XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 17 novembre 2009

TESTO AGGIORNATO AL 14 APRILE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
il regolamento CEE n. 2408/92, del Consiglio, del 23 luglio 1992, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie, ha stabilito un'apposita disciplina in materia di oneri di servizio pubblico, definendo come onere di servizio pubblico «qualsiasi onere imposto a un vettore aereo di prendere tutte le misure necessarie, relativamente a qualsiasi rotta sulla quale sia stato abilitato a operare da parte di uno Stato membro, per garantire la prestazione di un servizio che soddisfi determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione, criteri cui il vettore stesso non si atterrebbe se tenesse conto unicamente del suo interesse commerciale»;
il medesimo regolamento ha previsto che uno Stato membro possa imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso;
ai sensi della predetta normativa comunitaria, ai fini dell'imposizione degli oneri di servizio pubblico, gli Stati membri devono tener conto di una serie di parametri e in particolare: del pubblico interesse; della possibilità, in particolare per le regioni insulari, di ricorrere ad altre forme di trasporto e dell'idoneità di queste ultime a soddisfare il concreto fabbisogno di trasporto; delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti; dell'effetto combinato di tutti i vettori aerei che operano o intendono operare sulla rotta;
laddove altre forme di trasporto non possano garantire servizi adeguati e ininterrotti, gli Stati membri interessati possono prescrivere, nell'ambito degli oneri di servizio pubblico, che i vettori aerei che intendono operare sulla rotta garantiscano tale prestazione per un periodo da precisare, conformemente alle altre condizioni degli oneri di servizio pubblico;
il regolamento ha stabilito altresì che l'accesso ad una rotta, sulla quale nessun vettore aereo abbia istituito o si appresti a istituire servizi aerei di linea conformemente all'onere di servizio pubblico imposto, possa essere limitato dallo Stato membro ad un unico vettore aereo per un periodo non superiore a tre anni, al termine del quale si procederà ad un riesame della situazione;
l'articolo 4 del regolamento ha previsto quindi un meccanismo in due fasi: nella prima fase, (paragrafo 1, lettera a) lo Stato membro interessato impone oneri di servizio pubblico su una o più rotte accessibili a tutti i vettori comunitari, a condizione che essi rispettino i suddetti oneri. Se nessun vettore si presenta per gestire tale rotta onerata, lo Stato membro può passare ad una seconda fase (paragrafo 1, lettera d) che consiste nel limitare l'accesso della rotta ad un solo vettore, selezionato sulla base di una gara d'appalto comunitaria, per un periodo massimo di tre anni, rinnovabile. Il vettore designato può allora ricevere una compensazione;
l'articolo 36 della legge n. 144 del 1999 ha recato la disciplina della continuità territoriale per la Regione Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, prevedendo che il Ministro dei trasporti e della navigazione, con proprio decreto, stabilisca gli oneri di servizio pubblico relativamente ai servizi aerei di linea effettuati tra gli scali aeroportuali della Sardegna e delle isole minori della Sicilia e i principali aeroporti nazionali;
come previsto dal citato articolo 36, la determinazione dei contenuti degli oneri

di servizio pubblico deve avere luogo, senza oneri per il bilancio dello Stato, in conformità alle conclusioni di una conferenza di servizi tra le regioni interessate e le pubbliche amministrazioni competenti, indetta e presieduta dai Presidenti delle regioni interessate, che individua gli aeroporti nazionali interessati e deve altresì indicare: le tipologie e i livelli tariffari; i soggetti che usufruiscono di sconti particolari; il numero dei voli; gli orari dei voli; i tipi di aeromobili; la capacità di offerta;
il medesimo articolo stabilisce che, qualora nessun vettore istituisca servizi di linea con assunzione di oneri di servizio pubblico, sia indetta dal Ministro dei trasporti e della navigazione, d'intesa con i Presidenti delle regioni Sardegna e Sicilia, una gara d'appalto europea per l'assegnazione delle rotte;
con decreto del Ministro dei trasporti 1o agosto 2000, successivamente modificato limitatamente all'importo delle tariffe, dal decreto del ministro dei trasporti 21 dicembre 2000, sono stati imposti oneri di servizio pubblico su sei rotte tra gli aeroporti della Sardegna e quelli di Roma e Milano;
con decreto del Ministro dei trasporti 8 novembre 2004 è stato previsto un nuovo regime relativo agli oneri di servizio pubblico sulle rotte aeree con la Sardegna, che ha individuato diciotto rotte e relativi oneri, precisando che esse costituivano un unico pacchetto che doveva essere accettato interamente ed integralmente dai vettori interessati senza compensazioni di qualsivoglia natura o provenienza;
a seguito della decisione del tribunale amministrativo regionale del Lazio del 17 marzo 2005, le autorità italiane hanno sospeso l'efficacia del suddetto decreto;
anche sulla base degli esiti della conferenza di servizi, nella quale era stata chiesta una sostanziale modifica del contenuto della precedente imposizione di oneri, il successivo decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti 15 novembre 2005 ha abrogato il decreto 8 novembre 2004, stabilendo di procedere ad una integrale riformulazione dell'intero contenuto del provvedimento;
il regime di continuità territoriale previsto dai decreti del ministro dei trasporti del 2000 è stato quindi, di fatto, prorogato ben oltre la data prestabilita, provocando tuttavia una sostanziale alterazione del principio iniziale, senza tenere conto del nuovo scenario del mercato aereo, né delle diverse esigenze della regione Sardegna in ordine alla stessa continuità territoriale;
da ultimo i decreti del Ministero dei trasporti 29 dicembre 2005 n. 35 e n. 36, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 gennaio 2006, hanno imposto oneri di servizio pubblico complessivamente su 16 collegamenti tra i tre scali aeroportuali della Sardegna e una serie di aeroporti nazionali, più ampia che in precedenza e comprensiva, oltre che degli aeroporti di Roma e Milano, anche degli aeroporti di Bologna, Torino, Firenze, Verona, Napoli e Palermo;
la nuova disciplina in materia di continuità territoriale con la Sardegna è stata peraltro oggetto di penetranti rilievi da parte della Commissione europea che, con decisione del 23 aprile 2007, n, 332, è intervenuta sull'imposizione degli oneri di servizio pubblico su talune rotte da e per la Sardegna, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento CEE n. 2408/92; la Commissione europea, nel riconoscere la necessità che i collegamenti aerei con la Sardegna siano sottoposti al regime degli oneri di servizio pubblico in ragione dell'insularità e dell'assenza di effettivi mezzi di trasporto alternativi, con la propria decisione ha tuttavia richiesto che l'applicazione dei citati decreti ministeriali n. 35 e 36 del 2005 abbia luogo alle seguenti condizioni:
a) i vettori aerei che intendono rispettare gli oneri di servizio pubblico operano la rotta interessata, a prescindere dal momento in cui essi hanno notificato la loro intenzione di iniziare a prestare i loro servizi, e dalla data in cui è stata trasmessa tale notifica;

b) i vettori aerei non sono vincolati ad una continuità di servizi, nel quadro degli oneri di servizio pubblico, superiore ad un anno;
c) le autorità italiane si impegnano a riesaminare la necessità di mantenere l'imposizione di oneri di servizio pubblico su una rotta, nonché il livello degli oneri imposti a ciascun vettore, quando un nuovo vettore inizia ad operare, o notifica la sua intenzione di operare su tale rotta e, in ogni caso, una volta l'anno;
d) le autorità italiane si impegnano a non impedire a vettori aerei di prestare servizi sulle rotte interessate al di là delle esigenze minime, per quanto riguarda le frequenze e le capacità previste dagli oneri di servizio pubblico;
e) i vettori aerei non hanno l'obbligo di offrire tariffe agevolate ai nati in Sardegna, anche se residenti fuori Sardegna;
f) le autorità italiane si impegnano a non subordinare il diritto di prestare servizi su una rotta tra due città all'obbligo di operare un'altra rotta tra due città;
il successivo decreto del Ministro dei trasporti 3 luglio 2007, n. 87-T ha modificato il precedente decreto 29 dicembre 2005 n. 35, sottoponendo al regime degli oneri di servizio pubblico i soli aeroporti di Roma Fiumicino e di Milano Linate;
il decreto del Ministro dei trasporti 1o agosto 2007, n. 117-T ha abrogato, a decorrere dal 26 ottobre 2008, il decreto 29 dicembre 2005, n. 35, che imponeva gli oneri di servizio pubblico tra i tre aeroporti sardi e gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, in vista degli esiti di una nuova conferenza di servizi che determinasse, anche in relazione alle valutazioni espresse dalla Commissione europea, il contenuto della nuova imposizione di oneri di servizio pubblico sulla regione Sardegna;
il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 5 agosto 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199, del 23 agosto 2008, ha imposto, a decorrere dal 27 ottobre 2008, oneri di sevizio pubblico tra i tre aeroporti sardi e gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, tenendo conto delle valutazioni espresse in sede comunitaria e delle risultanze della conferenza di servizi riunitasi con il compito di modificare l'assetto della continuità territoriale della regione Sardegna, alla luce della decisione della Commissione europea del 23 aprile 2007, prevedendo che le tariffe onerate agevolate ammontino, rispettivamente, ad euro 49 per i collegamenti con l'aeroporto di Roma Fiumicino ovvero ad euro 59 per i collegamenti con l'aeroporto di Milano Linate, comprensive di IVA ed al netto delle tasse ed oneri aeroportuali;
il predetto decreto ministeriale ha previsto una procedura tesa a modificare le tariffe in caso di rilevanti scostamenti, rilevati trimestralmente, del costo del carburante e/o del rapporto di cambio euro/dollaro USA; in base ad un'istruttoria effettuata da ENAC, le cui risultanze sono state esaminate in data 30 settembre 2009 da ENAC, Regione Sardegna e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le tariffe per le categorie agevolate sono state rimodulate nel modo seguente: 41 euro per i collegamenti con l'aeroporto di Roma Fiumicino e 50 euro per i collegamenti con gli aeroporti di Milano Linate;
in base alla risposta resa in data 29 ottobre 2009 dal sottosegretario Reina alle interrogazioni a risposta in Commissione n. 5-01647, 5-01838 e 5-02000, svolte congiuntamente, non risulta ancora inviata dall'ENAC la comunicazione alle compagnie aeree in ordine al ribasso delle tariffe agevolate che le compagnie medesime sono tenute ad operare in conseguenza alla verifica operata;
da ultimo il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 marzo 2009, considerata la necessità di uniformarsi alla decisione della Commissione

europea per quanto riguarda l'individuazione delle categorie di passeggeri a cui è riservata la tariffa agevolata, ha modificato il precedente decreto ministeriale n. 36 del 2005, relativo agli oneri di servizio pubblico tra i tre aeroporti della Regione Sardegna e altri aeroporti nazionali diversi da Roma Fiumicino e Milano Linate, precisando che tali tariffe sono applicabili a: residenti in Sardegna; disabili; giovani dai 2 ai 21 anni; anziani al di sopra dei 70 anni; studenti universitari fino al compimento del 27o anno di età (queste ultime tre categorie senza alcuna discriminazione legata al luogo di nascita, di residenza e nazionalità);
occorre rilevare che la mancata estensione della continuità territoriale a tutti i cittadini europei in transito dagli aeroporti italiani verso e dalla Sardegna costituisce una grave discriminazione ai danni della regione, a causa degli svantaggi permanenti derivanti dalla sua insularità, e viola il diritto alla mobilità verso territori disagiati;
l'applicazione della tariffa agevolata ai soli residenti in Sardegna colpisce in particolar modo i cittadini europei emigrati dalla Sardegna che non possono mantenere i legami con la propria terra di origine a causa dei costi elevati che caratterizzano il trasporto da e verso la regione;
ulteriori disagi e penalizzazioni derivano dal fatto che l'obbligo per cui, ai sensi della convenzione stipulata tra l'Enac e le compagnie aeree, in ottemperanza a quanto previsto dal punto 4.3 del bando di gara, i posti a tariffa agevolata non sono sottoposti ad alcuna limitazione e alla tariffa medesima non si possono applicare restrizioni, né penali risulta largamente disatteso dalle compagnie aeree;
le compagnie aeree, infatti, arbitrariamente limitano i posti a tariffa agevolata ed emettono biglietti a tariffa intera a cittadini residenti in Sardegna, riservandosi la definizione di eventuali e arbitrari sconti, senza prevedere, per le tariffe non agevolate, gli scaglioni previsti dalla normativa al fine di conseguire un prezzo medio di vendita significativamente inferiore alla tariffa massima non agevolata; tale comportamento provoca un grave danno economico ai cittadini sardi che sono costretti, per palese violazione delle norme contrattuali, a sopportare costi non dovuti con un conseguente illegittimo arricchimento delle compagnie aeree;
come effetto di questa situazione, le tariffe per i cittadini non residenti risultano insostenibili e raggiungono cifre inaccettabili, tipiche di un regime monopolistico, e il comportamento delle compagnie aeree rende evidente come l'attuale modello di continuità territoriale sia diventato sempre di più un ostacolo alla libertà di movimento dei cittadini da e verso la Sardegna piuttosto che un fattore di riequilibrio;
occorre inoltre segnalare che appare grave e lesivo dei più elementari diritti di movimento e di libertà di circolazione, che ai cittadini sardi malati e obbligati a viaggiare in barella, sia applicata la tariffa agevolata per uno solo dei quattro biglietti che le compagnie obbligano ad acquistare in tale circostanza;
risulta inaccettabile che un cittadino sardo residente debba pagare quattro biglietti, di cui tre per non residenti, per potersi recare in un centro specializzato a curarsi; questo rappresenta un caso emblematico di un modello di continuità territoriale che deve essere radicalmente modificato senza ulteriori ritardi;
in generale, infine, un grave ostacolo all'attuazione della continuità territoriale con la Sardegna è rappresentato dal trasferimento alla regione delle relative funzioni, senza una revisione della normativa che disciplina la continuità territoriale e senza il trasferimento di apposite risorse;
l'articolo 1, comma 837 della legge 29 dicembre 2006, n. 296, ha previsto che le funzioni relative alla continuità territoriale vengono trasferite alla Regione Sardegna e il successivo comma 840 ha stabilito

che per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite ai sensi del comma 837 rimangano a carico dello Stato;
tale modifica, che ha assegnato alla regione autonoma Sardegna la competenza della continuità territoriale, non ha modificato le norme che regolano la continuità territoriale in base all'articolo 36 della legge n. 144 del 1999;
il trasferimento di competenze in ordine alla continuità territoriale desta preoccupazione in quanto non appaiono definite in termini puntuali le competenze conferite alla regione Sardegna, e comunque non sembra corretto che la regione Sardegna provveda, con risorse proprie, alla continuità territoriale, stante che il riequilibrio territoriale è un obiettivo riconosciuto dall'Unione europea, e cui lo Stato è chiamato far fronte con propri stanziamenti e intervenendo in via diretta, come attualmente previsto dall'articolo 36 della legge n. 144 del 1999,

impegna il Governo:

1) ad avviare un immediato confronto per ridefinire la disciplina della continuità territoriale, superando quella vigente, che risulta inadeguata sia sotto il profilo concettuale che sotto quello dei servizi e dei costi, per pervenire a un modello di continuità territoriale intesa come un fattore di riequilibrio di condizioni permanenti di svantaggio derivanti dall'insularità e di garanzia del diritto alla mobilità per i territori svantaggiati;
2) in particolare, ad assumere le appropriate iniziative per definire e attuare una continuità territoriale che, tenendo conto del processo di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo:
a) preveda un maggior numero di voli e di rotte aeree da e per la Sardegna e consenta di avere più operatori sulla stessa rotta;
b) determini, sulla base del principio di riequilibrio legato alle condizioni insulari della Sardegna, una tariffa massima a cui si applichi il regime degli oneri di servizio pubblico, applicando, come parametro, le condizioni più favorevoli del costo ferroviario;
c) consenta a tutte le compagnie aeree di poter viaggiare sulle rotte di collegamento con i tre aeroporti della Sardegna, proponendo, nell'ambito di una situazione di concorrenza, ribassi rispetto alla tariffa massima prestabilita in relazione agli oneri di servizio pubblico;
3) ad assumere le appropriate iniziative per estendere il regime di continuità territoriale a tutti i cittadini nati in Sardegna, anche se residenti altrove in Italia o all'estero, ovvero, in ottemperanza al principio di non discriminazione riaffermato dalla decisione della Commissione n. 2007/332/CE, del 23 aprile 2007, a prevedere che a tutti i cittadini residenti nel territorio nazionale ed europeo che intendano effettuare voli da e per la Sardegna, sia applicata la tariffa sottoposta ad onere di servizio pubblico, in modo da garantire il rispetto del principio di riequilibrio territoriale in relazione all'insularità della regione;
4) a proporre una puntuale definizione delle competenze dello Stato e della regione Sardegna relativamente alla continuità territoriale, in relazione al trasferimento alla regione Sardegna delle funzioni in materia, disposto dall'articolo 1, comma 837, della legge 29 dicembre 2006, n. 296, e a individuare le risorse necessarie per l'esercizio di tali funzioni;
5) ad assicurare che gli enti competenti in materia di vigilanza sul trasporto aereo comunichino tempestivamente alle compagnie aeree, le nuove e più basse tariffe di trasporto aereo per i cittadini residenti in Sardegna, applicabili a seguito delle risultanze emerse dall'istruttoria effettuata da ENAC in merito alla revisione delle tariffe prevista dal paragrafo 5.6. dell'Allegato del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 5 agosto 2008, e verifichino che le compagnie aeree pratichino tariffe scaglionate per i cittadini

non residenti, al fine di rimuovere in tempi rapidi ogni ostacolo alla corretta attuazione della continuità territoriale da e per la Sardegna;
6) a rivedere, anche in ragione dell'impegno assunto dal rappresentante del Governo nelle dichiarazioni rese presso la IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) in data 29 ottobre 2009, la disciplina del trasporto dei passeggeri che necessitano della barella, in particolare per quanto riguarda la tariffa agevolata applicabile, e a verificare il corretto operato delle compagnie aeree.
(7-00226) «Nizzi, Pili, Meta, Velo, Lovelli, Ginefra, Palomba, Murgia, Mereu, Vella».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'azienda HP-des ha aperto in data 11 settembre 2009, la procedura di licenziamento collettivo che ha coinvolto un totale di 130 risorse a livello nazionale e in particolar modo in Calabria (con sede di lavoro a Tiriolo frazione Sarrottino, palazzo Telecom;
i 130 lavoratori sono stati assunti in Telecom con anzianità media di servizio di 20/22 anni in qualità di impiegati di concetto;
nel 1986, quando in ambito Telecom Italia si è costituito il settore informativo che gestiva le infrastrutture informatiche in ambito aziendale, le risorse sopracitate appartenevano al settore denominato GISP ed erano inquadrati come assistenti specialisti di VI livello con mansioni di coordinamento delle attività;
il 16 aprile del 2003, senza alcun consenso da parte dei lavoratori, gli stessi sono stati esternalizzati (venduti) da Telecom s.p.a. verso un'azienda creata ad hoc (circa un anno prima) denominata HP-DCS con sede amministrativa/legale in Roma. Tale azienda ha lavorato con commessa Telecom Italia, in pratica i lavoratori hanno continuato a lavorare per la cedente sotto forma di manutentori esterni;
dal 6 aprile 2003 i lavoratori si sono adoperati in tutti i modi per attuare azioni pacifiche che potessero contrastare tale ambigua esternalizzazione, ma con esito negativo;
i lavoratori, non avendo ricevuto riscontri positivi, nell'anno 2003 hanno intentato causa contro Telecom Italia s.p.a, conclusasi in data 27 febbraio 2008 con sentenza n. 2748/04 emessa dal tribunale di Catanzaro a favore di alcuni dei lavoratori con la motivazione di dichiarata inefficacia della cessione intervenuta il 16 aprile 2003 nei confronti dei ricorrenti e per l'effetto è stato dato ordine al ripristino del loro rapporto di lavoro con l'attuale Telecom Italia s.p.a. con le stesse o equivalenti mansioni e retribuzione dalla data antecedente la cessione suddetta;
il tribunale di Catanzaro, con decreto ingiuntivo, ha condannato Telecom al pagamento degli stipendi dalla data della sentenza, ma nonostante tutto Telecom Italia s.p.a. non ha ottemperato alle disposizioni dei giudici -:
quali urgenti iniziative di competenze intendano adottare per favorire il reintegro nella società Telecom Italia s.p.a dei lavoratori citati in premessa, in linea con quanto stabilito dal tribunale di Catanzaro con la sentenza n. 2748 del 2004 che sancisce il ripristino del rapporto di lavoro con la Telecom Italia s.p.a. -:
quali tutele intendano attivare a favore dei soggetti interessati, per sanare le

