XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 4 novembre 2008

TESTO AGGIORNATO ALL'11 FEBBRAIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
da oltre quindici anni nella Repubblica democratica del Congo, in particolare nella provincia del Nord Kivu, è in atto un conflitto etnico e politico che ha provocato una drammatica emergenza umanitaria;
si tratta di un tragico residuo dell'atroce genocidio di un milione di tutsi e hutu nel 1994, in Rwanda; una guerra che vede contrapposti gli ex ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo del dissidente filo-rwandese Laurent Nkunda, integrate nell'esercito nazionale in seguito agli accordi di Goma del marzo 2009, che affermano di agire per difendere la comunità tutsi, e le Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (FdlR), di etnia hutu presenti nel Nord Kivu dopo gli avvenimenti del 1994 in Rwanda;
si teme che l'attuale conflitto in Nord Kivu possa estendersi a tutta la regione dei Grandi Laghi, poiché già nel nord del Paese, dove si incontrano le frontiere di Uganda, Sudan e Congo, I Lord resistance army, letteralmente Esercito di liberazione del Signore, un gruppo ribelli ugandesi famoso per la sua ferocia, sta massacrando senza pietà e apparentemente senza motivo la popolazione del Congo;
come denunciato dall'organizzazione umanitaria Medici senza frontiere, nel suo rapporto annuale, la tragedia del Congo ha il triste primato di una delle crisi più ignorate del globo, di fronte alla quale la comunità internazionale appare impotente e la missione Onu un fallimento;
il New York Times, nel novembre 2009, ha pubblicato stralci di un rapporto riservato redatto da un gruppo di esperti Onu, nel quale si accerta il fallimento della missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc) e dal quale si apprende che venticinquemila caschi blu ingaggiati per le operazioni di peacekeeping non sono riusciti a bloccare una rete criminale molto ampia gestita dalle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (FdlR), ma anche da membri del Cndp, dell'esercito congolese, della classe politica congolese e rwandese, di multinazionali e Governi occidentali, commercianti e uomini d'affari, tutti implicati in diversi modi, nel commercio illegale delle risorse minerarie del Kivu e nel traffico clandestino delle armi;
contro quella che è considerata la catastrofe umanitaria «peggiore mai vista in Africa», l'Unione europea non si è assunta la responsabilità di mandare un contingente di pace, prediligendo l'azione diplomatica;
è risultato assente il ruolo svolto dall'Unione africana nel ricercare soluzioni alla crisi della regione dei Grandi Laghi africani;
la situazione dei profughi resta di grande vulnerabilità con delle conseguenze molto serie: ci sono bambini gravemente malnutriti, specie nelle zone più remote, dove le persone si nascondono per settimane, se non mesi, nelle foreste, quando i loro villaggi vengono attaccati, mentre epidemie di colera o diarrea hanno già ucciso decine di persone nei centri di accoglienza, spesso improvvisati;
questa situazione sorprende, soprattutto, dopo l'esperienza del 1994, quando il mancato invio di una forza di pace europea contribuì al genocidio rwandese: in cento giorni furono massacrati oltre 800 mila tutsi e hutu moderati;
non si ha più contezza degli sfollati, ormai allo sbando, che non hanno accesso né a cibo, né a acqua potabile, né ad altri beni di prima necessità;
più volte è stato sollecitato il rafforzamento del contingente di caschi blu, soprattutto da parte di Amnesty international, che ha chiesto un impegno più forte del Consiglio di sicurezza Onu per porre fine alle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nella Repubblica democratica del Congo;
il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione (17 dicembre 2009) sulla violenza nella Repubblica democratica del Congo,

impegna il Governo:

a rilanciare, presso le sedi istituzionali dell'Unione europea, la proposta di intervenire con missioni umanitarie e di soccorso anche con unità militari, per la gestione della crisi e il ristabilimento della pace, così come fatto in Ciad per tutelare i profughi del Darfur;
ad assumere ogni utile iniziativa d'intesa con i partner europei nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e insieme all'Unione africana, volta a rafforzare e rendere più incisiva l'azione della missione Monuc, che allo stato non sembra in grado di fronteggiare la situazione attuale;
a prevedere un adeguato sostegno economico e tecnico-logistico a tutte le organizzazioni umanitarie presenti nell'area.
(1-00056)
«Casini, Vietti, Adornato, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Cera, Cesa, Ciocchetti, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Mannino, Occhiuto, Oppi, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Mondello, Mantini, Enzo Carra, Lusetti, Mereu, Ria».
(4 novembre 2008)

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il 31 ottobre 2008 le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl, hanno firmato un'intesa sui contratti e sui criteri di selezione dei lavoratori che dovranno confluire nella nuova compagnia area CAI;
altre organizzazioni sindacali (Avia, Anpac, Unione piloti e Sdl) rappresentative in particolare dei piloti e degli assistenti di volo, nonché di dipendenti di terra dell'Alitalia hanno rifiutato tale intesa e annunciato lo stato di agitazione dei dipendenti al fine di ottenere il «ripristino di corrette relazioni industriali e sindacali con chi rappresenta realmente i voleri dei lavoratori di Alitalia appartenenti alle tre categorie di terra, assistenti di volo e piloti»;
la convinzione espressa da queste organizzazioni sindacali è che l'intesa firmata venerdì 31 ottobre scorso sia distante da quella di settembre, e risulti in particolar modo penalizzante per i dipendenti con figli piccoli o portatori di handicap, che non avrebbero più il diritto di essere esonerati dai turni notturni;
nel passaggio dalla vecchia alla nuova Alitalia, si riscontra una riduzione di ferie, permessi e qualifiche per gli assistenti di volo e per i piloti e un aumento dell'impegno lavorativo. I piloti hanno dovuto inoltre constatare che il contratto da dirigenti (per i comandanti) strappato a settembre è meno vantaggioso di quello che era sembrato in un primo momento;
il Presidente del consiglio anche prima delle ultime elezioni politiche aveva affermato che non si doveva vendere l'Alitalia

a Air France ma che andava fatto un ulteriore prestito di 300 milioni (che adesso pagheranno i contribuenti) e che andava difesa «l'italianità» della compagnia e che era pronta una cordata di imprenditori che avrebbe comprato Alitalia, l'avrebbe fatta funzionare al meglio, mentre i dipendenti avrebbero avuto il posto di lavoro garantito;
si trattava, in realtà ad avviso degli interpellanti, di uno spot elettorale: fin dall'inizio, infatti, il Governo invece di ricorrere ad un'asta pubblica ha imposto un'opzione unica a favore della Cai, ed è con questa spada di Damocle, pendente per mesi sulla loro testa, che i sindacati hanno dovuto affrontare la trattativa;
i soci di CAI non hanno nulla a che fare con il know how relativo al trasporto aereo, alcuni come Benetton, hanno un conflitto di interessi. Egli ha infatti costruito e gestisce l'aeroporto di Fiumicino. Qualcuno altro - il proprietario di Air One - ripianerà con questa operazione i debiti che aveva contratto con Banca Intesa, capo fila della cordata;
c'è da chiedersi perché l'asset attivo di Alitalia non sia stato messo in vendita tramite una gara. Eravamo riusciti a prospettare la vendita dell'intera Alitalia, sia la parte attiva che quella passiva a Air France; adesso invece il passivo è stato messo, con azione discutibile, a carico dei contribuenti italiani, mentre l'attivo non è neanche stato messo in vendita, ma è stato dato ad avviso degli interpellanti in sostanza in dono a diciotto imprenditori in vario modo vicini al presidente del Consiglio, i quali hanno interessi del tutto diversi dal trasporto ed ai quali si dice di fare una gara per trovare un partner straniero;
c'è da chiedersi perché questo partner straniero non potesse trovarlo direttamente lo Stato, anzi il commissario straordinario che avrebbe verosimilmente potuto bandire una gara e guadagnarci sopra il Governo, di fatto, ma regalato Alitalia a dei privati affinché se la vendano e ci lucrino la differenza, il tutto con soldi pubblici;
peraltro molti componenti della cordata, tra i quali i Benetton, Pirelli ed altri, sono soci di Banca Leonardo, incaricata dal Minstero dello sviluppo economico di fissare il «valore di mercato» dell'Alitalia, in pratica il prezzo di vendita alla stessa Cai; due consiglieri d'amministrazione della Cai, D'Urso e Marchionni, sono addirittura membri del CdA di Banca Leonardo;
il Governo ha fatto sentire il suo peso sui lavoratori, ha descritto in sostanza i lavoratori, i piloti, gli assistenti di volo e il personale di terra come raccomandati, lavativi, superstipendiati, nullafacenti. Quasi che la colpa del non funzionamento di Alitalia fosse delle sue maestranze e non dei suoi amministratori e non di quei politici che sì sono fatti fare una tratta aerea apposita;
tali discutibili atteggiamenti sono state reiterati dal Ministro Matteoli che ha dichiarato il 4 novembre di avere «qualche dubbio che i piloti Alitalia che non sottoscriveranno il contratto con la Cai possano accedere alla cassa integrazione»;
i sindacati che hanno rifiutato l'accordo del 31 ottobre 2008 hanno avuto il mandato dai lavoratori riunitisi in assemblea il 3 novembre 2008 di «trattare con CAI e il Governo per ottenere garanzie di massima tutela occupazionale», anche «mediante il ricorso da un esteso part-time e alla rimodulazione del piano industriale con dati aggiornati», rifiutando «ogni forma di stesura dei contratti collettivi di lavoro unilaterale e non condivisa» -:
se non ritenga il Governo di dover aprire un tavolo con le organizzazioni che hanno rifiutato l'intesa dei 31 ottobre 2008 e proposto una trattativa su punti anche nuovi di confronto, ponendosi super partes, smettendo di far sentire il proprio peso a favore di Cai e contro i lavoratori e garantendo i necessari ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori senza discriminazioni politiche e sindacali, nonché ai lavoratori dell'indotto, vale a dire quelli

per i quali il Governo non ha neanche previsto finora il sistema di cassa integrazione e di tutela previsto per i lavoratori Alitalia.
(2-00203)
«Donadi, Di Pietro, Favia».

