Allegato B
Seduta n. 205 del 21/7/2009
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il 15 maggio 2009 Telecom Italia Media ha ceduto a Sviluppo Programmi Editoriali, società controllata dal Gruppo A.BE.T.E, il 60 per cento di Telecom ai Media News, controllante l'agenzia di stampa Apcom;
Telecom Italia Media, nel cedere per un prezzo simbolico la maggioranza delle azioni, ha inoltre immesso capitali freschi per dieci milioni e mezzo di euro per dare tempo e mezzi al nuovo entrante per il «risanamento»;
i ricavi dell'agenzia di stampa, secondo quanto ha riferito il nuovo amministratore delegato al Comitato di redazione, cioè alla rappresentanza sindacale aziendale dei giornalisti di Apcom, sono in crescita per almeno due milioni di euro nell'esercizio 2009;
anche il costo del personale è stimato dal management già in calo di due milioni circa, in rapporto al bilancio 2008;
il gruppo A.BE.T.E. è già proprietario dell'agenzia Asca: beneficia quindi due volte dei fondi per l'editoria della Presidenza del Consigli dei ministri;
il 23 giugno 2009 l'azienda ha comunicato al Comitato di redazione l'intenzione di intraprendere un percorso di contenimento dei costi che prevede una riduzione dell'organico di 30 giornalisti, più del 30 per cento del corpo redazionale, obiettivo da raggiungere innanzitutto per effetto della scadenza dei contratti a termine, in violazione di un accordo di stabilizzazione siglato nel dicembre 2006 tra azienda e sindacato che prevedeva la regolarizzazione dei giornalisti precari dell'agenzia entro il 2010;
nella stessa comunicazione al Comitato di redazione, l'azienda ha prospettato l'avvio delle procedure per lo stato di crisi e conseguente ricorso agli ammortizzatori sociali, quali la Cassa integrazione guadagni straordinari;
l'azienda ha giustificato le sue intenzioni adducendo prima una «sopravvenuta e imprevista situazione di crisi» - singolare di fronte al fatto che, avendo appena acquisito il pacchetto di maggioranza dell'agenzia il gruppo Abete aveva certamente avuto modo di visionarne i bilanci - e, successivamente, una «sopravvenuta ed imprevista crisi generale del nostro Paese», nonostante l'operazione di acquisizione del 60 per cento di Tm News-Apcom si sia realizzata nel maggio scorso, quando gli effetti della crisi finanziaria mondiale erano palesi ormai da molti mesi;
analoga situazione di crisi riguarda l'Agenzia Dire. In data 30 giugno 2009, è stato diramato un comunicato ufficiale dell'azienda in cui si comunica che «si è riunita oggi l'assemblea dei soci della Dire sc, che ha approvato il Bilancio 2008 - chiuso con un deficit di 1,2 milioni di euro, interamente ripianato - e il piano di rientro per l'anno in corso, e i successivi, proposto dal cda della cooperativa. L'obiettivo è infatti quello di perseguire il pareggio strutturale dei conti fin dal 2009, vista l'impossibilità per la cooperativa - che si trova a dover proseguire l'attività facendo leva sui propri mezzi, e non altro - di poter andare avanti con costi molto superiori alle entrate. Si è dunque deciso di procedere con il non rinnovo del contratto di distacco dei redattori presso l'agenzia Dire e la cessazione della pubblicazione del notiziario sportivo, tenendo conto dei contratti in essere. Il notiziario sportivo era uno dei centri di costo sotto esame - e quindi passibile di interventi o sull'organico o sull'intero servizio - in base all'accordo siglato coi sindacati e la
Fieg nel luglio 2008 e risultato con uno sbilancio fra costi e entrate non più sostenibile per Dire s.c., nonostante gli sforzi fatti anche negli ultimi 12 mesi per accrescere il numero di contratti e abbonati a Dire Sport;
il Cda e l'assemblea dei soci di Dire s.c. hanno verificato la volontà dell'azienda titolare dei contratti di lavoro dei redattori il cui distacco non è stato rinnovato di farsi carico dei redattori stessi e, a oggi, non risultano i «licenziamenti di massa» paventati nei giorni scorsi da più parti, fatta salva ovviamente l'autonomia gestionale e decisionale di una società diversa da Dire s.c. L'assemblea dei soci di Dire s.c. ha poi preso atto della possibilità - data dal proprio bilancio e salvaguardata sempre la compatibilità economica fra entrate e uscite - di rafforzare l'organico con l'assunzione diretta in Dire s.c. di 8 redattori, con regolari contratti giornalistici, il che porta il numero di redattori dell'agenzia Dire in pianta organica a 22. È quindi confermata la realizzazione quotidiana di tutti gli altri notiziari Dire; Politico-parlamentare, Ambiente, Welfare-Dires, regionale Lazio e regionale Emilia-Romagna. Anche in questo caso, vengono smentite le notizie uscite sui mezzi di informazione e le voci alimentati internamente ed esternamente all'agenzia, di chiusura della Dire, che viceversa prosegue la sua attività. Spetterà ora al direttore presentare un piano editoriale in grado di confermare la presenza dell'agenzia Dire nel settore dell'informazione, anche attraverso scelte editoriali tali da portare alla realizzazione di notiziari originali, diversi e il più possibile non omologabili a quelli esistenti, con una forte sinergia con lo sviluppo multimediale. (...)»;