conseguenze dell'esternalizzazione avvenuta ad opera dell'azienda HP-dcs solo per «accogliere» i lavoratori e poter più liberamente procedere al loro licenziamento.
(3-00773)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è in atto da parte di alcune compagnie aeree la pratica elusiva di immatricolare i velivoli in stati europei con una bassa aliquota di tassazione dei redditi societari;
risulterebbe che sia Alitalia sia CAI hanno immatricolato parecchi aeromobili in Irlanda;
tale comportamento sarebbe ad avviso assai grave, sia perché si tratterebbe di pratica elusiva poco sostenibile, sia perché Alitalia è tuttora pubblica, sia perché CAI ha più volte sbandierato la propria «italianità» -:
se la pratica elusiva citata in premessa è effettivamente utilizzata dalle compagnie aeree, e da quali;
nell'ambito delle proprie competenze il Governo intenda intervenire al fine di recuperare le somme eluse indebitamente o evase.
(4-05042)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Valcalepio è un'amena valle bergamasca ove trovano collocazione numerosi castelli ed edifici storici, la millenaria abbazia di Pontida, la casa natale di Papa Giovanni XXIII, l'abbazia di Sant'Egidio, la cappella di Santa Barbara in Villa Suardi e numerose altre realtà architettoniche e storiche di rilievo;
la Valcalepio è un'area rinomata sia per le bellezze naturalistiche e del paesaggio, sia per la produzione di vini, con marchio Valcalepio Docg di altissima qualità, conosciuta in tutto il mondo sia per il bianco, sia per il rosso, sia per il moscato;
numerosi prodotti tipici realizzati con metodi tradizionali e perfettamente biocompatibili rendono le valli bergamasche e la Valcalepio in particolare un luogo eccezionale per la nostra tradizione alimentare: tra le molte eccellenze si segnalano molti rinomati e famosi formaggi come il gorgonzola, il taleggio, i caprini oppure il cotechino della bergamasca o il branzi o l'agrì di valtorta o l'olio sebino;
nelle valli bergamasche ed in particolare in Valcalepio sono diffusi molti piatti tipici, tra i quali la «polenta e osèi», «casonsèi de la bergamasca», «scarpinocc de Par», «strangolapreti», frittata di erbe fini, torta «smaiasa» e molti altri, che rendono di fatto unica e straordinaria la tradizione gastronomica;
in tutta la Valcalepio nel periodo aprile-ottobre si svolgono numerosissime manifestazioni anche eno-gastronomiche, tra le quali la rievocazione in costumi storici del giuramento di Pontida del 1167 a Pontida e la festa del borgo storico con sfilata in costume d'epoca a Grumello del Monte;
nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione universale ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione della Valcalepio a pochi chilometri dal sito dell'Expo e la sua tradizione agricola e industriale al centro delle valli bergamasche, unitamente alle peculiarità sopra citate la rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento della stessa relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria

ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura enogastronomica della Valcalepio;
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A., intenda attuare al fine di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Valcalepio nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015.
(4-05049)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
lo splendido comune di Sirmione (Brescia) rappresenta una delle maggiori attrazioni turistiche del lago di Garda ed è fonte notevole di economia per tutti i comuni lacuali del bresciano;
rinomata stazione termale e di soggiorno fin dall'antichità, il comune di Sirmione ha uno splendido lungolago ed è ricco di numerosi parchi e giardini oltre ad edifici e reperti storici, tra i quali:
le grotte di Catullo, che sorgono sulla punta estrema della penisola di Sirmione e consistono nei resti di una grandiosa villa di epoca romana con eccezionali reperti storici ben conservati;
la duecentesca rocca scaligera, perfettamente conservata e interamente circondata dalle acque;
la chiesa di Santa Maria Maggiore, risalente al 1400;
il complesso delle terme alimentato dalle acque della fonte di Botola che sgorgano naturalmente alla temperatura di 69 gradi;
il turismo generato dai visitatori di Sirmione è importante per molti comuni del bacino del Garda e per molta parte dell'economia del bresciano in genere;
nel 2015 a pochi chilometri da Sirmione si svolgerà l'Expo 2015 -:
se e come il Governo, condividendo l'importanza del patrimonio storico, architettonico, artistico, termale e culturale del Comune di Sirmione (Brescia) e la sua importanza turistica, intenda supportare le istituzioni locali sia dal punto di vista economico, sia da quello del sostegno promozionale, tecnico e storico, nello sforzo di mantenere e se possibile incentivarne lo sviluppo, anche eventualmente attraverso l'adozione di misure straordinarie;
se e quali iniziative il Ministero, anche per tramite della locale Soprintendenza, abbia attuato finora,stia attuando e abbia in animo di attuare a sostegno del citato patrimonio;
se e quali iniziative il Governo, eventualmente anche in concomitanza alla realizzazione dell'Expo 2015 - intenda attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali del bresciano ed in particolare il comune di Sirmione, ai fini di promuovere la fruizione dell'immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale citato in premessa e svilupparne le potenzialità turistiche.
(4-05050)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da un anno si assiste ad una crescente escalation di violenze nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), in particolare nei distretti di Haut-Uélé e di Bas-Uélé;

il gruppo ribelle ugandese Lord's Resistance Army (LRA) e le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR) hanno scatenato un'offensiva contro le forze armate congolesi e ugandesi, perpetrando violenze di ogni genere e nefandezze contro la popolazione civile;
la popolazione si trova costretta alla fuga, abbandonando le proprie case e i villaggi, e determinando assembramenti alle periferie delle città di Gangala e Banda, ma, anche nell'area di Dungu, Dingila e Niagara, dove migliaia di sfollati si sono accampati privi di ogni assistenza e di generi di prima necessità;
la stessa UNHCR (l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati) ha difficoltà, come pure le organizzazioni non governative, nel portare aiuti alle popolazioni, sia per motivi, geografici, sia per i continui attacchi del LRA e del FDLR che ostacolano le missioni umanitarie e aggrediscono i convogli, distruggendo i carichi e mettendo a rischio anche l'incolumità degli operatori umanitari -:
quali urgenti iniziative umanitarie, politiche e diplomatiche si intendano adottare per la pacificazione dell'area e per fornire adeguati interventi di soccorso alle suddette popolazioni;
quali interventi - autonomi o di concerto con l'Unione europea - si intendano attuare in sede ONU, affinché la presente emergenza umanitaria venga adeguatamente affrontata a livello internazionale.
(4-05033)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 4 dicembre 2008 il Sottosegretario Roberto Menia rispondeva all'atto di sindacato ispettivo 5/00090 presentato dall'interrogante;
nella risposta si affermava «...ad ogni buon fine, si rappresenta che la questione è attentamente monitorata dal Ministero dell'ambiente e dal Dipartimento delle politiche comunitarie in quanto la Commissione europea ha aperto un caso proprio sul cementificio Isola delle femmine, chiedendo di ricevere informazioni in merito sia alla autorizzazione all'esercizio dell'impianto ed alle misure adottate per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera e gli scarichi idrici, sia sullo svolgimento della valutazione di incidenza delle attività autorizzate sui siti di interesse comunitario. Le informazioni richieste sono state inoltrate alla Commissione europea in data 30 settembre 2008. Da ultimo, è a disposizione dell'interrogante copia dell'Autorizzazione Integrata Ambientale di cui trattasi, fatta pervenire dalla Regione Siciliana, dove sono indicate analiticamente tutte le prescrizioni dettate alla cementeria, le norme di legge che regolano la materia e l'elenco della documentazione a supporto del rilascio dell'autorizzazione stessa»;
l'articolo 7 del D.S.R. n. 693, relativo agli impianti di cementeria dell'Italcementi ad Isola delle Femmine in provincia di Palermo, prevede l'installazione di due stazioni di rilevamento della qualità dell'aria da affidare in gestione all'ARPA, con oneri a carico dell'azienda Italcementi;
sempre secondo quanto stabilito dall'articolo 7 del D.S.R. n. 693, la dotazione delle stazioni, la loro ubicazione e le modalità tecniche di funzionamento delle centraline debbono essere oggetto di un apposito protocollo operativo da definirsi entro 30 giorni dal rilascio dell'AIA tra Italcementi, Servizio 3 dell'Assessorato Regionale al Territorio ed all'Ambiente (ARTA), ed enti locali interessati;
l'amministrazione comunale di Isola delle Femmine ha convocato dei tavoli

tecnici nelle date, 22 settembre 2008, 13 ottobre 2008, 15 dicembre 2008, 13 gennaio 2009, 27 gennaio 2009;
è prevista l'installazione di quattro campionatori automatici sequenziali per la misura del PM10, forniti di membrane successivamente analizzabili per la determinazione dei microinquinanti, ed un campionatore ad alto volume per il rilievo di PCDD/F;
tali campionatori saranno posizionati come segue: tre ad Isola delle Femmine ed uno a Capaci;
a tal fine, secondo nota del comune di Isola delle Femmine prot. 3849, 26 febbraio 2009, sono stati individuati alcuni possibili siti per la localizzazione di detti campionatori. Ne sono stati individuati sei nel territorio di Isola delle Femmine e due nel territorio di Capaci;
l'azienda Italcementi nel verbale di sopralluogo dell'Arpa del 16 marzo 2009, dichiara «di avere provveduto all'acquisto dei campionatori sequenziali, che sono attualmente disponibili presso la cementeria»;
in data 8 aprile 2009 Arpa Sicilia con prot. 0659, richiedeva ad Italcementi «di conoscere lo stato di avanzamento delle attività relative (al posizionamento dei campionatori automatici sequenziali), ed in particolare se si sia predisposto, raccordandosi con il dipartimento ARPA di Palermo, il piano dei costi relativo alle attività che il dipartimento dovrà svolgere relativamente alle attività di monitoraggio della qualità dell'aria ciò al fine di poter predispone uno schema di convenzione»;
nel corso del tavolo tecnico del 20 maggio 2009, il dottor Cutino (presidente della commissione ambiente del consiglio comunale di isola delle Femmine ed oggi assessore al ramo) lamentava «il ritardo nella tempistica prevista» dal decreto di AIA, «e contesta i ritardi riscontrati nell'approvazione del piano di monitoraggio che doveva essere propedeutico all'AIA». Inoltre «chiede al Sindaco, a tutela della cittadinanza che rappresenta, di farsi promotore verso il servizio 2 VIA-VAS dell'ARTA per verificare quanto la mancata attuazione delle prescrizioni AIA nella tempistica prevista, possa inficiare la validità del decreto AIA e quali misure il competente il servizio 2 ritenga di mettere in atto al fine di garantire il rispetto di tutte le prescrizioni tecniche programmate dal decreto AIA»;
nello stesso incontro del 20 maggio 2009 il direttore dell'impianto Italcementi «ribadisce l'intenzione di installare da subito i campionatori sequenziali e chiede all'amministrazione comunale la disponibilità dei siti individuati», il Sindaco del comune di Isola delle Femmine, in risposta «che i siti individuati il 27 gennaio 2009 erano e sono attualmente disponibili;
si rilevano dubbi sulla validità del decreto di Aia di cui al D.S.R. n. 693 del 18 luglio 2008 alla luce del mancato posizionamento dei campionatori sequenziali;
non si conoscono allo stato attuale: quali siano le misure messe in atto dal servizio 2 dell'ARTA al fine di garantire il rispetto di tutte le prescrizioni tecniche programmate dal decreto AIA; quali e di chi siano le responsabilità nella mancata osservanza dei termini prescritti dall'Aia di cui al D.S.R. n. 693 del 18 luglio 2008; quali tempi siano attualmente previsti per detto posizionamento -:
se non intenda il Ministro, per quanto di sua competenza e alla luce dell'impegno assunto in risposta all'interrogazione 5/00090, verificare cause e tempi del mancato posizionamento dei campionatori sequenziali.
(5-02117)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
uno degli impegni più rilevanti affermati da questo Governo è quello di garantire

e di promuovere, nel rispetto del principio della massima trasparenza, i processi di liberalizzazione e di concorrenza nel campo delle attività di impresa, soprattutto nel settore delle aziende di servizio agli enti locali;
l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) negli anni 2006/2009 ha sottoscritto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare varie convenzioni (Monitor, Monitor 2, ambiente in comune) per un importo complessivo di oltre 15 (quindici) milioni di euro, e risulta all'interrogante che tali finanziamenti statali siano stati oggetto di successive assegnazioni ad enti terzi;
risulterebbe, in particolare, che il progetto «Monitor 2», pari a oltre 7 milioni di euro, sia stato attribuito da Anci ad Ancitel, da questa ad Ancitel Energia e Ambiente ed infine da quest'ultima oltre il 30 per cento del valore del finanziamento alla società Fenit SpA;
appare necessario acquisire dati sull'utilizzo delle citate risorse, con particolare riferimento all'impiego delle stesse da parte di soggetti terzi;
allo stesso tempo risulta che il vice presidente di Ancitel sia anche il responsabile Anci del settore ambiente ed energie, nonché il presidente ed amministratore delegato di Ancitel Energia e Ambiente srl e ciò pone un problema non solo di opportunità, ma anche di correttezza e di trasparenza amministrativa -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative e controlli intendano porre in essere al fine di assicurare che l'erogazione e l'utilizzo dei fondi statali per gli scopi di cui in premessa siano improntati a criteri di trasparenza e risultino coerenti con le finalità assegnate a tali finanziamenti pubblici, evitando ogni forma di «intermediazione», dannosa innanzitutto agli enti beneficiari ultimi, ovvero i comuni.
(4-05055)

RUBINATO, REALACCI, VIOLA, BARETTA, MURER e MARTELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 6 settembre 2005 Unindustria Treviso, per il tramite della società «Iniziative Ambientali S.r.l.», ebbe a presentare alla regione Veneto un primo progetto per un sistema di termovalorizzazione, alimentato con rifiuti speciali non pericolosi, che prevedeva la costruzione di due impianti gemelli, da localizzarsi nei Comuni di Silea e Mogliano Veneto, posti a 10 km di distanza circa, in grado di smaltire 250.000 tonnellate/anno di rifiuti speciali ciascuno per complessive 500.000 tonnellate/anno;
successivamente, in data 1o ottobre 2008 Iniziative Ambientali srl ha presentato una nuova richiesta di autorizzazione o approvazione definitiva del Sistema di termovalorizzazione alimentato con rifiuti speciali non pericolosi, costituito sempre dai due impianti da ubicarsi nei Comuni di Mogliano Veneto e di Silea, contestualmente al giudizio di compatibilità ambientale, ai sensi dell'articolo 11, comma 1 e dell'articolo 23 della legge regionale 26 marzo 1999, n 10, depositando gli elaborati di progetto e del SIA, datati luglio 2008;
anche il nuovo progetto prevede che ciascuno dei due impianti, con la medesima tecnologia che si applica dal 2001 nell'impianto di Dalmine (Brescia), bruci 250.000 tonnellate l'anno di una enorme gamma di rifiuti, con una media giornaliera di circa 770 tonnellate di rifiuti e di circa 200 tonnellate di scorie da dover smaltire in altri impianti; si può calcolare che vi saranno quindi almeno 70 autotreni al giorno che trasportano rifiuti da bruciare e 20 autotreni al giorno che portano via i rifiuti bruciati, con notevoli problemi per la viabilità; i fumi scaricati in atmosfera saranno più di 13 milioni di metri cubi al giorno e avranno una ricaduta su

un raggio di circa 10 Km dall'impianto; le polveri sottili (che contengono diossina, piombo e altri metalli pesanti) saranno circa 360 tonnellate l'anno (cioè una tonnellata al giorno);
tale progetto è attualmente sottoposto all'istruttoria preliminare da parte della struttura regionale competente per la VIA ai sensi dell'articolo 13 della legge regionale n. 10 del 1999;
la commissione regionale di valutazione di impatto ambientale del 29 luglio 2009 ha stabilito di escludere dall'elenco di cui all'articolo 23 della legge regionale n. 10 del 1999 e dunque dal procedimento i comuni di Roncade (dal cui confine l'impianto di Silea dista poco più di 300 metri in linea d'aria) Casier, Carbonera e Treviso, enti locali che tuttavia sicuramente risentirebbero degli impatti ambientali causati dall'impianto medesimo soprattutto in ordine alla ricaduta delle emissioni inquinanti, e ciò in contrasto anche con quanto dispone la Convenzione di Aarhus, resa esecutiva nel nostro ordinamento con legge n. 108 del 2001, in ordine alla partecipazione delle comunità locali e dei cittadini alle decisioni in materia ambientale;
il progetto di Unindustria Treviso si colloca al di fuori di qualsiasi programmazione provinciale e regionale, atteso che ad oggi manca in Veneto una pianificazione regionale in materia di rifiuti industriali - solo di recente è stato infatti avviato il relativo procedimento con l'approvazione in data 6 ottobre 2009 da parte della giunta regionale del documento preliminare del piano regionale di gestione dei rifiuti speciali (pubblicata nel Burl il 3 novembre 2009) -, ed è completamente estraneo alle reali esigenze del territorio in quanto, in base ai dati dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente, ARPAV (cfr. «Rapporto sugli indicatori ambientali del Veneto» - edizione 2008), in Veneto nel 2005 sono stati avviati a incenerimento solo 42.238 tonnellate di rifiuti speciali e contemporaneamente sono state registrate sia una diminuzione dei rifiuti smaltiti in discarica sia un aumento della quantità di rifiuti avviata a recupero, con un trend positivo a favore di quest'ultima, mentre il sistema di termovalorizzatori proposto brucerebbe complessivamente 500.000 tonnellate di rifiuti all'anno, una quantità ben superiore a quello che è il fabbisogno reale non solo della provincia di Treviso, ma anche della regione, dove pure già esistono in funzione 4 impianti di incenerimento per rifiuti urbani e altri 8 impianti per rifiuti speciali, pericolosi e non, che sono tutti largamente sottoutilizzati secondo i dati dell'agenzia regionale per l'ambiente (v. Il Sole 24 Ore Nord-Est del 14 febbraio 2007);
va rilevato, inoltre, che la provincia di Treviso si colloca ai primi posti a livello nazionale per percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani e speciali riuscendo a raggiungere, in alcuni comuni punte di oltre l'80 per cento di raccolta differenziata e lasciando come residuo, eventualmente da destinare al recupero energetico, meno del 20 per cento di quanto prodotto, ragion per cui gli impianti progettati sono, anche a considerare i rifiuti urbani, sicuramente sovradimensionati rispetto alle esigenze del territorio;
il progetto prevede l'incenerimento di rifiuti speciali industriali non pericolosi e di rifiuti assimilabili ad urbani. Poiché, nel rispetto della normativa vigente, i «certificati verdi» vengono rilasciati solo per il trattamento dei rifiuti urbani, appare evidente che per l'equilibrio economico del progetto sarà favorito l'incenerimento di codici urbani, con la conseguente disincentivazione nel territorio della raccolta differenziata;
l'impatto degli inceneritori sulle aree individuate per il progetto sarebbe gravissimo, sia per Silea che per Mogliano: l'area di Nerbon di Silea è caratterizzata infatti da un grande valore naturalistico e ambientale per la vicinanza al Parco naturale regionale del Fiume Sile, per la contiguità di Siti di interesse comunitario, per la

