XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 16 marzo 2010

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il problema dello sviluppo dell'economia italiana, o meglio del mancato sviluppo dell'economia italiana, cioè del suo declino, va inquadrato nella giusta prospettiva dei mercati globalmente integrati, risultando la crescita del nostro Paese stabilmente al di sotto della media dell'Unione europea e degli Stati Uniti;
secondo fonti statistiche ufficiali, il declino italiano è confermato: dal livello dell'indebitamento netto; dal valore del debito pubblico espresso in percentuale del prodotto interno lordo (poco meno del 120 per cento contro il 70 per cento dell'area euro, esclusa l'Italia); dal livello della pressione fiscale, stimato al di sopra del 43 per cento, contro il livello medio rilevato nell'Unione europea, esclusa l'Italia, del 38,5 per cento; dal livello delle spese primarie correnti, in percentuale del prodotto interno lordo, attestato al 42,5 per cento contro il 43,5 per cento europeo; dal tasso di occupazione della popolazione attiva, attestato intorno al 59 per cento, contro un livello medio europeo del 66 per cento; dagli scoraggianti indici del valore aggiunto per occupato; dall'indice del prodotto interno lordo per ora lavorata;
si affaccia, pur nelle forme disuguali rilevate dagli organismi internazionali, una ripresa dell'economia mondiale, più accentuata nell'area Bric che non in quella delle economie avanzate;
non è sorprendente che l'integrazione globale non contenga adeguati correttivi alle debolezze locali dei mercati del lavoro e del prodotto e, quindi, alle condizioni dei consumi e dei risparmi;
la fragilità del trend di crescita non innesca robusti processi di ripresa dell'occupazione, non potendo contare in Italia su appropriate e incoraggianti politiche creditizie nei confronti delle strutture portanti della nostra economia, a partire dalle piccole e medie imprese;
il dato relativo alla diminuzione del prodotto interno lordo intorno al 5 per cento nel 2009 non può essere inteso correttamente se non nella prospettiva segnata dalla perdita di competitività del Paese, che si protrae da 15 anni, ininterrottamente, a causa della mancata realizzazione di riforme strutturali. In una condizione aggravata dal fatto che di esse, della loro fisionomia, della loro sostenibilità, della loro teleologica ordinazione al superamento delle crisi più acute, si ha consapevolezza diffusa sia in ambito politico, sia in ambito sociale, sia in ambito culturale, e tuttavia i Governi che si sono succeduti non hanno saputo trasformare la conoscenza in azione politico-amministrativa; in chiave di etica delle responsabilità, chi ha detenuto le leve dell'iniziativa governativa avrebbe il dovere, ove tuttora collocato in posizione attiva, di ammettere il proprio fallimento e consentire il necessario ricambio;
per ammissione di autorevoli rappresentanti della maggioranza, il disallineamento tra consapevolezza e interventi riformatori strutturali è da addebitarsi alla protezione politica trasversale di cui si avvantaggiano gli autori degli sprechi in ambito pubblico, le forze economico-finanziarie non competitive, in una spirale negativa che ha impedito di cogliere le opportunità di un decennio di crescita economica globale;
le proposte avanzate per arrestare e invertire la tendenza al declino continuano a poggiare, in una stanca prospettiva liberista, sulla tradizionale equazione che lega crescita, consumo e benessere, senza illuminarsi né della forza trascinante della cultura e della tradizione italiana come fattori di promozione della produttività individuale e generale, né della via tracciata sul piano internazionale per le politiche di creazione del valore, avendo cura di legare lo sviluppo, e il conseguente benessere, ai parametri dei beni ambientali, relazionali e culturali;

si tratta di parametri che non sostituiscono ma si aggiungono, per condizionarle virtuosamente, alle leve economiche ordinarie; non potendosi immaginare, come testimoniato dalla drammatica realtà quotidiana del nostro Paese, purtroppo anche nella prospettiva storica, che nella politica delle opere pubbliche si possa prescindere dalla salvaguardia dell'ambiente, che nelle politiche industriali si possa ignorare il primato del lavoro, che nelle politiche dello sviluppo si possa continuare a trascurare il ruolo della famiglia e delle altre realtà associative di cui è intessuto il sistema sociale italiano;
le perdite di produzione e di reddito sono ingenti, nonostante i meccanismi di protezione sociale abbiano arginato i più gravi esiti di espulsione di lavoratori e cittadini dal contesto produttivo e sociale;
la crisi ha aggredito il nostro Paese, e tutti gli altri, nonostante l'integrazione europea abbia portato ad una sostanziale stabilità dei prezzi e ad un controllo continuo ed efficace sui deficit pubblici. Cosi che diviene necessario, parafrasando un concetto espresso autorevolmente da Joseph Stiglitz, riflettere sul fatto che se il tenore di vita di molti cittadini si abbassa fino a comprometterne i valori culturali di base, allora sorge l'esigenza politica di una revisione sui modi, sui mezzi, sui fini scelti ed utilizzati nella costruzione dei modelli di sviluppo, nazionali, sovranazionali, internazionali e globali;
attingendo ancora al pensiero di Stiglitz, se i processi politici e il sistema economico hanno avvantaggiato pochi soggetti a scapito di tutti gli altri, allora è indispensabile ripensare, strutturalmente, il nostro sistema di produzione delle politiche generali, perché non risultino mai indifferenti ai principi democratici che sovrintendono al governo del Paese;
l'Italia sopporta una crisi prolungata gravissima e gli italiani ne soffrono sul piano personale e comune,


impegna il Governo:


a varare un piano organico di riforme strutturali che poggino sui seguenti pilastri:
a) rafforzamento dell'integrazione europea nella prospettiva di un più forte governo economico dell'Unione e rafforzamento del ruolo internazionale dell'Italia;
b) riforma della pubblica amministrazione, per la salvaguardia dell'enorme serbatoio di conoscenze tecniche e scientifiche insidiato da pratiche di occupazione di parte e per la valorizzazione del potenziale in possesso delle giovani generazioni amministrative;
c) elaborazione di un modello sociale compatibile con i vincoli internazionali e con i vincoli interni che sviluppi una politica della famiglia, una politica del lavoro, una politica della previdenza e dell'assistenza, una politica della protezione della salute, armonicamente assunte in un quadro unitario;
d) riforma fiscale organica capace di sostenere il delineato quadro riformatore, rendendo prioritaria la riduzione del cuneo fiscale, il consolidamento delle occupazioni, la previsione di un reddito di cittadinanza e la qualificazione della protezione sanitaria;
e) politica meridionalista, che, nel rispetto dell'autonomia regionale, faccia del Mezzogiorno il fine di uno sforzo unitario e corale del Paese, applicando il principio di «convergenza condizionata», e quindi realizzando con priorità assoluta le condizioni di funzionamento (infrastrutture essenziali, materiali e umane) dei principali fattori di convergenza;
f) riqualificazione del sistema produttivo mediante politiche industriali coerenti con i programmi europei, che affianchino l'iniziativa privata mediante regole e incentivazioni che possono produrre le migliori condizioni per la crescita delle dimensioni delle imprese italiane e contestuale

elaborazione di politiche di incentivazione della creazione di aree di concentrazione produttiva;
g) destinazione alla ricerca, alle università, all'istruzione, alla formazione di risorse oggi indirizzate a sostenere settori terziari, in particolare nell'area delle comunicazioni, con scarsissima propensione alla creazione di valore;
h) piano di valorizzazione culturale del Paese per il suo rilancio nel mercato mondiale dei patrimoni artistici e ambientali;
i) elaborazione di politiche del credito funzionali al quadro di sviluppo del Paese, secondo linee condivise, al cui interno trovino soddisfazione le attese e le ragioni dell'imprenditoria italiana, in una condizione di pari opportunità produttive;
l) inversione del trend di abbandono dell'agricoltura nazionale, con un'incisiva azione in ambito europeo;
m) elaborazione, congiuntamente alle parti sociali, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, di un progetto nel quale i vincoli siano resi conoscibili dal Paese, ad evitare vane o miracolose promesse, miraggi, cadute democratiche.
(1-00345)
«Tabacci, Calearo Ciman, Calgaro, Cesario, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria che ha investito i mercati internazionali si è presto manifestata come crisi economica a tutti gli effetti. Lungi dall'essere una crisi congiunturale è stata, invece, un fenomeno epocale, che ha, di fatto, portato il sistema nel suo complesso sull'orlo del collasso. Come dichiarato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti nel settembre del 2009: «L'anno scorso siamo andati molto vicini a una rottura di sistema, non solo abbiamo rischiato la caduta delle borse ma la rottura di meccanismi finanziari che avrebbero potuto determinare effetti uguali a una guerra anche se non combattuta»;
in particolare, negli ultimi quindici anni si sono verificati straordinari mutamenti. Il processo di globalizzazione ha coinvolto ed unito in un nuovo ordine mondiale, inevitabilmente complesso e dai confini ancora sfumati, realtà politiche ed economiche fra loro molto differenti e fino a qualche anno fa decisamente distanti. In questi anni si è affermato e continua a delinearsi un «mondo diverso» da quello tradizionale;
le idee iniziali di una nuova età dell'oro che vedevano nella globalizzazione solo opportunità e progresso o solo sviluppo unilaterale per l'Occidente ricco e accentuazione della povertà per il terzo mondo sono state rapidamente infrante. Il processo è stato molto più contraddittorio. Gli opposti schemi neo-liberisti-mercatisti e neo-marxisti sono entrambi risultati inadeguati. La Cina, l'India e anche il Brasile stanno emergendo come nuove realtà economiche e anche politiche. Fra Usa e Cina si è stabilito un rapporto assai complesso di interconnessione economica e di concorrenza geo-politica. In Europa la realtà effettiva della globalizzazione produce e continuerà a produrre nei prossimi anni effetti economicamente e socialmente molto profondi;
l'Europa e gli Stati Uniti pagheranno il prezzo della nuova competizione globale: il riallineamento dei livelli della qualità della vita, così come quello, inevitabile, della gestione delle risorse naturali nell'intero pianeta produrranno effetti particolarmente evidenti nel Vecchio Continente. La velocità estrema con cui questo sta avvenendo aumenterà la portata di tali effetti;
in particolare, i nuovi e «aggressivi» protagonisti asiatici apparsi sulla scena mondiale determinano la necessità di un nuovo riequilibrio mondiale. Negli ultimi venti anni più di un miliardo di uomini, concentrati prevalentemente in

Asia, sono passati di colpo dall'autoconsumo al consumo, dal circuito chiuso dell'economia agricola al circuito aperto dell'economia di «mercato». Nel 1985 il consumo pro capite medio di carne in Cina era di 20 chili all'anno, oggi è di 50. L'aumento dei consumi non riguarda solo i generi alimentari. Gli stessi livelli di crescita al consumo riguardano l'acciaio, il carbone, il petrolio, il gas, il cotone, le fibre, la plastica. L'aumento della domanda in un quadro di risorse limitate ha prodotto l'aumento dei prezzi ed una diversa distribuzione delle risorse. I bassi costi di manodopera e, più in generale, di produzione rendono poi queste nuove realtà particolarmente competitive;
su tutto ciò si è innestata la crisi finanziaria ed economico-sociale internazionale che ha favorito gli eccessi del mercatismo, la deregolamentazione del sistema finanziario e bancario, lo strapotere delle banche d'affari e degli hedgefund, i meccanismi di indebitamento dei consumatori e degli acquirenti di immobili. Per molti aspetti l'Italia, pur coinvolta e colpita da questa crisi generale, tuttavia ha retto per la sua regolamentazione dei meccanismi finanziari e bancari, per la forza del suo risparmio privato, per l'esistenza di un sistema di piccole e medie imprese assai esteso e capillare. I punti deboli del Paese sono l'alto debito pubblico, la carenza delle infrastrutture, le scarse spese in ricerca, il sottosviluppo e l'esistenza della criminalità organizzata nel Mezzogiorno, la spesa pubblica incontrollata e la pubblica amministrazione poco efficiente, che non risponde alle esigenze dei cittadini e del mondo delle imprese;
nel corso di questi anni di crisi, il Governo ha costantemente lavorato per mettere in sicurezza il Paese, il suo sistema bancario e finanziario, per fare i conti con la concorrenza internazionale sul terreno dei titoli pubblici in presenza di un alto debito pubblico, per favorire la coesione sociale non aumentando la pressione fiscale e per sostenere la solidarietà sociale, come indirizzando grandi risorse agli ammortizzatori sociali. Diversamente da quello che afferma l'opposizione, la cui linea, finanziare in deficit la crescita, avrebbe portato l'Italia ad una situazione analoga a quella greca, il Governo in questi due anni è intervenuto in modo consistente ed i risultati si vedono;
la svolta più importante è quella che si registra sul piano internazionale. L'Italia, a differenza di qualche tempo fa, non è più «il malato d'Europa», come sostenne l'Economist, con la sua famosa copertina. Al contrario, ad essa si fa riferimento per dimostrare, come nonostante il debito elevato, sia possibile mantenere in ordine i conti pubblici e contrastare una deriva finanziaria. Valga per tutti un recente commento dell'Economist, a firma di Charlemagne, una delle più autorevoli firme del settimanale. Parlando dell'Europa, troppo ipocondriaca di fronte alla crisi, cita tra le cose positive, che gli europei sottovalutano, la forza dell'economia tedesca, il caso della Polonia, «che ha saputo evitare la recessione», e quello dell'Italia, che «ha contrastato ogni recrudescenza del suo deficit». Ma non è solo l'Economist a fotografare questa diversa realtà. Nel lessico internazionale un nuovo acronimo è stato creato per descrivere in modo offensivo quei Paesi che non reggono ai ritmi imposti dalla crisi internazionale. I Pigs - letteralmente «porci» - sono le iniziali di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. L'Italia non solo è fuori da questa brutta classifica, ma meno di 15 giorni fa Bloomberg, uno dei principali centri di analisi finanziaria del mondo, nel valutare il rischio sistemico dei principali Paesi, pone l'Italia al primo posto come affidabilità. Il suo avanzo primario, corretto per l'andamento del ciclo, è l'unico ad avere valore positivo, quando per la Germania si indica un valore negativo (-1,2 per cento) e lo stesso avviene per la Francia (-3,8 per cento). Gli Usa sono al -7 per cento. Non sorprende, pertanto, la dichiarazione di Moody's del 5 marzo 2010, per bocca del suo responsabile per l'Italia, Alexander Kockerbeck, secondo il quale la reputazione del nostro Paese è più che buona. Specie se essa è letta con

quanto dichiara l'Ocse: «l'Italia continua ad avere il valore più elevato sia tra i Paesi della zona euro che dell'area dell'Ocse nella lettura del leading indicator». Sono valutazioni che non si prestano ad equivoci, soprattutto perché suffragate da dati forniti dai principali organismi internazionali. Nelle sue ultime previsioni, la Commissione europea (European economic forecast - autumn 2009) prevede un aumento del debito pubblico tedesco ad un ritmo che è pari ad un volta e mezza (2010) e di oltre tre volte (2011) quello italiano. Per la Francia, invece, il ritmo di incremento, sempre rispetto all'Italia, per il 2010 è pari a quasi quattro volte e più di cinque l'anno successivo. Si deve solo aggiungere che per il 2009 il deficit di bilancio italiano (previsto al 5 per cento) è solo leggermente superiore a quello tedesco (3,2 per cento), ma di gran lunga inferiore a quello francese (7,9 per cento). Allargando l'orizzonte l'Economist intelligence unit colloca l'Italia in quinta posizione (dopo Cina, Canada, Brasile e Germania), con un deficit che è pari alla metà degli altri partecipanti (nell'ordine Russia, Giappone, Francia, India, Portogallo, Usa, Spagna, Irlanda, Grecia ed Inghilterra);
nemmeno sul fronte della crescita l'Italia sfigura nei confronti degli altri partner. Lo testimoniano le ultime previsioni della Commissione europea. Nell'Interim forecast February 2010, il tasso di crescita stimato, per il 2010, è pari allo 0,7 per cento, in linea con la media dell'eurozona e dell'Eu27, che mostrano la stessa identica percentuale. Va meglio la Germania e la Francia (1,2 per cento), che hanno potuto adottare - come indicato in precedenza - politiche di bilancio ben più espansive, grazie al minor debito pubblico accumulato in passato. Si deve, tuttavia, aggiungere che quella maggiore crescita dello 0,5 per cento, rispetto all'Italia, costa ai due Paesi considerati un differenziale di deficit rispettivamente pari a 2,6 punti per la Germania ed a 3,3 punti per la Francia, nel confronto tra il 2008 ed il 2010. Cifre che dimostrano quanto sia costoso puntare su una crescita indifferenziata della domanda pubblica, piuttosto che intervenire sui nodi strutturali dell'economia, a partire dall'eccesso di tassazione che caratterizza l'intera zona dell'euro;
i risultati conseguiti dimostrano la validità dell'azione del Governo, che ha operato con grande oculatezza, rigore e senso di responsabilità, come dimostra la ricostruzione dei fatti;
in coerenza con il suo programma elettorale, dove già si esprimeva preoccupazione per il possibile incombere della crisi, il Governo, non appena costituitosi, ha messo in sicurezza i conti pubblici, anticipando, con il decreto-legge n. 112 del 2008, la manovra di bilancio, nonostante la contrarietà dell'opposizione. Grazie a quella manovra, a pochi mesi di distanza dall'inizio della crisi finanziaria, sono state recuperate risorse per un valore, nel triennio, pari a circa 30 miliardi di euro, grazie alle quali si è potuto far fronte all'insorgere della successiva crisi finanziaria;
il primo passo è stato, quindi, quello di tutelare i risparmiatori dal possibile rischio di insolvenza, per altro rapidamente rientrato, di alcune banche e a tal fine è stata aumentata la garanzia a favore dei depositanti e sono state predisposte linee di credito per gli istituti a rischio, da attivare su richiesta degli interessati;
scongiurato il pericolo più incombente, il Governo si è quindi prodigato per gestire la crisi sul piano sociale. Era, infatti, evidente che alla caduta della domanda internazionale e di quella interna avrebbe fatto seguito una contrazione del reddito e degli spazi di mercato per la produzione industriale, con un effetto immediato sui livelli di occupazione. Era, pertanto, indispensabile approntare i mezzi finanziari per estendere la rete degli ammortizzatori sociali, sia per ragioni di equità sociale, sia per evitare, al tempo stesso, una più forte caduta della domanda interna, che avrebbe aggravato le condizioni complessive del Paese. Le risorse complessivamente stanziate per far fronte al fenomeno della disoccupazione, con

provvedimenti diversi, ammontano nel triennio ad oltre 30 miliardi di euro. Per il momento esse si sono dimostrate più che sufficienti. Saranno aumentate nella non auspicabile eventualità che si rendessero necessari ulteriori interventi;
quelle risorse saranno impiegate sia per la cassa integrazione guadagni, sia per estendere la rete di sicurezza a favore di coloro che erano sprovvisti di qualsiasi forma di assicurazione sociale. Misure di sostegno al reddito sono previste per i lavoratori precari, per gli apprendisti e per i collaboratori coordinati e continuativi. Resta sullo sfondo la necessità di un riordino complessivo della materia, nel quadro di una diversa regolamentazione del mercato del lavoro, secondo le indicazioni a suo tempo fornite dal compianto Marco Biagi. Sono state, al tempo stesso, accelerate le procedure di pagamento, al fine di chiudere la forbice tra l'esistenza di un diritto e la sua effettività e creati nuovi istituti, quali quelli, ad esempio, previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009, che consentiranno di attivare programmi di formazione a favore del personale posto in cassa integrazione. Per coloro invece che, a seguito dei contratti di solidarietà, subiranno una decurtazione salariale è prevista un'integrazione a carico del bilancio dello Stato, fino all'80 per cento della retribuzione originaria. La corresponsione anticipata dell'indennità di disoccupazione, in un'unica soluzione, consentirà a chi vuole mettersi in proprio di sviluppare un'attività autonoma, una volta cessato il suo rapporto di lavoratore dipendente. Sono stati regolarizzati colf e badanti: provvedimento che ha finora interessato oltre 300 mila lavoratori. A differenza del passato, non è più richiesta la continuità nel periodo di disoccupazione. Ai fini dell'intervallo massimo consentito - dodici mesi del periodo di disoccupazione - sarà possibile cumulare i periodi di forzato riposo, anche se intervallati da una ripresa dell'attività lavorativa;
grazie a questi provvedimenti il tasso di disoccupazione in Italia, sebbene sia aumentato rispetto agli anni passati, è, tuttavia, tra i più bassi (8,3 per cento) a livello occidentale. Nel confronto tra dati omogenei, solo il Giappone e la Germania, con un tasso di disoccupazione rispettivamente pari al 4,9 ed all'8,2 per cento, possono vantare risultati migliori. La media dell'eurozona indica valori pari al 9,9 per cento, con punte ancora maggiori per Francia (10,1 per cento) e Spagna (19,9 per cento). La disoccupazione negli Usa risulta pari al 9,7 per cento. Alla prova dei fatti, quindi, si è rivelata giusta e corretta la decisione di investire risorse adeguate, avvalendosi dello strumento della cassa integrazione in deroga. Tale misura ha consentito alle imprese di mantenere inalterati i livelli degli organici, potendo contare sulle risorse messe loro a disposizione. Se fosse stata data priorità, come richiesto dall'opposizione, all'istituto dell'indennità di disoccupazione, le aziende sarebbero state spinte ad attivare le procedure di licenziamento;
complementare a questa linea è stata la scelta di concentrare risorse a favore dei ceti più deboli. Sono stati diluiti, d'intesa con le banche, le rate dei mutui, al fine di impedire un eccessivo aumento della quota interessi. È stato fissato un tetto (4 per cento) massimo per gli interessi a tasso variabile e abolite tutte le spese notarili ai fini della portabilità del mutuo. È stato erogato per l'anno 2009 un bonus straordinario di 1000 euro per le famiglie più numerose, con redditi compresi tra 15.000 e 22.000 euro l'anno. Le domande accolte, fino ad ottobre 2009, ammontano a circa 5 milioni. È stata distribuita la social card per gli acquisti di beni alimentari e per far fronte al rincaro delle bollette elettriche. È stato attivato un fondo di garanzia per prestiti concessi dalle banche per le spese dei neonati. Le rette per gli asili nido statali potranno essere detratte dall'irpef per un'aliquota pari al 19 per cento. Sono stati aumentati gli assegni familiari. Le famiglie a più basso reddito (circa 1 milione) potranno avere uno sconto sulle bollette elettriche e

di quelle del gas. Il fondo per gli affitti è stato aumentato di 20 milioni, nello stesso tempo sono state previste detrazioni fiscali per gli affitti di appartamenti. I proprietari, invece, potranno beneficiare di una detrazione fiscale, nel caso di ristrutturazione delle proprie dimore. Altre detrazioni sono previste, ai fini irpef, per gli abbonamenti ai mezzi di trasporto, mentre per i pendolari sono state bloccate le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali. Un bonus vacanze è previsto per le famiglie meno abbienti e ed è stata prevista la moratoria dei mutui;
l'intervento a favore delle imprese si è sostanziato in numerose iniziative. È stato premiato il salario di produttività (straordinari e premi) con un'aliquota fiscale ridotta. È stata concessa una detrazione pari al 10 per cento dell'irap versata ai fini della determinazione del reddito (irpef ed ire) imponibile; è stata consentita una rivalutazione degli immobili iscritti a bilancio dietro pagamento di un'imposta sostitutiva; è stato posticipato il pagamento dell'iva all'effettivo incasso della fattura; sono stati detassati alcuni beni di investimento ed aumenti di capitale sociale. È stata prevista una diversa disciplina fiscale per le imprese che operano nel settore energetico e per gli interessi passivi, al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese. Lo scudo fiscale ha consentito il rimpatrio di capitali dall'estero, in un momento in cui la stretta del credito rischia di avere ripercussioni negative sulla liquidità delle imprese. Infatti, l'ammontare di attività rimpatriate in Italia a seguito dello scudo fiscale è pari a 85,1 miliardi di euro e questi vengono chiaramente ed automaticamente assoggettati alla tassazione nazionale, il che non potrà che comportare degli evidenti vantaggi per l'erario. Inoltre, la riforma del pubblico impiego può consentire, in un breve arco di tempo, un forte recupero della competitività del Paese;
all'insieme di questi provvedimenti il Governo ha accompagnato un'azione tesa a contrastare visioni catastrofistiche della crisi stessa, al fine di impedire un avvitamento in negativo delle aspettative dei grandi operatori economici: famiglie, imprese, lavoratori. Esse, del resto, non trovavano fondamento nei dati pure allarmanti della cattiva congiuntura, che non pochi commentatori hanno scambiato per un vero e proprio «crollo», non si sa se temuto od auspicato, del sistema di libero mercato. Non si dimentichi che, nonostante il forte aumento della cassa integrazione (in un anno più del 2,8 per cento di ore lavorate), le retribuzioni lorde per i dipendenti sono aumentate del 2,8 per cento in media. L'inflazione (indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività) è stata, invece, pari allo 0,8 per cento (contro il 3,4 per cento del 2008), con un corrispondente incremento del potere d'acquisto pari a più del 2 per cento. Anche se il vantaggio non è stato uniforme: meno evidente nel settore manifatturiero, rispetto ai servizi ed alla pubblica amministrazione. Penalizzato il Nord nei confronti del Centro e dello stesso Mezzogiorno. Pur con queste differenze, il Governo ha mantenuto fede agli impegni assunti. Molto importante è stato l'accordo sulla formazione professionale, a cui hanno partecipato le istituzioni competenti e tutte le parti sociali. La formazione professionale giocherà, sempre più, un ruolo determinante ai fini dell'occupazione e della futura ripresa;
il paradigma, quindi, che ha accompagnato l'azione di Governo è costituito non solo dalla tutela della sicurezza sociale, ma anche del rilancio dell'economia del Mezzogiorno d'Italia. L'istituzione della Banca del Sud ha il sostegno della società civile e del mondo economico: basta dire che ben 32 sigle, da Confindustria, ai commercianti, agli agricoltori, si siano già espresse a favore. Si ricorda come la disciplina relativa alla Banca del Sud attui la fiscalità di vantaggio, prevedendo che il capitale investito nel Sud, da qualunque banca provenga, sia soggetto ad un'aliquota del 5 per cento, che è la più bassa prevista in Europa. Si sottolinea come la Banca rappresenti uno strumento forte per sostenere il Sud, considerato che il più grande problema del Sud è il

credito. Si osserva, inoltre, come il livello di sviluppo sia al Nord molto superiore alla media europea, ma al Sud notevolmente inferiore. Il problema del Mezzogiorno d'Italia è il credito ed è per questo che si chiede il sostegno della Banca, che mobiliterà capitali privati, mentre di pubblico vi sarà solo l'aliquota di favore del cinque per cento, mentre la raccolta del risparmio potrà essere effettuata da qualsiasi banca italiana ovunque localizzata;
la necessità di far fronte all'emergenza - per non parlare dei rifiuti di Napoli e del terremoto in Abruzzo - non ha impedito al Governo di reindirizzare alcune importanti riforme di carattere strutturale. A distanza di oltre 30 anni, è stata approvata una riforma complessiva della sessione di bilancio. La vecchia legge finanziaria sarà sostituita dalla legge di stabilità: dovrà porre fine alle vecchie abitudini parlamentari, che si traducevano nell'assalto alla diligenza dei conti pubblici. Si dovrebbe avere un bilancio più trasparente e leggibile, che esalti il ruolo di indirizzo e di controllo del Parlamento;
l'attuale Governo ha, inoltre, promosso l'approvazione di un'importante riforma di sistema, il «federalismo fiscale», che introdurrà maggiori elementi di responsabilità nella gestione della spesa, responsabilizzando i singoli amministratori locali e attuando il principio di sussidiarietà. Verrà, finalmente meno, la vecchia abitudine di considerare lo Stato come una sorta di bancomat, da cui attingere risorse per le spese più stravaganti. È evidente che questo processo comporta una profonda riforma della macchina amministrativa - più responsabilità e maggiore trasparenza - ma sarebbe stato un risultato impensabile se sulle disfunzioni sistemiche, che ancora oggi la caratterizzano, il Governo non avesse richiamato l'attenzione della pubblica opinione, prospettando la necessità di introdurre forti cambiamenti nel sistema di retribuzione e selezione del personale,


impegna il Governo:


a proseguire nelle politiche del controllo della spesa e della salvaguardia dei conti pubblici;
ad operare al fine di avviare una graduale riduzione della pressione fiscale, anche in vista del federalismo e compatibilmente con l'andamento dei conti pubblici e l'evoluzione del ciclo congiunturale;
ad avviare il processo della riforma fiscale, da completare entro il 2013 e che in parte dovrà essere autofinanziato;
a continuare la lotta fin qui intrapresa all'evasione ed elusione fiscale, che ha portato alle casse dell'erario pubblico nell'ultimo biennio ben 16 miliardi di euro;
ad avviare un'adeguata riflessione sulla riqualificazione della spesa pubblica, dando maggiore trasparenza agli strumenti contabili ed alla governance, al fine di poter individuare le priorità dei programmi di spesa e la loro ricaduta in termini di sviluppo economico;
a sostenere con forza gli investimenti che consentano il rilancio e lo sviluppo del sistema delle infrastrutture;
a determinare una forte discontinuità nelle politiche meridionaliste per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno d'Italia, mediante un diverso utilizzo dei fondi comunitari e attraverso misure compatibili con la normativa comunitaria e il sistema della fiscalità di vantaggio;
ad avviare un processo di riforma del welfare, secondo le indicazioni del libro bianco del Ministro Sacconi, agendo in materia di ammortizzatori sociali e a garantire l'efficienza dei servizi e l'adeguamento alle nuove esigenze sociali, mettendo al centro dell'azione politica l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani e il miglioramento della qualità della vita degli anziani;

a sostenere una forte ripresa dei processi di investimento, una maggiore internazionalizzazione dell'industria manifatturiera e dei servizi, una proiezione internazionale che sappia interagire con i nuovi soggetti dell'economia internazionale (Cina, India, Paesi del Mediterraneo), più attività di ricerca ed innovazione e, quindi, un'adeguata crescita aziendale;
ad adottare provvedimenti di politica industriale, prevedendo la detassazione di una quota dell'investimento sostenuto per le imprese che investono in ricerca, un fondo incentivi ai consumi per i settori industriali e un fondo straordinario per le imprese in crisi;
a sostenere, incentivandolo fortemente, il settore della green economy, al fine di rilanciare politiche di risparmio energetico utili all'economia del Paese ed alla soluzione dei principali problemi dell'ambiente, primi fra tutti i cambiamenti climatici, e nei settori delle energie, dei trasporti, dell'eco-building, delle acque, dei rifiuti ed altro;
a predisporre, d'intesa con le regioni, un efficace piano di rilancio dell'edilizia residenziale pubblica.
(1-00346)
«Cicchitto, Cota, Bocchino, Sardelli, Baldelli, Moroni, Giancarlo Giorgetti, Moffa, Bitonci, Antonino Foti, Gioacchino Alfano, Aracu, Briguglio, Armosino, Cazzola, Catone, Ceccacci Rubino, Ceroni, Di Biagio, Corsaro, Vincenzo Antonio Fontana, De Angelis, Formichella, Fallica, Franzoso, Giacomoni, Girlanda, Mannucci, Laboccetta, Minardo, Lo Presti, Mottola, Marinello, Pelino, Marsilio, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Toccafondi, Scandroglio, Traversa, Taglialatela, Zorzato, Giammanco».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 12 novembre 2009, n. 209, è stato approvato il «Regolamento di organizzazione dell'Unione italiana di tiro a segno (UITS), a norma dell'articolo 26, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
l'Unione italiana di tiro a segno (UITS) è riordinata quale ente pubblico nazionale, posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa e realizza i fini istituzionali di istruzione, di addestramento e di certificazione per il tramite delle sezioni di tiro a segno nazionale (TSN);
l'UITS è, altresì, Federazione sportiva nazionale di tiro a segno, ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, riconosciuta ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dotata di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI medesimo;
le sezioni del tiro a segno nazionale, ai sensi dell'articolo 8 del regio decreto 21 novembre 1932, n. 2051, svolgono, in primo luogo, importanti compiti istituzionali di carattere pubblicistico (tra cui l'addestramento al tiro degli obbligati all'istruzione premilitare e postmilitare e - a seguito della legge 28 maggio 1981, n. 286 - di coloro i quali prestano servizio armato presso enti pubblici o privati) e, in secondo luogo, attività sportive a carattere agonistico o amatoriale in regime di affiliazione;
appare del tutto evidente la preminenza del carattere pubblicistico della natura e delle funzioni che l'UITS e le sezioni del tiro a segno nazionale sono chiamate a svolgere, specie alla luce del predetto regolamento di riordino e pertanto è consequenziale che, in particolare

negli organi di gestione dell'UITS, sia privilegiata la rappresentatività di coloro che svolgono funzioni pubblicistiche;
ai sensi dell'articolo 4 dello stesso regolamento, l'organizzazione e il funzionamento dell'UITS sono disciplinati con statuto deliberato dall'assemblea nazionale su proposta del consiglio direttivo, da ratificarsi, ai fini sportivi, dal CONI e da approvarsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
l'UITS sta procedendo all'elaborazione del suddetto statuto ed appare indispensabile assicurare all'interno degli organi centrali (assemblea nazionale, presidente nazionale, consiglio direttivo, consiglio di presidenza, collegio dei revisori dei conti) una preminente rappresentanza di chi svolge funzioni pubblicistiche rispetto a quelle meramente sportive,


impegna il Governo


ad assumere ogni idonea iniziativa volta ad indirizzare l'Unione italiana tiro a segno affinché sia garantito, all'interno degli organi centrali dell'UITS, che coloro i quali svolgono funzioni istituzionali di carattere pubblicistico abbiano un peso, in termini di rappresentatività, maggiore rispetto alla componente sportiva e comunque non inferiore al 60 per cento.
(7-00290) «Ascierto, Carlucci».

