XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 27 ottobre 2008

TESTO AGGIORNATO AL 19 GENNAIO 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
l'onorevole avvocato Nicola Cosentino, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, è stato più volte indicato da diversi collaboratori di giustizia come fiancheggiatore o concorrente esterno in associazioni criminali di tipo mafioso;
il 30 settembre 2008 è stato acquisito agli atti dell'indagine denominata «Spartacus 3», condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, un verbale di deposizione in cui il collaboratore di giustizia Domenico Frascogna ha affermato che l'onorevole Cosentino sarebbe stato il «postino dei messaggi» del boss camorrista Francesco Schiavone (cfr. M. Lillo, «Sistema Cosentino», in L'Espresso, 9 ottobre 2008);
tale dichiarazione va naturalmente ricollegata alle deposizioni rese più volte da diversi collaboratori di giustizia e in particolare da Carmine Schiavone che già nel 2000 riferiva di presunti patti elettorali tra i casalesi e l'onorevole Cosentino, risalenti addirittura alle elezioni amministrative del 1982 (ibidem);
la chiamata in correità, per assurgere al rango di prova, dovrà essere corredata da riscontri individualizzanti e conseguentemente le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, e in particolare da Domenico Frascogna, sull'onorevole Cosentino non possono di per sé sole dimostrarne la colpevolezza;
è tuttavia significativo che la Procura di Napoli abbia - secondo quanto si apprende dalla stampa - iniziato un procedimento penale nei confronti dell'onorevole Cosentino;
a prescindere dall'eventuale responsabilità penale dell'onorevole Cosentino, su cui farà piena luce la Magistratura, è evidente come la sua permanenza nelle funzioni di Sottosegretario di Stato leda gravemente non solo il prestigio del Governo italiano, ma anche e soprattutto la dignità del Paese;
ragioni di opportunità e di precauzione dovrebbero indurre il Governo ad evitare che una persona sottoposta ad indagini per così gravi delitti, espressivi di una collusione tra politica e sodalizi criminosi, in attesa di dimostrare la sua piena innocenza, possa continuare ad esercitare le proprie funzioni di Governo peraltro in un ruolo così delicato, concernente tra l'altro la funzionalità del CIPE,

impegna il Governo

ad invitare l'onorevole avvocato Nicola Cosentino a rassegnare le dimissioni da sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze.
(1-00054)
«Soro, Sereni, Bressa, Vietti, Donadi, Ciriello, Garavini».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 1, comma 965, della legge 27 dicembre 2007, n. 296 (Finanziaria 2008) reca uno stanziamento pari a 24 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 per «la progettazione definitiva del raddoppio dell'intero tracciato della linea ferroviaria Parma - La Spezia (Pontremolese), funzionale al rafforzamento del corridoio plurimodale Tirreno - Brennero»;
il Comitato Interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in data 21 dicembre 2007 con delibera n. 136 ha approvato il progetto preliminare dell'opera;
con delibera n. 11/2008/P, del 24 luglio 2008, la Corte dei Conti - Sezione

del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato - si è pronunciata in merito al controllo preventivo di legittimità della delibera del CIPE, ricusandone il visto e la conseguente registrazione, per rilievi risultanti dal parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che evidenzia profili economici, amministrativi e tecnico-progettuali;
tutti i soggetti istituzionali coinvolti hanno espresso forte preoccupazione per lo stop imposto dal pronunciamento della Corte dei Conti, chiedendo al Governo di adottare tutte le misure necessarie affinché possa, al più presto, ripartire l'iter di progettazione di un opera tanto strategica per il territorio nazionale;
il 13 ottobre 2008, si sono riuniti i rappresentanti delle Istituzioni e degli enti interessati alla realizzazione del corridoio intermodale Tirreno Brennero (le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Liguria; le Province, Comuni e Camere di Commercio di Massa Carrara, Livorno, Spezia, Parma, Reggio Emilia, Mantova, Cremona, Verona; l'Interporto Quadrante Europa, CePIM. Autorità Portuale della Spezia, Autorità portuale di Carrara e Autorità portuale di Livorno; Ente autonomo per le Fiere di Verona, Fiere di Parma e Fiere di Reggio Emilia) insieme ai parlamentari eletti in questi territori, e, oltre a ribadire la necessità del mantenimento dei 48 milioni di euro per le finalizzazioni previste dalla finanziaria 2008, si sono dichiarati disponibili ad assumere ogni iniziativa per sostenere la gestione anche dell'attuale infrastruttura ferroviaria, in modo da offrire servizi ai sistemi economici dei territori interessati;
gli obiettivi dell'impegno comune delle amministrazioni interessate dovranno portare alla realizzazione delle seguenti infrastrutturazioni:
a) il completamento del nuovo terminal ferroviario merci all'interporto di Parma;
b) l'assegnazione delle risorse per l'elettrificazione del raccordo dei centri intermodali Cepim (Parma) e Quadrante Zai (Verona) e relativa al superamento dei cosidetti «colli di bottiglia». Attualmente si è in fase di sottoscrizione della Convenzione tra il Ministero Trasporti Infrastrutture - Regione Veneto - Provincia di Parma;
c) l'elettrificazione dell'attuale linea ferroviaria Parma-Suzzara-Poggio Rusco, nonchè la progettazione e realizzazione delle varianti necessarie al collegamento funzionale con l'asse ferroviario Verona - Brennero;
d) l'impegno, da parte delle Regioni e del Ministero, ad utilizzare i Fondi Strutturali Europei 2007-2013 (FAS) specificatamente dedicati ai progetti interregionali;
e) l'affidamento, entro il 2008, dell'appalto per la realizzazione del primo tratto dell'autostradale di collegamento A15-A22 in direzione Brennero e completamento del corridoio autostradale tirrenico Rosignano-Civitavecchia;
f) la necessità di coordinare la TIBRE autostradale con la CR-MN recentemente concessionata dalla Regione Lombardia;
g) inserimento delle funzioni dell'aeroporto di Parma nel sistema del trasporto merci e passeggeri nazionale;
tale programma rappresenta il presupposto infrastrutturale per un ordinato sviluppo economico di un vasto quadrante territoriale del centro-nord, all'interno del quale, la realizzazione delle opere di completamento della linea Pontremolese, costituisce l'asse prioritario,

impegna il Governo

a confermare la destinazione delle risorse già approntate dall'articolo 1, comma 965, della legge 27 dicembre 2007, n. 296, e al contempo, risolvere gli aspetti che hanno costituito rilievo da parte della Corte dei Conti;
ad individuare le risorse finanziarie necessarie per il completamento del rad

doppio della linea ferroviaria Parma - La Spezia, nonché a definire, in collaborazione con le amministrazioni interessate, ogni utile iniziativa volta a realizzare il programma degli interventi necessari alla realizzazione delle opere di corredo intermodale nelle realtà territoriali ed economiche, interessate alla Pontremolese.
(7-00067)
«Motta, Mariani, Andrea Orlando».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
le imprese private operanti nella gestione dei rifiuti urbani mantengono un ruolo fondamentale nel sistema Paese per l'organizzazione del ciclo integrato della raccolta e smaltimento rifiuti;
complessivamente le aziende private del settore gestiscono rispettivamente i servizi di igiene urbana in 3.700 Comuni e i servizi di raccolta differenziata in 5.400 Comuni, operando nella maggior parte dei casi sulla base di contratti tipici di appalto di servizi di durata pluriennale, con corresponsione di un corrispettivo periodico da parte degli enti locali, singoli o associati;
il legislatore dal 1993 ha previsto l'applicazione ai suddetti contratti di un meccanismo di aggiornamento dei corrispettivi sulla base della variazione dei costi sostenuti dalle imprese al variare dei prezzi di mercato;
successivamente il decreto legislativo 163/2006, all'articolo 115, ha regolato l'istituto dell'aggiornamento dei corrispettivi in forma più dettagliata, prevedendo la competenza dell'Osservatorio sui Contratti Pubblici e definendo responsabilità e competenze istituzionali volte a rilevare i prezzi di mercato dei vari beni su base regionale;
di fatto, allo stato attuale, risulta non essere mai stato dato luogo alla rilevazione dei dati di mercato a base delle discipline di adeguamento dei corrispettivi previste dal Legislatore in quanto l'ISTAT non ha proceduto alla rilevazione dei migliori prezzi di mercato dei prodotti e dei servizi e successivamente del parametro rappresentato dai prezzi medi di mercato su base regionale e l'Osservatorio non risulta essere nelle condizioni di poter adempiere al compito assegnatogli dalla legge;
quanto sopra descritto ha prodotto un forte contenzioso tra gli enti locali, che spesso non riconoscono nessun adeguamento dei corrispettivi assumendo a giustificazione l'assenza degli strumenti che la legge ha previsto, e le imprese del settore volte a riaffermare il diritto agli adeguamenti in questione;
nell'attuale fase congiunturale ed economica la problematica ha assunto caratteri drammatici soprattutto in alcune realtà territoriali del Mezzogiorno del paese dove decine di imprese sono a rischio fallimento con conseguenze gravissime sul piano socio-occupazionale per migliaia di lavoratori;
in questo contesto il forte senso di responsabilità delle aziende private che si sono fatte carico delle esigenze del personale dipendente e della collettività, risparmiando scioperi e manifestazioni di protesta che avrebbero aggravato i già consistenti problemi che il Paese registra nel comparto, ha portato comunque al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti nel rispetto, del protocollo del 1993, non trovando però positivo riscontro nell'atteggiamento di molti enti locali che ritardano sempre di

più il pagamento dei corrispettivi contrattuali e non ne riconoscono la revisione in modo non adeguato al particolare contesto determinatosi -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per risolvere la problematica in questione, in particolar modo perché le autonomie locali rispettino automaticamente le regole contrattuali e legali in tema di termini di pagamento dei corrispettivi e di revisione prezzi nei contratti di esecuzione continuativa - anche in assenza dei rispettivi aggiornamenti - tenuto anche conto della natura di servizio pubblico essenziale di tutta la gestione dei rifiuti urbani per evitare il continuo aumentare dell'esposizione economica e finanziaria delle imprese del settore.
(2-00190) «Galletti».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con delibera di Giunta della Regione Campania dell'11 aprile 2008 numero 648, pubblicata sul B.U.R.C. del 21 luglio 2008 che aveva per oggetto: «Intesa istituzionale della Campania A.P.Q. Superamento emergenza rifiuti in Campania premialità per la raccolta differenziata e risanamento ambientale» si prevedeva di premiare quei Comuni che negli anni 2005-2006 avevano raggiunto un livello di raccolta differenziata pari al 35 per cento, finanziando progetti presentati dagli stessi Comuni nella prima e seconda sessione del Parco Progetti;
più volte numerosi amministratori comunali avevano lamentato presso gli Uffici della Presidenza della Regione il modo di questa elargizione chiedendo che venisse verificata la genuinità e la trasparenza del citato intervento regionale;
in merito a ciò è emerso nei giorni scorsi un ulteriore elemento di indubbia gravità. Infatti in alcuni di quei Comuni che avevano goduto delle descritte provvidenze, come ad esempio quello di Baiano, in provincia di Avellino, assegnatario di un contributo regionale pari a tre milioni di euro per la riqualificazione della sala storica dell'ex cinema-teatro Colosseo, sono state rinvenute discariche abusive dove venivano versati rifiuti indifferenziati da parte dell'Ente stesso e su questo vi è una indagine in corso della Guardia di Finanza;
appare quindi evidente che tali Comuni superavano la soglia del 35 per cento di raccolta differenziata, in quanto avrebbero omesso di scaricare presso i C.D.R. parte dei loro rifiuti riversandoli in discariche abusive;
alla luce di quanto sopra esposto si ritiene sia doveroso adottare i dovuti provvedimenti, impegnando magari gli stessi finanziamenti per la realizzazione di siti di stoccaggio od isole ecologiche intercomunali, nonché potenziando le risorse strutturali al fine di migliorare la raccolta differenziata soprattutto nei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti, le cui difficoltà economiche impediscono di dotarsi di tali strutture -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra descritto e se - fatta salva l'autonomia della regione Campania - non intenda porre in essere tutte quelle iniziative e tutti gli atti di propria competenza necessari, in particolare nell'ambito della gestione commissariale dell'emergenza rifiuti, per valorizzare forme più efficaci e concrete di raccolta differenziata nonché per monitorare eventuali ulteriori fenomeni di impropria gestione dei rifiuti.
(2-00191)«Pionati».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, ha previsto la nomina di un Commissario straordinario del Governo,

nella figura del Sindaco del Comune di Roma, «per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune e delle società da esso partecipate, con esclusione di quelle quotate nei mercati regolamentati, e per la predisposizione ed attuazione di un piano di rientro dall'indebitamento premesso»;
la proposta di piano di rientro è stata presentata dall'ufficio commissariale in data 30 settembre 2008, e il comma 4 del sopra citato articolo 78 prevede che il Governo debba approvarlo entro 30 giorni;
all'interno di tale proposta emergono numerose incongruenze, e in taluni casi evidenti errori di valutazione, volti complessivamente a far lievitare verso l'alto il presunto disavanzo da ripianare;
nonostante le incongruenze e gli errori di valutazione, e a maggior ragione al netto di questi, la proposta di piano di rientro rende ben chiaro, per firma stessa del Commissario del Governo, che la situazione finanziaria al 28 aprile 2008, del Comune di Roma è ben lontana dallo squilibrio che è stato denunciato a livello politico ed è ben lungi dall'essere paragonabile a quella di altri enti;
in altri enti, infatti, come ad esempio Catania, nei bilanci di competenza sono state scritte entrate straordinarie che, invece di essere vincolate fino al momento dell'effettiva realizzazione dell'incasso, sono state incautamente liberate per impegni di spesa e hanno creato veri e propri ammanchi nel momento in cui è risultato chiaro che le somme in entrata non si stavano concretizzando;
mentre al contrario la proposta di piano di rientro per il Comune di Roma si configura essenzialmente come una lunga lista di spese che cercano copertura, solo in parte però trattandosi di spese effettivamente impegnate alla data del 28 aprile, e in grande parte invece trattandosi di spese il cui obbligo non è maturato entro quella data, e che vengono quindi inserite impropriamente nello stesso piano di rientro;
in particolare, la proposta inserisce nella massa passiva una serie di voci di spesa i cui impegni giuridici non si erano concretizzati alla data del 28 aprile 2008, né lo sono alla data di oggi, ma potrebbero emergere in futuro, con un rilevante grado d'incertezza sull'an, sul quantum e sul profilo temporale di tali obblighi, come ad esempio i presunti oneri che potrebbero derivare da sentenze avverse connesse all'attuale contenzioso giudiziario, relativo soprattutto ad espropri, per un valore cifrato in 775,3 milioni;
lo stesso dicasi per presunti debiti fuori bilancio di ammontare pari a 892 milioni, la cui validità giuridica non è affatto dimostrata all'interno della proposta di piano di rientro in modo analitico, e cioè corredato dagli atti che la legge ritiene necessari per qualificare come «debito fuori bilancio» una somma che qualcuno chiede all'amministrazione, ma che l'amministrazione deve riconoscere sulla base di un'istruttoria svolta sotto la responsabilità del dirigente responsabile, di cui sia informata la Corte dei conti;
ciò vale per un'ampia gamma di presunti pagamenti richiesti da appaltatori di servizi del Comune;
e vale in particolare per gli espropri legati ai nuovi piani di zona di edilizia sociale, per i quali sono previsti adeguati finanziamenti attraverso la vendita degli alloggi sociali alle famiglie ivi residenti e l'utilizzo di contributi regionali, e di cui quindi non si comprende l'inserimento in un elenco di passività non coperte, a meno di non voler concludere che l'ufficio commissariale stia tentando di gettare sul passato ogni possibile passivo, liberando l'amministrazione ordinaria del Comune dall'onere di perseguire un'attenta e rigorosa politica delle entrate, riguardante, nel caso di specie, l'avvio delle vendite degli alloggi esistenti e l'accertamento dei contributi da parte di altri enti;
e vale anche per la regolazione delle posizioni di credito-debito fra il Comune e le società partecipate, senza che di tali importi (ovvero quanti dei sopra indicati