presenza di falde sotterranee affioranti e il passaggio del fiume Nerbon (che in quel tratto conserva la sua naturalità e alcuni interessanti biotopi) ed ha inoltre una forte vocazione agricola, così come la frazione di Bonisiolo di Mogliano Veneto, già penalizzata dalla realizzazione del passante autostradale, e vicina ad aree densamente abitate dei comuni di Casale sul Sile e di Quarto d'Altino;
la realizzazione di nuovi impianti di incenerimento appare inoltre in contrasto con l'adesione al protocollo di Kyoto e con l'impegno dell'Unione europea di ridurre l'emissione di sostanze inquinanti, ribadito dalla recente direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008, in base alla quale gli Stati membri devono provvedere alla riduzione dei livelli di biossido di zolfo, PM 10, piombo e monossido di carbonio ed in particolare l'esposizione al PM 2,5;
l'aumento del traffico di mezzi pesanti per il trasporto dei rifiuti e dei residui della combustione inciderebbe negativamente sul traffico locale e sulla qualità dell'aria;
tutte le amministrazioni comunali sopra richiamate hanno ripetutamente espresso la propria unanime e ferma contrarietà alla realizzazione del progetto presentato da Iniziative Ambientali s.r.l., sottoscrivendo da ultimo un apposito protocollo d'intesa per contrastare congiuntamente in tutte le sedi opportune e competenti l'approvazione del progetto e del giudizio di compatibilità ambientale;
la stessa provincia di Treviso ha espresso la sua assoluta contrarietà a tale progetto e anche la cittadinanza ha manifestato la ferma opposizione al progetto attraverso le oltre 7.000 firme raccolte in soli 14 giorni, dal 25 marzo al 5 aprile, dalla sottoscrizione pubblica «Firma il tuo rifiuto» contro la costruzione dell'inceneritore, campagna a cui hanno aderito numerosi nomi illustri della cultura, del mondo politico e imprenditoriale trevigiano;
da ultimo sulla stampa è stata data evidenza al fatto che la società titolare dei contratti preliminari di acquisto dei terreni in località Nerbon di Silea è la «REA (Rifiuti energia ambiente) SpA», con sede in Dalmine (Bergamo) (v. La Tribuna di Treviso, 6 novembre 2009) e la stessa Unindustria Treviso ha quindi precisato che è la «Rea Greenholding, che ha una quota inferiore al 10 per cento in Iniziative Ambientali» ad essersi fatta carico «dei costi di progettazione, di istruttoria e anche delle opzioni di acquisto dell'area», mentre «Unindustria Treviso si è incaricata della governance generale del progetto, delle relazioni nel territorio e delle attività di comunicazione» (v. La Tribuna di Treviso, 7 novembre 2009);
le predette società (Rea Spa e Green holding Spa) sono guidate da Giuseppe Grossi (rispettivamente Amministratore Delegato della prima e Presidente della seconda), «considerato il più importante imprenditore italiano nel settore dell'ambiente» che è stato arrestato il 20 ottobre scorso dalla Guardia di Finanza per conto della Procura di Milano (v. Repubblica.it, 21 ottobre 2009, sezione Bari) con «le accuse di associazione a delinquere, frode fiscale, appropriazione indebita, riciclaggio e anche corruzione di pubblici ufficiali» (v. La Tribuna di Treviso, 7 novembre 2009);
tenuto conto di quanto osservato in ordine al merito del progetto (mancanza di una pianificazione regionale, sovradimensionamento dell'impianto rispetto al fabbisogno regionale, applicazione di una tecnologia già superata, conseguenze negative sull'ambiente e sulla salute della popolazione), l'ulteriore circostanza del recente arresto per i reati sopra citati della persona che è alla guida delle società, operanti nel delicato settore dei rifiuti, cui a suo tempo sono stati sostanzialmente affidati la progettazione, il finanziamento, la costruzione e la gestione dell'impianto proposto da Unindustria Treviso ha sollevato le prese di posizione trasversali di amministratori ed esponenti politici regionali che chiedono il ritiro del progetto a Unindustria (i sindaci dei Comuni di Silea e Mogliano, il presidente della Provincia di Treviso, i consiglieri regionali Diego Bottacin (PD), Federico

Caner (Lega Nord), Remo Sernagiotto (PdL), Nicola Atalmi (Comunisti Italiani) (v. La Tribuna di Treviso, 6 e 7 novembre 2009);
le attività di vigilanza e prevenzione delle violazioni della normativa ambientale attribuite al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri (ora Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente) costituiscono una funzione essenziale per il conseguimento delle finalità istituzionali del Ministero dell'ambiente in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema, dell'atmosfera, nonché in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) -:
se non si ritenga di verificare la coerenza dell'opera nell'ambito del piano nazionale delle emissioni che l'Italia ha concordato in sede di Unione europea, anche al fine di valutare l'attivazione della procedura di VAS sull'opera;
se non si ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, d'intesa con le amministrazioni locali, per contenere e controllare l'impatto dell'opera, anche avviando un'indagine epidemiologica e costituendo una banca dati dell'inquinamento dell'area;
se non si ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza, anche, ove ne ricorrano i presupposti, per il tramite del NOE, atta ad evidenziare e ad evitare conseguenze negative che si potrebbero verificare per l'ambiente e la salute della popolazione, nel caso in cui si proceda alla realizzazione del progetto in questione.
(4-05056)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'archeologia industriale è un metodo interdisciplinare che studia tutte le testimonianze, materiali e immateriali, appositamente create al fine di attuare processi industriali od originatesi a causa di questi, al fine di approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente industriale;
le testimonianze attraverso cui l'archeologia industriale può giungere a questa conoscenza sono i luoghi dei processi produttivi, le tracce archeologiche causate da questi, i mezzi e i macchinari attraverso cui questi processi si sono attuati, i prodotti di questi processi, tutti le fonti scritte a loro inerenti, le fonti orali e i paesaggi segnati da questi processi e perciò detti paesaggi industriali;
in Italia, a quel che consta all'interrogante, i musei che raccolgono testimonianze storiche relative ai processi produttivi anche in settori tradizionali del genio italiano (quali ad esempio il settore tessile, nel quale l'Italia è sicuramente tra i leader mondiali), sono spesso raccolte rimesse all'intraprendenza e alla buona volontà degli enti locali e dei privati, mentre sarebbe auspicabile che anche questo settore dei beni culturali vedesse un intervento dello Stato al fine di evitare che la dispersione ed il deterioramento dei beni ed anche al fine di stabilire d'intesa con le regioni, titolari delle competenze in tema di valorizzazione dei beni culturali, gli opportuni strumenti per favorire lo sviluppo di tali strutture;
già esistono importanti realtà come il Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio (Varese) che potrebbero costituire un buon punto di partenza per essere enti catalizzatori delle iniziative di recupero e conservazione di beni di archeologia industriale;
in particolare il citato Museo del tessile e della tradizione industriale rappresenta un unicum nel panorama nazionale per dimensioni, importanza storica, valore dell'edificio ospitante, significato culturale e della tradizione per l'area in cui è inserito;

l'industria tessile, come si ricordava ha assunto recentemente il valore di vero e proprio «portabandiera» delle capacità nazionali, dell'estro creativo e della vena artistica e artigianale della nostra manifattura -:
quali iniziative di competenza intenda il ministro interrogato assumere al fine di promuovere la realizzazione di una rete museale di archeologia industriale a livello nazionale, anche individuando delle strutture, come ad esempio il Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio, che possano divenire dei referenti per la conservazione del patrimonio archeologico industriale italiano.
(4-05052)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre 2009 con la deposizione di un omaggio floreale al sacello del milite ignoto l'interrogante, il maresciallo Marco Diana e il segretario politico del partito per la tutela dei diritti dei militari, Luca Marco Comellini, hanno voluto ricordare i tanti ragazzi che sono morti durante il servizio militare, in Patria, in tempo di pace, ignorati dalle istituzioni e per questo dimenticati;
tra questi ragazzi, Roberto Garro, Giovanni Lombardo, Andrea Cordori, Mirco Bergonzini, Emanuele Scieri, e tanti altri che sono morti indossando una divisa mentre servivano lo Stato, vi è anche Francesco Rinaldelli;
a seguito della solenne cerimonia il papà di Francesco Rinaldelli ha consegnato all'interrogante la lettera di cui si preferisce riportare il testo integralmente: «Mi chiamo Andrea Rinaldelli, sono il padre di uno dei tanti meravigliosi ragazzi arruolatisi nelle Forze Armate italiane, ammalatisi gravemente di tumori durante il loro servizio militare per lo Stato, purtroppo deceduti in gran numero, come è stato per mio figlio morto alcuni mesi fa il 16 marzo 2008. La maggior parte di queste malattie sono di natura tumorale maligna del sangue (linfomi, leucemie) ed il loro decorso è comune quasi a tutte: all'inizio sembrano curabili, poi diventano recidive e, alla fine, risultano incurabili (molti dottori non si spiegano il perché). Comune è anche la passione che anima questi ragazzi quando decidono di arruolarsi nelle Forze Armate: vogliono servire lo Stato, anche con il sacrificio della propria vita qualora ve ne fosse bisogno. Ma non in questo modo. Vi dico questo non per suscitare in voi compassione ma comprensione, non per dirvi quanto i nostri figli fossero speciali, perché purtroppo la malattia li rende necessariamente speciali, ma per cercare di farvi capire che la serenità e la forza che nostro figlio Francesco ci ha lasciato deriva dalla grande voglia di lottare contro questa malattia, con grande coraggio e dignità, onorando la divisa indossata. Sono convinto che la storia di mio figlio sia comune alle storie di tanti altri ragazzi e delle loro famiglie. Francesco, durante questi anni di malattia, è rimasto sempre positivo, sempre allegro, mai un lamento, mai un momento di sconforto; era lui che ci sosteneva, sempre pronto a ricominciare, di nuovo, qualsiasi cura, a qualsiasi costo, combattendo fino alla fine. Lui diceva sempre una frase del grande Giulio Cesare: "Quod me non destruit me facit fortiorem", Ciò che non mi distrugge, mi rende più forte. Era riuscito a prendere qualcosa di positivo dalla sua tragedia. Quando si scopre la malattia del proprio figlio non si pensa ad altro che a trovare la possibile cura: provate a pensare quanto sia drammatico rendersi conto che il motivo di queste malattie non è dovuto ad una fatalità ma ad una precisa causa legata al servizio militare: le vaccinazioni. Queste vengono

praticate al momento dell'arruolamento a tutti i militari, fino a qualche anno fa di leva, ora volontari, sia che restino in Italia o che partano per missioni all'estero. Qui mi pongo alcune domande: È proprio necessario che i nostri ragazzi militari vengano sottoposti a vaccinazioni obbligatorie così numerose? Per quale motivo, specialmente per i ragazzi che rimangono in Italia in luoghi assolutamente normali come uffici o caserme, è necessaria la vaccinazione? Quali rischi corrono in più rispetto ad un ragazzo che frequenta l'Università o un istituto scolastico qualsiasi, o magari lavora in ospedale dove non sono previste queste vaccinazioni? Non sono forse uguali o maggiori i rischi rispetto ai militari? Oltre alla considerazione della non opportunità di nuove vaccinazioni, c'è da sottolineare anche la superficialità del personale paramedico che le effettua. Dalle dichiarazioni avute da militari, possiamo supporre che risulta assolutamente deficitaria l'attenzione che la sanità militare pone nei confronti di questo argomento. Alcuni ufficiali medici non sono a conoscenza delle modifiche apportate ai protocolli militari relativi alle vaccinazioni, che escludono la somministrazione di taluni vaccini a certe categorie militari; tale somministrazione, invece che essere effettuata esclusivamente al personale militare in servizio in zone a rischio come scritto, viene anche effettuata a personale non previsto dai protocolli, e cioè non soggetto al rischio. Oltre a ciò, va segnalato il fatto che vengono praticate anche vaccinazioni contro malattie per le quali i ragazzi sono già coperti, come risulta dai loro libretti sanitari (ad esempio, l'antitetanica). Si tenga presente che queste vaccinazioni vengono effettuate in un unico giorno: tale concentrazione di metalli presenti nei vaccini è il motivo principale che molti studiosi indicano come responsabile dell'insorgere di queste malattie in alcuni soggetti particolarmente sensibili. Basterebbero pochi esami, perché non vengono fatti per verificare questa particolare sensibilità, mentre invece la cura, spesso purtroppo inutile, costa alla collettività centinaia di migliaia di euro, comunque sempre pochi per la vita di un ragazzo, ammesso che si riesca a salvarlo, come purtroppo non è stato per mio figlio Francesco, per Corrado per Michele e per molti altri. Credo sia arrivato il momento di porre l'attenzione sulle ricerche fatte da vari professori italiani, tra i quali il prof. Mandelli (che afferma che le percentuali di malati ematici militari sono di gran lunga superiori a quelle relative alla popolazione civile), il prof. Nobile (che ha trovato nei valori ematici di molti militari della Brigata Folgore di Pisa una modificazione rilevante rispetto ai valori della popolazione civile, caldeggiando un approfondimento di questo tipo di ricerca), mentre il prof. Montinari da molti anni accosta questo tipo di patologie alle vaccinazioni effettuate durante il servizio militare. Vi risparmio ulteriori dichiarazioni fatte da altri professori al riguardo, solo per motivi di tempo. Se solo chi di competenza avesse tenuto conto di quanto ho appena detto, approfondendo la questione dopo i primi casi e le prime denunce fatte dalle famiglie dei militari, molti ragazzi sarebbero ancora in vita. È ormai giunto il momento di dire alle nostre Istituzioni - che da troppo tempo sono rimaste immobili nella speranza che magari il problema si risolvesse da solo grazie al senso di responsabilità non so di chi - di venire allo scoperto, facendosi carico ognuno delle proprie responsabilità, senza avere paura che tutto ciò possa screditare il nostro Esercito, cosa che succederà se si continuerà a sottovalutare il problema. Prima o poi i numeri veri verranno fuori ed allora il rimorso prenderà le coscienze, come è successo e sta succedendo ad alcuni di coloro che, forse sentendosi in parte responsabili, si fanno scudo di giustificazioni del tipo: "Non sapevamo di..." oppure dicono che certe vaccinazioni "si fanno perché ...", "Tanto non fanno male...", "I virus scapperanno via". Il tutto, come potete supporre, senza motivazioni scientifiche. Non vorremmo che ci sia qualcos'altro dietro questa apparente

superficialità nelle risposte. A tal proposito vorrei ricordare a tutti voi quello che recita l'articolo 25 del RDM (Regio Decreto Militare), seconda parte, che, riferito all'esecuzione degli ordini, afferma: "Il militare deve eseguire gli ordini ricevuti con prontezza, responsabilità ed esattezza ed astenersi da qualsiasi commento, obbedire all'ordine di un altro superiore, informando poi il proprio; il militare deve far presente la contraddizione fra gli ordini. Non eseguire gli ordini non conformi alla legge". Quindi, chi di dovere, seppur non informato delle novità tempestivamente, deve al momento informare il proprio superiore e, come recita la parte finale dell'articolo, non eseguire mai gli ordini non conformi alla legge. Essendo l'aggiornamento del protocollo pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2003 è legge e va applicata. Allora mi pongo alcune domande: Come mai non sono stati informati tempestivamente di questa modifica? Non sono forse loro, in quanto medici, tenuti ad informarsi riguardo alle leggi che regolano le materie sanitarie? La legge non ammette ignoranza! Perché qualcuno continua ad effettuare vaccinazioni fuori dal protocollo, senza rifiutarsi di farlo? Oppure, perché non lo denunciano ai superiori, come stabilisce l'articolo 25? Qualcuno lo ha fatto ma non è stato ascoltato? Forse perché ormai è troppo tardi per tornare indietro? O sperano che qualcuno li tiri fuori da questo immenso problema? Molti responsabili delle istituzioni; fino a ieri, ci dicevano che non erano al corrente del problema (speriamo sia vero...), i dati forniti dagli osservatori militari riportati su alcuni giornali nazionali, dimostrerebbero l'esatto contrario. Non sapevano perché qualcuno non li aveva informati? o non avevano avuto la possibilità di approfondire la cosa? perché non sono andati avanti. Devo anche ammettere che, di recente, alcuni importanti uomini politici di entrambi gli schieramenti (e questo ci conforta e dimostra l'attenzione super partes che l'argomento merita, indipendentemente dall'idea politica) stanno prestando molta attenzione a questo problema. Ciò è dimostrato dal fatto che ci ricevono con molta sollecitudine e a qualsiasi livello (vedi i colloqui che abbiamo avuto con il ministro Ignazio La Russa, il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, l'onorevole Maurizio Gasparri, l'onorevole Mario Cavallaro, l'onorevole Roberta Pinotti, il senatore Alfredo Mantovano, il senatore Salvatore Piscitelli, il senatore Alberto Balboni). Sono molto preoccupati della questione, allora noi abbiamo spiegato loro quanto di nostra conoscenza, con documenti: sperando che assumendosi le loro responsabilità ci aiutino nella ricerca della verità e della giustizia, contribuendo alla risoluzione del problema per il bene dei militari, e dell'esercito. Sono convinto che i vertici militari non possono non aver saputo ed indagato sulla questione; allora, perché non hanno mai fatto e non fanno ancora nulla? Siccome nessuno ha mai risposto a questo interrogativo, sono autorizzato a pensare che la questione delle morti grigio-verdi sia sfuggita di mano a qualcuno? Per quanto tempo sarebbe andata avanti nel silenzio totale questa triste tragedia se non avessimo noi genitori denunciato la cosa ? Qualche tempo fa ho ascoltato in televisione le parole di un generale che parlava della sua fedeltà alla bandiera e del suo obbligo morale di dire la verità. Ma non c'è nei principi morali di un buon superiore anche l'obbligo e la volontà di proteggere i propri soldati a qualsiasi costo e contro chiunque? Perché non lo hanno fatto nel caso di cui stiamo parlando? Perché non ci aiutano così potranno domani guardare i propri soldati e parlargli di dovere, sacrificio per la Patria, orgoglio di appartenenza alla Nazione, spirito di corpo, sicuri che questi ragazzi si sentiranno protetti e vi seguiranno in capo al mondo. Mio figlio diceva spesso durante la malattia di essere stato tradito due volte nel suo orgoglio di cittadino e nei suoi ideali di Alpino, dimostriamogli e dimostrateci che non è così...»;
nella sua lettera il signor Andrea Rinaldelli rivolge anche un accorato appello

