Allegato B
Seduta n. 209 del 27/7/2009

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Aldo Bianzino è stato arrestato nella propria abitazione di Petralunga (Perugia), nella notte tra venerdì 12 e sabato 13 ottobre 2007, con l'accusa di aver coltivato nel proprio orto qualche piantina di canapa indiana (peraltro destinata ad un uso esclusivamente personale);
nel corso della notte successiva, tra sabato 13 e domenica 14 ottobre 2007, Aldo Bianzino è deceduto all'interno della cella di isolamento, nella quale, secondo la prassi, l'arrestato era stato ristretto in attesa dell'incontro con il giudice per le indagini preliminari;
in un primo momento le lesioni riscontrate, in sede di autopsia, sul corpo di Aldo Bianzino hanno avvalorato l'ipotesi dell'omicidio o comunque della morte violenta;
ed invero è stato lo stesso medico legale, dottor Luca Lalli, a dichiarare, dopo avere riscontrato sul corpo della persona deceduta quattro commozioni cerebrali,

diverse lesioni al fegato e due costole rotte, di potere escludere con certezza l'infarto come causa della morte;
in un articolo comparso su Il Giornale dell'Umbria del 23 ottobre 2007, firmato da Francesca Bene, si afferma che «gli accertamenti scientifici e investigativi chiesti sul caso dal pubblico ministero Giuseppe Petrazzini vertono ormai prevalentemente sull'accertamento della morte violenta» di Bianzino;
Il Messaggero del 28 ottobre 2007 ha riportato la notizia per la quale il pubblico ministero Giuseppe Petrazzini avrebbe aperto un secondo fascicolo delle indagini (il primo, a carico di ignoti, con l'accusa di omicidio) nei confronti di un agente di polizia penitenziaria, con l'accusa di omessa vigilanza (pare, infatti, che, secondo quanto riportato da un articolo pubblicato il 28 ottobre 2007 da Il Giornale dell'Umbria, che la notte del delitto gli agenti di polizia penitenziaria non fecero il consueto controllo notturno delle ore 2,00), ciò in quanto alcuni testimoni sentiti dal pubblico ministero hanno dichiarato di aver sentito Aldo Bianzino chiedere aiuto durante la notte fra sabato e domenica e che l'unica guardia carceraria non sarebbe intervenuta a prestare soccorso (la versione dei testimoni sembrerebbe confermata dai nastri video che non hanno mostrato alcun controllo tra le 3:20 e le 6:57);
in data 10 novembre 2007 una seconda autopsia effettuata dal medico legale bolognese Fortuni, consulente della Pubblica accusa, cambia l'esito rispetto alla prima atteso che nella stessa non si fa più alcuna menzione delle costole rotte né dello spappolamento della milza, né del distacco del fegato e si stabilisce che la morte sarebbe avvenuta per cause naturali (aneurisma cerebrale);
sulla base della predetta relazione medico-legale, in data 10 gennaio 2008 il pubblico ministero chiede l'archiviazione del procedimento penale aperto a carico di ignoti con l'accusa di omicidio; decisione alla quale si oppongono i familiari di Aldo Bianzino chiedendo ulteriori approfondimenti istruttori;
il giudice per le indagini preliminari, dottor Massimo Ricciarelli, accoglie, con una motivata ordinanza, l'opposizione dei familiari di Bianzino respingendo la richiesta di archiviazione e ordinando al pubblico ministero di effettuare ulteriori accertamenti medico-legali nonché di escutere tutta una serie di testimoni (gli agenti di polizia penitenziaria, i responsabili del carcere, gli altri detenuti e i medici che visitarono Bianzino appena morto);
la popolazione carceraria del carcere di Capanne è composta pressoché totalmente da detenuti tossicodipendenti o da imputati per reati connessi alla legge sulle droghe cosiddetta «Fini-Giovanardi»;
Patrizia Costantini, ex responsabile carceri dell'Arci umbra, ha affermato - come riporta Il Manifesto del 27 ottobre 2007 - che quello di Capanne «è un carcere velenoso [...] prima dell'estate abbiamo assistito a due casi di overdose, uno è morto. E un altro detenuto è deceduto per infarto due anni fa, ma non si è mai capito se i soccorsi siano stati celeri»;
un'interrogazione a risposta orale riguardante il «caso Bianzino», rivolta all'allora Ministro della giustizia in data 25 ottobre 2007 dai deputati della Rosa nel Pugno Sergio D'Elia e Bruno Mellano, non ha mai avuto risposta;
il dottor Tommaso Ciacca, Segretario Centro Iniziativa Radicale di Perugia, il 26 ottobre 2007, in una dichiarazione pubblica, chiedeva piena luce sul «caso Bianzino», denunciando come a distanza di due settimane il corpo di Aldo Bianzino non fosse stato ancora consegnato ai familiari (http://www.radicali.it/view.php?id=107981) -:
quali ulteriori strumenti informativi disponga sui fatti esposti;
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di dover porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di far piena luce sulle cause che hanno

