XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 3 febbraio 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'8 APRILE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i fatti di Rosarno hanno evidenziato l'esistenza nel nostro paese di sacche di sfruttamento del lavoro e di situazioni di pesante degrado umano e sociale che non possono in alcun modo essere tollerate;
tali situazioni sono connesse, da un lato, alla presenza di una feroce criminalità che controlla il territorio e, dall'altra, alla diffusione del lavoro nero che interessa prevalentemente le regioni meridionali, ma che coinvolge l'insieme del nostro paese;
lo sfruttamento del lavoro nero colpisce in modo particolare le persone più vulnerabili e fragili, tra queste gli immigrati privi del permesso di soggiorno. Essi sono tenuti in condizioni di irregolarità dai loro sfruttatori per procrastinare ed accentuare la vulnerabilità e la debolezza sociale e far apparire senza alternative la condizione di sfruttamento;
il lavoro nero è l'area in cui maggiore è la competizione tra gli immigrati ed i lavoratori italiani perché lo sfruttamento degli uni abbassa le tutele degli altri e questo è tanto più vero nel settore agricolo, dove un lavoratore su dieci è straniero e dove, al sud, solo un terzo sono regolari con situazioni di sfruttamento gestite da un caporalato molto spesso sotto il controllo della criminalità organizzata (i lavoratori extracomunitari nel settore agricolo sono circa 75 mila, contando i 64 mila contratti a tempo determinato e gli 11 mila stagionali. Altri 15 mila lavoratori sono a tempo indeterminato. In tutto 90 mila braccianti immigrati, che però superano i 150/200 mila se si considerano anche i lavoratori stranieri neo comunitari come i rumeni o i polacchi);
il Governo vanta la riduzione degli sbarchi via mare, ma tace sui settecentomila immigrati irregolari presenti in Italia che a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo sono conseguenza della legge Bossi-Fini e delle politiche governative di chiusura degli ingressi regolari per lavoro. I lunghi e farraginosi meccanismi dell'ingresso per lavoro (mediante la cosiddetta chiamata nominativa o numerica di uno straniero sconosciuto residente all'estero); la brevità della durata dei permessi di soggiorno, la macchinosità e i tempi lunghi del loro rinnovo sono tutti fattori che rendono alta la probabilità che un lavoratore regolare diventi irregolare suo malgrado. Il Governo inoltre ha previsto un solo decreto flussi per lavoro stagionale, non ha presentato il documento triennale sulle politiche migratorie previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 286 del 1998 ed ha cancellato il fondo per le politiche di integrazione. A ciò si aggiunga il rallentamento della lotta all'evasione, all'economia sommersa e al lavoro nero. Più ampia è l'economia sommersa, più alta è la domanda di lavoro irregolare maggiore è la domanda di irregolari stranieri;
la direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sanzioni contro i datori di lavoro e lo sfruttamento del lavoro irregolare non è stata ancora recepita dall'Italia, nonostante le reiterate richieste in tal senso da parte del gruppo PD. E nonostante la stessa direttiva dell'Unione europea «rimpatri» (2008/115 EC), di per sé già molto restrittiva, è stata recepita in Italia unicamente per la parte relativa alla possibilità di allungare i tempi di permanenza nei CIE, mentre è stata del tutto disattesa - e non recepita - tutta la parte restante, basata sull'idea dei ritorni volontari, che potrebbe costituire una nuova base per collegare - finalmente - politiche dell'immigrazione e politiche della cooperazione allo sviluppo;
così come è stata recepita ed attuata la direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto di ricongiungimento familiare, essa lede di fatto nel nostro Paese l'unità della famiglia

e la concreta possibilità per gli immigrati di potersi ricongiungere con i propri cari viste le condizioni restrittive a cui è sottoposta tale disciplina;
le condizioni sociali e di vita delle persone sono parte integrante della legalità e della sicurezza, pertanto l'integrazione e l'inclusione sociale delle persone immigrate sono un dovere di ciascuna comunità da realizzare attraverso una collaborazione costante tra i diversi livelli istituzionali ed il dialogo sociale;
la realtà dell'immigrazione del nostro paese è un fatto positivo, strutturale e duraturo se correttamente gestita perché può corrispondere alle necessità della nostra economia, delle nostre famiglie, del nostro welfare. Se le porte fossero chiuse all'immigrazione, la popolazione giovane in età attiva, tra i 20 e i 40 anni, scenderebbe, tra il 2010 e il 2030, da 15,4 a 11,3 milioni: una diminuzione di oltre 4 milioni, 200.000 unità in meno per ogni anno;
nei nostri territori sta sempre più crescendo un'Italia della civile convivenza. Ne sono protagonisti gli enti locali, le associazioni di volontariato, la Chiesa, i sindacati, gli imprenditori e le forze economiche e sociali, gli insegnanti, le famiglie. Questa Italia della civile convivenza deve essere conosciuta, valorizzata e sostenuta nel suo impegno dalle istituzioni. L'esempio dei successi dell'integrazione può combattere la paura e creare legami positivi tra italiani e immigrati;
l'integrazione è dunque un'interazione tra persone di culture diverse che hanno l'obbligo di rispettare i valori e le regole del paese ospitante, ma hanno anche il dovere di arricchirli attraverso la conoscenza reciproca e lo scambio umano e culturale. Il patto europeo per l'immigrazione invita gli Stati membri a «porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo»;
al 1o gennaio 2008 i residenti stranieri nati in Italia, la cosiddetta «seconda generazione» sono circa 457.000, e i minori stranieri in Italia rappresentano circa il 22 per cento degli stranieri residenti;
sono loro a mostrarci la possibile soluzione per una civile convivenza tra le molteplici culture; sono loro a mostrare una convergenza di abitudini, di costumi con i coetanei italiani, una voglia di integrazione con gli italiani e un'apertura mentale che si scontra con la chiusura della nostra società, della nostra legislazione e, se vogliamo una vera integrazione, non possiamo certo trattarli come figli di un diritto minore;
il Patto Europeo per l'immigrazione del giugno 2008, sottoscritto anche dal Governo italiano propone una gestione dell'immigrazione incentrata attorno agli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà. «Le migrazioni internazionali possono rappresentare un'opportunità, costituendo un fattore di scambio culturale, umano, sociale ed economico. Il potenziale dell'immigrazione può essere considerato maggiormente positivo soltanto con un'integrazione riuscita nelle società dei paesi ospitanti»,

impegna il governo:

ad attuare tutte le misure per combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro attraverso una rigorosa applicazione della normativa vigente, in modo particolare dell'articolo 18 del decreto legislativo 286 del 1998 che prevede un permesso di soggiorno per le persone che denunciano i propri sfruttatori prevedendo anche l'introduzione nel nostro ordinamento del reato per grave sfruttamento del lavoro, un'autonoma fattispecie incriminatrice del caporalato, aggravata quando interessa minori o migranti clandestini;
ad applicare la direttiva europea del 18 giugno 2009 che impegna gli stati membri dell'unione europea a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;

ad attivare tutti gli strumenti per consentire una emersione del lavoro irregolare, con particolare attenzione al comparto agricolo, attivando in modo continuativo il sistema dei controlli e promuovendo una regolarizzazione per i lavoratori agricoli stranieri da anni presenti sul nostro territorio che non abbiano commesso reati;
a ridurre fino ad eliminare il lavoro nero e sommerso attivando canali alternativi come la regolarizzazione ad personam per coloro che contribuiscono alla individuazione di fattispecie criminose legate alla immigrazione, per coloro che compiono atti di rilevanza sociale ed umanitaria, per coloro che sono dimoranti nel nostro paese da molti anni e che abbiano dimostrato una buona integrazione;
a ridurre i tempi per il rinnovo del permesso di soggiorno, a prolungare la durata del medesimo in particolar modo in caso di perdita del lavoro ed a estendere ai lavoratori immigrati gli ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori italiani;
a presentare il Documento triennale sulle politiche migratorie previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 286 del 1998 nonché a semplificare il sistema delle quote passando dal decreto annuale, elaborato dal Governo con vincolo amministrativo e contenente una indicazione rigida, ad un documento poliennale elaborato da una agenzia tecnica che contenga la stima di persone immigrate ed i loro profili professionali necessari al nostro sistema economico e sociale;
a incentivare e a semplificare l'applicazione dell'articolo 23 del decreto legislativo 296 del 1998 relativamente alla formazione di personale all'estero da parte delle aziende e a introdurre lo strumento dello sponsor per la ricerca di lavoro attribuito a soggetti collettivi come i sindacati, associazioni di imprenditori e istituzioni pubbliche;
a promuovere con le regioni, gli enti locali, le forze economiche e sociali, il volontariato e l'associazionismo, un piano nazionale per le politiche di integrazione e di civile convivenza tra italiani e immigrati avendo come obiettivo quello di definire una governance stabile, basata sul metodo della concertazione tra soggetti istituzionali e con le parti sociali, attraverso il dialogo sociale, formulando gli obiettivi di inclusione sociale, di crescita interculturale e valutandone costantemente i risultati;
ad inserire il Piano nazionale nella politica europea che definisce l'integrazione «la chiave» del successo dell'immigrazione, un processo «a doppio senso» che deve vedere protagoniste le società ospitanti ma anche gli immigrati in un percorso di adattamento reciproco fra le due società;
a promuovere nel Piano nazionale per le politiche di integrazione e di convivenza il rispetto dei valori costituzionali della pari dignità delle persone, dell'eguale rispetto di ciascuna persona, delle pari opportunità, della non discriminazione;
a promuovere gli obiettivi della legalità e della sicurezza, dell'investimento nella scuola per tutti, della promozione della famiglia anche attraverso una politica di promozione dei ricongiungimenti famigliari, dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, della salute e del contrasto delle malattie, della povertà e delle diseguaglianze nella salute, del senso civico, della partecipazione sociale e politica, dell'incontro e del reciproco riconoscimento tra italiani ed immigrati;
a riconoscere nel Piano nazionale alcune azioni prioritarie: contrasto del degrado urbano, del disagio abitativo; estensione della educazione e della formazione interculturale, sostegno ai bambini e alle famiglie per l'apprendimento della lingua e della cultura italiana anche da parte degli adulti, l'accesso ai servizi sociali e sanitari, con particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili, lo sviluppo della figura dei mediatori culturali anche attraverso

l'istituzione di un albo nazionale dei mediatori culturali e delle associazioni di mediazione culturale, l'inserimento di tempi certi per il rinnovo dei permessi di soggiorno;
a inserire nel Piano nazionale criteri e direttive per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, per potenziare i servizi e sostenere le associazioni e le attività impegnate nella lotta contro la tratta degli esseri umani, nonché per il sostegno all'associazionismo degli immigrati che promuovono attività sociali e di integrazione nonché linee guida per l'estensione ai giovani stranieri del servizio civile volontario;
a prevedere il finanziamento del Piano nazionale attraverso risorse certe e sufficienti inserite in un Fondo nazionale finanziato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali.
(1-00326) «Livia Turco, Amici, Lenzi, Bressa, Zaccaria, Fassino, Touadi, Gozi, Berretta, Binetti, Boffa, Bossa, Braga, Brandolini, Bucchino, Burtone, Boccuzzi, Cardinale, Carella, Castagnetti, Causi, Ceccuzzi, Codurelli, Colaninno, D'Antona, De Biasi, De Pasquale, De Torre, D'Incecco, Esposito, Farinone, Fedi, Ferranti, Fontanelli, Froner, Garavini, Gnecchi, Grassi, Graziano, Laganà Fortugno, Lo Moro, Lucà, Lulli, Madia, Marchi, Marchignoli, Margiotta, Mariani, Melis, Miotto, Mogherini Rebesani, Motta, Murer, Naccarato, Piccolo, Picierno, Pistelli, Pedoto, Realacci, Rubinato, Samperi, Sarubbi, Sbrollini, Schirru, Sereni, Siragusa, Strizzolo, Trappolino, Tullo, Velo, Verini, Zucchi, Villecco Calipari, Zampa, Gianni Farina».

Risoluzione in Commissione:

Le Commissioni III e XI,
premesso che:
il piano di razionalizzazione e di piena riqualificazione della rete estera del Ministero degli affari esteri nonché della rete di uffici e di rappresentanze del sistema Italia oltre confine, avviato dal Governo, parte dall'imprescindibile presupposto di garantire una piena tutela delle nostre collettività all'estero oltre che dall'esigenza di un rafforzamento delle risorse umane operative ed integrate negli stessi uffici;
l'attenzione verso le dinamiche di riorganizzazione della rete diplomatico-consolare italiana nel mondo nonché verso la rinnovata organizzazione e gestione delle risorse in essa impiegate è sempre stata elevata sul fronte parlamentare, dove è viva la priorità di non creare criticità né ulteriori difficoltà al personale di ruolo o a contratto pienamente operante nelle strutture italiane oltre confine;
da diversi anni presso l'ufficio visti delle rappresentanze diplomatico-consolari italiane all'estero sono operanti impiegati a contratto dell'Enit, Agenzia nazionale del turismo, che risultano però completamente integrati nel tessuto operativo ed organizzativo negli uffici;
di recente il Ministero degli affari esteri avrebbe promosso un incremento del numero dei contrattisti Enit che assistono le nostre Rappresentanze nell'istruttoria delle richieste di visti turistici soprattutto nei Paesi che presentano molteplici potenzialità, sotto il profilo turistico, economico e commerciale, come la Cina, la Russia, il Belarus e l'Ucraina;
stando all'intesa siglata tra il Ministero degli affari esteri e l'Enit quest'ultimo metterebbe a disposizione delle sedi diplomatico consolari degli impiegati a contratto per il disbrigo delle procedure di rilascio di visti per turismo, ma nei fatti questa categoria porta avanti attività proprie dei colleghi impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri presso i medesimi uffici;

i contratti dei dipendenti dell'Enit sono normalmente di durata annuale, talvolta di durata semestrale o trimestrale con importanti riflessi sulla stabilità dei lavoratori stessi, risorse imprescindibili degli uffici consolari;
quest'anno alcuni contratti sono stati rinnovati per soli tre mesi, poiché il direttore generale dell'Enit ha inteso portare avanti un'indagine conoscitiva per valutare l'effettivo apporto di questa categoria di lavoratori nell'ambito della rete organizzativa del Ministero degli affari esteri;
molte rappresentanze italiane all'estero hanno sottoposto al Ministero degli affari esteri delle relazioni con valutazione positiva in merito all'importante lavoro svolto dagli impiegati dell'Enit, evidenziando la ferma intenzione di continuare ad avvalersi della imprescindibile collaborazione di questa categoria di impiegati o addirittura di incrementare l'attuale contingente, anche in vista della futura introduzione obbligatoria delle impronte digitali per le richieste di visto, che tecnicamente comporterà un aggravio di lavoro di carattere procedurale non indifferente;
gli impiegati a contratto Enit hanno una formazione adeguata al loro incarico e oltre alla conoscenza dell'italiano e della loro lingua madre, conoscono spesso anche un terzo idioma veicolare e forniscono un contributo importante alla gestione delle pratiche amministrative e burocratiche delle nostre rappresentanze all'estero, migliorando la qualità del servizio e dell'immagine delle nostre sedi;

impegnano il Governo:

nell'ambito del processo di riorganizzazione e riqualificazione degli uffici rappresentativi del sistema Italia oltre confine, ad intervenire sulle dinamiche di riordino degli uffici - ove possibile - salvaguardando la tutela e l'implementazione delle professionalità ivi consolidate ed operative e nell'ambito di siffatta priorità a rivedere le dinamiche di coinvolgimento del personale dell'Enit presso le rappresentanze diplomatico-consolari italiane individuando appropriati ed univoci parametri contrattuali al fine di garantire una adeguata continuità lavorativa dei suddetti lavoratori;
a prevedere eventualmente l'assorbimento di questi profili nel contingente del personale a contratto presso le medesime rappresentanze al fine di legittimarne le attività e l'impiego che si colloca ben oltre le linee guida tracciate dall'intesa Enit-Ministero degli affari esteri e che si configura de facto come una integrazione del personale a contratto esistente presso le sedi diplomatico-consolari.
(7-00260) «Di Biagio, Angeli, Picchi, Berardi».

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO, BRESSA, LOLLI, VERINI, MISIANI, BERRETTA, CODURELLI, VASSALLO, ESPOSITO, FARINONE, STRIZZOLO, GNECCHI, LOSACCO, MELIS, MARGIOTTA, CAPANO, NANNICINI, COSCIA, SCHIRRU, REALACCI, MARCO CARRA, CECCUZZI, TOUADI, GINOBLE, SIRAGUSA e MOSCA. - Al Presidente del consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 22 gennaio 2010 nella emittente televisiva Youdem è andata in onda una trasmissione dal titolo «B&B: La premiata ditta» nella quale erano presenti, oltre le conduttrici, il senatore Luigi Zanda, il segretario nazionale FP-CGIL Antonio Crispi, il rappresentante sindacale della CGIL-Protezione Civile Giovanni Ciancio e un rappresentante di una organizzazione di volontariato, Giovanni Lattanzi;

nella trasmissione televisiva si è parlato del provvedimento in discussione al Senato che riguarda la trasformazione della Protezione civile in società per azioni;
al rappresentante della CGIL della protezione civile nei giorni successivi alla trasmissione è stata notificata l'informazione della richiesta di avvio di un provvedimento disciplinare e di irrogazione di sanzione per non aver preventivamente informato il dirigente dell'ufficio;
nel decreto ministeriale del 28 novembre 2000, codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazione, non si parla di informare preventivamente della propria attività sindacale e comunque non si parla di informazione preventiva in generale -:
quali siano le motivazioni per cui un rappresentante sindacale non possa esprimere le proprie idee su un provvedimento in discussione in Parlamento e quali siano le motivazioni della richiesta del provvedimento disciplinare nei confronti del rappresentante sindacale;
se non ritenga opportuna l'immediata archiviazione della procedura disciplinare nei confronti del rappresentante sindacale.
(5-02441)

Interrogazioni a risposta scritta:

CAMBURSANO e SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
da secoli sul territorio nazionale italiano esistono le minoranze linguistiche storiche citate all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482;
gli idiomi parlati da tali minoranze linguistiche non sono riconducibili alla lingua italiana o ai dialetti italoromanzi perché essi, come nel caso degli arbëreshë (italo-albanesi: da qui in poi dicasi solo arbëreshë), i Valser, i Grecanici, hanno antiche origini riconducibili all'esterno del territorio nazionale italiano;
gli idiomi parlati dalle minoranze storiche citate all'articolo 2 della n. 482 del 1999) sono di forma arcaica, quindi diverse dal codice linguistico attuale in uso nei territori d'origine: l'arbëreshë, per esempio, che non si è evoluto con l'insieme delle altre forme linguistiche regionali extranazionali a lui collegate;
la lingua arbëreshë, che erroneamente, e creando confusioni, nella legge n. 482 del 1999 viene citata come «albanese», differisce dall'albanese d'Albania nelle preposizioni, nei gruppi consonantici, nelle desinenze, nella forma piena dei verbi, nel tempo dei verbi, nella fonetica, e in altro. Va dunque precisato che, l'erronea dicitura «albanese» crea confusioni nell'individuazione della lingua oggetto di tutela;
gli idiomi citati alla n. 482 del 1999, per la loro arcaicità, nelle odierne lingue nazionali extranazionali non possono trovare la loro presupposta lingua madre, ma in loro, trovare affinità come varianti linguistiche regionali extranazionali;
facendo il caso dell'arbëreshë, esso non può trovare la sua ipotetica lingua madre nell'albanese d'Albania ma, insieme ad esso, può essere iscritto in una famiglia linguistica più ampia comprendenti altre varianti linguistiche regionali extranazionali: queste lingue, l'arbëreshë, l'albanese d'Albania ed altre forme della stessa lingua parlate in Kosovo, Grecia e Macedonia, possono trovare il loro sostrato più antico, e quindi la loro ipotetica lingua madre, nello scomparso illiro o tracio-illiro: così come insegnato da due insigni linguisti, Ferdinand de Saussure in «Corso di linguistica generate» e da Merritt Ruhlen in «L'origine delle lingue», le lingue possono trovare il loro precursore in un sostrato più antico a loro e mai in qualcosa a loro posteriore. Ora, l'albanese arcaico parlato in Italia, per la sua antichità, non può trovare nel recente ed artificiale albanese standard d'Albania codificato

solo nel 1953 la sua lingua madre, ma solo essere messo in relazione ad esso come ad un'altra variante linguistica regionale;
i parlanti gli idiomi riferiti alle minoranze linguistiche citate alla legge n. 482 del 1999 per gli sconvolgimenti geopolitici avvenuti negli ultimi secoli, non possono più riferirsi ad un odierno territorio d'origine che possa essere definito come loro madrepatria: è il caso degli arbëreshë (italo-albanesi da secoli stanziati in Italia), che in maggior parte sono provenienti dai territori originari della Ciameria, della Morea, dell'Epiro e del Peloponneso. Questi nominati territori sono attualmente parte integrante della Grecia, ergo, gli italo-albanesi non possono riconoscersi nella limitata regione dell'attuale Albania come nella loro madrepatria;
la Carta costituzionale, nei suoi principi fondamentali, all'articolo 3 recita: «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua» e all'articolo 6 si legge che: «la repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»;
la legge 15 dicembre 1999, n. 482 «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» all'articolo 2 recita: «In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano ed il sardo»;
all'articolo 4 comma 1 recita: «Nelle scuole materne dei comuni di cui all'articolo 3, l'educazione linguistica prevede, accanto all'uso della lingua italiana, anche l'uso della lingua di minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado è previsto l'uso anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento»;
al comma 2 recita: «...al fine di assicurare l'apprendimento della lingua di minoranza,...»; al comma 5 recita: «Al momento della prescrizione i genitori comunicano all'istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua di minoranza»;
la legge 15 dicembre 1999, n. 482 «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», all'articolo 2 recita: «...la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi...» e che questo ingenera confusioni su quale lingua e cultura la Repubblica intenda tutelare, se dunque intenda tutelare la lingua di minoranza nelle sue forme e la cultura riferita alte popolazioni che da secoli hanno contribuito alla formazione dell'attuale contesto italiano e quindi popolazioni storiche stanziate sul territorio nazionale italiano, oppure, se la tutela delle lingue di minoranza vada riferita alle lingue straniere in uso nelle attuati nazioni d'Albania, di Croazia, di Grecia e altro;
la stessa legge agli articoli 7, comma 2 e 3, all'articolo 8, comma 1, all'articolo 9, commi 1 e 3, e agli articoli seguenti, sempre in modo generico parla di «...lingua ammessa a tutela...» senza ulteriormente specificare se la lingua sia riferita al codice linguistico parlato dalle popolazioni di minoranza linguistica di riferimento, oppure, se la tutela sia riferita alle lingue nazionali di paesi esteri come l'Albania, la Croazia, la Grecia;
come evidenziato sopra, il generico nome usato nell'articolo 2 della citata legge n. 482 del 1999 «...albanese, croato, greco, ...» per la lingua posta a tutela, senza ulteriori specificazioni, genera confusione sulla corretta interpretazione da attribuire ad essa e che l'errata interpretazione, che ad una superficiale analisi, potrà sembrare pura disquisizione linguistica, se non urgentemente corretta, - oltre all'evidente guasto apportato ad un patrimonio linguistico da tutelare -, si presta, e potrà prestarsi ad un indebito uso dei fondi destinati alla tutela delle minoranze linguistiche storiche d'Italia -:

se non ritengano utile ed opportuno promuovere una disposizione di interpretazione autentica della legge n. 482 del 15 dicembre 1999, in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche d'Italia;
se risulti che i fondi destinati dalla legge n. 482 del 1999 siano stati usati erroneamente per la promozione di lingue straniere e non dunque per la promozione delle lingue di minoranza nella varie espressioni in uso nelle minoranze linguistiche storiche d'Italia.
(4-05982)

ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 11 dicembre 2007 il Presidente del Consiglio ministri ha decretato lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria della regione Calabria;
a seguito del citato stato di emergenza, in data 21 dicembre 2007, è stata istituita la commissione incaricata di svolgere un'indagine conoscitiva finalizzata a verificare la qualità dell'assistenza prestata dal Servizio sanitario della regione Calabria, nonché l'effettiva garanzia dell'erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza;
nella relazione predisposta dalla citata Commissione, come pubblicato sulla stampa regionale calabrese il 24 aprile 2008 sono stati evidenziati allarmanti punti di criticità interni al sistema sanitario di quella regione;
tra le criticità nella relazione la commissione ministeriale ha evidenziato: il mancato controllo della regione sulla spesa sanitaria, la mancata approvazione del piano Sanitario regionale, l'impunità di chi ha commesso errori ed ha responsabilità accertate, la presenza in numerosi P.O. di pronto soccorsi «disastrosi», pesanti condizioni igienico-sanitarie e problemi strutturali degli edifici, esorbitante spesa ai privati, dirigenti senza responsabilità; criticità, ancora oggi, in buona parte persistenti;
anche la Corte dei Conti regionale, fin dal marzo 2008 ha bocciato la Sanità calabrese, richiamando, altresì l'intervento della magistratura contabile;
sempre la relazione della commissione ministeriale ha evidenziato che la Calabria ha investito in sanità una quota di prodotto interno lordo di gran lunga superiore alle altre regioni (8,77 per cento prodotto interno lordo Calabria -4,66 per cento prodotto interno lordo Lombardia);
la grave situazione della sanità in Calabria era stata monitorata dal Ministro del lavoro che allora aveva competenza anche in materia di salute, il quale nel settembre del 2008, in Commissione bicamerale per gli affari regionali, aveva dichiarato che «...la situazione della regione Calabria è molto preoccupante non solo per la dimensione del debito e del disavanzo, ma per il trend di spesa: dai 55 milioni 2006 ai 127 del 2007 ...un dato che fa spaventare non poco»;
e nel mentre il debito sanitario continuava ad aumentare, nel novembre del 2008 la regione Calabria ha deliberato l'istituzione di un comitato di consulenti composto da 3 membri nell'ambito del piano sanitario regionale per il triennio 2007-2009;
fin da allora, all'interrogante appariva chiaro che nessun piano di rientro per il riequilibrio economico-finanziario, per quanto oculato, avrebbe potuto ribaltare la debitoria situazione incancrenita, peraltro, in assenza di un approvato piano sanitario regionale;
nel giugno del 2009 il Consiglio dei ministri aveva perfino impugnato la legge della regione Calabria 30 aprile 2009, n. 11, relativa al «Ripiano del disavanzo di esercizio per l'anno 2008 ed accordo con lo Stato per il rientro dei disavanzi del servizio sanitario regionale»;

nel settembre del 2009 la giunta regionale della Calabria ha approvato il cosiddetto «Piano di rientro» che dovrebbe portare al risanamento del deficit sanitario di quella regione;
a quel tempo il debito emerso dai dati contabili non consentiva la quantificazione reale dello stesso;
nel mentre veniva predisposto ed approvato il «piano di rientro», la giunta regionale calabrese definiva tranquillamente acquisizioni di prestazioni ospedaliere dalle strutture private che da circa 5 anni non rinnovavano i contratti ai propri dipendenti ed autorizzava ben 333 assunzioni nelle aziende sanitarie ed ospedaliere;
l'interrogante attende, tra l'altro, di conoscere, così come richiesto nell'atto ispettivo n. 2-00470 del 16 settembre 2009, se nella verifica del «Piano di rientro» siano stati inseriti importi relativi a transazioni dell'ultima ora, che potrebbero riguardare debiti non riconoscibili;
il 17 dicembre 2009, ad avviso dell'interrogante inspiegabilmente, il presidente della regione Calabria, ha firmato con i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, il piano di rientro dal debito, evitando così il commissariamento di quel settore regionale;
in virtù della citata sigla il presidente Loiero, il quale peraltro da oltre un anno deteneva già la delega alla sanità regionale, in data 30 dicembre 2009, è stato perfino nominato commissario delegato per l'emergenza economico-sanitaria nel territorio della Calabria, con la facoltà di avvalersi dei poteri di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate per fronteggiare il contesto emergenziale;
con l'ordinanza n. 6 del commissario delegato pro tempore dell'11 febbraio 2008 è stato istituito il comitato tecnico scientifico chiamato ad effettuare la valutazione dei soggetti d'intervento predisposti dal commissario delegato e a fornire al commissario stesso il necessario supporto tecnico delle attività occorrenti per il superamento dell'emergenza;
nei giorni scorsi il commissario delegato, Agazio Loiero, avrebbe disposto, a quanto consta all'interrogante, per l'anno 2010 il raddoppio del compenso fissato su base annua con l'ordinanza n. 7 del 13 marzo 2008, ai componenti del comitato tecnico-scientifico succitato -:
quali siano i motivi che hanno portato a non commissariale la sanità calabrese;
se nel piano di rientro siano stati inseriti importi relativi a transazioni dell'ultima ora, che potrebbero riguardare debiti non riconoscibili;
quali siano i motivi che hanno portato all'affidamento dell'incarico di commissario delegato per l'emergenza economico-sanitaria della Calabria, proprio nella persona del presidente Loiero e, peraltro, in prossimità della tornata elettorale per il rinnovo del consiglio regionale;
se corrisponda al vero la notizia concernente il raddoppio del compenso annuo per i componenti del comitato tecnico-scientifico peraltro deliberato in concomitanza con il varo di un piano di rientro dal debito sanitario regionale che comporterà pesanti oneri per i cittadini e sempre in concomitanza con la campagna elettorale per le elezioni regionali.
(4-05989)

DE POLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica sta causando la perdita di numerosi posti di lavoro e la situazione dell'Alcoa ne è un chiaro esempio;
già a novembre 2009, i due stabilimenti italiani dell'Alcoa (Portovesme in Sardegna e Fusina nel Veneto), il gigante Usa dell'alluminio, si sono fermati dopo la

decisione della Commissione europea che ha chiesto la restituzione degli aiuti ricevuti sul prezzo dell'elettricità. Infatti, la sospensione della produzione è stata decisa per le incertezze sulla fornitura dell'elettricità per i forni di fusione a tariffe competitive e per l'impatto finanziario della decisione della Commissione europea. La Commissione ha chiesto al produttore di alluminio di rimborsare le sovvenzioni avute dal 2006 sui prezzi dell'elettricità in Italia, sostenendo che si tratta di aiuti pubblici in contrasto con la normativa vigente;
l'azienda dà lavoro a 2.500 persone in Italia. Nella chiusura dei due stabilimenti sono coinvolti 1000 dipendenti diretti e 1000 lavoratori dell'indotto;
nonostante varie trattative e critiche espresse, ricevute dal Governo italiano, l'azienda ha deciso di chiudere gli impianti dell'alluminio primario di Fusina (114 lavoratori) e di Portovesme (600 addetti) entro il 6 febbraio 2010. Entro quel giorno dovrebbe partire anche la cassa integrazione;
il Governo italiano ha chiesto di tenere in funzione gli impianti, sino alla decisione della Commissione europea che dovrà stabilire se autorizzare le misure di cui al decreto-legge varato il 22 gennaio 2010. Ma la suddetta normativa e stata pensata per permettere un risparmio sulle tariffe dell'energia elettrica in Sardegna e in Sicilia, non in Veneto. Quindi se il decreto-legge ricevesse in consenso dell'Europa, potrebbe salvare l'impianto di Portovesme ma non quello di Fusina. A meno che il risparmio in Sardegna non sia tale da permettere l'equilibrio economico con le perdite in Veneto;
l'Alcoa ha comunque posto alcune condizioni per continuare a produrre alluminio che per ora sembrano non esserci, quali la concessione di un prezzo dell'energia compatibile con quello dei mercati europei (30 euro al kilowattora), per almeno tre anni attraverso una soluzione che non possa essere contestata da Bruxelles -:
quali iniziative il Governo in questa fase delicata di trattative intenda intraprendere per salvare lo stabilimento di Fusina ed i suoi dipendenti.
(4-05994)

DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 10 febbraio 2005 il sindaco del comune di Fossalto ha chiesto, alla regione Molise, un contributo di euro 280.000.00 per i lavori di completamento sismico dell'edificio scolastico di Fossalto, in aggiunta ad un primo finanziamento di euro 140.000,00 già ottenuto;
con decreto del Commissario Delegato n. 29 del 13 febbraio 2006 fu concesso il finanziamento per l'importo di Euro 280.000,00;
nel summenzionato decreto è contenuta la dichiarazione resa dal sindaco di Fossalto circa il conseguimento del definitivo adeguamento sismico dell'edificio scolastico e con deliberazione della giunta comunale n. 91 dell'8 giugno 2006 furono approvati i lavori;
poiché, in fase di esecuzione, era emersa la necessità di opere necessarie e non prevedibili nella fase di progettazione (fondazioni di pilastri da consolidare, i cui plinti sono fondati su piani di posa diversi e l'impianto elettrico e termico da adeguare alla nuova normativa), nel corso dei lavori fu redatta una perizia di variante e suppletiva per un importo pari ad euro 53.015,39;
tale variante suppletiva fu approvata con deliberazione della giunta comunale n. 109 del 30 agosto 2007 e con decreto del Commissario delegato n. 131 del 12 luglio 2007 fu concesso il finanziamento aggiuntivo;
in data 28 agosto 2007 è stata dichiarata dal direttore dei lavori l'ultimazione delle opere strutturali nonché la

conformità delle stesse al «progetto esecutivo depositato in data 6 luglio 2007 prot. 3031 classe X;
in data 2 ottobre 2007 i lavori furono ultimati come si evince da apposito verbale sottoscritta dal direttore dei lavori, dall'impresa e dal responsabile unico del progetto;
di seguito fu redatto il certificato di regolare esecuzione nel quale si attesta che i lavori sono stati «minuziosamente ispezionati»;
poi, con ordinanza n. 36 del 5 novembre 2009, il Comando dei vigili del fuoco di Campobasso rilevava: «L'edificio presenta, specialmente nel piano sottotetto una situazione anomala sui lavori di adeguamento statici e sismici effettuati sugli elementi verticali (pilastri in cemento armato) come da documentazione fotografica rilasciata in sede di sopralluogo da parte dell'ufficio comunale che necessita di adeguata verifica rispetto all'intelaiatura complessiva dell'edificio. Stante quanta sopra ai fini dell'agibilità dell'edificio necessita acquisire documentazione tecnica a firma di tecnico qualificato e responsabile che comprovi sotto tutti gli aspetti tecnici la sicurezza strutturale dell'edificio scolastico;
nelle more dell'accertamento del reale stato di vulnerabilità dell'edificio scolastico, l'amministrazione comunale ha deciso, dunque, di inibire l'uso dell'edificio scolastico e l'area circostante per preservare l'incolumità dei propri cittadini;
in data 11 novembre 2009 la protezione civile ha condiviso l'ordinanza di chiusura emessa a seguito di sopralluogo -:
se il Governo, alla luce di quanto esposto in epigrafe e di quanto espresso dalla protezione civile, non ritenga di dover intervenire presso le autorità competenti, al fine dell'accertamento definitivo delle concrete mancanze relative al completamento dei lavori per il risanamento antisismico dell'edificio scolastico di Fossalto.
(4-05995)

LATTERI, LO MONTE, COMMERCIO e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le piogge torrenziali dell'ultimo periodo hanno ancora una volta devastato il territorio nebroideo nella provincia di Messina;
importanti arterie stradali sono chiuse a causa di frane; in molti paesi collinari, strade di campagna, che di fatto sono «vie di fuga», sono interrotte da dissesti di varia entità ed isolano nuclei residenziali e rurali; anche numerose abitazioni risultano, agli interroganti, direttamente coinvolte da fenomeni franosi e centri abitati sono in evidente stato di rischio;
fra i Comuni di Brolo e Capo d'Orlando la strada statale 113 è interrotta all'altezza di Testa di Monaco a causa dell'ennesima frana che ha invaso la sede stradale. L'Anas e il sindaco di Capo d'Orlando non assicurano la riapertura al transito se non tra un paio di mesi; da Brolo per raggiungere Capo d'Orlando occorre dunque inerpicarsi fra le strette strade di Naso;
a Brolo in prossimità dello svincolo, il tratto autostradale si presenta fortemente dissestato a causa dell'evoluzione di un annoso dissesto;
nel territorio di Capo d'Orlando, la strada statale 116, che collega il centro turistico a Rocca di Caprileone, è interrotta all'altezza della contrada di Malvicino; la circolazione, nell'ordine di diverse migliaia di autovetture al giorno è deviata in una stradina di campagna lungo la quale, al fine di regolare il traffico, sono stati installati dei semafori;
a Ucrìa la strada provinciale 136 per Raccuja, in corrispondenza del km 23, è stata completamente travolta da una frana che ne rende impossibile anche il transito pedonale; tale frana tuttora in atto, coinvolge anche una abitazione ormai non più

agibile. Lo stesso fenomeno franoso, attivatosi alle pendici del versante su cui gravita parte del centro abitato, desta preoccupazione ed è oggetto di costante monitoraggio al fine di scongiurare situazioni di rischio per i residenti;
a Raccuja, nella frazione Zappa, una frana che incombe da parecchi anni, si è ulteriormente evoluta e compromette la stabilita di alcuni fabbricati non ancora, a differenza di altri, oggetto di ordinanza sindacale di evacuazione;
la strada provinciale 157 nel tratto tra Frazzanò e Longi è interrotta a causa di una frana, l'entità del dissesto rende difficili gli interventi e non si preannunciano tempi brevi per il ripristino della viabilità; nella stessa strada nel tratto tra Rocca di Caprileone e Caprileone, si è riattivato un movimento franoso che ha determinato la chiusura al transito anche della parte valliva della strada costringendo i residenti dei comuni di Caprileone, Mirto e Frazzanò, ad utilizzare stradine alternative e non sicure;
nel comune di Sinagra è sotto stretta osservazione una frana che in colata ha invaso parte dell'alveo del Vallone Caputo, che nel 2001 fu interessato da un evento alluvionale che causò miracolosamente solo feriti in una zona residenziale abitata da oltre 30 famiglie;
a Sinagra, Tortorici, Sant'Angelo di Brolo, Librizzi, Piraino e in molti altri comuni nebroidei, risultano interrotte al transito molte strade rurali, quasi tutte «vie di fuga»;
a San Salvatore di Fitalia un gravissimo rischio di instabilità riguarda alcune zone site nelle contrade Santa Lucia, Scrisera e Grazia, per la presenza di nuclei abitativi per cui si è reso necessario attivare un monitoraggio della evoluzione del fenomeno franoso;
nella strada a scorrimento veloce, denominata «mare monti» che collega Rocca di Caprileone e Galati Mamertino, una colata di fango ha invaso il piano viabile e messo in serio pericolo il transito agli automobilisti che vanno verso i comuni di Galati, Longi, San Salvatore di Fitalia e Tortorici. La eventuale chiusura al traffico della citata strada comporterebbe il rischio di isolamento dei comuni di Longi, Galati, Mamertino e San Salvatore di Fitalia, dal momento che la strada provinciale 157 è già chiusa per frane;
nel comune di Ficarra si è verificata una frana in località Sciino che ha trascinato a valle il depuratore comunale;
le fiumare (Rosmarino, Zappulla, Naso-Sinagra) sono anch'esse oggetto di costante monitoraggio in quanto l'assenza di manutenzione degli ultimi anni compromette in molti punti il regolare deflusso e rende probabile il rischio di esondazioni;
anche nel comune di Alcara Li Fusi si è manifestato il pericolo di frane;
nel comune di Militello è in pericolo la chiesa madre;
tutti i comuni afferenti all'area territoriale dei Nebrodi sono in sofferenza e numerosi danni sono stati prodotti dalle recenti e abbondanti piogge -:
se non ritengano necessario e improrogabile dichiarare immediatamente lo stato di calamità per il territorio dei Nebrodi interessato da piogge torrenziali che hanno provocato frane causate da un forte dissesto idrogeologico e aggravato la situazione già esistente a causa della mancanza di interventi di manutenzione;
se non si ritenga opportuno attivare con immediatezza le strutture di protezione civile;
se non ritengano necessario attuare un piano di verifiche geologiche e di interventi e iniziative, con tempi di realizzazione brevi e finanziamenti straordinari, al fine di superare strutturalmente il grave dissesto idrogeologico determinatosi nell'area dei Nebrodi.
(4-05998)