a tutti i militari «dovete essere voi, dall'interno, a promuovere questo indispensabile risanamento; coloro che sanno e che non fanno niente per evitare tutto questo, non meritano di indossare la vostra stessa divisa. Ci sono dei momenti in cui bisogna agire e cercare la verità, a qualsiasi costo assumetevi le vostre responsabilità.»;
la missiva prosegue con una richiesta, una speranza «Spero che questa mia lettera, forse troppo appassionata, venga presa come uno stimolo da coloro che sono deputati alla scelta delle soluzioni migliori onde evitare altri casi come quello di mio figlio. È necessario porre in atto tutte le misure di prevenzione possibili rivedendo ex novo i protocolli vaccinali trattiamo questi ragazzi come persone e non come manichini ad esempio mettendo al corrente i militari di quanto sta per avvenire al momento delle vaccinazioni.»;
il papà di Francesco Rinaldelli, il signor Andrea, conclude così la sua lettera «Noi genitori, fratelli, amici loro cari non ci fermeremo mai fino a che non avremo raggiunto la verità e la giustizia; noi non abbiamo paura di niente e di nessuno, dopo aver visto morire i nostri ragazzi che chiedevano aiuto una speranza di vita e noi non potevamo darglielo, questa è la paura, tutto il resto è normalità aiutateci a dare a questi ragazzi la dignità di cui hanno diritto, così che potremmo dire che sono morti da eroi per la patria.» -:
quali immediate iniziative intenda assumere per rispondere concretamente al dolore e alle richieste del signor Andrea Rinaldelli e ai tanti genitori che, come lui, hanno perso il proprio figlio durante e a causa del servizio militare, comunque prestato, in patria in tempo di pace o sono rimasti gravemente ammalati;
quali immediate azioni intenda disporre per accertare, nell'ambito delle sue competenze, le cause della morte di Francesco Rinaldelli e le eventuali responsabilità.
(4-05057)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MASTROMAURO e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 32, primo comma, n. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e l'articolo 51, secondo comma, n. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 63, così come modificati dall'articolo 1, commi 402 e 403 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), prevedono - rispettivamente per le imposte dirette e per l'Iva - la facoltà per l'Amministrazione finanziaria di richiedere a banche, a Poste italiane Spa, agli intermediari finanziari, alle imprese d'investimento, agli organismi d'investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti nell'ambito delle indagini finanziarie;
l'articolo 32, terzo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 citato e l'articolo 51, quarto comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 cit. prevedono la trasmissione esclusivamente in via telematica delle richieste di dati e notizie e delle relative risposte da parte degli operatori finanziari, anche se negative;
con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 dicembre 2005, è stato previsto l'obbligo per gli operatori finanziari di dotarsi di una casella di posta elettronica certificata (PEC) di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 al fine di assolvere, in tal modo, gli obblighi di trasmissione telematica di dati e notizie riguardanti le indagini finanziarie;
sempre con il medesimo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate è stato chiarito che nella categoria

degli «intermediari finanziari» soggetti agli obblighi di cui sopra devono intendersi comprese anche le holding di partecipazioni (cd. «casseforti» di famiglia) iscritte nella sezione di cui all'articolo 11 113 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (Tub), società, queste, che si limitano alla gestione di partecipazioni (non nei confronti del pubblico) in altre società e possono svolgere congiuntamente anche attività finanziarie nei confronti delle proprie partecipate;
le nuove disposizioni legislative in materia di indagini finanziarie hanno trovato piena attuazione solo al 30 giugno 2006 (in luogo del previsto 28 febbraio 2006, termine, quest'ultimo, già prorogato al 15 aprile 2006) relativamente alla comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'indirizzo della casella di posta elettronica certificata e al 1° settembre 2006 (in luogo del 1° marzo 2006, termine, quest'ultimo, già prorogato al 2 maggio 2006) per l'invio da parte dell'amministrazione finanziaria delle richieste in via telematica agli operatori finanziari, in considerazione delle numerose difficoltà di natura operativa incontrate nella corretta esecuzione degli adempimenti imposti;
in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, molte «holding di famiglia», spesso di piccole dimensioni, si sono erroneamente identificate ai fini della posta elettronica certificata (PEC) indicando il codice operatore delle banche anziché quello degli intermediari finanziari ex articolo 113 del Tub, ricevendo, per l'effetto, tutte le richieste rivolte agli istituti di credito;
le «holding di famiglia», che si sono così erroneamente classificate, si sono quindi spesso trovate nella materiale impossibilità di rispondere alle numerosissime richieste pervenute dall'amministrazione finanziaria nel ristretto termine di 30 giorni previsto dall'articolo 32, secondo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, con ciò integrando gli estremi per l'irrogazione delle sanzioni previste dall'articolo 10 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471;
d'altra parte, risulta agli interroganti che la direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate ha inviato ai propri uffici locali una direttiva sottolineando la particolare attenzione, in caso di irrogazione delle sanzioni, da dedicare ai casi in cui operatori di piccole dimensioni si siano erroneamente identificati, in sede di trasmissione del proprio indirizzo di PEC, quali istituti bancari ricevendo, quindi, numerose richieste d'indagini (cfr., Il Sole-24 Ore del 15 novembre 2007, pagg.1-29);
difformemente da tale precisa direttiva, alcuni uffici locali dell'amministrazione finanziaria hanno invece comunque provveduto a irrogare - e quel che pare gli interroganti pressoché acriticamente - le sanzioni previste dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 471 del 1997, come nel caso proprio di quegli intermediari finanziari ex articolo 113 del Tub che si sono, per mero errore materiale, classificati come banche, e ciò anche nei casi in cui tali soggetti abbiano comunque trasmesso (sia pure con ritardo) la risposta, e tale risposta sia stata, inoltre, negativa;
il comportamento tenuto da questi uffici appare peraltro - relativamente alle fattispecie concrete illustrate - non solo difforme rispetto alle direttive impartite dalla direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate ma anche in palese contrasto con i princìpi di cooperazione, collaborazione e buona fede di cui all'articolo 10, comma 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) che devono informare i rapporti tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria;
infatti, in tal modo, quest'ultima attribuisce al contribuente degli oneri (sanzioni) che derivano da una violazione formale (ritardo nella risposta ai questionari inviati) prodottasi unicamente in conseguenza di un errore scusabile commesso dal contribuente nell'indicare l'attività esercitata in una comunicazione all'erario;
inoltre, i comportamenti di tali uffici locali stanno determinando l'avvio di contenziosi tributari che richiederanno un

notevole dispendio di attività sia per i contribuenti coinvolti che, soprattutto, per la stessa Amministrazione finanziaria che distoglie così le proprie risorse dal contrasto a reali fenomeni di evasione tributaria -:
se il Ministro non ritenga di dare - all'Agenzia delle entrate e/o al Dipartimento delle entrate - le più opportune indicazioni perché, in ossequio ai principi di cooperazione, collaborazione e buona fede sanciti dallo statuto del contribuente e a integrazione della direttiva già trasmessa agli uffici locali dell'Agenzia delle entrate, venga, anche in via amministrativa, riconosciuta la non applicazione delle sanzioni irrogate ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 471 del 1997, nei confronti degli intermediari finanziari ex articolo 113 del Tub che in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni in materia di indagini finanziarie con utilizzo della PEC si siano classificati erroneamente come banche e abbiano comunque dato risposta - sia pure con ritardo rispetto al termine di 30 giorni - alle numerosissime richieste inviate dall'Amministrazione finanziaria per effetto di tale errata classificazione, invitando, altresì, gli uffici locali a rinunciare ai contenziosi instauratisi, per tali fattispecie, con i contribuenti.
(5-02116)

PILI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con la manovra triennale di finanza pubblica, approvata con il decreto-legge n. 112 del 2008, è stata impostata una strategia di razionalizzazione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), volta, da un lato, al recupero delle risorse disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate e, dall'altro, alla concentrazione delle risorse del Fondo a favore di settori e di interventi considerati di rilevanza strategica nazionale;
in particolar modo, la manovra triennale prevede le disposizioni di seguito sintetizzate;
l'articolo 6-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, ha disposto il recupero delle risorse relative al periodo di programmazione 2000-2006 assegnate dal CIPE in favore di amministrazioni centrali e regionali che, alla data del 31 maggio 2008, non risultavano ancora impegnate, disponendo la revoca ditali assegnazioni ed imponendo ai soggetti assegnatari il versamento delle somme revocate all'entrata nel bilancio dello Stato, ai fini della loro riassegnazione al FAS;
l'articolo 6-sexies del medesimo decreto-legge dispone la ricognizione, ad opera della Presidenza del Consiglio dei ministri e la riprogrammazione da parte del CIPE delle risorse rimborsate dal bilancio comunitario per progetti originariamente finanziati con fonti diverse dai Fondi strutturali europei e successivamente inseriti nei programmi cofinanziati dai predetti Fondi;
l'articolo 6-quinquies dello stesso decreto-legge ha disposto l'istituzione di un nuovo Fondo infrastrutture, per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale;
il decreto-legge n. 185 del 2008, ha disposto un nuovo percorso di intervento attraverso la costituzione di fondi settoriali: il Fondo per te infrastrutture, le cui risorse sono assegnate dal CIPE alle amministrazioni competenti; il Fondo sociale per l'occupazione e formazione, gestito autonomamente dal Ministro del lavoro della salute e delle politiche sociali; il Fondo strategico a sostegno dell'economia reale, gestito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Conseguentemente, le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate riguardano pressoché esclusivamente gli interventi di competenza delle amministrazioni regionali;
il decreto-legge n. 185 del 2008, all'articolo 18, ponendosi in linea di continuità rispetto a quanto disposto in materia dal decreto-legge n. 112 del 2008, ed in considerazione della eccezionale situazione di crisi economica internazionale in

atto, ha previsto la riprogrammazione delle risorse nazionali disponibili destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate del Paese, al fine di concentrare tali risorse su obiettivi considerati prioritari per il rilancio dell'economia italiana, in primis le opere pubbliche e l'emergenza occupazione;
il Fondo per le infrastrutture è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Le somme assegnate a tale Fondo sono destinate anche alla messa in sicurezza delle scuole, alla realizzazione di opere di risanamento ambientale, all'edilizia carceraria, alle infrastrutture museali ed archeologiche, all'innovazione tecnologica e alle infrastrutture strategiche per la mobilità;
le risorse che all'inizio della legislatura risultavano stanziate per gli interventi del FAS nell'ambito del nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 (oltre 64 miliardi di euro sino all'anno 2015, cui si affiancano i 28,7 miliardi di fondi comunitari e 31,6 miliardi di cofinanziamento nazionale) sono state utilizzate sia a copertura della manovra disposta dal decreto-legge n. 112 del 2008, per oltre 8,5 miliardi di euro nel triennio 2009-2011, sia a copertura di oneri recati da numerosi provvedimenti legislativi intervenuti (3 miliardi di euro complessivi). Ulteriori riduzioni sono state poi disposte a valere sulle risorse destinate al Fondo per le infrastrutture (3,7 miliardi complessivi) e al Fondo strategico (1,4 miliardi complessivi);
a seguito delle numerose riduzioni apportate a carico delle risorse del Fondo dalla normativa adottata nel corso del 2008, il CIPE ha provveduto ad aggiornare la dotazione del Fondo e a riprogrammare la destinazione delle risorse relative al periodo 2007-2013;
rispetto ai 63,3 miliardi di euro iniziali, stanziati con la legge finanziaria per il 2007, sono state apportate riduzioni alle risorse del FAS della programmazione 2007-2013 per 10,5 miliardi di euro;
con le delibere CIPE adottate in data 6 marzo 2009, in attuazione dell'Accordo siglato tra Governo e regioni in data 12 febbraio 2009, l'ammontare complessivo delle risorse disponibili del FAS per il periodo 2007-2013 è stato rideterminato in 52,768 miliardi di euro, che sono stati assegnati per 25.409 milioni alle Amministrazioni centrali, ai fini del successivo riparto tra i tre Fondi suindicati, e per 27.027 milioni alle Amministrazioni regionali, per la realizzazione dei programmi di interesse strategico regionale;
con l'avvio della XVI legislatura, a seguito della riprogrammazione del Fondo per le aree sottoutilizzate dettata dai decreti-legge n. 112 del 2008 e n. 185 del 2008, le risorse destinate agli interventi delle Amministrazioni centrali, pari a 25.409 milioni di euro, risultano articolate nei seguenti tre nuovi Fondi:
Fondo infrastrutture;
Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
Fondo sociale per l'occupazione e la formazione;
il riparto delle risorse tra i tre Fondi è effettuato dal CIPE con apposite delibere, nel rispetto del criterio di ripartizione tra Mezzogiorno e Centro-Nord, nella misura, rispettivamente, dell'85 per cento e del 15 per cento;
il Fondo per le infrastrutture, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, è destinato al finanziamento, in via prioritaria, di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, comprese le reti di telecomunicazione e le reti energetiche, alla messa in sicurezza delle scuole, alla realizzazione di opere di risanamento ambientale, all'edilizia carceraria, alle infrastrutture museali ed archeologiche, all'innovazione tecnologica e alle infrastrutture strategiche per la mobilità;
per quanto concerne la dotazione del Fondo, con delibera 18 dicembre 2008, n. 112, il CIPE ha assegnato al Fondo 7,356 miliardi di euro. Con una ulteriore delibera 6 marzo 2009, n. 3, sono stati

assegnati al Fondo altri 5 miliardi di euro per interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui i miliardo destinato alla messa in sicurezza delle scuole e 200 milioni all'edilizia carceraria;
relativamente alle disponibilità finanziarie del Fondo, si segnala che 3,7 miliardi risultano già utilizzati a copertura finanziaria di oneri recati da provvedimenti approvati nel corso del 2008 e che il decreto-legge) n. 39 del 2009, (terremoto Abruzzo) prevede, all'articolo 14, comma 1, che il CIPE assegni una quota di risorse del Fondo infrastrutture, pari a 408,5 milioni di euro da ripartire in quote annuali, al finanziamento degli interventi di ricostruzione delle zone colpite dal sisma. Con delibera del 26 giugno 2009, il CIPE ha destinato 226,4 milioni di euro in favore della regione Abruzzo per il finanziamento degli interventi di edilizia scolastica connessi agli eventi sismici;
a seguito della riprogrammazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, dettata dai decreti-legge n. 112 del 2008, è n. 185 del 2008, e delle riduzioni apportate a carico delle risorse del FAS da numerose norme adottate con l'avvio della XVI legislatura, con la delibera n. 1 del 6 marzo 2009, il CIPE ha provveduto ad aggiornare la dotazione del Fondo e a ripartire tali disponibilità tra le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome;
rispetto all'importo complessivamente disponibile (52.768 milioni di euro), alle Amministrazioni regionali sono state assegnate risorse per complessivi 27.027 milioni di euro, destinate alla realizzazione dei programmi strategici di interesse regionale, dei programmi interregionali e degli obiettivi di servizio agli interventi. La restante quota, pari a 25.409 milioni di euro, è stata assegnata alle Amministrazioni centrali, ai fini del successivo riparto in favore dei tre nuovi Fondi di destinazione (Fondo per le infrastrutture, Fondo strategico per il Paese e Fondo soda e per occupazione e formazione);
le risorse destinate alle regioni e alle province autonome sono state ripartite per 21.831,5 milioni in favore delle regioni del Mezzogiorno e per 5.195,5 milioni in favore del Centro-Nord);
Il riparto regionale è definitivo nel seguente modo:
Programmi di interesse strategico regione:
Mezzogiorno 21.831,494;
Abruzzo 811,128;
Molise 452,316;
Campania 3,896,401;
Puglia 3.105,064;
Basilicata 854,412;
Calabria 1.773,267;
Sicilia 4.093,784;
Sardegna 2.162,486.

è indispensabile l'immediata approvazione del programma attuativo della Sardegna relativo ai fondi Fas che inspiegabilmente vengono ancora tenuti fermi nonostante siano stati approvati, altrettanto inspiegabilmente, solo quelli della Sicilia e delle regioni del nord;
qualora, come si evince dall'ultima nota della Corte dei Conti relativa alle criticità del bilancio dello Stato, il Governo non avesse immediata disponibilità delle stesse risorse si rende necessario che il Governo individui di concerto con la regione soluzioni immediate in grado di attivare comunque la spesa di quelle risorse e l'avvio dei relativi cantieri;
le risorse dei Fondi Fas, viste le predette delibere, sono risorse certe e programmate per le quali già da tempo si verificano ritardi nella effettiva erogazione;
tale garanzia, seppur senza una tempistica certa e una definita modalità di erogazione, impone una soluzione immediata che consenta di avviare effettivamente entro il mese di gennaio 2010 le opere relative alla realizzazione della strada statale Sassari-Olbia che risulta

essere strada prioritaria di connessione territoriale, anche alla luce dei gravi incidenti verificatisi in quell'arteria;
la soluzione adottabile per avviare le opere della Sassari-Olbia potrebbe essere quella di un meccanismo di anticipazione che prevede la procedura già adottata per i progetti cosiddetti «sponda», i quali vengono rendicontati e quindi rimborsati anche se realizzati con risorse proprie, come già attuato per i progetti comunitari;
il Governo potrebbe con proprio atto autorizzativo esentare la regione Sardegna, anche in virtù del proprio Statuto speciale, dal vincolo del patto di stabilità relativo alle opere infrastrutturali inserite nell'intesa Stato-regione;
la regione, previo preliminare parere del Ministero competente, attraverso risorse proprie rinvenibili mediante le soluzioni di seguito indicate potrebbe provvedere in tempi rapidissimi, entro gennaio, all'apertura dei relativi cantieri proseguendo nell'iter d'appalto già avviato dall'unità di missione dell'unità d'Italia 2011;
i fondi anticipati dalla regione da rendicontare secondo procedure europee e statali dovrebbero essere restituiti alla regione stessa ad ogni stato d'avanzamento delle opere;
nella fattispecie di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, per quanto di competenza potrebbero rendersi disponibili risorse proprie della regione attraverso le seguenti modalità:
a) un apposito intervento legislativo regionale che provveda alla ridefinizione oggettiva, effettiva e reale dei residui passivi che oltre ad ingessare il bilancio costituiscono un consistente vincolo rispetto al patto di stabilità (i residui passivi ammontano ad oltre 9 miliardi euro);
b) provvedendo d'intesa con il Comitato di sorveglianza e il Ministero competente, ad una rimodulazione dei fondi Por rispetto ai progetti immediatamente cantierabili rimandando quelli ancora senza progetti definitivi;
c) qualora i Fondi Por non fossero disponibili perché tutti impegnati con progetti esecutivi (ipotesi impossibile visti i livelli di impegno sinora registrati), la regione, con il supporto del Ministero dell'economia e delle finanze, potrebbe attivare intese con la Banca europea degli investimenti per l'anticipazione delle risorse strettamente necessarie alle opere immediatamente realizzabili e quindi rendicontabili;
d) iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere e autorizzare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo anticipazione opere infrastrutturali esentato sia dal patto di stabilità che, eventualmente, se necessario, attraverso apposita norma, dalla soglia di indebitamento regionale -:
se i Ministri interrogati intendano attivare l'immediata attribuzione dei fondi spettanti alla regione Sardegna previsti dalla ripartizione del Cipe dei fondi destinati alle aree sottoutilizzate;
se i Ministri interroganti intendano esaminare la possibilità di ricorrere ad una procedura di anticipazione dei fondi, di concerto con la regione Sardegna, attraverso le modalità sopraindicate, che consentirebbero di disporre delle necessarie all'avvio dei cantieri;
se i Ministri interrogati intendano valutare la possibilità di avviare iniziative, anche di carattere normativo per la definizione di una procedura che esenti le anticipazioni regionali, relativamente ai progetti già oggetto di Intesa Stato-Regione, dal patto di stabilità.
(5-02118)

