XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 26 gennaio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare; il suolo è infatti una risorsa ambientale non riproducibile la cui trasformazione produce effetti permanenti su ambiente e paesaggio;
nel nostro Paese, inoltre, li dissesto idrogeologico è un evento naturale sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli che lo compongono ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la tragedia di Messina è solo l'ultimo degli eventi luttuosi che dimostrano le gravi conseguenze che possono derivare da una cattiva gestione del territorio, dall'assenza di un'efficace azione di tutela e dallo carenze della politica urbanistica ed edilizia;
la commissione interministeriale per lo studio delta sistemazione idraulica e della difesa del suolo, presieduta dal professor De Marchi, nella relazione conclusiva del 1970, individuava i gravi problemi idrogeologici dell'Italia, proponendo un piano d'intervento trentennale che prevedeva la spesa di 9.700 miliardi di lire di allora; alla commissione va riconosciuto il merito di aver sviluppato un approccio sistemico ai problemi connessi col governo del territorio, ma anche di aver rivolto l'attenzione all'interazione tra opere umane e ambiente complessivamente inteso; tuttavia, le proposte della commissione De Marchi sono state attuate con grave ritardo, tramite la legge quadro n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, circa 20 anni dopo la loro redazione;
limitandosi al solo rischio idrogeologico negli ultimi 80 anni si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane; secondo il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono a «rischio elevato» l'89 per cento dei comuni umbri, l'87 per cento di quelli lucani, l'86 per cento di quelli molisani, il 71 per cento di quelli liguri o valdostani, il 68 per cento di quelli abruzzesi, il 44 per cento di quelli lombardi. In pratica, oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti; secondo una dettagliata tabella elaborata dal Cineas, il consorzio universitario dei Politecnico di Milano, che si occupa della cultura del rischio, nel solo decennio 1994-2004, per tamponare i danni di alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato ha dovuto tirar fuori complessivamente 20.946 milioni di euro. Vale a dire oltre due miliardi l'anno ai quali va aggiunto un altro miliardo e mezzo complessivo per gli interventi minori;
se si aggiungono i costi dei terremoti, secondo i dati diffusi alcuni anni fa dal dipartimento della protezione civile nel periodo 1968-2000, l'intervento statale solo per l'emergenza e la ricostruzione post-terremoto ha superato i 120 miliardi di euro, con una media di 3,8 miliardi all'anno. In Italia il 40 per cento della popolazione vive in aree a rischio sismico, dove il 64 per cento degli edifici non è costruito secondo le norme antisismiche e dove sono morte 120.000 persone nell'ultimo secolo. Milioni di persone sono esposte al rischio vulcanico, che nell'area vesuviana è incerto non nel «se» ma in un «quando» che gli scienziati concordano nel definire prossimo;

complessivamente, a partire dal 1968 l'anno del terremoto del Belice, lo Stato ha speso una somma quantificabile tra i 140 ed i 150 miliardi di euro, una massa di risorse in grado di condizionare gli equilibri dei bilanci pubblici annuali e pluriennali;
si aggiunga che l'Italia è un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, assai superiore alla media dell'Europa a 15, pari a 118 abitanti per chilometro quadrato (la Francia conta 114 abitanti per chilometro quadrato, la Spagna 89), ma con fortissime sperequazioni nella distribuzione territoriale: ai 68 abitanti per chilometro quadrato delta Sardegna si contrappongono i 379 abitanti per chilometro quadrato della Lombardia, che da sola registra una volta e mezzo gli abitanti della Finlandia; la Campania arriva a 420 abitanti per chilometro quadrato, ma proprio nella cosiddetta «zona rossa», soggetta a rischio di distruzione pressoché totale in caso di ripresa dì attività del Vesuvio, spiccano i comuni con la più alta densità abitativa d'Italia (oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato), caratterizzati da un'espansione edilizia incontrollata, come Portici o San Giorgio a Cremano;
secondo quanto emerso nel corso dell'audizione del direttore dell'Agenzia del territorio presso la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera il 27 ottobre 2009, il patrimonio italiano, censito al 31 dicembre 2008 consta di circa 64 milioni di unità immobiliari, di cui la metà, vale a dire 32 milioni, di unità abitative, corrispondenti ad una superficie lorda di quasi 3,7 miliardi di metri quadrati. Rispetto alla popolazione residente, il dato fa evincere che in Italia la media di sola superficie abitativa disponibile per ciascuna persona è pari a 62,1 metri quadrati;
stando ai dati Istat, nel 2005 si sono stimati in Italia 10,9 milioni di edifici ad uso abitativo e 1,9 milioni di edifici aventi altre funzioni, per un totale di 12,8 milioni di edifici. La suddivisione per unità abitative ha portato a stimare il patrimonio immobiliare in circa 27 milioni di abitazioni; i riferimenti statistici più recenti (Cresme/Saio 2008) sottolineano come questa tendenza, negli ultimi anni, abbia conosciuto una ulteriore, violenta accelerazione: dal 2003 ad oggi, infatti, sono state costruite circa 1.600.000 abitazioni (oltre il 10 per cento delle quali abusive) nonostante da vent'anni, la popolazione in Italia non sia cresciuta, ma, al contrario, sia calata sensibilmente e solo negli ultimi anni ha dato segni di ripresa, grazie al contributo degli immigrati, una situazione che ci porta ad essere il primo Paese d'Europa per disponibilità di abitazioni, di cui il 20 per cento non occupate;
una recente mappatura effettuata dal Cresme sullo stato degli edifici pubblici nel Paese evidenzia la condizione critica in cui versano più di 20 mila edifici, tra scuole e ospedali, sparsi in tutto il Paese, realizzati in aree dichiarate di estrema pericolosità per esposizione al rischio idrogeologico e sismico, mentre l'Enea ha stimato che i 4/5 del patrimonio edilizio italiano richiede interventi di riqualificazione energetica;
il programma nazionale delle bonifiche, varato nel 1998, ha beneficiato di finanziamenti passati da 27 miliardi di vecchie lire a 3 mila miliardi di vecchie lire nel 2000, fino agli attuali 500 milioni di euro, ma poco si conosce circa le modalità con cui vengono gestite queste risorse;
tutto ciò comporta problemi di ogni genere: dai servizi pubblici costantemente prossimi al collasso al degrado dei suoli e delle falde acquifere, alle difficoltà di attuare politiche sociali, abitative, di sviluppo, migratorie e di integrazione adeguate a causa della mera mancanza di spazio;
per quel che riguarda gli ambiti del presente atto di indirizzo, insorgono problemi riguardanti l'insediamento di quote della popolazione in aree a maggior rischio, la competizione su aree disponibili

sempre più ridotte tra le varie attività umane (edilizia abitativa, attività produttive, opere pubbliche), che si risolve regolarmente a danno delle aree agricole e delle aree protette, la difficoltà a realizzare le opere infrastrutturali in spazi già occupati; la sindrome di Nimby è figlia non solo dell'egoismo e dell'individualismo, ma anche del fatto che sui suoli nei quali si intende utilmente realizzare un'opera pubblica esiste già un coacervo di interessi economici privati, ampiamente tutelati dall'ordinamento;
la pianificazione urbanistica e l'assetto del territorio sono inevitabilmente strettamente connesse: il governo del territorio include, infatti, l'urbanistica, l'edilizia, i programmi infrastrutturali, il contrasto al dissesto idrogeologico, la difesa del suolo, la tutela del paesaggio; gli interventi per la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo vanno, quindi, necessariamente coordinati - se vogliono essere realmente efficaci - con le leggi urbanistiche e con i piani regolatori, soprattutto con quelli urbanistici comunali, e non soltanto con i grandi piani territoriali. Spesso, infatti, gli enti locali - per motivazioni politiche, quali, ad esempio, l'approvazione dei piani urbanistici o la destinazione delle aree edificabili - non attuano il principio della prevenzione e, a volte, strutture pubbliche, quali scuole, caserme, ospedali, stazioni, vengono costruite in aree a rischio, quali, per esempio, quelle nelle prossime vicinanze dei fiumi;
è pertanto indispensabile avviare una nuova politica nazionale per il governo del territorio che individui gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti da utilizzare e le risorse da mobilitare, in merito alta quale l'uso parsimonioso delle risorse non riproducibili, come il suolo, deve essere il riferimento strategico da adottare, privilegiando:
la trasformazione delle aree su cui insistono immobili privi di qualità e non antisismici nonché la delocalizzazione degli immobili ubicati in aree a rischio o non idonee;
la messa in sicurezza del territorio e l'implementazione di efficaci forme di monitoraggio e gestione dei rischi che contraddistinguono strutturalmente il nostro Paese;
il rafforzamento delle forme di tutela delle aree e dei beni finalizzate alla conservazione dell'ambiente, dell'ecosistema e delle sue componenti primarie, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico;
l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente;
le politiche di attenzione al governo del territorio sono fondamentali e imprescindibili, sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali calamitosi; è, inoltre, compito specifico dello Stato quello di assumere come principio generale valido quello del risparmio della risorsa territorio;
occorre - in sostanza - adottare adeguati provvedimenti che consentano di perseguire il nostro modello di sviluppo economico e sociale, ottimizzando le risorse di spazio disponibili e, tenendo conto del fatto che i costi delle emergenze possono essere ridotti solo se si impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione, alla costante manutenzione, all'uso delle migliori tecniche costruttive, all'apposizione di vincoli e limitazioni di uso;
il 12 novembre 2009 il Governo ha presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati i dati sui rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; l'estensione delle aree a criticità idrogeologica è pari al 9,8 per cento del territorio nazionale, del quale il 6,8 per cento coinvolge direttamente zone con beni esposti, quindi centri urbani, infrastrutture e aree produttive, tutti strettamente connessi

con lo sviluppo economico del Paese; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi per il Centro-Nord e 13 miliardi per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alta tutela del patrimonio costiero italiano;

impegna il Governo:

a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, secondo le indicazioni già comunicate alle Camere;
ad attuare quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040 presentata alla Camera dei deputati, approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009, in particolare per quel che riguarda la sollecita attuazione della direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e gestione dei rischi di alluvioni;
a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, in modo tale da costituire un quadro di riferimento certo per le singole normative regionali e che individui alcuni punti qualificanti per una gestione rispettosa e sostenibile del paesaggio e del territorio, tramite i quali, nell'assoluto rispetto dette competenze regionali:
a) riconoscere il territorio come bene comune e risorsa limitata ed esauribile, quale presupposto irrinunciabile per una pianificazione urbanistica sostenibile;
b) dettare norme quadro sull'utilizzo dei suoli e sulla tutelo delle aree di maggior pregio, con particolare riguardo alle aree a vocazione agricola ed alle aree protette;
c) realizzare - nell'ambito delle proprie prerogative - un'efficace e severa politica di contrasto alle violazioni in materia urbanistica e all'abusivismo edilizio, soprattutto costiero, rafforzando il sistema dei controlli in funzione di una maggiore attenzione al rispetto del suolo e garantendo l'applicazione di sanzioni certe per gli attori che non rispettino le normative in materia;
d) favorire la riqualificazione energetica del patrimonio abitativo e industriale esistente in funzione di un adeguamento tecnologico che permetta un maggiore risparmio energetico, anche attraverso la previsione di un sistema di incentivazione stabile e certo nel medio-lungo periodo, prevedendo a tal fine di portare a regime le norme attualmente vigenti di agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
e) favorire la messa in sicurezza del patrimonio abitativo e industriale esistente, anche al fine di garantire una reale certificazione anti-sismica delle costruzioni, sia a destinazione abitativa, sia a destinazione industriale;
f) favorire la trasformazione e la riqualificazione delle aree già urbanizzate ma dismesse o sottoutilizzate, con eventuale «delocalizzazione» degli edifici pericolosi che sorgono in zone a rischio e riconoscendo priorità di intervento alle aree ad elevato rischio idrogeologico;
g) introdurre disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali e consentano la rapida realizzazione delle opere pubbliche ed infrastrutturali;
a promuovere, nell'ambito della propria competenza, la celere adozione di norme sulla qualità architettonica e sul sistema «casa qualità», valutando anche la possibilità di estendere il concetti di qualità alle tipologie costruttive degli immobili e prevedendo eventualmente incentivazioni fisco per le opere realizzate secondo i citati criteri;
a sottoporre a rigorosa tutela, all'interno di idonei strumenti di pianificazione e nell'ambito delle proprie competenze, i

centri e gli insediamenti storici che rappresentano l'identità culturale del nostro Paese;
a proteggere l'integrità delle aree agricole stabilendo che gli interventi edilizi su fabbricati rurali siano strettamente funzionali alla conduzione del fondo agricolo e accompagnati da apposite misure di massima tutela del territorio;
a vantare l'opportunità di destinare una quota del gettito aggiuntiva dovuto alla realizzazione degli interventi ammessi dalle norme straordinarie di sostegno all'edilizia (la maggiore quota di imposta comunale sugli immobili, di oneri di urbanizzazione e di imposte erariali) al finanziamento di controprestazioni ecologiche appropriato alle diverse realtà locali sulla base delle esperienze di compensazione ecologica sperimentate in Germania, Olanda e Stati Uniti, nella prospettiva di una revisione in questo senso delle norme in materia di oneri concessori, di standard e più in generale dei rapporti convenzionali tra soggetti pubblici e privati;
ad avviare un'analisi sistematica degli usi del suolo su tutto il territorio nazionale secondo criteri uniformi, al fine di elaborare buone pratiche e politiche di successo applicabili ai diversi contesti territoriali;
a rafforzare la dotazione strumentale cartografica sugli usi del suolo e/o a favorire meccanismi che impegnino le regioni stesse a dotarsi di tali cartografie su più soglie temporali, cosi da poter dare avvio ad un monitoraggio sistematico dell'uso del suolo;
a prevedere il necessario, e costante, stretto coordinamento tra gli interventi per la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo e quanto previsto dalle leggi urbanistiche e dai piani regolatori degli enti locali.
(1-00324)
«Zamparutti, Piffari, Libè, Germanà, Guido Dussin, Commercio, Sardelli, Ghiglia, Braga, Bossa».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
secondo una denuncia dell'associazione ambientalista Italia nostra, in data 18 gennaio 2010, sarebbe avvenuto un crollo all'interno degli scavi archeologici di Pompei, con gravi danni a resti antichi, affreschi e muri;
il crollo sarebbe avvenuto in prossimità di via dell'Abbondanza, nell'insula adiacente alla Casa dei casti amanti, nel corso dei lavori di recupero dell'importante insediamento archeologico;
l'incidente sarebbe stato causato dallo smottamento, a causa della pioggia, di un terreno friabile su sui era poggiato un mezzo meccanico che sarebbe franato insieme al terreno finendo su un muro perimetrale e danneggiando, così, sezioni importanti degli scavi archeologici;
sull'incidente non sarebbe stata prodotta tempestivamente la relazione al responsabile della Direzione delle antichità in modo da accertare subito l'entità degli eventuali danni ai reperti;
la notizia del crollo sarebbe stata comunicata alla Direzione delle antichità e resa pubblica solo dopo la denuncia alla stampa dell'associazione ambientalista Italia nostra, peraltro ridimensionandone la portata e parlando di un ridotto smottamento, con il crollo di un muro perimetrale che non avrebbe interessato affreschi né importanti resti archeologici;
a detta di chi ha visionato i luoghi nelle ore immediatamente successive allo smottamento sarebbero in realtà crollati

