XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 6 luglio 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura ha sempre rappresentato una questione centrale per lo sviluppo socio-economico del nostro Paese assicurando qualità, sicurezza alimentare e valorizzazione dei nostri territori;
il settore agroalimentare italiano è il secondo comparto, dopo quello manifatturiero, in termini di contributo all'economia nazionale con un incidenza del 15 per cento circa sul prodotto interno lordo (PIL) e il made in Italy di questo comparto raggiunge un valore di oltre 220 miliardi di euro;
le imprese agricole e agroalimentari italiane sono sottoposte, al pari di ciò che sta accadendo al sistema economico nazionale, in modo diretto e indiretto alle conseguenze della crisi economico-finanziaria mondiale, subendo una forte compressione dei prezzi dei prodotti agricoli dovuta alle inefficienze della distribuzione commerciale ma anche alle incertezze congiunturali di norme agevolative che dovrebbero invece essere puntuali e trasparenti al fine di dare sicurezza agli operatori del settore;
durante le diverse audizioni svoltesi presso le Commissioni parlamentari competenti è stato messo in evidenza che in Italia il settore agroalimentare è caratterizzato da un aumento dei prezzi determinato oltre che da fattori strutturali (eccessiva lunghezza delle filiere produttive, scarsa propensione all'associazionismo tra i produttori, inadeguatezza e arretratezza delle infrastrutture logistiche e di trasporto, scarsa informazione dei consumatori) anche dalla proliferazione di comportamenti speculativi e monopolistici messi in atto da alcuni operatori dell'intermediazione e della grande distribuzione commerciale;
i produttori agricoli sono costretti dalle crescenti difficoltà - aumento dei costi produttivi e contribuivi, calo dei prezzi dei prodotti, conseguente riduzione dei redditi - a crescenti indebitamenti e al rinvio di investimenti che inevitabilmente riducono la competitività delle loro imprese;
in particolare, la carenza di un efficace sistema di controllo e di monitoraggio sui prezzi e la fragilità del sistema ispettivo e sanzionatorio aumentano un clima di sfiducia verso il settore agricolo e agroalimentare, come è testimoniato dai dati dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) con un netto peggioramento nel quarto trimestre del 2008;
a fronte di una situazione che vede oramai moltissime imprese agricole indebitate al punto di incontrare serie difficoltà a continuare la loro attività, i tagli effettuati dal Governo nel settore agroalimentare hanno sicuramente aggravato la situazione, tenuto anche conto che, con il cosiddetto decreto «mille proroghe», sono state soppresse misure a sostegno dell'agricoltura e del settore ittico che erano state già approvate;
nonostante le difficoltà sopracitate e malgrado l'azione del Governo nel settore non abbia garantito, ad avviso degli interroganti, interventi finanziari e normativi adeguati e puntuali, il comparto agricolo e agroalimentare è comunque una realtà da primato a livello internazionale perché dispone di risorse imprenditoriali e capacità professionali altissime capaci di produrre un valore aggiunto per il nostro sistema economico nazionale;
risulta pertanto necessaria una forte iniziativa del Parlamento e del Governo per accompagnare la straordinaria capacità produttiva di questo comparto e di quello ittico, che rivestono per l'economia nazionale un valore rilevante sia sotto il profilo quantitativo sia soprattutto perché danno concretezza e rafforzano il patrimonio di qualità del made in Italy nel mondo;

questa consapevolezza, largamente condivisa, richiede misure urgenti ed incisive da parte del Parlamento e del Governo mirate a sostenere la tenuta e la crescita di questi settori produttivi, a tutelare la qualità e la sicurezza alimentare, a garantire un equilibrio reale fra costi di produzione e prezzi dei prodotti tali da assicurare margini economici adeguati per le imprese agricole, agro alimentari ed ittiche e, in particolare, ad affrontare le attuali emergenze congiunturali per un vero rilancio delle aziende dei predetti settori,

impegna il Governo:

ad adottare provvedimenti atti a:
a) utilizzare e attivare tutti gli ammortizzatori sociali necessari per governare la crisi delle imprese del settore;
b) mettere a regime le agevolazioni previdenziali e fiscali esistenti a sostegno dei produttori agricoli ed ittici;
c) rifinanziare il Fondo di solidarietà nazionale, al fine di dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura per far fronte ai sempre più frequenti e devastanti cambiamenti climatici;
d) affrontare gli strumenti necessari per realizzare una politica che possa favorire l'accesso al credito degli imprenditori agricoli e del settore ittico sempre più in difficoltà economica, riattivando il credito d'imposta e introducendo misure specifiche a sostegno delle produzioni e della ristrutturazione dei debiti;
e) incentivare e motivare l'ingresso dei giovani nell'imprenditoria del settore e quindi favorire un auspicato ricambio generazionale;
f) promuovere, con adeguati strumenti e aiuti, l'innovazione sia nei processi produttivi che nella valorizzazione dei prodotti nonché delle attrezzature utilizzate dalle imprese agricole, agro alimentari ed ittiche;
g) accelerare il pieno ed efficiente utilizzo degli stanziamenti previsti nel piano irriguo nazionale per il miglioramento delle infrastrutture nonché gli investimenti sostenuti dalle risorse assegnate all'Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa e, a BUONITALIA spa;
h) prevedere aiuti straordinari e mirati al processo di internalizzazione della rete distributiva del settore agricolo e alimentare italiano, affinché esso possa accedere con maggior facilità nei mercati esteri, attraverso anche nuove collaborazioni commerciali;
i) prevedere interventi strutturali che procurino un'inversione di tendenza nel caro-prezzi, che sta mettendo a dura prova i bilanci di molte famiglie e la stabilità di numerosissime aziende, anche introducendo ulteriori interventi a sostegno delle diverse filiere per la commercializzazione;
l) assumere, infine, tutte le necessarie iniziative per attuare le misure a sostegno delle agroenergie, così come previsto dal pacchetto europeo «clima-energia».
(1-00205)
«Delfino, Ruvolo, Cesa, Naro, Compagnon, Tabacci, Poli, Occhiuto, Galletti, Ciccanti».

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
la Costituzione della Repubblica italiana all'articolo 33 recita che «le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato», attribuendo quindi pari valore a tali istituzioni;
la Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella Regioneeuropea, firmata a Lisbona l'11 aprile 1997, ratificata con la legge dell'11 luglio 2002 n. 148,

(Gazzetta Ufficiale 25 luglio 2002), prevede alla Sezione III (Principi di base relativi alla valutazione dei titoli di studio), articolo 4, che ogni Parte firmataria fornisca adeguate e chiare informazioni sul proprio sistema di istruzione, specificando i termini nella Sezione VIII (Informazioni sulla valutazione di istituti e programmi di insegnamento superiore);
la legge quadro 21 dicembre 1999, n. 508 (Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2000) prevede la riforma delle Accademie di Belle Arti, della Accademia Nazionale di Danza, della Accademia Nazionale di Arte Drammatica, degli Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, dei Conservatori di Musica e degli Istituti Musicali Pareggiati, stabilendone i principi all'articolo 2 e definendone le modalità ai commi 7 e 8;
la legge n. 508 del 1999 all'articolo 2 comma 7 lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), stabilisce che, attraverso appositi regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, sentiti il CNAM e le competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti per legge, sono disciplinati:
a) i requisiti di qualificazione didattica, scientifica e artistica delle istituzioni e dei docenti;
b) i requisiti di idoneità delle sedi;
c) le modalità di trasformazione di cui al comma 2;
d) i possibili accorpamenti e fusioni, nonché le modalità di convenzionamento con istituzioni scolastiche e universitarie e con altri soggetti pubblici e privati;
e) le procedure di reclutamento del personale;
f) i criteri generali per l'adozione degli statuti di autonomia e per l'esercizio dell'autonomia regolamentare;
g) le procedure, i tempi e le modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica nel settore;
h) i criteri generali per l'istituzione e l'attivazione dei corsi, ivi compresi quelli di cui all'articolo 4, comma 3, per gli ordinamenti didattici e per la programmazione degli accessi;
i) la valutazione dell'attività delle istituzioni di cui all'articolo 1;
la Legge di cui sopra, stabilisce all'articolo 2, comma 8, lettera j) che le Istituzioni del comparto dell'Alta formazione artistica e musicale (AFAM), effettuino una verifica periodica, mediante l'attività dell'Osservatorio per la valutazione del sistema universitario, del mantenimento da parte di ogni istituzione degli standard e dei requisiti prescritti e che ciò viene ribadito inoltre dal decreto del Presidente della Repubblica dell'8 febbraio 2003 n. 132 articolo 10 comma 1 (Gazzetta Ufficiale 13 giugno 2003) che stabilisce l'istituzione negli Istituti AFAM di appositi nuclei di valutazione i cui compiti fondamentali sono espressi al comma 2 del medesimo articolo;
il decreto del Presidente della Repubblica dell'8 luglio 2005 n. 212 (Gazzetta Ufficiale 18 ottobre 2005), emanato, in particolare, ai sensi dell'articolo 2 comma 7, lettera h) ed il comma 8, prevede all'articolo 3 che le istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale rilascino i seguenti titoli:
a) diploma accademico di primo livello, conseguito al termine del corso di diploma accademico di primo livello; stabilendo al comma 3 che tale corso abbia l'obiettivo di assicurare un'adeguata padronanza di metodi e tecniche artistiche, nonché l'acquisizione di specifiche competenze disciplinari e professionali;
b) diploma accademico di secondo livello, conseguito al termine del corso di diploma accademico di secondo livello; stabilendo al comma 4 che tale corso abbia l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per la

piena padronanza di metodi e tecniche artistiche e per l'acquisizione di competenze professionali elevate;
c) diploma accademico di specializzazione, conseguito al termine del corso di specializzazione; stabilendo al comma 5 che tale corso abbia l'obiettivo di fornire allo studente competenze professionali elevate in ambiti specifici, individuati con il decreto del Ministro di cui all'articolo 6 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica;
d) diploma accademico di formazione alla ricerca conseguito al termine del corso di formazione alla ricerca nel campo corrispondente; stabilendo al comma 6 che tale corso abbia l'obiettivo di fornire le competenze necessarie per la programmazione e la realizzazione di attività di ricerca di alta qualificazione, nonché che il titolo finale è equiparato al dottorato di ricerca universitario;
e) diploma di perfezionamento o master, conseguito al termine del corso di perfezionamento; stabilendo al comma 7 che tale corso o master risponda ad esigenze culturali di approfondimento in determinati settori di studio o ad esigenze di aggiornamento o di riqualificazione professionale e di educazione permanente;
al comma 2 del medesimo articolo 3 il decreto del Presidente della Repubblica stabilisce che i titoli conseguiti al termine dei corsi dello stesso livello, nell'ambito della stessa scuola, abbiano identico valore legale;
il decreto del Presidente della Repubblica di cui sopra definisce, all'articolo 5 comma 2, il dipartimento come struttura di coordinamento delle attività didattiche, di ricerca e di produzione artistica delle scuole ad esso afferenti;
il medesimo decreto del Presidente della Repubblica all'articolo 5 comma 4 stabilisce che, fino a quando non verrà emanato il regolamento previsto dalla Legge n. 508 del 1999, articolo 2 comma 7, lettera h), tutti i corsi di II livello presenti nelle istituzioni AFAM assumeranno unicamente carattere sperimentale;
all'articolo 6, comma 3, stabilisce altresì che i decreti ministeriali determinino, per ciascuna scuola, la frazione dell'impegno orario complessivo che deve essere riservata allo studio personale, alle attività di laboratorio o ad altre attività formative di tipo individuale. Gli stessi decreti assegnano di norma, rispetto all'impegno orario complessivo di un singolo CFA (25 ore), il 30 per cento alle lezioni teoriche, il 50 per cento alle attività teorico-pratiche ed il 100 per cento alle attività di laboratorio;
il decreto ministeriale del 27 aprile 2006 prot. n. 141, recante definizione dei settori artistici-scientifico disciplinari, declaratorie e campi paradigmatici delle Accademie di Belle Arti, è stato annullato dalla Sentenza del TAR Lazio sez. III quater, in data 17 gennaio 2007 «per la violazione dell'articolo 5 del C.C.N.L. 16 febbraio 2005, del decreto legislativo n. 165/01 e della legge n. 508/99 per eccesso di potere; violazione articolo 97 Cost. il Ministro ha omesso del tutto la necessaria fase di concertazione con i sindacati»;
il decreto-legge n. 180 del 2008 all'articolo 3-quinquies, stabilisce che attraverso appositi decreti ministeriali da emanarsi in attuazione dell'articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, sono determinati gli obiettivi formativi e i settori artistico-disciplinari entro i quali l'autonomia delle istituzioni individua gli insegnamenti da attivare;
il decreto del Presidente della Repubblica del 28 febbraio 2003, n. 132 (Gazzetta Ufficiale 13 giugno 2003 n. 135) all'articolo 2 stabilisce che, il Direttore degli Istituti AFAM è eletto unicamente «dai docenti dell'istituzione, nonché dagli assistenti, dagli accompagnatori al pianoforte e dai pianisti accompagnatori, tra i docenti, anche di altre istituzioni, in possesso di particolari requisiti di comprovata professionalità»;

il decreto ministeriale del 16 Settembre 2005 n. 236 (Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2005) all'articolo 3, comma 1, stabilisce che, il CNAM debba essere composto da trentaquattro membri, di cui ventisei eletti in rappresentanza del personale docente e non docente e degli studenti, sei designati dal Ministro e due dal CUN. I componenti sono nominati con decreto del Ministro, durano in carica tre anni e non possono essere riconfermati. Mentre il comma 2 dello stesso articolo, stabilisce i criteri sulla provenienza delle rappresentanze di cui sopra richiamato l'ordine del giorno 9/1966/31 approvato dal Governo in sede di conversione in legge del decreto-legge 180/08;
la suddetta legge n. 508 del 1999 è una legge cornice che, definiti i principi, all'articolo 2, commi 7 e 8, ne demanda l'attuazione a regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
ad oggi, dopo quasi dieci anni dalla sua approvazione, è urgente definire tutta la regolamentazione nel suo complesso per attuare la riforma AFAM;
ci si trova nell'emergenza di dover ricorrere, in via del tutto straordinaria, ad una norma primaria per legittimare l'istituzione dei settori artistico-disciplinari per poter dare sostanza all'autonomia delle istituzioni già sancita dalla legge e in tal modo consentire che queste possano finalmente mettere ad ordinamento le sperimentazioni dei trienni di primo livello;
tenuto conto del parere reso all'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal Consiglio di Stato, nell'adunanza del 17 maggio 2004, allo schema di «regolamentone», poi estrapolato nella sola parte riferita agli ordinamenti didattici, oggi decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212:
il legislatore ha sancito di istituire un nuovo settore di istruzione superiore artistica, di pari livello e dignità, ma distinto e diverso dalle università;
attraverso i regolamenti attuativi si deve procedere a delineare il sistema dell'alta formazione artistica e musicale;
occorre emanare la decretazione necessaria per la messa ad ordinamento del sistema (corsi di primo e secondo livello, specializzazione, master, dottorati di ricerca);
si deve altresì tenere conto nella composizione dei decreti sia di quanto è avvenuto per l'università con la legge 19 novembre 1990, n. 341, sia dei decreti del Presidente della Repubblica emanati per il comparto AFAM (citati decreti n. 132 del 2003 e n. 212 del 2005);
dare autonomia alle istituzioni significa comunque delineare gli spazi entro cui tale autonomia si debba e possa esercitare;
occorre far riferimento a quanto stabilito all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005» secondo il quale i decreti ministeriali, adottati in attuazione dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, determina, oltre agli obiettivi formativi di ciascun corso, anche i settori artistico-disciplinari nei quali vengono raggruppati gli insegnamenti che ciascuna istituzione attiva, in analogia con i criteri stabiliti per l'università dalla citata legge n. 341 del 1990, previo parere del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale;
ferma restando la quota del 60 per cento di crediti formativi necessari per ciascun corso in corrispondenza dei suddetti settori come previsto dall'articolo 9, comma 1, le altre attività didattiche dovranno essere definite in autonomia dalle istituzioni secondo le diverse tipologie previste dal medesimo articolo del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005,

impegna il Governo:

a provvedere immediatamente alla piena attuazione della legge quadro del 21 dicembre 1999 n. 508 affinché le Istituzioni

AFAM rilascino Diplomi di Laurea di I e II livello, Laurea Magistrale (ciclo unico) prendendo come riferimento il decreto ministeriale 22 ottobre del 1994 n. 270 (Gazzetta Ufficiale 12 novembre 2004) e prevedendo che, in analogia con quanto previsto all'articolo 13, comma 7, del citato decreto ministeriale n. 270 del 2004, la qualifica di dottore magistrale competa altresì a coloro i quali hanno conseguito il diploma accademico secondo gli ordinamenti didattici previgenti;
a far sì che i decreti ministeriali, adottati in attuazione dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, determinino, oltre agli obiettivi formativi di ciascun corso, anche i settori artistico-disciplinari nei quali vengono raggruppati gli insegnamenti che ciascuna istituzione attiva, in analogia con i criteri stabiliti per l'università dalla citata legge n. 341 del 1990, previo parere del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, prevedendo che, ferma restando la quota del 60 per cento di crediti formativi necessari per ciascun corso in corrispondenza dei suddetti settori come previsto dall'articolo 9, comma 1, le altre attività didattiche siano definite in autonomia dalle istituzioni secondo le diverse tipologie previste dal medesimo articolo del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005;
a istituire il Consiglio Nazionale degli Studenti del Comparto A.F.A.M. (CNSAM), in analogia a quanto già attuato per gli Atenei universitari con l'Istituzione del C.N.S.U. in rappresentanza degli studenti universitari (Legge del 15 marzo 1997 n. 59 articolo 20 comma 8);
a ridefinire lo status giuridico - e/o economico - della docenza in analogia al sistema universitario con la medesima articolazione in fasce;
a stanziare risorse adeguate per il funzionamento e la valorizzazione degli Istituti AFAM, così da soddisfare le esigenze degli ordinamenti riformati, provvedendo ad istituire nel bilancio del Ministero dell'Università, in analogia con quanto avviene per l'Università, il Fondo di Finanziamento Ordinario per l'AFAM, dotato degli opportuni stanziamenti e prevedendo ulteriori forme di finanziamento per la ricerca, per la nuova edilizia, eccetera.
(7-00189)
«Siragusa, Ghizzoni, De Pasquale, Pes, De Torre, Zazzera».

La XI Commissione,
premesso che:
a decorrere dal 1o gennaio 1987, l'INPS è subentrato all'ex Consorzio autonomo del Porto di Genova (oggi Autorità portuale) nei compiti relativi all'erogazione dei trattamenti previdenziali integrativi speciali, previsti a favore del personale, dello stesso ex Consorzio e, dunque, dell'attuale Autorità;
il richiamato trattamento pensionistico del personale dell'Autorità portuale è frutto del combinato disposto dell'articolo 23 della legge n. 84 del 1994 e dell'articolo 13 della legge n. 26 del 1987, sulla cui base tale trattamento è confluito in un apposito Fondo previdenziale presso l'INPS, che è, quindi, subentrata dal 1999 nella gestione previdenziale in questione, provvedendo - sulla base delle comunicazioni ricevute dall'Autorità portuale di Genova - alla liquidazione e al pagamento dei trattamenti pensionistici (pagamento ormai operativo - sulla base della comunicazione degli importi da parte dell'ex Consorzio - a decorrere dal marzo 1990) e assicurando una sostanziale continuità nell'erogazione delle pensioni dei lavoratori ex Consortili che hanno optato per l'anticipato collocamento a riposo;
nel corso degli ultimi mesi, è venuta alla luce la questione del regime dei pagamenti e dell'erogazione di detto speciale trattamento pensionistico integrativo; nei riguardi di un numero significativo di tali lavoratori, infatti, l'INPS ha recentemente avviato pratiche tese al recupero e

alla restituzione di parte degli importi pensionistici, corrisposti - in taluni casi - anche da più di un decennio;
in particolare - come è emerso anche da un ciclo di audizioni informali svolte dalla XI Commissione nell'aprile 2009 - a seguito dell'inserimento dei citati trattamenti pensionistici da parte dell'INPS nella procedura informatizzata (avviata a partire dal 2006), sono emersi dubbi su difformi applicazioni della normativa di riferimento per il calcolo delle pensioni ed errori materiali di calcolo;
nonostante i tavoli tecnici sull'argomento siano stati avviati ormai dall'anno 2003, non è ancora possibile dire che, dai diversi soggetti coinvolti (ad ogni livello), provengano notizie collimanti sulla situazione complessiva e sugli stessi dati di calcolo;
si è, quindi, generata una enorme confusione circa la reale entità del fenomeno;
una situazione di particolare complessità interessa, poi, il regime dei pensionati pre e post 1994, considerato che, per circa 200 lavoratori pensionati tra il 1994 e il 1998, l'ex Consorzio - anche al fine di incentivare l'esodo dal lavoro per la ristrutturazione dell'ente - ha riconosciuto, con relativa assunzione di responsabilità, l'indennità di contingenza in misura intera anziché ridotta, e analogo riconoscimento è avvenuto, per i dipendenti andati in quiescenza prima del 1994 (e, ovviamente, non vale per i pensionati post 1998);
nel corso delle audizioni informali richiamate in precedenza, sembra essere emersa la possibilità di risolvere, in sede tecnica, la questione della restituzione delle somme sinora erogate, nel senso che l'istituto erogatore potrebbe anche abbandonare la richiesta di recupero dei relativi indebiti, stante il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, e potrebbe mantenere, per i lavoratori andati in pensione entro il 1998, inalterato il calcolo del trattamento pensionistico e, dunque, non darebbe corso alla ricostituzione delle prestazioni, in virtù delle dichiarazioni ricevute dall'ex Consorzio in relazione al calcolo dell'indennità di contingenza in misura intera;
restano, in ogni caso, forti timori sulla vicenda, a più riprese espressi - anche nella sede delle audizioni informali citate - da parte di lavoratori e pensionati interessati, che lamentano di avere subito una lesione del principio di legittimo affidamento;
per tali ragioni, occorre verificare gli spazi esistenti per evitare, non soltanto che possa essere chiesta la restituzione dei trattamenti già corrisposti, ma anche che possa essere rideterminato in diminuzione il trattamento calcolato da CAP/Autorità Portuale spettante agli aventi diritto,

impegna il Governo:

a) a valutare l'opportunità, per quanto di competenza, di intervenire sull'INPS, al fine di assicurare l'abbandono del recupero dei relativi indebiti nei confronti dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche di cui in premessa, salvo i casi di dolo degli stessi, evitando che essi siano tenuti a ripetere le somme ricevute, in virtù del principio di legittimo affidamento dell'interessato;
b) a verificare la possibile adozione di una specifica misura, eventualmente anche di carattere normativo, che disponga la sanatoria dei calcoli e dei criteri applicativi già effettuati da CAP/Autorità Portuale sino a tutto il 1998, fatti salvi i casi di errori meramente contabili;
c) a invitare l'Autorità Portuale e l'INPS a riesaminare, di comune intesa e sulla base delle indicazioni del Libro bianco, le posizioni relative alle pensioni ricalcolate in diminuzione;
d) ad assumere le iniziative di competenze nei confronti dell'Autorità portuale affinché, in base ad un oggettivo riesame delle motivazioni dell'epoca e ove siano assenti dolo o colpa grave, provvede

ai rilascio delle necessarie certificazioni per permettere all'INPS, sulla base delle suddette certificazioni, di ripristinare il pagamento delle pensioni nell'importo originario rivalutato.
(7-00188)«Paladini, Porcino».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge 15 febbraio 1958, n. 46, all'articolo 12, secondo comma, primo periodo stabilisce che: «La pensione è dovuta anche agli orfani maggiorenni e alle orfani nubili maggiorenni inabili a proficuo lavoro, conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato e nullatenenti»;
il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, all'articolo 34, secondo comma, precisa che: «La pensione reversibile, la tredicesima mensilità e le indennità di accompagnamento, percepite dai ciechi civili ai sensi della legge 27 maggio 1970, n. 382, sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche»;
la giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato che la pensione di reversibilità ad orfano maggiorenne inabile «ha funzione assistenziale»;
si assiste, invece, alla tassazione alla fonte per tutte le cosiddette «pensioni» di reversibilità erogate a favore degli inabili con la sola inspiegabile eccezione degli orfani inabili non vedenti, i quali godono, in ogni caso, dell'indennità di accompagno non soggetta a tassazione ed erogata al fine di alleviare la loro non autosufficienza, con, in ultima analisi, il mancato rispetto del principio di uguaglianza da parte del legislatore verso soggetti da considerarsi in posizione perfettamente identica ai non vedenti;
ad avviso dell'interrogante, per rimuovere tale incomprensibile ed ingiustificabile disparità, non sembra necessaria un'attività legislativa, ma sarebbe sufficiente una circolare esplicativa, su iniziativa della Presidenza del Consiglio dei ministri, così come è stato fatto per esentare dall'IRPEF le rendite da infortunio e malattie professionali -:
quali iniziative intendano adottare per rimuovere il contrasto con il principio di uguaglianza, il cui ambito di applicazione è rappresentato dall'omogeneità delle situazioni, e per riconoscere a tutti gli orfani maggiorenni inabili già conviventi ed a carico dei loro genitori l'esenzione dall'IRPEF delle pensioni di reversibilità di cui sono titolari.
(3-00583)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione repubblicana si impegna, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma secondo, a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
la stessa Costituzione prevede all'articolo 16 che «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi

parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche»;
ed ancora l'articolo 41 della Costituzione, al comma secondo, avverte che l'iniziativa economica privata «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;
la situazione dei trasporti, in particolare di quelli ferroviari e marittimi, in cui versa Messina e comprensorio appare allarmante e con segnali di evidente degrado;
tale risultato è senz'altro frutto della politica messa in atto dalle Ferrovie dello Stato, inequivocabilmente incentrata sul progressivo smantellamento del servizio, con inevitabili ricadute sull'utenza, sul personale impiegato e, più in generale, sulle esigenze di mobilità dei cittadini;
la dismissione di una nave per il trasporto nello stretto di Messina a far data dal 15 giugno 2009 è indice della politica adottata, che ha prodotto immediati disagi agli utenti del servizio di lunga percorrenza sia per il settore passeggeri che per quello destinato al trasporto merci;
oltretutto gli effetti deleteri sopra delineati investono direttamente il personale impiegato nel settore sia marittimo che ferroviario, con ricadute negative sotto il profilo occupazionale per l'intero comparto;
desta notevole preoccupazione, anche e soprattutto alla luce dei recenti tragici accadimenti di Viareggio, la constatazione che la stazione di Messina, situata nel cuore del centro cittadino, risulterebbe impiegata in modo anomalo quale snodo cruciale per il transito di merci provenienti dai poli del petrolchimico di Gela e Priolo;
dalla lettura di quanto riportato all'interno di un articolo del noto quotidiano Gazzetta del Sud del 2 luglio 2009, si colgono segnali di forte e manifesta preoccupazione sulle modalità operative del suddetto trasporto che interessano in specie la stazione ferroviaria di Messina centrale;
il quadro delineato dal puntuale intervento a cura delle rappresentanze della Cisl, della Federazioni trasporti e dei responsabili del settore ferrovie della Fit-Cisl, e, prima che sconfortante, di una gravità assoluta anche in considerazione del quotidiano e rilevante numero di passeggeri che usufruiscono dei mezzi ferroviari e dei servizi presenti in stazione;
si apprende, tra l'altro, di binari e scali privi di adeguata manutenzione, sui quali permarrebbero per un periodo di tempo cospicuo, da 24 sino a 48 ore, numerosi carri-cisterne all'interno dei quali sarebbero contenute merci pericolose come gas di petrolio liquefatto, acido solforico, propilene ed in ogni caso agenti infiammabili e chimici di forte impatto e pericolosità ambientale;
tale allarmante situazione sarebbe agevolata dalla scriteriata ed imponente riduzione dei lavoratori addetti alle attività di manovra e di traghettamento, con conseguente permanenza dei convogli in prossimità della stazione, nella lunga attesa di una nave per il traghettamento;
a ciò si aggiunga la precarietà dei binari utilizzati quali improprio ricovero dei suddetti mezzi, che infatti risultano tout court interdetti al transito per vetustà o altrimenti utilizzabili a velocità moderatissima di circa 10 km/h;
peraltro tale situazione, ormai limite, permane da diverso tempo se è vero che diversi episodi, fortunatamente risolti in breve tempo senza danni, si sarebbero comunque verificati nel corso degli anni 2006 e 2007, richiedendo il pronto intervento delle unità locali dei Vigili del fuoco -:
di quali dati disponga il Governo in merito alla situazione generale della stazione di Messina riguardante il trasporto,

i servizi e la prospettiva occupazionale, sia sotto il profilo del trasporto su rotaia che su nave, con espresso riferimento all'adeguata manutenzione delle opere e dei mezzi a ciò preposti;
quali dati siano disponibili in ordine ai tempi di percorrenza stimati per il traghettamento tra la sponda siciliana e quella calabrese e se essi risultino adeguati per consentire un ordinato e regolare traffico di persone e merci, anche in considerazione dell'incremento delle stesso dovuto al periodo estivo;
se il Governo abbia contezza delle modalità di permanenza dei convogli-cisterne, contenti materiale esplosivo e/o pericoloso per l'incolumità pubblica, nei pressi della suddetta stazione ferroviaria e quali misure e/o protocolli di sicurezza siano in atto;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire la normale operatività delle attività e dei servizi effettuati nella stazione di Messina, senza alcun nocumento e/o esposizione al maggior rischio di incolumità personale per tutti gli utenti ed il personale operante in loco.
(4-03449)