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
è noto come la attuale crisi di liquidità stia soffocando il sistema economico del nostro paese. È altrettanto riconosciuto

che le lungaggini burocratiche e i vincoli del patto di stabilità portano spesso le pubbliche amministrazioni a tempi di pagamento di molti mesi;
una misura che potrebbe portare effetti benefici al sistema sarebbe quella di prevedere la possibilità, per cittadini e aziende, di rendere liquido il proprio credito attraverso una normale operazione bancaria il cui onere rimarrebbe il solo pagamento degli interessi;
sull'argomento è depositato - tra gli altri - apposito progetto di legge (A.C. 2893);
le banche ad oggi richiedono - pur in presenza di crediti esigibili nei confronti dello Stato o di primari enti pubblici od enti locali - garanzie accessorie ed inoltre il credito eventualmente concesso rientrerebbe nel computo generale attinente la solvibilità del soggetto: questi fatti rendono maggiormente problematico - per cittadini e aziende - il ricorso al credito bancario -:
se il Ministro ritenga attuabile un intervento normativo nel senso indicato nelle premesse volto a restituire liquidità al sistema economico del Paese;
se il Ministro ritenga attuabili altri interventi normativi, e quali, volti a restituire liquidità al sistema economico del Paese riducendo i tempi di riscossione degli importi dovuti dalla pubblica amministrazione;
se e quali altre azioni il Ministro intenda attuare ai fini di agevolare gli obiettivi di maggior liquidità finanziaria del nostro sistema economico.
(4-05043)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia ANSA del 10 novembre 2009, riporta che un detenuto 40enne, F.M., ristretto nel carcere di Aosta, arrestato nel luglio scorso per una pena passata in giudicato per spaccio di sostanze stupefacenti, è stato ricoverato d'urgenza presso l'ospedale Umberto Parini dopo aver trascorso quattro mesi di sofferenza nella propria cella;
attualmente il detenuto versa in prognosi riservata e per i sanitari le sue condizioni di salute sono molto gravi;
fin dal suo ingresso in carcere F.M. aveva manifestato problemi di salute in quanto affetto da una broncopolmonite bilaterale contratta in seguito ad una malattia cronica;
a causa del suo precario stato fisico, il detenuto, visitato in più occasioni dai medici di guardia, oltre ad aver presentato cinque istanze di scarcerazione, aveva più volte richiesto, senza riuscirci, di essere portato in infermeria;
il mancato ricovero tempestivo di F.M. ha inevitabilmente comportato un aggravamento del suo stato di salute;
secondo i responsabili dell'organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (OSAPP), quanto accaduto a F.M. rappresenterebbe «l'ennesimo episodio del malfunzionamento dell'area sanitaria nella casa circondariale valdostana»;
il fratello del detenuto ha già annunciato che sulla vicenda presenterà un esposto alla procura della Repubblica -:
se i Ministri interrogati, negli ambiti di rispettiva competenza, intendano avviare una indagine amministrativa al fine di verificare se ed in che misura nella vicenda esposta in premessa vi siano eventuali responsabilità disciplinari da parte del personale penitenziario, amministrativo e/o medico operante all'interno della casa circondariale di Aosta.
(4-05031)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della Giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Agenzia APCOM di venerdì 14 novembre 2009, il giorno precedente nel carcere di Tolmezzo (Udine) si sarebbe suicidato un detenuto 47enne;
l'uomo - da poco proveniente dall'istituto di pena veneziano «Santa Maria Maggiore» - condivideva la cella con altri due detenuti ed ha approfittato dell'ora di socialità per togliersi la vita;
due giorni prima del suicidio, il detenuto aveva avuto un colloquio in carcere con la figlia e pare non avesse mostrato particolari segni di squilibrio mentale durante il trattamento penitenziario;
sembra, quindi, che il gesto del 47enne sia da mettere in relazione con lo stato di prostrazione psicologica derivato dalla detenzione, che ormai si protraeva da parecchio tempo;
nel penitenziario di Tolmezzo, solo tre settimane prima di questo tragico evento, un ragazzo rumeno di 24 anni si era tolto la vita;
questo nuovo triste episodio riporta in primo piano la questione degli atti di autolesionismo che avvengono in carcere, dovendosi segnalare come - dall'inizio dell'anno - nelle carceri italiane si siano verificati già 63 suicidi;
secondo i dati diffusi dal sito www.pianetacarcere.it, fonte dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il 2 novembre, cioè dodici giorni prima del luttuoso evento, nell'istituto penitenziario di Tolmezzo erano presenti 295 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 148 posti;
i dati risalenti a ferragosto - tratti dal resoconto dell'iniziativa «ferragosto in carcere» - rilevavano una carenza degli agenti di polizia penitenziaria pari a 66 unità; gli educatori in servizio erano solamente 2 rispetto ai 6 previsti, mentre un solo psicologo doveva far fronte alle esigenze della rilevante popolazione penitenziaria sopra riportata;
i tantissimi suicidi impongono una seria riflessione sulla condizione dei detenuti all'interno degli istituti di pena italiani. È necessario rammentare, infatti, che - ai sensi dell'articolo 27, 3o comma della Costituzione - «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
questa esigenza di umanizzazione del carcere si traduce nel bisogno di salvaguardare la dignità della persona detenuta durante tutto il periodo di permanenza in carcere, il che impone non solo di assicurare un adeguato standard di vita nei luoghi di reclusione, ma anche di provvedere, attraverso il personale specializzato, ad una appropriata personalizzazione del trattamento;
a riprova dell'importanza e dell'attualità di questa tematica, basti pensare che questo suicidio segue di appena tre giorni quello di Massimo Gallo verificatasi nel carcere di Vercelli -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare eventuali responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto di pena di Tolmezzo;
quali iniziative intenda intraprendere per tutelare la vita umana all'interno delle carceri italiane;
se conseguentemente, ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi

presidi specializzati per prevenire il rischio-suicidi e le altre emergenze legate ai disagi psicologici;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere;
se, per quel che riguarda la presenza di agenti, educatori e psicologi nel carcere di Tolmezzo, ci siano state delle variazioni rispetto alle gravi carenze già segnalate dall'iniziativa «ferragosto in carcere»;
se non intenda promuovere con urgenza la creazione di un osservatorio permanente per l'esame analitico dei singoli casi di suicidio verificatisi all'interno degli istituti di pena, al fine di comprenderne e rimuoverne le cause.
(4-05032)

BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia ANSA dell'otto novembre 2009, dal 29 ottobre sarebbe in atto nel carcere di Asti una protesta da parte di un centinaio di detenuti di alta sicurezza, i quali, organizzati in gruppi, fanno a turno rumori assordanti battendo con le gavette contro le inferriate di porte e finestre. Inoltre, sempre come forma di protesta, un gruppo di reclusi ha deciso di rifiutare sia il cibo, sia l'acqua, sia l'ora d'aria;
il motivo della protesta, secondo quanto riferito dal direttore della casa di pena, Domenico Minervini, sarebbe da ricercarsi nel sovraffollamento, posto che, a causa dello stesso, nelle prossime settimane i detenuti rischiano di essere rinchiusi in tre per ogni cella, all'interno delle quali gli spazi sono ridottissimi;
da qualche tempo la vita nel carcere di Asti-Quarto è costantemente in situazione di emergenza; ciò non solo a causa del sovraffollamento, ma anche per la scarsità del personale di sorveglianza nonché per le strutture inadeguate ed obsolete;
attualmente nella struttura sono presenti 15 detenuti accusati di terrorismo di matrice islamica ed alcuni talebani provenienti dai carceri di Benevento e Macomer, nonché altri presumibilmente appartenenti alle cellule di Al Qaeda; tutto ciò nonostante il carcere di Asti non sia un istituto di massima sicurezza per cui gli accusati di terrorismo non dovrebbero esservi tradotti, come dichiarato dal vice-presidente del consiglio regionale, Mariangela Cotto;
secondo i sindacati di polizia penitenziaria, i detenuti accusati di terrorismo di matrice islamica alimentano un continuo clima di tensione con atteggiamenti provocatori e soprusi in danno degli altri detenuti e del personale; la situazione è giunta ad un punto tale che all'interno del predetto istituto di pena viene messa in grave pericolo anche l'incolumità personale;
dopo che il direttore del carcere ha assicurato il suo impegno per sollecitare provvedimenti adeguati presso i vertici delle istituzioni, i detenuti hanno deciso di sospendere momentaneamente l'agitazione in attesa di risposte tranquillizzanti -:
se venga garantita ai reclusi di fede musulmana la possibilità di poter praticare, all'interno dell'istituto di pena indicato in premessa, il proprio culto religioso nonché di potersi alimentare in modo coerente rispetto a quanto previsto dal loro credo;
se non intenda assumere iniziative per il trasferimento dei reclusi accusati di terrorismo di matrice islamica presso altre strutture penitenziarie più idonee ad accogliere questa tipologia di detenuti;
quali iniziative il Governo intenda adottare per dare immediate risposte al personale della polizia penitenziaria del carcere di Asti-Quarto, assicurando sia un rafforzamento degli organici e quindi della qualità del servizio svolto all'interno del

predetto istituto di pena, sia maggiori investimenti per rendere la struttura adeguata agli standard di sicurezza.
(4-05035)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Tirreno del 14 novembre 2009 è apparso un articolo intitolato: «Lucca: Sappe; 205 detenuti in carcere sovraffollamento record»;
secondo quanto dichiarato da Armando Cenni, segretario provinciale del Sindacato Autonomo di polizia penitenziaria, nel carcere San Giorgio di Lucca, dove attualmente si trovano ristretti ben 205 detenuti, «non si era mai visto un sovraffollamento così; il che mette a rischio non solo la sicurezza ma anche gli standard igienici, di vivibilità e delle attività trattamentali dei detenuti»;
a seguito dello spaventoso tasso di sovraffollamento, i carichi di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria sono triplicati, posto che un singolo agente di custodia copre contemporaneamente 3 o 4 posti di servizio;
in questi ultimi due anni nel carcere di Lucca c'è stato un declino esorbitante dell'organizzazione del lavoro, senza che, a ciò siano seguite novità o cambiamenti in positivo da parte dell'amministrazione penitenziaria; anzi, le relazioni sindacali attualmente sono inesistenti e l'accordo quadro locale siglato è stato modificato e non più rispettato;
l'esasperazione del personale sembrerebbe aver raggiunto i limiti di guardia, e, nonostante la direzione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non abbia, come sopra ricordato, posto rimedio al riguardo, il personale stesso continua a svolgere comunque, anche se in condizioni difficili, il regolare servizio per garantire la sicurezza dell'istituto di pena lucchese -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per risolvere i gravi problemi che affliggono il carcere San Giorgio di Lucca in modo da garantire agli operatori del settore penitenziario in servizio presso l'Istituto nonché agli stessi detenuti, condizioni di lavoro e di vita quantomeno dignitose;
se non ritenga, inoltre, necessario valutare l'opportunità di incrementare adeguatamente il personale di polizia penitenziaria, almeno coprendo i posti mancanti per distacco.
(4-05036)

BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in un lancio dell'agenzia di stampa Ansa del 13 novembre 2009, intitolato «Umbria; Sindacati: situazioni delle carceri potrebbe esplodere», in Umbria la situazione in cui versano gli istituti di pena continua ad essere molto critica e vicina all'esplosione di possibili conflitti o incidenti;
a denunciare i rischi che si corrono dentro le carceri umbre sono proprio i sindacati degli agenti penitenziari - Fp-Cgil, Uil-Pa, Sinappe e Sappe -, i quali, dopo aver incontrato l'assessore regionale Damiano Stufara, hanno potuto finalmente conoscere la risposta proveniente dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, relativamente all'emergenza carceri in Umbria;
proprio a seguito della citata nota proveniente dal dottor Franco Ionta i sindacati del Corpo degli agenti di custodia hanno emesso il seguente comunicato congiunto: «Ancora una volta dalla risposta del Capo del DAP si apprende come nessuna fattiva soluzione è stata data al problema della carenza di personale di polizia penitenziaria, una carenza che, dai dati forniti dallo stesso provveditorato dell'amministrazione penitenziaria, risulta essere

di ben 210 unità per la casa circondariale di Perugia, considerando una turnazione di lavoro sviluppata su quattro quadranti, così come previsto dal contratto nazionale di lavoro»;
gli stessi sindacati riferiscono inoltre che «la popolazione detenuta a Spoleto è di circa 500 unità, mentre a Perugia i detenuti sono ben oltre le 500 unità. In particolare, appare grave, anche per la specifica connotazione dell'istituto di Spoleto, la mancanza di personale. Le otto unità preannunciate dal capo dipartimento non andranno neanche a coprire i pensionamenti già annunciati, venendosi a creare quindi una carenza cronica di ben 70 unità. Non ci sono ormai più spazi per azioni di razionalizzazione o riorganizzazione. L'orario di lavoro sfocia continuamente in straordinario e il personale non è più sufficiente a garantire condizioni di normalità, lo stato di emergenza è ormai paradossalmente normale. Accanto a ciò - concludono i sindacati - mancano risorse per le attività trattamentali e per garantire esigenze primarie alla popolazione detenuta, di cura e igiene quotidiana»;
la grave situazione in cui versano le carceri umbre ha indotto i sindacati della polizia penitenziaria a confermare, per le settimane a venire, lo stato di agitazione di tutto il personale -:
se quanto denunciato dai rappresentanti sindacali di Fp-Cgil, Uil-Pa, Sinappe e Sappe trovi effettivamente riscontro nella realtà dei fatti;
se non ritenga di dover implementare senza indugio - tenendo anche conto delle caratteristiche e del tipo di detenuti ristretti nelle carceri di Perugia e Spoleto - il numero degli agenti di custodia, colmando così la carenza di organico e consentendo agli stessi di svolgere il proprio lavoro con turni normali e comunque non massacranti.
(4-05039)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'assemblea del 2 novembre 2009, il consiglio direttivo della camera penale di Milano «Gian Domenico Pisapia» ha denunciato tutta una serie di disfunzioni e/o disagi causati al buon andamento dell'amministrazione della giustizia dagli uffici della procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano. In particolare l'avvocatura milanese lamenta che:
a) per gli imputati detenuti, l'ordine di esecuzione delle sentenze divenute definitive viene emesso anche a distanza di alcuni mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, con la conseguenza che i detenuti con pene brevi non possono accedere ai benefici penitenziari, quali la liberazione anticipata, mentre gli altri detenuti subiscono un ritardo nell'apertura della sintesi e nella fissazione dell'udienza avanti il Tribunale di Sorveglianza per i benefici cui possono accedere;
b) le querele, anche per fatti di una certa gravità, non vengono registrate tempestivamente nell'immediatezza della loro presentazione, come prevede il codice di rito ed anzi la parte che intenda sollecitare la loro iscrizione del registro delle notizie di reato è tenuta a motivare, in un apposito modulo, le ragioni per le quali chiede che avvenga la registrazione: il tutto, peraltro, in violazione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale;
c) l'accesso all'Ufficio «deposito atti», situato a piano terra, obbliga gli avvocati a lunghe ed estenuanti attese, a volte della durata di una intera mattinata, a causa della lentezza del sistema informatico adottato per la verifica e lo stato dei procedimenti, nonché della disposizione organizzativa che impone il deposito ivi di tutti gli atti (ad esclusione delle dichiarazioni di nomina), anche di quelli che potrebbero essere depositati presso la segreteria dei pubblici ministeri assegnatari;

d) in mancanza di coordinamento degli orari dell'Ufficio «deposito atti» con quelli delle segreterie dei singoli sostituti procuratori della Repubblica, ove deve avvenire il deposito delle dichiarazioni di nomina a difensori di fiducia, gli avvocati, dopo aver appreso il numero del procedimento e il nome del sostituto assegnatario presso il primo ufficio, non sono in grado di depositare la nomina nella stessa giornata a causa del ridotto e non coincidente - orario di apertura delle segreterie dei pubblici ministeri;
e) rimane ancora irrisolto il problema dei colloqui con i pubblici ministeri, già portato da tempo all'attenzione del procuratore della Repubblica; salvo commendevoli casi, infatti, i sostituti sembrano vedere la richiesta di colloquio del difensore come un inutile fastidio; ogni sostituto riceve in giorni ed orari diversi e nei giorni in cui dovrebbe ricevere, molto spesso, si rende indisponibile; risulta inoltre radicata da parte di alcuni sostituti, la prassi di accordare o meno il colloquio sulla base della tipologia del reato oggetto del procedimento. Le suddette disfunzioni, oltre ad integrare una evidente mancanza di rispetto per il ruolo del difensore, creano ritardi anche alla giustizia, laddove un colloquio di pochi minuti potrebbe risolvere molti procedimenti o comunque evitare deleghe di indagini oltremodo dispendiose;
f) gli orari ed i giorni di apertura dell'ufficio SDAS, ridotti rispetto agli altri uffici, rendono difficoltosa la verifica ed il controllo dello stato dei procedimenti registrati presso il medesimo Ufficio, nonché l'attività che ivi deve essere svolta, tra cui la selezione degli atti ed il rilascio di copie dei fascicoli processuali per i quali è stata fissata l'udienza dibattimentale. Inoltre, i sostituti nominalmente assegnatari, a turno, dei fascicoli registrati come R.G. S.D.A.S. non si rendono in alcun modo disponibili a ricevere gli avvocati verosimilmente sul presupposto che tali procedimenti sono ritenuti di secondaria importanza;
g) analoga è la situazione dell'ufficio «decreti di citazione a giudizio», anch'esso ubicato a piano terra, ove vengono depositati i fascicoli d'indagine a seguito dell'emissione del decreto di citazione a giudizio: anche questo ufficio ha orari limitati rispetto a quelli ordinariamente seguiti dalle cancellerie per l'apertura al pubblico (tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00) e tale circostanza è causa di lunghe code sia per l'accesso all'ufficio che per l'espletamento degli incombenti di visione e fotocopiatura degli atti;
h) la situazione sopra riportata determina enorme disagio all'adeguato svolgimento dell'attività difensiva ed è sintomo di scarsa attenzione e di mancato rispetto del corretto esercizio del diritto di difesa con ciò minando diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti;
a seguito delle sopra indicate disfunzioni l'avvocatura milanese ha proclamato lo stato di agitazione riservando ogni opportuna decisione in ordine a più incisive forme di protesta -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative, anche di carattere ispettivo, intenda adottare al fine di accertare le responsabilità in ordine alle disfunzioni denunciate dalla camera penale di Milano, così da garantire interventi immediati a tutela del buon andamento dell'attività giudiziaria.
(4-05040)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 12 giugno 2008, un lancio Ansa dava conto della presa di posizione della Uil Penitenziari che denunciava l'aggressione, avvenuta nel carcere di Matera, da parte di un detenuto extracomunitario nei confronti di sei agenti della polizia penitenziaria in servizio;
a seguito dell'aggressione, un agente riportava ferite da taglio alla gola procurate