892 milioni) sia fornita separata evidenza, laddove la proposta di piano di rientro ammette che la riconciliazione fra tutte le diverse posizioni non è stata ancora completata e che «nei casi in cui l'attività di riconciliazione non sia stata portata a termine, all'interno di tale posta è stato inserito l'importo maggiore tra quello comunicato dalla società come credito e quello attestato dall'ente come debito» (pag. 19), dando così automaticamente ragione ad ogni pretesa avanzata dalle aziende che hanno in corso contratti di servizio con il Comune, e ancora, così facendo, impedendo di comprendere quanta parte di ciascuna posizione sia da ricondurre ad un vero e proprio debito fuori bilancio;
e vale altresì per i fabbisogni di ricapitalizzazione delle aziende partecipate, i quali non erano con tutta evidenza legati a obblighi giuridici maturati entro la data del 28 aprile 2008, essendo infatti i livelli di patrimonio netto residui ancora tali da non configurare obblighi di immediata ricapitalizzazione;
la proposta di piano di rientro inserisce nelle passività le spese di parte corrente maturate dall'ordinaria attività dell'amministrazione nel periodo intercorrente fra il primo gennaio e il 28 aprile del 2008, per un ammontare di 1.265,8 milioni, ma non inserisce le analoghe voci di entrata corrente che non siano state già incassate;
ciò sembra configurare un vero e proprio mostro giuridico-contabile, poiché l'amministrazione ordinaria del Comune, chiamata a far fronte alle spese correnti di soli otto mesi durante il 2008, manterrà quasi interamente la disponibilità delle risorse in entrata per l'intero anno, tenendo conto che la riscossione dell'acconto Ici avviene a giugno;
e al contrario la gestione commissariale verrà ad accollarsi, e a sua volta ad accollare allo Stato, le spese ordinarie dei primi quattro mesi dell'anno senza poter utilizzare la corrispondente quota parte delle entrate;
e ciò sembra in palese contrasto con l'articolo 162 del testo unico enti locali, nel quale è indicato che il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese;
la proposta di piano di rientro inserisce nella massa passiva l'intero stock del debito comunale, cifrato in 6,98 miliardi, accumulatosi in trent'anni e aumentato negli ultimi sette anni meno che nei venti precedenti, e comunque meno del debito dell'intera pubblica amministrazione italiana;
e ciò nonostante che il valore per abitante del debito del Comune di Roma (2.532 euro) sia inferiore a quello di tanti Comuni italiani, fra cui il Comune di Milano, che presenta alla fine del 2007 un debito di 2.782 euro per abitante;
questa impostazione sembra ampiamente discutibile, poiché l'applicazione pedissequa che l'ufficio commissariale ha seguito nell'interpretare la norma porta ad una valutazione della massa passiva comprensiva di uno stock di indebitamento la cui valutazione andrebbe più correttamente riportata a criteri di sostenibilità finanziaria nel corso del tempo;
l'applicazione dello stesso criterio alla Repubblica Italiana comporterebbe il rientro dell'intero debito pubblico accumulato, mentre invece la valutazione di equilibrio della finanza pubblica avviene definendo l'avanzo primario necessario a garantire il servizio del debito in essere;
l'applicazione di un corretto criterio dovrebbe portare l'ufficio commissariale non già a chiedere allo Stato di accollarsi l'intero debito del Comune, quanto a definire il livello dell'avanzo primario (ovvero margine operativo netto) che il bilancio ordinario del Comune dovrà essere messo in condizione di raggiungere e di mantenere nei prossimi anni;
è su questa valutazione che andrebbe definito un apporto da parte dello Stato, finalizzato non tanto a ripianare il debito quanto a sostenere un equilibrio di bilancio al cui interno la sostenibilità del debito

non comporti la contrazione dell'offerta di servizi e degli investimenti per la città Capitale della Repubblica;
si legge inoltre nella proposta di piano di rientro che «il debito del Comune nel corso degli ultimi anni è stato più volte ristrutturato ... Le varie ristrutturazioni hanno avuto come effetto un allungamento della vita media del debito e una diminuzione dell'incidenza annua degli oneri finanziari» (pag. 13) e che «la gestione commissariale ha ritenuto di non poter inserire nella massa passiva le somme relative alle aperture di credito già contrattualizzate non utilizzate alla data del 28 aprile 2008» (pag. 29), fornendo così su entrambe le questioni una valutazione che conferma quanto sostenuto dagli amministratori della precedente giunta comunale nei mesi passati, e in particolare nella relazione ufficialmente inviata dall'ex assessore al bilancio nel mese di luglio 2008 al Ragioniere Generale dello Stato, al Sindaco di Roma e al Presidente della sezione Regionale Autonomie della Corte dei conti;
la proposta di piano di rientro inserisce nella massa passiva il valore «mark to market» dei contratti derivati in essere, i quali derivano dall'obbligo di legge di copertura dal rischio di tasso per emittenti, come il Campidoglio, di titoli a lungo termine a tasso fisso, e anche tale scelta è da ritenersi del tutto immotivata, poiché implicherebbe la volontà di chiudere quei contratti, opzione che non sembra affatto conveniente nell'attuale congiuntura, e di cui comunque la proposta di piano non presenta una valutazione costi-benefici;
la proposta di piano di rientro tratta in modo indistinto voci di contabilità finanziaria e voci di contabilità economica, e in particolare afferma che «le ingenti anticipazioni effettuate in favore delle società partecipate (718,7 milioni) e non restituite, oltre a rappresentare una delle difficoltà determinanti delle difficoltà di cassa ... sono un sintomo delle problematiche finanziarie dell'aggregato di società di cui il Comune è azionista» (pagg. 13-14);
ma si dimentica però di riferire che tale problematica ha origine dai mancati versamenti, protrattisi per oltre due anni e mezzo, dei contributi dovuti dalla Regione Lazio per i servizi minimi del trasporto pubblico locale, il cui ammontare è stato stimato dalla Ragioneria Generale dello Stato, nella relazione di giugno 2008, in 765 milioni, e che quindi né il Comune né le aziende pubbliche, in particolare quelle del trasporto, possono essere ritenuti responsabili di tali difficoltà finanziarie, le quali sono state strumentalmente agitate in una scomposta campagna politica e giornalistica -:
se sia intenzione del Governo assumere senza contraddittorio la proposta di piano di rientro presentata dall'ufficio commissariale o se invece il Governo intenda procedere ad una valutazione attenta e rigorosa di tale proposta, così come ad esempio è avvenuto e avviene nel caso dei piani di rientro sanitari di alcune Regioni;
se sia intenzione del Governo sollecitare mediante apposite prescrizioni l'ufficio commissariale e di conseguenza l'amministrazione comunale ad avere una maggiore attenzione e cura nei confronti delle entrate, come ad esempio nel caso delle vendite degli alloggi sociali e degli accertamenti dei contributi regionali citati nelle premesse;
se sia intenzione del Governo sollecitare, mediante apposite prescrizioni l'ufficio commissariale e di conseguenza l'amministrazione comunale verso un contenimento delle proposte di incrementi di spesa, con particolare riferimento a quelle che con tutta evidenza risultano giuridicamente non obbligatorie alla data del 28 aprile 2008, di cui tanti esempi vengono citati nelle premesse;
se sia intenzione del Governo accettare l'impostazione proposta nel piano di rientro, in particolare la richiesta di ripianamento dell'intero stock del debito, pur essendo tale ammontare inferiore in termini relativi a quello di tanti altri Comuni italiani;

se il Governo al contrario non intenda prescrivere un piano del tutto diverso e trasparente, chiedendo all'ufficio commissariale e al Comune di Roma una proiezione nel tempo di quali siano gli equilibri fra le spese e le entrate comunali necessari per garantire i servizi essenziali e gli investimenti prioritari per la città Capitale della Repubblica, oltre che per assicurare la sostenibilità del debito, ancorando così a questa previsione strutturale l'apporto aggiuntivo di risorse di cui Roma ha bisogno, come il gruppo del Partito Democratico ha proposto in sede di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008;
se il Governo, in conclusione, intenda, nell'ambito del piano di rientro, intervenire a sostegno di Roma chiedendo all'amministrazione commissariale, impegni cogenti e monitorabili in termini di servizi da fornire alla città e di investimenti da realizzare, all'interno di un progetto coerente per il futuro di Roma che oggi invece ad avviso degli interpellanti sembra del tutto assente, annegato dentro una richiesta di rimborso «a piè di lista» di una serie di voci tanto lunga quanto dubbia.
(2-00192)
«Causi, Gasbarra, Argentin, Bachelet, Carella, Coscia, Gentiloni Silveri, Giachetti, Amici, Madia, Meta, Morassut, Pompili, Recchia, Rugghia, Tidei, Tocci».

Interrogazione a risposta orale:

BOCCIA e VICO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con delibera Cipe, il Governo ha assegnato, a valere su Fondi FAS, un contributo a fondo perduto pari a 140 milioni di euro al Comune di Catania per far fronte alla grave crisi di liquidità che attanaglia quella amministrazione e che mette in dubbio la possibilità di pagare gli stipendi dei dipendenti comunali;
il Cipe ha formalmente finanziato una serie di piccole opere pubbliche ma, di fatto, le risorse serviranno a far fronte ai più urgenti fabbisogni di cassa dell'amministrazione;
da un'indagine degli ispettori della Ragioneria generale dello Stato, dello scorso anno, risulterebbe che il debito della città di Catania avrebbe superato i parametri previsti dalla legge e che la stessa si troverebbe in una situazione sostanziale di dissesto;
il Governo Prodi con il decreto-legge n. 159 del 2007 poi convertito in legge, aveva destinato 150 milioni di euro per aiuti a favore di enti dissestati; tale intervento era ovviamente subordinato alla dichiarazione di dissesto, all'applicazione della procedura semplificata che di fatto consente una consistente e immediata riduzione dei debiti attraverso transazioni con i creditori, e la nomina di un organo straordinario di liquidazione. Tutti elementi fondamentali ai fini del rispetto della par condicio creditorum e del corretto utilizzo delle somme stanziate per la riconduzione in bonis degli enti in questione;
l'attribuzione a fondo perduto al Comune di Catania di tali somme, che costituirebbero comunque solo una boccata di ossigeno nella ormai non più sostenibile situazione finanziaria e debitoria della città di Catania, senza la preventiva dichiarazione di dissesto, non offre alcuna garanzia, ai cittadini catanesi in primis e a tutti i cittadini italiani, che tali risorse vengano utilizzate nell'interesse della città e creano comunque situazioni di disparità fra abitanti di città diverse in condizioni simili di difficoltà finanziarie. In caso di dissesto dichiarato, infatti, i cittadini hanno la garanzia di un nuovo raccordo tra l'organo straordinario di liquidazione e le autorità di vigilanza, la Corte dei conti e la stessa Procura della Repubblica; c'è là certezza della corresponsabilità attraverso

il pagamento delle imposte locali al massimo per tutto il periodo della procedura secondo le aliquote massime previste dalla legge e i creditori, inoltre in caso di attuazione della procedura semplificata ex art 258 del Tuel (decreto legislativo n. 267 del 2000), vedono il proprio credito decurtato di una percentuale che va dal 40 per cento al 60 per cento a seconda dell'epoca di maturazione del credito stesso -:
a quanto ammonti effettivamente il debito complessivo e i debiti fuori bilancio accertati dagli ispettori della Ragioneria generale dello Stato del Comune di Catania;
a che titolo si siano utilizzati fondi Fas per coprire nella sostanza il fabbisogno di cassa della città di Catania;
perché non si sia proceduto alla dichiarazione di dissesto del Comune di Catania, nonostante gli accertamenti degli ispettori della Ragioneria dello Stato, quale premessa fondamentale di garanzia per i creditori dell'Ente, per i cittadini catanesi sul corretto utilizzo delle risorse che il Governo potrebbe ulteriormente destinare al salvataggio del Comune e soprattutto al fine di bloccare l'aumento stesso dei debiti.
(3-00199)

Interrogazione a risposta scritta:

CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in località Ciorlucca di Alice Castello (Vercelli) è stata aperta una nuova discarica di proprietà della «ENXK - Srl» di Pozzolo Formigaro (Alessandria), subentrata alla «Idea Ambiente 2006 - Srl» di Varallo Sesia (Vercelli), senza regolare collaudo dei lavori di approntamento;
non è stato effettuato il controllo finale per accertare se le prescrizioni stabilite dalle leggi in materia e dal documento autorizzativi erano state rispettate;
la Provincia di Vercelli ha «consentito» l'entrata in esercizio della discarica in violazione di norme di leggi tassative e fondamentali per la tutela della sicurezza ambientale e idrogeologica del territorio e della salute dei cittadini della zona;
l'articolo 9, commi 2 e 3 del decreto legislativo n. 36 del 2003, attuativo della direttiva 1999/31 della Comunità Europea relativa alle discariche di rifiuti, stabilisce infatti che «Prima dell'inizio delle operazioni di smaltimento di una nuova discarica l'autorità territorialmente competente verifica che la discarica soddisfi le condizioni e le prescrizioni alle quali è subordinato il rilascio della autorizzazione medesima», a partire da quelle dettate dal suddetto decreto legislativo e dai suoi allegati 1 e 2, aggiungendo altresì in maniera quanto mai chiara e in equivoca che «l'esito positivo della ispezione costituisce condizione di efficacia della autorizzazione all'esercizio» -:
di quali elementi disponga il Ministro con riferimento alla vicenda descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare.
(4-01444)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

RAZZI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Circolo Italiano di Locarno è un'associazione apolitica, aconfessionale, con fini culturali, ricreativi, assistenziali, senza fini di lucro, sorta nel 1906;
gli interessi culturali si sono fino ad oggi espressi con attività teatrali, musicali, mostre, visite ai musei e conferenze;

attualmente i soci sono 204, quasi tutti con tessera famiglia, perciò di fatto le persone che fanno parte dell'associazione sono almeno il doppio;
il Circolo Italiano di Locarno, ha sede nella Casa d'Italia che è stata costruita dall'Unione Italiana di Mutuo Soccorso Fratellanza Mutua Educativa nel 1907-1908 e inaugurata circa 100 anni fa, il 20 settembre 1908;
la struttura divenne proprietà dello Stato Italiano nel 1938 e da allora funge da punto di incontro degli italiani residenti a Locarno;
infatti, nella Casa d'Italia hanno sede numerose Associazioni Italiane del Locarnese fra cui la Società Italiana di Mutuo Soccorso, il Comites, l'Associazione Nazionale Mutilati e invalidi di Guerra eccetera;
l'attuale Governo, nel quadro di una procedura di dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato, ha disposto l'alienazione dello stabile e, quindi, ha richiesto al Consolato Generale di Lugano di liberare al più presto i locali della Casa d'Italia;
facile immaginare il danno che i nostri connazionali subirebbero vista l'importanza del luogo come punto di incontro della comunità italiana a Locarno -:
se non ritenga di dover intervenire per scongiurare la vendita della summenzionata Casa d'Italia;
se, in alternativa, sia ipotizzabile l'assegnazione di una nuova sede per la Casa d'Italia;
come verranno utilizzate le risorse derivanti dalla vendita dell'immobile.
(4-01439)

RAZZI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Società Heikon SA di Lugano ha stipulato con la Media Partners & Silva Limited un contratto di licenza per i diritti di trasmissione delle partite del Campionato Italiano di serie A nel territorio elvetico;
la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana (TSI) ha, a sua volta, acquistato dalla Società Heikon SA di Lugano, i diritti di trasmissione live di una partita per turno di campionato (in sostanza, secondo contratto - salvo eccezioni - il posticipo domenicale);
TSI ha però dovuto cancellare dalla sua programmazione tutte le partite poiché la società Media Partners & Silva Limited, detentrice dei diritti internazionali dello stesso, ha deciso di non più fornire a TSI alcun segnale televisivo delle partite stesse adducendo presunte violazioni del contratto;
secondo Media Partners, infatti, e secondo SKY, TSI (e quindi le partite in questione) sarebbe visibile in un'area troppo vasta del territorio italiano la qual cosa non corrisponde con la situazione denunciata da molti italiani che vivono nella fascia di confine e che lamentano di non poter vedere TSI;
TSI, dal canto suo, ha dichiarato di diffondere le proprie emissioni rispettando le concessioni assegnate ai vettori europei con gli accordi internazionali RRC06 (ITU, International Comunication Union) / GE06 (Regional Radio Conference, Ginevra 2006) che disciplinano anche il cosiddetto overspill frontaliero;
tali concessioni, che sono pubbliche e quindi accessibili, sono ratificate anche in un accordo bilaterale stipulato fra Svizzera e Italia;
tutti i ripetitori TSI diffondono su frequenze regolarmente assegnate alla Svizzera e l'overspill frontaliero derivato da questo diritto di copertura è unicamente un inevitabile sforamento tecnico, come già detto internazionalmente regolato e accettato, nonostante Media Partners & Silva Limited ne abbia fatto motivo di sospensione del servizio;

TSI peraltro, trasmette sotto il diretto controllo di Swisscom cui il Ministero delle comunicazioni svizzero ha affidato appunto tale compito di sorveglianza, la qual cosa è ulteriore garanzia di rispetto dei parametri dettati dagli accordi internazionali;
in data 9 ottobre, Swisscom ha effettivamente certificato la regolarità delle emissioni del segnale TSI i cui attuali parametri di trasmissione risultano tutti conformi alla concessioni nazionali che si rifanno scrupolosamente a quelle internazionali;
c'è da aggiungere che, dal canto suo, TSI ha sempre tollerato che RAI e Mediaset trasmettessero in Svizzera via cavo (l'85 per cento dei televisori svizzeri ricevono i programmi via cavo tutti i programmi del loro palinsesto, senza oscurare dunque quelli - e sarebbero tanti - per i quali RAI e Mediaset hanno acquisito diritti solo per l'Italia;
TSI lamenta così un ingiustificato ed arbitrario venir meno agli impegni contrattualmente presi dalla Media Partners che bloccando la fornitura del segnale televisivo delle partite, ha privato gli spettatori del canale svizzero di un programma che stava destando grande entusiasmo fra gli italofoni che in Svizzera sono circa 1 milione (includendo tutti coloro che hanno un'identità culturale italofona);
per gli italiani residenti all'estero, come l'interrogante, lo sport è un valore che permette di far crescere nei propri figli il senso della competizione, ma anche il valore sociale dello stare insieme, il senso del confronto, ma anche quello dell'appartenenza, la determinazione, la tenacia, ma anche la creatività, l'imprevedibilità tutta italiana, così apprezzata nel mondo;
naturalmente TSI adirà le vie legali per definire se non altro il danno economico e di immagine subito nella vicenda -:
se il Governo sia a conoscenza di un così grave accaduto che riguarda molto da vicino i nostri concittadini all'estero;
se il Governo, nel rispetto dell'autonomia contrattuale delle parti e delle decisioni della magistratura svizzera, non intenda attivarsi presso il Ministero delle comunicazioni svizzero affinché un puntuale rispetto degli accordi internazionali sull'overspill frontaliero consenta di tutelare il legittimo diritto dei nostri connazionali di assistere a quegli eventi che li possano far sentire ancora parte integrante della comunità nazionale.
(4-01446)

