XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 16 febbraio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
non accenna a placarsi la gravissima crisi militare ed umanitaria che coinvolge la Repubblica democratica del Congo, in particolare nella provincia orientale di confine nota come Kivu settentrionale, ricca di diamanti, cobalto, zinco, rame e tantalio, dove si sta sviluppando una nuova fase del conflitto regionale in atto da quindici anni tra milizie di etnia hutu appartenenti alle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (FdlR) - presenti nell'area dagli anni '90 e sostenute dal Governo centrale congolese - contrapposte a formazioni ribelli di etnia principalmente tutsi, legate alla formazione denominata Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cnpd), che fa capo a soggetti politico-militari operanti nel confinante Rwanda; si tratta del drammatico strascico della guerra civile della primavera del 1994 in Rwanda, dove milizie hutu massacrarono circa 1.000.000 di civili tutsi o hutu moderati;
si ha motivo di temere che l'attuale crisi possa estendersi a tutta l'area, particolarmente sensibile in quanto in essa convergono le frontiere di Uganda, Sudan e Congo, area dove opera l'Esercito di resistenza del Signore (o Lord resistance army), i cui dirigenti sono stati accusati dalla Corte penale internazionale di aver attuato numerose violazioni dei diritti umani, compresi l'omicidio, le mutilazioni, la riduzione in schiavitù sessuale di donne e bambini ed il rapimento di bambini per costringerli a partecipare alle ostilità;
la tragedia del Congo ha il triste primato di essere una delle crisi più ignorate del globo, di fronte alla quale la comunità internazionale appare impotente e la missione Onu rischia di rivelarsi un fallimento;
il conflitto attuale perdura dal 1998 con un numero di morti valutati in cinque milioni, un milione e 600 mila sfollati, oltre 50 mila donne stuprate ed un esercito di bambini soldato che nessuno è in grado di censire, come pure non si è in grado più di conoscere il numero degli orfani di guerra e dei bambini abbandonati; secondo le organizzazioni umanitarie, lo stupro è utilizzato come un'arma e come metodo per annientare il tessuto tribale in centinaia di villaggi travolti dalla guerra; la stessa Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha difficoltà nel portare aiuti alle popolazioni, sia per motivi geografici, sia per i continui attacchi del Lord resistance army e del FdlR, che ostacolano le missioni umanitarie e aggrediscono i convogli, distruggendo i carichi e mettendo a rischio anche l'incolumità degli operatori umanitari;
con la risoluzione n. 1906 del 23 dicembre 2009, adottata all'unanimità, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha prorogato fino al 31 maggio 2010 la missione di pace denominata Monuc, che opera nell'area da circa 10 anni e che dispone di poco meno di 20.000 effettivi - il secondo contingente dell'Onu in ordine di grandezza dopo quello in Darfur -, chiedendo all'esercito di Kinshasa di «prendere immediatamente misure che mirano a proteggere i civili, comprese donne e bambini, dalle violazioni della legge umanitaria internazionale...»; l'intenzione dell'Onu è di adottare un ulteriore rinnovo di dodici mesi, ma solo se verranno rispettate le richieste fatte all'esercito congolese e comunque in un quadro di un progressivo disimpegno;
peraltro, la missione Monuc è stata oggetto di diverse accuse: dall'iniziale incapacità ad operare, attribuita al fatto di essere distribuita male sul terreno ed essere composta in larga misura da unità non sufficientemente addestrate, organizzate e motivate, a causa della loro provenienza da Paesi in via di sviluppo, a quella più grave di aver appoggiato l'esercito congolese nelle recenti iniziative antiguerriglia, rendendosi così responsabile del

massacro di circa 1.400 civili nell'ultimo anno;
l'Italia è il sesto contributore alle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite e per il funzionamento di Monuc ha versato 47 milioni di euro nel solo 2007; il Sottosegretario per gli affari umanitari delle Nazioni Unite ha di recente ringraziato il nostro Paese per quanto sta facendo in campo umanitario e per la soluzione della crisi; numerose sono le iniziative sia del Governo che delle organizzazioni non governative italiane nell'area;
la cooperazione allo sviluppo italiana è stata presente, nel biennio 2008-2009, con progetti per oltre 7,5 milioni di euro rivolti soprattutto al settore sanitario per arginare il diffondersi di epidemie e malattie infettive; è stata costante negli anni, l'attenzione del Governo italiano; da ultimo, nel gennaio 2010, l'onorevole Margherita Boniver, inviato speciale del Ministro degli affari esteri per le emergenze umanitarie e le situazioni di vulnerabilità, si è recata nella Repubblica democratica del Congo, a Kinshasa e a Goma, capoluogo del distretto di Kivu, toccando con mano quella che gli analisti internazionali non esitano a definire la più grande catastrofe umanitaria dei tempi moderni;
a conclusione della missione, un'iniziativa d'emergenza della cooperazione allo sviluppo italiana è in fase d'avanzata definizione per un importo complessivo pari a 1,8 milioni di euro e volta ad intervenire nei settori della protezione e reintegrazione psicosociale delle donne e dei minori vittime di violenze, dell'accesso all'acqua e della riabilitazione di strutture sanitarie, scolastiche e sociali;
nell'ambito dell'Unione europea, a fronte dell'esclusione di un intervento diretto, sono comunque affiorate proposte tendenti all'allestimento di una forza europea di rapido intervento, da inviare nel Kivu settentrionale, allo scopo di aprire dei corridoi umanitari per soccorrere le popolazioni civili vittime delle violenze e degli scontri e, se possibile, stabilizzare il fronte e facilitare il raggiungimento di un cessate il fuoco;
peraltro, l'Unione europea è già impegnata sia nel sostegno umanitario (45 milioni di euro nel 2009), sia nella riforma del settore della sicurezza della Repubblica democratica del Congo attraverso due missioni in ambito PESD (Politica europea di sicurezza e difesa): la missione EUSEC, che fornisce assistenza all'organizzazione delle nuove Forze armate congolesi, e la missione EUPOL, che sostiene la formazione di un corpo di polizia allineato alle esigenze delle nuove istituzioni democratiche del Paesi,

impegna il Governo:

a farsi promotore, presso l'Unione europea, di proposte che prevedano un maggior intervento in ambito umanitario nelle aree di conflitto della Repubblica democratica del Congo per la gestione della crisi e il ristabilimento della pace;
ad assumere ogni utile iniziativa in tale ambito volta a rafforzare e rendere più incisiva l'azione della missione Monuc;
ad inserire la Repubblica democratica del Congo nella lista dei Paesi prioritari nella cooperazione allo sviluppo e a destinare, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, un maggior sostegno economico alle iniziative di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), finalizzate allo sviluppo ed al soccorso umanitario della Repubblica democratica del Congo e a vigilare affinché gli aiuti pervengano effettivamente alle popolazioni bisognose;
a favorire, anche con sostegni economici e giuridico-tecnici, l'adozione di una nuova legislazione in materia nella Repubblica democratica del Congo e di ogni forma connessa di garanzia a tutela dei minori, anche attraverso il rispetto delle competenze della magistratura locale, per quanto riguarda le dichiarazioni di adottabilità dei minori orfani, e in generale l'adeguamento agli standard internazionali sanciti dalla Convenzione dell'Aja in materia.
(1-00329)
«Boniver, Commercio, Iannaccone, Antonione, Pianetta,

Baldelli, Angeli, Biancofiore, Belcastro, Bonciani, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Repetti, Tremaglia, Zacchera».

La Camera,
premesso che:
il dottor Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della protezione civile e nominato, il 4 febbraio 2010, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri fino al 31 dicembre 2010 per il coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo ed internazionale rispetto ad eventi di interesse di protezione civile, ha ricevuto un avviso di garanzia nell'ambito dell'indagine per corruzione che ha dato luogo all'arresto, da parte del giudice per le indagini preliminari di Firenze, di stretti collaboratori, ex-collaboratori e persone vicine al dottor Bertolaso, tra i quali il presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, e l'imprenditore Diego Anemone;
gli elementi a carico del dottor Bertolaso, anticipati dalla stampa appaiono gravi e le accuse coinvolgono persone chiamate dallo stesso Bertolaso a ricoprire importanti incarichi di responsabilità nella gestione di diverse emergenze o dichiarate tali;
negli ultimi dieci anni si è instaurata una vera e propria legislazione d'urgenza che ha prodotto centinaia di dichiarazioni di stato di emergenza: tra il 2001, quando il dottor Bertolaso viene nominato a capo della Protezione civile, ed i primi 5 mesi del 2009, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha varato 587 ordinanze emergenziali di cui solo una parte fa riferimento a calamità naturali;
il nodo politico ed istituzionale di questa vicenda è da ricercarsi nelle disposizioni legislative che equiparano le emergenze post-calamità naturali ai così detti «grandi eventi»: infatti, il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile, all'articolo 5, inserisce, tra i compiti della Protezione civile, oltre alle calamità naturali ed alle catastrofi, anche «altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio»;
inoltre, nello stesso decreto-legge n. 343, all'articolo 5-bis, comma 5, si prevede che: «le disposizioni di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 [relativamente allo stato di emergenza ed al potere di ordinanza], si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza»;
infine, l'articolo 14 del decreto-legge del 23 maggio 2008, n. 90, ha stabilito che «l'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché l'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, si interpretano nel senso che i provvedimenti adottati ai sensi delle predette disposizioni non sono soggetti al controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20»;
la Protezione civile ha coordinato e gestito l'organizzazione di grandi eventi che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non determinavano affatto «situazioni di grave rischio», e così, anche per prassi pluriennale, l'ordinanza di protezione civile è diventata uno strumento utile per poter derogare a decine di leggi senza nessun effettivo controllo sulle spese effettuate. Basta, infatti, un'ordinanza emergenziale per escludere l'applicazione della disciplina in materia di gare, delle norme di salvaguardia e dei controlli contabili;

secondo il giudizio dei costruttori privati, per voce del presidente dell'ANCE (l'associazione dei costruttori aderente a Confindustria), la predilezione per la procedura veloce di affidamento, veloce in quanto «straordinaria», oltre agli effetti devastanti che rischia di produrre sul mercato e sulla libera concorrenza, è diventata di fatto il simbolo della rinuncia ad accelerare una volta per tutte le procedure ordinarie e della rinuncia alle regole della trasparenza;
poche settimane fa è stato presentato un volume-dossier, intitolato «Potere assoluto - la protezione civile ai tempi di Bertolaso», autore Manuele Bonaccorsi, che ha raccolto diversi ed interessanti dati:
tra il dicembre 2001 ed il gennaio 2006 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha varato 330 ordinanze;
di queste, sono pubblici gli stanziamenti di solo 75 di esse (che sono costate in totale 1,5 miliardi di euro);
fatta una debita stima, potrebbero essere stati spesi, in spregio alle norme sugli appalti, sulle assunzioni, in assenza pressoché totale di trasparenza e di controlli, oltre 6,5 miliardi;
nessun organo di controllo nazionale interpellato dall'autore, e stando a quanto riportato da cronisti di diversi giornali ultimamente interessati a «Protezione civile spa», sarebbe in grado di sapere quanto la Presidenza del Consiglio dei ministri ha speso negli anni di direzione della Protezione civile da parte di Bertolaso;
si è così affermato un sistema di gestione degli appalti pubblici basato su trattative dirette, e sembrerebbe, se i fatti messi in evidenza dall'inchiesta giudiziaria citata risulteranno confermati, in alcuni casi, anche su favori agli amici, sulle tangenti ed altri fringe benefit per i dirigenti ed i commissari nominati dalla Protezione civile;
tutto, oltre alle vere emergenze, si è trasformato in stato di necessità: l'anno giubilare paolino a Roma nel 2008; la visita di Papa Benedetto XVI a Cagliari nel 2008; i funerali di Papa Wojtyla; il G8 alla Maddalena; i mondiali di nuoto a Roma; il campionato del mondo di ciclismo a Varese; le cerimonie per la Presidenza della Unione europea nel 2002; il congresso dell'Azione cattolica nelle Marche nel 2004; il Congresso europeo delle famiglie numerose; l'Expò di Milano; il 400o anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino a Lecce; la gara velistica «Louis Vuitton World Series» da tenere in Sardegna; il Congresso eucaristico nazionale, previsto ad Ancona nel settembre 2011;
è difficile considerare emergenze degli eventi programmati con così largo anticipo, alcuni addirittura previsti anni prima;
l'ordinanza di protezione civile è diventata lo strumento ordinario di gran parte dell'azione di Governo;
l'indagine giudiziaria già citata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non doveva costituire del tutto una sorpresa per i dirigenti della Protezione civile e per i membri del Governo se nel decreto-legge n. 195 del 2009, recante, tra l'altro disposizioni urgenti relative alla protezione civile, è stato inserito, all'articolo 3, il comma 5 il quale prevede che «dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 gennaio 2011, non possono essere intraprese azioni giudiziarie ed arbitrali nei confronti delle Strutture commissariali e della unità stralcio e quelle pendenti sono sospese»;
tale «scudo giudiziario» è, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, grave, iniquo e di dubbia costituzionalità;
alla luce dei fatti gravissimi emersi è indispensabile rivedere la normativa in materia di attività e competenze della protezione civile in quanto essa attualmente garantisce una quantità notevole di risorse finanziarie in deroga alla normale legislazione, e spesso, lo stato di emergenza non è tale oppure serve solo ad

accelerare lavori ed affidare appalti con trattative private senza alcun controllo;
con la nascita di «Protezione civile e servizi spa», costituita con il decreto-legge n. 195 del 2009 all'esame del Parlamento per la sua conversione in legge, i fenomeni corruttivi, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, saranno ulteriormente facilitati, e comunque, in questo momento, è assolutamente inopportuno sottoporre al Parlamento un provvedimento che esternalizza la Protezione civile, costituendo, peraltro, l'unico caso, a differenza di quanto è accaduto per Infrastrutture spa, Patrimonio spa, Coni spa e Difesa spa di una società in house di dimensione nazionale sottratta al controllo del Ministro dell'economia e delle finanze;
in uno stato democratico non è tollerabile che un'istituzione possa trovarsi a detenere un potere discrezionale tanto ampio da determinare il rischio che, al di fuori del controllo politico-amministrativo, trovino spazio meccanismi di gestione, se così sarà accertato dalla magistratura, clientelare e contraria alla legalità;
sono stati troppi gli stati di emergenza in Italia, alcuni dei quali del tutto ingiustificati. Intervenire per ripristinare degli elementari criteri di trasparenza è un dovere morale nei confronti di migliaia di cittadini che prestano il loro servizio nella Protezione civile;
è semmai necessario riformare le procedure ordinarie in tema di lavori pubblici ed il diritto amministrativo per rendere più efficiente l'operato delle pubbliche amministrazioni senza creare una debordante legislazione emergenziale che alla lunga complica i problemi anziché risolverli;
il dottor Bertolaso, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare corresponsabile politicamente e responsabile in prima persona come esecutore materiale, in quanto a capo della Protezione civile e come commissario in tanti interventi emergenziali, della creazione di un centro di potere sostanzialmente arbitrario che opera al di fuori di ogni controllo politico, contabile e di legalità, e che negli anni è venuto costituendosi come un potere potenzialmente criminogeno che va rimosso ripristinando trasparenza e rispetto delle leggi in una struttura centrale della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

ad invitare il dottor Guido Bertolaso, a confermare la sua sensibilità istituzionale, rassegnando le dimissioni da sottosegretario di Stato alla Presidenza del consiglio dei ministri con l'incarico di coordinamento degli interventi di protezione in ambito europeo ed internazionale rispetto ad eventi di interesse di protezione civile e da Capo del Dipartimento della Protezione civile.
(1-00330)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
ad ogni livello istituzionale è stata espressa solidarietà al popolo di Haiti per la perdita di decine di migliaia di vite umane e per i danni socioeconomici causati dal sisma del 12 gennaio 2010;
al riguardo, va apprezzato e sostenuto l'intervento delle Nazioni Unite, della Croce rossa internazionale e dei diversi Stati nel soccorrere la popolazione haitiana e, in particolare, l'intervento in corso promosso dall'Italia;
il segretariato del UNISDR (United Nations International Strategy for Disaster reduction) ha reso noto il 28 gennaio 2010

che le calamità naturali avutesi negli ultimi 10 anni hanno provocato 780.000 vittime nelle diverse aree del mondo (ciclone Nargys Myanmar nel 2008, terremoto nella regione cinese di Sichuan nello stesso anno, tsunami nell'oceano indiano del 2004, terremoto in Pakistan del 2005, uragano Katrina in Louisiana del 2005);
l'articolo 61 capitolo VI, «Protezione civile», del I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, ha introdotto il principio della «difesa civile» tra gli interventi umanitari volti a proteggere ed aiutare la popolazione non solo in caso di guerra, ma anche in caso di calamità naturali. Tale articolo ha altresì introdotto nel diritto umanitario il cosiddetto «diritto alla protezione civile» con lo scopo di organizzare il soccorso nazionale ed internazionale per le vittime delle calamità naturali o dei disastri accidentali, individuando nello specifico le azioni internazionalmente consentite ai soccorritori;
l'Assemblea delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione A/Res/46/182 del 19 dicembre 1991 Strengthening of the coordination of humanitarian emergency assistance of United Nations nella quale sono state individuate linee guida per l'assistenza umanitaria per le vittime dei disastri naturali e di altre emergenze. È stato inoltre riaffermato il principio della responsabilità degli Stati nel prestare assistenza alle vittime e nel consentire l'attività dei soccorritori internazionali, riconoscendo alle organizzazioni non governative e alle organizzazioni internazionali il potere di intervenire immediatamente operando nel rispetto della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'unità nazionale degli Stati colpiti. L'Onu ha anche invitato gli Stati membri a cooperare per rafforzare le politiche di prevenzione e di pronto intervento in caso di calamità naturali istituendo a tale scopo l'OCHA (Office for Coordination of Humanitarian Affairs) e il CERF (Central Emergency Responde Found);
le Nazioni Unite, nell'ambito della riforma della loro missione, hanno avviato un progetto di riforma, sia in campo giuridico che sul piano degli interventi operazionali, sulla protezione delle persone in caso di calamità naturali adottando l'Hyogo Framework for Action 2005-2015 sulla prevenzione e riduzione del rischio provocato da disastri naturali. Anche in materia di diritto umanitario è in discussione in sede ONU la proposta avanzata dalla ILC (International Law Commission) di un trattato su «La protezione delle persone in caso di disastri»;
l'Assemblea generale delle Nazioni unite il 20 gennaio 2010 ha adottato una risoluzione con la quale ha richiesto agli organi e alle istituzioni dell'organizzazione stessa di dare seguito ai programmi e alle strategie individuate nell'Hyogo Framework for Action 2005-2015 per ridurre la vulnerabilità causata dai disastri naturali soprattutto nei Paesi in via di sviluppo;
l'Unione europea ha firmato il 18 dicembre 2007 il «Consenso europeo sull'aiuto umanitario» con il quale si statuisce il dovere di aiuto umanitario quale «espressione fondamentale del valore universale della solidarietà tra i popoli e imperativo morale», prevedendo che le crisi umanitarie comprendono le catastrofi naturali e quelle causate dall'uomo;
l'Unione europea ha invitato altresì gli Stati a riconoscere lo «spazio umanitario» quale accesso garantito alle popolazioni vulnerabili e agli operatori umanitari al fine di consentire l'azione dell'Unione europea e dei suoi partner nell'assistenza alle vittime, quale azione nell'ambito delle competenze ripartite tra gli Stati membri e la stessa Unione europea impegnandosi a «rendere operativi tali orientamenti nelle sue relazioni esterne» nel rispetto dei principi del buon donatore umanitario (GHD), così come stabilito nel vertice OCSE, DAC dell'aprile 2006 che ha recepito il documento finale di Stoccolma su «I principi e le buone prassi in materia di aiuti umanitari» del 17 giugno 2003;

l'Unione europea ha introdotto nel Trattato di Lisbona il Titolo XXIII-Protezione Civile, e, in particolare, l'articolo 196, con il quale si prevede che la sicurezza dei cittadini deve essere rafforzata sotto il profilo della prevenzione e della protezione dalle calamità naturali o dai disastri ambientali provocati dall'uomo con atti adottati con procedure di legislazione ordinaria del Parlamento e del Consiglio europeo;
a due anni dall'adozione dell'IDRL (Guidelines for the domestic facilitation and regulation of international disaster relief and initial recovery assistance) in seno alla Conferenza internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (Ginevra, novembre 2007), numerosi accordi sono stati sottoscritti tra singoli Stati e organizzazioni regionali in materia di protezione della persona vittima di disastri naturali,

impegna il Governo:

a farsi promotore, in sede ONU, della convocazione di una sessione speciale della commissione ILC, al fine di giungere ad una celere adozione di proposta di trattato internazionale sulla «Protezione delle persone e dei territori in caso di calamità e disastri naturali»;
a favorire, unitamente agli altri Paesi dell'Unione europea, il potenziamento del segretariato Onu, con l'affidamento di compiti organizzativi di primo soccorso, articolandolo in unità geografiche di intervento rapido e comprendendo nella sua struttura anche le organizzazioni non governative presenti nelle varie aree.
(1-00331)
«Castagnetti, Berretta, Binetti, Bocci, Boccuzzi, Brandolini, Bucchino, Carella, Marco Carra, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Colaninno, Colombo, Coscia, D'Antona, Dal Moro, De Torre, D'Incecco, Farinone, Fogliardi, Garofani».

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i rapporti con le regioni, per sapere - premesso che:
le indagini della magistratura che hanno coinvolto i vertici della protezione civile e ancora prima alcune inchieste della stampa nazionale, in particolare del quotidiano La Repubblica, riprese da tutta la stampa sarda, hanno richiamato l'attenzione della opinione pubblica sarda e nazionale sullo stata dei lavori, sui relativi costi e sulle modalità di aggiudicazione degli appalti per le opere connesse al programmato vertice del G8 nel luglio dal 2008 nell'isola di La Maddalena, vertice successivamente trasferito nella sede de L'Aquila;
come è noto, infatti, al vertice era prevista la partecipazione dei rappresentanti dei Governi dei Paesi membri del G8 accompagnati da delegazioni molto ampie e composite;
data la risonanza mondiale dall'evento, era prevista la presenza di migliaia di persone tra cui giornalisti, tecnici, operatori della sicurezza ed altri soggetti impiegati per il carretto svolgimento della manifestazione;
il Governo Prodi e l'attuale esecutivo avevano programmato tutte le attività necessarie per l'ottimale organizzazione del grande evento e l'adeguata accoglienza delle rappresentanze dei Paesi partecipanti e dei Capi di Governo, garantendo in particolare la logistica della mobilità nell'ambito del territorio interessato e l'attuazione

delle iniziative infrastrutturali necessarie per ospitare nelle migliori condizioni il grande evento;
la particolare complessità organizzativa dell'evento infatti richiedeva necessariamente la realizzazione di interventi infrastrutturali, di nuove strutture ricettive adeguate o la riconversione delle strutture esistenti, anche ai fini dall'accoglienza e dell'assistenza sanitaria;
furono perciò adottate misure di carattere straordinario ed urgente per assicurare il regolare svolgimento del summit e tutte le manifestazioni e gli incontri ad esso connessi sono stati dichiarati «grande evento»;
con ordinanza firmata dal Presidente del Consiglio dei ministri n. 3698 del 29 agosto 2008, per consentire in termini di somma urgenza l'espletamento delle iniziative citate nel piano delle opere correlate alla realizzazione del grande evento relativo alla Presidenza italiana del G8, e per favorire il rilancio turistico e socio-economico dell'arcipelago della Maddalena, furono riservate risorse finanziarie per complessivi 834 milioni di euro per le opere previste nell'isola di La Maddalena e altre opere, cosiddette collaterali, da realizzare nei territorio del nord Sardegna; la stessa ordinanza stabilì per la realizzazione di tali interventi le cosiddette «procedure accelerate» in deroga alla legislazione vigente, proprie degli interventi tipici della protezione civile;
un'ulteriore ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri aveva previsto la nomina di un soggetto attuatore con funzioni vicario di supervisione dagli interventi da realizzare nell'isola della Maddalena e sul territorio nazionale, con il compito di verificare la tempestività delle procedure per l'affidamento delle progettazioni, dei lavori, dai servizi e delle forniture, per la stipula dei relativi contratti, nonché della funzionalità delle opere; allo stesso soggetto fu assegnato il compito di monitorare l'impiego delle risorse finanziarie e, in generale, l'utilizzo delle somme comunque assegnate per la realizzazione del vertice G8;
il decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162 dispose, tra le altre cose, interventi urgenti per il finanziamento delle opere per il G8;
l'articolo 8 del citato decreto autorizzò, in favore della regione Sardegna, la spesa di soli 233 milioni di euro per fare fronte alla realizzazione delle opere contenute nel piano del grande evento relativo alla Presidenza italiana del G8, di cui 18.266 milioni rivenienti dalle somme relative alle delibere CIPE 22 dicembre 2006, n. 165, e 22 dicembre 2006, n. 179, pubblicate, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 24 aprile 2007 e n. 118 del 28 maggio 2007, di applicazione delle sanzioni sulle assegnazioni alla regione Sardegna ex delibere CIPE 36/2002 e 17/2008; di cui 103,690 milioni derivanti dalle assegnazioni alla regione Sardegna ex delibera CIPE 20/2004, non impegnate nei termini prescritti dalla delibera CIPE 22 marzo 2006, n. 14, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 3 novembre 2006; 111,044 milioni nell'ambito delle risorse destinate alla regione Sardegna dalla delibera CIPE 21 dicembre 2007, n. 166, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 13 maggio 2008, per la realizzazione di programmi strategici di interesse regionale;
tale finanziamento, non copriva le spese previste per le cosiddette opere collaterali, tra cui la strada Sassari-Olbia - opere che peraltro risultano non essere al momento ancora finanziate - ma era rivolto esclusivamente alle opere nell'isola di La Maddalena o si integrava uno stanziamento pari a 100 milioni di euro già disposto dal Governo Prodi all'inizio del 2008 proprio per le stesse finalità;
i lavori nell'isola di La Maddalena vennero quindi avviati in preparazione dell'evento del G8. Il successivo spostamento del vertice del G8 nella sede de L'Aquila, fu tuttavia accompagnato dalla conferma, da parte del Governo, della completa realizzazione di tutto le opere programmate nell'isola;
tali opere insistevano quasi tutte in siti qualificati come beni militari dismessi,

in quanto non più utili alla sicurezza militare del nostro Paese; e, secondo gli accordi intercorsi nel marzo del 2008, tra la regione Sardegna e lo Stato italiano in attuazione dell'articolo 4 dello Statuto Sardo, esse avrebbero dovuto transitare, con particolare riferimento all'area dell'ex all'Arsenale e all'ex ospedale militare di Maddalena, insieme ad altri beni di uso militari che rientravano nell'area dove si sarebbe dovuto svolgere il vertice del G8, nella disponibilità piena della regione Sardegna. In una riunione del comitato di coordinamento nazionale per la presidenza del vertice G8, svoltasi nel febbraio del 2009 fu stabilito quanto segue: «Il ministero della difesa, per il tramite del Ministro dell'economia a delle finanze - Agenzia del demanio si impegna per l'immediata dismissione a favore della regione Autonoma della Sardegna dei beni e delle strutture ... individuate quali sedi per lo svolgimento del Vertice e strutture di accoglienza delle delegazioni, contestualmente all'impegno da parte dal Commissario delegato di farsi carico delle attività di delocalizzazione delle strutture e delle attività esistenti nell'area e negli immobili succitati, d'intesa con il Ministero della difesa»;
coerentemente con tali obiettivi, negli stessi mesi fu predisposta dalla struttura di missione la base di gara per l'assegnazione detta gestione delle strutture ricettive nell'area dell'ex Arsenale, consistente in un albergo a 5 stelle, un centro congressi e un porto turistico. Alla gara per la gestione dell'ex arsenale partecipò una sola società, la Mita resort srl, mentre altre due società presentarono ricorso sulle modalità di organizzazione del bando stesso. Tale bando risulterebbe - come dichiarato in questi giorni alla stampa sarda dall'ex presidente della regione Renato Soru, e dall'allora presidente vicario Carlo Mannoni - privo della formale intesa con la regione Sardegna, intesa formalmente necessaria per la regolarità del bando stesso;
dal capitolato tecnico pubblicato in data 13 febbraio 2009 - pochi giorni prima delle elezioni regionali in Sardegna - disposto per la gara di appalto risulta che il soggetto gestore dello strutture ricettive nell'area suddetta avrebbe gestito la struttura per 30 anni e dovuto pagare una quota minima una tantum da corrispondere alla struttura di missione oltre ad un canone annuale di concessione destinato alla regione Sardegna, recita infatti l'articolo 3 del capitolato tecnico:
«il corrispettivo per l'Amministrazione consisterà:
in una somma una tantum, indicata nell'offerta economica, da versare in tre rate di pari importo sulla contabilità speciale n. 5123 aperta a nome del Soggetto Attuatore ex articolo 4 dell'ordinanza dal Presidente del Consiglio dei ministri 13 giugno 2008, n. 3684 presso la Banca d'Italia, Tesoreria provinciale dello Stato di Roma con, la tempistica di seguito indicata:
a) la prima rata entro il 31 maggio 2009;
b) la seconda rata entro il 31 agosto 2009;
c) la terza rata entro il 31 ottobre 2008;
detta somma sarà destinata agli interventi relativi allo svolgimento del Vertice G8;
in un canone annuo di concessione, a decorrere dal 1o gennaio 2010, in favore della Regione Autonoma della Sardegna, indicato nell'offerta economica. Detto canone dovrà essere versato in rate semestrali posticipate con le modalità che saranno successivamente comunicate dalla Regione Autonoma della Sardegna. Il canone di concessione è soggetto ad IVA nella misura di legge e a rivalutazione, a decorrere dai quarto anno di concessione, nella misura pari al 75 per cento della variazione accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell'anno precedente. In opere ed arredi da fornirsi

secondo quanto richiesto nel presente capitolato e specificato nell'offerta tecnica;
non appare chiaro nel capitolato tecnico la cifra da corrispondere per le due voci, la stampa nazionale e locale ha parlato di 40 milioni a titolo di una tantum e di cifre le più disparate per quanto riguarda il canone annuale a titolo di locazione da corrispondere alla regione Sardegna: si è parlato di 600 mila euro annui, ma anche di 80 mila euro annui;
a seguito dello spostamento del G8 da La Maddalena a l'Aquila, in conseguenza del presunto danno economico ed alla indubitabile perdita di immagine nel mercato turistico internazionale del sito di La Maddalena, in conseguenza dell'assenza di una esposizione mediatica su scala planetaria che solo l'organizzazione del vertice del G8 avrebbe potuto garantire, risulta che sulla base di una nuova convenzione stipulata il 9 maggio 2009 tra la struttura di missione e il gruppo Mita Resort srl che la concessione sia stata ampliata a 40 anni e praticato uno sconto ulteriore sul canone da corrispondere alla regione Sardegna. Ad oggi gli interroganti non conoscono il contenuto di tale convenzione;
nello stesso mese di maggio del 2009, la Protezione civile ha presentato il seguente rendiconto sulle onere svolte e le relative voci di spesa:
lotto 1 - Interventi propedeutici Capo Vaticano e nucleo ambulatori area arsenale: 28.416.000;
lotto 2 - Ristrutturazione, adeguamento impianti aree marina militare: 12.137.000;
lotto 3 - Realizzazione residenza forte Carlo Felice (albergo 1 ex ospedale militare): 60.000.000;
lotto 4 - Palazzo conferenza e area delegati: 52.100.000;
lotto 5 - Realizzazione residenza Arsenale (albergo 2): 48.400.000;
lotto 6 - Servizi di supporto e ristrutturazione Stecca Arsenale: 23.436.000;
lotto 7 - Adeguamento porto Arsenale, bacino e ricettività marittima: 41.610.000;
lotto 22 - Nuovo impianto di depurazione e potabilizzazione per l'isola di La Maddalena: 11.809.500;
Bonifica 1 - Caratterizzazione e bonifica dell'Arsenale: 5.500.000;
Bonifica 2 - Logistica per la bonifica o smaltimento merci e rifiuti: 18.640.500;
ospedale da campo: 2.600.000;
adeguamento ospedale civile: 1.500.000;
intervento su ponte di Caprera: 2.500.000;
totale: 308.649.000;
quadro tendenziale di spesa: 377.500.000;
economie: 50.000.000;
programmate (anche a seguito del trasferimento del G8 a L'Aquila (stimata calcolando le indicazioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici, l'applicazione del decreto-legge n. 39 del 2009, la riduzione di alcune voci di spesa);
totale previsto finale: 327.500.000;
personale impiegato al 4 maggio 2009: 1600 operai, tecnici e progettisti;
per quanto riguarda la struttura alberghiera sorta negli edifici dell'ex ospedale militare, il bando di gara, disposto nel febbraio 2009 e tenutasi il 23 settembre 2009, non ha registrato offerte. Tale struttura risulta, come dichiarato in più di un occasione dal sindaco di La Maddalena e da altri amministratori locali e contrariamente a quanto accaduto all'area dell'ex arsenale, ancora di proprietà dello Stato;
per quanto concerne gli altri immobili, da notizie in possesso degli interpellanti,

risulta che, a tutt'oggi, i soli beni effettivamente passati alla regione siano l'Arsenale e l'area di Punta Rossa. Tutto il resto risulta essere ancora in proprietà e piena disponibilità dello Stato. Ci si riferisce, in particolare, all'ex caserma Faravelli, ai fabbricati e alle aree delle officine Sauro, alla già citata Villa liberty (ospedale militare), all'ospedale militare vero e proprio, ai fabbricati dell'area militare contigua all'arsenale (il cosiddetto molo carbone), nonché l'area dei giardini pubblici e degli impianti sportivi di Cala Chiesa; il deposito di combustibili di Punta Sassu isola di S. Stefano, gli alloggi di località Padule e località Vaticano con le aree di pertinenza; la Guardia Vecchia, limitatamente all'area non necessaria alla capitaneria di porto; Porto Palma sull'isola di Caprera, limitatamente alla parte non demaniale;
la stampa locale e nazionale, negli scorsi giorni, ha riportato notizie sullo stato di abbandono delle strutture inizialmente ad ospitare il vertice del G8, sui costi eccessivi della loro messa in opera, sulla assenza di trasparenza per quanto riguarda l'aggiudicazione dei lavori, sulla diffusione del lavoro nero durante l'esecuzione dei lavori, sul mancato rispetto ai sensi dell'accordo Stato-regione dell'ottobre 2007 dell'assicurazione di una quota dei lavori alle imprese sarde, sulla presumibile non idoneità ad essere pienamente funzionali per avvenimenti e vertici internazionali che il Governo in più di un occasione ha annunciato di voler organizzare nell'isola di La Maddalena oltre che per lo svolgimento della manifestazione velica della Vuitton Cup, da svolgersi nel mese di maggio. Tali notizie sono state successivamente smentite dal sottosegretario Bertolaso in una conferenza stampa svoltasi nell'isola il giorno 3 febbraio, alla presenza del presidente della regione Ugo Cappellacci e del sindaco di La Maddalena, Angelo Comiti -:
quale sia lo stato dei beni, delle opere, delle strutture ricettive inizialmente destinate ad ospitare il vertice del G8;
se le notizie riportate sullo stato di abbandono delle strutture, sui costi eccessivi della loro messa in opera, sulla assenza di trasparenza per quanto riguarda l'aggiudicazione dei lavori, stilla diffusione del lavoro nero durante l'esecuzione dei lavori, sul mancato rispetto ai sensi dell'accordo Stato-regione dell'ottobre 2007 dell'assicurazione di una quota dei lavori alle imprese sarde, sulla presumibile non idoneità ad essere pienamente funzionali per futuri avvenimenti e vertici internazionali corrispondano al vero;
se il bando di gara per la gestione dall'area dell'ex arsenale sia stato indetto con la necessaria intesa della regione Sardegna;
quanto abbia versato il gruppo Mita Resort srl a titolo di una tantum alla struttura di missione secondo quanto previsto dal bando di gara per la gestione della struttura alberghiera, del porto e del centro congressi sita nell'area dell'ex arsenale;
quanto e per quanto tempo il soggetto gestore di tali strutture è tenuto a corrispondere alla regione Sardegna come canone di locazione mensile per l'utilizzo delle stesse strutture ai sensi della convenzione del 9 maggio 2009 tra la struttura di missione e la Mita Resort srl;
se non ritenga opportuno - considerato, come sopra richiamato, che le opere citate sono state finanziate in gran parte con fondi FAS già in capo della regione Sardegna - prevedere che l'importo una tantum di 40 milioni di euro sia assegnato alla regione Sardegna o al comune di La Maddalena, piuttosto che alla struttura di missione;
quando verrà indotta la gara di appalto per la struttura alberghiera situata nell'ex ospedale militare e quando essa sarà nella piena disponibilità e proprietà della regione Sardegna;
quando gli altri beni elencati nell'intesa Stato-regione come beni dello Stato da dismettere saranno nella piena disponibilità della regione Sardegna;

quali altri avvenimenti di rilevanza internazionale il Governo intenda organizzare nell'isola di La Maddalena al fine di garantire la piena riconversione della economia militare preesistente;
se non si ritenga opportuno - considerato che la struttura di missione, incaricata dell'esecuzione delle opere a La Maddalena ed oggi sottoposta ad indagine della procura di Firenze, è la stessa che dovrebbe sovrintendere ai lavori riguardante i primi lotti della Olbia Sassari - verificare le modalità di un più forte coinvolgimento, fino all'ipotesi di un subentro della regione Sardegna e dell'ANAS nell'esecuzione dei lavori della Sassari Olbia, ferme restando le procedure accelerate indicate a legislazione vigente per la messa in opera della strada e fermo restando i progetti esistenti e le procedure già in essere per quanto riguarda la manifestazione di interesse della aziende per l'affidamento dei lavori.
(2-00622)
«Calvisi, Ventura, Soro, Fadda, Marrocu, Melis, Arturo Mario Luigi Parisi, Pes, Schirru».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza smog a Palermo è testimoniata dai dati osservabili sui siti web del comune e della regione Sicilia dai quali emerge che le medie giornaliere di inquinanti, polveri e gas provengono principalmente dal traffico veicolare e superano costantemente i limiti di legge;
nell'ottobre e novembre 2002 con due DPCM si è dichiarato lo «Stato di emergenza ambientale a Palermo» e nominato un commissario straordinario nella persona del sindaco Cammarata, con relativo e congruo finanziamento per affrontare tale situazione;
nell'ordinanza del presidente del Consiglio n. 3255 del 2002, si legge che «il precario assetto della mobilità costituisce la causa principale dell'elevato livello di inquinamento atmosferico e acustico»;
i poteri straordinari e derogatori affidati al sindaco con l'ordinanza sono scaduti il 31 dicembre 2006 senza che la gestione commissariale abbia prodotto alcun beneficio: dai dati registrati dalla rete di monitoraggio dell'aria in città e dalle relazioni di esperti si evince che la situazione dell'inquinamento dell'aria è rimasta immutata;
il sindaco non ha messo in atto alcun intervento strutturale per il miglioramento della mobilità cittadina, limitandosi a far collocare innumerevoli rotatorie e ad assumere, di fatto senza pubblico concorso e senza selezione, ma per chiamata diretta alcune centinaia di «ausiliari del traffico», prima precari e poi stabilizzati, il cui compito sarebbe quello di multare chi non espone i tagliandi della sosta a pagamento;
in data 6 ottobre 2006, circa 110 operatori della polizia municipale di Palermo, hanno presentato alla procura della Repubblica di Palermo un esposto denuncia, per presunte lesioni colpose, a carico dell'amministrazione comunale di Palermo, in quanto la stessa non ha attivato iniziative ed interventi atti a tutelare la salute pubblica e l'incolumità dei lavoratori esposti;
tale denuncia ha preso spunto da 18 decessi verificatisi tra gli appartenenti alla polizia municipale negli anni che vanno dal 2004 al 2006;
nel 2007, in un procedimento attualmente pendente davanti al tribunale, sono stati rinviati a giudizio il sindaco Cammarata, e gli ex assessori all'ambiente, Avanti e Ceraulo, con l'accusa di rifiuto e omissione di atti d'ufficio ed emissione di sostanze pericolose e nocive. Gli imputati dovranno spiegare perché, a fronte dei dati sull'inquinamento rilevati dalle centraline negli ultimi sette anni, dal 2001 al 2008, poi verificati da un'indagine dei

carabinieri del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, l'amministrazione comunale non ha mai preso alcuna decisione radicale a salvaguardia della salute pubblica;
il numero dei veicoli privati è eccessivo, con un'alta percentuale di veicoli inquinanti come dimostrato dalle tabelle presenti nello studio di EPIAR, pubblicato il 26 novembre e presentato a dicembre 2009, studio incentrato sugli effetti a breve termine dell'inquinamento atmosferico in 10 città italiane (Milano, Mestre-Venezia, Torino, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Taranto, Cagliari e Palermo), nel periodo 2001-2005 (studio promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, organismo di coordinamento del Ministero della salute e gli osservatori epidemiologici regionali, condotto dal dottor Forestiere, epidemiologo);
tale studio ha riportato al centro dell'attenzione l'inquinamento atmosferico urbano, in gran parte originato dal traffico veicolare, che si conferma come fattore fortemente correlato all'aumento delle malattie bronco respiratorie e cardio vascolari;
le emissioni inquinanti continuano a superare i limiti previsti dalle normative e sono decisamente insostenibili per la salute della popolazione;
la rete di monitoraggio della qualità dell'aria, un servizio gestito da AMIA, potrebbe subire ripercussioni dovute alla vicenda che riguarda l'azienda municipalizzata di igiene ambientale su cui il tribunale fallimentare deve pronunciarsi a breve o anche in relazione al diverso contratto di servizio che il comune ha approvato nell'ambito del piano cosiddetto di risanamento;
il sistema di trasporto pubblico è fortemente carente;
l'AMAT (Azienda trasporti municipalizzata) versa in una grave crisi, le vetture sono insufficienti, e altri sistemi di trasporto sono inesistenti per i gravi ritardi accumulati nelle opere previste (tram, anello ferroviario, piste ciclabili praticabili);
Amat, ha registrato un crollo di passeggeri da 24 a 19 milioni, con un'utilizzazione di soli 235 autobus su 598, con l'incasso dei biglietti che copre solo il 18 per cento delle spese;
Amat ha chiuso il 2009 con un pesante passivo, vicino ai 10 milioni di euro, al quale contribuisce, soprattutto, il taglio di quasi 7 milioni di trasferimenti dal comune per le agevolazioni alle categorie protette;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con determinazione dirigenziale n. 331 (ex TIF/211 PA) del 15 marzo 2005, ha approvato in linea tecnica il progetto definitivo per la realizzazione di tre linee tram per la città di Palermo, per un importo complessivo di spesa pari ad euro 216.772.099,93, di cui euro 128.974.434,90 finanziati dallo Stato e euro 87.797.665,03 a carico del comune di Palermo;
in data 6 giugno 2006, è stato stipulato il contratto di appalto con il quale Amat Palermo spa ed il comune di Palermo hanno affidato la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori, da ultimare entro il giugno 2010, per la realizzazione del sistema tram città di Palermo all'associazione temporanea di imprese, composta da Sis s.c.p.a. (capogruppo e mandataria), Ali Bombardier-Edilseavi (mandante), V. Mosco & associati (mandante), Seib ingenieur (mandante);
in data 18 novembre 2009 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo «I consulenti d'oro del tram fantasma», dal quale emergerebbe che siano stati spesi «quasi 2 milioni di euro in consulenze, per pagare comitati tecnici scientifici che hanno garantito parcelle d'oro a professionisti vicini al sindaco» e che il sistema complessivo verrà a costare ben più dei 235 milioni di euro previsti, avendo l'Amat presentato un conto da 24 milioni di euro aggiuntivi necessari per ultimare l'opera, dopo che

appena aperto il primo cantiere a Brancaccio si è scoperto che la progettazione del tracciato era carente e non aveva considerato, ad esempio, cavi ad alta tensione, sottoreti e ponti pericolanti;
il rapporto EPIAIR di cui sopra, anche per Palermo evidenzia dati relativi al numero delle patologie e dei decessi correlati al suo inquinamento;
così come in altri studi nazionali e internazionali si propone con certezza scientifica il nesso tra inquinamento dell'aria e aumento delle patologie soprattutto per le fasce più deboli (bambini, anziani), e si evidenzia una correlazione tra ricoveri e decessi in un lasso di tempo che è quello di innalzamento dei livelli degli inquinanti;
in EPIAIR si analizza il parco veicolare per Palermo e si conclude che: è in costante crescita, siamo a 395.196 veicoli; ha caratteristiche vetuste e inquinanti (standard emissivi «vecchi»); prevalgono le auto a benzina (80 per cento) con numerose Euro 0, 1, 2 e 3, su quelle a gasolio Euro 3;
con riferimento ai «valori limite» di qualità dell'aria per la protezione della salute umana, in particolare per le polveri PM10 (il cui limite giornaliero, previsto per legge, è di 50 milligrammi/metrocubo), si rileva che a Palermo, nel 2009, i limiti giornalieri sono stati superati numerose volte - 48 volte in un anno - (il numero massimo previsto per legge è di 35 volte l'anno);
a gennaio 2010 i limiti sono stati superati già 5 volte, all'8 febbraio già due volte (dati pubblicati dal sito comunale www.amianet.it);
significa che chi passa dai luoghi in cui sono ubicate le centraline, respira le nocive polveri PM 10 e le altre più fini;
come riportato da il Giornale di Sicilia del 10 febbraio 2010, il comune di Palermo un'ordinanza per bloccare il traffico nella giornata di domenica 14 febbraio 2010: il provvedimento arriva dopo che nelle ultime settimane si sono registrati nove sforamenti dei livelli massimi di polveri sottili;
sarebbe la prima volta che il comune di Palermo adotta il blocco totale del traffico: finora, da quando il tribunale amministrativo regionale ha bocciato le zone a traffico limitato, l'amministrazione si è limitata ad adottare misure tampone (targhe alterne limitate alla ex zona ZTL) in attesa del piano urbano del traffico ancora allo studio;
il professor Mannucci primario di medicina al Policlinico di Milano, massimo studioso di inquinamento atmosferico e problemi cardiovascolare ha affermato: «Un aumento di 10 microgrammi al metro cubo di PM10 fa salire dell'1 per cento il numero dei morti giornalieri..» (Corriere della Sera del 29 gennaio 2010);
non è ancora stato varato dall'amministrazione comunale e dagli organismi preposti il piano traffico e il piano del trasporto pubblico previsti per legge: il decreto ministeriale n. 163 del 1999, all'articolo 4, fa obbligo ai sindaci di provvedere all'incremento della rete di trasporti pubblico, parallelamente ai provvedimenti di riduzione della circolazione stradale;
esistono nelle norme poteri sostitutivi del presidente della regione e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in caso di inerzia del sindaco;
le leggi nazionali sono frutto del recepimento delle direttive della Comunità europea, la cui ratio è di impedire il costante riprodursi di situazioni di criticità ambientale, al fine di arginare i rischi accertati per la salute, soprattutto delle fasce più deboli ed esposte della popolazione, da anni evidenziati dalla comunità scientifica e sottolineati a chiare lettere dallo stesso legislatore;
la normativa vigente, da una parte, fissa i limiti consentiti delle emissioni di alcuni inquinanti dell'aria e, d'altra, stabilisce gli obblighi e le modalità di intervento dei sindaci e degli assessorati competenti,

del presidente della regione e degli assessorati regionali preposti, e in via suppletiva del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 (attuativo della direttiva quadro 1996/62/CE) ha definito i principi fondamentali per la diminuzione dei valori di inquinamento atmosferico, prevedendo valori limite e soglie di allarme (quanti milligrammi per metrocubo) per alcune di quelle sostanze inquinanti individuate come dannose alla salute, e un valore obiettivo per l'ozono, nonché le modalità di monitoraggio sul territorio;
il decreto ministeriale 2 aprile 2002, n. 60 (attuativo delle direttive 1999/30/CE - concernente i valori limite per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle - PM10 - e il piombo - e 2000/69/CE), e il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183 (attuativo della direttiva 2002/3/CE, relativa all'ozono nell'aria) hanno fissato per una serie di agenti inquinanti (biossido di zolfo, ossidi di azoto, particolato -PM 10-, piombo, benzene, monossido di carbonio e ozono - i più pericolosi per la salute umana-) i predetti valori, al fine di evitare, prevenire e ridurre, gli effetti nocivi sulla salute dell'uomo e dell'ambiente;
lo stesso decreto ministeriale n.60 del 2002 ha previsto una gradualità nel tempo nell'imposizione dei limiti alle emissioni, attraverso un sistema transitorio che concede alle amministrazioni competenti un adattamento graduale agli obiettivi finali, fissando: dal primo gennaio 2005 (ma prima, si badi, vigevano limiti più rigorosi e vi erano sempre i parametri di sicurezza delle linee guida della organizzazione mondiale della sanità) il valore limite del PM 10, per la protezione della salute umana - diverso dal valore guida raccomandato dalla organizzazione mondiale della sanità a tutela della salute - è di 50 mg3 (50 milligrammi per metro cubo) e lo stesso limite non può essere superato oltre le 35 volte per anno civile annualmente non può essere superata una media di 40 milligrammi (dal 1o gennaio 2010, vi è un salto, il limite delle 3 volte nell'anno scende a 7 volte l'anno e il limite dei 50 mg scende a 20 mg di inquinante per metro cubo. L'Unione europea ha di recente rifiutato di prorogare la quantità di polveri sottili per quasi tutte le aree italiane - così come per quelle della Sicilia - e si è in attesa di applicazione dei nuovi limiti (in Repubblica 2 febbraio 2010);
sempre il decreto ministeriale n. 60 del 2002, all'articolo 7, fa obbligo ai sindaci dei comuni di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 351 del 1999, in cui sussiste il superamento o il rischio di superamento dei valori limiti vigenti, di adottare le misure di limitazione della circolazione del traffico su strada, di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), del decreto legge n. 285 del 1992;
allo stesso articolo, si definisce l'esercizio del potere di ordinanza del sindaco riguardo alla limitazione del traffico veicolare, con la possibilità di adottare (lettera a) i provvedimenti di cui all'articolo 6, commi 1, 2, e 4, e di limitare (lettera b) la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinanti;
l'articolo 6 prevede inoltre il potere, per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione di tutela della salute, di sospendere momentaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle strade o su tratti di esse;
va notato che il decreto ministeriale n. 60 del 2002 si coniuga con il previgente decreto ministeriale 21 aprile 1999, n. 163, sugli obblighi del sindaco - regolamento contenente i criteri per la della circolazione -, importantissimo perché ha imposto ai primi cittadini, in termini inequivocabili di assoluta cogenza, l'adozione di provvedimenti atti a far rientrare entro i limiti di legge le emissioni inquinanti da traffico veicolare, dotandoli pertanto di poteri particolari di ordinanza e facendo obbligo di procedere a sistemi di trasporto pubblico alternativi nelle zone di divieto di circolazione;

ancora, il decreto ministeriale n. 60 del 2002, all'articolo 39, prevede che in caso di mancata attuazione da parte del sindaco delle misure previste dai piani e dai programmi regionali, di cui all'articolo 1, le misure atte a ridurre i livelli inquinanti siano adottate in via sostitutiva dalla regione, ai sensi della normativa vigente, fatto salvo l'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 112 del 1998;
il decreto-legge n. 351 del 1999, all'articolo 7, impone che le regioni definiscono i piani d'azione contenenti le misure da attuare nel breve periodo, affinché sia ridotto il rischio del superamento dei limiti e delle soglie di allarme;
i piani devono prevedere, a seconda dei casi misure di controllo e, se necessario, di sospensione delle attività, anche del traffico veicolare. L'articolo 9 stabilisce che le regioni adottino inoltre un piano di mantenimento della qualità dell'aria per mantenere i livelli degli inquinanti al di sotto dei valori limite e che si adoperino al fine di garantire la migliore qualità dell'aria ambiente;
l'anno a partire dal quale è obbligatoria l'adozione dei piani da parte delle regioni nel cui territorio si è verificato almeno un superamento dei limiti di legge è il 2001 per il PM10, l'NO2 e l'SO2 e il 2003 per il C6H6;
non risulta all'interrogante che gli organi competenti della regione Sicilia abbiano ad oggi adottato i piani di cui sopra e stilato i programmi in questione;
per la gestione della qualità dell'aria il decreto legislativo n. 351 del 1999, rispondendo alla ratio di una pianificazione coerente - che preveda anche una fase conoscitiva - ed alla ratio di un coordinamento sovracomunale del governo dell'aria, assegna alla regione (articolo 5) la valutazione preliminare della qualità dell'aria, indispensabile in fase conoscitiva, per individuare in prima applicazione, le zone nelle quali applicare rispettivamente i piani di azione (articolo 7), i piani di risanamento (articolo 8) e i piani di mantenimento (articolo 9), tenendo conto delle direttive tecniche emanate con decreto del Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero della sanità n. 261 del 1o ottobre 2002 «Regolamento recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell'aria, i criteri per l'elaborazione del piano e dei programmi di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351»;
gli obiettivi della valutazione preliminare consistono infatti nell'individuazione delle zone nelle quali:
i livelli di uno o più inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme (SA, in vigore solo per SO2 e NO2), nelle quali impiegare i piani di azione (limite del limite di tolleranza);
i livelli di uno o più inquinati che eccedono il valore limite aumentato del margine di tolleranza o sono compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di tolleranza, nelle quali applicare piani di risanamento (eccesso del limite di tolleranza);
i livelli degli inquinanti sono inferiori al valore limite e tali da non comportare il rischio del superamento degli stessi, nelle quali applicare i piani di mantenimento (sotto il limite di tolleranza), sulla base di tale normativa la gestione della qualità dell'aria si esplica, quindi, attraverso una pianificazione integrata a medi e lungo termine su tutto il territorio, sia nelle zone in cui sono superati i limiti al fine di raggiungerli e non più superarli, sia in quelle in cui la situazione è già buona, ai fini di conservare i livelli al di sotto dei valori limite preservando la migliore qualità dell'aria compatibile con lo sviluppo sostenibile;
è prevista anche una pianificazione a breve termine nelle zone in cui i livelli di uno o più inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme;

il decreto ministeriale n. 261 del 2002 è stato emanato anche allo scopo di fissare delle linee guida per la predisposizione dei piani di mantenimento, di risanamento e di azione, sulla base del quale è stato redatto il piano regionale di tutela e risanamento dell'atmosfera. Tale decreto individua dei possibili «pacchetti di misure» che si aggiungono e/o modificano quelle previste anteriormente, e che consentiranno di perseguire una riduzione delle emissioni nelle zone in cui si sono avuti dei superamenti dei valori limite e delle soglie di allarme;
inoltre il decreto ministeriale n. 60 del 2002 (articolo 39) ha modificato il decreto ministeriale 21 aprile 1999, n. 163 (importante, regolamento contenente E criteri per la imitazione della circolazione). In base a queste modifiche è stata stabilita una sinergia tra l'attività del sindaco e quella regionale sulla base dei piani e programmi che le regioni devono predisporre in base al decreto legislativo 4 agosto 19991 n. 351;
in particolare, il sindaco adotta le misure di limitazione della circolazione negli agglomerati o zone nelle quali sussiste il superamento o il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme;
mentre la direttiva madre 96/62/CE prevede l'adozione dei suddetti piani nel caso di superamento del valore limite più il margine di tolleranza, il decreto legislativo n. 351 del 1999 prevede cautelativamente per l'Italia la loro adozione anche nel caso di superamento del solo valore limite;
il 1o febbraio 2010 la Commissione europea ha respinto le richieste italiane di proroga per conformarsi alla legislazione europea sulla qualità dell'aria. La decisione annunciata riguarda le «esenzioni temporanee dagli standard di qualità dell'aria dell'Ue in materia di particelle sospese pericolose, il così detto PM 10, in 12 zone» del sud dell'Italia;
nella stessa data un'agenzia riportava la dichiarazione del commissario uscente all'ambiente, Stavros Dimas secondo cui «l'inquinamento atmosferico ha gravi ripercussioni sulla salute umana e il rispetto delle norme deve essere la nostra priorità»;
in data 6 febbraio 2010 la trasmissione Ambiente Italia (RAI 3) ha trattato la questione dello smog a Palermo con interviste a comitati di cittadini, esperti ed esponenti di Italia Nostra, ove si denunciava tale preoccupante situazione;
in data 10 febbraio 2010 sempre in merito allo studio EPIAIR la trasmissione TGR Leonardo (RAI 3) informava che le polveri sono un pericolo maggiore per chi soffre di diabete e aritmia cardiaca e che il rischio percentuale è più alto nelle città del sud come Palermo. Nel servizio, il dottor Ennio Cadum, epidemiologo, ha precisato che «... L'effetto dei raggi ultravioletti e ella temperatura sugli inquinanti potrebbe generare delle sostanze legate a quello che si chiama formazione del particolare secondario con un maggior effetto tossico a temperature più alte e quindi con una maggiore velocità di reazione e un maggior effetto sull'organismo»;
alla luce di quanto illustrato, all'interrogante appare carente, fortemente insufficiente, costellata da inadempienze l'azione delle autorità e degli organismi preposti ad affrontare la gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico nella città di Palermo -:
se risultino agli atti del Governo le modalità con le quali sono stati utilizzati dal sindaco di Palermo i fondi ottenuti nella sua qualità di commissario straordinario per l'emergenza inquinamento;
se, alla luce di quanto illustrato dettagliatamente in premessa, non si intenda verificare, avvalendosi dei servizi ispettivi di finanza pubblica, se non si sia configurato un danno economico per l'erario pubblico nel corso della gestione commissariale anche alla luce del mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti;

quali iniziative il Governo intenda urgentemente adottare, nell'ambito delle proprie competenze, anche mediante la nomina di un nuovo commissario straordinario con l'affidamento dell'incarico a persona diversa dal sindaco, al fine di tutelare la salute e l'incolumità pubblica della popolazione di Palermo e di evitare che l'Italia incorra, anche a causa del mancato rispetto degli standard di qualità dell'aria dell'Unione europea - in grandi città come Palermo - in dure sanzioni della Commissione europea.
(5-02491)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sono trascorsi 10 mesi dal terremoto in Abruzzo ed erano state date pubbliche assicurazioni sul fatto che vi sarebbe stata una casa per tutti entro il 31 dicembre 2009;
alla fine di gennaio 2010, il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha passato le consegne al nuovo commissario per la ricostruzione, il presidente della regione Gianni Chiodi e al suo vice, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente dopo aver provveduto alla realizzazione nell'ambito del progetto case (complessi antisismici ecocompatibili ecosostenibili), di oltre 180 edifici, e di qualche migliaio di moduli abitativi provvisori, le casette in legno provvedendo così alla sistemazione di oltre 20 mila persone per un costo complessivo di circa 1 miliardo e mezzo di euro;
da un articolo pubblicato dal settimanale l'Espresso in edicola questa settimana dal titolo «L'Aquila aspetta il miracolo» a firma di Primo di Nicola si apprende però che sono oltre 40 mila gli aquilani che continuano a vivere in hotel (6 mila), caserme (1.100), appartamenti lungo la costa (2.400) e soprattutto in autonoma sistemazione in case in affitto o altro (più di 31 mila);
assistere questa massa di sfollati costa tantissimo: un giorno in albergo vale fino 70 euro a persona, gli affitti arrivano a un massimo di 800 euro e sono già stati spesi oltre 220 milioni per dare ospitalità agli aquilani;
la situazione si sarebbe determinata per un errore di calcolo della Protezione civile in quanto il primo censimento dei danni avviato venne fatto trascurando la «zona rossa» del centro storico quasi completamente distrutta e lavorando sulla fascia della cinta urbana meno danneggiata. Questa circostanza, unita al fatto che spesso i fabbricati compresi nelle fredde statistiche non erano case monofamiliari ma condomini anche con più di 20 appartamenti, ha favorito l'errore di stima per cui ad oggi, rispetto ai 7.181 aventi diritto a uno degli alloggi del progetto case in quanto proprietari di abitazioni classificate E ed F (quelle distrutte e le altre inutilizzabili perché vicine ad altre pericolanti) la Protezione civile ne ha costruite solo 5.565, ben 1.616 in meno del necessario;
l'articolo riferisce di un monitoraggio avviato dal comune basato sui dati dell'anagrafe che indicò in circa 12 mila i nuclei che potevano avere bisogno di nuove abitazioni di cui però la Protezione civile non tenne conto, salvo accorgersi a metà agosto 2009 grazie ai risultati di un altro censimento che fissava il numero delle famiglie con abitazione E ed F crollate o inutilizzabili in circa 13 mila, dell'errore e decidersi ad ordinare la costruzione di altri 675 appartamenti, con il sindaco Cialente che chiedeva 1.600 moduli abitativi provvisori (Map), le famose casette di legno, ottenendone però solo 1.115, misure comunque non sufficienti a recuperare il gap delle 1.616 case in meno come già riportato per un totale di circa 2 mila persone ancora sfollate;
tuttavia la fetta più grossa dei 40 mila sfollati sarebbe costituita dagli abitanti

edifici meno danneggiati, classificati B e C (le A sono quelle agibili), corrispondenti a circa 15 mila case riguardanti 30 mila persone che non riescono ad avviare i lavori di recupero per il caos normativo che sarebbe stato provocato dai decreti del Governo in materia di ricostruzione, per la mancanza del prezzario della regione Abruzzo varato solo a metà settembre 2009, per la lentezza dei controlli sulla regolarità delle pratiche, per l'allungamento dei termini per la presentazione delle richieste di contributo prorogati fino al 31 gennaio 2010;
vi sarebbe poi il numero degli sfollati dei comuni fuori dal cosiddetto «cratere» del sisma, che non rientrano nelle statistiche della Protezione civile e che il consigliere regionale Giuseppe Di Pangrazio fa ammontare a quasi 10 mila persone che ricadono nelle province dell'Aquila, Teramo e Pescara;
sono persone che hanno un trattamento diverso rispetto ai terremotati dell'Aquila, non essendo assistiti dalla Protezione civile ma dai comuni che, come Pratola, hanno avuto dallo Stato solo 250 mila euro, 100 mila dei quali per fronteggiare l'emergenza e i restanti per finanziare la ricostruzione dei fabbricati nonostante le richieste di contributo siano state 150 con importi che quasi sempre superano i 40 mila euro;
per questa categoria di terremotati inoltre avere il contributo non è semplice, poiché occorre dimostrare la relazione tra il danno subito e il terremoto, cosa non facile vista la macchinosità dei controlli;
la presidente della provincia Stefania Pezzopane ha chiesto «la cessazione della disparità di trattamento» anche per evitare il ripetersi di quello che è successo a Natale quando nello stesso albergo la Protezione civile ha consegnato pacchi dono ai terremotati dell'Aquila lasciando a mani vuote gli «invisibili» del cratere;
tra i problemi aperti lasciati dalla Protezione civile vi è poi quello delle macerie perché, nonostante un'intesa raggiunta con il comune nei mesi scorsi per risolvere la questione, al momento del passaggio delle consegne per le vie del centro storico ancora chiuso risultano esserci circa 4 milioni di tonnellate di materiale frutto di crolli e demolizioni;
si tratta di un'enorme massa che impedisce la circolazione dei mezzi necessari ad avviare anche la minima riparazione degli immobili del centro danneggiati, come a piazza S. Maria Paganica oppure nella storica via Cascina oltre ad ostacolare l'avvio della ricostruzione;
ad oggi per la drammatica emergenza aquilana è in funzione un solo sito per lo smaltimento delle macerie, mentre altri due potrebbero essere allestiti a breve. Ad appesantire la situazione c'è poi la circostanza che la normativa in materia è particolarmente spinosa. E gli amministratori preferiscono procedere con i piedi di piombo per evitare guai giudiziari. Se comunque anche gli altri due impianti verranno aperti, con una spesa di 30 milioni di euro nel 2010, verranno rimosse 1 milione di tonnellate di detriti, quasi un terzo del totale;
dall'articolo sopra citato si apprende inoltre che vi sarebbero insediamenti del progetto case privi di impianti di depurazione. Si tratta di quelli di Assergi, Camarda e Paganica che vanno a inquinare l'affluente Vera ma soprattutto quello di Bazzano;
il caso di Bazzano è singolare perché proprio al di sotto delle nuove case che ospitano circa 2 mila terremotati è in costruzione un depuratore voluto da Adriano Goio, commissario governativo per l'emergenza ambientale del fiume Aterno, per pulire gli scarichi dell'abitato preesistente. A causa dei ritardi dell'Enel, il depuratore non è però funzionante per mancanza di energia. Ciononostante, il consorzio Forcase incaricato dal Presidente del Consiglio dei ministri di realizzare le abitazioni dei terremotati ha iniziato a scaricare senza preavviso nella condotta del depuratore con la conseguenza che Goio ha chiuso con dei palloni

l'accesso all'impianto e solo per carità di patria, per non creare altri dispiaceri ai terremotati bisognosi di quegli alloggi, ha autorizzato il consorzio a scaricare la fogna direttamente nel fiume, autorizzando solo negli ultimi giorni la reimmissione della fogna nel depuratore, che però continua a non funzionare -:
se sia vero che sia stato commesso un errore da parte della Protezione civile nel calcolo degli sfollati ed, in caso di risposta affermativa, come si intenda far fronte alla maggior domanda di alloggi da parte dei proprietari di abitazioni classificate E ed F ed in quali tempi;
se e come si intenda risolvere quell'insieme di problemi (dal caos normativo, ad avviso degli interroganti, generato dai decreti del Governo in materia di ricostruzione, alla lentezza dei controlli sulla regolarità delle pratiche) che ostacolano l'avvio dei lavori di ristrutturazione per i proprietari degli edifici classificati B e C;
per quali motivi non si siano adottate iniziative volte a far cessare le disparità di trattamento tra sfollati dell'Aquila e sfollati dei comuni fuori dal cosiddetto «cratere» del sisma;
se e quali iniziative anche di tipo finanziario si intendano adottare per supplire ai problemi che si sono creati rispetto agli sfollati dei comuni fuori dal cosiddetto «cratere» del sisma;
se e con quali misure si intenda dare soluzione al problema irrisolto dello smaltimento delle macerie che affliggono ancora il centro storico;
per quali motivi non si sia proceduto alla costruzione di tutti gli insediamenti del progetto case con adeguati impianti di depurazione;
se e come si intenda rimediare ai problemi anche ambientali legati a scarichi in assenza di depuratori, con particolare riferimento al depuratore di Bazzano che non risulta funzionare per mancanza di energia a causa dei ritardi dell'Enel.
(4-06131)

GERMANÀ e CARLUCCI - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza maltempo nei comuni dei Nebrodi, in provincia di Messina interessati da un vasto dissesto idrogeologico, diventa sempre più drammatica a causa dell'inarrestabile movimento franoso che continua ad avanzare sui monti Nebrodi a seguito delle incessanti piogge che hanno provocato pericolose infiltrazioni nel sottosuolo argilloso;
sono ormai duemila (su un totale di 4.500) le persone evacuate o che volontariamente hanno abbandonato San Fratello, paese in provincia di Messina che rischia di scomparire perché da ieri sta franando la collina che lo sovrasta;
la massa di terreno sta scendendo a valle trascinando via anche i pali della luce;
secondo le ultime verifiche la mappa del dissesto idrogeologico si è allargata a macchia d'olio, e oltre al comune di San Fratello, le ordinanze di sgombero sono state indirizzate anche verso i comuni di Sant'Angelo di Brolo, Raccuja, e altri comuni che vengono man mano interessati dalle frane;
la zona è sottoposta ad un vasto smottamento del terreno che ha messo a repentaglio la stabilità degli edifici, mentre sono numerose le strade interessate da frane e smottamenti, che hanno isolato alcuni paesi, come Longi, che sono raggiungibili solo percorrendo vecchie mulattiere;
le piogge hanno reso inagibili anche molte strade di collegamento tra i vari paesi dell'hinterland, in particolare sui comuni di Brolo, Gioiosa Marea, Piraino, Capo d'Orlando, Naso, Rocca di Caprileone, San Salvatore di Fitalia, Longi e Galati Mamertino;
sono continui i sopralluoghi nella zona e i controlli da parte di 40 sindaci del

