XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 1 dicembre 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
lo sviluppo della banda larga, attraverso infrastrutture adeguate, come le reti di nuova generazione in fibra ottica (NGN), e tecnologie innovative è un elemento essenziale per la crescita sociale ed economica del Paese;
l'accesso a Internet va infatti ormai annoverato tra i servizi di natura «universale», da erogarsi all'intera collettività nazionale, alla stregua di servizi come poste, luce o gas nel secolo scorso. È infatti inaccettabile che in futuro ci siano persone o intere comunità prive della possibilità di connettersi ad Internet, ormai indispensabile per permettere ai cittadini e alle imprese di fruire di una gamma estremamente vasta di servizi, sia di carattere commerciale che a rilevanza sociale, tra cui, in particolare, molti servizi forniti dalla pubblica amministrazione;
appare pertanto ormai indifferibile imprimere un deciso impulso alla crescita della banda larga in Italia, che presenta livelli di penetrazione inferiori alla media dell'Unione europea (17 per cento rispetto al 23 per cento) e senza la quale il nostro Paese si troverebbe in una posizione di svantaggio competitivo e di arretratezza sociale e culturale;
questa consapevolezza ha indotto la IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) a svolgere, già nei primi mesi della legislatura, un'ampia indagine conoscitiva sull'assetto e le prospettive delle nuovi reti del sistema delle comunicazioni elettroniche; il documento conclusivo dell'indagine, approvato nella seduta del 2 dicembre 2008, ha sottolineato la necessità «di concentrare le risorse finanziarie nella modernizzazione della rete e nello sviluppo della banda larga, che deve essere considerata come infrastruttura di base per la competitività, l'innovazione e la crescita del Paese»;
il documento conclusivo ha evidenziato le situazioni di digital divide infrastrutturale e sociale che già oggi penalizzano il nostro Paese, l'inadeguatezza della rete esistente e il sensibile ritardo, destinato ad aggravarsi in futuro, sulle reti a banda larga di seconda generazione (ADSL2) e sulla banda larghissima;
è stata altresì evidenziata l'esigenza di portare a termine un censimento generale delle reti esistenti, che rappresenta una condizione essenziale per valutare il grado effettivo di infrastrutturazione del Paese e promuovere l'integrazione tra le reti che già adesso risultano disponibili;
rispetto a tale obiettivo sarebbe necessario realizzare un archivio unico delle infrastrutture presenti nel sottosuolo relative a tutti i servizi di pubblica utilità potenzialmente impiegabili per le nuove reti ottiche;
risulta necessario, inoltre, sostenere, con un eventuale coinvolgimento dei soggetti pubblici, la modernizzazione della rete medesima, attraverso la realizzazione di una infrastrutturazione adeguata alle reti di nuova generazione;
un piano strategico di interventi a sostegno dello sviluppo delle reti di nuova generazione, quale quello auspicato nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva sopra richiamata, appare tanto più urgente in quanto tutti i principali Paesi europei si stanno muovendo in questa direzione;
in Italia, nella situazione attuale, un simile piano, seppure delineato nelle linee fondamentali, non è stato ancora precisato quanto ai tempi di attuazione, al ruolo degli attori coinvolti ed al modello di sviluppo; ai sensi dell'articolo 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69, è stato previsto lo stanziamento di un importo di 800 milioni di euro come contributo del Governo al superamento del digital divide. Tale importo risulta peraltro notevolmente inferiore all'ammontare necessario per dotare

il Paese delle necessarie infrastrutture in fibra ottica. Restano inoltre indeterminati i criteri da seguire per l'attribuzione delle risorse stanziate dal Governo e i soggetti che potranno esserne beneficiari;
l'impiego dei fondi di cui al citato articolo 1 della legge n. 69 del 2009 non è stato portato all'approvazione del CIPE, attesa per il 6 novembre scorso, per ragioni riconducibili all'esigenza di avere disponibilità adeguate per interventi straordinari volti a fronteggiare la crisi economica e finanziaria;
recenti dichiarazioni del Ministro per lo sviluppo economico hanno fatto intendere che il Governo avrebbe stanziato dei fondi per la diffusione della banda larga in tutta Italia entro la fine dell'anno, all'interno della manovra di finanza pubblica per il 2010;
le risorse da reperire nell'ambito della manovra di bilancio per il 2010 potrebbero rappresentare una leva per aumentare il livello di competitività del Paese, associando il loro impiego ad un piano ben definito e articolato di interventi ai quali le risorse medesime possano essere tempestivamente destinate;
in particolare si dovrebbe tenere conto dell'esigenza di sviluppare moderne infrastrutture di nuova generazione, con un'alta capacità di trasmissione, nelle aree che scontano un forte divario di connettività e che potrebbero beneficiare immediatamente del potenziale innovativo dei nuovi servizi che la banda larga renderebbe disponibili ai cittadini ed alle imprese;
a tal fine dovrebbero essere prese in considerazione le aree caratterizzate da un'elevata concentrazione di piccole e medie imprese nelle quali si collocano i distretti industriali;
i distretti industriali, infatti, essendo più esposti alla logica dei costi e della competitività internazionale, potrebbero sviluppare rapidamente una domanda di servizi innovativi che necessitano di reti di nuova generazione a banda «ultralarga», per contrastare l'erosione della propria competitività attraverso innovazioni di processo;
nell'ambito del piano di sviluppo delle reti di nuova generazione dovrebbe pertanto essere considerato prioritario il reperimento di finanziamenti adeguati a permettere l'interconnessione - mediante un'infrastruttura di rete di nuova generazione - alle 100 mila piccole e medie imprese che si trovano in una situazione di emergenza infrastrutturale, essendo collocate in aree caratterizzate da broadband divide e per di più ad alta densità di aziende;
in ogni caso occorre che le risorse siano destinate ad interventi immediatamente «cantierabili», che possano in tempi rapidi produrre effetti di sviluppo;
più in generale appare necessaria, nell'ambito del piano per lo sviluppo della banda larga, altresì, una programmazione temporale degli interventi in correlazione con le risorse effettivamente disponibili,

impegna il Governo:

a rendere immediatamente disponibili, mediante delibera del CIPE, gli 800 milioni di cui all'articolo 1 della legge 18 giugno 2009, n. 69 stanziati come contributo del Governo al superamento del digital divide, necessari all'avvio del piano di interventi per lo sviluppo della banda larga;
a rendere effettive le procedure indicate nella legge di cui al punto 1), che individuano le modalità di utilizzo del finanziamento nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria nonché la parità di accesso a tali infrastrutture da parte di tutti gli operatori così come delineato dallo stesso articolo 1 della legge n. 69 del 2009;
anche in relazione alla finalità di assicurare il controllo sull'impiego delle risorse di cui al punto 1) per interventi infrastrutturali di interesse generale, ad

adottare le opportune iniziative per definire un percorso procedurale che preveda il coinvolgimento del Parlamento;
a definire un piano relativo allo sviluppo delle reti di telecomunicazione di nuova generazione (NGN) mediante la realizzazione di un'infrastruttura a livello nazionale che consenta agli utenti di accedere alla rete, permettendo così al Paese di fronteggiare le sfide dell'innovazione;
ad individuare le risorse necessarie per avviare la realizzazione del piano, mediante interventi immediatamente «cantierabili», e, contestualmente, a definire una programmazione finanziaria nel medio periodo correlata alle ulteriori fasi di implementazione del piano;
a strutturare il piano in fasi che consentano un'efficace ridefinizione negli anni in funzione anche di significativi cambiamenti della pianificazione e della effettiva disponibilità delle risorse e tale da permettere la scalabilità della banda, vale a dire a supportare gli ulteriori sviluppi della banda, in modo da far fronte, nel medio e lungo periodo, alle crescenti esigenze di nuovi e più evoluti servizi nel settore dell'informatica e delle telecomunicazioni;
ad assumere le appropriate iniziative necessarie ad assicurare il mantenimento in buono stato di funzionalità e il potenziamento delle reti esistenti;
nella definizione del piano relativo allo sviluppo delle reti di nuova generazione, a considerare come prioritaria la finalità di assicurare un'adeguata capacità di trasmissione ai distretti industriali che ancora scontano un forte divario di connettività.
(7-00235)
«Bergamini, Garofalo, Toto».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
in data 28 ottobre 2009 è stato proposto dall'Avvocatura dello Stato e per essa dall'avvocato Fausto Baldi appello (notificato il 6 novembre 2009) contro la sentenza del tribunale di Bologna, che aveva rigettato una domanda risarcitoria avanzata dal rettore dell'università di Bologna, in conformità con una deliberazione d'insindacabilità della Camera, con varie motivazioni fra cui la seguente: «le esposte considerazioni portano a ritenere che tutti i fatti addebitati agli onorevoli Garagnani e Raisi nel corso della conferenza stampa del 21 aprile 2007 siano sostanzialmente riconducibili ai contenuti della loro attività in particolare a quella di sindacato ispettivo». Il tribunale ha pertanto riconosciuto la sussistenza di un nesso tra le dichiarazioni rese dai convenuti (e oggetto delle doglianze di parte attrice) e l'esercizio della funzione parlamentare;
già devono sollevarsi, ad avviso dell'interpellante, forti perplessità in riferimento all'opportunità che un organo dello Stato, peraltro senza che risulti un'esplicita delibera del CdA dell'università, proponga appello contro altri soggetti istituzionali con espressioni che, ad avviso dell'interpellante, si situano al limite dell'ingiuria e ledono, con processi alle intenzioni tutte da dimostrare, l'onorabilità del sottoscritto che come parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni ha svolto un dovere civico nell'interesse della collettività bolognese denunciando situazioni anomale all'interno dell'Ateneo, la cui verosimiglianza appare confermata dall'interesse della stampa in numerose occasioni;

con riferimento specifico alla difesa tecnica dell'Avvocatura, tali gravi affermazioni, a parere dell'interpellante, non rientrano nel ruolo dell'Avvocatura dello Stato che in teoria dovrebbe limitarsi a tutelare il rettore pro-tempore evitando affermazioni gravemente lesive della dignità di un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni;
si ricorda al riguardo che il comportamento del sottoscritto è stato, in primo grado di giudizio, riconosciuto totalmente corretto in quanto esplicato nell'esercizio del suo mandato parlamentare;
si pone pertanto, ad avviso dell'interpellante, un duplice problema di opportunità nella decisione di proporre appello da parte del rettore dell'Università di Bologna avvalendosi dell'Avvocatura dello Stato -:
se esistano - nell'ambito dell'autonomia tecnico-professionale della medesima - criteri generali o linee guida che disciplinino le facoltà di difesa dell'Avvocatura dello Stato e delle sue sedi periferiche;
se esistano linee guida circa i contenuti e i toni che l'Avvocatura medesima possa adoperare nella redazione degli atti di competenza.
(2-00560) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il rapporto Istat, pubblicato il 28 ottobre 2009, fotografa le difficoltà della famiglia italiana evidenziando come il reddito lordo disponibile sia diminuito dell'1 per cento in valori correnti, rispetto al trimestre precedente, con un calo di oltre 11 miliardi di euro e conseguentemente la spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta dello 0,5 per cento, mentre il potere d'acquisto, ovvero il reddito disponibile in termini reali, è diminuito dell'1 per cento rispetto al trimestre precedente e la propensione al risparmio delle famiglie nel secondo trimestre 2009 è stata pari al 15,2 per cento del reddito lordo, in calo dopo molti trimestri di aumento;
una ricerca realizzata dall'Acri, in occasione dell'ultima giornata mondiale del risparmio, ha invece evidenziato che una famiglia su quattro consuma più di quanto incassa e tra queste rimane costante la quota di quelle che ricorrono ai risparmi accumulati, pari al 18 per cento mentre diminuisce la percentuale di quelle che hanno chiesto prestiti, circa il 7 per cento, contro il 9 per cento dell'anno precedente. Invariata, rispetto al 2008, è la quota di persone che consumano tutto il reddito, pari al 38 per cento;
la famiglia italiana risulta la meno aiutata e incentivata in Europa, infatti, le spese per le famiglie e i minori in Italia superano di poco l'1 per cento del PIL, pari alla metà della media europea, contro circa il 3 per cento della Germania e della Svezia, mentre la Francia si attesta al 2,55 per cento pur avendo un tasso di natalità pari a 2 figli per donna, rispetto all'1,33 per cento in Italia;
le famiglie numerose sono le più svantaggiate in termini di sostegno al reddito, conciliazione dei tempi di lavoro, agevolazioni fiscali, ma anche per ciò che concerne il sostegno alle spese correnti, come le bollette, per le quali la tariffazione risulta più alta rispetto a quella delle società o dei cosiddetti single;
il disegno di legge finanziaria 2010, attualmente all'esame della Camera, non solo non pone in essere politiche familiari, ma non ha neanche, fino ad ora, rifinanziato le poche misure esistenti, quali ad esempio il fondo per le non autosufficienze, la possibilità di detrarre il 19 per cento del costo degli abbonamenti ai trasporti, così come non è stata ancora riconfermata la deduzione del 36 per cento per acquisti di elettrodomestici fino a 10 mila euro;

una famiglia composta da 8 persone, e superi l'ISEE di 20.000 euro annue è quindi esclusa dal bonus elettrico, paga 317,05 euro, a bimestre, per una bolletta dell'energia elettrica, con potenza impiegata pari a 4,5 chilowattora, con costo finale al chilowattora di 0,2740276 euro;
una società in nome collettivo, per la stessa bolletta, a fronte di un consumo di 1107 chilowattora, con potenza impiegata pari a 11 chilowattora paga 234,94 euro, per due mensilità, ovvero 0,2122312 euro per chilowattora;
confrontando i due dati citati, su base annuale, risulta che la famiglia numerosa paga in media 429 euro in più, pari a circa il 30 per cento, rispetto alla società in nome collettivo;
se la stessa famiglia potesse usufruire del bonus, comunque pagherebbe il 15 per cento in più rispetto alla società in nome collettivo;
lo stesso dato si può confrontare con la spesa media di una persona che vive da sola, scoprendo quanto sia più vantaggiosa, ed arrivando al paradosso che alla famiglia numerosa, sopra citata, converrebbe avere 8 contatori, in quanto pagherebbe poco più della metà dei costi sostenuti attualmente per l'energia elettrica;
il principio a cui si ispira l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), ovvero consentire l'accesso ai servizi e alle agevolazioni in base all'effettiva situazione economica del richiedente, è senz'altro valido e universalmente accettato, tuttavia alcuni meccanismi di calcolo, ed in particolare la scala di equivalenza, risultano non essere equi e addirittura penalizzanti per le famiglie numerose;
il comune di Parma ha realizzato una nuova modalità di calcolo dell'ISEE, che supera la parametrazione per scaglioni, al fine di renderlo più vicino e rappresentativo della realtà delle famiglie, attraverso l'introduzione di parametri che si basano sui carichi economici a seconda del ciclo di vita della famiglia. Il nuovo modello considera per esempio, pesature maggiori per il periodo dei primi anni di vita del bambino, e comunque per i figli minori di 26 anni, purché rientranti nel nucleo familiare, o in caso di condizioni di invalidità -:
cosa si intenda fare per porre fine alla penalizzazione della famiglia numerosa, che rappresenta una grande risorsa per lo Stato e sulla quale ad oggi si riversano solo i costi del Paese;
se non si ritenga opportuno, assumere iniziative per introdurre, quanto prima, la riforma del sistema fiscale su base familiare, attraverso l'introduzione, anche graduale, del quoziente familiare, che da sempre è stata pubblicizzata da questo Governo, ma mai attuata;
se non si ritenga giusto, in linea con il principio della capacità contributiva, di cui all'articolo 53 della Costituzione, predisporre, nel breve periodo, dei correttivi al meccanismo ISEE, sull'esempio di quanto posto in essere dal comune di Parma;
se non si ritenga che, anche attraverso agevolazioni per supportare i consumi sociali, si riesca non solo a dare priorità alla famiglia, quale elemento fondante la società, ma si ponga in essere anche una politica in grado di favorire la maternità.
(5-02178)

GHIZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge anche da notizie di stampa sarebbe stata predisposta una bozza di decreto-legge, datata 29 ottobre 2009, recante «Norme urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della Regione Abruzzo, per la predisposizione e la realizzazione di un piano di messa in sicurezza idrogeologica in relazione alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi il 1o ottobre 2009 nel territorio della provincia di Messina ed

altre disposizioni urgenti di protezione civile e per la Presidenza del Consiglio dei ministri»;
il testo del decreto-legge dovrebbe prevedere, tra l'altro, il trasferimento al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri delle funzioni di sorveglianza sismica del territorio nazionale e di coordinamento delle reti sismiche regionali e locali, oggi di pertinenza dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV);
a quanto si apprende, con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri verrebbero trasferiti gli apparati costituenti la rete di monitoraggio permanente e temporaneo e sarebbe prevista inoltre l'individuazione del personale dell'INGV addetto alle funzioni di monitoraggio, da trasferire nei ruoli del Dipartimento della protezione civile, con corrispondente riduzione della dotazione organica dell'INGV;
la natura del provvedimento, se confermata, introdurrebbe inevitabilmente una cesura tra le funzioni di monitoraggio sismico e le attività di ricerca, che sarebbe, ad avviso dell'interrogante, un grave errore, oltre che un'anomalia a livello mondiale, e porterebbe in breve tempo allo scadimento qualitativo di entrambi, con ricadute negative sulla sicurezza delle popolazioni residenti in aree a rischio sismico;
le conseguenze di tale frattura sarebbero dannose per la qualità della rete di monitoraggio, che sarebbe privata della feconda contiguità con la funzione di ricerca, la sola in grado di stimolare un adeguato processo di miglioramento permanente delle caratteristiche tecniche della rete; dannose, inoltre, anche per lo sviluppo delle attività di ricerca, centrale per assicurare l'avanzamento delle conoscenze sui fenomeni sismici, propedeutica alla capacità stessa del Paese di presidiare con efficacia il territorio nazionale sotto il profilo della prevenzione;
la natura del provvedimento, per la parte inerente all'INGV, rischia inoltre di generare conflitti con il processo di riordino degli enti vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il cui schema di decreto legislativo è stato recentemente licenziato dall'esecutivo. Sovrapporre, oltretutto con decretazione d'urgenza, mutazioni di rilievo nella missione di un ente che sta per essere riordinato non può che comportare complicazioni in grado d'inficiare un'efficace emanazione dello statuto e dei regolamenti previsti dalla legge, con gravi conseguenze per l'operatività dell'ente sotto il profilo dell'efficacia dell'azione amministrativa;
cosa ben più grave, secondo l'interrogante, è privare l'INGV della funzione di monitoraggio sismico che comporterebbe un svilimento della missione dell'ente, pericolosamente ridimensionata, con danni irreversibili rispetto alle prospettive di sviluppo delle competenze tecnico-scientifiche in un settore di vitale importanza per il Paese -:
se non si ritenga che le disposizioni citate possano compromettere l'autonomia dell'INGV, con conseguenze preoccupanti rispetto al rischio di frammentazione, se non addirittura di dispersione, delle preziose competenze che, nel tempo, l'Istituto ha saputo sviluppare e porre proficuamente al servizio del Paese;
se non si ritenga, inoltre, che la cesura che disposizioni, quali quelle citate, introdurrebbero tra l'attività di monitoraggio sismico e ha ricerca in campo geofisico, oltre a comportare conseguenze negative per la qualità di entrambe, non rischi anche di compromettere le indispensabili caratteristiche di terzietà e trasparenza nella gestione dei dati inerenti alla sismicità del territorio nazionale.
(5-02184)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha individuato la «strada dei vini e dei sapori del Garda»

quale «percorso del gusto» dalle eccezionali potenzialità turistiche: la strada si sviluppa nell'area della provincia di Brescia che costituisce la sponda lombarda del lago di Garda. Partendo da Limone e arrivando a Pozzolengo, attraversa Tremosine, Tignale, Gargnano, Toscolano Maderno, Gardone Riviera, Salò, San Felice, Malerba, Moniga e poi Puegnago, Muscoline, Soiano, Bedizzole, Padenge, Calvagese della Riviera, Polpenazze, Lonato, Sirmione, Desenzano e San Martino della Battaglia;
il percorso «strada dei vini e dei sapori del Garda» si configura come un complesso strutturato di offerta turistica, con elementi di attrazione che vanno dai prodotti tipici enogastronomici, alle attività artigianali, allo splendido paesaggio, ad elementi storici ed architettonici e culturali, alle bellezze del nostro maggiore complesso lacuale;
fra i luoghi di maggior interesse spiccano la «Fondazione Ugo da Como» a Lonato, con una biblioteca composta da oltre 20.000 volumi antichi o edizioni rare; la chiesa di San Pietro in Lucone di Polpenazze, il castello di Soiano, i resti di un villaggio palafitticolo a Sovenigo, il santuario di Montecastello a Tignale, la Torre Sacrario a San Martino della Battaglia, la rocca di Manerba o le splendide cittadine - ricchissime di storia e attrattive turistiche - di Salò, Gardone Riviera, Sirmione e Desenzano;
l'offerta eno-gastronomica contempla vini importanti e conosciuti, come ad esempio i vini DOC Garda classico, il San Martino della Battaglia e il Lugana, oltre a piatti tipici come ad esempio la frittura di agone, le anguille alla griglia, la zuppa di cavedano, il baccalà, la trippa in brodo di verdure, la schiacciata di farina gialla, il bossolà di giuggiole;
in tutte le località citate nel periodo maggio-ottobre si svolgono numerosissime manifestazioni anche eno-gastronomiche, con sfilate in costumi storici, fiere, mercati di prodotti locali e della tradizione artigianale, feste dell'uva e della vendemmia, festival di musica antica (Tremosine), il palio della pastasciutta a Pozzolengo, la gara delle bisse a Salò, oltre a manifestazioni culturali come il «premio Catullo» a Sirmione e molte altre;
nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione universale ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione della «strada dei vini e dei sapori del Garda», che costeggia il lago di Garda in provincia di Brescia e dunque si snoda a pochi chilometri dal sito dell'Expo, unitamente alle peculiarità sopra citate rendono il percorso in argomento un itinerario interessante ai fini del coinvolgimento nell'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura enogastronomica, culturale e turistica delle località citate in provincia di Brescia e costituenti la sponda lombarda del lago di Garda;
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intenda attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali compresi nel percorso turistico «strada dei vini e dei sapori del Garda» nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015.
(4-05239)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Valtellina (Sondrio) è un'area rinomata sia per le bellezze naturalistiche e