ZAMPARUTTI, MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
Luana Zanaga, poliziotta di 39 anni di Rovigo, nell'ottobre 2008, ha dichiarato pubblicamente di essere omosessuale;
a seguito del coming out Luana Zanaga è stata convocata da una commissione di disciplina che ha stabilito una punizione con una sospensione dalle sue mansioni di poliziotta «fino a sei mesi»;
di ritorno dal Gay Pride nazionale di Genova, svoltosi sabato 27 giugno 2009, Luana Zanaga ha trovato una lettera del questore di Rovigo dove sembra evidente la decisione di destituirla dal servizio;
il questore Savina nega che nel provvedimento contro la poliziotta si parli di licenziamento ma precisa che, con questo atto formale, si è avviata la pratica che le contesta gli addebiti; tra gli altri, quello che la indica come pericolosa per avere, nel maggio scorso, fatto dichiarazioni al settimanale L'Espresso nell'articolo «Agente gay a rapporto»;
il funzionario incaricato di seguire il caso per conto del Questore parla invece apertamente di destituzione dell'incarico;
secondo quanto riportato dal Settimanale L'Espresso in edicola venerdì 3 luglio, «l'agente gay diceva di vivere in un ambiente omofobico, di aver subito il mobbing e di essere stata sottoposta a vessazioni. Come successe anni fa, quando la costrinsero ad andare dal medico per attestarne l'idoneità visto che era omosessuale. "Mi chiedevano se stavo bene con la mia omosessualità e io rispondevo che stavo benissimo", accennava nell'articolo. Per il capo della Questura di Padova queste accuse sono fortemente denigratorie e portano discredito alla Polizia. Nessun cenno invece, nella lettera, agli altri giornali, riviste e tv che hanno riferito della poliziotta. O alla solidarietà manifestatale dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Pubblicazioni uscite nello stesso periodo e anche successivamente»;
peraltro nello stesso articolo ci si interroga anche del perché nessun provvedimento disciplinare è stato preso nei confronti dei due colleghi poliziotti che scrissero a Laura Zanaga che doveva «bruciare in un lager»;
esistono delle direttive europee e raccomandazioni del Parlamento europeo contro ogni forma di discriminazione delle persone anche in base al loro orientamento sessuale nei luoghi di lavoro;
episodi simili espongono l'Italia a iniziative legali anche in ambito internazionale;
non sembra agli interroganti che tra le competenze dei questori vi sia anche

quella di decidere se un agente debba essere eterosessuale per svolgere bene il suo dovere;
è urgente porre fine a situazioni di tal genere così da recuperare l'arretratezza italiana in tema di lotta alle discriminazioni -:
se le informazioni riportate in premessa corrispondono al vero;
quali iniziative il Governo intenda assumere affinché fatti così gravi ed evidentemente discriminatori non abbiano più a ripetersi;
come intenda il Governo rispettare le direttive europee e le raccomandazioni del Parlamento europeo contro ogni forma di discriminazione delle persone anche in base al loro orientamento sessuale nei luoghi di lavoro affinché episodi simili non espongano più l'Italia a iniziative legali anche in ambito internazionale;
se il giudizio di pericolosità rivolto alla poliziotta è da rapportarsi al suo orientamento sessuale o alle sue dichiarazioni alla stampa riguardo le vessazioni e le violenze subite;
se il Governo sia a conoscenza di quanto accade ai gay pride di molti Paesi democratici, tra questi l'Australia, la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna e Stati Uniti dove poliziotti gay manifestano e invitano i cittadini a entrare loro stessi nelle forze dell'ordine.
(4-03461)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 2003, n. 84, prevede che la pubblicità di autovetture debba contenere i valori relativi al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni di CO2 dei veicoli cui si riferisce. Tali dati devono essere «di facile lettura e con la stessa evidenza rispetto alle informazioni principali fornite nel materiale promozionale» ed «essere facilmente comprensibili anche ad una lettura superficiale»;
il 2 luglio 2009 nell'ambito di una manifestazione svoltasi a Roma in piazza Venezia, alcuni attivisti per la salvaguardia dell'ambiente dell'Associazione Terra! hanno messo in opera una grande installazione nel prato antistante l'Altare della Patria per denunciare le pubblicità illegali delle auto;
sulla base di una nuova ricerca sulle pubblicità illegali delle auto, nell'ambito della campagna per l'efficienza energetica delle automobili, risulta che il 91 per cento delle pubblicità analizzate sarebbe non conforme alla legislazione vigente; nei materiali promozionali «non si riporta alcuna informazione sulle emissioni di CO2 o le si riporta in forma scarsamente visibile»; in particolare, su un campione di 492 inserzioni pubblicitarie esaminate in Italia, «solo il 9 per cento può essere considerato conforme alla normativa», riportando in maniera corretta le informazioni sui consumi e sulle emissioni di CO2 dei veicoli reclamizzati; il 5,68 per cento delle pubblicità analizzate non riporta alcuna informazione su emissioni e consumi, mentre la stragrande maggioranza, l'85,6 per cento, le riporta in dimensioni ben lontano dall'essere di facile lettura o della stessa evidenza rispetto alle informazioni principali fornite nel materiale;
in Italia, le emissioni di gas serra sono aumentate del 7,1 per cento, con il dato preoccupante rappresentato proprio dai trasporti su strada, responsabili di quasi il 70 per cento dell'aumento di emissioni di gas a effetto serra tra il 1990 e il 2007;
sempre il 2 luglio 2009 a seguito del rapporto «Pubblicità & Regresso», realizzato

nel maggio 2008 dagli Amici della Terra/Italia, sul mancato rispetto delle norme europee sulla pubblicità delle auto e sull'informazione al consumatore (direttiva 1999/94/CE recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 2003, n. 84), la Commissione europea ha inviato una lettera di costituzione in mora contro il nostro Paese per infrazione ai sensi dell'articolo 226 del Trattato;
nella precedente interrogazione 4-00996 si faceva presente che l'Italia, insieme ad altre sei nazioni europee, era oggetto di verifica da parte della Commissione europea per la non corretta applicazione della direttiva 1999/94/CE relativa all'obbligo di informazione ai consumatori su consumi di carburante ed emissioni di CO2 nella pubblicità delle auto e si chiedeva al Ministro quali misure intendesse prendere per assicurare il rispetto della direttiva 1999/94/CE sulla corretta comunicazione al consumatore dell'efficienza energetica dei modelli di auto oggetto di inserzione pubblicitaria -:
se siano veri i dati sopra riportati e come il Ministro intenda garantire ai cittadini una corretta informazione nel settore automobilistico per un consumo più responsabile nell'ambito di una politica che promuova l'efficienza energetica in questo come in altri settori.
(5-01599)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI, MARIANI e BRATTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2009 il deragliamento di un treno merci nella stazione di Viareggio (Lucca) ha provocato la fuoruscita e il conseguente scoppio di un carro-cisterna che trasportava GPL;
il grave incidente ferroviario ha causato ingenti danni alle strutture e alle abitazioni del quartiere circostante, causando la morte di 18 persone, tra residenti e passanti;
solo una settimana prima, nell'importante tratto ferroviario Bologna-Firenze, tra le stazioni di Vaiano e di Prato, un altro carro-cisterna, contenente acido cloridrico, è sviato dai binari, senza provocare vittime, comportando però danni all'infrastruttura e pesanti ritardi e cancellazioni su tutta la rete ferroviaria italiana. A questo vanno poi aggiunti altri tre incidenti gravi recentemente occorsi tra treni merci: il 19 maggio 2009 a Sesto Calende, il 3 giugno 2008 ad Ancona; il 17 luglio 2007 a Lecco;
tali accadimenti pongono all'attenzione del Parlamento e del Governo il problema della sicurezza nel trasporto ferroviario, con particolare riferimento al trasporto di merci e sostanze pericolose;
attraverso il decreto legislativo n. 334 del 1999 l'Italia ha recepito la direttiva comunitaria 96/82/CE, detta Direttiva Seveso 2, concernente il controllo dei rischi da incidente rilevante che coinvolgano sostanze pericolose;
l'articolo 4, comma 1, lettere c), d) e g) del decreto legislativo n. 334 del 1999 esclude esplicitamente dal campo di applicazione del decreto quelli che sono i maggiori rischi per la popolazione, ovvero:
il trasporto di sostanze pericolose e il deposito temporaneo intermedio su strada, per idrovia interna e marittima o per via aerea;
il trasporto di sostanze pericolose in condotta, comprese le stazioni di pompaggio, al di fuori degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 1;
il trasporto di sostanze pericolose per ferrovia, nonché le soste tecniche temporanee intermedie, dall'accettazione alla riconsegna delle merci e le operazioni di composizione e scomposizione dei treni condotte negli scali di smistamento ferroviario, ad eccezione degli scali merci terminali di ferrovia di cui al comma 2;

a dieci anni quasi esatti dal recepimento della direttiva Seveso 2 non sono ancora stati emanati alcuni decreti attuativi da parte dei Ministeri competenti, previsti dai seguenti articoli del decreto legislativo n. 334 del 1999:
a) articolo 8, comma 4 (Rapporto di sicurezza) «Con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente, di concerto con i Ministri dell'interno, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza Stato-regioni, sono definiti, secondo le indicazioni dell'allegato II e tenuto conto di quanto già previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 marzo 1989, i criteri, i dati e le informazioni per la redazione del rapporto di sicurezza i criteri per l'adozione di iniziative specifiche in relazione ai diversi tipi di incidenti, nonché i criteri di valutazione del rapporto medesimo; fino all'emanazione di tali decreti valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai decreti ministeriali emanati ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche»;
b) articolo 12, comma 1 (Effetto domino) «In attesa di quanto previsto dall'articolo 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti la regione interessata e il Comitato, in base alle informazioni ricevute dai gestori a norma dell'articolo 6 e dell'articolo 8, individua gli stabilimenti tra quelli di cui all'articolo 2, comma 1, per i quali la probabilità o la possibilità o le conseguenze di un incidente rilevante possono essere maggiori a causa del luogo, della vicinanza degli stabilimenti stessi e dell'inventario delle sostanze pericolose presenti in essi»;
c) articolo 13, comma 1 (Aree ad elevata concentrazione di stabilimenti) «In attesa di quanto previsto dall'articolo 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il Ministero dell'Ambiente, sentita la regione interessata e il Comitato: a) individua le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui al comma 2 e sulla base delle informazioni di cui all'articolo 12, comma 2; b) coordina fra tutti i gestori degli stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6 e 8, presenti nell'area, avvalendosi del Comitato: 1) lo scambio delle informazioni necessarie per accertare la natura e l'entità del pericolo globale di incidenti rilevanti ed acquisisce e fornisce ai gestori stessi ogni altra informazione utile ai fini della valutazione dei rischi dell'area, compresi studi di sicurezza relativi agli altri stabilimenti esistenti nell'area in cui sono presenti sostanze pericolose; 2) la predisposizione, da parte dei gestori degli stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6 e 8, anche mediante consorzio, di uno studio di sicurezza integrato dell'area, aggiornato nei tempi e con le modalità di cui all'articolo 8, comma 6; c) predispone, nelle aree di cui alla lettera a), anche sulla base delle indicazioni contenute nello studio di sicurezza integrato di cui al comma 1, lettera b), numero 2), un piano di intervento nel quale sono individuate le misure urgenti atte a ridurre o eliminare i fattori di rischio»;
d) articolo 13, comma 2 (Aree ad elevata concentrazione di stabilimenti) «Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'interno, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti: a) i criteri per l'individuazione e la perimetrazione delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi, nelle quali il possibile effetto domino coinvolga gruppi di stabilimenti; b) le procedure per lo scambio delle informazioni fra i gestori e per la predisposizione e la valutazione dello studio di sicurezza integrato; c) le procedure per la diffusione delle informazioni alla popolazione; d) le linee guida per la predisposizione dei piani d'intervento di cui al comma 1, lettera c)»;
e) articolo 15, comma 1 (Funzioni del Ministero dell'Ambiente) «Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente, di

concerto con i Ministri dell'interno, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, d'intesa con la Conferenza unificata, sono stabilite le norme tecniche di sicurezza per la prevenzione di rischi di incidenti rilevanti, le modalità con le quali il gestore deve procedere all'individuazione di tali rischi, all'adozione delle appropriate misure di sicurezza, all'informazione, all'addestramento e all'equipaggiamento di coloro che lavorano in situ, i criteri di valutazione dei rapporti di sicurezza, i criteri di riferimento per l'adozione di iniziative specifiche in relazione ai diversi tipi di incidente, nonché i criteri per l'individuazione delle modifiche alle attività industriali che possono avere implicazioni per i rischi di incidenti rilevanti; fino all'emanazione di tali decreti valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai decreti ministeriali emanati sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche»;
f) articolo 16, comma 1 (Funzioni d'indirizzo) «Su proposta del Ministero dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'interno, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato sono adottati atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, al fine di stabilire criteri uniformi: a) per l'individuazione dell'effetto domino di cui all'articolo 12; b) per l'individuazione delle aree ad elevata concentrazione di cui all'articolo 13; c) relativi alle misure di controllo di cui all'articolo 25; d) diretti alla semplificazione e allo snellimento dei procedimenti per l'elaborazione dei provvedimenti discendenti dall'istruttoria tecnica di cui all'articolo 21»;
g) articolo 29, comma 2 (Norme di salvaguardia) «Con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie ed ai controlli previsti dal presente decreto» -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario lo studio di adeguati strumenti normativi per applicare, anche ai convogli merci che trasportano sostanze pericolose, le norme previste dal decreto legislativo n. 334 del 1999 per siti e attività di stoccaggio di sostanze nocive e se non ritengano opportuno emanare al più presto i sopraccitati decreti attuativi al fine di garantire la sicurezza ferroviaria.
(4-03447)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

VENTUCCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 14 novembre 2008 l'interrogante ha presentato al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa e al Ministro della giustizia un'interrogazione a risposta scritta riguardante la costruzione di un sottopasso adiacente all'Aeroporto di Ciampino;
in data 6 aprile 2009 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha risposto a suddetto atto di sindacato ispettivo evidenziando che la soluzione del problema prospettato sarebbe intervenuta solo dopo il trasferimento amministrativo dell'Aeroporto in questione con un decreto interministeriale a cura del Ministero della difesa;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella citata risposta, prevedeva che già dal 2008 si sarebbero avviati i lavori per procedere all'eventuale formalizzazione degli atti tecnici volti al passaggio del bene demaniale militare di cui trattasi al «demanio aeronautico civile»;
nella risposta fornita all'interrogante nell'aprile 2009, circa il progetto per la costruzione di una complanare alla via dei Laghi da parte del comune sul quale insiste la suddetta strada provinciale, si

afferma testualmente che «non risulta pervenuto né si è al corrente di alcuna attività del comune di Ciampino in relazione a quanto sollevato nel presente atto ispettivo»;
tutte le condizioni di pericolo già indicate nelle premesse alla precedente interrogazione n. 4-01639, risultano a tutt'oggi insistere ancora sul tratto della strada provinciale n. 217 «Via dei Laghi» che costeggia la cinta aeroportuale all'altezza della testata sud della pista di atterraggio e decollo;
le condizioni di intenso traffico sulla strada provinciale medesima risultano invariate ed anzi, nei mesi estivi, i flussi di traffico veicolare risultano notevolmente in aumento considerata la direttrice del Lago di Albano;
negli stessi mesi risulta altresì in notevole aumento anche il traffico aereo in partenza ed arrivo dallo scalo aeroportuale di Ciampino -:
quali siano i motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione, di competenza attualmente del Ministero della difesa, alla complanare progettata dal comune di Ciampino che, comunque, eviterebbe una eventuale possibile catastrofe.
(4-03454)

GREGORIO FONTANA e ROMELE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 1o luglio 2009 il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha disposto l'interruzione del servizio di vigilanza della motovedetta che, partendo da Sulzano (Brescia), pattugliava l'intera superficie del lago d'Iseo e monitorava tutta l'area del Sebino;
la decisione di sospendere il servizio di vigilanza dei Carabinieri sul Lago d'Iseo appare inopportuna, in quanto tale provvedimento viene assunto in piena stagione turistica, periodo nel quale sono importantissimi i controlli della navigazione e quelli ambientali;
i Carabinieri, nello svolgimento del suddetto servizio, controllavano la velocità dei motoscafi, identificavano le imbarcazioni, verificavano la regolarità dei libretti di circolazione e si occupavano anche di scarichi fognari, reati ambientali, provvedendo inoltre al controllo delle spiagge, al contrasto dell'abusivismo edilizio e alla prevenzione dei furti nei porti;
il servizio è stato interrotto nel pieno della stagione turistica lasciando senza controlli le varie manifestazioni estive (gare, regate e feste), facendo venir meno la sicurezza di chi frequenta l'area del Sebino;
l'interruzione del servizio di motovedetta contrasta con la richiesta di potenziamento del servizio di vigilanza, già da più parti precedentemente avanzata, in quanto l'ampia superficie del lago d'Iseo, costituita da 62 chilometri quadrati ed il continuo proliferare d'imbarcazioni a motore (oltre 2.500 ogni anno), richiederebbero l'aumento d'imbarcazioni destinate al controllo di quest'area, e la messa a disposizione di barche più moderne e attrezzature più consone alle attuali esigenze di sicurezza -:
se non ritenga necessario esaminare la questione al fine di valutare il ripristino del servizio di vigilanza dei Carabinieri effettuato attraverso l'utilizzo della motovedetta;
se, in attesa degli opportuni approfondimenti, sia possibile disporre una proroga immediata del suddetto servizio di vigilanza almeno fino alla fine del mese di settembre.
(4-03455)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente di un'Associazione non a scopo di lucro di Verona, con riferimento

alla destinazione del 5 per mille da parte dei contribuenti in favore delle associazioni di volontariato e altri beneficiari fa presente quanto segue: l'Agenzia delle entrate ha effettuato l'accreditamento delle somme dovute all'Associazione relative alla dichiarazione dei redditi per il 2005 (Mod. 730-1 e CUD 2006); per il 2006 (Mod. 730-1 e CUD 2007) l'Agenzia delle entrate ha notificato la somma (che non è stata a tutt'oggi accreditata); per il 2007 (Mod. 730-1 e CUD 2008) l'Agenzia delle entrate non ha notificato nulla);
il mancato accredito di quanto spettante rende impossibile il perseguimento dei fini a carattere sociale rivolti agli anziani di cui si occupa l'Associazione -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
quali iniziative intenda adottare affinché si proceda rapidamente alla liquidazione e all'accredito delle somme dovute successivamente al 2005.
(4-03446)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la pianta organica dei Giudici di Pace di Civitavecchia, la cui sede è sita in Via dei Colli, è costituita da otto Giudici e sedici Cancellieri, ma in realtà ne risultano in servizio soltanto sei e che per giunta uno di questi verrà trasferito a settembre presso la procura della Repubblica di Civitavecchia, provocando ulteriori squilibri e disagi nella organizzazione del lavoro dei giudici e crescente e diffuso malcontento tra gli avvocati e i cittadini, per le notifiche redatte in pochi giorni, ma consegnate perfino dopo alcuni mesi e che questa gestione, che all'interrogante appare disordinata e inefficace, offre ai cittadini un'immagine negativa della Giustizia;
questo disorganico andamento deve poi sommarsi a quello che si registra ormai da anni presso il tribunale e presso la procura della Repubblica di Civitavecchia, con sede in Via Terme di Traiano, che hanno più volte sottolineato al Ministero l'insufficienza di personale, che danneggia seriamente l'iniziativa dei magistrati, costretti ad operare con mezzi inadeguati in una giurisdizione ampia e all'interno della quale operano, come è noto, un aeroporto intercontinentale, un porto dal quale transitano mediamente non meno di due milioni di passeggeri l'anno, centrali elettriche ed altre attività produttive, con la inevitabile espansione dei reati che richiedono la pronta iniziativa giudiziaria;
più volte queste acute necessità sono state presentate al Ministero e sono state anche trattate in Parlamento, senza che alle riconosciute giuste esigenze sia poi seguita una coerente correzione delle disfunzioni e un doveroso accoglimento dei condivisi bisogni -:
se sia in preparazione o già pronto un piano organico per affrontare senza ulteriori dilazioni e rinvii, come avvenuto purtroppo in passato, le prioritarie esigenze dei giudici di pace, dei tribunali e delle procure, qualificando le condizioni di lavoro del personale impegnato nell'attività giudiziaria salvaguardando il ruolo che la magistratura deve avere di fronte ai cittadini, nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione;
se all'interno di questo progetto generale, le lamentate riconosciute necessità dei giudici di pace, del tribunale e della procura di Civitavecchia, potranno finalmente trovare accoglimento ed entro quali tempi sarà possibile registrare l'atteso miglioramento funzionale di queste fondamentali strutture dell'amministrazione giudiziaria.
(3-00584)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Ordine degli ingegneri di Roma, la sede della categoria più importante d'Italia, ha un problema dovuto alla cattiva informazione fornita al Ministro della giustizia, Angelino Alfano. Tale problema è stato molto bene rappresentato dall'avvocato Pellegrino in un'intervista riportata sul Venerdì di Repubblica, in data 15 maggio 2009;
nel 2005 vennero indette le elezioni all'Ordine degli ingegneri di Roma. Tali elezioni vennero contestate tempestivamente presso il Consiglio nazionale degli ingegneri mediante un reclamo;
il reclamo venne accettato con decisione n. 4 del 2007 dal Consiglio nazionale degli ingegneri; su 10 irregolarità commesse in fase elettorale, e successivamente denunciate, ne vennero riconosciute 6;
per questo motivo il Consiglio nazionale degli ingegneri trasmise la decisione al Ministero della giustizia, che di rimando chiese al Consiglio nazionale degli ingegneri di individuare una terna tra cui scegliere il Commissario;
come noto la terna è normalmente composta da ex Presidenti di Ordini di province viciniori, per rispettare la terzietà; infatti vennero scelti dal Consiglio nazionale degli ingegneri l'ex presidente dell'Ordine di Frosinone, l'ex presidente dell'ordine di Terni ed il presidente della Federazione regionale degli ingegneri della Toscana;
il Ministero, malgrado i fatti sopra esposti, non procedeva alla nomina del Commissario. Nel frattempo si erano già pronunciati contro le elezioni del 2005 tenutesi all'Ordine di Roma oltre al Consiglio nazionale degli ingegneri anche l'Avvocatura dello Stato, il Tribunale amministrativo regionale, la Corte di Cassazione ed infine il Consiglio di Stato;
a seguito di una richiesta di ottemperanza a precedenti sentenze, con sentenza 2173/09, il Consiglio di Stato si è pronunciato nominando addirittura un commissario ad acta che si sostituisse al Ministero per la nomina del Commissario straordinario dell'Ordine di Roma, solo nel caso che il Ministero avesse procrastinato la nomina del Commissario; quindi il Ministro Alfano ha proceduto alla nomina del Commissario nella persona dell'ingegner Sergio Senni;
con tale nomina il Ministro Alfano ha disatteso la consolidata prassi, seguita per tutte le categorie professionali da sempre;
infatti, la nomina è ricaduta su un ingegnere: che è di Roma; che, a quanto consta all'interrogante, non ha mai avuto esperienza di amministrazione dell'istituzione professionale; che è stato rinviato a giudizio per lesioni colpose gravi; che è stato presidente della commissione elettorale delle elezioni annullate dalla magistratura;
per essere chiari, gli ingegneri che partecipano a questa tornata elettorale per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine hanno paura che possano venire effettuate altre gravi irregolarità. Infatti, il Commissario non intende adottare misure di sicurezza adottate in altre fasi elettorali -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di garantire che le elezioni dell'Ordine avvengano in un quadro di trasparenza e di pieno rispetto delle regole.
(4-03448)

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Signor Bruno Falzea vive a Grosseto dal 1988; con i suoi risparmi, che aveva racimolato con immensi sacrifici, e con il modesto aiuto economico ricevuto dai genitori, aveva pensato fosse utile acquistare una casa. Tale acquisto rappresentava

per lui la realizzazione di un sogno che avrebbe potuto permettergli anche di formarsi una famiglia;
si trattava di complessivi 16 alloggi, sui quali il comune, la regione, il Ministero avrebbero dovuto controllare e garantire il buon esito di tutte le procedure a tutela degli acquirenti. Per la realizzazione di detti alloggi vi era un finanziamento del Fondo di Ristabilimento del Consiglio d'Europa;
chi acquistava un alloggio aveva la possibilità di accollarsi una quota di mutuo agevolato (riconosciuta a tutti coloro che come Bruno possedevano i requisiti soggettivi e cioè non essere proprietari di altre case, non superare certi limiti di reddito eccetera) poiché finanziato con contributi Statali. Inoltre veniva stipulata, tra comune ed impresa, una Convenzione per la concessione in diritto di superficie;
ciò significava che l'alloggio veniva assegnato al signor Falzea (ed a tutti gli altri promissari acquirenti) per un periodo limitato a 99 anni;
la società costruttrice (Biemme Costruzioni di Bardi & Milani) avrebbe dovuto, su incarico datole dal comune, trasferire la proprietà degli alloggi nel mese di febbraio 1993, ma ritardava, a quel che pare all'interrogante senza validi motivi, l'ultimazione dei lavori, al mese di dicembre 1993 e nonostante ciò non provvedeva comunque alla stipula dei contratti di compravendita;
a questo punto l'interessato si insospettiva e si documentava in merito (essendo un tecnico del Catasto). Veniva così a sapere, tra l'altro che:
il prezzo pagato per acquistare l'alloggio era stato alterato dal comune, e quindi richiesto dall'impresa, di circa 20 milioni di lire in più rispetto a quello corretto;
non avrebbe dovuto pagare in anticipo la somma di lire 55.000.000 pretesa dalla Biemme Costruzioni, in quanto riguardava la quota del mutuo agevolato del quale lui aveva diritto di accollo e pertanto da pagarsi alla Banca dopo la stipula del contratto di compravendita;
la Biemme Costruzioni avrebbe dovuto rilasciargli una fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia di tutti i pagamenti che effettuava, e questa fideiussione doveva essere inviata al comune per valutarne la congruità e la corrispondenza alla Convenzione;
alcuni locali, da destinarsi ad uso condominiale, erano stati sottratti all'utilizzo degli alloggi posti al piano primo (come quello da assegnare all'interessato) per essere venduti a coloro che acquistavano gli alloggi posti al secondo piano;
la persona interessata cercò di convincere i costruttori a trasferirgli la proprietà dell'alloggio ed a restituirgli la somma che avevano preteso in conto mutuo, ma tutto ciò risultò inutile;
non rimaneva altro che intraprendere azione legale che iniziava nel mese di luglio 1994;
dopo un anno dall'inizio della causa civile sono stati prodotti nuovi conteggi con i quali hanno sempre di più gonfiato il prezzo da lire 122.000.000, stabilito nel preliminare, fino a lire 165.000.000 ed il comune, coinvolto dalla Biemme, con il rilascio di certificazioni (palesemente artefatte) attestanti la superficie, il prezzo a metro quadro e quindi il prezzo complessivo dell'alloggio, ha difeso a spada tratta le illegittime pretese dell'impresa edile;
per questo modesto alloggio popolare, il signor Falzea si è limitato alla sola causa civile, tuttora pendente in Corte d'Appello a Firenze. Fa presente che sono stati impiegati sette giudici, quattro consulenti tecnici d'ufficio e due consulenti contabili d'ufficio, in particolare:
dopo nove anni, al Consiglio di Stato, come componente del Collegio, era presente il giudice Carlo Deodato che inizialmente si era occupato, fino al 1998, della causa civile all'epoca pendente presso il Tribunale di Grosseto, e per tale

motivo avrebbe dovuto astenersi. Invece ha contribuito a che il Consiglio di Stato emettesse una sentenza contraria all'interessato;
dopo undici anni si è ritrovato, in Corte d'Appello a Firenze, il giudice Giulio De Simone che ha dovuto ricusare (in seguito a ciò è giunta comunicazione ufficiale che questo giudice per l'udienza, che avrebbe dovuto presiedere il prossimo otto maggio, sarà sostituito da altro giudice in quanto lui ha chiesto un periodo di congedo ordinario) poiché in primo grado, sempre nel 1998, quando la causa era pendente presso il Tribunale di Grosseto, aveva presieduto un Collegio che si era pronunciato negativamente in merito ad un reclamo presentato dall'interessato;
infine l'ex pubblico ministero Vincenzo Pedone - che si era occupato dei vari esposti, denunce e querele presentati da Bruno alla Procura della Repubblica di Grosseto, tutte automaticamente archiviate - diventato giudice del Tribunale della stessa città, ha sostituito due colleghi in cause riguardanti Bruno -:
se intenda assumere le opportune iniziative ispettive con riferimento ai tempi e allo svolgimento della citata vicenda giudiziaria anche al fine della promozione dell'azione disciplinare.
(4-03457)

GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, LARATTA, MARCHI, ANDREA ORLANDO e PICCOLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel mese di marzo del 2008 nel corso delle udienze del dibattimento d'appello divenuto noto come Spartacus I l'avvocato Michele Santonastaso leggeva una luna istanza di rimessione del processo per conto di due suoi assistiti, ritenuti vertici del clan camorristico cosiddetto dei casalesi e cioè Bidognetti Francesco e Iovine Antonio, quest'ultimo da anni latitante;
fin dai primi commenti della stampa si comprese che nell'istanza di rimessione, irritualmente letta in aula in quanto destinata alla Corte di Cassazione, erano contenute gravi accuse calunniose e minacce a magistrati della Dda di Napoli e pure minacce erano dirette contro lo scrittore Roberto Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione;
nei giorni scorsi la stampa ha dato notizia che le procure di Roma e Napoli hanno depositato gli atti, ex articolo 415-bis del codice di procedura penale, contestando all'avvocato Santonastaso in concorso con i due boss dei casalesi i delitti di minacce, calunnia e diffamazione aggravati dalla finalità di favorire il clan camorristico in esame in danno dei magistrati, di Saviano e della Capacchione;
non si riesce a comprendere come sia stato possibile all'avvocato Santonastaso a leggere nel corso di un dibattimento, in presenza anche possibile di numerosi altri avvocati, imputati e pubblico, un documento di tale portata -:
se risulti al Ministro che il competente ordine professionale abbia adottato misure disciplinari anche interlocutorie nei confronti dell'avvocato in questione per il suo comportamento, oggi qualificato come una grave ipotesi delittuosa.
(4-03459)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'assegnazione a colonia agricola o a casa lavoro è un provvedimento contemplato fra le misure di sicurezza personali detentive ed è di regola applicato nei confronti di delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articoli da 215 a 218 del codice penale);
atteso che le misure di sicurezza detentive non sono collegate alla colpevolezza ma alla presunzione di pericolosità sociale, capita che molti individui entrino nel circuito delle stesse per un anno e poi rimangano intrappolati in carcere per un

periodo di 8-10 e più anni; periodo che in teoria può essere prolungato all'infinito dal magistrato di sorveglianza attraverso il perverso meccanismo della proroga; per questi motivi la dottrina parla in proposito di «frode delle etichette», in quanto la misura di sicurezza detentiva nel nostro ordinamento si è trasformata in una vera e propria variante nominalistica della pena, ridotta a strumento per aggirare i principi di garanzia propri di quest'ultima (principio di legalità in relazione alla durata della pena, principio di colpevolezza e principio di irretroattività); senza considerare che, nel corso del tempo, le misure di sicurezza detentive hanno acquistato, nella sostanza, i connotati del carcere a tempo indeterminato: da qui il termine «ergastolo bianco» usato per definire informalmente, ma in modo incisivo, la misura della casa di lavoro;
ed invero, nonostante uno dei presupposti per la sottoposizione alla misura di sicurezza sia da ricondurre alla circostanza che il soggetto abbia commesso un «fatto preveduto dalla legge come reato» (ma nei casi espressamente previsti dalla legge è applicabile anche in assenza di reato), la misura di sicurezza non è diretta conseguenza del reato essendo disposta con un provvedimento sostanzialmente amministrativo assunto dal magistrato di sorveglianza dopo che la pena è stata interamente espiata e spesso quando il soggetto è da tempo in libertà, completamente integrato nella società e nel lavoro;
la preesistenza del reato, quindi, è piuttosto la base su cui il magistrato di sorveglianza fonda, anche con procedimento d'ufficio e con assoluto potere discrezionale, il giudizio di pericolosità sociale della persona da internare, sicché spesso le misure di sicurezza si affiancano, seguendola, alla pena (che però è definita nella durata per i limiti imposti dal principio di legalità) come un'ulteriore pena a tempo indeterminato; in pratica, chi era stato privato della libertà personale a titolo di pena, una volta aver terminato di scontarla, entra in un altro stabilimento penitenziario con la stessa fisionomia ma a titolo di misura di sicurezza, senza peraltro alcuna certezza sul periodo di permanenza, essendo la durata correlata alla valutazione del magistrato di sorveglianza sulla sussistenza della pericolosità sociale dell'internato;
peraltro la misura di sicurezza, non essendo una pena, non dovrebbe essere eseguita in carcere, sicché l'internato non dovrebbe essere sottoposto al medesimo regime penitenziario previsto per i detenuti definitivamente condannati o in custodia cautelare, seppure la riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975 estenda tendenzialmente all'internato - cioè a colui che sta scontando una misura di sicurezza detentiva - la disciplina prevista per l'esecuzione della pena detentiva;
ad oggi invece nella pratica attuazione non è dato scorgere alcuna distinzione tra internato e detenuto quanto a trattamento, basti pensare al fatto che le case di lavoro in Italia risultano essere quattro, e nonostante la legge preveda che a tale scopo debbano essere adibiti istituti appositi, soltanto Saliceta San Giuliano, a Modena, è destinato esclusivamente a casa di lavoro; per il resto si tratta di sezioni all'interno delle carceri: ed invero nel supercarcere di Sulmona, dove si tengono reclusi i detenuti sottoposti al regime dell'alta sorveglianza, vi sono anche gli internati alla casa di lavoro; a Castelfranco Emilia (Modena) gli internati sono rinchiusi all'interno di una casa di reclusione e nel carcere di Favignana gli stessi passeggiano, lavorano, condividono gli spazi comuni con tutti gli altri detenuti e persino con persone condannate alla pena dell'ergastolo;
negli istituti di pena le attività lavorative a cui sono adibiti gli internati consistono per lo più in mansioni di pulizia e servizi interni al carcere, ossia in un lavoro discontinuo di poche ore a turnazione; essendo queste le condizioni, non si può certo dire che esista un «programma di rieducazione al lavoro», ed anzi è qualsiasi tipo di trattamento ad essere assolutamente assente per centinaia di

