XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 18 dicembre 2008

TESTO AGGIORNATO AL 9 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
negli ultimi giorni il Consiglio di amministrazione dell'AIFA (Agenzia del farmaco) ha espresso un parere tecnico scientifico sulla registrazione del principio attivo della pillola Ru486, anche se rimangono ancora da definire le procedure per l'impiego della pillola abortiva in coerenza con la legge n. 194 del 1978, nonché per la fissazione del prezzo di rimborso del farmaco;
Mifeprex è il nome commerciale della cosiddetta Ru486, la pillola abortiva, che tanto sta facendo discutere in questi giorni, dividendo gli schieramenti politici e ipotizzando conflitti di competenze, in realtà è diventata per le amministrazioni regionali e le istituzioni sanitarie una bandiera ideologica e gran poco emerge del dibattito sulla tutela della salute delle donne;
la scoperta della Ru486, pillola in grado di procurare un aborto farmacologico, venne annunciata nel 1980 da un ricercatore francese e anche se immediatamente acquistata dal colosso farmaceutico tedesco Hoechst, a causa delle sue controindicazioni che durante la prima sperimentazione in ospedale procurarono il decesso di una donna trovò molte difficoltà per essere commercializzata. Fino a quando nel 1994 la Hoechst concesse gratuitamente il brevetto al Population Council, meglio conosciuto come fondazione umanitaria Rockefeller che si occupa della promozione del controllo delle nascite nei paesi in via di sviluppo. La Fondazione creò una società multinazionale farmaceutica, la Danco, con l'unico scopo di produrre la pillola abortiva in partenariato con la casa farmaceutica cinese Huan Lian Pharmaceutical Co che già produceva il noto farmaco con il beneplacito del regime cinese impegnato nella ferrea politica di controllo delle nascite;
nel 2004 l'organo di controllo americano sui prodotti farmaceutici, a seguito delle numerose denunce di casi di infezioni ed emorragie, ordinava alla casa farmaceutica Danco di inserire nel «bugiardino» tra gli effetti indesiderati della Ru486 «sepsi, emorragie, morte»;
in Italia, dall'inizio della prima sperimentazione all'ospedale Sant'Anna di Torino nel settembre del 2005, oltre 1.500 donne hanno potuto utilizzare la pillola abortiva Ru486 in sei Regioni: 132 nel 2005 (Piemonte e Toscana), 1.151 nel 2006 (Piemonte, Trento, Emilia Romagna, Toscana e Marche) e centinaia nel 2007 (Trento, Emilia Romagna, Toscana e Puglia). Secondo la relazione sulla legge n. 194 che regola l'aborto presentata dall'allora ministro della salute, Livia Turco, al Parlamento, lo 0,9 per cento delle interruzioni volontarie di gravidanza in Italia è stato eseguito con la Ru486, ma se si considerano solo le Regioni coinvolte la percentuale sale al 3,3 per cento. In realtà, in tutti gli ospedali dove era proposta, la percentuale di Ivg praticate con la Ru486 sale a oltre il 10 per cento;
la legge n. 194 del 1978, intitolata «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza» prevede infatti tra i suoi primi obiettivi «il valore sociale della maternità e la tutela della vita fin dal suo inizio» (articolo 1, comma 1), cosa che ben pochi sanno;
lo scopo dichiarato della legge 22 maggio 1978 n. 194 non è quello di garantire un (inesistente) diritto di aborto, ma piuttosto quello di prevenire l'aborto, favorendo la nascita dei figli già concepiti con l'invito alle madri a svolgere una adeguata riflessione sul valore della vita umana e offrendo alternative al dramma (per il concepito e per la donna) della interruzione della gravidanza. Questa è l'interpretazione ripetutamente formulata dalla Corte costituzionale italiana, la quale

ritiene che l'Ivg sia intesa soltanto come risposta a uno stato insuperabile di necessità e non come esercizio di un diritto di scelta della donna;
da queste premesse deriva che l'uso della Ru486 se inteso, come sembra, quale strumento tecnico per privatizzare e banalizzare l'aborto ed esaltare la libera scelta della donna è assolutamente inaccettabile;
la legge n. 194/1978, è nata per arginare la pratica degli aborti clandestini oltre che per attuare una seria politica di contrasto al ricorso indiscriminato all'aborto attraverso interventi di aiuto mirati alla tutela della donna e del nascituro. Le azioni di informazione e di prevenzione si sono affidate, in particolar modo, ai consultori familiari istituiti con legge n. 405 del 1975;
indipendentemente dalle vicende applicative che ne hanno condizionato l'attuazione, il nucleo centrale della legge n. 194 del 1978 è la creazione di un percorso articolato di riflessione finalizzato a consentire alla donna una piena maturazione della sua personale scelta in merito alla prosecuzione o meno della gravidanza. Se l'aborto farmacologico formalmente non preclude lo svolgimento di tali procedure di riflessione - almeno fin quando sia svolto in un contesto medico-ospedaliero assistito - è tuttavia evidente che assumere una pillola, se da un lato finisce per abbreviare i tempi e le procedure tecniche di interruzione della gravidanza, dall'altro lato come si osserverà a breve - rischia di risultare sostanzialmente più gravoso (almeno sotto il profilo psicologico) per la donna che abortisce;
innanzitutto, è necessario evidenziare che non sono ancora noti tutti gli effetti collaterali della pillola; conseguentemente, se la Ru486 non è sicura, non si può certamente affermare, come semplicisticamente sostengono i movimenti pro-choice, che essa amplierà le possibilità di scelta della donna. La Ru486 è imprevedibile nei suoi effetti: l'aborto si può prolungare per oltre due settimane, con nausea, perdite di sangue, vomito e contrazioni dolorose. Una donna su dieci avrà comunque bisogno di un intervento per portare a termine l'aborto;
la Ru486, infatti, anche se sono passati molti anni dalla sua prima introduzione, è ancora in fase di sperimentazione. La comunità scientifica ha registrato cinque casi negli Stati Uniti e in Canada di donne morte durante l'assunzione della pillola. A questi vanno aggiunti altri due decessi in Gran Bretagna e uno in Svezia. Paradossalmente mentre medici e scienziati a livello mondiale si stanno interrogando su queste morti, in Australia di fatto è stato dato il via libera alla sua messa in vendita. La Ru486 inoltre ha prescrizioni molto circoscritte. Non va presa dalle donne sotto i 18 anni e da quelle sopra i 35 anni, pena pesanti contro-indicazioni. Poi non deve essere presa da soggetti di peso superiore ai 75 chili. Non si sa che effetti dà se chi l'assume soffre di asma. In tutti questi casi, se la gravidanza non viene interrotta, si presenta il forte rischio di gravi malformazioni del bambino;
inoltre, la letteratura scientifica ha più volte sottolineato che la pillola abortiva comporta gravi rischi per le giovanissime: chi ha meno di 18 anni può accusare disturbi nel completamento dello sviluppo, con il rischio dell'infertilità. Le case farmaceutiche non lo dicono, ma queste ragazze rischiano di non potere poi avere più bambini. Il sogno dell'industria è arrivare a far sì che le strutture mediche non forniscano più l'assistenza in caso di aborto e che invece l'aborto a livello mondiale sia portato avanti in maniera chimica, attraverso una produzione di massa della Ru486;
le indicazioni che possono essere tratte dai casi medici registrati in altri Paesi testimoniano che la Ru486 indebolisce fortemente il sistema immunitario, rendendo impossibile per la paziente combattere i batteri. Questo conduce a uno shock settico e a morte rapida. Perciò il Canada ha bloccato le sperimentazioni e la

vendita della Ru486 non è consentita. Le quattro morti avvenute in California in un primo tempo furono attribuite a pillole contaminate, ma questo si è dimostrato falso. Di fatto, quindi, i rischi permangono e si è risolto semplicemente mettendo in guardia le donne che fanno uso della Ru486 che questa può causare infezioni. I casi di morte registrati, infatti, riguardavano tutti donne sane e senza problemi fisici particolari. Ora, se i sintomi della pillola abortiva sono gli stessi di un'infezione (nausea, perdite di sangue vaginali, crampi, dolori alla schiena), come si può distinguere se si tratta del normale processo abortivo o se invece è in corso un'infezione dagli esiti mortali?;
inoltre, non esiste al momento una registrazione di tutti i casi di utilizzo della Ru486 che hanno comportato complicazioni. Difatti la vicenda di una delle donne morte in California è venuta alla luce perché la famiglia ha ordinato un'autopsia privata. Ma chissà quante altre morti sono avvenute a seguito dell'utilizzo della pillola abortiva, senza che se ne sia a conoscenza. Del resto negli Stati Uniti non è obbligatorio, e si calcola che solo nel 10 per cento dei casi vengono registrati gli effetti collaterali dei farmaci, di qualunque farmaco. Comunque anche i soli casi registrati di effetti collaterali di vario tipo ammontano a parecchie centinaia. Solo le donne che hanno richiesto trasfusioni di sangue dopo l'assunzione della Ru486 sono quasi un centinaio;
altrettante obiezioni possono essere mosse alla Ru486 analizzando quali sono gli effetti negativi della pillola sulla psiche della donna;
in primo luogo, è importante evidenziare come nell'interruzione chirurgica della gravidanza un ruolo centrale sia di fatto svolto dal medico (come confermato anche dalle disposizioni sull'obiezione di coscienza), che assume una funzione di vero e proprio co-autore nei confronti della donna; tale figura viene invece a mancare nell'aborto farmacologico, nel quale è la donna l'unica responsabile-artefice dell'interruzione di gravidanza, con tutti i problemi psicologici che questo comporta. A livello psicologico, infatti, tanto nel breve come nel lungo periodo, l'interruzione volontaria della gravidanza viene di regola vissuta come un trauma dalla donna che vi ha prestato il proprio consenso, indipendentemente dalle motivazioni che ne hanno orientato la decisione;
in secondo luogo, durante l'aborto con la pillola Ru486 le donne possono vedere l'embrione abortito: sono loro, infatti, a dover controllare personalmente il flusso emorragico, in ospedale o anche a casa. In uno studio del 1998 pubblicato sul British Journal of Obstetrics and Gynecology, il 56 per cento delle donne sottoposte ad aborto chimico dichiara di aver riconosciuto l'embrione, e il 18 per cento ne denuncia come conseguenza incubi, flash-back e pensieri ricorrenti;
in genere questo non viene detto alle donne che si sottopongono all'aborto chimico, come non viene detto, anche a quelle che scelgono il metodo chirurgico, che l'interruzione di gravidanza può provocare danni psicologici di lunga durata. Il consenso informato non è una pura formalità, ma una possibilità per chi si sottopone a un intervento di decidere di sé e della propria vita con piena responsabilità. Inutile parlare di «libera scelta» se l'informazione fornita al paziente è scorretta o incompleta. Gli avvocati si sono accorti di questa mancanza di informazione, e in alcuni casi l'hanno trasformata in una battaglia legale vincente;
nelle «note informative per la paziente» della sperimentazione della Ru486 condotta da Silvio Viale all'Ospedale Sant'Anna di Torino, a disposizione sul sito dell'associazione Adelaide Aglietta, si legge invece: «Quando abortirà, lei si accorgerà di abortire, ma normalmente non vedrà il prodotto dell'espulsione, poiché a quest'epoca l'embrione misura circa 0,5-1,5 cm ed è difficilmente individuabile in mezzo al sangue, alla mucosa ed ai coaguli». Nel testo del consenso informato,

poi, scompare qualsiasi riferimento al «prodotto dell'espulsione»;
ma recentemente proprio Silvio Viale denunciava preoccupato che la polizza assicurativa dei medici della regione Piemonte escludeva, fra gli altri, anche i danni «derivanti da prodotti anticoncezionali e Ru486 ...nei casi in cui l'assicurato e/o contraente riveste la qualifica di produttore ai sensi di legge. V'è da chiedersi cosa farebbero medici che adottano la Ru486 se in Italia qualche donna ha subito danni psicologici del tipo che è stato citato decidesse di intentare una causa;
è quanto meno singolare che proprio in un momento storico in cui l'opinione pubblica mostra una rinnovata attenzione alle tematiche di tutela della vita - indubbiamente favorita anche dal recente dibattito sulla legge n. 40 - si cerchi di aggirare lo spirito originario della legge 194, con particolare riguardo agli aspetti di prevenzione-riflessione, proponendo alle donne modalità abortive presentate come delle scorciatoie;
in netta contraddizione con tale tentativo, che si ritiene assolutamente contrastante con il fondamentale principio etico della tutela della vita fin dal suo concepimento, si ritiene infatti opportuno puntare piuttosto le energie e le risorse disponibili su un rafforzamento degli strumenti messi a disposizione della donna per una scelta alternativa all'aborto -:

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti perché sia sospesa la procedura di autorizzazione alla registrazione del principio attivo della pillola abortiva Ru486, in coerenza con i principi di cui alla legge n. 194 del 1978, nonché al fine di prevenire i rischi sanitari indotti dall'assunzione del farmaco.
(1-00088)
«Polledri, Pagano, Bertolini, Saltamartini, Buttiglione, Volontè, Capitanio Santolini, Laura Molteni, Vignali, Di Virgilio, Goisis, Toccafondi, Renato Farina, Lussana, Bocciardo, Lo Presti, Luciano Rossi, Carlucci, Pezzotta, Scapagnini, Bernardo, Biancofiore, Garagnani, Barbieri, Tortoli, Pianetta, Palmieri, Rosso, Crosio, Paolini, Petrenga, Marinello, Saglia, Negro, Fugatti, Gidoni, Fucci, Antonio Pepe, Bragantini, Ruben, Rivolta, Angela Napoli, Mario Pepe (PdL), Sbai, Landolfi, Piso, Proietti Cosimi, Calabria, Torrisi, Di Biagio, Franzoso, Torazzi, Savino, Togni, Abelli, Scandroglio, Castellani, Mancuso, De Corato, Patarino, Nola, Beccalossi, D'Ippolito Vitale, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Ghiglia, Germanà, Munerato, Fedriga, Rondini, Delfino, Bosi, Drago, Nunzio Francesco Testa, Occhiuto, Ciccanti, Paglia, Rao, Forcolin, De Poli, Vanalli, Benamati, Fallica, Pugliese, Migliori, Lainati, Centemero, Giudice, Laffranco, Stasi, Scelli, Consiglio, Alessandri, Tassone, Angeli, Stagno d'Alcontres, Ceccacci Rubino, Galati, Stucchi».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di

sicurezza pubblica, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 24 luglio 2008;
in particolare all'articolo 1, comma 1, lettera f), si prevede che nei confronti di cittadini stranieri in permanenza illegale, venga comminata una pena aggravata di un terzo rispetto a quella stabilita per un cittadino italiano in circostanze analoghe;
il 15 ottobre il Ministro dell'interno, risponde alla richiesta del Vice presidente della Commissione europea Barrot volta a sollecitare il Governo italiano ad adottare misure per ristabilire la compatibilità con il diritto comunitario in materia;
dalla lettera del Ministro Maroni si apprende che il Governo italiano, come conseguenza della richiesta del Commissario europeo Barrot, ha interrotto l'iter di approvazione definitiva del decreto legislativo in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea e dei loro familiari;
nella stessa lettera il Ministro Maroni assicura che: «...in sede di approvazione del disegno di legge in materia di sicurezza, attualmente all'esame del Senato, è intenzione del Governo italiano presentare una norma di interpretazione autentica al fine di evitare che alcune disposizioni ivi previste per gli stranieri possano applicarsi anche ai cittadini comunitari.»;
ad oggi non risulta che alcuna misura sia stata adottata dal Governo italiano per eliminare l'incompatibilità della lettera f) del comma 1, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 92 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge 125 del 24 luglio 2008, con la direttiva europea in materia -:
quali misure intenda adottare per evitare il rischio dell'inizio di una prossima ed eventuale apertura di una procedura d'infrazione, nei confronti dell'Italia, in sede comunitaria e le ragioni per cui si sia interrotto l'iter del decreto legislativo contrario al diritto europeo e non si sia provveduto allo stesso modo relativamente alla norma del cosiddetto pacchetto sicurezza.
(2-00258)
«Bernardini, Zamparutti, Mecacci, Farina Coscioni».

Interrogazione a risposta orale:

BRIGANDÌ, ALLASIA, FAVA, GOISIS, BUONANNO, BARANI, CAPARINI, CHIAPPORI e PINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la pesante situazione di crisi economica che l'Italia e la comunità internazionale stanno vivendo, con ripercussioni pesantissime e devastanti sull'economia reale (l'Italia, nonostante una situazione meno esposta ne sta subendo, comunque, le ripercussioni); nel settore industriale sono previsti circa 900.000 posti di lavoro a rischio nei prossimi due anni nell'industria manifatturiera e nelle costruzioni, mentre tra le imprese del terziario e dei servizi, 17.000 aziende di commercio al dettaglio, su 30.000 complessive del settore, hanno, negli ultimi anni, già chiuso i battenti;
sui consumi è stata calcolata una contrazione da parte delle famiglie italiane di -0,5 per cento nel 2008 ed una previsione di -1,4 per cento nel 2009), mentre l'indebitamento delle famiglie è salito negli ultimi tre anni al 48,5 per cento del reddito disponibile);
tale situazione parrebbe non interessare affatto il Comitato olimpico Nazionale Italiano;
i vertici del Coni hanno organizzato, a Roma dal 16 al 18 dicembre, una «tre giorni» di celebrazioni, riunioni ufficiali ed informali e di festeggiamenti per lo scambio degli auguri natalizi e per una serie di eventi - tra i quali la consegna del «collare d'oro» - che hanno portato nella capitale, come ospiti per tre giorni dello stesso ente, i presidenti regionali e provinciali del Coni e tutti i vertici delle varie Federazioni sportive e degli Enti di Promozione