del paesaggio, sia per la produzione di vini, soprattutto con il marchio Valtellina Superiore Docg di altissima qualità conosciuta in tutto il mondo, nonché con lo Sforzato docg, il Rosso docg, il Terrazze Retiche docg;
numerosi prodotti tipici realizzati con metodi tradizionali e perfettamente biocompatibili rendono la Valtellina un «luogo del gusto» per la nostra tradizione alimentare: tra le molte eccellenze si segnalano molti rinomati e famosi formaggi tra cui il bitto, oppure i famosi pizzoccheri, la polenta taragna, la torta di grano saraceno, la gustosissima bresaola e altro;
in tutta la Valtellina nel periodo giugno - ottobre si svolgono numerosissime manifestazioni anche eno-gastronomiche, tra le quali si possono citare:
a Castione Andevenno la «Ciapel d'Oro» (luglio);
a Teglio la sagra del Pizzocchero (luglio);
a Sondrio «Calici di Stelle» (agosto);
a Chiavenna la Sagra dei Grotti (settembre);
a Chiuro il «Grappolo d'Oro» (settembre);
a Villa di Tirano la sagra delle mele e dell'uva (settembre);
a Morbegno la «Mostra del Bitto» e «Morbegno in cantina» (ottobre);
nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione universale ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione della Valtellina a pochi chilometri dal sito dell'Expo e la sua tradizione agricola, unitamente alle peculiarità sopra citate, la rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento della stessa relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura enogastronomica della Valtellina;
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. intenda attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Valtellina nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015.
(4-05240)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la realtà municipale di Tortorici, comune del messinese, è composta da ben 72 frazioni disseminate sul territorio;
l'importanza storico-culturale di Tortorici si desume dalla sua origine greco-romana, pare infatti, sia stata fondata da Patrone il Turiano;
Tortorici nel passato è stata definita la «Valle dell'ingegno», perché sede di un artigianato fiorente, altresì è famosa per la lavorazione del rame, del legno, della pietra, per l'agricoltura e per l'estrazione dell'oro, ma l'arte della fusione del bronzo, ancora oggi si trovano nelle più note chiese della Sicilia e di varie altre parti d'Italia, le campane che sono state fuse qui;
in prossimità di Tortorici, nel vallone Calagni, è stata scoperta una pianta rara, la Petàgnia Saniculaefolia Guss, che può

essere considerata una specie relitta dell'antica flora terziaria che, decine di milioni d'anni fa, popolava la zona;
la presenza della Petàgnia Saniculaefolia Guss, ha imposto la costituzione della riserva naturale integrale Vallone Calagna, pertanto tutelata dal complesso sistema normativo che deve garantirne la salvaguardia e limitare i danni provocati dall'incuria dell'uomo;
la natura incontaminata, la variegata vegetazione che annovera noccioleti, castagneti, cerrete, faggete; la pluralità di laghi (Badessa, Trearie, Cartolari) unitamente alla incomparabile bellezza del paesaggio, fanno di Tortorici ancora un paese a forte vocazione turistica;
ci troviamo infatti nel cuore del «Parco dei Nebrodi» che è la più grande area naturale protetta della Sicilia, meta di miglia di turisti e studiosi;
Tortorici sorge in una valle ed è attraversata da tre torrenti, il Bunneri, il Capirò ed il Calagna, i quali oggi sono stati prevalentemente coperti da strade e da piazze che sorgono proprio dentro l'alveo dei fiumi;
in zone strettamente adiacenti al corso del fiume principale, sorgono numerose strutture, sia private che pubbliche, fra cui la nuova sede comunale, gli uffici della Pretura (ora sede dell'ufficio del Giudice di Pace), l'ufficio postale, la Scuola Media, il palazzetto dello sport;
a tutt'oggi Tortorici non ha un piano regolatore generale aggiornato, l'ultimo piano regolatore generale approvato risale agli anni ottanta;
a monte del paese, si riscontra uno stato di abbandono pressoché totale, dovuto in parte alla dismissione delle coltivazioni dei poderi, ma soprattutto ad una totale assenza di politica agricola e forestale;
i corsi d'acqua, un tempo ben definiti e capaci di contenere un flusso consistente, oggi non esistono più, verosimilmente invasi da tronchi, da arbusti, da frane che si sono susseguite nel tempo ed incredibilmente anche da copiose discariche abusive;
le amministrazioni locali, debitamente informate, ad oggi non risulta che abbiano assunto alcuna iniziativa;
a valle, presso la confluenza dei corsi dei fiumi, l'invasione edilizia quasi selvaggia, ha intaccato in alcuni casi anche il territorio demaniale;
la vegetazione avanzando naturalmente, senza che nessuno abbia mai cercato di contenerla, ostruisce il corso naturale delle acque. In un contesto di montagne e pendii scoscesi, la conseguenza che creerebbe una forte bufera stagionale, potrebbe dare origine ad un disastro irreparabile;
alla luce dei tragici eventi alluvionali che hanno devastato il territorio messinese nello scorso ottobre e nell'autunno del 2006, è necessario ricordare come anche questa zona sia nettamente a rischio idrogeologico, tanto che Tortorici già nel passato la cittadina è stata completamente rasa al suolo dall'alluvione, in un caso assolutamente drammatico risalente al 1682 si ebbero circa 600 morti;
in merito al rischio idrogeologico da quanto si evince dal Piano di assesto idrogeologico attualmente in vigore, buona parte del territorio del Comune di Tortorici, in particolare il versante destro e sinistro del torrente «Grande» che ne delimitano il centro urbano, sono caratterizzati come «Zona a rischio molto elevato (R4)» già dal 5 luglio 2007 (il Piano di assesto idrogeologico è stato approvato in via definitiva dalla Regione Sicilia con decreto del Presidente della Repubblica n. 288 del giorno 5 luglio 2007, a sua volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Regione Sicilia n. 47 del 5 ottobre 2007);
a tutt'oggi, però dalla data di approvazione e pubblicazione del Piano di assesto idrogeologico nessun intervento è stato messo in atto dalla pubblica amministrazione per ridurre il relativo rischio idrogeologico;

la zona geografica interessata è, notoriamente, anche ad alto rischio sismico;
in merito al rischio sismico da quanto si evince dal Decreto Dirigenziale Regione Sicilia del 15 gennaio 2004, il territorio del Comune di Tortorici dal punto di vista sismico è classificato in «Zona 2». La superiore classificazione è funzionale per gli edifici costruiti successivamente al 1981 (con decreto ministeriale del 23 settembre 1981, il territorio del Comune di Tortorici è stato dichiarato «Zona Sismica di 2a categoria»);
la maggior parte degli edifici che ricadono nel territorio comunale, è stata costruita in data antecedente al 1981, perché Tortorici è un comune di origine prettamente settecentesca. In particolare la parte centrale dell'abitato è caratterizzata da stradine pedonali molto strette, fabbricati realizzati con muratura di pietra «a secco» e malta d'argilla, certamente non conformi agli attuali standard di sicurezza sismica;
a tutt'oggi nessun intervento è stato messo in atto dalla pubblica amministrazione per ridurre il relativo rischio sismico, urge l'adeguamento alle norme antisismiche del patrimonio edilizio maggiormente vulnerabile, per ovviare a possibili disastri in termini di vite umane e danni materiali;
la qualità e l'efficacia dell'azione di prevenzione, unite ad una rigorosa e corretta politica di utilizzazione del territorio, permetterebbero di ridurre sensibilmente i rischi di conseguenze drammatiche e, in sostanza, di evitare gli ingenti costi della gestione dell'emergenza -:
se il Governo sia al corrente di quanto esposto in premessa e se, ad ogni modo, non ritenga di dover intervenire, nell'ambito delle sue competenze, in materia di abusivismo edilizio e di tutela dell'incolumità pubblica, per verificare la situazione edilizia ed urbanistica nella zona indicata in premessa, per tutelare le vite degli abitanti ed evitare tragici accadimenti come quelli che recentemente hanno colpito il messinese;
se si intendano intraprendere iniziative volte a preservare i rilevanti beni naturalistici, in primis la rarissima Petàgnia Saniculaefolia Guss, della riserva naturale integrale Valle Calagna.
(4-05244)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel giorni scorsi a Caravaggio (Bergamo) ha preso il via la «Billy Cup», manifestazione giovanile di Baseball organizzata dall'Ente di promozione sportiva «Sport-Padania» e dalla FIBS (Federazione Italiana Baseball e Softball), evento che ha riscosso un notevolissimo successo di pubblico;
il Comune di Caravaggio ha effettuato notevoli sforzi per dotarsi di idonee attrezzature ed impianti sportivi, grazie soprattutto all'impegno del sindaco Giuseppe Prevedini e, grazie al sostegno della Provincia di Bergamo, del CONI e della FIBS potrebbe oggi vedere la nascita di un impianto dotato di campo da baseball -:
quali intendimenti abbia circa la promozione, ed il sostegno alla diffusione del gioco del Baseball.
(4-05246)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
le località nel nostro Paese ove è possibile praticare lo sci estivo sono poche: tra le più famose vi sono Cervinia (Aosta) e Livigno (Sondrio);
la possibilità di svolgere attività sciistica anche nei mesi estivi rappresenta un'importante fattore di attrazione turistica non solo per le località citate, ma per l'intera area in cui le stesse insistono;
la concorrenza dei sistemi-Paese a noi confinanti è molto forte, favorita anche

da climi ed altezze spesso più adatti allo svolgimento di attività sciistiche estive -:
se e quali azioni - anche temporanee e mirate - il Governo abbia attuato o intenda attuare al fine di favorire gli investimenti pubblici e privati nelle località ove si svolgono attività sciistiche anche nei mesi estivi.
(4-05248)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
le località sciistiche del nostro Paese rappresentano una importante fonte di ricchezza per l'economia e per il turismo;
delle località, essendo localizzate prevalentemente in aree alpine prossime ai confini di Stato, subiscono molto la concorrenza di località sciistiche straniere;
recentemente i sistemi-Paese francesi, svizzeri, austriaci e sloveni sono molto impegnati a favorire investimenti e ammodernamenti infrastrutturali di enti pubblici e privati nelle località sciistiche, sia in relazione agli impianti di risalita, sia riguardo alle infrastrutture di accoglienza più in generale -:
se e quali azioni di promozione infrastrutturale il nostro sistema-Paese abbia attivato o intenda attivare nei riguardi delle nostre località sciistiche.
(4-05249)

TOMMASO FOTI, DE MICHELI e POLLEDRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Intergas S.A., società cilena costituita da capitali italiani, ha investito ad oggi 70 milioni di dollari (a fronte di un ammontare globale del progetto stimato in 270 milioni di dollari), costruendo e gestendo reti per la distribuzione di gas naturale nel centro-sud del Cile al fine di servire utenze residenziali, commerciali ed industriali;
non vi è dubbio che Intergas è uno dei più importanti investitori italiani in Cile, leader del settore - oltre che punto di riferimento - nella zona di pertinenza, ed ha contribuito al miglioramento del servizio pubblico del gas;
prima di iniziare l'attività sopra indicata, Intergas S.A. ha effettuato studi dettagliati di natura tecnica, giuridica, fiscale e di mercato, e si è peritata di verificare l'interesse anche delle autorità politiche per il proprio progetto;
anche l'Ambasciata Italiana a Santiago ha, in più occasioni, assicurato Intergas S.A. sulla stabilità economica e politica del Cile, paese in cui è stato evidenziato essere possibile realizzare buoni investimenti anche in ragione della stabilità giuridica e della certezza del diritto. Ne è riprova il fatto che, ancora oggi, l'ambasciata italiana in Cile promuove periodiche missioni d'intercambio commerciale e d'investimenti italiani in quel paese;
quanto al caso di cui si tratta, il principale problema è dato dal fatto che il Cile non possiede gas naturale nel centro-sud (lo possiede solo nella zona sud, ma non è possibile integrarlo con il resto del paese per problemi geoambientali e di distanza) e che lo stesso viene acquistato interamente dall'Argentina;
Intergas S.A. ha, quindi, innanzitutto attentamente valutato il contesto giuridico energetico che regola la commercializzazione del gas nell'area sopra detta: l'esistenza di un Protocollo facente parte di un trattato internazionale bilaterale che assicura una regolamentazione delle quantità e del prezzo del gas naturale dall'Argentina ha rappresentato l'elemento decisivo per suggerire a Intergas S.A. di intraprendere l'investimento, essendo il gas naturale la materia prima che consente lo sviluppo degli investimenti di Intergas S.A.;
come accennato più sopra si evidenzia che il Protocollo Sostitutivo n. 2 sulla «Integrazione Gasifera» è parte integrante dell'Accordo di Complementazione Economica

n. 16 del 1991 (ACE n. 16) firmato tra Argentina e Cile. A sua volta, gli ACE sono accordi di esecuzione del Trattato di Montevideo del 1980, che è stato ratificato dal Cile nel 1981 e che ha permesso la creazione dell'Associazione Latinoamericana d'Integrazione (ALADI). Giova evidenziare, in merito, che le norme del Protocollo sull'Integrazione gasifera sono equivalenti a leggi di adempimento obbligatorio in Cile;
il predetto Protocollo Cile-Argentina sul Gas Naturale garantisce, in primo luogo, il trattamento paritario e non discriminatorio tra i consumatori di gas naturale dei due Paesi, Cile e Argentina, sicché, anche a fronte di qualsiasi evento di forza maggiore o caso fortuito, si deve mantenere la proporzionalità. In secondo luogo il protocollo stabilisce che il trattamento fiscale all'esportazione di gas non può essere superiore al trattamento fiscale delle esportazioni dei derivati del petrolio, né maggiore a quello dei prodotti che utilizzano gas come materia prima, che - rispettivamente - sono in vigore in ciascun paese;
dall'anno 2004 in Argentina si è verificata una progressiva insufficienza di gas naturale per sostenere la domanda interna argentina e conseguentemente per i volumi esportati in Cile;
a seguito di ciò, il Governo Argentino non ha applicato la proporzionalità come stabilita nel Protocollo di cui sopra (e, cioè, l'applicazione di una restrizione proporzionale in entrambi i paesi di circa il 15 per cento). Nei fatti, dunque, l'Argentina ha applicato restrizioni del 93 per cento per le esportazioni verso il Cile e solamente del 5 per cento al consumo interno e ciò nonostante il fatto che i volumi di gas che l'Argentina sta esportando oggi in Cile, in forma restrittiva, rappresentano solo l'1 per cento dell'offerta Argentina di gas;
oltre alle sopra citate restrizioni asimmetriche dei volumi di gas, a partire dal 2006 il Governo Argentino ha introdotto una barriera doganale all'esportazione del gas naturale verso il Cile che, nell'anno 2008, ha raggiunto livelli insostenibili, triplicando il costo base del gas esportato dall'Argentina, rendendone quindi estremamente difficoltosa la commercializzazione in Cile e, conseguentemente, pregiudicando in modo sostanziale il ritorno degli investimenti realizzati da Intergas S.A.;
in particolare il Governo Argentino, nel corso del 2008, ha applicato una tassa sulle esportazioni del gas superiore di circa il 200 per cento in estate ed il 300 per cento in inverno rispetto al normale costo del gas (5.5 US$/MM BTU) e cioè tra gli 11 e i 17 dollari per milione di BTU;
neppure nel suesposto caso il Protocollo Cile-Argentina sopra evocato risulta essere rispettato in quanto, applicando le regole relative al trattamento fiscale delle esportazioni di gas argentino, le imposte non avrebbero dovuto superare il 5 per cento del costo normale. Ne è la riprova che prodotti petrolchimici derivati dall'uso del gas come materia prima quali il polietilene, i polimeri e l'urea hanno un gravame fiscale non superiore al 5 per cento;
pare evidente che l'applicazione di gravami impositivi tanto estremi impedisce di fatto la sostenibilità economica delle poche esportazioni, esportazioni che risultano però indispensabili a Intergas S.A. per esercitare la propria attività;
il Cile, dunque, a tutt'oggi non ha preteso l'adempimento del Protocollo Cile-Argentina sul gas naturale e non ha attivato nei confronti del Governo Argentino le procedure di risoluzione delle controversie previste nello stesso Protocollo, ovvero la procedura arbitrale;
non solo, ma il governo cileno, anziché esigere come detto l'adempimento del Protocollo Cile-Argentina sul Gas Naturale, ha preferito sviluppare l'importazione di gas naturale liquido via nave (cosiddetto «LNG») da destinazioni diverse dell'Argentina;

l'importazione di gas naturale via nave servirà a rifornire, tuttavia, la sola zona centrale del Cile ma non quella del centro-sud, e pertanto non potrà costituire una soluzione alla fornitura di gas naturale a prezzi ragionevoli nelle regioni dove Intergas S.A. ha sviluppato gli investimenti. Inoltre, anche nel caso in cui il «LNG» potesse rifornire la zona centro-sud del Cile, il costo sarebbe il doppio di quello argentino;
è a questo punto doveroso ricordare che il gas necessario per rifornire la regione centro-sud del Cile oggi rappresenta solamente lo 0,2 per cento della produzione di gas argentina;
Intergas S.A. ha sollecitato in diverse occasioni l'intervento del Governo Cileno, sia con note sia con specifici incontri, con l'obiettivo dichiarato di vedere aperta una vertenza arbitrale con l'Argentina o ricercata una soluzione volta a garantire l'investimento realizzato da Intergas S.A.;
nonostante le rassicurazioni di comprensione della situazione e di condivisione delle ragioni di Intergas S.A. alle richieste, nulla in concreto è stato promosso dalle competenti autorità cilene per rimediare la situazione sopra descritta, come risulta chiaramente dal documento inviato dal CNE Commissione Nazionale dell'Energia alla predetta società -:
se e quali urgenti iniziative intenda promuovere al fine di verificare la volontà o meno da parte del Cile di esigere dall'Argentina il compimento del Protocollo bilaterale Cile-Argentina che regolamenta la «interconnessione gasifera e la fornitura di Gas Naturale», ovvero dare corso ad una soluzione equivalente, in modo di dare sicurezza giuridica agli investimenti che vengono realizzati in Cile, nella fattispecie a quello realizzato dalla Intergas S.A.;
se e quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo italiano rispetto al caso descritto in premessa, la gravità del quale non può certamente sfuggire e la cui omessa risoluzione, a giudizio dell'interrogante, oltre a danneggiare in modo irreversibile Intergas S.A. rischia di scoraggiare l'imprenditoria italiana ad investire in Cile.
(4-05260)

GIACHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni il Presidente del Consiglio Berlusconi si trova in visita in Bielorussia, dove ha incontrato il Capo di Governo Lukashenko;
da 15 anni, e precisamente dal 1994, anno in cui l'attuale Presidente è stato eletto, il premier italiano è il primo capo di governo occidentale a recarsi in Bielorussia, data anche la freddezza dell'Europa nei confronti di Lukashenko, considerato dalla Comunità internazionale e dagli Stati Uniti come «l'ultimo dittatore in Europa», secondo la definizione di Condoleeza Rice;
secondo quanto riportato soprattutto dai quotidiani Libero e il Giornale il Presidente Berlusconi si sarebbe profuso nell'elogio di Lukashenko, testimoniandogli apprezzamento in ragione «dell'amore del popolo sotto gli occhi di tutti visti i recenti risultati elettorali»;
Lukashenko è stato rieletto per la seconda volta nel 2006 con l'83 per cento dei voti, ma sia l'Ocse che gli Stati Uniti non le considerano elezioni democratiche perché forte è il sospetto di brogli e manipolazioni;
si apprende, inoltre, che il capo di governo bielorusso avrebbe regalato a Berlusconi alcuni fascicoli provenienti dall'archivio del Kgb, frutto di un lavoro meticoloso, utili per «stabilire le sorti dei cittadini italiani prigionieri in Russia e Bielorussia durante la seconda guerra mondiale» ma anche per ricostruire le vicende degli italiani «vittime delle persecuzioni sovietiche negli anni Trenta». Inoltre Lukashenko avrebbe promesso all'Italia altri documenti «per consolidare i rapporti tra i due Paesi»;

il Capo del Governo avrebbe accettato questo dono con grande commozione;
il giornalista di Libero, giornale notoriamente vicino al Presidente del Consiglio, sembra poi paventare la possibilità che quella documentazione, oltre ad un intrinseco valore storico e di testimonianza, conterrebbe anche materiale utile a chiarire la fitta rete di spionaggio e il sistema di informatori che l'Urss, dal dopoguerra alla caduta del muro, aveva anche in Italia;
poiché nella parte iniziale dell'articolo si dice testualmente che tali fascicoli «potranno riservare qualche sorpresa al Cavaliere, o almeno alla sua parte politica», a giudizio dell'interrogante preoccupa proprio l'eventuale utilizzo «politico» di tale documentazione a cui il pezzo in questione sembra chiaramente alludere -:
in base a quali valutazioni politiche il Presidente del Consiglio abbia ritenuto di recarsi in visita in Bielorussia;
quali presunti accordi economici avrebbe stretto con Lukashenko visto che sulla Bielorussia all'interrogante risultano esistere forti limitazioni da parte della Comunità internazionale per la realizzazione di accordi economici;
se risponda al vero quanto titolato dal quotidiano «Libero» cioè che: «Berlusconi fa lo 007 a caccia di nemici negli archivi del Kgb».
(4-05266)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il popolo saharawi è un popolo che da anni lotta per ottenere autodeterminazione, un popolo che ha bisogno più che mai dell'appoggio dell'opinione pubblica internazionale e del riconoscimento non solo dell'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA) e di alcuni Paesi del terzo mondo;
da tempo il Fronte Polisario (l'organo di autogoverno politico della Repubblica Araba Saharawi Democratica) ha cessato le azioni militari e si è dichiarato pronto ad accettare un'amministrazione internazionale composta dall'ONU e dall'OUA, chiedendo in cambio il ritiro delle truppe di Hassan II dal territorio del Sahara Occidentale;
l'ONU, nel corso degli anni, mediante risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza, ha riaffermato più volte il diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi e ha presentato diversi piani di regolamento per la soluzione del conflitto, come il piano di regolamento delle Nazioni Unite approvato dal Consiglio di sicurezza con risoluzioni n. 658 del 27 giugno 1990 e n. 690 del 29 aprile 1991, gli accordi di Houston firmati nel settembre 1997 dalle due parti in conflitto e il piano Baker II per l'autodeterminazione del popolo Saharawi, elaborato su richiesta del Consiglio di sicurezza e da questo approvato con risoluzione n. 1495 del 31 luglio 2003;
in particolare la citata risoluzione dell'ONU n. 690, approva la creazione della missione MINURSO (Mission des Nations Unies pour le Referendum dans le Sahara Occidentale) che ha il mandato di controllare lo svolgimento del referendum, programmato entro il termine di 29 settimane dall'entrata in vigore del cessate-il-fuoco tra le forze marocchine e quelle del Fronte Polisario, sul territorio contestato del Sahara Occidentale (già Sahara spagnolo);
la successiva risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1871 del 30 aprile 2009 estende il mandato della missione MINURSO, relativamente all'espletamento del referendum, fino al 30 aprile 2010, sollecitando le parti a continuare i negoziati per giungere a una soluzione politica del conflitto che preveda l'autodeterminazione

