XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 29 ottobre 2009

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
con provvedimento del prefetto di Roma 28 maggio 2009, prot. 34036/606/2009/URPG, è stata dichiarata l'estinzione dell'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE) ai sensi degli articoli 27 del codice civile e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, per motivata constatata incapacità dell'istituto di raggiungere gli obiettivi statutari, finalizzati alla tutela degli artisti interpreti esecutori (AIE);
infatti, l'IMAIE - istituito ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 93, Norme a favore delle imprese fonografiche e compensi per le riproduzioni private senza scopo di lucro, riconosciuto ente morale con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 ottobre 1994 e iscritto nel Registro delle persone giuridiche private della prefettura di Roma in data 22 settembre 2005 - è stato ritenuto strutturalmente inadeguato a raggiungere gli scopi statutari di riscossione e distribuzione dei diritti degli artisti interpreti esecutori, in quanto, nel corso della sua vita organizzativa, dissidi interni tra gli organi gestionali e disfunzioni nelle procedure di individuazione ed erogazione dei compensi agli aventi diritto ne hanno compromesso il raggiungimento degli scopi statutari che «trovano immediato ed evidente riscontro dalle elevatissime cifre accumulate al bilancio e mai versate agli aventi diritto» e da un sistema generalizzato di malversazioni ed utilizzo disinvolto di risorse su cui sono in corso procedimenti giudiziari che sembrano coinvolgere oltre 200 persone tra cui membri del consigli di amministrazione e della rappresentanza sindacale dello stesso Istituto;
l'estinzione dell'IMAIE non estingue il diritto all'equo compenso degli artisti interpreti esecutori in quanto sono vigenti le normative in materia di diritto d'autore e di uso dei fonogrammi - disciplinate dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, e dalla legge 5 febbraio 1992, n. 93, Norme a favore delle imprese fonografiche e compensi per le riproduzioni private senza scopo di lucro, - la cui continua e puntuale soddisfazione ha spinto il Ministero per i beni e le attività culturali ad attivare un tavolo tecnico per ridefinire entro il 31 dicembre 2009 la nuova IMAIE;
il comma 1, dell'articolo 4 della suddetta legge 5 febbraio 1992, n. 93, Norme a favore delle imprese fonografiche e compensi per le riproduzioni private senza scopo di lucro, dispone che «Dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie degli artisti interpreti o esecutori firmatarie dei contratti collettivi nazionali è costituito l'IMAIE...» ciò ha comportato che al tavolo tecnico fossero rappresentati unicamente i tre sindacati confederali, di categoria CGIL, CISL e UIL, fondatori della prima IMAIE, escludendo di fatto altri soggetti che dal 1992 ad oggi sono diventati, rappresentativi della categoria degli artisti interpreti esecutori, veri e unici titolari del diritto. La stessa esclusione è lamentata dagli artisti e dai dipendenti della IMAIE che si sono organizzati in un comitato di liberi lavoratori e artisti interpreti esecutori per far sentire la propria voce;
non si comprende la ratio della mancata deroga al comma 1 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 93 che di fatto restituisce l'IMAIE alle stesse organizzazioni che ne hanno causato l'estinzione e, infatti, dal verbale dell'accordo

sottoscritto il 21 settembre 2009 e presentato al Ministero per i beni e le attività culturali, emerge la volontà delle tre sigle sindacali di continuare nell'assetto organizzativo e gestionale precedente attraverso l'applicazione della disciplina prevista per le persone giuridiche private, quando sarebbe stato più opportuno, considerando la gestione di interessi pubblici di categorie di lavoratori del valore di centinaia di milioni di euro, optare per la natura giuridica di ente pubblico economico a base associativa - sotto il diretto controllo del Ministero per i beni e le attività culturali, della Presidenza del Consiglio dei ministri nonché delle istituzioni competenti in materia;
non è nemmeno pienamente condivisibile quanto emerge dall'accordo sottoscritto, che la soluzione alla «strutturale inadeguatezza dell'ente a perseguire gli scopi» sarebbe da riferirsi esclusivamente alla astratta e inidonea previsione normativa in merito alle procedure di individuazione ed erogazione dei diritti, su cui si auspicano interventi legislativi, perché, secondo gli interpellanti, la nuova IMAIE, così come emerge dall'accordo stesso, ritornerebbe ad essere a tutti gli effetti un ente privato dei sindacati che svolgerebbero la doppia funzione di controllore e controllato con il rischio di riprodurre le stesse inefficienze che ne hanno causato l'estinzione -:
se il Governo non ritenga auspicabile che l'IMAIE venga trasformato in un ente pubblico economico a base associativa e se quindi non ritenga opportuno assumere iniziative in tale direzione, che è quella che corrisponde a ciò che le categorie degli artisti interpreti ed esecutori chiedono ai fini di una maggiore e migliore tutela dei loro diritti, nonché di garanzia per la reale stabilità della struttura, consentendo così un concreto riconoscimento alle categorie artistiche tutelate;
se, in termini più generali, non ritenga opportuno valutare l'ipotesi di trasferire competenze, personale e risorse dell'IMAIE alla SIAE, ente che appare maggiormente in grado di attuare le norme sull'equo compenso, di cui alla leggi n. 633 del 1941 e n. 93 del 1992.
(2-00524)
«Ceccacci Rubino, Baldelli, Barbieri».

Interrogazione a risposta scritta:

SBAI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel processo per il barbaro assassinio l'11 agosto 2006, di Hina Saleem che aveva solo 21 anni, era pakistana e viveva da tempo in Italia per cui il padre e i suoi due cognati furono condannati a 30 anni, lo zio Tariq Muhammad a due anni e otto mesi, al processo di appello la procura chiese la conferma delle condanne inflitte in primo grado e il 5 dicembre 2008 e il Tribunale di Brescia, nella sentenza di appello confermò la condanna a 30 anni al padre di Hina. Ai due cognati fu ridotta la pena a 17 anni, mentre allo zio furono confermati i 2 anni e 8 mesi, il difensore del padre di Hina invocò le attenuanti per motivi di valore morale, etnico e culturale - cosiddette «attenuanti culturali», sostenendo che l'esasperazione assoluta in questo omicidio terribile, era sorretta da una forte identità religiosa;
nel caso di Hina, la difesa del padre aveva chiesto l'applicazione della predetta, «attenuante culturale» non codificata nel nostro ordinamento, ma ammessa in tanti paesi islamici, quale forte attenuante, legata al vissuto culturale etnico e religioso del reo, retaggio di usi e costumi del suo Paese d'origine. Il GIP non l'ha giustamente concessa, poiché in totale contrasto con la Costituzione, e l'ordinamento vigente nel nostro paese;
detta «attenuante culturale» per la riduzione di pena che ad avviso dell'interrogante rischia di tradursi in un meccanismo di legittimazione di atti contrari alle norme del nostro ordinamento, nel predetto caso nei «delitti d'Onore» non

può coesistere con il sistema giuridico occidentale, e quindi, ad avviso dell'interrogante deve essere bandita da ogni possibile approccio processuale e valutazione discrezionale del giudice, a difesa della nostra Costituzione, delle leggi vigenti e dei diritti umani. Come giustamente è accaduto nel processo per il terribile crimine del padre di Hina;
è, però, di questi giorni la notizia che il cittadino algerino Abdelmalek Bayout, processato per aver ucciso a coltellate nel 2007 ad Udine, durante una rissa, il cittadino colombiano Walter Felipe Navoa Perez, condannato col rito abbreviato a nove anni e due mesi di reclusione dal GIPI di Udine, il 10 giugno 2008, per omicidio volontario ed interdizione perpetua dai pubblici uffici, si è visto scontare la pena di un anno in secondo grado dalla Corte d'assise d'appello di Trieste perché «ritenuto vulnerabile geneticamente», cioè, attraverso un'indagine cromosomica innovativa, Bayout sarebbe stato trovato in possesso di alcuni geni, che lo renderebbero più incline a manifestare aggressività, se provocato o espulso socialmente;
le motivazioni processuali della riduzione della pena decisa dalla Corte d'assise d'appelo di Trieste che ha riconosciuto la «vulnerabilità genetica» dell'algerino Abdelmalek Bayout, a cui è stato applicato uno sconto di pena di un anno. Secondo il giudice, Bayout, colpito dallo straniamento di dover «coniugare il rispetto della propria fede islamica integralista con il modello comportamentale occidentale», avrebbe subito «un importante deficit nella sua capacità» di intendere e volere;
la stampa riporta i commenti favorevoli di altri Magistrati: la sentenza - ha osservato il giudice Amedeo Santosuosso, consigliere della Corte d'appello di Milano - applica l'orientamento espresso nel 2002 nel documento britannico diventato da allora il punto di riferimento in merito alle connessioni fra caratteristiche genetiche, comportamento e responsabilità. Il documento, richiamato, intitolato «Genetica e comportamento umano: il contesto etico», è stato elaborato dal Nuffield Council on Bioethics. «Le conclusioni di quel documento, in generale condivise, rilevano - spiega Santosuosso - che dalle conoscenze genetiche attuali non emerge una sufficiente evidenza scientifica tale da escludere la responsabilità e assolvere persone con determinate caratteristiche; tuttavia possono verificarsi casi in cui parziali evidenze scientifiche possono essere utilizzate, per calcolare la pena». Appare all'interrogante che il caso in questione sia il primo riconoscimento dell'«attenuante culturale» nel nostro ordinamento, che sin ora è stata negata, come nel caso di Hina.
secondo l'interrogante è evidente ed è un atto sconcertante in un Paese che mira all'integrazione tra i popoli, il fatto che una simile decisione si pone in netto contrasto con alcuni dei principi fondamentali su cui si regge il nostro Stato di diritto;
il pronunciamento che, nel commisurare la pena ha tenuto conto delle sopra citate circostanze pare all'interrogante in contrasto con i dettami dell'articolo 3 della Costituzione che afferma che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Inoltre, viola anche l'articolo 3 del codice penale, che stabilisce l'obbligatorietà della legge penale, per cui tutti i cittadini o gli stranieri che si trovano nel territorio dello Stato sono tenuti ad osservarla;
è da escludersi che a tale disposizione possa essere apportata qualsiasi deroga non espressamente prevista dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale; le tradizioni etico-sociali di coloro che sono presenti nel territorio dello Stato, possano essere praticate solo fuori dall'ambito di operatività della norma penale. Principio, quello dell'obbligatorietà della legge penale, che assume particolare valore morale e sociale se - come in tal caso - la tutela penale riguardi materie di rilevanza costituzionale;
la prassi giudiziaria del riconoscimento della cosiddetta attenuante culturale

rischierebbe di dar vita ad una sorta di perverso meccanismo di legittimazione di atti contrari alle regole che governano lo Stato Italiano, in quanto in qualche modo «coperti» dall'origine culturale del soggetto che compie atti criminali;
bisogna anche considerare in primo luogo, il rapporto con la funzione rieducativa della pena di cui all'articolo 27, 3o comma, della Costituzione. Una simile decisione, in questo caso, genera il paradosso di tendere alla rieducazione di un soggetto verso uno stile di vita diverso da quello per il quale, tuttavia, ha ottenuto una riduzione di pena. Inoltre, l'assenza di parametri certi per poter valutare l'«attenuante culturale» comporta serio rischio di concedere un eccessiva discrezionalità ai giudici chiamati a decidere fino alle estreme conseguenze in fieri, che anche i terroristi di matrice integralista, o gli estremisti islamici, con queste premesse, potrebbero usufruire dello stesso trattamento, magari dopo aver fatto attentati o aver usato violenza o ucciso una donna -:
quali iniziative normative il Governo intenda intraprendere per stabilire in via specifica l'irrilevanza ai fini del computo della pena, con specifico riferimento a quanto rappresentato in premessa, del background culturale e religioso del reo (attenuante culturale), in specie con riguardo a fattispecie particolarmente gravi come l'omicidio, la violenza sessuale e, in generale, i reati contro la persona.
(4-04809)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sette difensori Saharawi dei diritti umani - sei uomini ed una donna - sono stati fermati all'aeroporto Mohammed V di Casablanca, in Marocco; essi ritornavano da un viaggio di nove giorni negli accampamenti dei rifugiati Saharauis di Tinduf nella capitale Algerina;
i difensori sono stati trattenuti con l'accusa di «alto tradimento della patria» e di «attentato contro la sovranità e l'integrità territoriale del Marocco», ovvero accusati della violazione dell'articolo 181 del codice penale marocchino, punito con la pena di morte, (seppur nessun condannato alla pena capitale dal 1993 ha subito tale condanna);
l'arresto è stato preceduto da una massiccia propaganda contro i cosiddetti «traditori» (così definiti i sette difensori dalla stampa marocchina) attraverso i mezzi di comunicazione locali, coadiuvati da partiti politici marocchini;
dopo vari giorni di interrogatori, sono comparsi davanti al giudice del tribunale di Casablanca che si è dichiarato incompetente per materia, ragion per cui, nello stesso giorno, sono stati accompagnati davanti al giudice del tribunale militare di Rabat che ha comunicato agli imputati i capi d'accusa nei loro confronti;
la vicenda rappresenta un'ulteriore espressione delle molteplici intimidazioni e persecuzioni perpetuate dalle autorità marocchine nei confronti della popolazione di Sahrawi -:
se in virtù di tali aspetti nella priorità di rispettare quanto sancito dalla Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea, nonché della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, quali procedimenti si intende predisporre per impedire una condanna a morte, non più tollerata dalla maggioranza dei paesi della Comunità Internazionale, di sette difensori dei diritti ed al fine di promuovere la pace ed il dialogo tra i popoli nella prospettiva della determinazione di una società internazionale.
(4-04786)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

BRATTI, ZAMPARUTTI, BRAGA e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 22 della direttiva 2008/50/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio consente agli stati membri di prorogare il termine per il conseguimento dei valori limite di qualità dell'aria e di derogare temporaneamente all'obbligo di applicare detti valori in determinate zone e per determinati fattori inquinanti qualora il superamento dei valori sia imputabile principalmente alle caratteristiche di dispersione del sito, a condizioni climatiche avverse, o all'apporto di inquinanti transfrontalieri e a condizione che siano poste in essere, a livello nazionale, regionale e locale, le misure necessarie per garantire l'adeguamento alle disposizioni comunitarie entro l'11 giugno 2011;
l'Italia, con lettera raccomandata del 27 gennaio 2009, ha notificato la deroga all'obbligo di applicare i valori limite di PM10 in 67 delle zone in cui è suddiviso il nostro Paese per l'analisi della qualità dell'aria;
la Commissione, con lettera del 29 settembre 2009, ha inviato, ai sensi dell'articolo 254 del Trattato CE, la notifica della decisione della Commissione medesima in merito alla richiesta di deroga avanzata dall'Italia, con la quale ha solo parzialmente accolto l'istanza, consentendo di non rispettare i valori limiti giornalieri o annuale in alcune zone del Paese;
nella decisione la Commissione ha sollevato circostanziate obiezioni sulla richiesta avanzata dall'Italia e ha rilevato che le informazioni contenute nella notifica non illustrano a sufficienza le misure che dovrebbero essere attuate a livello nazionale e che il piano nazionale per la qualità dell'aria risulta essere ancora in fase di stesura;
conseguentemente la Commissione ha affermato che non è possibile, in base alle informazioni attualmente disponibili e in assenza di un impegno formale a livello nazionale sotto forma di un piano nazionale per la qualità dell'aria, stabilire con certezza se i valori limite giornalieri o annuali, a seconda della zona esaminata - saranno effettivamente rispettati entro il 2011;
la Commissione ha inoltre sottolineato l'opportunità - al fine di consentire il controllo dell'attuazione dei piani per la qualità dell'aria e delle misure di abbattimento corrispondenti che l'Italia, nel corso dell'anno successivo alla data di scadenza del periodo di deroga, fornisca alla Commissione, per ciascuna delle zone che beneficiano della deroga, informazioni relative alla valutazione della qualità dell'aria che indichino le zone in cui si registra un superamento, la lunghezza del tratto stradale interessato e le popolazioni esposte;
appare grave che, a causa della propria inerzia, l'Italia, nei cui confronti è già stata avviata una procedura di infrazione, continui a violare l'ordinamento comunitario in una materia così importante per la salute dei cittadini come quella della qualità dell'aria -:
in che tempi il Ministro dell'ambiente intenda predisporre il piano nazionale per la qualità dell'aria, con l'obiettivo di pervenire al rispetto dei limiti giornali e annuali di concentrazioni di PM10 in tutte le zone indicate nella decisione della Commissione del 28 settembre 2009, vista la grave violazione dell'ordinamento amministrativo, in una materia così importante;
se non ritenga opportuno avviare sin da ora il monitoraggio delle zone ove sono stati registrati superamenti dei valori limite, tenendo conto delle caratteristiche delle infrastrutture stradali interessate e dell'interazione con le popolazioni esposte,

in modo da poter adempiere a quanto richiesto dalla Commissione a partire dall'anno successivo alla scadenza della deroga.
(4-04803)