a fronte di queste decisioni, il Consiglio nazionale della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) ha espresso solidarietà ai colleghi dell'Agenzia Dire, in particolare a quelli ai quali «è stato comunicato che il loro posto di lavoro potrebbe non esistere più. L'assemblea dei soci della cooperativa Dire - informa la Fnsi - ha infatti disdetto il contratto che la legava alla Dire New Srl, società con la quale sono contrattualizzati la maggioranza dei giornalisti dell'Agenzia. Il Consiglio Nazionale respinge con sdegno una prassi totalmente al di fuori delle regole sindacali e (...) denuncia il tentativo di effettuare una ristrutturazione societaria a spese dei posti di lavoro»;
anche l'associazione Stampa romana ha denunciato la situazione, sottolineando come dietro l'ufficiale mantenimento dei posti di lavoro si celi, invece, un licenziamento di fatto. La stampa romana afferma, infatti, che «dieci colleghi sono stati confinati in una scatola vuota, la Dire New, alla quale due anni fa erano stati ceduti i loro contratti di lavoro. Questo sedicente "service editoriale" non ha una testata, non ha committenti, non ha nemmeno una sede dove collocare fisicamente i dieci colleghi che da ieri, primo luglio, si sono visti cancellare i loro posti di lavoro all'Agenzia Dire. (...) Si è semplicemente operata una riduzione di organico parcheggiando dieci colleghi in una società, guarda caso, passata sotto il controllo di quel Federico Bianchi di Castelbianco fino a qualche settimana fa socio di riferimento della cooperativa Dire, poi dimessosi da ogni incarico e ora amministratore unico della "scatola vuota" di Dire New. Un gioco delle tre carte, del quale il sindacato valuterà attentamente la legalità, di cui sono stati vittima dieci colleghi» -:
se e quanti contributi pubblici riceva la suddetta agenzia di stampa;
se e come il Governo intenda intervenire per salvaguardare i posti di lavoro e se siano stati effettuati tutti i necessari controlli per verificare che gli ammortizzatori sociali siano utilizzati per reali esigenze di ristrutturazione dell'azienda e se la stessa sia avvenuta nel pieno rispetto della normativa nazionale;
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione ad un simile drastico piano di licenziamenti, anche in considerazione del fatto che il gruppo editoriale beneficia di finanziamenti pubblici.
(2-00431) «Sereni, Bressa».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento lituano ha approvato il 14 luglio 2009 gli emendamenti della legge sulla tutela dei minori contro effetti negativi della pubblica informazione. La legge afferma che «un effetto negativo sullo sviluppo dei minori» è causata da «informazioni pubbliche riguardanti i rapporti omosessuali» e che l'informazione su questi temi «sfida i valori della famiglia». Tale disposizione pone le informazioni sull'omosessualità alla pari di quelle sulle questioni come la rappresentazione di violenza fisica, i casi di violenza con lesioni irreversibili e addirittura l'istigazione al suicidio. La legge fa espressamente divieto alla diffusione di informazioni sull'omosessualità, in particolare se questa può essere letta da parte dei minori;
il Presidente della Lituania, che ha posto il veto alla legge in quanto il testo approvato è stato redatto in termini vaghi e poco chiari, ha chiesto al Parlamento di riconsiderare tale votazione e ha chiesto garanzie riguardo un nuovo testo e che sia conforma «ai principi costituzionali dello Stato di diritto, la certezza del diritto, e di chiarezza giuridica e che il testo non sia in conflitto con le garanzie di una società aperta e pluralistica della democrazia»;
alcune Ong dei diritti umani e alcuni deputati europei hanno chiesto più volte alle istituzioni dell'Unione europea di intervenire per rivedere il progetto di legge prima della sua approvazione; peraltro è stato fatto anche un ricorso alla Corte costituzionale. Inoltre gli emendamenti al codice penale e amministrativo saranno esaminati in autunno, gli stessi prevedono la criminalizzazione, da parte di privati o persone giuridiche, di chi «propaga l'omosessualità» nelle aree pubbliche; tali proposte prevedono sanzioni amministrative con multa fino a 1.500 euro, o addirittura l'arresto;
tale legge, e gli emendamenti ad essa collegati, secondo gli interroganti sono incompatibili con i diritti umani e le libertà fondamentali delle persone, sanciti anche dalle Convenzioni Internazionali ed europee e in particolare con la libertà di espressione che, include il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni, e che è incompatibile con il diritto comunitario e le politiche in materia di lotta contro la discriminazione;
tale legge appare inoltre in contraddizione con la Carta dei diritti fondamentali, con l'articolo 6 del TUE e l'articolo 13 del trattato CE, vale a dire i valori fondamentali su cui si fonda l'Unione europea -:
quali siano gli intendimenti del Governo sul fatto sopra descritto;
se il Governo italiano, di concerto con quelli europei, firmatari della proposta di depenalizzazione dell'omosessualità presso la Commissione Diritti Umani dell'Onu, intende avviare iniziative nei confronti del Governo lituano affinché venga eliminata questa vera e propria forma di persecuzione di Stato nei confronti delle persone omosessuali;
come intenda muoversi il Governo italiano al fine di assicurare che la Lituania rispetti i suoi obblighi nel quadro dei Trattati europei e nell'ambito del diritto internazionale e se intende sostenere l'attivazione, se necessario, della procedura di cui all'articolo 7 del trattato sull'Unione europea nei confronti della Lituania.