sportiva, i destinatari dei premi: un'ostentazione di sfarzo, secondo l'interrogante, inopportuna in momenti difficili come questo -:
per quali motivi, di fronte ad una simile situazione di pesante e negativa congiuntura, il Coni abbia deciso di organizzare un simile evento, sostenendo direttamente importanti oneri per l'ospitalità e le celebrazioni;
se intende acquisire, attraverso una puntuale rendicontazione, i costi che questa iniziativa abbia comportato sia in capo allo stesso Coni che alla CONI Servizi Spa, società che svolge attività operative per il Coni e che risulta partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
per quali ragioni, solo a distanza di quasi sei mesi, viene convocato nuovamente il Consiglio Nazionale, stante la richiamata grave situazione che si sta ripercuotendo pesantemente anche sull'intero sistema sportivo italiano, professionistico e dilettantistico;
per quali motivi all'ordine del giorno della 209a riunione del Consiglio Nazionale, in programma giovedì 18 dicembre 2008, non sia stata ancora inserita la presentazione del «rendiconto finanziario» della partecipazione dell'Italia ai Giochi olimpici di Pechino (agosto 2008), per la necessaria discussione da parte dei componenti l'Organismo e la seguente comunicazione al Governo.
(3-00293)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il problema del personale pubblico in assegnazione di utilizzo temporaneo (comandato e fuori ruolo), coinvolge oltre a molte amministrazioni ministeriali, anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
nell'ultimo ventennio si è registrato, a causa del generale blocco delle assunzioni, un utilizzo di personale comandato, cioè proveniente da altre amministrazioni pubbliche, che è stato chiamato a prestare la propria attività lavorativa sia per la peculiare professionalità e competenza, non rinvenibile nell'amministrazione di destinazione, sia per sopperire alle crescenti carenze di organiche rispetto ai nuovi compiti istituzionali;
tale massiccio utilizzo di personale comandato, in servizio per i superiori interessi delle varie amministrazioni presso strutture diverse da quelle di appartenenza, ha portato ad un uso distorto dell'istituto del comando che da «temporaneo» è divenuto «permanente», atteso che lo status aleatorio dei funzionari comandati si protrae da decenni;
il fatto stesso che venga ripetuta, da molti anni, la conferma-reiterazione del provvedimento di comando nei confronti dei medesimi dipendenti dimostra, inequivocabilmente, che l'apporto di professionalità reso da tale personale è indispensabile per il funzionamento dei vari segmenti operativi delle amministrazioni ove esplicano la loro attività lavorativa e perciò stesso è palesemente evidente la volontà dell'amministrazione di non privarsi di detti dipendenti;
in base al «conto tesoro» i lavoratori del comparto Ministeri in posizione di comando fuori ruolo, in servizio cioè presso amministrazioni diverse da quelle di originaria appartenenza, ammontano a 6.500 unità, senza alcuna certezza circa la propria futura sede di servizio, con riverberi negativi sia per quanto attiene lo sviluppo di carriera e in prospettiva sui trattamenti di pensione e di quiescenza;
alla luce della vetusta questione della stabilizzazione del personale comandato, già affrontato e non risolto dai precedenti Esecutivi ed in considerazione del fatto che in sede di approvazione dell'A.C. 2161, sono stati accolti nella seduta parlamentare del 17 ottobre 2007 due ordini del

giorno con i quali si impegna il Governo: dare attuazione alla stabilizzazione del personale comandato;
diversi parlamentari ebbero a proporre un emendamento al disegno di legge «Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali» - A.C. 1441-quater intesa a regolarizzare la posizione di stato del personale in argomento, recepito ed accolto dall'XI Commissione Lavoro della Camera, ma respinto in aula;
l'operazione di stabilizzazione del personale de quo è in linea con le scelte dell'Esecutivo in materia di risparmio di spesa perché consisterebbe in un trasferimento della partita stipendiale dall'amministrazione di appartenenza a quella di destinazione con contestuale soppressione del posto in organico presso l'amministrazione di origine;
la regolarizzazione di tale personale del comparto ministeri, comporta altresì delle economie di gestione in quanto il personale in argomento è contemporaneamente gestito da due uffici del personale, quello dell'amministrazione di appartenenza e quello ove presta servizio-:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di stabilizzare la posizione del personale in assegnazione temporanea e quali iniziative legislative si intendano promuovere per meglio disciplinare l'istituto del comando stabilendo, in ogni caso, un limite temporale ben definito, oltre il quale sia reso obbligatorio per l'amministrazione procedere alla stabilizzazione del personale in posizione di prestito, al fine di non rendere durature nel tempo situazioni di stato aleatorie e precarie;
se non si ravvisi la necessità di assumere urgenti iniziative legislative volte a stabilizzare detti lavoratori (senza oneri aggiuntivi) presso le varie amministrazioni dello Stato ed in particolare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dove il problema è più pressante ed eclatante realizzando, finalmente, organici stabili ed adeguati e superando l'anacronistica distinzione tra organici di diritto e organici di fatto.
(5-00801)

Interrogazioni a risposta scritta:

ARMOSINO e STRADELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana (CRI) possiede qualifica e natura di ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, espressamente richiamata dall'articolo 5 dello Statuto dell'associazione approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2005, n. 97;
per l'assolvimento dei suoi servizi in tempo di pace e di guerra la Croce rossa italiana dispone di un corpo militare ausiliario delle Forze armate dello Stato;
l'attuale contingente in servizio del Corpo militare della CRI è costituito da 917 militari in servizio continuativo, i quali, pur non essendo stati espressamente soggetti alle norme che hanno modificato le disposizioni sullo stato degli ufficiali e dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, hanno tutti i doveri propri dei militari delle Forze armate dello Stato;
il personale militare della CRI è impiegato con importanti mansioni al fianco dei militari delle Forze Armate, ma non è formalmente a queste equiparato;
è stata anche avviata, su istanza di diversi dipendenti della CRI, una procedura di stabilizzazione del personale richiamato nel Corpo, ai sensi del comma 519 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006;

la Croce rossa italiana non provvede, ormai da tempo, a rivedere in modo adeguato gli stipendi del proprio personale militare;
al contrario, recenti provvedimenti adottati dal Comitato centrale della stessa Croce rossa italiana hanno addirittura richiesto a singoli dipendenti la restituzione di importi già corrisposti a seguito di atti transattivi da questi sottoscritti con i vertici della stessa CRI, che avevano inteso recepire, in misura sia pur parziale, alcuni limitati miglioramenti retributivo-economici riconosciuti al resto del personale delle Forze armate -:
quali iniziative intendano intraprendere al fine di assicurare che il personale militare dipendente della Croce rossa italiana possa contare su riconoscimenti retributivi ed economici almeno pari a quelli inclusi negli ultimi contratti stipulati per il personale dell'Esercito;
quali urgentissime iniziative intendano adottare per bloccare l'inspiegabile richiesta, formulata dal Comitato centrale della CRI, di restituzione di quanto già corrisposto ai singoli dipendenti;
quali iniziative intendano avviare, in tempi auspicabilmente rapidi, per la definitiva stabilizzazione del personale richiamato nel Corpo della Croce rossa italiana ai sensi dell'articolo 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006.
(4-01915)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, MECACCI, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con sentenza del 1o luglio 2008 nel caso «Turco contro Consiglio», la Corte di giustizia delle Comunità europee ha condannato il Consiglio per violazione del Regolamento sull'accesso ai documenti 1049/2001, in particolare perché questo si è rifiutato di concedere l'accesso ad un parere legale elaborato dal Servizio giuridico del Consiglio in merito ad una proposta legislativa;
il Pe ha discusso l'8 ottobre 2008, sulla base di una interrogazione della commissione per le libertà pubbliche, la giustizia e gli affari interni e della commissione per gli affari costituzionali, l'impatto della sentenza Turco sull'ordinamento giuridico comunitario e richiesto a Commissione e Consiglio di immediatamente trarre le dovute conclusioni, rendendo pubblici i pareri legali dei servizi giuridici delle istituzioni UE elaborati nel corso delle procedure decisionali;
la Commissione ha lanciato un progetto di revisione del Regolamento 1049/2001 che è attualmente in corso di discussione in seno al Pe;
il Parlamento europeo esaminerà e voterà nel corso della sessione di gennaio la relazione redatta dall'onorevole Marco Cappato ed approvata dalla commissione libertà pubbliche all'unanimità, che chiede alle istituzioni di rendere pubblici tali documenti;
dal documento del Consiglio n. 16338/08 emerge che l'Italia, assieme ad Austria e Grecia, hanno proposto di non tenere conto della sentenza Turco della Corte di giustizia UE e di non applicare il Regolamento sulla trasparenza ai documenti di «consulenza giuridica interna dati ad una istituzione dal suo servizio giuridico», che ricomprenderebbe qualunque tipo di consulenza giuridica, sia nelle procedure decisionali che nelle procedure giudiziarie davanti alla Corte di Giustizia UE;
dallo stesso documento emerge che l'Italia, assieme alla Grecia, vuole rafforzare il cosiddetto «potere di veto» che gli Stati membri detengono - per prassi contraria al Regolamento - cancellando il potere di valutazione che viene attribuito nella proposta della Commissione europea

di revisione del Regolamento, alle istituzioni che ricevono tale documento dagli Stati membri -:
se il Governo possa chiarire:
a) le ragioni di tali proposte di emendamento;
b) perché si ritenga di andare contro ad una sentenza della Corte di giustizia, ai princìpi di trasparenza e di apertura delle istituzioni ai cittadini;
c) perché si intenda rafforzare il potere di veto degli Stati membri rispetto a documenti che questi producono ed inviano alle istituzioni europee in merito all'applicazione delle politiche UE che necessitano di uno scrutinio a livello nazionale, ma anche e soprattutto europeo.
(4-01918)

MUSSOLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
presso l'Automobile Club di Salerno si sono verificate le seguenti irregolarità;
per poter essere consiglieri o amministratori dell'Automobile Club è necessario essere soci del club, così come avviene in ogni ente a base associativa. Presso l'Automobile Club di Salerno, risulta che due amministratori continuino a partecipare alle riunioni del CdA assumendo anche delibere, pur non essendo soci da tempo;
si tratta di un'irregolarità segnalata anche all'ACI (ente controllore), senza che venisse preso alcun provvedimento;
il 6 novembre 2008 sono scadute le cariche sociali, che hanno carattere elettivo. Nonostante il regolamento elettorale approvato dall'assemblea dei soci ACI preveda che le nuove elezioni vengano indette entro i 90 giorni precedenti la scadenza del mandato, ciò non è avvenuto;
è stata affidata ad una società pubblica dell'Automobile Club di Napoli la gestione di alcuni servizi dell'Automobile Club di Salerno, affidamento effettuato senza alcuna gara di evidenza pubblica. Non essendo presente l'Automobile Club di Salerno nella compagine societaria dell'Automobile Club di Napoli, ad avviso dell'interrogante, non sussistono elementi che potrebbero giustificare tale anomala procedura. A seguito di tali fatti hanno perso il lavoro 15 persone che lavoravano per una cooperativa di servizi da dieci anni, a fronte di cinque ingiustificate nuove assunzioni;
i componenti del consiglio direttivo ed i revisori dei conti dell'Automobile Club di Salerno sono stati indagati per bancarotta fraudolenta relativa alla società Aci service srl -:
se il Governo sia a conoscenza di ciò e quali iniziative intenda intraprendere affinché venga garantita la corretta gestione dell'Automobile Club di Salerno e vengano accertate eventuali responsabilità di quanti non hanno operato con criteri di trasparenza e nel rispetto delle regole.
(4-01923)

TESTO AGGIORNATO AL 5 GENNAIO 2009

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI e GIULIETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si è riscontrata una pluralità di notizie contraddittorie aventi ad oggetto la vicenda di Muntadar al-Zaidi, il giornalista iracheno che ha lanciato al Presidente Bush una scarpa lo scorso 14 dicembre durante una conferenza stampa. Secondo alcune notizie, il giornalista Muntadar al-Zaidi, della tv irachena Al Baghdadia, non si sarebbe recato oggi presso l'aula del tribunale iracheno competente ma sarebbe stato il magistrato a visitarlo nella cella del carcere nel quale è detenuto. Questo perché

il giornalista avrebbe subito dei pestaggi in carcere che gli sarebbero costati la rottura di una mano, di alcune costole, un'emorragia interna e un infortunio all'occhio-:
se corrisponda a verità quanto riportato nelle premesse, quale sia lo stato processuale di Muntadar al-Zaidi e se e quali iniziative intenda prendere il Ministro per assicurare che nel caso in questione siano rispettati gli standard internazionali sulla tutela giurisdizionale degli imputati.
(4-01921)

TESTO AGGIORNATO AL 7 GENNAIO 2009

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
a seguito degli ultimi violenti eventi calamitosi verificatisi nei giorni scorsi nel territorio pugliese, smottamenti e frane hanno interessato la zona garganica coinvolgendo, provocando notevoli danni, la strada statale 272 in particolare in prossimità del km 21,900, nel territorio del Comune di san marco in Lamis, provincia di Foggia;
l'evento franoso ha fatto scivolare le carreggiate dell'asse viario sul sottostante letto del torrente Iana rendendone impercorribile il flusso veicolare, che al momento viene deviato su un percorso alternativo che presenta strade piccole e strette all'interno del territorio del Parco del Gargano che rendono complicata la circolazione;
l'arteria costituisce un nodo viario fondamentale per il territorio circostante in quanto unica strada a scorrimento della zona e si disloca nella cosiddetta Via Sacra dei Longobardi, asse fondamentale di collegamento tra San Severo, l'autostrada A14 Adriatica e San Giovanni Rotondo, zona ad alto interesse turistico, con milioni di presenze ogni anno di pellegrini che transitano per raggiungere e visitare i luoghi sacri dedicati a San Pio da Pietralcina e la Basilica di San Michele a Monte Sane Angelo;
già nel passato il tratto stradale in questione, a causa del suo posizionamento particolare tra i castoni di montagna e il corso del torrente Tano é stata interessata da eventi che ne hanno compromesso la piena e funzionale operatività, il tutto aggravato da una carente manutenzione per un tratto che invece necessiterebbe di interventi strutturali in quanto sottoposto al continuo passaggio di migliaia di autovetture, autoveicoli e autolinee diretti verso le zone turistiche dell'area e inoltre da migliaia di malati che si recano a curarsi nel presidio ospedaliero «Casa del sollievo dalla sofferenza» di San Giovanni Rotondo;
il comune di San Marco in Lamis, competente sul tratto di strada interessato che in realtà invece dovrebbe dipendere dalla competenza statale dell'Anas, si trova tra l'altro in una situazione di estrema criticità finanziaria e non può provvedere all'impegno delle spese per una rapida risoluzione della problematica e la riapertura del tratto viario -:
quali misure intendano adottare nel più breve tempo possibile per provvedere alla riapertura dell'asse viario colpito dagli eventi alluvionali e franosi che ne limitano la circolazione e quali iniziative assumere per promuovere un piano per la messa in sicurezza dell'arteria e dell'area limitrofa interessata, in particolare nel tratto in corrispondenza del comune di San Marco in Lamis.
(2-00257)
«Cera, Adornato, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Cesa, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè,

Mannino, Naro, Occhiuto, Oppi, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Vietti, Volontè, Zinzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

REALACCI e POMPILI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Provincia di Latina sta promuovendo un progetto, denominato «Programma di riqualificazione e fruizione sostenibile del lago e del canale di Paola - Comune di Sabaudia», che riguarda un'area all'interno del parco nazionale del Circeo e prevede la demolizione di un ponte denominato «Ponte Rosso» al fine di consentire il transito di yacht di grandi dimensioni prodotti nel cantiere nautico «Posillipo» (proprietà Rizzardi) situato sullo stesso Lago di Paola;
tale progetto, che non risulta aver seguito la normale procedura amministrativa prevista dalla normativa italiana vigente e che interessa beni di rilevante valore naturalistico, storico ed archeologico, sembrerebbe avanzare scelte che non tengono adeguato conto del livello di tutela esistente, tanto che il progetto, se realizzato, aprirebbe di fatto la strada per la futura costruzione di un porto turistico nel Lago di Paola, violando le norme di tutela e salvaguardia poste a protezione del sito;
il Lago di Paola è interamente compreso nel parco nazionale del Circeo, inserito nell'omonima ZPS cod. IT6004013, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modificazioni e della direttiva 92/43/CEE, è area SIC (direttiva 79/409/CEE), è ricompreso nella convenzione internazionale di Ramsar per la protezione delle zone umide nonché sottoposto a vincolo paesaggistico regionale, quale zona a tutela integrale, vincolo archeologico e idrogeologico;
il Lago di Paola risulta essere connesso col mare attraverso un canale, detto Canale Romano (di epoca neroniana), il cui flusso d'acque era gestito attraverso due cateratte, una posta in prossimità della foce verso il mare (detta Chiusa Innocenziana, in quanto realizzata nel `700 da Innocenzo III su fondamenta di epoca romana) ed un'altra sita più internamente verso il lago (detta Ponte Rosso, anch'essa con fondamenta antiche); entrambe le cateratte, di importanza storica, sono state oggetto di pesanti manomissioni al fine di consentire il passaggio di natanti di stazza sempre maggiore; la Chiusa Innocenziana, dopo una procedura quanto meno anomala, è stata definitivamente abbattuta nel 2003 (con conseguenti cedimenti delle sponde del Canale Romano e della strada provinciale), mentre il cosiddetto Ponte Rosso ha subito l'allargamento abusivo di una delle arcate di passaggio, con l'instaurazione di una serie di procedimenti di carattere penale, a seguito di intervento sia del Corpo forestale dello Stato per conto del parco nazionale, sia della Procura di Latina che ha anche ritenuto di porre sotto sequestro il ponte stesso. A seguito dell'abbattimento della Chiusa Innocenziana, nel 2003 l'intero Canale Romano veniva posto sotto vincolo archeologico diretto da parte del Ministero per i beni e le attività Culturali;
il Ponte Rosso è stato già oggetto di una conferenza di servizi indetta dal Comune di Sabaudia nell'agosto nel 2007 al fine di consentire l'abbattimento di questo ed una sua ricostruzione dopo che attraverso il canale fosse passato una mega-imbarcazione dei cantieri Rizzardi; l'intervento dell'Ente parco nazionale del Circeo, insieme alle denunce presentate da Legambiente, svelarono come questo progetto in realtà nascondesse altro e, in particolare, come non esistesse alcuna intenzione di ricostruire il ponte (tant'è che come integrazione progettuale in sostituzione

dell'ipotesi di ricostruzione fu presentata la realizzazione di un nuovo ponte mobile); inoltre, si dimostrò anche che il progetto presentato, privo della necessaria valutazione d'incidenza, nascondeva la necessità di un importante dragaggio del canale e mancava di presupposti essenziali quali la disponibilità della proprietà (il canale e il lago stesso sono, infatti, di proprietà privata), il parere della Soprintendenza competente, il parere della Procura di Latina (essendo il Ponte Rosso sotto sequestro);
negli ultimi mesi la vicenda è assurta agli onori della cronaca nazionale per l'interessamento dei programmi televisivi «Reality» (La7) e «Le Iene» (Italia1), benché essa si prolunghi in realtà da molto tempo. Il sito è stato, infatti, oggetto di diverse indagini da parte della Magistratura di Latina e del Corpo forestale dello Stato relative alla Darsena che sorge abusivamente sulle sponde del lago. Gli inquirenti posero infatti i sigilli alla struttura per approdo turistico gestita dalla «In Land Sea» srl denunciando la violazione degli strumenti legislativi a tutela del contesto naturalistico, storico-archeologico e paesaggistico;
la darsena attualmente presente sulle sponde del Lago di Paola risulta essere in possesso di un'autorizzazione «scaduta». Il Dipartimento territorio, Direzione regionale ambiente e cooperazione tra i popoli della Regione Lazio, a una richiesta di chiarimento ex 1.241/1990 su opere portuali realizzate nel Lago di Paola datata 20 ottobre 2008, così risponde: «[...] dalla documentazione fornita all'amministrazione scrivente le opere realizzate in esame ovvero impianti portuali locali turistici per l'ormeggio, sono state assentite con un'autorizzazione a titolo precario del Sindaco di Sabaudia prot. n. 6232/1031 UT del 27 luglio 1984 per un solo anno (i lavori dovevano concludersi il 30 settembre 1984) poi rinnovata per il solo anno 1985 con atto della medesima autorità prot. n. 4021/827 e che attualmente risultano quindi prive della prescritta autorizzazione, si chiarisce che eventuali nuove autorizzazioni alla realizzazione di interventi similari sono da sottoporre a:
valutazione di impatto ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, trattandosi di interventi in aree ricadenti nell'ambito di un'area protetta nazionale;
valutazione di incidenza ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modificazioni;
autorizzazione paesaggistica di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni, di competenza di altra direzione di questa Regione»;
inoltre qualunque opera realizzata all'interno del parco nazionale deve essere sottoposta a nulla-osta od autorizzazione dell'Ente parco in base al disposto dell'articolo 13 della legge n. 394 del 1991 o del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2005 istitutivo dell'Ente parco;
dalla medesima lettera apprendiamo inoltre che la «In Land Sea» srl il 29 gennaio 2007 ha formulato una richiesta di valutazione di incidenza relativa alla sistemazione di pontili mobili galleggianti stagionali e su cui il parere non risulta ancora adottato, poiché la Regione è in attesa del pronunciamento del Parco nazionale del Circeo che non è ancora pervenuto. Per quanto riguarda, invece, la valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione paesaggistica non risultano pervenute richieste riguardanti impianti portuali sul Lago di Paola;
il Parco nazionale del Circeo ha comunicato alla Regione Lazio in data 16 settembre 2008 che a seguito di indagini attivate dalla Procura della Repubblica di Latina la darsena esistente sul Lago di Sabaudia gestita dalla s.r.l. «In Land Sea» è stata posta sotto sequestro penale confermato sia dal Tribunale del riesame di Latina che dalla Sezione III della Cassazione penale, e pertanto si è sospeso ogni determinazione in merito alla suddetta richiesta di parere del Parco in merito alla valutazione di incidenza;