TESTO AGGIORNATO AL 29 GIUGNO 2010

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

RUVOLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 152 del 1999 prevede l'approvazione di un decreto attuativo per la riutilizzazione delle acque reflue depurate, altrimenti destinate a perdersi, da indirizzare al settore agricolo e industriale;
allo stato attuale il decreto in questione risulta non essere ancora stato emanato seppur, a quanto pare, in corso di avanzata istruttoria ed elaborazione;
nel luglio dello scorso anno l'allora ministro delle politiche ambientali, onorevole Pecoraro Scanio, aveva pubblicamente dichiarato che avrebbe provveduto celermente all'emanazione del testo per consentire al settore agricolo di ottenere uno strumento idoneo capace di garantire una grande mano d'aiuto per fronteggiare la crisi in cui versa;
il governo attuale non ha ancora provveduto a risolvere la questione e il settore agricolo continua a sostenere pesanti problematiche, accentuate inoltre, dalle condizioni climatiche generali che provocano una maggiore siccità e un incremento della desertificazione dei terreni;

nell'attuale fase legislativa che vede in corso di approvazione numerosi e importanti provvedimenti concernenti gli investimenti in infrastrutture strategiche e di interesse nazionale, appare indispensabile inserire specifiche norme per l'agricoltura e in particolare un «Piano» sull'utilizzo delle acque reflue -:
quale sia l'effettivo stato dell'iter, per l'emanazione del decreto in oggetto e se non intenda attivarsi per predisporre un completo «Piano nazionale per l'utilizzo delle acque reflue» che consentirebbe un risparmio notevole per usi potabili, garantendo ai cittadini un migliore utilizzo delle acque.
(3-00198)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LUSSANA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 29 aprile 2002, la società Italgen S.p.a. ha inoltrato al Ministero competente richiesta di autorizzazione unica ai sensi della legge 9 aprile 2002, n. 55, per la realizzazione di una nuova centrale termoelettrica a Villa di Serio, nella provincia di Bergamo, e per le opere connesse;
nell'ambito del procedimento di autorizzazione unica, in sede della prima conferenza di servizi tenutasi in data 4 giugno 2002 presso l'allora Ministero delle attività produttive, i ministeri competenti hanno chiesto alla società lo studio di impatto ambientale, il progetto del metanodotto e dell'elettrodotto, nonché la copertura del 2 per cento dell'energia prodotta dall'impianto con energia prodotta da fonti rinnovabili;
in data 25 luglio 2002, la società Italgen S.p.a. ha presentato e pubblicato lo studio di impatto ambientale ed il progetto di un metanodotto (lungo 39,850 Km, del diametro di 50 cm e di una pressione di esercizio di 75 bar), da realizzare ex novo, e le modifiche da apportare all'elettrodotto esistente, quali opere connesse al progetto della centrale;
in data 17 gennaio 2003, la società Italgen S.p.a. ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio approfondimenti e modifiche al progetto originario, sembrerebbe senza ottemperare a quanto richiesto ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 79 del 1999 e omettendo la pubblicazione sui quotidiani dell'avviso al pubblico;
in data 18 novembre 2003, la Giunta provinciale di Bergamo ha adottato la delibera n. 612 prot. 128705, avente come oggetto: «Studio d'impatto ambientale per la centrale a ciclo combinato da 190 MWe nel comune di Villa di Serio», ove ha espresso parere di non compatibilità ambientale in merito al progetto del nuovo metanodotto definendolo «non tanto opera connessa alla centrale (...) quanto una nuova dorsale distributiva della società Snam»;
in data 11 dicembre 2003, con decreto via 2003/0795, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha espresso giudizio positivo con prescrizioni circa la compatibilità ambientale del progetto proposto da Italgen S.p.a. per la realizzazione dell'impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato in Comune di Villa di Serio (Bergamo) e delle cosiddette opere connesse;
la Giunta regionale lombarda, agli effetti del raggiungimento dell'intesa di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55, ha espresso parere negativo in merito all'intero metanodotto, tenendo in considerazione sia il disposto della delibera n. VII/873 del Consiglio regionale lombardo del 31 luglio 2003 (adottata all'unanimità dei presenti), sia le gravi ed insuperabili criticità ambientali (e non edilizio-urbanistiche come erroneamente affermato da Italgen), evidenziate nelle diverse fasi istruttorie;
tale parere contrario è stato confermato dalla delibera n. VII/18169 del 14 luglio 2004 della Giunta regionale della

Lombardia ed è stato recepito in data 16 luglio 2004 dalla conferenza di servizi che ha deciso di aggiornare i lavori della Conferenza stessa solo a seguito dell'attuazione, da parte della società, delle richieste contenute nel dispositivo della richiamata delibera della Giunta regionale;
la Giunta regionale ha ritenuto l'opera accessoria del metanodotto «eccessiva», in particolare se rapportata all'incremento della potenza installata, e tale da porre il progetto in parziale contrasto con i criteri espressi al paragrafo 4.3 degli «Indirizzi per la politica energetica regionale» (DCR 674 del 3 dicembre 2002), e ha chiesto soluzioni progettuali alternative per il metanodotto in progetto, intese a risolvere in via esaustiva le carenze e le problematiche evidenziate dalle diverse fasi istruttorie, nonché le obiezioni degli Enti locali interessati, anche prospettando, ove necessario, una rimodulazione della potenza elettrica prevista;
in data 27 luglio 2007, la società Italgen, ai fini di una nuova e parziale istruttoria di Via, ha depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e presso la Regione Lombardia una semplice variante di «una parte» del tracciato del metanodotto originario e non un progetto alternativo organico dell'intero tracciato, come richiesto dalla Regione Lombardia;
la variante prospettata provoca l'ulteriore allungamento dell'infrastruttura che passa da 39,850 Km ad otre 43 Km, lunghezza alquanto irragionevole per un'opera connessa;
la lunghezza dell'opera in combinazione con il disposto della delibera regionale renderebbe indispensabile l'espletamento di una procedura di Via autonoma e nuova sull'intera opera;
Italgen dichiara che la nuova centrale termoelettrica in progetto a Villa di Serio necessita per il suo funzionamento di una portata di gas non esistente nei pressi della centrale. Ciò si contraddice con i dati del progetto che fa riferimento ad un tubo di alimentazione per il gas naturale avente il diametro di 250mm e una pressione massima di esercizio di 24 bar;
sul territorio bergamasco esistono già altri metanodotti a cui si può allacciare la nuova centrale Italgen, in grado di soddisfare le sue effettive necessità, tra cui quello di Boltiere-Seriate avente il diametro di 400mm (metanodotto 1a specie); tale metanodotto era stato scelto dalla società Atel Centrale Elettrica Bergamo s.r.l. per alimentare la nuova centrale di Stezzano di 433 MWe (DN 300/75 bar), a tutt'oggi non autorizzata, e pertanto potrebbe essere utilizzato per la centrale Italgen;
la società Snam Rete Gas S.p.a. sta completando il progetto di potenziamento della rete di distribuzione di metano nella Lombardia orientale come previsto dal piano d'azione energetico della Lombardia approvato dalla D.G.R. n. VIII/4916; nella provincia di Bergamo sono già in corso di realizzazione i tratti Travagliato-Mornico al Serio (Bergamo) Mornico al Serio-Zanica (Bergamo);
la variante del tracciato del metanodotto progettato da Italgen ha le connotazioni di una vera e propria dorsale di distribuzione, sia come dimensioni che come punti di allaccio; infatti lungo il percorso presenta ben 6 punti di derivazione importante (P.I.D.I.), di cui 3 richiesti dai comuni interessati come condizione per aderire al progetto di Italgen, e 4 punti di intersezione di linea (possibili futuri P.I.D.I.);
l'eventuale dorsale di distribuzione è in contrasto con il programma energetico regionale, di cui alla delibera della Giunta regionale lombarda n. 12467 del 21 marzo 2003 (che recepisce gli indirizzi per la politica energetica di cui alla delibera 674 del 3 dicembre 2002 del Consiglio regionale lombardo, sulla base della quale è stato espresso il primo parere negativo della regione Lombardia), e con il piano d'azione per l'energia della Regione, di cui alla delibera della Giunta regionale lombarda VIII/4916 del 15 giugno 2007;

i comitati locali, associazioni, comuni e soggetti interessati hanno presentato osservazioni al progetto di variante, documentando la particolarità dei terreni attraversati dal metanodotto, sia per le coltivazioni pregiate di vitigni per la produzione di vini D.O.C. Valcalepio sia per la grave situazione geologica ed idrogeologica delle aree collinari di Scanzorosciate e Seriate, aggravata da precedenti interventi invasivi legati alla realizzazione della strada provinciale 671, che in Seriate lungo i fianchi della Collina di Comonte hanno causato smottamenti di terreno denunciati nella perizia del C.T.U. del Tribunale di Bergamo del 1994;
in data 28 febbraio 2008, la società Italgen ha depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le controdeduzioni alle osservazioni, alle quali hanno avuto accesso come previsto dalla legislazione vigente i soggetti interessati. Le argomentazioni di Italgen a volte si contraddicono con i recenti pronunciamenti degli Enti territoriali competenti, a volte considerano le criticità ambientali semplici interferenze edilizie urbanistiche, a volte propongono soluzioni che vanno a danneggiare opere e/o infrastrutture pubbliche, spesso rimandando il superamento delle criticità ad un futuribile progetto definitivo di dettaglio successivo all'ottenimento dell'autorizzazione unica da parte del Ministero dello sviluppo economico;
in data 22 febbraio 2008, la Provincia di Bergamo - Settore tutela risorse naturali - Servizio aree protette ha presentato una semplice relazione che esprime parere favorevole in merito ai tratti di variante proposti dalla società. Tale relazione, in contrasto con la delibera 612/2003 della Giunta provinciale che aveva espresso parere contrario al progetto dei metanodotto, non è mai stata approvato dalla Giunta Provinciale. La relazione ignora completamente la precedente delibera provinciale e non rileva in quale modo la variante proposta abbia superato le molteplici e gravi criticità ambientali e procedurali denunciate in precedenza. Inoltre, la relazione provinciale non affronta le ulteriori criticità ambientali connesse ai tratti di variante del metanodotto in progetto, nonostante fosse al corrente delle criticità documentate dal Comune di Seriate e dalla proprietà della Collina di Comonte, e si limita solo ad esprimere raccomandazioni alla società affinché la stessa adotti, a sua discrezione, le eventuali soluzioni alle problematiche legate a punti che possono essere ritenuti critici, facendo uso delle migliori tecniche disponibili e attenendosi alle ulteriori prescrizioni che le autorità competenti porranno al riguardo;
in data 3 ottobre 2008, il gruppo istruttore Via del Ministero dell'ambiente, alla presenza dei tecnici Italgen e Snamprogetti e dei responsabili dei procedimento della Provincia e della Regione Lombardia, ha effettuato un sopralluogo lungo il percorso relativo ai tratti di variante in esame;
l'amministratore e i tecnici della società Immobiliare Lucrezia srl, proprietaria della parte di Collina di Comonte in Seriate, soggetta a vincolo ambientale-paesaggistico ex articolo 136 decreto legislativo n. 22 gennaio 2004, n. 42 ed interessata dall'attraversamento, casualmente presenti durante il sopralluogo, hanno colto nei Commissari ministeriali la volontà di comprendere le criticità dei luoghi, già documentate nelle osservazioni, e le ragioni della proprietà;
diversamente, i tecnici Italgen e Snamprogetti sembra che abbiano mostrato la loro determinazione nel voler comunque trovare una qualsiasi soluzione per realizzare ad ogni costo l'opera, ignorando la valenza ambientale dell'unica collina di Seriate, la sua grave situazione geologica ed idrogeologica, ma soprattutto la pericolosità di qualsiasi altro intervento che comprometterebbe in modo definitivo il denunciato fragilissimo equilibrio esistente;
a seguito della serie di deliberazioni e soluzioni proposte dai vari enti interessati al procedimento amministrativo, i cui contenuti sono in palese contraddizione

tra loro (nel senso che taluni soggetti e/o enti propongono e deliberano soluzioni giudicate non fattibili da altri enti), la società Immobiliare Lucrezia, con nota del 29 settembre 2008, ha chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare lo svolgimento di un'inchiesta pubblica e/o in subordine di un contraddittorio con la società proponente il progetto, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 articolo 29, comma 2 e comma 4, nel testo vigente alla data di presentazione dell'istanza di variante -:
se il Ministro non intenda, prima della conclusione del procedimento di Via della variante al tracciato di metanodotto a servizio (anche e non solo) della Centrale termoelettrica Italgen di Villa di Serio (Bergamo), procedere allo svolgimento di un'inchiesta pubblica, per l'esame dello studio presentato dal proponente, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni del pubblico, ovvero, in subordine, allo svolgimento di un contraddittorio tra il proponente e i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 29, comma 2 e comma 4 (nel testo vigente alla data di presentazione dell'istanza di variante).
(5-00507)

Interrogazione a risposta scritta:

ALLASIA e STUCCHI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da alcuni anni sono in corso a San Lorenzo al Mare (Imperia) lavori per la realizzazione della nuova rete ferroviaria ligure;
contestualmente, nel rio sito nelle vicinanze del cantiere, denominato «Rio Inferno», si è formata una notevole quantità di fanghi presumibilmente di natura cementizia;
conseguentemente gli stessi, immessi nel mare, all'altezza della Via Aurelia n. 1, in prossimità della spiaggia e del nuovo porto turistico, hanno ricoperto il fondale con una spessa patina bianca;
per tale motivo, i numerosi residenti hanno provveduto in più occasioni a segnalare la gravità della situazione all'ARPA e alla Guardia Costiera;
a seguito di tali segnalazioni, è ultimamente intervenuta la ditta Cossi Srl al fine di effettuare la pulizia del letto del fiume;
ciononostante, a cadenze periodiche, da Rio Inferno vengono immesse nel mare sostanze inquinanti e, durante l'estate 2006, diversi bagnanti hanno riportato infezioni all'apparato acustico mai riportate in passato -:
se il Ministro interrogato non intenda assumere le iniziative opportune.
(4-01441)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

GRIMOLDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerosi articoli comparsi sin dallo scorso mese di Maggio sulla cronaca locale di alcuni quotidiani della Provincia di Grosseto, danno notizia di possibili pesanti truffe commesse da un promotore fido di Unipol Banca, operante nella zona nord di quella Provincia, morto nello stesso mese, nei confronti di molti risparmiatori locali;
il promotore, confidando nella personale fiducia nutrita dagli stessi nei suoi confronti, si sarebbe fatto versare nelle proprie mani ingenti somme di denaro liquido, ricevendo in cambio ricevute senza firma, o assegni a lui intestati, comunicando successivamente ai clienti, su documenti presumibilmente contraffatti, gli interessi conseguiti alla scadenza

dei titoli, alcuni dei quali sarebbero addirittura risultati inesistenti sul mercato finanziario internazionale;
la sede centrale di Bologna di Unipol Banca emise un sollecito comunicato stampa, nel quale comunicava di aver avviato le procedure di ispezione e di verifica delle singole posizioni evidenziate, avviando contestualmente un canale relazione preferenziale con i clienti potenzialmente interessati, con l'obiettivo di fornire loro le necessarie tutele e garanzie;
l'operazione di monitoraggio condotta da Unipol Banca avrebbe condotto a risultati non soddisfacenti per i clienti, alcuni dei quali, assistiti da professionisti e da associazioni di difesa dei consumatori, verificando il mancato investimento delle somme di denaro consegnate al promotore finanziario nei promessi fondi bancari od obbligazionari, hanno constatato, invece, l'investimento delle medesime somme in fondi azionari cinesi in dollari Usa, ad elevato rischio;
la medesima Banca, dopo aver inizialmente minimizzato la situazione, si troverebbe a dover fronteggiare un ammanco di denaro stimato in circa 8 milioni di euro, di importo ben superiore ad altri casi simili già arrivati all'attenzione della pubblica opinione ed oggetto di atti di sindacato ispettivo parlamentare;
i medesimi soggetti avrebbero in animo di adire le vie legali nei confronti di Unipol Banca per accertare l'eventuale responsabilità oggettiva della Banca ex articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 58 del 1998, successive modificazioni e integrazioni conseguente alla possibile condotta dolosa del promotore che, secondo giurisprudenza, ricorrerebbe quando sia dimostrato il mancato rispetto degli interessi preponderanti del risparmiatore;
il regolamento approvato con Delibera Consob n. 11522 del 1998, e successive modificazioni e integrazioni, prevede che gli intermediari autorizzati debbano comunque assicurare un'adeguata vigilanza interna sulle attività svolte dal personale addetto e dagli stessi promotori e che gli intermediari abilitati sono vincolati a controllare che i propri dipendenti, collaboratori e promotori finanziari non pongano in essere comportamenti pericolosi, ritenuti pericolosi o indicativi di situazioni di pericolo per il risparmio pubblico e per il mercato;
tali discutibili comportamenti continuano a lasciare i risparmiatori senza un'efficiente tutela, costringendoli ad inseguire un improbabile recupero delle proprie somme investite con iniziative giudiziarie civili o penali, a fronte della frequente indisponibilità dei soggetti titolati (Banche, Sim) ad intervenire per tutelare il risparmiatore -:
se non intenda assumere iniziative normative volte a rafforzare la tutela degli utenti del sistema bancario a fronte delle vicende descritte in premessa, anche con riguardo alla responsabilità delle banche.
(4-01443)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

MELIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le strutture giudiziarie del territorio di Nuoro, regione estesa in un bacino di 140.000 abitanti, tradizionalmente tra quelle più a rischio quanto ad emergenza criminale (vi si sono verificati dal 2005 ad oggi 55 omicidi dei quali, secondo autorevoli fonti ne sarebbero stato risolti solo il 10 per cento), versano da tempo in condizioni di estrema carenza di organico;
in particolare nella Procura di Nuoro, su un organico di un capo e sei sostituti, due sostituti sono stati di recente

trasferiti in altra sede mentre la domanda di trasferimento di altri due è all'esame del Csm;
per altro ugualmente critica si presenta la situazione in altre sedi limitrofe: Tempio, con una criminalità di qualità crescente, ha un organico di un capo e quattro sostituti dei quali due sono già trasferiti, uno è assente per gravidanza; Lanusei è rimasto per un anno e mezzo con un unico sostituto, che da sola ha retto l'ufficio; Sassari, dove l'organico prevede un capo e nove sostituti, vede attualmente in servizio solo sette sostituti (per altro virtuali, dato il frequente impiego a scavalco in sedi limitrofe);
risulta quasi impossibile coprire i posti scoperti, come dimostra il fatto che l'ultimo concorso interno per la copertura di posti vacanti (circa 200 in tutte le Procure d'Italia) ha avuto in Sardegna effetti praticamente nulli: nessuna domanda sul posto vacante a Lanusei, nessuno ai due posti alla Procura di Oristano, ai due di Nuoro, ai due di Tempio e ai due di Sassari;
non migliore risulta essere l'assetto della magistratura giudicante, avendo il Tribunale di Nuoro 13 giudici in organico, dei quali solo 9 effettivamente in servizio ma 2 già in via di trasferimento ad altra sede e dei 7 rimanenti 2 (rispettivamente presidente di sezione e presidente di Corte d'assise) prossimi a compiere gli otto anni nelle funzioni;
una recentissima riunione della giunta esecutiva dell'Anm svoltasi proprio a Nuoro ha messo in evidenza con toni di giustificato, vivo allarme la situazione della Sardegna e di Nuoro, avvertendo che alcune procure sarde, anche per il sopravvenire delle recenti norme che vietano ai magistrati di prima nomina l'accesso alle funzioni giudicanti monocratiche e di pubblici ministeri, rischiano letteralmente l'estinzione -:
se non ritenga di dover affrontare la questione della copertura dei posti in Sardegna anche con provvedimenti ad hoc, che, tenendo conto dell'insularità, della particolare condizione disagiata delle sedi e dell'urgenza di provvedere, a fronte di una domanda crescente alla quale le strutture attuali non sono in grado di dare tempestiva risposta, prevedano eccezionalmente la non applicazione almeno in via temporanea alla regione del divieto ai giudici di prima nomina ad accedere alle funzioni giudicanti monocratiche e di pubblico ministero.
(5-00515)

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre del 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario e nel novembre del 2004 sono state pubblicate le graduatorie (sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei);
nel luglio 2004 è stata autorizzata l'assunzione di solo 102 idonei, divenuti 154 a fine luglio e, a settembre dello stesso anno, 248 (questi primi vincitori sono stati assunti solo in 4 regioni del Nord: Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto);
il comma 97, dell'articolo 1, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 30 dicembre 2004 - pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 2004) ha previsto che: «Nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata l'immissione in servizio: [...] c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002; [...]». Tale previsione permette di coprire le forti carenze delle piante organiche del Ministero della giustizia (pari a più di un terzo rispetto a quelle previste con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2002);

in data 27 luglio 2005 la Camera dei deputati (seduta n. 663) ha sottoposto al Governo un ordine del giorno (n. 9/6016/11 - firmatari: Dell'Anna, Emerenzio Barbieri, Mancini, Santori, Caminiti, Leccisi, Lazzari, Lisi) con cui si chiedeva l'impegno del Governo a reperire le risorse necessarie ad assumere i restanti vincitori e tutti gli idonei al Concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari C1 ed il Governo, nella persona del sottosegretario di Stato Learco Saporito, ha accettato l'ordine del giorno ed ha assunto l'impegno a reperire le risorse necessarie ad assumere i vincitori e gli idonei;
in data 3 agosto 2005 il Consiglio dei ministri ha autorizzato l'assunzione di 350 ufficiali giudiziari C1 (quindi, tutti i restanti 185 vincitori e 165 idonei, stavolta giustamente, anche i vincitori del Sud e, proporzionalmente, gli idonei in tutte le Regioni);
tra il 2004 ed il 2005, si sono susseguite circa 60 interrogazioni parlamentari, provenienti dalle diverse forze politiche, con cui sono state sollecitate le assunzioni dei vincitori ed idonei al concorso cui all'oggetto;
in data 15 dicembre 2005 la Camera dei deputati (seduta n. 720) ha sottoposto al Governo due ulteriori ordini del giorno sul progetto di legge di bilancio 9/06177/157 - presentato dall'onorevole Buemi; e, 9/06177/100 - firmatari: Bonito, Lucidi, Finocchiaro, Kessler, Carboni, Magnolfi, Grillini, Siniscalchi) con cui si è tornati a chiedere l'impegno del Governo ad assumere gli idonei, (O.D.G. accettato dal Governo nella persona dell'onorevole Giuseppe Vegas);
in data 1o dicembre 2006 sono stati assunti 99 cancellieri C1 attingendo dalla medesima graduatoria a seguito di autorizzazione intervenuta nel mese di marzo 2006 (decreto del Presidente della Repubblica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2006);
nel 2007 vengono autorizzate n. 230 nuove assunzioni, anche stavolta come cancellieri, attinti ugualmente dalla graduatoria ufficiali giudiziari, che a seguito di numerose rinunce, defalcano la graduatoria, rimanendo attualmente in graduatoria in tutta Italia un numero di idonei equivalente a circa 100 persone;
l'assunzione dei restanti idonei può contribuire a sanare le carenze del sistema giustizia -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire al fine di promuovere tutte le iniziative idonee ad ottenere l'assunzione dei rimanenti idonei al concorso in questione entro il 2008, anno in cui scade irrimediabilmente la graduatoria, con grave ed estremo pericolo per sole 100 persone (e rispettive famiglie) di vedere vanificate per sempre le speranze di essere assunte.
(5-00516)

Interrogazione a risposta scritta:

TADDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 15, comma 5, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, modificato dall'articolo 2 del decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, convertito nella legge 18 luglio 2003, n. 180, recante: «Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, secondo cui occorre effettuare gli abbinamenti mediante sorteggio tra i candidati individuati ai sensi dell'articolo 9 comma 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n. 101 e le sedi di Corte di Appello ove avrà luogo la correzione degli elaborati scritti»;
il sorteggio è effettuato previo raggruppamento delle sedi di Corte di Appello che presentino un numero di domande di ammissioni sufficientemente omogeneo al fine di garantire l'adeguatezza tra la com-

posizione d'esame e il numero di candidati di ciascuna sede;
con Decreto Dirigenziale 5 dicembre 2005 sono stati individuati i raggruppamenti delle sedi di Corte di Appello che presentano un numero di domande di ammissione sufficientemente omogenee;
con detto Decreto Dirigenziale la Corte di Appello di Potenza è stata inserita nel Gruppo A insieme alle Corti D'Appello di Trento, Trieste, Perugia, Campobasso, Caltanissetta;
dall'entrata in vigore della novella legislativa, gli elaborati dei candidati della Corte di Appello di Potenza sono stati corretti il primo anno dalla corte di Appello di Perugia, mentre per il secondo, terzo e quarto anno dalla Corte di Appello di Trento;
tale reiterato abbinamento con la Corte di Appello di Trento ha suscitato e suscita nei candidati presso la Corte di Appello di Potenza, sospetti, anche in considerazione della circostanza che le Corti di Appello omogenee, così come portato dalla normativa, con quella di Potenza, per il numero di domande oltre a quella di Trento, possono essere sicuramente individuate in quelle di Trieste, Perugia, Campobasso e Caltanissetta, come dal Decreto dirigenziale sopra riportato, non senza sottacere che gli elaborati scritti, pervenuti presso la Corte di Appello di Potenza per la correzione negli anni precedenti, hanno riguardato le sedi di Campobasso, Perugia, Caltanissetta -:
quali criteri e modalità di abbinamento ritenga di dover adottare il Ministro, al fine di rendere anche agli occhi dei candidati maggiore trasparenza, nel sorteggio di Corte di Appello omogenea alla Corte di Appello di Potenza, per la correzione degli elaborati che verranno redatti.
(4-01438)

TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2008

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

TOMMASO FOTI e GHIGLIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008) ha disposto che, al fine di garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana, deve essere approvato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (21 ottobre 2008), un piano nazionale di edilizia abitativa (cosiddetto «Piano casa»);
il citato articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha previsto che l'approvazione del piano con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, avviene previa delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e d'intesa con la Conferenza Unificata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
in attuazione del citato articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto uno schema di piano che è stato presentato in sede di Conferenza Unificata;
ad oggi, anche se la Conferenza Unificata non ha ancora raggiunto un'intesa, Governo e regioni hanno proceduto ad un intenso lavoro istruttorio e di approfondimento delle linee guida del piano;
pur non essendo prevista la discussione del piano da parte delle Commissioni parlamentari competenti, esso è stato fra i punti più ampiamente dibattuti in sede

di esame, da parte della VIII Commissione, dei provvedimenti di bilancio per il 2009;
in questa sede, nel corso della seduta della VIII Commissione del 14 ottobre scorso, il sottosegretario Giachino ha illustrato alla Commissione stessa le linee generali di intervento del piano;
sulla base di quanto illustrato dal Governo e delle risultanze del percorso istruttorio condotto in sede di Conferenza Unificata, risulta agli interroganti che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovrebbe, fra l'altro, prevedere le seguenti misure:
a) promozione di accordi di programma diretti alla realizzazione di programmi integrati di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati, fra l'altro, da elevati livelli di sostenibilità ambientale ed energetica;
b) contribuzione statale massima del 30 per cento per gli alloggi realizzati, acquisiti o recuperati, da offrire a canone sostenibile, anche trasformabile in riscatto, con un contributo extra fino a un massimo di 10 mila euro per gli alloggi ad alto risparmio energetico, vale a dire per gli alloggi che garantiscano un rendimento energetico capace di limitare il fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadro di superficie utile, di almeno la metà dei valori indicati dal decreto legislativo n. 192 del 2005;
c) indicazione del parametro dell'efficienza energetica fra quelli da assumere a riferimento per la selezione degli interventi da finanziare con la concessione di contributi statali;
d) partecipazione preferenziale dell'istituendo fondo immobiliare nazionale a investimenti locali diretti alla realizzazione di interventi sostenibili anche dal punto di vista ambientale ed energetico;
e) istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un gruppo di lavoro, con la partecipazione di rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, delle regioni e dei comuni, nonché di investitori ed esperti del settore immobiliare sociale, avente il compito di definire il piano delle attività necessarie all'avvio dell'istituendo fondo immobiliare nazionale -:
se le misure indicate in premessa siano effettivamente comprese fra quelle che il Governo si appresta ad adottare con l'emanazione del sopra richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, in caso affermativo, se, all'interno del quadro di riferimento delineato dalle indicate misure, il Governo non ritenga di dover riservare comunque una particolare attenzione ai progetti di housing sociale caratterizzati da elevata sostenibilità ambientale ed energetica (con impiego di risorse naturali ed ecologiche e di tecnologie appropriate, compatibili ed adeguate alla normativa vigente, sia in termini di tempi di costruzione sia di prestazioni degli edifici), nonché da elevata sostenibilità economica (con prezzi di costruzione accessibili e certificazione del sistema e del percorso).
(5-00513)

MARIANI, MORASSUT, MARTELLA e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
una strategia organica destinata alla politica per la casa rappresenta una vera e propria priorità nazionale, anche in considerazione dell'aumento sproporzionato dei valori immobiliari del mercato residenziale privato registrato negli ultimi anni, dell'esaurimento di una adeguata offerta di edilizia residenziale pubblica nonché della progressiva ripresa demografica e dei nuovi apporti migratori;
nell'attuale difficile congiuntura che caratterizza non solo il Paese ma l'intero sistema economico globale, sono infatti numerosi i problemi che talune fasce di cittadini si trovano quotidianamente ad affrontare con riferimento alla situazione abitativa, che rischia spesso di costituire un reale elemento di squilibrio e disomogeneità reddituale, soprattutto per coloro che - per vari motivi - non dispongono di una abitazione di proprietà;

già in occasione dell'esame del DPEF per gli anni 2009-2013, nonché del decreto-legge n. 112 del 2008 - che ha previsto, in particolare agli articoli 11 e 13, l'adozione di un «Piano Casa» rivolto prioritariamente alla prima casa per le categorie sociali svantaggiate - e, infine, dell'esame della legge finanziaria e di bilancio per gli anni 2009-2011, la VIII Commissione ha sollecitato con forza la messa a sistema di politiche di sostegno a favore delle fasce sociali più deboli e di politiche di rilancio dell'offerta abitativa, anche attraverso misure in favore delle locazioni e dei programmi di edilizia residenziale, che devono mirare sia a sostenere le classi sociali svantaggiate e i cittadini in condizione di maggiore bisogno sia a incoraggiare, sotto il profilo della proprietà, una semplificazione delle procedure per ampliare la stessa offerta di case in affitto e facilitare l'emersione del cosiddetto «sommerso»;
non è chiaro, peraltro, se in fase di attuazione del citato «Piano casa», da realizzare mediante l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sia prevista l'incentivazione delle iniziative di recupero e ristrutturazione urbanistica ed edilizia, che affrontino in modo integrato il tema della riqualificazione urbana e della residenza, più sostenibili anche sotto il profilo ambientale e non meno redditizie; occorre, dunque, incentivare, in tale ambito, le iniziative di recupero e ristrutturazione urbanistica ed edilizia, anche con benefici economici in grado di abbattere i costi legati alla bonifica delle aree dismesse da trasformare e ristrutturare, con l'obiettivo, tra l'altro, di alleggerire la mobilità nei centri urbani, evitando di ampliare ulteriormente l'estensione delle periferie;
non risulta chiaro se il Governo intenda adottare i necessari interventi programmatici e attuativi in materia di politica della casa, in piena sintonia con le regioni e le autonomie locali e nel rispetto delle rispettive competenze; in tale ambito, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione del Piano casa, che va comunque completato con il pieno coinvolgimento gestionale delle amministrazioni regionali e locali, si raccomanda che siano salvaguardati gli stanziamenti già impegnati dalle regioni ai sensi degli articoli 21, 21-bis e 41 del decreto-legge n. 159 del 2007, ricomprendendovi anche i fondi già destinati a tali interventi dagli Istituti autonomi per le case popolari;
vi è l'esigenza di comprendere se il Governo intenda favorire un incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, attraverso adeguati programmi di investimento, anche sul patrimonio edilizio esistente (soprattutto quello degli ex IACP), per assicurare l'accesso all'abitazione in affitto a canone sociale alle numerose famiglie in gravi condizioni di disagio sociale ed in attesa di assegnazione di un alloggio pubblico che, per motivi economici, vengono espulse dal mercato della locazione;
occorre, inoltre, capire se il Ministero competente abbia avviato, nella fase istruttoria di predisposizione del più volte citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, una verifica del fabbisogno abitativo, diviso provincia per provincia;
al contempo, appare opportuno individuare - nell'ambito degli accordi da concludere con regioni ed enti locali in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari previsti dall'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008 - modalità attuative volte a favorire le categorie maggiormente svantaggiate, mediante la concessione di facilitazioni per l'accesso a finanziamenti agevolati, anche nell'ambito dei Fondi sopra citati -:
quale sia lo stato attuale dell'iter di predisposizione dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo del cosiddetto «Piano casa», ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, specificando se il Governo intenda adottare le misure di cui in premessa (riferite anche all'articolo 13 del citato decreto-legge) e, in particolare, se vi siano le condizioni per un pieno e leale coinvolgimento di regioni ed enti