determinato la morte di Aldo Bianzino e per far sì che in carcere non abbiano più a verificarsi atti similari;
se, in particolare, non intenda adottare le opportune iniziative affinché sia istituita una commissione ministeriale per chiarire le eventuali responsabilità amministrative connesse con la morte del detenuto di cui si è detto in premessa;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema della diffusione delle droghe, ed in particolare sulla necessità che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad uso esclusivamente personale sia depenalizzata in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993;
quali siano le condizioni umane e sociali dei detenuti tossicodipendenti ristretti presso il carcere perugino di Capanne.
(4-03749)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'assistente capo Giuseppe Efisio Secci, effettivo presso la casa circondariale di Cagliari, è stato distaccato presso la casa di reclusione di Isili dal 2004 per gravi motivi familiari;
presso la sede di Isili, il sig. Secci, titolare della contrattazione aziendale di secondo livello, ha esercitato il mandato sindacale quale delegato della segreteria G.A.U. UILPA penitenziari;
nel corso di questi anni il distacco dell'assistente capo Secci non ha avuto alcuna ripercussione sull'organico della casa circondariale di Cagliari, visto e considerato che dopo di esso una nuova unità è stata assegnata al carcere di Buoncammino (cosiddetto «distacco con cambio»);
il predetto distacco è durato, con successive proroghe, fino al 10 luglio 2009, allorquando il Provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, dott. Francesco Massidda, ha deciso di richiamare presso la sede originaria di Cagliari il Sig. Secci, con ciò sostenendo di dover far fronte alle carenze di organico in cui versa il carcere di Buoncammino; carenze vieppiù aggravatesi in seguito alla decisione con la quale il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha imposto il rientro nella penisola, da Cagliari, di circa una ventina di guardie penitenziarie;
la decisione del Provveditore Massidda, che oltre all'assistente Capo Secci ha coinvolto anche altre unità depositarie di prerogative statutarie all'interno di varie organizzazioni sindacali (dirigenti sindacali, provinciali e aziendali), è avvenuta senza un previo confronto con le organizzazioni sindacali regionali, nonostante sia espressamente previsto che l'eventuale mobilità regionale attinente ad organismi sindacali debba transitare attraverso il confronto in un tavolo di concertazione regionale per una disamina delle implicazioni del caso e delle eventuali deroghe, ciò anche nel rispetto delle prerogative di legge sulle cariche ed i mandati sindacali;
il rientro del signor Secci presso la casa circondariale di Cagliari è stato inoltre deciso senza tenere in alcuna considerazione il fatto che il padre di quest'ultimo, che versa in gravi condizioni di salute tali da richiedere un'assistenza continua, sta per usufruire delle prerogative della legge n. 104 del 1992 (portatore di handicap in situazione di gravità, articolo 3, comma 3). Ed invero la predetta legge, all'articolo 33, comma 5, prevede che «il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede»;
tutte le richiamate circostanze sono state tempestivamente portate all'attenzione del Provveditore regionale dell'amministrazione

