XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 10 marzo 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la Conferenza delle parti, tenutasi a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre 2009, si è conclusa con un accordo politico di massima fra i Paesi sviluppati e le principali economie emergenti che dovrà essere tradotto - nel prosieguo del negoziato concernente la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - in un accordo formale ed organico per la mitigazione dei cambiamenti climatici, possibilmente coerente con l'obiettivo di limitare gli aumenti della temperatura globale a meno di 2oC di sopra dei livelli preindustriali, considerato dalla maggioranza degli studiosi la soglia per evitare mutamenti ambientali significativi e impatti socio-economici di grandi dimensioni;
il prolungamento dei tempi di aggregazione del consenso internazionale e la fase di crisi economica globale in cui ci si trova porteranno inevitabilmente ad intensificare la riflessione sulle modalità più tempestive, efficaci, convenienti ed eque per la riduzione dei gas ad effetto serra e, quindi, ad accrescere la consapevolezza della priorità e non-dilazionabilità delle politiche di efficienza energetica rispetto alle altre grandi famiglie d'intervento per la riduzione della CO2 (cattura e sequestro del carbonio, fonti rinnovabili, energia elettrica da nucleare), in vario modo tecnologicamente più immature, più onerose e non prive di rischi di vario genere;
dopo la Conferenza, l'Unione europea ha ufficialmente confermato la propria strategia climatica, consistente in un obiettivo minimo di riduzione di gas serra del 20 per cento entro il 2020, rispetto al quale è già stata varata la legislazione comunitaria attuativa (cosiddetto «pacchetto energia e clima»), e in un obiettivo massimo di riduzione delle emissioni di gas serra del 30 per cento al 2020 rispetto ai livelli del '90, a patto che anche gli altri Paesi sviluppati sottoscrivano un obiettivo comparabile, e che le economie in rapido sviluppo (come Cina e India) contribuiscano adeguatamente in relazione allo loro responsabilità e capacità;
il Consiglio europeo dell'8-9 marzo 2007 aveva già definito le modalità di attuazione dell'obiettivo unilaterale di riduzione delle emissioni del 20 per cento stabilendo tre obiettivi energetici di carattere settoriale o trasversale, che vanno a integrare e supportare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra:
a) un obiettivo vincolante del 20 per cento delle energie rinnovabili sui consumi energetici dell'Unione al 2020;
b) un'obiettivo vincolante di almeno il 10 per cento di biocarburanti sui consumi di benzina e gasolio per autotrazione al 2020, a patto che la loro produzione sia sostenibile e che i biocarburanti di seconda generazione diventino commercialmente disponibili;
c) un obiettivo di aumento dell'efficienza energetica nell'Unione europea in maniera tale da ottenere un risparmio del 20 per cento dei consumi energetici rispetto alle proiezioni al 2020;
il pacchetto di provvedimenti corrispondenti alla riduzione «unilaterale» delle emissioni del 20 per cento al 2020 rispetto al 1990, noto come «pacchetto energia e clima» (GUCE del 5 giugno 2009), ha dato attuazione agli obiettivi riguardanti le rinnovabili, mentre non ha dato attuazione all'obiettivo di efficienza energetica, riducendolo dal rango degli obiettivi quantitativi a quello di una delle varie politiche d'intervento per l'ottenimento degli altri obiettivi: ciò sminuisce le ambizioni di competitività e di praticabilità effettiva dell'intera strategia europea, oltre a rendere più difficoltoso e oneroso il raggiungimento degli obiettivi nazionali per le fonti rinnovabili (essendo questi espressi in relazione ai consumi finali lordi di energia al 2020);

queste carenze della strategia europea sono accentuate dall'attuale fase di crisi economica, che rendo prioritarie la questione degli oneri di incentivazione delle soluzioni innovative per la riduzione dei gas serra e la praticabilità immediata di misure orientate a superare la crisi, come gli investimenti di efficienza energetica nei vari settori di produzione e consumo dell'energia;
come evidenziato nei dati ufficiali della valutazione d'impatto della Commissione e da successivi studi, i costi di implementazione del pacchetto energia e clima comportano oneri per l'Italia superiori del 40 per cento rispetto alla media europea e superiori anche a molti altri Stati membri con prodotto interno lordo pro capite superiore all'Italia, e questo risultato è dovuto soprattutto alla mancata attuazione e integrazione dell'obiettivo di efficienza energetica nel pacchetto comunitario;
dopo la conferenza di Copenaghen, il processo attuativo delle politiche comunitario sul clima al 2020 dovrà avere una seconda fase di definizione, anche indipendentemente dall'eventuale revisione al rialzo dell'obiettivo europeo di riduzione dei gas serra, una fase in cui l'introduzione di un obiettivo vincolante di risparmio energetico in Europa e delle relative misure di miglioramento dell'efficienza nei vari settori, potrà consentire un miglioramento della strategia europea;
come emerso anche nel convegno del 5 novembre 2009 «Efficienza energetica: più efficace per il clima, meno costosa per l'Europa, più equa per l'Italia, più intelligente per tutti», molte voci, industriali e non, concordano nel fare dell'efficienza energetica una scelta prioritaria, finalmente condivisa, con cui l'Italia potrebbe affermare una propria leadership politica e tecnologica e dare un contributo alla soluzione della crisi globale;
l'indagine sul posizionamento dell'Italia con riferimento agli indicatori su energia e clima, realizzata dall'associazione Amici della Terra e presentata al medesimo convegno, evidenzia la notevole convenienza economica delle misure di efficienza energetica. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha recentemente stimato che il meccanismo di promozione del risparmio energetico basato sui titoli di efficienza energetica (cosiddetti «certificati bianchi») comporta risparmi economici in bolletta superiori al miliardo di euro l'anno, Inoltre, un confronto di convenienza economica a parità di CO2 evitata evidenzia che i «certificati bianchi» per il risparmio energetico comportano un beneficio netto per la collettività di 223 euro/tonnellate CO2 evitata (benefici annui al netto dei costi d'investimento e degli oneri di incentivazione);
le valutazioni del potenziale di risparmio energetico effettuate da Confindustria e dall'ENEA, oltre che nell'ambito del piano nazionale di efficienza energetica (luglio 2007), evidenziano un cospicuo potenziale derivante da interventi di efficienza energetica economicamente convenienti (cioè con costi ampiamente ripagati dai ritorni in termini di risparmio energetico), che supera i 20 Mtep in termini di energia finale e i 30 Mtep in termini di energia primaria, distribuito in tutti i settori di trasformazione e di uso finale dell'energia;
nella maggior parte dei casi, il potenziale di miglioramento dell'efficienza energetica richiede tecnologie già oggi disponibili e offerte dalla nostra industria. Ciò dimostra che le misure di miglioramento dell'efficienza energetica sono immediatamente praticabili e offrono grandi opportunità d'investimento, occupazione e sviluppo: sono quindi misure imprescindibili per accelerare il superamento della crisi economica;
in particolare la recente valutazione dell'ENEA dei costi di abbattimento delle emissioni in Italia al 2020 evidenzia infatti che le uniche opzioni tecnologiche con benefici sociali netti o con costi minimi sono quelle riconducibili al miglioramento dell'efficienza energetica nell'industria, nel terziario, nel trasporto, nell'edilizia residenziale

e nella produzione e trasmissione di elettricità, per un potenziale complessivo di riduzione delle emissioni di circa 60 Mt CO2 nel 2020 rispetto ad uno scenario tendenziale; tale misure consentirebbe da sola il rispetto del nuovo impegno dell'Italia di riduzione delle emissioni di gas serra al 2020 (-16,3 per cento rispetto al 2005, equivalente al -4 per cento rispetto al 1990). L'apporto dell'efficienza energetica, quindi, è prioritario e non dilazionabile rispetto alle altre opzioni d'intervento per la riduzione dei gas serra;
sempre in base alla valutazione dell'ENEA del potenziale di risparmio energetico al 2020 nel solo settore dell'elettricità, si potrebbero evitare 73 TWh di energia elettrica, cioè il 21,6 per cento dei consumi finali lordi del 2008 (337,6 TWh). Questo enorme potenziale di risparmio energetico al 2020 corrisponde alla produzione elettrica di circa 8 grandi centrali nucleari, ammesso che esse siano realizzabili entro il 2020. Il potenziale di risparmio realizzabile a breve termine, con le misure vigenti, ammonta a 19 TWh (potenziale al 2012 col sistema dei «certificati bianchi»): le misure di efficienza energetica sono quindi immediatamente praticabili, consentono di prender tempo là dove le innovazioni radicali non siano ancora mature in termini di prestazioni e di costi. L'efficienza energetica consente di operare scelte strategiche, quali che esse siano, in modo più consapevole e calibrato alle esigenze effettive del nostro Paese;
nonostante le prerogative e le opportunità dell'Italia nell'efficienza energetica, continua a mancare nel nostro Paese una seria e convinta politica di miglioramento dell'efficienza energetica;
il primo piano nazionale di efficienza energetica notificato dal Ministro Bersani all'Unione europea il 1o agosto 2007 e che prevede un obiettivo di risparmio energetico dell'Italia del 9,6 per cento al 2016, è rimasto lettera morta. Fra l'altro tale piano non risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale né approvato mediante decreto o altro provvedimento a firma del Ministro dello sviluppo economico ed è disponibile pubblicamente solo sui sito della Commissione europea, in italiano e in inglese, mentre non vi è traccia sul sito del Ministro dello sviluppo economico;
il decreto legislativo n. 115 del 2008, di recepimento in Italia della direttiva quadro sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici, varato il 30 maggio 2008, è rimasto sostanzialmente privo di attuazione. Infatti, devono ancora essere emanati i decreti del Ministero dello sviluppo economico riguardanti:
a) il raccordo degli obblighi vigenti di risparmio energetico (meccanismo dei «certificati bianchi»), sinora previsti solo fino al 2012 e con riferimento ad un insieme più limitato di soggetti, con gli obiettivi indicativi al 2016 di risparmio energetico di cui al decreto legislativo n. 115 del 2008, previsti dal piano nazionale del 2007. Tale decreto dovrebbe estendere gli obblighi di risparmio energetico dai distributori di energia (di elettricità, gas e combustibili per riscaldamento) alle società di vendita di energia al dettaglio (di tutte le forme di energia, ivi inclusi i carburanti per autotrazione, rimanendo esclusi invece i carburanti aerei e marini). Inoltre, esso dovrebbe ampliare la gamma degli interventi ammissibili di efficienza energetica e dei soggetti ai quali possono essere rilasciati i «certificati bianchi»;
b) il burden sharing regionale degli obiettivi di risparmio energetico definiti dal piano nazionale (fino all'anno 2016) e i successivi aggiornamenti degli obiettivi di risparmio energetico proposti dall'Unione europea. La mancanza di tale decreto, che si accompagna alla mancanza del decreto «similare» di burden sharing regionale dell'obiettivo di diffusione delle energie rinnovabili al 2020, impedisce di avviare l'attuazione dei provvedimenti comunitari su gas serra e rinnovabili con modalità attente alla minimizzazione degli oneri per i consumatori e alla competitività economica;

c) l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, impedendo di fatto la piena operatività dell'ENEA e degli enti operanti in questo ambito (ad esempio, non è mai stato realizzato il rapporto di monitoraggio periodico dello stato di attuazione delle politiche di efficienza energetica, richiesto dalla direttiva 2006/32/CE) e ostacolando la diffusione di una cultura tecnica dell'efficienza energetica;
la recente «legge sviluppo» (legge n. 99 del 2009, articolo 27, comma 10) è intervenuta per rivedere quanto previsto dal piano nazionale di efficienza energetica del 2007, stabilendo che il Ministro dello sviluppo economico vari un piano straordinario per l'efficienza e il risparmio energetico entro la fine del 2009 (e lo trasmetta alla Commissione europea), ma nemmeno questo piano straordinario è stato ad oggi approvato;
il Governo è appena intervenuto con una revisione del decreto legislativo n. 155 del 2008, che ha apportato modifiche minori e puntuali, senza alcuna preoccupazione relativamente allo pendenze comunitarie dell'Italia al 2016 e 2020, come sopra evidenziate;
di fatto, il recepimento da parte dell'Italia della direttiva 2006/32/CE è del tutto parziale e fuori tempo massimo (scadenza 17 maggio 2008), con relativi rischi di messa in mora dell'Italia da parte della Commissione,

impegna il Governo:

nella prosecuzione del negoziato sul clima, a farsi promotore di iniziative che valorizzino il potenziale di miglioramento dell'efficienza energetica a livello internazionale:
a) nel burden sharing degli impegni quantitativi di riduzione delle emissioni fra i Paesi industrializzati (proposta europea del -30 per cento rispetto al 1990);
b) nel funzionamento dei meccanismi di flessibilità (estensione del commercio dei permessi di emissione almeno a tutti i Paesi industrializzati, uso di benchmark settoriali di efficienza energetica; revisione e rafforzamento del meccanismo di sviluppo pulito CDM e ampliamento del suo ambito di applicazione alle misure di efficienza energetica);
c) negli strumenti di cooperazione e coinvolgimento degli Stati con economie emergenti nel controllo delle emissioni di gas serra;
d) nel sostegno dei Paesi in via di sviluppo;
in sede di Consiglio europeo:
a farsi promotore di un obiettivo vincolante di risparmio energetico al 2020 in tutta Europa, al fine di migliorare l'efficienza e l'efficacia della strategia climatica europea;
a richiedere un burden sharing differenziato fra gli Stati membri dell'obiettivo comunitario di risparmio energetico, da integrare con gli obiettivi nazionali di riduzione dei gas serra nei settori non ETS e con quelli riguardanti lo sviluppo delle rinnovabili;
a stimolare una revisione della direttiva vigente sugli usi finali dell'energia (2006/32/CE) in maniera tale da fornire agli Stati membri la necessaria cornice legislativa per le politiche settoriali di efficienza energetica (obiettivi intermedi, metodologie di contabilità, strumenti di attuazione e incentivazione di tipo «trasversale»);
a promuovere in ambito comunitario lo strumento nazionale di incentivazione delle misure di risparmio energetico dei «certificati bianchi» come best practice, di schema di incentivazione, pienamente compatibile con gli obiettivi di competitività economica, sicurezza energetica e sostenibilità ambientale della strategia climatica europea;
a stimolare proposte di rafforzamento della legislazione comunitaria sull'efficienza energetica nei singoli settori

esclusi dall'ETS (settori non-ETS), come i trasporti, l'edilizia, i piccoli impianti industriali e l'agricoltura;
nelle politiche interne:
a realizzare una politica convinta di miglioramento dell'efficienza energetica finalizzata ad obiettivi di risparmio energetico;
ad assumere iniziative volte a modificare entro la fine del 2010 il decreto legislativo n. 155 del 2008, apportando i correttivi necessari per l'attuazione della normativa comunitaria vigente e per la piena integrazione della legislazione nazionale riguardante l'efficienza e il risparmio energetico negli usi finali con i nuovi obiettivi comunitari al 2020 e con i piani e gli strumenti di incentivazione vigenti negli altri due settori d'intervento dei gas serra e delle rinnovabili;
ad aggiornare lo strumento operativo del piano nazionale di efficienza energetica del 2007, riferendolo alla scadenza del 2020 e prevedendo obiettivi coerenti con gli impegni di riduzione dei gas serra che saranno assunti dall'Europa dopo Copenaghen e con quelli contenuti ha nuova direttiva sulle fonti rinnovabili;
in occasione del prossimo DPEF e della predisposizione del disegno di legge finanziaria per il 2011, ad impegnarsi nell'individuazione e stanziamento e delle risorse economiche necessarie per l'attuazione del decreto legislativo (di revisione del n. 115 del 2008) e del Piano nazionale, anche attraverso un riequilibrio degli strumenti di incentivazione di altre modalità di riduzione della CO2, partendo da una
rimodulazione degli incentivi offerti nel settore delle rinnovabili per la generazione di elettricità, tenendo conto degli extracosti attesi delle varie tecnologie e dei costi esterni evitati rispetto alle tecnologie basate su combustibili fossili;
a curare il monitoraggio del piano di efficienza energetica, attraverso il miglioramento del sistema statistico e della contabilità nazionale e una sua valutazione periodica e sistematica;
a promuovere la responsabilizzazione delle regioni, mediante la fissazione di obiettivi regionali e di strumenti nazionali di incentivazione a supporto della loro realizzazione;
a raccordare gli obiettivi di risparmio energetico connessi al meccanismo nazionale dei «certificati bianchi» che attualmente prevede obiettivi fino al 2012, con gli obiettivi al 2016 della direttiva 2006/32/CE, recepita col decreto legislativo n. 155 del 2008 e con il nuovo obiettivo indicativo espresso dal Consiglio europeo nel marzo 2007, del 20 per cento entro il 2020 di risparmio energetico rispetto al tendenziale al medesimo anno;
ad armonizzare gli strumenti di incentivazione dell'efficienza energetica (certificati bianchi, detrazioni fiscali, fondi rotativi, e altri) rispetto agli strumenti di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, al fine di migliorare l'efficienza economica complessiva degli strumenti di incentivazione degli impianti di riduzione delle emissioni di CO2 e delle altre esternalità ambientali;
a promuovere la diffusione e il rafforzamento delle imprese che offrono servizi di efficienza energetica (ESCO), supportandole in particolare nell'offerta di pacchetti completi d'intervento (progettazione, finanziamento e gestione degli interventi di efficienza energetica) concepiti per superare le barriere conoscitive, finanziarie e manageriali che si frappongono al varo di iniziative di miglioramento dell'efficienza energetica economicamente convenienti;
ad elaborare un piano ricerca e sviluppo in materia di efficienza energetica, con il coinvolgimento di tutti i settori interessati, e ad assumere iniziative finalizzate a stanziare adeguate risorse per la sua implementazione, in maniera tale da supportare la nascita e lo sviluppo di

imprese nazionali che offrono tecnologie, prodotti e sistemi ad elevata efficienza energetica.
(1-00343)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Realacci, Mariani, Motta, Braga, Bratti».

Risoluzione in Commissione:

La XI Commissione,
premesso che:
prima dell'inizio dell'attuale fase di crisi economico-finanziaria, nel 2007, quando ancora il tasso di occupazione era in crescita, l'Italia - nonostante progressi realizzati negli anni precedenti - presentava uno dei peggiori andamenti dell'occupazione femminile non solo dell'Unione a 15, ma a 27 Stati. In sostanza, meno di una donna su due tra quelle in età di lavoro (il 46,7 per cento con un leggero aumento rispetto all'anno precedente), risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a 27 Paesi. La crisi è intervenuta ad aggravare la situazione e a rendere impossibile il raggiungimento, nel 2010, del tasso del 60 per cento come indicato da Lisbona 2000;
pesano su questo ritardo due dati di carattere strutturale: a) il dualismo territoriale, in quanto nelle regioni meridionali il tasso di occupazione delle donne, nel 2007, era pari al 31,1 per cento, mentre in molte regioni centro-settentrionali il tasso di occupazione femminile era a livelli europei; b) la scarsa presenza al lavoro (23 per cento) delle donne in età avanzata (55-64 anni) in conseguenza dei requisiti vigenti per il trattamento di vecchiaia (60 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione), anche se va riconosciuto che in questa fascia d'età il tasso di occupazione delle donne è cresciuta in proporzione maggiore di quella degli uomini;
ad influire sulla minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e di conseguenza sulla loro minore occupazione, è una specificità di genere legata all'evento maternità e alle esigenze di cura e di assistenza dei figli. Mentre nell'età compresa tra 25 e 29 anni (quando di norma vi è l'accesso al lavoro) il differenziale di genere - per quanto riguarda il livello dei tassi di occupazione - è abbastanza basso, nelle età successive (si ricordi che l'età media al parto è di 31,1 anni) lo scarto si allarga;
ben una donna su nove lascia il mondo del lavoro in seguito alla maternità: due su tre hanno spiegato tale scelta (volontaria o dettata da valutazioni economiche) con esigenze di cura e di assistenza dei figli. Nell'ambito della componente femminile, quelle caratterizzate dai tassi di occupazione più elevati in ogni fascia d'età solo le cosiddette persone isolate (single, divorziate senza figli, e altre). Per la donna che vive in coppia si assiste ad un vero e proprio crollo del tasso di occupazione - in particolare tra i 25 e i 44 anni - quando si passa dall'essere senza figli all'avere dei figli. Nella prima condizione le donne in questa fascia d'età hanno mediamente tassi di occupazione elevati, pari al 75,5 per cento; una volta che arrivano i figli il tasso scende al 54,5 per cento;
secondo uno studio dell'Unione europea (predisposto per la Conferenza di Parigi del 2008) il vero gap di genere (in Italia e nell'Unione europea) lo si trova osservando il tasso di occupazione nel caso di donna o di uomo senza o con figli. In Italia le lavoratrici senza figli sono occupate in misura del 66,7 per cento; gli uomini addirittura dell'80,7 per cento. Se hanno dei figli la quota degli uomini sale addirittura al 93,8 per cento, mentre quella delle donne scende al 54,6 per cento. Un analogo fenomeno, seppur meno marcato, si rileva nella Unione europea a 27. Le donne senza figli sono impiegate in misura del 76 per cento (gli uomini dell'80,8 per cento); se hanno figli la percentuale scende al 62,4 (mentre per gli

uomini sale al 91,4). In sostanza, in Italia quasi una donna su due (con figli) non entra o esce dal mercato del lavoro, mentre gli uomini-padri solo sollecitati ad entrarvi, se ancora ne sono esclusi;
nella divisione dei ruoli, dunque, continua ad essere la donna a doversi occupare della cura dei figli. Va subito notato che non si tratta di una tendenza specifica del nostro Paese, dove, paradossalmente, il tasso di fecondità, pur essendo in ripresa, è su livelli minimi nei confronti di quelli internazionali. Tuttavia, non è un destino ineluttabile, perché nei Paesi in cui l'occupazione femminile è elevata lo è anche la fecondità (il numero in media di figli per donna in età fertile);
il nodo da sciogliere, dunque, per sbloccare la disoccupazione femminile è legato al principio «conciliazione»: è su questo aspetto che vanno concentrate le politiche di sostegno, secondo due grandi gruppi: a) quelle che intervengono sulla flessibilità del regime di organizzazione del lavoro, tra cui spicca una più ampia diffusione del part time (nella Unione europea l'occupazione femminile è più elevata laddove è più ampio il ricorso al tempo parziale); b) quelle che sono di ausilio alle famiglie con bambini piccoli, in particolare per quanto riguarda l'accesso ai servizi;
un altro dato interessante riguarda lo sviluppo del part time (che è una misura fondamentale per incrementare l'impiego delle donne: nei Paesi Bassi, ad esempio, il 75 per cento delle donne lavora a tempo parziale a fronte di un tasso di occupazione femminile superiore al 67 per cento). In Italia le lavoratrici che si avvalgono di questo rapporto di lavoro sono passate dal 16,7 per cento del 2001 al 26,6 per cento del 2006 (tuttora 5 punti al di sotto della media dell'Unione europea);
secondo l'Istat nel gennaio 2010 l'occupazione femminile è pari al 46,2 per cento, un tasso invariato rispetto a dicembre e in diminuzione di 0,4 punti rispetto a gennaio 2009. Il tasso maschile risulta pari al 67,9 per cento registrando una riduzione di 0,2 punti percentuali nell'ultimo mese e di 1,6 punti negli ultimi 12 mesi. Il tasso di disoccupazione maschile è pari al 7,7 per cento (+0,2 rispetto a dicembre e +1,7 per cento rispetto a gennaio 2009); il tasso di disoccupazione femminile è uguale al 9,8 per cento (-0,2 per cento rispetto a dicembre e +0,8 per cento rispetto a gennaio 2009);
il Governo italiano ha attivato un programma di lavoro credibile, dedicato all'occupazione femminile;
anzitutto, nel piano dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stata attrezzata una cabina di regia per mettere in collegamento i giovani con il mondo del lavoro già dai banchi di scuola, ristrutturare l'istruzione tecnico-professionale, promuovere le esperienze di alternanza scuola-lavoro, ripensare l'università dandole un profilo più professionalizzante, promuovere tra le imprese l'uso dei dottorati di ricerca, rilanciare i contratti di apprendistato, anche alla luce di quanto previsto dal collegato lavoro. L'obiettivo è quello di mettere i giovani e le donne in condizione di fare scelte consapevoli per il loro futuro in anticipo rispetto a quanto avviene oggi soprattutto per il rischio di «niente lavoro» e «niente studio» oppure per tutti e due, ma con poca convinzione. Far ripartire l'integrazione tra apprendimento e lavoro è fondamentale in un Paese in cui si è creata nel tempo una frattura fra istituzioni educative e imprese;
vi è, poi, il piano dei ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità, che rappresenta l'altro braccio operativo integrato per l'occupazione femminile. L'occupazione e gli strumenti di welfare che promuovono l'occupazione femminile poggiano su una serie di tasselli di nuovi strumenti di sussidiarietà tra politiche di welfare e workfare già in parte individuati nelle cinque azione del piano per l'occupazione femminile dei due Ministri. Si tratta di un piano di azioni su politiche di genere integrate relative al lavoro, alla conciliazione, al welfare che

presuppongono nella fase di realizzazione il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, a tutti i livelli, istituzioni, parti sociali, tessuto produttivo, le stesse lavoratrici. Sono cinque le linee di azione rivolte a favorire la condivisione dei tempi di vita e di lavoro con riferimento al ruolo familiare delle lavoratrici e l'organizzazione del lavoro aziendale;
la prima linea prevede l'utilizzo del lavoro accessorio per implementare i nidi familiari, in collaborazione con gli enti locali, l'incentivazione del telelavoro e il sostegno di interventi per il rientro dalla maternità. La seconda linea riguarda la messa a regime del nuovo articolo 9 della legge n. 53 del 2000 sul finanziamento di progetti di conciliazione dei congedi parentali. La terza linea promuove la contrattazione di secondo livello in tema di gestione degli orari e dei tempi di lavoro, a partire da una concertazione con le parti sociali di strumenti per la progettazione di soluzioni innovative che verranno dall'Osservatorio sulla contrattazione collettiva e decentrata, presso l'Ufficio della Consigliera nazionale di parità, e da nuove prassi che dovranno essere implementate per favorire la conciliazione e la condivisione (formazione, orientamento al lavoro, rientro, tipologie contrattuali, flessibilità dell'organizzazione dell'orario, servizi alla persona per i dipendenti - nidi, strutture protette - utilizzo degli ammortizzatori sociali, utilizzo delle agenzie per il lavoro territoriali, servizi per l'impiego). La quarta linea appunto è quella dedicata ai lavori legati all'energia verde e rinnovabile e ad impostare un rapporto sistematico con le parti sociali, per percorsi di riqualificazione professionale e di creazione di nuove figure professionali, che attraverso appunto un riferimento nazionale può trovare a livello locale delle buone ragioni per avere e dare impulso, all'occupazione femminile, conseguenza di tutti i ragionamenti fin qui descritti. La quinta linea poi è dedicata a ripristinare con l'Unione europea un rapporto che consenta l'uso del contratto di inserimento, tipologia contrattuale importante soprattutto nel Mezzogiorno. Il piano si caratterizza per l'adozione di strumenti innovativi razionali che servono alle imprese, alle donne, all'economia del nostro Paese. E anche per questo piano naturalmente è valido il modello operativo della programmazione locale con istituzioni, associazioni, organizzazioni sindacali, per sperimentarne la bontà e l'applicabilità con conseguente operatività nei piani di zona dove si realizza la vera integrazione anche nell'uso delle risorse a disposizione;
il piano per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro predisposto dal Ministro per le opportunità fissa un sistema di interventi, cui è destinata la maggior parte delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità, allo scopo di implementare l'offerta di servizi per l'infanzia innovativi, come le «mamme di giorno», e facilitare il rientro al lavoro delle lavoratrici dopo il congedo parentale, oltre che per dare sostegno a modalità di prestazione di lavoro e tipologie contrattuali facilitanti come la banca delle ore, il telelavoro, il part time;
i provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno altresì affrontato e risolto il problema delle cosiddette «dimissioni in bianco», liberando le imprese e le lavoratrici da assurdi adempimenti burocratici;
grande rilevo assume lo sviluppo della imprenditorialità femminile, specie nelle regioni del Mezzogiorno, dove maggiore è il divario del tasso di occupazione femminile rispetto agli obiettivi di Lisbona, da agevolare attraverso interventi mirati, e della promozione manageriale delle donne nei vertici delle imprese. Un ruolo fondamentale può anche assumere lo sviluppo della cosiddetta «green economy». Anche dal punto di vista normativo il Governo italiano ha cercato di accompagnare questo trend positivo dell'occupazione ambientale, in particolare nel settore delle fonti rinnovabili, con misure ed incentivi ad hoc. Va in questa direzione il decreto interministeriale attuativo della legge finanziaria per il 2008 (decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18

dicembre 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 2009), con il quale sono state introdotte importanti novità per i procedimenti d'incentivazione della produzione di energia elettrica, mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili,

impegna il Governo

a proseguire nelle azioni intraprese, dando seguito alle iniziative legislative ed amministrative a favore dell'occupazione delle donne, della conciliazione e dell'imprenditorialità femminile, nell'ambito delle linee di indirizzo dell'Unione europea del piano di azione «Italia 2020», adottato dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità, contenente l'individuazione delle misure per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro, nonché a dare nuovo impulso ad interventi in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità femminile nel Mezzogiorno.
(7-00285)
«Pelino, Milanato, Beccalossi, Lehner, Castellani, Mistrello Destro, Gottardo, Castiello, Di Caterina, Rosso, De Camillis, Nola, Palumbo, Di Virgilio, Patarino, Mariarosaria Rossi, Giammanco, Calabria, De Nichilo Rizzoli, Cazzola, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Frassinetti, Ceccacci Rubino, Iannarilli, Vella, Pili, Aprea, Angela Napoli».

