XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 9 NOVEMBRE 2009
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIULIETTI, DE BIASI e LEVI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e la legge finanziaria 22 dicembre 2008, n. 203, hanno decurtato, di 152 milioni di euro, il già esiguo fondo per l'editoria;
in seguito a numerose iniziative del settore, la legge 23 luglio 2009, n. 99, ha previsto, all'articolo 56 comma 2, uno stanziamento di 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009/2010;
inoltre, il mondo dell'editoria vive un momento di grande difficoltà, dovuto alla flessione delle vendite e alla crisi della pubblicità;
corrono voci circa il fatto che le risorse previste per l'anno 2009 non siano ancora state assegnate al fondo editoria;
lo stesso rappresentante del Governo, all'epoca, si rimise al giudizio del Parlamento, che approvò con voto unanime il provvedimento -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, qualora la somma stanziata dalla legge non venga assegnata entro il mese di ottobre 2009, al fine di assicurare comunque l'attuazione della volontà del Parlamento.
(5-01973)
Interrogazioni a risposta scritta:
DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 luglio 2009, n. 99, prevede il ripristino dell'intera produzione di energia atomica e delega il Governo a decidere i criteri per l'individuazione dei siti delle future centrali nucleari;
la citata legge ha deciso di demandare al Governo la disciplina di localizzazione delle centrali, degli impianti per la fabbricazione di combustibile e dei depositi di scorie e, in base ai criteri individuati in tale disciplina, consente alle imprese energetiche di proporre l'allocazione dei siti;
sebbene il Governo smentisca l'esistenza ad oggi, di una mappa già definita dove ubicare gli impianti nucleari e di smaltimento delle scorie, si è diffusa la notizia di una lista stilata da incaricati del Governo che contiene il nome di dieci siti ospitanti le centrali di terza generazione, tra i quali figura la città di Termoli. Si è diffusa pertanto una forte preoccupazione in merito all'individuazione dei luoghi dove costruire le centrali e in particolar modo in Molise, regione che già contribuisce alla produzione energetica nazionale con diversi impianti per una quantità largamente superiore al proprio fabbisogno e con un territorio già fortemente pregiudicato dall'istallazione di industrie chimiche, senza contare poi il forte rischio sismico è di esondazioni che caratterizza la zona. Se dovesse ravvisarsi l'attendibilità della notizia, sarebbe da considerare inaccettabile un simile provvedimento in considerazione della vocazione agricola e turistica del Molise nonché delle sue ridotte dimensioni a fronte di un sovraccarico di industrie altamente inquinanti -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri possa confermare o smentire tale notizia;
se esistano recenti studi che consentano al Governo di poter stilare un elenco di siti adatti all'ubicazione di centrali nucleari;
se comunque si possa escludere che il Molise venga considerata una delle regioni adatte all'istallazione di una centrale nucleare o di un impianto di smaltimento delle scorie;
se sia prevista una forma di partecipazione pubblica ai processi decisionali così come stabilisce la Convenzione di
Aarhus tra i cui firmatari figura l'Italia, tesa a garantire la trasparenza e la pianificazione dei rischi legati alla produzione di energia atomica.
(4-04615)
SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con circa 260.000 abitanti, la città di Messina è al 13o posto nella classifica delle città più popolate d'Italia;
la provincia di Messina, che sotto il profilo insediativo ha una strutturazione monocentrica, risulta essere al 26o posto tra le province d'Italia grazie all'apporto dei 108 comuni che la compongono;
tale polverizzazione amministrativa trova riscontro anche nella strutturazione geomorfologica, caratterizzata da un territorio tanto allungato da essere bagnato da due mari, così da risultare la seconda provincia d'Italia per lunghezza di coste balneabili con un estensione di 322 chilometri circa per meglio comprendere il dato, si raffronti tale estensione con quella poco superiore dì Sassari (350 chilometri) e quelle nettamente inferiori come Cagliari (circa 270 chilometri), Reggio Calabria (circa 165 chilometri) ed Agrigento (circa 114 chilometri);
la provincia di Messina è punta di diamante del settore turistico siciliano, con oltre quattro milioni di presenze nell'anno 2007, corrispondenti a quasi il 30 per cento del totale di presenze riscontrato nell'intera isola e con un numero rilevato di 1.100.000 turisti circa;
la provincia di Messina nel 2005 occupava la 16a posizione in rapporto al turismo straniero grazie a 1.861.988 presenze, staccando nettamente la provincia di Palermo che la seguiva, in Sicilia, con 1.473.668 presenze;
il fenomeno turistico in Sicilia è di matrice essenzialmente europea, registrando un notevole numero di presenze provenienti in primis dalla Francia, seguita a ruota dalla Germania, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, per un totale del 55 per cento del totale, in relazione alle presenze straniere;
anche in relazione al turismo nazionale, il maggior numero di presenze turistiche è imputabile a visitatori provenienti dal centro nord, in primis dalla Lombardia, tant'è che nel 2007 si accertavano 1.100.000 visitatori provenienti da questa regione, ed a seguire dal Lazio, con 700.000 visitatori, che insieme rappresentano ben il 22 per cento del totale nazionale;
per dare una risposta adeguata alla domanda turistica, in considerazione del contesto di viaggi di media-lunga distanza già evidenziato, risulta di assoluta importanza l'accessibilità per via aerea alla zona di riferimento;
nonostante la dimostrata importanza demografica, geografica, turistica, Messina e la sua provincia non godono ancora di un proprio aeroporto di riferimento;
anche residenti, oltre ai turisti, sono costretti a servirsi di scali siti in province distanti, quali Catania e Palermo, o, addirittura, in altre regioni, come avviene con il cosiddetto Aeroporto dello Stretto sito a Reggio Calabria;
l'aeroporto «Tito Minniti» di Reggio Calabria, co-partecipato dalla provincia Regionale e dal comune di Messina con le simboliche quote dello 0,04 per cento, ha totalmente fallito l'ambizioso obiettivo di servire le due città dello Stretto e relative province, anche a causa delle inefficienza croniche dei collegamenti tra le due sponde, peraltro amplificati a dismisura dagli effetti dello smantellamento del servizio ferroviario e di traghettamento relativo alla stazione di Messina;
al fallimento del progetto contribuiscono anche concause di natura essenzialmente strutturale e costitutiva, di conseguenza poco superabili, quali l'inadeguatezza della struttura reggina a movimentare un certo tipo di traffico commerciale;
la pista dell'Aeroporto di Reggio Calabria è, tra l'altro, totalmente inadeguata sotto il profilo della lunghezza ed è frequentemente interessata da fenomeni di wind shear (turbolenza per vento di traverso) soprattutto per l'immediata vicinanza dei rilievi montani dell'Aspromonte;
dai dati per l'anno 2006, forniti dalla commissione «Bird Strike», si evince che Reggio Calabria e l'aeroporto italiano con il più alto rapporto fra impatti di volatili e numero dei voli e, dunque, con il più elevato livello di rischio incidente;
diretta conseguenza di tutto ciò è il netto aumento dei costi di esercizio relativi ai voli, che rende comprensibile il perdurante e manifesto disinteresse delle maggiori compagnie di volo a servirsi dello scalo;
anche per i motivi sopraelencati, la quasi totalità delle compagnie aeree, sia italiane che straniere, ricorrano al vicino, meglio collegato e più redditizio scalo internazionale di Lamezia Terme (quest'ultimo, in ragione della posizione baricentrica nel contesto territoriale calabrese, in pochi anni è diventato, di fatto, lo scalo di riferimento all'interno della Regione Calabria con correlativa ed oggettiva marginalizzazione dell'aeroporto dello Stretto, ormai declassato a scalo di rango locale);
i dati di traffico elaborati dall'ENAC che danno contezza, per un periodo significativamente lungo, dell'evoluzione del totale commerciale di Lamezia passato da 670.368 pax (1998) a 1.502.040 pax (2008), con un incremento del 124 per cento, diversamente da Reggio Calabria che da 510.060 pax (1998) è passato a 534.893 pax (2008) con un aumento del 4,9 per cento, dimostrano lo scarso sviluppo dello scalo reggino;
anche per il 2009 Reggio non ha trovato spunti di crescita del traffico passeggeri, tanto da subire secondo i rilievi effettuati sin al maggio 2009, una diminuzione del 2,6 per cento totale commerciale passeggeri, con un significativo -9,8 per cento nel solo mese di maggio;
per i motivi sopracitati, è facile constatare che il reale aeroporto di riferimento per l'intera provincia di Messina continua ad essere lo scalo di Catania, con grave disagio per cittadini e turisti;
nonostante l'importanza dello scalo catanese, non esiste una stazione ferroviaria che serva detto aeroporto, nonostante esso rappresenti il sesto scalo italiano per numero di passeggeri, secondo i dati ENAC 2008;
i collegamenti con TPL via autostrada sono insufficienti per numero, per frequenza oraria e per accessibilità territoriale, in quanto finalizzati al mero collegamento dell'aeroporto Catanese con Messina città, lasciando sfornito il resto della provincia che, com'è noto, vanta realtà turistiche di enorme richiamo internazionale, quali le Isole Eolie, i monti Nebrodi o tutti i maggiori centri della provincia;
tra i vari centri della provincia di Messina, molteplici studi di settore commissionati dagli enti locali, hanno individuato in Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo e Torronova o le stesse Isole Eolie, possibili sedi ideali per un aeroporto, soprattutto per voli di breve-medio raggio, realizzati da aerei con potenzialità pari ad una percorrenza massima di 7.000 chilometri di autonomia;
Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo, Torrenova, in eccellente posizione rispetto alle Isole Eolie, godono da sempre di una favorevole posizione baricentrica rispetto ai limiti territoriali della provincia di Messina, distando solo 30 chilometri dalla città capoluogo, con un potenziale bacino di influenza esteso sino al contermine del comprensorio di Cefalù-Pollina;
già il Piano Direttore collegato alla redazione del Piano regionale trasporti, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 7 febbraio 2003, segnalava nell'elenco degli interventi da valutare nel progetto di sistema aeroportuale siciliano la «realizzazione di un aeroporto nell'area costiera del messinese collegato con l'autostrada Me-Pubblica amministrazione»;
nel successivo «Studio di fattibilità per il riassetto complessivo delle modalità di trasporto (Maggio 2004)», si segnalava l'opportunità di realizzare a Gela e Barcellona-Milazzo, aviosuperfici destinate all'aviazione generale ed eventuali collegamenti a corto raggio, nonché, elipiste ad Agrigento per collegamenti di federaggio (cioè collegamenti che permettono l'imbarco su voli che partono da un altro hub) con Trapani, Palermo, Barcellona-Milazzo e con Catania Fontanarossa;
le sopracitate conclusioni venivano confermate anche dal successivo Piano attuativo del trasporto aereo, pubblicato sulla serie ordinaria n. 2 alla GURS n. 54 del 17 dicembre 2004;
anche uno studio analitico, del febbraio 2007, affidato dalla Regione siciliana alla Pricewaterhouse e Cooper, come contributo regionale alla redazione del quadro strategico nazionale 2007/2013, segnalava l'opportunità di realizzare un aeroporto nella Piana di Milazzo;
il 31 luglio 2007, la Provincia, la Camera Commercio, il Consorzio A.S.I. Messina e gli amministratori dei comuni rappresentativi di oltre l'80 per cento della popolazione provinciale e fra questi Messina, Barcellona, Milazzo, Patti, Lipari,
Giardini Naxos (sei delle sette località sedi di AST) ed ancora Broto, Rometta Villafranca, Venefico, Mistretta hanno sottoscritto un apposito «Accordo di Programma per la costruzione di un aeroporto nella valle del Mela»;
nel giugno 2008, così come previsto dal detto accordo di programma, è stata costituita dalla Camera di commercio e dal consorzio ASI la «Società Aeroporto del Mela s.c.a.r.l.»;
negli ultimi mesi la nuova amministrazione pro tempore della provincia Regionale di Messina ha assunto un atteggiamento di evidente scetticismo verso la realizzazione dell'opera, mettendo in forse le iniziative amministrative già intraprese e le obbligazioni già concordate, condivise e sottoscritte con i soggetti istituzionali locali co-firmatari del precitato accordo di programma;
tale «ripensamento» appare del tutto incomprensibile in presenza delle perduranti ed irrisolte difficoltà oggettive connesse all'operatività stessa dell'aeroporto di Reggio Calabria, separato da Messina e provincia da un braccio di mare navigato da mezzi navali assai vari per stazza, velocità di crociera e tipologia di carico, e quindi del tutto inidoneo ad assicurare collegamenti veloci con congrue condizioni di sicurezza;
il tanto annunciato check-in ed il consequenziale collegamento diretto fra il porto di Messina ed apposito pontile esclusivo, posizionato in prossimità dell'aeroporto di Reggio Calabria, non sono stati ancora attivati per ragioni sconosciute;
anche il previsto collegamento diretto via mare con l'aeroporto dello Stretto è sostanzialmente la pedissequa riproposizione di analogo servizio già attivato nel recente passato e sospeso perché scarsamente remunerativo a fronte della scarsissima utenza di Messina e provincia;
è nota anche la situazione precaria ed insoddisfacente del trasporto merci e passeggeri nello Stretto di Messina, per via dell'ininterrotto, lento, progressivo ed inesorabile processo di dismissione del servizio di traghettamento da parte del vettore statale;
alla luce di quanto esposto, appare di primaria importanza un deciso ed improcrastinabile intervento da parte dello Stato volto a porre rimedio alla cronica inadeguatezza di una rete di servizi ed infrastrutture che manifesta, proprio in riferimento al settore aereo, un'arretratezza di fondo che compromette irrimediabilmente le prospettive di sviluppo economico, turistico e sociale dell'isola ed in particolare della fascia territoriale di Messina e provincia -:
quali siano i dati in possesso del Governo sulla situazione complessiva di trasporti ed infrastrutture, con particolare riferimento al settore aereo, in cui versa Messina e provincia;
se il Governo abbia conoscenza dei forti e perduranti disagi subiti dagli utenti del flusso turistico, nonché dai residenti dell'intera provincia di Messina, costretti a servirsi di aeroporti lontani e mal collegati;
quali siano le misure che si intendono adottare, tenuto conto della vocazione turistica, della densità demografica e del possibile nuovo traffico che potrebbe essere generato dalla crescente ed irreversibile affermazione dello «short break», per assicurare alla provincia di Messina uno scalo aereo idoneo ad accompagnare lo sviluppo economico, turistico e culturale del territorio interessato. (4-04631)
...
AFFARI ESTERI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la recente visita del Ministro degli affari esteri di fine settembre a Minsk era volta a rafforzare i rapporti bilaterali tra Italia e Bielorussia con l'obiettivo di fare da «apripista» della nuova politica europea di apertura al Paese sospeso dodici anni fa dal Consiglio d'Europa per via di persecuzioni politiche, esecuzioni capitali e altri trattamenti disumani e degradanti praticati sotto il regime di Aleksandr Lukashenko, ad avviso degli interpellanti l'ultimo dittatore del Vecchio Continente che da quando ha preso il potere nel 1994, ha applicato la pena di morte centinaia di volte e mostrato clemenza una volta sola;
questa recente visita ha sostanzialmente coinciso con la decisione della Corte Suprema di condannare a morte in via definitiva Vasil Yuzepchuk, uno zingaro di trent'anni detenuto nel braccio della morte del carcere di Minsk;
il 13 ottobre 2009, il presidente Lukashenko ha rigettato la domanda di grazia e, forse, scritto la parola fine sulla vita di questo gipsy incapace di leggere e scrivere e, forse, anche di intendere e volere;
Vasil Yuzepchuk era nato in Ucraina, ma all'età di sette anni era già in Bielorussia, nel villaggio di Tataryia, distretto di Drahichyn, regione di Brest. Da quando è nato, non è mai andato a scuola e non ha mai avuto un lavoro fisso. Si guadagnava da vivere aiutando gli abitanti del villaggio a sbrigare alcune faccende domestiche come pelare patate, tagliare e portar via l'erba;
Vasil Yuzepchuk aveva piccoli precedenti per furto di galline e una perizia lo ha ritenuto non completamente capace di intendere e di volere;
a Vasil Yuzepchuk sono stati imputati l'uccisione di sei anziane signore, una serie di furti nel distretto di Drahichyn, una rapina a mano armata nella regione di Hrodna ed è il primo sospettato di altri, delitti orribili che hanno sconvolto il Paese negli ultimi due anni;
una campagna stampa lo ha dipinto come un pericoloso serial killer condannandolo ancor prima della pronuncia della sentenza mentre nessun organo di stampa del regime ha pubblicato alcunché sul fatto che, una volta catturato, Yuzepchuk era stato picchiato e minacciato di arresto dell'intera famiglia. Lo zingaro ha denunciato anche di essere stato tenuto a lungo in una cella di rigore, senza luce e senza cibo, costretto a prendere pillole strane e a bere alcool;
queste dichiarazioni di Vasil Yuzepchuk non sono state prese in considerazione dal tribunale, nonostante un perito avesse certificato che le ferite sul suo corpo erano compatibili con il tempo e le circostanze della sua detenzione nel carcere giudiziario di Brest e nonostante
Vasil, durante il processo, avesse tentato di spiegare perché sotto interrogatorio si era autoaccusato confessando sei omicidi: «Volevano che ne confessassi altri, ma a un certo punto gli ho detto di smetterla di guadagnare punti a mie spese»;
chi lo ha visto dietro le sbarre della gabbia degli imputati il giorno dell'udienza alla corte suprema ha avuto un'impressione totalmente diversa dal suo ritratto «ufficiale». Iryna Toustsik, un'attivista della campagna Difensori dei diritti umani contro la pena di morte in Bielorussia, ha descritto un uomo piccolo e gracile e dall'aspetto a dir poco pietoso, che dalle poche e a volte incomprensibili parole espresse non dimostrava di afferrare bene che cosa gli stesse accadendo intorno. «A giudicare dalle sue dichiarazioni, ha una scarsa conoscenza dei fatti e ha perso la dimensione del tempo. Non distingue i mesi, non sa dire in che mese un certo fatto è accaduto, sa dire solo se era inverno o estate», ha commentato l'attivista;
gli oppositori della pena di morte continuano a citare l'ex giudice Yuri Sushkov, scappato dalla Bielorussia nel 1999 e ora in esilio in Germania, che ricorda come i giudici del suo Paese erano sollecitati a condannare a morte anche in assenza di prove e i sospettati venivano torturati per farli confessare. Gli avvocati difensori sostengono che il processo a Vasil tutto può essere definito fuorché un «giusto processo». «Esami medici hanno documentato le percosse», ha detto uno di loro, Igor Rabtsevich, che ora si chiede: «Come si può giustiziare un uomo quando sul caso ci sono così tanti dubbi?»;
Varvara, la madre di Yuzepchuk e di altri quattro figli, ha 52 anni e vive con venti euro al mese nel villaggio di Tataryia, in una casa decrepita dove i topi la fanno da padroni. Non crede che suo figlio abbia ucciso qualcuno ed è convinta che l'origine etnica sia stata decisiva nel suo caso: «hanno trovato uno zingaro indifeso e analfabeta cui addossare la responsabilità degli omicidi». Varvara ha già attaccato un nastro nero intorno alla fotografia del figlio: pensa che le speranze di salvezza per il figlio siano totalmente svanite, visto e considerato che la sentenza è passata in giudicato e il Presidente non gli ha concesso la grazia. «È rimasto qualcuno cui interessi la sorte di uno zingaro analfabeta?», si chiede ora la donna che non può sapere il luogo e la data dell'esecuzione che in Bielorussia sono coperti dal segreto di Stato, così come non saprà il luogo dove verrà sepolto il corpo del figlio quando sarà giustiziato;
al rientro a Roma dal viaggio in Bielorussia, il Ministro ha riferito di un primo «importante» contatto con la FIAT, ha confermato «il fortissimo interesse di Finmeccanica a essere presente ancora di più nel Paese», ha annunciato una visita a breve del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per stringere rapporti di cooperazione e, magari, già «firmare alcuni accordi economici» ...ma ha anche detto di essere «rimasto colpito» dal fatto che il presidente Lukashenko ha istituito un comitato consultivo permanente sui diritti umani e che il parlamento ha creato una commissione per discutere dell'abolizione della pena di morte;
al di là della sua innocenza o della sua colpevolezza, il caso di una persona che rischia di essere giustiziata con un colpo di pistola alla testa, pratica rimasta invariata dai tempi dell'Unione sovietica, per la Farnesina e Palazzo Chigi potrebbe essere un primo, piccolo ma urgente, banco di prova delle buone relazioni tra Roma e Minsk, del credito che è stato dato a quella che gli interpellanti appare essere l'ultima dittatura d'Europa che promette di voltare pagina e della buona fede di un presidente che dopo quattrocento esecuzioni e una sola grazia, dice di essere pronto a cambiare registro;
la risoluzione per la moratoria approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2007 afferma che «la pena di morte mina la dignità umana» e che «una moratoria sull'uso della pena di morte contribuisce a migliorare
e sviluppare progressivamente i diritti umani»;
in questo senso si è pronunciata lo scorso mese di luglio anche l'Assemblea parlamentare dell'Osce -:
se il Ministro interpellato abbia intrapreso iniziative per scongiurare l'esecuzione di Vasil Yuzepchuk e, considerato che l'Italia è stata promotrice dell'iniziativa per la moratoria universale della pena di morte in vista della sua abolizione, quali azioni il Governo abbia promosso o intenda promuovere affinché la Bielorussia rispetti il contenuto della risoluzione delle Nazioni Unite sopra ricordata.