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'interpellante ha più volte segnalato la pesantissima situazione dell'intero sistema sanitario in Calabria;
in data 11 dicembre 2007 il Governo Prodi ha dichiarato lo «stato di emergenza socio-economico-sanitaria» in Calabria «per far fronte alle condizioni di disagio del sistema sanitario regionale nonché all'inadeguatezza delle strutture»;
l'indagine della Commissione ministeriale, nominata proprio in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico-sanitaria in Calabria, ha evidenziato numerosi punti di criticità interni al sistema sanitario della Regione;
la relativa relazione della Commissione ministeriale è stata depositata nei primi giorni del mese di maggio 2008, e a giudizio dell'interrogante, la Regione Calabria non ha fatto nulla per sanare i citati punti di criticità, ma anzi, si è premurata a riaffidare incarichi nel Dipartimento salute a personaggi che avevano avuto problemi con la giustizia;
tra le criticità indicate nella relazione, la Commissione ministeriale ha evidenziato, in particolare: il mancato controllo della Regione sulla spesa sanitaria, la mancata approvazione del piano sanitario regionale, l'impunità di chi ha commesso errori ed ha responsabilità accertate, la presenza in numerosi Presidi Ospedalieri di pronto soccorso «disastrosi», pesanti condizioni igienico sanitarie e problemi strutturali degli edifici, esorbitante spesa ai privati, dirigenti privi di responsabilità;
la relazione evidenzia, altresì, molte perplessità sul possesso dei requisiti previsti dalla legge per direttori generali, direttori sanitari e direttori amministrativi delle singole ASP calabresi;
in data 27 ottobre 2008 i Carabinieri di Vibo Valentia, su disposizione del Procuratore della Repubblica di quella città, hanno posto sotto sequestro i reparti di ortopedia, immunoematologia e pronto soccorso del locale Presidio Ospedaliero; hanno, altresì, sequestrato l'impianto elettrico dell'intera struttura ospedaliera; hanno, inoltre, notificato avvisi di garanzia a 33 persone indagate, ipotizzando a vario titolo una sessantina di ipotesi di reato che vanno dall'abuso d'ufficio ai reati specifici circa la sicurezza della struttura ospedaliera;
anche la Corte dei conti regionale, nel marzo del 2008, ha bocciato la sanità calabrese, sottolineando, tra l'altro, «la sovraesposizione di finanziamento a fronte di indici di attività e prestazioni sottomedia, che evidenziano l'esigenza di interventi intesi a restituire alla Regione un livello di prestazioni ospedaliere capace di corrispondere ad un più elevato indice di appropriatezza»;
la dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico-sanitaria della Calabria è stata adottata anche a causa dei numerosi casi di malasanità, accertati dalla apposita Commissione parlamentare della scorsa legislatura, che hanno portato al decesso di giovanissime vittime, e per i quali sono in atto indagini da parte della magistratura, ma non risulta siano state avviate immediatamente adeguate indagini interne all'amministrazione sanitaria;
la relazione della Commissione ministeriale evidenzia che la Calabria ha investito in sanità una quota di PIL molto

maggiore rispetto alle altre regioni (8,77 per cento PIL Calabria - 4,66 per cento PIL Lombardia);
ed ancora, l'analisi sistematica dei bilanci prodotti da alcune aziende sanitarie, unitamente ai verbali del collegio dei revisori, ha evidenziato, talvolta, carenze anche rispetto alle norme basilari del codice civile, incompletezze ed incoerenze fra le loro diverse parti, il che determina una scarsa trasparenza rispetto all'effettivo stato delle aziende e una profonda incertezza sull'effettiva situazione finanziaria delle singole aziende e del sistema sanitario regionale nel suo complesso;
in data 19 marzo 2008 è stata sciolta l'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria a causa di accertate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata ed il nominato commissario, prefetto Massimo Cetola, ha trovato una sanità sommersa dai debiti, per ben 500 milioni di euro, oltre ad un impressionante numero di pignoramenti;
è noto che la Calabria sia una terra a forte presenza di criminalità organizzata che fa del condizionamento ambientale una delle sue armi più insidiose e dove la sanità, secondo la relazione Antimafia della precedente legislatura, rappresenta il vero «affare» della Regione;
dal 2006 ad oggi ben tre sono le ASL calabresi sciolte per mafia;
un buco da 2 milioni di euro è emerso da un'indagine della Guardia di finanza sulle forniture dell'ASL di Locri, sciolta per infiltrazione mafiosa subito dopo l'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria;
nell'ASP di Crotone nel solo 2006 è stato registrato un disavanzo di 200 milioni di euro;
nell'ASP di Vibo Valentia la Corte dei conti ha accertato che la perdita d'esercizio per il 2006 supera i 15 milioni di euro;
da un'indagine della Guardia di finanza, incaricata dall'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, già nel 2006 erano state registrate irregolarità interne all'ASP di Vibo Valentia, relativamente alla gestione degli appalti di opere, di forniture e di servizi, all'assunzione del personale ed alle relative modalità di ingresso e ad incarichi conferiti, nonché qualche paventata infiltrazione mafiosa; il tutto avrebbe dovuto portare allo scioglimento di quell'azienda sanitaria;
la grave situazione della sanità in Calabria è già stata monitorata dal Ministro del lavoro e della salute, il quale, lo scorso 23 settembre 2008, in Commissione bicamerale per gli affari regionali ha dichiarato che «...la situazione della Regione Calabria è molto preoccupante non solo per la dimensione del debito e del disavanzo, ma per il trend di spesa: dai 55 milioni del 2006 ai 127 del 2007... un dato che fa spaventare non poco»;
a settembre del 2008 il deficit stimato della sanità calabrese è già attestato oltre i duecentonovanta milioni di euro;
e nel mentre il debito sanitario continua ad aumentare, la Regione Calabria delibera di istituire un comitato di consulenti (ben tre) nell'ambito del piano sanitario regionale per il triennio 2007-2009;
non v'è dubbio che nessun piano di rientro per il riequilibrio economico-finanziario, il risanamento e la riorganizzazione del sistema sanitario calabrese, per quanto oculato, riuscirà a ribaltare la debitoria incancrenita situazione, nata certamente dalla inefficiente direzione dei responsabili delle varie ASL e dalla assoluta mancanza di controllo da parte della Giunta regionale -:
quali urgenti iniziative intendano assumere, per le parti di competenza, anche nell'ambito del dichiarato stato di emergenza socio-economico-sanitaria (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2007), al fine di far dare una svolta all'allarmante quadro del sistema sanitario calabrese;

se non si renda urgente ed indispensabile nominare un commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario dal disavanzo nel settore sanitario calabrese e se tale eventuale nomina non debba ricadere, a differenza di quanto avvenuto per la Regione Lazio, su persona diversa dall'attuale Presidente della Giunta regionale calabrese, essendo lo stesso in tale carica da ben tre anni, durante i quali il trend di spesa del settore ha subito un notevolissimo incremento.
(2-00201)«Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. -Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la SIAE, anche in seguito alla recente legge n. 2 del 2008, è un Ente Pubblico e non una società privata, a cui aderiscono più di 80.000 associati;
la legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, riserva esclusivamente alla SIAE, «l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate» dalla legge sul diritto d'autore;
in base alla medesima legge, la predetta attività «è esercitata per effettuare: 1) la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per la utilizzazione economica di opere tutelate; 2) la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; 3) la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto»;
a causa dell'indubbio interesse generale e dell'importante valore delle attività e della tutela della cultura nel nostro Paese, il legislatore ha affidato (legge n. 633 del 1941) alla SIAE il monopolio di fatto della gestione del «diritto d'autore» e ha riconosciuto alla Società il rango di Ente pubblico economico;
ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 2 del 2008, il Ministro per i beni e le attività culturali esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei Ministri, la vigilanza sulla SIAE, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza;
ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera h), del vigente Statuto, la SIAE deve assicurare «una ripartizione dei proventi dei diritti d'autore tra gli aventi diritto secondo l'effettivo contributo di ciascuno alla loro formazione»;
in base all'articolo 7, comma 2, dello Statuto della SIAE, i criteri di ripartizione dei proventi tra gli aventi diritto sono determinati annualmente dal consiglio di amministrazione, e poi sottoposti all'approvazione del Ministro vigilante;
la giurisprudenza della Corte costituzionale (in particolare la sentenza n. 241 del 1990) ha chiarito che la vigilanza governativa sulla SIAE è uno strumento necessario, anche se non sufficiente, per evitare che l'ampio potere discrezionale riconosciuto alla SIAE non si traduca in arbitrio e che le finalità di interesse generale, la cui tutela è affidata alle cure dell'Ente, non siano pregiudicate dall'attività dell'Ente medesimo;
come risulta all'interrogante, il Consiglio di Amministrazione della SIAE, in particolare, nel 2006 ha deliberato di affidare ad una società privata costituita nel medesimo anno, il campionamento con riconoscimento informatico delle musiche utilizzate nel Ballo con Strumento Meccanico;
tale scelta ha modificato profondamente il modo di agire della Società, che,

non a caso, avrebbe modificato anche l'ordinanza di ripartizione; sino a quel momento la SIAE improntava la sua attività di ripartizione al sistema analitico, ovvero, almeno tendenzialmente, corrispondeva ad ogni singolo avente titolo il giusto compenso per ogni esecuzione effettuata e «verificata»; mentre il nuovo metodo del riconoscimento informatico si basa, invece, sul «campionamento» dei brani eseguiti, e, quindi, su un criterio statistico niente affatto trasparente;
la decisione del CdA sul riconoscimento automatico e a campione ha suscitato vivaci polemiche da parte di un sindacato dei dipendenti e di rappresentative associazioni degli autori, che opponevano osservazioni di metodo e di merito;
la SIAE, in luogo di fornire i chiarimenti richiesti, reagiva con una diffida stragiudiziale, «minacciando» il sindacato dei dipendenti e una delle associazioni degli autori di «generiche» azioni giudiziarie per danni;
recentemente, alla luce della prima fase di gestione del riconoscimento informatico, essendosi tra l'altro evidenziate molte delle criticità all'epoca evidenziate, la medesima associazione di autori riproponeva interrogazioni e critiche; la SIAE rispondeva con il medesimo atto;
il Consiglio di Amministrazione della SIAE, invece di informare l'attività di ripartizione dei diritti riscossi a principi analitici tali da assicurare a ciascun avente diritto la corresponsione dei proventi secondo l'effettivo contribuito alla loro formazione, ultimamente ha stabilito e sta adottando sempre più diffusamente, se non esclusivamente, sistemi di campionamento tali da escludere una gran parte di autori dalla ripartizione dei proventi stessi;
il sistema di riconoscimento informatico e a campionamento adottato, al di là di ulteriori criticità, richiede, quale minima condizione di operatività, che siano previamente registrate nelle banche dati del sistema tutte le opere musicali suscettibili di essere utilizzate, pena l'oggettiva impossibilità di rilevare l'opera stessa e quindi di identificare l'avente diritto;
nonostante ciò, gran parte del repertorio degli autori italiani, e specialmente dei giovani autori italiani indipendenti, non sono stati messi nella condizione di registrare le proprie opere in tali banche dati con la conseguenza che tale sistema premia e riconosce compensi quasi esclusivamente alle società multinazionali e a quegli autori che hanno le risorse e gli strumenti per inserire le proprie opere nel database;
il Bilancio consuntivo della SIAE dell'anno 2006 è stato impugnato da associati dinanzi al giudice ordinario in quanto sarebbero state gravemente violate le disposizioni ed i principi in materia di redazione del bilancio;
anche il decreto ministeriale di approvazione del precedente Ministro dei Beni attività culturali del predetto bilancio consuntivo è stato impugnato dinanzi al TAR per eccesso di potere, difetto di istruttoria, macroscopica contraddittorietà;
a partire dal 2003 il Consiglio di Amministrazione della SIAE, con l'avallo di taluni dirigenti, invece di ripartire i compensi riscossi per conto degli associati, ha investito ingenti somme di danaro (destinate invece alla ripartizione) in prodotti finanziari ad alto rischio, spesso anche decennali, che non garantivano nemmeno l'integrità del capitale stesso;
il risultato della gestione caratteristica della Società è negativo e il pesante deficit finanziario della SIAE è stato colmato, in questi ultimi anni, solo grazie ai proventi generati dai suddetti investimenti finanziari indebitamente utilizzati dalla SIAE per appianare il proprio deficit e sottraendoli ai legittimi destinatari, cioè gli aventi diritto -:
se i fatti indicati in premessa siano veri e se le Autorità vigilanti ritengono ammissibile che una funzione così importante, affidata alle cure dell'Ente Pubblico