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
la fonte «tipica» dell'emergenza si rinviene oggi nelle ordinanze di necessità ed urgenza, in particolare nelle ordinanze di protezione civile di cui alla legge n. 225 del 1992;
la tendenza che si è registrata negli ultimi anni nella prassi è che alle ordinanze di protezione civile si stia facendo sempre più ricorso in aree estranee all'emergenza. Alcuni elementi sembrano addirittura avvalorare l'impressione di una progressiva «attrazione» di interi ambiti materiali nell'orbita di siffatte ordinanze, con conseguente sottrazione di questi ultimi alla legislazione «parlamentare», più in generale, alla legislazione primaria;
dal 1994 ad oggi (30 ottobre 2009) le sole ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri (o.p.c.m.) emanate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992 sono state 602. Tra il 1994 ed il 2001 sono state emanate una, al massimo due ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri all'anno, mentre a partire dal 2002 la quantità annua di ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate è aumentata notevolmente ed in modo repentino: se ne registrano 40 emanate nel 2002, 72 nel 2003, 59 nel 2004, 99 nel 2005, 71 nel 2006, 79 nel 2007, 87 nel 2008 e 88 nel 2009, alla data del 30 ottobre;
nel corso degli anni è cambiato anche il contenuto delle ordinanze stesse. Come è stato notato in dottrina, sembra ormai di assistere ad una «destrutturazione della forma amministrativa del potere contingibile ed urgente», data l'ormai diffusa presenza di prescrizioni generali ed astratte nel contenuto delle ordinanze;
si è registrata, inoltre, un'interpretazione estensiva, data nella prassi dal Governo, alla nozione di evento straordinario di protezione civile, cioè al presupposto sostanziale, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225 del 1992, per l'emanazione di ordinanze di protezione civile;

il Governo Berlusconi II, all'inizio della XIV legislatura, attraverso due decreti-legge, poi convertiti in legge, ha esteso la possibilità di emanare ordinanze di protezione civile anche per la gestione dei cosiddetti «grandi eventi», la cui natura (di grande evento) viene dichiarata dal Consiglio dei ministri, e per gli interventi di protezione civile all'estero derivanti da calamità o eventi eccezionali;
il Governo Berlusconi IV, all'inizio dell'attuale legislatura, con una disposizione introdotta dall'articolo 14 del decreto-legge del 23 maggio 2008, n. 90, ha depotenziato il meccanismo dei controlli apprestati dall'ordinamento nei confronti delle ordinanze di protezione civile, disponendo la sottrazione delle ordinanze al controllo preventivo della Corte dei conti, per di più attraverso una norma di interpretazione autentica dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, con conseguente attribuzione ad essa di efficacia retroattiva;
l'articolo 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992 dispone che il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero per sua delega, il Ministro dell'interno, per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di stato di emergenza possa avvalersi di commissari delegati che, in virtù della delega, possono adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, ma nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega nonché i tempi e le modalità del suo esercizio;
proprio a causa dell'ampliamento degli ambiti di intervento della protezione civile, fino a ricomprendere l'esercizio di funzioni pubbliche e la gestione di servizi pubblici o dei grandi eventi, il numero dei commissari straordinari è cresciuto a dismisura;
questo strumento è ormai utilizzato ad avviso degli interpellanti in modo distorto poiché vi si fa ricorso non solo per reali esigenze ma anche per affrontare situazioni di pericolo derivanti da un cattivo funzionamento dei poteri amministrativi. La gestione commissariale si è trasformata da strumento eccezionale a prassi di governo che alimenta un meccanismo, sostanzialmente inadeguato, di proroga nel tempo dello stato di emergenza che alla lunga spoglia il tessuto amministrativo ordinario delle sue funzioni, determinando così un'alterazione del sistema costituzionale di allocazione delle competenze;
in un articolo del Il Sole 24 Ore del 23 marzo 2009 intitolato: «L'avanzata dei commissari» si afferma che non esiste un monitoraggio preciso dei commissari e che alla fine si stima che quelli che hanno maggior peso siano 83;
questo modello, ad avviso degli interpellanti, non è compatibile con le previsioni dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988 e altera pericolosamente la struttura del Governo prevista dalla Costituzione e dalla stessa legge del 1988 -:
quanti siano e chi i commissari straordinari in carica per ciascuna gestione sia essa per «emergenza» o per «grandi eventi», ai sensi della legge n. 225 del 1992, e quale sia il loro compenso, in valori assoluti e pro capite;
come venga assicurata la pubblicità degli atti adottati dai commissari e se non si ritenga opportuno presentare, periodicamente, al Parlamento una relazione riguardante, per ciascuna gestione commissariale, l'entità e il rendiconto dell'uso delle risorse, le modalità di selezione delle imprese incaricate di fornire beni e servizi, la durata del mandato commissariale, le procedure di assunzione e l'utilizzo del personale, l'elenco e le motivazioni delle norme derogate, lo stato delle opere e dei beni realizzati;
se non ritenga di accertare le cause e le responsabilità delle specifiche situazioni di inefficienza della pubblica amministrazione, che ha determinato, tra le altre cause, la trasformazione della gestione dell'emergenza in una vera e propria amministrazione

parallela o anche, a giudizio degli interpellanti, in una sorta di «Stato parallelo».
(2-00647)
«Zaccaria, Franceschini, Amici, Bressa, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Boccia, Lenzi, Rosato, Giachetti, Quartiani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPARINI, REGUZZONI, STUCCHI, CROSIO, MONTAGNOLI e GIBELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'emittenza radiotelevisiva locale rappresenta un fondamentale presidio di pluralismo e libertà d'informazione che, soprattutto in questa onerosa ed impegnativa fase di evoluzione tecnologica, deve essere messa nella condizione di svolgere la sua funzione di rappresentare la quotidianità dei cittadini;
l'articolo 10-sexies del decreto-legge n. 194 del 2009, cosiddetto decreto «milleproroghe» (convertito, con modificazioni dalla legge n. 25 del 2010), stabilisce che le imprese radiofoniche e televisive locali, a decorrere dall'anno 2009, non potranno più usufruire delle provvidenze per l'editoria;
tali provvidenze consistevano nella riduzione tariffaria del 50 per cento dei costi delle utenze telefoniche, nel rimborso del 40 per cento dei costi delle utenze elettriche e dei collegamenti satellitari e nel rimborso dei 60 per cento del costo dei canoni di abbonamento delle agenzie di informazione radiotelevisiva; queste erano necessarie, per le emittenti locali, al fine di organizzare le redazioni, essenziali per offrire un efficiente servizio di informazione sul territorio;
l'emittenza radiofonica e televisiva locale messa a dura prova dalla crisi economica e dagli ingenti investimenti necessari al passaggio alla trasmissione in tecnica digitale terrestre, a causa dell'abolizione delle provvidenze per l'editoria, deve affrontare un'emergenza senza precedenti con la perdita di molti posti di lavoro dei giornalisti, garanzia del pluralismo informativo, e del personale tecnico, indiscusso patrimonio professionale -:
se non si intendano assumere iniziative normative volte a ripristinare le provvidenze per l'editoria per le tv e radio locali per l'annualità 2009 e per le successive e a definire nuove forme di incentivazione per l'innovazione tecnologica al fine di completare il passaggio al digitale terrestre.
(5-02640)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOCCAFONDI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con la conferenza dei servizi del 27 marzo 2008 è stato approvato il progetto per il nuovo Auditorium parco della musica e della cultura sito in Firenze, promosso dalla Struttura di missione per le celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
ai sensi e per gli effetti della raggiunta intesa tra Struttura di missione e gli enti rappresentati nella Conferenza dei Servizi, è stato emesso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Struttura di missione per le celebrazioni del 150o anniversario dell'unità nazionale il provvedimento di raggiunta intesa protocollo 2799/SEGR/2011 datato 20 novembre 2008, nel quale si decreta tra l'altro: «all'articolo 1: "...si autorizzano i lavori di realizzazione del nuovo Parco della musica e della cultura di Firenze..."; all'articolo 2: "Il presente decreto sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso, comunque denominato di competenza delle amministrazioni ed Enti partecipanti ovvero invitati a partecipare alla Conferenza, sempre in relazione alla conformità urbanistica delle opere di che trattasi"»;

preso atto delle note protocollo 9/CD/FI del 23 dicembre 2008, e protocollo 10/CD/FI del 15 gennaio 2009, con le quali la Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva comunicato di aver accantonato cautelativamente, nel quadro economico della realizzazione, a valere sui fondi statali, la somma di euro 14 milioni per l'acquisizione dell'area, «nell'ipotesi di mancata conclusione del protocollo d'intesa regolante i rapporti tra Ferrovie dello Stato e Comune di Firenze, con conseguente adeguamento dell'importo dei lavori affidati, fermo restando l'impegno da parte di tutti i soggetti interessati nella realizzazione di verificare lo stato dei finanziamenti ed individuare le fonti che si renderanno necessarie per il completamento dell'opera anche in relazione alle recenti determinazioni del MIBAC che ha manifestato l'intenzione di valutare la messa a disposizione di ulteriori risorse economiche necessarie al buon esito dell'opera»;
il giorno 25 febbraio 2010 sarebbe stato sottoscritto protocollo di Intesa fra regione e Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al nuovo Parco della musica con il quale sarebbe stato siglato l'impegno della regione a finanziare l'opera per 40 milioni di euro;
l'importo complessivo dei lavori ammonterebbe oggi a 236 milioni di euro con un progetto diviso in due lotti, il primo di 156 milioni e il secondo di 80 milioni e che il finanziamento regionale dovrebbe servire a garantire almeno la consegna del primo lotto prevista per il mese di novembre 2011;
lo Stato con la suddetta intesa si impegnerebbe a versare 12 milioni nel 2010 e 22 milioni nel 2011;
l'amministrazione comunale di Firenze dovrebbe garantire entro il prossimo mese di giugno l'impegno di 42 milioni di euro per la realizzazione dell'opera che dovrebbero, almeno in parte, derivare dalla vendita del complesso edilizio del teatro comunale di Firenze;
sia la prima asta che la seconda per la vendita del teatro comunale, che partiva da 44 milioni di euro, sono andate deserte;
il totale dei soldi di enti pubblici fino ad ora impegnati risulterebbero in totale circa i 115 milioni di euro non sufficienti nemmeno a finanziare il primo lotto dei lavori stimato in 156 milioni di euro, mentre il costo totale risulterebbe di 236 milioni di euro -:
se il Governo abbia firmato un nuovo protocollo di intesa relativo al nuovo Parco della musica di Firenze;
come si giustifichi l'attuale costo di 236 milioni per un progetto che a febbraio 2009 aveva una previsione di spesa di 105 milioni.
(4-06453)

TOCCAFONDI, MIGLIORI, POLLEDRI, MARINELLO, GIOACCHINO ALFANO, PAGANO, GIRLANDA, FRANZOSO, GOTTARDO, MASSIMO PARISI, RENATO FARINA, DI BIAGIO, VELLA, PICCHI, CASTELLANI, BOCCIARDO, VIGNALI, TORTOLI, MAZZONI, MAZZUCA, PALMIERI, LUCIANO ROSSI, BARBIERI, CENTEMERO, BRIGANDÌ, D'AMICO, LAURA MOLTENI, MUNERATO, RIVOLTA, SALTAMARTINI, BONCIANI, COLUCCI, ROSSO e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
decine di comuni stanno deliberando l'attuazione di «registri sul testamento biologico» tra questi: Firenze, Bologna, Genova, La Spezia, Pisa, Vicenza, Cagliari, Calenzano, Caserta, Massa, Fiesole, Lecco, alcuni municipi di Roma e la provincia di Cagliari;
la Camera, dei deputati, Commissione affari sociali, sta esaminando la proposta di legge n. 2350 «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» in un testo unificato già approvato dal Senato;
al Senato l'esame in Commissione è iniziato il 1o ottobre 2008 e si è concluso

il 12 marzo 2009, mentre in Assemblea la discussione è iniziata il 18 dicembre 2008 e conclusa il 26 marzo 2009;
l'esame del testo alla Camera dei deputati ha preso avvio in commissione in data 8 luglio 2009. In Commissione affari sociali vi è stato un ampio e approfondito dibattito, cui hanno preso parte oltre quaranta deputati, in buona parte non facenti parte della Commissione: fatto che dimostra che non vi è stata da parte della maggioranza la volontà di comprimere o limitare la discussione;
il testo varato dal Senato prevede il «consenso informato» (articolo 2). Il consenso informato del paziente come presupposto necessario per l'attivazione di ogni trattamento sanitario, salvo i casi previsti dalla legge. Può essere sempre revocato, anche parzialmente. L'espressione del consenso deve essere preceduta da informazioni corrette e complete rese dal medico al paziente. Il documento in cui è reso il consenso, firmato dal paziente, diventa parte integrante della cartella clinica. Il consenso non è richiesto quando la vita della persona incapace di intendere e di volere sia in pericolo per il verificarsi di un evento acuto;
il testo prevede anche il registro delle dichiarazioni anticipate (articolo 9). Viene istituito il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento presso il Ministero della salute. Il Ministro, con regolamento da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge sentito il Garante per la protezione dei dati personali, disciplina sia la tenuta del registro sia le modalità e i termini di compilazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento, presso il medico di medicina generale, registrate e trasmesse dalle aziende sanitarie al registro di cui sopra. La dichiarazione anticipata di trattamento e qualsiasi altra formalità a essa connessa non sono soggette all'obbligo di registrazione e sono esenti dall'imposta di bollo e da qualunque altro tributo;
l'atto approvato dal Senato disciplina anche la validità della dichiarazione anticipata di trattamento (articolo 4, commi da 3 a 6). La dichiarazione anticipata di trattamento è valida per cinque anni, decorrenti dalla redazione dell'atto, della dichiarazione anticipata di trattamento, dichiarazione comunque rinnovabile, anche più volte. La regola della validità quinquennale della dichiarazione viene meno nel caso in cui il soggetto sia divenuto incapace. La dichiarazione è revocabile e modificabile in ogni momento. È previsto l'inserimento della dichiarazione anticipata di trattamento nella cartella clinica del malato e la non applicabilità della dichiarazione anticipata di trattamento in condizioni di urgenza o quando il soggetto versa in pericolo di vita immediato;
il testo licenziato del Senato prevede la dichiarazione anticipata di trattamento (articolo 3). La dichiarazione anticipata di trattamento esprime la volontà della persona che firma la dichiarazione riguardo ai trattamenti sanitari, in caso di eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere, e consente esclusivamente all'eventuale fiduciario di provvedere alle funzioni indicate nell'articolo 6, purché in conformità a quanto prescritto dalla legge e dal codice di deontologia medica. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è consentita la rinuncia a trattamenti sanitari ritenuti sproporzionati o sperimentali ed è vietato l'inserimento di indicazioni che integrino le fattispecie di cui agli articoli 575 (omicidio), 579 (omicidio del consenziente) e 580 (istigazione o aiuto al suicidio) del codice penale. È vietato altresì dare disposizioni riguardanti l'alimentazione e l'idratazione, in quanto forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. L'efficacia della dichiarazione anticipata di trattamento è collegata all'accertamento che il soggetto in stato vegetativo non è più in grado di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze. In tal senso viene disposto che la valutazione dello stato clinico del soggetto in stato vegetativo è formulata da un collegio medico (medico

legale, anestesista-rianimatore e neurologo, designati dalla direzione sanitaria della struttura di ricovero o della azienda sanitaria locale di competenza), sentiti il medico curante e il medico specialista della patologia;
il consiglio comunale di Firenze in data 5 ottobre 2009 ha votato una delibera di consiglio recante il titolo: «Istituzione del Registro dei testamenti biologici. Regolamento Comunale». La delibera comunale prevede l'istituzione, fatta salva l'approvazione di una apposita normativa nazionale in materia, di un registro di raccolta dei testamenti biologici (cosiddetto «dichiarazioni anticipate di volontà»), e stabilisce che tale registro è riservato ai soli cittadini residenti nel comune di Firenze, ed ha come finalità di consentire l'iscrizione nominativa, mediante autodichiarazione, di tutti i cittadini che hanno redatto una dichiarazione anticipata di trattamento con indicazione del notaio rogante ovvero del fiduciario e/o del depositario, allo scopo di garantire la certezza della data di presentazione e la fonte di provenienza; la delibera approva infine il «Regolamento comunale per il registro dei testamenti biologici». A tale provvedimento è seguita una delibera di giunta per l'attuazione di un regolamento attuativo che prevede la gratuità dell'iscrizione;
sembra, a parere anche di alcuni giuristi, che la delibera possa generare confusione come quella di ritenere che chiunque possa chiedere nella circostanza del fine della propria vita trattamenti oppure rifiutarli: una confusione che pare inopportuna, dal momento che il Parlamento sta democraticamente trattando una materia così delicata -:
se non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per ricorrere alla procedura prevista dall'articolo 138 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
(4-06454)

MARTELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alle prossime elezioni per la regione Veneto ed a quelle per il comune di Venezia sono candidati due esponenti politici che sono anche Ministri del Governo attualmente in carica: il Ministro per le politiche, agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, ed il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta;
nessuno dei due ha ritenuto di dimettersi dalla carica ricoperta presso il Governo prima dell'inizio della campagna elettorale;
è specifico compito del Governo assicurare la parità di condizioni tra i diversi competitori alle elezioni;
già in data 2 marzo 2010 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, ha convocato un presunto vertice sulle infrastrutture veneziane, nella realtà utile solo alla successiva conferenza stampa con il candidato sindaco del PdL a Venezia;
sono già state annunciate a Venezia e nel Veneto le presenze di almeno otto Ministri, sempre motivate con impegni istituzionali ma nella realtà utili, ad avviso dell'interrogante, solo per realizzare iniziative con i candidati sindaco e presidente di regione;
questi comportamenti appaiono all'interrogante lesivi delle parità di condizioni dei partecipanti alla campagna elettorale e pesantemente penalizzanti per le finanze pubbliche -:
quante volte dall'inizio del mese di marzo 2010 i due Ministri candidati abbiano richiesto ed ottenuto l'utilizzo di voli di Stato per spostarsi da e verso il Veneto e Venezia;
quanti impegni istituzionali siano previsti nei prossimi 20 giorni da parte di esponenti del Governo a Venezia e nel Veneto;

se gli spostamenti previsti dei Ministri e del loro seguito siano posti a carico della collettività o siano finanziati personalmente dai candidati.
(4-06474)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa, in particolare da un articolo dell'Unità del 9 marzo 2010, che anche la cosiddetta influenza «suina» è stata gestita dalla Protezione civile come un grande evento;
in particolare, l'articolo sopra citato riferisce che la Protezione civile ha gestito l'acquisto di 24 milioni di dosi di vaccino con una spesa che ancora oggi rimane ufficialmente ignota;
in data 11 giugno 2009 l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di pandemia connesso al nuovo ceppo influenzale A(H1N1), per cui il Ministero della salute ha istituito un'unità di crisi i cui lavori hanno portato a concludere che, ove non fossero state applicate ulteriori misure oltre alla somministrazione di farmaci antivirali disponibili, in Italia si sarebbero potuti verificare oltre nove milioni di casi di malattia nei mesi successivi;
le decisioni assunte dall'unità di crisi sono state fatte proprie dal Governo italiano che, con note del 17 e 21 luglio 2009, a firma del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla Protezione civile, ha espresso sia Novartis che a Sanofi Pasteur l'interesse ad acquisire 24.000.000 di dosi di vaccino antinfluenzale A(H1N1);
l'articolo riferisce anche che tra il 21 e il 31 luglio 2009 è stato formalizzato l'accordo tra il sottosegretario Guido Bertolaso e la società farmaceutica Novartis, specificando che questo accordo non è mai stato reso pubblico. La stessa magistratura contabile ha dovuto insistere per averne almeno gli estremi;
il 21 settembre 2009 la Corte dei conti, che esercita controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ha emanato la deliberazione n. 16/2009/P. La Corte con tale atto ha dato una sua valutazione sul contratto di fornitura di dosi di vaccino antinfluenzale A(H1N1) stipulato tra l'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l.;
la Corte ha chiesto inoltre chiarimenti su alcuni punti del contratto stesso. Essa così venne a sapere che il trattamento dell'influenza A (H1N1) era stato affidato alla Protezione civile, alla stessa stregua degli eventi calamitosi come terremoti, frane, e altri, e che non era stata prevista la possibilità per il Ministero di rivalersi per eventuali danni;
la Corte dei conti aveva chiesto altresì elementi per valutare la congruità del prezzo e le ragioni per cui le dosi del vaccino potevano essere consegnate in ritardo senza che la società Novartis dovesse pagare una penalità per questo;
si legge inoltre nell'articolo citato che «la Corte ha lamentato scarsa trasparenza e una lunga serie di deroghe alla normativa, così tante da etichettare l'accordo tra Stato e Novartis al di fuori degli ordinari schemi contrattuali» -:
se corrisponda al vero che l'influenza A(H1N1) sia stata inserita tra le emergenze nazionali, e a quanto ammonti il reale importo pattuito dal Governo con la multinazionale Novartis per la fornitura del vaccino in questione;
per quale motivo e su quali basi la fornitura del vaccino sia stata assegnata alla multinazionale Novartis;
per quale motivo sia stata accettata la clausola vessatoria di non potersi rivalere per eventuale danno e come sia stato possibile che nelle clausole contrattuali non fossero previste penalità nel caso di ritardo nella consegna del vaccino da parte della Società Novartis.
(4-06475)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

