Allegato B
Seduta n. 205 del 21/7/2009

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

D'AMICO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con grande sconcerto si apprende che Ioan Munteanu, romeno di 41 anni, è stato rimesso in libertà a pochi giorni di distanza dall'arresto effettuato dai Carabinieri, per aver investito con la sua auto uno scooter sul quale viaggiavano due

ragazzi di Todi, uno dei quali, di soli 17 anni, ha perso la vita, e un altro, di 15 anni, è gravemente ferito;
secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, sembrerebbe che il sostituto procuratore Gabriele Paci abbia deciso di non chiedere la convalida del provvedimento restrittivo «per mancanza dei presupporti di legge per procedere alla convalida dell'arresto» in relazione al fatto che lo straniero non si era allontanato dal luogo dell'incidente e al valore dell'esame relativo alla quantità di alcool nel sangue;
i Carabinieri avevano invece effettuato l'arresto del rumeno per omicidio colposo, aggravato dallo stato di ebbrezza con un tasso alcolemico di 1,54 g/l e lo hanno denunciato anche in seguito al fatto che lo straniero guidava un'auto non revisionata sprovvisto di patente di guida, in possesso del solo foglio rosa;
la decisione del sostituto procuratore di non chiedere la convalida del provvedimento restrittivo ad avviso dell'interrogante suscita profonda indignazione e contribuisce ad alimentare un clima di sfiducia nella credibilità delle istituzioni e nell'operato della magistratura -:
se il Ministro interrogato intenda svolgere accertamenti preliminari in relazione ai fatti esposti in premessa.
(3-00606)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le principali strutture carcerarie sarde risalgono alla metà del XIX secolo e sono ancora operative, con adattamenti che non ne hanno modificato l'impianto e che non sono sufficienti a renderle adeguate alla loro funzione, soprattutto in relazione all'indispensabile azione di recupero dei detenuti, che richiedono spazi ed attrezzature non collocabili all'interno delle strutture esistenti;
il carcere di Macomer, visitato dalla prima firmataria del presente atto, insieme alla segretaria di Radicali Italiani, Antonella Casu e a Patrizia Ruiu della segreteria federale di Nuoro di Rifondazione Comunista, in data 10 luglio 2009, ha una capacità regolamentare di 45 e tollerata di 90 posti; attualmente registra un numero di presenze pari a 87 detenuti, tra questi vi sono 25 islamici accusati di terrorismo internazionale, tutti in attesa di giudizio; la maggior parte delle persone recluse proviene da altre regioni, soprattutto da quelle settentrionali, il che rende i colloqui tra detenuti e familiari e le traduzioni molto gravosi;
a parte le infiltrazioni d'acqua riscontrate nei locali igienici, la struttura penitenziaria appare tutto sommato pulita ed in buone condizioni: all'interno della stessa le celle, costruite per ospitare una singola persona, ne contengono due, il che rappresenta un dato tutto sommato accettabile visto e considerato che il tasso di sovraffollamento presente negli istituti di pena italiani ad oggi ha raggiunto punte del 155 per cento;
circa il 60 per cento della popolazione detenuta è straniera; nonostante ciò nell'istituto di pena in questione è del tutto assente la figura del mediatore culturale (indispensabile per comunicare con le persone straniere), mentre i detenuti di fede musulmana continuano a lamentare forti difficoltà nel praticare il proprio culto religioso e nel seguire un'alimentazione conforme a quanto disposto dal proprio credo;
le celle sono sempre chiuse e oltre alle sbarre c'è la porta blindata che, solo nel periodo estivo, viene aperta per 15 centimetri per far circolare l'aria;
si effettuano corsi fino alle scuole medie, si sono tenuti in passato corsi di alfabetizzazione per stranieri e un corso di giardinaggio; ciò detto va però sottolineato

