4-06719)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la collina di San Cornelio, posta a sud-est dell'agglomerato urbano di Arezzo, è da considerarsi nel suo insieme di grande interesse paesaggistico e naturalistico;
alla sua sommità si trova il sito etrusco-romano di Castelsecco, di notevole importanza storica e archeologica;

il colle di Castelsecco (oltre 400 metri sul livello del mare), indagato a più riprese a partire dalla fine dell'Ottocento, mostra una peculiare configurazione a terrazza ovaleggiante gradonata, sorretta da un'imponente struttura muraria, sagomata sulla fronte da quattordici larghi speroni aggettanti, interpretata come le antiche vestigia dell'Arretium vetus o il prolungamento della cinta muraria difensiva della città etrusco-romana che andava ad abbracciare l'«Acropoli» dell'urbe;
l'emergenza più significativa dell'area è ad oggi sicuramente rappresentata dalla struttura teatrale portata in luce negli anni '70 da G. Maetzke, di cui si conservano i resti dell'ampia cavea, il pulpitus, le parodoi, l'orchestra, e le fondazioni della scenae frons, che insiste sul poderoso sistema di terrazzamento speronato affacciato sul versante sud dell'alto pianoro;
un teatro realizzato, a differenza delle coeve strutture precarie in legno, solidamente in pietra. Un teatro enfaticamente stabile che ben si attaglia ad un centro urbano come Arezzo che, in età tardo-ellenistica, già si innalzava al ruolo di città «industriale» che eccelleva nella produzione delle armi in bronzo e che - nell'ottica di un rapporto stretto con l'Urbe di Roma -, metteva in scena nel teatro «di pietra» i drammi e le tragedie etrusche di Varroniana memoria;
il recupero di numerosi frammenti di ex-voto fittili in forma di statuette di infanti in fasce accanto al ritrovamento di un'iscrizione di dedica a Tinia, sembra documentare un culto connesso a divinità della fertilità e della maternità, affiancato a quello devoluto alla somma divinità del Pantheon etrusco; alla coppia di divinità dovevano essere dedicati i due templi eretti su due rialzi naturali del terreno artificialmente ritagliati e livellati a formare piattaforme;
al pari di altri Santuari etruschi extra-urbani, caratterizzati dalla bipolarità «teatro-edifici di culto», quello di Castelsecco (II-I sec. a.C.), collocato ad una breve distanza dalla città, era strettamente e funzionalmente ad essa collegato ed occupava una posizione altamente strategica, ubicato lungo una delle principali arterie e direttrici di traffico commerciale che ponevano in comunicazione il centro di Arezzo con la Val Tiberina e - mediante questa - con il litorale adriatico, da un lato, e con le aree interne dell'etruscità umbra, dall'altro;
l'idea è quella di «riscoprire il sito» di Castelsecco, riportare alla luce le sue antiche vestigia, restaurarle e proteggerle, per dar vita ad un «Parco naturalistico-archeologico» in cui rifulga con particolare splendore il teatro etrusco in pietra ripristinato e «restituito» al pubblico;
e quella di inserire un «cuneo verde» (colle di S. Cornelio), significativo dal punto di vista ambientale e culturale, all'interno della città, inglobando l'acropoli che vi sta sopra (Castelsecco) nel tessuto urbano e ricostituendo organicamente, come nelle più celebri città antiche, il binomio storico città bassa-città alta;
il tutto in un ambito di «riqualificazione» generale di quell'area collinare e pedecollinare, oggi desolatamente abbandonata e degradata, che dovrebbe assumere il ruolo di polo naturalistico-ambientale e centro culturale ricreativo;
la città, «riappropriandosi» della collina di S. Cornelio con l'area archeologica di Castelsecco, elevata a soli 1500 metri di distanza in linea d'aria dal centro urbano, verrebbe ad assumere urbanisticamente un'altra dimensione e, con la conservazione e valorizzazione delle sue risorse paesaggistico-naturalistiche e artistico-storiche, si aprirebbe, con valide credenziali, anche al «turismo ambientale e culturale»;
gli obiettivi sono, in sintesi, quelli di riqualificazione ambientale e urbanistica dell'area, di valorizzazione dell'area archeologica, di restauro e ristrutturazione degli edifici esistenti, di sistemazione a spazio pubblico dell'area sommitale libera della collina; riguadagnando alla città di Arezzo un'area di eccellenza, correlabile

alla contemporaneità eleggendola a sede di Progetti d'avanguardia ove emerga in primo piano l'impegno della realtà cittadina di Arezzo;
le politiche per la rivalutazione ambientale hanno infatti, se congruamente supportate da adeguate politiche di «marketing» territoriale, un ritorno economico in termini di creazione di un «valore aggiunto» per la città, per la sua immagine, per il suo turismo, ma anche per tutte le attività ad esso economicamente collegate e per l'indotto nel suo complesso;
in particolare il recupero di un'area siffatta e delle strutture in situ porrà le basi per dar luogo a iniziative di carattere scientifico e di ricerca sull'ambiente (anche particolari), articolabili in un allestimento anche stabile di laboratori di ricerca e di sperimentazione capaci di coinvolgere l'utenza scolastica ad ogni grado e livello e quella di studiosi e ricercatori in ambiti specialistici;
gli interventi più significativi sono pertanto quelli di restauro e ristrutturazione degli edifici esistenti (chiesetta di San Cornelio, casa colonica semi-diruta, podere Palazzo e annesso agricolo) tutti, esclusa la chiesetta (proprietà dell'Associazione Castelsecco Onlus), di proprietà comunale, che potrebbero ospitare rispettivamente un Centro di accoglienza ed un Centro di documentazione, che funge anche da centro di ricerca, espositivo, multimediale, eccetera;
all'obiettivo di riqualificazione paesistico-ambientale, culturale e urbanistica della città, si affianca quello della riqualificazione socio-economica dell'area che avviene attraverso la creazione di flussi turistici nuovi (turismo ambientale, archeologico, naturalistico, culturale in generale e a carattere didattico-scientifico (laboratori sperimentali d'avanguardia, centro di didattica ambientale e archeologica);
creazione di posti di lavoro diretti (manutenzione ordinaria dei percorsi e degli spazi verdi, guide specializzate nelle risorse ambientali e archeologiche del territorio, istruttori ed esperti nel campo dello studio della flora e della fauna, accompagnatori/istruttori qualificati, gestione dei servizi di accoglienza e di ristoro, custodi, manutenzioni impianti, e altro);
la presente iniziativa, nella messe delle destinazioni possibili, potrebbe andare ad occupare - per quanto concerne la regione Toscana - gli spazi propositivi ancora esistenti nell'ambito della presentazione di iniziative culturali inquadrabili nel progetto europeo Expo 2015;
in questa ottica, negli ultimi 5 anni, l'Ente, cassa di risparmio di Firenze ha supportato le finalità e gli obiettivi sopra esposti mediante il contributo complessivo di circa 500.000 euro, cifra utilizzata per ripulire il sito, caduto in uno stato di assoluto abbandono e degrado, e per il restauro della piccola chiesa di San Cornelio, che sta avviandosi al completamento -:
quali iniziative anche di carattere finanziario il Ministero intenda assumere per poter continuare l'attuazione delle linee portanti del progetto sopra sintetizzato, capace di recuperare un autentico «gioiello» già appartenuto in passato all'elenco UNESCO dei siti dichiarati patrimonio culturale indiscusso dell'umanità.
(4-06703)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 3 aprile 2010 il quotidiano Il Mattino pubblicava il seguente articolo del giornalista Paolo Barbuto, sulle incredibili condizioni in cui versa la chiesa di Santa Maria a Vertecoeli: «Ha gli occhi semichiusi e il dolore disegnato sul volto. Quel Gesù Cristo di legno ai piedi dell'altare non è stato deposto dalla croce: è stato strappato, spezzato, umiliato e offeso. Santa Maria a Vertecoeli, cuore della Napoli

delle cento chiese; il Duomo è a quaranta metri in linea d'aria. Eppure la fede sembra lontana mille chilometri da questo luogo sacro. Il simbolo di Gesù che muore sulla croce, nell'oscurità di questa chiesa vietata dai giorni del terremoto, è stato profanato. Ed è stata Napoli a profanarlo. L'ha lasciato a marcire nell'incuria e nell'abbandono. Non l'ha visto mentre si sgretolava e scivolava giù dalla croce. Non l'ha raccolto quando è caduto esattamente ai piedi dell'altare: oggi quel che resta della statua del Cristo crocifisso giace in mezzo ai detriti e al marciume, al centro di un orrendo impasto di resti di piccioni morti, pezzi degli stucchi crollati e escrementi di animali. Fino ad ora la nostra inchiesta ci ha portati dentro undici chiese abbandonate. Avevamo già trovato (e fotografato) una statua di Gesù che era scivolata giù dalla croce e si era dolcemente adagiata su un altare. Abbiamo trovato soprattutto muri crollati e ossari abbandonati, affreschi ridotti in pezzi e bare profanate: ma nessuno degli orrori in cui ci siamo imbattuti, è stato più doloroso dello sguardo del Gesù Cristo di Santa Maria a Vertecoeli. La chiesa si trova in un vicolo al quale ha ceduto il nome. Nel palazzo di fronte c'è incastonata una colonna romana. Quella colonna viene usata per allacciare un filo di panni e per tenere le scope a testa all'insù: così le scope non si rovinano, la colonna romana sì «ma quella non serve a niente», dice la signora mostrando ineffabile certezza. La sola vista della facciata esterna mette i brividi: il gigantesco portone verde è incastonato in un mare di stucchi in pezzi, colonne aggredite dalla muffa, intonaci cadenti. Dietro al portone è stata costruita una gabbia di ferro: l'hanno messa dopo che i ladri avevano portato via qualunque cosa. Le grate e i lucchetti, adesso proteggono il nulla che è rimasto dentro a quel luogo. Anche il pavimento è stato rimosso. L'unico segno dell'antica bellezza è l'altare «tutto di scelti marmi colorati», come lo descriveva Celano 1856. E ancora al suo posto, malconcio, ma c'è. Dietro l'altare c'è un gatto mummificato che fa la guardia a una cassaforte svaligiata e ai cassoni dov'erano conservati gli abiti sacri. Un percorso di corridoi interni conduce al coro che ha dimensioni piccole e un tempo doveva essere bello. Oggi l'organo antico si trova esattamente al centro della struttura. Chi l'ha trascinato qui ha anche provveduto ad accartocciare le canne, a spezzettare i tasti, a ridurre in pezzi i meccanismi. Tutt'intorno allo stanzone («decorato con fini stalli di noce», scrive sempre Celano a metà '800), gli stalli non ci sono più. I sedili che accoglievano preti e iscritti alla confraternita, dovevano essere talmente belli che qualcuno li ha portati via uno ad uno. Con precisione, però. Senza spaccare nulla. E lì dentro è rimasta solo la base di legno accostata al muro, a ricordare come doveva essere nel 1700. Una scala malridotta e (come in tutti i luoghi abbandonati) coperta di guano, conduce al terrazzo alle spalle del campanile. E qui lo sconforto si trasforma in preoccupazione, anzi in paura. In cima all'archetto progettato da Bartolomeo Granucci per contenere la pesante campana che suonava, costantemente, per i morti, c'è una croce di ferro. La croce pesa almeno quindici chili, forse di più, e si trova paurosamente in bilico in cima all'archetto (...). Basterà un colpo di vento più forte, una pioggia insistente, uno sbalzo improvviso di temperatura, per dare l'ultimo colpetto e sciogliere quell'incastro così effimero. Prima che quella croce finisca sulla strada, per evitare che qualcuno rischi di farsi male, bisognerebbe fare qualcosa. E visto che qualcuno dovrà intervenire, si potrebbe ipotizzare un gesto pietoso: raccogliere da terra quel che resta della statua di Gesù Cristo e, almeno, deporlo sull'altare. Lontano dalle bestie in decomposizione e dagli escrementi dei randagi» -:
quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze intenda adottare a fronte dell'incredibile e avvilente vicenda sopra descritta.
(4-06727)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
nei territori dei paesi di Minervino, Giuggianello e Palmariggi, in provincia di Lecce, nell'immediato entroterra di Otranto, il cui stesso orizzonte è oggi gravemente minacciato, insiste la collina del Salento («Serra» localmente detta), di grande importanza dal punto di vista archeologico, antropologico e mitologico;
l'area che gravita attorno all'acropoli dell'antica civiltà salentina - la cosiddetta «collina dei fanciulli e delle ninfe» secondo un'antichissima leggenda trascritta dagli autori greci classici già nel III secolo a.C., ancora tramandata e che ispirò l'autore romano Ovidio nell'opera «Le Metamorfosi» - è interessata, paradossalmente, dal progetto di un grande ed esteso impianto eolico di numerosi mega aerogeneratori, di grave impatto;
il progetto consiste in tre adiacenti e continui impianti, di tre ditte differenti, ricadenti rispettivamente nei tre comuni che si dividono l'amministrazione del Colle (anche chiamato Monte di San Giovanni) e - ha visto opporsi le popolazioni locali del Salento, insieme a numerosissime associazioni culturali ed ambientaliste;
si tratta di una zona caratterizzata da innumerevoli reperti archeologici che coprono un arco di tempo plurimillenario, dal paleolitico al neolitico (villaggi capannicoli e grotte cultuali), passando per l'età del rame, del bronzo (dolmen, menhir), del ferro (testimonianze della civiltà greco messapica e poi romana), del medioevo (chiese paleocristiane, cenobi dei monaci greci dell'ordine di San Basilio, cripte e chiesette rupestri bizantine, villaggi quale il casale di Quattromacine, oggetto di continue campagne di scavi archeologici da parte dell'Università del Salento con collaborazioni internazionali) e fino all'epoca moderna (antiche masserie, alcune fortificate, trulli e caratteristici abituri in pietra a secco e a tegole o con coperture megalitiche); il tutto in un paesaggio rurale e naturale vergine, molto ben conservato e caratterizzato da ulivi monumentali, vecchi tratturi e muri a secco, boschi e macchia mediterranea (sugherete salentine, rare querce per il basso Salento quali il Fragno), campi agricoli e preziosi pascoli rocciosi di tutelata steppa mediterranea protetta dalla direttiva habitat 92/43/CEE;
il sito è frequentato dalle rare e protette cicogne bianche (direttiva uccelli 79/409/CEE), che avrebbero nidificato proprio nell'altopiano di San Basilio, dove è in progetto l'impianto eolico di Minervino: le torri coliche hanno un riconosciuto e documentato gravissimo impatto sui volatili;
le torri eoliche ubicate in questo contesto e dominanti nel raggio di chilometri altererebbero le originarie forti suggestioni legate alla storia e alla natura del sito, fonti di forte attrattiva turistica, fulcro della locale economia; diverse torri eoliche sono previste in corrispondenza di accertati giacimenti archeologici neolitici, presso il campo dei massi sacri «de la Vecchia» e nella zona attrezzata di Grotta San Giovanni;
ulteriori ripercussioni sono: il disturbo acustico, il rischio per l'incolumità delle persone da possibili incidenti di rottura meccanica delle pale in esercizio, l'inquinamento visivo diurno e notturno, legato alle luci rosse lampeggianti ed hi-tech per le segnalazioni aeree;
il tribunale amministrativo regionale di Lecce ha accolto i due ricorsi proposti dall'associazione Italia Nostra Onlus, contro la regione Puglia, per le due determine da essa emesse a cavallo del 2008-2009 con cui si rilasciava l'autorizzazione unica rispettivamente ai due impianti eolici contigui, ricadenti nei feudi di Giuggianello e Palmariggi; il ricorso è stato avallato da altre numerose associazioni ambientaliste salentine locali e di più ampio respiro, nonché supportato dall'intervento della provincia di Lecce, del comune di Giurdignano

e dei comuni dell'Unione Terre d'Oriente (Otranto, Giurdignano, Uggiano La Chiesa, Muro Leccese e Poggiardo), tutti comuni il cui orizzonte verrebbe pesantemente compromesso, considerata l'orografia quasi pianeggiante o debolmente ondulata da rilievi (che a stento raggiungono i 200 metri sul livello del mare) del basso Salento e l'altezza delle torri eoliche d'acciaio, di 125 metri nel caso in questione, che verrebbero a insistere su un rilievo di soli 115 metri sul livello del mare;
tra le ragioni a fondamento delle decisioni assunte dal tribunale amministrativo regionale di Lecce, in merito all'impianto eolico di Giuggianello in particolare, vi sono state: l'illegittimità della mancata convocazione, alla conferenza di servizi, indetta dalla regione Puglia per acquisire tutti i pareri necessari al rilascio della predetta autorizzazione, della Soprintendenza archeologica, dei comuni di Sanarica, Giurdignano e Poggiardo, nonché del comando provinciale dei vigili del fuoco; il difetto di istruttoria in merito all'interesse storico archeologico dell'area oggetto di, intervento atteso (sia dalla documentazione versata in atti dai ricorrenti, sia dalla stessa per la giurata allegata dalla società Wind Service interessata all'impianto emerge la rilevanza storica, archeologica e antropologica della zona); la violazione dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 che disciplina l'autorizzazione alla costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica derivanti da fonti rinnovabili e prescrive l'obbligo di tenere conto e di contemperare l'interesse all'incremento di tali impianti, incentivati dalla normativa comunitaria e nazionale a seguito del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici dovuti all'effetto serra, e gli interessi del «patrimonio culturale» e del «paesaggio rurale che dall'insediamento di detti impianti potrebbero essere irrimediabilmente sacrificati, contravvenendo gravemente al rispetto dell'articolo 9 della Costituzione italiana che tutela paesaggio e beni culturali; la mancata acquisizione della valutazione di compatibilità paesaggistica richiesta dal piano urbanistico territoriale per la tutela del paesaggio in questione (zona classificata dallo stesso piano come ambito territoriale C) e al tipo di intervento da autorizzare; la violazione della legge della regione Puglia che tutela gli ulivi monumentali;
inoltre, una delle torri eoliche dell'impianto di Giuggianello è stata prevista all'interno di un'area - caratterizzata da una cava bonificata ed attrezzata e acquisita dal comune prima della svolta eolica con l'utilizzo di un finanziamento pubblico di 1 miliardo di vecchie lire - già destinata ad attività pubbliche (ad esempio anfiteatro);
nel caso dell'impianto eolico della ditta Spes s.r.l., in agro di Palmariggi, già la Soprintendenza ai beni architettonici, a quanto risulta agli interroganti, aveva espresso parere negativo per la vicinanza con il parco archeologico di Quattro-macine, e con essa la provincia di Lecce per l'interferenza con la zona di protezione per la fauna di Quattro-macine; ciò nonostante, era giunto il parere favorevole da parte della regione Puglia, poi vanificato dalla sentenza del tribunale amministrativo regionale di Lecce;
avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale di Lecce relativa all'impianto di Giuggianello, la ditta eolica coinvolta Wind Service s.r.l., e la regione Puglia hanno fatto appello al Consiglio di Stato; avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale di Lecce relativa all'impianto di Palmariggi, invece, ha fatto appello al Consiglio di Stato la sola Regione Puglia, non la società interessata, la Spes s.r.l;
la contiguità dei tre impianti sulla Serra avrebbe suggerito la necessità da parte della regione Puglia di sottoporre i tre impianti a valutazione di impatto ambientale integrata, aspetto che è stato gravemente disatteso; inadempienza che, in simili circostante, più volte è stata oggetto di condanna da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europea; sarebbe inoltre risultato opportuno sottoporre a

procedura di valutazione di impatto ambientale i singoli impianti: procedura disattesa per gli impianti di Giuggianello e Palmariggi (il tribunale amministrativo regionale di Lecce in numerosi simili casi ha sottolineato la necessità della procedura di VIA) e osservata soltanto per quello di Minervino della società Alfwind s.r.l. (pur di potenza inferiore a quello di Giuggianello);
il Ministero per i beni e le attività culturali, con la Soprintendenza della Puglia, ha avviato le procedure di definitivo vincolo archeologico e paesaggistico dell'intera Serra di Palmariggi-Giuggianello-Minervino, vincolo che potrebbe contribuire a fermare anche l'intollerabile minaccia dei tre impianti eolici di Giuggianello, Minervino e Palmariggi -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se non ritengano opportuno prendere in considerazione le richieste avanzate su più fronti, nei limiti delle loro competenze;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non ritenga opportuno accelerare le procedure di vincolo archeologico e paesaggistico dell'intera Serra di Palmariggi-Giuggianello-Minervino, che ad oggi ne è paradossalmente ancora sprovvista, a fronte delle indiscusse e riconosciute ricchezze culturali e considerato che tale area risulta oggetto di importanti e recenti studi delle università pugliesi, di ricerche del presente e del passato e, infine, di numerosi documentari e set di film a distribuzione nazionale ed internazionale;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza un'ampia verifica al fine di tutelare il patrimonio paesaggistico che verrebbe, a parere degli interroganti irrimediabilmente compromesso;
se risulti per quali ragioni una delle torri eoliche e dell'impianto di Giuggianello sia stata prevista all'interno di un'area già destinata ad attività di fruizione pubblica.
(4-06744)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1963, n. 2043, venne concesso ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei campi di concentramento nazisti, ed ivi destinati al lavoro coatto, un indennizzo a titolo di riparazione per le sofferenze subite;
la successiva legge 18 novembre 1980, n. 791, sancì, altresì, in favore delle medesime persone il diritto a percepire un assegno vitalizio;
più recentemente, la legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha concesso una medaglia d'onore, prevedendo che potessero richiederla anche i familiari degli ex internati civili e militari nel frattempo deceduti;
ciò nonostante, continuano a pervenire segnalazioni di ex internati italiani e loro superstiti che affermano di non aver percepito alcun emolumento o riconoscimento da parte dello Stato -:
di quali dati disponga il Governo in merito al numero complessivo dei cittadini italiani militari e civili deportati ed internati

astrattamente destinatari dei benefici previsti dalle norme sopra richiamate e al numero di coloro che ne abbiano effettivamente fruito e quali iniziative si ritenga eventualmente opportuno adottare per soddisfare le aspettative delle persone rimaste prive di qualsiasi riconoscimento o indennizzo.
(3-00999)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il consiglio centrale di rappresentanza della Marina militare, con la delibera n. 153 del 30 marzo 2010, preso atto che alla data della deliberazione non sono stati liquidati i compensi forfetari d'impiego agli equipaggi della Marina militare per il quarto trimestre 2009, ha approvato e diffuso un comunicato stampa con il quale dà notizia che: «In questi giorni gli equipaggi e gli enti operativi della Marina si sono trovati di fronte a un'amara sorpresa. Un laconico messaggio delle Superiore Autorità li ha informati che non ci sono i fondi per pagare il compenso forfetario d'impiego per le navigazioni effettuate negli ultimi mesi del 2009. Una vera e propria delusione e un danno economico per i Marinai che su quei soldi avevano già fatto debito conto. Il Cocer Marina auspica che in futuro ci siano maggiori stanziamenti e una più adeguata ripartizione dei fondi da parte della Difesa, per far sì che in futuro ai Marinai non manchino più le spettanze dovute. Questo Cocer esprime forte preoccupazione per le ripercussioni che il mancato pagamento avrà sul morale del personale e, comunque, nella peggiore delle ipotesi, ove non fosse possibile reperire tutti i fondi per pagare il dovuto al personale chiede allo Stato Maggiore della Marina di voler disporre una revisione delle modalità applicative del cosiddetto recupero compensativo, che non può certo essere equiparato alla forfetizzazione del compenso economico, in quanto quest'ultimo era già forfetizzato per il pagamento; quindi eventuali recuperi orari dovranno essere opportunamente sottoposti a nuova concertazione anche attivando, se necessario, la prevista Commissione Paritetica Ministeriale. Inoltre, il Cocer Marina chiede che nella distribuzione dei fondi rimanenti sia data priorità nei pagamenti dell'emolumento in parola, ai gradi inferiori, cioè a coloro che hanno la busta paga più bassa.»;
il pagamento del citato emolumento è stabilito, a decorrere dal 2002, con i relativi decreti del Presidente della Repubblica di recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo ai quadrienni normativi ed ai bienni economici che si sono succeduti nel tempo;
con l'interrogazione n. 4-03377, su iniziativa del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in relazione agli ingenti costi che il Ministero della difesa sostiene annualmente per il mantenimento degli organismi della rappresentanza militare e, al fine di contenere i costi che gravano sui bilanci dei Ministeri interessati, se non si ritenga opportuno che i delegati della rappresentanza militare siano aggregati, ovvero che ne sia disposto il trasferimento a domanda, presso le strutture dell'Amministrazione militare dove hanno sede i consigli presso i quali svolgono il loro mandato rappresentativo, destinando, conseguentemente, i risparmi realizzati al miglioramento del trattamento economico del personale militare -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa e quali siano le immediate azioni per effettuare il pagamento delle somme dovute ai militari interessati.
(4-06694)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel corso della vigente legislatura, con numerose interrogazioni (Atto Camera

4-06185; 4-04777; 4-02954; 4-02473 nonché Atto Senato 4-01081), sono stati chiesti chiarimenti in merito ai fatti che vedrebbero coinvolto il maresciallo dei carabinieri Antonio Cautillo;
dalle interrogazioni citate - tutte fino ad oggi rimaste senza risposta - si evince una difficile situazione di conflittualità tra il militare e l'amministrazione di appartenenza, che si protrae senza alcuna soluzione da troppi anni e che ha portato all'adozione nei confronti del Cautillo di numerosi provvedimenti disciplinari e, da ultimo, una serie di repentini trasferimenti di sede di servizio, disposti d'autorità, di cui l'ultimo in ordine cronologico, disposto dal Comando Legione Carabinieri Sardegna con la nota n. 2/106-2 del 30 marzo 2010, su espressa richiesta del comando provinciale di Oristano per una presunta incompatibilità ambientale;
il militare in argomento per ordine dei suoi diretti superiori è stato ripetutamente sottoposto a visita medica psichiatrica al termine delle quali è sempre stato dichiarato in condizioni psico-fisiche tali da confermare l'idoneità al servizio già posseduta (ultima visita effettuata il giorno 23 marzo 2010);
il maresciallo Cautillo è residente a Oristano dove possiede una casa di proprietà e il disposto trasferimento d'autorità all'aliquota operativa del NORM della compagnia di Carbonia (Cagliari), quale addetto senza alloggio di servizio, rende evidente, secondo gli interroganti, una precisa ed immotivata volontà sanzionatoria nei confronti del militare;
il citato ordine di trasferimento segue di pochi giorni la richiesta datata 26 marzo 2010, assunta al protocollo della Legione Carabinieri Sardegna - Comando provinciale di Oristano2 con il n. 108/51, con cui il Cautillo ha chiesto di poter rilasciare una intervista a Radio radicale sui fatti oggetto delle interrogazioni citate;
con la nota prot. 1910/6-3 del 1o aprile 2010 il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri - V Reparto - SM - Ufficio Stampa - ha negato l'autorizzazione in quanto «Dall'esame dell'istanza in oggetto, si ritiene che la formulazione assolutamente generica tanto dell'argomento quanto degli aspetti da approfondire nel corso dell'intervista non consenta una responsabile e completa valutazione dei contenuti in ordine ai possibili inconvenienti che potrebbero derivare al decoro e all'immagine dell'Istituzione. ...»;
è convinzione degli interroganti il diniego opposto all'istanza presentata dal militare citato in premessa sia, invero, una azione preventiva posta in essere dall'Amministrazione militare con la sola conseguenza di ledere in modo irreparabile i diritti costituzionalmente protetti di espressione ed opinione di cui deve poter fruire liberamente ogni cittadino militare;
gli argomenti oggetto della richiesta vertono su atti parlamentari e in merito il Consiglio di Stato ha ritenuto che «... nell'articolo 9, legge 11 luglio 1978, n. 382, dove stabilisce che non è consentito ai militari manifestare pubblicamente il proprio pensiero senza previa autorizzazione su argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, non possono essere inclusi ogni forma di attività e ogni aspetto del servizio, specialmente se normali e notori ... (Cons. Stato, Sez. IV, 24 gennaio 1985, n. 19)»;
gli argomenti in questione sono divenuti di pubblico dominio (notori) nel momento in cui la vicenda del maresciallo Cautillo è divenuta oggetto di numerose interrogazioni e articoli di stampa, che attendono ancora un preciso riscontro dal ministro interrogato -:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Ministro in indirizzo affinché al maresciallo Cautillo sia garantito il pieno e legittimo esercizio dei propri diritti tra cui quello irrinunciabile di espressione e opinione;
quali siano le motivazioni che hanno dato luogo agli ordini di trasferimento e se siano stati adeguatamente vagliati gli interessi e la situazione di disagio in cui

inevitabilmente è in corso il dipendente in relazione alle ritenute prioritarie esigenze di servizio dell'Amministrazione militare;
quante volte negli ultimi due anni il maresciallo Cautillo sia stato sottoposto a visita medica, per ordine di chi e con quale esito;
con riferimento ai trasferimenti di sede di servizio di cui il Cautillo è stato destinatario quali siano stati i costi sostenuti, o da sostenere, a carico dall'Amministrazione militare;
se il Ministro intenda disporre l'avvio di una indagine interna al fine di accertare, in relazione ai fatti in premessa, quali siano le motivazioni da cui ha avuto origine la situazione che vede coinvolto il maresciallo Cautillo, l'eventuale possibile soluzione e le eventuali responsabilità.
(4-06708)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
dal verbale n. 96/X del 16 novembre 2009, del Consiglio intermedio della rappresentanza militare del Comando interregionale carabinieri «Pastrengo» è possibile apprendere che presso la segreteria del medesimo COIR è pervenuto, in data 11 novembre 2009, un esposto anonimo di cui è stata data lettura e copia ai delegati;
l'esposto, oltre ad essere un'evidente testimonianza della situazione di disagio che almeno in una parte dell'Arma è ben viva, contiene gravissime e puntuali accuse anche a specifici esponenti dell'Arma e, sempre da quel che risulta dal verbale della citata seduta, un rappresentante ha affermato che «dalla lettura dell'esposto emerge una situazione descritta in maniera chiaramente eccessiva ma non priva di articolati dettagli che mi lasciano desumere una conoscenza insolita delle dinamiche interne alla nostra Istituzione. Tali dinamiche, a mio parere dovrebbero formare oggetto di riflessione nelle competenti sedi senza escludere anche il Ministero della difesa»;
è opinione degli interroganti che i fatti narrati nel citato esposto anonimo debbano essere tenute in debito conto e sarebbe altresì opportuno che i fatti in esso rappresentati siano oggetto di verifica -:
se il Ministro abbia ricevuto notizia di quanto rappresentato in premessa e in tal caso se e quali iniziative abbia assunto.
(4-06732)

TESTO AGGIORNATO AL 13 APRILE 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
in data 30 marzo 2010 è stato emanato un decreto interministeriale a firma dei ministri Tremonti e Scajola, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il giorno successivo, il quale stabilisce che «Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1o febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010»;
la sospensione delle tariffe postali agevolate stabilite il 30 marzo per il 1o aprile, coinvolge circa 8000 testate, le quali non sono state consultate, come non lo sono state le Commissioni parlamentari competenti in materia;
il decreto interministeriale citato sospende direttamente le tariffe agevolate, nonostante in questi anni fossero sempre state confermate da Poste italiane anche di fronte al ritardo dei corrispondenti contributi;
gli editori che hanno già venduto gli abbonamenti annuali da mesi si trovino da

un giorno all'altro, e senza preavviso, nella condizione di dover fronteggiare un aumento del 120 per cento delle tariffe;
le maggiori conseguenze saranno subite in particolare dalle piccole associazioni, il no profit e la stampa locale e diocesana che dal 1o aprile fino a dicembre 2010, faranno fatica a non sospendere le pubblicazioni, le quali rappresentano un capitolo di bilancio essenziale e un efficace strumento per campagne promozionali e di raccolta fondi;
il danno non sarà subito solo dagli enti citati, ma anche dai cittadini che vedranno privarsi di un capillare mezzo di cultura e informazione e della diffusione dei libri, soprattutto in quelle zone d'Italia non servite da librerie;
a parere degli interpellanti un taglio orizzontale delle agevolazioni postali non solo non tiene conto delle peculiarità di settore, ma non aiuta il riordino della normativa sull'editoria, che necessita di valutazioni appropriate, in particolare relativamente alla stampa locale e no profit;
l'articolo 3, primo comma del decreto-legge n. 46 del 2004 prevede che: «Il Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede al rimborso in favore della Società Poste Italiane SpA della somma corrispondente all'ammontare delle riduzioni complessivamente applicate, nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri», intendendo quindi, che siano i rimborsi a Poste italiane a dipendere dall'ammontare dello stanziamento, non le tariffe agevolate;
anche venendo meno i fondi, non dovrebbero venir meno le agevolazioni postali, in quanto così facendo pur essendo formalmente legittimo l'uso dello strumento ad avviso degli interpellanti si aggirerà di fatto la volontà del Parlamento che le ha previste attraverso legge dello Stato e che solo attraverso la stessa potrebbero essere rimosse -:
se non si intenda abrogare il decreto in premessa e ripristinare immediatamente le tariffe agevolate;
in alternativa, se non si ritenga di adottare le iniziative opportune per rivedere le tariffe agevolate, operando gli opportuni distinguo sui beneficiari;
se non si intenda aprire un tavolo di confronto per l'individuazione di soluzioni sostenibili per tutti i settori interessati.
(2-00666) «Bobba, Gentiloni Silveri, De Pasquale, Bachelet, Verini, Fiorio, Fioroni, Castagnetti, Lovelli, Ferrari, Baretta, Rubinato, Dal Moro, Toccafondi, Vignali, Letta, Damiano, Mosca, Capano, Berretta, Grassi, Agostini, Mecacci, Bernardini, Melandri, Fogliardi, Gasbarra, Garofani, Renato Farina, Centemero, Gioacchino Alfano, Esposito, Cambursano, Miglioli, Oliverio, Miotto, Mosella, Calgaro, Lanzillotta, Nicco, Calvisi, Pierdomenico Martino, Lusetti, Rampi, Bratti, Servodio, Sposetti, Farina Coscioni, Duilio, Strizzolo, Marco Carra, Colaninno, Capitanio Santolini, Palmieri, Lupi, Melis, Froner, Farinone, Narducci, Schirru, Lenzi, Graziano, Delfino, Brandolini, Binetti, Enzo Carra, Velo, Bucchino, Boccuzzi, Ghizzoni, Piccolo».