(2-00517)
«Zamparutti, Soro, Bernardini, Maurizio Turco, Mecacci, Farina Coscioni, Beltrandi».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
ARTURO MARIO LUIGI PARISI, MARAN, BARBI, LA FORGIA e RECCHIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nonostante il 20 agosto 2009 si siano tenute le elezioni in Afghanistan - un importante passaggio verso la stabilizzazione del paese - trascorso un mese e mezzo non si hanno ancora notizie certe sull'esito della contesa elettorale, e soprattutto sull'eventuale ballottaggio tra i primi due candidati, il Presidente uscente Karzai e l'ex Ministro degli esteri Abdullah Abdullah;
sebbene l'affluenza alle urne rappresenti di per sé un fatto positivo soprattutto in considerazione delle minacce esplicite dei taleban verso i potenziali elettori e dell'intensificarsi degli attentati quotidiani nel paese, desta tuttavia viva preoccupazione la persistente incertezza sull'esito della tornata elettorale, aggravata dal susseguirsi di denunce di brogli, in parte riconosciuti anche dalle stesse commissioni incaricate di investigare sulla regolarità delle elezioni presidenziali;
in un'intervista rilasciata ad un inviato del Corriere della Sera, e pubblicata il 5 ottobre 2009, Abdullah Abdullah, concorrente principale del Presidente uscente Karzai, rinnovando la denuncia delle predette irregolarità, ha in particolare affermato che nelle zone controllate dai nostri soldati ci sono stati «brogli giganteschi, non solo a Shindand, nella regione di Farah, nel Badghis, ma persino nel cuore della città di Herat»;
il persistere di questa situazione d'incertezza, aggravato dalle denunce di manipolazioni del processo elettorale da parte del Presidente uscente Karzai, gettano un'ombra preoccupante sul futuro del Paese, che rischia di ritrovarsi con un Presidente eletto esposto a seri rischi di delegittimazione, offuscando così il senso e i meriti della azione della comunità internazionale e nel caso specifico di quella del nostro contingente -:
quali siano le informazioni a disposizione del Governo in merito all'andamento e all'esito delle elezioni afghane in generale e nel nostro ambito di competenza, e se rispondano al vero le denunce di brogli e irregolarità denunciate da Abdullah Abdullah, nonché quali iniziative il Governo ha assunto o intenda assumere su tali fatti, anche alla luce dei prossimi passaggi tecnici e politici del procedimento elettorale.
(5-01974)
VOLONTÈ, CASINI e ADORNATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il primo settembre scorso si è abbattuto sul Burkina Faso un vero e proprio nubifragio che ha colpito soprattutto la capitale, Ouagadougou, letteralmente inondata, e gran parte dell'altopiano Mossi;
l'altopiano Mossi (il Moogo parte centrale del Burkina) riceve generalmente da 800 a 1.000 millimetri di acqua all'anno; le piogge iniziano a fine maggio e terminano solitamente ad ottobre. Con quest'anno, le
piogge sono iniziate soltanto a giugno e le coltivazioni hanno registrato un certo ritardo rispetto agli altri anni;
la pioggia che si è abbattuta il 1o settembre, per circa dodici ore, ha rovesciato sul Paese praticamente 1/3 della quantità annuale di pioggia, ossia 279,3 millimetri d'acqua in poche ore;
la capitale Ouagadougou venne costruita a partire dagli anni 1914-1919 e per edificare diversi edifici amministrativi furono utilizzati mattoni essiccati al sole prodotti scavando in alcuni bassi fondi attorno ad Ouaga. Quei bassifondi, dai quali era stata sottratta la terra per i mattoni, formano oggi come un lago artificiale senza uscita di svuotamento, in cui si riversa tutta l'acqua della capitale, a partire dai canali che attraversano la città, quali il canale di Kadiogo;
l'eccezionale precipitazione ha fatto esondare il lago, riversando l'acqua nei quartieri circostanti, particolarmente quelli di Wiidi, Dapoya e Tangê. Questi sono stati i quartieri più colpiti;
un gran numero di case, costruite in «banco» (terra cotta al sole), non hanno resistito a questa pioggia e all'inondazione che aggrediva le mura delle fragili costruzioni;
si valuta che i sinistrati siano 150.000 di cui 110.000 hanno incominciato ad essere soccorsi. Ma si pensa che il numero di sinistrati sia molto superiore alle cifre qui indicate;
numerosi luoghi di ospitalità, e scuole sono stati adibiti nella città ai primi soccorsi, dove è stato distribuito cibo alle vittime la cui casa è stata distrutta;
fortunatamente, essendo l'inondazione avvenuta praticamente di giorno, le persone colpite hanno potuto lasciare le loro case prima che crollassero, limitando il numero dei decessi, ma in parecchi quartieri inondati si pone il problema delle fogne e si teme il rischio di diffusione di colera e di epidemie -:
quali iniziative intenda adottare al fine di fornire un aiuto e un soccorso in tempi rapidi alle popolazioni colpite da questo evento alluvionale straordinario e se non ritenga di sensibilizzare le istituzioni europee per un grande sforzo di solidarietà in soccorso ai bisogni più urgenti della popolazione del Burkina Faso.
(5-01975)
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la rete diplomatico-consolare rappresenta il punto di contatto tra i cittadini italiani all'estero e lo Stato italiano, per quanto attiene sia alla rappresentanza che ai servizi e alla tutela internazionale;
tale rete è stata più volte sottoposta a riduzioni dei capitoli di bilancio relativi al suo funzionamento, sia nelle ultime finanziarie che nelle manovre aggiuntive e/o di assestamento di bilancio;
ogni ipotesi di riorganizzazione della rete consolare non deve tradursi in chiusura di consolati, o riduzione di personale, o meno diritti per il personale e le soluzioni debbono comunque essere individuate con il metodo della concertazione come chiede anche il SNDMAE, il sindacato cui è iscritta la stragrande maggioranza dei diplomatici italiani;
quest'ultimo, durante l'audizione dello scorso 21 luglio tenuta al Senato, ha ribadito con forza il congelamento della lista di chiusure previste di sedi diplomatiche e consolari avanzata dal Governo in carica;
è stata annunciata la chiusura di un'ulteriore sede diplomatica africana (Lusaka, capitale dello Zambia) mentre nel recente passato sono state già chiuse, sempre in Africa, le ambasciate di Namibia e Madagascar;
tutto ciò mentre c'è più bisogno di rilanciare il ruolo mondiale del nostro Paese; mentre cerchiamo di accreditarci per una nuova candidatura al Consiglio di sicurezza e al Consiglio dei diritti umani;
mentre, proprio durante il recente vertice G8 tenutosi a L'Aquila, è stata ribadita una maggiore attenzione verso il continente africano;
la nostra rete non può essere ridimensionata senza tenere presente l'enorme danno che si produrrebbe in termini di promozione degli interessi economici, della cooperazione allo sviluppo e per la tutela dei diritti umani;
al contrario, avremmo bisogno di aprire nuove sedi diplomatiche, soprattutto in Africa come sta facendo la Spagna, non di chiuderle -:
anche alla luce dell'opportunità che l'Italia non sia l'unico Paese del G8 a non avere una rappresentanza diplomatica in un Paese strategico come lo Zambia, se il Governo intenda prevedere l'integrale ricollocazione delle risorse umane già impiegate nelle sedi all'estero e il congelamento della lista relativa alla prevista chiusura di ulteriori sedi diplomatiche al fine di evitare che la riorganizzazione della rete all'estero si traduca in minori servizi per le imprese e i cittadini italiani.
(5-01976)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'acqua è sempre più cara in Italia e la situazione più drammatica è al Sud, dove si investe di meno e le reti sono un colabrodo. Un dato su tutti: ad Agrigento (città più cara d'Italia con una spesa media annua per famiglia di 445 euro) l'acqua costa 339 euro in più rispetto a Milano (la città meno cara con 106 euro);
i dati allarmanti sono il risultato di una ricerca dell'associazione Cittadinanzattiva che segnala che nel 2008 il costo dell'acqua, l'oro blu, è salito in media del 5,4 per cento rispetto al 2007, che per una famiglia si traduce in una spesa media annua pari a 253 euro;
in netto disaccordo con questi numeri è Federutility, l'associazione delle aziende di pubblica utilità utility, che sostiene, per bocca del direttore generale, Adolfo Spaziani, che le tariffe dell'acqua in Italia sono le più basse d'Europa e invoca la costituzione di un'authority del settore idrico;
secondo Cittadinanzattiva gli aumenti ci sono stati, e pure a due cifre in 15 città: i più consistenti in Campania (+34,3 per cento a Salerno, +31,9 per cento a Benevento) per arrivare in Emilia-Romagna (+21,4 per cento a Parma, +10 per cento a Ravenna) passando per Basilicata (+16,1 per cento a Potenza e Matera), Veneto (+16,3 per cento a Padova e +12,3 per cento a Verona), Lombardia (+15,9 per cento a Lodi, +13,4 per cento a Cremona), Piemonte (+14,5 per cento a Verbania, +12,8 per cento a Novara), Marche (+14,4 per cento, ad Urbino e +11,5 per cento ad Ancona) e Friuli (+12,1 per cento a Gorizia). Tra gennaio 2000 e luglio 2009 l'aumento è stato del 47 per cento. Con ben 7 tra le prime 10 città più care, la Toscana si conferma la regione con le tariffe più alte. Costi più alti della media anche in Puglia, Umbria, Emilia-Romagna, Marche, Basilicata e Sicilia. In positivo, si distinguono Veneto e Liguria, dove a fronte di investimenti alti, le tariffe risultano inferiori alla media nazionale -:
se i dati illustrati in premessa siano corrispondenti ai dati reali ed in tal caso quali iniziative e azioni intenda intraprendere per calmierare le tariffe dell'acqua, bene di prima necessità che non può essere oggetto di speculazioni;
se intenda assumere iniziative normative volte a costituire l'authority del settore idrico anche per assicurare un maggior controllo del mercato di riferimento.
(4-04629)
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dalle associazioni di volontariato laiche e religiose che operano sul territorio della provincia di Vicenza, e dai gruppi missionari parrocchiali veneti di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia, giungono segnalazioni circa il fatto che una rigida e burocratica applicazione delle norme del codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) sta provocando il sostanziale blocco delle tradizionali raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, tra cui ferro e altri materiali ferrosi;
la riduzioni della raccolta del ferro ha gravi ripercussioni, in primo luogo sulla concreta attuazione degli scopi di beneficenza e sull'elevazione dei livelli di raccolta differenziata dei rifiuti;
vanno riconosciuti il valore fondamentale del volontariato quale elemento essenziale della convivenza e della coesione civile e la particolare rilevanza delle tradizionali raccolte benefiche di rifiuti riciclabili realizzate, in molte regioni e località del Paese, dalle parrocchie, dai gruppi missionari, e, più in generale, dalle associazioni di volontariato religiose e laiche;
nella sola parte occidentale della provincia di Vicenza sono state raccolte 900 tonnellate di ferro e materiali ferrosi nel 2008;
il Governo ha dato parere favorevole all'Ordine del Giorno AC 9/2206/31 del 26 febbraio 2009 presentato dall'onorevole Realacci ed altri impegnandosi a dare soluzione alla medesima materia -:
quali azioni intenda intraprendere il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare affinché vengano rimossi tutti gli ostacoli normativi e amministrativi che impediscono od ostacolano il libero esercizio, da parte dalle associazioni di volontariato, delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili e venga data attuazione e promosso, nell'ambito delle attività di gestione del ciclo dei rifiuti, l'affidamento alle associazioni di volontariato delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, in un'ottica di promozione del volontariato e di collaborazione fra i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio, ai sensi e in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 5, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
(4-04630)
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di Valbondione, insieme al Presidente del CAI - sezione di Bergamo, ha espresso in questi giorni, profonda preoccupazione per lo stato in cui versa il territorio della suddetta amministrazione comunale, vessato da una stagione invernale particolarmente critica;
a seguito delle copiose nevicate, occorse nel periodo invernale 2008-2009, tutti i canali valanghivi hanno scaricato a Valle, oltre alla neve, vegetazione e materiale sciolto, che deve essere necessariamente rimosso, al fine di ripristinare il corretto uso di strade e sentieri, che si trovano attualmente interrotti;
inoltre prati e boschi sono invasi da materiale portato a valle, che ha provocato il blocco di infrastrutture molto importanti per la stagione turistica in pieno svolgimento. Il contesto boschivo rischia di subire danni seri anche a causa di sradicamenti e abbattimenti di alberi, che rendono il territorio pericoloso sia per gli abitanti che per i turisti;
in numerosi punti del territorio si sono verificati piccoli e grandi smottamenti, che sono stati pienamente rilevabili soltanto dopo il completo scioglimento della copiosa coltre di neve. Alcuni smottamenti sono stati segnalati ultimamente da turisti, che hanno richiesto un tempestivo intervento anche per la risoluzione di
altre problematiche inerenti all'ambiente circostante il comune di Valbondione -:
se il Ministro intenda inviare presso il comune di Valbondione unità e mezzi della Protezione civile, al fine di rimuovere al più presto il materiale a valle e per il ripristino delle infrastrutture danneggiate;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per la programmazione ed il finanziamento di interventi tesi ad evitare il ripetersi di tali fenomeni, soprattutto relativamente alla realizzazione delle infrastrutture necessarie a garantire la incolumità di residenti e turisti.
(4-04634)
...
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
BOSI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la biblioteca nazionale centrale di Firenze, che riceve per deposito obbligatorio una copia di tutto quanto si pubblica in Italia, necessita ogni anno di due chilometri di scaffalature per collocarvi il materiale bibliografico;
nonostante la realizzazione di un nuovo magazzino librario nel corpo più recente dell'edificio, ogni spazio sarà esaurito entro il 2012;
l'ampliamento successivo è previsto nell'adiacente caserma Curtatone e Montanara, consegnata dal Ministero della difesa all'Istituto sin dal dicembre 2003, ma utilizzabile solo a seguito di una completa ristrutturazione che potrà essere suddivisa in due parti: recupero dell'ala dormitori per la realizzazione del magazzino vero e proprio e restauro dell'ala conventuale ad uso uffici e sale per il pubblico -:
se, valutata l'importanza e l'assoluta indispensabilità di tali opere, non ritenga di destinare, sollecitamente in favore della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, chiamata a svolgere un ruolo indispensabile per le esigenze nazionali e punto di riferimento per i centri culturali di tutto il mondo, le necessarie risorse (previste in circa 25 milioni di euro) per la realizzazione dei lavori richiamati in premessa.
(4-04620)
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DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che Massimo Ciancimino ha dichiarato «ieri sera la mia scorta ha trovato davanti a casa mia due carabinieri del Ros, armati» -:
se risponda al vero che i poliziotti della scorta abbiano identificato due persone armate davanti alla casa di Massimo Ciancimino risultati essere due carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (ROS) dell'Arma dei Carabinieri e quali iniziative siano state prese dagli uomini della scorta;
se risponda al vero che due carabinieri armati appartenenti al Ros siano stati fermati davanti alla casa di Massimo Ciancimino dagli uomini di scorta appartenenti alla Polizia di Stato e, in caso affermativo, per quale ragione si trovassero in quel posto e su ordine di chi.