La VIII Commissione,
premesso che:
il corridoio Tirreno-Brennero (TI. BRE.) rappresenta una infrastruttura importantissima per il collegamento, la distribuzione delle merci e la mobilità delle persone, anche ai fini della connessione del sistema portuale italiano dell'alto Tirreno con i mercati del nord Europa;
il sistema dei trasporti a livello nazionale ed europeo, dopo la realizzazione del corridoio centrale appenninico e del corridoio adriatico richiede pertanto la definizione ed il completamento del corridoio plurimodale tirrenico nelle sue relazioni con la Mittel Europa e con tutto il nord dell'Unione europea;
il 18 aprile 2003, è stata sottoscritta un'intesa generale quadro tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il dipartimento per gli affari regionali e la regione Toscana, nella quale è stabilito, tra l'altro, che il potenziamento del corridoio Tirreno Brennero riveste carattere strategico sia a livello nazionale che regionale;
il 19 dicembre 2003 è stata sottoscritta l'intesa generale quadro tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il dipartimento per gli affari regionali e la regione Emilia-Romagna, nella quale si individuano come segmenti TI-BRE l'asse ferroviario Brennero-Verona-Parma-La Spezia e la tratta Parma-Suzzara-Poggiorusco-Ferrara;
Verona ed il «Quadrante Europa» costituiscono un punto nodale per la logistica ed il trasporto delle merci da e per l'Europa centrale, così come riconosciuto dalla programmazione dell'Unione europea poi riportata nel piano della logistica nazionale, poiché incrocio del due progetti prioritari n. 1 e n. 6, per la costituzione dei corridoi infrastrutturali n. 1 e n. 5 inseriti nelle Trans European Networks - TEN;
nel 1o programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi che assumono carattere strategico e di preminente interesse nazionale per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, approvato dal Comitato interministeriale per la Programmazione economica (CIPE) il 21 dicembre 2001, figura, tra gli altri, il potenziamento del corridoio ferroviario Tirreno-Brennero;

la delibera del CIPE n. 94 del 20 dicembre 2004 ha approvato il progetto preliminare del «Raccordo autostradale della CISA A15 - Autostrada del Brennero A22 Fontevivo (Parma) - Nogarole Rocca (Verona)», per un limite di spesa dell'intervento di 1.832.718.915,05 euro;
la delibera del CIPE n. 10 del 6 marzo 2009 ha preso atto della ricognizione sullo stato del programma delle infrastrutture strategiche effettuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; tale programma include l'asse autostradale DISA tra le opere della legge obiettivo inserite in convenzioni autostradali;
il 22 gennaio 2010 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa per la realizzazione di opere infrastrutturali funzionali al completamento del corridoio multimodale Tirreno Brennero, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni, province, comuni, enti pubblici e organismi interessati alla realizzazione delle opere;
tale protocollo d'intesa riafferma con forza la validità strategica dell'operare la sua rilevanza nazionale, in grado di favorire lo sviluppo di un sistema integrato di logistica e trasporti, con indubbi benefici sul piano economico e ambientale;
il 22 gennaio 2010 è stata autorizzata dal CIPE la realizzazione dell'intera opera con l'approvazione del progetto definitivo dei primo lotto funzionale «Fontevivo-Terre Verdine» dell'estensione di circa 12 chilometri, con un costo pari a 513 milioni di euro a carico dei privati, quale prolungamento per Mantova (Nogarole Rocca) dell'autostrada della CISA per una lunghezza complessiva dell'intero raccordo di circa 82 chilometri;
tale approvazione ha dato concreto avvio alla realizzazione di un'importante infrastruttura che si inserisce nell'asse plurimodale tirrenico comprendente il raddoppio della Pontremolese ferroviaria, il Tibre, e la Livorno-Civitavecchia, completando, in tal modo il sistema complessivo dei trasporti oggi costituito dal corridoio centrale appenninico e da quello adriatico;
le istituzioni locali e la regione Lombardia hanno fortemente invocato la realizzazione contestuale dell'intera infrastruttura, o almeno delle opere connesse quali il completamento della circonvallazione o gronda di Casalmaggiore (dalla Sabbionetana all'Asolana e fino a San Giovanni in Croce), la circonvallazione di Calvatone, la tangenziale di Goito ed il tratto in comune con l'autostrada, regionale Cremona-Mantova;
in ogni caso, sarà necessario poter garantire un pacchetto di misure compensative che renda accettabile il forte impatto determinato dall'attraversamento di un così imponente collegamento, già individuato negli interventi previsti a Villa Medici del Vascello di San Giovanni in Croce e per la visibilità della filiera agro-alimentare dell'area casalasco-viadanese, attraverso opportuni finanziamenti pubblici in aggiunta a quelli già stanziati dal concessionario;
il consiglio d'amministrazione della società Autocisa del 22 febbraio 2010, nell'apprezzare l'impegno profuso dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti degli ultimi Governi per superare i rilievi dell'Unione europea, ha deciso di partecipare ad un tavolo di confronto tecnico con la regione e le istituzioni lombarde e di dar vita ad un tavolo politico con le stesse per definire le questioni aperte;
il primo tratto del collegamento Fontevivo-Trecasali viene realizzato con esclusive risorse private;
la bretella autostradale Fontevivo (Parma) - Nogarole Rocca (Verona) è dotata dei requisiti previsti dall'articolo 2, commi 232 e 233, della legge finanziaria per il 2010, in quanto infrastruttura inserita nei corridoi europei TEN-T, già finanziata per almeno il 10 per cento e, pertanto può essere oggetto di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione da parte del CIPE

della realizzazione dell'intera infrastruttura per i successivi lotti costruttivi assumendo l'impegno programmatico al suo integrale finanziamento,


impegna il Governo


ad adottare il decreto del Consiglio dei ministri indicato in premessa con contestuale urgente convocazione di un tavolo di concertazione tra la società Autocisa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni, gli enti locali e gli organismi coinvolti alla realizzazione dell'opera, ai fini della conferma della realizzazione urgente del primo tratto con le relative opere di compensazione previste e della sollecita realizzazione dell'intera infrastruttura denominata TIBRE, e, comunque, ad anticipare le risorse pubbliche aggiuntive per la realizzazione delle opere di compensazione ordinariamente previste dagli accordi di programma stipulati con gli enti locali.
(7-00291)
«Motta, Pizzetti».

La IX Commissione,
premesso che:
il comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, nel modificare la disciplina in materia di servizio di noleggio con conducente, ha introdotto pesanti vincoli e restrizioni alle modalità di esercizio dell'attività, limitando l'accesso al territorio di comuni diversi da quello che ha rilasciato l'autorizzazione, introducendo l'obbligo di effettuare le prenotazioni di trasporto e di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso la rimessa situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, nonché imponendo la compilazione e tenuta di un «foglio di servizio», che dovrebbe, tra l'altro, recare i dati del committente;
tali disposizioni risultano problematiche in ordine alla ripartizione di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni nonché in riferimento al rispetto dei princìpi dell'ordinamento comunitario di libero esercizio dell'impresa, libertà di stabilimento e tutela della concorrenza;
l'applicazione di tali disposizioni avrebbe altresì l'effetto di ostacolare gravemente lo sviluppo delle imprese che prestano il servizio di noleggio con conducente, con pesanti conseguenze in termini di qualità dei servizi disponibili per gli utenti e di salvaguardia dell'occupazione del settore;
le difficoltà sul piano giuridico e gli effetti negativi che deriverebbero dalla richiamata disciplina in materia di servizi di noleggio con conducente sono attestati dal fatto che tale disciplina non si è finora applicata; l'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, ha infatti disposto la sospensione dell'efficacia della suddetta disciplina fino al 30 giugno 2009 e, successivamente, l'articolo 23, comma 2, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha prorogato la sospensione dell'efficacia al 31 dicembre 2009;
da ultimo il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha ulteriormente prorogato al 31 marzo 2010 la sospensione dell'efficacia delle norme recate dal comma 1-quater, dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009;
nei pareri espressi dalla IX Commissione sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge sopra richiamati sono stati costantemente evidenziati i profili problematici della disciplina di cui al comma 1-quater del citato articolo 29 ed è stato richiesto che si adottassero gli interventi necessari per evitare che tale disciplina diventasse applicabile prima di pervenire ad una complessiva revisione della stessa;
nel frattempo il Governo ha attivato un confronto con le parti interessate,

in particolare con le associazioni di categoria del settore del servizio taxi e del settore del servizio di noleggio di autovetture con conducente, istituendo un apposito tavolo tecnico, al quale sono stati invitati anche i rappresentanti di regioni, province e comuni, al fine di individuare soluzioni condivise alle problematiche poste dalla richiamata normativa;
nell'ambito del tavolo tecnico si è tra l'altro pervenuti, in data 10 febbraio 2010, alla definizione di un protocollo d'intesa, sottoscritto da una parte delle associazioni di categoria del settore del noleggio di autovetture con conducente, che in ogni caso prevede che entro il 31 marzo 2010 si addivenga alla riformulazione del comma 1-quater del citato articolo 29;
in relazione all'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 194 del 2009 il Governo ha accolto nella seduta dell'Assemblea del 24 febbraio 2010, gli ordini del giorno 9/3210/44 Valducci e 9/3210/61 Montagnoli che ribadiscono l'esigenza di evitare che le suddette disposizioni diventino efficaci prima di una complessiva revisione delle stesse e individuano le finalità e gli aspetti fondamentali di cui si dovrà tener conto nella definizione della nuova disciplina, in modo da rimuovere i gravi ostacoli che, sulla base della normativa dettata dal decreto-legge n. 207 del 2008, verrebbero a determinarsi per lo svolgimento dell'attività di servizio di noleggio con conducente;
con l'approssimarsi della scadenza del 31 marzo 2010 appare necessario confermare con un apposito atto di indirizzo le linee di intervento già indicate nei pareri della IX Commissione e negli ordini del giorno sopra richiamati,


impegna il Governo:


ad assumere tutte le iniziative opportune, anche di carattere normativo, per evitare che l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009 decorra prima che sia stata adottata, sulla base di un costruttivo confronto con le categorie interessate, una complessiva revisione delle stesse, che ne superi i profili problematici, in relazione alla ripartizione di competenze legislative tra Stato e regioni e al rispetto dei principi dell'ordinamento comunitario di libero esercizio dell'impresa, libertà di stabilimento e tutela della concorrenza, e che rimuova i gravi ostacoli che, sulla base della suddetta normativa, verrebbero a determinarsi per lo svolgimento dell'attività di noleggio di autovetture con conducente, con grave pregiudizio per l'occupazione del settore e con danno per gli utenti;
se il termine del 31 marzo 2010 dovesse dimostrarsi insufficiente, ad assumere tempestivamente le opportune iniziative normative volte a prolungare la sospensione dell'efficacia delle disposizioni di cui al comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009 oltre il termine suddetto, per un periodo necessario alla ridefinizione della citata normativa nel rispetto delle modalità e degli obiettivi di cui sopra;
ad assumere tutte le iniziative opportune per assicurare che la revisione della normativa in materia di servizi di noleggio con conducente, introdotta dal comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, permetta di superare le più gravose restrizioni imposte allo svolgimento di tale attività, contestualmente impedendo l'esercizio abusivo dell'attività medesima e, a tal fine, ad intervenire sui seguenti aspetti, che assumono particolare rilievo:
a) eliminare o comunque attenuare le limitazioni rispetto all'esercizio dell'attività nel territorio di comuni diversi da quello che ha rilasciato l'autorizzazione, assicurando il rispetto delle prescrizioni relative al corretto rilascio dell'autorizzazione;

b) eliminare o circoscrivere gli obblighi di effettuare le prenotazioni di trasporto presso la rimessa e di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso la rimessa situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione;
c) ridurre l'aggravio burocratico derivante dalla compilazione e tenuta del foglio di servizio, escludendo, in ogni caso, che debbano essere riportati dati che possano pregiudicare la privacy dell'utente del servizio.
(7-00292)
«Valducci, Compagnon, Mereu, Montagnoli, Nicco, Meta, Monai, Carlucci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

VICO e LULLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
alcune scelte del Governo hanno compromesso i rapporti con il mondo dell'emittenza televisiva locale consolidando la convinzione negli editori che vi sia un preciso disegno per ridimensionarli se non annientarli;
la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'esclusione dell'emittenza locale dai contributi per l'editoria stabilita dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, ma la tensione era già molto alta a causa dei tagli effettuati con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, al fondo per l'emittenza locale gestito dal Ministero dello sviluppo economico;
la promessa del recupero dei tagli fatta dal Governo ha mitigato gli animi fino alla notizia della cancellazione dei contributi dell'editoria di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri che ha scatenato la reazione delle associazioni;
significativa è la presa di posizione della federazione Radio Televisioni - il cui presidente delle tv nazionali è Fedele Confalonieri - che ha realizzato e diffuso tra i propri associati uno spot contro il provvedimento; proteste e spot sono stati organizzati anche da altre associazioni: Aer, Anti, Corallo (emittenti cattoliche) e Alpi;
in questi giorni sono migliaia gli spot in onda su tv e radio locali contro il Governo e i tagli all'editoria indirizzati a una platea di 36 milioni di telespettatori e 25 milioni di radioascoltatori in tutta Italia, un impatto mediatico mai registrato nella storia della televisione, neanche in occasione delle protesto degli esordi dell'emittenza privata quando i pretori spegnevano tali emittenti;
quanto agli effetti dei tagli sull'editoria, stando ai dati del 2008, alle radio e alle tv locali sono stati elargiti contributi per spese telefoniche, consumo elettricità, energia elettrica, abbonamenti, agenzie e satelliti, pari a 14 milioni di euro; la norma sull'esclusione è retroattiva e molte imprese hanno già iscritto nei bilanci tali contributi;
riguardo al Fondo del Ministero dello sviluppo economico, i tagli da recuperare ammontano a 20 milioni per il 2010, 90 milioni per il 2011 e 55 milioni a decorrere dal 2012;
si tratta di cifre importanti sulle quali le aziende editoriali hanno calibrato bilanci e futuri investimenti in vista dell'avvento del digitale; su un fondo che si era attestato a 150 milioni di euro - su un fatturato complessivo dell'emittenza locale di 500 milioni di euro per 5 mila dipendenti diretti e altrettanti indiretti - i tagli superano anche il 50 per cento, abbattendosi direttamente sui fatturati annuali;
altissimo è il disagio degli editori che alla vigilia del digitale sono stati colpiti

contestualmente dai tagli improvvisi e dal calo del fatturato pubblicitario dovuto alla crisi economica -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per riammettere l'emittenza locale tra i soggetti aventi diritto ai benefici dell'editoria;
se e quando si intendano recuperare i tagli effettuati al Fondo per l'emittenza locale.
(3-00974)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel settembre del 2008 il Consiglio dei ministri ha approvato la nomina del dottor Gino Redigolo a commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario per la regione Abruzzo;
per tutto l'anno 2009 il piano di risanamento del debito sanitario non è stato rispettato. Esso prevedeva nel settore della sanità privata un risparmio di 30 milioni di euro per la riduzione dell'ospedalizzazione e altrettanti per la ricontrattazione dei budget di spesa;
la delibera 78/09 del commissario ad acta della sanità abruzzese istituisce il ticket sulle prestazioni sanitarie riabilitative ai disabili gravi e medio gravi;
successivamente il provvedimento datato 9 dicembre 2009 (delibera 80/09), ripresenta lo stesso contenuto della precedente delibera, posticipando solo il termine di entrata in vigore che passa dal 1o dicembre 2009 al 1o gennaio 2010;
nel documento si giustificava la sospensiva di 1 mese poiché, essendo la partecipazione alla spesa della riabilitazione oltre che degli utenti anche dei comuni di loro residenza, si rendeva necessario un confronto con i sindaci e gli assessorati alle politiche sociali per verificare la possibilità di compartecipazione al pagamento della prestazione;
la legge prevede che innanzitutto siano sentiti i comuni per la compartecipazione alla spesa, e l'utente solo in seconda battuta. Le delibere in questione non tengono conto della tipicità e della gravità della disabilità e richiedono a tutti una contribuzione indifferenziata, senza valutare le diverse condizioni economiche del soggetto disabile;
si sottolinea che le motivazioni che hanno indotto alla sospensione della delibera 78/09 sono per i sindacati ancora del tutto attuali, in quanto non risultano concluse intese con sindaci dei comuni abruzzesi per valutare il loro coinvolgimento nel pagamento di una tassa che va dai 20 ai 98 euro giornalieri, in ragione della tipologia di trattamento riabilitativo a cui il disabile accede. Bisogna tenere conto che tale tipo di utenza fruisce del servizio suddetto per 365 giorni l'anno;
i disabili, le loro famiglie ed i sindacati tutti hanno chiesto e stanno chiedendo con forza la revoca della delibera del commissario Redigolo;
risanare i debiti della sanità non vuol dire far pagare ai cittadini più deboli le colpe di una errata gestione a livello regionale e dei mancati risparmi del 2009 in ambito sanitario;
le risorse che il Governo mette a disposizione dei pazienti disabili, quali pensione o accompagnamento, non consentirebbero loro di eseguire tutte le riabilitazioni e cure necessarie -:
se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza affinché la delibera del commissario ad acta di cui in premessa, che ripristina i ticket per i disabili sia revocata, avviando un confronto per reperire diversamente tali risorse;
se il Governo non ritenga di dover esaminare in maniera approfondita, data l'attuale situazione sanitaria abruzzese, la

gestione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Abruzzo affidato dal Governo stesso ad un commissario nominato dal Consiglio dei Ministri.
(4-06510)

CATANOSO e TORRISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i dati forniti annualmente dall'Istat riferiscono che la Sicilia è la prima regione italiana per la produzione di arance. Le arance, in Sicilia, sono il primo prodotto agricolo coltivato in tutto il territorio;
la produzione di arance, sempre secondo i dati Istat, supera i 12 milioni di quintali. Di questi, come riporta l'associazione di categoria Confagricoltura, il 70 per cento viene esportato, mentre il 30 resta in Sicilia. La maggior parte del raccolto a livello nazionale, secondo il dato fornito da ISMEA, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare, viene spedito in grandi quantità in Svizzera e in Germania. Tuttavia i numeri parlano di richiesta inferiore rispetto agli anni passati e tutto il comparto ne soffre le conseguenze;
la Svizzera, ad esempio, nel 2009 ha chiuso l'anno con meno 24,2 per cento, mentre dalla Germania è arrivato un calo di richieste del meno 46,7 per cento. Ma nonostante la Sicilia sia la maggiore produttrice di arance, la Spagna fa entrare nel mercato buona parte del suo raccolto. Nel 2009, sempre secondo i dati forniti da Ismea, sono state importate in Italia 113.194 tonnellate di arance, registrando un aumento del 307,1 per cento. Ma, oltre alla Spagna, nei mercati italiani è possibile trovare arance del Sudafrica e della Francia. Così la Sicilia da prima regione produttrice di arance è in difficoltà in un mercato estero sempre più competitivo;
è possibile quantificare i danni che il settore agrumicolo ogni anno subisce e, di conseguenza, anche l'economia del settore agricolo ne sta soffrendo. Secondo Confagricoltura Sicilia, negli ultimi cinque anni, sono oltre 50 mila le aziende in Sicilia che hanno abbandonato il settore dell'agricoltura, in generale. Inoltre, i prezzi dei principali prodotti agricoli siciliani, negli ultimi anni, hanno subito un crollo che varia dal -32 per cento per il grano duro, al -35 per cento per l'uva da vino, per non citare quasi tutti gli altri prodotti agricoli;
in pratica il comparto agricolo ed agrumicolo siciliano è in forte crisi e a subirne le conseguenze è un intera regione;
sempre secondo quanto denuncia Confagricoltura Sicilia, una delle principali cause della crisi agrumicola sono le massicce importazioni di succo concentrato dal Brasile che hanno provocato un crollo dei prezzi. Le ultime quotazioni rilevate in Sicilia dalla Confagricoltura regionale sono di appena 8 centesimi di euro per le arance a polpa bionda e di 13 centesimi per quelle a polpa rossa, molto al di sotto dei costi di produzione, ma il prezzo moltiplica fino a 1,55 euro al chilo sul banco dei consumatori con ricarichi del 474 per cento dal campo alla tavola. Contemporaneamente, però, mentre i prezzi di mercato scendono quelli del trasporto salgono;
a giudizio degli interroganti la crisi sta diventando, se non lo è già, irreversibile ed è urgente intervenire a difesa e tutela di un settore fondamentale ed essenziale come quello agricolo;
Confagricoltura Sicilia, per superare l'immobilismo che rischia di aggravare ulteriormente gli esiti di una «crisi annunciata», ha rilanciato la proposta per l'immediato ritiro di una parte della produzione, in modo da ristabilire l'equilibrio tra domanda ed offerta e favorire l'innalzamento dei prezzi all'origine;
lo strumento da utilizzare potrebbe essere, magari, quello di destinare un consistente quantitativo di succhi di agrumi per aiuti alimentari tramite la

Protezione civile che, proprio per la sua finalità, cioè quella di garantire interventi immediati, potrebbe superare le lungaggini burocratiche ed operare in tempi relativamente brevi;
in ogni caso tutta l'operazione dovrebbe avere come finalità il pagamento diretto degli agrumicoltori interessati ai conferimenti, e tutto sotto il controllo della regione per evitare la dispersione di somme verso canali diversi da quelli previsti;
il prezzo riconosciuto ai produttori, per gli agrumi destinati ad aiuti alimentari, dovrebbe essere poco superiore ai venti centesimi, tutto rapportato all'entità del finanziamento individuato dalla regione;
nel caso non fosse possibile l'intervento diretto tramite la Protezione civile, si potrebbe operare sul fronte della promozione, magari anche attraverso le catene della grande distribuzione organizzata (GDO) ma in forma assolutamente diversa rispetto a quelle adottata per altri prodotti, che hanno invece provocato una ulteriore compressione dei prezzi -:
quali iniziative di competenza intendano adottare per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-06512)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 13 marzo il Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) ha reso noto che «il giorno 17 febbraio scorso a Roma si sono tolti la vita due militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta dell'appuntato D.L., nato a Chieti il 10 giugno 1974, in servizio presso la 1a sezione del nucleo radiomobile di Roma deceduto a causa di un colpo arma da fuoco alla testa, esploso con l'arma in dotazione, e il maresciallo capo L.I., nato a Roma il 26 settembre 1971, in servizio presso lo Stato maggiore difesa - centro formazione logistica interforze deceduto per impiccamento -:
se siano a conoscenza di quanto detto in premessa;
quali siano le ragioni per le quali non sembra sia stata diffusa notizia di questi tragici episodi;
quanti siano i casi ufficiali di suicidio tra i militari dell'Arma.
(4-06516)

LEOLUCA ORLANDO e DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 13 dicembre 2009 n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987; all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavori giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in forma generalizzata, senza distinzioni in un campo nel quale operano realtà di grande significato sociale

ma anche realtà-pretesto per finalità di finanziamento della politica, in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno G10-sexies 100 che impegna il Governo, tra l'altro «a provvedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste, infine, anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radio diffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità e per le annualità successive dando così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio del ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06518)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
al valore della Protezione civile destinate ai vigili del fuoco, ai militari, alle forze di polizia e al volontariato per il servizio svolto durante il terremoto dell'Aquila, dell'emergenza rifiuti della Campania e il vertice del G8 possono essere ritirate solo dopo aver pagato 130 euro per un kit che, oltre alla medaglia in questione, comprende «nastro, rosetta, distintivo, fascetta e astuccio»;
tutto ciò è previsto da un apposito decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, secondo il quale «gli oneri per la realizzazione e la spedizione dei diplomi sono posti a carico del Dipartimento della Protezione civile, quelli connessi alle insegne sono posti a carico dei beneficiari»;
il segretario del sindacato autonomo dei Vigili del Fuoco (Conapo) Antonio Brizzi ha inviato una lettera di protesta al capo del dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso: «Sono medaglie vere? In tal caso pretendiamo che ce le dia lo Stato. Sono invece medaglie di scarso valore morale, distribuite a pioggia, anche a chi di valoroso non ha nulla ha fatto in questi eventi? O è forse un business? Ci auguriamo di no, ma tolga i vigili del fuoco dalle liste dei benefici, perché più che riconoscimento sembrerebbe una presa in giro» -:
con quale criterio sia stata individuata e scelta la ditta che ha prodotto le medaglie;
quanti siano i vigili del fuoco, i militari, gli appartenenti alle forze di polizia e i volontari che, in teoria, avrebbero diritto alla medaglia;
quale sia il nome della ditta e se altri simili appalti le siano stati conferiti in passato;
se sia a conoscenza della lettera di protesta riportate in premessa e quale risposta si intenda dare ai quesiti posti dal segretario Brizzi.
(4-06525)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la legge n. 14 del 2010 di conversione con modifiche del decreto-legge n. 193 del 2009 sulle cosiddette «sedi disagiate»;
sulla base della predetta normativa, il Consiglio superiore della magistratura deve da subito e senza indugi procedere alla copertura delle sedi vacanti mediante l'utilizzo dei magistrati disponibili sulla base, da un lato, degli incentivi economici e di carriera previsti dalla normativa e, dall'altro, detto strumento dei trasferimenti d'ufficio;
la giunta dell'unione delle camere penali italiane ha inviato una nota, datata 2 marzo 2010, al Presidente della Repubblica, al Ministro della giustizia ed al CSM, poi riportata dalla agenzia di stampa ANSA del 12 marzo, nella quale si manifesta la preoccupazione che da parte del Consiglio superiore della magistratura, che ha fortemente osteggiato, al pari dell'Associazione nazionale magistrati, il ricorso allo strumento dei trasferimenti d'ufficio, si possano mettere in atto, o attraverso interpretazioni elusive o mediante prassi dilatorie, manovre tendenti a sterilizzare gli effetti delle nuove disposizioni con riguardo ai trasferimenti d'ufficio a scapito dei nuovi magistrati attualmente in tirocinio;
in un passaggio contenuto netta predetta nota l'Unione delle camere penali italiane evidenzia quanto segue: «Le notizie - o indiscrezioni - che provengono dagli ambienti delta magistratura associata sembrerebbero disegnare uno scenario per il quale il CSM potrebbe interpretare le disposizioni appena introdotte nel senso di ritenere che non v'è pregiudizialità tra l'attuazione degli strumenti previsti dall'articolo 3 (copertura incentivata su disponibilità e trasferimenti d'ufficio, anch'essi con incentivi) e il ricorso alle procedure di cui all'articolo 3-bis (introdotto con la legge di conversione non ancora pubblicata e che riguarda l'assegnazione in deroga ai magistrati ordinari di tribunale nominati con il decreto ministeriale 9 ottobre 2009 di funzioni requirenti), riservando allo stesso CSM la possibilità di una valutazione in concreto e caso per caso;
se così fosse ancora una volta il CSM, attraverso l'uso improprio della formazione secondaria, si approprierebbe di uno spazio discrezionale non previsto dalla legge (ricorrendo ad una interpretazione contra legem non consentita) e si assumerebbe la responsabilità di lasciare prive di copertura sedi requirenti pur di non ricorrere allo strumento del trasferimento d'ufficio - osteggiato dallo stesso CSM con il parere reso in data 11 gennaio 2010 sul decreto-legge n. 193 del 2009 e dall'ANM che aveva addirittura sul punto minacciato lo sciopero -, e ciò pur in presenza di una situazione drammatica ed improcrastinabile (sul punto si vedano i numerosi accorati appelli dello stesso CSM quando si trattava di chiedere l'abrogazione o la sospensione delle disposizioni che ponevano limiti al passaggio di funzioni o al divieto di assegnazione di funzioni requirenti ai magistrati che non avevano conseguito la prima valutazione di professionalità: individuando il CSM - e l'ANM - in questi strumenti gli unici due rimedi alla situazione dei vuoti di organico delle procure in particolare, come invocato con il citato parere dell'11 gennaio 2010);
la Giunta della Unione delle Camere penali italiane ha dunque evidenziato che l'eventuale ritardo nell'adozione degli atti necessari da parte del CSM, oltre che a procrastinare irresponsabilmente la drammatica situazione di scopertura di molte sedi giudiziarie, comporterebbe una grave violazione degli obblighi che incombono sull'organo di governo della magistratura;
i penalisti italiani - mai come oggi impegnati a sollecitare risposte alle tante proteste che arrivano da numerose sedi giudiziarie (non ultima la protesta della

Camera penale di Benevento) per carenze di organico che compromettono sensibilmente l'ordinario svolgimento della funzione giudiziaria - hanno ribadito che presteranno la massima attenzione alla evoluzione della situazione denunciando pubblicamente eventuali prassi distorsive o dilatorie che potrebbero essere messe in atto -:
quali siano gli intendimenti del Governo con riferimento allo preoccupazioni espresse dalla Giunta delle Camere penali italiane nella lettera del 2 marzo 2010 richiamata in premessa.
(4-06538)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

DE POLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale del 17 dicembre 2009, in tema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, prevede l'iscrizione al sistema stesso di varie tipologie di azienda;
è importante sottolineare che, essendo il SISTRI (sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) un sistema basato sull'uso del computer e di internet, risulta indispensabile per le ditte interessate avere a disposizione tali tecnologie;
la normativa obbliga tutti i recuperatori/smaltitori e trasportatori all'iscrizione al SISTRI, nessuno escluso;
ogni azienda può decidere, inoltre di appoggiarsi alla propria associazione di categoria per il ritiro dei vari materiali previsti (chiavette «usb»);
una volta iscritta, all'azienda verrà consegnato un dispositivo elettronico per l'accesso in sicurezza dalla propria postazione al sistema informatico, ovvero una chiavetta «usb» che consente la trasmissione dei dati, la firma elettronica delle informazioni inserite e la memorizzazione delle informazioni stesse. La norma prevede di dotarsi di una chiavetta «usb» per ogni unità locale e per ogni attività di gestione dei rifiuti svolta nell'unità locale;
i trasportatori dovranno dotarsi di una chiavetta «usb» relativa alla sede legale e di una per ogni veicolo con motore adibito al trasporto dei rifiuti. Oltre a ciò, ogni veicolo a motore dovrà essere dotato di un dispositivo elettronico che dovrà permettere di monitorare il percorso, ovvero la «black box»;
le consegne delle «black box» avverranno tramite officine autorizzate e l'azienda dovrà accollarsi i costi di installazione e di acquisto delle schede «sim» da inserire in ogni «black box»;
la prima fase operativa decorre dal 13 luglio 2010 e quindi fino a tale data sono invariati gli adempimenti come il MUD annuale (scadenza 30 aprile 2010), il registro di carico e scarico ed i formulari per il trasporto. Però scattano subito i nuovi adempimenti;
salvo proroghe, entro il 1o marzo 2010 devono iscriversi al portale Sistri le seguenti imprese:
i produttori di rifiuti pericolosi con più di 50 dipendenti;
i produttori di rifiuti non pericolosi, derivanti da attività industriali, artigiane e di gestione rifiuti con più di 50 dipendenti;
i gestori di rifiuti;
salvo proroghe, entro il 29 marzo 2010 devono iscriversi le seguenti imprese:
i produttori di rifiuti pericolosi fino a 50 dipendenti;
i produttori di rifiuti non pericolosi, derivanti da attività industriali, artigiane e di gestione rifiuti che hanno da 11 a 50 dipendenti;
pur condividendo le finalità del decreto concernente il Sistri, il sistema si sta rivelando eccessivamente complesso e costoso per le piccole imprese;

le micro-imprese italiane sono attanagliate dalla crisi. La maggiore trasparenza del flusso dei rifiuti aziendali è un obiettivo importante, a patto che sia garantita da una rete di semplificazione delle procedure sino ad oggi adottate; invece, il sistema informatico della filiera dei rifiuti speciali previsto dal Sistri risulta più burocratico e costoso dei vecchi modelli unici di dichiarazione ambientale -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo,volte a prevedere una proroga di due anni per l'entrata in vigore delle norme succitate, in quanto in un momento in cui alla piccola impresa si chiede di reagire alla crisi, appesantirla ulteriormente con costi, burocrazia e nuove regole rischia di causare ulteriori problemi.
(3-00966)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio di Italia Nostra, il fenomeno dei cartelloni pubblicitari nasconde comportamenti abusivi che nella sola provincia di Milano raggiunge punte dell'80 per cento e costituisce un autentico scempio paesaggistico che cresce tra l'indifferenza generale;
l'abusivismo - si legge nel rapporto come riportato dal sito del Corriere della Sera - raggiunge livelli a tratti selvaggi lungo le strade gestite dall'Anas e lungo le strade ex statali passate in carico alla provincia dopo anni di disastrosa gestione. Tra queste ultime la ex strada statale 494 Vigevanese, la ex strada statale 35 dei Giovi, la ex strada statale 233 Varesina, la ex strada statale 11 Padana Superiore. L'oscar del degrado va sicuramente alla Vigevanese dove ora la provincia sta faticosamente facendo pulizia. Nella zona intorno a Trezzano ci sono tratti ai bordi della strada dove è impossibile trovare spazi liberi: a cartelloni di tutte le forme, dimensioni, tipologie, si aggiungono decine di cavalletti abusivi piazzati a brevissima distanza l'uno dall'altro e perfino grandi rimorchi su ruote parcheggiati in obliquo sul controviale e coperti con mega pubblicità;
per quanto riguarda il territorio milanese - sempre secondo Italia Nostra - la palma dell'inefficienza spetterebbe all'Anas e alla società Serravalle Milano Tangenziali;
accade comunque che nel nostro Paese ci sono luoghi come i parchi agricoli, le autostrade e le superstrade dove la pubblicità è completamente vietata, ma prospera;
si tratta ancora una volta di un fenomeno tutto italiano. All'estero, dove i divieti sono anche molto più estesi, non si trova neppure un cartello -:
quali iniziative intenda adottare per rientrare nella legalità e nel decoro anche con bonifiche di emergenza, valutando, come chiede Italia Nostra, una moratoria dello autorizzazioni nel caso che l'abusivismo rimanga alto e attivando entro l'inizio dell'Expo un processo di revisione delle autorizzazioni che porti a vietare la pubblicità lungo itinerari turistici, agricoli, in prossimità di beni culturali e paesaggistici tutelati, secondo i criteri più restrittivi del nuovo codice della strada.
(5-02652)

BRATTI, FRANCESCHINI, BERSANI, MARAN, LENZI, MARIANI, BRAGA, ALBONETTI, BENAMATI, BOCCI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CODURELLI, COLANINNO, COLOMBO, CORSINI, DE BIASI, DE MICHELI, DUILIO, ESPOSITO, FARINONE, FERRARI, FIANO, GHIZZONI, GIACHETTI, GINOBLE, IANNUZZI, LA FORGIA, LETTA, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARCHIONI, MARGIOTTA, MIGLIAVACCA, MIGLIOLI, MISIANI, MORASSUT, MOSCA, MOTTA, PELUFFO, PIZZETTI,