LEOLUCA ORLANDO e SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione

civile stabilisce all'articolo 3, i compiti della protezione civile in previsione, prevenzione, soccorso e superamento dell'emergenza;
l'articolo 3, comma 5, di detta legge recita: «Il superamento dell'emergenza consiste unicamente nell'attuazione, coordinata con gli organi istituzionali competenti, delle iniziative necessarie ed indilazionabili volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita»;
l'articolo 5, comma 1, di detta legge stabilisce che la dichiarazione di stato d'emergenza da parte del Consiglio dei ministri può avvenire solo in riferimento a «calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari»;
lo stesso articolo stabilisce che la delibera dello stato di emergenza deve determinare «durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi»;
l'articolo 5, comma 2, della stessa legge afferma che: «per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede (...) anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico»;
il decreto-legge 7 settembre 2001, n.343, convertito con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, amplia la possibilità di agire tramite ordinanze alla dichiarazione di «grande evento»;
dal 2001 al 2009 sono state varate 679 ordinanze di protezione civile;
molte di queste ordinanze riguardano, ad avviso degli interroganti, «calamità» molto dubbie, come «emergenza traffico» in numerose città italiane (Roma, Napoli, Milano, Venezia) o l'emergenza derivata da «un eccezionale afflusso turistico alle isole Eolie» (ordinanza n. 3225 del 2 luglio 2002, ancora in vigore) o l'emergenza per i beni culturali di Roma e Pompei (ordinanza n. 3692);
la dicitura «vaga» di grandi eventi ha permesso di gestire con poteri di ordinanza eventi come la Vuitton cup di Trapani, numerosi viaggi pastorali del Pontefice, manifestazioni sportive (mondiali di nuoto di Roma);
il decreto-legge 28 marzo 2003, n. 74, riguardante la «Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla tutela della pubblica incolumità» e la successiva ordinanza n. 3275 del 28 marzo 2003 riguardanti «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza derivante dalla attuale situazione internazionale» non contengono limiti né di estensione territoriale né di durata;
sulle ordinanze non si esercita il controllo di legittimità da parte della Corte dei Conti;
numerose memorie della Corte dei Conti esprimono preoccupazione sull'ampio uso del potere di deroga, e sui relativi stanziamenti economici;
in particolare, la memoria del procuratore generale presso la Corte dei Conti in sede di giudizio sul rendiconto generale dello stato per l'esercizio 2006, al capitolo (f) recita che: «nella prassi, la legge (articoli 3, comma 5, e 5) è stata intesa come un generalizzato potere di deroga e non come disposizione diretta a disciplinare i casi per i quali l'emergenza fosse talmente grave ed imminente da non poter essere fronteggiata coi mezzi dell'amministrazione ordinaria (...) In molti casi gli interventi sono stati attuati, sovrapponendosi rispetto agli strumenti propri dell'intervento ordinario, con il ricorso alla normativa d'emergenza, tramite gli strumenti acceleratori della Protezione civile, la cui trasparenza gestionale veniva peraltro gravemente compromessa da eccessive semplificazioni contabili e di controllo. Le modalità espositive periodiche delle risultanze gestionali, infatti, sono di norma estremamente carenti, affidate a modelli

rappresentativi dei dati contabili sintetici globali e sorrette da documentazioni giustificative strettamente legate a fenomeni contabili in senso proprio e privi degli elementi essenziali per una «misura delle attività» gestorie sottostanti (...) Il potere d'ordinanza s'è estrinsecato in un numero rilevante di deroghe e interi corpi di normativa nazionale e comunitaria in materia di appalti pubblici, esportazioni, contabilità pubblica, urbanistica, edilizia, tutela dell'ambiente, enti locali, assunzioni, inquadramenti e trattamento economico del personale»;
le ordinanze vengono spesso finanziate tramite «contabilità speciali» o su altri leggi o decreti, al di fuori del Fondo per la protezione civile;
articoli («Bertolaso Spa», di Alberto Statera, Repubblica http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/20/news/bertolaso _protezione_civile_2012264/) e libri («Potere assoluta» di Manuele Bonaccorsi edizioni Alegre pagina 10) sostengono che la spesa per le ordinanze di protezione civile potrebbe raggiungere, dal 2001 a oggi, la cifra di oltre 10 miliardi di euro;
il 30 dicembre 2009 in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto-legge n. 195 «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile», attualmente all'esame del Senato (A.S. 1956), che prevede la costituzione della Protezione civile servizi spa, col compito di intervenire anche su non meglio precisate «emergenze socio-economico-ambientali» (articolo 16, comma 3);
l'ordinanza n. 3668 del 14 aprile 2008 recante «disposizioni urgenti dirette a fronteggiare gli eventi calamitosi in ordine agli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2007 nei comuni della fascia jonica della provincia di Messina» stanziava 3 milioni di euro per la messa in sicurezza della zona;
il 1o ottobre 2009 una frana colpisce alcuni paesi e frazioni di Messina uccidendo 35 persone, proprio nelle zone interessate dalla precedente ordinanza;
i lavori per il G8 della Maddalena, dichiarati «grande evento» e oggetto di numerose ordinanze di protezione civile, sono costati alle casse dello Stato, secondo articoli di stampa (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/maddalena-doro/2081472//0) oltre 300 milioni di euro. E le opere realizzate oggi versano in uno stato di abbandono (http://www.repubblica.it/politica/2010/01/28/news/g8-maddalena-2101455/);
ad avviso degli interroganti, un uso eccessivo e prolungato dei poteri di ordinanza può costituire un rischio per il sistema di controllo tra i poteri, permettendo all'esecutivo di agire di fatto in deroga alle leggi vigenti;
a giudizio degli interroganti appare censurabile la prassi di adottare ordinanze di protezione civile senza limiti di tempo ed estensione sul territorio nazionale;
la creazione di una «protezione civile Spa» rappresenta secondo gli interroganti un ulteriore snaturamento del ruolo originario della protezione civile, che rischia di allargare i poteri della stessa senza definire contestualmente idonei strumenti di controllo -:
quanto, in virtù delle ordinanze, sia stato speso in questi anni, in deroga alle norme ambientali, al codice degli appalti pubblici e ai piani regolatori;
se la cifra di appena 3 milioni di euro destinata agli interventi per il rischio idrogeologico a Messina, sia risultata adeguata a tale obiettivo e all'esigenza di intervenire in maniera decisiva sulle conseguenze della frana che il 1o ottobre ha ucciso 35 cittadini, anche in considerazione del fatto che si è speso 100 volte tanto per la realizzazione di complessi alberghieri turistici

e congressuali alla Maddalena in vista del G8, mai tenutosi sull'isola sarda;
se il Governo non ritenga di assumere iniziative volte a riportare la Protezione civile ai suoi compiti originari, ossia la previsione e prevenzione di calamità naturali e il ripristino delle condizioni di normalità.
(4-06006)

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano, la Repubblica, in data 1o febbraio 2010, in merito alla visita del Presidente del Consiglio dei ministri in Israele iniziata il 1o febbraio 2010, scrive che:«nella sua visita di tre giorni il premier è accompagnato dai ministri degli esteri, Franco Frattini, della difesa, Ignazio La Russa; degli interni, Roberto Maroni; della salute, Ferruccio Fazio; dei trasporti, Altero Matteoli e dell'ambiente Stefania Prestigiacomo. Sei ministri con i relativi portaborse e collaboratori vari, in totale oltre cento persone.»;
ad avviso dell'interrogante è da considerarsi eccessiva tale delegazione in un momento in cui il Governo dovrebbe adottare una politica di rigore -:
se il fatto sopra riportato corrisponda al vero, se sia disponibile una lista dettagliata dei componenti della delegazione e quali siano i precisi motivi della presenza di ciascuno degli accompagnatori del premier.
(4-06007)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa del 19 gennaio 2010 si apprende che nel consolato egiziano di Milano, con sede in via Porpora, decine di ragazze italiane sposate con cittadini egiziani sono ogni anno inconsapevolmente vittime di un raggiro;
alle donne italiane viene richiesto di firmare alcune pratiche, affinché il matrimonio sia registrato anche al Cairo; tuttavia, il documento che viene loro sottoposto pare non essere una trascrizione legale, che non è nemmeno contemplata dalla legislazione egiziana, ma un nuovo atto di matrimonio, secondo il diritto egiziano, ovvero secondo la legge islamica che, come è noto, non riconosce la parità religiosa: se un musulmano sposa una cristiana o una ebrea, la moglie perde ogni diritto nei confronti dei figli e, in caso di morte del marito, non riceve l'eredità;
il documento è scritto solo in arabo, nonostante la legge internazionale imponga l'obbligo della traduzione di qualunque documento qualora non si conosca la lingua, e quasi tutti i funzionari del consolato di via Porpora parlano solamente l'arabo;
le donne sono, pertanto, inconsapevoli di firmare un vero e proprio contratto di nozze islamico; se il matrimonio non dovesse funzionare, l'uomo potrebbe prendere con sé i figli e portarli in Egitto, per dare loro un'educazione musulmana; il Governo del Cairo non riconoscerebbe nessun diritto alla madre italiana, che di conseguenza non solo non potrebbe riportarli in Italia, ma probabilmente non potrebbe nemmeno più vederli;
è chiaro ad avviso dell'interrogante che tali situazioni non si sarebbero verificate se le autorità diplomatiche egiziane avessero rispettato le procedure internazionali;
il consolato egiziano di Milano era già stato al centro di polemiche per l'utilizzazione al proprio interno di personale, che svolge ruoli di grande responsabilità, non assunto in regola -:
se i Ministri siano a conoscenza dell'esistenza di questa situazione e se non

ritengano utile assumere iniziative, sul piano diplomatico, nei confronti del Governo egiziano affinché possa essere efficacemente arginato il fenomeno descritto in premessa.
(4-05991)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
appare necessario fornire adeguate delucidazioni in ordine ai meccanismi di maturazione dei requisiti per la categoria 9 (bonifiche);
la questione è piuttosto delicata perché riguarda l'attribuzione di esperienze e quindi la maturazione di requisiti ed infine l'ottenimento della possibilità di essere direttore tecnico di impresa per determinate categorie;
occorrere stabilire, infatti, con precisione quali sono i soggetti che, data una bonifica, possono fare valere l'esperienza ai fini della maturazione dei requisiti. Si evidenzia al riguardo che i soggetti normalmente codificati in un lavoro di bonifica sono i seguenti: progettisti, direttori dei lavori, coordinatori della sicurezza in fase di progetto ed in fase di esecuzione, il responsabile dei lavori (sempre ai sensi della legge n. 494 del 1996 e successive modificazioni e integrazioni), collaudatori. L'esperienza ci dice che i direttori dei lavori possono essere più di uno, così come i loro assistenti: figure minori di cui si avvalgono i predetti direttori dei lavori per l'operatività della mansione Analoga e la situazione dei coordinatori della sicurezza in fase di esecuzione -:
in ragione di quali attività si maturino - e da parte di quali soggetti - i requisiti che interessano il presente atto di sindacato ispettivo.
(5-02437)

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DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 12 dicembre 2006 perdeva la vita in circostanze poco chiare Cristiano Brigotti carabiniere scelto in forza al settimo reggimento di Laives con ultima missione svolta dal novembre 2005 al maggio 2006 quale guardia del corpo presso l'ambasciata di Algeri;
sembrerebbe che il 10 ottobre 2006 Cristiano Brigotti abbia conferito a rapporto con il generale d'armata Franzè, presumibilmente riguardo un suo ritorno ad Algeri, ancorché tre mesi prima fosse stato accordato allo stesso Brigotti un periodo di aspettativa per motivi personali;
il 17 novembre 2006 Cristiano Brigotti partiva «privatamente» alla volta di Algeri e arrivato a destinazione, alloggiava per i primi giorni in qualità di ospite, presso l'Ambasciata italiana in loco, per successivamente trasferirsi nell'appartamento ove il 12 dicembre successivo avrebbe trovato la morte causata da avvelenamento da monossido di carbonio, che notoriamente è un gas inodore, nonostante le autorità locali dichiarassero incomprensibilmente, che il ritrovamento del cadavere si era avuto a seguito della segnalazione da parte di un vicino di casa, insospettito dal forte odore di gas proveniente dall'appartamento luogo dell'incidente;
in epoca successiva alla morte, un esponente dell'arma dei carabinieri si faceva consegnare il computer di proprietà di Cristiano Brigotti e al momento della riconsegna alla famiglia era evidente l'apertura e la cancellazione di numerosi files dal computer;

le ripetute richieste di chiarimenti rivolte al Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri da parte della famiglia non conducevano a risposte chiare ed esaurienti in ordine ai contorni della vicenda e, ancora, la salma di Cristiano Brigotti, in sede di ricognizione autoptica, veniva riesumata senza attendere l'arrivo dei periti di parte essendo a tutt'oggi le indagini ancora in corso -:
se siano noti i motivi per cui il 10 ottobre 2006 Cristiano Brigotti conferiva a rapporto dal generale Franzè;
se siano noti i motivi per cui veniva richiesta la consegna del computer di proprietà di Cristiano Brigotti;
se siano noti i motivi per cui Cristiano Brigotti, ufficialmente in aspettativa, poteva alloggiare presso l'ambasciata italiana ad Algeri;
se ferme restando le competenze e l'autonomia dell'autorità giudiziaria, siano noti i motivi per cui il 12 settembre 2008, in sede di ricognizione autoptica, la salma del Brigotti veniva riesumata senza attendere l'arrivo dei periti di parte;
se Cristiano Brigotti abbia mai fatto parte dei servizi segreti;
come l'ambasciata si sia attivata nello specifico e quali siano le risultanze delle indagini della Polizia algerina.
(3-00893)

Interrogazione a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito della complessa riorganizzazione delle forze armate attraverso il disposto normativo afferente alla legge 14 novembre 2000, n. 331 al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, alla legge 23 agosto 2004, n. 226, non si è posto rimedio alle problematiche relative agli ufficiali ausiliari per i quali non sussiste alcuna forma di tutela previdenziale o il benché minimo ammortizzatore sociale così disattendendo le misure adottate in campo internazionale con la direttiva 70/99/CE;
la natura dell'attività militare non può legittimare disparità di trattamento o deroghe al trattato e, quindi, al contenuto della direttiva 70/99/CE (applicato in Italia con decreto legislativo 368 del 2001);
alla luce di quanto esposto tutto il personale di cui all'articolo 111 del decreto del Presidente della Repubblica n. 237 del 1964 ha diritto ad ottenere il servizio permanente effettivo anche in virtù delle odierne disposizioni comunitarie per le quali non sussiste alcuna differenza tra diritti riconosciuti ai dipendenti della pubblica amministrazioni civili o militari che siano;
più in generale l'intero personale militare è costretto ad operare in modo non ottimale a causa dei continui tagli ai fondi destinati al comparto di riferimento;
la costituzione della figura del «garante dei diritti dei militari» consentirebbe di modernizzare il sistema ed avviare un percorso efficace di tutela ed assistenza in favore di tutto il personale militare -:
se il Governo intenda adottare iniziative volte a salvaguardare la posizione del personale militare precario e a prevedere la costituzione di una figura garante dei diritti fondamentali dei militari.
(4-05986)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è stata votata dal Parlamento la normativa che ammette il diritto al rimborso del valore dei beni perduti in Libia per i connazionali che ne furono forzatamente allontananti dal regime del Colonnello Gheddafi -:
quante domande di rimborso risulta siano state presentate;

a quanto ammontino gli importi richiesti e/o liquidati;
ove i rimborsi non fossero stati ancora disposti quale sia il motivo di questo ritardo e quando si intende procedere alle predette liquidazioni;
se si ritenga che i criteri utilizzati per determinare i rimborsi si siano effettivamente dimostrati congruenti con il valore dei beni abbandonati o perduti in Libia e quindi se effettivamente garantiscano un equo indennizzo.
(4-05976)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 21 luglio 1970 il colonnello Gheddafi confiscava i beni della famiglia del signor Giuseppe Navarra il quale lamenta di non aver avuto un indennizzo equo per supposte negligenze dell'ufficio tecnico erariale, oggi Agenzia del territorio, nella stima e nella valutazione della richiesta;
dopo aver chiesto una revisione della suddetta stima, in data 10 luglio 2009, in una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha ricevuto comunicazione che la richiesta non può essere presa in considerazione perché la normativa vigente non prevede la riapertura dei termini per i beni già indennizzati -:
se non si ritenga necessario considerare la possibilità della riapertura dei termini per la revisione e la stima dei beni confiscati nel processo di nazionalizzazione forzata operato dal colonnello Gheddafi ai danni dei nostri connazionali almeno nei casi controversi come quello citato in premessa, assumendo le opportune iniziative in proposito.
(4-05977)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
all'indomani dell'incontro svoltosi il 26 gennaio 2010 tra il Ministro della giustizia Angelino Alfano e le organizzazioni sindacali dei lavoratori penitenziari del comparto ministeri, si apprende ancora una volta che le dichiarazioni rilasciate sia dal Ministro che dall'attuale capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il dottor Ionta, includono nel piano carceri solo le assunzioni del Personale di Polizia penitenziaria, mentre nessuna volontà viene dichiarata in merito alla ormai improcrastinabile urgenza di assumere ulteriori unità di educatori penitenziari e psicologi. Dimenticanza questa ad avviso dell'interrogante gravissima e quanto mai intollerabile date le numerosissime denunce e proteste, gli accadimenti quotidiani all'interno dei circuiti carcerari, nonché le ben cinque mozioni approvate all'unanimità nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 relative alle condizioni in cui versano i nostri istituti di pena. In particolare, nella mozione 1-00301 a prima firma dell'onorevole Di Stanislao, il Ministro Alfano si è impegnato: «a procedere all'assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell'ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito»;
appare necessario e urgente un ampliamento strutturale degli istituti di pena, visto l'esorbitante numero di detenuti e con esso il numero degli agenti di Polizia penitenziaria - com'è nelle già dichiarate intenzioni del Ministro - ma non va dimenticato che il piano carceri, voluto dallo stesso Ministro, prevede uno straordinario ricorso alle misure alternative e senza l'assunzione di ulteriori unità di educatori, la procedura attuativa delle stesse certamente non potrà mai dare gli esiti sperati, poiché di tale intera procedura ne è artefice materiale proprio l'educatore;

infatti, su una popolazione carceraria di circa 67.000 detenuti, stando a quanto emerge da uno studio condotto da carcere possibile Onlus, ad oggi il rapporto educatore/detenuto è di 1 a 1000; pertanto le possibilità che un educatore incontri un carcerato si attestano intorno a meno di una all'anno, tempo evidentemente altamente inadeguato e assurdo per costruire un progetto rieducativo serio e condiviso, così come risulta impossibile che, con tali tempi, gli educatori oggi in servizio abbiano occasione per seguire tale progetto rieducativo e partecipare ad esso con contributi mirati per renderlo effettivamente efficace;
l'impossibilità di tali interventi, generato da una insufficienza numerica di educatori, rende, nella maggior parte dei casi, fallimentare l'esperienza carceraria nella sua componente riprogettuale dell'agito del detenuto e del suo corretto reinserimento nel tessuto sociale, disattendendo, per di più, al volere costituzionale;
di conseguenza, il sistema carcerario fallisce il suo compito, la società tutta perde occasioni di avvio e introiettazione dei principi della cultura della legalità, attentando da sola a se stessa con altissime probabilità di recidiva, come emerso da recenti statistiche che dimostrano come un detenuto che sconta la pena con una misura alternativa abbia un tasso di recidiva bassissimo, mentre chi sconta la pena in carcere torna molto più frequentemente a delinquere;
tutto ciò dimostra con ancora più forza argomentativa che il piano carceri, nella sua componente rieducativa, potrà funzionare solo grazie alla presenza di un adeguato numero di educatori in servizio nelle nostre carceri, affinché costoro garantiscano, nei giusti modi e nei tempi, l'espletamento di tutte quelle procedure atte all'accesso alle misure alternative auspicate dal Ministro, nonché a migliorare la qualità della vita, dell'intervento risocializzativo e rieducativo di chi resta dietro le sbarre;
il piano carceri, quindi, non può cominciare solo da un aspetto custodiale e strutturale, ma ha il dovere di affiancare immediatamente ad esso il principio costituzionale della rieducazione, e che grazie all'attività degli educatori beneficerebbero, in termini di vivibilità e umanità, in primis i detenuti, ma anche tutti gli operatori penitenziari, e ciò anche al fine di ridurre il numero dei suicidi, dei maltrattamenti, degli abusi generati dal sovraffollamento vertiginoso vissuto quotidianamente dai carcerati ed anche dagli agenti di Polizia penitenziaria;
per un miglioramento del sistema penitenziario sarebbe necessario un naturale e repentino avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica che per effetto del decreto legislativo n. 150 del 2009 è già stata drasticamente ridotta di circa 400 unità;
tramite una circolare, ora ai poliziotti penitenziari si richiederebbe anche di surrogare alle funzioni di psicologo e di educatore istituendo «Unità di ascolto» pensata per rispondere all'emergenza suicidi in carcere e alle malattie del sistema;
un piano carceri che abbia l'intenzione e la capacità vera di affrontare l'emergenza carceraria non possa trattare solo alcuni aspetti del problema, ma debba avere un approccio globale, che contemporaneamente, però, ponga al centro della sua azione realizzativa la componente umana, attraverso la messa in campo di competenze specifiche ed imprescindibili per le funzioni loro attribuite dalla legge -:
se il Governo intenda assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l'organico di educatori e psicologi previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;

se il Governo intende dare attuazione, quanto prima e vista la contingenza del problema suicidi nelle carceri, all'impegno assunto con la Mozione 1-00301, dando finalmente risposte concrete sull'ormai evidentissima urgenza di assunzioni di educatori e psicologi.
(4-05978)