la Corte suprema di Cassazione penale infatti, con sentenza del 15 dicembre 2006 ha rilevato che:
l'autorizzazione concessa dal Comune di Sabaudia nel 1984, e prorogata solo per il 1985, è ormai scaduta; che la preesistente banchina in legno per l'attracco delle imbarcazioni - non più di 500, con divieto di navigazione nel lago di imbarcazioni a motore - ed una recinzione metallica (autorizzate dal Comune) sono stati sostituiti da una banchina in cemento armato e da una diversa recinzione;
nel corso degli anni sono stati costruiti svariati manufatti, a terra, connessi all'attività di ormeggio (fornitura di acqua ed elettricità sui pontili, servizi di sollevamento di barche, officina meccanica, scuola di sci nautico, un ristorante, un bar, il deforestamento di ampie aree appartenenti al Parco nazionale del Circeo al fine di consentire il parcheggio delle autovetture e una boutique), tutti privi del permesso di costruire e delle autorizzazioni correlate ai vincoli esistenti. Risulterebbe inoltre incrementata negli anni, da parte della società In Land Sea, l'area di occupazione abusiva con le proprie attività, estendendo l'ormeggio delle imbarcazioni anche al canale principale e al canale romano già citato, tanto da essere questa circostanza oggetto di un procedimento penale instaurato a seguito dei rilievi effettuali dal Corpo Forestale dello Stato;
l'amministrazione comunale ha autorizzato - perché asserito essere pericolante, senza però aver mai prodotto documentazione comprovante tale tesi - la demolizione della ex Chiusa Innocenziana (opera del `700 con fondamenta di epoca romana) presente sul canale neroniano di Torre Paola, che collegava il lago al mare e il dragaggio del fondo del canale per i soli materiali di risulta della demolizione. Si fa notare che detta demolizione è stata compiuta in circostanze non chiare;
sulla base dei rilievi aerofotogrammatici del 24 gennaio 2004 risulta che i pontili siano stati ampliati di più di 250 metri rispetto ai rilievi effettuati il 30 giugno 2000;
come denunciato infatti da diversi esponenti politici, rapporti istituzionali, inchieste giornalistiche come quella dell'Espresso con l'articolo «Circeo Connection», l'articolo del settimanale Left dal titolo «Il crimine e l'attesa», l'articolo de La Repubblica del 19 novembre 2008 dal titolo «Circeo connection - Le cosche del Lazio» e il Rapporto di Legambiente «Ecomafia 2008» alla drammatica situazione di abusivismo e speculazione edilizia si aggiunge una crescente infiltrazione delle organizzazioni criminali - in particolare del clan dei casalesi - nella struttura economica, sociale e politica della provincia di Latina. È infatti noto che l'area territoriale in oggetto è sottoposta all'attenzione del Ministero dell'interno e della Direzione nazionale e distrettuale antimafia, per il forte rischio di infiltrazioni criminali;
è di qualche giorno la notizia che il presidente della Regione Lazio a seguito di un incontro presso la sede dell'Ente parco, a Sabaudia, a cui hanno partecipato il presidente dell'Ente parco, il Sindaco facente funzioni di Sabaudia e il Presidente della Litorale Spa abbia dichiarato prioritaria la difesa dell'ambiente e in particolare del Lago di Paola nella difesa delle attività storiche che legittimamente operano sul territorio oltre a porre fine ai fenomeni di illegalità che ostacolano lo sviluppo del territorio. Ha inoltre auspicato di lavorare nella direzione di un accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con la Comunità del parco -:
se non si intenda procedere con l'accertamento delle responsabilità, a tutti i livelli, degli abusi edilizi commessi, ripristinando lo stato naturale dei luoghi e far cessare, con atti immediati, tale situazione attraverso l'esercizio delle norme di legge che regolano i Parchi nazionali, le ZPS e i SIC;
quali azioni si intendano perseguire perché terminino ingerenze, pressioni, infiltrazioni

della malavita nel sistema economico e sociale pontino, con particolare riferimento ai comuni del parco nazionale del Circeo (Sabaudia, San Felice Circeo, Latina e Ponza);
se non si intenda procedere ad un ripristino del sistema di chiuse del Canale Romano che, dopo un apposito studio idraulico, restituisca la possibilità di governare il flusso delle acque del Lago di Paola anche attraverso un supporto all'azione di pianificazione che l'Ente parco ha avviato ai sensi della legge n. 394 del 1991;
se non si intenda verificare la sussistenza e la conformità alle normative vigenti del «progetto di riqualificazione» del Lago di Paola, di cui a tutt'oggi non si conosce formalmente il contenuto;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda avviare immediatamente il confronto con le amministrazioni territoriali interessate e con la Regione Lazio per la definizione congiunta della futura programmazione territoriale della zona del parco nazionale del Circeo, in vista della redazione del piano delparco, in modo da far cessare le pressioni che da più parti, come abbiamo visto, si oppongono al tentativo di indirizzare lo sviluppo della zona in modo coerente con la vocazione di un territorio che ha le potenzialità per attrarre turismo di qualità, per sviluppare servizi ecosostenibili, per la promozione internazionale delle sue eccellenze agricole, turistiche, ambientali, storiche, archeologiche e di tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale;
se in tale confronto non si possano valutare alternative progettuali che possano consentire il varo delle imbarcazioni di grandi dimensioni prodotte nei cantieri Posillipo-Rizzardi in altri luoghi meglio deputati a tale tipo di attività, senza comportare la rimozione dei manufatti di interesse storico ed archeologico presenti o la modificazione degli equilibri ecologici del lago: tale obiettivo potrebbe, ad esempio, essere raggiunto attraverso la delocalizzazione della produzione degli yacht di maggiori dimensioni in altri cantieri del gruppo, pure presenti in provincia di Latina, e meglio organizzati per la produzione e il varo delle suddette imbarcazioni, senza modificazione dei livelli occupazionali, anche nell'ambito del nascente distretto della nautica laziale promosso dalla Regione Lazio.
(5-00796)

Interrogazione a risposta scritta:

LARATTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il comune di Rossano è sede di tre discariche e di un impianto per la selezione dei rifiuti;
nel corso degli anni il territorio è stato individuato quale sito al servizio di ben trentacinque comuni;
tale scelta ha rappresentato un'indiscutibile penalizzazione che ha intaccato la forte vocazione turistica ed agricola che sui centoquarantacinque chilometri quadrati del territorio comunale rossanese avrebbe potuto determinare un diverso sviluppo;
una sana programmazione avrebbe dovuto tenere conto di questi elementi penalizzanti, compensandoli nel tempo con benefici non assimilabili alle sole royalty, previste per l'abbanco dei rifiuti dei trentacinque comuni del territorio;
nonostante le premesse penalizzanti ed una sana politica di gestione della problematica ambientale che ha portato il comune di Rossano ai primi posti nella regione per la percentuale di raccolta differenziata, pari ad oltre il 30 per cento, in data 22 ottobre 2008 la città di Rossano ha sottoscritto un protocollo d'intesa volto ad assumere l'onere di far assorbire dalla locale discarica TEC il secco pressato inertizzato di Rossano e gli scarti secchi degli altri impianti TEC, con la FOS di Rossano e quella di Crotone da smaltire all'impianto Bieco di Rossano;

tale sofferta determinazione è stata assunta su pressante richiesta del Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, dell'Assessore Regionale all'Ambiente dottor Silvio Greco, del presidente della provincia di Cosenza Mario Oliverio;
nel protocollo d'intesa il Commissario Delegato per il superamento della criticità ambientale nella Regione Calabria, Prefetto Goffredo Sottile, nominato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha assunto i seguenti impegni:
a) la discarica TEC assorbirà il secco pressato inertizzato attuale di Rossano e gli scarti secchi degli altri impianti TEC; al contempo, la FOS di Rossano e quella di Crotone verranno smaltite nella discarica Bieco, con FOS stabilizzata secondo prescrizioni di legge; la FOS di Crotone per circa 100 tonnellate come media giornaliera;
b) nella discarica TEC si conferirà la FOS di Rossano solo dopo che sarà stato revampizzato l'impianto di trattamento per la produzione di CDR;
c) si prevede la formazione di una commissione tecnica di monitoraggio della gestione della discarica, composta da esperti del settore indicati 2 dal comune, 1 dalla Provincia, 1 dalla Regione, 1 dall'Arpacal e 1 dall'Ufficio del commissario, senza oneri a carico del commissariato;
d) una volta esaurite le due discariche in località Bucita (Bieco e TEC) si procederà al loro ripristino ambientale e non si realizzeranno altre discariche nella medesima località, né nel territorio di Rossano;
e) al comune sarà riconosciuta la riduzione tariffaria ed i benefit di cui all'OCD n.7376 del 21 ottobre 2008;
f) l'applicazione pratica della richiamata OCD formerà oggetto di specifico protocollo d'intesa;
g) TEC si impegna ad una gestione accurata dell'impianto con chiusura delle porte di lavorazione; ad una gestione accurata della discarica con copertura giornaliera dei rifiuti con solo terreno non miscelato con FOS; ad effettuare inoltre per 4 volte al mese la disinfestazione della strada che va da contrada Amica all'impianto;
h) TEC ed il commissario delegato si impegnano ad attivare quanto necessario per l'adeguamento dell'impianto di Rossano al fine di produrre CDR in grado di essere bruciato dal termovalorizzatore di Gioia Tauro;
i) la TEC si impegna a concludere i lavori entro otto mesi dall'approvazione della perizia di variante;
l) si prende inoltre atto che TEC SpA entro 5 mesi sarà in grado di attivare la sezione «raffinazione della linea compostaggio RD organico (per la produzione di ammendante agricolo);
a seguito delle strumentali pressioni di alcune amministrazioni comunali del reggino e della stessa provincia di Reggio Calabria, è stata imbastita una vera e propria campagna di stampa volta a sostenere che l'emergenza di quelle autonomie locali in tema di RSU dipendesse dalla presunta opposizione del comune di Rossano a consentire lo smaltimento presso la discarica TEC degli scarti e FOS prodotti dagli impianti del sistema Calabria sud;
la strumentalità di simili affermazioni unita alle forti pressioni esercitate per determinare la disdetta dell'accordo sottoscritto il 22 ottobre 2008 dal commissario Sottile, ha portato il nominato commissario delegato a rimangiarsi l'accordo sottoscritto anche dal presidente della giunta regionale, dall'assessore regionale all'ambiente, dal presidente dell'amministrazione provinciale di Cosenza;
è del tutto evidente per l'interrogante che tale comportamento mini alla base la credibilità delle stesse istituzioni democratiche alimentando sempre in misura maggiore quel distacco fra cittadini ed istituzioni;
le soluzioni assunte dal prefetto Sottile non tengono conto di alcuni elementi

volutamente celati e riferiti a provvedimenti del Consiglio dei ministri che potrebbero sbloccare in primo luogo la discarica di Crotone, sequestrata dalla magistratura, ma non per tematiche ambientali;
parimenti i poteri straordinari potrebbero dare luogo alla utilizzazione della discarica di Celico, perequando un rapporto che schiaccia l'autonomia locale obbligandola a sopportare un peso assurdo;
in data 10 dicembre 2008 il comune di Rossano ha chiesto l'intervento del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, onorevole Gianni Letta, sollecitando il suo autorevole impegno a far sì che i poteri straordinari di cui sopra vengano conferiti con ogni urgenza per far in modo che la decisione del prefetto Sottile venga rivista e corretta;
il comune di Rossano non si oppone alla decisione commissariale, per pretesto, per vincolo ideologico, per scarso senso solidale, ma lo fa perché vuole evitare che danno arrechi danno ad un comune che in due anni e mezzo ha avuto cura di programmare la gestione dei rifiuti con responsabilità e serietà;
la inorganica valutazione del commissario straordinario non ha tenuto conto della capienza effettiva dell'impianto di Rossano che nel volgere di mesi esaurirà la sua funzione lasciando trentasei comuni privi di una discarica a norma senza la minima programmazione di un impianto sostitutivo -:
se il Governo intenda intervenire con estrema sollecitudine al fine di evitare i rischi e i danni che sono stati illustrati nella premessa;
sesia intenzionato a chiedere il rispetto del protocollo sottoscritto in data 22 ottobre 2008 ed unilateralmente disdettato dal commissario Sottile;
se intenda porre in essere tutti gli adempimenti necessari per tutelare il comune di Rossano ed i trentacinque comuni che utilizzano gli impianti TEC, evitando che la inopinata decisione commissariale determini situazioni ingovernabili in tema di smaltimento di rifiuti e di ordine pubblico, considerato che forti sono le tensioni sociali in tutta l'area jonica cosentina.
(4-01927)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

TIDEI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
le cronache locali dei quotidiani, le emittenti televisive radiofoniche da più giorni ormai conducono una martellante campagna sull'ipotesi del trasferimento dei reparti militari alloggiati nella caserma Piave - Largo Acquaroni di Civitavecchia - nelle caserme di Bracciano, nel silenzio acquiescente del Ministero che senza avere adottato alcun provvedimento formale, tuttavia lascia intendere di essere favorevole alla implicita operazione, che sta provocando inquietudine, agitazione in tutti gli interessati e le loro rispettive famiglie che complessivamente assommano ad alcune centinaia di unità;
la prossima apertura dell'anno scolastico prevista nel Lazio per il 15 settembre accentua le ansie dei familiari, nell'incertezza del loro futuro e nella preoccupazione di doversi trasferire in assenza di una definita destinazione, che lascia nell'incertezza la continuità o meno dei contratti di locazione vigenti;
in particolare il reparto specializzato nucleare, biologico, chimico (N.B.C.), fin dalla sua costituzione fu deciso che per motivi di ordine strategico dovesse essere alloggiato nella caserma Piave, potendo in tal modo disporre per i possibili movimenti dell'aeroporto di Fiumicino e se del caso anche di quello di Ciampino, di una idonea rete ferroviaria verso il Nord e verso il Sud e di una rete stradale sufficientemente articolata nelle varie direzioni.

E viceversa con il trasferimento nelle caserme di Bracciano questo insieme di fattori indispensabili per l'esercizio dei compiti propri di questo reparto viene inspiegabilmente mortificato e sottovalutato con grave pregiudizio per il tempestivo intervento nelle zone di operazione;
la presenza inoltre a Civitavecchia di questi contingenti militari e delle loro rispettive famiglie è stata ed è di notevole giovamento per l'economia della città per quanto riguarda i consumi e per quanto riguarda il calmiere che viene esercitato sul mercato immobiliare attraverso l'equilibrio degli affitti;
suscita perplessità e dubbi il fatto che non risulta che sia stata presa in considerazione alcuna l'ipotesi del trasferimento dei reparti dalla caserma Piave alla caserma di Aurelia (Civitavecchia), mantenendo inalterate tutte le condizioni più favorevoli che esistono nella città rispetto a Bracciano e senza causare gli effetti negativi del previsto trasferimento fuori città;
infine nella caserma Piave prestano servizio esterno alcune ditte che impiegano personale e con il trasferimento a Bracciano verrebbe meno questa fonte di lavoro, in una città già gravata da un alto indice di disoccupazione e da notevole precariato, per cui anche per questa ragione è indispensabile una seria riflessione prima di assumere decisioni affrettate -:
quale sia la reale intenzione del Ministero della difesa, spiegando le ragioni della mancata assunzione fino ad oggi di un atto formale che ha favorito lo sviluppo di varie ipotesi suscitando com'è ovvio ansie, agitazioni e molta confusione;
per quali motivi non si ritenga di poter prendere in considerazione il trasloco dei reparti dalla caserma Piave alla caserma di Aurelia, conservando tutte le condizioni più favorevoli che Civitavecchia offre rispetto all'eventuale trasferimento a Bracciano;
perché i reparti militari interessati e le loro rispettive famiglie non abbiano avuto una tempestiva informazione che consentisse una discussione di un così decisivo argomento per la vita delle famiglie anche con le autorità locali, attraverso un dibattito nel consiglio comunale coinvolgendo sulla questione l'interesse dei cittadini, soprattutto in riferimento al prossimo anno scolastico e ai contratti di locazione vigenti;
infine, se il Ministero si preoccupi di favorire un'altra eventuale soluzione per le ditte che sono oggi impiegate nella Caserma Piave.
(4-01907)

ASCIERTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella recente «ristrutturazione» dell'assetto degli Enti Addestrativi, si è deciso, per poter razionalizzare le risorse, di rinunciare ad alimentare quegli Enti che, per capacità e posizione geografica, non giustificano un così oneroso e gravoso ricorso a risorse economiche che potrebbero quindi essere impiegate per altri scopi;
attualmente la ricezione e il primo addestramento dei volontari in ferma prefissata avviene presso sei Enti Addestrativi essendo stati soppressi nel marzo scorso quelli di Trieste e di Firenze;
considerando che le chiamate dei nuovi arrivi sono oggi 14.300 per il 2008 suddivisi in quattro blocchi di 3.500 circa se ne deduce che mantenere aperte tutte queste strutture risulta alquanto antieconomico e troppo costoso per la forza armata; non trova quindi giustificazione mantenere aperte strutture che possono ospitare numeri esigui di volontari (vedi il 57o Btg. «Abruzzi» di Sulmona con 250 posti max, il 91o Rgt. «Lucania» di Potenza 250 posti max, il 123o Rgt «Chieti» con 460 posti max, e l'80o Rgt. «Roma» a Cassino 500 posti max); senza considerare poi l'infelice posizione geografica ed il fatto che altri Enti vicini (vedesi Capua il 17o Rgt. «Acqui» e il 47o Rgt. «Ferrara» per il meridione) attualmente vengono sottoalimentati;

si scorpora dai numeri totali l'afflusso volontario femminile, che avviene completamente assorbito dal R.A.V. di Ascoli Piceno (550 posti di capienza massima), possiamo infine stabilire che due grosse scuole (ovvero le strutture di Capua e Verona) soddisferebbero in pieno ogni esigenza relativa agli incorpori. Infatti presso i R.A.V. di Capua possono trovare alloggiamento 1400 allievi mentre 1250 presso l'85o R.A.V. di Verona;
la soluzione potrebbe essere di individuare 3 centri uno al nord (Verona), uno al sud (Capua) ed uno al centro (Ascoli);
ciò permetterebbe di poter rinunciare definitivamente a quegli Enti di ridotte capacità ricettive consentendo un notevole risparmio economico per la forza armata e potendo impiegare queste preziose risorse umane presso altri Enti e Reparti dislocati in zona;
oltretutto la suddivisione territoriale in zona nord e zona sud ripartirebbe in eguali parti una distribuzione più equa e funzionale. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che al centro nord si sviluppa ancora una percentuale notevole di Reparti Operativi e sarebbe assurdo addestrare giovani allievi al sud per poi trasferirli al nord, al contempo risulterebbe assurdo trasferire giovani del nord per addestrarli al sud e ritrasferirli nei Reparti Operativi del nord -:
se il Ministro interrogato non reputi opportuno il mantenimento di tre Enti Addestrativi uno al nord, uno al centro e uno al sud come soluzione ideale per il futuro della forza armata, assicurando così una equilibrata distribuzione delle forze.
(4-01908)

ASCIERTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi anni sono sempre più aumentate le carenze organiche delle forze dell'ordine;
nell'Arma dei Carabinieri tale carenza è di circa 7.400 unità di cui circa alcune centinaia di Marescialli;
le cause che hanno generato tali carenze organiche sono dovute soprattutto ai vari blocchi delle assunzioni ed ai tagli dei fondi per Difesa e Interni;
appare chiaro che di fronte all'emergenza criminalità e a un'immigrazione clandestina da fronteggiare ci sia la necessità di assumere urgentemente alcune migliaia di nuovi appartenenti alle Forze dell'ordine;
mentre in quest'ultima finanziaria, ed anche di recente, sono state previste nuove assunzioni, per quanto concerne invece il ruolo dei Marescialli-Ispettori permane la criticità e la carenza di numerose unità tanto che, per poter sopperire alle varie esigenze, ad esempio all'Arma dei carabinieri, occorrerebbero immediatamente almeno 1.000 unità -:
se il Ministro interrogato intenda disporre un ampliamento dei numeri di posti nel prossimo corso biennale marescialli almeno fino a 600 unità.
(4-01909)

IANNACCONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si è appreso, in modo peraltro informale, che verranno ridimensionati, nel quadro dei tagli per la razionalizzazione dei servizi minori dei Carabinieri, i servizi di motovedetta ed unità navali nei porti di Agropoli (Salerno), Torre del Greco (Napoli) e nel casertano;
le motovedette di stanza in questi porti partecipano alle operazioni di soccorso in mare e di controllo della pesca, vigilando sull'assistenza dei bagnanti ed al diporto specialmente durante la stagione estiva;
la costante presenza ed operatività delle unità navali dei Carabinieri, attraverso il coordinamento delle Capitanerie di porto e della Guardia costiera, assicurano quella necessaria attività di prevenzione

e di controllo via mare al fine di contrastare il traffico di droga, armi e clandestini -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare al fine di evitare l'eventuale soppressione e/o trasferimento delle unità navali lungo le coste della Campania in considerazione dello straordinario lavoro svolto dal Corpo dei Carabinieri.
(4-01913)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e LENZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008, all'articolo 81, è stata istituita la social card meglio conosciuta come «carta acquisti»;
le procedure indicate per l'ottenimento della carta in esame da parte dei cittadini aventi diritto sono state dettate con decreto del 16 settembre 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 1o dicembre 2008;
rispetto al provvedimento si rilevano problemi di copertura finanziaria, di ampiezza della platea dei beneficiari e di limitazioni all'utilizzo;
le associazioni palermitane dei consumatori e i sindacati dei pensionati minacciano una class action contro la social card;
le stesse denunciano - come riportato da diversi organi di stampa - di aver ricevuto nei giorni scorsi decine di proteste da parte di pensionati che non hanno potuto ritirare la card nonostante la comunicazione di titolarità avvenuta con lettera del Governo;
a tali proteste si aggiungono quelle relative all'impossibilità di utilizzare la carta acquisti nei negozi di alimentari, nei panifici e nei mercati rionali che non hanno il pos;
sempre in base a quanto riportato dai media molti esercizi commerciali della città non hanno aderito all'iniziativa - e verosimilmente non lo faranno nell'immediato - in quanto non sono possesso di apparecchiature bancomat o non sono aderenti al circuito Mastercard;
la social card funziona come una normale carta di credito e può essere utilizzata anche per il pagamento di bollette di luce e gas;
è tuttavia facile prevedere che i titolari della carta possano avere in corso un contenzioso sulle bollette dell'Enel o dell'Amg e che pertanto non potranno usufruire di alcuno sconto avendo in ogni caso more da pagare per i ritardi nei pagamenti;
tra chi soffre una situazione di grave disagio economico le aspettative legate a questa misura di sostegno sono altissime;
a Palermo e nel resto della Sicilia si assiste a file interminabili presso le agenzie delle Poste assalite dalle richieste di pensionati;
secondo i sindacati solo il 30 per cento di chi fa richiesta della carta presso gli uffici postali rientra nei parametri per ottenerla;
si sono verificati casi di persone che hanno ritirato la social card in questi giorni e che non la possono utilizzare poiché non caricata -:
se non ritenga più opportuno assumere iniziative volte a trasformare la social card in un aumento della pensione di pari importo rendendo quindi più facile l'utilizzo di tale somma e ad allargare, altresì, la platea dei beneficiari a tutti coloro che si trovano nella stessa fascia di reddito.
(5-00798)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Fonspa Bank S.p.A. è una banca privata con sede in Roma, interamente posseduta dal gruppo Morgan Stanley e sviluppa le proprie attività sul mercato dei mutui attraverso l'attività creditizia ed il servizio di servicing di operazioni di cartolarizzazione;
nel marzo 2000 la Banca Commerciale Italiana e 1'UniCredito Italiano sottoscrivono con The Morgan Stanley Real Estate Funds (di seguito MSREF), un fondo immobiliare gestito da Morgan Stanley Dean Witter, il contratto finalizzato alla dismissione delle loro quote partecipative nel Credito Fondiario e Industriale - Fonspa - S.p.A.;
il Fonspa sotto la guida del gruppo Morgan Stanley si specializza nel settore dei servizi inerenti le cartolarizzazioni. Due importanti contratti di collaborazione per mutui fondiari residenziali vengono firmati dal Fonspa, il primo nel 2004 con Pirelli Re Franchising ed il secondo nel 2005 con Banca Mediolanum, i cui frutti consentono di gestire ben 14 operazioni di cartolarizzazione per un totale di 37mila posizioni circa con 6,4 mld di crediti amministrati.
nel corso del 2005, MSREF in esecuzione dell'accordo siglato nel 2004 con Pirelli RE per i non performing loans (crediti non performanti/incerti), realizza le seguenti operazioni:
a) cessione nel marzo 2005 da parte di Pirelli RE del 100 per cento di Pirelli RE Credit Servicing a SIB - già Servizi Immobiliari Banche S.p.A. - e cessione da parte di MSREF del 47 per cento di SIB a Pirelli RE. Successivamente intercorre una fusione tra le due società specializzate nella gestione dei non performing loans, dando vita alla creazione di uno dei primi operatori in Italia nella gestione dei non performin loans denominata Credit Servicing (partecipata indirettamente da MSREF, attraverso FONSPA al 53 per cento e da Pirelli RE al 47 per cento);
b) creazione della società Asset Management NPL, partecipata al 25 per cento da MSREF e al 75 per cento da Pirelli RE che si occupa della gestione di portafogli di non performing loans di proprietà dei due gruppi;
c) vendita dell'immobile di proprietà per un importo di circa 60 milioni di euro;
a seguito di ulteriori operazioni societarie, avvenute sempre nel giugno del 2006, il Fonspa ha ceduto alla società MS Fonspa Holding B.V., società di diritto olandese facente capo a MSREF, le quote di partecipazioni di Credit Servicing S.p.A.;
in data 30 novembre 2006, MSREF vende a Pirelli RE, dietro esborso di quasi 6 milioni di euro, la quota residua del 52,6 per cento del capitale sociale di Credit Servicing S.p.A. ed il residuo 25 per cento di Asset Management NPL;
nel Febbraio 2008, assumendo a pretesto la crisi dei mutui subprime, Morgan Stanley dichiara di non ritenere più strategica la partecipazione in Fonspa -:
se, alla luce dei sempre più numerosi ed allarmanti casi di tensioni occupazionali bancarie e dei recenti aiuti di Stato, ritenga utile provvedere alla convocazione di un tavolo di concertazione con le parti sociali e la proprietà per approfondire e, cosa più importante, individuare reali soluzioni a salvaguardia del futuro lavorativo dei centosessanta dipendenti del Fonspa.
(4-01912)

GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
facendo seguito alle precedenti interrogazioni presentate la situazione del detenuto è ancora lungi dall'essere definita;
nei riguardi del detenuto in data 10 dicembre 2008 è stata emessa ordinanza dal gup Filippo Steidl che concede - come raccomandato più volte sia dal medico curante che dalle perizie svolte sul detenuto all'interno dei reparti specializzati delle carceri di Firenze (Sollicciano) e Torino (Lorusso e Cutugno) - gli arresti domiciliari presso una struttura ospedaliera adeguata sita in Roma;
dopo aver ricevuto comunicazione dalla struttura sanitaria che confermava la disponibilità ad accettare il detenuto, il carcere di Rebibbia non ne ha ancora disposto il trasferimento;
in data 18 dicembre 2008 il detenuto si trova ancora presso il carcere di Rebibbia -:
se ritenga che questi tempi siano normali o siano frutto di negligenza semplice o della ordinaria disorganizzazione;
cosa intenda fare per porre rimedio a questa situazione di violazione patente dei diritti della persona detenuta.
(2-00256) «Renato Farina».

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, MECACCI, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un articolo di Alessandra Ziniti apparso su La Repubblica del 17 dicembre 2008 si apprende che «Dopo quindici anni, dal carcere, Totò Riina, l'unico riconosciuto capo della mafia siciliana, aveva fatto arrivare la sua autorizzazione: bisognava ricostituire la commissione provinciale, "se no finiamo come i napoletani", con il ritorno di alcuni dei vecchi padrini ultraottantenni a far rispettare le vecchie regole, "perché una volta avevamo l'onore"» -:
se le affermazioni attribuite a Totò Riina siano veritiere ovvero se e quando Totò Riina, da sempre detenuto in regime di 41-bis nelle aree riservate, abbia trasmesso detti messaggi e se a questo riguardo vi siano procedimenti giudiziari conclusi o in corso.
(4-01904)

ROSSA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in base a quanto stabilito dagli articoli del Trattato istitutivo della Comunità europea in materia di libera circolazione dei servizi (articoli 43-48) e di libertà di stabilimento (articoli 49-55) e dalle norme di diritto comunitario che disciplinano il riconoscimento dei diplomi e regolamentano alcune specifiche professioni, gli unici ostacoli alla libera circolazione dei servizi (e, quindi, delle professioni), sono quelli per motivi di ordine pubblico, sanità pubblica e pubblica sicurezza;
è prevista a livello europeo (direttive 89/48/CEE e 92/51 /CEE, modificate dalla direttiva 2001/19/CE) una regolamentazione finalizzata ad agevolare il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali in base ai quali i privati cittadini possono svolgere una specifica professione;
l'articolo 3 della direttiva 89/48/CEE recita espressamente:
«Quando nello Stato membro ospitante l'accesso o l'esercizio di una professione regolamentata è subordinato al possesso di un diploma, l'autorità competente non può rifiutare ad un cittadino di un altro Stato

membro, per mancanza di qualifiche, l'accesso a o l'esercizio di tale professione, alle stesse condizioni che vengono applicate ai propri cittadini:
a) se il richiedente possiede il diploma che è prescritto in un altro Stato membro per l'accesso o l'esercizio di questa stessa professione sul suo territorio, e che è stato ottenuto in un altro Stato membro»;
ci sono però delle diversità sostanziali tra l'ipotesi in cui la professione non è regolamentata nel Paese in cui si desidera lavorare e l'ipotesi in cui la professione è regolamentata. Nel primo caso non occorre alcun riconoscimento delle qualifiche e nulla impedisce l'esercizio della professione in qualunque altro paese dell'Unione europea. Nel secondo caso se le qualifiche relative alla professione sono state regolamentate a livello UE - è il caso di un numero limitato di professioni quali medici, infermieri, dentisti, ostetrici, veterinari, farmacisti o architetti - le qualifiche nazionali sono riconosciute automaticamente, consentendo così l'esercizio della professione in qualunque altro Paese dell'Unione europea;
ci sono poi altre professioni regolamentate - come quelle dell'ingegnere o dello psicologo - per le quali occorre richiedere il riconoscimento delle qualifiche nel Paese interessato. Le autorità hanno quattro mesi di tempo per rispondere. Se la formazione presenta notevoli differenze in termini di durata e contenuto rispetto a quella impartita nel Paese d'accoglienza, le autorità possono richiedere delle misure di compensazione come un periodo di esperienza professionale aggiuntiva, un tirocinio di adattamento o una prova attitudinale;
a tale proposito occorre ricordare che la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee in merito al riconoscimento dei titoli professionali è piuttosto rigorosa: i limiti al riconoscimento costituiscono un'eccezione alla regola generale, eccezione che pertanto deve essere adeguatamente motivata e giustificata;
recentemente il Consiglio di Stato (confermando una precedente sentenza del Tar), proprio con riferimento al caso di esercizio in Italia della professione di psicologo da parte di un cittadino che aveva acquisito il titolo in Austria, ha affermato che non è possibile negare il riconoscimento di diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali, sulla base della mancanza di una qualificazione prevista secondo i parametri giuridici vigenti nello Stato ospitante (sentenza n. 1278/2005);
con la sentenza n. 291/2003, infatti, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Bolzano ha annullato il provvedimento di mancato riconoscimento del titolo professionale di psicoterapeuta conseguito in Austria dal dottor Lanthaler per l'esercizio della professione in Italia, adottato in base all'articolo 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo il quale l'abilitazione alla professione di psicologo e l'iscrizione all'albo degli psicologi è condizione necessaria per ottenere l'accesso alla professione di psicoterapeuta;
il Tribunale ha ritenuto che valga, per le professioni, la direttiva 89/48/CEE, relativa ad un sistema generale di riconoscimento di diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni;
in particolare il Tribunale, pur dichiarando non automatico il riconoscimento del titolo professionale di psicologo e legittime le misure compensative (tirocinio di adattamento e prova attitudinale), ha stabilito che il riconoscimento non può essere rifiutato tout court (come nel caso de quo, per mancata iscrizione all'albo degli psicologi) e ha disposto il riesame dell'istanza, in particolare sotto l'aspetto dell'eventuale integrazione dei titoli e delle qualifiche con misure compensative;
il dottor Bocian, cittadino tedesco da tempo residente in Italia, ha ottenuto in Germania l'abilitazione ad esercitare la professione di psicoterapeuta che ha svolto per diversi anni, oltre ad attività di ricerca scientifica;

dopo essersi trasferito in Italia nel 1999 e dopo aver tentato invano di ottenere il riconoscimento della propria qualifica professionale, il 1o giugno 2006 il dottor Bocian, venuto a conoscenza della suddetta sentenza del Consiglio di Stato, ha inoltrato al Ministero della giustizia un'istanza di riconoscimento del titolo di psicoterapeuta acquisito in Germania. Tale istanza è stata corredata di corposa documentazione, attestante non solo la propria attività di studio e formazione, ma anche le attività di ricerca e professionale svolte successivamente al conseguimento dei titoli di cui si chiede il riconoscimento;
il Ministero ha chiesto ai competenti organi tedeschi se i titoli e le autorizzazioni acquisiti dal dottor Bocian consentissero l'esercizio della professione in tutti i campi della psicoterapia, alla luce del fatto che in Italia per esercitare l'attività di psicoterapia è necessaria l'iscrizione all'albo degli psicologi ed il compimento di una scuola di specializzazione in psicoterapia della durata di quattro anni;
il 10 gennaio 2007 il Ministero ha ricevuto un'articolata risposta ai suddetti quesiti. Nella risposta si precisava che il dottor Bocian aveva ottenuto l'abilitazione professionale per esercitare la professione di psicoterapeuta che, peraltro, aveva svolto per molti anni in Germania;
il 5 dicembre 2007 il signor Bocian riceve una lettera del Ministero che gli annuncia che la sua domanda è stata riconosciuta, previo superamento di esami in materie psicologiche (che ha già documentato);
non è stata presa in considerazione l'esperienza accademica, di formazione, di specializzazione, di ricerca, di insegnamento, di pubblicazione e della lunga esperienza nel campo della psicologia e psicoterapia del signor Bocian;
il 12 maggio 2008 il signor Bocian riceve comunicazione dall'Ordine degli psicologi per poter svolgere tirocinio di adattamento ex articolo 2 del decreto del Ministero della giustizia del 3 dicembre 2007, precisando però che il superamento del tirocinio non consente comunque l'iscrizione all'albo professionale dei psicoterapeuti -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di dare attuazione a quanto stabilito più volte dalla giurisprudenza italiana in materia di riconoscimento della qualifica di psicologo acquisita negli altri Stati membri dell'Unione europea;
quali iniziative intenda adottare al fine di rassicurare i cittadini comunitari riguardo all'applicazione di quanto sancito in modo esplicito dalla direttiva 89/48/CEE, evitando così il ripetersi di situazioni contraddittorie e l'insorgenza di conflitti destinati ad essere risolti in sede giudiziaria;
se non ritenga opportuno e doveroso dare finalmente una risposta a tutti quei cittadini comunitari che sono in attesa del riconoscimento della qualifica professionale per poter esercitare, in modo legittimo, la loro professione in Italia.
(4-01906)

BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - Premesso che:
Vincenzo Di Cristo, nato a Torre del Greco, in provincia di Napoli, il 6 luglio 1973, è attualmente agli arresti domiciliari per una durata di altri cinque anni, avendone già scontati nove presso strutture carcerarie;
il signor Di Cristo fu arrestato nel gennaio del 1999 per una rapina a mano armata presso una gioielleria di Napoli, durante la quale fu colpito nella parte posteriore del cranio da una pallottola sparata da un agente delle forze dell'ordine;
a seguito della ferita, il referto medico evidenzia una situazione di pericolo di vita per il soggetto; allo stesso viene assegnata una pensione d'invalidità del cento per cento;

nel 2006 fu inoltrata una richiesta di grazia al Presidente della Repubblica, la quale, il 17 novembre 2006 - ai sensi del Protocollo n. SGPR 22 novembre 2006 0124615 P -, viene trasmessa alla competente Direzione generale della giustizia penale per l'attività istruttoria prevista dall'articolo 681, comma 2, del codice di procedura penale;
nell'aprile del 2008 viene bloccata la suddetta pensione tramite la pratica Asl-Na-5 distretto 85 Torre Del Greco (revisione 9107);
Vincenzo Di Cristo si trova così nella situazione di essere agli arresti domiciliari, concessigli nel 2007, dopo otto anni di permanenza in strutture carcerarie inadeguate alla sua condizione di disabilità, senza alcuna pensione e nell'impossibilità di pagare perfino l'onorario richiesto dal suo avvocato -:
se, con riferimento alla domanda di grazia di cui in premessa, il Ministro della giustizia abbia completato l'attività istruttoria di sua competenza e se le informazioni occorrenti, siano state trasmesse al Capo dello Stato affinché quest'ultimo possa valutare, in via del tutto autonoma ed insindacabile se, nel caso di specie, esistono i presupposti per la concessione del provvedimento di clemenza richiesto;
se e quali provvedimenti il Ministro della giustizia intenda adottare al fine di garantire al signor Di Cristo la tutela effettiva del proprio diritto alla salute, che rischia altrimenti di essere irrimediabilmente pregiudicato da modalità di esecuzione della pena orientate unilateralmente a criteri retributivi, di prevenzione generale e difesa sociale, poco compatibili con il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona, nonché con la funzione rieducativa della sanzione penale -:
quali provvedimenti il Ministro competente, svolti gli opportuni accertamenti, intenda adottare al fine di sbloccare, ove ne sussistano le condizioni, l'erogazione della pensione di invalidità originariamente concessa al signor Di Cristo in modo da scongiurare il perdurare della situazione sopra descritta.
(4-01926)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI e BELTRANDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
La Raccomandazione 98/376/CE del Consiglio del 4 giugno 1998 che ha istituito il Contrassegno disabili non è stata ancora recepita dalla Repubblica Italiana. Tale Raccomandazione uniforma il contrassegno disabili a livello UE e garantisce loro certezza dei diritti di cui al contrassegno medesimo in tutta l'UE. Infatti attualmente in Italia il rilascio e la regolamentazione del contrassegno, essendo demandata ai comuni, dà luogo ad una non uniformità dei contrassegni stessi che espone il disabile ad una non certezza dei propri diritti quando si reca in comuni diversi da quello di propria residenza, ovvero quando è in ambito UE dove si assomma anche un problema di comprensione linguistica del contrassegno stesso. Il contrassegno europeo, prevedendo il pittogramma ONU dell'individuo in carrozzina, prescrive l'apposizione del nome e cognome del beneficiario nella parte non visibile dello stesso, ed è, quindi, più in linea con la normativa privacy di quello adottato in Italia, di cui all'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (cosiddetto contrassegno arancione) che prevedeva e formalmente prevede ancora che le generalità del beneficiario siano sul fronte dello stesso sotto al pittogramma. Infatti il Garante della privacy italiano, con provvedimento del 1999 in tema di contrassegno osservava, tra l'altro, che: «...Infatti, l'inclusione nel contrassegno di alcuni dati pure pre

visti nel modello approvato con il medesimo regolamento, contrasta con l'appena ricordato principio di "pertinenza", specie se rapportata alla funzione amministrativa in concreto esercitabile dall'organo comunale, in sede di controllo sulla liceità e sul corretto utilizzo dei permessi speciali di circolazione e di sosta. Ad assicurare il corretto esercizio di tale funzione, è sufficiente infatti che il contrassegno rechi in evidenza l'indicazione del Comune competente e del numero di autorizzazione dal quale ogni soggetto preposto al controllo può comunque risalire agevolmente al titolare del permesso e alla relativa pratica, ed accertare la genuinità del documento, la validità del permesso e il suo uso conforme alle prescrizioni eventualmente impartite dall'autorità comunale. Peraltro, la stessa dicitura "parcheggio invalidi" può essere ritenuta superflua, in quanto la stampigliatura del disegno che figura sul contrassegno è di per sé sufficiente ad assicurare l'immediata leggibilità del titolo che dà diritto alle facilitazioni. Semmai, le generalità del titolare potrebbero essere riportate sul lato posteriore del contrassegno o, comunque opportunamente celate all'immediata visibilità dall'esterno del veicolo, rendendole comunque immediatamente conoscibili in caso di eventuale richiesta di un pubblico ufficiale»;
tale provvedimento pur essendo diretto al legislatore non ha provocato la modifica del decreto del Presidente della Repubblica di cui sopra, ma è stato di fatto recepito da molti comuni che emettono il contrassegno arancione con le generalità dell'intestatario sul retro, pur continuando nelle delibere a riferirsi come fonte del modello del contrassegno al decreto del Presidente della Repubblica n. 495, come ad esempio la deliberazione n. 21 del 19 febbraio 2007 del Consiglio comunale di Roma;
l'elemento oggettivamente ostativo all'adozione del contrassegno europeo è intervenuto nel 2003, con l'introduzione nel nuovo codice della privacy che, all'articolo 74, comma 1, proibisce espressamente di riportare sul fronte del contrassegno il pittogramma o diciture da cui possa desumersi la qualità di disabile dell'intestatario. In proposito è significativo quanto detto dal Garante della privacy nella relazione per il 2004 al Parlamento subito dopo l'entrata in vigore del Codice: «...A seguito delle novità introdotte dal Codice, nel corso dell'ultimo anno sono pervenute numerose richieste di parere in merito ai contrassegni per la circolazione e la sosta di veicoli a servizio di persone invalide, regolate, in particolare, dall'articolo 188 del Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), dall'articolo 381 del relativo regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495) e, da ultimo, dall'articolo 74 del Codice. In relazione al possibile conflitto tra le norme citate, il Garante ha chiarito che, configurandosi l'articolo 74 del Codice norma specifica di rango primario, la stessa deve considerarsi prevalente. Pertanto, i contrassegni da esporre su veicoli devono contenere i soli dati indispensabili ad individuare l'autorizzazione rilasciata e risultare privi di simboli o diciture dai quali possa desumersi la speciale natura dell'autorizzazione. Per il controllo della regolarità del contrassegno è, quindi, sufficiente porre in evidenza l'indicazione del comune competente e del numero di autorizzazione, informazioni dalle quali si può agevolmente risalire al titolare del permesso, oltre a verificare la validità dello stesso e la correttezza del suo utilizzo...»;
è anche importante evidenziare, come l'inequivocabile divieto posto dal richiamato articolo 74, comma 1, del codice, si pone in aperto contrasto anche con i contrassegni che vengono attualmente rilasciati dalla maggioranza dei comuni ancora in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 495, con il pittogramma della persona in carrozzina e diciture varie. Quanto sopra connota l'intera disciplina italiana dei permessi disabili, di una forte precarietà causata dall'essere la regolamentazione di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica in contrasto con una norma di rango superiore, qual'è l'articolo 74. Tale stato di

cose comporta necessariamente una modifica normativa che fornisca alle persone disabili certezza dei propri diritti che garantiscono loro l'effettiva mobilità;
va considerato da ultimo che il divieto posto dall'articolo 74, comma 1, del Codice della privacy, nella parte in cui lascia trasparire che l'essere semplicemente disabile sia un dato sensibile in sé, potrebbe costituire una forzatura, sia rispetto alla stessa normativa privacy e, più in generale, verso gli interessi primari tutelati dal nostro ordinamento. Infatti la mera appartenenza alla categoria dei disabili non si può considerare un «dato sensibile», per come peraltro definito dal codice medesimo il dato sensibile medesimo, viceversa, è tale solo in relazione alla diagnosi della singola persona disabile. Infatti nella maggior parte dei casi la disabilità è un dato evidente insito nel corpo dei disabili medesimi; considerare l'essere disabile come dato sensibile in sé porterebbe, di conseguenza, a conclusioni ed esclusioni assurde ed aberranti dalla vita sociale del disabile medesimo. Per converso, l'essere disabile si può definire correttamente un dato obbiettivo, semmai di appartenenza ad una formazione sociale che l'ordinamento ha come obiettivo fondamentale e tendenziale di porre, sulle stesso piano di tutti gli altri, alla luce degli articoli 2, 3 e 16 della costituzione italiana -:
quali iniziative di carattere normativo intendano tempestivamente intraprendere che consentano, da una parte, l'adozione in Italia del contrassegno disabili previsto dalla Raccomandazione 98/376/CE del Consiglio del 4 giugno 1998 e, più in generale, di sanare l'attuale precarietà giuridica che grava sulla disciplina italiana dei permessi disabili.
(4-01916)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo la Questura di Roma ha avviato, in applicazione del Patto per Roma Sicura, lo sgombero di diversi campi nomadi abusivi sparsi per la città;
a conclusione delle operazioni l'Ufficio stampa della questura provvede a divulgare la notizia del risultato positivo ottenuto inquadrando l'intervento come «attività di bonifica dei campi nomadi» -:
quali misure intenda adottare affinché l'espressione lessicale «bonifica dei campi nomadi», riferibile più ad animali che a persone, non sia più adottata dal personale di pubblica sicurezza.
(4-01914)

TAGLIALATELA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, all'articolo 141 del Capo II (Controllo sugli organi) del Titolo VI (controlli) prevede che i consigli comunali vengano sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno per varie ipotesi, fra le quali il compimento di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o anche per gravi motivi di ordine pubblico;
al Comune di Napoli numerose e svariate sono le inchieste della magistratura penale che ha sottoposto ad indagine gli appalti pubblici dell'ente comunale, tra i quali quelli per il servizio di manutenzione della rete stradale, quello della manutenzione degli edifici scolastici, quello della refezione scolastica, ed altri ancora;
nelle stesse indagini della magistratura vengono chiamati in causa amministratori e funzionari comunali, in alcuni casi di attuali titolari di deleghe nella Giunta guidata dal Sindaco Iervolino;

il quadro che emerge dalle molteplici indagini delle Procure della Repubblica e della Direzione distrettuale antimafia è di una amministrazione comunale che sarebbe caratterizzata da evidenti, gravi e persistenti violazioni di legge;
la città di Napoli attraversa una crisi profonda dal punto di vista morale, civile, sociale che vede l'assoluto immobilismo politico ed amministrativo della giunta Iervolino-:
se non ritenga che sussistano i presupposti per avviare le procedure di legge previste dal decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, all'articolo 141 del Capo II (Controllo sugli organi), per determinare lo scioglimento del Consiglio Comunale di Napoli.
(4-01922)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

LO MONTE, BELCASTRO, COMMERCIO, IANNACCONE, LATTERI, LOMBARDO, MILO e SARDELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di specializzandi della SSIS Veneto IX ciclo 2007/2009, iscritti all'indirizzo lingue straniere, classi di abilitazione 45 A (Italiano lingua seconda - L 2) e 46 A (Lingua e civiltà italiana - Italiano seconda lingua), istituite in via sperimentale dall'Università Ca' Foscari di Venezia, non potranno aver accesso a nessuna classe di concorso e ciò sebbene il Ministero della pubblica istruzione abbia autorizzato la specializzazione di cui si tratta;
è utile precisare che il piano di studio delle predette classi 45 A e 46 A prevede un percorso di specializzazione unico nel territorio nazionale, mirato all'insegnamento dell'Italiano lingua seconda (L 2), caratterizzandosi per la didattica specifica dell'insegnamento della lingua italiana a cittadini stranieri. Inoltre la SSIS Veneto mira oltretutto a fornire le competenze professionali per una corretta gestione delle classi multietniche e delle problematiche relative all'accoglienza, integrazione e inserimento degli alunni stranieri;
è opportuno inoltre far presente che:
a) la figura del docente di italiano come lingua seconda (L 2) è necessaria nei corsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana presso i C.T.P. (Centri territoriali permanenti per l'educazione in età adulta), come indicato nel decreto ministeriale 25 ottobre 2007;
b) la figura del docente di italiano come lingua seconda è insostituibile nei laboratori di inserimento di alunni stranieri presso la scuola secondaria di primo e secondo grado;
c) la figura del docente di italiano come lingua seconda può e deve essere la figura essenziale competente all'interno di classi di inserimento per alunni stranieri;
d) spesso vengono impiegate, per svolgere queste mansioni, figure professionali non formate adeguatamente (maestri specializzati nel l'alfabetizzazione a bambini, insegnanti di italiano come lingua madre, insegnanti di lingue straniere) le quali devono essere opportunamente aggiornate con grande dispendio economico;
e) la figura del docente di italiano come lingua seconda potrebbe rappresentare una soluzione alle problematiche inerenti al piano di scolarizzazione di minoranze, ad esempio, come i bambini rom -:
se, alla luce di quanto sopra esposto, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca intenda procedere nell'istituzione delle classi di concorso relative all'abilitazione di italiano come lingua seconda (L 2);
se sia volontà del Governo rendere visibile il titolo maturato dagli iscritti alla suddetta classe di abilitazione e ancora se il Governo intenda rendere questo titolo di

abilitazione preferenziale, per poterlo spendere nei costruendi Centri di educazione agli adulti, nei laboratori di facilitazione linguistica istituiti presso le scuole, nelle classi di inserimento di alunni stranieri.
(3-00292)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai programmi operativi nazionali 2007-2013 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel settore dell'istruzione, sono state attribuite significative risorse finanziarie pari a 1.981 milioni di euro a valere sui fondi strutturali europei cui vanno aggiunti, secondo la deliberazione Cipe n. 166 del 21 dicembre 2007, 1.593 milioni di euro a valere sul fondo per le Aree sottoutilizzate (FAS);
le risorse ottenute dall'Unione europea durante la precedente legislatura risultano ben maggiori a quelle disponibili a valere sulla programmazione precedente 2000-2006, pari a soli 830 milioni di euro;
i due programmi operativi nazionali: «Competenze per lo sviluppo» finanziato con il fondo sociale europeo (FSE) e «Ambienti per l'Apprendimento» finanziato con il fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), risultano di titolarità del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tali programmi operano anche in favore delle aree territoriali del nuovo obiettivo 1 convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);
i suddetti programmi operativi nazionali sono il risultato di una consistente attività di concertazione, a suo tempo coordinata dal Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero dell'economia e delle finanze, con il Ministero del lavoro e le altre amministrazioni centrali, con le Regioni, con le parti sociali ed i rappresentanti del terzo settore;
oggetto della concertazione - avvenuta nel corso del 2007 - sono state anche le specifiche intese con le Regioni e con le altre amministrazioni centrali per ottimizzare la programmazione ed evitare sovrapposizioni nell'azione dei fondi. L'obiettivo è quello di integrare gli interventi affinché, attraverso un uso virtuoso delle risorse, e in applicazione del principio della concertazione, possano prodursi effetti maggiori in ordine agli obiettivi di servizio fissati a livello nazionale per il sistema scolastico nell'ambito del quadro strategico nazionale (QSN), nel quale sono definite le strategie nazionali per lo sviluppo, la competitività e la coesione sociale. In esso sono indicate la strategia e le priorità a livello nazionale, la lista dei programmi operativi e la loro allocazione finanziaria;
per quanto riguarda il sistema scolastico è stato individuato un principale obiettivo di servizio «Elevare le competenze degli studenti e la capacità di apprendimento della popolazione» che avrebbe dovuto essere misurato sulla base dei seguenti indicatori (scelti fra quelli definiti per il sistema istruzione dal Consiglio dei Ministri europei):
a) diminuzione degli abbandoni scolastici precoci e conseguente aumento del tasso di scolarizzazione per la scuola secondaria superiore, misurato con l'indicatore relativo alla percentuale di giovani (età 18-24 anni) con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria di secondo grado e che non partecipa ad altre attività formative (indagini sulle forze del lavoro e UOE);
b) livello di competenze degli studenti, misurato con la percentuale di studenti quindicenni con un livello basso di competenza nell'area della lettura (indagine OCSE-PISA);
c) livello delle competenze degli studenti, misurato con la percentuale di studenti quindicenni con un livello basso di competenza nell'area della matematica (indagine OCSE-PISA) -:
se siano state apportate modifiche al citato quadro strategico nazionale e quale

sia l'attuale stato di attuazione dei suindicati programmi operativi nazionali per l'istruzione affidati alla gestione del Ministero dell'università e della ricerca e già deliberati dalle scuole per gli anni 2008-2009, così come richiesto dal Ministero;
se le risorse derivanti dal FAS continuino ad essere utilizzate per le finalità indicate in premessa e quali siano attualmente le proposte e le iniziative del Governo per un'eventuale diversa utilizzazione di tale fondo.
(5-00797)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 25 del decreto legislativo n. 226 del 2005 (Insegnamento dell'inglese, della seconda lingua comunitaria e della tecnologia) al comma 2 recita testualmente: «Al fine di offrire agli studenti l'opportunità di conseguire un livello di apprendimento della lingua inglese analogo a quello della lingua italiana è data facoltà, nella scuola secondaria di primo grado, alle famiglie che ne facciano richiesta, di utilizzare, per l'apprendimento della predetta lingua anche il monte ore dedicato alla seconda lingua comunitaria. Tale scelta è effettuata al primo anno della scuola secondaria di primo grado e si intende confermata per l'intero corso della scuola secondaria di primo grado ed anche per i percorsi del secondo ciclo di istruzione e formazione...»;
l'apprendimento delle lingue comunitarie in Italia potrebbe venire gravemente compromesso dall'applicazione di tale articolo in quanto delega alle famiglie, per tutti gli anni della formazione scolastica, la scelta dell'apprendimento di un'unica lingua straniera, nella fattispecie l'inglese;
il citato articolo non è stato ancora abrogato, e proprio in queste settimane il ministero interrogato sta ridisegnando la struttura portante del nostro sistema scolastico, apportando di conseguenza numerose modifiche anche al quadro orario delle varie discipline;
l'eventuale applicazione del già citato articolo porterebbe a un impoverimento nella formazione culturale e linguistica degli alunni italiani, contravvenendo in tal modo alle direttive europee illustrate e riprese ultimamente nella Comunicazione della Commissione europea del 18 settembre scorso: «Il multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune»;
la scelta summenzionata non può essere dichiarata di esclusiva competenza delle famiglie e spetta, invece, alla responsabilità dei soggetti politici assicurare a ogni alunno una formazione plurilinguistica per garantire un'efficace cittadinanza europea;
gli obiettivi individuati dal Libro Bianco del Consiglio d'Europa (IV obiettivo generale) su istruzione e formazione - Insegnare ad apprendere. Verso la società cognitiva - intendono: incoraggiare l'acquisizione di nuove conoscenze, avvicinare la scuola all'impresa, lottare contro l'esclusione, conoscere tre lingue comunitarie, creare parità tra gli investimenti materiali e quelli nella formazione;
nello stesso libro bianco si afferma che la conoscenza di «...almeno due lingue comunitarie, oltre quella materna, ... è condizione indispensabile per permettere ai cittadini dell'Unione europea, di beneficiare delle opportunità professionali e personali offerte dal grande mercato interno senza frontiere»;
l'insegnamento di un'unica lingua straniera allontanerebbe ulteriormente l'Italia dagli obiettivi stabiliti nel trattato di Lisbona -:
quali iniziative, nelle sedi opportune, intenda intraprendere al fine di superare l'evidente discrasia che si è venuta creare tra la norma citata in premessa e la posizione ufficiale espressa in sede comunitaria chiaramente proiettata verso una prospettiva multiculturale e plurilingue.
(4-01905)