CAVALLARO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella regione Marche la produzione di energia elettrica è ampiamente deficitaria rispetto al fabbisogno regionale, in quanto priva di un sistema produttivo adeguato e caratterizzata da una rete elettrica obsoleta, sia dal punto di vista strutturale che tecnologico, che compromette notevolmente la qualità e la continuità delle forniture di energia elettrica nella regione;
a fronte di questa situazione, la società Terna spa, concessionaria del Ministero dello sviluppo economico per il servizio di trasporto dell'energia e proprietaria della rete di trasmissione nazionale, già da diversi anni si è attivata per realizzare interventi di sviluppo e potenziamento della rete, allo scopo di accrescere non solo il livello di sicurezza del sistema elettrico regionale, ma anche i flussi di energia per il consumo delle imprese e dell'intera collettività, pianificando in particolare due interventi essenziali: un nuovo elettrodotto a 380 kV Fano - Teramo ed una nuova stazione a 380 kV in provincia di Macerata;
per la realizzazione degli stessi, la medesima società ha previsto l'ulteriore costruzione di due sottostazioni elettriche, rispettivamente nei comuni di Belforte del Chienti e di Cingoli; la prima avrebbe funzione distributiva, per soddisfare il fabbisogno energetico dell'intera valle del Chienti, mentre la seconda fungerebbe da anello di interscambio con la rete elettrica già esistente;
dopo l'allarme lanciato dalla Coldiretti su possibili ripercussioni negative nei confronti dei prodotti locali (in primis la famosa Vernaccia) a causa del passaggio delle linee elettriche, i comuni maceratesi interessati hanno a loro volta manifestato forti perplessità sulle scelte tecniche di Terna, soprattutto per quanto riguarda la localizzazione delle due sottostazioni che avrebbe dei riflessi negativi sull'impianto urbanistico e paesaggistico, nonché effetti disastrosi sullo sviluppo socio-economico di territori che traggono la loro ricchezza principalmente dall'agricoltura e dalla produzione di vino;
in realtà i circa diciotto comuni coinvolti dal tracciato individuato dalla Terna non sono contrari al progetto in sé, ma esprimono seri dubbi sul metodo utilizzato fino ad ora dalla medesima società, la quale non solo non ha presentato una documentazione tecnica che renda conto dell'ineludibilità delle sue scelte, mancando anche una cartografia precisa delle «fasce di fattibilità» del passaggio dell'elettrodotto, ma non ha neppure fornito un piano di «compensazione territoriale» per quei Comuni che debbono sopportare il peso ambientale dell'elettrodotto;
altre segnalazioni sono giunte in relazione ad una sottostazione che dovrebbe essere realizzata nel territorio di Castelraimondo, sempre in provincia di Macerata, ove gruppi di cittadini contestano la collocazione dell'impianto, che meglio avrebbe potuto, a loro giudizio, trovare collocazione presso il cementificio del gruppo Sacci spa, sito nel medesimo comune e in una zona già ad intensa utilizzazione industriale;
gli elettrodotti, le sottostazioni e le reti elettriche in genere costituiscono strumenti primari e necessari per far fronte al deficit energetico che grava sulle famiglie e le imprese marchigiane-:
se i Ministri interrogati ritengano opportuno assumere iniziative in relazione a quanto indicato in premessa e, in particolare, stabilire delle procedure particolari che vedano il coinvolgimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'attuazione degli interventi di sviluppo e gestione della rete elettrica sull'intero territorio

nazionale, nonché protocolli di intesa tra la Terna e gli enti locali, le associazioni di categoria e i cittadini interessati sia nella fase preventiva che in quella procedurale.
(4-04805)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 22 ottobre 2009 si è appreso da notizie di agenzia dell'avvenuta vendita a una non meglio identificata holding russa (si era ipotizzata la presenza della Gazprom), da parte dell'ultimo proprietario dei beni vasariani, Giovanni Festari, dell'archivio del pittore, architetto e storico Giorgio Vasari, conservato nella città di Arezzo, per la cifra di 150 milioni di euro;
la notizia è stata notificata al comune di Arezzo dalla soprintendenza archivistica della Toscana ma non risultano ancora note le identità degli acquirenti;
in maniera quasi paradossale, la notifica informa che il comune di Arezzo ha la possibilità di esercitare il diritto di prelazione come se un comune, ancorché piccolo, disponesse di una cifra simile;
il sindaco del comune aretino ha già fatto sapere che si tratta di una cifra esorbitante e che lo Stato dovrebbe farsi carico di non consentire che un tale patrimonio culturale finisca in mani straniere;
i contorni della vicenda, per un susseguirsi di smentite e dichiarazioni poco chiare, si facevano di ora in ora sempre più oscuri e, infatti, qualche giorno dopo, il 27 ottobre 2009, si viene a sapere dalla stampa di quale holding si tratti, la Ross Group; ma non basta: il suo presidente, Vasilij Stepanov, fa sapere che, per interesse di uno sconosciuto oligarca russo, «per il quale 150 milioni sono nulla», il denaro era già pronto salvo poi comunicare che l'affare era saltato poiché il compratore era deceduto in un incidente stradale lo scorso 9 settembre, guarda caso la stessa data dell'ultima notifica di trasferimento del bene, ovvero della sua vendita; inoltre, un mese dopo moriva anche il citato Festari;
è imbarazzante e anche intollerabile che una nazione come l'Italia, che è il paese con la più alta percentuale di beni culturali del mondo non si adoperi perché una testimonianza storica e culturale come l'archivio Vasari non rischi di andare perduta;
il nostro patrimonio culturale avrebbe bisogno di essere organizzato e valorizzato meglio, ma è pur vero che esso per prima cosa va protetto e tutelato -:
di quali notizie disponga circa i contorni ancora oscuri della vicenda, piena di contraddizioni, con particolare riferimento all'acquirente dell'archivio citato e a come è stata gestita l'intermediazione;
quale ruolo il ministero intenda avere per evitare che un pezzo di storia dell'arte italiana rischi comunque di essere venduto e quali passi intenda perseguire in tal senso, ipotizzando anche un eventuale acquisto, proprio mentre si avvicinano i festeggiamenti per il cinquecentenario della nascita del Vasari (1511).
(4-04781)

MANTINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
concepito come un mezzo per avvicinare i vari cittadini europei, la Città europea della cultura venne lanciata nel 1985 dal Consiglio dei Ministri su iniziativa del Ministro della cultura greco Melina Mercouri. Da allora l'iniziativa ha avuto sempre più successo tra i cittadini europei e un crescente impatto culturale e socio-economico sui numerosi visitatori che ha attratto;

le città europee della cultura sono state designate su basi intergovernative fino al 2004; gli stati membri selezionavano unanimemente le città più adatte ad ospitare l'evento e la Commissione europea garantiva un sussidio per le città selezionate ogni anno. Dal 2005 le istituzioni europee prendono parte alla procedura di selezione delle città che ospiteranno l'evento;
nel 1999, la Città europea della cultura è stata ribattezzata Capitale europea della cultura ed è ora finanziata attraverso il programma Cultura 2000. Tre sono le città italiane che sinora hanno beneficiato della selezione: Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 (per un'edizione straordinaria che prevedeva numerose città contemporaneamente capitali) e infine Genova nel 2004;
con la decisione 1622/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio, è stato istituito un calendario, che assegna a rotazione a due Stati membri dell'UE per ogni anno il titolo di Capitale della cultura. L'Italia (insieme alla Bulgaria) avrà nuovamente diritto ad ospitare la Capitale Europea della Cultura nel 2019;
si è costituito un comitato d'onore di alto profilo tra personalità delle istituzioni, dell'economia e della cultura a sostegno della candidatura della città di L'Aquila a Capitale europea della cultura 2019;
la designazione di L'Aquila 2019 a Capitale europea della cultura è una scelta di grande profilo per molte ragioni. L'Aquila ha una storia rilevante nel panorama europeo: Acculi, da luogo d'acqua, nasce con diploma di Corrado IV nel 1254 e le prime fasi di consolidamento della città, nata, dal conurbamento delle popolazioni del contado, nelle terre che avevano visto le civiltà di importanti popolazione italiche quali i Vestini e i Sabini, vedono il susseguirsi di eventi importanti, primo tra tutti la sua trasformazione a sede episcopale grazie alla bolla di papa Alessandro IV, nel 1254;
la città che ne derivò fu una realtà molto articolata caratterizzata dall'insediamento di questi nuovi cittadini nei «locali» intra moenia, cioè le aree di identificazione nelle quali fu divisa la città, in corrispondenza dei castelli di provenienza, i quali mantennero una loro popolazione di base. I locali furono poi raggruppati nei quattro quartieri di San Giorgio, San Giovanni, Santa Maria e San Pietro. È importante ricordare questa configurazione, che avrà molto peso nelle successive disposizioni amministrative e costituzionali della città nei secoli XVI e XVII;
questo rapporto così intenso con il territorio fuori dalle mura costruì la morfologia dell'immagine urbana come un corpo con le sue membra: il contado in realtà fu, per secoli, il polmone dell'Aquila, il luogo dove, in virtù di una fiorente attività armentizia, i pascoli rendevano ottimo bestiame e pregiata lana, sfruttando i locali erbaggi, ma anche i pascoli della Capitanata, raggiunta attraverso la transumanza delle greggi;
la particolare e preziosa coltivazione dello zafferano aveva poi instaurato un mercato ricco e assiduo con acquirenti italiani e tedeschi, favorendo la nascita di un ceto mercantile attivo e molto abile nell'imprenditoria. Altre arti, tra cui florida e attiva fino alla fine del '600 fu quella della lana che la pose al centro di traffici con Firenze, vennero poi ad affermarsi e tra queste quella delle pelli e dei metalli: pertanto, all'inizio del Trecento, L'Aquila, che aveva redatto i suoi Statuti del Comune poteva già vantare un progredito sistema corporativo, che la avvicinava alle forme politiche organizzate e complesse dei comuni dell'Italia centrosettentrionale, di ben più consolidata tradizione;
un successo suggellato anche dal grande evento costituito dall'incoronazione di Pietro Angelerio, salito al soglio pontificio con il nome di papa Celestino V il 29 agosto del 1294, con forte appoggio angioino; un segnale di grande impatto emotivo

e politico che, oltre a dare inizio al ruolo di intensa spiritualità della città in relazione a Roma, rafforzerà la centralità dell'Aquila nei percorsi del Giubileo e delle grandi fiere del meridione della penisola, con l'istituzione della Perdonanza celestiniana;
L'Aquila, infatti, si era dimostrata una comunità forte e, spesso, riottosa e, anche dopo la conquista aragonese del Regno, aveva mantenuto sempre una fazione filoangioina, pronta a riprendere il controllo politico. Il potere centrale, conscio della posizione strategica della città abruzzese e della ricca fonte tributaria che rappresentava, aveva concesso numerosi privilegi (ASA, ACA, ms., Regia Munificentia erga aquilanam urbem variis privilegiis exornatam, Aquila 1639, b. S55). Infatti dopo la fase incerta, seguita alla morte di Alfonso d'Aragona nel 1458, Ferrante d'Aragona conferì alla città il suo placet, con il quale consentì alla comunità aquilana di avere liberi commerci con le altre realtà urbane e numerose agevolazioni in materia fiscale;
L'Aquila, grazie al placet, si arricchì della presenza di uno Studio cuiuscumque doctrine, equiparato a quelli di Bologna, Siena e Perugia. L'insediamento di una delle prime stamperie della penisola e d'Europa ad opera dell'allievo di Gutenberg, Adamo de Rottweill nel 1481 fecero della città il punto di riferimento per la diffusione di opere di pregevolissimo valore e di unico esempio quali le Vite di Plutarco e altre;
nonostante i sanguinosi conflitti e le palpabili tensioni di fine secolo, la città, negli ultimi decenni del Quattrocento, assisterà al momento della sua più significativa espressione culturale. La predicazione di San Bernardino da Siena e di San Giovanni da Capestrano fecero dell'Aquila il crocevia di una delle forme di spiritualità più raffinate e attraenti del XV secolo in Europa. Tra i secoli XIV e XV la città fu sottoposta a molti terremoti che spesso ne modificarono l'impianto senza mai sconvolgere la morfologia urbanistica. La città tendeva sempre a riedificarsi su se stessa;
le iniziative cittadine, l'attivismo dei mercanti-imprenditori, la morfologia della città, che si andava affermando architettonicamente tra gli esempi più raffinati di arte rinascimentale, faranno dell'Aquila uno dei centri di convergenza anche di personalità artistiche straniere, oltre che di letterati e cronachisti locali, quali Francesco Angeluccio da Bazzano e Vincenzo Basilii, che, dalla tradizione di Buccio di Ranallo, avevano proseguito l'opera di memorialistica cittadina. A questi si aggiunsero nei decenni successivi gli Accursio, gli Jaconelli, i Fonticulano, Salvatore Massonio, Bernardino Cirillo e tutti coloro attraverso i quali ben si può respirare il clima di consolidato spessore umanistico che ormai la città era capace di offrire;
opere importanti diffonderanno l'immagine dell'Aquila, come il trattato di Girolamo Pico Fonticulano che, nella Breve descrittione di sette città illustri d'Italia (I.P. Fonticulano, Breve descrittione di sette città illustri d'Italia, Aquila, 1582, appresso Dagano e Compagni), fa emergere i caratteri della disposizione urbanistica che già lui stesso aveva evidenziato per Roma e Napoli, attraverso le osservazioni tipiche dei coevi trattati di architettura. Il Forte spagnolo progettato da Luis Escrivà, continuò a rappresentare a lungo l'unico esempio di fortificazione militare in città mai attaccato da forze nemiche. Un'opera colossale sia sotto il profilo dell'architettura che del valore simbolico, oggi studiato in tutta Europa;
la scuola giuridica aquilana, che vide in insigni trattatisti e giuristi come Accursio, Vivio, Rustici, Crispomonti, Massonio, Cirillo esponenti di spicco della cultura politica del Regno di Napoli favorì la circolazione di idee e di modelli anche grazie alla successiva nascita del Collegium Aquilanum, voluto dal Gesuita Sartorio Caputo nel 1596 e nerbo della futura Università dell'Aquila. Il tardo-rinascimento, spesso solo identificato con i conflitti con la monarchia spagnola, fu l'età