POLLASTRINI, QUARTIANI, REALACCI, SANGA, SORO, VASSALLO, VIOLA, ZACCARIA, ZAMPA e ZUCCHI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il bacino del Po è il più grande bacino idrografico di Italia: 70.000 metri quadri, con un'area di pianura di 46.000 chilometri quadrati;
vi insistono più di 16.000.000 di abitanti, di cui 3.171.000 addetti all'industria e 2.791.000 addetti al terziario;
gli allevamenti di bestiame sono costituiti circa da 4 milioni di bovini, 5 milioni di suini (Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna 55 per cento del patrimonio nazionale zootecnico);
vi si trova il 37 per cento dell'industria nazionale, il 47 per cento dei posti di lavoro;
un'area di 34.000 chilometri quadrati di superficie coltivata, di cui il 50 per cento irrigato (circa il 35 per cento della produzione nazionale);
all'interno del bacino vi è un consumo energetico pari al 48 per cento di quello nazionale e vi è una produzione di circa il 40 per cento di anidride carbonica equivalente di tutto il Paese;
durante i mesi invernali la qualità dell'aria presenta, in quest'area, livelli molto bassi, a causa dell'accumulo dei numerosi inquinanti derivanti dalle attività umane, in maniera particolare il trasporto su strada, aggravato dalle condizioni atmosferiche e dalla situazione geografica;
l'incidente verificatosi lunedì 22 febbraio 2010 concernente lo sversamento di idrocarburi nel fiume Lambro, a causa dell'apertura di rubinetti di 7 cisterne nel deposito della Lombarda petroli, sito in Villasanta, in provincia di Monza, ha messo in evidenza tutte le criticità relative alla sicurezza e alla gestione ambientale dell'intero bacino idrografico del Po, nonché la debolezza delle procedure di controllo e prevenzione di incidenti, ancor più dolosi, di tale gravità (con molta probabilità le cisterne della Lombarda petroli contenevano quantità di combustibile maggiore di quanto dichiarato alle autorità competenti, il deposito non sottostava alla disciplina della cosiddetta «direttiva Severo», non vi era un'adeguata sorveglianza per impedire accessi non consentiti agli impianti dello stabilimento, assenza di vasche intermedie tra il deposito e il corpo idrico). Anche i primi interventi messi in atto a monte (a livello del fiume Lambro) sono apparsi in qualche misura tardivi e scarsamente coordinati, dando l'impressione che nella fase immediatamente successiva all'incidente la gravità dell'emergenza sia stata sottovalutata;
l'applicazione della normativa relativa agli stabilimenti ad alto rischio di incidente rilevante, a cui anche i depositi di idrocarburi devono attenersi, non è stata completata (sono oltre 1.100 gli impianti in Italia che soggiacciono a tale normativa);
gli impianti dismessi o in via di dismissione dovrebbero essere controllati con grande attenzione, in quanto costituiscono un potenziale pericolo ambientale, spesso sottovalutato perché la cessazione delle attività corrisponde ad un allentamento dei controlli di sicurezza;
ciascuna regione deve aver predisposto, in coordinamento con gli enti locali, un piano di protezione civile che preveda interventi di prevenzione e di tutela da rischi di carattere industriale, sismico, idraulico ed idrogeologico, con i relativi riferimenti anche alla gestione delle emergenze connesse. Solo per il caso di attualità, la regione Emilia Romagna ha dovuto impegnare nella prima emergenza circa 900.000 euro;
il codice ambientale, decreto legislativo n. 152 del 2006, riguardante anche la definizione dei distretti idrografici, è ad oggi in fase di revisione da parte del Ministro interrogato, che ha chiesto delega al Parlamento, e tarda l'adeguamento alla normativa comunitaria, che prevedeva l'individuazione

di grandi distretti idrografici proprio per uniformare la gestione dei grandi fiumi: allo stato attuale, non dà la necessaria autorevolezza all'autorità di bacino per poter gestire tutte le indispensabili attività da eseguire sul fiume Po;
numerosi e troppi sono gli enti che interferiscono con la gestione della risorsa idrica all'interno del bacino del Po;
il recente disastro ambientale ha fatto emergere come qualsiasi episodio che si verifica a monte del fiume ha un impatto su tutto il suo corso, compreso il delta, e che qualsiasi progetto o intervento non può non considerare il Po come un unicum al di là dei confini amministrativi;
si rileva che allo stato attuale l'unico progetto organico sul Po, denominato «valle del Po», che prevedeva un finanziamento di 180 milioni di euro anche per interventi strutturali, è stato di fatto cancellato dal Governo -:
quali iniziative e provvedimenti intenda intraprendere per costituire un sistema di governo autorevole del bacino del Po, d'intesa con le regioni interessate, adeguato ad affrontare in un percorso ordinario le complesse emergenze di carattere ambientale, che interessano il bacino idrografico più grande e ricco del Paese e che attengono, oltre che al rischio industriale, a quello idraulico ed a quello idrogeologico, e in quali tempi e con quali risorse intenda definire un piano organico di tutela e valorizzazione del più importante fiume del nostro Paese.
(5-02666)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il dossier di Legambiente «Mal'aria industriale 2010» emerge che nonostante la procedura d'infrazione europea avviata nel 2008 nei confronti del nostro Paese, il 75 per cento dei grandi impianti industriali è ancora senza Autorizzazione integrata ambientale (Aia);
secondo l'associazione ambientalista, l'industria italiana è ancora una delle maggiori responsabili della mal'aria, ovvero della presenza di macro e microinquinanti in atmosfera, con una tendenza all'aumento dal 2006 al 2007. In questo lasso di tempo è infatti cresciuta ( +15 per cento, la concentrazione di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici), delle diossine e dei furani (+6 per cento del cadmio (+5 per cento e del cromo (+3 per cento cromo);
dal rapporto si legge che sulla produzione totale di inquinanti l'industria contribuisce al 60 per cento del cadmio totale, il 70 per cento delle diossine, il 74 per cento del mercurio, l'83 per cento del piombo, l'86 per cento dei Policlorobifenili (Pcb), l'89 per cento o del cromo e fino al 98 per cento dell'arsenico. L'industria contribuisce anche alla presenza di pm10, con il 26 per cento, delle emissioni sul totale nazionale, superiore anche alla quota prodotta dal trasporto stradale (che incide per il 22 per cento sul totale ma che diventa la prima fonte di emissione nei centri urbani). E sempre dalle emissioni industriali deriva il 79 per cento degli ossidi di zolfo (Sox) e il 23 per cento degli ossidi di azoto (Nox);
si tratta di cifre e sostanze che contribuiscono in modo decisivo a rendere insalubre l'aria che si respira nei luoghi di lavoro e nei centri urbani limitrofi alle aree industriali;
per ridurre l'impatto ambientale delle attività produttive, lo strumento ci sarebbe ed è proprio costituito dall'Aia, prevista dal decreto legislativo, n. 59 del 2005 che ha recepito la direttiva europea Ippc (integrated, pollution prevention and control) sulla prevenzione e il controllo integrato dell'inquinamento industriale;
ma il rilascio dei pareri da parte della Commissione Aia nazionale e l'emanazione dei decreti di autorizzazione da

parte del Ministero dell'ambiente procede con enorme lentezza nonostante la sopra citata procedura d'infrazione scattata nel maggio 2008 per non aver rispettato la scadenza (30 ottobre 2007) prevista dalla direttiva europea per rilasciare le nuove autorizzazioni a tutti gli impianti industriali e adeguare gli impianti alla normativa europea;
secondo le elaborazioni di Legambiente su 191 impianti industriali l'Aia è stata rilasciata solo per 41 (21 per cento mentre per 143 il procedimento non si è concluso e per 7 è in corso sia la Via che l'Aia. Tra i 41 impianti che hanno ottenuto l'autorizzazione (10 nuovi e 31 già esistenti), compaiono molte centrali termoelettriche (32) e pochi impianti complessi (4 impianti chimici e 3 raffinerie di petrolio). Tra i 143 impianti che ne sono ancora sprovvisti (pari al 75 per cento del totale dei siti da autorizzare) ci sono 85 centrali termiche e 39 impianti chimici, che rappresentano il 90 per cento degli impianti da autorizzare, 17 raffinerie (l'85 per cento del totale da autorizzare) - tra cui quelle di Gela, Milazzo, Priolo e Falconara - e le 2 grandi acciaierie dell'Ilva a Taranto e della Lucchini (ormai 100 per cento Severstal) a Piombino (Livorno) -:
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda supportare la Commissione Aia, rivelatasi fino ad oggi inadeguata al ruolo strategico che le compete per ridurre l'impatto ambientale dei grandi impianti industriali del nostro Paese;
se e quali provvedimenti il Ministro d'interrogato intenda adottare per dotare Ispra dei mezzi e delle strutture necessarie ai controlli degli impianti industriali;
se e come i Ministri interrogati intendano rivedere i limiti di emissione delle diossine per tutti gli impianti industriali oggi non linea con quanto previsto con la normativa internazionale (Protocollo di Aarhus) e se e come intendano studiare gli effetti che la presenza di industrie determinano sulla salute della popolazione che vi vive ai margini.
(4-06502)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
esiste un progetto per la realizzazione di un «parco eolico» in Abruzzo sul monte Genzana, che prevede l'installazione lungo il crinale con torri alte un'ottantina di metri e pale di 46 metri di lunghezza;
il Genzana è il corridoio naturale tra due parchi nazionali, ospita la riserva del monte Genzana Alto Gizio nel comune di Pettorano sul Gizio, è accertata la presenza dell'orso bruno marsicano e del lupo, vi nidificano le specie avifaunistiche che soffrono maggiormente della presenza di pale eoliche (falco pellegrino, falco pecchiaiolo, astore, sparviere, poiana e gheppio). La zona è territorio di caccia per le aquile reali. Tra le specie di importanza comunitaria sono inoltre presenti il picchio dorsobianco e la balia dal collare;
il progetto dall'investimento cospicuo, si parla di 30 milioni, è stato autorizzato dai consigli comunali di Introdacqua e di Bugnara e prevede la costruzione di parte delle pale eoliche nel territorio di Introdacqua che ricade totalmente nella Macroarea A, di salvaguardia dell'orso bruno marsicano: ai sensi dell'articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 viene identificato dalla regione Abruzzo come area vietata a tali impianti. Inoltre 7 pale ricadono nel sito di interesse comunitario monte Genzana che, nello stesso decreto, viene definito come area critica. Le torri corrono infine a pochi metri fuori dal confine della riserva;
sulla porzione di territorio in questione non sarebbe stata fatta nessuna valutazione per il rischio idrogeologico;
l'impatto ambientale provocato dai lavori per la realizzazione della centrale potrebbe risultare devastante per la flora e per le specie faunistiche tutelate esistenti

atteso che i camion si farebbero largo tra due parchi nazionali (parco d'Abruzzo e parco della Maiella), le strade verrebbero create all'intorno di faggete e pinete, così come l'elisuperficie per l'atterraggio degli elicotteri;
non si conosce né la storia aziendale, né la consistenza patrimoniale della ditta cui sono stati affidati i lavori -:
se i Ministri interrogati sono al corrente di questo progetto;
se e quali provvedimenti intendano adottare a tutela di un'area così pregiata dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, con particolare riferimento alla zona di protezione speciale.
(4-06526)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
alcune settimane fa la stampa aveva dato ampio risalto alla notizia della esposizione - all'interno della sezione dedicata a Pier Paolo Pasolini allestita nell'ambito della manifestazione denominata «Mostra del Libro Antico» - di un appunto dattiloscritto inedito dell'autore;
ora si apprende che questo testo non verrebbe esposto e sarebbe in mani misteriose;
tale appunto - probabilmente costituito da più fogli sui quali sarebbero descritte alcune vicende dell'Eni e altre relative alla morte di Enrico Mattei - costituirebbe la parte mancante del romanzo incompiuto «Petrolio»;
tale appunto - laddove la sua esistenza ed il suo contenuto venissero confermate - potrebbe rappresentare una nuova importantissima chiave di lettura di alcuni episodi misteriosi della storia recente del nostro Paese non esclusa la stessa morte di Pier Paolo Pasolini -:
se non intenda acquisire elementi sulla vicenda, che interessa il mondo della cultura italiana ed internazionale, e, nel caso sia accertata l'effettiva esistenza del dattiloscritto, non intenda adoperarsi, nell'ambito delle sue competenze, perché esso sia posto a disposizione dell'opinione pubblica alla quale sarebbe così consentito di conoscere le parole «sparite» di uno dei più grandi intellettuali italiani.
(2-00652) «Veltroni, Ventura».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CORSINI e GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministro della salute del 2 dicembre 2005 registrato alla Corte dei conti il 1o marzo 2006, reg. 1 fog. 128, alla dottoressa Marina Giuseppone dirigente di 2a fascia è conferito l'incarico di consulenza, ricerche e studi presso il Dipartimento della prevenzione e comunicazione di quel Ministero; lo stesso decreto prevede la durata dell'incarico fino al 31 dicembre 2009;
da una semplice lettura del sito del Ministero per i beni e le attività culturali, e precisamente nella scheda che riguarda il servizio di controllo interno di questo, si apprende che la dottoressa Marina Giuseppone vi presta servizio come dirigente di 2a fascia quanto meno dall'aprile del 2009, allorché sarebbe stata aggiornata la scheda, se non da prima. La stessa figura anche nella pagina «Operazione trasparenza: Le retribuzioni dei dirigenti - Uffici di Diretta Collaborazione del Ministro Bondi», inserita il 1o ottobre 2009 sullo stesso sito;
dal confronto di queste notizie pare che la dottoressa Marina Giuseppone sia stata chiamata al Ministero per i beni e le

attività culturali prima della scadenza del suo contratto con il Ministro della salute;
dal sito ufficiale della Corte dei conti risulta che il dottor Vittorio Giuseppone ricopre l'importante funzione di consigliere delegato dell'ufficio di controllo di legittimità sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali» -:
se risulti che le due persone menzionate in premessa siano figlia e padre;
in caso affermativo, se non siano ravvisabili profili di una qualsiasi forma di incompatibilità, o quanto meno di palese inopportunità, tra l'alta funzione di controllo svolta dal padre e la presenza della figlia tra i dirigenti dell'amministrazione controllata;
se non si intendano assumere le iniziative di competenza, in tutte le sedi, al fine di rimuovere una situazione che, ad avviso degli interroganti, appare gravemente inopportuna.
(5-02660)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUGGHIA, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, RECCHIA e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2008), prevede all'articolo 2 comma 627: «In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 18 agosto 1978, n. 497.»;
sulla base di questa premessa vengono dettate norme utili a realizzare un piano di edilizia abitativa a favore del personale delle Forze armate stimato in circa 60 mila alloggi negli stessi atti ufficiali del Governo. La dimensione quantitativa dell'esigenza conferma l'obbligo di corrispondere prioritariamente alla necessità di mettere a disposizione del personale del ruolo della truppa una condizione abitativa diversa dall'obbligo di accasermamento in camerate o in stanze pluriletto;
la stessa legge rinvia ad un regolamento la realizzazione di un piano di vendite che in una prima fase dovrebbe riguardare 3.131 alloggi come primo passo di un piano di vendite che dovrà continuare nel tempo;
la possibilità di continuare a rimanere in affitto per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, è definita all'articolo 2, comma 628, lettera b) laddove prevede che sia assicurata «... la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con il decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT.»;
infine, l'articolo 2, comma 630, della legge n. 244 del 2007 prevede che fino all'entrata in vigore del regolamento sono sospese le azioni intese ad ottenere il rilascio forzoso dell'alloggio di servizio da parte degli utenti in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori;
nonostante questo sia il quadro normativo in vigore è stato pubblicato recentemente sul sito ufficiale dell'Aeronautica militare (personale - politica del personale -

elenco annessi), un elaborato riguardante la politica degli alloggi (SMA-ORD-001);
nell'elaborato non c'è nessun riferimento alla priorità di corrispondere alle esigenze del personale di truppa e, al punto 5, «Sviluppo delle attività» si dice che uno dei compiti è: «vigilare e intervenire prontamente, anche sul piano amministrativo e con l'autorità politica, per il puntuale rispetto delle norme relative ai rilasci da parte dei non aventi diritto che non rientrano nelle tutele previste per le fasce deboli. I comportamenti di quanti, in contrasto con le norme, ledono la funzionalità della F.A. e i diritti dei colleghi più bisognosi devono essere stigmatizzati come esempi negativi, essere rilevati sul piano disciplinare e valutativo per il personale in servizio e determinare, nei rapporti con il personale in congedo, il progressivo allontanamento dalle attività di F.A. e limitando l'accesso nei luoghi di servizio. Osservarvi la presenza infatti, invece di rappresentare il patrimonio di valori, dedizione e integrità da custodire e preservare per le generazioni future, costituirebbe un esempio corrosivo dei principi guida dell'Aeronautica Militare»;
una direttiva dello Stato Maggiore, resa pubblica attraverso il sito ufficiale della Forza armata, formulata nel modo sopradescritto, lascia intendere che nell'Aeronautica militare presti servizio personale che in contrasto con le norme risiede negli alloggi militari e che tale condizione di illegalità si estenda anche a personale in congedo;
non risulta agli interroganti che possa essere definito in tal senso l'insieme di personale spesso definito come «sine titulo» , il quale mantiene la conduzione dell'alloggio non in contrasto con le norme in vigore ma proprio in virtù di norme in vigore, da ultimo quella contenuta nella legge n. 244 del 2007 all'articolo 2, comma 630 -:
se il Ministro non intenda intervenire affinché una direttiva che appare agli interroganti arbitraria e comunque per come è formulata sicuramente lesiva dell'immagine dell'Aeronautica militare agli occhi della opinione pubblica venga abrogata.
(5-02651)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FOGLIARDI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 - ha istituito la compensazione tra imposte e tributi di differente natura;
la compensazione rappresenta una forma sia di pagamento sia di rimborso, in quanto consente al contribuente che vanta dei crediti nei confronti dell'erario di utilizzarli per il pagamento dei debiti;
la compensazione può riguardare crediti e debiti relativi alla stessa imposta, oppure crediti e debiti relativi ad imposte diverse e contributi;
le due forme di compensazione citate possono essere utilizzate anche contemporaneamente;
sono passati più di dieci anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 241;
se ritenga che siano stati raggiunti gli obiettivi di semplificazione perseguiti dal provvedimento citato e se sappia indicare in che misura siano avvenute le compensazioni tra debiti e crediti della stessa imposta, nonché tra debiti e crediti di imposte di diversa natura.
(5-02663)

Interrogazioni a risposta scritta:

CALEARO CIMAN, SCARPETTI, PISICCHIO, GUZZANTI, TABACCI, MOSELLA, LA MALFA, NICCO, MISITI, SBROLLINI, CALGARO e PES. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 18, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19 febbraio 2010, ha introdotto rilevanti novità nella disciplina Iva nazionale. Lo stesso ha recepito la direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008 e la direttiva n. 2008/117/CE del 16 dicembre 2008 che hanno introdotto, per lo più con effetto dal 1o gennaio 2010, modifiche alla direttiva 2006/112/CE (versione rifusa della VI direttiva in materia di imposta sul valore aggiunto);
le novità introdotte dalle citate direttive riguardano principalmente la modifica dei criteri per l'individuazione del luogo territoriale riguardante le prestazioni di servizi nonché l'introduzione di talune misure ritenute necessarie per un più efficace contrasto delle frodi fiscali connesse alle operazioni intracomunitarie;
le novità, tutte di rilevante impatto per le imprese ed i professionisti coinvolti nella gestione della materia, possono essere così sintetizzate:
a) ampia riformulazione del criterio ordinario concernente l'individuazione del luogo della territorialità dei servizi con introduzione di una doppia regola generale, l'una per i servizi fra soggetti passivi e l'altra per i servizi resi a committenti non soggetti passivi;
b) riproposizione dei criteri speciali con l'abbandono, salvo alcune limitate eccezioni, del criterio ausiliario del luogo di utilizzo;
c) estensione dell'obbligo di presentare gli elenchi riepilogativi (Intrastat) anche arie prestazioni di servizio, tranne alcune eccezioni, con rilevanti modifiche anche in termini di periodicità e scadenze di presentazione;
d) estensione dell'obbligo di assolvere l'imposta da parte del cessionario o committente soggetto passivo nazionale in tutti i casi nei quali le forniture non siano eseguite da soggetti stabiliti nel territorio dello Stato;
e) estensione della figura di soggetto passivo, ai fini dell'assoggettamento ad Iva delle prestazioni di servizi, a tutti gli enti non commerciali nonché agli enti che svolgono anche solo attività istituzionale, laddove siano titolari di partita Iva;
f) introduzione di novità in materia di momento di effettuazione ed esigibilità delle prestazioni di servizio effettuate, in ambito comunitario, in modo continuativo nell'arco di un periodo superiore ad un anno e che non comportano il versamento di acconti o pagamenti anche parziali;

con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, firmato in data 22 febbraio 2010 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010, in attuazione delle disposizioni contenute nel comma 6-bis dell'articolo 50 del decreto-legge n. 331 del 1993, introdotto dall'articolo 2, comma 1, lettera h) del decreto legislativo n. 18, sono state stabilite le modalità ed i termini per la presentazione degli elenchi;
con provvedimento del 22 febbraio 2010 a firma del direttore dell'Agenzia delle dogane, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate e d'intesa con l'istituto nazionale di statistica, pubblicato in medesima data sul sito dell'Agenzia delle dogane, a norma dell'articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono stati approvati, in attuazione dell'articolo 50, comma 6-ter del citato decreto-legge n. 331 del 1993, i modelli e le relative istruzioni applicative, le caratteristiche tecniche per la trasmissione, nonché le procedure ed i termini per l'invio dei dati all'istituto nazionale di statistica;
l'articolo 262 della direttiva n. 2006/112/CE impone agli Stati membri l'estensione dell'obbligo di presentazione degli

elenchi riepilogativi per le sole prestazioni rese (servizi in uscita) prevedendo la sola indicazione del codice identificativo del fornitore, del committente nonché dell'importo dell'operazione. L'articolo 263 dispone che gli elenchi vengano presentati mensilmente entro un termine non superiore ad un mese autorizzando, ma non obbligando, gli Stati membri ad introdurre modalità di presentazione elettronica;
la medesima disposizione prevede altresì che gli Stati membri possano introdurre la presentazione trimestrale degli elenchi nel caso di operazioni di volume non superiore ad 50.000 euro (elevabili ad 100.000 euro fino al 31 dicembre 2011). Tale soglia non deve essere superata né con riguardo al trimestre di riferimento né con riguardo ai quattro trimestri precedenti;
l'articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993, come modificato dal decreto legislativo n. 18, estende, a livello domestico, l'obbligo di presentazione degli elenchi riepilogativi non solo dei servizi resi, ma anche di quelli acquistati (servizi in entrata) prevedendo altresì la modalità di presentazione esclusivamente telematica degli stessi;
l'articolo 3 del decreto 22 febbraio 2010 dispone affinché gli elenchi vengano presentati in via telematica entro il giorno 25 del mese successivo al periodo di riferimento consentendo, fino al 30 aprile 2010, la presentazione anche in modalità elettronica entro il giorno 20 del mese successivo al periodo di riferimento;
l'articolo 8 del decreto citato dispone affinché le disposizioni del decreto si applichino alle operazioni effettuate dal 1o gennaio 2010 senza prevedere disposizioni transitorie con riguardo agli elenchi relativi ai primi mesi di applicazione delle nuove disposizioni. Il provvedimento 22 febbraio 2010 di approvazione dei nuovi modelli, nell'introdurre, fra le altro, i nuovi modelli Intra-quater, oltre ai dati imposti dalla direttiva richiede l'indicazione delle seguenti informazioni: riferimenti della fattura; codice del servizio (da ricercare fra circa 1.400 codici contenuti nella tabella Cpa 2008 a disposizione sul sito dell'Agenzia delle dogane); modalità di erogazione del servizio; modalità di incasso; paese di pagamento. Il provvedimento non prevede né esoneri né semplificazioni né per i soggetti di minori dimensioni né con riguardo ai primi mesi di applicazione delle nuove disposizioni;
in data 18 febbraio 2010 l'Agenzia delle dogane ha messo a disposizione sul proprio sito la nuova versione 11.0.0.0 del software intr@web e con comunicato n. 24179/RU in medesima data ha annunciato l'apertura degli Uffici doganali per sabato 20 febbraio 2010 e per sabato 20 marzo 2010. In data 19 febbraio, con nota n. 24265/RU, ha annunciato l'imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo di recepimento delle direttive nonché del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del provvedimento congiunto con l'approvazione dei nuovi modelli. Con la nota citata viene precisato che dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia e fino al 30 aprile 2010 i modelli Intra eventualmente presentati agli uffici doganali secondo modalità non conformi alle previsioni di legge (cioè in Forma cartacea e spediti per raccomandata) dovranno essere ripresentati in modalità telematica o elettronica. Nella medesima nota viene altresì annunciato che in una prima fase applicativa la presentazione per via telematica agli Uffici doganali può avvenire esclusivamente tramite l'utilizzo del servizio telematico doganale e che, con successivo provvedimento, sarà comunicata la data a partire dalla quale sarà consentito utilizzare anche i canali telematici dell'Agenzia delle entrate;
in data 17 febbraio 2010 l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 5/E, ha precisato che, considerata la situazione di obiettiva incertezza determinata dal ritardo nella pubblicazione della normativa interna di recepimento della direttiva non saranno applicate sanzioni in caso di eventuali violazioni concernenti la compilazione degli elenchi relativi ai mesi da

gennaio a maggio nonché del primo trimestre 2010, a condizione che i contribuenti provvedano a sanare eventuali violazioni inviando, entro il 20 luglio 2010, elenchi riepilogativi integrativi. La citata circolare non affronta direttamente il problema dei modelli presentati in ritardo, lasciando presagire la sanzionabilità dei medesimi;
l'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997 dispone che «l'omessa presentazione degli elenchi di cui all'articolo 50, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 ... ovvero la loro incompleta, inesatta o irregolare compilazione sono punite con la sanzione da lire un milione (euro 516) a lire due milioni (euro 1.032) per ciascuno di essi, ridotta alla metà in caso di presentazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a riceverla o incaricati del loro controllo. La sanzione non si applica se i dati mancanti o inesatti vengono integrati o corretti anche a seguito di richiesta»;
le numerose imprese interessate dalle novità in analisi lamentano il grave ritardo nell'emanazione dei provvedimenti retro citati e fanno notare che:
a) in mancanza del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (decreto che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solamente in data 5 marzo 2010) non era possibile per i contribuenti conoscere la propria periodicità (mensile o trimestrale) e le relative scadenze di presentazione dei modelli Intra;
b) il software Intr@web per la compilazione dei nuovi modelli è stato messo a disposizione solo il giorno 18 febbraio e con il software 2009 non era possibile gestire l'elaborazione dei nuovi modelli;
c) il software di cui sopra (versione 11.0.0.0) manifesta problemi di funzionamento ed inoltre è momentaneamente disponibile nella sola versione stand alone (non ancora nella versione client server);
d) i tracciati record per lo sviluppo dei gestionali aziendali sono stati ufficializzati solo il 22 febbraio 2010 con il provvedimento congiunto del direttore dell'Agenzia delle entrate, delle dogane dell'Istat;
e) la possibilità di adempiere telematicamente tramite il servizio telematico dell'Agenzia delle entrate non è attualmente praticabile e gli operatori già abilitati ad Entratel o Fisconline sono costretti ad ottenere un'ulteriore abilitazione al servizio telematico delle dogane con inutile dispersione di energie a risorse;
f) nei giorni antecedenti il 20 febbraio alcuni uffici doganali hanno scoraggiato la presentazione di elenchi in modalità cartacea, ancorché limitatamente ai tradizionali dati relativi alle cessioni e/o acquisti intracomunitari di beni;
g) l'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente) dispone che i nuovi adempimenti non entrino in vigore prima di 60 giorni dall'emanazione dei provvedimenti attuativi e che i nuovi modelli contengono sicuramente delle novità proprio in tema di servizi;
h) l'articolo 10, comma 2, dello stesso statuto prevede che non siano irrogate sanzioni qualora il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa ed il comma 3, che le sanzioni non siano comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta;
i) infine, sempre lo statuto del contribuente, dispone, all'articolo 10, comma 1, che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria siano improntati al principio della collaborazione e della buona fede -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire i motivi che hanno portato alla ritardata emanazione del decreto

legislativo n. 18 dell'11 febbraio 2010 ed il motivo per il quale non è stato previsto un periodo transitorio che consenta di adempiere oltre il termine telematico del 26 del mese successivo al periodo di riferimento, anche al fine di non obbligare i contribuenti alla presentazione di elenchi integrativi;
se non intenda far conoscere il motivo per cui l'Italia richiede anche l'indicazione del seguenti dati non imposti dalla direttiva: riferimenti della fattura; codice del servizio; modalità di erogazione del servizio; modalità di incasso; paese di pagamento;
se non valuti necessario fare chiarezza in merito alle ragioni per le quali: per gli elenchi dei servizi ricevuti, non è stata prevista una soglia di esonero per operazioni di scarsa significatività; non è stato comunque previsto un periodo di compilazione semplificata dei dati circoscritta a quanto richiesto dalla direttiva comunitaria; non è stata prevista la possibilità di presentare in modalità cartacea gli elenchi almeno in attesa della predisposizione dell'ambiente telematico dell'Agenzia delle entrate al quale sono già abilitati molti contribuenti ed operatori professionali;
se non ravvisi la necessità di far luce in merito al calcolo della periodicità della presentazione dal momento che ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 22 febbraio 2010 non è chiaro comprendere se nel determinare la periodicità relativa al 2010 dovranno essere considerate, tra le operazioni relative ai 4 trimestri precedenti, anche quelle relative ai servizi resi o ricevuti nel 2009, posto che le imprese lamentano difficoltà al riguardo e considerato che gli archivi informatici del 2009 non contengono la catalogazione dei servizi secondo la nuova disciplina in vigore dal 1o gennaio 2010;
se non consideri doveroso chiarire se in base all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, in caso di elenchi contenenti dati mancanti o inesatti, debba considerarsi applicabile la sanzione, come affermato dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 5/E del 17 febbraio 2010 anche per le integrazioni o correzioni apportate oltre il 20 luglio 2010.
(4-06505)

CATANOSO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la storia del patto territoriale delle Aci risente di vicissitudini burocratiche e congiunturali tali da determinarne un forte ritardo nelle procedure di adozione e completamento;
il patto territoriale delle Aci viene concepito, con gli attori dello sviluppo locale, attraverso la presentazione dei progetti di investimento, già a partire dal 1999. L'iter istruttorio si completa nei tempi previsti dalla normativa. Dopo di che, per ragioni connesse al reperimento delle risorse finanziarie necessarie a far rientrare il patto medesimo in graduatoria utile, le procedure di utilizzazione delle risorse partono nel 2004. Di fatto solo nel 2005, a ben sei anni dalla definizione del progetto, il soggetto responsabile è stato in grado di avviare le prime iniziative;
il lungo tempo trascorso tra l'approvazione del progetto e l'avvio delle procedure di finanziamento, hanno reso la maggior parte dei progetti di investimento obsoleti laddove non inadeguati rispetto al nuovo scenario economico. Cosicché si sono rese necessarie molteplici operazioni di variante progettuale che hanno ritardato l'esecuzione degli investimenti;
l'incertezza sul trasferimento delle competenze dal Ministero alla regione, inoltre, ha bloccato per parecchi mesi, nell'anno 2008, le operazioni di erogazione degli stati di avanzamento, così ritardando i tempi complessivi di realizzazione degli investimenti;
in questo quadro concitato di urgenze e vicissitudini che hanno caratterizzato il patto delle Aci, si inserisce la crisi

che ha investito il sistema economico-finanziario nell'ultimo anno, con conseguente accentuazione della «cautela» del sistema bancario di fronte ad un gruppo di imprenditori non sempre in grado di mantenere le posizioni di anticipazione finanziaria necessarie a consentire la realizzazione degli investimenti;
il termine per il completamento del patto ha avuto due proroghe arrivando al 17 agosto 2010;
a giudizio dell'interrogante appare non solo legittimo ma anche «moralmente giusto» concedere una ulteriore proroga di un anno sui tempi di conclusione delle operazioni di investimento connesse col patto delle Aci -:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-06511)

