XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 13 luglio 2009

TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
è avvertita l'esigenza di migliorare le prestazioni della scuola e la qualità dei servizi - anche nell'ottica di una riqualificazione della spesa pubblica - di valorizzare il merito e l'impegno del personale docente e di offrire ai giovani percorsi più adeguati e rispondenti anche alle esigenze del mondo del lavoro, realizzando quindi:
a) una scuola di qualità, più autonoma e radicata nel territorio;
b) una scuola che valorizzi il merito, che sia realmente per tutti capace di educare ai valori della cittadinanza e della legalità, capace di rendere effettivo il diritto all'istruzione, garantito dalla nostra Carta costituzionale;
c) il miglioramento della qualità dell'offerta scolastica, anche con riferimento alla qualità delle relative strutture;
è avvertita l'esigenza di offrire alle famiglie più articolazioni orarie e un modello di insegnamento più funzionale all'innalzamento degli obiettivi di apprendimento, in particolare nella scuola primaria;
la situazione determinatasi nella provincia dell'Aquila, a seguito dei recenti eventi sismici, richiede interventi volti a garantire il regolare svolgimento delle attività educative e scolastiche,

impegna il Governo:

preso atto delle risposte positive che si è già riusciti a garantire alle famiglie in merito alle richieste del tempo scuola, a porre in essere misure ulteriori che rafforzino il patto educativo scuola-famiglia;
a dar conto delle iniziative avviate per rendere sicuri gli edifici scolastici;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per consentire nelle zone della regione Abruzzo, colpite dagli eventi sismici, la regolare chiusura del corrente anno scolastico e il regolare avvio del prossimo;
a continuare a garantire per gli studenti il diritto allo studio ed al successo scolastico, anche d'intesa con le regioni e gli enti locali, così come il pieno diritto all'istruzione degli allievi diversamente abili, il contrasto alla dispersione e all'abbandono scolastico e l'integrazione degli immigrati;
a valorizzare la formazione del personale della scuola e a sviluppare il sistema di formazione in servizio del personale medesimo;
a valorizzare l'autonomia degli istituti scolastici statali, anche mediante l'attribuzione di risorse finanziarie determinate sulla base di criteri generali e trasparenti, in un'ottica di sostegno alla qualità dell'azione didattica e di riqualificazione della spesa pubblica;
a introdurre e potenziare metodi di valutazione oggettiva degli studenti, degli insegnanti e delle scuole;
a completare la riforma della scuola in itinere, con scelte partecipate attinenti alla governance, al ruolo del dirigente scolastico e allo status dei docenti;
a rendere note le iniziative che si intendono adottare in favore del personale precario della scuola.
(1-00206)
«Garagnani, Goisis, Latteri, Aprea, Granata, Frassinetti, Rampelli, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
lo stato di difficoltà in cui, da tempo, si trova la nostra agricoltura ha la sua più evidente rappresentazione nella squilibrata distribuzione del valore all'interno delle filiere agroalimentari che, per ogni euro speso per il consumo di beni

alimentari, vede 60 centesimi andare a retribuire la fase della distribuzione, 23 quella dell'industria alimentare e appena 17 la fase agricola;
l'attuale squilibrata distribuzione del valore all'interno delle filiere agroalimentari è, in parte, da considerare come diretta ed inevitabile espressione di processi fisiologici, conseguenti allo sviluppo economico, che, nel corso del tempo, hanno determinato una sorta di «terziarizzazione» delle filiere medesime, evidenziando la differente evoluzione dell'organizzazione economica realizzata dalle imprese, in esse operanti e, in specie, acuendo il contrasto tra il sostanziale mantenimento del modello produttivo agricolo, fondato su imprese di piccola dimensione a conduzione familiare, e la tendenza alla concentrazione delle componenti industriali e distributive, che, a monte e a valle, hanno stretto l'agricoltura in una morsa di progressivo peggioramento delle ragioni di scambio, che, a sua volta, ha dato luogo ad un crescente squilibrio di forza contrattuale che è, poi, alla base della sfavorevole distribuzione del valore di cui sopra;
il carattere strutturale degli squilibri all'interno delle filiere agroalimentari è confermato dall'evoluzione di medio-lungo periodo dell'andamento dei redditi agricoli, che, nei nove anni compresi tra il 2000 ed il 2008, nonostante il dato positivo segnato nel 2008 (+2,1 per cento sul 2007), ha mostrato pesanti segni di cedimento, facendo registrare, in termini reali, una flessione del 18,5 per cento;
il superamento, o almeno l'attenuazione, delle già evidenti, nonché crescenti, difficoltà dell'agricoltura ad ottenere livelli di reddito sufficienti per remunerare adeguatamente la propria fase produttiva è strettamente legato alla possibilità che la stessa agricoltura riesca ad accrescere il proprio peso contrattuale e, quindi, riesca a migliorare la propria organizzazione economica, all'interno delle filiere agroalimentari;
il rafforzamento della componente agricola all'interno delle filiere agroalimentari è da considerare una priorità di politica economica generale, in quanto l'agricoltura è la componente centrale di un sistema socio-economico complesso, che include l'insieme delle attività economiche che vanno dalla fornitura dei fattori produttivi agricoli al consumo finale dei prodotti agroalimentari e che vale circa 240 miliardi di euro, pari al 15 per cento del prodotto interno lordo;
l'accordo sull'health check ha costituito l'atto conclusivo del lungo processo di revisione della politica agricola comune, che era stato avviato, nel 1992, con la riforma Mac Sharry e che ha condotto ad un nuovo assetto della stessa politica agricola comune, nella quale sono state, di fatto, smantellate tutte le tradizionali misure a sostegno dei mercati ed è stata, per contro, realizzata una nuova articolazione fondata su due sole linee di intervento, destinate, rispettivamente, al pagamento di aiuti diretti al reddito degli agricoltori ed alle cosiddette politiche di sviluppo rurale;
nell'attuale contesto di difficoltà economiche generali e di riforme delle politiche comunitarie, il Governo ha fornito le risposte necessarie, non solo per fare fronte alle emergenze, ma anche per impostare una politica di sviluppo di lungo periodo, realizzando importanti accordi in sede europea ed internazionale (accordo su health check, G8 agricolo) e rafforzando e conferendo stabilità ad importanti strumenti di politica agricola nazionale (il potenziamento dei controlli sulla sicurezza alimentare, la stabilizzazione dell'aliquota irap);
anche a seguito del nuovo assetto dell'intervento comunitario a sostegno dell'agricoltura, appare necessario rafforzare il già rilevante impegno di questo primo anno di legislatura ed avviare un profondo ripensamento delle politiche agricole nazionali e regionali, che, ancor più che in passato, dovranno essere particolarmente attente a modulare i loro interventi, in funzione della necessità di cogliere la dimensione territoriale dell'agricoltura e di creare le condizioni necessarie, affinché

le diverse forme di agricoltura presenti sul territorio nazionale possano avviare e sostenere processi di sviluppo fondati sulla valorizzazione delle loro risorse endogene e, quindi, in forma coerente rispetto alle loro esigenze e potenzialità,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, mirate a favorire il miglioramento dell'organizzazione economica delle imprese agricole all'interno delle filiere agroalimentari e, in specie, ad accrescerne il ruolo ed il peso contrattuale all'interno delle filiere medesime, nonché a ridurre le distanze tra la fase produttiva agricola ed il consumo finale;
ad adottare tutte le iniziative necessarie per valorizzare l'origine agricola dei prodotti agroalimentari e per evidenziare, anche attraverso specifiche campagne di comunicazione, l'importanza del rapporto che lega l'attività agricola al territorio ed alla qualità dei prodotti alimentari;
a rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese, anche attraverso il rafforzamento delle politiche di promozione dei prodotti agroalimentari italiani sui mercati esteri;
ad adottare le iniziative necessarie a consentire la piena applicazione della nuova politica agricola comune, esercitando, con la massima tempestività, le opzioni previste nell'ambito del recente accordo sull'health check;
ad avviare un profondo ripensamento del complesso delle agevolazioni (fiscali, contributive e tariffarie) di cui beneficia il settore agricolo, al fine di passare da un sistema di sovvenzioni indiscriminate - quale è adesso - ad un regime di sostegno finalizzato, che, in coerenza con il principio di condizionalità, già da tempo acquisito nell'ambito della politica agricola comune, subordini il riconoscimento delle agevolazioni all'assunzione, da parte dei beneficiari, di comportamenti funzionali al perseguimento di obiettivi di interesse collettivo e, quindi, tali da rendere socialmente giustificabile l'onere che il contribuente è chiamato a sostenere per la concessione delle medesime agevolazioni;
a valorizzare, nell'ambito di ogni provvedimento di politica economica, la componente agricola e rurale, tenendo conto dell'importanza dell'agricoltura nelle dinamiche di sviluppo territoriale e, in specie, del ruolo che la stessa è in grado di svolgere nell'ambito delle politiche energetica (energie da fonti rinnovabili), di rivitalizzazione delle aree interne, montane e svantaggiate in genere, di recupero delle zone peri-urbane e, più in generale, delle zone colpite da fenomeni di degrado ambientale.
(1-00207)
«Fogliato, Rainieri, Callegari, Negro, Fava, Allasia, Reguzzoni, Torazzi, Fugatti, Forcolin».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, lontana dall'essere stata superata dalle misure governative in corso, rischia di assumere una portata sempre più vasta, così come testimoniano anche le recenti rilevazioni di Istat, Confindustria e Banca d'Italia. Le figure più penalizzate sono, soprattutto, i disoccupati, i cassintegrati e i lavoratori con rapporto di lavoro precario, quasi tutti giovani, che, come segnalano tutti i recenti dati, sono i primi a fare le spese della crisi, in quanto le prime azioni delle aziende per ridimensionare il personale sono volte a non rinnovare i contratti precari;
in un contesto così descritto sono enfatizzate le tradizionali criticità del sistema di ammortizzatori sociali in Italia,

a partire dai limiti strutturali di inclusività del sistema (per settore, dimensioni aziendali, tipologie contrattuali). I due terzi degli occupati a tempo indeterminato sono impegnati in settori che non rientrano nel sistema cassa integrazione/mobilità, che copre solo i settori industria/indotto/grande distribuzione e solo le aziende medio grandi; il 13 per cento degli occupati ha un lavoro flessibile ed alla scadenza non ne troverà un altro; le coperture dell'indennità di disoccupazione sono molto inferiori, soprattutto per durata, ai livelli europei; i lavoratori non sono sostenuti da un adeguato funzionamento dei centri per l'impiego, che operano ancora a macchia di leopardo; il sistema è caratterizzato dalla mancanza di responsabilizzazione del lavoratore, a causa dell'assenza di collegamento con le politiche attive, e dell'impresa, che non è tenuta in alcun modo a preoccuparsi della ricollocazione;
nelle passate legislature ed in quella attuale non è stato finora trovato il consenso necessario ad una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, a causa dei notevoli problemi di finanziamento che essa comporta;
i provvedimenti del Governo rappresentano misure tampone, non in grado, pertanto, di dare soluzioni di lungo periodo, limitandosi ad ampliare il sistema dei cosiddetti ammortizzatori in deroga, rendendo disponibili risorse stornate da altre destinazioni e, comunque, a carico della fiscalità generale;
anche il recente decreto-legge n. 78 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, contiene, all'articolo 1, misure in materia di ammortizzatori sociali indirizzati ai lavoratori a tempo indeterminato, non tenendo conto, quindi, di tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o interessati da altre tipologie di lavoro precario;
sono ancora privi di coperture adeguate i lavoratori precari, che incrementano le liste di disoccupazione e che non raggiungono i requisiti soggettivi previsti per la cassa integrazione. Va tenuto presente che l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti richiede che sia stato versato almeno un contributo settimanale prima dell'ultimo biennio e che, in ogni caso, gli ammortizzatori in deroga richiedono una certa anzianità assicurativa (tre mesi per la cassa integrazione e dodici mesi per l'indennità di mobilità). Anche per gli apprendisti restano problemi aperti, essendo state previste soluzioni che li ammettono agli interventi in deroga, ma non, paradossalmente, a quelli ordinari;
le misure legislative fino ad oggi attuate non danno la possibilità di migliorare le opportunità di impiego, neppure per quei lavoratori attualmente occupati in imprese destinate a non avere un futuro oltre la crisi. È ampiamente documentato che chi è in cassa integrazione dedica solo un terzo del tempo rispetto a chi è disoccupato nella ricerca di un impiego alternativo. I tempi della cassa integrazione e l'utilizzo non strutturato degli ammortizzatori sociali rischiano di causare un procrastinarsi dei tempi per la ricerca di un nuovo lavoro, che renderà ulteriormente difficile la collocazione in futuro;
tutto ciò riveste una gravità maggiore alla luce degli ultimi dati Istat che rivelano un calo dell'occupazione concentrato, soprattutto, tra i lavoratori con contratto a tempo determinato (154.000), tra i lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative (107.000) e tra i lavoratori autonomi (meno 163.000), tipologia, in cui, almeno in parte, si nasconde il lavoro precario. È evidente che la crisi in atto aumenterà la precarietà del lavoro, rendendo sempre più imminente la necessità di adottare i necessari provvedimenti a favore di detta categoria di lavoratori;
con riferimento al periodo che va dal 29 dicembre 2008 al 29 marzo 2009, l'Istituto nazionale di statistica ha evidenziato che nel primo trimestre 2009 l'offerta di lavoro rispetto allo stesso periodo

del 2008 ha registrato un incremento dello 0,1 per cento (17.000 unità). Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, l'offerta di lavoro si è ridotta dello 0,1 per cento. Nel primo trimestre 2009 il numero di occupati è risultato pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua). Il calo sintetizza la discesa di 426.000 unità della componente italiana e la crescita di 222.000 unità di quella straniera. In termini destagionalizzati e in confronto al quarto trimestre 2008, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale registra una flessione pari allo 0,3 per cento. Si è assistito ad un aumento del numero delle persone in cerca di occupazione (il quinto aumento tendenziale consecutivo), portando tale numero a 1.982.000 unità (più 221.000 unità, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008). Il tasso di disoccupazione è passato dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9 per cento. Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione è aumentato di tre decimi di punto;
anche i dati recenti forniti dal centro studi di Confindustria attestano che la situazione economica in atto è tutt'altro che equilibrata, con un debito pubblico in crescita e consumi in calo. Nel 2009 è prevista, in Italia, una contrazione del 4,9 per cento del prodotto interno lordo, con un tasso di occupazione ancora in calo. L'economia dovrebbe tornare a crescere dello 0,7 per cento nel 2010, ma così, come confermato anche dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, «senza un cambiamento strutturale non sarà possibile nessuna ripresa per 5 anni». II debito pubblico, crescerà dal 105,7 per cento del prodotto interno lordo nel 2008 al 114,7 per cento nel 2009, fino a toccare nel 2010 il 117,5 per cento;
sempre secondo le rilevazioni di Confindustria, nei due anni tra il primo trimestre del 2008 e il primo del 2010, la recessione causerà la perdita di circa un milione di unità di lavoro (tra posti di lavoro e cassa integrazione). Il tasso di disoccupazione arriverà nel 2009 all'8,6 per cento e nel 2010 al 9,3 per cento, livello che non veniva più toccato dal 2000;
si segnalano, di converso, alcune iniziative positive a livello locale, che, in virtù di accordi con le parti sociali, hanno permesso di sbloccare ingenti fondi per finanziare importanti forme di sostegno al reddito di ampie categorie di lavoratori precari;
in periodi di crisi come quello in atto, inoltre, è evidente che i settori in via di ristrutturazione costituiscono una risorsa per il Paese, una risorsa su cui investire adeguatamente, sia in termini economici che di risorse umane,

impegna il Governo:

a porre in essere le iniziative adeguate, atte a valorizzare il confronto tra Governo e parti sociali, tali da consentire un indirizzo chiaro per una riforma strutturale del sistema di ammortizzatori sociali, che garantisca le misure adeguate a:
a) determinare l'estensione delle differenti tipologie di ammortizzatori sociali ai lavoratori che ancora non ne godono;
b) estendere gli ammortizzatori sociali, con le opportune modalità, anche ai lavoratori precari ed ai collaboratori, prevedendo per essi requisiti di accesso agevolati;
c) tutelare sia le situazioni di sospensione che quelle di perdita del lavoro;
d) riqualificare il sistema dei servizi per l'impiego, perché possa sostenere adeguati programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale, per garantire la reimmissione dei lavoratori nel mercato del lavoro;
e) al fine di rendere finanziariamente sostenibile la riforma, prevedere il concorso finanziario degli enti bilaterali, realizzando, dunque, un sistema misto che

si fondi, da una parte, sull'assicurazione obbligatoria all'Inps, dall'altra su forme mutualistico-contrattuali.
(1-00208)
«Pezzotta, Delfino, Poli, Vietti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Tassone, Galletti, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
la crisi che coinvolge la Somalia è al centro dell'interesse del nostro Paese e della comunità internazionale perché si garantisca una soluzione durevole e pacifica in quel Paese dilaniato da molti anni da guerre. Infatti, a partire dalla caduta di Siad Barre (1991), la Somalia si è venuta a trovare in una situazione di progressivo caos e di isolamento internazionale, in quanto, da un lato, è rimasta priva di un Governo centrale e preda di una deriva localistica e, dall'altro, non è stata più sostenuta dalla comunità internazionale;
l'attenzione verso la crisi somala si è tradotta in una serie di importanti documenti, tra cui le conclusioni adottate nell'ultimo Consiglio dell'Unione europea sugli affari generali e le relazioni esterne e la risoluzione n. 1872 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Buoni sono anche i risultati raggiunti dalla Conferenza internazionale di Bruxelles a supporto del settore di sicurezza in Somalia ed il terzo incontro del Gruppo di contatto sulla pirateria, svoltosi a New York il 29 maggio 2009;
il nostro Paese, negli ultimi tre anni, ha erogato notevoli risorse economiche per gli aiuti allo sviluppo, la stabilizzazione del Paese somalo e le riforme, nonostante gli obblighi imposti dal deterioramento della situazione di sicurezza. La Somalia è, infatti, una priorità per la nostra cooperazione allo sviluppo. Negli ultimi tre anni sono stati erogati oltre 30 milioni di euro ed il nostro Paese sta considerando l'ipotesi di un ulteriore rafforzamento dell'impegno per accompagnare il processo di pace con obiettivi definiti;
i fenomeni della pirateria che rendono quanto mai insicura la navigazione nell'area del Corno d'Africa derivano dall'instabilità politica e dalla precaria situazione sociale che caratterizza la Somalia, un territorio da oltre 20 anni martoriato da corruzione, violenza, miseria e assenza di legalità;
per quanto riguarda il problema della pirateria, è rilevante l'impegno dell'Italia che partecipa, con le flotte navali, alla campagna dell'Unione europea denominata Atlanta. Recentemente è stato approvato un decreto-legge con cui il Governo è intervenuto su una delicata questione di diritto internazionale ed ha attuato quanto previsto da un'intesa tra gli Stati membri dell'Unione europea ed il Kenya in fatto di giurisdizione sugli atti di pirateria nel Golfo di Aden. La pirateria in quell'area tende a crescere e sta acquisendo i connotati di un vero e proprio business caratterizzato da bassi investimenti, abbondante manodopera a disposizione, rischi limitati e alti rendimenti;
la pace e la stabilità in Somalia sono necessarie, non solo per la popolazione locale, ma per tutta la comunità internazionale: infatti, la pirateria, il terrorismo, le migrazioni illegali, il traffico di esseri umani e la destabilizzazione di una regione tanto strategica costituiscono una minaccia alla sicurezza internazionale;
recentemente il Ministro degli affari esteri ha avuto un incontro con il Primo ministro somalo, durante il quale è stata esaminata la difficile situazione che il Governo somalo è costretto ad affrontare, ricordando che l'Italia sosterrà il Governo somalo impegnato nella realizzazione degli accordi di pace di Gibuti dell'agosto del 2008 e nel problematico percorso di riconciliazione nazionale;
lo stesso Ministro somalo ha ringraziato il Ministro Frattini per l'impegno con cui il nostro Paese sta affrontando la

delicata questione della stabilizzazione della Somalia e ha indicato il ruolo catalizzatore che il nostro Paese sta svolgendo nel contesto internazionale;
è da ricordare, inoltre, che a sostegno della popolazione locale sono stati annunciati dal ministero degli affari esteri sia la riapertura dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, sia un sostegno economico di circa 3 milioni di euro, uno dei quali per l'Amison (la forza di pace dell'Unione africana che opera in Somalia) e due per il sostegno delle istituzioni somale. Queste ultime potrebbero comprendere attività di formazione di personale da impiegare nella lotta alla pirateria e nella protezione delle coste e di forze di polizia doganale;
l'Italia, quindi, con un impegno, anche economico importante, sta cercando di porre le basi per la soluzione problematica della crisi somala nel suo triplice aspetto: politico, della sicurezza e umanitario. È, infatti, inaccettabile abbandonare milioni di persone in una situazione di guerra e di violenza. Oggi c'è un impegno preciso della comunità internazionale per riportare il Paese alla normalità;
costante è, quindi, l'impegno del Governo italiano per una soluzione della crisi perché la Somalia oggi, nonostante i gravi problemi, è retta da un Governo aperto a forze opposte e a tutti coloro che rifiutano violenza e terrorismo, che sta svolgendo il proprio ruolo nonostante gli attacchi di gruppi estremisti dell'opposizione armata. Inoltre, la comunità internazionale ha deciso di impiegare maggiori risorse finanziarie, dimostrando così una maggiore attenzione nel risolvere la crisi ed avere un appoggio onnicomprensivo in grado di affrontare la crisi umanitaria ed economica e di offrire posti di lavoro per giovani e prospettive di cambiamento;
sono stati, infine, aperti, insieme con il Primo ministro somalo, i lavori del Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, presieduto dal rappresentante speciale per la Somalia e dal Segretario delle Nazioni Unite. Il gruppo di contatto è un foro di consultazione e di coordinamento che riunisce, sotto l'egida delle Nazioni Unite, oltre quaranta Stati ed organizzazioni internazionali impegnate nel processo di pace in Somalia e costituisce un elemento strategico e fondamentale per affrontare la crisi somala e per affermare la stabilità del Paese;
in occasione del vertice di Nairobi dell'ottobre 2008 tra i Capi di Stato dell'Igad, si è costituita la Somaly woman agenda, rete che rappresenta circa 150.000 donne somale che svolgono attività nei diversi settori dell'istruzione, della sanità, dell'imprenditoria per ricostruire e sviluppare la Somalia,

impegna il Governo:

a proseguire con ulteriore impegno le iniziative politico-diplomatiche già positivamente intraprese a sostegno della Somalia, anche ai fini di una «internazionalizzazione» della crisi somala e di un rinnovato impegno delle Nazioni Unite;
ad intensificare gli sforzi affinché la comunità internazionale favorisca l'avvio di un reale processo di pace in Somalia attraverso una politica di riconciliazione nazionale realmente inclusiva, che coinvolga tutte le componenti somale che rifiutano l'uso della violenza e la lotta armata;
a sostenere quelle iniziative che possano dare un contributo alla ricostruzione delle strutture di Governo del Paese, nel rispetto dei diritti umani e del principio della lotta all'impunità;
a sostenere le iniziative della comunità internazionale volte a ricostituire realisticamente un tessuto economico e sociale vitale e ad avviare le prime iniziative di ripresa economica del Paese;
a sostenere, nei rispettivi consessi multilaterali, un'azione coordinata fra Nazioni Unite, Unione europea, Unione africana, Igad e Igad partners forum in appoggio al processo di dialogo e pacificazione in corso nel Paese, con il fondamen

tale concorso delle istituzioni federali transitorie e della popolazione somala;
a sostenere l'azione Somaly woman agenda conformemente alla risoluzione n. 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che assume la prospettiva di genere come parte integrante delle politiche di pace e sicurezza;
a sostenere in sede europea la proposta per la nomina di un rappresentante speciale dell'Unione europea per la regione del Corno d'Africa, tenuto conto della dimensione regionale della crisi in Somalia, per concretizzare un rinnovato impegno a livello europeo a favore di un'area geopolitica di rilevante interesse per l'Italia;
a proseguire nel rilancio del ruolo italiano nell'area, sia per legami storici e rapporti politici costruiti in questi anni che per l'impegno riconosciuto alla nostra azione diplomatica dagli stessi Paesi dell'area e dagli altri partner internazionali.
(1-00209)
«Pianetta, Dozzo, Lombardo, Boniver, Antonione, Renato Farina, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
dopo essere stata a lungo dimenticata e divenuta nel tempo una vera e propria polveriera, l'Africa è tornata ad occupare l'agenda del G8 dell'Aquila, nella speranza che alle dichiarazioni di impegno seguano fatti concreti;
il riacutizzarsi in questi giorni dei conflitti etnico-religiosi pongono la Somalia in cima alla lista delle problematiche da risolvere nel continente africano;
dopo la caduta di Siad Barre nel 1991 si è assistito ad un progressivo isolamento internazionale della Somalia, che è diventata uno degli Stati politicamente più instabili al mondo, priva di un Governo centrale e preda di conflitti politici, religiosi ed etnici;
con il naufragio della missione Onu Restore hope, cui partecipò anche l'Italia con un alto contributo in termini di vite umane, tramontarono, di fatto, le possibilità per la Somalia di avviarsi verso un processo di pacificazione e con esse iniziò a venir meno anche l'impegno dell'Occidente;
con la conferenza di pace di Nairobi (9-29 gennaio 2004), organizzata sotto l'egida dell'Intergovernamental authority on development (Igad), si cercò di riavviare il normale funzionamento delle istituzioni politiche, giungendo alla nomina di un Parlamento e di un Governo transitori, troppo fragili, tuttavia, per reggere l'impatto delle forti tensioni interne;
la tregua provvisoria imposta dalle corti islamiche, che nel 2006 attuarono un regime religioso integralista, durò circa un anno, interrotta dall'intervento etiope, che restaurò con le armi un Governo di transizione, innescando, però, una nuova ondata di conflitti interni, che provocò migliaia di vittime civili e l'aprirsi di una nuova crisi umanitaria;
il 13 gennaio 2009 è iniziato il ritiro dalla Somalia delle truppe etiopi accorse in aiuto al Governo di transizione. La partenza dei 3.000 soldati etiopi presenti in territorio somalo era una delle condizioni concordate a Gibuti nell'agosto del 2008 dal Governo e dall'Ars, l'Alleanza per la ri-liberazione della Somalia, alla quale aderì parte dello schieramento antigovernativo, ma non l'ala dura e di ispirazione integralista delle corti islamiche, che nel frattempo, invece, ha continuato a combattere, riconquistando otto regioni su nove della Somalia centro-meridionale, inclusi gli importanti porti di Merca e Kismayo, a sud di Mogadiscio;
uno dei primi effetti della ritirata etiope è stato l'intensificarsi dei combattimenti nella regione centrale di Galgadul, dove, dall'inizio del 2009, gli scontri violenti tra le milizie delle corti islamiche e quelle locali hanno messo in fuga 50.000 persone, ora disperse nelle campagne, dove sopravvivono sprovviste di tutto e