internati, visto e considerato che spesso negli uffici di sorveglianza non ci sono magistrati a sufficienza in grado di sovrintendere con continuità alla previsione ed attuazione di un programma trattamentale;
gli interroganti hanno potuto personalmente constatare come la casa di lavoro di Sulmona non rispetti il compito di offrire una formazione lavorativa agli internati, violando con ciò tutte le norme sulle regole minime per il trattamento dei detenuti previste dalla nostra Carta costituzionale e dalle regole penitenziarie europee;
pur essendo il tema della riforma della giustizia e delle carceri al centro del dibattito politico, la questione delle case di lavoro continua ad essere ignorata da tutti, sicché occorre richiamare alle proprie responsabilità - anche su questo fronte - i soggetti che sovrintendono al funzionamento delle carceri;
ad avviso degli interroganti non può ritenersi conforme alla normativa vigente il fatto che, nella pratica attuazione, la sottoposizione a casa di lavoro, all'interno degli istituti di pena italiani, non si differenzi dalla detenzione ordinaria -:
se non intenda provvedere alla immediata chiusura della casa di lavoro di Sulmona e di Favignana, o quanto meno, prendere le opportune iniziative per rivedere la loro organizzazione e funzionalità, considerata, allo stato, l'inefficacia risocializzante delle misure di sicurezza personali detentive a cui sono sottoposti gli internati;
quali misure amministrative intenda assumere, per quanto di competenza, in tempi immediati, al fine di affrontare le condizioni di insostenibile degrado, di repressiva carcerazione nonché di abbandono civile ed etico, cui sono sottoposti gli internati ristretti negli istituti penitenziari;
quali siano gli intendimenti del Governo ai fini di una piena considerazione dei problemi esposti in premessa e, conseguentemente, quali indirizzi giuridici e legislativi intenda assumere, in coordinamento con le diverse responsabilità e con i soggetti istituzionali interessati, sul fronte della riforma delle modalità e dei meccanismi applicativi ed esecutivi delle misure di sicurezza detentive.
(4-03460)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, ZAMPARUTTI e MECACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Corriere di Siena, nella sua edizione del 14 giugno 2009 ha pubblicato la denuncia-sfogo del signor Gianni Grilli, intitolata «Disabile? La pedana del bus non funziona»;
nell'intervento si può leggere: «Sono un disabile, affetto da una grave patologia invalidante che mi costringe su sedia a rotelle, vi porto a conoscenza di un cronico disservizio che ormai va avanti da anni ma che ancora non ha trovato una giusta sistemazione. Lunedì 8 giugno mi reco alla fermata dell'autobus di via Dante per andare in centro a sbrigare delle commissioni, attendo l'autobus n. 9 delle 10,30, esso arriva ed è predisposto con la pedana per disabili, ma l'autista non sa come si usa e nemmeno ci si prova, preferiva prendermi su di peso prima di fare un tentativo, ma io l'ho ringraziato della sua gentilezza e non ho accettato. Allora attendo il n. 5 delle 10,45: questo purtroppo non ha la pedana per disabili e intanto 20 minuti persi di tempo utile, dopo di che sono andato alla fermata di via Colombini per attendere il n. 10 delle 10.55 ma anche con questo bus niente da fare, è senza pedana, attendo nuovamente altri 15 minuti e arriva il n. 5 delle 11,10 con la pedana, ma al solito l'autista non la sa usare e mi aiuta a mano a salire

sull'autobus per poi aiutarmi nuovamente alla discesa di piazza del Sale, sono le ore 11.30. Un'ora esatta da via Dante a piazza del Sale, nemmeno in un mercoledì super congestionato del mercato ci vuole tanto tempo. Riesco a svolgere una sola commissione per mancanza di tempo. Mi reco alla fermata di via Tozzi per prendere il n. 9 delle ore 11.50 per tornare a casa. Fortunatamente ha la pedana. Cortesemente chiedo all'autista di tirarla fuori: ha tentato ben 10 volte ma non è riuscito, causa il malfunzionamento del meccanismo che si bloccava e non usciva nella seconda parte dell'operazione, ed allora come al solito sono stato preso di peso, salito a mano e risceso a destinazione. Altra avventura, la posso solo chiamare così, è nuovamente capitata giovedì, quando mi reco alla fermata di via Dante e arriva l'autobus n. 9 delle ore 16.30. Ha la pedana ma come al solito l'autista non la sa usare e mi dice che è guasta, e come al solito sono salito a mano e sceso a mano a via Tozzi. Alle 18.15 mi reco alla fermata di piazza Gramsci per prendere l'autobus n. 10 delle 18.25, ma non arriva e sono già le 18.45; dopo qualche istante chiedo all'autista del n. 9 di tirare fuori la pedana. Lui mi risponde che quel bus non dispone dell'elevatore. E io: guardi la pedana c'è perché esiste il posto riservato ed attrezzato all'interno. A questo punto l'autista mi dice che «sta per arrivare il n. 10, prendi quello!!!, perché io ora non posso fare marcia indietro per accostarmi al marciapiede con tutta questa gente nel mezzo della strada». Arrabbiato e frustrato per il trattamento subito attendo il n. 10 delle 18.55. Sono le 19.10 e non arriva. Alle 19.15 arriva il n. 9 e accosta al marciapiede, come al solito chiedo all'autista di tirare giù la pedana e puntualmente dice: questo autobus non ha la pedana, allora mi arrabbio, e replica: «Non la so manovrare!!!». Si sale a mano, dopo di che, l'autista non convinto chiama un collega per vedere di azionare la pedana, alla fine la pedana esce solo di qualche centimetro e si blocca e di conseguenza l'autobus per sicurezze varie si blocca, il tutto per una decina di minuti prima che si riesca a far rientrare dentro l'alloggiamento la pedana. Finalmente si parte e si riscende a mano con le scuse per tutto quello che è capitato, con il risultato che sono arrivato a casa alle 19,45: totale: un'ora e 45 minuti, situazione non tollerabile. Per tutto ciò che ho scritto mi sembra grave che in una città come Siena che si sente «grande» e svetta nei primi posti delle classifiche sulla vivibilità e qualità dei servizi, pecchi su un servizio utile ed essenziale per la mobilità delle persone disabili e non solo. Basti pensare a una mamma con un passeggino per bambino, ad una persona anziana che ha difficoltà a salire, ad una persona con le stampelle. Oltretutto faccio notare l'umiliazione di sentirsi dire davanti a tutti: «io non ti posso far salire perché non sono capace di manovrare la pedana» che poi è un accessorio di quell'autobus come può essere qualsiasi altro comando, e rimanere lì, o sotto un sole infuocato, o sotto la pioggia, o peggio ancora, sotto la tramontana, e perdere tempo prezioso. Questa secondo me è veramente una barriera mentale, peggiore di quelle architettoniche, e tutto ciò per la mancanza di rispetto, per la totale indifferenza verso una svantaggiata categoria di utenza»;
a quanto sopra descritto e denunciato, appare agli interroganti inqualificabile, avvilente;
occorre evitare che episodi di tal genere possano continuare a ripetersi;
con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) è stato istituito, presso il Ministero dei trasporti, il Fondo per la promozione e il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di 113 milioni di euro per l'anno 2008, di 130 milioni di euro per l'anno 2009 e di 110 milioni di euro per l'anno 2010;
le risorse del Fondo sono destinate alle finalità di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che prevede, tra l'altro, che i fondi in questione possano essere destinati «per

l'acquisto di autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale»;
le risorse vengono distribuite sulla base di criteri definiti con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
nel decreto ministeriale 16 febbraio 2009, avente ad oggetto «Criteri per la presentazione e selezione dei progetti per interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa finalizzati alla promozione e al sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale» in premessa si dà conto del fatto che il Ministro ha «valutato altresì opportuno creare una graduatoria di interventi da ammettere a contributo che sia valida anche per eventuali successivi rifinanziamenti al fine di semplificare le procedure istruttorie per l'utilizzo immediato delle risorse disponibili» -:
se, posta l'esistenza di una graduatoria, non ritenga opportuno il Ministro considerare a titolo preferenziale quei progetti che assicurino che i mezzi utilizzati siano accessibili ai diversamente abili e prevedano altresì un'adeguata formazione degli operatori al fine di assicurare la piena fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e porre fine a situazioni incresciose come quella ricordata in premessa.
(4-03450)

BOBBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 2003 si costituisce un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI), tra la mandataria AnsaldoBreda e la Corifer, la Ferrosud, la Firema, e la Keller, che nell'agosto dello stesso anno stipula un contratto con Trenitalia, del valore di 303 milioni di euro, avente la finalità di ristrutturare e revisionare, in maniera ordinaria, 901 carrozze di varia tipologia per treni intercity;
in particolare la Corifer è un consorzio che riunisce quattro importanti società italiane, tra le quali la Magliola Antonio e figli di Santhià, operante nel vercellese;
il contratto inizialmente prevedeva la riconsegna da parte di RTI di numero 2 treni al mese, formati da 2 carrozze di prima classe, 1 carrozza speciale e 7 carrozze di seconda classe;
nel 2004, a seguito dell'introduzione di nuove e importanti varianti, l'importo è passato a 327 milioni di euro e contestualmente il numero dei treni da riconsegnare si è abbassato da 2 a 1,5 al mese;
la ripartizione dell'importo del contratto con Trenitalia, è divisa all'interno di RTI, attribuendo il 38,70 per cento a AnsaldoBreda, il 38,52 per cento a Corifer, il 10,44 per cento a Ferrosud, l'8,51 per cento a Firema e il 3,83 per cento a Keller, con conseguente ripartizione delle carrozze e delle loro peculiarità, mentre la progettazione è tutta a carico di AnsaldoBreda e la fornitura degli impianti è realizzata sia dalla stessa AnsaldoBreda, sia da Firema;
nel 2004 le carrozze vengono introdotte negli stabilimenti per le attività di cui al contratto stipulato e dall'inizio del 2006 vengono riconsegnati i primi treni;
la ristrutturazione e la revisione, pur dovendo essere questa ordinaria, hanno comportato notevoli difficoltà, in quanto lo stato delle carrozze presentava depredamenti e vetustà, oggetto normalmente di una revisione straordinaria, i quali hanno implicato il ricorrere a lavori occasionali su quasi tutte le carrozze;
gli adeguamenti normativi e le continue richieste di Trenitalia hanno prodotto l'introduzione di numerose varianti, per un importo maggiorato di 4,5 milioni di euro, mai riconosciuto né corrisposto dalla stessa Trenitalia;
nell'aprile del 2007, Trenitalia ha ipotizzato la possibilità di ridurre drasticamente le carrozze, dalle 901 iniziali a 450,

tuttavia a seguito dei conteggi richiesti a RTI per chiudere la commessa, ha ritenuto opportuno di mantenere in essere il contratto così come originariamente stipulato;
a maggio 2008 Trenitalia ha proposto a RTI di modificare la composizione dei treni, con l'intento di realizzare convogli «push-pull», riducendo le carrozze da 901 a 692, ma introducendo 78 carrozze semipilota di origine Z1, per un totale di 770 carrozze, componendo quindi 77 treni da 10 carrozze cadauno e confermando la volontà di proseguire pressoché integralmente la esecuzione del contratto;
seppur il numero complessivo delle carrozze risultava diminuito di 131 unità, tuttavia il valore assoluto del contratto rimaneva invariato per effetto del maggior valore unitario delle carrozze tipo semipilota;
con lettera del 3 novembre 2008, Trenitalia comunicava a RTI il recesso del contratto di ristrutturazione e revisione delle 901 carrozze per treni intercity, motivando la decisione per sopravvenute mutate esigenze di Trenitalia stessa e per inefficienza della climatizzazione dei convogli «nei momenti di maggiore necessità»;
RTI ha sempre rispettato la tempistica del contratto, riconsegnando 1,5 treni al mese;
alla stessa data del 3 novembre 2008, RTI aveva provveduto a riconsegnare 312 carrozze ed il recesso si intenderà effettivo alla consegna della carrozza numero 450;
se la causa predominante del blocco della commessa fosse stata effettivamente determinata da vizi o gravi difetti del prodotto, ciò avrebbe dato luogo alla risoluzione del contratto con effetti immediati e non al recesso con effetti temporali incerti e indeterminati;
le officine di Magliola Antonio e figli di Santhià occupano 180 dipendenti direttamente e si avvalgono di circa altri 100 lavoratori nell'indotto;
il recesso di Trenitalia pregiudicherà in termini produttivi e occupazionali tutte le aziende facenti parte del gruppo RTI e in particolare si prevede il licenziamento di circa 120 dipendenti della Magliola di Santhià e di un'altra ottantina dell'indotto;
per il triennio 2009-2011 si prevede una riduzione generale di circa due milioni di ore di lavoro presso tutti gli stabilimenti interessati;
l'azienda Magliola di Santhià per far fronte all'adempimento del contratto si era adoperata per l'acquisto del materiale atto alla ristrutturazione richiesta (circa 6.000.000 di euro), materiale che rischia di rimanere inutilizzato, incidendo negativamente nel già difficile bilancio della società;
nel Piemonte, in particolare nel Vercellese, la crisi economica ha prodotto, negli ultimi 5 mesi, la chiusura di diverse aziende e la crescita esponenziale della Cassa integrazione, distruggendo la serenità e l'economia di diverse famiglie, il recesso di Trenitalia sarebbe ulteriormente lesivo della già difficile situazione esistente -:
quali iniziative gli interrogati intendano porre in essere al fine di evitare la drastica riduzione del personale dell'azienda Magliola Antonio e figli di Santhià e i relativi effetti sull'indotto occupazionale del vercellese;
quali siano gli intendimenti dei ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, in merito alla decisione assunta da Trenitalia;
se non si ritenga opportuno intervenire presso la stessa azienda Trenitalia, affinché possa riconsiderare la decisione di ridimensionare la commessa di revanping di 901 carrozze per il trasporto passeggeri già affidata al RTI capeggiato dalla mandataria AnsaldoBreda;
quali urgenti misure si intenda adottare per far fronte alle gravi ripercussioni economiche ed occupazionali che la decisione

assunta da Trenitalia sta già producendo nei confronti dei lavoratori impiegati nelle aziende coinvolte;
se si ritenga opportuno, in sede di definizione delle modalità e dei criteri di erogazione delle risorse previste all'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, istitutivo del fondo per gli investimenti del Gruppo delle Ferrovie dello Stato SpA, prevedere una riserva di risorse da destinare al sostegno delle aziende operanti nell'ambito della costruzione e della ristrutturazione di materiale rotabile;
nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 25, comma 2, del suddetto decreto-legge, pari a 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, quale percentuale si intenda riservare - ai sensi e con le procedure previste dalla predetta disposizione - «all'incremento e al miglioramento del materiale rotabile dedicato al trasporto pubblico ferroviario e all'acquisto di nuovo materiale rotabile», nonché «all'acquisto di nuovo acquisto di nuovo materiale rotabile»;
se si ritenga che la decisione adottata da Trenitalia di ridimensionare la citata commessa sia compatibile con le misure di sostegno all'economia e ai redditi da lavoro che il Governo sta adottando al fine di fronteggiare la grave crisi economica congiunturale;
se, in generale, non si ritenga che la realizzazione di un sistema di mobilità pubblico e moderno, più volte enunciata dal Governo in carica, non passi necessariamente attraverso non solo il potenziamento dell'«Alta-velocità», ma anche attraverso l'adozione di politiche tese a promuovere lo sviluppo del trasporto interregionale, nell'ottica dell'efficienza e della qualità del servizio offerto ai cittadini-utenti;
se non si ritenga indispensabile, in questo contesto, l'attivazione di strategie di salvaguardia ambientale idonee ad attenuare l'impatto del trasporto merci su gomma, attraverso un efficace piano di investimenti a favore del trasporto merci ferroviario.
(4-03456)

BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Viterbo moltissimi cittadini, sostenuti da illustri scienziati, cattedratici, personalità delle istituzioni e della società civile, si oppongono alla decisione di realizzare nell'area termale del Bulicame un mega-aeroporto delle dimensioni atte ad accogliere un volume di traffico di vari milioni di passeggeri all'anno; un'opera che appare all'interrogante priva dei requisiti di legge e irrealizzabile alla luce della situazione reale dell'area e dei vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali in essa presenti;
infatti tale opera non ha mai superato né potrebbe mai superare un rigoroso espletamento della Valutazione d'impatto ambientale e della Valutazione ambientale strategica obbligatorie per legge; confligge con precise norme di tutela dei beni pubblici sia nazionali che europee; è in contrasto con le norme ed i vincoli di salvaguardia in vigore nell'area considerata ai sensi della pianificazione territoriale ed urbanistica tanto regionale quanto comunale; provocherebbe la devastazione di rilevanti beni archeologici, naturalistici, paesaggistici, storico-culturali, scientifici, terapeutici ed economici insistenti nell'area; provocherebbe un grave nocumento alla salute, alla sicurezza e alla qualità della vita della popolazione dei quartieri cittadini prossimi all'area; confligge con attuali esigenze di sicurezza militari di rilevanza strategica nazionale; porterebbe al collasso la rete infrastrutturale della mobilità locale; costituirebbe uno sperpero immenso di pubblico denaro; la procedura sin qui seguita per l'individuazione dell'area

consta all'interrogante sia viziata da errori di merito e di metodo (tali per cui un ente locale ha già presentato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio;
in una recente comunicazione agli amministratori locali il comitato dei cittadini che si oppongono all'opera ha elencato i seguenti effetti della realizzazione di un mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo:
1. impatto locale sull'ambiente: devastazione dell'area termale del Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, economico, sociale e simbolico peculiare e insostituibile;
2. impatto sanitario sulla popolazione viterbese: danni alla salute, alla sicurezza, alla qualità della vita;
3. impatto sanitario sulla popolazione dell'Alto Lazio: cumulandosi il mega-aeroporto con le altre servitù già presenti (in particolare il polo energetico Civitavecchia-Montalto) la sinergia dei fattori di inquinamento incrementerà danni, disagi e patologie;
4. impatto sociale su Viterbo: il mega-aeroporto provocherà il collasso delle infrastrutture del trasporto locale (già gravemente insufficienti);
in un recente esposto alla Soprintendenza per i beni archeologici per l'Etruria Meridionale è stato evidenziato che dalla planimetria redatta dal comune di Viterbo recante i vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali presenti nell'area che sarebbe investita dall'opera, risulta che il mega-aeroporto sorgerebbe letteralmente sopra un'area di interesse archeologico con presenza di beni archeologici che la legge tutela;
già lo scorso anno in una lettera al Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008 il comitato dei cittadini che si oppongono all'aeroporto segnalava tra l'altro che «la realizzazione a Viterbo di un mega-aeroporto sarebbe in conflitto con attività ed esigenze di interesse strategico nazionale dell'Aeronautica Militare, come evidenziato da ultimo dal "Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile"» in un recente documento diffuso il 2 agosto 2008 in cui si afferma testualmente «l'incompatibilità tra l'intensa attività di aviazione civile commerciale e la permanenza di un'attività di volo militare importante - quella della Cavalleria dell'Aria - che rende Viterbo tra gli aeroporti militari di primaria importanza strategica (come fissato da un recente decreto)» e come già precedentemente puntualmente segnalato nella seduta del Consiglio comunale di Viterbo del 25 luglio 2008;
fondi pubblici da utilizzare per un'opera che l'interrogante considera nociva e distruttiva, quando Viterbo e l'Alto Lazio hanno bisogno di ben altri interventi della mano pubblica potrebbero ben essere diretti a queste necessità e particolarmente ad un forte sostegno a difesa e valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dell'agricoltura di qualità, delle peculiari risorse locali; e per quanto concerne la mobilità un forte sostegno al trasporto ferroviario (riaprendo la linea Civitavecchia-Capranica-Orte; potenziando la linea Viterbo-Orte; potenziando la linea Viterbo-Capranica-Roma);
l'opera è tuttora priva di adeguata progettazione, anzi della stessa precisa definizione di collocazione e dimensioni, come ammesso dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo nella parte narrativa dell'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008 in cui si afferma testualmente che «devesi fare presente che a tutt'oggi non si conoscono né la lunghezza della pista che potrebbe arrivare a superare i 3.000 metri, né il suo orientamento»; peraltro il già citato «Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile» ha rilevato «l'impossibilità oggettiva dimostrata dagli studi del nostro centro - di allungare la pista di almeno altri due chilometri mantenendone l'orientamento e, tanto meno, di smantellare l'attuale per

costruirne altra come sostenuto da ambienti dell'assessorato al volo - disassata di 10 gradi verso nord o sud»;
l'opera confligge con il Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia, come riconosciuto dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo con l'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008;
l'opera è priva di fondamentali verifiche e di fondamentali requisiti previsti dalla legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica, Valutazione d'impatto sulla salute;
peraltro la stessa compagnia aerea Ryan Air - che nelle dichiarazioni dei proponenti l'opera avrebbe dovuto essere il soggetto imprenditoriale maggior fruitore della nuova struttura aeroportuale - ha esplicitamente dichiarato di non intendere affatto trasferire la sua attività nell'eventuale scalo viterbese (cfr. intervista trasmessa dalla Rai il 27 aprile 2008 nell'ambito del programma «Report») -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda assumere il Governo per impedire che i rilevanti beni naturalistici, culturali, terapeutici ed economici dell'area termale del Bulicame siano devastati, e che la salute e la sicurezza dei cittadini di Viterbo siano aggredite da un'opera aeroportuale che appare all'interrogante priva dei requisiti previsti dalla legge, la cui realizzazione costituirebbe un utilizzo non produttivo di pubbliche risorse ed un danno per la comunità locale posta la difformità dalle norme e dai vincoli di salvaguardia vigenti.
(4-03458)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

MARCHIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il G8, a presidenza italiana, che si svolgerà dall'8 al 10 luglio 2009, all'Aquila, dal quale sono attese indicazioni importanti sulle grandi questioni mondiali, è certamente un evento che onora il nostro Paese;
per la sicurezza del summit saranno impegnati, secondo quanto si apprende dalle notizie di stampa, non meno di 15.000 uomini, fra esercito, polizia e carabinieri;
non si conosce, se non parzialmente, da quali sedi, con quali criteri e modalità avverranno i trasferimenti di questo personale. Richieste dell'interrogante in tal senso al Dipartimento di pubblica sicurezza, all'Arma dei carabinieri, allo Stato maggiore dell'esercito, non hanno avuto alcun riscontro;
per quanto riguarda alcune città della Romagna, risulta all'interrogante che la Prefettura di Rimini invierà al G8, 14 unità per 20 giorni; a Pesaro sono state richieste 10 unità e 8 a Forlì;
se si calcola che a luglio Rimini conterà circa 600.000 mila presenze turistiche a fronte di una popolazione residente di circa 150 mila abitanti, la richiesta di distaccare 14 unità dalle forze dell'ordine di Rimini pare ignorare le aumentate necessità di garantire una città sicura all'arrivo dei turisti; considerando che gran parte del turismo della riviera è un turismo familiare, che richiede particolari attenzioni e garanzie di sicurezza, nonostante il prodigarsi delle Forze dell'ordine, sono in crescita fisiologica, ogni anno, in coincidenza con i periodi estivi, fenomeni di microcriminalità, che vanno combattuti anche con un'adeguata prevenzione e con una presenza visibile delle Forze dell'ordine;
il depauperamento delle forze dell'ordine mette a rischio il mantenimento della sicurezza in città, mentre i rinforzi attesi - sono annunciate 85 unità -, necessari da subito, arriveranno solo dopo la metà

di luglio e saranno quindi concretamente operativi non prima di agosto, quando già si attende un milione di presenze turistiche; risultano, tra l'altro, ancora chiusi e in attesa dei decreti che ne consentano l'apertura, i due presidi estivi di Bellaria e Riccione, riferimenti importanti per la riviera nei periodi di maggiore affollamento, ma la cui funzionalità per l'estate 2009 pare a questo punto compromessa -:
se non ritenga questi comportamenti incompatibili con le molte affermazioni sulla centralità della sicurezza dei cittadini, di cui il Governo si è fatto portatore e se non ritenga urgente e prioritaria l'apertura dei presidi di polizia di Riccione e di Bellaria.
(3-00581)

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MORO e OLIVERIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto direttoriale del 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 24 del 27 marzo 1998, è stato indetto un concorso riservato all'assunzione di 184 vigili del fuoco, con riserva del 25 per cento dei posti ai vigili volontari in servizio presso gli appositi distaccamenti e ai vigili iscritti nei quadri del personale volontario, che alla data di scadenza del bando avessero prestato servizio per non meno di sessanta giorni;
dopo una lunga e rigorosa selezione sono risultate idonee, tra gli oltre 100.000 candidati, poco più di 5.000 persone;
una volta provveduto all'assunzione dei vincitori del concorso e di altre 600 persone ricomprese tra quelle risultate idonee, si sono avute garanzie che anche gli altri idonei non vincitori sarebbero stati assunti, al fine di fronteggiare la drammatica carenza di organico che affligge il corpo nazionale dei vigili del fuoco;
nonostante l'estinzione numerica della graduatoria, mediante assunzione, del concorso del 1988 procedesse assai a rilento, l'amministrazione ha provveduto, tramite decreto direttoriale del 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 92 del 20 novembre 2001, a bandire un nuovo concorso riservato ai cosiddetti vigili del fuoco discontinui, quelli, cioè, che hanno operato per un determinato numero di giorni in servizio temporaneo;
nel periodo successivo la situazione è andata ancor più peggiorando, poiché l'amministrazione, oltre ad attingere da entrambe le graduatorie non rispettando così il grado di anzianità dei bandi di uscita dei concorsi suddetti, ha cominciato anche ad assumere, in quantità nettamente superiore al consentito, il personale volontari in ferma breve (VFB) dell'esercito;
nel 2003 per tagliare le spese della pubblica amministrazione il Governo ha deciso di bloccare le assunzioni garantendo, al contempo lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi del 1998 e del 2000 e una proroga di tre anni al termine di validità degli stessi;
l'annunciato blocco delle assunzioni non ha impedito di bandire, tra il 2004 e il 2005, altri tre concorsi riservati agli ex ausiliari e ai volontari residenti a Pantelleria, Lipari e Lampedusa;
le assunzioni sono ora suddivise tra le 6 graduatorie attualmente vigenti, tale criterio ha però penalizzato gli idonei del concorso del 1998, visto che nel 2008, sulle 1.396 assunzioni da effettuare, solo 52, meno del 4 per cento, erano ad essi riservate;
il termine di validità della graduatoria del concorso bandito nel 1998 è stato posticipato al 31 dicembre 2009 dall'articolo 5 del decreto-legge n. 207 del 2008 della legge n. 14 del 2009 e il Ministero ha fornito un elenco di 1.200 idonei ancora in attesa; tale cifra risulta però eccessiva e stime ragionevoli inducono a pensare che gli idonei in attesa siano poco più di 600, in ragione soprattutto del lungo periodo di

tempo trascorso, che ha permesso a molti di loro di trovare altre occupazioni -:
se non ritenga di dover intervenire al fine di fronteggiare la carenza di organico che affligge il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in particolare mediante l'estinzione della graduatoria del concorso pubblico indetto nel 1998.
(4-03452)

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 30 giugno 2009 a Verdellino (Bergamo) una donna mentre stava percorrendo la strada al volante di una BMW è stata tamponata da due uomini a bordo di una Volkswagen Golf;
quando la vittima è scesa dall'autovettura, per compilare la modulistica inerente constatazione amichevole dei fatti, le hanno rubato l'auto;
i due uomini, descritti come due stranieri forse di origine nordafricana, sono scappati a tutta velocità l'uno a bordo della BMW, l'altro a bordo della Volkswagen, senza lasciare alla donna altra possibilità, se non dare l'allarme ai carabinieri della centrale operativa dell'Arma di Treviglio (Bergamo);
nella provincia di Bergamo si sono verificati nei mesi scorsi molti altri episodi analoghi, in cui i malviventi hanno simulato incidenti stradali, per poi derubare gli ignari automobilisti, a volte picchiati e altre minacciati con coltelli per costringerli a consegnare soldi e oggetti di valore;
questo tipo di azione criminale, nonostante l'impegno encomiabile delle forze dell'ordine, è divenuta nella bergamasca un fenomeno tristemente diffuso e considerando la difficoltà di identificare i criminali, rischia di allargarsi a macchia d'olio e di essere emulato con facilità -:
se non ritengano opportuno intervenire con urgenza e tempestività, al fine di intraprendere, con i mezzi e le modalità proprie, soprattutto potenziando le strutture delle forze dell'ordine, urgenti iniziative, per porre fine a questi fatti criminosi consentendo così di individuare i responsabili dei furti descritti in premessa e tutelando la sicurezza dei cittadini bergamaschi.
(4-03453)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del combinato disposto dell'articolo 24 e dell'allegato A del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, sono abrogate le disposizioni della legge 24 febbraio 1967, n. 62 e di fatto è eliminata la figura dei lettori di scambio culturale presso gli Atenei italiani;
in seguito a tale previsione normativa ai tanti lettori culturali, senza nessun tipo di preavviso, non è stato confermato l'incarico;
dopo la protesta da parte di varie ambasciate e membri dell'università, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si era impegnato a garantire la prosecuzione dell'attività dei suddetti docenti tramite un apposito intervento normativo, che però ad oggi non è stato ancora avviato;
altresì, non ha portato ad alcuna soluzione concreta l'incontro svoltosi lo scorso 15 maggio 2009 tra quattro ambasciate e i rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
pare opportuno ricordare che il lettore di scambio, oltre ad assicurare l'insegnamento qualificato di lingua e cultura del Paese di origine (ad esempio, per l'ebraico, sloveno, danese, polacco si tratta dell'unico insegnamento in lingua), ha sempre assunto un ruolo molto attivo nella promozione della cultura del suo Paese,

anche attraverso il coordinamento di importanti iniziative, quali convegni, progetti di ricerca, rassegne cinematografiche in lingua originale, seminari in varie discipline, mostre, concerti, coedizioni, traduzioni di autori italiani;
risaputa è, altresì, la stretta relazione che intercorre fra i lettori di scambio e le istituzioni culturali straniere in Italia, come il British Council, l'Istituto Cervantes, il Goethe-Institut, l'Alliance Française e i consolati e le ambasciate presenti sul territorio italiano;
il lettore di scambio ha sempre rappresentato un investimento nei rapporti culturali tra l'Italia e gli altri Paesi, pertanto l'abolizione di tale figura contrasta con la politica di internazionalizzazione che molte università cercano di perseguire;
la scelta di eliminare tale figura potrebbe compromettere la posizione del lettore di scambio italiano, che contribuisce alla diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo;
ad avviso dell'interrogante, l'abolizione della figura del lettore di scambio, determinata da ragioni puramente economiche, va a detrimento dell'apprendimento delle lingue e della cultura straniere da parte degli studenti italiani e rappresenta un'ulteriore azione intrapresa dal Governo, che rischia di intaccare il prestigio dell'università italiana rispetto al contesto internazionale -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire per ripristinare la figura del lettore di scambio.
(3-00582)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i ciechi e gli ipovedenti italiani, costituiscono un universo di circa due milioni di persone con bisogni e necessità crescenti soprattutto in questo periodo di crisi economica del Paese;
molteplici sono le iniziative legislative all'esame del Parlamento, che hanno ad oggetto le necessità di detta categoria di persone, ma si è ancora in attesa di un riscontro sulla loro reale applicazione;
la legge n. 69 del 2000, che stanzia risorse per l'assistenza scolastica ai minorati sensoriali, resta ancora non applicata a causa della mancanza di un regolamento, su cui, a quanto consta all'interrogante, continuano a sussistere difficoltà di copertura finanziaria;
non sono state ancora definite specifiche misure in ordine all'impiego del servizio civile per l'assistenza ai disabili gravi e gravissimi, nonché in materia di equiparazione dell'assistenza fornita dalle associazioni dei disabili più rappresentative alle attività dei patronati;
lo Stato ha concesso, nel corso degli anni, alla Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti diversi contributi, volti tra l'altro a garantire la produzione di libri parlati e di materiali didattici speciali, nonché la riabilitazione; tali contribuiti, non solo hanno perduto il loro potere di acquisto a causa dell'inflazione, ma vengono ulteriormente decurtati di circa un terzo per i tagli della spesa -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare e quali siano le iniziative previste per garantire il recupero dei tagli ai contributi concessi dallo Stato all'Unione italiana dei ciechi e agli altri enti erogatori di servizi per i ciechi e per gli ipovedenti e per assicurare l'adeguata definizione delle iniziative normative citate in premessa.
(3-00585)

GALLETTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede la totale cumulabilità, a

decorrere dal 1o gennaio 2009, tra pensioni dirette di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima e redditi da lavoro autonomo e dipendente;
dal 1o gennaio 2009, per tutte le pensioni di anzianità (con qualsiasi decorrenza) liquidate con il metodo di calcolo retributivo o misto non si dovrà più operare nessuna trattenuta in presenza di qualsiasi tipologia di reddito da lavoro;
l'articolo 19 prevede, inoltre, sempre a decorrere dal 1o gennaio 2009, che saranno totalmente cumulabili con i redditi da lavoro anche le pensioni di vecchiaia liquidate nel sistema contributivo. Per queste pensioni viene però precisato che l'abolizione del divieto di cumulo riguarda i soggetti con: a) almeno 60 anni di età se donna e 65 anni se uomo; b) almeno 40 anni di contribuzione; c) 35 anni di contribuzione congiuntamente alla prevista età anagrafica o al successivo sistema delle quote;
il comma 2 dell'articolo 19 sopprime i commi 21 e 22 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, che stabilivano il regime di cumulo delle pensioni di vecchiaia liquidate con il sistema contributivo, fissando il particolare spartiacque dei 63 anni di età al fine della totale o parziale incumulabilità in presenza di redditi da lavoro dipendente;
la suddetta soppressione ha come conseguenza una lacuna legislativa; non si comprende quale dovrà essere la disciplina di cumulo che andrà applicata nelle altre situazioni di pensione di vecchiaia nel sistema contributivo, ove non sussistono le condizioni di cui sopra (come ad esempio le pensioni degli optanti che hanno mantenuto la salvaguardia dei requisiti al 2007 - almeno 57 anni di età) -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per garantire il superamento della situazione di stallo citata in premessa e causata dall'assenza di disposizioni chiarificatrici, a fronte dell'abolizione del divieto di cumulo che ha contestualmente abrogato la normativa che regolamentava il cumulo delle pensioni liquidate con il sistema contributivo;
se non ritenga opportuno avviare iniziative finalizzate ad estendere la piena cumulabilità anche a quanti sono rimasti nel «limbo del contributo incumulabile».
(3-00586)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DAMIANO, MARCHIONI, VANNUCCI e SBROLLINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la devastante crisi economica che ha colpito la comunità internazionale non cessa di far sentire i suoi drammatici effetti nel nostro Paese;
sempre più imprese e aziende, anche di solida struttura, costrette a misurarsi con gli effetti di tale crisi, non esitano a far ricadere sulle spalle dei lavoratori una gran parte degli effetti della difficile situazione economica;
anche la SCM Group spa, azienda italiana di dimensioni internazionali, leader mondiale nella produzione di macchine per la lavorazione del legno, sta attraversando un periodo critico manifestatosi attraverso una forte riduzione degli ordini;
negli ultimi 10 anni si è espansa e consolidata acquisendo aziende concorrenti: è passata da circa 2.500 dipendenti ai 3.800 di oggi dislocati quasi totalmente in aziende sul territorio nazionale; i bilanci di questo periodo sono eccellenti: oltre 300 milioni di euro di cui 39 milioni e 862 mila al netto delle tasse nel 2007;
l'azienda, la cui sede principale è a Rimini, dispone di distaccamenti produttivi in varie regioni italiane; la situazione di crisi si sta rivelando particolarmente grave presso molti degli stabilimenti facenti

parte della SCM e colpisce le cinque sedi della SCM di Rimini e Verucchio, le aziende Gabbiani e DMC con sede a Verucchio, la Stefani, con sede a Thiene, la Busellato, con sede a Piovene Rocchette e la Morbidelli con sede a Pesaro;
per le sedi SCM di Rimini e Verucchio, comprese le sedi delle due fonderie, è stata avviata una procedura di riorganizzazione aziendale di ingenti dimensioni, con la quale 120 lavoratori della sede di Rimini e 100 della sede di Verucchio sono in cassa integrazione a zero ore, e a rotazione lo sono 370 che lavorano a Rimini e 250 a Verucchio su un totale di 570 dipendenti a Rimini e 395 a Verucchio;
consta all'interrogante che, contemporaneamente, sono stati posti in cassa integrazione a zero ore 100 lavoratori su 400 delle ditte Gabbiani e DMC di Verucchio e 290 in cassa integrazione a rotazione a 8/16 ore;
nelle aziende di Thiene, Piovene Rocchette e Pesaro, che contano 4 stabilimenti e circa 850 dipendenti, è stata avviata una procedura di riorganizzazione aziendale di ingenti dimensioni, con la quale sono stati posti in cassa integrazione ordinaria a zero ore 69 lavoratori su 308 della ditta Stefani, 23 lavoratori su 103 della ditta Busellato e 90 su 305 della Morbidelli, mentre tutti gli altri sono in cassa integrazione per 2 giorni su 5 alla settimana. Inoltre, alla Morbidelli la direzione aziendale ha proceduto anche allo smantellamento di interi reparti con il relativo trasferimento a Rimini;
negli scorsi mesi vi sono stati più incontri tra la dirigenza delle aziende suddette e le organizzazioni sindacali al fine di trovare un punto d'intesa sul piano industriale e sugli ammortizzatori sociali da utilizzare;
tali incontri hanno evidenziato una profonda divergenza tra le due parti, soprattutto in tema di rotazione effettiva dei lavoratori, di maturazione dei ratei contrattuali indiretti (ferie, tredicesima e altro) e di stabilizzazione dei lavoratori a termine;
le organizzazioni sindacali hanno inoltre posto l'accento sulla necessità di venire a conoscenza del piano industriale delle aziende, al fine di comprendere le conseguenze che questo potrebbe avere per il polo produttivo di Rimini-Verucchio, Thiene, Piovene Rocchette e Pesaro; infatti la riduzione dei volumi di produzione si ripercuoterà certamente sull'indotto e sui fornitori delle citate aziende, con il rischio di coinvolgere altri 500 lavoratori del territorio -:
se non ritenga di dover istituire con urgenza un tavolo di lavoro che consenta di intervenire promuovendo un confronto sul progetto industriale per salvaguardare i livelli occupazionali, gli stipendi e le professionalità dei lavoratori di tutti gli stabilimenti interessati.
(5-01600)

Interrogazione a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dall'anno 1973 e fino al 1995 ha operato presso il comune di Ginosa (Taranto) lo stabilimento «Vianini» per la produzione di tubi in cemento armato precompresso e con anima in acciaio conglobata nel calcestruzzo utilizzati per la realizzazione di condotte per schemi idrici;
nel 1995 lo stabilimento veniva chiuso a causa della grave crisi del settore con conseguente posizione in mobilità del personale e relativo completo abbandono della struttura che tuttora versa in stato di assoluto degrado;
nell'aprile 2009 il Tribunale di Taranto - a seguito di una vertenza sindacale intrapresa da Confintesa nel 2000 - ha riconosciuto, sulla base di perizie tecniche affidate a professionisti, la massiccia presenza di amianto, in misura superiore

alla soglia di tolleranza prevista per legge, all'interno dello stabilimento e nei macchinari utilizzati dai dipendenti, con la conseguente affermazione del diritto al risarcimento in favore dei lavoratori provvisti di documentazione (statini di lavorazione, schede personali, eccetera) attestante l'utilizzo dei macchinari da parte degli stessi;
per il resto del personale interessato alle medesime lavorazioni non si era potuto dimostrare l'utilizzo dei macchinari sopracitati poiché la Vianini non era stata in grado di ricostruire la carriera dei dipendenti e le attività da loro svolte in quanto - avendo subito furti ed atti di vandalismo all'interno dello stabilimento - non era più in possesso delle schede personali e/o degli statini di lavorazione inerenti i singoli dipendenti;
allo stato attuale rimangono ferme le perizie giudiziarie dalle quali si evince la massiccia presenza di amianto oltre i limiti di legge, non potendo però attribuirsi l'effettiva e soggettiva esposizione all'amianto dei singoli dipendenti non tutelati dal ricorso di Confintesa a causa della mancanza di documentazione, nonostante siano innumerevoli i casi di personale ammalatosi o deceduto a causa di patologie respiratorie;
all'interrogante pare incomprensibile l'esclusione di parte degli ex lavoratori della Vianini dai benefici cui avrebbero diritto alla luce della conclamata e giudizialmente accertata pericolosità del sito industriale -:
per quale motivo non sia stata applicata la legge n. 257 del 1992 allo stabilimento Vianini di Ginosa;
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alla citata problematica anche alla luce della sentenza del tribunale di Taranto che dichiara inequivocabilmente come il sito industriale ed i processi produttivi siano stati strutturati con l'utilizzo di materiali in amianto al di sopra della soglia prevista dalla legge.
(4-03451)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA, DI GIUSEPPE e ROTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
De Quarto Vincenzo, agricoltore da sempre, nel 1986 acquistò terreni in Agro di Taranto, destinati alla coltivazione della vite;
dopo contatti con l'Istituto sperimentale di viticoltura di Turi (Bari), si convinse ad affidarsi completamente a tale istituto per realizzare una struttura innovativa che gli avrebbe consentito di ottenere prodotti qualitativamente superiore agli standard di mercato. Si decise così di realizzare l'impianto; per la sua valenza innovativa fu presentato anche al Simposium internazionale sulle uve da mensa, tenuto in Bari-Palermo nell'agosto del 1991;
l'impianto sperimentale suddetto consisteva in pali alti quattro metri, sovrastati da una copertura di reti di materiale plastico, con sottosante copertura in plastica, sì da stabilire una intercapedine isolante sotto il profilo termico;
l'installazione dell'impianto fu curata dall'Istituto sperimentale suddetto attraverso suoi impiantisti e lo stesso istituto diede indicazioni precise circa la fornitura delle reti;
nel 1997 l'impianto cominciò a presentare lesioni nelle reti, che progressivamente si accentuarono, fino a distruggere pressoché completamente la copertura;
il signor De Quarto non avendo avuto soddisfazione dall'Istituto sperimentale di viticoltura circa le cause del disfacimento delle reti, attraverso propri tecnici, accertò che le reti fornite dalla ditta Retilplast

(suggerita dall'Istituto sperimentale suddetto) erano di circa 40 centimetri più strette rispetto a quanto concordato;
la causa del disfacimento dell'impianto, secondo quanto certificato da tecnici di fiducia del settore, andava attribuita all'eccessivo tiraggio delle reti, a causa delle dimensioni ridotte rispetto a quelle pattuite, commissionate, ordinate e pagate;
il signor De Quarto si rivolse anche alla procura della Repubblica che, nel febbraio del 1999, archiviò la pratica per prescrizione del reato di frode in commercio;
il signor De Quarto investì nell'esecuzione del progetto sperimentale centinaia di milioni di lire, rivestendo esso importanza internazionale, comprovata dalle frequenti e numerose visite di esperti stranieri, convogliati sul posto dall'Istituto sperimentale;
l'Istituto suddetto che ha curato la progettazione e l'esecuzione del progetto, sembra agli interroganti che abbia omesso l'opportuna scienza e diligenza nell'esecuzione delle opere, che potevano e dovevano essere richieste unicamente all'istituto sperimentale, stante la novità del progetto che il signor De Quarto da solo non sarebbe stato in grado di eseguire;
inoltre all'interrogante risulta che, tra il signor De Quarto e l'Istituto non sia stata posta in essere alcuna convenzione, nonostante la presenza di documentazione che attesta l'esistenza di un rapporto tra le parti, in particolare: la lettera del Ministero delle risorse agricole alimentari e forestali, Istituto sperimentale per la viticoltura Turi (Bari), datata 26 giugno 1995, n. 703 di prot. 7-1, avente ad oggetto la richiesta di utilizzo turno irriguo, in cui il direttore prof. Liuni Carmine comunica che il vigneto del signor De Quarto Antonio è oggetto di sperimentazione da parte dello stesso Istituto; il materiale fotografico fornito dal signor De Quarto e correlato all'articolo «Proposta di una nuova strutturazione per l'allevamento a tendone delle uve da mensa» pubblicato sulla rivista «Simposio internazionale sulle uve da mensa» Bari-Palermo agosto 1991; la rivista «Vignevini», numero 1-2 gennaio-febbraio 1993, in cui l'articolo «Comportamento produttivo di nove cultivar di uve da tavola coltivate in ambiente protetto» illustra il progetto del signor De Quarto nella parte in cui cita una proposta che ha «sintetizzato» le esigenze di ventilazione ed evitato i problemi derivanti dagli eccessi termici. La ricerca inoltre, come si legge nell'articolo, «è confluita nel Progetto Finalizzato sul miglioramento qualitativo delle uve da tavola del M.A.F. ed è stata presentata nel "Simposio internazionale sulle Uve da Mensa" Bari-Palermo, 26-31 agosto 1991»;
il finanziamento pubblico è confermato dalla lettera dell'Istituto sperimentale datata 30 aprile 1994, in cui si afferma che «Nel corso del Progetto Finalizzato "Uve da tavola", sostenuto e finanziato dal Ministero agricoltura e foreste, si evidenziò la necessità di incontrare i tecnici ed i ricercatori di tutte le principali contrade, produttrici di uve da tavola, sparse nel mondo, per un opportuno scambio di idee»;
ad avviso degli interroganti, il signor De Quarto sarebbe «vittima» di un'operazione di prestigio nazionale e internazionale curata dall'Istituto sperimentale, ma pagata esclusivamente, e a caro prezzo, dallo stesso signor De Quarto -:
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative in relazione a quanto riportato in premessa;
se il Ministro, nell'ambito delle attività di propria competenza, non ritenga opportuno adottare iniziative per verificare il corretto operato dell'Istituto sperimentale di viticoltura di Turi (Bari), che, secondo gli interroganti, avrebbe dovuto porre in essere un'apposita convenzione, come previsto dalle disposizioni ministeriali in materia di ricerca e sperimentazione fra pubblico e privato, soprattutto considerando che detto istituto beneficia di finanziamenti pubblici.
(5-01597)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FAVA, TORAZZI, REGUZZONI, ALLASIA, BRIGANDÌ e COMAROLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il fabbisogno di energia elettrica in Sicilia è stato, nel 2008, pari a circa 22,5 Terawattore (TWh) (6,7 per cento del fabbisogno nazionale), di cui poco meno di 3 TWh per perdite di rete (12 per cento) e sempre nello stesso anno la produzione di energia elettrica è stata di circa 25 TWh;
nel 2008 la potenza installata in Sicilia è di circa 7.000 Megawatt (MW), di cui circa 800 MW di eolico e circa 700 MW idroelettrico;
la rete elettrica siciliana è costituita da 1.532 chilometri di rete a 220 kV e soltanto da 245 chilometri di rete a 380 kV (Sorgente-Paternò-Chiaramonte-Priolo). Questo limitato sviluppo della rete elettrica ad alta tensione rende particolarmente delicato l'equilibrio domanda-offerta: l'attuale connessione con la penisola è quasi sempre utilizzata in esportazione per mantenere in sicurezza l'isola;
i progetti di sviluppo della rete ad alta tensione da parte di Terna sono attualmente fermi per mancate autorizzazioni: in particolare il raddoppio della connessione della penisola «Sorgente-Rizziconi» è ancora in procedura VIA, mentre il cosiddetto «anello» (Sorgente-Ciminna, Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Paternò-Priolo) è ancora allo stadio di «concertazione»;
senza la realizzazione dell'anello e del raddoppio della connessione con la penisola, i problemi legati alla sicurezza della rete elettrica non saranno superati e quindi rimarranno elevati i costi per tutto il sistema elettrico italiano. Infatti a causa di questa situazione strutturale i prezzi medi dell'energia elettrica in Sicilia sono risultati nel 2008 decisamente superiori rispetto ai prezzi nell'area Nord (119,63 euro/MWh contro 82,92 euro/MWh) e superiori rispetto al PUN (119,63 euro/MWh contro 86,99 euro/MWh), il cui livello risente dei prezzi siciliani stessi;
la centrale termoelettrica di San Filippo del Mela (provincia di Messina) di proprietà Edipower ha una potenza installata di 1.280 MW (24 per cento della potenza termoelettrica e 18 per cento della potenza complessiva installata in Sicilia) ed ha una produzione netta annua di circa 4/4,5 TWh, contribuendo quindi al 20 per cento della produzione netta siciliana;
il recente parere istruttorio della Commissione IPPC per il rilascio dell'AIA, parere sulla base del quale sarà rilasciato il decreto AIA da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, imporrebbe ai gruppi produttivi della centrale il raggiungimento di limiti di emissioni particolarmente restrittivi, anche al di là delle linee guida contenute nel decreto ministeriale del 1o ottobre 2008 e relativi allegati, con benefici ambientali assolutamente marginali;
l'applicazione del parere istruttorio comporterebbe infatti dal 1o gennaio 2010 la chiusura di 2 gruppi termoelettrici per un totale di 640 MW e forti limitazioni all'esercizio di altri 2 gruppi termoelettrici per ulteriori 320 MW: verrebbero cioè a mancare in Sicilia 960 MW di potenza (il 18 per cento della potenza termoelettrica e il 14 per cento della potenza complessiva) e circa 2,5 TWh di produzione (12 per cento della produzione netta) -:
se il Ministro dello sviluppo economico sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e voglia chiarire come verrà soddisfatto, a partire dal 2010, il fabbisogno

elettrico siciliano, sempre garantendo il rispetto degli alti livelli di sicurezza nella gestione della rete elettrica siciliana;
se non ritengano che la situazione descritta in premessa possa determinare conseguenze negative sul sistema elettrico nazionale ed isolano;
se il Ministro dello sviluppo economico voglia fornire indicazioni in merito ad eventuali aumenti dei prezzi dell'energia che potrebbero determinarsi, anche a livello nazionale, a causa della significativa riduzione di potenza installata e di produzione di energia elettrica nella regione siciliana.
(5-01598)

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Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-01361 del 29 aprile 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03456.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la statua del David di Michelangelo, custodita nella Galleria dell'Accademia di Firenze, presenta da parecchi anni profonde ed estese fessurazioni in corrispondenza delle caviglie e per tale motivo è da tempo oggetto di approfonditi studi ed accurate indagini;
fra questi studi ed indagini sono stati di particolare rilevanza quelli iniziati nel 2003 dal prof. ing. Antonio Borri, Ordinario di scienza delle costruzioni all'Università degli studi di Perugia e Presidente del Centro studi Sisto Mastrodicasa, su invito dell'ing. Luciano Marchetti, responsabile delle indagini statiche sul David di Michelangelo per il Ministero per i beni e le attività culturali, oltre che Presidente della sezione beni culturali della Commissione grandi rischi, ed attuale Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, e che sono stati effettuati sotto la supervisione dello stesso ing. Marchetti;
già nel 2004 gli studi e le indagini dell'Università di Perugia avevano anche messo in evidenza l'elevata vulnerabilità sismica del capolavoro, a causa del suddetto stato fessurativo, come testimoniano gli atti del Convegno «La Stabilità delle Grandi Statue: il David di Michelangelo», organizzato dal prof. Borri alla Galleria dell'Accademia di Firenze il 9 giugno, e le dichiarazioni di numerosi esperti ivi riportate, incluse quelle dell'ing. Marchetti e di altri esponenti del Ministero per i beni e le attività culturali;
in particolare, le analisi effettuate dall'Università di Perugia avevano dimostrato che l'elevata vulnerabilità sismica del David di Michelangelo potrebbe causarne il crollo anche nel caso di terremoti di intensità inferiore a quella di alcuni eventi già avvenuti in passato nell'area fiorentina;
recenti noti eventi che hanno interessato sia altri Paesi che anche il territorio nazionale hanno dimostrato che l'accadimento di terremoti con intensità inattesa non è, purtroppo, da escludersi neppure in aree relativamente «quiete», come è considerata quella fiorentina;
l'Università di Perugia ha proseguito ed anzi esteso gli studi e le indagini sul David di Michelangelo negli anni successivi al 2004, in particolare misurando, grazie ad un'adeguata strumentazione della statua, le vibrazioni ambientali agenti su di essa ed analizzando gli effetti di tali vibrazioni per studiarne lo stato fessurativo;
il monitoraggio della statua ha evidenziato che essa è soggetta a tali continue e talora significative vibrazioni di origine ambientale;
in effetti, risulterebbe all'interrogante che spesso si eseguano operazioni strumentali e servizi tecnici sull'area espositiva e nei suoi intorni, tramite l'uso di attrezzature che provocano vibrazioni pericolose

per la stabilità della statua e ad ogni modo capaci di indurre azioni di fatica che alla lunga potranno far estendere le lesioni già presenti senza escluderne un principio di collassamento per fatica dinamica;
i risultati dei nuovi studi e delle nuove indagini dell'Università di Perugia, oggetto, dal 2004 in poi, di numerose pubblicazioni del prof. Borri in riviste scientifiche ed atti di importanti convegni, nazionali ed internazionali, nonché le relazioni tecniche dello stesso prof. Borri riguardanti i suddetti nuovi studi ed indagini, confermano l'elevata vulnerabilità del capolavoro, evidenziando anzi che questa non si limita alle vibrazioni di origine sismica, ma riguarda anche quelle ambientali;
sulla richiesta di chiarimenti sullo stato di tutela del David e sulle possibili situazioni di rischio cui potrebbe essere interessato, l'interrogante ha già segnalato tale presunto contesto problematico nell'interrogazione n. 4-01558, del 7 novembre 2008, allo scopo citando date ed eventi che hanno trattato la questione, in cui, tra gli autorevoli esperti di ingegneria sismica che venivano ricordati, si faceva riferimento anche all'ingegnere Alessandro Martelli, responsabile della Sezione prevenzione rischi naturali e mitigazione effetti dell'ENEA, docente di costruzioni in zona sismica alla Facoltà di architettura dell'Università degli studi di Ferrara e Presidente dell'associazione scientifica GLIS (isolamento ed altre strategie di progettazione antisismica), che al momento esprime fortemente le sue preoccupazioni sulla possibilità di preservare e tramandare per le future generazioni, nel suo splendore e senza ulteriori danni, la statua che ci hanno lasciato in custodia i nostri predecessori;
gli stessi esponenti scientifici che hanno condotto studi e ricerche sulla stabilità del David, animati solo da spirito istituzionale e senso di responsabilità, hanno raccomandato al Ministero per i beni e le attività culturali l'avvio urgente di un progetto finalizzato a proteggere, nel più breve tempo possibile, il David di Michelangelo dalle vibrazioni sismiche e (a seguito dei più recenti studi ed indagini) ambientali e, a tal fine, hanno avanzato proposte;
risulterebbe, a riguardo, che alle istanze dei suddetti esperti non siano state date risposte, neppure come lettera di presa visione, come del resto neanche all'interrogazione predetta si è convenuto di fornire una risposta pertinente e puntuale che in tal senso non fornisce elementi esaustivi a questo riguardo -:
quali provvedimenti ed azioni abbia adottato per evitare la perdita, od anche solo ulteriori danneggiamenti, di un capolavoro unico al mondo quale è il David di Michelangelo, in particolare a causa delle vibrazioni di qualsiasi natura ed intensità che possono interessarlo, in particolare di quelle ambientali cui la statua è attualmente soggetta e di quelle sismiche cui pure essa, prima o poi, lo sarà.
(4-02178)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede quali provvedimenti ed azioni questo ministero intende adottare per evitare ulteriori danneggiamenti alla statua del David di Michelangelo, facendo seguito a quanto già espresso in risposta alla precedente interrogazione di pari oggetto (4-01558), si precisa quanto segue.
Occorre premettere che gli studi sulle cause delle scosse sismiche riscontrate nell'area fiorentina presso la galleria dell'Accademia di Firenze dove è situata la statua e che hanno comportato una fessurazione della stessa, sono iniziati nel 2003 dal professor Antonio Borri dell'università degli studi di Perugia e attualmente sono ancora in fase di definizione.
Dagli studi comunque sino ad oggi compiuti, il professor Borri si è espresso nel senso che la statua presenta delle fessurazioni, ma occorrono delle analisi più approfondite per misurare la loro profondità ed estensione.
Pertanto, il professor Borri ha preventivato di effettuare al più presto un «rilievo fotometrico delle fessurazioni presenti sul

broncone», in quanto solo una volta acquisito lo stato della scultura e quindi esaurita la fase diagnostica, è possibile trarre delle conclusioni.
Allo stato attuale però non esiste una Tomografia assiale computerizzata (Tac) capace di compiere questo studio su una statua delle dimensioni del David.
Al riguardo, il professor Franco Casali del dipartimento di fisica dell'università di Bologna, sulla base degli accordi intercorsi con la soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze e insieme al
«Lawernce Livermore National Laboratory», sta progettando, con un gruppo di lavoro internazionale, un prototipo di un apparecchio dotato della potenza necessaria a penetrare una massa di marmo come quella della gamba destra e del broncone su cui poggia il David, e allo stesso tempo che sia leggero e facilmente manovrabile.
Ciò premesso, non è del tutto condivisibile quanto riferito dall'interrogante, ossia che stando agli atti del convegno organizzato dal professor Borri, avente quale tema, «La stabilità delle grandi statue: il David di Michelangelo», sia stata evidenziata l'elevata vulnerabilità sismica del capolavoro a causa dello stato fessurativo.
In realtà, «l'elevata vulnerabilità sismica», resta al momento un'ipotesi ancora da dimostrare.
D'altra parte, prima di trarre delle conclusioni sulla reale situazione in cui versa la statua del David e successivamente programmare gli interventi da porre in essere, occorrono ulteriori studi approfonditi e un consenso scientifico internazionale. Basti pensare che nel passato molte opere sono state ulteriormente rovinate proprio a causa di interventi sconsiderati e poco prudenti.
Allo stato attuale gli studi svolti dall'università di Perugia circa le vibrazioni ambientali agenti sulla statua
de quibus, non hanno dimostrato quali siano stati gli effetti sulla stessa. Su tale problematica anzi è stato investito il professor Giovanni Pascale del centro laboratori DISTART dell'università di Bologna.
Il suo progetto di studio propone di monitorare le variazioni di ampiezza delle fessure attraverso l'installazione di sensori a fibra ottica, cui si affianchi un sistema digitale di acquisizione di immagini ad alta risoluzione, in grado di evidenziare, attraverso il confronto tra immagini riprese in tempi diversi, eventuali propagazioni delle fessure.
Inoltre è previsto che venga installato sul basamento un sistema
wireless, contenuto in box di piccole dimensioni, in grado di misurare in continuo temperatura e umidità.
In occasioni di vibrazioni di ampiezza superiore ad una soglia prefissata, il sistema è in grado di acquisire gli oscillogrammi e di elaborarli per ottenere frequenze e ampiezze.
Tale indagine deve coprire un lasso di tempo di almeno un anno, in maniera tale da controllare le reazioni dell'opera in tutte le stagioni.
L'eventuale proposta di isolamento sismico del David sarà formulata al termine delle indagini, che ad avviso della Soprintendenza speciale per il patrimonio della città di Firenze, per potersi dire attendibili, devono essere lunghe ed accurate, secondo un progetto coerente e comportare un'interpretazione condivisa dei dati acquisiti.
Pertanto, qualsiasi progetto di isolamento sismico attualmente è prematuro ed inopportuno.
Allo stato attuale sarebbe contrario ai princìpi e alle buone pratiche della conservazione e del restauro della statua, indicare il tipo di intervento da porre in essere; occorrerà che il quadro diagnostico sia completato e interpretare i dati che ne sono emersi.
Quanto ai provvedimenti ed azioni per evitare ulteriori danneggiamenti del David, la Soprintendenza speciale per il patrimonio di Firenze, ha ritenuto opportuno di compiere un lavoro che non prenda in considerazione la sola statua del David, ma di dare un nuovo e più ragionevole inizio alla ricerca, partendo dallo studio della statica dell'edificio nel quale la statua è collocata. Studio che si pone, quindi, come

conditio sine qua non per la corretta conservazione dell'opera stessa.
In tale contesto sembra coerente comunicare che il direttore generale per i beni architettonici, architetto Roberto Cecchi, ha ritenuto opportuno nominare una commissione per l'applicazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2007 per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale.
Tale commissione è coordinata dall'architetto Laura Moro e sta svolgendo il suo lavoro in collaborazione con la soprintendenza speciale per il patrimonio della città di Firenze e con la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Firenze, Prato e Pistoia e con la facoltà di architettura dell'università di Firenze.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

BOBBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante disposizioni in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di amministratore degli enti locali, prevede, in particolare all' articolo 64, per le Provincie ed i Comuni sopra i 15.000 abitanti, un'espressa incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e provinciale e quella di assessore nella rispettiva giunta;
il comma 2 dello stesso articolo dispone che, qualora un consigliere comunale assuma la carica di assessore interno nella Giunta, cessa dalla carica di consigliere all'accettazione della nomina, e al suo posto subentra il primo dei non eletti;
la giurisprudenza dominante è indirizzata verso l'opportunità di evitare un conflitto tra le diverse funzioni, di componente dell'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo e quella di componente dell'organo esecutivo dello stesso comune e, la finalità dell'articolo 64, di conseguenza non dovrebbe comportare incompatibilità tra l'incarico di consigliere comunale e quello di assessore esterno presso due comuni diversi, come previsto invece dall'articolo 65 per la diversa ipotesi del consigliere comunale che rivesta analoga carica di consigliere in altro comune;
l'articolo 37 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 definisce in maniera inequivocabile il ruolo del Sindaco, quale componente del Consiglio comunale e di Presidente dello stesso nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti;
l'articolo 47, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevede la possibilità del sindaco di nominare gli assessori esterni anche al di fuori dai componenti del consiglio, tra cittadini in possesso di requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità a consigliere di cui all'articolo 60 dello stesso decreto legislativo;
il parere del Consiglio di Stato del 22 ottobre 2008, in ultima analisi, auspicando un intervento del legislatore, ne sostiene la possibilità, solo nel caso in cui l'amministratore acquisisca dapprima la carica di assessore esterno e poi quella di consigliere comunale e non viceversa;
lo stesso parere del Consiglio di Stato, citato in premessa, esplicita e interpreta due casi;
il primo caso, prima assessore poi consigliere, per il quale sarebbe possibile cumulare i due incarichi, in quanto al momento del conferimento dell'incarico di assessore esterno il futuro amministratore è in possesso dei requisiti per assumere quell'ufficio e se successivamente decide di candidarsi a consigliere comunale non sussiste alcuna ipotesi di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità previste dall'articolo 60, comma 1, n. 12, e dall'articolo 65 del T.U.O.E.L. per consigliere comunale;
il secondo caso, prima consigliere, poi assessore, nel quale se un soggetto ricopre già la carica di consigliere, non è possibile cumulare i due incarichi, perché in quel

momento l'amministratore non è più in possesso dei requisiti richiesti dall'articolo 47 del T.U.O.E.L.;
gli articoli 47 e 60 del decreto legislativo n. 267/2000 pur non sancendo espressamente l'incompatibilità tra le cariche, prevedono, tuttavia, che in capo a colui che viene nominato assessore da parte del sindaco sussistano gli stessi requisiti che sarebbero necessari per una potenziale candidatura alla carica di consigliere;
al fine di eliminare l'eventuale cumulo di incarichi contrario al sistema delineato dalla normativa in materia di enti locali ed elaborato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, l'assessore esterno, qualora sia chiamato a ricoprire anche la carica di consigliere presso altro comune, dovrà optare per il mantenimento di una sola carica;
non è prevista nell'ambito del Capo II del T.U.O.E.L. un'espressa ipotesi di incompatibilità tra consigliere comunale ed assessore esterno di due comuni diversi;
in linea generale, è possibile il cumulo di incarichi presso enti diversi, salvo le ipotesi di incompatibilità appositamente previste, da cui è effettivamente possibile evincere un conflitto nell'eventuale cumulo, che sono di stretta interpretazione e non estensibili analogicamente;
lo stesso Consiglio di Stato nel parere citato in premessa precisa che «la Sezione, nel rendere così la risposta al quesito, esprime l'auspicio che sia adottata una iniziativa legislativa per colmare la lacuna nel medesimo senso dell'articolo 65, comma 2, decreto legislativo n. 267 del 2000, in modo che le uguali conseguenze regolino situazioni caratterizzate dallo stesso profilo sostanziale;
gli election days si svolgeranno il 6 e 7 giugno prossimi venturi, e comprenderanno anche le elezioni amministrative comunali -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario dare una corretta interpretazione della normativa in esame, al fine di evitare investiture che legittimino un evidente conflitto di interessi tra differenti istituzioni rappresentate dalla stessa persona fisica;
se lo stesso Ministro non ritenga che attraverso la presente normativa, anche alla luce di interpretazioni contrastanti, si eluda di fatto il vincolo, di cui all'articolo 51, comma 2, TUOEL 267/2000, del secondo mandato oltre al quale la stessa persona non può candidarsi per la terza volta consecutiva a ricoprire la carica di Sindaco, mentre, nel caso di specie, può contemporaneamente far parte di due organi esecutivi e di un organo di indirizzo e controllo politico amministrativo in due diversi Comuni, declinando di fatto una governabilità anomala del territorio, nelle sue diverse implicazioni ed articolazioni;
se, infine, il Ministro non ritenga, sulla base di quanto auspicato dal Consiglio di Stato, assumere iniziative normative urgenti in occasione delle prossime elezioni amministrative ed europee, per chiarire in modo definitivo la materia, con apposita norma positiva.
(4-02680)