locali nel procedimento e se - in questo contesto - saranno salvaguardati gli stanziamenti già riconosciuti alle regioni ai sensi degli articoli 21, 21-bis e 41 del decreto-legge n. 159 del 2007, ricomprendendovi anche i fondi già destinati a tali interventi dagli Istituti autonomi per le case popolari.
(5-00514)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NIZZI, MONTAGNOLI, IAPICCA, BARBARESCHI, LORENZIN, TOTO e MOFFA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Tirrenia Spa, è controllata interamente dalla Fintecna, di cui il 100 per cento dell'azionariato appartiene al Ministero dell'economia e finanze;
dal 1993 la Tirrenia effettua i servizi di cabotaggio marittimo a valenza sociale, a garanzia della continuità territoriale, sopratutto tra le maggiori isole italiane ed il continente;
di questo traffico, il 75 per cento interessa la Regione Sardegna;
dallo stesso anno, lo Stato garantisce dei contributi pubblichi per ammortizzare i costi delle tratte soggette ad oneri pubblici;
il regolamento comunitario n. 3577 del 1992 riconosce agli Stati membri di stabilire i livelli minimi di servizi giudicati essenziali per la mobilità, ma soltanto nei casi in cui tali servizi non siano sufficientemente coperti dai privati, in quanto considerati fuori mercato;
da tempo l'UE ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia, in quanto i sussidi dati alla Tirrenia sembrano configurarsi più come un aiuto dello Stato che come compensazione dei costi per ottemperare agli oneri di servizio pubblico;
la normativa europea, inoltre, prevede che l'individuazione dei vettori cui assegnare gli oneri di servizio pubblico, deve essere effettuata con procedura competitiva, tramite cioè gara europea di evidenza pubblica, e che l'ammontare dei sussidi deve essere strettamente correlato ai costi effettivamente sostenuti dal vettore per le tratte non commerciali;
in tutti questi anni i bilanci della Tirrenia registrano perdite continue, con un indebitamento pari a 716 milioni di euro e con un sevizio che si è dimostrato, anche a seguito di diverse inchieste, alquanto deficitario;
la convenzione in essere tra lo Stato e la Tirrenia ha scadenza il 31 dicembre 2008, senonché la legge finanziaria per il 2007, legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevedendo un piano di privatizzazione del Gruppo, ha prorogato tale convenzione fino al 2012 e, nel contempo, ha previsto una progressiva diminuzione dei contributi pubblici, fino al loro completo azzeramento;
l'articolo 57, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, riprende il percorso di privatizzazione del Gruppo Tirrenia, prevedendo che le funzioni e i compiti di programmazione di cabotaggio marittimo di livello regionale, siano esercitate dalla Regione stessa. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, alle regioni che ne facciano richiesta, sono trasferite le società partecipate della tirrenia, che gestiscono i collegamenti interni (Caremar, Saremar, Siremar, Toremar) a titolo gratuito. Lo Stato oltre alle società trasferirà alle regioni interessate anche i contributi per i servizi di trasporto pubblico così come da criteri stabiliti dal Cipe;
nel DPEF 2009-2011 il Governo ha ribadito il suo intendimento ad «attivare tempestivamente, in coerenza con quanto già previsto dalla finanziaria 2007, un processo di privatizzazione della società»;
nonostante le sovvenzioni statali ammontino a 200 milioni di euro all'anno, i continui buchi nei bilanci della società Tirrenia e gli enormi esuberi stimati in circa 1600 su di un totale di 3300 dipendenti,

nell'ultimo bilancio aziendale le spese sono state di circa 540 milioni di euro, mentre i ricavi toccano appena 370 milioni;
la ormai continua denuncia degli altri armatori privati che svolgono servizi analoghi, spesso molto più efficienti e dignitosi per gli utenti, e che accusano la Tirrenia di fare concorrenza sleale con i soldi dello Stato e chiedono, come da regolamento europeo, che i soldi pubblici siano assegnati attraverso una gara internazionale -:
se il Ministro non ritiene che sia il caso di anticipare entro il 31 dicembre 2009 il termine perentorio di privatizzazione della Tirrenia e che comunque abbiano termine i continui ed infiniti contributi statali, essendo presenti sulle stesse tratte altri vettori privati disposti a continuare a svolgere i servizi di cabotaggio senza oneri a carico della collettività.
(5-00508)

Interrogazione a risposta scritta:

POLLEDRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la conservazione della natura, la salvaguardia della qualità dell'ambiente e la conservazione della flora e della fauna selvatica, costituiscono obiettivi fondamentali d'interesse generale perseguiti dalla Comunità europea e dai trattati internazionali;
tra gli strumenti normativi internazionali, nazionali e regionali che si occupano della tutela degli anfibi si ricordano:
convenzione di Berna (promulgata nel 1979, è stata ratificata in Italia nel 1981);
convenzione di Washington (CITES: Convention on International Trade of Endangered Species, promulgata nel 1973,è stata ratificata in Italia nel 1975, ma di fatto viene fatta rispettare soltanto dal 1 992,in seguito all'emanazione della legge 150 del 1992);
direttiva Habitat 92/43/CEE (promulgata il 21.05.1 992,la sua applicabilità in Italia è regolata dal decreto del presidente della Repubblica 357 del 1997, così come aggiornato e coordinato dal decreto del Presidente della Repubblica 120 del 2003);
legge Regionale n. 15 del 2006 della Regione Emilia-Romagna;
all'altezza del Km 11 della Strada Provinciale n. 325 nella frazione di «Vado» del Comune di Monzuno (Bologna), è presente uno stagno caratterizzato da un elevato livello di biodiversità presso il quale, nella stagione riproduttiva, si recano anfibi appartenenti alla famiglia dei «Bufonidi» per deporre le proprie uova;
tale specie faunistica ora vede minacciata la propria sopravvivenza dai lavori per la realizzazione della Variante di Valico;
da notizie locali sembra che nella Valle del Setta (Bologna) numerose altre zone umide, simili a quella sopraccitata, sono state tombate con terra di riporto derivante dai lavori dei cantieri per la realizzazione della Variante di Valico, che viene versata negli stagni invece di essere stoccata in altri siti;
il tombamento degli stagni provocherebbe l'estinzione degli animali in oggetto nell'intera vallata, per mancanza di siti idonei all'attività riproduttiva;
sarebbe auspicabile che l'area sia riconosciuta come Area di Riequilibrio Ecologico (A.R.E.) ai sensi della L.R. 11/88 intese dal 30 comma dell'articolo 2 come «...aree naturali od in corso di naturalizzazione, di limitata estensione, inserite in ambiti territoriali caratterizzati da intense attività antropiche che, per la funzione d'ambienti di vita e di rifugio per specie

vegetali ed animali, sono organizzate in modo da garantirne la conservazione, il restauro, la ricostituzione...» -:
se, ove quanto sopra corrisponda al vero, intendano assumere ogni opportuna iniziativa per attuare i provvedimenti diretti alla tutela degli stagni della Valle del Setta (Bologna) ed in particolare dello stagno nella frazione di Vado del comune di Monzuno;
se non intenda assumere le iniziative di competenza per rafforzare la sicurezza stradale sul tratto citato e la tutela della fauna selvatica indicata in premessa.
(4-01447)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE TORRE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ricorrono quest'anno i 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che all'articolo 2, recita: «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione» e questa circostanza sollecita ulteriormente il nostro Paese ad attuare i principi in essa contenuti. Principi confermati dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 25 maggio 1991, n. 176, la quale, all'articolo 2, ribadisce: «gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica e sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza»;
ricorre anche il 60o anniversario della nostra Carta Costituzionale che, attraverso il lavoro, ricco di alti valori umani e sociali, dei padri costituenti, a metà di uno dei secoli più bui dell'occidente, seppe esprimere con forza che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge», ed il compito della Repubblica è «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (articolo 3) e «la scuola è aperta a tutti» (articolo 34). Il dettato costituzionale ebbe bisogno di tempo per affermarsi anche nella scuola e nella sua storia annovera una pietra miliare che la legge 517 del 1977, che sancì definitivamente il carattere inclusivo della scuola italiana aperta a tutti e di tutti insieme nella stessa scuola e nelle stesse classi, dapprima rivolto agli alunni con disabilità e via via rivolto agli alunni con cittadinanza non italiana;
per l'impegno educativo, professionale e civile di migliaia di docenti e del lavoro collegiale delle Istituzioni scolastiche autonome del Paese, si è, dunque, affermato un modello che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il MPI nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo La via italiana alla scuola interculturale che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace una scuola rivolta a tutti, che si svolge per tutti nelle stesse scuole e nelle stesse classi, che metta al centro ciascun alunno con la rete di tutte le sue relazioni e che si attua in una dimensione interculturale;
vista l'importanza della conoscenza della lingua italiana come elemento essenziale di questo modello, nella scorsa legislatura,

nella seduta del 4 luglio 2007, la Camera ha votato la mozione 1-00175, che raccoglieva le istanze di ben nove mozioni presentate da altrettanti gruppi parlamentari, finalizzata ad impegnare congruenti risorse dedicate a questo tema: «la Camera... impegna il Governo: favorire iniziative da parte delle istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, organizzativa e didattica, finalizzate alla strutturazione di corsi o di attività che possano facilitare l'apprendimento della lingua italiana come lingua seconda, sulla base delle effettive esigenze degli alunni rilevate in sede di valutazione d'ingresso, adottando anche tutte le possibili modalità organizzative e didattiche»;
per rispondere a tale impegno, pienamente condiviso, il Governo Prodi nell'autunno successivo ha predisposto un piano per l'insegnamento della lingua italiana come seconda lingua (L2) agli alunni di recente immigrazione;
detto Piano nazionale di insegnamento di italiano L2, è stato steso da linguisti esperti in L2, membri dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, che in passato, durante la XIV legislatura, avevano già seguito la formazione di oltre 700 docenti per renderli esperti in insegnamento dell'italiano L2;
le linee del Piano possono essere riassunte come di seguito:
viene evidenziato nell'analisi che vivere in una comunità ed insegnare in un contesto multiculturale e multilingue sta diventando un fatto consueto che investe in modo particolare le scuole. In classe capire ed essere capiti diventano sempre di più obiettivi pedagogici e condizioni di base per poter apprendere e insegnare nelle situazioni linguisticamente eterogenee. Il tema dell'insegnamento e apprendimento dell'italiano considerato come seconda lingua è dunque oggi cruciale nella scuola italiana e nei servizi educativi. La competenza nella nuova lingua da parte dei minori di nazionalità non italiana rappresenta un fattore positivo di inserimento e di integrazione; è la condizione di base per poter apprendere i contenuti disciplinari comuni; diventa un elemento di appartenenza alla società ospite ed un dato irrinunciabile per i percorsi di cittadinanza. La presenza di alunni stranieri è un dato ormai strutturale del nostro sistema scolastico. Nell'anno 2007-2008 nelle scuole italiane si è registrato il 6,4 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana, dieci anni fa (1997-1998) era lo 0,8 per cento. Gli alunni con cittadinanza non italiana che hanno frequentato le scuole statali e non statali del nostro Paese nell'anno scolastico 2006-2007 sono stati 574.133 (dieci anni fa erano poco più di 70 mila). Negli ultimi anni la crescita più significativa si è avvertita nell'istruzione secondaria di secondo grado (118.977 studenti, di cui circa l'80 per cento in istituti tecnici e professionali). L'arrivo di alunni non italiani non è stato omogeneo tra le diverse zone del paese come d'altronde è accaduto per la popolazione straniera in generale: su 100 alunni non italiani 90 frequentano le scuole del Centro-Nord e solo 10 quelle del Mezzogiorno. Oltre a ciò, in alcune scuole si registra una particolare concentrazione: in 896 istituzioni scolastiche si supera il 20 per cento di presenze di alunni stranieri, in 94 si supera il 40 per cento. La maggior parte di esse è concentrata nelle regioni del Nord. Tra le province con il maggior numero di scuole con significativa concentrazione troviamo Milano, Torino, Roma, Brescia, Verona. Però la maggior concentrazione di alunni con cittadinanza non italiana entrati per la prima volta nel sistema scolastico nazionale si ha soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, dove le percentuali superano sempre il valore nazionale (10 per cento). Nel Centro Nord, invece, le incidenze percentuali sono tutte inferiori ad esso, con l'eccezione del Lazio (12,9 per cento), la Valle d'Aosta (11,7 per cento) e il Friuli (10,7 per cento). Le nazioni maggiormente rappresentate sono l'Albania (14,84 per cento), la Romania (16,15 per cento) ed il

Marocco (13,26 per cento). Da questi tre Paesi proviene il 44,27 per cento di tutti gli studenti stranieri;
alla complessità di questa situazione ed alle preoccupazioni che ne possono derivare la scuola italiana risponde con un proprio modello che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il MPI nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo La via italiana alla scuola interculturale che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace il «modello» italiano di integrazione;
una delle azioni principali del documento «La via italiana all'intercultura», sopraccitato, e della circolare ministeriale, 1o marzo 2006, «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri» è l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua agli studenti stranieri. Entrambi i documenti riconoscono che è una componente essenziale del processo di integrazione, condizione di base per capire ed essere capiti, per studiare ed ottenere un successo scolastico, per partecipare e sentirsi parte della comunità scolastica e non. La centralità di questa azione è confermata dalle leggi sull'immigrazione, n. 40 del 6 marzo 1998 e n. 189 del 30 luglio 2002;
il Piano nazionale di insegnamento di italiano L2 afferma che per mettere in atto azioni comuni il sistema scolastico e gli Enti locali sono chiamati oggi ad un impegno quotidiano di intervento mirato e di azioni specifiche. Essendo in atto nel Paese tante buone pratiche riguardo l'insegnamento dell'L2, si tratta in molti casi di consolidare percorsi virtuosi, modelli organizzativi e azioni positive, da tempo già realizzati e di creare-potenziare reti positive di collaborazione. Inoltre il Piano riconosce che la presenza di bambini e ragazzi stranieri e la necessità di rispondere in maniera efficace ai loro bisogni linguistici possono essere un'opportunità per tutta la scuola e lo è di fatto come lo riconoscono varie ricerche internazionali e la ricerca in corso dell'Università cattolica di Milano. Considerare l'insegnamento della nostra lingua con maggiore attenzione e cura, proponendo percorsi graduali e proposte didattiche di qualità per lo sviluppo della comunicazione e dello studio, può, dunque, avere una ricaduta positiva sull'educazione linguistica in generale. Il Piano operativo si concentra in una prima fase per dare risposta ai bisogni comunicativi e linguistici degli alunni stranieri di recente immigrazione inseriti nelle scuole di diverso ordine e grado, rilevati ed evidenziati dai docenti e dai dirigenti scolastici. Esso si richiama alla finalità di una piena integrazione interculturale che può attuarsi solo a partire dall'acquisizione della capacità di capire e di essere capiti; di comprendere e di esprimere contenuti e saperi comuni. La padronanza efficace e approfondita dell'italiano L2 diventa mezzo di comunicazione e di contatto interpersonale, da un lato, e lingua veicolare dell'apprendimento, dall'altro. Come già accennato più sopra, il piano nazionale si pone inoltre in continuità con i documenti sull'integrazione degli alunni stranieri e sull'educazione interculturale e costituisce un'azione prioritaria alla quale dare attenzione e continuità;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano seconda lingua - lingua di contatto e lingua veicolare dello studio e dell'apprendimento - si richiama ai criteri seguenti: è un progetto pilota, da sperimentare e monitorare durante l'anno scolastico 2007-2008 e 2008-2009 in alcune aree regionali di maggiore bisogno, per valutarne gli esiti e renderlo, nella seconda fase, progetto diffuso e da portare «a sistema»; è un intervento integrato (e non si pone dunque come azione separata da altre che Istituzioni scolastiche autonome svolgono) dal momento che accompagna l'inserimento scolastico degli alunni di cittadinanza nella classe ordinaria di pertinenza e che occupa solo una parte del monte-ore scolastico; pur nella definizione di linee progettuali comuni, ha carattere di territorialità e tiene conto delle situazioni locali di

inserimento degli alunni non o poco italofoni, dei loro bisogni e del grado di scuola frequentato; in tal senso, il piano nazionale intende integrare e arricchire l'offerta formativa a carattere linguistico erogata dagli Enti locali, dall'associazionismo e dalle scuole; ha carattere di flessibilità e modularità e può quindi essere adattato alle esigenze degli alunni non italofoni inseriti e alle esigenze specifiche di un territorio e delle istituzioni scolastiche; è un piano che prevede azioni di sistema, monitoraggio, documentazione, e si compone di risorse economiche, di linee progettuali, di un sito dedicato, di attività di monitoraggio dei risultati, di comunicazione degli esiti e dei materiali prodotti. L'intervento di insegnamento dell'italiano come seconda lingua nella scuola comune previsto dal Piano, è, dal punto di vista didattico, specifico e in transizione. Specifico, perché esso si differenzia - nei tempi, metodi, obiettivi - sia rispetto all'insegnamento di una lingua straniera, sia a quello dell'italiano lingua materna. In transizione, perché ha una durata limitata e differenziata da caso a caso (anche se si notano naturalmente alcune regolarità e passaggi comuni nei tragitti di apprendimento). In tempi più o meno rapidi, l'alunno straniero si trova a seguire i contenuti del curricolo della classe in cui è inserito, potendo contare su forme protratte di facilitazione didattica. I destinatari del piano nazionale sono dunque gli alunni neoarrivati in Italia affatto o poco italofoni. Come avviene attualmente in altri Paesi europei, l'intervento specifico - e le risorse che ad esso afferiscono - devono essere indirizzate, non agli alunni stranieri in generale, ma a quella componente che esprime bisogni di tipo linguistico. Gran parte degli alunni di nazionalità non italiana presenti in Italia sono infatti nati in Italia o arrivati qui piccolissimi. Essi rappresentano ormai la «normalità» del volto delle nostre scuole, i futuri cittadini italiani a pieno titolo e non sono dunque destinatari di interventi specifici, ma di un'educazione interculturale diffusa rivolta a tutti gli alunni di tutta la scuola. (In Francia, ad esempio, le risorse e le iniziative specifiche vengono destinate agli ENAF (élèves nouveaux arrivants en France); in Gran Bretagna al NAEP (New Arrivals Excellence Programme);
gli alunni destinatari privilegiati del piano nazionale sono i bambini e i ragazzi giunti in Italia e inseriti nella scuola italiana da meno di due anni. Si può stimare che la loro presenza sia pari a circa il 15-20 per cento del numero totale di alunni stranieri. Essi sono inseriti, in particolare, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e l'annuale rapporto statistico realizzato dal Ministero evidenzia le località e le regioni in cui sono maggiormente presenti;
un alunno non italofono attraversa, in genere, tre fasi nel suo percorso di apprendimento linguistico che il progetto nazionale deve sostenere e accompagnare in maniera efficace. Durante la prima fase (della durata di alcuni mesi), gli sforzi e l'attenzione privilegiata sono rivolti all'acquisizione della lingua per comunicare (ITALBASE): comprensione, produzione, lessico, strutture di base, tecniche di letto-scrittura in L2. Durante la seconda fase, la cosiddetta «fase ponte» (che può estendersi fino a tutto il primo anno di inserimento) continua e si amplia l'acquisizione della lingua per la comunicazione interpersonale di base e si inaugura l'apprendimento dei contenuti disciplinari comuni, a partire dalle materie a minor carattere «verbale», contando su strumenti mirati: glossari bilingui, testi semplificati e linguisticamente accessibili... (ITALSTUDIO). Nella terza fase, l'alunno straniero segue il curricolo comune ai pari e viene «sostenuto» da tutti i docenti della classe attraverso forme molteplici di facilitazione didattica e linguistica, iniziative di aiuto allo studio in orario scolastico ed extrascolastico. Il Piano nazionale per l'apprendimento;
per fare questo, attraverso un impianto modulare, l'offerta si compone di corsi diversi che dovranno essere definiti sulla base dei bisogni linguistici e dei percorsi di apprendimento degli allievi.