(5-01651)
LIBÈ, CERA e DIONISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si sono conclusi in Campania i lavori della Commissione parlamentare
di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nel territorio campano, che ha effettuato sopralluoghi e approfondimenti sui luoghi e gli impianti in cui vige attualmente la fase di emergenza straordinaria;
dalle visite effettuate ad un anno dal varo del piano di emergenza straordinaria predisposto dal Governo per superare definitivamente l'emergenza presente nel territorio campano e segnatamente nella provincia di Napoli, pur riscontrandosi alcuni passi in avanti nella risoluzione della problematica in particolare nella provincia di Salerno, restano invece forti criticità nell'hinterland napoletano e in provincia di Caserta;
nello specifico, da quanto risulta dai sopralluoghi effettuati si evidenziano problematiche legate alla presenza di enormi ammassi di rifiuti che si presentano a macchia di leopardo diffusamente sul territorio e, inoltre, numerose ecoballe aperte con una dispersione di liquami pericolosi a cielo aperto che si spargono sui terreni con tutte le conseguenze per l'ambiente circostante;
ulteriore criticità denunciata è quella relativa alla mancanza di chiarezza riguardo allo smaltimento delle tonnellate di rifiuti stoccate nei diversi siti e al luogo in cui finiscano le quantità di materiale organico derivante dalla selezione degli impianti di compostaggio;
il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'emergenza rifiuti in Campania, Guido Bertolaso, a fronte della richiesta avanzata recentemente da alcuni amministratori locali di diluire i tempi del passaggio dei poteri, dando ancora un anno di vita al commissariamento, ha espresso la sua contrarietà, affermando come l'impegno del Governo sia quello di far cessare la fase emergenziale in Campania entro il termine della fine del 2009 fissato dalla legge -:
quale sia ad oggi la reale consistenza degli interventi effettuati in Campania per far fronte alla risoluzione dell'emergenza in atto, in particolar modo in relazione allo smaltimento delle ecoballe presenti diffusamente nel territorio campano.