del popolo del Sahara occidentale e consenta finalmente la libera espressione della scelta del popolo Saharawi sul proprio avvenire;
il protrarsi del conflitto, ormai più che trentennale in questa zona, obbliga all'esilio tanti Saharawi, mentre la popolazione che vive nei territori occupati dal Regno del Marocco è vittima di inammissibili violazioni dei propri diritti umani più volte denunciate in sede internazionale;
a tal proposito, proprio l'8 ottobre 2009 si è appreso che sette attivisti saharawi dei diritti umani, sei uomini e una donna, sono stati arrestati, a quanto pare arbitrariamente e illegalmente, e rischiano una incriminazione per alto tradimento, un reato punito con la pena capitale;
Aminatou Haidar, anch'essa militante per il riconoscimento dei diritti umani dei Saharawi nei territori occupati, ha da circa venti giorni iniziato lo sciopero della fame per protestare contro l'espulsione dal suo Paese ed è tutt'ora trattenuta a Lanzarote in territorio spagnolo -:
quale sia oggi la posizione del Governo sulla questione del Sahara occidentale;
quali iniziative intenda mettere in pratica per favorire una soluzione condivisa e definitiva del conflitto in questa regione, nell'ambito di quanto stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in questi anni;
come intenda adoperarsi affinché abbia termine il dramma umanitario che il popolo Saharawi vive da più di trent'anni in violazione dei propri fondamentali diritti umani e affinché si possa giungere alla piena accettazione delle parti del principio del diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi mediante il libero e democratico referendum previsto dalle risoluzioni ONU;
quali passi intenda compiere per far riconoscere, alla rappresentanza in Italia del Fronte Polisario, lo status diplomatico come è stato fatto in passato per altri movimenti di liberazione riconosciuti dall'ONU come interlocutori ufficiali in processi di pace;
come intenda adoperarsi, non solo in sede ONU, perché venga impedita l'eventuale condanna a morte dei sette attivisti che si battono per il rispetto dei diritti umani del popolo Saharawi e per sollecitare un'azione incisiva e rapida del Governo italiano su quello del Marocco per la liberazione di questi ultimi.
(4-05235)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel corso della scorsa stagione invernale le protezioni dalle valanghe nel Comune di Ceresole Reale (Torino) sono state distrutte dalle eccezionali nevicate;
in previsione della prossima stagione invernale, per la gestione del rischio valanghe sugli abitati e sul territorio comunale, l'amministrazione avrebbe già predisposto un piano di evacuazione, che potrebbero essere evitate se fosse completata la realizzazione di un vallo che impedirebbe alle valanghe di abbattersi sull'abitato;
i fondi regionali per la realizzazione del vallo sono esauriti e mancano circa 400 mila euro per il completamento dell'opera -:
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza, anche mediante procedimenti di urgenza, tenuto conto dell'imminente stagione invernale, per favorire, anche contribuendovi con risorse proprie, la messa in sicurezza dell'abitato del comune di Ceresole Reale.
(3-00801)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
rispetto a quanto segnalato con precedente interrogazione 4-05106 è emerso che i campionamenti all'interno dell'ITREC di Trisaia, che precedentemente venivano effettuati sulla base di un protocollo operativo sottoscritto a maggio 2006 dall'APAT e dall'Agenzia per la protezione ambientale della Basilicata (ARPAB), sono stati sospesi in seguito a quanto disposto dalla delibera ARPAB n. 287 del 19 settembre 2008;
nonostante una nota inviata alla SOGIN dalla direzione dell'ufficio centro regionale per la radioattività ambientale (CRR) con prot. n. 0010865 del 7 novembre 2008 non risulta consegnato al CRR alcun campione «interno» da parte di SOGIN;
questa situazione di sostanziale mancata attuazione delle attività ARPAB di campionamento e analisi delle matrici interne all'ITREC di Trisaia - indipendenti da quelle dell'esercente ITREC e di competenza dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), per le quali lo stesso ISPRA ha rinnovato la richiesta di collaborazione ad ARPAB sia in occasione dell'incontro tenutosi presso la sede della direzione dell'ufficio CRR il 16 marzo 2009 sia con nota inviata all'ARPAB con protocollo n. 13523 del 27 marzo 2009 - è stata ritenuta dalla direzione dell'ufficio CRR tale da doversi segnalare all'ISPRA in modo che possa organizzare le proprie attività di vigilanza, comprese quelle di controllo sul rispetto delle «formule di scarico» autorizzate a SOGIN -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di questa situazione;
se non ritengano che questa situazione di sostanziale mancato monitoraggio all'interno dell'ITREC di Trisaia sia tale da mettere in serio pericolo la situazione ambientale e sanitaria della Basilicata;
se e quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di assicurare i suddetti necessari controlli secondo criteri di imparzialità.
(5-02181)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il comune di Certaldo fin dall'anno 2000 ha presentato formale richiesta di consolidamento della collina tufacea di Costa Alberti nel territorio comunale di Certaldo;
la richiesta di finanziamento degli interventi è stata attivata dal comune con nota n. 24192 del 23 dicembre 2003 trasmettendo il progetto definitivo ed esecutivo degli interventi;
l'intervento di messa in sicurezza della località di Costa Alberti è stato quindi inserito nella programmazione dell'Autorità di bacino a partire dal marzo 2005 con la formalizzazione al comitato tecnico dell'Autorità (seduta del 22 marzo 2005) del piano triennale previsto dal piano di bacino, stralcio «assetto idrogeologico» (PAI), strumento di pianificazione adottato in via definitiva in data 11 novembre 2004;
il progetto di riassetto idrogeologico è sempre stato confermato negli atti di programmazione del citato ufficio degli anni successivi, atti che tuttavia non hanno avuto sviluppo nelle procedure di finanziamento che fanno capo all'Autorità di bacino (ex articolo 21 e 31 legge n. 183 del 1989) a causa della loro mancata copertura da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
l'autorità di bacino del fiume Arno ha adeguato anche il livello di pericolosità

del PAI. Con decreto del segretario generale n. 36 del 29 maggio 2008, l'area di Costa Alberti è stata infatti inserita in pericolosità molto elevata, PF4, adeguando la classe di pericolosità alle condizioni di dissesto;
il comune di Certaldo con note n. 21294 del 21 novembre 2008 (prot. 4940 del 21 novembre 2008) e n. 2324 del 4 novembre 2009) (prot. 588 del 6 febbraio 2009) ha rinnovato la richiesta di finanziamento aggiornandone il quadro economico;
l'autorità di bacino del fiume Arno e la regione Toscana hanno formalizzato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la proposta di finanziare l'intervento di Costa Alberti, rispettivamente con decreto del segretario generale n. 82 del 26 ottobre 2009 (trasmesso con nota n. 5088 del 27 ottobre 2009) e con delibera di giunta n. 916 del 19 ottobre 2009, indicando l'intervento come prioritario per l'annualità 2009;
lo stato di pericolosità e rischio di Costa Alberti è stato verificato più volte, sia dai tecnici regionali che dal responsabile del procedimento della predetta autorità, che ha effettuato due sopralluoghi, a verifica dello sviluppo nel tempo dei dissesti, in data 7 febbraio 2007 e 20 aprile 2009;
numerose famiglie lamentano numerose lesioni in movimento nelle proprie abitazioni e manifestano preoccupazione per il possibile cedimento dell'assetto idrogeologico dell'area -:
quali iniziative intenda porre in atto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per far fronte alla legittima richiesta del comune di Certaldo, che aspetta da anni il finanziamento per l'intervento in località Costa Alberti, anche alla luce dei tragici fatti riportati dalla cronaca recente, i quali dimostrano quanto la cura del territorio sia utilissima per scongiurare gravi tragedie.
(4-05230)

MADIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 2 luglio 2008, seduta n. 27, l'interrogante presentava un atto di sindacato ispettivo (4-00519) avente ad oggetto il grave inquinamento acustico prodotto dalle infrastrutture aeroportuali nel comune di Fiumicino;
in data 16 febbraio 2009 il Governo rispondeva riconoscendo il grave problema e affermando testualmente «Per garantire la completa attuazione della normativa vigente in materia, questo Ministero, sensibile al disagio manifestato dalla popolazione abitante nell'intorno aeroportuale, ha recentemente invitato la direzione dell'aeroporto di Roma Fiumicino a sollecitare la società di gestione nella predisposizione del progetto previsto all'articolo 2 del DM 29 novembre 2000, e a riferire sulla tempistica e le modalità dell'intervento»;
nel mese di novembre 2009, il quotidiano telematico Il faro che si occupa dei temi di attualità del litorale laziale ha riportato la notizia (http://www.ilfaroonline.it/fiumicino.php?id=1455) che la città di Fiumicino avrebbe avviato in collaborazione con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Lazio un monitoraggio, nell'ambito della struttura «Cristal», dei livelli di emissione dei rumori provenienti dalle attività connesse alla presenza dell'aeroporto;
sarebbero state installate, secondo la stessa fonte, quattro apparecchiature per le installazioni acustiche in diverse località del territorio comunale;
secondo le associazioni ambientaliste di cittadini (Comitato Fuoripista http://comitatofuoripista.blogsspot.com:80/2009/11/altro-che-cristal-polveri-negli-occhi.html) il numero e la distribuzione delle centraline sarebbero insufficienti ad una appropriata misurazione dei livelli di inquinamento. L'aeroporto di Ciampino, sensibilmente minore per traffico e attività,

avrebbe molte più centraline e distribuite in maniera più compatta sul territorio -:
se il Governo abbia notizia del piano predisposto dagli enti locali per la misurazione dei rumori nell'area di Fiumicino e se sia noto se si sia proceduto ad una misurazione della qualità dell'aria, vista anche la forte vocazione agricola dell'area;
quale sia lo stato di attuazione del piano di contenimento e abbattimento del rumore ai sensi dell'articolo 10, comma 5, della legge 26 ottobre 1995 n. 447;
quante centraline siano effettivamente operanti nel sedime aeroportuale, poiché nella risposta al summenzionato atto di sindacato ispettivo (4-00519) il Governo menziona 9 centraline diversamente nella risposta ad un altro atto di sindacato ispettivo presentato il 10 giugno 2009 nella seduta n. 185 (4-03223) il Governo, fa riferimento a 15 sensori a cui se ne dovrebbero aggiungere altri 3.
(4-05243)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SERENI, BOCCI e GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nella città di Todi è in corso un intervento di installazione di un nuovo impianto di illuminazione esterna del tempio di Santa Maria della Consolazione;
il Tempio suddetto costituisce un'opera architettonica di importanza internazionale, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo e considerata uno degli edifici simbolo dell'architettura rinascimentale il cui progetto è da attribuirsi con ogni probabilità allo stesso Bramante;
il monumento era già stato oggetto di un adeguato e consono intervento di illuminazione, donato nel 1988 dal Lions Club di Todi;
l'intervento attualmente in corso di realizzazione è estremamente invasivo prevedendo, attraverso un altissimo numero di fori, l'installazione di numerose lampade direttamente sulla parte esterna della struttura;
l'intervento altera in maniera significativa l'armonia architettonica del Tempio in quanto i tanti punti luce posizionati a sbalzo vengono a configurarsi come dei corpi estranei rispetto all'attuale bellezza austera del Tempio;
a questione è particolarmente sentita dalla cittadinanza e l'avversione a tale progetto ha portato alla costituzione di un comitato cittadino contro un ulteriore prosecuzione dei lavori;
in data 25 novembre 2009, è stato presentato un ordine del giorno in Consiglio Comunale, a firma dei gruppi dell'opposizione, con il quale si chiede che la «Consolazione Ente Tuderte Assistenza e Beneficenza» sospenda immediatamente i lavori in corso e che la Soprintendenza beni ambientali e architettonici artistici storici dell'Umbria ritiri la relativa autorizzazione rilasciata semplicemente su progetto di massima;
nell'attività di tutela e valorizzazione dei beni culturali; il Codice dei beni culturali attribuisce chiaramente un generale potere di vigilanza al ministero di competenza (articolo 18) -:
se il Ministero interrogato sia a conoscenza degli interventi citati in premessa;
se non ritenga necessario un attento monitoraggio per valutare se tali interventi violino la normativa in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e quali urgenti iniziative di propria competenza intenda assumere affinché non sia compromessa la tutela di tale unico patrimonio anche valutando se non ricorrano le

condizioni per l'immediato blocco dei lavori suddetti in quanto eccessivamente invasivi e non adatti al Tempio di Santa Maria della Consolazione.
(5-02179)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 28 novembre 2009 pubblicava un articolo intitolato «Museo, sale negate e pavimenti a pezzi», del giornalista Paolo Barbuto; nel citato articolo si riferisce delle incredibili e avvilenti condizioni in cui versa il tempio si Iside di Pompei;
la situazione viene descritta dal giornalista nel seguente modo: «...un piccolo inferno di degrado e abbandono che stona terribilmente con la magnificenza del luogo. Pavimenti spaccati e ridotti a un mucchio di cocci, sale chiuse perché le lampadine sono fulminate, collezioni vietate per mancanza di personale, reperti blindati per motivi «ambientali». E nel mezzo di questa situazione, un duello sindacale a colpi di comunicati, proteste e rivendicazioni (...). Al centro dello scalone monumentale la statua di Ferdinando primo, scolpita dal Canova, è la stessa che sta nella terza pagina della guida. Solo che in quella foto la statua è completamente bianca. Questa qui è ricoperta da tre dita di polvere su testa, spalle e braccio proteso: «Sorry, mi dispiace», si difende un addetto, e prova a spiegare che le pulizie su quel gigantesco monumento non possono essere eseguite dalla ditta ufficiale che non è tenuta a spolverare fin lassù (...) Per dare uno sguardo ai reperti del tempio di Iside di Pompei, bisogna fare in fretta. La giornata grigia promette poca luce e da quella sala, quando il sole va via, devono andare via anche i turisti. Non c'è illuminazione elettrica. Anzi, ci sarebbe, ma le decine di faretti che pendono dal soffitto sono tutti fulminati. «Forse - ipotizza un addetto del piano - c'è un problema su tutta la linea elettrica. Ma comunque anche per cambiare le lampadine occorre una procedura speciale. L'elettricista che si occupa del museo non sale oltre il metro e mezzo senza le strutture adeguate. Ma qui dentro i soffitti sono alti cinque metri». Nel grande salone della meridiana è in allestimento una mostra d'arte moderna. Il vetro che protegge la meridiana è ancora in parte scheggiato: ricordo di una cena durante la quale a un invitato scivolò una bottiglia. Come in tutte le strutture museali del mondo, si organizzano manifestazioni che producano introiti. Gli incidenti possono accadere, le assicurazioni pagano, ma questa vicenda risale a quaranta giorni fa, e quel vetro scheggiato doveva essere già stato sostituito. La sezione degli affreschi è bella e, per la maggior parte, rifatta di fresco. Ma sul fondo, quando la parte appena rinnovata s'interseca con quella preesistente, bisogna prestare attenzione. Il pavimento in cotto rosso s'è prima gonfiato e poi si è spaccato. Adesso c'è una montagnella di pezzi di cotto, come un mosaico da rimettere insieme. La zona disastrata, al centro della sala, è protetta da cordoni rossi, di quelli che si usano per tenere lontano il pubblico dalle opere più importanti. Più avanti c'è un'altra spaccatura, si trova all'ingresso di una sala che, naturalmente, è vietata al pubblico. E qui si apre un capitolo delicato, quello del museo vietato. È chiusa al pubblico tutta la zona dedicata all'antico Egitto. Reperti e mummie sono blindati da un paio d'anni: in quelle sale c'è un forte odore chimico che probabilmente proviene dai pannelli sistemati sui muri. Quando un paio di dipendenti e un visitatore sono svenuti, è stato deciso di chiudere tutto per capire cosa fare. In due anni non s'è ancora capito. Anche la sala dei vasi Greci è chiusa a tempo indeterminato. La zona della preistoria, invece, apre di tanto in tanto, così come l'ala numismatica e quella della collezione di Napoli antica. E qui si spalanca un altro capitolo, quello della carenza di personale, che ha scatenato le polemiche degli ultimi giorni. Gli ex assistenti

tecnici museali, dal primo gennaio 2008 trasformati in Ava, addetti all'accoglienza dei visitatori, hanno denunciato la sospensione delle attività didattiche. S'è scatenata una bagarre sindacale in cui da un lato la Uil sostiene che c'è una manovra di impoverimento dei contenuti o di ridimensionamento di una parte del personale, dall'altra la Soprintendente Salvatore spiega che il provvedimento è legato alla necessità di rendere più funzionale il museo, dall'altra ancora la Cgil che chiede di rasserenare i toni:
«L'interesse di tutti è un museo che accolga bene i visitatori - spiega il rappresentante Cgil Eduardo Tammaro - i dipendenti, soprattutto quando hanno tutti la stessa qualifica e le stesse mansioni, dovrebbero essere uniti per avere maggiore tutela e garantire servizi migliori» -:
se quanto riportato in premessa sia vero e, in caso affermativo, quali iniziative si intendano assumere per far fronte alla grave situazione descritta in premessa.
(4-05237)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
uno dei problemi principali nella vita delle persone con disabilità visiva risiede tradizionalmente nel non poter leggere, se non attraverso la conversione dei libri stampati in formati diversi da quello comune, quali la registrazione audio e la trascrizione in carattere a rilievo braille, procedimenti assai lenti e costosi;
i beni librari, nella loro forma cartacea, sono inutilizzabili per molti disabili;
le nuove tecnologie informatiche hanno radicalmente mutato la situazione, aprendo la possibilità di studio e lettura senza precedenti non solo alle persone con disabilità visiva, ma anche a chi sia affetto da patologie che costringono alla immobilità, così come ai molti affetti da dislessia che necessitano del poter contemporaneamente fruire del testo stampato e della sua lettura in audio;
la possibilità di disporre di forme digitali dei contenuti di queste opere, sotto forma di file testuali, le rendono invece accessibili anche a molte categorie di persone disabili, come i non vedenti, che possono leggerle con i loro personal computer, ai dislessici, che possono associare il testo scritto alla lettura con voce sintetica, agli ipovedenti, che possono ingrandire e contrastare i caratteri, o a chi, per disabilità motorie, non può materialmente sfogliare le pagine di un libro;
ogni libro nasce da tempo quale file di testo, e tale file è perfettamente ormai leggibile grazie a semplici dispositivi tecnologici quali un sintetizzatore vocale od una barra braille;
si può ormai affermare che ciò che impedisce alle persone non vedenti di leggere e studiare non è più la sola cecità, corrisponde alla realtà dei fatti;
il 7 aprile 2008 è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 82, il decreto firmato il 18 dicembre 2007 dal Ministro per i beni e le attività culturali, che renderà possibile ai disabili visivi la «lettura» delle novità editoriali sul mercato grazie alla trasformazione in testo digitale;
la consapevolezza di tale evidenza ha recato il Parlamento a disporre con l'articolo 1, comma 1141, della legge finanziaria per il 2007, uno stanziamento funzionale a fare tesoro di questa opportunità;
in tale quadro il Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto del 18 dicembre 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 7 aprile 2008, ha destinato la somma di 2.750.000 euro al finanziamento di progetti tesi a rendere accessibili anche alle persone con disabilità

un numero di titoli pari alle novità librarie che giungono in forma cartacea nelle maggiori librerie;
in dettaglio, il decreto ministeriale statuiva che i fondi stanziati sarebbero stati assegnati a progetti che avessero reso disponibile in forma di file un totale di 3.000 titoli ogni anno, di cui 2.000 novità di autore italiano, 500 novità di autore non italiano, da rendere disponibile entro 72 ore dalla distribuzione del libro cartaceo in libreria, oltre a 500 titoli a richiesta degli utenti disabili;
con il suddetto decreto ministeriale si tendeva a superare l'attuale situazione che vede la lettura e lo studio per le persone con disabilità visiva, assicurati soprattutto dal loro spirito di abnegazione e determinazione a prezzo di ore ed ore dedicate ad ore di intenso lavoro che non è privo di illogicità e cioè trasformare con uno scanner un libro cartaceo in file -:
quale sia lo stato di attuazione del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 7 aprile 2008;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno disporre la pubblicazione: della lista dei titoli librari previsti o già resi disponibili in forme digitali; della lista delle case editrici e degli altri soggetti che beneficiano dei fondi previsti dal suddetto decreto, e per quali investimenti, nonché quali siano modalità e procedure secondo cui sono raccolte le richieste di opere disponibili in formati digitali da parte degli utenti non vedenti;
quali progetti siano stati depositati;
se i progetti depositati siano stati esaminati;
se e quali progetti siano stati finanziati.
(4-05242)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da alcuni quotidiani è emersa la notizia dell'approvazione del regolamento di unificazione delle casse militari;
il personale militare, diretto interessato, risulta scarsamente edotto su queste novità e cresce la preoccupazione per i propri interessi legittimi;
nel testo viene riportato che saranno conseguite effettive economie e verrà migliorata la qualità dei servizi resi agli iscritti, nonché quali e quanti saranno sostanzialmente questi benefici in termini economici;
negli interessi degli iscritti, si conferma che la tipologia della gestione, la separazione e l'autonomia patrimoniale e contabile delle sei preesistenti casse militari rimarrà quella originaria dei singoli istituti;
appare necessario rendere edotti i titolari di posizioni previdenziali soggettive, giuridicamente tutelate, dei dati degli ultimi cinque anni di rendimento per confrontarli con i prossimi cinque anni per verificare se l'architettura dell'organigramma e i criteri unitari di gestione della nuova cassa di previdenza delle Forze armate abbia potuto portare nocumento alcuno rispetto alla singola gestione;
appare altresì opportuno che, almeno per la fase di stesura delle istruzioni tecnico-applicative previste dall'articolo 8 del regolamento, siano sentiti i delegati dei sindacati maggiormente rappresentativi ovvero, in loro assenza, i pareri dei delegati di ciascuna categoria di personale rappresentata nelle sezioni Cocer e Coir e che in questa fase, parimenti a quanto stabilito nell'articolo 4, comma 2, lettera

c), vi sia anche almeno un rappresentante scelto tra il personale in quiescenza per la categoria dei sottufficiali e almeno altrettanti per la categoria degli appuntati -:
quale sia stata la risposta fornita alla richiesta presentata dal Cocer Aeronautica con delibera n. 2 datata 29 ottobre 2009;
se non ritenga opportuno informare i militari interessati sulle conclusioni dell'analisi di impatto sulla regolamentazione e sull'analisi tecnico-normativa che hanno portato alla decisione di approvare il regolamento e nel contempo dare assicurazione agli interessati sulla precipua distinzione dei singoli patrimoni, rendimenti e metodologia di investimento e sulle potenziali passività gestionali, in quanto si tratta di patrimoni previdenziali maturati e futuri di esclusiva pertinenza del personale di categoria.
(4-05233)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