SIAE, qual è l'attività di ripartizione, sia poi dalla stessa attribuita, di fatto, dietro compenso ad una Società privata con nessuna garanzia di trasparenza, di efficacia e di efficienza, in merito alle concrete modalità di definizione e ripartizione dei compensi;
se le Autorità vigilanti ritengano che nelle suddette circostanze si siano violati elementari diritti di democrazia soffocando, con minacce giudiziarie, il diritto di critica delle associazioni sindacali e di quelle rappresentative degli autori stessi e, soprattutto, se nell'affidamento e nella gestione dell'appalto non si siano elusi elementari doveri di trasparenza, sempre dovuti nell'agire di un Ente pubblico e di cui le Autorità vigilanti sono garanti;
se e quali urgenti e opportuni provvedimenti abbiano assunto o intendano assumere le Autorità vigilanti, in occasione della modifica dell'ordinanza di ripartizione, a garanzia dei diritti e degli interessi dell'intera «base associativa» della SIAE, e più in generale per garantire il normale, legittimo, trasparente, efficace ed efficiente funzionamento dell'Ente pubblico SIAE affinché, peraltro, il suo indubbio e vasto potere discrezionale non si traduca in arbitrio, ai danni degli associati, dei dipendenti e di tutta la cultura italiana.
(5-00568)

Interrogazione a risposta scritta:

BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 19 novembre 2007 in località Capo Schino del Comune di Gioiosa Marea (Messina) una frana di vaste proporzioni è caduta sulla sede stradale della SS. 113 Messina - Palermo, presso il chilometro 87+650, interrompendone il transito ed isolando di fatto il Centro Urbano e tutto il territorio del settore Ovest del Comune di Gioiosa Marea, dagli importanti collegamenti viari, in direzione Messina, con il rimanente Territorio Comunale;
l'attuale situazione di «isolamento» territoriale pone cogenti problematiche principalmente in ordine alla salute e sicurezza oltre che alla economia del territorio comunale;
nel rispetto di quanto concordato nell'incontro tenutosi presso il Ministero delle infrastrutture, il Comune di Gioiosa Marea ha predisposto la progettazione di «Lavori provvisionali e di primo intervento per l'apertura al transito dopo il dissesto avvenuto al chilometro 87 + 650 in località Capo Schino» per l'importo di euro 318.912,47 richiedendo al dipartimento di protezione civile regionale il relativo finanziamento;
il dipartimento di protezione civile regionale con nota del 28 gennaio 2008, ha comunicato la impossibilità a finanziare l'intervento, causa la ridotta disponibilità di bilancio, demandando ad altri Enti (Anas e protezione civile nazionale) di provvedere al finanziamento in oggetto;
il dipartimento nazionale della protezione civile non ha tutt'oggi finanziato l'intervento;
l'Anas si è limitata ad emettere una ordinanza di chiusura al transito (n. 59 del 19 novembre 2007), nonché a predisporre spediti e doverosi sopralluoghi tecnici al fine di stabilire l'iter tecnico procedurale per porre rimedio all'annosa questione, senza seguito di alcun concreto intervento;
gli interventi da porre in essere al fine di porre definitivo rimedio alla ormai annosa problematica, passano sicuramente attraverso interventi di consolidamento di estesi tratti della falesia sia a monte che a valle della SS. 113 nel tratto ricadente tra località Capo Schino e località Capo Calavà con impegni finanziari notevoli e tempi di realizzo, come evidenzia l'Amministrazione comunale;
per quanto emerso da sopralluoghi tecnici effettuati, nonché da una serie di incontri tenutisi presso il dipartimento di protezione civile regionale, sembra si possano mitigare i disagi sofferti dalla popolazione

residente attraverso la realizzazione dei «Lavori provvisionali e di primo intervento per l'apertura al transito dopo il dissesto avvenuto al chilometro 87 + 650 in località Capo Schino», finalizzati all'apertura al transito, in tempi ragionevolmente brevi, della strada statale 113 in località Capo Schino, ricostituendo un collegamento fisico viabile che possa servire a mitigare, con le dovute limitazioni d'uso, la incresciosa situazione di isolamento esistente;
l'Amministrazione comunale fa presente altresì che i disagi subiti dalla cittadinanza, sia per il danno sociale, sia per il danno economico che per la sicurezza hanno superato ogni sorta di sopportazione (sono stati attivati diversi comitati spontanei di cittadini che preannunziano azioni eclatanti su diversi fronti - Restituzione certificati elettorali, occupazioni di sedi istituzionali eccetera) -:
quali urgenti iniziative e provvedimenti, anche per il tramite del dipartimento protezione civile, intenda assumere per fare fronte alla grave situazione sopra descritta.
(4-01524)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo n. 283 del 1998 il Ministro delle finanze pro tempore diede avvio al processo di privatizzazione e liberalizzazione dei settori produttivi e commerciali dei tabacchi lavorati, fino ad allora gestiti dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, mediante la creazione dell'Ente Tabacchi Italiani a cui fu assegnato il compito di risanare e ristrutturare gli assets aziendali e di collocarli utilmente sul mercato;
al termine di questo breve processo, con apposita asta pubblica, nel 2002 l'Ente Tabacchi Italiani fu acquistato dalla British American Tabacco Italia (una affiliata della omonima multinazionale inglese) per il notevole importo di oltre 2,3 miliardi di euro, tutt'oggi ricordata come l'ultima privatizzazione del decennio trascorso;
la privatizzazione di queste attività avrebbe dovuto comportare notevoli vantaggi per gli operatori del settore, e in particolare per i rivenditori di generi di monopolio, per effetto della semplificazione dei processi distribuitivi e per la connessa riduzione dei costi di servizi che la liberalizzazione e l'ingresso sul mercato di una pluralità di imprese e aziende avrebbe dovuto comportare;
nell'anno 2006, perdurando una situazione di stagnazione nel processo di liberalizzazione del comparto distributivo, venne introdotta una previsione normativa per sviluppare e dare impulso decisivo al rinnovamento. Infatti, con i commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria per l'anno 2007), emanata sotto l'egida del Governo Prodi, venne prevista la possibilità di creare una nuova rete distributiva dei tabacchi lavorati, costituita da oltre 300 Depositi fiscali, che avrebbe potuto affiancarsi alla rete già esistente o comunque costituire una valida alternativa ad essa;
per dare stabilità al sistema della distribuzione ai tabacchi lavorati, attraverso il quale vengono raccolti annualmente oltre 13 miliardi di euro di entrate per accisa e IVA, venne previsto altresì di agganciare i contratti di distribuzione in essere alla data di entrata in vigore della citata legge alla effettiva disponibilità degli immobili, sede dei Depositi fiscali già funzionanti, per un periodo di nove anni;
le disposizioni recate dai commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 per essere operative necessitavano di semplici procedure di raccordo da individuare con due decreti attuativi che il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Amministrazione autonoma dei Monopoli

di Stato avrebbero dovuto emanare, rispettivamente entro 90 e 120 giorni dalla data in vigore della legge;
a distanza di oltre due anni dalla emanazione della legge finanziaria per l'anno 2007, senza peraltro che vi sia stata alcuna apparente ragione e in assenza di una norma di riferimento dei termini suddetti, l'Amministrazione competente non ha ancora provveduto a dare attuazione al disposto normativo di cui trattasi, cosa che nella sostanza favorisce e continua ad avvantaggiare il monopolista di fatto della distribuzione (la Società Logista Italia) con onerosi costi per il servizio di consegna a domicilio, anch'esso gestito in regime di monopolio di fatto dalla Logista;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato la urgente necessità (aprile 2006) di modificare la vigente normativa nel senso di creare le reali condizioni di accesso al mercato anche per le aziende di più piccole dimensioni e con limitati mezzi finanziari, con lo scopo di introdurre elementi di reale competitività nel sistema e per scardinare il monopolio di fatto delle Multinazionali;
i numerosi passaggi di proprietà della Società Logista che ha effettuato la distribuzione dei tabacchi lavorati in questi ultimi quattro anni in Italia (dall'Ente Tabacchi Italiani alla British American Tabacco Italia, dalla BAT Italia all'Altadis/Logista e da quest'ultima alla Impirial Tabacco/Logista), non hanno di fatto consentito la reale apertura del mercato della distribuzione, né, tanto meno, la rimodulazione del servizio di consegna a domicilio, il cui costo rimane elevato -:
quali siano le reali ragioni della mancata emanazione, a distanza di oltre due anni, dei decreti attuativi dei commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i cui termini di emanazione (90 e 120 giorni) sono stati disattesi in assenza di un differimento normativo dei suddetti termini che avevano ed hanno tutt'ora natura perentoria;
se siano stati svolti accertamenti per individuare l'esistenza di eventuali responsabilità di carattere amministrativo per i ritardi suddetti;
se sia intenzione del Governo di procedere sollecitamente alla definizione e stesura della normativa in esame per addivenire sollecitamente alla tanto auspicata privatizzazione e liberalizzazione del settore distributivo dei tabacchi lavorati;
se siano state assunte iniziative volte alla revisione della normativa di settore nel senso indicato dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato;
quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per rilanciare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore non ancora concluso a distanza di oltre 10 anni dal suo avvio e per eliminare definitivamente le rendite di posizione di cui beneficia il monopolista di fatto della distribuzione.
(2-00202)
«Esposito, Misiani, Portas, Porta, Miglioli, Bordo, Calgaro, Viola, Vernetti, Velo, Graziano, Giorgio Merlo, Ventura, Iannuzzi, Peluffo, Fiorio, Lovelli, Lulli, Lucà, Calearo Ciman, Porcino, Barbato, Mario Pepe (PD), Tullo, Cambursano, Morassut, Boccuzzi, Oliverio, Andrea Orlando, Recchia, Boccia, Duilio, Bellanova, Benamati, Ginoble».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FUGATTI, FAVA e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Dosolo (Mantova) ha affidato direttamente la gestione dei propri tributi alla società Urbania S.r.l., società non iscritta all'albo presso il Ministero

dell'Economia e delle Finanze, previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
nell'anno 2008 il Comune sta compiendo accertamenti sulla TARSU degli anni di imposta 2002, 2003, 2004, 2005 e 2006;
l'articolo 72 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 disponeva che i ruoli di riscossione della tassa sui rifiuti fossero soggetti ad un termine di decadenza, fissato alla fine dell'anno successivo a quello nel corso del quale è stata presentata la dichiarazione o è stato notificato l'accertamento;
il comma 163 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito che per la riscossione coattiva dei tributi locali, il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a, pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo; tale norma si applica ai rapporti d'imposta pendenti al 1o gennaio 2007, data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007;
il già citato articolo 72 del decreto legislativo 507/1993 è stato, quindi, tacitamente abrogato con effetto dal 1o gennaio 2007 nella parte in cui prevede il termine di un anno per l'iscrizione a ruolo della tassa dovuta in base all'accertamento;
il termine introdotto dal comma 163 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 è quello che disciplina la riscossione della tassa in ogni caso e quindi anche di quella dovuta in base a dichiarazioni, anche ultrattive; il termine triennale non opera però retroattivamente nelle situazioni in cui, in base alle disposizioni precedentemente in vigore, l'ente locale era già decaduto dal potere di riscuotere -:
se la normativa vigente consenta di procedere nell'anno 2008 agli accertamenti della TARSU per gli anni di imposta 2002, 2003 e 2004, e se non intenda chiarire ulteriormente, anche mediante apposite iniziative normative, la disciplina applicabile a casi come quelli segnalati in premessa.
(5-00569)