trenta metri di muro perimetrali e venti metri sottostanti, trascinando pareti con affreschi e danneggiando anche porzioni di resti e solo per caso non ci sono state vittime dal momento che nel cantiere, al momento della frana, essendo notte, non erano al lavoro gli operai;
il crollo potrebbe essere la conseguenza di lavori avviati frettolosamente, senza quella cautela che generalmente si adopera per interventi in siti archeologici che per loro natura sono a rischia frane;
a detta di tecnici esperti, dislocare mezzi meccanici e pesanti su terreni instabili all'interno di un'area archeologica senza un preventivo sondaggio della stabilità dei luoghi può causare un incidente di questo tipo che, quindi, non apparirebbe come l'effetto di un imprevisto ma come la immaginabile conseguenza di una imperizia;
l'area archeologica di Pompei è sottoposta dal luglio del 2008 a commissariamento straordinario da parte del Governo e attualmente Commissario straordinario è il Marcello Fiori -:
se il Governo sia informato sul grave fatto avvenuto negli scavi di Pompei di cui in premessa e se corrisponda al vero che la frana ha provocato il crollo di trenta metri di muro perimetrale, di venti metri di muro sottostante con danneggiamenti ad affreschi e resti archeologici;
se corrisponda al vero che non è stata allertata subito la Direzione delle antichità per visionare il luogo del crollo e stimare gli eventuali danni;
se e quali accertamenti siano stati compiuti sulla dinamica dell'incidente e se esso sia collegato ai lavori in corso alla Casa dei casti amanti;
se prima del posizionamento dei mezzi pesanti siano state compiute le dovute verifiche sulla staticità dei luoghi a tutela della sicurezza dei lavoratori e dell'integrità del sito;
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che altri incidenti del genere possano avvenire e affinché si possa, finalmente, procedere ad una valorizzazione e rilancio dell'area archeologica che il lungo commissariamento, più che agevolare sembra allontanare.
(2-00592)
«Bossa, Pedoto, Picierno, Sarubbi, Mazzarella, Lenzi, Farina Coscioni, Graziano, Piccolo, Morassut, Coscia, Siragusa, Realacci, Grassi, Iannuzzi, D'Antona, Colombo, Marchignoli, Boffa, Cuperlo, Ciriello, Codurelli, Ginefra, Nicolais, Giovanelli, Viola, Marchi, Zunino, Froner, Cuomo, Ghizzoni, Duilio, Servodio, Bellanova, Vico, Villecco Calipari, Andrea Orlando, Livia Turco, Vaccaro, Maurizio Turco, Bordo, Vassallo, Sposetti, Capano, Bernardini, Tenaglia, Zamparutti, Burtone».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
una delle cause di morte più frequenti in Italia, è rappresentata dai decessi per annegamento che sono, spesso, frequenti, purtroppo, tra i giovani ed i giovanissimi;
tra l'altro, in diversi casi, è accaduto che anche chi è intervenuto, per portare aiuto a persone a rischio di annegamento, abbia perso la vita;
la scuola potrebbe essere il luogo migliore per avviare una sperimentazione diretta a diminuire i fattori di rischio attraverso la diffusione delle pratiche e delle tecniche di «autosalvamento» tra i più giovani;
tali metodi risultano, infatti, estremamente utili per prevenire non solo le situazioni di pericolo ma anche le conseguenze dannose conseguenti ad interventi

di terzi che si adoperino per soccorrere le persone in difficoltà durante la balneazione;
sotto tale profilo ben si potrebbe coinvolgere anche la federazione italiana nuoto affinché, attraverso le associazioni sportive, lo scopo possa essere più agevolmente raggiunto -:
se non ritenga di avviare, anche a titolo di sperimentazione, la diffusione delle pratiche e delle tecniche di «autosalvamento» nelle scuole italiane.
(5-02384)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le nozioni proprie dell'insegnamento geografico sono propedeutiche alla comprensione dei fenomeni economici ed ecologici che regolano la vita dell'uomo sul pianeta e ne determinano la sopravvivenza;
la geografia dovrebbe essere quindi una materia rilevante nei programmi scolastici considerato il mondo sempre più globale in cui si vive e i problemi legati ai cambiamenti climatici, alle migrazioni di massa, alle guerre sempre più legate alle materie prime;
di fronte alla notizia che il Consiglio dei ministri, in vista dell'approvazione della riforma della scuola superiore, intenderebbe assumere iniziative tali da penalizzare ulteriormente se non togliere del tutto l'insegnamento della geografia l'Associazione italiana insegnanti di geografia e della Società geografica italiana hanno rivolto un appello per scongiurare una simile decisione -:
quali siano le ragioni per un contenimento dell'insegnamento della geografia nelle scuole superiori;
se ritengano di accogliere l'appello dell'Associazione italiana insegnanti di geografia e della Società geografica italiana al mantenimento di questa materia e ad un suo rafforzamento.
(4-05863)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO, ANGELI, PICCHI e BERARDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le relazioni tra l'Italia e la Tunisia sono caratterizzate da un intenso dialogo politico ed economico, coadiuvato dalla definizione di un articolato partenariato in vari settori culturali, produttivi e merceologici agevolato dalla vicinanza geografica, oltre che dalla stabilità politica, aspetto che ha condotto diversi imprenditori e professionisti italiani ad investire sul territorio tunisino;
a tutela degli investimenti economici, anche di natura immobiliare, i due paesi con la legge n. 16 del 1989, hanno ratificato un accordo bilaterale per la promozione e la protezione reciproca degli investimenti immobiliari e mobiliari;
detto accordo oltre a prevedere una adeguata protezione per gli investimenti immobiliari in Tunisia, prevede la possibilità di dirimere le controversie relative agli investimenti immobiliari attraverso il ricorso ad un Tribunale internazionale ad hoc;
ad oggi, alcuni componenti della comunità italiana residente in Tunisia, proprietari di immobili, lamentano, in materia di controversie giudiziali civili instaurate a tutela dei propri diritti di proprietà, una non adeguata ed equa applicazione della legge tunisina nei loro riguardi;
nella fattispecie, i tribunali cantonali tunisini in molte controversie giudiziali civili in materia di diritti di proprietà

immobiliari che hanno visto coinvolti cittadini italiani residenti sul territorio tunisino, si sono pronunciati con sentenze che invece di giudicare il fatto, oggetto della domanda, hanno applicato disposizioni di diritto locale ultronee rispetto alla sollecitazione iniziale, rivelando un chiaro ed oggettivo errore nell'applicazione della normativa di riferimento -:
se in materia di controversie civili instaurate dai cittadini italiani residenti in Tunisia a tutela dei propri diritti di proprietà, possa essere applicato oltre che il diritto tunisino, anche il diritto internazionale, o le norme contenute nell'accordo del 1989 a tutela della proprietà immobiliare;
se intenda prevedere l'istituzione presso le rappresentanze diplomatico-consolari in Tunisia, la figura del consigliere giuridico che - fornendo consulenza legale - possa orientare i cittadini italiani, residenti sul territorio tunisino o domiciliati a fini economici e commerciali sul medesimo territorio, in caso di controversie giudiziarie civili e non;
quali provvedimenti si intendano porre in essere a tutela delle proprietà immobiliari italiane, al fine di rendere pienamente esecutivo il suindicato accordo italo-tunisino.
(4-05866)

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha già discusso in III Commissione il 20 gennaio scorso l'interrogazione a risposta immediata 5-02351 «Sul rinnovo del contratto con la Swiss Medical, compagnia assicuratrice per gli Italiani residenti in Argentina» rappresentando che il piano di assistenza sanitaria a favore di 8.320 nostri connazionali residenti in Argentina per lo più indigenti ed anziani, è stato attuato attraverso il contratto vigente nel biennio 2008-2009, stipulato per la prima volta nel 2007 e scaduto a fine anno scorso, sottoscritto tra l'Ambasciata Italiana in Argentina e la Swiss Medical, aggiudicataria di gara europea, per un costo annuo di euro 6.748.000, che è stato rinnovato alla medesima compagnia dall'inizio del corrente anno;
detta compagnia assicuratrice si è aggiudicata nuovamente il contratto a seguito di gara, ma il Governo ha concesso condizioni economiche differenti, tanto che si è reso necessario assumere informazioni dirette presso il console dell'ambasciata italiana a Buenos Aires, da cui è emerso che a seguito di dette mutate condizioni si è causata l'esclusione del ben il 40 per cento degli aventi diritto dalla polizza, che ora si trovano costretti ad affrontare direttamente le spese sanitarie con gravi conseguenze economiche e sulla salute in caso di incapienza reddituale;
infatti il Governo ha replicato in commissione che «gli oneri di questa polizza - come quelli relativi ad altre stipulate in America Latina - gravano sui fondi del capitolo 3121 del bilancio del Ministero degli affari esteri e che tali fondi hanno natura di spesa non obbligatoria. Si è reso pertanto necessario conoscere l'entità effettiva del bilancio di previsione 2010 prima di intraprendere qualsiasi iniziativa riguardante la nuova polizza. Alla fine dello scorso giugno, la dotazione del capitolo 3121 ammontava a 9,2 milioni di euro, poi diventati 12,3 milioni con la Legge di Bilancio. La contrazione rispetto al 2009 risulta comunque pari al 26,59 per cento. Tenuto conto che sullo stesso capitolo 3121 gravano l'insieme dei sussidi ed interventi che, a vario titolo, vengono erogati da tutta la rete estera ai connazionali indigenti, le risorse per la polizza sanitaria in Argentina, sono state ridotte del 23 per cento rispetto al precedente importo annuo» confermando perciò, che «il risultato è stato un nuovo contratto che prevede la copertura di 5.000 beneficiari per un ammontare complessivo annuo di 5.187.000 euro. Il costo è stato giudicato congruo da una società esterna incaricata di una valutazione tecnica. Alla luce dei vincoli di bilancio, la riduzione del numero dei beneficiari di circa il 40

per cento è stata ritenuta la controindicazione di minor impatto, per continuare a garantire comunque l'erogazione...» dichiarando, inoltre che «l'individuazione degli attuali beneficiari è stata effettuata applicando l'unico criterio realmente oggettivo, proprio al fine di evitare discriminazioni, e cioè quello determinato dalla misura dell'indigenza dei connazionali presi in considerazione. Il relativo elenco è stato messo a punto dai Consolati sulla base dei parametri omogenei indicati dall'Ambasciata, in modo che proprio le fasce meno abbienti potessero continuare a beneficiare del servizio. Con gli stessi parametri è stata stilata la lista suppletiva...»;
questa situazione, generata dal taglio dei fondi deciso dal Governo, confermata la decurtazione di ben 3.200 connazionali indigenti, già assistiti ed ora inseriti nella surrichiamata lista suppletiva sul cui punto il Governo ha tenuto a precisare che «va tenuto presente che il contratto ...prevede la possibilità, allocando eventuali ulteriori fondi, di ampliare il numero dei beneficiari, attingendo ad una lista suppletiva di potenziali assistiti, oltre i 5.000 attualmente coperti dalla nuova polizza» ma nulla dicendo sulla reperibilità di detti fondi, è fonte di disagio sociale e danni alla collettività ingiustamente esclusa e deve trovare una giustificazione più che valida, oltre a quella fornita del criterio indicatore della misura dell'indigenza applicato, in quanto, in precedenza, il contratto con la Swiss Medical ha garantito all'Italia ed ai nostri concittadini anziani ed indigenti, residenti in Argentina tutti quanti beneficiari della polizza, la certezza di un buon risultato in termini di assistenza ed al nostro Paese condizioni economiche nei limiti dei fondi disponibili senza ricorrere a finanziamenti aggiuntivi e fuori tempi;
tale ingiusta esclusione del 40 per cento degli aventi diritto per anzianità ed indigenza a causa della riduzione dei fondi, evidenzia secondo l'interrogante una violazione alla tutela del diritto primario e inviolabile alla salute ed all'obbligo della solidarietà economica e sociale dello Stato nei confronti dei cittadini che devono avere pari dignità sociale e, non avendo avuto dal Governo i necessari esaustivi chiarimenti sulla riduzione delle risorse del 23 per cento per la polizza sanitaria in Argentina, rispetto all'insieme dei sussidi erogati per tutta la rete estera, si rende necessario provvedere a sanare detta situazione, che penalizza pesantemente una cospicua percentuale di cittadini italiani all'estero e mette a repentaglio la loro salute e la stessa vita, in caso di incapienza economica per fronteggiare in proprio le spese di cura e degenza, vista l'età avanzata degli aventi diritto e la probabile presenza di patologie geriatriche, anche fatali in mancanza di appropriata e rapida assistenza, senza contare il disagio economico per gli interessati ed il deterioramento della qualità della vita nonché le ripercussioni sul loro nucleo familiare cui grava l'obbligo di cura, con vero e proprio danno alla collettività, che potrebbe sfociare anche in stato d'emergenza sociale;
occorre altresì scongiurare dai rischi di contenzioso contro la pubblica amministrazione, con aggravi al bilancio statale;
si rende, perciò, necessario interrogare il Governo per valutare, nel bilanciamento degli interessi, la prevalenza dei diritti dei cittadini italiani residenti all'estero, anziani ed indigenti, che, con il loro lavoro hanno dato lustro alla Patria e per ripristinare la situazione pregressa del piano assistenziale sanitario, affinché, rivedendo i criteri adottati, venga assicurata la copertura assicurativa alla totalità degli aventi diritto, onde eliminare ingiuste discriminazioni degli italiani in Argentina, rispetto ai connazionali residenti in Italia ed altri connazionali all'estero, ovvero assicurare l'assistenza della categoria esclusa tramite gli ospedali italiani esistenti, cui potrebbero essere erogati i fondi stornati alla Swiss Medical;
per i motivi esposti dal Governo, si potrebbe attingere a risorse finanziarie disponibili dallo Stato, dirottandole a questo scopo come priorità assoluta (ad esempio, utilizzare i fondi provenienti dallo

scudo fiscale varato dal Governo per favorire il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali illegalmente detenute all'estero fino al 31 dicembre 2008, stimando un rientro di capitali per un totale di circa 300 miliardi di euro, il Ministero dell'economia e delle finanze si aspetta un gettito fiscale una tantum di 3-5 miliardi di euro, il rimpatrio è infatti obbligatorio solo per le somme depositate presso paradisi fiscali, che hanno favorito una categoria privilegiata di cittadini e per equità che dovrebbero, per la quota spettante, sanare l'ingiustizia perpetrata ai danni di altri ben più bisognosi concittadini e ingiustificatamente esclusi dal godimento di diritti sacrosanti ed inviolabili -:
se al Governo intenda fornire ulteriori elementi sulla effettiva e rapida risoluzione della situazione in premessa;
quali urgenti misure intenda adottare per eliminare detta esclusione dalla copertura sanitaria ai danni di una fascia sociale debole ed indifesa, che potrebbe essere assistita presso gli ospedali italiani presenti in Sudamerica, a pari condizioni di quelli rientranti nella fascia assicurata.
(4-05868)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 17 dicembre 2009 (giovedì mattina), come hanno riferito diversi siti riformisti iraniani, un giovane di soli 20 anni e di origine curda, Mosleh Zamani è stato impiccato nella prigione di Kermanshah (ad ovest dell'Iran) insieme ad altri quattro detenuti non identificati;
né i funzionari iraniani né i media governativi hanno menzionato la notizia delle cinque esecuzioni di Kermanshah;
il giovane è stato impiccato dopo essere stato condannato a morte per uno stupro che avrebbe commesso nei confronti della fidanzata quando era ancora minorenne. Infatti Mosleh Zamani è stato condannato a morte nel 2006, quando aveva solo 17 anni e nel 2007 la Corte Suprema ha confermato la sentenza;
Sanaz Zamani, sorella del condannato, durante un'intervista con la Bbc in lingua persiana, ha dichiarato che la fidanzata di Mosleh non ha né lamentato alcuna violenza né denunciato mai suo fratello. Anzi, la stessa fidanzata ha sempre affermato che i rapporti sessuali tra loro erano consenzienti e ha quindi chiesto ai giudici di risparmiare la vita a Mosleh;
nonostante ciò, il fratello è stato condannato per «Shararat», un termine piuttosto impreciso che indica «atti malefici» e viene frequentemente utilizzato per indicare la violazione della legge e dell'ordine o comportamenti sociali inappropriati. Così motiva la sentenza: Mosleh Zamani deve essere messo a morte «per dare l'esempio» a tutti i giovani iraniani;
Amnesty International, unendosi alle voci dei familiari e amici del giovane, ha tentato invano di chiedere all'Iran di non eseguire la sentenza capitale. Amnesty non solo condanna la pratica dell'impiccagione, ma afferma che questa è la quinta esecuzione di un minorenne al momento del reato nel corso del 2009, e almeno la 46esima dal 1990. Amnesty afferma inoltre che la situazione del Paese è alquanto grave dal momento che nel braccio della morte vi sono circa 140 prigionieri come Mosleh Zamani -:
quali iniziative abbia intenzione di adottare il Governo italiano nei confronti di quello iraniano al fine di evitare ulteriori casi che costituiscono una violazione del diritto internazionale, visto che, l'Iran è vincolato al rispetto di due trattati internazionali - la Convenzione internazionale per i diritti del fanciullo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici - che proibiscono l'uso della pena di morte nei confronti di imputati minorenni.
(4-05870)

RAZZI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in occasione dell'assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all'estero nei primi di dicembre 2009 il Sottosegretario Alfredo Mantica ha fatto presente che sarebbero state prese misure, da parte del Ministero degli affari esteri, con le quali sarebbero state soppresse diverse sedi consolari italiane all'estero;
inoltre, sempre nella stessa riunione, il Sottosegretario Mantica ha comunicato i tagli operati dalla manovra finanziaria al cap. 3153 su cui gravano i corsi di lingua e cultura italiana per i nostri cittadini residenti all'estero;
relativamente alla ristrutturazione della rete consolare il Sottosegretario di Stato, senatore Mantica, avrebbe così sintetizzato l'intera operazione messa a punto dal Ministero degli affari esteri: «declassamento e chiusura di alcune sedi; progressiva informatizzazione dei consolati; introduzione di procedure relative al passaporto biometrico, esteso entro il 30 giugno a tutta la rete; valutazione della qualità dei servizi erogati e dei loro costi». «Tutti capisaldi strettamente correlati - ha affermato Mantica - riconfermando l'attenzione prioritaria alla valutazione del rapporto costi/benefici nell'erogazione dei servizi consolari da effettuarsi in riferimento alla singole sedi, pur mantenendo margini di flessibilità sulle scelte definitive, specie per quanto concerne la presenza all'estero di sportelli consolari». A questo riguardo ha illustrato la piattaforma informatica SIFC (Sistema integrato delle funzioni consolari), un sistema messo a punto dal Ministero dagli affari esteri per la gestione delle attività consolari e per lo svolgimento delle pratiche a distanza. È uno strumento che «consentirà un aumento dell'efficienza, della qualità e della velocità dei servizi all'utenza», secondo il ministero. Con esso il cittadino mediante un personal computer ed un collegamento ad internet dovrebbe riuscire ad avere informazioni di carattere generale, prendere un appuntamento prima di recarsi fisicamente alla sede, accedere, infine, tramite autenticazione, ai servizi consolari veri e propri grazie al dialogo tra uffici all'estero e banche dati della pubblica amministrazione. Questo proverebbe, ad avviso dell'interrogante, che il mondo diplomatico conosce poco o non conosce affatto i nostri emigrati dove solo i figli di terza generazione sanno usare queste nuove tecnologie, mentre gli anziani della seconda - e ciò che resta della prima - non sanno accedere a questi mezzi. Ciò significa che ben oltre il 65 per cento, tanti sono, avrà difficoltà ad accedere a questo sistema i cui costi sono stati certamente ingenti per gli italiani in Patria;
sempre in tema di soppressione di consolati l'interrogante ritiene che le procedure di riduzione delle sedi non segua affatto i criteri sopra indicati ma una pura e semplice azione tesa a difendere le sedi più in vista. Lo riprova, ad esempio, il caso Svizzera, dove si chiude Losanna, si declassa Basilea, si chiude Coira e permangono sedi come Neuchatel e Wettingen;
dallo schema che segue emerge infatti quanto siano disattesi i criteri adottati per l'individuazione delle sedi superflue nella rete consolare.