senza poter neanche contare sull'assistenza delle organizzazioni umanitarie che non riescono a raggiungerle. Questi nuovi sfollati aggravano un'emergenza di proporzioni enormi: oltre un milione di profughi e 16.000 morti dal 2006 a oggi, senza contare le vittime indirette della guerra, vale a dire i morti di stenti e malattie;
i Capi di Stato africani, riunitisi recentemente a Sirte, in Libia, per il tredicesimo vertice dell'Unione africana hanno invitato il Consiglio di sicurezza dell'Onu a imporre sanzioni all'Eritrea, accusata di sostenere e fornire armi all'insurrezione somala e a dichiarare un blocco marittimo e aereo sulla Somalia, per evitare l'ingresso di armi che alimentino il conflitto;
la comunità internazionale, prima ancora di trovare una soluzione politica, ha il dovere di assicurare la continuità degli aiuti umanitari alle popolazioni, al fine di scongiurare l'aggravarsi di una situazione già drammatica;
secondo l'Unicef, il Paese ha uno dei tassi di mortalità infantile più alti del mondo con 225 bambini morti per 1000 nati vivi. Le cause principali di morte sono la dissenteria, le infezioni respiratorie e la malaria (si stima che l'87 per cento dei somali siano a rischio di malaria). Meno del 30 per cento della popolazione ha accesso all'acqua potabile; la malnutrizione è in crescita e la malnutrizione acuta colpisce il 17 per cento della popolazione;
il caos imperante nel Corno d'Africa sta favorendo la penetrazione dell'integralismo islamico, che attraverso le corti islamiche sta assumendo il controllo di aree sempre più vaste, ma, oltre all'integralismo, la Somalia sta diventando una zona di attività illecite, pesca selvaggia, rifiuti tossici e, da ultimo, è covo di pirati che imperversano nei tratti di mare antistanti;
è dei giorni scorsi la notizia che le milizie islamiche somale denominate «giovani mujaheddin», considerate vicine ad Al Qaeda, hanno decapitato sette persone nella città di Baldoa accusate di essere di fede cristiana e, quindi, degli apostati;
nonostante questi dati preoccupanti e i pochi, incerti e tardivi tentativi della comunità internazionale rispetto alle esigenze sopra ricordate, esistono ancora, tuttavia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, le opportunità ed il tempo per provare a contenere la disastrosa situazione in Somalia e le sue ripercussioni negative in tutta l'area;
il timore che la crisi somala possa influire negativamente anche sui Paesi limitrofi appartenenti all'Autorità intergovernativa per lo sviluppo è stato apertamente manifestato dagli stessi Capi di Stato dei Paesi Igad nel corso del summit di Nairobi, nell'ottobre 2008, in cui dichiararono di voler tornare ad esercitare un ruolo di leadership nella gestione della crisi somala;
unicamente attraverso una decisa e convinta iniziativa dei Paesi della regione coinvolta e della comunità internazionale e, in particolare dell'Unione europea, coordinati nell'Igad, quindi, ci si potrà avviare verso una soluzione positiva del processo di stabilizzazione in Somalia e nell'intera area;
grazie anche al legame formale tra Igad, Unione africana, Unione europea ed una ventina di importanti Paesi e istituzioni internazionali, è stato definito fin dal novembre 1996 l'Ipf, Igad partners forum;
l'Italia può e deve giocare un ruolo importante nel promuovere un'iniziativa globale di stabilizzazione e di normalizzazione nell'area, in virtù dei legami storici e della considerazione acquisita a livello internazionale nel corso degli anni,

impegna il Governo:

a garantire e rafforzare la continuità degli aiuti umanitari nell'area, avendo cura di adottare ogni utile strumento per

assicurarne la corretta destinazione e per prevenire ogni tentativo di saccheggio e speculazione;
a promuovere e sostenere il processo di stabilizzazione, dialogo e pacificazione in Somalia e nell'area del Corno d'Africa:
a) sollecitando l'Unione europea, a valutare l'opportunità di prevedere la nomina di un inviato speciale dell'Unione europea per l'intera regione del Corno d'Africa;
b) promuovendo una forte iniziativa che favorisca un cambiamento dell'operato delle Nazioni Unite, con il coinvolgimento diretto dei Paesi e delle istituzioni che possono guidare e sostenere il processo di stabilizzazione e pacificazione;
c) supportando i tentativi e le iniziative messi in atto dall'Igad e dall'Ipf volte a stabilizzare e normalizzare l'area.
(1-00210)
«Vietti, Adornato, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Occhiuto, Galletti».

La Camera,
premesso che:
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 3, recita: «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
l'Organizzazione mondiale della sanità, sul punto, ha individuato, quale obiettivo primario, il miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino;
è aumentata in termini consistenti, in ambito internazionale, la diffusione di legislazioni che promuovono l'aborto come strumento di controllo demografico e di politiche punitive nei confronti delle donne che rifiutano di abortire; aumenta, altresì, nel mondo, in termini significativi, la diffusione della pratica dell'aborto selettivo responsabile, in specifiche aree geografiche, di un forte squilibrio tra i sessi;
per quanto riguarda il nostro Paese, l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che lo Stato riconosce il «valore sociale della maternità», tutela la vita umana dal suo inizio e ribadisce, altresì, che «l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite»;
inalterata resta tuttora la validità dell'impianto di tale legge rispetto alle condizioni ed alle modalità del ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza,

impegna il Governo

a farsi promotore, presso le Nazioni Unite, di una risoluzione che condanni solennemente l'uso dell'aborto quale strumento di controllo demografico e dell'aborto selettivo confermando, altresì, il pieno diritto della donna alla procreazione.
(1-00211)
«Barani, Laura Molteni, Commercio, Carlucci, Palumbo, Ciccioli, Bocciardo, Castellani, De Luca, Di Virgilio, Fucci, Girlanda, Patarino, De Nichilo Rizzoli, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
il Governo ha dovuto affrontare le ripercussioni di una gravissima crisi internazionale che hanno determinato nell'anno in corso una netta flessione del prodotto interno lordo;
tale situazione ha inevitabilmente prodotto delle conseguenze molto serie sul terreno dell'occupazione, che potevano essere ben più gravi se il Governo non avesse accompagnato i processi con provvedimenti di volta in volta adeguati, pur in un quadro di complessa attenzione alla stabilità dei conti pubblici, a fronteggiare l'emergenza, sia intervenendo sulla struttura

produttiva e dei servizi, sia sostenendo le persone e le famiglie in difficoltà e a maggiore rischio di povertà, sia garantendo l'intervento degli ammortizzatori sociali a beneficio dei lavoratori sospesi dal lavoro a causa delle improvvise ed acute difficoltà di mercato, in cui sono incorse nei mesi scorsi tante imprese, la cui condizione stenta tuttora, nonostante i primi cauti segnali positivi, ad invertire il trend della crisi;
i dati dell'occupazione non possono non risentire dell'attuale situazione di difficoltà dell'economia, anche se risultano comunque meno negativi di quelli di altri Paesi europei. Nel primo trimestre 2009, infatti, l'offerta di lavoro ha registrato, rispetto allo stesso periodo del 2008, un incremento dello 0,1 per cento (17.000 unità). Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, l'offerta di lavoro si riduce dello 0,1 per cento. Nel primo trimestre 2009 il numero di occupati risulta pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua). Il calo sintetizza la discesa di 426.000 unità della componente italiana e la crescita di 222.000 unità di quella straniera, a riprova, quest'ultimo dato, che il mercato del lavoro, pur nelle sue contraddizioni, presenta ancora significativi segnali di vitalità;
non sarebbe corretto giudicare l'azione del Governo prescindendo dal contesto in cui si è trovato ad operare, caratterizzato da uno shock violento della crisi, che, nel giro di pochi giorni, ha fatto correre al sistema economico internazionale dei rischi gravissimi e causato cambiamenti repentini, assolutamente inediti e portatori di effetti sconosciuti, anche perché le tradizionali terapie di contrasto messe in campo dai Governi, in modo coordinato, non sempre si sono rivelate efficaci;
è l'andamento della cassa integrazione ad evidenziare la problematicità dello sforzo sostenuto dall'intero Paese per salvare il proprio apparato produttivo e per mantenere il più a lungo possibile il rapporto di lavoro tra le aziende costrette a fare ricorso agli ammortizzatori sociali e i loro dipendenti;
nel mese di giugno 2009 si registrata una contrazione delle ore complessivamente autorizzate rispetto a quelle del mese precedente (meno 8 per cento); il totale è, infatti, passato da 87 milioni di ore autorizzate a maggio 2009 a 80 milioni di giugno 2009. Rispetto al mese di giugno 2008, nel quale furono autorizzate 15,4 milioni di ore, l'incremento è stato del 419 per cento. Anche nel mese in esame si registra un deciso incremento di ore autorizzate rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (+680 per cento); la variazione complessiva del periodo gennaio-giugno 2009 è +502 per cento. Gli interventi ordinari autorizzati nel mese di giugno 2009 sono, comunque, diminuiti rispetto a maggio 2009 dell'11,5 per cento (58,7 contro 66,4 milioni di ore);
il numero delle ore autorizzate di integrazione salariale è, tuttavia, a livelli inferiori a quelli riscontrati nel mese di gennaio 2009 (il picco delle ore si è registrato a febbraio 2009): il che è sicuramente un segnale positivo, ancorché non ancora consolidato;
il trend della cassa integrazione, dall'autunno 2008 ad oggi, è buon testimone dello sforzo richiesto alle finanze pubbliche per scongiurare che la crisi provocasse una massiccia e immediata riduzione degli organici;
grande è stata la dimensione dell'impegno imposto dall'incalzare della crisi al Governo, che ha dovuto rispondere con altrettanta prontezza per mandare alle imprese e ai lavoratori un segnale forte che invitasse a non trarre conseguenze affrettate per quanto riguarda i livelli occupazionali;
anche grazie all'accordo con le regioni, è stato possibile stanziare un ingente ammontare di risorse (8 miliardi in un biennio) per ampliare la cassa integrazione

in deroga ed estenderne l'intervento anche nei settori del lavoro dipendente, fino a quel momento sprovvisti;
una diversa scelta, a favore di un rafforzamento complessivo dell'indennità di disoccupazione e della sua estensione a tutto il mondo del lavoro (utilizzando parte delle risorse stanziate per la cassa integrazione guadagni in deroga), avrebbe finito per inviare un segnale distorto alle aziende, come se restasse solamente la via dei licenziamenti individuali o collettivi per far fronte alle difficoltà strutturali delle imprese;
il Governo non si è limitato solo ad operare affinché nessuno restasse indietro, mediante gli istituti di tutela del reddito da lavoro, ma ha provveduto anche a sostenere l'occupazione attraverso la salvaguardia della struttura produttiva, del relativo indotto e, quindi, dei posti di lavoro, nel quadro dei diversi «pacchetti anticrisi» di volta in volta approvati;
per la prima volta è stata predisposta una specifica misura di tutela - sia pure una tantum - a beneficio dei collaboratori in condizione di monocommittenza;
da ultimo il decreto-legge n. 78 del 2009, in aggiunta alle misure a sostegno delle imprese, che costituisce un elemento centrale della politica del Governo, prefigura alcuni interventi di carattere particolarmente innovativo, specie per quanto riguarda le misure rivolte a mantenere i lavoratori collegati alle loro imprese mediante procedure che ne favoriscano le ri-professionalizzazione, nonché i progetti di autoimprenditorialità, il cui finanziamento è in parte sostenuto dalla possibilità di capitalizzare le risorse derivanti dagli ammortizzatori sociali riconosciuti ai singoli cassintegrati o disoccupati interessati ad intraprendere un lavoro autonomo;
secondo stime recenti ed attendibili, una riforma dell'indennità di disoccupazione comporterebbe, sulla base delle proposte che circolano nel dibattito corrente, oneri aggiuntivi di finanza pubblica compresi tra 4 e 15 miliardi di euro, difficilmente sostenibili nell'attuale contesto di finanza pubblica per un istituto che, già adesso, realizza un'ampia copertura delle differenti realtà del mercato del lavoro,

impegna il Governo:

a proseguire nelle iniziative intraprese, coniugando, in un quadro di strategia organica, misure a favore delle imprese, provvedimenti di sostegno dell'occupazione e di salvaguardia del reddito, garantendo la necessaria copertura finanziaria;
a vigilare affinché siano applicate con rigore le norme della cosiddetta «legge Biagi», che prevedono, in via presuntiva, la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei casi in cui sia riconosciuta l'irregolarità del rapporto di collaborazione, favorendo lo sviluppo e l'ampliamento dei centri preposti alla certificazione e promuovendo l'accesso dei giovani al mercato del lavoro, anche mediante il contratto di apprendistato e una maggiore integrazione tra scuola e mondo del lavoro, assumendo, altresì, ogni utile iniziativa rivolta a rimuovere, in questa fase e in via transitoria, d'intesa con le parti sociali, ogni ostacolo che limiti, anche in via di fatto, la loro occupabilità;
a considerare, altresì, la possibilità di rendere strutturale l'indennità sperimentale di reinserimento, istituendola come prestazione previdenziale specifica di natura assicurativa (al pari di altre prestazioni oggi riconosciute in caso di malattia, maternità, assegni familiari) a favore di talune categorie di collaboratori e di lavoratori atipici in posizione economicamente dipendente;
a procedere, in un'ottica di strategia federalista, nella valorizzazione del ruolo delle regioni per l'attuazione delle politiche attive di lavoro e di sostegno al reddito, per meglio rispondere, anche utilizzando

di comune intesa le risorse regionali, alle differenti esigenze territoriali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
(1-00212)
«Cazzola, Caparini, Baldelli, Moffa, Bonino, Fedriga, Munerato, Pelino, Saltamartini, Scandroglio».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, afferma che: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite»;
la legge n. 194 del 1978, con la quale si è disciplinato e regolamentato il ricorso all'aborto, ha portato ad una riduzione del 60 per cento delle interruzioni di gravidanza e del 90 per cento degli aborti clandestini, praticati spesso in condizioni sanitarie inadeguate, con rischio per la salute della donna. L'ultima relazione annuale sull'attuazione di questa legge rileva come nel 2.007 vi sia stato un decremento del 3 per cento rispetto al 2006 e del 45,9 per cento rispetto al 1982;
le cause che possono indurre una donna ad interrompere volontariamente una gravidanza sono molteplici e questa decisione non è mai priva di coinvolgimento emotivo;
alcune patologie diagnosticate precocemente nel periodo prenatale possono indurre la gestante ad adottare una scelta dolorosa e drastica, come quella di interrompere la gravidanza;
la volontà di abortire si può presentare - molto più frequentemente - nei casi di gravidanza «accidentale» non programmata;
nonostante taluni condannino l'uso dei mezzi contraccettivi, così come l'uso del profilattico come mezzo di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, e predichino l'astinenza dai rapporti come metodo migliore per affrontare entrambi i problemi, tale scelta è poco seguita dalla maggior parte della popolazione mondiale;
per ridurre ulteriormente il ricorso all'aborto è necessario promuovere la contraccezione e i metodi per la procreazione responsabile, realizzando specifiche campagne informative e pubblicitarie sui sistemi contraccettivi. Inoltre, occorre rimuovere gli ostacoli che limitano l'accesso alla contraccezione d'emergenza, la cosiddetta «pillola del giorno dopo», che non è abortiva e la cui efficacia è massima nelle prime 12 ore dal rapporto e si dimezza ogni 12 ore,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa sul piano internazionale, previo un ampio confronto in ambito nazionale, al fine di ridurre l'utilizzo dell'aborto come strumento di controllo demografico e, in particolare, volte a:
a) diffondere l'informazione sessuale anche nelle scuole, prevedendone l'inserimento tra le materie di insegnamento, e non solamente tra i più giovani e tra le fasce di popolazione più a rischio;
b) aumentare la diffusione e la reperibilità dei presidi contraccettivi;
c) incrementare l'informazione riguardo alle patologie geneticamente trasmissibili;
d) consentire a chi lo richiede la diagnosi genetica prima che la gravidanza insorga anche nelle coppie ad elevato rischio per specifiche patologie, così da

contribuire ad una sostanziale riduzione delle cause capaci di indurre la donna ad abortire;
a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che:
a) condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico;
b) affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire;
c) promuova campagne di informazione e distribuzione di sistemi anticoncezionali per la procreazione responsabile;
d) sostenga e rafforzi le iniziative delle agenzie Onu che mirano alla riduzione dell'incremento incontrollato della natalità;
e) promuova la libera diffusione, senza ricetta medica, degli strumenti di «contraccezione di emergenza».
(1-00213)
«Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti, Mario Pepe (PdL), Colombo, Ferrari, Melis».

La Camera,
premesso che:
l'aborto è sempre un'esperienza estremamente drammatica e dolorosa, che lascia una ferita profonda in tutte le donne che si trovano nella condizione di praticarlo;
è, quindi, indispensabile incentivare tutti gli strumenti per prevenire una gravidanza indesiderata, ridurre le cause principali che possono indurre la donna a ricorrere all'interruzione della gravidanza e offrirle la possibilità di poter liberamente e consapevolmente scegliere il momento per la propria maternità;
in tutto il mondo le politiche di pianificazione familiare e l'educazione sessuale rappresentano ancora oggi uno dei mezzi principali per il controllo delle nascite e per una seria ed efficace politica demografica, oltre che uno strumento importantissimo in grado di contribuire a ridurre il ricorso per molte donne all'interruzione volontaria della gravidanza;
è evidente che il ricorso all'aborto è una realtà purtroppo difficilmente eliminabile, anche perché nessun metodo contraccettivo è del tutto sicuro e il rischio di una gravidanza non desiderata è spesso sottovalutato, soprattutto tra le fasce di età più giovani. È, quindi, necessaria una politica che punti sulla diffusione di una corretta informazione sull'uso dei contraccettivi e sull'attenzione alla salute sessuale e riproduttiva della donna e dell'uomo, cercando di raggiungere con azioni mirate, le fasce più «a rischio», quali appunto quelle adolescenziali, quelle immigrate e quelle con un minor grado di istruzione;
in questo ambito l'uso del profilattico va visto non solo come metodo anticoncezionale tra i più sicuri, ma anche come importante strumento - soprattutto in alcuni Paesi in via di sviluppo - per la prevenzione e il controllo delle malattie sessualmente trasmissibili;
a livello internazionale l'aborto rimane illegale in molti Paesi e nella maggior parte del continente africano, dove, ad esempio, è la seconda causa di mortalità femminile tra le donne ricoverate in ospedale in Etiopia, mentre in Nigeria causa il 13 per cento dei decessi delle donne in gravidanza;
dai dati emersi da uno studio del 2007, realizzato da un gruppo di scienziati dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Guttmacher institute di New York, pubblicato dalla rivista di medicina Lancet, è stato messo in evidenza come, per esempio, in Uganda, dove l'aborto è illegale e i programmi di educazione sessuale prevedono unicamente l'astinenza, i tassi di abortività stimati nell'anno 2003 sono di 54 ogni mille donne, vale a dire più del doppio degli Usa, dove nello stesso anno i numeri si assestano su 21 aborti ogni 1000 gravidanze. I tassi più bassi - 12 ogni 1000

gravidanze - sono registrati in Europa occidentale, dove l'aborto è legale e la contraccezione ampiamente diffusa;
purtroppo, ancora oggi, in troppi Paesi del mondo, il ricorso all'aborto è visto come mezzo utile e necessario per un controllo demografico e come strumento di pianificazione familiare e di prevenzione delle nascite;
va, peraltro, condannata e contrastata con forza la pratica aberrante in uso in alcuni Paesi che ricorrono al vergognoso aborto selettivo dei feti di sesso femminile per riequilibrare il rapporto tra bambini e bambine nati,

impegna il Governo:

a promuovere una forte iniziativa da parte dell'Unione europea nei confronti di quei Paesi che tollerano o impongono l'interruzione di gravidanza come strumento di controllo demografico o la pratica orribile dell'aborto selettivo;
ad attivarsi in sede internazionale - anche attraverso lo strumento della cooperazione internazionale e dei progetti bilaterali tra l'Italia ed i Paesi in via di sviluppo - al fine di favorire la diffusione e realizzazione di tutte quelle iniziative socio-sanitarie in grado di ridurre il ricorso all'interruzione della gravidanza e di prevenirlo garantendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, ciò attraverso:
a) un'efficace e capillare campagna di sensibilizzazione e di informazione finalizzata a favorire una maternità responsabile;
b) la creazione e il potenziamento di consultori familiari e di strutture socio-sanitarie e percorsi assistenziali e di prevenzione;
c) l'attuazione di ogni utile iniziativa per favorire la diffusione delle conoscenze in questo ambito, garantendo informazioni corrette per accrescere la consapevolezza dei più giovani, anche per quanto concerne l'utilizzo corretto e consapevole dei metodi contraccettivi;
d) una corretta informazione sui contraccettivi, un'attenzione alla salute sessuale e riproduttiva della donna e dell'uomo, cercando di raggiungere le fasce più a rischio (sulla base della condizione sociale e dell'età), con spazi loro dedicati, intercettandole nei loro ambienti (scuole, comunità di immigrati ed altri) e potenziando i consultori e i presidi ospedalieri;
e) vere politiche di aiuto e di sostegno alla procreazione consapevole e alla tutela della maternità, sviluppando al contempo la cultura della prevenzione e di una sessualità responsabile.
(1-00214)
«Mura, Palagiano, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Giuseppe».