che nel carcere nuorese il fine del reinserimento sociale delle persone recluse mediante il lavoro è purtroppo frustrato dalla mancanza del lavoro stesso e dalla indisponibilità di attività qualificata all'interno del carcere, se è vero, come è vero, che sono appena venti i carcerati che a turno riescono a lavorare;
nell'istituto non è prevista alcuna iniziativa trattamentale, cosicché i detenuti sono continuamente chiusi in cella senza nemmeno la possibilità di svolgere la minima attività di socializzazione;
vengono inoltre lamentate evidenti carenze di personale civile (assistenti sociali, educatori e psicologi) e della polizia penitenziaria: per quanto riguarda gli agenti di polizia penitenziaria va segnalato che alla data della visita ispettiva ne risultavano operativi circa 70, ovvero 10 in meno di quanto stabilito dalla pianta organica. Peraltro in un momento in cui nel carcere sono presenti molti detenuti cosiddetti «speciali», di agenti in servizio ne servirebbero perlomeno venti in più rispetto al numero attuale (a breve è previsto il rientro in servizio di quattro agenti di polizia penitenziaria);
vi è un solo educatore in servizio, mentre l'altro risulta in maternità da un anno; una sola criminologa psichiatrica, alla quale se ne aggiunge una seconda che però presta servizio solo per otto ore al mese ed un solo medico in servizio, al quale si aggiunge una guardia medica operativa per non più di nove ore alla settimana;
l'istituto penitenziario di Macomer nasce come casa mandamentale negli anni '80, attualmente però è stato scelto, unico insieme ad altri due istituti di pena in Italia, per far parte del nuovo circuito AS2 (alta sicurezza di secondo livello), il che è avvenuto nonostante all'interno della predetta struttura l'amministrazione non sia tuttora in grado di garantire i livelli minimi di sicurezza atteso che (secondo quanto sostenuto dagli stessi agenti di polizia penitenziaria che vi prestano servizio): a) il numero delle guardie carcerarie è insufficiente; b) manca completamente il muro di cinta; c) le garitte sono inesistenti; d) non ci sono le auto blindate per i controlli esterni; e) il sistema di videosorveglianza per l'interno è guasto e deve ancora essere riattivato; f) lo stesso braccio per i detenuti pericolosi non è idoneo ad assicurare le condizioni di sicurezza per gli operatori, per i detenuti e per i cittadini di Macomer;
a tal proposito sul quotidiano La Nuova Sardegna del 10 luglio 2009 il segretario regionale del Sappe, Antonio Cocco, ha dichiarato: «Ufficialmente il sindacato non sa nulla della scelta di Macomer come carcere di Alta Sicurezza. Si parlava da tempo di una rimodulazione, ma quando questa è avvenuta nulla ci è stato detto, il che rappresenta un fatto gravissimo. Prima infatti quando si cambiava la destinazione di un carcere si facevano riunioni, commissione, sopralluoghi. Si discuteva, anche con il sindacato, che rappresenta chi dentro il carcere ci lavora e lavorandoci ne conosce i problemi e le criticità. Quando finalmente si decideranno a convocarci diremo che siamo completamente contrari alla scelta di Macomer come carcere di Alta Sicurezza. Per una serie di noti problemi logistici della struttura e soprattutto per una cronica carenza di personale, problema che affligge tutta l'isola. Basti pensare che le guardie penitenziarie hanno 60 mila giornate di congedo accumulate e non godute. E tremila giornate di riposo settimanale che non possono fare. E lo Stato, invece di mandarci nuovi agenti, ci manda nuovi detenuti. E non detenuti normali, ma complessi, che mettono a rischio la sicurezza degli agenti e dei cittadini»;
a giudizio degli interroganti occorre ripensare il tema dell'inserimento dei detenuti pericolosi (sotto forma di ventisette presunti terroristi islamici) in una struttura inadeguata come quella di Macomer attraverso interventi immediati e concreti che incidano sull'ampliamento degli spazi e sul potenziamento delle misure di sicurezza interne; in caso contrario si rischia seriamente di assistere ad un rapido aggravamento