SVIZZERA
Sede consolare Cittadini
italiani
residenti
(000)
Dipendenti
presso
la sede
consolare
Atti consolari (valori 000)
cittadinanza Stato civile notarili Passaporti
e carte d'iden.
Cons. Gen. Basilea 70 19 0,1 1,9 1,2 11
A.C. Wettingen 17 3 0,9 0,5 0,1 1,8
Cons. Berna 33 16 0,1 1 0,8 2,8
Cons. Gen. Ginevra 42 14 0,7 1,2 1,0 3,5
Cons. Gen. Losanna 57 19 0,1 1,9 1,0 5,5
A.C. Neuchatel 17 4 0,0 0,6 0,1 1,2
Cons. Gen. Lugano 84 23 0,2 2,8 0,3 6,7
Cons. San Gallo 41 9 0,4 1,7 0,6 4,1
A.C. Coira 13 4 0,0 0,3 0,0 0,8
Cons. Gen. Zurigo 117 34 0,4 5,8 2,4 12

dalla tabella sopra riportata, da leggere tenendo conto delle distanze chilometriche, emergono alcune contraddizioni: ci si chiede, in particolare, come si possa chiudere Losanna, dove risiedono ben oltre 57.000 connazionali, per lasciare aperta una struttura come l'Agenzia consolare di Neuchatel dove ne risiedono appena 17.000. Tale soluzione avrebbe una logica se fosse stato deciso di chiudere Losanna e di convogliare i connazionali a Ginevra e quelli di Neuchatel verso Berna, cosa questa che avrebbe evitato disagi ai connazionali, oppure di trasferire solo la circoscrizione di Neuchatel all'Ambasciata di Berna. Inoltre, non è coerente ad avviso dell'interrogante, tenere aperta Wettingen, che dista pochi chilometri da Zurigo, quando basterebbe trasferire la competenza del Cantone Argau nella circoscrizione di tale Consolato generale;
molte conseguenze possono derivare da simili decisioni: difficoltà a molti cittadini, eventuali danni all'erario, sfiducia nello Stato. Dai dati sopra riportati, secondo l'interrogante non si può ritenere, che si tratta di una decisione razionale e non è assolutamente chiaro perché l'Agenzia consolare di Neuchatel e quella di Wettingen siano rimaste aperte;
ci si chiede come mai si è declassata in tutta fretta la sede di Basilea che ha una notevole importanza sul piano delle presenze dei connazionali e dell'attività consolare rispetto, ad esempio, a Ginevra dove eventualmente la decisione di un declassamento, con contestuale collocamento del consolato presso la Rappresentanza, non verrebbe neppure notata;
sarebbe opportuno chiarire, come mai si chiude l'agenzia consolare di Coira unico avamposto italiano in un Cantone che ha il tratto confinario più lungo con l'Italia ed una situazione commerciale totalmente a favore del nostro Paese;
tali decisioni non sono giustificate nemmeno dal volume di attività svolta dalle sedi, come i dati sopra riportati riprovano ampiamente;
ci si chiede inoltre quale sia la vera lista delle sedi da chiudere. Si parla infatti dei consolati di Bruxelles, di Liegi, di Saarbruecken, di Norimberga, di Amburgo, di Manchester, di Lilla, di Mulhouse, di Losanna, di Adelaide, di Brisbane, di Detroit, di Filadelfia e di Durban, oltre a diversi declassamenti e alla soppressione di diverse agenzie consolari;
non sono note le ragioni per cui, se esistono così tanti problemi finanziari, non si utilizzi la figura dei consoli onorari. Ad esempio il 31 ottobre del 2000 a Lucerna è stato chiuso il consolato, nonostante vi risiedessero oltre 20.000 italiani. Al riguardo,

si potrebbe istituire un consolato onorario visti i benefici che esso produrrebbe ai cittadini e alle oltre 30 imprese italiane che operano a Lucerna. Avrebbero un costo limitato per l'erario, sarebbero ben accetti, richiederebbero poche risorse finanziarie - sicuramente meno di quelli attuali - e sarebbero oltremodo graditi alle locali autorità;
per quanto riguarda, invece, i tagli operati ai finanziamenti per i corsi di lingua e cultura italiana all'estero l'onorevole Mantica avrebbe confermato una riduzione del 40 per cento del pertinente capitolo 3153 su cui gravano i corsi di lingua e cultura italiana. Purtroppo, quest'ultima decurtazione del 40 per cento, segue altrettanti tagli operati negli anni passati che rendono ora impossibile la prosecuzione dei corsi previsti dalla legge. Ha quindi ragione il Segretario generale del Consiglio generale degli italiani all'estero, Elio Carrozza, quando ha stigmatizzato «il silenzio che ha contrassegnato questi mesi succedutisi ad una Finanziaria dagli effetti distruttivi per la promozione della lingua e cultura, per lo sviluppo dei rapporti commerciali, per l'assistenza diretta ed indiretta, per l'assistenza sanitaria, per la formazione delle comunità italiane all'estero nel breve, medio ed ancor più nel lungo periodo», silenzio che ha rappresentato la volontà di avviare una lenta cancellazione di quanto è stato fatto non solo dall'ex ministro Tremaglia ma anche nelle passate legislature per riconoscere ai nostri emigranti un diritto di esistenza e di legame con la madre Patria;
non sono condivisibili, ad avviso dell'interrogante, le giustificazioni del Sottosegretario Mantica che ha cercato di rendere meno drammatica questa situazione grave ed insostenibile per i nostri connazionali. I rimedi suggeriti dal Governo non appaiono in grado di risolvere le criticità e non sono sostenuti, secondo l'interrogante, da adeguate risorse finanziarie, con l'effetto di far gravare i costi sui cittadini;
la lingua e la cultura italiana all'estero non sono solo uno strumento per gli emigranti, ma anche uno strumento di politica estera del nostro Paese e vengono sicuramente prima di interventi come il ponte sullo stretto. Non si tratta di riunire questa materia nella competenza di una sola direzione del ministero degli affari esteri, ma di tagliare ogni attività culturale, dai corsi alle manifestazioni con conseguente perdita d'immagine per il nostro Paese. Al riguardo, si riportano i seguenti dati:

SVIZZERA
Corsi di lingua e cultura - Livello elementare e medio
Sede consolare Enti
Gestori
presenti
Gestiti dal Ministero degli affari esteri Ente Gestore
Corsi Alunni Docenti
espatriati
Corsi Alunni Docenti
locali
Cons. Gen. Basilea Fopras, Ecap, Cipre 181 1960 20 113 1291 20
Cons. Berna Casci e Cipe 87 904 10 133 1354 25
Cons. Gen. Ginevra Cae 72 1035 8 18 242 4
Cons. Gen. Losanna Cpsi 96 1229 10 69 880 9
Cons. San Gallo Lci 234 2586 25 258 1778 24
Cons. Gen. Zurigo Casli, Cifl- Enaip 195 2297 19 221 2481 38

 

dalla tabella che precede, infatti, emerge chiaramente come si comporteranno i consolati per gestire i tagli operati dalla legge finanziaria. Attualmente, come si può vedere, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal Ministero degli affari esteri e dagli enti gestori. In presenza di un taglio del 50 per cento (tale è la reale portata) i corsi ministeriali composti da docenti espatriati proseguiranno, mentre verranno chiusi tutti i corsi degli enti gestori. Ciò comporterà: l'abbattimento del 50 per cento dei corsi, il licenziamento degli unici insegnanti di lingua e cultura italiana che parlano correttamente la lingua locale e graditi al mondo scolastico cantonale, la chiusura di buona parte degli enti gestori;
quindi, ad avviso dell'interrogante, oltre che denegare un diritto riconosciuto, si colpiscono gli enti che operano nel settore;
in virtù dell'elevato numero di cittadini italiani che risiedono in Svizzera, i quali ammontano ad oltre 500.000 e soprattutto in virtù del fatto che la Svizzera non è un Paese membro dell'Unione europea, non si ravvisa la necessità di dover chiudere il consolato di Coira e di Losanna, come anche gli altri Consolati presenti nella Confederazione elvetica;
facendo riferimento all'interrogazione del 22 luglio 2009, l'interrogante ribadisce nuovamente la possibilità di istituire i consolati onorari, cosa doverosa ad esempio per i 20.000 italiani che vivono a Lucerna che potrebbero in questo modo almeno poter usufruire del servizio -:
quali siano le motivazioni in base alle quali si intende chiudere le sedi consolari di cui in premessa e quale sia la lista definitiva delle sedi soppresse;
quali iniziative si intendano adottare a favore della popolazione anziana che non potrà accedere ai servizi informatici di recente creazione nei consolati;
quali opportunità verranno date alle associazioni ed ai patronati di collaborare con questi nuovi servizi consolari;
quali iniziative si intendano adottare per evitare il «tracollo» dei corsi di lingua e cultura italiana con la conseguente chiusura degli enti gestori.
(4-05871)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli imballaggi costituiscono uno dei maggiori problemi nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti;
sovente vengono utilizzati con notevole impiego di materiali plastici o schiume che purtroppo in parte finiscono negli impianti di termovalorizzazione, causando la formazione di diossine e PCB, con gravi pericoli per l'ambiente;
molti prodotti vengono confezionati con imballaggi che hanno soprattutto una funzione estetica più che di protezione o contenimento del prodotto e questo è un fenomeno che dovrebbe essere scoraggiato;
in questi anni qualche piccolo passo in avanti è stato fatto e molti supermercati, ad esempio, consentono di confezionare alcuni prodotti alimentari freschi come la frutta e la verdura, senza ricorrere a vassoi in polistirolo tuttavia moltissimi prodotti vengono commercializzati in contenitori realizzati in materiale plastico (è il caso dei prodotti per la pulizia ed igiene personale che potrebbero essere offerti in ricariche in buste di materiale biodegradabile -:
se sia allo studio un'iniziativa normativa per «penalizzare» i contenitori di prodotti costruiti con materiali di difficile smaltimento e quelli sovradimensionati rispetto al prodotto.
(4-05860)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

STRIZZOLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 1593 ad opera della Repubblica Veneziana venne fondata la città fortezza di Palmanova con la caratteristica di «stella 9 punte» corrispondenti ai nove baluardi posti a difesa della città, con tre porte d'ingresso ancora oggi in funzione;
nel corso dei secoli, la città fortezza mantiene sempre la sua prioritaria finalità di agglomerato militare con caserme e strutture di supporto degli eserciti, passando attraverso la dominazione veneta, francese, napoleonica, austro-ungarica e, dal 1861 unita all'Italia, sempre sede di reparti militari anche nel corso dei due conflitti mondiali del secolo scorso;
la presenza dell'esercito nel secondo dopoguerra e, fino a circa 15 anni fa, con un insediamento consistente di truppe, ha assicurato la manutenzione della cinta fortificata e di tutte le strutture storico-militari di cui si compone la città;
nel 1960 la città di Palmanova, in virtù della sua peculiare caratteristica di «Fortezza» modellata a forma di stella a 9 punte e dal rilevante profilo storico-militare, viene dichiarata «monumento nazionale» e in una parte delle fortificazioni - quella tra Porta Cividale e Porta Udine - viene realizzato un museo storico militare di pertinenza del Demanio militare, mentre la restante parte delle mura di cinta entrano nella pertinenza del Demanio civile;
dopo la chiusura di quasi tutte le caserme a seguito della cessata obbligatorietà della leva, è venuta meno la costante opera di manutenzione di tutte le strutture che era effettuata dai diversi reparti dell'esercito dislocati nella città;
da anni non viene eseguita un'adeguata opera di manutenzione che è di competenza dello Stato e in considerazione anche delle limitate risorse di cui dispone l'amministrazione comunale, la cinta fortificata della città è oggi in evidente e inaccettabile condizione di degrado, recando danno all'immagine complessiva della città e determinando anche, in alcuni punti della struttura monumentale, una situazione di pericolo;
l'amministrazione comunale, attraverso tutte le proprie rappresentanze politico-istituzionali di maggioranza e di minoranza, proprio in questi giorni ha evidenziato lo stato di degrado e di pericolo in cui versano le strutture monumentali di pertinenza dello Stato, lanciando un appello per sollecitare adeguati e urgenti interventi di manutenzione -:
quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per la parte di propria competenza, per assicurare un tempestivo intervento di manutenzione e di messa in sicurezza della cinta fortificata nonché per attivare un accordo interistituzionale con il comune di Palmanova, la regione Friuli Venezia Giulia per la tutela e la valorizzazione storica, culturale e turistica del complesso monumentale della «città fortezza» di Palmanova.
(4-05864)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il mercato italiano della difesa sarà soggetto a radicali cambiamenti nell'ambito di un processo di trasformazione riguardante l'intero mercato europeo che ha come scopo principale il superamento della frammentazione del mercato europeo della difesa che rappresenta un limite sia per lo sviluppo delle capacità tecnologiche

ed industriali europee, sia per la competizione con i grandi gruppi americani sul mercato internazionale;
il 5 dicembre 2007, la Commissione europea ha presentato un Defence Package contenente due proposte di direttiva, approvate tra il 2008 e 2009 e la cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea è avvenuta ad aprile 2009;
la prima direttiva è relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza. Prevede le autorità appaltanti possano chiedere che i competitori indichino, nell'ambito di una quota fissata, la quota che intendono subappaltare a società esterne, fino al 30 per cento. Spetta alla società proponente dire se rispetta la quota ed in quale parte del programma intende effettuare subappalti Questa direttiva si applicherà agli appalti che hanno come oggetto la fornitura di equipaggiamenti militari e sarà estesa anche all'acquisto di prodotti «sensibili». Riguarderà anche alcuni acquisti particolarmente sensibili nel settore della sicurezza non militare, in aree come la protezione delle frontiere, Le azioni di polizia e le missioni di gestione della crisi;
la seconda direttiva consente l'eliminazione degli ostacoli relativi ai trasferimenti intracomunitari del materiale. Prevede tre forme di autorizzazione: licenza generale, globale e individuale. La prima consentirà il trasferimento di tutti i prodotti selezionati da ciascun Paese negli altri Paesi europei a condizione che siano utilizzati, la seconda permetterà il trasferimento di uno specifico elenco di prodotti tra specifiche società. La terza resterà limitata ad operazioni singole, soprattutto quelle che coinvolgono prodotti «sensibili». Ogni Paese sarà libero di fissare limitazioni alle esportazioni verso Paesi non europei, ma delegandone la responsabilità al Paese in cui l'equipaggiamento viene integrato;
le direttive saranno introdotte nelle legislazioni nazionali entro due anni dalla pubblicazione e la seconda sarà applicata entro tre anni;
la direttiva dovrà essere recepita negli ordinamenti nazionali e potrà convivere con norme e procedure degli Stati membri a condizione che non ne contraddicano l'impostazione e i contenuti. Richiederà un forte impegno del Governo e dell'amministrazione: anche l'Italia dovrà «europeizzare» la normativa nazionale; la frammentazione del mercato europeo non è più compatibile con il mutato scenario europeo e internazionale. La Commissione europea ha dovuto riconoscere che la specificità del mercato della difesa richiedeva regole particolari; i Governi europei, hanno preso atto che le forze armate richiedono equipaggiamenti più avanzati al minor prezzo possibile e, quindi, un'industria più efficiente e competitiva; le imprese europee hanno accettato che è necessario avere un mercato di riferimento continentale, anche se devono accettare una maggiore competizione sui mercati domestici;
a partire dal 2011 il mercato europeo della difesa cesserà di essere solo un auspicabile obiettivo per cominciare a diventare una realtà concreta -:
quali opportune iniziative, in relazione al Defence Package, il Governo intenda intraprendere al fine di giungere nei tempi e nei modi consentiti ad adeguare il nostro quadro normativo e a colmare le carenze nel settore difesa, per evitare, come spesso accade, di essere fra gli ultimi a recepire nel nostro ordinamento le decisioni assunte a livello europeo.
(5-02382)