La Camera,
premesso che:
la situazione in Somalia ha da tempo oltrepassato i livelli di criticità e non passa giorno in cui non si apprenda, come in queste ultime ore, di scontri tra ribelli islamici e forze governative, che sono costati la morte di decine di persone, tra cui anche un alto ufficiale di polizia; i combattimenti sono avvenuti nel nord di Mogadiscio, in una roccaforte dei ribelli islamici;
si ha notizia che le milizie islamiche somale, denominate «giovani mujaheddin», considerate vicine ad Al Qaeda, hanno decapitato qualche giorno fa sette persone nella città di Baidoa, accusate di essere «cristiani» e «spie»;
la sottovalutazione della tragedia in atto in Somalia da parte della comunità internazionale ha assunto livelli preoccupanti;
la tragedia della Somalia nasce da lontano: questo Paese è nato, come Stato indipendente, nel 1960 dall'unificazione della ex Somalia italiana e della Somalia

britannica (attuale Somaliland); questa unione non sembra aver funzionato secondo le aspirazioni di quanti avevano creduto di poter formare la Grande Somalia, dando il via allo scoppio di una feroce guerra civile che, dal 1980 in poi, ha portato al completo collasso della Repubblica somala;
questo contesto ha consentito al Somaliland di dichiarare la propria indipendenza e autonomia, sebbene non riconosciuta a livello internazionale, un evento che ha comunque dato origine a ulteriori scontri;
l'inizio di questa epoca di guerra civile intermittente che, sebbene con diversi contendenti, perdura ancora oggi, origina tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, quando cominciarono a formarsi organizzazioni di guerriglia ostili al regime di Siad Barre, instauratosi a seguito di un golpe militare nel 1969; successivamente, nel 1991, Barre venne estromesso e la lotta per il potere che ne seguì contrappose diversi gruppi tribali, in un nuovo crescendo di violenza, accompagnato, peraltro, da una terribile carestia;
il conflitto con il tempo divenne sempre più confuso e violento, culminando nella tristemente famosa battaglia di Mogadiscio, un combattimento di estese proporzioni avvenuto durante l'operazione di polizia internazionale Restore hope, che, iniziata sotto l'egida delle Nazioni Unite, ha visto accadere svariati scontri a fuoco di elevata intensità, che coinvolsero truppe statunitensi, italiane, pachistane e di ogni nazione partecipante all'operazione, aumentando, peraltro, l'ostilità della popolazione locale;
la missione Unosom, la prima missione a fornire soccorso umanitario e aiuti per restaurare l'ordine in Somalia dopo la dissoluzione del Governo centrale, si risolse in un fallimento a causa del ritiro degli americani nel 1994, seguito, l'anno successivo, da quello delle forze dell'Onu, che ammise di essere incapace di far fronte alla situazione; il periodo che ne seguì fu caratterizzato dalle violenze dei cosiddetti «signori della guerra», i temibili capi-clan che sottomisero la popolazione dopo aver costretto alla fuga i caschi blu dell'Onu e i marines americani;
verso la fine degli anni novanta importanti scambi diplomatici portarono a un accordo fra ventisei fazioni, alla conferenza di pace di Gibuti, nel 2000, e alla conferenza di pace di Mbagathi, nel 2002; il periodo tra il 1998 ed il 2006 vide anche la nascita di alcuni Stati somali autodichiaratisi autonomi, che, però, a differenza del Somaliland, erano tutti movimenti per l'autonomia, ma non dichiarazioni illegali di indipendenza;
nel 2004 sembrava che il processo di pacificazione fosse finalmente giunto alla conclusione: fu eletto dall'Igad (l'organizzazione politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d'Africa) un Parlamento federale, nominati un Presidente ad interim, Abdullahi Yusuf Ahmed, e un Governo, il Governo federale di transizione somalo (Tfg), guidato da Mohamed Mohalim Gedi, che venne formato a Nairobi perché, considerata la caotica situazione in atto, risultava difficile la scelta naturale di Mogadiscio; all'inizio del 2006 il Governo federale di transizione somalo tentò anche di stabilire un temporaneo insediamento del Governo a Baidoa;
purtroppo, queste deboli istituzioni non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese, anche a causa dell'opposizione dei citati «signori della guerra» di Mogadiscio, quasi tutti componenti del Governo stesso;
nella prima parte del 2006 venne formata una sorta di alleanza laica di signori della guerra, per lo più posizionati nella zona di Mogadiscio, che si opponevano all'ascesa dell'Unione delle corti islamiche, orientata alla sharia, che aveva rapidamente consolidato il proprio potere;
pochi mesi dopo, gli islamisti riuscirono, nel corso della seconda battaglia di Mogadiscio, a cacciare l'alleanza laica

dalla capitale prendendone il possesso, anche riuscendo a persuadere, quando non a obbligare, altri signori della guerra a far parte della propria fazione; questa crescente base di potere e di attivismo del movimento islamico ha portato a un sempre più aperto stato di guerra tra gli islamisti e le altre fazioni della Somalia, inclusi il Governo federale di transizione;
la situazione si è poi ulteriormente complicata per l'intervento dell'Etiopia, che sosteneva le forze laiche in Somalia. L'Unione delle corti islamiche, per converso, era riuscita a ottenne l'aiuto dell'Eritrea, rivale dell'Etiopia, e di mujaheddin stranieri, proclamando la jihad contro l'Etiopia in risposta allo spiegamento delle sue forze intorno a Baidoa;
nel gennaio 2007, gli Stati Uniti intervennero militarmente nel Paese, per la prima volta in modo ufficiale dallo schieramento dell'Onu negli anni novanta, conducendo attacchi aerei contro le posizioni islamiche, anche nel tentativo di catturare o eliminare elementi di Al Qaeda, presumibilmente infiltrati nelle forze dell'Unione delle corti islamiche; il risultato fu che comunque l'Unione islamica venne scacciata dal campo di battaglia, le sue truppe si dispersero per cominciare la guerriglia contro le forze governative etiopi e somale;
nello stesso tempo, però, la fine della guerra venne seguita dalla continuazione dei già esistenti conflitti tribali; in questo Paese, è bene ricordarlo, ha un peso determinante l'inverosimile numero di clan e sottoclan, con alleanze sempre diverse e sempre capaci di disorientare qualsiasi osservatore internazionale;
nel giugno del 2008 un passo avanti, non risolutivo ma comunque positivo, fu considerato l'accordo di Gibuti siglato dal Governo federale di transizione (Tfg) e dai principali esponenti dell'opposizione politica (accordo che non contiene solo dichiarazioni politiche sulla cessazione delle ostilità, sul ritiro dei soldati etiopici o sulla prosecuzione del dialogo, ma auspica anche la creazione di due organismi, entrambi presieduti dalle Nazioni Unite, con lo scopo di proseguire il confronto e verificare che i punti dell'accordo di Gibuti vengano rispettati);
il 29 dicembre 2008 il presidente Abdullahi Yusuf Ahmed ha rassegnato le sue dimissioni, motivando questa decisione con l'impossibilità di portare il suo Paese in una fase di pacificazione e accordo tra le parti e criticando duramente la comunità internazionale per il mancato sostegno economico per fronteggiare le corti islamiche e gli altri gruppi che si contendono il potere;
nel gennaio 2009 l'Etiopia ha completato il ritiro dei suoi circa tremila soldati dal territorio somalo, senza aver registrato apprezzabili risultati, e, come segnale significativo di volontà di pacificazione, il Parlamento allargato somalo ha eletto un rappresentante moderato delle corti islamiche, Sheik Sharif Ahmed, come nuovo Presidente della Somalia, con il placet anche dell'Occidente;
tuttavia, la Somalia è ancora oggi dilaniata dalla violenza e, dopo 18 anni e 14 tentativi falliti di formare una parvenza di Governo, i massacri non hanno smesso di verificarsi, in una situazione di totale anarchia, tra le forze laiche e le forze integraliste, che naturalmente non hanno accettato l'elezione del nuovo Presidente;
infatti, dal 7 maggio 2009 le milizie islamiste di Al Shabaab hanno lanciato una nuova offensiva per il controllo della città di Mogadiscio contro il Governo federale di transizione somalo del nuovo presidente Sheikh Sharif Ahmed, il quale, assediato nel suo palazzo di Mogadiscio, ha proclamato lo stato di emergenza per cercare di contenere l'offensiva dei ribelli islamisti, che dura ormai da sei settimane e che rischia di trasformare questo Paese in una calamita dell'Islam militante; a questo proposito, tra miseria e disperazione, la Somalia sta diventando sempre più un habitat naturale per la propaganda di Al Qaeda che sta creando una generazione di giovani e giovanissimi combattenti

devoti alla jihad, ragazzi che non hanno conosciuto altro che guerre e miseria fin dalla nascita;
inoltre, nell'ultimo mese sono stati assassinati un Ministro e un parlamentare somali;
ulteriore complicazione è dovuta al fatto che questo caos si sta riversando oltre le frontiere somale, provocando tensioni e violenze in Kenya, Etiopia, Eritrea, Yemen, Paesi nei quali si stanno riversando migliaia di profughi; per non parlare dei fenomeni di pirateria con assalti a centinaia di navi, specchio della profonda crisi politica e socio-economica che attraversa la Somalia, in quella zona costiera che ormai è divenuta una zona franca lungo le rotte commerciali tra l'Asia e l'Europa;
purtroppo, ciò che è davanti ai nostri occhi è anche frutto di errori di politica estera, compresi quelli delle passate amministrazioni Usa, che hanno spinto la popolazione verso l'estremismo, aumentandone di fatto l'insicurezza; si possono, in tal senso, ricordare per esempio interventi unilaterali, quali l'esclusione con la forza dell'Unione delle corti islamiche nel 2006, i bombardamenti aerei contro presunti terroristi o l'insediamento dell'esercito etiopico, che hanno reso ulteriormente complicata la situazione, rafforzando proprio chi si intendeva combattere;
inoltre, la scarsa «internazionalizzazione» della disastrosa situazione somala ha comportato una diminuzione dell'impegno, anche delle Nazioni Unite, a favore di un processo di stabilizzazione in quell'area con relativi interventi che o si sono rivelati deboli o in ritardo rispetto all'evoluzione degli accadimenti;
nel corso della quindicesima riunione dell'International contact group (Icg) sul Paese del Corno d'Africa, tenutasi presso il ministero degli affari esteri nel mese di giugno 2009, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini, alla presenza dell'ambasciatore mauritano Ahmedou Ould-Abdallah, rappresentante speciale per la Somalia del Segretario generale dell'Onu, e del Primo ministro somalo Umar Abdirashid Ali Sharmake, ha affermato che l'Italia è al fianco del Governo somalo non solo per motivi storici ma anche perché è «inaccettabile abbandonare milioni di persone a un destino di guerra e violenza» e che la crisi in Somalia rappresenta «una minaccia alla sicurezza internazionale»; in quella occasione è stata anche annunciata la riapertura della sede diplomatica italiana di Mogadiscio, a conferma della nostra fiducia nel Governo somalo e nella sua politica coraggiosa e difficile di riconciliazione nazionale;
in questo contesto, la notizia dello spostamento ad altro incarico dell'inviato speciale del Governo italiano per il Corno d'Africa, Mario Raffaelli, con relativo annuncio che non verrà sostituito, cade in un momento delicato che potrebbe avere ripercussioni e procurare un indebolimento dell'azione diplomatica italiana,

impegna il Governo:

a rafforzare il nostro impegno nella gestione della crisi in Somalia - un'area di crisi rispetto alla quale non ci si può permettere distrazioni - non solo e non tanto per i suoi antichi legami storici, ma per sostenere il Governo somalo con un'iniziativa tempestiva, ovvero attraverso una forte leadership della diplomazia italiana per la ripresa del dialogo e della pacificazione tra le varie fazioni che si contendono il controllo di questo territorio;
a esercitare tale leadership in ambito europeo e internazionale per coinvolgere i Governi in un concreto sostegno alla fragile intesa siglata a Gibuti nel giugno 2008, perché costituisce un buon punto di partenza per arrivare a una soluzione politica della crisi, a una vera riconciliazione della Somalia e per far marciare più speditamente il processo di pace;
a sostenere, di concerto con le altre diplomazie occidentali e per accogliere gli allarmi lanciati dall'attuale Presidente somalo

affinché l'Occidente intervenga prima che la Somalia diventi il nuovo Afghanistan africano dei talebani, ogni forma di Governo che preveda la presenza di islamisti moderati, che non va confuso con l'appoggio al terrorismo, in quanto una loro preventiva esclusione rischierebbe di radicalizzare ancora di più le posizioni già estremamente diversificate e non terrebbe in debito conto che la volontà popolare, anche se in una situazione di grande caos, sembra orientata verso una presenza islamica moderata nel Governo del Paese;
a farsi promotore di una conferenza di pace allargata a tutta la regione, con il coinvolgimento dell'Unione africana, così come è accaduto nel mese di maggio 2009 a Trieste per la questione afgana, atteso che da tempo la questione somala non si gioca solo all'interno del Paese, in quanto il fronte si è allargato a Etiopia e Eritrea, in particolare, ma probabilmente coinvolge anche l'Arabia Saudita, Kuwait e Yemen, soprattutto per le paventate risposte militari, più che politiche, di questi ultimi alla pirateria.
(1-00215)
«Evangelisti, Leoluca Orlando, Donadi, Borghesi, Di Giuseppe, Messina, Rota, Aniello Formisano, Giulietti, Favia, Misiti, Palomba».

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha fortemente penalizzato la scuola pubblica, prevedendo tagli indiscriminati di risorse e di personale (riduzione di 8 miliardi di euro e di 132.000 docenti e personale ata in tre anni);
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la scuola pubblica viene smantellata dalla riforma scolastica, a vantaggio della scuola privata, che, invece, riceverà sostegni economici;
l'articolo 33 della Costituzione sul diritto allo studio afferma che la Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi, enti e privati possono istituire scuole senza oneri a carico dello Stato, assicurando a chi le istituisce e a chi le frequenta pari opportunità;
la scuola pubblica va riformata nel senso della valorizzazione del merito, dell'efficienza, dell'innovazione e della modernità. È necessaria una scuola pubblica che funzioni, dove siano davvero efficaci gli organi di controllo della gestione dei fondi pubblici ad essa destinati;
l'autonomia scolastica, tra le riforme, è un obiettivo da raggiungere, ma deve essere intesa come autonomia di azione e pensiero della scuola, piuttosto che come esclusiva autonomia finanziaria;
il Governo è rimasto, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, insensibile di fronte alle numerose manifestazioni spontanee indette da studenti, docenti e famiglie, dimostrando scarsa attenzione nei riguardi di un settore cardine, che, attraverso l'istruzione delle nuove generazioni, serve alla formazione culturale di un Paese;
con i provvedimenti in materia scolastica, il Governo ha messo in discussione il funzionamento stesso di una scuola pubblica efficiente e qualificante. Ad esempio, con la drastica riduzione delle ore di studio del diritto e dell'economia negli istituti tecnici e nei licei, si procura un grave danno agli studenti, i quali, peraltro, troveranno maggiori difficoltà nell'affrontare il percorso universitario;
la riduzione del numero degli istituti convittuali e semiconvittuali rappresenta un disagio per le famiglie;
il nuovo regolamento introdotto dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la gestione delle graduatorie ad esaurimento è particolarmente critico per gli insegnanti precari, in quanto il decreto ministeriale n. 42 del 2009 prevede l'inserimento in fine alla graduatoria, per coloro che scelgano tre province ex

novo, in aggiunta a quella precedentemente individuata. Conseguentemente, molti docenti precari hanno presentato ricorso, mentre tanti altri, non potendo affrontare le spese processuali, continuano a sperare in un ripensamento del Governo. Altri ancora hanno presentato ricorso mediante sindacato Anief, accolto dal tribunale amministrativo regionale del Lazio il 5 giugno 2009. La richiesta di sospensiva del decreto ministeriale n. 42 del 2009, avanzata dal sindacato ha fatto emergere l'incoerenza del provvedimento e, ad avviso del tribunale amministrativo regionale del Lazio, la disponibilità espressa dai docenti ad insegnare in altra provincia, oltre quella già indicata, non inciderebbe sul merito e, pertanto, sui punteggi già acquisiti;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha introdotto la figura del maestro unico e il modulo delle 24 ore per la frequenza scolastica, nonostante le contestazioni di genitori e docenti. Il monitoraggio sulle iscrizioni scolastiche ha rilevato come la nuova organizzazione del Governo sia stata una scelta fallimentare. Il boom delle richieste del tempo pieno è stato eclatante e il Governo non soltanto non ha saputo rispondere alle reali esigenze delle famiglie, ma ha anche dimostrato di non poter attuare il nuovo assetto scolastico, a causa dell'insufficienza del personale docente (ridotto sensibilmente dallo stesso Governo) e delle gravi carenze strutturali;
l'articolo 3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, perciò il principio della scuola deve essere l'inclusività, attraverso l'integrazione, la multiculturalità e la complessità. In Italia, invece, si rivede il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, prevedendo il loro accesso solo previo superamento di test e prove specifiche di valutazione con l'istituzione di classi ponte per gli stranieri;
il sistema scolastico voluto dal Governo, con l'aumento del numero di alunni per classe e la contestuale diminuzione del personale docente, rende inattuabile il modello della scuola inclusiva. Tale progetto di integrazione, infatti, è irrealizzabile in un sistema ove al maestro unico è affidata la gestione di un numero crescente di alunni. Al contrario, solo attraverso docenti preparati e continuamente aggiornati, è possibile garantire una didattica capace di rispondere ai bisogni di ogni singolo alunno, comprendere le problematiche connesse alla loro crescita e condividere il progetto formativo con i familiari;
mentre il Governo italiano ridefinisce il sistema scolastico sulla base del criterio della riduzione dei costi per il bilancio statale, riduce sensibilmente il personale scolastico, impedisce l'accesso alla professione con la sospensione del ciclo di specializzazione per gli insegnanti di scuola secondaria (ssis) e blocca le graduatorie scolastiche, l'amministrazione americana punta a motivare gli insegnanti con piani di avanzamento di carriera legati al successo ottenuto nelle classi, incrementando il numero degli insegnanti (circa 100.000 docenti in più), ritenendo la conoscenza un valore fondamentale per trovare un'occupazione e per creare nuovi posti di lavoro: per questo nel «piano anticrisi» degli Usa (da 800 miliardi di dollari) si sostengono la scuola, la ricerca e l'università;
quello americano non è certamente l'unico modello scolastico al quale guardare. Basti pensare alla realtà finlandese, che vanta un tasso di alfabetizzazione tra i più alti al mondo e una dispersione scolastica quasi nulla. In Finlandia la professione docente è altamente prestigiosa e l'insegnante gode di ampia considerazione e sostegno. Essendo un Paese con poche risorse, la Finlandia punta molto su quelle umane, ponendo una particolare attenzione agli studenti con difficoltà

di apprendimento. Sono gli stessi insegnanti a dedicare loro particolare supporto, potendo usufruire anche del contributo di esperti psicologi della scuola. La Finlandia, in sostanza, fa del principio di integrazione un motivo di progresso sociale;
le nuove norme sui tagli alla scuola voluti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono state dichiarate parzialmente illegittime dai giudici della Corte costituzionale, perché in violazione dell'articolo 117 della Costituzione;
la sentenza n. 200 della Corte costituzionale del 24 giugno 2009, in particolare, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di due parti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: l'utilizzo del regolamento per definire «criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica» (articolo 64, comma 4, lettera f-bis) e l'attribuzione anche allo Stato della possibilità di «prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti» per la chiusura o accorpamento degli istituti scolastici nei piccoli comuni (articolo 64, comma 4, lettera f-ter);
l'aumento del numero degli studenti per classe, inoltre, non appare una scelta responsabile, se si considera che oltre il 42 per cento degli edifici scolastici non è agibile. Il Governo ha stanziato 300 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, dopo il disastro avvenuto in Abruzzo, in ogni caso insufficienti, soprattutto se paragonati ai 14 miliardi richiesti dal responsabile della protezione civile, dottor Bertolaso. Le scuole continuano ad essere insicure, mentre l'incremento del numero di alunni per classe aggrava i rischi per l'incolumità degli alunni medesimi;
la scuola non può essere considerata un contenitore per collocare personale a spese della collettività e senza una seria programmazione, tuttavia, è inaccettabile che dalla scuola venga fuori una classe di docenti senza alcuna possibilità di pianificazione del futuro in un modello di precarizzazione costante. La scuola pubblica efficiente deve programmare il personale docente, il suo ricambio e la sua formazione;
è in fase di discussione, sia parlamentare che all'interno delle organizzazioni sindacali e di rappresentanza della scuola, la riforma della scuola pubblica in senso autonomo. Pur rilevando la necessità di riformare le istituzioni scolastiche, la trasformazione dei consigli di istituto in consigli di amministrazione, delle scuole in fondazioni e l'assunzione diretta dei docenti su chiamata dei dirigenti apre la strada ad una autonomia, di fatto, finanziaria e gestionale, che mette in discussione l'assetto costituzionale della scuola pubblica,

impegna il Governo:

a garantire il rispetto dei principi sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione italiana;
a investire risorse economiche e umane nella scuola pubblica;
ad assicurare la formazione continua dei docenti e a raggiungere un sistema scolastico non come luogo di rigore di giudizio, ma come momento di aggregazione e di crescita culturale dei giovani;
a garantire la partecipazione attiva degli studenti in progetti didattici che siano anche da stimolo per un costruttivo confronto interculturale;
ad assicurare la scuola inclusiva, in cui la preparazione degli insegnanti sia tale da poter rispondere efficacemente ai bisogni di ogni singolo alunno, comprendere le problematiche connesse alla crescita degli studenti e condividere il progetto formativo con i familiari;
a rispondere alle reali esigenze delle famiglie sulle ore di frequenza scolastica;

ad assumere iniziative urgenti per ridurre i tagli degli 87.341 docenti e dei 44.500 lavoratori ata precari;
ad assumere iniziative per garantire la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
ad assumere iniziative concrete finalizzate a garantire la condizione lavorativa dei precari nella scuola;
a incrementare le risorse da destinare al settore dell'istruzione, avvicinando l'Italia agli standard dell'Unione europea.
(1-00216)
«Zazzera, Di Giuseppe, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Stanislao».

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura è l'unico settore che non crolla davanti ad una crisi incalzante. Sia il dato congiunturale che quello tendenziale del valore aggiunto registrano una sostanziale tenuta, anche se i problemi delle imprese restano alquanto difficili e i produttori continuano ad essere sempre più stretti dai costi produttivi, dai gravosi oneri contributivi e dalla mancanza di una politica realmente efficace e concreta;
dopo un anno di crescita, seppur lieve, il settore primario registra nei primi tre mesi del 2009 un calo del valore aggiunto, rispetto al quarto trimestre del 2008, dell'1,3 per cento e un leggero incremento (più 0,1 per cento) nei confronti dello stesso periodo del 2008. Questo non significa, però, che la crisi è passata e che i problemi siano scomparsi. Sono dati che mettono in evidenza tutte le difficoltà e le pressanti questioni che oggi sono costretti ad affrontare gli imprenditori agricoli del nostro Paese;
il trend dell'agricoltura non è in linea con il rallentamento generalizzato e pesante dell'economia nazionale. Infatti, nel primo trimestre del 2009 la flessione congiunturale è ben più ridotta di quella del valore aggiunto dell'industria in senso stretto (meno 7,7 per cento), del settore che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici servizi, trasporti e comunicazioni, del settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (meno 1,4 per cento);
nonostante ciò, i problemi del settore, come più volte denunciato, rischiano di aggravarsi ulteriormente se non si interviene in maniera efficace e tempestiva. L'agricoltura italiana mostra ancora evidenti segni di affanno. Un panorama che ha bisogno di una scossa, di una politica nuova di svolta;
la scelta obbligata e vincente per la nostra agricoltura per superare la crisi è che le produzioni agroalimentari siano di qualità;
questa scelta non nasce solo dalla difficoltà, per le imprese, di competere sul fronte dei costi, ma anche dal crescente ruolo dei consumatori nel sistema economico e dalla centralità che le tematiche della salute e del benessere dei cittadini hanno giustamente assunto nelle valutazioni e nelle scelte private e pubbliche;
la qualità, quindi, non va intesa come un fatto limitato, confinato in nicchie di mercato o in situazioni di eccellenza; essa va, invece, considerata come tratto distintivo di un sistema al quale ogni operatore contribuisce nell'affermazione di marchi legati all'origine e ad altri tratti distintivi di identità e nella costruzione di filiere di qualità differenziate sia per processo che per prodotto;
la strategia della qualità deve riuscire a coniugare efficacemente il rispetto per la tradizione produttiva con lo sviluppo dell'innovazione, attraverso adeguate strategie di marketing, di comunicazione e di organizzazione;
le principali strategie di valorizzazione della qualità legata al territorio percorrono la strada delle denominazioni di origine registrate e tutelate a livello comunitario: le dop e le igp. L'importanza di queste strategie è nota, ma sono note

anche le difficoltà che molte denominazioni incontrano prima di essere attivate, commercializzate e valorizzate;
nell'ultimo periodo vi è stata una forte crescita di riconoscimenti di denominazioni a marchio dop ed igp italiane, che hanno raggiunto quota 148, consentendo così al nostro Paese di collocarsi in testa alla graduatoria europea davanti alla Francia;
quella delle dop ed igp non è l'unica strada percorribile; ci sono, anche se riguardano un segmento limitato di imprese italiane, le strategie legate alla vendita diretta degli agricoltori, negli agriturismi, a consumatori locali o a soggetti qualificati (ristoranti, catene specializzate);
anche le produzioni biologiche, a tal proposito, risultano essere molto valorizzate in questi segmenti, in special modo attraverso il canale delle mense scolastiche, che distribuiscono ormai 920 mila pasti biologici al giorno in circa 600 mense. Se si considera che questo segmento di consumo è stato da sempre alimentato da produzioni indistinte, ci si può rendere conto di quale potenziale esso rappresenti per le produzioni di qualità;
la particolare vocazione del nostro Paese (per le condizioni pedoclimatiche che lo distinguono) alla produzione biologica di molte colture e allevamenti di pregio e la particolare perizia dei nostri agricoltori possono fare del biologico italiano un punto di forza notevole per la nostra agricoltura di qualità;
le strategie di valorizzazione della qualità legata all'origine o ai processi produttivi non escludono, anzi possono essere in sinergia con quelle legate all'affermazione di marchi commerciali. È comunque necessario che l'intero processo di filiera sia valorizzato, a partire dal prodotto agricolo che ne è la base e la cui qualità rende la marca competitiva;
per quanto riguarda la pesca, l'aumento del prezzo del greggio ha danneggiato enormemente il settore, con conseguenze devastanti su tante famiglie, che hanno fondato la loro economia su questo particolare settore;
la speculazione esasperata delle compagnie petrolifere sta mettendo a dura prova il comparto ittico. Questo significa aumento dei prezzi e conseguente diminuzione dei consumi,

impegna il Governo:

ad adottare interventi per il rilancio del settore agricolo che mirino al sostegno e alla valorizzazione della produzione biologica, come:
a) il rafforzamento del sistema delle dop-igp, favorendo la capacità di aggregare i diversi soggetti della filiera e di concentrare il maggior quantitativo di prodotto possibile;
b) incentivare la crescita di servizi che orientino e sostengano le imprese agricole nella scelta di strategie di qualità;
c) potenziare e razionalizzare il sistema di certificazione ed accreditamento, favorendo ed accelerando la creazione dell'ente unico di accreditamento, partecipato da tutti i ministeri interessati e dalle organizzazioni di rappresentanza del mondo imprenditoriale;
ad adottare misure volte a risolvere i problemi del settore pesca come:
a) la ristrutturazione e il salvataggio delle imprese in crisi, nonché la rimodulazione degli investimenti strutturali del Fondo europeo per la pesca;
b) introdurre ammortizzatori sociali anche per il settore della pesca e far rientrare l'attività dei lavoratori del settore ittico nella categoria dei lavori usuranti.
(1-00217)
«Di Giuseppe, Rota, Zazzera, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
la scuola pubblica italiana vive da tempo una situazione di grandissima difficoltà finanziaria e gestionale, evidenziata dall'impossibilità di molti istituti scolastici di far fronte alle spese ordinarie;
i numerosi tagli apportati dal Governo alla scuola previsti dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fanno emergere un quadro davvero preoccupante della scuola pubblica, la quale viene in tal modo impoverita in termini di qualità e formazione;
i dati parlano, infatti, di una limitazione di risorse e di personale pari a circa 8 miliardi di euro e di circa 134.000 docenti e personale ata in tre anni;
la legge finanziaria per il 2009 ha, poi, ridotto di ben 50 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;
durante l'anno scolastico 2008-2009 numerosi istituti hanno denunciato mancanza di risorse per pagare le supplenze, le utenze, le visite fiscali e l'organizzazione dei corsi di recupero pomeridiani, con la conseguenza che gli alunni sono stati costretti a rimanere senza docente per molte ore, creando in tal modo discontinuità didattica;
il piano di «razionalizzazione» che investe e stravolge la scuola pubblica determina per gli alunni, in particolare quelli della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, la perdita di un'opportunità irripetibile, quella, cioè, di poter ricevere, secondo i propri bisogni, gli adeguati stimoli per crescere in modo armonico e globale in una fase evolutiva in cui la capacità di apprendimento del bambino è particolarmente significativa;
la circolare interministeriale 2 aprile 2009, n. 38, sulle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2009-2010 ha quantificato in 42.100 posti le riduzioni da operare a partire dal prossimo anno scolastico;
per raggiungere tale risultato si prevede una prima riduzione di 37.100 posti in organico di diritto e una successiva riduzione di 5.000 posti in organico di fatto nel mese di settembre 2009;
le iscrizioni all'anno scolastico 2009-2010 hanno evidenziato una preferenza delle famiglie per il tempo pieno con due docenti, bocciando le scelte del Governo di calcolare gli organici sulle 24 ore settimanali;
infatti, dai dati del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta che solo il 3 per cento delle famiglie, che hanno iscritto i propri figli alla prima classe della scuola primaria, ha scelto l'orario settimanale di 24 ore, solo il 7 per cento ha scelto l'orario di 27 ore, il 56 per cento ha scelto l'orario con i moduli a 30 ore e il 34 per cento ha scelto il tempo pieno con l'orario di 40 ore;
inoltre le scuole paritarie, secondo quanto sancito dalla legge n. 62 del 2000, sono scuole che a tutti gli effetti sono inserite nel sistema scolastico italiano e che, quindi, erogano un servizio pubblico;
in base a quanto sopra e in base alla Costituzione italiana (articolo 33), gli studenti che le frequentano hanno diritto ad «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali»;
a nove anni dall'introduzione della legge n. 62 del 2000, la sua applicazione effettiva risulta ancora disattesa, con il rischio di essere vanificata non solo dalla crisi economica in atto, ma anche da scelte governative non sempre lungimiranti;
sarebbe opportuno garantire in tempi certi i finanziamenti per le scuole paritarie e il ripristino delle risorse ad esse sottratte dalla manovra economica e solo in parte rimborsate;
la scuola in generale, statale e non statale, deve essere l'ultimo settore a cui una società toglie le proprie risorse;

concetti quali autonomia, libertà di scelta educativa delle famiglie, qualità dell'insegnamento e sussidiarietà sono principi sanciti dalla Costituzione e in uno Stato democratico libero ed efficiente devono essere garantiti e promossi,

impegna il Governo:

a prendere le misure necessarie ad assicurare alla scuola le risorse adeguate per il suo funzionamento e per la qualità dell'offerta formativa;
ad adottare le iniziative necessarie per limitare i tagli di docenti e lavoratori ata precari previsti dalla legge finanziaria per il 2009;
ad evitare la chiusura delle scuole e delle comunità montane e delle isole minori, al fine di non pregiudicare il diritto all'istruzione di molti bambini;
ad incrementare la messa in sicurezza negli edifici scolastici, visto che da alcuni rapporti, come quello di Legambiente, il 42 per cento degli edifici scolastici non sarebbe a norma;
ad adottare iniziative che modifichino i provvedimenti riguardanti i tagli previsti dalla manovra finanziaria del 2008 e le disposizioni che riguardano l'orario di 24 ore settimanali;
a dar vita ad un sistema scolastico capace di valorizzare ed armonizzare tute le esperienze scolastiche di un territorio, facendole convergere in un unico sistema pubblico, così come previsto dalla legge n. 62 del 2000;
in sede di attuazione della riforma del federalismo fiscale per quanto concerne la materia scolastica, a favorire in modo strutturale la libertà di scelta educativa delle famiglie.
(1-00218)
«Capitanio Santolini, Volontè, Buttiglione, Vietti, Ciocchetti».

La Camera,
premesso che:
come ampiamente e unanimemente certificato da molteplici organismi internazionali e istituti indipendenti, la crisi economica mondiale, rapidamente trasferitasi dai mercati finanziari ai settori produttivi, ha investito in pieno anche il nostro Paese, con un vistoso calo del prodotto interno lordo, nell'ordine del 5 per cento per il 2009 e prospettive altrettanto recessive per il 2010 e corrispondenti drammatici effetti sull'occupazione e sul reddito delle famiglie;
secondo il servizio studi della Confindustria, nel 2009 saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4 per cento, mentre sulla base dei dati Inps emerge un incremento di oltre il 500 per cento rispetto al 2008 del ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende;
in tale contesto negativo, si evidenzia la condizione di circa due milioni di lavoratori precari, che, come autorevolmente richiamato dal Governatore della Banca d'Italia, rischiano di essere totalmente esclusi da ogni forma di sostegno del reddito in caso di licenziamento. Dalle tabelle elaborate dalla Banca d'Italia su dati Istat, emerge che, in caso di perdita del lavoro tra coloro che rimarrebbero senza alcun tipo di sostengo al reddito, ci sarebbero 800 mila lavoratori autonomi parasubordinati (diversi dai collaboratori), la grande maggioranza dei quasi 400 mila collaboratori e quasi 700 mila lavoratori a tempo determinato e interinali;
a fronte di tale scenario, le misure varate dal Governo appaiono, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inadeguate e decontestualizzate - come nel caso della detassazione degli straordinari o, attualmente, l'ipotesi di corrispondere, in un'unica soluzione, al lavoratore le mensilità di cassa integrazione o di indennità di disoccupazione

per l'avvio di una attività autonoma prevista dal decreto-legge n. 78 del 2009, al momento all'esame della Camera dei deputati - o poco più che simboliche, quale si sta rivelando il sussidio, previsto dall'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, corrisposto ai collaboratori a progetto in caso di disoccupazione. Tale previsione, seppure rappresenti la prima misura ipotizzata al riguardo, appare, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inadeguata per gli importi riconosciuti e del tutto insoddisfacente per la ristrettezza della platea dei lavoratori interessati, tanto è vero che sinora sono state presentate solo 1.800 domande;
se, inoltre, si considerano gli effetti dell'interruzione del processo di stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi, appaiono come sempre più fondate le critiche che evidenziano la mancanza di una strategia condivisa di sostegno all'occupazione, tanto per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che per i lavoratori precari, e di riforma degli ammortizzatori sociali, così come delineato e concordato tra Governo e parti sociali, con il protocollo del 23 luglio 2007;
del resto, anche l'accordo raggiunto con le regioni non si propone di avviare la riforma degli ammortizzatori sociali, cosa che è diventata urgente, ma si limita ad intervenire sui vecchi strumenti, aumentando le risorse sulla cassa integrazione in deroga, mentre nulla si è previsto riguardo all'ipotesi di allungamento dei periodi di cassa integrazione ordinaria;
appare necessario approntare, anche con strumenti eccezionali, un complesso di misure che affronti seriamente e in maniera integrata e innovativa il tema della tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori, sia nella difficile e inedita fase congiunturale che stiamo attraversando, sia nel nuovo scenario che caratterizzerà un moderno sistema produttivo. A tal riguardo, il Partito democratico ha avanzato precise proposte, sia in occasione dell'esame del citato decreto-legge n. 185 del 2008, sia con appositi progetti di legge, come, ad esempio, quelli volti ad assicurare l'estensione delle misure di sostegno del reddito dei lavoratori esclusi dall'applicazione degli strumenti previsti in materia di ammortizzatori sociali (Atto Senato n. 1110 - Finocchiaro, Treu e altri; Atto Camera n. 2100 - Damiano e altri) o l'ampliamento dei periodi di riconoscimento della cassa integrazione ordinaria (Atto Camera n. 2452 - Bellanova e altri);
laddove perdurasse l'inazione o la frammentarietà delle misure sin qui varate, si rischia di far ricadere esclusivamente sui lavoratori e, in particolare, sui lavoratori più deboli, quali risultano i lavoratori precari e i lavoratori delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali, gli effetti della crisi economica,

impegna il Governo:

ad adottare, quanto prima, misure volte ad assicurare forme di sostegno del reddito, attraverso l'istituzione di un assegno mensile di disoccupazione, pari almeno al 60 per cento della retribuzione percepita ogni mese nell'ultimo anno lavorativo, per tutti quei lavoratori attualmente esclusi dall'accesso agli strumenti previsti dal sistema di ammortizzatori sociali e che hanno perso il posto in conseguenza della recessione economica;
ad estendere a tutti i lavoratori le tutele della cassa integrazione previste nei casi di crisi temporanea e di sospensione del lavoro;
a prevedere una misura straordinaria di estensione dei periodi di cassa integrazione ordinaria, che consenta alle imprese di superare la grave fase recessiva, senza disperdere il patrimonio di competenze professionali del proprio personale dipendente;

a procedere, con il coinvolgimento delle parti sociali, al varo di un disegno organico di riforma degli ammortizzatori sociali.
(1-00219)
«Damiano, Soro, Sereni, Bressa, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
la crisi mondiale, che ha parzialmente investito anche l'Italia, ha solo evidenziato la gravità della situazione assistenziale e previdenziale esistente nel nostro Paese e non certamente creato l'attuale dissesto sociale derivante dalla concessione di ammortizzatori sociali solo a particolari categorie di lavoratori, minando la coesione sociale necessaria a superare tutti assieme, senza escludere nessuno, la crisi in corso;
l'Ocse, il 23 giugno 2009, ha rilevato come la spesa pensionistica in Italia assorba circa un terzo delle uscite statali complessive, ovvero quasi il doppio rispetto alla media degli altri Paesi Ocse. La previdenza pesa per il 30 per cento sul bilancio statale italiano, contro il 16 per cento della media Ocse. Secondo l'Ocse, un sistema così concepito induce a sottrarre risorse di spesa pubblica a altri settori preferibili, quali il welfare e l'istruzione. I contributi previdenziali raggiungono, inoltre, il 33 per cento degli stipendi, rispetto a una media Ocse del 21 per cento. L'istituto ha, inoltre, rilevato come l'applicazione delle riforme delle pensioni in Italia avanzi molto lentamente rispetto agli altri Paesi dell'Ocse e come, inoltre, molti dei cambiamenti vitali per la sostenibilità finanziaria dei costi del sistema previdenziale siano stati ripetutamente rinviati;
le recenti stime Ocse prevedono un calo del prodotto interno lordo del 5,3 per cento per tutto il 2009 e salvo una lieve, ma insufficiente, ripresa nel 2010, con un più 0,4 per cento;
il 29 maggio 2009 il Governatore della Banca d'Italia, dottor Mario Draghi, ha rilevato come, negli ultimi 20 anni, quella italiana sia stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte e come una risposta incisiva all'emergenza sia possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni. Serve, ad avviso del Governatore, una riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori sociali esistenti e ne renda più universali i trattamenti;
secondo il dottor Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, l'Italia deve fare attenzione al debito e contenere l'indebitamento pubblico, in quanto se la disoccupazione resterà elevata per lungo tempo, comprimerà la crescita. Secondo Bini Smaghi, non bisogna aspettare la ripresa, ma occorre riformare il mercato del lavoro, il che comporta il riassetto del welfare in generale, e riequilibrare la spesa sociale;
l'indagine Istat delle forze di lavoro in Italia segna un tasso di occupazione nella popolazione tra i 15 e i 64 anni fermo al 57,4 per cento nel primo trimestre 2009, pari a 22.966.000 occupati, con un calo dello 0,9 per cento; su base annua si stima che la perdita dell'impiego coinvolgerà 204.000 unità di lavoratori;
il tasso di disoccupazione passa, dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008, all'attuale 7,9 per cento, contando circa 1.982.000 unità di lavoratori in cerca di un'occupazione e registrando un ulteriore aumento tendenziale rispetto alle quattro stime precedenti, registrando più 221.000 unità di disoccupati in più, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008;
il recente rapporto Istat sulle forze lavoro indica numeri preoccupanti specie

al Sud: nel Mezzogiorno il tasso di inattività registra un significativo incremento (dal 47,9 per cento del primo trimestre 2008 al 48,8 per cento);
il «decreto anticrisi» varato pochi mesi fa dal Governo tutela non più del 12,5 per cento dei lavoratori parasubordinati, del 20 per cento degli apprendisti e del 60 per cento delle persone con contratti a tempo determinato, ovvero non tutela proprio chi ne avrebbe più bisogno, dal momento che, secondo i dati Istat, nell'ultimo anno sono rimasti disoccupati 154 mila lavoratori con contratto a tempo determinato, 107 mila lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative, 163 mila lavoratori autonomi;
l'Italia ha un sistema di ammortizzatori sociali e welfare che non garantisce la totalità dei lavoratori, con un tasso di disoccupazione che potrebbe non solo toccare la soglia del 10 per cento nel 2009, ma continuare a crescere anche successivamente: il 70 per cento dei disoccupati non è coperto da alcun ammortizzatore sociale ed anche le stime più prudenti indicano in oltre un milione il numero dei nuovi disoccupati in Italia entro il 2010;
i due terzi della spesa sociale continuano ad essere vincolati alla spesa pensionistica, anche perché l'Italia ha l'età pensionabile tra le più basse nell'Unione europea (si noti che l'aspettativa di vita è salita a 78,5 anni per gli uomini, che vanno in pensione in media a 58 anni, ed a 84 per le donne, che vanno in pensione in media a 57 anni);
per completare la cosiddetta «riforma Biagi» del mercato del lavoro è necessario «disporre anche in Italia di un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi e ammortizzatori, che concorra a realizzare un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza»;
è necessario riformare integralmente il sistema delle integrazioni al reddito dei disoccupati, con un sistema universale di ammortizzatori sociali che assicuri il lavoratore nel momento in cui passa dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione involontaria, come è stato ripetutamente ribadito dallo stesso Marco Biagi in numerose pubblicazioni;
le risorse per realizzare la necessaria riforma degli ammortizzatori sociali possono essere reperite anche attraverso l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne a quella degli uomini e l'innalzamento graduale della stessa per tutti, uomini e donne, a 65 anni non oltre il 2018. In questo modo si reperirebbero risorse, a regime, fino a 7 miliardi di euro ogni anno, da destinare proprio al welfare universalistico, sul modello del welfare to work (governare la disoccupazione, riqualificare i lavoratori un tempo impiegati in settori decotti e di ricollocarli sul mercato del lavoro), ed alle pensioni più basse;
il Governo ha lasciato scadere, senza esercitarla, la delega prevista dal comma 28 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che impegnava il Governo ad emanare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto del principi e criteri definiti dalla stessa legge;
il 25 giugno 2009 è giunta la messa in mora della condanna europea in materia di regime previdenziale Inpdap per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, sancita dalla sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia europea, per la violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, che riguarda «la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore»;
in seguito alla violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, il Governo - e in particolare i Ministri Sacconi e Brunetta, rispettivamente Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - è chiamato a rispondere a breve, pena la comminazione di una probabile onerosa sanzione

ai danni dell'Italia per mancato recepimento dell'istanza europea e mancata armonizzazione del sistema pensionistico Inpdap,

impegna il Governo:

a dare corso alle indicazioni provenienti dalla Commissione europea, armonizzando il nostro sistema di welfare, riconsiderando il sistema previdenziale, come suggerito da illustri economisti, dal Governatore della Banca d'Italia Draghi e dall'Ocse, al fine di liberare le risorse necessarie al finanziamento del nuovo sistema di ammortizzatori sociali e, in tale quadro, a procedere nell'immediato a un'equiparazione dell'età pensionabile di uomini e donne nella pubblica amministrazione, come previsto dalla condanna europea con la sentenza del 13 novembre 2008;
ad adottare iniziative per ripristinare la delega prevista dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, per la riforma degli ammortizzatori sociali, al fine di creare «uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro», integrato, sulla base del modello di welfare to work, con le politiche attive del lavoro e con un regime sanzionatorio dei comportamenti elusivi dell'impegno a una ricerca attiva dei lavoro da parte del disoccupato;
a provvedere ad una riforma integrale degli ammortizzatori sociali, al fine di creare un unico sistema universale di integrazione al reddito per le persone che passano dallo stato di occupazione allo stato di disoccupazione involontaria, senza distinzione (al contrario di quanto accaduto finora) di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro.
(1-00220)
«Zamparutti, La Malfa, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Guzzanti, Lehner, Mecacci, Nucara, Maurizio Turco».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma il diritto alla vita di ogni essere umano;
la conferenza dell'Onu svoltasi al Cairo nel 1994 afferma il valore della salute riproduttiva intesa come stato di benessere della persona e della famiglia, come esercizio della libertà e della responsabilità verso la procreazione da parte delle donne e degli uomini. Essa indica la salute riproduttiva come uno dei traguardi da conseguire in ogni parte del mondo attraverso la lotta alla povertà, l'accesso all'istruzione, la realizzazione di servizi sanitari adeguati e la promozione della contraccezione e della tutela sociale della maternità;
l'Organizzazione mondiale della sanità sollecita gli Stati e le nazioni a promuovere servizi sanitari basati sull'universalità di accesso alle prestazioni, dando priorità alle fasce deboli della popolazione, a partire dalle donne e dai bambini;
la risoluzione Onu del 2000 sugli «obiettivi di sviluppo del millennio» afferma il diritto alla salute come diritto umano fondamentale e componente essenziale della crescita economica e sociale e indica la promozione della maternità libera e responsabile e la tutela della salute materno-infantile tra gli otto obiettivi da realizzare entro il 2015;
secondo l'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, gli Stati riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita ed assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo;
l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che l'interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo di controllo delle nascite e riconosce l'autodeterminazione e la libertà di scelta della donna e della coppia;
la diffusione nel mondo della pratica dell'aborto selettivo a danno prevalentemente

delle concepite di sesso femminile sta provocando in alcune aree geografiche un forte squilibrio tra i sessi,

impegna il Governo:

a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che riconosca la tutela sociale della maternità e la libertà di scelta della donna e della coppia quale indirizzo fondamentale di una politica demografica che sia rispettosa della dignità umana e condanni il ricorso all'aborto quale strumento di controllo delle nascite e, dunque, come politica demografica;
a incrementare le politiche di cooperazione allo sviluppo aventi come obiettivo prioritario la promozione della salute delle donne e dei bambini.
(1-00221)
«Livia Turco, Binetti, Murer, Sbrollini, Bossa, Coscia, Schirru, Velo, Mosella, De Biasi, Motta, Codurelli, Gnecchi, Froner, Madia, Braga, Pes, D'Incecco».

La Camera,
premesso che:
le rappresentative italiane dei principali sport di squadra (calcio, pallacanestro, pallavolo, eccetera) non stanno mantenendo le aspettative dei numerosissimi tifosi che seguono con passione e con sacrifici anche economici le prestazioni dei nostri atleti;
a fronte di un palmares e di una storia soprattutto in ambito calcistico, che ha vista la nostra nazionale costituire un punto di riferimento ed i nostri giocatori affermarsi in tutto il mondo, le ultime prestazioni delle rappresentative italiane fanno registrare una fase di stallo, evidenziando le difficoltà degli «azzurri» di essere all'altezza della nostra storia;
la difficoltà delle squadre nazionali a rimanere competitive non può che essere ricondotta alla presenza sempre più diffusa nelle squadre di calcio, di basket e di pallavolo di atleti provenienti da federazioni straniere che costituiscono, in alcuni casi, addirittura la totalità dei giocatori titolari, riducendo, pertanto, la possibilità per gli atleti provenienti dalle serie nazionali minori di emergere e di imporsi a livello di prima squadra;
tale situazione è amplificata dai risultati e dai rendimenti offerti da nazionali di altri Paesi, anche meno ricchi, che magari si affacciano timidamente alle prime manifestazioni internazionali o in cui la popolarità degli stessi sport tra i cittadini è inferiore rispetto al nostro Paese;
ciò è sicuramente dovuto agli effetti della sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in data 15 dicembre 1995 (cosiddetta sentenza Bosman), che ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario le norme sportive che limitavano il numero di calciatori stranieri, cittadini di Stati membri dell'Unione europea, che ciascuna squadra può impiegare nelle competizioni sportive;
la stessa «sentenza Bosman» sottolinea, al paragrafo 106 che, «considerata la notevole importanza sociale dell'attività sportiva e, specialmente, del gioco del calcio nella comunità, si deve riconoscere la legittimità degli scopi consistenti nel garantire la conservazione di un equilibrio fra le società, preservando una certa parità di possibilità e l'incertezza dei risultati, e nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani calciatori»;
il testo dell'articolo 124 del Trattato di Lisbona, ratificato dal nostro Paese ex lege n. 130 del 2008 stabilisce che «l'Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale e educativa»;
a tal fine la valorizzazione e la tutela dei vivai giovanili costituisce presupposto indispensabile, da un lato, per assicurare la funzione sociale ed educativa dell'attività sportiva e, dall'altro, per salvaguardare

la scuola tecnico-sportiva nazionale, elemento specifico e caratterizzante del patrimonio sportivo nazionale, inteso come complesso di conoscenze ed esperienze applicate alle singole discipline ed espressione della tradizione e della cultura dello sport nazionale;
la formazione, lo sviluppo e la tutela dei vivai giovanili rappresenta un fattore di educazione e di integrazione sociale e interculturale tra giovani di qualsiasi provenienza geografica;
il Coni ha previsto che, negli sport di squadra, almeno il cinquanta per cento dei giocatori iscritti nel referto arbitrale siano di formazione italiana, vale a dire si siano formati nell'ambito dei vivai nazionali, a prescindere dalla loro nazionalità (atleti cosiddetti «local trained» o «home grown players»);
che una limitazione come quella stabilita dal Coni non risulta essere in contrasto con le norme del Trattato UE, dal momento che non è in alcun modo fondata sulla nazionalità dell'atleta;
è giunto il momento di rilanciare il «made in Italy» anche nel settore dello sport, valorizzando quelle società e quelle associazioni sportive, sia professionistiche che dilettantistiche, che prestano una particolare attenzione alla formazione giovanile promuovendo i vivai giovanili ed il concetto di formazione sportiva nazionale,

impegna il Governo

ad attivarsi presso le istituzioni europee affinché vengano adottate misure volte a tutelare i vivai giovanili mettendoli nelle condizioni di tornare ad essere il centro motore del movimento sportivo;
a prevedere forme di incentivo, anche di tipo fiscale, in favore di quelle società o associazioni sportive che investono nelle formazioni giovanili al fine di tutelare e favorire, in prospettiva, la competitività delle nazionali maggiori dei principali sport di squadra;
a valutare l'opportunità di predisporre iniziative volte a valorizzare l'importanza e la specialità della formazione di giocatori all'interno delle società e delle associazioni sportive (i cosiddetti «local trained» o «home grown players»).
(1-00222)
(Nuova formulazione) «Ciocchetti, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Cera, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Galletti, Occhiuto, Libè, De Poli, Rao».

