XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 25 febbraio 2009

TESTO AGGIORNATO AL 17 MARZO 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i comuni e le province versano in una situazione di grave crisi economico-finanziaria, dovuta a scelte quali l'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'Ici sulla prima casa, il blocco dell'autonomia impositiva degli enti territoriali, il taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, le regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno;
dopo il significativo apporto reso dall'intero comparto al riequilibrio della finanza pubblica (secondo i dati Istat, tra il 2004 e il 2007 i comuni sono passati da un deficit di 3.689 milioni di euro ad un avanzo di 325 milioni, mentre le province hanno migliorato il loro deficit da 1.968 a 1.270 milioni), il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 77, ha imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009 (di cui 1.340 a carico dei comuni e 310 delle province), 2.900 milioni nel 2010 e 5.140 milioni nel 2011;
si tratta di un obiettivo che, se non sarà allentato, determinerà per molti enti l'oggettiva impossibilità di rispettare il patto di stabilità interno, un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti, l'assenza di sostegno all'economia a fronte della crescente stagnazione produttiva;
con l'approvazione della legge finanziaria per l'anno 2008 (articolo 1, comma 5) e, successivamente, con l'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2008, l'abitazione principale è stata esentata dal pagamento dell'Ici, con l'eccezione di una piccola minoranza di immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 (abitazioni signorili, ville e castelli);
il Governo, nel documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, ha assicurato l'integrale copertura finanziaria del minor gettito Ici ai comuni a partire dall'anno 2008;
in realtà, i trasferimenti compensativi per minori entrate Ici sull'abitazione principale previsti per l'anno 2009 nel bilancio dello Stato ammontano a 2.604 milioni di euro e, a legislazione vigente, coprono una percentuale pari a circa l'86 per cento del complessivo gettito attestato dai comuni nel corso del 2008. Appare, tuttavia, verosimile ritenere che l'importo che verrà certificato dai comuni entro il 30 aprile 2009, in esecuzione del comma 32 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, supererà addirittura quanto certificato nel 2008, perché, tenendo conto delle stime del gettito Ici sull'abitazione principale di fonte Istat (3.831 milioni di euro), Anci (3.200 milioni di euro) e del Servizio bilancio del Senato della Repubblica (3.738 milioni di euro), la copertura finanziaria per la compensazione del minor gettito Ici ai comuni è da ritenersi ampiamente insufficiente, specie a fronte dell'emergere di fenomeni di cambiamenti di residenza o di separazioni fra coniugi fittizie, che provocano un restringimento della base imponibile e una riduzione del gettito;
il combinato disposto della legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 31) e del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (articolo 61, comma 11), impone un taglio dei trasferimenti per gli enti locali pari a 563 milioni di euro: 313 milioni (di cui 251 milioni a carico dei comuni e 62 a carico delle province) in relazione alla riduzione dei costi della politica (a fronte di risparmi effettivi conseguiti assai inferiori alle stime del Governo) e 250 milioni sotto forma di riduzione del fondo ordinario destinato ai comuni (200 milioni) e alle province (50 milioni);
per quanto riguarda le province, il fronte del calo delle entrate, principalmente

collegate a tributi relativi al mercato dei veicoli, sta determinando evidenti difficoltà a gestire i bilanci per l'anno 2009, inasprendo ulteriormente i già pesanti vincoli. Dalle rilevazioni effettuate dalle province, infatti, emerge che per quanto concerne l'Ipt, gli incassi 2008 fanno registrare un -8 per cento rispetto al 2007, mentre il dato di gennaio 2009 è addirittura inferiore del 25 per cento rispetto allo stesso mese del 2008; ancor meno confortante è il dato relativo all'imposta responsabilità civile auto, dove annualmente il 2008 ha chiuso con un -5 per cento e la differenza tra gennaio 2009 e gennaio 2008 è addirittura del 14 per cento;
il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla legge n. 203 del 2008 (legge finanziaria per il 2009), dispone che le risorse originate da una serie di operazioni di carattere straordinario (cessioni di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società qualora quotate sui mercati regolamentati e vendita del patrimonio immobiliare) non sono conteggiate nella base assunta nel 2007 a riferimento per l'individuazione degli obiettivi e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno, se destinate alla realizzazione di investimenti o alla riduzione del debito;
con la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009, sul patto di stabilità interno per il 2009-2011, la Ragioneria generale dello Stato ha interpretato il dettato letterale del comma 8 in senso fortemente restrittivo, stabilendo che l'esclusione delle suddette risorse deve essere riferita non solo al saldo finanziario preso a base di riferimento, ossia l'anno 2007, ma anche al saldo di gestione degli anni del patto 2009-2011, con il rischio di una vera e propria paralisi degli investimenti degli enti locali (che rappresentano una quota maggioritaria del totale degli investimenti pubblici);
la citata circolare ha evidentemente snaturato la portata della norma, poiché l'esclusione dei proventi di cui al citato comma 8 non solo dalla base di riferimento 2007, ma anche dai saldi utili ai fini del patto di stabilità interno 2009/2011, limita fortemente l'opportunità degli enti locali di destinare ad investimenti le risorse conseguite con dismissioni di azioni, quote di società, vendite di immobili e dividendi e rende difficile la programmazione delle spese in conto capitale, spese da sottoporre a revisione ogni anno del triennio 2009-2011 per la verifica del rispetto del patto;
questo significa cancellare dai bilanci dei comuni almeno 1.700 milioni di euro di operazioni virtuose, bloccando ulteriormente pagamenti di investimenti già realizzati e l'utilizzo degli avanzi di amministrazione proprio per quei comuni, che più hanno contribuito al patto negli anni scorsi;
al contrario, le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio, da cui le piccole e medie imprese potrebbero avere grande beneficio. Il Governo, invece, ha destinato le risorse (spesso sottratte alle destinazioni originarie, come nel caso del Fondo per le aree sottoutilizzate) per realizzare grandi infrastrutture, che produrranno effetti solo nel lungo periodo: secondo la Confindustria, dei 16,6 miliardi di euro stanziati sono effettivamente spendibili, nel 2009, solo 650 milioni e, nel 2010, 3,6 miliardi;
gli enti locali nel 2007 hanno realizzato il 50,9 per cento degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche (i comuni il 43 per cento e le province il 7,9 per cento). Molti enti locali hanno a disposizione risorse economiche libere ed utilizzabili per finanziare opere già progettate,

cantierabili immediatamente o già cantierate, ma ferme a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità che bloccano gli investimenti locali (pari a circa l'80 per cento del totale della spesa pubblica per investimenti), riducendo gli esigui spazi di bilancio lasciati aperti per attivare nuovi impegni di spesa con le risorse disponibili. Inoltre, impediscono il pagamento dei lavori già eseguiti ovvero il proseguimento delle opere appaltate e in corso di realizzazione (si registra un'impennata nei ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e si stima che molti adempimenti verranno rinviati, trasformandosi in situazioni debitorie per i comuni, ma soprattutto di paralisi dell'attività aziendale, a causa dell'assenza di liquidità);
in tutti gli altri Paesi dell'Europa e dell'Occidente le misure di politica economica per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a valenza locale, a partire dalla manutenzione dei beni pubblici, dall'edilizia popolare, dalle opere di dimensione piccola e media;
andrebbe assegnata una corsia preferenziale all'utilizzo di quelle risorse, peraltro disponibili, che possono essere impegnate nella manutenzione dei beni pubblici, quali, ad esempio, scuole, reti idriche, strade, ovvero nella realizzazione di progetti già cantierati - ad esempio, edilizia residenziale pubblica - e in grado di essere ultimati velocemente, entro il 2010: è stato stimato che un allentamento del patto di stabilità per i comuni consentirebbe di mettere in moto opere medio-piccole pari a circa 4,5 miliardi di investimento finanziario complessivo, con sicuri effetti sul piano occupazionale in settori, quali quello dell'edilizia e il suo indotto, che, secondo stime Ance, ha già perso in questo inizio 2009 circa 130 mila posti di lavoro;
sarebbe necessario consentire alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di ulteriori risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare, sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale ovvero procedendo alla definizione di nuovi apporti finanziari tramite dismissioni o alienazioni patrimoniali per mettere in campo con immediatezza programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria: scuole, verde pubblico, beni artistici e culturali, periferie, edilizia pubblica;
inoltre, sul fronte del welfare sono proprio gli enti locali il primo fronte di lotta alla povertà e di argine alla preoccupante crescita del disagio economico, sociale ed occupazionale,

impegna il Governo:

a definire gli interventi da adottare per ovviare alla grave situazione in cui versano i comuni e le province, assumendo, nei tempi utili alla predisposizione dei bilanci di previsione per il 2010, iniziative normative urgenti di riordino della finanza locale volte a garantire l'autonomia finanziaria degli enti locali nel quadro della concreta attuazione del federalismo fiscale;
a garantire l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'Ici sulle abitazioni principali;
ad adottare iniziative normative volte a superare, d'intesa con le associazioni delle autonomie locali, le criticità derivanti dall'applicazione del comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche tenendo conto dei bilanci approvati;
ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, in particolare per lavori di medio importo realizzabili entro il 2009;
ad adottare iniziative per escludere il più possibile dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa,

a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
a incentivare l'utilizzo, del patrimonio immobiliare per sostenere la spesa in conto capitale ed abbattere il debito, in particolare eliminando i vincoli che impediscono l'utilizzo dei proventi della vendita del patrimonio per finanziare la spesa per investimenti.
(1-00123) (Nuova formulazione) «Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Baretta, Fluvi, Bersani, Fontanelli, Zaccaria, D'Antoni, Lanzillotta, Bordo, D'Antona, Ferrari, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Vassallo, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Samperi, Lovelli, Codurelli».

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

MELCHIORRE e TANONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 dicembre 2005 la nave cementiera battente bandiera georgiana Margaret - lunga 84 metri, 2.643 tonnellate di stazza -, diretta verso il porto di Varna in Bulgaria, si è andata ad infrangere contro la diga foranea del porto mercantile di La Spezia;
in occasione di tale incidente l'intero equipaggio fu prontamente tratto in salvo e il carburante fu aspirato dai serbatoi, limitando così il pericolo di fuoriuscita di idrocarburi;
da tale data, il relitto della nave Margaret giace ancora semi-affondato nella medesima posizione assunta al momento della collisione, in acque destinate all'allevamento di molluschi e a poca distanza da un impianto di pescicoltura;
inoltre, nel raggio di poche miglia dal sito di affondamento si trova un'area di tutela marina annessa al Parco regionale di Portovenere, un'area marina protetta annessa al Parco nazionale delle Cinque Terre e numerosi siti di interesse comunitario terrestri e marini (ex direttiva europea habitat);
attualmente, con cadenza settimanale, una unità della flotta antinquinamento del consorzio Castalia-Ecolmar, autorizzata dal Ministero dell'ambiente, è chiamata ad effettuare degli interventi nella rada del porto di La Spezia al fine di prevenire ulteriori danni ambientali;
ad oltre tre anni dall'incidente, nonostante la locale prefettura, la Capitaneria di porto e l'Autorità portuale de La Spezia abbiano riferito in ordine alla volontà di definire interventi volti alla rimozione definitiva del relitto dal luogo del naufragio e il Dipartimento di protezione civile abbia stimato in circa 3 milioni di euro la spesa per la completa rimozione del relitto, ad oggi non sono stati ancora previsti interventi per il definitivo superamento della vicenda che inevitabilmente si riflette negativamente anche sul turismo e sulla nautica da diporto nel Golfo dei Poeti;
inoltre, si segnala che in diverse circostanze, consiglieri comunali di La Spezia hanno sollecitato un intervento risolutivo per la vicenda legata alla Margaret - vedasi anche interrogazione vertente sul medesimo tema presentata in data 28 ottobre 2008 in consiglio comunale di La Spezia -:
quale sia l'ammontare a tutto oggi della spesa sostenuta per trasferire e mantenere in esercizio a La Spezia le unità del consorzio Castalia-Ecolmar da e per i loro porti base;

quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per porre fine alla situazione in oggetto e se, tra essi, vi sia la previsione della rimozione completa del relitto, in virtù dei costi sostenuti per le attività di prevenzione di ulteriori inquinamenti svolte dalle unità navali di cui sopra.
(4-02395)

FUGATTI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito dei compiti demandati dal decreto del Ministro dell'interno del 18 marzo 1996, rientra fra le competenze del Coni l'emissione di pareri in linea tecnico-sportiva sui progetti di acquisto, nuova realizzazione e trasformazione di impianti sportivi;
in data 20 novembre 2008, la società sportiva F.C. Calceranica A.s.d. ha richiesto un parere al Coni, Comitato provinciale di Trento, in riferimento agli interventi di riassetto funzionale e di adeguamento degli spazi di servizio della struttura sportiva ubicata a Calceranica al Lago;
in data 1o dicembre 2008, il Comitato provinciale del Coni ha espresso parere favorevole sugli interventi consistenti nell'adeguamento funzionale alla normativa CONI n. 1379 dd 25 giugno 2008 della palazzina servizi, relativamente agli spazi interni destinati all'attività agonistica del gioco del calcio e all'attività del tennis amatoriale, a condizione che l'impianto risultasse sempre fruibile da parte degli utenti diversamente abili e che i parcheggi e i percorsi di accesso all'impianto destinati agli spettatori risultassero distinti e separati dai parcheggi e dai percorsi d'accesso all'impianto da parte di atleti e utenti;
secondo le informazioni a disposizione dell'interrogante il Coni non è solito esprimere pareri favorevoli condizionati;
inoltre, sempre secondo le informazioni a disposizione dell'interrogante, nella costruzione della palazzina servizi area sportiva di Calceranica al Lago, si evidenzierebbero alcune anomalie tecniche con riferimento ai servizi igienici, al locale adibito a pronto soccorso, alle caratteristiche delle scale e degli spogliatoi;
la Corte di Cassazione ha recentemente ricordato che «anche in regioni aventi competenza primaria in materia di lavori pubblici, è necessario che i progetti di costruzione e di ampliamento degli impianti sportivi elaborati dagli enti locali interessati siano sottoposti, quale che sia la fonte del loro finanziamento, al parere del CONI» (Cass. Civ I, 2007/2257, in Mass.Giur.It, 2007);
la succitata pronuncia sembra inequivocabilmente sottintendere che il parere deve venire necessariamente reso dal CONI -:
se sia a conoscenza di quale progetto sia stato esaminato dal Comitato provinciale del Coni di Trento, per l'espressione del parere favorevole formulato in data 1o dicembre 2008 e se sia a conoscenza di interventi intrapresi dal Coni nazionale o dai comitati provinciali tesi a verificare la conformità alla legge dell'impianto sportivo di Calceranica al Lago (Trento);
se le Commissione provinciale di vigilanza abbia espresso il parere ex articolo 80 del TULPS e se il comune ne abbia tenuto conto come previsto dal comma 5 dell'articolo 3 del decreto ministeriale 18 marzo 1996.
(4-02405)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - per sapere, premesso che:
da circa due mesi è stata rilevata la presenza di plancton rubescens nell'acqua della diga di Occhito;

il Consorzio di bonifica della Capitanata, l'ente che gestisce e controlla l'invaso, avrebbe già allertato l'assessorato regionale provinciale all'ambiente, la prefettura, l'Arpa, l'Acquedotto pugliese e la protezione civile, ma l'alga rossa sarebbe ancora presente nell'acqua della diga;
l'acqua dell'invaso di Occhito viene erogata all'acquedotto pugliese che, dopo i processi di depurazione e potabilizzazione la immette nelle condotte dell'acqua potabile;
si tratta di un'alga che si adatta facilmente ed è anche molto resistente ma si sta cercando ancora di capire cosa abbia potuto produrre all'improvviso la presenza di quest'alga;
al momento le tesi sono due: o l'alga rossa è collegabile all'aumento vertiginoso della quantità d'acqua in diga o è da collegare alle condizioni ambientali critiche della discarica di Serra Pastore a San Bartolomeo in Galdo dal quale fuoriusciva percolato;
il nucleo investigativo della polizia ambientale aveva evidenziato come il flusso di liquidi di percolazione fuoriusciti dal corpo della discarica confluisse nel vasto reticolo idrografico del fiume Fortore che alimenta la diga di Occhito, unica fonte di approvvigionamento d'acqua potabile dell'intera provincia di Foggia (circa mezzo milione di persone);
l'alga rossa sprigiona particelle nocive per la salute dell'uomo che possono dare origine a tumori del fegato, allo stomaco e all'intestino e l'intossicamento può avvenire anche solo respirando le tossine -:
se il Governo si stia adoperando, d'intesa con gli altri enti interessati, nell'adottare ogni utile iniziativa volta ad eliminare la minaccia ed il pericolo di intossicazione e di avvelenamento delle acque dell'invaso di Occhito che costituisce, come ricordato, l'unica fonte di approvvigionamento d'acqua potabile dell'intera provincia di Foggia.
(2-00319) «Cera, Adornato, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Dionisi, Drago, Galletti, Libè, Mannino, Naro, Occhiuto, Oppi, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Vietti, Volontè, Zinzi».