DE MICHELI, MARCHI, BARBIERI, MARCHIGNOLI, CASTAGNETTI e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall'articolo 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, stabilisce quale sia l'oggetto della giurisdizione tributaria;
il comma 2 della suddetta disposizione è stato sottoposto a giudizio di legittimità costituzionale per violazione dell'articolo 25, secondo comma, e dell'articolo 102, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui dispone che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le Controversie relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di rifiuti urbani» e, quindi, della tariffa di igiene ambientale (TIA) prevista dall'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio);
la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale relative alle disposizioni del decreto legislativo n. 546 del 1992 di cui sopra, sollevate, in riferimento agli articoli 25, primo comma, e 102, secondo comma, della Costituzione, dal giudice di pace di Catania e ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale delle medesime disposizioni, sollevata, in riferimento all'articolo 102, secondo comma, dalla Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Prato;
la Corte ha, dunque, preso posizione circa la natura giuridica della tariffa di igiene ambientale, riconoscendole natura tributaria e quindi la non applicabilità dell'IVA sulla TIA stessa;
la sentenza in oggetto contraddice precedenti pronunce giurisprudenziali cui i comuni che applicano la TIA e le aziende di gestione del servizio si sono in passato allineate, anche in forza della risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 250/E del 17 giugno 2008 che ha confermato un precedente orientamento (risoluzione n. 25 25/E del 2003) sull'imponibilità della tariffa ai fini IVA con aliquota ridotta al 10 per cento;
la stessa sentenza della Corte implicherebbe, dunque, un rimborso nei confronti di tutti quei soggetti che hanno versato l'IVA;

allo stato attuale, dunque, i Comuni e gli enti gestori si trovano in una situazione di incertezza dovuta alla giurisprudenza contraddittoria di cui sopra e, soprattutto, alle mancanze del Legislatore, ad avviso degli interroganti, assente nello stabilire le modalità con cui rendere concretamente applicabili i concetti espressi dalla Corte -:
quali iniziative intenda assumere per chiarire rapidamente le modalità di applicazione della sentenza e i tempi e le modalità della restituzione del pagamento, per sanare la situazione ed evitare che il risultato finale sia penalizzante per gli utenti e peggiorativo per le imprese.
(5-02182)

MILO, BRUGGER e ZELLER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Corte di cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 18565 del 7 luglio 2009 ha affermato che «in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione a relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto dall'articolo 23, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, e dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 504 del 1992. L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il comune dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l'assoggettamento all'imposta è condizionato all'accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal decreto-legge n. 557 del 1993, e successive modificazioni, che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l'onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti;
questa posizione ha creato dubbi e perplessità da parte delle associazioni degli agricoltori, ma anche da parte dei comuni, i quali in base alla suddetta sentenza dovrebbero recuperare l'ICI per i fabbricati rurali, anche se dotati di tutti i requisiti previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, perché accatastati in una categoria diversa da quella da A/6 o D/10;
tale interpretazione appare poco condivisibile in base alle seguenti argomentazioni:
l'articolo 23, comma 1-bis del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009 ha chiarito che «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni»; tale interpretazione autentica sembra voler togliere ogni effetto all'accatastamento e attribuire significato esclusivamente all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993;
si pone in aperto contrasto con il comma 3-ter dell'articolo 9 del decreto-legge del 30 dicembre 1993, n. 557, il quale prevede, che «le porzioni di immobili di cui al comma 3-bis, destinate ad

abitazione, sono censite autonomamente, in una delle categorie del gruppo A», in quanto contraddice la lettera e) del comma 3 dell'appena citato articolo 9, la quale esclude come rurali soltanto i fabbricati appartenenti alle categorie A/1 ed A/8 e quelli con le caratteristiche di lusso;
l'accatastamento dei fabbricati nel catasto non segue nessuna funzione di riconoscimento di ruralità attraverso l'attribuzione di una categoria catastale specifica; l'articolo 1, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 1998 prevede infatti l'attribuzione della categoria catastale in base alle caratteristiche oggettive dell'unità immobili (numero dei vani, livello delle finiture e altro) e non invece in base alle caratteristiche della ruralità, l'Agenzia del territorio con la circolare n. 7 del 15 giugno 2007, ritiene «compatibile con l'attività agrituristica, ed in genere con la ruralità dell'immobile, la destinazione residenziale dell'unità immobiliare utilizzata dall'imprenditore quale abitazione, cui è attribuita una delle categorie del gruppo A (escluse A/1 o A/8 e quelle che hanno caratteristiche di lusso), e gli immobili con classamento nelle categorie C/2, C/3, C/6 e C/7»; inoltre, si evidenzia quanto previsto dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139, secondo cui «Ai fini inventariali, le unità immobiliari già censite al catasto edilizio urbano non sono oggetto di variazione qualora vengano riconosciute rurali (...)», evidentemente quando non subiscono mutazioni oggettive. Con questa impostazione, il legislatore ha voluto prevedere la piena autonomia tra il profilo catastale (costituzione dell'inventario completo) e quello fiscale (imposizione o esenzione sulla base delle redditività oggettive, comunque riportate in catasto): in conseguenza di questa scelta, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, si vengono a trovare iscritti nel catasto edilizio urbano abitazioni (censite in una delle categorie del gruppo A) ed annessi agricoli (censiti in una categoria del gruppo C ovvero in D/10) con rendita attribuita, al pari di tutte le altre unità immobiliari urbane, ma che sono invece strumentali ai fini dell'attività agricola e quindi esenti da imposta sui redditi dei fabbricati e da ICI;
la circolare 14 marzo 1992, n. 5 (prot. n. 3/100) ha previsto come categorie da sopprimere quelle da A/5 a A/6, perché non più rispondenti alla realtà e al di fuori degli standard minimi indispensabili;
l'amministrazione finanziaria aveva sempre ritenuto (circolare n. 50 del 20 marzo 2000, circolare n. 109 del 24 maggio 2000, risoluzione n. 207 del 6 agosto 2009) che il reddito dominicale esprime un valore comprensivo anche dei fabbricati rurali sovrastanti, se strumentalmente funzionali alle necessità del fondo e che la rendita catastale assume autonoma rilevanza catastale soltanto e unicamente nel caso in cui vengono a mancare i requisiti per il riconoscimento della ruralità;
la ruralità può essere anche dinamica (per esempio rapporto tra volume d'affari e reddito complessivo), ma il classamento tra le categorie A/6 o D/10, se non impugnato, è invece definitivo;
si creerebbe una disparità di trattamento tra fabbricati rurali accatastati e quelli non censiti, anche perché gli agricoltori, nella maggior parte dei casi, sono impossibilitati a cambiare il classamento catastale dei loro fabbricati in A/6 o D/10, se in base alla legge e agli orientamenti ministeriali questi nel passato sono stati inquadrati in categorie diverse da A/6 o D/10. L'articolo 1, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139, prevede, che, ai fini inventariali, le unità immobiliari già censite al catasto edilizio urbano non sono oggetto di variazione qualora vengano riconosciute rurali», inoltre, l'impugnativa da parte dei comuni delle rendite catastali, come affermato dalla Corte, è privo di ogni fondamento legislativo;
pertanto, molti fabbricati rurali, che rispettano tutti i requisiti previsti dall'articolo 9 del decreto-legge del 30 dicembre

1993, n. 557, i quali nel passato sono stati accatastati in piena conformità con la legislazione in materia in una categoria catastale diversa da A/6 o D/10, vista la sentenza n. 18565 del 7 luglio 2009 della Corte di Cassazione, non potrebbero essere considerati più rurali ed esenti da ICI, neanche per il passato, e addirittura questo classamento catastale non potrebbe neanche essere variato in una delle categorie catastali A/6 o D/10: di conseguenza l'esenzione ICI per i fabbricati rurali in molti casi non è più applicabile e tale situazione sembra in radicale contrasto con la volontà del legislatore -:
se il Governo non ritenga urgente e non più procrastinabile l'adozione di un provvedimento che chiarisca definitivamente l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'ICI, anche se non accatastati nelle categorie catastali A/6 o D/10 e comunque indipendentemente dalla categoria e classe catastale a loro attribuita.
(5-02183)

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPARINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'azienda sanitaria locale Vallecamonica Sebino ha ritenuto opportuno procedere all'alienazione del proprio patrimonio immobiliare, che comprende anche il compendio immobiliare denominato «ex sanatori» situato nel comune di Borno;
al fine di ottenere un'attendibile valutazione dell'immobile la direzione generale, con decreto n. 571 del 18 settembre 2008, ha conferito all'Agenzia del Territorio - Ufficio provinciale di Brescia l'incarico di redigere la perizia estimativa del 17 settembre 2008 integrata da relazione (redatta dall'architetto Antonio Maisetti) ex articolo 55, comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004 approvata dall'ASL con decreto n. 97 del 29 gennaio 2009;
l'ASL ha attivato presso i competenti enti di riferimento le procedure necessarie ad ottenere le idonee autorizzazioni all'alienazione, ovvero: il decreto del 13 aprile 2007 del Ministero per i beni e le attività culturali con il quale gli immobili sono stati dichiarati di interesse storico artistico, ai sensi dell'articolo 10, comma del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la nota protocollo n. 3548 del 12 marzo 2009 del Ministero per i beni e le attività culturali e paesaggistici della Lombardia con la quale si autorizza l'ASL all'alienazione degli immobili in oggetto, individuando le destinazioni d'uso compatibili con i caratteri storico-artistici degli immobili stessi; il decreto n. 4327 del 4 maggio 2009 della DGS della Regione Lombardia con il quale è stata concessa autorizzazione all'alienazione degli immobili;
il 10 giugno 2009 con decreto n. 479 l'ASL Valcamonica Sebino ha indetto un'asta pubblica per la vendita del compendio con un prezzo a base d'asta di 7.150.000,00 euro che è andata deserta;
il 25 agosto 2009 con decreto n. 656 è stata bandita una nuova procedura apportando una riduzione del 10 per cento al valore di stima posto a base di gara nel precedente esperimento e pertanto il nuovo valore veniva stabilito in 6.435.000,00 euro è andata anch'essa deserta;
l'ASL Valcamonica Sebino ha chiesto all'Agenzia del territorio ufficio provinciale di Brescia il riesame della valutazione degli immobili suddetti -:
se il Ministro, tenuto conto dell'attuale situazione economica e del mercato immobiliare poco favorevole, non ritenga inopportuna la revisione del valore dell'immobile e la conseguente alienazione mediante trattativa privata.
(4-05229)

PALADINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999, finalizzato al riordino della organizzazione delle amministrazioni centrali

dello Stato a seguito della delega di cui all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59, ha operato un intervento di rilevante impatto sull'amministrazione finanziaria con l'introduzione di quattro agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio e demanio);
il capo II titolo V del citato decreto legislativo ha dettato regole certe, chiare ed inequivocabili riguardo all'articolazione degli uffici nonché all'organizzazione ed al funzionamento delle medesime agenzie;
i regolamenti di amministrazione hanno definito criteri e modalità di accesso alla dirigenza prevedendo - nel rispetto dei principi di cui all'articolo 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993 - per i posti vacanti e disponibili, procedure selettive pubbliche per le assunzioni sia dall'esterno che dall'interno;
previa specifica valutazione nonché per particolari esigenze di servizio, l'agenzia può anche stipulare contratti di lavoro a termine con i propri funzionari attraverso l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, però con l'obbligo di avviare nei sei mesi successivi le regolari procedure concorsuali;
si sarebbero registrate delle anomalie procedurali rispetto all'assegnazione di incarichi dirigenziali a funzionari che non risulterebbero nei ruoli dell'Agenzia del territorio e conseguentemente in assenza dei requisiti richiesti dalla stessa Agenzia del territorio in sede di ricerca del personale da utilizzare;
le Agenzie fiscali sin dalla loro costituzione, a quanto consta all'interrogante, non hanno mai indetto regolari procedure concorsuali al fine di provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti ignorando dirigenti e personale con idoneità a concorsi per dirigenti le cui graduatorie con decreto-legge n. 207 del 2008 convertito dalla legge n. 14 del 2009 sono state prorogate fino al 31 dicembre 2009 con relativo obbligo di scorrimento delle medesime -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere rispetto alle citate problematiche al fine di accertare quanto su esposto attivando ogni utile iniziativa qualora dovessero emergere profili di illegittimità nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 97 della Costituzione sull'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione.
(4-05254)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

RAO, NUNZIO FRANCESCO TESTA e PISACANE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono trascorsi ormai dieci anni dalla istituzione con legge statale del tribunale di Giugliano, senza che siano stati previsti una sede e dei fondi adeguati;
la volontà di ospitare il Palazzo di Giustizia con annessa procura è testimoniata da una intesa siglata nel luglio 2007 in regione con l'allora ex ministro Mastella: la struttura sarebbe dovuta sorgere nel giro di un anno e mezzo su un'area sottratta alla criminalità organizzata, accanto al Comando delle fiamme gialle e ad un centro polifunzionale;
nel maggio 2008 è arrivata dalla regione la bocciatura del progetto di ristrutturazione presentato dall'ente che gestisce i beni, il Consorzio Sole, che avrebbe dovuto accedere ai fondi Pon (programma operativo nazionale) sulla sicurezza, anche questi recentemente negati dal Ministero dell'interno;
se anche il proposto ex parco Rea non fosse ritenuto adatto, potrebbe essere adottata una soluzione alternativa (una sede ex novo in periferia, locali da prendere in affitto, e altro), purché finanziata,

al fine di inaugurare il tribunale che accorperebbe le ex preture di Marano e Pozzuoli;
ciò renderebbe più sicuro l'intero hinterland e contribuirebbe a rafforzare il senso della legalità;
nel marzo 2009, il consiglio comunale ha votato all'unanimità un ordine del giorno che prevede l'istituzione di una commissione ad hoc per monitorare da vicino l'iter burocratico per l'istituzione del tribunale metropolitano, ma fino ad oggi non c'è stata nessuna convocazione;
se non intenda avviare iniziative che possano fare chiarezza sul progetto e sui finanziamenti da attingere per l'istituzione del tribunale, nonché adottare gli opportuni provvedimenti finalizzati alla immediata riattivazione delle procedure idonee a trovare una sede alla cittadella giudiziaria.
(4-05251)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato all'agenzia Adnkronos in data 26 novembre 2009 da Quirino Catalano, rappresentante del Coordinamento nazionale penitenziario, «circa cinquanta istituti di pena sono senza direttori titolari e questo accade nonostante l'amministrazione penitenziaria disponga di circa 500 dirigenti»;
secondo il Coordinamento penitenziario la direzione generale del personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si ostina a non inquadrare nella dirigenza ben sei direttori penitenziari che attualmente si sono visti privare della funzione a causa della cosiddetta «legge Meduri», la quale ha fatto sì che tutti gli istituti di pena passassero alla dirigenza;
le carceri scoppiano a causa dell'eccessivo numero dei detenuti, sicché oggi è quanto mai urgente e necessario predisporre un piano di recupero del personale direttivo, visto e considerato che non si possono continuare a tenere 50 istituti senza direttore titolare; posti che vengono quotidianamente coperti in modo sporadico con l'invio di dirigenti in missione e quindi con un aggravio di spese -:
se quanto denunciato dal Coordinamento nazionale penitenziario corrisponda al vero;
per quali motivi non vengano inquadrati nella dirigenza i sei direttori penitenziari che si sono visti privati della funzione dopo l'entrata in vigore della cosiddetta «legge Meduri»;
quali misure ed iniziative si intendano adottare, per far fronte alla necessità di assicurare un direttore stabile ai 50 istituti di pena che ne risultano attualmente privi.
(4-05252)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli istituti di pena in Italia hanno raggiunto punte di sovraffollamento tali da non garantire, non solo il principio costituzionale del fine rieducativo della pena - ormai del tutto abbandonato, con un educatore ogni mille detenuti - ma anche lo stesso diritto alla salute, in quanto all'interno di essi non sono assicurate le più elementari norme igieniche e sanitarie. I detenuti vivono in spazi che non corrispondono a quelli minimi vitali, con una riduzione della mobilità che è causa di patologie specifiche. In alcune carceri si dorme su letti a castello a tre ed anche a quattro piani e spesso manca lo spazio materiale per scendere dal letto; a volte capita anche che i detenuti dormano a terra perché non vi sono più letti;
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno del 28 novembre 2009, la direzione della casa circondariale di Massa avrebbe confermato quanto sostenuto dai

familiari dei detenuti ossia che, a volte, è capitato che i carcerati abbiano dormito per terra dentro le celle;
già nel corso della visita ispettiva condotta dall'onorevole Fabio Evangelisti nell'ambito dell'iniziativa Ferragosto in carcere promossa da Radicali italiani, i detenuti del carcere di Via Pellegrini avevano consegnato una lettera al parlamentare per denunciare di essere costretti a vivere in celle anguste, all'interno delle quali venivano rinchiusi per venti ore al giorno su pericolosi letti a castello;
successivamente i familiari di alcuni detenuti hanno rilasciato agli organi di informazione delle allarmanti dichiarazioni lamentando che all'interno della casa circondariale di Massa i reclusi sono costretti anche a dormire per terra per mancanza di posti-letto; circostanza poi confermata, come sopra ricordato, dalla direzione della struttura penitenziaria;
a tal proposito, il direttore del carcere, Salvatore Iodice, ha dichiarato quanto segue: «Abbiamo un centinaio di detenuti in più e quindi il problema del sovraffollamento esiste. A peggiorare le cose poi ci sono i lavori di ristrutturazione di un'ala del carcere che speriamo vengano conclusi entro breve. In questo momento effettivamente non si sta bene»;
la Corte europea dei diritti dell'uomo ha recentemente stigmatizzato i trattamenti disumani e degradanti a cui sono sottoposti i detenuti nelle carceri italiane -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e cosa intenda fare per riportare l'istituto di pena in questione nella legalità garantendo con ciò ai detenuti condizioni di vita dignitose conformemente a quanto previsto dal dettato costituzionale per cui «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
(4-05255)