FARINA COSCIONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Professor Valerio Bruschini, docente di materie letterarie, a tempo indeterminato, nell'Istituto comprensivo di Gualdo Cattaneo (Perugia) nonché delegato del Cobas-Scuola, con domanda presentata alla Dirigente scolastica del suddetto Istituto, Simona Ferretti, il 22 novembre 2007, chiedeva, in base alla legge n. 241 del 1990, per tutela di interessi personali e collettivi, copia del verbale del Collegio docenti del 26 ottobre 2007;
non essendosi pronunciata l'amministrazione entro il termine previsto, cioè trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, terzo comma, della legge n. 241 del 1990, il professor Bruschini inoltrava il 29 marzo 2008 una diffida alla suddetta Dirigente scolastica, affinché si pronunciasse sulla precedente domanda entro il termine di giorni 30;
con domanda presentata, alla Dirigente Scolastica, il 2 aprile 2008, sempre in base alla legge n. 241/90, per tutela di interessi personali e collettivi, il professor Bruschini chiedeva copia anche dei verbali dei Collegi docenti del 3 settembre e del 10 settembre 2007, nonché del 25 febbraio 2008;
la Dirigente scolastica rispondeva alle note del professor Bruschini del 22 novembre 2007, del 29 marzo e del 2 aprile 2008, in data 21 aprile 2008, con una missiva affermando che: «La richiesta contenuta nella nota del 22 novembre 2007 richiamata dalle successive del 29 marzo 2008 e 2 aprile 2008, non risulta motivata, come previsto dal comma 2, articolo 25, della legge 7 agosto 1990, n. 241. In particolare, per quanto concerne la dizione "per cura di interessi personali e collettivi", la stessa attiene alla qualificazione giuridica di soggetto "interessato" all'accesso ai documenti amministrativi, così come puntualmente specificato dall'articolo 22 della legge in questione. Appare comunque opportuno richiamare il dettato dell'articolo 26 della citata legge per il quale "decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta, questa si intende respinta" (silenzio-rigetto). La stessa norma prescrive che "in caso di diniego all'accesso espresso o tacito o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale...". Si precisa quindi il fatto che la legge da Lei invocata, (legge 241/90), non conferisce a qualsiasi soggetto, benché astrattamente interessato, un generale potere ispettivo sugli Atti della P.A. Resta ovviamente indiscussa la facoltà della S. Sua, come componente del Collegio Docenti, di prendere solo visione dei Registri dei Verbali delle sedute del Collegio dei Docenti. Si fa presente inoltre che, il Verbale del Collegio dei Docenti del 25 febbraio 2007 deve essere ancora letto e approvato dall'Organo Collegiale nella prossima seduta»;
l'avvocato Carmelo Parente, a cui il professor Bruschini aveva conferito mandato, inviava, in data 15 maggio 2008, una missiva in cui scriveva:
«La presente deve ritenersi valida quale richiesta di accesso ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica n. 184/2006 e legge 241/1990 essendo il professor Bruschini componente del Collegio dei Docenti e vantando per tal motivo un pieno diritto naturale all'accesso agli atti di cui sopra.
Del resto ai sensi dell'articolo 22 della legge 241/1990 non si vede come non possa considerarsi "interessato" o portatore di un interesse diretto, concreto e attuale, chi sia membro del Collegio dei Docenti stesso e vi abbia fisicamente partecipato.
Si ricorda poi che il professor Bruschini ha avanzato richieste anche come delegato del Cobas-Scuola.
Indipendentemente da una indagine sulla maggiore o minore rappresentatività dell'organizzazione sindacale nel comparto specifico, sottolineiamo comunque come l'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisca quanto segue: "A tutte le organizzazioni sindacali

vengono garantite adeguate forme di informazione ed accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni (...)".
Segnaliamo che il professor Bruschini ci ha dato incarico di inoltrare la presente quale un tentativo di ottenere in via bonaria copia della documentazione citata (nella convinzione che sia un legittimo diritto poter consultare tali atti), restando inteso che, in costanza di rifiuto, si sentirà costretto a tutelare i suoi diritti in sede giudiziaria, ricorrendo all'Autorità competente sia per ottenere il giusto accesso agli atti di cui sopra sia per valutare eventuali estremi di condotta antisindacale»;

la Dirigente scolastica rispondeva in data 19 giugno 2008, con una missiva sostenendo che: «1) Nella lettera del 21 aprile 2008 la scrivente non ha inteso affatto disconoscere al professor Bruschini il requisito di interessato ai fini dell'accesso ai documenti, avendolo di contro espressamente ivi sottolineato. Tale precisazione è stata ritenuta rilevante, avuto riguardo a quanto richiesto dalla legge n. 241/90, articolo 22 comma 1, in relazione alla titolarità del diritto di accesso da parte del professore in parola il quale agiva "per la cura di interessi personali e collettivi". La stessa legge però all'articolo 25, comma 2 (modalità di accesso e ricorsi), richiede la sussistenza della motivazione a sostegno dell'istanza di accesso. 2) Nel caso in questione la domanda del professor Bruschini risultava palesemente carente della prescritta motivazione. Peraltro al professor Bruschini quale componente del Collegio dei Docenti non è mai stata e non poteva in alcun modo essere inibita la facoltà di consultare il registro dei verbali del Collegio dei Docenti e di far valere le proprie ragioni nell'ambito del Collegio medesimo. 3) La questione è sorta in quanto il professor Bruschini ha chiesto in particolare l'estrazione per copia dei verbali, circostanza questa che si è palesata assolutamente inusuale rispetto alle consuete relazioni inerenti alle attività del Collegio dei Docenti. In ogni caso in presenza di una richiesta contenente precisa motivazione la scrivente doverosamente è disposta a darne accoglimento»;
l'avvocato Carmelo Parente, in data 22 luglio 2008, reiterava la richiesta, allegando copia di una recente sentenza del 24 gennaio 2008, del TAR Campania:
«... con la quale, richiamando l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa ivi citata, viene ribadito il principio secondo il quale i dirigenti scolastici non hanno titolo ad entrare nel merito dei presupposti delle richieste di accesso e di estrazione di copie di documenti: l'accoglimento della domanda di accesso non può essere condizionato da valutazioni circa la fondatezza della pretesa alla cui tutela l'acquisizione della documentazione è strumentale. Ciò in quanto il diritto di accesso è autonomo rispetto alla posizione giuridica posta a base della relativa istanza. E prescinde da ogni valutazione circa la fondatezza della stessa.
Ciò premesso si reitera la richiesta di accesso e di estrazione di copia dei summenzionati verbali, avendo il professor Bruschini, si ribadisce, partecipato fisicamente ai relativi Collegi dei Docenti in qualità di componente, ed avendo avanzato la richiesta anche in qualità delegato del Cobas-Scuola.
Resta inteso che, in costanza di rifiuto nel termine di giorni 10 dal ricevimento della presente, il professor Bruschini si sentirà costretto a tutelare i suoi diritti anche in sede giudiziaria, ricorrendo alle rispettive Autorità competenti sia per ottenere il giusto accesso agli atti di cui sopra, sia per valutare eventuali estremi di condotta antisindacale»;

la Dirigente scolastica, con una missiva del 12 agosto 2008 riaffermava che:
«In riferimento alla nota del 22 luglio 2008, la scrivente nel ribadire quanto precedentemente espresso con propria lettera prot. 2450/c1 del 19 giugno 2008, ritiene ancora una volta a precisare che non è stata in alcun modo impedita o limitata al professore in oggetto la più

ampia facoltà di accesso ai documenti in questione in ragione del fatto che il professor Bruschini quale componente del Collegio dei Docenti in qualunque momento può prendere visione del verbale del collegio medesimo. Allo stesso, come è noto, la normativa vigente riconosce tra l'altro il diritto di intervento in sede di stesura e successiva approvazione dei verbali dell'organo in questione. In altri termini il professore in parola quale componente di diritto del Collegio partecipa a pieno titolo alla formazione e alla validazione degli atti deliberativi che attraverso la verbalizzazione danno contezza dell'attività relativa. Pertanto è apparsa in tutta evidenza l'anomalia della richiesta di estrarre copia dei verbali anche in considerazione che la stessa veniva a costituire un fatto eccezionale e assolutamente inedito rispetto alla prassi consolidata che informa le sedute del Collegio dei Docenti. Peraltro per quanto la scrivente abbia potuto intendere non pare pertinente al caso in esame la sentenza del TAR Campania cortesemente allegata da codesto pregiatissimo studio alla nota di cui sopra. Infatti la richiesta della professoressa ricorrente era intesa ad ottenere l'accesso ad atti e documenti formatisi in un periodo in cui l'insegnante non prestava servizio nel circolo in questione, considerato che era stata assegnata provvisoriamente al plesso scolastico de quo a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, mentre i verbali e gli atti chiesti in visione si riferivano all'attività svolta dagli organi collegiali della scuola nell'anno scolastico precedente (2006/2007). È sembrato quindi legittimo da parte della sottoscritta l'esplicito richiamo del requisito indicato all'articolo 25 della legge 241/90. In conclusione per quanto sopra argomentato la scrivente ritiene non eludibile integrare la richiesta con la prescritta motivazione di estrazione di copia dei verbali del Collegio Docenti»;

ad oltre un anno dalla richiesta, è stato negato al professor Bruschini di aver copia del verbale del Collegio Docenti del 26 ottobre 2007, cosicché, nei fatti, la legge 241/90 è stata vanificata -:
se l'agire della Dirigente scolastica rispetti la lettera e, soprattutto, lo spirito di quella legge, che ha come obiettivo proprio quello di garantire la massima trasparenza nella gestione della Cosa Pubblica;
se non ritenga di dover intervenire affinché proprio nella scuola, che tanto si prodiga per trasmettere ai futuri cittadini il senso della legalità, si evitino vere e proprie «tenzoni» giuridiche di stampo bizantino.
(4-01910)

CIOCCHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Federazione italiana per il superamento dell'handicap, FISH, membro dell'Osservatorio ministeriale sull'integrazione scolastica, ha richiesto da maggio 2008 un incontro al Ministro Gelmini per conoscere i suoi orientamenti politici e normativi su alcune grosse criticità e proposte di soluzione avanzate dalla stessa Federazione, concernenti l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, la cui qualità di apprendimento è seriamente compromessa dalla mancata soluzione dei vecchi problemi e dai nuovi che potrebbe generare l'attuale modifica della normativa;
in tutte le classi è ormai presente oltre il 2 per cento di alunni con disabilità regolarmente certificata, i quali necessitano di un supporto più intensivo all'apprendimento, in termini qualitativi e quantitativi, e per i quali pertanto si deve prevedere lo svolgimento di piani educativi personalizzati, che potranno essere o «semplificati» o «differenziati» rispetto a quelli dei compagni, pur rimanendo agganciati ai programmi della classe;
nello scorso mese di luglio la Federazione ha trasmesso al Ministero della pubblica istruzione il documento «Linee

guida per l'integrazione scolastica», nel quale si enucleavano una serie di linee di azione da concertarsi tra la Federazione stessa e il suddetto Ministero, per risolvere la questione dell'integrazione scolastica degli alunni con handicap in situazioni di particolare gravità ai fini scolastici;
l'integrazione generalizzata, la cui normativa in Italia costituisce vanto presso tutti gli altri Paesi del mondo, negli ultimi anni ha subito un forte calo di attenzione; in particolare durante le ultime due legislature, pur non essendoci stati arretramenti normativi, si è assistito a forti arretramenti nella qualità dell'integrazione che era stata raggiunta precedentemente, e ciò a causa dei tagli alla spesa e del disinteresse governativo per il mancato rispetto della normativa;
ad oggi non è stata fornita alcuna risposta ai singoli problemi sollevati dalla Federazione ed espressi nel suddetto documento -:
quali risposte il Ministro intenda fornire, dal momento che le recenti norme in materia scolastica incidono fortemente sull'integrazione degli alunni con disabilità, e, in mancanza di chiarimenti ed interventi puntuali da parte del Ministero, potrebbero ridurre fortemente la qualità dell'integrazione scolastica stessa;
se, e in quali tempi, il Ministero intenda adottare nel più breve tempo possibile le richieste avanzate dalla suddetta Federazione nel documento «Linee guida per l'integrazione scolastica», che sono integrative di quelle adottate con l'Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008, e sono state elaborate anche alla luce della proposta di legge FISH n. 2003/07 e della Convenzione mondiale dei diritti umani delle persone con disabilità approvata dall'ONU il 13 dicembre 2006.
(4-01911)

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO e LO PRESTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il contributo integrativo consiste in una maggiorazione percentuale del corrispettivo dovuto per le prestazioni svolte dai professionisti iscritti agli albi ed è a carico del richiedente la prestazione;
per quanto concerne l'Enpav la fonte normativa alla quale fare riferimento è rappresentata dalla legge 12 aprile 1991, n. 136, che all'articolo 12 disciplina appunto la materia del contributo integrativo: «A partire dal 1o gennaio dell'anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, su tutti i corrispettivi percepiti dai veterinari iscritti agli albi professionali per l'attività professionale e di certificazione prestata a favore di associazioni, enti o soggetti pubblici, da veterinari convenzionati con le associazioni o gli enti o i soggetti medesimi, o da essi dipendenti, è dovuta una maggiorazione a carico degli operatori interessati o dei richiedenti. L'ammontare della predetta maggiorazione dovrà essere versata all'Ente dagli operatori stessi all'atto della liquidazione del corrispettivo della prestazione»;
dalla norma è possibile individuare: a) chi è tenuto a pagare la maggiorazione, che peraltro nel successivo comma 4 del citato articolo 12 è stabilita nella misura del 2 per cento; b) su quale ammontare è dovuta detta maggiorazione;
i soggetti tenuti al pagamento del contributo integrativo sono individuabili in tutti coloro, siano essi persone fisiche o enti, che richiedano a veterinari iscritti all'albo una prestazione professionale o una certificazione per le quali sia previsto il pagamento di un corrispettivo;

la norma chiarisce inoltre l'ambito di applicazione del contributo, specificando che esso è dovuto su tutti i corrispettivi percepiti per l'attività professionale e di certificazione effettuata dai veterinari a favore di associazioni, enti o soggetti pubblici; dai veterinari convenzionati con le associazioni o gli enti o i soggetti medesimi; dai veterinari dipendenti da associazioni, enti o soggetti pubblici;
giova richiamare la sentenza n. 9554/2008 pronunciata dalla Corte di Cassazione nella causa Enpav c/Enpa. La Suprema Corte, nella parte motiva della decisione, afferma tra l'altro: «In questa sede non si discute del fatto che chiunque richieda una prestazione o certificazione ad un veterinario iscritto all'albo sia tenuto a versare la maggiorazione sul corrispettivo pagato, né si dubita che chi percepisce il compenso sia tenuto a versarne l'importo all'Enpav...». Ed infatti l'articolo 12, comma 1, della legge n. 136/1991 assoggetta, senza eccezione alcuna, tutti gli utenti delle prestazioni e certificazioni veterinarie all'obbligo della maggiorazione del contributo integrativo del 2 per cento;
dalla lettura della norma emerge chiaramente che la maggiorazione è dovuta laddove ricorrano due presupposti fondamentali: il primo è che la prestazione sia svolta da un veterinario iscritto all'albo professionale, il secondo è che si tratti di una prestazione professionale per la quale sia prevista la liquidazione;
non v'è dubbio che, anche nell'ipotesi in cui la prestazione sia erogata da un soggetto pubblico (quale una Asl, un Istituto zooprofilattico sperimentale, eccetera) in favore di un utente, pubblico o privato che sia, la prestazione in questione sia pur sempre una prestazione professionale materialmente resa da un veterinario iscritto all'albo e quindi, per quanto sopra detto, assoggettabile al contributo del 2 per cento;
l'unica differenza rispetto all'ipotesi in cui la prestazione sia resa dal veterinario nell'esercizio dell'attività libero professionale è che, mentre in tale circostanza il professionista incassa direttamente dal cliente il compenso per la prestazione effettuata ed il relativo 2 per cento che poi versa all'Enpav, laddove la prestazione sia resa da un'amministrazione attraverso veterinari dalla stessa dipendenti o ad essa legati da vincoli diversi dalla subordinazione, l'attività di riscossione e di versamento all'Enpav del contributo integrativo del 2 per cento incombe in capo all'amministrazione medesima;
ciò che rileva è che ci si trovi di fronte ad una prestazione professionale resa da un veterinario iscritto all'albo professionale, a nulla rilevando il fatto che la stessa sia resa nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o in forma autonoma. La norma, si ribadisce ancora una volta, assoggetta tutti i compensi delle prestazioni veterinarie, nessuno escluso, alla maggiorazione del 2 per cento, indipendentemente dalla forma in cui i veterinari prestino la loro attività;
giova richiamare il dettato del decreto legislativo n. 432/1998 che disciplina la materia dei contributi dovuti per l'attività prestata dai servizi veterinari delle AA.SS.LL. nell'espletamento dei compiti di ispezione e di controllo sanitari. L'articolo 5 del citato decreto stabilisce le percentuali di ripartizione di detto contributo tra diversi soggetti pubblici (90 per cento alle AA.SS.LL., 4 per cento agli II.ZZ.SS., eccetera). Ebbene tale distribuzione porta con sé anche l'attribuzione della maggiorazione del 2 per cento, che viene applicata per la prestazione resa dal servizio veterinario della Asl, secondo le quote di spettanza di ciascun soggetto pubblico citato nel decreto in questione;
nel caso in cui la maggiorazione del 2 per cento nei rapporti tra enti pubblici non venga correttamente applicata si acclarerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale-:
se il Governo intenda chiarire se la maggiorazione del 2 per cento (contributo

integrativo) sia dovuta anche nei rapporti tra soggetti pubblici.
(5-00795)

MIGLIOLI, GATTI e MADIA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i Servizi pubblici per l'impiego sono diventati un punto di riferimento per le lavoratrici, per i lavoratori e per le imprese, che hanno potuto fino a ora utilizzare servizi di orientamento e incontro tra domanda e offerta di lavoro offerti in modo gratuito, professionale e trasparente;
tali servizi svolgono una funzione centrale nel favorire l'occupabilità, pari opportunità di accesso al mercato del lavoro e inclusione sociale ed in un mercato del lavoro caratterizzato da insicurezza e instabilità, ed hanno il compito di sostenere tutte le persone che cercano una occupazione - anche e soprattutto quelle che il mercato del lavoro ritiene più deboli e mette a rischio di esclusione;
le amministrazioni provinciali, che hanno la responsabilità della gestione dei Servizi per l'impiego, hanno deciso di avvalersi del contributo professionale di diplomati e laureati esperti nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro, nella selezione del personale, nell'orientamento e nel sostegno dei cittadini in cerca di occupazione;
tali nuove figure hanno portato il loro contributo di professionalità lavorando da molti anni con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti a termine, esternalizzazioni e altre forme di lavoro flessibile. In tal senso i lavoratori dei servizi pubblici per l'impiego hanno partecipato attivamente alla progettazione e alla realizzazione dei nuovi servizi; hanno contribuito a garantirne il consolidamento, la continuità e la qualità; hanno incontrato e sostenuto nella ricerca di una occupazione migliaia di lavoratrici e lavoratori; hanno realizzato nuovi servizi di informazione, orientamento, formazione e sostegno nei percorsi di riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori; hanno offerto alle imprese servizi di alto livello per la ricerca e la selezione del personale; hanno contribuito alla realizzazione delle politiche attive per il lavoro. Tutto ciò, nella maggior parte dei casi, senza uscire dalla loro condizione di lavoratrici e lavoratori precari;
le recenti disposizioni normative, contenute nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, tese a bloccare il processo di stabilizzazione avviato dal Governo Prodi, porteranno al mancato rinnovo dei molti dei contratti dei lavoratori in questione, con il rischio che le competenze e le capacità acquisite dai servizi pubblici per l'impiego vadano disperse -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di garantire il mantenimento della funzione fino ad ora svolta dai Servizi pubblici per l'impiego, che potrebbero assumere un ruolo ancora più importante anche a fronte della crisi occupazionale che, a causa della situazione macroeconomica, porterà nel nostro paese alla perdita del posto di lavoro per circa 600 mila lavoratori, come recentemente stimato dal centro studi di Confindustria.
(5-00799)