CICU, MURGIA, NIZZI, PORCU, TESTONI, VELLA, CALVISI, MEREU, PALOMBA, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha riformato il titolo terzo dello Statuto speciale della Sardegna (finanze-demanio e patrimonio) definendo, all'articolo 8, a partire dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato;
l'entrata in vigore di tale normativa fa si che, proprio nell'esercizio finanziario 2010, per la regione Sardegna, a fronte di un accollo delle spese in materia di sanità e di quelle connesse al trasferimento delle funzioni relative al trasporto pubblico locale (ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) ed alla continuità territoriale, la compartecipazione alle entrate erariali non sia limitata al gettito riscosso in regione, bensì che a) essa faccia riferimento a tutte le fattispecie tributarie maturate in ambito regionale, anche se affluite ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della regione (ultimo comma dell'articolo 8); b) la compartecipazione all'IVA avvenga in quota fissa (anziché in quota variabile) nella misura di nove decimi rilevata in base ai consumi regionali delle famiglie (lettera f) del primo comma dell'articolo 8); c) la compartecipazione regionale venga estesa a tutte le entrate erariali maturate nel territorio della Sardegna;
l'applicazione del nuovo regime di compartecipazione comporta, come è facilmente riscontrabile in sede di verifica circa la congruità degli stanziamenti di bilancio e della loro rispondenza ai sensi della vigente normativa in materia di contabilità, entrate per la regione Sardegna di importo pari a circa 3.200.000.000 euro;
il bilancio di previsione avrebbe dovuto registrare la previsione di risorse corrispondenti a quelle derivanti dalla decurtazione dei trasferimenti in materia di sanità e trasporto pubblico locale: tali risorse avrebbero dovuto essere imputate al capitolo di bilancio 2764 che, in virtù della legislazione vigente, avrebbe dovuto registrare tali importi;
in sede di discussione in Commissione bilancio, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Ragioneria generale dello Stato, hanno però chiarito che, mentre il capitolo 2764 (somme occorrenti per la regolazione delle quote di entrate erariali relative anche ad anni precedenti devolute alla regione Sardegna) è relativo alle regolazioni contabili delle entrate erariali riscosse direttamente dalla regione, le risorse destinate alla regione sono stanziate nel capitolo 2797 (fondo occorrente per l'attuazione dell'ordinamento regionale delle regioni a statuto speciale) e tengono conto anche delle maggiori occorrenze finanziarie necessarie a dare attuazione al nuovo ordinamento finanziario regionale;
in data 17 dicembre 2009 il Governo ha accolto un ordine del giorno presentato dal primo firmatario del presente atto che

impegnava lo stesso Governo a provvedere quanto prima a trasferire le risorse appostate nel capitolo 2797 del bilancio, al fine di attuare pienamente la legislazione vigente e di compensare inoltre la regione Sardegna delle maggiori spese derivante dall'accollo in materia di sanità e di trasporto pubblico locale;
a tutt'oggi risulta agli interroganti che l'ordine del giorno non è stato ancora attuato dal Governo -:
se non sia necessario intervenire per garantire il trasferimento delle risorse del capitolo 2797 del bilancio, al fine di attuare pienamente la legislazione vigente e di compensare la regione Sardegna delle maggiori spese derivanti dall'accollo delle spese in materia di sanità e di trasporto pubblico locale.
(4-06513)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha mandato un monito all'Italia, perché siano aboliti, entro due mesi, i costi dello smaltimento delle scorie radioattive, che compaiono ancora nella bolletta dell'ENEL (voce A2), costi che la Commissione ritiene ingiustificati;
questi costi impediscono la riduzione delle tariffe elettriche, perché «la produzione nazionale di elettricità beneficia degli oneri a carico dei clienti, usufruendo dei vantaggi derivanti da quegli stessi sovrapprezzi, laddove per le imprese straniere questi sovraprezzi costituiscono un onere netto, che aumenta il prezzo finale del loro prodotto»;
le autorità di Bruxelles sostengono in sostanza che i prezzi dell'energia elettrica sono maggiori in Italia perché gravati dai costi dello smaltimento delle centrali in esercizio negli anni 70-80 che, anche se non sono più attive, comportano enormi spese per il trattamento delle scorie radioattive; costi che dovrebbero essere a carico dell'Enel e non degli utenti;
secondo l'Unione europea, «tali costi ... devono essere sopportati dai produttori di elettricità ... secondo il principio «chi inquina, paga», una quota delle risorse finanziarie avrebbe dovuto essere messa da parte degli operatori nucleari per il trattamento dei residui e il loro stoccaggio a lungo termine in previsione dello smantellamento -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
quando il governo aderirà alle richieste della Commissione europea;
a quanto ammontino le spese per il trattamento delle scorie radioattive delle centrali in esercizio negli anni 70-80.
(4-06533)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 prevede che il contribuente ha diritto, in determinate ipotesi e comunque in caso di cessazione di attività, di chiedere il rimborso dell'IVA;
il rimborso dell'Iva spetta all'ufficio locale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente, mentre per la richiesta di rimborso si deve presentare il modello VR al concessionario della riscossione competente per territorio, nel periodo compreso tra il 1o febbraio dell'anno successivo a quello in cui il credito è maturato e il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA, anche in forma unificata;
nel caso specifico, alla luce della suddetta normativa, i contribuenti residenti nel territorio di competenza dell'Agenzia delle entrate di Sciacca a decorrere dal 1o febbraio 2010 sono alle prese

con la presentazione delle istanze di rimborso dell'Iva a credito ma, al contempo, non è stato loro possibile presentare il modello VR di rimborso presso la sede locale di Sciacca della SERIT Sicilia spa (concessionario della riscossione), in quanto per disposizione aziendale interna (così è stato riferito ai contribuenti) sarebbe la sede ubicata nel capoluogo di provincia ovvero Agrigento, a ricevere il suddetto modello;
per tali motivi i contribuenti residenti nel territorio che fa capo all'Agenzia delle entrate di Sciacca sono costretti a viaggiare per recarsi ad Agrigento unicamente per depositare il modello VR, con inutili sprechi di tempo e di risorse;
inoltre, si deve evidenziare che, tra l'altro, il concessionario della riscossione con sede ad Agrigento, ricevuta la richiesta di rimborso, le attribuisce il cronologico e poi trasmette il tutto al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate, ovvero quello di Sciacca;
sembrerebbe inoltre che a molti cittadini che volessero ottenere un riscontro dell'avvenuto deposito di un atto o istanza presentata allo sportello di Sciacca della SERIT SICILIA SPA, sia stato negato in quanto mancherebbe in sede un registro di protocollo -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario predisporre un'adeguata verifica per accertare le modalità operative dello sportello di Sciacca della Serit SICILIA SPA e in che modo intenda intervenire per evitare che i cittadini di Sciacca siano costretti a sostenere spese di viaggio e ed a subire perdite di tempo per recarsi ad Agrigento per ottenere il rimborso dell'IVA, a cui hanno diritto.
(4-06534)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie stampa, Equitalia Polis, succursale partenopea della società di riscossione crediti Equitalia (società per azioni a totale capitale pubblico), ha pubblicato, d'intesa con l'ordine degli avvocati di Napoli, un avviso per la selezione dei legali che la patrocinino in giudizio;
la notizia sarebbe stata fatta circolare esclusivamente sul sito internet degli avvocati napoletani;
sono giunte numerose lettere di protesta indirizzate ad Attilio Befera e a Renato Manzini, presidenti di Equitalia e di Equitalia Polis: nelle lettere si richiedono esplicitamente le motivazioni per le quali non si sia provveduto ad indire una gara ad evidenza pubblica. Inoltre, nelle stesse si segnalano casi di incompatibilità relativi ad avvocati che patrocinano la spa di Befera e, insieme, fanno parte delle commissioni tributarie. Tra questi comparirebbe anche Francesco Caia, appena riconfermato presidente del consiglio dell'Ordine;
Equitalia tuttavia dichiara che «sono state rispettate le procedure di legge» -:
se sia vero che nel caso sono state rispettate le procedure di legge;
nel caso in cui siano stati compiuti atti in deroga alle procedure dettate dalla legge, quali iniziative intenda adottare affinché si ponga rimedio;
se e per quali motivi la notizia della selezione dei legali per la società sia stata fatta circolare esclusivamente sul sito Internet degli avvocati napoletani e non sia stata indetta una gara ad evidenza pubblica;
se e quali casi di effettiva incompatibilità, relativi ad avvocati che patrocinano Equitalia e allo stesso tempo fanno parte delle commissioni tributarie, si siano riscontrati.
(4-06540)

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nel corso della XV legislatura il Governo Prodi presentò un disegno di legge, in seguito condiviso dalla Commissione giustizia della Camera, recante norme relative all'«Istituzione dell'ufficio per il processo, riorganizzazione funzionale dei dipendenti dell'Amministrazione giudiziaria e delega al Governo in materia di notificazione ed esecuzione di atti giudiziari, nonché registrazione di provvedimenti giudiziari in materia civile», il quale scaturiva da un protocollo di intesa firmato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali del personale della giustizia;
tale disegno di legge conteneva, tra l'altro, una misura mirante alla riqualificazione del personale del comparto giustizia per mezzo di un progetto di valorizzazione che avrebbe permesso la ricomposizione dei profili professionali, una maggiore flessibilità, 2.800 assunzioni, un progetto di modernizzazione, investimenti adeguati per il processo telematico e l'informatizzazione;
la proposta di legge citata, il cui iter si interruppe a causa della cessazione della legislatura, è stata ripresentata nella XVI legislatura, dal gruppo parlamentare del PD alla Camera dei deputati e dal gruppo parlamentare dell'IDV al Senato, ma non si è vista, ad oggi, nonostante gli annunci, una volontà da parte del Governo e della maggioranza di arrivare ad una sua approvazione;
le trattative relative all'annoso problema della riqualificazione professionale del comparto giustizia, che i lavoratori della giustizia attendono sin dal 2000, la cui necessità è resa ancor più stringente dall'esigenza di adeguare il contratto integrativo di Ministero dopo la firma del contratto collettivo nazionale del lavoro 2006-2009, sono, allo stato, pressoché ferme;
il Ministro interpellato ha ricevuto le organizzazioni sindacali solo nel febbraio 2009, occasione nella quale egli ha colto l'occasione per assicurare soluzioni in tempi brevi ed iniziative risolutive in merito, delle quali, però, ad oggi, non vi è ancora traccia;
il Governo nell'allegato al Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 ha stabilito che, per attuare le riforme in programma e quelle già avviate (riforma del codice civile, pacchetto sicurezza, e altre), è necessario riqualificare il personale e procedere a 3.000 assunzioni in modo tale da sopperire alle «gravi carenze di organico» e garantire la prosecuzione del servizio. Si chiedono, dunque, 40 milioni di euro per le progressioni professionali tra le aree e 114 milioni di euro per le assunzioni;
l'amministrazione del comparto giustizia ha tuttavia dichiarato di non poter garantire i cosiddetti passaggi di area che porterebbero alla ricomposizione dei profili professionali, in quanto le previsioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 non hanno avuto alcun esito. Nell'attuale situazione è possibile garantire solo un mero passaggio economico per il personale da finanziare con i soldi del Fondo unico di amministrazione (Fua), inizialmente destinato a finanziare la produttività individuale e di gruppo;
il contratto nazionale, per garantire una maggiore flessibilità nell'ambito dei profili, individua il profilo professionale e il lavoro ad esso riconducibile su di un'unica area funzionale;
il contratto integrativo del 5 aprile 2000 aveva ricomposto i processi lavorativi in figure professionali uniche capaci di garantire (anche grazie ad alcuni accordi sulla interfungibilità) la prosecuzione del servizio, nonostante le gravi carenze di organico;

il contratto nazionale impone inoltre che tali figure professionali vengano ricomposte in un'unica area, diretta verso «l'alto», al fine di garantire una maggiore qualificazione degli stessi lavoratori;
nelle more della riorganizzazione del comparto giustizia, l'amministrazione ha proposto un ordinamento professionale, firmato in data 15 dicembre 2009, che contraddice il contratto nazionale 2006-2009 di cui sopra, al punto tale che perfino l'ARAN in data 4 febbraio 2010 ha sollevato diversi rilievi ed osservazioni, invitando l'amministrazione giudiziaria ad apportare le adeguate modifiche nel rispetto dei principi contrattuali;
il nuovo ordinamento dell'amministrazione propone, infatti, di dividere il lavoro, separare le funzioni e rivalutare le figure professionali verso il basso e non prevede alcun impegno formale che vincoli l'amministrazione circa la ricomposizione delle figure professionali. A tal riguardo, si è omesso di dire che, proprio con l'entrata in vigore della legge n. 15 del 2009, in materia di lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, sarà impossibile procedere alla ricomposizione dei profili, in quanto, per l'accesso all'area superiore, si dovrà essere in possesso del titolo di studio necessario per l'accesso dall'esterno e, dunque, per migliaia di cancellieri, ufficiali giudiziari e altri dipendenti, l'attività prestata negli ultimi anni sarà resa nulla e non consentirà la progressione nella carriera;
tale accordo appare inoltre viziato dall'esigua rappresentatività delle organizzazioni sindacali che hanno aderito e firmato lo stesso. Non è stata invece oggetto di trattativa la proposta di accordo, completa di un ordinamento rispettoso del contratto collettivo nazionale del lavoro e improntato all'efficienza ed alla flessibilità, presentata dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali;
tale proposta, fra gli altri interventi previsti ed in base a quanto stabilito nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 presentato dallo stesso Governo, dilazionava i passaggi del personale tra le aree in tre anni e prevedeva l'istituzione della figura dell'«assistente di procedura informatica», volta a rendere interno all'amministrazione un servizio essenziale, qual è l'assistenza informatica, assicurando così stabilità contrattuale ai dipendenti e garantendo, allo stesso tempo, sicurezza e continuità del servizio e la riservatezza adeguata relativamente alla circolazione dei dati sensibili relativi agli uffici giudiziari, nonché risparmio dei costi -:
se il Ministro intenda assumere iniziative, e con quali modalità, al fine di assegnare risorse del Fondo unico giustizia, adeguate e sufficienti, finalizzandole alla funzionalità degli uffici giudiziari e all'incentivazione del personale giudiziario;
in che modo intenda dare concreta esecuzione a quanto previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, in relazione alle necessità il cui soddisfacimento costituisce presupposto per procedere alle riforme, ovvero la riqualificazione del personale e le 3.000 nuove assunzioni;
se intenda prendere in seria considerazione, e su quali punti, la proposta presentata dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali e se non ritenga di dover reperire i fondi previsti nel Documento di programmazione economico-finanziaria, necessari a garantire la prosecuzione del servizio;
se intenda firmare un accordo che acquisisca validità, in quanto firmato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali e dunque rappresentativo del maggior consenso da parte dei lavoratori della giustizia;
se, infine, intenda procedere alla reinternalizzazione del servizio di assistenza informatica e di verbalizzazione, al fine di garantire la sicurezza e la continuità

del servizio giustizia, a tutela dei diritti dei cittadini.
(2-00651)
«Andrea Orlando, Ferranti, Samperi, Rossomando, Touadi, Tidei, Capano, Melis, Concia, Cavallaro, Ciriello, Cuperlo».

Interrogazione a risposta immediata:

TABACCI, CALEARO CIMAN, CALGARO, CESARIO, LANZILLOTTA, MOSELLA, PISICCHIO e VERNETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le consultazioni elettorali rappresentano la modalità più avanzata di partecipazione democratica alla gestione del Paese, per il convergere in esse dei cruciali momenti della legittimazione e del consenso;
nel nostro Paese, per la prima volta in forma così drammatica, viene posta la questione del funzionamento degli uffici elettorali presso le corti di appello;
il Presidente del Consiglio dei ministri in assemblea pubblica ha addebitato al presidente dell'ufficio centrale circoscrizionale dottor Durante e al giudice dottoressa Anna Argento la responsabilità della esclusione, a suo avviso immotivata, della lista del Popolo della libertà per le elezioni regionali nel Lazio;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato le erroneità della procedura seguita dall'ufficio circoscrizionale per non aver registrato gli arrivi dei presentatori delle liste in attesa entro le ore 12 del giorno di scadenza;
gli elettori della regione Lazio e di tutto il resto del Paese hanno il diritto di conoscere se sono chiamati a competizioni elettorali per le quali le regole relative alla partecipazione siano state violate, addirittura con l'aggravante di comportamenti dolosi;
la questione riveste carattere di urgenza e di particolare attualità politica, ai sensi dell'articolo 135 bis del regolamento della Camera dei deputati;
il presidente della corte d'appello ha poteri di sorveglianza, che esercita nei confronti dei magistrati, secondo l'articolo 14 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
i poteri del presidente della corte d'appello in ordine all'inoltro di esposti a carico di magistrati, tale potendosi considerare quello pronunciato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sono stati chiariti nella risposta del Consiglio superiore della magistratura al quesito del 15 aprile 1987;
secondo la delibera del Consiglio superiore della magistratura, prima sezione, del 25 febbraio 1981, «allo scopo di evitare ritardi, l'autorità giudiziaria che rileva, nell'ambito circoscrizionale sottoposto al suo potere di vigilanza, fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare deve inviare immediatamente e direttamente il rapporto al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione» -:
se il presidente della corte d'appello di Roma abbia inviato immediatamente e direttamente un rapporto al Ministro interrogato o se questi abbia sollecitato la trasmissione diretta e immediata di un rapporto, nell'esercizio dei suoi poteri ispettivi, tale da consentire ai cittadini, all'atto della sua pubblicazione, di acquisire certezza circa le accuse mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri e circa le responsabilità dell'ufficio elettorale coinvolto nella vicenda e da assolvere l'Italia dalla condizione di arretratezza tipica dei Paesi nei quali le elezioni sono pesantemente condizionate dall'illegalità.
(3-00973)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica del 12 marzo 2010, a pagina 35, è stato pubblicato un articolo di Alberto Custodero intitolato: «A Gomorra il tribunale finisce in convento»;
l'articolo, che la prima firmataria del presente atto riporta integralmente, descrive la seguente situazione: «In terra di camorra, il tribunale non si può costruire perché le imprese sono infiltrate dalla camorra. Non è un gioco di parole, ma la realtà del comprensorio giudiziario da mezzo milione di persone in una delle zone più infiltrate dalle cosche vesuviane. Zona dove lo Stato (per dirla col procuratore Diego Marmo), "si contende il controllo del territorio" col clan dei Gionta. E coi loro affiliati "valentini". Il tribunale è in costruzione dal 1998. Costo dell'appalto, 6 milioni di euro. Nel 2004, però, la ditta appaltatrice fallisce. E quella che le subentra non può proseguire i lavori perché interdetta dal prefetto per infiltrazioni camorristiche. Da allora è tutto bloccato, impigliato in ricorsi al Tar e controricorsi. Risultato: il tribunale non c'è, e il suo scheletro di pilastri di cemento armato e impalcature arrugginite è ora il simbolo del disservizio della giustizia nel triangolo della camorra oplontina fra Torre del Greco, Sorrento e Castellammare di Stabia. Gli uffici del Penale, del Civile e del Giudice di pace sono ospitati in sedi di fortuna che costano all'erario (dal 2004, da quando i lavori si sono bloccati), un milione di euro all'anno. Alcuni si trovano in condomini, altri, come la procura, in un prefabbricato. Ma è il tribunale civile, sezione Lavoro, la pietra dello scandalo: aule e cancellerie sono ricavate in una fatiscente struttura di salesiani dove il parcheggio è in mano a personale che non rilascia ricevute. Dove i fascicoli sono abbandonati nei corridoi, preda di chiunque passi in spregio alle più elementari norme sulla privacy e sul segreto istruttorio. E dove dai soffitti, come recentemente avvenuto, possono staccarsi pezzi di intonaco e precipitare pericolosamente sulle persone impegnate in udienza. L'Anm, l'Ordine degli avvocati, i vertici di procura e tribunale hanno chiesto un intervento urgente al Ministro della giustizia, Angelino Alfano, responsabile, per Costituzione, "dell'organizzazione e del funzionamento della giustizia". Giovanni de Angelis, magistrato, responsabile della sezione Anm di Torre Annunziata, ha chiesto ad Alfano l'istituzione di un commissario che bypassi il comune, l'ente locale responsabile del cantiere fermo dal 2004. E ordini la ripresa dei lavori. Il Guardasigilli, però, non è intervenuto. E così Torre Annunziata, comune già sciolto per infiltrazioni mafiose, resterà senza tribunale fino a quando non si presenterà a costruirlo un'impresa non controllata dalla camorra -:
quali provvedimenti urgenti intenda sollecitare, promuovere e adottare al fine di completare la costruzione del tribunale di Torre Annunziata e, in particolare, se intenda nominare un commissario al fine di sbloccare i relativi lavori fermi ormai dal 2004.
(4-06519)

SCILIPOTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
attraverso vari comunicati stampa del centro studi giuridici Snarp - sindacato nazionale antiusura e riabilitazione protestati e dell'Adiuban associazione difesa utenti bancari, il presidente dello Snarp, professor Francesco Petrino, ha richiamato attenzione sui seguenti fatti in tema di assegni bancari e tutela del sistema creditizio, poiché, la riforma operata dalla legge n. 386 del 15 dicembre 1990, per i soggetti incappati nel protesto di un assegno bancario l'articolo 3 ha imposto l'obbligo del pagamento della penale del 10 per cento in favore del prenditore o ultimo giratario del titolo, che si concretizza oggi in sanzione usuraria, tenuto conto che nel

lontano 1990 il tasso legale era del 10 per cento, che da gennaio 1997 è sceso al 5 per cento, da gennaio 1999 al 2,5 da gennaio 2001 al 3,5 per cento, da gennaio 2002 al 3 per cento; da gennaio 2003 al 2,5 per cento; da gennaio 2008 al 3 per cento e da gennaio 2010 all'1 per cento;
si tratta di una gravissima denuncia proveniente dallo Snarp che aggrega oltre 52.000 associati, che fa emergere come nonostante il notevole ridimensionamento del saggio legale, mantenere l'imposizione della penale del 10 per cento costituisce un autentico illegittimo e usurario regalo ai portatori di assegni malauguratamente protestati o dei quali il debitore ha fatto richiedere il richiamo, che su base annua equivale al tasso del 120 per cento, la cui obbligatoria corresponsione contribuisce ad affliggere la già disastrata economia delle piccola e media imprenditoria, tematica che è stata anche oggetto di una specifica relazione del professor Petrino inserita sul secondo volume delle «Relazioni delle 3 Giornate di Ascolto delle Organizzazioni Antiracket e Antiusura» pubblicato dal Ministero dell'interno e distribuito in maggio 2007 a cura del commissario Straordinario di Governo per il coordinamento di iniziative antiracket e antiusura nella quale oltre a suggerire l'opportunità di ridimensionare la penale per rapportarla al tasso ufficiale di riferimento in vigore tempo per tempo, proponeva anche di destinarla invece che ai portatori dei titoli alle fondazioni provinciali da istituirsi appositamente tra prefetture e associazioni antiusura, al fine di destinare le somme accumulate in favore delle vittime più disagiate. Si realizzerebbero così quattro importanti obbiettivi, poiché si eviterebbe il pagamento della penale usuraria, si abolirebbe un illecito arricchimento di privati e in particolare delle banche, le quali sugli assegni tratti a se stessi dai correntisti a far data dal 1990 hanno indebitamente preteso e beneficiato del 10 per cento per rilasciare le quietanze di pagamento dei titoli, e infine la penale, dall'attuale 10 per cento, potrebbe essere invece rapportata al doppio del tasso di riferimento europeo tempo per tempo vigente, (oggi pari all'1 per cento) -:
se non si intendano assumere idonee iniziative, anche normative, necessarie al fine di evitare l'oneroso aggravio delle imprese in grandi difficoltà, sempre più costrette a ricorrere all'usura, per potere ridurre obbiettivamente la penale nei limiti della coerenza e infine per destinare le somme da accumularsi nelle apposite fondazioni da istituirsi con le associazione riconosciute presso le prefetture di ogni provincia in favore delle vittime di usura in condizioni estremamente disagiate.
(4-06530)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia ADN-KRONOS, Giuseppe Sorrentino, 35 anni, detenuto nella casa di reclusione di Padova, si è tolto la vita nella mattina del 3 marzo 2010 impiccandosi alle sbarre della finestra del bagno della sua cella;
l'uomo si è ucciso mentre gli altri detenuti erano fuori dalla sezione per l'ora d'aria. Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l'allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrere il detenuto, Giuseppe Sorrentino era già morto;
di origini campane, il suicida era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato, al punto che lo stesso aveva già manifestato da tempo segni di profondo disagio essendo reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato;
ricoverato più volte in ospedale e in centro clinico penitenziario, non appena faceva rientro nella sua cella, il signor Sorrentino riprendeva la sua protesta, lamentando

in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari;
il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella casa di reclusione di Padova, dove il 23 febbraio 2010 nella stessa sezione, si tolse la vita Walid Alloui, che aveva 28 anni;
dall'inizio dell'anno 2010 salgono così a 13 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere: Pierpaolo Ciullo, 39 anni; Celeste Frau, 62 anni; Antonio Tammaro, 28 anni; Giacomo Attolini, 49 anni; Ed dine Abellativ, 27 anni; Mohammed El Abbouby, 25 anni; Ivano Volpi, 29 anni e un cittadino tunisino di 26 anni; Walid Aloui, 28 anni; Vincenzo Balsamo, 42 anni; Roberto Giuliani, 47 anni -:
di quali informazioni i Ministri interrogati dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
se non si intenda verificare, per quanto di competenza, il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti del detenuto Giuseppe Sorrentino siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto penitenziario romano;
se nel corso della detenzione nella casa di reclusione di Padova, il signor Giuseppe Sorrentino abbia usufruito di un'adeguata terapia di supporto psicologico così come richiesto dal suo precario stato di salute mentale;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a stanziare immediatamente i fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere, anche attraverso pene alternative, non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà;
quali provvedimenti urgenti si intendano adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno della casa di reclusione di Padova conformi al dettato costituzionale e normativo.
(4-06532)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Angelo Musolino, cinquantenne, rinchiuso nel carcere di Bergamo fino al 2 febbraio 2010 perché accusato del delitto previsto e punito dagli articoli 99, comma 4, e 629, comma 1, del codice penale, si trova attualmente sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora;
nel maggio 2009 ha cominciato ad accusare forti dolori alla schiena che, secondo i medici, erano dovuti al formarsi di un grumo di grasso e/o ad una lipoma;
stante il fatto che i predetti dolori non cessavano, il detenuto chiese più volte, del tutto inutilmente, di essere sottoposto ad una TAC ovvero ad accertamenti medici più approfonditi;
solo poco prima di Natale 2009, dietro forti e reiterate richieste del legale del

detenuto, il giudice della cautela decise di sottoporre il signor Musolino ad una visita specialistica;
il consulente tecnico nominato dal giudice accertò che i dolori che accusava il detenuto erano causati non da un semplice lipoma ma da una vera e propria neoplasia polmonare;
a causa delle tardive visite specialistiche e della mancanza di ogni terapia protrattasi per moltissimi mesi, la predetta neoplasia polmonare si è estesa enormemente divenendo inoperabile. La diagnosi svolta dalla azienda ospedaliera San Paolo, quinta divisione di medicina interna, parla infatti di «carcinoma polmonare non a piccole cellule con metastasi, epatopatia cronica HCV correlata» -:
quali iniziative intendano assumere per accertare se al signor Musolino sia stato consentito di sottoporsi tempestivamente a visite medico-specialistiche nonché di potersi adeguatamente curare e se allo stesso non sia stato negato l'inalienabile diritto alla salute che appartiene ad ogni essere umano al di là dei delitti presuntivamente commessi;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere o adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare che in sede di attuazione del riordino e del trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria, siano tenute in adeguata considerazione le esigenze di assistenza dei detenuti che si trovano nelle condizioni del signor Angelo Musolino.
(4-06539)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 21 del «Colle della Maddalena» è di importanza internazionale, in quanto collegamento tra l'Italia e la Francia;
nell'ottobre 2005 è stato sottoscritto uno specifico protocollo d'intesa tra la regione Piemonte, l'amministrazione provinciale di Cuneo, l'ANAS spa e i comuni di Demonte, Aisone, Vinadio e la comunità montana Valle Stura, per la progettazione della variante stradale compresa tra Demonte e Vinadio;
nel luglio 2007 è stato espresso da parte della direzione trasporti della regione Piemonte il provvedimento conclusivo della fase di verifica di valutazione di impatto ambientale del progetto preliminare;
tale progetto è stato successivamente inserito nel contratto di programma ANAS 2007/2011, rispetto al quale era stato previsto lo stanziamento di 55 milioni di euro, più volte confermato, negli ultimi due anni, nel corso degli incontri promossi per monitorare l'iter della variante stradale in questione;
nei giorni scorsi, l'ANAS ha comunicato l'indisponibilità delle risorse necessarie a dare corso alla progettazione definitiva e alla realizzazione del primo lotto di intervento della citata variante;
tale comunicazione rappresenta di fatto l'ennesimo rinvio della fase operativa per la realizzazione di questa necessaria infrastruttura;
la realizzazione della variante di Demonte rappresenta un'opera indispensabile, che garantirebbe l'incolumità dei residenti nei centri abitati di Demonte, Aisone e Vinadio, visto il continuo aumento del traffico «pesante» che ha contribuito all'insorgenza di condizioni di rilevante pericolo sia per le persone che per i beni;
considerata, inoltre, l'importanza internazionale della strada statale 21 risulta quanto mai necessario procedere alla realizzazione di tutti gli interventi finalizzati

a migliorare tale infrastruttura e ad assicurare le ottimali condizioni di percorribilità e di sicurezza -:
quali siano le ragioni che hanno impedito all'ANAS di dare corso alla progettazione definitiva dopo il provvedimento conclusivo della valutazione di impatto ambientale;
quale sia la reale situazione degli stanziamenti per la predetta variante già previsti nell'accordo di programma ANAS-regione, e se tali risorse siano state destinate alla copertura di altri interventi.
(3-00965)

SPOSETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la commissione ministeriale, istituita presso il Ministero dei trasporti nel mese di novembre 2007, dopo aver condotto una attenta analisi comparata dei siti aeroportuali proposti, con una propria relazione intitolata «Ampliamento del Sistema aeroportuale laziale» ha individuato nella città di Viterbo la sede per il terzo scalo aeroportuale laziale;
l'articolo 18 del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 ha semplificato e reso operativo il trasferimento del traffico aereo da Ciampino a Viterbo. La disposizione presentata dal sottoscritto, modifica il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 96 del 2005 estendendo alle «delocalizzazioni funzionali» la deroga alla disciplina delle concessioni aeroportuali. Deroga limitata secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 96 del 2005 alle concessioni già rilasciate e a quelle il cui provvedimento di rilascio risulti in itinere. A tal riguardo occorre ricordare che l'articolo 3 del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 ha introdotto delle modifiche all'articolo 704 del codice di Navigazione. In particolare il procedimento di concessione è emanato, per un periodo massimo di durata di quaranta anni, su proposta dell'ENAC in seguito ad un procedimento di selezione effettuata tramite procedura di gara ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria e non più attraverso generiche procedure concorrenziali;
il 31 gennaio 2008 veniva firmato presso la sede del Ministero dei trasporti, l'atto di intesa programmatica tra il Ministro dei trasporti e il presidente della regione Lazio il quale individuava Viterbo quale sede aeroportuale aperta al traffico civile commerciale;
le parti firmatarie si impegnavano, nell'ambito delle rispettive competenze, a promuovere le attività necessarie alla delocalizzazione del traffico aereo attualmente gravitante sull'aeroporto di Ciampino promuovendo procedure e attività idonee per realizzare nuove infrastrutture, nonché per il reperimento degli strumenti finanziari;
nella stessa occasione il Ministro dichiarava l'impegno ad avviare entro tempi certi la fase attuativa attraverso la convocazione, unitamente al presidente della regione Lazio, della conferenza dei servizi;
l'articolo 18 della legge n. 31 del 2008, ha formalizzato la possibilità di concedere direttamente ad Aeroporti di Roma la gestione del nuovo scalo;
il 10 settembre 2008 presso la direzione generale dell'ENAC, veniva firmato tra l'ENAC e la società ADR - Aeroporti di Roma, l'atto di intesa programmatica delle attività preparatorie per la concessione della gestione aeroportuale dell'aeroporto di Viterbo;
il protocollo, firmato dal presidente dell'ENAC, Vito Riggio, e dal presidente della società Aeroporti di Roma - ADR, definiva le fasi propedeutiche per la progettazione del nuovo aeroporto;
l'ENAC, su delega del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si attivava in tal modo per favorire, secondo le proprie competenze e nel pieno rispetto della normativa comunitaria di riferimento, la

più rapida realizzazione della delocalizzazione funzionale delle attività civili dallo scalo di Ciampino a quello di Viterbo;
il documento prevedeva l'impegno di ADR alla redazione:
a) di uno studio di pre-fattibilità tecnico-operativo per l'aeroporto di Viterbo che contempli gli aspetti aeronautici e di traffico, nonché la configurazione dei principali sottosistemi aeroportuali e definisca la consistenza del sedime aeroportuale;
b) di un rapporto ambientale preliminare sui possibili e significativi impatti della realizzazione, per l'avvio della consultazione di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive integrazioni e modifiche;
c) di uno studio sulla capacità ambientale per l'aeroporto di Ciampino, onde configurare un modello ridimensionato di traffico economicamente sostenibile, da adottare in forma vincolante per il futuro, che soddisfi le condizioni di compatibilità con il territorio;
d) del Master Plan aeroportuale, che contempli la contestualità del ridimensionamento dello scalo di Ciampino con l'avvio operativo del nuovo scalo di Viterbo, con il relativo studio di impatto ambientale. Sarà altresì richiesto un adeguato approccio alla valorizzazione commerciale delle attività non aviation sia all'interno che all'esterno del sedime aeroportuale, nonché alle tematiche di definizione di un sistema di infrastrutture dei trasporti idoneo ad assecondare il flusso di traffico generato dalla realizzazione del nuovo scalo;
e) del piano economico-finanziario, per dare attendibilità al programma realizzativo delle opere, con la stima dei costi e la copertura degli interventi, individuando le risorse proprie e le eventuali fonti di finanziamento esterne;
f) del piano di adeguamento infrastrutturale dell'aeroporto di Ciampino, riconfigurando le attività con la modularità necessaria ad assicurare la coerenza temporale con l'attivazione e la messa a regime dello scalo di Viterbo;
per l'espletamento delle attività di tipo amministrativo, ENAC ed ADR avrebbero dovuto provvedere alle attività connesse allo svolgimento delle procedure preliminari per la concertazione con gli enti territoriali e locali ed alle successive procedure formali con i soggetti statali e territoriali ai fini del conseguimento delle autorizzazioni in materia urbanistico-ambientale nonché alle attività espropriative per le aree da acquisire;
l'ENAC avrebbe inoltre attivato la procedura prevista dall'articolo 8 del regolamento comunitario n. 2408/92 ai fini dell'inserimento di Viterbo nel sistema aeroportuale di Roma, oggi costituito dagli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino;
il 19 maggio 2009, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, in occasione dell'audizione presso la commissione trasporti della Camera dei deputati del presidente di Aeroporti di Roma - ADR veniva confermata la volontà di accelerare la costruzione dell'aeroporto di Viterbo. Nella stessa seduta il presidente dell'ADR nel denunciare la mancanza di un chiaro piano di integrazione tra i diversi scali nazionali e politiche di sviluppo certe segnalava la necessità di giungere quanto prima all'affidamento della concessione dello scalo viterbese al fine di poter programmare i collegamenti tra l'infrastruttura aeroportuale e il resto del sistema;
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 17, comma 34-bis, autorizza l'Enac a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente allo scopo di favorire investimenti infrastrutturali basati sull'utilizzo dei capitali di mercato del gestore rivolti ad aeroporti nazionali. La proposta, presentata dal sottoscritto in commissione bilancio