Deve essere previsto un test d'ingresso e un test di fine di ciascuno dei percorsi e tutto ciò deve essere documentato e deve corredare il percorso scolastico degli allievi;
il piano nazionale si configura, dunque, come un intervento «integrato»: l'alunno segue il programma della classe di inserimento per una parte della giornata e frequenta il modulo di italiano L2 durante le ore in cui è previsto nella classe l'insegnamento di discipline a carattere prevalentemente verbale. L'intervento linguistico mirato è inoltre «a scalare»: più intensivo nella prima fase, meno intensivo nella fase seguente;
per definire in maniera più efficace e meno empirica i livelli degli apprendenti, gli stadi interlinguistici che essi attraversano e gli obiettivi di apprendimento riferiti alle diverse fasi, uno strumento utile, al quale il piano nazionale si richiama, è il Quadro comune europeo di riferimento per l'apprendimento delle lingue. Sulla base di questo documento e dell'esperienza condotta in questi anni, possono essere rivisti, diffusi e sperimentati: le descrizioni operative dei livelli A1-A2 (fase iniziale); A2-B1 (fase «ponte»); B2 (fase della facilitazione linguistica) riferite all'apprendimento dell'italiano L2 in situazione scolastica; le programmazioni differenziate per livello e ordine di scuola; i test di ingresso, i test da usare in itinere e i test finali;
il Piano si occupa anche degli strumenti e materiali didattici che in questi anni sono stati elaborati, diffusi e sperimentati in modo numeroso, destinati ad apprendenti di età, livello e classe di inserimento diverse e che si richiamano a impostazioni metodologiche differenti. Il Piano richiama in particolare per la fase iniziale materiali con approccio comunicativo; testi per la riflessione linguistica; strumenti per sviluppare e sostenere la letto-scrittura in L2; per la fase «ponte» testi semplificati di Storia, Geografia, Scienze destinati ad alunni inseriti in ordini di scuola diversi, anche multimediali e disponibili on-line. Indica che un ulteriore passo avanti può essere rappresentato dai materiali diffusi attraverso la RAI e dai percorsi di autoapprendimento, da realizzare e diffondere e da destinare alle fasi di apprendimento più avanzato e più autonomo. Inoltre è previsto che il piano di insegnamento-apprendimento dell'italiano promuova l'utilizzo degli strumenti e dei materiali didattici prodotti dalle stesse Autonomie scolastiche e, per fare questo, si doti di un sito dedicato che ospiti indicazioni, materiali, bibliografie, sitografie;
per ottimizzare le risorse economiche previste dal piano nazionale per l'insegnamento dell'italiano si propone di concentrare le risorse previste nei territori (Regioni e province) che hanno un consistente numero di alunni neoarrivati in Italia e di privilegiare, all'interno di questi territori provinciali, le scuole secondarie di primo e secondo grado, che richiedono oggi le attenzioni e gli impegni maggiori (nella scuola primaria, buona parte degli alunni stranieri è nata in Italia ed è italofona al momento dell'ingresso e i problemi legati all'apprendimento linguistico sono minori), inoltre di organizzare nelle scuole o nelle reti di scuole individuate moduli di apprendimento dell'italiano L2 in tempi diversi per un miglior utilizzo delle aule e delle risorse umane e per evitare frammentazioni degli interventi;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano seconda lingua prevede di avvalersi di personale interno alla scuola, ma, in mancanza di docenti qualificati disponibili, anche di operatori esterni. In particolare per i docenti interni vanno individuati gli insegnanti di italiano L2 fra coloro che hanno frequentato i corsi promossi in questi anni dalle università e dal Ministero; tra coloro che hanno seguito la formazione proposta dalle università collegate nei vari progetti riconosciuti dal Ministero e di tener conto anche dell'esperienza sul campo; per i docenti esterni ci si deve assicurare che siano laureati in lingue e formati sul tema;

il piano nazionale di italiano L2 prevede alcune linee pedagogiche e glottodidattiche comuni da condividere e diffondere (obiettivi, definizione dei livelli, metodi, materiali didattici, modalità di valutazione) e un'impostazione organizzativa e didattica da sperimentare e «modellizzare». Per fare questo indica la necessità di documentare il progetto pilota: (dati, caratteristiche dei frequentanti, docenti impegnati, collaborazioni con altri enti...); monitorare la qualità dell'intervento per portarlo a sistema e diffonderne i risultati: modalità organizzative, impianto didattico, strumenti e materiali, modalità di valutazione, esiti, prevedere e organizzare il monitoraggio;
nell'aprile 2008 vi è stato un primo impegno di finanziamento al piano dell'ordine di 5 milioni di euro;
sempre al fine di potenziare l'insegnamento di L2, in accordo con i sindacati, si era diversamente suddiviso il fondo per la dispersione scolastica e gli studenti stranieri dell'articolo 9 del Contratto Nazionale dei Docenti;
nella reciproca consapevolezza dell'imprescindibile lavoro di rete tra Istituzioni, durante il Governo Prodi era iniziato un percorso di confronto e di condivisione con ANCI, UPI e coordinamento degli Assessori Regionali all'Istruzione che sarebbe dovuto sfociare a breve in una intesa in sede di Conferenza unificata -:
se abbia intenzione di porre immediatamente in atto il Piano nazionale di insegnamento di italiano L2 agli studenti poco o non italofoni, a cui si fa riferimento in premessa;
come verranno utilizzati i fondi già dedicati e in premessa descritti;
se abbia intenzione di finanziare ulteriormente tale Piano mediante l'utilizzo delle risorse già giacenti presso il MIUR, o le sue articolazioni regionali, e destinate o destinabili alla realizzazione di progetti per il sostegno dell'apprendimento della lingua italiana e/o per l'integrazione degli alunni immigrati;
se abbia intenzione di seguire l'attuazione del Piano, la sua valutazione, i necessari miglioramenti attraverso l'apporto tecnico di un comitato scientifico composto da membri esperti in insegnamento dell'italiano L2;
se abbia intenzione di proseguire il confronto con ANCI, UPI e Regioni italiane e di giungere ad un comune impegno a favore di minori immigrati, da sancire in sede di Conferenza unificata.
(5-00510)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

MIOTTO e FARINA COSCIONI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assistenza ai malati di SLA, sclerosi laterale amiotrofica non è assicurata in modo uniforme sul territorio nazionale: non è garantita ovunque la corretta presa in carico, i protocolli assistenziali applicati appaiono assai differenziati in relazione alla intensità delle cure garantite ai malati ed il principio della accessibilità ai servizi è applicato in modo assai disomogeneo;
la complessità dei percorsi assistenziali per i malati di SLA esigono una particolare attenzione da parte di Governo e Regioni, al fine di garantire il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione, come peraltro è riconosciuto dal fatto che la patologia è stata inclusa nell'elenco delle malattie rare;
se sono ancora ignote le cause, ci sono però ricercatori e studiosi impegnati nella ricerca, ed accanto alle cure attraverso idonei trattamenti farmacologici, sono decisivi, ai fini della qualità della vita, i percorsi assistenziali fondati sulla presa in carico multisciplinare per con

sentire ai malati di alimentarsi, muoversi, nutrirsi, permanendo a domicilio il più a lungo possibile;
in questo ambito il ruolo della famiglia è essenziale, ma a condizione che la rete dei servizi svolga il proprio compito, perciò la discussione sui LEA - livelli essenziali di assistenza - in corso con le Regioni, dovrebbe riguardare anche la verifica sulla attivazione dei servizi in relazione all'andamento epidemiologico della patologia SLA sul territorio di ciascuna Regione;
anche in Veneto fin dal 2004, è risultato necessario uscire dalla episodicità degli interventi assistenziali individuando una struttura dotata di personale e situazioni logistiche adeguate e perciò con l'articolo 40 della legge regionale 30 gennaio 2004 n. 1, era stata autorizzata la Giunta regionale ad avviare uno specifico progetto finalizzato alla realizzazione di un Centro regionale sulla sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica, prevedendo anche l'accoglienza, ai fini assistenziali, delle persone da assistere, in idonea struttura residenziale;
nel corso della predisposizione degli strumenti di programmazione ospedaliera veniva proposta la istituzione del centro regionale SLA presso l'azienda ospedaliera di Padova, ove peraltro operavano da anni alcuni specialisti, riconosciuti per la intensa attività clinica e di ricerca anche fuori dal nostro Paese;
la formale previsione della programmazione è riscontrabile nella dgr 751 dell'11 marzo 2005, nella scheda ospedaliera dell'azienda ospedaliera di Padova, ma la formale strutturazione del servizio non ha ancora avuto luogo ed anche il provvedimento di «razionalizzazione dei Centri regionali di riferimento e dei Centri regionali specializzati» (dgr 4532 del 28 dicembre 2007) inspiegabilmente, ad avviso dell'interrogante, non elenca il centro SLA, pur essendo stato istituito con legge regionale -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere allo scopo di garantire su tutto il territorio nazionale servizi assistenziali adeguati ad accompagnare i malati di SLA e le loro famiglie lungo il corso della malattia che è contraddistinta da gravi effetti invalidanti.
(4-01437)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUVOLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Buonitalia Spa è la società italiana per la promozione, la valorizzazione e l'internazionalizzazione dell'agroalimentare italiano, creata dal Ministero delle politiche agricole e forestali nel luglio 2003;
Buonitalia è stata costituita individuando come soci di riferimento Ice (Istituto nazionale per il Commercio Estero), Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), Unioncamere (Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura) e come interlocutori operativi primari il Ministero degli affari esteri, il Ministero delle attività produttive, i cui rappresentanti siedono nel Consiglio di Amministrazione di Buonitalia, e le Regioni italiane con le quali nel febbraio 2005 è stato siglato un accordo istituzionale;
la società è la cabina di regia per la realizzazione di attività concrete, attraverso la promozione di progetti di internazionalizzazione del sistema agroalime- ntare italiano;
tuttavia, alla luce dei risultati ottenuti dall'anno della fondazione, si ritiene da più parti che questo importante strumento di tutela del nostro patrimonio enogastronomico sia giunto al capolinea -:
quali iniziative si ritenga opportuno assumere per conoscere quali siano le

attività più rilevanti che Buonitalia S.p.a abbia effettuato dalla costituzione ad oggi;
quali supporti logistici e strategici abbia fornito alle Imprese dell'agroalimentare, e quali siano state le risorse finanziarie utilizzate dalla sua fondazione ad oggi e soprattutto quali siano i programmi operativi per il futuro.
(5-00511)

Interrogazione a risposta scritta:

BARBATO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
siamo ormai tutti a conoscenza della pericolosità dei prodotti cinesi contenenti melamina - 4 bimbi morti in Xinjiang, nell'ovest della Cina e, secondo quanto riportato dai vari quotidiani, sono a rischio nel paese asiatico 53 mila bambini, costretti o al ricovero (circa 13.000) o al controllo in pronto soccorso a causa dei gravissimi effetti collaterali legati ad un consumo di latte alla melamina - e consci che i dossier su tale disastro erano in possesso del governo cinese ben prima delle Olimpiadi;
sappiamo anche quali siano gli effetti che un eccesso di melamina può produrre per la salute: le ossa, anziché fortificarsi, decadono, ed il corpo entra in sofferenza per blocco di alcune funzioni del fegato. L'aggiunta di una sostanza che dovrebbe migliorare la percentuale proteica, si trasforma, oltre certi limiti, in un veleno letale;
lo scandalo del latte probabilmente contaminato dalla melamina, o comunque importato illegalmente, è arrivato fino a noi, non si è fermato in Cina;
il caso di sequestri di alimenti incriminati più noto è avvenuto lo scorso 16 ottobre. Dieci quintali di latte cinese, che probabilmente conteneva melamina ma che certamente era fuorilegge perché inosservante delle leggi italiane, sono stati intercettati in un capannone a Napoli dagli uomini del Corpo forestale dello Stato, che hanno anche effettuato decine di denunce. Nella rete sono finiti anche 300 chilogrammi di mozzarella cinese, 50 chili di prodotti caseari, più di cento chili di tè cinese al latte, 90 chili di papaia cinese al latte e 7 chili di zampe di gallina, di cui è vietata l'importazione perché a rischio di influenza aviaria. Sequestrati anche cartoni di altri alimenti che comunque contengono piccole percentuali di latte in polvere, comunque illegali e in pessimo stato di conservazione;
si sottolinea, poi, che oltre alla pericolosità di prodotti adulterati immessi sul mercato nostrano, venduti all'ingrosso o al dettaglio illegalmente, di pari gravità, e da non sottovalutare, è anche l'ingresso di cibi a rischio melamina attraverso canali indiretti, come ad esempio ristoranti e rosticcerie cinesi;
alquanto rischiosa è anche la possibilità che del latte in polvere cinese possa essere fraudolentemente commercializzato e/o mischiato a quello utilizzato e venduto abitualmente nel nostro territorio -:
quali misure siano state prese e si intendano continuare a prendere relativamente a controlli e verifiche - specie nei luoghi deputati allo scarico delle merci provenienti dalla Cina, come a Napoli, ma non solo - sugli alimenti di importazione cinese;
quali provvedimenti siano in atto e quali si intendano prevedere per condurre verifiche accurate sia sui prodotti cinesi in vendita nei negozi e all'ingrosso, sia sugli alimenti utilizzati nei ristoranti e nelle rosticcerie cinesi diffuse sul territorio nazionale;
quali misure siano state previste per tutelare e i prodotti italiani destinati in particolare ai bambini più piccoli e evitare qualsiasi rischio per la salute dei cittadini;
quali misure di carattere divulgativo - iniziative quali ad esempio decaloghi, guide, campagne informative sui diversi media, numeri telefonici ad hoc per segnalazioni e richieste di informazioni - si

intendano prendere per tutelare la salute dei cittadini italiani, difendere la qualità dei nostri prodotti e per sottolineare l'importanza attribuita ad un consumo nazionale di alimenti certificati e garantiti, mantenendo vigile l'attenzione degli italiani sui rischi connessi agli alimenti cinesi eventualmente contaminati dalla melamina o comunque di provenienza fraudolenta o sconosciuta.
(4-01440)

TESTO AGGIORNATO AL 4 MAGGIO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GATTI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Galileo Vacuum Systems, con sede a Prato, nasce negli anni '30 come Divisione Alto Vuoto della società fiorentina Officine Galileo, ora Selex Galileo, per far fronte alla richiesta di quest'ultima di processi di deposizione sotto vuoto per i propri sistemi di ottica di precisione;
a partire dagli anni '70 il grande sviluppo tecnologico della Divisione Alto Vuoto ha portato ad allargare l'attività della Divisione includendo applicazioni industriali, quali gli impianti di metallizzazione continui e discontinui, le taglierine e i sistemi e i componenti a vuoto. Nel 1989 la Divisione Alto Vuoto viene incorporata in una società separata - la Galileo Vacuum Tec, interamente di proprietà Officine Galileo che nel 1994 viene venduta alla società torinese Fata Group Spa, ora Fata in liquidazione (gruppo Sogepa - Finmeccanica) e trasferita a Prato. Nel 2004 la società Fata cedette il 75,1 per cento delle proprie azioni ai due manager dell'azienda tramite un management buy out;
l'azienda è attiva in più di 40 paesi, ha venduto fino ad ora oltre 500 impianti in tutto il mondo ed, attualmente, occupa 53 dipendenti, di cui 3 dirigenti. A tali cifre, vanno sommati almeno altri 200 lavoratori dell'indotto, di cui circa l'80 per cento sul solo territorio regionale toscano;
la Galileo Vacuum Systems è un'azienda con prospettive future di prodotti innovativi in vari campi e con un portafoglio ordini di circa 14 milioni di euro, ma, attualmente, è nell'impossibilità di produrre quanto acquisito per la grave mancanza di liquidità che perdura ormai da troppo tempo;
negli ultimi mesi l'azienda versa in condizioni economico-finanziarie particolarmente critiche per una grave mancanza di liquidità, che non solo la pone nell'immediata impossibilità di proseguire la produzione, ma si ripercuote negativamente anche sui lavoratori, che da settembre non percepiscono lo stipendio;
se non ritengano, per quanto di propria competenza, di dover intervenire per salvaguardare l'attività dell'azienda in oggetto ed i posti di lavoro che, al momento, versano in una reale condizione di rischio -:
quali iniziative intendano adottare, di fronte alla grave crisi economica in atto, che si traduce nell'impossibilità per le aziende di medie dimensioni di accedere al credito bancario, affinché soggetti produttivi, quali la Galileo Vacuum Systems, che vanta un'importante presenza sul mercato nazionale ed internazionale, possa far fronte ad una temporanea mancanza di liquidità finanziaria senza mettere a rischio la produzione ed i posti di lavoro ad essa collegati.
(5-00509)