TEMPESTINI e MINNITI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la recente inchiesta della procura di Roma nei confronti del parlamentare Di Girolamo, cui hanno fatto seguito le dimissioni dalla carica di senatore, ha fatto emergere elementi preoccupanti non solo per ciò che attiene alla falsa attestazione della sua residenza in Belgio, ma ha reso noto uno scenario che prefigura - secondo molte fonti giornalistiche - forti connessioni fra la sua elezione, l'attività della criminalità organizzata e l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, in particolare in Germania;
al di là del necessario accertamento da parte della magistratura delle responsabilità penali, le numerose notizie degli organi di stampa nazionali, aprono un inedito scenario circa l'esistenza di un'organizzazione sistematica per la raccolta di consensi elettorali all'estero da parte delle cosche criminali, in particolare della 'ndrangheta, in grado di costituire, anche mediante il procacciamento dei voti, consistenti reti illegali a livello transnazionale;
in particolare dall'articolo de La Stampa dell'8 marzo si apprende come l'organizzazione della campagna elettorale del senatore Di Girolamo in Germania, curata da tal Gennaro Mokbel si avvalesse della collaborazione di esponenti acclarati della 'ndrangheta operanti nella città di Crotone, una cooperazione fattiva per il procacciamento dei voti, confermata anche dall'esistenza di voli privati da Roma Ciampino-Crotone e Ciampino-Stoccarda-Ciampino;
troverebbero conferma anche le responsabilità in capo all'ufficio anagrafe del consolato d'Italia a Bruxelles che, di fronte all'evidente mancanza dei documenti necessari ai fini dell'iscrizione all'Aire da parte del senatore Di Girolamo, avrebbe ricevuto pressioni per sanare le irregolarità circa i requisiti richiesti per la sua candidatura;
la vicenda su esposta è allarmante sia sotto il profilo delle responsabilità individuali, che coinvolgono in particolar modo la condotta dell'attuale ambasciatore italiano in Belgio, Sandro Maria Siggia, sia sotto il profilo dell'attività delle nostri reti consolari e dell'attuale sistema di voto all'estero che, in particolare nella prevista forma del voto per corrispondenza, può tecnicamente esporre a rischio di pesanti interferenze;
accanto alla candidatura e all'elezione di rappresentanti in Parlamento di personalità di prim'ordine, per quanto attiene a trasparenza, impegno, competenza e preparazione, si è evidenziata la possibilità di eleggere, con sistemi illegali, personalità fortemente sospettate di mantenere rapporti con la criminalità organizzata, in grado di inquinare anche segmenti di relazioni tra Italia e i Paesi in cui ha sede la circoscrizione estera e di compromettere l'immagine del nostro Paese all'estero;
lo scenario che emerge dalle inchieste sulle elezioni in Germania non è purtroppo un caso isolato, anche in altre occasioni, ombre e sospetti di brogli hanno indotto le procure di Roma e di Reggio Calabria ad aprire un'inchiesta, relativamente all'influenza esercitata dalla mafia su alcuni candidati alle elezioni del 2008, nella ripartizione del Sudamerica e in particolare del Venezuela; sia nel caso delle elezioni in Germania che in quelle in Sudamerica, i sospetti di broglio e di voto inquinato dalla criminalità organizzata hanno investito alcuni candidati del Popolo della Libertà -:
se non ritenga necessario richiamare in Italia l'attuale ambasciatore in Belgio e provvedere con urgenza ad un suo avvicendamento;
se non ritenga indispensabile procedere a una specifica indagine ministeriale

per accertare le eventuali lacune di sistema che espongono al rischio di facili permeabilità e interferenze da parte delle organizzazioni criminali, intenzionate ad inquinare il voto degli italiani all'estero, premessa indispensabile per restituire anche alle nostre rappresentanze diplomatiche le condizioni di massimo rigore e assoluta trasparenza.
(4-06473)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOCCI e SERENI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare si appresterebbe a varare un decreto contenente nuovi valori, più restrittivi, riguardanti le emissioni per gli impianti di produzione di energia elettrica;
la centrale Enel a carbone di Bastardo in Umbria, nonostante la presentazione di un piano di ambientalizzazione che prevede - nel periodo 2010-2015 - l'abbattimento del 40 per cento degli ossidi di zolfo, del 23 per cento degli ossidi di azoto e del 50 per cento delle polveri, rischia di non rientrare nei nuovi parametri e di non conseguire l'autorizzazione integrata ambientale;
fino al 31 dicembre 2009 l'impianto è stato pienamente in esercizio, ma dal 1o gennaio 2010 l'Enel ha ridotto drasticamente l'attività e la produzione di energia elettrica si è fermata ad un quinto della potenzialità del sito. Attualmente l'Enel prevede il rischio di fermare l'impianto entro tre anni dall'entrata in vigore del decreto;
l'organico dell'impianto conta 113 lavoratori, a cui vanno aggiunti un centinaio di lavoratori dell'indotto -:
quali iniziative intenda adottare per evitare che l'entrata in vigore di condivisibili nuovi parametri più restrittivi provochi una grave crisi occupazionale e se non ritenga di promuovere un incontro con Enel, autorità locali e parti sociali per verificare le possibili soluzioni.
(5-02624)

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il sottoscritto il 24 settembre 2009 ha presentato un'interrogazione parlamentare relativa alla grave situazione ambientale dell'ecosistema del lago di Vico e alle problematiche sanitarie derivanti dall'uso delle sue acque per consumo umano;
il lago di Vico, zona umida di protezione speciale, per la sua bellezza e per le sue acque rappresenta un patrimonio naturalistico per l'intera provincia di Viterbo, ed una risorsa idrica da tutelare e risanare in particolare per le comunità di Ronciglione e Caprarola che ne utilizzano le sue acque anche per uso potabile;
il suo ecosistema presenta delle criticità, ormai ben note da alcuni anni e attualmente in fase di grave e rapido peggioramento (processo di eutrofizzazione e marcata riduzione dell'ossigeno disciolto nelle acque), tanto che questa condizione rappresenta una seria minaccia anche per la vita delle specie vegetali e per la fauna lacustre;
l'associazione italiana medici per l'ambiente-Isde (International siciety of doctors for the environment - Italia) sezione di Viterbo ha più volte richiamato l'attenzione degli enti preposti su questa situazione che può aver determinato e può determinare un grave danno alla salute e all'ambiente;

le acque di questo lago, a causa della sua origine vulcanica sono ricche di arsenico, un elemento classificato come cancerogeno dalla agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.) e presentano da qualche anno periodiche fioriture di un'alga denominata Plankthotrix rubescens (alga rossa);
la Plankthotrix rubescens (alga rossa) produce una microcistina dannosa per la salute delle persone ma anche per la flora e la fauna ittica lacustre ed è classificata, sempre dall'I.A.R.C., come elemento cancerogeno di classe 2 b;
lo sviluppo dell'alga Plankthotrix rubescens, è favorito dalla presenza di composti azotati e fosfati che le fanno da nutrimento e che possono derivare dalla presenza di scarichi civili abusivi come da pratiche agricole inidonee e sconsiderate che utilizzano eccessivi quantitativi di sostanze fertilizzanti e fitofarmaci;
dal «memorandum» redatto, in data 23 dicembre 2009, dal dipartimento di prevenzione - servizio igiene e sanità pubblica - sezione 4 Vetralla Asl di Viterbo, al punto n. 5 si legge: «con nota Prot. n. 1051 del 19 dicembre 2008, indirizzata al Sindaco del Comune di Ronciglione e all'ATOl, viene comunicato l'esito di sopralluogo ispettivo eseguito in data 18 dicembre 2009 da nostro tecnico della prevenzione presso l'impianto di filtraggio loc. Casalino; nel corso del sopralluogo viene evidenziato lo stato di fatiscenza del manufatto che accoglie l'impianto e la condizione di bay-pass[sic] dal sistema di filtraggio, pertanto si invitano gli Enti al ripristino immediato del filtraggio dell'acqua prelevata dal lago e alla sistemazione della struttura»;
le analisi effettuate dall'Arpa Lazio - sezione di Viterbo continuano a mostrare nelle acque destinate a consumo umano una presenza ed un quantitativo rilevante di alghe e in particolare di alghe cianoficee, al cui gruppo appartiene l'alga rossa Plankthotrix rubescens;
la consistente presenza di alghe è indice evidente che il processo di potabilizzazione delle acque, di cui la filtrazione è una fase fondamentale, è inadeguato nei due acquedotti di Ronciglione e Caprarola;
dalla documentazione a disposizione dell'Isde di Viterbo non risulta che, dalla segnalazione del 2007 della presenza dell'alga rossa nelle acque del lago, siano state effettuate le necessarie e specifiche analisi per rilevare la presenza e la concentrazione della microcistina tossica prodotta da questa alga nelle acque destinate a consumo umano;
l'assenza di esami sulla concentrazione della microcistina nelle acque destinate a consumo umano genera una forte preoccupazione ed incertezza per il possibile rischio sanitario a cui possono essere state e possono essere tuttora esposte le persone e soprattutto i bambini;
la garante del servizio idrico integrato della regione Lazio ha ricevuto numerose segnalazioni da parte di cittadini ed associazioni preoccupati per le conseguenze ambientali e sanitarie del persistere di questa condizione;
la garante è più volte intervenuta su questa vicenda sollecitando gli enti preposti per rapida soluzione di questo problema;
dalla riunione del tavolo tecnico convocata, il 2 marzo 2010, dall'assessorato all'ambiente della provincia di Viterbo su: «Attività di contrasto al degrado della qualità delle acque del lago di Vico», è emerso con chiarezza che nelle acque del lago sono presenti valori elevati di arsenico (As) e di altre sostanze tossiche e cancerogene quali il mercurio idrocarburi, policiclici aromatici (IPA), e che nei suoi sedimenti sono presenti alte concentrazioni di arsenico - 647 mg/kg SS (valore soglia 20 mg/kg SS) -, cadmio - 12 mg/kg SS (valore soglia 2 mg/kg SS) - e nichel - 566 mg/kg SS (valore soglia 120 mg/kg SS) -, che determinano una situazione di gravissimo rischio per la salute umana;
la presenza di più sostanze tossiche e cancerogene nelle acque ad uso potabile possono determinare rischio e danno alla

salute con meccanismi di interazione ed amplificazione diversi da quello della sola e semplice sommazione delle diverse concentrazioni dei singoli elementi nocivi -:
quali iniziative siano state assunte e intendano assumere i Ministri interrogati, per assicurare piena pubblicità alle notizie sconcertanti lo stato ambientale del lago di Vico, zona di protezione speciale, e per garantire la conservazione di questa importante zona umida italiana;
se e quali disposizioni sono state emanate per impedire l'ulteriore peggioramento delle condizioni delle acque del lago e quindi della qualità delle sue acque destinate a consumo umano sin dalla prima segnalazione della presenza dell'alga Plankthotrix rubescens nel lago nel 2007;
quali siano i risultati del monitoraggio, sulla concentrazione di microcistina, nelle acque destinate a consumo umano, dalla prima segnalazione della presenza dell'alga Plankthotrix rubescens ad oggi;
quali misure e dispositivi sono stati utilizzati per eliminare le alghe e la microcistina dalle acque utilizzate dalle scuole, in particolare nei comuni di Ronciglione e Caprarola;
quali misure e dispositivi sono stati utilizzati per eliminare le alghe e la microcistina dalle acque utilizzate nell'ospedale di Ronciglione;
quali misure e dispositivi sono stati utilizzati per eliminare le alghe e la microcistina dalle acque utilizzate dalle industrie alimentari locali, in particolare nei comuni di Ronciglione e Caprarola;
quali siano i risultati del monitoraggio della concentrazione della microcistina nelle carni dei pesci di più largo consumo alimentare e soggetti a vendita, dalla prima segnalazione della presenza dell'alga Plankthotrix rubescens ad oggi;
se sono state convocate assemblee pubbliche e attivate forme di informazione, come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001, nelle quali i dirigenti del Dipartimento di prevenzione - servizio igiene e sanità pubblica della Asl di Viterbo, insieme ai sindaci delle due amministrazioni comunali, hanno informato i cittadini circa le problematiche sanitarie che possono derivare dalla situazione descritta;
se risulti che l'arsenico, che è presente in concentrazioni elevate nel lago di Vico e per deroga regionale può essere presente con valori più elevati rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001 (valore limite di 10 microgrammi/litro che con la deroga arriva a 50 microgrammi/litro) nelle acque a consumo umano, proprio in considerazione della sua cancerogenicità e della sua interazione con le altre possibili sostanze tossiche derivanti dal degrado e dall'inquinamento del lago di Vico, sia stato ricercato e dosato con una maggiore frequenza rispetto al numero minimo di controlli previsti in condizioni di routine e in aree non sottoposte a provvedimenti di deroga come quelle dell'ATO-1 Lazio (in regime di deroga dal 2003);
se siano allo studio misure di tutela di questo bacino idrico, zona di protezione speciale, che preveda nell'immediato il controllo e l'eventuale sospensione di pratiche agricole inquinanti e se si ritenga necessarie in futuro la completa interdizione di ogni attività agricola nelle aree circostanti il lago;
se sono al vaglio interventi urgenti per garantire condizioni certe di potabilità dell'acqua e le fonti alternative di approvvigionamento idrico per tutta la popolazione, per gli esercizi commerciali, per le scuole, per l'ospedale e per le industrie alimentari locali in attesa degli interventi definitivi e risolutivi di questa gravissima situazione ambientale e del connesso rischio sanitario.
(4-06459)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOGHERINI REBESANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
dal 1991 in prossimità di Niscemi, in contrada Ulmo, è operativa una delle principali stazioni di telecomunicazioni della Marina statunitense nel Mar Mediterraneo;
secondo notizie della stampa nazionale nella stazione in questione, dove già sono installate 41 antenne di trasmissione HF ed una LF (bassa frequenza), starebbe per sorgere una delle stazioni di controllo terrestre del «MUOS», un sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza (UHF) per comunicazioni integrate delle forze armate USA;
il comune di Niscemi, dopo un primo nulla osta, ha revocato il provvedimento, sollecitando una valutazione d'impatto ambientale, anche in relazione alla collocazione della stazione di telecomunicazione all'interno della riserva naturale orientata «Sughereta»;
anche l'Amministrazione regionale siciliana e diversi comuni limitrofi a Niscemi hanno espresso un orientamento contrario alla realizzazione dell'impianto di comunicazione satellitare citato;
la popolazione locale ha manifestato in più occasioni forti preoccupazioni in relazione all'impatto ambientale e ai possibili effetti sulla salute dei cittadini del territorio, sollecitando approfondimenti e verifiche tecniche e invitando le istituzioni ad individuare localizzazioni alternative -:
quale sia lo stato di avanzamento delle attività di installazione del sistema di comunicazione «MUOS» presso la stazione di telecomunicazione delle US Navy di Niscemi e quando ne sia prevista la sua effettiva entrata in funzione;
quali verifiche di impatto ambientale siano state effettuate e, nel caso, con quali esiti;
se non si ritenga necessario ed urgente assumere iniziative volte a sospendere le attività di installazione del sistema di comunicazione citato fino alla completa realizzazione di tutte le necessarie verifiche di impatto ambientale, consentendo un approfondito confronto con gli enti locali sui relativi esiti degli accertamenti e un'adeguata informazione della popolazione residente sul territorio limitrofo.
(5-02627)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5, comma 15-bis, del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, convertito con modificazioni, della legge n. 30 del 2010, stabilisce che «È autorizzata, fino al 30 giugno 2010, la spesa di euro 2.679.906 per la partecipazione di personale dell'Arma dei carabinieri alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH)»;
la missione delle Nazioni unite è dichiaratamente una missione di soccorso alle popolazioni haitiane colpite dal sisma del 12 gennaio 2010;
nei giorni immediatamente successivi successivi al tragico evento sismico il Ministro della difesa annunciava l'imminente invio di un contingente di 120 carabinieri;
tra i Corpi militari dello Stato vi è quello della Croce rossa italiana, ausiliario delle Forze armate, che, in tempo di pace, ha il compito di effettuare un concorso al soccorso di massa in caso di pubbliche calamità, anche attraverso l'impiego di reparti, unità e formazioni campali;

è opinione degli interroganti che l'uso di personale appartenente ad una forza militare armata non può assolutamente fornire quel tipo di assistenza medica e specialistica, e comunque di soccorso di massa che attualmente necessita alle popolazioni di Haiti, e che, pertanto, sarebbe stato più opportuno prevedere l'invio di uomini e mezzi del Corpo militare della Croce rossa italiana -:
se il Governo intenda avvalersi, nell'ambito della missione umanitaria in premessa della elevata professionalità e competenza del Corpo militare della Croce rossa italiana, il cui apporto è sicuramente adeguato, importante e indispensabile in relazione alle finalità della missione.
(4-06455)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i bilanci della difesa continuano a subire tagli pesanti e anche le maggiori marine occidentali non possono che adeguarsi;
la Marina militare italiana deve affrontare una sfida tra le più ardue e impegnative, quella di razionalizzare la sua struttura, sviluppando nel contempo capacità sufficienti a garantire un'adeguata proiezione internazionale dell'Italia. Una delle condizioni per raggiungere quest'obiettivo è che si apra sempre più alla cooperazione internazionale, segnatamente a quella con i partner europei;
attualmente la Marina Militare dispone di due portaerei che costituiscono il principale strumento per la proiezione di forza dello strumento militare italiano. La nave Cavour, destinata ad ospitare la flotta dei nuovi caccia F35, è la seconda portaerei per dislocamento in Europa e dispone di avanzate capacità di comando e controllo complesso. Il Cavour ha raggiunto la piena operatività quest'anno, levando alla piccola portaerei Garibaldi il titolo di ammiraglia della flotta;
il Garibaldi, entrato in servizio nel 1985, subirà presto un programma di rinnovo per essere designato, probabilmente, come portaelicotteri (Lph) con due funzioni: sostituire il Cavour quando questo è in bacino o affiancare le navi che prenderanno il posto dell'attuale flotta da sbarco della Marina Militare. Al termine di questo periodo anch'esso dovrà essere rimpiazzato;
la forza anfibia attualmente è rappresentata dalla San Marco, San Giorgio e San Giusto che dovrebbero andare in disarmo tra il 2018 e il 2028. La sostituzione di tre navi da assalto anfibio e, in aggiunta, della Garibaldi pone tre problemi delicati;
in primo luogo, la sostituzione dovrà essere pressoché simultanea, in modo da garantire che non vi siano vuoti. In dieci anni possono succedere molte cose e non è escluso che nella turbolenta zona che compete all'Italia si presenti l'esigenza di intervenire. È necessario perciò che la prima nave sia cantierizzata prima che l'attuale flotta termini la sua vita operativa;
in secondo luogo, bisogna considerare che si tratterà di uno sforzo considerevole sia per il bilancio italiano - si può stimare un impegno di circa un miliardo e mezzo di euro per le quattro unità - sia per Fincantieri per via del rispetto dei tempi e della sovrapposizione con altri ordini maggiori;
va infine considerata la questione del «complemento» alle future capacità navali anfibie italiane; la forza di proiezione dal mare recentemente costituita, brigata leggera composta dai reggimenti San Marco e Lagunari, e le componenti ad ala rotante e fissa della Marina militare sembrano essere incompatibili sia tra loro che con i progetti di navi anfibie finora elaborati;
per quanto riguarda, infine, le capacità cantieristiche, negli ultimi anni le tre maggiori acquisizioni sono state i caccia antiaerei Orizzonte, già consegnati; le fregate

Fremm, ancora in buona parte da finanziare e costruire; i sommergibili classe Todaro, la cui seconda coppia è in costruzione. I primi due progetti, sono stati eseguiti di concerto con la Francia per sfruttare le economie di scala, sebbene le navi destinate alla Marine Nationale abbiano notevoli differenze con quelle della Marina militare; i sommergibili sono invece derivati da un progetto tedesco cui l'Italia si è aggiunta successivamente;
di fatto, quindi, la componente di alto mare della Marina militare italiana è frutto delle sinergie con cantieri stranieri. Una sinergia che sembra aver dato i suoi frutti, considerata anche la maggiore facilità con cui si potrà pensare alle future navi come prodotti per l'export; a progetti analoghi sono infatti interessate alcune marine emergenti, come quelle di Turchia, India e Brasile, desiderose di aumentare il loro potenziale strategico;
è da ricordare che spesso tra produzione nazionale e internazionale possono crearsi sinergie positive -:
se il Governo intenda valutare l'opportunità di ricreare questo schema anche per la componente anfibia della Marina facendo leva anche sulle prospettive di cooperazione in ambito europeo.
(4-06463)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si moltiplicano le voci, a Parigi e a Londra, di possibili più stretti accordi tra i due Paesi nel campo della difesa. All'origine ci sono pochi semplici dati di fatto: Gran Bretagna e Francia, da soli, assicurano il 43 per cento delle spese per la difesa dei 27 paesi dell'Unione europea (se aggiungiamo Germania e Italia arriviamo al 70 per cento), sono due potenze nucleari e conservano una cultura della difesa e una reale capacità di impiego delle forze anche in conflitto aperto;
sia Gran Bretagna che Francia debbono però fare i conti con la crisi economica e con la limitatezza delle risorse finanziarie a loro disposizione. Nessuna delle due è in grado di tenere il passo da sola con gli sviluppi tecnologici del sistema militare americano, e ambedue rischiano di essere definitivamente scavalcate ed emarginate dalla crescita militare di altre potenze extra-europee, come la Cina o l'India. Unire le forze, razionalizzare gli investimenti e rendere maggiormente compatibili le proprie capacità così da poterle impiegare congiuntamente là dove fosse eventualmente necessario, è quindi una prospettiva allettante;
la probabile vittoria dei conservatori alle prossime elezioni politiche britanniche potrebbe costituire un nuovo ostacolo, anche se essi volessero continuare ad approfondire il legame militare bilaterale con la Francia. Il fatto è che le due maggiori potenze europee sono comunque troppo piccole e continuano ad avere interessi, anche industriali e tecnologici, troppo diversi tra loro, se ad esse non si aggiungono almeno gli altri quattro o cinque Paesi (Germania, Italia, Spagna e Olanda o Svezia) che, assieme a Francia e Gran Bretagna, assicurano circa l'80 per cento della spesa europea per la difesa, cioè una ragguardevole somma annuale di circa 170 miliardi di euro e la possibilità di diverse combinazioni industriali e tecnologiche;
è comunque chiaro che la qualità e importanza dell'impulso politico sarà determinante, così come la formazione del gruppo di testa che avvierà questa nuova fase di cooperazione;
a parte la Francia e la Gran Bretagna, è probabile che il gruppo comprenderà sin dall'inizio anche la Germania, se non altro per gli importanti legami industriali che essa ha con la Francia nel settore dell'aerospazio e della difesa;
la partecipazione o meno degli altri Paesi dipenderà dalla loro capacità di inserirsi rapidamente in questa prospettiva con proposte credibili e mobilitando le risorse necessarie;
un mancato inserimento, nel caso di un effettivo decollo della cooperazione tra

i maggiori paesi europei, si tradurrebbe rapidamente in una perdita di peso politico e probabilmente anche industriale e tecnologico, difficilmente compensabile su altri mercati e con altri partner;
in questa prospettiva che l'Italia dovrà prepararsi ai suoi prossimi incontri con gli alleati europei, a cominciare da quello bilaterale con la Francia in programma ad inizio aprile, ma anche nei consessi europei -:
se il Governo intenda valutare fin da subito gli orientamenti reali dell'Italia e le sue ambizioni al fine di giungere a questi appuntamenti con un'idea precisa di quello che possiamo e vogliamo ottenere e di cosa siamo disposti a concedere.
(4-06464)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa possiede un'enorme quantità di beni, molti dei quali divenuti disutili e ingombranti che ha intenzione di vendere o affittare;
i Ministeri, però, non possono fare cassa. In questo caso, i proventi delle eventuali cessioni dei beni della difesa andrebbero al Ministero dell'economia e delle finanze che metterebbe il ricavato a fattor comune, girandone solo una piccola percentuale (il 20 per cento) all'amministrazione della difesa;
l'arrivo della Difesa Spa permetterà di far girare tutto il ricavato delle cessioni dei beni della difesa nelle casse della Difesa;
il sottosegretario alla difesa ha affermato: «La Difesa servizi Spa è un soggetto che nasce con la finalità di fatturare per incassare, trasformando un tipico soggetto di spesa, il Ministero, in un'entità capace di produrre valore aggiunto»;
il sottosegretario alla Difesa in un intervista al quotidiano il Messaggero parla di una serie di progetti che intende mettere in campo per rimpinguare le casse del Ministero: ha affermato che «gli arsenali e non solo quelle hanno i bacini vuoti sei mesi all'anno. Perché tenerli vuoti? Abbiamo pensato allora di affittarli alle industrie cantieristiche, che non sanno dove andare a fare manutenzione delle imbarcazioni» [...] «l'Isola di Sant'Andrea è un ex idroscalo ora solo parzialmente occupato da una piccola guarnigione di Lagunari. Potremmo farne un porto per yacht, uno dei più belli del mondo. Ne ho già parlato a Cacciari e Galan, sono entusiasti dell'idea» [...] l'ospedale militare del Celio sta tutto sulle spalle dell'Esercito ma non è che i pazienti siano solo militari, anzi. Abbiamo allora pensato di fare delle convenzioni con la Regione, come avviene per le cliniche private;
inoltre, «Da un po' di tempo in qua è tutto un fiorire di magliette targate "Aeronautica militare" o di giacconi con lo stemma della Marina o di giubbotti dell'Esercito. Vanno molto di moda, i giovani le comprano ma le Forze armate dalla cessione del proprio marchio non hanno incassato il becco di un quattrino. Bisognerà aggiustare il tiro»;
il sottosegretario continua l'intervista parlando del servizio meteorologico dell'Aeronautica militare che «Non è giusto fornirlo gratis», così come non è giusto fornire gratis tutte le decine e centinaia di mappe e carte geografiche prodotte dagli Istituti geografici militari; «Bisognerà trovare loro un mercato, d'ora in poi» afferma;
l'unico obiettivo di questa nuova società, Difesa Servizi Spa, pare essere ricavare profitti il più possibile dai beni della Difesa;
tutto questo mercato sarà controllato e gestito da un Cda con amministratore delegato e revisori di esclusiva nomina ministeriale;
questa «privatizzazione» permette, tra le altre cose, di vendere il patrimonio dell'esercito senza dover rendere conto ad altri ministeri né agli enti locali;
inoltre, recentemente è stato inviata la portaerei militare Cavour ad Haiti,

finanziata per il 90 per cento da privati come Finmeccanica, Fincantieri ed Eni, che potrebbero anche sedere nel cda della neonata società. Una spedizione costosa e lenta, che ha suscitato non poche polemiche: circa 200 mila euro al giorno per tre mesi di viaggio. Una pubblicità molto importante per chi ha nella propria mission anche quella di vendere armamenti -:
se il Governo non ritenga di dover rendere note le procedure ed i criteri in base al quale sceglierà i componenti del Cda della Difesa Servizi Spa;
se il Governo non intenda esporre e chiarire in maniera dettagliata i programmi che la neonata Spa porterà a termine nell'immediato futuro;
se il Governo non ritenga di dover esporre un quadro dettagliato di iniziative e progetti da realizzare con l'obiettivo di sanare i continui tagli di bilancio nelle spese per l'esercizio, che oltre a compromettere la capacità operativa del nostro strumento militare hanno gravi conseguenze anche sulla stessa sicurezza del personale, utilizzando i cospicui «incassi» che avrà la Difesa, come il sottosegretario ha sottolineato.
(4-06466)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 MARZO 2010