(5-01656)
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a Viterbo moltissimi cittadini riuniti nel Comitato «coipiediperterra» e sostenuti da illustri scienziati, cattedratici, personalità delle istituzioni e dell'impegno civile, si oppongono alla decisione di realizzare nell'area termale del Bulicame un mega-aeroporto delle dimensioni atte ad accogliere un volume di traffico di vari milioni di passeggeri all'anno;
si tratterebbe di un'opera che, a giudizio del suddetto Comitato, è del tutto priva dei requisiti di legge e del tutto irrealizzabile alla luce della situazione reale dell'area e dei vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali in essa presenti;
in una recente comunicazione agli amministratori locali il Comitato dei cittadini che si oppongono all'opera ha elencato i seguenti effetti della realizzazione di un mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo:
impatto locale sull'ambiente: devastazione dell'area termale del Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, economico, sociale e simbolico peculiare e insostituibile;
impatto sanitario sulla popolazione viterbese: gravissimi danni alla salute, alla sicurezza, alla qualità della vita;
impatto sanitario sulla popolazione dell'Alto Lazio: cumulandosi il mega-aeroporto con le altre gravosissime servitù già
presenti (in particolare il polo energetico Civitavecchia-Montalto) la sinergia dei fattori di inquinamento incrementerà danni, disagi e patologie;
impatto sanitario globale: essendo il trasporto aereo fortemente inquinante, ogni suo aumento si traduce in danno certo alla salute;
impatto sociale su Viterbo: il mega-aeroporto non solo costituirà una profonda aggressione alla salute e alla sicurezza delle persone, ma provocherà anche un grave degrado della qualità della vita, una forte lesione a fondamentali diritti dei cittadini, un grave danno all'economia e alla società, il collasso delle infrastrutture del trasporto locale (già gravemente insufficienti), la distruzione di beni ambientali, culturali, agricoli, terapeutici, ricettivi, produttivi, scientifici;
impatto sociale sull'Alto Lazio: accumulo di servitù ed effetto sinergico dei fattori di rischio e di depauperamento e degrado del territorio e della sua economia;
impatto politico locale: la devastazione del territorio, l'avvelenamento dei cittadini, la distruzione di fondamentali beni comuni, la violazione di fondamentali diritti della popolazione, sommati alla palese illegalità dell'opera, esporranno ancor più il territorio e la comunità locale al degrado civile e alla violenza di poteri speculativi e criminali;
impatto globale sull'ambiente: essendo il mega-aeroporto finalizzato all'incremento del trasporto aereo complessivo, esso contribuirà ad accrescere l'inquinamento e l'effetto serra, responsabile dei mutamenti climatici che stanno mettendo in pericolo il futuro dell'umanità e gli equilibri della biosfera;
costo dell'opera: non solo il mega-aeroporto a Viterbo è del tutto in contrasto con le norme vigenti, ma per realizzarlo verrebbero sperperate ingenti risorse pubbliche (che pertanto verrebbero altresì sottratte ad opere e servizi realmente utili e fin indispensabili per la popolazione);
il suddetto Comitato, già lo scorso anno in una lettera al Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008 (disponibile, come molti altri documenti, nel sito internet www.coipiediperterra.org) segnalava, tra l'altro, che: «la realizzazione a Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost avrebbe i seguenti inaccettabili e disastrosi esiti:
a) grave nocumento per la salute della popolazione, come dimostrato dal documento dell'Isde (International Society of Doctors for the Environment-Italia) del 18 marzo 2008;
b) grave devastazione dell'area termale del Bulicame, peculiare bene naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e simbolico, già citato da Dante nella Divina Commedia ed elemento fondamentale dell'identità di Viterbo;
c) grave impatto su un rilevante bene archeologico come l'emergenza in situ del tracciato dell'antica via consolare Cassia, come ammesso dall'assessore e vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino;
d) grave impatto inquinante sull'Orto botanico dell'Università degli Studi della Tuscia, bene scientifico, di ricerca e didattico di cospicua rilevanza;
e) grave impatto inquinante sulle colture agricole - di qualità e biologiche - insistenti nell'area maggiormente investita;
f) grave danno economico per la città con deprezzamento di attività, esercizi ed immobili;
g) conflitto con attività ed esigenze di interesse strategico nazionale dell'Aeronautica Militare, come evidenziato da ultimo dal «Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile» in un recente documento diffuso il 2 agosto 2008, in cui si afferma testualmente «l'incompatibilità tra l'intensa attività di aviazione civile commerciale e la permanenza di un'attività di volo militare importante - quella della Cavalleria dell'Aria - che rende Viterbo tra gli aeroporti militari di
primaria importanza strategica (come fissato da un recente decreto)» e come già precedentemente puntualmente segnalato nella seduta del Consiglio comunale di Viterbo del 25 luglio 2008;
h) immenso sperpero di fondi pubblici per un'opera nociva e distruttiva, quando Viterbo e l'Alto Lazio hanno bisogno di ben altri interventi della mano pubblica: e particolarmente di un forte sostegno a difesa e valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dell'agricoltura di qualità, delle peculiari risorse locali; e per quanto concerne la mobilità un forte sostegno al trasporto ferroviario (riaprendo la linea Civitavecchia-Capranica-Orte; potenziando la linea Viterbo-Orte; potenziando la linea Viterbo-Capranica-Roma);
i) aggravamento di una condizione di servitù per l'Alto Lazio, territorio già gravato da pesantissime servitù energetiche, militari e speculative e da fenomeni di inquinamento ed aggressione criminale alla salute, alla sicurezza e alla qualità della vita dei cittadini;
l) concreto pericolo che l'opera veicoli interessi ed affari non trasparenti, conflitti di interessi in figure investite di ruoli e funzioni istituzionali, operazioni economiche illecite e penetrazione dei poteri criminali, come segnalato da autorevoli figure istituzionali;
m) infine, poiché il punto di riferimento da parte dei promotori dell'opera è il sedime di Ciampino e l'attività che in esso si svolge, si rileva come proprio la situazione di Ciampino sia insostenibile e gravemente lesiva dei più elementari diritti della popolazione locale, ed è quindi evidentemente scandaloso voler «ciampinizzare» un'altra città (occorre invece una drastica e immediata riduzione dei voli su Ciampino)».