della corte di Margherita d'Austria, figlia dell'imperatore spagnolo Carlo V, la Madama che volle la ristrutturazione del Palazzo del Senato che di lei porta il nome e che a L'Aquila si insediò nell'attuale Palazzo del Comune, Palazzo Margherita, appunto. In questo, gli artisti della sua corte provenienti dalle Fiandre, di cui lei era governatrice, e anche da Firenze, da Napoli, da Parma e Piacenza di cui era duchessa farnesiana, arricchirono il clima cittadino di fasto e opere insigni, collocando la città all'interno di una visibilità che la vedevano spesso meta di ingressi trionfali di principi e personaggi illustri;
ma anche che ponevano L'Aquila sulle rotte europee: qui giunsero l'urbanista e architetto di fortezze il bolognese Francesco de Marchi (autore della prima relazione sull'ascesa sul Gran Sasso), il pittore fiammingo Art Mitthens, il musicista Rinaldo del Mel, i fratelli organisti Vinck, mentre Raffaello donò la sua Natività alla Chiesa di San Silvestro, oggi conservata a Madrid al Museo del Prado e le maestranze lombarde e locali prepararono l'ingresso del fratello della duchessa Giovanni d'Austria, vincitore, nel 1571 della battaglia di Lepanto contro i Turchi;
la duchessa inoltre insediò una Cascina, primo esempio di imprenditoria femminile, in cui importò i bovini delle Fiandre nel Meridione d'Italia che portarono buoni utili e soprattutto controllò il mercato dello zafferano, l'oro rosso, con i mercanti di Norimberga e del nord Europa;
un tardo Rinascimento, quello aquilano, all'insegna dello splendore e del valore culturale di una delle città più significative della Monarchia spagnola. Le Accademie dei Fortunati, così come quella dei Velati e poi lo studio dell'Oratorio dei Padri Filippini diffusero modelli e opere letterarie e di retorica segno di una maturità culturale frutto dell'osmosi con la corte di Napoli e, soprattutto, con quella di Roma;
tutto si sarebbe arrestato al grande sisma del 2 febbraio del 1703, che dimezzò la popolazione e rase al suolo molta parte della città. Sebbene gli interventi del viceré Fernandéz Pacheco Cabrera, marchese di Villena, si dimostrarono rapidi al fine di una politica di sgravi fiscali che potesse,aiutare la popolazione nella ricostruzione, la ripresa della città nel suo complesso fu lunga e articolata in molte fasi;
il progetto di fare risorgere la città favorì lo sviluppo di una patriottica mobilitazione dei cittadini, che consentì una rapida ripresa dell'immagine urbana. Anche lo sviluppo edilizio intensificò l'impegno occupazionale degli imprenditori interessati da questo processo, con circolazione di capitali e disegni speculativi che stimolarono una conseguente immigrazione dal contado e avvantaggiarono corporazioni e maestranze competenti nel settore, quali quelle lombarde, già presenti in città da più di un secolo. Il terremoto del 1703 rappresentò un campo di speculazione affaristica che connotò le attività di numerosi gruppi familiari. Inoltre, il fenomeno della ruralizzazione delle famiglie legate al ceto dirigente rafforzò il possesso di casali e castelli extra moenia, con un consistente possesso immobiliare che, nel caso settecentesco aquilano, servì a veicolare i linguaggi di nobilitazione con l'acquisto di titoli associati al possesso delle terre, come nel caso dei Dragonetti, poi divenuti Dragonetti de' Torres e dei Rivera (G. RiVERA, Relazione storica, cit., p. 47). Un fenomeno che attraversò tutto il Settecento fino all'editto intorno alla formazione dei registri delle Nobiltà del Regno, emanato il 25 aprile 1800 in cui «da piazza nobile dell'Aquila fè domanda per essere riconosciuta Piazza Chiusa»). Un rimpasto sociologico che ridisegnò nuove configurazioni, ma che nei decenni successivi permise anche una ristrutturazione raffinata figlia della ottima collaborazione con grandi artisti di scuola romana che importarono a L'Aquila le forme più raffinate del barocco che si è potuto ammirare fino a qualche mese fa. L'ostinazione della popolazione, il consolidarsi di un ceto dirigente moderno e colto

portarono fino alle soglie dell'Ottocento e dell'Unità d'Italia, una città con una identità densa di molteplici configurazioni;
L'Aquila è dunque città di grandi testimonianze culturali di rilievo europeo, in primis sotto il profilo architettonico (circuito delle Basiliche di Collemaggio, S. Maria del Suffragio e S. Bernardino, le chiese, la famosa fontana delle 99 cannelle, i numerosi castelli e palazzi disseminati sul territorio). Tuttavia, L'Aquila è anche sede di uno dei 18 teatri stabili in Italia, vanta una tradizione musicale e operistica ragguardevole, ed è attiva anche nel campo cinematografico;
il 2019 rappresenta un orizzonte temporale congruo per procedere alla riqualificazione del patrimonio architettonico, capace di offrire alla popolazione una prospettiva certa sui tempi della ricostruzione complessiva della città;
le risorse già stanziate per la ricostruzione si trasformerebbero da un mero «contributo alla ricostruzione», in un effettivo investimento di sviluppo, grazie all'effetto promozionale che un grande evento come la Capitale europea della cultura potrebbe generare;
come solitamente accade in occasione dei grandi eventi, la Capitale europea della cultura costituirebbe un potente «driver» di cambiamento, capace di riorientare la vocazione del territorio anche verso nuove forme di specializzazione (cultura, turismo, e altro), con effetti positivi anche sul tessuto imprenditoriale;
l'impegno di numerose istituzioni internazionali e paesi stranieri (Germania, Spagna, Francia, USA) nella ricostruzione, fanno dell'Aquila un prototipo di collaborazione internazionale in ambito culturale, affermando la dimensione europea della città;
la riflessione recentemente avviata finalizzata alla candidatura della città dell'Aquila a Patrimonio mondiale dell'UNESCO ne risulterebbe ulteriormente rafforzata;
L'Aquila verrebbe rivitalizzata anche come città universitaria, sede di eccellenza di saperi e conoscenze diffusi, come testimoniato dal programma OCSE discusso in occasione del G8, capace nuovamente di attirare studenti dal resto dell'Italia e, potenzialmente, da tutto il bacino del Mediterraneo;
in sintesi, la ricostruzione dell'Aquila diventerebbe un paradigma della capacità di progettare il futuro attraverso un'attenta rilettura del proprio passato, individuando un equilibrio urbanistico, antropico e culturale capace di coniugare storia e modernità, rigore costruttivo e rispetto di un territorio a forte rischio naturale, trasformando un elemento potenzialmente distruttivo per la collettività locale in un'opportunità di cambiamento per tutto il territorio -:
se il Governo intenda farsi promotore presso la Commissione Europea di una richiesta di deroga alla procedura che, pur salvaguardando la nomina di una giuria per la fase di accompagnamento nella definizione del programma, escluda eccezionalmente la fase competitiva di selezione nazionale per orientarsi direttamente sulla città dell'Aquila nel 2019, in virtù della particolare situazione generatasi con il sisma e con la conseguente fase di ricostruzione.
(4-04800)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTÈ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le lavoratrici ed i lavoratori frontalieri sono sempre più coinvolti in problematiche che rendono precario e difficile lo svolgimento della loro attività lavorativa all'estero;
sembrerebbe che anch'essi debbano ottemperare alle disposizioni del «monitoraggio fiscale» ed avvalersi del cosiddetto «scudo»;

i frontalieri italiani sono da taluni considerati alla stregua di chi ha esportato illegalmente capitali verso l'estero, mentre in realtà contribuiscono ad incrementare la ricchezza nazionale dell'Italia sia con le rimesse derivate dai guadagni realizzati nel Paese in cui lavorano e spesi in Italia, sia attraverso le tasse (doppie imposizioni) che i frontalieri che esercitano la loro attività nella Repubblica di San Marino sono costretti a corrispondere alla fiscalità italiana, in assenza di accordi internazionali di reciprocità;
bisogna segnalare, inoltre, che i frontalieri sono tenuti ad avere un conto corrente bancario a San Marino richiesto dai datori di lavoro, allo scopo di versare la retribuzione mensile -:
quali urgenti iniziative l'amministrazione finanziaria intenda intraprendere nei confronti dei lavoratori frontalieri italiani e se non ritenga opportuno che anche ad essi - come già accaduto per altri contribuenti italiani, quali i residenti a Campione d'Italia e coloro che lavorano presso organismi comunitari - venga riconosciuto l'esonero sia dal cosiddetto «scudo» che dal monitoraggio fiscale.
(3-00743)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, ANDREA ORLANDO, ROSSA e ZUNINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 luglio 2009, n. 99, ha previsto la possibilità di produrre energia elettrica attraverso il ritorno al nucleare dell'Italia, prevedendo altresì, all'articolo 29, l'istituzione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, definendone funzioni, competenze, organizzazione;
a prescindere dall'opzione politica circa tale scelta nell'ambito delle politiche energetiche del nostro Paese, il ruolo che assumerà la suddetta Agenzia, che al pari delle altre Agenzie dovrà essere un'autorità indipendente, sarà fondamentale per garantire la sicurezza di tutti i cittadini;
Genova, che negli anni '70/80 era la sede fondamentale delle competenze in ambito nucleare presenti nel nostro Paese, ha mantenuto nel tempo le capacità industriali, di ricerca, di alta formazione nel settore, a partire dalla presenza di importanti aziende, quali Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare ed il forte impegno dell'università con le facoltà di fisica ed ingegneria;
Genova oltre ad essere città storicamente industriale è oggi un affermato centro turistico, scientifico ed universitario e anche per queste ragioni ospita un centro di assoluta avanguardia, considerato una scelta strategica per il futuro del Paese, nell'ambito della ricerca applicata, quale l'IIT;
il modello di delocalizzazione già in atto nelle sedi delle più importanti Agenzie nazionali ed europee prevede ad oggi: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha sede a Napoli; l'Autorità nazionale per l'energia elettrica ed il gas, che ha sede a Milano e tra le agenzie europee, l'Agenzia per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma, quella per l'ambiente che ha sede a Copenhagen e quella per la sicurezza marittima che ha sede a Lisbona -:
se non si consideri Genova proprio in funzione delle competenze e delle caratteristiche di cui in premessa, la città in cui accogliere la sede dell'Agenzia per la sicurezza nucleare.
(5-02040)

Interrogazioni a risposta scritta:

SAVINO, DIVELLA, DI CAGNO ABBRESCIA, FRANZOSO, SISTO, DISTASO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel recente rimpasto della Giunta regionale pugliese è stato chiamato dal Presidente della regione Vendola a ricoprire

la carica di assessore all'università, biblioteche, musei, diritto allo studio e mezzogiorno il professore Gianfranco Viesti, docente di economia applicata all'università di Bari, facoltà di scienze politiche;
il professore Viesti ricopre dall'aprile 2007 la carica di consigliere di amministrazione della Cassa depositi e prestiti;
a tale ente pubblico accedono gli enti territoriali per ottenere finanziamenti per investimenti nelle infrastrutture;
ad avviso degli interroganti è quindi inopportuno che la carica di consigliere di amministrazione della Cassa depositi e prestiti sia esercitata da un assessore regionale -:
se non ritenga, in vista del prossimo rinnovo del consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti, di tenere in debita considerazione quanto rappresentato in premessa.
(4-04792)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
durante un normale controllo della Guardia di finanza di Locri è emerso un ennesimo giallo finanziario internazionale, dopo quelli di Chiasso e di Malpensa;
nella notte del 29 settembre 2009, militi della Guardia di finanza hanno messo a segno un importante sequestro: un certificato di deposito emesso dal «Crédit Suisse», importante banca svizzera, per un importo pari a 870 milioni di dollari USA;
il certificato di deposito era pronto per essere incassato all'estero da due malavitosi della cosca di Taurianova, Fazzalari-Viola-Avignone, a bordo di un'auto di grossa cilindrata;
il certificato di deposito era stato aperto nel 1961 ed intestato a Mr. Soekarno, il primo presidente dell'Indonesia, che trasformò il regime in dittatura e rimase in carica dal 1945 al 1967, anno in cui fu sostituito da un altro dittatore, Sohearto;
Soekarno morì nel 1971, ma gli affari che si era assicurato all'estero durante i 30 anni di potere furono proseguiti dal figlio tanto che, a un certo punto, tentò prima di acquistare la casa automobilistica inglese Lotus e poi la storica Bugatti in Italia;
i due malavitosi stavano per portare a termine un'operazione che avrebbe consentito alla cosca di riferimento di investire i capitali «ripuliti»;
nell'auto, oltre al certificato, è stata trovata un'ampia documentazione. La conferma arriva dal comandante provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria: «Le attività - spiega ad un noto quotidiano economico nazionale - sono in via di sviluppo e le indagini presenteranno a breve sviluppi finora difficilmente immaginabili» -:
se i fatti corrispondano al vero e, specificamente, se i due cittadini italiani siano stati effettivamente lasciati in libertà;
se sia stata accertata l'autenticità o la falsità dei titoli sequestrati;
nel caso negativo, se non ritenga utile richiedere un intervento dei Governo degli Stati Uniti d'America al fine di ottenere aiuto per un accertamento più rapido e sicuro grazie alla collaborazione di esperti provenienti dal Paese di emissione;
nel caso in cui l'accertamento facesse emergere l'autenticità dei titoli, se intenda avvalersi del diritto di beneficiare della somma comminata come sanzione amministrativa prevista dalla legge in questi casi.
(4-04804)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VIOLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il Tribunale di San Donà di Piave (Venezia) sono in servizio due cancellieri presso il giudice di pace;
uno di questi è permanentemente in distacco sindacale e non si è mai provveduto alla sua sostituzione;
per il secondo è stato disposto il trasferimento ad altra sede senza una contestuale sostituzione con altro cancelliere;
dalla stampa di oggi (Gazzettino di Venezia) si apprende che la situazione sopradescritta ha determinato il blocco dell'attività del giudice di pace del Tribunale di San Donà di Piave, con gravi ripercussioni sulla gestione della giustizia in quel tribunale;
per i compiti sempre più estesi attribuiti ai giudici di pace questa situazione coinvolge ampi strati di cittadini -:
se sia confermata la situazione del personale (cancellieri) presso l'ufficio del giudice di pace del tribunale di San Donà di Piave e quali provvedimenti sono stati adottati dal Ministero della giustizia per risolvere in modo celere, certo e definitivo questo gravissimo problema.
(5-02037)

Interrogazioni a risposta scritta:

DELFINO, VIETTI, RAO e RIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Amministrazione penitenziaria, fino ad oggi, ha omesso di applicare il decreto-legge n. 115 del 2005 ai concorsi interni ed esterni per il corpo di Polizia penitenziaria, manifestando, talvolta, ad avviso degli interroganti, una eccessiva discrezionalità sull'immissione in ruolo del personale vincitore di concorso ammesso con riserva;
secondo l'articolo 4, comma 2-bis, della normativa citata «conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela»;
un ormai consolidato principio della giurisprudenza amministrativa stabilisce che il ricorrente che sia stato ammesso al concorso con riserva, superate positivamente le prove, deve essere nominato in ruolo, purché possieda i titoli richiesti;
viceversa, l'Amministrazione penitenziaria, nel bandire il concorso interno (conclusosi il 17 ottobre 2007) per 36 posti di vice commissario penitenziario, ha immesso definitivamente in ruolo alcuni concorrenti, nonostante il mancato scioglimento della riserva;
in particolare, si evidenzia che il classificato al 34o posto in graduatoria provvisoria di fine corso è stato inquadrato in ruolo ed attualmente riveste la qualifica di comandante di reparto presso la casa circondariale di Cagliari, mentre altri che occupavano rispettivamente il 28o ed il 2o posto in graduatoria finale di fine corso non sono stati inquadrati nel ruolo di commissario di polizia penitenziaria;
nonostante sia stata presentata una diffida all'Amministrazione penitenziaria, evidenziando tale disparità di trattamento (già in precedenza sanzionata da alcune pronunce del Tar Lazio), nessuna delucidazione è stata fornita al riguardo;
inoltre, per costante orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, la disparità di trattamento da parte della pubblica amministrazione, quale vizio dell'azione amministrativa, si rinviene in ipotesi

di situazioni assolutamente identiche e, in quanto tale, costituisce legittimo motivo di ricorso;
alcuni ricorrenti hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, appellandosi all'articolo 1 del protocollo addizionale n. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che, al fine di promuovere la piena ed effettiva uguaglianza di tutte le persone, stabilisce un divieto generale di qualsiasi discriminazione «per motivi di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinione politica o altra opinione, origine nazionale o sociale, associazione ad una minoranza nazionale, proprietà, nascita o ogni altra condizione» -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di eliminare quella che agli interroganti appare come una illegittima disparità di trattamento per coloro che non sono stati inquadrati nel ruolo.
(4-04794)