Parco dei Nebrodi dopo i provvedimenti urgenti di sgombero -:
se non ritenga necessario riconoscere immediatamente lo stato di calamità naturale e destinare aiuti anche economici per gli interventi necessari a fronteggiare la grave situazione e a sostegno dell'impegno immane cui sono sottoposti i sindaci delle zone colpite.
(4-06133)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 48 comma 3 della Costituzione stabilisce che «il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge»;
la recente legge 7 maggio 2009 n. 46 ha modificato l'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006 n. 22, recante disposizioni in materia di ammissione al voto domiciliare di elettori affetti da infermità che ne rendano impossibile l'allontanamento dell'abitazione;
nello specifico, la normativa di riferimento prevede che gli elettori affetti da gravissima infermità, tale che l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano risulti impossibile, anche con l'ausilio dei servizi di cui all'articolo 29 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, e gli elettori affetti da gravi infermità che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali tali da impedirne l'allontanamento dall'abitazione in cui dimorano, possono avvalersi di un servizio che gli consente il voto a domicilio. Gli elettori disabili devono far pervenire, in un periodo compreso tra il quarantesimo o il ventesimo giorno antecedente la data della votazione, al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti: a) una dichiarazione in carta libera, attestante la volontà di esprimere il voto presso l'abitazione in cui dimorano e recante l'indicazione dell'indirizzo completo di questa; b) un certificato, rilasciato dal funzionario medico, designato dai competenti organi dell'azienda sanitaria locale, in data non anteriore al quarantacinquesimo giorno antecedente la data della votazione, che attesti l'esistenza delle condizioni di infermità di cui al comma 1, con prognosi di almeno sessanta giorni decorrenti dalla data di rilascio del certificato, ovvero delle condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali»;
la citata legge è stata approvata all'unanimità dai due rami del Parlamento su iniziativa dei deputati radicali eletti nelle liste del Partito democratico e costituisce il frutto dell'impegno civile, umano e politico di importanti militanti radicali e dirigenti dell'associazione Luca Coscioni, come i malati di sclerosi laterale amiotrofica (a partire da Luca Coscioni stesso, Piergiorgio Welby e il disabile grave Severino Mingroni); in pratica costoro si sono battuti, per anni e dopo un sessantennio caratterizzato dall'assenza di un reale suffragio universale, per la piena applicazione del richiamato articolo 48, comma 3, della Costituzione;
in diverse occasioni la legge sul voto domiciliare agli intrasportabili è rimasta lettera morta a causa della inefficienza e dei ritardi della macchina burocratico-amministrativa. Capita infatti che coloro che intendono essere ammessi al voto domiciliare non sappiano, ad esempio, che devono presentare la relativa domanda al comune entro un termine perentorio, e non lo sanno perché troppo spesso gli enti locali non affiggono l'informativa sull'albo pretorio; così come risulta che la stragrande maggioranza dei disabili gravi ignori che prima di presentare la domanda al comune deve prima farsi rilasciare un certificato dalla ASL territorialmente competente che attesti la condizione di «malato intrasportabile»;

accade altresì che le ASL siano restie a rilasciare la certificazione richiesta anche di fronte a casi eclatanti come quello che ha riguardato, in occasione delle elezioni regionali abruzzesi, il consigliere generale dell'associazione Luca Coscioni, Severino Mingroni, affetto dalla sindrome locked-in o sindrome del chiavistello, una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo; paziente che per recarsi al seggio ha bisogno di 5 persone che lo assistano con apparecchiature particolari, compresa una specie di gru che lo sollevi dalla carrozzina speciale ove vive ad una carrozzina «normale» per lo spostamento che, oltre ad essere pericoloso per la sua incolumità, provoca nel paziente uno stress psichico di notevole portata;
la mancata applicazione della legge è dovuta anche al fatto che troppo spesso i sindaci non applicano con puntualità e rigore quanto previsto dall'articolo 1, comma 5, della richiamata normativa, nel punto in cui la stessa stabilisce che «il sindaco, appena ricevuta la documentazione di cui al comma 3, previa verifica della sua regolarità e completezza, provvede: a) ad includere i nomi degli elettori ammessi al voto a domicilio in appositi elenchi distinti per sezioni; gli elenchi sono consegnati, nelle ore antimeridiano del giorno che precede le elezioni, al presidente di ciascuna sezione, il quale, allatto stesso della costituzione del seggio, provvede a prenderne nota sulla lista elettorale sezionale; b) a rilasciare ai richiedenti un'attestazione dell'avvenuta inclusione negli elenchi; c) a pianificare e organizzare, sulla base delle richieste pervenute, il supporto tecnico-operativo a disposizione degli uffici elettorali di sezione per la raccolta del voto domiciliare; peraltro il diritto di voto domiciliare da parte del disabile immobilizzato a letto rischia di non poter essere esercitato dall'interessato nel momento in cui gli stessi presidenti degli uffici elettorali non vengono tempestivamente informati degli adempimenti previsti dall'articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 1 del 2006», il quale stabilisce che: «Il voto viene raccolto, durante le ore in cui è aperta la votazione, dal Presidente dell'ufficio elettorale di sezione nella cui circoscrizione è ricompresa la dimora espressamente indicata dall'elettore nella dichiarazione di cui al comma 3, con l'assistenza di uno degli scrutatori del seggio, designato con sorteggio, e del segretario. Alle operazioni di raccolta del voto a domicilio possono partecipare i rappresentanti di lista che ne facciano richiesta»;
se si vuole evitare che le predette inefficienze e i ritardi burocratico-amministrativi tornino a verificarsi anche in occasione dello prossime elezioni regionali, occorre che le istituzioni, ognuna negli ambiti di rispettiva competenza, comincino ad assolvere fin da subito tutti quegli importanti adempimenti sopra indicati e previsti dalla legge n. 22 del 2006, così come modificata dalla successiva n. 46 del 2009, ciò nel rigoroso rispetto di termini adeguatamente cadenzati, atteso che gli stessi, per espressa previsione legislativa, non sono lontani dalla scadenza;
in previsione dell'imminente appuntamento elettorale, stante l'inerzia dimostrata fino a questo momento dagli organi preposti all'applicazione della normativa sul voto ai disabili, la prima firmataria del presente atto si è unita, da oltre dieci giorni, con lo sciopero della fame, al Satyagraha radicate di Marco Pannella, ciò anche al fine di evitare che il dettato costituzionale e normativo in ordine al diritto di voto di tutte le persone affette da infermità grave e, quindi, impossibilitate ad allontanarsi dalla propria abitazione, rimanga solo una mera statuizione di principio -:
quanti siano gli elettori disabili gravi che si sono avvalsi del voto a domicilio in occasione delle scadenze elettorali successive alla entrata in vigore della legge n. 22 del 2006;
quanti siano gli elettori che, affetti da una infermità talmente grave da renderne impossibile l'allontanamento dell'abitazione,

si siano avvalsi, in occasione delle elezioni europee del 2009, del voto a domicilio così come disciplinato dalla legge n. 46 del 2009;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda urgentemente provvedere ad una necessaria e capillare opera di informazione nei confronti degli elettori - e tra questi quelli, poiché disabili o malati gravi, che presentano maggiori difficoltà di accesso alle forme di comunicazione tradizionale quali l'affissione - della possibilità di esercitare il diritto di voto a domicilio nonché delle concrete modalità e procedure utili, ai sensi del nuovo articolo 1, comma 3, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 così come modificato dalla legge 7 gennaio 2009 n. 46, al fine di essere ammessi a tale forma di votazione;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, non si intendano assumere le iniziative di competenza perché venga assicurata l'immediata designazione e la conseguente costituzione in piena operatività del funzionario medico che possa attestare - ai sensi della lettera b) del nuovo articolo 1, comma 3, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 così come modificato dalla legge 7 gennaio 2009 n. 46 - l'esistenza delle condizioni di infermità previste;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda urgentemente sollecitare i sindaci, uffici elettorali, alla piena applicazione dell'articolo 1, comma 5, della legge del 27 gennaio 2006 n. 22 ed in particolare a quanto previsto dalla lettera c) e cioè alla pianificazione e alla organizzazione, sulla base delle richieste pervenute, del supporto tecnico-operativo a disposizione degli uffici elettorali di sezione per la raccolta del voto domiciliare;
se, in vista delle imminenti elezioni regionali, il Governo non intenda informare i presidenti degli uffici elettorali degli adempimenti previsti dall'articolo 1, comma 7, della legge 27 gennaio 2006 n. 22.
(4-06144)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i detenuti in custodia cautelare e quelli condannati in via definitiva per reati sentenziati come «non ostativi», sono cittadini aventi pieno diritto al voto; tutti costoro, in base agli articoli 8 e 9 della legge 23 aprile 1976 n. 136, possono votare nelle carceri con la costituzione di un seggio elettorale speciale;
la predetta normativa è applicabile anche alle elezioni regionali, provinciali e comunali per effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 1, lettera d), decreto-legge n. 161 del 1976, convertito dalla legge n. 240 del 1976;
consentire ai detenuti in custodia cautelare e a quelli condannati in via definitiva per reati «non ostativi», il pieno esercizio del diritto di voto, significa dare concreta, piena ed effettiva attuazione a quel principio sancito e riconosciuto dall'articolo 27 della Costituzione in base al quale la pena deve sempre tendere alla rieducazione; al contrario, rendere impraticabile per il singolo detenuto la partecipazione libera al voto nel corso delle prossime elezioni regionali vuol dire avallare un ignobile meccanismo di cancellazione sociale dell'individuo recluso nonché una inaccettabile operazione di privazione dei suoi diritti;
vista la complessa procedura prevista dalla normativa di riferimento, il diritto di voto da parte dei detenuti rischia di rimanere tale solo sulla carta se non tempestivamente preceduto da una campagna informativa dentro le carceri per far sì che gli stessi detenuti siano messi al corrente di quali sono gli adempimenti necessari che loro per primi sono chiamati ad assolvere nel caso avessero intenzione di votare esercitando un loro diritto fondamentale;
ed invero, sulla base di quanto disposto dalla citata legge n. 136 del 1976,

questa speciale procedura elettorale si avvia al momento della pubblicazione di una circolare sull'esercizio del diritto di voto dei detenuti elettori, che il dipartimento amministrazione penitenziaria invia ai vari provveditorati regionali, i quali poi provvedono ad affiggerla nelle bacheche dei vari istituti di pena sparsi sul territorio nazionale; dopodiché il singolo detenuto, preso atto dei contenuti della comunicazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, deve far pervenire alla direzione del carcere di appartenenza una dichiarazione della propria volontà di esprimere il voto nel luogo in cui si trova;
la predetta dichiarazione, con in calce l'attestazione del direttore dell'istituto che comprova lo stato di detenzione del dichiarante, deve essere successivamente inoltrata tempestivamente al sindaco del comune nelle cui liste elettorali il detenuto risulta essere iscritto al fine di consentire alle amministrazioni l'iscrizione del richiedente nell'apposito elenco e l'invio della relativa tessera elettorale. La richiesta deve pervenire al sindaco non oltre il terzo giorno antecedente la votazione;
come è facilmente intuibile, le procedure sopra richiamate, le sole che consentono ai detenuti di essere informati riguardo la loro particolare condizione di votanti e gli adempimenti necessari per poter esercitare questo diritto, devono essere avviate tempestivamente e con sufficiente anticipo rispetto alla prossima scadenza elettorale (28 e 29 marzo);
risulta infatti che allorquando, come nel caso delle elezioni politiche del 2006 e del 2008, si è provveduto a disporre, avviare e organizzare questo complesso meccanismo burocratico-amministrativo con colpevole ritardo, il tasso di votanti negli istituti di pena è stato particolarmente basso, atteso che, su una popolazione stimabile in più di 30 mila detenuti aventi diritto di voto, appena il 10 per cento circa ha avuto modo di esercitare tale imprescindibile diritto-dovere;
l'enorme astensionismo delle persone detenute non è quindi solo dovuto a disinteresse, spesso è anche conseguenza di ritardi nell'informazione e nelle procedure che intercorrono dalla «domandina» del singolo detenuto al rilascio della tessera elettorale da parte dei Comuni, fino all'allestimento dei seggi «volanti» negli istituti di pena;
a giudizio degli interroganti è pertanto necessario, se solo si vuole rendere effettivo e non ostacolare il diritto di voto tra i detenuti, che gli organi competenti: a) affiggano fin da subito nelle bacheche delle carceri le istruzioni di ciò che tutte le persone recluse sono chiamate a fare per essere ammesse al voto in carcere; b) avviino con largo margine di tempo le operazioni di registrazione nelle liste elettorali e le consegne delle tessere dei detenuti elettori;
in previsione delle imminenti elezioni regionali, stante l'inerzia dimostrata fino a questo momento dagli organi preposti all'applicazione della normativa sul diritto di voto ai carcerati, la prima firmataria del presente atto si è unita, a partire dal 3 febbraio 2010, con lo sciopero della fame, al Satyagraha radicale di Marco Pannella, ciò proprio al fine di evitare che il dettato costituzionale e normativo in ordine al diritto di voto dei detenuti rimanga solo una mera statuizione di principio -:
quanti siano i detenuti che hanno esercitato il diritto di voto nel corso degli ultimi dieci anni in occasione dei vari appuntamenti elettorali (elezioni politiche e/o amministrative);
quanti siano i detenuti attualmente presenti nelle carceri italiane aventi pieno diritto al voto;
se, in vista dello imminenti elezioni regionali, comunali e provinciali, il Ministro della giustizia, per il tramite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, non intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari affinché attraverso i mezzi più adeguati - dall'affissione sulle bacheche delle carceri alla consegna a mano ad ogni detenuto delle

istruzioni per esercitare il diritto di voto - le persone recluse siano effettivamente informate sugli adempimenti da compiere per essere ammessi al voto in carcere;
se da questo punto di vista l'amministrazione penitenziaria non intenda avviare con largo margine di tempo le operazioni di registrazione nelle liste elettorali dei detenuti elettori e le consegne delle tessere a questi ultimi;
se, in vista dell'imminente turno elettorale, il Ministro dell'interno non intenda emanare una circolare affinché si assicuri in modo tempestivo, l'esercizio del diritto di voto dei detenuti che non hanno perso il godimento dei diritti civili e politici.
(4-06146)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il signor Gino Antognetti, cittadino de L'Aquila, da quando c'è stato il terremoto dell'aprile 2009, vive a Casalbordino, nella vecchia casa paterna senza riscaldamento, a causa delle condizioni di grave inagibilità della sua casa ubicata in via Sturzo a L'Aquila;
nei giorni scorsi il signor Antognetti ha ricevuto dall'Enel diverse telefonate al numero di cellulare, peraltro intestato alla moglie, ove gli si chiedeva l'indirizzo di dove attualmente vive per potergli inoltrare le bollette dell'Enel a causa del fatto che quelle indirizzate in via Sturzo non erano state recapitate ed erano tornate indietro; in una delle telefonate l'operatrice ha anche specificato che una delle bollette da recapitare riguarda anche i consumi del mese di settembre 2009 -:
per quale motivo l'Enel contatti le persone sfollate dalle loro abitazioni a causa del terremoto chiedendo dove poter recapitare le bollette dei consumi anche di periodi successivi al grave sisma che ha colpito la città dell'Aquila;
chi abbia fornito all'Enel il numero di cellulare del signor Gino Antognetti intestatario dell'utenza Enel ma non del numero di cellulare che risulta intestato alla moglie;
quale correlazione vi è rispetto a quanto segnalato in premessa e i dati trasmessi dal signor Gino Antognetti alle autorità riguardo la sua condizione di sfollato;
se e quali disposizioni abbia dato il Governo agli enti di erogazione di acqua, gas, luce e telefono riguardo il rapporto da tenere con gli utenti e la loro drammatica situazione e condizione di vita, in particolare per coloro che non possono vivere nelle loro case a causa del terremoto;
se sia noto quanti sono gli utenti contattati dall'Enel e quali provvedimenti il Governo intenda prendere affinché tali episodi non si ripetano;
chi abbia fornito all'Enel i recapiti degli sfollati.
(4-06149)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2010

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
domenica 14 febbraio 2010 la Libia ha improvvisamente e senza preavviso disposto la sospensione della concessione di visti in ingresso nel proprio Paese verso tutti i Paesi provenienti dall'area Schengen, nonché l'inefficacia di quelli già concessi, quale atto di rappresaglia nei confronti della Svizzera a seguito di una lunga tensione politico diplomatica tra i due Paesi che ha visto prima il sequestro in Libia di due imprenditori svizzeri, attualmente

riparati presso l'ambasciata svizzera in Libia, e poi sfociato nella pubblicazione da parte Svizzera di una «lista nera» di circa 188 personalità libiche alle quali è stato vietato l'ingresso nel Paese elvetico;
la reazione libica è apparsa immediatamente sproporzionata e autolesionista, come dichiarato dalla stessa Margherita Boniver, Presidente del comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen;
il nostro Paese ha rapporti particolarmente intensi e impegnativi con la Libia, sul piano politico ed economico, che richiedono per la loro gestione una politica estera equilibrata nei confronti di un Paese che ha certamente una valenza strategica rilevante, mentre alla luce dei fatti, il Governo italiano sembra aver mostrato troppa sicurezza, all'indomani della ratifica dell'accordo tra Italia e Libia, sulla sua capacità nel gestire un rapporto che si sta rivelando assai più complicato ed impegnativo dei facili trionfalismi mostrati in occasione della visita del leader libico in Italia, e che segna una battuta d'arresto sulla via della normalizzazione dei rapporti politico-diplomatici del paese libico nel contesto internazionale;
a fronte della crisi politico-diplomatica che ha assunto da domenica modalità preoccupanti - trasformandosi da un escalation della tensione nei rapporti bilaterali tra Svizzera e Libia in un vero e proprio contenzioso multilaterale che vede coinvolti tutti i Paesi dell'area Schengen, a cui risulta inibito non si sa per quanto tempo, l'ingresso nel paese libico - appare altamente auspicabile che il Governo italiano, in vista del Consiglio per gli affari esteri del 22 febbraio 2010, assuma un approccio che possa aiutare lo sblocco della situazione e che conduca ad un ripensamento delle misure sin qui adottate -:
quali iniziative urgenti intenda adottare, alla luce degli intensi rapporti economici e politici che l'Italia ha con la Libia, per facilitare nel più breve tempo possibile, una soluzione del conflitto politico diplomatico in atto, che sia tale in ogni caso da salvaguardare l'equilibrio e la coesione con tutti i Paesi aderenti all'area Schengen.
(2-00623)
«Fassino, Tempestini, Narducci, Gozi, Giacomelli, Maran, Lolli, Dal Moro, Merloni, Pollastrini, Ventura, Soro, Cuperlo, Vaccaro, Castagnetti, Mazzarella, Rubinato, Martella, Fogliardi, Vannucci, Zunino, Calvisi, Boffa, Rigoni, Baretta, Samperi, Bordo, Burtone, Mosella, Velo, D'Antoni, Mecacci, Cesare Marini, Marrocu, Cuomo, Sposetti».

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:

CAUSI, MARAN, LENZI, BERRETTA, BURTONE, CAPODICASA, CARDINALE, D'ANTONI, GENOVESE, LEVI, PIERDOMENICO MARTINO, ANTONINO RUSSO, SAMPERI, SIRAGUSA, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella notte fra sabato 13 e domenica 14 febbraio 2010 una vasta frana ha iniziato a muoversi, minacciando il comune di San Fratello (Messina), piccolo centro dei Nebrodi;
le scene apocalittiche che arrivano dalla Sicilia non sembrano nuove: crolli, sgomberi, sfollati, come a Giampilieri;
si propone nuovamente l'esigenza di interventi urgenti e risorse straordinarie per il comune di San Fratello (Messina);
anche questa volta i drammatici effetti prodotti dai fenomeni atmosferici

sono stati acuiti e amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
a Giampilieri sono cominciate a circolare frasi come «quello che è avvenuto era prevedibile», frasi che risuonano come la peggiore condanna nei confronti di una politica che non ha saputo gestire il territorio o che lo ha utilizzato senza tener conto della sua fragilità;
gran parte delle risorse che sarebbero indispensabili per una seria e, anche questa, urgente politica del territorio vengono dirottate verso altre opere faraoniche, non sempre così indispensabili e prioritarie come si vorrebbe far credere, che vengono progettate a pochi chilometri da Giampilieri e da San Fratello;
all'indomani della tragedia di Giampilieri, il Ministro interrogato affermò alla Camera dei deputati che le risorse stanziate per la difesa del suolo «sono assolutamente insufficienti e vengono polverizzate; ai comuni arrivano pochi spiccioli che non servono a realizzare gli interventi necessari e, purtroppo, spesso accade che vengono distratti e vengono spesi per altre finalità. Quindi quello che serve è capire che abbiamo davanti un'emergenza, che dobbiamo cominciare a fare seria prevenzione e, poiché sono circa 6.600 su un totale di 8.000 i comuni italiani che hanno un problema di dissesto idrogeologico, dobbiamo chiaramente predisporre un piano che stabilisca quali siano le priorità e cercare di intervenire con delle somme diverse rispetto a quelle che oggi compaiono nei bilanci, cercando anche di rendere l'intervento più di qualità attraverso controlli» -:
quali interventi urgenti il Governo intenda adottare per le popolazioni che sono state colpite dagli eventi calamitosi, dando seguito agli impegni del Ministro interrogato attraverso lo stanziamento di risorse sufficienti a prevenire il rischio idrogeologico.
(3-00917)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALESSANDRI e NEGRO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il «carniccio» è la parte sottocutanea della pelle animale, ottenuta attraverso un'operazione di raschiatura meccanica dalla pelle stessa dopo che questa è stata trattata nelle operazioni di dissalaggio, rinverdimento e calcinaio;
tale scarto è attualmente definito come sottoprodotto di origine animale (normalmente di categoria 3 e quindi riferibile ad un minimo rischio sanitario), e quindi assoggettato al Regolamento (CE) n. 1774/02/CE, già abrogato dal nuovo Regolamento (CE) n. 1069/2009/CE, che diverrà esecutivo dal 4 marzo 2011;
le operazioni di trattamento di cui trattasi sono effettuate in conceria sulle pelli usualmente trattate con sali e/o agenti battericidi e antimuffa. Soprattutto la fase di calcinaio è una vera e propria operazione chimica effettuata sulla pelle con utilizzo di agenti alcalini, quali sodio idrossido e calcio idrossido, e solfuro di sodio per la depilazione ed eventualmente per lo scioglimento delle cheratine. In queste fasi vengono inoltre additivati detergenti ed enzimi al fine di migliorare il trattamento sulla pelle;
in tale ambito, il predetto carniccio si configura quindi come un vero e proprio rifiuto derivante da una operazione industriale, pur mantenendo la natura di sottoprodotto di origine animale, in quanto non è stata effettuata una vera e propria operazione di trasformazione (ai fini della normativa sanitaria, la vera e propria operazione di trasformazione sulla pelle è effettuata solo dopo il trattamento con materiali concianti, come ad esempio il cromo. È con questa operazione che la pelle effettivamente si trasforma in cuoio non più putrescibile);
la problematica sanitaria riguardante il trattamento delle pelli è complessa, in

quanto le pelli stesse possono essere definite come sottoprodotti di diverse categorie, i cui sottoprodotti devono essere trasformati in aziende autorizzate ai sensi del Regolamento (CE) n. 1774/2002 con possibile produzione di prodotti tecnici o zootecnici, o materie prime dalle quali si possono ottenere sottoprodotti indirizzabili anche alle aziende alimentari;
per quanto riguarda la normativa sanitaria, questa prevede che il sottoprodotto di origine animale di categoria 3 possa anche essere utilizzato nei processi per la produzione di biogas o di compostaggio;
tale possibilità di riutilizzo riguarda i sottoprodotti di origine animale provenienti dalla sola ed esclusiva filiera agro-alimentare, i cui sottoprodotti non sono trattati chimicamente e non contengono prodotti potenzialmente pericolosi, come ad esempio il solfuro di sodio, che in ambiente leggermente acido, quale è quello che si potrebbe realizzare con una semplice miscelazione con altri materiali non alcalini, sviluppa acido solfidrico estremamente pericoloso e tossico;
per quanto riguarda la normativa ambientale, in questo momento il «carniccio», pur essendo classificato con il codice CER 040101 «Carniccio e frammenti di calce» o con il codice CER 040102 «Rifiuti di calcinazione», esso non è gestito nell'ambito della normativa sui rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
oltre al «carniccio», fra i rifiuti della operazione di calcinazione sulle pelli in conceria, si annoverano anche: il «pelo», il «pezzamino», le «spaccature» ed i «rifili non conciati». Questi sono i nomi tecnici dei residui dell'operazione di calcinaio e delle successive operazioni meccaniche sulla pelle;
è evidente che tale materiale, debba essere definito correttamente nell'ambito della disciplina sui rifiuti e conseguentemente trattato nell'ambito dei sottoprodotti di origine animale, e quindi da trasformare in impianti con il doppio regime, sia sanitario sia ambientale, per l'esclusivo ottenimento di idrolizzati proteici ad uso tecnico o come fertilizzanti oppure come prodotti industriali, escludendo di fatto la possibilità di indirizzare tale rifiuto alla produzione di compost o di biogas, in quanto questi processi non garantiscono un'efficace trasformazione del rifiuto originale con relativa sicurezza dal punto di vista ambientale e sanitario;
a tale proposito si deve evidenziare che il mondo scientifico e tecnologico sia del convinto parere che la pezzatura e la costituzione fisica di tale materiale non sia confacente con le operazioni di fermentazione biologica che costituiscono il «cuore» degli impianti di produzione di compost e biogas. In tali circostanze questo rifiuto si troverebbe non completamente trasformato al termine dei processi di fermentazione e quindi verrebbe poi utilizzato nel settore agricolo come materiale fertilizzante con possibili problemi ambientali e sanitari;
è importante sottolineare che il problema della BSE-TSE è stato positivamente risolto anche grazie all'operatività di quelle aziende che fin dagli anni 1999-2000 o anche più storiche, che hanno trattato questi rifiuti sostenendo forti investimenti e modificando complessi processi produttivi, inserendo trasformazioni a temperatura e pressione, eseguendo prove di riduzione dell'infettività presso centri qualificati, al fine di produrre un prodotto finito (idrolizzato proteico) in grado di assicurare una concreta garanzia di sicurezza igienico-sanitaria e ambientale;
si ritiene che proprio queste aziende siano da proteggere contro il proliferare di dubbie realtà produttive che oggi si presentano nei settori rurali ma che ad essi non appartengono e trattano con incerti processi di trasformazione questi rifiuti provocando un abbassamento del livello di guardia e allargando le maglie dei trattamenti a scapito, anche economico, delle imprese che operano secondo rigorosi protocolli

di sicurezza sanitaria ed ambientale;
nello stesso tempo si deve evidenziare che i metodi di smaltimento del predetto materiale di scarto delle concerie è assolutamente controproducente per quanto riguarda il controllo delle autorità competenti dal momento che dai fermentatori anaerobici per la produzione di biogas si emettono elevate quantità di «digestato», la cui destinazione è l'interramento rapido nei campi e ciò vanifica ogni pur auspicabile ed effettivo controllo;
per quanto riguarda la normativa sanitaria, risulta che non sia in alcun modo previsto che l'operatore debba dimostrare in maniera precisa che il proprio impianto sia adeguato alla capacità di trasformazione autorizzata. Anche questo profilo rappresenta un serio problema che però potrebbe essere risolto con l'assoggettamento dell'impianto alla normativa sui rifiuti, prevedendo l'effettiva dimostrazione e registrazione delle quantità di rifiuto in ingresso e prodotto trattato in uscita;
ad ogni modo, pur se si è consapevoli che una più adeguata e sicura gestione dei materiali di scarto dell'industria conciaria sia da prevedersi tramite disposizioni di natura legislativa, ai fini dell'esclusione di tali materiali dagli utilizzi agronomici ed energetici quali sostanze per la produzione di compost e di biogas, apparirebbe necessario ed urgente emanare chiarimenti ed indirizzi specifici atti a regolamentare in maniera restrittiva ed ostativa il riutilizzo degli stessi nell'ambito delle produzioni che facciano uso di processi che non ne garantiscano un'efficace trasformazione per un idoneo riutilizzo quali quelli sopra richiamati -:
se siano a conoscenza delle circostanze problematiche esposte in premessa in merito all'uso del carniccio nei processi di fermentazione biologica per l'ottenimento di compost o di biogas con le conseguenti questioni di carattere ambientale e sanitario ed in tale ambito se non ritengano urgente adottare specifiche iniziative anche di natura normativa, diretti ad impedire il proseguimento del predetto utilizzo.
(5-02487)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a seguito delle determinazioni assunte dal consiglio di amministrazione della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, tenutosi il 9 febbraio 2010, si rischia di mandare in fumo quasi un milione di euro di fondi già impegnati per il 2009 in contratti, affidamenti e collaborazioni esterne;
infatti, sulla base delle novità introdotte dal cosiddetto «decreto Brunetta» consta all'interrogante che, il Consiglio di amministrazione avrebbe eccepito sulla legittimità dei contratti 2009 stipulati con i collaboratori esterni, molti dei quali hanno già svolto o stanno svolgendo il lavoro. A tal riguardo, il Direttore amministrativo avrebbe richiesto un apposito parere all'ufficio legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali, che a sua volta pare abbia inoltrato la questione all'ispettorato generale di finanza;
certamente, la trasparenza degli affidamenti nella pubblica amministrazione rappresenta una priorità assoluta e ineccepibile, tuttavia, quello che appare inappropriato è il ritardo con il quale ci si è preoccupati di chiarire gli aspetti tecnico-normativi nella gestione di significative risorse di bilancio, con il rischio di vedersi sottrarre la disponibilità di fondi indispensabili per l'esercizio di attività fondamentali per la salvaguardia del patrimonio archeologico di Roma;
qualora confermati, i ritardi e le esitazioni del soprintendente e del direttore amministrativo determineranno certamente

effetti negativi sulle stesse finalità istituzionali della soprintendenza e tale incapacità di spesa appare ancor più pregiudizievole laddove si consideri la fase di grave crisi per i bilanci del settore e per coloro che vi operano. Risulterebbe, infatti, inammissibile che il prezzo di eventuali inefficienze possa ricadere sui quei collaboratori che, preventivi firmati alla mano, dovranno rinunciare agli incarichi, alcuni dei quali già avviati, rimanendo così doppiamente beffati;
il patrimonio archeologico e i professionisti archeologi esterni, già penalizzati dalla mancanza di riconoscimento e da forme contrattuali inique, non possono pagare il prezzo del ritardo nel misurarsi con le nuove regole di trasparenza -:
quali siano gli elementi a disposizione del Ministro relativamente alle problematiche sommariamente illustrate in premessa e, in particolare, quali possano essere state le ragioni dei ritardi nella verifica della congruità dei contratti in essere;
quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare che le eventuali inadempienze nella tempestività di spesa, possano tradursi in una perdita di disponibilità di bilancio e nella revoca degli incarichi per i collaboratori esterni, così compromettendo la stessa azione di tutela del patrimonio archeologico di Roma.
(5-02484)

GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'identità di una nazione risiede principalmente nel suo patrimonio di pensiero e di creazione artistica che nei secoli ha saputo produrre, alimentandolo di sempre nuovi contributi, anche attraverso un costante impegno di conservazione, valorizzazione e divulgazione che ne renda vivo e fecondo il valore ideale e storico;
in tale ottica si inquadreranno le numerose iniziative che si terranno in Italia in occasione della ricorrenza dei quattrocento anni dalla morte di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, tra le quali si annoverano mostre e impegnativi restauri delle sue opere pittoriche;
sorprendentemente, invece, si apprende dagli organi di stampa che la situazione della imponente documentazione e carteggio del Caravaggio, raccolta in una settantina di volumi custoditi presso l'archivio di Stato a Roma, nell'edificio della Sapienza, desta molta preoccupazione per lo stato di conservazione e che necessiterebbero di immediati interventi restaurativi per scongiurarne il definitivo deterioramento e la perdita;
in particolare, secondo le indicazioni fornite dallo stesso direttore dell'archivio di Stato, una decina di volumi sarebbe a rischio, laddove non si intervenisse urgentemente, ma che tali operazioni sono rese impossibili dalla mancanza di fondi, in seguito ai tagli operati nel trasferimento di risorse pubbliche per tali finalità;
peraltro, il costo del completo trattamento di restauro ammonta a circa 2.500 euro per ciascun volume, con oneri complessivi che non appaiono insormontabili se confrontati con l'importanza dei beni in questione, ma che forse lo sono se rapportati alla previsione di risorse per il 2010 di cui dispongono gli archivi di Stato. A tale proposito si rileva, infatti, che tale previsione consolida le decurtazioni operate nel corso del 2008, portando le disponibilità a una soglia insufficiente per l'espletamento delle stesse funzioni istituzionali;
la credibilità e il rispetto del nostro Paese, in un periodo in cui l'attenzione internazionale si attiverà in conseguenza del richiamato anniversario, non può essere messa in discussione per l'incapacità di provvedere alla conservazione e valorizzazione della documentazione riguardante il Caravaggio -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che, per indifferenza o disattenzione, possa compromettersi e perdersi

un'importante testimonianza documentale dell'opera e della vita di un protagonista della storia dell'arte mondiale quale il Caravaggio.
(5-02485)

GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 14 luglio 2008 il Ministero per i beni e le attività culturali l'ufficio concorsi del citato Ministero ha indetto «concorsi pubblici per esame a 500 posti presso l'amministrazione centrale e periferica del Ministero per i beni e le attività culturali»;
tale concorso, bandito dal Governo Prodi per far fronte alle gravi carenze di personale presso il Ministero per i beni e le attività culturali prevedeva 100 posti su base regionale di vari profili professionali della terza area funzionale F1 indetti con decreto dirigenziale 14 luglio 2008 (archeologo, archivista, bibliotecario, storico dell'arte, funzionario tecnico); 397 posti di assistente alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico della seconda area funzionale fascia retributiva F3, 3 posti di assistente tecnico scientifico calcografo per la regione Lazio della seconda area funzionale fascia retributiva F3;
le procedure di concorso si sono concluse tra il 19 e il 21 gennaio 2010 con la pubblicazione delle graduatorie generali di merito per molti dei posti messi a bando;
il Comitato di vincitori e idonei dei concorsi Ministero per i beni e le attività culturali per 500 posti e l'Associazione nazionale archeologi ha denunciato i ritardi che si registrano nell'espletamento delle procedure di assunzione e la pressoché totale assenza di informazioni al riguardo da parte dell'amministrazione precedente;
le attuali carenze di personale, particolarmente nei ruoli tecnico scientifici del Ministero per i beni e le attività culturali, destinate ad acuirsi con i massicci pensionamenti attesi nei prossimi anni, comportano una sempre minore possibilità per le Soprintendenze di svolgere le proprie funzioni istituzionali, con gravi ricadute per il patrimonio culturale e per il paesaggio italiano;
si apprende da organi di informazione che siano in corso trattative con le organizzazioni sindacali per un'ipotesi di assegnazione di ulteriori 100 posti relativi al turn over 2008 per i ruoli tecnico-scientifici. A tale proposito, stante l'onere economico e organizzativo derivante allo Stato dalle complesse procedure concorsuali nonché la lunghezza delle stesse, sarebbe auspicabile coprire questi posti vacanti attingendo dalle graduatorie degli idonei del concorso appena espletato, per il quale sono state presentate 26.293 domande. Oltre ai vincitori, infatti, sono risultati idonei, per i profili professionali della terza area funzionale F1, ben 258 candidati (ovvero 96 archeologi, 101 architetti, 23 storici dell'arte, 15 archivisti di stato, 4 bibliotecari, 19 funzionari amministrativi economico-finanziari) che possiedono i titoli richiesti, hanno partecipato a un concorso pubblico con procedure trasparenti e superato severe prove di selezione;
una politica di reclutamento del personale improntata a serietà, trasparenza, meritocrazia e innovazione impone di procedere alla copertura delle vacanze attraverso nuovi concorsi pubblici o scorrendo le graduatorie del concorso appena espletato, consentendo così l'immissione di personale scientifico nuovo, adeguatamente qualificato e motivato, che potrà giovarsi ancora per poco della possibilità di affiancare funzionari preparati e di esperienza, molti dei quali ormai prossimi al pensionamento;
tale politica consentirebbe un opportuno trasferimento delle conoscenze e un corretto ricambio generazionale, tanto più che coloro che sono risultati idonei all'ultimo concorso aperto agli esterni per la terza area, in qualità di collaboratori esterni delle Soprintendenze e delle Università,

forniscono da anni un contributo fondamentale e irrinunciabile al processo di salvaguardia del patrimonio culturale e alla ricerca scientifica in ambito archeologico, così come le migliaia di professionisti che operano in Italia in una condizione lavorativa e professionale priva di regolamentazione e delle più elementari forme di tutela -:
quali iniziative intenda assumere affinché:
a) sia al più presto garantita la certezza dell'assunzione ai candidati dichiarati vincitori per la terza (fascia retributiva F1) e per la seconda area (fascia retributiva F3), definendo tempi certi e ragionevoli per l'assunzione dei vincitori;
b) nel caso in cui dovessero essere assegnati nuovi posti resi disponibili dal turn over 2008, si proceda con lo scorrimento delle graduatorie di coloro che sono risultati idonei nel concorso appena espletato;
c) vengano banditi nuovi concorsi, in quanto gli organici del personale tecnico-scientifico risultano fortemente insufficienti a coprire il fabbisogno derivante dalle esigenze della tutela e, per quanto di competenza, della valorizzazione dei beni culturali, soprattutto alla luce delle recenti evoluzioni normative quali, ad esempio, l'introduzione dell'autorizzazione paesaggistica e archeologica preventiva.
(5-02486)

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2011

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

ASCIERTO e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in seguito ad una razionalizzazione logistica, a breve dovrà essere decisa la destinazione definitiva della brigata Pozzuolo del Friuli, di stanza tra le due caserme di Gorizia, «F. Guella» di piazza Battisti, attuale sede del comando e «Montesanto» di via Trieste, sede del reparto comando e supporti tattici;
la volontà politica della provincia di Gorizia e dell'Isontino (delibera provinciale numero 44 approvata all'unanimità il 16 dicembre 2009 - protocollo n. 30292/2009 e ordine del giorno approvato dal comune di Cormòns nel gennaio 2010), è quella di mantenere in loco la brigata Pozzuolo: circa 520 effettivi tra ufficiali, sottufficiali e truppa, di cui la gran parte costituita da persone a lunga ferma, mediamente trentenni, coniugati e con alloggi di proprietà su cui gravano spesso mutui ipotecari;
le soluzioni che si presentano sono quelle dello spostamento in Udine, in struttura militare dismessa o sottoutilizzata oppure della concentrazione di tutta la brigata nella caserma «Montesanto» di Gorizia;
fra le due opzioni pare più favorevole, economicamente e logisticamente, concentrare tutta la brigata nella caserma «Montesanto», dove i lavori edilizi di adeguamento risulterebbero molto contenuti, visto che il reparto cucine è stato completamente ristrutturato, come pure è stata sistemata una palazzina per le volontarie di sesso femminile ed infine sono state riattate alcune attrezzature sportive all'interno della caserma, seguendo un progetto a suo tempo approvato di campus militare;
l'unificazione di tutta la brigata nella caserma «Montesanto» permetterebbe di contenere al massimo i costi di sistemazione edilizia e logistica, creando un polo militare a ridosso dell'area oggi già occupata dai carabinieri del XIII reggimento e lascerebbe libere ben due aree cittadine oggi adibite a caserme;
la strategicità logistica della caserma Montesanto è sottolineata dal fatto che la stessa è collegata alla rete ferroviaria con un innesto diretto alla stazione di Gorizia, per cui le attrezzature militari possono essere caricate direttamente sui carri ferroviari,

agevolando così eventuali trasbordi e/o imbarchi, e riducendo di conseguenza i costi legati agli eventuali spostamenti di uomini e mezzi -:
se il Ministero della difesa non ritenga opportuno, ed anzi vantaggioso, optare per la soluzione più logica, unificando tutta la brigata Pozzuolo del Friuli nella caserma «Montesanto» di via Trieste a Gorizia.
(5-02489)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in Torino, via Paolo Gaidano n. 103/3, risulta essere terminata - dall'agosto del 2003 - la costruzione di due palazzine per complessivi 58 alloggi finalizzati ad ospitare appartenenti alle Forze dell'ordine provenienti da altre regioni per la lotta alla criminalità organizzata, come da previsione dell'articolo 18 del decreto-legge n. 152 del 1991;
la convenzione stipulata a suo tempo che ha dato via ai lavori è relativa ad un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino e la cooperativa Acacia, vincitrice del bando, con uno stanziamento del predetto Ministero di circa 3 milioni di euro;
nonostante il tempo trascorso dal termine dei lavori (agosto 2003), i suddetti alloggi non risultano ancora formalmente consegnati alla prefettura di Torino per l'assegnazione;
l'ente comunale per l'edilizia popolare e agevolata (ATC), in attesa di prenderli in consegna, ha rilevato che mancano ancora le caldaie e il certificato di idoneità da parte dei vigili del fuoco;
nonostante il lungo lasso di tempo trascorso ed il costante interessamento da parte dei mass-media, nulla è allo stato cambiato;
pervengono pressanti richieste da parte di numerosi appartenenti alle Forze di polizia, che denunciano gravi difficoltà nel sostenere le proprie famiglie a causa degli alti importi da destinare agli affitti presenti sul libero mercato, ovvero per la cronica carenza di immobili che impedisce anche il ricongiungimento dei propri nuclei familiari;
tale inerzia, ad avviso degli interroganti, cagiona un danno notevole ai potenziali beneficiari e rischia di creare nocumento anche all'erario per gli investimenti pubblici sostenuti, per i mancati introiti e per il degrado e l'abbandono in cui versano gli immobili;
il permanere di siffatta situazione ha suscitato l'attenzione del comune di Torino, nelle persone del sindaco Sergio Chiamparino e dell'assessore alla casa Roberto Tricarico i quali hanno manifestato - già nel novembre del 2007 - interesse all'acquisizione dell'immobile allo scopo di destinarli ad edilizia popolare;
tale vicenda è già stata oggetto di pressanti richieste da parte del CoBaR della Guardia di finanza del Piemonte che, con più delibere, nel tempo ha chiesto alle autorità competenti un intervento risolutore, nonché l'interessamento della Corte dei conti allo scopo di accertare eventuali danni erariali connessi all'impiego del denaro pubblico;
presso la procura regionale per il Piemonte della Corte dei conti risulterebbe essere iniziata fin dal 26 marzo 2003 un'istruttoria inerente alla costruzione degli alloggi oggetto della presente interrogazione;
sarebbe opportuno chiarire le motivazioni di quello che agli interrogazioni appare, uno spreco di denaro pubblico -:
nel marzo 2009, su sollecitazione sempre della Rappresentanza militare

della Guardia di finanza, in un'intervista della trasmissione televisiva «Le Iene» il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Arturo Matteoli aveva promesso un intervento risolutore per giungere finalmente alla consegna degli alloggi agli aventi diritto;
se i Ministri interrogati intendano assumere ogni iniziativa utile al fine di pervenire all'assegnazione degli alloggi in questione agli appartenenti alle Forze dell'ordine in servizio nella città di Torino.
(4-06135)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN e BRAGANTINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, fissa, al comma 3, le condizioni perché un fabbricato o una porzione di esso possa essere definito come rurale a fini fiscali;
la definizione delle caratteristiche per accedere alla predetta qualificazione di ruralità pone tuttavia in taluni casi dubbi interpretativi;
in particolare, in taluni casi, si registrano contestazioni da parte dei comuni territorialmente competenti circa il carattere di ruralità di immobili per i quali:
sono già stati accertati, in più gradi di giudizio, i requisiti indicati nelle lettere c) e d) del comma 3 del citato articolo 9 del decreto-legge n. 557, relativi all'asservimento del fabbricato ad un terreno agricolo ed alla sussistenza di un giro di affari derivante dalle attività agricole del soggetto che conduce il fondo superiore alla metà del suo reddito complessivo;
è oggettivamente rispettato il requisito di cui alla lettera a) del predetto comma 3, in quanto il fabbricato è inequivocabilmente posseduto dai proprietari del terreno ed è utilizzato quale abitazione da soggetto titolare del diritto di proprietà su di esso;
non si riscontra l'appartenenza alle categorie A/1 ed A/8 e non sussistono le caratteristiche di immobile di lusso, secondo quanto previsto dalla lettera e) del medesimo comma 3;
in sostanza, la fattispecie sopra indicata riguarda abitazioni asservite a fondi agricoli di proprietà di più soggetti, tutti contadini appartenenti ed iscritti previdenzialmente alla medesima azienda agricola, uno solo dei quali abita l'immobile, di modo che proprietà e possesso del terreno e del fabbricato coincidono nelle persone dei componenti l'impresa familiare che gestisce l'azienda agricola;
appare urgente eliminare quanto prima tali incertezze, assicurando certezze ai contribuenti interessati ed evitando il prolungarsi di un contenzioso defatigante sia per i cittadini sia per gli enti locali -:
quale sia il regime applicabile alla fattispecie appena riassunta, ed in particolare se, nel caso di sussistenza dei requisiti oggettivi ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, in capo ai proprietari pro quota di un immobile asservito al fondo rurale spetti l'esenzione ICI anche ai comproprietari che non abitino l'immobile.
(5-02494)

GRAZIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, con provvedimento datato 11 luglio

2001, e successiva rettifica con provvedimento del 27 settembre 2001, ha indetto una procedura di selezione interna per complessivi 715 posti nei profili professionali dell'area C, posizione economica C1, riservata ai dipendenti interni inquadrati nell'area B;
ad oggi, dopo 8 anni, tale procedura non vede ancora il suo definitivo completamento, giacché la seconda fase di nomina dei vincitori-idonei, come prevista dal bando di concorso, non è ancora attuata dall'amministrazione dell'attuale dipartimento delle finanze - già dipartimento per le politiche fiscali - essendosi proceduto a nominare soltanto i primi 348 posti, ripartiti per regione, sulla base delle indicazioni dei partecipanti, e lasciando i residui 367 posti ancora da assegnare;
su questo specifico punto, nel tempo, l'amministrazione ha convenuto di assumere impegni, di fatto non rispettati, e nonostante pesi su questa vicenda anche una decisione del giudice amministrativo in senso favorevole al definitivo compimento della procedura concorsuale. Invero, con una preintesa per le procedure interne per i passaggi tra le aree del 1o agosto 2003, il dipartimento per le politiche fiscali e le organizzazioni sindacali si sono impegnate a ricercare ogni possibile soluzione alle problematiche che insorgano al momento dell'inquadramento delle nuove posizioni, verificando la possibilità di assegnare in altri settori del Ministero o delle Agenzie fiscali i vincitori che non trovino utile collocazione entro la dotazione organica del medesimo dipartimento;
con il protocollo del 17 giugno 2004, sottoscritto dal Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Armosino, e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, si è convenuto di riattivare la procedura concorsuale e di individuare, anche presso le Agenzie fiscali, secondo le disponibilità formalmente espresse dai direttori delle stesse, i posti da rendere disponibili per il personale vincitore (nel tempo, i dipendenti delle Agenzie fiscali hanno potuto beneficiare di più riqualificazioni, e ad oggi, un nuovo accordo, che in tal senso dovrebbe riguardare numerosi posti in concorso, disattende completamente gli impegni sottoscritti con il dipartimento);
il dipartimento per le politiche fiscali, i direttori delle agenzie fiscali e le organizzazioni sindacali hanno convenuto, nell'accordo per le procedure interne per i passaggi tra le aree datato 8 febbraio 2006, che a decorrere dalla data di approvazione della graduatoria dei vincitori della procedura di selezione interna per la copertura dei posti disponibili negli uffici del dipartimento in parola, le Agenzie delle dogane, delle entrate e del territorio rendano indisponibili nelle proprie dotazioni organiche complessivi 403 posti dell'Area III - rispettivamente 121 posti presso l'Agenzia delle dogane, 242 posti presso l'Agenzia delle entrate e 40 posti presso l'Agenzia del territorio - oltre a 69 posti per la posizione economica C1, disponibili presso il dipartimento di riferimento - in modo da assicurare, all'interno del ruolo unico di cui all'articolo 74, del decreto legislativo n. 300 del 1999, la capienza necessaria per il personale vincitore della procedura;
l'azione giudiziaria intrapresa dalla Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP) davanti al TAR del Lazio nel dicembre 2007 avverso il Ministero dell'economia e delle finanze, tendente ad ottenere la ripartizione su base regionale dei residui 367 posti di cui alla procedura richiamata, ha portato il Ministero di riferimento a mettere a disposizione del personale avente diritto, ripartendoli a livello regionale, quei posti illegittimamente non assegnati, in quanto, come sostenuto dalla FLP e avvalorato dal giudice amministrativo, è da considerarsi infondato l'assunto dell'amministrazione per la quale il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 107 avrebbe ridotto la dotazione organica relativa alla posizione economica C1, dal momento che lo stesso provvedimento, pur avendo fissato le dotazioni organiche del dipartimento

e delle commissioni tributarie in circa 3800 unità, nulla precisava circa l'articolazione delle dotazioni per singola posizione economica;
la riduzione complessiva della dotazione organica del dipartimento, a seguito dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 febbraio 2006, rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001 è irrilevante: se è vero che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 febbraio 2006 quantifica in circa 3500 unità la dotazione organica complessiva del personale del dipartimento e delle commissioni tributarie, con una diminuzione di circa 300 unità rispetto al decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2001, tuttavia, in virtù di un'operazione di rimodulazione delle posizioni funzionali, definita in fase di concertazione sindacale, nell'ambito della posizione economica C1 si registrano vacanze che consentono di concludere la seconda fase della procedura selettiva;
l'ingiustificato ritardo della conclusione della procedura di selezione produce l'effetto ulteriore di una evidente disparità di trattamento economico e giuridico, vissuta quotidianamente e non più tollerabile dai dipendenti che si sentono solo sfruttati, e riscontrata dal servizio consultivo e ispettivo tributario (Se.C.I.T), per la quale la stessa quantità e la medesima qualità del lavoro sono prestate da personale inquadrato con qualifiche diverse, specie per le funzioni di segretario di sezione la gravità di tale situazione è tale da esporre l'amministrazione a possibili azioni di risarcimento danni -:
quali iniziative e provvedimenti ritenga, con urgenza, di intraprendere per dare piena attuazione alla procedura di selezione e all'accordo sottoscritto nel 2006 con le Agenzie fiscali, in virtù del quale l'opzione, assicurata ma mai attuata, per il passaggio alle Agenzie stesse riguarda personale con la medesima qualifica di collaboratore tributario, per molta parte proveniente dal Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento delle entrate, assunto a seguito di specifico concorso, con una formazione specificamente orientata alla lotta all'evasione fiscale, il quale, tuttavia, rischia di vedersi tagliato fuori dalle proprie aspettative di lavoro e di carriera, con evidenti danni, anche per l'amministrazione, in termini di risorse e di formazione.
(5-02495)

PUGLIESE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 2-ter dell'articolo 12 della legge n. 289 del 2002 prevede che i debiti tributari iscritti in ruoli emessi dal 1o gennaio al 30 giugno 2001 possono essere estinti dai debitori, sulla base di apposita comunicazione dai concessionari del servizio nazionale della riscossione, attraverso il versamento di una somma pari al 25 per cento dell'importo iscritto, da versarsi in due soluzioni;
la norma appena descritta è stata introdotta nel testo dell'articolo 12 della predetta legge n. 289 dal comma 2-ter dell'articolo 1 del decreto-legge n. 143 del 2003, comma a sua volta inserito nel decreto-legge n. 143 dalla legge di conversione 1o agosto 2003, n. 212, la quale è entrata in vigore il 12 agosto 2003;
in forza di tale previsione, numerosi contribuenti sono stati informati dall'amministrazione finanziaria della possibilità di avvalersi di tale strumento di definizione dei propri debiti tributari, ed hanno proceduto, entro i termini previsti dalle richiamate disposizioni, al versamento della prevista percentuale del 25 per cento della somma iscritta al ruolo per ruoli emessi e consegnati ai concessionari della riscossione nel periodo compreso tra il 1o gennaio ed il 30 giugno 2001;
a distanza di diversi anni, gli uffici dell'amministrazione finanziaria hanno contestato a numerosi contribuenti la validità di tale definizione, sostenendo che le comunicazioni inviate dagli stessi uffici tributari non sarebbero state valide, in quanto precedenti all'entrata in vigore

della norma, di cui al predetto articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge n. 143 del 2003 che la prevede;
conseguentemente, i contribuenti interessati sono stati invitati a versare l'intero ammontare della somma iscritta al ruolo;
la situazione appena descritta risulta quanto meno paradossale, sia per quanto riguarda il comportamento tenuto dai concessionari della riscossione, i quali avrebbero proposto ai contribuenti di avvalersi di una forma di definizione dei loro carichi tributari prima che ciò fosse previsto dalla normativa in materia, sia per quanto attiene all'atteggiamento dell'amministrazione tributaria, la quale si è limitata a richiedere ulteriori somme ai contribuenti, senza, ad esempio, valutare se la successiva entrata in vigore, a decorrere dal 12 agosto 2003, del comma 2-ter dell'articolo 1 della legge n. 289, introdotto dal decreto-legge n. 143 del 2003, come integrato dalla legge n. 212 del 2003, abbia potuto sanare gli errori commessi nell'invio delle predette comunicazioni;
al di là di tali aspetti, appare comunque prioritario, in ottemperanza allo statuto dei diritti del contribuente, tutelare gli interessi dei contribuenti coinvolti, i quali, in piena buona fede ed in modo assolutamente incolpevole, hanno aderito ad una proposta di definizione avanzata nei loro confronti dall'amministrazione finanziaria, evitando che ad essi siano addossati oneri ulteriori per errori compiuti dalla stessa amministrazione;
la tematica appena richiamata è già stata oggetto dell'interrogazione a risposta immediata n. 5-02429 Pugliese, svolta presso la Commissione Finanze il 3 febbraio 2010, alla quale il Governo ha tuttavia dato una risposta non esaustiva, in quanto non affronta l'aspetto principale della questione e non fornisce alcuna concreta indicazione rispetto alle problematiche lamentate dai numerosi contribuenti interessati;
in particolare, nella risposta il Governo ha sostenuto che il mancato riconoscimento della definizione dei carichi di ruolo pregressi non dovrebbe essere ricondotto all'invalidità della comunicazione da parte dei concessionari della riscossione, ma ad una non meglio precisata erroneità dei versamenti operati dai contribuenti;
in tale contesto appare necessario sollevare nuovamente la questione, cui occorre dare soluzione in tempi rapidi -:
se ritenga possibile riconoscere validità ai versamenti effettuati, entro i termini previsti, dai contribuenti a titolo di definizione dei carichi di ruolo emessi nel periodo compreso tra il 1o gennaio ed il 30 giugno 2001 sulla base di comunicazioni in tal senso pervenute dall'Amministrazione finanziaria anche prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 143 del 2003, verificando in tale contesto se sulle pretese tributarie relative ai predetti ruoli non sia nel frattempo intervenuta la prescrizione, nonché, in ogni caso, quali iniziative intenda assumere al fine di evitare ogni ulteriore onere a carico di tali contribuenti, a salvaguardia della loro buona fede e nel rispetto dei principi sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente.
(5-02496)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE, PISTELLI e VENTURA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Società di mutuo soccorso Andrea del Sarto è stata fondata nel 1897 da un gruppo di cittadini del quartiere di San Salvi, quale centro di aggregazione e di reciproco aiuto in una delle zone allora più periferiche di Firenze e pertanto la stessa rappresenta ad oggi una delle più antiche istituzioni del genere nella città di Firenze;
il terreno di via Luciano Manara, dove ha sede l'odierna struttura, fu acquistato dai soci circa un secolo fa ed all'inizio degli anni '20 l'allora presidente della Società di mutuo soccorso, - il deputato socialista e consigliere comunale di Firenze

Gaetano Pilati, mutilato di guerra e medaglia d'argento al valor militare, nonché imprenditore edile - completò la costruzione di gran parte della sede attuale;
dopo essere stata di fatto avocata dal regime fascista, sempre comunque con destinazione di circolo rionale e nella gestione dei soci, essa fu inclusa dal decreto luogotenenziale Badoglio del 1944 tra i beni dell'ex Pnf trasferiti alla Stato;
la Società di mutuo soccorso (SMS) Andrea del Sarto occupa buona parte dell'immobile demaniale posto a Firenze in via Luciano Manara e denominato «Ex casa del fascio Menabuoni» che nel 1966 ospitò nei suoi locali il centro di soccorso per gli alluvionati del quartiere;
l'utilizzo di tale edificio, per il quale non si conserva memoria della sottoscrizione di un atto di locazione, è sempre stato considerato a titolo oneroso da parte dello Stato;
alla data del 31 dicembre 2006 la Società di mutuo soccorso Andrea del Sarto aveva accumulato un notevole debito per canoni pregressi non pagati. Parte di tale somma è relativa al periodo dal 1974 al 31 ottobre 1997 (data di acquisizione della personalità giuridica da parte dell'Andrea del Sarto) e venne quantificata mediante una transazione fra le parti, peraltro mai perfezionata;
per il debito complessivo, con contestuale richiesta di sfratto in corso di esecuzione, è tuttora in essere un contenzioso giudiziario, per il quale la prossima udienza (dopo essere stata rinviata per anni) risulta fissata per i primi di marzo 2010;
ai fini della stipula di un atto di locazione la società è stata invitata ad inoltrare una nuova istanza di concessione ai sensi del vigente decreto del Presidente della Repubblica 296 del 2005 del 13 settembre 2005 «Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato»;
tale nuova normativa riordina e disciplina le norme inerenti le locazioni e le concessioni di immobili dello Stato per uso diverso da quello abitativo ed abroga completamente le disposizioni della precedente legge 390 del 1986;
il nuovo decreto del Presidente della Repubblica stabilisce che il canone da applicare sarà compreso fra il 10 per cento ed il 50 per cento di quello di mercato. L'esatta determinazione del canone dovrà tener conto di alcuni parametri come la posizione, il valore, l'età dell'immobile, la quantificazione di iniziative progettuali per valorizzare l'immobile stesso mediante finanziamenti propri e l'impegno del locatario di farsi carico della manutenzione ordinaria e straordinaria;
la legge finanziaria per il 2008 (legge 244 del 2007, ai commi 398-400 dell'articolo 2) prevedeva che le accademie e le istituzioni culturali non aventi scopo di lucro fossero legittimate a richiedere, a titolo gratuito, la locazione dei beni immobili di loro utilizzo per lo svolgimento continuativo di attività culturali di interesse pubblico, con l'onere dell'ordinaria e straordinaria manutenzione a loro totale carico;
in particolare, risulterebbe che la Società di mutuo soccorso Andrea del Sarto, subito prima delle ultime elezioni politiche nazionali, sarebbe stata inserita nell'elenco delle associazioni aventi diritto ad una simile agevolazione (assieme, ad esempio, all'accademia della Crusca e ad altre associazioni);
stante, però, la lacunosa formulazione della legge e le incertezze applicative derivanti, l'Agenzia del demanio è tuttora in attesa di un parere (o del regolamento attuativo della legge), da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - ufficio legislativo finanze, in ordine alla portata della norma ed al suo ambito applicativo;
considerata l'importanza della funzione sociale culturale di aggregazione e di presenza sul territorio che l'organismo della Società di mutuo soccorso «Andrea

del Sarto» assume nell'attuale vita della città e del vuoto che si creerebbe con la cessazione della sua attività ed in conseguenza anche della deliberazione n. 1243 del 13 marzo 1995, proposta dalla giunta ed approvata all'unanimità dal consiglio comunale di allora, con cui si chiedeva l'acquisizione dell'immobile della società di mutuo soccorso Andrea del Sarto assieme alla fortezza da Basso, il consiglio comunale di Firenze ha approvato all'unanimità la mozione n. 584 in data 14 dicembre 2009, con la quale si chiede al sindaco ed alla giunta di intervenire nei confronti del Governo affinché la vicenda si risolva velocemente e positivamente per la società di mutuo soccorso Andrea del Sarto -:
se non ritenga urgente ed opportuno, nelle more della definizione della causa, ricercare una soluzione per la società di mutuo soccorso Andrea del Sarto e nell'immediato, conseguentemente, scongiurare lo sfratto;
se effettivamente la società di mutuo soccorso figuri nell'elenco delle associazioni aventi diritto all'agevolazione di cui alla legge finanziaria per il 2008 (legge 244 del 2007, ai commi 398-400 dell'articolo 2) la quale prevedeva che le accademie e le istituzioni culturali non aventi scopo di lucro fossero legittimate a richiedere, a titolo gratuito, la locazione dei beni immobili di loro utilizzo per lo svolgimento continuativo di attività culturali di interesse pubblico, con l'onere dell'ordinaria e straordinaria manutenzione a loro totale carico, ed in questo caso se non sia urgente sospendere ogni qualsivoglia azione legale di sfratto, o di richiesta di canoni di affitto, sino all'entrata in vigore del regolamento attuativo della legge n. 244 del 2007 redatto dal Ministero dell'Economia e delle finanze - ufficio legislativo finanze e che dovrà deliberare in ordine alla portata della norma ed al suo ambito applicativo;
se non ritenga altresì necessario ed auspicabile, lavorare ad una soluzione definitiva tenendo così in considerazione la possibilità che lo Stato trasferisca al Comune lo storico edificio in cui svolge la sua attività l'associazione, posto che in tal senso la società di mutuo soccorso Andrea del Sarto ha già dato la propria disponibilità a concedere il godimento di spazi del suddetto immobile per servizi ed attività sociali e culturali pubbliche, sia comunali che di quartiere.
(5-02488)

DELFINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Equitalia Nomos S.p.A. è una società che opera sul territorio nazionale in qualità di agente della riscossione dei tributi, sotto la direzione del coordinamento di Equitalia S.p.A., anche per la provincia di Cuneo;
nel giugno 2007, l'Equitalia Nomos ha avviato la procedura di fusione per l'incorporazione di Equitalia Cuneo S.p.A.;
risulterebbe all'interrogante che numerose cartelle esattoriali colpiscano contribuenti risultati morosi per errore, e che sia elevato il numero degli avvisi di vendite immobiliari, nonché eccessivo ricorso allo strumento delle ganasce fiscali;
sono molti i cittadini e le imprese che non sono in grado di pagare le cartelle esattoriali e altrettanti sono quelli che, pur avendo rateizzato gli importi, non riescono a rispettare le scadenze, incorrendo, di conseguenza, nell'applicazione di nuove sanzioni e interessi;
allo stato attuale risulterebbe opportuno esaminare la legittimità degli interessi applicati dalla società, nonché chiarire le procedure adottate dalle agenzie di riscossione per notificare il provvedimento di fermo amministrativo nella provincia di Cuneo;
risulterebbe, inoltre, opportuno rendere espliciti i casi e le modalità nei quali si procede all'iscrizione di ipoteche su immobili di proprietà dei contribuenti morosi -:
quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere per una opportuna verifica della sovraesposta situazione, che

consenta di evidenziare quanti cittadini cuneesi, nonché quante partite IVA, abbiano ricevuto nel periodo 2000-2009, almeno una cartella esattoriale, e conseguentemente quante siano le infrazioni contestate e quante siano state inevase;
quante siano, nel periodo 2000-2009, le ipoteche su immobili di proprietà di contribuenti morosi, e quanti siano i fermi amministrativi rispetto all'intero parco auto circolante nella provincia di Cuneo;
in fine, a quanto ammonti la stima del debito con lo Stato di contribuenti morosi per non aver provveduto al pagamento dei tributi contestati.
(5-02492)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fin dai primi anni 90 e in relazione agli accadimenti politici che portarono alla fine della I Repubblica, si è profondamente riformato il sistema dei mercati finanziari, con l'emanazione di nuove leggi sull'arco dell'intero decennio;
queste leggi sono state concepite per snellire procedure e favorire la crescita dei mercati finanziari medesimi;
in questo disegno hanno particolare rilevanza quelle leggi finalizzate a creare, anche in Italia, un mercato finanziario dei «derivati»;
questo mercato è miseramente crollato con perdite miliardarie sia all'estero che in Italia fin dall'autunno 1998;
le leggi in questione sono il decreto legislativo n. 385 del 1993 (testo unico bancario) e il decreto legislativo n. 130 del 1999 (Disposizioni sulle cartolarizzazioni bancarie);
in entrambi i casi, i mercati finanziari sono stati «snelliti» consentendo a banche e società finanziarie di poter derogare ad articoli del codice civile posti a tutela dei debitori e a salvaguardia dell'economia del Paese;
l'articolo 50 del Testo Unico Bancario consente la deroga dell'articolo 633 del codice di procedura civile che impone la prova scritta per ottenere un decreto ingiuntivo;
l'articolo 58 del Testo Unico Bancario consente la deroga dell'articolo 1264 del codice civile che obbliga la notifica della cartolarizzazione al debitore ceduto;
l'articolo 5 del decreto legislativo n. 130 del 1999 sulle cartolarizzazioni deroga dagli articoli 2410 al 2420 del codice civile, che vietano l'emissione di titoli negoziabili senza copertura finanziaria;
giungono quotidianamente segnalazioni e appelli, da parte di cittadini, imprenditori e associazioni di tutela, su innumerevoli abusi che queste «deroghe» consentono a banche e società finanziare;
queste «deroghe alle leggi» consentono altro arbitrio oltre quello già esercitato con gli strumenti tradizionali quali iscrizione in centrale rischi, al CRIF, o la revoca unilaterale e immotivata degli affidamenti bancari;
tutto questo aggrava in modo insostenibile la posizione di cittadini e aziende, in questo gravissimo periodo di crisi, coinvolgendo milioni di persone spesso a loro insaputa;
da analisi fatte da associazioni di tutela quali lo SNARP di Roma sono emersi centinaia di suicidi documentati in conseguenza di vessazioni bancarie, su cui si sta pubblicando un dossier con nomi e circostanze;
i titoli emessi a fronte delle cartolarizzazioni e venduti a enti pubblici e fondi pensione sono garantiti da «crediti in sofferenza» e quindi inesigibili, come risulta da varie Gazzette Ufficiali in nostro possesso, con gravissimo danno per gli acquirenti;
i procedimenti esecutivi sono affidati a società italiane a loro volta di proprietà di finanziarie straniere specializzate in

titoli tossici e coinvolte nei crack dei mesi scorsi, ma il cui personale viene dalle banche italiane;
una sola di queste, Italfondiario spa, sta esecutando fra i cittadini e le imprese italiane, in immobili, stipendi e risparmi ben 28 miliardi di euro come indicato nel loro sito internet;
i metodi e le prassi sono concepiti per tenere i debitori, veri o presunti, in stato di soggezione continuativa, al punto che molti cittadini stanno denunciando alle Procure le banche per i reati ex articolo 600 del codice penale, riduzione in schiavitù;
tutto questo rappresenta un gravissimo danno all'economia, ai cittadini, alle aziende e alla pace sociale che aggrava una crisi endemica già di per se gravissima -:
se il Governo sia a conoscenza di questa situazione;
se siano state fatte analisi sul fenomeno;
se siano stati presi provvedimenti, e quali, per riportare il settore bancario e finanziario nell'ambito che gli compete di supporto allo sviluppo economico e civile.
(4-06120)