BENAMATI, BRATTI, MARCHI, MIGLIOLI, FRONER e RUBINATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il gas di petrolio liquefatto (GPL) è una miscela di butano e di propano ottenuti dalla lavorazione del petrolio greggio, dai suoi derivati o dal gas naturale;
per contenere la spesa di riscaldamento (quale bene primario ed essenziale) per quei cittadini che si trovano nelle aree montane e marginali del nostro territorio, la nostra legislazione prevede uno sgravio fiscale per l'acquisto del GPL e gasolio;
l'articolo 2, comma 12, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, (Finanziaria 2009) ha messo a regime le agevolazioni di accisa relative al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati in zone montane ed in altri specifici territori nazionali di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001. Tra i territori ammessi al beneficio rientrano i comuni, o le frazioni dei comuni, non metanizzati ricadenti nella zona climatica E;
per le frazioni parzialmente non-metanizzate di comuni ricadenti nella zona climatica E, l'articolo 2, comma 13, della medesima legge, si era limitato a prorogare per il solo anno 2009 le agevolazioni di accisa sul gasolio e sul GPL. Tale previsione non è stata, però, prorogata né dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Finanziaria 2010) né tantomeno dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all'esame del Parlamento;
pertanto, a decorrere dal 1o gennaio 2010 è venuto meno l'ampliamento dell'ambito applicativo della riduzione di prezzo relativa al gasolio e al GPL usati come combustibile per riscaldamento in alcune zone del territorio nazionale climaticamente svantaggiate, previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
l'agenzia delle Dogane con nota protocollo n. 178604 del 31 dicembre 2009 ha stabilito che il beneficio è oggi applicabile alle sole frazioni non metanizzate, ricadenti nella zona climatica E, appartenenti a comuni metanizzati ricadenti nella medesima zona climatica E, intese come «porzioni edificate ubicate a qualsiasi quota, al di fuori del centro abitato ove ha sede la casa comunale, ivi comprese le aree su cui insistono case sparse», mentre restano escluse dal beneficio le frazioni parzialmente non metanizzate, ricadenti nella zona climatica E, appartenenti a comuni metanizzati ricadenti nella medesima zona climatica E, - limitatamente alle parti di territorio comunale individuate con delibera del consiglio comunale - ancorché nelle stesse frazioni fosse ubicata la casa comunale;
questa distinzione alimenta una confusione generale perché i comuni, nelle proprie delibere, sono tenuti a distinguere le zone metanizzate da quelle non metanizzate, individuando espressamente queste ultime, ma non sempre chiariscono, nelle medesime, quali di queste zone si trovino nel centro abitato dove è ubicata la casa comunale e quali, invece, si trovino al di fuori dello stesso. Ne consegue che gli stessi utenti non sono a volte in grado di indicare esattamente al proprio fornitore, in modo immediato, il proprio diritto ad usufruire, o meno, dell'agevolazione ed il fornitore rischia di vedersi contestare dagli uffici dell'Agenzia delle dogane il diritto al rimborso di quanto anticipato;
questo problema è stato riconosciuto dalla medesima agenzia delle Dogane, con nota 5961 del 15 gennaio 2010, che ha consentito che le Società fornitrici del gasolio e del GPL emettano, nei casi di specie, fatture a prezzo pieno, provvedendo

successivamente alla rifusione di quanto eventualmente dovuto una volta acquisiti, da parte degli utenti, gli atti adottati o rilasciati, di volta in volta, dalle amministrazioni comunali ed attestanti il diritto ad usufruire dell'agevolazione medesima;
si tratta di una soluzione che rischia di aggravare gli oneri per i cittadini -:
se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative dirette a dare natura permanente alle agevolazioni fiscali relative al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate;
quali ragioni tecniche abbiano condotto l'Agenzia delle dogane a condizionare il riconoscimento dell'incentivo alla presenza della casa comunale nelle aree non metanizzate;
se il Governo intenda addivenire ad una organica chiarificazione della normativa in questione al fine di dare certezza ai cittadini e agli operatori circa l'applicazione delle agevolazioni così prevenendo inutili e onerosi procedimenti risarcitori.
(4-05981)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 21 novembre 2003 fu indetto, dal Ministero della giustizia il concorso pubblico per la copertura di 39 posti nell'aerea C, posizione economica C1, per il profilo professionale di psicologo;
tale concorso il cui iter è stato lungo e complesso ed ha richiesto una preparazione molto approfondita sulle numerose materie d'esame si è concluso con la pubblicazione della graduatoria dei 39 candidati vincitori sul Bollettino ufficiale del Ministero n. 17 del 15 settembre 2006;
a causa del blocco delle assunzioni, a tutt'oggi i vincitori del predetto concorso non sono stati chiamati in servizio e la scadenza della graduatoria concorsuale è prevista per l'anno 2009;
la legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)» aveva confermato, in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello Stato, enti pubblici non economici, agenzie ed enti di ricerca, anche per l'anno 2006, la disciplina prevista dall'articolo 1, commi 95, 96 e 97, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
la legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), nel disporre per gli anni 2005, 2006 e 2007 il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni, aveva previsto la possibilità di deroghe a valere su un apposito fondo costituito dallo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze;
il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avrebbe utilizzato i fondi in questione per la riqualificazione di 54 unità di personale interno per l'anno 2006, di 273 unità di personale interno per l'anno 2007, mentre per l'anno 2008 sarebbe prevista l'assunzione di altre figure professionali, senza procedere ancora a quelle riferite al profilo di psicologo;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, recante «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», sembrerebbe non chiarire affatto la posizione dei 39 vincitori del concorso area C, posizione economica C 1 profilo professionale di psicologo. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 dà attuazione al decreto legislativo n. 230 del 1999, per cui risulta che il trasferimento di competenza era già previsto molti anni prima che fosse

bandito il concorso per 39 psicologi al Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria;
l'articolo 3, comma 10, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 recita testualmente: «Le Aziende sanitarie locali, previo accordo con il Ministero della giustizia e nel rispetto della vigente normativa in materia di contenimento delle spese di personale, possono avvalersi delle graduatorie dei concorsi espletati anteriormente alla data del 15 marzo 2008 per il reclutamento in ruolo di figure professionali oggetto del trasferimento al Servizio sanitario razionale»;
la formulazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, con riferimento all'articolo 3, comma 10, pregiudicherebbe il futuro professionale dei 39 vincitori di concorso che, nel passaggio della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale, vedrebbero declassata la certezza di un'assunzione a tempo indeterminato a seguito di espletamento di regolare concorso ad una mera possibilità di essere chiamati in servizio dalle aziende sanitarie locali;
il ruolo degli psicologi è fondamentale al fine di garantire la più efficace e corretta realizzazione del percorso di risocializzazione e dei programmi trattamentali dei detenuti, così assicurando la piena attuazione della finalità di rieducazione di cui all'articolo 27 della Costituzione;
al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) presta servizio un numero insufficiente di psicologi a fronte di una previsione nella dotazione organica di settanta unità per lo stesso profilo professionale e 400 psicologi collaborano con il Dap in veste di consulenti con contratti a tempo determinato prorogati ogni 12 mesi;
questo comporta un aggravio di spesa per il Dap, che invece afferma da anni di non avere i fondi da destinare alle assunzioni degli psicologi vincitori già inseriti in pianta organica;
d'altra parte anche le aziende sanitarie locali, invece di avvalersi degli psicologi vincitori, bandiscono nuovi concorsi, raddoppiando le spese già sostenute per il concorso suddetto;
ad avviso dell'interrogante, sarebbe opportuno provvedere all'assunzione degli psicologi di cui in epigrafe presso le Asl nel cui territorio sono ubicati gli istituti penitenziari procedendo quindi ad avviare e valorizzare negli stessi istituti l'intervento trattamentale di risocializzazione, quale, tra l'altro, è previsto dal citato articolo 27 della Costituzione e dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) -:
quali iniziative di competenza i ministri interrogati ritengano opportuno adottare al fine di garantire lo sblocco delle assunzioni dei 39 psicologi vincitori del concorso del 2003;
quali siano le concrete modalità applicative di quanto disposto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, per quanto riguarda il trasferimento dei rapporti di lavoro in materia di sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale.
(4-05992)

DI PIETRO, ANIELLO FORMISANO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Tirrenia Spa, è controllato interamente dalla Fintecna, di cui il 100 per cento dell'azionariato appartiene al Ministero dell'economia e delle finanze;
la Tirrenia Spa ad oggi conta circa 3.500 dipendenti ed effettua i servizi di collegamento marittimo a valenza sociale, coperti dallo Stato con contributi pubblici tra le isole italiane ed il continente, attraverso le quattro società a competenza regionale: Caremar, Saremar, Siremar e Toremar;

il 23 dicembre 2009 è stato pubblicato il bando per la manifestazione d'interesse all'acquisto di n. 108.360 azioni, rappresentante l'intero capitale sociale di Tirrenia Spa. Si avvia così, concretamente, il processo di privatizzazione di Tirrenia che dovrà essere concluso entro il 30 settembre 2010;
realizzato il trasferimento a titolo gratuito delle società Caremar-Saremar-Toremar alle rispettive regioni (non accordato dalla regione Sicilia per Siremar), sancito con il decreto-legge n. 135 del 2009, l'azionista Fintecna ha pubblicato il bando per le manifestazioni di interesse al termine del quale (19 febbraio 2010), farà seguito il bando effettivo per la privatizzazione;
tale processo, nonostante le pressanti richieste dei lavoratori di slittamento, dovrà essere concluso entro il 30 settembre 2010, in una fase congiunturale, quindi, ancora pienamente negativa;
con l'attuale Governo il processo di privatizzazione di Tirrenia ha subito un'accelerazione che nei fatti vanifica gli sforzi che il personale navigante ed amministrativo hanno profuso in questi ultimi anni in virtù di accordi sindacali che impegnavano i lavoratori in un percorso di sviluppo e di risanamento dell'azienda Tirrenia. Gli ultimi bilanci, infatti, hanno confermato la tendenza al risanamento del gruppo soprattutto per quanto riguarda la parte finanziaria -:
se il Governo non ritenga di assumere le iniziative di competenza:
per preservare l'azienda Tirrenia da rischi di svendita e di riduzione di attività che ne pregiudicherebbero i livelli occupazionali;
per garantire una partecipazione pubblica al futuro assetto proprietario dell'azienda;
per addivenire ad un piano di sviluppo condiviso dai lavoratori che delinei un ruolo per Tirrenia da svolgere anche in armonizzazione col vettore privato e che ne salvaguardi i livelli occupazionali;
per rivedere le clausole sociali introdotte col succitato decreto-legge n. 135 del 1999, considerate assolutamente inadeguate perché rappresentate dall'istituto della cassa integrazione speciale, preludio quindi al licenziamento, con validità di un solo anno;
per utilizzare ai fini della riorganizzazione della Tirrenia gli importanti strumenti che ci sono in Italia, come i contratti di solidarietà, la diversa ripartizione degli orari di lavoro e la cassa integrazione ordinaria, evitando i licenziamenti;
per realizzare un progetto che consideri il mare una importante risorsa soprattutto per il sud, progetto che può avere concreta attuazione raccordando il settore della navigazione a settori attigui, quali la cantieristica e la portualità;
per confermare il mantenimento della sede della Tirrenia a Napoli senza la perdita di alcun posto di lavoro.
(4-06004)

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, ANIELLO FORMISANO, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore della cantieristica italiana sta vivendo una grave crisi strutturale con una flessione significativa degli ordinativi di grandi navi;
la Fincantieri di Castellammare di Stabia è la più antica fabbrica di navi intesa in senso moderno e può vantare una lunga tradizione nella progettazione e nella costruzione di navi. Oltre duecento anni di storia segnati dalla costruzione di più di 7.000 navi di tutti i tipi che hanno dato, e continuano a dare, lustro all'industria italiana nel mondo;

numerose sono state le proteste degli operai del cantiere navale di questo stabilimento, proteste finalizzate a sollevare il problema della profonda crisi che sta investendo il sito stabiese e che sta portando ad un uso massiccio della cassa integrazione;
la situazione nel cantiere di Castellammare si fa sempre più critica. Lo stabilimento, che conta 680 dipendenti e oltre un migliaio di lavoratori legati alle piccole imprese che orbitano attorno ad esso, allo stato attuale è coinvolto da un programma di cassa integrazione che interessa nei diversi cantieri dell'area stabiese circa 1.000 lavoratori;
occorre con urgenza dare risposte ai problemi dei lavoratori, della Fincantieri e dell'indotto sia per l'immediato che in prospettiva futura -:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative urgenti volte a:
a) sbloccare quegli strumenti finanziari necessari a far partire le commesse alla Fincantieri;
b) salvaguardare e rilanciare l'attività cantieristica nella zona di Castellammare di Stabia, estendere gli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori dell'indotto e definire una nuova politica di rilancio del trasporto marittimo con investimenti sulle autostrade del mare in linea con le politiche europee;
c) affrontare la questione della rottamazione delle flotte, visto che l'80 per cento delle navi ha più di 25 anni;
d) intervenire sui costi assicurativi per le commesse estere;
e) accelerare l'individuazione di un pacchetto di commesse pubbliche.
(4-06005)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, MOSCA, MELIS, MATTESINI, BUCCHINO, BOCCUZZI, TOUADI, CODURELLI, MADIA, GNECCHI, GATTI, BELLANOVA, FARINA COSCIONI, BERRETTA e BOBBA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto comunicato da una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) «Emergenza suicidi - Istituzione unità di ascolto Polizia Penitenziaria» del 21 gennaio 2010, predisposta dalla direzione generale detenuti e sottoscritta dal capo del Dap, Franco Ionta, sarà istituito un «servizio di ascolto» composto da poliziotti penitenziari per far fronte al rischio suicidi tra i detenuti nelle sovraffollate carceri italiane;
dall'inizio del 2010 sono già sette i detenuti che si sono tolti la vita. Come esplicitato in premessa dalla stessa circolare «Senza dubbio le condizioni di sovraffollamento in cui gravano gli istituti penitenziari italiani rendono difficile assicurare ogni intervento puntuale ed immediato che possa efficacemente contrastare il drammatico verificarsi di episodi autolesionistici e, nella peggiore delle ipotesi, suicidarsi»;
il neo-istituito «servizio di ascolto» per prevenire il rischio suicidi tra i detenuti sarà composto - è scritto nella circolare - da «personale di polizia penitenziaria e dell'area educativa, ed integrato da appartenenti al volontariato»;
l'unità avrà il compito di «soccorrere il detenuto in situazioni di imminente criticità in cui non sia possibile l'intervento immediato di professionisti esperti, attraverso l'attivazione di dinamiche comunicative finalizzato al sostegno del soggetto in difficoltà, all'individuazione di problematiche specifiche e delle necessarie

misure di urgenza, secondo linee guida», che saranno emanate dalla direzione detenuti del Dap;
il Dap ritiene «indispensabile indirizzare ogni sforzo» così da «arginare l'attuale, impellente emergenza»;
in realtà spetterebbe al personale competente, gli psicologi e non ai poliziotti penitenziari, il compito di valutare se un detenuto è a rischio suicidio ma come ammesso all'Ansa dal Dap «nella prassi, anche a causa delle note carenze, le figure professionali istituzionalmente deputate all'assistenza psicologica del detenuto risultano (nelle ore pomeridiane, serali e notturne in cui più di frequente si verificano gli eventi a maggiore criticità) per lo più assenti o, comunque, non prontamente reperibili»;
in assenza di psicologi, il Dap prende pertanto atto che «la funzione di supporto psicologico e umano è spesso delegata al personale di polizia penitenziaria la cui assidua e costante presenza all'interno delle sezioni detentive nell'arco delle 24 ore rappresenta una risorsa utilmente spendibile e tale da assicurare ogni intervento di sostegno diretto ed immediato», anche se ciò non rientra nei compiti primari dei poliziotti penitenziari;
i poliziotti penitenziari dovranno acquisire conoscenze e competenze ad hoc, e dunque nella circolare vengono sollecitati i direttori delle carceri a individuare quattro-cinque ispettori o sovrintendenti di polizia penitenziaria che dovranno frequentare corsi formativi presso l'Istituto superiore di studi penitenziari al termine dei quali saranno operativi nel «servizio di ascolto» per prevenire il rischio suicidi;
si tratta di un provvedimento non condivisibile alla luce della vicenda della mancata assunzione dei 39 psicologi vincitori del concorso che il DAP si rifiuta di assumere;
è un fatto gravissimo che ai 39 psicologi si rifiuti l'assunzione e si deleghi il loro lavoro ai poliziotti penitenziari. Il ruolo della Polizia Penitenziaria è legato alla sicurezza e con un corso non diventeranno di certo psicologi, né tanto meno esperti di consulenza in caso di eventi critici quali possono risultare gli stati che precedono un suicidio, legati a depressione o altri disturbi psicopatologici, che vanno diagnosticati e valutati da un professionista psicologo;
in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (Dap) ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
è noto a tutti coloro che operano o conoscono l'ambito penitenziario, che la figura dello psicologo riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione del suicidio in carcere come, per altro, indicato nella Circolare Amato del 30 dicembre 1987 n. 3233/5689 che istituisce il servizio Nuovi Giunti che ha quale principale finalità quella di prevenire suicidi, nonché gli atti auto ed etero-lesionistici in carcere;
la Circolare del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria del 6 luglio 2007, n. 181045 istituisce il «Servizio di prima accoglienza» rivolto ai detenuti provenienti dalla libertà per attenuare «gli effetti traumatici della privazione della libertà e di predisporre gli interventi a tutela della incolumità fisica e psichica conseguenti all'ingresso in Istituto». Tale circolare conferisce un ruolo centrale allo psicologo sia consulente sia di ruolo;
il recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ribadisce che venga prevista una «valutazione medica e psicologica di tutti i nuovi ingressi, da effettuarsi, se del caso, in più momenti temporali e per congrui periodi di osservazione; [...] tale valutazione è fatta dal medico di medicina generale del presidio, in collaborazione con lo psicologo e con il supporto degli accertamenti specialistici del caso». Tali prestazioni rientrano di diritto tra i livelli essenziali di assistenza come esplicitamente indicato nel suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

è evidente che la prevenzione dei fenomeni di suicidio è uno dei compiti specifici dello psicologo in carcere ed è anche uno degli ambiti di intervento più delicati. Lo psicologo riveste un ruolo cruciale ed essenziale che di certo non può essere sminuito pensando di far a meno di questa professionalità o rendendo altro personale pseudo-psicologo;
sarebbe opportuno che si risolvesse anche la vicenda degli psicologi vincitori di concorso, ma quest'ultima Circolare lascia intendere che saranno destinate ad altre figure professionali le funzioni dello psicologo penitenziario;
sono insufficienti le misure adottate e gli interventi declinati dal Ministro con la dichiarazione di stato di emergenza e del piano carceri, benché sia più che opportuno un intervento, nulla di incisivo e tangibile è stato fatto per contrastare il sovraffollamento delle carceri, gravate da un surplus che supera ormai i 25 mila detenuti, a fronte di una carenza di organico di seimila unità che non potrà mai essere colmata dall'annuncio del piano di assunzione di 2000 poliziotti, che peraltro, come ben denunciato dalla CGIL, risulta essere ben più ridotto nel numero e spalmato nel quadriennio 2010-2013 -:
se intenda adeguare le piante organiche degli psicologi penitenziari alle esigenze dei penitenziari;
se il Governo intenda adottare iniziative al fine di garantire l'assunzione di un congruo numero di psicologi, indispensabili per la vita dei detenuti e come intenda risolvere la vertenza dei 39 psicologi vincitori di concorso, già denunciata nell'interrogazione a risposta in Commissione 5-01200 presentata nella seduta di mercoledì 25 marzo 2009, n. 152;
se non ritengano opportuno promuovere iniziative di carattere normativo, volte a far sì che l'assunzione dei vincitori di concorso sia garantita nel trasferimento della medicina penitenziaria dal Ministero della giustizia alle ASL, salvaguardando così i diritti dei vincitori di concorso ed evitando oneri per lo Stato derivanti da altre procedure concorsuali.
(5-02439)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le autopsie giudiziarie sono disposte dal pubblico ministero quali atti urgenti e non ripetibili, sotto la forma di consulenze tecniche ex articolo 359 e 360 del codice di procedura penale. Solo in pochi casi controversi sono disposte dal giudice per le indagini preliminari attraverso una perizia;
in assenza di un sistema pubblico di patologia forense, quali sono ad esempio il «medical examiner system» ed il «coroner system» vigenti negli Stati Uniti, od altri sistemi vigenti in Europa, nel nostro Paese ci si avvale di un sistema ottocentesco (l'affidamento dell'incarico volta per volta ad un singolo perito o consulente del magistrato, invece che ad una struttura organizzata e qualitativamente verificata) per effettuare indagini scientifiche oggi estremamente complesse, che necessiterebbero di strutture organizzate o di elevato livello tecnologico;
la qualità delle prestazioni risente di queste «carenze di sistema». A questo si unisce il fatto che la modestia degli onorari per queste prestazioni, basate su un tariffario non aggiornato dal 30 maggio 2002 (data del più recente decreto ministeriale in materia) e nella maggior parte dei casi pagate con ritardi notevoli, comporta che gli specialisti disponibili siano sovente volenterosi ma ancora inesperti professionisti all'inizio della propria carriera, oppure appassionati della materia privi di necessità economiche impellenti: gli onorari ben più elevati riconosciuti ai propri consulenti dalle parti private, difesa e persone offese dal reato, fanno sì che buona parte dei più qualificati professionisti preferisca essere loro consulente, anziché perito del giudice o consulente del pubblico ministero;

i problemi di contenimento della spesa pubblica, che potrebbero in qualche modo giustificare il mantenimento di un sistema poco efficace ma poco costoso non possono prescindere da un doveroso controllo della spesa: non vi è infatti alcuna certezza riguardo al fatto che l'attuale sistema sia il meno costoso tra i sistemi possibili;
quale sia stata, negli anni 2008 e 2009, la spesa complessiva effettuata dallo Stato per le consulenze tecniche e le perizie autoptiche, nelle quali cioè l'autopsia giudiziaria sia stata effettuata;
quale sia stata, nello stesso periodo, la spesa effettuata da ogni sede di Tribunale.
(4-05973)