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è stato previsto il trasferimento degli uffici giudiziari del tribunale di Pozzuoli dalla sede di via Celle a quella di Via Pisciarelli;
la superficie della vecchia struttura di via Celle è di circa 2.500 metri quadrati con contratto di locazione annuale per la somma di euro 300.000;
la nuova struttura sita in via Pisciarelli ha una superficie calpestabile di metri quadri 3.000 - dunque solo di poco superiore a quella di via Celle - a fronte di un contratto di locazione che verrebbe a pesare per euro 800.000 annui, in misura di gran lunga superiore a quanto precedentemente speso ed invero con un fitto esorbitante, fuori dalle logiche di quel mercato immobiliare;
dalla banca dati dell'Agenzia del territorio risulta che per la zona ove verrebbero ubicati i nuovi uffici giudiziari il valore locativo degli immobili uso ufficio varia da un minimo di 6 euro ad un massimo di 9 euro al metro quadro a fronte della spropositata cifra di 22 euro al metro quadro che verrebbe invece spesa per la locazione dell'immobile di via Pisciarelli, ove si consideri che dal detto prezzo è financo esclusa l'area parcheggio;
come indicato anche dal quotidiano Il Mattino di Napoli del 25 ottobre 2009 esiste altro locale idoneo in località Monteruscello posto in vendita dallo stesso comune di Pozzuoli in sede d'asta con prezzo che sarà fissato in euro 5.130.000 a seguito di precedente incanto deserto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della detta situazione e se non ritenga opportuno adottare provvedimenti al fine di ovviare alla situazione finora delineatasi poiché essa comporterebbe un enorme sperpero di risorse finanziarie senza di fatto apportare miglioramenti alla condizione di lavoro degli operatori di quegli uffici né portare ad un significativo ampliamento degli spazi fruibili;
se il Ministro, interrogato intenda considerare la possibilità di utilizzare l'immobile di località Monteruscello.
(4-04797)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella delibera del 22 ottobre 2009, il consiglio direttivo della camera penale veronese denuncia il grave pregiudizio per la funzione difensiva discendente da recenti disposizioni adottate dalla dirigenza degli uffici giudiziari locali;
nella delibera si lamenta in particolare la evidente limitazione al pieno esercizio del diritto di difesa conseguente alla drastica riduzione dell'orario di apertura delle segreterie dei pubblici ministeri da trenta a quindici ore settimanali;
la delibera denuncia altresì l'adozione di tale decisione in periodo feriale,

con nota del 24 agosto 2009 del procuratore della Repubblica di Verona, e sottolinea come a fondamento di tale decisione siano state invocate esigenze di natura sindacale;
nella delibera del 27 ottobre 2009, la giunta dell'unione delle camere penali italiane ha evidenziato quanto segue: «In materia giudiziaria le eventuali problematiche discendenti dal carico di lavoro o dalle carenze di personale non sono arginabili con rimedi analoghi a quelli posti in atto in altri uffici pubblici. Ogni modifica di carattere organizzativo degli Uffici Giudiziari incide infatti, inevitabilmente e direttamente, sull'esercizio del diritto di difesa e sulle dinamiche processuali, già compromesse dalle strutture ordinamentali che, a causa in particolare della unitarietà delle carriere degli organi giudicanti e requirenti, determinano una marginalizzazione del ruolo, della funzione e della dignità della difesa. In particolare spesso accade che, a fronte di problematiche di natura squisitamente sindacale, i dirigenti degli Uffici Giudiziari - proprio in ragione della cultura inquisitoria che permea la giurisdizione - non trovino altro immediato rimedio che quello di adottare regole di carattere organizzativo che trascurano o pretermettono le esigenze della difesa, dimenticando che tali esigenze non sono poste a presidio del professionista in quanto tale ma della sua funzione di rappresentante del ruolo difensivo nel processo»;
la denuncia della camera penale veronese rende manifesto come, al di là delle disfunzioni, affiori spesso nelle determinazioni dei dirigenti degli uffici giudiziari una volontà, non celata, di «estromettere» il difensore dalla giurisdizione, relegandolo al ruolo di tedioso ed inopportuno questuante, quando non ad intralcio al «corretto» esercizio della stessa;
va sottolineato che la riduzione degli orari di apertura al pubblico delle segreterie dei pubblici ministeri presso il tribunale di Verona rischia di causare notevoli e talvolta insormontabili difficoltà nell'esercizio della funzione difensiva, soprattutto alla luce delle riduzioni di orario operate in passato anche da altri uffici giudiziari nonché per la concomitanza con l'attività di udienza -:
se, con riferimento ai fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso la Procura di Verona e, nel caso ne sussistano i presupposti promuovere le iniziative di competenza.
(4-04802)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il sistema autostradale pedemontano lombardo è una delle principali opere di interesse nazionale;
il progetto preliminare è stato approvato dal CIPE nell'ambito della procedura della «legge obiettivo»;
il Governo di centrosinistra aveva deciso di destinarvi rilevanti risorse pubbliche (1 miliardo e 200 milioni di euro come da articolo 1, comma 979, della legge n. 296 del 2006) e contestualmente affidare a Concessioni autostradali lombarde, CAL, (regione Lombardia e Anas) la realizzazione della Pedemontana, dando vita al primo esperimento di federalismo infrastrutturale del nostro Paese;
il piano del CIPE non comprendeva il finanziamento dei secondi lotti delle tangenziali di Varese e di Como e pertanto il Governo Berlusconi aveva accolto la proposta di individuare le necessarie risorse finanziarie per completare, attraverso nuovi finanziamenti da individuarsi nella legge finanziaria, nella legge obiettivo o all'interno delle opere per EXPO 2015, la realizzazione nel sistema autostradale pedemontano lombardo;

secondo le precedenti delibere del CIPE per le tangenziali di Varese e di Como non era prevista la tariffazione;
il nuovo piano finanziario approvato dal Consiglio di amministrazione di Pedemontana prevede la tariffazione sulle tangenziali di Varese e Como;
tale decisione compromette gravemente le aspettative dei cittadini di Varese e Como smentendo impegni ripetutamente assunti -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a verificare se sia coerente con la concessione approvata il predetto aumento delle tariffe;
quali iniziative intenda assumere per realizzare la Pedemontana rispettando gli impegni nei confronti delle comunità di Varese e Como.
(2-00523) «Marantelli, Braga».

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
i disservizi ferroviari sulla linea faentina (tra Firenze e Faenza) sono all'ordine del giorno, colpendo in modo particolare l'ingente movimento di pendolari fra il Mugello e il capoluogo toscano;
i treni sono in condizioni fatiscenti, con continui guasti anche con risvolti di pericolosità per l'incolumità dei passeggeri, come accadde la scorsa estate quando, sulla linea summenzionata, si è verificato un incendio dell'impianto frenante, ovvero pochi giorni orsono, addirittura con infiltrazioni di acqua dal soffitto;
gli stessi treni di capienza insufficiente, sovente allestendo un solo vagone, creano così sovraffollamento e conseguentemente una pericolosa situazione di disagio e di assenza dei minimi requisiti igienico-sanitari;
da Trenitalia non arrivano spiegazioni sui continui ritardi (mediamente superiori a 15 minuti e solitamente neanche segnalati), che creano ulteriori, forti disagi -:
quali iniziative intendano assumere al fine di garantire, anche in collaborazione con le regioni, un miglioramento dei trasporti ferroviari dei pendolari sulla linea faentina.
(3-00744)

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada del Brennero (A22), nel tratto di attraversamento della città di Bolzano costituisce la principale fonte d'inquinamento con il passaggio di circa 90.000 veicoli al giorno, molti dei quali pesanti;
tale arteria percorre la città per tutta la sua lunghezza e determina un notevole peggioramento delle condizioni di vita a circa 100.000 abitanti;
più volte si è ipotizzato uno spostamento del tracciato in galleria al fine di evitare definitivamente tutti i disagi lamentati dalla popolazioni e dalle amministrazioni dei vari enti territoriali;
al riguardo, sono già stati compiuti degli studi di fattibilità anche da parte del comune di Bolzano e della società Autostrada del Brennero S.p.A.;
la società Autostrada del Brennero S.p.A, il cui pacchetto azionario è quasi totalmente detenuto dalla regione Trentino Alto Adige, dalle province autonome di Trento e Bolzano, dai comuni di Bolzano e Trento, sta predisponendo in questi giorni il piano d'interventi ed i relativi stanziamenti per i prossimi anni e sarebbe

quindi auspicabile un rapido intervento al fine di fare inserire questa importante realizzazione nel programma dei lavori per i prossimi vent'anni;
la provincia autonoma di Bolzano potrebbe concorrere a parte delle spese necessarie per riqualificare un'importante area urbana che è condizionata da un tracciato che si snoda a poche decine di metri dalle zone residenziali -:
se intendano farsi parte attiva, anche per il tramite dell'ANAS, con la società Autostrada del Brennero S.p.A., affinché si possa costituire a tempi brevi un tavolo di confronto, valutando la portata dell'intervento di spostamento dell'attuale tracciato in galleria, nell'ottica del recupero ambientale di Bolzano, nonché, sul piano dei costi e dei possibili interventi pubblici.
(4-04795)

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto annuale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie relativo all'anno 2008, che, come recentemente pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, sarà presentato a breve al Parlamento, emergono una serie di segnali positivi per la sicurezza del sistema ferroviario, sebbene si confermino le necessità di proseguire attraverso appropriate politiche sulla sicurezza del trasporto ferroviario, per rimuovere problematiche segnalate in passato;
in particolare, evidenzia il rapporto, risulta prioritario effettuare il completamento dell'attrezzaggio dei sistemi tecnologici per la protezione della marcia del treno; infatti prosegue il rapporto, se per qualche motivo un treno prosegue, nonostante un semaforo rosso, gli strumenti di protezione dovrebbero «dialogare» fra loro e fermarlo indipendentemente dalle azioni del macchinista;
i suddetti strumenti tuttavia, prosegue il rapporto, non sono in funzione su tutti i mezzi (solo il 78 per cento a fine 2008); infatti lo sono sui treni ad alta velocità e su quelli delle linee fondamentali, ma non sui mezzi che viaggiano lungo la rete secondaria che copre tratte locali e che non è elettrificata;
conseguentemente, con un semaforo rosso non rispettato si potrebbero ripetere incidenti gravi e mortali come sono avvenuti nel recente passato;
dopo due deroghe concesse dal Ministero interrogato, nel 2006 e nel 2008, l'attrezzaggio completo era previsto per il 30 giugno 2009, ma la data è passata invano senza che si provvedesse al necessario adeguamento;
conseguentemente, al fine di evitare il blocco della circolazione ferroviaria è stata ammessa la circolazione dei mezzi non ancora attrezzati purché inseriti in programmi di attrezzaggio;
a giudizio dell'interrogante, la situazione attuale appare, in considerazione di quanto suesposto, priva della sicurezza ed efficienza necessaria per una circolazione adeguata dei convogli -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di disporre l'attrezzaggio completo degli strumenti di protezione dei convogli ferroviari e quali siano i tempi affinché tale dotazione sia installata su tutti i mezzi viaggianti sul territorio nazionale.
(4-04798)

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2010

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso del 2008 è stata avviata una procedura selettiva per titoli ed accertamento dell'idoneità psicofisica e attitudinale per la copertura di posti nella qualifica

di vigile del fuoco per la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
molti dei partecipanti alla procedura selettiva confidano nella possibilità di poter conseguire la stabilizzazione -:
quanti candidati risultano idonei in seguito alla procedura selettiva ricordata, quante assunzioni siano ipotizzabili rispetto al numero degli idonei e secondo quale tempistica si intenda procedere alle relative assunzioni;
se, alla luce della selezione avviata, sia ipotizzabile un rafforzamento dei vigili del fuoco che operano nella provincia di Pordenone e in relazione alla situazione di carenza di organico dei quali si sono registrate diverse prese di posizione da parte anche delle organizzazioni sindacali.
(5-02036)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i recenti eventi drammatici che hanno colpito la città di Messina, cagionando 28 vittime e diversi dispersi e sfollati, hanno riportato in auge l'annosa questione della messa in sicurezza dei centri urbani i cui territori, per le loro caratteristiche morfologiche, versano costantemente in una condizione di alto rischio idrogeologico;
la zona geografica interessata dagli accadimenti del 1o ottobre 2009, è praticamente la stessa di quella interessata dagli accadimenti del 16 settembre 2009, nonché di quelli tristemente noti dell'ottobre 2007;
è chiaro come non sia la prima volta che le forti precipitazioni causano frane o smottamenti nella regione e la causa principale dei danni che hanno così pesantemente colpito la Sicilia è senza dubbio da attribuire al dissesto idrogeologico aggravato da irresponsabili interventi umani;
oggi la città di Messina conta una popolazione di circa 253.134 abitanti e, in base al censimento ISTAT della popolazione e degli edifici del 2001, si stima che abitino in circa 33.000 edifici e di questi almeno 3.100 sono da considerarsi fatiscenti o baraccati;
il 27 novembre 2007 fu inaugurata una mostra fotografica sulle baraccopoli di Messina e il Prefetto di Messina dichiarò di parteciparvi proprio su richiesta del Presidente della Repubblica per manifestare la propria solidarietà alle famiglie dei baraccati e per assicurare l'impegno della prefettura di Messina affinché «in tempi ragionevolmente brevi» si potesse risolvere il tristissimo fenomeno delle baracche degradate di quella città;
in quel periodo il prefetto si recò personalmente a Palermo, per incontrare l'assessore regionale ai lavori pubblici, facendosi accompagnare anche dal Procuratore generale Luigi Croce e ottenne le rassicurazioni di nuovi finanziamenti, come ampiamente documentato dalla stampa;
a tutt'oggi ai 12.000 baraccati non sono ancora assicurati nemmeno i servizi di spazzamento delle strade interne alle fatiscenti baracche, la derattizzazione, la disinfestazione, la manutenzione delle fogne, la sostituzione delle lampade della pubblica illuminazione, la manutenzione delle condutture idriche, l'eliminazione delle tante discariche di inerti e rifiuti di ogni genere che circondano le baraccopoli;
diventa poi risibile, al limite della violazione dei diritti costituzionali di uguaglianza dei cittadini, parlare di servizi di arredo urbano, attività ricreative e culturali per i bambini, i ragazzi, i giovani cresciuti in promiscuità e nell'inciviltà;
ogni ente preposto ai servizi pubblici essenziali tratta le zone baraccate come terra di nessuno: è il caso - ad esempio - dei pericolosissimi pali della luce con i tanti fili scoperti sopra i tetti delle baracche

che costituiscono un altissimo pericolo di folgorazione o di incendio che non vengono minimamente considerati nella manutenzione dell'ENEL;
inoltre nella zona delle baracche sono presenti pericolosissime distese di tetti in eternit, in particolare in contrada Fucile, dove da tempo si attende l'intervento della Protezione civile ed ancora nella zona dove si trova la scuola Albino Luciani dove gli alunni sono costretti a respirare l'amianto dei tetti che la circondano da tutti i lati;
la gente delle baracche era già rassegnata ad attendere ancora la soluzione dei problemi, ma ora è ancor più disperata poiché teme che le risorse del Paese, notoriamente non abbondanti, saranno prioritariamente destinate a costruire case per i superstiti, per i sopravvissuti all'altra sciagura annunciata che è stata l'alluvione della zona sud della città di Messina con il disastro avvenuto per la mancata opera di prevenzione;
i baraccati, quindi, paventano che i loro malfermi tuguri dovranno rimanere in piedi almeno altri 30 anni, con altissimi pericoli per la loro incolumità -:
in quale modo si intenda intervenire, per quanto di propria competenza, a sostegno delle zone delle baracche per organizzare ed mettere in atto, al più presto, gli interventi necessari per la riqualificazione urbana e se ritengano necessario, al fine di prevenire ulteriori eventi catastrofici, assumere iniziative volte a potenziare i controlli in ordine al fenomeno dell'abusivismo edilizio.
(4-04787)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i recenti eventi drammatici che hanno colpito la città di Messina, cagionando 28 vittime e diversi dispersi e sfollati, hanno riportato in auge l'annosa questione della messa in sicurezza dei centri urbani i cui territori, per le loro caratteristiche morfologiche, versano costantemente in una condizione di alto rischio idrogeologico;
la zona geografica interessata dagli accadimenti del 10 ottobre 2009, è praticamente la stessa di quella interessata dagli accadimenti del 16 settembre 2009, nonché di quelli tristemente noti dell'ottobre 2007;
è chiaro come non sia la prima volta che le forti precipitazioni causano frane o smottamenti nella regione e la causa principale dei danni che hanno così pesantemente colpito la Sicilia è senza dubbio da attribuire al dissesto idrogeologico aggravato da irresponsabili interventi umani;
sembra che nella vicina cittadina di Aci Castello si siano verificati casi di concessioni rilasciate dal comune a costruire senza il preventivo consenso del Genio civile, nonostante il territorio sia sottoposto a vincoli sismici ed idrogeologici;
in un particolare caso, Sotto la pressione delle denunce di privati cittadini, il comune ha emesso ingiunzione a demolire ed a tale provvedimento l'interessato ha fatto ricorso (ingiunzione n. 57 del 25 maggio 2009, e ricorsi 1958 e 1568 del 2009);
nel suddetto territorio vi sono altri casi del genere sopra esposto, in cui non si ottempera alle norme sui vincoli sismici e idrogeologici cui il territorio in esame è sottoposto -:
se, per tutelare le vite degli abitanti ed evitare accadimenti tragici come i recenti nella zona di Messina, il Governo non ritenga di dover intervenire, nell'ambito delle sue competenze, in materia di abusivismo edilizio e di tutela dell'incolumità pubblica, per verificare la situazione edilizia ed urbanistica nella zona di Aci Castello.
(4-04789)