con una lametta, mentre un altro subiva un trauma cranico per le botte subite alla testa;
secondo quanto consta agli interroganti, di quella aggressione risalente a più di un anno fa nulla si è saputo sulla stampa locale in merito a come si siano svolti i fatti;
il 15 agosto, quando fu effettuata la visita ispettiva di 168 parlamentari nelle carceri italiane, nella casa circondariale di Matera, visitata dall'onorevole Maurizio Turco accompagnato dal segretario di Radicali Lucani Maurizio Bolognetti, dai dati forniti dall'amministrazione dell'istituto, risultavano presenti 165 detenuti (a fronte di una capienza regolamentare di 135 posti); gli agenti effettivamente in servizio erano 115 (15 in meno del numero previsto nella pianta organica); quanto agli educatori e gli psicologi, i dati riferivano della presenza di un solo educatore e di un solo psicologo; stranamente, nella parte del questionario in cui si richiedevano i dati delle aggressioni subite dai dipendenti dell'amministrazione penitenziaria, questi risultavano uguali a «zero» sia nel 2008 che nel 2009;
la Gazzetta del mezzogiorno del 25 settembre 2009 riportava le dichiarazioni di Giuseppe Maniello, del Sappe, il quale denunciava: «è allarmante la violazione della normativa in materia di sicurezza dei lavoratori in ogni sede della Basilicata, compresa la casa circondariale di Matera, seppure da pochi anni oggetto di ristrutturazione costata diversi milioni di euro». «Restano inevase - si leggeva nell'articolo - le richieste per un reparto protetto per il piantonamento dei detenuti nell'ospedale "Madonna delle Grazie", la cui spesa, secondo Giovanni Grippo della Uil Pa, pare verrebbe interamente sostenuta dalla Regione Basilicata. Nonostante questo, anche in assenza di impegno economico, il Provveditorato regionale non ha ritenuto di garantire il minimo impegno per la sicurezza ai poliziotti, ai detenuti ricoverati e, in particolare, alla cittadinanza» -:
se sia a conoscenza dell'aggressione riportata in premessa e resa nota a suo tempo dalla Uil Penitenziari;
se l'amministrazione del carcere abbia riferito al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria tutte le aggressioni al personale che si sono verificate in particolare negli anni 2008 e 2009;
quali siano oggi le condizioni di salute degli agenti aggrediti;
se siano state avviate indagini in relazione alla citata aggressione e se siano state approntate misure volte ad escludere ritorsioni violente sulla persona dell'aggressore;
dove si trovi attualmente l'extracomunitario autore dell'aggressione;
cosa intenda fare il Ministro interrogato per implementare l'organico del carcere di Matera e per scongiurare gli episodi di aggressione a danno del personale dell'amministrazione.
(4-05051)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Mattino di Padova del 10 novembre 2009 è apparso l'articolo di Luciana De Gobbi intitolato: «Aiutiamo un detenuto completamente cieco»;
l'articolo riporta la lettera di una donna che svolge attività di volontariato all'interno della casa di reclusione di Padova la quale, da ormai oltre due anni, si trova ad assistere il detenuto Ben Larbi Bel Hassen, detenuto tunisino completamente cieco e privo di familiari che lo possano accudire ed essergli d'aiuto;
Ben Larbi Bel Hassen, 32enne, è stato arrestato dalla polizia il 23 maggio 2003 e condannato in carcere fino al 2013 per spaccio di droga, ma durante la sua detenzione carceraria è stato colpito dalla malattia di Stragart, forma giovanile di

degenerazione ereditaria della macula per cui al momento non esistono terapie efficaci;
a causa della sua malattia, venti mesi fa il detenuto è stato rinchiuso nell'infermeria del carcere patavino, dove si trova tuttora; durante questo lungo periodo ha perso ben venti chili di peso;
in Italia nessuna struttura carceraria è attrezzata per ospitare al proprio interno un detenuto affetto da una sì grave patologia agli occhi; lo stesso direttore sanitario del carcere di Padova ha inviato una dettagliata relazione al magistrato segnalando il problema, ciononostante il detenuto continua a rimanere rinchiuso all'interno del predetto istituto di pena;
Ben Larbi Bel Hassen non è nemmeno in grado di spostarsi all'interno della propria cella e la volontaria sostiene di averlo sentito più volte esprimere la volontà di togliersi la vita;
secondo alcuni sanitari una migliore strategia terapeutica potrebbe essere eseguita solo qualora il detenuto venisse ammesso ad un regime alternativo alla detenzione -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se e quali iniziative intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire a Ben Larbi Bel Hassen la tutela effettiva del proprio diritto alla salute, che rischia altrimenti di essere irrimediabilmente pregiudicato da modalità di esecuzione della pena orientate unilateralmente a criteri retributivi, di prevenzione generale e difesa sociale, poco compatibili con il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona, nonché con la funzione rieducativa della sanzione penale;
se le autorità carcerarie siano a conoscenza del grave stato di sofferenza psicologica sofferto dal detenuto e se siano state attivate tutte le procedure di precauzione per prevenire eventuali tentativi di suicidio da parte dello stesso;
se risulti per quale motivo il detenuto non sia ancora stato trasferito in un ricovero esterno;
quanti siano i detenuti in condizione di disabilità ed in quali condizioni vengano garantiti i trattamenti necessari per la loro salute.
(4-05053)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato all'agenzia ANSA del 10 novembre 2009, il consigliere regionale campano di Sinistra e Libertà, Tonino Scala, ha effettuato una visita ispettiva a sorpresa presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli-Secondigliano - nella circostanza il consigliere regionale era accompagnato da Samuele Ciambriello (Associazione Città Invisibile) e Dario Stefano Dell'Aquila (Associazione Antigone Campania) - al fine di verificare le condizioni degli internati e lo stato della riforma della sanità penitenziaria che nel 2008 ha sancito il passaggio di competenze al sistema sanitario regionale;
nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli-Secondigliano sono presenti 127 internati ed è stato riscontrato che alcuni di loro sono detenuti all'interno di celle sporche di escrementi e legati ai letti di coercizione;
all'ANSA il consigliere Tonino Scala ha dichiarato quanto segue: «Sono profondamente scosso dalle cose che ho visto. Prendo atto che non esiste una reale presa in carico del paziente psichiatrico e che gli internati trascorrono gran parte della loro giornata chiusi anche a quattro per volta in celle spoglie e non vi sono al momento attività concrete di socio-riabilitazione. Ma mi ha scosso ancor di più appurare di persona che si è tornati ad utilizzare il letto di coercizione. Uno dei casi che più ci ha turbato è stato quello di R.H., un ragazzo immigrato di appena 21 anni, che

si trovava seminudo (indosso portava solo pullover e slip) in una cella liscia priva di ogni cosa, letto incluso, e con il blindato chiuso. La cella era sporca di escrementi. Ci è stato riferito che il ragazzo ha dato in escandescenze appena giunto in ospedale psichiatrico giudiziario e che è pericoloso. Quello che posso testimoniare è che a me è parso lucido e orientato, ha risposto a senso alle mie domande, seppure in condizioni chiaramente precarie. E dal registro ci risulta sia stato legato al letto di coercizione per almeno tre giorni di seguito, appena giunto in ospedale psichiatrico giudiziario, e poi portato in una cella liscia. Più che un ospedale questo è un vero e proprio manicomio. Segnaleremo la cosa alla magistratura di Sorveglianza e agli organismi competenti;
le condizioni di vita all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari sono dure; diversi sono i casi di detenzione ingiustificata ed eccessivo risulta essere l'uso dei letti di contenzione; senza considerare che spesso le strutture sono sovraffollate e sporche;
in pressoché tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani sono presenti una o più sale di coercizione, con letti con cinghie di cuoio e in alcuni casi un buco al centro per i bisogni fisici. Il dato è preoccupante in quanto la pratica della coercizione fisica è di per sé violenta, e non mancano casi di internati costretti al letto di coercizione sino a 14 giorni di seguito -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda aprire un'indagine amministrativa volta a verificare la fondatezza di quanto riscontrato dal consigliere regionale Tonino Scala;
quali misure amministrative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di loro competenza, in tempi immediati, per affrontare le condizioni di insostenibile degrado, di repressiva segregazione, anche laddove immotivata da diagnosi psichiatrica, di abbandono civile ed etico, cui sono sottoposti gli internati nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli-Secondigliano nonché negli altri ospedali psichiatrici giudiziari sparsi sul territorio nazionale;
quali indirizzi il Ministro della giustizia intenda assumere o confermare, in riferimento ai lavori svolti a suo tempo dalla Commissione Pisapia, in ordine agli articoli del codice penale che interessano l'adozione delle misure di sicurezza per i malati di mente, in conformità con le sentenze della Corte costituzionale.
(4-05054)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
di recente è stato diffuso dall'ACI un dossier-studio sull'effettivo stato dei lavori e dei finanziamenti per le opere infrastrutturali nel Paese, soprattutto in riferimento a quelle viarie;
dalla ricerca effettuata risulta che il 43 per cento delle opere annunciate dal Governo risulta essere ancora senza copertura finanziaria, e solo il 3,6 per cento dei lavori previsti nel 2001 è stato completato, gravando ulteriormente su un ritardo infrastrutturale già rilevante, e sui costi aggiuntivi che le stesse imprese si trovano a dover affrontare, data la carenza delle Infrastrutture di trasporto;
per il piano di sviluppo infrastrutturale approvato dal Cipe nelle ultime deliberazioni, sono stati stanziati 116,2 miliardi di euro, a fronte di una disponibilità effettiva di soli 66 miliardi;

il fabbisogno complessivo per la concreta realizzazione del piano corrisponde a circa 50 miliardi di euro, risorsa finanziaria indispensabile, che garantirebbe la copertura delle opere previste e la loro realizzazione;
la causa principale del ritardo nell'ottimizzazione del nostro piano infrastrutturale è da ricercare in un assetto normativo confuso, disorganico e soggetto a continue modificazioni, che ha influito negativamente anche sul reperimento di finanziamenti privati, che ad oggi coprono soltanto il 22 per cento dei costo complessivo delle opere, alimentando ulteriormente il gap infrastrutturale con gli altri Paesi e facendo slittare l'Italia all'ultimo posto per qualità e capacità infrastrutturale;
sono numerosi a parte del Governo gli annunci negli ultimi mesi sugli impegni e le deliberazioni in materia ma, alla luce dei dati obiettivi, si evince la non corrispondenza di tali annunci alla realtà dei fatti e in particolare l'assenza di una programmazione finanziaria organica, che dovrebbe non solo puntare, alla realizzazione di singole opere, ma anche avere una visione d'insieme che garantisca un adeguato livello di competitività delle infrastrutture del Paese, attraverso l'eliminazione di una fuorviante propaganda sulla reale dimensione finanziaria e dell'immobilismo generato dalle procedure amministrative, nonché dal continuo cambiamento di strategie politiche -:
quale sia ad oggi l'effettivo stato di avanzamento dei lavori in riferimento al piano strategico delle infrastrutture e come il Ministro interpellato intenda intervenire al fine di reperire i fondi necessari al completamento, entro i termini fissati, delle opere inserite nel programma del Governo, in particolare per il pacchetto viabilità stradale, strumento fondamentale per lo sviluppo dell'economia del Paese.
(2-00544) «Libè, Vietti»

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è di metà novembre la notizia, apparsa su «il Tirreno» e «La Nazione», che Trenitalia ha annunciato che dal 13 dicembre 2009, data di entrata in vigore dell'orario invernale, gli intercity plus non fermeranno più in molte stazioni della linea tirrenica in Toscana;
il nuovo orario prevedrebbe infatti che treni di qualità come gli intercity plus fermino alternativamente in una delle stazioni di Follonica, Cecina, Campiglia e Orbetello, tagliando così i maggiori centri della costa toscana;
tale decisione escluderebbe de facto la Maremma dai collegamenti veloci e diretti con il territorio nazionale, la capitale in primis, dirottandoli su Firenze con un aggravio di tempo e costi per l'utenza;
questa grave situazione lascia poi prevedere un sicuro incremento dell'uso dell'automobile fra coloro che hanno necessità ogni giorno di spostarsi per lavoro, il che costituirà un notevole aggravio economico per i pendolari, un congestionamento del traffico stradale e un serio impatto in termini di emissioni inquinanti e sulla qualità della vita;
la regione Toscana ha da tempo richiesto un tavolo di concertazione tra Ferrovie dello Stato ed enti locali per la razionalizzazione e il potenziamento del trasporto pubblico e la progettazione condivisa ed integrata dei servizi al cittadino,
il treno rappresenta per professionisti, lavoratori e studenti l'unica possibilità di raggiungere il posto di lavoro e di studio in maniera economica -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere nei confronti di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana per

scongiurare il taglio delle fermate toscane sulla linea tirrenica, e al contrario, per migliorare l'infrastruttura e lo standard dei servizi ferroviari offerti alla clientela e per favorire l'uso del treno che rappresenta il sistema di trasporto più popolare e a minor impatto ambientale.
(4-05028)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Montichiari (Brescia), posto al centro di un'area tra le prime del mondo per importanza e vitalità economica, rappresenta una risorsa infrastrutturale importante per il trasporto aereo del Paese;
la presenza di aree turistiche come quella del lago di Garda, nonché del distretto industriale bresciano e della stessa città di Brescia rendono importante la presenza di un aeroporto che può essere al contempo fonte di occupazione e volano di sviluppo;
la giusta politica di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo, introdotta finalmente da questo Governo, dovrebbe favorire tutti gli scali che finora non hanno goduto di particolari scelte politiche ed al contrario insistono su un bacino commercialmente appetibile: tra questi scali sicuramente - accanto a Malpensa - vi è quello di Montichiari -:
quali siano i dati di traffico attuali e in prospettiva dell'aeroporto di Montichiari (Brescia), ed in particolare quali siano concretamente gli obiettivi di sviluppo;
se e come l'ampliamento del traffico sull'aeroporto di Montichiari si inserisca nel quadro più ampio del processo di liberalizzazione del trasporto aereo.
(4-05037)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono state ritrovate delle microspie nell'ufficio di Rosario Olivo, sindaco della città di Catanzaro;
la vicenda ha suscitato molta preoccupazione nella città. Si tratta, infatti, di un fatto inqualificabile sul piano civile, dai contorni oscuri ed indecifrabili, del resto mai accaduto nel capoluogo di regione;
l'atto criminoso si inquadra in un clima divenuto sempre più difficile sul piano della sicurezza, considerando gli innumerevoli e sempre più frequenti episodi di degrado verificatisi;
la criminalità organizzata sta prendendo spazi soprattutto nell'ambito del traffico della droga ed altre attività illecite;
qualche tempo fa il consiglio comunale si era interessato del problema dell'ordine pubblico e anche l'interrogante aveva posto in evidenza questa situazione, utilizzando gli strumenti di sindacato ispettivo;
le risposte date a suo tempo da parte del Governo furono, ad avviso dell'interrogante, di circostanza, con impegni generici che non si sono efficacemente concretizzati -:
quali iniziative il Governo, a fronte di un episodio grave, intenda porre in essere a tutela del sindaco, persona stimata e corretta;
se non intenda assicurare mezzi ulteriori a supporto dell'azione investigativa, al fine di fronteggiare efficacemente un disegno criminoso che coinvolge le istituzioni e compromette la convivenza civile dei cittadini.
(3-00775)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal COISP - Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia - nel comunicato stampa del 12 novembre 2009, nel centro di identificazione ed espulsione di Restinco (Brindisi) lunedì 9 novembre sarebbe scoppiata una sommossa che ha visto coinvolti una cinquantina di extracomunitari, poi conclusasi con la fuga di una decina di clandestini e l'arresto di un marocchino e tre tunisini accusati di danneggiamento, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale;
le modalità della rivolta degli extracomunitari è stata particolarmente allarmante, posto che gli stessi si sarebbero fatti strada con il lancio di sassi e di altri oggetti contundenti, tra cui un estintore, prima di ingaggiare una lotta corpo a corpo con le forze dell'ordine, al punto che alcuni agenti sono rimasti feriti, per fortuna lievemente;
nel comunicato stampa sopra citato, il Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle Forze di Polizia ha dichiarato quanto segue: «A luglio, quando siamo stati in visita in quello che ancora era il centro di accoglienza e di riconoscimento di Asilo (C.A.R.A) di Restinco (Brindisi), quasi come se stessimo esprimendo una triste profezia, avevamo detto che, per quanto buone e dignitose fossero le condizioni dei luoghi, ci sarebbe stato certamente bisogno di un incremento considerevole dei colleghi impegnati quando, di lì a poco, la struttura fosse diventata un centro di identificazione ed espulsione. Oggi purtroppo registriamo l'ennesima conferma dell'attualità dei pericoli che i garanti della sicurezza corrono nell'espletamento dei servizi presso i centri per immigrati. Le proteste in questi luoghi, sempre più violente, scoppiano ad ogni piè sospinto, ed è ora che vengano assunti seri provvedimenti. Provvedimenti da adottare adesso; senza se e senza ma, senza attendere che ci scappi il morto per poi piangere litri di lacrime di coccodrillo»;
la gestione dei centri di identificazione ed espulsione presenta indubbi rilievi sul piano sociale: nella scorsa legislatura venne istituita presso il Ministero dell'interno una commissione di ispezione per verificare le condizioni all'interno di quelli che allora si chiamavano centri di permanenza temporanea, autorevolmente presieduta dall'ambasciatore Staffan de Mistura, che giunse alle conclusioni, dopo sei mesi di lavoro, che l'attuale sistema di gestione dell'immigrazione tramite i CIE non risponde alle complesse problematiche del fenomeno, non consente una gestione efficace dell'immigrazione irregolare, comporta disagi alle forze dell'ordine e alle persone trattenute e, infine, comporta costi elevatissimi con risultati non commisurati;
all'interno dei CIE gli standard dei servizi garantiti alla persone ivi trattenute sono assolutamente insufficienti, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale; alla qualità ed al numero degli interpreti/mediatori;
la non adeguata qualità dei servizi erogati dipende anche dall'insufficiente standard logistico offerto; si pensi, ad esempio, alla mancanza di spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, alle camere sovraffollate o ai bagni insufficienti;
all'interno dei CIE si registra inoltre, quanto agli immigrati ivi trattenuti, la presenza di situazioni diversissime tra loro, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dell'ordine pubblico nonché della condizione umana e sociale delle persone trattenute. Tale mescolanza, esasperata dalla elevata presenza di ex detenuti, penalizza in modo particolare gli stranieri a cui carico sussistono solo provvedimenti di allontanamento conseguenti alla perdita di regolarità di soggiorno, nonché di persone più deboli e vulnerabili e bisognose di