COMPAGNON. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il prezzo del petrolio incide non solo sul comune cittadino ma anche su tutto il ciclo produttivo comprensivo delle piccole

e medie imprese per le quali il costo carburante rischia di essere elemento determinante a causare il blocco delle attività;
dai giornali economici si rileva che il nostro Paese sta vivendo una vera e propria situazione emergenziale dovuta all'esorbitante aumento del prezzo del carburante. Tale rincaro finisce per incidere pesantemente direttamente e indirettamente sul bilancio finale delle famiglie: direttamente sul pieno benzina e indirettamente producendo un evidente rincaro dei prodotti alimentari in genere, nonché un incremento costante delle bollette;
su pressione di alcune associazioni di consumatori è stato sollevato il problema del ritardo con il quale il prezzo del carburante viene adeguato all'andamento del prezzo del petrolio;
rilevato infatti che il prezzo del petrolio è sceso a 67 dollari rispetto ai quasi 150 di questa estate;
il prezzo di benzina e gasolio non sono scesi in maniera simmetrica, producendo l'evidente sospetto che le compagnie stiano recuperando ciò che gli viene tolto dal Fisco;
constatato che il prezzo al dettaglio del carburante è gravato dai costi di estrazione, raffinazione, trasporto ma anche di accise ormai obsolete, superiori ai livelli minimi imposti dall'Unione Europea, molte delle quali introdotte per far fronte ad eventi straordinari ormai lontani -:
quali proposte intenda il Governo effettuare sulla base delle variazioni del prezzo internazionale del petrolio, innanzitutto per abbattere il peso delle accise sui prodotti energetici usati come carburanti ed infine per garantire l'adeguamento dei prezzi dei carburanti all'andamento della quotazione del petrolio;
quale sia stato il ruolo e quali risultati siano stati ottenuti dalla Cabina di Monitoraggio del mercato petrolifero operante presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di rendere trasparenti le componenti del prezzo dei prodotti petroliferi.
(5-00512)

Interrogazioni a risposta scritta:

FADDA e FARINA COSCIONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 22 ottobre 2008 la multinazionale farmaceutica americana Merck Sharp & Dohme ha annunciato, in un programma nazionale di taglio sul personale, la chiusura dello stabilimento di ricerca IRBM P. Angeletti, sito in Pomezia in via Pontina, che occupa oltre 196 lavoratori senza considerare l'indotto;
il sito di ricerca IRBM, fiore all'occhiello del polo di ricerca scientifica della Regione Lazio e del Paese, inaugurato da due premi Nobel italiani, Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco, è un posto unico nel suo genere in questo Paese, un istituto di ricerca che è riuscito ad attrarre le migliori competenze italiane ed estere per contribuire allo sviluppo di farmaci innovativi, tra questi Isentress, un farmaco che sta rivoluzionando la terapia dell'AIDS, e che ha recentemente vinto il prestigioso premio Galien, considerato come il premio Nobel per i farmaci, e Zolinza, un nuovo trattamento per le leucemie;
ben 7 ulteriori candidati, farmaci e vaccini, diretti contro malattie virali, metaboliche e tumorali, derivanti dalla ricerca IRBM sono attualmente in studi clinici sull'uomo e presto potrebbero essere a disposizione di pazienti per i quali attualmente non ci sono opzioni di cura;
per effettuare queste ricerche, l'IRBM dispone di una struttura modernissima, dotata delle più sofisticate attrezzature, oltre che di uno staff di 196 giovani ricercatori, tra loro un'alta percentuale di donne, provenienti dai migliori laboratori di ricerca del mondo, con un indotto di circa 150 tra personale amministrativo e tecnico altamente qualificato;

oltre ai suoi indubbi successi commerciali nella ricerca applicata (nei prossimi anni i prodotti dell'IRBM contribuiranno con oltre un miliardo di dollari agli introiti della Merck), nei suoi 18 anni di esistenza l'IRBM ha generato innumerevoli brevetti italiani, ha contribuito alla formazione di dozzine di studenti e dottorandi, all'avanzamento della ricerca di base con centinaia di pubblicazioni nelle più prestigiose riviste scientifiche del mondo e all'organizzazione di decine di convegni e congressi internazionali;
nei piani della Merck, tutto questo dovrebbe essere smantellato. Le competenze uniche dovrebbero disperdersi ed un pezzo di economia reale all'avanguardia, un pezzo di Italia che funziona, dovrebbe scomparire -:
se i Ministri interrogati non intendano attivare tutte le procedure necessarie per far fronte alla grave crisi occupazionale che rischia di esplodere nell'hinterland romano e come i Ministri intendono reagire al concreto rischio di perdere un enorme patrimonio intellettuale e scientifico.
(4-01442)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Media Partners & Silva Limited, che detiene diritti televisivi internazionali per la diffusione in tutta Europa delle partite della serie A del campionato di calcio italiano, ha stipulato un contratto con la società Heikon SA di Lugano per la cessione, con diritto di subappalto, di tali diritti ad emittenti svizzere che operino secondo le concessioni accordate a tali emittenti per la copertura del territorio svizzero;
la società Heikon SA di Lugano ha ceduto i diritti della trasmissione in diretta televisiva dei posticipi domenicali del campionato di serie A italiano all'emittente svizzera di pubblico servizio TSI, che li trasmette sulla rete nazionale TS12;
le onde di trasmissione dell'emittente svizzera TS12 investono in parte la zona settentrionale del territorio italiano così come consentito dagli accordi internazionali ITU (International Telecomunication Union, Ginevra 2006 - RRC06) e dall'accordo di limitazione di alcuni emettori TV di TSI firmato dal nostro governo e da quello svizzero in data 3 settembre 2004 «Bilateral agreement on CASP and VALC»;
il responsabile della sezione sportiva della TSI, Andreas Wyden, in alcune interviste ha sottolineato come la trasmissione dei soli posticipi domenicali del campionato italiano potesse essere un buon compromesso per accontentare la comunità italofona svizzera, che ammonta a quasi un milione di persone, senza danneggiare Sky, che trasmette tutte le partite del campionato e molti altri avvenimenti sportivi offrendo la trasmissione di avvenimenti sportivi mirati sul mercato italiano nettamente superiori a quelle di TSI;
il Gruppo Media Partners, in contrasto con il contratto firmato precedentemente, ha deciso di interrompere repentinamente la fornitura del segnale televisivo per le partite di campionato italiano a TSI a partire da domenica 19 ottobre 2008;
tale decisione sembra essere scaturita dalle rimostranze inoltrate da Sky che ritiene leso il proprio diritto di esclusiva reputando la copertura del segnale dell'emittente svizzera eccessivamente estesa nel nostro Paese e sospettando inoltre che siano stati installati ripetitori sul territorio italiano per ampliare l'area di copertura;
secondo le dichiarazioni dei responsabili della TSI, avvalorate da alcuni fax che dichiarano essere in loro possesso, l'emittente Sky, facendo valere il suo fondamentale peso economico all'interno del mondo calcistico italiano e sfruttando la circostanza che la vede unica emittente satellitare sul nostro territorio, ha indotto il Gruppo Media Partners ad interrompere il contratto con la tv svizzera, dopo solo due partite di campionato trasmesse;

la società Swisscom, che gestisce gli impianti tecnici per la diffusione del segnale televisivo su mandato dell'Ufficio federale delle comunicazioni svizzero, ha rilasciato in data 9 ottobre 2008 una dichiarazione ufficiale secondo cui la potenza di emissione dei trasmettitori dell'emittente TSI è in regola con tutte le convenzioni internazionali;
l'eventuale installazione da parte di ignoti di ripetitori sul territorio italiano per estendere i segnali provenienti dai paesi oltre confine non può essere imputata all'emittente TSI, che trasmette rispettando tutti i parametri e i relativi sistemi di antenna/ricevitori concordati fra le varie nazioni europee;
numerosi cittadini d'oltralpe hanno inoltrato accese lamentele all'emittente TSI, sottolineando l'entusiastico interesse per il campionato italiano dimostrato da tutti gli italiani residenti in Svizzera, dai grigionesi di lingua italiana e dai ticinesi che hanno un forte legame affettivo con l'Italia;
l'emittente televisiva svizzera è seriamente preoccupata che questo episodio possa essere un precedente per circostanze future in cui si potrebbe preferire la tutela degli interessi economici alla difesa dei diritti legittimi di una piccola emittente -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e come intenda intervenire in questa situazione sulla base degli accordi internazionali in materia, di cui sono parte sia l'Italia sia la Svizzera per tutelare i diritti e le legittime aspettative dei nostri connazionali all'estero.
(4-01445)

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Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Bertolini e altri n. 1-00052, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gregorio Fontana, Pianetta, Catanoso, Papa, De Camillis, Piso.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione De Micheli e Fluvi n. 5-00426, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marchi.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ASCIERTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Palazzo Zuccari e il Palazzo delle Poste di Padova sono due splendidi immobili, adiacenti tra loro, edificati agli inizi del Novecento che hanno assunto un significato simbolico e morfologico di estrema importanza per la città patavina;
il primo fu acquistato dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni nel 1953 e venduto nel 2000 al Comune di padova; il secondo è di proprietà di Poste SpA e sede di:
a) filiale Poste Padova;
b) importanti e indicative strutture interprovinciali delle Poste (deposito territoriale, centro contabile);
c) ufficio postale di Padova Centro;
d) Polizia postale - Sezione di Padova;
e) Ministero delle comunicazioni - ufficio radio;
f) cral Poste;
il bando di gara per la vendita del palazzo delle Poste risulta essere stato pubblicato nonostante i recenti lavori di ristrutturazione riguardanti l'adeguamento degli uffici che ospitano un centinaio di dipendenti;
nello specifico, tra gli interventi più significativi vanno segnalati:
a) adeguamento locali deposito territoriale (importo lavori 147.000 euro oltre l'IVA);
b) sistemazione del tetto (importo lavori 100.000 euro oltre l'IVA);
c) lavori di cablaggio alla rete informatica (importo lavori 22.000 euro oltre l'IVA);
non si comprendono le ragioni per le quali siano stati effettuati interventi così onerosi a fronte della prevista alienazione degli immobili;
l'alienazione del palazzo, comporterà il trasferimento del personale, salvo quello applicato presso l'ufficio postale in via della ricerca scientifica - zona industriale di Padova, e successivamente al termine dei lavori di ristrutturazione dei locali, nella sede definitiva all'interno del CPM con un inevitabile aggravio dei costi operativi;
il disagio non solo per i dipendenti ma anche e soprattutto per la clientela retail, business e pubblica amministrazione, che dovrà recarsi in zona industriale con un servizio di trasporto pubblico veramente limitato, per rivolgersi agli uffici del settore finanziario, postale, commerciale, post vendita, filatelia, eccetera, risulterà molto significativo;
indipendentemente dai motivi che hanno indotto l'azienda Poste Italiane SpA

ad inserire l'immobile nel programma di alienazione, non è infine da sottovalutare che l'eventuale acquirente dovrà impegnarsi ad affittare il piano terra che ospita l'ufficio postale di Padova Centro, comportando un gravoso canone mensile di qualche decina di migliaia di euro a carico di Poste italiane;
infine, il trasloco, avverrà in due fasi: una provvisoria ed una definitiva;
non si comprendono quindi le motivazioni di tale scelta, comportando essa gravi disagi sia per i lavoratori che per gli utenti dei servizi offerti dall'azienda e soprattutto le ragioni della inevitabile moltiplicazione degli appalti che comporteranno certamente una consistente lievitazione dei costi quando gli stessi lavoratori lamentano una atavica mancanza di risorse, anche solo per le spese minimali di servizio -:
se i criteri di attuazione e vendita rispondano a fini economici corretti;
se il Governo ritenga che la vendita dell'immobile sia da evitare al fine di mantenere efficiente e più garantita la delicata attività svolta dalle strutture di Poste italiane; della Polizia postale e del Ministero delle comunicazioni ora ubicate nel Palazzo delle Poste in posizione centrale e di facile accesso per i cittadini padovani.
(4-00467)

Risposta. - Si ritiene utile precisare, innanzitutto, che, a seguito della trasformazione dell'Ente italiane in società per azioni e della separazione tra i poteri dell'azionista (Ministero dell'economia e delle finanze) e del regolatore (Ministero dello sviluppo economico - Comunicazioni), disposta con deliberazioni CIPE numeri 244 del 18 dicembre 1997 e n. 110 del 2 novembre 2000, questa Amministrazione svolge esclusivamente funzioni di regolamentazione nel settore postale, affinché siano rispettati gli obblighi connessi allo svolgimento del servizio universale ai sensi del decreto legislativo n. 261 del 1999, e non ha competenza sugli aspetti gestionali delle attività svolte da Poste italiane SpA tra cui i contratti di servizi, forniture, locazioni e/o compravendita di immobili.
Tutto ciò premesso, in relazione all'interrogazione in esame, Poste italiane SpA con nota n. CFA/EDF del 30 luglio 2008, ha evidenziato che nella città di Padova esistono due immobili di proprietà dell'azienda: il primo di tipologia direzionale ubicato in largo Europa, il secondo di tipologia industriale, con disponibilità di ampi spazi destinati ad uffici, ubicato in via della ricerca scientifica dove sono state trasferite le attività che non prevedono un contatto con il pubblico.
Tale edificio dispone di ampi spazi destinati a parcheggi che, permettendo la sistemazione delle vetture dei dipendenti, evitano congestioni del traffico in prossimità dello stabile di largo Europa.
La società ha chiarito che sulla base delle predette motivazioni ha adottato la decisione di procedere alla vendita dell'immobile sito in largo Europa, nel quale, comunque, continuerà ad essere attivo l'ufficio postale attualmente presente, essendo il costo della locazione interamente compensato dal risparmio delle spese di gestione dell'immobile (tra le quali sono ricomprese quelle relative agli interventi di ordinaria manutenzione periodica del fabbricato) e della tassa di proprietà;
infine Poste italiane SpA ha confermato che, ai sensi del decreto ministeriale 31 gennaio 2008, nello stabile ubicato in via della ricerca scientifica è stata prevista la collocazione delle attività del Ministero dello sviluppo economico - Comunicazioni, attualmente alloggiate nelle strutture di Largo Europa.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Tirrenia di Navigazione SpA, il cui capitale è interamente di proprietà pubblica, è titolare della concessione

pubblica per il servizio di trasporto marittimo sulla tratta Manfredonia-Vieste-Isole Tremiti;
la suddetta concessione, per l'anno in corso, fissa la data del 14 settembre quale termine ultimo per lo svolgimento del servizio;
contrariamente a quanto stabilito nella citata concessione ministeriale, il giorno 5 settembre è stato improvvisamente sospeso il servizio stesso, provocando un grave disservizio agli utenti che hanno prenotato e pagato biglietti e danni notevoli alle agenzie di viaggio e agli operatori del settore turistico che hanno dovuto far fronte a questa vera e propria emergenza -:
quali iniziative intende assumere il Governo per garantire il pieno rispetto della concessione ministeriale e tutelare i soggetti danneggiati dalla decisione unilaterale di anticipare la scadenza del servizio di collegamento.
(4-01075)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sulla linea Manfredonia-Vieste-Isole Tremiti è in servizio, per la società Tirrenia, l'unità monostab
Pacinotti.
Svolte le opportune indagini istruttorie con la società Tirrenia, si fa presente che l'unità navale in questione era stata inserita per un programma indispensabile di verifiche tecniche che avrebbe comportato un'interruzione del servizio di almeno 5/7 giorni, salvo imprevisti.
Essendosi verificata una pronta disponibilità del cantiere navale deputato alle verifiche tecniche in questione e tenuto conto dei tempi necessari per le operazioni connesse, considerato che il collegamento estivo in argomento era già programmato sino al 14 settembre 2008, la società Tirrenia ha ritenuto inevitabile anticipare la chiusura del collegamento stagionale a far data dal giorno 6 settembre 2008.
La società Tirrenia ha, inoltre, comunicato che tale anticipata interruzione non avrebbe arrecato alcun disagio all'utenza, non avendo essa stessa prenotazioni in
carnet da Manfredonia mentre da Vieste l'esistente analogo servizio, effettuato da altra Società, poteva senz'altro soddisfare eventuali nuove richieste di passaggio da/per le Isole Tremiti.
La società comunica, infine, di avere preventivamente concordato tale operazione con l'Amministrazione comunale di Isole Tremiti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

CASTAGNETTI e MIGLIOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Sassuolo ha segnalato la possibile chiusura della sottosezione cittadina del Tribunale di Modena;
tale sede distaccata va incontro alle esigenze dei cittadini, costretti altrimenti a spostarsi a Modena e a quelle delle aziende, in una realtà unanimemente riconosciuta come «capitale mondiale della ceramica» e polo industriale di rilevanza nazionale, costrette allo stesso spostamento -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per venire incontro alle esigenze e per fornire garanzia, legalità e autorevolezza ad uno dei poli industriali ed economici tra i più attivi e produttivi d'Italia e ai suoi laboriosi cittadini.
(4-00787)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si fa presente, preliminarmente, che non sono in corso iniziative volte alla soppressione della sezione distaccata del Tribunale di Modena in Sassuolo.
Nell'ufficio in esame (sezione distaccata di Sassuolo), rispetto ad una pianta organica di 6 unità, sono presenti 2 dipendenti.