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

PES. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'importante e delicato sistema di vendita dei giornali; con riferimento agli edicolanti che praticano l'attività in forma esclusiva, è attraversato da un disagio economico che sta originando pesanti malumori tra i gestori;
nel mese di giugno 2009 gli edicolanti della provincia di Oristano si sono fatti portavoce ed interpreti di un malessere diffuso tra gli operatori del settore, che ha generato una vera e propria vertenza sindacale;
gli edicolanti, in base all'Accordo nazionale sulle vendite dei giornali quotidiani e periodici, sono tenuti al pagamento anticipato dei quotidiani, settimanali e riviste;
i giornalai sono spesso costretti a ricorrere a prestiti in banca per garantire i pagamenti che di fatto sono delle vere e proprie anticipazioni di cassa a favore delle case editrici e della distribuzione, in particolare per riviste e periodici di lunga permanenza e di difficile vendita;
vi è un evidente squilibrio dei rapporti di forza tra i vari soggetti della filiera, squilibrio che comporta solo obblighi per gli edicolanti e soli diritti per il resto dei soggetti, al punto che editori e distributori decidono quale e quanto materiale scaricare e le relative modalità di pagamento in maniera sostanzialmente unilaterale ed autoreferenziale;
la situazione attuale è drammatica per la quasi totalità degli edicolanti che

non riescono più a sopportare il peso di questo penalizzante sistema di pagamento;
c'è il rischio che, stante l'impossibilità per gli edicolanti di garantire ulteriori anticipazioni, l'azienda di distribuzione possa decidere unilateralmente di sospendere la fornitura dei giornali;
le ripercussioni sarebbero dolorose: nella sola provincia di Oristano rischiano di chiudere oltre 200 edicole, con forti ripercussioni sia dal punto di vista economico che culturale -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa, se le tensioni concernenti la distribuzione e la vendita al dettaglio della stampa abbiano penalizzato o rischino di penalizzare il diritto all'informazione dell'utenza e quali iniziative intenda promuovere o adottare, anche tramite l'Osservatorio per il monitoraggio del mercato editoriale di cui al decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 giugno 2004, per una positiva soluzione della questione.
(4-03568)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO, BELCASTRO, IANNACCONE, MILO e SARDELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a due passi dal centro abitato di Niscemi, in contrada Ulmo, antico feudo, dal 1991 esiste una delle più grandi stazioni di telecomunicazioni della Marina USA del Mediterraneo: NRTF (Naval Radio Transmitter Facility);
nella stazione in oggetto, dove già sono installate 41 antenne di trasmissione HF ed una LF (bassa frequenza), starebbe per sorgere una delle stazioni di controllo terrestre del «MUOS» il sofisticato sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza (UHF) delle forze armate USA che integrerà comandi, centri d'intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota, eccetera, con l'obbiettivo di perpetuare la superiorità offensiva degli Stati Uniti d'America;
tale stazione prevede, in particolare, 3 grandi antenne radar circolari con un diametro di 18,4 metri e 2 torri radio alte 149 metri, con la realizzazione di una centrale di comando, depositi carburanti e strade di collegamento, per un costo complessivo del progetto di 43 milioni di dollari;
tutto questo sorgerà all'interno della Riserva naturale orientata «Sughereta» di Niscemi, istituita nel luglio del 1997 che rappresenta, assieme al Bosco di Santo Pietro - Caltagirone, il residuo di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia centro-meridionale e si estende per quasi 3.000 ettari ospitando una fauna diversificata che annovera animali selvatici;
gli attuali consiglieri del gruppo MPA di Niscemi hanno pubblicamente denunciato che i lavori per la realizzazione della piattaforma satellitare sarebbero iniziati segretamente il 19 febbraio 2008, senza che l'allora Governo di centrosinistra rendesse pubblica la notizia;
il CRPPN (Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale) ha ricevuto dall'Assessore al territorio e ambiente, Pippo Sorbello, una richiesta di chiarimenti e un supplemento di istruttoria, sulla realizzazione del MUOS all'interno della Riserva naturale orientata «Sughereta» di Niscemi;
inoltre, sempre secondo la denuncia dei consiglieri comunali del Movimento per l'Autonomia, risulterebbe che l'attuale Sindaco, Dott. Giovanni Di Martino, del Comune di Niscemi sarebbe stato, da tempo, a conoscenza del progetto MUOS, al punto di averne valutato, non si sa come, la compatibilità ambientale, rilasciando il nulla osta alla valutazione di incidenza in sede di conferenza di servizi in data 9 settembre 2008;

di tale decisione, il primo cittadino non si sarebbe preoccupato di informare il Consiglio comunale, e tanto meno la comunità niscemese riguardo ai rischi connessi all'installazione del MUOS, anche se successivamente si è pronunciato contro il nuovo sito;
il precedente Governo non ha mai dato risposte alle interrogazioni presentate in merito alla vicenda in oggetto;
da un articolo del giornalista Antonio Mazzeo, risulterebbe che il Comandante dei reparti dell'Aeronautica militare italiana di Sigonella, Antonio Di Fiore, nel corso di un'ispezione parlamentare a Sigonella da parte di un deputato, il 31 marzo 2008, avrebbe smentito la realizzazione del MUOS a Sigonella, sorvolando sul fatto che da qualche mese i lavori erano iniziati nella vicina Niscemi, località prescelta in sostituzione a Sigonella;
mentre non sono note le conseguenze, per ora, delle onde elettromagnetiche della stazione radar sulla salute umana e sull'ambiente circostante, si registrano già preoccupanti informazioni rispetto all'impatto ambientale determinato dall'eccessivo consumo di gasolio, che, stando ai dati forniti dal Pentagono, dovrebbe essere di 2.100.000 litri di gasolio (tipologia DF2) nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2005, pari a 700.000 litri ogni anno, una cifra nettamente superiore a quella di altre importanti infrastrutture per le telecomunicazioni, che gli Stati Uniti possiedono in Italia, quali Napoli Capodichino (550.000 litri) e l'isola di Tavolara (300.000 litri);
in quanto al danno che possono provocare le onde elettromagnetiche sulle popolazioni che vivono nei pressi dell'installazione di Niscemi, le ricerche in materia non mancano, anche se sono ancora troppo poche quelle relative all'emissione dei sistemi radar e di telecomunicazioni militari, e sono sufficienti a delineare scenari estremamente preoccupanti;
non essendo ancora ufficialmente provati i danni prodotti dalle onde elettromagnetiche, in ogni caso, vi sono in materia molte indagini che destano profonde preoccupazioni;
fra tutte, spiccano le risultanze dell'inchiesta su «Gli effetti associati all'esposizione umana nella Waianae Coast ai campi di radio frequenza» dell'installazione militare LF (bassa frequenza) realizzata nel 1999 dagli oncologi statunitensi Maskarinec, Cooper e Swygert per conto del Dipartimento alla salute dello stato delle Hawaii;
la base militare della Waianae Coast, può essere considerata come una «sorella» della stazione di Niscemi, anche perché destinata ad ospitare un secondo terminal terrestre del sistema MUOS. Ebbene, lo studio dei ricercatori si è incentrato sulla popolazione infantile della Waianae Coast, evidenziando ben 12 casi di leucemia nel periodo 1979-1990, di cui sette di questi casi (tutti accaduti negli anni 1982-1984), sono stati definiti «inusuali in termini di sesso, età e tipo di leucemia». I rischi di esposizione sono stati definiti altissimi per i bambini residenti in un raggio di 2,8 miglia intorno ai trasmettitori del «MUOS» della Marina Navale USA;
non a caso tutte le installazioni di telecomunicazioni militari sul territorio degli Stati Uniti, sono ubicate in zone desertiche, lontane dalle popolazioni, mentre a Niscemi la distanza è di solo pochi chilometri;
altro studio, sul potenziale danno biologico del MUOS, è stato fatto dal dott. Corrado Penna, docente di fisica ed animatore del blog Lascienzamarcia, «A Niscemi si sta mettendo insieme un sistema integrato di comunicazioni con frequenze elevatissime e fotoni molto energetici, del tutto simile a quanto accade nei forni a microonde. Frequenze intorno ai 2,5 GHz provocano il surriscaldamento fino a "cuocere" i tessuti. Le cellule muoiono per ipertermia o degenerano trasformandosi in neoplasie tumorali. Le microonde sono caratterizzate da una pericolosità latente, intrinseca alle caratteristiche fisiche del tipo di emissione elettromagnetica»;

tale situazione sta creando enormi preoccupazioni tra i cittadini di Niscemi e dintorni sia per gli effetti dannosi che si potrebbero produrre sulla salute che per il notevole impatto ambientale che si determinerà;
basti pensare, che il rischio di esposizione è altissimo e che il raggio di azione delle onde elettromagnetiche e di gran lunga superiore ai 5 Km intorno ai trasmettitori, mentre il centro di Niscemi dista dalla base americana USA di contrada Ulmo soli Km 4,800, la periferia soli Km 2,700, la zona di villeggiatura di Vituso soli Km 1,100, mentre altre abitazioni sono a poche centinaia di metri;
non va dimenticato, inoltre, che l'economia di Niscemi è al collasso più totale, anche in virtù dei vincoli sulla Riserva naturale orientata «Sughereta» e ai Sic e Zps, poiché i produttori locali non possono né costituire una propria azienda per la trasformazione dei prodotti della terra, né apportare modifiche nelle proprie aziende agricole già esistenti o nei propri piccoli appezzamenti di terra, né costruire delle serre utili alle produzioni di prodotti agroalimentari;
appare, di conseguenza, una scelta sciagurata pensare di installare in un territorio, che già vive enormi problemi, una megastruttura di questa portata mentre alle popolazioni locali viene impedito, di fatto, di sviluppare le proprie attività economiche -:
se corrisponda al vero che a Niscemi, in contrada Ulmo, siano già iniziati i lavori per l'installazione della stazione di controllo del «MUOS» e, in caso affermativo, per quale motivo non siano state debitamente informate le popolazioni interessate;
se non si ritenga necessario ed urgente, in tal caso, sospendere tali lavori al fine di accertare tutte le conseguenze di una simile installazione in prossimità di centri abitati, sia per quanto riguarda l'impatto ambientale che la salute dei cittadini, stante anche la scelta del Governo americano di costruire tali impianti solo in zone desertiche;
se, al contrario, tale installazione non fosse ancora iniziata, se non si ritenga indispensabile, con il concorso della Regione Sicilia e la partecipazione informata di tutta la cittadinanza, effettuare tutte le indagini necessarie prima di prendere qualsiasi decisione e in ogni caso di tenere ben presente le scelte operate dal Governo americano per siti simili a dimostrazione di altrettanto interesse da parte del nostro governo rispetto alla salute dei cittadini.
(4-03569)

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con determinazione del 4 aprile 2006, Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha individuato le «linee guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile nazionale»;
in tale documento, nella parte denominata «premessa» si afferma che «Le linee guida sulla formazione generale, vincolanti sia per i progetti che impiegano volontari in Italia, sia per quelli con sede di svolgimento all'estero, entreranno in vigore a partire dai progetti che saranno presentati nel 2006 e seguenti, con eccezione del paragrafo relativo al monitoraggio che, nei termini da precisare con successiva apposita circolare, sarà attuativo già per i progetti presentati dal 15 luglio al 15 settembre 2005 e che, quindi, partiranno nel 2006»;
il paragrafo della determinazione relativo al «monitoraggio», dopo aver indicato come lo stesso si articolerà e dopo aver demandato ad apposita circolare la definizione di un'apposita modulistica, termina con il seguente periodo: «L'inosservanza dell'obbligo di assicurare ai volontari la formazione, nel limite minimo previsto dalla normativa vigente e con i contenuti e le modalità indicate dalle presenti linee guida, è sanzionato, come stabilito

dalla circolare 8 settembre 2005 in materia di doveri degli enti di servizio civile nazionale, con l'interdizione temporanea della durata di un anno a presentare altri progetti e, in caso di particolare gravità o recidiva, con la cancellazione dall'albo degli enti di servizio civile»;
è quindi evidente che le sanzioni indicate nel precedente paragrafo siano applicabili anche per i progetti presentati tra il 15 luglio ed il 15 settembre 2005, anche perché già segnalati come inadempienze nella circolare 8 settembre 2005 sui «doveri degli enti»;
sempre nella «premessa» alla determinazione del 4 aprile 2006, si afferma che «L'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile erogherà il rimborso previsto per la formazione generale solo per ogni volontario che avrà partecipato all'intero corso», pari ad euro 80 per ogni volontario formato;
la circolare 31 luglio 2006 (prot. UNSC 34384.1) recante «monitoraggio sulla formazione generale dei volontari in servizio civile nazionale» definisce modalità e tempi per il suddetto monitoraggio. In particolare, ogni ente di servizio civile era tenuto a trasmettere l'elenco dei volontari formati ed impiegati in ogni singolo progetto, indicando le ore di formazione generale previste dal progetto stesso (minimo 30 ore). A fianco di ogni nominativo di volontario dovevano essere indicate le ore di formazione effettivamente usufruite dal volontario, e solo per coloro che avessero svolto un numero di ore di formazione pari a quello previsto dal progetto era possibile chiedere il rimborso di 80 euro;
tali informazioni dovevano essere trasmesse entro il termine perentorio di 150 giorni dall'avvio del progetto di servizio civile;
AMESCI è ente accreditato di servizio civile nazionale di prima classe, e sul sito di tale organizzazione è possibile consultare il rapporto annuale di servizio civile per l'anno 2007, che deve essere pervenuto ad Ufficio Nazionale per il Servizio Civile entro il 31 gennaio 2008;
in tale documento si afferma che nel corso dell'anno 2007 hanno operato in progetti di servizio civile nazionale 3864 volontari ingaggiati sulla base di progetti presentati tra luglio e settembre 2005, e quindi interessati a quanto previsto dal paragrafo «monitoraggio» della determina del 4 aprile 2006;
nel rapporto annuale 2007 di AMESCI, al capitolo «formazione dei volontari» si afferma che «la formazione generale, uguale per tutti i progetti, si articola .... per un totale di 45 ore» e che la stessa è «erogata tramite una piattaforma e-learning attraverso metodologia FAD»;
nel rapporto annuale 2007 di AMESCI, al capitolo «monitoraggio della formazione» si afferma che «le ore effettivamente impiegate nella fruizione dei moduli della formazione generale sono state per il 46,9 per cento massimo dieci. All'aumentare delle ore impiegate nell'apprendimento di tutti i contenuti previsti diminuiscono le percentuali dei volontari, infatti il 25,7 per cento dei volontari ha impiegato dalle 11 alle 20 ore, il 19,4 per cento dalle 20 alle 30 ore e il 7,8 per cento oltre le 30»;
pertanto il 92 per cento dei 3864 volontari ha dedicato senza alcun dubbio meno delle 45 ore di formazione generale previste per tutti i progetti. Si ricorda in proposito che il contributo di 80 euro può essere erogato esclusivamente per il volontario che «avrà partecipato all'intero corso», identificando tale intera partecipazione con un impiego di ore dedicate alla formazione pari a quelle indicate nel progetto;
quanto riportato nella relazione annuale 2007 di AMESCI denota una situazione più che anomala, che desterebbe allarme e preoccupazione in qualsiasi esperto di formazione effettuata con sistemi e-learning. Ciò nonostante nel rapporto annuale citato si può leggere che ciò è un fatto positivo e che «i volontari attraverso l'ausilio delle immagini e la particolare strutturazione dei moduli sono

riusciti a leggere ed apprendere i contenuti previsti senza alcuna difficoltà» -:
se i dati sul monitoraggio della formazione contenuti nel rapporto annuale 2007 di AMESCI coincidano con il «modulo F» allegato alla circolare 31 luglio 2006 recante «Monitoraggio sulla formazione dei volontari in servizio civile», ed inviato da AMESCI all'Ufficio nazionale del Servizio Civile entro i 150 giorni dall'avvio dei progetti;
se, in particolare, risulti dal suddetto modulo F che il 92 per cento dei 3864 volontari in servizio presso AMESCI ed interessati al monitoraggio della formazione abbiano impiegato meno di 45 ore per l'effettuazione della formazione generale;
se, in particolare, per il 92 per cento dei 3864 volontari sopra citati sia stato chiesto o meno da AMESCI il contributo di euro 80 per ogni volontario «che abbia partecipato all'intero corso», per una somma pari a euro 284.320, e se tale contributo sia stato erogato dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, e in tale ultimo caso come l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile intenda procedere per il recupero del contributo erogato;
quali attività di verifica sulla struttura formativa di AMESCI sia stata effettuata dall'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, alla luce dei dati contenuti nel «rapporto annuale 2007» di tale associazione e del ricordato «modulo F»;
se, infine, non si ritenga che quanto descritto in premessa per ciò che riguarda l'associazione AMESCI si configuri come «inosservanza dell'obbligo di assicurare ai volontari la formazione» con le conseguenze previste dal paragrafo «monitoraggio» della determina 4 aprile 2006.
(4-03575)

ARACRI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comune di Olevano Romano nel gennaio 2002 (prot. 1018 del 31 gennaio 2002) ha chiesto al Ministero per i beni e le attività culturali, di poter delocalizzare, adducendo cause di forza maggiore e sopravvenute esigenze di interesse pubblico, la costruzione del campo di calcio finanziato il 28 novembre 1989, dalla Cassa depositi e prestiti posiz. 417365700, a valere sul decreto-legge 3 gennaio 1987, n. 2, convertito, con modificazioni dalla legge 6 marzo 1987, n. 65; il Ministero per i beni e le attività culturali a fronte della richiesta del comune risponde positivamente, in data 27 marzo 2003, per quanto di sua competenza, specificando; «subordinatamente alla realizzazione del predetto campo di calcio in altra area limitrofa ed alla realizzazione di ulteriori campi sportivi, comportanti oneri finanziari non inferiori a quelli oggetto del finanziamento»;
il Ministero per i beni e le attività culturali, nella nota di risposta al comune di Olevano Romano, aggiunge inoltre che «i competenti uffici rimangono in attesa dell'inoltro del parere CONI sul progetto degli impianti nonché della relazione finale sullo stato dei lavori;
nell'anno 2006 il campo di calcio oggetto del finanziamento di cui sopra è stato completamente demolito ed al suo posto è stata costruita una scuola -:
se il campo di calcio e gli impianti sportivi, finanziati ai sensi del decreto-legge n. 2 del 1987, al comune di Olevano Romano nei 2002, siano sorti su aree limitrofe rispetto a quelle originariamente previste dal Governo e con oneri finanziari non inferiori a quelli previsti;
se il comune di Olevano Romano abbia fatto pervenire agli uffici competenti il parere del CONI su questa opera, nonché la relazione finale sullo stato dei lavori;
se dagli atti depositati risulti in base a quali norme sia stata demolita un'opera finanziata con fondi pubblici, quali autorizzazioni siano state chieste al riguardo dal comune di Olevano Romano e chi le abbia rilasciate;

quali azioni intenda intraprendere il Ministro per una positiva conclusione della situazione, considerando anche il fatto che la demolizione di questo impianto sportivo priva gli abitanti del comune dell'unica struttura pubblica esistente.
(4-03579)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza rifiuti esplode a Palermo in tutta la sua drammaticità: montagne di immondizia in ogni angolo, 200 cassonetti bruciati, il municipio presidiato da 400 lavoratori dell'azienda rifiuti Amia e dalle forze dell'ordine. Il presidente della Regione Lombardo ha denunciato il rischio potenziale dell'insorgere di vere e proprie emergenze sanitarie su cui si dovrà intervenire, se necessario, anche con i mezzi della Protezione civile regionale e nazionale;
l'accumularsi dei rifiuti è dovuto all'astensione dall'esercizio del proprio lavoro, del personale Amia, che si rifiuta di fare straordinari e di salire su mezzi non sicuri. L'incertezza della situazione ha fatto sì che il salario del mese di Giugno forse non sarà corrisposto, per questo i sindacati hanno deciso protestare, portando avanti uno sciopero bianco. A questo si deve aggiungere il fatto che, mediamente, ogni giorno, la metà dei mezzi destinati alla raccolta dei rifiuti resta ferma per avarie, provocando un increscioso aumento di cumuli di immondizia che fermentano sotto il sole e a cui residenti esasperati spesso danno fuoco;
dopo aver respinto la proposta di aumento della Tarsu, i consiglieri del Comune di Palermo sono dovuti uscire sotto scorta dalla seduta, tra i fischi e gli insulti dei netturbini, che hanno annunciato uno sciopero bianco, cioè niente raccolta di rifiuti senza l'equipaggiamento previsto dalle norme: tute, guanti, scarpe e mezzi meccanici adeguati. L'aggravamento delle condizioni ambientali però, ha riportato presto i netturbini al proprio lavoro, anche se molti autocompattatori sono rimasti fermi perché guasti. In strada sono usciti appena 53 mezzi, alcuni messi in funzione dalla protezione civile regionale, che ha dovuto comprare batterie e copertoni. In serata sono arrivati altri 10 autocompattatori delle province di Ragusa, Messina e Trapani: i rifiuti raccolti, tuttavia, non hanno superato comunque le 1.500 tonnellate, poco di più di quelle prodotte giornalmente a Palermo;
l'arretrato è ancora tutto da smaltire, per questo anche la Regione ha voluto intervenire sull'emergenza rifiuti a Palermo firmando un decreto, che mette a disposizione 40 autocompattatrici e due caterpillar per la discarica di Bellolampo, non funzionante perché da giorni senza manutenzione;
la situazione appare tale da rendere necessario prendere in seria considerazione l'ipotesi di un commissariamento, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 con riferimento alla raccolta dei rifiuti al fine di evitare in Sicilia e, in particolare, a Palermo di arrivare a situazioni analoghe a quelle verificatesi in Campania -:
se intenda valutare l'opportunità di un commissariamento ex articolo 5 della legge n. 225 del 1992 per fronteggiare la situazione descritta in premessa.
(4-03583)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
giovedì 2 luglio 2009, come riportato da alcuni mezzi di informazione (ansa del 4 luglio 2009 ore 18,42) e dal Tg3, nel quartiere Monteverde nuovo di Roma, un uomo del Congo è stato selvaggiamente picchiato da tre italiani in Via di Donna Olimpia, al grido di «sporco negro, noi facciamo la volontà del governo, dovete tornare a casa vostra»;

l'uomo stava distribuendo volantini quando dalle finestre di una palazzina alcune persone lo hanno insultato per il colore della sua pelle e hanno iniziato a tirargli addosso bottiglie di vetro; mentre si allontanava, spaventato, dalla palazzina sono usciti tre uomini, tutti italiani tra i 30 e i 50 anni, che lo hanno rincorso; una volta raggiunto lo hanno bloccato e picchiato, ferendolo al volto, poi lo hanno derubato del passaporto e dei soldi che aveva in tasca;
l'uomo, ferito, ha chiamato, poco prima delle 15, il 113 raccontando di essersi nascosto in un palazzo di via di Donna Olimpia dopo l'aggressione; all'arrivo degli agenti di polizia gli aggressori si erano già dati alla fuga mentre l'uomo è stato soccorso dal personale del 118 ed accompagnato in ospedale dove è stato dimesso con sette giorni di prognosi per un trauma cranico e una ferita al sopracciglio sinistro;
l'uomo congolese è un rifugiato politico in Italia dal 2004, è sposato in Italia, vive a Roma e ha una bambina di pochi anni; ha raccontato ai poliziotti che poco prima dell'aggressione stava distribuendo volantini pubblicitari citofonando agli inquilini della zona quando un cinquantenne, infuriato per essere stato disturbato durante il riposino pomeridiano, lo ha prima pesantemente insultato dalla finestra e poi è sceso e gli ha rotto una bottiglia in testa; successivamente sarebbe stato raggiunto da altri due italiani che lo hanno continuato a picchiare;
tali atti di violenza xenofoba sono, ad avviso degli interroganti, strettamente riconducibii a campagne politiche effettuate in questi mesi contro gli immigrati -:
quanti casi di violenza razzista si siano verificati in Italia, e specificatamente nella città di Roma, negli ultimi due anni;
se il Governo non ritenga urgente attivare campagne informative ed educative contro il fenomeno del razzismo;
se vi sia stato un incremento del numero dei casi di violenza razzista in Italia e se gli stessi non siano collegati alle scelte comunicative dei media contro gli immigrati anche in relazione all'approvazione avvenuta recentemente del cosiddetto «decreto sicurezza»;
se il Governo non ritenga di intervenire per dare sostegno, aiuto e protezione alle persone vittime degli atti di violenza razzista.
(4-03588)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in verbali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui è data notizia in un articolo apparso sul Quotidiano della Basilicata del giorno 8 luglio 2009 a firma di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani, nel corso della «Conferenza dei servizi decisoria», convocata negli uffici del citato Ministero il 22 dicembre 2008 per discutere dello «Stato di attuazione delle attività di caratterizzazione e di messa in sicurezza di emergenza sul sito di interesse nazionale di Tito» si afferma che il contesto ambientale è «ancora caratterizzato da una pesante contaminazione da tricloroetilene» in quantità tali che fanno temere «la presenza del prodotto libero in falda». Inoltre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare afferma che «...a distanza di tre anni e mezzo le aziende e gli altri soggetti interessati hanno dimostrato limitato interesse e volontà nell'adoperarsi per conoscere e quindi, ove possibile, limitare la diffusione dell'inquinante che rappresenta un rilevante pericolo per la salute umana»;

inoltre i verbali riferiscono che nel mese di maggio 2008 nel pozzo S13 è stata riscontrata un'altissima concentrazione di tricloroetilene «non emersa nel mese precedente» e che «Vista la problematica non ancora risolta relativa alla determinazione dei valori di fondo sui parametri ferro e manganese nelle acque di falda nonché la contaminazione da tricloroetilene della stessa, vista la mancanza di informazioni derivanti da un incompleto monitoraggio ha richiesto alla Regione Basilicata che vengano ripristinate quanto prima le condizioni della medesima rete...»;
il Quotidiano della Basilicata, nell'edizione del 9 luglio 2009, riferisce che il segretario dell'Associazione radicali Lucani ha presentato un esposto denuncia rivolto alla Procura della Repubblica di Potenza relativamente allo stato di attuazione delle attività di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza del sito di Tito Scalo;
nell'area industriale di Tito Scalo in Basilicata, meglio conosciuta come area dell'ex Liquichimica, è emersa fin dal febbraio del 2001 la necessità di bonificare una zona di 59.000 metri quadri d'estensione;
secondo quanto riferito il 24 marzo 2009 dalla Ola (Organizzazione lucana ambientalista), con un interessante dossier firmato da Pietro Dommarco una serie di sopralluoghi avevano infatti portato al ritrovamento di «una discarica abusiva dalle ingenti dimensioni», caratterizzata da «residui accumulati nel ventennio 1981-2001, ossia da dopo la chiusura della Liquichimica, dai cui resti sarebbero provenuti buona parte di quei materiali», e alla scoperta, in ordine temporale, di «rifiuti di diversa origine (speciali, pericolosi, assimilabili agli urbani) in quantità pari a circa 210 mila metri cubi» e di una vasca per lo stoccaggio contenente «rifiuto tossico nocivo» e «realizzata in totale violazione di quanto previsto dalla legge e senza alcuna autorizzazione»;
con il decreto ministeriale n. 468 del 2001 è stato quindi istituito «Il sito di bonifica di interesse nazionale di Tito» di cui si è provveduto, sempre con decreto ministeriale dell'8 luglio 2002, emanato dal Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 231 del 2 ottobre 2002 - a stabilire il perimetro del sito facendo partire la fase di caratterizzazione, cioè la fase in cui vengono accertate le effettive condizioni di inquinamento;
a documentare la gravità della situazione e quindi l'urgenza dell'intervento, oltre alla documentazione in possesso degli enti ministeriali competenti, vi sono stati - nell'agosto del 2005 - alcuni articoli pubblicati su La Gazzetta del Mezzogiorno a firma di Gianni Rivelli il quale scrive di «situazione, in alcuni casi, drammatica», oltre che della presa di posizione di un'azienda presente nel perimetro (Daramic S.r.l.), autodenunciatasi, comunicando di aver causato «un pesante stato di contaminazione della falda e del terreno da tricoloroetilene, tricloroetano, dicloroetilene, bromodiclorometano, cloroformio, bromoformio, cloruro di vinile monomero, esaclorobutadene, tetracloroetilene, sommatoria organoclorurati e idrocarburi totali». Queste appena citate sono da considerarsi sostanze «tossiche, cancerogene e persistenti»;
si parla di un tasso di inquinamento riscontrato nelle falde acquifere, un milione di volte superiore ai limiti consentiti, Per quanto riguarda il tricloroetilene, ad esempio, i valori rilevati erano di «un milione 470 mila nanogrammi/litro a fronte di un limite di un nanogrammo e mezzo, e nei suoli la stessa sostanza è risultata presente 300 volte oltre il limite consentito, vale a dire 3290 milligrammi a chilo contro i dieci previsti»;
la situazione viene fortemente presa in considerazione da Gianfranco Mascazzini, direttore della direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che evidenziò prontamente «la concreta possibilità che il suddetto stato di contaminazione