protezione sociale che sono esposte ad un clima di costante tensione e potenziale intimidazione interna agli stessi centri -:
se non ritenga indispensabile provvedere all'immediato aumento del personale delle forze di polizia assegnato presso il CIE di Restinco (Brindisi) così da sopperire in maniera celere alle carenze esistenti;
quante siano le sommosse che si sono verificate nei centri di identificazione ed espulsione nel corso del corrente anno, e se queste siano aumentate dopo l'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 che ha esteso il periodo massimo di permanenza degli immigrati irregolari nelle predette strutture da 60 a 180 giorni;
se il Governo non ritenga urgente adottare ogni utile provvedimento atto a garantire, con riferimento alla lotta alla immigrazione clandestina, una diversificazione delle risposte per categorie di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di detenzione amministrativa per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento.
(4-05029)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da settimane militanti di Radicali Italiani e della Cellula «Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica» sono impegnati a Bologna nell'attività di raccolta firme su un progetto di iniziativa popolare volto alla istituzione del registro comunale sul testamento biologico;
a questo proposito, sabato 31 ottobre 2009 la segretaria dell'Associazione RadicaliBologna, Monica Mischiatti, e il responsabile della «Cellula Coscioni», Serafino D'Onofrio, si sono visti revocare il permesso - già concesso dal quartiere Santo Stefano - che li autorizzava a tenere un tavolo di raccolta firme in Via Rizzoli (angolo Via Artieri);
nella circostanza il prefetto di Bologna - sulla base della direttiva del Ministro dell'interno datata 23 gennaio 2009, recante, ai sensi dell'articolo 1 della legge 1o aprile 1981, n. 121, criteri per la disciplina della pubbliche manifestazioni nei centri urbani e nelle aree sensibili - ha disposto con decreto (Prot. n. 368/2009/12b16/Gab) il divieto di svolgimento dei cortei e delle manifestazioni pubbliche nelle piazze del centro storico della città emiliana nelle giornate di sabato, a decorrere dalle ore 14, e di domenica;
il predetto divieto, valido originariamente fino al 30 settembre 2009 ma poi prorogato, riguarda le seguenti piazze e vie del centro storico: piazza Maggiore, piazza del Nettuno, piazza Re Enzo, piazza Santo Stefano, nonché le vie del centro storico che costituiscono la cosiddetta «T», ovvero via Ugo Bassi, il tratto di via Indipendenza ricompreso tra via Augusto Righi e via Rizzoli, e la stessa via Rizzoli;
il divieto del Prefetto, dottor Tranfaglia, fa salve solamente le tradizionali cerimonie e ricorrenze a carattere storico, religioso e commemorativo e le iniziative soggette alla disciplina in materia di propaganda elettorale; inoltre per quelle manifestazioni per cui, per precedenti specifici di turbative dell'ordine e della sicurezza pubblica, modalità di svolgimento, particolari caratteristiche e luoghi attraversati non sussistano idonee sufficienti garanzie che da esse non conseguano danni al patrimonio architettonico ed urbano pubblico o privato, il questore è tenuto a prevedere ogni indicazione o prescrizione ritenuta più opportuna;
i militanti radicali sono sempre stati autorizzati a tenere tavoli di raccolta-firme nelle piazze e vie del centro storico di Bologna attraverso un processo di dialogo con le amministrazioni locali succedutesi nel tempo; tutto ciò non ha mai sollevato il benché minimo problema per l'ordine e la sicurezza pubblica. Peraltro

occorre considerare che: a) il divieto allo svolgimento di cortei e manifestazioni pubbliche introdotto recentemente dal prefetto non è né valido né operativo, al di fuori della città di Bologna, il che provoca inevitabilmente un atteggiamento di palese «dispar condicio» nei confronti dei cittadini da parte delle autorità preposte alla tutela dell'ordine pubblico; b) il citato decreto limita l'agibilità democratica nelle zone più frequentate della città bolognese e favorisce le forze politiche e le realtà associative che hanno ampie disponibilità di soldi per affittare, in centro, sale di alberghi e teatri;
nel caso di specie il tavolo di raccolta firme non era una manifestazione politica, ma l'esercizio di una forma di democrazia diretta riconosciuta dagli articoli 3 (tutela dei diritti) e 5 (iniziativa popolare) di cui allo statuto del comune di Bologna; raccolta firme peraltro autorizzata proprio dal comune di Bologna, ente che autentica le sottoscrizioni sia presso i suoi uffici relazioni con il pubblico, sia presso la segreteria generale;
impedire ad un movimento politico la possibilità di raccogliere le firme su un progetto di iniziativa popolare nel centro della città e nei giorni di maggiore affluenza settimanale, rischia di rendere quanto mai difficoltoso il ricorso a questo particolare strumento di democrazia diretta, posto che, ai sensi dell'articolo 5 dello statuto del comune di Bologna, per essere presentato in consiglio comunale il progetto di iniziativa popolare deve essere sottoscritto da almeno 2.000 cittadini bolognesi; firme che debbono essere perentoriamente raccolte entro e non oltre 90 giorni dal deposito del testo presso la segreteria generale;
sabato 7 novembre 2009 l'interrogante, insieme a militanti dell'Associazione RadicaliBologna e della Cellula «Coscioni», previa comunicazione alla questura, ha condotto un'azione di disobbedienza civile allestendo un tavolo di raccolta firme (dimensioni: metri 1,10x0,70!) sul registro dei testamenti biologici nel centro cittadino (via Rizzoli, angolo via Artieri) al fine di denunciare l'illegittimità del decreto prefettizio. Nella circostanza l'interrogante è stata multata dagli appartenenti al comando della polizia municipale ex articolo 20, commi 1 e 4, del codice della strada;
l'articolo 17 della Costituzione prevede che «i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi», che «per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso» e che «delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica»;
il decreto emanato dal prefetto di Bologna è ad avviso degli interroganti di una rigidità ai limiti dell'attentato alla libertà di espressione e all'esercizio dei diritti civili e politici per i cittadini bolognesi -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per rimuovere il gravissimo vulnus arrecato dal citato decreto del prefetto di Bologna ai diritti dei cittadini, con particolare riguardo agli articoli 17 e 21 della Costituzione della Repubblica italiana.
(4-05030)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato all'agenzia AGI dal Garante dei detenuti della regione Lazio, avvocato Angiolo Marroni, con l'arrivo dei primi freddi e delle piogge torrenziali, gli ospiti del centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Ponte Galeria «cominciano a patire una situazione sempre più precaria, posto che gli stessi, non disponendo di vestiti idonei alla stagione, lamentano freddo e umidità dell'ambiente, situazione aggravata dal fatto che i riscaldamenti dei vari locali del Centro sono malfunzionanti»;

attualmente nel CIE di Ponte Galeria sono ospitate 254 persone (129 uomini e 125 donne), un numero leggermente inferiore rispetto all'ultima settimana di ottobre 2009 quando gli ospiti censiti erano 276;
l'80 per cento degli uomini ospitati a Ponte Galeria arriva dal carcere; si tratta per lo più di maghrebini (68 di loro provengono infatti da Tunisia, Marocco, Algeria ed Egitto) o provenienti dall'Africa subsahariana (23 di loro arrivano da Nigeria, Ghana, Senegal, Camerun, Liberia); in 15 arrivano dall'Albania, ex Urss ed ex Jugoslavia; mentre i romeni espulsi per grave pericolosità sociale sono cinque; infine vi sono 11 asiatici e 7 sudamericani. Per quanto riguarda le donne, circa il 15 per cento arriva dal carcere; le stesse provengono per la maggior parte dall'Africa subsahariana (69 provengono da Nigeria, Ghana e Senegal), 10 arrivano dal Maghreb e 39 da Albania, ex Urss ed ex Jugoslavia;
nonostante l'elevato tasso di sovraffollamento, fino ad oggi nel centro in questione non sono stati effettuati gli interventi di necessaria ristrutturazione;
a tal proposito il Garante dei diritti dei detenuti della regione Lazio ha dichiarato quanto segue: «Oltre un mese fa le Autorità si erano impegnate a rendere più vivibile il Centro. Questo impegno nasceva dal fatto che le nuove norme sulla sicurezza hanno allungato la permanenza nei CIE fino ad un massimo di 180 giorni. Il trasferimento della sede di Ponte Galeria in una nuova struttura più idonea e vivibile, dato per certo fino a poco tempo fa, è finito nel dimenticatoio»;
fra i disservizi denunciati dal Garante vi sono: i ritardi nelle visite mediche al di fuori del centro e nella trasmissione delle certificazioni sanitarie dal carcere al CIE; la scarsità di cibo; la difficoltà di stabilire relazioni con alcune rappresentanze diplomatiche nonché l'assoluta situazione di precarietà nella stessa gestione del CIE, visto che, dall'inizio dell'anno 2009, sono già cambiati cinque direttori -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali provvedimenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di garantire i diritti minimi essenziali ed il rispetto delle persone trattenute nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria;
a quanto ammontino i costi di gestione e quali rette vengano erogate per ogni singolo trattenuto nella predetta struttura;
se il livello dei servizi risulti adeguato alle esigenze del centro e se l'erogazione degli stessi risulti omogenea a quella degli altri centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale -:
quali siano i motivi che non rendono possibile il trasferimento della sede di Ponte Galeria in una nuova struttura più idonea e vivibile.
(4-05034)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa, martedì 10 novembre 2009 le forze dell'ordine sono piombate nell'ex fabbrica Heineken a Roma per sgomberarla dalle 150 persone di etnia rom - tra cui donne, bambini e malati - che vi si erano rifugiate nelle settimane precedenti;
gli attivisti e le organizzazioni umanitarie hanno protestato con fermezza contro la predetta operazione di evacuazione, che nonostante ciò è stata comunque condotta in porto;
secondo quanto riportato dall'organizzazione no-profit EveryOne nel comunicato stampa del 12 novembre 2009, durante lo sgombero «le autorità hanno costretto gli adulti rom a firmare richieste di rimpatrio volontario (...). Sul pullman c'erano anche dei bambini che vanno regolarmente a scuola nel quartiere»;

stando a quanto dichiarato dai responsabili di alcune associazioni umanitarie, molte famiglie sarebbero state condotte in Romania, ma di molte altre non si sa più nulla visto e considerato che su di esse le autorità non rilasciano alcun tipo di informazione. A seguito dello sgombero centinaia di persone di etnia rom sono ora rimaste senza riparo e prive di mezzi di sostentamento -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda verificare le modalità con cui le forze di polizia hanno proceduto allo sgombero del campo rom ubicato nell'ex fabbrica Heineken per appurare se nella circostanza siano stati rispettati le leggi vigenti e i diritti fondamentali delle persone ivi alloggiate.
(4-05038)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Unione europea si fonda sul rispetto dei diritti dell'uomo, delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto. La Carta dei diritti fondamentali sancisce tutti i diritti - personali, civili, politici, economici e sociali - dei cittadini dell'Unione. Nel marzo 2007 l'UE ha istituito l'Agenzia europea per i diritti fondamentali, che ha il compito di aiutare l'UE e gli Stati membri ad elaborare la normativa in questo campo e di sensibilizzare l'opinione pubblica ai diritti fondamentali. Del resto, in un mondo globalizzato, è fondamentale che i paesi dell'Unione europea collaborino efficacemente per combattere la criminalità e il terrorismo;
con l'allargamento dell'Unione europea si viene a creare un'area più ampia di stabilità e prosperità in Europa - un'area nella quale sono assicurate la democrazia e la legalità e sono rispettati i diritti umani. Tutto ciò garantirà che l'Unione europea sia effettivamente uno spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia per tutti;
tra i vantaggi apportati dall'Unione europea (UE) ai suoi cittadini vi è il diritto di circolare liberamente all'interno del suo territorio e di stabilirsi e lavorare nel paese dell'UE di loro scelta. Tuttavia, per sfruttare pienamente questi vantaggi, i cittadini devono sapere di poter vivere la loro vita quotidiana e svolgere la loro attività in condizioni di sicurezza, al riparo dalla criminalità e beneficiando delle stesse condizioni di accesso alla giustizia, indipendentemente dal paese dell'Unione europea nel quale si trovano. La libertà non si riferisce esclusivamente alla mobilità personale, ma anche al riconoscimento di determinati diritti fondamentali, come il diritto alla sicurezza, l'uguaglianza davanti alla legge, la libertà di pensiero, di espressione e di informazione, il diritto a una buona amministrazione e il diritto al risarcimento da parte delle istituzioni europee dei danni eventuali cagionati ad una persona. Questi diritti sono riconosciuti a tutti coloro che risiedono legalmente nell'Unione europea, siano o no cittadini europei;
tutti coloro che vivono nell'Unione europea dovrebbero avere la possibilità di circolare liberamente da un paese all'altro e di scegliere dove stabilirsi, indipendentemente dal fatto che abbiano la nazionalità di uno Stato membro o che siano immigrati entrati legalmente nell'Unione europea;
i cittadini europei sono oggi liberi di viaggiare, lavorare e vivere in qualsiasi parte dell'UE. Per godere appieno di questa possibilità senza precedenti essi devono però essere certi di potersi muovere e attendere alle loro occupazioni in tutta sicurezza. Devono essere protetti dalla criminalità internazionale e dal terrorismo e, allo stesso tempo, vedersi garantito il diritto di accedere alla giustizia in condizioni di parità e il rispetto dei loro diritti fondamentali in tutta l'Unione;
per questo motivo l'UE sta creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia che, una volta completato, abbraccerà questioni quali la cittadinanza dell'UE, la

libera circolazione delle persone, l'asilo e l'immigrazione, la politica dei visti, la gestione delle frontiere esterne e la cooperazione fra autorità di polizia, giudiziarie e doganali degli Stati membri. Il pacchetto garantirà che le norme applicabili ai cittadini dell'UE, ai turisti e agli immigrati di altre regioni del mondo - come pure ai criminali e ai terroristi - siano attuate uniformemente in tutta l'Unione;
in questo scenario l'Italia ha il diritto e il dovere di adeguarsi ed entrare in un'«ottica europea» più ampia non solo per garantire condizioni di maggiore sicurezza dei cittadini ma anche sensibilizzarli affinché ci sia maggior coesione e rispetto reciproco e verso tutti coloro extracomunitari che risiedono legalmente nel nostro Paese. L'Italia è uno Stato membro dell'Unione europea e come tale gli italiani sono cittadini europei;
peraltro, coerentemente con le politiche dell'Unione europea, nel documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2007-2009 il tema centrale degli obiettivi da perseguire è quello delle condizioni dell'inserimento sociale degli immigrati e delle loro famiglie, dell'integrazione e di una ordinata convivenza civile, con la consapevolezza che al di là delle ragioni economiche e solidaristiche rispetto all'immigrazione, l'Italia che si confronta con essa, sta già vivendo la prospettiva di una nuova società; per garantire il diritto alla sicurezza e alla libertà dei cittadini è necessario e fondamentale che i cittadini conoscano e approfondiscano il concetto di sicurezza e di libertà;
dal rapporto Caritas Migrantes 2009 emerge che in Italia la popolazione immigrata ha raggiunto una percentuale superiore alla media europea e si sottolinea come il paese sia carente in politiche dell'integrazione. 4 milioni e 630 mila persone straniere regolari e in corso di regolarizzazione rappresentano il 7,2 per cento della popolazione italiana e producono il 10 per cento del PIL;
un dato importante è che nella maggior parte dei casi gli stranieri sono protagonisti di reati legati alla loro condizione di irregolari: fuga, falsi documenti e false generalità, resistenza, oltraggio che in alcuni casi esasperati sfociano in omicidi;
un altro dato che deve far riflettere è che la maggior parte dei reati avviene in età giovane; ad oggi uno straniero riesce ad avere la cittadinanza in non meno di 13-14 anni, tempi così lunghi incentivano a cercare scorciatoie, ad esempio matrimoni finti, e fanno in modo che queste persone non si sentano mai parte integrante di questo Paese, ma persone nell'ombra senza diritti e soprattutto senza doveri;
il decreto-legge Sicurezza approvato il 15 luglio 2009 è caratterizzato principalmente da condanne e non da soluzioni concrete atte a prevenire i reati. Condanne e punizioni sono necessarie dopo che un reato è avvenuto, ma occorrono anche maggiori regole e controlli al fine di evitare il più possibile che questo accada;
le Forze dell'Ordine devono essere in grado di attuare controlli, di far rispettare le regole ed evitare che siano i cittadini stessi a doversi far giustizia. L'Italia non è il Far West dove la legge ancora non è arrivata e ognuno è libero di fare ciò che vuole;
il fenomeno dell'integrazione è un fenomeno reale e in continuo aumento, bisogna affrontarlo a 360 gradi per garantire la convivenza civile e democratica tra persone di diverse etnie -:
se il Governo intenda intervenire, con quali tempi e quali risorse al fine di prendere in considerazione realmente e concretamente il fenomeno dell'integrazione e quali misure intenda adottare al fine di rendere i cittadini stranieri soggetti attivi e partecipi nella società che li ha accolti;
se il Governo intenda dare un maggior sostegno e in che modo alle forze dell'ordine al fine di metterle in condizione di poter svolgere appieno il loro

dovere, fare controlli diretti e approfonditi e far rispettare le leggi di questo Paese.
(4-05041)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nei giorni antecedenti le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Istituto Comprensivo di Collecchio, in provincia di Parma, davanti alla sede della medesima scuola elementare e media, sono stati distribuiti volantini con l'esplicito invito, da parte dell'Assessore di quel Comune, Giovanni Brunazzi, a votare per alcuni candidati al Consiglio d'Istituto;
nel pomeriggio del 6 novembre 2009, il predetto assessore, appreso della distribuzione dei volantini, diramava un comunicato, pare utilizzando la casella di posta elettronica messagli a disposizione dal Ministero dell'istruzione (giovanni.brunazzi@istruzione.it), di cui è dipendente, con cui smentiva di avere distribuito volantini davanti alle scuole di Collecchio, ma ammetteva di avere inviato e-mail ad aventi diritto al voto, invitandoli a sostenere alcuni candidati;
giustificazioni al proprio comportamento rese dal Brunazzi - quali «sono libero di sostenere chi voglio» - non paiono coerenti col ruolo di pubblico amministratore che lo stesso ricopre;
fra i doveri costituzionali a cui debbono attenersi gli amministratori nell'esercizio delle proprie funzioni specifiche, vi è quello di imparzialità, intesa come equidistanza fra le varie persone che, come nel caso di specie, si accingono ad esercitare il diritto di voto, per di più in un organismo collegiale che non dovrebbe avere nulla a che fare con la politica;
se i fatti su esposti siano noti ai Ministri interrogati e quali ne siano le valutazioni;
se e quali iniziative intendano assumere per evitare il ripetersi di comportamenti quali quello sopra evidenziato, evidentemente finalizzato a condizionare - per effetto del ruolo ricoperto di amministratore pubblico - il risultato del voto in una consultazione a livello scolastico.
(4-05044)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da recenti notizie di stampa si apprende che una cittadina italiana sarebbe stata vittima di un odioso episodio di discriminazione religiosa e razziale nei pressi della moschea di Correggio, in provincia di Reggio nell'Emilia;
la giovane di religione cristiana, coniugata con un cittadino marocchino di fede musulmana e al settimo mese di gravidanza, sostiene infatti di essere stata oggetto di pesanti minacce da parte di un cittadino pachistano che, dopo avere reiteratamente inveito contro di Lei, l'avrebbe allontanata da una panchina, posta nelle vicinanze della detta moschea, sulla quale sedeva;
il consiglio comunale di Correggio, investito della questione, ha negato la richiesta (dai gruppi d'opposizione) solidarietà alla vittima di detto odioso episodio -:
se i fatti in questione siano stati accertati dal Ministero interrogato e, in ogni caso, se e quali iniziative intenda assumere per garantire che sia consentito a tutti, indipendentemente dalla fede religiosa professata, di potere sostare, senza per questo mettere a rischio la propria incolumità personale, nelle aree pubbliche poste nelle adiacenze della citata moschea.
(4-05045)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la riduzione numero consiglieri comunali e provinciali attribuiti a ciascun