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:

TOCCAFONDI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istruzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008;
il bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 assegna al programma 1.9 (istituzioni scolastiche non statali) oltre 406 milioni di euro per l'anno 2010 e oltre 312 milioni di euro per l'anno 2011; al Senato è stato approvato un emendamento al disegno di legge di bilancio, 2.Tab.2.200-5 del relatore, che prevede nel 2009 risorse per 120 milioni di euro «allo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
tale riduzione avrebbe riguardato livelli di scuola che hanno da sempre ricevuto fondi statali, scuole che si trovano nei grandi comuni ma anche nei paesi e su tutto il territorio nazionale, scuole di cui la realtà statale non può fare a meno, scuole che accolgono quasi 750 mila alunni: 530 mila bambini su 1 milione e 600 mila della scuola dell'infanzia e 200 mila su 2 milioni e 800 mila nella scuola primaria;
con la mozione Cicchitto, Cota ed altri - n. 1-00154 in materia di parità scolastica approvata dalla Camera nella seduta di mercoledì 6 maggio 2009, si impegna il Governo, tra l'altro, a realizzare le condizioni per un'effettiva libertà di scelta educativa fra scuole statali e paritarie incrementando, fin dal disegno di legge di bilancio per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
la legge finanziaria 2010, a seguito dell'approvazione dell'emendamento presentato dal relatore nel corso dell'esame del provvedimento presso la Camera, ha disposto nell'ambito dell'Elenco 1 lo stanziamento di 130 milioni di euro da destinare al sostegno alle scuole non statali;
tale intervento ha ottenuto adeguata copertura finanziaria con i proventi derivanti dal cosiddetto «scudo fiscale»;
alcuni uffici scolastici regionali ad oggi non assicurano ancora copertura finanziaria alle scuole paritarie con la motivazione che i fondi del reintegro non sono sicuri -:
quali iniziative sono state intraprese per rispettare gli impegni assunti per garantire per l'anno 2010 il pieno reintegro delle dotazioni finanziarie relative all'istruzione

scolastica non statale e per dare una risposta alle preoccupazioni degli uffici scolastici regionali circa la copertura finanziaria del reintegro.
(5-02631)

VANNUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il legislatore ha previsto la possibilità di utilizzare risorse disponibili nei bilanci degli enti previdenziali o assistenziali e, in particolare, dell'INAIL per consentire il finanziamento con risorse aggiuntive della realizzazione di investimenti connessi al potenziamento del sistema produttivo e delle infrastrutture;
in particolare, l'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, prevede che, a decorrere dal 2003, gli enti previdenziali possono destinare una percentuale non superiore al 15 per cento dei fondi disponibili all'acquisto di immobili da destinare a finalità di pubblico interesse con particolare riguardo al settore sanitario, dell'istruzione e della ricerca, disponendo inoltre che l'INAIL destini il 5 per cento dei fondi ad asili per l'infanzia e ad altre strutture a tutela della famiglia;
l'articolo 194, comma 4, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ai fini della realizzazione di infrastrutture attraverso il ricorso alla finanza di progetto, prevede che possano essere utilizzate anche le risorse costituenti investimenti immobiliari degli enti previdenziali pubblici;
il comma 480 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, prevede, per l'anno 2006, la presentazione di specifici progetti da parte di regioni, province autonome, enti locali, nonché da parte degli enti inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, da finanziare anche a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell'INAIL, che risultino disponibili per investimenti;
nella scorsa legislatura, il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-00435 Vannucci, aveva evidenziato la disponibilità di 3.620.940.642 euro relativi al quadriennio 2002-2005, che sono rimasti tuttavia inutilizzati a causa della indisponibilità delle necessarie risorse di cassa, anche in conseguenza dei vincoli all'incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni disposti dalla legge finanziaria 2005;
con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 480, della legge n. 266 del 2005, il Governo ha dapprima giustificato il mancato utilizzo delle relative risorse, pari a 890 milioni di euro per l'anno 2006, in quanto non era stato adottato il decreto ministeriale chiamato a definire i progetti ammissibili al finanziamento, e successivamente, in occasione della discussione della risoluzione 7-00192 Vannucci ha precisato che comunque le relative risorse erano state già impegnate dall'INAIL per altre finalità, stante la genericità della disposizione e la circostanza che le attività di finanziamento di progetti non rientrano tra i fini istituzionali dell'INAIL;
a fronte di tale situazione, nella seduta del 28 giugno 2007 la Commissione bilancio della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione 8-00065 Vannucci, che impegna il Governo stesso, da un lato, ad assicurare l'effettiva disponibilità del complesso delle risorse stanziate per il quadriennio 2002-2005 e, dall'altro, ad assumere le iniziative idonee a riformulare il citato comma 480 in modo da rimuovere i difetti che ne impediscono l'attuazione;
in considerazione dell'attuale situazione di crisi in cui versa il Paese, appare necessario che il Governo fornisca informazioni in merito all'attuazione delle disposizioni sopra richiamate e all'ammontare delle risorse da destinare ai vari progetti, specificando se siano state assunte le iniziative necessarie a rimuovere

gli ostacoli che hanno impedito nel corso delle scorse legislature il tempestivo utilizzo delle stesse -:
quale attuazione abbiano avuto le disposizioni richiamate in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per consentire l'utilizzo di una fonte di finanziamento degli investimenti indispensabile nell'attuale contesto di crisi economica e finanziaria.
(5-02632)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO, MISIANI, NANNICINI, FIANO, QUARTIANI e DE BIASI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, in Commissione prima e in Assemblea poi testo dell'emendamento interamente sostitutivo del provvedimento in discussione è stata inserita una disposizione volta all'equiparazione degli interventi realizzati direttamente dagli enti locali in relazione allo svolgimento dei grandi eventi, ai fini del patto di stabilità, agli interventi previsti dall'articolo 77-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
il citato comma 7-bis esclude dal patto di stabilità le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza;
con riferimento all'articolo 4, comma 4-novies, che esclude dal patto di stabilità le spese sostenute per i grandi eventi, la relazione tecnica afferma che tale esclusione opera esclusivamente per le entrate e le spese correlate a trasferimenti dal bilancio dello Stato, i cui effetti sui saldi sono stati considerati in sede di predisposizione delle relative norme. Al riguardo, andrebbero acquisiti ulteriori elementi volti a confermare la sostanziale corrispondenza, nell'ambito di ciascuna annualità, delle somme trasferite dallo Stato a tale titolo e di quelle spese dal complesso degli enti locali per le medesime finalità;
durante il dibattito relativo alla legge finanziaria per il 2010 è stato presentato un emendamento, non accolto, e successivamente l'ordine del giorno n. 9/2936-A/254 accolto dal Governo il 16 dicembre 2009, nel quale s'impegnava il Governo: «ad individuare le forme opportune affinché le opere previste nell'allegato 1 e allegato 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008, non siano considerate nel saldo del patto di stabilità interno dei comuni, in cui insistono tali opere per la quota da imputare nel bilancio per ogni anno fino al compimento dell'opera stessa e comunque non oltre il 2015;
a valutare l'opportunità di predisporre, comunque, ogni utile normativa affinché il valore delle opere previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008, non incidano negativamente nei bilanci dei comuni in cui sono previste le opere di Expo 2015»;
è ormai un'esigenza, e una richiesta, quella di arrivare ad una risposta chiara riguardante il patto di stabilità per tutti i comuni in cui ricadono le opere Expo 2015 in quanto si rischia di rallentare ulteriormente l'operatività delle iniziative infrastrutturali di Expo -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere affinché i comuni in cui ricadono le opere di Expo 2015 possano escludere l'importo di tali opere dal patto di stabilità, per gli anni in cui esse ricadono nei relativi bilanci, fino al 2015, anno dello svolgimento del «grande evento».
(5-02642)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la disciplina del canone dei fondi concessi in enfiteusi prevede un doppio regime; infatti il canone dei fondi concessi in enfiteusi in epoca antecedente al 28 ottobre 1941, come determinato dalla legge n. 607 del 1966, e di conseguenza anche il capitale di affrancazione, sono debiti di valuta e come tali legati al principio nominalistico (articolo 1277 codice civile), che esclude la possibilità di rivalutazione monetaria della somma dovuta. Per quelli invece relativi alle enfiteusi costituite successivamente a quella data, in virtù di una sentenza della Corte costituzionale del 1997, è previsto che siano periodicamente rivalutati al fine di adeguarli al rinnovato valore di mercato; invero la sentenza della Corte costituzionale n. 143 del 1997 ha infatti dichiarato la illegittimità costituzionale dell'articolo 1, primo e quarto comma, della legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), nella parte in cui, per le enfiteusi fondiarie costituite anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevede che il valore di riferimento per la determinazione del capitale per l'affrancazione delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la, corrispondenza con la effettiva realtà economica; tale doppio regime non ha Consentito fino ad oggi di dirimere la controversia in atto tra l'Amministrazione finanziaria dello Stato e i cittadini organizzatisi nel «Comitato di quartiere Saline di Ostia» e relativa al valore del canone di affrancazione dei terreni demaniali dagli stessi occupati; l'area di Saline di Ostia costituisce una parte di quella grande porzione di litorale romano che dal 1883 fu sottoposto a bonifica;
nel gennaio del 1928 l'allora demanio dello Stato concesse in enfiteusi perpetua alla «Società Anonima Cooperativa Agricola fra Ravennati» residenti in Ostia, l'intera area costituente la tenuta demaniale di Ostia; successivamente, e precisamente nel 1941, la Cooperativa dei Ravennati vendeva alla SABA (Società Anonima Bonifiche ed Appoderamenti) l'intera area delle Saline di Ostia il cui utile dominio era ancora del demanio dello Stato;
negli anni successivi alcune società edilizie, che nel frattempo si avvicendarono nell'utile dominio dell'area, procedettero alla lottizzazione del comprensorio e, dopo aver ricevuto il benestare degli uffici finanziari dello Stato all'affrancazione del livello demaniale, vendettero i singoli lotti a quei cittadini che in quegli anni emigravano nella periferia di Roma, dietro corresponsione di un importo, non trascurabile in quegli anni, pari alla quota necessaria alla estinzione del livello; in particolare la SABA curava con molta leggerezza gli atti di trasferimento, poiché oltre agli atti di compravendita avrebbe dovuto procedere per ogni singolo acquirente anche all'affranco del canone demaniale al punto che, intorno agli anni '70 molti di quei cittadini dovettero organizzarsi in comitati di quartiere attivi per essere assistiti nella procedura di domanda di estinzione dei livello demaniale;
nel 1989, anno in cui risulta essere avvenuta l'ultima affrancazione, l'Intendenza di finanza, accortasi che l'intera area di Saline di Ostia da agricola risultava essere totalmente urbanizzata, chiede chiarimenti all'Avvocatura dello Stato circa la procedura di affrancazione da seguire; infatti nel frattempo i proprietari cominciarono ad edificare l'area, dietro regolare domanda di accatastamento e dietro comunicazione agli Uffici Finanziari dello Stato di trasformazione dell'area; si assistette ben presto anche ad una modificazione della destinazione urbanistica: il Comune di Roma, in quegli anni procedeva nella realizzazione, anche attraverso varianti al Piano Regolatore, delle opere di urbanizzazione della zona (costruzione della rete di adduzione idrica, elettrica,

per il gas, e della rete fognaria), e rilasciava regolare concessione in sanatoria per la quasi totalità dei fabbricati edificati prima del 1983;
la regione Lazio con legge regionale n. 28 del 1980 dava la prima possibilità di sanare gli abusi commessi, possibilità poi definitivamente consolidata grazie alla legge nazionale n. 47 del 1985;
in data 24 aprile 1998, il Ministero delle finanze chiedeva parere al Consiglio di Stato circa i criteri di determinazione della somma dovuta per l'affrancazione di enfiteusi rustiche ed urbane alla luce del fatto che alcuni rapporti enfiteutici, iniziati come rustici, erano nel frattempo divenuti urbani; nella richiesta di parere il Ministero voleva acquisire dal Consiglio di Stato l'interpretazione corretta da attribuire alle norme vigenti in tema di adeguamento e rivalutazione del canone enfiteutico in caso di affrancazione di fondi rustici trasformatisi in terreni edificati, posto che la trasformazione del fondo da rustico ad edificatorio aveva comportato, per l'Amministrazione, una modifica del suo valore e dunque la possibilità di chiedere l'adeguamento del relativo canone enfiteutico;
dopo attento esame della questione il Consiglio di Stato ha espresso un parere che ricalca sostanzialmente numerose sentenze della Cassazione nel frattempo intervenute in materia, sostenendo che: «l'adeguamento del canone non può essere chiesto e applicato una volta che sia stata presentata domanda di affrancazione», ma ribadendo inoltre che: «L'adeguamento però non può essere chiesto e applicato una volta che sia stata presentata domanda di affrancazione: la revisione è possibile solo prima della presentazione della domanda, che costituisce l'esercizio di un diritto potestativo e dunque incondizionato dell'enfiteuta»; ma nel recepire il suddetto parere la direzione centrale dell'Agenzia del demanio lo interpreta in maniera secondo l'interrogante fuorviante ritenendo che il momento della presentazione della domanda non coincide con quello nel quale il cittadino fisicamente la espone agli uffici, ma piuttosto con quello nel quale questi ultimi la accettano; come accennato in premessa anche quest'ultimo rilievo non è di poco conto stante il grandissimo lasso di tempo intercorso tra il momento in cui ogni cittadino presentò domanda di affrancazione del livello demaniale (tutte, abbiamo visto, rapportabili tra gli anni '70 e gli anni '80) ed il momento in cui l'Amministrazione finanziaria ha accolto le domande pretendendone l'adeguamento del canone; né vale a soccorrere l'Amministrazione finanziaria, la sentenza della Corte costituzionale citata in apertura, e precisamente la n. 143 del 1997, poiché essa è successiva a tutte le domande di affrancazione, a quando cioè vigeva la legge n. 607 del 1966 in forza della quale il canone dei fondi concessi in enfiteusi ed il relativo capitale sono debiti di valuta e come tali legati al principio nominalistico (ex articolo 1277 codice civile), che esclude la possibilità di rivalutazione monetaria della somma dovuta. Dunque nel momento storico in cui sono state presentate le domande di affrancazione, momento nel quale i fondi erano ancora di natura agraria, non era neanche possibile procedere alla revisione del canone;
un altro argomento che dovrebbe portare l'Amministrazione interrogata a desistere dal chiedere una revisione del canone enfiteutico è l'applicabilità alla fattispecie in premessa della legge n. 16 del 1974: «Rinuncia ai diritti di credito inferiore a lire mille» che stabilisce che: «Sono estinti i rapporti perpetui reali e personali, costituiti anteriormente alla data del 28 ottobre 1941, in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello Stato hanno il diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o in derrate, in misura inferiore a lire 1.000 annue.» (Art. 1) e che: «Gli uffici che provvedono alla riscossione delle prestazioni di cui all'articolo 1, procederanno, senza alcun onere per i debitori, alla chiusura delle relative

partite di credito, dandone comunicazione agli obbligati iscritti nei libri debitori nonché agli altri uffici interessati.» (Art. 2);
quest'ultima legge trova piena applicazione alla fattispecie in premessa essendo il rapporto enfiteutico costituito con atto del gennaio 1928 e quindi ben precedente il 28 ottobre 1941, cd i canoni percepibili dalla Amministrazione del Demanio negli anni '70 sarebbero stati dell'ordine di 100/200 lire all'anno per ogni lotto, ed inoltre il canone di un lotto tipo (mq. 1.000) prima della rivalutazione (quindi nel 1974) era pari a circa lire 132 ben inferiore alle 1000 lire previste dalla legge; l'intenzione del legislatore quando approvò la suddetta legge era quella di sollevare la Amministrazione da una incombenza che produceva solo enorme dispendio di risorse pubbliche e molti fastidi per i cittadini, a fronte di un corrispettivo esiguo; oggi però, dopo oltre 30 anni di inerzia dell'Amministrazione finanziaria gli effetti della mancata applicazione della legge n. 16 del 1974 sono diventati non più trascurabili tanto che il canone che corrispondeva a 1.725 lire nel 1985 è divenuto, al settembre 2007, pari a 29.284.200 di lire; appare improprio che gli effetti dell'inerzia da parte della pubblica amministrazione, che per decenni ha trascurato il processo di trasformazione che nel frattempo interessava quella vasta area demaniale, si facciano ricadere sulle spalle dei cittadini arrecando loro un grave pregiudizio economico -:
quali misure, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il ministro interrogato intenda assumere al fine di dirimere l'annosa controversia del livello demaniale per l'area Saline di Ostia.
(4-06452)

DONADI, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -Per sapere - premesso che:
si è venuta a creare un'incresciosa situazione legata al notevole ritardo con il quale sono stati emanati i provvedimenti attuativi delle Direttive CE n. 8 e 117 del 2008, in materia di territorialità Iva e di modelli Intrastat;
tale situazione sta creando rilevanti disagi alle numerose imprese che effettuano operazioni verso, o da, altri Paesi comunitari e risultata secondo gli interroganti assolutamente censurabile l'operato delle stesse Agenzie delle dogane e delle entrate che, solo a poche ore dalla prima scadenza, hanno emanato «chiarimenti» ufficiali al riguardo, generando panico e malumore fra le numerose aziende interessate alla problematica;
fra le doglianze sollevate dalle imprese ci sono le seguenti:
forse l'intento dell'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/E del 17 febbraio 2010, era quello di tranquillizzare gli operatori sulla non sanzionabilità delle violazioni legate all'evidente obiettiva incertezza creata dal notevole ritardo con il quale sono stati rilasciati i software e sono stati recepiti nell'ordinamento nazionale i provvedimenti di attuazione della direttiva n. 8 e 117. In ogni caso, l'Agenzia, non ha escluso la sanzionabilità dei modelli che verranno inevitabilmente presentati in ritardo (omessi), ma si è limitata a precisare che «in sede di controllo, non applicherà sanzioni in caso di eventuali violazioni concernenti la compilazione dei suddetti elenchi, relativi ai mesi da gennaio a maggio 2010 per gli obblighi mensili, nonché al primo trimestre 2010 per gli obblighi trimestrali» ed il tutto «a condizione che i contribuenti provvedano a sanare eventuali violazioni, inviando, entro il 20 luglio 2010, elenchi riepilogativi integrativi». Tale precisazione ha creato allarme fra gli operatori che, al fine di scongiurare rischi sanzionatori, complice la contestuale pubblicazione sul sito dell'Agenzia delle dogane dello scadenziario di febbraio, nonché del Comunicato del 18 febbraio (che annunciava l'apertura per sabato 20 febbraio 2010, degli sportelli doganali), ha indotto molti a presentare il 20 febbraio (chi su carta, chi su floppy, chi su chiavetta usb) elenchi di fortuna contenenti almeno le cessioni e gli acquisti di beni. Elenchi che dovranno essere prossimamente integrati con i dati relativi ai servizi che non era possibile indicare né

sui vecchi modelli cartacei né sulla versione 2009 del software (l'unica disponibile fino a poche ore prima). Con la circolare n. 5 l'Agenzia delle Entrate ha, da una parte, precisato che non saranno sanzionate situazioni per le quali la norma non prevede sanzioni (gli elenchi errati) e, dall'altra, ha però fissato un termine entro il quale dover rimediare agli errori di compilazione dei modelli già presentati, al fine i non incorrere sanzioni;
L'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, dispone però che «l'omessa presentazione degli elenchi di cui all'articolo 50, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331... ovvero la loro incompleta, inesatta o irregolare compilazione sono punite con la sanzione da lire un milione (euro 516) a lire due milioni (euro 1.032) per ciascuno di essi, ridotta alla metà in caso di presentazione nel termine di trenta giorni dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a riceverla o incaricati del loro controllo. La sanzione non si applica se i dati mancanti o inesatti vengono integrati o corretti anche a seguito di richiesta». È evidente, quindi, che, dal punto di vista normativo, l'errore o l'incompletezza dell'elenco può essere rimosso senza sanzioni, non necessariamente entro un termine, anche in caso di verifica, in mancanza del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (decreto che non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale nemmeno entro il giorno 25 di febbraio) non era possibile per i contribuenti conoscere la propria periodicità (mensile o trimestrale) e le relative scadenze di presentazione dei modelli Intra;
il software Intra/@web per la compilazione dei nuovi modelli è stato messo disposizione solo il giorno 18 febbraio e con il software 2009 (parliamo di quello dell'Agenzia delle dogane) non era possibile gestire l'elaborazione;
il software di cui sopra (versione 11.0.0.0) manifesta problemi di funzionamento ed inoltre è momentaneamente disponibile nella sola versione stand alone (non ancora nella versione client server);
i tracciati record per lo sviluppo dei gestionali aziendali sono stati ufficializzati solo il 22 febbraio 2010, con il provvedimento congiunto del direttore dell'Agenzia delle entrate, delle dogane e dell'Istat;
l'articolo 3 dello statuto del contribuente dispone che i nuovi adempimenti non entrino in vigore prima di 60 giorni dall'emanazione dei provvedimenti attuativi ed i nuovi modelli contengono sicuramente delle novità (si pensi ai servizi);
l'articolo 10, comma 2, dello stesso statuto prevede che non siano irrogate sanzioni qualora il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'Amministrazione stessa ed il comma 3, che le sanzioni non siano comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta;
infine, sempre lo Statuto del contribuente, dispone, all'articolo 10, comma 1, che i rapporti tra i contribuente e amministrazione finanziaria siano improntati al principio della collaborazione e della buona fede -:
se il Ministro non reputi opportuno fornire spiegazioni su quanto sopra esposto, anche al fine di scongiurare inopportune situazioni di allarme per la prossima scadenza del 20 marzo 2010 ed incrinare ulteriormente il corretto rapporto fra pubblica amministrazione e contribuente;
quali siano i motivi che hanno portato alla ritardata emanazione del decreto legislativo n. 18 dell'11 febbraio 2010 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19 febbraio 2010) e dei relativi provvedimenti di attuazione, in particolare del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 22 febbraio 2010, non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale alla data del 25 febbraio 2010, nonché del provvedimento 22 febbraio 2010 del direttore

dell'Agenzia delle dogane emanato di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate e dell'ISTAT, pubblicato sul sito dell'Agenzia delle dogane in data 22 febbraio 2010;
se, inoltre, non ritenga di dover chiarire il motivo per cui:
a) nel decreto ministeriale del 22 febbraio 2010, non è stato previsto un periodo transitorio che consenta di adempiere oltre il termine telematico del 25 del mese successivo al periodo di riferimento, anche al fine di non obbligare i contribuenti alla presentazione di elenchi integrativi, posto che gli articoli 262 e seguenti della Direttiva 2006/112/CE non impongono agli Stati membri l'adozione dell'elenco per gli acquisti di beni e/o servizi (non tutti i Paesi della Comunità, infatti, lo prevedono e prevedono la presentazione dell'elenco riepilogativo, per le sole cessioni e per servizi tesi, entro la fine del mese successivo al periodo di riferimento;
b) nel citato decreto ministeriale non è previsto un periodo di compilazione semplificata dei dati relativi agli elenchi dei servizi, considerato anche il fatto la Direttiva impone solamente l'indicazione del codice identificativo del committente nonché dell'importo dell'operazione, considerando che gli elenchi approvati dal provvedimento congiunto dell'Agenzia delle dogane, delle entrate e dell'Istat, datato 22 febbraio 2010, prevede, invece, una serie nutrita di altre informazioni che aggravano il lavoro amministrativo ed i costi di tutte le imprese, anche di quelle di più limitate dimensioni e con volumi di operazioni scarsamente significativi;
se infine non reputi opportuno intervenire affinché venga chiarito il dettato dell'articolo 2 del decreto ministeriale 22 febbraio 2010, nel quale non si comprende se nel determinare la periodicità relativa al 2010 dovranno essere considerate, fra le operazioni relative ai 4 trimestri precedenti, anche quelle relative ai servizi resi o ricevuti nel 2009, anche tenuto conto che le imprese lamentano difficoltà al riguardo, considerato che gli archivi informatici del 2009 non contengono la catalogazione dei servizi secondo la nuova disciplina in vigore dal 1° gennaio 2010.
(4-06458)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
diversi imprenditori che operano nel nostro paese, evidenziano da tempo le negatività che derivano dalla possibilità che hanno gli istituti bancari di accedere in modo troppo celere al rilascio di decreti ingiuntivi, ex articolo 50 del decreto legislativo n. 385 del 1993 oltre che ai problemi che sono connessi alle segnalazioni alla centrale rischi;
difatti, in base alla riferita norma del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia è sufficiente la mera attestazione di veridicità e liquidità del credito effettuata da un funzionario bancario, affinché il giudice adito conceda decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi;
è necessario ricordare, sul punto, che la provvisoria esecuzione ai decreti ingiuntivi, ex articolo 648 del codice di procedura civile, è di fatto ed in diritto inamovibile fino a sentenza di merito, mentre le trascrizioni pregiudizievoli poste sui beni delle aziende e dei fideiussori, non sono suscettibili di essere cancellate fino a sentenza di merito passata in giudicato;
perciò, qualora i presunti crediti vantati dalle banche, fossero effettivamente non esatti, ad esempio per la mancata scrematura degli interessi anatocistici oppure se fossero fatti lievitare dai prodotti cosiddetti «derivati», il presunto debitore sarebbe costretto ad incardinare un lunghissimo ordinario processo di cognizione, al fine di far valere le proprie ragioni;
ulteriore elemento critico è rappresentato dall'istituto della «centrale rischi» la cui funzione volta a consentire di valutare la solvibilità dei richiedenti il credito, anche se poi la segnalazione viene utilizzata dalle banche in maniera distorta,

provoca di fatto l'esclusione del soggetto o dell'azienda segnalata dal mondo del credito legale;
quanto esposto, consente di comprendere la posizione di ingiustificato vantaggio che si concede alle banche, anche se la normativa ha esigenza di salvaguardare la stabilità del sistema bancario, rispetto all'interlocutore più debole, ovvero aziende e società commerciali oltre che privati cittadini, ed, è già solo per tali ragioni, nella configurata violazione dell'articolo 3 della costituzione in relazione alla disparità tra le banche e i terzi interlocutori, che è suscettibile di tutela;
ciò precisato, sarebbe necessario un intervento a tutela e in difesa delle piccole e medie imprese, delle famiglie e dei singoli consumatori -:
se ritenga opportuno assumere eventuali iniziative normative per provvedere ad una ridefinizione del sistema delle segnalazioni all'istituto della centrale rischi, che tuteli maggiormente il soggetto terzo che entra in relazione con le banche per accedere ad un credito e in particolare se si intenda valutare l'opportunità di procedere ad una modifica e/o integrazione dell'articolo 50 del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), rimovendo la possibilità per le banche di chiedere il decreto ingiuntivo mediante la semplice dichiarazione di un proprio funzionario;
se ritenga di poter valutare l'opportunità di assumere iniziative normative che garantiscono, a carattere conciliativo e di mediazione, una celere tutela di terzi a cui è stato indebitamente trattenuta una somma dagli istituti bancari, senza attendere i tempi della giustizia ordinaria.
(4-06482)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