Inoltre, sempre ad avviso del suddetto Comitato:
l'opera è tuttora priva di adeguata progettazione, anzi della stessa precisa definizione di collocazione e dimensioni, come ammesso dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo nella parte narrativa dell'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008 in cui si afferma testualmente che «devesi fare presente che a tutt'oggi non si conoscono né la lunghezza della pista che potrebbe arrivare a superare i 3000 metri, né il suo orientamento»; peraltro il già citato «Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile» ha rilevato «l'impossibilità oggettiva - dimostrata dagli studi del nostro centro - di allungare la pista di almeno altri due chilometri mantenendone l'orientamento e, tanto meno, di smantellare l'attuale per costruirne altra - come sostenuto da ambienti dell'assessorato al volo - disassata di 10 gradi verso nord o sud»;
l'opera confligge con il Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia, come riconosciuto dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo con l'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008;
l'opera è totalmente priva di fondamentali verifiche e di fondamentali requisiti previsti dalla legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica, Valutazione d'impatto sulla salute;
il «Centro studi Demetra» nella sua ampia ricognizione del 18 gennaio 2008 ha rilevato come la relazione ministeriale del novembre del 2007 presenta vistose lacune in punto di diritto e di fatto che hanno dato luogo ad una serie di atti ministeriali che «risultano palesemente affetti da gravi vizi di illegittimità sotto il rilevato profilo dell'eccesso di potere per carenza dell'istruttoria tecnica condotta dalla commissione istituita presso il Ministero dei Trasporti»;
la citata relazione ministeriale ignora del tutto il fatto che il sedime indicato ricade nel cuore dell'area termale del Bulicame e a ridosso di emergenze archeologiche, naturalistiche, scientifiche, culturali, agricole, terapeutiche, economiche ed insediative tali da rendere l'opera ipso facto irrealizzabile;
la compagnia aerea Ryan Air - che nelle dichiarazioni dei proponenti l'opera avrebbe dovuto essere il soggetto imprenditoriale maggior fruitore della nuova struttura aeroportuale - ha esplicitamente dichiarato di non intendere affatto trasferire la sua attività nell'eventuale scalo viterbese (intervista trasmessa dalla Rai il 27 aprile 2008, nell'ambito del programma «Report») -:
se quanto rilevato e denunciato dal Comitato dei cittadini che si oppongono alla costruzione del mega-aeroporto abbia elementi di fondatezza e, in tal caso, quali iniziative intenda assumere il Governo per impedire che i rilevanti beni naturalistici, culturali, terapeutici ed economici dell'area termale del Bulicame siano fortemente pregiudicati dalla costruzione dell'opera.
(4-03656)
SARUBBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 16 luglio 2005 la Federazione internazionale del nuoto assegna all'Italia l'organizzazione della 13a edizione dei mondiali di nuoto;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 ottobre 2005, i mondiali di nuoto sono dichiarati «grande evento» (decreto-legge n. 343 del 2001). Con successiva ordinanza n. 3489 del 29 dicembre 2005 vengono emanate le «Disposizioni urgenti per lo svolgimento nel territorio della provincia di Roma dei mondiali di nuoto Roma 2009» e quindi, nominato un commissario delegato. In base a questa ordinanza, al commissario viene demandato di «approvare, nel quadro della pianificazione urbanistica decisa dal Comune di Roma e di intesa col medesimo, il piano delle opere e degli interventi occorrenti funzionali allo svolgimento del "grande evento" (...) che costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici oltre che approvazione del vincolo preordinato all'esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità urgenza ed indifferibilità degli interventi previsti» (articolo 1, comma 2, lettera a)»;
l'ordinanza n. 3489 viene successivamente modificata dall'ordinanza n. 3508 del 2006, prevedendo che il Commissario delegato possa definire anche «gli interventi occorrenti per l'adeguata implementazione delle strutture sportive esistenti di proprietà pubblica e privata, funzionali alla celebrazione del "Grande evento" (...) anche in deroga alla vigenti previsioni urbanistiche d'intesa con l'assessore all'urbanistica del comune di Roma»;
la delibera del comune di Roma, n. 85 del 21 maggio 2007, recepisce l'ordinanza n. 3489 e le modifiche successive e definisce gli indirizzi per l'intesa con il commissario delegato ai fini dell'approvazione del piano delle opere e degli interventi in vista dei mondiali di nuoto - Roma 2009. In essa si delega, fra l'altro, l'assessore all'urbanistica ad esprimere parere ai fini dell'intesa con il commissario delegato anche per la realizzazione di ulteriori strutture sportive, nel rispetto di alcuni criteri fra i quali:
la compatibilità con i vincoli paesistici, storici e ambientali vigenti sul territorio;
la subordinazione del nulla osta per gli interventi alla sottoscrizione di atto d'obbligo di ultimazione lavori, collaudo e omologazione al 31 marzo 2009;
il mantenimento in uso permanente per attività sportive, con convenzioni particolari rivolte ad attività dilettantistiche, alle scuole e alle associazioni del territorio nonché la conclusione di una specifica convenzione con il comune per un uso pubblico agevolato;
per ciò che concerne l'uso delle foresterie, destinate ad ospitare gli atleti sia nei poli natatori che in alcuni impianti privati, la delibera orienta la disciplina della loro gestione e tariffazione a consentire l'uso delle strutture per il turismo
a basso costo, sportivo, giovanile, familiare, considerato l'interesse a favorire il turismo giovanile e sportivo anche laddove non direttamente legato ai grandi eventi;
la delibera, in particolare, assegna la gestione dei poli natatori pubblici (Ostia, Pietralata, Valco San Paolo) alla Federazione italiana nuoto ponendo alcune condizioni:
divieto di sub concessione da parte della Federazione italiana nuoto;
il passaggio diretto di gestione al Comune di Roma nel caso in cui la Federazione italiana nuoto non riuscisse a gestire direttamente gli impianti;
con il cambio di amministrazione comunale, tanto il piano delle grandi opere (ordinanza 3489) che quello di implementazione delle strutture sportive esistenti (ordinanza 3508) vengono modificate dal commissario delegato che, in alcuni casi, concede come previsto deroghe alle previsioni urbanistiche comunali ma senza l'intesa con l'assessore all'urbanistica del comune di Roma, come imposto invece dall'ordinanza n. 3489;
questa violazione porta la magistratura ad aprire un'inchiesta giudiziaria sulle decisioni del commissario delegato. In particolare, vengono posti sotto sequestro il Salaria Sport Village, lo Sport City, il Flaminio Sporting Club e il Canottieri Tevere Remo. Sotto indagine finiscono anche il Babel (centro sportivo edificato a ridosso della tenuta presidenziale di Castel Porziano) e il Polo natatorio di Ostia;
a seguito di questi fatti il Presidente del Consiglio dei ministri emette una nuova ordinanza, n. 3787 del 30 giugno 2009, che emenda l'ordinanza n. 3489 e le sue successive modificazioni. In particolare, al comma 2 dell'articolo 1, si stabilisce che «si prescinde dall'intesa con l'assessore all'urbanistica e dal parere della Giunta comunale di Roma relativamente agli interventi per i quali la deroga alle previgenti previsioni urbanistiche e al previgente regolamento edilizio è contenuta entro i limiti consentiti dall'articolo 14, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 (...). L'assenso del Commissario delegato e, ove necessario, l'intesa con l'assessore all'urbanistica o il conforme parere della Giunta comunale di Roma tengono luogo del permesso di costruire, con gli effetti di cui all'articolo 45, comma 3, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. L'assenso del Commissario delegato tiene altresì luogo delle autorizzazioni di cui agli articoli 146 e 147 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». Si tratta evidentemente di un tentativo di «sanare» le decisioni assunte dal commissario delegato che avevano causato l'avvio dell'inchiesta giudiziaria. Nella nuova delibera, tra l'altro, si equiparano gli interventi e le autorizzazioni valevoli per i complessi privati a quelle per i pubblici;
in tutto questo, i costi di costruzione degli impianti previsti per le grandi opere sono lievitati: il Polo natatorio di Pietralata aveva un importo di aggiudicazione d'asta di euro 10.272.815,11 mentre il costo attuale è di euro 13.879.947,90; il Polo natatorio di Valco San Paolo è stato aggiudicato per euro 10.185.682,26, mentre i costi attuali sono di euro 16.139.601,13, nonostante lo stralcio dal progetto originario di entrambe le foresterie. Il Polo natatorio di Ostia, invece, prevede attualmente una spesa di euro 25.939.169,02 a fronte dell'importo di aggiudicazione che era pari a euro 13.222.211,08. Il totale della lievitazione dei costi ammonta quindi a euro 22.278.009,9, senza contare i circa 8 milioni imputabili allo stralcio delle foresterie;
le strutture sportive private funzionali allo svolgimento del «grande evento» hanno accesso al credito sportivo che, come noto, ha un tasso di interesse notevolmente agevolato grazie all'intervento dello Stato tramite il CONI. Inoltre, avendo il commissario delegato dichiarato in data 6 febbraio 2009 l'interesse pubblico anche delle strutture private, non è stato richiesto il pagamento degli oneri accessori e di urbanizzazione;