REALACCI, FONTANELLI, MARIANI e GATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel periodo compreso tra il 25 e il 31 dicembre 2009 l'intera regione Toscana è stata interessata da violente e rovinose precipitazioni meteorologiche che hanno causato ingenti danni a persone, immobili ed attività produttive;
frane, allagamenti, crolli ed esondazioni di corsi d'acqua hanno interessato vaste aree della provincia di Pisa, Lucca specificatamente in Garfagnana e nell'area del lago di Massaciuccoli, Massa Carrara e Prato;
nel pisano il fiume Serchio è uscito dagli argini all'altezza delle frazioni di Ripafratta e Nodica, nei comuni di Vecchiano e San Giuliano Terme dove sono state evacuate numerose case e attività industriali;
il Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2010, ha dichiarato su richiesta del Ministro Altero Matteoli lo stato di calamità naturale per le aree colpite dai nubifragi nel periodo natalizio in Toscana;
ad oggi la Protezione civile non ha ancora emesso l'ordinanza per la gestione dei primi interventi di emergenza e tramite cui i primi fondi di gestione sarebbero stati messi a disposizione;
la mancata emanazione del sopraccitato provvedimento pregiudica la capacità di esecuzione dei lavori degli enti locali interessati dall'alluvione: regione Toscana, province e comuni che oltretutto necessitano di ingenti fondi per poter operare -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di affrontare fattivamente gli interventi di ripristino ambientale e di riavvio delle attività produttive nelle zone gravemente colpite dalle piogge;
se non sia necessario assumere le necessarie iniziative per stanziare le risorse utili al rimborso dei danni subiti da imprese e cittadini che contengano gli elementi e le indicazioni per rendere operative le deroghe da tutti gli adempimenti fiscali amministrativi, tributari e contributivi da parte dei soggetti colpiti volti all'ottenimento di un documento unico di regolarità contributiva valido, nonché le modalità per l'erogazione dei rimborsi ai soggetti danneggiati.
(4-06123)

GRAZIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto

del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, prevede che «Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile»;
l'articolo 3, comma 3, lettera c), del provvedimento richiamato - prima che l'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 314 del 1997 ne disponesse l'abrogazione con effetto dal 1o gennaio 2001 - prevedeva l'esclusione dalla base imponibile dei redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto;
tale modifica, come testimoniano i lavori parlamentari in seno alla Commissione parlamentare consultiva in materia di riforma fiscale, nel corso della XIII legislatura, rispondeva unicamente all'esigenza, del tutto interna al sistema normativo italiano, di uniformare il trattamento fiscale del reddito di lavoro dipendente a quello previsto ai fini contributivi e previdenziali;
la relazione del Governo sullo schema di decreto legislativo recante unificazione della base imponibile del lavoro dipendente a fini fiscali e contributivi, nonché semplificazione dei relativi adempimenti dei datori di lavoro, a norma dell'articolo 3, comma 19, della legge n. 662 del 1997, evidenzia che «in adesione a quanto richiesto dalla Commissione e tenuto conto delle difficoltà operative che la soppressione della disposizione in questione potrebbe comportare e al fine di evitare il rischio di assoggettare tali redditi ad una doppia imposizione, è stato previsto che l'abrogazione dell'articolo 3, comma 3) lettera c), abbia effetto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2000. In tal modo, potranno anche essere stipulate, nel frattempo, nuove convenzioni per evitare la doppia imposizione sui redditi e potranno essere riviste le convenzioni già vigenti»;
tale manifestazione di intenti non si è tuttora tradotta in alcuna misura correttiva con gravi ripercussioni, alla luce del vuoto normativo che ne è derivato, per le imprese italiane che assumono dipendenti provenienti dall'estero;
ciò si verifica, in particolare, quando una società con sede nel territorio dello Stato perfeziona nella prima parte dell'anno solare l'assunzione di un dirigente proveniente da un Paese estero con il quale sia in vigore una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni ed il cui ordinamento interno prevede, nella definizione di residenza, il frazionamento del periodo di imposta;
invero, questione del tutto analoga si può prospettare nel caso opposto, ossia in occasione di espatrio del dipendente straniero nel corso della seconda metà dell'anno solare;
secondo l'Agenzia delle entrate, che si è occupata della questione con la risoluzione 471/E del 3 dicembre 2008, sarebbe in tesi da escludere, salvo che i rapporti non rientrino nella sfera di operatività delle convenzioni sottoscritte con la Confederazione Svizzera e la Repubblica Federale di Germania, la possibilità di considerare una persona fisica residente nel territorio dello Stato per frazione di imposta, ossia limitatamente al periodo di permanenza nel territorio stesso delimitato, alternativamente, dalla data di assunzione, ovvero dall'inizio del periodo di imposta alla data di estinzione del rapporto lavorativo;
pertanto, il contribuente che trasferisca, o al contrario acquisisca, la residenza in corso d'anno dopo aver maturato, o maturando, i requisiti del world wide principle resta o verrà assoggettato ad imposizione in Italia anche in relazione alla totalità dei redditi di fonte estera;
si dovrebbe allora dedurre che i redditi in parola siano da considerare strutturalmente sottoposti ad un doppio prelievo, nello Stato della fonte ed in quello

di provenienza o destinazione, con il solo correttivo, parziale, del credito d'imposta;
la richiamata interpretazione assume una forte valenza sostanziale ove appena si consideri che, sulla base di una consolidata regola di mercato, le imprese italiane devono determinare la retribuzione complessiva da offrire all'assumendo in ragione di «un netto garantito» e, dunque, con accollo da parte della medesima di tutti gli oneri fiscali connessi;
facendo propria una simile prospettiva esegetica, al di là degli intuitivi profili di irrazionalità ed illogicità che la caratterizzano, le società italiane verrebbero, strutturalmente, ad operare ad un maggior costo salariale e, dunque, in condizioni di oggettivo svantaggio rispetto ai competitors stranieri;
ne verrebbe, di qui, seriamente ed illegittimamente pregiudicata la libertà di circolazione dei lavoratori con particolare effetto discriminatorio per i residenti nella Unione europea o negli Stati EFTA - libertà garantita dall'articolo 28 dell'Accordo sullo spazio economico europeo del 2 maggio 1992 - nonché la capacità delle imprese di acquisire risorse umane di elevato profilo professionale sulla scena internazionale (manager, dirigenti, ricercatori, e altri) indispensabili a garantire i processi di sviluppo del sistema produttivo nazionale;
il riconoscimento del principio enunciato dal commentario all'articolo 4, paragrafo 2.10, del modello di Convenzione approvato dall'OCSE - OECD model tax convention - porterebbe, ferma restando la disciplina domestica, ad una positiva soluzione della problematica in esame;
il Commentario, al riguardo, autorevolmente prevede che «per quanto possibile, il criterio di riferimento deve essere di natura tale che la persona considerata lo soddisferà in un solo Stato e allo stesso tempo deve riflettere un legame che comporti che il diritto di assoggettare ad imposta sia naturalmente attribuito a quello specifico Stato. I fatti ai quali si applicheranno le regole speciali sono quelli che prevalgono nel corso del periodo durante il quale la residenza del contribuente rileva al fine del suo assoggettamento ad imposta, periodo che potrebbe essere di durata inferiore ad un intero periodo di imposta (...). A titolo esemplificativo, in un anno solare una persona fisica è residente dello Stato A in virtù della legislazione di detto Stato dal 1o gennaio al 31 marzo e, successivamente, si trasferisce nello Stato B. In base alla legislazione dello Stato B la persona è considerata residente in detto Stato B per l'intero anno in quanto ha ivi soggiornato per più di 183 giorni. Applicando le regole speciali al periodo intercorrente tra il 1o gennaio e il 31 marzo, la persona fisica era residente dello Stato A. Di conseguenza, sia lo Stato A che lo Stato B dovrebbero considerare la persona fisica residente dello Stato A per quel periodo e dello Stato B per il periodo intercorrente tra il 1o aprile ed il 31 dicembre»;
il Governo italiano, limitandosi a proporre una sola osservazione a margine dell'interpretazione esposta nel paragrafo 24 del Commentario all'articolo 4 della Convenzione richiamata, non ha ivi ritenuto di rappresentare una diversa posizione, con ciò, evidentemente, vincolandosi al rispetto della nozione in esso accolta ed alle statuizioni ivi contenute;
inoltre, l'OCSE, interpellata sul punto, dopo aver premesso che «A seconda delle fattispecie di ogni specifico caso, le tie-breaker rules assicurano che il contribuente venga considerato residente in uno dei due Stati contraenti ai fini della Convenzione», talché «(...) il contribuente può rimanere residente in ogni Stato contraente ai fini della legislazione tributaria di questi Stati. Ognuno dei quali dovrà comunque conformarsi alle disposizioni del trattato al momento di tassare il contribuente» ha autorevolmente concluso che «(...) Se ai sensi delle tie-breaker rules della Convenzione, il contribuente è ritenuto essere residente in uno Stato contraente (Stato A) per la seconda parte dell'anno e il rapporto di lavoro è esercitato

nell'altro Stato contraente (Stato B) per un datore di lavoro qui residente, il risultato della Convenzione sarà che lo Stato A potrà tassare il reddito da lavoro del contribuente per quel periodo e dovrà detrarre le imposte applicate nell'altro Stato contraente su quel reddito. Se tuttavia il risultato delle tie-breaker rules della Convenzione è che il contribuente finisce per essere ritenuto residente nello Stato B per la seconda parte dell'anno, il reddito da lavoro sarà tassabile solo nello Stato B secondo la Convenzione»;
in altri termini le tie-breaker rules non costituiscono qui un elemento sussidiario, ma rappresentano, piuttosto, uno strumento di importanza centrale nella concreta prevenzione e/o risoluzione dei conflitti intorno alla potestà impositiva dei singoli Stati -:
se possano trovare applicazione limitatamente alla fattispecie qui descritta e, dunque, se ed in quanto l'ordinamento di provenienza, o destinazione, del dirigente ammetta la residenza parziale della persona fisica i principi enunciati dal modello di Convenzione OCSE e dal relativo Commentario in tema di frazionamento del periodo di imposta ai fini della tassazione dei redditi di provenienza estera.
(4-06124)

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
appare grave all'interpellante il persistente livello di politicizzazione di alcuni settori dell'amministrazione della giustizia a Bologna, nonostante la presenza in quella, come in altre sedi, di magistrati di ottimo valore con un alto senso dello Stato;
in alcuni casi si delinea quello che all'interpellante appare un vero e proprio clima di scontro, come è avvenuto nell'ambito di un procedimento giudiziario riguardante l'ex sindaco Delbono per attività svolte come vicepresidente della giunta regionale dell'Emilia-Romagna, procedimento che ha visto il giudice per le indagini preliminari respingere la richiesta di archiviazione formulata in un primo tempo dalla procura della Repubblica;
la politicizzazione della magistratura a Bologna - che rischia di compromettere l'imparzialità dell'amministrazione della giustizia - trova, ad avviso dell'interpellante, ulteriore conferma nel fatto che nel passato si siano resi protagonisti di affermazioni contro l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri sia un ex procuratore della Repubblica che ha dichiarato la sua vicinanza alla sinistra e che avrebbe ricevuto un'incarico di consulenza dalla regione Emilia-Romagna, sia un altro ex magistrato appartenente ad una delle correnti più politicizzate, che è stato per ben 5 anni assessore comunale a Bologna -:
se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative normative volte ad impedire che possano essere attribuiti incarichi di consulenza a magistrati, anche in quiescenza, presso organi politici di enti pubblici.
(2-00624) «Garagnani, Carlucci».

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Riformista del giorno 11 febbraio 2010, nella rubrica «Radio Carcere», Roberto, 65 anni, è detenuto in carcere da 2 anni in attesa di giudizio pur essendo cardiopatico;
nello specifico, Roberto (del detenuto viene riportato solo il nome di battesimo)

viene arrestato e portato nel carcere di Lanciano nell'ottobre del 2007 e rinchiuso in una cella occupata da altre 4 persone;
già quando era libero i medici avevano diagnosticato al detenuto un'ostruzione del 100 per cento della coronaria destra, al punto da avergli consigliato un immediato intervento chirurgico;
nel carcere di Lanciano la cardiopatia di Roberto non migliora, anzi, il suo cuore non viene adeguatamente controllato dai medici del penitenziario e così le sue condizioni si fanno ancora più gravi;
nel luglio del 2009 i difensori del detenuto, visto il peggiorarsi delle condizioni di salute del loro assistito, chiedono al tribunale di sottoporlo ad una visita cardiologica all'ospedale di Lanciano; visita specialistica che in effetti viene fatta dopo 4 mesi, ovvero il 27 ottobre 2009; ma nel corso della stessa Roberto sta talmente male che il cardiologo, dopo pochi minuti, sospende l'esame dello «stress test» per evitare un collasso cardiocircolatorio; dopodiché, come se nulla fosse, il detenuto viene riportato nella sua piccola e sovraffollata cella del carcere di Lanciano, ossia all'interno di una struttura assolutamente inidonea a curare una persona cardiopatica;
il 27 novembre 2009 il detenuto, accusando da tempo forti dolori al petto e vertigini, viene visitato dal suo cardiologo che, nella relazione depositata al tribunale di Roma, diagnostica una grave forma di cardiopatia ischemica, evidenziando che il paziente è in pericolo di vita e che per questo necessita di un ricovero ospedaliero immediato;
dopo due tentativi andati inspiegabilmente a vuoto, il 29 dicembre 2009 il tribunale inoltra un terzo ordine al carcere di Rebibbia trasmettendo all'amministrazione penitenziaria la segnalazione, fatta dai difensori, della mancata esecuzione dei precedenti ordini di ricovero. Solo il 14 gennaio 2010, ovvero dopo più di un mese dal primo provvedimento del tribunale, il detenuto viene finalmente portato all'ospedale di Tor Vergata per essere operato al cuore (l'operazione a cuore aperto avviene la sera del 19 gennaio 2010);
dopo il delicato intervento subito al cuore, il detenuto viene portato in terapia intensiva dove però rimarrà poco più di 48 ore; dopodiché viene ricondotto dagli agenti penitenziari nel carcere di Rebibbia e rinchiuso in cella;
il 28 gennaio 2010, il detenuto viene di nuovo visitato dal suo cardiologo il quale evidenzia al tribunale di Roma come il regime carcerario a cui è sottoposto Roberto non è idoneo all'assistenza medica necessaria e che di conseguenza il paziente è esposto in carcere ad un grave pericolo di vita -:
di quali informazioni dispongano in ordine alla vicenda illustrata in premessa;
se i Ministri interrogati non intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nel caso di specie siano state (e siano tuttora) garantite al detenuto - in modo tempestivo ed adeguato - le cure e l'assistenza che il suo stato di salute richiede e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte del personale medico e/o amministrativo;
quali urgenti iniziative di competenza intendano intraprendere affinché al detenuto in questione venga garantito il diritto alla salute.
(4-06130)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
martedì 9 febbraio 2010 sul sito online toscananews24.it è apparso un articolo intitolato: «Lucca, la situazione sanitaria nel carcere è molto preoccupante»;
le patologie più diffuse nel carcere S. Giorgio di Lucca, secondo quanto accertato

dal Report clinico dell'Azienda Usl n. 2, sarebbero Aids (cinque casi), tossicodipendenza (29 casi) ed epatite (46 casi);
la struttura carceraria in questione presenta un ormai cronico sovraffollamento, atteso che nella stessa sono presenti 168 detenuti a fronte di una capacità di accoglienza ottimale di 80 persone, il che fa emergere numerose e differenti problematiche cliniche, tali da sollecitare il locale «Gruppo istituzionale carcere» a chiedere un potenziamento del servizio sanitario, l'aumento della copertura della presenza della guardia medica nelle 24 ore e del servizio sociale, oltre ad una serie di interventi rivolti al miglioramento dell'assistenza infermieristica e psicologica;
su 174 reclusi del S. Giorgio, 65 sono italiani e 109 extracomunitari. Dei 65 italiani, 13 sono di Lucca e 18 di Viareggio e 34 arrivano da fuori provincia. Tra gli stranieri, 48 provengono dal Marocco, 10 dall'Albania, 18 dalla Tunisia, 14 dalla Romania, 6 dall'Algeria, 13 da altri Paesi;
la «fotografia» della situazione sanitaria all'interno del carcere di Lucca indica dettagli interessanti sotto l'aspetto delle patologie diffuse. Numerosi, come detto, i detenuti tossicodipendenti: a fronte di 29 casi accertati, ben 48 risultano quelli dichiarati. Piuttosto diffusi anche i disturbi all'apparato digerente (45), così come le epatiti, 36 «B» e 10 «C». Gli alcoldipendenti accertati sono 4 a fronte di 20 dichiarati; 5 le patologie all'apparato cardiovascolare, 5 a quello respiratorio, 8 i casi di disturbi mentali e 3 di diabete. Quattro i detenuti affetti da ipertensione, 4 le patologie renali. Sono 5, inoltre, i casi di Aids, 1 di sifilide, 6 le sofferenze osteoarticolari, 4 le patologie otoiatriche, un caso di sordomutismo e uno di ipertiroidismo -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
quali iniziative di competenza intendano assumere per risolvere le problematiche esposte in premessa;
se non si intenda provvedere immediatamente al potenziamento del servizio di guardia medica nelle 24 ore e del servizio sociale all'interno dell'istituto di pena indicato in premessa;
quali iniziative di competenza si intendano adottare, sollecitare e promuovere al fine di migliorare l'assistenza infermieristica e psicologica all'interno del carcere San Giorgio di Lucca;
più in generale, quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché siano garantiti livelli di cura e di assistenza all'altezza per tutti i detenuti del carcere San Giorgio di Lucca, anche attraverso la fornitura di apparecchiature e strumentazioni adeguate.
(4-06132)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'attuale Governo ha recentemente varato il cosiddetto «Piano Carceri» per affrontare il sovraffollamento degli istituti di pena, problema che sta costando condanne all'Italia in sede europea per le attuali condizioni di detenzione ben al di sotto della soglia minima di dignità;
una volta posta la scelta, da parte dell'Esecutivo, di privilegiare il carcere quale strumento ordinario di esecuzione della pena, a giudizio della prima firmataria del presente atto si sarebbero dovuti prevedere adeguati stanziamenti, oltre che per costruire nuove strutture penitenziarie, anche per riqualificare gli istituti già esistenti, per renderli cioè conformi agli standard europei (docce, servizi igienici, riscaldamento invernale adeguato, aree-verdi, sale colloquio a norma, tanto per citare gli interventi più urgenti), atteso che, se non si interviene in via prioritaria per adeguare gli istituti già esistenti, quasi tutti vetusti e spesso carenti di adeguata manutenzione per mancanza di risorse, il

rischio è di perpetuare quelle condizioni di «inumanità» già attualmente portato all'attenzione del giudice europeo;
ed invero le nostre carceri sono fuori-legge non solo perché in molte di esse si supera la capienza regolamentare (su 205 istituti di pena, ben 171 superano la soglia regolamentare, in pratica l'83 per cento del totale); ma anche perché al loro interno non vengono rispettate importanti disposizioni contenute nel Regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000), che, se attuate nella pratica quotidiana, renderebbero gli spazi detentivi già più rispettosi della dignità del singolo detenuto e quest'ultimo più consapevole dei propri diritti;
in particolare: a) l'articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, prescrive che i servizi igienici debbono essere ubicati in un vano annesso alla camera; ciò non sempre accade, atteso che in molte carceri italiane è dato ancora vedere celle con i water cosiddetti «a vista», non posizionati cioè in un ambiente separato e a se stante; b) l'articolo 37, comma 5, del citato decreto del Presidente della Repubblica, prevede che i colloqui dei detenuti con i propri familiari debbano avvenire in locali interni senza mezzi divisori o in spazi all'aperto a ciò destinati, pur tuttavia, in numerose sale colloquio presenti nei nostri istituti di pena, ancora permangono i vetri e/o i muretti divisori; c) l'articolo 69, sempre del citato decreto del Presidente della Repubblica prevede che all'atto dell'ingresso in carcere, a ciascun detenuto o internato, è consegnato un estratto delle principali norme di cui al regolamento interno dell'istituto, con l'indicazione del luogo dove è possibile consultare i testi integrati. L'estratto deve essere fornito nelle lingue più diffuse tra i detenuti e internati stranieri;
la prima firmataria del presento atto si è unita, da oltre duo settimane, con lo sciopero della fame, al Satyagraha radicale di Marco Pannella, ciò proprio alfine di ottenere da parte dell'amministrazione penitenziaria il rigoroso e puntuale rispetto d9e proprie leggi, evitando così che il richiamato Regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario rimanga, nelle parti sopra citate, solo una mera statuizione di principio -:
quali urgenti provvedimenti il Ministro intenda adottare, promuovere e/o sollecitare, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, al fine di rimuovere i bagni «a vista» nelle celle, laddove ancora esistenti;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare, promuovere e/o sollecitare, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 37, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, al fine di, da un lato, rimuovere i muretti e/o vetri divisori nelle sale colloquio, laddove ancora esistenti, e, dall'altro, realizzare le cosiddette «aree verdi» dove consentire ai detenuti di incontrare i propri familiari, laddove mancanti;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare, promuovere e/o sollecitare, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 69, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, affinché venga effettivamente consegnato a ogni detenuto o internato, all'atto del suo ingresso in carcere, un estratto delle principali norme dì cui al regolamento interno dell'istituto, con l'indicazione del luogo dove è possibile consultare i testi integrali, debitamente tradotti nelle lingue più diffuse per i detenuti extracomunitari che non conoscono la lingua italiana.
(4-06136)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito da Mauro Nardella, segretario provinciale nonché vice-segretario regionale della Uil-Pa Penitenziari di Abruzzo, negli scorsi giorni un internato presso la casa di reclusione di

Sulmona ha tentato il suicidio ma è stato prontamente salvato dal tempestivo e provvidenziale intervento dell'agente di polizia penitenziaria preposto al controllo della sezione;
il salvataggio non sarebbe stato possibile senza l'ausilio degli altri internati, atteso che il tentativo di suicidio era stato posto in essere dal detenuto con molta cura e preparazione, visto e considerato che il nodo scorsoio utilizzato dall'uomo per impiccarsi era bagnato, il che rende notoriamente molto più difficile e complicato l'allentamento dello stesso;
dopo essere stato rianimato, l'aspirante suicida è stato condotto presso la locale infermeria per le ulteriori cure del caso. Attualmente viene guardato a vista da ben quattro agenti di polizia penitenziaria, che non possono quindi più assolvere alle loro ulteriori incombenze quotidiane, ciò con notevole nocumento per l'organizzazione ed il funzionamento della stessa casa di reclusione di Sulmona, all'interno della quale l'organico degli agenti penitenziari è già gravemente deficitario;
nel frattempo nel carcere di Sulmona continuano ad arrivare nuovi internati, il che accade nonostante precedenti atti di sindacato ispettivo abbiano più volte stigmatizzato il pesante sovraffollamento della casa di lavoro abruzzese, con ciò sollecitando il Governo a promuovere iniziative, anche di carattere legislativo, volte a rendere meno pressante l'adozione della citata misura di sicurezza che, così come concepita e attuata, non solo rende vano qualsiasi trattamento rieducativo nei confronti degli stessi internati, ma mette anche in grave difficoltà il personale preposto alla loro gestione, cura e vigilanza;
più volte in passato la prima firmataria del presente atto, insieme al segretario provinciale e vice-segretario regionale della Uil-Pa Penitenziari, Mauro Nardella, ha chiesto la chiusura della casa lavoro di Sulmona o quanto meno la drastica riduzione degli internati in essa presenti attraverso una razionale e capillare redistribuzione degli stessi nelle altre case di reclusione sparse sul territorio nazionale, così come previsto dall'articolo 62 della legge n. 354 del 1975, ciò in virtù del fatto che presso tutte le case di reclusione possono essere istituite sezioni per l'esecuzione delle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro;
recentemente la Uil-Pa Penitenziari ha lamentato la mancata assegnazione presso la struttura peligna del personale di polizia penitenziaria; il che sarebbe potuto avvenire nel corso dell'ultima procedura di mobilità derivante dall'assegnazione degli agenti che hanno appena ultimato il corso di formazione;
molto presto alla predetta mancata assegnazione di nuovo personale si assocerà il problema dovuto sia alla imminente partenza degli agenti distaccati da Avezzano, sia alla mancata disponibilità, per la durata di trenta giorni, del personale di polizia penitenziaria (circa una trentina, secondo le stime più attendibili) che si candiderà alle prossime elezioni amministrative -:
non intenda assumere iniziative volte alla immediata chiusura della casa lavoro di Sulmona o, quanto meno, alla drastica riduzione degli internati in essa presenti attraverso la razionale redistribuzione degli stessi presso le altre case di reclusione;
per quali motivi nel corso dell'ultima procedura di mobilità derivante dall'assegnazione degli agenti che hanno appena ultimato il corso di formazione, alla struttura peligna non sia stato assegnato un numero adeguato di agenti penitenziari;
come intenda risolvere la grave e perdurante carenza di personale di polizia penitenziaria assegnato presso il carcere di Sulmona, ciò anche alla luce della imminente partenza degli agenti distaccati da Avezzano nonché della probabile messa in aspettativa di circa una trentina di loro in ragione della candidatura alle prossime elezioni amministrative;
se non intenda sopperire alla cronica carenza dei personale della polizia penitenziaria attingendo ai tantissimi agenti distaccati per ragioni di servizio;

se non intenda promuovere gli opportuni interventi normativi diretti a limitare l'applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili (abolendo il sistema del doppio binario) o comunque volti ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento».
(4-06141)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor S. C., attualmente ristretto presso il carcere di Prato, è completamente cieco;
l'uomo è stato condannato per il reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale e, per questo motivo, non ha potuto beneficiare, in passato, dell'indulto, né può ottenere ora le misure alternative alla detenzione stante lo sbarramento posto dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario;
oltre ad essere non-vedente, il detenuto è privo di famigliari che lo possano accudire ed essergli d'aiuto e, a causa della sua disabilità, sta attraversando un periodo di profondo malessere psicologico e di grave abbattimento morale e scadimento fisico;
in Italia nessuna struttura carceraria è attrezzata per ospitare al suo interno un detenuto affetto da una sì grave patologia agli occhi; sulla vicenda lo stesso detenuto ha inviato dettagliate relazioni alla magistratura di sorveglianza, alla Corte europea dei diritti dell'uomo e al Ministro della giustizia, a tutti segnalando il proprio problema, ma nonostante ciò continua a rimanere chiuso all'interno del predetto istituto di pena, al punto che lo stesso, per richiamare le istituzioni all'adempimento degli obblighi di legge, ha iniziato da alcuni giorni uno sciopero della fame;
il detenuto non è nemmeno in grado di spostarsi all'interno della propria cella, sicché in pratica trascorre tutta la giornata tra lo sgabello ed il letto, all'interno di uno spazio che, seppur ridottissimo e, quindi, creato per contenere un solo recluso, si vede costretto a dividere con altre due persone;
stante le barriere architettoniche di cui è inevitabilmente affetta la struttura penitenziaria all'interno della quale è recluso, il signor S. C. non è in grado di soddisfare la benché minima esigenza personale, se non con l'ausilio ed il sostegno del personale penitenziario, il che lo porta a dipendere totalmente dagli altri e a non essere autonomo nemmeno nel disbrigo delle pratiche più elementari;
l'articolo 1 della legge sull'ordinamento penitenziario prescrive e stabilisce, in aderenza al dettato costituzionale, che «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona» -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se e quali iniziative intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire al signor S. C., la tutela effettiva del proprio diritto alla salute, che rischia altrimenti di essere irrimediabilmente pregiudicato da modalità di esecuzione della pena che appaiono agli interroganti orientate unilateralmente a criteri retributivi, di prevenzione generale e difesa sociale, poco compatibili con il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona, nonché con la funzione rieducativa della sanzione penale;
se le autorità carcerarie siano a conoscenza del grave stato di sofferenza psicologica e di profonda prostrazione morale e fisica sofferti dal detenuto e se siano

state attivate tutte le procedure di cura e assistenza che la situazione richiede;
se sia noto se vi siano state iniziative per il trasferimento del detenuto in un ricovero esterno ai sensi dell'articolo 11 della legge sull'ordinamento penitenziario;
quanti siano i detenuti in condizione di disabilità ed in quali condizioni vengano garantiti i trattamenti necessari per la loro salute.
(4-06147)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2010

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la Variante alla S.S. n. 7 Appia in Comune di Formia «Pedemontana di Formia» è inclusa tra le opere del Programma Nazionale delle Infrastrutture Strategiche;
la speciale Commissione VIA istituita presso il Ministero dell'ambiente ha approvato il 27 aprile 2005 lo studio di impatto ambientale sul progetto preliminare ed il 29 marzo 2006 l'opera è stata approvata dal CIPE e parzialmente finanziata;
l'opera, originariamente con caratteristiche autostradali di Classe «A» (Norme C.N.R.) è stata declassata ad autostrada di Classe «B». (Delibera pubblicata in ottobre 2006) ed il progetto definitivo, adeguato alla Classe «B» come richiesto, è stato sottoposto per l'approvazione all'ANAS;
la lunghezza dell'opera è circa 12,2 chilometri con origine in località Pontone (Venticinque Ponti) e termine (lato Napoli) in località S. Croce in corrispondenza dello svincolo con la superstrada Formia-Cassino;
l'opera è così suddivisa:
gallerie artificiali di Monte Campese e Balzorile;
doppia carreggiata con controstrade nel tratto finale verso S. Croce;
galleria naturale a doppia canna con corsie di emergenza;
il costo complessivo dei soli lavori come da progettazione definitiva in corso di istruttoria presso ANAS ammonta ad euro 523 milioni (inclusi circa 10 milioni di euro per interventi compensativi pari al 3 per cento del costo previsto per l'opera), oltre IVA ed oneri accessori e quindi per un totale di 823 milioni di euro;
nel 7o Documento di programmazione economica e finanziaria (luglio 2009) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'opera risulta finanziata per 78,5 milioni di euro mentre il finanziamento dell'opera verrà individuato a completamento della progettazione definitiva;
l'iter per l'approvazione dell'opera prevede le seguenti tappe:
febbraio 2010, approvazione del progetto definitivo da parte di ANAS;
marzo 2010, invio del progetto approvato al CIPE per approvazione e richiesta di copertura economica almeno per il primo stralcio (costo 50 per cento circa);
maggio 2010, recepimento delle eventuali prescrizioni CIPE ed adeguamento progettuale;
giugno 2010, bando di gara per la realizzazione dell'opera (se ottenuta copertura finanziaria) -:
se siano state già reperite almeno le risorse necessarie per la realizzazione del primo stralcio dell'opera;
se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa ulteriore volta a favorire la realizzazione

dell'opera richiesta dalla popolazione, dagli operatori economici e dalle istituzioni locali che più volte ne hanno evidenziato la necessità anche al fine di migliorare:
la qualità ambientale dell'area urbana;
decongestionare la viabilità locale;
favorire un più rapido accesso degli automezzi all'autostrada e alle altre vie di comunicazione a maggior scorrimento.
(2-00619)
«Ciocchetti, Anna Teresa Formisano, Dionisi, Vietti, Tassone».

Interrogazione a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sistema ferroviario italiano ad alta velocità/alta capacità si sviluppa per più di 900 chilometri attraverso il territorio di sei regioni e di oltre 150 comuni. Geograficamente è articolato secondo una grande «T», costituita dalla direttrice nord-sud che collega Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno e dalla direttrice ovest-est che collega Torino, Milano, Brescia, Verona, Venezia e Trieste;
la realizzazione delle nuove tratte Verona-Trieste e Torino-Lione presentano un duplice obiettivo: da un lato quello di fornire collegamenti veloci sulle lunghe distanze, dall'altro quello di alleggerire la rete ordinaria ed incrementare così il traffico ferroviario regionale;
le tratte completate hanno avuto un impatto positivo sul sistema della mobilità, con incremento dei passeggeri, come, ad esempio, sulla tratta Milano-Roma;
le criticità rimangono se si confronta l'indicatore di dotazione infrastrutturale del nostro Paese con quello della Germania e della Francia, tenuto conto che esso risulta pari al 50 per cento di quello tedesco e al 70 per cento di quello francese;
il confronto è anche peggiore se si considera la percentuale di linee a doppio binario. Un altro dato deve, inoltre, far riflettere: le ferrovie tedesche portano 1,7 volte i passeggeri per chilometro trasportati dalle ferrovie italiane, quelle francesi 1,6 volte; la situazione per il traffico merci non è certo migliore;
a tal proposito è indifferibile il completamento della tratta tra Verona e Trieste, che è parte integrante del corridoio 5, che dovrebbe collegare Lione a Trieste e proseguire poi verso est in direzione di Lubiana e Budapest, che consentirebbe al Nord del Paese di essere nodo strategico del sistema ferroviario della direttrice del Sud Europa;
nelle zone del Paese dove la linea ad alta velocità/alta capacità è stata realizzata appare importante la valorizzazione delle tratte storiche liberate dal traffico veloce o a lunga percorrenza, al fine di incrementare il trasporto merci;
la mancanza di intermodalità è uno dei maggiori problemi della rete ferroviaria del Paese: infatti, a tal proposito sarebbe indispensabile il potenziamento della tratta merci tra Novara e Domodossola, la realizzazione delle linee tra Torino e Nizza e tra Milano e Genova, con gli snodi di Alessandria e Novi Ligure;

anche il nodo relativo ai collegamenti necessari per la piena riuscita dell'Expo 2015 risulta essere di stretta attualità, con la necessità di collegamenti tra il polo fieristico, la città di Milano ed il resto del Paese -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e possa definire tempi certi per la realizzazione delle opere citate in premessa, che risultano essere indispensabili per lo sviluppo del Nord del Paese, per quanto riguarda la carenza di infrastrutture di alta velocità/alta capacità e per le restanti opere per i collegamenti internazionali per il trasporto delle merci del Nord Italia e dell'intero Paese.
(3-00919)

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2001, l'interrogante in qualità di sottosegretario di Stato alla difesa partecipava alla posa della prima pietra per la costruzione della nuova scuola marescialli e brigadieri dell'Arma dei carabinieri presso l'area di Castello a Firenze;
giungevano notizie di numerose riserve avanzate dalla impresa aggiudicatrice, il gruppo Baldassini-Tognazzi-Pontello, tanto che erano trascorsi alcuni anni senza che i lavori procedessero, e dietro richiesta ai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito ai motivi di tale ritardo, l'interrogante venne informato che era stata presa la decisione di revocare l'aggiudicazione dell'appalto e di procedere ad una nuova gara;
la nuova aggiudicazione avvenne nel corso del 2006 a favore dell'impresa Astaldi spa (capogruppo mandataria dell'ATI);
si apprende dalla stampa odierna che il Ministro delle infrastrutture - direzione generale per l'edilizia statale - ha notificato alla Astaldi Spa il recesso del contratto del 4 agosto 2006 ai sensi dell'articolo 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006 -:
quali siano i motivi di questa seconda revoca, in particolare, se ritenga che gli elaborati tecnico-progettuali che hanno determinato un così forte ed insistito contenzioso siano da considerarsi corretti o comunque quali si ritengano essere le cause che hanno prodotto questa situazione che si protrae da quasi nove anni, ad avviso dell'interrogante, con grave danno per lo Stato;
se non ritenga attivare un nucleo di valutazione tecnica dell'intera vicenda per individuare un quadro chiaro circa eventuali responsabilità amministrative nella conduzione dell'appalto.
(3-00913)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dopo l'entrata in vigore del nuovo orario ferroviario del 13 dicembre 2009 sono state riscontrate numerose disfunzioni nella funzionalità dei collegamenti ferroviari sulla direttrice Torino-Genova e viceversa;
dalle segnalazioni pervenute dalle associazioni pendolari e dagli utenti della provincia di Alessandria si registra in particolare la soppressione di molti collegamenti Intercity che comporta nella fascia mattutina l'esistenza di un solo treno in partenza da Alessandria alle ore 7:32 e per il ritorno, dopo l'eliminazione degli Intercity con partenza da Genova Principe alle ore 12:08, 13:12, 16:08 e 18:08, l'esistenza di soli due Intercity alle ore 17:05 e alle ore 19:05 con una sostanziale riduzione del servizio offerto in particolare agli utenti pendolari;
sulla predetta tratta ferroviaria era possibile fino al 31 dicembre 2009 utilizzare la carta denominata «Tutto treno» che consentiva ai pendolari titolari di un

abbonamento annuale al trasporto ferroviario non Intercity di accedere anche ai treni Intercity, grazie ad un accordo fra le regioni Liguria e Piemonte con Trenitalia e con oneri a carico delle stesse;
a partire dal 1o gennaio 2010 Trenitalia ha dichiarato la contrarietà a reintrodurre tale facilitazione a favore dei pendolari residenti nella regione Piemonte nonostante la disponibilità manifestata dalla stessa regione a intervenire finanziariamente anche per l'anno in corso;
la regione Piemonte con una nota dell'11 febbraio 2010 denuncia la «evidente discriminazione di cui sono stati oggetto i pendolari piemontesi, considerato che la regione Piemonte paga per i servizi erogati da Trenitalia le stesse poste pagate dalle altre regioni e considerati i continui, perduranti e gravi disservizi che si verificano ogni giorno sulle linee ferroviarie piemontesi»;
a fronte di tale situazione alcuni dei comitati dei pendolari piemontesi hanno preannunciato l'intenzione di promuovere una «class action» nei confronti di Trenitalia, anche in relazione ad altre situazioni di cattivo funzionamento dei servizi ferroviari a causa di ritardi, mancanza di pulizie sui treni ed altri disagi che quotidianamente si registrano e la stessa regione Piemonte «sta valutando tutte le opportunità di sostegno legale alle associazioni dei pendolari, dei consumatori e degli utenti che intendono rivalersi nei confronti di Trenitalia»;
a seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito dalla legge n. 222 del 2007, i contratti di servizio per il trasporto ferroviario «da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico» sono sottoscritti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e previo parere del CIPE e le Commissioni parlamentari competenti non sono più chiamate ad esprimere il loro parere;
l'entrata in vigore del nuovo orario ferroviario del 13 dicembre 2009 ha pertanto previsto una ridefinizione del numero dei collegamenti e dei servizi ferroviari, compresi quelli sottoposti a contratti di servizio pubblico, senza che il Parlamento abbia avuto la possibilità di intervenire concretamente e preventivamente, fatta salva l'attività ispettiva parlamentare, di fronte ad evidenti disfunzioni come quelle più sopra rilevate -:
se sia a conoscenza della situazione che si è determinata nei collegamenti Intercity fra il Piemonte e la Liguria a causa dell'indisponibilità di Trenitalia di reintrodurre la carta «Tutto treno» a favore dei pendolari piemontesi e se intenda intervenire affinché Trenitalia ponga rimedio ad una evidente discriminazione nei confronti di una parte degli utenti pendolari;
se ritenga che il nuovo orario ferroviario corrisponda pienamente «al regime degli obblighi di servizio pubblico» regolato con contratti di servizio pubblico fra il Ministero e Trenitalia.
(5-02479)

Interrogazione a risposta scritta:

PALOMBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la FASI (Federazione delle associazioni sarde in Italia) stia protestando vivamente per la decisione di CAI/ALITALIA di interrompere l'applicazione della continuità territoriale per coloro che, nati in Sardegna, sono residenti fuori dall'isola;
le tariffe della continuità territoriale sono previste per superare gli svantaggi dell'insularità. È bene ribadire che questi svantaggi continuano a permanere per tutti i cittadini che viaggiano per e dalla Sardegna, e in particolare per gli emigrati;
dopo i pronunciamenti dell'Unione europea, pur non essendo previste dalla nuova convenzione, queste tariffe «compensative» e «riequilibratrici» erano state applicate autonomamente, anche grazie a

un accordo non scritto fra compagnie (Alitalia-Air One-Meridiana), regione Sardegna e Governo;
nei giorni scorsi sono state unilateralmente e improvvisamente eliminate da Alitalia;
gli emigrati sono costretti di nuovo a sottostare a tariffe esose per tornare in Sardegna;
le tariffe troppo care sono un danno per tutti, ma soprattutto per l'economia isolana. È ora di passare decisamente all'applicazione concreta del principio, riconosciuto a livello europeo, ma finora disatteso, del superamento dello «svantaggio» dell'insularità;
non è opportuno che la compagnia che ha goduto del privilegio e dei vantaggi dell'intervento pubblico, scarichi i suoi problemi sulla fascia di cittadini più deboli -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire urgentemente per il ripristino delle tariffe «calmierate» per gli emigrati;
se non ritenga di assumere iniziative normative volte a prevedere l'applicazione integrale della continuità territoriale per tutti i cittadini europei e per le merci.
(4-06142)

TESTO AGGIORNATO AL 6 MAGGIO 2010

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INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:

PEZZOTTA, VIETTI, VOLONTÈ, MANTINI, TASSONE, MANNINO, NARO, COMPAGNON, CICCANTI e RAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte di sabato 13 febbraio 2010 si sono verificati in Via Padova a Milano alcuni scontri tra bande di immigrati nordafricani e sudamericani, che hanno causato la morte di un giovane egiziano, Hamed Mamoud El Fayed Adou, di appena diciannove anni;
i fatti di Via Padova non possono diventare l'occasione per una condanna sommaria del fenomeno migratorio in generale;
a seguito di tali fatti, il sindaco Moratti ha chiesto e ricevuto dal Governo un aumento delle forze di polizia a Milano, ad avviso degli interroganti così sconfessando, di fatto, il modello «ronde», a lungo enfatizzato dalla coalizione che sostiene il sindaco ed il Governo, in particolare dal partito della Lega Nord;
è paradossale che la richiesta di una presenza più massiccia delle forze dell'ordine avvenga dimenticando i tagli alle risorse che il Governo ha operato ai danni del comparto in questi anni;
il problema non può essere risolto nei termini suggeriti dal capogruppo in consiglio comunale a Milano e parlamentare europeo della Lega Nord Matteo Salvini, che ha chiesto «controlli ed espulsioni casa per casa, piano per piano»;
né si può far risalire la responsabilità degli incidenti e della ghettizzazione di quell'area milanese ad altri: come per i fatti di Rosarno la situazione di Via Padova era nota da tempo e negli anni sono cresciute le proteste degli abitanti e le manifestazioni per chiedere un intervento maggiore delle forze dell'ordine, come era nota la diffusa illegalità e la presenza di criminalità organizzata;
tanto meno accettabile è affermare, come ha fatto il Ministro interrogato, che «i quartieri multietnici come quello di Milano non sono un problema del ministero dell'interno, ma del governo della città»;
è necessario, invece, evitare forme di ghettizzazione, già fortemente presenti nelle aree metropolitane e in quelle a maggior densità di immigrati, nonché di prevedere un piano organico per l'integrazione, poiché, come ha ricordato il presidente

della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, si tratta di un processo «inevitabile, necessario, irrinunciabile»;
la nostra economia e la nostra società non possono fare a meno di queste persone e solo attraverso concreti processi di inserimento si può dare loro una risposta ed un futuro senza paure;
occorre investire sulla mediazione culturale e sulla mediazione sociale, strumenti assenti o troppo deboli nella politica immigratoria italiana -:
se non ritenga indifferibile l'adozione di una diversa politica per l'immigrazione che investa maggiormente su quei processi d'integrazione già utilizzati con successo in altri contesti e dal mondo dell'associazionismo e del volontariato, al fine di garantire una dignitosa, civile e sicura convivenza sia per i cittadini italiani che per coloro che sono venuti in Italia in cerca di un futuro migliore.
(3-00920)

Interrogazioni a risposta scritta:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 29 gennaio 2010 (il quotidiano la Repubblica pubblica un articolo dal titolo «Giallo sul sabotaggio ai danni di un gip»;
nell'articolo si legge «sabotaggio ai freni e un'auto rubata sotto casa. La procura ha aperto un'inchiesta per danneggiamento e furto e dopo che il giudice per le indagini preliminari, Marina Petruzzella, ha denunciato ai carabinieri i due episodi che si sono verificati sotto la sua abitazione in centro storico, nei pressi di corso Vittorio Emanuele, ai danni di due mezzi intestati al marito»;
gli episodi si sono verificati nel giro di tre giorni a ridosso delle festività per il nuovo anno: il 31 dicembre qualcuno ha messo fuori uso i freni della moto del marito del gip (da un controllo in officina è stata verificata la manomissione); il 2 gennaio scorso la berlina della famiglia Petruzzella è stata rubata. Entrambi i mezzi erano parcheggiati nei pressi dell'abitazione del giudice dove campeggia un divieto di sosta per garantire meglio la sicurezza del giudice;
la vicenda più preoccupante è quella del sabotaggio ai freni;
non è escluso, secondo le prime ipotesi di chi indaga, che le due vicende possano essere classificate come atti intimidatori all'indirizzo del giudice Petruzzella;
se quanto sopra fosse confermato, l'inchiesta andrebbe ad aggiungersi a quelle già aperte nell'ultimo periodo per intimidazioni mafiose ai danni dei magistrati;
non è la prima volta che i magistrati aprono un'indagine dopo un esposto della Petruzzella: nel 2008 la Procura di Caltanissetta indagò dopo una denuncia presentata dal gip e da altri due magistrati, che segnalavano intromissioni nei computer;
il magistrato, che ha avuto assegnata una tutela diurna, si è occupata di diversi processi per mafia, tra i quali quelli ai boss di Palermo centro e quelli di Altarello, e diversi procedimenti per droga -:
se siano stati presi tutti i provvedimenti atti alla tutela della dottoressa Petruzzella, e se in particolare le sia stata assegnata una scorta.
(4-06125)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Piccolo del 7 febbraio 2010, i carabinieri della provincia di Gorizia avrebbero eseguito, all'alba del 7 febbraio 2010, una vasta operazione, con la partecipazione di un centinaio circa di militari in divisa, nel corso della quale moltissimi

giovani, alcuni dei quali minorenni, sarebbero stati oggetto di una perquisizione domiciliare finalizzata alla dichiarata ricerca di prove di un'attività di spaccio di sostanze stupefacenti, continuata con il trasporto degli stessi giovani, con automezzi dei carabinieri, presso il pronto soccorso dell'ospedale di Monfalcone;
secondo un comunicato del comando provinciale dell'Arma, la predetta operazione, resa pubblica, ad avviso degli interroganti senza rispetto né per la riservatezza delle persone interessate né per la doverosa segretezza delle indagini penali, sarebbe stata finalizzata testualmente a «dare un segnale volendo incidere sulla consapevolezza dei giovani ai fini del recupero di un sano stile di vita ... e una sorta anche di raccomandazione alle famiglie sollecitandole a mantenere l'attenzione verso i propri figli, rilevando così lo spessore sociale dell'operazione medesima»;
come evidenziato nel deliberato della Camera Penale di Gorizia dell'8 febbraio 2010, l'operazione del comando provinciale dell'Arma dei carabinieri è stata presumibilmente concepita e condotta con il fine principale di colpire alcuni giovani consumatori di «droghe leggere», non già personaggi di rilevante spessore criminale; tutto ciò è dimostrato dagli esiti davvero esigui dell'operazione (sequestro di quantità del tutto irrilevanti di sostanze, a prima vista riconducibili a consumo personale, non già a traffico di stupefacenti), nonché dalla vasta eco che dell'intera vicenda gli operanti hanno deciso di dare sulla stampa, immediatamente dopo il termine delle operazioni;
a giudizio degli interroganti non può non destare preoccupazione, per come riferita dai quotidiani, la dichiarazione dei comandi dell'Arma secondo la quale l'operazione intera sarebbe stata ad avviso degli interroganti finalizzata a dichiarati scopi politico-sociali, quali quello, secondo lo stesso comunicato dei carabinieri, di «incidere sulla consapevolezza dei giovani, ai fini di recupero di un sano stile di vita», trattandosi di tutta evidenza di una funzione politico-sociale che un ordinamento democratico ed attento ai diritti dei cittadini non può e non deve affidare alle Forze dell'ordine;
il consumo di stupefacenti ed il possesso degli stessi finalizzato al consumo personale, nel nostro ordinamento, non costituiscono reato secondo quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ma situazione strettamente pertinente alla sfera individuale di ciascuno, giudicata dal legislatore meritevole di interventi di carattere sociale, sanitario od assistenziale di natura tassativamente non repressiva;
gli accertamenti sanitari che la legge prevede come assolutamente volontari sarebbero stati eseguiti sui giovani, su richiesta dei carabinieri, da reparti ospedalieri deputati alla medicina d'urgenza, con corrispondente impegno degli stessi per fini diversi da quelli istituzionali, previa, sempre secondo la stampa, «firma di un modulo» da parte dell'interessato;
tale modalità di esecuzione degli accertamenti sanitari non sembra, tuttavia, tranquillizzare circa la piena consapevolezza, da parte degli interessati, del diritto insopprimibile, in quanto disposto chiaramente dalla legge, di rifiutarsi di sottoporsi agli accertamenti sanitari che sono stati loro proposti;
la volontarietà degli accertamenti sanitari, quali quelli cui sono stati sottoposti i giovani in questione, non può essere conculcata e deve essere attentamente verificata, in particolare dai medici e dal personale sanitario che gli stessi accertamenti sono chiamati ad eseguire; nel caso poi dovesse trattarsi di soggetti minori di età, come riferito dalla stampa, deve essere posta una maggiore attenzione da parte degli operanti, con espresso coinvolgimento dei genitori;
un accertamento sanitario deve, per precisa norma di legge, essere sempre e solo eseguito su richiesta ed iniziativa dell'interessato, o, se minorenne, dei suoi

genitori, viceversa, nel corso della vasta operazione del 7 febbraio 2010, l'iniziativa pare sia da ricondurre esclusivamente ai carabinieri, pur essendone seguita «formale accettazione» da parte del minorenne coinvolto;
l'intera vicenda è stata duramente criticata dalla Camera Penale di Gorizia con la delibera datata 8 febbraio, poi trasmessa al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù, al questore e al prefetto di Gorizia, all'assessore alla sanità della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai consiglieri regionali della provincia di Gorizia, al procuratore della Repubblica di Gorizia, al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Trieste, al comandante provinciale dei carabinieri di Gorizia e al direttore generale dell'azienda sanitaria n. 2 del Friuli Venezia Giulia «Isontina» -:
se la concatenazione degli eventi così come riportati dagli organi di informazione nonché dal deliberato della Camera Penale di Gorizia, non consigli un'attivazione del dicastero competente presso la questura e la prefettura di Gorizia per una ricognizione dei fatti;
quali iniziative intenda il Ministro assumere in relazione ai contenuti del comunicato dei Carabinieri ricordato in premessa e se tale comunicato sia in linea con gli intendimenti del Ministero, in relazione alle politiche di contrasto alla tossicodipendenza in particolare con riferimento a minori che consumino droghe leggere;
se non si intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare gli eventuali responsabili in merito alla fuga di notizie che ha finito con il rendere pubblica la vasta operazione condotta dall'Arma dei carabinieri, senza alcun rispetto né per la riservatezza delle persone interessate né per la doverosa segretezza delle indagini penali;
quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per accertare se nella vicenda meglio descritta in premessa vi sia stato il rispetto effettivo, e non meramente burocratico e formale, della normativa vigente in materia di consenso informato, ciò anche alla luce del fatto che coloro che sono stati sottoposti ad accertamenti sanitari erano tutti minorenni.
(4-06148)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2009 le immatricolazioni di vetture alimentate a gpl sono cresciute del 357 per cento;
le disposizioni contenute in particolare nella legge finanziaria per il 2009 miravano a stimolare il mercato dell'auto con una decisa politica di ecoincentivi diretti anche alla riduzione delle emissioni inquinanti, di cui le vetture alimentate a gpl rappresentano una delle categorie direttamente interessate;
il decreto del 22 novembre 2002 regola il parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto -:
se si intenda aggiornare il decreto 22 novembre 2002 in relazione agli impianti di sicurezza montati sulle autovetture a gpl dal 2008 ad oggi che risultano di minore pericolosità al fine di prevedere la possibilità di parcamento nei piani inferiori al primo interrato dei garage e delle autorimesse;
se i Ministri intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere posti riservati per le autovetture alimentate a gpl nelle autorimesse affinché in condizioni di assoluta sicurezza sia consentito un sufficiente numero di spazi all'interno delle stesse considerata la ridotta possibilità di parcamento nei piani sotterranei di garage e autorimesse.
(4-06150)

MELIS, TOUADI, DUILIO, CORSINI, FERRARI, GIANNI FARINA, NACCARATO e FARINA COSCIONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
come più volte denunciato, anche in precedenti interrogazioni, avvengono di frequente sul territorio nazionale e specialmente nelle regioni del nord del Paese sconcertanti episodi aventi per oggetto i rapporti tra i cittadini comunitari di nazionalità romena e le autorità locali;
in particolare, nel comune di Pontevico (Brescia) si è costituita da tempo un'associazione culturale, «Garden disco circolo privato» che, su una superficie di circa 600 metri quadrati, ha aperto un locale per incontri di discussione e svago, nonché discoteca. Tale attività, che sinora non aveva dato luogo ad alcun rilievo, in particolare sul terreno dell'ordine pubblico, concerne circa 300 soci regolarmente tesserati (talvolta intere famiglie residenti in zona) che si recano nei locali dell'associazione, specialmente nei giorni festivi e prefestivi, per incontrarsi, ballare, far musica e altro;
per accedere ai citati locali è prevista l'esibizione della tessera d'iscrizione, così come avviene nella gran parte delle associazioni e circoli giovanili in tutta Italia;
il 31 gennaio 2010, alle ore 1.05, di notte la forza pubblica (agenti della polizia municipale, carabinieri) ha effettuato un'ispezione improvvisa con identificazione di tutti i presenti, riscontrando, stando al verbale redatto sul luogo, che era in atto «un intrattenimento danzante con musica»; che il locale era da ritenersi «aperto al pubblico, in quanto l'immediato ed indiscriminato accesso da parte di chiunque previo l'acquisto della tessera di socio» appariva «un mero espediente»; che i bagni non erano perfettamente puliti e in regola; e che pertanto si contestava alla proprietaria il relativo illecito amministrativo;
successivamente, con ordinanza del sindaco di Pontevico del 4 febbraio 2010 è stata disposta l'immediata cessazione dell'attività di somministrazione di bevande, e ciò in base alle seguenti contestazioni: a) locale dispensa sporco sul pavimento (...), disordine generale con presenza di materiale non attinente l'attività alla rinfusa; controsoffittatura che in alcuni punti risulta rotta con pareti scrostate e non adeguatamente tinteggiate; b) servizi igienici per il pubblico e bagno portatori di handicap: lavello sporco senza installazione di salviettine e sapone mono uso, sporco e disordine generale, una tazza del water risulta rotta senza installazione del contenitore della carta igienica; c) servizio igienico per il personale: (...) non utilizzato e notevolmente sporco, calcinacci, polvere e utilizzato come ripostiglio di materiale;
è evidente che alcune di queste contestazioni (peraltro, ad avviso degli interroganti, alcune palesemente futili) possono essere facilmente respinte tenuto conto dell'ora dell'ispezione e del fatto che da alcune ore 300 persone sostavano nel locale consumando bevande e utilizzando i servizi igienici;
comunque la distribuzione delle tessere configura l'esistenza di una struttura associativa, confermata dal fatto che il locale è frequentato notoriamente dai membri di una sola comunità, reciprocamente in comunicazione e familiarità tra di loro;
i locali, a seguito dell'ordinanza del sindaco, sono tuttora chiusi e contro il provvedimento sarebbe stato inoltrato ricorso al tribunale amministrativo regionale. La titolare dell'esercizio, di nazionalità romena, e suo marito (cittadino italiano), nonché altri membri autorevoli della comunità romena eccepiscono trattarsi di un provvedimento sproporzionato, assunto (come hanno scritto su alcuni volantini scritti in lingua romena e distribuiti alla popolazione romena) «per motivi razziali». Il sindaco, avendo fatto tradurre i volantini, ha sporto querela per diffamazione;
negli stessi giorni, nel comune di San Giorgio in Bosco (Padova) il sindaco Renato

Roberto Miatello, appartenente alla Lega Nord, ha revocato il provvedimento col quale il suo predecessore Leopoldo Marcolongo del Pd aveva concesso l'uso temporaneo per una partita settimanale del campo sportivo comunale all'Associazione Alleanza Romena, cui si riferisce una squadretta dilettantistica iscritta al campionato «amatori». Si tratta di 11 ragazzi romeni di null'altro colpevoli che della loro nazionalità. Richiesto di spiegazioni il Miatello avrebbe detto (Corriere Veneto, 5 febbraio 2010): «Non vedo l'utilità di una formazione romena che non ha niente a che spartire col territorio». Avrebbe anche lamentato che i ragazzi romeni pianterebbero ai bordi del campo, mentre giocano, la bandiera del loro Paese; secondo quanto riportato dalla stampa, l'Associazione Alleanza Romena, a cui fa capo la squadra iscritta al campionato amatori, ha chiamato in causa palazzo Chigi con un esposto all'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le pari opportunità -:
quali siano stati gli esiti dell'ispezione condotta presso i locali dei circolo «Garden Disco», con particolare riferimento alle eventuali irregolarità riscontrate, irregolarità che sarebbero alla base dell'ordinanza del sindaco di Pontevico del 4 febbraio 2010;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione a quanto denunciato dall'Associazione Alleanza Romena al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(4-06151)

NEGRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000 al comma 8 prevede che: «sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio il sindaco ed il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione ed alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni»;
l'articolo 6 della legge n. 328 dell'8 novembre 2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, dispone che: «i comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, così come sostituita dal decreto legislativo n. 267 del 2000»;
l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 207 del 4 maggio 2001, recante il riordino del sistema delle istituzioni di assistenza e beneficenza a norma dell'articolo 10 della legge n. 328 del 2000, prevede tra l'altro che gli interventi e le attività svolte dalle istituzioni riordinate a norma del decreto medesimo si attuano nel rispetto dei principi dettati dalla legge n. 328 del 2000 e dalle disposizioni regionali;
l'articolo 21 del decreto legislativo n. 207 del 2001 dispone che: « (...) nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti (tra cui la legge n. 6972 del 1890 e la legge regionale Veneto n. 6 del 1997), in quanto non contrastanti con i principi della libertà dell'assistenza, con i principi della legge (legge n. 328 del 2000) e con le disposizioni del presente decreto legislativo»;
dal combinato disposto delle norme testè citate appare evidente che l'amministrazione delle istituzioni di assistenza e beneficenza pubbliche deve avvenire, nelle more della normativa regionale individuata dal legislatore statale per il riordino delle medesime I.P.A.B., nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti tra l'altro dalla legge quadro n. 328 del 2000, tra cui sono espressamente richiamati quelli inerenti il funzionamento degli organi delle stesse istituzioni e quindi quanto previsto all'uopo dal testo unificato EE.LL., approvato

con decreto legislativo n. 267 del 2000, che ha sostituito al riguardo la legge n. 142 del 1990;
è evidente, pertanto, che attualmente in assenza di una normativa regionale di riordino delle I.P.A.B. in regione Veneto ed in presenza di una mala gestione dell'I.P.A.B. medesima, opportunamente documentata mediante estratti contabili ed altro, essendo state disattese tutte le disposizioni normative poste a fondamento delle finalità istituzionali dell'I.P.A.B. di che trattasi, improntate tra l'altro alla corretta gestione precipua per il perseguimento delle finalità di assistenza e beneficenza pubbliche, sembrerebbe legittimo l'intervento degli organi preposti, tra cui va annoverato il sindaco di Arcole ex articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, a sovvertire la pregressa ed attuale gestione dell'ente de quo caratterizzata da inefficienza, inefficacia e responsabilità contabili dei suoi amministratori;
alla legge regionale n. 6 del 1997 pare tuttavia attribuire in via esclusiva all'autorità territoriale regionale la rimozione degli organi di gestione delle I.P.A.B. -:
alla luce della legislazione nazionale ricordata in premessa quali siano gli ambiti di intervento riconosciuti ai sindaci nella materia con specifico riferimento ai principi di cui alla legge n. 328 del 2000.
(4-06152)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

PEDOTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 26 maggio scorso, la Camera dei Deputati ha approvato un insieme di atti di indirizzo, tra cui la mozione Turco e altri 1/00166, in materia di prevenzione e lotta alla diffusione dell'AIDS in cui il Governo si impegnava ad elaborare linee per la prevenzione dell'AIDS favorendo anche campagne informative nelle scuole secondarie di secondo grado;
l'informazione e le campagne di comunicazione sono un passaggio fondamentale nella lotta a questa malattia e la scuola deve essere fonte e luogo di informazione attendibile, momento forte di aggregazione e di dibattito;
come ogni anno, anche in Italia il 1o dicembre 2010 si è celebrato come nel resto del mondo la giornata mondiale per la lotta contro l'Aids, istituita nel 1998 dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'Organizzazione delle nazioni unite, allo scopo di sensibilizzare la comunità internazionale e i singoli individui al necessario impegno per la prevenzione e la cura della malattia;
la ricorrenza è stata scelta in quanto il primo caso di Aids è stato diagnosticato il 1o dicembre 1981. Da allora l'Aids ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Per quanto in tempi recenti l'accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni del mondo, l'epidemia di Aids ha mietuto circa 3,1 milioni di vittime nel corso del 2005 (le stime si situano tra 2,9 e 3,3 milioni), oltre la metà delle quali (570.000) erano bambini;
quest'anno, in concomitanza con la celebrazione della giornata mondiale, in Italia è partita anche la campagna informativo-educativa 2009 «Aids: la sua forza finisce dove comincia la tua. Fai il test!»;
obiettivo della campagna è quello di contrastare l'abbassamento dell'attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids e in particolare di incentivare i giovani adulti (30-40 enni), di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, ad effettuare il test HIV;
la campagna ha una diffusione sui principali organi quotidiani e periodici della carta stampata, mentre a livello televisivo e radiofonico è stato diffuso per

non più di due settimane uno spot interpretato dal noto attore cinematografico Valerio Mastrandrea e diretto dal regista Ferzan Ozpetek;
il target della campagna è quella fascia della popolazione cosiddetta «inconsapevole» cioè coloro che non essendosi sottoposti al test ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso i rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia;
se tale campagna è sicuramente un passo avanti nella lotta all'AIDS è comunque insufficiente ed incompleta poiché non si rivolge ai ragazzi e agli adolescenti lasciando così questi di fatto privi di qualsiasi informazione utile ed attendibile proveniente da iniziative istituzionali -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, nel più breve tempo possibile, affinché anche gli adolescenti siano oggetto di una specifica campagna nazionale di informazione sulla prevenzione e sulla diffusione dell'HIV;
se il Ministro, anche in relazione alla risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo dell'odierna interrogazione (5-02360), già da quest'anno scolastico non ritenga opportuno promuovere all'interno delle scuole, quali luoghi privilegiati per l'acquisizione di modelli comportamentali consapevoli, ed in particolare nelle scuole secondarie di secondo grado, sulla base delle indicazioni fornite dalla commissione nazionale per la lotta contro l'Aids (CNA), campagne d'informazione sulla prevenzione e sulla lotta all'Hiv affinché anche gli studenti abbiano un informazione diretta sui metodi di prevenzione e di lotta all'AIDS.
(3-00914)

Interrogazione a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
recentemente il comitato dei genitori dell'istituto «Desiderio da Settignano» sottosezione di Dicomano (provincia di Firenze) ha predisposto un documento/esposto allarmato ed allarmante circa la situazione della sicurezza dei bambini e degli studenti che frequentano tale istituto stanti i lavori in essere in un edificio adiacente;
lo stesso gruppo consiliare di opposizione del Popolo della Libertà ha più volte denunciato la pericolosità della situazione esistente circa la sicurezza complessiva di tale istituto;
il 14 gennaio 2010 tale ultimo esposto è stato consegnato alla stazione dei Carabinieri di Dicomano e si presume alle autorità comunali e scolastiche competenti -:
quali iniziative urgenti di competenza si intendano assumere onde verificare definitivamente la sicurezza e la staticità del suddetto plesso scolastico sito in Dicomano (provincia di Firenze).
(4-06126)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, RAZZI, BORGHESI, EVANGELISTI, DI STANISLAO e PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2009 circa un centinaio di pensionati hanno scoperto di essere stati sostanzialmente derubati dall'Inca Cgil di Zurigo;
i pensionati in questione si erano rivolti a quella sede dell'Inca per farsi aiutare nelle pratiche di pensionamento, ma a loro insaputa i soldi della cassa pensione sono stati trasferiti su conti intestati all'Inca-Cgil. Il Comitato per la difesa delle famiglie derubate della pensione stima in più di 30 milioni di franchi

svizzeri (quasi 40 miliardi delle vecchie lire) la somma complessivamente mancante;
sul caso sono state presentate numerose interrogazioni a risposta scritta al Ministro interrogato e al Ministro degli affari esteri da parte di deputati e senatori appartenenti a gruppi della maggioranza e dell'opposizione (onorevole Gianni Farina - n. 4-04037, onorevole Razzi - n. 4-04188, onorevole Di Biagio - n. 4-04259, senatore Di Girolamo - n. 4-01972, onorevole Picchi - n. 4-04485, senatore Di Girolamo - n. 4-02497), senza che nessuna di queste abbia ottenuto dai Ministri interrogati alcuna risposta;
sono state riscontrate dalle autorità svizzere numerose irregolarità contabili-amministrative presso il patronato Inca di Zurigo;
un certo numero di nostri connazionali che si erano rivolti al patronato per l'assistenza nei rapporti con gli enti svizzeri gestori di previdenza complementare hanno avuto l'amara sorpresa di perdere tutti i propri risparmi (accumulati in anni di duro lavoro da emigrati in Svizzera), causa gli artifizi e raggiri posti in essere, a loro carico, dalla dirigenza zurighese del patronato Inca, nella persona del signor Giacchetta;
il patronato Inca, nell'accettare l'incarico, faceva sottoscrivere anche un mandato, un'autorizzazione all'incasso degli erogandi importi, pronti ad essere liquidati;
gli enti pensionistici e/o assicurativi svizzeri versavano su un conto corrente, intestato al patronato Inca, via via gli importi di pertinenza dei singoli richiedenti, definendo in tal modo la posizione pensionistica e/o assicurativa;
ricevuti i singoli accrediti sul proprio conto corrente, Inca non li girava all'avente diritto, ma provvedeva a ritenerli in modo indebito, appropriandosene di fatto, senza nemmeno avvertire, in molti casi, l'interessato;
nel corso dell'anno 2009, ed in seguito alle denunce di alcuni connazionali indirizzate alle autorità elvetiche da parte di qualche italiano raggirato e danneggiato, il signor Giacchetta è stato tratto in arresto una prima volta per breve periodo e, di recente, una seconda volta;
il patronato Inca-Cgil è una persona giuridica di diritto privato (anche se svolge servizio di pubblica utilità), che, al pari di tutti gli altri patronati, esercita anche all'estero le funzioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 152 del 2001;
il patronato Inca gode dei finanziamenti nella misura elencata dall'articolo 13 della citata legge, per il quale il 2 per cento è riservato esclusivamente alle sedi estere e lo 0,10 per cento è destinato al controllo delle stesse;
ogni patronato ha l'obbligo, ex articolo 14, di fornire entro il 30 aprile di ciascun anno al ministero del lavoro e delle politiche sociali tutti i dati relativi alle strutture organizzative in Italia ed all'estero;
l'attività di vigilanza (sui patronati) spetta - ex articolo 15 - al ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, per l'esercizio del controllo delle sedi estere, effettua «ispezioni con proprio personale dipendente, dotato di particolare competenza in materia». In sede di ispezione, in caso di gravi irregolarità amministrative oppure accertate violazioni al proprio compito istituzionale, il Ministro nomina un commissario per la gestione straordinaria delle attività e ricorre allo scioglimento - con nomina di un liquidatore - nel caso siano venuti meno i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 della legge;
le operazioni finanziarie condotte dal signor Antonio Giacchetta richiedevano procedure o modalità appropriate, alcune delle quali presso il consolato generale d'Italia in Zurigo -:
quali attività abbia intrapreso il Governo italiano - a seguito di quanto esposto in premessa - per controllare i tempi, la frequenza, le modalità, eventuali omissioni

e responsabilità nelle ispezioni condotte presso le sedi estere dei patronati, in particolare quello Inca di Zurigo, e presso i consolati generali d'Italia, in special modo quello di Zurigo, a tutela dei diritti dei cittadini italiani residenti all'estero e per prevenire ulteriori truffe come quella di Zurigo.
(3-00918)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:

SANTAGATA, GATTI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GNECCHI, LETTA, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il grave stato di recessione in cui versa il nostro Paese, inserito nel contesto della drammatica crisi che ha destabilizzato l'economia mondiale nel corso dell'ultimo anno, sembra, purtroppo, non essere ancora giunto al termine;
il tasso di crescita della disoccupazione che, secondo stime le ultime stime rese note dall'Istat nel mese di dicembre dello scorso anno ha superato quota 2 milioni e 138 mila ed il tasso di disoccupazione è salito all'8,5 per cento;
nel periodo ottobre 2008 dicembre 2009 sono state autorizzate oltre 1 miliardo di ore di cassa integrazione tra ordinaria e straordinaria coinvolgendo circa 1 milione di lavoratori, con un media di circa il 300 per cento in più rispetto all'anno precedente. Il sacrificio per i lavoratori è stato altissimo poiché l'assegno della cassa integrazione è circa il 20 per cento in meno dello stipendio e i lavoratori coinvolti hanno rimesso 3,3 miliardi di euro in paghe più leggere;
i dipendenti in cassa integrazione per l'intero anno hanno raggiunto la cifra di 478 mila ed i settori più colpiti - sempre secondo le recenti stime dell'Istat - sono stati i settori della metallurgia, dei trasporti e delle comunicazioni;
il previsto aumento del tasso di disoccupazione non potrà non produrre effetti negativi sul livello del montante contributivo raccolto dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), determinando, al contempo, uno sforzo suppletivo sul versante dell'erogazione degli strumenti di sostegno del reddito dei lavoratori;
per consentire un efficace monitoraggio, anche di natura parlamentare, di grandezze finanziarie di così vasta portata, anche allo scopo di verificare l'applicabilità di istituti fondamentali per l'equilibrio del nostro sistema sociale ed economico, è estremamente importante essere costantemente e puntualmente aggiornati sui flussi delle entrate INPS;
a tale riguardo in occasione della risposta alla interrogazione n. 5-02114 il Sottosegretario Viespoli illustrava i dati del conto consuntivo dell'Istituto relativi al 2008, ma nessun dato veniva fornito circa il 2009; annesso alla risposta fornita dal Governo, inoltre, veniva presentato un prospetto relativo alle entrate correnti e le entrate contributive effettivamente accertate, con uno scostamento di queste ultime particolarmente marcato rispetto alle prime -:
se non ritenga di dover fornire i dati relativi all'andamento delle entrate INPS, con particolare riguardo al 2009 sia in termini assoluti sia in relazione agli esercizi precedenti anche in relazione all'aggiornamento delle entrate contributive accertate rispetto al prospetto presentato in occasione della risposta all'interrogazione 5-02114.
(5-02493)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Bemberg spa rappresenta un'importante azienda tessile sorta in Germania

agli inizi del novecento con il nome J. P. Bemberg AG che nel mondo a partire dal 1911 e ha sempre avuto una posizione dominante nella produzione delle fibre cellulosiche;
l'insediamento produttivo da decenni in Italia è situato a Gozzano, in provincia di Novara e rappresenta per l'intera economia locale e regionale un'impresa nel settore energetico di rilevante importanza, sia sotto il profilo industriale che occupazionale;
nonostante i riconoscimenti ottenuti a livello europeo, da parte della Commissione europea per ambiente, sicurezza e protezione civile, i vertici aziendali da alcuni mesi, hanno deciso di chiudere seppure momentaneamente, gli impianti di produzione della storica azienda a causa, secondo il parere dei gestori del ciclo produttivo, della crisi internazionale in atto che non garantisce una continuità di lavori e di commesse;
appare evidente che la chiusura definitiva della Bemberg spa, rischia di creare una situazione gravissima e preoccupante, sul piano economico, sociale ed occupazionale per centinaia di lavoratori della suddetta impresa, che tra l'altro, non percepiscono lo stipendio da diversi mesi e vivono con comprensibile angoscia, il proprio futuro unitamente a quello della propria famiglia;
la crisi dell'azienda di Gozzano, contribuisce inoltre ad aggravare ulteriormente il quadro produttivo ed occupazionale già molto negativo per l'intera provincia novarese, che ha subito duramente le conseguenze del crollo dell'export causato, come suddetto dalla crisi economica internazionale;
sebbene alcuni segnali di ripresa economica seppure modesti si avvertano, anche per gli importanti provvedimenti introdotti dal Governo sugli ammortizzatori sociali e sul potenziamento di tale strumento legislativo, che è riuscito a contenere per quanto possibile un ulteriore aumento della disoccupazione, risulta essenziale intervenire urgentemente a sostegno dei lavoratori e dell'impresa tessile Bemberg spa, al fine di salvaguardare l'occupazione e rilanciare la ripresa produttiva della stessa azienda -:
quali iniziative urgenti e necessarie, intendano intraprendere nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di prevedere adeguati interventi volti a tutelare e salvaguardare l'intero impianto occupazionale dei lavoratori della Bemberg spa, la cui situazione attuale versa in gravissima crisi;
quali iniziative urgenti e necessarie intendano altresì assumere, nell'ambito delle rispettive competenze, per contribuire al rilancio produttivo dell'importante comparto del tessile, in cui opera la suddetta azienda;
se non intendano infine promuovere un incontro con i dirigenti dell'azienda Bemberg spa unitamente ai rappresentanti dei lavoratori, al fine di addivenire ad una rapida soluzione, che consenta una ripresa complessiva dell'attività dell'impresa interessata di Gozzano, evitando conseguentemente di accrescere ulteriormente una situazione economica ed occupazionale già fortemente negativa nell'area novarese.
(5-02481)

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la perdita di posti di lavoro è diventato il problema fondamentale, anche per Novara, con la riduzione diffusa di posti in ogni attività produttiva, a cui si aggiungono chiusure di fabbriche e di attività artigianali e commerciali con la perdita stimata di 13.000 posti di lavoro, incluso il ridimensionamento della Banca popolare di Novara, ridotta a banca locale dopo l'acquisto da parte della Banca popolare di Verona, avvenuta negli ultimi cinque anni con conseguenze negative su tutta la città;
sta sempre più diventando critica la situazione della Brambati & C Srl, un'impresa

storica novarese fondata nel 1959, leader a livello provinciale e una delle maggiori imprese piemontesi nell'edilizia industriale, nella costruzione e manutenzione di strade, acquedotti, fognature e gasdotti, di linee ferroviarie della TAV, di opere fluviali e di difesa del territorio, nella manutenzione di piste di volo e movimentazione terra;
la situazione ha iniziato ad aggravarsi con la chiusura dei cantieri della TAV sul tratto Torino-Novara e Novara-Milano a partire dal dicembre 2008 con la richiesta da parte dell'azienda di mettere in mobilità 41 lavoratori su 149 per cui, in seguito a trattativa sindacale, si è applicata la cassa integrazione ordinaria per i 41 lavoratori da gennaio 2009 ad aprile 2009 con la speranza della ripresa delle commesse, che purtroppo non c'è stata e si è dovuto procedere alla messa in mobilità di 36 lavoratori, portando l'organico a 112 dipendenti;
a settembre 2009 l'azienda ha chiesto la Cassa integrazione straordinaria per tutti i 112 lavoratori rimasti per mancanza di commesse, che si è concretizzata con un accordo con i sindacati il 16 ottobre 2009, poi approvata a livello ministeriale il 20 gennaio 2010 ma tuttora non ancora operativa, per cui da ottobre ad oggi i 112 lavoratori della Brambati sono senza stipendio;
l'eventuale rilevazione dell'azienda da parte della società Gavio, con la morte del suo fondatore, non si è realizzata e la situazione si è aggravata con l'occupazione della sede operativa (12 gennaio) di Corso XXIII Marzo e con la richiesta di concordato preventivo da parte dell'azienda e della vendita di ramo di azienda ad un'azienda di Cosenza, che permette di partecipare alle gare pubbliche senza la consultazione del sindacato, e il conseguente ricorso al Tribunale da parte del sindacato sulla legittimità dell'atto, il cui verdetto è stato rimandato nella seduta del 28 gennaio da parte del giudice;
la situazione è ormai giunta alla fase conclusiva e l'unico risultato sarà la chiusura della Brambati & C Srl con l'uscita definitiva dal ciclo lavorativo di tutti i 112 lavoratori, e la fine di un'esperienza industriale consolidata (edilizia, linee ferroviarie, strade, acquedotti, fognature e gasdotti, opere fluviali e di difesa del territorio, piste di volo e movimentazione terra) con conseguenze negative in termini di ricchezza economica e di occupazione per la città di Novara -:
quali siano le informazioni del Governo sulla realtà dell'unità produttiva in questione e sulle possibilità di poterla mantenere attiva, nonché di salvaguardare i relativi posti di lavoro;
se non ritenga di dover promuovere, con la massima urgenza, ulteriori iniziative con l'azienda, con le organizzazioni sindacali e le istituzioni interessate, al fine di accertare ogni utile possibilità di intervento per scongiurare la chiusura di una così importante esperienza produttiva;
quali siano i tempi per l'attuazione dell'accordo, relativo alla concessione della Cassa integrazione straordinaria, approvato a livello ministeriale il 20 gennaio 2010, nonché quali ulteriori tutele possano essere attivate a favore dei 112 lavoratori interessati.
(5-02490)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO, ZAZZERA e PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel Salento la crisi del settore tessile - abbigliamento - calzaturiero è sempre più grave ed è dovuta non solo al calo della domanda interna ed internazionale, ma anche al decentramento produttivo praticato da molti imprenditori verso Paesi emergenti o del terzo mondo dove il costo della manodopera è di molto inferiore e soprattutto da imprenditori che si appropriano del denaro pubblico per poi delocalizzare. È il caso della Adelchi di Tricase che coinvolge 1.000 lavoratori più l'indotto;

questi licenziamenti e chiusure di stabilimenti avvengono malgrado queste società abbiano usufruito nel corso degli anni e continuano ad usufruire di finanziamenti pubblici per la crescita o il mantenimento occupazionale;
un caso emblematico di tali fenomeni è rappresentato dal Gruppo Adelchi con particolare riferimento allo stabilimento di Tricase in provincia di Lecce;
il calzaturificio Adelchi di Tricase nel 1990 aveva un fatturato di 250 miliardi di lire, 2.200 dipendenti (6mila se si include l'indotto), dipendenti assunti con generose agevolazioni pubbliche;
Adelchi ha anche beneficiato dell'assegnazione degli stabilimenti dell'ex-tabacchificio Bantivoglio;
nel 2006, la società Adelchi produceva 12 milioni di scarpe con 650 dipendenti spesso messi in cassa integrazione;
infatti, la produzione in tale stabilimento che occupava più di duemila persone, è stata progressivamente spostata dalla proprietà verso Paesi terzi ed in particolare verso l'Albania, la Romania, il Bangladesh, l'Etiopia, lasciando i capannoni di Tricase vuoti come enormi cattedrali abbandonate nella pianura salentina;
dal 2002 il Gruppo Adelchi dichiara lo stato di crisi, mentre aprono nuove aziende come Crc, Gsc Plast, Nuova Adelchi, Knk Magna Grecia, e altri...;
il 1o aprile 2008 presso il Ministero dello sviluppo economico era stato sottoscritto un accordo di programma che prevedeva la riqualificazione produttiva del basso Salento valorizzando le vocazioni del territorio: agricoltura, turismo e innovazione, con i progetti di sviluppo regionale, con particolare riferimento alle energie alternative;
dopo diverse lotte tra le quali l'occupazione, per quindici giorni, del tetto di Palazzo Gallone, il municipio tricasino, e l'occupazione della fabbrica stessa, fu firmato un accordo il 7 ottobre 2009, accordo del tutto insoddisfacente a giudizio dei dipendenti in quanto esso prevedeva il reintegro di poche decine di persone su un totale di più di seicento rimaste alle dipendenze della società Adelchi;
la proprietà non ha rispettato nemmeno tale accordo facendo tornare al lavoro solo una piccola parte dei lavoratori rispetto al numero dei dipendenti concordato, peraltro del tutto insufficiente -:
se i Ministri interrogati non ritengano di:
dato il numero dei dipendenti e l'indebitamento reale delle aziende del gruppo Adelchi se non sia opportuno, al fine di una seria reindustrializzazione e difesa dell'occupazione, procedere con il commissariamento secondo quanto previsto dalle leggi vigenti in materia di crisi (Marzano o Prodi bis);
avviare ove consentito dalla vigente normativa procedure di recupero delle agevolazioni e dei finanziamenti pubblici erogati a vantaggio di aziende del Gruppo Adelchi per l'incremento dell'occupazione mentre il Gruppo ha delocalizzato produzioni e macchinari acquisiti con denaro pubblico;
garantire adeguati ammortizzatori sociali ai lavoratori del Gruppo Adelchi anche in deroga rispetto alla normativa attualmente vigente;
costituire insieme alla Regione, agli enti locali ed alle organizzazioni sindacali rappresentative delle parti sociali, un tavolo permanente di concertazione per seguire la situazione occupazionale del basso Salento, per favorire la ripresa produttiva ed occupazionale anche con progetti di sviluppo regionali, per controllare il rispetto degli accordi sindacali sottoscritti, per valutare tutte le opportune iniziative al fine di impedire eventuali speculazioni da parte della proprietà degli immobili e dei terreni dove sono ubicati gli stabilimenti industriali le cui attività sono state progressivamente spostate in altri Paesi.
(4-06121)

LUCÀ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2008 veniva rinvenuto, nelle campagne di Campomaggiore (Campobasso), il cadavere del cittadino rumeno Radu Gheorche, operaio con regolare permesso di soggiorno, residente a Torremaggiore (Foggia);
si tratta di una vicenda particolarmente tragica considerato che, dalle informazioni acquisite, sembra che l'infortunio mortale sia occorso al signor Gheorche molte ore prima del ritrovamento del corpo, senza che nessuno degli altri operai, molti dei quali non assunti e non in regola, gli prestasse soccorso e che quindi l'uomo sia stato lasciato morire nella cunetta dove è stato successivamente ritrovato;
su iniziativa di alcuni consiglieri della Regione Molise e stata attivata la ricerca dei familiari del signor Gheorche, attraverso l'Ambasciatore di Romania in Italia, dottor Razvan Victor Rusu con lettera del 31 luglio 2008 e successivamente attraverso il sindaco e il comando dei carabinieri del comune di Campomarino (Campobasso) e la procura della Repubblica di Larino (Campobasso);
il 23 settembre 2008 il consiglio regionale del Molise ha inoltre discusso una interrogazione, presentata dai medesimi consiglieri, primo firmatario Michele Petraroia, riguardante i gravi fatti di Campomarino (Campobasso) e, più in generale, la grave situazione di insicurezza dei lavoratori stranieri, spesso irregolari e non assunti, impegnati nelle campagne di raccolta del basso Molise;
il 25 settembre 2008 il procuratore Magrone ha indicato le generalità più complete del lavoratore deceduto e ha confermato la presenza in Italia dei suoi familiari;
dalla famiglia del signor Gheorche, che ha contattato uno dei consiglieri regionali molisani firmatari dell'interrogazione, si è quindi appreso che a distanza di 15 mesi dall'accaduto, nessuna istituzione italiana si era attivata in loro aiuto, ad eccezione del comune di Torremaggiore (Foggia) per un importo di 500 euro per il rimpatrio della salma in Romania;
il signor Gheorche era in possesso di un regolare permesso di soggiorno e aveva consegnato alla ditta pugliese tutti i documenti di lavoro per l'assunzione e, inoltre, essendo cittadino dell'Unione europea aveva diritto ad accedere ad ogni tutela secondo la normativa vigente -:
se non ritenga necessario assumere tutte le opportune informazioni presso le istituzioni competenti al fine di verificare quanto accaduto e per fare in modo che vengano riconosciuti i benefici e le tutele previste dalla legge ai familiari del lavoratore Radu Gheorche deceduto sul lavoro, ivi compresa la rendita INAIL.
(4-06122)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUVOLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dopo l'aumento del prezzo dei cereali negli anni 2007 e 2008, oggi si assiste all'aumento del prezzo dello zucchero, del caffè, del tè, del cacao e di altre materie prime «morbide», provenienti cioè da un processo di coltivazione e non di estrazione;
tale rialzo dall'inizio del 2010 si riverserà sui consumatori con probabili rincari non solo nei negozi ma anche per il caffè al bar o la cioccolata;
secondo le stime di Thomson Reuters, dal gennaio 2009 a metà dicembre 2009 il prezzo dello zucchero è aumentato del 165,1 per cento, mai così alto da 28 anni, il prezzo del succo d'arancia è salito

dell'88,8 per cento, quello del tè dell'83,5 per cento, quello del caffè del 30,2 per cento e quello del cacao del 28,6 per cento;
la causa di tale fenomeno è dovuta principalmente al fatto che la domanda globale è aumentata proprio mentre l'offerta diminuiva per gli effetti della crisi finanziaria, mentre le numerose calamità naturali hanno penalizzato molti raccolti;
poiché, inoltre, la produzione è in genere concentrata in un gruppo ristretto di Paesi in via di sviluppo, gli effetti sui prezzi hanno avuto un impatto maggiore;
a far schizzare verso l'alto i prezzi dello zucchero è stata infatti la forte domanda da parte dell'India, il secondo maggior produttore mondiale il cui raccolto quest'anno è stato danneggiato dal cattivo tempo riducendo così la sua produzione -:
quali iniziative ritenga opportuno assumere, anche tramite il garante per la sorveglianza dei prezzi, al fine di limitare i danni che tali rialzi dei prezzi potranno avere sui consumatori e sulla spesa di milioni di famiglie italiane.
(5-02478)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
in Campania la legge regionale n. 2 del 1o febbraio 2005, avente ad oggetto «Disposizioni in materia di confezionamento e commercializzazione dei pane», prevede l'obbligo di confezionamento dei singoli pezzi di pane con carta trasparente per alimenti sigillata con etichettatura che riporta i dati di confezionamento, introducendo di fatto una pratica complessa ed onerosa per le piccole imprese artigiane della regione e addirittura dannosa per i consumatori, mettendo gravemente a rischio il futuro del pane-fresco tradizionale campano;
le disposizioni del suddetto provvedimento, secondo l'interrogante, dovrebbero essere conciliate con la normativa nazionale e comunitaria in materia, che non riconosce un simile obbligo: infatti, la legge regionale sembrerebbe contrastare con l'articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, emanato in attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, oltre che con l'articolo 26 della legge 4 luglio 1967, n. 580, recante «Disciplina per la lavorazione e il commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane»;
le criticità sollevate dall'entrata in vigore della suindicata legge sono molteplici: sia sotto il profilo della costituzionalità della medesima, sia in termini di qualità e salubrità del prodotto confezionamento, sia in termini di impatto ambientale delle dinamiche di confezionamento, con conseguente rilascio nell'ambiente di ulteriori quantità di plastica e materiali di imballaggio;
queste criticità sono state sollevate dall'interrogante in una interrogazione presentata il 15 ottobre 2009, sottoscritta da un nutrito gruppo di deputati;
la questione del pane campano oggetto di dibattito e di analisi tra i consumatori nella regione, che vede coinvolte in prima persona le associazioni di categoria, rappresentative sia dei consumatori che degli artigiani in un tentativo di costante e vano confronto con le istituzioni locali;
le istituzioni locali non hanno tenuto conto delle posizioni delle realtà associative suindicate, continuando a perseguire logiche organizzative e procedurali assolutamente non in linea con quanto auspicato dalle stesse associazioni;
nel gennaio 2010 il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali - dando riscontro ai deputati interroganti - evidenziando la condivisione della preoccupazione espressa dai deputati nella interrogazione, ha ritenuto opportuno incaricare

della questione l'ufficio legislativo del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per i dovuti approfondimenti. Il ministro ha ribadito che l'esito della valutazione tecnico-normativa e la conseguente proposta di eventuali azioni da intraprendere saranno comunicati ai deputati interroganti -:
in che tempi si concluderà l'approfondimento in corso da parte del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e quali iniziative normative si intendano adottare per garantire la tutela della concorrenza e dei mercato nel settore della panificazione.
(4-06137)

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2011

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:

DE GIROLAMO e BALDELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
tra i principali impegni assunti dal Ministro interrogato va annoverata l'azione volta a ridurre i tassi di assenteismo del personale dipendente della pubblica amministrazione -:
quali siano gli elementi di novità nelle dinamiche della pubblica amministrazione, anche con riguardo all'andamento delle assenze, in ordine alle modifiche normative e regolamentari intervenute con il decreto legislativo n. 150 del 2009 e con il decreto ministeriale del 18 dicembre 2009, n. 206, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2010, n. 15.
(3-00915)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 39 del 1993 aveva istituito l'Autorità informatica per la pubblica amministrazione (AIPA), avente compiti di vigilanza sul mercato dell'informatica pubblica, promozione e realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, nonché di monitoraggio dell'informatica pubblica, per le quali produceva relazioni annuali al Governo e al Parlamento, in un clima di crescente attenzione per l'efficienza della pubblica amministrazione;
con l'articolo 176 il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 istituto del centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), a cui sono stati inoltre attribuiti dal decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343 i compiti, le funzioni e le attività esercitati dal centro tecnico per la rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), che ora ha assunto la denominazione di digitpa in base al decreto legislativo n. 177 del 1o dicembre 2009;
i suddetti enti hanno sempre avuto tra le proprie funzioni quella della consulenza e della proposta, nonché funzioni di predisposizione, realizzazione e gestione di interventi e progetti di innovazione;
il Ministero della Pubblica Amministrazione e dell'Innovazione ha sempre avuto tra i suoi obiettivi l'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione e dell'aumento della fruibilità da parte degli utenti;
questo presupposto passa attraverso la funzionalità dei sistemi informatici e digitali con i quali la pubblica amministrazione si trova ad operare;
per raggiungere questi obiettivi è necessario valutare l'opportunità di adottare nella pubblica amministrazione software rispondenti ai principi di funzionalità, sicurezza, alleggerimento dei sistemi informatici, resistenza agli attacchi virali e cibernetici, riduzione della spesa per il costo delle licenze;
diversi Governi nazionali di Paesi membri della Comunità europea stanno progressivamente migrando verso sistemi e programmi open source, tra cui spiccano i casi della Svizzera (9.000 computer nelle scuole dal settembre 2008 e tutti i server

governativi entro il 2010), della Danimarca (diversi comuni dal febbraio 2002), della Germania e della Francia (Ministero degli esteri e parlamento dal novembre 2008), dell'Inghilterra o di altre istituzioni al loro interno;
la stessa dinamica sta avendo luogo anche in realtà come il Governo del Brasile, della Russia o lo stato del Massachussets;
nel Parlamento Europeo si è recentemente istituito un intergruppo trasversale e transnazionale, di cui fanno parte anche diversi membri del PPE accumunati dalla sensibilità di una progressiva introduzione dei programmi open source nella pubblica amministrazione dei Paesi dell'Unione europea;
la questione va affrontata secondo una visione aperta e liberale al problema, al contrario di quello che all'interrogante appare un approccio ideologico e fazioso con cui si era cercato da parte della sinistra di affrontare il problema nel recente passato;
per un Paese come l'Italia è rischioso assumere una condizione di dipendenza esclusiva da qualsiasi tipo di tecnologia che coinvolga elementi vitali delle istituzioni e della comunicazione;
il risparmio di soldi e di tempo e l'efficienza sono due criteri fondamentali per la gestione interna ed esterna delle risorse collegate ai sistemi elettronici e telematici;
la diversificazione dei sistemi informatici a livello comunitario e mondiale potrebbe creare all'Italia problemi di comunicazione con realtà che usano software di formato differente da quello da noi attualmente in uso;
diverse istituzioni del nostro Paese hanno discusso e approvato la possibilità di migrare ad altro tipo di software salvo poi sperimentare e confermare questa linea di indirizzo, tra cui i comuni di Firenze (gennaio 2001), Lodi (marzo 2002), Roma (febbraio 2004), la provincia di Bolzano (prima nelle scuole e poi nella pubblica amministrazione, con un risparmio solo sulle licenze di oltre 1 milione di euro), decine di comuni in tutta la penisola nonché diverse regioni o enti come l'Istat;
alcuni tipi di software possono portare alla riduzione delle comunicazioni telefoniche;
le applicazioni dei software open source si possono estendere a diversi settori e applicazioni nella gestione e trasmissione delle informazioni;
molti di questi garantiscono un livello di privacy maggiore rispetto ai software attualmente in uso -:
se sia prevista la possibilità di una progressiva migrazione verso altro genere di software rispetto a quelli attualmente in uso;
se si stia valutando appieno l'ipotesi dei guadagni in termini economici nell'utilizzo di software liberi, con la riduzione nell'acquisto delle licenze e del potenziamento degli attuali sistemi informatici;
se sia altresì previsto un aggiornamento dei sistemi informatici e telematici, in ambito di software e di hardware nella pubblica amministrazione;
se il personale della pubblica amministrazione sia in procinto di essere aggiornato riguardo i prodotti attualmente in uso o su quelli che saranno adottati.
(4-06153)

...

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

LATTERI, LO MONTE, COMMERCIO e LOMBARDO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
le piogge torrenziali dell'ultimo periodo hanno ancora una volta devastato il territorio nebroideo nella provincia di Messina;

importanti arterie stradali sono chiuse a causa di frane; in molti paesi collinari strade di campagna, che di fatto sono «vie di fuga», sono interrotte da dissesti di varia entità ed isolano nuclei residenziali e rurali; anche numerose abitazioni risultano, agli interroganti, direttamente coinvolte da fenomeni franosi e centri abitati sono in evidente stato di rischio;
fra i comuni di Brolo e Capo d'Orlando la strada statale n. 113 è interrotta all'altezza di Testa di Monaco, a causa dell'ennesima frana che ha invaso la sede stradale. L'Anas e il sindaco di Capo d'Orlando non assicurano la riapertura al transito se non tra un paio di mesi; da Brolo per raggiungere Capo d'Orlando occorre, dunque, inerpicarsi fra le strette strade di Naso;
a Brolo, in prossimità dello svincolo, il tratto autostradale si presenta fortemente dissestato a causa dell'evoluzione di un annoso dissesto;
nel territorio di Capo d'Orlando, la strada statale n. 116, che collega il centro turistico a Rocca di Caprileone, è interrotta all'altezza della contrada di Malvicino; la circolazione, nell'ordine di diverse migliaia di autovetture al giorno, è deviata in una stradina di campagna lungo la quale, al fine di regolare il traffico, sono stati installati dei semafori;
a Ucria la strada provinciale n. 136 per Raccuja, in corrispondenza del chilometro 23, è stata completamente travolta da una frana, che ne rende impossibile anche il transito pedonale; tale frana, tuttora in atto, coinvolge anche un'abitazione ormai non più agibile. Lo stesso fenomeno franoso, attivatosi alle pendici del versante su cui gravita parte del centro abitato, desta preoccupazione ed è oggetto di costante monitoraggio, al fine di scongiurare situazioni di rischio per i residenti;
a Raccuja, nella frazione Zappa, una frana che incombe da parecchi anni si è ulteriormente evoluta e compromette la stabilità di alcuni fabbricati, non ancora, a differenza di altri, oggetto di ordinanza sindacale di evacuazione;
la strada provinciale n. 157, nel tratto tra Frazzanò e Longi, è interrotta a causa di una frana: l'entità del dissesto rende difficili gli interventi e non si preannunciano tempi brevi per il ripristino della viabilità; nella stessa strada, nel tratto tra Rocca di Caprileone e Caprileone, si è riattivato un movimento franoso, che ha determinato la chiusura al transito anche della parte valliva della strada, costringendo i residenti dei comuni di Caprileone, Mirto e Frazzanò ad utilizzare stradine alternative e non sicure;
nel comune di Sinagra è sotto stretta osservazione una frana che in colata ha invaso parte dell'alveo del Vallone Caputo, che nel 2001 fu interessato da un evento alluvionale, che causò miracolosamente solo feriti in una zona residenziale abitata da oltre 30 famiglie;
a Sinagra, Tortorici, Sant'Angelo di Brolo, Librizzi, Piraino e in molti altri comuni nebroidei, risultano interrotte al transito molte strade rurali, quasi tutte «vie di fuga»;
a San Salvatore di Fitalia un gravissimo rischio di instabilità riguarda alcune zone site nelle contrade Santa Lucia, Scrisera e Grazia, per la presenza di nuclei abitativi per cui si è reso necessario attivare un monitoraggio dell'evoluzione del fenomeno franoso;
nella strada a scorrimento veloce, denominata «mare monti», che collega Rocca di Caprileone e Galati Mamertino, una colata di fango ha invaso il piano viabile e messo in serio pericolo il transito degli automobilisti che vanno verso i comuni di Galati, Longi, San Salvatore di Fitalia e Tortorici. L'eventuale chiusura al traffico della citata strada comporterebbe il rischio di isolamento dei comuni di Longi, Galati, Mamertino e San Salvatore di Fitalia, dal momento che la strada provinciale n. 157 è già chiusa per frane;

nel comune di Ficarra si è verificata una frana in località Sciino, che ha trascinato a valle il depuratore comunale;
le fiumare (Rosmarino, Zappulla, Naso-Sinagra) sono anch'esse oggetto di costante monitoraggio, in quanto l'assenza di manutenzione degli ultimi anni compromette in molti punti il regolare deflusso e rende probabile il rischio di esondazioni;
anche nel comune di Alcara Li Fusi si è manifestato il pericolo di frane;
nel comune di Militello è in pericolo la chiesa madre;
tutti i comuni afferenti all'area territoriale dei Nebrodi sono in sofferenza e numerosi danni sono stati prodotti dalle recenti e abbondanti piogge;
solo nell'ultimo mese sono state circa 200 le frane che si sono susseguite e che hanno provocato danni nei singoli comuni dei Nebrodi;
nei giorni scorsi il comune di San Fratello, a causa di forti nubifragi e del grave dissesto idrogeologico, sta rischiando letteralmente di franare;
il 15 febbraio 2010 la Regione siciliana ha dichiarato lo stato di calamità per il comune di San Fratello e per altri 40 comuni, individuando anche un finanziamento per sostenere le popolazioni interessate, chiedendo altresì al Governo di dichiarare immediatamente lo stato di calamità -:
se il Governo non ritenga necessario e improrogabile dichiarare immediatamente lo stato di calamità e di emergenza e richiedere un eventuale intervento dell'esercito per il territorio dei Nebrodi, interessato da piogge torrenziali che hanno provocato frane causate da un forte dissesto idrogeologico e aggravato la situazione già esistente a causa della mancanza di interventi di manutenzione, e al contempo assumere le iniziative necessarie per finanziare con almeno 100 milioni di euro i primi interventi per la messa in sicurezza del territorio e per la tutela dei cittadini interessati, predisponendo tutti gli atti di competenza per un piano strutturale che intervenga definitivamente sullo stato di estremo degrado idrogeologico del territorio dei Nebrodi.
(3-00916)

TESTO AGGIORNATO AL 3 GIUGNO 2010

...

SALUTE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla nomina nel Consiglio superiore di sanità della professoressa Maria Paola Landini, che risulta rinviata a giudizio, per fatti risalenti all'epoca in cui era preside della facoltà di Medicina, per falso ideologico e abuso d'ufficio;
le accuse sono riferibili alla cosiddetta «concorsopoli» bolognese in cui la Landini, insieme ad altri, si sarebbe adoperata per pilotare alcuni concorsi con vincitori decisi a tavolino;
l'interpellante, già all'inizio dell'inchiesta penale aveva richiesto, con vari atti di sindacato ispettivo, l'intervento del Ministero, anche in commissione cultura della Camera dei deputati, per avviare un'ispezione che facesse luce su quanto accaduto al fine di adottare i provvedimenti conseguenti e salvaguardare il buon nome dell'Ateneo nonché la gran parte dei docenti che svolgono il proprio dovere con serietà, rettitudine e professionalità;
in una situazione tuttora oggetto di indagini e comunque gravemente lesiva del prestigio della facoltà di medicina e chirurgia ed in ogni caso di tutta l'università di Bologna, si rileva l'inopportunità di tale nomina che, secondo l'interrogante, dovrebbe essere sospesa almeno fino alla sentenza definitiva da parte della magistratura e la necessità che, in una materia così delicata;

si auspica il Governo dia prova, come ha fatto finora, di sensibilità ed attenzione verso le reali esigenze del mondo accademico, il tutto anche in riferimento alla prossima riforma universitaria che stabilirà criteri ben precisi in materia di reclutamento della docenza, di valutazione della produzione scientifica della medesima e di autonomia dell'università -:
se non ritenga di valutare l'opportunità di sospendere la nomina fino alla decisione conclusiva del procedimento penale in corso, tenendo conto degli addebiti a carico della persona di cui sopra che è comunque coinvolta in una vicenda che ha danneggiato l'immagine dell'ateneo bolognese e dell'intero sistema universitario nazionale;
se il Governo intenda assumere iniziative normative per una disciplina che modifichi i criteri di selezione della docenza, in particolare all'interno delle facoltà di medicina e chirurgia soprattutto in riferimento ai poteri di intervento delle regioni.
(2-00620)«Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPA e LENZI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo la Confederazione italiana pediatri (C.I.Pe) il Governo, in accordo con le Regioni, e con l'assenso di alcuni sindacati medici, si appresterebbe a negare l'assistenza pediatrica gratuita ai bambini di età superiore ai 6 anni;
si stima che i bambini di età superiore ai 6 anni nel nostro Paese siano circa 3 milioni;
tale azione, secondo il C.I.Pe, verrebbe giustificata invocando una presunta difficoltà di scelta del pediatra da parte di bambini di età inferiore ai sei anni. Ma invece che incrementare il numero dei pediatri, come spesso richiesto dal C.I.Pe, l'esecutivo ha dato indicazione alle regioni affinché, a parità di altre condizioni, possano cancellare dagli elenchi dei pediatri i bambini di età superiore ai sei anni, definendoli «ragazzi» e assegnarli contestualmente ai medici generici, sostituendoli con quelli di età inferiore;
verrebbe così violato il diritto dei cittadini di garantire ai propri figli la migliore assistenza possibile gratuita all'interno del Sistema sanitario nazionale, dividendo, inoltre, in due l'infanzia: fino ai sei anni, a cui spetta sempre l'assistenza pediatrica, e dai sette ai quattordici anni a cui, in assenza di alcuna possibilità decisionale dei genitori, potrebbe essere negata, con l'obbligo di assistenza da parte dei medici di medicina generale. Fatta salva la possibilità di avere l'assistenza del pediatra in regime libero professionale, fattore che alimenta dubbi di costituzionalità e di possibile azione a tutela dei consumatori;
secondo la Confederazione dei pediatri, questa scelta non produrrebbe un risparmio economico sostanziale per le casse delle regioni, in quanto andrebbe a retribuire i medici di medicina generale, e non i pediatri -:
se sia a conoscenza di quanto suesposto e cosa intenda fare a riguardo per evitare che venga negata a questi bambini, un diritto fondamentale, come l'assistenza sanitaria gratuita.
(5-02480)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riportato dalla stampa il signor Andrea Pancallo, di Vercelli, ha annunciato di aver deciso di vendere un rene «perchè ci sentiamo abbandonati dallo Stato italiano e non abbiamo le possibilità economiche per permetterci una badante che allevi le nostre sofferenze»;
il padre del signor Pancallo, Domenico, dal 2004 lotta contro la sclerosi laterale amiotrofica: «Papà si è ammalato

all'età di 44 anni, ed in poco tempo la malattia lo ha reso incapace di essere autonomo in tutto e per tutto. Oggi è completamente immobile, non comunica più neanche con gli occhi, è attaccato ad un respiratore e nutrito per via artificiale. Ci siamo trovati da un giorno all'altro catapultati in una realtà di dolore e di sofferenza che non ci ha risparmiato nemmeno un minuto, e da allora siamo soli»;
il signor Pancallo già dall'età di quindici anni ha dovuto assumere il ruolo di capo famiglia, rinunciando a tutti i suoi sogni, e ha dovuto sospendere gli studi dopo aver conseguito la qualifica triennale di operatore elettrico ottenuta con grossi sacrifici: studiando, lavorando e assistendo il padre, il tutto nello stesso tempo. Si alzava alle cinque di mattina per aprire il bar del padre, alle otto correva a scuola e all'una del pomeriggio ancora al lavoro fino alla sera, per poi passare una nottata pressochè insonne accanto al padre;
«I miei sforzi e il mio lavoro», dice ora il signor Andrea, «non bastano, perchè la stanchezza e il carico assistenziale che richiede mio padre stanno annientando mia madre, ed io questo non lo posso permettere»;
il padre del signor Andrea la notte è accudito dal figlio, il giorno gli dà il cambio la madre Maria. Le istituzioni locali offrono poco e nulla, «solo un'ora al mattino per le pulizie alla persona e tre accessi settimanali di fisioterapia, ottenuti dopo feroci lotte con l'Asl... Mia madre si sta lasciando andare; è stanca, non ce la fa più e non posso permettere che la Sla porti via anche lei. Sentirmi dire "Vorrei potermi chiudere a chiave in quella stanza e lasciarmi morire insieme a lui" oppure "Ti prego se muoio prenditi cura di tuo padre", da figlio mi distrugge il cuore e non posso assolutamente permettere che tutto questo accada. Non posso permettere che mia madre a neanche cinquant'anni debba aver paura di andare a dormire perchè è talmente stanca da pensare di non svegliarsi più» -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione al caso riportato in premessa e a casi analoghi e se non ritenga di dover promuovere un'indagine per accertare l'effettiva consistenza del problema che, nonostante le numerose promesse e assicurazioni finora non ha avuto alcuna risposta concreta.
(4-06129)

GARAGNANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ad oggi esiste un centro nazionale per i trapianti (CNT) del Ministero della salute;
il CNT non ha funzioni prettamente logistiche, ma è più un organo regolatorio;
non avendo voce in capitolo sulla gestione e sull'allocazione degli organi donati, il CNT si trova spesso in una situazione di impasse quando si tratta di modificare la rete di distribuzione degli organi o le regole di allocazione degli organi ai pazienti. In assenza di dati scientifici o di modelli matematici precisi, queste funzioni vengono decise spesso in base a criteri di presunta eticità;
in termini pratici l'attività di allocazione degli organi resi disponibili dalle donazioni a fine di trapianto è invece gestito da tre organizzazioni:
a) il North Italian Transplant (NIPt), che aggrega Lombardia, Veneto, Liguria, Provincia di Trento, Friuli Venezia Giulia e Marche;
b) l'Associazione Inter Regionale Trapianti (AIRT), che aggrega Valle D'Aosta, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Puglia;
c) il Coordinamento Centro Sud Trapianti (CCST), che aggrega Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Sicilia, Sardegna;
ognuna di queste organizzazioni si basa sui centri regionali di riferimento, presenti sostanzialmente in ogni regione. Non vi sono invece criteri di uniformità territoriale alla base della nascita di questi enti;

si fa presente che il primo ad essere creato è stato il NITp, e non risulta chiaro su quali presupposti sia stato formato, all'inizio degli anni '90 il NITp;
un accordo fra Regioni è invece alla base della creazione dell'AIRT;
resta il fatto, ed è su questo punto che si interpella il governo, che questi tre enti svolgono funzioni del tutto uguali: coordinano le donazioni d'organo all'interno delle Regioni di afferenza e regolano gli scambi d'organo all'interno di queste macroaree;
tuttavia agiscono come enti autonomi, dotandosi spesso di linee guida diverse fra di loro ed applicando protocolli che possono essere dissimili fra macroaree;
in un territorio come quello italiano dove in un'ora e mezza di aereo sì va dalle Alpi alla Sicilia, è difficile dover pensare al fatto che questi tre enti siano indispensabili per il corretto funzionamento dell'attività di trapianto d'organo;
un singolo centro di coordinamento potrebbe invece essere necessario e sufficiente al funzionamento dell'attività nazionale che, come segnalato, è comunque fondata su base regionale con i centri di riferimento che sono stati aperti in tutte le regioni;
la chiusura delle tre organizzazioni la loro concentrazione in un'unica sede potrebbe portare ad innumerevoli vantaggi:
1) si ridurrebbero le spese per la presenza di enti che costituiscono un doppione;
2) si ridurrebbe il rischio di avere regolamenti e linee guida difformi sul territorio nazionale per un'attività dagli ampi risvolti etici, quale quella delle donazioni d'organo;
3) si razionalizzerebbe l'attività di allocazione degli organi a livello nazionale;
4) si potrebbero superare gli ostacoli «politici» spesso creati ad arte quando si voglia implementare, modificare o cercare di migliorare il sistema donazioni;
di certo la riduzione di tre enti a uno solo porterebbe ad inevitabili conseguenze:
1) le regioni potrebbero sentirsi defraudate da un proprio ruolo;
2) si andrebbero a toccare interessi di posizione legati all'esistenza stessa dei coordinamenti (che hanno tre presidenti e tre strutture logistiche con personale proprio);
ma l'esigenza di uniformare l'attività dei trapianti nell'interesse precipuo dei malati deve prevalere su tutto -:
se e come il Governo intenda farsi carico del problema che è sentito profondamente dagli operatori medici e dai pazienti.
(4-06134)

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'unità operativa complessa di fisica sanitaria dell'azienda ospedaliera San Camillo - Forlanini è stata creata negli anni Sessanta e costituisce un servizio che a tutt'oggi è il più grande del territorio della regione Lazio svolgendo prestazioni di elevata qualità che sono considerate un punto di riferimento a livello nazionale da parte delle associazioni scientifiche;
le attività sanitarie dell'unità operativa complessa di fisica sanitaria sono di altissimo livello qualitativo e riguardano i seguenti campi: radioterapia; medicina nucleare; radiodiagnostica; risonanza magnetica; radioprotezione; collaudi di apparecchiature biomedicali (nel solo 2009 ne sono stati effettuati ben 700); informatica avanzata; formazione e didattica; innovazione e ricerca con numerose pubblicazioni e partecipazioni a congressi di livello internazionale riconosciuto;
nel tempo la produttività raggiunta e mantenuta dall'unità operativa complessa di fisica sanitaria è stata garantita anche in carenza di organico grazie alla possibilità

di coordinare con flessibilità e prontezza le risorse ove di volta in volta queste risultavano necessarie. In questo modo l'unità operativa complessa in questione è stata in grado di soddisfare le diverse esigenze garantendo il corretto approccio alle numerose innovazioni tecnologiche introdotte nell'Azienda Ospedaliera;
con deliberazione n. 6 del 13 gennaio 2010, il direttore generale dell'azienda ospedaliera San Camillo - Forlanini sopprimeva l'unità operativa complessa di fisica sanitaria, trasformandola nella unità operativa complessa di insufficienza respiratoria, riabilitazione e trattamento dell'insufficienza respiratoria scompensata;
nelle premesse della delibera in questione si parla espressamente della «(...) necessità di procedere, a stralcio, ad una rivisitazione parziale dell'assetto degli incarichi dirigenziali aziendali, al fine di definire un modello organizzativo (...) che assicuri la funzionalità e la continuità della gestione delle attività assistenziali connesse ai LEA (...)»;
in una comunicazione del 20 gennaio 2010 al Commissario ad acta per la sanità del Lazio, professor Elio Guzzanti, il Sindacato Dirigenti Nazionali SSN e ARPA stigmatizzava l'operazione sopra descritta parlando di «soppressione dell'unità operativa complessa di Fisica sanitaria dell'azienda (...) con la trasformazione in una non meglio identificata unità operativa complessa di «Insufficienza respiratoria, riabilitazione e trattamento dell'insufficienza respiratoria scompensata» di cui non si comprende l'afferenza disciplinare (in apparenza Pneumatologia) e soprattutto non si comprende come possa derivare dalla trasformazione di una unità operativa complessa composta da fisici specialisti in fisica medica facenti parte di una delle unità più importanti e qualificate sul territorio nazionale»;
la soppressione dell'unità operativa complessa di fisica sanitaria porterà all'inevitabile «diaspora» dei sette dirigenti fisici specialisti oggi operanti nel suo ambito causando, ad avviso dell'interrogante, una incomprensibile e dannosa dispersione di preziose competenze scientifiche costruite in tanti anni di proficuo lavoro;
fatta salva l'autonomia delle regioni in materia di gestione sanitaria, la soppressione dell'unità operativa complessa di fisica sanitaria nell'unità operativa complessa di insufficienza respiratoria, riabilitazione e trattamento dell'insufficienza respiratoria scompensata appare suscettibile di conseguenze più generali su due fronti:
a) su un piano, l'unità operativa complessa soppressa effettua anche le operazioni previste a livello nazionale dai decreti legislativi 26 maggio 2000, n. 187, 26 maggio 2000, n. 241, e 17 marzo 1995, n. 230, e dal decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542, in materia di analisi, valutazione e gestione dei fattori di rischio legati all'impiego delle radiazioni in campo medico per il personale, i pazienti e l'ambiente;
b) su un altro piano, essa va a inserirsi nell'ambito dell'organizzazione sanitaria di una regione che attualmente si trova in stato di commissariamento da parte del Governo in materia di gestione della sanità -:
se la soppressione dell'unità operativa complessa di fisica sanitaria sia connessa al perseguimento, da parte della regione Lazio, degli obiettivi del piano di rientro dai disavanzi sanitari e se, come affermato nella premessa della citata direttiva, il nuovo assetto sia davvero utile, nell'ottica del processo di razionalizzazione della spesa sanitaria, al fine di «definire un modello organizzativo che assicuri la funzionalità e la continuità della gestione delle attività assistenziali connesse ai LEA».
(4-06139)

BITONCI, LANZARIN, DOZZO e STUCCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da tempo si è imposta l'esigenza di un processo di razionalizzazione del Sistema

sanitario nazionale che, nell'assicurare un migliore e più efficiente servizio all'utenza, garantisca anche un progressivo contenimento della spesa sanitaria, con particolare riferimento a quelle regioni in cui sono stati registrati elevati disavanzi;
nell'ottica di tale razionalizzazione, dovrebbero essere adottati, ad avviso dell'interrogante, specifici correttivi in relazione ai criteri di svolgimento degli appalti per l'acquisizione di ausili e presidi sanitari in modo da pervenire ad un impiego più oculato dei fondi pubblici in tale settore;
proprio in relazione a quest'ultimo aspetto, appare da stigmatizzare quanto è accaduto presso l'Asl Roma D, in una regione in cui il comparto sanitario è già oggetto di commissariamento, in relazione ad una gara per la fornitura di comunicatori simbolici a controllo oculare, ossia di apparecchiature per la vocalizzazione e la comunicazione, attivabili con il movimento oculare, destinate a persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (Sla);
l'aggiudicazione della gara, che era avvenuta con deliberazione del 29 ottobre 2009 dell'Asl Roma D in favore della ditta Tiflosystem s.p.a., in seguito all'impugnazione di un'altra impresa partecipante, la Vivisol s.r.l., è stata sospesa per il solo fatto che il prodotto offerto dall'aggiudicataria non avrebbe avuto il nome commerciale indicato nell'allegato alla lettera d'invito a partecipare alla procedura negoziata;
a giudizio dell'interrogante, la finalità precipua di questa, come di analoghe forniture sanitarie dovrebbe essere quella di acquisire il prodotto più idoneo dal punto di vista tecnico-funzionale e meno oneroso per le finanze pubbliche, ossia il prodotto che meglio garantisce il rapporto qualità/prezzo a prescindere dal nome commerciale;
nel caso di specie, va considerato che il comunicatore proposto dalla ditta ricorrente, pur corrispondendo al nome commerciale richiesto, ha un prezzo del 40 per cento superiore al prezzo di listino e costringerebbe la pubblica amministrazione a sostenere una spesa di circa 6.000 euro in più per ogni unità da fornire rispetto a quelle della ditta già aggiudicataria;
da quanto esposto si può desumere che la disciplina attuale concernente le modalità di approvvigionamento degli ausili per la cura e l'autonomia delle persone disabili, in molti casi, non consente di individuare il prodotto qualitativamente migliore al prezzo più contenuto, non favorisce il libero mercato e la concorrenza tra le imprese ed induce, tra l'altro, la pubblica amministrazione ad esborsi ingiustificatamente elevati (oltre che al rischio di contenziosi) -:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche di carattere normativo, al fine di garantire che le apparecchiature e gli ausili sanitari oggetto di procedura di gara, come nel caso di cui in premessa, siano individuati esclusivamente in relazione alle loro caratteristiche tecnico-funzionali e non in relazione a determinati nomi commerciali;
se, nel quadro delle attività affidate al commissario ad acta per il risanamento della spesa sanitaria della regione Lazio, sia stato verificato l'eventuale impatto delle descritte incongruenze sui disavanzi di spesa.
(4-06143)

OLIVERIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 76 e 87 della Costituzione e l'articolo 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 dispongono di rendere efficaci ed effettive le funzioni che vengono trasferite alle regioni e alle province autonome (articolo 117 della Costituzione) e, di conseguenza, di emanare la normativa per la riforma del Ministero della Salute, a cui sono rimaste le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonché tutte le altre funzioni attribuite dalle leggi dello Stato per la sanità pubblica;

nell'ambito normativo di cui al punto precedente è stato previsto anche il riordino degli istituti zooprofilattici sperimentali insieme ad altri enti di grande rilievo per la sanità pubblica, quali il riordino dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPSEL), nonché gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
il decreto legislativo n. 270/93 recante «Riordinamento degli Istituti Zooprofilattici sperimentali, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421» ha disciplinato il riordino degli Istituti zooprofilattici, istituzionalizzandone l'importanza, anche nel merito, della sanità animale e della corretta alimentazione;
tale decreto legislativo prevede, tra l'altro, che gli istituti zooprofilattici sperimentali svolgano attività di ricerca scientifica sperimentale veterinaria e di accertamento dello stato sanitario degli animali e di salubrità dei prodotti di origine animale;
lo stesso decreto:
attribuisce allo Stato la competenza per il coordinamento tecnico-funzionale degli istituti e l'attribuzione agli stessi di compiti e funzioni di interesse nazionale e internazionale;
individua nel piano sanitario regionale lo strumento per la definizione degli obiettivi e l'indirizzo per l'attività degli istituti zooprofilattici sperimentali;
prevede che sia compito della programmazione regionale individuare le modalità di raccordo tra gli istituti zooprofilattici sperimentali e i dipartimenti di prevenzione e che, le stesse regioni disciplinino le modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli istituti;
in base al citato decreto è stato istituito l'istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, quale ente sanitario di diritto pubblico dotato di autonomia gestionale, tecnica ed amministrativa, che opera nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria, quale strumento tecnico-scientifico dello Stato e delle regioni Campania e Calabria, con sezioni periferiche in quasi tutte le province (Avellino, Benevento, Caserta, Salerno, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia);
nel territorio della provincia di Crotone non è localizzata una sezione periferica dell'istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno;
nella stessa provincia si registrano 17.233 capi bovini (pari al 15 per cento del sistema zootecnico bovino calabrese), 97.201 capi ovicaprini censiti (terza realtà regionale con incidenza del 21 per cento sul patrimonio ovicaprino calabrese); il 16 per cento dei totali capi suini censiti;
nell'ambito delle attività di competenza che normalmente richiedono il supporto dell'Istituto zooprofilattico, nella provincia di Crotone si contano:
13 stabilimenti di macellazione (di cui 2 a bollo CEE e 11 a capacità limitata) con una media di macellazione pari a 5.586 capi bovini/annui;
3 laboratori di sezionamento carni, 7 laboratori di prodotti a base di carne e 36 laboratori di prodotti ittici;
1 deposito frigorifero, 5 centri di imballaggio uova, 5 laboratori per la produzione del miele;
22 stabilimenti di trattamento e vendita di prodotti a base di latte;
305 esercizi commerciali tra ingrosso, negozi e supermercati di vendita al dettaglio;
344 esercizi di ristorazione collettiva -:
se sia a conoscenza dei dati della provincia di Crotone relativi alla consistenza zootecnica e alle attività che normalmente richiedono il supporto dell'istituto zooprofilattico sperimentale;

visti tali dati, se non ritenga opportuno favorire e coordinare, a norma del decreto legislativo n. 270/93, un processo di istituzione nel territorio della provincia di Crotone di una sezione periferica dell'istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno;
quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per individuare una sede dove localizzare la citata sezione periferica dell'istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno.
(4-06145)

TESTO AGGIORNATO AL 15 LUGLIO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
la situazione della Ittierre, in gestione commissariale ai sensi della legge Marzano, sta assumendo tratti drammatici: alla rappresentanza sindacale unitaria aziendale è stato comunicato che il numero degli esuberi è molto più alto rispetto alla prima valutazione (da 350 a 500 unità sulle 834 attualmente presenti in organico);
all'inizio dell'amministrazione straordinaria i commissari garantivano a tutti i dipendenti dell'Ittierre che l'azienda non avrebbe subìto alcun ridimensionamento in termini di produzione e di occupazione. In un secondo tempo si è parlato della necessità di collocare in cassa integrazione 350 dipendenti, senza utilizzare alcun criterio organizzativo-professionale per la valutazione di chi dovesse andare in cassa integrazione;
ora si mettono in cassa integrazione guadagni 500 lavoratori mentre - affermano i lavoratori - i commissari inseriscono in organico figure professionali, stipulano e rinnovano contratti di lavoro a tempo determinato senza attingere tra i quasi 850 dipendenti Ittierre;
tutto ciò senza che ci sia stato mai un confronto su un Piano industriale a nessun livello;
attorno all'azienda molisana operano oltre 1.500 dipendenti, diretti e dell'indotto, impegnati in decine di laboratori sparsi sull'intero territorio regionale;
da tale situazione non poteva non derivare un diffuso allarme sociale, che ha trovato come portavoce, oltre alle maestranze direttamente coinvolte, le forze politiche e quelle sindacali, circa le prevedibili ricadute negative sull'occupazione e sul reddito di centinaia di famiglie molisane, nonché sull'intero sviluppo della regione Molise;
per questo l'Italia dei Valori ha presentato, fin dal febbraio 2009, diversi strumenti di sindacato ispettivo per sollecitare un intervento del Governo in merito alla grave crisi dell'azienda Ittierre di Pettoranello del Molise e del suo indotto;
il Governo aveva assicurato all'epoca un suo intervento per garantire l'occupazione ed il reddito dei lavoratori interessati;
i commissari straordinari hanno nei mesi scorsi diffuso l'avviso pubblico che avvia la procedura di vendita con l'obiettivo di uscire dall'amministrazione straordinaria. La gestione straordinaria riguardava sia la società capogruppo IT holding spa sia diverse società controllate. Alla procedura di vendita sono interessati anche i marchi di proprietà, vale a dire Gruppo Ferrè e Business unit Malo oltre alle licenze del Gruppo Ittierre;
sono giunte - secondo la stampa locale - una decina di proposte di acquisto, ma con un organico ridotto rispetto a quello attuale;
si è costituito un comitato dei lavoratori della Ittierre che chiede, oltre alla salvaguardia dei livelli occupazionali, interventi per il rilancio del settore tessile molisano con proposte credibili, di non vendere i marchi e di conoscere il Piano industriale;

come sottolineato dalle organizzazioni sindacali, la rilevanza della vertenza esige la costituzione di una task-force da insediare presso il Ministero dello sviluppo economico per salvaguardare l'occupazione ed il tessuto produttivo molisano;
sarebbe auspicabile per evitare di perdere posti di lavoro nella situazione richiamata l'utilizzo dei contratti di solidarietà -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di favorire la messa in opera di un piano di rilancio dell'azienda che salvaguardi una parte decisiva del tessuto produttivo del Molise e l'occupazione delle maestranze.
(2-00618)
«Di Pietro, Di Giuseppe, Donadi, Cimadoro, Porcino, Paladini».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il gruppo Fiat ha recentemente annunciato la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese;
tutti gli stabilimenti del gruppo vivono una situazione di difficoltà manifestatasi, tra l'altro, con un ricorso massiccio ed esteso della cassa integrazione e con l'allontanamento dei lavoratori con contratto a termine;
i tanti lavoratori impiegati presso lo stabilimento FMA di Pratola Serra vivono, in queste ore, momenti di turbamento e di grave preoccupazione derivanti dall'incertezza sul futuro dello stabilimento e sul mantenimento dei livelli occupazionali;
da indiscrezioni giornalistiche si è appreso che la Fiat non ha investito alcuna risorsa per l'acquisto di nuovi macchinari e che ciò fa temere che si profili un trasferimento della produzione;
il Governo, rispondendo a una precedente interrogazione (3-00323 del 20 gennaio 2009), garanti, attraverso il Ministro per l'attuazione del programma di Governo che la società FIAT aveva smentito formalmente la notizia del trasferimento delle produzioni del FMA di Pratola Serra in altre nazioni e che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe verificato il collegamento tra gli incentivi per i siti ubicati nel sud d'Italia con la garanzia assoluta al mantenimento dei posti di lavoro da parte dell'azienda;
nel piano industriale presentato il 22 dicembre 2009 la Fiat ha individuato nella struttura di Pomigliano d'Arco lo stabilimento nel quale si produrrà la carrozzeria della nuova versione della Panda ma non ha individuato lo stabilimento dove dovranno essere prodotti i nuovi motori;
lo stesso piano industriale prevede il potenziamento degli stabilimenti del Nord e del Centro Italia a discapito degli stabilimenti del Sud;
per poter garantire l'occupazione della totalità dei dipendenti della FMA occorre tenere un livello di produzione pari a circa 570.000 motori, a fronte di un potenziale di circa 800.000 motoria mentre attualmente lo stabilimento ne produce solo 170.000;
non è prorogabile un sostegno da parte del Governo a tutto il settore auto che avvenga in assenza di garanzie sui livelli occupazionali e di mantenimento delle produzioni in Italia -:
se il Ministro interrogato non intenda, qualora ve ne fosse la richiesta, promuovere un tavolo istituzionale che consenta alle forze sindacali, al management della Fiat e al Governo di valutare congiuntamente le soluzioni migliori per garantire gli attuali livelli occupazionali e un futuro allo stabilimento FMA anche esercitando un'opera di persuasione sulla Fiat affinché lo stabilimento FMA possa essere individuato come quello in cui produrre motori di piccola cilindrata anche in previsione del lancio del nuovo modello di Panda.
(2-00621)
«Iannaccone, Belcastro, Milo, Sardelli, Brugger».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi, le truffe telematiche che avvengono attraverso l'utilizzo della rete internet, appaiono in evidente aumento;
gli organi d'informazione descrivono che ormai quotidianamente vere e proprie organizzazioni di cosiddetti «pirati informatici», operano on line su internet, al fine di estorcere ignari utenti, che utilizzando svariati sistemi di servizi, offerti attraverso il sistema telematico su internet: da quello bancario, postale, di acquisti on line, oppure tramite il semplice utilizzo della posta elettronica, rimangono vittime di inganni da parte di criminali informatici che sottraggono ingenti quantità di denaro;
appare evidente di conseguenza che, nonostante gli apprezzabili controlli di prevenzione e di repressione che la polizia postale e delle comunicazioni opera quotidianamente al fine di contenere il numero elevato di truffe e di frodi che accade sulla rete telematica di accesso pubblico, l'intero sistema di protezione di internet che rappresenta uno dei principali mezzi di comunicazione mondiale di massa, risulta non sicuro e indifeso da insidie e da trappole -:
quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di prevedere adeguate misure volte a favorire la repressione del fenomeno delle truffe su internet in continuo aumento;
se non ritengano conseguentemente opportuno, potenziare l'intero sistema dei controlli implementando, attraverso la dotazione organica del personale della polizia postale e delle comunicazioni, nonché tramite ulteriori mezzi e strumenti informatici di avanzata tecnologia, tutte quelle attività di controllo repressione degli illeciti penali ed amministrativi rientranti nella vasta e complessa materia delle comunicazioni, incluse le attività illecite perpetrate per mezzo della rete internet, in modo da contrastare con maggiore incisività gli illeciti che quotidianamente avvengono sulla rete di internet.
(5-02482)

BOBBA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 11 dicembre 2008 l'interrogante ha presentato l'interrogazione n. 4-01866 sulla difficile e non trasparente situazione della cartiera Ermolli di Crevacuore;
in data 9 giugno 2009 il sottosegretario di Stato, Adolfo Urso, nel rispondere all'interrogazione faceva presente: «Non si può, inoltre, nascondere come, fin dall'ammissione della società Cartificio Ermolli alla procedura di amministrazione straordinaria, lo stabilimento di Crevacuore presentasse delle criticità, tanto che la Direzione del Ministero dello sviluppo economico, competente per materia, aveva più volte ribadito delle perplessità in ordine alla fattibilità economica-finanziaria del progetto di piena ripresa produttiva dello stabilimento di Crevacuore. Tuttavia, le manifestazioni di interesse pervenute alla procedura per tale stabilimento avevano fatto propendere per l'approvazione del programma di cessione anche per la sede di Crevacuore, così come proposto dal commissario straordinario.»;
lo stesso sottosegretario sottolineava inoltre che: «Gli stessi commissari, su richiesta del competente ufficio della Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, precisavano che solo dagli organi di stampa erano venuti a conoscenza delle difficoltà attuali dello stabilimento di Crevacuore, potendosi solo ipotizzare che esse fossero derivate dall'aggravamento della crisi del settore cartario. Crisi che ha indotto la proprietà a scelte industriali sulle quali, essendo scaduto

il cosiddetto biennio di garanzia, la procedura non può attualmente interferire.»;
in questi giorni gli 85 lavoratori della cartiera di Crevacuore, che attendono la definizione della loro situazione da parte della dirigenza da circa due anni, hanno occupato lo stabilimento, anche in seguito ad uno smantellamento, effettuato di notte tramite tir, durante il quale sono stati trasferiti macchinari e attrezzature essenziali alla produzione, come dimostrato da un sopralluogo successivo;
dai mezzi di stampa si è appreso che, sempre in queste ultime settimane, la cartiera è stata soggetta anche a furti, che hanno comportato la sottrazione di materiali quale il rame, ma anche documenti dagli uffici;
lo stabilimento rischia di diventare una scatola vuota, non più appetibile per eventuali compratori e, a tal proposito, la regione Piemonte conferma che vi sono alcuni imprenditori del settore interessati all'acquisto dello stabilimento a seguito di una valutazione del valore di mercato dello stesso;
da quanto risulta, l'assessore regionale Andrea Bairati, ha scritto al presidente della GeCart, Stefano Ciani, titolare della società che gestisce diverse cartiere, tra cui quella di Crevacuore, per sollecitarlo a confermare la volontà di vendita onde poter trattare con i possibili acquirenti, unici in grado di garantire un futuro all'azienda e ai suoi dipendenti;
ad oggi il proprietario non solo non ha chiarito la propria situazione relativa allo smantellamento, ma non ha neppure dichiarato la sua volontà riguardo ad una possibile vendita, visto che, approfittando della cessazione di un ramo di azienda, ha ottenuto la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga fino al 13 dicembre 2010;
sembra evidente all'interrogante che la crisi economica, anche del settore cartario, non sia la causa effettiva di una gestione aziendale quantomeno non trasparente e che sfrutta ammortizzatori sociali, quali la cassa integrazione guadagni straordinaria, per investire in altre attività, vista la recente acquisizione di altra cartiera ad Ascoli da parte dello stesso proprietario e che pone in essere, tramite cessazione di ramo d'azienda, una strategia di progressive esternalizzazioni;
è altresì evidente che il trasferimento dei macchinari possa essere considerato quantomeno illecito, in quanto possono essere trasferiti in altra sede solo i materiali già lavorati e le materie prime;
il sottosegretario Urso nel concludere la risposta all'interrogazione 4-01866 precisava: «Il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare l'evolvere della vertenza, relativa alla Cartiera Ermolli, e resta disponibile, ove richiesto dalle parti, ad aprire un tavolo di confronto.» -:
se i Ministri interrogati intendano procedere alla convocazione urgente di un tavolo, al quale partecipino il titolare della GeCart, signor Stefano Ciani e l'amministratore delegato, signor Giuseppe Tobia, la regione Piemonte, la provincia di Biella, i sindacati e le rappresentanze dei lavoratori, al fine di verificare le reali intenzioni del proprietario, e valutare l'opportunità e l'urgenza della cessione di un'azienda che potrebbe essere ancora produttiva e che peraltro costituisce il più importante e antico insediamento industriale della Val Sessera.
(5-02483)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la centrale nucleare «Garigliano» di Sessa Aurunca è stata costruita tra il 1960 ed il 1963 dalla General Electric su commissione della società elettro nucleare nazionale (Senn) del gruppo Iri-Finelettrica, su progetto dell'architetto Riccardo Morandi, e ha iniziato la produzione di energia elettrica nell'aprile del 1964;

la centrale, di modello BWR (boiling water reactor), appartiene alla prima generazione di impianti nucleari, con una potenza di produzione elettrica di 160 Megawatt;
nel 1965 la proprietà della centrale è stata assunta da Enel;
l'impianto è stato in funzione fino al 1978, anno in cui è stato fermato per manutenzione. Nel 1982 la centrale è stata definitivamente disattivata. Da allora è stato garantito il mantenimento in sicurezza delle strutture e degli impianti a tutela della popolazione e dell'ambiente;
l'8 novembre 1987 si sono svolti cinque referendum, tre dei quali riguardanti l'energia nucleare. I votanti furono il 65,1 per cento, i sì (ossia i contrari all'opzione nucleare in Italia) vinsero con circa l'80 per cento dei voti;
Sogin è la società nata nel 1999 per gestire la chiusura del ciclo di vita degli impianti nucleari italiani ed opera secondo gli indirizzi strategici formulati dal Ministero dello sviluppo economico;
Sogin è stata costituita nell'ambito della riforma del sistema elettrico nazionale e ha come missione lo smantellamento (decomissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi;
a Sogin sono state conferite le quattro centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca;
la posizione della centrale di Sessa Aurunca, posta su terreno sismico, a ridosso del fiume Garigliano e a pochi chilometri dal litorale Domizio ne ha fatto subito un polo potenzialmente negativo per l'equilibrio ecologico dell'intera regione che di fatto comprende il basso Lazio nella provincia di Latina, la provincia di Caserta e parte dell'Abruzzo. Nel corso della sua attività la struttura ha rilevato diversi incidenti di rilievo, tra cui quello del 1980, che per la sua gravità viene ricordato come la «Chernobyl di casa nostra». L'incidente provocò la fuoriuscita di grandi quantità di materiale radioattivo, soprattutto Cesio-137 e Cobalto-60, registrabile ancora oggi nell'area incriminata. Dopo qualche giorno, come documentato in diverse inchieste giornalistiche e fotografiche, nell'area adiacente si verificò la morte pressoché immediata di tutte le bufale della zona, senza dimenticare la moria di pesci lungo il tratto di mare ove sfocia il fiume Garigliano;
col passare degli anni furono individuati diversi casi di malformazioni congenite nei vitelli allevati nella zona contigua con uno spaventoso aumento della mortalità per tumore e leucemia negli esseri umani presenti nell'area interessata dal fenomeno radioattivo. Questi dati non sono mai stati riconosciuti dalle fonti ufficiali (Enel e ministeri competenti) che hanno categoricamente respinto le accuse di inquinamento rilevando valori nella norma;
il territorio in questione è interessato dal pascolo delle bufale grazie alle quali viene prodotta la mozzarella di bufala campana, prodotto tipico locale famoso in tutto il mondo che ha acquisito il marchio di denominazione protetta;
nel quadro dell'opera di smantellamento della centrale del Garigliano e per meglio monitorare i rifiuti radioattivi ancora presenti nell'area della centrale in dismissione, nel marzo 2009 la Sogin ha emesso un bando per la realizzazione di un deposito D1 da adibire a deposito temporaneo o di transito per rifiuti radioattivi di seconda categoria prodotti dalla centrale, incluse demolizioni edifici e strutture esistenti;
l'importo del bando è pari a circa 7,1 milioni di euro. La domanda di partecipazione al bando prevede un tempo di esecuzione dell'impianto di 540 giorni;
per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi si prevede la costruzione di un edificio in cemento armato con le seguenti dimensioni:
larghezza 26,50 m circa;
lunghezza 45,75 m circa;

altezza interna utile 6,50 m circa e complessiva fuori terra di 7,30 metri;
per un volume complessivo di circa 9.775 metri cubici;
il territorio campano e in particolare quello della provincia casertana è uno dei più colpiti dalle aggressioni delle ecomafie e dallo smaltimento illecito di rifiuti e l'intera regione richiederebbe un intervento straordinario di bonifica -:
se al momento ci siano ancora all'interno della centrale scorie radioattive stoccate, e in quale quantità, e se si abbia intenzione di accumularne altre provenienti da altri siti;
se il Ministro non ritenga opportuno riconsiderare l'allocazione del deposito in questione in zona diversa dal Garigliano;
se il Ministro non ritenga opportuno fare un'analisi accurata dello stato di salute attuale dell'area interessata, ossia la regione posta tra il Volturno e il Garigliano e che si estende tra le province di Latina, quella di Caserta e l'Abruzzo;
se oltre alla realizzazione del deposito sia prevista la riattivazione della centrale vera e propria;
se il Ministro non ritenga opportuno investire i fondi da destinare alla centrale per la bonifica del litorale Domizio al fine di sviluppare turismo e occupazione, ed alla creazione di un polo tecnologico scientifico per la ricerca sulle energie rinnovabili.
(4-06127)

RIGONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel corso della riunione svoltasi in data 9 ottobre 2008 presso l'associazione industriali di Massa-Carrara, l'azienda EATON, multinazionale americana operante nel settore dell'auto motive e relativi accessori, comunicava ufficialmente la dismissione del sito produttivo di Massa e il relativo abbandono del suddetto territorio;
la dismissione è attribuita dall'azienda alla perdita di una commessa FIAT relativa alla realizzazione delle punterie meccaniche, vero core business dello stabilimento massese, peraltro per molti anni ai vertici mondiali per la produzione EATON;
l'azienda opera nella provincia di Massa-Carrara da più di venti anni con l'impiego di circa 450/500 unità tra diretti ed indotto;
successivamente alla citata riunione, è stato firmato un protocollo d'intesa tra Ministero, regione, enti locali e organizzazioni sindacali che prevedeva l'attuazione di un accordo di programma finalizzato alla reindustrializzazione della area anche con la significativa compartecipazione finanziaria del Ministero dello sviluppo economico;
ad oggi tutti gli enti locali e la Regione hanno posto in essere azioni concrete per il recupero dell'area;
il giorno 23 febbraio 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha convocato tutti i soggetti coinvolti per definire il percorso di reindustrializzazione -:
quali siano le concrete proposte e i tempi in merito all'accordo di programma.
(4-06128)

SIMONETTI, BUONANNO e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il precipitare degli eventi nello stabilimento di Crevacuore di proprietà delle Cartiere Ermolli S.p.A., già oggetto di una precedente interrogazione, desta profonda preoccupazione anche in ragione del coinvolgimento di circa 87 lavoratori in cassa integrazione straordinaria;
nel mese di dicembre 2009 è stato convocato un tavolo regionale in cui le parti coinvolte hanno concertato di concedere una proroga della cassa integrazione

straordinaria al 14 dicembre 2010 e successivamente di collocare i lavoratori in mobilità per cessazione di attività;
nel corso del mese di gennaio i dipendenti hanno iniziato un'occupazione dell'azienda dal momento che la stessa, a detta delle stesse organizzazioni sindacali, ha manifestato l'intenzione di smantellare i macchinari, senza valutare l'opportunità di vendere lo stabilimento a soggetti terzi, intenzionati a riprendere l'attività produttiva;
attualmente sono in corso contatti con potenziali investitori per la cessione del ramo d'azienda della cartiera di Crevacuore e, da colloqui informali, sembra che la proprietà sia intenzionata a valutare le proposte eventualmente avanzate -:
se il Ministro intenda adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché venga quanto prima resa nota la posizione della proprietà in merito alla riallocazione sul mercato del ramo d'azienda della cartiera di Crevacuore, aprendo la strada all'eventuale cessione a potenziali investitori che siano interessati al mantenimento dell'attività produttiva e dei livelli occupazionali.
(4-06138)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Eurofly è nata 19 anni fa ed attualmente dispone di una flotta mista di aeromobili Airbus A320 e A330 di ultima generazione;
suo attuale azionista di maggioranza è Meridiana (da tre anni), compagnia sarda con una flotta composta principalmente da vecchi MD80;
è prevista una fusione tra le due società che di fatto cancellerà Eurofly da Malpensa;
il personale di terra di Eurofly, circa 150 persone, lavora tra la sede di Milano (uffici commerciali, del personale e amministrativi) e il terminal di Malpensa - circa 90 persone (manutenzione, ingegneria e ruoli operativi);
nonostante non vi sia in previsione una diminuzione dei voli da/per Malpensa, la società non si è sentita in obbligo di mantenere la presenza del personale Eurofly presso Malpensa;
è previsto un trasferimento di tutto il personale di Eurofly ad Olbia per ottenere finanziamenti regionali (40 milioni di euro attraverso SFIRS - società finanziaria industriale rinascita Sardegna spa della regione Sardegna) e agevolazioni per la costruzione di nuovi hangar e ottenere dallo Stato gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione nei periodi di magra del lavoro: è noto che l'aeroporto di Olbia lavora principalmente d'estate con arrivi e partenze di centinaia di migliaia di turisti;
i naviganti verranno suddivisi tra le varie basi di Meridiana: Verona - Firenze - Olbia e Cagliari;
Meridiana «offre» invece al personale di terra lombardo il trasferimento della loro sede di lavoro in Sardegna, al momento senza nessuna «agevolazione» se non quelle previste da contratto - 21 giorni di preavviso prima del trasferimento (nessuna agevolazione anche temporanea, per un appoggio logistico né biglietti agevolati per il rientro) senza considerare che si tratta di persone che hanno radici, famiglia, vita in Lombardia e non avranno molto da scegliere: poche saranno le persone in grado di sopportare il trasferimento, sia in termini personali di affetti, che economici, tenuto conto che molte di queste devono mantenere una famiglia o sostenere il mutuo di una abitazione di proprietà, oltre a provvedere al proprio sostentamento in una regione;
al momento, dalle comunicazioni, pare non sia previsto alcun ammortizzatore sociale anzi l'azienda sostiene di avere

esuberi (solo da parte di Eurofly) che oscillano tra i 120 ed i 130 (proprio i numeri di Malpensa);
non è stato prorogato nessun contratto a tempo determinato;
dopo alcuni anni di separata gestione del lavoro, anni nei quali al personale Eurofly è stata applicata la disciplina della cosiddetta «solidarietà», con un contratto tuttora scaduto, i vertici di Meridiana hanno deciso di unire le due forze lavoro secondo i seguenti progetti: creazione di una società di manutenzione «Meridiana Maintenance Srl», fusione dei due vettori GJ e IG in «Meridiana Fly», sopprimendo così di fatto il marchio Eurofly, creazione della nuova Meridiana Express, che porterà lavoratori solo stagionali per la parte volo -:
se e quali iniziative i ministri intendano intraprendere ai fini di salvaguardare il patrimonio umano consistente nel personale di Eurofly di base a Malpensa.
(4-06140)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione D'Ippolito Vitale n. 5-01612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2009, dove intendersi sottoscritta anche dal deputato Dima.