della falda sia esteso ad aree esterne allo stabilimento di proprietà della Daramic», a fronte, quindi, di un'opera di bonifica «indispensabile quanto complicata»;
da allora però poco o nulla si sarebbe fatto nonostante l'erogazione, di finanziamenti, a scalare negli anni, di circa 160.000 mila euro derivanti dal «Progetto Amianto», promosso dalla Regione Basilicata in collaborazione con l'Istituto di Metodologie per l'Analisi Ambientale (Imaa) e presentato nella sede del CNR (Centro Nazionale per le Ricerche) di Tito Scalo che doveva consentire l'accertamento ed il monitoraggio dello stato globale di inquinamento ambientale da fibre di amianto in Basilicata, con lo scopo di «individuare le situazioni di pericolo effettivo da risanare con urgenza», preceduti da un finanziamento di circa 2.480.000 di euro (2003, 2002, 2001) e di 774.000 euro (2003, 2001);
se corrisponda a verità quanto sopra riferito -:
quali siano le aziende e gli altri soggetti interessati che «hanno dimostrato limitato interesse e volontà nell'adoperarsi per conoscere e quindi, ove possibile, limitare la diffusione dell'inquinante che rappresenta un rilevante pericolo per la salute umana»;
se, in merito alla richiesta del Ministero rivolta alla Regione Basilicata di cui al secondo paragrafo delle premesse si sia provveduto in tal senso e cosa è stato fatto per incentivare il monitoraggio;
quali misure intendano adottare i Ministri competenti per assicurare che siano rese note tutte le informazioni in possesso dei vari soggetti coinvolti nella bonifica del sito di Tito Scalo affinché i cittadini possano avere le corrette informazioni a tutela della loro salute e più in generale dell'ambiente;
quale uso sia stato fatto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del verbale del 22 dicembre 2008 sullo «Stato di attuazione delle attività di caratterizzazione e di messa in sicurezza di emergenza sul sito di interesse nazionale di Tito» ed in particolare se sia stato trasmesso alla magistratura.
(4-03572)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie della stampa, nella provincia di Cagliari, a Tuvixeddu, una necropoli punica di enorme importanza sta per essere sepolta da una schiera di palazzi; i lavori sono in corso ed i giudici amministrativi hanno dato ragione al costruttore senza entrare nel merito del danno storico e culturale;
la questione è stata sollevata a Bruxelles dal vicepresidente del Comitato delle regioni, Michelle Dellebarre, il quale intende portare la cosa anche all'attenzione dell'Unesco; ma se ne sono occupati anche il Times ed i giornali tedeschi, alcuni dei quali hanno spedito degli inviati per capire cosa succeda nella citata località della Sardegna, con il consenso del comune ed il silenzio della regione;
sempre dalla stampa si apprende che in un'area presso Viterbo è in progetto la costruzione di un aeroporto in una zona di grandissimo valore archeologico e termale; l'aeroporto è destinato a servire l'area romana, ma arrecherà un danno irreparabile alla bellezza di Viterbo e ad un'area nota per i suoi insediamenti etruschi;
l'aggressione al patrimonio archeologico e storico nazionale è quotidiana ed in alcuni casi addirittura impudente; nel Fortore, in provincia di Benevento, le imprese che hanno realizzato impianti eolici persino in aree archeologiche, parlano di «parchi archeolici» senza considerare il fatto che ogni palo eolico ha una fondazione

di 800 tonnellate di cemento; come si possa armonizzare questo in un'area archeologica è tutto da comprendere -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro a tutela della necropoli punica di Tuvixeddu in Sardegna e dell'area archeologica di Viterbo;
quali siano gli intendimenti del Ministro per una maggiore tutela del nostro patrimonio storico archeologico.
(4-03574)

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la nota datata 27 luglio 2007 avente ad oggetto «Trattamento economico di missione», il Comando Regione Carabinieri Lazio diramava agli enti dipendenti l'invito ad adottare le opportune azioni di competenza per ricondurre l'attività di concessione e liquidazione del trattamento economico di missione nell'ambito della normativa vigente;
in particolare il Comando Regionale, in sede di verifica contabile amministrativa ha rilevato irregolarità nella concessione e nella successiva liquidazione dei certificati di viaggio rilasciati al personale dipendente, riscontrando un notevole aggravio economico per l'amministrazione militare, conseguente alle richieste di rimborso di indennità non dovute e di fatture irregolari -:
a quanto ammonti la cifra spesa in difformità dalle disposizioni amministrative sul trattamento economico di missione del personale militare;
se il Ministro interrogato abbia disposto azioni volte al recupero delle maggiori somme liquidate e non dovute a titolo di indennità di missione e rimborsi di fatture o ricevute fiscali al personale titolare dei certificati di viaggio;
se abbia provveduto a segnalare i nominativi di coloro che si sono resi responsabili dei fatti accertati dal Comando Regione Carabinieri Lazio alle autorità giudiziarie competenti;
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, nell'ottica di una razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, disporre immediatamente la cessazione della concessione del trattamento economico di missione con il regime forfettario e nel contempo l'aggregazione del personale dell'Arma dei carabinieri, ovvero quello delle altre Forze armate, comandato in servizio isolato, presso le strutture e gli Enti militari di cui dispone il ministero della Difesa sul territorio nazionale.
(4-03584)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sito internet www.effettotre.com è un portale di informazione gestito dai luogotenenti Rizzo, Bonavita, Di Carlo, in servizio presso la Legione Carabinieri Sicilia, delegati della rappresentanza militare, X mandato, ai tre livelli Cocer-Coir-Cobar;
i tre «compari», così si autodefiniscono i militari che gestiscono il citato sito internet, pubblicano e distribuiscono, tramite lo stesso sito internet, un periodico mensile autonomo d'informazione porta a porta intitolato «Effettotre» dove riportano notizie che, a parer loro sono rilevanti per il personale che assumono di rappresentare;
risulta all'interrogante che sul numero 22 - Anno il mese di luglio 2009 - in un articolo pubblicato a pagina 13, dal titolo «la rivolta del reparto celere della

polizia azzeriamo i sindacati di polizia sono inconcludenti» si faccia un esplicito invito alla disobbedienza;
in particolare l'autore dell'articolo rivolgendosi agli appartenenti della Polizia di Stato afferma: «Ai Colleghi della Celere consiglio di attuare il sistema "Pino" il giorno in cui dovete andare a tutelare l'ordine pubblico al G8, lasciate che ci vadano le "Ronde" di Maroni, Voi con tutti i mezzi a disposizione che avete, fatevi un bel giretto a sirene spiegate e lampeggiatore acceso intorno ai Palazzi del Potere, mettetegli strizza, aggiungendo poi, in termini estremamente grevi, che tale atteggiamento avrebbe comportato l'immediato accoglimento di ogni richiesta della categoria;
è opinione dell'interrogante che quanto affermato nell'articolo citato, pubblicato sul sito internet www.effettotre. com sia una palese istigazione alla disobbedienza e che attraverso tale sito si svolga una attività palesemente sediziosa;
risulta anche che i tre militari promuovano diverse iniziative, anche di tipo economico, invitando il personale dell'Arma dei carabinieri a versare le relative quote di adesione sul conto corrente IBAN IT 41 a 03069 04630 100000000180, a loro stessi intestato -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'opera che i tre militari citati in premessa svolgono da diversi anni;
se risulti che i luogotenenti Rizzo Di Carlo e Bonavita svolgano l'attività connessa alla gestione del sito durante le attività di servizio;
se sia stato avviato un accertamento da parte della polizia postale con referimento ai contenuti di tale sito;
quali azioni intenda intraprendere nei confronti dei tre militari in argomento che, si sono resi autori di una simile attività di incitamento alla disobbedienza e in particolare se ritenga opportuno disporre delle indagini atte verificare se, nella gestione delle numerose attività pubblicizzate sul sito internet curato dai militari in premessa, si celino illeciti amministrativi o disciplinari e, nel caso, quali provvedimenti intenda adottare;
qualora i fatti citati corrispondano al vero e si rilevino profili di rilevanza disciplinare;
se non ritenga opportuno disporre l'immediata sospensione da ogni funzione di delegato della rappresentanza militare dei luogotenenti Rizzo, Bonavita e Di Carlo.
(4-03589)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dopo 12 anni di servizio, l'Arma dei Carabinieri ha deciso di sospendere dal 1o luglio 2009 l'attività della motovedetta che, di stanza a Sultano, sul lago d'Iseo, monitorava tutto il Sebino, grazie al lavoro di controllo effettuato da due militari. La conferma arriva dai carabinieri di Chiari, i quali precisano di aver ricevuto disposizioni in tal senso dal Comando generale di Roma;
grazie alla motovedetta l'attività dei carabinieri era volta al controllo della velocità dei motoscafi, all'identificazione delle imbarcazioni ed alla verifica della regolarità dei libretti di circolazione. Inoltre si occupavano anche del controllo degli scarichi fognari e delle spiagge nonché della tutela dell'ambiente. La decisione, presa per esigenze di bilancio e per razionalizzare i servizi di vigilanza effettuati dai militari dell'Arma, ha suscitato le critiche di amministratori locali, cittadini ed associazioni ambientaliste, secondo cui, senza la motovedetta dell'Arma, verrebbe meno uno degli elementi fondamentali per garantire la tranquillità e sicurezza di chi frequenta il Sebino;
per quanto attiene alla vigilanza sul Sebino si parla di «soppressione» del servizio pluriennale, permanente ed effettivo, in forza alla Compagnia di Chiari, non di sospensione, neppure a tempo. Per

questo molti, autorità comprese, auspicano che si possa presto provvedere ad un'ulteriore valutazione della proroga del servizio, da tradurre nel futuro prossimo, nel ripristino dell'attività del natante dell'Arma. Con altrettanto auspicabile richiamo al servizio di navigazione dei due militari ora destinati alle operazioni di terra e fino a ieri impegnati nei pattugliamenti sul Sebino in tutte le stagioni dell'anno;
Riccardo Venchiarutti, neosindaco del comune che dà il nome al lago, rileva già le prime violazioni dei motoscafi che lambiscono le sponde, passando noncuranti della presenza dei bagnanti. L'associazione Legambiente denuncia che «il Comando dei Carabinieri, con una decisione sorprendente, ha soppresso l'attività della Motovedetta di stanza al circolo velico Ans. (...), dopo il grave incidente che ha interessato il «Cigarette 30» con 3 morti e in piena stagione estiva, si decide di non mantenere gli impegni presi fino alla fine della stagione. Verrà così a mancare anche il controllo ambientale sulle acque, sugli abusi urbanistici e di sicurezza per i numerosi bagnanti e turisti. Dopo l'incidente di Viareggio in cui ancora una volta si parla di mancata prevenzione in Italia, sarebbe gravissimo che si abbandonassero le attività di controllo e prevenzione in un bacino dove circolano quasi 3 mila imbarcazioni e dove gli eventi metereologici possono causare gravi danni e pericoli alle persone e all'ambiente;
il sindaco di Sarnico, Franco Dometti, parla del Sebino come di una «pista di Formula 1» da quando il servizio di motovedetta è stato sospeso. Dall'incontro avvenuto nei giorni scorsi fra i sindaci dei comuni che si affacciano sul lago d'Iseo è emersa la volontà di scrivere una lettera ufficiale da inviare alla regione Lombardia, alla provincia e alla prefettura di Bergamo, nonché ai Ministri interrogati, per denunciare la rischiosa situazione di mancanza di controlli in cui versano tutte le attività che si svolgono nelle acque e sulle sponde del lago d'Iseo. Il presidente del Consorzio, Giuseppe Faccanoni, afferma che «la sospensione del servizio motovedetta e un'iniziativa in palese contrasto sia con la sicurezza dei cittadini e degli ospiti che frequentano il lago, sia con gli impegni assunti dalle autorità competenti», volti a rafforzare il servizio di vigilanza sul lago;
per cercare di risolvere la situazione le autorità locali coinvolte, di concerto con i rappresentanti delle varie associazioni ambientaliste, propongono l'apertura di un tavolo di confronto tra il «Consorzio gestione associata dei Laghi d'Iseo, Endine e Moro», la Regione Lombardia e il Comando dei Carabinieri territorialmente competente, per sottoscrivere un accordo finalizzato a stabilizzare e potenziare il servizio di vigilanza -:
quali misure urgenti i Ministri intendano intraprendere al fine di risolvere il problema della vigilanza delle Forze dell'ordine sul lago d'Iseo.
(4-03590)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 NOVEMBRE 2009

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO e CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 18 giugno 2009, n. 69, all'articolo 64, attribuisce ai direttori provinciali delle agenzie del territorio il potere di trasferire presso gli uffici provinciali le sedi delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliare (ex catasto);
la legge prevede una possibilità di deroga al trasferimento per le città sedi circondariali di Tribunale;
non è invece prevista alcuna deroga per le sedi poste in zone caratterizzate da condizioni di marginalità territoriale come quelle montane e soprattutto insulari;

questo comporta naturalmente notevoli disagi ai cittadini residenti nelle zone suddette già penalizzati per la loro condizione di marginalità -:
se non ritenga il Ministro di voler assumere iniziative volte a prevedere la deroga anche per i comuni montani e insulari;
quali iniziative intenda intraprendere alfine di limitare i disagi ai cittadini residenti in zone montane o insulari.
(5-01625)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Ritrama, con sede a Caponago (Milano) e a Sassoferrato (Ancona),una vasta gamma di materiali autoadesivi per serigrafia, offset e flexo, oltre ad una serie di innovativi materiali e film di laminazione per la stampa wide format;
l'azienda rifornisce da diversi anni l'istituto poligrafico e zecca dello Stato SpA (IPZS) di prodotti destinati alla realizzazione di valori bollati, francobolli, visti per passaporti, fustelle farmaceutiche e altro;
è fondamentale la pluralità di fornitori all'IPZS, attualmente garantita dalle aziende operanti, in modo da assicurare la continuità di fornitura nel caso si verifichino eventi tecnici o di altra natura, che possano bloccare uno degli stessi;
risulta che l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (IPZS) stia realizzando un investimento di circa 15 milioni di euro per la realizzazione di un impianto, che dovrebbe sostituirsi ai fornitori, quali la Ritrama, e realizzare i prodotti direttamente in un unico sito di proprietà dell'IPZS, (Cartiera di Foggia);
in tal modo vi sarebbe un solo fornitore inesperto, con una sola linea di produzione, rispetto alla condizione attuale di più fornitori che possono ognuno contare su varie linee di produzione, attrezzate per la realizzazione di tali prodotti;
ad avviso dell'interrogante la scelta dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato Spa dà luogo ad un investimento molto oneroso, che rischia di compromettere la libera concorrenza e di danneggiare aziende efficienti e produttive del Nord a beneficio di insediamenti pubblici al Sud -:
se intendano verificare quanto descritto in premessa, al fine di chiarire le motivazioni che hanno giustificato la decisione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato Spa.
(4-03576)

MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 5 per mille del 2006, i cui proventi sono stati devoluti ai soggetti prescelti dal contribuente solo nel 2008, ha avuto un iter giudicato al tempo lunghissimo e tormentato;
nel 2009 le lungaggini burocratiche invece di essere superate da un istituto non più nuovo per la macchina dello Stato, sono addirittura aumentate: ad oggi, infatti, non solo non è stato consegnato alcun contributo alle associazioni, istituti di ricerca, e altri enti relativo all'anno 2007 (nonostante siano passati due anni), ma non è stato ancora calcolato l'importo relativo alle scelte espresse per quell'anno (non vi è alcun riscontro sul sito dedicato del Ministero http://www.agenziaentrate.gov.it/ nella sezione 5perMille). Mentre rimangono addirittura sconosciute sia le scelte effettuate dai contribuenti, sia gli importi relativi del 5 per Mille 2008 (anche su questo non vi è alcun riscontro sul sito dedicato del Ministero http://www.agenziaentrate.gov.it);
questa situazione provoca un grave disagio per gli enti di ricerca, onlus, volontariato, le altre: La mancanza di dati e l'attesa dell'incasso delle somme stanno

causando notevoli problemi alle organizzazioni; - cfr. Il Sole 24 Ore Lunedì 6 luglio 2009 pg. 10 dal titolo: "Onlus «tradite» dal 5 per mille" - in primo luogo in termini di bilanci consuntivi, dato che gli amministratori degli enti non sapevano quali importi riportare nello stato patrimoniale tra i crediti. Inoltre, in sede di redazione dei bilanci preventivi e di programmazione dell'attività futura, non si è potuto fare affidamento sul 5 per mille, data l'aleatorietà del momento di incasso di importi peraltro non certi». E ancora come denunciato da Angelo Maramai, condirettore generale per la gestione dell'ente Telethon sempre su Il Sole 24 Ore dello stesso giorno che dice: «La nostra commissione scientifica ha ricevuto ben 299 proposte di ricerca, delle quali 168 sono state selezionate. Al momento, però, solo le prime 36 sono sicuramente finanziabili, grazie al ricavato della maratona televisiva. Solo quando avremo certezza sui rimborsi del 5 per mille potremo dare disco verde ad altri progetti» -:
se il Ministro non ritenga di agire con la massima urgenza per provvedere a dare tempi certi sull'erogazione dei fondi del 5 per Mille del 2007 e quali siano le sue intenzioni per procedere per l'anno 2008 con tempi diversi dagli attuali, visto che ad oggi non sono stati effettuati neanche i conteggi delle scelte espresse.
(4-03582)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il numero delle persone ristrette negli istituti penitenziari italiani è in continuo aumento e nel Triveneto il sovraffollamento ha raggiunto limiti non più tollerabili;
il principio rieducativo della pena, costituzionalmente garantito, è conseguentemente disatteso, stante l'esiguo numero di educatori e di agenti di polizia penitenziaria, già sott'organico in condizioni di normalità, oggi assolutamente insufficienti rispetto al numero delle persone ristrette e costretti anch'essi a vivere ed operare in una situazione di disagio, oltre a non adempiere le funzioni loro assegnate;
in particolare nel carcere «S. Pio X» di Vicenza sono attualmente ristretti 336 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 146 posti e «tollerabile» di 296;
lo stesso sindacato locale di Polizia penitenziaria ha pubblicamente denunciato l'esistenza di possibili rischi attinenti alla sicurezza dei detenuti e del personale, stante l'insufficienza dell'organico delle guardie carcerarie rispetto al numero degli ospiti della predetta casa circondariale (attualmente il personale di guardia è composto da 141 unità, numero proporzionato alle dimensioni di un penitenziario costruito per 146 detenuti);
a questo aspetto si aggiungono anche ipotizzabili problemi di igiene, legati, fra l'altro, alla mancanza di docce all'interno delle celle;
all'interno del carcere, a causa del taglio dei fondi, l'impegno per l'organizzazione e l'espletamento di attività lavorative da parte dei detenuti ha subito una rilevante riduzione;
pure lo svolgimento dell'attività fisica da parte delle persone ivi recluse risulta in gran parte compromesso, stante l'assenza di un'idonea palestra;
tale situazione è nota e perdura da tempo atteso che in più di un'occasione il Ministro della giustizia è stato sollecitato ad intervenire, oltre che dal provveditorato degli istituti di pena veneti e dai locali sindacati di polizia penitenziaria, anche dalla locale Camera penale che, in un manifesto dal titolo «denuncia pubblica», ha definito la situazione del carcere «San Pio X», senza tanti giri di parole, «esplosiva»,

con ciò chiamando in causa i politici e le istituzioni cittadine affinché, per quanto di propria competenza, si facciano carico dell'emergenza, consapevoli dei pericoli che una simile situazione può in futuro generare, non escluso in termini di ordine pubblico;
a tal proposito, il Giornale di Vicenza del 12 giugno 2009 riporta la seguente dichiarazione del Presidente della Camera penale berica, Lino Roetta: «Il rischio (...) è quello delle esplosioni di rabbia e delle ribellioni violente. Il disagio è palpabile per chi frequenta ogni giorno il S. Pio X, anche perché a causa dell'elevato numero di detenuti e della scarsità degli agenti, sono negati i colloqui tra gli operatori delle comunità terapeutiche e delle associazioni di volontariato. Questi incontri sono indispensabili per favorire il recupero ed il futuro reinserimento sociale degli individui privati della libertà»;
il «Piano straordinario del Governo» per affrontare il sovraffollamento negli istituti di pena, prevedendo la costruzione di nuove strutture e di nuovi padiglioni nelle aree verdi degli istituti già esistenti, fra i quali anche il carcere di Vicenza con la previsione di un aumento di 200 posti, manifesta, ancora una volta, la mancanza di una volontà politica di affrontare con serietà i problemi legati alla detenzione;
peraltro per costruire nuovi padiglioni, ivi compreso quello presso il carcere di Vicenza, vengono distolti 100 milioni di euro dalla Cassa delle ammende - per Vicenza la previsione di spesa è di 10 milioni di euro - e destinati all'edilizia penitenziaria, snaturando in tal modo la finalità perseguita dalla Cassa delle ammende che, come noto, è anche quella di porre in essere progetti per l'assistenza alle famiglie dei detenuti e programmi per il loro reinserimento;
se è pur vero che nuove strutture vanno costruite, va sottolineato che le stesse dovranno servire innanzitutto ad eliminare alcune di quelle esistenti, oggi fatiscenti e non recuperabili, mentre l'iniziativa è del tutto inutile per affrontare il problema del sovraffollamento in quanto, stante l'incremento progressivo e costante della popolazione detenuta, si dovrebbe continuare a costruire all'infinito;
peraltro il «Piano carceri» presentato dal Commissario straordinario Ionta, oltre alla costruzione di carceri nuovi e alla ristrutturazione di vecchi padiglioni, non prevede alcun tipo di intervento sulla differenziazione del trattamento penitenziario e/o sulla possibilità di sperimentare percorsi alternativi di espiazione della pena;
come sollecitato dai penalisti berici, sarebbe preferibile che, con riferimento al carcere di Vicenza, le risorse disponibili fossero utilizzate per la costruzione di un polo di accoglienza per i nuovi giunti, al fine di garantire loro un adeguato sostegno psicologico e sanitario;
alla stregua di quanto evidenziato, le condizioni di vita di chi è ristretto nel carcere vicentino, a giudizio degli interroganti, sono assolutamente inaccettabili, in quanto, all'evidenza, contrarie al senso di umanità, soprattutto per ciò che concerne il sovraffollamento ad oggi registrato;
le predette condizioni di vita in cui versano le persone ristrette nel carcere San Pio X sono, all'evidenza, incompatibili con la funzione rieducativa della pena, costituzionalmente sancita -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali misure urgenti il Ministro intenda mettere in atto per fronteggiare la grave situazione del sovraffollamento del carcere «S. Pio X» in modo da garantire ai detenuti adeguate condizioni di vivibilità all'interno della struttura penitenziaria vicentina nel rispetto degli standard di sicurezza, anche al fine di ristabilire un clima più adeguato al non facile processo di rieducazione su cui si basa la legittimità della pena nell'ordinamento costituzionale italiano e, nello specifico, se intenda incrementare adeguatamente il personale di Polizia Penitenziaria, almeno coprendo i posti vacanti;

se il Ministro intenda dar seguito all'annunciata costruzione di un nuovo padiglione di 200 posti presso l'istituto di pena «S. Pio X» o, al contrario, non reputi necessario valutare la possibilità di utilizzare le risorse disponibili per la costruzione di un polo di accoglienza per i nuovi giunti al fine di garantire loro un adeguato sostegno psicologico e sanitario;
se il Governo non intenda affrontare il problema del sovraffollamento penitenziario, oltre che con la costruzione di nuove carceri o la ristrutturazione di vecchi padiglioni, anche promuovendo la sperimentazione di percorsi alternativi di espiazione della pena, soprattutto con riferimento a tutti quei detenuti presenti nella carceri italiane (attualmente sono ben 19.000) la cui pena da scontare risulta inferiore ai due anni di reclusione.
(4-03591)