fra tutti gli impianti, pubblici e privati, attualmente risulta completato il solo Canottieri Aniene. In diversi siti invece non risultano avvenuti i collaudi, mentre gli atleti hanno già iniziato ad allenarvisi. Sembra chiaro che molti degli impianti previsti non saranno completati entro l'inizio dei mondiali e non sono, e non saranno, utilizzati per la manifestazione o lo saranno soltanto in minima parte, in misura comunque tale da non giustificare l'entità dell'investimento pubblico. Infine c'è da sottolineare che alcune delle strutture finanziate non sono in nessun modo funzionali alle discipline previste da un mondiale di nuoto -:
quale sia l'ammontare esatto delle risorse pubbliche destinate alla realizzazione degli impianti privati funzionali allo svolgimento dei mondiali di nuoto - Roma 2009, fra trasferimenti diretti e reddito sportivo, e quale sia inoltre l'entità di fondi della Protezione civile impiegati per l'evento;
quante e quali siano le strutture utilizzate effettivamente per la manifestazione, fra piscine e foresterie pubbliche e private, e se non siano stati realizzati, con i fondi e le modalità previste per gli impianti destinati allo svolgimento dei mondiali di nuoto, strutture non utili a questa finalità;
se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di dover garantire e favorire l'utilizzo pubblico delle strutture costruite o ampliate (tramite tariffazioni agevolate degli impianti sportivi; convenzioni con associazioni di volontariato e scuole; usufrutto gratuito in alcune giornate ai municipi; e altro) soprattutto laddove gli impianti costruiti con le agevolazioni straordinarie previste dalle diverse ordinanze, risultino non funzionali o non utilizzate nello svolgimento dei mondiali di nuoto - Roma 2009;
se il Governo non ritenga, in particolare, di intervenire per garantire che l'utilizzo delle foresterie pubbliche sia volto a potenziare il turismo sportivo e di basso costo di cui il territorio romano è attualmente sprovvisto e di fare in modo che le foresterie private, che non risulteranno utilizzate per i mondiali di nuoto, siano indirizzate al medesimo utilizzo.
(4-03667)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 aprile 2009, alle ore 12.34, nel corso di una delle ricorrenti ma non eccezionali piene del fiume Po, è crollata un'intera campata del ponte stradale (strada statale 9) che collega le province di Lodi e Piacenza;
già a partire dal 1o luglio 2009 su diversi quotidiani locali è stata diffusa la notizia che tra le 16 persone indagate dalla procura della Repubblica di Lodi per i reati di disastro colposo e lesioni colpose vi è l'ingegnere De Lorenzo, capo del compartimento regionale Anas della Lombardia che, evidentemente, aveva esercitato alcune responsabilità tecniche e tecnico-amministrative nell'ambito dei controlli e dei lavori di manutenzione del ponte crollato;
dal sito della Protezione Civile si apprende, sulla base di un comunicato stampa, del 15 luglio 2009, che «Su proposta del Capo Dipartimento della Protezione Civile, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato oggi un'ordinanza contenente misure urgenti riguardanti il ponte sul fiume Po, tra San Rocco al Porto e Piacenza, crollato lo scorso 30 aprile. L'Ordinanza prevede la nomina del Capo Compartimento regionale Anas Lombardia», cioè proprio l'ingegner De Lorenzo, «a Commissario delegato, con il compito di provvedere in termini di somma urgenza alla demolizione del ponte crollato e alle attività finalizzate alla progettazione e ricostruzione dell'infrastruttura» e che «Al fine di assicurare i collegamenti tra la sponda lodigiana e quella piacentina nel periodo necessario agli interventi di ricostruzione,
il Commissario delegato è inoltre chiamato a provvedere tempestivamente alla realizzazione di un ponte provvisorio»;
dalle indiscrezioni giornalistiche risulterebbe quale progettista del nuovo Ponte tra le province di Lodi e Piacenza, quale consulente esterno, il professor ingegnere Michele Mele che risulta essere perito di parte della Difesa nel sopra citato procedimento -:
se i fatti narrati in premessa corrispondono al vero;
se, a seguito del crollo del ponte, è stata avviata anche un'indagine interna al fine di accertare eventuali responsabilità amministrative nella fase di predisposizione e affidamento dell'appalto e dei relativi capitolati tecnici di manutenzione del ponte oggetto del crollo nonché di vigilanza sulla loro esecuzione e quali ne siano gli esiti e se sia stata eventualmente valutata l'opportunità di trasmettere gli atti alla Corte dei conti;
sulla base di quali presupposti sia stato affidato tale incarico proprio al Dirigente del compartimento Anas ingegner De Lorenzo e al progettista professor Mele ancor prima del completamento dell'accertamento delle eventuali responsabilità, anche di natura penale, in ordine al crollo del ponte;
se non si intenda revocare o sospendere tale incarico affidato in attesa del completamento degli accertamenti, penale ed amministrativo, ed individuare altre persone estranee alla precedente gestione manutentiva del ponte crollato tra province di Piacenza e Lodi.