SCHIRRU. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione 5-00837 presentata mercoledì 14 gennaio 2009, nella seduta n. 114, di cui l'interrogante è prima firmataria sulla presenza nel carcere di una bambina di 22 mesi, figlia di un'extracomunitaria, arrestata e processata per traffico di droga, il sottosegretario ha risposto nei termini «Giova, comunque, evidenziare che l'istituto penitenziario di Cagliari è dotato di una sezione dedicata ad ospitare detenute con prole ed assicura adeguati standard di assistenza sanitaria essendo sede di centro clinico e risultando attive, in convenzione, numerose specialità, tra cui quella di ginecologia», senza tuttavia entrare nello specifico della problematica delle madri che vivono in carcere con i propri figli;
la casa circondariale di Buoncammino, in particolare, pur avendo un'adeguata sezione-nido, risulta essere inadeguata per la permanenza di bambini piccoli e discutibili, oltre che carenti, risultano le strutture ludico-ricreative. Proprio nelle scorse settimane si è verificato un caso analogo alla circostanza evidenziata nella suddetta interrogazione, sempre nella struttura di Buoncammino. Oltre al bambino che ha compiuto 13 mesi il 25 settembre 2009, un'altra bambina di pochi mesi, figlia di una nomade arrestata per furto in appartamento è stata messa in cella nello stesso mese di settembre;
è assurdo che non sia stato risolto in Sardegna, nonostante le dichiarazioni di principio del Ministro, il problema dei minori di tre anni negli istituti di pena;
di per sé, la detenzione nelle carceri, spesso sovraffollate e strutturalmente inadeguate, è particolarmente difficile ma, in strutture ottocentesche come nel caso di Buoncaminino, la permanenza è decisamente più difficile per i bambini, che sono costretti a subire le stesse libertà ristrette dei detenuti adulti senza averne colpa;
sono trascorsi ormai diversi anni da quando si parla di questo problema, ma

nessun atto concreto è ancora stato compiuto. Si lascia alle agenti di polizia penitenziaria e agli operatori delle carceri la responsabilità di creare condizioni di sopravvivenza decenti per i piccoli detenuti con le madri -:
se sia a conoscenza dell'episodio avvenuto nella struttura d'accoglienza e quali iniziative intenda porre in essere perché, con urgenza, si eviti ai bambini di essere reclusi;
se intenda provvedere alla predisposizione di strutture idonee che evitino ai bambini di sottostare ai ritmi del carcere.
(4-05258)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in data 26 novembre 2009 dal sito di informazione cronacaqui.it, Alessio Scarano, 24 anni, torinese, è deceduto nella serata di martedì 24 novembre 2009 nell'istituto di pena di Cuneo nel quale era stato trasferito qualche giorno prima proveniente dalle Vallette;
arrestato a giugno 2009, il giovane avrebbe dovuto scontare una pena di 11 mesi di reclusione per alcune sentenze passate in giudicato, le ultime delle quali si riferivano al furto di una autoradio perpetrato nel 2004 in alcuni parcheggi;
nonostante avesse quasi finito di scontare la sua pena, Scarano è stato improvvisamente trasferito nel carcere di Cuneo, struttura di massima sicurezza originariamente costruita per contenere i terroristi, ma all'interno della quale oggi vi si trova indistintamente qualunque tipologia di detenuto;
lo zio del detenuto, signor Roberto Fusaro, ha dichiarato alla stampa quanto segue: «Da quello che ci hanno comunicato dalla prigione Alessio si era coricato sulla branda della sua cella dopo aver partecipato ad una partita di calcio nel campetto del carcere. Poi, quando gli agenti si sono avvicinati, lo hanno trovato cadavere. Ci hanno detto che è morto per cause naturali ma lui stava bene, non aveva alcun problema fisico. Per noi questa morte è un mistero e vogliamo vederci chiaro»;
dal carcere di Cuneo hanno confermato la morte sospetta dichiarando che, secondo un primo referto, il decesso sarebbe sopraggiunto per cause naturali e che comunque sarebbe stata avviata una inchiesta amministrativa interna al penitenziario in attesa dei risultati dell'autopsia;
secondo un'altra versione, invece, il detenuto non sarebbe stato trovato cadavere, atteso che, quando il personale di servizio si è avvicinato per somministrargli una terapia, il ragazzo era ancora vivo, anche se ansimava e si è tentato di rianimarlo, purtroppo inutilmente;
il magistrato ha disposto l'autopsia sul corpo del giovane al fine di appurare le cause del decesso; accertamento tecnico al quale potranno partecipare anche i periti di fiducia della famiglia Scarano che nel frattempo si è rivolta ad un legale di fiducia;
secondo quanto riportato in data 26 novembre 2009 dal sito Corriere.it, il detenuto Simone La Penna, di anni 32, ristretto in carcere per aver violato la normativa contenuta nel Testo unico sulle droghe (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), sarebbe deceduto il giovedì precedente nel centro clinico del carcere romano di Regina Coeli;
Simone La Penna era stato trasferito nel centro clinico della struttura penitenziaria romana dall'ospedale Belcolle di Viterbo in quanto soffriva di anoressia nervosa e di una carenza di potassio nel sangue. Sulla vicenda il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, avvocato Angiolo Marroni, ha dichiarato quanto segue: «Si allunga l'elenco dei morti in carcere ed è

giusto che, anche se quella di Simone sembra una morte naturale, la magistratura faccia chiarezza. In generale io credo che siano maturi i tempi per una riflessione complessiva: il carcere non è certamente il luogo più adatto per i malati gravi» -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
per quali motivi Alessio Scarano sia stato trasferito presso il carcere di Cuneo a pochi mesi dal fine pena;
se il decesso di Alessio Scarano sia avvenuto per «cause naturali» o per altri motivi e se nel caso di specie siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto, oltre che del personale medico e/o amministrativo;
se, con riferimento alla morte di Simone La Penna, intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nel caso di specie siano state garantite al detenuto - in modo tempestivo ed adeguato - le cure e l'assistenza che il suo stato di salute richiedevano e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte del personale medico e/o amministrativo.
(4-05262)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia ANSA di lunedì 30 novembre ambienti della amministrazione penitenziaria hanno confermato che all'interno dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino il giorno precedente sarebbe deceduto un detenuto a causa di un presunto «arresto cardiocircolatorio»;
l'uomo, 35 anni, si chiamava Maurizio Piscioli, era stato arrestato a Brescia nel 2008 e, successivamente, internato presso l'ospedale psichiatrico giudiziario fiorentino in quanto destinatario di una misura di sicurezza che ragionevolmente avrebbe finito di scontare nel settembre del prossimo anno;
il detenuto non aveva mai avuto problemi di salute ed era un lavorante. Poche ore prima di essere stroncato dal malore, però, risulta che il signor Piscioli si fosse già sentito male; ciononostante il medico di turno, nel visitarlo, non ebbe a riscontrare nulla di preoccupante e pertanto non adottò alcun particolare provvedimento;
Piscioli è il 161o detenuto morto in un istituto di reclusione dall'inizio dell'anno (66 dei quali suicidatisi), segno, secondo quanto commentato dagli addetti ai lavori, che la situazione all'interno delle strutture penitenziarie è ormai giunta allo stremo -:
se siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se, con riferimento alla morte di Maurizio Piscioli, intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nel caso di specie siano state garantite al detenuto - in modo tempestivo ed adeguato - le cure e l'assistenza che il suo stato di salute richiedevano e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte del personale medico e/o amministrativo;
se l'ospedale psichiatrico giudiziario sia dotato di un defibrillatore e se tale strumento salva-vita sia effettivamente presente in tutti i 206 istituti penitenziari;
quali provvedimenti intendano adottare nel caso in cui venissero accertate responsabilità amministrative o disciplinari e negligenze.
(4-05263)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul settimanale Espresso - edizione online - del 30 novembre 2009, è apparso un articolo di Emanuele Fittipaldi intitolato «Rom vuol dire criminale»; sottotitolo: «Parole choc dei giudici dei Tribunale dei minori di Napoli che negano i domiciliari a una minorenne a causa della sua etnia»;
l'articolo narra la vicenda di una ragazzina rom di quindici anni, Angelica V., accusata di aver tentato di rapire una neonata a Ponticelli nel maggio del 2008 e per questo motivo condannata in primo grado ed in appello a tre anni e otto mesi di reclusione; condanna inflitta senza che all'imputata sia stato concesso il minimo beneficio di legge, ciò pur risultando la stessa incensurata e in stato di abbandono;
la minorenne si trova rinchiusa da circa un anno e mezzo nel carcere minorile di Nisida in stato di custodia cautelare, sicché l'avvocato Cristian Valle ha deciso di presentare, prima dell'estate, una documentata istanza volta a far ottenere alla sua assistita gli arresti domiciliari;
la predetta istanza è stata rigettata dal Tribunale per i minorenni di Napoli, in sede di appello al riesame, con una motivazione a detta dell'avvocato sconcertante in quanto improntata ad un intollerabile pregiudizio razziale. Nel provvedimento di rigetto, infatti, si legge quanto segue: «Emerge che l'appellante è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom. Ed è proprio l'essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, concreto il pericolo di recidiva. Va inoltre sottolineato che, allo stato, unica misura adeguata alla tutela delle esigenze cautelari evidenziate appare quella applicata della custodia in istituto penitenziario minorile. Sia il collocamento in comunità che la permanenza in casa risultano infatti misure inadeguate anche in considerazione della citata adesione agli schemi di vita Rom che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole»;
secondo l'avvocato Valle la citata motivazione «costituisce un precedente gravissimo che basa sulla razza l'ipotesi di condotte criminose. Non solo sulla possibilità di commettere reati, ma pure sulla tendenza a condotte recidive. Sono parole che sfiorano la discriminazione razziale, e mettono in pericolo i diritti civili e politici e umani della bambina condannata. In modo sconcertante si afferma l'opzione dei carcere su base etnica e, attraverso la definizione di "comune esperienza", i più biechi e vergognosi pregiudizi contro la minoranza rom vengono elevati al rango di categoria giuridica»;
a giudizio dell'interrogante la decisione del Tribunale per i minorenni di Napoli rischia di alimentare - contrariamente a quanto previsto e stabilito dal nostro ordinamento giuridico - l'esistenza di due distinte giurisdizioni: una applicabile ai cittadini e l'altra, più restrittiva, valida solo per gli stranieri -:
se, in seguito alla verifica del contenuto dell'ordinanza emessa dal Tribunale dei Minori di Napoli in sede di appello al riesame, non ravvisi la sussistenza di elementi tali da giustificare l'avvio di un procedimento disciplinare.
(4-05267)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 15 gennaio 1993 a Palermo una pattuglia di Carabinieri appartenenti al raggruppamento operativo speciale (ROS) comandati dal «Capitano Ultimo» (ossia il Cap. Sergio De Caprio) e sotto le direttive del Colonnello Mario Mori, vice comandante operativo, arrestavano Salvatore Riina, latitante da oltre un ventennio e capo riconosciuto di «cosa nostra»;

l'arresto era avvenuto grazie alle iniziative investigative poste in essere dai Carabinieri del ROS dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio ove persero la vita i magistrati Falcone, Morvillo e Borsellino e gli addetti alla loro sicurezza;
in costanza di indagini di polizia giudiziaria i Carabinieri posizionarono di fronte all'ingresso del complesso immobiliare di noti mafiosi (i Sansone) sito in via Bernini n. 52/54, in Palermo, un'autovettura civetta sulla quale un sottufficiale riprese con telecamera i movimenti in entrata e in uscita di persone e mezzi dal residence dalle ore sette fin verso le ore sedici del 14 gennaio 1993;
nel corso della notte le riprese effettuate furono fatte visionare al collaboratore di giustizia Baldassare Di Maggio arrestato alcuni giorni prima in Borgomanero che aveva dichiarato di essere in grado di riconoscere le persone più vicine al Riina del quale egli era stato autista di fiducia negli anni precedenti;
il Di Maggio riconobbe la moglie del Riina mentre usciva dal residence a bordo di una vettura condotta dall'autista del quale in precedenza aveva segnalato le generalità agli inquirenti;
la mattina successiva, 15 gennaio 1993, fu ricollocata allo stesso posto la vettura civetta con a bordo anche Di Maggio il quale verso le ore nove riconobbe il Riina che usciva dal complesso immobiliare a bordo di una vettura guidata da un sodale, tale Salvatore Biondino;
per evitare di vanificare la prosecuzione delle complesse indagini avviate da alcuni mesi gli Ufficiali del ROS (Cap. «Ultimo» e colonnello Mori) decisero di procedere all'arresto a circa un chilometro di distanza dall'abitazione del ricercato;
per la medesima ragione gli stessi ufficiali nelle ore seguenti segnalarono al procuratore della Repubblica l'inopportunità di procedere subito alla perquisizione dell'abitazione del Riina - peraltro ancora da individuare tra altre quattordici del complesso - non potendosi essa ritenere un «covo» di mafia avendo avuto contezza della presenza della moglie e dei figli del Riina e, quindi, di nessun interesse investigativo;
il procuratore della Repubblica condivise il suggerimento e fermò la perquisizione;
dopo circa un anno da tale arresto si sviluppò una campagna di stampa, ad avviso dell'interrogante, abilmente stimolata anche dall'interno delle istituzioni finché il 17 novembre 1997 un pentito congetturò sospetti nella ritardata perquisizione (che era stata effettuata il 2 febbraio 1993 senza che siano state rilevate da nessuno anomalie di sorta!!) tanto che in data 21 novembre 1997 fu iscritto procedimento a carico di ignoti per il reato favoreggiamento aggravato e attentato alla sicurezza dello Stato;
furono esperite penetranti indagini dalla procura della Repubblica di Palermo con l'escussione di numerosissime persone informate dei fatti e ripetutamente furono interrogati anche il «Capitano Ultimo» e il Colonnello Mario Mori ai quali furono pressantemente richieste le ragioni per le quali, alcune ore dopo l'arresto del capo della mafia, avessero dismesso la video ripresa del cancello dal quale era stato visto uscire e riconosciuto il Riina senza comunicarlo alla Procura della Repubblica (e in questo consisterà il favoreggiamento poi contestato e non già per la perquisizione rinviata dall'autorità giudiziaria;
soltanto in data 18 marzo 2004 finalmente i Carabinieri che avevano arrestato Riina divennero noti alla procura di Palermo che dispose la loro iscrizione nel registro degli indagati e nella successiva data del 22 marzo 2004 richiese l'archiviazione del procedimento che, però, il Giudice per le indagini preliminari prima non accolse e poi ordinò l'imputazione coatta ipotizzando che il Riina non era stato «arrestato» ma «consegnato»;
il tribunale di Palermo con sentenza in data 20 febbraio 2006 escluse qualunque sospetto a carico degli ufficiali del

ROS e l'esistenza di qualunque «trattativa» e avverso tale decisione pienamente assolutoria non fu proposto appello da parte del pubblico ministero;
anche il procedimento attualmente in corso ha avuto origine da una richiesta di archiviazione disattesa e gli imputati odierni, il Generale Mario Mori e il Colonnello Mauro Obinu, rispondono del reato di favoreggiamento aggravato perché avrebbero impedito il 31 ottobre 1995 in quel di Mezzoiuso la cattura di Bernardo Provenzano quale riconoscimento della «consegna» del Riina; (in realtà l'accusa tende a dimostrare l'esistenza di una «trattativa» tra Stato e mafia che avrebbe «accelerato» la strage Borsellino);
in effetti dopo le stragi del 1992 - mentre taluno affermava pubblicamente «è tutto finito» - i Carabinieri del ROS (l'allora Colonnello Mario Mori e l'allora Capitano Giuseppe De Donno) crearono un contatto investigativo con un confidente, Vito Ciancimino, ex Sindaco di Palermo, che loro stessi avevano già arrestato per «associazione mafiosa» (condannato) e «appalti» (condannato) e del quale era loro ben noto lo spessore criminale e la sua autorevolezza nell'organizzazione mafiosa per indurlo a collaborare;
l'esito di tali colloqui (in numero di quattro) il primo dei quali avvenne il 25 agosto 1992 (ossia dopo oltre un mese dalla strage Borsellino) o, come ha manoscritto e dichiarato al procuratore Caselli Vito Ciancimino, addirittura il 1o settembre successivo, fu riferito immediatamente alla procura della Repubblica di Palermo che, grazie a questa apertura, dopo il suo arresto (il 19 dicembre 1992), lo interrogò almeno dieci volte senza che egli riferisse alcunché di anomalo negli incontri con i carabinieri;
il processo attuale a carico del Generale Mori e del Colonnello Obinu, imputati di favoreggiamento di Provenzano è in corso da oltre un anno avanti il tribunale di Palermo;
da alcuni mesi è entrato in scena Massimo Ciancimino, figlio di Vito, il quale avrebbe rivelato di essere in possesso del cosiddetto «papello» ossia di un elenco di richieste che la «mafia» avrebbe fatto pervenire allo Stato attraverso l'allora Colonnello Mario Mori per alleggerire la pressione criminale -:
se il signor Massimo Ciancimmo sia un collaboratore di giustizia e come tale inquadrato nella specifica categoria e sottoposto ai diritti ed ai doveri del ruolo;
e/o se sia tutt'ora «in trattativa» per diventarlo;
se risulti che il predetto Massimo Ciancimino sia stato condannato con sentenza del giudice per le udienze preliminari di Palermo ad anni cinque e mesi otto di reclusione per il delitto di riciclaggio del patrimonio paterno o sussistono altre condanne a suo carico;
se risulti, altresì, se egli sia in atto sottoposto a misure di prevenzione patrimoniale e se sia stato disposto il sequestro a fini di confisca per ragioni di «mafia» del suo patrimonio.
(4-05268)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRAZIANO e META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende, con grande allarme e diffusa preoccupazione, che è intenzione della società Trenitalia sopprimere il treno Eurostar n. 9350 Frecciargento che effettua servizi di collegamento tra il comune di Caserta e la città di Roma, partendo da Caserta alle ore 8.39 e arrivando nella Capitale alle ore 10.00, e che costituisce il primo Eurostar che consente di raggiungere Roma da Caserta nelle prime ore del mattino;
tale scelta, conseguente al piano di ristrutturazione degli orari dei treni veloci,

in base a quanto previsto dal nuovo orario invernale che andrà in vigore a partire da dicembre 2009, rischia di compromettere ulteriormente i già precari collegamenti diretti con la Capitale, andando a sopprimere un servizio strategico e veloce tra quelli a disposizione, con un tempo di percorrenza pari a un'ora e ventuno minuti e senza fermate intermedie;
il comune di Caserta, capoluogo dell'omonima provincia, noto per le sue risorse storico-artistiche di grande attrattività turistica, rappresenta dal punto di vista geografico un importante centro di collegamento diretto con comuni, sedi di luoghi di interesse storico e culturale, e con altri, quali Santa Maria Capua Vetere, sede del tribunale, e Marcianise, importante area industriale, tanto da formare con essi una vasta area metropolitana;
eliminare un tale collegamento ferroviario diretto tra Caserta e Roma penalizzerebbe l'intera provincia, costringendo migliaia di cittadini a trasferimenti intermedi ingiustificati, con gravi danni all'economia della zona, che sarebbe privata di un servizio utilizzato ogni giorno da migliaia di persone;
le ricadute di una tale previsione sarebbero fortemente penalizzanti per le comunità interessate, giacché il vantaggio attualmente garantito dal collegamento richiamato si tradurrebbe, a seguito dell'annunciata soppressione, nello svantaggio di alternative comunque più onerose per i pendolari e per la provincia in generale, sia sul piano dei costi, sia sul piano dei tempi di percorrenza -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga tempestivamente di assumere, per il tramite della società Trenitalia, al fine di riconsiderare l'ipotesi di privare il comune di Caserta del collegamento richiamato con la città di Roma, sollecitando la dirigenza di Trenitalia a recepire nelle scelte future della società le istanze di una comunità che rischia di subire gravi disagi e altrettanto gravi danni economici.
(5-02176)

GAROFALO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il progetto di dismissione del servizio di collegamento marittimo con la Sicilia e la Sardegna sta per realizzarsi attraverso la chiusura incondizionata dell'impianto laziale e l'abbandono a se stessa della obsoleta flotta in servizio nello Stretto di Messina;
tale progetto, se si realizzerà, comporterà come conseguenza immediata l'ennesimo abbandono di produzione in un settore strategico come quello del trasporto marittimo, dove si registrano cospicui introiti ma al momento solo per gli armatori privati che, al contrario di RFI, non lesinano investimenti in un settore che risulta, ad oggi, ancora essere produttivo;
la chiusura dell'impianto di Civitavecchia potrebbe innescare un effetto domino che nell'arco di poco tempo trascinerebbe al collasso anche il traghettamento ferroviario nello Stretto di Messina. I presupposti già ci sono poiché la direzione di navigazione ha manifestato l'intenzione di onorare l'impegno di «continuità territoriale» con la Sardegna mediante un'unità navale che verrebbe, periodicamente, sottratta alla già carente flotta presente nell'area dello Stretto;
nonostante le precedenti rassicurazioni da parte del Governo in merito a tale problematica, RFI ha evitato di mettere in servizio full-time, nell'area di Messina, la terza nave ferroviaria;
occorre, tra l'altro, sottolineare che quelle presenti nell'area dello Stretto non sono sicuramente tra le più nuove, moderne e all'avanguardia;
è bene portare a conoscenza che proprio nei giorni scorsi si è verificata un'avaria sulla nave traghetto Iginia, relativa al sistema di alimentazione elettrica dei treni passeggeri che ha causato un incendio di natura elettrica sul ponte binari durante le operazioni di carico del

convoglio. Comunque grazie al tempestivo intervento dell'equipaggio, fortunatamente, il peggio è stato evitato;
con precedenti segnalazioni, di diversa provenienza, erano stati denunciati alcuni deficit di sicurezza sulle navi traghetto delle ferrovie, con particolare riferimento al sistema di fornitura elettrica destinata ai vagoni dei convogli ferroviari provvisti di climatizzazione sulla base di un vecchio sistema di protezione a monte dei cavi volanti utilizzati per fornire l'energia;
le summenzionate segnalazioni hanno ottenuto risposte dai toni propositivi al punto di accogliere favorevolmente il suggerimento relativo alla modernizzazione dei vecchi sistemi di protezione elettrica risalenti al periodo di costruzione delle navi, addirittura 40 anni come nel caso dell'Iginia;
però purtroppo alle buone intenzioni non sono seguiti fatti concreti, poiché l'impianto non è stato aggiornato con moderne tecnologie e l'ennesima avaria del 21 novembre 2009 è la naturale conseguenza di una gestione votata al risparmio e orientata alla lenta scomparsa del servizio di traghettamento nello Stretto;
il programma aziendale di RFI prevede di privare lo Stretto di un'ulteriore unità navale, Scilla, per coprire le corse da e per la Sardegna che resteranno scoperte dopo la definitiva chiusura dell'impianto laziale prevista per il 1o dicembre 2009;
l'ulteriore impoverimento della flotta inoltre comporterebbe l'esigenza di ricollocare a Messina i lavoratori provenienti da Civitavecchia, aggravando la già precaria economia del traghettamento ferroviario nello Stretto;
per rendere più chiaro questo scenario, di per sé già abbastanza allarmante, occorre aggiungere che nel periodo di trasferimento delle unità più «nuove», ossia Scilla o Villa, nella rotta Civitavecchia-Golfo Aranci, il servizio nello Stretto sarà garantito dalle navi più datate. Il risultato sarà: scarsa affidabilità e poca sicurezza per un servizio essenziale, pagato con i soldi pubblici, a garanzia della continuità territoriale;
al Sud sempre più tagli, restrizioni, servizi di trasporto inefficienti e per di più con mezzi obsoleti, al nord, invece, si investono capitali ingenti per il potenziamento dell'alta velocità;
si parla tanto di continuità territoriale ma in questo modo si sta contribuendo ad accentuare una spaccatura di per sé già esistente e notevolmente evidente -:
quali iniziative i Ministri interrogati ritengano opportuno adottare al fine di rilanciare investimenti nel settore, mirati alla ripresa del servizio e al mantenimento dei livelli occupazionali;
come si pensi di intervenire per evitare l'impoverimento della flotta nell'area dello Stretto;
quali garanzie si ritenga di offrire a tutti quei lavoratori che vedono in pericolo la propria occupazione.
(5-02177)

Interrogazioni a risposta scritta:

CARDINALE e BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane le Ferrovie dello Stato hanno predisposto il taglio di posti passeggeri e vagoni dei treni da e per la Sicilia;
in particolare la riduzione è stata prevista per i treni 1924, 1925, 1938 e 1939 diretti dalla Sicilia a Roma, con il taglio di 64 posti nelle vetture destinate alle cuccette notturne e di 60 posti per i treni 1920 e 1921 diretti a Milano;
queste scelte, oltre a recare disservizi e disagi, con un'allarmante disaffezione dei cittadini nell'utilizzo del treno, stanno

determinando ripercussioni di carattere occupazionale per i tagli di posti di lavoro -:
se non ritenga queste scelte in contraddizione con l'accordo di programma, stipulato tra la Regione Siciliana e Trenitalia, che dovrebbe prevedere il potenziamento, delle strutture ferroviarie dell'isola e se intenda acquisire elementi da Trenitalia su questo punto;
quali iniziative intenda adottare per evitare i gravi disagi alla comunità siciliana che utilizza il treno per le lunghe distanze e per frenare le conseguenze di natura occupazionale in un territorio pesantemente colpito dalla piaga della disoccupazione.
(4-05227)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Verona-Villafranca è posto al centro di una provincia molto attiva economicamente e di notevole importanza complessiva, tanto da rappresentare una infrastruttura importante per il trasporto aereo del Paese;
la presenza di aree turistiche, del distretto industriale veneto e della stessa città di Verona rendono importante la presenza di un aeroporto che può essere al contempo fonte di occupazione e volano di sviluppo;
la giusta politica di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo introdotta finalmente da questo Governo dovrebbe favorire tutti gli scali che finora non hanno goduto di particolari scelte politiche ed al contrario insistono su un bacino commercialmente appetibile: tra questi scali sicuramente - accanto a Malpensa - vi è quello di Verona -:
quali siano i dati di traffico attuali e in prospettiva dell'aeroporto di Verona-Villafranca, ed in particolare quali siano concretamente gli obiettivi di sviluppo;
se e come l'ampliamento del traffico sull'aeroporto di Verona-Villafranca si inserisca nel quadro più ampio del processo di liberalizzazione del trasporto aereo.
(4-05241)

NASTRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in vigore delle modifiche al codice della strada, introdotte dal precedente Governo Berlusconi rappresentano una svolta positiva in merito all'andamento degli incidenti stradali;
infatti il trasporto stradale grazie al grande contenimento della incidentalità e della mortalità sulle strade, che emerge dai dati rilevati da Polizia stradale e Arma dei carabinieri dalla data di entrata in vigore della normativa sulla patente a punti, ha rappresentato per il nostro Paese, un mutamento radicale con riferimento alla sicurezza sulle strade, attraverso misure incisive e rigorose che si attendevano da molti anni;
tuttavia nonostante le modifiche al codice della strada prevedono la perdita di 4 punti, per il conducente che non occupa la corsia libera più a destra durante la percorrenza di tratti autostradali, accade sempre più di frequente distinguere automobilisti che non percorrono all'interno della rete autostradale la corsia più a destra, che rimane libera anche quando il traffico è intenso, causando conseguentemente un aumento del flusso degli autoveicoli e automezzi;
risulta pertanto pericoloso in considerazione di quanto predetto, quanto avviene nella rete autostradale, con conducenti che effettuano manovre di sorpasso nella corsia a destra, rimasta libera -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di prevedere maggiori controlli sui conducenti di autoveicoli o automezzi, che percorrono il tratto autostradale, finalizzati al rispetto della specifica disposizione del codice della strada, che obbliga il

conducente di autoveicoli o automezzi, che percorrono il tratto autostradale, ad occupare la corsia libera di destra;
se non ritenga opportuno prevedere conseguentemente adeguate campagne informative, volte ad accrescere l'osservanza della disposizione ivi indicata in premessa.
(4-05250)

TESTO AGGIORNATO AL 14 MARZO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da anni risulta occupata, nei pressi di Firenze, una vasta area pubblica (ex presidio sanitario Luzzi) al confine tra i comuni di Sesto Fiorentino e Vaglia (Firenze);
trattasi di numerosi nuclei familiari di cittadini stranieri ridottisi nel tempo grazie a collocazioni alternative individuate dagli istituti locali e dalla Regione Toscana;
recentemente, a causa delle più che precarie condizioni igieniche, sanitarie e strutturali di tali stabili, il sindaco di Sesto Fiorentino ha formulato e firmato una ordinanza di sgombero atta a tutelare in primis la stessa incolumità degli occupanti del «Luzzi»;
nonostante ciò, il parere della regione Toscana è stato negativo rispetto a tale ordinanza e notizie di stampa confermerebbero la volontà della prefettura di Firenze di non procedere allo sgombero del «Luzzi» -:
quali siano i motivi per i quali non si reputi opportuno ed urgente una iniziativa atta a tutelare la stessa incolumità degli attuali occupanti, al contempo permettendo ad una così significativa struttura pubblica la possibilità di nuova ed adeguata utilizzazione a fini sociali.
(3-00800)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIACHETTI e MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tempi, a dispetto della presa di posizione dell'Uefa per contrastare simili intollerabili fenomeni, si assiste ad una preoccupante escalation degli atteggiamenti xenofobi - sotto forma di cori e di striscioni di matrice razzista - che si verificano in moltissimi stadi italiani e che investono club militanti sia nelle serie di livello professionistico che dilettantistico;
la maggior parte dei media ha certificato uno stato di reale emergenza relativamente all'ultimo episodio in ordine di tempo ma primario per rilevanza generale vista l'assiduità e la pervicacia degli insulti ai suoi danni, ovvero il caso di Mario Balotelli contro cui ogni domenica da più parti si levano cori di matrice chiaramente xenofoba persino «a distanza», cioè anche quando il giocatore non è presente in campo;
ultimo in ordine di tempo è quanto accaduto prima a Torino domenica scorsa in occasione del match Juventus-Udinese, durante il quale una fetta di tifosi juventini ha intonato reiterati cori contro il giocatore dell'Inter («se saltelli muore Balotelli») e successivamente nella partita di champion's League Bordeaux-Juventus nel corso della quale si è distintamente ascoltato questo coro di inequivocabile contenuto xenofobo, «non ci sono negri italiani»;
al di là della recidività di parte della tifoseria bianconera per cui già nello scorso campionato, a causa del medesimo refrain, la società torinese fu punita con una squalifica del campo poi ammorbidita in match da disputare a porte chiuse, appare assolutamente evidente che tali episodi coinvolgano una grande fetta degli stadi italiani e non certamente solo la curva bianconera;
a questo proposito basti ricordare quanto accaduto nella partita della stagione

in corso Cagliari-Inter, durante la quale i calciatori Eto'o e Balotelli sono stati continuamente bersagliati da cori ed insulti di chiaro contenuto razzista, o gli ululati lanciati dai suoi stessi tifosi all'attaccante della Roma Stefano Okaka corso ad esultare sotto la sua curva dopo un goal in Europa League lo scorso 1o ottobre;
appare necessario ed urgente che tutti gli organismi preposti, a partire dai responsabili dell'ordine pubblico a cui è affidata la corretta gestione di quanto accade all'interno degli stadi passando per la Federcalcio ed arrivando alla giustizia sportiva, agiscano di concerto per mettere fine allo scempio a cui ormai assistiamo impotenti in occasione di una partita di calcio;
al di là delle sanzioni pecuniarie applicate dal giudice sportivo le norme organizzative interne della Figc hanno subito un inasprimento, in materia di manifestazioni discriminatorie, finora mai pienamente esplicato attraverso azioni concrete con precisa funzione deterrente;
in particolare l'articolo 62, comma 6, così recita: «il responsabile dell'ordine pubblico dello stadio, designato dal Ministro dell'interno, il quale rileva uno o più striscioni esposti dai tifosi, cori, grida ed ogni altra manifestazione discriminatoria di cui al comma 3) costituenti fatto grave, ordina all'arbitro anche per il tramite del quarto ufficiale di gara o dell'assistente dell'arbitro, di non iniziare o sospendere la gara» -:
quali misure si intendano adottare per scongiurare il ripetersi di tale episodi e per quale motivo, di concerto con la Federcalcio, il Governo non abbia dato seguito pienamente a quanto previsto dalla suddetta norma.
(4-05231)

MINNITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 2 gennaio 2008 sono stati assunti, attraverso concorso pubblico, per titoli ed esami, 650 unità complessive di personale (vedi decreto ministeriale 3 settembre 2007, decreto ministeriale 28 dicembre 2007, decreto ministeriale 20 febbraio 2008, decreto ministeriale 9 settembre 2008), profilo professionale di coadiutore amministrativo contabile, area funzionale B, posizione economica B1, con contratto a tempo determinato, dalla durata di tre anni, per le esigenze dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture - uffici territoriali del Governo nonché degli uffici delle questure;
i 650 coadiutori amministrativi contabili hanno sottoscritto un primo contratto individuale della durata di un biennio (2008-2009), a cui agganciare, per il 2010, una proroga contrattuale di un ulteriore anno;
per quanto concerne la proroga contrattuale del terzo anno, a causa di un mero errore dell'amministrazione, la copertura finanziaria ha riguardato soltanto i primi 10 mesi, lasciando scoperti l'11o ed il 12o mese del 2010;
in questa fase, i 650 lavoratori lamentano la necessità di ottenere entro il 2009 la stipula del contratto relativo al 3o anno nonché la copertura finanziaria per l'11o ed il 12o mese del 2010;
i 650 lavoratori vincitori di concorso e precari che attualmente prestano servizio presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture e gli uffici immigrazione delle questure sono, a detta della stessa amministrazione, indispensabili per l'ordinaria attività dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture - uffici territoriali del Governo nonché degli uffici delle questure -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza delle predette questioni e della data in cui l'amministrazione procederà alla formalizzazione della proroga contrattuale del 3o anno;
quali normative urgenti intenda adottare per finanziare il completamento del 3o anno di contratto dei 650 lavoratori a

tempo determinato, assicurando la copertura finanziaria relativa all'11o e 12o mese del 2010;
se il Ministro non intenda adottare tutti i necessari e urgenti provvedimenti per assicurare la stabilizzazione a tempo indeterminato delle 650 unità di cui sopra;
se il ministro sia conoscenza del fatto che, a dispetto dei 650 vincitori del predetto concorso il cui contratto scadrà a fine 2010, si è pensato di immettere altro personale nell'Amministrazione, attraverso un'agenzia di lavoro interinale individuata mediante appalto pubblico, chiamata a fornire entro il 2 gennaio 2010, ulteriori 650 lavoratori interinali, per un periodo massimo di otto mesi, nella posizione economica ex B1;
se il ministro interrogato intenda indicare i criteri di economicità e di buon andamento della pubblica amministrazione che hanno ispirato la decisione di far ricorso ad un'agenzia interinale per immettere nell'Amministrazione ulteriori 650 lavoratori interinali per soli otto mesi.
(4-05236)

GIAMMANCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da agenzie di stampa e da quotidiani locali è stata diramata in questi giorni la notizia che l'ente nazionale circhi starebbe organizzando una protesta che prevede l'uso degli animali anche come mezzo per creare un blocco al traffico in prossimità di autostrade;
sempre da quanto appreso da agenzie di stampa l'associazione nazionale circhi prevede l'adesione alla protesta di tutti i 130 circhi presenti in Italia che, a quanto pare, consentirebbero di portare nelle strade circa 5.000 animali tra cui elefanti, leoni, tigri, giraffe e cavalli;
un'attività del genere, se realmente messa in pratica, produrrebbe un evidente pericolo per l'ordine pubblico nonché una sicura compromissione del benessere degli animali impiegati, costretti ad attività e condizioni non in linea con le loro caratteristiche etologiche, né scriminate dallo svolgimento delle attività circensi, fino a sfociare in un possibile esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sanzionato ai sensi dell'articolo 392 codice penale;
la lettera b), comma 6, articolo 6, legge 150 del 1992 (così come modificata dal comma 13 dell'articolo 4 della legge n. 426 del 9 dicembre 1998) prevede che i circhi vadano dichiarati idonei per la detenzione degli animali (di cui al decreto ministeriale 19 giugno 1996) dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base di criteri fissati previamente dalla autorità scientifica CITES istituita presso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la Circolare del Ministro dell'interno n. 557/B.10089.G(27) del 22 febbraio 2002 ribadisce che la Prefettura può autorizzare il circo alla detenzione di tali specie animali, ma limitatamente ai luoghi di stabulazione, appositamente visionati, presenti all'interno della struttura circense;
nelle «Linee guida per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti», deliberati in data 13 aprile 2006, l'autorità scientifica CITES, in ottemperanza a quanto stabilito dalla legge n. 150 del 1992 e successive modificazioni, stabilisce (Criterio 3) che «Ciascuna struttura circense o mostra itinerante che detenga specie pericolose deve essere dotata dell'idoneità prefettizia ai sensi della legge n. 150 del 1992 e che deve essere fornita «garanzia della presenza di misure di sicurezza adeguate per evitare il contatto fisico diretto tra visitatori ed animali» e che (Criterio 14, nonché All. 1, Protocollo operativo, punto 5) «Gli animali non possono essere esibiti al di fuori della struttura (circo o mostra viaggiante) per la quale è stata rilasciata l'autorizzazione di attendamento»;
al di la dell'inappropriatezza e dei modi della protesta annunciata non vi è motivo reale che le strutture circensi si dichiarino discriminate nello svolgimento

della propria attività, dato che questa si trova ad affrontare unicamente l'accresciuta sensibilità nei confronti del benessere animale da parte di numerose Amministrazioni locali, che si fanno portavoce del sentimento di pietà generale nei confronti degli animali;
molti degli animali che si ritiene vengano portati in strada e, primariamente, davanti a Montecitorio, sono inseriti tra le specie contenute nell'elenco degli animali cosiddetti «pericolosi» per la salute e l'incolumità del pubblico contemplati nell'elenco di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 19 aprile 1996;
l'interrogante ritiene che attraverso tali condotte possa essere messo a repentaglio il benessere degli animali -:
se non ritenga che una tale condotta possa creare grave nocumento in termini di sicurezza pubblica con gravi rischi alla popolazione ed agli animali coinvolti;
se non ritenga doveroso intervenire, valutando se sussistano i presupposti per non consentire con comunicazioni dirette all'ente organizzatore, l'annunciata forma di protesta con l'utilizzo di animali.
(4-05245)

GARAVINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito della pubblicazione di alcune indiscrezioni di stampa su dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che coinvolgerebbero il Presidente del Consiglio dei ministri, il sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano, ha parlato di una palese violazione da parte dei magistrati dell'articolo 16-quater del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82;
detto decreto-legge prevede che nei primi 180 giorni di collaborazione venga steso da collaborante e magistrati un elenco dettagliato con tutti gli argomenti su cui l'aspirante collaboratore intende riferire. Successivamente vengono fatti i dovuti approfondimenti, si raccolgono le dichiarazioni complete e si avviano le indagini per trovare i riscontri dovuti;
al sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano è delegata dal Ministro dell'interno, la presidenza della Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, prevista dall'articolo 10 del decreto-legge citato in precedenza;
detta Commissione ha il compito di provvedere alla protezione ed alla sicurezza dei collaboratori di giustizia e non di valutare le loro dichiarazioni e la correttezza del lavoro della magistratura, compiti che spettano a tutt'altri organi;
per la carica ricoperta in seno alla Commissione centrale il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano è a conoscenza di informazioni sulla sicurezza e la protezione dei collaboratori di giustizia che rivestono carattere di particolare delicatezza ed importanza -:
se il Ministro interrogato condivida le affermazioni del sottosegretario Alfredo Mantovano riportate in premessa;
come intenda procedere il Ministro interrogato per assicurare piena sicurezza e serenità ai collaboratori di giustizia e ai loro familiari interessati dall'attività della Commissione centrale del Ministero dell'interno.
(4-05257)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il servizio scolastico soprattutto riferito alla scuola primaria e dell'infanzia è valore fondante delle comunità locali oltre che della nazione;

la Costituzione garantisce il diritto allo studio e le pari opportunità per i cittadini al di là del loro luogo di residenza;
l'anno scolastico si è aperto con gravi difficoltà a garantire il servizio secondo i livelli storici e soprattutto con forti preoccupazioni, per il futuro, in ragione delle scelte operate sugli organici;
è opportuno che per il futuro siano chiare le direttive da applicare specialmente in relazione alle numerose norme che riguardano i piccoli comuni ed i territori di montagna assolutamente da tutelare attraverso le deroghe previste;
occorre una approfondita verifica affinché gli uffici scolastici periferici applichino le norme in maniera uniforme;
il caso successo a Carpegna in provincia di Pesaro e Urbino è esemplare; infatti in questo plesso scolastico la classe terza con 8 bambini è stata accorpata in una pluriclasse con la quarta con 14 bambini malgrado l'articolo 10, comma 1, del decreto del Presidente della repubblica n. 81 del 2009 vieti la formazione di pluriclassi con più di 18 alunni;
la situazione è aggravata dal fatto che nella pluriclasse vi è un alunno di terza con disabilità che non potrebbe stare in una classe con più di 20 alunni;
il comune di Carpegna è un comune montano a tutti gli effetti, sede di comunità montana, con indice di montanità superiore ai minimi di legge, secondo la normativa nazionale e quella regionale;
non sembrano nel caso descritto essere state applicate le normative previste per i comuni montani e precisamente: decreto ministeriale 176 del 15 marzo 1997 e decreto del Presidente della repubblica n. 233 del 18 giugno 1998 che avrebbero permesso di non costituire la pluriclasse fornendo al plesso un organico adeguato -:
se il Ministro intenda accertare la situazione riscontrata nel plesso scolastico di Carpegna verificando che gli uffici scolastici interessati abbiano applicato correttamente le norme e se dal caso citato voglia disporre una verifica complessiva della ricaduta delle norme sulla «specificità montana» su tutto il territorio nazionale al fine di diramare precise circolari tese al rispetto della normativa in tema di comuni montani;
se intenda dotare dell'organico necessario i plessi scolastici ricadenti nei territori montani che risultano carenti e se, nel caso specifico, intenda dare direttive per rafforzare l'organico per il plesso scolastico di Carpegna facente capo all'Istituto comprensivo di Macerata Feltria (Pesaro e Urbino) al fine di risolvere la grave situazione creatasi.
(5-02174)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

AMICI e BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sulla persistente situazione di pericolo degli stabili ubicati a Roma in via Montecassiano 78, ricompresi nel piano di dismissione del patrimonio immobiliare dell'INPDAP, le interroganti hanno già presentato l'atto ispettivo n. 5-00184 dell'8 luglio 2008 e l'atto ispettivo n. 5-01356 il cui iter si è concluso nella seduta della XI Commissione dell'8 luglio 2009;
la risposta del sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Sen. Pasquale Viespoli, non ha soddisfatto le interroganti, in quanto oltre ad essere elusiva è giunta con palese ritardo rispetto al primo atto di sindacato ispettivo presentato;
per di più dalla risposta del rappresentante del Governo sembra emergere una paradossale ricostruzione dei fatti che tende a sottovalutare le responsabilità dell'INPDAP

e ad inquadrare gli inquilini degli immobili come i veri colpevoli della situazione descritta nelle interrogazioni medesime, mentre al contrario sono quest'ultimi ad essere stati vittime di un vero e proprio inganno visto che l'ente non li ha mai messi a conoscenza del grave stato di disfacimento in cui versavano gli immobili al momento dell'acquisto;
nel frattempo la condizione del complesso immobiliare di via Montecassiano 78 si è ulteriormente aggravata e alcuni condomini hanno denunciato la persistente situazione di pericolo al Dipartimento della protezione civile;
a seguito di tali denunce il Commissario Guido Bertolaso ha inviato due note: nella prima nota, prot. n. DPC/UCD/0068709 del 2 novembre 2009, si segnala alla Commissione stabili pericolanti del comune di Roma e a comando provinciale dei vigili del fuoco di Roma la situazione di pericolosità per le valutazioni e le conseguenti iniziative di competenza;
nella seconda nota, prot. n. DPC/UCD/0068725 del 2 novembre 2009, indirizzata al Commissario straordinario dell'INPDAP, al Ministero del lavoro direzione generale politiche previdenziali, al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento del tesoro e al Presidente del collegio dei sindaci INPDAP, si legge: «Che con nota n. DPC/UCD/0038515 dell'8 giugno 2009, questo Dipartimento ha segnalato una situazione di pericolosità delle strutture abitative e di inadempimento contrattuale nella esecuzione di lavori di messa in sicurezza dello stabile INPDAP ubicato in Roma Via Montecassiano 78 ricompreso nel piano dismissioni del patrimonio immobiliare. Ciò premesso si sollecitano notizie a riguardo al fine di corrispondere alle aspettative dei condomini dello stabile sopra citato»;
risulta alle interroganti che ad oggi nulla di quanto prescritto dal commissario Bertolaso sia stato fatto -:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in precedenza, non ritenga di dover rivedere la posizione del Governo espressa nella seduta della XI Commissione dell'8 luglio 2009, indicando in tal senso le misure urgenti che intende assumere per la messa in sicurezza degli stabili in questione e quali iniziative voglia mettere in atto nei confronti dei reali responsabili della truffa di cui sono stati vittime i condomini di via Montecassiano 78.
(5-02175)

Interrogazioni a risposta scritta:

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'esperienza drammatica di essere colpiti da un tumore è una realtà estremamente complessa che va affrontata non solo nella sua interezza biologica e sociale, ma anche e soprattutto nella sua dimensione psicologica;
le persone che sono state colpite dal cancro e sottoposte a chemioterapia e a radioterapia, devono affrontare, oltre al dramma della malattia, anche l'impatto della stessa sul proprio aspetto come, per esempio, il disagio psicofisico dovuto alla conseguente alopecia, che, anche se temporanea, è un ulteriore insulto indiretto da parte della neoplasia;
il tumore incide pesantemente sulla qualità della vita, causando un importante evento invalidante che si riflette in larga misura anche sulla sfera emotiva a causa delle modifiche dello schema corporeo, si pensi per esempio, agli effetti di tumori alla mammella o agli interventi di laringectomia per neoplasia della laringe;
l'aspetto della persona che cambia durante i trattamenti può portarla a sentirsi fragile e a vivere con difficoltà le sue relazioni personali, famigliari e con il mondo esterno;
la perdita di capelli in questo ambito è comunque uno degli eventi più stressanti sia per i significati simbolici che comporta, sia per le conseguenze del momento;

il 50 delle donne considerano la perdita di capelli l'evento più traumatico della chemioterapia;
se è pur vero, che non tutti i farmaci utilizzati nei cicli antiblastici sono alopecizzanti, è comunque un problema in genere prevedibile per molti di essi (antracicline, taxani, vepesid). In genere la perdita di capelli comincia dopo 10-20 giorni dall'inizio del trattamento ed è progressivamente ingravescente sotto forma della perdita di intere ciocche. Nella quasi totalità dei casi è reversibile, anche se, con l'implementazione dell'attività ematologica, bisogna considerare una piccolissima percentuale di pazienti con alopecia permanente quando sottoposti a trattamenti di trapianto di midollo osseo;
in questi casi, si può considerare la «parrucca» non come un bene voluttuario o estetico, ma come una necessità il cui acquisto incide sul bilancio di una famiglia per un costo medio di 250 euro e oltre. Costo elevato per alcuni nuclei familiari e neppure detraibile dall'Irpef nella dichiarazione dei redditi -:
quali siano le risorse economiche nonché l'iter ancora necessario affinché nel minor tempo possibile possano essere ridefiniti i nuovi livelli essenziali di assistenza, comprensivi del nuovo nomenclatore delle protesi e degli ausili istituito con il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, dell'aggiornamento dell'elenco, fermo a livello nazionale al 2004, delle malattie rare esentate dal pagamento del ticket, affinché si possa garantire su tutto il territorio nazionale l'unitarietà delle prestazioni sanitarie anche in ragione delle nuove esigenze dei cittadini-pazienti;
se il Ministro non ritenga per le motivazioni sopraesposte inserire la protesi tricologica come ausilio a tutti gli effetti nel Nomenclatore tariffario - Ausili e Protesi attualmente in revisione dalla commissione Ministeriale preposta uniformando così a livello nazionale la risposta al problema, che attualmente vede iniziative diversificate a seconda delle regioni o di alcuni capoluoghi di provincia;
se il ministro non ritenga inserire nel Nomenclatore-tariffario-ausili e protesi anche quegli ausili che servono alle persone laringectomizzate dopo l'intervento.
(4-05228)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere:
quanti siano gli ettari di territorio contaminato da fibre di amianto;
se ritenga credibile quanto contenuto nel dossier «Liberi dall'amianto» curato da Legambiente che parla di ben 75mila ettari di territorio contaminato e in attesa di bonifica;
se sia vero che dal 1993 al 2004 siano stati riscontrati oltre 9.000 casi di mesotelioma pleurico, il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione della fibra di amianto, con una esposizione che nel 70 per cento dei casi è stata di tipo professionale;
quali iniziative siano state assunte e quali iniziative si intendano assumere, per far fronte a tale situazione.
(4-05232)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
una persona affetta da insufficienza renale con conseguente necessità di effettuare un trattamento dialitico, si trova in una condizione molto difficile della vita;
l'emodialisi rappresenta un trattamento che sostituisce il ruolo dei reni nel depurare il sangue dalle scorie e dai fluidi extracorporei del sangue;

ogni seduta dialitica ha una durata che va, generalmente, dalle tre alle quattro ore, in alcuni casi può essere anche maggiore per tre volte alla settimana;
le norme italiane stabiliscono un periodo massimo di malattia indennizzabile pari a 180 giorni di calendario all'interno dell'anno solare, restando esclusi da tale computo i periodi di astensione dal lavoro per maternità sia obbligatoria che facoltativa, le assenze causate da infortunio sul lavoro, quelle da malattia professionale, tubercolare ed i periodi di malattia causata da responsabilità di terzi per i quali l'INPS abbia esperito, con esito positivo anche parziale, l'azione surrogatoria;
la persona lavoratrice sottoposta al trattamento di emodialisi ha diritto all'indennità di malattia per le giornate di assenza dal lavoro coincidenti con l'effettuazione del trattamento, ma qualora, durante il trattamento emodialico, subentri una nuova malattia, si sospende l'indennizzo del trattamento emodialico e si indennizza la nuova malattia come evento a sé stante;
la circolare n. 136 del 2003 dell'INPS: «Prestazioni economiche di malattia e di maternità. Cure Termali. Questioni varie», ha precisato che tra le malattie a «ciclo ricorrente» per le quali è consentita l'emissione di un'unica certificazione del curante che ne attesti la necessità, è ricompressa l'emodialisi, stabilendo altresì però, che ai fini del periodo massimo di malattia indennizzabile, pari ai 180 giorni di calendario nell'anno solare, le giornate di trattamento emodialico nonché quelle delle eventuali malattie sopravvenute devono essere sommate -:
se il Governo non ritenga necessario adottare le opportune e necessarie iniziative per porre fine a tale situazione, che penalizza le persone lavoratrici sottoposte a trattamento di dialisi, tenuto conto che si tratta di una patologia progressiva, riconoscendo anche a tale categoria, l'esclusione dal computo del periodo massimo di malattia indennizzabile pari a 180 giorni di calendario all'interno dell'anno solare.
(4-05234)

POLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Ansaldo Breda, società ferroviaria del gruppo Finmeccanica, si prepara a mettere in cassa integrazione straordinaria e mobilità 279 lavoratori. Alle organizzazioni sindacali è stata, inoltre, annunciata la necessità di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria per altri 300 lavoratori circa;
i tagli annunciati riguarderebbero alte professionalità, personale non direttamente addetto alla produzione, ingegneri, progettisti e impiegati, aprendo in tal modo preoccupanti scenari di dequalificazione industriale;
la riduzione occupazionale prevista, contrasta con le rassicurazioni fornite dalla dirigenza di Finmeccanica in merito al massimo impegno a concorrere alle gare per l'aggiudicazione della fornitura dei treni di alta velocità e per il trasporto regionale, che rappresentano la migliore garanzia per la salvaguardia e la tenuta dei livelli occupazionali;
la perdita di competitività di un'azienda come la Ansaldo Breda avrebbe inevitabili e pesanti ripercussioni sull'intero indotto della regione Toscana, e della provincia pistoiese in particolare, soprattutto nell'attuale contesto di crisi economica -:
quali iniziative urgenti intendano attuare per limitare la riduzione di personale prevista dalla Ansaldo Breda e per far luce sulle condizioni in cui versano la stessa azienda e i suoi lavoratori, al fine di comprendere l'esatta ricaduta dei tagli all'organico annunciati, in particolar modo sullo stabilimento di Pistoia e sull'intero comparto produttivo della provincia.
(4-05238)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la liquidazione concordataria dei beni di «Casamercato Srl» ha comunicato, mediante pubblico avviso, che nel quadro delle attività finalizzate al realizzo delle attività cedute, intende procedere alla vendita dei due rami aziendali compresi tra i beni ceduti ai creditori, e segnatamente il ramo d'azienda sito in Alseno (Piacenza) e quello sito in Cava Manara (Pavia);
nel mentre ciò opportunamente accade, non si spiega tuttavia il motivo per cui non risulti essere stata ancora formalmente definita da Casamercato la cessione del ramo d'azienda denominato «Rossetti Market»;
non si comprende, ad avviso dell'interrogante, per quali ragioni non si sia dato seguito alla cessione di cui sopra, che consentirebbe di corrispondere gli stipendi ai dipendenti oltre che estinguere i crediti;
in ogni caso, è necessario evitare che la situazione determinatasi comporti la chiusura degli stabilimenti, circostanza che causerebbe una considerevole perdita di posti di lavoro (149) e un evidente danno per la realtà produttiva locale -:
di quali ulteriori elementi dispongano in ordine alla situazione rappresentata in premessa e quali iniziative intendano adottare al fine di salvaguardare il tessuto produttivo e i livelli occupazionali.
(4-05261)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Cristoforo Ferro, trentottenne, nato a Frattamaggiore, sta scontando in regime di detenzione domiciliare un residuo pena di due anni per reati commessi tra il 1992 e il 1995, reati tutti legati al consumo di sostanze stupefacenti, problema, quest'ultimo, risolto nel 1996 grazie all'ingresso del signor Ferro nella comunità di San Patrignano;
il detenuto risiede in Orta di Atella, provincia di Caserta, insieme alla madre, pensionata al minimo e non ha né fratelli né sorelle e, prima di essere tratto in arresto, svolgeva l'attività di venditore ambulante di profumi;
l'unica fonte di reddito di cui può attualmente disporre la famiglia Ferro consiste nella pensione di euro 516,00 percepita dalla signora; somma grazie alla quale madre e figlio riescono a malapena a far fronte al canone di affitto, alle spese di luce, acqua e gas e all'acquisto dei medicinali salvavita;
a causa della situazione di forte disagio economico, e tenuto conto che trovandosi in detenzione domiciliare il figlio non ha la possibilità di fornire un aiuto economico alla madre, la famiglia Ferro ha più volte chiesto e sollecitato l'intervento dei servizi sociali del proprio comune di residenza, intervento che consentirebbe loro perlomeno di riuscire a far fronte alle spese basiche di sussistenza (vitto, pagamento dell'affitto eccetera);
a tal proposito il signor Ferro si è rivolto in un primo momento all'ufficio esecuzione penale esterna di Caserta dove gli è stato risposto che solo i servizi sociali del comune avrebbero potuto aiutarlo; dopodiché ha rivolto una istanza al prefetto di Caserta chiedendo che gli organi amministrativi adempiano a quanto previsto dalla legge regionale n. 11 del 2007 («legge per la dignità e la cittadinanza sociale») la quale, all'articolo 1, tra i principi generali, «promuove e assicura la pari dignità sociale della persona, le pari opportunità e l'effettiva tutela dei diritti sociali di cittadinanza, attraverso l'attuazione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, di un sistema di protezione, a livello regionale e locale, fondato sulla corresponsabilità dei soggetti istituzionali e sociali, che concorrono alla costruzione di una comunità solidale»;

a nulla sono valse le istanze e i solleciti; sicché la famiglia Ferro è arrivata al punto da non riuscire più a pagarsi l'affitto e a volte nemmeno a comprarsi da mangiare. Considerata la gravità della situazione, il signor Cristoforo Ferro ha inoltrato anche un esposto/denuncia presso la Procura della Repubblica di Caserta;
le difficoltà e i disagi economici non aiutano il signor Cristoforo Ferro a reintegrarsi nella società; peraltro il forte stato di abbandono, umano e finanziario, in cui lo stesso si è venuto a trovare, hanno causato in lui un profondo stato di depressione; tutto ciò contrasta con il principio costituzionale in base al quale tutte le pene devono tendere alla rieducazione, nonché con le norme e i principi del nostro ordinamento giuridico che impongono allo Stato la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'uguaglianza e la libertà dei cittadini garantendo a ciascun individuo il diritto alla protezione sociale;
la legge regionale n. 11 del 2007 è stata emanata in attuazione della legge n. 328 dell'8 novembre 2000 («legge quadro sull'assistenza»), legge che ha rappresentato una svolta storica per quanto concerne la modernizzazione dello stato sociale nel nostro Paese, introducendo importanti riforme finalizzate al miglioramento della qualità della vita dei cittadini, in particolare per i più bisognosi. In molti punti la legge necessita di provvedimenti di attuazione, come regolamenti e decreti legislativi, da parte del Governo per rendere operative e funzionali le norme in essa contenute, anche perché associazioni, enti locali, strutture di assistenza attendono tali misure al fine di dare concretezza ai programmi di sostegno alle fasce disagiate, come gli anziani, i disabili e gli indigenti -:
quale sia lo stato di attuazione della legge n. 328 del 2000 e se sul punto si siano accumulati ritardi a discapito dei cittadini, degli enti locali e delle associazioni no-profit e, in quest'ultimo caso, quali iniziative il Governo intenda adottare per colmare la predetta lacuna normativa;
se siano state adottate iniziative ai sensi dell'articolo 34 della legge regionale n. 11 del 2007 e quali interventi di supporto, in caso affermativo, il Ministero abbia fornito o intenda fornire, anche al fine di consentire che situazioni come quella della famiglia Ferro possano essere adeguatamente risolte.
(4-05264)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il settimanale «Panorama», nella sua edizione del 12 novembre 2009 n. 46 ha pubblicato una sconcertante inchiesta del giornalista Carmelo Abbate: «Vergogna in corsia-Documento shock: le immagini scandalo di quattro ospedali del Sud»;
nella citata inchiesta, realizzata da un cronista del settimanale fornito di telecamera nascosta e che si è finto un dottore potendo così girare indisturbato per le corsie, si riferisce, con dovizia di particolari e corredo documentale fotografico di medici che operano senza indossare i guanti in sala operatoria; di barboni che «mangiano e dormono a pochi metri dai malati, zingare che passano fra i letti a chiedere l'elemosina, cinesi che entrano nei reparti per vendere ai bambini giocattoli privi di ogni standard di sicurezza»;
il giornalista del settimanale, dopo aver indossato un semplice camice bianco con attaccato al petto un cartellino con un nome fasullo (dottor Valerio Trimarchi, dell'inesistente associazione «Orchidea bianca onlus»), e un paio di zoccoli verdi, assumendo «le vesti di un volontario laureato in medicina in procinto di fare la specializzazione» si è visto così «spalancare» le porte di reparti, pronto soccorso, sale operatorie. Trattato come un medico da pazienti, inservienti, infermieri, colleghi. Questi ultimi mi hanno accolto nei

loro camerini, mi hanno assegnato l'armadietto e gli indumenti da lavoro, Sono entrato a contatto diretto con i malati, ho fatto il giro di visite del mattino e ho preso parte (ma non ho preso i ferri in mano, tranquilli) a interventi chirurgici;
il giornalista di Panorama riferisce poi di aver visto «medici e infermieri che fumano, alcuni perfino dentro i blocchi operatori»; di «aver seriamente rischiato di togliere dei punti di sutura dalla testa di una donna»; di come «vengono ignorate le più basilari regole di comportamento e di igiene, la cui inosservanza provoca ogni anno circa 500 mila infezioni e più di 5 mila morti»; gli ospedali al centro della citata inchiesta sono quattro: ospedale Pugliese di Catanzaro; ospedale Pellegrini di Napoli; ospedale di Isernia; ospedale di Venafro;
nell'ospedale Pugliese di Catanzaro il giornalista di Panorama, dopo aver premesso che «le norme prescrivono che la biancheria pulita segua un percorso diverso da quella sporca. I rifiuti ospedalieri, organici, non devono transitare negli stessi ascensori utilizzati da medici, pazienti o per il cibo», scrive che «a Catanzaro non funziona così. Passa tutto per lo stesso montacarichi, Ci sono dentro quando si apre la porta. Un operaio: «Dottò, sta scendendo?». Rispondo di sì e lui spinge all'interno il carrello con un bel po' di bidoni gialli messi uno sopra l'altro fino al soffitto. Ci stringiamo nel poco spazio disponibile. Li abbiamo addosso. Nell'etichetta esterna c'è scritto: «Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo». Dentro possono esserci garze imbevute di sangue, siringhe, residui di interventi chirurgici, anche materiale radioattivo utilizzato nella medicina nucleare. La porta dell'ascensore si apre, pochi minuti dopo sono sempre li con il carrello del cibo. Alle 8 e mezzo eccomi in pediatria. Entro nella saletta dei medici. Ce ne sono tre, più due infermiere. Mi presento: sono il dottor Trimarchi dell'associazione Orchidea bianca onlus. Dico tutto velocemente, come fosse la più famosa organizzazione sanitaria italiana, nella speranza di far scattare il tipico meccanismo per cui non chiedi ulteriori informazioni per paura di passare per deficiente davanti agli altri. È andata. Spiego che mi sono appena laureato e che la nostra struttura ci manda a fare degli stage in giro per gli ospedali. Vorrei stare un giorno con loro per vedere come lavorano. Non c'è problema, nessuno chiede una lettera di incarico, un documento, una preventiva richiesta alla direzione generale. Nulla. Mi accettano sulla parola. Da questo momento parte quel processo che poi si ripeterà in alcuni dei centri successivi: basta farsi vedere in giro con un infermiere o un medico perché tutti gli altri ti considerino uno di loro, un nuovo arrivato. Ogni minuto che passa, ogni gesto è un tassello che va ad arricchire la tua tracciabilità. Fino a non riuscire più a risalire al momento originario. Ovvero, come sei entrato lì. Chi ti ha mandato. Chi ti ha aperto le porte per primo. Sono a tutti gli effetti il dottor Trimarchi. Il primo a darmene atto è l'imbianchino che dipinge i muri del corridoio. Mi saluta con una certa deferenza. La puzza della vernice si sente, eccome. Le infermiere mi accolgono nella loro saletta. Una mi prepara il caffè. Poi mi offre una sigaretta. Lei accende e apre la finestra. Mi infilo nella camera dei medici. Anche qui si fuma. Dopo mezz'ora il battaglione muove alla volta delle camere dei bambini per il consueto giro mattutino delle visite. Alla testa c'è il medico più esperto. Camice aperto, mani in tasca o a giocare con le chiavi, passa da un letto all'altro dispensando affettuosi buffetti e barzellette. Le visite avvengono tutte senza guanti e senza un minimo di privacy, ogni comunicazione è a partecipazione collettiva, Prima mi sono informato sulle diagnosi dei malati: c'è chi ha un'infezione generalizzata, chi da morso di zecca, chi ha la mononucleosi, l'epatite. In una stanza ci sono tre letti: due adolescenti e un bambino. Dopo aver toccato le ragazze il medico infila la mano dentro la bocca del piccoletto. Ma non vede bene. Allora afferra la tapparella, la tira su. Poi fa alzare il bambino, lo mette a favore di luce e gli rificca la stessa mano in bocca. Un altro bambino ha delle strane

macchie sul corpo. Dietro un orecchio la pelle è aperta. Il medico ci passa le mani, poi invita l'assistente ad avvicinarsi. Tocca pure lei. Senza guanti. L'équipe si consulta. Non si riesce a capire a cosa siano dovute. Le gambe sono piene. Uno butta lì l'ipotesi tubercolosi, un altro epatite. Durante una visita, il medico mi coinvolge: «Lei che ne pensa, dottor Trimarchi?». Sono con le spalle al muro, non so cosa fare. Ripete la domanda, vuole sapere se in presenza di quei valori la diagnosi è corretta. Rispondo che non lo so, non è quella la mia specializzazione. «E in che cosa siete specializzato voi, dottore?». Già, bella domanda. In sociologia, in sociologia medica, ecco. Dico così e subito mi do del deficiente. Ma che c'entra la sociol...? «Bene!» esclama il medico. «Ho giusto un caso di cui vi potete occupare allora». Sono pronto. «Una bambina alla quale abbiamo scoperto il diabete. Ma la mamma, che è qui con lei, è analfabeta». In una camera singola c'è un bambino con gravi malformazioni. Sembra affetto da sindrome di Down. È grasso, gonfio dalla testa ai piedi, sproporzionato. Mentre il medico si avvicina lui gli sfila lo stetoscopio dalla giacca. Ci gioca con le mani. Se lo attacca alle orecchie, al petto. Alla fine il dottore lo riprende e lo rimette in tasca. Ci sono altri piccoli da visitare. Intorno alle 11 esco e vado a prendere il caffè al bar di fronte all'ospedale. Con camice e zoccoli, cosa vietata. Ma sono in buona compagnia. Torno dentro, sulle scale trovo una zingara che chiede l'elemosina. La tengo d'occhio. Dopo un po' si infila in un reparto, si fa largo tra i parenti in visita, arriva perfino ai letti dei malati. Provo a entrare nel blocco operatorio. Suono il campanello. Un'infermiera mi apre la porta. Saluto con piglio sicuro e vado dentro. Dopo pochi metri c'è un'altra porta a vetri opachi. Su un cartello c'è un avviso rivolto a tutto il personale: «Si ricorda che è assolutamente vietato entrare nelle sale operatorie senza divise, calzari, cappellini e mascherine adeguate». Gli indumenti sono lì a fianco. Li ignoro. La porta si apre su un corridoio, sulla destra ci sono due sale operatorie. Un infermiere mi viene incontro. Non ha calzari, cuffia, guanti: nulla. Gli dico che sto cercando il dottor Vattelappesca, un dottore di cui ho letto il nome su un cartello in giro. «Sta al piano di sotto». Ribatto: mi ha detto di trovarci qui per prendere accordi per un intervento. Tanto basta, semaforo verde. La scena si ripete identica nella camera successiva. Sulla soglia una donna parla al cellulare. La chiamata sembra di lavoro. La seguo dentro. Mette il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni, prende una garza e si rimette al lavoro. Non ha cambiato i guanti. Le sue mani si posano sull'uomo operato. Con lei c'è un'altra donna: naso fuori dalla mascherina. A un metro, una infermiera vestita come fosse in reparto. Ha soltanto una cuffia sui capelli, che lascia scoperti grandi ciuffi sul davanti. Non ha i calzari. Come me, che sto a due metri dal lettino operatorio con le stesse scarpe che avevo poco prima al bar di fronte all'ospedale. All'uscita del reparto un uomo mi chiede com'è andata l'operazione, è preoccupato. Rispondo che è tutto ok e prego Dio che sia vero. Lo rassicuro, la madre si è risvegliata. Mi stringe le mani, mi ringrazia, dice che però si tratta della moglie. Un infermiere mi ha raccontato di un barbone che mangia e dorme dentro la struttura. Lo trovo seduto davanti al reparto di medicina nucleare, tra l'ascensore e la corsia, dove passano i malati. È grosso, dorme piegato su se stesso, Ha due sacchetti pieni di cianfrusaglie. Le gambe sono gonfie, le caviglie non si distinguono. Puzza. Ha i capelli lunghi e la barba. Accanto a lui c'è un piatto di plastica con i resti del pranzo che ha appena consumato. Lo chiamano «Carminuzzo», diminutivo di Carmelo, ha il mio stesso nome. Continuo il giro. Fra gente che mi chiede informazioni. Non so che rispondere, mi scuso, dico che è il mio primo giorno. Mi becco auguri e pure qualche bacio. Incrocio una ragazza cinese. Ha uno zaino sulle spalle e una sorta di bancarella ambulante davanti con bracciali, orologi e giocattoli. La seguo. Un'infermiera le chiede un cinturino, contrattano. Entra ed esce dalle stanze, anche in pediatria, dove vende i