della situazione di emergenza in cui versa l'istituto di pena sardo -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché nell'istituto di Macomer si svolgano le attività trattamentali volte al futuro reinserimento sociale dei detenuti come previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
se ritenga che il carcere di Macomer, nato come casa mandamentale negli anni '80, abbia attualmente tutte le caratteristiche necessarie per essere destinato a far parte del circuito alta sicurezza di secondo livello;
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato per risolvere la grave questione strutturale e logistica in cui versa l'istituto di pena di Macomer, situazione che compromette non solo il lavoro degli agenti, ma anche la stessa sicurezza del penitenziario, ciò soprattutto con riferimento alla recente decisione con la quale è stato stabilito di destinare il predetto carcere nel nuovo circuito alta sicurezza di secondo livello;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si vogliano attuare per porre rimedio alle gravi carenze del personale civile e della polizia penitenziaria, tenuto anche conto della recente rimodulazione della citata struttura penitenziaria in carcere di alta sicurezza;
quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire ai reclusi di fede musulmana la possibilità di poter praticare, all'interno dell'istituto di pena indicato in premessa, il proprio culto religioso nonché di potersi alimentare in modo coerente rispetto a quanto previsto dal loro credo.
(4-03665)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le principali strutture carcerarie sarde risalgono alla metà del XIX secolo e sono ancora operative, con adattamenti che non ne hanno modificato l'impianto e che non sono sufficienti a renderle adeguate alla loro funzione, soprattutto in relazione all'indispensabile azione di recupero dei detenuti, che richiedono spazi ed attrezzature non collocabili all'interno delle strutture esistenti;
il carcere cagliaritano di Buoncammino - visitato dalla prima firmataria del presente atto, insieme alla Segretaria dei Radicali Italiani, Antonella Casu, a Roberto Picchedda del Coordinamento Regionale Uil Penitenziari Sardegna, a Roberto Loddo dell'Associazione «5 Novembre» e ad Antonio Cerrone del Comitato nazionale dei Radicali Italiani, in data 11 luglio 2009 - ha una capacità regolamentare di 332 e tollerata di 469 posti; nonostante ciò attualmente registra un numero di presenze pari a 514 detenuti, dei quali 86 risultano essere stranieri e 128 in attesa di giudizio, sicché a causa del sovraffollamento la maggior parte delle celle è arrivata ad ospitare anche fino a sei individui;
il sovraffollamento è aggravato dalla mancanza di sufficienti spazi per la socialità, per il resto la struttura penitenziaria appare tutto sommato in discreto stato, luminosa ed ariosa in molte sue parti: all'interno della stessa c'è la possibilità di seguire corsi di scuola elementare e media, ci sono due campi di calcetto, una biblioteca ed una sala per il telelavoro, attualmente inattiva, dove però in passato sono stati impiegati due detenuti (si prevede che a breve potrebbe partire un progetto che ne potrà vedere impiegati sei);
il fine del reinserimento sociale delle persone recluse mediante il lavoro è frustrato dalla mancanza del lavoro stesso e dalla indisponibilità di attività qualificata all'interno del carcere, se è vero, come è vero, che sono appena 70 i carcerati che riescono a lavorare a turno;
gran parte delle persone recluse risulta inoltre affetta da gravi patologie, atteso che la predetta struttura penitenziaria