(4-04642)
MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 67 (Commissione consultiva) del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545 - Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell'articolo 5, primo
comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 - stabilisce che: «1. Il comandante di corpo o di ente, tutte le volte che si trova a dover giudicare una infrazione per la quale sia prevista la sanzione della consegna di rigore, ha l'obbligo di sentire, prima della sua decisione, il parere della commissione prevista dall'articolo 15, comma secondo, della legge di principio sulla disciplina militare. 2. La commissione è nominata dal comandante di corpo ed è presieduta dal più elevato in grado o dal più anziano dei componenti a parità di grado. 3. Qualora presso il corpo o l'ente non esistano, in tutto o in parte, militari del grado prescritto per la costituzione della commissione, il comandante di corpo o di ente richiede al comando o all'ente, immediatamente superiore in via disciplinare, l'indicazione dei citati militari. 4. La commissione deve essere resa edotta delle generalità dell'incolpato e degli addebiti a lui contestati. 5. Nel caso in cui più militari abbiano commesso la stessa mancanza la commissione è unica. 6. Non possono far parte della commissione il superiore che ha rilevato la mancanza e il militare offeso o danneggiato.»;
tre delegati del consiglio di base della rappresentanza militare della Regione carabinieri Lazio nel corso del 2007, hanno inviato al comandante della Regione pro-tempore, generale di divisione Baldassarre Favara, una denuncia-diffida a svolgere azione di vigilanza e di controllo sulle attività di missione dei delegati della rappresentanza militare, in ambito regionale e nazionale, con costi erariali a carico di contribuenti;
in data 25 settembre 2007 i tre delegati della rappresentanza militare hanno inoltrato un quesito in merito ai principi basilari della rappresentanza militare ed alla legittimità/validità della direttiva del Ministro della difesa del 12 marzo 1982, sulla disciplina militare, e sulla procedura per la commissione disciplinare per la sanzione di rigore;
il predetto quesito è stato inoltrato, dai citati militari, per il tramite gerarchico al Ministro della difesa, al capo ufficio legislativo del Ministero della difesa, al capo ufficio della condizione militare S.M.D. 1o reparto del Ministero della difesa;
risulta all'interrogante che in data 8 febbraio 2008, lo Stato Maggiore della Difesa I Reparto - personale ufficio condizione militare con missiva n. 117/1/306/252-V ha dichiarato che i quesiti proposti dai militari, delegati Cobar, non sono mai pervenuti ai destinatari;
in risposta all'atto di diffida, i militari sono stati sottoposti ad un procedimento disciplinare e, in data 30 ottobre 2007, venne costituita una commissione, ex articolo 69 del R.D.M., costituita dal maggiore Antonino Buda, dal capitano Fabrizio Cassatela e dall'appuntato scelto Antonio Forleo, in relazione al procedimento disciplinare promosso dal Comandante della regione carabinieri Lazio pro-tempore, per l'accertamento della responsabilità disciplinare dei latori della diffida;
risulta all'interrogante che il tenente colonnello Angelo Cuneo, capo ufficio del personale del Comando regione carabinieri Lazio pro-tempore, pur non essendo membro della predetta commissione disciplinare, ha comunque partecipato a tutti i lavori della predetta Commissione, formulando domande, esprimendo giudizi ed infine sottoscrivendo il relativo verbale nello spazio contrassegnato dalla dicitura «i membri della commissione»;
l'articolo 66, comma 9, del Regolamento di disciplina militare decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986) e l'articolo 15 della legge n. 382 del 1978 non consentono la presenza e l'intervento - a qualsiasi titolo - di altro qualsiasi altro militare al di fuori dei tre componenti designati quali membri della Commissione disciplinare (due di grado superiore ed uno di pari grado del militare incolpato);
il COIR del Comando unità mobile e specializzate carabinieri «Palidoro» con delibera n. 242 del 26 settembre 2008,
votata ad unanimità, chiedeva l'accertamento dei fatti e l'intervento del Ministro della difesa, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, del CoCeR Interforze;
il Cobar Lazio con verbale n. 137 del 127 ottobre 2008, chiedeva «... al comitato di presidenza di informare immediatamente il C.U.B. sui contenuti specifici della delibera n. 242 in cui potrebbero configurarsi figure di reato»;
all'interrogante appare sconcertante, o perlomeno strano, che i militari di grado elevato appartenenti ad un'istituzione dello Stato che deve sempre distinguersi per il rispetto della legalità e dei diritti costituzionali - di cui devono godere anche i cittadini militari -, abbiano assunto comportamenti difformi dalle previsioni regolamentari e di legge, ledendo irrimediabilmente ogni principio del giusto procedimento, del diritto di difesa degli incolpati -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e quali siano gli immediati provvedimenti che intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti di coloro che si sono resi responsabili delle condotte evidenziate e, in particolare, quali siano state le ragioni che hanno consentito al tenente colonnello Cuneo di partecipare allo svolgimento del procedimento disciplinare a carico dei delegati Cobar;
se il tenente colonnello Cuneo abbia preso parte ad altri procedimenti disciplinari a carico di altri militari, pur non facendo egli stesso parte della commissione prevista dall'articolo 67 citato in premessa;
se il predetto tenente colonnello Cuneo ricopra ancora oggi l'incarico di capo ufficio del personale del Comando legione carabinieri Lazio e, in caso affermativo, se non ritenga opportuno disporne l'immediata rimozione dalla mansioni e dagli incarichi attinenti il Governo e la disciplina del personale militare dipendente dal Comando di legione;
se la direttiva del Ministro della difesa del 12 marzo 1982, sulla disciplina militare, e sulla procedura per la commissione disciplinare per la sanzione di rigore sia ancora valida;
se il Ministro interrogato non ritenga di accertare quali provvedimenti siano stati adottati dal Comandante della Regione carabinieri Lazio pro-tempore in relazione i fatti segnalati dai tre militari in premessa e quali gli immediati provvedimenti, anche disciplinari, abbia inteso adottare nei confronti dei responsabili.
(4-04643)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
CONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) prevede che le regioni le quali si sono avvalse, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 460 del 1997, della possibilità di esentare le ONLUS dall'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), possono estendere tale regime di esenzione anche alle aziende pubbliche per i servizi alla persona (ASP) che siano succedute alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB);
alcune regioni, tra le quali, ad esempio, la regione Friuli-Venezia Giulia, hanno utilizzato tale possibilità, stabilendo l'esenzione dall'IRAP per le ASP succedute alle IPAB;
sono insorti diversi dubbi interpretativi circa l'ambito di applicazione di tale agevolazione fiscale, in particolare non è chiaro se essa si applichi anche alle ASP di nuova costituzione, e non solo a quelle che derivino dal riordino delle IPAB;
in tale ambito, a seguito di un interpello in materia proposto dalla già citata regione Friuli-Venezia Giulia, l'Agenzia delle entrate ha sostenuto che la predetta agevolazione spetterebbe alle sole ASP derivanti dal riordino e trasformazione delle IPAB;
tale linea interpretativa assunta dall'Amministrazione finanziaria determinerebbe, se confermata, un'evidente disparità di trattamento tra soggetti aventi la stessa natura giuridica e svolgenti le medesime funzioni socio-assistenziali e sanitarie di rilievo pubblicistico, senza alcuna valida giustificazione di ordine logico;
inoltre, la tesi restrittiva dell'Agenzia delle entrate comporta l'effetto di aggravare gli oneri tributari gravanti su alcune ASP, le quali, conseguentemente, si vedono costrette a ridurre i propri servizi, ovvero a incrementare la retta chiesta ai fruitori dei medesimi servizi;
tale ultimo aspetto costituisce un ulteriore elemento di illegittima disparità di trattamento, in quanto gli ospiti o destinatari dei servizi delle ASP che non godono della predetta agevolazione potrebbero per tale motivo fruire di un trattamento deteriore rispetto a coloro che si avvalgano invece dei servizi di quelle ASP che possono avvalersi del beneficio dell'esenzione IRAP;
le ASP costituiscono un elemento fondamentale del sistema integrato di interventi e servizi sociali delineato dalla legge n. 328 del 2000, ed appare pertanto del tutto incongruo frapporre ostacoli di natura tributaria alla loro operatività, considerato anche che gli oneri derivanti dall'applicazione a tutte le ASP dell'agevolazione in materia di IRAP risulterebbero sostanzialmente irrilevanti, e che gli effetti di minor gettito attesi dall'attuazione dell'articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005 sono stati trascurabili e che il numero di ASP di nuova costituzione risulta molto limitato -:
quali iniziative intenda assumere per eliminare le incertezze normative sulla questione, auspicabilmente chiarendo che l'esenzione dall'IRAP prevista dall'articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005 è applicabile a tutte le ASP, indipendentemente dal fatto che esse siano state costituite ex novo ovvero derivino dalla trasformazione di IPAB.
(5-01970)
FLUVI, CARELLA, CAUSI, CECCUZZI, CESARIO, D'ANTONI, DE MICHELI, FOGLIARDI, GASBARRA, GRAZIANO, LOSACCO, MARCHIGNOLI, PIZZETTI, SPOSETTI e STRIZZOLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il pagamento dell'imposta straordinaria, di cui all'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, viene inibita l'attività di accertamento tributario e contributivo nei confronti di persone fisiche, e altri soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che, anteriormente al 31 dicembre 2008, hanno esportato o detenuto all'estero capitali e attività in violazione dei vincoli valutari e degli obblighi tributari sanciti dalle disposizioni sul cosiddetto «monitoraggio fiscale»;
come affermato dalla circolare dell'Agenzia delle entrate n. 43 del 10 ottobre 2009:
a) gli accertamenti sono preclusi anche con riferimento a tributi diversi dalle imposte sui redditi, sempreché si tratti di accertamenti relativi ad «imponibili» che siano riferibili alle attività oggetto di emersione;
b) la preclusione opera automaticamente, senza necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme o alle attività costituite all'estero oggetto di rimpatrio. Conseguentemente, l'effetto preclusivo dell'accertamento può
essere opposto, ad esempio, in presenza di contestazioni basate su ricavi e compensi occultati;
c) l'effetto preclusivo dell'accertamento può altresì essere opposto anche nei confronti di accertamenti di tipo «sintetico», come nell'ipotesi di contestazione di un maggior reddito complessivo riferibile anche astrattamente alle attività oggetto di emersione;
la preclusione dell'accertamento opera, quindi, anche nei confronti dell'imposta sul valore aggiunto laddove si evidenziano «astratti collegamenti» tra operazioni non fatturate, anche sotto il profilo IVA, e le attività detenute all'estero in violazione degli obblighi di monitoraggio;
la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee C-132/06 del 17 luglio 2008, ha sancito che una rinuncia generale ed indiscriminata all'accertamento di operazioni imponibili in materia di IVA è incompatibile con il diritto comunitario laddove sancisce l'obbligo di armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra di affari (IVA) degli stati membri. Detta rinuncia viola due cardini dell'ordinamento comunitario: la neutralità fiscale e la parità di trattamento;
ove questo fosse il caso, una norma in contrasto con il diritto comunitario potrebbe comportare:
a) un procedimento di infrazione riguardante gli eventuali danni causati dall'Italia in tema di risorse proprie dell'Unione europea;
b) la disapplicazione giudiziaria, a prescindere da specifiche deduzioni di parte, della norma (si veda Cassazione, sentenze n. 20068 e n. 20069 del 2009) -:
se la preclusione delle attività di accertamento ai fini tributari e contributivi operante «anche con riferimento a tributi diversi dalle imposte sui redditi, sempreché si tratti di accertamenti relativi ad "imponibili" che siano riferibili alle attività oggetto di emersione», violi il diritto comunitario che tutela il principio della libera concorrenza precludendo la normale attività di accertamento ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
(5-01971)
FUGATTI e NEGRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 238 del 24 luglio 2009, ha confermato la legittimità dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che assegna alle Commissioni tributarie la giurisdizione sulle controversie riguardanti la tariffa del servizio di igiene ambientale (TIA);
con la medesima sentenza, la Corte ha riconosciuto la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale con le seguenti motivazioni: a) obbligo della prestazione e collegamento con una spesa di natura pubblica; b) il termine «tariffa», in questo caso, è da considerarsi neutro e non configura, di per sé, la tributarietà o meno del prelievo; c) TARSU e TIA hanno la medesima genesi autoritativa ed il fatto generatore dell'obbligo di pagamento è legato non all'effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e all'effettiva fruizione del servizio di smaltimento, ma esclusivamente all'utilizzazione di superfici potenzialmente idonee a produrre rifiuti ed alla potenziale fruibilità del servizio di smaltimento; d) in ogni caso il soggetto attivo del prelievo è il comune, anche nel caso in cui l'accertamento e la riscossione siano affidati a terzi; e) non esiste nesso diretto tra servizio reso e TIA;
alla TIA non è applicabile l'IVA, per mancanza di tutti i presupposti oggettivi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
a fronte della citata sentenza della Corte costituzionale, devono, essere il legislatore o l'Esecutivo a rendere concretamente applicabili i concetti espressi dalla Corte;
la citata sentenza ha generato confusione tra i comuni e tra le aziende che erogano il servizio e che procedono all'accertamento e alla riscossione della TIA, obbligate, in mancanza di un'idonea normativa, a continuare ad applicare l'IVA sulle bollette TIA, e pressate dalle istanze dei singoli cittadini e delle associazioni dei consumatori, che vorrebbero vedere immediatamente applicata la sentenza della Corte costituzionale;
ormai sono trascorsi tre mesi dall'emanazione della sentenza ed i comuni stanno lavorando alla predisposizione dei bilanci preventivi 2010 -:
quali iniziative normative intenda assumere il Governo e in quali tempi per dare concreta attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 24 luglio 2009, in modo da dare giusta tutela agli interessi dei cittadini e ai bilanci delle amministrazioni comunali.
(5-01972)
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il «Primo rapporto sul sistema della fiscalità del settore dei servizi innovativi e tecnologici» denuncia una radicale inadeguatezza del gettito fiscale riguardante le imprese del settore SIT. L'ambito di indagine ha sottolineato come il carico fiscale reale, sia eccessivamente gravoso, soprattutto rispetto alla media degli altri Paesi europei e che il grado di complessità dell'ordinamento tributario, congiuntamente alla scarsa collaborazione esistente tra il fisco ed i contribuenti, rende troppo costosa ed incerta la gestione dei rapporti con l'Amministrazione finanziaria. Il legislatore, in luogo di favorire la strada della semplificazione, ha ampliato gli oneri strumentali connessi al prelievo ed il conseguente rischio derivante dalla possibilità di incorrere in errori sanzionabili da parte del fisco;
il fenomeno dell'evasione fiscale esistente in Italia, continua ad essere superiore rispetto alla media degli altri Paesi europei, il che favorisce la percezione di una situazione di disuguaglianza fiscale non giustificabile. Gli interventi, posti in essere sino ad ora dall'amministrazione finanziaria per contrastare tale fenomeno, hanno difficoltà a produrre gli effetti sperati, con la conseguenza che il prelievo grava sempre di più su chi correttamente adempie all'obbligo tributario e sempre meno su chi non lo rispetta;
l'eccessività del carico fiscale italiano si evince anche da un'analisi condotta da PriceWaterHouseCoopers nell'ambito del rapporto «Paying Taxes 2009 The global picture», dal quale deriva che il livello di prelievo tributario in Italia è tra i più elevati registrati in Europa e anche nel mondo. Il risultato attesta che la gravosità del carico fiscale reale è conseguenza dei criteri di determinazione della base imponibile sulla quale incidono le componenti reddituali in tutto o in parte indeducibili. Il carico fiscale reale, come rilevato dalla «fotografia» del settore e, come emerge anche dal rapporto PWHC è percepito come non più sostenibile, tanto che, in merito al «bisogno fiscale», preso in esame dal «Rapporto», sono esclusivamente proponibili soluzioni, volte alla razionalizzazione del prelievo all'interno della base imponibile, che consentano la detassazione di alcune componenti reddituali rispetto ad altre, nel quadro di una stabilità del prelievo, e quindi di una sostanziale invarianza di gettito, condizione che, comunque, costituisce una delle premesse del presente lavoro;
il decreto legislativo n. 32 del 2001, ed ancor prima lo Statuto dei contribuente, affermano un principio assoluto: «laddove il comportamento non determini alcun danno per l'erario la sanzione amministrativa tributaria non deve essere irrogata». Tuttavia si assiste a molteplici violazioni di tale principi da parte dell'amministrazione finanziaria. Un'apertura in favore della immediata applicazione di tale regola, si registra esaminando gli
orientamenti espressi in «subjecta materia» della Corte di cassazione;
la Suprema Corte si dichiara decisamente a favore della rilevanza delle disposizioni dello statuto, confermando, quindi, l'elezione dei principi in esso contenuti alla stregua di quelli generali dell'ordinamento giuridico tributario e ignorando il formale depotenziamento che essi subiscono nella gerarchia delle fonti, essendo ad essi stata attribuita valenza di legge ordinaria, quindi modificabile o derogabile da leggi successive. Ne deriva che, una obiettiva e corretta applicazione delle disposizioni tributarie, non dovrebbe prescindere dai principi contemplati nello Statuto del contribuente, elaborati nell'ottica delle garanzie costituzionali sancite dagli articoli 3, 53, e 97 della Costituzione;
la soluzione proposta è quella di intervenire direttamente nelle singole formulazioni normative sanzionatorie per impedire che l'amministrazione possa derogare immotivatamente alle prescrizioni discendenti dallo Statuto del contribuente. Inoltre si ipotizza anche l'elaborazione di un «codice tributario unificato». Nell'ambito del «codice tributario unificato» dovranno essere raccolte tutte le disposizioni tributarie (sostanziali, procedimentali, processuali e sanzionatorie) vigenti nel sistema; al contempo, tutte le disposizioni tributarie non confluite nell'ambito del menzionato codice dovranno essere abrogate. Tale proposta nasce da un'indagine di ordine comparatistico, che si riferisce alla grande opera di codificazione tributaria portata a compimento in Germania nel 1919, e che, con due revisioni (nel 1934 e nel 1977) regge tuttora il sistema tedesco e rappresenta la «madre» di tutte le codificazioni tributaria attuate in Europa e in America Latina -:
quali interventi il Ministro intenda intraprendere per attuare le soluzioni sottolineate dal «Rapporto sul sistema della fiscalità del settore dei servizi innovativi e tecnologici», in merito alla realizzazione di un gettito fiscale più equo per le imprese dei settore SIT.
(4-04633)
FRASSINETTI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 23 gennaio 2006 veniva indetta dall'Ufficio regionale dei monopoli di Stato della Lombardia un'asta pubblica per l'assegnazione di una rivendita ordinaria di nuova istituzione di generi di monopolio in via Balicco a Lecco;
la predetta asta è andata deserta;
in data 21 luglio 2008 la signora V.G., residente in Milano, in riferimento all'esito dell'asta pubblica, inoltrava richiesta all'Ufficio regionale dei Monopoli di Stato di Milano, sito in via San Marco al civico 32, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, per ottenere l'assegnazione della rivendita in argomento mediante trattativa privata in base alla legge 23 luglio 1980, n. 384, articolo 1, primo comma, comma (b), impegnandosi nel contempo a corrispondere all'Amministrazione dei monopoli, in un'unica soluzione, una somma di denaro nella misura stabilita da apposita commissione;
non avendo avuto riscontro alcuno a tale richiesta, in data 11 maggio 2009 la signora V.G. inviava al direttore dell'ufficio regionale dei monopoli di Stato della Lombardia una lettera raccomandata a.r., allegando la precedente del 21 luglio 2008, con la quale reiterava la richiesta di «assegnazione rivendita ordinaria, di nuova istituzione, di generi di monopolio nella città di Lecco»;
a tutt'oggi, anche quest'ultima è in attesa di riscontro;
tale incomprensibile comportamento, oltre a danneggiarne l'immagine, ha procurato un mancato introito nelle casse dell'amministrazione dei monopoli di Stato -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato nei confronti dei Monopoli di Stato perché sia rispettato quanto stabilito per legge ed affinché non si ripetano altre situazioni
analoghe, lesive, tra l'altro, degli interessi della stessa amministrazione dei Monopoli di Stato.
(4-04639)
...
GIUSTIZIA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la vicenda della Scuola di magistratura sta creando, nella città di Catanzaro ed in Calabria, una situazione di forte tensione che va ad aumentare sempre di più e che desta seria preoccupazione;
come è noto, Catanzaro era stata scelta, in ottemperanza alla legge 25 luglio 2005, n. 150, recante la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, come sede della Scuola di magistratura, attraverso un decreto, dell'allora Ministro Castelli, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, Tremonti, in data 27 aprile 2006;
tale decreto interministeriale fu poi modificato il 30 novembre 2006, con un altro decreto del Ministro Mastella, che sostituì la sede di Catanzaro con Benevento e la sede di Latina con Firenze;
al di là di ogni considerazione di opportunità, a parte il sospetto di voler privilegiare interessi particolari, risulta evidente, ad avviso degli interpellanti, la violazione dello spirito della prima norma cui si è fatto riferimento e quindi, della volontà del legislatore che era stata pienamente rispettata attraverso opportune valutazioni del Ministro Castelli;
la giustificazione data, a suo tempo, dal Ministro Mastella, circa l'assenza di disponibilità di immobili idonei ad accogliere la Scuola di magistratura a Catanzaro, è risultata non fondata su presupposti oggettivi e, per alcuni versi, speciosa, come si evince da una serie di atti portati avanti dallo stesso comune di Catanzaro;
il TAR del Lazio con sentenza n. 3087 del 2009, ha deciso il ripristino dell'originario decreto Tremonti-Castelli, restituendo quindi la Scuola di magistratura a Catanzaro;
attualmente, si è in attesa dell'esito del giudizio innanzi al Consiglio di Stato cui la provincia e il comune di Benevento si sono appellati;
il Ministro della giustizia può, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, senza dover apportare modifiche alla legge 30 luglio 2007, n. 111, in forza dell'articolo 3 della stessa, emettere un nuovo decreto ministeriale in cui individua le tre sedi della Scuola, specificando i territori regionali a cui ogni sede afferisce ed includendo nuovamente Catanzaro per il distretto meridionale -:
quali iniziative il Governo intenda definitivamente assumere, affinché lo spirito del decreto ministeriale adottato dall'allora Ministro Castelli venga rispettato con un atto di giustizia che può certamente precedere il responso del Consiglio di Stato.