PALADINI e ROTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
un graduato dell'Arma dei carabinieri, la cui identità va tenuta segreta per motivi di sicurezza, ma il cui codice identificativo di matricola personale è 85622-27-1973 CIP «295582jj», dal 1995 ha prestato servizio presso il nucleo operativo della compagnia di Palermo San Lorenzo svolgendo costantemente numerose indagini di polizia giudiziaria concernenti, prevalentemente, il traffico di stupefacenti all'interno del capoluogo siciliano, grazie alle quali l'Arma dei carabinieri sequestrava ingenti quantitativi di denaro e sostanze stupefacenti ed arrestava numerosi esponenti dell'organizzazione criminale «Cosa Nostra» (in particolare, vanno menzionate le operazioni denominate «Andrea», « Fax Money», «Pit Bull», «Ecstasy», «Vecchio», «Frurutta», «Freedom» e «Dream»);
in data 13 settembre 2004, una fonte confidenziale informava il sopra individuato graduato dell'Arma dell'intenzione, da parte dei capi della predetta organizzazione criminale, di rivolgere attacchi armati contro gli esponenti delle Forze dell'ordine che avessero intralciato, attraverso le loro attività investigative e/o repressive, lo spaccio degli stupefacenti nei quartieri di Palermo; ed invero in data 12 ottobre 2004, nel corso di una delle innumerevoli operazioni antidroga nel quartiere ZEN II, il progetto criminoso veniva perpetrato con l'esplosione di due colpi d'arma da fuoco che, solo per caso, non attingevano l'esponente dell'Arma dei carabinieri di cui trattasi;
il successivo 21 ottobre 2004, il militare veniva contattato dalla Polizia di Stato e cioè da un appartenente al commissariato Zisa di Palermo, il quale dopo aver chiesto delucidazioni in merito all'attentato del 12 ottobre, comunicava al carabiniere che proprio lui, unitamente ad un collega, era la vittima designata dei cecchini, a detta di fonti confidenziali attinte dalla Polizia di Stato;
il militare veniva convocato d'urgenza dal comandante di compagnia, Capitano Rodolfo Santovito, il quale, lo informava che anche il questore di Palermo aveva provveduto ad informare e segnalare al comando provinciale dei carabinieri la situazione di elevato rischio per la sua incolumità tant'è che in data 11 gennaio 2005, il militare veniva trasferito d'autorità presso un'altra regione d'Italia - con determinazione protocollo n. 295582/1 7-6 del comando generale dell'Arma dei carabinieri, I Reparto - SM - ufficio personale brigadieri appuntati e carabinieri - in considerazione del fondato rischio di «atti ritorsivi nei confronti del militare e dei suoi familiari»;
al militare ed ai suoi familiari, dal compimento di tali atti ritorsivi ad oggi, non è mai stata assegnata alcuna misura di protezione nonostante lo stesso venisse più volte citato quale testimone dinnanzi alle competenti autorità giudiziarie siciliane investite dei procedimenti penali in riferimento ai quali il carabiniere aveva indagato e proceduto e nonostante ne avesse fatto più volte espressa richiesta alla regione Carabinieri Campania ed alla Regione carabinieri Sicilia;
in nessun caso gli è stata riconosciuta l'invocata tutela e a tutt'oggi si pretende che egli si rechi a Palermo sfornito di qualsiasi protezione nonostante il militare, per le funzioni esercitate, sia soggetto a «comprovati pericoli o minacce, potenziali o attuali, nella persona propria o dei propri familiari, di natura terroristica o correlati al crimine organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti» ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, del decreto legge 6 maggio 2002, n. 83; vieppiù il medesimo militare è ancora citato come testimone a Palermo per il prossimo 29 ottobre 2009, ed ha già rappresentato all'Amministrazione il proprio malessere nel presentarsi in tribunale in ragione del fatto che non gli è stata assicurata alcuna misura di tutela o protezione, avendo lo stesso già formulato analogo rifiuto di presentazione in riferimento all'udienza fissata per il 25 giugno 2009, per il medesimo processo,

con il semplice risultato di vedere rinviata l'escussione della testimonianza, a tutto vantaggio degli imputati che vedono così accrescere la possibilità di far dichiarare prescritti i relativi procedimenti -:
se i Ministri interrogati ognuno per le rispettive competenze, intendano adottare gli opportuni ed urgenti provvedimenti di tutela e/o protezione del militare;
se quali iniziative o provvedimenti intendano adottare nei confronti di coloro che, omettendo la dovuta attenzione e non segnalando il caso agli organi competenti, hanno determinato l'inutile esposizione a rischio del testimone e dei suoi familiari;
se e quali iniziative o provvedimenti si intendano adottare per tutti gli appartenenti alle Forze dell'ordine che si trovino nella medesima condizione.
(4-04796)

PINI, BRIGANDÌ, MONTAGNOLI, NEGRO, BRAGANTINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come risulterebbe anche da notizie di stampa, alcuni lavori concernenti alloggi popolari gestiti, direttamente o indirettamente, dalla Acer, l'Azienda Casa Emilia Romagna della provincia di Forlì-Cesena, sarebbero oggetto di un esposto/denuncia all'autorità giudiziaria;
a prescindere dall'eventuale rilevanza della vicenda sul piano giudiziario, gli interroganti ritengono comunque indispensabile scongiurare che dai citati immobili possa derivare un pericolo concreto ed attuale per la pubblica incolumità, con particolare riferimento ai profili della staticità delle strutture, oltre che delle condizioni igienico-sanitarie, del rischio antisismico e degli altri requisiti prescritti dalla normativa vigente;
consta, tra l'altro, agli interroganti che un numero sempre crescente di inquilini degli immobili gestiti da Acer, oltre che di piccoli artigiani e imprenditori edili, abbia espresso preoccupazione al riguardo fornendo anche nuovi elementi di valutazione -:
se il Ministro interrogato disponga di ulteriori informazioni in ordine a quanto rappresentato in premessa e se intenda assumere, nell'esercizio dei poteri di competenza in materia di pubblica incolumità e sicurezza urbana, anche attraverso i propri organi periferici, iniziative finalizzate a verificare che non sussistano i rischi lamentati, in generale, per la popolazione locale e, in particolare, per gli inquilini dei sopra citati immobili.
(4-04808)

VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'intervista rilasciata dal capo della squadra mobile di Napoli Vittorio Pisani al settimanale Magazine del Corriere della Sera lo scorso 15 ottobre, le sue dichiarazioni su Roberto Saviano e le valutazioni riguardanti la necessità o meno che allo stesso venisse affidato un servizio di scorta, hanno suscitato non poco clamore;
il libro di Saviano, «Gomorra», dalla sua uscita nelle librerie ha scatenato qualcosa di pericoloso e inaccettabile per la camorra: ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sul «sistema» e in particolare sull'economia della criminalità organizzata;
molti, anche tra gli investigatori, sono concordi nel giudicare che nella lotta alla camorra c'è stato un prima ed un dopo Saviano;
il parere di un autorevole dirigente, quale il capo della squadra mobile di Napoli, su una materia di tale delicatezza sarebbe opportuno che venisse espresso - laddove richiesto - esclusivamente nelle sedi competenti e non sui giornali;
il dottor Pisani mentre rilasciava tali dichiarazioni era sicuramente a conoscenza del fatto che Saviano è stato minacciato pubblicamente in molte occasioni e molti sono stati anche i riscontri pubblici alla condanna a morte che la camorra

avrebbe emesso nei suoi riguardi; esempi ne sono l'agghiacciante documento letto dagli avvocati difensori di Bidognetti e Iovine nell'udienza del 13 marzo 2008 del processo d'appello Spartacus in cui vennero minacciati insieme Saviano, la giornalista Rosaria Capacchione ed il magistrato Raffaele Cantone, o le dichiarazioni rilasciate dal boss di camorra pentito Carmine Schiavone nell'intervista rilasciata a «Il Tempo» il 13 gennaio 2009;
l'assegnazione di un servizio di scorta è una decisione che viene adottata sulla base di una attività investigativa e valutativa che si articola in diverse fasi, che coinvolge soggetti diversi - quali i servizi di intelligence, le forze armate e le forze dell'ordine - e che si conclude poi con una decisione dell'Ucis, in conformità alle direttive espresse dal Capo della Polizia;
in tale ottica bisogna considerare che già nel 2006 queste stesse valutazioni devono essere risultate in contrasto con quanto raccolto attraverso altri canali di indagine, se è vero che l'Ucis si pronunciò favorevolmente in merito all'assegnazione a Saviano di un servizio di scorta;
il capo della polizia Manganelli si è espresso più volte, anche successivamente all'intervista del dottor Pisani, circa la necessità in merito all'assegnazione a Saviano di una scorta che cito testualmente «È necessaria, anzi verrà rafforzata»;
quindi le dichiarazioni del dottor Pisani hanno obiettivamente contribuito a rendere più esposta e più pericolosa la posizione di Saviano-:
quali provvedimenti intenda adottare perché iniziative di questo tipo non abbiano più a ripetersi.
(4-04810)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 gennaio 2007, n. 1, con particolare riferimento all'articolo 2, comma 1, lettera d), con la quale il Governo è stato delegato ad adottare decreti legislativi finalizzati, tra l'altro, ad «incentivare l'eccellenza degli studenti, ottenuta a vario titolo sulla base dei percorsi di istruzione» definisce che entro i limiti dello stanziamento del capitolo 1512, agli studenti delle istituzioni scolastiche statali e paritarie che hanno conseguito il punteggio di 100 negli esami di Stato, con attribuzione della lode, è riconosciuto un incentivo di 1000 euro pro-capite;
gli incentivi saranno corrisposti dalle scuole di appartenenza sotto forma di uno dei benefici previsti dall'articolo 4 del decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 262, come qui di seguito riportato: benefit e accreditamenti per l'accesso a biblioteche, musei, istituti e luoghi della cultura; ammissione a tirocini formativi; partecipazione ad iniziative formative organizzate da centri scientifici nazionali con destinazione rivolta alla qualità della formazione scolastica; viaggi di istruzione e visite presso centri specialistici; benefici di tipo economico; altre forme di incentivo secondo intese e accordi stabiliti con soggetti pubblici e privati;
è notizia di questi giorni, così come riportato dai principali quotidiani, che i quasi quattromila ragazzi che hanno ottenuto il massimo dei voti all'esame di stato del luglio scorso (100 e lode), riceveranno 650 euro, rispetto ai 1000 previsti;
una circolare dell'Agenzia delle Entrate ha inoltre previsto che la suddetta

somma di 650 euro vada tassata, poiché non va considerata come borsa di studio, ma come reddito assimilabile a termini di legge «ai rapporti di lavoro a tempo determinata», assoggettati, quindi, «a ritenuta a titolo d'acconto pari al 20 per cento». La suddetta circolare, prevede, inoltre, che gli istituti scolastici sono considerati sostituti d'imposta e dovranno quindi compilare e inviare al fisco il Cud, con evidente aggravio burocratico per le stesse scuole e per gli studenti;
alcuni istituti hanno già anticipato agli studenti meritevoli il previsto incentivo e utilizzato i 1000 euro per l'acquisto di libri e computer: pertanto ora rischiano di dover restituire al fisco parte della somma, con grave nocumento per i bilanci già esigui -:
quali siano le ragioni che hanno comportato la riduzione da 1000 a 650 euro dell'incentivo previsto per gli studenti più meritevoli che hanno ottenuto la votazione di 100 con lode all'esame di Stato;
se i Ministri interrogati non ritengano che la citata circolare dell'Agenzia dell'entrate, che ha stabilito la tassazione dell'incentivo, non rappresenti un'interpretazione restrittiva della norma, dato che il previsto incentivo non può essere assimilato ad un reddito, e pertanto tassabile;
se i Ministri non ritengano necessario intervenire per chiarire definitivamente la natura di borse di studio degli incentivi, onde evitare ulteriori fraintendimenti;
come intendano agire i Ministri interrogati nei confronti di quegli istituti che hanno già erogato la somma di 1000 euro per l'acquisto di libri e computer.
(5-02039)

Interrogazioni a risposta scritta:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si ripropone con rinnovata drammaticità la questione dei compensi da erogare ai presidenti e ai commissari delle commissioni giudicatrici degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore;
lo stanziamento previsto per tali compensi è stato stabilito in 183 milioni di euro dalla legge 11 gennaio n. 2007 n. 1 che ha rinviato alla contrattazione collettiva nazionale a competenza per la definizione dei relativi adeguamenti finanziari;
tramite un monitoraggio, realizzato nel mese di luglio, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe provvedere al saldo della spesa prevista di 183 milioni;
per quanto riguarda l'adeguamento dei compensi previsti nella tabella allegata al Decreto interministeriale 24 maggio 2007 il primo incontro tra sindacati scuola e Aran, così come previsto dall'articolo 90, comma 7 del contratto vigente, si è concluso con un nulla di fatto in quanto l'Aran ha semplicemente informato i sindacati sia sull'entità delle risorse sia sul numero del personale già impegnato lo scorso anno e del totale delle classi coinvolte negli esami di Stato. Inoltre, secondo lo stime del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulterebbe che il finanziamento di 183 milioni di euro sarebbe appena sufficiente a coprire gli esami di stato dello scorso anno scolastico;
da queste informazioni preliminari emerge con molta chiarezza che i finanziamenti a disposizione non consentono neanche l'adeguamento dei compensi al dato dell'inflazione -:
quali garanzie il Ministro interrogato sia in grado di fornire sia in ordine alla copertura dell'intero fabbisogno sia per il reperimento di risorse aggiuntive per consentire alla trattativa avviata in sede di ARAN di definire le nuove misure dei compensi fermi ormai a quelli definiti nel 2007.
(4-04788)

GHIZZONI, LENZI e ZAMPA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'azienda ospedaliero-universitaria di Bologna Policlinico «S.Orsola-Malpighi» è riconosciuta a livello nazionale ed internazionale come uno dei più importanti centri di cura soprattutto per il suo reparto di oncoematologia pediatrica; è sede della facoltà di medicina e chirurgia dell'Università degli studi di Bologna; ed ogni anno, nelle sedi dell'ospedale, si tengono congressi e convegni ai quali partecipano professionisti di fama internazionale;
il «S.Orsola-Malpighi» ha istituito nel 1939 la scuola ospedaliera, nella fattispecie la scuola elementare, inizialmente non statale, che è stata riconosciuta dal Provveditorato agli studi nel 1955, tanto da rendere validi a tutti gli effetti gli esami sostenuti dai piccoli degenti; dall'anno scolastico 1998 all'anno 2001, inoltre, sono state istituite anche una sezione di scuola materna, una sezione di scuola secondaria inferiore e una sezione di scuola secondaria superiore che fa capo alla scuola polo di Castel San Pietro (istituto alberghiero Bartolomeo Scappi);
nel reparto di oncoematologia pediatrica sono ricoverati bambini che provengono da tutta Italia, per loro poter frequentare la scuola è una maniera per evitare l'isolamento poiché soprattutto i piccoli pazienti sottoposti a trapianto vivono per molte settimane, se non addirittura per mesi, una forte emarginazione sociale: è essenziale attivare tutte le strategie utili e possibili per colmare questo vuoto e incentivarli ad accettare nel miglior modo possibile le cure alle quali sono sottoposti;
molti dei bambini ricoverati, infatti, sono costretti ad interrompere la frequenza scolastica per mesi, se non addirittura per anni, quindi è fondamentale che abbiano la possibilità di continuare ad ottenere un'adeguata istruzione che il «S. Orsola-Malpighi» offre sia con insegnanti della scuola ospedaliera che operano in un'aula scolastica preposta a tale uso, sia con la possibilità di attivare il previsto programma di istruzione a domicilio contando sugli stessi insegnanti della scuola ospedaliera;
quest'anno, inspiegabilmente, in evidente contrasto con le norme vigenti in materia di diritto allo studio, alla clinica di oncologia ed ematologia pediatrica dell'azienda ospedaliera «S.Orsola-Malpighi», non risulta siano stati assegnati gli insegnanti che spettano alla scuola primaria di secondo grado ospedaliera, con l'unica eccezione dell'insegnante di lettere, che opererà per sole dodici ore, contro le diciotto previste dagli ordinamenti ministeriali;
ad anno scolastico già avviato quindi, in evidente ritardo, attualmente, la scuola ospedaliera della clinica di oncologia ed ematologia pediatrica dell'azienda ospedaliera «S.Orsola-Malpighi», risulta sprovvista dei docenti che, oltre a garantire il diritto allo studio per tutti i bambini ricoverati in ospedale e per quelli che fino ad oggi hanno usufruito, come previsto dalla legge, della possibilità di avere un'assistenza scolastica a domicilio, dovrebbero avere anche a disposizione un monte ore complessivo di docenza valido ai fini della valutazione finale e che garantisca il regolare percorso scolastico di ogni studente;
tale situazione è estremamente grave poiché l'impossibilità di frequentare le lezioni, porta i piccoli pazienti, costretti a dolorose e lunghe cure, a vivere una situazione di solitudine e ad una notevole difficoltà di poter avere una vita sociale adatta alla loro età, rischiando di isolarli ulteriormente e rendere ancora più pesante la loro degenza;
è di rilevante importanza, inoltre, che i docenti che prestano la loro opera presso la scuola ospedaliera, abbiano una formazione che gli permetta di essere in grado di operare nella maniera migliore, avendo a che fare con studenti che vivono una situazione disagevole e per i quali è assolutamente necessario avere la possibilità di usufruire di un insegnamento adatto alla loro particolare condizione;

per quanto riguarda invece la prevista assistenza scolastica domiciliare, sarebbe indispensabile un numero maggiore di docenti: è fondamentale, infatti, sempre in accordo con le famiglie dei degenti, contattare le scuole di provenienza per acquisire tutte le informazioni utili ad approntare l'attività il più possibile in continuità con la classe di appartenenza -:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga che la grave mancanza perpetrata ai danni della scuola ospedaliera «S.Orsola-Malpighi», e soprattutto nei confronti dei bambini ricoverati, vada subito sanata, in quanto, ad avviso degli interroganti, oltre a ledere il diritto allo studio sancito dalla Costituzione italiana, pregiudica il rispetto di un universale diritto derivano.
(4-04790)