OCCHIUTO e GALLETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
spettano al Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 24, primo comma, lettera d), decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, le funzioni di «vigilanza e controllo previste dalla legge sulle agenzie fiscali»;
tra gli operatori bancari e finanziari si sta sviluppando un clima di incertezza circa i termini di deducibilità delle perdite su crediti derivanti da cessioni pro soluto, per le ragioni qui di seguito esposte;
ai fini fiscali, in base ad una prima ipotesi ricostruttiva, peraltro seguita dall'amministrazione finanziaria, le perdite derivanti dalla cessione di crediti assumono rilievo ai sensi della disciplina recata dall'articolo 101, quinto comma, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, secondo la quale «le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi»;
esiste, tuttavia, una diversa ipotesi ricostruttiva, proposta da una parte della dottrina, che riconduce la fattispecie de qua alla categoria delle minusvalenze e che, quindi, ritiene applicabile la norma recata dall'articolo 101, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 917, citato;
sulla base del predetto inquadramento giuridico, l'Amministrazione finanziaria:
a) ammette la deducibilità ai fini fiscali delle perdite su crediti, se «comprovate sulla base di un'effettiva documentazione del mancato realizzo e del carattere definitivo della perdita» (R.M. 6 agosto 1976, n. 9/124);

b) distingue le perdite di crediti derivanti da cessioni pro solvendo da quelle conseguenti a cessioni pro soluto, escludendo, per le prime, i requisiti della certezza e della definitività richiesti dalla disposizione citata ai fini della deducibilità (R.M. 13 maggio 1982, n. 9/634) ed, implicitamente, riconoscendo la sussistenza dei predetti requisiti in capo alle seconde (arrivando anche ad ammettere la deducibilità delle perdite derivanti da rinuncia ai crediti, cfr. R.M, 9 aprile 1980, n. 9/557);
c) afferma, in ogni caso che, qualora la cessione abbia ad oggetto crediti di modesto importo, ai fini della deducibilità delle perdite eventualmente realizzate, «possa prescindersi dalla ricerca di rigorose prove formali, nella considerazione che la lieve entità dei crediti può consigliare le aziende a non intraprendere azioni di recupero che comporterebbero il sostenimento di ulteriori oneri» (R.M. 6 agosto 1976, n. 9/124 che conferma R.M. 17 settembre 1970, n. 189);
date le citate indicazioni di prassi, sembra potersi sostenere che l'orientamento ufficiale dell'Amministrazione finanziaria richiede, ai fini delle deducibilità delle perdite su crediti, un diverso grado di prova della certezza e definitività della perdita, la quale è (i) in re ipsa nell'atto stesso di cessione del credito, se la cessione avviene con clausola pro soluto; (ii) rigorosa, nell'ipotesi di cessioni di crediti pro solvendo; (iii) comunque attenuata, nel caso di crediti di modesto ammontare;
ciò nonostante, esiste una casistica giurisprudenziale secondo la quale anche nel caso di cessione di crediti pro soluto, ai fini della deduzione della perdita, la dimostrazione della certezza e definitività della stessa conseguirebbe soltanto dalla prova rigorosa della concreta ed effettiva diminuzione del valore dei singoli crediti ceduti, in termini di prospettive di adempimento da parte del debitore ceduto, non potendo considerarsi i predetti requisiti comprovati dall'atto dispositivo in sé (cfr. Cass. Civ., Sez. trib., 30 marzo 2001, n. 14568; Id., 6 aprile 2000, n. 13181; Id., 11 dicembre 2000, n. 15563; Id., 23 maggio 2002, n. 7555; Id. 10 marzo 2006, n. 5357);
dato il predetto orientamento ufficiale dell'Amministrazione finanziaria e da una lettura attenta delle sentenze appena citate, sembra corretto dedurre che la richiamata casistica giurisprudenziale accoglie un'interpretazione, se così si può dire, «draconiana» dell'articolo 101, quinto comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 917, citato, (rectius: del suo antecedente costituito dall'articolo 66, terzo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 917, citato) a causa della natura essenzialmente elusiva dei casi dedotti in giudizio;
in altre parole, relativamente a casi «anomali» di cessioni di crediti pro soluto (cioè caratterizzati da circostanze non normali in una logica economica genuina), sembra, che l'Amministrazione finanziaria abbia seguito una linea ermetico-applicativa «severa» della norma fiscale in questione. E ciò, non tanto perché fosse quella l'interpretazione considerata ordinaria, della norma stessa, quanto perché, a fronte di una casistica di natura abusiva, pareva necessario/opportuno contrapporre un'interpretazione antiabusiva della medesima norma, non essendo, tra l'altro, presente, al tempo di quei fatti, una norma antielusiva ad hoc;
a questo riguardo, và ricordato che, in una logica «normale» e prescindendo dalla norma fiscale che si ritiene applicabile (i.e. articolo 101, quinto comma, ovvero, articolo 101, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 917, citato) le perdite da realizzo, conseguenti a cessioni pro soluto, rilevano ipso facto ed ipso iure, posto il principio di derivazione (parziale) dell'imponibile fiscale dall'utile civilistico. Resta comunque salva la possibilità di negare la deduzione fiscale, se la perdita da negoziazione è figlia di un'operazione manifestamente antieconomica o, comunque, elusiva/abusiva;
diversamente, cioè se così non fosse, si avrebbe il caso di un'amministrazione

finanziaria che fissa un determinato orientamento interpretativo, talvolta disatteso, del tutto liberamente e casualmente, dai sottordinati Uffici operativi. Il che sarebbe quantomeno curioso;
in ogni caso, sembra corretto ritenere che, nel caso delle cessioni di crediti di modesto importo, debba necessariamente operare quell'attenuazione del rigore con il quale valutare gli elementi posti a dimostrazione della certezza e definitività delle perdite riconosciuta dalla stessa Amministrazione finanziaria, salvo anche per queste ipotesi l'accertamento del carattere elusivo della cessione a norma dell'articolo 37-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, citato;
in maggiore dettaglio, nel caso dell'erogazione industriale di finanziamenti di importo modesto, sembra del tutto normale che, dopo aver inutilmente sollecitato il pagamento, i crediti possano essere ceduti pro soluto, anche «in blocco», senza, che il cedente debba avere necessariamente esperito, per ogni singola posizione creditoria ceduta, tentativi di recupero giudiziale o extragiudiziale del tutto antieconomici, ovvero, valutazioni analitiche e complesse sul merito attuale del singolo credito;
infatti, subordinare, in tali casi, la deducibilità delle perdite derivanti dalle predette cessioni alla prova storica ed insuperabile dell'obiettiva impossibilità di recuperare un importo - attualizzato - non superiore al prezzo di cessione, equivale, di fatto, ad escluderne definitivamente la deducibilità;
pare, infatti, evidente che in talune attività finanziarie «di massa» è inevitabile che si verifichi un certo numero di adempimenti e che la reazione normale/economica dell'imprenditore-finanziatore, fatti i debiti solleciti, sia quella di cedere pro soluto i crediti incagliati, non avendo convenienza economica nel procedere ulteriormente e corrispondendo la cessione pro soluto ad un atto di sana gestione economico-finanziaria della propria attività commerciale;
il quadro appena descritto è meritevole di un sollecito riscontro, al fune di apportare la necessaria certezza in un settore così importante di ogni economia sviluppata ed al fine altresì di evitare ipotesi di disparità di trattamento -:
se quanto sopra esposto rifletta una ricostruzione corretta dell'attuale orientamento teorico e pratico dell'Agenzia delle Entrate, per cui, in buona sostanza, quando vi è una cessione pro soluto fisiologica di un credito, vi è deducibilità dell'eventuale perdita, per il solo fatto dell'alienazione del credito stesso, mentre nel caso di perdite derivanti da cessioni non fisiologiche/elusive, resta ferma l'applicabilità della norma antiabuso e, comunque, il diniego della deduzione, e se, comunque, nell'ipotesi negativa, per le cessioni di crediti di piccolo importo, sia corretto ritenere che sia tuttora vigente il criterio per cui vi è un'attenuazione del rigore con il quale valutare gli elementi di «certezza» e «precisione» posti a dimostrazione delle perdite eventualmente realizzate, e in particolare se la deduzione è giustificata dalla antieconomicità dell'azione di recupero, una volta effettuati i normali solleciti di pagamento.
(5-00570)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI,

RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da tempo la magistratura onoraria non riveste più quel ruolo complementare ed occasionale nell'amministrazione della giustizia stabilito al momento della relativa introduzione, ma al contrario contribuisce a svolgere una funzione assolutamente fondamentale per rispondere alla domanda di giustizia proveniente dai cittadini;
lo svolgimento della funzione giurisdizionale da parte dei giudici di pace, dei giudici onorari aggregati, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari consente di evadere una notevole mole di lavoro, dato che le suddette categorie trattano la maggior parte del contenzioso civile e penale, con una competenza per materia o per valore che assorbe gran parte delle fattispecie più comuni;
a fronte della crescente importanza della magistratura onoraria non è sempre corrisposta un'adeguata considerazione delle legittime istanze manifestate per trattamenti retributivi, assistenziali e previdenziali corrisposti;
le problematiche della magistratura onoraria, pur diversificate in ragione delle categorie esistenti al suo interno, sono riconducibili ad uno stabile inquadramento, alla tutela assistenziale e previdenziale, alla dignità di trattamento economico;
le ragioni di malcontento paiono giustificate, con particolare riferimento ai magistrati onorari di tribunale per l'irrinunciabile impegno quotidianamente profuso nelle aule di giustizia, nonostante le problematiche segnalate;
a conferma dei problemi e limiti dell'attuale assetto, nei mesi scorsi il Governo, per voce del Ministro interrogato, ha riconosciuto la necessità di intraprendere una riforma complessiva della magistratura onoraria, ricordando l'importante contributo dato all'amministrazione della giustizia nel Paese;
il programma elettorale della Popolo della libertà nella cosiddetta terza missione, intitolata «più sicurezza, più giustizia», pone un particolare accento sulla necessità di una riforma della giustizia che passi attraverso una razionalizzazione delle spese e degli investimenti, con particolare riguardo alla giustizia quotidiana, nell'amministrazione della quale un ruolo rilevante può essere svolto proprio dalla magistratura onoraria -:
quali siano gli intendimenti del Governo per la riforma organica della magistratura onoraria, con particolare riferimento alle problematiche concernenti il riordino delle varie magistrature onorarie oggi esistenti, la funzione suppletiva svolta dalla magistratura onoraria in tribunali e procure, la temporaneità e l'onorarietà delle funzioni, il relativo trattamento indennitario e retributivo.
(3-00216)

Interrogazione a risposta orale:

BARBIERI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 2 agosto 2008, scorso, a Reggio Emilia, un detenuto è evaso dalla finestra della sua stanza dove era ricoverato, nel reparto infettivi dell'Arcispedale Santa Maria Nuova;
secondo quanto riferito al quotidiano il Resto del Carlino dal rappresentante del sindacato Sappe, Michele Malorni, il servizio di piantonamento era stato affidato a un solo agente di custodia, anziché due, a causa delle carenze di personale la più

importante struttura ospedaliera della provincia di Reggio Emilia dispone di celle detentive, munite di inferriate e sistemi d'allarme, solo nel reparto di geriatria;
a causa dell'esigua presenza di agenti il reparto femminile del penitenziario di Reggio Emilia è stato chiuso a lungo-:
quanti siano, allo stato attuale, i posti previsti dalla pianta organica degli agenti di Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Reggio Emilia e quante siano effettivamente le forze presenti;
se non ritenga opportuno intervenire nelle sedi competenti affinché l'Arcispedale Santa Maria Nuova sia dotato di più camere di sicurezza, a partire dal reparto infettivi;
se non ritenga di dover dare risposta alle richieste degli agenti di Polizia Penitenziaria, con particolare attenzione per le difficoltà del reparto femminile, per assicurare il giusto rispetto che si deve a chi indossa una divisa dello Stato e assicurare alla cittadinanza che le evasioni come quella del 2 agosto sono e resteranno episodi isolati.
(3-00211)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
presso il Comune di Gioia del Colle (Bari) è stato bandito un concorso interno per la selezione di tre posti di funzionario nella categoria D.3 (determinazione dirigenziale n. 531 del 7 giugno 2007);
la predisposizione del bando e la procedura concorsuale sono state oggetto di ricorsi ed esposti che hanno rispettivamente interessato: la Procura della Repubblica di Bari, la Procura della Corte dei conti di Bari, l'Ispettorato della funzione pubblica e l'Ispettorato della Ragioneria generale dello Stato;
a seguito di tali interessamenti sono stati chiesti chiarimenti ufficiali da parte dell'Ispettorato della funzione pubblica sulla rispettosa applicazione della legge 27 dicembre 1997, n. 449, articolo 39, prevedente la programmazione triennale del fabbisogno di personale per gli enti pubblici, e sulla eventuale ricezione da parte del Comune di parere favorevole a tale programmazione proveniente dal Collegio dei revisori dei conti, come previsto dalla legge 28 dicembre 2001, articolo 19, comma 8;
contestualmente, dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, è stata richiesta una relazione di verifica amministrativo-contabile. Verifica eseguita dall'8 ottobre al 26 ottobre 2007 da parte del Dirigente dei Servizi ispettivi di finanza pubblica presso il Ministero dell'economia e delle finanze e depositata il 27 novembre 2007 presso il settore V dell'Ispettorato generale di finanza Servizi ispettivi;
dal rapporto è emersa sia l'insostenibilità del concorso per funzionari, sia una modalità di gestione comunale puntellata da una serie significativa di irregolarità e di illegittimità amministrative: procedure tecniche relative a progressioni economiche orizzontali dei dipendenti del Comune, premiazioni senza criteri meritocratici agli stessi, affidamento alla Spes dei servizi pubblici senza effettuare gare, ricorso ed abuso di contratti di collaborazione, incentivi economici non spettanti ai dirigenti, affidamento di incarichi con procedure illegittime;
nonostante la rilevazione ufficiale di tali irregolarità e malgrado un periodo di commissariamento per il Comune di Gioia del Colle, non si è dato ugualmente nessun corso alle segnalazioni presenti nella relazione ministeriale di verifica;
infine, sono stati presentati negli ultimi mesi ulteriori esposti alle autorità competenti per chiedere nuovamente chiarezza sulla correttezza delle procedure amministrative contabili e per segnalare

nuovi incarichi aggiuntivi affidati nel Comune pugliese sempre con criteri non trasparenti e non motivati -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno indicare le risultanze ottenute in seguito al commissariamento del Comune di Gioia del Colle e sugli accertamenti ispettivi elencati in premessa.
(4-01523)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

ANIELLO FORMISANO e DONADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 2 novembre 2008 si è verificato a Secondigliano un grave episodio di intimidazione camorristica: un commando formato da tre o quattro persone, a bordo di moto di grossa cilindrata e con il viso coperto da caschi integrali, ha fatto fuoco contro un circolo ricreativo, dove si trovavano cinque minorenni rimasti feriti;
questo episodio si inserisce in un quadro complessivo di crescita della criminalità organizzata, che, nonostante la presenza sul territorio dei militari inviati dal Governo, continua a dimostrare di mantenere il controllo del territorio;
è una situazione estremamente preoccupante che deve far riflettere sulle scelte fatte e su quelle da fare;
il recupero di condizioni di sicurezza è una circostanza fondamentale, la prima necessità a cui rispondere, e la presenza dell'esercito, una risposta energica dello Stato, può dimostrarsi una scelta certamente utile;
al contempo, si sa che la camorra non è solo un fenomeno militare e, quindi, non è possibile combatterla solo da questo punto di vista;
l'età degli affiliati ai clan è drasticamente scesa negli ultimi anni; contemporaneamente proprio quartieri come quello di Secondigliano registrano un costante e crescente abbandono scolastico da parte di adolescenti tra i 12 ed i 16 anni;
è fondamentale investire sulla formazione di questi giovani: la scuola è l'arma principale su cui lo Stato deve investire, su cui questo Governo avrebbe dovuto continuare ad investire;
il fatto che l'agguato intimidatorio abbia avuto come bersaglio probabile ragazzi così giovani dimostra come l'età del reclutamento si sia abbassata e come la camorra stia prendendo il sopravvento sulla formazione delle giovani generazioni, specie in contesti sociali particolarmente difficili e disagiati;
purtroppo anche quelle poche regole che sembravano caratterizzare l'organizzazione dei clan, come il rispetto per donne, anziani e bambini, sembrano essere svanite;
è fondamentale che le istituzioni sappiano dare a tutti i livelli il loro esempio, evitando zone grigie, equivoci e situazioni comunque poco chiare; è fondamentale che chi è chiamato a rappresentarle non sia oggetto di alcun sospetto;
il Ministro interrogato poche settimane fa ha dichiarato che lo Stato deve considerarsi chiamato in guerra contro le organizzazioni criminali organizzate come la camorra: ebbene, se questo è vero, è necessario che questa guerra sia combattuta a fondo ad ogni livello, senza tentennamenti o equivoci di sorta;
il Governo deve prendere definitivamente coscienza della gravità della situazione -:
quali iniziative intenda adottare a seguito di questo nuovo grave agguato per debellare quotidianamente sul territorio ed a tutti i livelli la diffusione ed il radicamento camorristico.
(3-00212)

CASINI, VIETTI, VOLONTÈ, TASSONE, MANNINO, RAO, COMPAGNON, CICCANTI, NARO e ROMANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte del 1o novembre 2008 cinque adolescenti tra i 12 e i 16 anni sono stati feriti a colpi di pistola davanti a una sala giochi nel quartiere di Secondigliano a Napoli;
il gruppo di fuoco, formato da quattro persone giunte a bordo di moto di grossa cilindrata, ha esploso una quarantina di proiettili, ma fortunatamente le condizioni dei minorenni, tutti incensurati ma provenienti da famiglie note alle forze dell'ordine, non sono gravi;
proprio in considerazione delle modalità dell'azione e del «volume di fuoco», secondo gli inquirenti, potrebbe trattarsi di un avvertimento legato a uno sgarro per lo spaccio di droga. A Secondigliano, quartiere degradato alla periferia di Napoli, sono attive 20 piazze di spaccio e ognuna di esse fattura circa 52 milioni di euro l'anno;
è sotto osservazione il gestore del circolo ricreativo teatro della sparatoria, un pregiudicato con precedenti legati proprio allo spaccio di sostanze stupefacenti;
a riguardo, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso la «ferma condanna dei nuovi episodi di efferata violenza e di pesante intimidazione della criminalità organizzata», apprezzando «l'impegno concreto delle forze dello Stato e delle istituzioni per individuare i responsabili e riaffermare il principio della legalità»;
le indagini vanno avanti con difficoltà, in quanto è praticamente nulla la collaborazione offerta agli agenti del commissariato di Secondigliano, impegnati a far luce sull'agguato;
dai sindacati di polizia emerge forte la richiesta di un aumento di risorse: il Siulp sottolinea come la «questione Napoli» diventa sempre più urgente e che il Governo deve rendersi conto della necessità di stanziare risorse per la sicurezza e che la decisione di assegnare al commissariato di Secondigliano nuovi computer, nuova tecnologia e una nuova logistica non è più rinviabile;
l'invio di militari in Campania, per rafforzare le misure contro la criminalità organizzata, dopo la strage di Castelvolturno, evidentemente non paga in termini di risultati;
il ricorso ai militari nelle strade delle nostre città non è e non sarà la panacea di tutti i mali, quanto piuttosto una soluzione «di facciata», non utile e per di più onerosa, come dichiarato anche dal Sap -:
se non sia opportuno, invece di «militarizzare» la Campania, venire incontro alle richieste dei sindacati di polizia, che lamentano da tempo la carenza di risorse, per poter riaffermare il principio della legalità.
(3-00213)

CICCHITTO, BOCCHINO e RAMPELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, «Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente», all'articolo 2, comma terzo, dispone che ai fini dell'iscrizione anagrafica la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune ove ha il domicilio e, in mancanza di questo, nel comune di nascita;
in numerose città italiane è in costante aumento il fenomeno delle iscrizioni anagrafiche «fittizie» di persone senza fissa dimora;
nel solo comune di Roma, le iscrizioni anagrafiche si sono moltiplicate, con un incremento di 4.000 nuove residenze rilasciate in un anno e mezzo, per un totale, ad oggi, di 15.671 «invisibili»;
il dato, alquanto allarmante, è stato fornito dalla commissione sicurezza urbana del comune di Roma, che, insieme ai

responsabili dell'anagrafe capitolina e dell'avvocatura comunale, si sta occupando del problema;
nel territorio della capitale, oltre a quella di via Modesta Valente, sono diverse le strutture che possono offrire il loro domicilio senza obbligo di residenza a tutti coloro che lo richiedano;
ciò ha comportato, con il trascorrere degli anni e con un'interpretazione molto estensiva delle circolari amministrative nel frattempo emanate in materia, che si evidenziassero numerose problematiche, come la presenza di migliaia di persone non più reperibili al loro domicilio virtuale, tanto che persino gli accertamenti condotti dalle forze dell'ordine risultassero inutili;
allo stato attuale, i responsabili di tali strutture non sono al corrente del numero delle persone iscritte, della loro identità e cittadinanza; inoltre, non sono a conoscenza né del municipio in cui vivono, né del comune in cui soggiornano;
alcuni siti internet consigliano agli oriundi italiani di recarsi direttamente a Roma per iscriversi come residenti senza accertamento (dichiarandosi senza fissa dimora), per poi richiedere ed ottenere speditamente documenti validi e, di conseguenza, la cittadinanza italiana;
soprattutto per molti extracomunitari, tale strumento - da civile forma di assistenza alle persone senza fissa dimora - è diventato l'escamotage per ottenere documenti italiani e accedere di conseguenza ai servizi sociali, alla pensione sociale, alle cure mediche;
lo stato di non visibilità ha fatto sì che il problema diventasse una vera e propria emergenza sicurezza, poiché non è previsto alcun tipo di controllo su queste persone, trattandosi di residenze inesistenti: al riguardo sono stati segnalati, infatti, truffe, guida senza assicurazione, mancati risarcimenti ed altro -:
quali urgenti misure, per quanto di sua competenza, intenda adottare per contenere il dilagare del fenomeno descritto in premessa e se non ritenga opportuno, in particolare, assumere iniziative normative dirette a modificare la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, adeguandola al mutato contesto storico e sociale, nonché il regolamento anagrafico della popolazione residente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
(3-00214)

SERENI, BRESSA e AMICI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i parlamentari della maggioranza e lo stesso Ministro interrogato hanno minacciato giri di vite e tolleranza zero nei confronti degli studenti che in questi giorni, con varie modalità, conducono la protesta nei confronti della politica governativa sulla scuola e sull'università;
è da tutti condiviso che le manifestazioni debbano svolgersi nell'ambito della legalità, ma tali dichiarazioni, in molti casi, ad avviso degli interroganti, improvvide, rischiano di ottenere l'effetto opposto e, quindi, di avvelenare il clima e di portare la protesta studentesca fuori dai binari della civile anche se «scomoda» protesta;
alcuni rappresentanti dei sindacati di polizia chiedono ai responsabili politici di limitare al massimo le dichiarazioni più avventate -:
quali direttive siano state impartite alle questure e alle prefetture per affrontare le diverse manifestazioni del dissenso degli studenti, dei docenti e del mondo della scuola, garantendo la tutela dell'ordine pubblico e il rispetto del diritto costituzionalmente garantito di manifestare il proprio pensiero.
(3-00215)