(2-00518)«Tassone, Vietti».
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Tirreno del 15 ottobre 2009 è apparso l'articolo intitolato: «CISL; manca personale, nessuna attività per i detenuti», nel quale si legge che la polizia penitenziaria di Grosseto ha stabilito di rinunciare alla mensa per protestare contro il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria dopo che questi ha deciso di sottrarre un'altra unità all'organico della locale polizia penitenziaria, che peraltro già prima di questa decisione era ridotto ai minimi termini,
ciò al fine di rafforzare il personale in forza presso l'istituto di pena di San Gimignano;
nell'articolo sopra richiamato, il segretario provinciale della Federazione sicurezza della CISL, dottor Pierangelo Campolattano, ha dichiarato quanto segue: «abbiamo lamentato in varie occasioni una grave carenza di personale e di organico della penitenziaria nella struttura di Grosseto: siamo in 27, e secondo la tabella ministeriale, che noi abbiamo sempre contestato, dovremmo essere 32. Il personale che è preposto direttamente alla vigilanza nei reparti dove sono i detenuti è di appena una quindicina di unità, ma da questi vanno tolti il personale in ferie, quello in malattia e riposi e adesso ci chiedono di spostare, a rotazione, un'unità in supporto al personale di San Gimignano, dove sono addirittura il 40 per cento in meno»;
lo stesso direttore del carcere di Grosseto ha manifestato al provveditorato regionale la sua contrarietà al predetto trasferimento atteso che, in una situazione in cui i turni di notte vengono fatti da due agenti soltanto, la decisione presa dall'amministrazione penitenziaria regionale rischia seriamente di mettere ancora più in crisi l'istituto di pena toscano, con pericoli concreti sia per il personale che per gli stessi detenuti;
la decisione del provveditorato regionale si cala in una realtà già difficile a causa del fatto che la struttura carceraria in questione è di per sé fatiscente e carente di sistemi di allarme capaci di sopperire alle carenze anche di una sola unità; la grave carenza di personale, unita alla mancanza di spazi, incide negativamente sulla qualità dei trattamento riservato ai detenuti, se è vero, come è vero, che allo stato non vi è alcuna possibilità di avviare, all'interno del carcere di Grosseto, alcun tipo di attività rieducativa in vista di un possibile reinserimento delle persone ivi ristrette -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per dare immediate risposte al personale della Polizia penitenziaria di Grosseto assicurando un potenziamento del loro organico e maggiori investimenti in modo da rafforzare gli standard di sicurezza nonché la qualità del servizio e del trattamento rieducativo all'interno del locale istituto di pena.
(4-04618)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Manifesto del 22 settembre 2009, nell'articolo firmato da Adriana Pollice, informa che a Secondigliano il detenuto Carmine Izzo, di anni 36, rifiuta il cibo da ben 18 mesi, al punto che il medesimo, alto un metro e ottanta, è arrivato a pesare appena 28 chili;
Carmine Izzo ha una condanna a trent'anni di reclusione per omicidio, condanna non ancora definitiva essendo ancora in corso il giudizio di appello;
secondo quanto dichiarato alla giornalista de Il Manifesto dal consigliere regionale di Rifondazione Comunista, Alessandro Fucito, «le condizioni (di Izzo) sono così critiche che non è possibile avvicinarlo. Il primario, però, ha confermato che la situazione è gravissima». Nello stesso articolo si legge: «lunedì il Tribunale del Riesame di Salerno dovrebbe pronunciarsi sul suo trasferimento in una struttura in grado di curarlo». Una decisione, temo, che arriverebbe giusto in tempo per affidarlo alla famiglia nei suoi ultimi momenti di vita» commenta il difensore Vittorio Trupiano;
l'avvocato Vittorio Trupiano, difensore del detenuto, sostiene che il signor Izzo «già alla prima notifica della pena si cosparse di benzina per darsi fuoco. Fin da allora apparve chiaro che il mio cliente ha una personalità autodistruttiva, non mangia perché vuole lasciarsi morire. Ha
bisogno di un sostegno psicologico e invece lo prendono in giro, lo chiamano il conte di Montecristo»;
il consulente del Tribunale del Riesame di Salerno, dottor Ruggiero Falivene, già il 16 giugno 2009 attestava la necessità «del trasferimento (del signor Izzo) per un periodo medio-lungo presso struttura assistenziale extra-carceraria ove sia possibile vuoi assistenza specialistica psichiatrica continuativa vuoi intervento continuativo di un servizio nutrizionale specializzato», con ciò ipotizzando che una nuova detenzione rischierebbe di portare ad «un ulteriore graduale peggioramento» delle condizioni di salute del detenuto;
nonostante il signor Carmine Izzo sia già stato ricoverato per otto mesi presso la struttura privata Villa Quiete senza tentare di evadere, per il giudice della cautela vi sarebbe il concreto rischio di fuga del detenuto, e così a ogni suo nuovo ricovero in rianimazione segue una nuova incarcerazione;
attualmente il signor Izzo è ricoverato in terapia intensiva al Policlinico e, sempre secondo quanto riportato dall'articolo del Manifesto, nel tentativo di infilargli l'ennesima sonda per alimentarlo, questa volta attraverso la giugulare, pare gli sia stato perforato un polmone -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
in che modo, dal momento in cui ha cominciato a rifiutare cibo e acqua, Carmine Izzo sia stato seguito dai sanitari dal punto di vista fisico e psicologico;
se, con l'aggravarsi delle condizioni fisiche, al detenuto sia stato prestato tutto il soccorso necessario;
quali iniziative i Ministri interrogati, negli ambiti di rispettiva competenza, intendano adottare affinché sia garantito il rispetto dei diritti inviolabili dell'individuo considerando la gravità delle condizioni di salute del detenuto.
(4-04623)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Centro del 30 settembre 2009 riporta che la mattina del 29 settembre 2009 Datele Salvatori di anni 26, originario di Cattolica, ma residente a Benevento, internato presso il carcere di Sulmona, è morto poco dopo il suo ricovero in ospedale;
il giovane si è sentito male a metà mattina, cadendo al suolo, senza più riprendersi, davanti agli altri detenuti della sezione internati dell'istituto di pena abruzzese, forse a causa di una overdose di cocaina e di oppiacei come evidenziato dalla guardia medica del carcere corsa sul posto per prestare i primi aiuti al detenuto;
trasportato al pronto soccorso, il detenuto è stato subito trasferito nel reparto di rianimazione, dove i medici gli hanno praticato, purtroppo senza esito, la terapia d'urgenza prevista in questi casi per contrastare l'effetto degli oppiacei;
il giovane, arrestato nel 2006 dai carabinieri di Benevento con l'accusa di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti in quanto sorpreso mentre rientrava in casa con alcuni grammi di eroina, era tornato nel carcere di Sulmona la domenica precedente il suo decesso, dopo una vacanza premio trascorsa nel beneventano dove risiede la sua famiglia;
sulla vicenda il Procuratore della Repubblica di Sulmona, Federico De Siervo, ha aperto una inchiesta per stabilire le cause del decesso e, soprattutto, eventuali responsabilità da parte degli agenti di polizia penitenziaria addetti ai controlli; l'obiettivo è quello di ricostruire l'intera vicenda, compresi i passaggi che ci sarebbero stati dal momento in cui Salvatori è rientrato in carcere fino a quando è finito in overdose, per verificare se il detenuto fosse rientrato in cella dalla vacanza premio portando con sé le sostanze stupefacenti che avrebbe poi ingerito il mattino seguente;
l'indagine necroscopica sul corpo di Daniele Salvatori è stata eseguita dal dottor Ildo Polidoro, consulente tecnico incaricato dalla Procura della Repubblica di Sulmona, il quale si è riservato, entro 60 giorni, di refertare le cause del decesso, dopo aver prelevato campioni di tessuto, nonché organi e liquidi biologici necessari all'esame tossicologico;
sono sempre più numerosi i detenuti che muoiono in carcere e spesso la morte è dovuta o comunque collegata all'uso di droghe; a giudizio dell'interrogante, ciò dipende anche dal fatto che le misure restrittive per le persone tossicodipendenti se non accompagnate da una pratica di riduzione del danno e di sostegno psicologico costituiscono una risposta inutile e dannosa -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali siano stati i motivi che hanno cagionato l'improvviso decesso del detenuto Daniele Salvatori e se gli stessi siano riconducibili all'assunzione di droghe;
se ed in che misura il signor Salvatori sia stato sottoposto nel carcere di Sulmona ad un adeguato trattamento di carattere sia farmacologico che psicologico;
se sia stata avviata un'inchiesta amministrativa interna al fine di accertare eventuali responsabilità del direttore del carcere di Sulmona e degli agenti penitenziari rispetto a tale episodio;
se, a fronte del numero crescente di morti dovute o comunque collegate all'uso di droghe da parte dei detenuti, il Ministro interrogato intenda intervenire e con quali iniziative.
(4-04624)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che l'Istituto minorile di Casal del Marmo versa in stato di persistente abbandono e degrado ambientale;
da quanto si apprende l'edificio è fatiscente e carente di spazi: mancherebbero aule di studio, laboratori, luoghi di ritrovo tali da permettere ai giovani detenuti condizioni di vita migliori;
in particolare, da oltre un anno, la «palazzina delle attività» del predetto Istituto di pena è chiusa e, nonostante le assicurazioni sulla necessità e rapidità dei lavori, questi vanno a rilento, con grave danno per i ragazzi dell'Istituto che non hanno più aule scolastiche e spazi per i colloqui con educatori e psicologi;
a tal proposito il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, avvocato Angiolo Marroni, ha inviato una lettera urgente al Capo del dipartimento della giustizia minorile, dottor Bruno Brattoli, nella quale viene appunto denunciato che, con la ripresa dell'anno scolastico, la struttura è ancora chiusa e che solo una piccola parte dei lavori è stata effettuata;
nell'istituto di pena minorile romano, a parte i lavori nei bagni, già completati, ed il rifacimento dell'impianto elettrico, per il quale la direzione del carcere ha già effettuato la relativa gara d'appalto, tutti i lavori di ristrutturazione previsti sono ancora fermi;
nel comunicato stampa del 23 settembre 2009 il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, avvocato Angiolo Marroni, sostiene quanto segue: «Il disagio legato alla carenza di spazi adeguati al trattamento crea disagio non solo nei giovani ospiti di Casal del Marmo, ma anche fra il personale civile deputato alle attività di trattamento come psicologi ed educatori, che si trovano a svolgere il loro lavoro in spazi inadeguati. Una carenza grave in un carcere minorile, dove la differenziazione degli spazi ed il rispetto delle regole e degli orari è parte fondamentale del processo di rieducazione. Per questo non è ammissibile che lo spazio riservato a tali attività e al trattamento, anima e sostanza di questo tipo di strutture, sia chiuso ed inaccessibile» -:
se quanto illustrato in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative il Ministro, secondo le proprie competenze, intenda porre in essere per una generale riqualificazione degli Istituti carcerari minorili, in particolare sotto il profilo che concerne i programmi ed i servizi riabilitativi.
(4-04625)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche riportano che il 27 settembre 2009 l'Assistente capo della forza di Polizia penitenziaria, Antonio Bamunto, di anni 38, in servizio presso l'istituto penitenziario di Monza, si è suicidato sparandosi con la sua pistola d'ordinanza;
Antonio Bamunto alloggiava in una struttura esterna alla casa circondariale monzese dove attualmente risultano reclusi circa 850 detenuti, con un personale carcerario pari a 300 unità, di cui solo 80 adibiti ai turni di guardia, e tra questi vi era proprio il 38enne suicida;
secondo le prime indiscrezioni il motivo del tragico gesto compiuto da Antonio Bamunto sarebbe riconducibile alla stato di forte stress e delusione che quest'ultimo avvertiva da un po' di tempo, visto e considerato che l'assistente capo, pur avendo chiesto da mesi il trasferimento a Matera, suo luogo di origine, era stato assegnato presso il carcere Capanne di Perugia;
il fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti al corpo della Polizia penitenziaria sta assumendo contorni davvero preoccupanti se è vero, come è vero, che in nemmeno due anni ben 13 baschi azzurri si sono tolti la vita;
appare istintivo collegare, direttamente o indirettamente, questi episodi alle difficilissime condizioni di lavoro ed ambientali che la polizia penitenziaria sconta all'interno degli istituti di pena;
le condizioni di lavoro dei personale di polizia penitenziaria sono assolutamente inadeguate e fuori da ogni previsione contrattuale, gli operatori penitenziari risultano infatti quasi sempre gravati da carichi di lavoro insopportabili (e mai retribuiti) a causa dei fatto che il relativo contingente assegnato nei 207 istituti di pena sparsi sul territorio italiano risulta tuttora fortemente sottodimensionato rispetto a quanto previsto sia dalla pianta organica (predisposta ormai più di 10 anni fa dal Ministero della giustizia), sia dalle esigenze di una popolazione carceraria che ha ormai sfiorato quota 65.000 detenuti;
lo stesso Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, dopo la tragica escalation dei suicidi registratasi nel 2008 (10 casi in pochi mesi), ha accertato che i suicidi degli appartenenti alla Polizia penitenziaria, sebbene verosimilmente indotti dalle ragioni più varie e strettamente personali, sono, in taluni casi, riconducibili a gravi disagi derivanti da un lavoro svolto in condizioni sempre più difficili e cariche di tensioni;
non più tardi di qualche mese fa l'Amministrazione penitenziaria ebbe modo di assicurare i sindacati che non avrebbe mancato di prestare particolare attenzione al tragico problema dei suicidi delle guardie carcerarie, in particolare attraverso la verifica delle condizioni di disagio del personale e l'eventuale istituzione dei centri di ascolto in grado di fornire un buon supporto psicologico agli operatori della polizia penitenziaria, garantendo, nel contempo, la massima privacy a coloro i quali avrebbero inteso avvalersene;
a giudizio dell'interrogante le condizioni di vita e di lavoro della polizia penitenziaria hanno raggiunto livelli di insostenibilità così elevati da sfuggire a qualsiasi controllo e da giustificare gesti insani ed anticonservativi;
a tutt'oggi non si è ancora avuta alcun tipo di assicurazione su quanti siano e dove risultino attivati i predetti centri di
ascolto che pure il dap aveva promesso di istituire -:
se ritenga esservi connessione diretta o indiretta del tragico gesto compiuto dall'Assistente capo Bamunto con le condizioni ambientali e lavorative in cui opera la polizia penitenziaria;
se il Ministro non ritenga urgente avviare un'indagine sui suicidi che avvengono tra gli operatori della polizia penitenziaria per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi;
se non ritenga urgente, anche alla luce di questo nuovo drammatico episodio che ha coinvolto un appartenente al corpo della Polizia penitenziaria, provvedere alla immediata istituzione di un numero adeguato di centri di ascolto capaci di fornire un sufficiente grado di assistenza e supporto psicologico a tutti quegli agenti penitenziari che mostrano di averne bisogno.
(4-04627)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in una nota dell'agenzia ANSA del 28 settembre 2009, i sindacati della polizia penitenziaria hanno denunciato che nel carcere di Forlì la direzione non possiede nemmeno le brande per far dormire i cosiddetti «nuovi giunti»;
nell'istituto di pena friulano si è raggiunto il tasso di sovraffollamento più alto degli ultimi 25 anni: in esso infatti sono attualmente presenti 262 detenuti a fronte di una capienza di 183 posti disponibili;
a causa dell'elevato numero i detenuti si vedono costretti a scontare il proprio periodo di detenzione in una situazione di evidente mancanza di dignità, oltre che di degrado e di denigrazione delle condizioni minime di vivibilità;
per protestare contro la predetta situazione, la metà degli agenti della polizia penitenziaria, nel gennaio 2009, ha chiesto di andare a lavorare in altri istituti; solo a quel punto è intervenuto il Provveditore regionale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria assicurando un minimo di garanzie ovvero che nessun accesso di detenuti sarebbe più avvenuto durante i turni notturni e che si sarebbe subito provveduto alla disinfestazione dei locali nonché all'accensione del riscaldamento;
ciononostante pressoché tutte le sigle sindacali sono concordi nel ritenere che nel carcere di Forlì, nella situazione data, sia divenuto praticamente impossibile continuare a lavorare atteso che i detenuti, pigiati come sardine e costretti a dormire per terra, hanno ormai i nervi a fior di pelle e che quindi bastano piccole inezie per far scoppiare liti, proteste e reazioni spropositate;
nell'istituto di pena friulano il rapporto tra detenuti e poliziotti dovrebbe essere di uno a uno, ma in pratica è ormai arrivato ad essere tre a uno, senza considerare che la stessa direzione del carcere, tenuto conto dell'elevato tasso di sovraffollamento, avrebbe addirittura intenzione di trasformare gli spazi destinati alla socialità in celle detentive;
le richiamate difficoltà non consentono agli operatori di prestare alcun servizio trattamentale all'interno dell'istituto di pena, senza considerare che tutto ciò rischia di ripercuotersi negativamente anche sull'assistenza sanitaria, sul lavoro, sulla formazione e sulla fruizione delle ore d'aria;
a giudizio dell'interrogante si rende quanto mai necessario un urgente provvedimento di clemenza proprio per attenuare situazioni di grave e perdurante sovraffollamento penitenziario come quelle riscontrate nel carcere di Forlì -:
se corrisponda al vero la descritta situazione del carcere di Forlì e, in tal caso, quali iniziative si intendano adottare per impedire che a persone già private della libertà sia inflitta la pena supplementare
del degrado di luoghi e condizioni di detenzione che offendono la dignità umana;
se il Governo non intenda aprire un dibattito che contempli anche iniziative volte alla concessione di un provvedimento di clemenza amnistia e/o indulto - che contribuisca a riportare il trattamento penitenziario a quel «senso di umanità» e a quella «rieducazione del condannato», previsti dall'articolo 27, terzo comma, della Costituzione.
(4-04644)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
...