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO, MONTAGNOLI, BRAGANTINI e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni comunitarie che prevedono lo svolgimento di attività di valutazione del rischio ambientale riguardano ormai la quasi totalità delle sostanze chimiche, oltre a un'ampia gamma di preparati che vanno dai prodotti fitosanitari, ai biocidi, agli additivi per mangimi, ai farmaci per uso umano e veterinario fino agli organismi geneticamente modificati;
l'introduzione di criteri comuni di valutazione del rischio ha lo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente e di evitare rischi per il territorio, per la biodiversità e per le espressioni naturali;
la valutazione del rischio ambientale non riguarda i rischi connessi alle fasi di produzione, movimentazione, stoccaggio e smaltimento delle merci pericolose né i rischi presenti negli ambienti di lavoro. Il rischio che viene valutato, infatti, è quello derivante dall'uso e gestione dei prodotti nelle normali condizioni di impiego e che riguarda la diffusione e l'impatto sugli ecosistemi delle sostanze in essi contenute;

la valutazione del rischio costituisce una delle componenti del processo denominato analisi del rischio, che comprende anche la gestione del rischio e la comunicazione del rischio;
la comunicazione del rischio riguarda anche i cittadini, essa è costituita dal flusso di informazioni tra personale scientifico, decisori, imprese e popolazione per garantire un'adeguata conoscenza da parte di tutti dei rischi e delle misure da adottare per assicurare la protezione dell'ambiente;
le attività di valutazione del rischio ambientale previste dalle norme comunitarie e nazionali hanno la finalità di consentire l'identificazione dei pericoli ambientali, l'adozione di strategie di controllo e riduzione dei rischi;
la valutazione del rischio ambientale dei prodotti chimici comporta l'esame delle modalità di distribuzione delle sostanze e dei loro prodotti di degradazione e/o metaboliti nei diversi comparti ambientali nonché una valutazione degli effetti dannosi che tali prodotti possono determinare sulle popolazioni animali e vegetali;
il rischio ambientale di un prodotto può essere definito come combinazione di tre fattori:
a) il pericolo ovvero gli effetti «potenziali» dovuti alle sue proprietà intrinseche;
b) l'esposizione prevista nello scenario d'impiego considerato;
c) la probabilità di esposizione delle popolazioni animali e vegetali presenti negli ecosistemi;
la valutazione del rischio ambientale procede secondo quattro classiche fasi:
a) identificazione del pericolo: individuazione di proprietà dannose per gli ecosistemi;
b) caratterizzazione del pericolo: determinazione della relazione dose/risposta;
c) stima dell'esposizione: calcolo delle prevedibili concentrazioni nei diversi comparti ambientali;
d) caratterizzazione del rischio: calcolo del rapporto tra «relazioni dose/risposta» e concentrazioni attese nei diversi comparti;
nel processo di valutazione possiamo distinguere due aree principali di studio: la prima consiste nella valutazione degli effetti (identificazione e caratterizzazione del pericolo) e la seconda nella valutazione dell'esposizione (stima dell'esposizione);
la caratterizzazione del rischio, ovvero il calcolo dei rapporti tra concentrazioni determinate sperimentalmente (effetti) e le concentrazioni attese nei comparti ambientali (esposizione), costituisce il momento conclusivo del processo di valutazione e consente di stabilire se il livello di rischio stimato rientra o meno entro valori considerati accettabili sulla base dei parametri indicati dalle norme comunitarie e nazionali;
a parere degli interroganti, una delle sostanze chimiche che si può considerare rischiosa per l'ambiente e per la salute, è l'amianto contenuto nei materiali compositi un tempo utilizzati come componenti edili, pannelli ed altri oggetti per usi diversi;
oggi questi elementi contenenti amianto sono vietati e quelli ancora in uso devono essere sostituiti con materiali ammessi destinando i primi allo smaltimento come rifiuti speciali;
i rifiuti contenenti amianto possono rappresentare un grave pericolo per l'ambiente e per la salute dei cittadini;
le fibre di amianto, in particolare, sono sostanze di estrema pericolosità, esse sono quasi invisibili, si pensi che ne occorrono 335.000 per fare il diametro di un capello, e causano: l'asbestosi (una grave malattia respiratoria), il carcinoma polmonare, che è il tumore maligno più frequente e il mesotelioma della pleura, un tumore altamente maligno;

l'incubazione in caso di esposizione all'amianto può durare fino a 40 anni;
un imponente impianto da destinare a discarica di amianto starebbe per essere realizzato sul territorio amministrativo del comune di Roverchiara (Verona), in un'area di grande valore ambientale e naturalistico oltre che a ad altissima valenza agricola;
l'area individuata per realizzarvi l'ipotizzata discarica dell'amianto è sede, dal punto di vista rurale, di prestigiose coltivazioni a denominazione di origine protetta come il riso vialone nano veronese (IGP), il radicchio rosso di Verona (IGP) ed il Grana padano (DOP), nonché di produzioni tradizionali riconosciute ai sensi del decreto ministeriale 19 giugno 2007, quali la fragola di Verona, la mela di Verona, il melone precoce veronese, la nettarina di Verona, le pere del veronese, la pesca di Verona il cavolo d'Adige. Ma tutto il territorio rurale di Roverchiara ha una specificità di alto spessore sotto il profilo agricolo tanto che il settore primario rappresenta quasi la metà dell'imprenditoria locale e costituisce l'elemento strategico dello sviluppo economico ed occupazionale della popolazione;
l'ipotesi di realizzare l'impianto in tale area contrasterebbe con l'equilibrio idrogeologico della zona, con falda in superficie utilizzata per l'irrigazione e con rischio concreto di distruzione ittica della fauna presente in 14 laghetti nelle vicinanze della progettata discarica;
è del tutto evidente che in un territorio a così grande vocazione agricola e dotato di una spiccata reputazione qualitativa di ambito europeo, sarebbe gravissimo e foriero di danni economici realizzarvi una discarica di rifiuti impattanti e nocivi per il terreno e l'ambiente come l'amianto;
non va sottaciuto il fatto che il sito individuato per la ipotizzata discarica presenta una condizione di rischio sotto il profilo idraulico ed ove venisse realizzata condizionerebbe in maniera lacerante l'assetto e lo sviluppo dell'intera area;
l'area di possibile insediamento della discarica è dal punto di vista naturalistico una pregevole zona umida di prioritaria importanza biologica essendo incastonata ai margini del sito natura di interesse comunitario (SIC) 2000IT3210042, di cui alla delibera della Giunta regionale 449 del 21 febbraio 2003 (Fiume Adige, tra Verona Est e Badia Polesine), costituente un habitat preferenziale per specie di notevole interesse ecologico. Inoltre, con variante urbanistica approvata dal comune di Roverchiara e dalla regione nel marzo 2007, è stata trasformata l'area di cui trattasi in zona di tutela ambientale e paesaggistica (zona umida soggetta a tutela);
va ricordato, infine, che il fiume Adige, che scorre nelle vicinanze del sito in questione, presenta rischi di rottura arginale in corrispondenza dei meandri e di esondazione che investirebbe l'area di stoccaggio dell'amianto;
nel merito, la discarica in questione avrebbe una capacità di 500.000 metri cubi d'amianto e si troverebbe a poche centinaia di metri dai centri abitati. Provocherebbe, solo per i trasporti del materiale, un impatto veicolare insostenibile ed emissioni di gas di scarico e particelle di combustione molto nocive per la popolazione locale;
l'istanza per ottenere i permessi alla realizzazione dell'impianto è stata presentata da un'Associazione temporanea d'imprese con capogruppo la New Ecology srl di Fossò (Venezia) ed interesserebbe un'area di circa 9 ettari e per una potenzialità di smaltimento di 500 mila metri cubi;
a seguito delle bonifiche ci aspettiamo milioni di tonnellate di rifiuti di amianto da smaltire nei prossimi anni, l'80 per cento dei quali di cemento-amianto;
alternativamente allo stoccaggio in discarica per l'amianto, esistono oggi numerose opzioni sicure ed alternative, tra cui brevetti e impianti di trattamento dei rifiuti di amianto che utilizzano tecnologie

in grado di trasformare un problema in una risorsa potendo riutilizzare i prodotti di trattamento come materia prima per altri processi industriali. Il tutto con costi ormai confrontabili con quelli di smaltimento in discarica e con emissioni, e rifiuti prodotti dai trattamenti, contenuti;
sul progetto si sono espressi in maniera ostativa il comune di Roverchiara, i comuni limitrofi e la provincia di Verona;
sarebbe opportuno sottoporre a più attente verifiche e valutazioni di impatto, non solo ambientale, ma anche sotto l'aspetto della salute dei cittadini e della tutela del territorio naturalistico e rurale oltre che della protezione della produzione agroalimentare di qualità, il progetto relativo alla realizzazione della discarica per rifiuti di amianto presso il comune di Roverchiara, anche e soprattutto perché tale impianto, ove realizzato, diverrebbe permanente -:
se nell'ambito delle rispettive competenze e fatte salve le prerogative della regione e degli enti locali interessati, non intendano approfondire la tematica esposta in premessa soprattutto sotto i profili del rischio ambientale ed in particolare per quanto riguarda gli aspetti della sicurezza alimentare, della tutela del paesaggio e della tutela dei prodotti agricoli ed alimentari a denominazione di origine, in tal senso verificando se una discarica per l'amianto della fattispecie di quella ipotizzata nel territorio afferente all'area ad elevato interesse comunitario dal punto di vista rurale ed ambientale del comune di Roverchiara sia compatibile con la sicurezza dei cittadini e con le produzioni di qualità che vi si realizzano;
se risulti, anche per il tramite della competente autorità di bacino, se nella zona designata per lo stoccaggio dell'amianto vi sia un concreto rischio di esondazione;
se, più in generale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda prevenire per quanto possibile la creazione di nuove discariche di amianto dettando una disciplina più efficace circa il recupero dei prodotti di amianto, ai sensi dell'articolo 195 del testo unico ambientale.
(4-02399)

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'interpellante, nella sua qualità di parlamentare, ha avuto modo di seguire in passato, fin dal suo avvio e nel corso di questi anni, il processo di privatizzazione delle attività produttive e commerciali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e il connesso iter parlamentare del decreto legislativo n. 283 del 1998, concernente l'istituzione dell'Ente tabacchi italiani e il trasferimento allo stesso ente delle attività e dei beni necessari al funzionamento del nuovo organismo segnalando l'esigenza di tutelare i livelli occupazionali e i prodotti nazionali;
con interrogazione a risposta scritta (4-01233) presentata nella seduta del 3 ottobre 2008, l'odierno interpellante ha richiesto, tra l'altro, al Governo di fornire chiarimenti circa la mancata emanazione dei decreti applicativi delle disposizioni di cui al comma 97 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, circostanza che di fatto ha ostacolato e continua ad ostacolare la piena liberalizzazione e privatizzazione del settore della distribuzione dei tabacchi lavorati, non ancora conclusasi ad oltre dieci anni di distanza dall'avvio della privatizzazione;
nella seduta del 4 novembre 2008 con interpellanza urgente dell'onorevole Esposito ed altri, è stato nuovamente richiesto al Governo di chiarire le circostanze che non hanno consentito la emanazione dei provvedimenti attuativi in discussione e di

conoscere le iniziative che il governo ha assunto o avrebbe intenzione di assumere per un reale rilancio e definizione del processo di privatizzazione, la cui mancata attuazione favorisce il permanere di un monopolio di fatto di tutte le attività distributive in capo alla società Logista Italia S.p.A.;
nella seduta del 6 novembre 2008 il Governo, rappresentato dal Sottosegretario Daniele Molgora, ha fornito una carente e per molti aspetti contraddittoria risposta;
la risposta di cui trattasi non ha, infatti, dato riscontro concreto ai quesiti posti dagli interpellanti ma, al contrario, ha ulteriormente reso ancor più evidente il sussistere nel settore della distribuzione dei tabacchi lavorati di una situazione di incomprensibili inadempienze dell'Amministrazione dei monopoli di Stato la quale non ha provveduto a costruire come dovuto un idoneo e adeguato contesto regolatorio di carattere regolamentare che consentisse l'accesso al sistema di una pluralità di operatori;
a dimostrazione di ciò l'Autorità garante della concorrenza e del mercato il 30 dicembre 2008 ha indirizzato ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e al Ministro dell'economia e delle finanze una nuova segnalazione formulata ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, con la quale, nel sottolineare la posizione monopolistica ancora ricoperta nella distribuzione dei tabacchi lavorati italiani dalla società Logista Italia S.p.A., facente parte del gruppo Imperial Tobacco, ha evidenziato di aver già segnalato (AS359 del 21 settembre 2006) la necessità di eliminare gli ostacoli che ancora si frappongono alla effettiva liberalizzazione del settore ma, soprattutto, aderendo alle tesi sostenute dal sottoscritto interpellante e dagli interpellanti del 4 novembre 2008 ha auspicato la rapida definizione del quadro regolatorio a livello di norme secondarie, che si può realizzare solo attuando il comma 97 dell'articolo 1 della legge n.296 del 2006;
tra le finalità principali del processo di privatizzazione delle attività produttive e commerciali già dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, come dianzi accennato, erano stati posti dal legislatore gli obiettivi della: a) difesa e rilancio dei marchi nazionali; b) difesa di adeguati livelli produttivi da realizzare anche mediante il trasferimento presso le manifatture italiane di produzioni estere; c) tutela di un adeguato livello occupazionale delle maestranze italiane. In realtà questi obiettivi sono stati del tutto disattesi dal momento che l'intera struttura produttiva, e gran parte di quella distributiva, sono state progressivamente depauperate delle loro competenze e attività e i numerosi siti produttivi o distributivi chiusi;
la conclamata liberalizzazione e privatizzazione del settore in esame avrebbe dovuto consentire l'accesso al mercato di una pluralità di operatori e un conseguente miglioramento dei diversi servizi offerti sul piano qualitativo e sul versante dei costi per tutti gli operatori del settore, e avrebbe anche dovuto comportare un miglioramento e semplificazione delle attività dei tabaccai, giustamente detentori dell'esclusiva di vendita, che invece sono oggi costretti a sopportare costi eccessivi per la consegna al domicilio dei generi;
la recente acquisizione della società Logista Italia S.p.A. da parte di un importante produttore di tabacchi lavorati, la Imperial Tobacco, che è presente con numerosi marchi sul mercato italiano, pone preoccupanti interrogativi circa la possibilità di continuare a garantire il mantenimento di un imparziale ed equilibrato sistema di distribuzione all'ingrosso, dove purtroppo non sono presenti altri operatori globali e non esistono altri distributori di sigarette. Infatti, la Logista distribuisce oltre 94 milioni di chilogrammi di sigarette ogni anno pari al 100 per cento delle sigarette commercializzate

in Italia e oltre il 98 per cento del restante tabacco lavorato venduto in Italia (sigari, sigaretti e trinciati) pur in presenza di circa 10 privati distributori che commercializzano quantitativi insignificanti di sigari e sigaretti valutabili in poche decine di migliaia di chilogrammi annui -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per dare finalmente attuazione alla segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato circa l'applicazione puntuale del comma 97 dell'articolo 1 della legge 296/2006 e per l'abrogazione del comma 96 della stessa legge;
quali e quanti siano le strutture produttive e distributive, sopravvissute alla privatizzazione delle attività produttive e commerciali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ancora operanti oggi in Italia, e quante risultino essere ancora le maestranze effettivamente e direttamente occupate nella produzione e nella distribuzione dei tabacchi lavorati;
quanti siano gli impiegati e gli operai, già appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, che sono stati riassegnati alla pubblica amministrazione, ciò in considerazione del fatto che l'originario periodo di sette anni previsto per il collocamento in ambito pubblico dell'ex personale dei Monopoli è stato, con la legge finanziaria per il corrente anno, elevato a nove;
se siano stati quantificati i costi e gli oneri sociali che sono stati trasferiti dalla multinazionale BAT Italia e dalla Logista Italia sulle casse statali italiane per effetto di questi trasferimenti di personale, o per effetto dei costi connessi alle iniziative di sostegno al reddito, che di fatto hanno vanificato o comunque ridotto di molto gli utili derivanti dalla vendita dell'Ente tabacchi italiani;
quanti e quali risultino ancora essere i marchi nazionali commercializzati rispetto a quelli in commercio prima dell'avvio del processo di privatizzazione, e quale risulta l'andamento delle vendite dei marchi nazionali di cui il processo di privatizzazione doveva produrre un rilancio;
quali tempi il Governo preveda che siano necessari perché vengano emanati i provvedimenti attuativi in discussione a oltre due anni dall'approvazione delle norme della legge n.296 del 2006;
quali ulteriori iniziative il Governo e l'Amministrazione dei monopoli di Stato intendano assumere, e in che tempi, al fine di definire un quadro normativo e regolamentare (modifiche normative, decreti ministeriali, decreti direttoriali e circolari) finalmente idoneo a dare risposta alle richieste dell'Antitrust e alle nuove esigenze del mercato perché sia accessibile da parte di tutti i potenziali operatori della distribuzione;
se siano stati svolti accertamenti, come già richiesto nelle precedenti interpellanze e interrogazioni, per individuare l'esistenza di eventuali responsabilità di carattere amministrativo e contabile per i ritardi registrati nella emanazione delle norme di attuazione di cui trattasi;
se sia intenzione del Governo di assumere finalmente iniziative volte a recuperare le originarie finalità del processo di privatizzazione e rilanciare il prodotto nazionale e l'occupazione nel settore tanto quella diretta che nell'indotto;
come intenda, infine, il Governo disciplinare, conformemente alle direttive europee, i rapporti con la società Logista Italia S.p.A. che usufruisce di aiuti di Stato, valutati nell'ordine di milioni di euro annui, derivanti dal mancato pagamento degli oneri delle fidejussioni destinate a coprire la prevista cauzione a garanzia delle imposte, nella misura pari all'accisa gravante sulla quantità dei tabacchi lavorati che possono essere detenuti nel deposito fiscale.
(2-00320) «Bosi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BUONANNO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sembrerebbe che la società Poste Italiane Spa stia mettendo in vendita sul mercato prodotti non garantiti dal Tesoro;
se questa circostanza fosse appurata, gli acquirenti dovrebbero esserne doverosamente e tempestivamente informati;
la Poste Italiane Spa è una società di proprietà del Ministero dell'economia che ha ricevuto quest'anno dallo Stato circa 300 milioni di euro -:
se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se abbia ricevuto comunicazioni ufficiali da parte della società Poste Italiane Spa al riguardo, anche specificamente sull'affidabilità e la provenienza dei prodotti messi in vendita;
come il Ministro intenda intervenire per tutelare i diritti degli acquirenti, presenti e futuri, dei prodotti messi in vendita dalla società Poste Italiane Spa.
(5-01063)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel carcere di Badu e Carros oltre il 40 per cento dei detenuti sono detenuti speciali e pericolosi;
rispetto a un organico ministeriale previsto di 211 unità, svolgono servizio 194 unità;
il quadro viene aggravato dal fatto che l'organico è stato determinato in proporzione ai detenuti e non tenendo conto dei posti effettivi di servizio che necessariamente vanno coperti per assicurare le condizioni minime di sicurezza;
anche la sezione femminile, che dovrebbe ospitare 10-12 detenute, attualmente ne ospita quasi il doppio, ed essendo la struttura ubicata su due piani, l'unica agente che vi presta servizio oltre a sobbarcarsi del controllo delle detenute, ha anche il compito di vigilanza ai vari corsi scolastici, ed è inoltre tenuta a sorvegliare i passeggi e le sale ricreative;
se la situazione di Badu e Carros è grave, l'istituto di Mamone non può certo vantare tratti migliori;
infatti a fronte di una dotazione organica di circa 110 unità di polizia penitenziaria si è in presenza di un carico di detenuti di 300 unità, proiettate a circa 500 in un imminente futuro;
a ciò si aggiunga l'assenza di un direttore in pianta stabile, di un Commissario di polizia penitenziaria, e ciò determina un quadro di instabilità ed incertezza nei ruoli chiave rendendo impossibile qualunque azione programmatoria di lungo periodo impedendo così, di fatto, di definire una stabile organizzazione della struttura;
inoltre il contesto risulta esasperato sia dall'assenza di personale amministrativo, che pone in carico agli operatori di polizia penitenziaria tale attività distogliendo ulteriori forze dal servizio istituzionale, sia dagli interventi di traduzione e piantonamento (circa 300 solo nel 2008) espletati oltre all'Istituto di Mamone anche a supporto degli altri istituti;
a fronte di una prestazione indispensabile e pretesa per assicurare le funzionalità dei servizi, non trovi corrispondenza il trattamento economico dovuto -:
quali misure intenda adottare il Ministero affinché le carceri citate in premessa, non vengano identificate come luoghi di insicurezza, dove si registrano condizioni igieniche insufficienti, completa assenza delle più elementari misure di sicurezza nei luoghi di lavoro, degrado, abbandono e sovraffollamento;