ospita 150 persone con sofferenze psichiatriche e 220 con problemi legati alla tossicodipendenza, di cui 12 sieropositivi;
l'elevato numero di reclusi portatori di gravi malattie rende ulteriormente difficile, presso il penitenziario di Buoncammino, la gestione degli spazi, già molto ristretti, in quanto occorrerebbe evitare i rischi di contagio;
vengono lamentate evidenti carenze di personale civile (assistenti sociali, educatori e psicologi) e della polizia penitenziaria: per quanto riguarda gli agenti di polizia penitenziaria va segnalato, oltre alla carenza di 60 unità, il fatto che vi sono da recuperare 17.000 congedi e 600 riposi; inoltre sono previsti, nel medio termine, circa trecento (mille in tutta la Sardegna) pensionamenti senza che siano previsti i necessari e corrispondenti reintegri;
al momento della visita alla struttura, all'interno dell'istituto di pena cagliaritano era presente anche un bambino di appena dieci mesi, il quale in pratica vive con la madre all'interno di una «cella nido» senza poter mai uscire dal luogo di reclusione; la situazione di bambini in tenera età costretti a vivere la loro vita all'interno di un carcere è francamente deplorevole; peraltro proprio il modesto numero (in assoluto) di detenute con bimbi in tenera età dovrebbe consentire una soluzione che, ferma restando la restrizione della libertà personale per la detenuta, consenta la permanenza in una struttura controllata e protetta che non sia lo squallore del carcere;
la sala per le registrazioni dei familiari che si recano ai colloqui è molto piccola, il che costringe i più «fortunati» a rimanere stipati per molte ore in attesa del proprio turno, mentre tutti gli altri si vedono costretti ad attendere fuori dalla struttura senza poter usufruire di alcuna forma di riparo;
a quanto consta agli interroganti, il Ministro è consapevole che all'interno dei vecchi penitenziari, per motivi oggettivi, non è possibile attuare in pieno quelle ristrutturazioni che il regolamento carcerario prevede, ed il carcere di Buoncammino appartiene certamente a questa categoria;
peraltro l'istituto di pena cagliaritano è l'unico carcere presente nell'area di Cagliari, all'interno della quale gravita oltre un terzo della popolazione sarda; incrementi di presenze, ad oggi, non sono oggettivamente possibili ed il trasferimento di detenuti in altre strutture, necessariamente molto distanti, crea difficoltà notorie nei rapporti dei reclusi con i propri familiari;
a tutto ciò si aggiunge, come sopra ricordato, una situazione degli organici di grave sottodimensionamento - problema già evidenziato dagli interroganti in precedenti atti di sindacato ispettivo - che costringe il personale a turni logoranti, ai quali è strettamente legato l'insorgere di situazioni di tensione all'interno delle strutture;
la situazione può degenerare in qualsiasi momento, creando situazioni difficilmente ricomponibili nel breve periodo ed un ulteriore senso di frustrazione nel personale; si rende pertanto necessario intervenire con urgenza sia sulla struttura che sulla dotazione del personale in servizio e dunque interessa conoscere agli interroganti quali misure siano state approntate in relazione ai problemi evidenziati presso il carcere cagliaritano di Buoncammino, con specifico riguardo alla gestione della popolazione carceraria che versa in precarie condizioni di salute ed alla convivenza tra questi detenuti e gli altri -:
quali dati aggiornati siano a disposizione del Governo in relazione alla situazione riscontrata presso il carcere di Buoncammino, a Cagliari, con particolare riguardo al numero di detenuti effettivamente presenti in ciascuna struttura, ai casi di sovraffollamento riscontrati e alla percentuale di reclusi portatori di patologie;

quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché nell'Istituto di Buoncammino si svolgano le attività trattamentali volte al futuro reinserimento sociale dei detenuti come previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori della casa di reclusione cagliaritana;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si vogliano attuare per porre rimedio ai problemi di gestione della convivenza tra detenuti in salute e ammalati, nonché alle carenze del personale civile e della polizia penitenziaria assegnati al carcere cagliaritano di Buoncammino;
se non si ritenga di elaborare un progetto per il ricovero delle detenute con bimbi in tenera età in strutture protette e controllate diverse dagli istituti di pena, per evitare l'immagine penosa di bambini costretti a vivere l'angustia del carcere.
(4-03666)