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è in corso di attuazione un piano di ristrutturazione del Gruppo Ferrovie dello Stato che rilancia il processo di spacchettamento privatizzazione e societarizzazione del Gruppo già avviato anni or sono;
l'amministratore delegato dottor Mauro Moretti, ha, a tal proposito, dichiarato in un recente convegno che nel Gruppo Ferrovie dello Stato vi sarebbero 18.000 esuberi tra il personale dipendente e 200 tra i dirigenti;
nel piano industriale 2007/2011 presentato dall'amministratore delegato non si fa menzione dei problemi della manutenzione del materiale rotabile, con ciò facendo intendere che queste attività e quelle ingegneristiche non sarebbero più ritenute strategiche dal Gruppo Ferrovie dello Stato;
l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria comunica che Trenitalia non è più competente sui piani di manutenzione e sulle proroghe manutentive, da ciò discendendo il passaggio delle competenze ad un verificatore indipendente di sicurezza (VIS), con la previsione che ogni modifica del materiale rotabile sia demandata ai costruttori, nonostante che, a tutt'oggi, si ricorra all'apporto di tecnici specializzati ancorché retribuiti da Trenitalia;
per storia e tradizione, il personale del Gruppo è da sempre allocato nella città di Firenze, tanto come Officine grandi riparazioni, tanto come Direzione centrale materiale rotabile;
tale smantellamento delle strutture fiorentine ivi compreso il Centro dinamica sperimentale pregiudica fortemente anche il Centro sperimentale dell'Osmannoro) su cui si è molto investito, tanto per infrastrutture quanto per apparato ingegneristico, finalizzato alle esigenze della sperimentazione e del collaudo;
la disposizione organizzativa n. 850 di Trenitalia del 28 aprile 2009 attribuisce funzioni in campo manutentivo ad una non meglio precisata «direzione tecnica» con ricadute imprevedibili sulle attuali strutture a ciò deputate;
Trenitalia starebbe cambiando i piani manutentivi, sia di quella corrente che ciclica, facendo con ciò registrare ulteriori costi operativi e diseconomie -:
se a fronte di quanto rappresentato in premessa e delle preoccupazioni sulla sicurezza del trasporto ferroviario, anche in relazione ai recenti e noti disastri, il Governo non ritenga di dover procedere ad un riesame dell'attuale politica aziendale del Gruppo Ferrovie dello Stato in collaborazione anche con le organizzazioni sindacali, al fine di valutare se sia ancora opportuno addivenire alla frantumazione delle funzioni del Gruppo, con

particolare riguardo alla privatizzazione di funzioni essenziali, quali l'ingegneria e la manutenzione del materiale rotabile, da cui discende l'efficienza e la sicurezza del trasporto ferroviario.
(3-00595)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in base all'articolo 6 della legge n. 579 del 31 dicembre 1993, che prevede la cessione alla Provincia di Bergamo, degli immobili «costituenti il compendio immobiliare delle ex ferrovie di Valle Brembana e Seriana», la suddetta provincia ha presentato al Ministero delle Finanze, nel febbraio 1995 (prot. n. 7798), richiesta di cessione degli immobili, comprensiva della documentazione attinente, nello specifico: progetto preliminare dell'intervento 1o tratto, progetto per l'estensione sino ad Albino e Villa D'Almè, studio preliminare per estensione a guida vincolata sino a Clusone e Piazza Brembana. Nel gennaio del 1998, con protocollo n. 6178, il Dipartimento del Territorio del Ministero delle Finanze ha richiesto ufficialmente il progetto preliminare dell'intera opera, nonché maggiori precisazioni, in merito ai tempi ed alle modalità di realizzazione della stessa;
in risposta alla richiesta del Ministero delle Finanze, la Provincia ed il Comune di Bergamo hanno costituito, nel luglio del 2000, la società TEB «Tramvie Elettriche Bergamasche» Spa, avente per oggetto la progettazione, realizzazione e gestione della nuova infrastruttura tranviaria. Con prot. n. 94132, viene contemporaneamente trasmesso, al Ministero delle finanze, il progetto preliminare relativo alla realizzazione del sistema tranviario, posto sull'intero tracciato di Valle Seriana e Brembana;
l'anno successivo, ad aprile, il comune di Ponte Nossa, chiede l'allargamento della strada provinciale n. 35, che avrebbe comportato l'occupazione di parte del sedime. A tal riguardo, l'Agenzia del demanio comunica il proprio intento, subordinato al parere della provincia di Bergamo, di stralciare in sede di cessione i tratti interessati, evidenziando che l'istruttoria dell'istanza formulata dalla Provincia in merito alla cessione del compendio è ancora in corso. Alcuni giorni dopo, la provincia, riconfermando la volontà di acquistare il compendio immobiliare delle ex ferrovie, comunica con protocollo n. 33429 la propria contrarietà allo stralcio, in sede di cessione, di tutti i tratti oggetto di occupazione permanente. Il progetto viene quindi riformulato, tenendo conto delle interferenze con opere di interesse pubblico esistente o da realizzare;
nel giugno 2001, presso la direzione generale dell'Agenzia del demanio di Roma, si svolge la conferenza dei Servizi, durante la quale la suddetta Agenzia autorizza la concessione dell'ex sedime di Ponte Nossa a favore della Provincia, per realizzare le opere di sistemazione viaria previste nel Comune. Inoltre, al fine di concludere il contratto entro il 31 dicembre 2001, l'Agenzia provvede alla consegna provvisoria del tratto interessato alla tramvia Bergamo-Albino, previa stipula di apposito atto di concessione e predispone la relazione di stima, nonché lo schema dell'atto di cessione dell'intero compendio immobiliare, come previsto dalla legge n. 579 del 1993;
nel settembre dello stesso anno, per aggiornare la relazione di stima degli immobili, la provincia di Bergamo, su richiesta dell'Agenzia del demanio, invia copie delle planimetrie di progetto e planimetrie catastali relative alla 1a tratta Bergamo-Albino, ribadendo la volontà di acquisire tutte le aree relative al compendio, sollecitando la cessione del tratto interessato alla tramvia Bergamo-Albino. Sempre su richiesta dell'Agenzia del demanio, la giunta provinciale, con atto n. 549 dell'8 novembre 2001, delibera di richiedere la consegna provvisoria del sedime della 1a tratta Bergamo-Albino stabilisce che detto

sedime verrà assegnato con apposito atto di cessione alla TEB, ai fini della realizzazione della 1a tratta funzionale;
a seguito della trasmissione all'Agenzia del demanio, delle planimetrie catastali di tutto il progetto preliminare, avvenuta con nota prot. n. 102798, la suddetta Agenzia trasmette lo schema di contratto di concessione della 1a tratta Bergamo-Albino (prot. n. 9226). Si provvede, quindi, nel marzo 2002, alla sottoscrizione dell'atto di locazione fra Agenzia del demanio e Provincia di Bergamo, relativo alla concessione della 1a tratta funzionale Bergamo-Albino, per la durata di 6 anni, ad un canone di euro 11.878,51, con deposito cauzionale di pari importo, nonostante l'anno precedente la Giunta provinciale abbia esplicitamente deliberato di acquisire in concessione l'area e gli immobili;
nel marzo 2003, con prot. n. 35379, la provincia di Bergamo trasmette le planimetrie catastali sulle quali è riportata l'occupazione delle aree necessarie ai fini della realizzazione delle linee tranviarie Bergamo-Clusone e Bergamo-Piazza Brembana. Dopo circa due anni, nel Gennaio 2005, la suddetta Provincia, con prot. n. 8606, chiede, nelle more dell'alienazione in parola, la consegna provvisoria del sedime della ex ferrovia Valle Seriana per il tratto Verteva-Ponte Nossa, interessato alla realizzazione della ciclovia Verteva-Clusone;
a seguito delle sopracitate richieste, nel febbraio dello stesso anno, si svolge, presso l'Agenzia del demanio di Milano, una riunione finalizzata a fare il punto della situazione allo stato dei fatti e a sollecitare la stessa Agenzia a dar corso agli adempimenti di sua competenza. In tale sede si concorda che l'Agenzia provveda, a breve termine, a verificare se la stima relativa al valore del compendio immobiliare, formulata in via indicativa in sede di conferenza dei servizi in data 5 giugno 2001, sia da riferirsi al solo sedime esclusi gli immobili, o sia comprensiva anche degli immobili. Ad Ottobre, non avendo ricevuto alcuna risposta in ordine alla cessione dell'intero compendio immobiliare, la provincia di Bergamo ha provveduto a sollecitare ripetutamente l'Agenzia del demanio della città;
a fronte di una richiesta esplicita di incontro, l'Agenzia del demanio sottoscrive, nelle more dell'alienazione in argomento, per la durata di sei anni, due contratti di locazione del sedime della ex ferrovia Valle Seriana relativi al tratto Verteva-Ponte Nossa, ricadente nei comuni di Colzate e Castigo, interessato alla realizzazione della ciclovia Verteva-Elusone. Nel gennaio 2006 la provincia diffida l'Agenzia del demanio (prot. n. 128394) a procedere alla cessione, sotto qualsiasi forma ed a qualsiasi soggetto diverso da essa stessa, di immobili o parti di immobili ricadenti nella definizione di compendio immobiliare di cui alla legge n. 579 del 1993. Inoltre, a causa del lungo tempo trascorso e della mancanza di alcun progresso, la Provincia invia al Ministro delle finanze, onorevole Tremonti, una nota riepilogativa illustrante lo stato della procedura in argomento, «affinché vi possa essere un qualche interessamento allo scopo di addivenire in tempi rapidi alla definizione della cessione in questione»;
con prot. n. 2006/6870 l'Agenzia del demanio manifesta l'opportunità di procedere alla cessione in relazione a «stati di avanzamento», ritenendo di concludere a breve termine il trasferimento della proprietà della tratta Bergamo-Albino, sulla quale sono già iniziati i lavori di realizzazione della tramvia. Ai fini di avviare la cessione del tratto di cui sopra, l'Agenzia comunica che prenderà contatti diretti con la società TEB Spa. Nonostante l'ennesimo incontro volto a valutare le fasi attuative del progetto, la Provincia ha diffidato nuovamente l'Agenzia del demanio (prot. n. 98044) a procedere alla cessione, sotto qualsiasi forma ed a qualsiasi oggetto diverso dalla Provincia di Bergamo, di immobili o parti di

immobili ricadenti nella definizione di compendio immobiliare di cui alla legge n. 579 del 1993;
nel dicembre 2006 la provincia di Bergamo, con nota prot. n. 124306, ha richiesto la cessione definitiva in via di urgenza, ai sensi e per gli effetti della legge n. 579 del 1993, dell'area demaniale del sedime ex ferrovia di Valle Seriana relativa al tratto Bergamo-Albino, finalizzata alla realizzazione della prima tratta funzionale della metrotramvia, il cui prezzo di cessione non sia superiore al minimo stabilito all'articolo 3, comma 3, della legge n. 579 del 1993. Inoltre, ha richiesto che, «ai fini della quantificazione di suddetto prezzo, sia considerato il fatto che nelle more dell'alienazione del compendio immobiliare prevista dalle disposizioni legislative sopraindicate, nonché in relazione a quanto stabilito in sede di conferenza dei servizi del 5 giugno 2001, questa Amministrazione Provinciale, ha già versato a titolo di canone di concessione del tratto di sedime in argomento euro 59.392,55»;
nel Gennaio 2007 l'Agenzia del demanio, con nota prot. n. 2007/1015, assicura il tempestivo avvio dell'attività di verifica ed estimale propedeutica alla cessione del tratto richiesto in via di urgenza. Nel dicembre, la società TEB Spa deposita presso l'Agenzia del territorio di Bergamo gli ultimi frazionamenti delle aree da acquisire, con relativa copia della mappa catastale aggiornata, a seguito dei sopralluoghi e delle necessarie verifiche effettuate in collaborazione con i tecnici dell'Agenzia;
nel gennaio 2008, con nota prot. n. 7039/08-11-05 del 22 gennaio 2008 la provincia di Bergamo ha richiesto con urgenza all'Agenzia del demanio quanto segue:
un aggiornamento in merito allo stato di attuazione del procedimento di cessione alla stessa Provincia del tratto di sedime Bergamo-Albino, ai sensi della legge 31 dicembre 1993, n. 579, vista l'urgenza di provvedere al trasferimento della proprietà del compendio immobiliare per la parte interessante il tratto della metrotramvia, il cui esercizio è fissato per l'anno 2008 che il prezzo di cessione non sia superiore al minimo stabilito all'articolo 3, comma 3, della legge n. 579 del 1993;
che, ai fini della quantificazione di suddetto prezzo, sia considerato il fatto che, nelle more dell'alienazione, l'Amministrazione Provinciale ha già versato, a titolo di canone di concessione del tratto di sedime in argomento, euro 71.271,36 per gli anni 2002-2007 e euro 11.878,56 per l'anno 2008;
di essere portati a conoscenza della relazione di stima del sedime in parola, onde procedere all'espletamento degli atti finanziari-contabili necessari e prodromici alla cessione;
a seguito della richiesta dell'Agenzia del demanio (prot. n. 2008/14306 del 18 maggio 2008) in merito ad alcune precisazioni riguardanti lo stato di avanzamento dei lavori della tramvia, provincia di Bergamo, ha richiesto alla società TEB informazioni e precisazioni per quanto di competenza ed ha trasmesso il tutto all'Agenzia del demanio, con prot. n. 100256/2008 del 15 settembre 2008;
nonostante i numerosi passaggi sopra enunciati, ad oggi si rileva che l'iter di cessione del compendio in argomento non è ancora concluso, nonostante gli adempimenti posti in essere dalla provincia di Bergamo. Pertanto l'amministrazione provinciale ha espresso la propria volontà di valutare l'opportunità di sospendere il pagamento del canone di locazione del tratto Bergamo-Albino, a suo tempo definito nelle more dell'alienazione in questione -:
quali misure urgenti il Ministro intenda intraprendere per sbloccare la questione relativa alla cessione del tratto di sedime Bergamo-Albino al fine di realizzare compiutamente tutti i lavori inerenti la metrotramvia orobica.
(4-03570)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

NIRENSTEIN, CALDERISI, DELLA VEDOVA, PIANETTA, BERNINI BOVICELLI e BOCCHINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dall'inizio delle operazioni israeliane nella Striscia di Gaza in risposta alla rottura unilaterale della tregua da parte di Hamas, si sono andati moltiplicando in Italia episodi di natura antisemita di intimidazione e violenza, nonché atti vandalici, a danno delle organizzazioni di amicizia italo-israeliana, degli organi di informazione, dei rappresentanti delle comunità ebraiche e di luoghi di culto ebraici;
in particolare:
20 gennaio, Firenze: sono state imbrattate delle mura in cui una stella di Davide era equiparata a una svastica;
17 gennaio, Firenze: un ordigno esplosivo artigianale è depositato nei pressi della sinagoga di Firenze;
17 gennaio, Torino: alcuni individui incappucciati imbrattano nella notte l'entrata della casa della madre del vice presidente dell'Associazione Italia Israele di Torino, Emanuel Segre Amar, con la scritta: «sionista assassino», e lasciano circa trenta volantini intimidatori («sionisti non siete intoccabili»), con minacce alla sua incolumità personale;
13 gennaio, Pisa: ignoti imbrattano la facciata principale della sinagoga di Pisa, lanciando uova piene di vernice rossa;
13 gennaio, Roma: un volantino con insulti antisemiti ed esplicite minacce ai giornalisti è consegnato alle redazioni dell'agenzia di stampa Ansa e di altri organi di informazione. Il volantino, sul quale campeggia la foto di Adolf Hitler, riporta un testo farneticante che rivolge insulti razzisti e minacce anche contro alcuni ministri e rappresentanti della comunità ebraica;
12 gennaio, Roma: sono rinvenute scritte antisemite nei pressi di via Gaeta;
12 gennaio, Torino: una ricercatrice della Fondazione Camis de Fonseca (presso cui si svolgono gli eventi dell'Associazione di Amicizia Italia-Israele), mentre sta uscendo dalla sede è bersagliata da uova piene di vernice rossa, al volto e al corpo;
12 gennaio, Milano: si verificano incidenti tra manifestanti e polizia nel corso di una manifestazione pro-Palestina organizzata di fronte al Teatro Strehler, dove era in corso un evento dal titolo «Il diritto di Israele a esistere e difendersi», promosso dalla Comunità ebraica di Milano;
10 gennaio, Torino: tutta la facciata dello stabile che ospita la Fondazione Camis de Fonseca è riempita di vernice rossa lanciata con le uova, che colpiscono e imbrattano anche i carabinieri posti a difesa dinanzi all'edificio; manifestanti bruciano una bandiera israeliana;
10 gennaio, Roma: scritte antisemite e inneggianti a Hamas sono rinvenute in via Catania e corso Trieste, al monumento dei partigiani di Centocelle e sulle saracinesche di alcuni esercizi commerciali in piazza Bologna. Sono presi di mira anche il sindaco Alemanno e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, con striscioni a ponte Lanciani;
9 gennaio, Mestre: almeno cinque incappucciati compiono un blitz contro la sede della compagnia marittima israeliana «Zim Line». I cinque rompono la telecamera interna, rovesciano armadi e scaffali e imbrattano i muri di vernice rossa con le scritte «Israele boia» e «Palestina libera»;
8 gennaio, Roma: il sindacato autonomo del commercio Flaica-Uniti-Cub invita a boicottare i negozi degli ebrei;
5 gennaio, Roma: una svastica viene disegnata sul portone di ingresso della casa del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici;

3 gennaio, Torino: la sede della Fondazione Camis de Fonseca è imbrattata con vernice rossa;
3 gennaio, Milano: bandiere israeliane sono bruciate durante una manifestazione pro-Palestina;
nelle ultime settimane vi è stato inoltre un enorme incremento di messaggi violenti ed offensivi alla mail del sito «Informazione Corretta», con volgari insulti antisemiti («finirete tutti nei forni») -:
se sia noto a quali esiti abbiano condotto le indagini sino ad oggi effettuate sui casi esposti in premessa;
quanti altri episodi della stessa natura - e di quale gravità - siano stati denunciati alle forze dell'ordine dall'inizio delle operazioni israeliane nella Striscia di Gaza;
se il Governo ritenga che si tratti di episodi sporadici o se invece siano da ricondurre a un più diffuso sentimento nell'opinione pubblica italiana;
quali iniziative il Governo abbia assunto e intenda ulteriormente assumere per contrastare e reprimere i ricorrenti episodi di propaganda e violenza antisemita, nonché per garantire la sicurezza a quanti, per queste ragioni, sono stati -, o rischiano di divenire - bersaglio di intimidazioni, minacce e aggressioni.
(4-03577)

CAPARINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la frazione di Giove Valtopina (Perugia) è un paesino umbro che dopo il terremoto del 26 settembre 1997 è salito agli onori della cronaca per le vicissitudini sulla sua ricostruzione;
mentre in tutte le altre zone colpite dal sisma già si è provveduto a riconsegnare le strutture risanate agli abitanti, a Giove le cose non sono andate così bene, infatti, dopo 12 anni i cittadini vivono ancora nei container;
risulta all'interrogante che la ditta vincitrice dell'appalto per la ricostruzione abbia effettuato i lavori di ricostruzione non a regola d'arte, tant'è che successivamente si è dovuto intervenire per ricostruire ciò che era già stato fatto, e che le opere effettuate venivano ugualmente certificate dal direttore dei lavori e pagate regolarmente dal Comune di Valtopina, dal quale dipende la frazione di Giove;
la frazione era ancora tutta da rifare e risulta che i soldi stanziati per la ricostruzione siano terminati ed ai cittadini è stato anche chiesto di pagare loro stessi le spese per la ricostruzione;
la situazione è rimasta impantanata nella burocrazia tra incomprensioni e irregolarità e intanto chi ne fa le spese sono gli abitanti;
da notizie stampa si apprende che l'azienda, attualmente responsabile dell'appalto (che ha sostituito due anni fa la società precedente che nel frattempo era fallita) abbia comunicato al Comune di Valtopina la consegna di almeno il 50 per cento delle abitazioni entro l'estate di quest'anno -:
quali siano gli effettivi tempi di consegna delle abitazioni ai cittadini di Giove Valtopina;
a quanto ammontava la somma stanziata per la ricostruzione di questa frazione.
(4-03587)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanze n. 2573 del 5 giugno 2009 e nn. 2815, 2818 e 2819 del 19 giugno 2009, ha sospeso il decreto ministeriale dell'8 aprile 2009, n. 42, nella parte in cui inserisce in coda e non a

«pettine» nelle altre tre province scelte i ricorrenti iscritti al sindacato ANIEF che ne hanno fatto domanda all'atto del nuovo aggiornamento/inserimento nelle graduatorie ad esaurimento valide per il biennio 2009-2011;
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sentenza semplificata n. 5487/09 del 5 giugno 2009 ha sospeso il decreto ministeriale dell'8 aprile 2009, n. 42, nella parte in cui vieta lo spostamento dei 24 punti già dichiarati da una graduatoria all'altra all'atto dell'ultimo aggiornamento, come richiesto nel ricorso patrocinato dal sindacato ANIEF, e ha emesso su analoga istanza altre due ordinanze di sospensiva nn. 3085/09 e 3086/09 per centinaia di ricorrenti;
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio discuterà, in udienza camerale, analoghe richieste di sospensiva del decreto ministeriale n. 42 del 2009 in merito alle richieste di altre migliaia di ricorrenti, relativamente ai ricorsi n. 5065, 5067, 5068, 5069, 5070, 5071, 5072, 5073, 5074, 5075, 5462, 5463, 5464 del 2009, sempre patrocinati dalla stessa associazione;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota del 6 luglio 2009, n. 10064 prot. AOODGPER, comunica agli Uffici scolastici provinciali che a partire dal 10 luglio 2009 possono essere prenotate le graduatorie ad esaurimento provvisorie e che la pubblicazione delle stesse avverrà nei giorni successivi nei siti degli Uffici scolastici provinciali, senza alcun riferimento alla giurisprudenza citata, con colpevole grave danno per i contribuenti e per le famiglie degli studenti, violando ogni principio di efficienza ed efficacia dell'azione dell'Amministrazione;
i giudici del Tribunale amministrativo regionale del Lazio hanno richiamato nelle ordinanze citate il rispetto delle sentenze nn. 10728/08 e 10809/08 così come denunciato dall'interrogante in alcuni atti di sindacato ispettivo, in particolare nell'interpellanza urgente n. 2-00293 presentata il 3 febbraio 2009 e nell'interrogazione a risposta in Commissione 5-01418 presentata il 14 maggio 2009, a cui, purtroppo, sono seguite risposte che all'interrogante appaiono vaghe, imprecise e immotivate -:
se nel rispetto delle sentenze della magistratura ordinaria e dei principi costituzionali intenda fornire risposte adeguate a risolvere una questione già da tempo all'attenzione del Parlamento e sollecitare l'Amministrazione ad eseguire le ordinanze citate per garantire la mobilità territoriale e il reclutamento in base al punteggio di merito e non alla residenza di ciascun aspirante inserito nelle graduatorie ad esaurimento, considerato che ciascun nuovo provvedimento ministeriale sarebbe non conforme alla giurisprudenza in materia e quindi, chiaramente censurabile de iure et de facto.
(5-01622)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del combinato disposto dell'articolo 24 e dell'allegato A del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, sono abrogate le disposizioni della legge 24 febbraio 1967, n. 62 e di fatto è eliminata la figura dei lettori di scambio culturale presso gli Atenei italiani;
in seguito a tale previsione normativa ai tanti lettori culturali, senza nessun tipo di preavviso, non è stato confermato l'incarico;
dopo la protesta da parte di varie ambasciate e membri dell'università, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si era impegnato a garantire la prosecuzione dell'attività dei suddetti docenti tramite un apposito intervento normativo, che però ad oggi non è stato ancora avviato;
altresì, non ha portato ad alcuna soluzione concreta l'incontro svoltosi lo scorso 15 maggio 2009 tra quattro ambasciate e i rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

pare opportuno ricordare che il lettore di scambio, oltre ad assicurare l'insegnamento qualificato di lingua e cultura del Paese di origine (ad esempio, per l'ebraico, sloveno, danese, polacco si tratta dell'unico insegnamento in lingua), ha sempre assunto un ruolo molto attivo nella promozione della cultura del suo Paese, anche attraverso il coordinamento di importanti iniziative, quali convegni, progetti di ricerca, rassegne cinematografiche in lingua originale, seminari in varie discipline, mostre, concerti, coedizioni, traduzioni di autori italiani;
risaputa è, altresì, la stretta relazione che intercorre fra i lettori di scambio e le istituzioni culturali straniere in Italia, come il British Council, l'Istituto Cervantes, il Goethe-Institut, l'Alliance Franfcaise e i consolati e le ambasciate presenti sul territorio italiano;
il lettore di scambio ha sempre rappresentato un investimento nei rapporti culturali tra l'Italia e gli altri Paesi, pertanto l'abolizione di tale figura contrasta con la politica di internazionalizzazione che molte università cercano di perseguire;
la scelta di eliminare tale figura potrebbe compromettere la posizione del lettore di scambio italiano, che contribuisce alla diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo;
ad avviso dell'interrogante, l'abolizione della figura del lettore di scambio, determinata da ragioni puramente economiche, va a detrimento dell'apprendimento delle lingue e della cultura straniere da parte degli studenti italiani e rappresenta un'ulteriore azione intrapresa dal Governo, che rischia di intaccare il prestigio dell'università italiana rispetto al contesto internazionale -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire per ripristinare la figura del lettore di scambio.
(5-01623)