quali azioni intenda intraprendere il Governo per far sì che l'immagine dei suddetti istituti penitenziari non sia quella conseguente alla politica del disinteresse e dell'abbandono e che condanni, anche modelli dalle grandi potenzialità di recupero - come Mamone - alla morte;
se il Governo abbia intenzione di dar seguito all'accordo, siglato nel 2005 tra giunta regionale e amministrazione penitenziaria, per dare più vivibilità alle carceri e costruire la rete necessaria attorno ai detenuti, anche una volta fuori dal carcere;
se le istituzioni interessate non ritengano necessario porre fine a questo quadro di incertezza derivante anche da un organizzazione del lavoro che comporta, non solo la rinuncia sostanziale ai riposi ed alle ferie, ma continue e spossanti prestazioni straordinarie che non vengono compensate perché abbondantemente fuori i tetti massimi sanciti dall'Amministrazione Centrale.
(4-02404)

BARBATO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il dibattito sulle intercettazioni telefoniche è più che mai acceso e coinvolge oggi anche le nuove tecnologie. Da recenti segnalazioni e da un'indagine condotta da alcuni quotidiani pare proprio che le conversazioni della criminalità organizzata viaggino soprattutto sul VoIP;
risale, infatti, ad un paio di mesi fa l'intercettazione da parte degli uomini della Guardia di finanza di Milano in cui al telefono un trafficante di cocaina invitava il complice a continuare quella comunicazione usando il software che permette di parlare via internet;
come funziona il VoIP, e qual è la questione legata alla difficoltà di intercettare chiamate realizzate attraverso questa tecnologia? VoIP è l'acronimo di Voice over IP ed è una tecnologia che permette una conversazione telefonica sfruttando una connessione ad internet o un'altra rete dedicata che utilizza il protocollo IP (internet protocol). Sono conversazioni che possono viaggiare anche verso la rete telefonica tradizionale e possono utilizzare come mezzo trasmissivo una qualsiasi rete privata basata sul protocollo IP;
ad esempio, da una rete aziendale LAN un ufficio può essere collegato con altre sedi in Italia a costo zero. Una tecnologia, quindi, che se ben impiegata può contribuire ad abbattere i costi, utilizzabile da qualsiasi mezzo che consenta la connessione alla rete TCP/IP, per cui anche un palmare o un telefono cellulare;
intercettare chiamate realizzate attraverso tale tecnologia non è impossibile, occorre solo molto lavoro, e soprattutto occorre trovare l'algoritmo che viene applicato per criptarle;
ad esempio in alcuni casi questi algoritmi vengono direttamente forniti quando richiesto alle autorità competenti o comunque, come avviene per la telefonia GSM, viene fornita una vera e propria chiave che consente di decodificare le conversazioni;
per quanto occorra molto lavoro, questi algoritmi possono essere decodificati. Il problema vero e preoccupante nasce con l'utilizzo di Skype;
Skype è il più famoso e importante provider che fornisce servizio di telefonia VoIP a oltre 400 milioni di utenti in tutto il mondo e che utilizza un algoritmo per criptare le propri chiamate segretissimo inventato dagli stessi programmatori di Skype, grande motivo di orgoglio per la società stessa. A complicare il tutto c'è il fatto che nella procedura di autenticazione da parte degli utenti il software genera password monouso temporanee ogni volta che si avvia una comunicazione;
in particolare, il software Skype è riuscito a portare il proprio sistema di sicurezza a livelli militari, assolutamente lontani da quelli degli altri software creati per fare telefonate attraverso internet;

inoltre la società ha sede in Lussemburgo e per questo ha opposto motivi di natura legale di fronte alle richieste di collaborazione da parte dei magistrati;
l'algoritmo utilizzato è non standard, e davvero molto complicato da decodificare;
il Ministro dell'interno Maroni ha creato una task force per trovare una soluzione: un gruppo di lavoro formato da rappresentanti del Dipartimento della pubblica sicurezza, dalla Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Consiglio nazionale delle ricerche;
è un problema complesso che coinvolge tutte le procure italiane che hanno difficoltà non solo con Skype, ma anche con altri tipi di software che consentono di scambiarsi mail e messaggi;
l'alternativa proposta dall'FBI americana, ripresa in seguito dall'onorevole Maroni e poi dalla Comunità europea, consisterebbe nell'imporre ai produttori di software di installare una backdoor segreta nei software;
purtroppo non sarebbe la strada più sicura, e non risolverebbe il problema alla fonte;
come nel caso di Skype, sarebbe difficile imporre la legge a quei provider che agiscono in altro territorio, e soprattutto sarebbe improponibile imporlo al mondo del software open source -:
quali provvedimenti urgenti e concreti al fine di prevenire e stroncare casi di utilizzo dei softwaredi comunicazione via internet da parte di malintenzionati si intendano prevedere per trovare una soluzione ad un problema che sta coinvolgendo non solo l'Italia, ma tutta l'Europa, e che da noi, a causa di un tessuto criminale molto radicato e diffuso, potrebbe assumere proporzioni, allo stato dell'arte della tecnologia e del complesso normativo vigente, difficilmente gestibili dalle forze dell'ordine, nonché quali iniziative siano state previste a brevissimo termine affinché venga discussa il prima possibile una normativa adeguata sul tema in grado di contrastare con la massima efficacia e sicurezza le eventuali attività illegali poste in essere attraverso questi nuovi strumenti tecnologici, naturalmente nel rispetto della privacy e delle libertà dei cittadini.
(4-02407)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il collegamento stradale Salerno-Avellino, nel tratto fra Mercato San Severino e Salerno, svolge una funzione di indubbia valenza nazionale;
infatti tale arteria collega le autostrade A30 Caserta ed A3 Salerno-Reggio Calabria, fungendo, quindi, da raccordo autostradale;
di conseguenza, questa rete stradale è interessata da un enorme volume di traffico che, spesso, determina veri e propri ingorghi con code chilometriche di veicoli che paralizzano per ore la circolazione e che rappresentano un pericolo per gli utenti;
il potenziamento e l'adeguamento di tale strada sono necessari per alleggerire e per rendere scorrevoli il traffico e le comunicazioni verso il Sud e dal Sud, attraverso il collegamento fra le autostrade A30 e A3;
il raccordo Salerno-Avellino, allo stato, presenta condizioni di sicurezza assolutamente inadeguate, proprio per la ristrettezza e l'insufficienza della sede stradale - due sole corsie per ogni senso di marcia - e per l'elevato livello del traffico;
il potenziamento del raccordo è una priorità assoluta nella politica infrastrutturale

del Paese, essendo parte integrante dell'asse autostradale Roma-Caserta-Salerno-Reggio Calabria;
dopo anni di discussioni in merito alla soluzione progettuale più idonea, l'Anas, ha indetto nel 2002 una gara pubblica per la progettazione dell'adeguamento dell'attuale tracciato stradale, ampliandolo da due a tre corsie per ogni direzione di marcia, oltre alla striscia dell'emergenza ed alla messa in sicurezza dell'intero raccordo;
l'incarico di progettazione è stato aggiudicato alla società Bonifica Core di Roma, per il tratto da Salerno fino alla galleria di Solfora, e ad un libero professionista per il tratto ulteriore fino ad Avellino;
da tempo la società Bonifica ha consegnato gli elaborati del progetto preliminare, unitamente alla valutazione di impatto ambientale;
l'accelerazione dell'iter progettuale è indispensabile, attesa la rilevanza straordinaria dell'opera, come già sottolineato con precedenti atti di sindacato ispettivo 5-03452, del 20 settembre 2004, 5-04771 del 28 settembre 2005, e 5-05174 del 7 febbraio 2006, presentati dall'interrogante nella XV Legislatura;
nella presente Legislatura l'interrogante ha presentato un nuovo atto di sindacato ispettivo 5-00377 del 30 settembre 2008;
nella risposta resa nella seduta della Commissione Lavori Pubblici dell'11 ottobre 2008, il Ministero delle Infrastrutture ha chiarito che il finanziamento del primo lotto del raccordo «Mercato San Severino-Fratte» il cui costo è stato stimato in 246 milioni di euro è stato inserito nel Piano Nazionale della Mobilità 2007-2013 per l'importo di 190 milioni di euro; mentre la quota residua di 56 milioni di euro dovrebbe ricadere sulle risorse della legge obiettivo, inoltre secondo il Ministro, il CIPE dovrebbe finalmente esaminare ed approvare il progetto preliminare dell'adeguamento e del potenziamento del raccordo Salerno-Avellino entro il primo trimestre 2009;
è indispensabile acquisire il finanziamento di tale intervento - che è parte integrante del sistema autostradale meridionale - tenuto conto che il progetto può essere realizzato in fasi e stadi diversi e graduali, iniziando proprio dal tratto di massima rilevanza nazionale Mercato San Severino-Fratte, la cosiddetta «barriera»;
l'adeguamento del raccordo è ancor più necessario per eliminare una «strozzatura» negativa nel collegamento autostradale a tre corsie fra la A30 e la A3, visto che la tratta salernitana della Salerno-Reggio è in via di completamento ed è stato finalmente eliminato «l'imbuto» o «ingorgo» di Fratte con l'apertura del relativo svincolo;
è, quindi, indispensabile adeguare il raccordo per garantire che il traffico veicolare dalle tre corsie della A30 raggiunga la A3 con tre corsie nel tratto salernitano, attraverso un collegamento Mercato San Severino-Salerno anche esso dotato delle necessarie tre corsie ed in regola con una moderna e funzionale messa in sicurezza -:
quando il progetto preliminare sarà sottoposto all'approvazione del CIPE;
quali tempi siano previsti per l'elaborazione del progetto definitivo ed esecutivo;
se il finanziamento di 190 milioni di euro per il primo lotto del raccordo «Mercato San Severino-Fratte», nell'ambito del Piano Nazionale della Mobilità 2007-2013, sia stato in concreto già assegnato o erogato e, in ogni caso, quando sarà assegnato l'ulteriore finanziamento di 56 milioni di euro sui fondi della legge obiettivo, necessario per il primo lotto;
quando sia previsto l'inizio della gara d'appalto per l'aggiudicazione dei lavori relativi al primo lotto del raccordo «Mercato San Severino-Fratte».
(5-01061)

Interrogazioni a risposta scritta:

VITALI e DISTASO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso su La Repubblica di sabato 21 febbraio 2009 (Cronaca di Bari) si apprende che l'Autorità portuale del Levante ha proceduto all'assunzione - sembrerebbe in maniera informale e senza procedure concorsuali - dei signori Antonio Maggi e Giuliano Giuffrè, figli rispettivamente dell'ingegner Gaetano Maggi, Direttore dell'Ufficio del Genio civile opere marittime di Bari, e del Contrammiraglio Salvatore Giuffrè, Comandante della Capitaneria di porto di Bari, entrambi autorevoli rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'ambito del Comitato portuale (Giuffrè con il ruolo di Vicepresidente) della predetta Autorità portuale;
tali assunzioni, nel medesimo articolo di stampa, sono state confermate dal Presidente dell'Autorità portuale del Levante Francesco Palmiro Mariani, il quale ha anche spiegato che i Signori Maggi e Giuffrè sono stati segnalati all'Autorità portuale dalla società di lavoro interinale Adecco e che successivamente la stessa Autorità portuale li ha scelti dopo aver fatto una selezione ritenendoli i più bravi;
la stampa ha dato ampio risalto alla coincidenza - che ha destato particolare sconcerto nell'opinione pubblica - fra tali assunzioni (perfezionatesi il 2 febbraio scorso) ed il provvedimento di autotutela deliberato dal Comitato portuale il successivo 19 febbraio che ha condotto all'annullamento della concessione alla Bari Porto Mediterraneo, la società cui è affidata la gestione dei servizi ai passeggeri nello scalo barese;
da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Bari Sera di sabato 14/ domenica 15 febbraio 2009, oltre che dal già citato articolo apparso su La Repubblica, nell'ottobre 2008 si sarebbero svolti i colloqui dei signori Maggi e Giuffrè, e successivamente il 17 novembre 2008 il Presidente dell'Autorità portuale Francesco Palmiro Mariani ha proposto al Comitato portuale di avviare la procedura di autotutela per l'annullamento della concessione demaniale alla società Bari Porto Mediterraneo ed in quella seduta sia Giuffrè sia Maggi hanno votato a favore della proposta di Mariani;
nel mese di dicembre 2008 l'Autorità portuale del Levante ha inviato ai due giovani figli le lettere d'assunzione con decorrenza 2 febbraio 2009;
il 19 febbraio 2009 il Comitato portuale dell'Autorità portuale del Levante ha deliberato in favore del procedimento di autotutela nei confronti della Bari Porto Mediterraneo e sia l'ingegner Gaetano Maggi sia il Contrammiraglio Salvatore Giuffrè hanno nuovamente votato a favore della proposta di Mariani;
sempre dalla stampa è stata data notizia che l'ingegner Maggi ed il Contrammiraglio Giuffrè hanno di fatto votato contro gli indirizzi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui sono rappresentanti all'interno del Comitato portuale; infatti, non è stata tenuta in alcuna considerazione la richiesta di un breve rinvio, avanzata dallo stesso Ministero, al fine di acquisire le risultanze dell'apposita Commissione insediata dal Ministro Altero Matteoli, per far luce sulla vicenda della concessione demaniale rilasciata alla Bari Porto Mediterraneo e, quindi, sul procedimento di autotutela -:
se risponda al vero che i signori Antonio Maggi e Giuliano Giuffrè, figli di due autorevoli componenti del Comitato portuale dell'Autorità portuale del Levante, siano stati assunti a tempo indeterminato all'interno dello stesso Ente pubblico Autorità portuale, mediante una selezione che appare agli interroganti quantomeno dubbia sia con riferimento alle procedure seguite sia ai requisiti richiesti, e che la selezione e l'assunzione sarebbero avvenute con tempistiche e modalità che lasciano a dir poco perplessi;
qualora le circostanze citate fossero confermate, se e quali iniziative intenda