ANGELI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
tutti gli Stati europei tra cui l'Italia, si sono impegnati ad instaurare nelle scuole un «clima che contribuisca alla partecipazione attiva dei cittadini» perché le «scuole diventino luoghi privilegiati di esercizio della tolleranza, del rispetto dei diritti umani, di pratica della democrazia e di apprendimento della diversità e della ricchezza delle identità culturali» e per formare un cittadino solidale e responsabile che presenti un'apertura verso le altre culture, capace di apprezzare il valore della libertà, rispettoso della dignità umana, delle differenze e delle diversità che devono essere assunte come risorsa e valore in modo da prevenire i conflitti o da risolverli in modo non violento;
l'educazione alla cittadinanza è quindi dimensione trasversale dell'intero percorso formativo rivolto ai giovani perché può costituire asse e condizione per la formazione di personalità critiche, autonome, pluralistiche, aperte alla conoscenza, disponibili ad affrontare la realtà, in grado di vivere i valori della democrazia in modo consapevole, trasferendone i principi della pratica quotidiana;
perché questo si realizzi è necessario che l'istruzione scolastica garantisca la trasmissione di valori e di conoscenze, che diano attuazione alle pari opportunità di istruzione, permettano alle nuove generazioni una crescita armonica ed integrata e favorisca lo sviluppo di competenze cognitive, sociali ed etiche, parte attiva nello sviluppo dell'identità di cittadini dei bambini e dei giovani perché essi possano essere e diventare «cittadini efficaci»;
tra le novità introdotte dalla riforma scolastica del Ministro Gelmini, vi è l'introduzione dell'insegnamento obbligatorio dell'educazione civica, materia denominata «cittadinanza e Costituzione», che prevede lo studio della Costituzione;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tra l'altro, già da diversi anni, ha inserito progetti innovativi di dialogo costruttivo, che introducono nuove forme di comunicazione utilizzando linguaggi condivisi e immediatamente decifrabili quali la musica, il teatro, la realizzazione di una mostra, la scienza-gioco, come il gioco degli scacchi, nell'ambito del progetto scuola e sport; ciò significa che il citato Ministero autorizza le scuole a dar corso all'insegnamento degli scacchi per i propri, alunni -:
nell'ambito di una più precisa definizione del programma di insegnamento della nuova materia dell'educazione civica, sia stato contemplato, oltre che l'insegnamento della Costituzione italiana, quello della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU e del galateo quale forma di sviluppo della civile convivenza;
se nelle scuole italiane all'estero per l'insegnamento dell'educazione civica si possa prevedere o si sia previsto anche lo studio della storia dell'emigrazione per valorizzare l'identità italiana;
se nell'ambito dei progetti formativi innovativi che introducono nuove forme di

dialogo e di confronto tra i giovani, quali i tornei di scacchi, si sia pensato di sostenere l'organizzazione di tornei internazionali di scacchi tra le scuole primarie e secondarie in Italia e quelle sparse in tutto il mondo, per intensificare lo scambio culturale tra i giovani residenti in Italia e quelli residenti all'estero.
(4-04793)

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di facoltà di medicina e di chirurgia della seconda Università di Napoli, nel passare alla laurea magistrale, ha modificato radicalmente l'ordinamento della facoltà, disaggregando e accorpando i vecchi corsi e spostandoli da un anno all'altro e da un semestre all'altro, secondo una filosofia didattica completamente nuova;
il nuovo ordinamento entra in vigore a partire dall'anno accademico 2009-2010 e riguarda non solo gli studenti che si iscrivono al primo anno ma anche quelli iscritti al secondo e al terzo anno, in quanto il consiglio di facoltà «ha approvato di applicare il nuovo Ordinamento ai primi tre anni del Corso degli Studi, con decorrenza 1o ottobre 2009» e ha stabilito che «gli studenti che nel nuovo anno accademico debbono iscriversi dal quarto al sesto anno lo faranno seguendo il vecchio ordinamento»;
è stata creata, in tal modo, una frattura a metà del corso di laurea, che provoca grave nocumento agli allievi interessati, anche perché proprio gli esami del terzo anno sono stati stravolti dal nuovo ordinamento che ne accorpa molti con quelli del quarto anno;
non sono previste norme transitorie che possano attenuare le difficoltà e le anomalie derivanti dal passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento;
nell'informativa per gli studenti si riconosce agli studenti del secondo e del terzo anno la possibilità di continuare il proprio percorso di studi utilizzando il vecchio ordinamento, ma si sconsiglia tale scelta in quanto si avverte testualmente: «Per gli studenti del secondo e del terzo anno che decidessero di permanere nel vecchio ordinamento potranno determinarsi difficoltà nell'organizzazione delle attività didattiche e sarà perciò necessario concordarne le modalità direttamente con il Presidente del Corso di laurea»;
tali difficoltà sono molto gravi in quanto gli studenti del secondo e del terzo anno che scelgono il vecchio ordinamento, essendo molti esami accorpati, non avranno più un piano di studi organico; i corsi degli esami soppressi e/o accorpati non esisteranno più, si terranno i corsi dei nuovi insegnamenti all'interno dei quali troveranno collocazione, le vecchie materie; così che gli studenti interessati saranno «sballottati» da una parte all'altra della facoltà per seguire segmenti di corso che, essendo inquadrati in un contesto didattico diverso, potrebbero essere collocati in momenti temporali non prevedibili e non programmabili, e potrebbero, comunque, risultare insufficienti rispetto alle esigenze di preparazione che la disciplina richiede;
la cosa più probabile è che gli allievi siano materialmente impossibilitati a seguire i corsi, in quanto essendo questi inseriti in un piano didattico diverso e non esistendo più un piano di corsi specifico per gli esami soppressi del vecchio ordinamento potrebbero verificarsi, e certamente si verificheranno, sovrapposizioni che impediranno agli studenti di seguire tutti i corsi, e, quindi, di sostenere i relativi esami, sia perché la frequenza è obbligatoria, sia perché non è ipotizzabile in una facoltà di medicina poter dare degli esami senza avere seguito i relativi corsi;
ancora peggiore sarà la situazione per quanto riguarda gli esami, in quanto chi rimane con il vecchio ordinamento ha nel proprio piano di studi esami che non esistono più, dato che, sono diventati, nel nuovo ordinamento, parti di esami più

vasti che spesso sono distribuiti fra più semestri o più anni accademici;
dal momento che la delibera non prevede alcuna garanzia al riguardo, gli studenti dovranno chiedere di volta in volta dal professore di turno il favore di poter sostenere il proprio esame che è diventato un segmento del nuovo esame, senza considerare che ci sono esami che prevedono prove scritte che potrebbero non essere più previste nel nuovo ordinamento e viceversa;
anche con la buona volontà e la disponibilità dei professori, spesso sarà impossibile sostenere gli esami; se, ad esempio, uno studente deve sostenere semeiotica medica, semeiotica chirurgica e statistica medica, non essendo previste sedute di esame specifiche egli potrà sostenere tali esami solo quando sarà fissato il nuovo esame di metodologia clinica, con un numero di appelli inferiore a quello di oggi e inferiore a quelli a disposizione degli altri studenti e con il rischio - che in alcuni casi è una certezza - di dover sostenere due o tre esami nella stessa giornata;
è preoccupante la situazione degli studenti già iscritti al terzo anno per l'anno accademico 2008-2009 che non avendo superato il numero di esami previsto dal vecchio ordinamento per il passaggio al quarto anno, dovranno rescriversi al terzo; questi studenti se opteranno per il vecchio ordinamento incontreranno tutte le difficoltà illustrate in precedenza e previste addirittura ufficialmente nell'«Informativa per gli studenti del corso di laurea in medicina e chirurgia - sede di Napoli» indirizzata agli studenti dal presidente del corso di laurea e dal preside di facoltà: se opteranno per il nuovo ordinamento si troveranno - pur pagando regolarmente le tasse - a subire almeno sei mesi di sospensione della attività didattica durante i quali non potranno seguire alcun corso e non potranno sostenere alcun esame e altri sei mesi in cui potranno sostenere un numero di esami irrilevante;
infatti, questi studenti:
a) hanno già seguito i corsi del terzo anno nell'anno precedente, ma non potranno sostenere i relativi esami perché nel nuovo ordinamento non esistono più;
b) non potranno seguire i corsi dei quarto anno, in quanto sono iscritti al terzo;
c) hanno, addirittura, già seguito molti corsi del IV anno ma potranno sostenerli solo nell'anno accademico 2010-2011, con due anni di ritardo rispetto al momento in cui hanno frequentato i corsi, con un danno enorme sotto il profilo didattico;
d) potranno cominciare a sostenere, solo a partire dal giugno 2010, qualche segmento di esame sperando che le tabelle di conversione (che oggi non sono ancora conosciute, né si sa quando saranno pronte) siano tali da non costringerli a ripetere esami già superati;
tali anomalie sono confermate dalla stessa «Informativa per gli studenti del corso di laurea in medicina e chirurgia - sede di Napoli» nella quale, tra le motivazioni dell'adozione del nuovo ordinamento è precisato, al terzo punto, che il programma didattico del terzo anno e fortemente innovativo, sia per la consistente riduzione del numero degli esami in larga parte spostati al quarto anno sotto forma di patologie integrate, sia per l'accorpamento nella metodologia clinica degli insegnamenti di semeiotica medica, semeiotica chirurgica e statistica medica, sia infine per l'introduzione di una apposita verifica idoneativa inerente l'espletamento delle Attività professionalizzanti;
in tale situazione si chiede di operare una scelta definitiva e irreversibile entro il 31 ottobre 2009, una scelta da fare al buio in quanto le delibere adottate non contengono alcun elemento utile per chiarire quali conseguenze comporta il passaggio al nuovo ordinamento e quali la permanenza nel vecchio; in particolare, gli studenti:
non conoscono le tabelle di conversione degli esami dal vecchio al nuovo ordinamento;

non hanno alcuna garanzia che potranno seguire senza difficoltà i corsi di laurea pregressi qualora optino per il vecchio ordinamento;
non hanno alcuna garanzia che riusciranno a sostenere gli esami, secondo le modalità fissate dal vecchio ordinamento senza ingiuste e ingiustificate penalizzazioni;
in sostanza appare censurabile la delibera del consiglio di facoltà, soprattutto nella parte che costringe gli studenti che devono ripetere il terzo anno, pur pagando regolarmente le tasse:
a una vera e propria interruzione della attività didattica per due semestri, nel corso dei quali non potranno seguire nessun corso e potranno sostenere solo un esame e un segmento di esame nel secondo semestre, dopo un primo semestre assolutamente inoperoso;
ad affrontare, l'anno successivo, un piano di studi appesantito da esami spostati dal terzo anno che essi hanno già seguito e che avrebbero potuto sostenere con maggiore profitto un anno prima, ma che devono rimandare solo per un problema burocratico provocato da una delibera che all'interrogante appare improvvida, errata sotto il profilo tecnico e non rispettosa dell'obbligo dell'università di assicurare una adeguata didattica a tutti gli studenti;
appare altresì singolare e immotivato un provvedimento che mentre appesantisce il quarto anno costringe studenti che hanno già sostenuto un numero rilevante di esami del terzo a ripetere l'anno - talvolta per un esame che nel nuovo ordinamento non esiste più - impedendo, però, agli stessi qualunque attività didattica, salvo ripetere le attività professionalizzanti già espletate l'anno precedente; sarebbe molto più corretto il metodo adottato da altre università, ad esempio dalla facoltà di medicina dell'università Federico II di Napoli che ha previsto una serie di norme transitorie per attenuare le difficoltà del passaggio e che, in particolare:
ha sospeso per l'anno accademico 2009-2010 gli sbarramenti annuali per l'iscrizione all'anno di corso successivo;
ha pubblicato, in forma ufficiale, a garanzia della regolarità didattica e degli studenti coinvolti, una tabella di conversione in base alla quale verranno riconosciuti gli esami già sostenuti;
sembra inoltre che il consiglio di facoltà di medicina della seconda Università di Napoli abbia autorizzato una deroga per l'iscrizione al III anno agli studenti del II anno che non hanno sostenuto l'esame di fisiologia umana e non abbia concesso analoga deroga agli studenti del III anno che non hanno superato esami meno impegnativi;
visti i termini e le modalità di attuazione e la assoluta carenza di norme transitorie - la delibera, ad avviso dell'interrogante, sembra integrare una violazione dei principi di affidamento, di buon andamento, di imparzialità e di trasparenza cui tutti gli atti della pubblica amministrazione devono ispirarsi ed essere lesiva di situazioni pregresse giuridicamente tutelate e dei diritti e degli interessi legittimi degli studenti interessati, provocando agli stessi danni gravi e irreparabili, con ripercussioni imprevedibili e, comunque, sicuramente pesanti sulla regolarità della vita accademica -:
se il regolamento didattico di ateneo definito dalla Seconda Università di Napoli sia stato inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 270 del 2004 e dell'articolo 11 della legge n. 341 del 1990 e, in caso affermativo, quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato abbia espresso o intenda esprimere, con particolare riferimento al nuovo ordinamento della facoltà di medicina e chirurgia e alle problematiche descritte in premessa.
(4-04801)

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTÈ. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
circa 55mila lavoratori frontalieri occupati in Svizzera nei tre cantoni di frontiera Ticino, Vallese, Grigioni e residenti in Italia, ai sensi dell'articolo 1, dell'accordo tra Italia e Svizzera dei 3 ottobre 1974, sono soggetti per quanto riguarda salari, stipendi ed altri elementi facenti parte della remunerazione che ricevono in corrispettivo di un'attività dipendente, all'imposizione fiscale soltanto in Svizzera;
una parte di circa il 40 per cento del gettito fiscale proveniente da tale imposizione, ai sensi degli articoli 2, 3 e 4 dello stesso Accordo, viene versata ogni anno al Ministero dell'economia e delle finanze italiano quale compensazione finanziaria per le spese sostenute dai comuni italiani di confine;
i lavoratori frontalieri per necessità devono detenere un conto corrente in Svizzera su cui far transitare il salario che ricevono mensilmente; nella stragrande maggioranza possiedono unicamente il reddito già sottoposto all'imposizione alla fonte e la casa d'abitazione in Italia, di conseguenza non hanno l'obbligo di procedere alla dichiarazione dei redditi in Italia -:
quali iniziative l'amministrazione finanziaria intenda intraprendere nei confronti dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera e quali i provvedimenti previsti per garantire un trattamento non discriminatorio dei lavoratori italiani frontalieri, ancora soggetti alle norme del «monitoraggio fiscale» contenute nel decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge n. 227 del 4 agosto 1990.
(3-00742)