Interrogazione a risposta immediata:

NANNICINI, VENTURA, MARAN, BOCCIA, FLUVI, LULLI, FRONER, STRIZZOLO, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come noto, la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), ha istituito un apposito fondo nello stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze con la finalità di indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie. Tale fondo è alimentato con le risorse derivanti dai cosiddetti «conti dormienti»,

ovvero i conti correnti e i rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario, nonché del comparto assicurativo e finanziario;
l'organica disciplina del funzionamento e delle forme di alimentazione del fondo è stata successivamente definita, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, che, in particolare all'articolo 1, comma 1, lettera b), definisce come «dormienti» i rapporti contrattuali in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto, o di terzi da questo delegati, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari. L'articolo 2, inoltre, fa rientrare nel campo di applicazione i contratti di assicurazione in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegni al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata;
successivamente, l'articolo 3 del decreto-legge n. 134 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008, è reintervenuto su detta materia, introducendo un nuovo comma 345-quater all'articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2006, stabilendo che gli importi dovuti ai beneficiari dei contratti, di cui all'articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, non reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto, fossero devoluti al fondo entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di scadenza del termine di prescrizione. Inoltre, con il comma 2-ter del medesimo articolo, il decreto-legge n. 134 del 2008 ha modificato l'articolo 2952 del codice civile, innalzando da uno a due anni il termine di prescrizione per l'esercizio dei diritti derivanti dai contratti in questione;
la sedimentazione nel tempo delle diverse disposizioni sembrerebbe determinare, di fatto, una sostanziale e vistosa disparità di trattamento tra i titolari di conto corrente e i titolari di contratti di assicurazione, dato che questi ultimi avrebbero solamente due anni per attuare il proprio diritto, al fine di evitare l'estinzione del proprio contratto e la perdita delle relative somme di denaro;
dovendosi intendere come da escludere ogni volontà vessatoria del legislatore nei confronti dei titolari di contratti di assicurazione, appare evidente e necessario interpretare le disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge n. 134 del 2008 come riferentisi ai soli contratti la cui maturazione sia intervenuta successivamente alla sua entrata in vigore;
tale interpretazione appare ancor più auspicabile, laddove si consideri che, mentre l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007 prevedeva esplicitamente l'obbligo per l'intermediario di avvisare il titolare del rapporto di credito dell'avvenuta decorrenza dei termini di prescrizione e, contestualmente, di richiedere disposizioni riguardanti l'eventuale utilizzo delle somme, pena l'estinzione del rapporto e la devoluzione delle relative somme al fondo, il decreto-legge n. 134 del 2008 sembrerebbe sollevare l'intermediario da detto compito. Il combinato disposto del minor periodo di prescrizione e il venire meno degli obblighi di comunicazione da parte dell'intermediario finisce per determinare un particolare rischio per i risparmiatori di vedersi sottrarre i risparmi propri o quelli dei propri familiari, a favore del fondo;
va rilevato, infine, che, quand'anche il decreto-legge n. 134 del 2008 andasse inteso come nuova disciplina complessiva della materia di prescrizione dei fondi assicurativi, pur non espressamente abrogando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007, appare evidente perlomeno che, a decorrere dal giugno 2007 e sino all'ottobre 2008, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 134 del 2008, la durata riconosciuta per la prescrizione

dei diritti sui fondi assicurativi debba essere correttamente individuata in dieci anni;
tuttavia, risultano agli interroganti numerose segnalazioni di cittadini che lamentano, in forza di un'erronea interpretazione della successione legislativa prodottasi, di aver perduto il rimborso della polizza in seguito al decorso dei due anni dal decesso del parente contraente, perdendo così tutti i risparmi di quest'ultimo perché incamerati dallo Stato senza diritto di riscatto;
peraltro, con l'emanazione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, il Governo è di nuovo intervenuto sul tema, con disposizioni che, per un verso, sembrerebbero venire incontro alle esigenze di alcuni risparmiatori, ma per un altro rischiano di rendere ancora più complesso il quadro normativo, anche in considerazione del fatto che, sia la relazione illustrativa che l'articolato, sembrano prescindere dal quadro giuridico discendente dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007 -:
quale sia la corretta lettura delle disposizioni richiamate in premessa, che paiono sovrapporsi in modo scoordinato, e, se a tal fine, intenda impartire le opportune direttive al fine di impedire che, per comportamenti o omissioni da parte degli intermediari, vengano compromessi, quantomeno per la fase antecedente il 27 ottobre 2008, i risparmi dei cittadini che, in virtù del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007, confidavano in un termine di prescrizione decennale tanto per i conti correnti bancari quanto per le polizze assicurative.
(3-01000)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

MILO, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini», all'articolo 5, ha disposto alcune misure, in funzione anticrisi, sulla detassazione degli investimenti in macchinari, nel senso di escludere una quota del costo sostenuto per l'acquisto delle tipologie di investimenti indicati nella divisione 28 della tabella ATECO ai fini della determinazione del reddito d'impresa;
la norma ha previsto inoltre che rientrano nell'agevolazione tutti i nuovi investimenti effettuati nel periodo compreso tra il 1o luglio 2009 e il 30 giugno 2010;
il codice 28.22.09 si riferisce alla «fabbricazione di altre macchine e apparecchi di sollevamento e movimentazione», tra i quali è inclusa anche la fabbricazione di convogliatori, teleferiche e altro -:
se rientrino nella fabbricazione di teleferiche anche gli investimenti effettuati per le funivie destinate al trasporto di persone, consistenti nella struttura edile strettamente necessaria al funzionamento delle stazioni, ivi compresi gli ancoraggi per le funi e le fondamenta, la sala per i motori e contrappesi, le rampe di accesso, la sala d'attesa, il vano cassa, i servizi, l'involucro e il tetto, e se si ritenga di assumere iniziative volte a prorogare fino al 31 dicembre 2010 gli incentivi disposti dall'articolo 5 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, posto che si tratta di misure destinate a supportare i settori economici maggiormente colpiti dalla crisi.
(5-02715)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il contrasto all'evasione fiscale rientra tra le priorità del Governo;
del resto, le stime relative all'incidenza sul prodotto interno lordo dimostrano

l'importanza di un costante impegno nella lotta alla ricchezza sommersa;
recenti provvedimenti hanno stabilito un virtuoso parallelismo tra la correttezza dei comportamenti fiscali e la possibilità di avvalersi dei benefici tributari previsti dalla legislazione vigente;
è dubbio se le disposizioni che introducono detto parallelismo o si estendano anche a quelli riferiti al contribuente come persona fisica quali, a titolo di esempio, quelli concernenti l'aliquota delle imposte riferite alla «prima casa» -:
quali siano le disposizioni vigenti che impediscono a chi abbia pendenze con il fisco di beneficiare di eventuali agevolazioni, a chi siano applicabili e a quali condizioni;
se ritenga opportuno estendere l'inapplicabilità delle agevolazioni tributare a tutti i contribuenti che non abbiano pagato somme dovute al fisco e oggetto di iscrizione a ruolo definitiva.
(5-02717)

Interrogazioni a risposta scritta:

BRATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 18 marzo 2010 è stata ufficialmente costituita la società di gestione del Fondo italiano d'investimento, partecipata in misura paritetica dal Ministero dell'economia e delle finanze, dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Associazione bancaria italiana, dal Monte dei Paschi di Siena, da Confindustria, da Intesa San Paolo e da Unicredit Group;
la dotazione iniziale del Fondo si attesta sul miliardo di euro, con prospettive di ulteriore ampliamento grazie anche a opportunità di raccolta fondi sul mercato mobiliare;
l'obiettivo strategico di tale Fondo consiste nel rafforzare la struttura patrimoniale delle piccole e medie imprese italiane e nel favorirne l'aggregazione, tramite ingressi temporanei diretti o in coinvestimento di minoranza nel capitale, modalità di operatività diretta tramite strumenti quali finanziamenti subordinati convertibili e prestiti partecipativi, o investimento in fondi già esistenti che condividano esplicitamente gli obiettivi del Fondo italiano di investimento;
il target di intervento è costituito da imprese italiane in fase di sviluppo e con ambizioni di crescita interna ed esterna con fatturato annuale compreso tra i 10 e 100 milioni di euro;
tali limiti individuano un bacino di imprese di poco inferiore alle 15 mila unità, di cui 10 mila operanti nel settore manifatturiero;
la peculiarità del nostro assetto industriale consiste, come noto, in un'assoluta preponderanza della piccola e piccolissima dimensione, per la maggior parte operante in settori maturi e caratterizzata da una debolezza in termini patrimoniali e di capitalizzazione;
tale peculiarità ha a lungo rappresentato un consistente vantaggio competitivo del nostro Paese nelle dinamiche economiche pre-crisi e pre-globalizzazione, ma ora necessita di un profondo ripensamento per favorire la crescita dimensionale e la possibilità di alleggerire la dipendenza dal sistema bancario e accrescere la capitalizzazione per poter competere sul mercato globale;
il limite inferiore di 10 milioni di euro di fatturato annuale - che risulta addirittura superiore in caso di ingressi diretti del Fondo nel capitale delle imprese - preclude l'accesso a tale importante opportunità di crescita alla quasi totalità delle unità produttive che costituiscono la vera spina dorsale della nostra attuale struttura produttiva -:
se vi siano interventi specifici in programma per ampliare ulteriormente la possibilità di accesso al Fondo italiano di investimento, in particolare prevedendo esplicitamente l'accesso non solo a singole unità produttive ma anche a reti d'impresa

e strutture distrettuali o altre modalità che favoriscano il consolidamento dimensionale e l'ampliamento della platea dei partecipanti, al fine di sfruttare realmente quest'opportunità per irrobustire il nostro sistema industriale.
(4-06692)

PALAGIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni stanno pervenendo diverse segnalazioni relative alla, ormai annosa, questione dell'IVA applicata alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e alla tariffa di igiene ambientale (TIA);
sul web si diffondono informazioni, spesso incomplete, che portano inevitabilmente i cittadini italiani ad avere versioni di questa complicata vicenda legislativa che non rispondono esattamente alla realtà dei fatti;
l'interesse dei cittadini è evidentemente quello di recuperare il denaro che hanno versato allo Stato quando non era in realtà dovuto;
il diffondersi capillare di questo messaggio e dei diversi modelli che invitano i cittadini a fare ricorso al fine di recuperare i soldi spesi attraverso il pagamento dell'IVA sulla TARSU e sulla TIA parte dalla sentenza della Corte costituzionale, n. 238 del 24 luglio 2009, che ha sancito che TIA e TARSU sono da considerarsi tributi e non servizi e quindi non sono soggetti a IVA;
nel testo del provvedimento si afferma che «...non esiste una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento rifiuti ...entrambe le entrate devono essere ricondotte nel novero di diritti canoni e contributi che la normativa comunitaria esclude in via generale dall'assoggettamento ad Iva perché percepite da enti pubblici per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità sempre che il mancato assoggettamento all'imposta non comporti una distorsione della concorrenza»;
tuttavia la normativa in questo senso non è affatto chiara, se solo si pensa che, ad oggi, dopo 13 anni dall'approvazione del cosiddetto «decreto Ronchi» sono ancora tantissimi i comuni che non sono passati alla TIA e, da ultimo, con il decreto mille proroghe (decreto-legge n. 194 del 2009) è slittato ulteriormente il termine per l'emanazione del regolamento;
praticamente TIA e TARSU continuano a convivere nel nostro ordinamento e continueranno a farlo fino a quando non verrà sancito l'obbligo del passaggio dalla TARSU alla TIA;
il codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) nell'articolo 238, stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe dovuto emanare un regolamento attuativo della TIA entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del Codice;
l'atteggiamento attendista del Governo sta creando in questo senso non pochi problemi, anche per il rischio di avvio di contenziosi tra privati cittadini ed enti locali in riferimento alle richieste di rimborso dell'IVA indebitamente versata;
è, inoltre, evidente che i comuni dovranno quanto prima adeguare i propri regolamenti contabili al nuovo quadro giuridico disegnato dalla Consulta -:
se, alla luce di quanto sopra esposto, non intenda assumere iniziative normative che chiariscano una volta per tutte il quadro legislativo, anche sulla base di opportuni accordi con gli enti locali - e di conseguenza con le aziende che forniscono il servizio di smaltimento dei rifiuti garantendo chiarezza nelle informazioni diffuse e rispetto dei diritti dei cittadini che, alla luce della sentenza della Consulta, vorrebbero vedere rimborsato quanto ingiustamente pagato.
(4-06730)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a Giarre, cittadina di 26 mila abitanti, secondo notizie stampa si registra un altissimo numero di opere pubbliche incompiute tra le quali:
una piscina olimpionica, che invece dei regolari 50 metri è lunga 49 metri, finanziata nel 1985, con lavori regolarmente collaudati, ma che ad oggi risulta in stato di totale abbandono con topi, bottiglie vuote, cartoni sfasciati, vecchi vasi di plastica, tubi arrugginiti e sterco che assediano lo scheletro incompleto del palazzetto e con matasse di rovi e cespugli che ostruiscono l'ingresso della struttura;
un campo da polo per ventiduemila spettatori, oggi pista da atletica e campo di calcio, con gigantesche tribune inagibili e palestre incomplete oltre che vandalizzate;
un teatro comunale, che per oltre 50 ha assorbito finanziamenti ma che non è stato mai aperto ed oggi ha le vetrate rotte, le poltroncine, gli impianti di aria condizionata e le piastrelle della facciata rubati;
un centro polifunzionale in frazione Trepunti che oggi risulta essere una parata di mattoni a pezzi, svastiche alle pareti e brandelli ferrosi che sbucano dai piloni;
un'incompleta pista di automodellismo, con annessi campi da tennis;
un mai aperto mercato dei fiori;
un'incompiuta casa per anziani come le palazzine popolari di contrada Junco, il parcheggio multipiano, il parco Chico Mendez;
anche la sede del nuovo Tribunale di Giarre, sezione distaccata del tribunale di Catania, risulta completata da diversi anni ma ancora inutilizzata con il rischio di un deterioramento dell'intera struttura;
questa situazione è simbolicamente rappresentativa del problema delle opere pubbliche finanziate e mai completate per ragioni più disparate -:
quali iniziative sul piano normativo, con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati, si intenda assumere, al fine di evitare che situazioni di questo tipo possano ripetersi in futuro.
(4-06734)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nella sua relazione sullo stato dell'amministrazione giudiziaria per l'anno 2009, pubblicata, tra l'altro sul sito internet del Ministero della giustizia si afferma che «Con nota 23 marzo 2009, tuttora in attesa di riscontro, l'Amministrazione ha chiesto alla Presidenza del Consiglio - Dipartimento della Funzione Pubblica - l'autorizzazione ad avviare le procedure concorsuali per 500 posti di cancelliere C1 (area 3a F1), 27 posti di contabile C1 (area 3a F1), 20 posti di esperto informatico C1 (area 3a F1) e 200 posti di ufficiale giudiziario C1 (area 3a F1)»;
la relazione evidenzia altresì che «la richiesta è stata presentata in coerenza con quanto previsto nell'atto di programmazione del fabbisogno di personale per il triennio 2009-2011, nel quale è stato ipotizzato un forte incremento delle vacanze del personale nei prossimi anni, vacanze alle quali non appare possibile fare fronte se non a seguito dell'espletamento di nuove procedure concorsuali»;
nella relazione si afferma inoltre che «Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2009, già citato in precedenza, l'Amministrazione era stata autorizzata, anche, a trasformare il rapporto di lavoro di quel personale che,

assunto a tempo parziale, si trovava ancora con tale forma contrattuale. La trasformazione discendeva da uno specifico obbligo di legge ed ha riguardato n. 241 dipendenti: n. 32 operatori giudiziari B2 e n. 177 operatori giudiziari B1 assunti originariamente con contratto di lavoro a tempo parziale»;
sull'argomento in questione la relazione così conclude: «Nonostante la richiesta avanzata in data 23 marzo 2009, non è finora pervenuta l'autorizzazione all'assunzione di personale a tempo determinato chiesta al Dipartimento della Funzione Pubblica, ai sensi dell'articolo 35, comma 4-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165. La mancata autorizzazione non ha finora permesso, pertanto, l'assunzione negli uffici giudiziari di tale personale, le cui ultime assunzioni risalgono all'anno 2007 (nessuna autorizzazione in tal senso, infatti, è stata concessa anche per l'anno 2008)» -:
quali iniziative intenda adottare al fine di dare attuazione agli impegni presi e quale sia lo stato delle procedure annunciate dal Ministro interpellato nella succitata relazione.
(2-00663) «Ferranti, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Gianni Farina, Maran, Mattesini, Melis, Andrea Orlando, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, Vaccaro, Baretta, Bellanova, Berretta, Codurelli, Damiano, Fioroni, Giacomelli, Grassi, Iannuzzi, Madia, Mosca, Pedoto, Schirru».
(Presentata il 6 aprile 2010)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'osservatorio permanente sulle morti in carcere costituito da radicali Italiani, associazione Detenuto ignoto, associazione a buon diritto, associazione Antigone; redazione di Radiocarcere e di Ristretti orizzonti; la notte del 2 aprile scorso il detenuto Romano Ilaria, 50 enne, si è impiccato nella casa di lavoro del carcere di Sulmona;
Romano Ilaria era tossicodipendente e sieropositivo HIV, oltre a soffrire di altri gravi problemi di salute;
nella casa di lavoro del carcere di Sulmona, il 7 gennaio 2010, si era impiccato il 28 enne Antonio Tammaro: anche lui, come Romano Ilaria, si trovava lì recluso non per scontare una pena ma perché sottoposto ad una «misura di sicurezza detentiva», quella appunto dell'internamento in casa di lavoro;
a giudizio della prima firmataria del presente atto le ragioni di questi due suicidi sono da ricercarsi proprio nelle condizioni disperanti dell'internamento nella casa di lavoro dove, nonostante il nome, di lavoro non ce n'è proprio e ai «normali» disagi del carcere, come il sovraffollamento (nella sezione in cui si sono uccisi i due detenuti ci sono oltre 200 persone, stipate in 75 posti), si aggiungono quelli di una «pena impropria», che viene «aggiunta» a quella comminata per la commissione di un reato se il condannato è ritenuto «socialmente pericoloso»;
la misura di sicurezza in questione rappresenta uno strumento giuridico introdotto in epoca fascista e poi rimasto come «residuale» nel nostro ordinamento: la prima firmataria del presente atto, nella Mozione sulle carceri n. 1-00288 discussa all'inizio dell'anno presso la Camera dei deputati, ha chiesto al Parlamento di limitare l'applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili (abolendo il sistema del doppio binario) o comunque di adottare gli opportuni provvedimenti legislativi volti ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al

criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento»;
la citata mozione è stata in parte approvata, ma la richiesta di limitare l'utilizzo delle misure di sicurezza è stata respinta;
la mozione approvata peraltro prevede tutta una serie di provvedimenti che, se attuati, renderebbero più adeguato il trattamento penitenziario nei confronti dei detenuti dediti all'uso di sostanze stupefacenti ed eviterebbero morti violente come quelle del tossicodipendente Romano Ilaria verificatasi nel carcere di Sulmona, in particolare: a) la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento; b) l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti; e) il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa volta a verificare eventuali responsabilità dell'amministrazione penitenziaria in ordine a quanto avvenuto all'interno della casa di lavoro di Sulmona, ciò anche alla luce, e tenendo conto, della forte carenza di personale che limita inevitabilmente le possibilità di vigilanza sui detenuti;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le tante persone tossicodipendenti che finiscono in prigione per reati legati alloro stato di dipendenza da una sostanza stupefacente vietata per legge;
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo e/o amministrativo il Governo intenda adottare al fine di creare i cosiddetti istituti di custodia attenuata per i detenuti tossicodipendenti, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di aumentare gli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi in servizio presso gli istituti di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010;
se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio delle morti violente e le altre emergenze legate ai disagi psicologici dei detenuti, in specie di quelli tossicodipendenti;
se il Governo, anche alla luce di questi recenti notizie tragiche provenienti dalla casa lavoro di Sulmona, non intenda assumere le necessarie iniziative normative per limitare l'applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili (abolendo il sistema del doppio binario) o comunque assumere le opportune

iniziative normative volte ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento».
(4-06707)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 29 marzo 2010 la Uil-Pa Penitenziari ha emesso il seguente comunicato stampa: «Ora possiamo affermare che l'Amministrazione Penitenziaria non solo è un'Amministrazione inefficiente, quand'anche un'amministrazione insolvente nei confronti del proprio personale. Da circa 10 mesi infatti al personale di polizia penitenziaria impiegato nei servizi di traduzione non vengono corrisposte le relative indennità di missione. Pertanto, considerato che la legge prevede entro massimo 90 giorni la liquidazione del dovuto, la UIL Pa penitenziari, attraverso il proprio studio legale, ha depositato presso il TAR Lombardia due decreti ingiuntivi nei confronti dell'Amministrazione Penitenziaria che, in data 25 marzo, sono stati accolti per un totale di 4.469,00 euro da corrispondere a personale in servizio presso la C.C. di Vigevano»;
sulla vicenda il segretario generale della UIL Pa penitenziari, Eugenio Sarno, ha dichiarato quanto segue: «Avendo potuto constatare come ogni sollecito rispetto alla necessità di provvedere al saldo delle missioni sia praticamente rimasto inascoltato ed inevaso, non abbiamo potuto fare altrimenti. Oggi altri nove decreti sono stati depositati allo stesso TAR Lombardia, per garantire poliziotti penitenziari in servizio a Monza. Prossimamente provvederemo a fare altrettanto per il personale in servizio a Salerno e ad Avellino. Non è difficile prevedere che in tutte le regioni si attiveranno analoghe iniziative perché al personale, sebbene per via giudiziaria, sia riconosciuto il dovuto»;
ad avviso degli interroganti un Governo inadempiente alle proprie obbligazioni nei confronti dei poliziotti penitenziari che servono lo Stato, rappresenta uno Stato inadempiente verso se stesso;
ad avviso degli interroganti non è accettabile che un'amministrazione dello Stato non adempia ai propri obblighi contrattuali nei confronti del proprio personale, in questo caso appartenente alla polizia penitenziaria, per di più essendo assai probabile l'esito delle controversie giudiziarie preannunciate dalla Uil Pa penitenziari, atteso che i predetti ricorsi per decreto ingiuntivo sono tutti destinati, verosimilmente, a risolversi contro l'amministrazione penitenziaria comportando rilevanti spese per le casse dello Stato -:
a quanto ammonti complessivamente la somma che il Ministero della giustizia è stato condannato a pagare nel corso delle varie procedure giudiziarie intentate nei suoi confronti dal personale della polizia penitenziaria a causa del mancato pagamento delle indennità di missione;
quali siano i motivi in base ai quali il Ministero della giustizia non ha versato al personale di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti di pena di Vigevano, Monza, Salerno ed Avellino, le indennità di missione prescritte dalla legge;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare ai fine di risolvere le controversie giudiziarie indicate in premessa evitando ulteriori e rilevanti spese di giudizio per le casse dello Stato.
(4-06713)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano on line «La Siciliaweb» intitolato: «Muore in carcere, la moglie denuncia: gravissima negligenza dei medici»; sottotitolo: «La Procura di Catania apre un'inchiesta su un detenuto di

Piazza Lanza deceduto per arresto cardiaco. Secondo la donna sono stati sottovalutati i sintomi dell'infarto: Avrebbero potuto salvarlo»;
l'articolo dà conto del fatto che la signora Maria Zappalà moglie di un detenuto del carcere catanese di piazza Lanza, Marcantonio De Angelis, di 49 anni, morto il 19 marzo scorso a causa di un arresto cardiaco, ha presentato alla procura della Repubblica di Catania una denuncia-querela in cui rileva le «condotte omissive e negligenti dei medici della struttura che avrebbero determinato la morte» del marito. La querela è rivolta anche nei confronti del direttore del carcere, che «non avrebbe vigilato sulle condotte perpetrate dai medici»;
la donna nell'esposto rileva che il marito durante un colloquio avvenuto il 12 marzo 2010 le aveva detto di accusare forti dolori sotto la cassa toracica e di aver fatto ricorso alle cure dell'infermeria, dove aveva avuto somministrati degli antidolorifici «per sospetta ulcera o gastrite». «Se i medici della struttura carceraria - scrive Maria Zappalà - avessero capito che i sintomi erano preludio a un infarto con molta probabilità si sarebbe salvato solo se si fossero osservate delle regole basilari di comune esperienza nel campo medico»;
sulla vicenda la signora Zappalà ha dichiarato quanto segue: «Se i medici, ai primi sintomi, avessero intuito quello che stava succedendo, avrebbero potuto trasferire mio marito in una struttura specializzata e con molta probabilità non sarebbe morto. Tutto questo non è stato fatto. Non si sono accorti che c'era un infarto in corso e hanno somministrato degli antidolorifici per sospetta ulcera o gastrite, ma se la diagnosi fosse stata fatta in maniera corretta, probabilmente De Angelis, che tra l'altro si è proclamato sempre innocente, si sarebbe potuto salvare»;
sull'episodio la procura della Repubblica del capoluogo etneo ha aperto una inchiesta e affidato a un medico legale l'autopsia sul corpo dell'uomo, che è già avvenuta e i cui risultati si potranno avere solamente dopo un esame istologico -:
quali iniziative intendano assumere per accertare se al signor De Angelis sia stato consentito di sottoporsi tempestivamente a visite medico-specialistiche nonché di potersi adeguatamente curare essendo, in caso contrario, stato negato al medesimo l'inalienabile diritto alla salute che appartiene ad ogni essere umano al di là dei delitti presuntivamente commessi;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere o adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare che in sede di attuazione del riordino e del trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria, siano tenute in adeguata considerazione le esigenze di assistenza dei detenuti, in specie di quelli che si trovano nelle condizioni del signor Marcantonio De Angelis.
(4-06714)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 7 marzo 2010 il quotidiano online Tirreno Elba news dava la notizia di una rivolta di 40 detenuti avvenuta presso il carcere di Porto Azzurro;
in particolare il quotidiano online riportava testualmente quanto segue: «Due ore di paura. Due ore che hanno fatto tornare il pensiero a quei giorni drammatici di 23 anni fa. Due agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Porto Azzurro sono stati sequestrati per circa due ore da circa 40 detenuti, tutti reclusi nella stessa sezione. L'episodio è accaduto martedì sera intorno alle 19, ma è stato rivelato solo ieri mattina da parte del sindacato Sappe. Gli agenti sono stati minacciati dai reclusi con piccole lame e dopo circa due ore di trattativa sono stati liberati. E il pensiero è andato davvero al 25 agosto 1987. Allora l'intera comunità di Porto Azzurro fu sconvolta e segnata dalla rivolta dei detenuti capeggiati da Mario

Tuti. Una cosa su tutte, allora, segnò la gente: il suono, lugubre, della potente sirena che chiamava a raccolta gli agenti di custodia in caso di emergenza. A quei tempi, vent'anni fa e passa, i cellulari non esistevano, e quando suonava la sirena - rarissimamente, per fortuna - la gente del centro storico di Porto Azzurro serrava le persiane e chiudeva a chiave le porte di casa. Ora, materialmente, di suoni non ce ne sono stati, se non quello di un "campanello d'allarme" virtuale ma ben chiaro nel suo messaggio: dentro al carcere non è tutto tranquillo come si potrebbe credere. Erano da poco passate le 16 di martedì quando, nel terzo reparto della Casa Circondariale di Porto Azzurro, è successo l'imprevisto. Due agenti di Polizia Penitenziaria, impegnati nelle operazioni di verifica della presenza dei reclusi - la "conta" - sono stati accerchiati da una quindicina dei 36 detenuti presenti nella sezione, quasi tutti stranieri, in particolare tunisini o maghrebini. Una protesta imprevista, dovuta - pare - ad alcune carenze igienico-sanitarie: la goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbero state le docce senza acqua calda, ma ci sarebbero anche altre lamentele, come la mancanza di accessori igienici ed il peggioramento della qualità del vitto. Ci sono stati lunghi momenti di tensione, e sarebbero anche spuntati un paio di rasoi usa e getta in mano ai reclusi. C'è voluta la presenza di spirito dei due agenti per non far degenerare la situazione: l'intervento rassicuratore dei comandante degli Agenti di Polizia Penitenziaria, il commissario Pennetti, avrebbe poi risolto la delicata situazione due ore dopo, convincendo i detenuti a rientrare in cella con la promessa di un miglioramento della situazione»;
secondo i dati riportati dal sito www.pianetacarcere.it i detenuti stranieri sono 132 su 294 pari a circa il 45 per cento della popolazione reclusa -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
quali siano le condizioni del carcere di Porto Azzurro sull'isola d'Elba quanto a presenza personale di ogni tipo e in particolare di agenti di polizia penitenziaria nonché quanto a condizioni igienico-sanitarie, qualità e quantità del vitto e trattamento dei detenuti in vista del loro reinserimento sociale previsto dalla nostra costituzione;
a cosa sia dovuta una così alta concentrazione di presenze di detenuti stranieri nel carcere dell'isola toscana;
cosa intenda fare per ricondurre al pieno rispetto dei principi costituzionali il suddetto istituto penitenziario.
(4-06738)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con delibera del 29 marzo 2010 il consiglio direttivo della Camera Penale «Serafino Famà» di Catania ha stigmatizzato le determinazioni assunte dal tribunale di sorveglianza di Catania con le quali il predetto organo giudiziario non ha accolto le istanze di differimento dell'udienza avanzate dagli avvocati catanesi che dichiaravano di aderire all'astensione del 10 marzo 2010 indetta dagli organismi dell'avvocatura in ragione della «ingiustificabile inerzia della politica» nel provvedere alla riforma dell'ordinamento forense;
tale determinazione del tribunale di sorveglianza di Catania veniva adottata in relazione a tutti i procedimenti fissati per l'udienza del 10 marzo 2010 indipendentemente dallo status libertatis del condannato o dalla volontà manifestata dallo stesso, affinché si procedesse ugualmente prescindendo dalla dichiarazione di astensione del difensore;
a giudizio del direttivo della Camera Penale «Serafino Famà», il tribunale di sorveglianza di Catania, con la sua inopinata presa di posizione: a) ha dimenticato che la dichiarazione di adesione all'astensione fatta dall'avvocato, al di là del suo corretto inquadramento nell'alveo del legittimo

impedimento o della semplice istanza di differimento, è espressione di un diritto dotato di copertura costituzionale (per tutte cassazione sezione II, 29 ottobre 2008, n. 44391); b) ha mostrato - diversamente da tutti gli altri organi giudiziari avanti ai quali tale dichiarazione di astensione è stata fatta - grave insensibilità nei confronti della avvocatura nel suo complesso; c) ha denotato quella scarsa considerazione che sovente, presso tale organo giurisdizionale, si ha della funzione defensionale e del contributo che questa può fornire alla formazione della decisione;
per le suesposte ragioni gli avvocati catanesi hanno proclamato l'astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria avanti al tribunale di sorveglianza di Catania per il giorno 14 aprile 2010, il tutto nel rispetto della normativa di legge in materia e del codice di autoregolamentazione -:
se, con riferimento ai fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso gli uffici del tribunale di sorveglianza di Catania e, nel caso ne sussistano i presupposti, promuovere le iniziative di competenza.
(4-06741)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

PIFFARI, SCILIPOTI, BORGHESI, DONADI e EVANGELISTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in un periodo di crisi economica come quello attuale, l'intervento pubblico nella realizzazione delle infrastrutture è stato invocato dal Governo come misura anticongiunturale, ma sino ad oggi le azioni volte all'attuazione di tale disegno non possono ritenersi in alcun modo soddisfacenti. Da un recente studio elaborato dal centro studi dell'Ance (Associazione nazionale costruttori edili), che focalizza lo stato di utilizzo delle risorse deliberate dal Cipe a giugno 2009 a seguito della rimodulazione e della concentrazione delle risorse pubbliche del fondo per le aree sottoutilizzate a favore delle infrastrutture, operata in attuazione della strategia governativa, emerge come non siano ancora riscontrabili ricadute positive delle decisioni adottate dal Governo sul mercato delle nuove opere pubbliche, in quanto allo sforzo compiuto per reperire i finanziamenti ed approvare i programmi non avrebbe fatto seguito l'impegno del Governo nella fase di attivazione delle risorse;
il documento sottolinea, in particolare, la lentezza nella conferma dei finanziamenti. Infatti, degli 11,23 miliardi di euro relativi ad interventi finanziati con fondi pubblici sono stati finora confermati finanziamenti soltanto per 6,67 miliardi di euro, pari al 59 per cento delle risorse. Gli investimenti pubblici in infrastrutture, già calati del 5,1 per cento nel 2008, sono dunque scesi nel 2009 dell'8,1 per cento e tra le grandi opere in attesa di finanziamento si segnalano, tra le altre, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria per 577 milioni di euro (ai fini del completamento del macrolotto 3, parte 4, ed altri svincoli) e la strada statale ionica per 537 milioni di euro (megalotto 3-1 stralcio). In questo quadro, circa 4.566 milioni di euro previsti nel piano delle opere prioritarie devono essere ancora confermati dal Cipe. Tra questi finanziamenti assumono particolare rilevanza i programmi per l'edilizia scolastica e per la ricostruzione in Abruzzo e la seconda tranche del piano delle opere medio-piccole nel Mezzogiorno. In particolare:
a) per l'edilizia scolastica i finanziamenti da confermare ammontano a circa 765 milioni di euro provenienti dal fondo per le aree sottoutilizzate, ai quali si aggiungono 115 milioni di euro del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici nell'ambito della cosiddetta «legge obiettivo», assegnati con la

delibera Cipe n. 114 del 18 dicembre 2008. La legge finanziaria per il 2010 prevedeva la presentazione, entro gennaio 2010, di un piano stralcio, per un importo fino a 300 milioni di euro, di interventi immediatamente cantierabili per la messa in sicurezza di edifici scolastici nelle varie regioni, ma la scadenza per la presentazione del piano è stata posticipata a giugno 2010 dal decreto-legge cosiddetto «milleproroghe»;
b) per la ricostruzione in Abruzzo i finanziamenti da confermare ammontano a circa 168 milioni di euro sui 408,5 di investimento previsti;
c) per le opere medio-piccole il piano 2009 del Governo prevedeva investimenti pari a 801,3 milioni di euro, ma i finanziamenti ancora da confermare ammontano a 388,3 milioni di euro ed i lavori concretamente realizzati sino ad oggi si stimano per soli 20 milioni di euro;
oltre a questi interventi, bisogna considerare le opere urgenti di risanamento ambientale, non previste dal piano Cipe del 26 giugno 2009, ma finanziate per un miliardo di euro con la delibera Cipe del 6 novembre 2009. I programmi di utilizzo di queste risorse non sono ancora stati predisposti e in questo modo si allungano i tempi di attivazione delle risorse;
infine, il livello di trasparenza dei pochi investimenti fatti è andato a poco a poco deteriorandosi, considerato che nel 2008 gli affidamenti di lavori pubblici a trattativa privata, ovvero senza gara, sono stati pari all'8,9 per cento, il doppio del 2006 -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di confermare e consentire una sollecita attivazione delle risorse già previste, ma non ancora assegnate, per garantire la concreta realizzazione degli interventi da attuare per l'edilizia scolastica, per la ricostruzione in Abruzzo, per il piano delle opere medio-piccole nel Mezzogiorno e per le opere urgenti di risanamento ambientale, come pure per il definitivo completamento di opere infrastrutturali di cruciale rilevanza, quali l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e la strada statale ionica.
(3-00995)

VIETTI, LIBÈ, DIONISI, MONDELLO, MEREU, COMPAGNON, ENZO CARRA, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI, OCCHIUTO e RAO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo le stime fornite dall'Associazione nazionale costruttori edili, gli investimenti pubblici in infrastrutture, già calati del 5,1 per cento nel 2008, sono scesi nel 2009 dell'8,1 per cento;
rispetto agli 11,2 miliardi di euro promessi dal Governo nel 2009, di fatto, se ne sono concretizzati solo 6,6 e di questi un miliardo è servito a finanziare lavori già avviati (Mose a Venezia e ferrovie nel Mezzogiorno), 1,3 sono stati destinati al ponte sullo Stretto e ben 2,2 miliardi a lavori di cui non esistono ancora nemmeno i bandi di gara;
in pratica per le nuove opere sono disponibili solo 200 milioni di euro, meno di un cinquantesimo della somma teoricamente stanziata;
per le opere minori il piano del Governo per il 2009 prevedeva un investimento di 800 milioni di euro (la Spagna ha impegnato 8 miliardi di euro e la Francia ne ha stanziati 5,6), ma in cassa ne sono arrivati poco più della metà (413 milioni) e le opere effettivamente affidate si riducono a 20 milioni di euro;
in totale, nel 2009 la spesa per le piccole opere, compresi gli stanziamenti degli enti locali nel 2009, è diminuita del 30 per cento e di un ulteriore 30 per cento nei primi due mesi del 2010;
analizzando per settori ed escludendo l'edilizia carceraria, per la quale sono stati stanziati i 200 milioni di euro previsti, del miliardo di euro promesso per l'edilizia scolastica sono arrivati 234 milioni, mentre il miliardo di euro promesso

per gli interventi straordinari a difesa del territorio e dell'equilibrio idrogeologico del Paese è privo di copertura;
secondo il Centro ricerche economiche, sociali di mercato per l'edilizia ed il territorio (Cresme) la situazione peggiorerà nel 2010 e nel 2011 e tale previsione è confermata dalla relazione previsionale e programmatica del Governo, che stima un calo del 13,1 per cento degli investimenti pubblici nel 2010 e del 7,6 per cento nel 2011;
non diversa risulta la situazione per le aziende a controllo pubblico, che continuano a ridurre il loro impegno (1,2 miliardi di lavori in meno per le Ferrovie dello Stato ed un calo del 10 per cento degli appalti banditi da Anas);
la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali è un punto fondamentale del programma del Governo, nonché uno strumento indispensabile per modernizzare il Paese e un volano necessario per la ripresa economica -:
se confermi i dati esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare conseguentemente, anche alla luce degli innumerevoli annunci già fatti dal Governo in tema di grandi opere.
(3-00996)

NUCARA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria sta entrando nella fase operativa, per realizzare quella connessione infrastrutturale che è presupposto dell'integrazione economica dell'area;
come è noto, la città di Reggio Calabria è stata riconosciuta città metropolitana con legge dello Stato e la «dirimpettaia» Messina città metropolitana con legge regionale;
è altrettanto nota l'annosa questione della costruzione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che, sebbene abbia avuto qualche accelerazione in questi ultimi tempi, rimane comunque un nodo quasi inestricabile, considerato che molto spesso viene chiusa totalmente a causa delle criticità connesse al dissesto idrogeologico, ad avviso dell'interrogante, prevedibili, ma non considerate ai fini della messa in sicurezza;
il sistema ferroviario è già scadente fino a Lamezia Terme e peggiora ulteriormente nel resto della Calabria e in Sicilia. L'aeroporto di Reggio Calabria, considerati i prezzi praticati da Alitalia, di fatto operante in regime di monopolio, non è fruibile se non da chi detiene redditi elevati;
tuttavia, l'aeroporto di Reggio Calabria, una volta denominato Tito Minniti, da tempo è chiamato «Aeroporto dello Stretto», in ragione del fatto che serve le due città che si affacciano sullo Stretto e che oggi sono ambedue città metropolitane;
la fruizione di questo servizio per gli utenti messinesi è tecnicamente molto complicata e, per le ragioni sopra esposte, anche per l'utenza reggina, che, considerato il dissesto infrastrutturale, tende, almeno per la parte di utenti della provincia di Reggio Calabria, a fruire dell'aeroporto di Lamezia Terme -:
se non intenda realizzare, riguardo all'«Aeroporto dello Stretto», una rivoluzione copernicana nel modo di considerare funzioni, ruolo e sviluppo di tale aeroporto, magari attrezzando tecnologicamente le strutture aeroportuali adibite per decolli ed atterraggi e in più spostando l'aerostazione sul mare, in modo tale da rendere agevole l'imbarco degli utenti messinesi, che con gli aliscafi arriverebbero direttamente dentro l'aeroporto.
(3-00997)

IAPICCA e BALDELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il rapporto Unioncamere 2009 ha segnalato che, a seconda del livello di

infrastrutturazione che il nostro Paese riuscirà a completare entro il 2020, si potrà avere un risparmio di «tempo» che, se monetizzato attraverso particolari parametri, potrebbe produrre un risparmio economico per il sistema Italia dai 7 ai 19 miliardi di euro all'anno;
la carenza di un'adeguata dotazione infrastrutturale è uno dei fattori che frenano lo sviluppo del Paese e, in particolar modo, quello delle regioni meridionali;
l'indice di dotazione infrastrutturale del Sud è 25 punti sotto la media nazionale -:
quali siano gli interventi del Governo nel Mezzogiorno d'Italia in materia di dotazione infrastrutturale.
(3-00998)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 10 marzo 2010 la prefettura di Avellino ha interrotto la linea ferroviaria Benevento-Foggia a causa di un movimento franoso verificatosi nella zona di Montaguto;
ad oggi la mobilità non è ancora garantita, sebbene le Ferrovie dello Stato abbiano attivato servizi sostitutivi di autobus;
in particolare, all'interrogante risulta che detti servizi siano assolutamente insufficienti e che i viaggiatori abbiano notevoli difficoltà ad acquistare i biglietti per gli autobus sostitutivi;
inoltre la prenotazione dei mezzi sul sito di Trenitalia sarebbe particolarmente difficoltosa per gli utenti, considerato che la procedura telematica andrebbe spesso in stallo;
da quanto risulta all'interrogante il call center di Trenitalia garantirebbe il servizio sostitutivo solo in maniera ridotta perché poco conveniente per la compagnia, che da quando si è verificato il dissesto idrogeologico ha subìto un danno di oltre 620 mila euro;
i disagi sono aggravati anche dal restringimento della strada statale 90 Foggia-Napoli, che comporta un notevole rallentamento alla circolazione automobilistica;
tutta la tratta appenninica quindi non è percorribile in tempi ragionevoli, basti considerare che l'aumento del tempo di viaggio tra Benevento e Foggia si aggira tra i 60 e i 90 minuti;
le difficoltà di circolazione sono particolarmente gravose per i pendolari che per studio o lavoro sono costretti ad affrontare ore ed ore di viaggio in condizioni di estremo disagio, senza considerare il danno che ciò arreca al turismo e alle imprese;
da notizie stampa risulta che i tempi previsti per il ripristino della tratta ferroviaria sono ancora lunghi anche a causa dei detriti prodotti dall'erosione della montagna;
per fronteggiare detta situazione di emergenza non sono certo sufficienti le forze economiche degli enti locali, e, ad avviso dell'interrogante, sarebbe opportuno un sostegno statale per abbattere i tempi di riattivazione della tratta e per garantire un efficiente servizio di mobilità per il territorio -:
quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga opportuno assumere al fine di ripristinare quanto prima la tratta ferroviaria di cui in premessa e, nel frattempo, garantire un servizio sostitutivo puntuale ed efficiente ai cittadini.
(5-02710)

VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 125 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 prevede l'adozione di un decreto del Ministro

del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, per l'individuazione delle mansioni che comportano rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute dei terzi, allo scopo di sottoporre i lavoratori destinati a tali mansioni ad un accertamento volto verificare l'assenza di tossicodipendenza prima dell'assunzione in servizio, e successivamente ad accertamenti periodici; con il medesimo decreto devono altresì essere determinate la periodicità degli accertamenti e le relative modalità;
l'articolo 8, comma 6 della legge n. 131 del 2003, recante «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», prevede che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni;
in ottemperanza al citato articolo 8, la Conferenza unificata ha adottato in data 30 ottobre 2007 un atto di intesa con il quale sono state individuate le mansioni che comportano rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi, anche in riferimento ad un'assunzione solo sporadica di sostanze stupefacenti, definite dall'allegato I dell'atto di intesa medesimo;
il punto 2 dell'allegato I dell'atto di intesa ha individuato, come mansioni inerenti alle attività di trasporto, relativamente al trasporto su strada:
i conducenti di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i quali è richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada [punto 2, lettera a)];
gli addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci [punto 2, lettera n)];
tra i conducenti di cui al punto 2, lettera a) dell'atto di intesa non sono ricompresi i titolari di patente di categoria B, con la conseguenza di escludere dai controlli i conducenti di veicoli fino a 3,5 tonnellate di peso complessivo; al contrario, ai sensi del punto 2, lettera n) del medesimo atto, sono sottoposti ai controlli tutti gli addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci, senza che sia prevista una analoga esclusione per i conducenti di macchine di movimentazione terra e merci con portata inferiore a 3,5 tonnellate;
gli accertamenti sanitari effettuati su tutti conducenti di macchine di movimentazione terra e merci determinano pesanti aggravi sia in termini economici che organizzativi per le aziende del settore della logistica, che annoverano tra i propri dipendenti un numero elevato di queste figure;
la disparità di trattamento normativo rispetto ai conducenti di veicoli stradali appare inoltre non ragionevole, dal momento che risultano evidenti i maggiori rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi che derivano da mansioni di trasporto effettuate su strada piuttosto che all'interno di magazzini o di spazi non aperti al traffico;
l'articolo 8, comma 2 del citato atto di intesa prevede che le procedure diagnostiche e medico legali, comprese le modalità di prelievo, conservazione e catena di custodia dei campioni, nonché le tecniche analitiche più specifiche con le quali effettuare la ripetizione delle analisi, garantendo affidabilità e uniformità secondo metodiche di qualità condivise, siano individuate con apposito accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
in attuazione della delega prevista dall'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, è stato emanato il decreto legislativo n. 81 del 2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il cui articolo 41 ha definito le modalità attraverso le quali effettuare la sorveglianza sanitaria, individuando le tipologie

di visita da effettuare rispetto all'esercizio delle attività lavorative; le visite mediche previste dal citato articolo sono finalizzate anche alla verifica di assenza di condizioni di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti;
con l'accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 18 settembre 2008, ai sensi dell'articolo 8 dell'Intesa del 30 ottobre 2007, è stato approvato il documento recante «Procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute di terzi»;
l'articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n. 106 del 2009, recante disposizioni correttive e integrative del predetto decreto legislativo n. 81 del 2008, ha stabilito che entro il 31 dicembre 2009, con accordo in conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengano rivisitate le condizioni e le modalità per l'accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza -:
se il Governo, anche in relazione all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n. 106 del 2009, intenda assumere iniziative volte a rivedere le mansioni inerenti alle attività di trasporto previste dall'allegato I all'atto di intesa del 30 ottobre 2007, per le quali risultano obbligatori gli accertamenti in materia di tossicodipendenza, al fine di escludere dall'obbligo di sottoposizione ai suddetti accertamenti anche i conducenti di macchine di movimentazione terra e merci di peso complessivo inferiore a 3,5 tonnellate.
(5-02724)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano Terra di martedì 30 marzo 2010, a Casalnuovo di Napoli, sessanta edifici, fino ad un paio di anni fa, avevano una falda acquifera a oltre venti metri sotto le fondamenta. Nel 2007, un'ampia zona della frazione Feneria, un appezzamento di terreno lungo almeno trecento metri e largo una cinquantina, prima coltivato, è stata pian piano sommersa da almeno un metro d'acqua. Stessa sorte per cantine, garage e sottoscala dei palazzi che sorgono a pochi metri;
il problema risiede nei piloni di tre viadotti: quello della tratta dell'alta velocità ferroviaria, in via di completamento, che porterà alla stazione Napoli Afragola e gli altri della linea per Battipaglia. Due anni fa le Ferrovie hanno cominciato a trivellare e innalzare piloni e la zona si è progressivamente allagata;
gli scavi hanno intercettato e deviato una falda acquifera, che è risalita velocemente in superficie;
almeno duecento famiglie sono preoccupate per la stabilità delle loro abitazioni -:
se risulti se e quali azioni siano state intraprese per provvedere alla bonifica dell'area considerata;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per rimediare al grave dissesto ambientale provocato e al disagio arrecato ai residenti.
(4-06697)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo di Decio Coviello e Stefano Gagliarducci su Lavoce.info del 19 marzo 2010, l'intreccio

tra appalti pubblici e corruzione, descritto nelle cronache nazionali degli ultimi mesi, ha riacceso il dibattito sulla vulnerabilità di questi contratti nel nostro Paese. È emerso uno scambio di favori monetari, e non, tra committenti (politici e amministratori) e imprese. Già in passato, diversi studi avevano messo in luce la diffusa commistione pubblico-privato nel settore degli appalti. Poco, però, si è detto sul modo in cui si sviluppano le relazioni preferenziali fra politica e imprese che favoriscono gli scambi di favori;
in una recente ricerca sono stati raccolti dati e informazioni relativi alla carriera politica dei sindaci italiani eletti tra il 1985 e il 2008 e gli appalti realizzati nei loro comuni tra il 2000 e il 2005;
l'aspetto innovativo che emerge dall'analisi è il tempo e il modo in cui si realizza tale rapporto. Il numero dei mandati ricoperti dai sindaci ha una relazione diretta sul funzionamento e i risultati delle aste pubbliche da loro gestite;
quando il sindaco viene rieletto per un secondo mandato, si verifica una sistematica riduzione nel numero di partecipanti alle aste, a cui corrisponde un maggior costo per la realizzazione dell'opera e un maggior aggravio per le finanze pubbliche. In tal modo, non solo si deteriora il livello della competizione, ma anche la sua stessa natura. Aumenta infatti la probabilità sia che i vincitori siano imprese locali sia che gli appalti siano vinti dalle stesse imprese;
l'analisi ha preso spunto dalla riforma dei comuni del 1993 che ha consentito ai sindaci eletti prima dell'entrata in vigore della legge di allungare sistematicamente il numero dei mandati. La circostanza ha consentito di costruire un modello empirico che prende in considerazione la possibilità che un sindaco rieletto più volte sia più soggetto alle relazioni preferenziali (e viceversa). Le stime evidenziano che nel comune in cui il sindaco sia stato al potere per un ulteriore mandato, il numero dei partecipanti alla gara si riduce del 23 per cento; mentre il ribasso di aggiudicazione è inferiore del 13 per cento. Negli stessi comuni in cui il sindaco rimane in carica per un ulteriore mandato si verifica un aumento del 3,2 per cento della probabilità che l'impresa vincitrice sia locale e un aumento del 25 per cento della probabilità che la stessa impresa vinca con maggiore frequenza gli appalti;
il ribasso di aggiudicazione della gara, espresso come deviazione dalla base d'asta, consente di calcolare l'aumento sistematico del costo di un lavoro pubblico. Secondo i calcoli, un extra-mandato di un sindaco causa un aumento di 8mila euro nel costo di un appalto dal valore medio di 546mila. Se si considera che dai dati emerge che il numero degli appalti banditi per ogni mandato è in media di dodici, l'effetto economico dell'aumento può essere paragonabile, per quella comunità, alla realizzazione di un'ulteriore opera pubblica del valore di circa 100mila euro;
va precisato che questi numeri non sono per lo più una prova dello scambio di favori tra sindaci e imprese locali. Tuttavia, la ricerca mette in luce l'intreccio e la debolezza degli appalti pubblici a causa delle possibili prolungate relazioni fra sindaci e imprese locali. I risultati sono compatibili con lo studio a livello macroeconomico per altri Paesi, in cui viene ben evidenziato che la corruzione di una nazione è correlata alla lunghezza della permanenza in carica dei politici;
nel caso delle amministrazioni locali italiane, si sostiene spesso che il limite dei due mandati riduce la capacità di realizzare programmi e opere di medio-lungo periodo, che spesso maturano i loro benefici solo dopo diversi anni. Tuttavia, l'analisi sulla durata della carica dei sindaci, dettata da regole non manipolabili, prende in esame gli effetti positivi che derivano dalla riduzione della collusione tra politici e imprese locali; rende anche evidente il beneficio conseguito con il ricambio dei rappresentanti politici grazie alla rottura degli eventuali network che

deteriorano la spesa pubblica e i vantaggi del prevalere della concorrenza anche in questo settore -:
se e quali provvedimenti si intendano adottare per fare fronte al fenomeno descritto.
(4-06706)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
in un'inchiesta condotta dal Corriere della Sera, sui mezzi pubblici di sei città italiane (Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino), emerge che sono ancora pochi i cosiddetti «cicalini» e annunci vocali di cui possano usufruire cittadini non vedenti; come si legge nella citata inchiesta «piccoli accorgimenti su autobus e metro potrebbero agevolare il loro orientamento»; si tratta di disagi facilmente risolvibili: le amministrazioni locali potrebbero installare sistemi di annuncio delle fermate e predisporre indicatori di direzione, acustici e luminosi, come esistono in molti Paesi europei - come ha suggerito Tommaso Daniele, presidente dell'Unione italiana ciechi;
la maggior parte degli autobus, nelle grandi città come in quelle più piccole, ne è ancora sprovvista. Se cicalini e annunci vocali sono presenti nella maggior parte dei treni e delle metropolitane - anche se non sempre in funzione su tutta la tratta - sono davvero pochi, invece, all'interno degli autobus e quasi inesistenti all'esterno. I pochi installati, oltretutto non funzionano o funzionano male, cosicché per chi è cieco o ipovedente, muoversi in autonomia con i mezzi pubblici spesso significa essere costretti ad affrontare ogni volta una vera e propria sfida al buio -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie funzioni e prerogative, siano previste perché la problematica riportata in premessa possa essere affrontata, con il pieno coinvolgimento delle amministrazioni competenti;
se non si ritenga di dover studiare e predisporre agevolazioni di carattere economico per quelle amministrazioni che si mostrano sensibili a tale problema e decidono di adeguare autobus e mezzi pubblici con i cosiddetti «cicalini».
(4-06709)

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea;
il trasporto, infatti, se da un lato, si configura come attività di tipo economico, dall'altro, come elemento essenziale del «diritto alla mobilità» previsto all'articolo 16 della Costituzione, costituisce un servizio di interesse economico generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica;
la peculiarità del mercato dei trasporti impedisce di fatto la realizzazione di un mercato concorrenziale effettivo;
sin dal 1o gennaio 2002 è stata avviata dallo Stato italiano d'intesa con la regione Sardegna la cosiddetta «continuità territoriale», legittimata dalle istituzioni europee;
l'ordinamento giuridico italiano ha previsto specifiche misure volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale con particolare riferimento a quello insulare;
la prima attuazione della continuità territoriale, relativamente ai primi due

anni (2002-2003), è stata attuata mediante il finanziamento statale degli obblighi di servizio pubblico;
tale compensazione, qualora necessaria, per la Sardegna non è stata più necessaria, deve essere disposta obbligatoriamente dallo Stato quale costo della coesione territoriale e il riequilibrio economico;
nell'ordinamento nazionale sono state recepite alcune direttive comunitarie volte ad assicurare la continuità territoriale tra i principali aeroporti nazionali e le isole maggiori, alcune isole minori e alcuni territori svantaggiati per dislocazione o tipologia della domanda;
l'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144 al fine di garantire la continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, ha previsto, sulla base del citato regolamento comunitario, procedure e contenuti degli oneri di servizio pubblico per i servizi aerei di linea relativi alle zone indicate, prevedendo la gara d'appalto europea per l'assegnazione delle rotte, in assenza dell'accettazione dell'onere del servizio pubblico;
l'articolo 36 ha previsto, inoltre, che la determinazione dei contenuti dell'onere di servizio pubblico debba essere disposta con decreto ministeriale, e debba avvenire previa conferenza di servizi appositamente indetta dal Presidente della regione, che deve essere altresì sentito ai fini dell'emanazione del decreto ministeriale con il quale si dispone lo svolgimento della gara europea, qualora nessun vettore accetti gli oneri di servizio pubblico;
il comma 4 dell'articolo 36 prevede, qualora nessun vettore accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, che il Ministro dei trasporti, d'intesa con i Presidenti delle regioni interessate, bandisca la gara d'appalto europea secondo le procedure previste dal regolamento (CEE) n. 2408/92 e successive modifiche introdotte con il Regolamento CE n. 1008/2008;
l'articolo 9 del decreto legislativo di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione (decreto legislativo n. 96 del 2005) ha modificato l'articolo 782 del codice, prevedendo una nuova disciplina in materia di oneri di servizio pubblico. Il citato articolo prevede che «nel caso in cui l'offerta dei servizi aerei non garantisca il diritto alla mobilità previsto dall'articolo 16 della Costituzione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può imporre oneri di servizio pubblico, con procedure trasparenti e non discriminatorie, riguardo a servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto situato sul territorio nazionale che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del territorio nazionale o riguardo a una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel territorio nazionale, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso»;
l'imposizione per la Sardegna degli oneri di servizio pubblico fu accettata dai vettori Alitalia, Air One e Meridiana, che, nel biennio 2002-2003, hanno goduto di una compensazione finanziaria, attraverso la stipula di convenzioni: la compensazione non è stata più prevista nel 2004;
alla scadenza delle convenzioni per gli anni 2002 e 2003, è stata sottoscritta con i medesimi vettori una nuova convenzione della durata di un anno e con scadenza 31 dicembre 2004, sulla base della quale i precitati collegamenti erano assicurati alle medesime condizioni, sia di servizio sia tariffario, senza tuttavia richiedere compensazioni da parte dello Stato;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta della regione Sardegna, con decreto ministeriale 8 novembre 2004, ha stabilito, a decorrere dal 1o gennaio 2005 e permanendo le esigenze di continuità territoriale, l'imposizione di oneri di servizio pubblico per diciannove rotte, poi ridotte a diciotto, da e per la Sardegna, in un'unica e inscindibile soluzione, senza esclusiva e senza compensazione a carico dello Stato;

in data 4 marzo 2005 la Commissione europea ha avviato un procedimento formale d'indagine - ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2408/92 - sugli oneri di servizio pubblico previsti dall'Italia, il 10 dicembre 2004, sulle diciotto rotte aeree in questione, al fine di accertare se essi fossero conformi alla disciplina comunitaria relativa al mercato interno;
l'intera procedura predisposta dalla regione sarda nel 2005 fu secondo l'interrogante fallimentare sotto ogni punto di vista e solo dopo l'annullamento delle procedure già avviate solo nel 2007 furono ripristinate condizioni minime di continuità territoriale;
un'indagine conoscitiva della Camera dei deputati in ordine ai profili della compensazione finanziaria, nel corso dell'indagine conoscitiva ha richiamato il regime «a costo zero» che si è avuto per il 2004 per la regione Sardegna (a seguito dell'accettazione da parte delle compagnie aeree);
con il nuovo regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 all'articolo 16 sono stati definiti i principi generali per gli oneri di servizio pubblico:
1. Previa consultazione con gli altri Stati membri interessati e dopo aver informato la Commissione, gli aeroporti interessati e i vettori aerei operanti sulla rotta, uno Stato membro può imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso. Tale onere è imposto esclusivamente nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale. I criteri specifici imposti sulla rotta oggetto dell'onere di servizio pubblico sono stabiliti in modo trasparente e non discriminatorio.
(...) 3. Nel valutare la necessità e l'adeguatezza di un onere di servizio pubblico previsto lo Stato membro tiene conto o gli Stati membri tengono conto:
a) dell'equilibrio tra l'onere previsto e le esigenze in materia di sviluppo economico della regione interessata;
b) della possibilità di ricorrere ad altre modalità di trasporto e dell'idoneità di queste ultime a soddisfare il concreto fabbisogno di trasporto, in particolare nel caso in cui i servizi ferroviari esistenti servano la rotta prevista con un tempo di percorrenza inferiore a tre ore e con frequenze sufficienti, coincidenze e orari adeguati;
c) delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti;
d) dell'effetto combinato di tutti i vettori aerei che operano o intendono operare sulla rotta di cui trattasi.

(...) 7. Qualora sia stato imposto un onere di servizio pubblico conformemente ai paragrafi 1 e 2, il vettore aereo comunitario può mettere in vendita il solo posto a condizione che il servizio aereo in questione soddisfi tutti i requisiti dell'onere di servizio pubblico. Di conseguenza, siffatto servizio aereo è considerato un servizio aereo di linea.
8. Qualora sia stato imposto un onere di servizio pubblico a norma dei paragrafi 1 e 2, qualsiasi altro vettore aereo comunitario è autorizzato in qualsiasi momento ad istituire servizi aerei di linea conformi a tutti i requisiti dell'onere di servizio pubblico, incluso il periodo di tempo durante il quale intende effettuare tale prestazione, che può essere richiesto ai sensi del paragrafo 2;

l'articolo 17 della procedura comunitaria di cui sopra prevede che, qualora nessuno dei vettori accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, la gara d'appalto per gli oneri di servizio pubblico sia così disciplinata:
1. La gara d'appalto richiesta a norma dell'articolo 16, paragrafo 10, è effettuata secondo la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 10 del presente articolo.
2. Lo Stato membro interessato comunica alla Commissione il testo completo dell'invito a partecipare alla gara salvo nei casi in cui, a norma dell'articolo 16, paragrafo 5, abbia reso noto l'onere di servizio pubblico attraverso la pubblicazione di una nota nella Gazzetta Ufficiale nazionale. In tal caso, anche il bando di gara è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nazionale.
3. Il bando di gara ed il successivo contratto devono contemplare tra t'altro i punti seguenti:
a) le norme prescritte dall'onere di servizio pubblico;
b) le norme relative alla modifica e alla scadenza del contratto, in particolare per tener conto di cambiamenti imprevedibili;
c) il periodo di validità del contratto;
d) le sanzioni in caso di inadempimento del contratto;
e) i parametri obiettivi e trasparenti sulla base dei quali è calcolata la compensazione, ove prevista, per la prestazione dell'onere di servizio pubblico.

(...) 7. La selezione tra le offerte presentate viene effettuata il più presto possibile, tenendo conto della qualità del servizio offerto e in particolare delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti, nonché del costo dell'eventuale compenso richiesto allo Stato o agli Stati membri interessati.
8. Lo Stato membro interessato può compensare un vettore aereo selezionato a norma del paragrafo 7 che soddisfi i requisiti di onere di servizio pubblico prescritti a norma dell'articolo 16; tale compensazione non può superare l'importo necessario per coprire i costi netti sostenuti per la prestazione dell'onere di servizio pubblico, tenendo conto dei conseguenti ricavi ottenuti dal vettore aereo e di un margine di profitto ragionevole.
Il regolamento comunitario sancisce fondamentalmente tre elementi rilevanti:
1) è lo Stato ad imporre l'onere del servizio pubblico;
2) l'onere del servizio pubblico non deve creare discriminazioni tra cittadini europei, e quindi l'utilizzo degli oneri di servizio pubblico non deve essere riservato solo ai residenti ma esteso a tutti i cittadini europei in transito da aeroporti italiani verso la Sardegna;
3) il parametro di riferimento per l'imposizione dell'onere del servizio pubblico è la comparazione ferroviaria dei collegamenti;
4) l'eventuale gara, qualora nessuno dei vettori accetti l'imposizione dell'onere del servizio pubblico, può essere svolta senza compensazione;

con l'articolo 1, comma 837, della legge finanziaria dello Stato 2007 è stato previsto in forma generica e non attuativa il trasferimento alla Regione Sardegna di funzioni relative al trasporto pubblico locale e quelle relative alla continuità territoriale: «837. Alla Regione Sardegna sono trasferite le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuità territoriale. (...);
con il comma 840 dell'articolo 1 legge finanziaria 2007 è previsto: «Per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite di cui al comma 837 rimangono a carico dello Stato»;
con la delibera della giunta regionale della Sardegna n. 10/41 del 12 marzo

2010 si asserisce quanto segue: «L'Assessore dei Trasporti sottolinea come i dati attualmente disponibili evidenziano come essenziale per lo sviluppo economico e sociale della Regione l'inserimento di altre rotte. L'assetto dei collegamenti onerati, e correlate compensazioni finanziarie a carico della Regione, indispensabile per garantire una continuità aerea con caratteristiche di "servizi essenziali", necessita di un intervento finanziario quantificabile in massimo di 20 milioni di euro come importo a base d'asta» -:
se il Governo abbia predisposto norme attuative relative ai commi 837 e 840 della legge finanziaria del 2007 considerato che le stesse sono state ritenute necessarie per i commi della stessa legge finanziaria relative ai trasferimenti alla regione Sardegna;
se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia disposto trasferimenti per il 2010 alla regione autonoma della Sardegna in relazione alla continuità territoriale e se intenda farlo;
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia erogato nell'ultimo triennio risorse finanziarie per la compensazione di oneri di servizio pubblico sulle rotte principali tra i tre aeroporti sardi Roma e Milano;
se per le altre rotte, oltre a Roma e Milano, risultino compensazioni a carico dello Stato e per quali importi;
se nell'atto d'intesa previsto per la modifica delle competenze regionali di cui all'articolo 8 dello Statuto, articolo 1 commi 837-840 della finanziaria 2007, risulti l'assunzione da parte della regione Sardegna degli oneri relativi alla continuità territoriale;
se non ritenga di dover provvedere in base alle norme vigenti (articolo 36, legge n. 144/99) a conferire al presidente della regione Sardegna la delega alla convocazione della conferenza dei servizi per la definizione dell'imposizione degli oneri di servizio pubblico;
se non ritenga, nel conferire la delega, di rappresentare l'illegittimità e illogicità di un eventuale onere di compensazione a favore delle compagnie aeree che svolgessero tratte di linea sottoposte ad oneri di servizio pubblico considerato che le stesse hanno già svolto, come emerge dalle indagini parlamentari, a «costo zero» lo stesso servizio e che tale decisione sarebbe in aperto contrasto con quanto stabilito dal regolamento comunitario laddove si chiarisce che «tale compensazione non può superare l'importo necessario per coprire i costi netti sostenuti per la prestazione dell'onere di servizio pubblico, tenendo conto dei conseguenti ricavi ottenuti dal vettore aereo e di un margine di profitto ragionevole»;
se non ritenga, alla luce del «costo zero» per lo Stato già attuato, di dover ribadire l'esigenza di effettuare l'eventuale gara non con offerte in aumento ma al ribasso rispetto al prezzo fissato per l'onere del servizio pubblico, anche in considerazione che in questo caso si tratterebbe di un affidamento del servizio in esclusiva;
se non ritenga, anche in considerazione del fatto che, a norma vigente, i decreti di imposizione dell'onere di servizio pubblico dovranno essere predisposti e sottoscritti dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, di dover indicare con puntualità l'esigenza di non proporre misure di vantaggio ma di reale ed oggettivo riequilibrio territoriale;
se non ritenga di dover ribadire, all'atto della delega ai rappresentanti dello Stato in seno alla conferenza di servizi, che sono da ritenersi illogici, se non palesemente in contrasto con le recenti decisioni comunitarie, trattamenti differenziati tra residenti e non residenti e che si rende opportuno definire una tariffa unica per residenti e non da sottoporre ad onere di servizio pubblico pari alla parametrazione più conveniente del costo chilometrico ferroviario.
(4-06716)

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Modena, come noto al Ministro, sono rimaste di competenza dello Stato due arterie, la Via Emilia e la strada statale 12 dell'Abetone del Brennero, dunque per queste due arterie le competenze sono rimaste a carico allo Stato e dell'Anas;
nel dicembre del 2003 è stato sottoscritto tra la regione Emilia Romagna e il Governo (presieduto dall'onorevole Berlusconi) un accordo quadro per la mobilità che tra l'altro prevedeva significativi interventi sulla strada statale 12 dell'Abetone del Brennero e precisamente la realizzazione delle tangenziali di Montale, Pavullo nel Frignano e Lama Mocogno con l'individuazione degli importi previsti in 12 milioni per la tangenziale di Montale, 79 per la tangenziale di Pavullo nel Frignano, 11 per quella di Lama Moncogno;
lo stato della strada statale 12 è stato oggetto anche nelle ultime settimane di denuncie circa la sua inadeguatezza da parte delle istituzioni locali, comuni, comunità montane, provincia, delle associazioni di categoria dei lavoratori e delle imprese. L'arteria infatti richiederebbe urgentemente interventi di manutenzione oltre alla realizzazione delle tangenziali sopra indicate;
il Ministro interrogato intervenuto recentemente a Modena, ad un convegno organizzato dalla camera di commercio mentre ha sottolineato l'interesse allo studio della «Modena Lucca» non ha fatto alcun riferimento agli interventi relativi alla strada statale 12 -:
quali interventi nel rispetto dell'accordo quadro per la mobilità della Regione Emilia Romagna sottoscritto nel dicembre 2003, si intendano operare sulla strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero in particolare per la realizzazione delle tangenziali di Montale, Pavullo nel Frignano, Lama Mocogno.
(4-06718)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il settimanale L'Espresso di venerdì 2 aprile 2010, il Governo e l'Anas hanno promesso il completamento dei lavori per l'autostrada Salerno-Reggio Calabria entro il 2013, ma alcuni esperti consultati dal settimanale parlano del 2016, quando non indicano il 2020;
la prova che l'obiettivo sarà mancato si trova negli stessi documenti interni dell'Anas, che L'Espresso ha potuto consultare. Fra il febbraio del 2009 e il febbraio del 2010 il cronoprogramma è avanzato di pochissimo. All'inizio del 2009 i lavori in corso o in appalto riguardavano 180 chilometri di tracciato e sono ancora 180. I chilometri da progettare erano 75 e sono 70. I chilometri ultimati un anno fa erano 185,7 ed ora sono 193,5. Dodici mesi per completare 7,8 chilometri di autostrada. Tutta la tempistica delle aperture sta slittando in avanti. Nel 2009 si prevedeva di finire 57 chilometri di strada entro il 2010 e quasi 140 entro il 2011. Nel 2010 si è scesi a 30 chilometri entro il 2010 a 106 entro il 2011;
nel 2009 servivano circa altri 2,7 miliardi di euro, ora servono altri 2,7 miliardi di euro, dopo avere già impegnato 7,5 miliardi. Ora il totale dell'investimento supera i 10 miliardi. Oltre 10 miliardi di spesa pubblica non basteranno per evitare l'odissea quotidiana sull'A3. Ci vorranno almeno un paio di miliardi in più perché le imprese di costruzione stanno avanzando perizie di variante, aggiornamento prezzi e riserve tecniche. Nessun passo avanti sostanziale è stato fatto ma la data di fine lavori al 2013 è rimasta invariata dello stesso punto di fine legislatura. Dove saranno trovati i miliardi che mancano non è chiaro: la finanziaria per il 2010 ha dato all'Anas soltanto i 300 milioni di euro necessari all'aumento di capitale della controllata Stretto di Messina;

le ristrettezze imposte dal ministero dell'economia e delle finanze non si ripercuoteranno soltanto sui nuovi progetti e sui nuovi tratti da assegnare a gara ma anche sulla semplice manutenzione ordinaria del tracciato: mancano i soldi per le buche, la segnaletica, i cartelli e i problemi normali;
il tratto Rogliano-Altilia a sud di Cosenza, segmento dove si sono consumati diversi incidenti, risulta fra i lotti da progettare e finanziare e rappresenta una delle zone più problematiche. Altri tratti molto difficili sono quelli fra Calabria e Basilicata dove non c'è un chilometro di autostrada completata. Sul Pollino sono stati assegnati gli appalti, ma non ci sono i cantieri. Nella zona di Castrovillari mancano ancora i progetti. Lo stesso succede a sud di Cosenza, sotto Lamezia, nel golfo di Pizzo. L'ultima gara risale a 10 mesi fa, quando Maire Tecnimont e i catanesi di Uniter (Costanzo, Campione, Bosco) si sono aggiudicati per 400 milioni di euro la seconda parte del macrolotto 3. L'opera include l'ampliamento in sede del ponte sul fiume Lao, il più alto d'Italia a 259 metri di altezza. Sarà ampliato e non abbattuto anche l'altro gigante dell'A3, lo Sfalassà, 210 metri di altezza fra Scilla e Bagnara. In entrambi i casi, si annunciano chiusure che si trasformeranno in un inferno per gli automezzi. I sindacati hanno protestato per le condizioni di sicurezza non rispettate nei cantieri aperti, ad esempio nella zona più a sud, macrolotti 5 e 6, dove si possono contare altri incidenti;
inoltre, la contabilità degli attentati e delle certificazioni antimafia revocate è a tre cifre in una delle zone a maggiore densità mafiosa d'Italia. Le imprese che hanno vinto i lavori, Impregilo e Condotte, sono strette fra l'assedio del crimine e le difficoltà tecniche. Il progetto stabilisce di abbattere viadotti in ottimo stato in favore di gallerie. Nonostante i motivi ambientalistici pro tunnel, i trafori sono più convenienti anche per le imprese perché offrono più margine per aumentare i prezzi in corso d'opera. Un esempio fra tanti: dove il progetto esecutivo prevedrebbe cavi interrati, il progetto costruttivo li realizza in volta, con prezzi maggiorati per la protezione contro gli incendi e i topi, senza controlli della vigilanza;
alcuni esempi: il macrolotto 5, bandito per 1,2 miliardi di euro e aggiudicato a 1 miliardo con il 16 per cento di ribasso, potrebbe costare il doppio. Le 35 riserve tecniche iscritte dall'Ati fra Impregilo e Condotte, due colossi delle costruzioni, superano i 900 milioni di euro e il tassametro continua a girare. Fra le richieste degli appaltatori: i prezzi maggiorati dei prodotti siderurgici e degli esplosivi, i 2 milioni spesi per il protocollo antimafia con la prefettura di Reggio, gli eventi meteorologici eccezionali, la sospensione dei lavori causa incendi e la sorpresa geologica. Impregilo e Condotte hanno deciso di aumentare la quota dei lavori da affidare ad altre imprese. La lentezza dei cantieri, in una delle zone a più alta disoccupazione d'Europa, è a suo modo una garanzia. A prendere gli appalti sono soprattutto le grandi e le medie imprese: Pizzarotti, consorzio Sis, Fincosit, le società della Lega cooperative, la Btp di Roberto Fusi;
sul macrolotto 6, il più a sud, la situazione è la seguente. Partenza ufficiale dei lavori: ottobre 2007. Termine previsto: 31 gennaio 2011. Situazione reale: l'avanzamento delle opere dichiarato dall'Anas è pari al 2,8 per cento e da parte delle imprese, che hanno già ottenuto 33 milioni in più sui 600 dell'appalto originale, sono in arrivo altre centinaia di milioni di riserve. Il macrolotto 6 si dovrebbe allacciare al ponte per saldare la parte finale del corridoio 1 Berlino-Palermo. I progettisti interessati dichiarano la monocampata da 3,3 chilometri tecnicamente impossibile. Tuttavia il Governo il 23 dicembre 2009 ha inaugurato i cantieri a Cannitello in Calabria e i lavori veri e propri dovrebbero partire a metà del 2011, con termine previsto per fine 2016. A marzo

Pietro Ciucci, presidente dell'Anas e amministratore della Stretto di Messina, ha annunciato che. la progettazione definitiva sarebbe dovuta partire il 1o aprile 2010 -:
se sia vero quanto esposto in premessa riguardo ai programmi che risultano dai documenti Anas e che non sembrano essere stati rispettati;
quali siano le iniziative concrete improntate alla trasparenza e alle regole della buona amministrazione che si intendono adottare al fine della realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, per un effettivo miglioramento del traffico veicolare fra Nord e Sud del nostro Paese.
(4-06725)

CODURELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in un'intervista rilasciata alla Gazzetta di Lecco il 3 aprile 2010, il Vice Ministro Castelli, dopo la sconfitta alle comunali di Lecco, ha dichiarato che nel continuare a svolgere il suo mandato istituzionale, in qualità di membro del Governo si prodigherà per dirottare, a parità di necessità, i finanziamenti verso i comuni amministrati dalla Lega;
il vice Ministro Castelli ha inoltre assunto la delega all'Expo del 2015, evento che come noto impegnerà ingenti risorse del bilancio statale;
appaiono gravi e discriminanti le dichiarazioni suddette, pronunciate da un componente dell'esecutivo -:
in che modo si adopererà per garantire, a tutti i comuni, non solo a quelli amministrati da una determinata forza politica, la massima imparzialità di trattamento e di accesso nell'utilizzo di risorse derivanti da finanziamenti statali.
(4-06742)

TESTO AGGIORNATO AL 4 AGOSTO 2010

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MARIO PEPE (PdL). - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella serata del 31 marzo 2010 e per tutta la notte tra il 31 ed il 1o aprile, diversi incendi sono scoppiati nelle campagne e nei boschi tra Aquara e Bellosguardo (Salerno) nel pieno delle aree protette del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano; la natura dolosa degli stessi non può essere esclusa, ove si consideri la distanza tra i focolai e la quasi contemporaneità dell'accensione;
l'interrogante ha personalmente chiamato i servizi di emergenza dei vigili del fuoco al n. 115, tuttavia ha dovuto constatare l'assenza di qualsiasi intervento; il bosco di Aquara e la macchia di Bellosguardo (in località Setteluci) hanno continuato a bruciare per tutta la notte -:
se non ritenga opportuno, nell'approssimarsi della stagione estiva, potenziare il personale e le capacità di intervento dei vigili del fuoco in relazione alla lotta agli incendi boschivi, con particolare riguardo alle aree protette del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, sempre più soggette alle pressioni speculative.
(4-06693)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Massa Carrara, dai quotidiani locali si è appreso della truffa ordita, a Marina di Carrara, ai danni di centinaia di extracomunitari clandestini, in occasione della recente sanatoria per la regolarizzazione di colf e badanti;
essi sono stati tutti truffati da una falsa agenzia interinale, cui hanno dato i documenti e le carte necessari per la regolarizzazione, ma soprattutto soldi, da mille a tremila euro per ciascuna falsa richiesta di regolarizzazione; essi avrebbero anche ricevuto copia del modulo F24 attestante il pagamento effettuato all'INPS;

arrivate alla prefettura, le false richieste sono state smascherate: ad oggi, le persone che hanno ordito la truffa risultano indagate, ma i clandestini ignari, che credevano di aver regolarizzato la loro posizione, in attesa finora del permesso di soggiorno che non potrà mai arrivare, dovranno essere espulsi;
sembrerebbe che i fatti sopradescritti si siano svolti, in maniera identica, anche a Verona, dove la prefettura ha deciso di concedere ulteriori sei mesi di tempo ai clandestini che hanno pagato per ottenere il permesso di soggiorno rivelatosi falso e frutto di una truffa -:
se sia a conoscenza dei fatti indicati e se essi siano accaduti anche in altre parti del territorio nazionale e se non intenda adottare provvedimenti che consentano, in maniera univoca, a tutti i lavoratori extracomunitari irregolari truffati di poter accedere alla sanatoria.
(4-06698)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella nota Prot. 557/RS/S16/0014, datata 23 marzo 2010, del ministero dell'interno - Ufficio amministrazione generale dipartimento della p.s. - Ufficio per le relazioni sindacali - avente ad oggetto «Lettera indirizzata al Capo della polizia su commissione di studio sui suicidi.» si legge testualmente «... Il monitoraggio e l'analisi dei casi osservati sembrerebbe evidenziare come il fenomeno non sia riconducibile a problematiche di disagio lavorativo, in quanto non risultano evidenziabili elementi di correlazione con il contesto occupazionale (anni di servizio, tipologia di servizio prestato, ambiente di lavoro, eccetera). ... Al fine di intervenire preventivamente, la stessa Direzione Centrale, avvalendosi del Centro di Neurologia e Psicologia Medica in Roma, dei Centri Sanitari polifunzionali di Napoli, Milano e Palermo, di tutti i medici e gli psicologi presenti sul territorio, nonché delle strutture pubbliche (università, ASL) con le quali sono state stipulate apposite convenzioni, ha riferito di assicurare, da oltre quindici anni, interventi di supporto e sostegno psicologico in occasione di eventi critici anche non inerenti la attività di servizio ... Per quanto concerne l'ipotesi di istituzione di una Commissione di inchiesta per il controllo dei possibili casi di disagio fra il personale dipendente, la citata Direzione Centrale ha precisato che il Centro di Neurologia e Psicologia Medica del Servizio Operativo Centrale di Sanità segue il fenomeno, attraverso un apposito gruppo di studio interno, sin dal 1997. ...» -:
quali siano i metodi di valutazione e quali siano i dati analizzati che hanno consentito al Ministero dell'interno di affermare che il fenomeno non sia riconducibile a problematiche di disagio lavorativo;
quali siano le convenzioni e i protocolli stipulati, quali siano gli oneri a carico del Ministero dell'interno e quanti siano gli appartenenti alle Forze di polizia effettivamente assistiti dalle strutture convenzionate o firmatarie dei protocolli citati;
quanti siano i professionisti (medici psichiatri o psicologi) convenzionati, quali siano le tariffe applicate e quali siano i costi a carico del Ministero dell'interno;
quanti siano i componenti del «gruppo di studio interno» citato nella lettera in premessa, quali le professionalità dei membri, quali i lavori svolti dal 1997 e quali i risultati;
quanti siano i casi di suicidio che si sono verificati tra gli appartenenti alle Forze di Polizia a decorrere dal 1997, quanti effettuati con armi in dotazione, suddivisi per Corpo di appartenenza e per grado gerarchico, per sesso, per attività e anzianità di servizio, per luogo di servizio, per tipologia di famiglia d'origine e/o stato di famiglia al momento del suicidio;

se Ministri non ritengano opportuno e urgente istituire una apposita commissione ministeriale per la valutazione, il monitoraggio e la prevenzione dei suicidi o patologie da stress, anche lavorativo, tra gli appartenenti alle forze di polizia, con particolare riferimento alle tutele sanitarie e all'assistenza dei familiari degli appartenenti alle forze di polizia.
(4-06715)

VINCENZO ANTONIO FONTANA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
attualmente 15 comuni si trovano ad affrontare le conseguenze che il rispetto delle disposizioni in materia di patto di stabilità interno per i comuni precedentemente sottoposti alle misure di rigore di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 determina sulla situazione finanziaria degli stessi;
per i due comuni siciliani interessati, Campobello di Licata in provincia di Agrigento, e Terme Vigliatore in provincia di Messina, l'Anci Sicilia ha dichiarato che il rispetto del patto di stabilità nelle amministrazioni locali, che dopo essere sciolti per infiltrazioni mafiose tornano alla normale amministrazione, è un'impresa del tutto impossibile;
il commissariamento e il conseguente intervento di natura finanziaria, che destina somme per la realizzazione o manutenzione di opere pubbliche riconosce, di fatto, ai comuni interessati una situazione di difficoltà, in quanto il comune sciolto per mafia non è soggetto al patto di stabilità e riceve dallo Stato fondi straordinari;
i problemi reali nascono quando si torna alla normale gestione con l'elezione di nuovi organi istituzionali che devono rispettare i parametri del patto e, in più, gestire il peso economico della precedente gestione straordinaria;
l'attuale meccanismo non consente di ristabilire nei comuni una vita amministrativa del tutto regolare con conseguenze che si ripercuotono negativamente sugli organi neo eletti, sul sistema ordinario di gestione e, soprattutto, sui bilanci;
i comuni che si trovano in questa condizione si trovano di fatto obbligati a violare le norme sul patto di stabilità assumendo dirette responsabilità amministrative e contabili in capo agli organi e ai funzionari preposti -:
se il Governo alla luce del vigente quadro normativo vigente e dell'irrazionale rapporto che si è venuto a determinare tra le disposizioni di favore previste per i comuni sottoposti a misure di rigore, delle disposizioni di finanza pubblica e delle norme sull'ordinamento finanziario e contabile, dei pesanti effetti del blocco dei pagamenti per spese d'investimento contrattualmente assunte durante il periodo commissariale, non ritenga di intervenire rapidamente, per trovare una soluzione che ponga fine ad una situazione che potrebbe rivelarsi assolutamente disastrosa, attraverso misure idonee a sterilizzare, agli effetti del piano di stabilità interno, gli interventi finanziati con le provvidenze previste dai commi 704 e 707 della legge n. 296 del 2006, assumendo come valori di riferimento per la determinazione degli obiettivi le risultanze dell'esercizio finanziario precedente a quello in cui l'ente è stato assoggettato ai vincoli del patto, e armonizzando il quadro dei valori in prossimità all'ingresso nella gestione ordinaria.
(4-06731)

PALAGIANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) considera il suicidio come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso. Esso sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali;

in tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre cause di morte nella fascia di età 15-34 anni. Coinvolge quindi, in maniera particolare, i giovani;
quella di togliersi la vita non è una decisione che arriva da un giorno all'altro, per questo motivo l'ambiente sociale, affettivo e lavorativo, e le abitudini di vita, incidono in maniera spesso determinate su questa estrema decisione;
tra i fattori di rischio socioculturali si annovera, secondo uno studio condotto da La Sapienza - Università di Roma, «l'esposizione ad atti di suicidio anche attraverso i media»;
i media sono senza dubbio lo specchio sul mondo, specie per i giovani che sempre più spesso utilizzano la Rete per comunicare, informarsi, vivere;
oggi il web è il mezzo attraverso il quale la maggior parte delle persone recepisce informazione, prima ancora dei classici mezzi di informazione di massa;
attraverso la rete è possibile riuscire a mettersi in contatto con moltissime persone e, proprio per questo, con esperienze di vita diverse e spesso estreme;
da una ricerca attraverso i più importanti motori di ricerca è emerso che esistono moltissimi siti web dove è possibile reperire informazioni dettagliate sulle diverse «tecniche» di suicidio. In alcuni di questi siti sono addirittura riportati i pro ed i contro di un metodo rispetto all'altro e descritte nei minimi particolari le tipologie di suicidio e gli effetti;
esistono anche dei blog che raccontano storie di suicidio, spesso in prima persona, in cui - attraverso un linguaggio affabile e accattivante - si accompagna il lettore all'atto estremo;
oltre ai portali dedicati, sono innumerevoli i video, reperiti in particolare su You Tube, in cui è possibile vedere scene di suicidio. È ovvio che il più delle volte si tratta di falsi, ma sono pur sempre la messa in scena di un atto che è tutt'altro che divertente, ma anzi provocato da autentica disperazione;
molti sono anche i forum che si occupano del tema. Forum in cui persone chiedono consigli su come suicidarsi. Il più delle volte questi spazi di discussione virtuale sono liberamente visionabili da chiunque si trovi in rete;
uno studio inglese, pubblicato sul British Medical Journal, condotto da un gruppo di studiosi degli atenei di Bristol e Oxford ha evidenziato il contributo che il web offre a chi pensa al suicidio;
digitando dodici parole inerenti il suicidio in quattro diversi motori di ricerca si è arrivati ad ottenere più o meno gli stessi risultati: in cima alla ricerca sono sempre gli stessi tre siti ad apparire, siti che incitano la pratica suicida. Il 20 per cento dei siti apparsi nella prima pagina della ricerca sono pro suicidio, antisuicidio solo il 13 per cento;
da quanto risulta allo scrivente alcune persone, in Italia, vivendo in un momento di profonda sofferenza e fragilità emotiva, hanno trovato, attraverso la rete, la motivazione finale alla decisione di togliersi la vita -:
se non intenda avviare uno studio, sul modello di quello condotto dalla scuola inglese, per valutare anche quale sia il reale impatto di questo materiale virtuale sul tasso di suicidi nel nostro Paese;
se non intendano assumere iniziative volte a limitare la diffusione di certi siti web, rispettando la libertà di espressione garantita dalla nostra Carta costituzionale ma allo stesso tempo tutelando la vita - così come questo Governo ha la prerogativa di fare - di tutte quelle persone che si trovano in un momento di profonda sofferenza ed instabilità psicologica e che potrebbero essere influenzate dalla visione di certe immagini, o dalla lettura di certi dettagli sulla maniera «migliore» di porre fine alla propria vita.
(4-06733)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tutti i locali aperti ai pubblico hanno l'obbligo di conseguire la licenza di agibilità che presuppone la verifica della conformità del locale alla vigente normativa di sicurezza;
la licenza di agibilità, che nel comune di Milano è rilasciata dalla commissione comunale di vigilanza, è presupposto per il certificato di prevenzione incendi;
da circa due anni inspiegabilmente le verifiche della commissione di vigilanza comunale danno molto spesso ed in via continuativa, per problemi irrisori, esito negativo, anche dopo gli adeguamenti imposti ai gestori dei locali durante le precedenti verifiche; il rilascio dei certificato di prevenzione incendi viene continuamente rimandato con motivazioni sempre differenti;
l'apertura dei locali avviene dunque n deroga alla normativa, con l'imposizione da parte del comando provinciale dei vigili del fuoco della presenza onerosa al loro interno di personale dei vigili del fuoco;
la normativa stessa, peraltro, non contempla la possibilità di apertura in deroga alle disposizioni di sicurezza con la presenza dei vigili del fuoco;
tale situazione comporta per i gestori dei locali un notevole dispendio economico per pagare la presenza dei vigili del fuoco, che in alcuni casi supera i 15.000 euro mensili;
tale problema è molto diffuso tra i locali di pubblico spettacolo della città di Milano, quali teatri, cinema e discoteche, e sta diventando insostenibile;
inoltre, la situazione che si è venuta a creare comporta per vigili del fuoco notevoli ore di lavoro straordinario -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e se non intenda intervenire affinché si chiariscano i motivi per i quali all'interno di moltissimi locali milanesi venga imposta la presenza dei vigili del fuoco in deroga al mancato rilascio del certificato di prevenzione incendi come invece è previsto dalla normativa.
(4-06735)

MARINELLO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito dei lavori per il raddoppio della strada statale 640 - Agrigento Caltanissetta - aggiudicati come general contractor alla Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (Cmc), lavori di grande entità per importi di svariate centinaia di milioni di euro, sono stati assegnati consistenti lavori in subappalto ad imprese, alcune delle quali si sono rivelate infiltrate dalla mafia ed in particolare legate al noto mafioso latitante Falsone;
secondo l'interrogante nell'assegnazione dei subappalti la Cmc stringendo eccessivamente i prezzi a livelli antieconomici ha in sostanza prodotto, ad avviso dell'interrogante, l'effetto di penalizzare le imprese sane lasciando, di fatto, spazio alle imprese poco trasparenti che potrebbero non essere tanto interessate ai ricavi quanto alla circolazione del denaro anche eventualmente proveniente da attività illecite;
era stato siglato fra la sede di Racalmuto della Cmc di Ravenna e le organizzazioni sindacali locali un accordo che prevedeva l'assunzione di mano d'opera specializzata e di tecnici residenti nei comuni attraversati dai lavori di raddoppio della strada statale 640, ma tale accordo sarebbe stato sistematicamente violato anche facendo a quel che consta all'interrogante strumentalmente trasferire le residenze di alcuni lavoratori nei comuni interessati dai lavori -:
se la Cmc di Ravenna abbia rispettato fino in fondo, nell'assegnazione dei subappalti, le vigenti normative antimafia, come sia potuto accadere che di fatto alcuni subappalti siano stati assegnati ad imprese infiltrate dalla mafia e come si intenda porre riparo alla grave situazione

determinatasi senza allungare eccessivamente i tempi di realizzazione del raddoppio della strada statale 640 e soprattutto senza penalizzare i numerosi lavoratori impiegati nella realizzazione di tale opera.
(4-06743)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GOZI e NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la spesa in ricerca e sviluppo e, più in generale, la propensione di un sistema - Paese, regione - all'innovazione sono considerati fattori assolutamente decisivi per produrre crescita economica.
la priorità di adeguati investimenti in ricerca e sviluppo è alla base delle scelte compiute dalla Commissione europea nell'ambito delle politiche di coesione destinate allo sviluppo delle regioni che presentano livelli di reddito e occupazione inferiori alle medie comunitarie;
nel nostro Paese, alle regioni del Sud vengono destinati 8,6 miliardi di euro da spendere in progetti di ricerca e innovazione;
di questi 8,6 miliardi di euro, 6,2 miliardi sono gestiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico) con il PON ricerca e competitività che è il più grande dei programmi finanziato con fondi strutturali;
tali ingenti somme di denaro pongono un problema di assorbimento di tante risorse rispetto ad un sistema produttivo e di ricerca molto debole;
la spesa in ricerca delle quattro regioni «convergenza» - Campania, Puglia, Calabria, Sicilia - è di 1,9 miliardi di euro, laddove, in particolar modo, la spesa in ricerca che viene da imprese è circa un quarto del totale, mentre a livello nazionale è circa la metà;
nonostante il livello di risorse, nessuna delle università del Sud si classifica tra le prime venti nelle graduatorie nazionali (esempio quella del Sole 24 ore) e permane fortissima l'emorragia di laureandi e laureati che dal Sud emigrano verso Nord -:
quanti di questi fondi siano stati spesi o impegnati;
come mai tali dati non risultino accessibili nei siti ufficiali del Ministero;
se sia vero che la Commissione europea abbia bocciato il sistema di governo, controllo e monitoraggio del PON perché questo non da sufficiente garanzie di efficienza e legittimità degli interventi e l'intero programma risulti per questo bloccato e cosa intenda fare in proposito;
come si ritenga di superare il problema di assorbimento, con quali meccanismi specifici, quali siano i criteri attraverso i quali il successo del programma verrà misurato e quali saranno le conseguenze in termini di incentivi alle persone che gestiscono il programma e di risorse alle università (o centri di ricerca) più meritevoli.
(5-02716)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'istituto comprensivo di Vicchio (FI) si trova in una gravissima situazione finanziaria che sta paralizzando ogni attività e che espone l'istituzione scolastica a rischi di natura giudiziaria;
la mancata copertura dei residui attivi corrispondenti al finanziamento degli oneri relativi al pagamento delle supplenze brevi per gli esercizi passati (fino all'anno 2008) pari a 138.408,24 euro e la differenza fra le entrate le spese relative alle supplenze stesse per l'esercizio 2009 pari a

51.438,48 euro hanno comportato l'utilizzo della disponibilità di cassa, fino all'esaurimento di ogni risorsa;
al momento attuale l'istituto comprensivo di Vicchio si trova con un fondo di cassa pari a 42.695,66 euro (comprensivo della 1o rata del budget assegnato a questa scuola dal Ministero e introitata il 1o marzo 2010) e con i seguenti pagamenti ancora da effettuare:
1) funzioni Strumentali anno scolastico 2008/09 9.303,84 euro;
2) fondo d'Istituto 2008/09 personale docente 52.517,87 euro;
3) fondo d'Istituto 2008/09 personale ATA 25.163,63 euro;
4) indennità di amministrazione al DSGA anno scolastico 2008/09 4.312.75 euro;
5) indennità Funzioni Superiori al sostituto del Preside 2008/09 1.926,80;
6) liquidazione al responsabile della Sicurezza 2.000 euro;
7) liquidazione all'esperto che si è occupato dei laboratori di informatica scuola primaria e secondaria di Io grado 2.202,55 euro;
8) contributo mensa al comune di Vicchio 2008/09 per 11.606;
9) varie fatture ns. fornitori (Poste Italiane);
10) stipendi al personale supplente mese di gennaio 2010 (12.762.01 euro) e febbraio 2010;

tutti i fondi relativi al pagamento delle competenze accessorie al personale in organico sono stati utilizzati (come disponibilità di cassa) per il pagamento degli stipendi al personale S.T. in servizio presso l'istituto comprensivo di Vicchio;
tutto questo comporta l'esposizione al rischio, per l'istituzione scolastica, di essere chiamata in giudizio sia da parte del personale dipendente della scuola che deve ancora riscuotere gli emolumenti accessori 2008/09, sia da parte del personale supplente, oltre che dai fornitori, che hanno il diritto di vedere liquidate le proprie fatture;
oltre a quanto premesso, si deve segnalare che la scuola, pur avendone teoricamente la possibilità dal momento che ci sarebbero delle, sia pur limitate, risorse in conto «competenza» non può intraprendere nessun tipo di attività perché sa che non potrà poi far fronte alle spese non essendo presenti disponibilità economiche nella «cassa»;
è da rilevare inoltre il grave problema delle supplenze, che è all'origine di questa situazione e che la rende di giorno in giorno più grave, perché l'istituzione scolastica è comunque costretta a stipulare contratti per coprire le assenze (quando non riesce a sopperire con un rigorosissimo piano di sostituzioni interne), pur sapendo che non potrà essere in grado di far fronte al pagamento -:
se non ritenga, il signor Ministro, urgente provvedere all'invio dei fondi indispensabili al finanziamento per l'effettivo funzionamento dell'istituto comprensivo di Vicchio, anche al fine di evitare ulteriori oneri giudiziari a carico dello Stato, di retribuire il personale che vanta il diritto a percepire quanto gli spetta per l'espletamento della propria attività e soprattutto al fine di garantire una corretta ed adeguata azione di istruzione e formazione che la scuola non può affrontare nella totale assenza di risorse e nella più completa precarietà economica.
(5-02719)

DE PASQUALE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'anno scorso, spiega il sindacato flc Cgil in una nota sul suo sito, solo il 3 per cento dei genitori aveva scelto le 24 ore settimanali, le 27 ore erano state chieste dal 7 per cento le 30 ore dal 56 per cento. Il restante 34 per cento aveva chiesto il tempo pieno di 40 ore;

dai presupposti che emergono dai dati dell'anno scorso non c'è ragione di pensare che per il 2010-2011 le tendenze cambino;
ma mentre nel corrente anno scolastico 2009-2010, ricorrendo a varie soluzioni organizzative, è stato in molti casi assicurato il funzionamento a 30 ore, per l'anno prossimo la situazione potrebbe essere diversa, perché sia le prime sia le seconde funzioneranno con l'organico calcolato sulle 27 ore, e i margini di utilizzazione delle ore liberate dalla soppressione delle compresenze saranno praticamente annullati;
la meccanica suddivisione del monte ore complessivo di docenza, calcolato in base a 27 ore settimanali, per il numero delle classi, ridurrà al minimo gli spazi di flessibilità nell'impiego degli insegnanti;
la scelta delle 30 ore contenuta nel modello allegato alle domande di iscrizione sarà pertanto teorica, e anzi, scrive la Flc Cgil, «appare ancora più chiaramente come una gigantesca bufala» perché «con questi numeri non basteranno più nemmeno le fantasiose e improbabili acrobazie organizzative messe in atto quest'anno per realizzare le 30 ore»;
sempre secondo la Flc Cgil il miur si appresterebbe ad effettuare nella scuola primaria tagli agli organici ancora più consistenti di quelli previsti. Talmente consistenti da ridurre la scelta da parte dei genitori degli alunni che si iscrivono in prima a due sole scelte: tra il tempo pieno di 40 ore e quello di 27, visto che gli organici saranno assegnati in base a questo orario, e che quasi nessuna classe funzionerebbe a 24 ore -:
poiché sabato 27 febbraio 2010, è scaduto il termine per le iscrizioni alla scuola primaria, quali siano state le scelte dei genitori, sia a livello nazionale che regione per regione, tra i quattro moduli orari proposti dal ministero -:
se davvero il MIUR si stia apprestando ad effettuare nella scuola primaria tagli agli organici ancora più consistenti di quelli previsti, talmente consistenti da ridurre la scelta da parte dei genitori degli alunni che si iscrivono in prima a due sole scelte: tra il tempo pieno di 40 ore e quello di 27, visto che gli organici saranno assegnati in base a questo orario, e che quasi nessuna classe funzionerebbe a 24 ore, cioè prevedendo dopo il maestro unico, anche un orario unico.
(5-02722)

GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data primo aprile 2010 con oggetto «Regio decreto 4 maggio 1925, n. 653 e Regio decreto 21 novembre 1929, n. 2049» è stata inviata, a tutte le scuole della Repubblica una circolare ministeriale dal contenuto particolarmente criptico;
la suddetta circolare, riferendosi a non meglio precisate notizie di stampa infatti precisa che «le disposizioni di cui al regio decreto n. 653/1925 ed al regio decreto n. 2049/1929, delle quali l'articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9) aveva previsto l'abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009, sono state sottratte all'effetto abrogativo, di cui al citato articolo 2, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 (allegato 2) dell'articolo 1 del decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179»;
la suddetta circolare conferma che le dette disposizioni permangono, quindi, in vigore nelle parti, ovviamente, non oggetto di abrogazione espressa (anteriore al citato decreto-legge) ovvero non oggetto di abrogazione tacita o implicita -:
se le suddette disposizioni dei citati regi decreti non siano state assorbite nel testo unico del 1994 in considerazione del loro valore meramente amministrativo;
se non si intenda favorire il già gravoso lavoro delle segreterie scolastiche precisando quali delle norme contenute nei regi decreti richiamati in premessa

debbano considerarsi non oggetto di abrogazione tacita o implicita o espressamente abrogate in data anteriore all'entrata in vigore del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9).
(5-02723)

DE PASQUALE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sul giornale La Repubblica del giorno 7 aprile 2010 è stato evidenziato un problema già ben noto agli interroganti, ai competenti organi parlamentari, alle scuole del Paese ed anche al Ministro interrogato, quello dell'enorme abbassamento di qualità e di quantità della offerta formativa dell'insegnamento della lingua inglese e delle lingue in genere;
infatti il Partito Democratico ha più volte evidenziato con forza nei propri interventi in Commissione ed in Assemblea, oltre che sulla stampa e con ogni mezzo a propria disposizione, non ultimi una petizione popolare, mozioni parlamentari, interrogazioni ed interpellanze urgenti, una proposta di parere alternativo depositata in Commissione VII alla Camera, la propria forte contrarietà alle scelte governative codificate nel «piano programmatico» stilato dal Ministro interrogato negli ultimi mesi del 2008 in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 64 del decreto-legge n. 2 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, che tra l'altro, dispone la riduzione in tre anni, nell'organico scolastico nazionale, di circa 140 mila unità di personale docente ed ata;
il ricordato «piano programmatico» prevede altresì il totale taglio dei docenti specializzati per l'insegnamento della lingua inglese nella scuola elementare, che di contro verrà insegnato dai docenti ordinari, conoscano o meno la lingua straniera, previo un breve corso di formazione;
pare davvero poco lungimirante la scelta governativa di andare a ridurre la qualità dell'insegnamento delle lingue straniere, oltre alle ore di insegnamento delle stesse, in un'età in cui più veloce risulta essere l'apprendimento delle lingue in un mondo globalizzato in cui i nostri figli non potranno fare a meno di conoscere correttamente almeno due lingue comunitarie, così come chiesto anche dal protocollo di Lisbona;
l'articolo del giornale La Repubblica evidenzia come «mentre le scuole private si attrezzano con docenti madrelingua, il ministero manda in classe insegnanti di inglese improvvisati. È quello che, stando alle rimostranze dei sindacati, accadrà già dal prossimo anno scolastico alla scuola primaria. Il taglio degli 11 mila e 200 docenti specialisti di inglese (che cioè insegnano soltanto inglese, perché in possesso il più delle volte della laurea in lingue straniere) alla scuola elementare proseguirà secondo la tabella stabilita dalla finanziaria 2009 e il prossimo anno saranno 4 mila e 500 gli specialisti dirottati nelle classi ad insegnare tutte le discipline (o ambiti: dalla matematica all'italiano) e non più soltanto inglese»;
nell'articolo citato si legge: «I tagli agli organici condotti senza criterio - tuonano dalla Cisl scuola - incidono inevitabilmente sulla qualità dell'offerta formativa, con scarso rispetto per la dignità professionale degli insegnanti: l'efficacia e la qualità della didattica non possono continuare ad essere l'ultima preoccupazione di chi governa la nostra scuola pubblica». In pratica, «saranno duemila i docenti di scuola primaria che nel prossimo settembre saranno chiamati ad insegnare l'inglese anche se non avranno ancora completato il percorso di formazione con cui dovranno acquisire il livello di competenza minima previsto dagli standard internazionali»;
per la Flc Cgil «si tratta di una evidente forzatura, a scapito della qualità della formazione e, dunque, dell'insegnamento della lingua inglese, solo per risparmiare

qualche migliaio di posti di specialista rispetto a quelli attualmente necessari per coprire questo insegnamento in tutte le classi». Il corso di formazione, che dovrebbe dare ai neodocenti di inglese tutte le competenze necessarie ad insegnare la lingua straniera ai più piccoli, prevede 340 ore di formazione blended (parte on line e parte in presenza), di cui 100 al primo anno;
alla fine del percorso, i docenti dovrebbero avere acquisito un bagaglio di competenze pari al livello B2 delle certificazioni Ue. E per insegnare l'idioma della regina Elisabetta saranno individuati prioritariamente coloro che sono già in possesso di una certificazione di livello pari ad A1. Ma questo non garantirà gli scolari da insegnanti in pratica «fai da te». «In termini più chiari - continuano da via Bargoni - non basta che il possesso di un livello A1 di competenza sia indicato come requisito di priorità nell'accesso al contingente dei duemila corsisti accelerati: questo deve essere indicato come requisito essenziale e imprescindibile» -:
ove tra 5 mila futuri insegnanti abilitati ad impartire le lezioni di inglese ce ne siano pochi con la certificazione A1, quali iniziative intenda adottare il Ministro al fine di sopperire all'esigenza di garantire un qualificato insegnamento di lingua inglese nelle scuole primarie statali, oltre che al fine di evitare che salgano in cattedra insegnanti senza alcuna o limitatissima nozione di lingua inglese;
quali siano le soluzioni che il Ministro ritiene utile adottare al fine di garantire un lungimirante investimento nell'effettiva qualità dell'apprendimento e della conoscenza delle lingue da parte dei nostri studenti, che costituiscono il futuro del nostro Paese;
se sia vero che delle 340 ore di formazione in tre anni (100 al primo, 100 ai secondo e 140 al terzo) la maggior parte saranno on line e che quelle in presenza saranno appena 90, una su quattro;
se sia vero che le migliaia di docenti che a settembre 2010 dovranno insegnare inglese agli scolari di prima e seconda elementare ancora non hanno fatto neppure un'ora di formazione e che entro il 31 agosto 2010 ne avranno svolte appena 50.
(5-02725)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
giornali e agenzie di stampa hanno riferito che il Ministero dell'istruzione avrebbe emanato una circolare il cui testo risulta essere assolutamente criptico;
detta circolare ricorda a tutti gli operatori della scuola che le norme dei regi decreti 635 del 1925 e 2049 del 1929 sono ancora pienamente in vigore: «Con riferimento a notizie di stampa, si precisa che le disposizioni di cui al regio decreto n. 653/1925 ed al regio decreto n. 2049/1929, delle quali l'articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (...) aveva previsto l'abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009, sono state sottratte all'effetto abrogativo, di cui al citato articolo 2, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 (allegato 2) dell'articolo 1 del decreto legislativo 10 dicembre 2009, n. 179»;
un anno e mezzo fa il decreto-legge n. 200 del 22 dicembre 2008 ha abrogato una lunga lista di leggi ormai in disuso superate. Tra queste sembra siano incappati i due regi decreti in questione che riguardano il «Regolamento sugli alunni, gli esami e le tasse negli istituti medi di istruzione». Ma un anno dopo interviene un secondo decreto legislativo che «sottrae dall'effetto abrogativo» i due provvedimenti regi annullati che, a questo punto ritornano vigenti -:
a quali «notizie di stampa» faccia riferimento la circolare;
se sia vero che nell'ultimo capoverso di detta circolare, si ricorda che «le dette

disposizioni permangono, quindi, in vigore nelle parti, ovviamente, non oggetto di abrogazione espressa (anteriore al citato decreto-legge) ovvero non oggetto di abrogazione tacita o implicita»;
se dunque sia da ritenersi che non tutti gli articoli dei regi decreti in questione sino ancora vigenti;
quali siano gli articoli dei regi decreti in questione abrogati implicitamente o tacitamente; se non si ritenga, per il futuro, di far uso, nelle proprie circolari, di un linguaggio meno burocratico e criptico.
(4-06710)

TESTO AGGIORNATO AL 28 APRILE 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO e ANTONINO FOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Cotral spa, compagnia di trasporti laziale, concessionaria del servizio del trasporto extraurbano nella regione Lazio, il 4 ottobre 2006 licenziava il capo ufficio stampa, signor Camillo Scoyni, regolarmente assunto ex articolo 1 del Contratto collettivo nazionale dei giornalisti a tempo indeterminato, con la qualifica di caporedattore;
il licenziamento veniva dichiarato inefficace per «insufficienza di motivazione» dal tribunale di Roma, sezione lavoro, con sentenza n. 20442 del 19 novembre 2007 e con condanna della Cotral a corrispondere un'indennità risarcitoria allo Scoyni pari alla retribuzione globale di fatto;
in pendenza di giudizio, il 1o settembre 2007, Cotral spa intimava a Scoyni un ulteriore licenziamento, qualora il primo fosse stato annullato e successivamente non pagava gli emolumenti dovuti in virtù della sentenza;
il citato secondo licenziamento veniva dichiarato illegittimo dal tribunale di Roma, sezione lavoro, con sentenza n. 17397 dell'11 novembre 2009 con condanna della Cotral all'immediato reintegro dello Scoyni con le medesime funzioni ed al pagamento degli stipendi maturati dal licenziamento e delle spese legali;
a quanto consta all'interrogante Cotral spa non avrebbe ottemperato alla sentenza, non reintegrando il lavoratore ed opponendosi all'esecuzione della parte economica;
l'unica informazione ricevuta dallo Scoyni da allora è costituita un atto di significazione nel quale, a far data dal 7 gennaio 2010, si intima un terzo licenziamento con motivazioni analoghe a quelle dei due precedenti dichiarati illegittimi e contro il quale il lavoratore avrebbe immediatamente proposto ricorso -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se per quanto di competenza, anche per il tramite dei competenti uffici territoriali del Ministero, ritenga di assumere iniziative finalizzate a garantire la tutela del lavoratore oggetto delle criticità suindicate, che sembrerebbero persistere malgrado l'avvenuto accertamento del diritto al reintegro da parte dei giudici competenti.
(5-02718)

Interrogazione a risposta scritta:

PORCU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 l'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, bandiva un concorso pubblico, per esami su base regionale, a 795 posti di ispettore del lavoro;
la suddetta procedura concorsuale aveva determinato, oltre ai vincitori, anche 946 idonei utilmente collocati nelle rispettive graduatorie regionali di partecipazione;

nel corso degli ultimi due anni il Ministero ha proceduto all'immissione della quasi totalità degli idonei;
da ultimo, l'articolo 1, comma 346, lettera d), della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2009) ha stanziato la somma di 8 milioni di euro per l'anno 2009 per l'assunzione di personale ispettivo e con decreto direttoriale n. 1 del 16 gennaio 2009, si è proceduto all'assunzione di ulteriori 179 idonei, entrati in servizio il 27 aprile 2009;
tuttavia, ad oggi, residuano 44 idonei per la regione Emilia Romagna e 30 idonei per la regione Sardegna, nonostante che all'articolo 1, comma 346, lettera d), della legge n. 244 del 2007 vi sia stato lo stanziamento di 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di personale nel ruolo di ispettore del lavoro;
la suddetta previsione permetterebbe, quindi, di effettuare l'assunzione degli idonei rimasti, completando lo scorrimento delle graduatorie ancora aperte la cui validità è stata peraltro prorogata sino al 31 dicembre 2010 per espressa previsione di legge (combinato disposto dell'articolo 24-quater, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008 e dell'articolo 17, comma 19, decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78);
rispondendo all'interrogazione n. 5-02112 presentata dall'onorevole Giuliano Cazzola, il Governo, nella persona del Sottosegretario senatore Pasquale Viespoli ha sottolineato che, alla luce delle novità legislative di recente intervenute, sembrano sussistere i margini per una soluzione positiva delle questioni poste dall'interrogante, soprattutto per quanto concerne gli idonei che non è ancora stato possibile assumere, evidenziando l'avvenuta approvazione del disegno di legge concernente l'istituzione del Ministero della salute (legge 13 novembre 2009, n. 172, in vigore dal 13 dicembre 2009), che, «al fine di assicurare la funzionalità delle strutture delle Amministrazioni rientranti nel proprio ambito applicativo, fa salva, nelle more dell'attuazione delle misure previste dall'articolo 74 del decreto-legge 112 del 2008, nonché delle misure di cui all'articolo 1, commi 404 e seguenti della legge n. 296 del 2006, la possibilità per gli stessi di procedere ad assunzione di personale, nei limiti delle dotazioni organiche, tenendo conto delle riduzioni da effettuare e comunque nel rispetto della normativa in materia di assunzioni»;
in base ai controlli effettuati nei primi mesi del 2009 in Emilia Romagna ed in Sardegna è emerso un aumento della tendenza alle situazioni di irregolarità e alla crescita del ricorso, nelle aziende delle province, al lavoro nero, aggravata dall'attuale stato di crisi del mercato del lavoro e dalla crescente incertezza occupazionale;
l'azione ispettiva condotta dagli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali si rivela fondamentale per contrastare tali fenomeni -:
se il Governo intenda procedere, ed in quali tempi, al potenziamento degli organici degli ispettori del lavoro mediante l'assunzione dell'ultimo contingente di idonei, con un definitivo scorrimento delle graduatorie regionali, al fine di disincentivare i fenomeni di irregolarità e il lavoro nero, tutelando i lavoratori, e di prevenire anche conseguenze drammatiche sui luoghi di lavoro.
(4-06696)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie della stampa locale risulta che, a seguito dell'incendio del 2 luglio

2009 del capannone industriale dell'Ecorecuperi, il foraggio contaminato da diossina verrà smaltito negli impianti Terni Ena a seguito degli interventi degli enti locali;
la copertura totale dello smaltimento richiederà alcune settimane;
ci sono da incenerire infatti ben seicento rotoli di fieno che erano rimasti in attesa del via libera per essere trasferiti da Vascigliano all'impianto di Maratta dopo l'esito delle analisi svolte dall'Arpa;
restano però dubbi sul fieno prodotto nella zona di Vascigliano dopo l'incendio di 9 mesi fa da quei produttori che non hanno bestiame e che non si sa che fine abbia fatto;
non è escluso che le indagini in corso possano riguardare anche le fatture e le bolle di accompagnamento del fieno venduto dopo il 2 luglio 2009;
infatti continua ad allargarsi la zona inquinata dall'incendio, risultando contaminato anche il bestiame allevato oltre sei chilometri dall'epicentro del rogo con la conseguenza che potrebbe ampliarsi ulteriormente l'area a rischio diossina arrivando alla soglia una volta ritenuta fantascientifica di 15 chilometri ipotizzata in passato dall'istituto zooprofilattico di Teramo;
si parla di una vera e propria strage di animali (agnelli, vitelli e capretti) che sono stati bruciati perché trovati positivi alla diossina;
la situazione sta creando danni incalcolabili per gli allevatori -:
se siano state adottate iniziative per monitorare le destinazioni del foraggio prodotto e venduto dopo l'incendio;
se e come si intenda promuovere un piano di sorveglianza delle diossine, che si caratterizzi per una programmazione a più ampio respiro;
se non ritengano di intervenire e come per evitare la strage di animali positivi alla diossina e sostenere gli allevatori dagli ingenti danni subiti.
(4-06722)

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POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'adeguatezza della partecipazione dell'Italia al processo decisionale dell'Unione europea, soprattutto alla luce delle numerose e complesse innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1o gennaio 2010, presuppone che tutte le amministrazioni pubbliche abbiano competenze aggiornate ed effettiva capacità di azione in relazione sia alla fase di formazione della normativa europea sia a quella di attuazione nell'ordinamento nazionale;
la rilevanza del ruolo delle amministrazioni degli Stati membri nel processo di integrazione europea è riconosciuta, tra l'altro, anche dall'introduzione di una specifica base giuridica per la cooperazione amministrativa nell'Unione europea, all'articolo 197 del Trattato sul funzionamento dell'Unione;
è pertanto evidente l'esigenza di migliorare, attraverso specifiche e qualificate attività di formazione teorica e pratica, le competenze delle amministrazioni italiane, statali, regionali e locali, in relazione al diritto e alle politiche dell'Unione europea;
la Camera dei deputati ha più volte impegnato in tal senso il Governo, da ultimo nelle risoluzioni 6-00021 e 6-00030 approvate in esito all'esame delle relazioni del Governo sulla partecipazione italiana all'Unione europea nel 2008 e nel 2009;
a fronte di questi impegni, non risulta che il Ministro per le politiche europee

abbia promosso, ad oltre quattro mesi dall'entrata in vigore del Trattato, attività di formazione in materia;
risulta al contrario che un primo ciclo di attività di formazione sul Trattato di Lisbona per i dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, organizzato nel marzo 2010 dal Dipartimento per le risorse umane della stessa Presidenza e affidato al Centro Altiero Spinelli dell'università Roma TRE, sia stato rinviato a data da destinarsi, con un brevissimo preavviso, adducendo non meglio precisate esigenze organizzative;
tale ciclo di attività avrebbe consentito, in assenza di ogni altra iniziativa qualificata, per le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, di acquisire un primo nucleo di competenze specialistiche urgentemente richieste dallo svolgimento delle numerose mansioni direttamente o indirettamente connesse al processo decisionale dell'Unione europea -:
quali concrete iniziative si intendano adottare per promuovere una formazione specifica e qualificata del personale delle amministrazioni statali sulle implicazioni del Trattato di Lisbona in relazione alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
(5-02711)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il dibattito di questi giorni sulla recente introduzione detta RU 486 come alternativa concreta all'aborto chirurgico ha assunto toni particolarmente accesi, sia per gli evidenti ed espliciti riferimenti a temi importanti che da un lato fanno riferimento alla soggettività individuale, come la libertà di scelta della donna e la sua valutazione dei mezzi che più e meglio ne garantiscono la salute, ma dall'altro fanno riferimento anche ad aspetti di tipo istituzionale, come ad esempio l'applicazione della legge n. 194 e le recenti indicazioni ministeriali sulle modalità di somministrazione della RU 486, previste in regime ospedaliero;
le diverse posizioni assunte dai governi regionali e dai loro governatori in merito alla nuova modalità farmacologica dell'aborto stanno creando nuove linee di spaccatura ideologica nel Paese, contrapponendo una volta di più regioni di destra, in cui l'applicazione della RU 486 appare più difficile proprio per il rispetto delle indicazioni ministeriali, e le regioni di sinistra, in cui l'interpretazione degli stessi criteri appare subordinata alla libera decisione della donna;
non c'è dubbio che, accanto alle valutazioni di ordine clinico e organizzativo-gestionale, per tutti pesi anche la valutazione etica dell'aborto, che definisce una linea di ferma distinzione per le rispettive posizioni. Ma ciò che sorprende in questa nuova fase, in cui si è riacceso il dibattito sull'aborto, è che mentre si rivendica l'applicazione della 194 a garanzia delle scelte individuali della donna e si discute sulla modalità dell'aborto: chirurgico o farmacologico, si ignorino i molteplici punti della 194 che si riferiscono alla «tutela sociale della maternità» e che in questi anni non hanno mai trovato nessuna attenzione da parte di nessun Governo, né di destra né di sinistra. Non ci si può appellare alla 194 solo per rivendicare il diritto ad abortire, in un modo o nell'altro. La 194 prevede anche un preciso diritto a non abortire e sollecita lo Stato a mettere in atto interventi concreti in tal senso, ed è questo l'aspetto della 194 che finora è stato sistematicamente ignorato. Ed è questo invece l'aspetto che gli interroganti ritengono essenziale rilanciare, estraendolo da una sorta di congelamento mediatico. Sono molti i punti della 194 che insistono in tal senso, e se ne ricordano alcuni brevemente:
«Articolo 1: Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,

riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.»;
«Articolo 2: I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: ...d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.»;
«Articolo 5: Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.».

La legge all'articolo 3 prevedeva inoltre dei fondi specifici da assegnare ai consultori per svolgere queste funzioni -:
in che misura intenda provvedere, nel pieno rispetto della legge 194, ad aiutare le donne a rimuovere le cause che le porterebbero alla interruzione della gravidanza, ad individuare le possibili soluzioni dei loro problemi, a metterle in grado di far valere i loro diritti di lavoratrici e di madri, a promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto;
in che misura intenda facilitare che i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono aiutare le donne anche dopo la nascita, dal momento che in molti casi la presenza di queste associazioni non solo non è facilitata ma è decisamente ostacolata;
in che modo intenda sostenere, anche sul piano economico, le donne che in questi tempi di crisi ritengono di non poter far fronte ad una nuova maternità, così come peraltro la stessa 194 prevede con chiarezza.
(3-01001)

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa rilevano un sistema sanitario nazionale con evidenti criticità in termini di adeguatezza, efficienza e sicurezza delle prestazioni;
i tempi di attesa per l'effettuazione di alcune prestazioni sanitarie e/o esami diagnostici, tra cui l'ecografia epatica, ammontano ad oltre quattro mesi;
è evidente la disomogeneità territoriale nella prestazione dei servizi, a danno delle regioni del Sud. In particolare le insufficienze strutturali e la carenza di tecnologie avanzate alimentano in modo costante il fenomeno della migrazione sanitaria verso gli ospedali che ospitano divisioni specialistiche di eccellenza, con inevitabili disagi legati ai tempi di attesa per i cittadini residenti;
i pazienti di diverse regioni segnalano forti difficoltà anche solo per fissare gli appuntamenti. Nello specifico a Perugia è possibile fissare appuntamenti per visite oculistiche solo dal mese di giugno 2010. Ad ingolfare la sanità pubblica con lunghe

liste di attesa, non sono solo le visite specialistiche, ma anche le analisi e le visite più comuni;
le mammografie sono diventate un miraggio, trascorrono in media sino a nove o dieci mesi di attesa. A Spoleto si è arrivati ad un'attesa di 14 mesi per una mammografia «urgente» segnalata con codice di priorità dal medico di famiglia;
il top delle attese si raggiunge per le colonscopie e le gastroscopie. La media per ottenere una visita a Perugia, nella Asl 2 è di 120-140 giorni di anticamera;
le liste di attesa nel servizio sanitario pubblico sono in aumento, non solo negli ospedali, ma anche nei poliambulatori e nei centri salute. Migliaia di assistiti della sanità regionale alimentano il fenomeno delle «migrazioni» tra piccoli ospedali e poliambulatori, con tappe in molti casi forzate, tra una città e l'altra, per riuscire a trovare prestazioni in tempi accettabili rispetto a quelle offerte dalle grandi strutture ospedaliere -:
quali iniziative intenda promuovere affinché l'accesso dei cittadini agli approcci diagnostici possa trovare uniforme applicazione in tutte le regioni, considerata la loro competenza in tema di tutela della salute;
quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire il contenimento delle liste di attesa relative agli esami specialistici sanitari e quali siano le misure previste al fine di snellire i processi sottostanti alle suddette liste di attesa.
(3-01002)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

RONDINI e LAURA MOLTENI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la ragazza Giulia Giovine residente a Muggiò, provincia di Monza e Brianza è affetta fin dalla nascita da grave malformazione cerebrale definita oloprosencefalia lobare, grave microcefalia e ritardo psicomotorio, ed inoltre, grave deficit nella produzione dell'ADH (vasopressina);
l'oloprosencefalia riscontrata dalla Giovine è stata dichiarata rientrante nell'elenco delle malattie rare, con il codice di esenzione RN0060, e la stessa come sopra descritto risulta affetta da ipernatriemia, non rientrante nel detto elenco, ma, apportante un grave aggravamento del quadro clinico del soggetto;
la patologia ipernatriemica può essere affrontata esclusivamente con l'assunzione costante di un farmaco denominato «MINIRIN/ddavp 0,1 mg» da assumersi quotidianamente per via orale;
il suddetto farmaco svolge una funzione vitale per il soggetto;
il farmaco «MINIRIN» compressa orale è stato escluso dal mercato, in quanto considerato «farmaco orfano» dalla casa produttrice FERRING;
lo stesso continua ad essere prodotto sotto differenti forme assuntive incompatibili con il quadro clinico del soggetto;
le scorte di farmaco in nostro possesso, ad oggi, sono limitate a circa 40 compresse, la non assunzione porta alla morte del soggetto -:
se siano state adottate o si intenda adottare nei confronti dell'azienda produttrice del farmaco iniziative affinché la stessa reintroduca sul mercato il farmaco «MINIRIN» in compresse.
(5-02712)

LIVIA TURCO e MURER. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 1o settembre 2009 è partita la procedura per la cosiddetta «Regolarizzazione delle badanti»;
per aderire alla procedura di regolarizzazione bisognava, entro il 30 settembre 2009, presentare una «dichiarazione di emersione», a fronte della quale si entrava in possesso di una ricevuta provvisoria

in attesa della conclusione della pratica e della convocazione per la firma del cosiddetto «contratto di soggiorno»;
pare siano arrivate circa 300 mila domande di adesione alla regolarizzazione e che le istanze esaminate fino ad ora ammontino a meno del 15 per cento delle richieste complessive;
le persone con la pratica di regolarizzazione non ancora esaminata hanno seri problemi per il prolungarsi dei tempi della conclusione della procedura. In particolare coloro i quali sono in possesso delle sole ricevute subiscono i seguenti disagi:
a) non possono uscire dall'Italia neanche per gravi motivi;
b) non esistendo un contratto di lavoro nel periodo di attesa non si capisce se esista e fino a che punto una copertura INAIL per incidenti sul lavoro;
c) la copertura sanitaria è molto controversa e nei fatti non garantita regolarmente; viene assicurata la sola STP (che è stata sempre comunque garantita alle posizioni irregolari in quanto copre solo nel caso di gravi emergenze, che comunque vengono garantite dagli ospedali);
d) non vi è alcuna assistenza di base e questo comporta seri problemi agli interessati e ai datori di lavoro -:
quali iniziative il Governo intende intraprendere affinché gli stranieri in generale e, in particolare quelli che sono in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, possano continuare ad aver tutelato, anche nel periodo di vacanza del rinnovo, il pieno diritto alla salute.
(5-02713)