L'interrogazione a risposta orale Vietti n. 3-00802, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Compagnon.

L'interrogazione a risposta in Commissione Margiotta n. 5-02193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Servodio.

L'interrogazione a risposta orale Andrea Orlando e altri n. 3-00910, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pedoto.

L'interrogazione a risposta in Commissione Gatti n. 5-02473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del'11 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Damiano, Mattesini, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Murer.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Russo Antonino n. 7-00197, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 209 del 27 luglio 2009.

La VII Commissione,
premesso che:
il Duomo di Monreale rappresenta una delle testimonianze più maestose del patrimonio artistico, in stile arabo-normanno, ed è tra i monumenti più prestigiosi e visitati al mondo;
lo stesso rappresenta la manifestazione plastica più esplicita e meglio riuscita della felice sintesi delle civiltà araba e normanna. Infatti, la sua imponenza consiste, principalmente, nelle decorazioni dei mosaici in oro zecchino, che coprono una superficie architettonica di oltre 7.000 metri quadrati, nell'architettura delle forme, che esprimono armonicamente il valore della coesistenza di concezioni, stili, civiltà differenti, metafora sacra prescrittiva di un cammino obbligato per un orizzonte di senso;
nel mondo non esistono altri monumenti di tal genere, comparabili per maestosità e splendore;
il Duomo di Monreale fa parte di un «parco» più vasto di monumenti di epoca arabo-normanna, tutti vicini tra loro, distanti al massimo 8 chilometri, e

ricadenti tra il centro del comune di Monreale ed il centro del comune di Palermo;
tale complesso monumentale consta anche del Chiostro dei Benedettini, limitrofo al Duomo di Monreale e, nella vicina Palermo, del Palazzo dei Normanni che contiene al proprio interno anche la Cappella Palatina, oltre a rappresentare il Parlamento più antico d'Europa ed essere la sede dell'attuale parlamento regionale siciliano;
inoltre, fanno parte di tale omogeneo contesto anche: la cattedrale di Palermo, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti, il Castello della Zisa, la chiesa della Magione, la chiesa della Martorana, la Cuba, la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi, il Castello di Maredolce (appena restaurato) ed il Ponte dell'Ammiraglio (riprodotto in uno dei più famosi dipinti di Renato Guttuso che celebra le gesta garibaldine);
a tale contesto è assimilabile il complesso monumentale del Duomo di Cefalù che, seppur distante oltre 50 km dal cuore dell'arte arabo-normanna, custodisce tutte le soluzioni stilistiche e culturali che porteranno a maturazione il sincretismo architettonico del periodo;
tale immenso patrimonio, di fatto, costituisce un itinerario obbligato per quanti vivono o si recano in visita turistica nella Sicilia occidentale;
già dal 1996 il Ministero dei beni culturali ha inserito tali monumenti nella lista propositiva dei siti dell'Unesco;
ogni anno il Ministero decide quali siti, già presenti nella suddetta lista propositiva, verranno proposti per la candidatura ufficiale per costituire, di diritto, parte del patrimonio artistico e monumentale dell'umanità;
in questi anni, fondazioni culturali, sovrintendenza di Palermo, uffici ministeriali, commissione nazionale UNESCO hanno lavorato ad «affinare» e rendere probabile il successo della candidatura,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative volte a sostenere ed accelerare tale processo e, conseguentemente, ad avanzare, al più presto, richiesta all'Unesco affinché esso, nel quadro delle sue specifiche competenze, provveda ad inserire nel programma internazionale dei patrimoni dell'umanità (world heritage fund) amministrato dallo stesso, il complesso monumentale arabo-normanno di Palermo, Cefalù e Monreale.
(7-00197)«Antonino Russo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Garagnani n. 2-00124 del 16 settembre 2008;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Ruvolo n. 5-02389 del 26 gennaio 2010;
interrogazione a risposta scritta Latteri n. 4-05998 del 3 febbraio 2010.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BOSSA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Museo archeologico dei Campi flegrei, in provincia di Napoli, è ospitato nel castello di Baia, un edificio del 1495, ed è dotato di 52 sale attrezzate dove sono collocati materiali archeologici di età romana provenienti dal territorio di Baia, Miseno e dai fondali marini delle aree circostanti;
detto museo nell'anno 2008 è stato premiato come uno dei più belli d'Italia ed è inserito in un contesto storico e geografico di pregio come quello dei Campi flegrei, che per tradizione, natura e storia è meta di turismo nazionale e internazionale;
detto museo nell'anno 2009 è stato aperto solo nove giorni, sbarrando l'ingresso nelle altre giornate e lasciando molti turisti, soprattutto stranieri, che lo trovano indicato su guide e mappe, sorpresi e delusi, con un conseguente, grave, danno per l'immagine del nostro Paese;
detto museo apre al pubblico una sola delle 52 sale attrezzate, quella del Rione Terra, mentre tiene incredibilmente chiuse le altre zone espositive pur essendo esse attrezzate con reperti di grande pregio e bellezza;
detto museo resta generalmente chiuso per buona parte della settimana e mediamente apre al pubblico solo uno o due giorni settimanali;
detto complesso museale è stato beneficiato nell'anno 2008 del finanziamento regionale nell'ambito del Pit Grande attrattore culturale Campi flegrei nella misura di 12 milioni di euro, ricevendo sempre dalla Regione Campania la cifra di 14 milioni di euro per aggiornamento e formazione del personale;
nel museo sopra menzionato lavorano a tempo pieno solo venti custodi divisi su più turni e, a detta della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, sono insufficienti a garantire la vigilanza della struttura e determinano la chiusura del museo per diversi giorni a settimana e di gran parte delle sue sale -:
se il Governo non consideri tale situazione un danno gravissimo per l'immagine del Paese e per le aspettative di studiosi, appassionati, turisti che raggiungono il Museo e lo trovano chiuso, nonostante esso sia attrezzato per le visite;
se e come il Governo intenda intervenire sulla incresciosa situazione, potenziando il numero dei custodi, incrementando il personale incaricato, strutturando nuovi meccanismi di gestione.
(4-04493)

Risposta. - Il Museo archeologico dei Campi Flegrei sito nel Castello aragonese di Baia, come nota anche lo stesso interrogante, a causa della carenza di personale di vigilanza non può consentire al pubblico di visitare tutte le sue sale.
L'organico di vigilanza (di recente da 20 unità infatti si è ridotto ulteriormente a 19

addetti che coprono tre turni di servizio per 7 giorni alla settimana - il lunedì è chiusura infrasettimanale -) può assicurare giornalmente, con la presenza in media di 4 unità per turno diurno, solo il controllo dell'ingresso e l'apertura, in alternativa, o delle due sale della Torre o del Salone del rione Terra.
Pertanto, il Museo non è mai chiuso durante la settimana, anche se la visita agli allestimenti è molto ridotta, ma con un'integrazione del biglietto di 4 euro è possibile visitare anche gli altri tre siti archeologici flegrei (Terme di Baia, Parco archeologico di Cuma, Anfiteatro Flavio di Pozzuoli).
Nel 2009, con un progetto ministeriale di incentivazione, è stato possibile effettuare nove aperture straordinarie al pubblico, da aprile a settembre, di 44 delle nuove sale (sezioni di Cuma e Pozzuoli), con l'utilizzo di personale, per l'occasione, comandato anche dal sito Terme di Baia.
Tali aperture sono proseguite nell'ordinario solo con il personale del Museo fino a ottobre, quando, ridottosi ulteriormente l'organico, sono state sospese.
Preme, inoltre, evidenziare che la Soprintendenza archeologica ha ottenuto per l'allestimento museale delle nuove 53 sale una somma di circa 5 milioni di euro, e non ha ricevuto la somma di 14 milioni di euro per aggiornamento e formazione del personale, della quale, invece, ha beneficiato la regione Campania.
Comunque, tenuto conto che esiste un problema generale relativamente alla gestione dei siti archeologici dei Campi Flegrei, tra cui
in primis, il Castello di Baia-Museo archeologico dei Campi Flegrei, è stato predisposto, in data 18 febbraio 2009, un Accordo di programma quadro tra Ministero per i beni e le attività culturali e la regione Campania volto ad individuare nuove forme di gestione e progetti complessivi di valorizzazione, tali da conferire un ruolo significativo di attrattori turistici al Castello di Baia e, più in generale, al territorio dei Campi Flegrei.
Il Comitato, costituito da sei membri, di cui tre nominati dal Ministero e tre dalla regione, ha inoltre come componenti di diritto il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania e l'assessore al turismo della regione Campania.
Le modifiche intervenute in questi ultimi mesi nella compagine regionale hanno portato ad un conseguente rallentamento del processo individuato, che prevede il passaggio della gestione dell'intero complesso del Castello di Baia alla regione, che dovrà, quindi definire anche la problematica inerente al servizio di vigilanza, nonché le complesse e importanti implicazioni relative alla utilizzazione del personale interno e alla selezione di altre unità lavorative.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

CALVISI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il personale della ex base Usa della Maddalena è in stato di agitazione da diversi giorni a causa dell'incertezza relativa alle prospettive di lavoro nonché alla mancata corresponsione della «mobilità in deroga» mobilità alla fine decretata il 20 ottobre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze;
infatti, come noto, il personale dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica, ai sensi della legge 9 marzo 1971, n. 98, qualora licenziato in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, ha diritto di essere ricollocati nelle pubbliche amministrazioni;
l'area della Maddalena ancora risente negativamente degli effetti della decisione, pur condivisibile - stante la straordinaria e drammatica conseguenza determinatasi con il terremoto in Abruzzo, del 6 aprile 2009 - di trasferire l'evento del G8 dall'isola sarda all'Aquila;
il personale interessato alla chiusura dell'ex base Usa della Maddalena ammonta

a 140 unità, ovvero un contingente di lavoratori molto consistente in un territorio che già vive una situazione di difficoltà occupazionale;
il primo piano di ricollocazione predisposto dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione prevederebbe, tra l'altro, il trasferimento di parte del personale in sedi quali Milano, Roma, Catanzaro e Venezia, soluzione che comporterebbe uno sradicamento dal contesto sardo e gravi difficoltà organizzative ed economiche per detti lavoratori che si troverebbero nell'obbligata necessità di dover reimpostare la condizione di vita loro e delle rispettive famiglie;
tale impostazione del piano deriverebbe dall'indisponibilità del Ministero dell'economia e delle finanze di accettare la ricollocazione in posizione sovranumeraria alla pianta organica degli enti locali, stante i vincoli imposti dal patto di stabilità;
inoltre, tali lavoratori da undici mesi non ricevono più gli ammortizzatori sociali - sebbene in data 20 ottobre 2009 il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con Protocollo 14/20808, abbia autorizzato l'INPS ad erogare i trattamenti spettanti in attesa del perfezionamento del decreto interministeriale già sottoscritto dal Ministro dell'economia e delle finanze - da parte dell'INPS il che sta determinando una situazione di grande difficoltà economica, ampliata dalle ricordate incertezze relative alla possibilità di ricollocazione così come previsto dalla richiamata legge n. 198 del 1971 -:
quali iniziative intendano tempestivamente assumere al fine di assicurare una soluzione equa e compatibile con le esigenze dei lavoratori e del territorio gallurese, consentendo la ricollocazione di tutti i 140 lavoratori dell'ex base Usa della Maddalena, e con quali strumenti intendano assicurare una deroga al patto di stabilità per quegli enti, comune di La Maddalena, provincia Olbia-Tempio, parco dell'Arcipelago, che si dovranno far carico della possibile soluzione occupazionale scaturita dalla chiusura della base Usa e che hanno espresso la loro disponibilità a farsi carico della ricollocazione dei lavoratori.
(4-05614)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che le richieste dell'interrogante hanno già trovato pieno accoglimento attraverso le recenti determinazioni assunte dal Dipartimento della funzione pubblica, con nota prot. n. 54340 del 18 dicembre 2009 finalizzata all'assegnazione dei lavoratori della ex base Nato di La Maddalena alle amministrazioni pubbliche che hanno comunicato la propria disponibilità ad assumere il suddetto personale.
Nel puntualizzare che, diversamente da quanto prospettato dall'interrogante non è possibile derogare al patto di stabilità, si rappresenta che la ricollocazione dei lavoratori della
ex base USA della Maddalena è stata comunque garantita dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, mediante il provvedimento di autorizzazione dinanzi citato.
Si forniscono, pertanto, alcune precisazioni relative all'
iter procedurale esperito per l'adozione del suddetto provvedimento, a partire dalla soppressione della «Commissione per l'inquadramento del personale già dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica» di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 9 marzo 1971, n. 98, disposta dall'articolo 68 del decreto-legge n. 112 del 2008 nell'ambito delle misure volte alla riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture.
Il trasferimento delle competenze della soppressa Commissione al Dipartimento della funzione pubblica - disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2009 - ha inevitabilmente rallentato lo svolgimento delle procedure connesse alle assunzioni del personale dalla
ex base USA di La Maddalena, le quali, infatti, diversamente da quanto previsto, non sono state concluse entro il 31 dicembre 2008. Il decreto appena citato ha disciplinato, in particolare le procedure volte all'inquadramento ed alla ricognizione dei posti (articolo 2), nonché alla assunzione

del personale in esame (articolo 3). Al riguardo si sottolinea che quest'ultimo ha percepito l'indennità di mobilità dalla data del licenziamento fino al 31 dicembre 2008, a seguito di un accordo stipulato con la regione Sardegna e il Ministero del lavoro.
Al fine di pervenire ad una determinazione conclusiva, il Dipartimento della funzione pubblica ha convocato le organizzazioni sindacali presso Palazzo Vidoni, in data 27 aprile 2009, preannunciando i criteri di inquadramento del personale in esame da utilizzare per la predisposizione del relativo provvedimento di inquadramento. Successivamente, a seguito dell'adozione del decreto di inquadramento, il Dipartimento della funzione pubblica ha convocato una riunione con le amministrazioni interessate ad assumere il suddetto personale, definendo le modalità da seguire mediante la predisposizione di un apposito piano di assunzioni.
Pertanto, con un'adesione pressoché totale delle organizzazioni sindacali e delle autorità politiche del territorio, il bando per le assunzioni è stato presentato ai sindacati ed alle amministrazioni in data 5 novembre 2009. Il bando prevedeva un'articolazione dei posti idonea a garantire prevalentemente l'assegnazione dei lavoratori presso amministrazioni pubbliche con uffici situati nell'isola di La Maddalena, a Palau e ad Arzachena. A completamento di tali assegnazioni, erano previste, altresì, ulteriori disponibilità di posti presso Olbia, Golfo Aranci, Tempio Pausania e Castelsardo. Il successivo 11 novembre 2009 il bando relativo ai posti resi disponibili da ciascuna amministrazione è stato pubblicato sul sito del Dipartimento.
Le richieste pervenute al Dipartimento a seguito della pubblicazione del predetto bando sono state valutate dal medesimo Dipartimento nel rispetto dei criteri previsti dal bando, nonché delle disposizioni in materia di assegnazioni di sede previste dall'articolo 21 della legge n. 104 del 1992. In esito all'istruttoria a tal fine avviata è stato redatto l'elenco completo del personale, con l'indicazione, per ciascun nominativo, dell'amministrazione presso cui viene assegnato. Il predetto elenco è stato quindi pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento, in una doppia versione: una tiene conto dell'ordine alfabetico dei lavoratori, l'altra delle unità assegnate per ciascun ente.
Infine, con la nota dinanzi richiamata, del 18 dicembre 2009, il Dipartimento ha formalmente trasmesso, a ciascuna amministrazione interessata, l'elenco del personale da assumere, evidenziando, altresì, che, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, si provvederà, entro il 31 gennaio 2010, a formalizzare un apposito atto amministrativo di determinazione delle risorse finanziarie per ciascun ente, tenuto conto dell'onere annuo complessivo da sostenere in ragione del numero delle unità assegnate ed in considerazione della retribuzione prevista dal Contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto per la singola posizione economica.
Con la medesima nota si è inoltre disposto che, nelle more dell'adozione del richiamato provvedimento, le amministrazioni assumeranno il personale interessato a decorrere dal 1o gennaio 2010, in conformità alla normativa vigente in materia di possesso dei requisiti generali per l'assunzione e che, in virtù delle disposizioni della legge n. 98 del 1971, esse dovranno assumere il suddetto personale e provvedere, secondo il fabbisogno e tenuto conto della posizione economica a fianco di ciascuno indicata, al loro inquadramento nei profili professionali previsti dalla dotazione organica, o in quelli più rispondenti alle esigenze per il caso di assunzione in soprannumero.
Si è poi chiarito che non sono previste ulteriori forme di selezione o colloqui propedeutici all'assunzione, che sono fatti salvi eventuali interventi formativi, ove ritenuti utili, e che le posizioni soprannumerarie, per quanto consentite dalla legge all'atto dell'assunzione, dovranno essere, con le successive cessazioni, gradualmente riassorbite.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

CARLUCCI, CENTEMERO, HOLZMANN, DE ANGELIS, SPECIALE, MAZZONI, TOMMASO FOTI, GERMANÀ, GHIGLIA, RAMPELLI, SCALIA, COSENZA, MAZZUCA, PIZZOLANTE, BARBIERI, SCALERA, STASI, VALENTINI, CESARO, DEL TENNO, VESSA, BARBARESCHI, IAPICCA, APREA, PILI, VELLA, ARACRI, CERONI, LEO, ASCIERTO, GIULIO MARINI, GARAGNANI e DI CAGNO ABBRESCIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli effetti della crisi finanziaria in atto, manifestati anche dalla recessione che attanaglia l'economia a livello mondiale, incluso il nostro Paese, interpretano solo in parte l'eccezionale situazione negativa e penalizzante che sta colpendo l'agricoltura italiana e in particolare quella pugliese;
si registra un calo dei consumi di frutta in Italia ed in Europa, peraltro in diminuzione a causa della recessione generale e molte industrie di trasformazione non hanno ancora iniziato a ritirare il prodotto per la produzione di succhi di frutta;
questa drammatica situazione è stata aggravata da un'ondata di maltempo che ha distrutto gran parte del raccolto nelle regioni meridionali;
questo insieme di circostanze ha determinato un forte deprezzamento, con prezzi all'origine particolarmente bassi, tali da non assicurare - in assenza di un adeguato recupero - la remunerazione dei costi di produzione;
si rileva una forte preoccupazione per le ripercussioni di questo stato di cose sull'agricoltura, sul lavoro e sui redditi delle imprese agricole, sull'occupazione, sull'indotto e sull'economia in generale;
le aziende ortofrutticole italiane si trovano a dover fronteggiare la concorrenza, secondo gli interpellanti sleale, delle altre imprese europee, le quali grazie a minori gravami fiscali e previdenziali, invadono il nostro mercato con merce di bassa qualità a prezzi molto bassi -:
se il Ministro interrogato, di concerto con le regioni, intenda porre in essere efficaci e straordinarie politiche di sostegno e valorizzazione del settore agricolo, utili a contrastare la crisi e a creare le premesse per il rilancio dell'economia nazionale, nella quale l'agricoltura deve mantenere un peso di assoluto rilievo, a partire dall'annullamento del pagamento fino a dicembre del presente anno dei contributi previdenziali a carico delle aziende ortofrutticole e di tutto il comparto agricolo ed un abbattimento degli stessi costi dagli attuali 11,5 euro a lavoratore fino alla ragionevole cifra di 5 euro pro capite.
(4-05756)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Tutto il settore agroalimentare ed in particolare il comparto dell'ortofrutta è toccato dalla grave crisi economica e finanziaria in atto, con un calo dei consumi, con una pressione crescente della grande distribuzione alla riduzione dei prezzi oltre i costi di produzione e con conseguente danno per i produttori, manifestando un drastico calo della redditività e quindi anche di una crescente mancanza di liquidità, per fra fronte alla quale è stato, per la prima volta, avviato un progetto di anticipo dei contributi comunitari spettanti alle aziende, già a partire dal 16 ottobre 2009, per un'entità di 2,5 miliardi di euro già erogati a 1,3 milioni circa di richiedenti. Dal mese di dicembre dello scorso anno, inoltre, è in corso l'erogazione a saldo di altri 1,7 miliardi di euro.
Pur ricordando che la gestione delle crisi compete alle organizzazioni dei produttori e alle regioni, si sono svolti incontri con le Unioni delle organizzazioni dei produttori, il Banco alimentare ed Agea in occasione dei quali si è convenuto di procedere in tempi brevi alla mappatura delle strutture e delle relative capacita di stoccaggio del Banco alimentare e delle Unioni dei produttori ortofrutticoli allo scopo di coordinare

nel migliore dei modi il ritiro dei prodotti, la loro conservazione e la distribuzione in beneficenza.
L'Agea, si è inoltre attivata nelle ulteriori verifiche per il ritiro dei prodotti eccedentari da destinare agli indigenti, provvedendo anche all'eventuale trasformazione che ne assicuri un più lungo periodo di. conservazione e una più agevole distribuzione.
L'Organizzazione comune dei mercati ortofrutta, infatti, mette a disposizione delle organizzazioni dei produttori una serie di strumenti di prevenzione e gestione delle crisi di mercato, quali i ritiri dal mercato, la promozione, eccetera, nonché il programma frutta nelle scuole, gli aiuti diretti disaccoppiati o accoppiati; misure che tuttavia non sono risultate idonee a evitare o ridurre le conseguenze a carico dei produttori ortofrutticoli.
In relazione agli interventi adottati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per fronteggiare le difficoltà del settore, si precisa che recentemente sono state poste all'attenzione degli organi comunitari la portata e la gravità della situazione di crisi che interessa l'ortofrutta, chiedendo una urgente riflessione al fine di introdurre nella normativa vigente ulteriori e più efficaci strumenti di prevenzione e gestione delle crisi di mercato, dedicando alle stesse misure maggiori risorse comunitarie.
Parimenti, massimo impegno è stato profuso per ottenere la modifica del quadro generale comunitario dell'aiuto
de minimis; infatti, la variazione del quadro di riferimento della norma degli aiuti di Stato consentirà sia alle Autorità nazionali, ma soprattutto a quelle regionali, di poter intervenire con maggior flessibilità e più efficacia adottando quelle misure compatibili con il regime di aiuti comunitario.
La Commissione europea sta esaminando le proposte formulate dai Paesi interessati e sottoporrà agli stessi le soluzioni che riterrà possibile adottare; anche il Parlamento europeo è stato opportunamente sensibilizzato al riguardo.
Inoltre, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha proposto alle parti agricole e alle regioni la predisposizione di un programma straordinario per affrontare la crisi.
Tale programma è stato il riferimento per questa Amministrazione per la definizione degli interventi rivolti al settore agricolo e agroalimentare all'interno del quadro nel quale è stata costruita la legge finanziaria 2010 (n. 191 del 2009) che stanzia complessivamente, per il triennio 2010-2012, e per le finalità specifiche dei settori agricoli ed agroalimentari circa 1 miliardo e 115 milioni di euro.
Nel dettaglio, al fine di garantire la continuità degli interventi di gestione dei rischi naturali in agricoltura è stato disposto il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, assicurando 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'Organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno dei tre anni considerati.
Per la stessa finalità, sono stati stanziati ulteriori 51,9 milioni, per il 2010, 16,7 milioni per il 2011 e 16,7 milioni per il 2012 attinti dal fondo Ispettorato generale rapporti con l'Unione europea, a cui si aggiungono a titolo di cofinanziamento 23,3 milioni di euro per il 2010 e ulteriori 24,3 milioni per i due anni successivi.
Al complesso delle risorse così individuate, si sommano ulteriori 100 milioni di euro per ciascuno dei tre anni considerati, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto «
scudo fiscale».
L'azione del Governo ha permesso, inoltre, che le disponibilità finanziarie assegnate al Fondo di solidarietà nazionale possano essere utilizzate anche per la copertura dei fabbisogni di spesa degli anni precedenti a quello di competenza.
Riassumendo, per il triennio 2010-2012 e per gli scoperti degli anni antecedenti sono state complessivamente assicurate al Fondo risorse per un totale di 877,2 milioni di euro.
Per il rilancio specifico del settore agricolo è stata disposta l'individuazione per il 2010, da parte del CIPE, di programmi del Ministero per le politiche agricole alimentari

e forestali da finanziare per complessivi 100 milioni di euro a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture di cui all'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.
Con l'obiettivo, inoltre, di favorire l'accesso al credito alle aziende agricole, attraverso il rafforzamento delle attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli, è stato autorizzato, per il 2010, l'accesso al fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito centrale per un importo di 20 milioni di euro.
Tra le altre misure adottate su iniziativa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rientrano quelle relative al sostegno a favore dei prodotti tipici a stagionatura prolungata, particolarmente colpiti dalla crisi, per un totale di 10 milioni di euro per il 2010, e i contributi per progetti di ricerca coordinati dal CNR e dall'ENEA che includono anche le metodologie innovative per il
made in Italy agroalimentare.
È stata altresì disposta, nel rispetto degli impegni preannunciati, la proroga delle agevolazioni contributive nelle zone agricole svantaggiate o particolarmente svantaggiate, autorizzando per il 2010 la spesa di 120,2 milioni di euro.
Tra le altre iniziative adottate si segnalano, infine, la proroga al 2010 del Programma triennale della pesca e dell'acquacoltura, a valere sulle risorse per l'attuazione dei piani nazionali di settore del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e l'autorizzazione alla rinegoziazione dei mutui accesi entro il 31 dicembre 2008, attraverso l'intervento, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

CICCANTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 1998 è stata prorogata la convenzione tra ANAS e Provincia di Ascoli Piceno, al fine di poter procedere con la progettazione del tratto Acquasanta-Favalanciata secondo diversi livelli di definizione a norma di legge;
il 29 settembre 2003 è stato sottoscritto con la SPEA il contratto di affidamento dell'incarico di progettazione;
in data 31 gennaio 2004 è stato consegnato all'ANAS il progetto preliminare;
in data 14 marzo 2005 è stato consegnato all'ANAS lo studio di impatto ambientale e, nella stessa data, il Comune di Acquasanta Terme ha espresso il proprio parere in merito al tracciato, individuando quello preferito tra le diverse ipotesi;
in data 13 settembre 2005 l'ANAS di Ancona ha richiesto alla Regione Marche la valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 9 della legge regionale 4 aprile 2004, n. 7;
in data 1° dicembre 2005 la SPEA, titolare della progettazione, ha rimesso all'ANAS il progetto definitivo, con la verifica positiva dell'impatto ambientale effettuata dalla Regione Marche e la positiva valutazione di incidenza a norma dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 -:
se l'ANAS intenda completare l'iter procedurale, compartecipando finanziariamente alla risolutiva redazione del progetto per l'appalto integrato, secondo i termini dell'accordo di cui alla convenzione con la Provincia di Ascoli a suo tempo sottoscritto;
se intenda includere nell'area di appaltabilità il 2° lotto della strada statale 4 Salaria, nel tratto Acquasanta-Trisungo tra le progressive chilometri 177+000 e 182+000, precisamente tra la galleria Valgarizia ed il centro abitato di Acquasanta, rispetto allo stato attuale dove è stato collocato nell'area «inservibilità» della programmazione delle opere appaltabili dell'ANAS;

se la stessa ANAS, stante la richiesta di inserimento della Regione Marche nell'atto aggiuntivo alla intesa generale quadro per l'integrazione del 6° programma delle infrastrutture strategiche, intenda recepire tra i suoi programmi di finanziamento ed appalto anche l'opera dianzi evidenziata, indicandone tempi e modalità.
(4-04457)

Risposta. - L'intervento di ammodernamento della Statale 4 «Salaria» nel tratto Trisungo-Acquasanta è stato suddiviso in due lotti.
1o Lotto: Tratto Trisungo-Acquasanta: Lotto 1 - Trisungo-Favalanciata.
La costruzione del primo stralcio è stata completata.
ANAS ha completato il progetto definitivo del secondo stralcio dal chilometro 151+000 al chilometro 153+780 ed ha ottenuto le approvazioni prescritte dalla normativa vigente.
L'intervento del secondo stralcio è inserito nel Piano degli investimenti 2007-2011 - Fondi ordinari e nel Contratto di programma 2009 - allegato I - tabella 2 «ulteriori interventi».
Il secondo stralcio non è interamente finanziato e l'ANAS potrà bandire la gara per l'appalto integrato non appena verranno stanziati gli ulteriori finanziamenti necessari.
2o Lotto: Tratto Trisungo-Acquasanta: Lotto 2 - Favalanciata-Acquasanta.
Il progetto preliminare dell'intervento dal chilometro 155+400 (galleria Valgarizia) al chilometro 159+000 è stato redatto dalla provincia di Ascoli Piceno con la supervisione tecnica dell'ANAS. La differenza tra le progressive chilometriche indicate nell'interrogazione e quelle qui sopra riportate nella nota è conseguenza della riprogressivizzazione dell'asse della via Salaria.
L'intervento è previsto nel Piano degli investimenti 2007/2011 - area di inseribilità.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

COMPAGNON. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'unicità dell'esperienza storica del Friuli Venezia-Giulia quale «terra di frontiera» offre un esempio particolarmente virtuoso in materia di tutela del patrimonio monumentale e artistico ed esalta la bellezza ed il pregio di città come Aquileia (che sta per essere riconosciuta «Patrimonio Universale dell'UNESCO»), Cividale del Friuli e della città-fortezza di Palmanova, nonché del Castello di Miramare a Trieste;
ciononostante, il Ministro per i beni e le attività culturali ha recentemente declassato la soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Friuli Venezia-Giulia, inserendola in una ristretta cerchia di regioni di serie «B»;
tale declassamento provocherà inevitabilmente tagli ai fondi e agli organici ed il conseguente azzeramento degli interventi già programmati dalla direzione regionale;
da tempo, presso la stessa direzione, è in corso un increscioso susseguirsi di dirigenti di prima nomina o ad interim: solo durante i primi nove mesi del 2009, si sono contati, infatti, quattro diversi soprintendenti architettonici, tre storico-artistici e due archeologici;
risulta all'interrogante che, da agosto a tutt'oggi, presso l'ufficio in parola non sarebbe presente un effettivo responsabile facente funzioni, con delega alla firma per gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione;
nel 2008 una «nuova» soprintendenza storico-artistica veniva aggiunta alle tre esistenti, scompaginando e dividendo il già scarso personale superstite (circa 200 dipendenti per le suddette tre soprintendenze ed una direzione regionale) e nominando per la medesima il soprinten- dente

ad interim di Verona, il quale, peraltro, nella sede di Udine non ha mai operato;
tale nuova soprintendenza, dislocata nelle suddette tre sedi di Trieste, Udine e Miramare, non può contare, fra il proprio organico, nemmeno un'unità amministrativa, non un segretario, non un ragioniere, non un telefonista, ovvero un dattilografo;
risulterebbe, infine, all'interrogante che in passato fosse in itinere un lodevole progetto volto all'apertura di un museo di beni storici e artistici a Palazzo de Nordis a Cividale del Friuli, progetto mai andato in porto e sulla cui realizzazione si nutrono oggi ben poche speranze, date le condizioni in cui versano numerose opere d'arte, come il «Velo» della Beata Boiani le quali, purtroppo, resteranno ancora a lungo, in deposito -:
se non intenda ripristinare la direzione della citata soprintendenza in Friuli Venezia-Giulia;
quali iniziative e provvedimenti urgenti intenda adottare per un tempestivo cambiamento radicale nell'impegno pubblico destinato all'individuazione, alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia-Giulia e se intenda, in particolare, ricomporre e adeguare l'organico delle soprintendenze di settore, procedendo alla nomina di dirigenti a tempo pieno.
(4-04310)

Risposta. - Nell'ambito della riorganizzazione del ministero operata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2009, si è rafforzata la tutela del paesaggio e del patrimonio architettonico. Infatti, a fronte di una riduzione di ben 22 posti di funzione dirigenziale imposta per legge, il numero delle Soprintendenze per i beni architettonici e per il paesaggio composto da 33 uffici sul territorio è rimasto invariato.
Preme inoltre evidenziare che la graduazione della retribuzione di posizione dei dirigenti preposti agli uffici statali, tra cui le Soprintendenze, non ha una necessaria correlazione con la rilevanza della sede né, tantomeno, con l'importanza delle attività che vi si svolgono. Tale gradazione, infatti, è stata effettuata dal Ministero seguendo parametri rigorosamente oggettivi, peraltro condivisi dalle organizzazioni sindacali, quali il numero dei comuni, l'estensione territoriale, il numero della popolazione residente, il numero dei siti culturali aperti al pubblico e il numero dei visitatori degli stessi, la presenza di siti iscritti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO nonché il valore economico complessivo delle richieste di interventi sul patrimonio culturale.
L'utilizzo di tali parametri ha posizionato la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Friuli Venezia Giulia nella seconda posizione retributiva, così come altri 81 uffici dirigenziali del ministero, tra cui la Soprintendenza della Basilicata, di Parma e Piacenza, di Ravenna-Ferrara-Forlì-Cesena-Rimini, del Molise, le due Soprintendenze della Sardegna nonché di Novara-Alessandria-Cuneo.
Pertanto la Soprintendenza in argomento non ha subito alcun declassamento tenuto conto che, in precedenza, il predetto ufficio si trovava nella medesima posizione in cui si trova attualmente.
Inoltre al fine di arginare la situazione di precarietà delle risorse umane il 14 luglio 2008 sono stati indetti concorsi pubblici per 500 posti presso l'amministrazione centrale e periferica del ministero per i beni e le attività culturali ed in relazione ai quali si prevede, a breve, la conclusione delle procedure.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

CONTENTO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il sindacato delle professioni infermieristiche (NURSIND) ha avanzato la richiesta di poter vedere istituita, attraverso la direttiva per la costituzione dei comparti di contrattazione dei lavori pubblici, una sezione contrattuale specifica

per le professioni sanitarie all'interno del comparto sanità;
ciò sulla base di quanto previsto dall'articolo 54 del recente decreto legislativo n. 150 del 2009, che ha modificato l'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevedendo la possibilità, nell'ambito dei comparti di contrattazione, di costituire apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità -:
se giudichi possibile l'ipotesi prospettata con riferimento all'istituzione di una sezione contrattuale per le professioni sanitarie e, comunque, quali iniziative intenda adottare per il comparto sanità.
(4-05162)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente la possibilità di istituire un'apposita sezione contrattuale per le professioni sanitarie all'interno del comparto sanità, si rappresenta, quanto segue.
In via preliminare è d'uopo rilevare che, l'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 54 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, stabilisce, in attuazione di uno specifico criterio direttivo posto dall'articolo 3, comma 2, lettera
h), numero 4, della legge delega n. 15 del 2009, un numero massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, con non più di quattro separate aree per la dirigenza, in una delle quali deve esservi un'apposita sezione contrattuale per la dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale.
La definizione in concreto di tali compatti ed aree, come la costituzione di apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità nell'ambito dei comparti, è rimessa ad accordi fra l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e Confederazioni sindacali rappresentative ai sensi di quanto previsto al comma 2 dello stesso articolo 40 dei decreto legislativo n. 165 del 2001, come da ultimo modificato.
Al riguardo, il decreto dispone che le funzioni di indirizzo e le altre competenze sono esercitate collegialmente dai comitati di settore, senza più riferimento all'organismo di coordinamento, presieduto dal Ministro della funzione pubblica, previsto invece dalla normativa previgente.
Occorre, d'altronde, che ciò si realizzi mediante le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47 dello stesso decreto legislativo n. 165 del 2001, come da ultimo modificato.
Tali norme presuppongono che venga resa una specifica indicazione in tal senso dai comitati di settore all'Aran e che l'apposita sezione venga prevista nell'ambito di un accordo quadro che definirà i nuovi compatti di contrattazione collettiva.
Come appare evidente, quindi, ai fini dell'istituzione di una nuova sezione nell'ambito di uno specifico comparto non è sufficiente il solo indirizzo reso all'Aran, occorrendo altresì l'accordo fra entrambe le parti della relazione contrattuale.
Ad ogni modo, considerato che il quesito posto dall'interrogante si riferisce alla creazione di un'apposita sezione all'interno del comparto sanità, si reputa indispensabile che l'indicazione in tal senso all'Aran provenga dal relativo comitato di settore costituito, ai sensi dell'articolo 41, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

DE BIASI e GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
La Fondazione Giuseppe Di Vittorio, costituita da circa dieci anni, rappresenta la principale sede per tutti i fruitori che intendono conoscere ed approfondire la storia del movimento Operaio in Italia e nel mondo, studiare l'evoluzione e la ricerca sulle tematiche economiche e istituzionali, l'analisi delle articolazioni delle forme espressive della cultura, le problematiche della ricerca scientifica e della sostenibilità, il confronto tra i modelli di integrazione economica e sociale europea e approfondire i temi relativi all'informazione e alla comunicazione;

le attività di ricerca e di studio della fondazione sono condotte dagli «amici della Fondazione», organismo che raccoglie studiosi ed esperti delle varie aree tematiche a cui da tempo fanno riferimento le Sezioni e i Gruppi di lavoro;
la Fondazione Di Vittorio svolge attività di grande rilievo quali (Convegni, seminari, dibattiti, pubblica libri, materiale audiovisivo e informatico e possiede al suo interno una serie di importanti raccolte di volumi inerenti la storia del movimento sindacale, la rappresentanza degli interessi economici, il movimento operaio e contadino italiano ed europeo che si segnalano per estensione e per il corpus omogeneo dedicato agli stessi argomenti;
al momento della sua costituzione la biblioteca della Fondazione raggiungeva le 2.000 unità bibliografiche, oltre al patrimonio di riviste, opuscoli e letteratura storiografica «minore», ovvero pubblicazioni interne delle strutture di rappresentanza sindacale territoriale e categoriale delle diverse organizzazioni confederali;
nel corso di questi anni la stessa biblioteca si è arricchita di ulteriori fondi bibliografici di assoluto rilievo;
un primo fondo definito «Carlo Costamagna» dal nome dell'esponente teorico del regime fascista, che si compone di circa 300 volumi ed opuscoli inerenti la dottrina, la politica e l'impostazione corporativa dello stato italiano negli anni del regime;
un secondo acquisito nel 2003, dall'avvocato Sante Assennato,e si compone di circa 1.000 volumi compresa una lunga serie di raccolte pressoché complete di riviste e periodici relativi, tutti, agli anni dell'immediato dopoguerra e fino al decennio del boom economico e delle lotte sindacali (1960);
a questi si sono aggiunti i volumi acquisiti per via diretta nel corso della normale ed istituzionale attività della Fondazione, oltre quelli acquisiti per scambio con altre Fondazioni ed istituti di ricerca sull'Italia contemporanea e con istituzioni nazionali;
tale patrimonio bibliografico è stato oggetto di una prima catalogazione informatica attraverso il programma di catalogazione CDS/ISIS (idoneo ad essere interconnesso con altri sistemi), distribuito dalla DBA per conto dell'UNESCO. Le potenzialità del programma prevedono l'utilizzo di un database già strutturato per la descrizione del materiale documentario secondo le regole dell'ISBD (International Standard Bibliographic Description) e le RICA (Regole Italiane di Catalogazione per Autore);
questa fase di catalogazione ad oggi ha riguardato un totale di circa 2000 volumi. Rimangono da catalogare - ad oggi - completamente gli altri fondi acquisiti, i volumi che giungono seguendo i normali canali di scambio e le monografie di cui via via viene deciso l'acquisto;
è ipotizzabile che tale flusso di nuovi materiali possa proseguire ed aumentare nel corso degli anni, a seguito di donazioni o acquisizioni dirette da parte del comitato scientifico della Fondazione stessa;
nel periodo di attività si è sviluppata, e si ha intenzione di continuare in queste nuove accessioni, l'acquisizione di materiale audiovisivo su supporto magnetico e in Cd/Rom;
la biblioteca della Fondazione è attualmente in convenzione con la biblioteca /archivio storico «Luciano Lama» ed è in stabile contatto con l'Archivio audiovisivo del movimento operaio italiano di Roma e dunque il numero di volumi è decisamente più alto;
la biblioteca è frequentata da ricercatori e studiosi italiani e stranieri, appartenenti alle strutture universitarie ed ai dottorati di ricerca in storia contemporanea attualmente attivi presso i diversi atenei italiani;
dall'elenco delle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario dello

Stato per il triennio 2009-2011 la Fondazione Giuseppe di Vittorio è stata esclusa;
tale scelta è stata motivata da una presunta esiguità del patrimonio biobibliografico;
tale motivazione appare inesatta alla luce di quanto sopra esposto;
sono stati concessi finanziamenti ad istituzioni con minori corrispondenze ai requisiti richiesti -:
quali siano state, considerata l'importanza e l'attività ormai decennale svolta dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, le motivazioni che hanno indotto il Ministro interrogato ad escludere suddetta Fondazione dai finanziamenti statali, unica fonte che negli anni ha sostenuto la ricerca e l'approfondimento di tematiche fondamentali per il nostro Paese;
se il Ministro non ritenga di erogare i finanziamenti alla Fondazione Di Vittorio, come atto di equità e di congruenza ai requisiti richiesti, di riconoscimento della reale portata culturale della Fondazione.
(4-04507)

Risposta. - Le domande di ammissione dei vari istituti culturali al contributo ordinario dello Stato per il triennio 2009-2011, sono state valutate da una Commissione istituita appositamente con decreto del direttore generale del 28 ottobre 2009.
Quest'ultima ha svolto un imparziale esame comparativo delle istanze pervenute utilizzando quale parametro di valutazione i criteri puntualmente disciplinati dalla legge n. 534 del 1996 e della circolare n. 16 del 2002, e alla luce delle contenute disponibilità finanziarie.
Dalla documentazione presentata dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio, la Commissione citata ha riscontrato la carenza in seno alla stessa dei requisiti previsti dall'articolo 2
d) e f) della legge n. 534 del 1996.
In particolare, la carenza del «rilevante patrimonio bibliografico, archivistico, museale... pubblicamente fruibile in forma continuativa» e la mancanza della «catalogazione e applicazioni informatiche finalizzate alla costruzione di basi di dati e di immagini» requisiti che la legge citata pone come condizione essenziale per ottenere il contributo.
Alla Fondazione, in questione, tuttavia, è stato riconosciuto per l'anno 2009 un contributo pari a 4 mila euro ai sensi dell'articolo 8 legge n. 534 del 1996.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Ancona rappresenta uno dei riferimenti logistico-navali più importanti dell'Adriatico;
ogni anno nel porto di Ancona transita un importante numero di passeggeri tale da porlo al centro dello scacchiere Nord-Sud d'Europa e del Mediterraneo orientale anche sul versante turistico;
il ministero interrogato ha provveduto a finanziare il programma innovativo in ambito urbano denominato (PIAU) «Porti e Stazioni», concedendo al comune di Ancona risorse importanti al fine di avviare un'opera di riqualificazione urbana di riorganizzazione dell'area portuale soprattutto in termini di implementazione dell'efficienza dei collegamenti porto-territorio e di valorizzazione del rapporto fisico tra il porto e la città;
malgrado i programmi di riorganizzazione ed il ruolo di riferimento riconosciuto al porto della città marchigiana, continuano a sussistere gravi problemi di carattere organizzativo (la situazione sembra addirittura peggiorata rispetto a qualche anno fa), tale da rendere un vero e proprio calvario il transito nell'area portuale finalizzato all'imbarco, sebbene giustificata da esigenze di sicurezza le cui dinamiche sembrano essere incomprensibili ai più. Tali criticità si aggiungono alla

forti difficoltà logistiche ed organizzative che caratterizzano la città di Ancona da anni;
l'area portuale è caratterizzata da una cattiva segnalazione, che per alcuni tratti risulta assente, scarso personale di riferimento in grado di fornire informazioni o dare indicazioni;
per procedere all'imbarco si è costretti ad imboccare un vero e proprio girone infernale, con l'obbligo di dirigersi con l'autovettura al di fuori della struttura di transito, per ottenere il rilascio dei biglietti presso biglietterie distanti chilometri dal luogo dell'imbarco e collocate praticamente al di fuori dell'area portuale. Tale articolata e problematica struttura costringerebbe gli utenti ignari a recarsi presso le strutture portuali molte ore prima del previsto imbarco;
i cittadini ed i turisti italiani e stranieri sconvolti hanno manifestato chiaramente allo scarso personale operativo all'interno dell'area, il proprio disappunto, con inevitabili riflessi di questo generale malcontento sulla credibilità dell'intera struttura portuale e del servizio offerto all'utente;
la città di Ancona, dati i presupposti, rischia di non essere più un riferimento marittimo per il Paese sull'Adriatico -:
se sia a conoscenza della cattiva organizzazione della struttura portuale di Ancona;
se ritenga opportuno procedere con una ispezione che consenta di verificare lo stato attuale della struttura e della sua organizzazione;
quali provvedimenti intenda predisporre al fine di porre rimedio ad una situazione, che rischia realmente di ledere l'immagine del nostro Paese, intaccando uno dei suoi settori più rilevanti in termini di impatto economico, quali il turismo.
(4-03940)

Risposta. - Si premette che gli interventi relativi al Programma innovativo in ambito urbano (Piau), denominato «porti e stazioni (decreto ministeriale infrastrutture e trasporti n. 162 del 27 dicembre 2001), finalizzati alla realizzazione dei nuovi collegamenti multimodali alla darsena Marche e concernenti il traffico da e per il nuovo porto commerciale sono a totale cura ed onere dell'Autorità portuale di Ancona e risultano, ad oggi, per la parte stradale già in esercizio e per la parte ferroviaria in via di ultimazione. Le risorse pubbliche di euro 928 mila, messe a disposizione dal predetto programma, sono state stanziate esclusivamente a favore dell'Amministrazione comunale di Ancona e sono tutt'ora in corso di utilizzazione da parte di quest'ultima per l'effettuazione di studi ed attività progettuali propedeutiche alla realizzazione di interventi di riqualificazione di una zona urbana degradata ed interessata marginalmente dalle attività dello scalo portuale di Ancona.
Circa le questioni più specificamente legate ai servizi resi ai viaggiatori in transito nel porto di Ancona, si fa presente che l'Autorità portuale ha comunicato di avere da tempo messo in atto molteplici iniziative volte al miglioramento dei servizi medesimi, unitamente ad una riorganizzazione operativa recentemente messa a punto e portata a regime in ottemperanza alle normative internazionali in materia di
security portuale e di ordine pubblico.
In particolare, la suddetta riorganizzazione ha comportato il trasferimento della biglietteria marittima per l'espletamento delle attività di acquisto biglietto e di
check-in, propedeutiche all'imbarco sui traghetti, in una zona portuale esterna al porto storico ed a quest'ultima collegata tramite una viabilità a doppio senso.
L'Autorità portuale di Ancona evidenzia, inoltre, di aver apportato un notevole miglioramento ai presidi di indicazione dei percorsi viari da seguire per il raggiungimento della biglietteria marittima e delle banchine di imbarco; di avere implementato la segnaletica stradale orizzontale e verticale, anche mediante pannelli luminosi ad elevata visibilità; di aver implementato il numero di addetti all'informazione e all'assistenza ai passeggeri in ambito portuale,

anche ricorrendo alle prestazioni volontarie dei presidi locali della Protezione civile; di aver creato un pieghevole informativo opportunamente distribuito all'utenza presso i caselli autostradali; di avere, altresì, predisposto un servizio gratuito di bus-navetta, con oneri a totale carico dell'Ente medesimo, per un immediato ed agevole trasferimento dei viaggiatori sprovvisti di mezzi dalla biglietteria alle aree di imbarco.
L'autorità portuale di Ancona, sottolinea, altresì, di aver provveduto a realizzare alcuni interventi puntuali volti a risolvere alcune criticità della viabilità portuale ed extraportuale, e consistenti, nello specifico, nella creazione di nuovi parcheggi per autotreni diretti all'imbarco e di una rotatoria stradale in prossimità di un'intersezione, già in passato causa di congestione del traffico, il tutto con oneri economici comunque gravanti a carico del bilancio dell'Ente stesso.
Gli interventi descritti hanno trovato riscontri più che soddisfacenti, anche a fronte degli elevati volumi di traffico registrati nella trascorsa stagione estiva, negli unanimi apprezzamenti pervenuti dagli operatori portuali locali e negli apprezzamenti degli stessi viaggiatori.
Infine, l'Autorità portuale di Ancona fa sapere che interventi ulteriori e diversi, anche di carattere organizzativo, sono già stati programmati per l'immediato futuro e in alcuni casi già avviati, onde conseguire un ulteriore miglioramento dei servizi resi all'utenza in transito per il porto di Ancona, nell'ottica del perseguimento di un sempre crescente livello di competitività e prestigio dello scalo di che trattasi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il treno Leonardo express è un servizio ferroviario che collega la stazione di Roma Termini e l'aeroporto di Roma-Fiumicino, e rappresenta il primo biglietto da visita delle città di Roma e del Paese intero ai tanti turisti che quotidianamente giungono nell'aeroporto, segnatamente nel periodo estivo, oltre che uno snodo imprescindibile per i tanti viaggiatori che per lavoro quotidianamente devo raggiungere la struttura aeroportuale;
il sito di Trenitalia, gruppo Ferrovie dello Stato, riguardo al treno Leonardo express parla di «confortevole e affidabile collegamento no-stop tra l'Aeroporto di Fiumicino e il centro di Roma»; oltre che citarne le potenzialità e le caratteristiche parlando di un «servizio di prima classe su treni dotati di aria condizionata, carrozze interamente rinnovate, impianto automatico di diffusione sonora e ampi spazi per i bagagli, sempre in grado di garantire un elevato livello di comfort e sicurezza»;
in data martedì 21 luglio 2009 l'interrogante ha avuto modo di viaggiare sul servizio ferroviario Leonardo, e la scena che si è ritrovata dinanzi agli occhi è stata raccapricciante, sotto il profilo dell'igiene, della condizione delle carrozze e del tenore del viaggio;
le carrozze presentavano segni vistosi di sporcizia accumulata da giorni, sedili sporchi ed odore nauseabondo;
non vi erano segni di aria condizionata, le temperature erano notevolmente elevate, tali da rendere impossibile il tragitto soprattutto ai bambini piccoli e alle persone anziane;
non sono garantiti gli essenziali livelli di sicurezza, poiché l'accesso al convoglio non è controllato, per cui vi fanno ingresso puntualmente malintenzionati e borseggiatori;
su questo convoglio non ci sono posti disponibili, i passeggeri senza adeguata informazione o indicazioni, utilizzano i sedili come porta-bagagli. Il livello di igiene di questo servizio appare per certi tratti ben peggiore di quanto presente sui treni a percorrenza regionale, i cui standard di viaggio sono stati già oggetto di atti di sindacato ispettivo ed inchieste giornalistiche;

il disagio degli utenti ammassati nelle carrozze di un treno che dovrebbe offrire adeguato comfort, è forte e tangibile, tanto da costringere chi detiene possibilità economiche maggiori a rivolgersi ai servizi di taxi cittadino;
negli ultimi quattro anni il prezzo del biglietto per il Leonardo Express è salito da 9 euro agli attuali 11 euro, per una tratta che supera di poco i 30 chilometri. Un costo che si pone al di sopra della media europea, non compensato assolutamente da adeguati standard di comfort -:
quali provvedimenti o iniziative si intendano predisporre al fine di porre rimedio alla situazione incresciosa che contraddistingue il servizio ferroviario di Trenitalia da Fiumicino e, in particolare, al fine di rivedere i contratti predisposti con le ditte erogatrici dei servizi di pulizia dei vagoni alla luce di quanto descritto.
(4-03947)

Risposta. - Il treno «Leonardo Express» collega il centro di Roma (stazione Termini) con l'Aeroporto internazionale «Leonardo da Vinci» (Roma Fiumicino) con 70 corse giornaliere, senza fermate intermedie e in un tempo di percorrenza di 31 minuti.
Il servizio ferroviario denominato «Leonardo Express» rientra nel contratto di servizio con la regione Lazio e, quindi, la determinazione del relativo livello tariffario è di competenza regionale. Tuttavia e utile rilevare come l'attuale prezzo del servizio pari a euro 11,00 (0,35 euro circa al chilometro) risulta nettamente concorrenziale rispetto alle modalità alternative di spostamento (taxi, auto pubbliche) e come il raffronto con analoghi servizi in ambito europeo debba tenere opportunamente conto delle variabili che caratterizzano diversamente i vari servizi, quali la distanza con il centro cittadino, i tempi di percorrenza e la tipologia dei collegamenti.
Per il 2010 sono stati già programmati interventi di
restyling interno delle carrozze che prevedono la sostituzione delle foderine dei sedili e degli elementi interni deteriorati dall'uso o da atti vandalici.
Nei mesi scorsi, proprio per elevare lo
standard di pulizia dei rotabili risultato insoddisfacente, sono state bandite le nuove gare d'appalto per l'affidamento del servizio, basate su capitolati rigorosi che assicurano prestazioni e qualità erogata facili da verificare e sanzionare in caso di risultati inadeguati. Attualmente, nonostante il rallentamento subito per effetto di una lunga serie di ricorsi amministrativi presentati dalle ditte uscenti, il primo gruppo di gare, tra cui quella relativa ai treni del Lazio, è già stato aggiudicato ed è in corso il subentro delle nuove imprese. Al riguardo, è opportuno porre in rilievo che proprio nel periodo estivo in coincidenza con la conclusione dell'iter di affidamento dei servizi di pulizia a bordo treno alle nuove imprese subentranti, il personale precedentemente impiegato in tali attività, ha proclamato forme di agitazione spesso improvvise che hanno compromesso gli interventi di pulizia programmati.
Per ciò che concerne, poi, la sicurezza sulla linea in questione, si fa presente che, ai sensi della normativa vigente, la predisposizione delle attività finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati, alla tutela dell'ordine pubblico e dell'incolumità dei cittadini nell'ambito dei trasporti effettuati sulle linee ferroviarie, sui treni in sosta o in corsa, negli impianti ferroviari ed in ogni loro pertinenza o in qualunque settore del servizio ferroviario è compito istituzionale esclusivo della Polizia ferroviaria. In ausilio e affiancamento a tali attività d'istituto, Trenitalia ha attivato attraverso la propria struttura di protezione aziendale programmi di sorveglianza a bordo treno. Infine, a seguito dell'accordo sindacale recentemente raggiunto sul cosiddetto "agente solo", sui treni del trasporto regionale le attività di assistenza alla clientela e controlleria a bordo da parte del Capo treno stanno gradualmente riprendendo la piena funzionalità.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DI BIAGIO e ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 24 marzo del 1976 il colpo di Stato in Argentina, da parte dei militari che s'impadronirono del potere, diede vita ad una dittatura a cui si diede il nome di «Processo di Riorganizzazione Nazionale»;
l'esperienza golpista alimentò il terrorismo di Stato, sequestri di persone, torture di ogni genere e la sparizione forzata di esseri umani, a cui si aggiunse la cruenza del terrorismo di matrice marxista;
grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, agli indizi ritrovati e alle confessioni di alcuni collaboratori, sin dal 1983 con la fine della dittatura ci furono i primi ricongiungimenti con le famiglie di origine;
le storie dei sopravvissuti meriterebbero di essere ricordate tutte, per il tormento e la dignità nel superare il trauma e raccontarlo ripetutamente nelle aule dei tribunali, nelle scuole e in ogni tipo di rassegna culturale;
partendo dalla memoria dei desaparecidos dobbiamo ricordare che le vittime italiane del terrorismo in Argentina sono state migliaia, tra quelle del terrorismo di Stato e quelle del terrorismo internazionale di gruppi armati, molti dei quali ancora impuniti;
la storia del fenomeno «terrorismo» è stata finora raccontata a puntate, distanti nel tempo l'una dall'altra, così da non consentire un preciso collegamento tra i vari gruppi armati;
diventa opportuno e necessario tentare una ricostruzione omogenea e globale per dimostrare la pericolosità delle organizzazioni terroristiche internazionali. Soprattutto oggi che si intensifica l'opera di inquinamento degli indizi e delle prove, e s'intensifica lo sforzo di correggere i connotati dei responsabili del terrorismo;
è utile ristabilire la verità in una visione d'insieme perché ogni impresa criminale terrorista è stata oggetto di distorsione, di mistificazione, grazie anche all'atteggiamento ambiguo di molti;
ottenere giustizia e verità, questo chiedono i nostri connazionali, grazie al sostegno del Paese e per questa strada arrivare finalmente a costruire una memoria condivisa;
tutti gli atti di fedeltà sono atti di giustizia, conservando vivo oggi il ricordo delle vittime italiane del terrorismo, non si è solo fedeli all'opera che hanno lasciato, si rende giustizia anche a tutto ciò che la società, e singolarmente le generazioni più giovani devono capire, per non ricadere negli errori del passato -:
quali siano state e saranno le iniziative politiche e normative per la ricostruzione della memoria storica e per un riconoscimento dallo Stato italiano delle vittime di origine e discendenza italiana del terrorismo in Argentina e se verranno ricordate nel Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale.
(4-05147)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Italia ha sempre seguito con grande attenzione la questione dei
«desaparecidos» italiani accertati a seguito degli eventi legati alla dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983.
Il dramma dei circa 30 mila
«desaparecidos» complessivi ha dato vita ad innumerevoli organizzazioni di parenti che, mediante azioni legali e di sensibilizzazione della società, continuano a richiedere alle Autorità argentine che i responsabili vengano processati.
I
«desaparecidos» italiani accertati (intendendosi per tali coloro i quali hanno la sola cittadinanza italiana e non i numerosissimi doppi cittadini) sono 46.
Con fondi stanziati sulla legge n. 180 del 1992 (dedicati a sostenere iniziative di pace ed umanitarie in sede internazionale) sono stati erogati contributi finanziari per progetti

di riabilitazione delle vittime della dittatura militare argentina, realizzati dall'Associazione «Abuelas de Plaza de Mayo». Si possono citare il contributo erogato nel 2003 a favore del «Centro di salute mentale per il diritto all'identità», ed il contributo erogato nel 2004 a favore del progetto «Conservazione dell'archivio della Commissione nazionale per i Desaparecidos (Conadep). Nel 2007 è stato concesso un contributo per il rafforzamento istituzionale della suddetta Associazione.
Va peraltro anche ricordato il processo tenutosi a Roma (condanna di primo grado nel dicembre 2000, confermata in appello nel marzo 2003) relativo a 8 cittadini italiani sequestrati ed uccisi. Il processo ha portato alla condanna all'ergastolo di due generali argentini ed a condanne a 24 anni di carcere per altri 6 ufficiali argentini.
Si segnala, infine, che presso l'ingresso dell'Ambasciata italiana di Buenos Aires è stata installata in forma permanente una stele per ricordare i
«desaparecidos» italiani vittime della dittatura.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI PIETRO, PIFFARI, CIMADORO e ROTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 25 agosto 2009 è stata ventilata dal Ministro interrogato e riportata sulla stampa la notizia della rimozione di Luca Rinaldi dall'incarico di Sovrintendente ai beni architettonici e paesaggistici delle province di Mantova, Brescia e Cremona, paventando un trasferimento presso la Sovrintendenza di Trieste;
nei suoi anni di attività Luca Rinaldi si è sempre opposto a progetti di cementificazione selvaggia del territorio, preservando lo stesso anche da possibili speculazioni edilizie;
negli ultimi otto anni, la Sovrintendenza dell'architetto Rinaldi si è infatti distinta per una lunga serie di interventi: centinaia di annullamenti di autorizzazioni paesistiche, vincoli diretti, perseguimento di abusi, e battaglie contro la demolizione di cascine ed edifici storici, contro il dilagare di capannoni; inoltre, il contributo del Soprintendente Rinaldi ha permesso di tutelare il paesaggio mantovano dichiarando l'interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, del sistema dei laghi di Mantova, del canale Rio, dei ponti dei Mulini e di San Giorgio, e contestuale tutela indiretta ai sensi degli articoli 45, 46 e 47 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dei terreni in sponda sinistra dei laghi di Mezzo ed Inferiore, nonché la tutela indiretta del complesso di Palazzo Ducale e Castello di San Giorgio;
gli enti e le associazioni (Fai, Italia Nostra, Legambiente) del territorio su cui Luca Rinaldi ha operato hanno riconosciuto il suo valore e il buon lavoro effettuato in questi anni;
la difesa dell'ambiente, la valorizzazione del territorio e le battaglie contro il dilagare di capannoni sono una priorità per Mantova, per le istituzioni e le associazioni, affinché la speculazione non compia ulteriori crimini di carattere ambientale;
ulteriori dubbi in merito nascono dal fatto che il nome designato come sostituto dell'architetto Rinaldi è quello di Andrea Alberti, di Ferrara, a cui è già assegnata la Sovrintendenza di Verona, Vicenza e Rovigo; l'architetto Alberti si troverebbe quindi a dover gestire, oltre a territorio scaligero, anche le tre province lasciate libere da Rinaldi, un'area decisamente troppo ampia e complessa -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno reintegrare nelle sue funzioni il Sovrintendente Luca Rinaldi, in modo da dare l'opportunità allo stesso di proseguire nelle battaglie fin qui iniziate nelle province di Mantova, Brescia e Cremona, per preservare il bene comune e tutelare l'ambiente e suoi beni culturali.
(4-03993)

Risposta. - All'architetto Luca Rinaldi, dopo otto anni di servizio prestato presso la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia, è stato affidato un nuovo incarico.
Tale decisione si pone in linea con il principio di rotazione degli incarichi, al fine di evitare un eccessivo prolungarsi delle potestà di un soggetto su un medesimo territorio.
La rotazione dei dirigenti costituisce un principio fondamentale da applicarsi seguendo non tanto le rigide regole di carattere matematico (altrimenti il legislatore avrebbe stabilito una tempistica ben definita), bensì ispirandosi al buon senso ed a criteri di logica opportunità.
Quanto alla designazione del nuovo Soprintendente Andrea Alberti, si rassicura l'interrogante che l'esperienza e l'alta professionalità che contraddistinguono il dottor Alberti, costituiscono una garanzia per la continuità nella preservazione del bene comune e nella tutela dei beni culturali.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