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
le Ferrovie della Calabria Srl gestiscono gran parte del trasporto pubblico locale nella regione Calabria;
all'interno della suddetta Srl si è costituito il sindacato FAST-FerroVie con una rappresentanza sindacale corposa, costituita da agenti con la qualifica di macchinisti e capi treno;
con una serie di motivazioni, in atto oggetto di un ricorso giacente presso il tribunale di Catanzaro, le Ferrovie della Calabria non hanno inteso riconoscere la suddetta organizzazione sindacale e addirittura hanno negato l'accredito delle relative deleghe sottoscritte dai lavoratori;
in data 17 giugno 2008 il sindacato FAST-FerroVie ha promosso ed effettuato una prima azione di sciopero per rivendicare alcune gravi inadempienze da parte aziendale, con conseguenze pesanti per la circolazione dei treni interprovinciali (sui sei treni previsti cinque sono stati soppressi);
a seguito di tale protesta le Ferrovie della Calabria con un grave atto di imperio, hanno proceduto con provvedimenti disciplinari contro i lavoratori che hanno partecipato alla stessa, adducendo che il sindacato, in quanto non firmatario di contratto del settore, non avrebbe potuto proclamare la protesta sindacale, il tutto in contrasto, secondo gli interpellanti con il dettato costituzionale e il diritto di sciopero nonché, come sembra, ignorando i livelli più elementari di rispetto del diritto di associazione e libertà di espressione;
per tali ragioni la Commissione di garanzia sui servizi essenziali nel settore dei trasporti pubblici, dopo aver sollecitato più volte le Ferrovie della Calabria ad attenersi alle procedure previste dalle leggi n. 146 del 1990 e n. 83 del 2000, ha deliberato l'apertura di un procedimento di valutazione e di eventuale successiva sanzione amministrativa contro le stesse (Delibera n. 30944 del 17 settembre 2008);
le Ferrovie della Calabria Srl, a seguito di detta deliberazione, chiedevano un'audizione presso la suddetta Commissione di garanzia in Roma e nel contempo avviavano un ricorso presso il TAR Lazio (quest'ultimo ricorso non risulta ancora discusso);
nel corso dell'audizione le FdC si impegnavano, con la Commissione, a convocare la FAST FerroVie per i turni aziendali in vigore dal 2009;
in data 24 novembre 2008 la Commissione di garanzia deliberava di accogliere le motivazioni addotte dalle Ferrovie della Calabria (anche alla luce della disponibilità ad aprire il tavolo delle trattative con la fast per cui decideva di deliberare l'archiviazione del provvedimento sanzionatorio aperto con la precedente deliberazione. Tuttavia quest'ultima procedura, giudiziosamente non impugnata dalla FAST, appare legalmente anomala rispetto al dettato della legge n. 146 del 1990 che di fatto era stato già disatteso (Delibera n. 08/612);
a seguito di ciò si teneva un incontro informale tra La FAST-FerroVie e il presidente pro tempore delle Ferrovie della Calabria il quale confermava l'intendimento e l'impegno della società a convocare regolarmente il sindacato e ad accreditare le relative somme dovute quali deleghe sindacali;
nonostante tali impegni assunti, di fronte ad una istituzione prestigiosa quale appunto la Commissione di garanzia nonché lo stesso sindacato, le Ferrovie della Calabria non hanno inteso onorare l'impegno né tantomeno conciliare il contenzioso giudiziario giacente oltre che presso il tribunale di Catanzaro anche presso quello di Cosenza;
nonostante in data 30 aprile 2009, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sia stato siglato il protocollo preliminare che ha sancito l'apertura del tavolo negoziale, finalizzato alla firma del contratto collettivo nazionale del lavoro unico degli addetti al trasporto locale e servizi, di cui la FAST-FerroVie è firmataria unitamente a tutte le altre sigle sindacali di livello nazionale, (firma che ha consentito la regolarizzazione economica di tutti i dipendenti del Gruppo FS e degli Autoferrotranvieri), da parte delle Ferrovie della Calabria si è continuato a ignorare ogni forma di relazione industriale con la suddetta organizzazione sindacale;
le precedenti interrogazioni parlamentari e relative risposte da parte del Ministero interpellato non hanno sortito alcuna inversione di rotta, nonostante nell'ultima risposta scritta il Ministro Matteoli avesse assicurato la risoluzione della vertenza, anche per effetto degli impegni assunti dalle Ferrovie della Calabria in sede di audizione di fronte alla Commissione di garanzia (risposta all'interrogazione dell'onorevole Dima del 24 novembre 2009);
la società Ferrovie della Calabria sembrerebbe interessata ad allargare le proprie competenze anche alla rete ferroviaria nazionale, e ciò di per sé richiederebbe alla stessa un atteggiamento più lineare e rispettoso delle leggi dello Stato, cosa che dai fatti denunciai ripetutamente dalla FAST, anche attraverso comunicati stampa, non corrisponderebbe ad una società di trasporto dove vigono trasparenza e corrette relazioni industriali;
non si giustifica e comprende l'atteggiamento della società volto a non far entrare in azienda un sindacato con oltre settantanni di storia e per contro risulta siano convocate una miriade di sigle sindacali, tra cui alcune non presenti nel tavolo nazionale, a differenza della FAST-Ferrovie che risulta firmataria, come già detto, sia con il Governo che con le parti datoriali dell'ultimo accordo preliminare al contratto nazionale unico della mobilità -:
quali provvedimenti o iniziative intenda assumere il Ministro interpellato al fine di far cessare quelli che gli interpellanti ritengono iniqui comportamenti assunti dalle Ferrovie della Calabria, favorendo la definizione del contenzioso giudiziario così come da disponibilità offerta dal sindacato FAST-Ferrovie, e convocando il suddetto sindacato al tavolo negoziale aziendale secondo gli impegni assunti e non onorati, dimostrando cosi che le Ferrovie della Calabria sono una SrL all'insegna della trasparenza amministrativa e nulla hanno da temere dalla presenza di un sindacato rispettoso delle leggi e soprattutto riconosciuto per le grandi battaglie di trasparenza e legalità.
(2-00515) «Belcastro, Brugger».
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
già nello scorso febbraio, la Provincia di Caserta aveva chiesto, a 16 comuni, la disattivazione degli impianti photored e autovelox, non aderenti alle norme. Il presidente dell'associazione Adoc, Alessandro Tartaglione aveva affermato che nonostante i moniti del prefetto, «quasi tutti
i Comuni continuano indisturbati a notificare verbali di contravvenzione. È ora venuto il momento di attivare, come intendiamo fare, una massiccia azione contro iniziative che, più che prevenzione e sicurezza sulle strade, servono a fare solo cassa»;
è recente la notizia, riportata sui quotidiani nazionali, secondo cui più di 200 persone, tra cui molti sindaci, assessori e comandanti delle polizie municipali, sono indagate nel casertano nell'ambito di un'operazione condotta dal comando della compagnia dei carabinieri di Capua e della Polizia stradale di Caserta in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Le forze dell'ordine hanno inoltre provveduto al sequestro degli autovelox posti da 33 comuni su un terzo delle strade della provincia di Caserta. Il rilevamento delle infrazioni attraverso autovelox, photored e altri sistemi simili sarebbe stato alterato dalle società responsabili dell'installazione, con il consenso degli stessi comuni;
secondo le prime indagini, il materiale prodotto dagli autovelox sarebbe stato visionato dalle stesse ditte che provvedevano anche alla stesura e alla notifica del verbale di infrazione, con false firme digitali di operatori della polizia municipale, che peraltro non erano presenti al momento del rilievo dell'infrazione stessa. Gli autovelox, inoltre, ponevano spesso limiti di velocità talmente bassi da rendere inevitabile l'infrazione;
gli inquirenti contestano le modalità di affidamento del servizio da parte dei comuni alle ditte private, la non corretta indicazione in bilancio delle somme ottenute dalle sanzioni, le illecite modalità di rilevazione delle infrazioni. I Comuni sono accusati di non aver comunicato al Ministero interrogato le infrazioni per il decurtamento dei punti. In complesso i reati contestati riguardano la truffa, l'abuso di ufficio, la turbata libertà degli incanti, la falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, il rifiuto e l'omissione di atti di uffizio, oltre alla soppressione, la distruzione e la violazione del codice della privacy, per il trattamento dei dati personali -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per effettuare un'ampia e completa verifica delle macchine autovelox e photored poste sul territorio nazionale, al fine di evitare contenziosi simili a quello relativo alla Provincia di Caserta.
(4-04621)
JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strage di Viareggio, occorsa nella notte fra il 29 ed il 30 giugno 2009, ha provocato ventisei vittime, fra le quali si contano anche alcuni bambini. Il disastro è stato causato dal deragliamento del treno merci 50325 composto da 14 carri cisterna contenenti gpl, proveniente da Trecate e diretto a Gricignano. Nel punto in cui il treno, alle 23.49, è entrato nella stazione di Viareggio, sono state riscontrate tracce di scavalco sulla rotaia destra nel senso di marcia del treno e dopo circa 9 metri, si vede che la ruota sinistra del primo carrello del primo carro è finita all'interno del binario, tranciando le traversine e accumulando pietre della massicciata. Il treno ha proseguito per circa 500 metri, fermandosi oltre la stazione. Le prime cinque carrozze si sono ribaltate sul fianco sinistro. La prima si è rotta, il gas è uscito e dopo circa 5 minuti è avvenuta l'esplosione;
dopo l'incidente è stato accertato che l'asse del primo carrello della prima cisterna si à spezzato nella parte che sporge dalla mota, che costituisce il fusello coperto dalla boccola. La sezione di rottura, stando alle prime verifiche, presenta una fenditura sottile e profonda che ha ridotto di oltre due terzi il fusello, fino al totale cedimento. È da questa frattura, la cui probabile responsabile è la ruggine, che prende le mosse l'inchiesta della procura di Lucca per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e incendio colposo;
l'inchiesta dovrà far luce sulle responsabilità sia in materia di revisioni e manutenzioni del treno merci, che di controllo dei convogli che percorrono la linea. Per chiarire l'intera dinamica del gravoso incidente, i periti dovranno valutare l'intero stato del materiale rotabile: non solo l'asse che ha ceduto nella sua parte terminale, detta fusello, che, formando la boccola, sostiene il peso del carrello, ma anche, le ruote, per valutarne lo stato di usura, oltre che la tenuta delle cisterne, contenenti gpl. L'esame «metallografico», in programma per i prossimi giorni, sarà utile per chiarire alcuni dettagli, come ad esempio: la durezza del metallo, le sue caratteristiche tecniche e chimiche, nonché il tempo impiegato dalla fenditura per crescere fino a tranciare di netto la boccola, componente molto importante per la stabilità di qualsiasi treno, dato che, il malfunzionamento di una sola di esse, provocherebbe un deragliamento certo;
il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, sen. Roberto Castelli, ha espresso in questi giorni, la necessità di aggiornare le normative europee sulla sicurezza, già molto rigide. Riflettendo sulle enormi e gravi conseguenze della sciagura, il sen. Castelli si à detto fermamente deciso ad esprimere la volontà italiana di innalzare gli standard di sicurezza a livelli europeo, in modo da agire sui chilometri percorsi, cioè sulle sollecitazioni cui viene sottoposto il materiale, dato che in Italia, il 10-15 per cento del trasporto di gpl avviene su rotaia, percentuale destinata ad aumentare, in quanto la ferrovia è considerata meno pericolosa del trasporto su strada. Secondo il vice presidente della Commissione europea responsabile per i trasporti, Tajani, la normativa europea è già abbastanza severa, ma per quanto riguarda le verifiche, sarà necessario cominciare a valutare il chilometraggio, piuttosto che il tempo tra un controllo e un altro, soprattutto per i vagoni con merci a rischio -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per intensificare i controlli dei convogli italiani ed esteri, che viaggiano sulla nostra rete ferroviaria;
se il Ministro voglia sollecitare la Commissione europea a promuovere iniziative al fine di assicurare una maggiore incisività della normativa relativa alla sicurezza ferroviaria, sia dei convogli che della rete.
(4-04635)
CIRIELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria di Salerno ha origini molto antiche, risalenti alla fine del 1800, quando venne realizzata la tratta ferroviaria Salerno-Taranto, ed ha assunto negli anni a venire un ruolo di primo piano nello sviluppo infrastrutturale del Meridione;
in tempi recenti, dopo un lungo periodo di abbandono, la stazione è stata interessata da diversi lavori di riqualificazione, che hanno riguardato l'intera struttura, nel quadro di un generale miglioramento dei servizi ferroviari nel Centro-Sud, a seguito della realizzazione della linea alta velocità;
in, particolare, una prima parte di lavori veniva realizzata nel corso del 2006, attraverso un intervento, del valore complessivo di oltre due milioni di euro, finalizzato al rinnovamento architettonico dell'edificio, pur nel rispetto della sua importanza storica;
contestualmente, venivano realizzati lavori di restauro e valorizzazione della facciata, mediante inserimento di impianto di illuminazione appositamente studiato e la ristrutturazione del sottopasso «lato-Battipaglia» che, unitamente, agli interventi compiuti al «piano-città», contribuivano a rendere lo scalo salernitano maggiormente fruibile e confortevole;
in un secondo momento, un ulteriore intervento del valore di circa 270.000 euro e conclusosi pochi mesi fa, completava la
ristrutturazione dell'atrio e delle banchine, potenziando altresì l'illuminazione interna e consolidando l'intera struttura;
entrambi i citati interventi venivano realizzati dalla Centostazioni S.p.a., società del gruppo FS impegnata nella riqualificazione, valorizzazione e gestione di 103 stazioni italiane;
nonostante oggi, anche a seguito dei suddetti lavori di riqualificazione, sia possibile usufruire di diversi servizi all'interno della stazione, risultano ancora molte le segnalazioni in cui l'utenza lamenta disservizi e disagi di vario genere;
in particolare, la riqualificazione delle banchine non avrebbe previsto l'inserimento di apposite tabelle elettroniche per l'indicazione dei treni in arrivo e in partenza, analoghe a quelle presenti nelle stazioni ferroviarie delle maggiori città italiane;
l'assenza di indicatori elettronici ben visibili, infatti, impedirebbe ai viaggiatori una corretta comunicazione circa gli orari dei convogli in entrata e in uscita dalla stazione, causando disagi per tutti coloro i quali si servono abitualmente del treno anche per motivi di lavoro;
ulteriormente importante è l'assenza, al «piano-città» della stazione, di un passaggio riservato per i diversamente abili, che consenta agli stessi di raggiungere agevolmente le singole banchine per poter usufruire dei servizi ferroviari;
la presenza di barriere architettoniche, infatti, non rende giustizia ad una stazione che, con un flusso annuo di circa 6 milioni di viaggiatori, costituisce uno degli scali ferroviari maggiormente frequentati del Meridione, al 23o posto tra le stazioni più utilizzate d'Italia, secondo le stime di Centostazioni;
tali osservazioni ineriscono, quindi, ad una struttura della principale linea ferroviaria del centro-sud, collegata quotidianamente da treni regionali che servono una tra le Province più estese d'Italia, nonché convogli ad alta velocità che risultano molto importanti per l'indotto turistico, atteso che dalla stazione di Salerno si dipanano anche i principali collegamenti su gomma per la Costa d'Amalfi e quella cilentana;
i suddetti disservizi inerenti aspetti strutturali dell'edificio, inoltre, si aggiungono spesso alle difficoltà che i cittadini pendolari sono costretti a fronteggiare nella fruizione dei treni regionali, che collegano il capoluogo con le diverse città della Provincia di Salerno;
recenti disavventure si sono verificate, ad esempio, presso la stazione di Cava de' Tirreni dove, a causa di uno dei soliti guasti al locomotore di un convoglio regionale, tanti cittadini sono stati costretti ad un'attesa di oltre un'ora prima di potersi recare nei rispettivi luoghi di lavoro;
condizioni di degrado, incuria e sporcizia sono presenti da tempo nella maggior parte delle stazioni ferroviarie della provincia di Salerno, molte delle quali diventano, nelle ore notturne, dimora fissa di vagabondi e tossicodipendenti, risultando particolarmente pericolose per la pubblica incolumità -:
quali iniziative intenda adottare per sopperire alle carenze strutturali ancora presenti nella stazione di Salerno, al fine di potenziare la fruibilità della stessa, quale snodo ferroviario principale della Provincia e opera infrastrutturale fondamentale per i collegamenti interni e i flussi turistici;
quali iniziative ritenga opportuno porre in essere al fine di realizzare accordi ed intese aziendali, per un effettivo miglioramento dei servizi ferroviari in provincia, sia per i tratti di breve che per quelli di media e lunga percorrenza;
se ritenga opportuno procedere a forme di finanziamento aggiuntive, anche al fine di sopperire a quella che all'interrogante appare una poco efficiente gestione dei trasporti ferroviari da parte della Regione Campania.
(4-04641)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un terzo dei detenuti nelle carceri italiane è costituito da cittadini stranieri, molti dei quali in attesa di giudizio, reclusi, nella maggioranza dei casi, per reati legati allo spaccio di droghe illegali, ai furti e agli altri reati contro il patrimonio nonché per l'inottemperanza al decreto di espulsione;
per tutti loro la legge prevede il rimpatrio a fine pena;
a tal proposito, in data 25 luglio 2007, il Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'interno ha emanato una specifica direttiva interministeriale al fine di incidere sensibilmente sulla materia dell'identificazione dei detenuti extracomunitari in attesa di espulsione;
la predetta direttiva - come asserito mediante comunicato stampa ufficiale del Viminale datato 30 luglio 2007 dal Ministro dell'interno - dovrebbe garantire «più efficienza nel sistema dei rimpatri e meno pressione sui Cpt» ed inoltre, che «si intende così rendere più efficiente il sistema delle espulsioni, che si è dimostrato, almeno a partire dall'anno 2003, molto poco efficace proprio per la difficoltà a identificare i soggetti da allontanare. E si alleggerirà, nello stesso tempo, la pressione sui Cpt, dove questi soggetti venivano destinati al momento della scarcerazione per essere identificati»;
sempre secondo quanto sostenuto dal Ministero dell'interno nella richiamata direttiva «in questo modo dovrebbe anche essere possibile, in linea con le indicazioni del rapporto De Mistura, evitare le criticità emerse in questi anni in relazione al trattenimento nei Cpt di questi soggetti in quanto l'identificazione per i detenuti deve avvenire in carcere, che è il luogo più utile ad ottenere il riconoscimento, e non più nei Cpt, luogo destinato più utilmente al riconoscimento di altri soggetti»;
la direttiva interministeriale in questione è stata puntualmente trasmessa per competenza in data 10 agosto 2007, con apposita circolare, a tutti i questori della Repubblica dal capo della polizia, prefetto Manganelli, per la sua puntuale e rigorosa osservanza;
il mancato rispetto della richiamata circolare da parte delle questure della Repubblica fa sì che molti detenuti extracomunitari, una volta pagato il conto con la giustizia per i reati commessi, siano costretti a scontare altri sei mesi di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione per essere identificati, il tutto dopo essere stati in carcere, spesso per anni;
sottolineato che attualmente nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) di Ponte Galeria quasi la metà dei trattenuti proviene dal carcere -:
se la perentoria direttiva citata in premessa, recepita dal Dipartimento della pubblica sicurezza e trasmessa per competenza ai questori della Repubblica, sia puntualmente e rigorosamente osservata da questi ultimi, e in caso contrario, quali siano i motivi che ne abbiano determinato l'inosservanza;
quali siano state le specifiche iniziative assunte dal competente ufficio immigrazione per il rispetto della normativa sopraindicata;
quanti siano ad oggi i detenuti extracomunitari clandestini che sono stati identificati dalla questura di Roma presso gli istituti di pena romani;
quanti siano ad oggi i detenuti extracomunitari clandestini non identificati dalla questura di Roma presso le carceri della capitale e che quindi si sono visti costretti a transitare all'interno del locale Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria al termine della pena.