assumere, nell'ambito dei propri poteri di vigilanza e di indirizzo, nei riguardi del Presidente dell'Autorità portuale del Levante Francesco Palmiro Mariani, che ha clamorosamente disatteso l'invito rivoltogli dal proprio Ministero vigilante, facendo procedere comunque all'annullamento della concessione pur nelle more di un'azione di accertamento disposta attraverso la Commissione ministeriale prima ricordata;
quali provvedimenti intenda assumere nei confronti dell'ingegner Maggi e del Contrammiraglio Giuffrè i quali - contravvenendo a parere degli interroganti ad elementari principi di lealtà istituzionale verso la propria amministrazione di appartenenza - non solo non hanno appoggiato la richiesta ministeriale di rinvio, ma hanno poi espressamente votato per l'autotutela, influenzando, tra l'altro, per il loro ruolo istituzionale, la posizione degli altri membri del Comitato portuale.
(4-02400)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione di Trenitalia, ormai da tempo, continua ad assumere decisioni che appaiono sempre più penalizzanti per la Calabria;
mentre vengono via via agevolate le linee ferroviarie del Nord, per la Calabria, al contrario, si registra un costante peggioramento del servizio;
Trenitalia costringe i viaggiatori verso la Calabria ad utilizzare carrozze ferroviarie dismesse sulle linee del Centro-Nord, e, quindi, con servizi di toilette impraticabili, tendine dei finestrini consunte, porte «fuori servizio» ed igiene davvero carente; le carrozze sono vecchie al punto da non risultare idonee ad utilizzare favorevolmente la linea ad alta velocità tra Roma e Napoli;
dai treni per la Calabria è stato recentemente anche eliminato il servizio di benvenuto a bordo, peraltro compreso nel costo del biglietto;
peraltro, l'eurostar, anche questo con carrozze obsolete, messo da Trenitalia il 14 dicembre 2008, sulla tratta Roma-Reggio Calabria, non fa alcuna fermata in provincia nel tratto della provincia reggina, causando grandi difficoltà ai pendolari che settimanalmente rientrano da Roma presso le loro residenze;
ancora, la società Trenitalia, dal mese di dicembre 2008, con il cambio orario, ha programmato un taglio consistente di treni a lunga percorrenza da e per le città del Nord e la eliminazione del personale ferroviario calabrese dai treni eurostar;
ancora, a partire dalla data odierna, è prevista la chiusura totale della tratta ferroviaria Lamezia Terme-Eccellente-Rosarno, per lavori di ristrutturazione per i danni subiti dai recenti eventi calamitosi;
la chiusura, preventivata per ben tre mesi, comporterà una pesante limitazione ai programmi di esercizio del traffico ferroviario nazionale e regionale;
il tutto va ad aggiungersi alle limitazioni di traffico viario a causa dei lavori che interessano la Salerno-Reggio Calabria, nonché al dissesto, dovuto sempre agli ultimi eventi calamitosi, che rende pericolosissimo il transito della strada statale 18, in particolare, nei tratti dell'Alto Tirreno Cosentino e del Tirreno Reggino;
non da meno l'annosa pesante situazione della strada statale 106, sulla cui situazione l'interrogante ha già presentato l'atto ispettivo n. 2-00240 del 2 dicembre 2008, a tutt'oggi privo di risposta;
non va, altresì, sottaciuto il sottodimensionomento dei collegamenti veloci sullo Stretto di Messina, anche questo già evidenziato dall'interrogante con atto ispettivo n. 4-00804 del 28 luglio 2008;
sempre la società Trenitalia avrebbe determinato un'ulteriore riduzione dell'offerta di trasporto passeggeri e del traffico

merci lungo la linea Ionica Reggio Calabria-Locri-Catanzaro Lido-Crotone-Taranto;
ed, ancora, occorre attenzionare l'analogo annoso inadeguato e costoso sistema aereo da e per la Calabria;
tutto quanto sopra evidenzia la netta penalizzazione dei trasporti da e per la Calabria ed il conseguente notevole disagio dei pendolari e dei viaggiatori in genere, nonché l'incidenza negativa sul già penoso sistema economico calabrese -:
quali urgenti interventi intenda attuare su Trenitalia, Anas, Società di trasporto aereo e in accordo con la Regione Calabria, al fine di non consentire che la Calabria continui ad essere penalizzata nel settore dei trasporti e della viabilità ed affinché i viaggiatori calabresi non debbano più continuare ad essere considerati dissimili ai viaggiatori delle altre Regioni d'Italia.
(4-02406)

TESTO AGGIORNATO AL 24 MAGGIO 2010

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:

MARCHI, MOTTA, GHIZZONI e MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i recenti rapporti sulla criminalità evidenziano una crescente diffusione delle organizzazioni mafiose di origine italiana nel centro-nord del Paese, clan criminali interessati a controllare l'economia illegale e a condizionare quella legale, ad entrare nelle dinamiche imprenditoriali locali per commettere reati e piegare le regole del mercato a proprio vantaggio;
in particolare, nel dossier su criminalità imprese della Confesercenti nazionale si scrive che: «Modena, Parma e Reggio hanno il triste primato per le proiezioni camorristiche legate al clan di Francesco Schiavone, che si sta localizzando a sostegno della penetrazione finanziaria nei mercati immobiliari e nelle imprese della regione»;
nell'ultimo rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, si evidenziano le infiltrazioni della camorra e della 'ndrangheta; per quanto concerne la camorra si sottolineano le infiltrazioni criminali registrate ad opera di soggetti riconducibili al cartello dei «Casalesi», evidenziando che da anni si registrano significative proiezioni sul territorio emiliano, con articolazioni operative attualmente focalizzate a sostegno dell'azione di penetrazione finanziaria nei mercati immobiliari e nelle imprese della regione emiliana, che praticano estorsioni non solo nei confronti di imprenditori edili provenienti dalla Campania, ma anche di soggetti locali; rapporti estorsivi funzionali, oltre che ai fini del riciclaggio e del reinvestimento speculativo, anche ai più complessi obiettivi di infiltrazione nella realtà economico-sociale emiliana, attraverso l'imposizione di ditte sub-appaltatrici, legate ai gruppi criminali campani; rischi di infiltrazioni similari potrebbero rilevarsi anche nel settore dell'intermediazione del mercato del lavoro e del mercato immobiliare (soprattutto nel modenese e nel parmense); per quanto concerne la 'ndrangheta si evidenziano l'acclarata presenza nel reggiano, le presenze nelle province di Parma e Piacenza (territori attigui alle province della bassa Lombardia dove sono attive dirette articolazioni strutturali di alcune delle più pericolose cosche calabresi) ed in quella di Rimini; si afferma che l'esplorazione di tali realtà consente di tracciare una descrizione unitaria del fenomeno in termini di preminente attenzione dei sodalizi ad assicurarsi nel territorio emiliano un'adeguata mimetizzazione, come emerge anche dallo sviluppo investigativo su alcune operazioni finanziarie sospette;
le informazioni preoccupanti degli organismi investigativi dicono che le città

emiliano-romagnole hanno una forte capacità attrattiva verso la criminalità in ragione della ricchezza che producono e della economia sana che le distingue. Gli stessi fattori di sviluppo di queste terre rischiano, quindi, di essere corrotti dall'illegalità e dalle infiltrazioni in importanti segmenti di mercato, dall'inquinamento della competizione con danni certi alle piccole imprese;
emerge, altresì che i sodalizi mafiosi trovano in Emilia forti opportunità per il riciclaggio del denaro sporco, realizzando investimenti in azioni societarie e in proprietà immobiliari. Il rapporto di Confesercenti indica che, purtroppo, nel suo sistema di «lavaggio» dei capitali, la mafia sfrutta i canali della finanza legale e realizza, purtroppo, una «collusione partecipata» con un numero crescente di imprenditori, soprattutto quelli interessati a lavorare nel Sud Italia;
la crescente crisi economica che sta investendo il Paese offre ai clan mafiosi l'opportunità di accrescere i propri guadagni proprio nei territori più dinamici, che saranno costretti a misurarsi con inedite difficoltà. La strategia di infiltrazione della 'ndrangheta e della camorra in città come Parma, Modena, Reggio espone gli imprenditori più vulnerabili all'usura o al rischio di diventare partner dei mercati illeciti;
cresce la consapevolezza dei pericoli e dei danni che le mafie possono produrre in Emilia-Romagna insieme alla voglia di reagire respingendo l'illegalità rendendo più solido il tessuto democratico delle realtà locali. Nel mese di novembre scorso, il Consiglio Comunale di Parma ha approvato all'unanimità un testo di condanna per le intimidazioni rivolte a Roberto Saviano e Don Aniello Manganiello nel quale ha espresso «il permanente e costante impegno della istituzione comunale per ostacolare, nell'area della propria attività, ogni tentativo di inquinamento del territorio» da parte delle organizzazioni di stampo camorristico-mafioso;
allo stesso modo, il Consiglio Comunale di Modena, ha tenuto il 24 ottobre 2008 un importante confronto, coinvolgendo i Comitati dei cittadini, alla presenza del Prefetto, sui temi del contrasto alla criminalità organizzata, e per la sicurezza urbana;
nel gennaio 2008 la Commissione consiliare Affari Istituzionali del Comune di Reggio Emilia ha discusso sullo studio delle dinamiche criminali a Reggio Emilia, che ha preso in esame le azioni della 'ndrangheta dalla fine degli anni novanta al 2007; lo studio è stato commissionato dalla Giunta comunale sulla base di una precedente discussione in Consiglio comunale nel novembre 2005; preoccupazioni significative sulle infiltrazioni mafiose sono state evidenziate dalla CNA locale;
l'impegno della società civile, delle organizzazioni democratiche e imprenditoriali, delle associazioni insieme a quello delle amministrazioni territoriali ha bisogno di essere sempre sostenuto e ricondotto alla più rigorosa azione dello Stato per contrastare e sconfiggere la criminalità organizzata -:
quale sia la valutazione del Ministro interrogato con riferimento alle dinamiche di crescita della presenza e del radicamento delle organizzazioni mafiose nel Nord e nel Centro Italia;
quali siano le misure anche economiche con le quali il Ministro interrogato intenda contrastare questa crescita e, soprattutto, intenda sostenere le imprese locali, piccole e grandi, impedendo che la crisi economica o i vantaggi illegali le asservano ai criminali;
quali siano le iniziative che intenda porre in essere per sostenere l'impegno istituzionale e civile delle città dell'Emilia- Romagna, unitamente alla Regione, e per aiutare le imprese, i commercianti, i cittadini a non avere paura e mantenere alta la fiducia nella legalità.
(3-00408)

VIETTI e RAO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la deliberazione n. 79 in data 30 maggio 2007, il consiglio di amministrazione dell'Agenzia nazionale per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ha provveduto a «riconoscere e corrispondere, in virtù del combinato disposto dell'articolo 48-bis e dell'articolo 37 del CCNL dei Segretari comunali e provinciali sottoscritto in data 16 maggio 2001, ai Segretari che abbiano lasciato una sede di segreteria per essere utilizzati presso le sedi dell'Agenzia e della SSPAL, la voce stipendiale "diritti di segreteria" nella misura pari ad un terzo del trattamento annuo lordo a far data dai rispettivi provvedimenti di utilizzo»;
tale provvedimento sembra scaturito da «precedenti giurisprudenziali», come da sentenze citate nella delibera, ma tali procedimenti citati si riferiscono a giudizi di primo grado, e, solo in due casi, a sentenze di giudici di appello, escludendo l'intervento di una sentenza della suprema Corte di cassazione, sì da rendere definitiva la decisione;
esaminando nel merito la questione, si ritiene che la stessa avrebbe sicuramente potuto formare oggetto di interpretazione di norme contrattuali, ed il giudice, su richiesta dell'Agenzia, avrebbe potuto attivare, avendone le prerogative ai sensi dell'articolo 64 del decreto legislativo n. 165 del 2001, l'iter per addivenire con i sindacati firmatari del contratto, ad un'interpretazione delle due norme del CCNL 1998/2001 chiamate in causa (articoli 48-bis e 37);
ciò non si è verificato e con tale procedura si è provveduto a riconoscere a tutti i soggetti interessati una voce economica stipendiale aggiuntiva pari ad un terzo dello stipendio lordo in godimento a titolo di «diritti di rogito» senza che questi abbiano o possano svolgere l'attività rogatoria cui la stessa è collegata;
da tale vicenda scaturisce la questione che, se questa voce stipendiale come riportata dall'articolo 37 spetta di diritto ai segretari comunali e provinciali titolari di sede utilizzati dall'Agenzia e dalle SSPAL, non si comprende perché non dovrebbe spettare di diritto a tutti i segretari comunali che, pur titolari di sede, a causa delle minori dimensioni dei comuni non raggiungono il tetto massimo del terzo del proprio stipendio in godimento. Sembra ovvio che ciò potrebbe far innescare un contenzioso da parte degli altri segretari comunali non destinatari di tale deliberazione, con gravissimi danni per l'economia degli enti locali territoriali;
la Corte dei conti, nell'adunanza del 28 ottobre 2008, con deliberazione n. 15/AUT/2008, sezione delle autonomie, ha esplicitamente chiarito la natura e la portata delle norme relative ai diritti di rogito rilevando che gli stessi possono essere percepiti solo in base alla effettiva attività rogatoria svolta;
da tale chiarimento assunto dalla Corte dei conti scaturisce ad avviso dell'interrogante il perpetrarsi di una indebita elargizione di denaro pubblico che andrebbe, se confermata la tesi della Corte dei conti, a configurare danno erariale;
a seguito di sottoscrizione di protocollo d'intesa con i sindacati di categoria (tutti ad eccezione della Confsal Fenal) l'agenzia si accinge ad avviare un avviso di selezione per l'utilizzo di ulteriori unità di segretari comunali a cui si riconoscerà, a situazione invariata, lo stesso trattamento economico di quelli già in utilizzo, e quindi la quota di 1/3 dello stipendio per diritti di rogito senza che svolgano l'attività rogatoria;
pertanto urge un intervento del Ministero dell'interno vigilante, nonché dei Ministeri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e finanze, onde evitare che il perpetrarsi di tali comportamenti danneggi ulteriormente le casse dei comuni che contribuiscono alla spesa dell'AGES (Agenzia dei segretari comunali e provinciali) e della SSPAL

(Scuola superiore della pubblica amministrazione locale) mediante il fondo di mobilità e faccia attivare ricorsi da parte di quei segretari comunali che pur rogando atti non raggiungono la quota massima del terzo dello stipendio in godimento -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di ripristinare la corretta interpretazione di norme del CCNL 1998/2001 dei segretari comunali, rilevando la circostanza che, a seguito di esposto del sindacato Confsal-Fenal-Diccap, della questione si sta già occupando la Corte dei conti.
(3-00409)

SPOSETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
stando ad alcune anticipazioni giornalistiche apparse sul quotidiano La Padania il 4 febbraio 2009 il Ministro Maroni in occasione di un incontro con il sindaco di Roma Alemanno e il Presidente della Provincia di Roma Zingaretti, indetto per discutere delle questioni relative all'emergenza campi rom Casilino di Roma, avrebbe avanzato l'ipotesi di trasferire i nomadi in aree più piccole e nel territorio del Comune di Tarquinia presso l'area dell'ex polveriera;
tale annuncio, ha destato viva preoccupazione tra i cittadini del Comune interessato, oltre che a quelli limitrofi inducendo il Sindaco di Tarquinia ad intraprendere iniziative istituzionali di aperta contrarietà al predetto insediamento. Contrarietà scaturite da puntuali osservazioni che attengono a profili ambientali, sanitari, giuridici e di ordine pubblico. Il Consiglio Comunale di Tarquinia, riunitosi in seduta pubblica straordinaria il 24 febbraio, facendo propri tali orientamenti, approvava all'unanimità un ordine del giorno nel quale esprimeva ferma disapprovazione alla realizzazione del campo nomadi -:
se le anticipazioni giornalistiche, che rischiano di creare conflittualità ed esasperazione, corrispondano al vero e quali iniziative il Ministro ritenga di dover intraprendere al fine di evitare che il paventato insediamento abbia luogo.
(3-00410)

GRIMOLDI e RONDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dalla cronaca dei giornali locali - in provincia di Milano - si apprendono costanti segnalazioni da parte di cittadini e amministratori locali circa la violazione da parte di un ente locale, nella fattispecie il Comune di Pero, della normativa di cui agli articoli 108 e 110, comma 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
in particolare la Giunta del comune di Pero ha conferito incarichi fuori dalla «dotazione organica», a due dirigenti già dipendenti dell'Ente tramite contratto ex articolo 110, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e messi per questo in aspettativa. E questo in contrasto con i principi di legalità, economicità e trasparenza;
la Giunta del comune di Pero ha attribuito loro anche le funzioni di direttore generale in violazione dello Statuto del Comune di Pero e dell'articolo 108 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che vieta espressamente nei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti la nomina autonoma di soggetti aventi la funzione di direttore generale;
ad uno dei due dirigenti è stato anche conferito il ruolo di vice-segretario comunale poiché il segretario comunale presta la sua attività per sole 9 ore la settimana. Di riflesso ad avviso dell'interrogante, oltre ad una violazione delle norme legislative richiamate, esiste una preoccupante concentrazione di poteri di gestione e di controllo in capo a tali figure in grado di annullare, di fatto, ogni forma di trasparenza e bilanciamento dei ruoli poiché essi sono nello stesso momento: direttori generali, dirigenti e uno di loro (per 32 ore la settimana) vice-segretario comunale;

inoltre, anche se l'articolo 110, comma 3, prevede espressamente che i contratti ex articolo 110 non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco, si sarebbe provveduto al loro rinnovo superando anche tale durata;
oltre a tutto questo si segnala anche l'anomalia del costo per la collettività dei due dirigenti, pari ad oltre euro 200.000 all'anno (un costo decisamente alto per il bilancio di un Comune come quello Pero che non conta neppure 15.000 abitanti) -:
di quali elementi disponga rispetto alla questione segnalata in premessa e se non ritenga che sussistano i presupposti per l'esercizio dei poteri di cui agli articoli 141 e 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(3-00411)