Risposta. - Le disposizioni concernenti le incompatibilità degli amministratori locali sono dettate dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico per l'ordinamento degli enti locali) agli articoli 63 e seguenti, ove, in particolare all'articolo 64, è prevista un'ipotesi di incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e quella di assessore nella rispettiva giunta, nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.
Tuttavia, i quesiti che più frequentemente sono stati formulati sull'argomento riguardano altre ipotesi di cumulo delle suddette cariche, non puntualmente disciplinate dal menzionato decreto legislativo n. 267 del 2000.
In sede applicativa, si sono, infatti, registrate incertezze in ordine alla sussistenza dell'incompatibilità nel caso in cui l'assessore venga individuato dal sindaco al di fuori dei componenti del consiglio (assessore esterno), fattispecie diversa da quella

specificamente prevista dall'articolo 64 del testo unico ordinamento enti locali (T.U.O.E.L.), ma per l'esercizio della quale l'articolo 47, commi 3 e 4, richiede il possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità richiesti per la carica di consigliere.
Considerato che il combinato disposto degli articoli 47, commi 3 e 4, e 64 del T.U.O.E.L. non si presta ad una certa, univoca soluzione in merito alla sussistenza dell'incompatibilità nelle due diverse ipotesi di cumulo delle cariche di consigliere comunale e assessore interno o esterno e tenuto conto, altresì, del consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, ordinaria ed amministrativa, che non ammette l'interpretazione estensiva di norme limitative dell'elettorato passivo, per il loro carattere derogatorio al principio della libera accessibilità alle cariche amministrative, questa amministrazione ha ritenuto di acquisire in merito il parere del Consiglio di Stato.
Il supremo consesso, nell'adunanza del 22 ottobre 2008, ha espresso il parere che le ipotesi previste dagli articoli 64 e 65 del T.U.O.E.L. in tema di incompatibilità si applicano solo nei casi ivi testualmente menzionati. Nondimeno l'organo di giustizia amministrativa ha auspicato, nel contempo, l'adozione di un'iniziativa legislativa per colmare le evidenziate lacune della normativa sull'argomento in questione.
È stata, quindi, diramata dal dipartimento per gli affari interni e territoriali di questo Ministero, il 20 gennaio 2009, una circolare per la più ampia divulgazione del parere reso dal Consiglio di Stato presso tutte le amministrazioni locali e l'uniforme applicazione della normativa sull'intero territorio nazionale.
Quanto alla richiesta di una lettura autentica della normativa in esame si ritiene utile, come auspicato dal Consiglio di Stato nel parere sopra citato, una iniziativa legislativa che riordini sul punto la materia.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BUCCHINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono apparsi esposti in spazi pubblici dei comune di Pergine Valsugana diversi manifesti recano la scritta «No moschee in Trentino»;
le stesse locuzioni appaiono nel sito web indicato nei manifesti succitati;
i manifesti ed il sito web sollecitano una iniziativa popolare contro le moschee;
le scritte non fanno riferimento a specifiche moschee ma sono indirizzate contro la moschea nella sua accezione generale di centro di espressione e pratica della fede nella religione islamica;
la moschea, al pari di altri luoghi di culto di altre religioni, costituisce un luogo fondamentale per l'espressione della fede da parte dei musulmani e delle pratiche rappresentative della religione islamica ed espressione della libertà religiosa garantita dalla nostra Costituzione;
la libertà religiosa trova la sua massima valorizzazione all'interno della nostra Costituzione agli articoli 8, 19 e comma 1 dell'articolo 21;
inoltre l'articolo 3 della nostra Costituzione, al comma 1 recita che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di ... religione». Tale dignità umana e sociale trova il suo riscontro nello spirito della nostra Costituzione che garantisce il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero religioso;
nella fattispecie su enunciata i manifesti esposti ed il loro contenuto entrano in conflitto con le norme costituzionali -:
di quali elementi informativi disponga circa le vicende richiamate in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere, da un lato, per promuovere la tolleranza e la libertà di culto, dall'altro, perché sia data piena attuazione ai princìpi posti agli articoli 3, 8, 19 e 21 della Costituzione.
(4-01828)

Risposta. - La vicenda rappresentata dall'interrogante riguarda l'affissione di manifesti in spazi pubblici del comune di Pergine Valsugana (Trento) recanti la scritta «No moschee in Trentino», in merito ai quali il commissariato del Governo per la provincia di Trento ha riferito che gli stessi sono apparsi anche in altri comuni trentini ed in occasione di alcuni presidi autorizzati di propaganda politica.
I manifesti - la cui affissione è avvenuta con modalità e forme legittime - oltre a riportare la citata scritta, rappresentavano l'effige di Osama Bin Laden e sono da ricondursi alla nota contrapposizione alla costruenda moschea nel comune di Trento, che ha animato anche il dibattito politico locale in vista delle elezioni amministrative provinciali svoltesi il 9 novembre 2008.
Sul piano delle iniziative messe in campo per garantire il pieno esercizio del diritto di libertà religiosa, preme evidenziare che il Ministero dell'interno, attraverso il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, esercita una costante attenzione nei confronti di tutti coloro - cittadini, stranieri, apolidi - che vivono sul territorio nazionale, nel rispetto dei limiti previsti dagli articoli 3 e 19 della Costituzione. Sotto tale profilo, interviene allo scopo di garantire il pluralismo religioso e l'esercizio del diritto inviolabile della libertà di culto, nella forma individuale ed associata, provvedendo altresì a migliorare la conoscenza e la diffusione delle varie realtà religiose.
Nel quadro delle iniziative finalizzate a garantire la concreta osservanza di tale importante forma di libertà, è stato attivato un Osservatorio sulle politiche religiose, con compiti di studio e di monitoraggio di tutte le realtà religiose presenti nel paese, con l'intento anche di rilevare, nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa, in forma individuale o associata, l'intendimento delle stesse di svilupparsi secondo principi democratici e di integrarsi nel tessuto sociale, pur mantenendo la propria identità religiosa.
Il monitoraggio è continuamente aggiornato attraverso il costante flusso di informazioni provenienti dalle prefetture Uffici Territoriali del Governo - UTG, la cui fattiva collaborazione consente di conoscere le diverse iniziative adottate sul territorio a favore delle comunità immigrate, nonché altri aspetti di particolare interesse come quelli legati alle tematiche dell'edilizia di culto, della polizia mortuaria, dell'abusivismo nel settore della macellazione rituale di animali, e, in generale, a tutto quello che attiene alla manifestazione della libertà religiosa.
Per l'anno 2009 l'osservatorio, in stretta collaborazione con le prefetture-UTG, ha avviato una ancor più attenta rilevazione di eventuali criticità connesse all'esercizio della libertà religiosa al fine anche di ricercare possibili soluzioni alle problematiche emerse. La rilevazione è mirata anche ad acquisire informazioni su buone prassi attuate in sede locali, da diffondere in altre realtà territoriali, al fine di favorire il dialogo tra le diverse fedi religiose e a promuovere l'integrazione.
Sebbene la rilevazione si rivolga a tutte le confessioni religiose, gran parte delle tematiche sinora emerse si riferiscono al mondo dell'islam che è seguito con particolare attenzione.
La rilevazione è diretta a conoscere non solo le normative regionali sull'edilizia di culto, ma, più concretamente, i provvedimenti che i comuni capoluogo di provincia hanno adottato circa l'individuazione delle aree ed i finanziamenti da destinare a tale scopo.
Difatti all'esercizio del diritto di professare la fede religiosa in forma associata, consegue il diritto di costruzione dei luoghi idonei a raccogliere i fedeli, nel rispetto delle norme in materia di edilizia e destinazione urbanistica, la cui competenza rientra nella potestà legislativa esclusiva delle Regioni, ai sensi dell'articolo 117 comma 4 della Costituzione. Inoltre, i comuni sono autorizzati a provvedere con specifici contributi loro destinati dalle regioni a contribuire alle opere di urbanizzazione secondaria riguardanti gli edifici di culto e ad essi spetta, altresì, il compito di

accertare che tali edifici rispettino i requisiti di sicurezza, igiene e sanità previste dalla normativa vigente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CESARO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Dipartimento della funzione pubblica ha di recente reso il parere n. dip-0049361-04/11/2008-1.2.3.3. nel quale si legge testualmente: «In base al principio fissato dal decreto legislativo n. 502 del 1992 la carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo (articolo 3-bis, comma 10), salva l'ipotesi contemplata per i lavoratori dipendenti di essere posti in aspettativa senza assegni (comma 11 del medesimo articolo 3-bis). Nel medesimo decreto legislativo n. 502 del 1992, è prevista poi un'ulteriore specificazione delle cause di incompatibilità per la carica di direttore generale, posta dall'articolo 3, comma 9 («La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l'unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni»);
a mente del successivo articolo 4, le disposizioni contenute nel decreto legislativo. n. 502 del 1992 relative alle unità (ora aziende) sanitarie locali si applicano, salvo che sia diversamente previsto, anche alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale o interregionale costituite o confermate in aziende;
da ciò ne discende che le cause di incompatibilità previste per il direttore generale delle aziende sanitarie locali dall'articolo 3, comma 9, del decreto legislativo n. 502 del 1992 si applicano anche al caso del direttore generale presso le aziende ospedaliere predette;
il parere di cui si tratta prende le mosse da una richiesta del consigliere regionale della Calabria, onorevole Domenico Tallini, in merito alla vicenda di seguito esposta;
con decreto del Presidente della Regione Calabria n. 170 del 3 agosto 2007 è stato nominato Direttore generale dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro il dott. Vincenzo Antonio Ciconte, già Presidente del Collegio commissariale, nonché Direttore della struttura complessa di cardiologia della stessa Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» e Presidente dell'Ordine dei medici della Provincia di Catanzaro. Agli atti d'ufficio risulta che lo stesso dottor Ciconte era, all'atto della emissione del provvedimento di nomina - 3 agosto 2007 -, direttore di cardiologia UTIC dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio», e cioè dirigente della medesima Azienda ospedaliera di cui è divenuto Direttore generale e che il rapporto permane poiché a decorrere dal 10 agosto 2007 vi è stato solo il suo collocamento in aspettativa senza assegni con data retroattiva di circa sei mesi;
sussisteva e sussiste dunque la incompatibilità di cui si tratta nel citato parere ministeriale, e ciò nonostante che con decreto del Dipartimento tutela della salute, politiche sociali n. 6896 del 28 maggio 2007 fossero stati resi noti i requisiti necessari per poter partecipare all'avviso pubblico per l'acquisizione della disponibilità a ricoprire l'incarico di Direttore generale presso le aziende sanitarie provinciali della Regione Calabria e che il detto bando prevedesse, tra l'altro, a corredo della domanda di partecipazione, la sottoscrizione da parte del nominando di una dichiarazione attestante di non trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità previste dal comma 9 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992;
con atto n. 5553 del 13 novembre 2008 il Consigliere regionale della Calabria, onorevole Domenico Tallini, ha formalmente chiesto al Presidente della Giunta regionale della Calabria di riconoscere

la esistenza della eccepita causa di incompatibilità con tutte le conseguenze di legge, e con la conseguente declaratoria immediata di nullità e revoca della nomina del dott. Vincenzo Antonio Ciconte a direttore generale dell'azienda ospedaliera «Pugliese Ciaccio». Ciò nonostante il dottor Ciconte ha continuato e continua ad espletare le funzioni di direttore generale pur in presenza della causa di incompatibilità e della conseguente nullità del provvedimento di nomina e ponendo in essere rilevanti e decisivi atti di gestione e di finanza;
il suddetto stato di incompatibilità appare pienamente confermato dalla nota ministeriale sopra citata -:
se il Ministro interrogato possa confermare il contenuto e la correttezza della nota del Dipartimento della funzione pubblica sopra citata e se e quali iniziative di propria competenza intenda assumere con riferimento a quanto esposto in premessa.
(4-02557)

Risposta. - In merito all'interrogazione concernente un presunto caso di incompatibilità ex articolo 3, comma 9, del decreto legislativo n. 502 del 1992 del Direttore generale dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro, si rappresenta quanto segue.
Con nota DRP-0049361-04/11/2008-1.2.3.3 del 4 novembre 2008 il Dipartimento della funzione pubblica, in riscontro al formale quesito posto dal dottor Domenico Tallini consigliere regionale della Calabria, ha espresso il proprio avviso circa la compatibilità tra la carica di direttore generale di un'azienda ospedaliera e la titolarità di direzione di una struttura complessa presso la medesima azienda.
In particolare, muovendo dall'interpretazione delle disposizioni in tema di incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992, il citato Dipartimento ha correttamente evidenziato che in virtù dell'articolo 3, comma 9, del predetto decreto legislativo sussiste un'incompatibilità tra la carica di direttore generale e l'eventuale rapporto di lavoro dipendente, anche in regime di aspettativa senza assegni, con l'ASL (
ex USL) presso cui sono esercitate le funzioni; inoltre, la suddetta nota ha rilevato che la citata disposizione trova applicazione, in ragione del richiamo normativo contenuto all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 anche alle aziende ospedaliere.
Da un successivo approfondimento riferito al caso specifico della presunta incompatibilità
ex lege tra la carica di Direttore generale dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro e quella di Direttore di una struttura complessa della medesima Azienda, è però emersa la sussistenza di un dato normativo di segno diverso rispetto a quello contenuto al citato articolo 3, comma 9, del citato decreto legislativo. L'articolo 14, comma 4, della legge della Regione Calabria n. 11 del 2004 (Piano regionale per la salute 2004/2006) ha previsto, infatti, con riguardo alla nomina dei direttori generali delle ASL e delle Aziende ospedaliere, che «I dipendenti pubblici, anche della medesima azienda nella quale è conferito l'incarico sono collocati in aspettativa».
Ne deriva, pertanto, che, in virtù di quanto previsto dalla suddetta legge regionale - successiva rispetto al decreto legislativo n. 502 del 1992 e non impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale - è da escludere un'incompatibilità
tout court per i dipendenti cui è conferito l'incarico di direttore generale nell'Azienda ospedaliera in cui esercitano le proprie funzioni. Al contrario, l'interpretazione del citato articolo 14 conferma, invece, che l'unica condizione legale per l'attribuzione dell'incarico di direttore generale risulta essere il collocamento in aspettativa - come, peraltro, avvenuto nel caso di specie - del dipendente pubblico che presta servizio presso la medesima amministrazione sanitaria.
Ciò detto, con riferimento alla richiesta dell'interrogante, si rileva, infine, che, per quanto di competenza, non sembrano esperibili ulteriori iniziative.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel mese di agosto 2005, il ministero delle attività produttive, tenuto conto anche del parere favorevole della regione Lombardia, della VIA (valutazione d'impatto ambientale) e dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) del ministero dell'ambiente, ha concesso alla società Sorgenia l'autorizzazione a costruire una centrale termoelettrica (750 Mw), alimentata a metano, nell'area industriale dell'ex Gulf Oil di Bertonico e Turano;
il Consiglio regionale della Lombardia, con deliberazione n. VIII/0296 del 20 dicembre 2006, ha approvato un ordine del giorno che impegnava la Giunta a «valutare l'opportunità di intervenire presso le opportune sedi ministeriali per la revisione o quantomeno la ridefinizione della Autorizzazione Ambientale Integrata del luglio 2005»;
tale ordine del giorno derivava dalla considerazione della notevole esposizione a valori inquinanti di emissioni in atmosfera e polveri sottili dell'area territoriale in questione;
questa preoccupazione sull'inquinamento atmosferico della provincia di Lodi, fortemente sentita dai cittadini, è stata confermata dai dati ufficiali forniti dall'ARPA per gli anni 2006/2007 e da un articolo del quotidiano Il Cittadino del 10 giugno 2008;
la provincia di Lodi e, in particolare, il comune di Bertonico, in data 31 marzo 2008, hanno richiesto ufficialmente al ministero dell'ambiente una revisione del documento dell'autorizzazione integrata ambientale relativo alla centrale di turbogas in costruzione;
con comunicazione ufficiale, inviata alla provincia di Lodi in data 3 aprile 2008 (prot. Provincia n. 13104) ed al comune di Bertonico in data 4 aprile 2008, il ministero comunica «formalmente avviato» il processo di revisione dell'autorizzazione integrata ambientale;
sempre sul quotidiano locale Il Cittadino, del 25 settembre 2008, si legge un articolo del Presidente della Regione Lombardia Formigoni, che dichiara, scrivendo al ministro Claudio Scajola, che la regione produce già in proprio tutta l'energia elettrica di cui ha bisogno e che non servono altre centrali sul territorio e nonostante la provincia di Lodi abbia già avviato, dal 2007, rilevanti progetti relativi all'efficienza energetica, modulazione dei consumi e produzione di fonti rinnovabili -:
quale sia lo stato attuale della revisione dell'autorizzazione integrata ambientale ed a quali risultati sia, eventualmente, pervenuta;
se il Ministro non ritenga opportuno istituire una apposita commissione AIA che lavori di concerto con la Regione Lombardia ed enti locali interessati, ad ogni livello, superando qualsiasi conflitto o contrasto;
quali siano le reali misure di monitoraggio del rischio di inquinamento atmosferico predisposte, sia rispetto alla futura attività della centrale sia sulla attuale attività di cantiere, offrendo tutti i dovuti chiarimenti ai cittadini, preferibilmente in senso rassicurante, circa la tutela della loro sicurezza e salute.
(4-02246)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, relativa alle problematiche inerenti la centrale termoelettrica da ubicare nei comuni di Bertonico e Turano, si rappresenta quanto segue.
La centrale di cui trattasi, di proprietà della Sorgenia Spa, rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante l'attuazione integrale della direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento
(Integrated pollution prevention and control).
L'impianto è in possesso di autorizzazione unica ai sensi del decreto-legge n. 7 del 2002 (cosiddetto sblocca centrali) rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico nel mese di agosto 2005, comprensiva della determinazione relativa all'Autorizzazione

integrata ambientale, rilasciata il 3 agosto 2005 da parte del Ministro dell'ambiente pro tempore.
A tale riguardo, si ricorda che ai procedimenti relativi alle centrali di potenza superiore ai 300 MWt in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2005, si applicava la norma transitoria di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2005 (oggi abrogata) che, al fine di assicurare l'esercizio coordinato delle funzioni dei Ministeri competenti, oltre a stabilire che i procedimenti relativi ad autorizzazioni che ricomprendevano l'Aia erano portati a termine dalla stessa autorità presso la quale erano stati avviati, ovvero dal Ministero dello sviluppo economico, prevedeva che «il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai princìpi del decreto legislativo n. 59 del 2005 (...)».
Per quanto attiene agli aspetti relativi all'Aia, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2005, come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, l'autorizzazione è soggetta a rinnovo quinquennale da effettuarsi entro il 2010.
Con nota del 9 luglio 2007, la Provincia di Lodi ha fatto pervenire una richiesta di riesame, successivamente confermata con nota del 27 marzo 2008, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2005. Di tale richiesta, con nota del 13 luglio 2007, sono stati informati sia il Ministero dello sviluppo economico, sia il gestore al quale è stato chiesto di fornire le integrazioni documentali necessarie ai fini del riesame.
Il gestore, con nota del 3 agosto 2007, ha formulato diverse osservazioni dirette ad ottenere che il procedimento di riesame non venga attivato, in quanto mancherebbero i presupposti di legge.
Con nota del 7 aprile 2008, il Presidente della Commissione ha comunicato che il Nucleo di coordinamento ha ritenuto sussistere tutti i presupposti per l'effettuazione degli accertamenti tecnici necessari ai fini della valutazione della proposta di riesame, attualmente, però, la competente Commissione Ippc non si è ancora pronunciata in merito.
In relazione al monitoraggio dell'attuale attività di cantiere, l'articolo 2 del decreto del Ministero delle attività produttive n. 55/02/2005, riporta: «... in fase di cantiere si ritiene opportuno un piano di monitoraggio delle polveri da concordare con la competente Agenzia regionale prevenzione e ambiente che preveda anche le procedure da adottare per il contenimento delle stesse».
Sulla base di quanto previsto dal citato decreto, il Dipartimento provinciale Arpa di Lodi ha attuato le seguenti azioni/controlli:
acquisizione della proposta di monitoraggio di Sorgenia e contestuale incontro per l'individuazione dei punti di monitoraggio (21 febbraio 2008);
sopralluogo per l'individuazione nel dettaglio dei punti di monitoraggio (28 febbraio 2008);
acquisizione delle procedure di cantiere (6 maggio 2008);
definizione delle modalità di acquisizione e trasmissione dei dati di monitoraggio (20 maggio 2008);
sopralluogo da parte dell'Arpa per la verifica della conformità al decreto ministeriale n. 60 del 2002 dei punti di monitoraggio (27 giugno 2009);
Sorgenia inizia il monitoraggio per un periodo di prova atto al confronto con le centraline della qualità dell'aria di Arpa (15 giugno 2008);
inizio attività di scavo da parte Sorgenia (1o settembre 2008).

Attualmente i dati di monitoraggio (polveri) del cantiere vengono trasmessi con cadenza quindicinale all'Arpa, assieme alla descrizione delle attività di cantiere, salvo la comunicazione di episodi significativi che avviene in tempi più brevi. L'Arpa trasmette periodicamente una relazione sull'andamento del monitoraggio ai comuni di Turano e Bertonico ed alla provincia di Lodi.


Riguardo al monitoraggio della futura attività della centrale, l'articolo 2, punto 2,5, del decreto del Ministero delle attività produttive n. 55/02/2005, prevede che: «il Proponente ha l'obbligo di rimettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e di attuare, per la parte di propria competenza, un piano concordato con la regione Lombardia e con l'Arpa Lombardia per il monitoraggio della qualità dell'aria, da effettuarsi secondo i criteri del decreto ministeriale n. 60 del 2002. Tale piano dovrà prevedere, in particolare, il monitoraggio degli ossidi di azoto e del materiale particolato, dovrà prevedere l'acquisto e l'esercizio di strumentazione per il monitoraggio a carico del proponente, secondo quanto da esso stesso dichiarato. Fermi restando gli accordi con la Regione, il programma di monitoraggio dovrà essere attivo almeno un anno prima dell'inizio del collaudo della centrale e dovrà essere esteso all'intero periodo di attività dell'impianto».
Nello stesso articolo 2 sono state, inoltre, inserite alcune prescrizioni da parte della regione Lombardia, quali: «Il committente dovrà farsi carico dell'eventuale adeguamento della rete di monitoraggio da realizzarsi sulla base delle prescrizioni che saranno emanate dall'Arpa, Ente responsabile della rete, valutate anche le richieste fatte dai comuni di Bertonico e Turano, di realizzare un sistema di monitoraggio con quattro centraline fisse e una mobile, oltre all'installazione di una stazione meteorologica. La nuova rete, pur rimanendo in carico al committente, dovrà essere messa a disposizione di Arpa che ne curerà la gestione».
Sulla base di quanto previsto, l'Arpa, Dipartimento provinciale di Lodi, in collaborazione con il settore centrale aria e enti fisici, il 16 luglio 2008 ha convocato un incontro per la definizione della rete di monitoraggio della qualità dell'aria, coinvolgendo la regione Lombardia, i comuni di Turano Lodigiano, Bertonico e Lodi, la provincia di Lodi e la Spa Sorgenia. Nel corso della riunione, che si è tenuta il 7 agosto 2008, sono state fornite informazioni sulle prescrizioni del Ministero delle attività produttive, sui criteri definiti dalla vigente normativa e adottati dall'Arpa per le reti di monitoraggio della qualità dell'aria, sullo stato attuale della qualità dell'aria e del suo monitoraggio e sulla proposta di rete di monitoraggio di Arpa. La proposta presentata ha riscontrato l'assenso degli Enti coinvolti.
Tra i mesi di settembre e ottobre 2008 l'Arpa ha provveduto ad effettuare, in collaborazione con i comuni interessati, una serie di sopralluoghi atti a definire i siti di posizionamento delle centraline, in modo da garantire la conformità ai requisiti previsti dal decreto ministeriale n. 60 del 2002.
In data 2 marzo 2009, l'Arpa ha ricevuto la comunicazione di attivazione delle centraline di rete fissa della qualità dell'aria da parte della Società Sorgenia. A seguito della messa a regime di tale centraline dovrà essere attivata la convenzione per la gestione della rete e per la validazione dei dati da parte dell'Arpa. I monitoraggi, pertanto, saranno disponibili
on line e gestiti in modo congruente a quanto avviene per la già esistente rete regionale di monitoraggio dell'aria.
Per quanto concerne le emissioni in atmosfera, e in particolare il monitoraggio degli inquinanti presenti nei gas in uscita al camino, a seguito della messa in esercizio della centrale, verranno attuati i controlli dall'autorizzazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

COMPAGNON. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88, prevede che, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, al fine dell'ottimizzazione del recupero dei pneumatici fuori uso e per la conseguente riduzione della formazione, sia fatto obbligo ai produttori ed importatori

di provvedere in forma singola o associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione dei quantitativi fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita del territorio;
in mancanza di osservanza delle disposizioni di cui sopra, viene stabilita una sanzione amministrativa per i produttori e gli importatori inadempienti proporzionata alla gravità e comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato;
ai sensi del comma 2 del succitato articolo 228, è posta, inoltre, la previsione che la disciplina dei tempi e delle modalità di attuazione dell'obbligo in questione sia rimandata all'emanazione di un decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
a tutt'oggi, il decreto attuativo di cui sopra non è stato ancora emanato, né si è a conoscenza di uno schema di lavori preparatori da parte del ministero sulla tematica in questione;
la mancata approvazione di tale atto regolamentare crea una situazione di notevole disagio alle categorie interessate, le quali si trovano in uno stato di criticità nell'adempimento dell'obbligo previsto dalla legge -:
quale sia il reale stato della procedura attinente l'iter di emanazione del decreto attuativo dell'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e se non ritenga opportuno assumere gli atti in suo potere, al fine di accelerare la predisposizione dello stesso e la conseguente definitiva soluzione della vicenda.
(4-02917)

Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante le disposizioni tese ad ottimizzare il recupero degli pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione, si rappresenta che, al fine di dare attuazione a quanto dettato dall'articolo 228 del decreto legislativo n. 152 del 2006, è già stato predisposto uno schema di decreto per la disciplina dei tempi e delle modalità di attuazione che, attualmente, è al vaglio degli uffici di Gabinetto.
Per quanto detto, a breve, con l'emanazione del decreto di cui trattasi, troverà soluzione l'annoso problema di cui trattasi.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

DE POLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 ottobre 2007 all'articolo 5 primo comma lettera D) prevede il divieto dell'utilizzo di munizioni a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi acquitrini, langhe e lagune nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne;
ciò sta creando enormi problemi nel mondo venatorio in quanto l'utilizzo di pallini di acciaio non è compatibile con gran parte dei fucili da caccia, non di ultima generazione (possono essere utilizzati solo fucili a 3 o 4 stelle con gli strozzatori);
il loro utilizzo crea le rigature delle canne e la loro deformazione oltre a generare pericolo per i cacciatori, in quanto i pallini di acciaio, essendo più leggeri di quelli di piombo, a contatto con l'acqua possono subire delle deviazioni anche di 90 gradi, colpendo così casualmente i cacciatori limitrofi;
tutto ciò è stato sperimentato anche in altri paesi del Nord Europa, ad esempio la Norvegia, che è ritornata nelle ZPS all'utilizzo dei pallini di piombo;

un'alternativa valida potrebbe essere l'utilizzo di munizioni a pallini di piombo nichelato che non creerebbero problemi per l'ambiente e per la fauna selvatica -:
se a parere dei Ministeri competenti sia possibile consentire l'utilizzo di munizioni da pallini di piombo nichelato al posto dei pallini di acciaio e se fattibile di impartire direttive a tutte le regioni per il recepimento della possibilità di utilizzare i pallini di piombo nichelato.
(4-01165)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che non si ritiene condivisibile la proposta dell'interrogante di utilizzo di munizioni a pallini di piombo nichelato durante l'esercizio venatorio all'interno delle zone umide ZPS (Zona a Protezione Speciale), in alternativa a quelli in acciaio.
In proposito sono note le conseguenze ambientali e sanitarie che si producono quando frazioni anche minime di piombo vengono ingerite direttamente oppure assunte attraverso le catene alimentari sotto forma di specie chimiche diverse, che possono prodursi anche dalle reazioni metaboliche dei sedimenti.
L'uso dei pallini nichelati non risolve, purtroppo, il problema della contaminazione in quanto:
1) l'impatto del pallino all'atto della ricaduta non garantisce l'integrità dello strato superficiale della sfera di piombo per cui, da qualsivoglia incrinatura, anche microscopica, prodottasi e che esponga il piombo del pallino al contatto con l'ambiente esterno, iniziano fenomeni di degradazione e di trasformazione chimica;
2) il pallino ingerito successivamente dagli uccelli, è sottoposto ad un attacco acido all'interno dell'apparato digerente degli animali, che «consuma», solubilizzandolo, il rivestimento esterno e agisce sulle micro-screpolature del pallino;
3) anche il nichel (come il piombo, il rame, il cromo, il mercurio, il cadmio, il manganese, lo stagno, lo zinco) è un metallo pesante tossico ed in grado di produrre bioaccumulo.