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 31 marzo 2009, è stato emanato dal Ministero del lavoro e della salute e delle politiche sociali un decreto, sottoscritto dal direttore generale Silvi Borrello, che autorizza l'estensione di impiego per il controllo del punteruolo acquatico del riso (Lissorhoptrus oryzophilus) per un periodo di 120 giorni del prodotto fitosanitario Contest;
Contest è stato registrato al n. 10373 in data 8 marzo 2000, a nome dell'Impresa BASF Italia Srl, con se e legale in Cesano Maderno (Milano), via Marconato 8;
tale prodotto, di cui in allegato al decreto si approva l'etichetta con le relative modifiche, contiene alfa-cipermetrina, un principio attivo gravemente dannoso per l'ambiente (in particolare acquatico) e assai pericoloso per chi lo utilizza o ne viene in contatto;
sull'etichetta è specificato di «non contaminare l'acqua con il prodotto» e che è «altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico»;
l'estensione di impiego per il contenimento del punteruolo del riso impone un utilizzo in acqua del prodotto, dato che la maggioranza delle risaie sono coltivate in sommersione;
tale prodotto a conoscenza degli interroganti è stato distribuito su decine di migliaia di ettari degli oltre 200.000 ettari di risaie italiane, concentrati in massima parte in Piemonte e Lombardia;

gli effetti sulla fauna acquatica di questo principio attivo alle dosi consigliate in etichetta sono devastanti e già oggi vi sono gli effetti di un sostanziale azzeramento della maggioranza delle specie di microfauna acquatica e degli anfibi come le rane;
alcune delle specie colpite dagli effetti fanno parte della «direttiva habitat» e sono sottoposte a protezione totale;
la diffusione di tale prodotto su decine di migliaia di ettari ha già provocato un inquinamento in ambiente acquatico che non ha precedenti nella storia recente dell'agricoltura italiana e chiaramente, tale inquinamento ha colpito numerosi corsi d'acqua secondari e potrà in futuro interessare le falde idriche e i corsi principali dei fiumi, a cominciare dal Po;
la stessa etichetta mentre raccomanda di non contaminare con il prodotto i corsi d'acqua consente - con il decreto suddetto - un utilizzo su ampia scala proprio in ambiente acquatico di risaia;
risulta agli interroganti che siano giunti dalla regione Piemonte, dalla regione Lombardia e dall'Ente risi sollecitazioni alla emanazione di tale decreto di estensione d'utilizzo del Contest;
tale decreto è stato emanato proprio nel momento in cui l'Europa - in particolare con i Piani di Sviluppo Rurale - e più in generale l'intera comunità scientifica mondiale considerano la salvaguardia e l'incentivazione della biodiversità come aspetto imprescindibile;
appare agli interroganti paradossale consentire l'estensione d'impiego della Alfa-cipermetrina nelle risaie in sommersione quando è nozione acquisita che produce danni irreparabili in ambiente acquatico, con altrettanti danni a tutta la catena alimentare -:
se siano stati valutati preventivamente i danni ambientali derivanti da tale decreto e quali studi specialistici siano stati commissionati per dimostrare gli effetti e il contenimento dell'inquinamento e dell'impatto sulla biodiversità in ambito di risaia;
quali prescrizioni siano state disposte per evitare i gravi effetti sulla salute dell'uomo che possono colpire gli agricoltori o altri cittadini che vengono accidentalmente in contatto con l'acqua di risaia trattata;
se e quali documenti siano stati presentati dall'Ente risi e dalle regioni Piemonte e Lombardia a sostegno di tale estensione d'impiego e quali valutazioni di impatto ambientale siano state effettuate da tali organismi;
quali iniziative si intendano assumere per ridurre gli impatti dell'inquinamento in corso e chi risarcirà il grave danno ambientale già oggi riscontrabile.
(5-01621)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU e LIVIA TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le Regioni chiedono al Governo che il finanziamento del Fondo nazionale per la non autosufficienza continui ad essere previsto anche nella finanziaria per il 2010 e nel programma pluriennale. Si tratta all'incirca di 500 milioni di euro di trasferimenti alle Regioni, che non sono stati confermati dal Governo a differenza degli anni precedenti (nel 2009 il finanziamento statale è di 400 milioni di euro, nel 2008 di 300 milioni di euro);
il Governo nel dicembre del 2008 ha tagliato le risorse destinate al Fondo nazionale per le politiche sociali: per il 2009 tali risorse sono pari a 1.464.233.696 euro, di cui 670 milioni di euro circa per le Regioni; nel 2007 erano stati trasferiti 1.564.917.148 euro integrati con altri 186.237.792 euro precedentemente accantonati. Dunque da circa 1.650.500.000

euro, le risorse sono diminuite di circa 200.000.000 euro. La manovra finanziaria triennale cala la sua scure anche sulla sanità pubblica: nel 2009 in apparenza non vi sono tagli; infatti, il Fondo 2008 per la copertura dei livelli essenziali di assistenza era di 101,457 miliardi di euro, quello per il 2009 è di 101,481 miliardi di euro, che sale a 102,683 miliardi di euro, comprensivi dell'incremento per rinnovi dei contratti collettivi (biennio 2006/2007), e a 103,701 miliardi di euro complessivi se si conteggiano alcuni fondi vincolati. Per gli anni 2010 e 2011, invece, ci sono tagli rispettivamente di 2 e 3 miliardi di euro. In questo scenario, cresce la quota di spesa a carico del cittadino: +312,9 per cento dalla riforma (1978) al 2007;
alcuni assessori regionali hanno deciso nei giorni scorsi di fare pressione sul presidente della Conferenza delle regioni, al fine di sollecitare un confronto, «prima che il governo assuma iniziative che porterebbero alla definitiva compromissione dei sistemi di welfare regionali, per garantire ai cittadini una piena tutela dei propri diritti sociali»;
la Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni, nell'ultima riunione tenutasi il 10 giugno 2009, ha espresso una forte preoccupazione in merito al riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, soprattutto per le voci, che da qualche tempo circolano insistentemente, di un drastico taglio alle risorse per il sociale previste per il 2009 nei confronti delle Regioni e dei comuni. Se dovesse essere annullato, di certo le Regioni e gli enti locali non sarebbero in grado di sostenere gli ingenti costi delle prestazioni e degli interventi fino ad oggi erogati grazie al suddetto fondo, determinandosi di conseguenza una maggiore disparità tra i cittadini, a causa di un aumento progressivo delle quote di partecipazione alla spesa da parte dell'utente;
nel difficile momento economico che si sta attraversando, in cui si riducono i consumi, aumenta la disoccupazione e di conseguenza la povertà, un'ulteriore riduzione dei finanziamenti nel settore sociale e dell'assistenza socio-sanitaria porterebbe ad acuire sempre di più gli effetti della crisi economica sulle famiglie italiane più fragili, privandole di servizi essenziali per poter condurre una vita sufficientemente dignitosa -:
se non ritengano opportuno avviare al più presto un confronto con le regioni e le altre autonomie locali al fine di definire la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali per il 2009.
(4-03573)

NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
per oltre cinquemila dipendenti dello stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco, che rappresenta il polo industriale più grande del Meridione, perdura, dallo scorso settembre, lo stato di cig;
le vicende che riguardano lo stabilimento di Pomigliano D'Arco coinvolgono direttamente numerosissime altre aziende dell'indotto, che lavorano per lo più in regime di monocommittenza, cosa che le rende particolarmente esposte all'interruzione della produzione da parte dello stabilimento ex Alfa Romeo;
dal complesso industriale Fiat e dal pedissequo indotto dipende l'economia di Pomigliano e di gran parte dell'area vesuviana;
i provvedimenti a sostegno del settore automobilistico adottati dal Governo, non potranno avere alcuna incidenza sull'attività della fabbrica pomiglianese, dove sono in produzione automobili, l'Alfa 147 e l'Alfa 149, che non sono state investite dal piano di incentivi;
ad oggi, sussiste ancora uno stato di assoluta incertezza, peraltro aggravato dalle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato dell'azienda, sul futuro della

Fiat di Pomigliano D'Arco, non avendo i vertici aziendali né presentato un adeguato piano industriale, né assegnato una nuova missione produttiva all'industria automobilistica napoletana;
alle già difficili, ed ora insostenibili, condizioni economiche delle migliaia di lavoratori della Fiat è conseguita nell'intera area, una preoccupante tensione sociale che ha portato anche a scontri con le forze di polizia -:
quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di favorire la difesa dei livelli occupazionali tanto della Fiat di Pomigliano D'Arco quanto delle imprese dell'indotto.
(4-03578)

MINARDO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella regione Sicilia, ed in particolare nella provincia di Ragusa, l'emergenza randagismo è un dato di fatto del quale costituiscono drammatica dimostrazione i tragici episodi verificatisi qualche mese fa;
il fenomeno è tale da avere generato una vera e propria psicosi collettiva che rischia di avere dannose ripercussioni, specie in questa stagione estiva, anche per il settore del turismo, strategico per la crescita e lo sviluppo del territorio ibleo;
la constatazione di tale fenomeno impone, in generale, una rivisitazione della disciplina sul randagismo dettata dalla legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, rispetto alla quale è stato già avviato in Parlamento l'esame di diverse proposte di modifica, sebbene interrotto nell'attesa della presentazione dell'annunciato disegno di legge d'iniziativa governativa;
ancora, risulta necessaria la predisposizione immediata e concertata di programmi operativi d'intervento indispensabili a contenere le dimensioni del fenomeno in territori interessati dall'emergenza come quello della provincia di Ragusa;
in tale direzione si muovono le positive iniziative promosse dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali con il giusto coinvolgimento degli enti locali, come sollecitato anche nell'interrogazione n. 4-02853, tra le quali la nomina di un'unità operativa col compito di mettere in atto pratiche e definitive soluzioni al problema del randagismo;
tuttavia l'iniziativa in questione necessita di adeguate risorse economiche utili a garantire la concreta ed immediata operatività del progetto -:
se il Ministro interrogato abbia già avviato iniziative volte a definire i finanziamenti indispensabili a garantire l'immediato inizio dei lavori dell'unità operativa nella provincia di Ragusa per la risoluzione del problema randagismo.
(4-03580)

CENNI, CECCUZZI, BOCCI, BRANDOLINI, FAVIA, FRONER, LOVELLI, MOTTA, ROSATO, SCARPETTI, SCHIRRU e DE BIASI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
il settore termale rappresenta un comparto rilevante del sistema economico, turistico, produttivo ed occupazionale del paese;
l'Italia, grazie alla diffusa presenza del fenomeno denominato «vulcanesimo secondario» è, infatti, la nazione europea che vanta il maggior numero di stabilimenti termali: circa 380 che occupano direttamente ed indirettamente oltre 65 mila addetti;
l'economia di alcune città e sistemi termali italiani dipende quasi esclusivamente dalle attività economiche e sanitarie legate al termalismo;
sono emersi, anche negli ultimi mesi, segnali negativi per quanto riguarda i flussi delle presenze per il settore termale che registrano cali sia per quanto riguarda

la clientela pagante sia per ciò che concerne i curandi assistiti dal servizio sanitario nazionale;
secondo i dati resi noti da Federterme «il 2008 non è stato un anno positivo per il segmento salute termale: si è registrato un calo del 5 per cento nelle presenze e nel fatturato. Anche il settore del benessere termale, che faceva eccezione diversamente dal termalismo più tradizionale, ha chiuso con un calo tra il 3 e il 4 per cento, interrompendo un trend positivo»;
dai provvedimenti anticrisi emanati dal Governo non è stata rivolta alcuna attenzione e soprattutto non è stata destinata alcuna risorsa alla filiera termale;
il settore termale è disciplinato dalla legge n. 323 del 2000 «Riordino del settore termale» ma dopo circa 9 anni dall'approvazione della sopraccitata legge non sono stati ancora emanati i decreti attuativi che possano dare efficacia alle norme contenute nel provvedimento. Tra gli obiettivi previsti sono compresi: la disciplina delle erogazioni delle prestazioni termali al fine di assicurare il mantenimento ed il ripristino dello stato di benessere psicofisico; le disposizioni per la promozione e la riqualificazione del patrimonio idrotermale, anche ai fini della valorizzazione delle risorse naturali, ambientali e culturali dei territori termali e la tutela e la valorizzazione del patrimonio idrotermale anche ai fini dello sviluppo turistico dei territori termali;
in data 13 novembre 2008 il Governo ha accolto un ordine del giorno alla legge finanziaria 2009 che impegna l'esecutivo: «a valutare la necessità di emanare ogni utile provvedimento affinché la legge n. 323 del 2000 venga finanziata al fine di una sua piena attuazione per sostenere tutto il settore termale, tanto quello a prevalente vocazione sociosanitaria che quello legato al settore turistico del benessere»;
le prestazioni termali, oltre ad avere un ruolo rilevante per la riabilitazione ed il settore benessere, sono riconosciute dal Servizio sanitario nazionale per la cura di numerose patologie, così come disciplinato dall'articolo 4 delle suddetta legge n. 323 del 2000;
il comma 4 dell'articolo 4 della legge n. 323 del 2000 sancisce, infatti, che le modalità di erogazione delle prestazioni termali, tra cui la definizione ed il rinnovo delle tariffe che il Servizio sanitario nazionale riconosce per le cure termali, sono assicurate «da appositi accordi stipulati, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni e le province autonome» e che «tali accordi divengono efficaci con il recepimento» da parte della Conferenza Stato-Regioni;
l'intesa raggiunta per il rinnovo delle tariffe, scadute dal 31 dicembre 2005, non è stata ancora ratificata dalla Conferenza Stato-Regioni. Secondo quanto emerge da una nota stampa di Federterme «a tale determinazione, si è giunti dopo oltre due anni di trattative in sede tecnica con il Coordinamento interregionale degli Assessori alla Sanità e l'inspiegabile assenza, agli incontri, del Governo. Le risorse che le Regioni si sono impegnate a porre a carico dei propri bilanci per il rinnovo dell'accordo, sono pari a circa 10 milioni di euro nel biennio 2008-2009 ed incidono in maniera irrisoria (complessivamente poco più di 3 milioni di euro in due anni) sui conti delle Regioni sottoposte ai cosiddetti «piani di rientro»;
il 3 luglio 2009 la Conferenza delle Regioni ha deciso all'unanimità di sospendere ogni tavolo di concertazione politica e tecnica con il Governo. Secondo quanto dichiarato dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, «il Governo tradisce puntualmente il principio di leale collaborazione. Abbiamo più volte sollecitato l'esecutivo ad aprire il confronto sul Patto per la salute. C'è su questo tema l'impegno sottoscritto dal Presidente del Consiglio sin dal 1o ottobre 2008. Ci troviamo di fronte ad una gravissima sottostima del Fondo sanitario per il prossimo triennio che crea un allarme sul futuro del servizio sanitario e ancora non si è avviato il confronto sulle risorse»;

il mancato recepimento dell'accordo si sta ripercuotendo negativamente sul sistema termale nazionale (che presenta stabilimenti dislocati su tutto il Paese), sui livelli occupazionali del settore e sulla corretta erogazione delle prestazioni;
il Ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, ha recentemente annunciato che sarà costituita una commissione ministeriale a sostegno del settore termale. Lo stesso Ministro ha inoltre ribadito le problematiche legate al turismo termale valorizzando, al tempo stesso, la valenza del comparto relativa al settore del benessere: «è un'eccellenza tutta da valorizzare - ha dichiarato -. Il termalismo si è modificato e va pensato come prodotto turistico integrato che comprenda fitness, relax, benessere del corpo, sport»;
da indagini settoriali è emerso, con evidenza, che il turismo delle città termali ha cambiato la composizione della propria clientela che vede ora prevalere altre motivazioni (oltre a quella relativa a benessere e cura del corpo), quali ad esempio la vicinanza con centri storici, artistici o culturali o il turismo congressuale;
gli effetti della crisi economica e dei mercati internazionali si sta ripercuotendo inevitabilmente anche sulle presenze relative al turismo termale -:
quali misure urgenti il Governo intenda varare per rispondere alla crisi del settore termale e giungere rapidamente al rinnovo delle tariffe che il Servizio sanitario nazionale riconosce per le cure termali, al fine di salvaguardare l'attività ed i livelli occupazionali di tutti gli stabilimenti termali e quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere per dare finalmente piena attuazione alla legge n. 323 del 2000 per promuovere l'intero comparto termale nazionale, così come disposto dall'ordine del giorno, accolto dal Governo in data 13 novembre 2008;
quali misure urgenti il Governo intenda intraprendere per rilanciare il turismo legato al settore termale coinvolgendo pienamente le Regioni, gli operatori e le associazioni del comparto e, nello specifico, quando verrà costituita l'apposita commissione ministeriale, annunciata dal Ministro Brambilla, chiarendo quali saranno le funzioni, le finalità e le risorse finanziarie di cui disporrà tale organismo.
(4-03581)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
l'autismo è un disturbo che interessa la funzione cerebrale. La persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione, anche se ancora non si conoscono le causa di tale manifestazione. Questa è la patologia di cui è affetto Roberto Bravi, il ragazzo che, insieme alla sua famiglia, è stato respinto da una pensione di Jesolo, il cui proprietario ha trovato sconveniente dare loro alloggio, per non turbare le vacanze dei clienti. Un simile rifiuto ha suscitato le critiche di molti italiani, che hanno espresso la propria solidarietà alla famiglia ed anche quella di un hotel ligure, che ha ospitato la famiglia per le vacanze estive;
la famiglia Bravi si considera una «famiglia di frontiera», che lotta per i propri diritti e accetta le incomprensioni. Soltanto vivendo costantemente accanto a chi è autistico, si possono capire i vari atteggiamenti ed i silenzi a cui sono costretti persone come Roberto, che ha manifestato la malattia a partire dai tre anni, con atteggiamenti di chiusura all'asilo. L'autismo è però una malattia che soffre ancora il peso di molti pregiudizi, mancando di un'adeguata letteratura medica capace di garantire una corretta informazione. Ogni esperienza con chi è affetto da tale patologia è amplificata: la normalità di tutti i giorni ha bisogno di un livello di attenzione maggiore perché è la sensibilità di queste persone, dilatata dall'autismo, che lo pretende;

anche nel rapporto con le istituzioni la famiglia Bravi ha spesso incontrato incomprensioni e poca sensibilità. È accaduto, ad esempio, quindici anni fa, quando sono dovuti ricorrere al Tar perché un medico, troppo frettoloso nel visitare il ragazzo, aveva negato loro l'assegno di accompagnamento, cioè il sostegno economico statale, erogato alle persone impossibilitate a svolgere una normale ed autosufficiente vita quotidiana. È accaduto ancora quando Roberto aveva dodici anni: in un anno di scuola sono stati costretti a cambiare nove insegnanti di sostegno, perché nessuno di loro era abbastanza formato a fronteggiare la situazione con cui dovevano confrontarsi -:
se il Ministro intenda realizzare adeguate campagne informative, volte a far conoscere l'autismo, evitando ignobili atteggiamenti di chiusura culturale nei confronti dei soggetti affetti da tale patologia;
quali misure i Ministri intendano adottare, per realizzare corsi di formazione destinati a tutti gli operatori che si devono confrontare con persone affette da autismo;
quali misure i Ministri intendano realizzare per agevolare la ricettività delle strutture turistiche a persone diversamente abili e per sanzionare comportamenti quali quelli qui descritti.
(4-03585)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2008, 25.000 cittadini hanno contattato il centralino di Cittadinanzattiva - Tribunale del malato lamentando i tempi di attesa per una visita o un esame in regime di Sistema sanitario nazionale. Le proteste relative agli eccessivi tempi di attesa per esami sanitari ordinari e specialistici hanno subito un notevole aumento nel corso degli anni, dovuto anche al fatto che l'alternativa a questa situazione è rappresentata dal ricorso ad una prestazione a pagamento. In 14 regioni, su 19 prese in esame, sono segnalate come punti critici la difficoltà di accesso alle prestazioni a causa delle lunghe liste di attesa;
nel marzo 2006 una conferenza Stato-Regioni elaborò un piano nazionale per contenere, in tre anni, il problema delle attese. Tuttavia, al termine del triennio, i risultati non sono stati resi disponibili. Si stanziarono 150 mila euro per raggiungere i seguenti obiettivi: comporre un elenco di prestazioni da tenere sotto controllo; obbligare le regioni a non oltrepassare i 90 giorni di attesa per un appuntamento; organizzare un numero sufficiente di centri unici di prenotazione per facilitare l'accesso alle prestazioni diagnostiche e specialistiche; potenziare il ruolo dei medici di famiglia quali controllori del flusso di prescrizioni e della loro reale necessità; rendere esplicite le responsabilità, attribuite d'ufficio al direttore generale di ciascuna ASL;
una fotografia esaustiva dei tempi d'attesa negli ospedali di tutta la Penisola è stata compiuta dalla redazione del mensile Men's Health. L'indagine ha riguardato tre diverse tipologie di prestazione, richieste ai centri di prenotazione di 106 strutture di sanità pubblica o convenzionata, divisi per regione e città. Si sono registrati molti presidi in cui è possibile ottenere appuntamenti nei tempi che il piano Stato-Regioni prevede: massimo 30 giorni per una visita specialistica, 60 per un esame. Ma in molti altri tali limiti sono ampiamente superati;
adottando una maggiore appropriatezza nelle prescrizioni, responsabilizzando soprattutto i medici di base preposti a tale compito, si potrebbe iniziare a creare liste d'attesa più flessibili, dato che è lo stile di assistenza che determina la domanda. Nel luglio 2002 il Ministro della salute aveva già invitato le regioni a rinforzare una gerarchia di urgenza, secondo la serietà della situazione clinica, per creare di fatto tre diverse corsie: classe A, tutti gli esami davvero urgenti eseguiti entro 10 giorni; classe B, quelli che possono attendere fino a 30 giorni per le visite e 60 per i test; classe C, i controlli che possono aspettare fino a 180 giorni. Un

noto esempio di responsabilizzazione è quello della Gran Bretagna, che ha investito molto nella creazione di un organismo, il National Institute for clinical excellence (Nice), che valuta i costi e i benefici degli interventi in medicina. Il Nice inoltre produce linee guida per i medici;
oltre alla creazione del Nice, sono stati localizzati sul territorio, attraverso gli ambulatori dei medici di famiglia, alcuni esami di semplice esecuzione, come elettrocardiogrammi, ecografie, esami del sangue, Pap Test. In questo modo, lavorando in grandi ambulatori di gruppo, con la presenza di figure diverse come infermiere, ostetriche, tecnici, è più agevole anche l'acquisto di macchinari diagnostici, grazie alla condivisione delle spese e ad aiuti finanziari pubblici -:
se il Ministro intenda sollecitare l'attuazione del sopraccitato piano nazionale di contenimento delle liste di attesa relative agli esami specialistici sanitari;
se e quali misure il Ministro intenda intraprendere per snellire i processi sottostanti alle suddette liste di attesa.
(4-03586)

TESTO AGGIORNATO AL 9 NOVEMBRE 2009

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALLASIA, MACCANTI e REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
migliaia di piccole e medie imprese piemontesi e del Nord-ovest stanno subendo gli effetti di una crisi che ogni giorno diventa sempre più insostenibile, creando profonde incertezze per il futuro;
senza l'adozione di interventi urgenti molte di queste piccole realtà locali nei prossimi mesi saranno costrette a cessare la propria attività, con effetti assolutamente dannosi sull'occupazione e sul mantenimento della continuità produttiva dell'indotto;
il calo degli ordinativi e delle prospettive produttive, stimato tra il 50 e 70 per cento, sta producendo effetti devastanti sulla tenuta economica e finanziaria delle imprese stesse;
nonostante gli sforzi messi in campo dalle singole aziende, le stime parlano di diecimila posti di lavoro saltati, mentre continuano ad aumentare i ricorsi alla Cassa integrazione guadagni, così come i licenziamenti e la mancata conferma di contratti di lavoro a tempo determinato;
in questa fase di crisi acuta sarebbe opportuno adottare misure volte alla concessione di risorse immediate alle piccole imprese, che permettano loro di fare fronte alla temporanea mancanza di liquidità ed attuare, poi, una nuova politica di tutela di queste realtà produttive, anche attraverso la riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali -:
se il Ministro interrogato intenda avviare un'organica azione di difesa e di sostegno delle piccole e medie imprese del Piemonte e del Nord-ovest;
se non ritenga opportuno realizzare gli interventi descritti in premessa, anche attraverso: la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei ed a tassi agevolati volti a mantenere in vita le imprese in difficoltà; la riduzione dei carichi fiscali e degli oneri sociali; l'introduzione di misure volte a garantire il rispetto dei termini di pagamento previsti nei rapporti con i fornitori; la semplificazione degli adempimenti amministrativi; la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di una moratoria di dodici mesi, senza oneri ed interessi, per le scadenze relative a tutte le pratiche di finanziamento alle imprese.
(5-01624)

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Telecom Italia spa opera in virtù di concessioni statali, ed è pertanto soggetta

al rispetto di norme e prestazioni qualitative stabilite a tutela di cittadini e imprese;
spesso si verificano fatti che dimostrano che Telecom Italia spa non è stata in grado di rispettare i termini qualitativi delle prestazioni previste nel «contratto di servizio» (a titolo puramente esemplificativo e non certo esaustivo, si pensi al mancato rispetto dei termini di risoluzione di un guasto);
una azienda di questa importanza e dimensione dovrebbe avere un efficiente servizio di gestione delle pratiche che non rispettano i tempi stabiliti e/o comunque recano danni ai cittadini e/o imprese, fornendo al contempo risarcimenti congrui e rapidi -:
di quali elementi disponga circa le questioni segnalate in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa di sua competenza, anche di carattere normativo, al fine di assicurare ai cittadini adeguate garanzie, con particolare riferimento alle procedure per il risarcimento del danno subito.
(4-03571)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Buttiglione e altri n. 1-00192, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Binetti.

La mozione Beccalossi e altri n. 1-00197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sardelli.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

La interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-01149, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Biagio.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Lo Monte n. 2-00329 del 9 marzo 2009;
interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-03523 dell'8 luglio 2009.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Nirenstein e altri n. 3-00328 del 21 gennaio 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03577;
interrogazione a risposta orale Nunzio Francesco Testa n. 3-00432 del 12 marzo 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03578;
interrogazione a risposta orale Ghizzoni 3-00582 del 6 luglio 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01623.