MARINELLO, TORRISI, IANNARILLI, TRAVERSA, TOCCAFONDI, MARIO PEPE (PdL), ZORZATO, GIOACCHINO ALFANO, GERMANÀ, GIBIINO e VINCENZO ANTONIO FONTANA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
diventano sempre più frequenti gli episodi che vedono magistratura e forze dell'ordine protagonisti di interventi, per altro dovuti, provocati da denuncie di associazioni ambientaliste che determinano sospensioni di lavori, spesso di rilevante importanza strategica, con l'inevitabile conseguenza di innalzamento dei costi, di perdita dei posti di lavoro e, spesso, di vanificazione dell'esecuzione stessa delle opere;
tali iniziative, se non meditate, non solo concorrono ad appesantire una condizione di sofferenza strutturale di molti settori, ma pregiudicano il soddisfacimento di interessi collettivi e distolgono le forze di polizia dal loro primario compito di tutela della sicurezza dei cittadini, peraltro causando, ad avviso degli interroganti, intimidazioni ed insicurezze, e gravi ricadute sulla possibilità di lavoro delle collettività delle aree interessate alle realizzazioni -:
se non ritengano, ferma restando l'osservanza degli obblighi di legge, di adottare tutte le possibili iniziative anche normative perché vi sia sempre una attenta valutazione di tutti gli aspetti connessi con decisioni di tal genere, evitandone di non meditate che, specialmente in una fase critica della nostra economia, rischiano di interferire pesantemente sul comparto delle opere pubbliche ed investimenti privati, già colpiti da grandi difficoltà.
(3-00412)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:

LUCIANO DUSSIN, FAVA, GIBELLI e VANALLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le rapine perpetrate ai danni degli istituti di credito hanno fatto registrare, negli ultimi anni, una sensibile riduzione su tutto il territorio nazionale ed in particolare nella Regione Lombardia;
i dati indicano che nel 2008 la Lombardia ha registrato una riduzione pari al 17 per cento del numero di rapine rispetto al precedente anno, mentre a livello nazionale il calo è del 21 per cento;
nel territorio lodigiano, tuttavia, i dati sono in controtendenza rispetto agli andamenti sopra descritti; le stime evidenziano che le rapine a danno degli istituti di credito sono state 11 negli anni 2005 e 2006 e ben 17 nell'anno 2007;
in molti casi, le rapine sono riconducibili a fenomeni di microcriminalità e sono frutto dell'opera di dilettanti e disperati, spesso di origine extracomunitaria, portatori di culture criminali molto violente;
mentre il danno economico risulta, ad oggi, limitato, i danni maggiori ricadono

sugli operatori del sistema e sui clienti stessi, i quali devono essere maggiormente tutelati attraverso l'adozione da parte degli istituti di credito di idonei strumenti di sicurezza;
già prima del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, aziende e sindacati della provincia di Lodi si sono occupati della problematica con posizioni diverse e spesso contrastanti, anche per la mancanza di precise norme che impongano un'uniformità nella valutazione del rischio di rapina;
la definizione del rischio di rapina come di un rischio specifico, rappresenta un punto di partenza indispensabile alla ricerca di tutte le soluzioni possibili, anche in termini di security, per ridurre il rischio stesso;
una risposta concreta potrebbe arrivare dall'impiego di strumenti di deterrenza tecnologicamente avanzati da installarsi all'interno degli istituti di credito sulla base di appositi protocolli di intesa che debbano necessariamente coinvolgere le aziende, i sindacati e le forze dell'ordine -:
se non ritenga di promuovere la stipulazione di specifici protocolli d'intesa tra aziende, sindacati e forze dell'ordine operanti nel territorio lodigiano, al fine di pervenire ad una comune valutazione di rischio di rapina specifico da cui consegua l'adozione di valide misure di sicurezza per la tutela dell'integrità fisica e psichica dei dipendenti e della clientela.
(5-01071)

ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel territorio della provincia di Bolzano la gestione degli esercizi pubblici è disciplinata dalla legge provinciale del 14 dicembre 1988, n. 58, adottata ai sensi degli articoli 9 e 20 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e successive modificazioni;
l'articolo 11 della legge provinciale n. 58 del 1988 prevede proprio la facoltà per gli esercizi pubblici di tenere e praticare giochi non vietati con un decreto del Presidente della giunta provinciale, con ciò comportando che il rilascio delle licenze da parte dei sindaci comprendono anche l'autorizzazione ad una serie di altri servizi aggiuntivi, ivi compresi i giochi non vietati;
il decreto del Presidente della Provincia del 28 giugno 2004, n. 148/1.4, contiene la tabella dei giochi proibiti nella provincia di Bolzano ed è stato rivisto e aggiornato più volte;
da notizie apprese dai pubblici esercizi, il Questore di Bolzano pretende che siano applicate le tabelle sui giochi vietati da lui diramate a norma dell'articolo 110, comma 1, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e successive modificazioni, arrivando addirittura a minacciare i gestori dei pubblici esercizi interessati e le stesse amministrazioni comunali, competenti per l'adozione dei provvedimenti in materia di esercizi pubblici, di applicare le sanzioni previste dall'articolo 17 del medesimo testo unico che prevedono l'arresto fino a tre mesi o un'ammenda fino a 200 euro circa;
la Questura di Bolzano insiste sull'applicazione delle tabelle da essa predisposte attraverso una estensione analogica della sentenza della Corte costituzionale intervenuta nei confronti di una legge della provincia di Trento in materia di apparecchi e congegni automatici o elettronici;
anche il Questore di Trento ha esplicitamente confermato la competenza provinciale sull'applicazione delle tabelle dei giochi vietati;
si ritiene dunque che, finché persista l'efficacia della normativa provinciale vigente in materia, i compiti del Questore di Bolzano siano solo di controllo della cor- retta

applicazione della legge, salva la possibilità di sollevare dubbi di costituzionalità delle previsioni provinciali dinanzi alla Corte costituzionale;
si segnala inoltre, che in virtù dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992, recante norme di attuazione dello statuto di autonomia speciale per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, gli organi statali non possono svolgere funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell'articolo 22 dello statuto speciale medesimo (assistenza della polizia su richiesta del presidente della provincia) -:
se il ministro non ritenga opportuno verificare e chiarire quali siano le competenze del Questore di Bolzano in materia di esercizi pubblici tenendo conto degli articoli 9 e 20 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e invitare lo stesso Questore a sospendere i comportamenti messi in atto in attesa di un pronunciamento della Corte costituzionale.
(5-01072)

VOLONTÈ, MANNINO, TASSONE, RAO e VIETTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 16 febbraio scorso da La Repubblica, il Ministero dell'interno ha bloccato la riparazione degli automezzi della polizia: gli investimenti stanziati per il 2009 sarebbero, infatti, appena sufficienti al rifornimento di carburante;
lo stop alle manutenzioni arriva da una circolare del Dipartimento tecnico-logistico della pubblica sicurezza, inviata non solo agli autocentri, ma anche al servizio nautico della polizia, al fine di sospendere la manutenzione anche ai mezzi navali;
nell'atto in questione viene constatato che sul capitolo relativo alle spese per la gestione e la manutenzione dei veicoli della polizia di Stato gli stanziamenti di bilancio risultano di gran lunga insufficienti rispetto agli effettivi fabbisogni;
in queste condizioni c'è il rischio che in pochi mesi molte autovetture della Polizia in Italia restino bloccate da guasti che non possono essere riparati per mancanza di fondi, a causa del debito accumulato nel 2008 che ammonterebbe a circa 18 milioni di euro;
soltanto l'estate scorsa sia il Ministro dell'interno che quello della giustizia avevano annunciato la destinazione al Comparto sicurezza di un miliardo di euro confiscati alla mafia;
questa somma non è mai giunta, neanche in parte, nella effettiva disponibilità delle Forze di polizia e non è possibile prevedere se e quando effettivamente arriverà, mentre tagli per oltre tre miliardi di euro nel triennio sono già stati in concreto operati sul Comparto sicurezza e difesa;
ciò ha generato, come primo risultato, quello sopra descritto, cui si aggiunge una generale riduzione della reale operatività delle Forze cui è deputata la tutela della sicurezza dei cittadini e del Paese;
la situazione sopra delineata, insieme all'onerosissimo utilizzo dei militari nelle città; al blocco di fatto del turn over delle Forze di polizia; al possibile pensionamento «coatto» di decine di migliaia di operatori della Sicurezza e all'emanazione di provvedimenti sull'immigrazione di dubbia conformità alla costituzione, ad avviso degli interroganti, quanto ingestibili sul piano pratico (in quanto richiederebbero ingenti risorse aggiuntive anziché tagli), è il risultato di una politica che, anziché reperire i fondi necessari per garantire la reale efficienza dei servizi,

pare piuttosto preoccuparsi di annunci spot e di provvedimenti di facciata, come l'erogazione di cento milioni di euro agli enti locali per rafforzare il potere dei sindaci -:
come si concilino i tagli previsti dal provvedimento con l'esigenza più volte affermata, non solo in campagna elettorale ma anche nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, di prestare una particolare attenzione ai problemi della criminalità e quali urgenti e concrete misure intendano adottare al fine di permettere agli agenti di lavorare in maniera efficiente e con mezzi adeguati.
(5-01073)

Interrogazioni a risposta scritta:

BUONANNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati più recenti la presenza di immigrati regolari in Italia ammonterebbe a circa quattro milioni di persone, delle quali circa 3 milioni e mezzo residenti;
a fronte di questa consistente presenza di immigrati, pari a circa il 6 per cento della popolazione che risiede sul territorio italiano, non vi sono dati di alcun tipo sul numero dei decessi di immigrati in Italia;
qualunque sindaco o amministratore locale conosce questa realtà per la quale le uniche occasioni in cui si venga a conoscenza dell'avvenuto decesso di uno straniero residente sul territorio comunale sono quelle nelle quali si verifichino omicidi o altri fatti violenti che provochino la morte di uno straniero; in tutti gli altri casi appare quantomeno strano, se non inquietante, che la morte di una persona residente in Italia sfugga a qualsiasi circuito ufficiale;
in particolare vi sono alcune comunità presenti in Italia come ad esempio quella cinese o marocchina, presso le quali non si registra alcun decesso ufficiale -:
se non ritenga di dover monitorare la situazione segnalata ed eventualmente assumere iniziative che consentano, attraverso i sistemi anagrafici centralizzati, di avere conoscenza e poter effettuare una forma di registrazione dei decessi di stranieri residenti in Italia, al pari di quanto avviene per la popolazione italiana.
(4-02396)

BELLANOVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dai media locali che il giorno 21 febbraio 2009 la Squadra Mobile della Questura di Lecce ha portato a termine un'operazione che ha consentito di individuare sette sfruttatori di donne rumene e di procedere al fermo di ben sei persone;
il giorno 22 febbraio 2009 sempre dai media locali si apprende che la Segreteria Provinciale del Silp Cgil di Lecce, durante la conferenza stampa inerente l'operazione sopra esposta, ha espresso il proprio disappunto su quanto accaduto;
nella fattispecie sembrerebbe che le donne oggetto di sfruttamento da parte dei soggetti fermati e già quindi vittime di disumani trafficanti, siano state vittime di un'ulteriore umiliazione;
sembrerebbe che queste ultime, già presenti negli uffici della Questura, siano state costrette a risalire sulle auto delle forze dell'ordine al solo fine di inscenare il loro arrivo in Questura ad esclusivo beneficio di fotografi e cameraman -:
se il Ministro interrogato, vista la gravissima situazione esposta, non ritenga opportuno intervenire con estrema urgenza per accertare quanto denunciato dalla Segreteria provinciale del Silp Cgil di Lecce e quali iniziative ritenga di porre in essere al fine di evitare che in futuro, persone già vittime di reati gravi e lesivi

della dignità personale, vengano ulteriormente lese per fini solo ed esclusivamente mediatici.
(4-02398)

ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il dottor Gioacchino Genchi, vice questore a Palermo in aspettativa sindacale dal 1998, gestisce da oltre 15 anni la società C.S.I. S.r.l. specializzata in intercettazioni telefoniche su commissione di diversi pubblici ministeri a cui faceva esclusivo riferimento per le sue attività, definite consulenze;
non si vuole assolutamente entrare nel merito dell'utilità del suo incarico da parte di quei magistrati e del costo per le casse dello Stato in questi anni, cosa che al momento è motivo di indagine da parte della Magistratura;
da sua dichiarazione il dottor Gioacchino Genchi ha espresso la volontà di rientrare nell'incarico di vice questore della Polizia di Stato, nonostante sia decorso un periodo di tempo superiore a quello consentito dalla legge;
ma quello che ci indigna profondamente è che l'aspettativa sindacale di cui beneficia il Genchi gli permette, al momento, di godere del regolare versamento dei contributi assistenziali e pensionistici da parte dello Stato, ma rimane dubbia la sua attività per la tutela dei diritti dei lavoratori del comparto sicurezza, per cui gli è stata concessa la sopracitata aspettativa;
infatti il dottor Genchi in questi anni si è occupato di tutt'altra cosa, è stato impegnato nel gestire la propria azienda specializzatasi nell'attività di intercettazioni telefoniche con continui incarichi e consistenti ritorni economici, garantiti dai suoi referenti;
nella sua lunga attività ha archiviato milioni di conversazioni di esponenti politici, delle Istituzioni e di cittadini comuni, senza darne conto se non ai suoi commissionari che lo pagavano pronto cassa;
adesso sbandiera la sua presupposta attività di servitore dello Stato e la volontà di rientrare nell'incarico, con una carriera ricostruita che gli può consentire di dirigere un ufficio del Ministero dell'interno e di godere di tutte le prerogative di chi ha veramente servito lo Stato, nonché di una successiva e immeritata pensione;
ora ci si chiede come si possa accettare che un personaggio, quantomeno ambiguo, possa avanzare una simile richiesta;
ci si chiede anche quanto sia credibile la sua fedeltà alle Istituzioni, come si potranno affidare uomini e strumenti a chi, fino a ieri, ha coltivato solo la sua lucrosa attività imprenditoriale operando anche a danno di chi serviva veramente lo Stato, e come si sentiranno gli uomini delle Istituzioni che hanno lavorato e rischiato la vita per lo Stato che si troveranno costui al loro fianco, superiori e dipendenti, con la consapevolezza di poter essere nell'archivio delle registrazioni telefoniche del dottor Genchi e oggetto di possibili ricatti, come si sentiranno garantiti i cittadini, nella loro sicurezza, che esempio sarà per tutti? -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per ovviare a una disparità di trattamento con i colleghi del Genchi e quali iniziative voglia mettere in atto per tutelare l'immagine della Polizia di Stato.
(4-02401)

MELCHIORRE e TANONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 6 ottobre 2007 cinque consiglieri comunali del Comune di Labico chiedevano la convocazione del consiglio comunale ai sensi dell'articolo 39 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Ordinamento degli Enti Locali»;
il Sindaco del comune non solo non convocava il consiglio così come stabilito

dalla legge, ma non forniva alcuna spiegazione del comportamento omissivo;
in data 15 settembre 2008 i medesimi consiglieri comunali chiedevano nuovamente la convocazione del consiglio comunale ai sensi del citato articolo 39 del decreto legislativo 267 del 2000;
ancora una volta il Sindaco non dava seguito alla legittima richiesta dei consiglieri senza motivare in alcun modo la ragione di tale omissione;
in data 15 ottobre 2008 i succitati consiglieri comunali scrivevano al Prefetto di Roma chiedendo un suo intervento ai sensi del citato articolo 39 del decreto legislativo 267 del 2000;
giova sottolineare che l'orientamento della giurisprudenza penalistica è quello di configurare il mancato seguito alla richiesta di convocazione quale omissione di atti d'ufficio ai sensi dell'articolo 628 del codice penale (Pret. Bassano del Grappa, 27 febbraio 1981, Pretura di Alessandria, 22 febbraio 1966) ed è in tale ottica che la Procura di Velletri ha avviato un'indagine;
in data 24 novembre 2008 i consiglieri comunali, in assenza di riscontro da parte della prefettura, sollecitavano nuovamente l'intervento del Prefetto e, in particolare, l'adozione dei poteri sostitutivi, così come previsto dal citato articolo39;
in data 2 dicembre 2008 la prefettura inviava agli interessati una nota con la quale veniva dato sostanzialmente credito alle affermazioni del Sindaco di Labico, senza verificarne la veridicità;
la nota predisposta dalla prefettura, così come era avvenuto in circostanze analoghe in passato, affidava le proprie considerazioni a quanto affermato dal Sindaco di Labico, senza che sembri sia stata effettuata alcuna indagine supplementare per accertarne la corrispondenza alla realtà e, soprattutto, interpellando solamente una delle due parti in causa, quella responsabile dell'inadempienza, senza preoccuparsi di rivolgersi anche a coloro i quali hanno subito la lesione di un proprio diritto;
inoltre la nota sopra citata sposava a quel che pare agli interroganti una linea di carattere «giustificatorio» del comportamento omissivo e trascurando l'unico elemento incontrovertibile: il mancato adempimento da parte del sindaco ad un preciso dovere di ufficio;
la prefettura ha dato ampio credito a quanto asserito dal Sindaco di Labico, il quale, senza preoccuparsi minimamente di dare alcuna spiegazione ai consiglieri della mancata convocazione del consiglio, ha addotto argomentazioni che agli interroganti appaiono del tutto risibili alla prefettura e in alcuni casi anche non corrispondenti al vero;
le medesime argomentazioni sono state successivamente «girate» dalla prefettura ai consiglieri comunali;
in particolare il Sindaco avrebbe dichiarato di aver dato comunicazione verbale sulla presunta mancanza di competenza del consiglio comunale su uno dei punti all'ordine del giorno, quando di questa comunicazione non vi è alcuna traccia, mentre appare evidente il tentativo di individuare a posteriori una giustificazione al comportamento omissivo del Sindaco;
tra le giustificazioni formulate dal Sindaco alla Prefettura e da questa, per gli interroganti acriticamente rimandate ai consiglieri di opposizione, vi è un riferimento al comma 2 dell'articolo 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che riporta l'elenco tassativo degli atti fondamentali di competenza esclusiva del Consiglio Comunale, sulla base del quale si vorrebbe attribuire al Sindaco un potere di cui non dispone, ossia la sindacabilità da parte del titolare del potere di convocazione degli argomenti di cui si chiede l'inserimento all'ordine del giorno, come confermato da ampia e autorevole dottrina; del resto l'attribuzione di un simile

potere in capo al presidente del consiglio comunale vanificherebbe di fatto il diritto di autoconvocazione;
molto grave appare l'affidamento da parte della prefettura alle affermazioni del sindaco per quanto riguarda la richiesta di discussione in sede consiliare delle interrogazioni: vi è la falsa asserzione di aver dato seguito a tutte le interrogazioni presentate dall'opposizione e in ogni caso non è stato rispettato il dettato regolamentare che prevede che la risposta venga data in consiglio comunale, consentendo così all'interrogante di replicare;
come sottolineato dai consiglieri comunali in una successiva missiva inviata al prefetto il 22 dicembre 2008 e alla quale, a tutt'oggi non è stata data risposta, ben tre punti dei quattro posti inseriti all'ordine del giorno risultano tuttora inevasi: la nomina del Presidente del Consiglio, l'esame di una proposta di delibera e la risposta alle interrogazioni consiliari;
il principio ispiratore del comma 5 dell'articolo 39 del Testo Unico sugli enti locali è molto chiaro ed è quello di affidare ad un organo sovraordinato di garanzia il diritto-dovere di utilizzare i poteri sostitutivi per ottemperare ad un vero e proprio «rifiuto d'ufficio» perpetrato da parte di un Sindaco; un diritto-dovere che deve essere posto in essere in tempi ragionevoli per evitare una ulteriore mortificazione del ruolo degli eletti negli enti locali -:
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per garantire il pieno rispetto e la pronta applicazione di una norma dello Stato sottesa a fornire le necessarie garanzie affinché gli eletti negli enti locali possano esercitare il proprio mandato e a dare seguito alle proprie prerogative, nell'interesse di un pieno e compiuto esercizio della democrazia;
se non ritenga che, in generale, le prefetture debbano seguire un iter più celere nel valutare le istanze in circostanze analoghe a quelle dianzi esposte, tenuto conto che tempi eccessivamente lunghi rischiano di indebolire uno dei pochi strumenti normativi che l'ordinamento degli enti locali attribuisce ai consiglieri di minoranza per svolgere un'azione di proposta e di stimolo.
(4-02403)