Interrogazioni a risposta scritta:

DUILIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 210 del 1992, in materia di indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie ed emotrasfusioni, affida alle commissioni mediche ospedaliere (CMO) il compito di esprimere il giudizio sanitario in merito al nesso causale tra il trattamento terapeutico e la menomazione o la morte del cittadino, nonché in merito alla tempestività della domanda, rispetto ai termini di decadenza previsti;
ai sensi dell'articolo 5 della legge, contro la decisione delle CMO è ammesso ricorso al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
come l'interrogante ha già avuto modo di evidenziare nella propria interrogazione a risposta in commissione n. 5-01451 del 21 maggio 2009, presso gli uffici del Ministero, in sede di decisione in via gerarchica, è invalsa una prassi non conforme al dettato normativo;
in effetti, nei frequenti casi in cui i cittadini ricorrenti impugnino il giudizio delle CMO per i soli profili inerenti la tempestività della domanda, il citato Ministero ha spesso provveduto a riformare nel merito i provvedimenti emanati delle commissioni mediche, nuovamente sindacando ed escludendo l'esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione, prima invece pacificamente riconosciuto;
in sede di risposta, resa all'interrogante il 29 settembre 2009, il Ministro interrogato ha riferito che «nella considerazione della unicità della vicenda clinica cui fa riferimento ogni istanza di indennizzo», «appare imprescindibile che in ambito di ricorso ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 210/92, trattandosi di erogazione di indennizzo da parte dello Stato, l'Ufficio Medico Legale, acquisite tutte le informazioni ritenute utili e valutata la

vicenda clinica nella sua globalità, si esprima, al pari della CMO, verificando la presenza dei requisiti di legge e con unicità di giudizio»;
in tutta evidenza, non solo la risposta si dimostra non pertinente rispetto alla puntuale questione sollevata, ma con essa si conferma l'esistenza e la gravità della prassi censurata nella precedente interrogazione, in patente violazione ad avviso dell'interrogante dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971 recante norme generali in materia di ricorsi amministrativi;
ed infatti in materia di ricorsi amministrativi, ed in particolare di ricorso gerarchico proprio ed improprio, vista la natura giustiziale, trova applicazione il principio generale proprio della funzione giurisdizionale della corrispondenza tra chiesto (petitum) e pronunciato (decisum), con divieto per l'autorità amministrativa di pronunciarsi ultrapetita, riformando o annullando l'atto impugnato per motivi differenti da quelli oggetto di gravame;
questa regola, unanimemente riferita dalla dottrina e già affermata in risalenti decisioni giurisdizionali (ex plurimis, Consiglio Stato, sezione V, 31 ottobre 1980, n. 909) è stata definitivamente ribadita dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato del 10 giugno 1999, n. 8, secondo la quale l'autorità amministrativa investita del ricorso può prendere in esame solo le censure ivi prospettate e non ha il potere di integrare d'ufficio l'oggetto del procedimento;
conseguentemente, come già notato dell'interrogante in sede replica, la prassi censurata appare priva di qualsiasi fondamento normativo e mossa esclusivamente da considerazioni d'ordine finanziario, non pertinenti e non consentite dalla legge;
per l'effetto, non solo si aggrava la posizione del ricorrente in sede di ricorso giurisdizionale, ma, una volta rilevata dal giudice ordinario l'illegittimità dei provvedimenti emanati, si espone il Ministero a pesanti e non necessarie condanne alle spese di giudizio -:
se, alla luce dei chiari precedenti del Consiglio di Stato, il Ministro interrogato non intenda emanare appositi atti di indirizzo ai propri uffici, conformi al dettato normativo, modificando così la propria prassi in materia di ricorsi ex lege n. 210 del 1992, in particolare limitando il proprio sindacato ai motivi proposti dalle parti ricorrenti, comunque escludendo, ove non espressamente richiesto, una nuova valutazione medico legale sul nesso causale tra vaccinazione (o emotrasfusione) e patologia;
se, quantomeno, il Ministro interrogato non reputi opportuno rimeditare la propria prassi, acquisendo, sul punto, i pareri dei competenti organi di consulenza istituzionale al Governo, ed in particolare, del Consiglio di Stato e dell'Avvocatura generale dello Stato.
(4-04799)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
quanto riportano agenzie di stampa, siti internet e giornali, nel reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Melzo, in provincia di Milano, il responsabile del reparto, dottor Leandro Aletti, descritto come «noto antiabortista» e «simpatizzante di Comunione e Liberazione», avrebbe aggredito verbalmente tre donne, che avevano scelto quella struttura pubblica per abortire, accusandole di essere delle assassine. In particolare, il medico avrebbe testualmente detto: «Assassina stai uccidendo tuo figlio»;
l'aggressione verbale è riportata nella denuncia per ingiuria presentata al giudice di pace di Cassano d'Adda: «Il primario, noto antiabortista, ci ha insultate e diffamate -

denunciano le donne - offendendo il nostro decoro e arrecandoci un danno morale»;
il primario, sebbene il suo avvocato Mario Brusa parli di un «fraintendimento tra le parti», sarebbe pronto a firmare una lettera di scuse e chiarimenti per archiviare l'accaduto. La direzione sanitaria ha già presentato le sue scuse;
sotto accusa è anche la procedura che prevede di compilare la cartella clinica, preliminare all'aborto, in un atrio lungo la corsia del reparto. Pratica a cui nella struttura, si dice, si ricorre quando la sala visite è occupata, ma che in sostanza comporta la violazione della privacy delle donne: «Mentre iniziavamo il colloquio con il medico di turno venivamo accostate dal primario che ci aggrediva con insulti ad alta voce - si legge nel ricorso - così tutti i presenti venivano edotti della ragioni della nostra presenza nel reparto rendendo di pubblico dominio una scelta delicata e assolutamente personale». Un gravissimo episodio lesivo della dignità personale, tanto che una delle tre donne sarebbe stata anche identificata da una conoscente che passava di lì;
ad avviso degli interroganti, un simile episodio è inqualificabile, ingiustificabile e intollerabile -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio descritto in premessa, se esso costituisca un caso isolato o risultino essersi verificati casi analoghi e se intenda, nell'esercizio delle proprie competenze, assumere iniziative volte a chiarire i limiti entro i quali l'esercizio dell'obiezione di coscienza da parte del personale sanitario non pregiudichi i diritti delle donne che si sottopongono ad interruzione volontaria di gravidanza, con ciò definendo anche ogni cautela necessaria per la tutela della riservatezza.
(4-04811)

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

GNECCHI, MATTESINI, CODURELLI, RAMPI e SCHIRRU. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
al decreto-legge n. 78 del 2009 convertito con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 22-ter è previsto l'innalzamento dell'età per il pensionamento di vecchiaia per le donne che lavorano nel pubblico impiego e già dal 1o gennaio 2010 tale requisito è stato innalzato a 61 anni;
sempre con la medesima disposizione normativa - articolo 17 comma 35-novies (che ha modificato l'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008) si prevede il collocamento a riposo coatto per i dipendenti pubblici che hanno raggiunto il compimento dell'anzianità contributiva di 40 anni;
prescindendo anche dalle esigenze operative degli uffici pubblici, sia centrali che periferici, sono arrivate comunicazioni di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro alle donne che hanno raggiunto l'anzianità contributiva di 40 anni -:
a quante dipendenti donne e con che età anagrafica, suddivise per settore della pubblica amministrazione e qualifica, è stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro e conseguente collocamento a riposo coatto.
(4-04782)

GNECCHI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
negli uffici periferici della pubblica amministrazione in provincia di Bolzano, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, è nota la cronica carenza di personale, peraltro più

volte denunciata al Ministro interrogato, sia dai sindacati di categoria, che con diverse interrogazioni proposte dalla scrivente;
da segnalazione di fonte sindacale, si rileva che stanno pervenendo a singoli dipendenti, dalle amministrazioni centrali, le lettere di comunicazione di collocamento a riposo coatto per coloro che hanno raggiunto il compimento dell'anzianità contributiva di 40 anni (articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, modificato dall'articolo 17 comma 35-novies della legge n. 102 del 2009);
per contro si sta verificando, che dirigenti dei suddetti uffici periferici richiedono, quasi supplicano, i dipendenti destinatari del provvedimento di pensionamento coatto, di accettare delle proroghe per il mantenimento in servizio, al fine di poter garantire una seppur minima funzionalità degli uffici, oltre alla necessità di istruire il personale che subentrerà, ma che al momento i dirigenti di questi uffici, non hanno in molti casi a disposizione;
suddetto modus operandi è davvero incoerente con gli obiettivi dichiarati da questo Governo ed in molte pubbliche dichiarazioni dal Ministro interrogato di puntare ad una pubblica amministrazione efficiente e vicina ai bisogni del cittadino, mentre in realtà si stanno creando disagi, con pesanti ripercussioni sulla qualità dei servizi, resi ai cittadini e alle imprese -:
quanti siano i dipendenti pubblici in provincia di Bolzano, per settore e qualifica, operanti negli uffici periferici di cui sopra, che hanno ricevuto la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro e conseguente collocamento a riposo coatto.
(4-04783)

DE TORRE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel decreto-legge n. 112 del 2008, all'articolo 61, comma 8, viene ridotto l'incentivo alla progettazione interna per i tecnici della pubblica amministrazione dal 2 per cento allo 0.50 per cento;
al medesimo articolo, al comma 9, è riportata una riduzione del 50 per cento sui compensi spettanti ai collaudatori ed ai componenti dei collegi arbitrali che svolgono tali funzioni in seno alla pubblica amministrazione -:
come intenda premiare il tanto auspicato lavoro dei dipendenti pubblici volenterosi visto che il provvedimento legislativo ha comportato per gli incentivi previsti dall'articolo 92, comma 5, decreto legislativo n. 163 del 2006 tagli del 75 per cento per le progettazioni delle opere pubbliche e del 50 per cento per i collaudi e gli arbitrati.
(4-04785)

PELUFFO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 61, comma 8, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, prevede che la percentuale prevista dall'articolo 92, comma 5, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 è destinata nella misura dello 0,5 per cento alle finalità di cui alla medesima disposizione e, nella misura dell'1,5 per cento è versata ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato;
la norma in questione aggrava ulteriormente i bilanci degli enti locali, i quali non disponendo nel loro organico di figure professionali specifiche, dovranno incaricare professionisti esterni con conseguente aumento dei costi relativi a consulenze tecniche professionali;
il taglio riguarda anche quelle figure professionali che negli organici degli enti si occupano del coordinamento della sicurezza, che è sempre stato svolto da

persone incaricate negli uffici, senza maggiori oneri per gli enti locali; dovendo quindi affidare questo incarico a figure esterne i costi lieviterebbero;
l'Anci a settembre 2009, nel corso di un'audizione presso l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture avente ad oggetto «Gli incentivi alla progettazione», evidenziava le criticità che l'applicazione della norma può provocare nei comuni, soprattutto, quelli di piccole dimensioni, favorendo in ultimo anche il verificarsi una diminuzione della produttività ed efficienza degli uffici tecnici -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti di carattere normativo al fine di rivedere la disciplina prevista dal decreto-legge n. 112 del 2008 affinché non ci sia ulteriore aggravio nella casse degli enti locali a discapito di una efficienza e produttività degli uffici tecnici.
(4-04806)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA e BARBI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la proprietà della ditta «Carla Carini» di Moglia (Mantova) ha deciso la chiusura immediata dell'azienda con la sua messa in liquidazione;
in ragione di questa scelta, sono state attivate le procedure per la richiesta di cassa integrazione straordinaria per i circa 60 dipendenti;
tra i dipendenti è molto alto il livello di preoccupazione visto che vedono seriamente pregiudicato il loro futuro e quello delle loro famiglie;
la ditta «Carla Carini» è una delle poche aziende presenti nel territorio del comune di Moglia (Mantova);
tra questo marchio ed il territorio esiste un legame profondo -:
se il Governo intenda attivarsi affinché siano convocate le parti, in particolare la proprietà dell'azienda, con l'obiettivo di costruire le condizioni per la permanenza del marchio «Carla Carini» nel territorio mogliese attraverso la possibile individuazione di nuovi investitori.
(5-02038)

SIRAGUSA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dopo 22 anni dai referendum del 1987, con i quali gli italiani dissero «no» all'atomo, il Governo italiano ha deciso di riaprire la strada del nucleare;
il Parlamento ha approvato, col voto contrario del Pd, il complesso di norme che consentono il ritorno al nucleare in Italia;
a fronte di vantaggi incerti e discutibili, il ritorno al nucleare porterebbe rischi certi: i problemi irrisolti del nucleare legati allo smaltimento delle scorie, ai costi esorbitanti per la realizzazione degli impianti, ai pericoli di proliferazione, procedure quasi militari per la localizzazione e la gestione di siti e impianti, estromissione delle regioni sulle scelte localizzative;
il 24 febbraio 2009 è stato firmato a Villa Madama, a Roma, dal Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, e dal Presidente francese Nicholas Sarkozy, l'accordo di cooperazione sull'energia nucleare tra Italia e Francia, che dovrebbe portare alla costruzione in Italia di almeno quattro centrali nucleari di terza generazione «European Pressurized Water Reactor» (Epr) entro il 2020;
la localizzazione dei siti delle nuove centrali nucleari è tanto più problematico viste le condizioni morfologiche del territorio italiano, con molte aree ad alta sismicità e un pervasivo dissesto idrogeologico;

alla pressante richiesta dell'opinione pubblica che chiede di sapere dove sorgeranno le future centrali nucleari, il Governo finora non ha risposto;
tra le ipotesi si è ventilata l'individuazione di Termini Imerese quale possibile sito per la costruzione di un nuovo impianto nucleare;
mentre l'Italia sceglie di ritornare dopo vent'anni all'energia nucleare, nei mondo i grandi Paesi industrializzati incentrano le proprie politiche di innovazione energetica sul risparmio, sulle fonti rinnovabili, sulla ricerca, vedendo in tali opzioni le strade maestre per fronteggiare i problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e per rendere le proprie economie più moderne e competitive -:
se l'impianto previsto per Termini Imerese sia di 3o o 4o generazione;
se sia stato considerato il rischio connesso all'intensità abitativa dell'area di Temini ed alla vicinanza (40 chilometri) a Palermo e alle altre città siciliane di Caltanissetta e Catania;
se sia stata considerata la sismicità della zona, considerati gli eventi tellurici, le presenze vulcaniche della Sicilia e delle sue isole minori, nonché gli eventi di instabilità idrogeologica;
sia stata considerato l'effettivo fabbisogno energetico della Sicilia, tenuto conto della sovrapproduzione degli impianti siciliani;
se siano state considerate le alternative alla scelta nucleare, visto - a regime - il previsto mero apporto di circa il 15 per cento del fabbisogno nazionale, quando tale cifra potrebbe essere coperta da un'ottimizzazione dell'impiego di fonti rinnovabili e del risparmio energetico;
se sia stato contestualmente previsto un idoneo piano energetico, regionale e nazionale, ove sia considerato il bilancio energetico di tutti i diversi tipi di fonte energetica, nonché del risparmio e una maggiore efficienza energetica dei consumi elettrici.
(5-02041)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 20 gennaio 2006 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri veniva sottoscritto il II Protocollo aggiuntivo al contratto d'area Torrese-Stabiese che sottoscrivevano singolarmente tutte le imprese beneficiarie;
esso comprendeva 15 iniziative dotate di un contributo pubblico di 40,06 milioni di euro complessivi ed un'occupazione prevista a regime di 349 unità;
nel corso di questi anni le iniziative sono regolarmente avanzate ed alcune anche concluse;
la maggior parte di esse aveva un termine di previsione per la conclusione al novembre 2009;
per effetto della legge finanziaria 2008 così veniva temporaneamente sospesa l'erogazione delle somme da corrispondere ai fini della perenzione amministrativa ex articolo 3, comma 36 della legge n. 244 del 2007;
per effetto di tale norma, gli importi relativi intendendosi perenti gli effetti amministrativi, gli stessi erano cancellati dal bilancio dello Stato;
le somme in perenzione potevano essere riposte in bilancio con una riassegnazione ai capitoli pertinenti;
a tutt'oggi il Ministero dello sviluppo economico non è in grado di definire la data di reiscrizione dei fondi, confermando peraltro esservi perenzioni dichiarate nel 2005 non ancora reiscritte;
tutto ciò produce un'ovvia sospensione delle iniziative in quanto i beneficiari vedono così compromesso il sostegno finanziario pubblico cui lo Stato si era impegnato;
peraltro l'atteggiamento degli istituti bancari, in questo periodo di congiuntura

economica, è tale da rendere impraticabile la possibilità di anticipazione dei crediti da parte delle banche;
d'altra parte, di fronte all'incertezza derivante dalla situazione, i beneficiari vengono comunque scoraggiati dall'anticipazione di ulteriori risorse proprie;
tutto ciò vanifica lo spirito e la sostanza del II Protocollo aggiuntivo del contratto d'area di crisi Torrese-Stabiese deludendo, oltre alle aspettative degli imprenditori anche quelle delle centinaia di disoccupati di un'area profondamente degradata e stretta nella morsa della criminalità organizzata. Ad oggi non hanno avuto risultati le richieste delle amministrazioni comunali e regionali, quasi irrise dalle risposte senza termine degli uffici ministeriali -:
si interrogano il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze per conoscere con quali tempi e modalità intendano provvedere ai termini della reiscrizione delle somme relative al II Protocollo aggiuntivo al contratto d'area Torrese-Stabiese dichiarate perente con il gennaio 2009 e quali siano i motivi che impediscano allo Stato di far fronte agli impegni presi e sottoscritti con imprese, legittime aggiudicatarie dei finanziamenti, e con la collettività dell'area Torrese-Stabiese.
(4-04784)