penitenziaria dal coordinatore regionale della U.IL. Penitenziari. signor Roberto Picchedda, ciononostante il provvedimento di revoca del distacco dell'assistente capo Secci - disposto con cambio e in atto da cinque anni - è stato confermato, il che solleva il fondato sospetto che lo stesso non abbia nulla a che vedere con le esigenze di servizio venutesi a creare presso la casa circondariale di Cagliari (come prima ricordato, infatti, la permanenza del signor Secci nella casa di reclusione di Isili non è mai andata in detrimento dell'organico in servizio presso il carcere di Buoncammino);
a tal proposito il provvedimento del Provveditore Massidda appare all'interrogante gravissimo ed intimidatorio perché avvenuto - forse non casualmente - qualche giorno dopo il 17 giugno 2009, giorno della festa regionale del Corpo della polizia penitenziaria, allorquando tutte le organizzazioni sindacali regionali della polizia penitenziaria hanno inscenato una protesta denunciando la situazione in cui versano i dodici istituti di pena sardi ricorrendo a slogan eloquenti tipo «non abbiamo nulla da festeggiare» e «la realtà penitenziaria della Sardegna è allo sfascio»;
tutte le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria hanno da tempo denunciato le precarie condizioni di lavoro e l'assurda gestione del Corpo da parte del Provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, dott. Francesco Massidda, che nulla avrebbe fatto o starebbe facendo per migliorare il sistema carcere della Sardegna;
secondo l'interrogante il comportamento posto in essere dal Provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna, dott. Francesco Massidda, circa la revoca del distacco a prestare servizio presso la casa di reclusione di Isili dell'assistente capo del Corpo di polizia, Giuseppe Efisio Secci, delegato della segreteria G.A.U. UILPA Penitenziari, è arbitrario poiché disposto in palese violazione sia delle procedure previste in materia di mobilità regionale attinente ad organismi sindacali, sia dell'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 -:
se non ritenga dunque doveroso dare disposizioni volte a far annullare il provvedimento del 10 luglio 2009 con il quale è stata disposta la revoca del distacco a prestare servizio presso la casa di reclusione di Isili - ed il conseguente rientro presso la Casa di reclusione di Cagliari - dell'assistente capo Giuseppe Efisio Secci;
se non ritenga infine urgente ed inderogabile l'adozione di iniziative che ristabiliscano corrette relazioni sindacali, l'osservanza delle direttive dipartimentali e delle intese contrattuali per garantire le quali si reputa necessario un intervento dell'attuale Provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna.
(4-03759)

LUSSANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
per la gestione del fallimento della società di costruzione Sifa sas, che nel 1980 aveva realizzato un villaggio turistico in provincia di Lecce, erano finiti sotto inchiesta due giudici del Tribunale di Lecce, unitamente al curatore fallimentare;
secondo l'accusa i soggetti citati, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, contravvenivano alle disposizioni della legge fallimentare e in generale ai doveri di diligenza e imparzialità, connessi alla funzione pubblica da loro rivestita, in particolare omettendo, i due giudici della sezione fallimentare, di sorvegliare adeguatamente sull'operato del curatore e di accertarsi della ritualità e completezza degli atti compiuti da questo prima di procedere al compimento di atti, tra cui la fissazione delle vendite con o senza incanto dei beni immobili e mobili facenti parte del fallimento;
come evidenziato in precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante presentato nella XIV legislatura, la vicenda

del fallimento in oggetto attiene alla discutibile operazione con cui veniva assegnato, a seguito di vendita senza incanto, il compendio immobiliare del fallimento ad una società del capitale di 20 mila euro, la Chiani srl, con l'accollo del mutuo esistente sul compendio a favore della Banca Popolare Pugliese (oltretutto presidente del Comitato dei creditori) per pagare il prezzo sostanzialmente pari al mutuo stesso, ovvero circa metà del valore periziato;
tale operazione, completata attraverso numerose irregolarità processuali, ha dato origine alla denuncia dei figli del titolare dell'azienda fallita, a seguito delle quali furono aperte nel 2003 indagini penali condotte dal sostituto procuratore Claudia De Luca;
dopo il deposito dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, dove risultavano indagati, oltre ai due giudici, il curatore fallimentare e il perito nominato dal Tribunale, l'indagine veniva tolta alla dottoressa De Luca per venire successivamente affidata al pm del Tribunale di Potenza, dottor Ferdinando Esposito;
la successiva richiesta di rinvio a giudizio riguardava solamente il curatore fallimentare e il perito, mentre per la posizione dei giudici veniva disposto lo stralcio e richiesta l'archiviazione;
nel frattempo, il giudice dell'udienza preliminare, dottoressa Romaniello, nell'udienza del 25 giugno 2009 rigettava la richiesta di costituzione di parte civile dei denuncianti senza dare la parola all'avvocato Lenzini che chiedeva di intervenire in difesa della posizione dei suoi assistiti;
secondo quanto riportato dalla stampa locale (Il Quotidiano, 26 giugno 2009), a fronte di una nuova richiesta di intervento della difesa, il giudice Romaniello chiamava la forza pubblica per far accompagnare fuori dall'Aula l'avvocato 75enne che, colpito da malore, veniva successivamente ricoverato all'Ospedale San Carlo e posto sotto osservazione per 36 ore;
l'articolo riporta la notizia che nella medesima udienza è stato colpito da malore anche un altro avvocato, Fedele Rigliaco del Foro di Lecce, al quale è stata somministrata una cardioaspirina -:
di quali elementi disponga sulla vicenda in premessa e quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-03766)