(4-04626)
CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i dati presentati dal Centro per la riforma del diritto di famiglia di Milano al convegno «La famiglia senza frontiere» dimostrano che le nozze miste tra cittadini di diverse nazionalità e religioni sono sempre più fragili;
la presidente del Centro, Anna Galizia Danovi, presentando il Convegno, ha dichiarato: «Il dissenso famigliare sta assumendo toni sempre più esasperati. Le coppie italiane prima e durante il matrimonio si confrontano poco. Per le coppie miste è pure peggio. Ci sono differenze di cultura, di lingua, di religione e di costume»;
i trend sono in crescita esponenziale. Tra marito e moglie con lo stesso passaporto e pure tra coniugi che vengono da Paesi diversi, il matrimonio si scioglie ad una velocità impressionante. Nel 2007 in Italia ci sono stati un quarto di milione di matrimoni. Un decimo quelli di coppie miste, secondo la classifica dei primi 15 Paesi di cittadinanza. Romania al primo posto, poi Ucraina, Brasile, Polonia, Russia, Moldova, Albania, Marocco e a seguire tutti gli altri. Nel 2007 ci sono stati oltre 50 mila divorzi e più di 80 mila separazioni, con un incremento tra l'1 e poco più del 2 per cento. Il 10 per cento sono di coppie miste. Tra le coppie miste separazioni e divorzi sono aumentati in sette anni di oltre il 70 per cento. In sette casi su dieci è un italiano a separarsi da una donna straniera;
l'avvocato Anna Galizia Danovi precisa: «La vicenda diventa deflagrante quando in mezzo ci sono i bambini. Tra le coppie miste le separazioni giudiziarie in presenza di minori sono altissime. Il problema diventa ancora più complicato quando ci si trova davanti a culture o legislazioni non omogenee con quella italiana»;
tipico il caso del genitore uomo e musulmano che in caso di separazione si sente l'unico depositario della educazione dei figli, pretende l'affido spesso in via esclusiva, è pronto a tutto pur di non lasciare i bambini alla moglie italiana magari non convertita;
anche in altri casi dove la religione non c'entra, le situazioni sono parimenti drammatiche. Come nel caso della signora Marinella Colombo, sposata ad un cittadino tedesco con cui è in lite giudiziaria per l'affidamento dei due bambini della coppia, L. e N. di 6 e 10 anni, nati in Germania. Le autorità tedesche le hanno tolte alla donna italiana sulla base dell'istituto dello Jugendamt, voluto nel 1939 dal fondatore delle SS Heinrich Himmler «a protezione della gioventù, anche in sostituzione delle capacità genitoriali»;
se non ritenga preoccupanti i dati illustrati in premessa e quali azioni intenda intraprendere per porre un freno al fenomeno in continua crescita dei matrimoni fittizi fondati sull'interesse del cittadino straniero ad usufruire dei diritti nascenti dal matrimonio contratto con cittadino italiano;
se non ritenga che sia necessario adottare provvedimenti specifici per tutelare i minori nati da matrimoni misti, frequentemente vittime di situazioni di drammatico disagio.
(4-04628)
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Milano è stata emanata un'ordinanza che vieta la vendita, la somministrazione, il consumo, la detenzione e anche la cessione di alcool ai minori di 16 anni. Per i trasgressori è prevista una sanzione fino a 450 euro. La linea dura sarà tenuta soprattutto nei luoghi di aggregazione estiva della città, come ad esempio la zona dei Navigli, sempre affollata di giovani, molti dei quali adolescenti, che consumano alcolici senza percezione dei limite. Il comune di Milano è il primo in Italia a colpire non soltanto gli esercenti per la vendita e la somministrazione, ma anche i minori di 16 anni per il consumo e la detenzione di alcolici;
il compito di far rispettare la nuova regola spetta a Polizia municipale, Carabinieri ed anche Guardia di finanza. Per coloro i quali saranno colti in flagranza, verrà redatto un verbale che sarà in seguito recapitato direttamente ai genitori dei minorenni, insieme alla sanzione pecuniaria. Lo stesso accadrà per i commercianti che violano la disposizione, ma per i quali il divieto di somministrazione è già sancito da una legge nazionale;
il sindaco del capoluogo lombardo ha affermato che l'ordinanza nasce a causa dell'aumento di abuso di alcool nei giovanissimi. A Milano il 34 per cento dei ragazzi di 11 anni hanno già avuto problemi legati all'uso eccessivo di alcool. La speranza è che «questa ordinanza, combinata con un'adeguata politica educativa, possa arginare il fenomeno». L'aumento del consumo di alcol è un fenomeno sempre più diffuso anche nella provincia orobica. Una recente indagine realizzata dall'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche ha evidenziato che il 58 per cento degli studenti di 15-19 anni della provincia di Bergamo intervistati ha dichiarato di aver avuto episodi di ubriacature almeno una volta nella vita, il 42 per cento negli ultimi 12 mesi, con percentuali maggiori tra i maschi -:
se il Ministro intenda assumere iniziative urgenti per contrastare il fenomeno dell'abuso di alcool, in costante aumento tra i giovanissimi.
(4-04636)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 21 settembre 2009 si sono svolte in Italia, nelle sedi di 29 scuole in 18 regioni, le prove preselettive del concorso pubblico per esami a 145 posti di dirigente tecnico, da assegnare agli uffici dell'amministrazione centrale e periferica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di cui al decreto del direttore generale 30 gennaio 2008 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4a Serie Speciale, 5 febbraio 2008, n. 10);
tale concorso ha coinvolto migliaia di dirigenti e docenti scolastici; al Ministero, infatti, sono giunte oltre 16.000 domande di partecipazione;
nel rispetto di quanto stabilito dell'articolo 6 dei citato decreto, le prove d'esame previste per il superamento di tale concorso sono state precedute da una prova preselettiva la cui data è stata rinviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per ben sei volte;
in particolare, la data di pubblicazione del calendario, inizialmente fissata al 1o aprile 2008, veniva prorogata prima al 3 giugno 2008, poi al 5 settembre 2008 e, infine, al 17 ottobre 2008;
successivamente, la data di effettuazione della prova di preselezione del concorso, fissata inizialmente alla data del 27 marzo 2009, veniva prorogata prima al 7 maggio 2009 e successivamente al 21 settembre 2009;
stando a quanto riportato nei vari avvisi di rinvio pubblicati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relativamente a tale concorso, tali molteplici rinvii venivano imputati a cause poco plausibili come la necessità di definire le prove, il terremoto in Abruzzo, la ricostituzione della commissione;
inoltre si rileva che, a tutt'oggi, il citato Ministero non ha provveduto alla pubblicazione dei quesiti, così come di prassi avviene a conclusione delle prove selettive dei concorsi pubblici;
a tal riguardo il Ministero, con una comunicazione del 26 giugno 2009, si limitava e precisare che «alcune case editrici stanno pubblicando, in relazione al concorso di cui all'oggetto, testi riguardanti raccolte di quesiti a risposta multipla
finalizzati alla prova preselettiva. Al fine di evitare equivoci che potrebbero sorgere dalle modalità di offerta di tali testi, si comunica ai potenziali acquirenti che questo Ministero è assolutamente estraneo alla loro produzione»;
in data 3 settembre 2009 con apposita nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Dipartimento per la programmazione della gestione delle risorse umane si comunicava che solo in data 12 febbraio 2010 sarà pubblicato nella serie speciale della Gazzetta ufficiale l'elenco dei candidati idonei a sostenere la successiva prova scritta, a distanza di ben 5 mesi dallo svolgimento di una prova di preselezione che, avvalendosi dell'uso di strumenti informatici, consentirebbe un'immediata valutazione dei risultati;
il segretario generale della FLC CGIL, al fine di garantire la massima pubblicità e trasparenza allo svolgimento delle prove del 21 settembre 2009, con una nota del 19 settembre 2009 inoltrata all'ufficio ministeriale competente, chiedeva di procedere tempestivamente, al termine delle prove preselettive, alla pubblicazione sul sito web del Ministero delle 90 domande e delle relative risposte;
non avendo ricevuto alcun riscontro a tale richiesta, la medesima organizzazione sindacale, con una nota del 29 settembre 2009 inoltrata al Ministro interrogato e al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, chiedeva la diffusione del test a cui erano stati sottoposti i candidati al concorso;
in particolare, nella suddetta nota si sosteneva che tutti i cittadini devono essere posti nella condizione di conoscere i quesiti con cui vengono selezionati i soggetti candidati a ricoprire una funzione pubblica importante qual è quella del dirigenti tecnici della scuola, precisando, inoltre che, «non solo coloro che hanno partecipato alla preselezione, ma anche la comunità scientifica, debbano sapere su quali materie, su quali contenuti e con quali strumenti si effettua la valutazione delle competenze richieste dal bando di concorso»;
secondo quanto emerge anche dalla lettura degli interventi critici espressi sulle pagine web di discussione tematica, numerosi sono stati i giudizi negativi espressi dai partecipanti a tale concorso in ordine al corretto svolgimento delle prove selettive, durante le quali si sarebbero verificati fatti e situazioni fortemente compromettenti per il regolare svolgimento del concorso in questione;
in particolare, i candidati denunciano la disomogeneità dei criteri adottati nelle diverse sedi in cui si sono svolte le prove selettive, che, in alcuni casi hanno determinato un'obiettiva disparità di trattamento tra i diversi candidati, specie in riferimento alla consultazione dei codici in sede di svolgimento del concorso;
appare anomala la previsione di un lasso temporale di circa cinque mesi per la pubblicazione dei nomi dei candidati che supereranno la prove di preselezione, atteso che lo strumento informatico adoperato per la valutazione consentirebbe una sensibile riduzione dei tempi -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti denunciati in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per far piena luce sui criteri e sulle procedure individuate per lo svolgimento del concorso in oggetto;
se non ritenga opportuno avviare tutte le iniziative necessarie per verificare se le prove selettive si siano svolte nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, correttezza e legalità;
quale iniziativa intenda adottare per corrispondere alla richiesta di correttezza, trasparenza e pubblicità, espressa sia dai candidati che dai soggetti interessati alla qualità della scuola pubblica, affinché sia accertato il merito effettivo di coloro che dovranno svolgere una funzione importante per lo sviluppo dell'Istruzione in Italia;
infine, quali iniziative intenda adottare per garantire che le procedure concorsuali per il reclutamento nei ruoli del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si svolgano sempre nel rispetto principi di trasparenza ed imparzialità secondo un meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito.
(5-01977)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio dell'Anci, l'asilo nido italiano è uno dei più costosi in tutta Europa, sebbene ci siano differenze enormi tra comune e comune. Il fenomeno è dovuto, per la maggior parte, all'inadeguatezza delle soluzioni finora proposte, sia dai Governi centrali che da quelli locali, tanto che l'obiettivo di copertura, del 15 per cento sul territorio nazionale, per il 2009, non è stato raggiunto. Infatti, da quanto è emerso, i posti disponibili riescono a coprire soltanto l'11 per cento delle richieste, delle quali, quelle in esubero vanno a far parte di interminabili liste di attesa, oppure si affidano a baby sitter, con un cospicuo aumento della spesa familiare;
nonostante il lavoro svolto da ogni regione, il bilancio riguardante la creazione di asili nido, o incentivi per orari flessibili e part time, è ancora negativo. L'89 per cento dei bambini, in età da asilo nido, è rimasto fuori dalle graduatorie comunali e gli asili privati non riescono a coprire l'eccessiva richiesta del servizio. La situazione si aggrava se si prendono in considerazione le tre macroaree italiane: nord, centro e sud;
in molti paesi del sud tutta la fascia dei bambini fino a 5 anni è esclusa da asili nido ed anche scuole materne, perché a Bari, come a Napoli, a Palermo, a Catania, anche le scuole materne (da 3 a 5 anni) sono in affanno, e un buon 20 per cento di potenziali allievi arriverà alle prime classi elementari senza aver frequentato alcuna scuola. Anna Teselli, ricercatrice del centro studi Ires-Cgil, confronta la situazione analizzata nel 2005 con lo stato attuale della questione ed afferma: «pochissimo è cambiato, se non la crescita esponenziale delle domande. Il problema è che non si ritiene il nido una esigenza pedagogica, ma soltanto un luogo dove parcheggiare i figli (...). Il nido, invece, è fondamentale per i bimbi di oggi, che spesso sono figli unici, e lì possono socializzare»;
in Calabria ed in Sicilia molti servizi per l'infanzia hanno cessato la propria attività, a Palermo negli asili nido, nemmeno un bambino su 5 riesce ad entrare. I posti disponibili sono 336, ma le candidature sono state 1.856: la maggior parte delle richieste quindi non sarà accolta. A Napoli, soltanto 1200 bambini potranno usufruire dei 30 nidi comunali, mentre a Bari il numero dei nidi scende a 5, le scuole materne sono 16 e accolgono 1600 bambini, ma le richieste di ingresso sono tre volte maggiori;
conseguenza della mancanza di strutture adeguate ai primi contatti con l'ambiente scuola è che i bambini, in questi casi, si abituano a vivere per strada, non riconoscono le autorità e sono sempre maggiormente inclini ad abbandonare l'istruzione. Non poter frequentare tali strutture in anni fondamentali, come quelli dell'asilo nido o della scuola materna, periodo in cui si impara ad apprendere e a confrontarsi, potrebbe avere conseguenze negative sul futuro aspetto educativo dei bambini -:
se i Ministri intendano assumere iniziative al fine di incentivare la costruzione di asini nido, sia comunali che privatizzati;
quali iniziative, anche di carattere normativo, i Ministri intendano adottare per ampliare la durata dei congedi di maternità, o dell'orario part-time alle madri
che non hanno possibilità di inserire i propri bambini in asili nido comunali o privati.
(4-04638)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata:
VIETTI, COMPAGNON, CICCANTI, DELFINO, POLI, VOLONTÈ, NARO, PEZZOTTA, OCCHIUTO, GALLETTI, LIBÈ, TASSONE e ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in più di un'occasione e, da ultimo, nel corso di una lezione tenuta al collegio Carlo Alberto di Moncalieri, il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha sollecitato una riforma previdenziale che preveda un innalzamento dell'età pensionabile, sottolineando che «tale aumento potrà contribuire, se accompagnato da azioni che consentano di rendere più flessibili orari e salari di lavoratori più anziani, a elevare il tasso di attività e a sostenere la crescita potenziale dell'economia»;
intervenendo a margine di un convegno a Siena, Lorenzo Bini Smaghi, membro del board della Banca centrale europea, ha affermato che una riforma delle pensioni in Italia «più tardi si farà e peggio sarà». Per Bini Smaghi, per riportare il debito pubblico a livello pre-crisi, è necessario «adeguare le pensioni alle aspettative di vita. Questo è stato fatto già in passato, ma non abbastanza». Per tornare a crescere, ha aggiunto Bini Smaghi, servono riforme strutturali;
nel rapporto sulla sostenibilità dei conti pubblici dei 27 Paesi membri dell'Unione europea, pubblicato la scorsa settimana, si chiede di alzare l'età pensionabile in linea con l'aumento delle aspettative di vita nell'Unione europea. Per la Commissione europea l'innalzamento dell'età pensionabile resta una priorità, rimarcando come «numerosi Paesi stanno valutando l'ipotesi di fare passi di questo tipo», anche perché «le persone stanno vivendo più a lungo e sono in salute più di prima» e se «le attuali politiche non vengono cambiate, l'età media alla quale le persone escono dal mercato del lavoro nell'Unione europea aumenterà solo di un anno, da 62 a 63 anni, entro il 2060»;
autorevolissimi esponenti della maggioranza, in un'intervista ad un quotidiano, hanno recentemente affermato che, sebbene «una riforma delle pensioni non si fa con un colpo di bacchetta magica», una riforma delle pensioni è necessaria «perché la situazione dei conti pubblici è quella che è, soprattutto con un debito in costante crescita»;
circa una settimana fa, pur non entrando nel dettaglio, poiché trattasi di un tema che coinvolge più Ministri, il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa tenuta dopo l'incontro con il Premier bulgaro Boiko Borisov, ha annunciato che presto il Governo si occuperà anche del problema delle pensioni;
il Ministro interrogato ha, invece, ribadito che «le pensioni non sono nelle attività prossime del Governo, anche perché noi la riforma l'abbiamo fatta solo due mesi fa e quindi pensiamo intanto ad applicarla» -:
se non ritenga opportuno valutare più attentamente le sollecitazioni provenienti da autorevoli istituzioni (Banca d'Italia, Banca centrale europea, Commissione europea), da esponenti della stessa maggioranza e dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri in tema di riforma delle pensioni, ritenuta fondamentale per il rilancio e lo sviluppo del Paese.
(3-00716)
MISIANI, SANGA, FARINONE, VELO, MOSCA, SERENI, BRESSA, GIACHETTI, QUARTIANI, VICO, DAMIANO, LULLI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, LETTA, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di lunedì 28 settembre 2009 la direzione aziendale di Tenaris Dalmine - primo produttore italiano di tubi di acciaio senza saldatura per l'industria energetica, automobilistica e meccanica - ha presentato al coordinamento sindacale degli stabilimenti italiani il piano industriale 2010-2011, che prevede investimenti per 114 milioni di euro in due anni, con l'obiettivo di perseguire un «riposizionamento strategico» per l'azienda. Gli investimenti saranno concentrati sugli impianti strategici e sono destinati all'ampliamento delle gamme di prodotto, alla razionalizzazione impiantistica delle linee di finitura-filettatura, al miglioramento di produttività ed efficienza. L'implementazione del piano industriale richiede, secondo i vertici aziendali, un riassetto degli organici «coerente», con una prospettiva di produzione attestata nei prossimi anni su una media di 550 mila tonnellate all'anno, rispetto alla punta di 877 mila raggiunte nel 2008;
i fattori che hanno determinato questo mutamento sono, secondo l'azienda, l'incremento esponenziale della concorrenza internazionale, causato dall'aumento di capacità produttiva a livello mondiale. La Cina ha accresciuto del 55 per cento la sua capacità produttiva dal 2005 al 2009 e sta continuando ad investire in nuovi impianti: oggi la sua capacità è di 28 milioni di tonnellate di tubi senza saldatura l'anno, superiore al fabbisogno complessivo mondiale (pari a circa 27 milioni di tonnellate l'anno). A ciò si aggiunge il ridimensionamento strutturale dell'attività di alcuni settori industriali destinatari di tubi senza saldatura e il progressivo ed irreversibile calo di economicità di alcune tipologie di produzioni standard e scarsamente differenziate (come, ad esempio, i tubi di piccolo diametro per applicazioni meccaniche, per il settore automotive, per la termica);
il piano prevede la chiusura dello stabilimento di Piombino (Livorno), il forte ridimensionamento di quello di Costa Volpino (Bergamo) e Arcore (Monza-Brianza), il graduale disimpegno delle attività Fapi (tubi piccoli) a Dalmine (Bergamo) e una generale riorganizzazione che coinvolge tutta l'azienda. L'impatto occupazionale di queste scelte viene quantificato in 1.024 lavoratori in esubero (più di un terzo dei 2.814 dipendenti in forza negli stabilimenti italiani di Tenaris), con la previsione di 717 posti in meno a Dalmine e Sabbio (da 2.218 a 1.501 dipendenti), 119 a Costa Volpino (da 247 a 161), 64 ad Arcore (da 225 a 161) e 124 a Piombino;
la riorganizzazione produttiva ipotizzata da Tenaris Dalmine rappresenta una delle maggiori situazioni di crisi occupazionale in atto nel nostro Paese -:
quali iniziative intenda attivare, a partire dalla convocazione di un tavolo nazionale di confronto con l'azienda e le organizzazioni sindacali, allo scopo di tutelare i diritti e le prospettive dei lavoratori interessati dal piano di riorganizzazione di Tenaris Dalmine.