TESTO AGGIORNATO AL 14 MAGGIO 2009

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
pende un corposo contenzioso attivato dai medici laureati in medicina e chirurgia e iscritti al relativo albo che, pur avendo frequentato la scuola di specializzazione negli anni accademici dal 1983 al 1992, non hanno conseguito un titolo equipollente a quello degli altri medici europei e non hanno ricevuto la retribuzione loro dovuta nonostante che, nel periodo in cui gli istanti si sono specializzati, tale diritto fosse disciplinato dalla direttiva comunitaria n. 82/76/CEE che prevedeva la retribuzione obbligatoria del periodo di specializzazione quale requisito necessario per ottenere l'equipollenza del titolo;
il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, non ha sanato la situazione di tali medici, in quanto le norme del citato decreto non hanno efficacia retroattiva, per cui - ad oggi - il titolo di specializzazione conseguito non è equipollente a quello europeo;
la Corte di giustizia europea, con le sentenze del 25 febbraio 1999 e 3 ottobre 2000, ha - peraltro - dichiarato che la citata direttiva del Consiglio europeo 26 gennaio 1982, n. 76 doveva essere interpretata nel senso che l'obbligo di retribuire in maniera adeguata il periodo di formazione dei medici specialisti risulta

non sottoposto a condizioni e sufficientemente puntuale nella parte in cui dispone che - affinché un medico specialista possa avvalersi del sistema di reciproco riconoscimento ai sensi della direttiva n. 75/362/CEE - la sua formazione (a tempo pieno o a tempo parziale) sia retribuita;
la direttiva n. 93/16/CEE del Consiglio europeo del 5 aprile 1993 ha, successivamente, superato quanto disposto dalla direttiva n. 82/76/CEE, specificando - tuttavia - che gli Stati membri, nel recepire le nuove norme, avrebbero dovuto tutelare la formazione conseguita anteriormente al termine di attuazione della direttiva al fine di salvaguardare i diritti acquisiti dai medici specialisti;
così non è stato, in quanto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, con il quale la citata direttiva n. 93/16/CEE è stata recepita all'interno dell'ordinamento nazionale, non ha salvaguardato la posizione di coloro che si erano iscritti alle scuole di specializzazione prima dell'anno accademico 1991-1992, lasciando senza tutela giuridica tali soggetti;
sulla materia è intervenuta la Corte di cassazione che, con le sentenze del 16 maggio 2003, n. 7630, e del 12 febbraio 2008, n. 3283, ha stabilito che i singoli medici hanno diritto ad ottenere - sia nell'ipotesi di violazione di diritto soggettivo, sia di interesse legittimo - il risarcimento del danno in conseguenza della violazione delle norme comunitarie da parte del legislatore e dei ministeri convenuti;
sul tema della prescrizione dei diritti i vari Tribunali territoriali e le rispettive Corti d'appello non hanno seguito un orientamento unitario: infatti se, con la sentenza n. 65 del 2008 la Corte d'appello di Genova ha asserito che - in applicazione della giurisprudenza comunitaria - vanno disapplicate tutte le norme interne che sanciscono decadenze o prescrizioni all'azione giudiziaria richiesta dal singolo in base ad una direttiva non correttamente trasposta, al contrario, la Corte d'appello di Roma (con le sentenze 4672/2007 e 5205/2008) ha ritenuto che ricorra nella fattispecie la prescrizione quinquennale di cui all'articolo 2948 del codice civile, senza considerare - peraltro - che non esiste ad oggi nessun provvedimento che preveda per coloro che si sono specializzati prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 257 del 1991, la periodicità della retribuzione alla quale si possa applicare la prescrizione breve quinquennale;
in precedenza con la sentenza n. 110 del 2002 anche la Corte d'appello di Trieste aveva ritenuto che il termine di prescrizione nella fattispecie è quello ordinario decennale;
a ben vedere, tuttavia, a parere degli interpellanti difettano proprio i presupposti giuridici della prescrizione, in quanto nell'ordinamento non vi è alcuna norma che riconosca a coloro che si sono specializzati nel periodo dal 1983 al 1992 il diritto ad essere remunerati nel periodo in cui svolgevano la specializzazione e - dunque - è impossibile che tale diritto si sia prescritto;
alcuni medici, specializzatisi prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 257 del 1991, hanno avuto la possibilità di percepire retribuzioni ai sensi dell'articolo 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, determinando in tal modo una disparità di trattamento tra soggetti destinatari della stessa normativa -:
se non ritengano opportuno - nell'ambito delle proprie competenze - intervenire tempestivamente con apposite iniziative per sanare la posizione giuridica dei medici che si sono specializzati tra il 1983 e il 1991, attraverso il recepimento completo della direttiva n. 86 del 1972 e successive modifiche ed estendendo in tal modo i benefici dell'equipollenza dei titoli di specializzazione a tali soggetti;
se il ministro dell'economia e delle finanze non ritenga, altresì, di dover procedere al reperimento di fondi per far si che ai medici che si sono immatricolati negli anni tra il 1983 e il 1991 venga riconosciuta un'adeguata retribuzione per

il servizio svolto all'epoca presso il servizio sanitario nazionale, prevedendo - se del caso - che tale importo, anziché essere erogato direttamente dal Ministero competente, sia inserito nelle voci fiscalmente deducibili ai fini irpef a decorrere dalla promulgazione del relativo provvedimento normativo, con cadenza annuale e per dieci anni.
(2-00321) «Marinello, Mussolini, Gioacchino Alfano, Germanà, Tortoli, Romele, Renato Farina, Di Centa, Marsilio, Picchi, Pianetta, Zacchera, Fallica, Cicu, Pugliese, Misuraca, Antonio Pepe, Grimaldi, Barbieri, Ceroni, Mazzuca, Scalia, Palmieri, Perina, Garofalo, Speciale, Bernardo, Garagnani, Osvaldo Napoli, Ascierto, Traversa, Soglia, Lo Presti, Mario Pepe (PdL), Catone, Santelli, La Loggia, De Girolamo, Testoni, Vincenzo Antonio Fontana, Gibiino, Barani, De Luca, Minardo, Frassinetti, Scapagnini, Lazzari, Franzoso, Torrisi, Sisto, Vitali, Laboccetta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 9 gennaio 2009, n. 1, conversione in legge del decreto 10 novembre 2008, n. 180, ha introdotto nuove modalità di nomina delle commissioni e l'adozione di un nuovo regolamento per i concorsi da ricercatore nelle università;
l'articolo 1, comma 6, della suddetta legge, assegna al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il compito di emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione un decreto che stabilisca le modalità di svolgimento delle elezioni dei componenti delle commissioni ed un secondo decreto che individui i parametri che le stesse commissioni dovranno utilizzare per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati;
il suindicato termine di 30 giorni è scaduto il 9 febbraio 2009 senza che al momento si sia provveduto all'emanazione dei decreti o siano stati annunciati provvedimenti in merito;
in assenza di tali decreti i concorsi da ricercatore restano di fatto bloccati;
tale situazione sta determinando lo slittamento dei concorsi per l'assunzione di nuovi ricercatori, già drasticamente ridotti a seguito dei recenti tagli previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008 (e lievemente modificati dal decreto in parola) e del tutto insufficienti ad assicurare un adeguato turn-over, del personale docente pensionando a permettere la necessaria innovazione nella didattica e nella ricerca;
il ritardo del Governo rischia di far scomparire i posti previsti dalla seconda e terza tranche del reclutamento straordinario disposto dal Ministro Mussi nella legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) -:
quali siano i reali tempi di emanazione dei decreti delegati citati in premessa.
(5-01065)

SIRAGUSA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005, in ottemperanza alla legge n. 143 del 2004, l'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca autorizzava le università degli studi e le accademie di belle arti ad istituire corsi speciali, di durata annuale, per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento, nonché il titolo di specializzazione per il sostegno, riservati a varie categorie di docenti che avessero prestato almeno 360 giorni di servizio, con il possesso del prescritto titolo di studio per accedere a insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo o classi di concorso, purché avessero maturato tale anzianità di servizio nel periodo incluso tra il 1o settembre 1999 e il 6 giugno 2004;

il termine ultimo per presentare l'istanza era fissato al 17 marzo 2005, oltre 9 mesi dopo il periodo fissato per il raggiungimento dell'anzianità limite;
molti docenti, pur avendo maturato tale anzianità di servizio alla data della scadenza fissata per la presentazione della domanda, hanno visto respingere la loro istanza di partecipazione, sulla base del fatto che non avevano maturato tale anzianità nel periodo indicato dal suddetto decreto;
in occasione della conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, all'articolo 36 è stato aggiunto il comma 1-bis. «Resta valida l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto 18 novembre 2005, n. 85, ai sensi del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, che abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, entro il termine di presentazione delle domande di partecipazione ai suddetti corsi speciali e che abbiano superato l'esame di Stato» -:
se il Ministro interrogato non ritenga anomala la procedura messa in atto che pone come termine ante quem il 6 giugno 2004, nonostante il decreto attuativo della legge n. 143 del 2004 sia datato 9 febbraio 2005 e se non intenda, analogamente a quanto disposto per i docenti ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto 18 novembre 2005, n. 85, porre soluzione ad una situazione discriminatoria nei confronti di coloro che avevano maturato l'anzianità di servizio di 360 giorni alla data di entrata in vigore del decreto e che sono stati ammessi con riserva ai corsi abilitanti istituiti dalle università, o che hanno conseguito il titolo di sostegno considerato anche che questo non comporterebbe aggravio per le casse dello Stato. (5-01066)

TESTO AGGIORNATO AL 7 LUGLIO 2010

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

MUSSOLINI, BARANI, DE NICHILO RIZZOLI e DI VIRGILIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la donazione del cordone ombelicale è una pratica completamente priva di rischi per la madre e per il figlio che consente attraverso le cellule staminali di salvare tante vite umane soprattutto nelle leucemie infantili;
le banche che conservano le cellule staminali del cordone ombelicale, spesso come è accaduto a Padova, chiudono il venerdì e riaprono il lunedì impedendo quindi a tante madri che vogliono donare il cordone ombelicale di potersi avvalere di tale servizio -:
cosa intende fare il Governo per consentire a tutte le madri che intendono donare il cordone ombelicale di essere messe in grado di poterlo fare ventiquattro ore su ventiquattro posto che, in caso contrario, si opererebbe una grave perdita per la ricerca e per la cure delle malattie e con una discriminazione per le donne che partoriscono nel fine settimana.
(5-01067)

NUNZIO FRANCESCO TESTA, DE POLI e OPPI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 81 del 2008, di concerto con le norme relative agli oneri connessi alla sicurezza, esclude in modo tassativo la possibilità di indire, per le attività di sicurezza sul lavoro e di sorveglianza sanitaria, gare con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
nonostante la sopracitata previsione normativa, alcune importanti società nazionali continuano a indire gare al ribasso ed aventi ad oggetto prestazioni sanitarie mediche;
la gara al ribasso degli onorari, che, altresì, viola palesemente gli articoli 87 e 131 del decreto legislativo n. 163 del 2006, così come a ragione denunciato dall'Ordine dei medici, non solo non favorisce la libera e corretta concorrenza tra professionisti ma, per di più, comporta un danno per i pazienti poiché non consente di garantire la correttezza tecnica e la qualità della prestazione erogata;
questa prassi, mentre pone il rischio di acquisire professionalità in contrasto con la buona pratica medica, con minori garanzie di appropriatezza, efficienza ed efficacia, risulta in aperto contrasto con l'odierno allarme sociale generato dal costante aumento di infortuni sul lavoro, spesso con esiti drammatici -:
quali misure urgenti intenda adottare per impedire le gare al ribasso relativamente alle attività mediche aziendali quali i presidi medico-infermieristici nelle aziende e per salvaguardare la tutela e la sicurezza negli ambienti di lavoro nonché il decoro professionale medico.
(5-01068)

PALAGIANO, MURA e FAVIA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della Salute ha presentato il Progetto «Codice Argento» - Modelli Innovativi per la presa in carico del paziente anziano fragile nella transizione dall'ospedale al territorio e dal territorio all'ospedale;
tale progetto, della durata di tre anni, prenderà il via nei primi mesi del 2009 coordinato da un comitato scientifico insediato presso il Ministero della salute, da un Centro coordinatore quale l'Università Cattolica del Sacro Cuore-Centro medicina dell'invecchiamento di Roma in collaborazione con le unità operative di quattro Regioni individuate: Regione Veneto, Regione Sicilia, Regione Toscana, Regione Lazio;
in data 7 febbraio 2008 viene stipulata una convenzione tra il Ministero della salute, la Regione Marche e l'Istituto ricovero e cura a carattere scientifico INRCA di Ancona, per la definizione di un accordo tra le parti sopracitate per l'attivazione ed il funzionamento dell'«Agenzia nazionale per le problematiche dell'invecchiamento» istituita dall'INRCA con det. n. 236 del 29 ottobre 2007 e da intendersi quale rete di collaborazioni e partnership autorevoli per competenze sanitarie, sociali, economiche, umanistiche;
in data 19 marzo 2008 con decreto ministeriale, il Ministero della salute, direzione generale della ricerca scientifica e tecnologica prende atto della istituzione presso l'IRCCS di diritto pubblico INRCA, dell'Agenzia nazionale per le problematiche dell'invecchiamento;
l'INRCA (Istituto nazionale di riposo e cura per gli anziani) è l'unico IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) con mission esclusiva geriatrica nel nostro Paese;
gli obiettivi dell'Agenzia nazionale per le problematiche dell'invecchiamento istituita presso l'INRCA di Ancona ha tra i suoi obiettivi quelli di assicurare una funzione tecnico consultiva per il Ministero della salute e la Conferenza Stato-Regioni per quanto attiene i problemi più strettamente connessi ai diversi setting della rete dei servizi agli anziani e promuovere

le conoscenze, gli interventi, le iniziative, i servizi e fornire consulenza e supporto ai decisori in tema di politiche e percorsi riguardanti l'invecchiamento;
come specificato nel Progetto Codice Argento, nel sottoprogetto 2, Realizzazione di un codice Argento per il Triage di Pronto Soccorso dell'anziano fragile e valutazione del suo impatto sulla funzione fisica, sulla qualità di vita e sulla mortalità, in merito all'identificazione dei codici di gravità degli anziani fragili che si recano al Pronto soccorso, si parla di uno studio pilota condotto dalla ASL n. 10 di Firenze che ha collaborato per la definizione dei protocolli clinici e organizzativi del Pronto soccorso dell'INRCA di Ancona, unico Pronto soccorso geriatrico dedicato nel nostro Paese -:
in che tempi e modi il Ministro intenda intervenire affinché l'INRCA anche come Agenzia nazionale per le problematiche e l'invecchiamento istituita svolga il ruolo primario che le compete nell'ambito del Progetto Codice Argento.
(5-01069)