PILI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili sono al centro dell'attenzione globale al fine di una migliore sostenibilità ed efficienza dell'uso dell'energia;
i progetti per l'utilizzo dello sviluppo dell'energia eolica aumentano in misura esponenziale, anche a causa del notevole ritardo nella produzione di energia derivante da fonti alternative;
l'energia eolica ipotizzata come alternativa energetica, collegata anche alle politiche di riduzione dei gas ad effetto serra rientranti negli accordi previsti dal protocollo di Kyoto, in realtà non sembra poter presentare prospettive significative in termini di produzione energetica; è importante evidenziare inoltre, che nell'ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) fatto nel 1988, si prevedevano per l'anno 2000 solo 600 MW eolici, in quanto erano stati considerati coltivabili soltanto i siti efficienti, cioè quelli con più di 2.000 ore all'anno di vento;
sono molteplici le criticità che da più parti vengono segnalate sull'eolico. Tra le varie si ricordano la grande dimensione degli impianti, direttamente proporzionale alla produttività, l'impatto sul territorio (basti pensare alla viabilità servente agli impianti) e sul paesaggio (gli impianti superano i 120 metri di altezza e gli industriali tendono ad aggiungere altri impianti ai parchi già realizzati, in modo da sfruttare le economie di scala) e sulla stessa struttura economica dei territori (basti pensare alla realizzazione di impianti off shore di fronte ad aree di pregio o di interesse turistico);
ad esempio, nel sito di Is Arenas, area di grande pregio naturalistico, nella provincia di Oristano, è previsto il progetto per l'installazione di un impianto off shore di fortissimo impatto sul territorio e sullo stesso sviluppo dell'economia locale;
la proliferazione degli impianti appare inoltre dipendere sia da finanziamenti diretti, sia da interventi indiretti, sia dall'acquisto a prezzo maggiorato dell'energia prodotta che garantisce redditività anche quando l'impianto non sarebbe di per sé conveniente;
a tutto ciò si deve aggiungere l'esistenza di inchieste giudiziarie, anche recenti, che in varie circostanze sono state promosse in relazione ad appalti o procedure di istallazione di pale eoliche, e la sussistenza di fenomeni societari strutturati in maniera poco chiara, tali da non lasciare intendere la reale portata degli interessi coinvolti e talvolta anche con sedi poste in «paradisi fiscali»;

con riferimento al parco eolico di Is Arenas, ad esempio, risulta da notizie di stampa che sia in corso un'inchiesta della Procura della Repubblica di Oristano;
sempre da notizie di stampa emerge che le indagini hanno anche l'obiettivo di accertare l'identità degli imprenditori interessati al progetto. Non è noto infatti se sia effettivamente la società Is Arenas renewable energies che realizzerà l'impianto oppure se alle sue spalle ci siano altri soggetti imprenditoriali pronti ad acquisire in un secondo tempo la concessione;
la Is Arenas renewable energies risulta essere amministrata da Stefano Rizzi, residente a Montecarlo, è totalmente partecipata da un'altra società con sede in Lussemburgo, registrata anch'essa a nome di Stefano Rizzi, ha un capitale sociale di appena diecimila euro ed è stata registrata solo dieci giorni prima della presentazione della richiesta di concessione alla capitaneria di Oristano;
la Is Arenas renewable energies secondo l'interrogante appare indirettamente inserita in un complesso intreccio societario di cui è parte fondamentale la società Krenergy, nata dalla fusione tra Kaitech e Eurinvest energia. Pare all'interrogante che tale società, pur non direttamente impegnata in attività nella regione Sardegna, abbia indirettamente «ereditato» i capitali e la storia imprenditoriale della vecchia Kaitech, che nel 2005 era stata coinvolta in accertamenti giudiziari con riferimento al cosiddetto «tesoro» dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino;
in Sardegna si assiste ad una pressoché quotidiana presentazione di progetti di parchi eolici off shore per i quali sovente i soggetti proponenti risultano coperti da società con soci non ben identificabili e le cui residenze risultano collocate in cosiddetti «paradisi fiscali», da Lussemburgo a Monaco;
a parere dell'interrogante sussiste il rischio che dietro iniziative definite di energia rinnovabile si possano celare interessi poco chiari, e forse anche il possibile utilizzo di denari di provenienza sospetta -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione ai vari aspetti evidenziati in premessa circa il funzionamento del mercato dell'eolico, e se ritenga di assumere iniziative volte a fare chiarezza, in via generale, in relazione alle problematiche sopra ricordate con particolare riferimento all'affidabilità e riconoscibilità dei soggetti operanti nel mercato stesso e anche al fine di tenere conto di tali elementi nei procedimenti concernenti la concessione di aree per la realizzazione di tali impianti.
(4-04807)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
per promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e per favorirne la commercializzazione, il nostro Paese si avvale dell'ENIT Agenzia nazionale del turismo, un ente dotato di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione;
tale ente ha subito nel corso della sua esistenza molte riforme, l'ultima della quale lo ha visto trasformato in Agenzia nazionale del turismo sottoposta all'attività di indirizzo e vigilanza dell'ex Ministero delle attività produttive, successivamente passato sotto il controllo della Presidenza del Consiglio dei ministri ed infine a quello dell'attuale Ministro del turismo;
tale ente, per sopperire alla carenza di personale, ha bandito nel recente passato alcuni concorsi pubblici che hanno

avuto particolari iter procedurali conclusisi dopo molti anni di rinvii con la revoca degli stessi;
tra i candidati a tali concorsi, vi è chi, in proiezione delle prove concorsuali, aveva perfezionato la propria preparazione, frequentando corsi post laurea nel settore del turismo ed effettuando attività di stage presso delegazioni Enit ubicate anche all'estero;
dovrebbe essere un dovere delle istituzioni far si che le cospicue risorse economiche e finanziarie investite dalle famiglie nell'istruzione secondaria, universitaria e post universitaria di origine sia statale che privata non vengano dilapidate ed annullate senza produrre benefici né per gli allievi né per la collettività;
uno dei suddetti candidati, in particolare, dopo aver atteso sei anni e mezzo i rinvii delle prove concorsuali e la successiva revoca del concorso, amareggiato, sfiduciato e deluso per veder vanificati gli studi, i sacrifici economici ed i tre mesi di stage effettuato proprio presso una delle sedi dell'ente che ha bandito il concorso, ritenendo lesi la propria dignità e i propri diritti, ha restituito simbolicamente la propria tessera elettorale nell'erroneo convincimento dell'inutilità di esercitare il diritto di voto in uno Stato la cui attività amministrativa si rivela sempre più incomprensibile e distante dalle esigenze dei propri cittadini;
tale tessera è stata poi restituita all'interessato dall'autorità prefettizia;
il provvedimento amministrativo della «revoca» ricorre sovente negli atti della pubblica amministrazione, tuttavia, nel caso segnalato di un pubblico concorso prima bandito e portato avanti per molti anni, con la creazione di una situazione di aspettativa nei partecipanti, per essere infine inspiegabilmente revocato, si ha l'obbligo di notare che ci sono persone con programmi e progetti portati avanti con sacrifici e dispendio di risorse economiche verso le quali lo Stato ad avviso dell'interrogante ha «tradito» le attese contravvenendo ai principi di tempestività e celerità di espletamento dei concorsi pubblici, intervenendo con l'annullamento del concorso dopo sei anni e mezzo -:
quali siano i motivi per i quali il concorso pubblico a 15 unità di personale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 16 del 26 febbraio 2002, è stato, dopo sei anni e mezzo, revocato dal direttore generale dell'Enit con provvedimento n. 76 del 16 giugno 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 49 del 24 giugno 2008;
in che modo l'Enit - Agenzia nazionale del turismo - abbia sopperito alle carenze di organico dopo la revoca del concorso pubblico suddetto.
(4-04791)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Siragusa n. 5-01630, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: De Biasi.

L'interrogazione a risposta in commissione De Micheli e Migliavacca n. 5-01737, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Ghizzoni.

L'interrogazione a risposta in commissione Fugatti e Caparini n. 5-02011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Montagnoli.

Ritiro di una firma da una mozione.

Mozione Cristaldi ed altri n. 1-00255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 ottobre 2009: è stata ritirata la firma del deputato: Garofalo.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni n. 5-01626 del 14 luglio 2009, in interrogazione a risposta scritta n. 4-04788.
interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni ed altri n. 5-01826 del 23 settembre 2009, in interrogazione a risposta scritta n. 4-04790.

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ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2009, alla pagina XXXIII, seconda colonna, le righe quarantasettesima e quarantottesima, si intendono soppresse e sostituite dalle seguenti: Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2009, le pagine XXXIV, XXXV si intendono soppresse e alla pagina XXXVI, prima colonna, le righe dalla prima alla sedicesima, si intendono soppresse e sostituite dalle seguenti:

NEGRO e MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il codice della strada rende obbligatoria la revisione periodica dei mezzi pesanti;
gli uffici locali della Motorizzazione civile sono deputati a questa incombenza;
come ben si può immaginare sia la lentezza nel rilascio delle documentazioni sia l'eccessivo ricorso alla burocrazia provocano danni alle imprese che si ritrovano con i mezzi fermi impossibilitati a circolare;
nella provincia di Vicenza, le aziende che hanno mezzi pesanti lamentano una situazione di assoluto disagio dovuto alle procedure messe in atto dai dirigenti dell'ufficio locale della Motorizzazione;
si riscontrano penalizzazioni dovute alla bassa produttività e ostilità dei dirigenti preposti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda avviare iniziative volte a verificare l'operato dei dirigenti della Motorizzazione della provincia di Vicenza al fine di evitare che imprese ingiustamente penalizzate rischino la chiusura.(4-03842)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I soggetti legittimati a richiedere le operazioni di revisione presso «sedi predisposte» sono le aziende di autotrasporto per il proprio parco veicolare, i comuni per i veicoli dei propri residenti, i concessionari per i veicoli loro intestati e gli studi di consulenza automobilistica.
Relativamente alle osservazioni in merito alle attività svolte dall'ufficio motorizzazione civile di Vicenza, va osservato che il dato relativo al numero delle operazioni tecniche svolte e programmate nel periodo 1o luglio 2009 - 30 settembre 2009, sulla base delle risorse disponibili, sia presso la sede dell'ufficio motorizzazione civile di Vicenza sia presso le sedi predisposte dai soggetti abilitati sopra citati, consente di assicurare che l'attività esterna del predetto ufficio, lungi dall'essere sottovalutata, appare, invece nettamente superiore a quella svolta presso gli uffici interni.
L'Ufficio della motorizzazione civile di Vicenza assicura, nel fornire i dati relativi alle operazioni di revisione di cui alla tabella che la propria attività è sempre improntata sulla più ampia disponibilità a soddisfare, con la massima trasparenza e nei limiti delle risorse umane e finanziarie rese disponibili, le esigenze di tutta l'utenza.

Mese Num. Operazioni presso centro revisioni U.M.C. Interno Num. Operazioni presso sedi esterne predisposte da privati
Luglio 2009 427 1047
Agosto 2009 118 616
Settembre 2009 Prenotate 450 Programmate 624

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PALADINI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la legge 8 agosto 1990 n. 231, recante disposizioni in materia di trattamento economico del personale militare, all'articolo 10 ha fissato in trentasei ore settimanali l'orario delle attività giornaliere del personale militare delle forze armate;
la direttiva SMD - Form 003 ed. 2005 relativa al «mantenimento, aggiornamento, efficienza, e controllo dell'efficienza psicofisica del personale militare» - 3° edizione 2002/03 e la Direttiva di SME «sull'istituto dello straordinario e dei compensi connessi all'orario di lavoro» ancora vigenti lasciano invariata la durata dell'orario di lavoro, precisando che «l'orario di servizio è l'arco di tempo durante il quale si svolgono le attività istituzionali - operative, addestrative e logistiche - presso gli enti e reparti delle Forze Armate»;
l'ultimo periodo del citato articolo 3 della suddetta direttiva, stabilisce che «ciascuno SM/Cdo Gen. Arma CC dovrà emanare specifiche disposizioni attuative, in relazione alle proprie peculiarità, affinché tale personale possa effettuare attività fisica individuale e/o di gruppo usufruendo di strutture militari (anche di altra F.A.) o convenzionandosi con strutture civili sportive -:
come sia stata effettivamente attuata la circolare su descritta e se siano stati rispettati criteri di uniformità relativamente all'attuazione della stessa all'interno dei vari comandi.(4-03035)

Risposta. - L'esercizio della professione militare, al fine di esprimere le capacità operative necessarie ad assolvere i peculiari compiti affidati alle forze armate, impone il possesso di specifiche qualità psico-fisiche, oltre che di approfondite conoscenze tecnico-operative.
In particolare, l'impiego nelle missioni internazionali, in teatri caratterizzati da complesse situazioni e condizioni ambientali e operative, implica l'impiego, presso comandi e dispositivi multinazionali, di personale di ogni ordine e grado con elevati livelli di addestramento e di efficienza complessiva.
L'istituzione militare, pertanto, deve porre in essere tutte le possibili predisposizioni per consentire al proprio personale di acquisire e mantenere costantemente gli standard psico-fisici necessari a corrispondere adeguatamente a questo tipo di esigenze operative.


In tale prospettiva, lo Stato Maggiore della difesa ha provveduto ad emanare la direttiva SMD FORM 003, al fine di fornire alle Forze armate criteri Comuni da adottare per consentire al personale di svolgere al meglio la professione militare.
È del tutto evidente la rilevanza che assume tale Direttiva in relazione sia alla finalità di conseguire, mantenere e controllare l'efficienza psicofisica, sia in termini, certamente altrettanto importanti, di verifica dello stato di salute e quindi di prevenzione generale, a fronte delle risultanze ottenibili attraverso l'effettuazione di periodici controlli.
In particolare, tale direttiva è entrata in vigore il 1o gennaio 2007 a titolo sperimentale, con il precipuo scopo di consentire la messa in atto delle necessarie predisposizioni organizzative prima della sua applicazione a pieno regime.
La prima fase di attuazione della direttiva ne ha confermato la valenza in senso generale, ed ha consentito l'applicazione delle procedure e delle metodologie ad una cospicua percentuale del personale.
Tuttavia, come è fisiologico, durante questo primo periodo di sperimentazione sono emersi alcuni aspetti, correlati alle diverse peculiarità che caratterizzano le singole Forze armate e l'Arma dei Carabinieri, che necessitano di alcuni affinamenti correttivi.
Allo scopo sono stati già avviati gli opportuni approfondimenti di livello interforze, ai fini della definizione dei necessari correttivi, anche avuto riguardo alla necessità di contemperare l'effettuazione di tali attività durante l'orario di servizio con l'assolvimento dei prioritari compiti ai quali il personale è preposto.
In ogni caso la fase di sperimentazione verrà opportunamente protratta per il tempo necessario al completamento di tutte le predisposizioni organizzative da parte dei competenti Organi militari tecnico-operativi, nell'ottica di pervenire, quanto prima, ad un'applicazione uniforme della Direttiva in argomento e di conseguire un ottimale funzionalità ed efficacia delle metodologie.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.