(3-00717)
COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
talune interpretazioni restrittive da parte degli organi preposti alla vigilanza in materia di lavoro in ordine alla legittimità dell'utilizzo di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa - collaborazione coordinata a progetto stanno privando, di fatto, il settore dell'assistenza alla persona e dell'home care della possibilità di dare la giusta forma ed il corretto inquadramento giuridico ai rapporti di lavoro instaurati con talune tipologie di collaboratori ed operatori;
nel predetto settore dell'assistenza domiciliare operano, difatti, agenzie - per lo più costituite in forma di cooperative sociali - che selezionano e formano operatori qualificati, al fine di fornire assistenza domiciliare ed ospedaliera a soggetti in stato di bisogno (trattasi di anziani totalmente o parzialmente non autosufficienti, ospedalizzati a causa di interventi, lungodegenti ed altri);
la valenza sociale che le agenzie in questione rivestono è indiscutibile e la tipicità di servizio che le medesime garantiscono - continuità dell'assistenza e professionalità dell'operatore - è circostanza che le contraddistingue dalle agenzie di somministrazione di manodopera, nonché dalle comunemente dette «badanti»;
la natura stessa dell'attività svolta, per tipologia e durata, e le caratteristiche dei fruitori del servizio - vale a dire cittadini con urgenti, occasionali e temporanee necessità di ricevere assistenza qualificata - impongono a chi offre questi servizi inevitabilmente il ricorso a forme contrattuali flessibili ed autonome;
il ricorso a dette fattispecie di lavoro nel settore in oggetto è stato, peraltro, riconosciuto pienamente legittimo da alcune pronunzie giurisprudenziali;
persino la direttiva del 18 settembre 2008 del Ministro interrogato, che ha fissato le linee guida cui i soggetti preposti alla vigilanza in materia di lavoro devono attenersi, ha rivisto con occhio critico i precedenti orientamenti, di cui alla circolare n. 4 del 2008, ritenendoli «non coerenti con l'impianto e le finalità della legge Biagi»;
ciononostante il personale di vigilanza dell'Inps persiste nell'intraprendere iniziative ispettive nei confronti delle agenzie e proprio la richiamata circolare n. 4 del 2008 è spesso invocata dagli ispettori a fondamento della riqualificazione dei rapporti di collaborazione di cui in oggetto in prestazioni di lavoro a carattere subordinato;
inoltre, nelle more dell'esito dei giudizi e dei ricorsi proposti dalle agenzie, l'Inps provvede inopinatamente alla cartolarizzazione del credito -:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito all'eventualità di ampliare l'istituto delle prestazioni di lavoro accessorio, di cui agli articoli 70-74 del decreto legislativo n. 276 del 2003, estendendo la possibilità di usufruirne anche alle cooperative sociali che erogano servizi di assistenza domiciliare, e, comunque, se non convenga sull'opportunità di emanare celermente provvedimenti di propria competenza atti a chiarire il quadro normativo in materia di utilizzo di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nelle modalità a progetto o programma nel settore dell'assistenza domiciliare ed ospedaliera, al fine di uniformare il comportamento degli organi addetti alla vigilanza in materia di lavoro.
(3-00718)
DI VIRGILIO e BALDELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la regione Lazio continua a presentare maggiori costi per oltre 1,3 miliardi di euro rispetto ai finanziamenti ordinari, che determinano il permanere di un disavanzo strutturale elevato;
la medesima regione si trova al massimo livello di aliquote fiscali e incassa, in termini di irpef e di irap, circa 900 milioni all'anno, che penalizzano i cittadini e le imprese;
nonostante gli sforzi già fatti di razionalizzazione della spesa, che hanno inciso pesantemente sul sistema privato, per il 2009 vi è la necessità di realizzare ancora un aggiustamento finanziario significativo, sebbene anche per il 2009 la regione Lazio stia contando su 264 milioni di euro quale fondo transitorio e 836 milioni di euro per l'aumento irpef ed irap;
la gestione commissariale - decisa dal Governo Prodi - continua a essere quanto mai elusiva nell'attuazione del piano di rientro, con particolare riguardo alla razionalizzazione della rete ospedaliera, intervento strutturale di assoluto rilievo, dalla cui assenza a tutt'oggi dipende in larga misura il mancato raggiungimento degli obiettivi di contenimento sulle principali voci di spesa, quali quella relativa al personale e quella relativa all'acquisto di farmaci ospedalieri;
in questa situazione la rete ospedaliera del Lazio continua ad essere caratterizzata da piccoli ospedali, tecnologicamente arretrati, privi delle strutture minime di garanzia della salute dei cittadini, connessi ad un servizio 118 assolutamente insufficiente, con il risultato di mettere molte vite a forte rischio;
nel frattempo la regione ha in elaborazione uno schema di piano sanitario regionale, che ancora non dà indicazioni concrete per il superamento delle principali problematicità del servizio sanitario regionale e non definisce il quadro delle risorse necessarie;
il presidente della regione Lazio, e ancor più il vicepresidente, estraneo all'ufficio commissariale, si stanno recando in numerose località del Lazio, promettendo la realizzazione di nuove strutture ospedaliere e la stabilizzazione del personale precario, oltre che il mantenimento in esercizio di tutti gli ospedali, anche di quelli più piccoli;
questa situazione comporta una pesante responsabilità del commissario, che, nonostante lo straordinario aiuto economico concesso dallo Stato, non riesce a conseguire l'obiettivo del riequilibrio finanziario e della riqualificazione dell'assistenza sanitaria nella regione Lazio -:
quali azioni il Governo intenda adottare per evitare che, in mancanza di una reale attuazione del piano di rientro, la regione Lazio si trovi ad affrontare una pesante crisi finanziaria, che graverà sulla salute dei cittadini e sulle condizioni economiche della regione per i prossimi anni.
(3-00719)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PALADINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 22 gennaio 2008 in Sarzana (La Spezia) si sono incontrati: la Coop. Liguria Società Cooperativa di Consumo - divisione ipermercati e supermercati rappresentata dal Presidente del Consiglio di amministrazione dottor Bruno Cordazzo e le rappresentative sindacali unitarie delle lavoratrici e dei lavoratori del punto vendita dell'Ipercoop «Centroluna» di Sarzana unitamente alle segreterie territoriali spezzine delle associazioni sindacali di categoria;
nel corso di detto incontro la coop. Liguria manifestava la necessità di adeguare costi e risorse al modificato contesto competitivo ove crisi congiunturale e globalizzazione dei mercati hanno contribuito ad un attuale impoverimento del business;
nel quadro del riassetto organizzativo nonché nell'ambito del nuovo piano strutturale aziendale presentato da Coop. Liguria veniva manifestata altresì l'esigenza di ricorrere alla cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione aziendale per la durata di mesi sei quanto ai punti vendita «Centro Luna» di Sarzana
sito in Via Variante Cisa 40 e Supermercato Coop di La Spezia sito in Via Leopardi 71;
la cassa integrazione straordinaria (CGIS) ha interessato un totale complessivo di 64 lavoratori;
oggi alcune organizzazioni sindacali di settore denunciano che nei super ed ipermercati interessati dall'applicazione della CGIS viene fatta frequente richiesta di ore di lavoro straordinario nonostante per ben sessantaquattro lavoratori sia stata richiesta ed ottenuta la CGIS -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della esposta situazione e se e quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di accertare i fatti denunciati dalle organizzazioni sindacali.
(5-01969)
Interrogazioni a risposta scritta:
CODURELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2009 il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha emanato un'ordinanza, a firma del Sottosegretario Martini, «Ordinanza contingibile ed urgente recante misure per garantire la tutela e il benessere degli animali di affezione anche in applicazione degli articoli 55 e 56 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. (09A10570) (Gazzetta Ufficiale n. 207 del 7 settembre 2009);
l'ordinanza in questione, della durata di 24 mesi, individua specifiche misure sanitarie a garanzia della salute, della tutela e del benessere degli animali affidati secondo le procedure previste per gli appalti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163): l'obiettivo appare quello è di evitare che animali di affezione possano essere trasferiti, in alcuni casi anche per lunghe distanze, in assenza di misure e prescrizioni sanitarie idonee a garantirne la tutela e il benessere ed evitarne lo stress;
la suddetta ordinanza prevede tra le altre misure, l'obbligo per i comuni di procedere alla «microchippatura» di tutti i cani ritrovati nel proprio territorio, alla loro iscrizione presso l'anagrafe canina comunale e alla sterilizzazione entro il termine di 60 giorni;
inoltre si prevede che il sindaco sia il responsabile dei cani prelevati nel proprio comune e che debba effettuare verifiche periodiche sullo stato di salute e benessere degli stessi (almeno una volta all'anno) nonché comunicare i risultati sullo stato di salute degli animali almeno una volta all'anno anche nel rendiconto della gestione in consiglio comunale;
premettendo, dunque, la sostanziale condivisibilità dell'intento che ha ispirato tale regolamentazione, e considerando che già molti comuni sono da considerare «virtuosi» nel loro approccio al tema (come, ad esempio, il comune di Casatenovo, che ha approvato un buon regolamento comunale sul benessere degli animali) appare evidente un pressoché totale decentramento di funzioni che comporta costi, non certo di poco conto, relativi alla corretta applicazione delle misure contenute nella suddetta ordinanza, costi che in assenza di un adeguato supporto in termini di dotazioni e risorse, ricadono totalmente sui comuni, e che non vengono supportati da adeguate dotazioni e risorse;
inoltre alcuni profili della normativa succitata appaiono in contrasto con le normative regionali in materia -:
se il Ministro non ritenga di dover tenere in considerazione le difficoltà dei comuni, in termini organizzativi ma soprattutto economici, rispetto all'applicazione delle nuove regole contenute nell'ordinanza, e se non valuti opportuno, laddove intenda confermare un totale decentramento di funzioni dallo Stato e dalle regioni ai comuni in materia, di dovere prevedere adeguati stanziamenti in favore dei comuni per consentire lo svolgimento di tali funzioni.
(4-04616)
CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Sardegna è una delle otto regioni che non hanno una banca del sangue cordonale. Alle donne di queste regioni, al momento del parto, non resta che cestinare il prezioso cordone (che contiene cellule staminali in grado di «generare» le diverse componenti del sangue), o rivolgersi a una banca all'estero per conservare a proprie spese (circa 2000 euro, più, a volte una sorta di «canone») il sangue cordonale a scopo autologo, ovvero «privato»;
in Sicilia, la banca del cordone di Sciacca con i suoi 74 punti nascita collegati (più di un quarto dei 290 reparti maternità abilitati in tutta Italia) ha raccolto 15 mila unità di sangue cordonale nel primo triennio di attività, fino a uno stop imposto da una vicenda giudiziaria (per sospette irregolarità nella gestione degli appalti). La raccolta è ripresa nel luglio 2008, ma ci sono ospedali che ignorano la riapertura della banca, o che lamentano di non aver ricevuto da essa alcun kit per i prelievi. Di fatto, nel secondo semestre dell'anno, solo la metà dei punti nascita abilitati alla raccolta l'ha fatta realmente, una decina non ha inviato più di un campione, altri centri non hanno raggiunto la decina di unità;
a confermare queste difficoltà - e non solo in Sicilia - è il recente rapporto 2008 sull'attività delle banche di sangue di cordone ombelicale (redatto dal Centro nazionale sangue e dal Centro nazionale trapianti): nel resto d'Italia, nel 2008 sono state circa 11 mila le sacche raccolte a scopo di donazione e di queste poco più di 3 mila hanno superato i test di qualità necessari per essere conservate a disposizione di malati da sottoporre a trapianto. Quasi 300, invece, le unità raccolte per destinarle a familiari malati;
le pubblicità delle banche private in cerca di clienti per il deposito l'autologo, invadono non solo la rete, ma anche il campo una volta riservato alla sola informazione sanitaria, con messaggi non sempre corretti sotto il profilo scientifico, ma molto accattivanti sul piano emotivo, giocati sulla promessa di una medicina futuribile;
tra le banche pubbliche, quella di Milano ha raccolto più unità (1631, con 705 «bancate»), seguita da Napoli (1093 raccolte, 510 bancate), Firenze (1062/134), Bologna (976/305) e Reggio Calabria (797/79). Il report evidenzia l'aumento del rapporto tra le unità raccolte e quelle conservate: vuol dire che tutta la «filiera» funziona meglio. Si arriva al 50 per cento di unità «bancate» a Napoli, ma si scende al di sotto del 10 per cento Reggio Calabria e al 12 per cento a Firenze. Qui, però, si è preferito innalzare gli standard qualitativi per la conservazione, scelta ripagata da una maggiore richiesta da parte dei centri trapianti;
Simonetta Pupelia, responsabile area sanitaria dei Centro nazionale sangue ha dichiarato: «È chiaro che un ampliamento del numero dei centri di raccolta sia determinante per potenziare il sistema, ma vanno mantenuti standard qualitativi elevati». Ciò si traduce, però, in difficoltà da parte delle donne di ricorrere alla procedura. «Spesso è impossibile effettuare la raccolta se la mamma partorisce nel fine settimana e molti ospedali ancora non offrono il servizio - denuncia Paola Pinna, presidente di Osidea Onlus, organizzazione che fornisce informazioni sul sangue cordonale -. Il numero delle lamentele, tuttavia, sta diminuendo»;
l'informazione, comunque, sembra essere l'anello più debole nella catena della raccolta di sangue cordonale. Se molte madri, al Nord come al Sud, sono informate della possibilità di donare il cordone e assistite al momento del parto (anche quando chiedono la raccolta del sangue cordonale per mandano privatamente all'estero), «tante mamme - dice Pinna - ancora ignorano l'opportunità di fare questo dono, e perfino gli operatori talvolta sono impreparati di fronte alle richieste dei genitori». Carenze di cui non
è all'oscuro neanche il Centro nazionale sangue: «Noi facciamo di tutto per migliorare la comunicazione, però la concorrenza è agguerrita» commenta Simonetta Pupella, alludendo al settore delle banche private la cui presenza è sempre più capillare.» -:
se e quali misure intenda avviare per incrementare la presenza delle banche del sangue cordonale su tutto il territorio nazionale;
se intenda promuovere una campagna informativa per sensibilizzare le donne italiane a donare il sangue cordonale soprattutto nelle regioni dove le banche di raccolta sono già presenti.
(4-04617)
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
una recente inchiesta del settimanale Panorama denuncia il dilagare del fenomeno dei «turisti della fecondazione assistita». Sia in Europa che all'estero, gli operatori turistici stanno puntando molti investimenti sulla pubblicità riguardante resort e villaggi, in cui potersi rilassare per le vacanze ed anche sottoporsi alla fecondazione assistita, Ad esempio, in Grecia esiste una lucrosa operazione: la «Ivf holiday in Greece», il cui acronimo sta per «in vitro fertilization». La proposta, corredata dall'annuncio online «Combina le tue vacanze con la fecondazione artificiale», è del Mediterranean Fertility center and genetic services di Chania, a Creta. L'istituto Bernabeu di Alicante propone il pacchetto «mare e provetta». A completare il business provvedono i fertility retreat, cioè ritiri vacanzieri in cui si promette di favorire le gravidanze tramite sedute di agopuntura, meditazione e massaggi con olio di ricino;
secondo Filomena Gallo, presidente dell'associazione «Amica Cicogna», dedita alle coppie con problemi di fecondità, le sopraccitate proposte sono soltanto dei puri specchietti per le allodole, che hanno come unico scopo quello di incentivare il business dei medici coinvolti. Tuttavia, ogni anno, sono circa 10.000 le coppie italiane che si rivolgono alle strutture estere, per avere un figlio, cercando di oltrepassare i limiti della legge n. 40 del 2004;
le coppie che si rivolgono ai centri esteri preposti alla fecondazione assistita, molto spesso trovano medici e infermieri di madrelingua, nonché siti dedicati, molto esaustivi. Durante il congresso annuale della Eshre (European society of human reproduction and embriology), da poco conclusosi ad Amsterdam, una ricerca condotta dalla società italiana di studi di medicina della riproduzione (Sismer) ha mostrato che gli italiani rappresentano il 30 per cento del mercato di coloro che si rivolgono alla fecondazione assistita in Europa. Il 60 per cento ricorre a donazioni di seme od ovociti, che sono totalmente illegali in Italia, con un notevole dispendio soprattutto economico;
in attesa delle linee guida legate alla sentenza della Corte costituzionale che ha eliminato il vincolo dei tre embrioni, il mercato si è diversificato, soprattutto secondo parametri economici, creando due diversi flussi: uno maggiormente dispendioso verso Stati Uniti o Spagna, l'altro più economico, verso l'Est, con il rischio però di trovarsi in strutture deficitari;
dal punto di vista igienico e di sicurezza, un'ulteriore problematica, secondo il ginecologo Carlo Flamini, è data dal fatto che nei luoghi in cui il «turismo procreativo» è più gli ovuli delle donatrici sono spesso insufficienti, con la conseguente importazione di ovuli da paesi esteri, come Argentina o Bulgaria, in cui le norme igienico-sanitarie non sono così rigide come dovrebbero -:
quali iniziative il ministro intenda assumere con riferimento al fenomeno ricordato in premessa anche al fine di assicurare la tutela della salute e la sicurezza dei cittadini italiani.
(4-04619)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito da Salvatore Coricato, segretario generale della funzione pubblica della Cgil di Lecce, ai detenuti del carcere di Borgo San Nicola non sarebbe garantito il diritto all'assistenza sanitaria, sicché, stante l'inadeguatezza delle strutture carcerarie dedicate all'assistenza e la carenza di personale, i detenuti leccesi possono essere curati solo negli ospedali;
più in particolare, nel corso dell'intervista rilasciata al Corriere della Sera del 22 settembre 2009, il predetto sindacalista sostiene che nell'istituto di pena salentino «la messa a norma dei locali adibiti ad attività ambulatoriale e l'incremento delle ore dedicate all'attività specialistica, in particolare di Cardiologia, Dermatologia e Radiologia, sarebbero necessari ed indispensabili per evitare le continue traduzioni di reclusi verso ospedali esterni, contribuendo anche ad alleviare i carichi di lavoro degli agenti utilizzati in questi trasferimenti»;
sempre secondo quanto dichiarato dal funzionario della Cgil, nel carcere di Lecce il personale di supporto e di ausiliariato non esisterebbe affatto, ciò comporta «enormi disagi per quei pochi infermieri e medici assunti a tempo indeterminato che sono costretti a svolgere il loro lavoro in condizioni precarie, avvalendosi sempre e comunque di personale cosiddetto parcellista che viene chiamato e remunerato a ore di lavoro»;
nell'articolo di giornale sopra richiamato, lo stesso direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, ammette le lacune sui livelli assistenziali e commenta: «come sempre le leggi sono scritte bene: si è stabilito che i carcerati hanno gli stessi diritti alle cure di chi è libero, ma poi poco si fa per garantire tutto questo. È stato detto che le Asl dovranno prendere in carico questi pazienti attingendo risorse umane e strutture dal Dipartimento di giustizia. Inoltre i contratti all'epoca sottoscritti con l'amministrazione carceraria devono essere rispettati dalle Asl fino a nuove disposizioni. Inoltre si prevede una migliore assistenza sanitaria ai carcerati, ma con le stesse identiche risorse di prima»;
nel carcere di Lecce attualmente sono reclusi 1.280 detenuti, tra cui 300 immigrati e 100 donne, tutto ciò malgrado la capienza massima sia di 650 persone, cioè una media di tre persone per ogni cella ampia circa 7 metri quadrati; gli agenti penitenziari sono 560, ma in alcune sezioni con 60-70 detenuti verrebbe utilizzata una sola guardia, senza considerare che i tagli alle risorse economiche non consentirebbero ai Baschi Azzurri di percepire gli straordinari e avrebbero bloccato la manutenzione dei mezzi;
a giudizio dell'interrogante, nel carcere salentino occorre immediatamente provvedere ad un netto cambio di rotta con l'istituzione al suo interno delle unità operative interdipartimentali per garantire e coordinare l'assistenza tra i dipartimenti di salute mentale, delle dipendenze patologiche, della prevenzione e della medicina di base;
il problema della carente assistenza sanitaria deriva soprattutto dalla assoluta carenza di fondi, che rende difficile l'acquisto di molti beni, anche di prima necessità, da destinare alle esigenze dei detenuti;
dal 1o ottobre 2008 le Regioni hanno assunto la piena competenza sulla gestione della sanità negli istituti penitenziari di tutta Italia (come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008), di tal che la tutela della salute dei detenuti è passata dalle mani del Ministero della giustizia al Sistema sanitario nazionale, con grandi aspettative da parte degli operatori del settore;
secondo quanto dichiarato da Bruno Benigni, vicepresidente del Forum nazionale
per il diritto alla salute dei detenuti, alla giornalista Ileana Sesana de L'Avvenire, il problema della carenza di fondi starebbe nel fatto che dei 157,8 milioni di euro stanziati per il 2008 le Regioni non hanno ancora visto un centesimo. E non sono arrivati nemmeno i 32 milioni licenziati dal Cipe con una delibera dello scorso 6 marzo, cosicché «le Regioni hanno iniziato le loro attività di assistenza ai detenuti anticipando risorse che non hanno ricevuto. Se non lo avessero fatto sarebbe stato il collasso» -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se i Ministri interrogati, a fronte di quanto illustrato, non ritengano, per quanto di competenza, di dover dare risposte e mezzi certi per assicurare ai detenuti del carcere di Borgo San Nicola un'assistenza sanitaria adeguata, contribuendo ad eliminare tutte quelle situazioni di disagio che spesso sono la causa dei numerosi «eventi critici» che si registrano all'interno degli istituti di pena;
se ed in che modo intendano intervenire per potenziare un settore così importante quale quello dell'assistenza sanitaria penitenziaria, in modo da garantire qualità ed efficienza nelle cure ai detenuti;
quali iniziative urgenti il Ministro dell'economia e delle finanze intenda adottare affinché i fondi stanziati nel 2008 per l'assistenza sanitaria dei detenuti vengano effettivamente trasferiti alle regioni.