DI VIRGILIO e BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), nota anche come malattia dei motoneuroni, colpisce le aree cerebrali del corticale motorio, tronco encefalico e spinale, manifestandosi clinicamente con un deficit progressivo di capacità motoria in aree del corpo differenziate a seconda del punto di attacco;
in base alle procedure diagnostiche attualmente in uso, la sclerosi laterale amietrofica viene riconosciuta con una perdita già intervenuta di motoneuroni di oltre il 60 per cento;
la particolare sintomatologia di questo tipo di patologia neurodegenerativa determina la difficoltà di valutazione dell'efficacia dei farmaci in via ordinaria, in quanto clinicamente si constata un peggioramento delle condizioni del paziente, nonostante l'efficacia della terapia;
risulta quindi determinante effettuare rapidamente la diagnosi con precisione per ridurre al minimo i danni in ambito neuronale, e poi, in base ai processi biochimici riscontrati attivi, intervenire immediatamente somministrando al paziente farmaci che contrastino il successivo probabile peggioramento;
la letteratura scientifica internazionale è unanime nel dichiarare le cause della sclerosi laterale amiotrofica ancora sconosciute e la progressione della degenerazione dei motoneuroni interessati varia da soggetto a soggetto, rimanendo comunque piuttosto rapida. Si deduce da ciò che la ricerca medica dovrebbe forse avere delle impostazioni più specifiche in considerazione anche delle difficoltà di diagnosticare questa grave patologia neurodegenerativa;
in Italia non si conosce il numero esatto delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, in quanto non esiste un registro nazionale che identifichi il loro numero e la distribuzione sul territorio. Si stima che siano circa 3.500 le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e che vi siano 1.000 nuovi casi ogni anno (fonte ISTAT 2006);

è stato inoltre rilevato che vi sia una forte incidenza di casi di Sclerosi laterale amiotrofica tra i calciatori professionisti -:
quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di prevedere un'assistenza di tipo socio-sanitaria maggiore e continuativa, anche a domicilio, per i pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica, al fine di incrementare, nell'ambito della programmazione della ricerca scientifica i finanziamenti finalizzati alla ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica, nonché al fine di istituire presso il Ministero della salute un registro nazionale che identifichi il numero di pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica e la loro distribuzione sul territorio.
(5-02714)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, GIAMMANCO, POLIDORI, CECCACCI RUBINO e FRASSINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella puntata di lunedì 5 aprile 2010 la trasmissione televisiva Mediaset «Striscia la notizia» ha mandato in onda un servizio da uno zoo, sito nel comune di Terrasini (PA);
lo zoo risultava chiuso da tempo, ma i volontari dell'Ente nazionale protezione animali (ENPA) denunciano da tempo la presenza nel giardino zoologico di numerosi animali;
secondo la denuncia dei volontari dell'ENPA, ancora oggi sono molti i visitatori che si recano presso la struttura in oggetto; l'inviato Edoardo Stoppa riesce a filmare le gabbie e le strutture viciniori, che risultano in condizioni abominevoli: sporchissime e senza alcun allestimento che possa richiamare l'habitat in cui dovrebbero vivere gli animali;
gli animali presenti che vivono senza avere accesso a cibo ed acqua pulita, sono magrissimi, sofferenti e stressati, con conseguenti lesioni e danni autolesionistici tipici delle situazioni estreme in cui vengono tenuti -:
se il Governo intenda promuovere anche per il tramite dei NAS, un'ispezione della struttura fatiscente in oggetto, affinché gli incolpevoli sofferenti animali descritti dal servizio televisivo vengano assistiti, curati e trasferiti presso strutture adeguate.
(5-02720)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che compromette gravemente la qualità di vita della persona affetta per via di danni alla capacità intellettiva e motoria;
nel mondo sono affette da sclerosi multipla oltre 2 milioni e mezzo di persone, in Italia, più di 50 mila. Ad oggi non esiste una cura, perciò è considerata una malattia che destina inevitabilmente alla degenerazione nervosa;
secondo notizie stampa, il dottor Paolo Zamboni, direttore del Centro malattie vascolari dell'università di Ferrara, avrebbe ottenuto risultati eccezionali con un nuovo tipo di trattamento della sclerosi multipla;
in particolare, il dottor Zamboni avrebbe individuato un nuovo aspetto della malattia prima sconosciuto, la CCSVI (insufficienza cerebrospinale venosa cronica), una patologia vascolare che peggiora il drenaggio cerebrale nei pazienti affetti da sclerosi multipla;
Zamboni non promette certo guarigioni miracolose, ma i risultati ottenuti fino ad ora sono strabilianti: il 73 per cento dei 65 pazienti operati, a distanza di due anni dall'intervento, non presenta più i sintomi della malattia;
i vantaggi del trattamento endovascolare della CCSVI pertanto sarebbero notevoli,

sebbene il valore della terapia sia ancora da accertare considerato il numero limitato dei pazienti operati;
la nuova cura è in corso di valutazione da parte della comunità medica italiana e internazionale. Gli scienziati dell'università di Buffalo hanno espresso profonda ammirazione verso l'eccezionale scoperta del dottor Zamboni, mentre la Multiple Sclerosis Society of Canada ha già avviato le prime sperimentazioni;
in Italia l'assessorato della salute della regione Sicilia ha espresso l'interesse a formare specialisti all'uso della nuova terapia, chiedendo la disponibilità ad ospitare presso la struttura diretta dal dottor Zamboni «professionisti siciliani cui trasferire il know how». Anche l'assessorato della regione Emilia Romagna ha condiviso l'opportunità di avviare la fase della sperimentazione per verificare l'efficacia della nuova cura -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se il Ministro ritenga opportuno incentivare sul territorio nazionale la formazione di specialisti all'uso del trattamento della sclerosi multipla scoperto dal dottor Zamboni, anche favorendo, secondo quanto di competenza, iniziative come quelle già intraprese dagli assessorati delle regioni Sicilia e Emilia Romagna.
(4-06695)

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è ormai consuetudine, al livello nazionale, che le regioni adottino degli accordi con le Università per il praticantato dei futuri medici nelle strutture ospedaliere regionali, questa situazione porta alla formazione curata e reale dei nostri medici e bilancia il deficit sanitario delle regioni;
esistono però delle situazioni in cui il personale medico universitario si trova a fronteggiare da solo situazioni di soccorso ospedaliero per mancanza di personale sanitario dell'ASL, quando, nei vari accordi regionali, è previsto che vengano sempre affiancati da personale medico di ruolo;
fra gli esempi limite è certamente da evidenziare la situazione del Presidio Ospedaliero di Marcianise, caso posto all'attenzione del Governo anche dall'interrogazione a risposta scritta dell'onorevole Giovanna Petrenga n. 4/02739 il 2 aprile 2009, alla quale ancora non è pervenuta risposta;
il suddetto esempio nasce dal piano di riduzione del deficit sanitario della regione Campania, nel quale si colloca la legge regionale del 28 novembre 2008 n. 16 che disciplina la razionalizzazione degli ambiti distrettuali e territoriali, nonché la ristrutturazione e riqualificazione dell'intera rete ospedaliera regionale;
la suddetta riqualificazione coinvolge anche il presidio ospedaliero di Marcianise, che ha una posizione strategica nel territorio della Provincia di Caserta, infatti serve un'area che si estende da Caivano a San Nicola la Strada fino a toccare il territorio dei comuni di Santa Maria Capua Vetere e di Capua, senza dimenticare la particolare posizione, all'intersezione di importanti snodi autostradali, in cui l'ospedale stesso è collocato;
il piano di ristrutturazione della rete ospedaliera territoriale di cui all'articolo 6 della citata legge regionale n. 16 del 2008, penalizza pesantemente il presidio di Marcianise, che malgrado un apparente aumento dei posti letto ha subito una riduzione dei servizi offerti alla popolazione a causa della soppressione del reparto di ortopedia, quello di medicina ospedaliera e a breve, risulta all'interrogante, dovrà essere soppresso anche il Pronto Soccorso;
in data 9 dicembre 2008, come da verbale della direzione generale dell'ASL Caserta 1, il preside della facoltà di medicina e chirurgia della II università degli studi di Napoli professor Del Rio, il direttore generale azienda universitaria II

policlinico dottor Luigi Muto e il direttore generale dell'ASL CE1, nelle more della definitiva approvazione del protocollo di intesa tra regione Campania, SUN e ASL CE1, in applicazione della legge regionale numero 16 del 28 novembre 2008, concordavano la realizzazione dell'ospedale clinicizzato presso il presidio ospedaliero di Marcianise, con l'attivazione di n. 20 posti letto di medicina interna secondo le modalità previste dal suddetto protocollo di intesa;
come si evince dal verbale dell'incontro svoltosi il 24 febbraio 2009 tra la Direzione generale dell'ASL CE1 e SUN, la convenzione tra università e regione Campania era in via sperimentale per la durata di 4 mesi e prevedeva, tra l'altro, che il personale medico universitario garantisse l'assistenza ai pazienti ricoverati nei suddetti letti nel turno 8-20 con integrazione di una unità medica dell'ASL CE1 e che l'attività di emergenza medica e chirurgica doveva essere assicurata dal costituendo dipartimento ospedaliero per le emergenze con compiti di accettazione e ricoveri di osservazione integrato con personale PSAUT (presidi sanitari assistenziali unità territoriali);
il PSAUT (presidi sanitari assistenziali unità territoriali) è stato trasferito a Teano, si deduce che l'attività di emergenza medico chirurgica venga svolta esclusivamente da personale medico universitario;
le strutture universitarie devono essere aggiuntive e non sostitutive, in modo da garantire un'assistenza qualificata all'utenza e, considerata l'ampiezza del bacino ospedaliero coperto dal presidio di Marcianise esiste un rischio concreto che nel territorio non siano garantiti i livelli essenziali di assistenza -:
se non si ritenga di intraprendere una verifica nazionale degli accordi tra università e regioni valutando le reali situazioni di potenziale rischio, ove ve ne siano, e se non si intenda verificare, con particolare riferimento all'area del casertano, e nel comprensorio di Marcianise, se sia garantita l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
(4-06702)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli esperti dell'agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell'ambiente e del lavoro (AFSSET) hanno raccomandato che non siano costruite scuole, asili, ludoteche vicino ai cavi dell'alta tensione che producono campi magnetici, ricordando come l'esposizione a detti campi sia tuttora sotto accusa per l'aumento delle leucemie infantili;
gli esperti dell'AFSSET sostengono che fino a quando questo legame non sarà del tutto escluso è opportuno evitare la costruzione di edifici che ospitano bambini in luoghi che li esporrebbero alle radiazioni; inoltre si invita a informare la popolazione sui rischi sanitari, a realizzare un siti web per divulgare informazioni corrette, e a mettere a punto misure per ridurre l'esposizione dei campi magnetici anche per le abitazioni private -:
se non si ritenga di dover acquisire il rapporto elaborato dai citati esperti e accogliere anche per il nostro Paese le loro indicazioni e raccomandazioni, informandone adeguatamente le amministrazioni locali.
(4-06711)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta che in Francia siano state installate diverse migliaia di protesi mammarie e si è calcolato che siano circa 30-40 mila donne francesi sottoposte a un impianto non a norma;
si tratta di un'emergenza che ha spinto le autorità sanitarie francesi a ritirare

dal mercato le protesi mammarie prodotte dalla ditta «Poly Implant Protese», considerate difettose;
attraverso la stampa nazionale francese, le autorità sanitarie hanno rivolto un appello a chi è stato operato a partire dal 2001, perché contatti il proprio chirurgo;
riferisce il quotidiano Le Parisien che la procura di Marsiglia ha aperto un'inchiesta preliminare contro ignoti per «truffa» e «esposizione a pericolo della vita altrui» in relazione ai rischi degli impianti che rischiano di rompersi con maggiore frequenza di altri;
sotto accusa, in particolare, risulta essere il gel al silicone utilizzato dall'azienda, la «Poly Implant Protese», differente da quello dichiarato e autorizzato dalle autorità francesi;
il capo dell'agenzia di sicurezza sanitaria francese (AFSSAPS), Jean Marimbert, ha osservato che «i comuni impianti mammari hanno una durata di vita di una decina d'anni», e nel caso delle protesi in questione si assiste a «rotture più frequenti e più precoci»;
la Poly Implant Protese», azienda creata nel 1991, è il quarto fabbricante mondiale di impianti mammari, ma negli ultimi mesi ha attraversato difficoltà finanziarie aggravate dallo scandalo;
l'Agenzia di sicurezza sanitaria francese ha lanciato un'allerta in tutta Europa e negli Stati Uniti per avvertire dei possibili rischi degli impianti e consigliato di consultare un chirurgo per sottoporsi a un esame;
in Italia ogni anno circa 180 mila persone ricorrono alla chirurgia plastica per correggere veri o presunti difetti fisici;
secondo un sondaggio della «SWG», sono circa 25 mila le donne che si sottopongono a un intervento per un seno nuovo e che tra le protesi impiantate anche quelle del tipo usate in Francia;
gli impianti prodotti e installati dalla «Poly Implant Protese», da quanto riferisce la stampa francese, si rompono con frequenza doppia rispetto a quella di altre marche e ciò «senza un'apparente spiegazione», come ha chiarito il rappresentante dell'AFSSAPS Jean-Claude Ghislain dell'Afssaps; ma che, secondo il direttore della struttura complessa centro ustioni e chirurgia plastica e ricostruttiva dell'ospedale S. Eugenio di Roma, professor Paolo Palombo, si tratta di un problema facilmente spiegabile: «Sono protesi di scarsa qualità e le usa chi risparmia»;
anche il Sottosegretario alla salute Francesca Martini ha lanciato un pubblico appello ai medici chirurghi per verificare se anche in Italia sono state impiantate protesi del genere «Poly Implant Protese», auspicando l'approvazione in tempi rapidi del disegno di legge che introduce il registro delle protesi e che vieta gli interventi alle minorenni, passi velocemente l'esame della Conferenza Stato-regioni per poi essere approvato dalle Camere -:
se non si ritenga, di dover promuovere un censimento per accertare quante donne si sono sottoposte a un intervento con questo tipo di protesi, e quante protesi prodotte dalla «Poly Implant Protese» sono state acquisite in Italia;
se si sia provveduto a bloccare l'impianto delle citate protesi, e in caso negativo le ragioni per cui questo divieto non sia stato ancora disposto.
(4-06712)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
attualmente è in vigore una distinzione tra vaccinazione obbligatoria e vaccinazione raccomandata che crea distorsioni paradossali: l'antidifterica, obbligatoria, viene fatta da circa il 95 per cento dei bambini, mentre il vaccino contro il morbillo, malattia assai più diffusa ma solo raccomandata, è molto al di sotto di questa soglia, e ciò contrasta vistosamente con quella che è auspicabile debba essere

la tendenza: raccomandare tutte le vaccinazioni, offrendo un'informazione efficace sull'importanza di vaccinare;
per fare un esempio, nella regione Veneto i tassi di adesione erano alti prima della sperimentazione, e questo anche, probabilmente, in virtù di un'amministrazione sensibile, operatori sanitari competenti e volontà di collaborare; al pari di quanto accade nelle regioni Emilia-Romagna e Toscana, dove, se il cittadino non è obbligato, l'istituzione comunque mostra di saper agire attivamente; altrove, come per esempio nelle regioni Campania e Calabria, l'adesione ad alcuni vaccini non obbligatori è sotto il 50 per cento;
per quanto riguarda come e quando vaccinare, il calendario in vigore in Italia è del 2007. Sono obbligatorie le vaccinazioni contro difterite, tetano, polio, epatite B. Sono raccomandate pertosse, emofilo b, morbillo, parotite, rosolia (mpr), e varicella, meningococco C, pneumococco;
per quel che riguarda pneumococco e meningococco C, batteri responsabili della meningite, le modalità con cui le regioni propongono la vaccinazione, è diversa sul territorio: la vaccinazione antipneumococcica nella maggior parte delle regioni è gratuita e attiva per tutti, ma in Lombardia è gratuita e non attiva; nelle Marche è offerta a tutti i nuovi nati ma con un ticket; in Campania e Abruzzo è gratis per i bambini al nido, ma tutti gli altri partecipano con una quota (copayment) e ciò di fatto comporta una discriminazione in base a censo e stato di salute; i bambini a rischio (diabetici, immunodepressi, affetti da malattie respiratorie croniche) si intercettano bene solo se le vaccinazioni sono attive e gratuite per tutti; secondo l'ultimo studio Icona, (Indagine copertura vaccinale nazionale) che l'istituto superiore di sanità ha pubblicato nel 2009 le coperture vaccinali nel secondo anno di vita per gli obbligatori più pertosse ed emofilo (vaccini esavalenti) sono nell'ordine del 95 per cento, e per morbillo, parotite e rosolia intorno al 90 per cento; per pneumococco, meningococco C l'adesione è più bassa (55,1 e 36,9 per cento) e davvero molto variegata a livello regionale: l'antipneumoccica è al 29,8 per cento in Campania e al 95,2 per cento in Emilia Romagna, il meningococco C è al 15,2 per cento in Abruzzo e all'86 per cento in Valle d'Aosta;
l'armonizzazione della situazione vaccinale sul territorio nazionale, in particolare per il meningococco C e pneumococco era stata prevista nel piano nazionale vaccini 2008-2010 inserendo le vaccinazioni nei livelli essenziali di assistenza;
la nuova pianificazione nazionale delle attività vaccinali non è mai stata rivista anche perché il piano nazionale vaccini deve essere un'emanazione del più generale piano nazionale di prevenzione;
per quanto riguarda pneumococco e meningococco C l'offerta è disomogenea perché si è ritenuto di legare le scelte regionali di offerta alla disponibilità di dati epidemiologici che permettessero di stimare la quantità di casi di malattia prevenibili, e da un monitoraggio dell'effetto delle vaccinazioni. Ogni regione poi deve definire le proprie priorità anche in base alle proprie risorse economiche -:
quando verrà emanato il piano nazionale di prevenzione per le citate malattie, che, ci si augura, metta fine a quello che agli interroganti appare un caos «vaccinatorio».
(4-06726)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
contrariamente a quanto richiesto dal Ministero della salute e dal Consiglio superiore di sanità, la regione Emilia-Romagna (come risulta da notizie di stampa - il Sole-24 Ore - 8 aprile 2010, pagina 18) ritiene che per la somministrazione della pillola RU 486 sia sufficiente il day hospital, anziché il ricovero ospedaliero della paziente -:
quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere nel caso in cui la regione Emilia-Romagna dovesse attuare

la modalità suesposta di somministrazione.
(4-06729)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge da notizie riferite dalla stampa, e in particolare dalla trasmissione «Mi manda RAI Tre», tra l'ospedale di Saronno e la clinica Macedonio Melloni di Milano si sarebbe consumato l'ennesimo caso di malasanità, frutto di diagnosi palesemente opposte ignorate e di medici frettolosi e distratti;
detto episodio vede per protagonista-vittima la signora Maria Antonietta Maturo, di Biandronno, in provincia di Varese, che oggi non ha più il seno sinistro, asportato per un tumore maligno che non è mai esistito;
il calvario della signora Maturo è cominciato tre anni fa, quando è iniziata la sua odissea tra gli ospedali; nel maggio del 2007 la signora Maturo nota un nodulo sul seno sinistro e inizia l'odissea degli esami diagnostici: si rivolge a un medico privato di Milano che la sottopone a un ago aspirato e le prescrivo altri esami; all'ospedale di Saronno fa una mammografia, da cui risulta che il nodulo è benigno, e un'ecografia mammaria che invece dà esito incerto; quando torna all'ospedale per ritirare il referto scopre che la diagnosi («cellule tumorali maligne») si riferisce al seno destro anziché al sinistro; decide allora di chiedere altri pareri, e si rivolge all'istituto dei tumori di Milano, ma qui i tempi di attesa sono troppo lunghi. Quindi i primi di luglio la signora Maturo si rivolge alla Macedonio Melloni, dove viene visitata da due specialisti; il 17 luglio viene ricoverata all'ospedale Fatebenefratelli, dove viene sottoposta a un intervento di mastectomia sottocutanea sinistra, nonostante le discrepanze tra i precedenti esami; rimane ricoverata fino alla fine del mese quando il chirurgo plastico dell'ospedale la informa che dall'esame istologico del seno asportato non risulta alcuna cellula cancerogena. Anzi, la diagnosi è di una patologia benigna che non aveva alcun bisogno di quell'operazione che costringe in seguito la donna a vari trattamenti di chirurgia plastica; la signora Maturo, che non ha ancora ricevuto alcun indennizzo e vive della generosità dei suoi vicini perché non è più in grado di svolgere il lavoro che esercitava prima di essere sottoposta all'operazione, ha citato in giudizio entrambi gli ospedali; due sono le cause aperte: una civile, in cui chiederà i danni biologici e morali alle due strutture, l'altra penale -:
se il Ministro sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in relazione a un così grave episodio.
(4-06745)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 5 aprile 2010 all'ospedale San Camillo de Lellis di Rieti è deceduta una donna 43enne di origine marocchina; la donna sembra sia entrata in coma dopo un intervento di routine a una caviglia fratturata; i familiari hanno sporto denuncia e la procura ha già chiesto l'autopsia per chiarire le cause del decesso -:
quali iniziative di competenza si intendano adottare per fare piena chiarezza in relazione a un così grave episodio.
(4-06746)

TESTO AGGIORNATO AL 28 LUGLIO 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
migliaia di piccole e medie imprese del Nord-est stanno subendo gli effetti di

una crisi divenuta ormai insostenibile, innescando scenari allarmanti che negli ultimi tempi hanno occupato le pagine di cronaca dei più importanti quotidiani nazionali;
sono le storie di piccoli imprenditori di Padova, di Treviso, di Vicenza, di Venezia e di Rovigo, i quali, riuscendo faticosamente a conquistarsi una piccola fetta di mercato, sono oggi costretti a fare i conti con una realtà sempre più segnata dal peso dei debiti e dalla paura del fallimento e dei licenziamenti;
secondo notizie di stampa, sembrerebbe siano queste le ragioni che hanno spinto undici imprenditori artigiani del Nord-est a togliersi la vita nell'ultimo anno; molti di loro sono ex operai che riusciti a mettersi in proprio hanno dato vita a piccole realtà imprenditoriali, spesso a conduzione familiare, che non sono riuscite a sopravvivere alla crisi;
sono 1.198 le aziende del Veneto che hanno formalmente aperto le procedure di crisi, contro i 1.335 casi dell'anno 2008, mentre i dipendenti coinvolti sono 31.000. La perdita di oltre 76 mila posti di lavoro ha comportato, negli ultimi due anni, un calo del prodotto interno lordo pro capite del 7,6 per cento, facendo aumentare nello stesso periodo la disoccupazione del 4,8 per cento;
in questa fase di crisi sarebbe opportuno attuare una nuova politica di tutela delle piccole e medie imprese, anche attraverso il riconoscimento dell'importante ruolo che le stesse svolgono per lo sviluppo del sistema produttivo del Paese;
le piccole e medie imprese, infatti, sono il motore dell'economia italiana, portatrici di valori umani, morali e professionali, che fino ad oggi sono stati fondamentali allo sviluppo del Paese. La Lega Nord da sempre sostiene la necessità di tutelare e valorizzare tale importante patrimonio produttivo ed occupazionale;
i dati sulla congiuntura economica dimostrano che le piccole imprese hanno tagliato i posti di lavoro in proporzione minima rispetto a quanto hanno perso in termini di fatturato, nonostante queste, più delle grandi imprese, siano state penalizzate dalla mancanza di liquidità, dovuta alle difficoltà di accesso credito e ai ritardi nei pagamenti;
anche nella comunicazione della Commissione europea «Small Business Act» viene sottolineata l'importanza delle piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali. Il Governo italiano nel dare attuazione alla citata comunicazione si è impegnato ad adottare una serie di iniziative a sostegno di queste importanti realtà produttive -:
se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato incrementare le azioni a difesa e a sostegno delle piccole e medie imprese del Nord-est;
se non ritenga opportuno realizzare gli interventi di cui in premessa, anche attraverso l'adozione di iniziative volte a:
a) favorire la corretta e completa applicazione dello strumento della moratoria fiscale per le piccole e medie imprese;
b) garantire il rispetto dei termini di pagamento previsti nei rapporti con i fornitori;
c) favorire l'apertura ed il mantenimento delle linee di credito nei confronti delle piccole e medie imprese in un momento di così particolare difficoltà congiunturale.
(2-00665) «Goisis, Reguzzoni, Stucchi».

Interrogazione a risposta orale:

TIDEI, CAPODICASA e CARELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 3 aprile 2010 alle ore 12,30 circa, l'operaio Sergio Capitani di anni 34, nativo di Tarquinia, mentre con altri lavoratori

era intento, nella centrale ENEL di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia, a svolgere attività di pulizia di un tubo su di una impalcatura, ad una altezza di 15 metri, veniva colpito da un violento getto di acqua e ammoniaca e scaraventato a terra, battendo la testa e, immediatamente soccorso, giungeva cadavere all'ospedale cittadino San Paolo, risultando inutili le prestazioni messe in atto dal pronto soccorso;
altri tre operai intenti alle medesime mansioni, giungevano feriti al pronto soccorso, e trattenuti in osservazione;
in conseguenza dei fatti verificatisi, esplodevano tra i lavoratori e tra i cittadini di Civitavecchia e Tarquinia sentimenti di rabbia e di costernazione;
nella medesima centrale di Torre Valdaliga Nord, in due occasioni diverse, si sono verificati altri due incidenti mortali, in cui perdevano la vita gli operai Michele Cozzolino e Ivan Ciffary;
i tre infortuni mortali sono il risultato di una grave e colpevole carenza delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente e che l'ENEL, nonostante le reiterate manifestazioni e pressioni prontamente e unitariamente attuate dai sindacati, ha tentato, ogni volta, di allontanare le proprie responsabilità attribuendo alla disattenzione delle vittime, l'origine principale degli incidenti;
rilevata la gravità dei fatti accaduti e ripetuti e considerata l'ostinazione con la quale l'ENEL e le imprese di manutenzione hanno nel triennio, omesso di dare attuazione alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e lo stato d'animo delle popolazioni interessate e coinvolte nelle drammatiche vicende è giunto al limite della ragionevole sopportazione, tanto da invocare provvedimenti urgenti e cogenti;
va dato atto alle autorità locali di avere chiuso la centrale con ordinanza sindacale per 15 giorni poi ridotti, incomprensibilmente, a soli 4 e la procura della Repubblica di Civitavecchia ha aperto una indagine sui luttuosi incidenti;
si riconfermano i numerosi rilievi già avanzati durante la riconversione a carbone della centrale medesima in base ai quali i tempi convulsi imposti alle ditte appaltatrici tesi ad accelerare oltre misura la conclusione dei lavori, le più volte denunciate infiltrazioni malavitose tra le ditte appaltatrici e subappaltatrici, le scarse garanzie previdenziali, esistenziali e retributive di molti lavoratori ivi impegnati che hanno inevitabilmente determinato una situazione di confusione, precarietà e complessiva insicurezza in un impianto che per la sua dimensione ed impatto ambientale ed economico in quell'area avrebbe avuto bisogno di ben altri controlli e garanzie a tutela della sicurezza dei lavoratori e della salute delle popolazioni interessate -:
quali iniziative intenda assumere il Governo a tutela della sicurezza dei lavoratori e della salute delle popolazioni dell'area di Civitavecchia, fornendo altresì chiarimenti sulle responsabilità negli incidenti accaduti.
(3-01004)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo il rapporto «comuni rinnovabili 2010» di Legambiente, realizzato in collaborazione con Gse e Sorgenia emerge che sono 6.993 i comuni italiani dove è installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili. Erano 5.580 nel 2009, 3.190 nel 2008, con un aumento del 13 per cento di produzione. Le fonti pulite che fino a dieci anni fa interessavano, con il grande idroelettrico e la geotermia, le aree più interne e

comunque una porzione limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nell'86 per cento dei comuni;
in particolare, 6.801 comuni usano impianti per la produzione di energia solare, 297 l'eolica, 799 la «mini idroelettrica» e 181 la geotermica. Le biomasse vengono invece utilizzate in 788 comuni dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale;
825 comuni grazie all'installazione di una fonte rinnovabile - mini-idroelettrica, eolica, fotovoltaica, da biomasse o geotermica - producono più energia elettrica di quanta ne consumano le famiglie residenti. 24 invece i comuni che grazie a impianti di teleriscaldamento collegati a impianti da biomasse o da geotermia superano il proprio fabbisogno termico;
a giudizio degli interroganti per rafforzare ulteriormente questo trend positivo occorre con chiarezza assumere gli obiettivi UE al 2020 come scenario di riferimento delle politiche energetiche definendo innanzitutto il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili che occorre presentare a Bruxelles entro il mese di giugno 2010 -:
se e quando il Ministro intenda rendere pubblico lo stato di definizione del «piano d'azione nazionale in materia di energie rinnovabili»;
per quali motivi non si siano ancora emanate le linee guida sulle fonti rinnovabili che si attendono da anni, che dovrebbero rendere più semplici le autorizzazioni;
per quali motivi, nonostante la normativa vigente preveda che entro il 31 dicembre 2009 si dovessero stabilire «nuovi incentivi» sul conto energia per il solare fotovoltaico che dovrebbero valere dal 2011, ciò non sia stato fatto;
se non intenda chiarire quando verranno stabiliti, d'intesa, con la conferenza Stato-Regioni, gli obiettivi per le fonti rinnovabili per ciascuna regione, così come prevede la legge.
(4-06704)

PISICCHIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
com'è noto, i Ministri interrogati hanno abolito con il recente decreto ministeriale 30 marzo 2010 la «tariffa editoriale ridotta», creando di fatto un aumento medio del 700 per cento nei costi di spedizione dei libri;
tale tariffa ha rappresentato per le imprese di cultura, specie le piccole e medie, un importante veicolo per la diffusione delle opere editoriali, peraltro pochissimo incidenti nel bilancio complessivo dello Stato;
occorre peraltro considerare che Poste Italiane spa opera di fatto in un regime di monopolio virtuale che ha potuto consentire la lievitazione del 300 per cento dei costi di spedizione dei pacchi ordinari;
il decreto che non consente più l'applicazione della tariffa ridotta per gli editori interviene paradossalmente in un contesto di attività governative volte ad incentivare alcuni importanti comparti industriali -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per impedire che il decreto citato determini un gravissimo pregiudizio per le imprese editoriali italiane, in ispecie le piccole e medie.
(4-06721)

MELANDRI. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 30 marzo 2010 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 31 marzo 2010, n. 75) il Ministro per lo sviluppo economico ha, di fatto, abolito le tariffe postali agevolate a sostegno dell'editoria libraria;
tali tariffe sono indispensabili per la sopravvivenza di numerose case editrici, specie di quelle di dimensioni minori e di

quelle indipendenti che un ruolo tanto importante ricoprono nel panorama editoriale italiano;
spegnere tali voci significherebbe ledere fortemente i diritti di espressione e di stampa, essenziali alla crescita di una società plurale e democratica;
l'inevitabile cessazione di attività da parte di molte suddette case editrici comporterebbe la perdita del posto di lavoro per le molte persone che vi sono impiegate, come testimoniato dall'immediato interessamento alla questione delle diverse sigle sindacali -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per evitare che l'attuazione del decreto ministeriale citato comporti la chiusura di un settore tanto importante della nostra editoria.
(4-06724)

NACCARATO e FARINONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 30 marzo 2010 è stato emanato il decreto interministeriale relativo alle tariffe agevolate per l'editoria nel quale, all'articolo 1, viene stabilito che: «Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1o febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010»;
il suddetto decreto interministeriale è stato immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il giorno 31 marzo 2010 e, come sancito dall'articolo 2, ha effetto immediato;
la celerità manifestata dal Governo nell'entrata in vigore del decreto in questione ha creato forte preoccupazione e proteste da parte di numerose organizzazioni dell'editoria nonché di associazioni ed enti operanti nel terzo settore e nell'attività di volontariato;
in particolare molte aziende attive nell'editoria ed associazioni di categoria e di volontariato hanno usufruito finora delle agevolazioni per la spedizione del loro materiale informativo, fondamentale mezzo di informazione;
come è stato rilevato dai sindacati confederali del settore editoriale (Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil) il decreto emanato dal Governo scarica sugli editori l'onere della differenza tra la tariffa postale piena e quella agevolata che, finora, è stata a carico dello Stato;
di conseguenza il decreto interministeriale avrà pesanti ricadute economiche negative sull'intera filiera della comunicazione (carta stampata ed editoria) già colpita da un notevole calo dei fatturati e della vendita di libri legato alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione multimediale;
il citato decreto interministeriale colpisce fortemente anche l'attività di numerose organizzazioni del terzo settore e del volontariato. L'assenza delle agevolazioni postali per la spedizione del materiale informativo, infatti, danneggia tali organizzazioni impedendogli in molti casi di sfruttare le tariffe postali agevolate per reperire, attraverso la spedizione di materiale a iscritti e donatori, le risorse economiche necessarie a portare avanti la loro attività, come è accaduto finora;
inoltre l'immediata entrata in vigore del decreto ha sollevato forti proteste da parte del settore dell'editoria e del no-profit anche per il fatto che il Governo, con la decisione di emanare il decreto senza alcun preavviso, non ha coinvolto in un tavolo di concertazione tutti i soggetti interessati per discutere e confrontarsi sui vari aspetti delle misure adottate per mezzo del decreto;
la conseguenza di tale decisione del Governo è, di fatto, quella di ostacolare e impedire la fondamentale attività culturale e sociale, da un lato, di numerose case editrici, soprattutto quelle di piccole dimensioni

e, dall'altro, di associazioni e organizzazioni no-profit attive da tempo nel volontariato -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative intendano porre in essere per reperire i fondi necessari al ripristino delle tariffe-postali agevolate per l'editoria;
quali azioni intendano intraprendere per promuovere l'attività delle numerose associazioni operanti nel terzo settore e nel volontariato e per costituire con le organizzazioni attive nell'editoria un tavolo di concertazione con l'obiettivo di individuare collegialmente i provvedimenti utili a sostegno di tutta la filiera della comunicazione in Italia.
(4-06728)

DE POLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'aumento delle tariffe postali colpisce duramente la raccolta fondi di tutte le organizzazioni non profit e causa un ingente aumento dei costi con gravi ripercussioni sui fondi destinati ai progetti;
il decreto interministeriale del 30 marzo 2010 pubblicato a tempo di record sulla Gazzetta Ufficiale del 31 marzo 2010, n. 75, in base al quale vengono soppresse le tariffe agevolate postali per tutta l'editoria libraria, quotidiana e periodica, in vigore con effetto immediato, colpisce in maniera molto dura le organizzazioni del settore non profit. L'aumento è del 500 per cento circa per ogni singola spedizione;
pertanto, nonostante il decreto specifichi che un successivo, provvedimento potrebbe stabilire ulteriori agevolazioni, ciò comporterà un periodo di vacatio tra l'entrata in vigore del primo e l'eventuale successivo che coincide con un momento dell'anno in cui in genere ogni organizzazione attua delle spedizioni ai propri volontari -:
quali iniziative intenda adottare al fine di evitare un vertiginoso aumento del budget delle spedizioni che, anche in ragione delle tempistiche scelte per l'entrata in vigore del provvedimento, non potrà che tradursi in un decremento dei fondi destinati ai progetti e se non intenda procedere all'immediato ripristino delle tariffe postali agevolate per il non profit.
(4-06737)

LAZZARI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la vice presidente uscente della Regione Puglia Loredana Capone, ha coinvolto il Presidente della Società «Italia Navigando» in una manifestazione elettorale, il che appare quanto meno discutibile essendo tale società partecipata dallo Stato;
gli amministratori delle società a partecipazione pubblica dovrebbero, a giudizio dell'interrogante, astenersi dal partecipare attivamente a campagne elettorali in quanto il loro ruolo ed il loro potere non deve essere in nessun caso strumentalizzato da nessuna parte politica nella delicata fase elettorale -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali misure intendano adottare, nell'ambito dei propri poteri, affinché gli amministratori delle Società a prevalente partecipazione pubblica si astengano dal partecipare attivamente a campagne elettorali.
(4-06740)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Livia Turco e altri n. 1-00336, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gianni Farina.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-05474, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Laura Molteni.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interpellanza La Malfa e Brugger n. 2-00661 del 31 marzo 2010 in interpellanza urgente n. 2-00662.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

CATANOSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 27 dicembre del 2000 veniva indetto un concorso per operatori del Corpo forestale dello Stato;
con decreto del Capo del Corpo, in data 28 novembre 2008, si è deciso di fare scorrere la graduatoria degli idonei per la nomina di altri 188 allievi operatori del Corpo forestale. La validità delle indicate graduatorie è stata prorogata, con l'articolo 4 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, fino al 31 dicembre 2009;
alla chiamata dei nominati allievi operatori forestali, per il giorno 15 dicembre 2008, non hanno risposto circa 40 persone. Pertanto, la graduatoria è stata fatta scorrere nuovamente, per coprire i posti vacanti, con convocazione degli ulteriori idonei, per il giorno 22 dicembre 2008. Alle 40 persone che non si sono presentate bisogna aggiungerne altre 22 che non hanno accettato dopo detta convocazione;
a questo punto, l'Amministrazione non ha fatto più scorrere le graduatorie degli idonei, con mancata copertura di tutti i 188 posti. La stessa Amministrazione aveva confermato alle organizzazioni sindacali le modalità di ripartizione nei vari profili professionali, specificando che sarebbe stata fatta scorrere la graduatoria del medesimo profilo, ove si fossero verificate defezioni o rinunce. L'unica eccezione avrebbe riguardato il profilo amministrativo, che non aveva ulteriori idonei, nel qual caso sarebbe stata scorsa la graduatoria del profilo forestale;
la graduatoria degli operatori forestali si è fermata al nominativo n. 121, anche se la stessa, per le mancate risposte alle convocazioni, doveva scorrere, essendo esaurite le graduatorie degli altri profili, sicuramente fino alla conclusione di tutta la graduatoria che prevede 132 idonei;
l'amministrazione ha motivato il mancato scorrimento di tutta la graduatoria degli idonei, nonostante le intervenute defezioni, in questi termini: «... l'Amministrazione intende esaurita la sua esigenza di personale con il procedimento di avvio, indipendentemente dalla decadenza dalla nomina di nuove unità, in quanto la quantificazione degli allievi operatori da avviare al corso era stata modulata prevedendo eventuali fisiologiche defezioni»;
a giudizio dell'interrogante se l'Amministrazione ha chiesto l'autorizzazione ad assumere 188 unità, 188 unità deve assumere a meno che le rinunce non siano tali da esaurire tutte le graduatorie degli idonei senza eccezione alcuna, altrimenti non si giustificherebbe la necessità dell'assunzione in deroga alle vigenti normative di blocco delle assunzioni nel comparto pubblico -:
quali iniziative intenda adottare affinché il personale di cui in premessa venga regolarmente assunto.
(4-04850)

Risposta. - In data 28 novembre 2008, con decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato, è stato nominato ed avviato al relativo corso di formazione un contingente di n. 188 allievi operatori del Corpo forestale dello Stato risultati idonei al concorso pubblico a n. 150 posti per la nomina ad operatore in prova, nel ruolo degli operatori e dei collaboratori del Corpo forestale dello Stato, bandito il 27 dicembre 2000.
Tale nomina discende dall'autorizzazione ad assumere concessa al Corpo forestale dello Stato, per l'anno 2008, con la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) ed in particolare con l'articolo 1, comma 346, in virtù del fatto che la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 aveva prorogato la validità della graduatoria al 31 dicembre 2008.
Preme evidenziare che la risposta di questa Amministrazione, riportata in maniera incompleta nell'interrogazione, alle richieste sulle ragioni del mancato scorrimento di tutta la graduatoria degli idonei si presentava nei seguenti termini: «il procedimento è da considerarsi concluso con l'adozione del provvedimento di avvio al corso poiché adottato secondo l'allora vigente disposizione che prevedeva l'efficacia della graduatoria fino al 31 dicembre 2008. Sopravvenute disposizioni legislative in merito saranno oggetto di eventuale valutazione dell'Amministrazione che, comunque, intende esaurita la sua esigenza di personale con il provvedimento di avvio, indipendentemente dalla decadenza dalla nomina di nuove unità, in quanto la quantificazione degli allievi operatori da avviare al corso era stata modulata prevedendo eventuali fisiologiche defezioni.»
Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, in merito ad un ricorso d'urgenza presentato da un idoneo per ottenere lo scorrimento della graduatoria, lo ha respinto così motivando: «La domanda cautelare non appare suscettibile di accoglimento. Parte ricorrente infatti, fonda il proprio diritto all'assunzione sul presupposto che l'ammissione sia tenuta all'ulteriore scorrimento della graduatoria in caso di rinuncia degli idonei del ruolo degli operatori e dei collaboratori del Corpo forestale dello Stato. Orbene,... ritiene il giudicante che la valutazione negativa in ordine alla sussistenza del
fumus boni iuris debba arrestarsi ancor prima e in punto di diritto, sulla base della disamina del decreto del Capo del Corpo del 28 novembre 2008, posto a fondamento della pretesa azionata in via cautelare. Infatti, con il predetto decreto l'Amministrazione si determina all'assunzione degli idonei inutilmente collocati nelle graduatorie di merito, distinti per profili professionali. In tale situazione difetta il presupposto per ritenere sussistente, sia pure con valutazione al livello di fumus boni iuris, il diritto vantato dal ricorrente, posto che, secondo l'interpretazione seguita dalla Suprema Corte (Cassazione n. 21509 del 2008), l'amministrazione non è tenuta all'assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l'Amministrazione stessa non intenda coprire; onde la circostanza che alcuni fra i candidati ricompresi nel provvedimento di nomina abbiano eventualmente rinunciato non implica automaticamente il diritto del ricorrente all'ulteriore scorrimento della graduatoria, necessitando, per ciò una ulteriore determinazione dell'Amministrazione di coprire i posti rimasti vacanti.»
Per tutto quanto sopra esposto, esaurita l'esigenza di questa Amministrazione di assumere personale con le tipologie professionali degli idonei del concorso e vista la statuizione di un superiore organo giudicante, nessuna determinazione o iniziativa sarà adottata dall'Amministrazione per procedere a quanto richiesto dall'interrogazione.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