OCCHIUTO, TASSONE, RAO e RIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dall'inizio del 2010, dopo l'attentato alla procura generale di Reggio Calabria, la situazione in regione è a dir poco «inquietante», considerando gli attacchi della 'ndrangheta ai magistrati, dopo ogni sequestro di beni: dieci milioni di euro di immobili confiscati negli ultimi giorni ad esponenti della criminalità del luogo, molti dei quali non conosciuti dal fisco, potrebbero aver allarmato i clan della zona;
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, una busta con proiettile, indirizzata al sostituto procuratore distrettuale del capoluogo Antonio De Bernardo, è stata intercettata in un ufficio postale della provincia;
a Vibo Valentia, invece, la minaccia è stata indirizzata al procuratore capo Spagnuolo: si tratta di una scritta apparsa sui muri del centro cittadino, vicino al Municipio;
gli inquirenti non hanno dubbi sulla matrice mafiosa delle intimidazioni: De Bernardo è il magistrato che in questi ultimi anni ha seguito le più importanti inchieste di 'ndrangheta sul traffico della droga nella fascia ionica reggina, mentre le minacce a Spagnuolo sarebbero indirizzate a bloccare l'attività della procura che, dopo anni di silenzio, ha messo le mani sugli affari dei gruppi malavitosi;
il procuratore capo di Reggio Calabria Pignatone ha denunciato con forte preoccupazione questo stato di tensione all'interno delle cosche che sfocia in attentati e minacce a magistrati, forze dell'ordine e giornalisti: il tutto favorito anche dal fatto che le risorse investite dallo

Stato per la repressione del crimine sono inversamente proporzionali alla densità delinquenziale dei territori;
l'Associazione nazionale magistrati ha rimarcato in una nota quanto sia «essenziale che oggi tutte le istituzioni e la società civile, siano vicine non soltanto con le parole ma con i fatti, ai magistrati che, con il loro quotidiano e coraggioso lavoro, operano in queste difficili realtà»;
«la paura e il disorientamento dei clan» - ha sottolineato lo stesso Guardasigilli - sono il termometro dell'impegno, del lavoro e dei successi di quanti, in prima linea, combattono per l'affermazione dei principi di legalità e di giustizia» -:
quali urgenti ed incisive iniziative intenda adottare, al fine di assicurare agli uffici giudiziari calabresi le risorse umane e materiali necessarie a proseguire, con determinazione e forza, nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata.
(3-00959)

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel mese di novembre 2009 è stata eseguita un'ispezione ministeriale presso il tribunale di Bolzano che nulla di particolare ha rilevato;
nel mese di febbraio 2010 è stata disposta un'ispezione specifica all'ufficio fallimenti che statisticamente sembrerebbe il più efficiente d'Italia;
da quanto emerge nessuna irregolarità è stata rilevata, semmai dovrebbe essere elogiato l'operato dell'ufficio che garantisce rapidità ed efficienza nell'assolvimento dei compiti assegnati -:
quali siano le ragioni che hanno determinato la seconda ispezione ministeriale presso l'ufficio fallimenti del tribunale di Bolzano;
quali siano le risultanze emerse al termine dei controlli effettuati dagli ispettori ministeriali.
(4-06456)

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con la sentenza dell'8 giugno 1981 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 603 del codice di procedura penale;
questa sentenza traeva le sue motivazioni sulla genericità della descrizione del reato e delle sue possibilità interpretative;
tale sentenza ha creato un vuoto legislativo importante, con riferimento particolare al plagio nei processi in cui sono interessati soggetti coinvolti in contesti dove assume un forte impatto la manipolazione della mente;
le suddette circostanze sono molto frequenti in relazione ai casi in cui sono coinvolte le sette sataniche o nelle analoghe circostanze in cui si agisce per abbassare la capacità di critica del soggetto, offrendogli una nuova personalità, più forte e invasiva;
le diverse petizioni dei cittadini e le discussioni all'interno dell'Ordine degli avvocati circa l'opportunità del ripristino dell'articolo 603 trovano periodicamente spazio sulla stampa e sugli organi di informazione, con riferimento particolare a precisi casi di cronaca, come - ultimo in ordine di tempo - quello che è stato recentemente documentato sia dalla stampa periodica locale che dal programma di Italia 1 Le Iene, riferito a fatti avvenuti negli anni '90 a Foligno -:
se il Ministro intenda assumere iniziative normative volte a definire, in forme compatibili con l'attuale assetto costituzionale, una specifica disciplina penale per la fattispecie di plagio.
(4-06472)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GINOBLE, VIOLA e TENAGLIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 9 marzo 2010 si è abbattuta su gran parte del territorio nazionale una vasta perturbazione che ha provocato intense precipitazioni con abbondanti nevicate anche in pianura;
tale perturbazione era stata ampiamente prevista dal servizio meteorologico, che aveva allertato le amministrazioni locali e gli enti interessati dell'estrema probabilità degli eventi;
i notiziari del 10 marzo 2010 riferivano che Autostrade per l'Italia dichiarava che più di mille chilometri di autostrade erano interessate da abbondanti nevicate;
sempre dalle agenzie si apprende che in molti parti del territorio la nevicata è iniziata verso le 17, del 9 marzo e che è continuata ininterrottamente tutta la notte;
moltissimi veicoli (autoveicoli, autobus e mezzi pesanti) sono rimasti bloccati sulla A24 costringendo moltissimi automobilisti a passare le notte in auto senza che la società concessionaria dell'autostrada, vista la gravissima situazione, abbia ritenuto di chiudere l'autostrada e di evitare quindi rischi inutili e gravissimi disagi alle persone che sono entrate in quel tratto autostradale, evento che è avvenuto anche in altre recenti occasioni;
tale situazione si è verificata su altri tratti autostradali (tratto appenninico dell'autostrada del sole) con altri disagi e pericoli per le persone coinvolte -:
se non intenda avviare, per quanto di competenza, una puntuale verifica di quanto realmente successo sulla rete autostradale italiana;
quali iniziative siano state intraprese dai singoli concessionari sulle tratte autostradali di loro competenza per evitare i pericoli alle persone e i pesanti disagi alle stesse e quali iniziative intenda assumere ANAS, società vigilante sulle concessionarie, per sanzionare comportamenti omissivi da parte delle stesse concessionarie e per evitare il ripetersi di tali disagi.
(5-02628)

BRANDOLINI e ALBONETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'orario di Trenitalia in vigore dal 13 dicembre 2009 sono state soppresse quattro fermate ferroviarie che giornalmente collegavano Rimini a Bologna;
tale organizzazione prevede in particolare la soppressione delle fermate dei treni eurostar city, intercity ed eurocity a Rimini, Cesena, Forlì e Faenza negli orari di punta, comportando notevoli disagi per migliaia di utenti delle stesse città e di quelle limitrofe, vanificando inoltre il titolo di ammissione «Mi muovo tutto treno»;
si è costituito RomBo, Comitato dei pendolari della Romagna, il quale peraltro ritiene che le nuove fermate previste a Faenza dal primo marzo 2010 non rappresentino una risposta sufficiente, in quanto tutta la tratta Rimini-Bologna resta pesantemente penalizzata per la mattina, mentre per il pomeriggio Cesena e Forlì non hanno ottenuto nessuna nuova fermata;
nella sostanza risultano essenziali un treno a lunga percorrenza con fermate a Rimini, Cesena, Forlì e Faenza che, come avveniva con l'orario precedente, arrivi a Bologna fra le ore 8 e le ore 9 ed un treno con le stesse caratteristiche che parta da Bologna tra le ore 16 e le 18;
tale stato di cose, denunciato dai pendolari e dalle amministrazioni locali, oltre a penalizzare pesantemente i cittadini utenti, crea un grave disagio sociale,

determinando preoccupanti problematiche economico-sociali nell'intera area geografica romagnola -:
se non ritenga opportuno attivare un rapido confronto con Trenitalia e, se necessario, con gli enti locali interessati e il comitato degli utenti, d'intesa con la regione Emilia Romagna, affinché siano riattivate le fermate soppresse da Rimini e Bologna.
(5-02629)

LORENZIN e SIMEONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione FM1 di Magliana vive una situazione di gravissimo degrado, denunciata sia dagli abitanti della zona sia da chi si reca quotidianamente a prendere il treno;
nella stazione non è presente alcun servizio di biglietteria, neanche automatica, e i passeggeri sono costretti a recarsi in esercizi commerciali posti al di fuori della stazione per acquistare il titolo di viaggio;
l'edificio principale della stazione è chiuso anche in orari diurni e nell'area della stazione non sono presenti neppure i servizi igienici;
nei sottopassaggi non è possibile effettuare alcun controllo, a causa dell'assenza di videocamere, con grave pregiudizio per la sicurezza dei passeggeri che transitano, soprattutto in orari serali e notturni; per giunta le colonnine di richiesta del soccorso risultano fuori servizio, e su di esse è posto da tempo un cartello di manutenzione da parte delle Ferrovie dello Stato;
è stata lamentata la completa assenza del personale delle Ferrovie dello Stato, anche nelle ore di massima frequentazione della stazione;
particolarmente grave risulta l'inaccessibilità ai binari per i passeggeri disabili o a mobilità ridotta; tali passeggeri non sono messi nelle condizioni di raggiungere il secondo binario in quanto il sottopassaggio è servito soltanto da rampe di scale e privo di ascensore di collegamento e l'entrata secondaria della stazione è ostruita da paletti, che sono stati installati al fine di non consentire l'accesso ai veicoli a due ruote, ma che hanno anche l'effetto di impedire l'accesso ai disabili che si muovono su sedie a rotelle;
il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, stabilisce una specifica tutela delle persone disabili e con mobilità ridotta prevedendo, all'articolo 21, che le imprese ferroviarie e i gestori delle stazioni garantiscano, per le persone a mobilità ridotta, l'accessibilità delle stazioni, delle banchine, del materiale rotabile e degli altri servizi; il medesimo regolamento prevede, all'articolo 24, che in caso di partenza, transito o arrivo di una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta in una stazione ferroviaria dotata di personale, il gestore della stazione sia tenuto a fornire gratuitamente l'assistenza necessaria all'interessato per salire sul treno in partenza o scendere dal treno in arrivo per cui ha acquistato il biglietto -:
se sia a conoscenza della situazione di degrado in cui versa la stazione FM1 di Magliana;
quali iniziative intenda assumere nei confronti del gruppo Ferrovie dello Stato per pervenire tempestivamente al superamento delle carenze, dei disservizi e delle inadeguatezze descritte in premessa;
quali iniziative, in particolare, intenda assumere per garantire in tempi rapidi l'accessibilità ai binari per le persone disabili o a mobilità ridotta, rimuovendo le barriere architettoniche e gli altri ostacoli attualmente presenti, al fine di assicurare anche ai cittadini disabili la possibilità di fruire del servizio pubblico di trasporto ferroviario, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa dell'Unione europea.
(5-02634)

Interrogazione a risposta scritta:

MINARDO, BERRETTA, GAROFALO, FALLICA, CAUSI, MARINELLO, PAGANO e TERRANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa si apprende di un nuovo cronoprogramma inerente all'operatività e alla funzionalità dello scalo aeroportuale di Comiso, in provincia di Ragusa, importante opera infrastrutturale attesa da anni ed indispensabile al fine di contribuire alla risoluzione delle problematiche della mobilità che affliggono il territorio siciliano ed, in particolare, della Sicilia meridionale ed orientale;
per l'entrata in funzione dell'aeroporto si ipotizza il mese di aprile del 2011;
si registrano, dunque, ancora gravi ritardi per l'attivazione del suddetto aeroporto frutto di un'importante opera di conversione ad uso civile e di ammodernamento della preesistente struttura di esclusivo utilizzo militare;
il suddetto ritardo sarebbe attualmente ascrivibile, insieme ad altre problematiche legate alla fase di gestione, al non completo superamento di ostacoli di ordine procedurale inerenti al passaggio del sedime aeroportuale dal Ministero della difesa al demanio regionale - a quanto risulta, confermato anche dall'ENAC - e allo sbocco delle procedure per assicurare i servizi della navigazione aerea da parte dell'ENAV;
proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, l'articolo 4-ter, comma 3, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, come introdotto dalla relativa legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, contempla la previsione di una apposita autorizzazione di spesa «per i necessari interventi di ammodernamento dell'infrastruttura e dei sistemi» di alcuni scali nazionali, tra cui l'aeroporto di Comiso, interventi propedeutici e finalizzati al conseguimento dell'obiettivo «di assicurare la piena funzionalità dei servizi di navigazione aerea da parte della società per azioni denominata Ente nazionale per l'assistenza al volo (ENAV)»;
al fine di consentire l'operatività della suddetta statuizione e, dunque, di indirizzare parte dello stanziamento previsto dalla norma - che, con riferimento all'anno 2009, risulta già essere stato complessivamente trasferito dal Ministero interrogato all'ENAV - in favore dell'aeroporto di Comiso, risulterebbe necessario il formale affidamento all'ENAV s.p.a del complesso dei relativi servizi della navigazione aerea del suddetto aeroporto tramite apposito decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
se corrisponde al vero che il Ministro interrogato sia in procinto di emanare il decreto utile ad assicurare la funzionalità dei servizi dell'ENAV per l'aeroporto di Comiso mediante l'utilizzo dello stanziamento pluriennale a tal scopo già disposto per legge o se, invece, per l'adozione di detto decreto, stia attendendo la risoluzione delle altre problematiche procedurali che bloccano l'apertura dello scalo aeroportuale siciliano.
(4-06467)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPA, TOUADI, LEVI, NICOLAIS, VELO, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, MELIS, FASSINO, SANTAGATA, POLLASTRINI, DAMIANO, CORSINI, LIVIA TURCO, LETTA, LAGANÀ FORTUGNO, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, MIGLIAVACCA, DE TORRE, ROSATO e LENZI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa che Gennaro Mokbel, il faccendiere appartenente alla destra eversiva, coinvolto nelle indagini sull'affare «Di Girolamo» e attualmente agli arresti, abbia procurato, nel

corso della passata legislatura, «figuranti» per le manifestazioni della Lega a Roma;
tali notizie sono contenute in un brogliaccio dei Ros dei Carabinieri, portato a conoscenza del viceministro Castelli;
i fatti, nello specifico, risalgono al 5 giugno dei 2007, quando erano in discussione al Senato le mozioni sul caso Visco-Guardia di Finanza Generale Speciale;
dalle intercettazioni effettuate dai Carabinieri pare che fosse il Partito Alleanza federalista, di cui Mokbel è un esponente di primo piano, ad occuparsi del reclutamento dei «figuranti»;
lo stesso viceministro Castelli, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera nei giorni scorsi, ha confermato i suoi rapporti con Alleanza Federalista -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e se siano stati valutati i profili di rilevanza per l'ordine e la sicurezza pubblica di quanto sta emergendo dall'indagine e che sembra coinvolgere non solo una figura come il Mokbel, nonché quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare che, soprattutto in coincidenza con le prossime consultazioni elettorali, si vigili sul sereno e ordinato confronto tra le forze politiche.
(3-00960)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del combinato disposto dei commi i e 4 dell'articolo 1 del decreto interpretativo adottato il 5 marzo 2010, delegati radicali della Lista Pannella Bonino si sono recati presso i tribunali di Venezia, Verona, Vicenza, Padova e Belluno riscontrando il giorno lunedì 8 marzo 2010, la seguente situazione:
a Venezia, il Tribunale era aperto ed il Carabiniere di Guardia, inizialmente sorpreso della richiesta di deposito liste, alle ore 19,00, e quindi dopo 15 minuti di attesa, ha informato che «avrebbero chiamato un cancelliere che stava scendendo». Alle ore 19,20, compreso che il cancelliere non era in sede, i delegati della Lista ed i Testimoni hanno lasciato il Tribunale senza aver potuto depositare la lista stessa. All'interno del tribunale non vi era alcuna indicazione relativa all'Ufficio Elettorale. Alla richiesta di rilascio di un verbale dell'accaduto, il Carabiniere di turno ha dichiarato di non poterlo rilasciare ma che avrebbe fornito la debita testimonianza;
a Vicenza, il Tribunale era chiuso e a nulla sono valsi i ripetuti tentativi, dalle ore 19,15 alle ore 20,00, di accesso anche suonando i campanelli dei Tribunale dove è risultato impossibile entrare già solo nel giardino del tribunale, essendo chiuse le inferriate. Il tutto è testimoniato da un video girato davanti il tribunale http://www.facebook.com/#!/video/video.php?v=1358357888641&ref=mf, nonché da numerose foto e dalla presenza di cronisti della locale testata «Il Giornale di Vicenza»;
a Verona, dalle ore 18,00 alle ore 18,10 e nuovamente dalle ore 19,23 alle ore 20,00 l'Ufficio del Tribunale preposto all'accoglimento delle Liste, come recita anche il cartello affisso e fotografato (ancorché relativo alle date di presentazione originali), è stato trovato chiuso. Il cancelliere del Tribunale ha chiamato il giorno successivo, martedì 9 marzo, il Delegato della Lista chiedendo «perché non lo avesse avvisato?»
a Belluno il Tribunale era chiuso dalle ore 19,40 alle ore 20,00 e a nulla sono valsi i tentativi di suonare il campanello indicato come «custode»;
a Padova, il Tribunale alle ore 19,50 era chiuso;
si chiede di sapere:
in che modo il Governo intenda verificare nel Veneto e nel resto d'Italia le modalità attuative del decreto che prevedeva all'articolo 1 comma 4 la possibilità, per i delegati che si fossero trovati nelle

condizioni di cui al comma 1, di effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del decreto;
quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti di chi disattendendo ai propri obblighi istituzionali ha impedito l'esercizio dei diritti politici attivi e passivi.
(4-06465)

BELLOTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 212 del 1956 e la legge n. 130 del 1975 disciplinano la propaganda elettorale mediante affissioni, ossia la propaganda effettuata con manifesti, avvisi, fotografie, che siano intesi direttamente o indirettamente ad influire sulla scelta degli elettori;
tali leggi, anche in considerazione del periodo storico nel quale sono state concepite ed emanate, non disciplinano la propaganda elettorale effettuata mediante tabelloni elettronici a messaggio variabile;
tra i divieti previsti dall'articolo 6 della legge n. 212 del 1956 vi è l'impossibilità di effettuare dal 30o giorno, precedente la data fissata per le elezioni, ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurante a carattere fisso in luogo pubblico, ma tale legge dovrebbe riferirsi ai tabelloni fissi e non a pannelli luminosi in cui il messaggio è variabile;
alcuni tabelloni elettronici, in particolare, sarebbero paragonabili ad un monitor collegato ad internet tramite apparecchio GPRS e quindi non assoggettati alla citata disciplina;
dato che tuttavia non sarebbe univoca l'interpretazione che danno le prefetture, sembrerebbe opportuno un intervento per definire più chiaramente la materia -:
se il Governo intenda assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla materia, definendo indirizzi che possano portare le prefetture a valutazioni uniformi in materia di pubblicità elettorale.
(4-06470)

RENATO FARINA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
davanti alla corte dì Assise di Foggia è in corso il processo di Sebai Ezzedine, di nazionalità tunisina, nei procedimenti penali iscritti ai nn. R.G. 146848/08 e riuniti e R.G. 823/09, per il reato di rapina e tentato omicidio di Aprile Assunta (Foggia, 12 gennaio 1994), e per i reati di rapina e omicidio ai danni di Garbetta Giuseppina (San Ferdinando di Puglia, Foggia, il 30 maggio 1996) e di Stella Anna Maria (Trinitapoli, Foggia, il 1o maggio 1997);
il signor Sebai viene schedato con foto ed impronte sin dal 1991, dai carabinieri di Bolzano. Egli, nel corso delle dichiarazioni rese al sostituto procuratore del tribunale di Milano, dottor Nobili, in data 10 febbraio 2006, e successivamente confermate, a dicembre 2008, davanti al sostituto procuratore del tribunale di Foggia, dottor, Ludovico Vaccaro, ha confessato i seguenti omicidi, compiuti tra il gennaio 1994 ed il settembre 1997:
gennaio 1994, presunta vittima ignota, in assenza di riscontri investigativi, poi identificata a seguito dell'interrogatorio di Sebai avanti al pubblico ministero di Foggia (avvenuto nel dicembre 2008, come citato in premessa) in Aprile Assunta, la quale è l'unica vittima sopravvissuta;
8 luglio 1995, Vernetti Petronilla, anni 83, Melfi (Potenza), assolto;
13 agosto 1995, Commessatti Celeste, anni 83, Palagiano (Taranto), per il quale delitto sono stati condannati Nardelli Davide e Tinelli Giuseppe, minorenni all'epoca del fatto, e Donvito Vincenzo, suicidatosi nel 2006 nella Casa di Reclusione di Teramo;
24 aprile 1996, Madonna Celeste, anni 81, Lucera (Foggia), omicidio irrisolto, nel 2008 Sebai condannato a 18 anni;

30 maggio 1996, Garbetta Giuseppina, anni 72, San Ferdinando di Puglia (Foggia), omicidio irrisolto fino alla confessione di Sebai;
10 agosto 1996, Stano Anna, anni 85, Ginosa (Taranto), ergastolo;
15 gennaio 1997, Totaro Maria, anni 76, Cerignola (Foggia), ergastolo;
5 aprile 1997, Montemurro Grazia, anni 76, Massafra (Taranto), condanna a diciotto anni di reclusione per Montemurro Cosimo, nipote della vittima, per il quale delitto è stato condannato diciotto anni di reclusione Montemurro Cosimo, nipote della vittima;
1o maggio 1997, Stella Anna Maria, anni 69, Trinitapoli (Foggia), omicidio irrisolto fino alla confessione di Sebai;
9 maggio 1997, Leone Santa, anni 82, Canosa di Puglia (Bari), processato e assolto;
14 maggio 1997, Ludovico Pasqua, anni 86, Castellaneta (Taranto) per il quale delitto sono stati condannati Faiulo Vincenzo e Orlandi Francesco, rei confessi;
28 luglio 1997, Valente Maria, anni 84, Palagiano (Taranto), ergastolo per il quale delitto, oltre all'ergastolo per Sebai, sono stati condannati anche Tinelli Giuseppe e la di lui madre e sorella;
21 agosto 1997, Lapiscopa Rosa Lucia, anni 90, Laterza (Taranto), ergastolo;
27 agosto 1997, Sansone Angela, anni 84, Spinazzola (Bari), ergastolo;
15 settembre 1997, Nico Lucia, anni 75, Palagianello (Taranto), ergastolo;
per il delitto del gennaio 1994, ai danni di Aprile Assunta, unica sopravvissuta delle 15 vittime, quantunque ricoverata in prognosi riservata, gli investigatori non rilevarono le impronte digitali e, inoltre, a dispetto delle accuratissime descrizioni dell'aggressore, fornite dalla vittima, non fu esperita alcuna ricerca fra le foto schedate nel casellario centrale. Un tale accertamento avrebbe potuto impedire tutti i successivi 14 delitti, risalendo ai dati del Sebai schedati sin dal 1991;
per il delitto del 13 agosto 1995, ai danni di Commessatti Celeste, il signor Sebai viene fermato con la refurtiva sottratta alla vittima, viene fotografato, vengono rilevate le sue impronte digitali e poi rilasciato. In tale circostanza, la negligenza investigativa, manifestatasi già nel 1994, assume connotati gravi aprono la strada ai successivi 5 delitti, confessati dal Sebai;
per il delitto del 1o maggio 1997, ai danni di Stella Anna Maria, nel corso delle indagini successive, furono rilevate le tracce di Dna sulle cicche di sigaretta, rinvenute sulla scena del delitto, nonché le impronte digitali. Comparato il Dna a quello di Sebai, risultando negativo, Sebai fu rilasciato senza comparare le impronte digitali. Solo nel 2008, cioè 11 anni dopo, a seguito degli accertamenti disposti dal nuovo sostituto procuratore del tribunale di Foggia, dottor Ludovico Vaccaro, si scoprirà che Sebai aveva lasciato l'impronta sulla scena del delitto Stella. L'accertamento sulle impronte, omesso nel 1997, consente al Sebai lo stato di libertà nel corso del quale compie altri 6 omicidi -:
se i Ministri interrogati dispongano di elementi sulla vicenda, se dagli atti dei Ministeri risulti se siano state assunte iniziative ispettive in relazione ai fatti citati in premessa e, qualora ne sussistano i presupposti, se intendano avviarne.
(4-06484)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un docente di storia della scuola media Botticelli di Firenze, in occasione