Interrogazione a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata di domenica 2 novembre è stata ritrovata, di fronte al Tribunale di Imperia, nello spazio riservato al parcheggio dei magistrati, un'autobomba;
fortunatamente tale attentato è stato sventato senza conseguenze negative per persone e cose -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per fare chiarezza su tale gravissimo episodio e individuare pertanto la matrice di tale gesto criminale.
(4-01526)

TESTO AGGIORNATO AL 18 DICEMBRE 2008

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CENTEMERO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 137 del 2008 all'articolo 5 relativo ai libri di testo, rende noto che nell'adozione dei libri di testo, i competenti organi collegiali adottano libri di testo per cui gli editori si siano impegnati a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio e che l'adozione avviene con cadenza quinquennale nella scuola primaria e ogni sei anni per la scuola secondaria di primo e secondo grado;
il decreto-legge n. 137 del 2008 fa riferimento, come deroga ai parametri previsti dall'articolo 5, alla «ricorrenza di specifiche e motivate esigenze» per l'adozione di libri di testo;
nel decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, all'articolo 15 si fa riferimento a «libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet» e indica che «gli studenti accedono ai testi disponibili tramite internet, gratuitamente o dietro pagamento a seconda dei casi previsti dalla normativa vigente», ossia dell'ordine di scuola. È indicato inoltre che a partire dall'anno scolastico 2011-2012, il Collegio dei Docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da internet o mista -:
in che modo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda armonizzare la disciplina legislativa in materia ossia se:
a) la versione on line, scaricabile da internet, in caso di aggiornamento rientri nella ricorrenza di specifiche e motivate esigenze;
b) e, in tal caso, per l'eventuale aggiornamento del testo on-line e scaricabile da internet venga prevista dai Regolamenti e dalle Circolari Ministeriali uno standard per l'aggiornamento di testi scolastici o di parti di essi, a seconda che il libro sia in toto utilizzabile nelle versioni on line o mista.
(5-00559)

CENTEMERO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 137 del 2008, all'articolo 5 relativo ai libri di testo, rende noto che nell'adozione dei libri di testo, i competenti organi collegiali adottano libri di testo per cui gli editori si siano impegnati a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio e che l'adozione avviene con cadenza quinquennale nella scuola primaria e ogni sei anni per la scuola secondaria di primo e secondo grado;
il decreto-legge n. 137 del 2008 fa riferimento alla ricorrenza di specifiche e motivate esigenze;
nell'articolo 64 della legge n. 133 del 2008 e nel Piano Programmatico si fa riferimento alla necessità di rivedere gli ordinamenti scolastici e il monte ore complessivo della secondaria di primo e secondo

grado, con conseguente ristrutturazione del quadro orario e del monte ore complessivo delle discipline -:
se per «motivate e specifiche esigenze» si possa intendere la revisione degli ordinamenti scolastici e l'intervento di razionalizzazione dei piani di studio, nonché la revisione dei quadri orari nei diversi ordini di scuola;
se nella predisposizione del Regolamento attuativo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, intenda predisporre norme chiare e semplici, che chiariscano cosa si intenda per nuova adozione ed eliminino il riferimento a «in uso» ed «in possesso» facendo riferimento esclusivamente alla sezione e non all'istituto.
(5-00560)

MANCUSO, FRASSINETTI e GAROFALO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
alcuni docenti universitari scioperano «di fatto» ma non formalmente, con l'escamotage del «blocco didattico», ottenendo il risultato di non perdere giornate di lavoro e conseguenti penalizzazioni economiche sullo stipendio, né ferie o riposi;
non esiste più il recapito della lettera da parte dell'amministrazione competente con la quale veniva richiesto ai docenti di dare conto delle rispettive presenze o assenze;
in alcuni Atenei si procede con il Consiglio di Facoltà che delibera la «sospensione dell'attività didattica», a fronte di motivazioni discutibili e strumentali viene stabilito che in determinati giorni la Facoltà rimarrà chiusa, con i docenti in libertà e retribuiti;
secondo gli interroganti si ravvisano elementi di truffa ai danni dello Stato, che risultano incomprensibili se si tiene presente che la riforma della scuola proposta dal Governo non riguarda il livello universitario, ma quelli inferiori;
dipendenti dell'Università di Genova, il 30 ottobre scorso, hanno sfilato alla manifestazione degli studenti senza risultare in sciopero definendo questa partecipazione allo sciopero «assemblea itinerante» -;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Governo per evitare che in futuro possano verificarsi ulteriori situazioni ingannevoli quali quelle descritte in premessa, presso le Università italiane;
se il Governo intenda inviare ispezioni ministeriali presso tutte le Università statali, al fine di chiarire i fatti affinché i dipendenti che hanno truffato lo Stato, possano essere sanzionati in modo particolare presso l'Università di Genova.
(5-00562)

MANCUSO, FRASSINETTI e RENATO FARINA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i bandi di concorso per oltre 4.000 cattedre e oltre 3.000 posti da ricercatore relativi agli organici di tutte le università italiane sono stati pubblicati alla metà di luglio;
nel nostro Paese esiste una pletora di sedi universitarie, facoltà e corsi inutili e costosi, voluti da una parte delle amministrazioni locali che vedono nell'università, purché sia, un improbabile volano economico e sociale, dall'altra parte dalla lobby dei docenti universitari che in modo autoreferenziale hanno colonizzato l'università italiana in modo clientelare, anche dilatando la rete delle sedi distaccate;
è ormai ineludibile addivenire ad una gestione finanziaria responsabile ed attivare la valutazione di criteri che premino le migliori università e che conseguentemente distribuisca i fondi con questi criteri;
il professor Stefano Zecchi, autorevole docente universitario ha dichiarato in modo provocatorio, di conoscere in anticipo i nomi dei vincitori della facoltà ove egli lavora -:
se il Governo intenda bloccare i concorsi universitari in atto al fine di evitare che proceda la logica del nepotismo e degli

sprechi, con l'aggravante che per alcuni anni verrebbe bloccato il turn over, a danno dei giovani.
(5-00563)

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre, una data storica per l'Italia. Novanta anni orsono, si completava con la fine della Prima Guerra Mondiale, il ciclo delle campagne nazionali per l'Unità d'Italia. Un cammino lungo, durato settant'anni, dalla Prima Guerra d'Indipendenza in avanti. Un percorso difficile, intrapreso da uno dei Regni preunitari e portato a termine con il concorso convinto della popolazione di tutte le regioni d'Italia, mosse dal desiderio di mettere sotto un'unica Bandiera le sorti della penisola;
l'Unità d'Italia, l'indipendenza, la libertà sono conquiste straordinarie che vanno difese ogni giorno;
a Villafranca Padovana (Padova) in questi giorni si è creata una situazione a dir poco surreale. Infatti alcuni insegnanti non vogliono far partecipare gli studenti alla celebrazione della Vittoria per non offendere gli alunni immigrati non solo nella parte religiosa ma anche in quella civile. La cerimonia organizzata dal Comune di Villafranca prevede oltre l'alzabandiera, la posa della corona di alloro al monumento dedicato ai caduti, una funzione religiosa e il ricordo dei reduci;
il dirigente dell'Istituto comprensivo di Villafranca in una lettera inviata al sindaco ha specificato che gli studenti non parteciperanno alla messa, non saranno presenti all'alzabandiera e non commemoreranno neppure i caduti di Nassirya. Il tutto per rispettare gli alunni extracomunitari, soprattutto quelli che non sono cattolici e che l'Italia non la ritengono la loro patria;
pur nel rispetto di una società multietnica è importante tenere ferme le nostre tradizioni e la nostra storia. È importante che i ragazzi partecipino a questa ricorrenza di una data fondamentale della storia italiana per mantenerne vivo il ricordo;
gli insegnanti e i dirigenti scolastici non hanno il diritto di negare ai propri alunni la libertà di ricordare la propria storia-:
se il Ministro competente si attiverà per ripristinare nelle scuole l'obbligo della commemorazione del 4 novembre;
e se in tutte le strutture scolastiche verranno impartite delle direttive a tutela e rispetto delle festività nazionali che ricordano e mantengono vive la storia, la tradizione e la cultura dell'Italia.
(4-01522)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

MELCHIORRE e TANONI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è a tutti noto che il tracollo della Lehman Brothers, colosso americano della finanza, ha segnato l'inizio di una drammatica congiuntura finanziaria, che ha registrato il crollo di tutte le principali borse d'affari internazionali;
da tale grave crisi dei mercati finanziari è conseguita una comprensibile apprensione per quegli enti pubblici e privati che hanno investito capitali, anche considerevoli, in tale società o in tutte quelle società ad essa collegate o strettamente interdipendenti; in tale ottica si colloca la preoccupazione che ha coinvolto gli iscritti dell'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati, il cui scopo è la tutela previdenziale obbligatoria a favore degli iscritti;
si sa che l'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali

laureati - come descritto nell'informativa, priva di data, che lo stesso ente ha inviato al Ministro interrogato e il cui testo è stato pubblicato nelle pagine web dell'ente - ha investito in obbligazioni Anthracite rated investments limited una somma che ammonterebbe, sempre secondo le affermazioni dell'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati, attualmente a 35 milioni di euro;
le citate obbligazioni, che farebbero riferimento a due «fondi di fondi hedge», sono garantite dalla Lehman Brothers Holding inc. con la garanzia di un rendimento minimo del 30 per cento in quindici anni;
è evidente che la platea degli iscritti all'ente di previdenza viva momenti di grande apprensione riguardo al destino dell'integrità del proprio risparmio finalizzato a fini pensionistici, in virtù dell'alta incidenza di rischio connessa a fondi hedge, notoriamente orientati a politiche di gestione speculativa, ed in considerazione dell'impossibilità di contare sulla - decisiva - garanzia prestata dalla Lehman Brothers;
allo stato delle conoscenze, non si comprendono, infatti, le ragioni che sono alla base di una scelta così rischiosa, considerando, inoltre, che l'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati si sarebbe potuta indirizzare su prodotti finanziari che, pur offrendo remunerazioni pari o comunque non inferiori alle obbligazioni emesse da Anthracite rated investments limited, offrono maggiori garanzie -:
se il Ministro interrogato intenda - nell'esercizio del controllo pubblico sulla gestione della fondazione Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati - verificare se il soggetto finanziario emittente delle obbligazioni Anthracite sia italiano o comunitario o di Paese terzo e richiedere un prospetto dettagliato di tutti gli investimenti in essere, al fine di valutare sia il rischio/rendimento dei suddetti investimenti, sia l'opportunità del ricorso a strumenti finanziari ad alto rischio da parte di un'istituzione il cui scopo è assicurare un rendimento certo che permetta di assolvere alla propria funzione istituzionale e non quello di conseguire fini speculativi.
(3-00217)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati della Camera di Commercio e di altri Istituti economici della Provincia di Cuneo la situazione dell'industria e dell'artigianato peggiora di giorno in giorno e sta creando molti problemi sul piano economico e occupazionale;
sebbene nella provincia di Cuneo si registri uno stato di vitalità del sistema economico meno drammatico rispetto alla caduta di produzione e dell'occupazione che si sta registrando nelle aziende del Nord Italia, questa situazione ha avuto riflessi negativi anche in provincia di Cuneo dove numerose aziende hanno dovuto accrescere il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria;
è necessario affrontare i problemi che la recente crisi finanziaria sta generando in modo pesante sull'economia reale, nelle imprese, nell'artigianato, nel commercio con gravi e negative conseguenze nei livelli occupazionali -:
quali siano le Aziende della provincia di Cuneo che già attualmente utilizzano la C.I.G. ordinaria e straordinaria e quante siano attualmente le richieste presentate al Ministero del lavoro di utilizzo della cassa integrazione ordinaria e straordinaria;
quale sia stato l'incremento della C.I.G. ordinaria e straordinaria dal 1o gennaio 2008 rispetto all'anno 2007;
quali siano i provvedimenti che il Governo intenda promuovere per far fronte alle pesanti ricadute che si stanno

determinando sul terreno occupazionale e per sistemare le aziende in crisi con particolare riferimento alla piccola e media impresa.
(5-00567)