LIVIA TURCO e LENZI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i dati forniti dall'Inps lo scorso 15 gennaio, sulla diffusione della social card evidenziano:
a) la ristrettezza della platea finora coinvolta, rispetto alle famiglie in condizioni di povertà presenti nel nostro Paese;
b) una disomogenea distribuzione sul territorio nazionale, con quasi il 70 per cento delle carte distribuite nel Mezzogiorno;
c) una limitata, ma non irrilevante, divergenza tra diffusione delle carte e diffusione degli indici di povertà sul territorio nazionale;
sono state 423.868 le carte caricate con i 40 euro mensili spettanti ai titolari comprensivi di requisiti, pari a non più di un terzo della platea originariamente stimata dal Governo e meno del 16 per cento delle famiglie povere stimate dall'Istat (2 milioni 653 mila-anno 2007);
la social card è stata presentata anche come una iniziativa a sostegno delle famiglie povere e con bambini piccoli. Ora gli interroganti ritengono che i limiti reddituali decisamente assai bassi, e gli ulteriori requisiti richiesti possono aver limitato, al di là del previsto, la platea dei richiedenti minori di tre anni -:
quale sia il quadro numerico completo delle social card a tutt'oggi realmente distribuite e attivate, nelle due categorie previste pensionati e famiglie con bambini di età inferiore ai tre anni rispetto al totale delle domande presentate e quale sia la loro distribuzione territoriale.
(5-01070)

Interrogazioni a risposta scritta:

BURTONE, DAMIANO, SAMPERI e BERRETTA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in base alla finanziaria per l'anno 2009 sono previsti gli ammortizzatori in deroga;
quale requisito per accedervi vi è la diminuzione del 10 per cento della platea rispetto all'anno precedente e la predisposizione da parte delle regioni di apposti corsi di formazione;
in un contesto di normalità sicuramente ciò sarebbe possibile con maggiore facilità;
è del tutto evidente che in un contesto di crisi economica i requisiti per accedervi diventano assai complicati soprattutto in regioni in cui la situazione occupazionale versa in uno stato allarmante;
il ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha approvato il decreto di ripartizione di una parte del finanziamento alle regioni;

non sono chiare le modalità di erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga in favore dei lavoratori interessati;
si stanno creando situazione di allarme sui territori a causa della mancanza di chiarezza delle procedure -:
se e quali direttive il Governo abbia emanato o intenda emanare per consentire la rapida erogazione degli ammortizzatori sociali ai destinatari;
se sia possibile nell'ambito dell'anno in corso derogare alla previsione del 10 per cento considerato lo stato di crisi dell'economia che non consente in molte regioni una ricollocazione del personale estromesso già in precedenza e se per le regioni sia obbligatorio istituire dei corsi di formazione anche quando non sia ancora quantificabile la platea complessiva dei destinatari.
(4-02394)

COSENZA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il programma «Guadagnare Salute», promosso dal ministero della salute, ha lo scopo di favorire l'adozione di quei comportamenti quotidiani in grado di contrastare l'insorgenza di patologie croniche facendo così guadagnare anni di vita in salute agli italiani;
in particolare il programma si articola in quattro grandi aree (comportamenti alimentari salutari, lotta al tabagismo, lotta all'abuso di alcool e promozione dell'attività fisica) e si avvale di una serie di protocolli d'intesa con vari e qualificati enti pubblici;
per quanto riguarda il tema della sana alimentazione, è significativo e apprezzabile che il programma «Guadagnare Salute» vada a proporre - attraverso l'elaborazione di studi e la pubblicazione di campagne informative - stili di vita salutari e sani;
a parere dell'interrogante sarebbe tuttavia necessario, dopo la prima fase di vita del programma, fare un ulteriore salto di qualità rivolgendosi in seconda battuta anche alle aziende alimentari chiedendo loro una sempre maggiore trasparenza di informazioni nei confronti dei destinatari dei propri prodotti e una reale cautela nel ricorso, soprattutto per alimenti e bevande destinati all'infanzia, a sostanze coloranti e conservanti la cui salubrità è peraltro messa fortemente in dubbio dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare -:
se sia compatibile con le linee guida del programma «Guadagnare Salute» l'ipotesi della firma, da parte del ministero della Salute, di appositi protocolli d'intesa, oltre che con gli enti pubblici, anche con le stesse aziende produttrici (o con le associazioni di categoria in cui esse sono radunate) nel senso di limitare il più possibile il ricorso a sostanze coloranti e a conservanti.
(4-02397)

ALESSANDRI, RAINIERI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe all'interrogante che dal 2001 siano state effettuate delle indagini e delle inchieste sulla sicurezza dei luoghi di lavoro afferenti ai servizi di neuroradiologia dell'Azienda ospedaliera (AO) di Parma e che alcuni dipendenti della struttura occupati in tali ambienti abbiano accusato numerose malattie, alcune anche molto gravi, facendo presumere che la situazione ambientale in cui il personale era tenuto ad operare quotidianamente non fosse conforme alle norme di sicurezza sul lavoro e tutela della salute;
a riguardo si ricorda che fin dagli anni '40 il codice civile, all'articolo 2087, stabiliva che chi aveva l'incarico istituzionale di occuparsi della salute delle persone, doveva fornire l'esempio di una puntuale applicazione delle misure preventive, anche di quelle non previste, derivanti proprio dalle loro migliori conoscenze

scientifiche e orientate al conseguimento della massima sicurezza tecnologicamente disponibile;
anche la Costituzione aveva alla base un concetto forte di solidarietà che impone ad una serie di soggetti di adoperarsi nel rispetto della persona umana, dei suoi diritti inviolabili e specificatamente del suo diritto al lavoro e alla salute;
anche il Piano sanitario nazionale 1998-2000», in seno alla tutela della salute nei luoghi di lavoro, poneva l'obiettivo specifico di migliorare la sicurezza delle strutture sanitarie pubbliche e private, tramite l'attuazione delle disposizioni di prevenzione previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, di attuazione di alcune direttive riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
si deve sottolineare che il decreto legislativo n. 626 del 1994 non ha fornito tutele a lavoratori che ne erano completamente privi, ma si è inserito in un contesto normativo già solido, rappresentato fondamentalmente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956;
è a parere degli interroganti un fatto purtroppo evidente che nel settore sanità il processo di aziendalizzazione abbia anche generato effetti negativi nel campo della prevenzione, con ritardi un po' dovunque sul territorio nazionale e così, forse, anche a Parma, per una tendenza a privilegiare gli interventi terapeutici-alberghieri rispetto a quelli prevenzionistici;
il lavoro nel settore dell'assistenza sanitaria può comportare seri rischi e relativi effetti acuti o cronici come allergie, infezioni, danni riproduttivi, tumori, patologie da sforzi ripetuti, sugli operatori che il più delle volte sono esposti simultaneamente a più rischi di tipo chimico, fisico, biologico, ergonomico, cancerogeno, che a lungo termine potrebbero rivelarsi estremamente pericolosi;
la gestione della corretta disciplina lavorativa in ambienti sanitari-ospedalieri deve garantire la tutela della salute del lavoratore;
anche la valutazione del rischio in una struttura sanitaria, non dovrebbe rappresentare un semplice obbligo di legge da espletare, ma dovrebbe essere considerata come un fondamentale documento/strumento per una corretta analisi dei rischi presenti nella struttura, su cui applicare il metodo del risk assessment che porta poi al risk management che ha per fine ultimo la risoluzione o almeno il contenimento dei rischi evidenziati;
riguardo alle presunte segnalazioni di rischi e di danni provocati agli operatori sanitari dell'ospedale di Parma ed in particolare presso il reparto di neuroradiologia, sembrerebbe che nelle stesse denunce siano state evidenziate gravi carenze riassumibili, in particolare, nell'applicazione poco efficace della normativa di prevenzione sia di tipo generale di struttura, sia specifica di reparto e nella sorveglianza sanitaria degli operatori oltre che nella mancata indagine epidemiologica-sanitaria per la presenza nel reparto di patologie di sospetta natura professionale non valutate, con altresì un ipotetico eccesso di mortalità/morbilità;
sembrerebbe, da informazioni preliminari messe insieme in maniera purtroppo sommaria dall'interrogante, che presso la struttura ospedaliera parmense vi sia stata una omissione grave di una serie di misure di prevenzione a livello di infortunistica lavorativa avvenuta tra il 1985 ed il 2005, omissioni che non avrebbero impedito la morte e la morbilità di alcuni dipendenti -:
se sia a conoscenza di eventuali procedimenti giudiziari riguardanti l'ipotesi di reato relativo al superamento dei limiti di legge relativi all'attività radiologica presso il servizio di neuroradiologia dell'Azienda ospedaliera (AO) di Parma relativamente alle fattispecie di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime, nonché sul relativo stato, essendo i presunti fatti risalenti nel tempo;

se non intenda ad ogni modo accertare se almeno fino all'anno 2005 vi siano stati casi di danni alla salute accusati dal personale sanitario operante in tale struttura e se queste lesioni si possano ritenere riferite alla inosservanza da parte dei dirigenti competenti e responsabili, delle norme applicabili in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e di salute dei lavoratori durante il lavoro.
(4-02402)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
le aziende zootecniche pugliesi, che rappresentano una componente consistente dell'economia di una Regione a forte vocazione agro-alimentare, stanno vivendo una fase di gravissime e crescenti difficoltà a causa del crollo in atto del prezzo del latte alla stalla ad opera delle industrie di trasformazione;
tale situazione è determinata in gran parte da massicce operazioni di acquisto da parte dei caseifici di latte straniero, ufficialmente proveniente dalla Germania ma in realtà molto probabilmente prodotto in Paesi orientali e, pertanto, privo di quelle garanzie di igiene e di qualità che sono dovute all'utenza;
secondo alcune stime della Coldiretti diversi milioni di litri di latte, importati in Italia, dopo la lavorazione ed il confezionamento in varie aziende sparse su tutto il territorio nazionale, in special modo al sud, vengono trasformati miracolosamente in prodotto italiano;
il consumatore, comperando il latte e i suoi derivati in confezioni con il marchio italiano ma prive di qualsiasi indicazione relativa alla provenienza, crede di acquistare prodotti di origine italiana;
un tale sistema, oltre a mortificare e a penalizzare il lavoro dei nostri allevatori, allarga sempre di più gli spazi al mercato del falso made in Italy, con i comprensibili danni all'economia di un settore già fortemente penalizzato;
fenomeni del genere annullano nei fatti i pur faticosi accordi siglati in Puglia tra produttori di latte ed industria casearia, che avevano determinato un pur minimale aumento dei prezzi, al pressoché irrisorio livello di 0,46 centesimi al litro, di tutta evidenza già di per sé inadeguato a coprire l'incremento dei costi;
l'eventuale perdurare di questa situazione provocherebbe inevitabilmente la chiusura di molte stalle con gravissime conseguenze economiche, occupazionali e sociali, vanificando anche i vantaggi derivanti dai recenti, meritori risultati conseguiti dal Governo a livello comunitario in materia di quote-latte;
l'intero comparto agricolo, così, come ha dichiarato il Presidente della Conf- agricoltura Vecchioni: «non solo è stato escluso sino ad oggi dalle misure straordinarie anticrisi adottate per altri settori, ma rischia di vedersi sottrarre anche risorse di cui disponeva, come quelle per le assicurazioni e per le agevolazioni contributive nel Mezzogiorno e nell'aree svantaggiate» -:
se non ritenga di intervenire con la massima urgenza per:
a) intensificare i controlli soprattutto a garanzia degli ignari cittadini utenti, sulla provenienza e sulle garanzie igienico-sanitarie del latte estero utilizzato dall'industria casearia segnatamente pugliese;
b) adottare provvedimenti a sostegno di un'attività di grande rilevanza socioeconomica, per il sistema Puglia, quali la zootecnia e la produzione di latte;

c) tutelare i consumatori dai rischi alimentari derivanti dalle possibili sofisticazioni a causa dell'uso di latte in polvere che, invece di essere destinato all'uso zootecnico, attraverso fasi di trasformazione, può essere introdotto nel consumo alimentare umano;
d) difendere il lavoro dei nostri produttori perseguendo la politica della trasparenza, rendendo noti:
1) i metodi dei controlli adottati;
2) le sedi ove i controlli vengono effettuati;
3) le aziende di trasformazione;
4) il numero complessivo di queste ultime che hanno ricevuto i previsti accertamenti nel rispetto della legge n. 250 del 2000.
(2-00322) «Patarino, Bocciardo, Versace, Di Cagno Abbrescia, Castellani, Murgia, Paglia, Frassinetti, Moffa, Nola, Taddei, Sbai, Franzoso, Fucci, Scelli, Porcu, Angela Napoli, Minasso, Bianconi, Consolo, Lehner, Mussolini, Landolfi, Saltamartini, Vitali, Nastri, Giudice, Lazzari, De Camillis, Biava, Di Virgilio, De Corato, Scapagnini, Barani, Raisi, Pelino, Lisi, Laboccetta, Laffranco, Lo Presti, Bellotti, Palumbo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCHIONI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102: «Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38», come modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, prevede che sia utilizzato il Fondo di solidarietà nazionale anche per contributi agli imprenditori agricoli, nelle zone colpite da calamità naturali, per il pagamento di premi assicurativi, quantificato nell'80 per cento del costo dei premi assicurativi che prevedono un risarcimento quando il danno sia superiore al 30 per cento della produzione; nel 50 per cento dei premi per i contratti assicurativi che coprano perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali. Per la determinazione dei valori assicurabili con polizze agevolate i prezzi unitari di mercato delle produzioni agricole sono stabiliti con rilevazioni triennali dall'ISMEA;
gli agricoltori che vogliono usufruire del contributo dello Stato aderiscono ai Consorzi di difesa delle coltivazioni agricole (co.di.pr.a.);
i consorzi di difesa si occupano dei contratti con le compagnie assicurative, fanno da collettore del contributo dello Stato per conto dei soci, incassano i premi dai soci assicurati e li girano alle compagnie di assicurazione;
nel corso degli anni i co.di.pr.a. hanno accumulato alcuni, in particolare, ingenti passivi gestione, dovuti principalmente agli anticipi che i consorzi stessi effettuano presso le compagnie di assicurazione per pagare la quota di premio dello Stato, che viene erogato con costante ritardo, generando una mole di interessi passivi a carico dei consorzi, cioè a carico degli agricoltori. Da ciò deriva il dibattito in atto in ordine ai canali di erogazione dei contributi agli agricoltori;
annualmente il Fondo viene finanziato, per un importo di 220-230 milioni di euro sufficienti per coprire il 55-60 per cento del costo dei premi d'assicurazione;
fino ad oggi il Governo non ha provveduto a finanziare detto fondo, creando una situazione di gravissima preoccupazione per quanti devono proteggere le loro coltivazioni dai rischi imponderabili del tempo. Manca la copertura del saldo 2008 cosicché gli agricoltori che hanno stipulato contratti assicurativi lo scorso anno sulla

base del contributo promesso di circa il 50 per cento del premio, dovranno sopportare una ulteriore spesa del 60-70 per cento per coprire la quota mancante. Ai consorzi di difesa mancano infatti 60 milioni di euro, per il 2008 e 220-230 milioni di euro per il 2009 -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per ripristinare lo stanziamento finalizzato all'erogazione dei contributi per il pagamento dei premi assicurativi 2008/2009;
se non ritenga di attivare una verifica con il comparto agricolo interessato sull'opportunità di individuare anche altri canali meno costosi e più veloci per fare arrivare agli agricoltori i contributi a loro attribuiti dalla legge.
(5-01062)

MARCHIONI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la grave crisi che sta attraversando il settore della pesca è ulteriormente aggravata dagli oneri finanziari connessi alla manutenzione e al funzionamento del sistema di localizzazione satellitare detto blue box;
a carico degli operatori, per tale sistema, si sono accumulate negli anni non solo diverse disparità di trattamento in funzione dei diversi segmenti di pesca, ma anche le contraddizioni legate alle volture delle utenze satellitari e alle clausole dei nuovi contratti di manutenzione e gestione;
con decreto del Ministro delle politiche agricole del 1o luglio 2006 è stato disposto il trasferimento agli armatori degli oneri relativi al traffico satellitare e alla manutenzione delle blue box con la conseguente intestazione a loro nome dei relativi contratti. In particolare gli oneri relativi alla gestione delle blue box decorrevano dal 1o luglio 2007, gli oneri di manutenzione per le unità tra i 18 e 24 metri decorrevano dal 1o luglio 2008, per le unità dai 15 ai 18 metri; gli oneri economici relativi al traffico satellitare decorrevano dal 1o gennaio 2007 e quelli relativi alla manutenzione alla scadenza della garanzia contrattuale; il decreto dispone altresì che in mancanza del dispositivo di controllo satellitare, le barche non possano uscire in mare;
nella precedente legislatura il Ministro per le politiche agricole aveva ipotizzato un provvedimento ponte per le blue box, poi non emanato, di carattere sanatorio volto a garantire maggiore autonomia gestionale agli operatori;
in questa legislatura è stato accolto come raccomandazione, ma non risulta avere avuto seguito, un ordine del giorno dell'on. Catanoso che impegna il Governo a prorogare al 31 dicembre 2009, a carico dello Stato, le spese di gestione e manutenzione del sistema blue box;
gli armatori chiedono che sia rivisto il contratto di gestione ordinaria e straordinaria degli apparati, eliminando clausole inconcepibili come quella che prevede che l'armatore deve risarcire lo Stato, che rimane proprietario delle apparecchiature, anche in caso di perdita dell'imbarcazione; inoltre, poiché unico gestore di fatto del traffico telefonico è la Telecom che impone tariffe giudicate troppo onerose, chiedono di ripristinare la possibilità di scegliere a chi affidare il servizio, e a chi affidare la manutenzione -:
se intenda attivarsi in sede comunitaria affinché sia previsto il trasferimento degli oneri della installazione del sistema di localizzazione e controllo satellitare delle navi da pesca (blue box) in carico dei rispettivi Stati dell'Unione Europea o, in alternativa, sia valutata la possibilità di disporre la prosecuzione del regime sperimentale applicato fino al 31 dicembre 2007;
se non ritenga di adottare iniziative adeguate perché sia realmente liberalizzato sia l'acquisto delle apparecchiature di controllo che la gestione del servizio, anche in considerazione del fatto che si stanno diffondendo nuovi sistemi di controllo

satellitare tecnologicamente più avanzati e meno costosi, di cui è già prevista l'adozione in ambito europeo.
(5-01064)

OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso del 2007 e nei primi mesi del 2008, le eccessive anomalie climatiche verificatesi, (alte temperature, tromba d'aria e gelate), hanno colpito gravemente l'agricoltura della Regione Calabria ed in particolare i territori delle province di Catanzaro e Crotone, provocando, tra l'altro, una maturazione anomala e precoce delle colture di finocchi nonché ingenti danni ai numerosi impianti di vigneti, con relativo essiccamento del prodotto, determinando di conseguenza un'allarmante crisi dei comparti agricoli interessati, che hanno messo in ginocchio tutta la Regione ed in particolare il comprensorio produttivo del Crotonese;
tale grave situazione fu segnalata tempestivamente dall'interrogante, anche con una specifica interrogazione parlamentare presentata nella precedente legislatura;
la Regione Calabria, a seguito delle richieste specifiche delle singole province, ha chiesto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali la decretazione dello stato di crisi per calamità naturali per diverse coltivazioni;
in relazione a tale richiesta il Ministero competente ha riconosciuto, tra l'altro, l'eccesso termico e la calamità naturale per la coltivazione dei vigneti ed il conseguente essiccamento delle produzioni dell'uva, e con decreto MIPAAF 21 settembre 2007 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2007 l'eccesso termico dal 1o gennaio 2007 al 30 aprile 2007 per la provincia di Catanzaro nel territorio dei comuni di Belcastro e Botricello ed in quella di Crotone nel territorio dei comuni di Crotone, Cutro, Isola Capo Rizzuto, Mesoraca, Rocca di Neto, Roccabernarda, Scandale e Strongoli limitatamente alle sole colture di finocchio;
l'erogazione degli aiuti previsti dal decreto MIPAAF è stata subordinata alla decisione della Commissione UE sulle informazioni metereologiche, notificate in conformità alla decisione della medesima Commissione del 9 giugno 2005, n. C(2005)1622;
la Commissione suddetta ritenendo tale richiesta conforme agli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato, non ha avanzato alcuna obiezione in ordine alla misura in oggetto, riconoscendo lo stato di calamità naturale che aveva colpito le province di Crotone e Catanzaro, interessate da un aumento eccezionale delle temperature, e che avevano causato ingenti danni alle colture in questione;
a seguito delle diverse calamità abbattutesi sull'agricoltura calabrese, stante l'urgenza di attuare gli interventi di soccorso nelle aree danneggiate, nella riunione della Commissione politiche agricole degli Assessori regionali all'agricoltura, tenutasi nel mese di maggio alla presenza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stati ripartiti definitivamente i fondi per l'erogazione degli aiuti alle imprese che hanno subito danni da calamità naturali. Nello specifico sono stati riconosciuti per la Calabria 15,242 milioni di euro, destinati a coprire anche altre emergenze verificatesi nell'intero territorio regionale tra la fine del 2007 e la metà del 2008, riconosciute anche esse con decreti MIPAAF rispettivamente del 1o ottobre 2007 (tromba d'aria - Provincia di Catanzaro), del 29 febbraio 2008 (alte temperature nelle Province di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Vibo Valentia), e 23 giugno 2008 (gelate nelle Province di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Vibo Valentia);
successivamente la Regione Calabria ha provveduto a suddividere i fondi in

relazione ai danni subiti dalle province destinando circa 5,5 milioni di euro esclusivamente per risarcire i produttori di finocchi e i vignaioli colpiti dagli eventi calamitosi in questione;
a tutt'oggi nonostante le dovute rassicurazioni date agli agricoltori, non risultano però ancora trasferiti i relativi fondi alla Regione Calabria che, tramite l'assessorato competente, dovrà provvedere attraverso le amministrazioni provinciali al relativo risarcimento degli aventi diritto di coloro che hanno regolarmente fornito relativa domanda di indennizzo, a seguito anche delle dovute verifiche;
la situazione degli agricoltori in questione sta però sempre più avvicinandosi al collasso, alla luce anche dei danni causati dal maltempo nelle ultime settimane nel Mezzogiorno. In particolare in Calabria l'abbassamento record delle temperature, il gelo e le abbondanti piogge, secondo le prime stime effettuate dalla Confederazione italiana agricoltori (CIA) e dalla Coldiretti, hanno infatti provocato un vero disastro per l'agricoltura, con danni destinati a condizionare per anni l'andamento dell'intera produzione ed anche l'economia complessiva degli imprenditori;
il ritardo del Governo nel trasferire i fondi in questione sta inoltre cagionando gravi disagi sia alle aziende, sia alle moltissime famiglie, che traggono da questa attività l'unica fonte di sostentamento ed all'intera economia regionale che rischia un vero e proprio tracollo -:
se, e con quali atti, il Governo intenda tempestivamente - e senza ulteriori indugi - intervenire affinché sia assicurato in tempi certi il necessario sostegno alle attività di tali produttori, con la corresponsione dei relativi fondi, che contribuiranno a superare le emergenze di ieri, che purtroppo si aggiungono a quelle causate dall'ondata di maltempo di questi giorni, ed a favorire la crescita economica, concentrata principalmente sul settore agricolo, delle zone interessate.
(5-01074)

MARINELLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n.102 del 2004, successivamente modificato dal decreto legislativo n.82 del 2008, ha riformato il Fondo di solidarietà nazionale (ex legge 185 del 1992), valorizzando ed ampliando l'utilizzo dello strumento assicurativo per la difesa delle colture agrarie, dagli eventi atmosferici, uniformandosi ai nuovi orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato;
tale sistema assicurativo riscuote grande interesse da parte delle imprese agricole che possono disporre di una vasta offerta di prodotti assicurativi, per la tutela complessiva delle produzioni aziendali, nei confronti di una pluralità di eventi atmosferici, che costituiscono un fattore di rischio sempre maggiore a causa dei cambiamenti climatici in atto;
tale intervento inoltre si è dimostrato molto efficace in quanto rappresenta l'unico costo di produzione diminuito per le imprese agricole in quanto le tariffe delle polizze hanno subito significative diminuzioni (dal 7,25 per cento nel 2001 al 5,83 per cento nel 2008);
tale strumento assicurativo risulta fra l'altro vantaggioso, anche per l'amministrazione statale, in quanto negli ultimi cinque anni c'è stato un risparmio per le casse pubbliche di 1.184 milioni di euro;
risulta pertanto evidente che in caso di mancato rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale, le conseguenze inevitabili e penalizzanti causate dal maltempo di queste ultime settimane, si ripercuoterebbero non soltanto sulle produzioni agricole, ma sull'intera economia nazionale -:
quali iniziative nell'ambito delle sue competenze intenda intraprendere al fine di prevedere, in considerazione di quanto esposto in premessa, adeguate risorse finanziarie a sostegno del suddetto fondo.
(5-01075)

TESTO AGGIORNATO AL 26 FEBBRAIO 2009

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:

NICCO, BRUGGER e ZELLER. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le Poste italiane della Provincia di Bolzano ad oggi non adempiono in pieno all'obbligo della normativa sul bilinguismo, nonostante nel maggio del 2003 sia stato sottoscritto un accordo che garantisce nei vari call center la presenza di operatori in grado di parlare la lingua tedesca;
in diverse occasioni i cittadini di madrelingua tedesca hanno provato a dettare telefonicamente un telegramma in lingua tedesca, attraverso il numero verde di Poste italiane e gli operatori hanno negato il servizio, dando la giustificazione che in Italia si parlerebbe solo italiano;
secondo le norme di attuazione dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, la pubblica amministrazione e i concessionari di servizi pubblici devono predisporre i mezzi tecnici e quelli documentali nelle due lingue;
Poste italiane ha spiegato, a giustificazione dell'accaduto, che il bilinguismo è garantito anche nel servizio di dettatura telefonica dei telegrammi attraverso il numero verde 186, da operatori in grado di ricevere richieste anche in lingua tedesca, ma è evidente che, allo stato attuale, tale norma non viene rispettata -:
quali misure il Ministro intenda intraprendere tempestivamente per assicurare il pieno rispetto del principio del bilinguismo nei rapporti con le Poste italiane, in attuazione delle norme dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige.
(5-01076)

LOVELLI, META, FIANO, TULLO e VELO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane ha promosso la sottoscrizione, a partire dal 2002, di prodotti finanziari «Programma dinamico» e cioè polizze del tipo index linked agganciate a strumenti «derivati» che, dalle quotazioni pubblicate sul sito internet di Poste Vita, risultano valere, per quanto riguarda il titolo «Classe 3A Valore Reale», 55,12 e, per quanto riguarda «Ideale», 30,62 e pertanto, essendo stati entrambi i prodotti collocati a 100, questo significa che hanno perso rispettivamente circa il 45 per cento e il 70 per cento;
da notizie pubblicate di recente su quotidiani nazionali si apprende che più di 70 mila risparmiatori che avevano sottoscritto i prodotti in questione hanno ricevuto una proposta di ristrutturazione che allunga la durata dell'investimento per tre anni con la garanzia di ricevere un rendimento del 5 per cento che in realtà non consentirebbe di recuperare realmente la perdita accumulata in 13 anni calcolata in almeno il 30 per cento al netto dell'inflazione, come denunciato da alcune associazioni di consumatori -:
quali iniziative intenda intraprendere per fare in modo che i sottoscrittori danneggiati possano essere risarciti, in particolare attivandosi per garantire i risparmiatori in ordine alla restituzione piena del capitale, se vi sono altre emissioni successive al 2002 in cui sono presenti eventuali titoli «tossici» e se i prospetti informativi rivolti a risparmiatori inesperti, quali quelli che di solito si rivolgono a Poste italiane, avessero o meno informazioni chiare a proposito dei rischi connessi a obbligazioni index linked.
(5-01077)

DRAGO e CERA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con lettera del 12 gennaio 2009, Poste Italiane S.p.A ha comunicato, per il tramite

della direzione di Foggia, che disattiverà il doppio turno dell'ufficio postale di San Marco in Lamis (Foggia);
è da segnalare che a seguito dell'avvio del doppio turno l'ufficio postale di San Marco in Lamis ha registrato un significativo aumento della produttività ed il raggiungimento degli obiettivi aziendali;
i dati relativi ai ricavi del 2008 dell'ufficio postale di San Marco in Lamis, infatti, mostrano un trend di crescita, rispetto all'anno precedente, superiore del 30 per cento circa;
la necessità del doppio turno era ed è motivata dal fatto che la presenza di questo ufficio, aperto nel pomeriggio, offre un servizio ad un bacino d'utenza consistente e che usualmente non può recarsi allo sportello in orari antimeridiani per motivi di lavoro;
l'incremento di clientela nel pomeriggio, il fatto che il comune di San Marco in Lamis è situato in una zona montana e quindi già difficilmente raggiungibile e l'alta presenza di soggetti anziani che con l'introduzione del turno pomeridiano hanno ricevuto indubbi vantaggi in termini di migliori condizioni di accesso, sono elementi che dovrebbero indurre ad un ripensamento di tale decisione -:
se non ritengano di intervenire presso Poste S.p.A. al fine di mantenere il funzionamento dell'ufficio di San Marco in Lamis su due turni evitando che l'operatività limitata dell'ufficio al solo turno antimeridiano possa tradursi in un grave disagio per la popolazione residente, soprattutto quella anziana.
(5-01078)

MISITI e DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Campana, paese presilano in provincia di Cosenza, e diversi comuni limitrofi dell'area della Sila Greca, già fortemente condizionati negativamente dalla posizione geografica e dalla mancanza storica di infrastrutture viarie, oggi sono ancor più penalizzati a causa della mancanza della rete di telecomunicazioni «cosiddetta banda larga»;
tale mancanza non trova giustificazione, in quanto recentemente solo una piccola parte dei comuni della stessa area geografica sono stati serviti dal gestore di rete fissa «Telecom Italia» dal servizio Adsl;
è noto pure che gli adempimenti richiesti dalla pubblica amministrazione da effettuarsi in via telematica richiedono un servizio di accesso a banda larga;
il Comune di Campana con deliberazione G.C. n. 43 del 31 maggio 2007 ha inoltrato formale richiesta a Telecom Italia per la risoluzione del problema, ma a tutt'oggi non c'è stato alcun riscontro e la mancanza del servizio persiste, con notevoli disagi per la popolazione, priva di uno strumento divenuto, ormai, indispensabile -:
se il Ministro non ritenga di dovere intervenire, per quanto di sua competenza, per tutelare il diritto degli utenti del Comune di Campana e di tutti i comuni dell'area su indicata che stanno subendo disagi personali e professionali a causa della mancanza del servizio Adsl/Telecom, per la risoluzione della problematica sollevata.
(5-01079)

MONTAGNOLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli abitanti del comune di Bussolengo esprimono da anni l'esigenza dell'apertura di un nuovo ufficio postale in questo comune in considerazione del continuo aumento della popolazione, che oggi conta 19.000 abitanti;
fin dal 1993 il suddetto comune ha avanzato richiesta, presso la direzione provinciale, di apertura di una seconda agenzia postale, sottolineando che all'unico ufficio funzionante fanno riferimento gli utenti residenti nella Valpolicella e del basso lago, nonché quelli delle ampie

aree artigianali industriali della Bassona e della Ferlina, oltre agli abitanti del comune di Bussolengo;
l'attuale ufficio postale è assolutamente insufficiente a soddisfare le esigenze della popolazione ed in particolare quella degli anziani che risiedono lontano e che, non avendo né sostegno familiare, né trasporto pubblico si trovano a non poter usufruire con la dovuta comodità di questo importante servizio;
negli ultimi giorni l'unico ufficio postale presente nel capoluogo è arrivato al collasso, tanto da renderne impossibile l'uso;
le proteste della popolazione sono continue, tanto che la richiesta di nuova apertura è stata sottoscritta da 1.141 cittadini;
le Poste italiane Spa sono una società di proprietà del Ministero dell'economia, che ha ricevuto quest'anno dallo Stato circa 300 milioni di euro al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale, pena una multa fino a 1.500.000 euro, come previsto dall'articolo 13 dell'attuale contratto di programma -:
quali misure il Ministro intenda adottare per favorire una concertazione tra la direzione di Poste italiane Spa e le amministrazioni locali, al fine di trovare una soluzione maggiormente condivisa in merito all'apertura di un nuovo ufficio postale nel comune di Bussolengo e come intenda intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane Spa arrechino disagi agli abitanti garantendo l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel suddetto comune.
(5-01080)

PROIETTI COSIMI, LAMORTE, MOFFA e BIASOTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere se negli ultimi mesi vi siano stati da parte di Poste italiane licenziamenti di dirigenti, anche a ridosso della scadenza naturale del contratto, a quanto ammontino le relative liquidazioni e se, in presenza di liquidazioni particolarmente elevate, non intendano assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, anche in considerazione del momento di crisi economica in atto.
(5-01081)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Cazzola e altri n. 1-00096, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 gennaio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato La Malfa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-01196, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 58 del 1° ottobre 2008.

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Europrogetti & Finanza S.p.A. è una azienda privata con sede in Roma, e costituita il 2 maggio 1995 su iniziativa del Governo; società di servizi tecnico finanziari rivolti alle piccole e medie imprese e agli Enti Locali e per una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie pubbliche, nazionali, e comunitarie;
Europrogetti & Finanza S.p.A. è partecipata al 32 per cento dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., al 40 per cento dal Gruppo Unicredit, al 16 per cento dal Gruppo IntesaSanPaolo, al 10 per cento dal Monte dei Paschi di Siena e al 2 per cento dal Gruppo Banco Popolare;

il Consiglio di Amministrazione di Europrogetti & Finanza S.p.A. in data 25 settembre 2008 ha chiesto la convocazione dell'assemblea dei soci per l'attivazione della procedura ex articolo 2446 del codice civile (riduzione del capitale per perdite);
l'assemblea degli azionisti ha predisposto la liquidazione della società il 28 gennaio 2009, con i relativi riflessi sulla condizione dei tanti dipendenti che si sono ritrovati dinanzi ad una coltre di insicurezza;
in questi ultimi mesi sono stati tracciati molteplici appelli da parte delle organizzazioni sindacali Ugl credito e Uilca e molti sono stati i tentativi di sensibilizzazione su tale vicenda;
sebbene sollecitato dal 2 febbraio 2009 dalle segreterie nazionale di categoria, anche il collegio dei liquidatori nominati, il professor dottor Marco Lacchini in rappresentanza del socio CDP e l'avvocato Sergio Capogrossi in rappresentanza del socio Unicredit MCC, non ha ancora provveduto ad attivare le procedure contrattuali previste ed a fornire adeguate garanzie sul fronte delle tutele occupazionali -:
se attraverso la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è maggiore azionista, intenda accertare quali iniziative si vogliano intraprendere per sensibilizzare la compagine societaria, interessata principalmente alla massimizzazione del valore del compendio aziendale, in merito alle garanzie a salvaguardia della stabilità del futuro lavorativo degli oltre 60 lavoratori in essa impiegati. (4-01196)

Trasformazione di un documento del Sindacato Ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta orale Proietti Cosimi e altri n. 3-00369 del 10 febbraio 2009 in interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01081.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Taglialatela n. 4-02390 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 139 del 24 febbraio 2009. Alla pagina 4532, prima colonna, alla quarta riga deve leggersi: «se risulti se l'Assessorato regionale alla Sanità,», e non «se l'Assessorato regionale alla Sanità,», come stampato.