VILLECCO CALIPARI, GAROFANI, RECCHIA e RUGGHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito di un progetto di digitalizzazione degli archivi della Difesa e per la realizzazione di un centro unico di conservazione sostitutiva per la documentazione cartacea presso lo stabilimento grafico militare di Gaeta, è in atto uno

studio di fattibilità presso il Cedoc di Roma finalizzato a verificare la possibile digitalizzazione dello stesso;
è comunque prioritario risolvere i problemi di accesso ad un archivio cartaceo composto da circa 5 milioni di fascicoli e situato in ambiente non idoneo;
in diverse occasioni, anche in sede di contrattazione locale, si è sottolineata l'impossibilità, vista l'attuale condizione dell'organico ridotta del 40 per cento circa la sua previsione teorica e le forti carenze nei mezzi tecnologici a disposizione, e far fronte alla complessa mole lavorativa -:
quali siano gli esiti della verifica del piano di fattibilità del progetto suddetto e dello stato di avanzamento del progetto e quale sia la modalità di coinvolgimento dei dipendenti del Cedoc e dello stabilimento Militare di Gaeta.
(5-02383)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FUGATTI e POLLEDRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
antecedentemente all'introduzione del comma 4 dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il trasferimento del plafond all'affittuario in sede di affitto di azienda, al fine di fruire della possibilità di acquistare beni e servizi per cessioni all'esportazione senza pagamento dell'IVA, non era specificamente regolato dalla legge, e l'orientamento del Ministero, espresso in varie risoluzioni emanate a partire dal 1975, propendeva per la sussistenza del diritto al trasferimento, subordinatamente al verificarsi di determinate condizioni;
poiché le pronunce ministeriali erano tuttavia parzialmente contraddittorie e si riferivano non solo all'affitto, ma a tutte 1e fattispecie di trasferimento di azienda, con il comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, anche a fini interpretativi, come è dato leggere nella relazione al decreto-legge, limitatamente all'affitto di azienda, fu introdotta la normativa attualmente vigente in tema di plafond, la quale dispone che, nel caso di affitto di azienda, perché possa avere effetto il trasferimento del beneficio di utilizzazione della facoltà di acquistare beni e servizi per cessioni all'esportazione, senza pagamento dell'imposta, è necessario che tale trasferimento sia espressamente previsto nel relativo contratto e che ne sia data comunicazione con lettera raccomandata entro trenta giorni all'ufficio IVA competente per territorio;
il comma 6 dello stesso articolo 1 del decreto-legge n. 417 stabilisce che: «La disposizione di cui al comma 5 si applica dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto. Per i casi di affitto di azienda verificatisi antecedentemente, sono fatti salvi i trasferimenti avvenuti anche senza espressa menzione e sono considerate valide le operazioni effettuate dall'affittuaria nell'esercizio della facoltà di cui al quarto comma dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotto dal comma 5»;
la ratio legis della norma è desumibile dalla relazione tecnica al decreto-legge n. 417, nella quale si legge: «La norma prevede il trasferimento del beneficio di acquistare beni e servizi in sospensione d'imposta ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 a favore dell'affittuario dell'azienda. Trattasi di una norma avente carattere interpretativo, conforme all'orientamento già dato dall'amministrazione finanziaria. Non si ravvisa nella fattispecie nessuna erosione della base imponibile e quindi nessun effetto sul gettito del bilancio dello Stato»;
da quanto sopra appare evidente che di tutte le condizioni richieste nelle precedenti

pronunce ministeriali non è fatta alcuna menzione nella legge, che indica invece come necessari la manifestazione della volontà delle parti, le quali devono espressamente indicare nel contratto il trasferimento del plafond, nonché la comunicazione al competente ufficio IVA del trasferimento avvenuto;
successivamente, in contraddizione con quanto espresso dal legislatore pochi mesi prima, il Ministero, con risoluzione n. 450173 del 1992, dopo aver sancito il carattere derivativo del diritto al trasferimento del plafond nell'affitto di azienda, reintroduce un'ulteriore condizione con le parole «...laddove, ovviamente, viene previsto il trasferimento del beneficio solo se vengono ceduti quantomeno i rapporti con la clientela, oltre all'università costituente l'azienda...»;
la predetta tematica è già stata oggetto di una precedente interrogazione a risposta immediata in Commissione, svolta presso la Commissione Finanze 14 ottobre 2009, alla quale il Governo diede tuttavia una risposta interlocutoria, riservandosi di fornire una compiuta risposta quando l'Agenzia delle entrate avesse ultimato gli approfondimenti in merito -:
se gli approfondimenti in merito da parte dell'Agenzia delle entrate si siano conclusi, visto l'ampio periodo di tempo nel frattempo trascorso, e se sia pertanto possibile chiarire se i requisiti previsti dall'articolo 8, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ovvero la presenza di un contratto di affitto di azienda in cui il trasferimento del beneficio sia espressamente previsto e comunicato entro trenta giorni all'ufficio IVA competente, siano, non solo necessari, ma anche sufficienti ai fini del trasferimento del plafond.
(5-02385)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 15 gennaio 2005 è entrato in vigore l'articolo 2391-bis del codice civile, che assegna alla Consob il potere di dettare principi generali, in materia di competenza decisionale, motivazione e documentazione, diretti ad assicurare la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate compiute, anche tramite controllate, dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio;
in data 9 aprile 2008 la Consob ha pubblicato un documento di consultazione recante una prima bozza di «Disciplina regolamentare di attuazione dell'articolo 2391-bis del codice civile in materia di operazioni con parti correlate»;
in data 3 agosto 2009 la Consob ha pubblicato un nuovo documento di consultazione, e in data 31 ottobre 2009 si è chiusa la consultazione pubblica su tale documento;
sono decorsi più di cinque anni dall'attribuzione alla Consob della delega regolamentare in materia di operazioni con parti correlate;
in questi anni numerose sono state le operazioni tra società quotate e, in particolare, azionisti di controllo, concluse in assenza di un adeguato quadro normativo, quali ad esempio la vendita della controllata tedesca Hansanet da parte di Telecom Italia al socio indiretto Telefonica, la fusione di Ducati Motor Holding nella società controllante, la cessione di immobili da parte di Camfin e Telecom a Pirelli Re e i trasferimenti all'interno del gruppo Fondiaria Sai nell'imminenza del delisting di Immobiliare Lombarda;
l'attuazione dell'articolo 2391-bis costituisce il principale tassello mancante delle riforme dei mercati finanziari approvate dal Parlamento in reazione agli scandali Cirio e Parmalat;
il secondo documento di consultazione ha avuto buona accoglienza dal mercato e, in particolare, dai soggetti interessati, con osservazioni critiche che ormai si concentrano su profili di dettaglio e non ne mettono in dubbio l'impostazione generale;

la crisi finanziaria ha dimostrato una volta di più che una regolamentazione stringente delle condotte degli amministratori e dei soci di controllo è necessaria per evitare abusi a danno degli investitori e dell'economia nel suo complesso -:
quali iniziative il Governo intenda prendere, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della Consob, affinché il Paese si doti celermente di una normativa sui conflitti d'interessi nella gestione delle società quotate che assicuri un'adeguata tutela ai risparmiatori e incoraggi l'investimento azionario diretto e indiretto nelle imprese italiane.
(5-02386)

CONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Commissione nazionale per le società e la borsa svolge un ruolo d'importanza cruciale nella vigilanza dei mercati finanziari, ed ha acquistato un rilievo ancor più significativo alla luce delle turbolenze che nel corso degli ultimi anni hanno investito il mercato italiano ed internazionale e dei nuovi compiti che sono stati attribuiti alla Commissione da recenti interventi legislativi;
nell'esercizio dei suoi delicati compiti la CONSOB si misura giornalmente con problematiche particolarmente complesse sotto il profilo economico, finanziario e giuridico, dovendosi inoltre confrontare con interlocutori privati, da essa vigilati, che dispongono di risorse economiche e professionali spesso molto ampie, e necessita pertanto di personale particolarmente qualificato ed aggiornato;
nel reperimento e mantenimento di un livello adeguato di risorse professionali la CONSOB incontra oggettive difficoltà, dovute sia alle dimensioni non particolarmente ampie della sua pianta organica, sia ai vincoli di bilancio, sia alle difficoltà di reclutamento, sia al fenomeno della costante fuoriuscita di personale, cui sono spesso offerte occasioni di lavoro molto vantaggiose all'esterno, in ragione dell'elevato livello qualitativo;
alla CONSOB è riconosciuta, ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, del decreto-legge n. 95 del 1974, piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge, ed in tale contesto l'articolo 2 del predetto decreto-legge n. 95, prevede, al settimo comma, che l'assunzione del personale della CONSOB avviene per pubblici concorsi per titoli ed esami indetti dalla stessa Commissione, mentre l'ottavo comma del medesimo articolo 2 stabilisce che la CONSOB, per l'esercizio delle proprie attribuzioni, possa assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, possibilità di cui la CONSOB stessa si è avvalsa al fine di far fronte in tempi rapidi e con la necessaria flessibilità alle proprie esigenze di personale;
in particolare, ai sensi della normativa interna deliberata dalla stessa CONSOB relativamente alla normativa dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, tali contratti hanno la durata massima di 5 anni e sono rinnovabili per una sola volta, per un periodo non superiore alla durata del contratti iniziale;
a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 368 del 2001, come integrato dalla legge n. 247 del 2007, il quale detta norme più restrittive in merito alla durata dei predetti contratti di lavoro a tempo determinato, è sorto il dubbio se tale nuova disciplina sia applicabile anche alla CONSOB, ovvero se per quest'ultima viga, sotto questo profilo, un regime di specialità, in ragione della previsione di cui al citato articolo 2, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 1974;
tale incertezza sta determinando evidentemente ulteriori difficoltà per la CONSOB, la quale ha infatti reiteratamente richiesto un intervento interpretativo in materia;
al di là ditali aspetti squisitamente giuridici, che non è possibile affrontare in

questa sede, appare evidente come il punto fondamentale della questione riguardi la salvaguardia ed il potenziamento delle capacità operative della CONSOB, cui spettano funzioni di vigilanza pubblica assolutamente centrali ai fini della vigilanza sulla correttezza e trasparenza nei mercati dei capitali, nonché ai fini della tutela dei risparmiatori e degli investitori -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per assicurare adeguate risorse professionali alla CONSOB, ed in tal modo garantire il pieno ed effettivo svolgimento delle fondamentali funzioni di controllo e vigilanza assegnate alla Commissione stessa.
(5-02387)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Ignazio Cutrò, imprenditore residente a Bivona, in provincia di Agrigento, è da sempre coraggiosamente impegnato nella lotta alla mafia e di questa sua scelta morale e politica ha fatto una missione di vita, fondando la prima associazione antiracket dell'agrigentino, denominata Terre Libere;
in particolare, Ignazio Cutrò si è costituito parte civile nel processo Face Off, in corso di svolgimento a Sciacca, che vede imputati esponenti di rilievo delle cosche agrigentine, in quanto, come risulta dalle indagini, è tra le persone particolarmente danneggiate dagli indagati coinvolti nell'inchiesta Face Off;
per questa sua scelta egli ha dovuto sacrificare la sua attività imprenditoriale edile, che negli anni ha subito gravi perdite, compromettendo definitivamente la tranquillità e la serenità della sua famiglia e la qualità della sua vita: infatti Ignazio Cutrò negli anni ha subito una sequenza inenarrabile di attentati, intimidazioni, minacce, ingiurie e calunnie che hanno colpito non solo lui, ma tutti coloro che in questi anni gli sono stati vicino, e vive da anni sotto scorta, garantita dall'Arma dei carabinieri, e la sua protezione, nonostante la costante dedizione dell'Arma, appare ancora molto precaria e pregiudizievole della sua incolumità; tale condizione di pregiudizievole precarietà e gravissimo rischio, vale non solo per il Cutrò ma anche per tutta la sua famiglia e per gli uomini della scorta;
in tale contesto gli organismi prefettizi hanno disposto nei suoi confronti, a partire dal febbraio 2009 e per un periodo di tre anni, un provvedimento di sospensione dei termini a qualsiasi titolo decorrenti;
in conseguenza di tale situazione, l'attività imprenditoriale a carattere edile del signor Cutrò ha subito gravissimo nocumento in questi anni, e l'imprenditore si è fin qui avvalso, per finanziare la sua residuale attività imprenditoriale, di una linea di extrafido, appoggiata al Banco di Sicilia, che alla sua scadenza, il 30 luglio 2009, non veniva rinnovata dal consorzio fidi CONFIDI società cooperativa a responsabilità limitata, il quale non ha concesso la prevista garanzia, impedendo così il perfezionamento della pratica ed il rinnovo della linea di fido;
la stessa banca sollecitava il consorzio fidi CONFIDI ad assicurare almeno la garanzia per la linea di fido di cassa temporanea per 50.000 euro già deliberata e in scadenza il 30 agosto 2010, senza però ottenere né spiegazioni né risposte dallo stesso CONFIDI, il quale non ha nemmeno dato alcun cenno di risposta alle sollecitazioni e richieste di chiarimento avanzate dal signor Cutrò;
tale atteggiamento del Consorzio CONFIDI ha impedito il perfezionamento della pratica per la linea di fido già rinnovata il 24 agosto 2009 presso l'agenzia di Bivona del Banco Sicilia, causando altresì l'immediata interruzione anche della linea di elasticità di fido di cassa temporanea, pari a 50.000 euro, già erogata e che avrebbe avuto scadenza il 30 agosto 2010, arrecando così danni gravissimi e irrimediabili all'attività imprenditoriale del Cutrò;

la vicenda di Ignazio Cutrò, al di là della gravità del suo caso personale, assume un rilievo paradigmatico rispetto ai problemi, specificamente di natura creditizia, che affliggono molti di quegli imprenditori che hanno deciso di contrastare apertamente la criminalità organizzata nel proprio territorio, in quanto egli costituisce un simbolo ed un punto di riferimento per tutti coloro, persone e istituzioni della società civile, che quotidianamente mettono in gioco la loro vita e la loro attività per contrastare le cosche mafiose e le altre organizzazioni criminose -:
quali iniziative, per quanto di propria competenza, intenda assumere per favorire l'erogazione del credito nei confronti di quegli imprenditori, come Ignazio Cutrò, che si trovano in condizioni di particolare difficoltà per l'impegno da loro profuso nel contrasto alla mafia ed alle altre forme di criminalità organizzata, nonché per monitorare il comportamento al riguardo delle banche e degli altri intermediari creditizi.
(5-02388)

Interrogazione a risposta scritta:

PIONATI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la direzione dell'Agenzia del territorio, il 26 febbraio 2004 emanava circolare n. 2/2004 prot. 16813 relativa alle procedure di affrancazione di fondi, già appartenenti a comuni o ad altre collettività, la cui occupazione da parte di soggetti abusivi era stata legittimata con l'imposizione di un canone enfiteutico, ai sensi degli articoli 9 e 10 della legge 16 giugno 1927, n. 1766;
nella stessa circolare veniva precisato che per effetto della legittimazione e conseguente imposizione del canone, si instaurava tra ente legittimante e soggetto legittimario un rapporto enfiteutico avente natura esclusivamente privatistica e che in pratica il terreno oggetto del rapporto passava nella libera ed assoluta proprietà del legittimario cui faceva obbligo di corrispondere il canone enfiteutico, affrancabile a richiesta del medesimo;
come più volte ribadito dalla Corte di cassazione il provvedimento di legittimazione delle occupazioni abusive di terre del demanio comunale conferisce al destinatario la titolarità di un diritto soggettivo perfetto e di natura reale, costituendone legittimo titolo di proprietà;
i rapporti giuridici che si instaurano fra ente concedente e soggetto legittimario, a seguito del provvedimento di legittimazione, vanno ricondotti alla disciplina normativa delineata dal codice civile in materia di diritti reali, pur essendo peculiare la tipologia di affrancazione correlata ai procedimenti di legittimazione su terre di uso civico e dunque producendosi effetti parzialmente diversi rispetto a quelli dell'affrancazione ordinaria prevista dall'articolo 971 del codice civile;
se con l'affrancazione ordinaria l'enfiteuta consegue ex novo l'acquisto del diritto di proprietà del terreno, con l'affrancazione in oggetto si verifica solo una sorta di effetto espansivo del diritto preesistente, infatti il diritto di proprietà già esistente in capo al legittimario viene solo liberato dall'obbligo di corresponsione del canone annuo, attraverso il provvedimento di legittimazione;
la legge 29 gennaio 1974 n. 16 estingue i rapporti perpetui reali e personali, costituiti anteriormente al 28 ottobre 1941, in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello Stato, comprese le amministrazioni del fondo per il culto, del fondo di beneficenza e di religione nella città di Roma e l'amministrazione dei patrimoni riuniti ex economali hanno diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o derrate, in misura inferiore a lire 1.000 annue;
ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 gennaio 1974 n, 16 gli uffici che provvedono alla riscossione delle prestazioni debbono procedere, senza alcun onere per

i debitori, alla chiusura delle relative partite di credito, dandone comunicazione agli obbligati iscritti nei libri debitori nonché agli altri uffici interessati;
con circolare n. 374, prot. 71471 del 20 maggio 1974, venivano dettati i criteri esplicativi della legge n. 16 del 1974 e detta circolare veniva inviata anche alle ragionerie regionali dello Stato -:
se il canone enfiteutico, relativo ai fondi rustici legittimati ai sensi della legge n. 1766 del 1927, articolo 9 e 10, debba ritenersi affrancato per usucapione se il comune concedente non lo richiede per oltre venti anni e non esercita il suo diritto di ricognizione nel diciannovesimo anno, ai sensi dell'articolo 969 del codice civile;
se la legge 29 gennaio 1974, n. 16, estingua anche i rapporti enfiteutici - sorti prima del 28 ottobre 1941 e con canone inferiore a lire 1.000 annue - gestiti dalle regioni, a seguito del trasferimento ad esse delle funzioni amministrative statuali in materia di usi civici di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766, trasferimento attuato con decreto del Presidente della Repubblica n. 11 del 15 gennaio 1972.
(4-05865)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'ordinanza di rinvio a giudizio del procedimento contro le «Camicie Verdi» porta a rilevare alcuni accadimenti significativi ed in particolare quanto segue;
la sentenza n. 58 del 2004 della Corte costituzionale che risolve un conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei deputati circa la perquisizione disposta dal pubblico ministero di Verona PAPALIA recita: «la polizia giudiziaria, entrata nell'edificio, perveniva ad un corridoio che portava al seminterrato e al locale da perquisire; all'ingresso di tale corridoio, su una porta a vetri chiusa a chiave, rinveniva un foglio di carta, fissato con nastro adesivo, recante, come dicitura, l'indicazione dell'ufficio dell'onorevole Maroni. Il Procuratore della Repubblica di Verona, consultato per telefono dal funzionario precedente, confermava l'ordine di eseguire la perquisizione»;
la stessa sentenza altresì recita: «4. - La prerogativa in esame è lesa per il solo fatto che una perquisizione sia disposta o eseguita nel domicilio di un parlamentare senza autorizzazione della Camera di appartenenza»;
ed infine «In tale contesto, l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto sospendere l'esecuzione della perquisizione e chiedere alla Camera la necessaria autorizzazione; in alternativa - ove avesse nutrito dubbi sull'attendibilità del contenuto dei cartelli - avrebbe potuto disporre gli accertamenti del caso, per eventualmente procedere contro chi quei cartelli aveva collocato. L'unica scelta sicuramente preclusa all'autorità giudiziaria era di confermare verbalmente alla polizia l'ordine di eseguire la perquisizione nonostante la segnalazione, ritenendola falsa senza alcuna verifica sul punto e senza neppure trarre conseguenze da tale falsità. Così comportandosi essa ha leso le attribuzioni garantite alla Camera dei deputati dal secondo comma dell'articolo 68 della Costituzione»;
la Corte, quindi, ha detto due cose estremamente significative:
a) che l'autorità giudiziaria ha leso la prerogativa di cui all'articolo 68 della Costituzione;
b) che, ove avesse nutrito dubbi sull'attendibilità del contenuto dei cartelli, avrebbe dovuto disporre accertamenti ed eventualmente procedere contro chi aveva collocato dai falsi contenuti;

non vi è dubbio, ad avviso degli interpellanti, che i comportamenti di cui sopra possano avere penale rilevanza in quanto la palese violazione dell'articolo 68 della Costituzione, nell'ipotesi migliore di chi l'ha commessa, costituisce violazione di domicilio e la ritenuta falsità tratta a giustificazione dal procuratore della Repubblica avrebbe dovuto avere come consequenzialità del dovere d'ufficio un'indagine e una eventuale imputazione che non vi è stata;
in ogni caso questi comportamenti non possono non avere valenza dal punto di vista disciplinare -:
se tali comportamenti abbiano avuto conseguenze sul piano giudiziale;
se non intenda il Ministro promuovere l'azione disciplinare;
se la promozione del procuratore della Repubblica a procuratore Generale abbia tenuto conto delle mancanze di cui sopra oggettivamente evidenziate dalla Corte.
(2-00593)
«Brigandì, Comaroli, Vanalli, Pini, Allasia, Chiappori, Goisis, Barani, Nicola Molteni, Bragantini, Stucchi, Reguzzoni, Fogliato».

Interrogazioni a risposta scritta:

LO PRESTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 17 luglio 2008, (Gazzetta Ufficiale n. 180 del 2 agosto 2008 - Suppl. Ordinario n. 184), «Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile», all'articolo 6 individua i soggetti pubblici autorizzati ad attivare e gestire uno o più punti di accesso, cioè la «struttura tecnico-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati, esterni al SICI, i servizi di connessione al gestore centrale e di trasmissione telematica dei documenti informatici relativi al processo, nonché la casella di posta elettronica certificata, secondo le regole operative riportate dal presente decreto» (articolo 2, lettera e);
nel novero di tali soggetti, con istituzioni ed amministrazioni dello Stato (Avvocatura dello stato e Ministero della giustizia), si indicano gli enti rappresentativi delle professioni giuridiche: consigli dell'ordine degli avvocati, del consiglio nazionale forense e del consiglio nazionale del notariato (articolo 6, comma 5, lettere a, b e c);
tale decreto, per la necessità di provvedere ad un adeguamento delle regole tecnico-operative all'evoluzione scientifica e tecnologica, ha sostituito quello emanato nel 2004, il (decreto ministeriale) 17 ottobre 2004, ma già dopo quest'ultimo sono intervenuti mutamenti legislativi che hanno attribuito ai dottori commercialisti e agli esperti contabili un ruolo di gestione attiva della procedure e che, evidentemente, impongono una modifica della attuale regolamentazione;
ci si riferisce, ad esempio, alla riforma operata dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che, nel ridisegnare il processo esecutivo, ha introdotto la possibilità di conferire la delega delle operazioni di vendita sia agli avvocati che ai dottori commercialisti, nonché alla riforma della legge fallimentare che, operando una maggiore «professionalizzazione» dell'incarico di curatore, ha indicato i soggetti iscritti negli albi delle due categorie professionali suddette - avvocati e dottori commercialisti - quali soggetti dotati delle necessarie competenze per ricoprire tale incarico, con conseguente maggiore coinvolgimento dei dottori commercialisti e degli esperti contabili anche nella gestione delle procedure esecutive concorsuali;
tali nuove competenze vanno ad aggiungersi alle cognizioni e professionalità di cui tali professionisti sono già in possesso, come la riconosciuta e comprovata esperienza in materia di processi informatici e l'utilizzo della firma digitale per la sottoscrizione di documenti informatici (cfr. il procedimento di trasferimento di

quote di srl disciplinato dall'articolo 36, comma 1-bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133);
da un siffatto quadro emerge chiaramente la necessità di procedere ad una modifica regolamentare volta a conferire alla categoria dei dottori commercialisti e agli esperti contabili - rappresentata istituzionalmente dal Consiglio nazionale e dagli ordini territoriali - l'abilitazione ad attivare e gestire i punti di accesso al processo telematico, come richiesto dal consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili -:
quali provvedimenti intenda adottare per garantire parità di diritti nell'accesso al processo civile telematico anche per la categoria dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
(4-05862)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso il carcere di Sulmona in due occasioni, a distanza ravvicinata una dall'altra: la prima, avvenuta il giorno 16 gennaio, è stata eseguita insieme a Giulio Petrilli, responsabile provinciale del dipartimento diritti e garanzie del partito democratico, la seconda, svoltasi domenica 24, ha visto la presenza, oltre del citato Petrilli, anche dell'avvocato Alessandro Gerardi;
la prima visita è stata guidata dal dottor Stefano Liberatore, vice direttore dell'Istituto, la seconda dal Direttore, dottore Sergio Romice;
nel corso di entrambe le visite ispettive, protrattesi per diverse ore, sono state verificate, in particolare, le condizioni di detenzione degli internati reclusi nella casa lavoro nonché delle persone ristrette nei circuiti alta sicurezza 1 e 3 e della casa di reclusione che ospita i detenuti condannati in via definitiva;
nella casa di lavoro, a fronte di una capienza regolamentare di 75 posti, gli internati presenti sono 196, nel circuito alta sicurezza 1, invece, i detenuti presenti sono 37 (18 nel lato «A» e 19 nel lato «B»), mentre nel circuito alta sicurezza 3 sono 95 (45 nel lato «A» e 40 nel lato «B»);
più in generale, nella casa di reclusione di via Lamaccio sono ubicate 490 persone a fronte di una capienza regolamentare di 250 detenuti; mentre dei 346 agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica, ne sono stati assegnati solo 289, con una carenza quindi di 57 unità; lo stesso discorso vale per gli educatori: 8 sono quelli previsti in pianta organica, ma ne risultano assegnati solo 4;
quanto alla carenza degli agenti, questa diverrà insostenibile se saranno confermate le notizie comunicate all'interrogante secondo le quali più di 50 agenti si candideranno alle elezioni amministrative usufruendo del previsto congedo straordinario di 45 giorni;
da quando gli altri due istituti per internati di Castelfranco Emilia e di Favigliana hanno smesso di svolgere le loro funzioni di recupero sociale, in due anni Sulmona ha visto quadruplicare il numero degli ospiti internati, saliti da 50 a quasi 200, il che ha comportato, nella stessa sezione degli internati, un aumento, nel 2009, delle aggressioni agli agenti di polizia penitenziaria e, nei primi dieci giorni del nuovo anno, un suicidio e numerosi tentati suicidi;
la casa lavoro di Sulmona accoglie persone che scontano misure di sicurezza detentive alternative al carcere vero e proprio. Si tratta di ex detenuti che lo Stato ritiene socialmente pericolosi, soggetti che secondo la magistratura di sorveglianza una volta liberi potrebbero tornare a delinquere. Soggetti che spesso arrivano da ospedali psichiatrici giudiziari, che hanno un vissuto fatto di alcol e droga, che si trascinano dietro situazioni familiari difficili, che in passato hanno

avuto legami con la criminalità organizzata e che in gran parte provengono da Campania, Sicilia, Puglia e Lazio;
la casa di reclusione di Sulmona è strutturata per ospitare al più 75 internati, in celle di nove metri quadrati concepite per una persona. Nel corso del tempo si è arrivati invece a una capienza di duecento internati ristretti a gruppi di tre all'interno di celle ridottissime;
nelle quattro sezioni internati, è in servizio un solo agente per ogni turno di sei o otto ore. In pratica un agente di polizia penitenziaria sovrintende al controllo e alla vigilanza di circa cinquanta internati;
come tutti gli altri detenuti, anche gli internati devono sottostare al regolamento interno: hanno facoltà di passeggio in alcuni momenti della giornata, possono frequentare la sala hobby o la saletta di socialità e il campo sportivo. Nonostante la legge preveda che le case lavoro debbano essere adibite all'interno di strutture ad hoc, nel supercarcere di Sulmona gli internati vengono tenuti reclusi all'interno di un penitenziario che accoglie anche i detenuti sottoposti al regime dell'alta sicurezza;
a differenza degli altri detenuti, gli internati che hanno dato prova del loro buon comportamento, hanno la possibilità di ottenere 45 giorni di licenza in un anno e, soprattutto, hanno il diritto e/o l'obbligo di svolgere attività lavorative retribuite e socialmente sostenute. Ciononostante nel penitenziario di Sulmona non c'è lavoro per tutti; tutt'al più si lavora per un massimo di due ore, con buste paga che a volte vanno dai 20 ai 50 euro; ciò anche a causa della legge finanziaria per il 2010 che ha tagliato quasi del 40 per cento i finanziamenti alle attività lavorative svolte dai detenuti e dagli internati. Tutto ciò appare in contrasto con l'articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354 - il quale prevede, tra l'altro, che «il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro» - sia dal comma 1 dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 - il quale stabilisce che «i condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell'articolo 20 della legge, sono tenuti a svolgere un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto»;
al netto del passeggio e della socialità, gli internati trascorrono il resto del loro tempo stipati e rinchiusi nelle celle, proprio come un detenuto che sta scontando una pena;
quasi i due terzi degli internati ha bisogno dello psichiatra, ciononostante nella struttura in questione presta servizio solo un professionista (operativo per sole 60 ore mensili); peraltro nell'area trattamentale conta gli stessi cinque educatori da venti anni e l'area sanitaria è in forte sofferenza tanto che non riesce a garantire cure adeguate; in pratica il rapporto tra operatori civili e internati è difficoltoso a causa dell'elevato numero di internati nella struttura;
da tempo le principali organizzazioni sindacali di categoria chiedono la chiusura della casa lavoro di Sulmona o il trasferimento immediato di almeno cento internati;
sul carcere di Sulmona gli interroganti hanno rivolto una lunga e dettagliata interrogazione parlamentare al Ministro della giustizia (n. 4-03276) chiedendo l'adozione da parte del Governo di alcuni provvedimenti e atti urgenti al fine quantomeno di riportare nella legalità la predetta struttura; ma al predetto atto di sindacato ispettivo, ad oggi, non è stata data alcuna risposta;
pur essendo il tema della riforma della giustizia e delle carceri al centro del

dibattito politico, la questione delle case di lavoro continua ad essere ignorata da tutti, sicché occorre richiamare alle proprie responsabilità - anche su questo fronte - i soggetti che sovrintendono al funzionamento delle carceri;
nei circuiti alta sicurezza le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione della popolazione detenuta sono carenti: gli educatori in servizio sono appena quattro a fronte di una pianta organica che ne prevede otto; esiste un solo psicologo di ruolo che presta servizio per appena 40 ore mensili; le sale ricreative sono piccole e nessun corso di formazione è stato attivato quest'anno dalla regione;
pressoché tutti gli ergastolani hanno riferito di non riuscire a incontrare l'educatore e che i tempi della cosiddetta «chiusura della sintesi» sono eccessivamente lunghi; il che molto spesso incide negativamente sulla concessione dei permessi premio;
nonostante l'ordinamento giuridico italiano ed il regolamento penitenziario prevedano che le persone condannate in via definitiva all'ergastolo debbano scontare la propria pena in un istituto penale e all'interno di celle singole, a Sulmona alcuni detenuti con il «fine pena mai» si trovano spesso a condividere la cella con un'altra persona, e molte di queste risultano condannate a pene inferiori;
come riscontrato dalla prima firmataria del presente atto, la sala colloqui del carcere di Sulmona è angusta, piccola ed in pessime condizioni e presenta ancora il muretto-divisorio che non consente adeguati contatti umani tra detenuti e familiari;
tutte le celle, oltre alle sbarre alle finestre, hanno un'ulteriore grata che riduce la luminosità; le docce di alcune sezioni sono a dir poco fatiscenti;
nonostante gli sforzi e la dedizione degli agenti, ad avviso dell'interrogante, con i mezzi messi a disposizione dell'amministrazione penitenziaria e tenuto conto dei tanti circuiti differenziati e del continuo arrivo di nuovi detenuti, è praticamente impossibile svolgere un'adeguata attività trattamentale -:
se sia conforme alle disposizioni normative che nella pratica attuazione la sottoposizione a casa di lavoro, almeno nel caso della struttura di Sulmona, non si differenzi dalla detenzione ordinaria;
se non intenda provvedere all'immediata chiusura della casa di lavoro di Sulmona, o quanto meno, ridurne gli ospiti alla capienza regolamentare prendendo nel contempo le opportune iniziative per rivedere la sua organizzazione e funzionalità;
se, più in generale, non ritenga opportuno assumere le opportune iniziative normative volte ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento»;
quali provvedimenti di carattere straordinario intenda adottare, sollecitare e promuovere, al fine di potenziare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso la struttura penitenziaria abruzzese, ciò soprattutto in vista delle prossime elezioni comunali, quando si prevede che decine di agenti verranno posti in congedo straordinario per 45 giorni;
se il Ministro non intenda assumere le opportune iniziative di competenza al fine di aumentare l'organico degli educatori, degli psicologi degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizione di detenzione delle persone condannate all'ergastolo recluse all'interno dei circuiti alta sicurezza e penale conforme alle norme e ai principi dell'ordinamento giuridico italiano e dell'ordinamento penitenziario;

se non ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari.
(4-05867)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

POLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si registra un evidente stato di abbandono della tratta ferroviaria Lucca-Aulla, quotidianamente utilizzata da migliaia di persone per raggiungere il luogo di lavoro o di studio;
gli utenti lamentano l'incuria ed i ritardi continui dei treni che servono tale tratta, aggravando i disagi dei pendolari che sono spesso costretti a perdere coincidenze e arrivare a destinazione con pesanti ritardi;
la stessa situazione viene denunciata per la tratta Lucca-Pisa, i cui treni sono sempre pieni costringendo i viaggiatori che usufruiscono di questo servizio a rimanere in piedi;
la situazione di degrado e di abbandono delle stazioni presenti sulle tratte sopra menzionate, necessiterebbero di urgenti lavori per la messa in sicurezza delle recinzioni e per la pulizia ed igienizzazione dei bagni -:
se non ritenga di procedere a verifiche tecniche, con dipartimento di Trenitalia, affinché venga posto rimedio ad una situazione ormai insostenibile per i numerosi pendolari che utilizzano quotidianamente le tratte citate in premessa.
(3-00869)
Interrogazione a risposta scritta:

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'aeroporto di Genova si verificano sovente notevoli disagi ai passeggeri, e punte particolarmente critiche si sono registrate nei giorni di dicembre 2009;
nei casi specifici avvenuti negli ultimi mesi del 2009, la responsabilità viene attribuita alle condizioni meteorologiche avverse;
la società di gestione Cristoforo Colombo avrebbe comprato a suo tempo un mezzo per il de-icing di cui vi sarebbero solo due prototipi nel mondo;
in conseguenza di questo limitato numero di macchine sarebbe difficile recuperare i pezzi di ricambio e provvedere alla riparazione;
il responsabile ufficio competente dell'ENAC ha già dato indicazioni alla società di gestione dell'aeroporto Cristoforo Colombo di comprare un altro mezzo di serie il cui costo è orientativamente di euro 350.000;
da parecchie settimane (come da «notam emesso») antecedenti ai fatti in questione il mezzo per il de-icing sarebbe stata fuori uso;
a causa di ciò nei giorni di dicembre 2009 sono stati cancellati molti voli;
sono stati arrecati notevoli danni, per diversi milioni di euro, a vari soggetti come alle compagnie aeree che sono state costrette a cancellare molti voli, ai passeggeri nei vari aeroporti in Italia e all'estero, alle attività produttive, oltre all'immagine per il paese;
varie compagnie hanno subito il blocco dei propri aeromobili rimasti intrappolati per queste cause nello scalo genovese. La sola Ryanair avrebbe sofferto il blocco di cinque se non più aeromobili;
in realtà alla base dei forti disguidi e danni ai passeggeri e all'economia vi sarebbero criticità di gestione;

la società di gestione Cristoforo Colombo avrebbe richiesto e ottenuto in prestito un mezzo «de-icing» dalla società di gestione dell'aeroporto di Villanova d'Albenga poi non utilizzato per incompatibilità, operando tipi di aeromobili diversi sui due aeroporti;
la società di gestione in pratica sarebbe responsabile della propria certificazione, mentre all'ENAC resterebbe solo il compito di verifica «formale» dei processi;
ai tecnici responsabili in loco la società di gestione non avrebbe comunicato con tempestività le proprie decisioni;
inoltre l'ufficio stampa dello scalo genovese comunica: «siamo stati certificati da ENAC nel 2005, certificazione che ci è stata poi rinnovata, e abbiamo ottenuto da ENAC la concessione fino al 2027. Segno evidente che funzioniamo bene» -:
se il Governo non intenda verificare, per quanto di competenza, l'opportunità di concedere i nuovi diritti, quantificabili in non meno di euro 1.500.000, 2.000.000 (unmilionecinquecentomila/duemilioni) annui a carico dei passeggeri, a favore anche del bilancio della società Aeroporto Cristoforo Colombo Spa;
se sia vero che il massimo della sanzione comminabile alla società Aeroportuale di Genova da parte di ENAC sarebbe di euro 2.000 (duemila);
se sia vero che esiste un vuoto normativo che impedisce la revoca della concessione o altro tipo di sanzione che possa ritenersi incisiva;
quali iniziative intenda assumere il Governo per il tramite degli uffici competenti;
se e quali iniziative, l'ENAC possa adottare, facendosi parte attiva con iniziative ispettive e di indagine;
quale sia la reale situazione verificatasi al Cristoforo Colombo nella limitazione del diritto della mobilità.
(4-05872)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
a seguito dei lavori della «Commissione di accesso agli atti» del comune di Fondi, l'allora prefetto di Latina Bruno Frattasi ha richiesto, presentando una dettagliata relazione l'8 settembre 2009, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Fondi denunciando «una fitta ragnatela di rapporti che, nel tempo, è venuta a delinearsi tra soggetti di sicuro spessore criminale, come attestano le referenziate acquisizioni testimoniali a cui, con riferimento a deposizioni giudiziali in procedimenti già celebratisi, fa più volte richiamo la Commissione stessa; (...) l'eseguito accesso, tuttavia, ha evidenziato un quadro ben più complesso (...) e riguarda senz'altro la figura del sindaco Parisella, di alcuni esponenti consiliari di maggioranza, nonché della stessa macchina amministrativa che, in tutte le proprie articolazioni risulta interessata da illegittimità gravissime»;
replicando ad una dichiarazione di un autorevole esponente del Popolo della libertà - che nel corso della trasmissione televisiva Annozero del 5 novembre 2009 «Profumo di mafia» sul caso Fondi aveva minacciato di querelare il prefetto Frattasi per il contenuto della sua relazione - il Ministro dell'interno Roberto Maroni ha dichiarato, nel corso di un convegno dell'Anfaci (Associazione Nazionale dei Funzionari dell'Amministrazione Civile dell'Interno) «Ho visto ieri sera una trasmissione televisiva in cui una persona ha minacciato di querelare il prefetto di Latina per avere chiesto lo scioglimento del Comune di Fondi. Ho condiviso parola per parola quella relazione e l'ho portata in Consiglio dei ministri. Non è corretto attaccare chi non ha gli strumenti per difendersi, ma se

il ministro dell'interno condivide un atto e lo firma, ne condivide sempre anche la responsabilità. E io mi assumo sempre le mie responsabilità»;
la richiesta di scioglimento del comune di Fondi è stata portata in Consiglio dei ministri dal Ministro Maroni per ben due volte, ma le riunioni si sono sempre concluse con una «non-decisione» fino all'«escamotage» delle dimissioni del sindaco Parisella e della giunta per evitare il commissariamento;
giovedì 14 gennaio 2009, nel corso della trasmissione televisiva Monitor di Lazio Tv, Armando Cusani, presidente della provincia di Latina ha ribadito che il caso Fondi è stato creato da «pezzi deviati dello Stato». Ha aggiunto che non regge la tesi in base alla quale il Consiglio comunale di Fondi non è stato sciolto perché qualcuno, di Latina, ha avuto un «aiutino» dal Governo e, infine che, quella del Prefetto Frattasi, è «una relazione patacca» ed è stata scritta da «pezzi deviati dello Stato»;
in particolare, nei confronti del prefetto Frattasi, il presidente Cusani ha annunciato un dossier specifico per provare che la relazione con cui ha chiesto lo scioglimento del consiglio di Fondi era, appunto, una «patacca»;
il prefetto di Latina Bruno Frattasi è stato rimosso dall'incarico e «promosso» all'incarico di direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia presso il Dipartimento della pubblica sicurezza;
i componenti che hanno fatto parte della commissione di accesso agli atti del comune di Fondi ricoprono ancora oggi ruoli di grande responsabilità: Antonio Contarino, vice prefetto, Caterina Amato, vice prefetto vicario attualmente in carica presso l'ufficio territoriale del Governo di Latina, Emanuele Natale Maugeri, primo dirigente della Polizia di Stato, vice questore vicario della questura di Latina, Giovanni D'Onorio De Meo, capitano della Guardia di finanza in servizio presso il Comando di Latina, il tenente Mario Giacona, comandante del nucleo radiomobile della compagnia di Terracina -:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle gravissime dichiarazioni del presidente della provincia di Latina Armando Cusani che ha accusato il prefetto Frattasi e i componenti la commissione d'accesso agli atti del comune di Fondi di appartenere ai servizi segreti deviati e di aver predisposto una relazione «patacca»;
quali azioni urgenti intenda intraprendere per verificare o meno la veridicità delle suesposte dichiarazioni del Presidente della Provincia Cusani e di adottare misure conseguenti considerato che, avendo firmato la relazione e avendone quindi condiviso il contenuto, se ne è assunto anche la responsabilità.
(2-00594)
«Amici, Ventura, Maran, Garavini, Giachetti, Argentin, Bachelet, Carella, Causi, Coscia, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Madia, Meta, Morassut, Picierno, Pompili, Recchia, Rugghia, Tocci, Touadi, Veltroni».

Interrogazioni a risposta immediata:

DI STANISLAO, DONADI, PALOMBA e PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il cosiddetto «pacchetto sicurezza», con il decreto-legge del mese di agosto 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2009, ha istituito gli osservatori volontari per la sicurezza, meglio noti come «ronde» ed introdotto il reato di immigrazione clandestina;
in merito alle «ronde» si attendono i risultati definitivi sulla loro diffusione in ambito nazionale, ma al 10 novembre 2009 le associazioni interessate risultavano essere sei;
in vigore dall'8 agosto 2009, il reato di immigrazione clandestina è di competenza del giudice di pace, si concreta

nell'ingresso (flagrante) o nel soggiorno illegali, è punito con un'ammenda e con la conseguente espulsione;
la contestazione del reato si è rivelata ardua e complessa, a causa dell'accavallarsi di diverse fattispecie di reati di competenza, per legge, di giudici diversi e questo vale, ad esempio, per il reato di ingresso o soggiorno irregolari, di competenza del giudice di pace, e la mancata esibizione di documenti, di competenza del giudice ordinario, fattispecie che si presentano spesso contestualmente;
ne deriva una duplicazione di processi per l'applicazione di pene irrisorie e spesso ineseguibili, essendo gli stranieri, che incorrono in tali violazioni, notoriamente insolventi e irreperibili;
complicanza ulteriore è il doppio binario attualmente esistente. L'espulsione è, al contempo, conseguenza del reato di ingresso o soggiorno illegali, per via giudiziaria, ma anche provvedimento amministrativo disposto dal prefetto della provincia dove viene rintracciato lo straniero clandestino, secondo i dettami della vigente legge n. 189 del 2002, provvedimento che a tutt'oggi risulta di più facile e veloce applicazione per le forze dell'ordine: a Roma, ad esempio, nel periodo agosto-dicembre 2009, a fronte di 40 processi per clandestinità, sono stati emessi ben 611 decreti amministrativi di espulsione emessi dal prefetto;
il reato di immigrazione clandestina «cade» inoltre, per legge, e diventa circostanza aggravante, nel caso di contestazione di altri e più gravi reati;
dai dati relativi al territorio nazionale, in particolare nelle grandi città del Nord, nei primi sei mesi di vigenza del reato di immigrazione clandestina, i risultati sono: pochi processi, molte archiviazioni, scarsissime condanne, poche denunce, netta prevalenza delle espulsioni ad opera dei prefetti;
la nuova fattispecie di reato introdotta grava comunque sugli uffici giudiziari competenti, cui si impone, ad avviso degli interroganti, un surplus a fronte del risultato così poco incisivo, dovuto essenzialmente all'impianto della norma ed alla procedura introdotta -:
se e come intenda provvedere per rendere efficaci gli strumenti della lotta all'illegalità e alla clandestinità adottati.
(3-00870)

ROSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'associazione Al Wakf Al Islami in Italia, ente gestore di beni islamici in Italia, è una associazione onlus regolarmente riconosciuta, con sede a Segrate, in provincia di Milano, che, grazie a raccolte fondi tra le comunità musulmane, acquista in nome proprio immobili in diversi centri italiani e li destina alle attività di assistenza spirituale e sociale;
l'11 luglio 2003 l'associazione ha acquistato un appartamento nell'immobile di via del Carmine 11, interno 2, a Trino e attraverso il suo rappresentante locale, signor Chamouti Saddik, residente in tale comune, in data 26 aprile 2004 ha chiesto all'amministrazione comunale la concessione edilizia per la ristrutturazione dei locali, di superficie inferiore ai 100 metri quadrati ad uso unifamiliare;
in effetti, depositata presso il comune di Trino, esiste una pratica di concessione rilasciata il 20 luglio 2004, inizio lavori il 26 luglio 2004, fine lavori 11 aprile 2005, richiesta agibilità 15 aprile 2005, rilascio agibilità 4 luglio 2005. Non risulta depositata nessuna richiesta di cambio di destinazione d'uso dei locali, che ad oggi sono ancora classificati come edificio residenziale uso abitativo unifamiliare;
dalle dichiarazioni rilasciate ai giornali locali da Ahmed Echamouti, che si qualifica presidente dell'associazione Fratelli musulmani d'Italia, risulta che in tale locale si riuniscono parecchie decine di musulmani per pregare e saltuariamente vi si organizzano corsi di lingua araba per bambini, perché «apprendano la lingua

madre e non siano in difficoltà nel caso di rientro in patria». Precisa, inoltre, che è stata autorizzata dal comune la variazione d'uso dell'immobile «da abitazione privata a uso di culto, sala di preghiera, il che non vuol dire per forza moschea». Come già precisato tale variazione, per quanto consta all'interrogante, non risulta richiesta al comune di Trino, né concessa;
l'atto costitutivo dell'associazione Al Wakf Al Islami in Italia, proprietaria dell'immobile, indica che la stessa aderisce all'Ucoii, sigla che identifica l'unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia, spesso oggetto di indagine per le sue posizioni ideologiche giudicate tra le più radicali del mondo islamico e ritenuta anti-occidentale, anti-democratica, ideologicamente fiancheggiatrice del terrorismo islamico;
la situazione venutasi a determinare a Trino è ormai un fenomeno che interessa tutto il Paese. È vero che il termine moschea nel linguaggio comune italiano identifica erroneamente non una masjid, ma quelle che il culto di confessione islamica chiama musalla, semplici «sale di preghiera» più o meno confortevoli, come sembra essere quella di Trino;
la legge del 1929 sui cosiddetti culti ammessi è tuttora vigente, per lo meno nel dettato non successivamente abolito; inoltre, nel riconoscimento amministrativo di un ente di culto, va tutelata la libertà religiosa ed il conseguente pieno esercizio di culto;
a Trino, tuttavia, la casa è di civile abitazione e destinata ad uso abitativo unifamiliare e il culto «in sala di preghiera» (che è un appartamento unifamiliare) viene professato - e dichiarato ai giornali dal presidente dell'associazione - senza l'esistenza di autorizzazione alcuna;
l'autorizzazione, infatti, deve essere preventivamente richiesta al ministero dell'interno e sconta un iter procedimentale, che va dall'esame dello statuto (momento essenziale per il riconoscimento) all'istruttoria in sede locale, al parere del Consiglio di Stato, alla deliberazione del Consiglio dei ministri, fino al decreto del Capo dello Stato -:
se il Ministro interrogato, valutata la situazione di fatto e di diritto, non intenda doverosamente provvedere, allertando la prefettura ed il comune di Trino e disponendo i provvedimenti di legge.
(3-00871)