ZAZZERA, PALAGIANO, SCILIPOTI, MESSINA e ROTA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nei Paesi sviluppati;
per i soggetti affetti da insufficienza cardiaca grave non esistono terapie efficaci, e l'unica soluzione definitiva per la loro sopravvivenza consiste nel trapianto cardiaco;
l'unica opportunità di vita per le persone affette da insufficienza cardiaca grave tuttavia richiede tempi di attesa

molto lunghi (in Italia almeno due anni), e troppo spesso accade che nell'attesa del reperimento del cuore da trapiantare le condizioni di salute dei pazienti degenerino fino a portarli alla morte;
l'attività di ricerca sanitaria si è impegnata fortemente per risolvere la delicata questione dell'alta mortalità dei soggetti con malattie cardiovascolari causata dall'insostenibile attesa per l'operazione di trapianto, ed ha sviluppato la tecnica dei «cuori artificiali» in grado di conservare in buona condizione di salute i malati fino all'intervento definitivo;
i risultati dell'attività di ricerca sanitaria sono brillanti al punto di aver dimostrato che attraverso l'assistenza cardiaca meccanica «VAD» Ventricular assist device non soltanto è possibile prolungare in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca grave, ma addirittura assistere in maniera «cronica» ed efficace i malati cui è stata negata anche la speranza nel trapianto cardiaco;
nel mondo 100.000 sono i pazienti malati di cuore in attesa di trapianto, di questi solo 4-5 mila beneficiano di un trapianto e circa 4 mila ottengono il VAD;
in particolare, la sperimentazione del virtuoso modello di organo cardiaco sostitutivo è frutto dell'impegno di un'equipe italiana: grandi professionisti del settore e ricercatori della NewCOrTec, azienda di Pomezia nata nel 2005 dalla collaborazione del privato e del pubblico e finanziata attraverso la legge 23 dicembre del 2000, n. 388;
quanto sovraesposto dimostra incontrovertibilmente che la ricerca italiana ha sia la capacità che le competenze per raggiungere risultati eccellenti, ed è motivo di profondo orgoglio per il nostro Paese;
gli straordinari successi di enorme rilievo sul piano scientifico-terapeutico summenzionati sono destinati ad interrompersi perché la NewCOrTec versa in gravi condizioni finanziarie;
ormai l'azienda NewCOrTec è prossima al fallimento, e con essa tutti i risultati raggiunti;
le inevitabili conseguenze della chiusura della NewCOrTec sono la dispersione delle conoscenze acquisite in anni e anni di ricerca, la fuga all'estero dei professionisti operanti nella struttura (ingegneri, fisici e chimici), e la dissipazione delle risorse sino ad oggi impegnate nella ricerca almeno 5 milioni di euro tra finanziamenti pubblici e privati, nonché la definitiva perdita della grande scommessa italiana con i concorrenti mondiali del settore -:
quali provvedimenti urgenti i Ministri interrogati intendano assumere al fine di impedire il fallimento della virtuosa azienda NewCOrTec di Pomezia, che come precisato in premessa è detentrice del programma «cuore artificiale» e costituisce motivo di orgoglio per la ricerca scientifico-sanitaria italiana;
quali iniziative i Ministri interrogati ritengano opportuno adottare al fine di preservare la preziosa attività di ricerca dei dipendenti della NewCOrTec di Pomezia, indiscussi professionisti che meritano il sostegno dello Stato italiano visti e considerati i brillanti risultati già raggiunti in campo sanitario.
(5-00802)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 2 dicembre 2008, a pagina 10, pubblica un articolo del giornalista Italo Carmignani, da Perugia, intitolato: «Io, dimenticato per un anno tra burocrazia e dolori atroci»;
l'articolo raccoglie la testimonianza-sfogo del signor Emidio Sabucchi che denuncia di essere stato «Dimenticato

prima e considerato quasi un peso, un fastidio dopo, quando al telefono chiedevo anche solo la possibilità di capire il perché la mia chiamata non arrivasse mai. Capire perché da quel novembre del 2007 ad oggi nessuno mi abbia detto: signor Emidio siamo pronti per il suo intervento. Capire perché ho dovuto torcermi dai dolori nell'attesa e poi, sopraffatto, affrontare l'ultima possibilità rimasta, la clinica privata»;
la vicenda che ha visto il signor Sabucchi protagonista-vittima ha inizio nel mese di agosto del 2007: «Vado al reparto di Urologia dell'ospedale di Monteluce a Perugia. Scelgo Perugia perché spesso sono stato domiciliato nella cittadina umbra. E l'ho fatto con grande fiducia. In un passato recente ho dovuto subire una prostatectomia totale e quindi mi sono dovuto sottoporre a radioterapia». Un intervento, quello alla prostata che ha provocato al signor Sabucchi postumi molto dolorosi: «A causa di quei postumi mi dovevo sottoporre ad un'uretroileocutaneostomia perché non riuscivo a sopportare più le sofferenze». Entrato in lista d'attesa, prosegue il racconto del signor Sabucchi «nel successivo mese di settembre vengo sottoposto a degli esami. Pensavo fossero propedeutici all'intervento. Invece mi sbagliavo: in quella occasione lessi sulla mia cartella che sarei stato ricoverato nei primi giorni del novembre del 2007. Con me c'è mia moglie, anche lei vede quella data». Il signor Emidio si prepara all'intervento. «Da quella visita di settembre mi reco più volte presso il reparto di Urologia del nuovo ospedale di Perugia, il Santa Maria della Misericordia che nel frattempo aveva incorporato quello di Monteluce. Dovevo sostituire un catetere sovrapubico di cui sono portatore e, naturalmente, con l'occasione chiedo informazioni circa il ruolo ricovero... Chiedevo di persona, ma le risposte sono state sempre evasive. Nel dicembre 2007, durante un'altra delle visita a Perugia, mi chiesero di ripetere gli esami già effettuati a settembre. Anche allora mi illusi: era arrivato finalmente il mio turno. Invece niente, nulla da fare»;
da quel dicembre del 2007 il signor Emidio non torna più a Perugia nella convinzione di essere prima o poi contattato. «Ho chiamato diversi uffici dell'ospedale perugino, volevo solo capire cosa fosse successo alla mia prenotazione. Soffrivo molto e volevo porre fine a quel dolore. Ma quando chiamavo per sapere, ricevevo prima risposte evasive, poi sempre più seccate. Mi sono anche rivolto al Tribunale per il diritto del Malato per sentirmi rispondere solo questo: lei ha ragione è un perfetto caso di malasanità, deve fare una causa all'ospedale. Ma non volevo e non voglio questo. Volevo solo operarmi». Quindi il finale: «I dolori erano diventati insopportabili e la mia situazione disastrosa. Così mi sono dovuto rivolgere a una struttura privata che non era alla mia portata economica. A tutt'oggi aspetto ancora quella chiamata dall'ospedale di Perugia» -:
quali siano le valutazioni del Ministro in relazione a questo ennesimo caso di malasanità che si ha ragione di credere non sia isolato e se non ritenga di dover adottare urgenti provvedimenti, perché simili incresciose situazioni non abbiano più a ripetersi;
se non intenda promuovere un'ispezione amministrativa - anche ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera f), del decreto ministeriale 17 giugno 2006 - per accertare le responsabilità per questo stato di cose; e in caso negativo perché non si intende promuoverla.
(4-01917)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 2 dicembre 2008, a pagina 10, pubblica un ennesimo dossier di casi di mala-sanità, costituito da sette lettere-testimonianze giunte in redazione:
«Eco, 150 euro.
Per farmi un'ecografia completa all'addome presso una struttura pubblica avrei dovuto aspettare il 3 marzo 2009. Data

l'urgenza e per evitare complicazioni di sorta, avendo 70 anni, sono stato costretto a rivolgermi al privato, sborsando 150 euro. Come devo fare e a chi devo rivolgermi per il rimborso di detta cifra, dal momento che, non avendo redditi oltre la pensione, non compilo il 740? Mario;
Gemelli, no risonanza.
Sono il papà di Francesca, che ha 7 anni e un tumore all'occhio. Giorni fa scrissi al Messaggero perché al Gemelli di Roma non si riusciva a trovare un oncologo. Miracolo! L'oncologo è stato trovato dopo più di 2 mesi di attesa! Storia finita? Macché! Bisogna mettersi in lista per fare una risonanza. Tempo di attesa? Non si sa. Domando: "Posso farla in privato?". Risposta: "No, deve farla qui da noi". Posso sapere cosa bisogna fare in questi casi? Ci sarà un posto, anche sulla luna, dove non esistono queste storie. Se c'è, ripeto, anche sulla luna, io mia figlia la porto lì. Giampiero;
Umberto I, liste out.
Ecografia da contrasto (Sicus): tutto sospeso, già da novembre! Le prenotazioni riapriranno il 15 gennaio. Questo succede al Policlinico. È da luglio che combatto per sapere di che malattia sono affetta. Dopo esami e attese, questa è la sanità, se non conosci nessuno e non hai i soldi per curarti privatamente;
Spallanzani, l'attesa.
Al Policlino di Palermo la cartella clinica l'ho avuta dopo 30 giorni dall'intervento chirurgico. Nel febbraio 2007 ho fatto una serie di analisi di laboratorio, radiografie e visite al Lazzaro Spallanzani (Roma) e ancora non ho la cartella. V.L.;
Visita, a giugno.
Per una visita da un gastroenterologo a Tor Vergata, mi hanno dato l'appuntamento per il 1° giugno 2009. Oppure paghi. Bella sanità!;
Miraggio cartella.
Lo scorso febbraio mia madre è deceduta al Policlinico Gemelli. La cartella clinica che ho ritirata è incompleta, poiché, come diagnosi principale (a pagina 1 della cartella clinica) si parla di carcinosarcoma uterino, ma l'esame istologico della biopsia eseguita non è allegato. Ho richiesto in Direzione Sanitaria a mezzo raccomandata il 25 settembre 2008 e il 24 novembre 2008 di venire in possesso dell'esame istologico, e ho anche messo al corrente dell'accaduto il Tribunale per i diritti del malato. Mi chiedo perché non mi venga consegnato questo esame, nonostante abbia pagato regolarmente la fattura relativa al ricovero e il costo della cartella clinica. N.R.;
Anca, 16mila euro.
Mia moglie ha bisogno di protesi d'anca. Visita intramoenia 90 euro. Diagnosi: necessario intervento. Se a carico della Asl, attesa circa 12 mesi. Pagando 16 mila euro (avete capito bene!) entro un mese. Di più: essendo anziani avevamo chiesto, per lo stretto periodo di degenza, una stanza a due letti. Ci è stata assicurata per l'intramoenia ma non se l'intervento si fosse fatto tramite Asl. Conclusione: pagando assicurano la stanza, da pagare a parte. Altrimenti, c'è quel che capita, aspettando forse 12 mesi. Fuori provincia, con notevolissimo disagio, l'intervento a carico dei SSN sarà effettuato al massimo tra due mesi. Chi ha inventato l'intramoenia? Sam» -:
quali siano le valutazioni e gli intendimenti del Ministro in relazione a questi ennesimi casi di malasanità;
se non si ritenga di dover adottare urgenti provvedimenti e iniziative, perché simili incresciose situazioni non abbiano più a ripetersi;
se non si intenda promuovere un'ispezione amministrativa ai sensi del decreto ministeriale 17 giugno 2006 per accertare le responsabilità per questo stato di cose; e in caso negativo perché non si intende promuoverla.
(4-01919)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero, nella sua edizione del 30 novembre 2008, a pagina 9 ha pubblicato le seguenti cinque lettere:

Prima lettera:
«Ho richiesto al Policlinico Gemelli la cartella clinica perché devo chiedere un rimborso alla mia assicurazione. Mi hanno detto che me la invieranno non prima di due mesi. E se la prossima volta pagassi le prestazioni solo dopo il rilascio della cartella?».

Seconda lettera:
«Per circa 20 ore sono stato su una barella nel pronto soccorso del Pertini (Roma) in attesa di un posto nel reparto di Neurochirurgia. Nessuna visita. Giampiero».

Terza lettera:
«Richiesta visita ad aprile, effettuata visita a giugno, diagnosi: cataratta da operare. Fatte analisi a ottobre. Sono ancora in attesa di essere chiamata. Questo al Bio campus di Trigoria. Marisa, 76 anni, invalida 100 per cento».

Quarta lettera:
«Vorrei raccontare il mio "disagio" con l'ospedale S. Andrea di Roma. Marzo 2008: aperta cartella per intervento. A settembre 2008: ancora nessuna chiamata. Allora mi sono recato all'ospedale per domandare quanto dovessi aspettare. La mia cartella risultava smarrita. Ho riportato tutta la documentazione e a novembre, ormai stufo di aspettare, mi sono rivolto a una clinica. Oggi sono guarito. È proprio vero: devi conoscere o andare a pagamento. Vi pare giusto? È uno schifo. Io sono un lavoratore autonomo e pago le tasse regolarmente. R.O.».

Quinta lettera:
«Al fine di evitare l'insorgenza di ernie in varie parti dell'addome, il primario mi visitava presso una clinica privata di Roma (onorario 200 euro) concludendo che era necessario l'inserimento di una rete contenitiva nella cavità addominale. Per questo venivo invitata a recarmi, la mattina seguente, in ospedale, dove avrei dovuto pagare ben 10 mila euro per essere operata in intramoenia. Il professore aveva tenuto a precisare che solo la rete contenitiva sarebbe costata all'ospedale circa 3-4 mila euro. In alternativa, sarebbe stato possibile mettermi in lista d'attesa per l'intervento, dovendo aspettare tempi molto lunghi e non sapendo quale chirurgo mi avrebbe operata. Ora mi rivolgerò a un altro primario che, mi hanno detto, non segue la prassi dell'intramoenia. Dimenticavo di dire che, se avessi pagato, avrei potuto eseguire tutti gli esami necessari alla preospedalizzazione in soli 2 giorni precedenti l'intervento e nell'ospedale stesso. In caso contrario, avrei dovuto fare avanti-indietro Latina-Roma per più giorni. È giusta una cosa del genere?» -:
se quanto pubblicato dal Messaggero corrisponda a verità;
se non si ritenga di dover promuovere un'inchiesta amministrativa anche ai sensi del decreto ministeriale 17 giugno 2006, per accertare le responsabilità per simili, incredibili situazioni.
(4-01920)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 30 novembre 2008 ha pubblicato un articolo della giornalista Carla Massa, intitolato «Il miraggio della cartella clinica: paghi, ma aspetti anche un anno»;
nel citato articolo si legge: «Qualcuno mi sa dire perché è così complicato avere

una cartella clinica in Italia? Al momento delle dimissioni bisogna prenotarla e ritirarla, se tutto va bene, dopo almeno un mese. Ho saputo che in Spagna, invece, la rilasciano subito. Grazie». Ci scrive la signora Claudia. Che, come la maggior parte dei pazienti ricoverati e dimessi dagli ospedali, ha dovuto lottare per riuscire ad entrare in possesso della sua cartella clinica. Di quel fascicolo che raccoglie tutta la nostra storia sanitaria, dal momento in cui entriamo in corsia fino a quando usciamo. Con tutti i dettagli delle terapie, delle analisi e degli eventuali interventi chirurgici. Secondo un decreto del 1977 deve contenere: la diagnosi di entrata, le generalità complete del paziente, l'anamnesi personale e familiare, l'esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi. È il documento che ci accompagna durante tutta la permanenza in ospedale ma, nel momento in cui ci togliamo il pigiama e torniamo «civili», si trasforma in un diritto negato. Resta, spesso, ostaggio dell'amministrazione ospedaliera;
in effetti, la legge che regola il rilascio della cartella c'è, ma il rispetto è un miraggio che si materializza sporadicamente. In alcune regioni sì, in altre no. Troviamo differenze anche tra Asl e Asl. Ecco la norma: è del 1990. Secondo quello che si legge il paziente, dal momento in cui fa la richiesta, non dovrebbe aspettare più di 30 giorni. Stiamo, comunque, parlando di una richiesta che il cittadino paga. Con tariffe diverse da istituto a istituto e secondo il numero dei fogli. Solo a Roma, come testimoniano le segnalazioni dei lettori, si viaggia, nella media, tra i 40 e i 50 giorni. E molto oltre. Vedi i policlinici Gemelli e Tor Vergata. Perché tutto questo tempo? La risposta è semplice e, al tempo stesso, stupefacente: perché la cartella non è sempre informatizzata e gli impiegati sono costretti a fotocopiare parte per parte l'intero dossier. Si arriva a sfiorare l'anno di attesa;
le tariffe si assestano quasi tutte sui 10 euro per documento ma poi ogni azienda ospedaliera decide i propri prezzi per la copia di un referto. Un euro per il referto del pronto soccorso, 7,50 per un day hospital, per esempio al Bambino Gesù di Roma, mentre a Spoleto si prevedono 18 euro per un ricovero superiore a sette giorni o 12 per un ricovero da 2 a 7 giorni. All'Istituto tumori di Milano si arriva fino a 36 euro se la cartella contiene più di 150 fogli. Fa tariffa unica il Cardarelli di Napoli, 10 euro per tutti. La Asl 2 dell'Umbria con 18 euro assicura anche il recapito a domicilio. All'Istituto tumori di Genova, da uno a 20 fogli sono 5 euro mentre se si superano i 50 si arriva a 36 euro» -:
se quanto pubblicato dal Messaggero corrisponda a verità;
come si giustifichi una simile situazione;
se non si ritenga di dover promuovere un'intesa in conferenza Stato-Regioni o apposite iniziative normative volte a risolvere i problemi segnalati in premessa.
(4-01924)