e accolta dal Governo risponde all'esigenza di rafforzare la programmazione finanziaria e quella infrastrutturale;
nel corso dell'anno 2009 sono state assunte dal CIPE decisioni in materia di programmazione e di finanziamento di opere pubbliche strategiche di interesse nazionale. Con la delibera Cipe del 6 marzo 2009, il Governo ha reso disponibili circa 9 miliardi di euro di risorse pubbliche per la realizzazione di infrastrutture, portando a 11,25 miliardi l'importo dei finanziamenti disponibili;
con delibera Cipe del 26 giugno 2009 è stato approvato un programma denominato «Piano delle opere prioritarie» degli interventi da approvare e finanziare con le suddette risorse entro fine 2010. Nel piano non figurano né lo scalo aeroportuale di Viterbo, né la realizzazione delle infrastrutture stradali e ferroviarie necessarie per potenziare il collegamento tra la città di Viterbo e Roma né le risorse per il completamento della trasversale Orte-Civitavecchia;
su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Cipe in data 6 novembre 2009 ha preso atto del piano di prefattibilità del nuovo aeroporto di Viterbo;
la società Aeroporti di Roma ha recentemente avviato la procedura di pubblicazione del bando internazionale di gara per l'elaborazione di un masterplan per lo sviluppo dell'aeroporto di Fiumicino entro il 2044. Un piano complesso da 3,6 miliardi di euro di investimenti in 10 anni. Il piano prevede una estensione del sedime aeroportuale di ulteriori 1.300 ettari in aggiunta agli attuali 1.400. Lo scopo è quello di soddisfare la crescita del traffico che su Roma si prevede arrivi entro il 2020 a 55 milioni di passeggeri e a 90-100 milioni entro il 2044. Lo sviluppo dell'aeroporto prevede inoltre la realizzazione di nuovi terminali per una superficie di quasi 1.000.000 di metri quadrati, 5 piste di atterraggio e decollo. L'ENAC dovrebbe concedere il via libera ai piani di sviluppo presentati e a cui sono legati gli investimenti tariffari entro l'estate;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti rispondendo ad un interrogazione parlamentare in merito alle problematiche relative all'aeroporto di Ciampino rilevava l'esigenza di decongestionare lo scalo di Ciampino afflitto da problematiche ambientali causate dall'incremento del traffico aereo passato dai 700 mila passeggeri dell'anno 2001 ai circa 5,5 milioni del 2007;
il 12 febbraio 2010 la conferenza dei servizi presso la regione Lazio ha istituito un gruppo di lavoro composto da regione, Adr, Arpa Lazio, Enac il quale dovrà entro 90 giorni individuare iniziative coerenti tese a risolvere definitivamente l'annoso problema dell'inquinamento acustico relativo all'aeroporto di Ciampino il quale registra da anni un impatto molto pesante sulla salute di migliaia di cittadini;
il documento conclusivo della Commissione trasporti della Camera dei deputati sul sistema aeroportuale italiano, approvato il 17 febbraio 2010, nel ribadire che la realizzazione di nuovi aeroporti deve essere subordinata a una valutazione attendibile della sostenibilità economica dell'aeroporto ha confermato l'orientamento di realizzare il terzo scalo aeroportuale laziale in considerazione dell'impossibilità di sviluppare l'aeroporto di Ciampino;
il 19 gennaio 2010 è stato inaugurato, alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del presidente dell'ENAC, il nuovo Terminal per l'aviazione generale dell'aeroporto di Roma Urbe. La nuova aerostazione passeggeri, realizzata interamente con fondi ENAC con un intervento dal valore di circa 800.000 euro, secondo quanto dichiarato dal presidente dell'ENAC «va ad interessare una porzione di traffico aereo complementare a quello sviluppato sugli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino». Sempre secondo il presidente dell'ENAC il potenziamento dello scalo dell'Urbe «rappresenta un ulteriore tassello, moderno ed efficiente che contribuirà allo sviluppo del sistema aeroportuale del Lazio»;

ad oggi, marzo 2010, non è dato conoscere quali siano l'orientamento, le deliberazioni della società Aeroporti di Roma e gli stanziamenti per la realizzazione dello scalo aeroportuale viterbese e gli interventi di sostegno dell'ENAC -:
quali iniziative intenda assumere per superare la situazione di stallo nella realizzazione dell'aeroporto di Viterbo ed in particolare quali iniziative, definendo tempi e modalità di esecuzione puntuali, intenda porre in essere per favorire l'accessibilità stradale e ferroviaria allo stesso scalo aeroportuale.
(3-00967)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GAROFALO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria di Milazzo presenta una realtà di degrado, poiché l'abbattimento delle barriere architettoniche non è stato ancora previsto e al tempo stesso non vi sono ascensori e scale mobili;
purtroppo sono molteplici le denunce provenienti da disabili che si sono trovati a vivere spiacevoli esperienze in riferimento alla stazione in questione e una volta scesi dai treni non hanno trovato le passerelle per poter raggiungere l'uscita;
è bene sottolineare che non si tratta di un caso isolato, poiché dall'estate 2009 ad oggi ci sono state varie testimonianze;
è assurdo, inconcepibile e inaccettabile che ancora oggi vi siano ostacoli che impediscono la normale mobilità delle persone disabili o degli anziani. Si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un vero e proprio inadempimento di precise norme di legge e di mancanza di rispetto verso la società civile e i suoi cittadini;
sempre in riferimento alla stazione in questione, occorre purtroppo segnalare altri disservizi come ad esempio: assenza di personale di vigilanza; monitor difettosi tanto che molte volte è impossibile leggere sugli stessi gli orari di arrivo e partenza e non vi è nessuno che annunci gli eventuali ritardi; altoparlanti automatici non sempre funzionanti poiché presentano problemi di acustica; biglietteria chiusa e distributori automatici che non funzionano regolarmente; l'unico bar presente all'interno della struttura ferroviaria è chiuso a causa di una controversia sull'agibilità;
quanto esposto è l'esatto contrario di quanto pubblicizzato da Trenitalia nelle sue campagne promozionali;
il sindaco di Milazzo ha inviato diverse lettere alla direzione generale di Trenitalia per segnalare i disservizi esistenti, ma le risposte, fino ad oggi avute, sono state evasive e sicuramente non risolutive;
ormai ci troviamo di fronte a una situazione di degrado che si trascina da diverso tempo. Le proteste sono molteplici e per di più provenienti dalle varie parti;
il giorno 5 gennaio 2010 è stato pubblicato un video sul sito del Corriere.it che definisce la stazione di Milazzo come la «stazione della vergogna», quella dove niente e nulla funziona;
è anche allarmante il fatto che ad oggi non siano state realizzate alternative al fine di agevolare i disabili che si trovano a passare per la stazione di Milazzo -:
chi abbia autorizzato l'eliminazione delle passerelle di legno che, seppur apparentemente precarie, consentivano alle persone portatrici di handicap l'attraversamento dei binari per raggiungere i treni e/o l'uscita dalla stazione;
come e quando si intenda intervenire al fine di garantire un adeguato servizio ai portatori di handicap;
quali iniziative si intendano assumere al fine di eliminare tutti i disservizi segnalati e migliorare l'immagine della stazione e quindi della Città che rappresenta;
quali verifiche siano state realizzate dal settembre 2009 ad oggi e quali siano i criteri utilizzati per vigilare sulla corretta efficienza della stazione ferroviaria;

come mai non si sia ancora provveduto ad eliminare gli innumerevoli disagi esistenti.
(5-02655)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
lunedì 28 dicembre 2009 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando di gara con cui l'Anas affiderà i lavori di allargamento della statale Maglie-Leuca;
il progetto riguarda l'ammodernamento del tratto stradale da Maglie fino a Montesano Salentino, per il rettilineo che va dal chilometro 981,700 della strada statale 16 al chilometro 985,386 prima dell'ingresso a Montesano. Questa arteria sarà oggetto di allargamento, mentre sarà realizzato ex novo il tratto lungo 37 chilometri fino a Leuca bypassando i centri di Montesano, Tricase, Alessano, Gagliano e Castrignano del Capo con la costruzione di un viadotto a San Dana, necessario per scavalcare l'ultima propaggine delle serre salentine e la strada ferroviaria gestita dalle Ferrovie del sud est;
la sua realizzazione comporterà la costruzione di un viadotto di mezzo chilometro con tredici coppie di piloni alti nove metri e una galleria di 70 metri. Ma soprattutto, proprio sotto il santuario di Santa Maria di Leuca dove approdò l'apostolo Pietro dalla Palestina, una gigantesca rotatoria di 450 metri di diametro, estesa su una superficie pari a 23 campi di calcio. Per far posto a questo nastro d'asfalto, con svincoli degni delle freeway californiane per paesini come Alessano, Tiggiano e Corsano, saranno sradicati tremila ulivi secolari;
l'ammodernamento e il prolungamento vennero inseriti tra le previsioni programmatiche delle infrastrutture strategiche, individuate dalla delibera del Cipe 121 del 21 dicembre 2001; successivamente, nella conferenza dei servizi del 15 marzo 2006, indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativa al progetto definitivo, tra i Comuni partecipanti, quelli di Tricase e di Alessano non hanno espresso parere favorevole;
inoltre, la Regione Puglia ha modificato la propria posizione poiché con la delibera n. 102 del 15 febbraio 2007 si è espressa in un primo tempo a favore di una soluzione progettuale che prevedeva il raddoppio a quattro corsie della strada statale n. 275 solo per il tratto Maglie-Montesano Salentino, mentre da Montesano Salentino fino a Santa Maria di Leuco prevedeva soltanto la messa in sicurezza e la sistemazione della preesistente sede stradale a due corsie. Successivamente, con deliberazione della giunta regionale del 19 giugno 2007 (n. 965), la Regione si è espressa a favore invece dell'ampliamento a quattro corsie da Maglie sino all'intersezione con la strada provinciale 210 (la frazione di San Dana) con l'adeguamento e la messa in sicurezza della viabilità esistente da tale a intersezione fino a Santa Maria di Leuca;
il 31 luglio 2009, il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha rifinanziato la strada con 135 milioni di euro prelevati dai fondi Fas 2007-2013, senza però tenere conto della diversa disposizione della Regione Puglia, nonostante gli articoli 166 e 165 del decreto legislativo 163 del 2006 impongano al Cipe di approvare un progetto preliminare con il consenso delle Regioni e sentiti i pareri dei sindaci dove si realizzerà l'opera;
peraltro nel bando di gara dell'Anas pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2009, alla sezione VI punto 3 lettera h) si legge «L'aggiudicazione definitiva dell'appalto rimane subordinata all'efficacia del disciplinare stipulato con la Regione Puglia e della delibera CIPE di approvazione del Progetto in parola. L'aggiudicazione definitiva, subordinata altresì al concretizzarsi di tutti i presupposti, di qualsivoglia natura ivi compresi quelli connessi al totale finanziamento dell'appalto, di legge, di regolamento e del procedimento concorsuale propedeutici all'espletamento della prestazione, non è impegnativa per L'Anas Spa e non dà diritto alla formalizzazione del contratto od a qualsivoglia rivendicazione, pretesa, aspettativa o richiesta di sorta da parte dei concorrenti, e dell'aggiudicatario»;
l'ampliamento della statale n. 275 è un progetto vecchio. I primi progetti risalgono a più di vent'anni fa, quando il presidente della regione era Salvatore Fitto, padre di Raffaele, attuale Ministro degli affari regionali del Pdl, Salentino di Maglie, da dove la superstrada dovrebbe partire, e che risulta essere stato il principale sponsor dell'opera battendosi nel Governo per sbloccarla, dopo anni di discussioni, progetti, valutazioni ambientali, tavoli ministeriali;
tra le ragioni addotte nel tempo a sostegno dell'opera vi sarebbe, oltre la sicurezza, la necessità di servire un territorio industrializzato;
tale necessità risulta però superata avendo la crisi economica fortemente indebolito l'industrializzazione mentre si è assistito ad un incremento del turismo proprio in considerazione della bellezza paesaggistica di questa zona;
è ormai assodato che per ragioni ambientali occorre riconcepire le opere infrastrutturali al fine di contenere e ridurre il trasporto su gomma verso altre forme come quello su rotaia; pendono innanzi al TAR ricorsi in merito alla realizzazione dell'opera e movimenti ambientalisti, sostenuti da esponenti del mondo della cultura e dell'arte, chiedono la sospensione di tale progetto;
le esigenze di sicurezza, potrebbero essere soddisfatte con un'opera meno invasiva nella zona più suggestiva e incontaminata del Salento, mentre quelle legate ad un eventuale sviluppo industriale dovrebbero essere soddisfatte attraverso infrastrutture alternative al trasporto su gomma -:
se non ritengano i Ministri interrogati di ascoltare ed accogliere le richieste del mondo ambientalista ed intellettuale che si oppongono alla realizzazione del progetto nei termini sopra descritti;

se non ritengano i Ministri interrogati che, anche per tutelare lo fiorente attività turistica, si debba rivedere l'originario progetto di ampliamento della statale n. 275 alla luce delle delibere adottate dalla Regione Puglia;
quali misure intendano adottare per evitare che pilastri di cemento distruggano un pezzo di paradiso naturale salentino;
per quali ragioni è consentito all'Anas indire bandi di gara con formule da cui si evince che non vi è ancora certezza sull'efficacia del disciplinare stipulato con la Regione Puglia e della delibera CIPE di approvazione del Progetto in parola e sull'effettiva concretizzazione del totale finanziamento dell'appalto.
(5-02661)

Interrogazioni a risposta scritta:

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Enna la viabilità, ormai vetusta e precaria sotto il profilo della sicurezza, a seguito delle recenti gravi condizioni meteorologiche è stata recentemente interessata da numerosi smottamenti e crolli di ampi tratti della carreggiata;
conseguentemente l'Anas ha disposto la chiusura al transito di numerose strade statali;
in particolare, le strade statali n. 120, n. 575 e la strada provinciale n. 84, quotidianamente interessate da notevoli flussi di traffico, si trovano in precarie condizioni e risultano difficilmente percorribili, pur essendo importanti collegamenti tra Troina, il capoluogo di provincia e l'autostrada Catania-Palermo;
dunque, le popolazioni dei comuni attraversati dalle strade in questione non possono fruire agevolmente e tempestivamente dei servizi pubblici essenziali (ospedale di zona, vigili del fuoco, tribunale, uffici pubblici, e altri) -:
quali iniziative intenda adottare affinché l'Anas programmi, con la massima sollecitudine ed urgenza, gli interventi necessari per mettere in sicurezza le suddette arterie, in particolare la strada statale n. 575;
se intenda assumere iniziative, anche in sede di predisposizione del prossimo disegno di legge finanziaria, affinché siano garantite adeguate risorse per il miglioramento della viabilità delle zone disagiate dell'entroterra siciliano.
(4-06509)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il ministro interrogato, un mese fa, esattamente il 12 febbraio 2010, aveva inviato all'Enac una lettera a seguito dei disservizi dell'aeroporto di Fiumicino documentati in un'inchiesta de L'Espresso;
a distanza di più di un mese dalla prima inchiesta del settimanale, si segnala che sono migliaia i bagagli persi presso l'aeroporto di Fiumicino. Se in Europa se ne perdono 13 ogni mille passeggeri, a Fiumicino va peggio. Nell'agosto 2009 Alitalia toccò il fondo: il 56 per cento delle valigie fu consegnato in ritardo, anche di settimane e in molti casi non arrivarono nemmeno;
esistono decine di testimonianze: filmati e fotografie realizzati fra il 2004 e il 2009 da un dipendente dello scalo, che documentano cosa succeda davvero dentro il più grande aeroporto italiano;
se Eurocontrol, l'organizzazione europea per la sicurezza del traffico aereo, ha assegnato allo scalo romano la maglia nera (nove voli su 20 decollano in ritardo), la colpa è spesso del trasporto bagagli, perché il Leonardo da Vinci ha carenze infrastrutturali, di investimenti, di controllo e di personale. I problemi partono proprio dalle valigie;
secondo la società Adr (Aeroporti di Roma), le cadute accidentali incidono per il 15 per cento assieme agli errori nello smistamento. Secondo gli addetti al trasporto tale percentuale va raddoppiata e in alcune stagioni anche triplicata, a causa della scarsa manutenzione;

il parco macchine di Fiumicino è fatiscente: gomme bucate, ruote rotte, freni bloccati. Infrastrutture inadeguate, insomma, ai ritmi di un aeroporto da quasi centomila passeggeri al giorno. Ci sono trattorini che trainano senza una ruota, fumo che si alza dagli impianti di frenaggio, carrelli zeppi che si sganciano lungo il tragitto. Senza che nessuno intervenga. Molti mezzi non hanno gli specchietti retrovisori, per cui chi guida nemmeno si accorge dei bagagli che cadono. Una volta persi nel tragitto, non hanno più chance di arrivare in tempo sull'aereo giusto. Ora qualcuno dovrà farsene carico: la procedura prevede cinque giorni di tempo per «ricongiungere» valigia e titolare. Eppure già nella fase di raccolta dalle piste spesso il meccanismo s'inceppa. Ogni valigia ritrovata dovrebbe essere sigillata dalla security. Questo per ridurre il rischio di furti e far sapere al proprietario che qualcuno, titolato a farlo, ha messo le mani nel suo bagaglio. Così è in tutti gli aeroporti del mondo;
a Roma, invece, capita che venga imbustato negli stessi sacchetti anonimi utilizzati per le pulizie di bordo, quindi scambiati per spazzatura e gettati in discarica. Anche la posta può essere danneggiata e non arrivare a destinazione e molte valigie perdono anche l'etichetta;
mentre il sito Internet degli Aeroporti di Roma garantisce il 90 per cento di riconsegne, nel dossier i casi anomali sono molti. Fra i rifiuti: computer, telefoni, macchine fotografiche, materiale medico, strumenti musicali, e migliaia di valigie mai più riconsegnate che finiscono all'asta;
perdere il bagaglio può inoltre diventare pericoloso: fod è l'acronimo di foreign object damage, il danno che un oggetto estraneo può provocare se entra in contatto con un aereo in rullaggio. È per questo che le procedure prevedono controlli costanti: i bagagli dovrebbero essere subito portati al più vicino punto di lavorazione. Invece spesso passano giorni, anche settimane prima che qualcuno li prenda in carico, aumentando i rischi -:
se e quali risposte abbia ricevuto dall'Enac alla lettera del 12 febbraio 2010;
se non ritenga di dover nuovamente intervenire, e con quali provvedimenti, per risolvere la situazione di disservizio e disagio dell'aeroporto di Fiumicino a partire dall'inefficienza e la mala gestione delle società di handling preposte alla vigilanza e alla salvaguardia dei bagagli.
(4-06514)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto segnala il settimanale l'Espresso sarebbe possibile, sulle piste di Fiumicino visitare in tutta tranquillità aeromobili in servizio da Roma, che attendono i passeggeri, ma restano con le stive e i portelloni aperti, senza che a bordo ci sia anima viva: né l'equipaggio, né gli addetti alla sicurezza;
in un video girato a metà del 2009 da un dipendente dell'Adr si vede un boeing dell'Alitalia in sosta al posteggio 335. È senza custodia, accessibile, con la scaletta abbassata e il portellone aperto. Fuori da ogni protocollo. Un addetto di Fiumicino lo nota e decide di salire per verificare che davvero non ci sia nessuno a bordo. Non ha i titoli per farlo, quella visita non è prevista dalle procedure. Una volta dentro è libero di girare lungo il corridoio, fino in coda all'aereo. Domanda a voce alta, più volte, se a bordo ci sia qualcuno. Il comandante, un membro dell'equipaggio, un addetto autorizzato. Ma non ottiene risposta. Scende, fa un giro e torna. Ancora nessuno. Dalle 7,10 del mattino quell'aereo resta senza protezione. Passa più di un'ora. Addirittura la cabina di comando è stata lasciata aperta. Non solo le porte sono spalancate, ma la strumentazione di volo è a portata di mano;

il caso non sarebbe isolato;
secondo gli esperti, in base alle norme di sicurezza, su un aeromobile in sosta deve essere presente l'equipaggio, oppure devono svolgersi le normali procedure di allestimento o disallestimento in presenza di addetti. In caso contrario è obbligatorio chiudere porte e stive, ritirare le scale e il loading bridge e sigillare l'aereo. Ogni vano, ogni portellone deve essere chiuso ermeticamente. Su un'etichetta deve essere riportato il nome di chi ha proceduto alla chiusura e l'ora. In modo che ogni aereo che viene riaperto possa essere ispezionato con la certezza che nessuno è salito dall'ultimo atterraggio;
fatti come quelli documentati da l'Espresso dovrebbero far scattare l'allarme in pista, oltre che salate multe per la compagnia aerea;
il Ministero interrogato avrebbe scritto all'Enac, lamentando proprio la carenza dei cosiddetti controlli Safa e Sana, programmi di sorveglianza sugli operatori aerei nazionali ed esteri che transitano per Fiumicino che dovrebbero essere mirati proprio alla verifica delle condizioni di sicurezza della flotta;
la direzione generale avrebbe scritto che «Non è stato effettuato un numero sufficiente di verifiche» -:
quali provvedimenti intenda adottare per assicurare il rispetto degli standard di sicurezza nell'aeroporto di Fiumicino;
se non ritenga di verificare che gli stessi comportamenti omissivi non si ripetano in altri aeroporti;
se sia noto quali misure si intendano adottare nei confronti dei soggetti responsabili dei mancati controlli all'aeroporto di Fiumicino.
(4-06515)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2009, l'autorità portuale di Livorno noleggiava per un anno un pontone galleggiante, denominato «Dakota», dalla società Safim di Genova;
il pontone, consistente in una specie di grande piattaforma mobile da interporsi tra il portellone della nave e la banchina di attacco della stessa, doveva essere posizionato all'accosto 54 del porto, per facilitare le operazioni di carico e di scarico dei camion dalle navi Tirrenia lavorate dalla società Unicoop di Cristiano Lucarelli;
il pontone veniva noleggiato senza che vi fosse stata una regolare gara pubblica, poiché l'autorità portuale non aveva pubblicato alcun bando senza peraltro motivare alcuna ragione di oggettiva urgenza, si era limitata ad invitare pochissime ditte selezionate con criteri non noti ma evidentemente errati, visto che soltanto una impresa presentava una offerta di noleggio;
nonostante la presentazione di una sola offerta e l'assenza di una vera comparazione tra più concorrenti, l'autorità portuale aggiudicava comunque la commessa a fronte di un importo di noleggio annuo di circa euro 650.000;
considerato che il pontone noleggiato dall'autorità portuale non è mai stato neppure posizionato sul destinato accosto 54, poiché risulta che da verifiche svolte dai tecnici della capitaneria di porto e della società Unicoop stessa il pontone noleggiato avrebbe paradossalmente arrecato più disagi operativi che benefici, con addirittura possibili rischi per la sicurezza dei lavoratori;
preso atto che il pontone «Dakota» è stato di conseguenza ormeggiato dall'autorità portuale fino alla consegna (marzo 2009) su un'altra banchina, in concessione alla società terminalista LTM che, particolare non trascurabile, non lo aveva mai richiesto;
anzi la LTM ha sempre rifiutato di utilizzare il pontone poiché ritenuto inadeguato

al tipo di traffico svolto e, addirittura, pericoloso per le maestranze;
l'autorità portuale, nella persona del suo presidente Roberto Piccini, ha esercitato costanti pressioni sulla LTM, società partecipata al 50 per cento dalla compagnia portuale di Livorno di cui il Piccini è stato presidente dal 1991 sino alla sua nomina al vertice dell'autorità portuale, affinché la stessa accettasse di utilizzare il pontone accollandosene gli oneri d'uso e di noleggio;
appurato da una verifica effettuata presso l'avvisatore marittimo del porto di Livorno, è stato accertato che al pontone noleggiato dall'autorità portuale non sono mai state ormeggiate navi e che quindi lo stesso è rimasto totalmente inutilizzato da sempre;
il pontone «Dakota» non è quindi mai stato utilizzato, neppure per quelle motivazioni di urgenza che avevano indotto l'autorità portuale a noleggiarlo, senza tra l'altro una vera procedura di gara pubblica;
poche settimane prima che l'autorità portuale noleggiasse in tutta fretta il pontone «Dakota» dalla società genovese Safim, l'impresa terminalista livornese Sintermar, concorrente della compagnia portuale di Livorno nel settore merceologico del traffico auto, aveva avviato una trattativa commerciale con la Safim per noleggiare proprio il pontone «Dakota», essenziale per poter ormeggiare e scaricare le navi destinate al terminal che la Sintermar detiene sul Canale industriale del porto Livornese;
a seguito dell'affrettato noleggio del «Dakota» da parte dell'autorità portuale livornese la Sintermar ha dovuto quindi ordinare la costruzione di un nuovo pontone, che non sarà pronto prima del mese di maggio prossimo, con conseguente danno economico per la società derivante dalla impossibilità di aver potuto effettuare traffico di auto sulle proprie aree per tutto l'anno 2009 e buona parte dell'anno 2010, traffico svolto invece dalla diretta concorrente compagnia portuale -:
se risulti che l'autorità portuale abbia rispettato le procedure di gara pubblica imposte dal decreto legislativo n. 163 del 2006 per il noleggio del pontone galleggiante «Dakota»;
quale concreta utilità abbia avuto per la comunità portuale ed i suoi utenti il noleggio del predetto pontone;
se corrisponda al vero che il pontone «Dakota» sia rimasto inutilizzato per l'intero periodo di noleggio e sia costato all'autorità portuale 650.000 euro;
se non si ritenga sussistere, sullo specifico punto, gravissime responsabilità del presidente dell'autorità portuale Roberto Piccini o di chi risulterà aver autorizzato il noleggio, per danno al pubblico erario;
se corrisponda al vero che il noleggio affrettato e non motivato del pontone «Dakota» sarebbe stato eseguito dalla autorità portuale di Livorno su pressione della compagnia portuale livornese per impedire alla concorrente Sintermar di acquisire importanti traffici di auto nuove, per lo sbarco delle quali la società aveva la ineludibile necessità di dotarsi di un pontone galleggiante di dimensioni analoghe a quelle del pontone «Dakota», per l'acquisto del quale aveva infatti già avviato contatti con la società Safim di Genova;
se i fatti come sopra esposti per la loro gravità, non meritino un circostanziato accertamento da parte degli organi ispettivi del Ministero, considerato che anche il mandato del presidente Roberto Piccini è in scadenza al prossimo mese di dicembre e che sulla stampa locale livornese il Piccini ha recentemente dichiarato di volersi candidare per un secondo mandato al vertice dell'autorità portuale;
se i fatti esposti non inducano, in ogni caso e fatte salve le verifiche amministrative e le indagini che gli organi competenti riterranno di dover svolgere, a

ritenere il potenziale conflitto di interesse di Roberto Piccini, già ripetutamente e con forza evidenziato dall'attuale oggi maggioranza al momento della nomina dell'ex presidente della Compagnia Portuale livornese al governo del porto labronico, come insuperabile elemento ostativo ad una sua ricandidatura alla presidenza dell'autorità portuale.
(4-06535)

CORSARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Mantova - Migliaretto (unico in ambito provinciale) è chiuso «temporaneamente» da molti anni a causa dell'opposizione ad ogni ipotesi di riapertura da parte del comune di Mantova, che chiede insistentemente la sdemanializzazione o la concessione in uso dell'area per adibirla a «verde pubblico attrezzato - impianti sportivi»;
in data 29 settembre 2008, un noto imprenditore mantovano ha presentato all'Ente nazionale aviazione civile un progetto autofinanziato per la riattivazione dello scalo;
tale progetto (accompagnato dalla domanda di concessione in uso dell'area) si articola in due fasi operative: la riapertura iniziale, limitata ai voli degli elicotteri, con la costruzione di un moderno eliporto H24 inseribile nel programma VertiPass, e la successiva riattivazione della pista erbosa di 950 metri per i velivoli turistici;
con l'accoglimento dell'istanza del privato, si riattiverebbe un'infrastruttura con serie prospettive di sviluppo per il futuro, a costo zero per lo Stato;
a partire dal 2007, l'aero club Mantova ha reiteratamente manifestato all'ENAC un interesse per l'area aeroportuale in vista di un probabile trasferimento dalla sua sede attuale sita nel comune di Curtatone (Mantova) e tale interesse è stato ulteriormente riconfermato con nota del 29 aprile 2009;
pure altri enti, imprese aeronautiche e associazioni di protezione civile hanno più volte manifestato il loro interesse per l'area nel rispetto della sua vocazione aeronautica;
al contrario, il comune di Mantova ha sempre cercato di dimostrare la insussistenza di qualsiasi interesse per una ripresa dell'attività aeronautica della infrastruttura, onde potere acquisire l'area demaniale come bene dismesso dallo Stato;
ben tre sopralluoghi dei tecnici dell'aviazione civile hanno evidenziato (rispettivamente nel 1997, nel 2003 e nel 2006) la non idoneità per un impiego sicuro dell'elicottero della vicina elisuperficie dell'ospedale Carlo Poma di Mantova, distante meno di un miglio dall'aeroporto;
la città di Mantova è considerata ad alto rischio idrogeologico ed ambientale e non dispone di alcuno spazio idoneo all'approdo di mezzi aerei da soccorso, né, tantomeno, di una superficie estesa atta ad accogliere strutture di emergenza e a consentire l'addestramento del personale della protezione civile;
i piani regionali di emergenza della protezione civile hanno evidenziato come l'aeroporto del Migliaretto sia strategico per l'evacuazione ed il soccorso alla popolazione in caso di calamità (l'aeroporto di Preturo, presso l'Aquila, ha dimostrato quale ruolo fondamentale svolgano le infrastrutture di questo tipo);
la cancellazione dell'aeroporto mantovano, del quale gli ispettori di volo dell'ENAC hanno riconosciuto la piena sicurezza contrasta con una delibera della giunta regionale lombarda (D.G.R. n. VI/17504 del 1o agosto 1996) che, respingendo ogni variante al PRG comunale volta ad adibire l'aeroporto ad altri usi ha evidenziato l'importanza strategica della infrastruttura quale eliporto diurno-notturno ed aeroporto turistico;
una legge dello Stato, tuttora vigente, fa obbligo a ciascuna provincia di essere dotata di almeno un campo di fortuna di

pubblica utilità (legge n. 1630 del 1927) ed una petizione firmata da oltre 2.000 cittadini mantovani ha chiesto la riapertura dello scalo minore;
negli anni ottanta, il comune di Mantova ha realizzato sul sedime demaniale alcuni importanti manufatti (un collettore fognario lungo 1.200 metri, un acquedotto e un metanodotto) e l'esecuzione di tali opere non risulta essere assistita dalle necessarie autorizzazioni amministrative del demanio proprietario;
il quotidiano Libero e la Gazzetta di Mantova hanno, rispettivamente nelle edizioni del 22 novembre 2009 e del 25 novembre 2009, dato la notizia di un accordo tra l'ENAC e il comune di Mantova che prevede lo smembramento del sedime, salvaguardando solo una porzione di area da destinare ad eliporto e rinunciando, quindi, al vincolo aeroportuale;
nell'istanza avanzata dall'imprenditore mantovano, giacente da un anno e mezzo in ENAC, si specifica che l'interesse del privato è riferito all'intera superficie aeroportuale, in quanto un suo utilizzo parziale sarebbe preclusivo di sviluppo e antieconomico;
con lo smembramento dell'area, verrebbe inoltre inevitabilmente pregiudicata la possibilità di insediamento sul sedime da parte di altri soggetti aeronautici istituzionali, quali l'Aero Club Mantova;
in data 29 giugno 2009, i capigruppo di Forza Italia e Alleanza Nazionale presso il comune di Mantova hanno richiesto al presidente dell'ENAC, con lettera raccomandata, di essere informati sullo stato della pratica relativa all'aeroporto del Migliaretto, invitandolo a tutelare l'esistenza del piccolo aeroporto mantovano;
a tale istanza non è mai stata data alcuna risposta -:
per quale motivo l'ENAC abbia fornito, solo di recente, una risposta ad avviso dell'interrogante alquanto vaga ed interlocutoria all'istanza amministrativa presentata, nel settembre 2008, dall'imprenditore mantovano;
per quale motivo l'ENAC abbia parimenti fornito una risposta altrettanto recente, e, ad avviso degli interrogante, vaga ed interlocutoria alle ripetute manifestazioni di interesse dell'Aero Club Mantova;
per quale motivo il presidente dell'ENAC, nonostante un sollecito scritto inviatogli in data 25 settembre 2009, non abbia mai risposto alla missiva inviatagli dai capigruppo di Forza Italia e Alleanza Nazionale presso il comune di Mantova;
se le notizie pubblicate sulla stampa relative al raggiungimento di un accordo tra l'ENAC e il comune di Mantova che prevede lo smembramento dell'aeroporto del Migliaretto corrispondano al vero;
quali siano gli elementi in base ai quali l'ENAC intenda dismettere un aeroporto dello Stato con conclamate potenzialità di sviluppo, ignorando quanto già deliberato dalla regione Lombardia;
quali siano i motivi per i quali l'ENAC intenda rinunciare a un progetto di impresa autofinanziato, nonché finalizzato alla riattivazione e al rilancio dell'aeroporto di Mantova;
se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda alienare un aeroporto dello Stato, autorizzando la sua parcellizzazione e/o il suo smembramento, pregiudicandone per sempre l'esistenza e ogni futura possibilità di utilizzo.
(4-06536)