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la realizzazione della linea ad alta velocità Torino-Lione rappresenta una grande opportunità per la Val di Susa, per il Piemonte e per l'intero sistema infrastrutturale italiano;
si stimano rilevantissime ricadute positive dalla costruzione di quest'opera, che inserirà l'Italia al centro di una grande linea di comunicazione che andrà dall'Atlantico a Kiev;
basti considerare che il completamento della linea in oggetto porterà migliaia di posti di lavoro, non solo nell'immediato, ma anche per gli anni successivi, per la gestione del tunnel, della nuova stazione internazionale di Susa, dell'interporto di Orbassano;
sia il mondo delle piccole e medie imprese della Val di Susa, che la grande industria riconoscono la strategicità di

quest'opera, la cui mancata realizzazione condannerebbe il nostro Paese all'isolamento e alla marginalizzazione sul piano economico e infrastrutturale;
l'attuale Governo ha perseguito con decisione l'obiettivo della realizzazione della linea ad alta velocità, anche contrastando le ambiguità e le esitazioni di altri livelli istituzionali coinvolti, a partire dal Governo regionale;
l'inizio dei sondaggi geognostici e la volontà del Governo di accelerare l'avvio dell'opera prospettano la necessità di un'iniziativa del Governo volta ad assicurare che l'opera si realizzi nel rispetto dei criteri di economicità e di trasparenza, considerata anche l'eccezionale entità degli investimenti previsti;
a tal proposito l'attuale Governo, in occasione dell'avvio degli importanti interventi nell'ambito di Expo 2015, nonché per la ricostruzione in Abruzzo, ha opportunamente costituito un'apposita sezione della Commissione speciale grandi opere -:
se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative anche legislative volte a costituire un organismo decentrato, ad hoc, che garantisca efficienza e trasparenza sugli appalti per la realizzazione dell'opera in premessa, effettuando un'azione di vigilanza contro possibili infiltrazioni mafiose nelle aziende che si occuperanno degli appalti dei lavori, dei servizi e delle forniture, individuando una white list delle imprese e controllando la tracciabilità dei pagamenti di appalti e subappalti.
(3-00872)

BOSI, POLI, VIETTI, TASSONE, MANTINI, MANNINO, RAO, RIA, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI, LIBÈ, OCCHIUTO, MEREU e DE POLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle maggiori città italiane risulta sempre più rilevante il problema degli immigrati extracomunitari irregolari, molti dei quali senza lavoro, con donne e bambini;
questi immigrati, spesso, occupano abusivamente edifici, quasi sempre pubblici, quali asili, scuole, ospedali e fabbriche dismessi;
tale fenomeno costituisce elemento di pericolosità sociale e di degrado, ponendo a rischio le condizioni degli stessi immigrati, in specie quelli che versano in stato di maggior debolezza, nonché turbativa alla convivenza civile con la popolazione;
il Governo si era impegnato ad istituire, in ogni regione, centri di accoglienza per immigrati (oggi centri di identificazione ed espulsione);
a tutt'oggi, in particolare in Toscana e a Firenze, non risulta individuata alcuna soluzione al riguardo -:
cosa sia stato fatto per il mantenimento di questi impegni, specialmente in regioni come la Toscana, dove il lavoro delle forze dell'ordine è molte volte vanificato o reso comunque più difficile, proprio per l'assenza di queste strutture.
(3-00873)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
circa un anno fa l'Ordine S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli aveva evidenziato la necessità di rientrare da un deficit di bilancio pari ad un milione e duecentomila euro di spese annue, individuando una probabile soluzione nel taglio del personale per cinquantanove lavoratori, su circa quattrocento lavoratori occupati all'interno della struttura sanitaria per riabilitazione psichiatrica;

dopo una trattativa lunga e difficile, sindacati e Ordine avevano ridotto il numero delle persone a quarantatré, ipotizzando per alcune la cassa integrazione e per altre l'esternalizzazione volontaria; per nessuno in ogni caso era più prevista la mobilità secondo le procedure previste dalla legge 23 luglio 1991, n. 223 e successive modificazioni;
in questo modo si erano evitate le lettere di licenziamento e si era tenuta aperta una porta per continuare la trattativa, che avrebbe dovuto perfezionarsi entro il 15 dicembre 2009. In quella data, tuttavia, nonostante la disponibilità dei sindacati, l'Ordine non si è presentato per perfezionare l'accordo definitivo;
il 22 dicembre 2009 i sindacati avevano proposto all'Ordine di attivare la cassa integrazione in deroga, ricorrendo a modalità già sperimentate in alcune aziende lombarde, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, dando la possibilità ai lavoratori, pur in cassa integrazione pagata dall'ente previdenziale, di restare al loro posto di lavoro e di riqualificarsi secondo le richieste dell'Ordine, che avrebbe provveduto ad integrare l'assegno di cassa integrazione in deroga con risorse proprie;
la portata innovativa della proposta stava nel fatto che, oltre ai posti di lavoro, la stessa avrebbe tutelato anche i degenti con malattie mentali, garantendogli un'indispensabile continuità assistenziale;
il 5 gennaio 2010, durante l'incontro tra le parti per discutere la proposta ed addivenire ad un accordo definitivo, l'Ordine ha abbandonato il tavolo negoziale rifiutando l'ipotesi avanzata dai sindacati poiché, ufficialmente, l'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge sarebbe stato privo del decreto attuativo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, congiuntamente a quello dell'economia e delle finanze, avrebbe dovuto emanare dopo trenta giorni dall'approvazione della legge. In realtà il decreto attuativo sarebbe, allo stato, alla Corte dei Conti per la relativa registrazione;
il 13 gennaio 2010 i sindacati sono stati ricevuti dal vice presidente della regione Lombardia, Gianni Rossoni, anche assessore al lavoro e alla formazione, che ha riconosciuto l'importanza della proposta sindacale impegnandosi a perseguire questo progetto, nonché a convocare con urgenza l'Ordine per i necessari approfondimenti in vista di un possibile accordo che salverebbe quarantatré posti di lavoro;
la definizione dell'accordo permetterebbe poi all'Ordine di aumentare di ulteriori cinquanta posti letto la già cospicua dotazione che salirebbe a quattrocentoundici posti letto complessivi. I cinquanta posti letto sarebbero accreditati per fattivo interessamento dell'ASL di Lodi che nella vicenda ha assunto un ruolo fondamentale di mediazione;
nelle more di questa lunga trattativa, proprio nel momento finale, l'Ordine ha inviato, inaspettatamente, 24 lettore di licenziamento ad altrettanti lavoratori prevedendone l'invio anche ai restanti sui 59 in esubero -:
se il Ministro interpellato non ritenga opportuno, in considerazione del delicato momento e della necessità di salvaguardare i posti di lavoro e di garantire adeguata assistenza ai degenti, applicare, nel caso di specie, la procedura di cassa integrazione in deroga, al fine di dare quanto prima attuazione al disposto di cui all'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78.
(2-00591) «Gibelli, Cota».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
molti comuni italiani sono alle prese, anche al fine della definizione degli impegni di bilancio, con la corretta attuazione

dell'articolo 3, comma 2-ter, del decreto legislativo 109 del 1998 (definizione di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma della legge 27 dicembre 1997, n. 449) come modificato dal decreto legislativo 130 del 2000;
l'attuazione della norma deriva dalla corretta interpretazione del decreto legislativo a sua volta demandata ad un compiuto iter procedurale legato alla emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di completamento del soprarichiamato comma 2-ter dell'articolo 3 (decreto legislativo 109 del 1998) come modificato dal decreto legislativo 130 del 2000;
il citato comma stabilisce che le disposizioni sull'ISE/ISEE si applicano, limitatamente alle prestazioni elencate nella stessa norma, nei limiti stabiliti da uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non ancora emanato, finalizzato a favorire la permanenza a domicilio dell'assistito ed a evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione;
le associazioni di tutela dei diritti della persona con disabilità e delle loro famiglie tendono ad accreditare un'interpretazione del succitato articolo 3, comma 2-ter, nel senso che si debba sempre fare esclusivo riferimento al reddito del solo assistito;
a parere dell'interpellante tale interpretazione, allo stato, non trova fondamento normativo, poiché mancano le indicazioni che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prescritto dalla norma dovrebbe elencare, nonché potrebbe intendersi che le disposizioni relative alla permanenza dell'assistito descrivono quelle presso il nucleo familiare di appartenenza, non già la esclusiva soluzione residenziale;
sempre a parere dell'interpellante la situazione economica dell'assistito rappresenta uno degli elementi di valutazione, benché prioritario rispetto alla condizione economica della famiglia anagrafica (dal cui reddito è però impossibile totalmente separare la valutazione medesima);
resta valida la possibilità prevista per gli enti erogatori (comuni inclusi) di assumere per particolari prestazioni quale «unità» di riferimento una composizione del nucleo familiare «estratta» nell'ambito dei soggetti appartenenti al nucleo stesso;
la norma rinvia alla fonte secondaria (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) di stabilire i limiti di applicazione della norma primaria (il che significa che gli stessi limiti sono stati ritenuti dal legislatore non completamente ricompresi nella norma medesima);
in assenza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo alcune regioni hanno provveduto a regolamentare il concorso degli utenti ai costi delle prestazioni socio-sanitarie in oggetto;
dato che l'applicazione letterale della norma determinerebbe una ridotta sostenibilità dei servizi da parte degli enti locali induce l'urgenza di una compiuta normativa in materia al fine di dare certezza agli enti erogatori dei servizi e agli utilizzatori degli stessi -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3, comma 2-ter decreto legislativo n 109 del 1998, così come modificato dal decreto legislativo n. 130 del 2000;
se tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri debba stabilire criteri per l'applicazione delle disposizioni sull'ISE/ISEE volti ad evidenziare la situazione economica del solo assistito ovvero pienamente o parzialmente dell'intero nucleo familiare, nel caso di determinazione della quota di compartecipazione al costo dei servizi-socio sanitari da parte di soggetti disabili ed anziani non autosufficienti.
(2-00590)«Quartiani».

Interrogazione a risposta scritta:

CIRIELLI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con circolare n. 102 del 12 agosto 2009, in applicazione della precedente determinazione n. 140 del 29 dicembre 2008, la direzione generale dell'INPS ha fissato le linee organizzative delle strutture territoriali di produzione, prevedendo così una nuova articolazione delle funzioni territoriali dell'Istituto;
la suddetta nuova articolazione è finalizzata ad una riduzione dei livelli decisionali dell'Istituto e ad una complessiva razionalizzazione delle direzioni regionali e provinciali, suddivise in gruppi sulla base dei parametri fissati dalla determinazione n. 140 del 2008, sopra menzionata;
tali parametri, che tengono conto della popolazione residente, dei capoluoghi di regione, dei volumi di produzione e dell'indice di complessità territoriale, inseriscono la direzione provinciale di Salerno nel gruppo delle direzioni provinciali a complessità 1, in cui erano previste, prima dell'adozione della determinazione n. 140/08, due sedi sub-provinciali, Nocera Inferiore e Battipaglia;
le due sedi sub-provinciali sono del tutto autonome rispetto alla sede provinciale, da questa differenziandosi solo per un più ristretto ambito operativo territoriale, godendo per il resto di autonomia contabile, gestionale e strumentale;
tra le sedi sub-provinciali presenti in Campania, quella di Nocera Inferiore risulta una delle più attive e complesse, essendo preposta all'erogazione di servizi per un vastissimo bacino di utenza che, con i circa 270.000 cittadini residenti nell'intero comprensorio dell'Agro nocerino sarnese unitamente alla città di Cava dè Tirreni, conta il più alto numero di abitanti serviti da una sede INPS non metropolitana nelle quattro residue province della regione;
tra le sedi provinciali in Campania, infatti, soltanto quella di Caserta supera per numero di residenti la sede di Nocera Inferiore che, per effetto della suddetta riorganizzazione territoriale, dovrebbe trasformarsi da sede «sub-provinciale» ad «agenzia complessa»;
la suddetta trasformazione comporterete la soppressione di diversi uffici e servizi, quali la direzione, il centro medico legale, l'ufficio legale, il servizio ispettivo e le funzioni di comunicazione e controllo di gestione, devoluti interamente alla direzione provinciale di Salerno;
il nuovo modello organizzativo che l'Istituto intende realizzare in Campania prevede la creazione di «filiali di coordinamento» nell'ambito di agenzie ubicate in territori sedi di tribunale, al fine di coordinare e presidiare adeguatamente le attività connesse al contenzioso giudiziario incardinato presso i relativi palazzi di giustizia;
in applicazione dei suddetti criteri, l'INPS avrebbe previsto l'istituzione, nell'ambito dell'area metropolitana di Napoli, di due filiali di coordinamento, corrispondenti alle sedi di Nola e di Castellammare di Stabia, in considerazione della presenza del tribunale nei rispettivi territori, ovvero in territorio limitrofi;
i criteri in questione, tuttavia, non sarebbero stati applicati nella riorganizzazione della sede di Nocera Inferiore, nonostante la città sia anch'essa sede di tribunale e nonostante il relativo bacino di utenza sia, nell'intera regione Campania, numericamente inferiore soltanto alle sedi di Napoli e Caserta;
la destrutturazione della sede di Nocera Inferiore da direzione sub-provinciale ad agenzia complessa, comporterebbe una notevole riduzione di personale, con difficoltà operative e gestionali che produrrebbero inevitabili disagi per i residenti, in particolare i cittadini disabili che più necessitano dei relativi servizi, tenuto altresì conto della consistenza del contenzioso giudiziario INPS e della vastità del territorio interessato;

tale sperequazione è stata più volte denunciata dalle autorità locali che, in occasione dell'ultima conferenza dei sindaci dei comuni coinvolti, tenutasi presso il comune di Pagani il 17 dicembre 2009, avrebbero reagito in maniera compatta ad una decisione definita da tutti iniqua ed intollerabile, sollecitando la direzione regionale ad assumere nuove determinazioni a riguardo;
nella medesima sede, gli amministratori locali coinvolti avrebbero altresì evidenziato come la direzione regionale dell'Istituto, nel disciplinare situazioni sostanzialmente analoghe in maniera diversa, avrebbe posto in essere una oggettiva disparità di trattamento ai danni della sede di Nocera Inferiore, declassata al rango di semplice agenzia;
al riguardo, è opportuno precisare che, per livello di urbanizzazione, densità di popolazione e problematiche socio-economiche, l'Agro nocerino sarnese viene dai più ritenuto come l'estrema propaggine, in provincia di Salerno, dell'area metropolitana di Napoli e pertanto, anche in ragione della presenza del tribunale, la condizione di Nocera Inferiore può essere effettivamente considerata del tutto analoga a quella di Nola e di Castellammare di Stabia -:
se il Ministro, assunte le determinazioni del caso, ritenga opportuno promuovere un nuovo modello organizzativo territoriale che rivaluti l'assetto previsto e tenga conto delle peculiarità della sede di Nocera Inferiore, al fine di inquadrare la stessa, nell'ambito della direzione provinciale di Salerno, come «filiale di coordinamento» del comprensorio interessato;
se il Ministro ritenga di assumere iniziative per una modifica dei criteri adottati per la riorganizzazione territoriale dell'Istituto, che conferisca priorità alle specificità territoriali e alle dimensioni quantitative dei bacini di utenza, al fine di ottimizzare i servizi previdenziali e le attività ispettive e rendere più efficiente la gestione dei relativi contenziosi.
(4-05869)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:

RUVOLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dopo l'aumento del prezzo dei cereali negli anni 2007 e 2008, oggi si assiste all'aumento del prezzo dello zucchero, del caffè, del tè, del cacao e di altre materie prime «morbide», provenienti cioè da un processo di coltivazione e non di estrazione;
tale rialzo dall'inizio del 2010 si riverserà sui consumatori con probabili rincari non solo nei negozi ma anche per il caffè al bar o la cioccolata;
secondo le stime di Thomson Reuters, dal gennaio 2009 a metà dicembre 2009 il prezzo dello zucchero è aumentato del 165,1 per cento, mai così alto da 28 anni, il prezzo del succo d'arancia è salito dell'88,8 per cento, quello del tè dell'83,5 per cento, quello del caffè del 30,2 per cento e quello del cacao del 28,6 per cento;
la causa di tale fenomeno è dovuta principalmente al fatto che la domanda globale è aumentata proprio mentre l'offerta diminuiva per gli effetti della crisi finanziaria, mentre le numerose calamità naturali hanno penalizzato molti raccolti;
poiché, inoltre, la produzione è in genere concentrata in un gruppo ristretto di Paesi in via di sviluppo, gli effetti sui prezzi hanno avuto un impatto maggiore;
a far schizzare verso l'alto i prezzi dello zucchero è stata infatti la forte domanda da parto dell'India, il secondo

maggior produttore mondiale il cui raccolto quest'anno è stato danneggiato dal cattivo tempo riducendo così la sua produzione -:
quali iniziative ritenga opportuno assumere, anche tramite il garante per la sorveglianza dei prezzi, al fine di limitare i danni che tali rialzi dei prezzi potranno avere sui consumatori e sulla spesa di milioni di famiglie italiane.
(5-02389)