CASSINELLI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la drammatica attualità di cui sono funestate le cronache nazionali riguardo al delicato tema della gestione/alterazione della scena del crimine, da parte dei primi operatori tecnici chiamati ad intervenire (siano essi sanitari del primo soccorso o essi rappresentanti delle forze dell'ordine), nonché della successiva ed altrettanto delicata fase della corretta esecuzione ed interpretazione del sopralluogo, dell'autopsia e delle correlate indagini di laboratorio, rendono indispensabile ed indifferibile un intervento normativo, da attuarsi di concerto con le società scientifiche attive nel settore della medicina legale e delle scienze forensi, teso a fornire strumenti tecnico-operativi moderni e scientificamente solidi, tali da consentire una adeguata effettuazione delle indagini scientifiche del delitto;
ricorre quest'anno il centenario dell'ultimo intervento dell'Esecutivo in materia: la circolare 30 giugno 1910, n. 1665, dell'allora Ministro di grazia e giustizia e dei culti, onorevole Fani. Da allora né il Governo, né il Parlamento si sono più occupati della metodologia in questo tipo di indagini per cui ci troviamo oggi in una situazione in cui la magistratura, senza averne ovviamente le competenze tecniche, decide quali indagini scientifiche debbano essere effettuate ed in quali casi, utilizzando lo strumento ottocentesco della perizia in un contesto profondamente diverso. Di fronte a tali importanti cambiamenti, l'assetto organizzativo è immutato e manca quantomeno uno strumento giuridico, sia esso in forma di circolare, sia esso in forma di recepimento di direttive europee, peraltro esistenti, che possa fornire una guida sul come, dove e quando intervenire su una scena del crimine, sul come eseguire una autopsia corretta e tutte le indagini ad essa correlata. Il tutto al fine, quantomeno, di arginare mediante tale strumento normativo il fenomeno dell'alterazione della scena del crimine o della non esecuzione delle autopsie quando necessarie e con modalità e tempistiche validate da corretti protocolli scientifici così come avviene negli altri Paesi europei;
a mero titolo d'esempio, ricordiamo il noto caso dell'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi, il cosiddetto «delitto di Cogne», in cui l'intervento del medico di famiglia alterò irrimediabilmente la scena del crimine spostando il corpo e lavando le ferite in un vano tentativo di soccorso; ricordiamo ancora quello dell'omicidio di Meredith Kercher, in cui l'ora del decesso fu un punto cruciale e la difesa sostenne che la scena del crimine fosse stata contaminata durante le perquisizioni ed un importante reperto fosse stato lasciato per giorni sul pavimento e solo successivamente acquisito; infine l'omicidio di Chiara Poggi, il cosiddetto «delitto di Garlasco» in cui le indagini sulle macchie di sangue presenti sul luogo del delitto e la determinazione dell'ora della morte furono oggetto di controversia;
ordunque, sopralluoghi tecnici giudiziari, rilevamento di tracce biologiche, ora e data della morte, causa e mezzi della morte, autopsia, e altro parrebbero attività che richiedono un intervento del legislatore. È noto che, nel Paese, le indagini scientifiche del delitto non sono effettuate in modo uniforme, ma anzi la loro qualità

differisce da luogo a luogo e da caso a caso. Il rilievo dei dati in sopralluogo, l'esecuzione dell'autopsia, il repertamento di dati importanti sulla scena del crimine o al tavolo settorio sono demandati alla sensibilità e soggettività dei professionisti coinvolti piuttosto che rifarsi, a garanzia della qualità delle prestazioni, a procedure ben codificate all'interno di modelli tecnico-operativi scientificamente condivisi che possano garantire, a chiunque intervenga, di sapere come comportarsi avendo a disposizione istruzioni chiare e comprensibili e poter intervenire senza alterare irrimediabilmente la scena del delitto. Le indagini sulla scena del crimine e sul cadavere devono rispondere a conoscenze tecniche specifiche che anche mediante semplici accorgimenti possono preservare tracce, evidenze, indizi utili al proseguo dell'indagine;
anche senza voler modificare il vigente codice di procedura penale, è possibile definire modelli e procedure tecnico operative moderne e condivise scientificamente allorquando le forze di polizia, a qualsiasi livello, procedendo ad iniziativa (articoli 55, 330, 347, codice di procedura penale) ovvero già su delega del pubblico ministero (articolo 370 codice di procedura penale), abbiano facoltà/necessità di compiere operazioni che richiedano una competenza tecnica specifica avvalendosi di soggetti idonei che non possono rifiutare l'opera (articoli 248, 359, 360 codice di procedura penale);
allo stato, gli unici strumenti normativi in tema di accertamento autoptico (tanto a finalità diagnostiche quanto giudiziarie) sono il regolamento di polizia mortuaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990) e, in tema di autopsia giudiziaria, la citata circolare Fani del 1910;
ed invero, se la circolare Fani fosse applicata, si verificherebbe in molti casi un miglioramento della qualità delle prestazioni medico forensi, non sempre affidate a consulenti competenti in materia (e spesso nemmeno specialisti nella disciplina) e talvolta effettuate in modo parziale ed approssimativo;
deve essere peraltro ricordato che 11 anni or sono fu emanata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa la raccomandazione No. R (99) 3, approvata senza riserve da parte del rappresentante italiano circa la sua applicazione, che tuttora non è stata recepita nel nostro ordinamento e non viene di conseguenza applicata, nonostante contenga principi ampiamente condivisibili e condivisi dalla comunità scientifica;
la raccomandazione stessa che si connota come «protocollo aggiuntivo» della Convenzione europea sui diritti dell'uomo e la biomedicina, nota anche come «Convenzione di Oviedo», vide la luce al seguito di lunga serie di lavori preparatori, risalenti addirittura al 1989, allorché fu costituito il gruppo di Siviglia per la armonizzazione ed il coordinamento europeo della medicina legale. Ne scaturì l'European council of legal Medicine che redasse un documento di regole protocollari in materia di autopsia giudiziaria nel quadro di una dimensione europea della specializzazione in medicina legale. Vi si aggiunsero quali utili fonti d'inspirazione anche la guida dell'interpol per la identificazione delle vittime delle catastrofi del 1991, adottata da ben 176 paesi, nonché i documenti del Minnesota lawyers international human rights committee sulle esecuzioni illegali (adottati dalle Nazioni Unite). Dopo l'emanazione da parte dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa della raccomandazione n. 1159 del 1991 sulla esigenza di armonizzazione delle regole autoptiche ai fini della determinazione delle cause della morte e della identificazione personale, sollecitata dalla crescente migrazione della popolazione in Europa, si rendeva urgente lo studio di linee-guida per una maggiore uniformità delle metodologie settorie e dei verbali, e veniva costituito un «Comitato di esperti ad hoc» (CAHRA) che ha operato in collaborazione con il Comitato direttivo per la bioetica (CDBI). Sono così via via maturate, attraverso varie versioni, le linee

guida del documento, promosso infine a rango di protocollo aggiuntivo della «Convenzione di Oviedo»;
nel 2005 si riunirono a Melfi gli esperti in medicina legale del nostro Paese appartenenti al mondo accademico, al sevizio sanitario ed alle due società scientifiche medico legali SIMLA e COMLAS, ed approvarono un protocollo autoptico italiano nel corso di una consensus conference, che è oggi adottato su base esclusivamente volontaria dai medici legali che, per coscienza e senso del dovere, ritengono di farlo;
in conclusione, sottolineando ancora la drammatica attualità riguardo al delicato tema della gestione/alterazione della scena del crimine da parte dei primi operatori tecnici chiamati ad intervenire, nonché della successiva ed altrettanto delicata fase della corretta esecuzione delle autopsie ed interpretazione dei reperti autoptici, ci si interroga sul perché ad oggi nulla sia stato fatto dal nostro Esecutivo dopo la emanazione della circolare Fani del 1910 e la citata raccomandazione del Consiglio d'Europa sia rimasta lettera morta nonostante sia oggi possibile darvi applicazione in tempi brevi potendo disporre del contributo delle Società scientifiche dei medici legali italiani -:
alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative il Governo intenda assumere, al fine di garantire la conservazione dello stato dei luoghi da parte degli operatori dell'emergenza e delle forze dell'ordine, l'esecuzione di corrette indagini di sopralluogo e di autopsie giudiziarie effettuate da specialisti preparati e in adesione a protocolli condivisi dalla comunità scientifica, e se in particolare intenda dare forza normativa a indispensabili protocolli operativi, come quelli previsti dalla Raccomandazione n. No. R (99) 3 approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 2 febbraio 1999, e se non intenda promuovere l'adozione di protocolli operativi da osservare obbligatoriamente.
(4-05974)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO e IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con l'introduzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), il nostro Paese, primo nel contesto comunitario, intende opportunamente adottare forme di controllo e verifica lungo tutta la filiera della gestione dei rifiuti, in particolar modo di quelli speciali e pericolosi, al fine di prevenire fenomeni di illegalità e pericolo per le popolazioni e l'ambiente;
tale importante strumento, tuttavia, non sembra esente da problematicità e onerosità che non sembrano essere state opportunamente valutate, soprattutto per quanto riguarda la sua applicazione nel comparto dell'autotrasporto, nonostante i numerosi richiami in proposito avanzati dalle organizzazioni sindacali del comparto;
in particolare, si segnala l'esigenza di un coinvolgimento, sinora negato, delle associazioni di categoria nella definizione delle modalità attuative e burocratiche nonché della durata della fase transitoria di sperimentazione;
altrettanto dirimente, appare la necessità di prevedere congrue forme di sostegno economico a fronte degli investimenti e dei maggiori oneri che le imprese di autotrasporto dovranno affrontare per ottemperare alle nuove metodologie sottese all'adozione del SISTRI;
un ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalla circostanza che tali obblighi ricadranno esclusivamente sulle imprese nazionali, escludendone l'applicazione per i vettori stranieri operanti sul nostro territorio, fattore che non potrà non determinare un ulteriore

elemento di svantaggio competitivo per gli autotrasportatori italiani -:
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di definire, secondo un proficuo metodo concertativo insieme alle organizzazioni di categoria, modalità attuative del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti compatibile con le peculiarità del nostro sistema di autotrasporto, a tal fine valutando l'opportunità di individuare adeguate forme di facilitazione, anche di carattere fiscale, per ottemperare alle nuove metodologie nonché per scongiurare improprie e ingiustificate forme di penalizzazione delle imprese italiane.
(5-02435)

Interrogazioni a risposta scritta:

FRANZOSO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'autorità portuale di Genova ha recentemente affermato che «gli hub di transhipment italiani non hanno futuro. E non ha senso drenare risorse pubbliche per tentare di far stare in piedi delle realtà che in piedi da sole non ci stanno. Magari togliendole ad altri scali come quelli dell'alto Tirreno o dell'Adriatico». Ed ancora: «...ora che la crisi sta tagliando dappertutto il lavoro... chiudiamo i porti del Sud e concentriamo le risorse in favore dei porti del nord»;
tali affermazioni rivolte indiscriminatamente nei confronti di porti che, al di là di svolgere una funzione indispensabile per l'intero cluster marittimo italiano, hanno svolto una funzione fondamentale proprio in favore di quei porti ai quali allude il presidente Merlo, suonano, secondo l'interrogante, come una irresponsabile politica miope ed egoistica;
già nel recente passato il presidente della regione Liguria aveva proposto all'allora Governo Prodi di drenare le risorse rivenienti dalla riforma per l'autonomia finanziaria dei porti, nell'ambito dell'autonomia finanziaria per destinarle al porto di Genova per la realizzazione del 3o valico;
se si può essere d'accordo sulla illogicità di impostare dal nulla nuovi hub portuali non si può in assoluto prendere in considerazione di raccogliere tutte le risorse destinate alla portualità sana economicamente per dedicarle a porti che nel tempo hanno prodotto e continuano a produrre passività e che non riescono a pensare un modello di gestione autosufficiente;
i porti hub del sud se dotati sufficientemente di reti ferroviarie appropriate potrebbero implementare la loro caratteristica di porti hub con quella diversificata e più produttiva di porti regionali. I Contenitori sbarcati al loro ingresso nel Mediterraneo e trasferiti su ferrovia potrebbero guadagnare almeno cinque giorni di navigazione rispetto ai porti del nord Europa;
il porto di Taranto, con i suoi traffici e con il suo modello di gestione, ha capacità di indebitamento e quindi di autonoma sopravvivenza proponendosi alla stessa stregua degli altri porti e accettando la sfida dell'autonomia finanziaria e gestionale;
prima della riforma del settore portuale i porti italiani erano fermi e continuavano a perdere mercato per il solo fatto che i «camalli» genovesi dettavano e imponevano le «tariffe» che dovevano essere applicate «nella riserva del lavoro portuale» che allontanava sempre più il lavoro dai porti italiani; oggi pare che il presidente dell'autorità portuale di Genova «per decreto» proponga di istituire nuovamente in Italia la «riserva del lavoro», ma questa volta non in favore dei lavoratori portuali italiani, ma solo dei «camalli genovesi»;
appare evidente come tale proposta non tenga assolutamente in conto il danno che si genera rispetto alle intenzioni degli investitori esteri in Italia in un momento particolarmente delicato per l'intero settore

e per il sud in particolare. Tali proclami non possono che disorientare ed allontanare ogni possibilità di investimenti esteri ancora possibili -:
quale sia la posizione del Governo rispetto alle affermazioni del Presidente dell'Autorità portuale di Genova relativamente a quanto espresso in premessa e se non ritenga indispensabile intervenire affinché tutta la portualità economicamente sana del nostro Paese abbia in egual misura l'attenzione dovuta da parte del Governo, in termini di risorse e di opportunità.
(4-05972)

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dal 13 dicembre 2009 il sistema ferroviario italiano ha adottato un nuovo orario per la circolazione dei treni che ha previsto la soppressione di innumerevoli fermate anche in città piuttosto importanti e per treni a carattere nazionale ed internazionale;
milioni di utenti si trovano così in difficoltà ad utilizzare i treni ad alta velocità (come il «Frecciarossa») per l'obbiettiva impossibilità di raggiungere le stazioni principali in tempi e con servizi ragionevoli;
conseguentemente, le società del gruppo «Trenitalia» subiscono una forte contrazione degli introiti e molti utenti si trovano comunque obbligati a mantenere la propria scelta verso il trasporto aereo o automobilistico;
la soppressione di alcune fermate - come a Verbania, capoluogo di provincia che ha visto soppresse tutto le fermate di treni importanti - ha portato a vivaci proteste dell'opinione pubblica -:
quali iniziative si intendano operare per indurre Trenitalia e società collegate a meglio interconnettere le principali stazioni ferroviarie della rete nazionale con le località ove fermano i treni della «alta velocità».
(4-05975)

HOLZMANN, GNECCHI, POLIDORI, DI BIAGIO, LO PRESTI, CASSINELLI, DEL TENNO, MAZZONI e GIULIO MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da una ricerca compiuta risulta che circa il 2 per cento dei bagagli della tratta Bolzano-Roma, vengono smarriti all'aeroporto «Leonardo da Vinci» di Fiumicino, fatto increscioso che causa notevoli disagi all'utenza;
lo smarrimento di bagagli è particolarmente grave considerato il ridottissimo numero di bagagli che vengono caricati sul piccolo aeromobile che porta un massimo di 31 passeggeri;
la percentuale segnalata è da considerare particolarmente elevata considerato che la maggior parte dei passeggeri ha come ultima destinazione la capitale e non si trova in transito -:
quali siano le cause dello smarrimento di tanti bagagli presso l'aeroporto di Fiumicino, e se siano stati adottati dei rimedi per limitare questo grave disservizio.
(4-05983)

HOLZMANN, GNECCHI, POLIDORI, DI BIAGIO, LO PRESTI, CASSINELLI, DEL TENNO, MAZZONI e GIULIO MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le procedure di avvicinamento stabilite per l'aeroporto di Bolzano risalgono a diversi anni fa e sono piuttosto restrittive al punto da limitare fortemente la possibilità di arrivo di aeromobili charter a causa dei vincoli imposti al preventivo addestramento dei piloti, prescrizione che di fatto impedisce uno sviluppo dello scalo per assicurarsi alcune rotte in coincidenza con le stagioni turistiche;
la società che gestisce l'aeroporto di Bolzano, ABD, ha da tempo avanzato la richiesta di una modifica delle procedure di sicurezza per i decolli e gli atterraggi

degli aerei e pur avendo ottenuto, in linea di massima, una prima validazione da ENAC, da un anno circa attende che venga convocato un tavolo tecnico tra ENAC ed ENAV, per definire delle procedure più consone allo scalo altoatesino, anche in considerazione dei possibili investimenti che potrebbero essere fatti per l'acquisizione di nuove strumentazioni per il controllo dei voli;
l'inspiegabile ritardo sta causando danni notevolissimi in considerazione del fatto che lo sviluppo del traffico passeggeri potrebbe portare ad un pareggio del bilancio di gestione ed invece si è costretti a ricorrere a finanziamenti ulteriori da parte della provincia autonoma di Bolzano, ovvero a far ricadere sui cittadini dell'Alto Adige i danni economici derivanti da atteggiamenti che sono, ad avviso degli interroganti, del tutto inspiegabili -:
per quali ragioni si stiano accumulando ritardi così lunghi nella definizione della vicenda che sta causando danni notevoli all'aeroporto di Bolzano;
quali siano i tempi previsti per la soluzione del problema.
(4-05984)

CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia dopo aver cancellato dal territorio della sesta provincia pugliese, Barletta-Andria-Trani le fermate dei treni Eurostar Fast veloci Frecciargento Puglia-Roma, negli ultimi mesi ha prima ripristinato la fermata di Brindisi e pochi giorni or sono, con l'entrata in vigore dell'orario invernale, anche quella di Benevento;
il criterio definito da Trenitalia per scegliere le fermate, come illustrato anche dall'amministratore delegato della società ing. Mauro Moretti, in una lettera inviata all'interrogante nelle scorse settimane, è quello l'ampiezza e della rilevanza del bacino di utenza servito dalla fermata stessa;
Barletta occupa la terza posizione nella classifica delle stazioni ferroviarie pugliesi, dopo Bari e Foggia, con un movimento annuo pari a circa tre milioni di passeggeri con un bacino d'utenza superiore rispetto a quello sia di Brindisi che di Benevento;
sempre l'amministratore delegato di Trenitalia, ingegner Mauro Moretti, audito dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati, ha dichiarato che la fermata di Barletta non poteva essere consentita perché la tratta Bari-Roma deve essere percorsa in un tempo significativamente inferiore alle quattro ore;
oggi, con il recupero della fermata di Benevento, la tratta viene percorsa in 3 ore e 59 minuti -:
quali siano le ragioni delle scelte delineate in premessa che appaiono contraddittorie rispetto ai criteri generali definiti da Trenitalia ma soprattutto eccessivamente penalizzanti per la città di Barletta;
quali siano le conseguenze per Trenitalia, in termini non soltanto economici, legate alla decisione di abbandonare uno scalo che registra un movimento annuo di tre milioni di passeggeri;
se non intenda assumere iniziative volte a ripristinare immediatamente la fermata di Barletta per assicurare ai cittadini un servizio doveroso e necessario ma soprattutto per evitare un danno economico e di immagine a Trenitalia.
(4-05985)

HOLZMANN, GNECCHI, POLIDORI, DI BIAGIO, LO PRESTI, CASSINELLI, DEL TENNO, MAZZONI e GIULIO MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei pressi dell'aeroporto di Bolzano verrà realizzato da un'azienda privata, Salewa, una costruzione di altezza piuttosto elevata;

tale costruzione potrebbe costituire una limitazione ai voli in particolari condizioni -:
se siano stati imposti dei vincoli allo scalo di Bolzano in realizzazione alla prevista costruzione della torre della ditta Salewa e, qualora detti vincoli fossero stati posti, per quali ragioni si sarebbe data priorità a quello che all'interrogante appare un interesse privato.
(4-05990)