DIMA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
alcune nomine, ex articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165/2001, a dirigente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali sono state contestate dai Funzionari Archeologi dello stesso Ministero, categoria C2 e C3, molti dei quali partecipanti al concorso per 10 posti da Dirigente Archeologo del Ministero bandito lo scorso anno ed attualmente in fase di espletamento;
gli stessi ritengono lesive della loro carriera professionale, le nomine a Soprintendente a contratto, ex comma 5 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, di quattro funzionari della Regione Sicilia che sono stati posti a capo delle Soprintendenze per i Beni Archeologici del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e della Calabria;
tali nomine potrebbero penalizzare lo svolgimento della normale attività del Ministero in quanto i funzionari provenienti da una Regione a Statuto speciale come la Sicilia potrebbero non avere piena contezza del funzionamento e delle procedure della macchina ministeriale;
al posto di tali nomine, che potrebbero creare un aggravio di spesa per le casse dello Stato, in attesa dell'espletamento del regolare concorso, il Ministero avrebbe potuto ricorrere alla nomina temporanea, ex articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, di Soprintendenti reggenti, scelti tra i Funzionari Archeologi, categoria C2 e C3, in base a criteri di anzianità di servizio e di esperienza, come oltretutto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza, sezione lavoro, n. 9130 del 17 aprile 2007;
tali nomine solleverebbero, secondo l'interrogante, dubbi sull'esatta omologia tra la dirigenza statale e quella della Regione Sicilia che è a Statuto speciale e che pertanto dovrebbe costituire la premessa fondamentale per la nomina ex comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per i Beni e le Attività Culturali al fine di ripristinare una situazione che attualmente vedrebbe fortemente penalizzati i Funzionari Archeologi, categoria C2 e C3, del Ministero.
(4-00502)

Risposta. - Le preoccupazioni espresse dall'interrogante circa una possibile lesione dell'interesse dei vincitori del concorso a dirigente archeologo del Ministero a causa delle provvisorie nomine a dirigente di alcuni funzionari della Regione siciliana, ex articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, risultano allo stato superate.
Gli incarichi dirigenziali menzionati sono, infatti, decaduti al momento dell'entrata in vigore del nuovo regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 2009 n. 91) ed a

seguito della nomina dei vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami a 10 posti di dirigente archeologo nei ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali solo di recente concluso.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

EVANGELISTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 22 ottobre 2009 si è appreso da notizie di agenzia dell'avvenuta vendita a una non meglio identificata holding russa (si era ipotizzata la presenza della Gazprom), da parte dell'ultimo proprietario dei beni vasariani, Giovanni Festari, dell'archivio del pittore, architetto e storico Giorgio Vasari, conservato nella città di Arezzo, per la cifra di 150 milioni di euro;
la notizia è stata notificata al comune di Arezzo dalla soprintendenza archivistica della Toscana ma non risultano ancora note le identità degli acquirenti;
in maniera quasi paradossale, la notifica informa che il comune di Arezzo ha la possibilità di esercitare il diritto di prelazione come se un comune, ancorché piccolo, disponesse di una cifra simile;
il sindaco del comune aretino ha già fatto sapere che si tratta di una cifra esorbitante e che lo Stato dovrebbe farsi carico di non consentire che un tale patrimonio culturale finisca in mani straniere;
i contorni della vicenda, per un susseguirsi di smentite e dichiarazioni poco chiare, si facevano di ora in ora sempre più oscuri e, infatti, qualche giorno dopo, il 27 ottobre 2009, si viene a sapere dalla stampa di quale holding si tratti, la Ross Group; ma non basta: il suo presidente, Vasilij Stepanov, fa sapere che, per interesse di uno sconosciuto oligarca russo, «per il quale 150 milioni sono nulla», il denaro era già pronto salvo poi comunicare che l'affare era saltato poiché il compratore era deceduto in un incidente stradale lo scorso 9 settembre, guarda caso la stessa data dell'ultima notifica di trasferimento del bene, ovvero della sua vendita; inoltre, un mese dopo moriva anche il citato Festari;
è imbarazzante e anche intollerabile che una nazione come l'Italia, che è il paese con la più alta percentuale di beni culturali del mondo non si adoperi perché una testimonianza storica e culturale come l'archivio Vasari non rischi di andare perduta;
il nostro patrimonio culturale avrebbe bisogno di essere organizzato e valorizzato meglio, ma è pur vero che esso per prima cosa va protetto e tutelato -:
di quali notizie disponga circa i contorni ancora oscuri della vicenda, piena di contraddizioni, con particolare riferimento all'acquirente dell'archivio citato e a come è stata gestita l'intermediazione;
quale ruolo il ministero intenda avere per evitare che un pezzo di storia dell'arte italiana rischi comunque di essere venduto e quali passi intenda perseguire in tal senso, ipotizzando anche un eventuale acquisto, proprio mentre si avvicinano i festeggiamenti per il cinquecentenario della nascita del Vasari (1511).
(4-04781)

Risposta. - Una prima «denuncia» di trasferimento della proprietà, a titolo oneroso, dell'Archivio Vasari venne presentata, a firma del signor Giovanni Festari, alla Soprintendenza archivistica per la Toscana il 9 luglio 2009.
Dall'esame di tale «denuncia» effettuato dalla Soprintendente archivistica risultò che la stessa era incompleta sia perché non era stata sottoscritta anche dalla parte pretesa acquirente (la società Ross
Engineering Srl) sia perché in essa non era espressamente precisato che alla parte acquirente fosse noto il particolare «status» giuridico dell'Archivio, quale bene culturale gravato anche da vincolo pertinenziale con la Casa Vasari in Arezzo.
Conseguentemente la Soprintendenza, con lettera del 29 luglio 2009, ha dichiarato tale denuncia come «non avvenuta», ai

sensi del Codice; in questo modo si è conseguito il duplice effetto positivo di annullare l'efficacia della denuncia, anche ai fini del decorso del termine ordinario della prelazione, e di obbligare le parti contraenti, ove interessate, a integrare gli atti incompleti e, quindi, a sottostare al termine di prelazione più lungo, fissato dal Codice, per tali casi, in centottanta giorni decorrenti dalla nuova «denuncia». Si precisa, infatti, che mentre per le denunce di vendita complete vige il termine di sessanta giorni per l'esercizio della prelazione, tale termine è elevato a centottanta giorni nel caso in cui la denuncia sia incompleta.
È peraltro da aggiungere che, anche in considerazione dell'elevatissimo valore economico attribuito alla transazione, di essa è stata data notizia alla Procura della Repubblica di Roma con lettera del 6 agosto 2009.
Si deve, al riguardo, precisare - anche per chiarire alcuni equivoci che sono insorti - che di tale prima «denuncia» di vendita (quella del 9 luglio 2009) nessuna comunicazione formale fu data agli enti territoriali in quanto, come detto, la stessa era improduttiva di effetti.
In data 23 settembre 2009 il signor Festari ha fatto poi pervenire alla Soprintendenza archivistica per la Toscana, una congerie di atti, dai quali si evince che egli ha provveduto sia a integrare la denuncia del luglio 2009, sia a presentare
ex novo un'ulteriore denuncia di alienazione (questa volta avvenuta il 9 settembre 2009) redatta in conformità ai rilievi a suo tempo mossi dalla Soprintendenza.
All'evidenza, tali atti risultano essere stati messi a punto, fra l'altro, allo scopo di far decorrere
ex novo il termine ordinario di sessanta giorni dato dal Codice all'Amministrazione per l'esercizio del diritto di prelazione.
Viceversa, l'Amministrazione, ha ricordato al Festari che non era in alcun modo possibile tentare di eludere l'applicazione del termine sanzionatorio di 180 giorni per la prelazione, mediante una pretesa «rimessione in termini» a seguito di una nuova denuncia; ha poi contestualmente dato comunicazione a tutti gli enti territoriali interessati, come d'obbligo ai sensi del Codice, della intervenuta integrazione della «denuncia» di vendita, e quindi della sua idoneità a far decorrere i termini di legge, ancorché maggiorati a 180 giorni, per l'esercizio della prelazione.
Ovviamente, anche di tale ulteriore «denuncia» di vendita e degli atti ad essa allegati, la Soprintendente archivistica per la Toscana ha provveduto a dare formale comunicazione, per gli accertamenti del caso, alla Procura della Repubblica di Roma.
Quanto al peculiare regime di tutela cui è sottoposto l'Archivio Vasari, appare opportuno, in questa sede, rimarcare quanto segue.
1. Le cosiddette «Carte Vasari» oggi presenti in Arezzo costituiscono la parte residua del più ampio archivio della famiglia Vasari, archivio che fu in un primo tempo adoperato da Bonsignore Spinelli, esecutore testamentario dell'ultimo discendente dei Vasari, Francesco Maria (morto il 3 marzo 1687), per dare compiuta attuazione alle ultime volontà di costui.
Una volta esaurito l'incarico, tali raccolte documentali (o, più propriamente, quello che di esse restava dopo alcune vendite che ne interessarono una parte) vennero inglobate nell'archivio di Casa Spinelli (poi Rasponi Spinelli), ove vennero individuate e catalogate da Giovanni Poggi, Soprintendente alle Gallerie a Firenze, nell'anno 1908, tranne tre unità documentarie, probabilmente sfuggite agli accertamenti del Poggi, che oggi si trovano a New Haven, perché acquistate nel 1988 dalla Beinecke
Library dell'Università di Yale.
Le raccolte documentarie individuate da Poggi furono dichiarate di notevole interesse storico già con provvedimento del Ministero della pubblica istruzione notificato in data 23 ottobre 1917.
2. Successivamente, di detta documentazione, così come descritta in «Inventario e Regesto dei Manoscritti dell'Archivio Vasariano», redatto da Alessandro Del Vita nel 1938, è stato confermato il notevole interesse storico con decreti dei Soprintendente archivistico della Toscana del 16

novembre 1990, del 23 marzo 1991 e del 19 gennaio 1996.
Inoltre, con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, emesso l'8 marzo 1994 (e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Arezzo in data 18 ottobre 1994), in considerazione del fatto «che le citate "Carte Vasari",... sono state destinate fin dall'origine, in modo durevole, al servizio e decoro di "Casa Vasari", entrando con la stessa
ab initio in un rapporto di complementarietà che è risultato oggettivamente valutabile,... come risulta dalla relazione storico-archivistica...» è stato disposto «che le "Carte Vasari", come descritte nell'inventario e regesto di Alessandro Del Vita,... sono vincolate alla "Casa Vasari" con vincolo pertinenziale iure publico...».
Si precisa che la legittimità di tale destinazione pertinenziale, che vincola indissolubilmente le «Carte Vasari» alla «Casa Vasari», è stata accertata dal tribunale amministrato della Toscana, sezione III, con sentenza n. 387 del 21 novembre 1998. Con tale sentenza è stato respinto il ricorso presentato da Festari Giovanni, erede del patrimonio Rasponi Spinelli, avverso il vincolo imposto nel 1994. Si sottolinea inoltre che tale sentenza è divenuta irrevocabile perché passata in giudicato.
3. Appare pertanto evidente che sussista un peculiare
status giuridico del carteggio vasariano, in forza del quale la fruizione di detto carteggio, sia nella sua valenza museale che storico-documentaria, può essere effettuata esclusivamente negli ambienti di Casa Vasari e sotto la vigilanza degli organi ministeriali preposti alla tutela.
Infine si ribadisce che la sua ineludibile collocazione entro Casa Vasari, in forza del vincolo pertinenziale imposto nel 1994 ed oramai consolidato, è presidiata dagli attuali istituti di tutela né sussiste la possibilità, secondo l'ordinamento vigente, di adottare ulteriori e ancora più pregnanti strumenti di carattere amministrativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il popolo saharawi è un popolo che da anni lotta per ottenere autodeterminazione, un popolo che ha bisogno più che mai dell'appoggio dell'opinione pubblica internazionale e del riconoscimento non solo dell'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA) e di alcuni Paesi del terzo mondo;
da tempo il Fronte Polisario (l'organo di autogoverno politico della Repubblica Araba Saharawi Democratica) ha cessato le azioni militari e si è dichiarato pronto ad accettare un'amministrazione internazionale composta dall'ONU e dall'OUA, chiedendo in cambio il ritiro delle truppe di Hassan II dal territorio del Sahara Occidentale;
l'ONU, nel corso degli anni, mediante risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza, ha riaffermato più volte il diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi e ha presentato diversi piani di regolamento per la soluzione del conflitto, come il piano di regolamento delle Nazioni Unite approvato dal Consiglio di sicurezza con risoluzioni n. 658 del 27 giugno 1990 e n. 690 del 29 aprile 1991, gli accordi di Houston firmati nel settembre 1997 dalle due parti in conflitto e il piano Baker II per l'autodeterminazione del popolo Saharawi, elaborato su richiesta del Consiglio di sicurezza e da questo approvato con risoluzione n. 1495 del 31 luglio 2003;
in particolare la citata risoluzione dell'ONU n. 690, approva la creazione della missione MINURSO (Mission des Nations Unies pour le Referendum dans le Sahara Occidentale) che ha il mandato di controllare lo svolgimento del referendum, programmato entro il termine di 29 settimane dall'entrata in vigore del cessate-il-fuoco tra le forze marocchine e quelle del Fronte Polisario, sul territorio contestato del Sahara Occidentale (già Sahara spagnolo);

la successiva risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1871 del 30 aprile 2009 estende il mandato della missione MINURSO, relativamente all'espletamento del referendum, fino al 30 aprile 2010, sollecitando le parti a continuare i negoziati per giungere a una soluzione politica del conflitto che preveda l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale e consenta finalmente la libera espressione della scelta del popolo Saharawi sul proprio avvenire;
il protrarsi del conflitto, ormai più che trentennale in questa zona, obbliga all'esilio tanti Saharawi, mentre la popolazione che vive nei territori occupati dal Regno del Marocco è vittima di inammissibili violazioni dei propri diritti umani più volte denunciate in sede internazionale;
a tal proposito, proprio l'8 ottobre 2009 si è appreso che sette attivisti saharawi dei diritti umani, sei uomini e una donna, sono stati arrestati, a quanto pare arbitrariamente e illegalmente, e rischiano una incriminazione per alto tradimento, un reato punito con la pena capitale;
Aminatou Haidar, anch'essa militante per il riconoscimento dei diritti umani dei Saharawi nei territori occupati, ha da circa venti giorni iniziato lo sciopero della fame per protestare contro l'espulsione dal suo Paese ed è tutt'ora trattenuta a Lanzarote in territorio spagnolo -:
quale sia oggi la posizione del Governo sulla questione del Sahara occidentale;
quali iniziative intenda mettere in pratica per favorire una soluzione condivisa e definitiva del conflitto in questa regione, nell'ambito di quanto stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in questi anni;
come intenda adoperarsi affinché abbia termine il dramma umanitario che il popolo Saharawi vive da più di trent'anni in violazione dei propri fondamentali diritti umani e affinché si possa giungere alla piena accettazione delle parti del principio del diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi mediante il libero e democratico referendum previsto dalle risoluzioni ONU;
quali passi intenda compiere per far riconoscere, alla rappresentanza in Italia del Fronte Polisario, lo status diplomatico come è stato fatto in passato per altri movimenti di liberazione riconosciuti dall'ONU come interlocutori ufficiali in processi di pace;
come intenda adoperarsi, non solo in sede ONU, perché venga impedita l'eventuale condanna a morte dei sette attivisti che si battono per il rispetto dei diritti umani del popolo Saharawi e per sollecitare un'azione incisiva e rapida del Governo italiano su quello del Marocco per la liberazione di questi ultimi.
(4-05235)

Risposta. - L'Italia segue con estrema attenzione il contenzioso sulla questione del Sahara occidentale, particolarmente preoccupata per le sue conseguenze dal punto di vista umanitario e delle implicazioni sulla stabilità regionale. In ambito Nazioni unite partecipa allo sforzo messo in atto dall'organizzazione per favorire una soluzione pacifica della controversia. In ogni circostanza ha ribadito di ritenere che solo nell'ambito del dialogo diretto tra Marocco e Fronte Polisario, sotto gli auspici delle Nazioni unite, potrà essere trovata una soluzione giusta e duratura del contenzioso.
A tal fine ha reiterato in tutte le numerose occasioni d'incontro con le Autorità di Rabat e con gli esponenti del Fronte Polisario l'invito ad adottare un approccio costruttivo e a mantenere un dialogo franco, aperto e senza precondizioni che possa condurre il negoziato attualmente in corso ad affrontare questioni di sostanza.
L'Italia partecipa alla missione con 5 osservatori militari e ne sostiene il funzionamento attraverso il finanziamento del suo bilancio. Nel solo 2009 il nostro contributo è stato di oltre i milione di euro.
La
United nations mission for the referendum in western Sahara opera nel Sahara occidentale, con una forza complessiva di 242 unità. Dispiegata a seguito

dell'accordo del 1988 tra Marocco e Fronte Polisario, la missione ha, tra l'altro, il compito di controllare il rispetto del cessate il fuoco tra le parti in lotta ed identificare gli elettori per la partecipazione al referendum sull'autodeterminazione previsto dal Piano di pace delle Nazioni unite. Il 30 aprile 2009 dopo un complesso negoziato incentrato sulla necessità di conferire maggiore rilievo agli aspetti umanitari, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha adottato all'unanimità la risoluzione 1871 sul rinnovo per un anno di Minurso. In tale occasione, Francia e Regno Unito hanno chiesto che il Department of Peacekeeping Operations (DPKO) inserisca nel prossimo rapporto al Consiglio criteri di valutazione appropriati sui progressi conseguiti dalla missione.
Per quel che riguarda l'eventuale riconoscimento dello
status diplomatico alla rappresentanza del Fronte Polisario in Italia, si ritiene che, nell'attuale fase particolarmente delicata del negoziato condotto sotto gli auspici delle Nazioni unite, iniziative di carattere unilaterale porrebbero a rischio il prosieguo del dialogo tra le parti.
In tal senso non riteniamo opportuna l'ipotesi di un riconoscimento da parte dell'Italia dello
status diplomatico alla rappresentanza del Fronte Polisario, decisione che sarebbe tra l'altro in contrasto con la tradizionale linea di condotta del Governo italiano ispirata ad una doverosa comprensione delle ragioni di entrambe le parti coinvolte nel contenzioso.
In merito alla tematica del rispetto dei diritti umani e dell'azione tesa ad evitare la condanna a morte dei sette attivisti saharawi attualmente detenuti in Marocco da parte delle Autorità di Rabat, l'Italia attribuisce importanza fondamentale alla tematica dei diritti umani e intende seguire con attenzione l'evolversi della situazione del rispetto dei diritti dell'uomo nel Sahara occidentale in stretto raccordo con gli altri membri dell'Unione europea. È nostra intenzione affrontare la tematica nell'alveo comunitario, per valutare congiuntamente ai
partner europei le iniziative che dovessero essere ritenute utili a garantire il pieno rispetto dei diritti umani.
In tale quadro, in linea con la posizione espressa dalla Presidenza dell'Unione europea nella Dichiarazione del 10 dicembre 2009, il Ministro degli esteri Frattini, in un comunicato rilasciato l'11 dicembre 2009, ha sottolineato che il rispetto per i diritti umani costituisce un valore assoluto ed un fondamentale principio internazionale, auspicando una costruttiva cooperazione del Marocco per risolvere la vicenda dell'attivista dei diritti umani Aminatu Haidar, in sciopero della fame nell'isola di Lanzarote in Spagna. La vicenda si è conclusa positivamente con il ritorno in patria della Signora Haidar il 18 dicembre 2009. Il Ministro Frattini ha manifestato il proprio apprezzamento per la sensibilità umanitaria dimostrata dalle Autorità marocchine e si è augurato che la soluzione del doloroso caso umanitario «possa contribuire alla prospettiva di un rasserenamento e di una costruttiva ripresa del dialogo fra le parti sotto gli auspici delle Nazioni unite».
L'Italia attribuisce altresì rilevanza fondamentale alla questione dell'abolizione della pena di morte, di cui la moratoria rappresenta una tappa fondamentale. In quest'ottica, l'Italia ha promosso, insieme ad una vasta alleanza trans-regionale di Paesi, una risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni capitali all'Assemblea generale delle Nazioni unite. La risoluzione è stata approvata nel 2007 con 104 voti a favore e nel 2008 con 106 voti, a riprova di una crescente sensibilità a livello internazionale. In entrambi i casi, il Marocco si è astenuto.
Pur prevedendo il codice penale marocchino la pena capitale, in Marocco vige una moratoria di fatto dal 1993 ed è da tempo in corso un dibattito in seno all'opinione pubblica ed al mondo politico marocchino in vista dell'abolizione della pena di morte. A giudizio di molti osservatori, la situazione nel Paese sarebbe matura per l'avvio da parte delle Autorità di Rabat della procedura di modifica costituzionale e di revisione del codice penale, necessarie all'abolizione della pena capitale.
Il Marocco ha ratificato la maggior parte degli strumenti internazionali in materia di diritti umani. Tra le eccezioni, vi sono lo Statuto di Roma istitutivo della

Corte penale internazionale, che il Marocco ha firmato ma non ancora ratificato, ed il Protocollo di Palermo sulla prevenzione, soppressione e punizione del traffico di persone, specialmente donne e bambini, che Rabat non ha invece firmato. Si segnala che il Marocco è stato sottoposto all'esame periodico universale (Upr) Universal periodic review del Consiglio diritti umani delle Nazioni unite nell'aprile 2008.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dalla stampa nei locali della Soprintendenza al polo museale a Firenze, locali che si affacciano su via della Ninna, si è resa necessaria una tempestiva disinfestazione per quella che è stata definita una massiccia invasione di zecche;
secondo quanto riferito dalla soprintendente al polo, dottoressa Cristina Acidini, «È tutta colpa dei piccioni. Sono loro i responsabili. Basta che si posino su un davanzale quando le finestre sono aperte»;
dicono gli esperti, il minuscolo insetto è un parassita che infesta il corpo dei volatili, un acaro dal corpo molle, attivo solo ed esclusivamente nel periodo estivo, che dopo aver lasciato il suo ospite volatile, fa presto ad entrare in ambienti chiusi, e lì rimane fino a quando non viene scoperto, amando occupare gli spazi dietro i quadri, le crepe dei muri e le intercapedini buie dove si può nascondere durante le ore diurne;
una prima disinfestazione nei locali della Soprintendenza è stata effettuata al primo piano nell'ultima settimana di luglio 2009; e una seconda è già stata deliberata;
non è sorprendente che, nonostante la prima disinfestazione, il fenomeno si sia nuovamente ripetuto a così breve distanza di tempo, data la quantità di volatili presenti in città, e l'unico modo per controllare il problema è quello di prevenirlo attuando una politica di controllo delle nascite dei piccioni;
se le zecche vengono a contatto con la pelle dell'uomo possono provocare fastidiosissime reazioni allergiche, irritazioni cutanee e le ripetute punture possono, nei casi peggiori, portare a shock anafilattici;
si tratta di una questione tutt'altro che banale o circoscritta, dal momento che coinvolge tutti i cittadini;
sono gli stessi volatili a prendere di mira le opere d'arte a cielo aperto sparse nella città di Firenze, e il loro guano corrode, nel vero senso della parola, la superficie della pietra e del marmo di sculture, fontane e palazzi di cui Firenze è ricca -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto rappresentato in premessa;
se non si ritenga, di predisporre politiche di controllo e contenimento delle nascite dei piccioni, responsabili di tanti problemi e danni per la salute della collettività e il patrimonio culturale e ambientale dell'Italia e, in particolare, della città di Firenze.
(4-03905)

Risposta. - Al primo manifestarsi della presenza di zecche presso l'Ufficio protocollo dell'amministrazione della Soprintendenza per il polo museale della città di Firenze, si è provveduto ad una disinfestazione nei mesi di luglio e agosto 2009.
Successivamente a tale fenomeno, i locali della Soprintendenza sono stati costantemente monitorati e nell'ottica della prevenzione, l'Ufficio tecnico ha provveduto all'installazione di dissuasori per piccioni sui davanzali di tutte le finestre del piano

amministrativo e nei vani delle aperture della sezione didattica, altra zona potenzialmente a rischio in quanto si affaccia su una corte interna dove sono soliti stazionare piccioni sul tetto di un fabbricato privato limitrofo.
Al momento è possibile comunque affermare che il problema è stato ampiamente debellato in quanto non si è più riscontrata la presenza di zecche all'interno dei locali della Soprintendenza.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca, gioiello trecentesco nel cuore di Napoli, da ben trent'anni risulta chiusa e inaccessibile;
la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca riveste un indubbio patrimonio di carattere culturale: costruita da Carlo I d'Angiò, a ridosso di Forcella, conserva gli affreschi di Giacinto Diano, il pulpito in marmo di Porto Venere e le tombe del musicista settecentesco Niccolò Jommelli e del servo di Dio, Giovan Battista Jossa, usciere del tribunale ai tempi di Murat;
il 23 novembre 2008, il ministro per i beni e le attività culturali in una visita con il cardinale Sepe, stanziò un milione e seicentomila euro per portare avanti i lavori di restauro e restituire la chiesa al territorio;
il finanziamento, a detta del professor Salvatore Castiello, presidente del comitato Sant'Agostino alla Zecca, non copre comunque le spese per il restauro del campanile e delle catacombe, dove c'è la cripta, con le ossa venerate, così come venivano conservate alle Fontanelle -:
se non si ritenga di dover attribuire i fondi necessari, e quali iniziative si intendano sollecitare, promuovere e adottare per il completo restauro della chiesa di Sant'Agostino alla Zecca e così, finalmente, restituire l'edificio al suo territorio.
(4-04920)

Risposta. - Questo ministero, con le disponibilità iscritte per il programma operativo per il 2008 ex articolo 1, comma 1142, legge 27 dicembre 2006, ha stanziato per il restauro della Chiesa di Sant'Agostino alla Zecca un finanziamento pari ad euro 1.600.000,00.
Quanto alle risorse ulteriori necessarie per il completo restauro, si comunica che la competente Soprintendenza sta mettendo a punto un progetto definitivo in base al quale sarà possibile definire il fabbisogno ulteriore al fine di restituire alla città un bene tanto significativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

GALLETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 23 dicembre 2006 nel comune di Monterenzio, località San Benedetto del Querceto in provincia di Bologna, un'esplosione per una fuga di gas provocava il crollo di una palazzina. La tragedia causava la morte di 5 persone, diversi feriti e un gran numero di persone rimaste senza l'abitazione o con l'abitazione inagibile. Il fatto provocava inoltre ingenti danni agli edifici circostanti, ad attività economiche, alla chiesa parrocchiale, nonché l'evacuazione di una casa di riposo privata;
considerato il bisogno impellente di ripristinare la normalità della vita cittadina, con decreto del 27 dicembre 2006, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 gennaio 2007, il Consiglio dei ministri dichiarava lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2007;
l'articolo 19, comma 3, della legge n. 225 del 1992 dà facoltà alla Protezione civile di erogare fondi tramite ordine di accreditamento a soggetti titolari di pubbliche

funzioni da sottoporre a controllo solo successivo e per i quali non trovano applicazione norme di legge o regolamento di contabilità sui limiti di somma;
l'ordinanza che avrebbe dovuto essere emanata per l'erogazione dei fondi (quantificati in 2,5 milioni di euro) è stata sollecitata con una nota inviata alla Protezione civile in data 31 gennaio 2007 dal Presidente della Giunta regionale dell'Emilia Romagna. Ad oggi, nonostante l'urgenza determinata dal perdurare delle condizioni di disagio della popolazione e di rischio dell'area interessata, non si ha notizia della suddetta erogazione -:
se il Governo intenda velocizzare i tempi per l'erogazione dei fondi, considerato il fatto che la popolazione ha anticipato i soldi necessari per il ripristino della normale vita quotidiana, limitandosi a presentare le domande di rimborso senza aspettare alcuna erogazione preventiva.
(4-04760)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, concernente l'esplosione per fuga di gas del dicembre 2006 a San Benedetto del Querceto (Bologna), si fa presente quanto segue.
Con mandato di pagamento n. 3481 in data 6 luglio 2007 il Dipartimento per la protezione civile ha provveduto al trasferimento di euro 2 milioni al Presidente della regione Emilia Romagna - Commissario delegato per le finalità all'articolo 7, comma 1, dell'ordinanza 30 marzo 2007, n. 3579.
Per far fronte al completamento degli interventi di messa in sicurezza da eseguirsi nei comuni di Monterenzio (Bologna) e Santa Sofia (Forlì), ai sensi dell'articolo 9 dell'ordinanza 19 novembre 2008, n. 3716, lo stesso Dipartimento ha riassegnato al Presidente della regione Emilia Romagna la somma complessiva di euro 650 mila già versata dal medesimo Presidente in conto entrate del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 9, comma 2, dell'ordinanza di protezione civile n. 3704 del 2008.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

GARAGNANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si è assistito a Bologna ad una ridda di polemiche e scontri verbali prontamente raccolti dai media locali a proposito di un conflitto - in questo caso proprio di interessi personali - tra l'assessore alla promozione culturale del comune di Bologna, Nicoletta Mantovani, e le maestranze del Teatro comunale;
la signora Mantovani Pavarotti avrebbe concordato con il sovraintendente del teatro comunale Marco Tutino la prestazione gratuita dell'orchestra e delle maestranze artistiche del teatro comunale in occasione del concerto celebrativo dell'anniversario della nascita di Pavarotti che si è tenuto il 12 ottobre 2009 nel Teatro comunale di Bologna;
l'accordo cui avevano dato adesione positiva i sindacati CGIL, CISL e UIL è stato respinto a stragrande maggioranza con 170 voti contrari e solo 16 favorevoli;
dopo alcuni tentativi falliti di coinvolgere altre orchestre, se ne è trovata una casuale che si è esibita al posto dell'orchestra del Teatro comunale con risultati artistici modesti. Pare che in questo caso non vi sia stata gratuità da parte dei musicisti;
il sindaco di Bologna, Flavio Delbono, presidente del teatro comunale ha espresso, così come riportano i giornali, giudizi negativi con parole severe nei confronti dell'orchestra del teatro («è stato uno sgarbo alla città, (...) un'occasione persa che ha messo in cattiva luce agli occhi della città quella che ne è invece un pezzo importante: l'orchestra del comunale su questo dovrebbe ripensare se ha fatto una cosa giusta»);
il 6 ottobre 2009 si è svolto l'incontro tra l'assessore comunale alle attività produttive Luciano Sita e i sindacati a cui è stato presentato il piano industriale elaborato dal comune per il rilancio della Fondazione Teatro comunale di Bologna, «assente il sovrintendente Marco Tutino»

come riferisce la stampa. Si riferisce di «un incontro disteso e con molta responsabilità da parte di tutti»;
visto che la legislazione vigente, oltre allo statuto della Fondazione del Teatro comunale di Bologna, assegna al sovrintendente le responsabilità primarie della gestione amministrativa, finanziaria, non che delle relazioni industriali -:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in ordine alla vicenda esposta in premessa, con particolare riferimento alla situazione economico finanziaria della Fondazione Teatro comunale di Bologna e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo.
(4-04580)

Risposta. - Sulla base delle informazioni ottenute dalla stessa Fondazione teatro comunale di Bologna si rappresenta che quest'ultima, in vista dell'invito ricevuto dalla Fondazione Luciano Pavarotti a partecipare al concerto celebrativo dell'anniversario della nascita del Maestro Pavarotti, che si è tenuto all'interno del Teatro Comunale cittadino il 12 ottobre 2009, ha convocato un incontro con le organizzazioni sindacali ed ha sottoscritto uno specifico accordo con la Cgil, la Cisl e la Uil, che però l'assemblea dei dipendenti non ha approvato.
Ciò nonostante, la Fondazione teatro comunale di Bologna ha comunicato alla Fondazione Pavarotti la possibilità di poter assicurare alla medesima la sola disponibilità dei locali teatrali e del personale di sala, ma non anche delle masse artistiche e di quelle orchestrali.
Al riguardo, è opportuno evidenziare che esula dalle competenze specifiche di questo ministero il controllo delle dinamiche sindacali interne a ciascuna Fondazione, la cui gestione è rimessa alla specifica autonomia di cui le stesse godono.
Quanto, invece, agli aspetti economico-gestionali, la Fondazione ha chiuso il bilancio d'esercizio 2008 con una perdita di euro 4.709.715, anche se, va evidenziato che nel corso del 2009, gli organi di amministrazione e direzione dell'Ente hanno avviato, d'accordo con le organizzazioni sindacali, il varo di un piano di risanamento aziendale per gli anni 2009/2012.
In particolare, tale piano di risanamento aziendale tiene conto del conferimento da parte del comune di Bologna alla Fondazione teatro comunale di Bologna dei seguenti beni:
1) terreno edificabile, sito in località Cà dell'Orbo, del valore di euro 2.700.000;
2) edificio, sito in via dell'Industria, n. 2 del valore di euro 2.100.000;
3) Auditorium teatro Manzoni, sito in via De' Monari, del valore di euro 14.470.000.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

GRIMOLDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge 1° agosto 2003 n. 214 ha modificato l'articolo 170 comma 2 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) introducendo la possibilità, per i ciclomotori, di trasportare un passeggero, a condizione che il posto ad esso riservato sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni;
nella categoria dei ciclomotori sono ricompresi anche i quadri cicli leggeri, ovvero le cosiddette microcar con velocità massima di 45 km/h e potenza massima di 4 kW;
la presenza delle quattro ruote, l'abitacolo chiuso, la velocità di marcia contenuta, il cambio automatico e la maneggevolezza di guida fanno del quadriciclo leggero il ciclomotore più sicuro;
anche i dati di incidentalità confermano la sicurezza di questi mezzi: gli incidenti imputabili ai quadricicli leggeri rappresentano, infatti, soltanto lo 0,01 per cento del totale, contro il 67 per cento

delle autovetture, l'11 per cento dei motocicli e il 9 per cento dei ciclomotori a due ruote;
nella categoria dei motoveicoli sono invece ricompresi i quadricicli pesanti, ovvero le microcar con potenza massima netta del motore inferiore a 15 kW e massa a vuoto inferiore a 400 kg (550 per i veicoli destinati al trasporto di merci);
anche i quadricicli pesanti sono omologati secondo la direttiva 2002/24/CE e rispettano quindi gli standard di sicurezza previsti dalla legislazione europea;
in Europa, la legislazione francese sancisce, all'articolo R431-5 del codice della strada, che sulle motociclette, sui tricicli e quadricicli a motore il trasporto di passeggeri è autorizzato solamente in presenza di una sella fissata sul veicolo diversa da quella del conducente;
la legislazione svizzera autorizza, all'articolo 27 del codice della strada, il trasporto di passeggeri sul o sui sedili supplementari che fossero installati sul motoveicolo -:
se il Ministro non ritenga opportuno, per quanto attiene i quadri cicli leggeri e pesanti (tra cui le cosiddette microcar), considerate le condizioni di sicurezza dei mezzi, assumere iniziative dirette a modificare l'articolo 170 comma 2 del codice della strada eliminando il vincolo dell'età superiore a 18 anni per il trasporto di passeggeri.
(4-03857)

Risposta. - L'ostacolo alla estendibilità ai minori di 18 anni della possibilità di trasportare passeggeri a bordo di tutte le categorie di veicoli classificabili quali ciclomotori non deriva da impedimenti di natura tecnica, bensì di natura esclusivamente giuridica.
Dal punto di vista meramente tecnico, in presenza di conforme omologazione, il ciclomotore è veicolo idoneo al trasporto di passeggeri diversi dal conducente. Viceversa, sotto l'aspetto giuridico, deve evidenziarsi che la circolazione su strada, che costituisce in sé attività pericolosa, comporta l'assunzione di responsabilità che il minore, per definizione, non può assumere in ragione della propria incapacità assoluta di agire (articolo 2 del codice civile).
Appaiono quindi evidenti le conseguenze derivanti dalla applicazione di tale principio generale laddove si tratti altresì di farsi carico delle responsabilità derivanti dal trasporto di passeggeri, in particolare nell'ipotesi in cui anche questi ultimi siano minorenni.
La presunzione legale di insussistenza della necessaria maturità psichica insita nel concetto giuridico di «minore» costituisce, infatti, un elemento di elevato rischio potenziale per l'incolumità dei trasportati ed espone oltremodo il genitore od il tutore a titolo di responsabilità indiretta ed aggravata (articoli 2048 e 2054 del codice civile).
La conferma di tale principio è peraltro nell'articolo 115, comma 1, lettera
c) del Codice della strada che prevede il requisito anagrafico dei 16 anni per guidare motocicli di cilindrata fino a 125 cc che non trasportino altre persone oltre al conducente.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GRIMOLDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi si è diffusa la notizia della possibile demolizione di una parte dello scalone monumentale integrato nel Museo egizio di Torino, un contenitore museale di grande prestigio poiché ex sede del Collegio dei Nobili ad opera dell'architetto Guarino Guarini, per fare posto a delle scale mobili;
in particolare, la demolizione riguarderebbe due rampe di scale situate al piano terreno del Museo egizio di Torino, realizzate nell'800 assieme allo scalone monumentale dall'ingegnere Alessandro Mazzuchetti;
Mazzuchetti fu responsabile di importanti opere quali la stazione ferroviaria di Alessandria di impronta neoclassica, cui

seguirono quella di Genova Principe (1863) già ricca di temi eclettici, la stazione ferroviaria di Porta Nuova, capolavoro realizzato in collaborazione con il giovane architetto Carlo Ceppi ed il calcolo, tra l'altro, dell'altezza della Mole antonelliana;
contro tale demolizione si sono registrate le prese di posizione da parte di intellettuali, artisti e associazioni della città; in seguito alla notizia, anche un gruppo di docenti e di studenti dell'Accademia albertina di belle arti di Torino, ha inviato una lettera aperta ad Alain Elkan, Presidente della Fondazione Museo Egizio di Torino e, per conoscenza, al Ministro interrogato;
lo scalone del Mazzuchetti fa parte da oltre cent'anni della storia del palazzo che è attualmente sede dell'Accademia delle scienze e della Galleria sabauda; si tratta perciò di un'opera che merita tutela in quanto rientra nell'invariante architettonica;
il progetto deve dunque astenersi da qualsiasi intervento di demolizione che sarebbe lesivo dell'unità progettuale dell'intero scalone -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per fermare la mutilazione di questo grande manufatto di grande valore storico ed architettonico che si intenderebbe sostituire con scale mobili.
(4-04952)

Risposta. - Il progetto di rifunzionalizzazione del Museo Egizio di Torino prevede la demolizione delle due rampe di raccordo dello scalone monumentale realizzato dall'ingegnere Alessandro Mazzucchetti col piano terra, demolizione ritenuta indispensabile per la costruzione delle scale mobili.
Tale progetto di demolizione è finalizzato a far fronte alle esigenze di razionalità dei percorsi e dei flussi di visitatori derivanti dalla accertata esigenza di assicurare una completa funzionalità della struttura espositiva del Museo.
Occorre evidenziare che le nuove scale mobili non saranno di tipo moderno, ma stilisticamente coerenti con l'architettura e la geometria delle rampe superiori.
La stessa Soprintendenza per i beni architettonici di Torino, che ha approvato il progetto, si è espressa nel senso che: «la presente occasione di intervento ed il relativo, cospicuo, finanziamento rappresentano un'evenienza irripetibile in un percorso di riqualificazione e aggiornamento delle modalità espositive delle collezioni, che non conoscerà verosimilmente altre riproposizioni».
La Soprintendenza sopracitata ha inoltre evidenziato che la realizzazione dello scalone del Mazzucchetti era stato considerato un intervento decisamente invasivo già nell'ottocento in un edificio risalente a due secoli prima realizzato su progetto dell'architetto Garove.
Tale scalone aveva, infatti, azzerato ogni struttura secentesca, la modifica attuale, pertanto, non deve ritenersi modifica della fabbrica antica, ma solo dell'assetto ottocentesco.
Pertanto, ad avviso della Soprintendenza «il manufatto che si va parzialmente a modificare non rappresenta una perdita rilevante a livello di testimonianza architettonica; il progetto, tra l'altro, intende ripristinare la fonte di luce prevista in origine in alto e poi oscurata, nell'ultimo intervento degli anni '50 del novecento cosicché, in questo ambito, le operazioni possono qualificarsi come restauro dello scalone e non il suo azzeramento».
In particolare, il progetto di cui si discorre prevede l'ampliamento degli spazi espositivi delle collezioni, comportando necessariamente una revisione progettuale e originaria di tutti i collegamenti orizzontali e verticali.
Pertanto, i visitatori accedendo da via dell'Accademia delle scienze e da via Eleonora Duse, e dopo essere scesi al piano interrato per i servizi al pubblico, potranno proseguire la visita utilizzando le scale mobili ed ascensori per arrivare all'ultimo piano per poi visitare il Museo in discesa, come avviene, da mezzo secolo, nel Museo Guggenheim di New York progettato dall'ingegner Wright e da settant'anni nei Musei vaticani.


Il progetto, dunque, si occupa del restauro architettonico del palazzo nel suo complesso, ed al contempo garantisce sul piano funzionale la migliore accessibilità e sicurezza dei visitatori.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

IANNACCONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Avellino sta realizzando dei lavori di restauro del Castello longobardo sito ad Avellino nei pressi del conservatorio antistante il Teatro Carlo Gesualdo;
i lavori sono prossimi al completamento;
è stata costruita una rampa d'accesso al Castello in materiale ferroso;
i lavori di restauro, considerati invasivi dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Salerno - Avellino, sono stati sospesi con un'ordinanza firmata lo scorso 25 luglio 2009 dal Soprintendente Maria Luisa Nava;
detta sospensione ha determinato il blocco di ogni tipo di intervento che riguarda la copertura del pianoro antistante;
la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici (BAP) di Salerno - Avellino ha espresso parere favorevole al proseguimento dei lavori;
nonostante ci siano stati numerosi incontri tra l'amministrazione comunale e i funzionari della Soprintendenza ai beni archeologici, l'ordinanza di sospensione dei lavori non è stata revocata;
la ditta che sta eseguendo l'intervento di restauro è stata costretta a mettere in cassa integrazione i 15 operai impegnati e non appena sarà completata la recinzione intorno al maniero lascerà Avellino;
la Sovrintendenza ai beni architettonici di Avellino insiste sulla rimozione della scala in ferro realizzata per consentire l'accesso al castello;
la Giunta comunale di Avellino ha approvato il progetto definitivo per la sistemazione della piazza antistante il Castello che oggi è ridotta ad un parcheggio -:
se corrisponda a vero che la Soprintendenza ai beni architettonici (BAP) abbia espresso parere favorevole al progetto di realizzazione di una scala ferrosa che non sembrerebbe conforme al contesto architettonico dell'opera;
quali siano le ragioni per le quali la Soprintendenza ai beni archeologici ha espresso un parere difforme da quanto disposto dalla Soprintendenza ai beni architettonici (BAP);
quali iniziative intenda intraprendere per consentire lo sblocco del cantiere e il completamento dei lavori di restauro del Castello Longobardo.
(4-04132)

Risposta. - Il Castello longobardo di Avellino è stato sottoposto a restauro sin dagli inizi degli anni '90 del secolo scorso con fondi dell'Amministrazione comunale, nell'ambito di un progetto denominato «Progetto preliminare per la ricostruzione urbanistica e la ristrutturazione edilizia dell'area del castello e zone limitrofe».
Nel corso dell'esecuzione dei lavori di restauro, al fine di consentire la fruibilità del complesso monumentale anche ai soggetti portatori di
handicap, è stata apportata una modifica al progetto prevedendo la costruzione di una rampa di accesso al Castello.
Pertanto, la Soprintendenza per i beni archeologici, al fine del rilascio della relativa autorizzazione, sottoponeva tale modifica al parere della competente Soprintendenza per i beni architettonici, ferme restando le prescrizioni di rito riguardanti l'obbligo dell'indagine archeologica preliminare di tutta l'area interessata dall'eventuale posa in opera del manufatto.
Alla luce delle stratificazioni archeologiche effettuate, la rampa metallica risultava, infatti, del tutto incompatibile, oltre

che dannosa per l'intero contesto, anche in considerazione del fatto che la sua realizzazione a gradoni faceva venire meno lo scopo iniziale della costruzione; d'altra parte, l'accesso ai disabili risultava già consentito attraverso il percorso naturalistico, eseguito sul lato nord del Castello stesso.
Pertanto, la Soprintendenza archeologica con ordinanza del 25 luglio 2009 disponeva la sospensione dei lavori e richiedeva al comune la rimozione della stessa rampa.
La sospensione dei lavori, come evidenziato dell'interrogante, ha determinato il blocco di ogni tipo di intervento che riguarda la copertura dell'area archeologica interna del Castello.
Al riguardo, però preme evidenziare che la copertura provvisoria, realizzata del tutto abusivamente in assenza di qualsiasi autorizzazione, ad avviso delle competenti Soprintendenze, è assolutamente dannosa per le strutture murarie su cui grava, nonché per la serie di piani pavimentali sottostanti.
D'altra parte, proprio i risultati delle indagini geofisiche richieste dalla Soprintendenza archeologica hanno confermato non solo l'esistenza di ampie cavità sottostanti la sala del palazzo, ma anche come la rampa metallica si fondi su resti archeologici di estesa consistenza, per i quali non è stata mai portata a termine la richiesta esplorazione preventiva.
Alla luce di quanto sopra esposto si rassicura l'interrogante che al fine di completare i lavori di restauro del Castello, in tempi brevi si svolgerà un incontro con tutti gli enti interessati in modo da predisporre un nuovo programma di restauro volto a salvaguardare le componenti archeologiche, architettoniche e storiche proprie del Castello in questione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 10 agosto 2009, circa 500 passeggeri si sono rivolti al Movimento Consumatori di Bergamo, per la tutela dei propri diritti, a seguito della sospensione della licenza di volo decretata dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) nei confronti della compagnia low-cost Myair e, di conseguenza, la messa in atto da parte di Sacbo, società che gestisce lo scalo orobico di Orio al Serio, della sospensione delle operazioni di accettazione dei voli per mancati pagamenti di tasse, tariffe e diritti. Come primo atto, il Movimento Consumatori ha inviato alla sede italiana di Myair 500 raccomandate nominali, con la richiesta di rimborso immediato dei biglietti acquistati e non utilizzati a causa delle reiterate inadempienze della compagnia aerea, insieme alla riserva di richiesta di risarcimento danni, per una cifra che ad oggi può variare da un minimo di 250 mila ad un massimo di 350 mila euro;
i problemi della compagnia low-cost diventano insormontabili a fine luglio 2009, periodo in cui si registrano continui ritardi e cancellazioni. Alla base di tutto, una situazione finanziaria difficilissima. Il 21 luglio Sacbo, di concerto con l'Ente nazionale per l'aviazione civile, sospende l'attività del vettore sul proprio spazio «per inadempienze nei pagamenti di tasse, diritti e tariffe». Oltre all'insolvenza economica, Myair manifesta un'incapacità strutturale nella garanzia del servizio offerto a livello nazionale; per questo, il 22 luglio l'Enac emette un decreto d'urgenza con cui revoca alla compagnia la licenza provvisoria di esercizio per il trasporto aereo di passeggeri e merci, che era stata temporaneamente rilasciata il 25 giugno. «Il provvedimento di sospensione - spiega l'Enac in una nota -, adottato anche in base al regolamento della Comunità europea 1008/2008, si è reso necessario tenuto conto che la licenza provvisoria era stata rilasciata sul presupposto che, in attesa della preannunciata ristrutturazione finanziaria, il vettore fosse in grado di far fronte ai propri impegni attraverso una disponibilità di cassa sufficiente per garantire la gestione dell'operativo programmato»;

a causa dell'inadempienza dei pagamenti di tasse aeroportuali e diritti inevasi da parte di Myair, pari a circa un milione di euro, la Sacbo ha chiesto ed ottenuto nei giorni scorsi, il sequestro conservativo degli aeromobili che più sovente hanno operato su suolo orobico. Sono tre, ad oggi rimasti a Venezia (un aereo con insegna Myair si trova fermo a Bergamo, ma ha proprietà diverse e non è soggetto a questo iter). Con procedura cautelare d'urgenza il Tribunale civile di Bergamo ha disposto il sequestro dei mezzi, in base a una legge specifica del 1976, secondo cui il proprietario dell'aereo risponde in solido con il vettore per i debiti accumulati sui diritti aeroportuali. Pertanto, date le condizioni finanziarie di Myair, sono chiamate in causa le società di leasing;
nel frattempo, il presidente del Movimento Consumatori di Bergamo, Alberto Scanzi, con una tempestiva missiva, ha chiesto il rapido intervento a tutela dei viaggiatori, «mirante a rendere giustizia a tante persone che in perfetta buona fede si sono affidate a una compagnia aerea ufficialmente riconosciuta e controllata da un ente dello Stato italiano». La maggior parte dei viaggiatori chiede semplicemente giustizia: «Molti - rimarca Alberto Scanzi - hanno espresso forti perplessità anche in merito all'operato di Enac, ente pubblico preposto al controllo e alla vigilanza, che da tempo conosceva lo stato di difficoltà in cui versava la compagnia»;
le polemiche, tuttavia, secondo il movimento orobico, devono ora lasciare spazio a risposte concrete: «Ai parlamentari - precisa Scanzi - chiediamo un intervento rapido a tutela dei viaggiatori, mentre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiediamo un impegno preciso per affrontare questa crisi che, per numero di persone coinvolte, assume la caratteristica di una vera emergenza, verificando anche la possibilità di attivare tariffe agevolate sui voli Alitalia (nazionali e internazionali) per i possessori di biglietti aerei della compagnia Myair (o ricevuta di biglietto on line) emessi prima del 23 luglio 2009» -:
se il Ministro interrogato intenda acquisire, anche per il tramite dell'ENAC, ulteriori elementi di informazione sulla situazione economico-finanziaria della compagnia aerea Myair;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per addivenire ad una concreta tutela dei numerosi cittadini italiani e stranieri che, nonostante l'acquisto del biglietto, non hanno potuto usufruire del servizio di trasporto pur garantito dal contratto in essere.
(4-03984)

Risposta. - La revoca della licenza provvisoria a Myair.com, con il conseguente fermo operativo, ha avuto effetto dalle ore 00.01 del 24 luglio 2009. Pertanto, la licenza di esercizio generale per il trasporto aereo di passeggeri e merci, rilasciata con decreti dirigenziali n. 392 dell'Unione europea del 15 dicembre 2006 e n. 438 dell'Unione europea del 5 febbraio 2009, rimane sospesa fino all'adozione di un successivo provvedimento.
Tale provvedimento, adottato in base al Regolamento della Comunità europea n. 1008 del 2008, si è reso necessario tenuto conto che la licenza provvisoria era stata rilasciata sul presupposto che, in attesa della preannunciata ristrutturazione finanziaria, documentata dal deposito di alcune manifestazioni di interesse di investitori, il vettore fosse in grado di far fronte ai propri impegni attraverso una disponibilità di cassa sufficiente per garantire la gestione dei voli. Considerato che la situazione operativa ha conclamato l'indisponibilità di risorse economiche sufficienti e pregiudicato gravemente il regolare svolgimento dei servizi di trasporto aereo con riflessi anche di ordine pubblico; si è ritenuto che il proseguimento dell'attività da parte del vettore avrebbe aggravato la situazione complessiva di danno nei confronti dei passeggeri acquirenti dei voli
Myair.com con conseguenze anche sull'ordinato funzionamento del sistema nel periodo di maggior domanda e utilizzazione dei servizi ed infrastrutture di trasporto aereo.
Nel mese di ottobre 2009, si è tenuta presso il Tribunale di Vicenza l'udienza per

la dichiarazione di fallimento su richiesta della Procura della Repubblica. Il 30 ottobre 2009 il Tribunale di Vicenza ha dichiarato lo stato di insolvenza della Compagnia e nominato, come atto prodromico della prima fase dell'amministrazione straordinaria, un Commissario giudiziale con poteri di gestione dell'impresa che dovrà depositare una relazione che darà conto della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per la prosecuzione della procedura.
In relazione alle affermazioni del Presidente del Movimento dei consumatori di Bergamo relative al controllo e alla vigilanza dell'Ente nazionale aviazione civile, si rappresenta che la specifica materia è regolamentata da una normativa europea che disciplina anche temporaneamente l'istruttoria che l'Autorità vigilante deve effettuare nei casi di difficoltà economiche finanziarie del vettore.
Si evidenzia, inoltre, che la problematica della tutela dei possessori dei biglietti acquistati da una compagnia nei confronti del quale è stato disposto il fermo operativo dall'autorità di vigilanza o che sia stata dichiarata fallita è da tempo all'attenzione della Commissione europea.
Tutte le possibili soluzioni, individuate ed analizzate in uno specifico studio, quali la creazione di un fondo o specifiche forme di assicurazione a carico del vettore, hanno fatto emergere profili di non facile attuazione e gestione.
In tale quadro, pertanto, ogni eventuale iniziativa dei singoli Stati, a parte azioni di immediata tutela finalizzate al rimpatrio o sollecitazioni ad altri
competitors per l'offerta di tariffe agevolate come attuato per il caso in esame, potrebbero rappresentare un precedente non coerente con i parametri di mercato.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MACCANTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del progetto di rifunzionalizzazione del Museo Egizio di Torino ospitato nel seicentesco Collegio dei Nobili di via Accademia delle Scienze, si prevede la demolizione di due rampe di scale situate al piano terreno realizzate nell'ottocento, insieme allo scalone monumentale, dall'ingegnere Alessandro Mazzuchetti, autore di importanti opere architettoniche tra cui la stazione ferroviaria di Alessandria, quella di Genova Principe e la stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova;
lo scalone del Mazzuchetti fa parte da oltre cent'anni della storia del palazzo, che è attualmente sede dell'Accademia delle Scienze, della galleria Sabauda e del Museo Egizio;
l'intervento di demolizione sarebbe lesivo dell'unità progettuale dell'intero scalone;
la demolizione delle due rampe dello scalone sarebbe «risarcita» con una sorta di «fumetto» alla memoria di stucco marmorino disegnato sulle pareti per «ricordare» le sagome dei gradini che si prevede di demolire;
contro tale demolizione si sono registrate le prese di posizione di intellettuali, artisti e associazioni della città; un gruppo di docenti e studenti dell'Accademia albertina di belle arti di Torino ha anche inviato una lettera aperta ad Alain Elkan, presidente della Fondazione Museo Egizio perché, accanto alla soddisfazione di vedere finalmente avviata un'importante opera che farà del Museo Egizio uno dei meglio organizzati - tanto per l'utenza turistica che per le attività di ricerca scientifica - si affacciano preoccupazioni per l'eventuale distruzione di un'opera che merita rispetto, considerazione e tutela -:
se sia a conoscenza del progetto di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare i valori storici, artistici e architettonici di questo pregevole manufatto.
(4-04757)

Risposta. - Il progetto di rifunzionalizzazione del Museo Egizio di Torino prevede la demolizione delle due rampe di raccordo

dello scalone monumentale realizzato dall'ingegnere Alessandro Mazzucchetti col piano terra, demolizione ritenuta indispensabile per la costruzione delle scale mobili.
Tale progetto di demolizione è finalizzato a far fronte alle esigenze di razionalità dei percorsi e dei flussi di visitatori derivanti dalla accertata esigenza di assicurare una completa funzionalità della struttura espositiva del Museo.
Occorre evidenziare che le nuove scale mobili non saranno di tipo moderno, ma stilisticamente coerenti con l'architettura e la geometria delle rampe superiori.
La stessa Soprintendenza per i beni architettonici di Torino, che ha approvato il progetto, si è espressa nel senso che: «la presente occasione di intervento ed il relativo, cospicuo, finanziamento rappresentano un'evenienza irripetibile in un percorso di riqualificazione e aggiornamento delle modalità espositive delle collezioni, che non conoscerà verosimilmente altre riproposizioni».
La Soprintendenza sopracitata ha inoltre evidenziato che la realizzazione dello scalone del Mazzucchetti era stato considerato un intervento decisamente invasivo già nell'Ottocento in un edificio risalente a due secoli prima realizzato su progetto dell'architetto Garove.
Tale scalone aveva, infatti, azzerato ogni struttura secentesca, la modifica attuale, pertanto, non deve ritenersi modifica della fabbrica antica, ma solo dell'assetto ottocentesco.
Pertanto, ad avviso della Soprintendenza «il manufatto che si va parzialmente a modificare non rappresenta una perdita rilevante a livello di testimonianza architettonica; il progetto, tra l'altro, intende ripristinare la fonte di luce prevista in origine in alto e poi oscurata, nell'ultimo intervento degli anni '50 del novecento cosicché, in questo ambito, le operazioni possono qualificarsi come restauro dello scalone e non il suo azzeramento».
In particolare, il progetto di cui si discorre prevede l'ampliamento degli spazi espositivi delle collezioni, comportando necessariamente una revisione progettuale originaria di tutti i collegamenti orizzontali e verticali.
Pertanto, i visitatori accedendo da Via dell'Accademia delle Scienze e da Via Eleonora Duse, e dopo essere scesi al piano interrato per i servizi al pubblico, potranno proseguire la visita utilizzando le scale mobili ed ascensori per arrivare all'ultimo piano per poi visitare il Museo in discesa, come avviene, da mezzo secolo, nel Museo Guggenheim di New York progettato dall'ingegner Wright e da settant'anni nei Musei Vaticani.
Il progetto, dunque, si occupa del restauro architettonico del palazzo nel suo complesso, ed al contempo garantisce sul piano funzionale la migliore accessibilità e sicurezza dei visitatori.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MANCUSO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si apprende che il cosiddetto «Archivio Vasari», cioè l'insieme di carte, documenti e memorie lasciate da Giorgio Vasari, documenti di enorme valore storico, potrebbero essere acquistate da una società russa e quindi sottratte al patrimonio artistico italiano;
la vicenda della eredità di queste carte non è ben chiara come pure l'inserimento di questa società russa quale acquirente dei documenti, per un valore di oltre 150 milioni di euro, cifra enorme giustificata dall'altrettanto grande importanza delle memorie del grande umanista;
il comune di Arezzo, giustamente, non accetta una ipotesi di cessione dei documenti del Vasari, ma sicuramente non è in grado di poter pagare tale cifra;
una clausola del testamento del Vasari indicava chiaramente che i documenti dovessero essere in deposito perpetuo al comune di Arezzo, a condizione che fossero valorizzati e consultabili;

se il Governo intenda acquisire la documentazione Vasari preservandola per sempre da mani straniere;
se altresì il Governo intenda porre in essere tutte le attività necessarie per scongiurare che tale importantissima documentazione, venga sottratta dal patrimonio italiano.
(4-04960)

Risposta. - Una prima «denuncia» di trasferimento della proprietà, a titolo oneroso, dell'Archivio Vasari venne presentata, a firma del signor Giovanni Festari, alla Soprintendenza archivistica per la Toscana il 9 luglio 2009.
Dall'esame di tale «denuncia» effettuato dalla Soprintendente archivistica risultò che la stessa era incompleta sia perché non era stata sottoscritta anche dalla parte pretesa acquirente (la società Ross
Engineering Srl) sia perché in essa non era espressamente precisato che alla parte acquirente fosse noto il particolare «status» giuridico dell'Archivio, quale bene culturale gravato anche da vincolo pertinenziale con la Casa Vasari in Arezzo.
Conseguentemente la Soprintendenza, con lettera del 29 luglio 2009, ha dichiarato tale denuncia come «non avvenuta», ai sensi del Codice; in questo modo si è conseguito il duplice effetto positivo di annullare l'efficacia della denuncia, anche ai fini del decorso del termine ordinario della prelazione, e di obbligare le parti contraenti, ove interessate, a integrare gli atti incompleti e, quindi, a sottostare al termine di prelazione più lungo, fissato dal Codice, per tali casi, in centottanta giorni decorrenti dalla nuova «denuncia». Si precisa, infatti, che mentre per le denunce di vendita complete vige il termine di sessanta giorni per l'esercizio della prelazione, tale termine è elevato a centottanta giorni nel caso in cui la denuncia sia incompleta.
È peraltro da aggiungere che, anche in considerazione dell'elevatissimo valore economico attribuito alla transazione, di essa è stata data notizia alla Procura della Repubblica di Roma con lettera del 6 agosto 2009.
Si deve, al riguardo, precisare - anche per chiarire alcuni equivoci che sono insorti - che di tale prima «denuncia» di vendita (quella del 9 luglio 2009) nessuna comunicazione formale fu data agli enti territoriali in quanto, come detto, la stessa era improduttiva di effetti.
In data 23 settembre 2009 il signor Festari ha fatto poi pervenire alla Soprintendenza archivistica per la Toscana, una congerie di atti, dai quali si evince che egli ha provveduto sia a integrare la denuncia del luglio 2009, sia a presentare
ex novo un'ulteriore denuncia di alienazione (questa volta avvenuta il 9 settembre 2009) redatta in conformità ai rilievi a suo tempo mossi dalla Soprintendenza.
All'evidenza, tali atti risultano essere stati messi a punto, fra l'altro, allo scopo di far decorrere
ex novo il termine ordinario di sessanta giorni dato dal Codice all'Amministrazione per l'esercizio del diritto di prelazione.
Viceversa, l'Amministrazione, ha ricordato al Festari che non era in alcun modo possibile tentare di eludere l'applicazione del termine sanzionatorio di 180 giorni per la prelazione, mediante una pretesa «rimessione in termini» a seguito di una nuova denuncia; ha poi contestualmente dato comunicazione a tutti gli enti territoriali interessati, come d'obbligo ai sensi del Codice, della intervenuta integrazione della «denuncia» di vendita, e quindi della sua idoneità a far decorrere i termini di legge, ancorché maggiorati a 180 giorni, per l'esercizio della prelazione.
Ovviamente, anche di tale ulteriore «denuncia» di vendita e degli atti ad essa allegati, la Soprintendente archivistica per la Toscana ha provveduto a dare formale comunicazione, per gli accertamenti del caso, alla Procura della Repubblica di Roma.
Quanto al peculiare regime di tutela cui è sottoposto l'Archivio Vasari, appare opportuno, in questa sede, rimarcare quanto segue.
1. Le cosiddette «Carte Vasari» oggi presenti in Arezzo costituiscono la parte residua del più ampio archivio della famiglia Vasari, archivio che fu in un primo tempo adoperato da Bonsignore Spinelli, esecutore testamentario dell'ultimo discendente

dei Vasari, Francesco Maria (morto il 3 marzo 1687), per dare compiuta attuazione alle ultime volontà di costui.
Una volta esaurito l'incarico, tali raccolte documentali (o, più propriamente, quello che di esse restava dopo alcune vendite che ne interessarono una parte) vennero inglobate nell'archivio di Casa Spinelli (poi Rasponi Spinelli), ove vennero individuate e catalogate da Giovanni Poggi, Soprintendente alle Gallerie a Firenze, nell'anno 1908, tranne tre unità documentarie, probabilmente sfuggite agli accertamenti del Poggi, che oggi si trovano a New Haven, perché acquistate nel 1988 dalla Beinecke
Library dell'Università di Yale.
Le raccolte documentarie individuate da Poggi furono dichiarate di notevole interesse storico già con provvedimento del Ministero della pubblica istruzione notificato in data 23 ottobre 1917.
2. Successivamente, di detta documentazione, così come descritta in
Inventario e Regesto dei Manoscritti dell'Archivio Vasariano, redatto da Alessandro Del Vita nel 1938, è stato confermato il notevole interesse storico con decreti dei Soprintendente archivistico della Toscana del 16 novembre 1990, del 23 marzo 1991 e del 19 gennaio 1996.
Inoltre, con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, emesso l'8 marzo 1994 (e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Arezzo in data 18 ottobre 1994), in considerazione del fatto «che le citate "Carte Vasari",... sono state destinate fin dall'origine, in modo durevole, al servizio e decoro di "Casa Vasari", entrando con la stessa
ab initio in un rapporto di complementarietà che è risultato oggettivamente valutabile,... come risulta dalla relazione storico-archivistica...» è stato disposto «che le "Carte Vasari", come descritte nell'inventario e regesto di Alessandro Del Vita,... sono vincolate alla "Casa Vasari" con vincolo pertinenziale iure publico...».
Si precisa che la legittimità di tale destinazione pertinenziale, che vincola indissolubilmente le «Carte Vasari» alla «Casa Vasari», è stata accertata dal tribunale amministrato della Toscana, sezione III, con sentenza n. 387 del 21 novembre 1998. Con tale sentenza è stato respinto il ricorso presentato da Festari Giovanni, erede del patrimonio Rasponi Spinelli, avverso il vincolo imposto nel 1994. Si sottolinea inoltre che tale sentenza è divenuta irrevocabile perché passata in giudicato.
3. Appare pertanto evidente che sussista un peculiare
status giuridico del carteggio vasariano, in forza del quale la fruizione di detto carteggio, sia nella sua valenza museale che storico-documentaria, può essere effettuata esclusivamente negli ambienti di Casa Vasari e sotto la vigilanza degli organi ministeriali preposti alla tutela.
Infine si ribadisce che la sua ineludibile collocazione entro Casa Vasari, in forza del vincolo pertinenziale imposto nel 1994 ed oramai consolidato, è presidiata dagli attuali istituti di tutela né sussiste la possibilità, secondo l'ordinamento vigente, di adottare ulteriori e ancora più pregnanti strumenti di carattere amministrativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MELANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
La Repubblica del 23 ottobre 2009 riporta la notizia di una trattativa in corso per la vendita tra privati del cosiddetto Archivio Vasari;
dalle fonti giornalistiche si apprenderebbe che acquirente del fondo sarebbe una società con sede nella Repubblica federale tedesca;
il sindaco di Arezzo, onorevole Giuseppe Fanfani, ha reso noto che gli è stata notificata in data 15 ottobre 2009 la comunicazione che, rendendolo edotto, di tale trattativa lo informa della sua facoltà di esercitare diritto di prelazione;
non è nella disponibilità del comune di Arezzo una somma tale (150 milioni di euro) che consenta di esercitare suddetta prelazione;

il «fondo Vasari» rappresenta non solo un bene attinente al patrimonio storico-artistico italiano di inestimabile valore, ma anche uno strumento unico e prezioso per la comprensione di tutto il Rinascimento;
nel 2011 ricorrerà il cinquecentesimo anniversario della nascita di Vasari, anniversario che darà occasione a numerosissime celebrazioni artistiche nazionali e internazionali -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che l'«archivio Vasari» venga trasferito nella disponibilità di soggetti non italiani.
(4-04833)

Risposta. - Una prima «denuncia» di trasferimento della proprietà, a titolo oneroso, dell'Archivio Vasari venne presentata, a firma del signor Giovanni Festari, alla Soprintendenza archivistica per la Toscana il 9 luglio 2009.
Dall'esame di tale «denuncia» effettuato dalla Soprintendente archivistica risultò che la stessa era incompleta sia perché non era stata sottoscritta anche dalla parte pretesa acquirente (la società Ross
Engineering Srl) sia perché in essa non era espressamente precisato che alla parte acquirente fosse noto il particolare «status» giuridico dell'Archivio, quale bene culturale gravato anche da vincolo pertinenziale con la Casa Vasari in Arezzo.
Conseguentemente la Soprintendenza, con lettera del 29 luglio 2009, ha dichiarato tale denuncia come «non avvenuta», ai sensi del Codice; in questo modo si è conseguito il duplice effetto positivo di annullare l'efficacia della denuncia, anche ai fini del decorso del termine ordinario della prelazione, e di obbligare le parti contraenti, ove interessate, a integrare gli atti incompleti e, quindi, a sottostare al termine di prelazione più lungo, fissato dal Codice, per tali casi, in centottanta giorni decorrenti dalla nuova «denuncia». Si precisa, infatti, che mentre per le denunce di vendita complete vige il termine di sessanta giorni per l'esercizio della prelazione, tale termine è elevato a centottanta giorni nel caso in cui la denuncia sia incompleta.
È peraltro da aggiungere che, anche in considerazione dell'elevatissimo valore economico attribuito alla transazione, di essa è stata data notizia alla Procura della Repubblica di Roma con lettera del 6 agosto 2009.
Si deve, al riguardo, precisare - anche per chiarire alcuni equivoci che sono insorti - che di tale prima «denuncia» di vendita (quella del 9 luglio 2009) nessuna comunicazione formale fu data agli enti territoriali in quanto, come detto, la stessa era improduttiva di effetti.
In data 23 settembre 2009 il signor Festari ha fatto poi pervenire alla Soprintendenza archivistica per la Toscana, una congerie di atti, dai quali si evince che egli ha provveduto sia a integrare la denuncia del luglio 2009, sia a presentare
ex novo un'ulteriore denuncia di alienazione (questa volta avvenuta il 9 settembre 2009) redatta in conformità ai rilievi a suo tempo mossi dalla Soprintendenza.
All'evidenza, tali atti risultano essere stati messi a punto, fra l'altro, allo scopo di far decorrere
ex novo il termine ordinario di sessanta giorni dato dal Codice all'Amministrazione per l'esercizio del diritto di prelazione.
Viceversa, l'Amministrazione, ha ricordato al Festari che non era in alcun modo possibile tentare di eludere l'applicazione del termine sanzionatorio di 180 giorni per la prelazione, mediante una pretesa «rimessione in termini» a seguito di una nuova denuncia; ha poi contestualmente dato comunicazione a tutti gli enti territoriali interessati, come d'obbligo ai sensi del Codice, della intervenuta integrazione della «denuncia» di vendita, e quindi della sua idoneità a far decorrere i termini di legge, ancorché maggiorati a 180 giorni, per l'esercizio della prelazione.
Ovviamente, anche di tale ulteriore «denuncia» di vendita e degli atti ad essa allegati, la Soprintendente archivistica per la Toscana ha provveduto a dare formale comunicazione, per gli accertamenti del caso, alla Procura della Repubblica di Roma.