MARCO CARRA, ZUCCHI, AGOSTINI, CENNI, SANI, PIZZETTI, BRANDOLINI, OLIVERIO, TRAPPOLINO, FIORIO e DAL MORO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il comparto suinicolo sta attraversando una grave crisi che rischia di portare numerose aziende verso la chiusura, con pesanti ripercussioni sull'occupazione diretta e su tutto l'indotto (dalla mangimistica alla macellazione, dalla trasformazione alla stagionatura);
i costi di produzione, che si aggirano intorno a 1,50 euro al chilogrammo, sono ben al di sotto di quanto viene pagato dai macellatori, cioè 1,035 euro al chilogrammo;
in ragione di una campagna di disinformazione sulla cosiddetta «influenza suina» si sta registrando un forte calo dei consumi -:
se si intenda decretare lo stato di crisi del settore, come richiesto anche dalle organizzazioni di categoria e condiviso dal partito democratico, al fine di adottare quelle misure urgenti e, ormai, improcrastinabili che consentano il rilancio del comparto suinicolo, che devono essere indirizzate verso il contenimento dei tassi d'interesse, verso la riduzione dell'esposizione bancaria e verso una moratoria (almeno per l'anno in corso) di tutti gli oneri previdenziali, contributivi e dell'imposta sul valore aggiunto.
(5-02390)

BECCALOSSI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, ha introdotto nell'ordinamento comunitario i principi fondamentali che gli Stati membri devono osservare al fine di ridurre l'inquinamento delle acque dai nitrati di origine agricola;
alcune disposizioni della direttiva sembrano non tenere in sufficiente considerazione la specificità dell'agricoltura italiana, specie nell'area della pianura Padana, con particolare riferimento ai limiti imposti per lo spandimento dei nitrati nelle aree vulnerabili -:
se non ritenga urgente e necessario, per quanto di competenza, attivarsi in sede europea al fine dell'ottenimento di un'ulteriore proroga per il nostro Paese che consenta una più approfondita valutazione della problematica esposta in premessa, con particolare riferimento ai quantitativi di azoto spandibili per ettaro nelle aree vulnerabili da nitrati, in modo da tener conto delle situazioni specifiche italiane, relativamente sia al clima sia alla tipologia dei terreni.
(5-02391)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio commissionato dal Wwf ad un consulente indipendente, Accenture (Accenture development partnerships - ADP) «Il Marine Stewardship Council (Msc) è risultato il miglior sistema di certificazione dei prodotti ittici»;

lo studio ha messo a confronto sette sistemi di certificazione del pescato che usano eco-etichette sui prodotti ittici con una serie di criteri basati su le linee guida del 2005 della FAO, sugli standard sviluppati dall'International social environmental accreditation and labelling alliance (ISEAL) e sui criteri WWF per una pesca gestita in maniera ecosistemica, e quindi sostenibile;
nello studio redatto da Adp (Assessment of On-Pack, Wild-Capture Seafood Sustainability Certification Programmes and Seafood Ecolabels), Msc è tra i migliori sistemi di certificazione con un punteggio superiore al 95 per cento di conformità rispetto ai criteri utilizzati. Molte eco-etichette di prodotti ittici sono inadeguate;
il rapporto indica che ad eccezione fatta per Msc, gli altri sistemi valutati - Naturland, Friend of the Sea, Krav, AIDCP, Mel-Japan e Southern Rocklobster - non valutano i prodotti ittici secondo tutti i criteri predisposti per promuovere una pesca sostenibile e mantenere gli oceani in buono stato di salute;
la valutazione sottolinea differenze significative nella trasparenza, disponibilità di informazioni, struttura e accuratezza degli schemi in virtù dei quali, a parte Msc, tutti gli altri schemi valutati presentano lacune sostanziali;
il Wwf evidenzia un aumento delle ecolabel sui prodotti ittici negli ultimi dieci anni a testimonianza della domanda crescente da parte dei consumatori di un pescato migliore ed il rischio che la proliferazione degli ecolabel e la variabilità di questi schemi si crei confusione, o ancora peggio, si ingeneri mancanza di fiducia da parte dei consumatori verso l'ecolabelling -:
se e come intenda promuovere l'adozione del Marine Stewardship council (Msc) come sistema di certificazione dei protti ittici.
(4-05861)

...

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

SIRAGUSA, ANTONINO RUSSO, MARAN, LENZI, MARIANI, BRATTI, BERRETTA, BOCCI, BRAGA, BURTONE, CAPODICASA, CARDINALE, CAUSI, CAVALLARO, D'ANTONI, ESPOSITO, GENOVESE, GINOBLE, GRAZIANO, IANNUZZI, LEVI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MARTELLA, PIERDOMENICO MARTINO, MORASSUT, MOTTA, REALACCI, RUGGHIA, SAMPERI, VIOLA, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
la città di Palermo vive una situazione di drammatica crisi politica, finanziaria e amministrativa;
tra le principali cause di degrado si segnala, senz'altro, la drammatica situazione della raccolta e gestione dei rifiuti affidata ad Amia, società in house del comune di Palermo, per la quale sono stati chiesti ed ottenuti dal Governo nazionale, solo nell'ultimo anno, 230 milioni di euro a favore del comune di Palermo per appianarne i debiti: 80 milioni di contributo in favore dei comuni delle aree rientranti nell'obiettivo «Convergenza», aventi popolazione superiore a 500.000 abitanti e che abbiano rilevanti passività nei confronti delle società affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale nel territorio comunale; 150 milioni di euro al comune di Palermo per investimenti di miglioramento del tessuto urbano, anche nel settore dell'igiene ambientale, con delibera Cipe n. 4 del 2009;
Amia ha speso negli ultimi anni, in maniera impropria e improvvida, un'enorme quantità di risorse finanziarie pubbliche, senza che l'amministrazione comunale di Palermo abbia mai vigilato sull'uso di tali risorse, rendendosi in tal modo - secondo gli interroganti - corresponsabile del dissesto finanziario dell'azienda e mettendo a rischio di dissesto lo stesso bilancio del comune;

come riportato dagli organi di stampa, gli sprechi della ex municipalizzata ormai non si contano più: operazioni finanziarie spericolate; viaggi a Dubai e scalate in Tunisia; affitti da 12.800 euro al mese pagati dagli ex amministratori per locali mai utilizzati; locazione e manutenzione di nuovi cestini che dovevano sostituire quelli vecchi piazzati in città per 1,5 milioni di euro all'anno per l'affitto e la pulizia dei gettacarte in plastica (Amia ha speso per ognuno dei 12 mila gettacarte, forse addirittura mai posizionati, 620 euro); premi di risultato agli amministratori dell'Amia con i bilanci in perdita (360 mila euro erogati e 28 capi struttura e bonus per il consiglio di amministrazione, nonostante bilanci in perdita);
sui dirigenti dell'azienda sono state aperte due inchieste: una per truffa, l'altra per due ipotesi di falso in bilancio per quasi 61 milioni di euro;
il 21 gennaio 2010 il giudice per l'udienza preliminare ha rinviato a giudizio i 9 imputati del procedimento per i presunti falsi in bilancio: l'ex presidente e l'ex direttore generale, oltre a consiglieri di amministrazione componenti del collegio dei sindaci in carica fino al 2006;
a fronte di ciò, l'amministrazione comunale ha aumentato nel 2007 la Tarsu del 75 per cento, aumento successivamente annullato con sentenza del tribunale amministrativo regionale;
a seguito di tale sentenza le associazioni dei consumatori, sindacati e artigiani si sono mobilitati contro il comune per avere il rimborso della Tarsu non solo per il 2006, ma anche per gli anni successivi, come stabilito dalla commissione tributaria. Nonostante ciò, il 18 novembre 2009 la giunta palermitana ha approvato la riadozione del provvedimento azzerato dai giudici amministrativi, scegliendo di non ricorrere in appello contro la sentenza, ma di adottare una delibera-bis e rendendo, di fatto, inutile il piano dei rimborsi che era stato deciso attraverso il conguaglio delle prossime cartelle Tarsu;
il 4 gennaio 2010 il consiglio comunale di Palermo ha approvato il piano di ricapitalizzazione di Amia: un atto di indirizzo da portare al tribunale fallimentare per convincere i giudici che Amia è risanabile;
il piano era talmente risibile che il 20 gennaio 2010 la procura della Repubblica ha confermato la richiesta di fallimento per Amia, già presentata alla fine del 2009;
il tribunale fallimentare dovrà decidere se far fallire l'Amia, nominando un curatore, o rigettare l'istanza della procura, oppure infine avviare una soluzione intermedia con l'amministrazione controllata;
un altro capitolo nero nella gestione dei servizi locali della città di Palermo è rappresentato dalla società dei trasporti urbani Amat, che ha registrato un crollo di passeggeri da 24 a 19 milioni, con un'utilizzazione di soli 235 autobus su 598, con l'incasso dei biglietti che copre solo il 18 per cento delle spese;
Amat si avvia a chiudere per il 2009 con un pesante passivo, vicino ai 10 milioni di euro, al quale contribuisce, soprattutto, il taglio di quasi 7 milioni di trasferimenti dal comune per le agevolazioni alle categorie protette;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con determinazione dirigenziale n. 331 (ex TIF/211 PA) del 15 marzo 2005 ha approvato in linea tecnica il progetto definitivo per la realizzazione di tre linee tram per la città di Palermo, per un importo complessivo di spesa pari ad euro 216.772.099,93, di cui euro 128.974.434,90 finanziati dallo Stato e euro 87.797.665,03 a carico del comune di Palermo;
in data 6 giugno 2006, è stato stipulato il contratto di appalto con il quale Amat Palermo spa ed il comune di Palermo hanno affidato la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori, da ultimare entro il giugno 2010, per la realizzazione del sistema

tram città di Palermo all'associazione temporanea di imprese, composta da Sis s.c.p.a. (capogruppo e mandataria), Ali Bombardier-Edilseavi (mandante), V. Mosco & associati (mandante), Seib ingenieur (mandante);
in data 18 novembre 2009 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo «I consulenti d'oro del tram fantasma», dal quale emergerebbe che siano stati spesi «quasi 2 milioni di euro in consulenze, per pagare comitati tecnici scientifici che hanno garantito parcelle d'oro a professionisti vicini al sindaco» e che il sistema complessivo verrà a costare ben più dei 235 milioni di euro previsti, avendo l'Amat presentato un conto da 24 milioni di euro aggiuntivi necessari per ultimare l'opera, dopo che appena aperto il primo cantiere a Brancaccio si è scoperto che la progettazione del tracciato era carente e non aveva considerato, ad esempio, cavi ad alta tensione, sottoreti e ponti pericolanti;
come rilevato dalla Corte dei conti, il comune ha residui attivi per circa 400 milioni di euro, ma la riscossione dei crediti è andata progressivamente scemando negli ultimi cinque anni, contribuendo non poco all'attuale situazione di dissesto del comune;
il comune presenta un bilancio formalmente in attivo, ma, se si guarda al complesso delle attività ad esso riconducibili ed in particolare alla situazione patrimoniale, emerge una situazione di gravissima difficoltà finanziaria. In particolare, il bilancio dell'Amia, nonostante il contributo statale, presenta debiti per 150 milioni, mentre l'Amat vanta un credito di circa 100 milioni nei confronti del comune e la Gesip di 60 milioni, mentre continua a perdere 700 mila euro al mese, e non meno gravi sono le situazioni delle altre partecipate;
l'amministrazione, fra dipendenti diretti, delle aziende partecipate e precari, paga circa 21.895 stipendi e il 72 per cento delle spese è rappresentato da spese correnti, mentre non riesce a far fronte alla manutenzione ordinaria della città: recentemente sono stati addirittura affidati degli incarichi esterni per la lettura dei contatori dell'acqua per una spesa di circa 90 mila euro;
il 21 settembre 2009 la trasmissione televisiva Striscia la notizia ha svelato come un dipendente della Gesip (società che raggruppa duemila ex precari e che si occupa di vari servizi in città), Franco Alioto, non si sarebbe mai presentato al lavoro, prestando invece servizio come marinaio sulla barca dei figli del sindaco, utilizzata dallo stesso primo cittadino di Palermo;
la procura di Palermo, dopo le indagini preliminari, ha iscritto nel registro degli indagati il sindaco Diego Cammarata, con l'accusa di abuso d'ufficio e concorso in truffa;
andrebbe valutata l'eventuale sussistenza dei presupposti per l'applicazione della cosiddetta «legge Marzano» ad Amia, sottoponendo la stessa ad amministrazione controllata -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare al fine di verificare, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, l'utilizzo dei fondi assegnati al comune di Palermo e la sua complessiva situazione di bilancio, nonché di valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti per l'estensione della dichiarazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti urbani nel territorio della provincia di Palermo, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 gennaio 2009, anche alla raccolta - ivi compresa la raccolta differenziata - e allo smaltimento dei rifiuti di ogni tipo, al fine di evitare l'aggravarsi dei problemi igienico-sanitari già in essere.
(3-00875)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

SARDELLI, BELCASTRO, IANNACCONE e MILO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica e finanziaria che ha investito i mercati internazionali ha colpito gravemente le piccole e medie imprese manifatturiere del nostro Paese, da un lato attraverso una contrazione dei consumi, e dall'altro della produzione e del fatturato;
in particolare, risultano fortemente penalizzate le aziende manifatturiere del Mezzogiorno, che proprio a causa della crisi economica, oltre alle problematiche relative all'inaccessibilità al credito e alla riduzione delle commesse, si sono trovate a non riuscire ad ottemperare al versamento dei contributi previdenziali;
nel comparto manifatturiero, che è quello che ha avuto le più grosse difficoltà nell'accesso al credito e che è quello maggiormente esposto alla concorrenza internazionale, i settori più colpiti dalla crisi sono stati: vetro (-18,2 per cento), materie plastiche (-14 per cento), ceramiche e piastrelle (-11,2 per cento), gomma (-28,8 per cento), concia (tra il 15 e il 40 per cento in meno);
in tale situazione migliaia di piccole e medie imprese manifatturiere, in particolare nel Mezzogiorno, saranno costrette a cessare la produzione;
per evitare la chiusura delle imprese manifatturiere e il conseguente aggravamento dei livelli occupazionali si rende necessario un intervento urgente e indifferibile che sollevi del tutto o parzialmente le imprese interessate dal versamento dei contributi previdenziali dovuti, che sottrarrebbero alle aziende risorse essenziali per la loro sopravvivenza e garantire i livelli occupazionali attuali -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo nei confronti delle piccole e medie aziende manifatturiere, in particolare del Mezzogiorno, che, a causa della crisi economica, non hanno potuto ottemperare al versamento dei contributi previdenziali, e se non ritenga in tale ambito necessario dichiarare lo stato di crisi per tutto il settore manifatturiero con la conseguente esenzione dal pagamento degli oneri fiscali e previdenziali ovvero con la richiesta del versamento dei soli interessi relativi alle somme non versate, procedendo contestualmente all'abbattimento delle aliquote contributive e fiscali che pesano sul costo del lavoro, consentendo così alle imprese interessate di affrontare la crisi evitando la chiusura totale.
(3-00874)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge del 23 luglio 2009 n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» ha introdotto nuovi incentivi per la produzione l'energia elettrica da oli vegetali, prevedendo una tariffa omnicomprensiva pari a 28 centesimi per chilowattora per gli impianti di taglia non superiore ad 1 megawatt, che sono alimentati da biogas e biomasse, ricompresi gli oli vegetali puri con tracciabilità europea e una tariffa omnicomprensiva di 0,18 centesimi per la produzione di energia con oli extra-comunitari;
l'introduzione di queste nuove tariffe ha determinato diversi scompensi nel mercato a causa della eccessiva forbice di differenza delle due tariffe (0,28 centesimi per gli oli europei e 0,18 centesimi per chilowattora per gli oli extraeuropei);
l'entrata in vigore, altresì, della tariffa omnicomprensiva di 0,18 centesimi ha determinato, per gli imprenditori del

settore, grosse contrazioni d'investimenti, una certa difficoltà nel fare rientrare i capitali oltre che perdite di posti di lavoro;
il mercato europeo, per stessa dichiarazione della Comunità europea, per poter soddisfare le proprie esigenze deve importare, il 50 per cento degli oli vegetali puri (colza, soia, girasole) da paesi extracomunitari, e alla luce di tanto le aliquote attuali apparirebbero poco consone alle esigenze del mercato;
a giudizio di operatori e tecnici del settore, le tariffe più eque per rendere operativi gli imprenditori potrebbero oscillare tra 0,22 centesimi per gli oli extraeuropei ed eventualmente per culture espressamente italiane di 0,24 centesimi -:
se il Ministro interrogato, non ritenga necessaria una iniziativa normativa volto a migliorare le disposizioni citate in premessa analizzandone la contingenza alla realtà e allo sviluppo tecnologico eco-ambientale.
(4-05859)

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Ritiro di documenti di indirizzo e di sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Zamparutti n. 1-00263 del 9 novembre 2009;
mozione Piffari n. 1-00320 del 22 gennaio 2010;
mozione Libè n. 1-00322 del 25 gennaio 2010;
mozione Ghiglia n. 1-00323 del 25 gennaio 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Marco Carra n. 5-01412 del 14 maggio 2009;
interrogazione a risposta orale Compagnon n. 3-00867 del 22 gennaio 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Ruvolo n. 5-02374 del 22 gennaio 2010.