CENNI, OLIVERIO, BRANDOLINI, SANI, TRAPPOLINO, ZUCCHI e SERVODIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dopo un periodo di sospensione relativo al biennio 2007-2009 la Commissione europea ha deciso la reintroduzione

dei dazi doganali per il grano duro proveniente dai Paesi non membri dell'Unione europea. Una decisione motivata, prevalentemente, dal declino dei prezzi delle materie prime causato dalla crisi economica mondiale;
per il grano duro sono previste tre differenziazioni merceologiche ai fini del calcolo del dazio: alta qualità, media qualità, bassa qualità. Tale suddivisione è frutto dell'accordo «Blair House» tra Unione europea e Usa, siglato in ambito «Gatt» (il patto firmato nel 1947 da 23 Paesi che stabiliva un insieme di regole con l'obiettivo di favorire la liberalizzazione del commercio internazionale). Il metodo di calcolo del dazio sui cereali si basa oggi sul regolamento (CE) 1249/96 e sull'articolo 136 del regolamento (CE) 1234/2007;
in base a tali regolamenti la Commissione europea aveva fissato dal 2 ottobre 2009 i seguenti dazi:
frumento grano duro di alta qualità: 17,20 euro per tonnellata;
frumento grano duro di media qualità: 27,20 euro per tonnellata;
frumento grano duro di bassa qualità: 47,20 euro per tonnellata;
nonostante questa decisione la Commissione europea ha deciso repentinamente di ridurre notevolmente i dazi doganali per il grano duro proveniente dai paesi non membri dell'Unione europea giustificando tale correzione con l'aumento dei noli nei porti di 16,73 euro per tonnellata e con il calo del prezzo del grano sul mercato statunitense, passato da 125 a 121 euro la tonnellata;
in base a tale revisione i nuovi dazi doganali per il grano, in vigore dal 1° novembre 2009, sono i seguenti:
frumento grano duro di alta qualità: 0 euro per tonnellata;
frumento grano duro di media qualità: 3,49 euro per tonnellata;
frumento grano duro di bassa qualità: 23,49 euro per tonnellata;
dai dati sopraccitati si evince quindi che la riduzione apportata dalla Commissione europea è di notevole entità e che soprattutto il dazio per grano duro di alta qualità è stato soppresso;
questi provvedimenti, segnalano le principali associazioni di categoria, arrivano in una fase drammatica del mercato del settore e con il grano duro che ormai, in Italia, viene venduto al di sotto dei prezzi di produzione e con la previsione di una inevitabile contrazione delle semine, sia a livello nazionale che europeo;
secondo le principali associazioni di categoria la riduzione dei dazi, correlata all'abbondante raccolto di Paesi come gli Stati Uniti e il Canada (senza dimenticare altre nazioni come il Marocco) ed al cambio euro-dollaro, promuoverà l'importazione in Europa del grano straniero, soprattutto di categoria «alta qualità», producendo inevitabilmente un nuovo drammatico e devastante abbassamento dei prezzi del prodotto italiano. Un calo che si ripercuoterà sulla stabilità e sull'esistenza stessa delle aziende nazionali del settore;
le stime di Ismea presentate nei mesi scorsi parlano infatti di un comparto, quello del grano italiano, già profondamente in crisi. Per il 2009 è prevista una marcata riduzione della produzione di frumento duro di circa il 35,3 per cento (oltre 1,8 milioni di tonnellate in meno). Il calo è imputabile soprattutto al drastico calo delle superfici che nel complesso sono diminuite del 26,7 per cento. Oltre 400 mila ettari non sono stati messi a coltura nella campagna 2009-2010 del frumento duro (circa 100 mila ettari in meno coltivati in Puglia, 70 mila ettari in meno coltivati in Sicilia, 40 mila ettari in meno in Toscana, circa 30 mila ettari in meno rispettivamente in Basilicata, Sardegna, Emilia Romagna e Lazio). Sul fronte dei prezzi la serie storica delle quotazioni del frumento duro segnala, nel corso del 2008, un calo progressivo e costante;

altro fattore di criticità, che riguarda l'importazione di cereali da Paesi terzi, è rappresentato dall'efficacia dei controlli doganali sulla qualità del prodotto. Per ogni importazione di frumento duro e di frumento tenero di qualità standard alta o media, le autorità doganali dello Stato membro d'importazione prelevano campioni rappresentativi per analizzare il tenore proteico, il peso specifico e il tasso di impurità. Inoltre, per il grano duro, l'autorità competente determina il tenore di grani vitrei. Se la Commissione riconosce ufficialmente un certificato di qualità del frumento tenero o del frumento duro, attestato e rilasciato dallo Stato di origine delle merci, i suddetti campioni non vengono prelevati e le analisi vengono effettuate a puro titolo di verifica della qualità certificata su un numero di partite sufficientemente rappresentativo;
alcuni Paesi europei, nei mesi scorsi, hanno assunto iniziative autonome per preservare il settore nazionale dei cereali: la Spagna ha infatti sospeso l'importazione di 2 milioni di tonnellate di mais da Paesi terzi a dazio ridotto motivando la scelta con il fatto che tale quantitativo avrebbe provocato danni gravissimi al mercato interno, a svantaggio dei produttori di mais che non hanno ancora venduto il proprio raccolto -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere in sede comunitaria, in relazione alla grave crisi che sta attraversando il settore del grano in Italia, per promuovere la modifica dell'attuale entità dei dazi doganali nei confronti dei Paesi non membri dell'Unione europea e la modifica dei parametri in base ai quali viene stabilito il dazio stesso al fine di salvaguardare, in particolar modo, la produzione del frumento «made in Italy»;
se non ritenga utile, per risollevare il settore del grano nazionale, promuovere un tavolo nazionale della filiera cerealicola, nonché accordi di filiera tra produzione ed industria di trasformazione, attraverso il finanziamento di contratti di filiera e di distretto e la definizione di un piano cerealicolo nazionale;
se non ritenga opportuno, tra le iniziative da mettere in campo per risollevare il prodotto italiano soprattutto nelle regioni che stanno registrando i maggiori cali di produzione, promuovere politiche mirate per il sostegno alla promozione della certificazione di qualità del pane locale attraverso il riconoscimento Dop;
a che punto sia, in proposito, l'iter del riconoscimento della Dop «pane toscano»;
se non ritenga opportuno promuovere in sede comunitaria (per garantire una maggiore trasparenza del settore del grano nei confronti di aziende e consumatori) maggiori ed accurati controlli di carattere amministrativo, per il rilascio dei certificati di importazione per il frumento proveniente da Paesi terzi, e di carattere sanitario, per accertare la reale qualità del prodotto;
se non ritenga opportuno avviare un'indagine conoscitiva sulla cessione dei diritti all'importazione temporanea rilasciata ai pastifici che esportano pasta, al fine di monitorare e controllare tale certificazione ed evitare, da parte dei suddetti pastifici, la cessione di tali diritti a commercianti che non sarebbero quindi obbligati a pagare il dazio di importazione per la merce proveniente da Paesi terzi.
(4-05432)

Risposta. - I cereali risultano disciplinati in ambito comunitario da apposita organizzazione comune di mercato a partire dal 1962.
I principali elementi che caratterizzano tale organizzazione di mercato sono l'istituto dell'intervento, a garanzia del reddito minimo dei coltivatori, e il regime per l'esportazione e per l'importazione.
Quest'ultimo regime è disciplinato dal regolamento (CE) n. 1249 del 1986 della Commissione del 28 giugno 1996, recante modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1766 del 1992 del Consiglio in ordine ai dazi da applicare all'importazione nel settore dei cereali.

Ai sensi del sopra richiamato regolamento, la Commissione europea, per la fissazione dei dazi, prende in considerazione le quotazioni delle borse rappresentative sul mercato degli USA.
Per il grano duro, in funzione della tutela della produzione comunitaria, è stata introdotta una specifica disposizione relativa alla modulazione dei dazi su base qualitativa, prevedendo un premio negativo per la qualità media e bassa rispettivamente di euro 10 e 30 per tonnellata.
Nella fissazione del dazio deve essere considerato anche il nolo rilevato tra gli USA (Golfo del Messico o Duluth) e il porto di Rotterdam, riferito ad una nave di almeno 25.000 tonnellate.
Al prezzo di riferimento fissato in ambito Ue ed aumentato del 55 per cento, a titolo di preferenza comunitaria, si sottrae l'importo del precedente conteggio: il risultato costituisce il dazio.
La fissazione del dazio è prevista ogni 15 giorni, o nel momento in cui la media calcolata dei dazi si discosta di 5 E/t. dal dazio fissato in precedenza.
Da quanto sopra esposto, si può rilevare che le regole comunitarie salvaguardano adeguatamente il mercato interno attraverso la preferenza comunitaria, assicurata dall'aumento del 55 per cento del prezzo di riferimento.
Pertanto non risulta agevole intraprendere iniziative rapide atte ad apportare correttivi favorevoli alla situazione descritta dall'interrogante.
In questo contesto, è da segnalare, infine, che non corrisponde alla realtà l'informazione relativa alla sospensione da parte della Spagna dell'importazione di due milioni di tonnellate di mais. Infatti, la Commissione, ai sensi del regolamento (CE) n. 1296 del 2008 recante modalità di applicazione dei contingenti tariffari per l'importazione di granturco e di sorgo in Spagna e di granturco in Portogallo ha, nel corso del mese di luglio 2009, emanato i regolamenti n. 675 del 2009, n. 676 del 2009 e n. 677 del 2009 per indire le gare di importazione rispettivamente di sorgo in Spagna e di mais in Spagna e Portogallo.
Inoltre, si fa presente che la richiesta «di promuovere un tavolo nazionale della filiera cerealicola, nonché accordi di filiera tra produzione ed industria di trasformazione, attraverso il finanziamento di contratti di filiera e di distretto e la definizione di un piano cerealicolo nazionale» è da considerarsi ampiamente evasa, come dimostra l'avvenuta elaborazione ed approvazione del Piano cerealicolo nazionale nel novembre 2009 da parte della Conferenza Stato-Regioni, Piano in corso di attuazione, con priorità per le azioni richieste nell'interrogazione in esame.
Tra queste azioni ricoprono un ruolo significativo la promozione della certificazione di qualità e di origine sia dei pani sia delle paste ottenute con frumenti di produzione nazionale.
Per di più, la richiesta di disposizioni specifiche per la tracciabilità del grano tenero e duro e dei derivati è stata già accolta da tempo costituendo essa uno dei capisaldi delle iniziative previste per le specifiche filiere dei prodotti «pasta e pane» nell'ambito del Piano cerealicolo. Per quanto riguarda l'attuazione di politiche di valorizzazione a sostegno del pane locale, si evidenzia che:
sono stati ottenuti per la filiera «pane» 5 riconoscimenti comunitari, di cui 3; indicazione geografica protetta (IGP) e 2 denominazione di origine protetta (DOP);
sono all'esame di questo ministero undici richieste di riconoscimento di prodotti rientranti nella categoria del «pane» e che riguardano diversi territori regionali, suddivise in 4 Igp e 7 Dop.

Sulla richiesta sullo stato dell'iter del riconoscimento della Dop «pane toscano» si rendono poi i seguenti elementi informativi:
durante il 2009 si sono svolti incontri presso questo Ministero con rappresentanti del Consorzio di promozione e tutela pane toscano a lievitazione naturale e della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa alimentare, alla presenza del rappresentante della regione

Toscana, in occasione dei quali sono state espresse alcune perplessità in merito alla richiesta di registrazione stessa, ed è stato evidenziato lo stato di stallo dell'istruttoria, il tutto causato dalla mancata dimostrazione del nesso di casualità, e più precisamente del legame con il territorio, tra l'area geografica e la qualità o le caratteristiche del prodotto, requisito essenziale, ai sensi del Regolamento (CE) n. 510 del 2006, per ottenere la registrazione di una denominazione di origine come DOP;
nel mese di dicembre 2009 il Consorzio ha trasmesso copia del documento unico, ossia il documento di sintesi del disciplinare di produzione come previsto dalla normativa comunitaria. Dall'esame dello stesso, non risulta ancora dimostrato il legame con la zona geografica.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

DE ANGELIS. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da segnalazioni pervenute da organi di stampa e interventi di consiglieri di minoranza del comune di Cava de' Tirreni, emergono allarmanti notizie in merito alla condotta tenuta, durante le settimane coincidenti con il periodo di campagna elettorale, dal sindaco del comune di Cava de' Tirreni, dottor Luigi Gravagnuolo;
la suddetta condotta si sarebbe estrinsecata in tre differenti episodi che avrebbero fortemente condizionato non solo il corretto svolgimento della propaganda elettorale sul territorio, ma anche la trasparenza stessa dell'attività amministrativa dell'ente comunale;
in un primo momento, cronologicamente ricollegabile alla prima fase della campagna elettorale, infatti, il sindaco avrebbe esercitato pressioni su alcuni componenti del collegio di revisione, considerati politicamente «vicini» all'assessore alla qualità delle opere pubbliche e manutenzione, dottor Napoleone Cioffi, al fine di indurre gli stessi a relazionare in termini positivi su una richiesta di parere tecnico, avanzata dai consiglieri di minoranza, in merito alla costituzione della società di cartolarizzazione immobiliare «Cava de' Tirreni Patrimonio S.r.l.»;
i due componenti del collegio di revisione, i dottori Roberto Bellizia e Domenico Allocca, rivendicando la loro autonomia di organi tecnici, avrebbero invece espresso parere negativo, avanzando perplessità in merito a scelte amministrative aventi un rilevante riflesso economico sull'ente e ponendosi, quindi, in contrasto con la volontà politica della giunta comunale;
il suddetto parere sarebbe risultato particolarmente sgradito al primo cittadino, il quale, sulla base della suddetta presunta vicinanza politica tra i revisori e l'assessore Goffi, avrebbe revocato in modo drastico ed improvviso l'incarico assessorile alla qualità delle opere pubbliche e manutenzione, assumendolo egli stesso ad interim attraverso un provvedimento non motivato;
con tale provvedimento, il sindaco, contestando il merito del parere espresso dal collegio di revisione, avrebbe violato l'indipendenza dell'organo, ridimensionandone la sua autonomia attraverso un comportamento politicamente invasivo e diretto a condizionare il corretto ed imparziale operato di un organo tecnico, inducendo, altresì, il dottor Domenico Allocca a sporgere denuncia per le pressioni subite;
le suddette pressioni sarebbero state pubblicamente denunciate non solo attraverso i locali organi di stampa, ma anche con apposita interrogazione consiliare, presentata nel corso della seduta del consiglio comunale di Cava de' Tirreni del 21 maggio 2009 dal consigliere Antonio Barbuti;
in un secondo momento, anche al fine di esporre pubblicamente le sue ufficiali giustificazioni in merito alla revoca assessorile e alla crisi emergente in seno alla giunta comunale, il sindaco avrebbe impropriamente utilizzato il sito istituzionale

del comune di Cava de' Tirreni, per svolgere un'attività di comunicazione politica del tutto personale e non consentita, avvalendosi di un'autonoma rubrica definita «Diario del Sindaco», in onda on line attraverso «You Tube»;
sulla questione, in data 30 maggio 2009, intervenivano i consiglieri di minoranza Napoli e Schillaci, i quali, rinvenendo nella condotta del sindaco una palese violazione delle disposizioni di legge finalizzate a disciplinare il corretto svolgimento della competizione elettorale, presentavano formale denuncia presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sollecitando così tutte le autorità competenti ad intervenire per sospendere la messa in onda delle suddette trasmissioni;
i suddetti consiglieri comunali evidenziavano, in particolare, una violazione delle disposizioni di cui all'articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, che stabilisce, durante tutto il periodo intercorrente dalla data di convocazione dei comizi elettorali fino alla chiusura delle operazioni di voto, un esplicito divieto per le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di comunicazione, limitando le stesse a quelle ... «effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni»;
con la circolare n. 2009/20745 del 17 aprile 2009, la prefettura di Salerno interpretava in modo estensivo il suddetto divieto, prevedendone l'applicazione per tutti gli organi istituzionali che rappresentano pubbliche amministrazioni e si avvalgono di mezzi, risorse, persone e strutture assegnati alle pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle loro competenze;
in tal senso il dottor Gravagnuolo, in qualità di sindaco del comune di Cava de' Tirreni, nel realizzare un'intera rubrica sul sito internet ufficiale del comune, avrebbe utilizzato in modo improprio ed inopportuno il sito istituzionale dell'ente comunale per finalità propagandistiche personali, durante una fase delicata della competizione elettorale;
infine, nell'ultima fase della campagna elettorale, a ridosso delle operazioni di voto, il sindaco avrebbe indebitamente esercitato pressioni sui dipendenti della Metellia Service, società operante in house providing nella gestione dei servizi di pubbliche affissioni sul territorio comunale, al fine di indurre gli stessi alla defissazione di numerosi manifesti elettorali commissionati da alcuni candidati dell'opposizione;
tali notizie sarebbero state pubblicamente denunciate in un intervento del consigliere Napoli nel corso del Consiglio Comunale di Cava de' Tirreni datato 1° luglio 2009;
da organi di stampa locali e da segnalazioni dei consiglieri di opposizione coinvolti emergerebbe, infatti, una condotta partigiana del sindaco il quale, a quel che pare all'interrogante, al fine di agevolare alcuni candidati a lui politicamente «vicini», avrebbe ordinato una tempestiva defissazione di manifesti elettorali, negli spazi debitamente assegnati dall'amministrazione ai candidati del centro-destra, in diverse zone del territorio comunale ed, in particolare, in località Pregiato di Cava de' Tirreni;
dall'intervento del citato consigliere Napoli si rileva anche che il sindaco avrebbe altresì consentito l'affissione di manifesti elettorali di candidati appartenenti alla coalizione che sosteneva, anche al di fuori degli spazi non preventivamente autorizzati, dopo la mezzanotte del 5 giugno, e così, attraverso un improprio utilizzo dei mezzi e delle risorse della suddetta società in house, avrebbe esercitato sulla stessa un potere di controllo e supervisione diretta, che appare estraneo alle finalità istituzionali previste dalla legge;
tutti i suesposti comportamenti, la cui gravità sarebbe stata intensificata dalla delicatezza del periodo di campagna elettorale, avrebbero indotto gran parte dell'opinione pubblica locale a nutrire molte perplessità circa il corretto operato del primo cittadino di Cava de' Tirreni, ritenuto da diversi consiglieri dispotico ed arbitrario, tanto da inficiare sia l'indipendenza

degli organi tecnici comunali che la regolarità delle consultazioni elettorali -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti di propria competenza intenda adottare.
(4-03655)

Risposta. - La vigilanza sul corretto uso dei mezzi di comunicazione istituzionale durante il periodo di campagna elettorale non rientra nelle attribuzioni del ministero dell'interno. L'articolo 10 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, infatti, rimanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l'applicazione di sanzioni per eventuali violazioni di norme della medesima legge, Autorità che l'interrogante afferma essere stata comunque interessata nel caso di specie.
Nondimeno, la Direzione centrale dei servizi elettorali del ministero dell'interno, in vista delle consultazioni della primavera 2009 (che hanno riguardato anche il rinnovo degli organi della Provincia di Salerno), ha diramato come di consueto, per il tramite delle Prefetture, oltre alle direttive di carattere tecnico-organizzativo, un'apposita circolare volta a sensibilizzare i soggetti destinatari al rispetto di tutte le disposizioni che disciplinano la materia della propaganda elettorale e della comunicazione istituzionale.
In relazione all'impropria utilizzazione del sito istituzionale del comune di Cava de' Tirreni, il sindaco, interpellato al riguardo dal prefetto di Salerno, ha precisato che «il diario del Sindaco» è uno strumento di comunicazione istituzionale diretta con i cittadini ed ha ritenuto, quindi, di utilizzarlo, prima dell'inizio della campagna elettorale, anche per informare sulla vicenda della revoca dell'incarico all'Assessore ai lavori pubblici.
In merito a quest'ultima, peraltro, si evidenzia che la nomina e la revoca degli assessori comunali rientrano nelle prerogative del sindaco e che il ministero dell'Interno non può esercitare alcuna forma di sindacato su di esse.
Per quanto concerne, infine, le presunte pressioni sui dipendenti della società «multi servizi» del comune «Metellia Service», il sindaco ha dichiarato al prefetto di Salerno di aver ordinato ai medesimi la rimozione di tutti i manifesti affissi abusivamente nella notte tra venerdì 5 e sabato 6 giugno 2009, al solo fine di ripristinare la
par condicio e di tutelare la regolarità del voto, prevenendo possibili incidenti e turbative.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il consorzio di bonifica destra Trigno e Basso Biferno rientra tra quelli istituiti con regio decreto del 13 febbraio 1993, n. 215, per la realizzazione di opere di bonifica e miglioramento fondiario. Esso svolge un'attività di natura pubblicistica diretta alla salvaguardia del territorio e dell'ambiente anche mediante la regolamentazione e la valorizzazione delle risorse idriche;
detto consorzio ha realizzato l'impianto di irrigazione del basso Molise con fondi comunitari POP 94 del 1999;
l'acqua da utilizzare doveva provenire dall'invaso di Chiauci e l'obiettivo era quello di produrre una radicale riconversione colturale del comprensorio irriguo relativo alle zone di Montenero di Bisaccia e Mafalda, favorendo l'abbandono delle coltivazioni estensive e l'insediamento di quelle orticolo industriali;
purtroppo a tutt'oggi l'invaso non è ancora stato realizzato e pertanto la disponibilità che avviene solo ed esclusivamente a caduta, è limitata alla unica portata del fiume Trigno che deve essere ripartita anche con le aree abruzzesi a sinistra del Trigno con una disponibilità pari a 181 l/secondo, di molto inferiore al fabbisogno del comprensorio che è pari invece a 793,05 l/secondo. L'acqua inoltre, può essere erogata solo all'inizio della stagione irrigua (maggio al massimo) dopodiché,

durante i mesi più caldi e siccitosi il quantitativo scende in concomitanza alla diminuzione della portata dal fiume Trigno a valori ancora più bassi e pertanto non è quasi mai disponibile;
conseguentemente a ciò si sono creati numerosi danni agli agricoltori, i quali credendo nella possibilità di irrigare hanno impiantato alcune colture che hanno poi dovuto spiantare o abbandonare per mancanza d'acqua;
nonostante ciò, il consorzio ha chiesto il pagamento di un doppio tributo (bonifica e irriguo) per dei servizi non effettuati. E sebbene l'articolo 59 del regio decreto n. 215 del 1933 all'articolo 11, stabilisce che la ripartizione delle quote di spesa tra i proprietari è fatta in ragione dei benefici conseguiti, il consorzio ha assoggettato tutti i terreni a suo dire dominati dall'impianto irriguo agro Montenero ad un canone pari a 100,00 euro per ettaro;
nel corso dell'anno 2006, il consorzio di bonifica Trigno e Biferno ha ricevuto oltre 250 ricorsi proposti dai proprietari dei terreni consorziati siti nel comune di Montenero di Bisaccia e Mafalda ed aventi ad oggetto l'impugnazione della cartella di pagamento per l'anno 2006 per inesistenza del beneficio fondiario e mancata effettuazione della fornitura idrica. Paradossalmente è accaduto in alcuni casi che lo stesso ricorrente abbia presentato ricorso con i medesimi estremi e sia stato una volta condannato e una volta sollevato dal pagamento del canone irriguo a seconda della diversa composizione della commissione tributaria;
la manifesta consapevolezza da parte dell'ente della mancata erogazione del servizio è stata poi dimostrata dalla decisione di abbassare il pagamento del tributo richiesto da 100,00 a 50,00 euro;
tale cifra, sebbene dimezzata, grava fortemente sul bilancio degli agricoltori dal momento che sono costretti a pagare per un servizio inesistente e che non consente loro di programmare coltivazioni redditizie che però hanno necessità di erogazione costante di acqua -:
se, al fine di evitare situazioni quale quella descritta in premessa, non ritenga di promuovere opportune iniziative normative volte a riformare i presupposti da cui dipende la riscossione dei contributi consortili.
(4-05428)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha comunicato quanto segue.
I contributi emessi dai consorzi di bonifica possono essere distinti in due differenti tipologie:
1. il contributo di bonifica che consente il recupero delle spese sostenute annualmente dai consorzi per la gestione e la manutenzione delle opere irrigue, dalla cui efficienza e funzionalità dipende la sicurezza idraulica dei territori di riferimento;
2. il contributo di irrigazione che rappresenta il canone compensativo delle spese variabili (energia elettrica, personale stagionale eccetera), nonché dei costi fissi (canoni di concessione della risorsa idrica, manutenzione della rete di distribuzione eccetera) sostenuti annualmente dai consorzi.

A tale proposito, è opportuno sottolineare che gli articoli 10 e 17 del regio decreto n. 215 del 1933 attribuiscono ai Consorzi di bonifica la potestà di imporre detti contributi ai proprietari degli immobili che, essendo situati nei comprensori consortili, traggono beneficio dall'attività di bonifica.
Tale principio, che rappresenta l'elemento cardine posto alla base del sistema contributivo consortile, è codificato anche nelle disposizioni dettate dall'articolo 860 del codice civile, che statuiscono che i «proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica».
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che i contributi consortili debbano essere corrisposti

ai consorzi di bonifica nella misura congrua determinata dai relativi piani di classifica, in quanto agli stessi consorzi è riconosciuto detto potere impositivo sulla base della sussistenza dei seguenti presupposti previsti dalla vigente normativa:
a) la titolarità del diritto di proprietà o di altri diritti reali su beni immobili ricadenti nel comprensorio consortile;
b) la configurabilità del beneficio che le unità immobiliari situate nel comprensorio consortile conseguono dalle opere di bonifica e irrigazione gestite dal Consorzio.

A tale proposito, copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni unite (sentenze n. 8956 del 1996, n. 8960 del 1996, n. 968 del 1998) e la sentenza n. 7240 del 2003 della Sezione tributaria della medesima Corte, hanno chiarito che per legittimare la richiesta di detti contributi non è sufficiente una mera utilitas che risulti in rapporto di derivazione causale con l'attività consortile da cui il proprietario di un fondo trae vantaggio, ma è necessario che l'utilitas si traduca in un beneficio diretto, specifico, conseguito e conseguibile, ovvero di tipo fondiario in quanto riferito alla qualità acquisita dal fondo per effetto dell'attività svolta dal Consorzio.
Tale principio è stato recentemente ribadito dalla sentenza della Cassazione a Sezioni unite n. 16428 del 2007, che assimila il contributo di bonifica ad un esborso di natura pubblicistica che non rappresenta il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma una forma di finanziamento pubblico che permette di imporre dei costi sull'area sociale che ricava benefìci dall'attività svolta nell'area stessa.
La citata sentenza conferma dunque che, ai fini dell'esercizio del potere impositivo consortile, non deve necessariamente sussistere una esatta corrispondenza tra i costi ed i benefìci, essendo, invece, sufficiente una razionale individuazione dell'area dei beneficiari e della maggiore o minore incidenza dei benefìci.
Numerose altre pronunce della Suprema Corte (tra le molte, si vedano le sentenze della Cassazione, sezioni unite civile numeri 496 del 1999, 04920 del 1998; Cassazione, sezione I civile, numeri 00342 del 2000, 00951 del 2000, 00952 del 2000, 00953 del 2000, 01092 del 2000, 01093 del 2000, 01101 del 2000, 01102 del 2000, 01206 del 2000, hanno ribadito che i contributi di bonifica costituiscono prestazioni patrimoniali, aventi una natura pubblicistica e rientranti nella categoria generale dei tributi, la cui riscossione, avviene, peraltro, con le stesse modalità adottate per la riscossione delle imposte dirette, ovvero mediante ruoli esattoriali (articoli 10, 11, e 21 del regio decreto n. 215 del 1933; articoli 864, 2776, 2780 del codice civile).
Inoltre questa Amministrazione intende richiamare l'attenzione sul fatto che i contributi di bonifica e di irrigazione, configurandosi quali oneri reali sui fondi dei contribuenti, assicurano la partecipazione dei consorziati alle spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica e garantiscono lo svolgimento da parte dei consorzi di tutte quelle attività con le quali viene assicurata la sicurezza idraulica e le buone condizioni igienico-sanitarie del territorio.
La rilevanza della contribuenza consortile è stata riaffermata anche nel testo della proposta di questo ministero, emanata in attuazione dell'articolo 27 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni nella legge del 28 febbraio 2008, n. 31, riguardante i criteri di riordino dei Consorzi di bonifica, sulla quale è stata sancita l'intesa dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano con parere del repertorio atti n. 187/CSR del 18 settembre 2008. In particolare, al punto n. 6 dell'anzidetta proposta, intitolato «il regime finanziario degli interventi e partecipazione privata» è stato chiarito che il concetto di «beneficio» consiste nel vantaggio che tutti gli immobili traggono dalle attività di bonifica messe in atto dai Consorzi. Tale beneficio, come detto, rappresenta il presupposto fondamentale dell'attività impositiva dei Consorzi.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende da notizie di agenzia, la Guardia di finanza ha notificato un provvedimento di sequestro cautelativo dell'intero complesso ospedaliero San Giovanni Di Dio di Agrigento;
sarebbero state riscontrate gravi carenze strutturali degli edifici, tali da esporre a gravissimo rischio sismico l'intero manufatto, che dovrà essere sgomberato in un mese;
il dispositivo è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari, a seguito di un inchiesta della magistratura che già vede coinvolte numerose persone indagate;
il manufatto è relativamente nuovo, essendo stato costruito una decina di anni fa, ed essendo ancora fresco il ricordo di quanto accaduto all'ospedale de L'Aquila -:
se il Governo, nell'ambito delle attività di verifica sull'agibilità delle strutture ospedaliere avviata dal sottosegretario Guido Bortolaso, abbia acquisito dati in ordine alla situazione dell'ospedale di Agrigento «San Giovanni di Dio» e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-03827)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la struttura ospedaliera «San Giovanni di Dio» ad Agrigento, si fa presente quanto segue.
L'ospedale, che ospita la struttura sanitaria, si trova a circa 8 chilometri dalla città di Agrigento, in contrada Consolida ed è un complesso edilizio realizzato in tre fasi, in un ampio periodo temporale compreso fra il 1988 e il 2002.
Prima del provvedimento di sequestro cautelativo disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, l'ospedale San Giovanni di Dio non è stato sottoposto ad alcuna valutazione specifica di vulnerabilità e di rischio sismico, poiché è stato costruito dopo il 1984, data di riferimento per la selezione delle strutture da sottoporre a verifiche della sicurezza sismica.
Con provvedimento del 5 agosto 2009, lo stesso giudice per le indagini preliminari, accogliendo l'istanza del difensore dell'azienda ospedaliera, ha nominato custode giudiziario del complesso ospedaliero il capo del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorizzandolo ad effettuare gli accertamenti tecnici, ritenuti necessari ai fini della predisposizione di un piano di intervento finalizzato a garantire la pubblica utilità.
Successivamente, il nuovo custode ha inoltrato la richiesta di sei mesi di proroga del termine, fissato per lo sgombero della struttura, al fine di realizzare gli accertamenti tecnici, necessari al controllo dello stato di fatto della costruzione e di valutare la sicurezza dei 12 edifici facenti parte dello stesso complesso ospedaliero. Ciò si è posto in essere al fine di verificare, anche, l'effettiva sicurezza, sia per le condizioni di esercizio che per quelle sismiche, tenendo conto della geometria e delle attuali caratteristiche meccaniche dei materiali, in accordo con i dettami delle norme tecniche per le costruzioni vigenti (approvate con decreto ministeriale del 14 gennaio 2008).
Sono state, quindi, effettuate ulteriori indagini sui materiali, in particolare sul calcestruzzo, e reperiti i progetti originari.
I risultati delle analisi e delle verifiche di sicurezza relative agli 8 corpi del blocco «degenze» sono stati consegnati al GIP, con tutti gli elaborati di calcolo, nei termini stabiliti dalla proroga concessa e cioè entro la fine del mese di gennaio.
In detti elaborati è stato illustrato tutto il processo di conoscenza svolto e le analisi effettuate, con lo scopo di determinare il livello di sicurezza, sia rispetto ai carichi di servizio, sia alle azioni sismiche di progetto di ciascun elemento componente la struttura degli edifici.

Per quanto riguarda gli elaborati relativi ai 4 corpi del blocco «diagnosi e terapia», si fa presente che questi ultimi sono stati precedentemente consegnati al GIP.
Tutto il percorso di verifica ha seguito i dettami delle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008, attualmente vigenti e, in entrambe le relazioni, sono state individuate e illustrate, oltre che gli esiti relativi allo stato di sicurezza della struttura ospedaliera, anche i provvedimenti da mettere in atto, rispetto alle carenze riscontrate.
La necessità di estendere le indagini sui materiali, ai fini delle analisi della sicurezza statica e sismica, e la complessità e la quantità di lavoro richiesto per la messa a punto dei modelli di calcolo strutturale, hanno giustificato l'entità di sei mesi della proroga richiesta.
Attualmente, il percorso per la valutazione delle condizioni di sicurezza degli edifici del complesso ospedaliero San Giovanni di Dio di Agrigento vede completata la determinazione delle caratteristiche geometriche dei diversi corpi di fabbrica, attraverso il reperimento dei documenti di progetto, esecutivi e di collaudo, e la verifica, tramite ispezione, delle strutture così come effettivamente realizzate.
Risulta, inoltre, completata l'esecuzione delle indagini sperimentali sui materiali e sulla struttura e sui terreni, l'elaborazione dei risultati derivanti dalle suddette indagini, l'esecuzione delle verifiche di sicurezza rispetto ai carichi (verticali) di esercizio e alle azioni sismiche dei corpi A, B, C, D.
Relativamente alle verifiche, condotte dall'assessorato alla sanità, al fine di definire gli interventi necessari al ripristino delle condizioni di sicurezza dei suddetti corpi A, B, C, e D dell'ospedale, si fa presente che gli edifici sono sicuri in presenza di azioni statiche e, in tali condizioni, possono rimanere in esercizio senza compromettere la pubblica incolumità, mentre, in presenza di un eventuale sisma, le azioni dinamiche darebbero luogo al superamento delle resistenze a taglio di gran parte dei setti dei quattro nuclei scala.
Pertanto, il soddisfacimento dei requisiti di sicurezza in condizioni sismiche implica un intervento di adeguamento dei nuclei scala che, ai sensi della vigente normativa e, ai fini del mantenimento in esercizio dell'ospedale stesso, non deve, necessariamente, essere eseguito in condizioni di urgenza.
L'intervento di adeguamento, infatti, richiede un progetto da sottoporre al Genio civile e deve essere sottoposto al collaudo statico. Nella fattispecie, l'adeguamento sismico dei nuclei scala è applicato semplicemente, utilizzando le moderne tecniche del consolidamento delle strutture con materiali compositi, con un impatto minimo sulle finiture e con l'uso di mezzi d'opera molto limitati. Il rafforzamento a taglio del nucleo in cemento armato (c.a.) può essere effettuato senza interrompere l'esercizio dei corpi interessati.
Si precisa, inoltre, che i punti di fondazione dei corpi del blocco diagnosi e terapia sono deteriorati e il degrado è variabile in funzione dell'esposizione agli agenti ambientali aggressivi.
Un determinato numero di punti è, infatti, soggetto ad un intervento di manutenzione straordinaria che mira a bonificare l'elemento strutturale. Esso deve compiersi in tempi relativamente brevi, per bloccare il processo di degrado in atto e deve essere accompagnato da provvedimenti che assicurino il superamento delle condizioni ambientali che hanno determinato il processo di decadimento.
Nelle more del completamento delle verifiche sugli otto corpi in calcestruzzo armato dell'Ospedale S. Giovanni e in conseguenza delle indagini svolte sui materiali, è stato riscontrato uno stato di degrado del calcestruzzo di alcuni pilastri dello scantinato del corpo 7, stanza occupata dagli impianti tecnologici, a causa dell'ambiente aggressivo per temperatura, umidità e probabile presenza di sostanze chimiche nell'aria, i suddetti pilastri, nella parte inferiore, presentano valori molto bassi della resistenza del calcestruzzo.
Si rende, pertanto, necessario adottare provvedimenti improcrastinabili, con opere

provvisionali (puntellamenti) volte ad impedire possibili dissesti dell'edificio.
Attualmente, detti interventi sono in corso di esecuzione da parte dell'Azienda ospedaliera, sulla base delle indicazioni fornite dal custode giudiziario.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'adeguamento dei trattamenti economici per il personale a contratto del Ministero degli affari esteri dipende, ai sensi dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, dalle proposte e dai dati raccolti dalla rete diplomatica e dalla relativa compilazione delle cosiddette schede retributive riportanti i dati delle altre rappresentanze diplomatiche accreditate localmente;
i dati vengono esaminati dall'amministrazione degli affari esteri per venire successivamente sottoposti al vaglio degli organi di controllo (UCB);
il procrastinarsi degli attuali livelli di remunerazione, a fronte dei consistenti aumenti del costo della vita, in numerose realtà all'estero, sta creando serie difficoltà pratiche per il sostentamento quotidiano delle famiglie del personale a contratto impiegato all'estero dal Ministero degli affari esteri;
in alcuni Paesi, come il Pakistan, la rappresentanza diplomatica italiana non ha ancora fornito i dati necessari al fine della determinazione dell'adeguamento, sebbene la prassi - come contemplato nell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 - di richiedere alle amministrazioni di altri Paesi il loro livello di stipendio sia non solo gratuita ma anche anacronistica;
tale condizione pone a rischio anche la funzionalità delle nostre rappresentanze in Pakistan -:
quali iniziative si ritenga opportuno adottare per rivalutare i trattamenti economici del personale a contratto nel suddetto Paese;
quali iniziative si ritenga opportuno adottare per rivalutare i trattamenti economici del personale a contratto della nostra rete diplomatico-consolare, in modo tale da garantire l'adeguamento ai trattamenti economici di ambasciate di Paesi affini all'Italia per prestigio, proiezione e presenza internazionale.
(4-05889)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La retribuzione annua base del personale a contratto in servizio all'estero è suscettibile di revisione in relazione a variazioni dei termini di riferimento indicati dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18: il costo della vita, le condizioni del mercato del lavoro locale, le retribuzioni corrisposte da rappresentanze diplomatiche, istituzioni culturali ed organizzazioni internazionali operanti
in loco.
Nel rispetto di tali princìpi, sulla base dei dati periodicamente forniti dalle sedi interessate, nel biennio 2008-2009 sono stati attuati 39 provvedimenti di adeguamento in altrettanti Paesi, per un totale di 566 impiegati beneficiari (pari al 25 per cento circa di tutti gli impiegati a contratto). Nel corso del 2010, verranno quindi esaminate le richieste di adeguamento retributivo presentate dalle ambasciate in altri 17 Paesi, che interessano complessivamente 129 dipendenti a contratto.
Nel caso specifico del Pakistan, l'accertamento dello stato dei parametri indicati dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 ha richiesto un approfondimento delle condizioni del mercato del lavoro locale, a causa delle difficoltà, segnalate dalla nostra Ambasciata, nel reperire informazioni esaurienti

ed attendibili su enti od imprese indicativi delle «condizioni del mercato locale» che costituiscano, in quel Paese, un idoneo termine di confronto per le retribuzioni corrisposte al personale a contratto delle sedi diplomatico-consolari italiane. Non appena in possesso di tali elementi, su cui l'ambasciata ad Islamabad sta ultimando le verifiche di competenza, il nostro Ministero degli esteri potrà disporre in tempi rapidi la misura di adeguamento auspicata, in modo da garantire la funzionalità delle sedi italiane in Pakistan e la congruità delle retribuzioni corrisposte al personale che vi presta servizio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GIACHETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica riporta un episodio verificatosi il 28 settembre 2009 a Roma, sulla linea del bus 059 nel quartiere di Tor Bella Monaca;
secondo quanto riportato dal giornale una donna di origine nigeriana, in compagnia della figlia e di un'amica, avrebbe invitato due ragazze che fumavano sull'autobus a spegnere la sigaretta, ottenendo come risposta epiteti di stampo razzista del tipo «Brutta negra, stai zitta, tornatene al paese tuo»; una volta scesa dall'autobus, secondo quanto riferito dall'amica, le due ragazze avrebbero seguito e schiaffeggiato la donna;
sempre in base alla testimonianza di Maria Edima Venancio Rocha, l'amica della donna, sarebbe sopraggiunta in quel momento la polizia che però avrebbe rilasciato le due ragazze senza identificarle e avrebbe invece trattenuto la donna nigeriana comminandole una multa di 3.000 euro per un presunto reato di cui non si conosce la natura;
se il racconto della donna corrispondesse a verità saremmo di fronte non solo ad un ennesimo episodio di razzismo a Roma ma anche ad un incomprensibile ed ingiustificabile comportamento da parte delle forze dell'ordine -:
se il Ministro interpellato non ritenga opportuno fare luce sull'accaduto, chiarendo:
1) se corrisponda al vero che le due ragazze sono state immediatamente rilasciate senza essere identificate;
2) se corrisponda al vero che la donna di origine nigeriana è stata l'unica ad essere fermata e, qualora venisse confermata la comminazione di una multa di 3.000 euro ai danni della stessa, se non ritenga opportuno accertare in base a quale infrazione sarebbe stata elevata tale multa.
(4-04347)