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAPARINI, GRIMOLDI, GIDONI e VANALLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14 della bozza di regolamento di servizio del Corpo nazionale dei

vigili del fuoco ex articolo 140 del decreto legislativo n. 217 del 2005 recante disposizioni sull'ordinamento gerarchico - al comma 5 - prevede che: «In caso di intervento di soccorso in cui vengano ad operare congiuntamente personale permanente e personale volontario, la direzione dell'intervento di soccorso è sempre affidata al responsabile della squadra composta dal personale operativo permanente»;
il regolamento in questione è previsto dalle disposizioni contenute all'articolo 140 del decreto legislativo n. 217 del 2005 che a sua volta è attuativo della legge di delega n. 252 del 30 settembre 2004, dove espressamente viene escluso il personale volontario dall'ambito della delega stessa;
la disposizione pare contrastante con l'attuale impianto normativo, in particolare nello stesso articolo 14, dove, al comma 1-bis, si afferma che l'ordinamento gerarchico si espleta anche nei confronti del personale volontario, stabilendo un ordine fra i vari ruoli e qualifiche presenti nella totalità del personale operativo del Corpo, indipendentemente dall'appartenenza all'una o all'altra componente;
le norme contenute nel decreto legislativo n. 139 del 2006 adottate in attuazione di un'altra delega legislativa volta al riassetto delle disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, perseguendo l'obiettivo di ridurre in una normativa più organica di rango primario le varie disposizioni esistenti relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nella parte concernente il personale volontario, ne sottolineano le attribuzioni, rimandando a quanto previsto nel vigente regolamento ad essi dedicato (decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004). In tal senso sono conformi anche le note esplicative contenute nella circolare del Ministero dell'interno n. 47234/21.01A del 10 marzo 2006, che accompagnarono l'emanazione della norma;
l'articolo 354 del codice di procedura penale in tema di «Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro», al comma 2, prevede che siano esclusiva prerogativa degli ufficiali di polizia giudiziaria (quindi anche dei funzionari, capi reparto e capi squadra volontari) i necessari rilievi e gli atti conservativi qualora vi sia pregiudizio di alterazione, modifica sostanziale o scomparsa di elementi probatori. Compito delicato ed importante ai fini di eventuali indagini e tipico dell'operare dei vigili del fuoco, che sovente si trovano ad agire nelle condizioni sopra citate, ove è pressoché necessaria la sovrapposizione di tali adempimenti di polizia giudiziaria con quelli necessari alla gestione dell'intervento. Perciò è inevitabile soffermarsi sulla liceità di una norma che prevede, in taluni casi, di esporre un procedimento a rilevanza penale al rischio di vizi procedurali tali da comprometterne la legittima prosecuzione e, di fatto, di imporre un'omissione di atti d'ufficio nei confronti degli ufficiali di polizia giudiziaria volontari. Essi potrebbero, ad avviso degli interroganti, essere legittimati a disattendere una siffatta disposizione ritenendola con giusta ragione, illegittima e per ciò stesso inapplicabile;
tale assunto rischia di ingenerare problemi in ambito operativo tra il personale volontario e quello permanente in contrasto con la tradizione del Corpo che, dalla sua creazione fino ad oggi, ha sempre rispettato la gerarchia nelle qualifiche funzionali indipendentemente dal fatto che esse facessero capo ad un vigile permanente od a un vigile volontario;
in ambito strettamente giuridico, poi, si ribadisce come la disposizione in questione si mostri contraria a quanto stabilito in norme superiori per rango normativo: di fatto si afferma che una norma regolamentare secondaria - nella fattispecie un decreto del Presidente della Repubblica - sviluppi i suoi effetti nei confronti di una legge primaria -:
se il Ministro non intenda modificare lo schema di regolamento lasciando inalterate le attribuzioni per ruoli e qualifiche del personale volontario come già previsto dalla vigente normativa.
(5-02653)

FIANO, DE BIASI, ZACCARIA, QUARTIANI, PELUFFO, DUILIO e POLLASTRINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
è trascorso quasi un mese dal 13 febbraio 2010, quando in via Padova a Milano, un cittadino egiziano di 19 anni è stato barbaramente ucciso a coltellate in seguito ad una lite per futili motivi;
in seguito a questo grave episodio di violenza si è scatenata, nelle ore immediatamente successive, una e vera e propria guerriglia urbana, con ingenti danni per proprietà private e pubbliche;
il Ministro dell'interno aveva promesso l'invio di 170 agenti ad integrazione dell'attuale organico in servizio nella città di Milano, da aggiungersi agli uomini delle Forze dell'ordine, 25 poliziotti, 25 carabinieri e 10 finanzieri, decisi dal vertice sulla sicurezza tenutosi a Milano il 27 febbraio 2010, alla presenza del vicecapo della polizia, Francesco Cirillo;
a tutt'oggi le promesse del Ministro risultano disattese;
Milano sta ancora attendendo i 170 agenti in più; la questura milanese versa in condizioni di grave carenza sia di uomini che di mezzi; l'organico a Milano è sceso a 3.680 unità invece delle 3.900 previsti -:
quali siano i tempi di arrivo dei 170 agenti promessi in seguito alle vicende di via Padova;
se i suddetti 170 agenti saranno trasferiti in servizio permanente effettivo presso la questura di Milano;
quale sia il numero di militari impiegati al fianco degli agenti di polizia per il controllo del territorio nella città di Milano;
se vi siano state variazioni del numero dei militari suddetti dall'inizio del loro impiego nel controllo del territorio al fianco delle forze dell'ordine;
se, a seguito del suddetto episodio, dell'omicidio e degli scontri di via Padova a Milano, sia stato modificato il numero dei militari impiegati per il controllo del territorio nella città di Milano, al fianco delle forze di polizia.
(5-02654)

TOUADI e MADIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 marzo 2010, verso le ore 20, un gruppo di quindici giovani è entrato con il volto coperto da sciarpe, armato di bastoni di legno, ed ha devastato un internet point di un cittadino italiano di origine bengalese, sito nel quartiere della Magliana a Roma;
nel locale, che oltre ai servizi internet vende anche cibo bengalese, c'erano circa una decina di persone tra le quali una donna incinta;
il gruppo, una volta entrato, ha chiesto chi fosse il titolare ed ha iniziato a devastare le vetrine, i computer, mentre anche la cassa veniva svuotata. Gli aggressori hanno ferito tre persone che sono state accompagnate al vicino ospedale San Camillo;
dalle prime indagini sembra che il raid possa avere una matrice di tipo razzista e comunque tale motivazione non è esclusa dagli inquirenti;
non è la prima volta che la città di Roma è vittima di manifestazioni violente di tipo razzista. Tra gli episodi più noti, l'assalto, circa due anni fa, al quartiere Pigneto di tre negozi gestiti da commercianti di origine bengalesi, mentre, nel 2009, in occasione dei preparativi per il Capodanno, una ventina di ragazzi dal volto scoperto ha assalito con le spranghe cinque bengalesi che si erano addormentati a Villa Bonelli, nel quartiere Prenestino -:
se sia a conoscenza delle reali cause che hanno portato alla feroce aggressione e alla devastazione del negozio sito nel quartiere della Magliana della capitale;
quali siano le politiche di integrazione e convivenza civile che il Governo

intende adottare, anche alla luce di frequenti aggressione e forme di razzismo cui è testimone la città di Roma;
quali misure intenda adottare per garantire l'incolumità dei cittadini stranieri, ed in particolare della comunità bengalese, fatta oggetto di reiterati atti di aggressione e violenza.
(5-02664)

RENATO FARINA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un articolo sul quotidiano Il Giornale del 13 marzo 2010, pagina 14, a firma Antonio Selvatici, si afferma che:
1) la Repubblica ceca, e in ispecie l'«Úřad dokumentace a vyšetřování zločinů komunismu - Ufficio per la documentazione e le indagini dei crimini del comunismo (il quale) sta indagando sull'omicidio di Aldo Moro, ma non solo» avrebbe inoltrato, tramite Interpol, una serie di rogatorie ai competenti interlocutori italiani;
2) la richiesta di collaborazione investigativa riguarderebbe i filoni d'inchiesta che vertono a) sulla «pistola mitragliatrice Skorpion costruita in Cecoslovacchia in una fabbrica a pochi chilometri da Brno» utilizzata per uccidere Aldo Moro e di come una serie di queste armi sia finita nella mani delle brigate rosse, che la utilizzarono per assassinare anche Roberto Ruffilli, Lando Conti ed Ezio Tarantelli; b) sui campi d'addestramento dove alcuni membri delle Brigate rosse si sarebbero addestrati negli anni settanta in particolare a Kariovy Vary;
3) in passato un'analoga richiesta diretta all'Italia, e riguardante l'attentato del 1975 contro Jiri Pelikan, era stata declinata con la formula «il reato è prescritto» -:
se i fatti sopra riferiti siano veri;
se nel caso si intenda procedere a dar corso a queste richieste;
se il Governo sia in grado di comunicare documenti o ulteriori notizie al riguardo.
(5-02665)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 13 marzo 2010 è apparso un lancio dell'agenzia ANSA a firma Pasquale Faiella, intitolato: «Nomadi: morto a Milano; centro rom a Maroni, basta sgomberi»;
il lancio dà conto della lettera-denuncia inviata al ministro dell'interno, Roberto Maroni, lo scorso 3 marzo 2010 da Robert Kushen, direttore del Centro europeo per i diritti dei Rom (Errc), nella quale, da un lato, vengono denunciati «abusi, verbali e fisici, da parte di agenti delle forze di polizia» incaricati degli sgomberi dei campi Rom e Sinti in Italia e in particolare a Milano e Roma e, dall'altro, viene chiesta la sospensione degli stessi sgomberi, ormai giunti a quasi trenta in poco più di due mesi con ciò coinvolgendo oltre 900 persone nel solo capoluogo lombardo e che sono stati svolti «con allarmante frequenza durante i mesi invernali, quando le condizioni meteorologiche rappresentano una minaccia per la salute e la sopravvivenza»;
il predetto allarme è stato lanciato da Robert Kushen appena qualche giorno prima della tragica vicenda del ragazzo di 13 anni, morto carbonizzato la notte del 12 marzo nel campo Rom di via Novara a Milano; vicenda che, secondo l'Opera nomadi, assume oggi «particolare attualità e rilevanza»;
secondo il Centro europeo per i diritti dei Rom, che ha inviato la denuncia anche al prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, «gli sgomberi che hanno coinvolto Rom e Sinti a Milano e in altre città

sono illegali e tutti violano gli obblighi assunti dall'Italia ai sensi del diritto internazionale, in particolare quelli che riguardano il diritto all'abitazione, alla proprietà, all'integrità personale, all'istruzione e il divieto di discriminazione»;
nel documento del predetto organismo internazionale, si legge anche di «abitazioni e altri beni che vengono arbitrariamente distrutti» e che «alla maggior parte delle persone oggetto di sgombero non viene offerta una sistemazione alternativa e nelle rare occasioni in cui ciò accade, la sistemazione è generalmente inadeguata, anche perché prevede la divisione dei nuclei familiari»;
chi paga il maggior prezzo degli sgomberi, secondo l'organizzazione europea dei Rom, sono i minorenni, atteso che «alcuni bambini a Milano sono stati costretti a interrompere la frequenza scolastica e in particolare a seguito dello sgombero dell'insediamento di via Rubattino, il 19 novembre 2009. Inoltre gli agenti della forze di polizia che svolgono le operazioni sono spesso presenti con un numero sproporzionato rispetto alle persone che intendono allontanare, anche se tra queste c'è una significativa percentuale di bambini e di persone disabili»;
nella lettera al Ministro, inoltre, il centro europeo per i diritti dei Rom ricorda al governo italiano che il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite (Cescr) «ha chiarito molto bene che gli sgomberi forzati sono una violazione del diritto a un alloggio adeguato. In tutti i casi di sgomberi forzati ogni singola procedura di garanzia individuata dal Cescr è stata ignorata; tipo quella che prevede un adeguato e ragionevole preavviso per tutte le persone interessate prima della data prevista per lo sgombero e di non procedere con gli sgomberi quando ci sono condizioni climatiche particolarmente avverse o di notte» -:
se intenda verificare le modalità con cui le forze di polizia hanno proceduto allo sgombero dei campi Rom e Sinti ubicati a Roma e Milano al fine di appurare se nelle predette occasioni siano state rispettate le disposizioni normative vigenti e i diritti fondamentali delle persone ivi alloggiate;
se il Governo non intenda rivedere quanto prima la politica che agli interroganti appare repressiva e discriminatoria, fin qui seguita, degli sgomberi indiscriminati dei campi Rom e Sinti, e avviare invece un'approfondita riflessione sulle politiche di integrazione, affrontando in particolare l'aspetto della scolarizzazione e dell'integrazione sociale dei bambini appartenenti a comunità nomadi;
se, a tal fine, non si intenda predisporre un piano nazionale, integrato e pluriennale per la frequenza e il successo scolastico di minori Rom e Sinti.
(4-06523)

SIRAGUSA e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 31 maggio 1965, n. 575 - Disposizioni contro la mafia all'articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), recita: «I beni immobili sono: trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, per finalità istituzionali o sociali. Il comune può amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Se entro un anno dal trasferimento il comune non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi»;
la possibilità di assegnare a finalità collettive i beni confiscati alla criminalità

organizzata ha assunto in Sicilia un valore simbolico irrinunciabile nella lotta alla mafia;
il comune di Palermo ha stabilito - ai sensi della deliberazione n. 214 del 3 settembre 2007 avente per oggetto «Problematiche inerenti l'emergenza abitativa - atto di indirizzo», recepita dal Regolamento degli interventi abitativi (modificato con deliberazione del consiglio comunale n. 510 dell'11 novembre 2009) - l'utilizzazione dei beni confiscati alla mafia prioritariamente per l'assegnazione temporanea ai nuclei familiari in grave disagio alloggiativo individuati ai sensi del regolamento degli interventi abitativi;
se il patrimonio immobiliare generato dalla confisca dei beni mafiosi venisse destinato all'emergenza abitativa, come previsto dalla legge, potrebbe risolvere il disagio di molte famiglie palermitane;
nei giorni 2, 3, 4, 5 e 11 marzo 2010 la trasmissione televisiva Striscia la Notizia, ha trasmesso i servizi della inviata a Palermo, Stefania Petyx, su i «Beni sequestrati alla mafia» http://www.striscialanotizia.mediaset.it/videogallery/videogallery_ petyx.shtml;
dai servizi emerge chiaramente che molti dei beni confiscati alla mafia non sono stati assegnati a Onlus con fini sociali o istituzionali, come previsto dalla legge, ma a sedicenti associazioni con fini di lucro: controllando il lavoro delle società beneficiarie e i servizi che dovrebbero offrire alla città, l'inviata apprende che dietro a queste associazioni si nascondono vere e proprie aziende, alle quali il comune di Palermo assegna beni sequestrati a Cosa nostra in difformità dalla legge e del regolamento comunale;
in data 11 marzo 2010 nell'ambito dell'approvazione del «Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2010: istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/3175/6 dell'interrogante, con il quale si è impegnato «... a prevenire qualunque distorsione nell'assegnazione e nella gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, affinché non si verifichino mai più "zone d'ombra" nel rapporto tra pubblica amministrazione e la criminalità organizzata»;
nel sopra citato atto di indirizzo, l'interrogante, ha fatto esplicito riferimento alla vicenda in oggetto e, in particolare, ha evidenziato come il comune di Palermo ha affidato alcuni beni ad associazioni con fini di lucro (Aspasia, unione degli assessori) senza peraltro che tali beni fossero inseriti negli elenchi ufficiali; in particolare risulta che un bene confiscato che si trova in un quartiere residenziale del centro città, sia stato assegnato all'unione degli assessori; risulta inoltre, che il bene in questione non fosse presente nelle liste pubbliche dei beni, dunque nessuno avrebbe potuto sapere che esso fosse disponibile se non chi operava; dall'Unione il comune acquista servizi professionali (i beni confiscati, come sappiano non possono essere in alcun modo assegnati a chi produce lucro), e uno dei responsabili dell'Unione degli assessori risulta essere stato consulente del sindaco di Palermo fino al 2006;
sulla vicenda dell'assegnazione da parte dell'Amministrazione comunale di un bene confiscato all'associazione Aspasia, si richiama l'interrogazione a risposta scritta 4-05966 presentata dall'interrogante in data 2 febbraio 2010;
numerosi sono comunque i beni assegnati che non si ritrovano nelle liste ufficiali pubblicate dal comune di Palermo -:
se il Ministro sia a conoscenza dell'elenco di tutti i beni confiscati alla mafia nel territorio del comune di Palermo e di quelli assegnati con relativa indicazione dell'assegnatario e se intenda darne comunicazione;
se, nell'ambito delle sue prerogative non intenda verificare la gravissima situazione descritta in premessa.
(4-06527)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è dotato su tutto il territorio nazionale di autoscale, cioè di automezzi di particolare specificità e complessità progettuale e costruttiva, quotidianamente utilizzate nel servizio di soccorso per raggiungere i piani alti delle abitazioni (oltre il 2o piano);
le autoscale di ultima generazione dei modelli Iveco da 27/30/37 metri assegnate nei vari comandi, il cui costo unitario varia dai 550.000,00 ai 650.000,00 euro, hanno presentato un cedimento strutturale di notevole gravità ai puntoni stabilizzatori;
in particolare un mezzo del comando di Milano, è stato inviato alla ditta costruttrice IMS (Iveco mezzi speciali) per gli opportuni interventi risolutivi del problema; intervento per il quale la IMS si è limitata alla saldatura degli ancoraggi dei suddetti stabilizzatori, facendo ricadere sull'Amministrazione dei vigili del fuoco i costi;
in seguito ad utilizzo la saldatura non ha retto alle sollecitazioni, compromettendo nuovamente l'operatività del mezzo;
il primo dirigente del comando di Milano, ha comunicato la volontà di non liquidare i suddetti interventi all'IMS in quanto, in un primo tempo la stessa ditta non aveva previsto oneri a carico dell'amministrazione;
a seguito di ciò la RdB ha chiesto chiarimento al dipartimento dei vigili del fuoco rispetto al numero complessivo delle autoscale coinvolte sul territorio nazionale e che per approssimazione risulterebbero di circa 150 unità di più o meno recente assegnazione, ma della stessa tipologia;
a tutt'oggi nulla è dato sapere in merito agli esiti delle verifiche dei mezzi;
nel Comando nazionale dei vigili del fuoco esistono numerose autoscale con 40 anni di servizio che richiedono continui e sostenuti costi gestione e riparazione;
risulta ormai necessario ed improcrastinabile effettuare una capillare verifica di tutte le autoscale di cui è dotato il Comando nazionale dei vigili del fuoco su tutto il territorio nazionale;
sarebbe opportuno, in merito ai deficit strutturali, riconosciuti anche dall'ex responsabile area macchinari, vengano poste in essere opportune e congrue soluzioni e che gli oneri delle stesse siano a totale carico della ditta costruttrice;
è necessario che vengano assegnati fondi mirati al mantenimento standard del servizio di soccorso, al fine di assicurare efficienza e sicurezza per le squadre operative dei vigili del fuoco e dei cittadini che usufruiscono di tale servizio;
risulta indispensabile utilizzare oculatamente i fondi in carico ai capitolati riguardanti l'acquisto e la riparazioni degli automezzi e, quindi, non sperperare tali scarse risorse, come pure è accaduto per l'acquisto di un centinaio di autopompe serbatoio (mini APS BAI Mitsubishi Canter), che nel caso specifico hanno dimostrato problemi di stabilità tanto che in molti comandi non vengono più utilizzate per il servizio di soccorso -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per mettere il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle condizioni di avere mezzi efficienti e risorse sufficienti per il soccorso e l'assistenza dovuta ai cittadini, e se non reputi opportuno predisporre una Commissione interna che vigili sugli acquisti e sulle manutenzioni dei macchinari nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco per evitare utilizzi inadeguati del denaro pubblico.
(4-06528)

MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la carenza nell'organico dei Vigili del fuoco si sta acuendo per effetto del pensionamento del personale, aumentati negli ultimi anni e l'inadeguata assunzione di

nuovo personale organico pur in presenza di graduatorie di concorso ancora aperte;
in particolare il concorso riservato ai lavoratori precari dei Vigili del Fuoco che da tempo svolgono il loro lavoro a tempo determinato presso i comandi provinciali;
a Modena solo nel corso del 2008 i richiami di servizio di questi lavoratori sono stati complessivamente 500;
recentemente come denunciato dai sindacati del settore della CGIL della CISL e della UIL una interpretazione della legge finanziaria prevedrebbe di non proseguire con l'assunzione dei vigili precari ma solo dei militari in ferma breve ciò aumenterebbe la carenza di personale che ad esempio a Modena è particolarmente elevata ad esempio per quanto riguarda la responsabilità dei dirigenti di squadra -:
come il Ministero dell'Interno intenda provvedere a tale grave situazione e dunque se e quando intenda provvedere a completare l'assunzione dei vigili precari e ciò per rispondere alle esigenze del comando provinciale vigili del Fuoco di Modena.
(4-06529)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adn-kronos in data 12 marzo 2010, nel 2009 le domande di asilo politico in Italia si sarebbero quasi dimezzate, atteso che, secondo i dati forniti dal ministero dell'interno, dalle 30.492 domande presentate nel 2008 si sarebbe passati a 17.603 richieste di protezione internazionale presentate nel 2009;
l'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati ha rilevato che, a fronte di questi dati, a livello europeo si nota una sostanziale stabilità nel numero delle domande. In alcuni paesi europei come Francia (circa 42mila domande) e Germania (circa 27mila) le domande di asilo sono aumentate rispettivamente del 20 e del 25 per cento in rapporto all'anno precedente;
secondo gli operatori e gli osservatori internazionali, in Italia tale diminuzione potrebbe essere anche attribuita alle politiche restrittive attuate nel Canale di Sicilia da Italia e Libia, fra le quali si segnala la prassi dei respingimenti in mare. L'Unhcr ha rilevato come una gran parte di coloro che hanno raggiunto le coste italiane fino al mese di maggio 2009 aveva fatto domanda di asilo. L'anno precedente, il 75 per cento di coloro arrivati via mare aveva chiesto protezione alle autorità italiane ottenendola nel 50 per cento dei casi circa;
stando a quanto dichiarato da Laurens Jolles, rappresentante dell'Unchr per l'Europa meridionale, «il netto calo delle domande di asilo in Italia dimostra come i respingimenti anziché contrastare l'immigrazione irregolare abbiano gravemente inciso sulla fruibilità dei diritto di asilo in Italia»;
dal maggio 2009 gli sbarchi sono calati del 90 per cento rispetto all'anno precedente, ciò mentre la violenza e l'instabilità nei Paesi di origine dei richiedenti asilo continuano a mettere in fuga sempre più persone per cercare protezione in Paesi sicuri -:
cosa intenda fare per garantire l'esercizio pieno del diritto di asilo da parte di esseri umani che si spostano dal loro Paese d'origine per fuggire da una situazione di conflitto o di persecuzione, così come sancito dalle convenzioni internazionali e dalla Costituzione italiana.
(4-06531)

BARBATO, MAZZARELLA, PALAGIANO, GARAVINI, ANIELLO FORMISANO, RAZZI, PICCOLO, NICOLAIS, CIRIELLO, BOFFA, SARUBBI, MISITI e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 risulta candidata nella lista

del Nuovo PSI, lista Caldoro, la signora Pontillo Michela, moglie o compagna del dottor Scialdone Antonio, direttore generale del Consorzio Unico di Bacino di Napoli e Caserta, e destinatario di avvisi di garanzia per associazione a delinquere unitamente a personaggi malavitosi del clan Belforte;
lo Scialdone Antonio, come si apprende da notizie di stampa, risulterebbe indagato per il reato di associazione a delinquere, reato che sarebbe stato commesso nella qualità di direttore generale unitamente ad esponenti della criminalità organizzata (Mattino del 19 dicembre 2010);
in ragione di tale ipotesi delittuosa lo Scialdone ha subito anche un provvedimento di sequestro di somme per l'importo di circa euro 500.000,00;
il dottor Scialdone Antonio, in vista delle elezioni regionali del 2010, procaccia posti di lavoro in favore di alcuni cittadini di Vitulazio, sia alle dipendenze di società operanti nel settore dei rifiuti, sia alle dipendenze di società di vigilanza;
in ragione del ruolo svolto nell'ambito del consorzio unico quale direttore generale in vista delle elezioni regionali pone in essere alcune operazioni sospette come si apprende dal quotidiano il Mattino (pagina Caserta) del 17 febbraio 2010, in cui si legge della regolarizzazione di alcune assunzioni effettuate alle dipendenze della società «Matese Ambiente s.r.l.», società sciolta per infiltrazioni camorristiche;
all'esito dello scioglimento della società Matese Ambiente, il prefetto di Caserta contestava la regolarità delle assunzioni, mentre successivamente, ad avviso dell'interrogante all'evidente scopo di procacciare consensi alla moglie candidata alla Regione Campania, il dottor Scialdone rinuncia al ricorso nella qualità di Direttore generale del Consorzio Unico con conseguente stabilizzazione dei dipendenti;
come si apprende dal Corriere di Caserta del 25 febbraio 2010, nonostante gli esuberi e lo stato di liquidazione del Consorzio Unico, il dottor Scialdone Antonio, nella qualità di direttore generale, provvede alla stabilizzazione di diverse unità lavorative precarie per la sola articolazione della Provincia di Caserta;
a seguito di tale atto posto in essere dallo Scialdone i sindacati Rdb, Sindacato Azzurro, UAP, Cesil, Cobas e Fesica, inoltrano un esposto alla magistratura contabile in ordine alla stabilizzazione dei dipendenti precari nonostante gli esuberi di personale esistenti;
tra l'altro, alcuni dipendenti del Consorzio rifiuti e ditte correlate, assunti per intercessione dello Scialdone, risultano candidati in alcune liste provinciali collegate alla lista del candidato a Presidente Zinzi sotto il simbolo «PRI» ed «MPA» che per le regionali risultano uniti sotto il simbolo per Caldoro Presidente, stessa lista ove risulta candidata la signora Pontillo -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e necessario:
a) avviare accertamenti circa i possibili e potenziali condizionamenti del voto delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010;
b) verificare, quindi, le condizioni per l'insediamento di una commissione d'accesso presso il consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta.
(4-06537)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
nonostante le difficoltà economico-congiunturali che il nostro Paese sta affrontando, per fronteggiare il problema della edilizia scolastica il Governo ha voluto investire in maniera significativa;

in data 18 luglio 2008, con apposito decreto, il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha attivato per l'anno 2008 il piano di messa a norma degli istituti scolastici, che ha previsto uno sviluppo di investimenti, grazie anche al contributo di regioni e di enti locali, pari a 300 milioni di euro; analogo piano è stato previsto anche per il 2009;
con il decreto-legge n. 137 del 2008 è stato previsto lo sblocco di risorse non compiutamente utilizzate, per destinarle alla messa in sicurezza di non meno di 100 edifici scolastici caratterizzati da particolare criticità sotto il profilo della sicurezza sismica nonché lo snellimento delle procedure di utilizzazione delle risorse stesse;
con il medesimo provvedimento è stato altresì disposto il consolidamento, a regime, dell'assegnazione ad interventi di edilizia scolastica nelle zone a rischio sismico di una percentuale non inferiore al 5 per cento delle risorse complessivamente assegnate al Programma delle infrastrutture strategiche;
con l'intesa raggiunta nella Conferenza unificata del 13 novembre 2008, si è proceduto, con apposita ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, alla ripartizione di un fondo per l'adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici per un totale di 20 milioni di euro annui, tratti dai risparmi delle cosiddette «spese della politica»;
con protocollo di intesa sottoscritto tra il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'Inail, è stato attivato un ulteriore piano di finanziamento, per un importo complessivo di 100 milioni di euro, per l'adeguamento a norma delle scuole secondarie di primo e secondo grado;
a conferma dell'impegno del Governo nel settore si segnala la decisione del CIPE, del 6 marzo 2009, di impegnare un miliardo nel triennio per l'edilizia scolastica antisismica;
l'edilizia scolastica, da molto tempo è competenza legislativa e amministrativa delle regioni, queste ultime, unitamente alle province e ai comuni, hanno costantemente destinato, non solo per la manutenzione straordinaria ma anche per le nuove edificazioni, una parte rilevante delle loro uscite in conto capitale, sia con finanziamenti diretti sia con risorse ricavate con mutui a loro carico;
tuttavia, al di là della giusta attenzione che il Governo dedica all'emergenza concernente la sicurezza degli istituti scolastici, occorre altresì far fronte alle problematiche logistiche che le regioni e gli enti locali si trovano a dover affrontare per garantire un servizio di qualità;
nella provincia di Verona in particolare i fondi per l'edilizia scolastica sono necessari anche per superare situazioni di disagio come quella che riguarda l'istituto alberghiero di Soave, sede collegata con L'IPSAAR «A. Berti» di Verona, che si trova in aule distribuite tra tre diversi plessi senza la possibilità, per carenza di risorse, di acquisire un'area nella quale l'istituto possa trovare una collocazione idonea a superare questa frammentazione;
i fondi provinciali per l'edilizia scolastica non sono sufficienti a coprire i costi di una struttura scolastica unitaria e moderna, ma attraverso un incremento delle risorse attribuite, anche tenuto conto delle necessità espresse dai territori, potrebbe forse farsi fronte più adeguatamente a tali problematiche che, ancorché non prioritarie come quelle relative alla sicurezza delle strutture scolastiche, assumono grandissimo rilievo in relazione alla qualità della formazione delle giovani generazioni -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione all'incremento dei fondi destinati all'edilizia scolastica con particolare riferimento a quei casi nei quali possibili scelte di ottimizzazione della rete scolastica sono impossibile per l'insufficienza

delle risorse come ad esempio avviene per il caso dell'istituto Soave di Verona.
(2-00649) «Negro, Stucchi».

Interrogazioni a risposta scritta:

LUCIANO ROSSI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il riordino delle scuole di specializzazione mediche ha comportato in tutta Italia una considerevole riduzione del numero degli specializzandi e di conseguenza un accorpamento delle varie scuole di specializzazione;
le disposizioni ministeriali in tal senso, tese alla razionalizzazione dell'impiego delle risorse e dell'offerta formativa per i medici specializzandi, finalizzate ad evitare gli sprechi e a valorizzare il merito, ha avuto notevoli conseguenze provocando situazioni contraddittorie a livello nazionale;
nel caso specifico della scuola di specializzazione in ematologia dell'università degli studi di Perugia, ad esempio, si è, assistito all'accorpamento con la scuola di specializzazione in ematologia dell'università Tor Vergata di Roma, con un esodo forzato di molti specializzandi che all'improvviso si vedranno costretti a sostenere gli esami e a svolgere il tirocinio altrove;
la situazione risulta, inoltre, paradossale se si pensa che l'Umbria viene ad essere l'unica regione italiana priva di una scuola di specializzazione in ematologia;
è doveroso, tra l'altro, ricordare che la scuola di specializzazione in ematologia di Perugia, con tre professori ordinari, rappresenta una delle strutture di eccellenza nel panorama della ricerca scientifica a livello nazionale e internazionale, a cui si rivolgono pazienti provenienti da ogni regione d'Italia e spesso anche dall'estero -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di evitare la chiusura della scuola di specializzazione in ematologia dell'università di Perugia, centro di riferimento nazionale ed europeo sia per l'attività clinica che per quella scientifica e per salvaguardare il percorso formativo dei giovani medici specializzandi gravemente penalizzati dall'accorpamento di questa scuola con quella dell'università Tor Vergata di Roma.
(4-06508)

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il riordino delle scuole di specializzazione mediche ha comportato in tutta Italia una considerevole riduzione del numero degli specializzandi e, di conseguenza, un accorpamento delle varie scuole di specializzazione;
le disposizioni ministeriali in tal senso, con riferimento particolare al decreto ministeriale 5 febbraio 2010, ispirato ad un criterio di razionalizzazione delle risorse e dell'offerta formativa per le scuole di specializzazione medica, finalizzate ad evitare sprechi e valorizzare il merito, ha avuto notevoli conseguenze provocando situazioni contraddittorie a livello nazionale;
nel caso specifico della scuola di specializzazione di gastroenterologia di Perugia, aggregata per l'anno 2009-2010 con quella di Ancona, quest'ultima capofila, è una delle più antiche e rinomate scuole di specializzazione in Italia, classificatasi infatti tra i primi dieci centri di eccellenza a livello nazionale;
la scuola di specializzazione in gastroenterologia di Perugia ha avuto negli ultimi cinque anni una media di 2,4 specializzandi per anno;
la scuola di specializzazione ha sempre visto concessi dal Ministero due posti, mentre quella di Ancona uno solo, come risulta dalla tabella A del decreto ministeriale 5 febbraio 2010;
la scuola di specializzazione di gastroenterologia ed epatologia di Perugia

svolge una notevole attività assistenziale, comprendendo 34 posti letto, 6 posti di day hospital, senza contare i 25.428 esami strumentali diagnostici e terapeutici eseguiti nel 2007 e i 17.296 eseguiti nel 2008;
la delibera regionale numero 1220 del 31 ottobre 2001 classifica la struttura come centro di riferimento regionale per le gravi epatopatie e per i pazienti candidati al trapianto di fegato e che la delibera regionale numero 349 del 15 febbraio 2005 la classifica come centro di riferimento regionale per la gastroenterologia, l'epatologia e l'endoscopia digestiva -:
quali siano i criteri secondo i quali si è proceduto in questo accorpamento;
quali siano le motivazioni che hanno portato ad assegnare alla scuola di specializzazione di Ancona il ruolo di capofila;
se, in ragione di quanto premesso, il Ministro intenda riesaminare il decreto del 5 febbraio 2010, anche in relazione all'assegnazione dei contratti relativi all'anno accademico in corso e a quelli futuri.
(4-06517)

MISIANI e SANGA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le scuole della provincia di Bergamo vantano rilevanti crediti nei confronti del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca. In particolare, secondo quanto reso noto dall'ufficio scolastico regionale per la Lombardia, nei bilanci delle istituzioni scolastiche bergamasche risultano attualmente iscritti, relativamente agli anni 2006, 2007 e 2008, i seguenti residui attivi riguardanti finanziamenti ministeriali:
- euro 12.971.231,39 destinati alle supplenze;
- euro 4.054.094,71 per il miglioramento dell'offerta formativa;
- euro 2.674.106,68 per esami di Stato;
- euro 5.472.672,29 per altre voci per un totale di euro 25.172.105,07;
numerosi istituti hanno maturato crediti anche per centinaia di migliaia di euro che, se non restituiti, ne decreteranno non solo il dissesto finanziario, ma anche l'impossibilità di assolvere alla propria funzione educativa;
le istituzioni scolastiche, in attesa dei finanziamenti dovuti dal Ministero, hanno anticipato le spese con fondi propri provenienti anche da altri finanziamenti (comuni, tasse scolastiche, anticipazione del fondo d'istituto del salario accessorio dei lavoratori);
la situazione gestionale delle scuole, con particolare riferimento agli istituti comprensivi, è ormai al collasso: le scuole non chiamano più i supplenti per la sostituzione del personale assente (con la conseguente necessità di dividere i bambini nelle varie classi e, nelle scuole superiori, di mandare gli studenti a casa nelle ore scoperte), le ore di straordinario non vengono pagate o vengono pagate con forti ritardi, aumentano le difficoltà per l'acquisto di materiale (poiché il finanziamento per il funzionamento amministrativo e didattico è totalmente insufficiente per la gestione ordinaria delle scuole) -:
quali iniziative urgenti intendano adottare per incrementare i finanziamenti necessari al regolare funzionamento e per soddisfare i crediti vantati dalle scuole nei confronti dello Stato, al fine di garantire la piena funzionalità degli istituti scolastici e l'effettiva esigibilità del diritto all'istruzione da parte dei ragazzi e delle loro famiglie.
(4-06520)