Quanto al peculiare regime di tutela cui è sottoposto l'Archivio Vasari, appare opportuno, in questa sede, rimarcare quanto segue.
1. Le cosiddette «Carte Vasari» oggi presenti in Arezzo costituiscono la parte residua del più ampio archivio della famiglia Vasari, archivio che fu in un primo tempo adoperato da Bonsignore Spinelli, esecutore testamentario dell'ultimo discendente dei Vasari, Francesco Maria (morto il 3 marzo 1687), per dare compiuta attuazione alle ultime volontà di costui.
Una volta esaurito l'incarico, tali raccolte documentali (o, più propriamente, quello che di esse restava dopo alcune vendite che ne interessarono una parte) vennero inglobate nell'archivio di Casa Spinelli (poi Rasponi Spinelli), ove vennero individuate e catalogate da Giovanni Poggi, Soprintendente alle Gallerie a Firenze, nell'anno 1908, tranne tre unità documentarie, probabilmente sfuggite agli accertamenti del Poggi, che oggi si trovano a New Haven, perché acquistate nel 1988 dalla Beinecke
Library dell'Università di Yale.
Le raccolte documentarie individuate da Poggi furono dichiarate di notevole interesse storico già con provvedimento del Ministero della pubblica istruzione notificato in data 23 ottobre 1917.
2. Successivamente, di detta documentazione, così come descritta in «Inventario e Regesto dei Manoscritti dell'Archivio Vasariano», redatto da Alessandro Del Vita nel 1938, è stato confermato il notevole interesse storico con decreti dei Soprintendente archivistico della Toscana del 16 novembre 1990, del 23 marzo 1991 e del 19 gennaio 1996.
Inoltre, con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, emesso l'8 marzo 1994 (e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Arezzo in data 18 ottobre 1994), in considerazione del fatto «che le citate "Carte Vasari",... sono state destinate fin dall'origine, in modo durevole, al servizio e decoro di "Casa Vasari", entrando con la stessa
ab initio in un rapporto di complementarietà che è risultato oggettivamente valutabile,... come risulta dalla relazione storico-archivistica...» è stato disposto «che le "Carte Vasari", come descritte nell'inventario e regesto di Alessandro Del Vita,... sono vincolate alla "Casa Vasari" con vincolo pertinenziale iure publico...».
Si precisa che la legittimità di tale destinazione pertinenziale, che vincola indissolubilmente le «Carte Vasari» alla «Casa Vasari», è stata accertata dal tribunale amministrato della Toscana, sezione III, con sentenza n. 387 del 21 novembre 1998. Con tale sentenza è stato respinto il ricorso presentato da Festari Giovanni, erede del patrimonio Rasponi Spinelli, avverso il vincolo imposto nel 1994. Si sottolinea inoltre che tale sentenza è divenuta irrevocabile perché passata in giudicato.
3. Appare pertanto evidente che sussista un peculiare
status giuridico del carteggio vasariano, in forza del quale la fruizione di detto carteggio, sia nella sua valenza museale che storico-documentaria, può essere effettuata esclusivamente negli ambienti di Casa Vasari e sotto la vigilanza degli organi ministeriali preposti alla tutela.
Infine si ribadisce che la sua ineludibile collocazione entro Casa Vasari, in forza del vincolo pertinenziale imposto nel 1994 ed oramai consolidato, è presidiata dagli attuali istituti di tutela né sussiste la possibilità, secondo l'ordinamento vigente, di adottare ulteriori e ancora più pregnanti strumenti di carattere amministrativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MISIANI e SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 23 luglio 2009, per effetto della sospensione della licenza di volo da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), la compagnia aerea Myair ha annullato i suoi voli sul territorio nazionale;
fino al 23 luglio Myair ha continuato a emettere biglietti accettando prenotazioni online; a causa di ciò, decine di migliaia di cittadini hanno pagato un passaggio

aereo senza la possibilità di usufruirne, subendo pesanti disagi connessi alla necessità di cambiare i loro programmi di viaggio, cercare affannosamente soluzioni alternative ai voli Myair già pagati, disdire prenotazioni alberghiere, posticipare viaggi programmati da tempo, sostenere altre spese come l'acquisto di nuovi biglietti a costi più elevati;
numerosissimi clienti di Myair si sono rivolti alle associazioni dei consumatori per chiedere il rimborso dei biglietti acquistati e non utilizzati e il risarcimento dei danni materiali e morali subiti;
l'operato nella vicenda di ENAC, ente pubblico preposto al controllo e alla vigilanza, ha destato non poche perplessità, poiché pur essendo noto da alcune settimane lo stato di gravissima difficoltà in cui versava la compagnia, l'Ente ha atteso il 23 luglio (un periodo in cui il traffico aereo raggiunge punte elevate) per sospendere con decreto d'urgenza la licenza a Myair, interrompendo un servizio pubblico utilizzato da migliaia di persone -:
quali iniziative intenda avviare per verificare l'operato di ENAC con particolare riferimento alla tempistica della sospensione della licenza di volo alla compagnia aerea Myair;
quali iniziative intenda assumere al fine di rendere giustizia ai viaggiatori Myair che in perfetta buona fede si sono affidate a una compagnia aerea ufficialmente riconosciuta e controllata da un ente dello Stato italiano.
(4-04146)

Risposta. - La revoca della licenza provvisoria a Myair.com, con il conseguente fermo operativo, ha avuto effetto dalle ore 00.01 del 24 luglio 2009. Tale provvedimento, adottato in base al Regolamento della Comunità europea n. 1008 del 2009, si è reso necessario tenuto conto che la licenza provvisoria era stata rilasciata sul presupposto che, in attesa della preannunciata ristrutturazione finanziaria, documentata dal deposito di alcune manifestazioni di interesse di investitori, il vettore fosse in grado di far fronte ai propri impegni attraverso una disponibilità di cassa sufficiente per garantire la gestione dei voli. Considerato che la situazione operativa ha conclamato l'indisponibilità di risorse economiche sufficienti e pregiudicato gravemente il regolare svolgimento dei servizi di trasporto aereo con riflessi anche di ordine pubblico; si è ritenuto che il proseguimento dell'attività da parte del vettore avrebbe aggravato la situazione complessiva di danno nei confronti dei passeggeri acquirenti dei voli Myair.com con conseguenze anche sull'ordinato funzionamento del sistema nel periodo di maggior domanda e utilizzazione dei servizi ed infrastrutture di trasporto aereo.
Nel mese di ottobre 2009, si è tenuta presso il Tribunale di Vicenza l'udienza per la dichiarazione di fallimento su richiesta della Procura della Repubblica. Il 31 ottobre 2009 il Tribunale di Vicenza ha dichiarato lo stato di insolvenza della Compagnia e nominato, come atto prodromico della prima fase dell'amministrazione straordinaria, un Commissario giudiziale con poteri di gestione dell'impresa che dovrà depositare una relazione che darà conto della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per la prosecuzione della procedura.
Si evidenzia inoltre, che la problematica della tutela dei possessori dei biglietti acquistati da una compagnia nei confronti del quale è stato disposto il fermo operativo dall'autorità di vigilanza o che sia stata dichiarata fallita è da tempo all'attenzione della Commissione europea.
Tutte le possibili soluzioni, individuate ed analizzate in uno specifico studio, quali la creazione di un fondo o specifiche forme di assicurazione a carico del vettore, hanno fatto emergere profili di non facile attuazione e gestione.
In tale quadro, pertanto, ogni eventuale iniziativa dei singoli Stati, a parte azioni di immediata tutela finalizzate al rimpatrio o sollecitazioni ad altri
competitors per l'offerta di tariffe agevolate come attuato per il caso in esame, potrebbero rappresentare un precedente non coerente con i parametri di mercato.
Concludendo in merito all'operato dell'Ente nazionale aviazione civile si rappresenta

che la specifica materia è regolamentata da una normativa europea che disciplina anche temporaneamente l'istruttoria che l'Autorità vigilante deve effettuare nei casi di difficoltà economiche finanziarie del vettore. Le attività di controllo e vigilanza poste in essere dal suddetto Ente hanno rispettato le procedure e i tempi previsti dalle disposizioni vigenti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MONAI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
alle Sovrintendenze della Regione Friuli-Venezia Giulia è in corso un giro vorticoso di dirigenti (di prima nomina o ancora ad interim): nei primi nove mesi di quest'anno sono stati incaricati quattro diversi soprintendenti architettonici, tre storico-artistici e due archeologici. La nuova soprintendenza storico artistica è stata ottenuta dividendo ancora il poco personale superstite e nominando, per quasi un anno, un soprintendente ad interim, in carica a Verona, con conseguenti difficoltà logistiche di presenza e raccordo, soprattutto con la sede di Udine. Questa nuova soprintendenza, dislocata nelle tre sedi di Trieste, Udine e Miramare, non può contare nel suo organico nemmeno un amministrativo, non un segretario, non un ragioniere, un telefonista o un dattilografo;
ancora lontana l'apertura - da anni annunciata come imminente - del museo di beni storici e artistici a palazzo de Nordis a Cividale, che vede una sede rinnovata e prestigiosa, ricca di reperti, chiusa e inaccessibile in una città che è candidata all'inserimento nella lista del patrimonio dell'umanità Unesco dal Governo italiano dal 2008 -:
se e come il Ministro intenda provvedere a superare queste difficoltà organizzative e di organico e quando la sede del Museo cividalese potrà essere finalmente inaugurata.
(4-04290)

Risposta. - Nell'ambito della riorganizzazione del ministero operata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2009, si è rafforzata la tutela del paesaggio e del patrimonio architettonico. Infatti, a fronte di una riduzione di ben 22 posti di funzione dirigenziale imposta per legge, il numero delle Soprintendenze per i beni architettonici e per il paesaggio composto da 33 uffici sul territorio è rimasto invariato.
Preme inoltre evidenziare che la graduazione della retribuzione di posizione dei dirigenti preposti agli Uffici statali, tra cui le Soprintendenze, non ha una necessaria correlazione con la rilevanza della sede né, tantomeno, con l'importanza delle attività che vi si svolgono. Tale gradazione, infatti, è stata effettuata dal ministero seguendo parametri rigorosamente oggettivi, peraltro condivisi dalle organizzazioni sindacali, quali il numero dei Comuni, l'estensione territoriale, il numero della popolazione residente, il numero dei siti culturali aperti al pubblico e il numero dei visitatori degli stessi, la presenza di siti iscritti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO nonché il valore economico complessivo delle richieste di interventi sul patrimonio culturale.
L'utilizzo di tali parametri ha posizionato la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Friuli Venezia Giulia nella seconda posizione retributiva, così come altri 81 Uffici dirigenziali del ministero, tra cui la Soprintendenza della Basilicata, di Parma e Piacenza, di Ravenna-Ferrara-Forlì-Cesena-Rimini, del Molise, le due Soprintendenze della Sardegna nonché di Novara-Alessandria-Cuneo.
Pertanto la Soprintendenza in argomento non ha subito alcun declassamento tenuto conto che, in precedenza, il predetto Ufficio si trovava nella medesima posizione in cui si trova attualmente.
Inoltre al fine di arginare la situazione di precarietà delle risorse umane il 14 luglio 2008 sono stati indetti concorsi pubblici per 500 posti presso l'Amministrazione centrale e periferica del ministero per i beni e le attività culturali ed in relazione ai

quali si prevede, a breve, la conclusione delle procedure.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'area sulla quale sorgeva la S.A.I. (Società aeronautica italiana), industria di aeronautica militare, insediata a Passignano sul Trasimeno in provincia di Perugia fin dal primo dopoguerra, e chiusa nel 1992, è stata oggetto in questi anni di numerosi progetti di riqualificazione e di sviluppo. In realtà detto territorio è ancora segnato da questo insediamento industriale esteso per più di 10 ettari e senza possibilità di progettazione urbanistica alternativa;
il comune di Passignano sul Trasimeno e la società Michelangelo Costruzioni srl, proprietaria dell'area, hanno predisposto un progetto per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria che interessa una superficie, denominata ex-Sai, di oltre circa 11,5 ettari;
dall'esame della «sintesi non tecnica» contenente lo studio di impatto ambientale (punto A1) conce ente il progetto delle opere di urbanizzazione primaria, emerge come la fisionomia finale dell'area presenterà una volumetria complessiva fuori terra pari a circa 172 mila metri cubi, di cui:
circa 90 mila metri cubi per destinazione residenziale;
circa 64 mila metri cubi per destinazione direzionale commerciale;
circa 18 mila metri cubi per destinazione turistico produttivo;
tale progetto è inoltre assoggettato a valutazione di impatto ambientale (VIA) in quanto intervento di nuova realizzazione, ricompreso nella categoria progettuale numero 7, lettera b), punto II e tipologia progettuale: «Progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari» riportata nell'Allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e ricadente all'interno di «Aree di particolare interesse naturalistico ambientale» di «aree naturali protette»;
tale progetto è inoltre assoggettato a valutazione di incidenza ambientale ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, in quanto ricadente all'interno della ZPS-IT5210070 «Lago Trasimeno» e del SIC-IT5210018 «Lago Trasimeno»;
è stata presentata istanza di VIA, coordinata con la valutazione di incidenza ambientale, in data 18 febbraio 2009;
in data 26 giugno 2009 si è tenuta la riunione della conferenza dei servizi di cui alla legge regionale n. 11 del 1998 ed alla delibera della giunta regionale 806 del 2008 relativa all'intervento in questione. Nell'ambito dei pareri acquisiti dalla conferenza dei servizi, il Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria, nel confermare il parere negativo espresso dalla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici, ha constatato l'assenza di una variante urbanistica al piano regolatore generale attuale «per l'esecuzione nella zona definita aree limitrofe», ha evidenziato l'incongruo interessamento di aree demaniali e, soprattutto, ha rilevato che «Appare particolarmente problematico valutare l'attuale progetto definitivo che, come detto, riguarda solo le opere di urbanizzazione, senza una sufficiente conoscenza dell'intervento finale»;
il Ministero ha inoltre denunciato la circostanza in base alla quale «con l'approvazione delle opere di urbanizzazione si potrebbe correre il rischio concreto di rendere implicito l'assenso, per lo meno della distribuzione dei fabbricati sull'area e, quindi, dell'assetto generale»;
a sostegno del parere negativo, vengono inoltre evidenziate significative e rilevanti

perplessità circa l'esame del progetto che si mostra carente rispetto a una valutazione paesaggistica coerente e completa. In particolare, si sottolinea la mancanza di una sufficiente conoscenza di quella che al completamento degli interventi, sarà la fisionomia che assumerà tutta l'area ex-Sai, anche in considerazione del fatto che le opere previste rischiano di alterare in maniera sostanziale il paesaggio e l'assetto urbanistico del comune di Passignano sul Trasimeno;
nel parere emesso nell'ambito della suddetta conferenza di servizi, la provincia di Perugia ha lamentato l'assenza di una esauriente argomentazione circa la compatibilità dell'intervento con le disposizioni di riferimento ai vari livelli istituzionali. Nel parere si evidenziano inoltre dubbi sul corretto dimensionamento degli ipotetici flussi di traffico delle sedi viarie, delle rotatorie e dei loro raccordi, giudicando poco chiaro l'assetto della viabilità esistente e di progetto, interna ed esterna al comparto;
gli studi geologici effettuati indicano come particolarmente scadenti i terreni di fondazione e segnalano la presenza di una falda che probabilmente andrà ad interferire con le strutture in progetto;
nella documentazione progettuale vengono menzionati: la realizzazione di «una centrale ecologica di produzione e distribuzione di energia termica e di acqua calda e fredda»; «l'adeguamento di un impianto tecnologico (ad esempio un termodistruttore per lo smaltimento dei rifiuti)» ed un «ipotizzato impianto di termovalorizzazione» non meglio specificati;
gli interventi previsti dal progetto insistono anche sull'area, adiacente all'attuale insediamento ex-Sai, che secondo quanto risulta dal piano regolatore generale vigente è considerata «ambito di tutela naturalistica della costa» e pertanto area inedificabile, nella quale invece si prevede la realizzazione di edifici ad uso residenziale, per attività ricettiva, ricreativa e ludica;
il parere del Servizio aree protette, valorizzazione dei sistemi naturalistici e paesaggistici della Regione, nell'ambito della conferenza dei servizi, evidenzia che la «relazione di incidenza prodotta risulta carente sia per ciò che concerne lo studio naturalistico dell'area oggetto degli interventi, sia per ciò che concerne la descrizione degli impatti esercitati dalle opere sia nella fase di cantiere che di esercizio». Tale servizio ritiene inoltre improponibile lo sviluppo edificatorio della sopra citata area libera posta in adiacenza all'attuale insediamento ex-Sai;
il servizio valorizzazione del territorio e tutela del paesaggio della Regione, nel ricordare che l'intervento in oggetto interessa un'area sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica, sottolinea che nel progetto non si comprendono in modo esaustivo le trasformazioni e gli impatti paesaggistici prodotti dal nuovo assetto dell'area di intervento -:
se non ritengano di assumere iniziative nell'ambito delle proprie prerogative - al fine di una revisione del progetto indicato in premessa, anche alla luce delle suindicate criticità evidenziate dai medesimi Ministeri interrogati, che tenga conto degli aspetti ambientali, urbanistici, paesaggistici, storici, culturali ed economici dell'area interessata, e del pieno rispetto della normativa nazionale in materia ambientale e di VIA.
(4-04545)

Risposta. - Il progetto di riqualificazione e di sviluppo dell'area sulla quale sorgeva la Società aereonautica italiana sita nel comune di Passignano, così come predisposto dallo stesso comune e dalla società Michelangelo costruzioni Srl proprietaria dell'area, presentava forti criticità di impatto paesaggistico che i competenti uffici di questo ministero hanno rilevato in sede di Conferenza di servizi tenutasi il 26 giugno 2009 esprimendo parere negativo.
Pertanto, al fine di predispone una ragionata e concorde rivisitazione del progetto, successivamente alla Conferenza citata, si sono svolti degli incontri tra i

competenti Uffici di questo ministero, il progettista e la regione Umbria.
A seguito di questi incontri, la società Michelangelo costruzioni Srl ed il Comune di Passignano stanno valutando la possibilità di ridurre ulteriormente la cubatura edificatoria evitando in tal modo di intaccare con qualsiasi tipo di insediamento urbanistico l'area in questione salvaguardando i suoi aspetti ambientali, paesaggistici, storici e culturali.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

PICCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da fonti stampa si apprende che l'archivio di Vasari, architetto, pittore, scrittore del '500, attualmente ad Arezzo e soggetto a vincolo pertinenziale della competente soprintendenza, sarebbe stato alienato per una cifra ingente ad una società russa e tale compravendita poi notificata al comune di Arezzo, sarebbe avvenuta in una data sospetta vicina alla morte del precedente proprietario;
l'archivio di Vasari è importantissimo dal punto storico per la qualità degli scritti, spesso autografi dello stesso Vasari, e della corrispondenza unica, tra cui spicca quella di Michelangelo, in esso contenuta;
l'attivazione della magistratura da parte del comune di Arezzo e del Ministero per i beni e le attività culturali è sicuramente un passo valido a tutela dell'archivio stesso considerata la scarsa conoscenza di metodi, contenuti e tempi del contratto di alienazione -:
quali ulteriori iniziative urgenti, anche normative, saranno prese per rafforzare il vincolo pertinenziale che vige sull'archivio Vasari e garantirne la permanenza ad Arezzo e soprattutto la fruibilità da parte del pubblico di studiosi e cittadini.
(4-04695)

Risposta. - Una prima «denuncia di trasferimento della proprietà, a titolo oneroso, dell'Archivio Vasari venne presentata, a firma del sig. Giovanni Festari, alla Soprintendenza archivistica per la Toscana il 9 luglio 2009.
Dall'esame di tale «denuncia» effettuato dalla Soprintendente archivistica risultò che la stessa era incompleta sia perché non era stata sottoscritta anche dalla parte pretesa acquirente (la società ROSS. Engineering S.r.l.) sia perché in essa non era espressamente precisato che alla parte acquirente fosse noto il particolare
status giuridico dell'Archivio, quale bene culturale gravato anche da vincolo pertinenziale con la Casa Vasari in Arezzo.
Conseguentemente la Soprintendenza, con lettera del 29 luglio 2009, ha dichiarato tale denuncia come «non avvenuta», ai sensi del Codice; in questo modo si è conseguito il duplice effetto positivo di annullare l'efficacia della denuncia, anche ai fini del decorso del termine ordinario della prelazione, e di obbligare le parti contraenti, ove interessate, a integrare gli atti incompleti e, quindi, a sottostare al termine di prelazione più lungo, fissato dal Codice, per tali casi, in centottanta giorni decorrenti dalla nuova «denuncia». Si precisa, infatti, che mentre per le denunce di vendita complete vige il termine di sessanta giorni per l'esercizio della prelazione, tale termine è elevato a centottanta giorni nel caso in cui la denuncia sia incompleta.
È peraltro da aggiungere che, anche in considerazione dell'elevatissimo valore economico attribuito alla transazione, di essa è stata data notizia alla Procura della Repubblica di Roma con lettera del 6 agosto 2009.
Si deve, al riguardo, precisare - anche per chiarire alcuni equivoci che sono insorti - che di tale prima «denuncia» di vendita (quella del 9 luglio 2009) nessuna comunicazione formale fu data agli enti territoriali in quanto, come detto, la stessa era improduttiva di effetti.
In data 23 settembre 2009 il sig. Festari ha fatto poi pervenire alla Soprintendenza archivistica per la Toscana, una congerie di atti, dai quali si evince che egli ha provveduto

sia a integrare la denuncia del luglio 2009, sia a presentare ex novo un'ulteriore denuncia di alienazione (questa volta avvenuta il 9 settembre 2009) redatta in conformità ai rilievi a suo tempo mossi dalla Soprintendenza.
All'evidenza, tali atti risultano essere stati messi a punto, fra l'altro, allo scopo di far decorrere
ex novo il termine ordinario di sessanta giorni. dato dal Codice all'Amministrazione per l'esercizio del diritto di prelazione.
Viceversa, l'Amministrazione, ha ricordato al Festari che non era in alcun modo possibile tentare di eludere l'applicazione del termine sanzionatorio di 180 giorni per la prelazione, mediante una pretesa «rimessione in termini» a seguito di una nuova denuncia; ha poi contestualmente dato comunicazione a tutti gli enti territoriali interessati, come d'obbligo ai sensi del Codice, della intervenuta integrazione della «denuncia» di vendita, e quindi della sua idoneità a far decorrere i termini di legge, ancorché maggiorati a 180 giorni, per l'esercizio della prelazione.
Ovviamente, anche di tale ulteriore «denuncia» di vendita e degli atti ad essa allegati, la Soprintendente archivistica per la Toscana ha provveduto a dare formale comunicazione, per gli accertamenti del caso, alla Procura della Repubblica di Roma.
Quanto al peculiare regime di tutela cui è sottoposto l'Archivio Vasari, appare opportuno, in questa sede, rimarcare quanto segue.
1. Le cosiddette «Carte Vasari» oggi presenti in Arezzo costituiscono la parte residua del più ampio archivio della famiglia Vasari, archivio che fu in un primo tempo adoperato da Bonsignore Spinelli, esecutore testamentario dell'ultimo discendente dei Vasari, Francesco Maria (morto il 3 marzo 1687), per dare compiuta attuazione alle ultime volontà di costui.
Una volta esaurito l'incarico, tali raccolte documentali (o, più propriamente, quello che di esse restava dopo alcune vendite che ne interessarono una parte) vennero ingiobate nell'archivio di Casa Spinelli (poi Rasponi Spinelli), ove vennero individuate e catalogate da Giovanni Poggi, Soprintendente alle Gallerie a Firenze, nell'anno 1908, tranne tre unità documentarie, probabilmente sfuggite agli accertamenti del Poggi, che oggi si trovano a New Haven, perché acquistate nel 1988 dalla Beinecke Library dell'Università di Yale.
Le raccolte documentarie individuate da Poggi furono dichiarate di notevole interesse storico già con provvedimento del Ministero della pubblica istruzione notificato in data 23 ottobre 1917.
2. Successivamente, di detta documentazione, così come descritta in
Inventario e Regesto dei Manoscritti dell'Archivio Vasariano, redatto da Alessandro Del Vita nel 1938, è stato confermato il notevole interesse storico con decreti del Soprintendente archivistico della Toscana del 16 novembre 1990, del 23 marzo 1991 e del 19 gennaio 1996.
Inoltre, con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, emesso l'8 marzo 1994 (e trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Arezzo in data 18 ottobre 1994), in considerazione del fatto «che le citate "Carte Vasari", ... sono state destinate fin dall'origine, in modo durevole, al servizio e decoro di "Casa Vasari", entrando con la stessa ab initio in un rapporto di complementarietà che è risultato oggettivamente valutabile, ... come risulta dalla relazione storico-archivistica...»
 è stato disposto «che le "Carte Vasari", come descritte nell'inventario e regesto di Alessandro Del Vita,... sono vincolate alla "Casa Vasari" con vincolo pertinenziale iure publico..».
Si precisa che la legittimità di tale destinazione pertinenziale, che vincola indissolubilmente le «Carte Vasari» alla «Casa Vasari», è stata accertata dal Tar Toscana, Sez. III, con sentenza n. 387 del 21 novembre 1998. Con tale sentenza è stato respinto il ricorso presentato da Festari Giovanni, erede del patrimonio Rasponi Spinelli, avverso il vincolo imposto nel 1994. Si sottolinea inoltre che tale sentenza è divenuta irrevocabile perché passata in giudicato.
3. Appare pertanto evidente che sussista un peculiare
status giuridico del carteggio

vasariano, in forza del quale la fruizione di detto carteggio, sia nella sua valenza museale che storico-documentaria, può essere effettuata esclusivamente negli ambienti di Casa Vasari e sotto la vigilanza degli organi ministeriali preposti alla tutela.
Qualora dalle indagini in corso da parte delle Autorità inquirenti dovessero emergere eventuali irregolarità, penalmente rilevanti, nelle trattative o nell'atto di alienazione dell'Archivio Vasari, l'atto di vendita potrebbe anche posto nel nulla, ma finora nessuna informazione è pervenuta in proposito all'Amministrazione.
Infine si ribadisce che la sua ineludibile collocazione entro Casa Vasari, in forza del vincolo pertinenziale imposto nel 1994 ed oramai consolidato, è presidiata dagli attuali istituti di tutela né sussiste la possibilità, secondo l'ordinamento vigente, di adottare ulteriori e ancora più pregnanti strumenti di carattere amministrativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

REALACCI e MARIANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'assistenza e la presenza di strutture di aiuto ai diversamente abili è uno dei segnali di civiltà più evidenti di un paese moderno;
da tempo l'Italia si è dotata di una legislazione a tutela dei diritti delle persone portatrici di handicap fisici e mentali al fine di garantire la migliore qualità della vita possibile ai cittadini con disabilità;
in particolare nella regione Toscana è in vigore, da anni, una delle più avanzate ed efficaci legislazioni sulla tutela dei diritti alle persone portatrici di handicap e sull'eliminazione della barriere architettoniche;
tali norme spesso vengono disattese, come nel caso della stazione ferroviaria di Signa (Firenze) dove non esistono, ad oggi, condizioni che rendono possibili a persone su una carrozzina di usufruire del servizio ferroviario, mancando, come segnalato da numerosi cittadini, sia l'assistenza del personale di Trenitalia sia percorsi e strutture per il superamento delle barriere architettoniche -:
quali misure concrete intendano prendere, i Ministri interrogati, per sollecitare il gestore RFI a mettere a norma le strutture della sopraccitata stazione importante per il collegamento con il capoluogo regionale, Firenze, ma anche per le città di Pisa e Livorno.
(4-03636)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante l'abbattimento delle barriere architettoniche nelle stazioni ferroviarie, occorre premettere che i diritti delle persone a mobilità ridotta trovano, per il trasporto ferroviario, specifica disciplina normativa nel Regolamento n. 1371 del 2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario.
Si precisa altresì che, per quanto riguarda il numero dei convogli attrezzati utilizzati per il trasporto regionale, tale aspetto ricade nelle competenze delle singole regioni, titolari del contratto di servizio stipulato con le imprese ferroviarie.
In merito alle questioni evidenziate nell'interrogazione in esame, si fa presente che il Gruppo Ferrovie dello Stato risulta impegnato in un programma per favorire la mobilità e la fruizione dei servizi sui treni e nelle stazioni alle persone a mobilità ridotta.
Il servizio di assistenza alla clientela disabile è attualmente fornito in un circuito di 252 stazioni abilitate. Il servizio è coordinato e organizzato da 14 centri di assistenza denominati «sale blu» che costituiscono il punto di riferimento per tutte le esigenze di viaggio della clientela disabile.
Le «Sale blu», aperte tutti i giorni dalle 7.00 alle 21.00, assicurano i seguenti servizi:
informazioni;


prenotazioni di posti;
eventuale messa a disposizione di sedie a rotelle;
guida in stazione e accompagnamento al treno;
guida fino all'uscita di stazione o ad altro treno coincidente;
salita e discesa con carrelli elevatori per i clienti su sedia a rotelle;
eventuale servizio, a richiesta e gratuito, di portabagagli a mano.

Attraverso tale servizio viene assicurata, nel pieno rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente, la mobilità ai viaggiatori disabili sia nelle stazioni di grandi e medie dimensioni della rete ferroviaria (in cui viene effettuato oltre l'80 per cento degli interventi di assistenza richiesti), sia in quelle di dimensioni minori.
Nel corso del 2008, sono stati erogati oltre 154.000 interventi di assistenza su tutta la rete nazionale, con un incremento nell'ultimo quinquennio di circa il 40 per cento di questo circa il 60 per cento per accedere a treni di media e lunga percorrenza e circa il 40 per cento per l'accesso ai servizi del trasporto regionale.
Inoltre, è in corso un ulteriore investimento per il potenziamento e rinnovamento delle attrezzature (sedie a rotelle e carrelli elevatori).
Con riferimento al materiale rotabile, va evidenziato che circa 3200 treni tra media e lunga percorrenza nonché regionali sono oggi attrezzati per il trasporto di viaggiatori con mobilità ridotta. Per quanto attiene, in particolare, al materiale rotabile impiegato per il trasporto regionale, l'accesso al treno per la clientela con ridotte capacità motorie è attualmente possibile su tutti i convogli
Minuetto, treni ad alta frequentazione (Taf), Vivalto e treni per servizio regionale (Tsr), questi ultimi impiegati su alcune direttrici della Lombardia, nonché su alcune vetture «semipilota» attrezzate.
Peraltro, tutti i treni di nuova generazione, già immessi in servizio o che entreranno in esercizio prossimamente, prevedono allestimenti appositamente strutturati per le esigenze dei viaggiatori disabili (accessi, posti,
toilettes).
Relativamente alla stazione di Signa, va considerato che la stessa non ha attualmente i requisiti strutturali necessari per l'attivazione del servizio. Nell'area interessata, il servizio di assistenza alla clientela disabile è attivo presso le stazioni di Firenze S. Maria Novella, Firenze Rifredi ed Empoli.
Per quanto riguarda le strutture esistenti presso le stazioni ferroviarie, si riferisce che per favorire la mobilità e l'uso dei servizi nelle stazioni da parte dei clienti con disabilità, il Gruppo Ferrovie dello Stato sta realizzando un programma di interventi di natura strutturale e tecnologica in tutti gli impianti. Nelle 13 grandi stazioni sono in corso alcuni interventi importanti per il superamento delle barriere architettoniche e sensoriali mentre, nelle 2170 stazioni medio-piccole e piccole, oltre che nelle 103 stazioni medio-grandi, è stato avviato un programma per la realizzazione di marciapiedi e sottopassi privi di barriere architettoniche, compatibilmente con i vincoli presenti (strutturali, architettonici, logistici) insieme ad interventi di riqualificazione e potenziamento.
Tutte le nuove stazioni in fase di progettazione e realizzazione disporranno da subito di strutture per facilitare l'accesso alle persone con disabilità. Nelle stazioni esistenti per la realizzazione degli interventi di superamento delle barriere architettoniche e sensoriali è prevista una spesa fino a circa 15 milioni di euro l'anno.
Gli adeguamenti strutturali in fase di realizzazione o in programma si aggiungono a quelli già realizzati negli ultimi anni, e cioè:
l'adeguamento di sportelli di biglietteria in 269 stazioni su 465 operative e di servizi igienici pubblici in 340 stazioni su 660 aperti al pubblico;
l'installazione di 337 ascensori e 153 rampe fisse nei sottopassaggi e passerelle aeree per consentire l'accessibilità ai binari in 270 stazioni;


la creazione di percorsi tattili per disabili visivi in 150 stazioni;
l'innalzamento di 200 marciapiedi di stazione a 55 centimetri, anziché a 25 centimetri, sul piano del ferro per permettere a tutti i viaggiatori l'accesso a raso a treni specializzati per il trasporto regionale e metropolitano e consentire ai disabili motori su sedia a ruote l'accesso autonomo ai treni ad alta frequentazione,
Minuetto e Vivalto.

La quasi totalità delle stazioni classificate come Platinum, Gold e Silver è dotata di posti auto riservati alle persone con disabilità ed è attrezzata per consentire l'accesso ai disabili motori almeno fino al primo marciapiede.
In merito agli
standard ed alle normative da adottare, Rete ferroviaria italiana, con la collaborazione delle principali associazioni che rappresentano la clientela disabile, ha redatto ed emanato specifiche linee guida per la progettazione da utilizzare per la realizzazione degli interventi di superamento delle barriere architettoniche e sensoriali nelle stazioni, ed è inoltre impegnata nel gruppo di lavoro, coordinato dalla capogruppo Ferrovie dello Stato, con le associazioni delle persone con disabilità su tutte le tematiche dell'accessibilità nelle stazioni.
Per quanto riguarda la stazione di Signa ed in particolare l'accessibilità dei disabili al secondo marciapiede (il primo non effettua più servizio viaggiatori), si fa presente che i relativi interventi saranno effettuati nell'ambito di un programma di priorità e in relazione ai finanziamenti disponibili. Su quest'ultimo aspetto, tenuto conto della disponibilità fornita da Trenitalia e vista la programmazione degli interventi, si può realisticamente prevedere che l'adeguamento potrà essere effettuato entro il primo semestre 2010.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REALACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale e locale toscana si apprende della vendita ad una non meglio precisata società russa del carteggio personale di Giorgio Vasari, geniale architetto, pittore e letterato nato ad Arezzo nel 1511 e vissuto a Firenze alla corte de' Medici fino al 1574;
l'archivio personale del grande artista aretino consta di 31 faldoni con note autografe sui propri progetti e personali scambi di lettere con Piero Aretino, Cosimo I de' Medici e Michelangelo;
questa documentazione di inestimabile valore storico e artistico è vincolata anche da un preciso decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 1994, che lo tutela, benché proprietà privata, jure publico, alla sede museo di casa Vasari;
la casa museo del Vasari è patrimonio dello Stato italiano fin dal 1911, ad eccezione dei beni custoditi all'interno, la cui proprietà, della famiglia Festari, fu riconosciuta dopo una controversa vicenda giudiziaria;
la città di Arezzo sta preparando a celebrare il Cinquecentenario per la nascita del Vasari nel 2011;
la vendita di beni dell'incalcolabile patrimonio artistico è un'offesa nei confronti di quegli italiani che credono che i beni storico-artistici dell'Italia siano incedibili non solo per quello che rappresentano in sé, ma perché essi sono esempi e simboli su cui puntare per rilanciare il nostro futuro -:
se il Ministro interrogato fosse già a conoscenza della trattativa per l'alienazione del carteggio del Vasari da parte del conte Festari;
se le tutele previste dal decreto ministeriale del 1994 permettano la cessione di un bene così importante per il patrimonio artistico nazionale;

quali misure intenda assumere il Ministro affinché il carteggio possa essere consultato pubblicamente, se venduto, e venga verificato il reale ammontare della transazione che, se confermata, è pari a 150 milioni di euro e rende difficile qualsiasi diritto di prelazione da parte dello Stato italiano.
(4-04688)

Risposta. - Una prima «denuncia» di trasferimento della proprietà, a titolo oneroso, dell'Archivio Vasari venne presentata, a firma del signor Giovanni Festari, alla Soprintendenza archivistica per la Toscana il 9 luglio 2009.
Dall'esame di tale «denuncia» effettuato dalla Soprintendente archivistica risultò che la stessa era incompleta sia perché non era stata sottoscritta anche dalla parte pretesa acquirente (la società Ross
Engineering Srl) sia perché in essa non era espressamente precisato che alla parte acquirente fosse noto il particolare «status» giuridico dell'Archivio, quale bene culturale gravato anche da vincolo pertinenziale con la Casa Vasari in Arezzo.
Conseguentemente la Soprintendenza, con lettera del 29 luglio 2009, ha dichiarato tale denuncia come «non avvenuta», ai sensi del Codice; in questo modo si è conseguito il duplice effetto positivo di annullare l'efficacia della denuncia, anche ai fini del decorso del termine ordinario della prelazione, e di obbligare le parti contraenti, ove interessate, a integrare gli atti incompleti e, quindi, a sottostare al termine di prelazione più lungo, fissato dal Codice, per tali casi, in centottanta giorni decorrenti dalla nuova «denuncia». Si precisa, infatti, che mentre per le denunce di vendita complete vige il termine di sessanta giorni per l'esercizio della prelazione, tale termine è elevato a centottanta giorni nel caso in cui la denuncia sia incompleta.
È peraltro da aggiungere che, anche in considerazione dell'elevatissimo valore economico attribuito alla transazione, di essa è stata data notizia alla Procura della Repubblica di Roma con lettera del 6 agosto 2009.
Si deve, al riguardo, precisare - anche per chiarire alcuni equivoci che sono insorti - che di tale prima «denuncia» di vendita (quella del 9 luglio 2009) nessuna comunicazione formale fu data agli enti territoriali in quanto, come detto, la stessa era improduttiva di effetti.
In data 23 settembre 2009 il signor Festari ha fatto poi pervenire alla Soprintendenza archivistica per la Toscana, una congerie di atti, dai quali si evince che egli ha provveduto sia a integrare la denuncia del luglio 2009, sia a presentare
ex novo un'ulteriore denuncia di alienazione (questa volta avvenuta il 9 settembre 2009) redatta in conformità ai rilievi a suo tempo mossi dalla Soprintendenza.
All'evidenza, tali atti risultano essere stati messi a punto, fra l'altro, allo scopo di far decorrere
ex novo il termine ordinario di sessanta giorni dato dal Codice all'Amministrazione per l'esercizio del diritto di prelazione.
Viceversa, l'Amministrazione, ha ricordato al Festari che non era in alcun modo possibile tentare di eludere l'applicazione del termine sanzionatorio di 180 giorni per la prelazione, mediante una pretesa «rimessione in termini» a seguito di una nuova denuncia; ha poi contestualmente dato comunicazione a tutti gli enti territoriali interessati, come d'obbligo ai sensi del Codice, della intervenuta integrazione della «denuncia» di vendita, e quindi della sua idoneità a far decorrere i termini di legge, ancorché maggiorati a 180 giorni, per l'esercizio della prelazione.
Ovviamente, anche di tale ulteriore «denuncia» di vendita e degli atti ad essa allegati, la Soprintendente archivistica per la Toscana ha provveduto a dare formale comunicazione, per gli accertamenti del caso, alla Procura della Repubblica di Roma.
Quanto al peculiare regime di tutela cui è sottoposto l'Archivio Vasari, appare opportuno, in questa sede, rimarcare quanto segue.
1. Le cosiddette «Carte Vasari» oggi presenti in Arezzo costituiscono la parte residua del più ampio archivio della fami- glia

Vasari, archivio che fu in un primo tempo adoperato da Bonsignore Spinelli, esecutore testamentario dell'ultimo discendente dei Vasari, Francesco Maria (morto il 3 marzo 1687), per dare compiuta attuazione alle ultime volontà di costui.
Una volta esaurito l'incarico, tali raccolte documentali (o, più propriamente, quello che di esse restava dopo alcune vendite che ne interessarono una parte) vennero inglobate nell'archivio di Casa Spinelli (poi Rasponi Spinelli), ove vennero individuate e catalogate da Giovanni Poggi, Soprintendente alle Gallerie a Firenze, nell'anno 1908, tranne tre unità documentarie, probabilmente sfuggite agli accertamenti del Poggi, che oggi si trovano a New Haven, perché acquistate nel 1988 dalla Beinecke
Library dell'Università di Yale.
Le raccolte documentarie individuate da Poggi furono dichiarate di notevole interesse storico già con provvedimento del Ministero della pubblica istruzione notificato in data 23 ottobre 1917.
2. Successivamente, di detta documentazione, così come descritta in «Inventario e Regesto dei Manoscritti dell'Archivio Vasariano», redatto da Alessandro Del Vita nel 1938, è stato confermato il notevole interesse storico con decreti dei Soprintendente archivistico della Toscana del 16 novembre 1990, del 23 marzo 1991 e del 19 gennaio 1996.
Inoltre, con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, emesso l'8 marzo 1994 (e trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Arezzo in data 18 ottobre 1994), in considerazione del fatto «che le citate "Carte Vasari",... sono state destinate fin dall'origine, in modo durevole, al servizio e decoro di "Casa Vasari", entrando con la stessa
ab initio in un rapporto di complementarietà che è risultato oggettivamente valutabile,... come risulta dalla relazione storico-archivistica...» è stato disposto «che le "Carte Vasari", come descritte nell'inventario e regesto di Alessandro Del Vita,... sono vincolate alla "Casa Vasari" con vincolo pertinenziale iure publico...».
Si precisa che la legittimità di tale destinazione pertinenziale, che vincola indissolubilmente le «Carte Vasari» alla «Casa Vasari», è stata accertata dal tribunale amministrato della Toscana, sezione III, con sentenza n. 387 del 21 novembre 1998. Con tale sentenza è stato respinto il ricorso presentato da Festari Giovanni, erede del patrimonio Rasponi Spinelli, avverso il vincolo imposto nel 1994. Si sottolinea inoltre che tale sentenza è divenuta irrevocabile perché passata in giudicato.
3. Appare pertanto evidente che sussista un peculiare
status giuridico del carteggio vasariano, in forza del quale la fruizione di detto carteggio, sia nella sua valenza museale che storico-documentaria, può essere effettuata esclusivamente negli ambienti di Casa Vasari e sotto la vigilanza degli organi ministeriali preposti alla tutela.
Infine si ribadisce che la sua ineludibile collocazione entro Casa Vasari, in forza del vincolo pertinenziale imposto nel 1994 ed oramai consolidato, è presidiata dagli attuali istituti di tutela né sussiste la possibilità, secondo l'ordinamento vigente, di adottare ulteriori e ancora più pregnanti strumenti di carattere amministrativo.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella popolazione sono in aumento le dermatiti ed in generale le malattie della pelle;
detto fatto potrebbe essere legato ai prodotti tessili fabbricati all'estero e di scarsa qualità;
la salute delle nostre forze armate rappresenta una priorità assoluta, cui segue il comfort e la praticità, nella scelta dei prodotti tessili -:
a quanto ammontino in valore assoluto le forniture di prodotti tessili del

nostro Ministero della difesa (vestiario, lenzuola, tovagliame, spugne...);
quali e quanti controlli di qualità vengano eseguiti;
se nelle gare d'appalto viga il criterio del «massimo ribasso» o se vengano considerati anche altri fattori (qualità, morbidezza, caratteristiche qualitative delle lavorazioni intermedie...);
se anche tra gli appartenenti alle forze armate si riscontri un aumento delle malattie della pelle.
(4-04164)

Risposta. - È opportuno precisare, in primo luogo, che alle gare di appalto per le forniture di prodotti tessili (vestiario ed equipaggiamento in genere) sono ammesse a partecipare le aziende operanti sia in ambito comunitario che comunitario/Wto (World trade organization), in ottemperanza alle disposizioni di legge che disciplinano il settore dei beni di consumo.
Tutti i manufatti per le forniture militari devono essere realizzati in conformità ai criteri stabiliti nei relativi capitolati tecnici che prevedono l'utilizzo di fibre/tessuti e di materie prime rispondenti alle direttive comunitarie ed alle norme di legge vigenti in materia e, in ogni caso, di materiali atossici ed idonei, in termini di
comfort, traspirabilità e resistenza, a garantire un'ottima vestibilità agli utenti.
Proprio sulla base di tali irrinunciabili presupposti, negli ultimi anni sono state sempre più privilegiate - quando l'utilizzo cui è destinato il manufatto lo consente - le fibre naturali come il cotone e la lana, ovvero quelle sintetiche di ultima generazione, in possesso di caratteristiche equivalenti o superiori che combinano leggerezza, morbidezza e totale anallergicità e, comunque, sempre rispondenti alle specifiche esigenze d'impiego del prodotto.
Fatta questa premessa, rispondo, ora, ai quesiti dell'interrogante.
Il valore delle commesse per l'anno 2009 ammonta a circa euro 22.000.000 per l'intero settore del vestiario e dell'equipaggiamento ed a circa euro 4.600.000 con riferimento ai soli capi che, nell'uso quotidiano, sono a diretto contatto con la pelle.
La ditta aggiudicataria è sempre sottoposta, durante i cicli di lavorazione dei prodotti, a rigorosi controlli da personale della difesa perito in merceologia e chimica applicata, il quale preleva campioni sia di materie prime e di semilavorati, sia di manufatti finiti che sono inviati ai competenti uffici per essere sottoposti a tutte le prove chimico-fisiche, organolettiche e prestazionali previste dalle norme emanate dall' Ente nazionale italiano di unificazione (cosiddette norme Uni).
Le verifiche, invece, che non possono essere condotte direttamente dagli uffici della difesa, sono affidate a laboratori esterni con certificazione Iso-
International Organization for Standardization.
Ad ultimazione dei lavori, un'apposita Commissione di collaudo composta di tre membri, di cui almeno uno con la qualifica di perito in merceologia e chimica applicata, effettua le prove di collaudo dei manufatti; qualora fosse riscontrata la presenza di fibre incompatibili con il benessere e con la salute del militare, viene redatto un verbale con esito negativo e, conseguentemente, avviene il rifiuto della fornitura.
Nelle gare di appalto vige il principio del «massimo ribasso» con i correttivi previsti dalla normativa relativamente, alle offerte ritenute anomale.
Per quanto attiene ad un presunto aumento di malattie della pelle fra gli appartenenti alle Forze armate, l'Osservatorio epidemiologico della difesa, in attesa che sia implementato il Sistema informatico sanitario della difesa (Sisad), riceve ed analizza, inevitabilmente, soltanto una parte delle patologie interessanti il personale militare.
Infatti:
il personale militare, ormai non più di leva, può accedere ai servizi sanitari civili del Servizio sanitario nazionale;
le certificazioni mediche, prodotte dal medico di base o da altro medico civile curante e trasmesse dal soggetto malato alla dipendente Amministrazione, relative a brevi periodi di assenza, non prevedono, per motivi di
privacy, la specificazione della

diagnosi. La diagnosi emerge ed è inserita nel data base del citato Osservatorio soltanto quando l'affezione implica un provvedimento medico-legale da parte delle autorità sanitarie militari. Questo vuol dire che all'Osservatorio pervengono (oltre ad altre segnalazioni per determinate patologie, come, ad esempio, quelle tumorali) unicamente le segnalazioni di assenze superiori a 45 giorni, in quanto oggetto di annotazione matricolare.

Sulla base di una verifica effettuata sulle assenze per malattia superiori a 45 giorni, relativamente agli anni 2008-2009, è emerso che nel 2008 le affezioni dermatologiche sono state estremamente ridotte di numero rispetto alla «popolazione a rischio» (forza media bilanciata nel 2008 di circa 300.000 soggetti ): parliamo di 34 casi, di cui la metà circa d'interesse chirurgico ed un numero assai contenuto imputabile a dermatiti da contatto.
Non molto dissimile è il quadro epidemiologico riferito ai primi nove mesi del 2009.
Riguardo alle patologie cutanee di tipo neoplastico l'Osservatorio ha condotto uno studio su tutto il personale militare - prendendo come riferimento l'arco temporale dal 1996 al 2007 - in base al quale sono risultati 165 casi di neoplasie cutanee con una media annua di 13,75 ed un'incidenza, con riferimento alla predetta forza media bilanciata, di 4,04 casi su 100.000 individui.
I melanomi cutanei, invece, ammontano a 108 casi, con un'incidenza media, nei 12 anni presi in esame, di 2,65 nuovi casi per anno, ogni 100.000 militari; quest'ultimo valore, sebbene sarebbe da standardizzare per fasce di età (fasce di età che nella popolazione militare hanno una composizione interna che non coincide esattamente con quella della popolazione civile) è, in ogni modo, notevolmente inferiore al corrispondente valore d'incidenza dei melanomi nella popolazione civile italiana, pari a 12,5 ogni 100.000 uomini e 13,1 ogni 100.000 donne (dati del
pool dei registri tumori nazionali). Ovviamente, a determinare questi valori molto più elevati nella popolazione civile considerata nel suo insieme, contribuisce la maggiore incidenza dei melanomi nelle fasce di età superiori agli anni 50 che sono relativamente meno rappresentate fra i militari.
Vorrei osservare, ancora, che l'incidenza dei melanomi fra i militari si rivela, comunque, leggermente più bassa anche rispetto a quella emersa in specifici studi di epidemiologia dei tumori, come quello condotto dalla regione Friuli Venezia Giulia: nello specifico, un recente studio sui tumori registrati nel periodo dal 1995 al 2005, nel quale sono state prese in considerazione, tra la popolazione civile, le fasce di età pressoché corrispondenti a quelle dei militari in servizio (fasce quinquennali da 20 a 64 anni), ha evidenziato, comunque, tassi di incidenza di melanoma standardizzati, specifici per età, pur sempre superiori a 3,9 casi per 100.000 soggetti.
Faccio presente, in ultimo, che presso il reparto di dermatologia del policlinico militare Celio di Roma, sulla base di una pluriennale esperienza clinica, i casi di dermatite dovuta al contatto con uniformi sono assolutamente sporadici e di scarso rilievo clinico.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

REGUZZONI e RIVOLTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in comune di Garlate (provincia di Lecco), è presente il Civico museo della seta Abegg, di proprietà dell'amministrazione comunale;
attualmente è in corso un importante intervento di restauro che riguarda l'intero complesso dell'ex setificio Abegg di Garlate, di cui il museo occupa l'ala ovest ed è posto in straordinaria posizione panoramica e strategica. L'intervento di restauro riguarda l'edificio a suo tempo donato dalla famiglia Abegg allo scopo di creare il primo museo della seta del Paese, edificio composto da quattro corpi di fabbrica disposti a quadrilatero per una superficie coperta di metri quadri 1200.

L'edificio è caratterizzato da un ampio cortile interno un tempo utilizzato per il carico e lo scarico delle merci e l'intervento in progetto riguarda i corpi di fabbrica nord, sud e ovest. Il progetto prevede inoltre il risanamento delle parti edilizie in cattivo stato e dei manti di copertura, il tutto recuperando per quanto possibile i caratteri architettonici originali. A seguito dell'intervento in parola lo spazio espositivo museale sarà ampliato dagli attuali 400 metri quadri circa 900 metri quadri vi sarà un diverso percorso museale con un nuovo apparato didascalico concepito secondo i più moderni criteri della museologia e museografia, con un laboratorio didattico, una reception, una sala riunioni e video conferenze, una biblioteca specializzata dedicata alla lavorazione della seta e strettamente connessa con l'attività del museo, spazi ristoro e di deposito per la raccolta e conservazione del materiale non esposto;
il Civico museo della seta Abegg effettua un'importante attività di ricerca, coordinamento e studio dell'industria serica nel territorio lecchese durante l'Ottocento dal punto di vista storico, tecnico e storico-sociale. Nell'ambito di queste attività si sono create sinergie e momenti di cooperazione numerose istituzioni, tra le quali si citano: Civico museo setificio di Abbadia Lariana, Museo didattico della seta di Como, Museo del lino di Pescarolo ed Uniti, Museo del tessile di Busto Arsizio, Museo del tessuto di Prato, Museo nazionale della scienza e della tecnologia di Milano, Museo del patrimonio industriale di Bologna, Parco minerario e archeologico delle colline Metallifere Grossetane, Stazioni sperimentali della seta di Milano e di Padova, Fondazione Antonio Ratti di Como, Associazione Nema di Crespi d'Adda;
nella rimanente ala est dell'edificio in argomento, il parco Adda Nord successivamente all'acquisizione della stessa, realizzerà una struttura ricettiva per circa 25 posti letto destinata ad un turismo con attività didattiche strettamente connesse al museo, in particolare rivolto alla fascia studentesca e giovanile;
il «Civico museo della seta Abegg» rappresenta una importate peculiarità ed uno straordinario patrimonio documentale, fondamentale nel percorso del recupero della nostra storia e della tradizione industriale;
il comune di Garlate, guidato dal sindaco Maria Tammi, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del patrimonio storico, architettonico ed artistico -:
se e quali iniziative il Ministero, eventualmente anche per il tramite della competente soprintendenza intenda attuare ai fini di agevolare e sostenere il completo recupero dello straordinario bene costituito dal Civico museo della seta Abegg in Garlate (Lecco).
(4-04568)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
La competente soprintendenza di questo Ministero che ha costantemente riservato al civico museo di Abegg una particolare attenzione, si sta attivando al fine di agevolare e sostenere il relativo progetto di restauro.
Di recente si è, infatti, tenuta a Garlate una riunione alla presenza del sindaco, del Presidente parco Adda Nord, dell'assessore alla cultura della provincia di Lecco, a cui ha preso parte anche il soprintendente per i beni storici artistici ed etnoatropologici della Lombardia.
All'esito di questa riunione è stata definita una strategia di valorizzazione della raccolta di macchinari che costituiscono la ricchezza del Museo.
In particolare, si è concordato di ricostituire il dimissionario comitato scientifico; di rivedere la finalità d'uso dell'ala est quale parte integrante e documento rarissimo del complesso della filanda e del museo stesso e, infine, di redigere un progetto di allestimento unitario sui quattro corpi di fabbrica del Museo da parte del comitato scientifico in collaborazione con un tecnico progettista.
Pertanto, si rassicura l'interrogante che a questo Ministero è particolarmente interessato

a sostenere il progetto di valorizzazione della straordinaria raccolta di macchinari che costituisce la ricchezza del museo e ne rappresenta una delle più complete collezioni in Europa.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Guidizzolo in provincia di Mantova, in posizione strategica a metà strada fra Mantova e Brescia, è localizzato il bellissimo Oratorio di San Lorenzo, romanico-gotico del XII secolo, che presenta al suo interno un ricco ciclo di affreschi risalenti al 1400, 1500 e 1600. La chiesa fu officiata dai Padri Eremiti di S. Maria di Gonzaga, poi dai monaci Olivetani ed alla fine del 1700 l'Oratorio divenne proprietà dei conti Rizzini che vollero porvi la cripta funeraria di famiglia;
nel 1995 il comune di Guidizzolo acquistò l'oratorio dagli ultimi eredi Rizzini;
l'oratorio grazie ad un attento e meticoloso restauro è oggi restaurato e viene anche utilizzato per concerti di musica e spettacoli di teatro. L'edificio è di matrice romanica con influenze gotiche, la struttura architettonica, che presenta una forma a capanna, è infatti semplice e lineare. All'esterno gli unici elementi decorativi sono il campaniletto pensile e il fregio che orna il sottogronda. L'interno è ad aula unica con tetto a capriate; la zona presbiteriale, di forma rettangolare, è divisa dalla navata con un arco ogivale. Il coro ospita l'altare maggiore, decorato da un paliotto seicentesco; questo raffigura San Lorenzo, protettore della chiesa, rappresentato anche nella statua lignea posta nella nicchia sopra l'altare;
l'oratorio è oggi aperto al pubblico in determinate circostanze concomitanti con eventi, mostre o spettacoli appositamente organizzati;
il comune di Guidizzolo, guidato dal sindaco Graziano Pelizzaro, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del patrimonio storico, architettonico ed artistico -:
quali iniziative il Ministero, eventualmente anche per il tramite della sovrintendenza ai beni artistici ed architettonici, intende attuare ai fini di agevolare e sostenere il recupero e la fruizione dello straordinario bene costituito dall'Oratorio di San Lorenzo in comune di Guidizzolo (Mantova).
(4-04838)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Il recupero architettonico dell'oratorio di San Lorenzo, nonché dei relativi affreschi è stato effettuato dal comune di Guidizzolo dal 1997 sotto la sorveglianza della soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Brescia, che continua a seguire con attenzione la fase finale dei lavori.
Al momento, infatti, i lavori di restauro sono in fase di ultimazione; ma l'oratorio è comunque fruibile: vengono, infatti, organizzate diverse manifestazioni culturali e visite guidate tutte le domeniche e, a richiesta, anche in altri giorni della settimana.
Pertanto, si rassicura l'interrogante che sarà cura dei compenti uffici di questo Ministero sostenere e agevolare il recupero dell'oratorio in questione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di commemorare e celebrare adeguatamente la memoria di Alda Merini, poetessa milanese di tale levatura culturale da rendere inadeguata ogni parola di apprezzamento.
(4-04849)

Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, con la quale l'interrogante intende conoscere le iniziative che il

Governo voglia adottare al fine di commemorare la memoria della poetessa milanese Alda Merini, si osserva quanto segue.
L'istituzione di un comitato nazionale per le celebrazioni, così come disciplinato dalla legge n. 420 del 1997, potrebbe essere la soluzione più adeguata per commemorare memoria della poetessa milanese.
Al riguardo, si comunica che tali comitati sono di norma istituiti tenendo conto degli eventi di cui ricorra il primo o i successivi centenari, fatti salvi i casi di eccezionale rilevanza storica culturale e sociale. Si precisa altresì che le istanze per l'istituzione dei Comitati suddetti possono essere presentate da soggetti pubblici o privati.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2009 si sono verificati episodi drammatici di scontri tra la polizia cinese e la popolazione degli Iuguri;
in risposta ad un atto di sindacato ispettivo dell'interrogante (4/03536) il Ministro sollecitamente e correttamente riferiva che «permangono le problematiche di fondo, in merito all'efficacia della politica delle nazionalità messa in atto da Pechino. I fatti dello Xinjiang, dopo quelli del Tibet, sono sintomatici della difficoltà cinese nel portare avanti una politica di assimilazione basata sull'economia, senza tenere nel dovuto conto le diversità culturali. A seguito degli scontri avvenuti nello Xinjiang, l'Unione Europea ha reagito prontamente, il 9 luglio 2009, con una dichiarazione, con la quale si esprime forte preoccupazione per la situazione nella regione, si invitano tutte le parti a porre fine alle violenze e si richiama il rispetto dei diritti delle persone detenute e più in generale dei diritti umani, con un particolare accento sulla libertà di espressione e di assemblea. Il testo, inoltre, non manca di sottolineare la volontà dell'Unione europea di continuare a monitorare la Situazione nella regione,»;
inoltre nella risposta si sottolineava che il nostro Governo «non manca di rinnovare, in ogni occasione di incontro con interlocutori cinesi, i propri auspici che l'impressionante crescita economica ed il ruolo ormai determinante della Cina sul versante della politica globale siano accompagnati da maggiori aperture a tutela dei diritti umani, tra cui quelli di espressione, religiosi e culturali.» -:
se prosegua e come l'opera di monitoraggio da parte dell'Unione europea;
quale sia la situazione nello Xinjiang e nel Tibet e se vi siano riscontri circa una più civile applicazione dei diritti umani;
se - a fronte del perdurare di tali politiche repressive - il Governo non intenda mettere in atto fatti concreti sia dal punto di vista diplomatico, sia - eventualmente coinvolgendo i partner dell'Unione europea - dal punto di vista economico.
(4-04940)

Risposta. - La Cina presenta un panorama etnico alquanto variegato, costituito da ben 56 gruppi etnici distinti, di diversa consistenza numerica ed omogeneità. Al fine di mostrare i traguardi conseguiti dal Governo in materia, il Consiglio di Stato ha recentemente pubblicato il «Libro bianco sulla politica etnica del Paese e sullo sviluppo e la prosperità condivisi da tutti i gruppi etnici in Cina».
La pubblicazione offre riferimenti storici e dati economici attuali volti a comprovare il successo di tali politiche. Innegabile è lo sforzo del Governo cinese in favore dello sviluppo economico di alcune aree particolarmente arretrate, soprattutto nelle regioni occidentali del Paese dove, di fatto, risultano concentrate le principali minoranze.
Tuttavia, si registrano crescenti tensioni con alcune di queste minoranze (specialmente quelle tibetana, uigura e mongola), le cui forti caratterizzazioni identitarie (culturali, linguistiche e religiose, ma anche di rivendicazione autonomistica se non indipendentistica)

portano a frizioni con la maggioranza han. La tensione si aggrava in aree quale quella del Xinjiang dove le istanze autonomistiche rischiano di saldarsi con gli obiettivi di gruppi terroristici di matrice islamica (quale l'East Turkestan Islamic Movement).
Alle frizioni originate da elementi etnico-culturali si sovrappongono fattori economici e territoriali. Per stessa ammissione del citato Libro bianco, le minoranze sono concentrate in aree molto vaste, ricche di risorse naturali (l'85 per cento delle riserve naturali dello Stato) e lambite da ben 19.000 km dei 22.000 km totali dei confini terrestri cinesi. Il Xinjiang è la prima regione cinese per giacimenti di gas, la seconda per giacimenti petroliferi ed è ricco di altre risorse minerarie. Il controllo sul Tibet assicura il controllo di gran parte delle acque dell'Asia centromeridionale. La Regione autonoma del Xinjiang riveste per la Cina un'importanza strategica legata non solo alle ricchezze minerarie del territorio ma anche alla collocazione della stessa ai limiti occidentali del Paese, in un'area di confine dove storicamente si è misurata la tenuta della sovranità territoriale cinese, e dove, quindi, maggiore è l'impegno di Pechino ad assicurare la stabilità.
Ad oggi, a cinque mesi circa dagli incidenti del 5 luglio scorso che provocarono circa 197 morti, la situazione permane tesa nel Xinjiang. I processi ai presunti responsabili delle violenze hanno sinora portato alla esecuzione di nove persone nella capitale Urumqi, nonché alla recente condanna alla pena capitale di altri cinque individui. I principali centri urbani della Regione (Urumqi e Kashgar) sono soggetti a controffi rafforzati della polizia armata del popolo (PAP), che pattuglia le città con plotoni in assetto antisommossa, dislocati nelle vicinanze dei principali punti turistici o nevralgici. Non sono tuttavia in atto misure di restrizione della libertà di circolazione quali il coprifuoco.
L'Unione europea ha prontamente reagito alle esecuzioni in Urumqi attraverso una dichiarazione, sostenuta anche dal Governo italiano, in cui, nel riaffermare la sua assoluta contrarietà all'uso della pena di morte, richiama la Cina al rispetto degli standard minimi atti ad assicurare un giusto processo e la possibilità di adeguata difesa.
L'Unione europea è costantemente impegnata nel monitoraggio dei diritti umani in Cina con un'azione che si esplica attraverso diversi strumenti, tra i quali: l'analisi della situazione sul terreno e degli sviluppi da parte delle Ambasciate europee a Pechino; le
demarches presso le Autorità cinesi o le dichiarazioni pubbliche, che consentono di sollevare casi di particolare gravità ed urgenza; il dialogo strutturato sui diritti umani, a cadenza semestrale, che permette una discussione su base paritaria su un ampio spettro di tematiche. Proprio in occasione dell'ultima sessione del dialogo (Unione europea-Cina sui diritti umani (Pechino, 20 novembre 2009), la delegazione dell'Unione europea - il cui mandato è stato definito anche con il sostegno del Governo italiano - nel fare menzione con soddisfazione dell'accesso pieno garantito ai giornalisti in occasione degli scontri di luglio, ha tuttavia richiamato con forza la necessità da parte del Governo cinese di rispettare le espressioni pacifiche di identità culturale e religiosa e di adottare per queste un metro di giudizio differente rispetto ai responsabili di atti di violenze.
L'esito degli sforzi dell'azione europea è stato sinora altalenante, a seconda dei temi di volta in volta affrontati, su alcuni dei quali, come noto, Pechino mostra tradizionalmente forti rigidità (ad esempio, il rispetto delle minoranze in Tibet e nello Xinjiang). Non bisogna peraltro dimenticare che, per lungo tempo, i diritti umani hanno rappresentato, agli occhi della dirigenza cinese, temi sui quali non venivano ammesse «ingerenze» dall'esterno. Ogni approccio alla materia deve peraltro tenere presente, da un lato, l'importanza della collaborazione delle Autorità cinesi (senza la quale risulta difficile immaginare di ottenere risultati efficaci), dall'altro la considerazione che cambiamenti sostanziali della situazione dei diritti umani possono realisticamente realizzarsi solo nel lungo periodo. Su questo sfondo, il fatto stesso che l'UE sollevi con regolarità e continuità

le questioni dei diritti umani le consente di presentarsi come un attore credibile.
Sia sul piano bilaterale che attraverso la partecipazione alla definizione delle iniziative in sede Unione europea il Governo italiano, tanto sul Tibet e sullo Xinjiang quanto in ambito più generale in materia di diritti umani, continua a sostenere un dialogo paziente e costante con la Cina nel campo dei diritti, in particolare civili e politici, accompagnando la necessaria fermezza sui princìpi ad una prammatica flessibilità sugli strumenti. Tale approccio è riuscito a produrre alcuni primi risultati (recentemente l'impegno da parte cinese a ratificare quanto prima la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici), su alcuni fronti, anche se non su tutti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Montichiari (Brescia), posto al centro di un'area tra le prime del mondo per importanza e vitalità economica, rappresenta una risorsa infrastrutturale importante per il trasporto aereo del Paese;
la presenza di aree turistiche come quella del lago di Garda, nonché del distretto industriale bresciano e della stessa città di Brescia rendono importante la presenza di un aeroporto che può essere al contempo fonte di occupazione e volano di sviluppo;
la giusta politica di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo, introdotta finalmente da questo Governo, dovrebbe favorire tutti gli scali che finora non hanno goduto di particolari scelte politiche ed al contrario insistono su un bacino commercialmente appetibile: tra questi scali sicuramente - accanto a Malpensa - vi è quello di Montichiari -:
quali siano i dati di traffico attuali e in prospettiva dell'aeroporto di Montichiari (Brescia), ed in particolare quali siano concretamente gli obiettivi di sviluppo;
se e come l'ampliamento del traffico sull'aeroporto di Montichiari si inserisca nel quadro più ampio del processo di liberalizzazione del trasporto aereo.
(4-05037)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'aeroporto di Brescia Montichiari si è attestato nell'anno 2008, al trentunesimo posto nella graduatoria degli scali italiani, con 253.598 passeggeri trasportati sui servizi aerei commerciali.
In relazione agli obiettivi di sviluppo dell'aeroporto si ricorda che il nuovo regolamento n. 1008 del 2008 del 24 settembre 2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, recante norme comuni per le prestazioni di servizi aerei nella Comunità, (che ha abrogato i precedenti regolamenti nn. 2407, 2408 e 2409 del 1992) ha confermato la libertà per gli operatori titolari di licenza di trasporto aereo di scegliere liberamente le rotte sulle quali operare.
Pertanto, non rientra nei compiti istituzionali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero dell'Ente regionale aviazione civile (ENAC) intervenire per indirizzare politiche di traffico degli operatori per i collegamenti comunitari.
Relativamente ai collegamenti con i paesi al di fuori della Comunità, si fa presente che, nel rispetto dei principi di liberalizzazione, gli accordi bilaterali danno facoltà ai vettori designati dal nostro Paese di scegliere lo scalo di partenza in piena libertà, in considerazione di logiche legate allo sviluppo commerciale.
Si aggiunge altresì che per i vettori esteri interessati ai collegamenti con l'Italia, le intese raggiunte di recente hanno previsto - nella quasi totalità dei casi - un ampliamento degli scali operabili sul territorio italiano, lasciando facoltà di scelta ai vettori

stessi, che potranno indicare lo scalo confacente agli interessi di mercato.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

STUCCHI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il caporalmaggiore Alessandro di Lisio, un soldato italiano del Genio guastatori della Folgore in missione in una terra difficile come l'Afghanistan, in data 14 luglio 2009, ha perso la vita in un attacco a 50 chilometri a nord est di Farah;
il suo corpo è arrivato in data 16 luglio 2009, in Italia a bordo di un C-130 dell'Aeronautica militare, atterrato all'aeroporto di Ciampino;
insieme a lui altri tre soldati sono rimasti feriti, e rimpatriati anche loro stamani;
profondo cordoglio è stato espresso dai vertici militari e dai rappresentanti istituzionali;
il Ministro La Russa, dopo aver espresso partecipazione all'immenso dolore dei familiari, ha ricostruito nel dettaglio la dinamica dell'attentato e, sviscerandone le cause, ha dichiarato che verranno presto impiegati nuovi mezzi blindati, in grado di offrire una maggiore protezione al personale e migliori prestazioni complessive;
sempre il Ministro ha altresì previsto un potenziamento della copertura aerea con l'impiego dei caccia Tornado, usati non più solo per la ricognizione;
nel corso della informativa urgente in Aula a Montecitorio il Ministro, in accordo con le forze di maggioranza, ha confermato l'intendimento del Governo di mantenere l'impegno italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, ribadendo che gli eventi dolorosi delle ultime ore non avranno alcuna ripercussione, se non nel senso di un rafforzamento del convincimento, sulla necessaria presenza italiana in Afghanistan e sull'apporto della stessa alla missione Isaf della Nato -:
quali siano i termini temporali entro i quali i soldati impiegati in Afghanistan potranno disporre dei nuovi mezzi blindati, come citato in premessa, in grado di assicurare loro il massimo possibile in termini di strumenti di difesa.
(4-03654)

Risposta. - In ordine al quesito posto con l'atto in esame, così come ho già avuto modo di precisare in varie circostanze ed in diverse sedi parlamentari - l'ultima volta in occasione del question time presso l'Aula Senato il 1o ottobre scorso - ribadisco l'assoluta necessità di mantenere l'insieme delle dotazioni e degli equipaggiamenti a disposizione del nostro contingente ai più elevati livelli qualitativi, per rispondere alle esigenze di massima sicurezza del personale, in relazione ai rischi del teatro afghano.
Confermo, ancora una volta, la ferma intenzione di continuare ad adeguare gli equipaggiamenti impiegati in teatro, studiando ed adottando tutte le soluzioni tecniche che possono meglio contribuire ad elevare i livelli di protezione, a fronte delle caratteristiche delle minacce esistenti e di quelle ragionevolmente prevedibili nel futuro.
In tale ottica, è stata recentemente completata la sperimentazione di un sistema di protezione balistica da proiettili e schegge dell'operatore in «ralla», che migliora ulteriormente le caratteristiche complessive del Veicolo tattico leggero multiruolo (Vtlm) «Lince», veicolo - ricordo - acquisito ed utilizzato anche da altre sette Nazioni.
I primi esemplari sono già stati assegnati alle unità in teatro operativo nei primi giorni di ottobre 2009.
Nell'ambito delle misure finalizzate ad incrementare i livelli di sicurezza rientra anche l'acquisizione di un nuovo veicolo denominato Vtmm, realizzato secondo le stesse moderne concezioni del «Lince» ma di classe superiore, ovvero con dimensioni e peso maggiori e tali da conseguire standard di protezione del personale ancora più elevati.
È stata, altresì, avviata l'immissione in servizio del Veicolo blindato medio (Vbm)

«Freccia», capace di offrire una protezione balistica e antimina molto efficace.
Tuttavia, l'invio in teatro di tali mezzi potrà presumibilmente avvenire non prima del secondo semestre del 2010, tenuto conto che l'elevato livello tecnologico del «Freccia» richiede, prima dell'impiego in operazioni reali, il completamento della fase sperimentale e di un adeguato ciclo di addestramento specifico del personale che dovrà utilizzano.
Ricordo, infine, che la pericolosità ed i rischi correlati allo svolgimento della missione in Afghanistan non sono mai stati sottaciuti o minimizzati, né sottovalutati, ma anche che il livello di attenzione è sempre stato, rimane e rimarrà massimo.
Voglio rimarcane, altresì, che i nostri militari, pur nella consapevolezza dei pericoli e dei rischi presenti nel teatro operativo afghano, stanno assolvendo la loro missione con altissimo senso del dovere, encomiabile dedizione, elevata professionalità, spirito di sacrificio e con quel senso di umanità che viene ampiamente ed unanimemente apprezzato non soltanto dalla comunità internazionale, ma anche dalle autorità e dalla popolazione afghane.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

TAGLIALATELA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Tarsu, tassa per i rifiuti solidi urbani, nel comune di Napoli è stata di recente aumentata del 60 per cento, determinando pesanti ricadute economiche sulle famiglie e gli operatori economici;
in città si è diffuso il malcontento dei cittadini, evidenziato dalle quotidiane manifestazioni di protesta che si verificano presso gli uffici preposti alla riscossione della Tarsu;
a parere dell'interrogante il servizio di igiene urbana nel comune di Napoli non rispecchia gli standard di efficienza, economicità ed efficacia che sono dovuti nell'erogazione dei servizi pubblici;
a parere dell'interrogante non viene effettuato ancora un piano di raccolta differenziata utile per potere raggiungere l'obiettivo di attuazione del piano previsto dall'articolo 11, comma 11, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile»;
tale articolo prevede che il Comune di Napoli e A.S.I.A. s.p.a., gestore di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, presentano un piano di raccolta differenziata adeguato alla popolazione residente. In caso di inadempienza o di mancata attuazione del predetto piano, il sottosegretario di Stato provvede, in via sostitutiva, con oneri a carico del bilancio del comune di Napoli;
è necessario, quindi, verificare esattamente quali siano le condizioni della raccolta differenziata nel comune di Napoli e se il predetto piano tra Comune e A.S.I.A sia stato attuato secondo condizioni adeguate alla popolazione -:
quali iniziative intenda adottare per verificare se sia stato attuato il piano di raccolta tra il comune di Napoli e la società A.S.I.A. per la raccolta differenziata come previsto dall'articolo 11, comma 11, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90;
e nel caso tale piano non dovesse essere stato attuato, quali misure intenda adottare per ripristinare una situazione divenuta insostenibile per i cittadini del comune di Napoli ovvero prevedere, come recita la norma citata, che il sottosegretario provveda in via sostitutiva, con oneri a carico del bilancio del comune di Napoli.
(4-04750)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, concernente l'emergenza rifiuti nella città di Napoli, con particolare riferimento all'aumento della tariffa Tassa rifiuti solidi urbani (TARSU) e al livello di raccolta differenziata, si fa presente quanto segue.