Risposta. - La prevenzione e la repressione di ogni forma di intolleranza rientrano tra gli obbiettivi prioritari delle forze dell'ordine che, allorquando rilevano episodi di discriminazione, intervengono immediatamente ed interessano puntualmente l'Autorità giudiziaria.
In merito ai fatti riferiti dall'interrogante, la questura di Roma ha precisato che il giorno 28 settembre 2009, alle ore 8.20, una pattuglia del commissariato di pubblica sicurezza «Casilino nuovo» - in servizio nei pressi della fermata dell'autobus di via Quaglia - è intervenuta per sedare una lite tra due ragazze e una donna di nazionalità nigeriana.
Le forze dell'ordine, dopo aver proceduto all'identificazione di tutti i presenti, hanno appurato che nessuna delle parti coinvolte nella lite aveva intenzione di ricorrere a cure mediche né di sporgere denuncia, per cui si sono allontanate appena concluso il controllo.
In seguito, la cittadina nigeriana si è recata presso il commissariato «Casilino nuovo» credendo erroneamente che le fosse stata contestata una «multa». In quell'occasione, la donna ha ribadito di non necessitare di cure mediche, né di essere intenzionata a presentare alcuna denuncia/querela.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

GIRLANDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge 30 marzo 2004, n. 92, ha istituito il «giorno del ricordo», in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata;
tale giorno è considerato una solennità civile ai sensi della legge 27 maggio 1949, n. 260;
in occasione di altre importanti ricorrenze di carattere storico e civile, quali la giornata della memoria, la festa della liberazione o la festa della Repubblica la stampa e i media radiofonici e televisivi danno ampio spazio a programmi o approfondimenti in merito al senso e alla portata della ricorrenza;
l'importanza della ricorrenza del «giorno del ricordo» è direttamente proporzionale ai decenni in cui è stata relegata nell'oblio collettiva, nonché persino negata;
si tratta di un evento di carattere precipuamente nazionale;
in occasione del «giorno del ricordo» la ricorrenza non compariva nelle riepilogative diffuse delle agenzie di stampa ai giornali il 9 febbraio 2010;
la maggior parte dei quotidiani nazionali e locali del 10 febbraio non menzionavano, o quanto meno menzionavano solo in modo marginale, la ricorrenza del giorno del ricordo;
le stesse riepilogative delle principali agenzie di stampa confinavano la ricorrenza in oggetto a notizia marginale della giornata, senza fornire materiale di approfondimento di carattere storico nei loro lanci -:
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché sia adeguatamente valorizzata la festività del «giorno del ricordo».
(4-06164)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame, concernente le iniziative per il «giorno del ricordo», si fa presente quanto segue.
La legge n. 92 del 30 marzo 2004 ha riconosciuto il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo», per commemorare gli italiani e tutte le vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale.
Nella ricorrenza sono state previste, tra le altre, iniziative per diffondere la conoscenza degli eventi ed è stata favorita la realizzazione di studi, convegni, incontri, dibattiti da parte di istituzioni ed enti. Inoltre, è stata prevista da parte di molte scuole l'organizzazione di iniziative volte a diffondere la comprensione e la cognizione degli avvenimenti.
All'evento è dedicato un apposito dossier sul sito del Governo
(http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/giorno ricordo/) contenente le principali informazioni ad esso relative, ivi comprese le notizie relative all'istituzione della ricorrenza, nonché il calendario ed il programma delle iniziative e delle manifestazioni ad esso collegate. Elementi, tutti, finalizzati alla valorizzazione della «giornata del ricordo», a riprova del rilievo dato da questa Presidenza del Consiglio dei ministri alla stessa.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

MARTELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in piena campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Venezia il Ministro interrogato ha inviato a tutti gli inquilini di alloggi Ater nel Comune di Venezia una lettera nella quale si spiega la possibilità di acquistare i predetti alloggi;
l'invio della lettera era mirato a destinatari ben precisi e, dunque, l'operazione di spedizione non poteva essere

effettuata senza avere a disposizione un elenco dettagliato con i nominativi e gli indirizzi degli inquilini -:
se il Ministro sia entrato in possesso di tali dati avvalendosi di poteri o strumenti connessi con le sue funzioni istituzionali.
(4-06388)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la lettera inviata dal Ministro della pubblica amministrazione agli inquilini degli alloggi Ater di Venezia.
Il comitato elettorale «Comitato Brunetta sindaco di Venezia» ha inviato messaggi diretti ad illustrare il programma, tanto nella sua totalità quanto nei suoi singoli aspetti (trasporti, commercio, casa) a circa 130.000 cittadini.
Le fonti documentali consultate dal comitato sono le liste elettorali e, dunque, pubbliche, liberamente accessibili ed utilizzabili, anche senza il consenso dell'interessato, ai fini della comunicazione politica.
Ai cittadini residenti nelle zone, nei quartieri e nei sestieri di Venezia ove (per conoscenza storico urbanistica del tutto ovvia e comune in città) insistono complessi ed interi isolati di edilizia popolare pubblica, è stata inviata una comunicazione elettorale mirata, solo in ragione della zona di residenza e pertanto in modo indistinto e senza attingere ad alcuna specifica lista.
La conoscenza della collocazione geografica degli edifici di edilizia popolare della città è comune a ciascun veneziano e facilmente riscontrabile nella mappatura urbanistica del comune, tanto da potere essere qualificata come un dato notorio, per sua natura estraneo al concetto di
privacy e, per questa via, liberamente utilizzabile da parte di chiunque.
La forma di comunicazione elettorale utilizzata è stata, pertanto, rispettosa della normativa in materia di tutela della riservatezza e non ha comportato nessuna irregolarità nel trattamento dei dati personali.
Tale conclusione trova conforto nelle stesse deliberazioni dell'Autorità garante della
privacy che, con riferimento alla campagna elettorale in corso, ha ribadito le determinazioni prese nel settembre 2005 in ordine al libero utilizzo degli indirizzi contenuti nelle liste elettorali e nelle fonti documentali detenute da soggetti pubblici (provvedimento 7 settembre 2005, in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2005, n. 212).
Si ritiene, in definitiva, che l'invio di messaggi elettorali ai cittadini elettori orientati diversamente a seconda della zona della città, secondo il metodo innanzi spiegato, rappresenti legittimo esercizio del diritto del candidato alla comunicazione politica, diritto che trova, al pari del diritto alla riservatezza, ampia tutela nei principi costituzionali.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

MURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 2 agosto 2009 ricorre il ventinovesimo anniversario della strage effettuata alla stazione ferroviaria di Bologna. In quell'occasione, a seguito di un vile quanto crudele attentato, sono morte 85 persone e 200 sono rimaste ferite;
la giustizia italiana, dopo lunghe vicende processuali, ha condannato nel 1995 come autori materiali dell'eccidio i terroristi dei Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro alla pena dell'ergastolo, e Luigi Ciavardini a trenta anni di reclusione;
attualmente è in corso un'inchiesta bis, aperta dalla Procura della Repubblica di Bologna contro ignoti, per fare piena luce sulle così dette eventuali piste alternative. Nel corso di questa inchiesta è stato ascoltato nei mesi scorsi, in qualità di persona informata sui fatti Ilich Ramirez Sanchez, noto come Carlos lo sciacallo, terrorista attualmente detenuto nel carcere di Poissy;
Sanchez sostiene che non furono i fascisti gli autori dell'attentato del 2 agosto 2009, ma che dietro alla strage ci fu l'opera dei servizi segreti statunitensi e

israeliani; Sanchez riferisce che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta il traffico di armi ed esplosivi attraverso l'Italia era gestito esclusivamente dai terroristi palestinesi, con il beneplacito dei servizi segreti italiani. Tra servizi italiani e terroristi palestinesi a detta del Sanchez esisteva un accordo preciso che prevedeva il libero transito in Italia di esplosivo e di armi in cambio dell'assoluta impunità da attentati;
sulla base di questo accordo il Sanchez afferma che un carico così imponente di esplosivo T4, come quello usato nell'attentato di Bologna non sarebbe mai potuto passare inosservato ai terroristi palestinesi, ed è per questo che l'attentato fu compiuto da agenti della Cia e del Mossad al fine di far ricadere la colpa sui palestinesi;
la versione sostenuta da Ilich Ramirez Sanchez in merito all'esistenza di un accordo tra terrorismo palestinese e servizi segreti italiani è molto simile a quella riferita dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera dell'8 luglio 2008;
in quell'intervista il Presidente emerito Cossiga riferisce di un accordo, denominato «Lodo Moro» tra terroristi palestinesi e servizi segreti italiani che prevedeva appunto la libertà di far circolare esplosivi e armi sul nostro territorio nazionale in cambio dalla preservazione di attentati. Cossiga riferisce inoltre che dopo essere divenuto Presidente del Consiglio fu informato dai carabinieri che la strage di Bologna sarebbe stata frutto di un'esplosione accidentale di alcune valigie con cui i palestinesi stavano trasportando materiale esplosivo;
la versione dell'esistenza di un patto tra istituzioni italiane e l'organizzazione terroristica palestinese è confermata anche da un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il 14 agosto 2008 da Bassam Abu Sharif, leader storico del Fronte di Liberazione popolare palestinese. Abu Sharif dichiara di essere stato uno dei protagonisti diretti delle trattative che portarono al Lodo Moro e conferma dunque l'esistenza e l'attuazione dell'accordo;
ulteriore conferma giunge sempre da una intervista dell'avvocato Giovanni Pellegrino, già presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia, pubblicata dal corriere della Sera il 15 agosto 2008, nella quale Pellegrino definisce una certezza l'esistenza di un «Lodo Moro»;
qualora fosse davvero esistito un accordo tale tra servizi segreti italiani e terroristi palestinesi, questo avrebbe comportato implicazioni così rilevanti in campo politico e nelle relazioni internazionali da far ritenere molto improbabile che il Governo italiano non ne fosse al corrente, e come le dichiarazioni del Presidente emerito Francesco Cossiga escludono;
un pronunciamento in merito all'esistenza di un accordo tra terrorismo palestinese e servizi segreti italiani da parte del Governo sarebbe fondamentale per fare piena luce su una pagina della storia italiana in particolare per quanto attiene il settore della politica estera, e sarebbe altresì fondamentale per valutare l'attendibilità di quanto affermato dal Sanchez in merito alla strage di Bologna del 2 agosto -:
se sulla base degli atti depositati il Governo sia a conoscenza dell'esistenza di un accordo denominato «Lodo Moro», stipulato tra servizi segreti italiani e organizzazioni terroristiche palestinesi, che prevedeva la possibilità di far transitare armi ed esplosivi nel nostro Paese in cambio dell'immunità da attentati, e se non ne è a conoscenza quali azioni intenda porre in essere per fare piena luce su quanto riportato in premessa;
se esistano documenti o atti relativi alla strage del 2 agosto a Bologna sui quali sia stato apposto il segreto di Stato.
(4-04005)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame, concernente il «lodo Moro», si fa presente quanto segue.

Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) comunica che l'Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), non dispone di elementi informativi riguardanti il cosiddetto «lodo Moro», ed inoltre, l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) ha rappresentato che i rapporti intercorsi tra il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, i suoi dipendenti e le organizzazioni palestinesi è materia coperta dal segreto di Stato, opposto dal colonnello Giovannone nel 1984 e confermato dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, onorevole Craxi. Il termine di tale vincolo è stato prorogato dall'attuale Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi, fino al 31 dicembre 2010, sulla base di quanto disposto dall'articolo 39, comma 8, della legge n. 124 del 2007, per la protezione degli stessi interessi che furono, a suo tempo, motivo dell'opposizione e della conferma in sede giudiziale.
Sulla vicenda della «strage di Bologna» non risulta essere mai stato apposto o opposto il segreto di Stato.
Il Procuratore della Repubblica di Bologna riferisce che nell'ambito del procedimento penale n. 7823/05-44 a carico di ignoti, sono in corso indagini per verificare l'ipotesi che soggetti diversi dai cittadini italiani già condannati in via definitiva per la strage alla stazione ferroviaria di Bologna, occorsa il 2 agosto 1980, possano essere responsabili del delitto in questione. Nello svolgimento di tali indagini il pubblico ministero in data 24 aprile 2009, in sede di rogatoria, ha assunto a Parigi le dichiarazioni di Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos, il cui contenuto non è però divulgabile in quanto coperto da segreto investigativo.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

PINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito della legge 24 dicembre 2007 n. 244, che prevede che solo i comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono istituire le circoscrizioni di decentramento, il comune di Cesena, con un numero di abitanti minore di 100.000, ha rivisto organizzazione e le funzioni dei suoi quartieri, trasformandoli da organismi di decentramento in organismi di partecipazione, con riferimento all'articolo 8, «Partecipazione popolare», del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267);
il sindaco del comune di Cesena ha dichiarato pubblicamente che le elezioni dei consigli di quartiere si terranno assieme a quelle regionali del 21 e 22 marzo 2010;
la partecipazione popolare prevista dall'articolo 8 del Testo unico si articola principalmente su istanze, petizioni e proposte, oltre a forme di consultazione, anche su base di quartieri e libere forme associative, come il referendum, elemento più consistente in termini di coinvolgimento popolare, per cui si può dire che il referendum comunale rappresenta il riferimento principe per le altre componenti la partecipazione popolare;
i comuni sono tenuti a prevedere, nei loro statuti, le forme partecipative e a definirne gli opportuni regolamenti, in primis quello relativo al referendum;
il regolamento dei quartieri del comune di Cesena, approvato dal consiglio comunale con delibera n. 113 del 23 aprile 2009, non prevede modalità elettorali, ma semplicemente, stabilisce al suo articolo 8, che: «Il Sindaco, con apposito manifesto, convoca i comizi per le elezioni dei Consigli di quartiere non oltre 12 mesi dall'elezione del nuovo Consiglio comunale», ma il periodo di 12 mesi, molto insolito rispetto ai consueti 60-120 giorni di tempo per definire i quartieri, fa inevitabilmente pensare alla possibile preordinazione di una elezione dei consigli di quartiere in concomitanza delle elezioni regionali previste per marzo 2010;
il regolamento dei quartieri del Comune di Cesena non stabilisce tempi e regole elettorali, e il regolamento del referendum

consultivo, approvato dal consiglio comunale con delibera n. 193 del 28 settembre 1998, invece articola esattamente tutti i riferimenti normativi per le votazioni, la definizione dei consigli di quartiere, quale presupposto alle espressioni di diritto partecipativo, deve essere equiparata, se non sottoposta, alle regole per i referendum comunali;
detto regolamento dei referendum, all'articolo 17, cita testualmente: «Ogni attività ed operazione relativa al referendum è sospesa: (...):
nei tre mesi antecedenti alla data fissata per elezioni politiche, amministrative o referendarie, salvo l'ipotesi in cui disposizioni di leggi anche emanande consentano la possibilità di svolgimento contemporaneo delle elezioni politiche, amministrative e referendarie nazionali con le consultazioni referendarie locali;
al momento non risulta che siano state emanate leggi che consentono lo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali dell'Emilia Romagna e di quelle dei quartieri delle sue realtà comunali;
consultazioni relative ai quartieri non potrebbero comunque svolgersi negli stessi seggi ove si svolgono le consultazioni regionali e pertanto a nulla può valere la tesi di un ipotetico risparmio di costi. Anzi, in aggravio vi è comunque da considerare il fatto che la potenziale moltiplicazione di seggi nella città impiegherebbe un numero abnorme di forze dell'ordine mettendo a rischio la copertura dei seggi istituzionali ove si svolgeranno le consultazioni regionali -:
se il contingente delle Forze dell'ordine sia sufficiente a garantire la copertura dei seggi in caso di concomitanza delle elezioni regionali e di quelle per i consigli di quartiere del comune di Cesena, ovvero se sussistano altre difficoltà organizzative e, in tal caso, quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al riguardo;
se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza volte ad evitare ogni forma di confusione nell'elettorato e nella gestione dei seggi e ad assicurare il corretto e regolare esercizio del diritto di voto, anche in considerazione dei diversi presupposti per l'esercizio del medesimo nelle due citate consultazioni elettorali.
(4-04579)

Risposta. - In data 9 settembre 2009, il comune di Cesena ha formulato alla competente prefettura una richiesta di parere in ordine alla possibilità di svolgere l'elezione dei consigli di quartiere nella medesima data fissata per le consultazioni regionali.
Della questione è stato investito il competente dipartimento del ministero dell'interno, che ha espresso parere favorevole allo svolgimento della consultazione nei medesimi giorni previsti per le elezioni regionali, a condizione che le operazioni elettorali si svolgano in uffici di sezione diversi da quelli istituiti per quelle regionali e non interferiscano con il relativo procedimento.
Tale ultima soluzione organizzativa è resa necessaria dalla circostanza che la vigente normativa non prevede meccanismi di raccordo dei due diversi procedimenti elettorali.
Inoltre i consigli di quartiere sono organismi di partecipazione istituiti dal comune di Cesena con propria delibera di modifica dello statuto. Essi hanno natura giuridica diversa dagli organi del decentramento comunale, configurandosi come organismi popolari associativi, portatori di interessi della collettività di riferimento, con funzioni prettamente propositive, di istanza e consultive.
La loro disciplina è pertanto rimessa - ai sensi dell'articolo 8 del Testo unico degli enti locali - alla autonomia statutaria e organizzatoria di questi ultimi, le cui scelte normative ed operative sono sottratte al controllo di questo ministero.
Il comma 4 del detto articolo 8, tra l'altro, non esclude lo svolgimento delle consultazioni in questione in coincidenza con elezioni regionali.
L'amministrazione comunale di Cesena ha fornito al prefetto di Forlì-Cesena ampie assicurazioni che la concomitanza delle

operazioni elettorali non pone rilevanti difficoltà di carattere organizzativo e che non vi sarà alcuna interferenza delle elezioni dei consigli di quartiere con le consultazioni regionali.
In particolare, il comune intende utilizzare autonome ubicazioni di ambienti, distinti rispetto ai seggi in cui avranno luogo le elezioni regionali.
L'amministrazione comunale, inoltre, esclude in modo categorico di richiedere l'assistenza di questo ministero per presidiare i luoghi delle elezioni di quartiere con personale di pubblica sicurezza, stante la natura partecipativa delle dette consultazioni.
Ciò non esclude che le autorità di pubblica sicurezza, nell'ambito delle loro competenze istituzionali, non verranno meno, anche in questa circostanza, al loro compito di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Secondo il regolamento, approvato in data 4 febbraio 2010, lo spoglio delle schede per le consultazioni dei quartieri avverrà, in appositi ambienti comunali, decorsi due giorni dalla conclusione delle votazioni e, quindi, dopo la conclusione di quello relativo alle elezioni regionali.
Si è inoltre stabilito che il personale impiegato nei seggi delle consultazioni di quartiere sia volontario e diverso da scrutatori e presidenti designati per le elezioni regionali.
In relazione alle perplessità espresse dall'interrogante circa il disagio causato ai piccoli partiti, il comune di Cesena ha evidenziato che, in base al regolamento comunale sui quartieri, i partiti già presenti nel consiglio comunale potranno inviare loro liste, senza previa raccolta di firme. I partiti o i gruppi di cittadini non presenti in consiglio comunale potranno comunque presentare proprie liste per quartiere, sottoscritte da un numero ridotto di cittadini (da un minimo di venti ad un massimo di cinquanta, a seconda del numero di residenti del relativo quartiere). I seggi previsti per le elezioni dei quartieri sono pari a trentacinque.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il popolo curdo, diviso da decenni in più aree appartenenti a differenti stati sovrani nazionali, subisce soprusi e repressioni, spesso perpetrati in chiave anti-indipendentista ma aventi motivazioni reali da ricercarsi nei pozzi di petrolio presenti nel Kurdistan;
ad oggi si ha notizia di notevoli e numerosi episodi terroristici condotti nel Kurdistan contro cittadini inermi, probabilmente da forze armate irachene -:
quale sia la reale situazione del popolo Curdo e quale sia la posizione del nostro Paese circa le legittime aspirazioni indipendentiste del popolo Curdo.
(4-05150)

Risposta. - Il popolo curdo occupa aree assoggettate alla sovranità di diversi Stati. Appare quindi opportuno analizzare la situazione della minoranza curda per ogni singolo Stato di appartenenza.
In Iraq la condizione della comunità curda è migliorata rispetto al regime di Saddam Hussein. Sotto la
leadership di quest'ultimo, il popolo curdo era sistematicamente oggetto di repressione e discriminazioni e ogni partecipazione al sistema di potere politico-economico dello Stato iracheno veniva preclusa. Ora, la componente curda sta invece attraversando un periodo positivo. Esprime la più alta carica dello Stato (Jalal Talabani - uno dei principali leader della coalizione di partiti curdi denominata Kurdish Alliance - è Presidente della Repubblica) e altri importanti esponenti, tra i quali il Ministro degli esteri, Hoshyar Zebari. Inoltre, la comunità curda irachena si è da tempo organizzata in una propria regione dotata di ampia autonomia legislativa ed amministrativa attorno al capoluogo Erbil (terza città irachena per dimensioni), in un'area fra le più stabili e sicure e per la quale le prospettive di ricostruzione economica risultano essere meno difficoltose che in altre province dell'Iraq. L'Italia, credibile interprete e costante promotrice, dal 2003, del processo che sta faticosamente portando a restituire agli iracheni il controllo

democratico sul loro futuro, ha più volte esercitato un ruolo moderatore su talune spinte curde ad un eccessivo distanziamento da Baghdad. E questo nella consapevolezza, condivisa dai suoi leader più lungimiranti, che le migliori garanzie per quella minoranza possano venire proprio da un bilanciato progetto federalistico nell'ambito del nuovo Iraq.
Più problematiche e complesse appaiono le condizioni della minoranza curda in Iran. Come noto, in questo Stato la questione del rispetto dei diritti umani è oggetto di continua contesa fra l'apparato di governo e le voci critiche dell'opposizione e della società civile. Tutte le componenti minoritarie dello Stato iraniano sono oggetto di pratiche di carattere discriminatorio, che assumono forme repressive allorché le istanze provenienti dalle minoranze appaiono portatrici di contenuti eversivi agli occhi delle strutture governative iraniane. La questione è diventata più preoccupante dopo la deriva autoritaria del regime succeduta alle elezioni del 12 giugno 2009. La stigmatizzazione da parte della comunità internazionale non dovrebbe peraltro rivolgersi verso la protezione di una singola comunità in quanto tale (anche per non correre il rischio di sovraesporla pericolosamente, associandola magari ad una pretesa minaccia all'integrità territoriale dello stato iraniano, con tutte le conseguenze del caso), ma verso il richiamo alle autorità dei loro obblighi internazionali volontariamente assunti, in tema di diritti umani e di protezione delle minoranze.
La condizione della componente curda in Iran risulta essere assai più problematica rispetto al vicino Iraq, ma rimane senz'altro più positiva rispetto alla situazione in cui versano le varie altre minoranze nello Stato iraniano, quali i beluci, gli ebrei, i cristiani, i ba'hai e i musulmani di confessione sunnita e di origine araba.
Per quanto riguarda la situazione dei curdi in Siria, pur accogliendo il principio dell'eguaglianza tra le religioni e della non discriminazione tra gruppi ed etnie (la stessa famiglia del Presidente Assad è parte della minoranza alawita), la Costituzione siriana sottolinea il carattere arabo della nazione, nonché l'unita e indissolubilità del suo territorio.
Il numero di curdi presenti in Siria si aggira tra 1,5 e 1,8 milioni, costituendo circa l'8 per cento della popolazione. Tra questi, 200/300 mila sono senza cittadinanza siriana, o perché perduta negli anni sessanta, al tempo delle politiche nazionaliste pan-arabe, o perché giunti nel Paese a partire dagli anni novanta dalle confinanti regioni d'insediamento curdo, dove la pressione dei Governi centrali si è fatta sentire maggiormente. Mentre i diritti di base dei curdi di nazionalità siriana sono - per opinione condivisa dei principali osservatori - sostanzialmente assicurati, la situazione dei curdi senza passaporto è molto più precaria, non essendo loro garantito l'accesso a quel livello base di servizi (sanità, assistenza, scuola) che il sistema siriano offre ai propri cittadini ed essendo esclusi dalla piena partecipazione alla vita economica e sociale del Paese. Tra le comunità curde si osservano spesso orientamenti favorevoli ad una maggiore autonomia, se non perfino indipendenza, dal Governo di Damasco. La nascita di
media o corsi scolastici in lingua curda è stata sempre contrastata dalle autorità siriane e gli stessi servizi di sicurezza monitorano costantemente le attività della popolazione curda, in modo da prevenire ogni manifestazione che possa anche indirettamente attentare all'unità nazionale.
Soprattutto dopo il riavvicinamento tra Siria e Turchia della fine degli anni novanta, si è registrata una più stretta vigilanza da parte del potere centrale di Damasco. A seguito della seconda guerra in Iraq e, quindi, della costituzione di un'entità autonoma curda nel nord del paese vicino, si sono ulteriormente rafforzati i controlli sulla comunità curda insediata in Siria - soprattutto nella regione nord-orientale. Proprio tale area è stata colpita, negli ultimi due anni, da una grave siccità, rendendo le condizioni economiche della popolazione ivi insediata più difficili e creando qualche tensione a livello sociale. Due anni fa, in occasione del festeggiamento del capodanno curdo, si sono registrati degli scontri. All'ultima ricorrenza,

invece, i festeggiamenti si sono svolti senza tensioni, come confermato da alcuni diplomatici europei presenti.
Per quanto riguarda la Turchia, sin dal suo arrivo al potere nel 2002, il Governo espressione del partito AKP, pur senza modificare la linea di fermezza nel contrastare le attività terroristiche del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), ha adottato un approccio di maggiore apertura rispetto alle istanze della popolazione curda. Il
premier Erdogan ha promosso una progressiva normalizzazione scandita dalle seguenti tappe: abolizione dello stato d'emergenza nelle province del sud-est anatolico; avvio di programmi televisivi e di corsi in lingua curda presso scuole private; possibilità di celebrare il «capodanno» curdo; ingresso nel parlamento turco (luglio 2007) di 20 deputati «indipendenti» legati al DTP, partito di riferimento dell'etnia curda nel paese. A queste aperture politiche hanno fatto seguito importanti iniziative di sviluppo economico tra le quali si segnalano il «piano d'azione» per il sud-est che, a completamento del progetto di sviluppo «GAP» (già in corso di attuazione), prevede un ulteriore stanziamento di 14 miliardi di euro per interventi di promozione economico-sociale e infrastrutturale (maggio 2008).
Tale normalizzazione ha subito un'accelerazione a partire dallo scorso agosto, con il cosiddetto «piano di apertura democratica per la soluzione della questione curda» che prevede misure di autonomia locale, il riconoscimento della lingua e della cultura curde oltre che il «perdono» degli ex-militanti del PKK che decidono di avvalersi dell'articolo 221 del codice penale (la «legge del pentimento»). La stesura, ancora incompleta, è stata svolta in consultazione con le diverse forze politiche ed istituzionali ed il piano, al vaglio del parlamento, ha già contribuito con successo al rientro nel Paese di diverse decine di militanti del PKK.
Inoltre, in applicazione delle indicazioni del Consiglio d'Europa, lo scorso novembre, il Ministero della giustizia turco ha deciso di interrompere il regime di isolamento per Ocalan, il leader del PKK che sta scontando l'ergastolo nei carcere di massima sicurezza dell'isola di Irali.
L'Italia sostiene l'evoluzione in corso e la linea del Presidente della Repubblica Gul che identifica nella visione di una nazione pluralistica il tratto più autentico della modernità e impegna il Governo a perseguire, nel medio termine, i seguenti obiettivi: ratifica parlamentare della convenzione ONU contro la tortura; meccanismi nazionali per garantirne la sua applicazione; creazione di un'istituzione autonoma a difesa dei diritti umani, di una commissione che combatta la discriminazione e di un comitato indipendente incaricato di investigare sulle accuse di maltrattamenti rivolte agli organi di polizia; restituzione ai villaggi del sud-est dei nomi originali in curdo e abrogazione del divieto di utilizzare lingue diverse dal turco nelle campagne politiche.
Tale apertura è certo graduale e non sempre lineare. Esso incontra del resto forti resistenze sul piano interno: da parte del partito nazionalista MHP e di quello repubblicano CHP oltre che da ampi settori delle forze armate e della magistratura. Inoltre, tanto l'intreccio tra dimensione politica e militare, quanto il mancato raggiungimento di uno stabile punto di equilibrio tra contrasto al terrorismo e promozione socio-economica dell'area, hanno condotto ad un alternarsi di aperture e arretramenti.
Non sembra giovare al citato processo di normalizzazione democratica la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale turca lo scorso 11 dicembre con la quale è stata disposta la chiusura del DTP e l'interdizione dall'attività politica per cinque anni a carico di 37 esponenti del partito (su un totale di 219 sotto scrutinio) oltre che del capogruppo parlamentare, Ahmet Turk, e del deputato, Ayse Tugluk, che decadranno dalla carica di parlamentari.
Un provvedimento che - pur trovando giustificazione nel fiancheggiamento al terrorismo del PKK di una parte consistente del DTP - appare politicamente inopportuno, anche perché potrebbe dare nuovo alimento al terrorismo interno. Ciò tenendo tuttavia presente che il provvedimento non lascia gli elettori di etnia curda privi di rappresentanza parlamentare dato che l'interdizione dall'attività politica riguarda solo

due dei venti parlamentari eletti come indipendenti nelle fila del DTP (non avendo la formazione superato la soglia del 10 per cento necessaria per essere rappresentata nell'Assemblea nazionale come partito). La sentenza sembra quindi non compromettere, a priori, la possibilità di trovare una soluzione politica alla questione curda nel quadro di una normale dialettica democratica parlamentare. Su un piano generale, sia in ambito bilaterale che nel contesto comunitario, l'Italia continua a prestare la massima attenzione alla questione curda e, nel ribadire la ferma condanna per ogni forma di violenza e di terrorismo, incoraggia il Governo turco a perseguire la linea del dialogo politico e della promozione economica e socio-culturale dell'area sud-orientale del Paese, ove maggiore è la presenza di popolazione di tale etnia. Le ambasciate comunitarie ad Ankara svolgono una costante azione di monitoraggio e la questione figura tra i principali temi dell'agenda del dialogo politico tra Unione Europea e Turchia, tanto da essere centrale nelle considerazioni che la Commissione rende note ogni anno nel suo progress report sullo stato di avanzamento dei negoziati di adesione.
L'Italia continuerà ad esortare Ankara, in ogni occasione utile, a procedere lungo il cammino delle riforme interne nella prospettiva di garantire il rispetto dei diritti culturali ed amministrativi della popolazione curda.
Appare opportuno evidenziare come le vicende richiamate dall'interrogante siano oggetto, in Turchia, di un vasto dibattito interno, a riprova di come gli spazi di democrazia nel Paese si stiano allargando, sotto l'impulso del processo di integrazione all'Unione Europea che si conferma strumento essenziale di promozione e consolidamento delle riforme nel Paese.
In conclusione, il nostro Paese è da sempre schierato sul fronte di quanti - in seno alla comunità internazionale ed in particolare nelle sedi multilaterali - chiedono il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze all'interno degli Stati. D'altro canto, l'Italia riconosce come una più efficace affermazione delle istanze provenienti dalle minoranze possa e debba essere realizzata nel quadro degli ordinamenti statuali ove tali comunità risultano inserite, in uno spirito di inclusione e di equa compartecipazione agli strumenti di governo locale e statuale. Vanno per contro evitati processi di destabilizzazione e disgregazione degli esistenti ordinamenti statali, le cui conseguenze proprio quelle popolazioni sarebbero le prime a pagare direttamente.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Cina il sistema politico-giudiziario è tale da non garantire il rispetto dei diritti umani;
nei giorni scorsi un tribunale ha condannato a tre anni di carcere Huang Qi, colpevole solo di aver denunciato la corruzione e il malaffare del Governo e del partito comunista della regione del Sichuan, con la motivazione paradossale consistente nella «detenzione illegale di segreti di Stato» -:
quali azioni di protesta il Governo abbia assunto o intenda assumere nei confronti della Repubblica cinese;
se e quali azioni il Governo abbia intrapreso e intenda intraprendere ai fini di agevolare e sostenere una politica più attenta al rispetto dei diritti umani in Cina.
(4-05166)

Risposta. - Huang Qi, 46 anni, direttore del Centro Tianwang human rights center, alla fine di novembre 2009 è stato condannato a tre anni per detenzione illegale di segreto di stato, condanna comminata al termine di un processo iniziato ad agosto, dopo circa un anno di carcerazione preventiva. Huang Qi era stato infatti fermato a giugno del 2008 perché coinvolto in iniziative a favore dei genitori dei bambini rimasti uccisi nel crollo delle scuole a causa del terremoto che ha colpito la

provincia del Sichuan a marzo dello stesso anno. Huang Qi era stato già condannato nel 2003 ad una pena di 5 anni per «incitamento alla sovversione» per aver discusso degli incidenti di Tian'anmen on line. Rilasciato nel 2005 aveva ripreso le sue attività di attivista.
Il caso di Huang Qi è seguito con attenzione dalla nostra ambasciata a Pechino in raccordo con le altre ambasciate dell'Unione europea. In occasione dell'ultima sessione di dialogo sui diritti umani Unione europea Cina, lo scorso 20 novembre 2009, la UE ha inserito il nome di Huang Qi tra i primi otto nella lista dei casi individuali presentata alla controparte cinese, chiedendo informazioni sulla sua situazione giudiziaria e sul suo stato di salute che risulta compromesso da gravi malattie. Lo strumento delle liste rappresenta una forma efficace di pressione sulle autorità cinesi, focalizzandosi su casi specifici che, attraverso il monitoraggio costante dell'Unione europea, entrano a pieno titolo nell'agenda del dialogo tra Unione europea e Cina in materia di diritti umani.
In generale, sia sul piano bilaterale che attraverso la partecipazione alla definizione delle iniziative in sede Unione europea, il Governo italiano continua a sostenere un dialogo paziente e costante con la Cina nel campo dei diritti umani, un dialogo che coniuga fermezza sui princìpi con la necessaria flessibilità sugli strumenti. Tale approccio è riuscito finora a produrre su alcuni fronti i primi risultati concreti (recentemente l'impegno da parte cinese a ratificare quanto prima la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici).

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge n. 222 del 1985, «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», recita, tra l'altro, che: «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, ... in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 recita, tra l'altro, che «Le quote di cui all'articolo 47, secondo comma, sono utilizzate ... dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo» -:
su quali banche siano state versate dette somme a partire dal 1990;
se e quali controlli siano stati effettuati al fine di verificare che le somme siano state utilizzate per gli scopi previsti dalla legge e, in caso contrario, se intenda effettuarne.
(4-00051)

Risposta. - Le attività di controllo del ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia.
Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca «disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» ed è frutto del lavoro svolto da una Commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente.
Il relativo regolamento di attuazione (il Dpr 13 febbraio 1987 n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al Ministro dell'interno - da parte della Conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio.