VITALI, LAZZARI, DISTASO, SISTO, CARLUCCI, BARBA, DI CAGNO ABBRESCIA, SAVINO, FRANZOSO, FUCCI, LISI, CASSINELLI, SBAI, TORRISI e CALABRIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 7 luglio 2009 l'agenzia Ansa batte la notizia relativa ad una inchiesta sulla sanità pugliese e scrive: «Il primo filone d'indagine - quello concluso oggi dal pubblico ministero Roberto Rossi - riguarda fatti che si sarebbero verificati tra il 2003 e il 2006, ma con addentellati più antichi che risalgono sino al 2000-2001». E aggiunge: «Il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bari, Roberto Rossi oggi ha depositato l'avviso di conclusione delle indagini per 23 persone indagate» accusate a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione e concorso in falso;
sulla stampa del giorno successivo, 8 luglio 2009, e in particolare su Repubblica Bari, non mancano dettagli sull'inchiesta, alcune frasi virgolettate apparentemente desunte da atti giudiziari, l'elenco dei nomi dei 23 indagati;
nella stessa giornata dell'8 luglio, l'agenzia Ansa batte la seguente notizia con dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano: «Il ritardo con cui è stata conclusa la prima delle quattro inchieste sulla sanità in Puglia è stato dovuto alla necessità di "evitare inquinamenti e sovrapposizioni" con le altre inchieste in corso e che riguardano in parte stesse persone e stessi meccanismi. Lo ha precisato oggi il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Emilio Marzano, in relazione alla inchiesta coordinata dal pubblico ministero Roberto Rossi che ha notificato nei giorni scorsi avvisi di conclusione delle indagini a 23 indagati, tra cui i due imprenditori Claudio e Gianpaolo Tarantini (al centro di altre inchieste su forniture sanitarie e anche di quella su festini e escort) e del coordinatore regionale del movimento politico «La Puglia prima di tutto», Salvatore Greco. (...) Il procuratore ha precisato che i fatti dell'inchiesta sono «risalenti nel tempo e si esauriscono tra il 2001 e il 2004». «Il ritardo - ha aggiunto - è comprensibile alla luce delle nuove inchieste in corso e per la possibilità di fare nuovi incroci e riscontri» e per evitare sovrapposizioni. Ha anche precisato che alcuni dei reati ipotizzati potrebbero essere prescritti»;
in un articolo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 9 luglio 2009 si legge poi: «il capo della Procura barese spiega che anche la formulazione della ipotesi di reato di associazione per delinquere "fino al 2009" risponderebbe ad esigenze di metodo legate al potenziale coordinamento con le altre inchieste sorelle: È una ipotesi di lavoro - ha aggiunto l'alto magistrato - che sul piano strettamente procedurale si inquadra in un atto, l'avviso di conclusione le indagini preliminari,

che non consiste nella articolazione dei capi di imputazione». Quindi è possibile che quella ipotesi associativa decada? Sul punto il capo della Procura non è esplicito;
stando a quanto dichiara il Capo della Procura di Bari, quindi, alcuni reati potrebbero essere prescritti, e altri, l'associazione a delinquere, sarebbero stati contestati per una mera questione «di metodo» per coordinare questa inchiesta con altre;
l'Ansa del 7 luglio 2009 parla di «fatti che si sarebbero verificati tra il 2003 e il 2006, ma con addentellati più antichi che risalgono sino al 2000-2011, mentre il Capo della Procura parla di fatti «risalenti nel tempo e che si esauriscono tra il 2001 e il 2004»;
ci si chiede come sia possibile che una inchiesta sia rimasta «aperta» dal 2004 al 2009, e se non sia grave che il pubblico ministero titolare dell'inchiesta abbia aspettato tanto tempo incorrendo nel rischio di prescrizione dei reati;
inoltre il Capo della Procura di Bari avrebbe dovuto chiedere conto a quel pubblico ministero dei motivi dei ritardi piuttosto che giustificarli;
appare altresì pesante l'affermazione del Capo della Procura in base alla quale un grave reato come quello dell'associazione a delinquere, viene contestato solo per «questioni di metodo» e per coordinare tra loro inchieste «sorelle», nel qual caso deriverebbe un gravissimo e inaccettabile danno di immagine e di onorabilità degli indagati -:
se il ministro non ritenga indispensabile ed urgente, avviare iniziative ispettive, in relazione a quanto espresso in premessa che al fine dell'individuazione delle responsabilità in ordine ai gravi comportamenti descritti.
(4-03677)