comune potrebbe costituire una misura significativa di razionalizzazione della spesa pubblica;
tra i diversi progetti di legge presentati sull'argomento vi è l'atto Camera 2892 che prevede - tra l'altro - una significativa riduzione di consiglieri ed assessori comunali e provinciali nelle seguenti misure e proporzioni:
a) consiglieri comunali fino ad un massimo di 20 membri nei comuni con popolazione superiore a un milione di abitanti, di 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti; di 12 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, sono capoluoghi di provincia di 10 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, di 8 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti e di 6 membri negli altri comuni;
b) consiglieri provinciali fino ad un massimo di 20 membri nelle province con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti, di 16 membri nelle province con popolazione residente superiore a 500.000 abitanti, di 10 membri nelle altre province;
c) assessori comunali fino ad un massimo di 3 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, di 4 nei comuni con popolazione tra i 10.000 e i 30.000 abitanti; di 5 nei comuni con popolazione tra i 30.000 e i 100.000 abitanti; di 6 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; di 8 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 1 milione di abitanti e di 10 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
d) assessori provinciali fino ad un massimo di 6 per le province con popolazione residente inferiore a 500.000 abitanti; di 8 per le province con popolazione residente compresa tra 500.001 e 3 milioni di abitanti e di 10 per le province con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti;
in uno Stato autonomo e decentrato, ciascun ente locale dovrebbe essere libero di stabilire il numero dei propri amministratori e sostenerne il relativo onere finanziario, ma nelle more della realizzazione di un sistema autenticamente libero e federalista, appare utile una norma che limiti gli eccessi di molti enti locali a danno delle finanze pubbliche collettive;
inoltre pare corretto considerare che l'avvento dei nuovi sistemi di gestione delle informazioni, l'affermazione di internet e dei sistemi di comunicazione cellulare, il consolidamento di mass media locali di vario tipo sono elementi che consentono di pensare alla riduzione del numero di consiglieri ed assessori;
inoltre, essendo ormai trascorso quasi un ventennio dal momento dell'approvazione delle leggi n. 142 del 1990 e n. 81 del 1993, corre l'obbligo di considerare che il ruolo assembleare dei consigli comunali e provinciali è venuto nei fatti a subire una radicale modifica. Una struttura snella di detto organo, con conseguente maggiore responsabilità in capo ai singoli consiglieri, potrebbe rendere l'azione collegiale più incisiva ed efficace. Analogo il ragionamento nei confronti delle giunte comunali e provinciali;
le economie riportate potrebbero incentivare la realizzazione di opere pubbliche, con benefici sugli investimenti in infrastrutture per centinaia di milioni di euro -:
se il Ministro ritenga attuabile una riduzione significativa del numero dei componenti dei consigli e delle giunte comunali e provinciali;
in che cifra assoluta e complessiva il Ministro quantifichi - seppur a livello indicativo - le economie ottenibili dall'approvazione di un provvedimento analogo a quello (Atto Camera n. 2892) descritto in premessa, contando nel complesso non solo le mancate spese dovute a minori

indennità di carica, ma anche a minori spese per rimborsi, personale, struttura, utenze ed altro ancora;
se e quali altre azioni il Ministro intenda attuare ai fini di agevolare gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.
(4-05046)

LO MORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa (Gazzetta del Sud di mercoledì 4 novembre 2009) di un grave atto intimidatorio avvenuto a Lamezia ai danni della Comunità Progetto Sud, retta da don Giacomo Panizza, operante da più di trent'anni nel territorio lametino, le cui strutture sono ospitate in locali confiscati ai clan della malavita locale;
risulta in particolare dalla cronaca che, nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2009 sono stati tranciati i freni ed è stato manomesso il sistema ABS di due autovetture di proprietà di ospiti della Comunità;
una delle due macchine, una Fiat Doblò adibita al trasporto di persone con disabilità, appartiene a Nunzia Coppedè, presidente della FISH (Federazione italiana per il superamento dell'handicap) Calabria;
la Coppedè, attivissima rappresentante del mondo dei diversamente abili, si trovava con altre persone a bordo dell'auto alla quale erano stati tranciati di netto i tubi dei freni: solo grazie al tempestivo azionamento del freno a mano da parte di chi era al volante sono state evitate gravi conseguenze;
l'atto di sabotaggio dei due veicoli rappresenta un gravissimo atto intimidatorio nei confronti della comunità Progetto Sud, impegnata quotidianamente in molteplici attività di carattere sociale, quali incontri sulla legalità e su tematiche economiche, riabilitazione motoria e recupero dei tossicodipendenti;
le modalità di manomissione delle due autovetture, che avrebbero dovuto percorrere una discesa ripida per immettersi sulla strada comunale, portano anzi a ritenere che chi ha agito abbia messo in conto di poter nuocere alle persone che avrebbero viaggiato sui veicoli, accettando conseguentemente il rischio di minare, anche in maniera grave, alla loro incolumità;
il fatto si presta infatti ad una duplice interpretazione, potendosi leggere, in esso, un concreto attentato contro l'incolumità fisica delle persone, ed in particolare di Nunzia Coppedè, che avrebbe viaggiato a bordo della sua autovettura su una carrozzina a rotelle, e, nello stesso tempo, un'intimidazione nei confronti della Comunità Progetto Sud e della sua copiosa attività sociale;
innumerevoli sono stati gli attestati di solidarietà rivolti a livello locale e nazionale nei confronti della Coppedè e della Comunità per l'episodio che ha giustamente destato allarme, oltre che sdegno -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali ulteriori elementi possa fornire in proposito;
se siano state attivate indagini riguardo al sabotaggio operato ai danni delle due autovetture.
(4-05048)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
se la libertà religiosa, di credenza e di coscienza, è un diritto inviolabile consolidato nella cultura del popolo italiano e riconosciuto in modo inequivocabile dal combinato disposto degli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione italiana, è innegabile che il patrimonio storico culturale del

nostro Paese affonda le proprie radici nella civiltà e nella tradizione cristiana;
da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, in un Istituto scolastico di II grado «Ferraris», sito nel comune di Verona, il preside ha sostituito il simbolo del crocifisso che a norma di legge deve essere esposto nell'aule scolastiche a fianco della foto del presidente della repubblica con dei poster di riferimento spirituale religioso affissi sulle pareti laterali delle aule scolastiche;
l'iniziativa del preside dell'istituto «Ferraris» di Verona è l'ennesimo esempio, purtroppo non isolato, di un utilizzo improprio di una professione che dovrebbe essere improntata a trecento sessanta gradi non soltanto all'istruzione fine a se stessa ma ad una formazione ed educazione dei giovani al fine di prepararli ad affrontare le sfide che nella vita inevitabilmente gli si presenteranno davanti. Per queste ragioni è inaccettabile un atteggiamento di strumentalizzazione degli studenti attraverso l'utilizzo di strumenti, ad avviso dell'interrogante subdoli volti ad affermare una propria linea di pensiero che, in questo caso particolare, pare contraria sia all'ordinamento giuridico sia agli usi e alle consuetudini insiti nella tradizione storico culturale e sociale del nostro Paese;
cancellare i simboli della nostra identità, collante indiscusso di una comunità, in nome di una ideologica visione relativista e laicista significa unicamente svuotare di significato i principi su cui si fonda la nostra società;
il preside ha parzialmente giustificato la sua azione in relazione alla sentenza della seconda sezione della Corte europea per i diritti dell'uomo che ha accolto il ricorso, sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule;
nel nostro Paese, l'esposizione del crocifisso nei luoghi statali è tuttora regolata dall'articolo 118 del regio decreto del 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle giunte e dei regi istituti di istruzione media), nella parte in cui include il crocifisso tra gli «arredi» delle aule scolastiche e ne impone l'esposizione in ogni scuola e nei tribunali;
il Consiglio di Stato, nel parere n. 63 conferito in data 27 aprile 1988, ha autorevolmente avallato la suddetta disposizione, rilevando che «il Crocifisso o, più semplicemente, la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da una specifica confessione religiosa»;
sempre il Consiglio di Stato, nel citato parere, ha argomentato che «la Costituzione repubblicana, pur assicurando pari libertà a tutte le confessioni religiose, non prescrive alcun divieto all'esposizione nei pubblici uffici di un simbolo che, come quello del Crocifisso, per i principi che evoca [..] fa parte del patrimonio storico», soggiungendo che la presenza dell'immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche non può «costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa»;
nel citato parere, il Consiglio di Stato ha riconosciuto inequivocabilmente che le disposizioni (articolo 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965 e l'allegato c del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297) concernenti l'esposizione del crocifisso nelle scuole sono tuttora legittimamente operanti, che le medesime non si sono mai poste in contrasto con i Patti Lateranensi, né tanto meno con l'ordine all'esposizione del crocifisso nelle scuole;
l'articolo II-112, comma 4 del Trattato di Lisbona, inoltre, ribadisce che, laddove la CEDU riconosca diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti devono essere interpretati in armonia con dette tradizioni;
considerato che il crocifisso, oltre a rappresentare un simbolo culturale e religioso,

è stato identificato con costante giurisprudenza dai giudici nazionali come uno dei valori secolari della Costituzione, ci si domanda se, nel caso di specie possano ritenersi soddisfatte le condizioni previste dal Trattato di Lisbona;
in particolare, si evidenzia come la pronuncia della Corte di Strasburgo abbia interpretato il riferimento alla libertà religiosa contenuto nella CEDU in maniera non conforme alla tradizione costituzionale italiana;
il Governo italiano, nell'esprimere un giudizio politico fortemente critico nei confronti della decisione della Corte europea, ha preannunciato il proprio ricorso nei confronti della sentenza -:
quali provvedimenti il ministro intenda adottare al fine di tutelare i simboli identitari che contraddistinguono il patrimonio culturale e religioso del nostro popolo, adottando gli opportuni strumenti politici, atti a legittimare l'esposizione del crocifisso nelle scuole confermandone con apposita circolare ministeriale il mantenimento tra gli arredi scolastici;
se non ritenga, inoltre, necessario provvedere ad un richiamo formale nei confronti dei presidi e degli insegnanti che in opposizione alle normative vigenti e senza rispetto per i principi e i valori insiti nella tradizione religiosa e culturale del nostro Paese, operano per diffondere la propria personale convinzione secondo l'interrogato «abusando» del loro ruolo.
(4-05047)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica che ha colpito l'agricoltura, nonostante gli interventi apprezzabili introdotti dal Governo a sostegno del comparto, sta interessando anche il settore dell'agriturismo;
a giudizio della Cia, la Confederazione italiana agricoltori, infatti, nonostante l'agriturismo abbia reagito meglio di altri settori alla difficile congiuntura, il 2009 chiuderà con un saldo finanziario negativo;
il cosiddetto campanello d'allarme si è rilevato nell'estate 2009, in considerazione della riduzione delle presenze registratesi, in particolare nel corso dei mesi di giugno e luglio, all'interno delle strutture di soggiorno, nonostante le possibilità diversificate di offerte e di attività ricreativa messe a disposizioni della clientela;
sempre secondo la Cia, è possibile stimare un calo di circa il 5 per cento, del fatturato complessivo del settore, che ravvisa le prospettive incerte e pessimistiche per il futuro, se non interverranno immediate misure adeguate ed incisive a sostegno dell'agriturismo italiano -:
quali iniziative intenda intraprendere a favore dell'importante segmento dell'agricoltura italiana, qual'è l'agriturismo, il cui comparto risulta caratterizzato da una crisi economica e finanziaria evidente;
se non ritenga opportuno, in sede di manovra finanziaria per il 2010, prevedere adeguate risorse finanziarie per fronteggiare le difficoltà economiche che gli imprenditori del settore sono costretti a contrastare, al fine di rilanciare un fondamentale comparto quale l'agriturismo italiano, ritenuto «un'isola felice» nell'arcipelago agricolo del nostro Paese.
(3-00774)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
con l'articolo 30, comma 9, della legge n. 99 del 23 luglio 2009 recante

«Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» si prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas adotti, sulla base degli indirizzi emanati dal Ministro dello sviluppo economico, misure temporanee volte ad ampliare l'offerta di energia in Sardegna, mediante l'individuazione di un meccanismo di mercato che consenta l'acquisizione e la cessione di capacità produttiva virtuale (nota come virtual power plants - VPP), sino alla completa realizzazione delle infrastrutture energetiche di integrazione con la rete nazionale;
se per un verso la prospettiva poteva apparire migliorata, per altro verso la situazione dell'ALCOA appare drammaticamente precipitata perché i tempi di applicazione del VPP non si sono rivelati positivi, nessun accordo di riduzione dei costi di fornitura di energia elettrica sembra essere stato concluso con l'ENEL mentre il Governo non si sarebbe dovuto limitare ad emettere un decreto, ma avrebbe dovuto essere il garante nella trattativa tra azienda ed Enel per i contratti bilaterali a seguire, sapendo che se la tariffa da determinare fosse stata superiore ai 35 centesimi per chilowattora si sarebbe comunque decretata l'estinzione dell'impresa anche indipendentemente dalla crisi mondiale;
l'ALCOA, multinazionale leader mondiale nella produzione e nella gestione di alluminio primario, con insediamenti in numerose parti del mondo, sta soffrendo per la crisi mondiale nei seguenti termini:
1) il prezzo del metallo, che risente della pessima congiuntura internazionale, dai 3.000 dollari a tonnellata di febbraio si attesta con modestissime oscillazioni intorno a circa 1.600 dollari per tonnellata, presso al quale oltre il 50 per cento dei produttori mondiali produce in perdita;
2) i magazzini mondiali si stanno riempiendo di metallo non venduto, cosa che contribuisce ad abbassare ulteriormente il prezzo. Ed i magazzini di metallo dell'LME oramai non hanno più capacità di stoccaggio, talmente grande è la qualità oggi immobilizzata (1.550.000 tonnellate);
3) il mercato dell'auto, dell'edilizia e degli estrusi, che determinano la domanda di primario, stanno crollando;
4) l'azione Alcoa vale ora intorno ai 09,00 dollari, mentre prima ne valeva circa 40,00;
5) lo stabilimento di Fusina, pure di ALCOA, è in condizioni di allarme rosso avendo il laminatoio, che si fornisce del metallo primario prodotto a Portovesme, ridotto del 40 per cento la produzione con la previsione di 35 esuberi, tanto che Alcoa Portovesme come prime mosse ha già dichiarato che rivedrà immediatamente gli investimenti già programmati per il 2008/2009. In pratica Alcoa ridurrà tutti i costi operativi dello stabilimento;
6) gli appalti pagheranno un costo altissimo per questa crisi;
7) la SAPA, che raccoglie gli stabilimenti ex Alcoa di estrusi (Feltre, Bolzano e Fossanova) ha già chiesto la cassa integrazione guadagni;
8) a livello mondiale Alcoa ha già intrapreso alcune azioni quali: la chiusura di uno stabilimento di primario in Texas; la riduzione di produzione di una raffineria di allumina. Il 10 novembre 2008 ALCOA ha annunciato che, oltre le 300.000 tonnellate già ridotte, ridurrà ancora la propria produzione globale di altre 350.000 tonnellate, cioè il 15 per cento della produzione mondiale, con una riduzione di personale che, solo in Spagna, prevederà circa 180 esuberi;
a quanto consta agli interpellanti la commissione concorrenza dell'Unione europea sembra intenzionata a dichiararsi insoddisfatta persino della formula del VPP (che essa stessa aveva indicato come praticabile) con il paventato rischio di applicazione di una sanzione all'azienda di portata enorme (420 milioni di euro);
se si verificasse un accadimento di questa natura si verificherebbe un disastro economico e sociale di spaventose proporzioni

che getterebbe nella rovina l'ALCOA, i lavoratori e le loro famiglie e l'intera economia del Sulcis, rappresentata per il 13 per cento della produzione dell'alluminio (tutte le altre fabbriche - Portovesme s.r.l., Rusal, Otefal, e altre - sono chiuse e lo resterebbero irrimediabilmente ove chiudesse anche l'ALCOA, ultimo stabilimento rimasto aperto;
la produzione di alluminio ha un valore strategico non solo per l'Italia, ma per l'intera Europa; come pure l'occupazione che essa genera. Con la sua chiusura si determinerebbe la delocalizzazione della produzione fuori del territorio comunitario, e l'Europa si priverebbe di una produzione strategica;
il sostegno alle economie nazionali non si può fermare a settori quali l'automobile, le banche o il sistema finanziario, ma si deve estendere anche a chi opera in settori di fondamentale importanza per l'economia europea, italiana e sarda, quale quello per la produzione dell'alluminio -:
quali urgenti ulteriori misure il Governo intenda porre in essere per sostenere la produzione dello stabilimento ALCOA di Portovesme nel quadro di una più generale attenzione ai settori strategici quale quello della produzione dell'alluminio, in particolare, quali forti iniziative presso i competenti uffici dell'unione europea intenda porre in essere per evitare una sanzione che risulterebbe definitivamente rovinosa per l'azienda, considerati anche analoghi interventi favorevoli posti in essere in favore di consimili produzioni in altri Paesi dell'Europa, il precedente favore della stessa Unione europee per il VPP e gli enormi aiuti consentiti - anzi, raccomandati - dalla Unione in favore di settori strategici quanto l'alluminio, quali l'automobile, le banche, la finanza;
quali interventi immediati intenda porre in essere per sostenere l'azienda nella ricerca di interventi alternativi di autosufficienza energetica, sia pure parziale al fine di facilitare la chiusura positiva della procedura di infrazione presso la commissione per la concorrenza dell'Unione europea.
(2-00545) «Donadi, Di Pietro, Palomba».

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Nirenstein e altri n. 1-00268, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mogherini Rebesani, Narducci, Castiello, Bernardo, Rosso.

La mozione Zazzera e altri n. 1-00274, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bratti.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Velo e altri n. 7-00225, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Motta.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Amici e altri n. 5-02090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lo Moro.

L'interrogazione a risposta in Commissione Alessandri n. 5-01593, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Togni.

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione

Picchi n. 7-00224 del 13 novembre 2009.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Galletti n. 5-01892 del 7 ottobre 2009.

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ERRATA CORRIGE

L'interrogazione a risposta in Commissione Mariani n. 5-02108 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 246 del 13 novembre 2009. Alla pagina 9192, prima colonna, alla riga ventiduesima deve leggersi: «dell'equo canone, oggi riconducibile al» e non «dell'equo canone, oggi può riconducibile al», come stampato.