della «giornata del ricordo», ha distribuito agli studenti una dispensa concernente le foibe definite come «una ricorrenza neofascista»;
trattasi di una indegna e strumentale iniziativa politica offensiva delle iniziative di ricordo e degli stessi esuli -:
quali iniziative immediate si intendano assumere in merito.
(4-06457)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU, CALVISI, PES, MARROCU, MELIS, FADDA, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, DAMIANO, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Eurallumina fa parte del gruppo United Company Rusal Limited, produttore mondiale di alluminio ed allumina, che gestisce uno stabilimento di trasformazione di bauxite in allumina, avente sede a Portovesme;
la crisi economica globale ha seriamente colpito l'industria dell'alluminio, con l'effetto che si è notevolmente ridotta la produzione di alluminio e domanda di allumina e, quindi, i prezzi internazionali di vendita;
il protocollo d'intesa per lo stabilimento produttivo Eurallumina di Portovesme è stato stipulato il 27 marzo 2009 tra il Ministero dello sviluppo economico; Ministero dell'economia e delle finanze; Ministero del lavoro, salute e politiche sociali; Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; regione autonoma della Sardegna; Agenzia delle entrate; Istituto nazionale della previdenza sociale (di seguito INPS); società Eurallumina S.p.A.; CGIL; CISL; UIL; UGL; Confindustria Sardegna meridionale;
l'azienda al fine di effettuare interventi per migliorare la futura capacità competitiva dello stabilimento di Portovesme ha sospeso temporaneamente la produzione negli impianti di Portovesme. Secondo quanto stabilito nel protocollo d'intesa, Eurallumina e UC Rusal hanno sviluppato dei progetti per migliorare la competitività dello stabilimento Eurallumina finalizzati ad estenderne la vita utile fino al 2030, concordando con le parti la sospensione delle produzioni per 12 mesi, a decorrere dal 1o aprile 2009;
nel frattempo, Eurallumina avrebbe dovuto potenziare la propria capacità competitiva per rendere la ripresa delle attività economicamente fattibile, compiendo ogni sforzo per implementare un ventaglio di misure, incluse quelle stipulate con quest'atto, per migliorare la capacità competitiva della società;
in particolare, si sarebbero dovuti sostenere i seguenti interventi: l'espansione del bacino esistente per lo smaltimento dei residui della bauxite e la costruzione di un nuovo bacino per soddisfare le sue necessità di smaltimento per un periodo di 15, 20 anni; interventi sul ciclo produttivo, con un progetto di modifica bauxite; il Ministero dello sviluppo economico, considerato che Eurallumina è una società energivora, si adopererà per includerla tra quelle che godono delle condizioni tariffarie previste dall'articolo 11, comma 12 della legge n. 80 del 2005 e che avranno accesso allo schema del Virtual power plant, il cui scopo è di incrementare la competizione tra i produttori di energia elettrica nella Regione Sardegna; un progetto di costruzione di un impianto di cogenerazione di vapore ed energia elettrica (progetto CHP) per migliorare la propria efficienza energetica; il rimborso dell'IVA, poiché risulta, alla data del 31 dicembre 2008, che società riconducibili al Gruppo UC Rusal, vantano crediti IVA verso l'erario; il Ministero dello sviluppo

economico, si impegna a rivedere la normativa sulle scorte d'obbligo per l'olio combustibile importato, per ridurre gli oneri finanziari gravanti sulle imprese che procedono alla sospensione delle produzioni per un periodo superiore ai sei mesi. Inoltre, Eurallumina dovrebbe essere tra i destinatari dell'iniziativa avviata dal Ministero dello sviluppo economico, volta a rivedere la normativa sulle scorte d'obbligo per l'olio combustibile importato, per ridurre gli oneri finanziari gravanti sulle imprese che procedono alla sospensione delle produzioni per un periodo superiore ai sei mesi. Al fine di smaltire i residui non riutilizzabili nel proprio bacino, le parti si impegnano a ricercare ogni utile soluzione per esentare dal pagamento delle tasse, secondo quanto previsto dalla legge n. 549 del 2005, di cui beneficerà anche Eurallumina. Ci si impegna, poi, a verificare, anche in sede di valutazione della richiesta di Eurallumina di sospensione degli obblighi di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 5 aprile 2007 ogni possibile percorso tecnico-amministrativo per la risoluzione delle problematiche ambientali relative alla messa in sicurezza e bonifica del sito, anche mediante il nuovo progetto di barriera idraulica di contenimento generale della falda contaminata dell'intero sito industriale di Portovesme, attualmente in fase di predisposizione presso l'università di Cagliari e la cui esecuzione dovrà comunque essere avviata entro il 2010. Infine, sempre secondo quanto contenuto nel protocollo d'intesa, è stato richiesto a Eurallumina di bonificare l'area di «Su Stangioni» di proprietà del consorzio industriale di Portoscuso (CNISI) allo scopo di espandere il bacino di smaltimento dei residui della bauxite. Eurallumina non essendo più interessata all'uso dell'area era intenzionata a restituire la stessa al CNISI;
il protocollo d'intesa, dopo 7 mesi d'inerzia, nelle ultime settimane è tornato all'attenzione, grazie soprattutto alle mobilitazioni dei lavoratori cassaintegrati e delle RSU;
dopo l'incontro tra gli assessori regionali sardi, le organizzazioni sindacali e i lavoratori, del 6 novembre scorso, si è appreso che non esistono condizioni necessarie per un riavvio immediato degli impianti e per gli operai dell'Eurallumina si profila un altro anno di cassa integrazione;
infatti, i suddetti punti sottoscritti nell'accordo con il Governo non si sono concretizzati e, secondo l'azienda, anche le condizioni di mercato, al momento, non sarebbero ottimali. Per questo è probabile che a marzo venga chiesta una proroga della cassa integrazione. Nonostante la Rusal abbia ribadito di non voler rinunciare allo stabilimento di Portovesme, che ritiene strategico, e abbia prospettato anche l'ipotesi di diversificare le produzioni, puntando sull'idrato di alluminio, non esistono garanzie sufficienti;
tra i punti maggiormente controversi risultano: l'individuazione del nuovo sito per il bacino dei fanghi rossi (due le proposte che rimangono valide, quella della pineta di San Giovanni Suergiu, per cui il consiglio comunale ha già dato risposta negativa e, l'ampliamento verso il mare dell'attuale bacino di Sa Foxi, a Portoscuso), su cui pesa anche l'incognita del sequestro giudiziario, disposto circa due mesi fa dalla magistratura che sta indagando sull'ipotesi di disastro ambientale; non ultimo, l'azienda aspetta risposte sulla centrale a gas, sui rimborsi Iva, le accise e il deposito per l'olio combustibile che vorrebbe realizzare a Portovesme;
tra i lavoratori la preoccupazione, il malcontento e l'ansia sono sempre più forti e tangibili: la fabbrica è ferma da marzo, messa fuori gioco dalla crisi del mercato internazionale, circa 700 persone sono in cassa integrazione. Gli ammortizzatori sociali scadono il 31 marzo e l'intenzione di prorogarli per un altro anno getta nello sconforto centinaia di famiglie, compreso l'indotto;
a distanza di un anno dalla chiusura dello stabilimento, proprio in questi giorni è ripresa la mobilitazione dei 400 lavoratori.

Gli operai e i sindacati stanno proprio in queste ore, definendo le azioni di lotta, dopo l'annuncio della multinazionale Rusal, di procedere ad un altro anno di cassa integrazione. Ancora non si conoscono le intenzioni dei lavoratori, ma è possibile che la protesta si sposti a Cagliari, con una strategia di mobilitazione già attuata dagli operai dell'Alcoa;
per quanto attiene le competenze e le priorità che devono essere affrontate a livello ministeriale il Governo si era impegnato a riconvocare le parti entro il 15 marzo -:
quali siano i punti del protocollo d'intesa disattesi dalla multinazionale;
se non si ritenga opportuno riconvocare urgentemente un tavolo nazionale per fare il punto e trovare una soluzione ragionevole, partendo dalle urgenze come energia e ambiente.
(5-02623)

FEDRIGA, GRIMOLDI e RIXI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la legge finanziaria per il 2008, è stato istituito presso l'Inail un Fondo per le vittime dell'amianto, in favore dei lavoratori che hanno contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto e alla fibra «fiberfrax» ed in caso di premorte in favore degli eventuali eredi;
la medesima legge (articolo 1, commi 241-246), peraltro, ha stabilito gli oneri per il finanziamento del Fondo a carico, per un quarto, delle imprese, e, per tre quarti, del bilancio dello Stato, determinando in 30 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009 ed in 22 milioni di euro a decorrere dal 2010 l'onere a carico dello Stato, mentre per gli oneri a carico delle imprese si provvede con un'addizionale sui premi assicurativi relativi ai settori delle attività lavorative comportanti esposizione all'amianto;
la gestione del Fondo è affidata ad un comitato amministratore costituito dai Ministeri interessati, da INAIL, Ipsema e dai rappresentanti delle organizzazioni datoriali e sindacali e delle associazione delle vittime dell'amianto, per la cui operatività la legge finanziaria rinviava ad un regolamento del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, cioè entro il 30 marzo 2008;
parimenti, la stessa legge finanziaria, rimandava sempre all'emanazione di un regolamento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, le procedure e le modalità di erogazione delle prestazioni del Fondo;
risulta agli interroganti che nel maggio 2008 era stata predisposta una bozza di regolamento attuativo, rimasta a tutt'oggi ferma alla firma del Ministero dell'economia e delle finanze -:
per quali motivi ad oggi l'operatività del Fondo risulti ancora bloccata e se il Governo non ritenga opportuno procedere celermente all'emanazione dei previsti regolamenti attuativi.
(5-02625)

PORCINO e MESSINA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la clinica Villa Giose di Crotone, fondata nel 1976 e dotata di 90 posti letto e 70 dipendenti, era una presenza fondamentale per il sistema sanitario locale e regionale della Calabria ed era stata accreditata dal Servizio sanitario nazionale per i reparti di medicina, chirurgia, ortopedia, oculistica, ostetricia e ginecologia, day hospital e day surgery;
nel 2008 la clinica ha sospeso l'attività per interventi di manutenzione straordinaria ed ammodernamento e, da allora, non ha più aperto, principalmente a causa della forte esposizione debitoria dei proprietari

dell'attività, che non riescono a garantire gli impegni con i fornitori, comprese le utenze dei servizi;
durante il periodo di sospensione, prima, e di inattività poi, l'azienda sanitaria provinciale di Crotone ha ridotto alla clinica il budget economico relativo alle prestazioni ed alle convenzioni, facendo divenire non più economicamente coerente la presenza dei circa 70 dipendenti in servizio;
i dipendenti, che non ricevevano gli stipendi dal 2007, nel 2008 hanno ottenuto i decreti ingiuntivi dal tribunale di Crotone contro il datore di lavoro;
la complessità della crisi aziendale richiede un'azione rapida e decisa da parte delle autorità competenti in quanto non sono applicabili facili soluzioni come la vendita dell'immobile. La proprietà di quest'ultimo è infatti disgiunta dalla gestione e risulterebbe appartenere per un terzo ai gestori della clinica e due terzi ad alcuni congiunti degli stessi. Inoltre l'intero complesso risulta essere data in affitto ai F.lli Ussia (titolari di un 1/3), ai quali è stato notificato sfratto per morosità;
dal 2009 si è ottenuta la cassa integrazione in deroga per il personale, per consentire all'azienda di procedere all'avvio dell'attività con un piano di rientro di un anno;
secondo notizie apparse su Il Sole 24 ore il 13 maggio 2009 era in atto un piano di ristrutturazione aziendale garantito da un nuovo management di grande esperienza commerciale e da importante gruppo finanziario, che aveva già stipulato con la proprietà un accordo notarile per l'ingresso nel capitale sociale, pronto a supportare la crescita per linee esterne, mediante un piano di finanziamenti e di gestione professionale degli assets, nonché con una ristrutturazione del debito. Nel succitato articolo si dichiarava inoltre sicuri presupposti per un rilancio ed una ristrutturazione aziendale: «II Business Plan redatto a sostegno del progetto d'impresa prevede un recupero di redditività articolato e protratto nel tempo che passa attraverso varie fasi temporalmente definite. L'attuale fatturato può essere incrementato sino entro 12-18 mesi mediante: interventi di razionalizzazione gestionale, l'impostazione di una diversa gestione finanziaria, il miglior utilizzo delle risorse umane disponibili, la riduzione del costo del personale mediante incentivazioni, l'accompagnamento graduale e il prepensionamento, la creazione di un miglior rapporto e di una migliore comunicazione con i sindacati, l'ottenimento di maggiori sgravi fiscali tenendo presente che l'indirizzo del Governo è quello di trasformare gli aiuti pubblici al sud attuati con finanziamenti in conto capitale (anche a fondo perduto) in sgravi fiscali, sono già state individuate aree medico-sanitarie che costituiranno nuovi servizi (ad alto valore aggiunto) che quindi determineranno nuovo business, tra le quali un centro per la cura radioterapica dei tumori maligni, infertilità e un altro per la cura dell'obesità, nonché un centro di prevenzione ad alta tecnologia con macchine TC tra le prime nel mondo e, infine, un centro di chirurgia estetica che si avvarrà delle attrazione anche turistiche della zona, l'attuazione di un piano di comunicazione per attrarre la forte domanda di servizi sanitari. Inoltre, su indicazione di alcuni «addetti ai lavori» si ha motivo di ritenere che, a breve, il governo varerà un programma che prevede l'utilizzo di nuovi strumenti finanziari e la razionalizzazione dei trasferimenti dallo stato alle regioni con l'intento di riportare entro la soglia indicata dalla Comunità Europea i tempi di pagamento delle competenze alle strutture convenzionate; non ultimo giova ricordare che il mercato della Sanità privata accreditata in Italia è un mercato chiuso e non è soggetto a oscillazioni, pertanto per la sua stabilità consente di programmare efficacemente gli interventi finanziari. La villa Giose poi risulta accreditata per attività di degenze ed ambulatoriali e si trova in una zona ad alta emigrazione sanitaria, privilegiata dal lato sanitario, non avendo praticamente concorrenza»;

ad oggi del piano di ristrutturazione in atto non si hanno notizie ed i cittadini sono ancora senza un servizio sanitario essenziale per l'intera provincia di Crotone. Inoltre i dipendenti di Villa Giose, già da alcuni mesi senza stipendio, sono in attesa della proroga della Cassa integrazione guadagni da parte della Regione scaduta il 31 dicembre 2009;
il 19 febbraio scorso, il prof. Umberto Conforto, amministratore unico della società Villa Giose Srl, ha diffuso un ennesimo lungo documento nel quale, tra le altre cose, allude ad una «rinascita» dell'impresa. Conforto scrive inoltre che la clinica Villa Giose ha un legittimo proprietario che, disponendo delle sue quote, ha trovato risorse finanziarie per far fronte agli impegni nascenti dalle varie istanze di fallimento presentate dagli stessi lavoratori e che la proprietà, nello sforzo di salvare la clinica, ha promesso di cedere le quote parzialmente in ragione del 20 per cento investendo il ricavato nella società e pagando, così, anche i lavoratori dipendenti che avevano presentato istanza di fallimento. L'amministrazione di Villa Giose non riconosce ai lavoratori dipendenti alcuna mensilità di debito, se non quella eventualmente determinata da una istanza di conciliazione avanzata innanzi all'ispettorato del lavoro a seguito della notifica di ulteriori accertamenti ispettivi. «Anche in sede pre fallimentare - sostiene l'amministratore unico di Villa Giose - il Tribunale, come chiaramente indicato nella sentenza di rigetto dell'istanze di fallimento ha verificato la costante rinascita dell'impresa che nello sforzo economico e finanziario è riuscita non solo a pagare le istanze di fallimento, ma ad assumere nuovo personale carente nell'organico della clinica»;
il 21 dicembre 2010, a tale stato di cose, si sono aggiunte notizie stampa allarmanti pubblicate sul quotidiano della Calabria, secondo le quali, la Digos calabrese, su delega della procura della Repubblica di Crotone, sta svolgendo accertamenti su una presunta truffa ai danni dello Stato per falsi rimborsi riferiti a interventi chirurgici effettuati dai fratelli Giovanni, Alfonso e Anastasia Ussia, chirurghi e, proprietari della casa di cura di «Villa Giose, che, secondo l'accusa, oltre a farsi pagare indebitamente dai pazienti gli interventi, avrebbero anche ottenuto il rimborso da parte dell'azienda sanitaria producendo false attestazioni nelle quali si facevano passare per operazioni rimborsabili interventi che non lo erano. I tre sono accusati di associazione per delinquere, truffa e concussione -:
se il Ministro voglia riferire e fare chiarezza in merito al procedere del piano di ristrutturazione aziendale e se intenda aprire un tavolo di contrattazione che acceleri le procedure di deroga della cassa integrazione e assicuri un pieno coinvolgimento di tutte le parti nel piano di ristrutturazione aziendale, ciò al fine di garantire non solo il posto di lavoro ai lavoratori di Villa Giose ed un concreto sostegno alle loro numerose famiglie che vivono in un'area già fortemente provata dalla crisi, ma anche un futuro ad un'azienda che, con la sua attività, potrebbe tornare a fornire un servizio sanitario di alto livello strettamente necessario per un territorio ad alto tasso di migrazione sanitaria qual è quello calabrese.
(5-02633)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un'azienda storica del Molise è stata messa a dura prova dalla crisi economica e rischia di chiudere, con la perdita del posto del lavoro per 82 persone che lavorano alle sue dirette dipendenze e quasi altrettanti operai dell'indotto;
si tratta della Smi, l'azienda Marrollo che da circa trenta anni produce prefabbricati in cemento;
si registra da tempo il ritardo del pagamento degli stipendi;

inoltre i lavoratori sono preoccupati per la prossima chiusura dell'unità produttiva di Mafalda, che dovrebbe «lasciare spazio libero» alla nascita di una centrale a biomasse;
essi temono di non poter essere ricollocati in una realtà completamente diversa da quella in cui hanno prestato finora la propria opera -:
se il Ministro non reputi di poter intervenire convocando le parti in causa al fine di individuare una soluzione per evitare la chiusura dell'azienda e permettere di conservare i posti di lavoro dei dipendenti che in essa operano.
(4-06461)

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il trattamento di reversibilità ai superstiti spetta ai componenti del nucleo famigliare alla morte di un lavoratore loro congiunto;
i beneficiari sono innanzitutto il coniuge ed i figli che concorrono fra di loro al diritto alla reversibilità secondo una tabella prestabilita e tenendo conto della situazione al momento del decesso dell'assicurato o pensionato;
la legge prevede che i figli aventi diritto sono i minori, gli studenti fino a 21 anni, gli universitari fino a 26 anni e gli inabili;
il figlio che, quindi, a 26 anni non si è laureato, ma ancora non lavora, perde il diritto alla sua parte di reversibilità, anche se ancora vive in famiglia ed anche se la famiglia vive, appunto, con la pensione di reversibilità;
in tale situazione si trova la Signora M. Antonietta Viscardi, la quale dopo la perdita del marito ha percepito insieme ai due figli il 100 per cento della reversibilità diviso nel 60 per cento per se ed il 20 per cento per ognuno dei suoi due figli;
avendo la figlia raggiunto i 26 anni senza aver conseguito la laurea, il 20 per cento che essa percepiva è venuto a mancare, così che il nucleo famigliare, pur essendo rimasto invariato, deve vivere con una entrata in meno;
la situazione che si viene a creare contrasta, invero, con quanto prevede la legge in tema di mantenimento dei figli dove l'elaborazione giurisprudenziale ha creato un vero e proprio diritto vivente in base al quale viene assimilata la posizione del figlio maggiorenne, ma tuttora dipendente non per sua colpa dai genitori, a quella del figlio minore, imponendo il prolungamento dell'obbligo di mantenimento oltre l'età stabilita;
ci si chiede come possa il genitore superstite vivere con la reversibilità al 60 per cento e mantenere i figli ai quali è stata tolta la loro quota del 20 per cento, non essendosi laureati entro i 26 anni, ma costretti, comunque, a vivere ancora nel nucleo famigliare -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa per modificare la norma sui limiti del diritto alla reversibilità dei figli, adeguandoli al dettato della più recente giurisprudenza e proponendo una analoga disposizione che prevede il prolungamento del beneficio della reversibilità per il figlio che, senza sua colpa, ancora non abbia raggiunto l'indipendenza economica.
(4-06462)

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei decenni successivi al conflitto mondiale diversi connazionali sono stati costretti ad emigrare all'estero, poiché vivevano in condizioni di estrema indigenza;
la stragrande maggioranza dei connazionali all'estero ha sempre rappresentato una risorsa per il nostro Paese e per i territori e i comuni dai quali provenivano, ma non tutti hanno avuto la fortuna di potersi costruire una dimora per l'agognato ritorno in Italia;

molti di loro vorrebbero tornare nei luoghi in cui sono nati e cresciuti, ma non hanno la possibilità di investire nell'acquisto di una casa, poiché vivono condizioni economiche non floride;
il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, contenente le norme per l'assegnazione e la revoca nonché per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, indica, tra i requisiti necessari all'assegnazione degli alloggi di residenza pubblica, che sia acquisita la cittadinanza italiana nonché la residenza nel luogo in cui si presenta domanda di alloggio, oltre che i requisiti di reddito minimo familiare;
criteri così stringenti possono creare problemi di effettiva disparità di trattamento nei confronti di cittadini italiani residenti all'estero nell'affermazione di un diritto generale riconosciuto alla generalità dei cittadini, come il diritto alla casa -:
se il Governo non ritenga opportuno, nel rispetto delle competenze regionali e comunali, assumere iniziative di carattere normativo volte ad introdurre, quale criterio di assegnazione ai connazionali residenti all'estero, solo quello dell'iscrizione all'AIRE, riservando in adeguate percentuali posti di alloggio a favore dei residenti all'estero che vogliono rientrare in Italia e rivedendo in modo equo i vari parametri di calcolo del reddito in modo da tener conto della variante del reddito del richiedente all'estero;
se si possano attuare, attraverso i consolati, adeguate forme di pubblicità per portare a conoscenza dei connazionali residenti all'estero i bandi di assegnazione di residenze pubbliche.
(4-06477)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il recente rapporto dell'Osservatorio sul diversity management dimostra in maniera eloquente quanto in Italia per le donne fare figli rappresenti un handicap in ambito lavorativo;
un numero sempre maggiore di donne si trova costretta a scegliere tra la famiglia e il lavoro;
il 25 per cento delle donne, in maniera volontaria o indotta, perde il proprio posto di lavoro dopo la nascita di un figlio;
è importante mettere in atto politiche atte a favorire la centralità della famiglia, l'innalzamento del tasso di natalità e la solidarietà alle donne;
l'età media delle donne italiane che diventano madri sta salendo verso la fascia d'età dei 35 anni;
le spese relative alle necessità dei neonati nei primi 36 mesi di vita costituiscono un costo non indifferente per le donne e l'intera famiglia, fattore che comporta la necessità del mantenimento della propria fonte di reddito;
le capacità lavorative delle donne, relativamente a passione, preparazione ed efficienza non muta dopo la gravidanza, per quanto intervenga senza dubbio una diversa gestione del tempo che va compresa e supportata;
la maternità è una ricchezza tanto in ambito familiare quanto in quello civile e statuale;
strutture come gli asili nido aziendali, maggiore flessibilità nell'orario di lavoro, fondi a sostegno delle aziende che tutelano la maternità, sono alcune delle soluzioni

che hanno dato i migliori risultati in relazione al supporto delle necessità delle donne con neonati -:
quali siano le iniziative previste per intervenire su questo genere di dinamiche in favore della tutela del lavoro femminile dopo la nascita di un figlio.
(4-06471)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento di macellazione di suini Ghinzelli, localizzato a Viadana (Mantova), sta vivendo una situazione drammatica in quanto da circa quattro mesi è in regime di commissariamento a seguito di decisione del tribunale;
tale situazione è derivata da gravi irregolarità gestionali e da uno stato di grave difficoltà nell'ambito del mercato della macellazione suina;
appare che lo stato di grave difficoltà del settore della macellazione suina dipenda anche dal «fiorire» di fenomeni che affondano le loro radici nella illegalità;
in ragione dei punti di cui sopra, i soci del macello Ghinzelli stanno prefigurando uno scenario drammatico per i 159 dipendenti paventando la richiesta di mobilità;
se così dovesse essere, i destini di questi lavoratori e delle loro famiglie sarebbe irrimediabilmente segnato in negativo -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che il settore della macellazione suina potrebbe essere «drogato» da fenomeni di illegalità e, se sì, quali provvedimenti siano stati adottati, o si intenda adottare, per combattere tali fenomeni e restituire la macellazione suina alla assoluta legalità;
se il Governo intenda decretare lo stato di crisi del settore;
se si intenda convocare urgentemente le parti, costituendo un tavolo negoziale che abbia l'obiettivo di garantire la continuità produttiva.
(5-02635)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA, VELLA, NIZZI, PORCU, TESTONI, CICU e PILI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale del 22 marzo 2006, sono state riorganizzate le strutture agrarie afferenti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali create con decreto del Presidente della Repubblica n. 1318 del 23 novembre 1967;
il piano di riorganizzazione approvato con il citato decreto ministeriale ha eliminato sia il problema della frammentazione delle strutture di ricerca riducendole da 82 sedi a 54, sia problema della sovrapposizione delle missioni ed attività all'interno delle strutture del Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura;
la valutazione delle strutture, orientata a verificare il grado di realizzazione di quella revisione radicale dei processi di programmazione, progettazione, valutazione e selezione del personale prevista nel piano di riordino stesso, doveva avvenire dopo quattro anni;
nonostante la citata previsione, il Consiglio di amministrazione approverà a breve una nuova proposta di razionalizzazione che prevede la chiusura e lo spostamento di numerose sedi, tra cui

l'Unità di ricerca per i sistemi agropastorali in ambiente mediterraneo (Sanluri Sardegna);
il mantenimento della sede, oltre a garantire lo sviluppo delle attività di ricerca e sperimentazione tipiche del territorio sardo, rappresenta un riferimento sul territorio, considerato che si tratta dell'unica Struttura di ricerca presente nella regione;
la struttura svolge attività di ricerca e sperimentazione a sostegno dello sviluppo integrato e sostenibile del comparto agropastorale della Sardegna e delle altre regioni con significativa presenza pastorale anche con finalità di orientamento per analoghe realtà produttive che operano in ambiente mediterraneo;
la citata struttura rappresenta una valida risposta all'indagine ed allo studio della biodiversità della specie foraggera nell'importante area del mediterraneo. Tale attività, ove adeguatamente sostenuta e valorizzata, potrebbe, negli scenari futuri della ricerca, concentrarsi sul miglioramento genetico e la costituzione varietale delle piante foraggere e pastorali di interesse per l'ambiente mediterraneo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle risorse genetiche autoctone; la struttura risulta essere strategica nel garantire il miglioramento dei pascoli, la gestione sostenibile degli eco-sistemi agropastorali e la gestione di produzione foraggere in condizione di limitazione idrica -:
se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per impedire che si adotti la nuova proposta di razionalizzazione;
se il Ministro non ritenga necessario procedere a qualunque altra razionalizzazione dei centri e delle unità solo dopo aver compiuto una seria verifica della validità, dal punto di vista scientifico, delle 54 strutture di ricerca.
(4-06469)