suoi giochi di plastica privi degli standard di sicurezza previsti dall'Unione Europea»;
non meno sconcertante il racconto delle «visite» effettuate presso l'ospedale Pellegrini di Napoli: «Giovedì primo ottobre il dottor Valerio Trimarchi si presenta... Non ho fortuna. L'ospedale è piccolo, si conoscono tutti, dal primario all'ultimo dei volontari. Riesco comunque a fare un giro all'interno. Non sono ancora le 8 del mattino. Diversi ricoverati dormono sulle barelle nei corridoi. Le condizioni igieniche sembrano scarse. Sul davanzale di una finestra ci sono decine di mozziconi di sigarette. Stessa situazione al pronto soccorso. L'ingresso dell'ospedale dà su una strada molto trafficata. Poco più su c'è l'arrivo detta metropolitana. È una fiumana di persone che si trascina tra auto e moto. In mezzo vedo infermieri e medici in divisa, uno addirittura con la tuta operatoria. Vanno al bar o nei negozietti della via»;
la terza tappa del «tour» del giornalista, all'ospedale di Isernia in Molise, viene così descritta: «Mi infilo in un vorticoso giro di conoscenze tipico di una certa Italia dove l'amicizia e il clientelismo la fanno da padrone. Si trova sempre qualcuno che ti consiglia a un altro, che a sua volta non si prende nemmeno la briga di capire chi sei. Gli basta soltanto sapere che sta facendo un favore. Si va avanti così, in una sorta di catena di Sant'Antonio della quale non si riesce più a venire a capo. Intanto Valerio Trimarchi venerdì 2 ottobre di buon mattino arriva in divisa d'ordinanza all'ospedale Veneziale. Dico che mi sono appena laureato e che mi accingo a scegliere la specializzazione. In medicina generale i pazienti sono tutti anziani. I medici si fermano ai piedi del letto, guardano la cartella, si confrontano, prescrivono esami. Le mani ce le mettono gli infermieri. Si passa da un pannolone all'altro fino alle flebo: senza guanti. Solo un'infermiera è ligia al dovere. Gli altri quasi la rimproverano per l'inutile perdita di tempo. Alla fine vado al bar. Una dottoressa in camice bianco è appoggiata a un'auto parcheggiata. Aspetta qualcuno. Un medico in tuta verde attraversa la strada. Torno nel blocco operatorio. Mi conoscono tutti, mi muovo in totale libertà. Vedo medici e infermieri senza copriscarpe, mascherine. Senza guanti. Un paio di chirurghi fumano. A pochi metri dalle sale dove si operano i malati, i posacenere sono pieni di mozziconi. Intorno alle 2 del pomeriggio mi accingo a lasciare l'ospedale. Sbaglio l'uscita. Percorro un corridoio pieno di scatoloni, qualcosa a metà tra un magazzino e un ripostiglio. I muri sono scrostati, alcune piastrelle divelte. Cammino per una decina di metri quando sulla destra mi trovo una porta spalancata: dentro ci sono tre malati che dormono sui lettini. Fanno la dialisi. Le condizioni igieniche sono scadenti. A metà corridoio, senza alcuna porta divisoria, c'è un bagno con due sanitari dove si scaricano pale e pappagalli. Nel pomeriggio accompagno un medico all'ospedale di Campobasso, nel reparto di anatomia patologica, dove da Isernia mandano ad analizzare i tessuti asportati. Davanti a un cartello con scritto «Vietato fumare» una dottoressa ci intrattiene con una sigaretta fra le mani. La stessa mattina le sono arrivati dei «pezzi» che ancora non riesce a capire perché siano stati asportati. Ci invita a prendere l'abitudine di segnalare la sospetta diagnosi. E accende una seconda sigaretta»;
per quanto riguarda l'ospedale di Venafro il racconto del giornalista così prosegue: «Su segnalazione di un medico di Isernia, vado a trovare un collega a Venafro, distante una trentina di chilometri. Ha l'aspetto provato, è stanco. Ha voglia di parlare e di sfogarsi. Fare l'ortopedico lì è come essere in trincea, ti arriva di tutto e lavori in condizioni estreme. Con gente che fuma in sala operatoria. Ogni volta che impianta una protesi, dopo che ha cucito prega Dio perché non subentrino complicazioni e infezioni. Quello che intende lo vedo con i miei occhi lunedì 5 ottobre. Faccio un rapido giro per il reparto. Le camere sembrano supermercati. I comodini faticano a contenere bottiglie, biscotti, patatine

e pasticcini. I medici mi danno subito del collega. Dico che sono troppo buoni e che non merito ancora quel titolo perché devo fare la specializzazione. Non importa, sono molto gentili. Mi invitano nella loro stanza, mi affidano un armadietto e una tuta per la sala operatoria. C'è da correre a fare gli interventi. Ci cambiamo. Nel blocco operatorio ci sono i canonici indumenti monouso. Poi, stranamente, gli spogliatoi sono più avanti nel percorso che porta alle sale operatorie. Le regole vengono molto disattese. L'infermiere che assiste il chirurgo non indossa guanti. Mentre l'operazione è in corso la porta si apre: è un medico in camice bianco e scarpe normali. Rimane sulla soglia a chiacchierare con i colleghi. Torno in reparto. Sul tavolo delta saletta infermieri c'è dell'uva. Il medico mangia e con la stessa mano tocca la medicazione di una donna. Una signora cammina con un mucchio di lenzuola tra le braccia. Ha disfatto lei stessa il letto della figlia. Intanto il medico controlla la mano fasciata di un uomo. Tre dita sono nere, in necrosi. Dai polpastrelli escono fili di ferro. Lui ci infila le mani, che non ha mai lavato dopo avere mangiato l'uva. Rimango solo, mi trovo davanti una signora: «Dottò, stamattina il primario mi ha detto che prima di uscire mi devono togliere questi punti dalla testa. Ma ora lui non c'è più. Che fa, me li toglie lei?». Esito. Poi chiedo a un'infermiera di indicarmi la medicheria perché, specifico bene, devo togliere i punti a quella donna. Entriamo. Faccio accomodare la signora, prendo un paio di strumenti, ci gioco, la guardo e le dico che forse è meglio aspettare il primario. Con la salute della gente è meglio non scherzare»;
quanto sopra riferito è documentato da un video già in rete nel sito blog.panorama.it/italia, la cui autenticità è facilmente verificabile e riscontrabile -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di garantire la sicurezza dei pazienti e più in generale una migliore gestione del rischio clinico, con ciò anche definendo una disciplina più stringente per l'accesso alle strutture sanitarie da parte del pubblico e del personale ivi operante.
(4-05265)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, CECCUZZI, BRANDOLINI, SERVODIO, MARCO CARRA, AGOSTINI, ZUCCHI e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in più occasioni ed anche in sede di audizioni presso la Commissione agricoltura della Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha manifestato la sua determinazione per favorire l'ingresso di giovani in agricoltura;
l'articolo 4-quinques del decreto-legge numero 78 del 2009 (convertito dalla legge numero 102 del 2009) prevede un censimento, da parte dell'Agenzia del demanio, dei terreni incolti di proprietà dello Stato a destinazione agricola. Tali beni verranno ceduti, secondo le linee guida e le modalità fissate da un apposito decreto ministeriale, ai giovani imprenditori agricoli che ne faranno richiesta;
la legge sopracitata dispone inoltre che i giovani imprenditori che riusciranno ad aver accesso ai terreni demaniali potranno usufruire delle agevolazioni previste dal Capo III, del Titolo I («Misure in favore della nuova imprenditorialità in agricoltura») del decreto legislativo del 21 aprile 2000 numero 185;
tale progetto è stato annunciato e sostenuto più volte, negli organi di informazione, dallo stesso Ministro per le politiche agricole e forestali;

lo stesso Ministro ha ritenuto opportuno citare e sponsorizzare il videogioco virtuale «Farmville» considerato dal Ministro «veicolo di promozione delle attività legate al settore agricolo». «Farmville» è una delle simulazioni online di maggiore successo, utilizzato da 35 milioni di utenti di social network nel mondo, e consiste nella gestione di un orto con l'obiettivo di farlo divenire una vera e propria impresa agricola;
è opinione comune che, in questo momento, una delle azioni prioritarie per dare nuovo impulso al settore agricolo sia quello di promuovere l'accesso dei giovani e sostenerne l'attività, Il progressivo abbandono da parte della campagne coltivate ha prodotto infatti, secondo le cifre diffuse da alcune associazioni di settore, cinque milioni gli ettari sottratti all'agricoltura negli ultimi 40 anni;
nel nostro Paese il tasso di ricambio generazionale, nel comparto agricolo, risulta particolarmente basso e difficoltoso: dai dati resi noti recentemente dalle associazioni di categoria risulta infatti che «nell'intero contesto europeo l'Italia ha il minor numero di persone sotto i 35 anni che lavorano in agricoltura»;
i dati relativi all'attività dei giovani nel settore agricolo testimoniano comunque che le aziende, in Italia, a conduzione «under 35» registrano buoni risultati per quanto riguarda l'attività imprenditoriale, la promozione di nuovi sistemi produttivi e soddisfacente penetrazione nei mercati internazionali;
una delle esperienze di particolare rilievo, dal punto di vista sociale, occupazionale ed imprenditoriale, è quello della filiera agricola promossa in conseguenza dell'assegnazione delle terre e dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Aziende, imprese e cooperative agricole dove sono impiegati, in tutta Italia, numerosi giovani agricoltori;
tale esperienza ha dato vita ad una filiera a marchi ed un buon livello di commercializzazione di molteplici prodotti tra cui pasta, pomodoro trasformato, vino;
sono migliaia i beni immobili confiscati che il demanio deve ancora assegnare in gestione. Una delle principali strutture è rappresentata dall'azienda agricola di Suvignano (in provincia di Siena) che presenta una superficie agraria di circa settecentotredici ettari (di cui cinquecentosettanta coltivati a grano duro, orzo e avena) e dispone di tredici immobili ex case coloniche, di un fabbricato ex magazzino, di una ex fornace attualmente adibita ad officina aziendale, di una villa padronale, di un fabbricato in cui è presente la chiesa aziendale, della ex casa canonica attualmente adibita ad agriturismo con quaranta posti letto. Nella stessa azienda sono inoltre presenti circa duemila capi ovini, duecento capi suini, un uliveto di circa cinque ettari e una riserva di caccia;
in virtù di tale patrimonio immobiliare e mobiliare si evince facilmente che l'azienda possa rappresentare una straordinaria opportunità per lo sviluppo sociale, economico ed occupazionale del territorio e per la promozione di attività di carattere didattico e sociale, principi e finalità espresse nella normativa vigente (legge 109 del 1996 e successive modificazioni) che garantisce il riuso sociale dei beni confiscati alla mafia, con ricadute positive per il territorio, per evitare che tali beni possano essere nuovamente acquisiti da soggetti legati ad organizzazioni criminali;
al riguardo va rimarcato che da tempo regione Toscana, provincia di Siena ed amministrazione comunale di Monteroni hanno presentato congiuntamente una candidatura comune per l'assegnazione dell'azienda ed avviato la elaborazione di un apposito piano di sviluppo aziendale contraddistinto da numerosi profili: non soltanto agricoli, zootecnici, agrituristici e venatori ma anche educativi e sociali (caratterizzati dalla promozione e dallo sviluppo della cultura della legalità);
recenti iniziative normative, ove approvate, comporterebbero la modifica del

regime dei beni confiscati alla criminalità organizzata e non ancora assegnati, di fatto compromettendo le finalità e gli obiettivi dell'articolo 4-quinquies del decreto legge n. 78 del 2009, promuovendo la vendita dei beni agricoli e non la loro assegnazione ai giovani imprenditori -:
se il Ministro sia a conoscenza della forte e motivata presenza di giovani nella gestione dei progetti agricoli delle aziende in oggetto, e dei risultati prodotti dalla creazione di una vera e propria filiera agricola dei prodotti provenienti dalle terre confiscate;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere affinché i beni confiscati alla criminalità, quando si tratti di aziende e terreni agricoli, possano continuare ad essere assegnati alle comunità locali, per rappresentare una opportunità di sviluppo sociale, educativo, economico ed occupazionale e valorizzare la filiera agricola sviluppata dall'assegnazione delle terre e dei beni confiscati;
se sia a conoscenza dell'impegno che gli enti territoriali hanno profuso in merito al caso dell'azienda agricola di Suvignano.
(5-02185)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 71 del decreto-legge 112 del decreto-legge 112 del 2008 prevedeva «nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio» e che il Dipartimento della funzione pubblica, con le circolari n. 7 e 8, aveva precisato, che l'articolo 71 operava nei confronti di tutto il personale, anche con qualifica dirigenziale, contrattualizzato e non contrattualizzato;
il Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - ispettorato Generale per gli Ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico, con più circolari tra cui l'ultima del 9 gennaio 2009, nel richiamare il contenuto della citata circolare n. 7/2008 del Dipartimento della funzione pubblica, ha puntualizzato, che per il personale con qualifica dirigenziale, contrattualizzato e non, vanno salvaguardate dalla decurtazione del trattamento economico oltre la retribuzione di posizione parte fissa anche la tredicesima mensilità, la retribuzione individuale di anzianità, eventuali assegni ad personam, e la retribuzione di risultato, lasciando esposta alla detrazione esclusivamente la parte variabile della retribuzione di risultato;
la decurtazione per il personale delle aree funzionali comprende tutte le voci tranne lo stipendio base e che questo genera l'effetto perverso che l'importo della detrazione, nel caso di un giorno di malattia per un direttore generale è simile a quella di un impiegato della III Area;
quanto sopra genera una evidente illogicità sostanziale, nell'applicazione della norma -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere rispetto alle citate problematiche onde riportare una parità di trattamento tra il personale, dirigente e non dirigente, per l'applicazione della norma citata in premessa.
(4-05253)

TESTO AGGIORNATO AL 14 MARZO 2011

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MADIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 8 ottobre 2009 le organizzazioni sindacali nazionali (SLP CISL-SLC CGIL-UILPOST UIL-FAILP-CISAL-SAILP CONFSAL-UGL COM) hanno chiesto un incontro al Vice Ministro allo sviluppo economico sulla situazione delle agenzie private di recapito;
le organizzazioni sindacali chiedevano al vice ministro, vista la direttiva europea che fissa al 1o gennaio 2011 la completa liberalizzazione del mercato postale, un incontro per la concertazione di regole utili alla promozione del mercato e funzionali nel contempo ad un corretto equilibrio tra mercato stesso ed interessi della collettività, anche al fine di evitare eventuali fenomeni di dumping sociale ed industriale;
inoltre le organizzazioni sindacali ritenevano urgente attivare un tavolo tra le parti sociali ai fini della definizione di un contratto di settore che armonizzasse le diverse discipline contrattuali attualmente in vigore;
la richiesta dei sindacati non ha sinora ottenuto risposta dal Governo;
la situazione delle agenzie private di recapito risente molto negativamente della crisi economica;
nell'area romana operano circa 213 imprese di recapito. Il settore occupa circa 350 lavoratori dipendenti e oltre 700 tra Collaboratori con partita IVA e occasionali;
secondo la SLC CGIL di Roma e provincia vi sarebbero diversi situazioni di crisi aziendale: la Romana Recapiti ha 137 lavoratori dipendenti in Cigo a 33 ore da 15 mesi, opera il pagamento degli stipendi in due soluzioni e potrebbe aprire nuove procedure di Cigo per altri 223 lavoratori; Uniposta ha 58 dipendenti in Cigs in deroga dal novembre 2008. È in arretrato con gli stipendi dal mese di settembre; la cooperativa Le Colonnette ha 25 lavoratori dipendenti con Cigs in dal novembre 2009;
secondo le organizzazioni sindacali l'abbassamento progressivo delle tariffe viene quasi completamente coperto dall'abbassamento del costo del lavoro e dall'utilizzo diffuso di forme di contratto diverse dal tempo indeterminato; ciò avrebbe provocato anche un generale abbassamento della qualità dei servizi offerti -:
se il Governo abbia conoscenza delle condizioni del mercato postale in Italia, con particolare riferimento all'area romana;
se il Governo, sulla linea di quanto era stato iniziato dal precedente esecutivo col «memorandum Gentiloni», intenda avviare un tavolo di confronto con le associazioni sindacali e datoriali, inclusa l'azienda Poste italiane, al fine di individuare strategie per salvaguardare i livelli occupazionali del settore, mantenere e rafforzare elementi di concorrenza e definire le regole di accompagnamento al processo di liberalizzazione, in vista del 2011.
(5-02173)

MURGIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il CIPE, con deliberazione del 27 maggio 2005 n. 42, ha autorizzato la stipula del contratto di programma per la realizzazione nella regione Sardegna, comune di Ottana, di un investimento a favore della Società Equipolymers per un importo di 89.990.000 euro comportante un onere totale a carico della finanza pubblica di 36.311.755 euro con l'impegno a garantire la salvaguardia di 122 unità lavorative;

il suddetto contratto di programma è stato sottoscritto in assenza di alcun incremento occupazionale diversamente da quanto di prassi in uso;
la Equipolymers ha incassato 24.000.000 euro nell'anno 2008 e a fine dicembre 2008 ha fatto richiesta al Ministero dello sviluppo economico di incassare anche l'ultima rata di 12.000.000 euro;
in data 28 gennaio 2009 la Equipolymers ha annunciato, solo dopo un mese dalla richiesta di pagamento dell'ultima rata di contributo, la dismissione dell'impianto sito in Ottana;
il Dott. Aldo Livolsi rappresenta i soci di Equipolymers, Dow-Chemical e PIC (Ministero del petrolio del Kuwait), presso il Ministero dello Sviluppo in relazione al processo di eventuale chiusura dello stabilimento;
la regione Sardegna e il Ministero dello sviluppo economico hanno sottoscritto, in data 17 settembre 2009 alla presenza delle organizzazioni sindacali, precisi impegni a non erogare l'ultima rata di contributo se non fosse data certezza di continuità produttiva;
ad oggi non si conosce lo stato della dismissione e risulta in trattativa solamente la joint-venture formata da Paolo Clivati, proprietario della centrale termoelettrica di Ottana e la multinazionale thailandese Indorama;
la Equipolymers ha annunciato la ferma degli impianti il 15 dicembre 2009 senza comunicare alcuna data di riaccensione degli stessi;
la ferma della Equipolymers provocherebbe la chiusura di tutto il polo ex Enichem di Ottana con una perdita di circa 1.000 unità lavorative più l'indotto;
la Equipolymers sta beneficiando di altri aiuti di Stato con ridotti pagamenti di accise e tariffe di servizi -:
quali siano state le ragioni che hanno portato il Ministero dello sviluppo economico, competente alla vigilanza sull'attuazione dei Contratti di Programma, a erogare, contrariamente agli impegni dallo stesso MiSE presi in data 17 settembre 2009, il saldo del pagamento del contributo senza precise garanzie di continuità produttiva;
se il Ministero dello sviluppo economico intenda intraprendere un'azione di revoca per totali 36.000.000 euro, delle agevolazioni concesse in caso di fermata degli impianti e destinare tali risorse agli eventuali acquirenti dello stabilimento Equipolymers;
quali azioni il Ministero dell'interno - per il tramite della prefettura di Nuoro - possa svolgere in relazione al proclamato stato di agitazione dichiarato dalle organizzazioni sindacali in data 26 novembre 2009 ed in cui vengono informate le Istituzioni che «la chiusura delle attività creerà inevitabilmente gravi e irreversibili tensioni sociali con ripercussioni negative sulla coesione sociale del territorio»;
se il Ministero dello Sviluppo economico non ritenga necessario sostenere le aziende che hanno deciso di rischiare e fare impresa industriale nel territorio della Sardegna centrale.
(5-02180)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il servizio «187» di Telecom Italia dovrebbe rispondere a requisiti di chiarezza, correttezza, rispetto di quanto stabilito dalle normative vigenti;
il meccanismo di selezione ed indirizzamento automatico delle chiamate non prevede l'opzione di annullamento e cancellazione o recesso del contratto in essere;
vi sono altre anomalie come frasi tipo «il tempo di attesa è: almeno 4 minuti», affermazione che non contiene il termine massima come invece previsto -:
se il Governo intenda assumere iniziative di carattere normativo, ai fini di

prevedere sanzioni più pesanti e/o altre misure tese a ripristinare livelli qualitativi accettabili per l'utenza.
(4-05247)

GIACHETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalla stampa e in particolare da una rilevazione pubblicata dal Clandestino, il passaggio al digitale nel Lazio ha causato un crollo degli ascolti pari al 9 per cento con punte di quasi il 30 per cento per La7, del 21 per cento per Raitre, del 16 per cento per Italia 1, del l4 per cento per Raiuno;
nel frattempo è raddoppiato l'ascolto della piattaforma satellitare, mentre da giorni continua il flusso di notizie sui pesanti disagi subiti dai cittadini. Nello specifico molti utenti ancora oggi non possono vedere i canali che fino a poco più di una settimana fa vedevano tranquillamente. Gli inserzionisti subiscono danni pesanti che vanno a gravare anche sulle emittenti, in particolare le emittenti più piccole;
inoltre i problemi di interferenze colpiscono anche le regioni vicine al Lazio, in particolare Umbria e Toscana, da dove arrivano segnalazioni di frequenze sovraesposte, e la visione è diventata in alcuni casi impossibile;
appare evidente che si configurano quindi danni pesantissimi agli utenti, alle aziende televisive e agli inserzionisti pubblicitari -:
se non ritenga necessario individuare le responsabilità di una gestione così disastrosa e quali risorse intenda mettere in campo per porre rimedio alla situazione e per risarcire inserzionisti e telespettatori.
(4-05256)

TOMMASO FOTI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 24, comma 35 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (legge finanziaria per il 1998), dispone che: «L'avvenuto pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 e successive modificazioni, è condizione dal 1° gennaio dell'anno successivo all'emissione del bollettino di pagamento, per il rilascio delle certificazioni da parte dell'Ufficio del registro delle imprese»;
la norma sopraccitata è tale da frustrare il sistema di pubblicità istituito delle Camere di commercio allorché la richiesta documentazione si riferisca a società o ditte che hanno omesso di pagare il previsto diritto camerale, con l'aberrante conclusione che i diritti stessi dovrebbero essere corrisposti da coloro che hanno bisogno di avvalersi del sistema di pubblicità, specie in caso di società o imprese in decozione, con completo stravolgimento del sistema di pubblicità -:
quali iniziative normative il Ministro competente intenda attuare per porre rimedio ad una siffatta situazione.
(4-05259)

...

Ritiro di un documento del Sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Esposito n. 4-05224 del 26 novembre 2009.

Trasformazione di documenti del Sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Tommaso Foti n. 5-00236 del 18 luglio 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05259.

interrogazione a risposta in commissione Tommaso Foti e altri n. 5-00986 dell'11 febbraio 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05260.
interrogazione a risposta in commissione Cardinale e Burtone n. 5-01584 del 1o luglio 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05227.
interrogazione a risposta in commissione Tommaso Foti n. 5-01810 del 22 settembre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05261.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Alessandri n. 5-02097 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 245 del 12 novembre 2009. Alla pagina n. 9157, seconda colonna, dalla riga quarantunesima alla riga quarantaduesima, deve leggersi: «se il Ministro non intenda intervenire, anche nell'ambito della conferenza e non se il Ministro non intenda intervenire, anche nell'entrata della conferenza», come stampato.