TESTO AGGIORNATO AL 18 MAGGIO 2010

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per affrontare gli effetti della gravissima crisi internazionale nell'ultimo biennio il Governo ha stanziato ingenti somme, pur in una strategia di cautela per la stabilità dei conti pubblici, per interventi di sostegno al reddito a beneficio dei lavoratori sospesi dal lavoro a causa delle difficoltà e criticità che d'improvviso tante imprese hanno dovuto affrontare;
si ricorda lo stanziamento di 600 milioni di euro, di cui alla legge finanziaria per il 2009, ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, nonché l'accordo con le regioni per complessivi 8 miliardi in un biennio (5,635 da fondi nazionali e 2,65 regionali) in favore dei lavoratori colpiti dalla crisi;
con delibera Cipe del 6 marzo 2009 sono stati stanziati, per il biennio 2009-2010, 4 miliardi di euro con la seguente ripartizione: 2 miliardi e 950 milioni di euro al Centro-Nord; 1 miliardo e 50 milioni di euro al Mezzogiorno, mentre con i decreti ministeriali n. 45080 del 19 febbraio 2009 e n. 46449 del 7 luglio 2009, a valere sulle risorse sopra dette, sono state assegnate alle regioni risorse per complessivi 825,5 milioni di euro, a copertura della quota nazionale di finanziamento degli ammortizzatori in deroga;
si rammenta, altresì, che l'articolo 19, comma 9-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha disposto che «in sede di prima assegnazione delle risorse destinate per l'anno 2009, di cui al comma 9 del presente articolo, nelle more della definizione degli accordi con le regioni e al fine di assicurare la continuità di trattamenti e prestazioni, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali assegna quota parte dei fondi disponibili direttamente alle Regioni ed eventualmente alle Province»;
la scelta di operare in raccordo con regioni e province per l'attuazione delle politiche di sostegno al reddito si instrada sulla via federalista ed è garante di risposte puntuali e circostanziate alle variegate esigenze territoriali dei lavoratori e datori di lavoro;
il recente dibattito politico sugli ammortizzatori sociali ha sottolineato l'importanza di non sottrarre fondi alla tutela dei lavoratori delle piccole e medie aziende, forza economica del nostro tessuto produttivo, cuore pulsante dell'economia nazionale;
la salvaguardia dei lavoratori delle piccole e medie imprese deve essere prioritaria e stabile nel quadro di una revisione degli ammortizzatori sociali -:
quanti degli stanziamenti di cui in premessa siano stati utilizzati in favore delle piccole e medie imprese, quante piccole e medie imprese ne abbiano beneficiato e, se è vero che i fondi a disposizione sono sufficienti per tutto il 2010, quali interventi intenda porre in essere a decorrere dal 2011.
(3-00968)

LENZI, MARAN, DAMIANO, BARETTA, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei primi due mesi del 2010 sono state autorizzate 179,6 milioni di ore di cassa integrazione, contro i 72 milioni di ore dei primi due mesi del 2009;
l'attuale difficile congiuntura economica non può realisticamente essere considerata superata;
la cassa integrazione ordinaria è finanziata dalle imprese attraverso il versamento di un contributo fisso ad un apposito fondo Inps e tale fondo risulta da anni in attivo; in particolare, il Presidente dell'Inps Mastropasqua ha dichiarato che per l'anno 2009 sono state utilizzate solo il 60 per cento delle risorse;
come noto, la durata complessiva della cassa integrazione ordinaria non può superare le 52 settimane e la crisi aziendale deve dipendere da difficoltà temporanee, a seguito delle quali deve risultare certa la ripresa dell'attività;
la cassa integrazione straordinaria, finanziata anche grazie all'accordo tra Stato e regioni del 12 febbraio 2009, è stata modificata nella prassi, prevedendo come causa sufficiente l'attuale fase di crisi economica, senza che ciò si accompagni a processi di riconversione;
si registra il sempre maggiore ricorso alla cassa integrazione in deroga per le aziende che non possono accedere o hanno già utilizzato le altre tipologie;
pur mancando dati completi sul numero dei lavoratori e delle imprese coinvolte, si può ritenere che, stante l'esaurimento della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria, si sia di fronte ad un sistema di ammortizzatori disgiunto da qualsiasi valutazione sulla possibilità di ripresa produttiva della singola impresa e di mero accompagnamento dei lavoratori verso l'espulsione dal mercato del lavoro, nella totale assenza di politiche industriali -:
quale sia l'entità delle risorse effettivamente erogate e impegnate per le diverse tipologie di interventi e quanto il Governo intenda mettere in campo per il secondo semestre del 2010 e per il 2011, a fronte del progressivo aumento di disoccupati di lungo periodo e della progressiva contrazione dell'apparato produttivo.
(3-00969)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NICOLA MOLTENI, RIVOLTA e FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro, e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la SISME di Olgiate Comasco, storica azienda metalmeccanica specializzata nella produzione di componenti per lavastoviglie e frigoriferi, con 850 dipendenti, attraversa da tempo una situazione critica, sia per gli effetti della crisi che per la scelta dei vertici aziendali - effettuata oramai tre anni fa - di trasferire quattro linee produttive in Slovacchia;
la decisione di delocalizzare pare sia stata obbligata, frutto della guerra in atto nel mercato del rame, materia prima dei motori elettrici, il cui prezzo di mercato è triplicato negli ultimi anni;
la trattativa sindacale portata avanti all'indomani dell'annuncio dei tagli di personale si era conclusa con l'ottenimento della Cassa integrazione guadagni straordinaria per due anni, con decorrenza 1o gennaio 2009, per 170 lavoratori di cui 20 impiegati e 150 operai e l'attivazione del sistema della rotazione mensile per distribuire l'impatto economico del minor reddito per i cassintegrati su una platea di lavoratori più ampia e ridurre di conseguenza gli svantaggi economici;
era stato, altresì, raggiunto un accordo in base al quale gli esuberi sarebbero

stati gestiti con ricorso alla mobilità volontaria, all'accompagnamento alla pensione ed alla ricollocazione e riqualificazione professionale;
il prossimo dicembre 2010 scadranno i due anni di Cigs e per circa 200 dipendenti si prospetta la perdita del posto di lavoro, il che significa colpire 200 famiglie -:
quali iniziative il Governo intenda opportuno adottare, anche in termini di moral suasion, nei confronti del gruppo Sisme, affinché siano garantiti le prestazioni economiche essenziali per i 170 dipendenti interessati ed il mantenimento del sito produttivo di Olgiate e quali misure intenda adottare per favorire, a salvaguardia dei livelli occupazionali, investimenti nell'olgiatese e la competitività sul mercato.
(5-02662)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:

BECCALOSSI, CATANOSO, NOLA, BELLOTTI, DI CATERINA, DIMA e TADDEI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il piano di riorganizzazione e razionalizzazione delle articolazioni territoriali del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), deliberato ai sensi dell'articolo 24 dello statuto dal Consiglio di amministrazione, previo parere del Consiglio dei dipartimenti, è stato approvato con decreto ministeriale in data 22 marzo 2006 dall'allora Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, prevedendo una nuova struttura costituita da 15 centri e 32 unità di ricerca;
successivamente, il Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA) ha iniziato un percorso di verifica delle proprie strutture, anche in attuazione dell'articolo 4-sexiesdecies del decreto-legge n. 171 del 2008, convertito dalla legge n. 205 del 2008, che prevede il riordino degli enti di ricerca;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in considerazione del fatto che è in fase avanzata la procedura di rinnovo degli organi di amministrazione (il Consiglio dei ministri del 28 ottobre 2009 ha provveduto alla designazione del nuovo presidente) ha opportunamente invitato l'Ente a sottoporre il nuovo disegno di razionalizzazione al nuovo Consiglio di amministrazione;
in data 29 ottobre 2009 il Consiglio di amministrazione uscente, nonostante le raccomandazioni di cui sopra, ha adottato il progetto di razionalizzazione delle strutture con delibera n. 49 del 2009. A breve verrà adottata dallo stesso Consiglio uscente una nuova proposta che prevede delle modifiche alla precedente;
il progetto di razionalizzazione verrebbe adottato in disapplicazione delle disposizioni dettate dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 454 del 1999 e degli articoli 20, 21 e 24 dello Statuto;
il Piano verrebbe adottato in assenza del parere vincolante del Consiglio dei dipartimenti (unico organo scientifico dell'Ente), senza tuttavia procedere alla preventiva e necessaria indagine conoscitiva finalizzata ad accertare le reali esigenze di distribuzione «equilibrata» delle strutture di ricerca dell'Ente sul territorio e il ruolo svolto dalle stesse nel campo della ricerca scientifica e della sperimentazione;
il nuovo progetto di razionalizzazione prevede la chiusura di molte strutture di ricerca su tutto il territorio nazionale;

la chiusura di queste sedi, in molte regioni d'Italia, oltre a determinare un immotivato squilibrio territoriale della ricerca in agricoltura, comprometterebbe le finalità della riforma del CRA e determinerebbe il depauperamento del patrimonio storico culturale dell'Ente;
la chiusura di tali sedi appare in palese contrasto con l'esigenza di valorizzare i sistemi di gestione sostenibile degli ambienti agroalimentari; ad esempio, la chiusura dell'unità di ricerca per le produzioni enologiche nel Lazio concorrerebbe a determinare il mancato sviluppo delle attività di ricerca sulle tecniche di vinificazione per la valorizzazione delle produzioni enologiche, con specifico riferimento alla coltivazione delle vite ed alla produzione dei vini dell'Italia centrale, in totale controtendenza agli indirizzi dati dal Ministro per tale settore agricolo, anche alla luce dei brillanti risultati conseguiti a livello internazionale in tale produzione, momento di orgoglio dell'agricoltura italiana;
del resto, la chiusura delle sopraindicate sedi risulta di fatto già intenzionalmente attivata dal momento che i bandi di concorso per l'assunzione di 81 ricercatori presso il CRA non prevedono l'indicazione della sede di lavoro, nascondendo in realtà la volontà di non voler promuovere iniziative idonee a valorizzare ed attivare il piano di riorganizzazione vigente;
il 19 febbraio 2010 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un bando per 41 posti di ricercatore, più altrettanti posti in via di pubblicazione, nei quali risultano assenti alcune lauree ammissibili alla selezione. I requisiti di ammissione sono troppo permissivi: in assenza del dottorato di ricerca potrebbero partecipare anche soggetti che abbiano fatto attività comparabile ai tre anni di dottorato e, in particolare, chi ha svolto attività di ricerca ai sensi dell'articolo 63, comma 4, del Contratto collettivo nazionale del lavoro del 21 febbraio 2002, coloro i quali abbiano svolto la medesima attività all'estero o abbiano collaborato al CRA attraverso forme diverse (assegni, borse);
la giustificazione data nel bando della mancata indicazione delle sedi di lavoro - che saranno decise a conclusione dell'iter di valutazione delle domande - è che non è possibile indicare le sedi in quanto è in corso la riorganizzazione dell'Ente (ma nei fatti il direttore generale ha proposto e fatto approvare al Consiglio di amministrazione già nell'ottobre 2009 il proprio progetto di razionalizzazione);
appare di fatto assurdo che l'Ente non sia in grado di stabilire oggi quali sono e dove si collocano le proprie reali esigenze di ricerca;
inoltre, la mancata indicazione delle sedi rischia di essere oggetto di critiche da parte di chi potrebbe ritenere che tale decisione nasconda la volontà di fare l'interesse di pochi piuttosto che dell'Ente -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro nei confronti del Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura e, in particolare, quali iniziative intenda assumere per impedire che si proceda a quelli che agli interroganti appaiono arbitrari processi di riorganizzazione delle strutture di ricerca dell'Ente, senza aver posto in essere tutte le iniziative necessarie ad attuare il piano di riorganizzazione già esistente, in mancanza di valutazioni ufficiali circa i risultati conseguiti dalle strutture che si intendono sopprimere o trasformare e ciò in evidente violazione delle disposizioni di legge sopraindicate, le quali espressamente impongono di procedere a processi di riorganizzazione «in ragione delle esigenze di equilibrata distribuzione delle stesse sul territorio e della loro specifica competenza scientifica».
(5-02658)

RUVOLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la questione dell'ici sui fabbricati rurali e una normativa non ancora definita stanno mettendo in serissima difficoltà centinaia di migliaia di coltivatori diretti e le cooperative agricole;

attualmente, infatti, il settore agricolo non è assolutamente in grado di sopportare un prelievo così iniquo ed oneroso (come ammesso dallo stesso Governo nella risposta ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea in data 8 ottobre 2008);
la crisi economica internazionale e le diverse calamità naturali che negli ultimi mesi hanno colpito il nostro Paese sono state particolarmente gravi per l'intero comparto agricolo;
rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea, in data 15 gennaio 2009, il Governo si era impegnato ad aprire un tavolo di confronto sulla questione con gli altri colleghi del Governo, in particolare con il Ministro dell'economia e delle finanze, allo scopo di affrontare in maniera risolutiva il problema -:
quali iniziative intenda dunque assumere, per quanto di competenza, al fine di sollecitare l'apertura del tavolo di confronto alla luce di quanto promesso in sede parlamentare, per la risoluzione di una questione che potrebbe anche creare gravi contenziosi tra i comuni da una parte e gli agricoltori dall'altra.
(5-02659)

...

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, DONADI, ANIELLO FORMISANO, BORGHESI, EVANGELISTI e FAVIA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
in data 12 marzo 2010 il quotidiano il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo, a firma Antonio Massari, dal titolo «Telebavaglio, B. sotto inchiesta. L'indagine di Trani coinvolge il premier, Innocenzi (Agcom) e il direttore del Tg1. Santoro nel mirino: "Chiudere tutto"»;
l'articolo citato riferisce di telefonate intercettate nell'ambito di un'inchiesta della procura di Trani: intercettazioni nelle quali - si legge sul quotidiano - il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, il direttore del Tg1 Minzolini e il commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Giancarlo Innocenzi discutono della tv pubblica, delle sue trasmissioni e, sempre da quanto riporta il quotidiano, il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe chiesto ad Innocenzi di far chiudere Annozero e, sempre secondo il Fatto Quotidiano, il commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si sarebbe attivato in questo senso;
i fatti rappresentati nel citato articolo appaiono agli interroganti di eccezionale gravità e tali da pregiudicare l'applicazione di qualsiasi principio democratico di rispetto del pluralismo e della correttezza dell'informazione in Italia;
la pubblicazione dell'articolo di cui in premessa ha portato, nei giorni a seguire, altri giornali a pubblicare notizie ancora più dettagliate relative a ulteriori particolari e circostanze legati alle persone e ai fatti citate nell'ambito dell'inchiesta Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni della procura di Trani;
il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha disposto immediatamente accertamenti sulla competenza territoriale e su un eventuale «abuso» delle intercettazioni, inviando ispettori ministeriali a Trani, che dovranno verificare eventuali anomalie compiute dalla procura nell'indagine Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
l'invio degli ispettori ha suscitato le proteste dell'Associazione nazionale magistrati di Bari, che lo ritiene un «rischio di intralcio all'inchiesta» -:
quali elementi ritenga di fornire al Parlamento in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di ristabilire la correttezza dei rapporti istituzionali.
(3-00972)

TESTO AGGIORNATO AL 17 MARZO 2010

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

GIRLANDA e BALDELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si assiste ormai da tempo ad una rilevante emigrazione di giovani neolaureati - in particolare di giovani ricercatori del campo biomedico - verso università e centri di ricerca all'estero;
tale fenomeno, di per sé positivo, per l'arricchimento personale, culturale e professionale dei nostri giovani, è tuttavia preoccupante, perché l'Italia rischia di essere privata della professionalità e delle energie di tanti giovani ricercatori, con le inevitabili ricadute sulle strutture esistenti nel nostro Paese e sul progresso tecnologico nazionale;
tra le cause di questo fenomeno vi sono le ristrette opportunità professionali e le limitate risorse finanziarie destinate alla ricerca;
appare necessario affrontare in maniera radicale i vari aspetti del complesso fenomeno della «fuga dei cervelli» -:
quali iniziative intenda adottare per formare, trattenere e richiamare nel nostro Paese i giovani ricercatori del campo biomedico e, in particolare, cosa intenda fare per contrastare ed eliminare il problema delle strutture deputate alla formazione dei giovani ricercatori che investono molto in termini finanziari, ma paradossalmente non beneficiano della formazione profusa, non riuscendo a trattenere gli stessi ricercatori.
(3-00970)

CIOCCHETTI, ANNA TERESA FORMISANO, DIONISI, VIETTI, DELFINO, CAPITANIO SANTOLINI, DE POLI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI, BINETTI, BOSI, OCCHIUTO, LIBÈ, MEREU e RAO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto disposto dal decreto del commissario per l'emergenza sanità nel Lazio, Elio Guzzanti, che recepisce le indicazioni pervenute dal tavolo nazionale formato dai ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, dal 1o aprile 2010 i disabili residenti nel Lazio, compresi i minori, dovranno pagare un ticket sui trattamenti di mantenimento a loro indispensabili;
il decreto prevede una quota di compartecipazione per i pazienti adulti pari al 30 per cento della tariffa complessiva, quindi per le attività riabilitative in regime residenziale, cioè con il ricovero in strutture sanitarie, il ticket da versare sarà di 35,64 euro per la riabilitazione che richiede un impegno definito «elevato», 29,44 euro per le prestazioni ritenute di impegno «medio», mentre per gli interventi in regime semiresidenziale il ticket sarà di 18,73 euro per un impegno «elevato», di 14,98 per un impegno «medio», di 13,11 per un impegno «lieve»;
l'estensione delle quote ai minori rientra tra le indicazioni arrivate dal tavolo nazionale formato dai ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, che, nel parere del 2 marzo 2010, scrive: «Si osserva che la quota di compartecipazione non è applicata ai minori, ciò non è coerente con il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che non esenta i minori dal pagamento della compartecipazione»;
il provvedimento già di per sé inaccettabile per quanto riguarda tutti i disabili, è ancora più odioso per i bambini portatori di handicap, anche perché le famiglie, che hanno un bambino con handicap, sono state già pesantemente colpite dai tagli per gli insegnanti di sostegno e dovranno ora accollarsi anche questi ticket ingiustamente penalizzanti;
è opportuno ricordare che il piano citato ha previsto anche tagli a strutture di eccellenza di riabilitazione, come la Fondazione S. Lucia e il S. Raffaele di Cassino, nonché ai centri ex articolo 26 della legge n. 833 del 1978, per le prestazioni

sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche o sensoriali, che stanno penalizzando fortemente le famiglie, i disabili e le persone che hanno diritto all'assistenza -:
se ritenga giusto sacrificare il diritto alla salute dei nostri concittadini disabili per risparmiare sui costi della sanità del Lazio, con un decreto previsto dal piano di rientro, firmato dall'allora commissario Marrazzo, che colpisce pesantemente le categorie più deboli, ossia le famiglie con figli portatori di handicap, che già ogni giorno si trovano ad affrontare mille difficoltà e certamente non si aspettavano un simile trattamento da parte delle istituzioni.
(3-00971)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica, il 9 marzo 2010, nel suo inserto «Salute» ha pubblicato i risultati di un'inchiesta sulle cosiddette «liste di attesa» (stessi esami, città, strutture sanitarie), da cui emerge una situazione per molti versi allarmante e sconcertante: per ottenere una Moc a Bologna occorre attendere 545 giorni; per una mammografia a Genova, 459 giorni; una visita neurologica a Roma può comportare un'attesa di 365 giorni;
dalla citata inchiesta, risulta:
«Torino: ottobre ampliati gli orari degli ambulatori e più personale per 10 specialità (esclusa la reumatologia) e 8 servizi di diagnostica (ecografia e Ecg da sforzo compresi). "Dove dobbiamo migliorare è la programmazione ordinaria - sottolinea Eleonora Artesio, assessore alla Sanità - ed è necessario lavorare ancora sull'adeguatezza delle prestazioni";
Genova: per ottenere una densitometria ossea si aspetta 2 giorni nella Asl e 522 all'ospedale Galliera; per una mammografia 2 giorni nella Asl, 459 all'ospedale Villa Scassi. Perché queste grandi differenze? "Per il richiamo esercitato sugli utenti dallo specialista più qualificato", sostiene Franco Bonanni, direttore dell'Agenzia sanitaria. Il rimedio? "Lo specialista formi i colleghi del territorio e coordini le visite";
Milano: se la struttura prescelta è un ospedale o un polo d'eccellenza (Istituto Tumori, Besta o Pini) i tempi d attesa si fanno molto lunghi Medici di base e pediatri hanno lo strumento del "bollino" di priorità per garantire prestazioni entro 72 ore. Previsti dalla Regione nuovi finanziamenti a "premio" (ma solo a risultato ottenuto) per ridurre ulteriormente i tempi d'attesa. Attivato un monitoraggio settimanale su 50 strutture campione. L'aumento delle attese forse è legato alla crisi economica, come avverte lo studio del Forum per la ricerca biomedica e del Censis: nell'ultimo anno, il 35 per cento degli italiani ha accettato liste di attesa più lunghe pur di risparmiare, mentre il 18 per cento ha rinviato visite specialistiche private e cure odontoiatriche;
Padova: al cittadino la scelta di privilegiare il tempo o la vicinanza. Per sopravvivere ai lunghi tempi di attesa, l'ospedale e i distretti di Padova hanno deciso di fare sistema. Il Cup di Padova (840000664) fa sinergia con altre aziende sanitarie e permette tempi ridotti. Esistono codici di priorità fino a "non oltre 180 giorni";
Bologna: uno degli esami per cui bisogna aspettare di più è la mammografia: servono 88 giorni per poterla eseguire. Esteso però lo screening alle donne dai 45 ai 49 anni e a quelle dai 70 ai 74 anni. Spiega Massimo Annicchiarico, Asl di Bologna: "La mammografia non è un esame innocuo e a volte è prescritta in modo inappropriato, questo spiega le lunghe attese. Come del resto per la densitometria ossea, per cui l'agenda di attesa di un anno e mezzo è satura";
Firenze: male la Moc (l'esame per la densitometria ossea). Una delibera regionale

prevede che si possa prescrivere solo per determinate patologie. Accordo, invece, con alcuni privati per l'esame a costo contenuto (36,15 euro). Si riscontrano problemi nella risonanza (domanda in crescita dell'8 per cento l'anno, attese di almeno quattro mesi);
Roma: migliora la situazione al policlinico Gemelli (Cup 0630157000). Per l'ecografia tempi biblici dappertutto: al San Giovanni si può prenotare da fine novembre, al San Filippo Neri da fine agosto, e al Tor Vergata il Cup (803333) dice che le liste sono chiuse;
Napoli: Antonio Stellato, direttore sanitario della Asl 1 centro, parla di progressi: "Gli unici punti critici sono rappresentati dalle consulenze chirurgica, gastroenterologica e reumatologica". Per l'assessore regionale alla Sanità Mario Santangelo le cose "miglioreranno col rafforzamento della medicina territoriale";
Sassari: sanità commissariata e scorporo di alcuni ospedali dalle Asl. Così la giunta Cappellacci (centrodestra). A regime l'unificazione del Cup (1533). Attese comunque lunghe: per un'ecografia al Civile occorrono sette mesi, trecento giorni nelle cliniche universitarie. Tempi lunghi anche per le visite dal reumatologo, dal gastroenterologo, dal chirurgo e per la Moc;
Bari: persistono punti critici. Effetti positivi dallo screening mammografico, avviato nel 2008. A tutti gli utenti il Centro prenotazioni del Policlinico, per tutte le prestazioni, fornisce sempre un'alternativa con minore attesa presso l'ospedale più vicino. Attivo il numero verde regionale 800345477;
Reggio Calabria: al Bianchi-Melacrino-Morelli tempi lunghi: il piano di rientro dal debito imposto dal Governo alla Regione, si fa sentire sui servizi. Per una mammografia 156 giorni, male reumatologia, molte liste sospese. Alla base delle difficoltà, dice il direttore dell'azienda ospedaliera, Domenico Mannino, "c'è il blocco delle assunzioni e il ridimensionamento di alcuni settori";
Palermo: avviata la "cura" dell'assessore Massimo Russo: parametri e attese massime garantite. Restano, però le "liste chiuse o mirate". L'assessore punta agli ambulatori territoriali con strumentazione diagnostica: devono garantire aperture per 12 ore nella settimana e 6 ore il sabato; i dati sembrano contraddittori: le liste sono più lunghe al Nord, e questo perché varie città del Mezzogiorno d'Italia non prendono prenotazioni»;
l'inchiesta rivela che, nonostante i precisi impegni assunti da Ministri e assessori e la nascita di strutture come i centri unici di prenotazione, i cambiamenti auspicati sono quasi nulli;
appare grave che le lunghissime attese neghino di fatto servizi essenziali per la salute del cittadino, dal momento che, concretamente, si perde un diritto a meno che non si paghi di tasca propria -:
quali iniziative si intendano promuovere e adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e finzioni, in relazione a quanto sopra premesso.
(4-06503)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un rapporto promosso dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con il regional environmental center di Budapest, che ha preso in esame tredici scuole italiane di sei regioni (e segnatamente: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia e Sardegna, circa un migliaio gli alunni tra gli 8 e gli 11 anni coinvolti), emerge che sostanze pericolose come Pm10 e formaldeide mettono a rischio la salute degli studenti durante gli orari di scuola;
risulta infatti che nelle aule il tasso di inquinamento è peggiore e superiore di

quello in strada provocato dalle polveri sottili, e procura seri rischi di asma e allergie;
dall'indagine emerge una realtà costituita da edifici scolastici piuttosto anziani: circa il 50 per cento è stato costruito prima del 1960 (il più vecchio si trova ad Ispra in Lombardia, costruito ai primi del '900 e il più moderno a Roma e risale agli anni 90);
gli edifici più vetusti hanno subito ristrutturazioni in cui spesso sono stati usati materiali contenenti composti tossici;
secondo la citata ricerca un altro «nemico» presente in classe è il Pm10: i valori sono sempre superiori all'interno della scuola per il cumularsi delle polveri sottili esterne derivanti dal traffico a quelle generate all'interno, come il gesso delle lavagne; lo studio ha poi analizzato la salute dei bambini: la tosse frequente è stata riscontrata in percentuale maggiore tra i bambini delle scuole dell'Emilia Romagna e del Lazio. Per i bambini i dati più recenti mostrano un aumento delle malattie allergiche e dell'asma e la rilevazione compiuta nelle 13 scuole riflette questa tendenza: il 27,6 per cento degli alunni esaminati soffre infatti di rinite, il 21,9 per cento di tosse, il 19,9 per cento di allergie, il 10,4 per cento di asma -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze e prerogative, si intendono promuovere, adottare, sollecitare perché la salute degli studenti sia salvaguardata e tutelata.
(4-06504)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come riferito da Il Giornale dell'Umbria nella sua edizione del 12 marzo 2010 in un articolo della giornalista Stefania Tomba, nella città di Orvieto per la seconda volta nel giro di un mese, si è ripresentato il problema dell'alluminio nell'acqua potabile erogata alla popolazione;
la procura della Repubblica, proprio in seguito a questa seconda emergenza, scattata il 26 febbraio 2010, ha aperto un'inchiesta per accertare eventuali responsabilità;
si tratta di accertare eventuali omissioni, doli, colpe, responsabilità e stabilire le cause effettive del fenomeno, in particolare per comprendere se i filtri - rimedi applicati dal gestore - siano stati mal posti oppure si siano rivelati inadeguati; e conoscere comunque le ragioni della recidiva;
come ha dichiarato il sindaco di Orvieto, Toni Concina, «è già trascorso un mese e mezzo dalla prima occasione di restrizione e il Sii era obbligato a evitare il ripetersi di questa criticità»;
l'installazione avrebbe dovuto risolvere il problema, ma questo non è accaduto; e ciò nonostante si fosse assicurato che era necessario qualche settimana di lavoro, mentre è già trascorso oltre un mese e mezzo;
il gestore, attraverso una nota ufficiale, ha avvertito che l'emergenza potrebbe riproporsi: «Occorre considerare le caratteristiche insite del territorio orvietano che determinano una variabilità continua dei dati riferiti alla presenza di sostanze nelle falde acquifere, indipendentemente dalle competenze del Sii. Per tale motivo, nonostante il ripristino della potabilità dell'acqua grazie esclusivamente ai filtri installati dal Sii, l'emergenza non può dirsi finita. Occorre quindi tenere costantemente sotto controllo la situazione perché, date le condizioni oggettive di cui sopra, non è impossibile che si ripresentino in futuro altre problematiche di questo genere» -:
quali iniziative si intendono adottare - nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà - perché alle ventimila persone circa che abitano ad Orvieto sia assicurato

il diritto all'acqua pulita e potabile in particolare mediante una o più frequente e attenta effettuazione dei controlli;
se non si ritenga di doversi attivare per accertare le modalità dei controlli effettuati e le ragioni per cui si è ripresentata l'emergenza dato che il problema si sta trascinando per tanto tempo.
(4-06521)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dall'analisi di 42 succhi diversi di 16 marche differenti, i ricercatori dell'università di Copenaghen hanno riscontrato in buona parte dei prodotti concentrazioni di antimonio al di sopra dei limiti fissati dall'Unione europea per l'acqua potabile;
i nuovi dati, pubblicati dalla rivista Journal of Environmental Monitorino destano preoccupazione e inquietudine, perché studi precedenti hanno collegato l'antimonio al rischio di tumori e problemi cardiaci e polmonari;
i ricercatori danesi hanno dichiarato che non esistono precedenti rapporti sulla presenza di bevande «inquinate» con l'antimonio, sostanza per la quale è stato fissato un limite solo per l'acqua potabile, mentre non esistono ad oggi vincoli per i prodotti alimentari, e dunque, al momento, non è stata commessa - almeno formalmente - alcuna illegalità da parte dei produttori dei succhi incriminati;
il sospetto dei citati ricercatori è che l'antimonio riscontrato nei succhi, derivi dagli imballaggi, in modo particolare da quelli in PET (Polietilene Tereftalato: la tipica plastica della bottiglia d'acqua, di altre bevande gassate, nonché di alcuni sciroppi e succhi) e Tetra pak;
uno dei risultati più curiosi emerso dallo studio in questione è che i livelli più alti di antimonio sono stati rilevati nei succhi con il più alto contenuto di carboidrati;
nel loro rapporto, i già citati ricercatori scrivono: «Abbiamo misurato antimonio nei succhi di frutta per dosi fino a 17 volte superiori al limite in bevande contenute in bottiglie PET e Tetra Pak. Alcuni dati suggeriscono che l'antimonio abbia contaminato i liquidi per contatto con il materiale di imballaggio; tuttavia non si può escludere che l'antimonio fosse presente già prima del confezionamento. Pertanto, sono necessari altri studi»;
l'antimonio è una sostanza ad elevata tossicità, e da tempo la Commissione europea ha stabilito che non può essere presente nelle acque destinate al consumo umano in concentrazione superiore a 0.005 milligrammi per litro -:
se il ministero non ritenga di dover acquisire tutti gli elementi e i dati utili esistenti, e svolgere ulteriori indagini e ricerche per accertare se effettivamente la quantità di antimonio presente nelle confezioni dei succhi di frutta è superiore alle quantità fissate dalla Unione europea;
se non si ritenga di dover acquisire l'elenco delle ditte che producono i succhi di frutta che sono oggetto dell'indagine degli studiosi danesi, e ulteriormente verificarne l'attendibilità;
quali iniziative si intendano comunque promuovere, sollecitare e adottare a tutela della salute del consumatore, e se non si ritenga comunque di assumere iniziative perché siano fissati dei limiti per la presenza dell'antimonio nei succhi di frutta, così come peraltro avviene per l'acqua potabile.
(4-06524)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro

delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il «fondo per le aree sottoutilizzate» (FAS), istituito con la legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) e modificato con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), è lo strumento di finanziamento - con risorse aggiuntive nazionali - delle politiche di sviluppo per le aree sottoutilizzate del Paese. In tali aree queste risorse si aggiungono a quelle ordinarie e a quelle comunitarie e nazionali di cofinanziamento;
l'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008, in considerazione dell'eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, fermi i criteri di ripartizione territoriale e le competenze regionali, ha stabilito che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, ripartisca le risorse disponibili del FAS su tre differenti fondi, il fondo per le infrastrutture, il fondo sociale per l'occupazione e la formazione, il fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
il comma 3 dell'articolo 18 interviene circa il criterio di ripartizione territoriale delle risorse, ribadendo, per le risorse derivanti dal Fondo per le aree sottoutilizzate che affluiscono ai citati fondi, il vincolo di destinazione dell'85 per cento delle risorse alle regioni del Mezzogiorno e del 15 per cento alle regioni del Centro-Nord già previsto dall'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008;
una cospicua parte dei fondi FAS, nel corso di questa legislatura, è stata destinata, con leggi e con delibere del Cipe, alla copertura finanziaria di altre esigenze della finanza pubblica ritenute prioritarie;
una quota consistente di risorse del FAS è stata concentrata in altri Fondi: il fondo sociale per l'occupazione e la formazione, che agisce anche come forma di sostegno al reddito, il fondo per le infrastrutture, il fondo per la competitività, poi confluito nel fondo strategico a sostegno dell'economia reale presso la presidenza del consiglio dei ministri;
il volume delle risorse del FAS mobilitato prima per il finanziamento d'interventi di carattere emergenziale (emergenza rifiuti, risanamento dei bilanci dei comuni di Roma e Catania e altri) e, successivamente, per misure anticrisi è ingente: risultano utilizzi del FAS per ben oltre 18 miliardi di euro a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012;
con delibera del Cipe del 31 luglio 2009 sono stati stanziati circa quattro miliardi di euro per il 2011 in favore della regione Sicilia;
come riportato dalla trasmissione di Rai Tre Report nella puntata andata in onda il giorno 14 marzo 2010, con gli stanziamenti stabiliti nell'ambito del FAS si è proceduto a completare l'autostrada Catania-Siracusa, realizzata dalla società Pizzarotti di Parma, la quale, in qualità di general contractor, all'inizio dei lavori ha firmato il cosiddetto protocollo di legalità in materia di appalti, impegnandosi così a sospendere eventuali fornitori sospettati di collegamenti con organizzazioni mafiose e a denunciare qualsiasi tentativo di infiltrazione mafiosa;
nel servizio realizzato dal programma di cui sopra, si afferma che l'azienda COPP, di proprietà della famiglia Ercolano, titolare di una cava di sabbia, avrebbe fornito, attraverso un'impresa sub-appaltatrice - la Unical Calcestruzzi - la società Pizzarotti;
la famiglia Ercolano appartiene ad una delle cosche mafiose più importanti della Sicilia orientale. Il capostipite, Giuseppe Ercolano, è stato condannato per associazione mafiosa e attualmente si trova in regime di sorveglianza speciale; il figlio, Aldo Ercolano ritenuto l'organizzatore dell'omicidio del giornalista Giuseppe Fava, è sottoposto al carcere duro previsto dall'articolo 41-bis della legge del 26 luglio 1975, n. 354, legge sull'ordinamento penitenziario;