Interrogazione a risposta scritta:

BRIGUGLIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Difesa e Sviluppo Settore Distribuzione (A.D.ES.S.D.) ha avviato una campagna di denuncia e sensibilizzazione riguardo la situazione in cui versano gli operatori impegnati quotidianamente nell'attività di distribuzione delle merci, estesa a un'altra figura lavorativa che condivide con il padroncino il processo produttivo e il degrado del lavoro;
i lavoratori impegnati nella gestione dei magazzini fuori città, dove la notte convergono centinaia di autotreni e autoarticolati per essere scaricati e smistati e ricaricati per le consegne. Parliamo di un settore che paga molto, come i padroncini, in termini di infortuni invalidanti e malattie professionali; di un settore che - per ritmi e stress - mette fuori mercato il lavoratore di neanche 50 anni senza essere in grado di ricollocarlo;
l'Associazione denuncia la situazione in cui lavorano centinaia/migliaia di cosiddetti «facchini» che si «accollano» sulle loro spalle e sulla loro pelle di tutto: responsabilità delle merci, tempistiche di lavoro triplicate nel rapporto bio-meccanico, mancata o irregolare applicazione del contratto collettivo di lavoro; uomini e donne ferite nella dignità che si servono di servizi igienici e mense deprimenti, soggetti a piani di sicurezza inapplicabili a magazzini nel pieno dell'attività lavorativa (di norma al mattino presto o nel tardo pomeriggio). «Facchini» che, non dimentichiamo, scaricano, spuntano con lettori RDF, smistano tonnellate di merci di ogni tipo e di cui ognuno di noi ogni giorno usufruisce;
l'A.D.ES.S.D. fa inoltre presente alle istituzioni che «il Primo e Ultimo Miglio dell'Autotrasporto può creare occupazione sana e professionalizzante, che è un settore di potenziale sviluppo e di integrazione sociale, una ricchezza del territorio; è un processo non delocalizzabile e quindi una concreta speranza di futuro per i giovani... se solo ne fosse riconosciuto il ruolo e la dignità! È un settore in cui il paese e le amministrazioni locali dovrebbero "sforzarsi molto di più" perché potrebbe veramente "inserire i cittadini nel mercato del lavoro piuttosto che sostenerli con indennità di disoccupazione" o altro»;
infine la medesima Associazione chiede:
tavoli nazionali e territoriali per interventi immediati finalizzati al concreto rispetto delle norme sull'igiene e sulla sicurezza del lavoro (decreto legislativo 81/2008);
tavoli nazionali e territoriali per interventi immediati finalizzati a mettere fine all'espansione del mercato illegale, entro il quale vengono scaricati gli oneri di responsabilità della gestione, dei servizi, della sicurezza e dei lavoratori solo sulle strutture della cooperazione -:
quali iniziative intenda assumere in ordine ai problemi evidenziati.
(4-01525)

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RAPPORTI CON LE REGIONI

Interrogazione a risposta scritta:

GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
la legge regionale n. 12/2008, del 30 settembre 2008 e pubblicata nel Bollettino ufficiale della Campania del 2 ottobre 2008, sul riassetto delle Comunità Montane risulta, secondo l'interrogante, essere in contrasto con la Legge e le competenze

dello Stato e della Costituzione, ma soprattutto incontra notevoli difficoltà di applicabilità;
il primo articolo che in ordine temporale avrebbe dovuto essere attuato è l'articolo 22 che, al comma 2, detta disposizioni finanziarie;
sedici sui ventisette enti presenti sul territorio avrebbero dovuto applicare tale norma, ma nessuno di questi alla data odierna è riuscito ad attuare quanto disposto dalla legge regionale;
alcuni enti hanno chiesto lumi alla Regione Campania, ma le loro richieste sono, purtroppo, rimaste inevase ed altre disposizioni che dovrebbero essere attuate entro il prossimo 30 novembre, che riguardano gli organi di Governo, sono già oggetto di un'ufficiale richiesta di modifica da parte dell'Avvocatura Regionale che prevedeva di sottoporre il tutto al Consiglio Regionale calendarizzato per il 27 ottobre, ma rinviato per mancanza del numero legale;
per dichiarazione esplicita della stessa Avvocatura Regionale, se le disposizioni previste dalla legge regionale non dovessero subire modifiche le stesse non consentiranno il costituirsi degli organi degli enti;
alcune disposizioni normative contenute nella legge regionale della Campania n. 12 del 30 settembre 2008 appaiono in contrasto con la legge dello Stato e la Costituzione italiana;
in particolare le finalità di cui all'articolo 1 non sono perseguite in alcun modo dalla legge regionale, in particolare non si ottiene una riduzione della spesa prevista dal comma 1, in quanto i dati finanziari riportati nella premessa della proposta di legge approvata dalla Giunta Regionale si basano su dati non rispondenti alla realtà, in modo particolare per la voce relativa ai costi degli organi politici che non sono quelli effettivi, ma quelli potenziali previsti dalla legge 267 del 2000;
gli unici tagli previsti non sono di natura finanziaria, ma di natura politica poiché agiscono sugli organi e i comuni membro che non rappresentano alcun costo per le Comunità Montane, piuttosto risultano essere portatori di risorse finanziarie in quanto apportano contributo economico nella gestione dell'ente;
il comma 2 dell'articolo 2 appare in contrasto con l'articolo 1 della stessa legge regionale poiché tra i suoi principi vi è l'articolo 1 lettera d) che prevede la tutela delle zone Montane e dispone che le Comunità Montane siano composte da Comuni Montani e Parzialmente Montani secondo la vigente normativa statale;
il comma 2 dell'articolo 2 invece esclude gli stessi Comuni Montani o Parzialmente Montani se questi presentano sul proprio territorio zone di costa o contano più di 20.000 abitanti;
i comuni sono espressamente classificati da una legge dello Stato come Montani o Parzialmente Montani, pertanto una loro esclusione è non compatibile con l'attuale assetto normativo ed, infine, escludendo sia i comuni che le loro popolazioni si nega loro l'acceso a benefici e programmi di intervento e sviluppo previsti per legge;
è da rilevare che la legge n. 267 del 2000 attribuisce alle Comunità Montane lo statuto di ente locale con funzioni proprie e non solo delegate dalle Regioni e dai Comuni;
da ciò ne deriva che tali funzioni sono proprie di questo ente che si rende legislativamente necessario sui quei territori classificati come Montani da una legge dello Stato;
particolarmente irragionevoli e contraddittorie, poi, sono le disposizioni degli articoli 24 e 25 che prevedono la programmazione di interventi di benefici di legge anche nei territori dei comuni Montani esclusi dalla perimetrazione delle Comunità Montane;

si pone, quindi, anche un problema di compatibilità delle disposizioni - statale e regionale - e si rende necessaria anche una verifica in merito ad un mancato rispetto da parte del legislatore regionale rispetto della disposizione di cui alla legge 248 del 31 dicembre 2007 (cosiddetta finanziaria 2008) dal momento che il legislatore statale si prefiggeva solo lo scopo di ridurre le spese e di escludere i territori esclusivamente costieri, ma non anche quelli Parzialmente Montani come invece risulta sulla base dall'articolo 2 della legge regionale 12/2008 -:
se non intenda promuovere la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione con riferimento alla legge Regionale n. 12 del 2008 della Regione Campania sul riassetto delle Comunità Montane.
(4-01527)

TESTO AGGIORNATO AL 5 NOVEMBRE 2008

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:

POLLEDRI, FAVA e ALLASIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la notizia, recentemente comunicata dall'azienda Polimeri Europa, dell'ennesima chiusura di un impianto, il Pr5, ha messo in grave agitazione i quindici dipendenti dell'azienda di Mantova;
nonostante il ricollocamento dei lavoratori, le strategie che l'azienda intende perseguire in futuro sono incerte e poco rassicuranti, prevedendo il blocco delle assunzioni per tutto il 2008, la riorganizzazione della logistica, dei laboratori e della programmazione delle produzioni, oltre il trasferimento all'ENI degli appalti e degli approvvigionamenti;
le scelte politiche prospettate dall'Azienda, che hanno radici fin dai primi anni novanta, rischiano oggi, in un momento di totale assenza di qualsiasi chiaro indirizzo strategico, di minacciare l'intero settore della chimica italiana;
lo stabilimento di Mantova rappresenta, infatti, un sesto dell'intero gruppo, che ha più basi operative sia in Italia sia all'estero, con quasi mille addetti alle dipendenze di Polimeri ed altri trecento in via indiretta, che operano nelle manutenzioni;
la chiusura dell'impianto che, se pur di modeste dimensioni, produce circa 30 milioni di tonnellate l'anno di nonilfenoli, trova giustificazione secondo l'azienda nel fatto che lo stesso sia oramai fuori mercato;
l'abbandono di parti importanti della produzione non lascia presagire che vi possano essere nell'immediato delle alternative di sviluppo in grado di restituire al settore un nuovo impulso e una maggiore competitività -:
se il Ministro voglia favorire una concertazione fra la Polimeri Europa e le rappresentanze dei lavoratori al fine di poter apprendere quali siano le strategie di sviluppo che l'azienda intenda perseguire nell'immediato futuro, dando anche un segnale di certezza all'intero comparto della chimica italiana, soprattutto in questo momento di generalizzata e diffusa crisi economica.
(5-00564)

ANNA TERESA FORMISANO, VOLONTÈ, RUGGERI e NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha riconosciuto che il mercato della produzione e della commercializzazione dei pannelli truciolati - grezzi e nobilitati - è caratterizzato da scambi internazionali, quantomeno tra paesi limitrofi, valicano pertanto la tesi che la dimensione geografica di questo mercato supera i limiti ed i confini nazionali degli Stati membri dell'Unione europea;

con una recente decisione infatti, la Commissione ha autorizzato, nel settembre 2007, l'acquisizione, da parte del Gruppo Kronospan, del Gruppo Constantia, entrambi attivi nel mercato dei pannelli truciolati grezzi;
nella «decisione Kronospan», la Commissione ha stabilito che l'ambito del mercato deve essere individuato tenendo presente la distanza esistente tra gli impianti di produzione di pannelli ed i clienti, indipendentemente dai confini dei singoli Stati in esso compresi;
conseguentemente interpretazioni diverse, o comunque restrittive, limiterebbero la possibilità di operazioni di concentrazione tra imprese nazionali e rischierebbero di produrre effetti negativi molto gravi sul piano economico, rendendo più difficile il consolidamento del mercato, tramite operazioni di fusione ed acquisizione tra imprese nazionali, con conseguente asimmetria e perdita di competitività a livello europeo ed internazionale -:
se non ritenga opportuno adottare urgenti provvedimenti che liberino il campo da interpretazioni e o decisioni in contrasto con quelle assunte dalla Commissione europea con la citata decisione, anche in ossequio del principio di leale cooperazione (articolo 10 trattato CE) che impone agli Stati membri dell'Unione e alle loro amministrazioni, di non adottare misure che contrastino con le finalità di mantenimento del mercato unico europeo.
(5-00565)