I pallini di acciaio sono, tra le varie alternative, più inerti e conservativi in quanto in grado di resistere all'attacco chimico-microbico dei sedimenti ed acido all'interno degli organismi. Inoltre la rigatura dell'anima della canna da essi prodotta è tanto più evidente quanto l'arma è stata costruita con tecniche e procedure vetuste, mentre il fenomeno è meno rilevante per i fucili di ultime generazioni.
In definitiva i pallini di piombo nichelato, avendo uno spessore della nichelatura di pochi micron, non eliminano l'effetto inquinante, ma semplicemente lo ritardano.
Pertanto restano inalterati i fenomeni di saturnismo e la conseguente mortalità indiretta di molti uccelli acquatici indotti dalle grandi quantità di pallini che rimangono per molti anni nei fondali degli stagni, paludi, acquitrini, lagune, ecc.
Non a caso anche in giurisprudenza recentemente sono state adottate pronunce di sospensione dell'efficacia di delibere delle province di Pistoia e Grosseto volte a consentire l'uso del piombo nichelato in due rispettive aree inserite nell'elenco delle ZPS.
Inoltre risulta che i pallini in acciaio già da anni vengano regolarmente utilizzati negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda oltre che in molti paesi europei.
Infine si rileva che l'Italia, con la legge 6 febbraio 2006, n. 66, ha aderito all'Accordo sulla conservazione degli uccelli selvatici migratori dell'Africa-Eurasia
African Eurasian Waterbird Agreement (AEWA), stipulato a l'Aja il 15 agosto 1996, il cui articolo 4.1.4 prevede espressamente che le parti contraenti si impegnino a sopprimere l'utilizzazione del piombo per la caccia nelle zone umide entro l'anno 2000.
In tale direzione si inquadra il decreto di codesto Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 ottobre 2007, emanato ad integrazione della disciplina riguardante la gestione dei siti che

formano la rete Natura 2000 in attuazione delle direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE.
Pertanto eventuali deroghe contrasterebbero con il complessivo quadro normativo di riferimento.
Si conclude, quindi, rilevando che al riguardo si è così espresso anche, con un parere del 6 agosto 2008, l'Istituto di Ricerca per la Protezione Ambientale - IRPA -, secondo il quale, l'impiego di pallini di piombo nichelato non costituisce una soluzione valida, in quanto il sottile strato di nichel che ricopre i pallini viene comunque intaccato durante la permanenza nel tratto digerente degli uccelli e tutto al più, ritarda, ma non elimina la formazione dei sali di piombo all'origine del saturnismo. Lo stesso nichel, inoltre, dà luogo a fenomeni di tossicità nel caso si superino alcuni valori di concentrazione.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

DIVELLA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso da numerosi candidati al concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 5.083 volontari di ferma prefissata quadriennale nell'Esercito, nella Marina, compreso il Corpo delle Capitanerie di porto, e nell'Aeronautica (Gazzetta Ufficiale 4° serie speciale n. 70 del 9 settembre 2008) che tramite raccomandata AR l'amministrazione della difesa ha comunicato loro il non accoglimento delle domande di partecipazione al medesimo concorso poiché le stesse non risultano redatte su modello riportato in allegato «A» al bando di concorso;
detta motivazione appare quantomeno discutibile atteso che la parte che la l'amministrazione della difesa asserisce non sia stata redatta è riferita ai dati anagrafici dei candidati, che nella maggior parte dei casi all'interrogante consta siano cittadini che hanno in passato partecipato a medesimi concorsi e in alcuni casi siano già stati arruolati in ferma prefissata annuale, pertanto ben a conoscenza dell'attenzione da osservarsi nella compilazione della domanda di partecipazione ad un concorso;
numerosi candidati destinatari delle comunicazioni di esclusione dalla partecipazione al concorso sopra menzionato erano e sono motivati a partecipare al concorso poiché particolarmente interessati ad intraprendere la carriera militare;
numerosi candidati destinatari della comunicazione di esclusione non sono in grado di farsi carico di ricorrere presso il TAR del Lazio o in alternativa proporre ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento di esclusione dalla partecipazione al concorso -:
se ritenga necessario ed urgente avviare giuste iniziative finalizzate ad accertare le cause che potrebbero aver determinato lo smarrimento di parte della documentazione prodotta dai candidati all'amministrazione della difesa e al contempo consentire ai candidati interessati di poter produrre e/o integrare entro un breve termine la parte della documentazione mancante.
(4-01680)

Risposta. - I concorrenti, che in un primo momento erano stati esclusi dall'accesso al concorso richiamato dall'interrogante per avere presentato la domanda di partecipazione su un modello non rispondente a quello allegato al bando, sono stati tutti riammessi alle procedure concorsuali in data 28 novembre 2008.
Infatti, da controlli effettuati su segnalazione dei competenti centri documentali, è emerso che la modulistica pubblicata sul sito internet www.esercito.difesa.it non era conforme a quella pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale: proprio tale circostanza si ritiene possa aver ingenerato errori in sede di compilazione della domanda da parte degli interessati.
Quanto alle perplessità circa l'opportunità di chiedere ai candidati notizie che,

presumibilmente, sono già in possesso di questa amministrazione, si osserva che il T.A.R. per il Lazio - sezione prima bis - con sentenza n. 5686 del 2008 (richiamando un conforme orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato - sezione 5a - sentenza n. 3796 del 2004) ha aderito all'indirizzo giurisprudenziale «coerente con i princìpi di semplificazione, efficienza ed efficacia del procedimento amministrativo, secondo cui nelle procedure concorsuali è consentito all'amministrazione richiedere espressamente nel bando... la produzione, in allegato alla domanda, di valida certificazione comprovante i titoli per esigenze di speditezza nello svolgimento delle procedure selettive».
Peraltro, la competente direzione generale per il personale militare sta predisponendo, compatibilmente con le esigenze di celerità che impongono le operazioni concorsuali, la disciplina delle procedure finalizzate alla diretta acquisizione, presso gli enti ed i reparti delle Forze Armate, dei dati relativi ai candidati in ferma/rafferma in servizio o in congedo, così da reperire le informazioni che risultano già in possesso dell'amministrazione militare ed evitarne, tendenzialmente, la ripetizioni da parte dei concorrenti.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, ZAMPARUTTI, BERNARDINI e MECACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
come riferito dal quotidiano Il Tempo nella sua edizione del 3 gennaio 2009 è stato scoperto a Vetralla, in provincia di Viterbo, un campo di concentramento operativo già nel 1942 che ha ospitato oltre tremila militari catturati dai nazifascisti;
si tratta di una scoperta che si deve a due ricercatori, Roberta De Vito, presidente della cooperativa culturale vetrallese «Il Ventilabro», e a Daniele Camilli, pubblicista, esponente del Codici, relativa a un «campo» che sorgeva su una superficie di 4-5 ettari. Attualmente sono rimasti in piedi, alcuni in buone condizioni, altri diroccati, 13 edifici. Il «campo» poteva ospitare 4.000 prigionieri, militari e sottufficiali catturati dai nazifascisti. I lavori, eseguiti dal Genio Militare, iniziarono nell'aprile 1942. Il 1° luglio il campo spalancò le sue porte ai primi 250 prigionieri inglesi. Nel novembre successivo se ne aggiunsero altri 1.656 ma il lager arrivò a contenere circa 3.300 detenuti, probabilmente tutti britannici. In quel momento risultava essere il terzo in Italia e il primo nel Lazio per numero di prigionieri. La struttura, soppressa il 22 dicembre 1942, fu chiusa il 3 gennaio 1943, di fronte alla temuta invasione nemica. Da un documento del 1° febbraio 1943 emerge che erano in corso i lavori per un nuovo campo ad Acquapendente;
come racconta il dottor Camilli «ormai a Vetralla solo gli ultrasettantenni ricordano il campo. Io mi sono imbattuto per caso nella sua esistenza, incuriosito, nell'ambito di altre ricerche, da quegli edifici di cui pochissimi conoscevano la destinazione. Dopo le prime informazioni orali, ho seguito una flebile traccia su internet e sono entrato in contatto con una studiosa slovena che si occupava di campi per deportati slavi in Italia, la quale mi ha confermato l'esistenza del campo di prigionia di Vetralla. A quel punto insieme a Roberta De Vito abbiamo iniziato a scavare nell'Archivio di Stato di Viterbo e soprattutto di Roma, dove abbiamo ritrovato il faldone con i documenti più interessanti.» -:
se non ritenga che il campo di Vetralla possa diventare un nuovo luogo della memoria, dal momento che, come racconta il dottor Camilli «molti edifici sono distrutti ma tre sono integri e a quattro manca il tetto. Sarebbe un'operazione storica preziosa», e se non ritenga opportuno di doversi attivare in tal senso.
(4-01992)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante

chiede se questo ministero non ritenga opportuno dichiarare quale «luogo della memoria» il campo di concentramento di Vetralla, si osserva quanto segue.
La proposta è meritevole di considerazione, pertanto, ai fini del riconoscimento si è già provveduto ad interessare l'Archivio centrale dello Stato e gli Archivi di Stato di Roma e Viterbo in modo da acquisire elementi in merito alla costruzione e il funzionamento del campo di concentramento e sulla vita dei prigionieri detenuti.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

FAVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro della Giustizia. - Per sapere - premesso che:
il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America ha firmato un ordine esecutivo che contempla la chiusura entro un anno del centro militare di reclusione speciale basato a Guantanamo;
il Vicepresidente degli Stati Uniti Joseph Biden ha successivamente precisato che i detenuti attualmente a Guantanamo non saranno ospitati sul territorio metropolitano americano, ma faranno ritorno ai Paesi d'origine od andranno in Stati terzi;
costituisce motivo di preoccupazione il fatto che l'Italia abbia offerto la propria disponibilità ad ospitare sul proprio territorio alcuni fra i detenuti di Guantanamo che saranno prossimamente liberati e sia già in corso l'esame di una lista di nomi di possibili candidati ad un soggiorno nel nostro Paese;
la preoccupazione è accresciuta dalla circostanza che nessuna di queste personalità potrà essere oggetto di provvedimenti di custodia; sarà invece presumibilmente consentito loro di circolare liberamente, ancorché siano previsti controlli di non meglio specificata natura, con un permesso di soggiorno provvisorio;
le personalità trattenute attualmente a Guantanamo non godono del resto di uno status giuridico idoneo a consentirne il trattenimento in condizioni di reclusione nel nostro Paese, in quanto prigionieri di guerra di fatto cui non è stata riconosciuta la posizione di legittimo combattente, ma ciò non di meno trattasi di individui da considerarsi in massima parte pericolosi, in ragione delle circostanze della loro cattura e della loro stessa successiva detenzione;
non mancano i casi di ex prigionieri detenuti a Guantanamo che abbiano successivamente alla loro liberazione abbracciato organizzazioni jihadiste od impegnate nelle attività insurrezionali in atto in Afghanistan ed Iraq -:
quali siano gli orientamenti del Governo in merito all'eventualità di ospitare in Italia prigionieri detenuti attualmente a Guantanamo, le valutazioni sui rischi derivanti dal loro accoglimento per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico, nonché le misure alle quali si pensa per evitare che gli individui presi in carico dal nostro Paese si dedichino ad attività jihadiste.
(4-02177)

Risposta. - Nel quadro di un approccio comune europeo, che si è andato via via definendo, l'Italia ha manifestato agli Stati Uniti d'America un'apertura di principio nei confronti di eventuali richieste di accoglienza connesse alla chiusura del centro di detenzione di Guantanamo. Si ritiene infatti opportuno dare un concreto segnale di sostegno alla linea d'azione dell'Amministrazione Obama che mira ad affiancare alla assoluta fermezza nella lotta al terrorismo una rinnovata attenzione al rispetto dei diritti umani.
Il quadro di riferimento comune europeo sulla questione dell'eventuale accoglienza di
ex detenuti dal centro di Guantanamo è stato stabilito dal Consiglio giustizia e affari interni del 4-5 giugno.
Il Consiglio ha ribadito, in primo luogo, che le decisioni sull'accoglienza di
ex detenuti e la determinazione del loro status giuridico una volta accolti sono di esclusiva responsabilità e competenza dello Stato membro di accoglienza.


In secondo luogo, ha stabilito che potranno essere accolti
ex detenuti che «hanno ottenuto l'autorizzazione al rilascio» (cleared for release), che gli USA non intendono perseguire, i quali, per valide ragioni, non possono fare ritorno nei loro paesi d'origine e che vogliono essere trasferiti in uno Stato membro. Una volta in Europa, agli ex detenuti potranno essere applicate limitazioni, ivi comprese limitazioni ai diritti di libertà, soltanto sulla base di ragioni ben motivate.
Per far fronte alle questioni legate alla sicurezza ed alla libera circolazione che la presenza in Europa di
ex detenuti potrebbe sollevare, è stato inoltre stabilito che gli Stati membri potranno adottare, se necessario, misure appropriate di tutela, incluse misure che possono limitare la libertà di circolazione di tali soggetti. Ciò vuol dire che ciascun Paese dovrà tenere conto delle preoccupazioni e seguire le indicazioni degli altri Stati membri se vorrà accogliere un ex detenuto.
Infine, le conclusioni del Consiglio prevedono un articolato meccanismo di scambio di informazioni che consenta agli Stati membri di acquisire tutti i dati del caso sui soggetti da trasferire e di tenere al corrente i
partners sulle soluzioni giuridiche adottate (status accordato, successivi cambiamenti di residenza, migliore pratiche di integrazione) e su eventuali provvedimenti che limitino la libertà di circolazione degli ex detenuti.
Il quadro di riferimento europeo fa quindi salva l'autonomia degli Stati membri per quanto riguarda la eventuale accoglienza ad
ex detenuti di Guantanamo ma tiene al tempo stesso adeguatamente conto della esigenza di salvaguardare una serie di interessi comuni, a cominciare da quelli, da lei evocati, relativi al profilo di sicurezza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra - Sezione di Verona - è un ente dotato di personalità giuridica dal 1918 e agisce da allora a favore dei propri associati residenti nella città e nella provincia;
gli iscritti sono gli invalidi e mutilati della prima e seconda guerra mondiale e le relative vedove, nonché le vedove di guerra, cui l'Associazione provvede con vari interventi al reinserimento nella vita civile ed alla tutela degli interessi morali e materiali;
nel 1934, grazie a donazioni di enti cittadini e privati, a favore di questa Sezione, viene costruita la «Casa del Mutilato» di Verona, sita in via dei Mutilati, 8 - Verona, da allora sede della Sezione veronese;
l'Associazione di Verona opera, così come le altre Associazioni territoriali, nell'ambito dell'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra (riconosciuta quale ente morale nel 1929) pur mantenendo la propria autonomia decisionale e patrimoniale;
ora la sede centrale di Roma intende procedere all'alienazione della sede di Verona;
conseguentemente la sezione provinciale di Verona vedrà seriamente compromessa la possibilità di tutelare gli interessi morali e materiali dei propri iscritti attraverso l'assistenza prevista dallo Statuto nazionale a seguito del mancato trasferimento dei fondi dalla sede centrale di Roma verso quella veronese;
già durante la precedente legislatura, nella seduta del 2 agosto 2006, l'odierno interrogante aveva presentato un'interrogazione, la n. 4-00824, nella quale venivano sollevate le questioni ora esposte. L'interrogazione, però, non aveva ricevuto risposta;
la questione è ora tornata agli onori della cronaca locale, anche alla luce della prevista sentenza del Tribunale di Verona per l'estate del 2009 in merito alla vertenza

sorta tra la sede provinciale e la sede regionale -:
quali siano le concrete prospettive della sede provinciale di Verona, anche alla luce degli ipotizzati accordi con l'amministrazione comunale di Verona che prevederebbero una destinazione ad attività di carattere culturale.
(4-02786)

Risposta. - La sezione di Verona è una delle articolazioni territoriali dell'associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, ente morale dotato di personalità giuridica di diritto privato.
I rapporti tra i soci e l'ente e tra quest'ultimo e le sue strutture territoriali (sezioni locali, provinciali e nazionali) sono disciplinati dalle norme statutarie e dal codice civile.
In tale quadro normativo, il Ministro della difesa non ha alcun potere di intervento sul caso specifico rappresentato nell'atto in argomento e non è in grado di poter fornire valutazioni in merito, non rientrando l'immobile oggetto del contendere nella consistenza patrimoniale del Ministero della difesa.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il problema del personale pubblico in assegnazione di utilizzo temporaneo (comandato e fuori ruolo), coinvolge oltre a molte amministrazioni ministeriali, anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
nell'ultimo ventennio si è registrato, a causa del generale blocco delle assunzioni, un utilizzo di personale comandato, cioè proveniente da altre amministrazioni pubbliche, che è stato chiamato a prestare la propria attività lavorativa sia per la peculiare professionalità e competenza, non rinvenibile nell'amministrazione di destinazione, sia per sopperire alle crescenti carenze di organiche rispetto ai nuovi compiti istituzionali;
tale massiccio utilizzo di personale comandato, in servizio per i superiori interessi delle varie amministrazioni presso strutture diverse da quelle di appartenenza, ha portato ad un uso distorto dell'istituto del comando che da «temporaneo» è divenuto «permanente», atteso che lo status aleatorio dei funzionari comandati si protrae da decenni;
il fatto stesso che venga ripetuta, da molti anni, la conferma-reiterazione del provvedimento di comando nei confronti dei medesimi dipendenti dimostra, inequivocabilmente, che l'apporto di professionalità reso da tale personale è indispensabile per il funzionamento dei vari segmenti operativi delle amministrazioni ove esplicano la loro attività lavorativa e perciò stesso è palesemente evidente la volontà dell'amministrazione di non privarsi di detti dipendenti;
in base al «conto tesoro» i lavoratori del comparto Ministeri in posizione di comando fuori ruolo, in servizio cioè presso amministrazioni diverse da quelle di originaria appartenenza, ammontano a 6.500 unità, senza alcuna certezza circa la propria futura sede di servizio, con riverberi negativi sia per quanto attiene lo sviluppo di carriera e in prospettiva sui trattamenti di pensione e di quiescenza;
alla luce della vetusta questione della stabilizzazione del personale comandato, già affrontato e non risolto dai precedenti Esecutivi ed in considerazione del fatto che in sede di approvazione dell'A.C. 2161, sono stati accolti nella seduta parlamentare del 17 ottobre 2007 due ordini del giorno con i quali si impegna il Governo: dare attuazione alla stabilizzazione del personale comandato;
diversi parlamentari ebbero a proporre un emendamento al disegno di legge «Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme

in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali» - A.C. 1441-quater intesa a regolarizzare la posizione di stato del personale in argomento, recepito ed accolto dall'XI Commissione Lavoro della Camera, ma respinto in aula;
l'operazione di stabilizzazione del personale de quo è in linea con le scelte dell'Esecutivo in materia di risparmio di spesa perché consisterebbe in un trasferimento della partita stipendiale dall'amministrazione di appartenenza a quella di destinazione con contestuale soppressione del posto in organico presso l'amministrazione di origine;
la regolarizzazione di tale personale del comparto ministeri, comporta altresì delle economie di gestione in quanto il personale in argomento è contemporaneamente gestito da due uffici del personale, quello dell'amministrazione di appartenenza e quello ove presta servizio-:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di stabilizzare la posizione del personale in assegnazione temporanea e quali iniziative legislative si intendano promuovere per meglio disciplinare l'istituto del comando stabilendo, in ogni caso, un limite temporale ben definito, oltre il quale sia reso obbligatorio per l'amministrazione procedere alla stabilizzazione del personale in posizione di prestito, al fine di non rendere durature nel tempo situazioni di stato aleatorie e precarie;
se non si ravvisi la necessità di assumere urgenti iniziative legislative volte a stabilizzare detti lavoratori (senza oneri aggiuntivi) presso le varie amministrazioni dello Stato ed in particolare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dove il problema è più pressante ed eclatante realizzando, finalmente, organici stabili ed adeguati e superando l'anacronistica distinzione tra organici di diritto e organici di fatto.
(4-03148)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante richiama l'attenzione sulla situazione dei pubblici dipendenti collocati in posizione di comando e fuori ruolo presso le amministrazioni centrali dello Stato e la Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
Tali dipendenti pubblici - quantificati dal Dipartimento del tesoro in circa 6.500 unità - sono stati inviati temporaneamente a prestare la loro attività lavorativa presso amministrazioni diverse da quelle di appartenenza in ragione dell'assenza, presso le amministrazioni stesse, di alcune specifiche professionalità.
I relativi provvedimenti amministrativi di «comando», che per loro natura dovrebbero essere temporanei, sono stati, tuttavia, reiterati nel tempo, assumendo così carattere di lunga durata.
La posizione temporanea in altra amministrazione determina, secondo l'interrogante, alcuni effetti negativi, tra i quali, la perdita di benefici contrattuali ed economici, ripercussioni sui trattamenti pensionistici. Il problema è stato affrontato in vari disegni di legge presentati da forze politiche di maggioranza ed opposizione ma sino ad oggi non ha avuto soluzione.
Per quanto di competenza del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, si evidenzia che nello schema di decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, già esaminato, in via preliminare dal Consiglio dei Ministri e attualmente inviato al Parlamento per il prescritto parere, sono contenute due norme volte a semplificare la mobilità dei pubblici dipendenti nonché ad agevolare anche il trasferimento del personale in comando o fuori ruolo presso le amministrazioni di servizio.
La prima norma modifica l'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di mobilità intercompartimentale e prevede la definizione di una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione; ciò consentirà, dunque, di risolvere le problematiche connesse alla determinazione dei livelli di inquadramento, soprat

tutto fra il personale delle amministrazioni dello Stato e quello degli altri settori pubblici.
La seconda norma modifica, invece, l'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevedendo, pertanto, che con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano disposte le misure per agevolare i processi di mobilità, anche volontaria, al fine di garantire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico.
Nel predetto decreto sarà possibile prevedere, altresì, specifiche misure per agevolare il trasferimento del personale in assegnazione temporanea nei ruoli delle amministrazioni dove presta servizio, anche in considerazione dei risparmi di spesa e di gestione che ne derivano.
Per quanto concerne in particolare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'interrogante evidenzia, poi, la consistente presenza di personale in comando e fuori ruolo, necessario per lo svolgimento di compiti istituzionali che richiedono, per la loro particolare complessità, specifiche professionalità e competenze.
Al riguardo, si precisa che è stato necessario assegnare personale di altre amministrazioni alla Presidenza del Consiglio poiché, a seguito della riorganizzazione avvenuta con la legge 8 agosto 1988, n. 400 e con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, sono state costituite nuove strutture, anche a carattere speciale, per far fronte alle accresciute esigenze funzionali.
Premesso che la Presidenza del Consiglio è regolata da una normativa speciale anche per quanto concerne la gestione del personale, occorre ricordare che la stessa deve, comunque, procedere, ai sensi del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ad una ulteriore riorganizzazione delle proprie strutture ed alla conseguente rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale.
In attesa di tale adempimento l'individuazione di vacanze utili nella dotazione organica è estremamente incerta e non si può, a breve, procedere all'inquadramento proposto dall'interrogante.
Infine, allo scopo di fornire una utile ed esauriente risposta ai quesiti posti dall'interrogante, risulta necessario illustrare, in forma analitica e dettagliata, un cospicuo catalogo di dati numerici relativi, da un lato, alle diverse tipologie di personale impiegato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, dall'altro, alle disposizioni normative in base alle quali lo stesso presta servizio nelle varie strutture della suddetta Amministrazione.
Pertanto, si rinvia alla tabella allegata che contiene i dati relativi ai dipendenti delle aree funzionali, in assegnazione temporanea, appartenenti al comparto Ministeri in servizio presso la Presidenza del Consiglio.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

GRIMOLDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la società milanese «Redini Lunghe» ha da tempo avanzato la proposta di realizzare un «Museo delle Carrozze e dei viaggi dell'800» all'interno del complesso della Villa Reale di Monza; l'iniziativa ha avuto il benestare della Soprintendenza ai beni ambientali della Lombardia e dei Comuni di Monza e di Milano ed il supporto di varie associazioni di Monza e Milano;
la scelta della Villa Reale si vuole riallacciare alla tradizione ed agli esempi italiani e stranieri che presentano analoghi musei insediati in ville monumentali fuori dalle mura urbane od a palazzi di città;
l'ideale ubicazione per questo museo è proprio la Villa Reale di Monza per diverse ragioni: storicamente rappresenta la villa di villeggiatura della Casa Regnante in Lombardia; gli immobili delle ex scuderie e delle rimesse sono adatti, per tipologie costruttive e continuità storica, ad ospitare ed esporre le carrozze; le dimensioni del fabbricato delle scuderie e delle rimesse è superiore a 2000 mq, ed esso è quindi idoneo a contenere sia le carrozze che gli accessori, il materiale del Museo dei viaggi e quant'altro previsto dal progetto; l'accesso carraio, le altezze, le dimensioni e le caratteristiche architettoniche di tale area sono uniche e non sono reperibili in altri fabbricati, seppur monumentali;
se dovesse essere perduta l'opportunità di insediare il museo presso la Villa Reale, non vi sarebbero che alternative di ripiego, a discapito del valore culturale ed artistico del patrimonio da esporre e della sua contestualizzazione ambientale;
l'importanza di un museo delle carrozze è fondamentale anche per il fatto che questo immenso patrimonio artistico, storico e culturale, è mal conservato e poco conosciuto in Italia; difatti, l'idea del museo nasce dalla constatazione che molte carrozze antiche, di proprietà sia pubblica che privata, venivano irrimediabilmente perdute a causa dell'incuria dei rispettivi proprietari;
Milano è stata la sede di moltissimi artigiani carrozzieri quali Bugatti, Cesare Sala, Francesco Belloni, Pavesi & Crespi, Enrico Orseniga; ciò nonostante molte carrozze fabbricate in Lombardia sono esposte in musei stranieri -:
se il Ministro non ritenga necessario valorizzare questo patrimonio artistico, storico e culturale di immensa importanza, patrocinando l'istituzione del Museo delle Carrozze e dei viaggi dell'800 presso la Villa Reale di Monza.
(4-02035)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, con la quale l'interrogante intende conoscere se questo ministero non ritenga opportuno patrocinare l'istituzione del «Museo delle Carrozze e dei viaggi dell'800» presso la Villa Reale di Monza, si osserva quanto segue.
Il complesso monumentale della Villa Reale di Monza, nella quale si intende realizzare il Museo in questione, al momento è interessato da un progetto preliminare di recupero e valorizzazione a seguito di un concorso predisposto dalla regione Lombardia e dal comune di Monza.
Quanto alla proposta di realizzazione del «Museo delle Carrozze e dei Viaggi dell'800», questo ministero la ritiene condivisibile in quanto è volta a valorizzazione il patrimonio artistico, storico e culturale della città di Monza.
Ma tale proposta, prima di essere inserita nel progetto esecutivo di valorizzazione della Villa Reale di Monza, dovrà essere maggiormente approfondita ed esaminata nelle dimensioni e nei contenuti.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

LABOCCETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
risulta da varie notizie di stampa che circa quattro anni or sono il sindaco di Roma Veltroni, utilizzando parte dei fondi per Roma Capitale, deliberò, nell'ambito dell'operazione Museo del Giocattolo, che fu da lui stesso definito «un grande fatto culturale che permetterà una rivisitazione dei costumi e del rapporto tra la società ed il gioco in più di cento anni di storia recente, un luogo per tutti, perché dentro ognuno di noi si nasconde un bambino», uno stanziamento pari a euro 5.300.000, su un totale di euro 12.000.000; che euro 4.500.000 sarebbero serviti per l'acquisizione della collezione dei giocattoli antichi (trenini, bambole, pupazzi di pregiata fattura per complessivi 10.664 pezzi per un totale di oltre 33.000 componenti di gioco) dalla società Ellesse di tale Leonardo Servadio, che si occupa fra l'altro di ristorazione, la quale aveva tentato vanamente di cederla al Comune di Perugia; che il costruendo museo si sarebbe realizzato nelle scuderie Reali del parco di Villa Ada, polmone verde della città di Roma, a due passi da Via Veneto;
risulta altresì che, a vicenda iniziata alla fine del 2004, un ampio tratto della suddetta Villa Ada, comprendente anche tre edifici dell'800, venne improvvisamente recintato e affidato in gestione alla società Antiqua 2001 che vi avrebbe dovuto realizzare un mega ristorante, pagando un affitto del tutto irrisorio e pari a euro 1.900 annui;
nel novembre 2004 saltò fuori un protocollo d'intesa tra il Comune di Roma e l'associazione temporanea Antiqua 2001 con il WWF Italia per la realizzazione del museo, accordo poi disconosciuto da Fulco Pratesi;
va ricordato che ai sensi della legge n. 396 del 1990, recante «Interventi per Roma, capitale della Repubblica» è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per Roma capitale, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, che approva il programma degli interventi e provvede alla ripartizione per settori delle risorse disponibili -:
di quali elementi disponga sulla vicenda descritta in premessa, in particolare in ordine alla destinazione effettiva delle risorse stanziate ai sensi della legge n. 396 del 1990.
(4-00422)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di quali elementi informativi disponga questo Ministero in merito al progetto di realizzazione del «Museo del Giocattolo» e, in particolare, in ordine alla destinazione effettiva delle risorse stanziate ex lege 15 dicembre 1990, n. 396, si osserva quanto segue.
Gli edifici competenti di questo Ministero relativamente al progetto del «Museo del Giocattolo», sono stati coinvolti al fine di valutare la compatibilità dello stesso con i vincoli archeologici, ambientali, storici, artistici e territoriali, quindi esclusivamente per il rilascio delle relative autorizzazioni.
In particolare, le soprintendenze per i beni archeologici e per i beni architettonici di Roma, convocate a partecipare alla conferenza dei servizi del 26 luglio 2007, hanno espresso il loro parere tecnico favorevole sul progetto di realizzazione del Museo in questione. A tale parere si è poi anche allineata la direzione regionale per i beni culturali del Lazio.
Quanto alla destinazione delle risorse stanziate ai sensi della legge n. 396 del 1990, è opportuno osservare che l'inserimento del progetto in questione tra quelli da finanziare con le risorse assicurate dalla predetta legge per gli «Interventi per Roma, capitale della Repubblica», non spetta a questo Ministero, coinvolto nel progetto solo ai fini autorizzatori, ma al comune di Roma.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

LABOCCETTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a seguito di un recente intervento effettuato dalla polizia municipale di Napoli è stato accertato, in maniera tangibile, che all'interno del Museo Madre (Museo d'Arte contemporanea Donna Regina), soggetti di cui al verbale di polizia organizzavano feste private, mascherate da eventi culturali;
queste attività sono avvenute con il consenso tacito, o quanto meno omissivo, della direzione del Museo, nominata dall'amministrazione Comunale;
nel Museo sono conservate rilevanti opere di Bianchi, Clemente, Fabro, Kounellis, Lewitt, Paladino, Serra e altri artisti dotati di elevate quotazioni nel mercato d'arte;
le feste in oggetto si sono trasformate in vere e proprie attività da discoteca tali da mettere a rischio l'integrità delle opere e prive delle prescritte autorizzazioni di sicurezza;
secondo il verbale di polizia veniva addirittura pagato un biglietto di ingresso di 10 euro, di cui non si conoscono i destinatari finali;
da notizie di stampa parrebbe che tali attività si svolgano in assenza dell'autorizzazione della SIAE, dei vigili del fuoco e con somministrazione di bevande alcoliche;
l'amministrazione comunale era già stata messa in guardia circa queste attività, illegittime e poco consone al luogo -:
quali accertamenti, secondo le rispettive competenze, ed eventualmente quali provvedimenti si intendano porre in essere al riguardo, e se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda assumere iniziative per accertare eventuali danni a beni esposti.
(4-01595)

Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede quali iniziative intenda porre in essere questo Ministero per accertare gli eventuali danni riportati alle opere d'arte site presso il museo Madre (Museo d'arte contemporanea Donnaregina), nel quale secondo l'interrogante, si svolgono feste private mascherate da eventi culturali, si osserva quanto segue.
Il museo Madre, di pertinenza della Regione Campania, è gestito da una fondazione culturale alla cui costituzione questa Amministrazione non ha partecipato.
Per quel che attiene la compatibilità fra le attività di intrattenimento organizzate in alcuni degli spazi della struttura espositiva e le opere d'arte ivi esposte, si fa presente che le opere presenti nel Madre non costituiscono una «collezione» in senso proprio, di pertinenza regionale, in ordine alla quale, ove esistente, questa Amministrazione avrebbe incombenze di tutela, ai sensi degli articoli 10, comma 2, e 20, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio: infatti le raccolte esposte sono soltanto date in comodato al Madre e poiché afferiscono all'arte contemporanea, non sono oggetto di tutela perché non presentano i requisiti oggettivi per la sottoponibilità a tutela (ultracinquantennalità e non esistenza in vita dell'autore o degli autori).
Inoltre, i locali utilizzati per gli intrattenimenti segnalati dall'interrogante non interessano gli ambienti della chiesa gotica, collegata al Palazzo di Donnaregina e che il comune ha concesso in comodato alla fondazione che gestisce il museo, per i quali si porrebbe, evidentemente, un problema di usi compatibili, attesa la dignità storica e la valenza religiosa dell'edificio, già sede di culto.
Tanto chiarito per quel che attiene al profilo della competenza istituzionale di questo Ministero in materia, c'è altresì da segnalare, in conformità a quanto evidenziato dalle strutture ministeriali periferiche, che gli ambienti deputati agli intrattenimenti di cui è questione sono comunque distinti da quelli specificamente destinati a funzioni espositive.
Per quel che riguarda, poi, la sicurezza delle opere esposte, durante lo svolgimento degli intrattenimenti di che trattasi, si precisa

che la stessa è questione che interessa l'ente gestore della struttura museale, la Regione e i proprietari delle opere d'arte contemporanea ivi depositate in comodato.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MIGLIORI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si apprende che, su proposta del Ministro interrogato, sarà la Val d'Orcia (Siena) il territorio-pilota per la candidatura a patrimonio mondiale dell'Unesco della «via francigena», l'antica strada che portava i pellegrini «romei», con un percorso di 800 chilometri, dal Gran San Bernardo fino a Roma;
qualora tale candidatura fosse accolta, la Val d'Orcia diventerebbe l'unico territorio, a livello mondiale, con tre siti dell'Unesco al suo interno, considerati il centro storico di Pienza e il Parco artistico naturale e culturale della Val d'Orcia, su cui insiste uno dei tratti più significativi della via francigena;
ciò costituirebbe un ulteriore elemento di promozione economico-turistico-culturale per il territorio senese -:
quale sia l'iter stabilito al fine del raggiungimento dell'obiettivo in esame;
quali iniziative intenda concretamente organizzare, eventualmente di concerto con altri Ministeri, onde ottenere dall'Unesco l'approvazione della suddetta candidatura.
(4-01959)

Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto con la quale l'interrogante chiede quale sia l'iter stabilito al fine di iscrivere la «via Francigena» tra il patrimonio mondiale United Nations Educational Scientific and Cultural Organization (UNESCO) e quali iniziative voglia intraprendere questo ministero al fine di ottenere dall'UNESCO l'approvazione di tale candidatura, si osserva quanto segue.
Nel territorio della provincia di Siena sono oggi presenti quattro siti UNESCO.
In particolare il centro storico di Siena, il centro storico di Pienza, il centro storico di San Gimignano e la Val d'Orcia.
I due siti UNESCO della Val d'Orcia e di Pienza sono apparentemente sovrapposti.
In realtà, la perimetrazione del sito UNESCO della Val d'Orcia, esclude il centro storico di Pienza; pertanto i due siti UNESCO, nelle loro perimetrazioni, non si sovrappongono, pur essendo uno (Pienza) dentro l'altro (Val d'Orcia).
In merito alla proposta di iscrizione della via Francigena nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO, ad oggi è stata avviata una prima attività di ricognizione sul territorio che la via Francigena attraversa (da Roma fino al confine francese), e presso alcune istituzioni territoriali, al fine di verificare un possibile percorso di candidatura.
Successivamente, dopo aver individuato un'ipotesi di perimetrazione, sarà possibile predisporre la documentazione per l'inserimento del sito nella lista propositiva italiana, che rappresenta il primo passo per l'avvio formale della candidatura.
In un secondo momento, insieme alle amministrazioni coinvolte, dovrà essere predisposta tutta la documentazione: ossia il dossier e il piano di gestione.
Questo ministero, una volta accertata la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dall'UNESCO, ha il compito di avviare formalmente la candidatura del sito culturale prescelto, attraverso l'inoltro della documentazione al centro del patrimonio mondiale, per tramite del Ministero degli esteri - rappresentanza italiana presso l'UNESCO.
Per quanto riguarda le fasi successive, il procedimento di candidatura è rigidamente individuato nelle procedure dell'UNESCO e descritto nelle linee guida per l'attuazione della convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale.
Dopo circa un anno e mezzo di valutazione da parte degli organismi tecnici internazionali competenti, il comitato del patrimonio mondiale perverrà ad una decisione

circa l'iscrizione o meno del sito nella lista UNESCO.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MINARDO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 i comuni di Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli nel territorio della Val di Noto sono entrati nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO per la presenza di edifici simbolo del tardo barocco siciliano;
nel marzo 2005 l'Assessorato alle attività culturali della regione Sicilia ha promosso un'iniziativa finalizzata a valorizzare la suddetta Val di Noto attraverso la sperimentazione del cosiddetto «Treno Barocco»;
il Treno Barocco, composto da tre carrozze d'epoca Cento - porte trainate dalla storica locomotiva 740.244, attraversava l'intera valle permettendo di ammirare con una prospettiva molto suggestiva i suddetti comuni della Val di Noto;
l'iniziativa, successivamente, non ebbe seguito fino a quando il treno museo Modica-Ragusa non venne inserito nel 2007 nei sette siti individuati da Maratonarte, progetto promosso dal Ministro per le attività culturali Rutelli nato con lo scopo di valorizzare il patrimonio storico-artistico del nostro Paese partendo proprio da luoghi meritevoli di promozione;
secondo il progetto di Maratonarte, progetto che coinvolgeva le Ferrovie dello Stato, la Sovraintendenza della Provincia di Ragusa e il Comune di Modica, finalizzato anche al recupero architettonico di alcuni edifici della stazione di Modica, uno degli impianti di maggiore importanza per posizione nel circuito turistico, dimensione e valore architettonico, l'inaugurazione del treno museo, che doveva accogliere al suo interno una carrozza con installazioni d'arte con tecnologie digitali e video installazioni, era prevista per il 2 marzo 2008;
il progetto, al quale in corso d'opera sono state apportate significative modifiche come l'utilizzo non più della locomotiva a vapore ma di una locomotiva diesel, attende ancor oggi la sua realizzazione -:
quali siano le ragioni che hanno bloccato l'avvio dell'iniziativa treno museo Modica-Ragusa promossa da Maratonarte;
se e quali iniziative il Ministro interrogato voglia intraprendere al fine di promuovere l'iniziativa Treno Barocco nella Val di Noto, occasione imperdibile al fine della promozione di un territorio dichiarato patrimonio dell'umanità dell'Unesco, meritevole di un'accurata opera di valorizzazione al fine dello sviluppo culturale e turistico della Sicilia.
(4-01574)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante chiede di conoscere le ragioni che hanno bloccato l'avvio dell'iniziativa del treno-museo Modica-Ragusa promossa da Maratonarte, si osserva quanto segue.
Il progetto in questione è il frutto di un accordo tra le Ferrovie dello Stato, la soprintendenza di Ragusa, il comune di Modica e Maratonarte.
In base a tale accordo, la soprintendenza delle province di Ragusa si è assunta l'impegno di fornire il materiale per i contenuti della mostra e il comune di Modica di garantire i servizi di animazione territoriale nelle giornate di esercizio del treno.
Le Ferrovie dello Stato si sono assunte l'onere dei lavori di ripristino e di adeguamento della stazione di Modica e il restauro di parte degli immobili della stazione della città.
La contribuzione, a consuntivo, sui costi di esercizio del treno museo è invece a carico di Maratonarte.
L'inaugurazione del treno museo che era prevista per il 2 marzo 2008, è stata posticipata a giugno 2009 in quanto solo in data 25 luglio 2008 le Ferrovie dello Stato

hanno comunicato che i lavori di restauro della stazione di Modica sono stati ultimati, mentre i lavori di allestimento della carrozza museo sono ancora in corso.
Il consiglio direttivo di Maratonarte il 15 settembre 2008 ha informato le predette Ferrovie dello Stato di aver adottato la deliberazione sull'erogazione delle risorse vincolate ai fini istituzionali previsti dallo statuto del comitato.
Allo stato attuale l'
onlus Maratonarte è in attesa dei dati occorrenti per la materiale assegnazione delle risorse relative al finanziamento del progetto in questione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

MIOTTO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, al comma 11, prevede che le amministrazioni pubbliche possano risolvere il rapporto di lavoro con i propri dipendenti che abbiano maturato l'anzianità contributiva di 40 anni;
in applicazione di tale norma alcuni Direttori generali hanno inviato la lettera di preavviso a dirigenti medici che hanno già maturato i 40 anni contributivi o che li matureranno fra breve;
nel frattempo, il progetto di legge AS 847 ha introdotto una esclusione dalla applicazione della predetta norma, all'articolo 5, comma 3, per i primari ospedalieri;
sarà affidato al lavoro parlamentare sull'atto Camera 2031 ogni modifica della formulazione introdotta dal Senato, superata da tempo, ma fin d'ora è necessario prevedere norme atte a rimuovere atti e procedure, nel frattempo attivate, in forza della precedente norma -:
quali iniziative intenda assumere per consentire di rientrare in servizio ai dirigenti medici che cessano dal servizio in questi giorni o sono già cessati per dimissioni volontarie, a seguito del preavviso ricevuto ai sensi dell'articolo 72, comma 11, della legge n. 133 del 2008.
(4-02196)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'interpretazione e l'applicazione dell'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge n. 15 del 2009, ai dirigenti medici, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 72, comma 11, decreto-legge 25 giugno 2008, a 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha stabilito che «Nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi». L'articolo 6, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n. 15, ha modificato il citato articolo 72, subordinando l'esercizio della facoltà di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro al compimento «dell'anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni».
Durante la vigenza della versione originaria della disposizione in esame e prima dell'entrata in vigore della modifica arrecata dall'articolo 6, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n. 15, varie pubbliche amministrazioni, anche sanitarie, hanno avviato l'attuazione della norma manifestando, a seconda dei casi, il mero intento di risolvere il contratto di lavoro con i dipendenti in possesso del requisito prescritto dalla legge ovvero procedendo, senz'altro, alla risoluzione del rapporto con lettera di recesso unilaterale.
La legge 4 marzo 2009, n. 15, ha modificato il requisito previsto ai fini della risoluzione del contratto richiedendo, in luogo del compimento dell'anzianità massima contributiva, l'effettivo raggiungimento dell'anzianità di 40 anni di servizio effettivo, con evidente riduzione dell'ambito di applicazione della disposizione. A fronte della novella così intervenuta le pubbliche

amministrazioni hanno fornito interpretazioni divergenti circa la sorte degli atti di risoluzione dei rapporti medio tempore annunciati ovvero inviati e circa l'opportunità che gli stessi atti fossero annullati in via di autotutela dai datori di lavoro pubblici. In particolare, con il passaggio dall'anzianità massima contributiva di 40 anni all'anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni, numerosi dipendenti pubblici - legittimamente destinatari di una comunicazione di recesso con preavviso durante la vigenza della «vecchia» disciplina - sono risultati non aver maturato l'anzianità richiesta dal successivo articolo 6, comma 3, della legge n. 15 del 2009.
L'evoluzione del quadro normativo ha dato luogo a numerose e concrete ipotesi applicative, la cui disamina è necessaria per giungere a risultati interpretativi il più possibile coerenti con le diverse fattispecie.
In primo luogo, merita di essere vagliata l'ipotesi in cui il dipendente pubblico aveva maturato il requisito di «anzianità massima contributiva» e la pubblica amministrazione aveva esercitato, nel vigore della versione originaria dell'articolo 72, comma 11, la facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro, concedendo il preavviso
ex lege di sei mesi. Durante il decorso dei sei mesi di preavviso è, però, entrata in vigore la nuova versione della disposizione.
La corretta soluzione di questa fattispecie impone un preliminare esame circa l'efficacia del preavviso, al fine di verificare l'impatto dello
ius superveniens (costituito dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 15 del 2009) sull'atto di esercizio della facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro.
Va osservato,
in primis, che la risoluzione del rapporto di lavoro con preavviso di sei mesi va ricondotta alla disciplina generale del licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato prevista dall'articolo 2118 del codice civile. Tale disposizione prevede, infatti, la facoltà per ciascuno dei contraenti di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti (comma 1). Esiste, però, una importante differenza tra le due discipline, laddove il comma 2 dell'articolo 2118 del codice civile prevede che in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. In sostanza, mentre l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, stabilisce che le pubbliche amministrazioni «possono risolvere... il rapporto di lavoro con uno preavviso di sei mesi», imponendo, pertanto, un periodo minimo di preavviso; al contrario, l'articolo 2118 codice civile autorizza il soggetto recedente a corrispondere un'indennità sostitutiva in luogo del preavviso.
In secondo luogo, va rilevato che la giurisprudenza di legittimità si è divisa circa l'efficacia del preavviso di licenziamento (o recesso)
ex articolo 2118 del codice civile. Per un verso, alcune pronunce della Suprema Corte hanno optato per il principio dell'efficacia reale del preavviso, statuendo che «durante il decorso dello stesso, proseguono gli effetti del contratto, tanto che... si applicano le norme di legge o collettive medio termine entrate in vigore» (Cassazione civile sezione L, 21 novembre 2001, n. 14646; cfr., ex pluribus, Cassazione civile sezione L, 30 agosto 2004, n. 17334; Cassazione civile, sezione L, 8 maggio 2004, n. 8797). In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che il principio base al quale il preavviso di licenziamento comporta la prosecuzione del rapporto di lavoro e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine è derogabile solo per accordo delle parti, potendo pertanto realizzarsi la sostituzione dell'indennità al preavviso e l'anticipata risoluzione del rapporto di lavoro ove la parte non recedente lo consenta.
Recenti arresti della Corte di cassazione hanno, per altro verso, preso posizione a favore dell'efficacia obbligatoria del preavviso, sostenendo che «nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva e senza che da tale momento possono avere influenza eventuali

avvenimenti sopravvenuti» (Cassazione civile sezione L, 21 maggio 2007, n. 11740; cfr., ex pluribus, Cassazione civile, 11 giugno 2008, n. 15495). In particolare, il recesso, senza preavviso, può essere ritenuto immediatamente efficace, considerandosi l'obbligazione del pagamento della conseguente indennità come alternativa rispetto all'obbligo di dare il preavviso.
Dai termini del contrasto giurisprudenziale in atto sull'efficacia del preavviso di licenziamento, possono trarsi - a prescindere dall'adesione all'una ovvero all'altra teoria - decisivi argomenti ai fini di una corretta soluzione dell'ipotesi in esame:

a) se si opta per la tesi dell'efficacia reale del preavviso, non vi sono dubbi circa l'applicazione dello ius superveniens intervenuto nel corso del periodo di preavviso; è da ritenersi illegittima l'eventuale risoluzione del rapporto di lavoro fondata su un requisito vigente solo al momento del recesso e, di conseguenza, doverosa la revoca in autotutela del recesso già intimato;
b) ma, allo stesso modo, anche volendo aderire alla tesi circa l'efficacia obbligatoria del preavviso, la soluzione non appare diversa da quella delineata sub a).

La tesi dell'efficacia obbligatoria del preavviso nasce, infatti, per spiegare la possibilità, nel caso in cui una delle parti intenda esercitare la facoltà di recedere con effetto immediato, di risolvere altrettanto immediatamente il rapporto di lavoro, senza la necessità del consenso della parte non recedente e con il solo obbligo di corrispondere l'indennità sostitutiva.
Poiché nel caso di specie, al contrario, l'articolo 72, comma 11, prevede, a determinate condizioni, la facoltà per le pubbliche amministrazioni di risolvere il rapporto di lavoro, ma impone comunque il riconoscimento al lavoratore di «un preavviso di sei mesi», risulta esclusa a priori,
ex lege, ogni possibilità di attribuire efficacia obbligatoria al medesimo preavviso. Deve, allora, concludersi necessariamente per la natura reale del preavviso e per l'applicazione dello ius superveniens sopravvenuto nel corso del periodo di preavviso, con le conseguenze descritte sub a).
L'ipotesi applicativa di più facile lettura è quella del dipendente che non aveva maturato il requisito dell'«anzianità massima contributiva» nel vigore della disciplina originaria ed al quale l'Amministrazione aveva manifestato solo l'intenzione di procedere ad una successiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento della maturazione del citato requisito.
Se la novella (con l'introduzione del requisito dell'anzianità massima di servizio effettivo) è entrata in vigore prima della maturazione dell'originario requisito, appare evidente l'illegittimità dell'eventuale risoluzione nei confronti di un lavoratore che non ha mai maturato il requisito di anzianità di volta in volta previsto dalla legge.
L'ultima ipotesi è quella in cui il dipendente aveva maturato il requisito di «anzianità massima contributiva» ai fini dell'esercizio della facoltà di risoluzione, ma - prima dell'entrata in vigore della «nuova» disciplina - gli era stata manifestata soltanto l'intenzione dell'Amministrazione di procedere ad una successiva risoluzione del rapporto di lavoro.
Anche in questa caso risulta evidente che deve applicarsi la disciplina introdotta dalla legge n. 15 del 2009 (requisito dell'anzianità massima di servizio effettivo) e che un'eventuale risoluzione, intimata dopo l'entrata in vigore della citata novella e fondata sul requisito dell'anzianità massima contributiva, risulterebbe illegittima e andrebbe revocata, in via di autotutela, dalla Pubblica amministrazione interessata.
Infine, con ciò volendo anche rispondere al quesito dell'interrogante, ho dato mandato ai miei uffici di predisporre una circolare interpretativa che, riprendendo la argomentazioni sopra sviluppate, persegua l'obiettivo di chiarire la portata applicativa della disciplina in esame e di favorire l'uniformità dell'azione della pubblica amministrazione.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

MISITI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
è stato avviato il progetto voluto dal Ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione denominato «Reti amiche» che si prefigge come obiettivo quello di moltiplicare i punti di contatto tra pubblica amministrazione e i cittadini;
tale progetto darà la possibilità ai cittadini di rinnovare o richiedere il passaporto, pagare il riscatto della laurea, pagare contributi di colf e badanti e rilasciare permessi di soggiorno presso gli uffici postali e i tabaccai;
va aggiunto che dal 2000 lo Stato consente all'utente di pagare presso gli uffici di consulenza automobilistica le tasse automobilistiche e ottenere i documenti di circolazione (Targhe, Carta di Circolazione, e Certificato di proprietà) relativamente alle operazioni di immatricolazione, reimmatricolazione e trascrizione atto di vendita degli autoveicoli, motocicli e, dal 2006, ciclomotori;
le attività predette sono svolte dagli studi di consulenza automobilistica con professionalità e competenza tanto che a tutt'oggi non sono mai stati segnalati casi di gravi irregolarità dagli uffici ispettivi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
se, tenendo conto della professionalità degli studi di consulenza automobilistica e disponibilità a offrire il loro contributo per la semplificazione nella pubblica amministrazione, il Ministro non ritenga opportuno coinvolgere e inserire anche le suddette agenzie nel progetto «Reti amiche».
(4-03240)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in oggetto, con la quale l'interrogante chiede se non sia opportuno coinvolgere nel progetto «Reti amiche» gli studi di consulenza automobilistica, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, occorre evidenziare che il progetto Reti amiche è finalizzato a semplificare l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione in termini di modalità, costi e tempi di attesa. Esso viene attuato per mezzo della collaborazione tra lo Stato ed i privati che dispongono di reti capillari sul territorio.
I predetti soggetti privati possono, pertanto, chiedere la concessione del marchio «Reti amiche» presentando apposita domanda al dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica e stipulare conseguentemente convenzioni con le pubbliche amministrazioni per l'erogazione dei servizi pubblici ai cittadini ed alle imprese.
Ne deriva, quindi, con ciò volendo rispondere allo specifico quesito posto dall'interrogante, che anche le agenzie di consulenza automobilistica possono facilmente accedere al progetto e far includere in esso il servizio di loro competenza.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

NICOLA MOLTENI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a dispetto delle rassicurazioni fornite dal Governo al Parlamento il 18 febbraio 2009, continuano ad infittirsi le voci relative al possibile arrivo in Italia di uno o più detenuti attualmente agli arresti nel centro di reclusione speciale di Guantanamo, ma in procinto di essere liberati;
tra le persone che potrebbero rientrare nel nostro Paese vi è anche l'egiziano Fathy Sherif el Meshad, trentaduenne, che avrebbe espresso il proprio desiderio di tornare nel suo ultimo luogo di residenza, cioè a Camerlata, nei pressi di Como, dove tra l'altro risiederebbe un suo parente;
il predetto Fathy Sherif el Meshad ha vissuto sino al 2001 in prossimità della moschea di Via Pino, ormai chiusa da circa quattro anni, prima di recarsi in Afghanistan, dove sarebbe stato successivamente catturato dalle forze militari alleate;

sono acclarati i rapporti tra il predetto Fathy Sharif el Meshad e l'algerino Chaabane Bouruche, espulso a suo tempo dal territorio nazionale in quanto socialmente pericoloso -:
se il Governo intenda tener fede a quanto dichiarato dal suo Ministro per i Rapporti con il Parlamento il 18 febbraio 2009 a proposito del fatto che l'Italia non darà ospitalità ad alcun detenuto proveniente da Guantanamo, ivi compreso l'egiziano Fathy Sherif el Meshad.
(4-02651)

Risposta. - Nel quadro di un approccio comune europeo, che si è andato via via definendo, l'Italia ha manifestato agli Stati Uniti d'America un'apertura di principio nei confronti di eventuali richieste di accoglienza connesse alla chiusura del centro di detenzione di Guantanamo. Si ritiene infatti opportuno dare un concreto segnale di sostegno alla linea d'azione dell'Amministrazione Obama che mira ad affiancare alla assoluta fermezza nella lotta al terrorismo una rinnovata attenzione al rispetto dei diritti umani.
Il quadro di riferimento comune europeo sulla questione dell'eventuale accoglienza di
ex detenuti dal centro di Guantanamo è stato stabilito dal Consiglio giustizia e affari interni del 4-5 giugno.
Il Consiglio ha ribadito, in primo luogo, che le decisioni sull'accoglienza di
ex detenuti e la determinazione del loro status giuridico una volta accolti sono di esclusiva responsabilità e competenza dello Stato membro di accoglienza.
In secondo luogo, ha stabilito che potranno essere accolti
ex detenuti che «hanno ottenuto l'autorizzazione al rilascio» (cleared for release), che gli USA non intendono perseguire, i quali, per valide ragioni, non possono fare ritorno nei loro paesi d'origine e che vogliono essere trasferiti in uno Stato membro. Una volta in Europa, agli ex detenuti potranno essere applicate limitazioni, ivi comprese limitazioni ai diritti di libertà, soltanto sulla base di ragioni ben motivate.
Per far fronte alle questioni legate alla sicurezza ed alla libera circolazione che la presenza in Europa di
ex-detenuti potrebbe sollevare, è stato inoltre stabilito che gli Stati membri potranno adottare, se necessario, misure appropriate di tutela, incluse misure che possono limitare la libertà di circolazione di tali soggetti. Ciò vuol dire che ciascun Paese dovrà tenere conto delle preoccupazioni e seguire le indicazioni degli altri Stati membri se vorrà accogliere un ex detenuto.
Infine, le conclusioni del Consiglio prevedono un articolato meccanismo di scambio di informazioni che consenta agli Stati membri di acquisire tutti i dati del caso sui soggetti da trasferire e di tenere al corrente i
partners sulle soluzioni giuridiche adottate (status accordato, successivi a cambiamenti di residenza, migliore pratiche di integrazione) e su eventuali provvedimenti che limitino la libertà di circolazione degli ex detenuti.
Il quadro di riferimento europeo fa quindi salva l'autonomia degli Stati membri per quanto riguarda la eventuale accoglienza ad
ex detenuti di Guantanamo ma tiene al tempo stesso adeguatamente conto della esigenza di salvaguardare una serie di interessi comuni, a cominciare da quelli, da lei evocati, relativi al profilo di sicurezza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all'operazione «Perseus» ha fatto emergere le collusioni che parte del mondo politico crotonese ha con le locali cosche della 'ndrangheta;
collusioni suggellate da voti di scambio, consiglio comunale controllato, interessi illeciti intorno alla costruzione del mega villaggio turistico «Europaradiso» di Crotone;
l'operazione «Perseus» ha portato a 24 ordinanze di custodia cautelare in carcere per gli uomini appartenenti alle cosche della 'ndrangheta crotonese ed a perquisizioni delle abitazioni di politici e

funzionari dei Comune della Città e funzionari di Ministeri;
nel contesto investigativo che ha fatto capo alla citata operazione «Perseus» sono affiorate pesanti interferenze delle cosche nella vita politica e amministrativa della Città di Crotone;
l'interrogante ricorda che già in passato sono state sottoposte all'accesso sia il Consiglio Provinciale quanto quello Comunale della Città di Crotone -:
se non ritenga, alla luce di quest'ultima inchiesta, di dover autorizzare nuovamente le procedure per l'accesso al Comune di Crotone.
(4-01760)

Risposta. - In via preliminare si osserva che la situazione della criminalità organizzata nella provincia di Crotone è caratterizzata dalla faida tra il sodalizio dei Megna e quello dei Russelli.
Le locali consorterie criminali hanno rivolto la loro attenzione verso aree extraregionali del territorio nazionale ed anche verso il teatro internazionale, per insinuarsi in più floridi tessuti economici.
Si assicura, tuttavia, che in tale contesto alta è l'attenzione del Ministero dell'interno e delle autorità provinciali di pubblica sicurezza.
In sede di coordinamento delle forze di Polizia è stata compiuta un'approfondita analisi delle risultanze dei provvedimenti di fermo di indiziati di delitto e di sequestro, emessi nell'ambito del procedimento penale scaturito dall'operazione «Perseus» - richiamata dall'interrogante - in relazione ai rischi di infiltrazione o condizionamento nell'amministrazione comunale di Crotone.
Da quanto riferito dalla competente prefettura è risultato che sia stata esercitata una notevole pressione, attivata anche da ambiti criminali sull'amministrazione comunale in carica fino al 2006, allo scopo di favorire l'approvazione dell'ambizioso progetto turistico «Europaradiso», poi fallito per l'avviso contrario delle amministrazioni competenti.
Tuttavia, tenuto conto che le pressioni per la realizzazione del predetto progetto - bloccato poi dalle amministrazioni pubbliche competenti - sono state esercitate prima del rinnovo dell'organo comunale e che dall'attività investigativa è emerso che le iniziative di sostegno elettorale hanno interessato un numero ridotto di consiglieri, la prefettura di Crotone ha ritenuto, al momento, di non ravvisare gli elementi per chiedere la delega dei poteri di accesso e accertamento di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 629 del 1982, convertito con legge n. 726 del 1982.
In ogni caso le forze di Polizia continuano a monitorare attentamente la situazione dell'amministrazione comunale di Crotone al fine di poter acquisire prontamente ogni elemento di rilievo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Orchestra Sinfonica Siciliana è stata istituita nel 1951 con legge della Regione Siciliana e da allora è divenuta una significativa presenza nel panorama della musica italiana;
nel marzo 2003, l'Ente Autonomo Orchestra Sinfonica Siciliana è stato trasformato in Fondazione, in base alle specifiche disposizioni contenute nell'articolo 35 della L.R. 26 marzo 2002 n. 2 e in ottemperanza del Decreto legislativo 29 giugno 1996 n. 367;
il budget della Fondazione si basa su 13 milioni di euro annui erogati dalla Regione Sicilia (più 500 mila euro annui erogati dallo Stato);
su una pianta organica di 104 professori d'orchestra i precari sono circa un terzo, con contratti a termine che si protraggono in molti casi da quindici anni e che al momento risultano scaduti;
l'organico tecnico-amministrativo è salito negli ultimi anni a 51 impiegati, a fronte di un dimezzamento degli abbonati nelle ultime stagioni cartellonistiche;

dalle relazioni dei revisori dei conti è emerso un deficit compreso tra i 12 e i 14 milioni di euro, 9 dei quali per contributi non versati;
si attende che l'Avvocatura dello Stato esprima un parere per riaprire i termini di nuove assunzioni -:
se non ritenga utile intervenire e richiedere alla Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana informazioni sulla gestione contabile ed amministrativa della stessa. Come intenda determinare un maggior controllo delle spese ed un più rigoroso rispetto dei costi e delle professionalità, al fine di rivalorizzare una istituzione culturale storicamente conosciuta a livello internazionale.
(4-02181)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in oggetto si osserva quanto segue.
L'ente autonomo orchestra sinfonica siciliana, istituito con decreto legislativo del Presidente della Regione siciliana 19 aprile 1951, n. 19, (successivamente modificato dalla legge regionale n. 33 del 1966), è stato trasformato, a seguito della legge regionale n. 2 del 2002, in ente di diritto privato, assumendo la denominazione di fondazione orchestra sinfonica siciliana.
Quest'ultima è stata ricompresa all'articolo 28 legge n. 800 del 1967 tra le Istituzioni concertistico-orchestrali che hanno ottenuto formale riconoscimento in campo musicale a livello nazionale.
Tale riconoscimento non implica l'attribuzione in capo a questo ministero di alcuna forma di controllo o di vigilanza, propriamente intesa, sull'attività posta in essere dalla fondazione in argomento.
In particolare ai sensi dell'articolo 9 decreto ministeriale 9 novembre 2007, recante «criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività musicali», questo ministero può concedere un contributo alle istituzioni concertistico-orchestrali di cui all'articolo 28 della legge 14 agosto 1967, n. 800 in presenza di determinate condizioni quali: l'esclusività della direzione artistica; la presenza di un organico orchestrale costituito, in misura non inferiore al cinquanta per cento, da personale inserito stabilmente nell'organico medesimo con riferimento ai mesi di attività; la produzione musicale propria, individuata sulla base di un organico programma culturale, che consideri anche la ricerca e la sperimentazione nel campo musicale e che assicuri la continuità con lo svolgimento annuale di almeno cinque mesi di attività con effettuazione nel periodo di attività dichiarata di un minimo di cinque concerti per ogni mese di attività e con il raggiungimento di una media di nove concerti mensili.
Stante la sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 9 del decreto ministeriale 2007, la fondazione orchestra sinfonica siciliana è risultata destinataria per il 2008 di un contributo da parte di questo ministero di euro 530.000,00.
Ai sensi dell'articolo 6 e dell'articolo 13 della legge regionale siciliana n. 33 del 1966 la vigilanza sulla fondazione è esercitata dalla Regione siciliana, tant'è che il Presidente della Regione, sentita la giunta regionale, può sciogliere, per giustificati motivi, il consiglio direttivo, affidando la gestione straordinaria dell'ente ad un commissario.
Alla luce di quanto sopra esposto, è opportuno, quindi, evidenziare che questo ministero non esercitando alcuna funzione di vigilanza sulla fondazione in argomento non ha il potere di richiedere alla Fondazione medesima alcuna informazione sulla gestione contabile ed amministrativa della stessa, se non con stretto riferimento a quegli aspetti direttamente connessi alla erogazione del contributo annuale.
Diversamente si finirebbe con il configurare da parte di questo ministero un improprio sindacato su atti o deliberazioni adottati dalla fondazione in argomento.
Infine, si fa presente che nel corso del 2008 è stata disposta dalla direzione generale per lo spettacolo dal vivo una verifica ispettiva, per quanto di sua competenza (contestato superamento del valore massimo consentito per alcuni cachet di artisti scritturati), condotta presso l'ente di cui si discorre, a cura dei servizi ispettivi di questa amministrazione e del dipartimento

generale di finanza ispettorato generale di finanza del Ministero dell'economia e delle finanze.
Dalla verifica, è emerso che non è stata ancora effettuata la trasformazione dell'ente in fondazione privata, con connessi problemi irrisolti di
governance e nomina di un commissario straordinario.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la normativa in materia di rappresentatività sindacale è vincolata alla legge e la riconnessa partecipazione dei soggetti abilitati alla contrattazione integrativa è fissata da disposizioni pattizie contenute nei diversi contratti collettivi nazionali di comparto, ove il contratto collettivo nazionale di lavoro comparto Ministeri del 16 febbraio 1999 all'articolo 8 individua i soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa prevedendo espressamente che «i soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa di amministrazione di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a) sono le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto (...)» e che ai sensi dell'articolo 46 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 l'ARAN - Agenzia per la Rappresentanza Nazionale Sindacale delle Pubbliche Amministrazioni - rappresenta legalmente le pubbliche amministrazioni «(...) agli effetti della contrattazione collettiva nazionale (...)» e che i suoi «(...) regolamenti sono soggetti al controllo del Dipartimento della Funzione Pubblica (...)»;
l'articolo 49 del decreto legislativo n. 165 del 2001 recita testualmente: «Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 47, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto».
il Comitato Direttivo dell'ARAN con delibera 15/09 del 15 marzo 2009 ha inteso fornire autonomamente, senza interpellare le parti sottoscrittrici del relativo contratto collettivo nazionale di lavoro, interpretazioni sull'individuazione delle organizzazioni sindacali legittimate a partecipare alle trattative e lo stesso Comitato Direttivo, di fatto, ammette che indicazioni assunte possono solo essere «(...) di ausilio all'interpretazione delle clausole (...) in assenza di determinazioni più puntuali che secondo il citato articolo 49 del decreto legislativo n. 165 del 2001», e disposizioni pattizie citate, andavano assoggettate alla procedura dell'interpretazione autentica;
le decisioni assunte dal Comitato Direttivo dell'ARAN con la delibera n. 15/09 del 15 marzo 2009 risultano, a quel che pare all'interrogante, incongruenti con l'articolo 7, comma 1, punto I) del Regolamento di Organizzazione ARAN citato, ove l'articolo 2, comma 1, lettera j) dello stesso regolamento prescrive tra gli scopi e le funzioni dell'Agenzia quelli di provvedere a «(...) l'interpretazione autentica dei contratti, ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modifiche ed integrazioni, ove ciò sia richiesto dalle controparti, dalle amministrazioni, o necessario per la risoluzione delle controversie»;
l'ARAN anziché rinviare alle parti l'interpretazione autentica della norma patrizia, ha preferito, a spese del contribuente, incaricare della questione un autorevole esperto esterno, introducendo con la pubblicazione della delibera 15/09 interpretazioni autonome, in difformità dal disposto della legge e delle elementari norme pattizie, ove, vieppiù, tali interpretazioni risultano in contrasto con precedenti pareri emanati dalla stessa Agenzia (Circolare 27 maggio 2004 Prot. 4260 e