PILI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel settembre 2008 i rappresentanti delle compagnie Air One e Air City Liner, Alitalia, Meridiana, Eurofly, hanno sottoscritto la seguente dichiarazione: «I vettori si impegnano a sottoscrivere una successiva convenzione che consenta di riconoscere alla categoria dei passeggeri nati in Sardegna e non più residenti il medesimo trattamento tariffario previsto per i residenti»;
l'Alitalia ha deciso repentinamente di negare l'applicazione delle tariffe in regime continuità territoriale agli emigrati sardi;
tale decisione unilaterale di Alitalia di cancellare la continuità territoriale per gli emigrati è inaccettabile e va respinta in quanto rappresenta, ad avviso dell'interrogante, un offesa al popolo sardo considerato che gli emigrati sono figli della loro terra e non possono essere allontanati ancora di più dalla loro comunità attraverso un trattamento discriminatorio;
la decisione della compagnia aerea di negare ai sardi nativi in Sardegna con una propria deliberazione interna il diritto di poter usufruire della continuità territoriale appare una decisione inaccettabile sia sul piano formale che sostanziale;
dopo la disastrosa gestione della continuità territoriale di questi ultimi anni che aveva portato ad una decisione della Commissione europea che escludeva gli emigrati sardi dalle tariffe onerate, le compagnie aeree, di concerto con la regione, avevano concordato di mantenere in essere il trattamento di continuità territoriale per gli emigrati sardi, da sempre, sin dalla prima applicazione della continuità territoriale nel 2002, annoverati tra i fruitori delle tariffe di riequilibrio;
la decisione di Alitalia, a giudizio dell'interrogante, deve essere immediatamente revocata con l'intervento diretto del Governo per ripristinare un atteggiamento più sensibile e corretto verso una regione insulare come la Sardegna;
appare ormai improcrastinabile che vengano adottati atti formali verso un'estensione della continuità territoriale non solo ai nati in Sardegna ma a tutti i cittadini italiani ed europei che da aeroporti nazionali si rechino in Sardegna;
si tratta di un'estensione, quella a tutti i cittadini italiani ed europei, che porrebbe fine a quella che all'interrogante appare una palese ingiustizia considerato che se un ponte tra la Sardegna e il resto del Paese deve essere realizzato non può essere ad excludendum provocando un danno ingente alla Sardegna e al suo diritto di essere collegata in entrata e in uscita, per i residenti e non, al resto del Paese;
la decisione dell'Alitalia e la mancata estensione della continuità territoriale da e per la Sardegna a tutti i cittadini in partenza da aeroporti italiani significa sostanzialmente negare un diritto costituzionalmente e universalmente riconosciuto alla libertà di movimento delle persone, tanto più se intendono far rientro nella propria terra d'origine, a pari condizioni di tutti i cittadini europei;
la FASI, la Federazione degli emigrati sardi in Italia, aveva sollecitato ripetutamente la definizione di tali impegni in modo che non siano lasciati a generiche intese unilaterali da parte delle compagnie aeree;
numerose iniziative parlamentari in tale senso sono state intraprese le quali,

con pubbliche dichiarazioni di sostegno da parte del Governo, proponevano:
a) attuare una continuità territoriale che tenga conto del processo di liberalizzazione del mercato disposto dall'unione europea su più rotte con la Sardegna e i sistemi aeroportuali nazionali ed europei;
b) prevedere una nuova continuità territoriale in attuazione delle norme comunitarie e nazionali che consenta di avere più operatori sulla stessa tratta ma definendo una tariffa massima da sottoporre al regime di onere del servizio pubblico;
c) consentire a tutte le compagnie di poter viaggiare sulle rotte sarde definendo una tariffa massima prestabilita di onere di servizio pubblico, alla quale ogni compagnia, nell'ambito del principio di concorrenza prescritto dall'Unione europea, potrà proporre ribassi;
d) fare in modo che la determinazione della tariffa massima ammissibile tenga conto del principio di riequilibrio legato alle condizioni insulari della Sardegna, applicando le condizioni più favorevoli del parametro del costo ferroviario;
e) proporre nell'ambito della conferenza di servizi le nuove regole e tariffe e pubblicare sulla Gazzetta europea e su quella ufficiale dello Stato il decreto con il quale si avvii una procedura di evidenza pubblica per verificare l'adesione delle compagnie aeree alla proposta di contratto di oneri di servizio pubblico;
f) incrementare il numero dei voli e delle frequenze al fine di garantire l'applicazione del principio comunitario relativo alla circolazione di mezzi e passeggeri nelle regioni comunitarie definite insulari, periferiche o ultraperiferiche;
g) incrementare il numero di rotte da sottoporre ad onere di servizio pubblico al fine di applicare il principio di efficienza del servizio pubblico;
h) riaffermare la continuità territoriale per gli emigrati sardi ed estenderla ai coniugi e ai figli degli emigrati considerato che il mancato riconoscimento di tale principio provocherebbe una grave discriminazione culturale sociale ed economica per tutti quei sardi che hanno dovuto lasciare la Sardegna e che avrebbero, rispetto a tutti i cittadini europei, un aggravio insopportabile proprio a causa dell'insularità della Sardegna;
i) prevedere in base ai princìpi fondamentali dell'Unione europea il riconoscimento della stessa continuità territoriale a tutti coloro che, residenti nel territorio nazionale ed europeo, debbano utilizzare, da aeroporti nazionali italiani, tratte aeree da e per la Sardegna -:
se non ritenga il Governo di dover immediatamente intervenire per ripristinare il rispetto delle intese precedenti estendendo la continuità territoriale innanzitutto agli emigrati sardi;
se non ritenga il Governo di dover avviare un'azione più incisiva al fine di riformare la continuità territoriale nel senso indicato nelle iniziative parlamentari già promosse relativamente agli obiettivi richiamati in premessa;
se non si ritenga di dover promuovere un confronto urgente con l'Unione europea assicurando il coinvolgimento della regione Sardegna, al fine di prevedere una nuova continuità territoriale che sappia rendere la Sardegna effettivamente collegata al resto del Paese, nel rispetto di un principio di riequilibrio delle condizioni insulari che gravano sulla regione sarda.
(4-06008)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

RAINIERI, ALESSANDRI, BRIGANDÌ, STUCCHI, VANALLI, COMAROLI, SIMONETTI, CAPARINI, STEFANI, GIBELLI, FEDRIGA, RONDINI, GRIMOLDI, GIDONI, CALLEGARI, FAVA, PIROVANO, POLLEDRI, NEGRO, BITONCI, PAOLINI,

FUGATTI, VOLPI, REGUZZONI, DAL LAGO, MUNERATO, LANZARIN, D'AMICO, CONSIGLIO, DESIDERATI, FORCOLIN, DOZZO, PINI, GOISIS, BONINO, NICOLA MOLTENI, TOGNI, GIANCARLO GIORGETTI, MACCANTI e FOGLIATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con denuncia di inizio attività in data 31 ottobre 2007, relativamente ad un capannone industriale sito in area classificata come «zona produttiva di completamento - ZP3», l'associazione «Comunità Islamica di Parma e Provincia» ha conseguito il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile da «Ucc» (attività artigianali del settore secondario di tipo non laboratoriale) a «Uib3» (associazioni a scopo religioso, politico, sociale e ricreativo per la diffusione della cultura e dello sport) per il 30 per cento della superficie lorda utile (s.l.u.) realizzabile, in conformità del disposto dell'articolo 44 del regolamento urbanistico edilizio (r.u.e.). Successivamente, con istanza presentata il 3 marzo 2008, la medesima associazione ha richiesto il rilascio di un permesso di costruire in deroga, ai sensi dell'articolo 15 della legge regionale n. 31 del 2002, al fine di estendere la nuova destinazione d'uso alla totalità dell'immobile, ovvero per il restante 70 per cento della s.l.u. realizzabile;
l'Amministrazione comunale ha valutato sussistente l'interesse pubblico alla deroga all'articolo 44 del r.u.e. (che fissa il tetto del 30 per cento della s.l.u. consentita), ed ha autorizzato l'intervento per l'intero immobile e con riferimento all'uso «Ud» (usi per attività direzionali e pubblica amministrazione), in particolare all'uso «Uda6» [sedi delle istituzioni secolari della chiesa cattolica (vescovado) o di altre organizzazioni religiose], in quanto sede dell'Associazione «Comunità Islamica di Parma e Provincia», e ha disposto altresì la sospensione della riscossione del contributo di costruzione e del reperimento degli standard dovuti, per poi rilasciare l'autorizzazione unica per l'intervento di cambio destinazione d'uso da "produttivo" a "sede comunità islamica" da eseguirsi in via Campanini n. 6;
contro tali atti hanno proposto impugnativa gli artigiani che operano sull'area, in quanto proprietari o utilizzatori in locazione finanziaria di immobili ubicati nei pressi dell'edificio oggetto delle relative determinazioni, e dichiaratisi interessati ad evitare che vengano pregiudicati i valori urbanistici della zona artigianale di appartenenza;
i ricorrenti hanno imputato all'Amministrazione comunale di non avere considerato che l'articolo 44 del r.u.e. non include in «zona produttiva di completamento - ZP3» la destinazione tipica degli edifici adibiti a luogo di culto (uso «Uie», edifici e attrezzature per il culto), a tale categoria dovendosi oggettivamente ascrivere l'impiego che dell'immobile l'associazione vuole fare;
gli stessi lamentano che non si sia in ogni caso valutato l'impatto dell'aumento di carico urbanistico derivante dalla variazione della destinazione d'uso, giacché il passaggio da uso «Ucc» a uso «Uda6» avrebbe comportato il reperimento di 325 metri quadrati di parcheggi pubblici, mentre la deliberazione consiliare non ha fornito alcuna concreta giustificazione circa la decisione di prescinderne; censurano anche l'omessa comunicazione di avvio del procedimento alle ditte che avevano a suo tempo rappresentato all'Amministrazione comunale dubbi e perplessità a proposito del ventilato intervento edilizio;
a seguito, poi, del rilascio del certificato di conformità edilizia ed agibilità, i ricorrenti hanno impugnato i relativi atti con «motivi aggiunti» depositati in data 11 dicembre 2008. Con ulteriori «motivi aggiunti» (depositati in data 17 aprile 2009) i ricorrenti hanno successivamente impugnato la dichiarazione d'inizio attività n. 2393/2008 del 5 agosto 2008 (prot. n. 141868) e il titolo abilitativo tacito formatosi su di essa, nonché il parere favorevole sulla richiesta di conformità antincendio rilasciato dal Dipartimento dei

vigili del fuoco (Comando provinciale di Parma) in data 3 novembre 2008. Gli artigiani denunciano l'insussistenza, sotto più profili, dei presupposti di legge per la conformità dell'intervento alla normativa in tema di prevenzione incendi, nonché la contraddittorietà di un titolo abilitativo che ha ignorato la diversa destinazione d'uso assentita con il permesso di costruire (Uda6) rispetto a quella posta a fondamento della d.i.a. (Uib3), ed infine l'invalidità derivata dagli atti censurati con i motivi originari;
si deve ricordare che uno dei motivi dei ricorsi è il pregiudizio che ai valori urbanistici della zona artigianale in questione deriverebbe dall'insediamento di un edificio di culto idoneo ad incidere sul carico urbanistico del territorio circostante, ciò che farebbe individuare nei relativi proprietari un apprezzabile interesse a vedere annullati i titoli abilitativi di cui trattasi;
il tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sezione di Parma (TAR) ha giudicato positivamente il ricorso richiamando come la giurisprudenza (v. T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Trento, 7 maggio 2009 n. 150), affrontando un caso sostanzialmente simile, abbia osservato che l'intervento edilizio che comporti una variazione di destinazione d'uso può essere correttamente inquadrato soltanto se si prende a riferimento quanto riportato negli elaborati tecnici; che se, pertanto, la planimetria del progetto relativo ad un centro culturale di religione islamica evidenzia, fra i vari previsti, un locale pari alla metà della superficie totale disponibile ed espressamente destinato a «sala riunioni» dedicata ai fedeli - oltre tutto ospitando il mihrab orientato verso la Mecca -, se ne deve necessariamente evincere la destinazione principale a luogo di culto islamico, con locali accessori per attività sociali e religiose collaterali; che, in definitiva, le concrete caratteristiche dei locali - indipendentemente dalle intenzioni espresse dagli interessati - e cioè l'obiettiva idoneità di larga parte della struttura ad ospitare riti religiosi è in sé sufficiente a farne ravvisare la prevalente destinazione a luogo di culto; che non è neppure rilevante che a tale vocazione non sia stato riservato l'intero spazio a disposizione, posto che il modello di moschea, quale si riscontra nei Paesi a fede mussulmana, assolve anche compiti diversi da quelli di una chiesa cristiana;
nella sentenza del TAR si è evidenziato altresì che la destinazione a luogo di culto sia stata esplicitamente ammessa dalla stessa associazione islamica che nella propria memoria difensiva aveva riferito che l'immobile sarebbe stato stabilmente adibito a moschea, oltre che a sede dell'associazione, e in tale veste diretta ad ospitare i fedeli per la rituale preghiera del venerdì;
da ultimo, sempre il TAR, si è espresso sfavorevolmente sulle deroghe assentite dall'amministrazione comunale, partendo dalla considerazione che le norme in materia di concessioni edilizie in deroga devono essere interpretate restrittivamente, e cioè nel senso che le deroghe al piano regolatore comunale non possono travolgere le esigenze di ordine urbanistico a suo tempo recepite nel piano, e che non possono costituire oggetto di deroga le destinazioni di zona che attengono all'impostazione stessa del piano regolatore generale e ne costituiscono le norme direttrici; si è desunto che anche secondo la pertinente disciplina regionale, la deroga è consentita unicamente nel novero delle diversificate destinazioni d'uso ammesse dal piano regolatore all'interno delle singole destinazioni urbanistiche previste dalla legge, così osservandosi il corretto rapporto tra destinazioni d'uso dei singoli beni e destinazioni di zona (v. TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sezione II, 21 giugno 2006, n. 875);
in tale ambito il tribunale amministrativo ha valutato che indipendentemente dall'assenza di un'espressa autorizzazione a destinare l'immobile ad edificio di culto, il permesso di costruire in deroga nella circostanza rilasciato non avrebbe in ogni caso potuto essere inteso come titolo

legittimante una destinazione d'uso («Uie») non rientrante tra quelle ammesse dalla normativa di piano nella «zona produttiva di completamento - ZP3», ai sensi dell'articolo 44 del r.u.e.;
alla luce di tali elementi il TAR ha dichiarato l'illegittimità della deliberazione consiliare n. 21/6 in data 11 marzo 2008 (recante la deroga ex articolo 15 della legge regionale n. 31 del 2002) e del provvedimento dirigenziale del 18 marzo 2008 (recante l'autorizzazione unica per l'intervento di cambio destinazione d'uso da "produttivo" a "sede comunità islamica"), con conseguente annullamento di detti atti e degli altri atti impugnati;
durante i 18 mesi della fase processuale, gli artigiani ricorrenti hanno ripetutamente inviato istanze all'amministrazione chiedendo interventi per limitare i parcheggi selvaggi e per impedire che nella moschea entrassero anche 1000 persone come più volte è accaduto e dimostrato documentalmente;
ad oggi, nonostante la sentenza del TAR su cui però vi è una sospensiva accolta dal Consiglio di Stato, le attività nella moschea si svolgono regolarmente ed in più continuano i lavori di ampliamento della sede, pur essendo stata diffusa dalla stampa la notizia che l'11 gennaio 2010 l'ufficio edilizia del comune di Parma abbia emesso una ingiunzione per la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi a cura dei responsabili e abbia così intimato alla Comunità islamica di rimuovere le opere abusive;
di fronte a tale vicenda si è mossa anche la locale sede della Lega Nord, che insieme agli artigiani, hanno inviato un dossier di denuncia al Ministro dell'interno;
ma l'azione della locale Lega Nord e degli artigiani ricorrenti vuole che si faccia ancora più chiarezza sul caso, in quanto soprattutto la Lega Nord chiede perché non sia stata aperta nessun indagine circa la provenienza di quel capannone (ora sede della moschea) dato che apparteneva a Carlo Dante Columella di Altamura, imprenditore barese arrestato e condannato per associazione a delinquere. Pertanto la Lega chiede di sapere se la provenienza dell'immobile sia lecita o illecita;
gli stessi soggetti che chiedono chiarezza sulla provenienza del capannone hanno più volte richiesto l'intervento della polizia urbana perché documentasse le illegalità sia in tema urbanistico, sia in tema di illiceità di uso e sia e soprattutto di sicurezza, ma a tale intervento di documentazione non è stato mai fatto riscontro;
infine, sia la Lega Nord, sia i predetti artigiani, richiamano le attenzioni sulla pericolosità dell'impatto sulla viabilità determinato dalla contemporanea presenza di un elevatissimo e disordinato numero di fedeli che si riversa in strada senza controllo, anche ostacolando le attività produttive del quartiere -:
se non intenda verificare i fatti esposti in premessa e, dove riscontrati coerenti, quali iniziative intenda assumere per ripristinare condizioni di piena conformità al diritto.
(3-00895)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il decreto ministeriale 14 maggio 2007 veniva indetto un concorso pubblico di 35 posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia;
oltre ai 35 vincitori, 15 fra i candidati sono risultati idonei;
l'assunzione dei 35 vincitori, autorizzata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 aprile 2009, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 luglio 2009, non è ancora stata formalizzata;
al 1o gennaio 2010, a fronte di 912 posti di vice prefetto aggiunto, ne risultano coperti solo 550, nonostante la riduzione

degli assetti organizzativi operata in forza di quanto previsto dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
tale carenza potrebbe essere, anche se solo in minima parte, coperta dall'assunzione dei 15 candidati risultati idonei al concorso del 2007;
va altresì segnalato che tale carenza di organico è destinata ad aumentare, per via dei pensionamenti, delle promozioni ed anche della recente istituzione delle sedi prefettizie di Monza-Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani, il cui allestimento organico è ancora in forza di definizione;
la volontà di colmare le suevidenziate carenze risulta peraltro confermata nella nota preliminare allo stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2010, da cui si evince l'intenzione dell'amministrazione di bandire, nel corso del triennio 2010-2012, un nuovo concorso per la copertura di 65 posti;
tale circostanza lascia presupporre che i 15 idonei saranno comunque assunti, posto che, in forza di quanto previsto dall'articolo 15, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, ed anche della sentenza n. 8742 data in Roma il 15 settembre 2009 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, lo scorrimento della graduatoria in corso di validità è per l'amministrazione pubblica obbligatoria allorché essa decida di coprire i posti resisi vacanti nel periodo di validità delle graduatorie concorsuali;
nel contesto descritto, la contestuale assunzione dei 35 vincitori e dei 15 idonei consentirebbe di evitare una duplicazione di corsi di formazione con evidente risparmio di risorse umane e finanziarie;
come si evince dal già citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 aprile 2009, l'autorizzazione all'assunzione dei 35 vincitori è intervenuta sulla base dei risparmi di spesa per le cessazioni del personale nell'anno 2007: parimenti l'immissione in servizio dei 15 idonei potrebbe avvenire sulla base delle ingenti quiescenze imputabili agli anni 2008 e 2009 -:
come il Governo intenda procedere per la copertura dei posti vacanti e se non ritenga opportuno procedere ad autorizzare l'assunzione dei 15 candidati risultati idonei al concorso del 2007: soluzione, quest'ultima, che parrebbe la più opportuna sotto molteplici punti di vista.
(4-05980)