Il controllo del ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al ministero dell'economia e delle finanze, per gli aspetti di competenza.
Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul Notiziario della Conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito
internet della Conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 aprile 2009, alle ore 12.34, nel corso di una delle ricorrenti ma non eccezionali piene del fiume Po, è crollata un'intera campata del ponte stradale (strada statale 9) che collega le province di Lodi e Piacenza;
già a partire dal 1° luglio 2009 su diversi quotidiani locali è stata diffusa la notizia che tra le 16 persone indagate dalla procura della Repubblica di Lodi per i reati di disastro colposo e lesioni colpose vi è l'ingegnere De Lorenzo, capo del compartimento regionale Anas della Lombardia che, evidentemente, aveva esercitato alcune responsabilità tecniche e tecnico-amministrative nell'ambito dei controlli e dei lavori di manutenzione del ponte crollato;
dal sito della Protezione Civile si apprende, sulla base di un comunicato stampa, del 15 luglio 2009, che «Su proposta del Capo Dipartimento della Protezione Civile, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato oggi un'ordinanza contenente misure urgenti riguardanti il ponte sul fiume Po, tra San Rocco al Porto e Piacenza, crollato lo scorso 30 aprile. L'Ordinanza prevede la nomina del Capo Compartimento regionale Anas Lombardia», cioè proprio l'ingegner De Lorenzo, «a Commissario delegato, con il compito di provvedere in termini di somma urgenza alla demolizione del ponte crollato e alle attività finalizzate alla progettazione e ricostruzione dell'infrastruttura» e che «Al fine di assicurare i collegamenti tra la sponda lodigiana e quella piacentina nel periodo necessario agli interventi di ricostruzione, il Commissario delegato è inoltre chiamato a provvedere tempestivamente alla realizzazione di un ponte provvisorio»;
dalle indiscrezioni giornalistiche risulterebbe quale progettista del nuovo Ponte tra le province di Lodi e Piacenza, quale consulente esterno, il professor ingegnere Michele Mele che risulta essere perito di parte della Difesa nel sopra citato procedimento -:
se i fatti narrati in premessa corrispondono al vero;
se, a seguito del crollo del ponte, è stata avviata anche un'indagine interna al fine di accertare eventuali responsabilità amministrative nella fase di predisposizione e affidamento dell'appalto e dei relativi capitolati tecnici di manutenzione del ponte oggetto del crollo nonché di vigilanza sulla loro esecuzione e quali ne siano gli esiti e se sia stata eventualmente valutata l'opportunità di trasmettere gli atti alla Corte dei conti;

sulla base di quali presupposti sia stato affidato tale incarico proprio al Dirigente del compartimento Anas ingegner De Lorenzo e al progettista professor Mele ancor prima del completamento dell'accertamento delle eventuali responsabilità, anche di natura penale, in ordine al crollo del ponte;
se non si intenda revocare o sospendere tale incarico affidato in attesa del completamento degli accertamenti, penale ed amministrativo, ed individuare altre persone estranee alla precedente gestione manutentiva del ponte crollato tra province di Piacenza e Lodi.
(4-03675)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la progettazione del nuovo ponte stradale che collega le province di Lodi e Piacenza, si fa presente quanto segue.
In data 30 aprile 2009, alle ore 12,30 circa, si è verificato il crollo della campata del ponte sul fiume Po, compresa tra la spalla lato Milano e la prima pila dell'impalcato metallico (pila n. 7), posta in ambito golenale.
Nel momento in cui si è verificato l'evento, il fiume Po era in piena e la zona golenale, solitamente asciutta, era invasa dalle acque, con battente sulla pila n. 7, posto a oltre m. 4,00 dal piano campagna.
In proposito si precisa che, a far data in dall'alluvione del novembre 2002, la zona golenale non era stata interessata dalle piene.
Nei pressi dell'area interessata si è riscontrato lo sfondamento dell'argine golenale, sponda sinistra, con la tracimazione delle acque contenute tra lo stesso e l'argine maestro e la formazione di correnti trasversali dirette verso la zona in cui si è verificato l'evento.
Successivamente, la Procura della Repubblica di Lodi ha posto sotto sequestro il ponte e ha emesso 16 avvisi di garanzia a 5 capi compartimento ed a 11 dirigenti tecnici, tutti succedutisi dal 1995 al 2009.
Attualmente le attività inquirenti sono in corso di espletamento tramite il lavoro dei consulenti della Procura e dei consulenti dell'Azienda nazionale autonoma delle strade (ANAS).
In particolare l'ANAS ha individuato come proprio consulente il professore Michele Mele, esperto di fama internazionale nel campo delle strutture in acciaio e redattore degli euro codici, al quale è stato affidato il compito di progettare il nuovo ponte.
Si ritiene che tali attività non siano incompatibili fra di loro e che, invece, garantiscano, contemporaneamente, giudizi oggettivi sulle cause del crollo e soluzioni progettuali efficaci.
Subito dopo il crollo del ponte, il compartimento ANAS ha avviato tutte le necessarie attività per il ripristino della viabilità interrotta e sono state avviate le procedure per la demolizione del vecchio ponte, per la realizzazione di un ponte provvisorio, fortemente voluto dagli enti locali, per il consolidamento delle strutture di fondazione e per la costruzione del nuovo ponte.
Tali attività sono proseguite sotto l'egida dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3791 del 15 luglio 2009 che ha delegato il capo compartimento ANAS Milano - commissario delegato - ad operare in termini di somma urgenza per il ripristino del collegamento interrotto.
Solo dopo il dissequestro del ponte da parte della procura della Repubblica di Lodi, avvenuto in data 10 agosto 2009, tali attività si sono concretizzate.
Quindi, lo stesso 10 agosto è avvenuta la consegna dei lavori di realizzazione del collegamento provvisorio tra le sponde emiliana e lombarda del fiume Po, mentre in data 21 settembre 2009 vi è stata la consegna riguardante i lavori di demolizione del vecchio ponte e il 9 ottobre 2009 l'aggiudicazione dei lavori di ricostruzione del nuovo ponte con la consegna delle attività di progettazione esecutiva in capo all'impresa.
Inoltre, in data 21 ottobre 2009, sono iniziati i lavori di consolidamento delle strutture di fondazione del persistente manufatto e, il successivo 14 novembre, è stato aperto al transito il collegamento provvisorio.

Infine, sulla base di tali presupposti, secondo quanto riferito dal dipartimento della protezione civile, non viene ravvisata alcuna incompatibilità tra i comparti istituzionali del capo compartimento, attinenti alla gestione temporanea della viabilità (ponte provvisorio) ed alla nuova costruzione (ponte definitivo), e le indagini in corso, che seguono un percorso parallelo e non interferente con le attività afferenti al ripristino della viabilità.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
è presente sul web il sito www.associazionecarabinieripodgora.com che riporta nella sua home page lo stemma dell'Arma dei Carabinieri e la scritta «Associazione Carabinieri Podgora»;
dai dati risultanti dal dettaglio del dominio registrati risulta che il citato sito sia intestato al signor Giuseppe Giugno di Cassino (Frosinone);
il comma 3, dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382 stabilisce che «La costituzione di associazioni o circoli fra militari è subordinata al preventivo assenso del Ministro della difesa» -:
quante siano le domande per la costituzione di associazioni fra militari pervenute al ministero della difesa dalla data di entrata in vigore della legge di cui in premessa tese ad ottenere il preventivo assenso di cui all'articolo 8, comma 3, della citata legge, quali quelle che siano state autorizzate e quali, se ve ne sono, quelle a cui detto assenso sia stato negato, indicando in tal caso, quali siano le ragioni del diniego;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esistenza di una associazione Carabinieri Podgora e se questa risulti fra quelle autorizzate, chi siano i soci fondatori, quanti siano gli associati e quali siano gli scopi;
se la vendita degli articoli citati sia stata preventivamente autorizzata dai responsabili dei servizi amministrativi dei citati enti militari secondo le vigenti norme, in caso contrario quali immediati provvedimenti intenda adottare per accertare eventuali responsabilità amministrative in ordine ai fatti in premessa.
(4-05722)

Risposta. - Mi preme sottolineare, in premessa, che il dicastero non dispone del numero complessivo di domande tese ad ottenere l'assenso alla costituzione delle associazioni tra militari, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 382 del 1978, non essendovi alcun obbligo normativamente previsto in tal senso.
È tuttavia possibile dare conto in questa sede del numero delle associazioni attualmente operanti che hanno chiesto l'assenso alla costituzione.
A tal riguardo, vengono pubblicati in coda alla presente risposta, per consentirne una comoda consultazione, due distinti prospetti relativi alle associazioni in parola, per le quali è stata negata o concessa la relativa autorizzazione ministeriale.
Passando, ora, ad analizzare i singoli quesiti, rendo noto che i motivi per i quali è stato negato ad alcune associazioni l'assenso, cercando di operare una sorta di
«reductio ad unum», sono essenzialmente riconducibili all'esercizio di attività sindacali e/o parasindacali, ovvero alla possibile sovrapposizione delle finalità dell'associazione a quelle istituzionali delle forze armate.
Dal momento che ho ritenuto di concedere il previsto assenso ministeriale alla costituzione, sono naturalmente a conoscenza dell'esistenza dell'«Associazione Podgora».
I soci fondatori di tale sodalizio, sulla base degli atti in possesso, risultano essere il luogotenente Giovanni Mola, il brigadiere Antonio Tarallo, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna e l'appuntato Maurizio Lama; non si dispone, invece, del numero complessivo degli associati.

Le finalità dell'associazione sono la promozione di iniziative di carattere culturale, il sostegno morale e materiale in favore dei soci e delle loro famiglie, con particolare riguardo al coniuge superstite ed ai congiunti dei carabinieri deceduti, la promozione della cultura dell'igiene alimentare, la prestazione di opere di volontariato.
Riguardo, infine, all'asserita «vendita degli articoli citati», nel riferire a margine che non risulta possibile effettuare una verifica del sito
web, essendo lo stesso inaccessibile, non dispongo delle necessarie informazioni per «accertare eventuali responsabilità amministrative», di cui è cenno nell'interrogazione in titolo.

Associazioni tra militari

CONCESSIONE ASSENSO MINISTERIALE

DENOMINAZIONE SEDE FINALITÀ ISTANTE DATA
Associazione Allievi Scuola Navale Militare F. Morosini Roma Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti Francesco CAROLEO GRIMALDI 29 luglio 2005
Associazione Aquila Azzurra Rieti Attività di protezione sociale 1o M.llo Aniello GIUGLIANO 10 luglio 2006
Associazione Club Ufficiali Marchigiani Serra de' Conti (AN) Culturali, di ricerca e di studio Gen. D. Sandro SANTRONI 1o agosto 2006
Associazione Custodia del Grifo Arciere Latina Culturali, di ricerca e di studio Gen. D. Massimo IACOPI 21 gennaio 2008
Associazione Ex Allievi Accademia Militare di Modena Modena Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti Luciano SCANDONE 24 gennaio 2008
Associazione Dipendenti Difesa Roma Attività di protezione sociale Wilfrido ALBANESE 28 marzo 2008
Associazione Mare Azzurro Furbara Attività di protezione sociale Gen Isp Capo Ermanno ALOIA 30 novembre 2006
Associazione Nauticus Cagliari Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti 1o M.llo Vito CORADDU 24 ottobre 2007
Associazione Nazionale Brigata Sassari Sassari Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti Gen. B. Elio COSSU 19 settembre 2007
Associazione Lupi di Toscana Firenze Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti Gen. Giorgio CANTINI 18 ottobre 2004
Associazione Army Bikers Motorcycles Club Olgiate Olona (VA) Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra militari accomunati dalla passione per il motociclismo Francesco FLORA 24 ottobre 2008
Associazione Club Onda Azzurra Orbetello Attività di protezione sociale S. Ten. Michele COVUCCIA + altri 24 ottobre 2008
Associazione Radioamatori Carabinieri (C.O.T.A.) Castelfidardo Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra militari radioamatori Stefano CATENA 5 dicembre 2008
Associazione Onda Blu Pozzuoli Attività di protezione sociale 1o M.llo Lgt. Bonifacio CHICHELLA 25 marzo 2009
Associazione Podgora Roma Culturali, volontariato, assistenza ai soci ed alle loro famiglie L.te Giovanni MOLA, Brig. Giuseppe TARALLO, App.Sc. Giuseppe LA FORTUNA e App. Maurizio LAMA 7 aprile 2009
Associazione Sottufficiali FOTER Verona Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti L.te Claudio FERRETTI + altri 6 luglio 2009
Associazione Italiana ex frequentatori Nato Defense College Roma Studi di problematiche connesse alla Difesa, mantenimento dei vincoli tra gli appartenenti Gen. C.A. Giancarlo PASCARELLI + altri 9 luglio 2009
Comitato per l'Arsenale Torino Mantenimento dei vincoli e dello spirito di corpo tra gli appartenenti Col. Dante ZAMPA 31 luglio 2009
Associazione NESIS Pozzuoli Attività di protezione sociale Gen. B.A. Nicola LANZA DE CRISTOFORIS + altri 15 settembre 2009
Associazione «Monte Rosa 2008» Carneri (No) Attività di protezione sociale Giuseppe TESSITORE ed altri 1o dicembre 2009
Associazione «GUIDE SABRETACHE» Salerno Proselitismo e mantenimento dello spirito di corpo Antonio ADAMO ed altri 1o dicembre 2009

 

Associazioni tra militari

DINIEGO ASSENSO MINISTERIALE

DENOMINAZIONE SEDE ISTANTE DATA
Associazione Carabinieri Uniti Roma App. Sc. Piero Antonio CAU 26 gennaio 2007
Associazione Culturale Difesa Onlus Roma Gen. B. CC Umberto ROCCA 10 ottobre 2007
Associazione Culturale Italiana per la Divulgazione della Storia e della Storiografia Latina Mar. Capo Stefano SUALE 24 gennaio 2006
Associazione Circolo Enalcaccia La Lucerna Ravenna M.llo Salvatore PERTOSA 11 settembre 2006
Associazione Faro Blu Roma Ten. Col. CC Riccardo RENDO 3 dicembre 2007
Associazione Pastrengo Padova M.llo Capo Vincenzo BONACCORSO Revoca assenso 3 agosto 2007
Associazione Uniarma non indicato App. Sc. Antonio NICOLOSI 3 dicembre 2003
Associazione Assoarmamoderna non indicato Ten. Francesco SAGGIO 24 ottobre 2008
Associazione Primarma non indicato Ten. Col. Alessandro DIONISI, App. Sc. Ciro INGUÌ, App.Sc. Tonino D'OVIDIO 24 novembre 2008
Associazione Carabinieri Liberi e Democratici (A.C.LI.D.E.) non indicato Col. Basilio VIOLA *
Associazione Centro studi Formazione e Ricerca per le Crisis Reponce Operations (CISFOR) Roma Gen. D. Vincenzo DE LUCA *
Associazione Virgo Fidelis Reggio Calabria M.llo Rocco MORABITO *

* Il termine di cui all'articolo 18-bis D.M. 603/93 (come introdotto dall'art. 1, D.M. 24 novembre 2004, n. 326) risulta spirato.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MAURIZIO TURCO, MECACCI, FARINA COSCIONI e BELTRANDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti nella sua relazione conclusiva del 28 febbraio 2008, in merito alla situazione dei rifiuti in Calabria affermava di aver audito l'ex Commissario delegato per l'emergenza ambientale in Calabria, prefetto Antonio Ruggiero, che ha denunciato «gravi carenze nelle modalità di funzionamento della struttura commissariale» in particolare sotto il profilo della trasparenza mancando «registrazioni contabili dotate di requisiti minimi di analiticità, pur a fronte di un flusso di risorse finanziarie di ingente entità, e l'esistenza di gravi ritardi nei pagamenti e nelle riscossioni di pertinenza» e che ha «dovuto constatare la mancanza presso gli

uffici affidatigli di un archivio, con la conseguenza che la ricerca delle pratiche era per lo più affidata alla memoria dei singoli funzionari». Inoltre si legge dagli atti della Commissione che il prefetto Antonio Ruggiero aveva presentato «un rapporto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro per segnalare il caso di alcune ditte che erano risultate aggiudicatarie di una lunga serie di appalti con affidamento diretto o tramite gare aggiudicate anche sulla base di una sola offerta»;
il 18 dicembre 2007 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza in Calabria stante la situazione estremamente critica in materia di smaltimento dei rifiuti urbani, mentre nel decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania, n. 172 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 210 del 2008, si dispone il diritto per gli impianti di incenerimento di Gioia Tauro ad accedere alla procedura di riconoscimento in deroga agli incentivi CIP6 che rappresentano un prelievo diretto dalle bollette degli utenti di somme che dovrebbero essere destinate al sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili ed assimilate;
il 22 dicembre 2008 notizie stampa hanno riferito la notizia di un maxi sequestro nel porto di Gioia Tauro effettuato dal Nucleo operativo ecologico e relativo a ben 72 tonnellate di rifiuti pericolosi, tra cui scarti e rottami di batterie al piombo esauste ed apparecchiature elettroniche ed elettriche contaminate da oli e grassi, che erano contenuti in due container provenienti da Israele. Quattro persone sono state denunciate in stato di libertà con l'accusa di importazione illegale di rifiuti;
per quanto sopra esposto, gli interroganti ritengono che la mancanza di legalità e trasparenza nella gestione delle varie fasi del ciclo dei rifiuti e nel funzionamento della struttura commissariale è causa della grave criticità del settore rifiuti nella Regione Calabria -:
se e quali provvedimenti siano stati adottati per risolvere i problemi sollevati dal prefetto Antonio Ruggiero in ordine all'assenza di trasparenza nella gestione dei rifiuti in Calabria ed in particolare:
a) se si sia provveduto alla realizzazione di un archivio commissariale;
b) quali siano attualmente le modalità per il reclutamento del personale preposto alla struttura commissariale;
c) se risulti quale esito abbia avuto il rapporto presentato dal prefetto Ruggiero alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
d) se risulti quale esito abbia avuto l'inchiesta cosiddetta «Poseidone» e avviata dalla Procura di Catanzaro, in merito alla gestione dell'emergenza ambientale da parte dell'allora commissario Giuseppe Chiaravalloti;
e) se si sia provveduto ad affidare gli appalti mediante gara o se invece prosegua la prassi dell'affidamento diretto o tramite gare aggiudicate anche sulla base di una sola offerta.
(4-01969)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente chiarimenti sull'azione della struttura commissariale per l'emergenza rifiuti in Calabria, ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3731 del 2009, si fa presente quanto segue.
Riguardo al sequestro di rifiuti pericolosi nel porto di Gioia Tauro, effettuato il 18 dicembre 2008, il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palmi ha riferito che l'oggetto del sequestro è stata un'importazione di merce proveniente da Israele e destinata in Sicilia consistente, non in pani di piombo, come dichiarato dall'importatore, ma da tonnellate di scarti e rottami di batterie esauste qualificabili come pericolosi.
Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro - direzione distrettuale antimafia - ha comunicato che, a seguito del rapporto redatto dal prefetto Antonio Ruggiero, nell'ambito del procedimento n. 10718/07 RG a carico di ignoti, è stata depositata al GIP la richiesta di

archiviazione, eccezion fatta per le vicende concernenti lo svolgimento dei lavori per il completamento del sistema fognario del comune di Bonifati, per cui si è proceduto a stralcio con conseguente trasmissione del procedimento alla procura di Cosenza per competenza territoriale.
Relativamente all'affidamento di incarichi da parte del commissariato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria a numerosi legali, in luogo dell'Avvocatura Generale dello Stato, unica questione ancora pendente, il capo dell'ufficio requirente ha segnalato che è stato iscritto il procedimento penale n. 10175/09 R.G. med. 44, nel cui ambito, in data 21 gennaio 2010, è stata conferita alla polizia giudiziaria delega di indagini, di cui si attendono gli esiti.
Per quanto riguarda l'inchiesta «Poseidone», il capo dell'ufficio requirente ha precisato che la stessa, al momento, è ancora pendente.
Inoltre si precisa che per la realizzazione di un archivio commissariale, la struttura commissariale ha riferito che in passato è mancato un utile ed organico sistema di archiviazione degli atti e ogni settore o ufficio, ne ha curato in autonomia, anche metodologica, la conservazione e la classificazione.
Nel 2005, il prefetto Bagnato, commissario delegato
pro-tempore, al fine di istituire un regolare archivio, ha richiesto, alla direzione dell'archivio di Stato di Catanzaro, l'assegnazione di un funzionario esperto.
Successivamente, nel febbraio 2006, è stata utilizzata un'unità che ha avviato il lavoro, organizzando l'archivio e curando la predisposizione di un inventario cartaceo ed informatico.
Il reclutamento del personale della struttura commissariale è avvenuto con regolari ordinanze Commissariali in ottemperanza delle seguenti ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri:
n. 2996 del 21 ottobre 1997 (articolo 3, commi 1, 3);
n. 2856 del 1o ottobre 1998 (articolo 4, commi 1, 2, 3, e 4);
n. 3062 del 21 luglio 2000 (articolo 6, commi 4, 5 e 6 - articolo 8, comma 2);
n. 3132 del 17 maggio 2001 (articolo 2, commi 1 e 2);
n. 3149 del 1o ottobre 2001 (articolo 3, commi 1 e 2);
n. 3379 del 5 novembre 2004 (articolo 7, comma 2).

In particolare, il personale è stato reclutato dalla pubblica amministrazione mediante selezione, a seguito di valutazione di curricula, con contratto a tempo determinato, sempre nel rispetto delle suddette ordinanze.
Per quanto concerne gli esiti del rapporto del prefetto Ruggiero presso la procura della Repubblica di Catanzaro e dell'inchiesta «Poseidone» la struttura commissariale ha dichiarato di non esserne a conoscenza.
In merito agli appalti si fa presente, come da elementi del dipartimento della protezione civile, che questi sono stati affidati, sempre, mediante il ricorso all'evidenza pubblica, fatta eccezione per alcuni casi ove, per importo, urgenza o peculiarità dei lavori e/o dei servizi, sono ricorse condizioni tali da giustificare l'affidamento diretto. Il tutto in ossequio alla normativa e alle ordinanze in vigore.
Si precisa, inoltre, che l'ufficio della struttura commissariale non ha affidato appalti in presenza di una sola offerta valida, salvo diversa dicitura del bando di gara.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera emerge che nella sola città di Milano si stimano in 5.250 i quintali di

pane buttati ogni mese in città, poco meno di 180 al giorno;
ipotizzando livelli di spreco uguali nel resto del Paese, in Italia sarebbero 24.230 le tonnellate di pane che ogni trenta giorni finiscono nella spazzatura;
secondo Gaetano Pergamo, direttore del settore alimentare di Confesercenti «in media resta sugli scaffali il dieci per cento del pane prodotto» e la Claai stima tra i tre e sette chili il pane invenduto ogni giorno in ciascuna delle 500 panetterie milanesi. Il che vuol dire che si arriva anche a 750 quintali di pane buttato al mese in città;
Antonio Marinoni, presidente dei panificatori milanesi aderenti a Confcommercio ha dichiarato di aver condotto un'indagine insieme con Amsa, la società che gestisce i rifiuti a Milano analizzando il contenuto di un campione di sacchi della spazzatura raccolti in città ed è risultato che ogni giorno a Milano si buttano tra i 130 e i 150 quintali di pane, che poi vuol dire 4.500 quintali ai mese da aggiungere ai 750 di cui si liberano ogni sera le panetterie -:
se non ritenga di dover avviare una stima nazionale sullo spreco di pane legato all'invenduto delle panetterie e a quanto viene gettato tra i rifiuti da parte dei consumatori e se e quali iniziative intenda adottare per contenere il grave spreco e per favorire il riutilizzo del pane.
(4-05616)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha comunicato quanto segue.
Si condividono le preoccupazioni espresse nell'interrogazione in esame e si conferma che la lotta agli sprechi dei prodotti alimentari è una delle priorità di questo ministero.
A questo riguardo questa amministrazione sta lavorando sia sul fronte delle filiere che su quello dei consumatori.
Nelle filiere l'esigenza individuata è quella di eliminare le aree di inefficienza nei rapporti tra operatori delle diverse fasi e specialmente nella logistica del prodotto che - troppo spesso - genera costi inutili e soprattutto sprechi fisici delle derrate.
A questo riguardo un'attenzione specifica è inserita nei «piani di settore» attualmente in corso di realizzazione per comparti importanti quali cereali, olio d'oliva, carni suine.
Altri interventi significativi sono quelli per il sostegno della «filiera corta», attraverso la vendita diretta da parte delle imprese agricole e i gruppi solidali di acquisto, tutte modalità che possono ridurre gli sprechi di prodotto.
Infine, e non meno importante, è il ruolo del consumatore ed in particolare lo sviluppo di una «cultura anti-spreco».
Per questo motivo tale tema è stato inserito tra le priorità delle azioni di comunicazione istituzionale promosse da questo ministero.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la crisi economico-finanziaria internazionale ha arrecato ingenti danni anche al settore produttivo del nostro Paese, in particolare, quello agricolo;
il cambiamento della politica dell'Unione europea inoltre ha contribuito ad indebolire l'intero comparto, creando un importante divario tra i costi di produzione e quelli di acquisto del prodotto finale;
per l'anno 2009 infatti i prodotti agricoli hanno subito un aumento dell'8 per cento al consumatore, mentre i prezzi al produttore hanno registrato una riduzione del 13 per cento;

nella regione Puglia la crisi del settore agricolo è particolarmente sentita, tanto da indurre la giunta a chiedere al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali l'emanazione del decreto che fissi lo stato di crisi, al fine di garantire agli imprenditori la possibilità di beneficiare di quanto previsto dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e dalla legge n. 231 del 2005, e di esentare i produttori agricoli dal pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali;
se nel 1989 un quintale di olive veniva pagato al produttore 120.000 lire, nel 2009 lo stesso quintale viene pagato solo 23 euro. A causa dei costi di produzione in continuo aumento, gli agricoltori pugliesi non sono più in grado di mantenere la propria attività. Il capitale liquido per le imprese si contrae mentre aumentano le garanzie richieste per l'accesso al credito delle stesse;
conseguentemente nella regione è stata avviata una mobilitazione generale da parte delle principali associazioni di categoria e sindacati (Confagricoltura, CIA, Confcooperative), sono state indette diverse manifestazioni e centinaia di agricoltori hanno attivato blocchi stradali e organizzato sit-in in segno di protesta;
le principali richieste avanzate dall'intero settore sono:
a) il finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale;
b) il reintegro dei fondi FAS sottratti all'agricoltura (850 milioni di euro);
c) la moratoria sui contributi Inps e la sospensione delle procedure esecutive in corso;
d) il ripristino da parte dell'Unione europea dei meccanismi di tutela e di protezione dei mercati agricoli;
e) l'estensione delle agevolazioni fiscali per gli investimenti previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009 noto come «Tremonti ter» alle imprese agricole -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di tutelare il comparto agricolo pugliese e se intenda soddisfare le richieste di cui in premessa;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per fronteggiare la crisi delle aziende agricole pugliesi, anche al fine di impedire l'imminente chiusura delle stesse.
(4-05738)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha comunicato quanto segue.
La dichiarazione dello stato di crisi di mercato per le produzioni agricole di cui all'allegato 1 del Trattato, per le quali si fosse verificata una riduzione del reddito medio annuale delle imprese agricole addette del 30 per cento rispetto al reddito medio del triennio precedente, è disciplinata dall'articolo 1-
bis della legge n. 71 del 2005.
Tale disposizione non fa riferimento alla crisi generalizzata dell'intero settore agricolo o di un certo territorio, ma si riferisce alle singole produzioni. Per questo motivo, per poter dichiarare lo stato di crisi, sarebbe necessario dimostrare, per le singole produzioni di cui all'allegato 1 del Trattato, il verificarsi di una riduzione del reddito medio annuale delle imprese agricole addette del 30 per cento rispetto al reddito medio del triennio precedente.
Ferme restando le considerazioni sopra riportate, le Autorità italiane hanno comunicato alla Commissione europea, con la lettera del 30 settembre 2005, n. 1803, la decisione di non dare applicazione all'articolo 1-
bis della legge n. 71 del 2005, coerentemente con quanto richiesto dai Servizi comunitari, dato che gli aiuti concessi esclusivamente sulla base del prezzo, della quantità, dell'unità di produzione sono considerati aiuti al funzionamento, incompatibili con il mercato comune.

Per quanto sopra esposto, l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 22 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 71 del 2005, che prevede la dichiarazione dello stato di crisi, non è applicabile.
Si segnala, tuttavia, che nella legge finanziaria 2010 sono state attivate diverse misure per il sostegno al settore agricolo.
In particolare:
è stato disposto il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per il triennio 2010-2012 e per la copertura degli scoperti degli anni precedenti nella misura complessiva di 877.200.000 di euro;
sono stati stanziati 100 milioni di euro a valere sul fondo Infrastrutture di cui all'articolo 18 comma 1 del decreto-legge n. 185 del 2008. Tali risorse sono destinate a finanziare programmi individuati dal CIPE per far fronte alle necessità del settore agricolo;
è stata concessa la proroga, per il periodo 1o gennaio - 31 luglio 2010, della rideterminazione delle agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate. A questo fine, per il 2010 è stata autorizzata la spesa di 120,2 milioni di euro;
è stata autorizzata una spesa pari a 10 milioni di euro da destinare, alla produzione di prodotti tipici a stagionatura prolungata.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei Paesi a zootecnia avanzata, quali ad esempio USA, Canada e Nuova Zelanda, non esiste legislazione nazionale in materia di controlli e gestione dei libri genetici che sono pertanto totalmente volontari e liberi;
la regolamentazione europea prevede che le autorità di uno Stato membro devono concedere il riconoscimento ufficiale a qualsiasi organizzazione o associazione di allevatori che tiene o istituisce libri genealogici, purché non metta in pericolo la conservazione della razza o comprometta il programma zootecnico di un'organizzazione o associazione esistente;
la legge n. 30 del 1991, concernente la disciplina della riproduzione animale, stabilisce invece che i libri genealogici del bestiame sono tenuti dalle associazioni nazionali allevatori (ANA), mentre i controlli delle attitudini produttive sono svolti, per ogni specie, razza o altro tipo genetico, dall'Associazione italiana allevatori (AIA);
l'Associazione italiana allevatori, nel rispetto delle disposizioni di legge, si avvale per l'attività a livello periferico delle Associazioni provinciali allevatori;
le Associazioni provinciali allevatori sono chiamate ad adempiere ai compiti e alle funzioni affidate dalle autorità nazionali, regionali, provinciali;
le Associazioni provinciali allevatori svolgono pertanto funzioni delegate dagli organi di governo o attribuite da leggi e regolamenti all'AIA;
presso le Associazioni provinciali allevatori hanno sede gli uffici provinciali dei libri genealogici e dei controlli;
l'attività di controllo per ogni specie, razza o altro tipo genetico è regolata da appositi disciplinari approvati con decreti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
per garantire criteri ed indirizzi unitari il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha fino ad oggi predisposto, d'intesa con la conferenza permanente Stato-regioni, sentite le ANA interessate, il programma annuale dei controlli;
gli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo 2007-2013 considerano compatibili con il Trattato i seguenti aiuti di Stato: fino al 100 per cento dei costi amministrativi per adozione e tenuta dei libri genealogici; fino

al 70 per cento dei costi sostenuti per la determinazione della qualità genetica;
annualmente vengono trasferite alle regioni le risorse per il finanziamento di tali attività sulla base delle tabelle finanziarie elaborate del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con la conferenza permanente Stato-regioni;
per l'anno 2009, a fronte di una spesa ammessa di euro 81.238.809, il contributo complessivamente assegnato alle associazioni provinciali allevatori, nel rispetto dei limiti percentuali previsti dagli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato, ammonta a euro 65.250.889;
sono soci delle associazioni provinciali allevatori gli allevatori senza distinzione di specie e razze di bestiame in possesso di un predeterminato patrimonio zootecnico minimo;
il 28 settembre 2009 l'assemblea ordinaria dell'Associazione provinciale allevatori di Potenza ha deliberato l'esclusione dal corpo sociale di alcuni soci, circa 30 tra cui si riscontrano le principali realtà provinciali per dimensione e qualità genetica del bestiame allevato, in quanto, a parere del comitato direttivo, si erano resi inadempienti agli obblighi previsti dallo statuto associativo;
l'esclusione dal corpo sociale comporterà per le aziende interessate difficoltà di accesso ai servizi inerenti al miglioramento genetico, ai controlli delle attitudini produttive del bestiame e alla registrazione dei capi nei libri genealogici e, in genere, a tutte le attività connesse;
per la realizzazione di tali, attività l'Associazione allevatori di Potenza percepisce annualmente un importo pari a circa 900.000 euro che, essendo determinato in funzione del numero dei capi sottoposti a controllo, fa riferimento anche ai capi delle aziende escluse dal corpo sociale -:
se le disposizioni di cui alla legge n. 30 del 1991, che attribuisce in via esclusiva ad AIA la realizzazione dei controlli delle attitudini produttive, siano rispettose delle vigenti normative comunitarie;
se non si ravvisino elementi di contrasto tra l'affidamento di tali attività in esclusiva al sistema allevatori e le vigenti normative nazionali ed europee in materia di concorrenza;
se non si ritenga necessario superare, mediante le opportune iniziative normative, una situazione organizzativa, che ad avviso dell'interrogante è di fatto monopolista, prevista da una legislazione obsoleta, per adeguarla alla mutata realtà produttiva ed alle mutate esigenze delle imprese attraverso l'apertura nel rispetto di indirizzi univoci, a occasioni di concorrenza operativa anche a beneficio delle pubbliche finanze e della qualità dei servizi resi -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per arginare comportamenti discriminatori all'interno delle Associazioni allevatori provinciali.
(4-05517)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità ha riferito quanto segue.
L'interrogazione ha origine dalle decisioni adottate dall'Assemblea ordinaria dell'Associazione provinciale allevatori di Potenza tenutasi il 28 settembre 2009 in ordine all'esclusione dal Corpo sociale di 30 soci che si erano resi inadempienti agli obblighi previsti dallo Statuto.
L'interrogante evidenzia che tale esclusione comporterà per le aziende interessate difficoltà di accesso ai servizi inerenti al miglioramento genetico, ai controlli funzionali ed alla iscrizione dei capi nei libri genealogici e, in genere, a tutte le attività connesse, mentre per le stesse attività le Associazioni provinciali allevatori usufruiscono di contributi pubblici.
Infine, lo stesso interrogante pone l'accento su possibili contrasti tra l'affidamento delle attività di miglioramento genetico dell'organizzazione degli allevatori e la vigente normativa nazionale e comunitaria, suggerendo

il superamento di tale contrasto mediante opportune iniziative normative volte a riformare una situazione organizzativa del sistema allevatori ritenuta di fatto monopolistica.
In merito alle questioni sollevate, si rappresenta quanto segue.
A seguito del risultato delle elezioni per il rinnovo cariche dell'Apa di Potenza tenutesi l'11 febbraio 2009, alcuni componenti della lista uscita sconfitta dal voto costituirono in data 28 aprile 2009, presso lo studio del notaio Zotta di Rionero in Vulture, l'Ala (Associazione lucana allevatori) con statuto identico all'Apa e, quindi, con evidenti scopi di concorrenza. Il Comitato direttivo dell'Apa, venuto a conoscenza della costituzione dell'Ala, nella seduta del 31 agosto 2009 decise di invitare, con lettera raccomandata, i propri soci che contemporaneamente avevano aderito alla nuova associazione a chiarire la propria posizione entro trenta giorni. È proprio lo statuto dell'Apa, infatti, che all'articolo 13 stabilisce chiaramente per i soci il divieto di «appartenenza o partecipazione a organismi ed enti i cui scopi sociali o la cui attività siano in concorrenza o in contrasto con quelli dell'associazione». Di fronte alla pretesa di questi soci a voler mantenere una sorta di «doppia adesione» l'assemblea dei soci del 28 ottobre 2009 deliberò con voto segreto (125 a favore e solo 5 contrari), espresso alla presenza di un notaio, l'espulsione di 19 soci (non 30 come affermato dall'interrogante) per avere promosso ed aderito ad una nuova associazione avente finalità concorrenziali. Dei 19 soci espulsi, va sottolineato che 6 fanno capo a due sole aziende. Tutto è avvenuto nel rigoroso rispetto delle norme statutarie. D'altronde è proprio nella stessa conferenza stampa di presentazione dell'Ala che i promotori avevano confermato le proprie intenzioni di costituire l'Ala come organismo alternativo all'Apa, anche sotto il profilo dell'assistenza tecnica.
In riferimento all'affermazione che l'esclusione dall'Apa comporterà per le aziende interessate difficoltà di accesso ai servizi inerenti il miglioramento genetico, ai controlli delle attitudini produttive del bestiame ed alla registrazione dei capi nei libri genealogici ed in genere a tutte le attività connesse è quanto mai utile rimarcare quanto segue: i soci espulsi possono continuare ad usufruire di tutti i servizi tecnici erogati dall'Apa, con costi dei servizi che, ovviamente, saranno assoggettati ad Iva.
Gli accertamenti disposti hanno evidenziato che non vi è mai stata interruzione dei servizi, che anzi vengono erogati con regolarità e professionalità, così come dettato dai disciplinari vigenti in materia di tenuta dei libri genealogici e di effettuazione dei controlli funzionali. Pertanto i fondi (circa 900.000 euro) richiamati nell'interpellanza parlamentare, che vengono erogati all'Apa di Potenza, sono dalla stessa percepiti anche in relazione ai capi delle aziende escluse dal corpo sociale, in quanto quest'ultime usufruiscono, al pari di tutte le altre aziende iscritte ai libri e sottoposte ai controlli funzionali degli stessi servizi.
A tutto quanto affermato va aggiunto che tutte le aziende espulse, tranne una, hanno sottoscritto regolare contratto di assistenza tecnica con l'Apa ed usufruiscono di tutti i servizi dalla stessa erogati.
Per quanto riguarda il contrasto tra l'affidamento delle attività di miglioramento genetico (libri genealogici e controlli della produttività animale) in esclusiva al sistema allevatori e le vigenti normative nazionali e comunitarie in materia, si rappresenta quanto segue.
La legge 15 gennaio 1991, n. 30, sulla riproduzione animale così come successivamente modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 280, recepisce, tra le altre, le direttive comunitarie relative ai bovini riproduttori di razza pura (direttiva 77/504/CEE e successive integrazioni, direttiva 94/28/CE principi relativi alle importazioni, direttiva 87/328/CEE ammissione alla riproduzione) e tutte le relative decisioni applicative.
Si cita in particolare la decisione n. 86/130/CEE che fissa i metodi di controllo dell'attitudine e di valutazione del valore genetico. Detta decisione richiede, tra l'altro, che le registrazioni della produzione di latte utilizzate per la misurazione del valore genetico degli animali debbano essere effettuate

secondo un sistema di controllo ufficiale conforme ai criteri definiti dal Comitato internazionale per il controllo della produttività lattiera degli animali (Icar). Lo Stato membro deve indicare il nome dell'organismo responsabile del controllo e della elaborazione e pubblicazione dei risultati.
La richiamata legge 30 del 1991 all'articolo 3, comma 2, individua per tale compito l'Aia, che lo esercita fin dagli anni '60 sulla base di un disciplinare approvato con decreto ministeriale 24 maggio 1967, e modificato da ultimo con decreto ministeriale del 5 febbraio 2010.
Lo stesso articolo 3, al comma 1, stabilisce, sempre in armonia con la direttiva 77/504/CEE, che i libri genealogici siano tenuti da associazioni nazionali allevatori dotate di personalità giuridica ed in possesso dei requisiti stabiliti con decreto del ministero dell'agricoltura e delle foreste.
I libri genealogici sono gestiti sulla base di disciplinari approvati dallo stesso ministero. I richiamati requisiti sono stati fissati, conformemente alla decisione n. 84/247/CEE, con decreto ministeriale 26 luglio 2004. Si cita, ad esempio, il libro genealogico dei bovini di razza frisona, tenuto dall'Associazione nazionale allevatori bovini di razza Frisona italiana - Anafi, il cui disciplinare è stato approvato con decreto ministeriale 18 febbraio 1981 modificato da ultimo con decreto ministeriale 21 luglio 1989.
Nel seguito si accenna sinteticamente ai diversi modelli organizzativi esistenti per i controlli funzionali.
Le organizzazioni dei controlli funzionali sono nate in tutto il Mondo come organizzazioni di tipo nazionale, spesso statali. Nel corso degli anni esse hanno modificato la propria struttura svincolandosi sempre più dagli apparati statali. La progressiva trasformazione della struttura delle organizzazioni dei controlli funzionali si è sviluppata in modo diverso tra i vari Paesi. Non esiste un'unica organizzazione che possa essere presa come modello esemplificativo.
Nei Paesi dell'Europa scandinava (Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, eccetera) l'organizzazione è formalmente gestita e finanziata dagli allevatori: tuttavia vi sono stati casi di leggi nazionali che prevedevano un prelievo obbligatorio per unità di prodotto a carico di tutti gli allevatori, iscritti o meno ai controlli funzionali, per finanziare l'assistenza tecnica e la misura delle produzioni animali.
In Francia, Italia, Svizzera, Austria e Germania l'organizzazione dei controlli è gestita da associazioni di allevatori, con finanziamenti derivanti in parte dall'allevatore ed in parte dallo Stato. L'autorità pubblica, che finanzia in quota parte le attività di controllo funzionale, controlla anche lo svolgimento ed i risultati di quell'attività. In ciascun Paese esiste una banca dati nazionale affiancata, in qualche Paese, da banche dati regionali.
In Paesi come Spagna, Portogallo, Grecia, Tunisia, Egitto l'organizzazione dei controlli è quasi totalmente controllata dalle autorità governative, che ne finanziamo la totalità o quasi delle attività.
In grandi Paesi a tradizione zootecnica come gli Stati Uniti d'America, l'Inghilterra ed il Galles, il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda, la struttura è organizzata come un'industria privata, anche in collaborazione con
sponsor esterni, quali ad esempio i centri di produzione di materiale seminale che, attivi nella vendita di materiale genetico, sono direttamente interessati al controllo funzionale inteso come base della selezione.
Nei Paesi in cui la zootecnia si sta ancora strutturando (ad esempio India), si verificano situazioni organizzative diverse, ma il comune denominatore è la presenza di controllori pagati dal Governo o da una qualche organizzazione pubblica, mentre la ricerca è affidata alle Università o ad istituzioni internazionali.
Considerato il livello raggiunto dal nostro Paese nel settore del miglioramento genetico, soprattutto nei comparti bovino da latte e suino, che ci colloca fra i primi cinque a livello mondiale, non si ritiene utile né opportuno proporre né a livello nazionale, né a livello comunitario alcun cambiamento sostanziale della normativa di riferimento.

A livello organizzativo nazionale sono invece in atto, sulla base delle linee guida Stato-Regioni, semplificazioni dei modelli organizzativi periferici con l'accorpamento delle attuali associazioni provinciali allevatori in associazioni regionali allevatori, così come è già avvenuto per i laboratori di analisi del latte. È inoltre prevista l'unificazione di alcuni servizi (esempio banche dati) con lo scopo di ridurre i costi a carico dello Stato e degli stessi allevatori e rendere più efficienti ed efficaci i servizi.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.