Si rappresenta che la gestione ordinaria del servizio di raccolta differenziata, il raggiungimento degli obiettivi, nonché, in particolare, le valutazioni circa l'ammontare della tassa per i rifiuti solidi urbani applicabile nel territorio comunale, rappresentano materie di esclusiva competenza e responsabilità politica ed amministrativa dell'ente locale.
Il dipartimento per la protezione civile può limitarsi al controllo delle azioni intraprese e dei risultati raggiunti dall'ente locale in tema di raccolta differenziata ed all'eventuale esercizio della funzione sostitutiva di cui all'articolo 11, comma 11, del decreto legge 23 maggio 2908, n. 90.
Per quanto di competenza del succitato dipartimento, consta che il comune di Napoli abbia correttamente adempiuto all'obbligo di adozione del Piano «delle misure necessarie per la raccolta differenziata» ai sensi dell'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 gennaio 2008, n. 3639 e che abbia successivamente approvato, ai sensi dall'articolo 11, comma 11, del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, il Piano comunale di attuazione della raccolta differenziata per gli anni 2008 e 2009.
Il piano risulta coerente con la vigente normativa, articolato e comprensivo di previsioni concernenti la correlazione tra le misure da adottarsi e il quadro complessivo costituito dall'utenza specificamente interessata. I termini e gli obiettivi dello stesso possono essere riassunti nella riorganizzazione del sistema di raccolta «stradale misto», nella previsione di applicazione del «sistema porta a porta integrato» a 100 mila abitanti entro il 2008 e 200 mila entro il 2009 e nella realizzazione di varie altre misure al fine di portare la percentuale complessiva di raccolta differenziata, rispettivamente, al 25,1 per cento nel 2008 ed al 35 per cento entro il dicembre 2009.
La valutazione circa la concreta attuazione del piano medesimo è stata condotta in primo luogo attraverso l'analisi della relazione consuntiva all'uopo predisposta da Asia S.p.A., gestore di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, trasmessa al servizio coordinamento raccolta differenziata del sottosegretariato di Stato per l'emergenza rifiuti in Campania.
Con nota prot. n. 1240 del 1o dicembre 2009 l'assessorato all'ambiente della regione Campania ha trasmesso al suddetto servizio i dati sulle attività per la raccolta differenziata svolte nel comune di Napoli durante l'anno 2008 e parte del 2009.
L'esame complessivo dei dati però, per quanto alcuni settori facciano registrare progressi rispetto alla situazione 2007, evidenzia come la realizzazione concreta delle previsioni di piano non sembri aver raggiunto gli obiettivi prefissati né per il 2008 né, a livello tendenziale, per l'anno 2009.
Nel 2008, nella raccolta differenziata «porta a porta», invece dei previsti 100 mila abitanti, ne sarebbero stati coinvolti circa 93 mila, e per il 2009 i dati (ancora parziali) indicano uno scarto ancora maggiore: circa 132 mila abitanti raggiunti contro i 200 mila previsti.
Parimenti deludente è il dato relativo alle quantità assolute, che per il 2008 risulta vicino al 13,40 per cento, quindi sostanzialmente identico a quello del 2007 e ben lontano dal previsto 25 per cento.
Inoltre, il comune di Napoli ha trasmesso, per il 2009, dati molto incompleti e parziali, nonostante il chiaro disposto dell'articolo 11, comma 4, del decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, in forza del quale «per il monitoraggio della raccolta differenziata, i sindaci dei comuni della regione Campania inviano mensilmente al Sottosegretario di Stato i dati di produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata».
Da quanto precede, si evince chiaramente come non sia ancora possibile verificare l'attendibilità delle asserzioni comunali secondo cui, nel mese di novembre 2009, si sarebbe raggiunto il 21 per cento di raccolta differenziata.
Nell'ambito delle attività istituzionali il Dipartimento per la protezione civile ha posto in essere ogni prevista attività, anche di impulso, per monitorare l'attuazione ed il grado di applicazione delle previsioni di Piano nel capoluogo partenopeo.
Numerosi incontri istituzionali, nonché la piena disponibilità ad ogni richiesta attività di supporto, hanno costituito l'ossatura

di un'attività continua, sviluppatasi anche attraverso specifici progetti ed iniziative coinvolgenti la società civile, per la diffusione della raccolta differenziata nel comune di Napoli.
Ad esempio, il Sottosegretario di Stato per l'emergenza rifiuti nella regione Campania e la protezione civile hanno sostenuto la creazione di un percorso ordinario di raccolta dei cartoni presso i commercianti napoletani; inoltre, attraverso una convenzione con il Conai (Consorzio nazionale imballaggi), la struttura ha promosso l'iniziativa «Campania pulita» che mette a disposizione di tutti i cittadini della Campania 28 centri di raccolta (nove in provincia di Napoli), ove si possono consegnare direttamente carta e cartoni, imballaggi di plastica, di vetro, di alluminio e di acciaio ricevendo in cambio un corrispettivo.
Nonostante i risultati incoraggianti delle menzionate iniziative e l'impegno dimostrato dal comune di Napoli relativamente ad alcuni settori della raccolta differenziata, gli esiti dell'attività complessiva dell'ente locale in materia non appaiono tuttavia soddisfacenti.
Il Sottosegretario pur proseguendo la già detta opera di impulso e sostegno, ha quindi avviato, al fine di verificare l'entità e le conseguenze degli eventuali inadempimenti ascrivibili al comune in oggetto, un'accurata attività istruttoria circa l'adeguatezza rispetto alle norme vigenti delle modalità e delle tempistiche relative all'introduzione, all'organizzazione ed alla gestione della raccolta differenziata adottate dal comune capoluogo.
Le risultanze di tale istruttoria saranno allegate al già esistente dossier concernente la gestione del servizio integrato dei rifiuti da parte della città di Napoli, raccolto nell'ambito delle valutazioni relative all'applicabilità delle misure di cui al novellato articolo 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, relativo al «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali».

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

TOUADI e GOZI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il Sahara Occidentale è stato colonia spagnola fino al 1976 con il nome di «Sahara spagnolo»;
attualmente il territorio è annesso al Marocco ed è contestualmente rivendicato dal Fronte Polisario rappresentativo del popolo sarahawi;
le Nazioni Unite hanno inserito il Sahara occidentale nella lista dei territori non indipendenti ed è presente sul territorio la missione internazionale di interposizione denominata Minurso tra il reale esercito del Marocco e le forze militari del Fronte Polisario;
dal febbraio del 1976, data di dichiarazione dell'indipendenza, fino al 1991 c'è stato un conflitto armato tra il reale esercito del Marocco e le forze militari del Fronte Polisario;
l'accordo di cessazione delle ostilità del 1991 prevedeva che entro l'anno successivo venisse celebrato un referendum con il quale si definisse lo status del Sahara Occidentale, ma tale referendum non si è mai svolto;
attualmente il territorio del Sarahawi Occidentale è inserito nella lista dei Paesi sottoposti al processo di decolonizzazione e avviati verso l'autodeterminazione, diritto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite;
le Nazioni Unite in numerosi documenti ufficiali hanno riconosciuto il diritto del popolo saharawi all'autodeterminazione, di fatto con ciò respingendo le pretese di sovranità avanzate dal Marocco;
sono numerose le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e del Consiglio di sicurezza, in forza del quale si riconosce il processo di autodeterminazione del popolo saharawi, a tal fine è sufficiente menzionare le più recenti e significative risoluzioni del Consiglio di sicurezza 1754 e 1783 del 2007;

la presenza della forza di interposizione militare Minurso testimonia che le dinamiche sul territorio non consentono ancora una piena affermazione del diritto all'autodeterminazione del popolo Sarahawi; a tal proposito, le ultime due informative del segretario generale delle Nazioni Unite sulla situazione relativa al Sahara Occidentale, la prima del 14 aprile 2008 e l'ultima del 13 aprile 2009, ribadiscono le difficoltà esistenti affinché siano pienamente attuate le risoluzioni ONU, e al contempo registrano comunque l'ottimo lavoro di sostegno alle popolazioni profughe svolto delle diverse Autorità ONU presenti sul campo (ACNUR e PAM);
sotto il profilo del rispetto dei diritti umani Amnesty International (Rapporto 2009 - la situazione dei diritti umani nel mondo) denuncia numerose violazioni dei diritti dell'uomo da parte delle autorità marocchine, in ordine al diritto di libertà di espressione, di associazione, di assemblea e di imparzialità e regolarità dei processi; tali denunce sono riportate de relato anche nelle ultime informative del Rappresentante delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale stante la mancanza di un pieno mandato alla missione Minurso in materia di rispetto dei diritti umani;
inoltre, non vanno dimenticate le drammatiche condizioni dei profughi saharawi costretti a vivere da decenni in campi profughi;
nel 2005 l'Unione europea e il Marocco hanno siglato un accordo che permetterà alle navi europee di pescare lungo le coste marocchine. Il contratto resterà valido per 4 anni, ogni anno l'Unione europea pagherà al Marocco 36 milioni di euro di risarcimento per lo sfruttamento delle risorse ittiche da parte dei pescherecci europei, in gran parte spagnoli;
con questo accordo si estende de facto l'autorità del Marocco anche sulle acque territoriali di pertinenza del Sahara occidentale, con ciò negando al popolo saharawi un'effettiva utilizzazione delle risorse ittiche;
a parere degli interroganti si ritiene altamente contraddittorio questo accordo commerciale dell'Unione europea, in quanto teso a riconoscere una situazione di fatto, il controllo delle acque territoriali del Sahara Occidentale, che in termini di diritto internazionale le Nazioni Unite non riconoscono, stante il processo di autodeterminazione dei popolo sarahawi -:
quale sia la posizione del Governo italiano sull'accordo commerciale di sfruttamento delle risorse ittiche concluso nel 2005 tra l'Unione europea e il Marocco;
se non ritenga tale accordo ampiamente in contraddizione con quanto lo stesso Parlamento europeo ha dichiarato nella relazione di Richard Howitt su «Diritti umani nel mondo 2005 e politica dell'Ue in materia» all'interno del quale è stato inserito un emendamento, il 12°, nel quale si «sollecita la tutela delle popolazioni saharawi e il rispetto dei suoi diritti fondamentali» e si «reitera la richiesta di una soluzione equa e duratura del conflitto del Sahara occidentale basata sul diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi»;
quale sia la posizione del Governo italiano rispetto all'attuale situazione del popolo sarahawi e che tipo di azioni intende mettere in campo, affinché siano pienamente rispettati i diritti umani delle popolazioni profughe.
(4-05127)

Risposta. - L'Unione europea segue da tempo con estrema attenzione il conflitto nel Sahara Occidentale, preoccupata delle sue conseguenze umanitarie e delle implicazioni sulla stabilità regionale. L'Unione sostiene pertanto senza riserve gli sforzi del Segretario Generale dell'ONU e del suo Inviato personale in vista di una soluzione politica equa, durevole e accettabile da tutte le Parti, che consenta l'autodeterminazione del popolo saharawi in conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite.
Negli ultimi anni il tema del Sahara Occidentale è stato costantemente inserito nell'agenda dei Consigli di Associazione con Marocco e Algeria e da parte europea entrambi

i Paesi sono stati fortemente sollecitati a proseguire nei negoziati in atto e a dare piena applicazione ai principi in materia di diritti umani, libertà di espressione e di associazione, protezione dei rifugiati.
Ciò premesso, l'accordo fra UE e Marocco in tema di pesca, firmato il 26 luglio 2006 ed entrato in vigore il 28 febbraio 2007 per la durata di 4 anni, specifica all'articolo 2 che per «zona di pesca marocchina», si intendono «le acque rientranti sotto la sovranità o la giurisdizione del Regno del Marocco». Esso non è dunque inteso a pregiudicare in alcun modo lo Statuto del Sahara Occidentale.
L'Italia ha in ogni circostanza ribadito di ritenere che solo nell'ambito del dialogo diretto tra Marocco e Fronte Polisario, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, potrà essere trovata una soluzione giusta e duratura del contenzioso sul Sahara Occidentale.
A tal fine abbiamo reiterato in tutte le numerose occasioni d'incontro con le Autorità di Rabat e con gli esponenti del Fronte Polisario l'invito ad adottare un approccio costruttivo e a mantenere un dialogo franco, aperto e senza precondizioni che possa condurre il negoziato attualmente in corso ad affrontare questioni di sostanza.
L'Italia attribuisce importanza fondamentale alla tematica dei diritti umani e, in linea con l'impostazione dell'UE, intende seguire con attenzione l'evolversi della situazione del rispetto dei diritti dell'uomo nel Sahara occidentale e nei campi profughi di Tindouf in stretto raccordo con gli altri membri dell'Unione europea. È nostra intenzione affrontare la tematica nell'alveo comunitario, per valutare congiuntamente agli altri Paesi europei le iniziative che dovessero essere ritenute utili a garantire il pieno rispetto dei diritti umani.
Il Marocco ha ratificato la maggior parte degli strumenti internazionali in materia di diritti umani. Tra le eccezioni, vi sono lo Statuto di Roma istitutivo della Corte Penale Internazionale, che il Marocco ha firmato ma non ancora ratificato, ed il Protocollo di Palermo sulla Prevenzione, Soppressione e Punizione del Traffico di Persone, specialmente Donne e Bambini, che Rabat non ha invece firmato. Si segnala che il Marocco è stato sottoposto all'esame periodico universale (UPR) del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite nell'aprile 2008.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

TRAPPOLINO e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la missione e le finalità di Buonitalia S.p.A., individuate dall'articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono:
a) la promozione, valorizzazione e diffusione nel mondo della conoscenza del patrimonio agricolo ed agroalimentare italiano, attraverso la creazione di un sistema che permetta di coordinare le diverse attività promozionali;
b) l'erogazione di servizi alle imprese del settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei prodotti italiani;
c) la tutela delle produzioni italiane attraverso la registrazione e la difesa giuridica internazionale dei marchi associati alle produzioni nazionali di origine;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha posto in essere una serie di strumenti di controllo delle attività progettate e realizzate da Buonitalia con l'obiettivo da un lato di controllare in modo preventivo le finalità e i piani dei costi e dall'altro di monitorare i risultati raggiunti, l'effettivo svolgimento delle attività programmate e la congruenza economica con i preventivi di spesa presentati;
in relazione alle iniziative e ai progetti intrapresi da Buonitalia S.p.A. dal 2005 a oggi, il Ministero ha reso disponibili risorse per circa 23 milioni di euro;
i progetti finanziati dalla Presidenza attuale, sono prevalentemente rivolti alla regione Veneto, e le rimanenti risorse sono

per la maggior parte impiegate per sponsorizzazioni di attività sportive, non collegate però, secondo l'interrogante, ad un costruttivo sistema di promozione integrata del nostro Paese all'estero;
consta all'interrogante che nessuno dei progetti realizzati dall'attuale presidenza di Buonitalia è stato concertato con le associazioni di categoria, con le centrali di cooperazione nazionali, e soprattutto non sembra riguardare le produzioni agroalimentari delle regioni italiane, fatta eccezione per la regione Veneto;
l'attuale Presidenza di Buonitalia si è dimostrata più volte ostile alla collaborazione con gli altri soggetti pubblici deputati all'internazionalizzazione e alla promozione all'estero delle produzioni tipiche nazionali, dando piuttosto l'idea di operare in solitaria autonomia -:
se le iniziative e i progetti che a oggi risultano essere stati finanziati per 8 milioni di euro corrispondano ad una strategia di rilancio coerente con le finalità statutarie assegnate alla società Buonitalia;
se, conseguentemente, il Ministero ritenga il piano delle iniziative presentato da Buonitalia in armonia con gli obiettivi, le strategie e gli indirizzi stabiliti per la promozione di tutto il territorio della Repubblica italiana;
se sia opportuno che si utilizzino le risorse di Buonitalia per la sponsorizzazione di squadre sportive operanti in territorio estero;
a quanto ammonti l'indennità della Presidenza, del ruolo di amministratore delegato, dei consiglieri di amministrazione e del collegio sindacale;
quali benefit aziendali siano concessi all'attuale Presidenza;
se ritenga opportuno procedere ad una approfondita verifica generale sull'operato e l'adeguatezza dell'attuale presidenza di Buonitalia, al fine della salvaguardia delle risorse pubbliche, vista l'imminente allocazione dei restanti 44 milioni di euro a valere sulla legge n. 80 del 2005;
se intenda comunicare la documentazione concernente i progetti presentati al Ministero dalla società Buonitalia (già presentati ed approvati e quelli presentati e da approvare); le procedure per l'assegnazione degli incarichi a soggetti terzi, gli incarichi per ogni progetto in corso con i relativi importi; i bilanci presentati, le delibere del consiglio di amministrazione ed i verbali del collegio sindacale/revisori dei conti, e la struttura aziendale attuale.
(4-03902)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Al fine della migliore comprensione delle attività societarie, è opportuno esporre la motivazione che ha determinato Buonitalia alla strutturazione dei progetti.
A fronte di una grande rinomanza in ambito internazionale dei prodotti agroalimentari italiani, non corrispondono adeguate quote di mercato; si è reso necessario, quindi, fornire alle imprese gli strumenti più opportuni per aumentare i valori di
export.
In primo luogo sono state esaminate le iniziative poste in essere, a livello comunitario e internazionale, dagli altri soggetti che si occupano del settore, sia pubblici che privati.
Infatti, per adempiere ai propri scopi statutari, Buonitalia si adopera per coordinare le attività poste in essere da tutti gli attori del settore, tra cui svolgono un ruolo di primaria importanza alcuni suoi soci (Ice e Unioncamere), nonché - con una convenzione di recente sigla - Ente Nazionale Italiano Turismo (Enit).
Le attività svolte (e quelle che si andranno a porre in essere) hanno pertanto cercato di creare forti sinergie tra tutti gli operatori del settore.
Il punto di partenza e la spina dorsale dell'intera attività sono state le produzioni agroalimentari Dop e Igp (nonché le produzioni vitivinicole Docg, Doc e Igt) sulle quali si sono incentrate molte delle attività svolte.


Le produzioni di qualità certificate, inscindibilmente legate con il territorio (fortunatamente non si può pensare a pratiche di delocalizzazione del Parmigiano reggiano o del Chianti classico), rappresentano la punta di diamante dell'intera economia nazionale, prodotti noti e rinomati in tutto il mondo e traino per le altre produzioni italiane.
Non è quindi esatto affermare che i progetti presentati «sono prevalentemente rivolti alla regione Veneto».
Nell'arco dei primi mesi di attività sono state coinvolte produzioni rappresentative dei vari settori, correnti dalla Sicilia all'Alto Adige, dal Piemonte alla Puglia (ad esempio i Mondiali di nuoto di Roma dove sono stati coinvolti praticamente tutti i consorzi di tutela soci dell'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche - Aicig).
Tutte le attività sono state sviluppate tenendo poi in adeguata considerazione il problema fondamentale che le imprese nazionali incontrano sui mercati esteri: l'
Italian sounding, che è il fenomeno dei prodotti che di italiano hanno solo il nome, vale a dire quei cibi e quelle bevande che, grazie a una normativa internazionale quantomeno lacunosa, vengono prodotti e venduti utilizzando in maniera impropria parole, immagini, marchi, e ricette che si richiamano all'Italia.
Già da quasi un anno, grazie alle collaborazioni strutturate con altri soggetti di natura pubblicistica (come Retecamere, società di servizi del sistema camerale che, tramite Unioncamere, è socio di Buonitalia) si sono intraprese numerose azioni volte a contrastare le pratiche concorrenziali scorrette effettuate a danno delle nostre produzioni (si ricordano, a titolo esemplificativo e purtroppo non esaustivo, le problematiche legate al «Parmesan», al pecorino romano, all'Asiago oppure al pomodoro San Marzano, tutti prodotti falsi che si possono trovare abitualmente sui mercati nordamericani).
Tutte le attività ed i progetti sono di respiro internazionale o, comunque, con luogo di svolgimento in ambito nazionale, non limitato alla regione Veneto.
Quanto, poi, al riferimento alla sponsorizzazione di manifestazioni sportive, la stessa è stata determinata da due ragioni inconfutabili:
1. il carattere internazionale - con elevatissima valenza mediatica - di taluni eventi svoltisi in Italia (ad esempio: i campionati mondiali di nuoto, finale di Champions League, campionati internazionali di tennis, giro d'Italia);
2. l'importanza delle società titolari di rapporti esclusivi con importantissime squadre di basket americane, che schierano tra le loro fila anche atleti italiani - al fine di ampliare la conoscibilità dell'autentico prodotto italiano nel mercato americano, afflitto, come detto, dal problema dell'
Italian Sounding.
Su molti di questi progetti la società Buonitalia ha collaborato, oltre che con propri soci, anche con altri soggetti istituzionali (Aicig/Federvin/Confederazione nazionale consorzi tutela delle denominazioni/Unione italiana vini ed altri).
Tutte le attività, in definitiva, si sono incentrate sul rilancio di una corretta diffusione della conoscenza delle produzioni agroalimentari italiane all'estero.
Inoltre, per quanto concerne l'indennità di presidenza, si fa presente che la stessa ammonta a 18.000 euro annui, cui si aggiunge quella di amministratore delegato di 140.000 euro: i compensi non hanno subito alcuna variazione rispetto alle precedenti gestioni.
Per il consiglio di amministrazione, che nell'attuale Presidenza è stato ridotto a 5 consiglieri (4 già nominati ed 1 in attesa di nomina da parte della conferenza Stato regioni) contro i 10 delle precedenti gestioni, nonostante che il compenso degli stessi sia rimasto invariato (euro 12.000 annui), si registrano economie importanti.
Per quanto attiene al compenso del collegio sindacale, si precisa che per le precedenti gestioni lo stesso era forfettario ed ammontava a euro 119.000,00.
L'attuale gestione, invece, ha deciso di legare il suddetto compenso non più ad una forma forfettaria bensì al tariffario dei dottori commercialisti. Per l'esercizio 2009,

quindi, lo stesso è pari a euro 87.500,00, ottenendo anche in questo caso una economia importante.
Al Presidente del Consiglio di amministrazione, come per il suo predecessore, è stata concessa una autovettura come
fringe benefit. Anche su quest'ultima posizione, è stata registrata una sensibile economia ottenendo un miglior contratto con la Arval.
Si ritiene, pertanto, che la società stia operando in maniera corretta, proficua ed adeguata per lo sviluppo delle produzioni agroalimentari italiane, con una accorta gestione delle risorse alla stessa società allocate.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia giornalistica Fidest (www.fidest.it), il giorno 14 luglio 2009, riprendendo un comunicato datato 13 luglio 2009 apparso sul sito internet www.girolamofoti.com, con il quale il delegato del Cocer Esercito, Girolamo Foti, con il suo scritto avrebbe inteso rispondere agli atti di sindacato ispettivo presentati dagli interroganti, in merito ai costi e alle attività delle rappresentanze militari, indirizzati al Ministro della Difesa, scriveva:
«Gli onorevoli Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti sono promotori di una interrogazione parlamentare riguardante il Cocer, la rappresentanza dei militari in seno alle Forze armate e ad altri corpi militari. Ciò ha determinato la risposta del delegato Cocer dell'esercito Girolamo Foti detto Mirco. Ha inteso, in tal modo, dare il suo contributo informativo unito a doverose precisazioni. Pone, innanzitutto, una premessa: «In questi ultimi mesi, ho letto con molta attenzione e curiosità alcune dichiarazioni, interviste di personaggi avversi alla rappresentanza militare. Si tratta, per lo più, di un fiume di parole e strumentalizzazioni che non riguardano i problemi reali del personale ma soprattutto tendono a dividere i militari ed accusare i delegati». Se poi entriamo nel merito dovremmo un po' tutti: politici e giornalisti in primis fare un passo indietro e guardare le vicende militari, la vita nelle caserme con un occhio diverso e un'attenzione maggiore. Se non altro perché con il passaggio dalla leva obbligatoria a quella volontaria e con le nuove responsabilità, anche internazionali, assunte dai nostri militari e da ciò che ne deriva in impegno professionale, in addestramento, in conoscenze, in rapporti con le popolazioni di tutto il mondo, non possiamo parlare solo e semplicemente di lavoratori dello Stato dotati di molti doveri e scarsi in diritti. Ma ora che si passa dalle parole dei «detto e contraddetto» per buona pace delle fonti mediatiche ad una interrogazione parlamentare è doveroso un chiarimento più fermo e determinato. Credo che questo sia il senso della riflessione di Foti che argomenta così il suo intervento: «Ho scelto di fare il delegato COCER esclusivamente in quanto unico strumento utile in questo momento per risolvere i problemi del personale. Nonostante tutti i limiti e le difficoltà, stiamo attualmente trattando argomenti che da tanti anni il personale attende che siano affrontati, e ci sono molti colleghi di truppa che a livello nazionale, mi seguono, stanno giudicando e anche criticando il mio operato. Provenendo da questa stessa categoria invito coloro che vi appartengono a non farsi condizionare o strumentalizzare da questi signori che, a mio parere e dalle esperienze passate, non si spenderanno mai per far ottenere nulla allo zoccolo duro del nostro Esercito spero che i fatti mi smentiscano. Per cercare di comprendere il loro comportamento, mi sono dovuto però chiedere con quale coraggio questi parlamentari hanno sottoposto all'attenzione del Ministro On. La Russa i presunti sprechi dei COCER, dopo che il libro «LA CASTA» ha evidenziato gli sprechi, a tutti livelli, della politica. Invece di lanciarsi in biasimabili speculazioni, si sarebbero dovuti

interrogare sulla produttività del loro operato, o su argomenti ben più seri, come le condizioni dei militari, l'eterna riforma sulla rappresentanza, e sul perché durante il governo Prodi non sia stata fatta, sui tagli alla difesa, sulle ripercussioni di essi, in particolare sui giovani, sui magri aumenti degli stipendi, sul problema delle case demaniali, come già in passato denunciato da una emittente televisiva in cui era anche ospite la Senatrice Pinotti dello stesso PD (si evidenziava il grave problema delle case demaniali inesistenti per il grado più basso: immaginavo una forte pressione politica a sostegno dei ruoli più bassi, anche rispetto al riordino delle carriere, ma al contrario...). Invece di tutto ciò, si interviene con il solo scopo di delegittimare e dileggiare nella loro dignità i delegati cocer e il cocer come istituzione, ovvero organo di rappresentanza, offendendo così i militari stessi. Sarei ansioso di conoscere il parere dei dirigenti del Partito Democratico, nonché della Senatrice Pinotti, l'On. Calipari, e l'On. Del Vecchio (già Generale e comandante nell'Esercito). Per concludere, anche se si è delusi dalla politica, sono totalmente contrario alla nascita di un partito dei militari, o peggio ancora esclusivamente per la truppa, e per due motivi: è inconcepibile in un paese civile e democratico; sarebbe un grave errore ghettizzare i militari di truppa in una realtà insolita come quella della politica. Altresì è auspicabile la nascita di un associazione di categoria per i militari aperta alla società civile che possa sostenere i propri diritti, con una spinta propulsiva proveniente, magari, anche dalla politica stessa. Pertanto, invito i miei colleghi ma anche tutti coloro che hanno fiducia nella mia persona di non dar seguito a questo tipo di iniziativa, di aver fiducia nei delegati COCER, ma soprattutto di rimanere uniti nel sostenere le nostre battaglie a difesa del personale e di non farsi strumentalizzare da facili accuse demagogiche, specie se coloro che accusano sono i primi e veri responsabili degli sprechi e i costi della politica, di risultati pessimi. Se si sostiene che un delegato COCER dovrebbe essere accasermato, si pone un impedimento al delegato che in qualche modo è sempre sotto controllo. Per poter difendere i diritti dei rappresentati ci vuole un minimo di libertà di azione e di relazionare con l'esterno, a meno che non si istituisca un organo sindacale, diritto negato ai militari italiani a differenza di altri paesi europei. A questa proposta dovrebbe seguire l'esempio da parte dei parlamentari di alloggiare in foresterie dello Stato, rinunciando a tante indennità ivi compreso quello degli alberghi di lusso o rimborso forfettario di affitti per appartamenti in Roma. «Se poi questi interroganti si attaccano alle spese per i rimborsi ai delegati Cocer diventa davvero sconcertante. Hanno un costo? Si certo, ma di che genere? Sono 110 euro di forfettaria giornaliera a titolo di rimborso spese ed erogabili solo per il tempo strettamente necessario alle riunioni mentre il gettone di presenza è di euro 1,50»;
pur nel rispetto della libertà di manifestazione del pensiero di ogni cittadino, tali circostanze evidenziano ancor più l'esigenza di chiarire quali siano effettivamente gli orientamenti del Governo in materia -:
quali siano effettivamente gli orientamenti del Ministro interrogato in ordine al funzionamento della rappresentanza militare ed ai relativi costi.
(4-03712)

Risposta. - Voglio porre in evidenza, in premessa, la grande ed indubbia importanza che rivestono il ruolo e l'attività della rappresentanza militare che consentono all'amministrazione della Difesa di conoscere, monitorare e analizzare le varie e molteplici esigenze, aspettative, istanze e problematiche riguardanti la condizione, il trattamento, la tutela di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale di tutto il personale militare.
La Difesa è, da un lato, pienamente consapevole di quanto sia utile e prezioso il contributo che costantemente offrono i vari organi della rappresentanza militare in termini di proposizione, consultazione e concertazione nelle varie materie d'interesse del personale.


Dall'altro, nell'ambito di un processo in continuo divenire che coinvolge il sistema difesa e l'intera compagine militare, intende dare attuazione, con rinnovato rigore, ad uno dei concetti fondamentali posti a base delle «norme di principio sulla disciplina militare» (legge n. 382 del 1978) che, con lungimiranza, ha a suo tempo intuito ed indicato chiaramente che la volontà dell'autorità si forma, in determinate materie, anche con il concorso delle rappresentanze militari.
Conseguentemente il tutto contribuisce a rendere detta normativa, per quanto concerne gli aspetti relativi alla rappresentanza militare, costantemente attuale ed aderente alle ulteriori esigenze del personale militare che, come noto, costituisce la componente fondamentale del nuovo strumento professionale ed a cui vanno sinergicamente rivolte le attenzioni della linea di comando e quelle della rappresentanza militare.
In tale contesto, consegue la necessità di guardare con sempre maggiore attenzione e sensibilità alle esigenze degli organismi della rappresentanza militare, migliorando ulteriormente le varie situazioni e condizioni in cui gli stessi operano (disponibilità di idonei locali/aule anche per le esigenze delle singole categorie, relative dotazioni informatiche, nuove possibilità per consentirà un rapido scambio di informazioni/comunicazioni, dotazioni economiche tra centro e periferia, supporti logistici vari).
Ciò di riflesso impone la necessità di prevedere la disponibilità di risorse in grado di assicurare, nello spirito e nel rispetto di detta normativa, il pieno e regolare esercizio del mandato rappresentativo da parte dei singoli delegati.
Desidero ricordare, inoltre, che l'amministrazione militare ha sempre assunto un atteggiamento di disponibilità e di apertura nella valutazione ed approfondimento di eventuali esigenze di adeguamento dell'istituto della rappresentanza militare, derivanti dalle continue sollecitazioni sociali e dal continuo evolvere delle necessità e delle aspettative del mondo militare.
In tale ottica, voglio sottolinearlo, la Difesa segue con molta attenzione anche lo sviluppo del dibattito parlamentare sulla riforma della rappresentanza militare che, mi auguro, possa consegnare in tempi brevi al personale militare uno strumento rappresentativo al passo con i tempi ed in grado di assicurare la piena tutela degli interessi della collettività militare.
Premesso quanto sopra e con specifico riferimento alla questione oggetto dell'interrogazione in argomento, che verte sui costi relativi al funzionamento della rappresentanza militare, mi preme sottolineare che il mio Dicastero è impegnato, da tempo, nella ricerca di soluzioni che possano garantire, da un lato, la sostenibilità delle spese di missione dei delegati Consiglio centrale di rappresentanza (Cocer) e, dall'altro, il pieno funzionamento dell'istituto.
Sento il dovere di osservare come, in un clima generale di contenimento della spesa pubblica, la Difesa non possa prescindere dal mantenere un atteggiamento prudente improntato a ricondurre, entro limiti sostenibili, anche le spese relative al funzionamento della rappresentanza militare.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in relazioni agli scontri avvenuti a Massa nella serata del 26 luglio 2009, da notizie di stampa si apprende che Enzo Letizia, segretario dell'associazione funzionari di polizia, avrebbe dichiarato che «risulta che chi è stato denunciato per aver fatto il saluto romano sia un maresciallo dei carabinieri in quel momento fuori servizio, ma in forza a Pisa» -:
se abbia già appurato o intenda appurare la veridicità di quanto denunciato dal segretario dell'associazione funzionari di polizia e, in caso affermativo, quali iniziative intenda prendere.
(4-03757)

Risposta. - Il giorno 26 luglio scorso, in Marina di Massa, circa 60 persone appartenenti ai Comitati di appoggio alla resistenza

per il comunismo (Carc) ed all'Associazione solidarietà proletaria (Asp) hanno messo in atto, nell'ambito della «3a festa nazionale di resistenza», una manifestazione non autorizzata, denominata «Ronda proletaria antifascista».
Lo scopo era quello di protestare contro l'iniziativa - annunciata dai volontari del «Soccorso sociale di sicurezza», militanti nella formazione locale de «La Destra» - di organizzare servizi di «ronde» in quella città, peraltro, già effettuati simbolicamente in due diverse occasioni.
Nello specifico è stato appurato che i dimostranti, giunti in località «Partaccia», si sono scontrati con alcuni simpatizzanti di estrema destra radunati all'esterno di un chiosco bar, il cui proprietario, al passaggio del corteo, aveva diffuso ad alto volume l'inno nazionale, mentre alcuni avventori avevano rivolto verso i manifestanti il «saluto romano».
Tra questi ultimi, identificati dal personale della Polizia di Stato al termine dei tafferugli, figura un maresciallo dell'Arma dei carabinieri che, nella circostanza, era libero dal servizio e vestiva abiti civili.
La posizione disciplinare del maresciallo, effettivo ad una unità amministrativa di un comando dell'Arma dei carabinieri ubicato in altro capoluogo di provincia, sarà valutata dai superiori gerarchici anche in relazione agli esiti degli accertamenti condotti dalla Autorità giudiziaria.
Quanto al procedimento penale a suo carico, rendo noto che lo stesso si trova nella fase delle indagini preliminari.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge 18 novembre 1995, n. 496, modificata con la legge 4 aprile 1997, n. 93, lo Stato italiano ha ratificato la convenzione del 31 gennaio 1993 di Parigi sulla proibizione dello sviluppo, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione; con il decreto del Presidente della Repubblica n. 289 del 16 luglio 1997 si individuava nel Ministero della difesa e per esso nello stabilimento militare materiali difesa (Nbc) di Civitavecchia, l'ente preposto al recupero, immagazzinaggio e distruzione delle armi chimiche obsolete e/o abbandonate già detenute e di quelle rinvenute, secondo le procedure, le modalità e le scadenze previste nelle disposizioni della convenzione;
l'atto interministeriale del Ministero degli affari esteri, n. 751 del 15 giugno 1998 ha ratificato l'accordo di impianto fra l'organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e la Repubblica italiana per lo stabilimento (Nbc) di Civitavecchia avente lo scopo di attuare le disposizioni della convenzione in relazione alle attività di verifica ispettiva presso gli impianti di distruzione;
il decreto ministeriale del 26 gennaio 1998 attribuiva alla direzione generale armamenti terrestri del Ministero della difesa i compiti per quanto attiene la demilitarizzazione degli aggressivi chimici e la bonifica del territorio;
la citata convenzione sulla proibizione dello sviluppo, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fissa in dieci anni, decorrenti dalla sua entrata in vigore (aprile 1997), il tempo necessario per provvedere alla distruzione delle armi chimiche;
lo stabilimento Nbc ha sempre avuto tra i propri compiti di istituto quello di bonificare siti industriali militari e civili dismessi, depositi munizioni ed aree non demaniali e nel corso delle attività sono stati recuperati ingenti quantitativi di aggressivi chimici (iprite, fenildicioroarsina fosgene, lewisite, adamsite, difeniicioroarsina) e di proiettili di artiglieria a caricamento chimico di vario calibro;
tali materiali vennero accantonati presso il comprensorio militare di Santa Lucia di Civitavecchia, nell'area dell'ex poligono chimico militare, sede dello stabilimento;

a partire dagli anni ottanta, in vista della stipula della convenzione, il Ministero della difesa ha avviato una serie di studi e di sperimentazioni per individuare metodologie e procedimenti che consentissero di distruggere le armi chimiche recuperate, nel rispetto dei vincoli posti dalla convenzione e dalle leggi nazionali in materia di salvaguardia ambientale e di tutela del personale preposto alle lavorazioni;
detta attività si è concretizzata nel corso degli anni nella costituzione di un'area industriale, dislocata all'interno del comprensorio di Santa Lucia comprendente una serie di impianti realizzati ad hoc;
l'interesse del Ministero della difesa e del Ministero degli affari esteri per tale attività hanno consentito di conseguire alcuni prestigiosi risultati, quali:
il completamento della distruzione di 130 tonnellate di iprite entro il marzo 1997 e quindi prima dell'entrata in vigore della convenzione (questo risultato è stato di particolare interesse per le autorità politiche, in quanto ha evitato che l'Italia dovesse dichiarare il possesso di una così consistente quantità di un aggressivo chimico considerato tra i più pericolosi fra quelli esistenti);
l'avvio delle attività di distruzione di adamsite, fosgene e proiettili a caricamento chimico ed il loro svolgimento secondo i programmi fissati in sede internazionale come verificato nel corso di ispezioni annuali disposte dalla organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), l'organismo internazionale con sede all'Aia che sovrintende alla applicazione delle regole della convenzione;
lo svolgimento presso lo stabilimento Nbc, per conto dell'Opac, di corsi addestrativi finalizzati all'ampliamento dell'organico degli ispettori internazionali;
la partecipazione di personale del comprensorio alla missione Unscom per il controllo della detenzione di armi chimiche in Iraq;
l'interesse manifestato nel corso delle numerose visite effettuate da delegazioni internazionali, Russia e Libia comprese, verso le soluzioni tecniche adottate negli impianti;
tuttavia, a partire dalla seconda metà del 1998, in conseguenza della emanazione del decreto-legge 28 novembre 1997, n. 459 e del decreto ministeriale 20 gennaio 1998, riguardante la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale della difesa, lo stabilimento Nbc al pari di altri enti è stato posto tra quelli di minore interesse per l'amministrazione e da quel momento, in vista di una sua dismissione, sta subendo un processo di «anemizzazione» attraverso una drastica riduzione sia delle risorse finanziarie che di quelle relative al personale;
il protrarsi di un tale intendimento da parte delle superiori autorità militari e politiche, avrà conseguenze del tutto negative circa le attività dello stabilimento nel settore specifico della distruzione delle armi chimiche;
tanto più che alla fine del 1999, nell'area di una fabbrica ormai dimessa ma adibita nel passato allo sconfezionamento di ordigni bellici, sita nel comune di Spilimbergo (Pordenone), sono stati rinvenuti e trasportati a Civitavecchia circa 40.000 proiettili a caricamento chimico, per la cui distruzione, nei tempi previsti dalla convenzione, occorrerebbero nuovi e consistenti investimenti finanziari e di personale;
allo stato attuale l'Italia non sarà in grado di assolvere gli impegni assunti, in sede internazionale con la ratifica della convenzione sul bando delle armi chimiche, proprio in un settore per il quale invece si era posta in posizione di avanguardia e il materiale in deposito presso lo stabilimento non sarà smaltito prima del 2047;
si verificherà inoltre la perdita di posti di lavoro in un'area come quella di Civitavecchia, già abbastanza depressa da questo punto di vista;

sarà inoltre praticamente annullata l'esperienza tecnico-scientifica maturata nel settore del trattamento di sostanze chimiche ad alta tossicità che invece potrebbe dar luogo, nel breve/medio termine, ad una riconversione degli impianti esistenti da destinare al trattamento, in ambito locale, di rifiuti industriali particolarmente nocivi -:
quali iniziative voglia intraprendere il Ministro interrogato per consentire che l'Italia termini le attività di distruzione quanto prima possibile posto che il termine prescritto dalla convenzione è scaduto nel 2007;
se risponda al vero che presso il suddetto stabilimento è stata tolta l'assistenza medica sul posto, pur tenendo conto dei gravissimi pericoli cui le maestranze addette possono incorrere manipolando gli aggressivi chimici di guerra;
se risponda al vero che presso il suddetto stabilimento è stata tolta la guardia militare, anche se nell'area sono stivate migliaia di ordigni a caricamento chimico e centinaia di tonnellate di aggressivi chimici;
se venga ancora garantita la necessaria sicurezza della popolazione che risiede nell'area limitrofa allo stabilimento.
(4-03913)

Risposta. - Il Governo ha sempre riservato grande attenzione alla questione relativa alla distruzione delle armi chimiche presenti sul territorio nazionale impegnandosi, in modo fattivo, ai fini dell'attuazione delle disposizioni contemplate dalla Convenzione di Parigi del 1993, con particolare riguardo all'obbligo di rispettare i termini temporali previsti.
Mi preme ricordare che nel 2008, al verificarsi del rallentamento delle attività di demilitarizzazione presso il competente centro tecnico logistico interforze di Civitavecchia (costituito il 1o aprile 2003 in esito all'accorpamento dello stabilimento militare materiali difesa NBC di Civitavecchia con il centro tecnico chimico fisico biologico), l'Esecutivo si è attivato concretamente per consentire la regolare ripresa delle attività, promuovendo l'approvazione della legge n. 99 del 2009 che ha previsto un apposito stanziamento annuo di 1,2 milioni di euro fino al 2023, per assicurare che la distruzione delle armi chimiche possa avvenire nel rispetto dei vincoli posti dalla predetta convenzione.
Tenuto conto delle potenzialità di distruzione dell'impianto - circa 1500 manufatti l'anno - e del quantitativo di proiettili in attesa di smaltimento - circa 20.000 - le stime dei competenti organi tecnico-operativi militari portano a prevedere il completamento delle operazioni di distruzione entro il 2022, salvo nuovi consistenti rinvenimenti, e non come ipotizzato dall'interrogante entro il 2047.
Evidenzio, in proposito, che è in corso una verifica in merito alla possibilità di incrementare le potenzialità dell'impianto a costi immutati, ricorrendo a soluzioni di distruzione alternative che permettano lo smaltimento dei manufatti a ritmi superiori a quelli attuali.
Per quanto concerne, invece, le implicite preoccupazioni espresse in ordine alla presunta sospensione dell'assistenza medica e della guardia militare, assicuro che entrambi i servizi vengono garantiti con continuità.
In merito all'assistenza medica, faccio notare che presso il centro in parola operano due medici civili convenzionati (uno garantisce la presenza durante le attività lavorative degli impianti ed un altro è autorizzato alla sorveglianza radiologica del personale esposto al rischio di radiazioni ionizzanti), un sottufficiale con la qualifica di infermiere professionale e due ufficiali medici, di cui uno con l'incarico di dirigente del servizio sanitario e l'altro competente per le attività a rischio che ricadono nella «medicina del lavoro».
Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla sicurezza, confermo che le aree sensibili nelle quali sono ubicati i magazzini di stoccaggio delle vecchie armi chimiche sono presidiate, fin dall'anno 2001, da un servizio continuativo di guardia militare armata.
Posso assicurare, infine, che analoga e costante attenzione è riservata alle garanzie

di sicurezza per la tutela della popolazione che risiede nell'area limitrofa allo stabilimento.
Tali garanzie sono assicurate mediante la costante manutenzione degli impianti di demilitarizzazione delle vecchie armi chimiche e dei relativi sistemi di filtraggio e di abbattimento delle emissioni nocive.
In tale ottica, infatti, l'esercito ha considerato altamente prioritaria l'attività di mantenimento in perfetta efficienza di detti impianti, attività effettuata anche in assenza di opere di demilitarizzazione vere e proprie.
Vorrei evidenziare, infine, che la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale della Difesa non si è tradotta per il centro in parola in un'anemizzazione mirata ad una prossima dismissione dell'ente. Basti pensare che nel biennio 2001-2002 sono stati resi disponibili cospicui fondi utilizzati per il potenziamento degli impianti, per renderli idonei al trattamento dell'ingente quantitativo di vecchie armi chimiche rinvenute nel 1999 nel sito di Spilimbergo. Nel contempo, il nuovo decreto interministeriale di struttura del centro non prevede alcuna riduzione in termini di posizioni organiche, ma al contrario un incremento di 30 unità del personale civile nell'ambito delle nuove tabelle organiche-ordinative.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Governo italiano ha assunto impegni di carattere internazionale per la realizzazione a Vicenza di una nuova base militare americana da destinare al raddoppio dell'attuale caserma Ederle, i cui lavori sono già iniziati;
tale nuova base insisterà sull'area di pertinenza dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza e si prevede in essa l'insediamento di una brigata aerotrasportata dell'esercito degli Stati Uniti d'America;
il 27° Gruppo genio campale dell'Aeronautica militare, di cui fanno parte anche dipendenti civili dell'amministrazione della Difesa, è attualmente dislocato presso il Distaccamento Aeroportuale aeroporto militare di Vicenza con sede nell'aeroporto Dal Molin -:
se con il completamento delle opere previste per la realizzazione della nuova base americana e quindi la definitiva cessione dell'area su cui insiste l'aeroporto Dal Molin alle Forze armate statunitensi, i reparti dell'Aeronautica militare italiana, citati in premessa, saranno trasferiti altrove, dove e con quali costi.
(4-03973)

Risposta. - L'atto in esame è finalizzato a conoscere sostanzialmente il futuro del ventisettesimo Gruppo genio campale (G.g.c.) dell'Aeronautica militare, ovvero se l'ente verrà o meno trasferito, una volta completati i lavori di ampliamento della base americana sull'aeroporto «Dal Molin» di Vicenza, ove attualmente è dislocato e, in caso affermativo, dove e con quali costi.
Nel merito, occorre preliminarmente sottolineare che l'Aeronautica militare ha adottato - coerentemente con il quadro finanziario attuale e con le esigenze di razionalizzazione dell'intero strumento militare correlate al mutato scenario geo-strategico - il provvedimento di ridislocazione del citato reparto in Villafranca (VR), ove ha già sede il terzo Stormo - supporto operativo e, nel contempo, di ridenominazione dello stesso in «primo Reparto Genio aeronautica militare» (di cui lo stesso ventisettesimo Ggc è componente organica) a far data dal 30 aprile 2008.
Tale provvedimento - lo rammento - rientra nel più ampio e complesso processo di ristrutturazione e snellimento dell'organizzazione militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture avviato da alcuni anni, e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi tesi a meglio modulare le Forze armate alle nuove esigenze.
Questo processo è volto ad ottimizzare tutte le componenti delle Forze armate,

ossia quelle di vertice e delle aree operativa e logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione.
In sostanza, si intende perseguire soluzioni tese ad ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi/enti ed il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
L'obiettivo finale, in sintesi, è quello di calibrare uno strumento militare di più ridotta entità, ma di più elevato profilo qualitativo in termini di capacità di proiezione, flessibilità e supporto logistico-amministrativo, pienamente integrabile ed interoperabile dal punto di vista interforze e multinazionale.
In tale ottica, dunque, anche l'Aeronautica militare ha provveduto a rivedere le proprie strutture come nel caso del ventisettesimo G.g.c. la cui ridislocazione ha consentito di conseguire una maggiore razionalizzazione delle risorse disponibili, con la graduale assunzione da parte della nuova articolazione di forza armata delle funzioni residuali nel settore demaniale ed infrastrutturale a connotazione territoriale.
Al riguardo, si fa osservare che l'accelerazione delle procedure di trasferimento - determinata dall'urgente necessità di disporre dell'infrastruttura, già occupata dal ventisettesimo G.g.c. presso l'aeroporto «Dal Molin» di Vicenza per il noto ampliamento della sede della
USA Southern European Task Force sul lato ovest della preesistente pista di volo - disposto dal commissario straordinario di Governo - ha avuto solo carattere contingente e che la nuova sede deve oramai considerarsi definitiva.
Gli oneri complessivamente sostenuti per il trasferimento del citato reparto ammontano a euro 1.105.000.
Per quanto riguarda il reimpiego del relativo personale militare e civile l'azione dell'Aeronautica, come è ormai consuetudine consolidata, si è opportunamente ispirata a criteri di trasparenza, efficienza e buona amministrazione, allo scopo di contemperare le primarie esigenze di Forza armata con le legittime istanze degli interessati.
In particolare, il trasferimento del personale militare a Villafranca è avvenuto in armonia con le direttive di settore, in modo da assicurare la presenza, nella nuova sede di servizio, di un'aliquota idonea a garantire le capacità tecniche e operative del neo costituito «primo Reparto Genio aeronautica militare».
Per quanto riguarda, invece, il personale civile, lo stesso è stato reimpiegato presso Villafranca, in tutti i casi in cui tale sede è stata indicata come preferenza, e, negli altri casi, presso enti viciniori dell'amministrazione Difesa e sedi periferiche delle altre amministrazioni, tenendo sempre conto dei desiderata degli interessati ed in accordo con le organizzazioni sindacali.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, ZAMPARUTTI e BELTRANDI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la nota prot. n. 5/50944/1.1.5 (08) del 26 novembre 2008 il Ministro della difesa ha inteso subordinare al suo preventivo assenso, ovvero a quello dei competenti organi del suo Ufficio di Gabinetto, l'accesso appartenenti alle Forze armate o «strutture parlamentari»;
la libertà personale è inviolabile ed in essa rientra a pieno titolo il rapporto diretto che devono avere i cittadini italiani, ancorché militari, con i loro rappresentanti istituzionali o politici e tali vincoli appaiono all'interrogante lesivi della libertà personale dei citati soggetti;
la nota citata, inoltre viola in modo inaccettabile le prerogative di ogni singolo parlamentare sempre ad avviso degli interroganti stabilite dall'articolo 67 della Costituzione;
risulta inoltre all'interrogante che sarebbero allo studio dello stato maggiore

della difesa e degli stati maggiori di Forza armata dei provvedimenti volti a disciplinare le attività poste in essere da parte dei delegati dei consigli centrali della Rappresentanza militare, ed in ogni caso dei singoli militari, quali la partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, la realizzazione e la gestione di siti internet, la possibilità di rilasciare comunicati stampa e dichiarazioni, la partecipazione a convegni/seminari, la partecipazione ad audizioni/incontri formali o informali a seguito della convocazione da parte di autorità politiche, governative, parlamentari o singoli esponenti politici e organizzazioni sindacali;
a quel che sembra agli interroganti lo Stato Maggiore della Difesa, a tal proposito, avrebbe individuato delle soluzioni palesemente, e fortemente, restrittive delle libertà individuali che devono essere necessariamente riconosciute ai singoli militari in quanto cittadini appartenenti alla Repubblica;
ad avviso degli interroganti, è necessario garantire in ogni modo il libero esercizio dei diritti costituzionali che possono essere interessati dallo svolgimento delle molteplici attività sopra citate, attualmente allo studio dello Stato Maggiore della Difesa, risultando necessaria, a tal proposito, una immediata e non più procrastinabile riformulazione del Regolamento sulla disciplina militare, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986, al fine di adeguarlo alla più recente dottrina e ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sul tema, non contenendo, quello vigente, alcuna precisa indicazione dei comportamenti vietati o sanzionabili, lasciando, in tal modo, una ampia ed ingiustificata discrezionalità che, come nel caso della nota in premessa, si pone in aperto contrasto con il dettato costituzionale e le norme di pari rango;
con la nota in premessa, il Capo di Gabinetto, generale C.A. Biagio Abrate, ha ecceduto nell'esercizio delle deleghe conferitegli sulla materia -:
secondo gli interroganti, se il Ministro sia a conoscenza degli intendimenti dello Stato Maggiore della Difesa, se non ritenga opportuno ritirare immediatamente la nota citata in premessa e quali siano le specifiche deleghe attribuite al capo di Gabinetto in materia di rapporti con autorità e organi parlamentari.
(4-04101)

Risposta. - La richiamata nota, ben lungi dal voler essere restrittiva della libertà personale, ha inteso puntualizzare i criteri che il personale militare deve seguire ai fini dell'accesso, per motivi di servizio, alle strutture parlamentari.
Essa costituisce un atto di carattere meramente organizzativo, al quale si è fatto ricorso per evitare che possano verificarsi inconvenienti legati alla procedura di accredito - ormai consolidata - per l'accesso alle strutture della Camera e del Senato.
In particolare, la nota ha opportunamente richiamato l'attenzione sulla necessità che l'ufficio di gabinetto, delegato con decreto ministeriale ai rapporti con autorità e organi parlamentari, sia preventivamente informato riguardo al personale militare che deve accedere alle strutture in parola, allo scopo di predisporre le relative comunicazioni (contenenti giorno, ora, nominativi e motivazione dell'ingresso) e inviarle, a seconda delle esigenze, alle segreterie delle Commissioni o all'ufficio sicurezza della Camera, ovvero al servizio sicurezza del Senato per consentire ai predetti uffici di informare, in tempo utile, il personale di servizio agli ingressi incaricato di rilasciare i relativi pass.
Per quanto riguarda, invece, gli ipotizzati provvedimenti che sarebbero allo studio dello Stato Maggiore della difesa e degli Stati Maggiori di forza armata, il riferimento è verosimilmente ad uno specifico approfondimento interforze - ancora da definire - che lo stesso Stato Maggiore della difesa ha avviato per verificare e definire una linea di azione comune su alcuni aspetti che caratterizzano l'attività dei delegati della rappresentanza militare.


Anche se tale approfondimento non è ancora terminato, escludo a priori che possano ipotizzarsi previsioni restrittive delle libertà individuali, in quanto l'azione dell'amministrazione, mirata ad una totale e puntuale applicazione delle vigenti disposizioni di legge, è costantemente tesa a perseguire il prevalente interesse pubblico e a preservare i caratteri tipici e specifici dell'istituzione militare, sempre nel pieno rispetto dei diritti costituzionali.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la manovra anti-crisi (decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009) prevede all'articolo 2 comma 4 che dal 2010 sia assegnato un fondo di 1,8 miliardi di euro al Comitato nazionale permanente per il micro credito (organismo sorto alcuni anni fa e riconosciuto nel 2007 come ente di diritto pubblico che opera presso la Presidenza del Consiglio);
detto fondo dovrebbe «consentire la promozione, la prosecuzione ed il sostegno di programmi di microcredito e microfinanza allo sviluppo economico e sociale del Paese e favorire la lotta alla povertà» -:
in che percentuale le spese di funzionamento del Comitato nazionale permanente per il microcredito incidono sui 1,8 miliardi di euro stanziati dal decreto anti-crisi.
(4-04027)

Risposta. - In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente il fondo assegnato al Comitato nazionale permanente per il microcredito, si fa presente quanto segue.
L'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, relativo al regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975 n. 70, statuisce che il bilancio di previsione sia deliberato, dal competente organo di vertice, non oltre il 31 ottobre dell'anno precedente cui il bilancio stesso si riferisce.
Pertanto, il Comitato nazionale permanente per il microcredito, in data 30 ottobre 2009, ha deliberato il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario per l'anno 2010 ed ha assolto alla funzione autorizzatoria della gestione finanziaria, prevedendo i flussi finanziari di entrata e di uscita e, al contempo, autorizzando lo svolgimento delle entrate e delle spese.
Al riguardo, si segnala che le uscite ammontano a euro 2.237.700, di cui 1.133.600 euro per spese di funzionamento.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

ZAZZERA e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
articoli di stampa riportano la notizia che sulla compagnia aerea low cost Myair si sarebbe abbattuta una vera e propria bufera giudiziaria;
la Procura di Vicenza avrebbe avviato delle indagini nei confronti della compagnia per le seguenti ipotesi di reato: bancarotta, omesso versamento dell'Iva, imposte dirette e contributi previdenziali, ricorso abusivo al credito;
sarebbero state iscritte nel registro degli indagati diverse persone, tra cui l'ex Ministro dei Trasporti Carlo Bernini, l'ex arbitro di calcio Luigi Agnolin e l'ex amministratore delegato di Volare Vincenzo Soddu;
nella sede della compagnia a Torri di Quartesolo e presso le abitazioni degli amministratori, la Guardia di Finanza

avrebbe effettuato sequestri di documentazione e perquisizioni;
in proposito il procuratore capo Ivano Nelson Salvarani sulla stampa ha confermato l'esistenza di «gravi sintomi di insolvenza», «quantificabili in 18-20 milioni di euro solo nei confronti dell'erario dello Stato». «Ma ci sono debiti anche nei confronti di Stati esteri come Francia e Spagna, - ha dichiarato il magistrato - dove la compagnia aerea si trova a operare, con i fornitori di carburanti, gli aeroporti dove si appoggia la flotta e le aziende di leasing che hanno la proprietà degli aeromobili»;
il procuratore Salvarani ha inoltre precisato che la grave situazione di insolvenza potrebbe creare un «effetto negativo a cascata» su creditori ed in generale sul sistema economico. La condizione della Myair inoltre potrebbe addirittura aggravarsi, pertanto il magistrato si augura che i responsabili della compagnia «possano ricapitalizzare la società, trovare nuovi fondi e proseguire l'attività» -:
se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione in cui versa la compagnia aerea Myair e quali provvedimenti intenda adottare al fine di evitare eventuali rischi sulla sicurezza dei passeggeri e per tutelare gli interessi dei consumatori e dei cittadini, anche considerando il fatto che la compagnia Myair è beneficiaria di contributi pubblici per l'attivazione di nuove rotte dalla Regione Puglia.
(4-03524)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La revoca della licenza provvisoria a
Myair.com, con il conseguente fermo operativo, ha avuto effetto dalle ore 00.01 del 24 luglio 2009. Pertanto, la licenza di esercizio generale per il trasporto aereo di passeggeri e merci, rilasciata con decreti dirigenziali 392/UE del 15 dicembre 2006 e 438/UE del 5 febbraio 2009, rimane sospesa fino all'adozione di un successivo provvedimento.
Tale provvedimento, adottato anche in base al Regolamento della Comunità europea n. 1008 del 2008, si è reso necessario tenuto conto che la licenza provvisoria era stata rilasciata sul presupposto che, in attesa della preannunciata ristrutturazione finanziaria, documentata dal deposito di alcune manifestazioni di interesse di investitori, il vettore fosse in grado di far fronte ai propri impegni attraverso una disponibilità di cassa sufficiente per garantire la gestione dei voli. Considerato che la situazione operativa ha conclamato l'indisponibilità di risorse economiche sufficienti e pregiudicato gravemente il regolare svolgimento dei servizi di trasporto aereo con riflessi anche di ordine pubblico; si è ritenuto che il proseguimento dell'attività da parte del vettore avrebbe aggravato la situazione complessiva di danno nei confronti dei passeggeri acquirenti dei voli Myair.com con conseguenze anche sull'ordinato funzionamento del sistema nel periodo di maggior domanda e utilizzazione dei servizi ed infrastrutture di trasporto aereo.
Nel mese di ottobre 2009, si è tenuta presso il Tribunale di Vicenza l'udienza per la dichiarazione di fallimento su richiesta della Procura della Repubblica. Il 30 ottobre 2009 il Tribunale di Vicenza ha dichiarato lo stato di insolvenza della compagnia e nominato, come atto prodromico della prima fase dell'amministrazione straordinaria, un commissario giudiziale con poteri di gestione dell'impresa che dovrà depositare una relazione che darà conto della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per la prosecuzione della procedura.
Si evidenzia, inoltre, che la problematica della tutela dei possessori dei biglietti acquistati da una compagnia nei confronti del quale è stato disposto il fermo operativo dall'autorità di vigilanza o che sia stata dichiarata fallita è da tempo all'attenzione della Commissione europea.
Tutte le possibili soluzioni, individuate ed analizzate in uno specifico studio, quali la creazione di un fondo o specifiche forme

di assicurazione a carico del vettore, hanno fatto emergere profili di non facile attuazione e gestione.
In tale quadro, pertanto, ogni eventuale iniziativa dei singoli Stati, a parte azioni di immediata tutela finalizzate al rimpatrio o sollecitazioni ad altri competitors per l'offerta di tariffe agevolate come attuato per il caso in esame, potrebbero rappresentare un precedente non coerente con i parametri di mercato.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.