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dopo un periodo di tregua è stato denunciato, nella notte di lunedì 12 gennaio 2010 un nuovo preoccupante episodio intimidatorio ai danni del sindaco Antonio Bisignani di S. Agata d'Esaro (Cosenza) e della sua famiglia. Questa volta sono entrati nel mirino dei piromani gli anziani genitori ai quali è stato incendiato un divano di casa;
nei mesi scorsi, il primo cittadino è stato oggetto di altri episodi intimidatori, solo per citarne alcuni: il 9 maggio, alla vigilia della presentazione delle liste, ignoti hanno appiccato il fuoco ad alcuni scatoloni situati in un locale nei pressi della porta del suo appartamento; il 3 giugno, a due giorni dalla chiusura della campagna elettorale, nel garage di casa è andato in fiamme il vano motore della Fiat 600 di proprietà della cognata del dottor Bisignani; il 15 giugno è stato rinvenuto nell'ufficio della polizia municipale un biglietto intimidatorio con il disegno di due bare, il 14 luglio la casa del sindaco è stata devastata e imbrattata con minacce in un vero e proprio raid notturno; il 27 luglio l'aula consiliare, alla vigilia di un importante consiglio comunale è stata imbrattata con vernice spray nera con delle croci e con la frase «no cambio»;
ormai il clima di sospetto è diffuso e l'agibilità democratica è ridotta ai minimi termini. Qualunque intervento tendente a svolgere un ruolo di opposizione politica è

valutato come gesto che alimenta odio nei confronti dell'amministrazione comunale;
nonostante gli episodi di intimidazione si siano ripetuti, le indagini non hanno portato alla luce nessun elemento di chiarezza -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire l'incolumità fisica e il sereno svolgimento dell'azione politica degli amministratori locali e del rappresentante politico, vittima dei gravi episodi elencati in premessa, onde evitare che atti intimidatori come quelli denunciati abbiano a ripetersi in futuro.
(4-05999)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Carpaneto Piacentino, in provincia di Piacenza, con delibera n. 22 del 26 giugno 2006, approvava il piano particolareggiato di iniziativa privata denominato «Borgo San Lazzaro 2», giusta l'istanza presentata il 28 gennaio 2005 da C 2000 srl;
in data 10 luglio 2009, C 2000 srl inoltrava richiesta di variante al detto piano particolareggiato di iniziativa privata, successivamente integrata in data 31 luglio 2009, per modifiche dell'assetto urbanistico del piano precedentemente approvato, oltre che per l'insediamento di una struttura commerciale medio grande alimentare (sino a 1.500 metri quadri), come consentito e previsto dagli articoli 111 e 112 delle norme di attuazione del piano operativo comunale vigente in quel comune;
in data 29 settembre 2009, il responsabile del procedimento (settore urbanistica edilizia e territorio del comune di Carpaneto Piacentino) ha interrotto l'iter amministrativo della pratica, chiedendo a C 2000 srl integrazioni documentali, successivamente depositate dalla detta società in data 27 ottobre 2009;
in data 29 settembre 2009 la giunta comunale del comune di Carpaneto Piacentino approvava la delibera n. 106, avente chiaro indirizzo politico ma consequenziali effetti sotto il profilo amministrativo, volta ad assumere una posizione di consapevole prudenza in ordine ai nuovi insediamenti o ampliamenti aventi ad oggetto «l'apertura di attività commerciali con particolare attenzione alla previsione di nuove medio grandi struttura di vendita alimentare o non alimentare», coltivando l'amministrazione l'obiettivo irrinunciabile della tutela delle attività commerciali già insediate sul territorio;
pur risultando concluso l'iter amministrativo della variante al piano particolareggiato di iniziativa privata evocata, il responsabile del procedimento non ha ancora assunto atti a valenza esterna;
nella predetta delibera 106 della giunta comunale di Carpaneto Piacentino, dichiarata dalla stessa immediatamente esecutiva, si dava atto della «non necessità» di acquisire il parere del responsabile del servizio, in quanto si trattava di «deliberazione ad indirizzo politico»;
per contro, nella parte dispositiva, la delibera citata prevedeva che l'iter procedurale delle pratiche in itinere e di quelle future - interessate dalle osservazioni presentate dall'amministrazione comunale di Carpaneto alla delibera n. 17 del 16 febbraio 2009 del consiglio provinciale di Piacenza con la quale veniva adottato il piano territoriale di coordinamento provinciale - restasse sospesa «nelle more che il Consiglio Provinciale si pronunci nel merito»;
è evidente l'ininfluenza che l'eventuale accoglimento delle osservazioni formulate dalla giunta comunale di Carpaneto Piacentino al piano territoriale di coordinamento provinciale adottato dalla provincia di Piacenza avrebbe sulle pratiche urbanistiche in itinere, soprattutto per quelle conformi alle norme urbanistiche (PSC-POC-RUE) vigenti nel comune in questione;
la citata deliberazione della giunta comunale, quanto meno arbitraria a giudizio

dell'interrogante, lungi dal manifestare unicamente un «indirizzo politico» per contro esplicita amministrativamente i suoi effetti su tutti i cittadini (ivi compresi C 2000 srl), i quali, facendo pieno affidamento sulla normativa urbanistica in vigore nel comune di Carpaneto, hanno l'incomprimibile diritto di vedere, per le pratiche in corso, concluso l'iter nei termini di legge -:
se avverso la delibera della giunta comunale di Carpaneto Piacentino più volte richiamata risultino presentati ricorsi in sede amministrativa o avviate indagini in sede penale e quale ne sia lo stato.
(4-06009)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i frequentanti la seconda edizione del corso di specializzazione per il sostegno dell'anno accademico 2008/2009, istituito presso il Sis di Torino - che dovranno sostenere l'esame finale entro marzo 2010 - non hanno potuto iscriversi nelle graduatorie ad esaurimento poiché il bando di ammissione al corso è stato pubblicato solo ad agosto 2009 pertanto troppo tardi rispetto ai termini previsti;
al fine di evitare una ingiusta discriminazione, che si verrebbe a configurare, tra i frequentanti il corso di cui sopra e i frequentanti la prima edizione del corso dell'anno accademico 2008/2009, che viceversa hanno avuto la possibilità di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento, si rende necessario un intervento normativo -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda adottare un provvedimento che permetta ai frequentanti la seconda edizione del corso di cui sopra di inserirsi, già da giugno, negli elenchi di sostegno con il punteggio corrispondente alla classe di concorso.
(5-02436)

Interrogazione a risposta scritta:

GIACHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Municipio I di Roma, in accordo con comune e regione ha approvato un progetto di costruzione di un parcheggio interrato privato insistente nell'area attualmente adibita a cortile del liceo «Virgilio»;
la protesta dei genitori e degli studenti dell'istituto, che si è tradotta in una occupazione pacifica del suddetto cortile, ha ottenuto un primo risultato con l'accoglimento dell'istanza di sospensione per la realizzazione del parcheggio da parte del Tar, che però dovrà pronunciarsi nel merito il 3 febbraio 2010;
la zona interessata dai lavori si trova nel pieno centro di Roma, tra Campo dei Fiori e il Lungotevere, ed è così pregiata che - a giudizio dell'interrogante - di tutto avrebbe bisogno fuorché di uno spazio per parcheggiare le macchine;
la costruzione di tale parcheggio, oltre ad arrecare pesanti disagi per gli abitanti, potrebbe danneggiare anche i palazzi antichi che sono tutt'intorno a quell'area, con gravi conseguenze per la stabilità di questi edifici;
l'idea di un parcheggio per le auto appare quantomeno inconciliabile con la comune volontà di disincentivare l'uso delle auto a vantaggio dei mezzi pubblici, con l'aggiunta di un maggior inquinamento e delle conseguenze dirette per i commercianti di zona (con il via vai di camion e i relativi lavori di costruzione) -:
se il Ministero sia in qualche modo coinvolto nella valutazione di questo progetto e in tal caso, se abbia verificato tutti gli aspetti legati al sistema delle tutele di sua competenza al fine di garantire le certezze necessarie a tutti i soggetti direttamente

o indirettamente interessati dalla realizzazione di tale opera.
(4-05996)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nel 2004 Italtel ha acquistato un'azienda di 500 dipendenti (One-ans) che opera nel mercato della sicurezza delle reti informatiche rivolto anche alla pubblica amministrazione (350 sono a Castelletto di Settimo Milanese, 150 a Roma). Oggi One-ans è completamente integrata nelle attività Italtel, operando in maniera stabile direttamente dal cliente (Vodafone, Wind, Telecom, banche, pubblica amministrazione). Dalla data dell'acquisizione oltre la metà dei dipendenti di One-ans ha dato le dimissioni dall'azienda;
le sedi commerciali di Italtel sono rispettivamente localizzate a Castelletto di Settimo Milanese (Milano) e Roma, mentre l'insediamento di Carini (Palermo) e parte dell'area di Castelletto costituiscono il cuore della ricerca Italtel. Il gruppo occupa oggi circa 2.100 addetti;
da 10 anni i fatturati di Italtel sono a rischio. Il problema è duplice, il rifinanziamento del debito da parte delle banche e la ricapitalizzazione della società da parte degli azionisti Telecom, Cisco e fondi americani;
sono ormai poche le aziende di Italtel con 1500 dipendenti. Oggi 1400 persone in tutto il gruppo sono in contratto di solidarietà per un anno e mezzo (da luglio 2009 a dicembre 2010, lavorando mezza giornata in meno alla settimana per ridurre gli eccedenti). Questo sta impedendo il licenziamento di un centinaio di lavoratori. Entro la fine del 2010, circa 150 persone usciranno comunque in mobilità;
l'8 gennaio 2010 l'amministratore delegato di Italtel ha annunciato 400 nuovi esuberi (per effetto dei tagli sul fatturato di decine di milioni di euro da parte di Telecom) che si sommano ai 450 del biennio 2009/2010 e la chiusura di una sede «periferica» -:
quali urgenti iniziative intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali in un'azienda, quale è l'Italtel, player di primo piano nel mercato delle telecomunicazioni;
quale sia la destinazione dei fondi stanziati per lo sviluppo della banda larga e se non ritengano opportuno destinarli a sostegno delle aziende che si occupano di telecomunicazioni e che rappresentano, come l'Italtel, una risorsa per il Paese.
(2-00608) «Ciocchetti».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BUONANNO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in virtù dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, i dipendenti degli enti locali in servizio presso istituzioni scolastiche statali sono state trasferite coattivamente dall'ente locale alle dipendenze dello Stato;
nonostante il comma 2 del citato articolo 8 della legge n. 124 del 1999 stabilisce: «(...) A detto personale vengono riconosciuti ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza (...)» l'accordo tra l'ARAN e le organizzazioni sindacali del 20 luglio 2000, recepito poi dal decreto ministeriale 5 aprile 2001, ha introdotto, all'articolo 3, un criterio di inquadramento che si basa solo sul maturato economico al 31 dicembre 1999, senza tener conto dell'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale;
il mancato riconoscimento degli anni di anzianità ha comportato, per gli interessati, un erroneo inquadramento di posizione stipendiale, con un notevole danno

economico per gli stessi, danno che si protrae anche sul trattamento pensionistico per coloro che sono andati in quiescenza;
risulta all'interrogante che tale situazione interessa tra le 80 e le 100 mila persone, con perdite economiche tra i 250 ed i 300 euro mensili;
persino la giurisprudenza interessata della questione si è espressa in maniera contraddittoria: con sentenze 5 marzo 2002 e 27 maggio 2002, rispettivamente del giudice del lavoro del Tribunale di Milano e di Cuneo, è stata riconosciuta ai ricorrenti transitati nei ruoli del personale ATA della scuola, l'intera anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza, censurando l'operato dell'amministrazione pubblica perché in contrasto con l'articolo 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999 e condannando la stessa al pagamento delle differenze stipendiali a far data dal 1o gennaio 2000; di contro il tribunale di Vercelli, con sentenza n. 236 del 13 novembre 2003, ha respinto l'istanza della ricorrente e la Corte di appello di Torino, con sentenza del 26 gennaio 2006, ha confermato la decisione del Tribunale, rigettando l'appello perché infondato -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire con atti di propria competenza affinché trovi applicazione univoca e certa il disposto legislativo di cui all'articolo 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999, che riconosce al dipendente transitato nello Stato tutta l'anzianità maturata nell'ente di provenienza, sia ai fini giuridici che economici;
quale sia il numero esatto delle persone che hanno subito un erroneo inquadramento stipendiale a seguito dell'applicazione dell'accordo del 20 luglio 2000 citato in premessa ed a quanto ammonti il danno economico da loro subito.
(5-02433)

CAPANO e BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'acutissima attuale crisi economica le difficoltà di ricollocazione dei lavoratori collocati in mobilità tende a crescere continuamente;
tende altresì a crescere, per la flessione dei livelli di occupazione, anche la difficoltà dei lavoratori che hanno perso il proprio lavoro a trovarne un altro, con effetti negativi anche sui bilanci degli erogatori, per la maggiore durata del periodo di percezione dell'indennità di mobilità, ex legge n. 223 del 1991 o in deroga;
naturalmente, tali difficoltà sono da sempre maggiori nel Mezzogiorno e per i lavoratori e le levatrici di età più avanzata, per i quali non casualmente il legislatore ha previsto una maggiore durata ordinaria del periodo di percezione dell'indennità di mobilità;
spontaneamente, dunque, una parte di questi lavoratori e di queste lavoratrici si orienta verso lo svolgimento - anche in via saltuaria - di forme di lavoro autonomo, che assicurino un'integrazione all'esiguo reddito garantito dall'indennità di mobilità e scongiurino la marginalità sociale;
la Corte di cassazione, con sentenza 1o aprile 2004, n. 6463, ha ritenuto, rigettando il ricorso dell'INPS, che il lavoratore iscritto alle liste di mobilità che svolga attività di lavoro autonomo conservi il diritto all'iscrizione nelle liste medesime, e anche il diritto alla percezione della indennità di mobilità, affermando tuttavia che occorra «individuare una possibile soglia [reddituale] quale limite del beneficio costituito della prestazione previdenziale», ossia per la cumulabilità tra reddito da lavoro autonomo e indennità di mobilità;
all'articolo 9, comma 9, della legge n. 223 del 1991 tale soglia è prevista unicamente per le ipotesi di cosiddetta mobilità lunga, mentre non vi è una previsione analoga per le ipotesi di percezione dell'indennità di mobilità per la durata ordinaria;

le indicazioni fornite in dottrina sono nel senso della cumulabilità dell'indennità di mobilità con il reddito da lavoro autonomo (in tal senso da ultimo M. Tiraboschi, S. Spattini, J. Tschöll, «Guida pratica ai nuovi ammortizzatori sociali», Il Sole 24 Ore, 2009, pagine 158);
soprattutto, lo stesso Ministero ha chiarito, in risposta a un quesito della direzione regionale del lavoro per l'Abruzzo, che, in conformità all'indicazione della citata sentenza della Corte di cassazione secondo la quale occorre in questo caso «fare riferimento al canone dell'analogia», ha precisato «non viene meno la condizione di debolezza, presupposto dell'istituto in esame, del lavoratore iscritto nelle liste di mobilità nell'ipotesi di svolgimento di attività di lavoro autonomo, sempre che venga comunque rispettato il limite imposto dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 181 del 2000, come sostituito dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 287 del 2002, comma 1, lettera a), alla stregua del quale si ha la «conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo esclusa l'imposizione», che attualmente risulta essere pari ad 8.000 euro per il lavoro dipendente e a 4.500 euro per quello autonomo» (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nota n. 14/0002262/2008 del 14 febbraio 2008) mentre per il 2009, la soglia è stata di 4.800 euro);
tuttavia, consta all'interrogante che l'INPS continui a negare il diritto allo svolgimento di attività di lavoro autonomo, affermando (Messaggio INPS 7 dicembre 2007, n. 29669) che tra svolgimento di lavoro autonomo e percezione dell'indennità di mobilità vi sia «totale incompatibilità, salvo i casi espressamente previsti dalla legge, quali l'anticipazione dell'indennità (articolo 7, comma 5, legge n. 223 del 1991) e la mobilità lunga per pensione di vecchiaia (articolo 9, comma 9, legge n. 223 del 1991)», e in tal senso risponde anche in questi mesi ai quesiti degli utenti interessati;
non risulta aver avuto risposta dal Ministero interrogato l'interrogazione a risposta orale presentata al Senato della Repubblica dai senatori Pizzinato, Battafarano, Malabarba, Maconi e Piatti nella seduta n. 613 del 26 maggio 2004 (XIV legislatura), che poneva questioni sostanzialmente analoghe;
l'orientamento assunto dall'INPS secondo gli interroganti costituisce un incoraggiamento se non una costrizione di fatto, a svolgere attività lavorative autonome non dichiarate - o «in nero» - per i lavoratori e le lavoratrici che abbiano la necessità e la possibilità di svolgere tali attività a fini di integrazione della prestazione previdenziale in godimento -:
se e quali iniziative il Ministro in indirizzo abbia posto in atto o intenda intraprendere nei confronti dell'INPS per assicurare la conformità degli orientamenti dell'istituto a quelli ministeriali, della giurisprudenza e della dottrina;
se e quali iniziative normative abbia posto in atto o intenda intraprendere per assicurare ai lavoratori e alle lavoratrici interessati la possibilità di svolgere attività di lavoro autonomo senza pregiudizio del diritto alla percezione dell'indennità di mobilità e senza essere costretti ad avviare un contenzioso nei confronti dell'INPS.
(5-02440)

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alle imprese private e agli enti pubblici non economici si applicano in materia di assunzioni di personale disabile gli obblighi previsti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68;
in caso di inadempienza vengono comminate sanzioni rilevanti e legate al

periodo di tempo in cui non si sia proceduto alle assunzioni di personale inserito in fasce protette;
le imprese che in passato non abbiano osservato i parametri di legge - ma vogliano ora adempiere al dettato normativo - preferiscono a volte non procedere comunque a nuove assunzioni protette per timore di essere segnalate per la precedente inadempienza che, ad obbligo rispettato, le espone comunque a sanzioni per il periodo pregresso;
sarebbe opportuno - proprio ai fini di un recupero occupazionale nelle attuali situazioni di difficoltà economica-occupazionale in tutto il Paese - concedere un periodo di tempo congruo alle imprese per invitarle a mettersi in regola in modo che, di fronte a nuove e verificate assunzioni, possano sanare con costi contenuti le irregolarità pregresse -:
se non si ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza concedere che per un periodo di tempo (ad esempio fino al 30 settembre 2010), non si applichino le sanzioni previste dall'articolo 15 della stessa legge ma piuttosto una normativa sanzionatoria che miri ad effettivo recupero occupazionale rendendo conveniente per le imprese mettersi in regola rispetto alla legge sul collocamento obbligatorio.
(4-05987)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

RUVOLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la questione dell'Ici sui fabbricati rurali e una normativa non ancora definita stanno mettendo in serissima difficoltà centinaia di migliaia di coltivatori diretti e le cooperative agricole;
attualmente, infatti, il settore agricolo non è assolutamente in grado di sopportare un prelievo così iniquo ed oneroso (come ammesso dallo stesso Governo nella risposta ad una interrogazione a risposta immediata in assemblea in data 8 ottobre 2008);
la crisi economica internazionale e le diverse calamità naturali che negli ultimi mesi hanno colpito il nostro Paese sono state particolarmente gravi per l'intero comparto agricolo;
rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea, in data 15 gennaio 2009, il Governo si era impegnato ad aprire un tavolo di confronto sulla questione con gli altri colleghi del Governo, in particolare con il Ministro dell'economia e delle finanze allo scopo di affrontare in maniera risolutiva il problema -:
quali iniziative intenda dunque assumere al fine di sollecitare l'apertura del tavolo di confronto alla luce di quanto promesso in sede parlamentare, per la risoluzione di una questione che potrebbe anche creare gravi contenziosi tra i comuni da una parte e gli agricoltori dall'altra.
(3-00894)

Interrogazione a risposta in Commissione:

SANI, SCARPETTI, OLIVERIO, ZUNINO e CENNI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'andamento stagionale caratterizzato da basse temperature sta rendendo necessario un maggiore ricorso al riscaldamento delle serre per le produzioni agricole, floricole e vivaistiche, con il conseguente aumento di consumi di carburanti;
all'aumento dei consumi di carburante si aggiunge il permanere di uno stato di difficoltà nel quale operano ormai da mesi le imprese agricole, floricole e vivaistiche e le aziende fornitrici di carburanti che è stato reso ancora più gravoso dalla

decisione n. 5497 della Commissione europea del 13 luglio 2009 che ha dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuto sotto forma di esenzione delle accise sul gasolio utilizzato sotto serra ed ha disposto il recupero degli aiuti indebitamente concessi;
la decisione della Commissione riguarda espressamente i regimi agevolati concessi nei periodi 2001, 2002, 2003 e 2004 e non menziona i medesimi regimi che hanno trovato applicazione anche nei periodi 2005-2009;
l'Agenzia delle dogane ha disposto un'applicazione estensiva della Decisione della Commissione e, con propria circolare del 3 novembre 2009, ha comunicato alle ditte fornitrici di gasolio agricolo l'impossibilità di un ulteriore riconoscimento del beneficio anche in assenza di una espressa abrogazione della norma nazionale che estendeva il regime agevolato all'anno 2009, determinando la cessazione dell'applicazione della accisa agevolata;
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in una nota inviata all'Agenzia delle dogane, al dipartimento delle finanze e al dipartimento delle politiche comunitarie, ha precisato che la decisione n. 5497 della Commissione del 13 luglio 2009 non ha dichiarato illegittimo il regime attuale stabilito dall'articolo 2, comma 14, della legge n. 203 del 2008. Per tali ragioni ritiene che, in assenza di una specifica decisione che dichiari quest'ultima norma in contrasto con la normativa comunitaria, ovvero in mancanza di una legge abrogativa della disposizione vigente, le amministrazioni nazionali non possono disapplicare la norma in vigore;
il Ministero delle politiche agricole e forestali, anche su sollecitazione delle regioni, oltre ad aver confermato l'accisa agevolata per il 2009 ha dichiarato la volontà di fare ricorso alla Corte di giustizia europea contro il provvedimento comunitario riguardante la restituzione degli sconti sulle accise applicati dal 2000 al 2004;
tale situazione ha generato grande incertezza nel comparto anche perché sembrerebbe che la comunicazione del Ministero non abbia avuto alcun riscontro effettivo e, in mancanza di un'ulteriore comunicazione dell'Agenzia delle dogane, i distributori continuano ad applicare le istruzioni della circolare dell'Agenzia del 3 novembre 2009 -:
quale sia lo stato del citato ricorso alla Corte di giustizia europea e quali provvedimenti intenda assumere per individuare una soluzione che consenta di mantenere l'esenzione di imposta per tutte le annualità e, in particolar modo, per il periodo autunno-inverno 2009-2010 e, inoltre, quali siano le proposte del Ministro per confermare in futuro l'esenzione di imposta per le coltivazioni sotto serra.
(5-02438)