(4-03675)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 15 luglio 2009 i sindacati di polizia hanno congiuntamente diramato il seguente comunicato dal titolo «Sicurezza - DPEF: ennesimo inganno del Governo al personale del comparto sicurezza e difesa»:
«Questa mattina a Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri ha approvato il D.P.E.F. senza alcun confronto preventivo con i rappresentanti del personale del comparto sicurezza e difesa, dimostrando, ancora una volta, assoluto disinteresse verso gli uomini e le donne che operano in questo importante e delicato settore lavorativo.
La decisione assunta, per le modalità ed i tempi in cui si è sviluppata, non può che essere interpretata come un chiaro ed inequivocabile atto politico di estrema gravità, che non può essere ascritto in alcun modo ad un mero "incidente" ma come conseguenza diretta di una presa di distanze dal personale delle forze di polizia.
La mancata convocazione preventiva a Palazzo Chigi dei rappresentanti delle forze di polizia, costituisce peraltro una palese violazione di una specifica norma del decreto legislativo n. 195/95 che impegna il Governo alla convocazione per un preventivo incontro con le parti sociali prima della presentazione ed approvazione del DPEF.
Il tentativo maldestro posto in essere dal Governo su precisa sollecitazione di ambienti militari di convocare le rappresentanze del personale dopo l'approvazione del DPEF da parte del Consiglio dei ministri, costituisce un ulteriore sgarbo istituzionale ed un rimedio peggiore del male in quanto, oltre a non essere rispettoso delle norme, offende anche la dignità degli operatori della sicurezza e non è rispettoso del ruolo di rappresentanza del personale.
Molti ed eminenti rappresentanti del Governo, anche in occasione di recenti ed importanti eventi internazionali, non hanno lesinato dichiarazioni alla stampa per lodare l'operato degli appartenenti alle forze dell'ordine e alle forze armate, ma una volta spente le luci dei riflettori, la realtà dimostra la mancanza di volontà di avere un confronto con i sindacati di polizia in un momento così importante e
decisivo come la fase di predisposizione del DPEF con la programmazione e previsione degli stanziamenti economici per l'anno successivo.
Ancora una volta gli uomini e le donne delle forze di polizia sono stati ingannati da chi ha sempre verbalmente dichiarato vicinanza, attenzione e sensibilità verso questo mondo.
Dopo l'approvazione della manovra finanziaria triennale dello scorso anno dove sono stati effettuati consistenti tagli di risorse economiche sulla sicurezza, si era creduto alle promesse fatte dal Ministro della funzione pubblica che, a nome del Governo, aveva invitato i rappresentanti sindacali ad avere pazienza in quanto "dopo la somministrazione delle necessarie medicine e degli antibiotici per curare il bilancio dello Stato" con la Finanziaria di quest'anno l'Esecutivo avrebbe somministrato al comparto sicurezza e difesa "le vitamine".
Dobbiamo rilevare un'incomprensibile atteggiamento di ostilità da parte del Governo nei confronti degli operatori del mondo della sicurezza.
Per queste ragioni le scriventi organizzazioni sindacali che rappresentano il 100 per cento degli uomini e le donne della Polizia di Stato, con una scelta politica coerente alle azioni poste in essere dall'Esecutivo, hanno deciso di non partecipare alla riunione convocata a Palazzo Chigi dopo l'approvazione del DPEF ed annunciano azioni di formale protesta manifestando in ogni luogo ed in ogni forma, nel pieno rispetto delle leggi del Paese, il loro dissenso e denunciando all'opinione pubblica il mancato rispetto degli impegni assunti ed il clima di diffuso malessere che aumenta sempre più tra il personale e la mancanza di risorse per realizzare una vera e concreta politica della sicurezza capace di dare risposte alle crescenti esigenze dei cittadini.» -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero;
quali urgenti misure il Governo intenda assumere per scongiurare la paralisi del comparto sicurezza e difesa;
sulla base di quali presupposti il Governo abbia omesso di convocare preventivamente i rappresentanti delle forze di polizia, dando luogo a quella che, ad avviso dei sindacati, costituisce una palese violazione di una specifica norma del decreto legislativo n. 195 del 1995 che impegna il Governo alla convocazione di un preventivo incontro con le parti sociali prima della presentazione ed approvazione del documento di programmazione economica e finanziaria.
(4-03676)