come si rileva dal servizio realizzato nell'ambito della trasmissione televisiva Report, nel 2005 la ditta COPP era inclusa nella lista dei fornitori e subappaltatori che la società Pizzarotti, proprio per evitare infiltrazioni mafiose, aveva inviato alla prefettura di Catania; l'ufficio territoriale di Governo solo dopo nove mesi dalla data di notifica ha comunicato che la COPP doveva essere sospesa; anche dopo la sospensione la COPP ha continuato - secondo quanto riportato nel servizio televisivo in questione - ad essere tra i fornitori della Pizzarotti attraverso la ditta Cosap;
il vice prefetto di Catania Angelo Sinesio ha affermato nel corso dell'intervista che attraverso una ditta di trasporti, la famiglia Ercolano gestisce i flussi in entrata e in uscita del porto di Catania, anche avvalendosi dell'aiuto del cugino Angelo Ercolano, eletto rappresentante regionale della Federazione nazionale autotrasportatori;
come segnalato da ulteriori organi di stampa, in particolare da un articolo del quotidiano La Repubblica pubblicato il 15 marzo 2010, la direzione dei lavori della Catania-Siracusa era affidata all'ingegner Antonino Bevilacqua, occupatosi anche della costruzione dell'autostrada Palermo Messina e del tratto Siracusa-Gela. Il medesimo è stato altresì progettista della Agrigento-Caltanissetta, della Ragusa-Catania-Comiso, della Circumetnea, del mai realizzato aeroporto di Agrigento, del ponte di Ortigia a Siracusa, della tratta ferroviaria Palermo-Agrigento. L'ingegner Antonino Bevilacqua presiede dal 2004 l'Autorità portuale di Palermo e si occuperà anche dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina;
sembra dunque che l'ingegner Bevilacqua sia in grado, oltre che di dirigere tale Autorità portuale, anche di progettare, dirigere, collaudare, verificare e inaugurare uno numero cospicuo di opere pubbliche in particolare in Sicilia -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di assumere iniziative finalizzate a ripristinare il prima possibile le risorse sottratte al fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
quali misure concrete il Governo intenda porre in essere al fine di evitare il verificarsi di infiltrazioni mafiose nella realizzazione di opere infrastrutturali finanziate con risorse che dovrebbero essere destinati allo sviluppo del Mezzogiorno;
sulla base di quali criteri siano state affidate all'ingegner Antonino Bevilacqua le citate responsabilità in ambito di progettazione e direzione lavori per la realizzazione di numerose e importanti opere infrastrutturali nella regione Sicilia.
(2-00650)
«Leoluca Orlando, Scilipoti, Donadi, Messina, Borghesi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GAROFALO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da tempo, organi di stampa locale evidenziano la grave situazione di continua e prolungata inefficienza in cui versa il servizio postale nel territorio messinese, più volte denunciata a gran voce da utenti, sindacati, consiglieri comunali, circoscrizionali e provinciali;
tale situazione sembrerebbe determinata soprattutto da una carenza di personale, conseguenza della scelta di Poste italiane s.p.a. di ridurre l'organico avallata, nello scorso mese di settembre, da un accordo stipulato tra la medesima azienda ed un gruppo di sindacati presenti all'interno della stessa;
a causa dei predetti tagli di personale, compiuti peraltro dall'azienda Poste italiane senza dar conto di tale decisione agli enti locali, molti uffici dell'hinterland messinese sono stati costretti a chiudere il turno pomeridiano e altri sono oggi costretti a lavorare con poche unità, con conseguenti notevoli inconvenienti per

l'utenza; inoltre anche la distribuzione della posta non è effettuata in tempi celeri e rispettosi della carta dei servizi, e ciò causa disagi di varia natura, fino all'impossibilità, per gli utenti, di pagare in tempo le utenze dell'energia elettrica, del gas o altro, con spiacevoli ed onerose conseguenze;
a tali gravi carenze si aggiungono disfunzioni organizzative, quali locali non idonei che, a detta del personale di Poste italiane, non consentono agli utenti, in ragione delle norme di sicurezza, di attendere il proprio turno all'interno degli uffici postali costringendoli a fare la fila all'esterno in balìa delle condizioni climatiche;
la situazione, peraltro, rischia di divenire insostenibile a causa dell'accavallarsi dei tempi di riscossione delle pensioni e della scadenza dei vari pagamenti, oltre che dell'approssimarsi del periodo di ferie estive, che come è giusto, i dipendenti hanno diritto di godere -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di risolvere la situazione in cui versa il servizio postale nella città di Messina e nel suo hinterland, e se non ritengano opportuno intervenire con la massima urgenza presso la società Poste italiane per ripristinare un servizio conforme allo standard stabilito dalla normativa vigente con misure immediate e, se necessario, con assunzione di ulteriore personale seppur a tempo determinato.
(5-02656)

GAROFALO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da mesi sulle varie testate giornalistiche si leggono articoli che chiamano in causa Poste Italiane con i suoi disservizi nel territorio siciliano;
essendo Poste Italiane S.p.a. concessionaria del servizio postale universale ai sensi del decreto ministeriale 17 aprile 2000 ed in attuazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 261 del 1999, essa non può far gravare sui cittadini disservizi o sospensioni degli stessi in particolarissime realtà territoriali come quelle in cui ci rientrano alcuni comuni siciliani;
i disservizi sono molti e di varia natura;
in parecchi centri abitati della regione Sicilia si assiste all'apertura programmata degli sportelli e alla chiusura completa, addirittura, per alcuni giorni. Sembrerebbe che questa scelta sia giustificata, in certi casi, dalle stesse Poste con la riduzione del personale disponibile dovuta al blocco delle assunzioni e alla necessità di soddisfare le ferie da parte dei pochi dipendenti rimasti in servizio e sottoposti, tra l'altro, a turni molto faticosi;
spesse volte si assiste al fatto che gli sportelli non vengono adibiti in modo specifico per le diverse operazioni, lasciando sempre più disorientati gli utenti;
da ciò ne conseguono difficoltà per molti cittadini, anziani in primis, che non potendo svolgere una determinata operazione presso la sede postale del loro paese sono costretti ad affrontare il disagio di percorrere diversi chilometri per recarsi all'ufficio postale più vicino ed eseguire l'operazione necessaria. Tra l'altro questa soluzione non è possibile per tutti indistintamente;
dispiace dover constatare che poste italiane spesso programmi i propri interventi non tenendo conto delle peculiarità territoriali e sociali entro cui sono inseriti i propri uffici;
lo stesso personale, a volte, stanco dei continui disagi in cui è costretto a lavorare, arriva a scioperare nella speranza che sollevando un polverone possa ottenere qualche beneficio;
tra le zone colpite posso riportare alcuni casi eclatanti che negli ultimi tempi stanno occupando le pagine dei vari giornali, come ad esempio: i villaggi di Cumia

inferiore e superiore del comune di Messina dove il servizio di consegna della posta nel mese di ottobre dello scorso anno è stato sospeso per quasi 30 giorni e così molti cittadini hanno subito, a causa del disservizio, la sospensione dell'erogazione delle utenze per il ritardato recapito delle fatture. Le Poste come soluzione al problema hanno ben pensato di far recare gli utenti presso la sede centrale di Pistunina;
ritengo che la soluzione di cui sopra sia abbastanza inadeguata poiché non tutti gli utenti sono nelle condizioni di potersi recare altrove e tale comportamento lascia trasporre un'incuria nell'affrontare la problematica che, sulla pelle e agli occhi di chi la vive quotidianamente, risulta essere molto evidente e scomoda;
poi c'è l'ufficio postale di Saponara, che rischia di essere chiuso, che serve un bacino di utenza di 1589 residenti nel centro del comune, 834 residenti nella vicinissima frazione di Scarcelli e 686 residenti in quella di Cavaliere. A queste poi si aggiunge la piccola frazione di San Pietro, 150 residenti, collocata a sud del centro saponarese, la quale ha come unico ed indispensabile riferimento proprio l'ufficio di Saponara centro. Si tratta dunque di un potenziale bacino di utenza di 3.259 residenti, bacino che proprio nel periodo estivo aumenta ulteriormente per l'afflusso turistico e per i numerosi concittadini saponaresi, residenti altrove, che trascorrono l'estate con le loro rispettive famiglie nel loro paese d'origine;
in riferimento al caso di Saponara dove la chiusura, al momento parziale, dell'ufficio postale, punto periferico del territorio nazionale e della regione siciliana, crea già non pochi disagi, proviamo ad immaginare cosa accadrebbe se ci fosse la chiusura completa;
l'ufficio postale in una realtà geografica territorialmente vasta e variegata assume una rilevanza propriamente sociale. Infatti nella piramide demografica del comune in questione e del bacino di utenza sopra descritto (con esclusione della frazione di Saponara Marittima), gli ultrasessantenni sono quasi il 26 per cento e ciò sta ad indicare che si tratta di quasi 900 cittadini che in gran parte e spesso si trovano impossibilitati a raggiungere l'ufficio postale di Saponara Marittima, distante più di 6 chilometri dal centro e più di 10 dalla frazione di San Pietro;
proprio in questi giorni sulla stampa si legge che la situazione «numerica» del personale negli uffici postali delle filiali messinesi ha raggiunto i minimi storici questo perché l'azienda sta effettuando una consistente operazione di pre-pensionamento senza prevedere, nell'immediato, un'adeguata sostituzione del personale;
la scorsa estate si è assistito in «via sperimentale» alla chiusura di ben 17 uffici. Ma la cosa grave è che questa sperimentazione sta proseguendo e sembrerebbe a tempo indeterminato, come se in questo modo si volesse superare l'emergenza della mancanza di personale;
è assurdo ed inaccettabile che nel 2010 non si riesca ad avere un servizio postale tradizionale efficiente;
per risolvere parte dei problemi su esposti, Poste Italiane dovrebbe attuare un turn-over reale al fine di sostituire il personale che è andato in pensione -:
come si impegnano i Ministri interrogati al fine di interloquire con i vertici di Poste Italiane per una immediata risoluzione delle summenzionate problematiche;
se ritengano di assumere ogni possibile iniziativa affinché si contengano ed evitino il ridimensionamento del servizio postale nei comuni del territorio siciliano, ridimensionamento che tra l'altro causerebbe notevolissime difficoltà alla cittadinanza e gravissimi disagi sociali.
(5-02657)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Valle del Sacco è un'area compresa tra le province di Roma e di Frosinone, che si snoda lungo il corso del fiume Sacco, ed è cinta dai monti Erpici e Lepini. Storicamente a vocazione agricola e zootecnica, a causa dell'intenso sviluppo industriale dell'ultimo cinquantennio è stata soggetta a inquinamento diffuso, particolarmente grave, in alcune zone del territorio di diversi comuni tra Colleferro (Roma) e Ceccano (Frosinone). Uno dei comuni più toccati è Anagni (Frosinone);
per la Valle del Sacco è stato riconosciuto lo stato di emergenza socio-economico-ambientale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2005. Da allora sono in corso studi epidemiologici (Dipartimento epidemiologia ASL RM-E) e attività di bonifica (Ufficio commissariale per l'emergenza della Valle del Sacco). I primi stanno rilevando una grave contaminazione da beta-HCH. Le seconde hanno solo cominciato a rimuovere le cause dell'inquinamento per tale specifica sostanza;
tra gli episodi recenti, vanno ricordati almeno la morte per avvelenamento da cianuro di capi bovini in pascolo intorno a un'affluente del Sacco, Rio Mola Santa Maria (Anagni, 2005) e il trattamento di rifiuti tossici nell'inceneritore di Colleferro (2009). Questi avvenimenti hanno avviato procedimenti giudiziari, tuttora in corso;
attualmente la contaminazione di tutte le sostanze chimiche presenti nella Valle è ancora lontana dall'essere chiaramente inquadrata;
questo vale in particolare (ma non solo) per il territorio del Comune di Anagni posto a sud del centro storico;
nel 2001 è cominciata l'attività di incenerimento di pneumatici fuori uso (PFU) nell'impianto Marangoni Spa di Anagni. L'inceneritore di Anagni sorge all'interno di un centro abitato (pur essendo stata dichiarata parte dell'area «zona ASI» - consorzio industriale - nel gennaio del 2008), che si trova in località Quattro Strade, tra la strada statale Casilina e la strada statale Anticolana. Si trova inoltre in prossimità del popoloso quartiere di Osteria della Fontana. Il raggio di diffusione nell'atmosfera delle sostanze inquinanti dell'inceneritore di PFU di Anagni e degli inceneritori di CDR di Colleferro è di decine di chilometri;
nel biennio 2000-2001 ricercatori dell'università «La Sapienza» di Roma e dell'Università de L'Aquila hanno pubblicato il «Rapporto Merli» sulla qualità ambientale del territorio di Anagni. Lo studio constata il drammatico effetto delle emissioni inquinanti delle attività industriali locali sul terreno, le falde acquifere, l'aria del territorio ispezionato;
ciò richiede, oltre alla effettiva bonifica dei territori contaminati, anche una moratoria che impedisca l'installazione di nuove infrastrutture inquinanti;
oltre agli effetti sulla salute, già molto gravosi per la collettività, è da rilevare il forte danno economico dovuto all'inquinamento. Negli ultimi decenni infatti l'accumulo di agenti inquinanti ha menomato l'attività agro-zootecnica locale e reso Anagni una cittadina poco appetibile come destinazione turistica;
il 21 aprile 2006 il gruppo Marangoni Spa attraverso il suo ramo aziendale denominato MAIND Srl, ha stipulato un accordo di programma con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le combustioni sperimentali di car-fluff. Il car-fluff è una sostanza dalla composizione molto eterogenea derivata dalla triturazione degli interni degli autoveicoli (escludendo la carrozzeria, gli pneumatici, la meccanica e il motore) e dunque comporta conseguenze non completamente prevedibili a seguito di combustione;
il 23 giugno 2008 la regione Lazio ha deliberato il piano di mantenimento e

risanamento della qualità dell'aria del territorio, manifestamente incompatibile con l'attività di incenerimento di pneumatici;
il 10 febbraio 2009 la Marangoni Spa ha presentato all'ufficio valutazione impatto ambientale della Regione Lazio la richiesta per l'adeguamento tecnico del termovalorizzatore di PFU di Anagni al trattamento di residui di frantumazione di autoveicoli (ASR, autovehicle shredded residual), detto anche car-fluff;
il 25 marzo 2009, nell'adiacente stabilimento Marangoni di produzione di pneumatici si è verificato un incidente con fuoriuscita di particolato carbonioso, ovvero carbon-black. La sostanza si è depositata su un'ampia area circostante, che comprende private abitazioni, attività agricole, zootecniche, commerciali e industriali;
lo IARC (International Agency for Research on Cancer, parte del World Health Organization) classifica il carbon-black come «potenzialmente cancerogeno per gli esseri umani», mentre vi è «sufficiente evidenza» della cancerogeneità sugli animali;
sensibili sono stati i disagi per la popolazione, tuttora perduranti, che si manifestano ad esempio attraverso disturbi delle vie respiratorie;
in conseguenza della fuoriuscita di carbon-black, l'allora commissario prefettizio del comune di Anagni ha emesso un'ordinanza con la quale si è vietata la raccolta e il consumo di ortaggi e frutta coltivati nei terreni insistenti l'inceneritore nel raggio di 500 metri;
la ASL locale ha fatto svolgere analisi su campioni animali e di foraggio, dalle quali è risultata, nei mesi successivi, una grave contaminazione da PCB-diossinosimili e metalli pesanti;
l'ordinanza commissariale è ancora in vigore, e l'attuale sindaco, sulla base di successivi esami che hanno rivelano contaminazione da diossina, ha esteso il divieto di consumare prodotti a uova e pollame, vietando anche il razzolamento e il pascolo di animali;
l'11 luglio 2009 si è svolta ad Anagni una grande manifestazione dei cittadini, organizzata dalla Rete per la tutela della Valle del Sacco (RETUVASA) e da associazioni e comitati locali, alla quale hanno partecipato anche il sindaco, l'amministrazione e l'opposizione consiliare;
il 21 luglio 2009 la RETUVASA ha organizzato una conferenza stampa nella quale sono stati resi pubblici i risultati delle analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana su campioni animali prelevati dalla ASL veterinaria di Anagni a seguito dell'incidente del 25 marzo. Le analisi hanno evidenziato la «significativa presenza» di PCB-diossinosimili e metalli pesanti, superiori ai valori di legge. Il fatto che la contaminazione riguardi prodotti animali commestibili implica l'ingresso degli agenti tossici nel ciclo biologico umano;
il 22 ottobre 2009 si è tenuta una conferenza di servizi, chiamata a pronunciarsi sulla realizzabilità del progetto Marangoni di adeguamento dei propri impianti alla combustione del car-fluff. Alla conferenza hanno partecipato oltre all'azienda proponente, rappresentanti del Ministero dell'ambiente, della Confcommercio, l'ufficio VIA (valutazione impatto ambientale) della Regione, l'ARPA Lazio, le ASL di Frosinone e di Anagni e ricercatori dell'Università La Sapienza. Gli amministratori locali sono stati rappresentati dal vicepresidente della provincia di Frosinone, dal sindaco di Anagni Carlo Noto e dall'assessore comunale all'ambiente. Le associazioni e i comitati di cittadini hanno anch'esse preso parte alla conferenza con il grado di uditori;
gli enti pubblici hanno espresso tutti pareri negativi a causa dell'insufficienza della documentazione presentata dalla proponente Marangoni. Si è quindi rimandato ad una successiva conferenza di servizi la composizione della lista di integrazioni che l'azienda la Marangoni dovrà presentare;

la «Direttiva Discariche» dell'Unione europea (direttiva 1991/31 CE del Consiglio del 26 aprile 1999 e del regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 settembre 2003) stabilisce il divieto, dal 1o gennaio 2009, di conferire in discarica il car-fluff. Si segnala l'esistenza di soluzioni alternative tanto al conferimento del car-fluff in discarica quanto al suo incenerimento, soluzioni che impiegano tecnologie di trattamento «a freddo» ovvero senza combustione, scongiurando così qualsiasi ipotesi di inquinamento dei siti dove sorgono tali impianti;
negli ultimi 5 mesi sono state effettuate altre analisi su uova e pollame in località Quattro Strade, che hanno riscontrato ancora livelli superiori ai parametri di legge o comunque molto elevati di diossina e PCB. Le analisi sono tuttora in corso e stanno ampliando il loro raggio. Ad oggi però non sono state condotte analisi sulle persone, nonostante sia evidente come i dati relativi ai consumatori di prodotti animali contaminati nell'area siano estremamente significativi -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questa situazione e se non ritengano necessario intervenire per bloccare il progetto pilota di combustione del car-fluff presso l'inceneritore Marangoni ed eventualmente riconvertire l'intera procedura di smaltimento con sistemi di recupero «a freddo» (senza combustione);
se i Ministri, a fronte della grave situazione eco-ambientale sovraesposta non ritengano opportuno avviare un piano di bonifica dell'intera area della Valle del Sacco e contestualmente porre in atto provvedimenti finalizzati ad impedire l'installazione nell'area di nuove infrastrutture inquinanti;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno estendere la gamma di osservazione e rendere accessibili i dati sul monitoraggio degli agenti inquinanti, dando massima priorità alle analisi sui cittadini residenti in prossimità dell'impianto di combustione Marangoni Spa di Anagni.
(4-06506)

FAVA, TORAZZI, DESIDERATI, ALLASIA, TOGNI, REGUZZONI, BONINO, BRIGANDÌ, RONDINI, GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'acuirsi della crisi che ha colpito la cartiera Burgo, già oggetto di una precedente interrogazione, rischia di segnare il destino dello stabilimento mantovano, condannandolo ad un lento ed inesorabile declino;
lo stabilimento mantovano, a differenza degli altri stabilimenti del gruppo, produce solo carta per quotidiani, un settore in condizioni di mercato difficili a causa non solo dell'agguerrita concorrenza estera ma anche della diffusione delle tecnologie dell'informazione in web, che stanno occupando gli spazi tradizionali dei giornali;
il blocco della produzione programmato per i mesi a venire genera costi insostenibili per la cartiera che ricadono sulla realtà sociale dello stabilimento, già segnata da importanti ridimensionamenti;
da circa un anno i sindacati chiedono con forza all'azienda l'adozione di un piano industriale che preveda la differenziazione della produzione per salvaguardare il futuro dello stabilimento, ma non hanno mai ricevuto risposte concrete in questa direzione;
l'azienda sembra abbia provato, senza successo, a produrre carta di altro tipo, ma la mancanza di una concreta strategia di investimento ha impedito la realizzazione degli interventi necessari a garantire il mantenimento della produzione e dei livelli occupazionali -:
se il Ministro intenda assumere nell'ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa affinché venga quanto prima resa nota la posizione dell'azienda sul futuro dello stabilimento attraverso l'immediata adozione di un piano industriale

che preveda la diversificazione della produzione, a garanzia del mantenimento dell'attività produttiva e dell'occupazione.
(4-06507)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'associazione francese anti nuclearista Réseau «Sortir du nucléaire» è venuta in possesso di alcuni documenti confidenziali, divulgati da una fonte anonima interna ad Edf da cui risulta che la progettazione dell'Epr implica un serio rischio di maggiori incidenti, rischio preso coscientemente da Edf per ragioni di calcolo economico;
da una prima lettura dei documenti risulta che: «Alcuni modi di controllo del reattore Epr possono provocare l'esplosione del reattore a causa dell'espulsione dei cluster (che permettono di moderare, di sopprimere la reazione nucleare). Questi modi di controllo sono principalmente legati ad un obiettivo di redditività economica, che implica che la potenza del reattore possa essere adattata alla domanda di energia elettrica. Così, allo scopo di trovare una giustificazione ipotetica economica all'Epr, i suoi progettisti hanno fatto la scelta di correre il rischio concreto di un incidente nucleare. Inoltre, l'essenzialità delle argomentazioni a favore dell'Epr (potenza, rendimento, diminuzione dei rifiuti, sicurezza aumentata) risulta falsa. Edf ed Areva hanno tentato di modificare il controllo del reattore: questi sforzi non hanno dato esito positivo a blocchi o intoppi che eliminano questa classe di incidenti. L'autorità di sicurezza nucleare (Asn) sembra essere stata tenuta all'oscuro di queste questioni. Sembra dunque che la concezione del Epr aumenti il rischio di un incidente di tipo Chernobyl, che comporterebbe la distruzione del recinto di relegazione e la dispersione massiccia di radionucleidi nell'atmosfera»;
il possibile scenario dell'incidente nei suoi dettagli così come emerge nei documenti di cui è entrata in possesso Réseau «Sortir du nucléaire» è il seguente: «Secondo i calcoli di Edf e di Areva, il controllo del reattore in modo RIP (ritorno istantaneo in potenza) e la disposizione dei cluster di comando del reattore possono causare un incidente d'espulsione dei cluster stessi a debole potenza e comportare la rottura dell'involucro del meccanismo di comando di questi. Questa rottura causerebbe il passaggio del refrigerante fuori dal serbatoio del reattore nucleare. La perdita di refrigerante, liquido di raffreddamento (un tipo d'incidente nucleare molto grave), comporterebbe la rottura di un numero importante di barre con riscaldamento del combustibile e delle guaine e dunque il rilascio di vapore estremamente radioattivo nel recinto di relegazione. C'è allora un rischio grave d'escursione critica che provocherebbe un'esplosione, essendo la potenza del reattore Epr moltiplicata in modo estremamente brutale. Dopo le espulsioni dei cluster di comando a debole potenza (Edg), il reattore Epr potrebbe non mettersi in «arresto automatico». Qualunque sia la configurazione dei cluster di comando, l'incidente d'espulsione di un gruppo di comando comporta un tasso grave di rottura del combustibile (Nce) e dunque un rischio elevato d'escursione - fuga - critica»;
il reattore EPR è alla base dei protocolli Enel-Edf successivi all'accordo siglato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il Presidente francese in vista del rientro dell'Italia nel nucleare -:
se il Governo sia al corrente dei problemi di sicurezza sopra riferiti;
se intenda comunque proseguire nella realizzazione in Italia di reattori che comportano simili problematiche.
(4-06522)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bersani ed altri n. 1-00340, pubblicata nell'Allegato B ai

resoconti della seduta del 9 marzo 2010, è stata successivamente sottoscritta anche dal deputato Rosy Bindi che, con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, ne diventa quinta firmataria.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Libè n. 5-00852, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Ciccanti e Tassone.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso n. 5-02133, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Nicolais e De Pasquale.

L'interrogazione a risposta in Commissione Centemero n. 5-02409, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Aprea.

L'interrogazione a risposta in Commissione Montagnoli e Carlucci n. 5-02536 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Fucci e Ginefra.

L'interrogazione a risposta in Commissione Lovelli e altri n. 5-02617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Touadi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fedriga e Grimoldi n. 5-02625, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rixi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Casini n. 1-00341, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 296 del 9 marzo 2010.

La Camera,
premesso che:
il 2009 ha visto crescere negativamente tutti gli indicatori economici, confermando le preoccupazioni rispetto ad una crisi che non ha eguali negli ultimi settanta anni in Italia;
il conto 2009 dell'Istat delinea un contesto macroeconomico preoccupante: il prodotto interno lordo è crollato del 5 per cento, un calo registratosi solo nel 1971 e simile a quello rilevato in Germania, Gran Bretagna e Giappone. Il valore aggiunto è crollato in tutti i comparti, con un picco nell'industria in senso stretto (-15 per cento), mentre servizi e comparto agricolo hanno tenuto meglio (rispettivamente -2,6 per cento e -3,2 per cento);
la riduzione del prodotto interno lordo ha prodotto una contrazione dell'entrate e un aumento della spesa e, conseguentemente, un peggioramento dei conti pubblici: il rapporto deficit/prodotto interno lordo è salito dal 2,7 al 5,3 per cento;
il saldo primario per la prima volta dal 1991 è stato negativo ed è aumentato anche il rapporto debito/prodotto interno lordo, che ha raggiunto quota 115,8 per cento alla fine del 2009, pari a 10 punti in più rispetto al 2008;
le entrate fiscali complessive sono diminuite dell'1,9 per cento rispetto al 2008, mentre la pressione fiscale complessiva è salita al 43,2 per cento (+0,3 per cento);
unica nota positiva è la diminuzione del fabbisogno, che risulta inferiore di 8,8 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2008;
sempre secondo gli ultimi dati Istat, a gennaio 2010 il tasso dei senza lavoro è salito all'8,6 per cento dall'8,5 di dicembre

2009. In un anno sono stati persi 307 mila posti di lavoro, mentre i disoccupati sono saliti a quota 2.144.000; inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 26,8 per cento, con una crescita del 2,6 rispetto a gennaio 2009;
secondo Eurostat il dato italiano sulla disoccupazione è inferiore alla media dell'Unione europea, ma questo è in parte dovuto al massiccio impiego degli ammortizzatori sociali, che ha di fatto evitato che il numero degli occupati diminuisse sensibilmente anche se, inevitabilmente, qualora l'economia non dovesse ripartire in maniera concreta: anche questi strumenti di tutela sono destinati ad esaurirsi;
nel 2009 sono state autorizzate 918 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 311,4 per cento rispetto ai 223 milioni del 2008. I dati riferiti alla cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga sono stati diffusi dall'Inps;
il fatturato e gli ordini dell'industria nel 2009 sono crollati rispettivamente del 18,7 per cento e del 22,4 per cento rispetto al 2008: sono entrambi record negativi dal 2000, secondo quanto comunicato dall'Istat;
nonostante il contributo dei Consorzi fidi, che hanno concorso ad attenuare l'impatto della crisi, per artigiani e piccole imprese permangono, sul fronte dell'accesso al credito, notevoli difficoltà;
tutte le associazioni di categoria denunciano il grave stato in cui versa l'agricoltura, un settore in cui si registra, a fronte del calo dei prezzi all'origine, un aumento del costo dei mezzi di produzione ed il crollo della redditività delle imprese e dove nel solo 2008 il reddito reale per addetto è sceso del 18,9 per cento rispetto allo 0,2 per cento di quello rilevato nell'Europa a 15;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, che dovrebbero essere ripartite con finalità di riequilibrio economico e sociale e per realizzare interventi infrastrutturali aggiuntivi nel Mezzogiorno, sono state ridotte in misura considerevole (circa 18 miliardi di euro), destinate a impieghi diversi da quelli previsti dalla normativa e spesso senza rispettare neanche il criterio territoriale;
a fronte di Stati virtuosi che liquidano le prestazioni entro 30-70 giorni, in Italia i ritardi sui pagamenti della pubblica amministrazione viaggiano oltre i 140-150 giorni, una situazione intollerabile che compromette il mercato interno italiano e dell'Unione europea;
nonostante nel 2009 siano stati messi in campo numerosi provvedimenti per il settore delle costruzioni, i ritardi e le lentezze delle procedure amministrative hanno impedito a tutto il sistema di funzionare e di essere efficiente (basti pensare alla delibera Cipe che ha stanziato già da mesi 1 miliardo di euro per le scuole e 825 milioni di euro per le opere piccole e medie, ma nulla è ancora stato fatto);
si stima che le regole del patto di stabilità interno blocchino nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti ed è opportuno ricordare che i comuni rappresentano la principale stazione appaltante del Paese, realizzando il 43 per cento degli investimenti pubblici, soprattutto nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
nonostante un lieve recupero nel terzo trimestre del 2009, la dinamica dei consumi e degli investimenti privati rimane debole; in particolare, sui consumi incide negativamente il calo del numero degli occupati, che si traduce in una caduta del reddito disponibile delle famiglie che tende a frenarne la propensione alla spesa;
un fisco più equo doveva essere uno dei temi centrali dell'agenda del Governo, ma ad oggi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si registrano solo annunci, a cui non sono seguiti i fatti; in particolare, risulta ormai abbandonato, in vista di un non meglio qualificato nuovo sistema di deduzioni e detrazioni, il quoziente familiare,

impegna il Governo:

a promuovere senza ulteriori rinvii, le riforme strutturali nel settore della previdenza, della pubblica amministrazione e delle liberalizzazioni in particolare, che consentirebbero al Paese di recuperare il livello di competitività all'interno del contesto, sia europeo che internazionale;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre in tempi rapidi un sistema di agevolazioni fiscali per i nuclei familiari con figli, riconsiderando l'opportunità di procedere all'avvio progressivo del quoziente familiare;
ad adottare misure di sostegno della domanda, soprattutto per quei settori maggiormente in difficoltà, o di rafforzamento del potere di acquisto delle famiglie;
a considerare l'opportunità di adottare iniziative volte ad alleviare il peso del cuneo fiscale che grava sulle imprese e sui lavoratori;
a valutare, altresì, l'opportunità di prevedere una moratoria per gli studi di settore, al fine di mitigare gli effetti negativi della crisi economica sugli operatori economici più esposti;
ad elaborare un piano effettivo di rilancio dell'impresa del lavoro e dell'iniziativa dei cittadini meridionali nel Mezzogiorno, dopo gli innumerevoli e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, vuoti annunci fatti nel corso della legislatura;
ad adottare iniziative volte a reintegrare le risorse prelevate dal fondo per le aree sottoutilizzate per destinarle al rilancio dell'impresa, del lavoro e dell'iniziativa imprenditoriale nel Mezzogiorno;
a prevedere interventi di rafforzamento patrimoniale dei Confidi, al fine di consentire ai piccoli imprenditori di ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad attivarsi in sede europea per una rapida approvazione della direttiva comunitaria che, attraverso una serie di strumenti, costringerà la pubblica amministrazione a pagare non oltre i 30 giorni i propri fornitori;
a favorire il rilancio del settore delle costruzioni attraverso uno snellimento delle procedure burocratiche, puntando in particolare sull'housing sociale;
ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre un'imposta sostitutiva per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo;
a predisporre un piano di interventi urgenti a sostegno del settore agricolo, soprattutto nei comparti maggiormente esposti alla crisi attuale, per agevolare l'accesso al credito delle imprese agricole e per ripristinare integralmente il fondo di solidarietà;
a valutare l'opportunità di consentire ai comuni la possibilità di utilizzare con una maggiore elasticità le risorse che risultassero disponibili per il rilancio degli investimenti pubblici negli enti locali, utili ai fini di una ripresa dell'economia del Paese;
a prevedere ogni strumento utile a rafforzare la lotta all'evasione fiscale, a cominciare dall'introduzione di una disciplina del conflitto di interessi.
(1-00341)
(Nuova formulazione) «Casini, Galletti, Vietti, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Cesa, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mannino, Mantini, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Ria, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Tommaso Foti n. 7-00218 del 28 ottobre 2009.

Ritiro di documenti di sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Garofalo n. 2-00582 del 20 gennaio 2010;
interrogazione a risposta orale Ruvolo n. 3-00894 del 3 febbraio 2010;
interrogazione a risposta immediata in Assemblea Massimo Parisi n. 3-00942 del 2 marzo 2010;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Milo n. 5-02570 del 2 marzo 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Garofalo n. 4-03435 del 2 luglio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02656;
interrogazione a risposta scritta Garofalo n. 4-05830 del 22 gennaio 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02657.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Zamparutti e altri n. 4-06346 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 293 del 3 marzo 2010. Alla pagina 11487, seconda colonna, alla riga nona, deve leggersi: «finanze e al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:» e non «finanze. - Per sapere - premesso che:», come stampato.

Interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-06461 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 297 del 10 marzo 2010. Alla pagina 11706, seconda colonna, alla riga quarantaduesima deve leggersi: «si tratta della Smi, l'azienda Marrollo» e non «si tratta della Smi, azienda Marollo», come stampato.