BARBATO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la fondazione Enasarco è un organismo di diritto privato che persegue finalità di pubblico interesse nel settore della previdenza obbligatoria, dell'assistenza, della formazione e qualificazione professionale degli agenti e rappresentanti di commercio;
a seguito della vicenda giudiziaria che ha interessato l'ex presidente Porreca, Ricucci e Billè è stato nominato quale commissario straordinario Giovanni Pollastrini che ha presentato a giugno 2007 una relazione conclusiva che pone in risalto le gravissime lacune della gestione ed un forte squilibrio finanziario;
alla pagina 52 della relazione il commissario dà questo giudizio sulla gestione: «l'Enasarco ha bisogno di tornare ad essere

un Ente in cui la mission principale è quella di fornire prestazioni previdenziali ed assistenziali. Tutto il resto è solo strumentale al raggiungimento dell'obiettivo di fornire prestazioni previdenziali integrative di quelle Inps. Questa affermazione appare ovvia, ma sicuramente non lo è. Infatti l'attenzione che viene posta alle questioni della soddisfazione degli agenti iscritti e dell'erogazione delle prestazioni è minimale rispetto a quella che viene prestata alle questioni legate alla gestione del patrimonio immobiliare»;
alla pagina 37, il commissario denuncia in materia di appalti un abuso del ricorso alla procedura d'urgenza e alla trattativa privata che ha determinato nel tempo «un meccanismo di assegnazione gare riservato a un albo ristretto sostanzialmente di 15 ditte per la fornitura di lavori in edilizia e di circa 10 ditte per la fornitura di beni e servizi, le quali con dinamiche rotative hanno prestato la loro attività con procedure di assegnazione a trattativa privata al massimo ribasso, facendo perno su importi a base d'asta mantenuti inferiori rispetto alla soglia economica prevista dalla normativa europea e comunque compresi nel differenziale indicato distintamente fra questa e quella italiana». Circostanze ribadite dalla protesta inviata in data 1o aprile 2008 dall'Acer che lamenta come il sistema degli appalti per i servizi difetti in trasparenza;
alle pagine 40 e 41 il commissario dà conto di avere dovuto procedere a partire dal mese di febbraio 2007 alla risoluzione del rapporto con la società Fincor Finance S.a. individuato come gestore dei gestori del patrimonio mobiliare fin dal 2004 a causa della «non operatività della gestione esternalizzata delle risorse finanziarie» addirittura perché «gli Organi amministrativi non hanno mai adottato le necessarie delibere per avviare l'operatività della gestione finanziaria per cui la remunerazione corrisposta a Fincor non aveva e non poteva avere il corrispettivo in termini di consulenza previsto dal contratto». «Oltre a tale fatto, che seppure imputabile alla mancata adozione delle delibere da parte del CIDA non inficia la legittimità del recesso, sono stati presi in considerazione ulteriori elementi di valutazione dell'operato della Fincor che denotano la non adeguatezza di tali prestazioni rispetto all'oggetto del contratto»;
alla pagina 32 il commissario dà atto di avere risolto il contratto con la RTI Omnia Network spa e Offnet Italia spa per inadempimento degli obblighi contrattuali relativi alla gestione del contact center. «Allo stato si è in attesa della pronuncia del collegio arbitrale, affinché si pronunci sull'atto di risoluzione della Fondazione, nonché sulla legittimità delle penali dalla stessa applicate»;
alla pagina 27 il commissario dà atto di avere dovuto occuparsi del complesso di via Galbani - acquistato, stando alla relazione, il 17 dicembre 1997 per oltre 11 miliardi e mezzo delle vecchie lire - per il quale ha dovuto corrispondere, a causa di vizi sottovalutati al momento dell'acquisto, una maggiorazione di oltre 2 milioni di euro perché «la transazione appare l'unica scelta percorribile per salvaguardare gli interessi della Fondazione Enasarco, pena la possibile perdita dell'immobile stesso e degli ulteriori investimenti finora realizzati. Essa non vuole rappresentare un atto di validazione dei comportamenti e delle scelte pregresse compiute dagli organi amministrativi, dato che l'intera vicenda presenta numerosi aspetti che meritano maggiori approfondimenti per verificare la sussistenza di eventuali responsabilità di tipo civilistico o di altro tenore» per il cui accertamento il commissario ha trasmesso per competenza il carteggio alla Corte dei conti, alla Procura della repubblica e ai Ministeri vigilanti;
alla pagina 45 sulle morosità degli immobili il commissario rileva che «una buona parte delle conduzioni relative ai grandi immobili risente di stati di contenzioso permanente di vario tipo che genera morosità protrattasi nel tempo» e che «la politica di gestione degli immobili perseguita, pertanto, non appare ispirata dal

prioritario obiettivo della loro massima redditività, tramite un monitoraggio continuo ed efficace della corresponsione dei fitti, nel perseguimento non discrezionale delle eventuali morosità», com'è dimostrato dalla richiesta delle somme arretrate maturate per Istat per gli anni 2001-2006 effettuata dal commissario al limite del decorso della prescrizione per un importo di ben 8 milioni e mezzo di euro;
alla pagina 50 la relazione parla dei dipendenti e segnala che «il processo di riqualificazione del personale dovrebbe produrre una conseguente riduzione, razionalizzazione e qualificazione delle numerose consulenze sulle quali si poggiano molti degli atti finora posti in essere dalla Fondazione con alti costi di collaborazioni esterne, che si aggiungono al complessivo costo del personale»;
l'accordo programmatico, sottoscritto presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale a maggio 2007 dalle parti sociali presenti nella Fondazione e riportato nella relazione del commissario a pagina 59, impegna il nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione a porre in essere un comportamento virtuoso al fine di ridurre il grave squilibrio finanziario attraverso vari interventi avendo tra gli obiettivi principali la riduzione dei costi e delle spese e di rendere democratica e trasparente la gestione;
nonostante questi chiari impegni al ridimensionamento delle spese e le gravi lacune e anomalie riscontrate dalla relazione commissariale nell'operato degli uffici il nuovo consiglio di amministrazione, come primo atto, ha - con il voto contrario dei rappresentanti di Confapi, Confindustria e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - incomprensibilmente deciso un aumento generalizzato degli stipendi degli alti dirigenti, confermandoli anticipatamente per, ulteriori 5 anni;
in più il dirigente responsabile della rassegna stampa sarebbe stato prima licenziato e poi inspiegabilmente riassunto e distaccato per 2 anni a spese della Fondazione (circa 200.000 euro) presso una onlus non avente alcun legame con l'Enasarco con affidamento all'esterno del servizio di rassegna stampa con conseguenti ulteriori costi aggiuntivi;
i sindacati aziendali hanno più volte puntato il dito contro l'esternalizzazione dei servizi della Fondazione denunciandone gli altissimi costi e lamentando le politiche clientelari nelle assunzioni, nei passaggi di qualifica e nell'inquadramento del personale di cui ha dato conto anche la stampa nazionale;
riguardo alle assunzioni, andando a verificare le procedure di assunzione e selezione dei dirigenti, si scopre che l'attuale direttore generale, Carlo Felice Maggi, l'addetto alla sua segreteria Marco Verro e Gianluca Moretto, assunto come dirigente del centro elaborazione dati, provenivano tutti dal Caf Usarci srl di Torino e rivestivano un ruolo attivo nella TMK srl con sede a Torino, nella quale operava anche l'amministratore della Sefima servizi immobiliari srl, società cui sono stati affidati dalla Fondazione vari incarichi di consulenza per quel che consta a trattativa privata;
in più, nonostante la precedente fallimentare esperienza con la RTI Omnia Network spa e Offnet Italia spa, è stato nuovamente appaltato per ben 4,5 milioni di euro in 3 anni il servizio di contact center in favore della società Eutelia spa in contrasto con la posizione espressa dai sindacati dei dipendenti che avevano lamentato di non essere stati consultati precisando che il personale interno sarebbe stato perfettamente in grado di assolvere al progetto meno che dimezzandone i costi. Tra l'altro la società Eutelia avrebbe dovuto garantire 150 postazioni di ascolto che ad oggi non risulterebbero funzionanti come testimoniato dalle lamentele dell'utenza;
inoltre allo stato non risulterebbero incassati i crediti delle ingenti morosità dell'inquilinato, in particolare delle società affittuarie del complesso «Due Torri di Bari» e «La Cascina», ma anche di associazioni

sindacali o del Comune di Roma per il complessivo importo di 9 milioni di euro e, solo da pochi mesi, è stato messo a reddito un immobile di 8 piani sulla via Cristoforo Colombo in Roma (2.255 metri quadri uso ufficio + 931 metri quadri uso garage) per il quale si è perso un affitto calcolabile in circa 750.000 euro annui per almeno 4 anni; infine numerosi immobili commerciali sarebbero locati a società immobiliari con esplicita possibilità di subaffitto a canoni maggiorati rispetto a quelli versati all'Enasarco, come ad esempio per gli immobili di via Nizza -:
se intendano intervenire, nell'ambito delle proprie competenze e prerogative, per correggere il gravissimo quadro che emerge da quanto sopra evidenziato ed in particolare:
a) verificare se in materia di appalti - in aggiunta alle violazioni che sarebbero state già accertate dalla due diligence incaricata dal commissario - persistano tuttora violazioni della normativa comunitaria o nazionale;
b) in conseguenza denunciare i responsabili delle predette violazioni nelle sedi opportune imputando loro anche i danni provocati all'Enasarco da un sistema che - anche attraverso urgenze fittizie - avrebbe violato il principio della par condicio, dei concorrenti ed aggirato la soglia comunitaria;
c) verificare il reale stato delle passività per mancato incasso dei canoni di locazione e delle somme dovute per Istat, in particolare verificando che l'attivazione dei solleciti di pagamento e/o delle citazioni in giudizio sia stata tempestiva e quali siano stati gli eventuali ritardi nell'avvio delle stesse che, in alcuni casi, sarebbero state coltivate dopo svariati anni e senza la necessaria diligenza determinando danni difficilmente recuperabili;
d) verificare la reale attività svolta da Eutelia a fronte di un appalto aggiudicato - a parere dell'interrogante non casualmente - con procedura d'urgenza, ma i cui servizi non sembrerebbero affatto in linea rispetto alle aspettative e alle condizioni contrattuali;
e) verificare la reale situazione dello stabile ad uffici di via Cristoforo Colombo dato che ben prima che Porreca venisse arrestato - e quindi perlomeno nel 2005 - era stato promesso agli attuali conduttori con un preliminare sottoscritto dallo stesso Porreca per conto della Fondazione e da Brunetto Boco e da Giovanni Battista Baratta (allora consiglieri di amministrazione della Fondazione), rispettivamente nella qualità di vice presidente del Fondo Est e presidente dell'Ebinter, con l'impegno da parte di Enasarco ad effettuare per loro conto i lavori di ristrutturazione - poi effettuati naturalmente con procedura d'urgenza - ma che è stato locato alle sopra citate società solo nei primi mesi del 2008 con un danno per le casse della Fondazione che va quantificato e qualcuno dovrà essere chiamato a rifondere;
f) accertare, acquisendo i relativi verbali, le modalità dello svolgimento della gara che ha aggiudicato l'appalto in favore della società Sefima, il cui amministratore risulta essere stato interessato nella società TMK strl unitamente al direttore generale Carlo Felice Maggi;
g) accertare, acquisendone i relativi atti, se corrisponda al vero che la Fondazione sopporta i costi del distacco del dirigente assunto presso una onlus;
se il collegio sindacale abbia esaminato i risultati della gestione mobiliare che hanno provocato la risoluzione anticipata del contratto con la Fincor che sarebbe costata 240.000 euro e se abbia individuato eventuali responsabilità da parte di chi era deputato a monitorare il raggiungimento degli obiettivi o a dare attuazione al contratto, e in tal caso, se non ritengano che gli amministratori inadempienti debbano essere denunciati alla procura della Corte dei conti e perseguiti in sede civile per rifondere i danni, visto che alla Fincor sono stati corrisposti, prima della risoluzione operata dal commissario, per gli

anni 2005 e 2006 ben oltre 2 milioni di euro per un'attività che la relazione definisce non prestata o, comunque, del tutto inutile a causa dell'inerzia dei consiglieri di amministrazione dell'epoca di cui però ben 8 su 13 sono stati confermati nell'attuale consiglio;
quale sia l'esito dell'arbitrato in essere con l'RTI Omnia Network spa e Offnet Italia spa, al fine di verificare la reale consistenza e sussistenza dell'inadempimento contestato dall'Enasarco alle predette società e i danni eventualmente recuperabili;
quale sia per quanto di competenza, lo stato del procedimento amministrativo certamente avviato dai Ministeri vigilanti destinatari di questa interrogazione dopo la denuncia del commissario Pollastrini in relazione ai gravissimi danni subiti dalla Fondazione per l'acquisto del complesso di via Galbani e per il mancato incasso dei canoni di locazione, a quanti milioni di euro ammontino i danni complessivamente subiti e perché ci sia stato un così forte ritardo nella definizione della questione, contro chi siano esperite le azioni di responsabilità e di risarcimento del danno e quali iniziative, abbia promosso il colleggio sindacale;
quale sia stata l'attività del collegio sindacale in merito a tutti i fatti esposti e a quelli suo tempo denunciati dal commissario Pollastrini;
se intenda verificare se il ricorso alla procedura d'urgenza per l'aggiudicazione dell'appalto alla società Eutelia spa sia stato regolare, dato che per legge l'urgenza non può essere stata causata dall'inerzia dell'amministrazione appaltante;
se intenda richiedere alla Fondazione l'adozione di una delibera che consenta agli iscritti di scegliere direttamente gli otto amministratori di parte agente attraverso regolari elezioni in attuazione dell'impegno formalmente assunto dalle parti sociali nei confronti del Ministero del welfare, ciò consentirebbe infatti di dare finalmente trasparenza e maggiore possibilità di controllo sostanziale e non solo formale ad una gestione che, in base alla risultanze della relazione commissariale, presenta troppi buchi neri e nella quale i consiglieri della gestione commissariata costituiscono la maggioranza e l'alta dirigenza è rimasta invariata.
(4-01925)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCARPETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
va considerata la crisi attuale del comparto del mobile a Pistoia, che ha il suo centro nei comuni di Quarrata e Serravalle Pistoiese e che nel 2006 in questo distretto operavano ben 500 imprese sulle 611 attive nell'intera provincia di Pistoia, rappresentando insieme all'indotto un momento essenziale per la produzione e l'occupazione;
va considerata inoltre la progressiva diminuzione del numero complessivo degli addetti (da 3239 unità dell'anno 2001 a 2370 del 2007) e della diminuzione delle imprese (da 602 a 562 sempre nello stesso periodo) con le ovvie conseguenze sul piano occupazionale e sociale;
il distretto Quarrata - Serravalle Pistoiese è attivo anche nella esportazione, in modo particolare nei paesi dell'unione europea e crea indotto in altre aziende in tutta Italia;
il Governo ha deciso di istituire le ZFU (zone franche urbane), nelle quali diminuisce la fiscalità generale su piccole aziende, finanziate con apposito fondo per le imprese che avviano la propria attività all'interno delle medesime ZFU dall'1 gennaio 2008 al 31 dicembre 2012, le imprese individuate dalla raccomandazione 2003/361 della Commissione del 6 maggio 2003,

fruiranno delle agevolazioni previste per le aziende che si trovano all'interno delle ZFU;
valutato il carattere strutturale della crisi del distretto in questione: da tempo viene segnalata dagli operatori del settore e dalle loro rappresentanze la necessità di inserimento fra i territori individuati dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003 -:
se intenda estendere la ZFU anche al distretto del mobile di Quarrata-Serravalle Pistoiese.
(5-00800)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Cicchitto e altri n. 1-00085, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castiello.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso e Frassinetti n. 5-00563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Renato Farina.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Viola n. 5-00773, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 105 del 16 dicembre 2008.

VIOLA, RUBINATO e FOGLIARDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con decreto-legge n. 96 del 29 marzo 1995, convertito, con modificazioni dalla legge 31 maggio 1995 n. 36, sono stati concessi alle imprese attive nei comuni di Venezia e di Chioggia degli sgravi degli oneri sociali da erogarsi secondo i criteri recati dall'articolo 1 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 5 agosto 1994;
con decreto-legge n. 669 del 31 dicembre 1996, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1997 n. 30, sono stati concessi alle imprese attive nei comuni di Venezia e di Chioggia degli sgravi contributivi da erogarsi secondo i criteri recati dall'articolo 2 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 5 agosto 1994;
con Decisione n. 2000/394/CE del 25 novembre 1999, la Commissione Europea ha stabilito che costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune:
a) quelli concessi dall'Italia, ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando sono accordati ad imprese che non sono PMI (piccole e medie imprese) e che sono localizzate al di fuori delle zone legittimate a godere della deroga prevista dall'articolo 87, n. 3, lettera c), CE;
b) gli aiuti cui l'Italia ha dato esecuzione sotto forma di sgravi degli oneri sociali, ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale del 5 agosto 1994;
con sentenza del 28 novembre 2008 il Tribunale di Primo Grado della Comunità Europea ha respinto i ricorsi diretti ad ottenere l'annullamento della Decisione comunitaria n. 2000/394/CE del 25 novembre 1999;
con l'articolo 46-quater del decreto-legge 1o ottobre 2007 n. 159 recante «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale» convertito in legge n. 222 del 29 novembre 2007, è stato stabilito che «Il recupero degli aiuti [...] erogati ai sensi del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito, con modificazioni, dalla legge 31

maggio 1995, n. 206, nonché ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dichiarati incompatibili con il mercato comune con decisione 2000/394/CE della Commissione, del 25 novembre 1999, è fissato in quattordici rate annuali, fino alla concorrenza del complessivo ammontare delle somme effettivamente percepite e degli interessi legali maturati. Le amministrazioni preposte al recupero degli aiuti suddetti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabiliscono con propri provvedimenti le modalità attuative per la restituzione delle somme»;
ai sensi dell'articolo 5 della Decisione comunitaria n. 2000/394/CE, il recupero è effettuato secondo le procedure di diritto nazionale che, per tale fattispecie, sono determinate dal citato articolo 46-quater;
secondo i dati forniti dall'INPS, per il periodo compreso tra il 1995 e il 1997, in applicazione dell'articolo 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, sono stati concessi degli sgravi contributivi a circa 1.645 imprese situate sul territorio di Venezia e di Chioggia per un ammontare medio annuo di 73 miliardi di lire (37,7 milioni di euro);
allo stesso modo, secondo i dati forniti dall'INPS, in applicazione dell'articolo 2 del suddetto decreto sono stati concessi degli sgravi degli oneri sociali a circa 165 imprese situate sul territorio di Venezia insulare e di Chioggia, per un importo pari a 567 milioni di lire (292.831 euro) all'anno;
le imprese beneficiarie non hanno commesso alcun illecito, limitandosi ad applicare una legge dello Stato italiano;
la recente sentenza del Tribunale di Primo grado rischia di avviare al disastro economico le aziende beneficiarie dei suddetti aiuti in quanto chiamate a restituire non soltanto l'ammontare degli sgravi usufruiti ma anche gli interessi maturati -:
perché le Amministrazioni competenti non abbiano adottato le modalità attuative di cui all'articolo 46-quater del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159 convertito in legge n. 222 del 29 novembre 2007 che stabilisce la restituzione degli importi dovuti in quattordici rate annuali;
quali siano le iniziative che si intende intraprendere per dare efficacia a quanto previsto dall'articolo 46-quater del decreto-legge 1o ottobre 2007 n. 159 convertito in legge n. 222 del 29 novembre 2007;
se il Governo consideri concretamente il fatto che tali restituzioni debbano avvenire senza gli interessi legali, non essendo dipeso dalle imprese il ritardato pagamento di quanto dovuto ma da una precisa norma statale.
(5-00773)

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Rugghia n. 7-00091 del 1° dicembre 2008.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Ascierto n. 3-00053 del 23 giugno 2008;
interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-00615 dell'11 luglio 2008;
interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-00622 dell'11 luglio 2008.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Ascierto n. 3-00039 dell'11 giugno 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01908;

interrogazione a risposta orale Ascierto n. 3-00057 del 24 giugno 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01909;
interrogazione a risposta orale Tidei n. 3-00124 del 16 settembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01907;
interrogazione a risposta in Commissione Armosino e Stradella n. 5-00335 del 16 settembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01915;
interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-01807 del 3 dicembre 2008 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00796.