Circolare 6 novembre 2006 Prot. 9405) inducendo confusione all'interno del settore e favorendo alcune organizzazioni sindacali non firmatarie di Contratti Collettivi Nazionali di lavoro -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
se il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed il Ministro dell'economia e delle finanze non ritengano necessario ed urgente provvedere ad un più rigoroso controllo dell'operato del Comitato Direttivo e delle azioni dell'ARAN;
se alla luce delle evenienze sopra elencate, il Presidente del Consiglio dei ministri ed i Ministri interrogati non ravvisino una iniziativa, secondo l'interrogante di dubbia legittimità, tesa a favorire la partecipazione di alcune organizzazioni sindacali non firmatarie di contratto e quindi impossibilitate a partecipare alle trattative di contrattazione integrativa;
quali siano gli urgenti interventi che in particolare il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intenda adottare per porre termine a tale situazione.
(4-02672)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, e sulla base degli elementi forniti e dal Ministero dell'economia e delle finanze e dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), si comunica quanto segue.
In via preliminare è opportuno rilevare che, ai sensi dell'articolo 46 comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, tra i compiti istituzionali attribuiti all'ARAN rientra anche quello di fornire assistenza alle amministrazioni pubbliche ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi.
Al riguardo, l'articolo 2 del regolamento di organizzazione della predetta agenzia, in ottemperanza a quanto disposto dal citato articolo 46, chiarisce che l'ARAN esercita ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all'assistenza alle pubbliche amministrazione, anche ai fini della uniforme applicazione delle disposizioni dei contratti collettivi di lavoro. Al tempo stesso l'agenzia fornisce «alle pubbliche amministrazioni consulenza specialistica sulle relazioni sindacali e sui problemi di applicazioni dei contratti collettivi, indicazioni a valenza generale sull'applicazione dei Contratti collettivi e sulla contrattazione azione collettiva integrativa (..)».
Tanto rilevato la medesima agenzia - proprio ai fini della uniforme applicazione dei contratti collettivi - può ritenere opportuno fornire, in particolare laddove richiesti dalle stesse amministrazioni, utili elementi operativi volti alla chiarificazione delle problematiche di volta in volta sollevate nel corso della contrattazione collettiva di comparto.
Tale intervento rientra, del resto, nell'alveo delle proprie competenze istituzionali poiché, come precisato, l'ARAN rappresenta in sede negoziale le amministrazioni pubbliche.
Si evidenzia poi che, viceversa, l'articolo 49 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 si riferisce viceversa alle procedure attivabili tra le parti laddove insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi di lavoro.
In questo ambito, per effetto dell'articolo 2, comma 1, lettera
j), del suindicato regolamento di organizzazione, l'ARAN «promuove l'interpretazione autentica dei contratti (..) ove ciò sia richiesto dalle controparti, dalle amministrazioni, o necessario per la risoluzione delle controversie».
Nel caso oggetto dell'atto ispettivo - come riferito dall'ARAN - non risulta esservi stata una specifica richiesta delle parti finalizzata all'attivazione delle procedure ex articolo 49 del decreto legislativo n. 165 del 2001; né si ravvisa con l'approvazione della delibera n. 15 del 2009 una iniziativa volta a favorire, come rilevato dall'interrogante, alcune organizzazioni sindacali non firmatarie di contratto collettivo.
La delibera n. 15 del 2009, infatti, non trae origine da difformità interpretative di

cui all'articolo 49 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, bensì dall'esigenza di fornire indicazioni circa le problematiche derivanti dallo sfasamento e dalla sovrapposizione temporale dei rinnovi contrattuali, in particolare per ciò che attiene l'interpretazione di alcune clausole dei contratti collettivi.
A causa della struttura del modello contrattuale, infatti, talvolta si può verificare una vera e propria sovrapposizione della scansione temporale delle scadenze contrattuali, tale da ingenerare una serie di quesiti applicativi in ordine a specifici istituti contrattuali.
La delibera n. 15 del 2009, a tal fine, risponde all'esigenza di chiarire alcuni aspetti relativi alla ammissione alle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi integrativi delle organizzazioni sindacali. Scopo principale della delibera è quella di fornire, agli uffici dell'agenzia e alle stesse amministrazioni, linee di indirizzo univoche ai fini dell'uniforme applicazione delle clausole contrattuali in materia.
Al riguardo, si segnala infatti che i contratti collettivi integrativi, sulla base dell'odierno modello contrattuale, hanno durata quadriennale e si riferiscono alle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali. I contratti collettivi integrativi vengono stipulati con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro - quadriennale, parte normativa.
Tuttavia la sessione contrattuale relativa al contratto collettivo integrativo non necessariamente si esaurisce in una unica fase negoziale giacché per le materie legate a fattori organizzativi contingenti, ovvero per particolari istituti contrattuali, possono essere richiesti tempi negoziali differenziati e conseguentemente, la sottoscrizione di accordi specifici nell'ambito della medesima vigenza contrattuale integrativa.
Proprio questo sfasamento temporale richiede, di volta in volta, la verifica dei soggetti ammessi alla contrattazione collettiva integrativa che, come evidenziato, è disciplinata - in conformità all'articolo 40, comma 3, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 - dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Le linee di indirizzo fornite dalla citata delibera del comitato direttivo dell'ARAN, sotto questo profilo, non appaiono in contrasto con i precedenti orientamenti. Esse, semmai, sono volte a chiarire le problematiche legate all'accertamento della rappresentatività in presenza di fasi negoziali che, per effetto del suddetto sfasamento temporale, possono produrre anomalie e difformità nei criteri di ammissione alle trattative per la definizione dei contratti collettivi integrativi; e dunque si configurano un elemento di garanzia rispetto alle procedure di negoziazione collettiva integrativa.
Infine, in merito all'incarico conferito all'esperto esterno, cui si riferisce l'interrogante, sulla base degli elementi forniti dalla stessa ARAN, si rappresenta che dal conferimento di tale incarico non è derivato alcun nuovo o maggiore onere per la finanza pubblica in quanto l'incarico medesimo è stato conferito a titolo gratuito.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

POLLEDRI, RIVOLTA e NEGRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Corpo Forestale dello Stato - organo di polizia giudiziaria - ha competenza istituzionale sulla vigilanza e controllo del rispetto delle norme nazionali urbanistiche ed ambientali;
detto Corpo ha stipulato nel marzo 2008 una Convenzione con la Regione Toscana impegnandosi a vigilare e controllare anche il rispetto delle leggi regionali relative all'urbanistica, all'ambiente, ai boschi e foreste;
il Corpo ha specifica competenza per la vigilanza e sorveglianza delle norme poste a tutela dei Parchi Nazionali oltreché competenza per il rilascio di pareri ai fini dell'istruttoria di competenza dei Par

chi Nazionali per il rilascio del nulla osta previsto dalla legge n. 394 del 1991 -:
per quali motivi il Corpo Forestale dello Stato di Portoferraio (Isola d'Elba) non abbia segnalato nel rilasciare i pareri istruttori al Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano l'esistenza di evidenti e notorie violazioni di norme urbanistiche ed ambientali (relative alla legge regionale toscana n. 74/1984 e alla deliberazione del Consiglio Regionale Toscano 3 gennaio 1990 n. 47 - riguardanti la determinazione della ricettività turistica legata alla balneazione, dimensionamento e la cubatura dei nuovi insediamenti hanno come requisito essenziale il rispetto della ricettività per la balneazione, la cui mancanza determina l'azzeramento della cubatura. Violazioni che concretizzano posti letto quindi immobili abusivi) negli anni 2006 e 2008 relative all'immobile «Cantinone» posto in località Capo d'Arco del comune di Rio Marina (Elba), tenuto conto che attualmente è in corso la pratica Parco Nazionale n. 108/2008 avente per oggetto lo stesso immobile, sulla quale il Corpo Forestale dello Stato deve rilasciare il parere istruttorio ai fini del rilascio eventuale del nulla-osta da parte dello stesso Parco;
quali altri specifici interventi e segnalazioni - anche al Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano - abbia effettuato il Corpo Forestale per Capo d'Arco, in particolare per l'immobile denominato «Cantinone», a seguito delle segnalazioni allo stesso (Uffici di Roma, Firenze e Portoferraio) recentemente effettuate a mezzo posta elettronica relativi a problemi di abusivismo oggetto anche di recente pubblicazione da parte della stampa giornalistica locale;
se il Corpo Forestale abbia rilevato che il Piano Strutturale comunale di Rio Marina prevede l'edificazione nel Comprensorio di Capo d'Arco di un albergo, nonostante tutta la zona del comprensorio sia tutelata dal vincolato della legge forestale regionale n. 39 del 2000 e dal relativo regolamento forestale n. 48/R dell'8 agosto 2003, articolo 80;
se il Corpo Forestale dello Stato abbia rilevato che detto Piano Strutturale è privo della prescritta, obbligatoria rilevante VIA regionale;
quali interventi abbia fatto il Corpo Forestale dello Stato per l'intera Isola d'Elba in materia urbanistica e ambientale, posto che la violazione della ricettività turistica in rapporto alla capienza delle spiagge per la balneazione, è problema annoso, notorio, dibattuto e che riguarda tutta l'isola, gravemente deficitaria, con immobili eccedenti le prescrizioni di legge e quindi abusivi.
(4-02770)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione a risposta scritta indicata in oggetto, si fa presente che il corpo forestale dello Stato, con nota n. 339/M del 24 aprile 2009, ha comunicato quanto segue.
In merito alla richiesta: «se il corpo forestale abbia rilevato che il piano strutturale comunale di Rio Marina prevede l'edificazione nel comprensorio di Capo d'Arco di un albergo, nonostante tutta la zona del comprensorio sia tutelata dal vincolato della legge forestale n. 39 del 2000 e dal relativo regolamento forestale n. 48/R dell'8 agosto 2003, articolo 80» e «se il corpo forestale dello Stato abbia rilevato che detto piano strutturale è privo della prescritta, obbligatoria rilevante Valutazione impatto ambientale regionale» si comunica che l'edificazione di un complesso alberghiero in località Capo d'Arco risulta prevista nel piano strutturale approvato dal consiglio comunale di Rio Marina con deliberazione n. 45 del 19 dicembre 2005. Rispetto a tale approvazione sono stati presentati da parte di privati cittadini alcuni ricorsi - all'attualità in corso di definizione - al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana contro il comune di Rio Marina e nei confronti dei proprietari interessati, della regione Toscana e della provincia di Livorno.
Tali ricorsi riguardano diverse presunte illegittimità tra cui quelle nei confronti della legge forestale regionale 21 marzo 2000, n. 39, e successive modifiche ed integrazioni

e del decreto del Presidente della Giunta Regionale 8 agosto 2003 n. 48, e quelle nei confronti della normativa comunitaria regionale in materia di tutela ambientale e in tema di Valutazione impatto ambientale e Valutazione ambientale strategica.
A seguito di diversi esposti pervenuti in merito alle presunte illegittimità di cui sopra, il corpo forestale dello Stato ha provveduto a svolgere i relativi accertamenti e ad informare la Procura della Repubblica presso il tribunale di Livorno, rimanendo a disposizione per eventuali disposizioni in merito.
Sulla base degli approfondimenti svolti è emerso che il complesso alberghiero in questione risulta previsto, nell'ambito del piano strutturale, all'interno dell'Unità Territoriale Organica Elementare (UTOE) di Capo d'Arco.
Per completezza di informazione si evidenzia che l'attuazione complessiva delle previsioni del piano strutturale dovrà essere effettuata tramite la redazione e l'approvazione di un piano attuativo convenzionato che dovrà essere previsto nel regolamento urbanistico attualmente in fase di redazione presso il comune di Rio Marina.
Rispetto alla richiesta su «quali interventi abbia fatto il corpo forestale dello Stato per l'intera Isola d'Elba in materia urbanistica e ambientale, posto che la violazione della ricettività turistica in rapporto alla capienza delle spiagge per la balneazione, è problema annoso, notorio, dibattuto e che riguarda tutta l'isola, gravemente deficitaria, con immobili eccedenti le prescrizioni di legge quindi abusivi» si fa presente che il corpo forestale dello Stato svolge una intensa attività di prevenzione, e repressione dei reati in materia urbanistica ed ambientale sulla base delle relative competenze di polizia giudiziaria come forza di polizia specializzata nella difesa del patrimonio agro-forestale, nella tutela dell'ambiente e del territorio.
Le indagini svolte dal corpo forestale dello Stato hanno consentito l'avvio di numerosi procedimenti penali, alcuni dei quali attualmente in corso di esecuzione, di notevole rilevanza sia a livello locale che in un ambito più ampio e che hanno comportato, di conseguenza, un notevole effetto di deterrenza nei confronti delle violazioni commesse in materia.
Inoltre, sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 luglio 1996, il corpo forestale dello Stato è tenuto a collaborare con l'ente parco nazionale dell'arcipelago toscano per l'espletamento di alcune attività tra cui l'effettuazione di sopralluoghi istruttori ed il rilascio dei relativi pareri tecnici rispetto ad alcune pratiche in materia urbanistico-edilizia trasmesse in seguito all'ente stesso per le relative determinazioni in merito.
Nel corso dell'anno 2008 il corpo forestale dello Stato - coordinamento territoriale per l'ambiente di Portoferraio ha svolto la sopra descritta attività per 32 pratiche edilizie.
Per quanto concerne le problematiche legate alla ricettività turistica delle coste interessate dalle previsioni dell'UTOE Capo d'Arco, si fa presente che la provincia di Livorno, dopo aver presentato delle osservazioni in merito a quanto riportato negli studi preliminari realizzati per la successiva stesura del piano strutturale, aveva approvato il piano in questione con deliberazione n. 204 in data 29 luglio 2005.
Anche in merito a tali problematiche, nell'ambito dei ricorsi al TAR sopra citati, sono stati illustrati alcuni elementi di presunte illegittimità che risultano attualmente in fase di esame e rispetto alle quali il corpo forestale dello Stato ha provveduto a svolgere i relativi accertamenti ed a relazionare in merito alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Livorno, rimanendo a disposizione per eventuali disposizioni a riguardo.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

QUARTIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Lodi, i comuni, le forze politiche e sociali hanno contrastato

negli anni scorsi la localizzazione di una centrale termoelettrica (750 Mw - alimentata a gas metano) nei comuni di Bertonico e Turano;
le contestazioni e le preoccupazioni del territorio riguardano l'estrema vicinanza di tale sito a un'altra centrale, quella di Tavazzano-Montanaso, situata a 10 km da Bertonico, che sarà potenziata e «ambientalizzata» con il consenso degli enti locali per ridurre le emissioni inquinanti sino a raggiungere, a regime, circa 1.600 Mw elettrici;
la provincia di Lodi ha concordato con Terna progetti rilevanti relativi all'efficienza energetica (per 450 Mw) e nel territorio lodigiano sono stati conclusi e si stanno realizzando numerosi progetti relativi alle energie rinnovabili (utilizzo dei «salti» del canale Muzza, fotovoltaico, agro energie, risparmio energetico nelle abitazioni eccetera);
la provincia di Lodi conferma con i dati forniti dall'ARPA-Lombardia i dati peggiori della regione per quanto riguarda le emissioni inquinanti e le «polveri sottili»;
nonostante tale situazione, ad agosto 2005 il Ministero delle attività produttive, con il parere positivo della regione Lombardia, la VIA e l'AIA del Ministero dell'ambiente, ha concesso a Sorgenia l'autorizzazione a costruire la citata centrale termoelettrica -:
quali siano le valutazioni dei Ministri interrogati sul conflitto che si è determinato con le istituzioni locali e come intendano procedere per superarlo;
se i Ministri competenti non ritengano indispensabile, attraverso la specifica commissione AIA del Ministero dell'ambiente, convocare urgentemente tale commissione, unitamente alla regione Lombardia e agli enti locali interessati, dopo che il Ministero dell'ambiente ha riconosciuto nei mesi scorsi, con comunicazione formale inviata alla provincia di Lodi, ai comuni ed a Sorgenia, la fondatezza della richiesta della provincia di Lodi per la revisione dell'autorizzazione integrata ambientale;
come i Ministri interrogati intendano procedere all'attuazione del piano nazionale di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 in relazione agli impianti «nuovi entranti»;
se la revisione delle AIA, disposta dal Ministero dell'ambiente a giugno 2007 per le autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 59/2005, di recepimento della normativa comunitaria, stia procedendo e con quali apprezzabili risultati.
(4-01047)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, relativa alle problematiche inerenti la centrale termoelettrica da ubicare nei comuni di Bertonico e Turano, si rappresenta quanto segue.
La centrale di cui trattasi, di proprietà della Sorgenia Spa, rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante l'attuazione integrale della direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento
(Integrated pollution prevention and control).
L'impianto è in possesso di autorizzazione unica ai sensi del decreto legge n. 7 del 2002 (cosiddetto sblocca centrali) rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico nel mese di agosto 2005, comprensiva della determinazione relativa all'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata il 3 agosto 2005, da parte del Ministro dell'ambiente
pro-tempore.
A tale riguardo, si ricorda che ai procedimenti relativi alle centrali di potenza superiore ai 300 MWt in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2005, si applicava la norma transitoria di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2005, (oggi abrogata) che, al fine di assicurare l'esercizio coordinato delle funzioni dei Ministeri competenti, oltre a stabilire che i procedimenti relativi ad autorizzazioni che ricomprendevano

l'AIA erano portati a termine dalla stessa autorità presso la quali erano stati avviati, ovvero dal Ministero dello sviluppo economico, prevedeva che «il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del decreto legislativo n. 59 del 2005 (...)».
Per quanto attiene agli aspetti relativi all'Aia ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2005, come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, l'autorizzazione è soggetta a rinnovo quinquennale da effettuarsi entro il 2010.
Con nota del 9 luglio 2007, la provincia di Lodi ha fatto pervenire una richiesta di riesame successivamente confermata con nota del 27 marzo 2008, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo n. 59 2005. Di tale richiesta, con nota del 13 luglio 2007, sono stati informati sia il Ministero dello sviluppo economico, sia il gestore al quale è stato chiesto di fornire le
integrazioni documentali necessarie ai fini del riesame.
Il gestore, con nota del 3 agosto 2007, ha formulato diverse osservazioni dirette ad ottenere che il procedimento di riesame non venga attivato, in quanto mancherebbero i presupposti di legge.
Con nota del 7 aprile 2008, il Presidente della Commissione ha comunicato che il Nucleo di coordinamento ha ritenuto sussistere tutti i presupposti per l'effettuazione degli accertamenti tecnici necessari ai fini della valutazione della proposta di riesame, attualmente, però, la competente Commissione Ippc non si è ancora pronunciata in merito.
Per quanto riguarda l'applicazione della normativa in materia di
«Emissions Trading», l'impianto in questione ha già presentato al Comitato nazionale per l'attuazione e la gestione della direttiva 2003/87/CE, e per la gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto, la domanda di autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra e che il Comitato ha richiesto informazioni integrative.
Al momento è in attesa di ricevere le informazioni richieste.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

PAOLO RUSSO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel cuore nascosto di Napoli, a pochi metri dal Duomo e dal Tesoro di San Gennaro, a cento metri dal Museo Archeologico, nasce il Madre, opera dell'architetto portoghese Alvaro Siza che ha trasformato l'antico palazzo Donnaregina in uno splendido e funzionale spazio moderno per l'arte contemporanea;
il Madre è il primo museo per l'arte contemporanea situato nel centro storico di una città e rappresenta l'occasione per ridisegnare la vocazione turistica in un quartiere ricco di valori sociali da recuperare e di beni culturali da riscoprire;
il Museo, in data 9 maggio 2008 ha avuto approvato dalla Regione Campania che allo scopo ha destinato la somma di 400.000 euro annui per un intero triennio, anche un progetto denominato «Museo Madre, una politica dell'arte per i giovani» il quale si prefigge di favorire - in un contesto sociale e culturale quale è quello del centro storico di Napoli interessato ai mutamenti provocati dalla riqualificazione urbana e dell'immigrazione extracomunitaria - processi di integrazione, socializzazione e appartenenza al territorio e maggiore consapevolezza nelle relazioni con le istituzioni pubbliche;
è notizia di questi giorni, peraltro apparsa su tutti i principali quotidiani locali, che il Madre sia al centro di uno scandalo legato all'utilizzo della struttura come discoteca non autorizzata con musica elettronica, d'ambiente, deephouse e flashdance, anziché per eventi che avvicinino i giovani all'arte ed alla cultura;

il caso è arrivato anche in Consiglio comunale a Napoli. Nel corso di una seduta, infatti, il consigliere Lello Ambrosino ha consegnato al Sindaco un cd con quattro video scaricati da Youtube che immortalavano varie serate del Madrenalina con ragazze vestite da gattine e centinaia di ragazzi che ballavano scambiandosi bicchieri;
risulta che la Fondazione Donnaregina che dirige il Museo internazionale per le arti contemporanee, abbia presentato ed ottenuto dal Comune di Napoli-VII Direzione Centrale Sicurezza e Mobilità Urbana un nulla osta per le sole manifestazioni di carattere culturale per i giovedì e le domeniche e fino al mese di dicembre ma nessuna autorizzazione per svolgere le attività di discoteca;
secondo la relazione della squadra mobile della polizia municipale che è intervenuta al Madre, non solo i locali sono adibiti a discoteca ma gli stessi sono privi di finestre e di sistemi di aerazione con problemi per la sicurezza e durante il sopralluogo non è stato esibito neppure il certificato di sicurezza antincendio rilasciato dai Vigili del Fuoco e ciò con evidente pericolo per la incolumità delle persone ivi radunate;
da ultimo, stamani, la Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha notificato al Direttore del museo un provvedimento con il quale si dispone il divieto di utilizzare alcune sale del museo per gli spettacoli danzanti -:
quali accertamenti, secondo le rispettive competenze, ed eventualmente quali provvedimenti si intendono porre in essere al riguardo e se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda assumere iniziative per accertare eventuali danni a beni esposti.
(4-01689)

Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede quali iniziative intenda porre in essere questo Ministero per accertare gli eventuali danni riportati alle opere d'arte site presso il museo Madre (Museo d'arte contemporanea Donnaregina), nel quale secondo l'interrogante, si svolgono feste private mascherate da eventi culturali, si osserva quanto segue.
Il museo Madre, di pertinenza della Regione Campania, è gestito da una fondazione culturale alla cui costituzione questa Amministrazione non ha partecipato.
Per quel che attiene la compatibilità fra le attività di intrattenimento organizzate in alcuni degli spazi della struttura espositiva e le opere d'arte ivi esposte, si fa presente che le opere presenti nel Madre non costituiscono una «collezione» in senso proprio, di pertinenza regionale, in ordine alla quale, ove esistente questa amministrazione avrebbe incombenze di tutela, ai sensi degli articoli 10, comma 2, e 20, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio: infatti le raccolte esposte sono soltanto date in comodato al Madre e poiché afferiscono all'arte contemporanea, non sono oggetto di tutela perché non presentano i requisiti oggettivi per la sottoponibilità a tutela (ultracinquantennalità e non esistenza in vita dell'autore o degli autori).
Inoltre, i locali utilizzati per gli intrattenimenti segnalati dall'interrogante non interessano gli ambienti della chiesa gotica, collegata al Palazzo di Donnaregina e che il comune ha concesso in comodato alla fondazione che gestisce il museo, per i quali si porrebbe, evidentemente, un problema di usi compatibili, attesa la dignità storica e la valenza religiosa dell'edificio, già sede di culto.
Tanto chiarito per quel che attiene al profilo della competenza istituzionale di questo Ministero in materia, c'è altresì da segnalare, in conformità a quanto evidenziato dalle strutture ministeriali periferiche, che gli ambienti deputati agli intrattenimenti di cui è questione sono comunque distinti da quelli specificamente destinati a funzioni espositive.
Per quel che riguarda, poi, la sicurezza delle opere esposte, durante lo svolgimento degli intrattenimenti di che trattasi, si precisa che la stessa è questione che interessa l'ente gestore della struttura museale,

la Regione e i proprietari delle opere d'arte contemporanea ivi depositate in comodato.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

VICO e FADDA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i sottufficiali ed i volontari di truppa della Marina militare italiana vengono formati ed istruiti all'interno degli Istituti di formazione della Marina a Taranto e a La Maddalena;
per l'insegnamento delle materie non militari, la Marina militare si avvale di docenti civili che prestano la loro attività d'insegnamento per la difesa da oltre trent'anni;
questi docenti sono legati all'Amministrazione difesa attraverso convenzioni annuali rinnovate in maniera continuativa regolarmente di anno in anno ai sensi della legge 15 dicembre 1969, n. 1023 e del decreto ministeriale n. 1971, modificato dal decreto ministeriale 3 gennaio 1995, n. 167;
a partire dall'anno 2006, sono state introdotte delle varianti alle convenzioni che ne hanno ridotto la durata temporale (dal 9 gennaio al 22 dicembre anziché dal 1° gennaio al 31 dicembre) e soprattutto che hanno determinato una drastica riduzione del carico orario, passato dalle 18 ore settimanali previste, alle 12 ore medie settimanali;
la diminuzione delle ore di insegnamento si risolve di fatto in un minore investimento nella formazione del personale che, invece, proprio in ragione dell'adozione del modello professionale deve essere costantemente accresciuta;
per il personale docente, che svolge la propria attività lavorativa esclusivamente al servizio della Marina militare la diminuzione delle ore lavorative ha comportato una drastica riduzione delle retribuzioni, determinando gravissime difficoltà di natura economica;
il rapporto di lavoro in atto da lungo tempo tra questo personale e l'amministrazione della difesa non dovrebbe subire variazioni così pesanti per mere ragioni di bilancio ed anzi dovrebbe essere riconsiderato alla luce dei nuovi orientamenti legislativi assunti dal Governo in tema di rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, che prevedono la stabilizzazione del personale che ha maturato più di tre anni di servizio alla data del 26 settembre 2006;
il Ministero della difesa, consapevole della rilevanza che le attività dei docenti civili rivestono per l'Amministrazione militare, ha compiuto negli anni scorsi ogni possibile sforzo teso ad ottenere la stabilità e la continuità del rapporto di lavoro nonché l'istituzione di uno specifico ruolo del personale in argomento attraverso l'introduzione di apposita modifica normativa -:
se non ritenga doveroso assumere immediate iniziative per ripristinare l'originario orario dei docenti a 18 ore settimanali di lezione per 52 settimane, salvaguardando così i diritti degli allievi e degli insegnanti le cui retribuzioni verrebbero ricondotte ai livelli previsti per gli insegnanti del comparto scuola, a cui i docenti convenzionati della Marina militare sono equiparati e in particolare se, e con quali modalità, il riconoscimento di «un rapporto stabile e duraturo di impiego», possa trovare finalmente, per questo personale, una concreta realizzazione in tempi brevi.
(4-01786)

Risposta. - Alcuni istituti di formazione della Marina militare, nell'ambito dei rispettivi programmi didattici, fruiscono da anni degli insegnamenti di materie non militari svolti dai docenti civili in forza di convenzioni regolamentate dalla legge 15 dicembre 1969, n. 1023, dal decreto ministeriale 20 dicembre 1971 e successive modificazioni.


Fino al 2005 le convenzioni stipulate dai comandi delle scuole sottufficiali di Taranto e La Maddalena con i docenti incaricati dello svolgimento di materie non militari, nell'ambito dei piani degli studi di rispettiva competenza, prevedevano lo svolgimento fino ad un massimo di 18 ore settimanali di insegnamento.
Negli ultimi anni, a motivo delle diminuite esigenze di ore totali di docenza determinate anche dai minori afflussi in termini di reclutamento, nonché della rimodulazione delle disponibilità finanziarie per i pertinenti capitoli di spesa, si è proceduto ad una riduzione del numero settimanale di ore di insegnamento a carico dei docenti in argomento. Sostanzialmente, in media, i due istituti predetti hanno sviluppato un carico settimanale pari a 12 ore.
La contrazione delle ore di insegnamento, prodottasi in un clima di preesistente insoddisfazione dei docenti dovuto all'annoso e infruttuoso contenzioso promosso dagli stessi con lo scopo di giungere alla modifica del rapporto di lavoro - da convenzione annuale a rapporto di tipo a tempo indeterminato - è stata motivo di uno stato di agitazione che ha alzato nel recente passato i toni della controversia.
Il dicastero non ha potuto avvalersi della normativa prevista, in materia di stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato, dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l'anno 2007 - articolo 1, commi da 417 a 420 e comma 519) e dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per l'anno 2008, articolo 3, comma 90). Ciò in quanto nessuna delle tipologie contrattuali utilizzate dal Ministero della difesa, compresi i docenti civili, rientra nella fattispecie prevista dalla normativa di cui sopra.
Infatti, da un lato, i rapporti instaurati non sono finalizzati a sanare situazioni improprie (verificatesi per coprire posti vacanti nell'organico dei dipendenti civili), dall'altro vi è l'impossibilità, per alcune categorie, tra cui i docenti in questione, di individuare il profilo professionale di inquadramento e quindi di accertare la sussistenza della vacanza organica nella relativa dotazione dell'amministrazione.
Per quanto riguarda i docenti civili, poi, vi è un'ulteriore difficoltà in quanto non è neanche previsto nell'organico del Ministero della difesa un apposito ruolo nel quale collocare detto personale.
Pertanto una stabilizzazione dei docenti richiederebbe la preliminare istituzione del ruolo in parola.
In tale contesto è utile segnalare anche il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133 (articolo 66, comma 5), che ha ulteriormente circoscritto per le amministrazioni la possibilità di stabilizzare, limitandola ad un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 10 per cento rispetto alle cessazioni avvenute nell'anno precedente.
Si assicura, tuttavia, che il Governo, e il Ministero della difesa in particolare, porranno la massima attenzione nell'individuare quelle azioni che consentano di venire incontro alle esigenze del personale in argomento, compatibilmente con le risorse assegnate alla difesa, con i prevedibili volumi di reclutamento e con il quadro normativo di riferimento.
In tale ottica il dicastero si è già concretamente attivato. Infatti, è stato avviato un fattivo percorso di approfondimento mediante incontri con i competenti organi tecnici al fine di verificare le possibili utili iniziative anche per quanto concerne una diversa tipologia di rapporto lavoro.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VOLONTÈ. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la VII Commissione permanente della Camera dei Deputati ha esaminato lo schema di decreto interministeriale adottato ai sensi dell'articolo 32, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, legge finanziaria per il 2002, recante la ripartizione dei contributi erogati ad enti culturali

del Ministero per i beni e le attività culturali e allocati al capitolo 3670;
la somma stanziata per l'anno 2008 è stata determinata dalla legge finanziaria n. 244 del 2007, in 19,533 milioni di euro, la quale sconta già la riduzione lineare delle autorizzazioni di spesa della Tabella C, prevista dall'articolo 3, comma 151, della medesima legge finanziaria;
la somma effettivamente disponibile per il 2008 risulta quindi pari a 16,230 milioni di euro, al netto dell'accantonamento di 3,303 milioni di euro come disposto ai sensi dell'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria 2007, n. 296 del 2006 e per la prima volta per i contributi ad Associazioni e Fondazioni è indicata la sub-ripartizione tra i singoli beneficiari;
nello schema di decreto, non vengono tuttavia evidenziati sia i criteri seguiti dal Governo per l'assegnazione dei contributi stessi, sia la spiegazione sui motivi che hanno indotto a differenziare l'entità delle risorse stanziate;
altresì non vengono sufficientemente chiarite le ragioni per cui l'Esecutivo ha stanziato risorse in favore delle attività afferenti il Festival Pucciniano anche al di fuori dell'area di provenienza, ossia Pesaro e Torre del Lago -:
quali siano stati i criteri seguiti per la distribuzione dei fondi e i motivi che hanno indotto a differenziare le quantità delle risorse distribuite.
(4-02969)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, con la quale l'interrogante chiede informazioni circa la ripartizione dei contributi del ministero per i beni e le attività culturali - anno finanziario 2008 capitolo 3670 - per la somma complessiva di euro 16.230.000, si osserva quanto segue.
I beneficiari della suddetta ripartizione sono previsti dalla tabella 1 allegata alla legge n. 448 del 28 dicembre 2001 (legge finanziaria 2002) e, ai sensi dell'articolo 32, comma 2 della predetta fonte normativa, la suddivisione per l'anno finanziario 2008 è stata effettuata con Decreto emesso in data 5 novembre 2008 del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari.
A tal proposito si evidenzia che a partire dall'anno 2002 le riduzioni che annualmente si sono registrate sul citato capitolo 3670, sono state ripartite equamente su tutte le voci della proposta di programma, tenendo presente anche i corrispondenti importi assegnati nell'anno precedente.
Tale situazione ha riguardato anche la Fondazione festival Pucciniano - Torre del Lago (LU) e la Fondazione Rossini Opera Festival - Pesaro che, si precisa, sono due distinti beneficiari previsti dalla suddetta tabella 1 allegata alla legge n. 448/2001, per ognuno dei quali è stato determinato, con il criterio suddetto, il contributo per la propria attività.
In particolare, per l'anno 2008, sono stati concessi contributi a favore delle suddette Fondazioni, rispettivamente, di euro 347 mila e di 1 milione e 40 mila.
In relazione ai predetti contributi, la Direzione generale per i beni librari, gli Istituti culturali e il diritto d'autore vigila sulla loro utilizzazione attraverso l'esame dei consuntivi e l'attività svolta dagli enti destinatari degli stessi.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.