(4-04622)
MURA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 25 settembre 2009 a seguito delle notizie apparse sulla stampa locale l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta scritta al fine di conoscere se e quali interventi il Ministro Scajola avesse intenzione di intraprendere per salvaguardare le condizioni occupazionali dei lavoratori della SPX Italia di Sala Baganza in Provincia di Parma;
le stime per l'anno 2009 prevedono un calo nel fatturato di circa il 15-20 per cento rispetto agli anni precedenti. Nonostante ciò si ritiene che la Spx Italia riuscirà a chiudere in pareggio il 2009;
considerate le buone condizioni della Spx Italia i rappresentanti sindacali e i lavoratori hanno proposto un piano industriale alternativo a quello dell'azienda che permetterebbe all'Spx di rimanere sul mercato invece della procedura di mobilità per 45 dipendenti e il trasferimento della produzione in Germania;
dalla fine di luglio i dipendenti della Spx Italia hanno iniziato uno sciopero ad oltranza e allestito un presidio permanente per protestare contro la decisione dei dirigenti;
il 14 ottobre 2009, dopo aver confermato formalmente la decisione di proseguire con la procedura di mobilità così come decisa in precedenza, l'azienda ha affidato il controllo dell'area 24 ore su 24 ad un impresa di vigilanza con guardie armate apparentemente di nazionalità non italiana;
come dalla richiesta di intervento pervenuta al gestore di Parma, dottor Gennaro Gallo, da parte del Segretario minerale Fiom-Cgil di Parma, Sergio Bellavita, risulterebbe inoltre che le guardie abbiano più volte scattato fotografie ai lavoratori e alle lavoratrici presso il presidio, a volte addirittura accostandoli e intimando di porre termine allo sciopero -:
quali interventi intenda assumere per contrastare la grave azione messa in atto dai vertici della multinazionale statunitense al fine di evitare ogni possibile conseguenza a seguito dell'impiego di una vigilanza armata contro un presidio di lavoratori e lavoratrici, per far sì che la vicenda torni nelle sedi normali di trattativa in modo tale da ricercare una soluzione condivisa dai lavoratori.
(4-04637)
RAPPORTI CON IL PARLAMENTO
Interrogazione a risposta immediata:
DONADI, PALOMBA, FAVIA e CAMBURSANO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
Raimondo Mesiano, giudice della decima sezione civile del tribunale di Milano, è stato oggetto, in data 15 ottobre 2009, di un servizio di Mattino 5, trasmissione in onda su una rete Mediaset;
il presidente della Federazione nazionale giornalisti ha parlato di «pestaggio mediatico dalle tv del Premier», sottolineando che Berlusconi di questo affondo mediatico al giudice della sentenza «lodo Mondadori» aveva già dato preavviso nei giorni precedenti;
da Benevento, in data 11 ottobre 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri aveva affermato «presto ne sentirete delle belle» sul conto del giudice Mesiano;
mentre il Presidente del Consiglio dei ministri continua a deprecare «l'uso criminoso» della televisione, dal video in questione risulta il «pedinamento» del giudice, filmato abusivamente nei suoi spostamenti privati (mentre passeggia per le vie di Milano, si fa radere dal barbiere o fuma una sigaretta su una panchina di un giardino pubblico), peraltro assolutamente normali, mentre vengono definiti nel servizio andato in onda «strani» e «stravaganti» tali comportamenti e addirittura ne viene commentato ironicamente l'abbigliamento;
un servizio, oltretutto, realizzato da un'emittente televisiva di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri su un giudice che aveva emesso da poco tempo una sentenza in una causa civile nei confronti di una società dello stesso gruppo imprenditoriale: una circostanza che testimonia del persistente conflitto di interessi del Presidente del Consiglio dei ministri in un settore delicato per la vita democratica del nostro Paese, quale quello dell'informazione;
si tratta, senza ombra di dubbio, di un servizio dal sapore di linciaggio politico e avente oltretutto movente denigratorio e delegittimante di una funzione essenziale per la civile convivenza in uno Stato di diritto, specchio della grave tensione che coinvolge le istituzioni del Paese;
si tratta non solo di una violazione inaudita della privacy di un privato cittadino, ma soprattutto risulta evidente che il servizio insinui una presunta devianza dello stesso Mesiano;
inoltre, sempre su Mesiano, il quotidiano Il Giornale, in spregio a tutte le regole deontologiche, ha pubblicato il racconto di un anonimo avvocato che tre anni fa avrebbe carpito in un ristorante alcune frasi dello stesso giudice a commento dei risultati delle politiche del 2006;
si sta assistendo ad una «denigrazione mediatica», che coinvolge le istituzioni del Paese, con il paventato rischio di alterare l'equilibrio tra i poteri dello Stato;
il presidente e il segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara e Giuseppe Cascini, si sono detti «esterrefatti e indignati della gravissima campagna di denigrazione e di aggressione del giudice Mesiano, da parte dei giornali e delle televisioni del gruppo Mediaset e della famiglia Berlusconi» e in una lettera inviata al Presidente della Repubblica hanno dichiarato: «la magistratura italiana e l'Associazione nazionale magistrati sono vivamente preoccupate per la grave tensione che coinvolge le istituzioni del Paese e rischia di alterare l'equilibrio tra i poteri dello Stato»;
l'articolo 6, comma 2, del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 29 luglio 1998) sancisce che: «la sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie
e i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica» -:
essendo stata lesa, anche in base a quanto ricordato in premessa, la dignità personale e professionale di un magistrato, i cui comportamenti del tutto normali vengono derisi e sbeffeggiati dal commentatore del servizio andato in onda, quali iniziative intenda assumere il Governo in merito all'esigenza ormai improcrastinabile di una regolamentazione adeguata del conflitto di interessi.
(3-00720)
TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nella puntata di Porta a Porta andata in onda su Rai Uno mercoledì 7 ottobre 2009 ed avente ad oggetto la sentenza della Corte costituzionale sul cosiddetto Lodo Alfano, è intervenuto telefonicamente il Presidente del Consiglio;
tale puntata è stata registrata alle 20 e 45 circa del 7 ottobre ed è andata in onda in differita lo stesso giorno in seconda serata;
è di tutta evidenza che in caso di registrazione di un programma da trasmettere in differita, eventuali interventi telefonici avvengano solo previo accordo con i responsabili del programma per stabilire il momento più appropriato dell'intervento stesso;
è altresì corretta consuetudine che i responsabili della trasmissione così come informano preventivamente tutti gli invitati del quadro dei partecipanti, informino le stesse persone anche di eventuali collegamenti esterni, soprattutto se rilevanti, preventivamente concordati;
ad avviso degli interpellanti è singolare invece il fatto che i responsabili del programma non abbiano informato tutti gli ospiti che il Presidente del Consiglio sarebbe intervenuto telefonicamente nel corso della registrazione del programma; questo atteggiamento contrasta nettamente con l'enfasi che ha accompagnato il collegamento telefonico con il Presidente del Consiglio, trasmesso ripetutamente sul rullo in «sottopancia» durante l'intera trasmissione registrata;
nel corso della telefonata, il Presidente del Consiglio ha affermato tra l'altro, riferendosi al cosiddetto Lodo Alfano, che «il Presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte»;
in risposta al commento indignato a tali affermazioni espresso dall'onorevole Rosy Bindi presente in studio ed inquadrata dalle telecamere ma difficilmente percepibile da chi fosse collegato solo telefonicamente, dato che le voci si sovrapponevano, il Presidente del Consiglio ha prontamente replicato offendendo gravemente e gratuitamente quest'ultima;
la reazione dell'onorevole Berlusconi è stata del tutto simile a quella di una persona collegata non solo telefonicamente, ma perfettamente in grado di seguire la trasmissione con un collegamento anche visivo;
dato che è assolutamente da escludersi la presenza del Presidente del Consiglio nello studio televisivo o in locale adiacente è lecito domandarsi se fosse stato predisposto per l'occasione un collegamento in bassa frequenza in una delle residenze del Presidente del Consiglio o se un tale tipo di collegamento capace di intercettare anche altri programmi esista stabilmente presso le suddette residenze -:
poiché il Ministro interpellato ha ripetutamente affermato la sua competenza in ordine alla verifica del rispetto di tutti
gli obblighi del servizio pubblico radiotelevisivo, alla luce del relativo contratto di servizio, se non intenda, nell'ambito di tali verifiche, appurare se sussista la possibilità per il Presidente del Consiglio, a differenza di ogni altro cittadino, di vedere stabilmente od occasionalmente in bassa frequenza programmi RAI, in corso di registrazione, e se tale possibilità sia compatibile con gli obblighi del servizio pubblico.
(2-00516)
«Zaccaria, Soro, Bachelet, Cuperlo, Samperi, Tenaglia, Rossomando, Gnecchi, Vannucci, Zampa, Bordo, Velo, Giulietti, Colombo, Villecco Calipari, Argentin, Pollastrini, Lo Moro, Marchioni, Rossa, D'Antona, Rampi, Amici, Lenzi, Lulli, Mosca, Sbrollini, Giovanelli, Miotto, Pompili, Mariani, Verini, Capano, Melandri».
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo studio I-com presentato durante il convegno «Come allargare la banda. Verso un intervento pubblico di nuova generazione nel settore delle comunicazioni elettroniche» ha confermato che soltanto il 19 per cento del territorio italiano è coperto dal servizio «banda larga», ad esclusivo beneficio delle grandi aree urbane. Dalla relazione del vicepresidente di I-com, Angelo Castaldo, si evince che l'Italia si trova a 4 punti percentuali sotto la media europea, riguardante la diffusione della banda larga, che si attesta al 22,9 per cento. Divario che aumenta se messa a confronti con paesi, quali Inghilterra (28,4 per cento), Francia (27,7 per cento) e Germania (27,5 per cento);
il gap ha ripercussioni anche in ambito economico, tanto che viene auspicato un maggiore investimento pubblico, destinato soprattutto al decollo delle infrastrutture di comunicazione elettronica di nuova generazione (NGN). In Grecia, il cui tasso di penetrazione della «banda larga» è di circa 13 per cento, è stato varato un piano di intervento, molto articolato, sulla banda ultra-larga. In Italia, ad oggi, risultano stanziati 800 milioni di euro (fondi Fas), 264 milioni di euro (già adibiti per il progetto banda larga) e 188 milioni di euro (fondi Fesr), ma tale previsione, secondo il Dott. Castaldo, ha un ammanco di 220 milioni di euro, per poter attuare tutte le misure necessarie. Ammanco che potrà essere colmato soggetti privati tramite il project financing;
a questo si aggiunge una scarsa diffusione tra gli italiani dell'utilizzo dei servizi fruibili attraverso Internet atteggiamento attribuibile alla scarsa percezione che i cittadini hanno delle potenzialità della «banda larga». Solo il 9,6 per cento delle famiglie italiane possiede la banda larga, e di questi il 5,5 per cento è sotto 1 Megabite al secondo. Nel mondo ci sono 401 milioni di persone abbonate alla banda larga: di questi 350 mila usufruiscono del servizio adsl, gli altri 50 mila della banda ultra-larga;
i servizi di banda larga, secondo Corrado Calabrò, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, hanno fatto sì che il settore delle telecomunicazioni non risentisse gravemente del periodo di grave congiuntura economica, verificatosi in questo biennio. In Italia si sono registrati 11,5 milioni di accessi complessivi. Il Dott. Calabrò sottolinea che in paesi quali Cina, Giappone e Corea gli investimenti vengono effettuati dallo Stato, mentre in Italia ci sono rigide regole che non lo consentono, anche se tale necessità può essere sopperita da alcuni organismi pubblici -:
quali misure il Ministro intenda adottare per un completo sviluppo della «banda larga» in Italia.
(4-04632)
CENNI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2008), prevede, all'articolo 1, comma 168, interventi di deduzione forfetaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti degli impianti di distribuzione di carburanti: in particolare, l'applicazione per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in materia di deduzione forfetaria in favore degli esercenti di impianti di distribuzione di carburante;
l'articolo 2, comma 554, lettera f), della stessa legge finanziaria per il 2008 stabilisce che «le economie derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, nel limite dell'85 per cento delle economie accertate annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 ottobre, sono destinate alla realizzazione di interventi destinati a finanziare: (...)
f) la proroga per gli anni 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfetaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti di impianti di distribuzione di carburanti di cui all'articolo 21, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, numero 448»;
in sede di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 554 a 557, il decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 554 è stato adottato il 28 febbraio 2008 ed ha stabilito che «le economie derivanti da rinunce e revoche di iniziative imprenditoriali agevolate dalla legge numero 488 del 1992 sono accertate nella misura complessiva di 785.000.000,00 di euro»;
l'articolo 11 del decreto legislativo 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha poi stabilito che «(...) le risorse derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono destinate al rifinanziamento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266, fino al limite massimo di 450 milioni di euro, subordinatamente alla verifica, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse, fermo restando il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556 del citato articolo 2»;
sull'argomento è intervenuto uno specifico protocollo d'intesa tra Ministro dello sviluppo economico ed associazioni di categoria, siglato il 20 giugno 2008. Tale protocollo, al punto 3, prevede espressamente la «Trasformazione in intervento normativo strutturale del provvedimento di deduzione forfetaria del reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti, previsto, da ultimo, nella legge 24 dicembre 2007, n. 244, commi 168 e 554, lettera f) (Legge finanziaria 2008)» (... )»;
il provvedimento atteso, di vitale importanza per la categoria dei gestori, è stato oggetto di proroghe concesse senza soluzione di continuità, nel corso dell'ultimo decennio, da tutti i Governi. La mancata attuazione del provvedimento spingerebbe infatti alla chiusura migliaia di esercizi della distribuzione di carburanti già messi a dura prova dalla crisi dei consumi, dalla contrazione dei margini e dall'inasprimento delle spese di gestione;
non si ha notizia, fino ad ora, se vi siano (ed a quanto ammontino) i finanziamenti rimanenti da destinare all'obiettivo della copertura (anche parziale) dei costi relativi all'ulteriore proroga del «bonus fiscale» previsto dalla norma in questione -:
quale sia l'impegno finanziario necessario alla completa attuazione del presente
provvedimento e si sia provveduto alla necessaria copertura;
quali siano i tempi previsti per dare attuazione all'impegno legislativo in favore dei gestori della rete carburanti, considerato che il quadro normativo impone una soluzione entro il 30 ottobre 2009, come previsto dalla legge n. 488 del 1992.
(4-04640)
LORENZIN. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Angelo Formiggini è stato uno degli esponenti di maggiore interesse dell'editoria italiana del Novecento, di origini ebree e fondatore dell'omonima casa editrice;
iniziò la sua attività di editore a partire dal 31 maggio 1908 con la produzione di edizioni filosofiche e soprattutto per le numerose iniziative editoriali, tra cui le due collane i «Profili» biografici ed i «Classici del ridere», oltre a editare la «Rivista di Filosofia», che fu l'organo ufficiale della Società Filosofica Italiana dal 1909 al 1918;
fu, inoltre, un organizzatore e diffusore di cultura, responsabile di servizi d'informazione bibliografica, promosse la lettura attraverso le attività della Biblioteca circolante e nel 1918 ebbe un'iniziativa particolarmente moderna ed originale per il tempo, quella di segnalare le novità librarie e di tracciare profili degli scrittori;
nello stesso anno fondò l'«ICS» ossia «L'Italia che scrive», periodico mensile di informazione libraria, con lo scopo di occuparsi delle principali questioni inerenti alla vita del libro italiano, in quanto «essenziali alla vita spirituale della nazione»;
nel 1921 Formiggini creò l'IPCI, l'Istituto per la propaganda della Cultura Italiana, che diventò con regio decreto del 21 novembre 1921 Ente Morale su proposta di Giovanni Gentile, Ministro della pubblica funzione del Governo Mussolini che ne cambiò successivamente nome in Fondazione Leonardo per la Cultura Italiana;
la Fondazione successivamente appoggiò l'ulteriore progetto di Formiggini di creare una Grande Enciclopedia Italica in diciotto volumi che avrebbe rappresentato, per l'Italia di allora, una realizzazione culturale di primo livello e massima innovazione;
il Ministro Giovanni Gentile non consentì la prosecuzione di tale progetto in quanto non in linea con il programma culturale del Governo ma soprattutto a causa delle origini ebraiche dell'editore e nel 1925 prima costrinse Formiggini e il consiglio direttivo alle dimissioni e infine la Fondazione stessa fu assorbita dall'Istituto Nazionale Fascista di Cultura, presieduto dallo stesso Gentile;
nello stesso anno il ministro Giovanni Gentile autorizzò invece la pubblicazione della Enciclopedia italiana delle scienze, lettere e arti realizzato, com'è noto, da Giovanni Treccani;
a causa di questi provvedimenti l'editore si tolse la vita il 29 novembre 1938 gettandosi dalla Torre del Duomo di Modena -:
se il ministro non ritenga opportuno intraprendere un'iniziativa per il riconoscimento dell'opera di questa importante figura letteraria della storia dell'editoria italiana, con l'emanazione di un francobollo commemorativo per favorire la sua conoscenza e rivalutare il suo impegno letterario ingiustamente messo in ombra dalle leggi razziali dell'epoca fascista.
(4-04645)
...
Apposizione di firme ad interrogazioni.
La interrogazione a risposta in commissione Ruvolo n. 5-01667, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capitanio Santolini.
La interrogazione a risposta in commissione Bocci n. 5-01730, pubblicata nell'allegato B
ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Cota n. 4-02642 del 25 marzo 2009;
interrogazione a risposta orale Misiani n. 3-00679 del 30 settembre 2009;
interrogazione a risposta scritta Belcastro n. 4-04499 dell'8 ottobre 2009;
interrogazione a risposta scritta Taglialatela n. 4-04594 del 19 ottobre 2009.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Paladini n. 4-03713 del 23 luglio 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-01969;
interrogazione a risposta in commissione Lorenzin n. 5-01048 del 24 febbraio 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04645.