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'attività dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura di Bergamo è stata principalmente indirizzata allo studio di problematiche agronomiche del mais, scelte varietali, miglioramento genetico, fisiologia della produzione, genetica di base, biologia molecolare e manipolazione degli acidi nucleici con le nuove tecnologie dell'ingegneria genetica;
la sezione di maiscoltura di Bergamo è stata costituita nel 1920, grazie al contributo di diversi enti e istituzioni locali e dal 1968 è parte dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura;
fin dall'inizio la stazione ha contribuito allo sviluppo della maiscoltura italiana con la creazione di varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche nazionali e, nell'immediato dopoguerra, con l'introduzione e l'adattamento dei mais ibridi;

attualmente il centro svolge attività di ricerca prevalentemente indirizzata al miglioramento genetico del mais e particolarmente curato è il settore scientifico, che riguarda l'approccio genetico alla produttività;
l'istituto potrebbe essere spostato dalla provincia di Bergamo alla provincia di Lodi;
lo spostamento del centro a Lodi rappresenterebbe una grave perdita per l'agricoltura bergamasca, considerando inoltre l'incognita lavorativa per le 35 persone a cui il centro dà lavoro -:
se il Ministro intenda verificare la possibilità di confermare la permanenza del centro nella provincia di Bergamo, nell'ottica di un rilancio dell'attività di ricerca avanzata nel settore dell'innovazione genetica dei vegetali.
(4-05979)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

CASSINELLI e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il vigente regolamento di polizia mortuaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 10 settembre 1990) prevede, all'articolo 37, che «fatti salvi i poteri dell'autorità giudiziaria, sono sottoposte al riscontro diagnostico, secondo le norme della legge 15 febbraio 1961, n. 83, i cadaveri delle persone decedute senza assistenza medica, trasportati ad un ospedale o ad un deposito di osservazione o ad un obitorio»;
la competenza riguardo allo svolgimento di queste autopsie, indispensabili per verificare se la morte sia dovuta a cause violente non evidenziate dalle sommarie indagini che talvolta, ma non sempre, sono effettuate in questi casi, oltre ad accertare con certezza la causa di morte ai fini epidemiologici e di tutela della salute pubblica, è della azienda sanitaria locale territorialmente competente;
è peraltro fatto noto che numerose aziende sanitarie locali omettono sistematicamente l'effettuazione di queste obbligatorie autopsie per riscontro diagnostico, non avendo neppure organizzato al loro interno tale attività, essendo prive di una struttura medico legale o di medici specialisti in tale disciplina aventi una specifica competenza in patologia forense;
in queste aziende sanitarie si ricorre, per evitare lo svolgimento di tali autopsie, a cause di morte talvolta descrittive di epifenomeni della morte, cioè ad eventi che si verificano nella morte qualsiasi ne sia la causa: ad esempio arresto cardiaco, collasso cardiocircolatorio, insufficienza cardiorespiratoria, e altri;
in altre aziende sanitarie si ricorre, in mancanza del medico legale, all'anatomopatologo ospedaliero, dimenticando che si tratta di due specializzazioni diverse in cui la sala settoria è un laboratorio utilizzato da entrambi gli specialisti con finalità differenti, essendo l'autopsia dell'anatomopatologo lo strumento necessario per la conferma della diagnosi effettuata dal clinico sul soggetto che aveva in cura, mentre l'autopsia medico legale deve stabilire l'epoca, le cause ed i mezzi della morte del soggetto, valutando in particolare se la morte sia riferibile a causa violenta omicidiaria o suicidiaria;
l'impiego dell'anatomopatologo in queste autopsie medico-legali, oltre ad essere tecnicamente inappropriato, distoglie risorse importanti alle indagini istologiche sulle biopsie e sul materiale operatorio, attività precipua dell'anatomopatologo, ed inoltre utilizza risorse dell'ospedale per una attività propria del territorio -:
se il Governo, anche al fine di valutare l'opportunità di istituire strutture specializzate per lo svolgimento di tali compiti, non ritenga opportuno raccogliere le necessarie informazioni presso le regioni, avvalendosi se del caso del Nucleo anti

sofisticazione dell'Arma dei Carabinieri, onde avere un quadro di insieme riguardante l'intero territorio dello Stato, quante siano state, in ciascuna delle aziende sanitarie locali presenti sul territorio, le autopsie per riscontro diagnostico effettuate nell'anno 2009 su cadaveri di soggetti deceduti senza assistenza medica;
quali aziende sanitarie locali dispongano di una struttura medico legale avente al suo interno le necessarie competenze in tema di patologia forense e se tale a struttura sia demandata l'effettuazione delle autopsie per riscontro diagnostico dei cittadini deceduti senza assistenza medica;
quali aziende sanitarie locali si avvalgano invece dell'anatomopatologo ospedaliero per tali attività.
(4-05997)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2011

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SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tempi si sono seguiti numerosi commenti in merito alla annunciata, parziale soppressione della figura del difensore civico, figura giuridica che negli ultimi anni ha preso piede in moltissime città, province e regioni d'Italia;
non esiste la figura del difensore civico nazionale nonostante l'avvenuta presentazione in passato, in questo senso, di diverse proposte di legge e che risulta all'interrogante come l'Italia sarebbe l'unico paese in Europa a non essersi ancora dotata di questa figura -:
se si intenda istituire la figura del difensore civico nazionale con il compito anche di coordinare le iniziative dei difensori civici presenti sul territorio.
(4-05988)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

POLLEDRI, FUGATTI e CROSIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le condizioni climatiche dei mesi di dicembre 2009 e gennaio 2010 sono state particolarmente rigide, facendo registrare nelle regioni del Nord Italia dei minimi termici mai avuti prima;
trattandosi di condizioni climatiche assolutamente imprevedibili e inconsuete per il nostro Paese, le società di vendita del gas hanno dovuto fronteggiare una vera e propria emergenza nella fornitura del gas trovandosi, per questo, nella scomoda situazione di non riuscire a programmare la capacità di gas occorrente;
la tariffa di acquisto del gas viene ripartita in due voci: la prima è proporzionale al consumo, la seconda è una sorta di abbonamento mensile quantificata in base alla capacità (metri cubi/giorno) prenotata;
la capacità viene calcolata in base ad uno storico con il quale si evidenziano i picchi raggiunti;
la programmazione della capacità occorrente viene fatta concedendo ampio margine all'imprevisto, ma un picco di -15o protratto per diversi giorni, fa saltare ogni sorta di programmazione esponendo la società di vendita a rilevanti penali di supero portata;
dell'intera filiera del gas, la società di vendita è l'unico soggetto che non riesce a recuperare questi oneri imprevisti: infatti, se Snam Rete Gas addebita allo shipper e lo shipper addebita alla società di vendita, quest'ultima non può recuperare nulla dal momento che non esiste alcuno strumento di recupero per il mercato civile;
le società di vendita del gas si trovano, di conseguenza, nella scomoda situazione

di non poter sospendere l'erogazione del gas al mercato servito (si resterebbe al freddo) e di non riuscire a recuperare gli oneri addebitati a causa di tutto ciò;
appositi decreti del Ministero dello sviluppo economico prevedono e disciplinano l'emergenza climatica -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per dare attuazione agli appositi decreti ministeriali disciplinanti la materia in questione ed utili a sollevare le società di vendita del gas dalle penali legate all'incremento del consumo.
(5-02432)

MURER, VICO, MARTELLA, VIOLA, GATTI e BARETTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 6 febbraio 2010 è la data fissata dall'azienda Alcoa per il completamento della fermata degli impianti dell'alluminio primario di Fusina (Venezia) e di Portovesme (Cagliari);
lo stop ai due impianti comporta la cassa integrazione di circa 714 operai di cui 114 dello stabilimento di Fusina e ben 600 dello stabilimento di Portovesme;
le ragioni della contrazione produttiva in un primo momento erano state legate alla questione della richiesta di rimborso dell'Unione europea relativamente agli «aiuti di Stato» ricevuti sul costo dell'energia elettrica;
in realtà questa vicenda si avvia a trovare soluzione una l'azienda non sembra voler recedere dalle sue intenzioni; al contrario, dai numerose incontri con sindacati ed enti locali è emersa la volontà della multinazionale americana di tagliare la produzione e di chiudere alcuni siti produttivi;
a Venezia, in particolare, la proposta è quella di mantenere soltanto il laminatoio, chiudendo i forni e di fatto lasciando a casa centinaia di lavoratori;
la situazione crea naturalmente una forte tensione tra i lavoratori Alcoa, che in Italia complessivamente, compreso l'indotto, sono 2500 e che sono, ovviamente, preoccupati per la possibile perdita del posto di lavoro e per una crisi che taglia molte speranze di reinserimento;
grave preoccupazione serpeggia su tutto il personale dell'Alcoa di Fusina (Venezia) che teme una ricaduta sull'intera produzione e uno smantellamento graduale di tutto lo stabilimento con la perdita di 400 posti di lavoro più altrettanti nell'indotto;
la crisi dell'Alcoa di Fusina si inserisce in una situazione drammatica di tutti i settori presenti a Porto Marghera: oltre all'alluminio, infatti, è in crisi la chimica, la siderurgia, la cantieristica navale, il sistema degli appalti con centinaia di lavoratori che rischiano di perdere reddito e occupazione;
l'Alcoa, multinazionale leader mondiale nella produzione e nella gestione di alluminio primario, con insediamenti in numerose parti del mondo, imputa la decisione alla sofferenza per la crisi economica e a livello mondiale ha già intrapreso alcune azioni di dismissione, quali la chiusura di uno stabilimento di alluminio primario in Texas nonché la riduzione di produzione di una raffineria di allumina, e tagli al personale e alla produzione n misura drastica anche in altri Paesi europei (in Spagna si prevedono 180 esuberi);
la produzione di alluminio ha un valore strategico non solo per l'Italia, ma per l'intera Europa, come pure l'occupazione che essa genera. Con tali chiusure si determinerebbe la delocalizzazione della produzione fuori del territorio comunitario, e l'Europa si priverebbe di una produzione strategica -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda porre in essere per salvaguardare l'attività produttiva degli stabilimenti Alcoa di Fusina e Portovesme, per impedirne la chiusura e per evitare quindi la cessazione della produzione in un settore strategico

quale quello dell'alluminio e quale piano di intervento industriale strategico il Governo intenda mettere in atto per un rilancio della produzione dell'alluminio sul territorio nazionale.
(5-02434)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a distanza di tre mesi dal passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre, molti cittadini della provincia di Trento, in particolare nei territori di Rovereto e dintorni, lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale Rai;
il problema sembra essere imputabile ad un livello troppo basso del segnale Rai;
alcuni cittadini si sono rivolti, a proprie spese, all'ausilio di tecnici antennisti per potenziare l'impianto di ricezione;
le associazioni dei consumatori hanno convocato un'assemblea presso il comune di Rovereto (Trento), alla quale hanno partecipato un centinaio di persone con lo scopo di raccogliere le firme dei cittadini danneggiati e chiedere un risarcimento danni;
il piano di transizione alla televisione digitale terrestre, promosso dal Ministero dello sviluppo economico e dalla provincia autonoma di Trento porta avanti l'obiettivo dell' abbattimento del cosiddetto «divario digitale» e per farlo deve garantire il segnale anche alle zone con basso numero di utenti, a prescindere dalle valutazioni economiche degli operatori;
nei fatti, sono i comuni come Rovereto, Mori e Isera a vivere questi disagi e il perdurare dei disservizi sembra ricadere proprio sulle fasce deboli dell'utenza;
la popolazione di questi comuni della provincia di Trento ritiene che non siano state attivate azioni mirate al fine di garantire una reale situazione di accesso al nuovo sistema che doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente;
non appare giusto all'interrogante che queste famiglie non percepiscano il segnale Rai, pur continuando ugualmente a pagare il canone -:
quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per salvaguardare il diritto dei cittadini della provincia di Trento di accesso alle reti di trasmissione del segnale Rai sulla televisione digitale terrestre almeno nella misura in cui lo stesso accesso era prima assicurato dalla televisione analogica;
se il Ministro non ritenga di assumere iniziative, anche promuovendo un tempestivo incontro, con tutti i soggetti istituzionali interessati, al fine di trovare una soluzione rapida, ad esempio attraverso il potenziamento del segnale, ai disagi che vive la popolazione dei comuni della zona.
(4-05993)

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, ANIELLO FORMISANO, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco conta circa 5000 operai e circa 500 impiegati, oltre ad un indotto di 9.000 persone che direttamente o indirettamente vivono del lavoro dello stabilimento Fiat;
la sua missione produttiva è stata sino ad ora legata all'assemblaggio di modelli di autovetture;
dal mese di settembre 2008, lo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco ricorre all'istituto della cassa integrazione ordinaria per i suoi lavoratori ed il protrarsi del ricorso a tale istituto, in mancanza di certezze da parte dell'azienda, ha provocato un aumento della tensione e dei conflitti sociali;
38 operai non hanno ottenuto il rinnovo del contratto e per altri 55 il contratto

scadrà il prossimo 2 marzo. È da ben quattro anni che a questi lavoratori vengono man mano rinnovati con continuità i contratti a tempo determinato;
gli oltre 5 mila operai dello stabilimento sono in cassa integrazione straordinaria dal 16 novembre, Lo stesso amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, non ha nascosto le difficoltà di Pomigliano d'Arco, a causa della minore domanda di autovetture di fascia medio-alta;
i provvedimenti sino ad oggi adottati dal Governo non hanno prodotto alcun risultato riscontrabile e questo è l'ennesimo segnale eloquente - a giudizio degli interroganti - dell'incapacità di questo Governo nell'affrontare una crisi economica che sta producendo conseguenze disastrose sui livelli occupazionali e sulle prospettive di sviluppo;
bisogna attivare tutte le iniziative necessarie per impedire il disegno di ridimensionamento strutturale degli organici e di complessivo depotenziamento dello stabilimento di Pomigliano d'Arco anche perché l'arrivo annunciato di nuovi modelli da produrre porta con sé due incognite. La prima è il tempo: Stanno infatti per terminare le settimane di cassa integrazione, la seconda è che anche se arrivassero nuovi modelli questo non garantirebbe la copertura occupazionale per tutti i lavoratori della Fiat e per tutti quelli dell'indotto -:
se il Governo non ritenga necessario vincolare gli incentivi annunciati per il 2010 per il settore auto a precisi impegni che la Fiat si deve assumere, in particolare per gli stabilimenti nel Mezzogiorno, a partire da Pomigliano d'Arco e Termini Imerese;
se non ritenga di assumere iniziative nei confronti della Fiat affinché si ritiri il licenziamento dei lavoratori precari di Pomigliano d'Arco e predisporre un piano industriale credibile oltre che un serio sostegno al reddito individuando strumenti alternativi alla cassa integrazione straordinaria che vanno dai contratti di solidarietà ad una diversa ripartizione degli orari di lavoro.
(4-06000)

DI PIETRO, ANIELLO FORMISANO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Ixfin s.p.a. (ex Olivetti) di Marcianise, conta circa 700 dipendenti e opera nel settore informatico e delle telecomunicazioni, specializzata nella produzione di schede elettroniche;
dal 2006, l'azienda è in procedura fallimentare, dichiarata con sentenza numero 353 del 2006 dal Tribunale di Napoli;
i lavoratori, la maggior parte dei quali giovani al di sotto dei 40 anni e con elevate competenze tecniche, sono stati in regime di cassa integrazione in deroga fino al 31 dicembre 2009 e in assenza di rinnovo della cassa integrazione in deroga non rimane loro che la prospettiva della messa in mobilità e del licenziamento;
l'unica possibilità di salvezza risiede nel Contratto di programma per la reindustrializzazione delle aziende in crisi di Caserta, firmato a Roma nel maggio del 2008, che prevede, dietro cospicui finanziamenti, la ricollocazione dei lavoratori delle aziende in crisi, tra cui la Ixfin s.p.a. -:
se il Governo non ritenga che avendo la Ixfin s.p.a. terminato la cassa integrazione in deroga alla data del 31 dicembre 2009, non si debba urgentemente procedere al rinnovo della stessa anche per l'anno 2010, assumendo le iniziative di competenza per evitare i licenziamenti, e se qualora fosse approvato in questi giorni il rinnovo della cassa integrazione in deroga anche per l'anno 2010, non diventi fondamentale agganciarla al Contratto di programma per la reindustrializzazione delle aziende in crisi, concordato con le istituzioni e le organizzazioni sindacali.
(4-06001)

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, ANIELLO FORMISANO, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Agile Spa (ex Eutelia), che opera nel settore dell'information technology, nel corso degli anni, si è resa protagonista, tra l'altro, di uno degli episodi di quella che potremmo definire tipici del fenomeno di «imprenditoria truffaldina»: cessioni lampo di intere aziende, trasformazioni da s.p.a ad s.r.l, manovre economico-finanziarie di assai dubbia natura su cui stanno indagando diverse procure, da Milano ad Arezzo;
a seguito della cessione della società Eutelia Spa alla Agile Srl, circa 2000 dipendenti sono costretti a vivere in condizioni lavorative insostenibili: stipendi non pagati, piano aziendale inesistente e mancanza di confronto con i lavoratori, sono solo alcuni degli ingredienti oramai tristemente noti di realtà aziendali purtroppo sempre più diffuse nel nostro Paese;
il tribunale fallimentare di Roma, il 23 dicembre 2009, ha disposto il sequestro dei beni aziendali e ha nominato tre custodi che gestiranno l'ordinaria amministrazione. Il 17 febbraio 2010 febbraio è fissata invece l'udienza per decidere sul commissariamento dell'azienda;
il Tribunale del lavoro di Roma, il 14 febbraio 2009 ha condannato in solido Eutelia per comportamento antisindacale sulla cessione ad Agile del ramo information technology ed ha ordinato di rimuovere gli effetti della cessione di ramo d'azienda;
allo stato attuale però gli stipendi non sono stati pagati ed i lavoratori ex-Eutelia da cinque mesi non percepiscono la loro retribuzione;
lo stabilimento di Napoli conta 120 dipendenti, anche loro senza stipendio e dal 24 dicembre 2010 anche senza più una sede e sfrattati. Infatti, da quel giorno è stato negato loro l'accesso al luogo di lavoro e conseguentemente ai mezzi necessari per lo svolgimento delle attività. Tale decisione è stata motivata dalla proprietà dell'immobile, dalla insolvenza della società Eutelia, firmataria del contratto di locazione;
l'azienda Agile è completamente assente e, dopo aver lasciato i lavoratori per mesi, sul luogo di lavoro, senza elettricità, senza riscaldamento, in condizioni disumane, non si pronuncia neanche rispetto a questo ulteriore grave evento;
le professionalità e le competenze delle persone che vi lavorano non possono essere abbandonate a se stesse, né dall'azienda né dalle istituzioni -:
se il Governo non ritenga necessario assumere le opportune iniziative per consentire ai lavoratori una seria soluzione della problematica e, per quanto riguarda l'intera vicenda Agile (ex Eutelia), che fa parte del gruppo Omega, se non ritenga di dovere indicare immediatamente ai sensi della cosiddetta legge Prodi-bis i commissari per poter così procedere alla ricerca di industriali seri che possano garantire un futuro occupazionale certo a questi lavoratori e recuperare i salari arretrati.
(4-06002)

DI PIETRO, ANIELLO FORMISANO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Selfin Spa, società fondata nel 1989 da Ibm Italia, conta in tutto 170 dipendenti e opera nel settore della progettazione e realizzazione di sistemi informativi e software applicativi per il mercato pubblico e privato con sede a Caserta e filiali a Cagliari, Roma e Palermo;
per quasi vent'anni ha realizzato utili significativi, rappresentando un punto di riferimento di eccellenza per il sistema industriale, in particolare campano;
nel 2004 la multinazionale IBM vendeva la società Selfin Spa alla MET FIN

Sas che dopo pochi mesi procedeva alla dichiarazione di insolvenza presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere e faceva richiesta nel luglio 2005 di accesso alla legge n. 270 del 1999 (Prodi-bis);
a favore della Selfin Spa fu siglato dai commissari un contratto di sostegno con la IBM, della durata di almeno tre anni che doveva garantire la piena occupazione;
nel gennaio del 2007 la Selfin Spa, veniva acquistata dal gruppo COMDATA, il contratto con IBM passò da 30 a 50 milioni di euro con una durata quinquennale;
nel febbraio del 2009 l'azienda richiedeva per l'intero anno l'applicazione della cassa integrazione ordinaria in varie riprese sul 35 per cento della forza lavoro complessiva della Selfin Spa;
a metà ottobre del 2009 il Ministero dello sviluppo economico richiedeva alla proprietà di fornire un convincente piano industriale per dare una definitiva prospettiva alla Selfin Spa nell'ambito del Gruppo COMDATA;
agli inizi di novembre 2009 l'assemblea dei soci della Selfin Spa deliberava la messa in liquidazione volontaria dell'azienda e la richiesta di apertura della procedura di cassa integrazione straordinaria per tutti i 170 dipendenti, di cui i 130 solo nello stabilimento di Caserta -:
se il Governo non ritenga che per scongiurare la chiusura della Selfin Spa in liquidazione volontaria e garantire un futuro occupazionale a tutti i lavoratori ed alle loro famiglie, si debba accelerare la ricerca di una soluzione industriale chiamando anche alle proprie responsabilità sia COMDATA che l'IBM essendo la Selfin Spa un ramo d'azienda ceduto, sul quale però IBM non ha mai smesso di esercitare un controllo.
(4-06003)

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Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Paladini n. 4-05508 del 17 dicembre 2009.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Paladini n. 4-02604 del 19 marzo 2009 in interrogazione a risposta orale n. 3-00893.