BELLOTTI, GAVA, PANIZ e MISTRELLO DESTRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 24 dello statuto del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha approvato con decreto ministeriale in data 22 marzo 2006 n. 943, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, il piano di riorganizzazione delle strutture scientifiche del CRA prevedendo la costituzione di n. 15 centri e 32 unità di ricerca.
l'articolo 4-sexdecies della legge n. 205 del 2008 ha previsto, in attesa del riordino degli enti di ricerca, la riduzione dei componenti degli organi degli enti stessi;
il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura ha adottato un nuovo progetto di razionalizzazione delle strutture previa delibera del consiglio di amministrazione uscente, nonostante il Ministro interrogato a quanto consta agli interroganti, abbia chiesto di soprassedere in attesa della nomina dei componenti degli organi;
la procedura avviata dall'attuale consiglio di amministrazione suscita dubbi sul piano della legittimità perché a quanto pare mancante del parere del consiglio dei dipartimenti, organo attualmente scaduto;
il nuovo progetto di razionalizzazione prevede tra l'altro la chiusura della sede distaccata di Rovigo del Centro di ricerca per le colture industriali e tale decisione inficerebbe le ricerche integrate di tipo agronomico biochimico genetico e tecnologico delle principali filiere agro-industriali e la selezione varietale delle specie coinvolte in tali settori produttivi, l'attività di ricerca nel settore della biologia, della biochimica avanzata, e della tecnologia degli enzimi;

la chiusura della sede Rovigo, oltre a determinare un impatto forte sul piano della ricerca, determinerà un enorme disagio alle unità di personale interessate, le quali non potranno trovare alcuna utile collocazione se non a circa 300 chilometri di distanza dall'attuale sede -:
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza al fine di assicurare che la procedura attivata si concili con la normativa vigente in materia e garantisca la partecipazione di tutti gli organi coinvolti in questo processo decisionale;
se e come ritenga che tale proposta possa produrre risultati positivi, nel senso indicato dalla strategia europea per l'occupazione;
se e come ritenga che tale proposta possa produrre risultati positivi in termini di razionalizzazione delle risorse pubbliche.
(4-06476)

GREGORIO FONTANA, JANNONE, DEL TENNO, BERNARDO, GOISIS, CONSIGLIO, APREA, PALMIERI, VANALLI, COMAROLI, CAPARINI, STUCCHI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il piano di riorganizzazione deliberato ai sensi dell'articolo 24 dello statuto dal Consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura previo parere del Consiglio dei dipartimenti è stato approvato con decreto ministeriale in data 22 marzo 2006 dall'allora Ministro delle politiche agricole e forestali (EX MIPAF) sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni, prevedendo una nuova struttura costituita da n. 15 centri e n. 32 unità di ricerca;
successivamente il Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA) ha iniziato un percorso di verifica delle proprie strutture, anche in attuazione dell'articolo 4-sexdecies della legge n. 205 del 2008 che prevede il riordino degli enti di ricerca;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in considerazione del fatto che è in fase avanzata la procedura di rinnovo degli organi di amministrazione (il Consiglio dei ministri del 28 ottobre 2009, ha provveduto alla designazione del nuovo presidente) ha opportunamente invitato l'ente a sottoporre il nuovo disegno di razionalizzazione al nuovo Consiglio di amministrazione;
in data 29 ottobre 2009 il Consiglio di amministrazione uscente nonostante le raccomandazioni di cui sopra ha adottato il progetto di razionalizzazione delle strutture con delibera n. 49/09. A breve verrà adottata dallo stesso Consiglio di amministrazione uscente una nuova proposta che prevede delle modifiche alla precedente;
il progetto di razionalizzazione verrebbe adottato in disapplicazione delle disposizioni dettate dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 454 del 1999 e degli articoli 20, 21 e 24 dello statuto. Il piano verrebbe adottato in assenza del parere vincolante del Consiglio dei dipartimenti (unico organo scientifico dell'Ente) senza tuttavia procedere alla preventiva e necessaria indagine conoscitiva finalizzata ad accertare le reali esigenze di distribuzione «equilibrata» delle strutture di ricerca dell'ente sul territorio e il ruolo svolto dalle stesse nel campo della ricerca scientifica e della sperimentazione. Analisi, del resto che non risulterebbe essere stata neanche attivata, a tal fine, utilizzando le risultanze della valutazione demandata al Comitato di valutazione di cui all'articolo 6 dello Statuto;
il nuovo progetto di razionalizzazione prevede la chiusura delle sedi presenti in Lombardia (Unità di ricerca per la selezione dei cereali e la valorizzazione delle varietà vegetali di Sant'Angelo lodigiano, Unità di ricerca per i processi dell'industria agroalimentare di Milano, Unità di ricerca per l'orticoltura di Montanaso Lombardo, Unità di ricerca per la maiscoltura

di Bergamo) che nel nuovo progetto di razionalizzazione, verranno localizzate in un'unica struttura ancora da costruire nella città di Lodi. Tale proposta, apparentemente motivata dall'esigenza di razionalizzare i costi e servizi delle predette Unità, in realtà cela la volontà di effettuare un considerevole investimento immobiliare in Lodi mediante la creazione di una nuova struttura e ciò senza aver preventivamente e prudentemente, così come principi di contabilità pubblica impongono, accantonato le risorse finanziarie necessarie a tal fine. Si prevede di modificare il piano già esistente, senza tuttavia aver valutato la possibilità di attuare e potenziare quello già esistente, e ciò palesemente in assenza di adeguata copertura finanziaria. A ciò si aggiunge l'evidente svalutazione del patrimonio immobiliare di proprietà dell'Ente attualmente sede delle predette strutture di ricerca, costituito da immobili di pregio, in molti casi sottovalutato e assegnato ad altri soggetti pubblici in ragioni di presunte e poco concrete sinergie da conseguire nel campo della ricerca. Tale operazione coinvolgerà l'attività lavorativa di circa 2000 dipendenti di cui circa 100 ricercatori e tecnologi. Ciò, oltre a determinare evidenti difficoltà alle persone interessate, determinerà la perdita delle professionalità specifiche nei diversi settori della ricerca atteso che la nuova struttura non garantirà la prosecuzione delle linee di ricerca già in atto e pertanto il personale di ricerca sarà chiamato a riconvertirsi professionalmente perdendo le specializzazioni sulle quali l'Ente ha investito fino ad ora. In particolare l'Unità di ricerca per la selezione dei cereali e la valorizzazione delle varietà vegetali di Sant'Angelo Lodigiano si occupa di miglioramento genetico e di selezione di cereali con particolare riferimento a cereali a paglia per la coltivazione nel nord d'Italia in un'ottica di mantenimento delle rese e riduzione degli input energetici, cura le reti di prove varietali per la valutazione dell'adattamento delle cultivar ai diversi ambienti di coltivazione. Svolge attività di valorizzazione e sostegno alla diffusione delle varietà vegetali anche diverse dai cereali attraverso la realizzazione di campi comparativi e dimostrativi ed il mantenimento di collezione di riferimento e di conservazione. L'Unità di ricerca per i processi dell'industria agroalimentare di Milano si interessa di aspetti biologici, biochimici e merceologici della trasformazione e conservazione dei prodotti agrari delle tecnologie post-raccolta per gli ortofrutticoli, dei sistemi e dei metodi di monitoraggio della qualità nei vari punti delle filiere agro-alimentari, del miglioramento delle caratteristiche nutrizionali e sensoriali dei prodotti agroalimentari. L'Unità di ricerca per l'orticoltura di Montanaso Lombardo svolge ricerche finalizzate al miglioramento genetico di specie orticole e industriali, studia metodiche biochimiche, tecnologiche e agronomiche mirate all'allevamento vegetale a basso impatto ambientale con particolare attenzione all'asparago, fagiolo, peperoni e melanzane per lo sviluppo di cultivar e la caratterizzazione genetica e merceologica di cultivar locali e tradizionali. La struttura ha ricevuto importantissimi riconoscimenti nazionali ed internazionali. L'Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo studia la genetica e la fisiologia della produzione del mais da foraggio e da granella. Cura il miglioramento genetico per la resistenza ed adattabilità e qualità nutrizionale del prodotto, nonché la selezione varietale attraverso la realizzazione di linee pure e ibridi, studia l'effetto di mezzi tecnici sulla produzione e sulle caratteristiche quantitative degli ibridi commerciali, cura il mantenimento e la valorizzazione delle risorse maidicole locali e di accessione di interesse europeo;
il 19 febbraio 2010 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un bando per 41 posti di ricercatore, più altrettanti posti in via di pubblicazione, nei quali risultano assenti alcune lauree ammissibili alla selezione. I requisiti di ammissione sono troppo permissivi, in assenza del dottorato di ricerca potrebbero poter partecipare anche soggetti

che abbiano fatto attività comparabile ai tre anni di dottorato. In particolare, chi ha svolto attività di ricerca ai sensi dell'articolo 63, comma 4, del contratto collettivo nazionale 21 febbraio 2002; coloro i quali abbiano svolto la medesima attività all'estero; abbiano collaborato al CRA attraverso forme diverse (assegni, borse);
si registra inoltre la mancata indicazione delle sedi di lavoro che saranno decise a conclusione dell'iter di valutazione delle domande. La giustificazione data nel bando è che non è possibile indicare le sedi in quanto è in corso la riorganizzazione dell'Ente (ma nei fatti il direttore generale ha proposto e fatto approvare al Consiglio di amministrazione già nell'ottobre 2009 il proprio progetto di razionalizzazione). È possibile che l'Ente non sia in grado di stabilire oggi quali siano e dove si collocano le proprie reali esigenze di ricerca. La mancata indicazione delle sedi rischia di essere oggetto di critiche da parte di chi potrebbe ritenere che tale decisione non sia del tutto opportuna nell'interesse dell'ente -:
quali iniziative intenda intraprendere, promuovere o sollecitare nei confronti del Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura e, in particolare, quali iniziative intenda assumere per impedire che si proceda a quelli che agli interroganti appaiono arbitrari processi di riorganizzazione delle strutture di ricerca dell'Ente senza aver posto in essere tutte le iniziative necessarie ad attuare il piano di riorganizzazione già esistente, in mancanza di valutazioni ufficiali circa i risultati conseguiti dalle strutture che si intendono sopprimere o trasformare e ciò in evidente violazione delle disposizioni di legge sopraindicate le quali espressamente impongono di procedere a processi di riorganizzazione «in ragione delle esigenze di equilibrata distribuzione delle stesse sul territorio e della loro specifica competenza scientifica».
(4-06478)

ROSSO, PIANETTA, PICCHI, SILIQUINI, CASTIELLO, DI CATERINA, TADDEI, DIMA, DE CAMILLIS, NOLA e NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), ente istituito con decreto legislativo n. 454 del 1999 e vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha deliberato una nuova riorganizzazione delle strutture di ricerca dell'Ente;
in particolare, la nuova riorganizzazione prevede la soppressione dell'Unità di ricerca per la risicoltura di Vercelli;
la struttura si occupa di genetica, miglioramento genetico e selezione varietale del riso con applicazione di biotecnologie per il miglioramento della resistenza ad agenti patogeni e a stress abiotici; studia il miglioramento della produttività e delle rese alla lavorazione anche per lo sviluppo di nuove linee mirate all'esigenza dell'industria; sviluppa le tecniche innovative per la riduzione dell'impatto ambientale ed il contenimento di costi di produzione;
l'unità di ricerca per la risicoltura è l'unica struttura di ricerca presente nel settore sul territorio nazionale e la sua attività è strettamente correlata alla singolarità delle caratteristiche dei terreni presso i quali è ubicata;
rappresenta un chiaro esempio di consolidate sinergie volte all'attuazione di programmi di ricerca o alla risoluzione di problematiche del settore importanti tra le autorità locali e statali; ha ricevuto più volte importanti riconoscimenti a livello internazionale -:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per inibire l'attuazione della delibera del consiglio di amministrazione;

se e quali iniziative intenda assumere per impedire che sia dato corso a tutte le altre attività intraprese negli ultimi mesi dall'Ente in evidente contrasto con i principi ed i criteri definiti dalla legge e dallo statuto del CRA.
(4-06479)

GOTTARDO, CONTENTO, DI CENTA e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il piano di riorganizzazione e razionalizzazione della rete delle articolazioni territoriali approvato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali con proprio decreto del 22 marzo 2006 ha istituito 15 Centri e 32 Unità di ricerca, procedendo alla razionalizzazione degli ex istituti agrari;
a distanza di soli due anni da quella riorganizzazione, senza procedere ad alcuna valutazione delle strutture di ricerca ed in assenza degli organi dell'Ente deputati alla valutazione delle stesse, il Consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura intende procedere ad un nuovo progetto di razionalizzazione;
in particolare il citato progetto prevede la chiusura dell'Unità di ricerca per l'acquacoltura e la molluschicoltura nel Friuli Venezia-Giulia per la quale, negli ultimi due anni, non risulta realizzata alcuna iniziativa idonea ad attivare l'attività di ricerca indicata nel piano anche se la stessa è considerata di alto valore strategico per la ricerca in ragione dell'importanza strategica di disporre di una struttura in grado di studiare ed analizzare i problemi genetici fisiologici nutrizionali igienico sanitari e tecnologici per l'allevamento dei pesci e dei molluschi anche in considerazione della forte domanda nazionale ed internazionale sull'impatto ambientale di questo tipo di allevamento -:
quali iniziative intenda intraprendere affinché l'Ente possa realizzare la finalità assegnata all'Unità di ricerca per l'acquacoltura e la molluschicoltura, utilizzando, ad esempio, quale sede istituzionale l'attuale sede di Gorizia senza sopportare ulteriori costi aggiuntivi;
quali iniziative di competenza intenda assumere nei confronti del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura affinché non si dia corso a processi di razionalizzazione che sembrerebbero non del tutto conformi agli interessi dell'Ente.
(4-06480)

LISI, LAZZARI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel mese di ottobre 2009 il consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) ha deliberato una nuova razionalizzazione delle strutture di ricerca del CRA prevedendo tra l'altro la chiusura dell'Unità di ricerca per l'individuazione e lo studio di culture ad alto reddito in ambiente caldo arido, sede di Lecce sostanzialmente abbandonata dagli organi di gestione negli ultimi due anni;
la chiusura di tale struttura determinerebbe la palese violazione del principio di equilibrata distribuzione delle strutture di ricerca sul territorio nonché comprometterebbe le possibilità di crescita della ricerca nel territorio leccese con grandi ripercussioni nel settore economico-sociale. Tra l'altro, l'unità è stata individuata, nell'iniziale progetto di riordino, cogliendo la necessità contingente di riconversione colturale delle zone coltivate a tabacco per rispondere, invece, oggi alla delicata e strategica individuazione delle colture idonee e delle relative tecniche colturali finalizzate a favorire la crescita dei redditi nell'ambiente caldo-arido dell'area mediterranea;
il Ministro, a quanto consta agli interroganti, avrebbe peraltro invitato il consiglio

di amministrazione a non procedere alla nuova razionalizzazione -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente assumere le iniziative di competenza per inserire l'attuazione della delibera del consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura che ha adottato un nuovo progetto di razionalizzazione della rete scientifica dell'Ente;
se non ritenga urgente assumere le necessari e iniziative al fine di pervenire in tempi rapidi ad una gestione dell'Ente più prontamente indirizzata al raggiungimento degli obiettivi programmati dallo stesso signor Ministro con l'approvazione del piano di riorganizzazione vigente;
se il Ministro non ritenga opportuno valutare, con estrema urgenza, la disponibilità già manifestata dalla università di Lecce, di sottoscrivere apposito protocollo al fine di saldare l'esperienza del CRA di Lecce e le attività di ricerca del medesimo ateneo, non comportando ciò tra l'altro, alcuna spesa aggiuntiva per lo stesso CRA.
(4-06481)

CIRIELLI, PUGLIESE, PETRENGA, CESARO, MUSSOLINI, SOGLIA, VESSA, STASI, LANDOLFI, TAGLIALATELA, LEHNER, DE GIROLAMO, MARIO PEPE (PdL) e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con delibera del 29 ottobre 2008 del Consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (ente vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali) è stata approvata un'ulteriore razionalizzazione delle strutture di ricerca dell'Ente a distanza di soli due anni dall'approvazione del piano di riorganizzazione approvato con decreto ministeriale nel marzo del 2006;
nella detta delibera si prevede la chiusura di fatto di almeno 15 sedi ed il trasferimento fisico di altrettante strutture in altro sito del territorio nazionale;
si prevede inoltre che il trasferimento del personale avvenga verso altre sedi dell'ente a volte non presenti nel territorio della stessa regione causando notevoli disagi al personale di ruolo e precario che presta attualmente servizio presso le sedi di lavoro interessate;
sembrerebbe che la detta delibera sia stata adottata senza prescritta consultazione delle organizzazioni sindacali, senza il previo parere del Consiglio dei Dipartimenti oggi decaduto, senza rispettare le reali esigenze di distribuzione equilibrata delle strutture di ricerca sul territorio e in assenza di un'analisi seria e documentata del ruolo e dei risultati ottenuti dai centri e dalle Unità nel campo della ricerca scientifica e della sperimentazione dopo due anni dalla loro costituzione;
l'attività di valutazione delle strutture doveva essere demandata ad uno specifico organismo detto Comitato di valutazione oggi scaduto;
la delibera prevede la chiusura delle strutture di ricerca nel territorio della regione Campania rischiando di compromettere pesantemente la ricerca e la sperimentazione in agricoltura con evidenti riflessi sul settore economico e sociale della regione già chiamata ad affrontare forti difficoltà nella promozione di iniziative di crescita delle realtà locali in grado di favorire la competitività dei sistemi territoriali di impresa, la valorizzazione degli spazi rurali e l'integrazione delle aree marginali e svantaggiate. In particolare, si prevede la chiusura delle tre più importanti sedi della Campania con un impatto sociale che riguarderà in totale circa n. 180 unità di personale, di cui 40 sono ricercatori e tecnologi. L'unità di ricerca per le colture alternative al tabacco con sede a Scafati si occupa di ricerca e sperimentazione finalizzata all'individuazione di colture alternative al tabacco e alla riconversione colturale delle superfici attualmente occupate dalla sua coltivazione. La predetta Unità ha ottenuto significativi finanziamenti dalla Comunità europea chiaro segnale di un'attività tutt'altro

che marginale nella ricerca e in ordine alla quale l'Ente dovrebbe promuovere tutte le iniziative idonee a rendere ancora più competitiva la struttura medesima nel contesto internazionale. Dal punta di vista sociale l'impatto della chiusura della sede di Scafati determinerà un notevole disagio alle circa 44 unità di personale in servizio a tempo indeterminato e n. 20 unità a tempo determinato di cui circa 25 ricercatori e tecnologi senza nessuna preventiva individuazione di altra sede di lavoro presso la quale allocare adeguatamente tale personale. Il Centro di ricerca per l'orticoltura di Pontecagnano (Salerno) riveste un ruolo importante nell'attività di ricerca finalizzata al miglioramento genetico di specie orticole e ornamentali in particolare, favorendo, le attività di sviluppo e selezioni varietali. Il Centro è concentrato sullo studio di metodi e tecniche mirati alla riduzione dell'impatto ambientale sia in pieno campo che in ambiente protetto e al miglioramento della qualità e salubrità dei prodotti. Negli ultimi due anni il Centro non è stato destinatario di particolari investimenti né in termini progettuali né in termini di valorizzazione delle risorse umane penalizzando fortemente il ruolo di ricerca della predetta struttura. Nel Centro prestano attività lavorativa circa 70 unità di personale. All'unità di ricerca per la frutticoltura di Caserta il piano di riorganizzazione ha attribuito il ruolo di promuovere la ricerca e lo studio dei piani di miglioramento genetico e selezione varietale con metodologie avanzate per le specie frutticole con particolare riferimento a quelle degli ambienti meridionali nonché l'analisi delle tecniche di propagazione e dei connessi aspetti sanitari. I concreti risultati ottenuti e certificati a livello internazionale dalla predetta struttura di ricerca appaiono evidentemente in contrapposizione a qualunque irragionevole progetto di chiusura di tale sede. Si tratta di una sede attiva che assicura attività e lavoro a n. 35 dipendenti di cui circa 20 a tempo determinato;
la chiusura delle sopraindicate sedi risulta di fatto già nella volontà di chi ha gestito l'ente negli ultimi due anni, per non aver voluto promuovere nessuna iniziativa tesa a valorizzare le dette strutture dando seguito al piano di riorganizzazione vigente;
non si comprende come la nuova proposta di razionalizzazione possa essere attuata ai sensi delle ultime disposizioni contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008;
non si comprende come si possa accettare come valida una procedura disciplinata da legge in assenza degli organi che sono in fase di rinomina e che dovrebbero determinare alcune fasi importanti della procedura stessa -:
se e come il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze intenda intervenire con iniziative dirette a garantire una positiva soluzione della vicenda e a tutelare il personale tutto coinvolto, posto che, ad avviso degli interroganti, si manifesta, tra l'altro un palese vizio nella procedura;
se un'iniziativa di questo genere si concili con l'esigenza di favorire la fiducia dei giovani nella possibilità di trovare occupazione nei nostri enti di ricerca e non favorisca invece un orientamento dei giovani stessi, ed in particolare dei nostri migliori ricercatori, a privilegiare nelle loro strategie la ricerca del posto di lavoro in strutture di ricerca all'estero.
(4-06483)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

LANZILLOTTA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso:
in attuazione della delega contenuta nell'articolo 24 della legge n. 69 del 2009 è stato emanato il decreto legislativo n.117

del 2009, di riforma del CNIPA, il quale prevede la trasformazione di quest'ultimo in ente pubblico denominato Digit PA;
successivamente, il Governo ha proposto il dottor Davide Giacalone per ricoprire l'incarico di Presidente di Digit PA;
su questa proposta di nomina la Commissione Affari costituzionali del Senato ha espresso parere contrario mentre nel corso dell'esame della medesima proposta da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera (atto n. 56) è stato osservato, da parte di numerosi deputati intervenuti, come il dottor Giacalone fosse del tutto privo dei requisiti scientifici e professionali richiesti dal decreto n. 117;
tuttavia ad oggi non risulta emanato il Decreto del Presidente della Repubblica di nomina del dottor Giacalone;
l'ex CNIPA versa da mesi in condizioni di abbandono e di paralisi, di conseguenza, risultano bloccate tutte le procedure di acquisto di prodotti e di servizi ICT per le quali è richiesto il parere preventivo del CNIPA e ciò determina gravi danni alla funzionalità degli uffici, alla diffusione dell'innovazione tecnologica nelle amministrazioni pubbliche e alle imprese che già devono affrontare una difficile situazione congiunturale, che, ovviamente, il blocco della domanda pubblica non può che aggravare;
quale sia il motivo della mancata emanazione del provvedimento di nomina del dottor Giacalone, se la mancata emanazione del provvedimento non sia da ricondurre al fatto che nel corso dell'iter del predetto provvedimento sono stati formulati rilievi non sanabili circa l'assenza dei requisiti richiesti dalla legge e, in tal caso, come il Governo intenda rimediare a questa gravissima situazione.
(5-02641)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

TOTO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla salute è tutelato dall'articolo 32 della Costituzione «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività...»;
una normativa nazionale ha anche introdotto il concetto e la definizione di «livelli essenziali di assistenza» che il sistema sanitario nazionale, e, per ciò stesso, i sistemi sanitari regionali, devono garantire a tutti i pazienti;
la regione Abruzzo relativamente all'ambito sanitario è in regime commissariale dall'anno 2008, ma dubbio è l'andamento del piano di rientro dai debiti sanitari, considerata la recente introduzione del ticket per le prestazioni riabilitative, a carico dei disabili gravi, particolarmente odioso per i soggetti sui quali grava;
ancora più dubbio è il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, posto che le strutture pubbliche, ospedaliere e territoriali, per via delle ristrettezze finanziarie imposte dal piano di rientro, non sono nemmeno in grado di assicurare l'operatività di personale sufficiente per l'erogazione in tempi ragionevoli di attesa, congrui rispetto a elementari concetti di decenza e di buon andamento del sistema sanitario;
i mezzi di comunicazione con una frequenza impressionante riportano cronache da Paese in via di sviluppo descrivendo la realtà dei centri unici di prenotazione (CUP) delle prestazioni sanitarie abruzzesi, con particolare riferimento a taluni di essi, e riferendo di file inimmaginabili persino per pagare il contributo di partecipazione al costo delle prestazioni, il cosiddetto ticket, talora di interventi delle Forze dell'ordine, quasi sempre di lamentele

al limite della sopportazione da parte degli utenti, che richiamano alla mente scenari tipici delle croniche penurie di Stato patite nel passato e vissute, ancora, nel presente, sotto regimi di famigerata specie;
in questa situazione si è calata la vicenda del fallimento di un gruppo che gestiva sul territorio regionale cliniche private e centri di riabilitazione, al quale la regione, in applicazione di leggi locali, aveva sospeso e mantiene sospeso l'accreditamento, con conseguente blocco dell'attività sanitaria di quelle strutture tra le quali è opportuno evidenziare, per avere un elemento di valutazione della situazione data, la clinica «Villa Pini d'Abruzzo», a Chieti, struttura più ampia, per numero di posti letto, del locale ospedale clinicizzato SS. Annunziata, appartenendo entrambe le strutture alla medesima ASL;
nelle anzidette evenienze è difficile capire se, come e quando il sistema sanitario regionale dell'Abruzzo riesca ad assicurare quei livelli essenziali di assistenza a cui pure avrebbero diritto i pazienti che, al contrario, si trovano a vivere emergenze affatto indegne di un Paese civile, non solo per l'allungamento a dismisura delle liste d'attesa, ma anche per gli estremi disagi e i gravi problemi diagnostici, terapeutici che riguardano i pazienti, soprattutto quelli giovanissimi, del settore della riabilitazione e, massimamente, del settore psichiatrico;
è fondamentale tener conto che la sanità pubblica in Abruzzo non eroga pressoché nessuna prestazione nel settore riabilitativo e per le altre prestazioni il rapporto tra domanda e offerta di prestazioni è significativamente, ma inevitabilmente peggiorato, alla luce degli interventi decisi in attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore e, poi, dello stesso fallimento del menzionato Gruppo privato sulle strutture del quale pende ancora la sospensione dell'accreditamento in assenza di qualsivoglia alternativa, anche temporanea, in ogni caso ad adiuvandum, né in sede pubblica, d'altronde impossibilitata a offrirla per penuria di risorse umane e finanziarie, né in sede privata, per ragioni che appaiono meno intelligibili;
il trascorrere del tempo non sembra chiarire né lascia intravedere il miglioramento delle cennate situazioni, anzi, secondo altre notizie sempre di fonte giornalistica, sembrerebbe che uno dei due subcommissari nominati dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri n. 78 del 13 gennaio 2010, nell'ambito dell'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario nella Regione Abruzzo, il dottor Giancarlo Rossini, competente per quanto riguarda gli aspetti giuridici ed amministrativo-gestionali, si sarebbe dimesso in seguito all'intromissione altrui, secondo voci insistenti, nella sfera di competenza delineata dalle deleghe a lui assegnate mentre la figura dell'altro subcommissario, competente per la programmazione sanitaria, in ragione di suoi rapporti con importanti soggetti privati operanti nel settore sanitario per la cura, sul piano professionale, dei loro interessi imprenditoriali, potrebbe essere, ad avviso dell'interrogante, e senza mettere in dubbio le qualità professionali della persona suscettibile di potenziali conflitti d'interessi di notevole momento, posto che ogni decisione che prospetti, agevoli, solleciti, coinvolga o, al contrario, escluda, inibisca o neghi ruoli di operatori sanitari privati attualmente estranei all'attività di settore in sede locale oppure ancora incida (in qualunque direzione, positivamente o negativamente) sulla realtà sanitaria privata accreditata esistente, difficilmente si sottrarrebbe a ambiguità ed equivoci, anche strumentalmente alimentati -:
se il Governo non intenda specificamente verificare il concreto rispetto dei livelli essenziali di assistenza attualmente definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2008 nell'ambito del sistema sanitario regionale abruzzese;
se corrisponda al vero la notizia diffusasi delle dimissioni del dottor Rossini

dall'incarico di sub-Commissario per l'Abruzzo e, nel caso di conferma, quali siano le motivazioni addotte;
se il Governo abbia valutato in sede di nomina dell'altro subcommissario per l'Abruzzo, anche in termini di mera opportunità, la compatibilità dei suoi impegni e delle sue attività professionali con l'incarico chiamato a svolgere e se non ritenga di dover ulteriormente approfondire i profili di consonanza della condizione soggettiva del subcommissario con il ruolo che ricopre in Abruzzo, pervenendo a conclusioni eventualmente contrarie rispetto alle decisioni assunte in sede di nomina.
(4-06460)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:

IANNACCONE, BELCASTRO, MILO e SARDELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Ocevi Sud, stabilimento di Nusco (Avellino) del Gruppo Agostini, specializzato in componenti strutturali per construction machinery, versa in situazione di difficoltà;
in detto stabilimento sono impiegati 170 lavoratori;
stando alle notizie recentemente riportate da alcuni organi di informazione, è sempre più concreta l'ipotesi del ricorso alla cassa integrazione straordinaria;
dopo un confronto tra l'amministratore delegata della Ocevi Sud, le Rsu aziendali e le organizzazioni sindacali territoriali, l'azienda ha ribadito le difficoltà che la situazione di mercato ha creato e produce nella gestione ordinaria delle attività -:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di verificare la situazione produttiva dello stabilimento Ocevi di Nusco e se non ritenga necessario ed urgente istituire un tavolo istituzionale al fine di consentite un proficuo confronto tra le parti in causa, così garantendo anche la tutela dei livelli occupazionali.
(5-02636)

LULLI e OLIVERIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la condizione occupazionale del Crotonese versa in stato di forte tensione e preoccupazione. In un contesto economico già debole, la fase recessiva che ha investito il Paese rischia di comportare per la Calabria, e in particolare per la provincia di Crotone, la perdita definitiva delle poche strutture produttive ancora esistenti e un'ulteriore caduta dell'occupazione;
tra le vertenze occupazionali più delicate attualmente in corso a Crotone, si segnala quella della Sasol/Gres, che ha portato, nei giorni scorsi, gli operai dell'ex stabilimento di Sasol Italy prima a promuovere manifestazioni di protesta con cartelli e striscioni sulla strada statale 106 davanti ai cancelli ed ora ad occupare stabilmente la sede dello stabilimento;
a scatenare la miccia della protesta degli operai ex Sasol della divisione chimica di Kroton Gres 2000 s.r.l., che tra dipendenti diretti ed indotto conta circa un centinaio di addetti, è la preoccupazione che si stia determinando una sorta di un effetto domino tra le aziende del comparto, dopo il fallimento dichiarato dal Tribunale de La Ceramica di Crotone S.p.A., di proprietà dello stesso imprenditore Roberto Spaggiari;
lo stabilimento Sasol Italy SpA ha sempre rappresentato un importante polo industriale della Calabria, oltre al fatto di aver contribuito ad impiegare una notevole forza lavoro;

nel 2008 la Sasol Italy, in una prospettiva di rilancio industriale dell'impianto da portare a termine entro la fine del 2009 - così come descritto e motivato nel verbale di accordo con le organizzazioni sindacali - ha iniziato un processo di riorganizzazione complessiva del gruppo e delle sue attività, prevedendo nel piano una considerevole riduzione degli organici;
nonostante gli accordi siglati dalla direzione aziendale Sasol Italy SpA e le segreterie nazionali di Filcem, Femca e Uilcem, il sito di Crotone è stato ceduto separatamente e con diverso trattamento, per quanto concerne la ricollocazione dei lavoratori, rispetto agli altri siti Sasol (Paderno Dugnano e Porto Torres) dismessi alla fine del processo riorganizzativo;
nello stabilimento crotonese che produce zeoliti e allumina precipitata, le preoccupazioni dei lavoratori si erano manifestate già nei mesi scorsi, in concomitanza con l'insorgere di contenziosi con le ditte dell'indotto, che rivendicano fatture non pagate dalla scorsa estate, e con lo svuotamento dei magazzini delle materie prime, senza che arrivassero ulteriori rifornimenti;
il blocco dell'attività produttiva per mancanza di materie prime da impiegare nel processo produttivo, e non per una crisi di sovrapproduzione, appare ingiustificato alla luce della crescita della richiesta di allumina precipitata e di zeoliti sul mercato internazionale;
tale situazione sta determinando il ritardo nel pagamento degli stipendi degli ultimi mesi, il mancato impiego delle maestranze che regolarmente si recano negli stabilimenti, e soprattutto una preoccupante incertezza per le prospettive future di mantenimento delle attività e degli attuali livelli occupazionali;
le organizzazioni sindacali territoriali hanno richiamato l'attenzione del prefetto, dottor Vincenzo Panico sulla situazione dello stabilimento della divisione chimica di «Kroton Gres 2000 srl, in un incontro tenutosi il 12 febbraio, nell'immediatezza del fallimento de «La Ceramica di Crotone spa», chiedendo di attivarsi per l'organizzazione di un tavolo di confronto al quale chiamare anche la multinazionale Sasol, in ragione del fatto che la nuova proprietà, fino ad ora, non avrebbe mantenuto la gran parte degli impegni contenuti nell'accordo di cessione del ramo d'azienda crotonese -:
se il Ministro interrogato non ravveda la urgente necessità di inserire la provincia di Crotone tra le aree considerate in crisi.
(5-02637)

FAVA, DESIDERATI, CHIAPPORI, TORAZZI, ALLASIA e REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, in attuazione della direttiva 98/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas, intende realizzare una reale e completa liberalizzazione del mercato interno del gas naturale;
l'Unione europea, con l'avvio del procedimento per liberalizzazione del settore, attraverso l'espletamento di gare pubbliche, ha infatti, voluto rendere il settore della distribuzione del gas naturale il più trasparente e concorrenziale possibile;
nell'imminenza dell'avvio della stagione delle gare, sembrerebbe che il Ministero dello sviluppo economico stia lavorando ad una bozza di decreto per la definizione dei cosiddetti ambiti territoriali ottimali che ad avviso degli interroganti va in senso assolutamente contrario rispetto ai principi della liberalizzazione, del libero mercato e della reale concorrenza imposti dall'Unione europea;
la bozza di decreto in questione, infatti, non solo dovrebbe prevedere, al di fuori di qualsivoglia evidenza scientifica ed economica, un numero eccessivamente ridotto

di ambiti, solo 129 a fronte 6.500 gestioni attuali, ma oltretutto li individuerebbe sul territorio nazionale in maniera tale da favorire clamorosamente solo pochissimi operatori e per di più perfettamente individuabili, già presenti in maniera rilevante e concretata in buona parte dei territori delle province italiane, garantendo di fatto solo a tali soggetti, in considerazione dell'elevato livello di presenza che costoro vantano sul territorio di ciascun ambito, di potersi aggiudicare le relative gare, acquisendo così, senza reale possibilità di confronto, il controllo delle porzioni di territorio attualmente gestite da altri operatori;
si tratta di una operazione che, qualora venisse confermata, sarebbe caratterizzata sempre ad avviso degli interroganti da scarsa trasparenza e finalizzata ad eliminare brutalmente e con effetto immediato dal mercato oltre il 95 per cento degli operatori privati e pubblici che oggi vi operano, indipendentemente dalla loro reale efficienza e qualità del servizio reso; a fronte dei 320 operatori attualmente esistenti, infatti, una volta adottato il testo definitivo del decreto, secondo appositi studi elaborati dall'università Bocconi di Milano, già da subito rimarrebbero sul mercato non più di 15 operatori di grandissime dimensioni con la conseguente scomparsa di tutti gli altri, creando così una totale disaggregazione del tessuto industriale attuale, che pure è stato quello che ha garantito negli ultimi cinquant'anni la metanizzazione dell'intero Paese, senza considerare, poi, il gravissimo impatto che una simile operazione avrebbe sul piano sociale ed occupazionale;
in un simile contesto, pertanto, non è davvero pensabile che proprio nel momento in cui l'Unione europea impone la massima liberalizzazione del mercato per garantire al settore maggiore trasparenza e concorrenza vengano adottati dei provvedimenti normativi che, contrariamente agli obiettivi dichiarati, pongano le basi per un sistema caratterizzato da un evidente oligopolio, i cui effetti, anche sul piano della tutela dei consumatori, dell'efficienza e della qualità del servizio sono facilmente intuibili -:
se il Ministro interrogato intenda fornire elementi in relazione a quanto riportato in premessa ed assumere iniziative affinché la posizione ad oggi assunta possa essere adeguatamente rimediata optando per una soluzione che, attraverso l'individuazione di un maggior numero di ambiti, che secondo studi specifici dell'università Bocconi di Milano potrebbero essere individuati in 306, possa garantire un'effettiva razionalizzazione, apertura e concorrenza del mercato, consentendo così la sopravvivenza di un adeguato numero di aziende ed evitando l'intollerabile scomparsa di un intero sistema industriale, anche accelerando l'adozione di disposizioni normative inerenti le modalità di svolgimento delle gare, oltre a quelle in materia di salvaguardia dell'occupazione collegate a tale procedimento.
(5-02638)

CIMADORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i progetti di innovazione industriale sono stati istituiti dall'articolo 1, commi da 842 a 846 della legge n. 296 del 2006, con la finalità dì sostenere un rafforzamento complessivo del sistema imprese favorendo, al contempo, cambiamenti strutturali del sistema produttivo verso assetti più compatibili con i nuovi scenari competitivi. In particolare, con la legge n. 296 del 2006, è stata avviata una politica pubblica capace di orientare le scelte, incentivando comportamenti coerenti con le esigenze di ristrutturazione del tessuto produttivo;
i progetti di innovazione industriale sono diretti a realizzare interventi in aree tecnologiche considerate strategiche, in quanto rappresentano le basi fondamentali del cambiamento, tali da svolgere le funzioni di traino dell'innovazione. Dette aree, direttamente individuate dal legislatore, sono le seguenti: «efficienza energetica»;

«mobilità sostenibile»; « Made in Italy», «tecnologie della vita» e «beni e attività culturali e turistiche»;
i progetti di innovazione industriale sono finanziati a valere sul Fondo per la competitività e per lo sviluppo, istituito dall'articolo 1, comma 841 della citata legge n. 296 del 2006 presso il Ministero dello Sviluppo economico al fine di perseguire la maggiore efficacia delle misure di sostegno all'innovazione industriale. A tale Fondo è stata conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e di 360 milioni di curo per ciascuno degli anni 2008 e 2009, volta a finanziare, oltre ai progetti di innovazione industriale di cui al comma 842, la continuità degli interventi previsti dalla normativa vigente. A tale Fondo sono conferite inoltre le risorse assegnate ai Fondi di cui all'articolo 60, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che sono contestualmente soppressi;
lo stanziamento originariamente destinato ai progetti di innovazione, risultante dal combinato disposto dell'articolo 1, comma 841 della legge n. 296 del 2006 e dal decreto ministeriale dell'11 luglio 2007 con il quale è stata effettuata, ai sensi di legge, la programmazione delle risorse del Fondo è stato così quantificato:
anno 2007: euro 270.000.000;
anno 2008: euro 360.000.000;
anno 2009: euro 360.000.000;
Totale: euro 990.000.000;
sulla base di tali disponibilità, con decreto interministeriale dell'8 febbraio 2008 è stato effettuato il riparto delle risorse finanziarie tra le cinque aree tecnologiche di intervento, individuando i seguenti importi:
250.000.000 euro: efficienza energetica;
220.000.000 euro: mobilità sostenibile;
150.000.000 euro: tecnologie della vita;
220.000.000 euro: tecnologie per il made in Italy;
150.000.000 euro: tecnologie per i beni e le attività culturali e turistiche;
successivamente, in sede attuativa, sono stati emanati i decreti interministeriale di adozione dei primi tre progetti di innovazione industriale relativi alle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile e del made in Italy e sono state, tra l'altro, definite le varie tipologie di intervento da realizzare con le risorse disponibili, prevedendo anche l'eventuale utilizzo di risorse integrative, da attingere dal FAS e dal PON; in particolare, si è stabilito di articolare la strategia dei progetti di innovazione industriale in due linee operative, costituite da un'azione diretta di incentivazione (cosiddetta azione strategica di innovazione industriale ASII) e da una serie di interventi di contesto (cosiddette azioni connesse);
i decreti di emanazione dei bandi, con i quali si è dato avvio operativo all'ASII, hanno l'indicato l'importo delle risorse messo a disposizione dei bandi medesimi, individuato nell'ambito della quota originariamente assegnata ai singoli progetti dal citato decreto di riparto dell'8 febbraio 2008. Sulla base di tali decreti le risorse ad oggi assegnate ai tre bandi emanati sono complessivamente pari a 570.000 euro, così articolate:
200.000.000 euro: efficienza energetica;
180.000.000 euro: mobilità sostenibile;
190.000.000 euro tecnologie per il made in Italy;
le risorse non destinate ai bandi (nella misura complessiva di 120 milioni di euro per i tre progetti di innovazione industriale approvati) avrebbero dovuto essere utilizzate per avviare l'attuazione di azioni connesse, ovvero per completare l'azione di incentivazione con ulteriori bandi più specificamente mirati previo accantonamento della quota necessaria per spese di gestione, il cui limite massimo è stabiliti al 5 per cento degli stanziamenti complessivi;

per quanto risulta all'interrogante gli stanziamenti originari hanno subito nel corso del tempo, una serie di decurtazioni per effetto di disposizioni normative che hanno ridotto le risorse disponibili per gli interventi portandole complessivamente da 990.000.000 a, 576.851.000 di euro;
nell'ultima Relazione al Parlamento recentemente presentata dal Ministro dello sviluppo economico concernente il complesso delle misure di sostegno di cui ai commi 841 a 853 dell'articolo 1 della legge 296/2006 nell'ambito della sezione relativa all'operatività dei progetti di innovazione industriale si legge che per effetto di tali decurtazioni (e segnatamente 413.149.000 euro in meno) «le attuali disponibilità finanziarie del capitolo non consentono di completare gli interventi programmati per i tre progetti di produzione industriale già approvati, né di conseguenza, di attivare gli interventi necessari per gli altri due progetti di innovazione industriale ancora da adottare (tecnologie della vita e beni culturali); peraltro, sembra ancora non immediata la possibilità di attingere a risorse FAS. In tale contesto appare indispensabile prevedere un adeguato stanziamento nella legge finanziaria 2010, alfine di consentire la realizzazione degli obiettivi di politica industriale riguardanti il sostegno all'innovazione alla competitività del sistema produttivo»;
la legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) non prevede interventi di reale sostegno in favore di progetti di innovazione industriale, limitandosi ad autorizzare la spesa di soli 15 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2010 e 2011 e di soli 20 milioni di euro per l'esercizio 2012 in favore del Consiglio nazionale delle ricerche e dell'ENEA per il coordinamento di progetti di ricerca volti allo sviluppo dei tessuto produttivo in materia di tecnologie avanzate per l'efficienza energetica, tutela ambientale, metodologie innovative per il Made in Italy agroalimentare, produzione di farmaci biotecnologici -:
quali stano i motivi per i quali gli stanziamenti originariamente previsti per i progetti di innovazione industriale siano stati ridotti nell'arco di pochi anni da 990.000.000 a 576.851.000 euro e come siano stati impiegati i 413.149. 000 euro in meno che avrebbero consentito di completare gli interventi programmati per i tre progetti di produzione industriale già approvati in materia di efficienza energetica, mobilità sostenibile e tutela del made in Italy.
(5-02639)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FRONER e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 12 della legge n. 273 del 2002 aveva l'obbiettivo di promuovere un'azione di razionalizzazione e riduzione della sovracapacità produttiva delle fonderie di ghisa ed acciaio, importante settore dell'industria nazionale;
il decreto ministeriale del 6 febbraio 2006 cosiddetto (decreto Scajola) stabiliva gli adempimenti necessari per le operazioni di smantellamento e distruzione fisica degli impianti produttivi, che hanno comportato per le imprese interessate una rilevante perdita economica e finanziaria, che peraltro deve essere risarcita dal contributo previsto dalla citata legge;
successivamente, con l'articolo 51-quater del decreto-legge n. 31 del 2008 (cosiddetto «Milleproroghe») si è inteso assicurare il corretto iter procedurale di cui al citato decreto ministeriale provvedere a liquidare l'indennizzo finanziario;
nella risposta all'interrogazione a risposta in commissione 5/1227 presentata il 27 marzo 2009 dalla prima firmataria del presente atto, il sottosegretario onorevole Stefano Saglia rispondeva in data 7 luglio 2009 che le competenti strutture ministeriali avevano avviato i necessari lavori di approfondimento per «adottare le idonee procedure per la chiara applicazione dello strumento agevolativo in oggetto e di pervenire all'erogazione dell'indennizzo;

le imprese interessate attendono da circa 4 anni di ricevere il credito maturato concernente il suddetto indennizzo -:
quali siano i tempi previsti per l'erogazione dell'indennizzo considerata la necessità di evitare di cagionare ulteriori danni economici alle imprese industriali.
(5-02626)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con atto 22 ottobre 2009 (0027047) il Ministro ha fornito risposta scritta all'interrogazione n. 4-04126;
la risposta di cui trattasi contiene elementi in fatto sconosciuti all'interrogante, che si riserva all'esito del presente atto ispettivo di valutare l'opportunità di altra iniziativa di interpello -:
quali siano le pronunce della Corte europea di giustizia alle quali ci si riferisce nella citata risposta (4° capoverso della stessa), con l'indicazione della data e del numero di cronologico;
quali siano le «parti interessate» che hanno partecipato all'elaborazione della norma EN 81-80 (8° capoverso, prima parte);
quale sia la modifica della citata normativa (non risultando la stessa chiara all'interrogante dal tenore letterale della risposta) «sottoposta a regolare inchiesta pubblica con possibilità di partecipazione di tutti gli interessati» e, in ogni caso, come la predetta «inchiesta» e la possibilità di parteciparvi sia stata portata a conoscenza degli interessati nonché quali siano i soggetti interessati che all'«inchiesta» hanno in effetti partecipato (8° capoverso, ultima parte);
quali siano, esattamente, gli equivoci interpretativi nei quali la Confedilizia sarebbe, a giudizio del Ministero, incorsa (12° capoverso);
quali siano gli «operatori di settore» che hanno espresso parere difforme da quello della Confederazione sopra citata (13° capoverso).
(5-02630)

Interrogazioni a risposta scritta:

BENAMATI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo sviluppo della banda larga è una condizione necessaria per lo sviluppo sociale ed economico del Paese;
la connessione a internet ha assunto le caratteristiche di un diritto universale, quale sede per la partecipazione alla vita pubblica e l'accesso ai servizi, e rappresenta quindi un diritto necessario e irrinunciabile;
tuttavia, ci sono intere comunità prive della possibilità di connettersi ad internet, in tal modo precludendo ai privati cittadini e alle imprese di fruire di una gamma estremamente vasta di servizi di rilevanza sociale o commerciale, molti dei quali forniti dalla stessa pubblica amministrazione;
per poter esercitare a pieno i diritti civili e sociali, così come per consentire la competitività dei territori e delle piccole medie imprese, occorre investire sempre più in infrastrutture adeguate, come le reti di nuova generazione in fibra ottica (NGN);
in molte parti del Paese, in generale le più deboli demograficamente ed economicamente, la competizione imprenditoriale, ma anche artigianale o professionale, è fortemente messa a repentaglio dalla mancata copertura delle linee veloci obbligando a spostamenti migratori verso territori già coperti;
i gestori di servizi di rete, operando in una logica di mercato, spesso non hanno possibilità di effettuare direttamente i necessari investimenti indispensabili per connettere tutto il territorio nazionale;

in questo quadro, ai sensi dell'articolo 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69 «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile» è stato previsto lo stanziamento di un importo di 800 milioni di euro, quale contributo dello Stato per il superamento del così detto digital divide. Tali risorse, ad oggi risultano ancora in attesa di deliberazione da parte del CIPE;
per molti comuni della provincia di Bologna, ed in specifico per quelli della comunità montana dell'appennino bolognese (Camugnano - Castel d'Aiano - Castel di Casio - Castiglione dei Pepoli - Gaggio Montano - Granaglione - Grizzana Morandi - Lizzano in Belvedere - Loiano - Marzabotto - Monghidoro - Monzuno - Porretta Terme - San Benedetto V. di S. - Vergato) sono ancora presenti alcuni problemi per la fornitura di servizi in banda larga -:
quali siano i motivi della mancata erogazione delle risorse previste dal citato articolo 1 della legge 69 del 2009 e, in particolare, quali misure intenda adottare per un completo sviluppo della banda larga, a tal fine incentivando la copertura ADSL in quei territori, come quelli menzionati della provincia di Bologna, che permetta di abbattere l'attuale digital divide.
(4-06451)

DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha lanciato «Europa 2020»: una strategia elaborata per rilanciare l'economia dell'Unione europea per il prossimo decennio, illustrata dal presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, il 3 marzo 2010;
Europa 2020 punta a promuovere una crescita «intelligente, sostenibile e solidale» basata su un maggiore coordinamento delle politiche nazionali. Crescita intelligente attraverso azioni che promuovono la conoscenza, l'innovazione, l'istruzione e la società digitale. Crescita sostenibile con una produzione più efficiente sotto il profilo delle risorse e rilanciando contemporaneamente la competitività. Crescita solidale incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, l'acquisizione di competenze e la lotta alla povertà;
la strategia individua tre priorità:
a) sostenere le industrie a basse emissioni di CO2;
b) investire nello sviluppo di nuovi prodotti;
c) promuovere l'economia digitale e modernizzare l'istruzione e la formazione;
sono previsti cinque obiettivi quantitativi:
a) innalzamento del tasso di occupazione ad almeno il 75 per cento (oggi il 69 per cento);
b) aumento della spesa per ricerca e sviluppo al 3 per cento del prodotto interno lordo. Attualmente quest'ultima rappresenta soltanto il 2 per cento del prodotto interno lordo, un livello di gran lunga inferiore a quello di USA e Giappone;
c) riconferma degli ambiziosi obiettivi in materia di cambiamenti climatici (20-20-20);
d) riduzione del tasso di povertà del 25 per cento per aiutare circa 20 milioni di persone ad uscire dall'indigenza;
e) nel campo dell'istruzione, riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10 per cento (dall'attuale 15 per cento) e aumento della percentuale dei giovani trentenni con un'istruzione universitaria (dal 31 per cento al 40 per cento);
Europa 2020 individua sette iniziative prioritarie per stimolare la crescita e l'occupazione. Tra queste figurano i programmi per migliorare le condizioni e l'accesso ai finanziamenti nel settore della ricerca e sviluppo, l'introduzione in tempi

rapidi dell'internet ad alta velocità e il maggiore ricorso alle energie rinnovabili;
gli obiettivi generali, giudicati raggiungibili, saranno tradotti in obiettivi nazionali. Questa è la grande differenza con la strategia dell'agenda di Lisbona: tenere conto delle differenze tra Paese e Paese. Ogni Stato dell'Unione europea dovrà, infatti, presentare ogni anno il suo programma con dentro i traguardi che intende conseguire rispetto ai parametri di riferimento. Poi, l'Unione valuterà se gli sforzi del singolo Paese sono sufficienti o meno, proprio come già avviene nel campo dei conti pubblici, dove gli Stati devono presentare ogni anno il programma di stabilità;
la strategia Europa 2020 è un segnale politico forte che riguarda da vicino anche l'Italia e che dimostra la volontà politica di un governo dell'economia, che consentirà di andare verso una nuova stagione e permetterà ai cittadini europei di vivere in modo migliore -:
come il Governo intenda affrontare la nuova strategia europea «Europa 2020» e quali iniziative e progetti intenda avviare al fine di giungere ai traguardi fissati dall'Unione europea.
(4-06468)

...

Apposizione di firme ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Vietti e altri n. 2-00646, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mondello, Ciocchetti.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Vietti e altri n. 3-00958, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Libè.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Fava n. 5-02525 del 22 febbraio 2010;
interpellanza urgente Toccafondi n. 2-00637 del 3 marzo 2010;
interrogazione a risposta scritta Chiappori n. 4-06376 del 4 marzo 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Oliverio n. 5-02598 del 4 marzo 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-05159 del 25 novembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02630.