VICO e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Valbasento, sito industriale chimico in provincia di Matera, sta attraversando una difficilissima fase economica;
dal 2003 ad oggi si sono susseguite una serie di chiusure di impianti industriali, dalla Dow Chemical, alla PNT, alla Nylstar 1 e 2, alla Apelle, alla Cfp, che hanno determinato oltre 600 esuberi tra diretti e relativo indotto;
in un contesto territoriale assai problematico con una disoccupazione giovanile rilevante e con circa 400 mobilità storiche legate ai processi di dismissione del vecchio polo chimico ex Enichem la situazione sta assumendo una connotazione socialmente drammatica;
nelle ultime settimane la Pzifer ha evidenziato problemi che potrebbero portare entro la fine dell'anno alla chiusura dell'impianto di Pisticci;
è notizia di qualche giorno fa la decisione di Panasonic, con 90 dipendenti, di portare in Austria la produzione di laminati elettronici in produzione sempre a Pisticci;
nubi all'orizzonte si affacciano anche per la Ergom azienda che opera nel campo della componentistica per automobili;
con diversi ordini del giorno, ultimo dei quali accolto dal Governo in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 112 del 2008, è stato chiesto al Governo di convocare in sede nazionale presso l'Osservatorio nazionale per la chimica un tavolo specifico per il futuro industriale della Valbasento-:
se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per convocare al più presto un tavolo di concertazione per affrontare i nodi del rilancio industriale del sito della Valbasento e quali iniziative nell'immediato intenda attivare per affrontare le emergenze di Pfizer e Panasonic al fine di salvaguardare le unità produttive presenti e i livelli occupazionali.
(5-00566)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOFFA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 1999 fu sottoscritto tra i rappresentanti del Governo italiano, le istituzioni territoriali, alcuni imprenditori

bergamaschi e i Sindacati nazionali e locali, il Contratto d'Area per la reindustrializzazione dell'area industriale di Airola attraverso la riattivazione degli stabilimenti abbandonati dalla ex Alfa Cavi (gruppo Pirelli). Gli imprenditori bergamaschi avevano annunciato (e garantito) una occupazione di circa 800 operai (obbligandosi pure con le organizzazioni sindacali al pieno rispetto dei diritti e delle tutele sancite dalla legge in favore dei lavoratori) ed una capacità produttiva così ripartita: Benfil, attività produttiva (a pieno regime) di 8600 tonnellate annue di filato mod. cosiddetto «ring»; Tessival, una capacità produttiva di 41.728.000 metri lineari di tessuto greggio. I progetti di Benfil (filatura di cotone) e Tessival Sud (tessitura di cotone), atteso gli annunci occupazionali e produttivi di cui sopra, furono controllati e approvati dalla Commissione CE e finanziati con fondi pubblici per circa 180 milioni di euro;
nello specifico la Tessival Sud annunciò una capacità occupazionale prevista di 400 posti di lavoro con ulteriore creazione, attraverso l'indotto, di altre 288 unità lavorative; mentre la Benfil annunciò una capacità occupazionale di circa 200 posti di lavoro con creazione, sempre attraverso l'indotto, di 131 ulteriori unità lavorative;
nel corso del 2002/2003 furono completati gli stabilimenti e attivati gli impianti;
sempre nel corso del 2003 la Benfil ha raggiunto il pieno regime produttivo, mentre la Tessival Sud lo ha fatto solo nel corso del 2005 e per un brevissimo intervallo di tempo;
le due aziende, pur nel momento di massima occupazione, non hanno mai raggiunto i livelli occupazionali e produttivi annunciati nei progetti approvati dalla CE e dalla stessa finanziati, lo si ripete, per il rilevante importo di circa 180 milioni di euro;
attualmente, la Tessival Sud ha ridotto la produzione e si appresta ad arrestarla; dal 5 maggio 2008, è stata richiesta la CIGS per l'intero organico;
in data 28 ottobre 2008, la direzione industriale della Benfil srl ha comunicato alle organizzazioni sindacali di categoria la volontà di bloccare l'attività produttiva con decorrenza dall'esaurimento delle scorte;
in seguito alla decisione aziendale, i 154 dipendenti della Benfil hanno proclamato lo stato di agitazione permanente insieme ai sindacati confederali;
il rischio è che la decisione di bloccare l'attività produttiva della Benfil contribuisca ad accrescere la già grave crisi che ha colpito in particolare la Tessival Sud, principale destinataria delle materie prime lavorate dalla Benfil, con conseguente ampliamento della crisi occupazionale;
ciò che si vuole evitare è che gli effetti della crisi si riversino sui soli lavoratori soprattutto in considerazione del fatto che le aziende interessate hanno beneficiato di ingenti risorse pubbliche pari a circa il 70 per cento a fondo perduto;
alcuni imprenditori tendono infatti a privatizzare i profitti e a socializzare le perdite. Ciò non può essere consentito dalle pubbliche istituzioni che viceversa devono garantire i livelli di coesione sociale e di tutela degli interessi delle fasce più deboli della popolazione -:
se non ritengano i Ministri di verificare il rispetto delle clausole contrattuali succitate previste nel Contratto d'Area, in particolare per quanto attiene agli obblighi delle aziende Tessival Sud e Benfil e con specifico riferimento agli obblighi occupazionali e produttivi assunti con la sottoscrizione del Contratto stesso;
se non ritengano, altresì, atteso l'aggravarsi della crisi, di convocare urgentemente un nuovo tavolo tra i Ministeri e le istituzioni interessate, l'azienda e le parti

sociali anche per definire un dettagliato piano industriale che tuteli la posizione della forza lavoro;
se non ritengano di avviare una discussione urgente tra le istituzioni interessate, le parti sociali e l'azienda, sull'ipotesi più volte prospettata, ma mai concretamente definita, di un progetto di riconversione e completamento del ciclo industriale e della filiera produttiva che consenta di produrre in provincia di Benevento sia il semilavorato che il prodotto finito da immettere sul mercato dell'alta moda e della grande distribuzione, così come insegna l'esperienza di tante aziende italiane del tessile che hanno riconvertito la loro produzione sull'abbigliamento rilanciandosi, realizzando utili, e garantendo i necessari livelli occupazionali e rendendo, in tal modo, competitivo un settore che, viceversa, rischia di essere travolto dalla concorrenza di altri Paesi, mentre, in Valle Caudina l'imprenditore si è concentrato sulla realizzazione di un prodotto poco competitivo;
se non ritengano infine i Ministri di avviare le procedure per la sottoscrizione di un Accordo di programma per la reindustrializzazione del Sannio, così come avvenuto in altre aree territoriali, per rispondere alle crisi produttive che interessano altri comparti e molte aziende quali quelle tessili del Fortore, la Sie di Sant'Agata de' Goti, la Russo Legno di Benevento, quelle del distretto industriale Abbigliamento di San Marco dei Cavoti, la Moccia di Montesarchio e la Cablelettra spa di Limatola, crisi che mettono a rischio l'occupazione di circa 2000 lavoratori, e per garantire dunque la tenuta dei livelli occupazionali e l'implementazione dei livelli di sviluppo.
(5-00561)

Interrogazione a risposta scritta:

LAFFRANCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il corretto ed efficiente utilizzo delle risorse idroelettriche del nostro Paese rappresenta una componente importante ed una efficace politica industriale; occorre ricordare, infatti, che la prima fase di industrializzazione in Italia è stata basata proprio sulla nascita dell'industria idroelettrica e la sua connessione con le industrie manifatturiere;
le concessioni idroelettriche sono regolate da una complessa normativa, nell'ambito della quale il decreto legislativo n. 112 del 1998 stabiliva all'articolo 29 che, in via transitoria, le concessioni di derivazioni idriche ai fini energetici fossero rilasciate dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la regione interessata;
il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, cosiddetto «decreto Bersani», stabilisce al comma 10 dell'articolo 12, rubricato «concessioni idroelettriche», che «dalla data di entrata in vigore del presente decreto la competenza al rilascio delle concessioni di cui al presente articolo è conferita alle regioni e alle province autonome [...]»;
questo sistema di ripartizione di competenze può poi portare secondo il principio di sussidiarietà ad ulteriori deleghe amministrative ad enti territoriali minori;
a giudizio dell'interrogante tuttavia questa ripartizione di competenze che valorizza certamente il ruolo delle autonomie dovrebbe essere meglio coordinata al fine di assicurare la non compromissione degli interessi nazionali nel settore energetico;
è emblematico ad avviso dell'interrogante il caso della «proroga» riconosciuta dalla provincia di Terni alla società E.On attualmente titolare della concessione per lo sfruttamento degli impianti idroelettrici di Galletto e Asta del Nera in provincia di Terni con scadenza al 31 dicembre 2009;
la provincia di Terni, in data 17 ottobre 2008, avrebbe provveduto a rinnovare la citata concessione prorogandola

sino al 2029, senza effettuare una gara ad evidenza pubblica come previsto tassativamente dalla legislazione vigente;
da un punto di vista normativo l'articolo 12, comma 1, del citato decreto legislativo n. 79, riformulato in parte dal comma 483 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (finanziaria 2006), stabilisce l'obbligo per l'amministrazione competente di indire una gara ad evidenza pubblica per i rinnovi delle concessioni di grande derivazione di acqua per uso idroelettrico in scadenza, nel rispetto dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza e non discriminazione;
da notizie di stampa risulta peraltro come esponenti della giunta regionale abbiano lamentato la mancanza di una qualunque iniziativa della provincia per raccordarsi con la Regione su una problematica così importante per l'approvviggionamento energetico per l'area ternana;
sembra dunque emergere una mancanza di coordinamento e raccordo tra le istituzioni interessate, che ad avviso dell'interrogante evidenzia l'esigenza di un rafforzamento del ruolo dello Stato nella materia citata;
da un punto di vista pratico, tra l'altro, a tale concessione poteva essere interessato, fra gli altri, il gruppo Thyssen, attuale proprietario delle storiche Acciaierie di Terni, con l'intendimento di realizzare una sinergia fra impianti idroelettrici ed acciaierie, che sono notoriamente impianti energivori;
le Acciaierie di Terni rappresentano un importante punto di riferimento per l'economia dell'intera Umbria e, quindi, provvedimenti come quello citato della provincia di Terni potrebbero incidere negativamente sull'attività delle Acciaierie e sull'indotto, pregiudicando seriamente le prospettive di sviluppo economico con evidenti ricadute negative anche sotto il profilo occupazionale;
questo episodio mette in chiara evidenza un problema di carattere generale e cioè che le competenze in materia di derivazioni idriche per uso idroelettrico spesso non corrispondono alle esigenze di sviluppo economico ed industriale di importanti aree del nostro Paese, come quella di Terni -:
come intenda operare nell'ambito delle proprie competenze, anche con opportune iniziative di carattere normativo, per assicurare una unità di indirizzo nelle modalità di attribuzione delle concessioni idroelettriche, limitando, in particolare la possibilità di ricorrere allo strumento della proroga a casi assolutamente eccezionali al fine di inquadrare tale problematica in un disegno complessivo di coerente politica di sfruttamento delle risorse energetiche nazionali e soprattutto di politica industriale, e per assicurare che tali concessioni siano attribuite nel pieno rispetto della legge.
(4-01528)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bertolini e altri n. 1-00052, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fallica.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Martella e altri n. 7-00065, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piffari.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-00959, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiano.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cristaldi e altri n. 5-00416, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.

L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-00420, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Volontè n. 3-00150 del 29 settembre 2008;
interrogazione a risposta scritta Marsilio n. 4-01177 del 30 settembre 2008.