Sono vacanti il posto di cancelliere C2, i due posti previsti di cancelliere C1 ed il posto di ausiliario A1.
È opportuno evidenziare, peraltro, che il problema della carenza di personale, con particolare riferimento alle figure apicali, è comune a gran parte degli uffici giudiziari del Paese. In particolare, le perduranti limitazioni all'assunzione di personale imposte dalle leggi finanziarie succedutesi negli ultimi anni, non consentono di procedere al reclutamento di nuove unità se non in misura molto ridotta, determinando un blocco nel
turn over del personale collocato a riposo.
Con specifico riferimento all'ufficio giudiziario sopra menzionato, si fa presente che nel 2006 questa Amministrazione ha attivato un interpello distrettuale per la copertura di almeno una delle due vacanze relative al posto di cancelliere C1, con personale proveniente da altro ufficio del distretto. L'esito di detto interpello è stato, tuttavia, negativo.
Il posto di ausiliario A1, invece, è stato pubblicato con l'interpello per la mobilità interna del 2007, ma l'unico dipendente collocatosi in posizione utile al trasferimento ha revocato la domanda.
In considerazione delle difficoltà riscontrate nel coprire i posti vacanti, l'articolo 3, comma 128, della legge finanziaria per l'anno 2008, ha autorizzato questa Amministrazione a coprire, temporaneamente, i posti vacanti negli uffici giudiziari mediante l'utilizzazione, in posizione di comando, di personale di altre pubbliche amministrazioni, anche di diverso comparto, secondo le vigenti disposizioni contrattuali.
Premesso quanto sopra, si ritiene in ogni caso che le iniziative più rapide per dotare l'Ufficio in questione di personale, possano essere adottate in ambito locale. Infatti, il Presidente della Corte di appello può disporre applicazioni temporanee di personale da altri uffici del distretto, ai sensi dell'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna del personale sottoscritto il 27 marzo 2007.

Il Ministro della giustizia: Angelino Alfano.

CASTIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il tribunale ed il giudice di pace di Afragola sono pendenti ogni anno circa 5.000 procedimenti;
nell'organico del tribunale attualmente manca un magistrato e tra qualche mese ne mancherà un altro;
per colmare i vuoti in organico del personale togato e del personale di cancelleria e amministrativo, ovviando alle conseguenti inevitabili disfunzioni, occorrerebbe assegnare al tribunale ed agli uffici del giudice di pace di Afragola, almeno due magistrati ed un adeguato contingente di personale di cancelleria e amministrativo -:
se non ritenga necessario attuare tutti gli sforzi possibili per assegnare al tribunale ed agli uffici del giudice di pace di Afragola quelle risorse umane indispensabili per il corretto funzionamento delle funzioni preposte.
(4-00432)

Risposta. - In risposta alla interrogazione indicata in oggetto, concernete la carenza di organico del personale di magistratura e amministrativo del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola e del relativo Ufficio del giudice di pace, si rappresenta quanto segue.
L'assegnazione dei magistrati presso le articolazioni territoriali dei singoli tribunali è realizzata mediante un provvedimento di ordine tabellare, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura.
Nei limiti della dotazione fissata per la sede circondariale, rientra quindi nella competenza del responsabile dell'ufficio, in accordo con il Consiglio superiore della magistratura, individuare concrete misure organizzative idonee a consentire un'efficace risposta alla domanda di giustizia sul territorio.
Analogamente, la problematica della copertura dei posti dei magistrati non togati del giudice di pace richiama profili di

diretta competenza del Consiglio superiore della magistratura.
Segnatamente l'organico magistratuale togato del Tribunale di Napoli è composto (oltre che dal Capo dell'Ufficio) da 31 Presidenti di sezione, 3 Presidenti di sezione del lavoro, un Presidente di sezione giudice per le indagini preliminari/giudice dell'udienza preliminare, un Presidente aggiunto di sezione giudice per le indagini preliminari/giudice dell'udienza preliminare e 311 giudici (48 dei quali con funzioni di giudice del lavoro).
Tale organico presenta, allo stato, la vacanza di due posti di Presidente di sezione (entrambi pubblicati a cura del Consiglio superiore della magistratura con telex n. 11046 in data 2 maggio 2008), nonché di 23 posti di giudice (4 dei quali afferenti l'aliquota dei giudici aventi funzioni di giudice del lavoro); 20 dei predetti 23 posti (ivi compresi i quattro destinati a giudici del lavoro) risultano, in particolare, pubblicati con telex n. 12945 del 25 maggio 2007 (un posto) e telex n. 14972 del 9 giugno 2008 (19 posti).
Dalla situazione sopra descritta, pertanto, si ricava un quadro organico dal quale emerge l'attuale presenza in servizio di complessivi 319 magistrati togati (sui 348 previsti in totale), 11 dei quali in uscita dal Tribunale in parola, laddove 15 sono le unità risultanti in entrata.
Per quanto riguarda, nello specifico, la situazione organica ed organizzativa della sezione distaccata di Afragola, si deve precisare che la segnalazione tabellare, redatta nell'aprile 2008 dal Presidente del Tribunale di Napoli per il triennio 2006/2008, offre un quadro dettagliato ed esaustivo delle realtà giudiziarie decentrate sul territorio.
Si fa presente, comunque, che l'attuale dotazione organica magistratuale togata, operante nel settore civile, è composta da due giudici in via esclusiva, mentre altri due magistrati, sempre in via esclusiva, sono deputati alla trattazione degli affari penali rientranti nella competenza territoriale della citata sezione.
In relazione, infine, alla dotazione organica magistratuale dell'Ufficio del giudice di pace di Afragola, si segnala che, a fronte delle sette unità previste, risultano allo stato scoperti tre posti di giudice onorario.
Per quanto attiene alle problematiche relative al personale amministrativo, si evidenzia che ogni valutazione in ordine alle specifiche necessità di incremento delle dotazioni organiche dei singoli uffici giudiziari non può essere formulata senza tener conto dell'attuale assetto complessivo degli organici nazionali, sulla cui recente evoluzione appare opportuno fornire un breve cenno.
Si deve precisare, infatti, che a far data dall'ottobre 2000, per effetto di successivi decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri, la dotazione organica del personale amministrativo è stata ridotta di complessive 701 unità, al fine di realizzare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, un assetto organico corrispondente al nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo 5 aprile 2000, nonché per consentire l'istituzione del ruolo autonomo del Consiglio superiore della magistratura.
I nuovi contingenti complessivi sono stati quindi ripartiti con decreti ministeriali tra gli uffici determinando, nella generalità dei casi, una riduzione delle relative piante organiche in linea con il predetto ordinamento professionale.
Da ultimo, si segnala che, in ottemperanza dell'articolo 1, comma 93, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 ottobre 2005 le dotazioni organiche nazionali della Amministrazione giudiziaria sono state ulteriormente rideterminate, apportando una riduzione ai contingenti complessivi del personale dirigenziale di seconda fascia e del personale amministrativo e degli Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti pari a 2.495 unità.
In linea tendenziale, con il provvedimento attuativo (decreto ministeriale 8 marzo 2007, registrato alla Corte dei conti il 9 maggio 2007 e pubblicato sul
Bollettino Ufficiale dell'Amministrazione n. 12 del 2007) la riduzione dei contingenti complessivi è stata riflessa in misura uniforme e proporzionalmente corrispondente alla decurtazione

dell'organico nazionale sulle risorse destinate a ciascuna struttura. La pianta organica del personale amministrativo della sezione di tribunale in questione è stata ridotta di una sola unità nel profilo professionale di cancelliere C1.
Si evidenzia, infine, che l'articolo 74 della legge n. 133 del 6 agosto 2008 ha stabilito che le Amministrazioni dello Stato debbano ridimensionare i loro assetti organizzativi, concentrando le funzioni istituzionali, logistiche e strumentali e riducendo, nel contempo, le dotazioni organiche. Pertanto, dette Amministrazioni, entro il 31 ottobre 2008, sono tenute a rideterminare i rispettivi assetti organizzativi in base ai principi di efficienza, razionalità ed economicità, operando la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale in misura non inferiore, rispettivamente, al 20 ed al 15 per cento. Per il personale non dirigenziale la riduzione dovrà essere non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti previsti in organico.
Il Ministero della giustizia, tuttavia, per evitare la quantificazione della dotazione organica del personale con riferimento a quello in servizio alla data del 30 settembre 2008 - così come previsto dalla legge in questione - ha formulato, fin dal 6 agosto 2008, ai competenti Ministeri per la pubblica amministrazione e innovazione e dell'economia un'articolata proposta di modifica delle dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria che, pur rispettando il limite economico del 10 per cento imposto per legge, ha ridotto le unità complessive solo del 7 per cento.
Si deve sottolineare, in ogni caso, che la citata riduzione riguarda, al momento, solo la dotazione organica complessiva, senza alcuna ricaduta immediata sugli uffici giudiziari, le cui esigenze verranno valutate in sede di revisione delle piante organiche, tenendo nella debita considerazione le particolari necessità degli uffici giudiziari così detti di «frontiera».

Il Ministro della giustizia: Angelino Alfano.

CATANOSO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 80, comma 3 della legge n. 388 del 2000 (Legge Finanziaria 2001) dispone che «A decorrere dall'anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui all'articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, nonché agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, e successive modificazioni, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva, il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa»;
l'Enpam, l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, posto che non applica la norma suddetta, è stato sollecitato da numerosi assistiti ed iscritti invece ad applicarla;
il 25 gennaio scorso il presidente dell'Enpam informava un suo iscritto che la Fondazione in questione «...ha ritenuto opportuno acquisire il parere degli organi vigilanti, ossia del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e del Ministero dell'economia e delle finanze, in merito agli enti previdenziali destinatari della disposizione...»;
ad oggi non si ha alcuna notizia circa l'esito di tale richiesta rivolta dall'Enpam ai ministri interrogati -:
se i ministri interrogati intendono chiarire al presidente dell'Enpam se la Fondazione rientra tra gli enti di previdenza a cui si applica la norma suesposta.
(4-00439)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame e nel far presente che, in ordine all'applicabilità dell'articolo 80, comma 3, legge n. 388 del 2001, con nota n. 171/Segr. del 18 luglio 2008 la Direzione generale per le politiche previdenziali ha già provveduto (a seguito anche dell'acquisizione del necessario avviso del Ministero dell'economia e delle finanze - RGS-IGESPES) a fornire all'Enpam il parere oggetto dell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Premesso che la questione sollevata dall'interrogante riguarda principalmente i medici e gli odontoiatri i quali prestano la loro attività nell'ambito del Servizio sanitario nazionale con un rapporto di «lavoro autonomo convenzionato» e che l'articolo 80, citato, introduce un particolare beneficio previdenziale a favore dei lavoratori sordomuti e per quelli cui sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o assimilabile. Per questi soggetti, infatti, a decorrere dal 2002, viene riconosciuto il diritto - ai soli fini del diritto alla pensione e all'anzianità contributiva - a godere di due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio effettivamente svolto presso pubbliche amministrazioni o aziende private o cooperative. Il beneficio in argomento è comunque riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa.
La Direzione generale per le politiche previdenziali, tenuto conto anche dell'avviso espresso sull'argomento dal Ministero dell'economia e delle finanze (nota protocollo n. 0167127 del 27 dicembre 2007) ritiene che la disposizione contenuta nell'articolo 80, comma 3, legge n. 388 del 2000, sia riferibile esclusivamente al rapporto di lavoro dipendente, escludendo dalla maggiorazione contributiva i medici che svolgono lavoro autonomo convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
La stessa Direzione conclude affermando che alla fattispecie in argomento non possano essere ricondotti i liberi professionisti iscritti agli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria istituiti ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994, nonché del successivo decreto legislativo n. 103 del 1996, anche in quanto gli stessi non sono espressamente menzionati nella disposizione in esame.
Occorre inoltre precisare che, poiché ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 509 del 1994, agli enti previdenziali di diritto privato «non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi o la fiscalizzazione degli oneri sociali», la possibilità per gli stessi enti di ricevere somme da parte dello Stato a copertura dei maggiori oneri pensionistici, conseguenti all'eventuale riconoscimento di periodi di contribuzione figurativa, risulta esclusa.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

CERONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto del 13 marzo 2002, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce che le catene da neve devono essere conformi alle norme di unificazione, tabella CUNA NC 178-01 o, in alternativa, a equivalenti norme in vigore negli Stati membri dell'Unione Europea;
quindi la normativa italiana non è vincolante ma strettamente legata alle normative europee che sono completamente diversificate tra i vari Paesi membri;
la funzione delle catene da neve è quella di essere un dispositivo di emergenza per aderenza su neve e su ghiaccio e deve essere adattabile a tutti i tipi di pneumatici;
l'articolo 6, comma 4, lettera E, del decreto legislativo n. 285 del 1992, prevede che in caso di neve l'ente proprietario della strada, con ordinanza motivata, può prescrivere che i veicoli siano muniti, in alternativa «di mezzi antisdrucciolevoli... per la marcia sulla neve o sul ghiaccio»;
questo concetto dei mezzi antisdrucciolevoli è confermato dalla lettera della

Direzione Generale della Motorizzazione protocollo 612/2005 del 31 marzo 2005;
il concetto di alternativo del mezzo antisdrucciolevole và di per sé ad inficiare la catena metallica quale unico strumento possibile;
i dispositivi antisdrucciolevoli in materiale plastico non danneggiano alcun organo in movimento;
il materiale di cui questi dispositivi sono costituiti, è resistente all'usura e allo stesso tempo elastico;
i suddetti dispositivi non danneggiano i cerchi in lega, non rovinano le fasce quando montati su cerchi tradizionali;
il loro utilizzo consente un netto risparmio per l'utente e quindi un automatico maggiore rispetto della sicurezza stradale;
il Ministro dell'interno dipartimento della Pubblica Sicurezza in data 14 maggio 2003, con nota n. 300/A/2/41655/105/1/2 ha scritto ai compartimenti della Polizia Stradale inviando una copia della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 marzo 2003, con prot. 286/MOT 1 dove si legge «sulla base delle osservazioni pervenute dalla Commissione» si conferma che ai fini «di preservare l'utente italiano» e l'utente straniero, il regime sanzionatorio non è comunque mai applicabile perché creerebbe «disparità tra i cittadini italiani ed agli altri cittadini delle Unione europea che circolano in Italia»;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota prot. n. 612/05 del 31 marzo 2005 conferma il concetto di alternativa sottolineando inoltre che non essendovi chiarezza nel codice della strada nulla osta all'uso di strumenti antisdrucciolo al di là del materiale con il quale vengono prodotti-:
se non intenda chiarire che, sia per l'adeguamento a norme dissimili in Comunità Europea, sia ai fini della sicurezza stradale, si debbano considerare strumenti atti al mancato scivolamento su neve e su ghiaccio sia quelli in materiali ferrosi sia quelli in materiali diversi, e quali iniziative intendano assumere al riguardo.
(4-00970)

Risposta. - In relazione alla interrogazione in esame, si premette che il decreto legislativo n. 285 del 1992 (nuovo Codice della strada), prevede all'articolo 6, comma 4, lettera e) la possibilità da parte dell'ente proprietario della strada di «prescrivere che i veicoli siano muniti di mezzi antisdrucciolevoli o degli speciali pneumatici per la marcia su neve o ghiaccio».
L'articolo 122, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione del Codice della strada) stabilisce che l'impiego del segnale «catene per neve obbligatorie» indica l'obbligo di circolare con catene da neve o con pneumatici da neve e, pertanto, sancisce l'equivalenza tra i suddetti dispositivi.
Al fine di stabilire i requisiti di sicurezza delle catene da neve è stato adottato il decreto 13 marzo 2002 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recante «norme concernenti le catene da neve destinate all'impiego su veicoli della categoria M1» che richiede che le catene siano conformi alla tabella CUNA NC 178-01 ovvero ad equivalenti norme in vigore negli Stati membri dell'Unione europea e dei Paesi firmatari dell'Accordo sullo spazio economico europeo.
La norma austriaca ON V 5117 relativa alle catene da neve è considerata equivalente alla citata tabella CUINA NC 178-01.
Ciò premesso, ad oggi, le catene da neve, indipendentemente dal materiale con cui sono realizzate, devono essere conformi alle prescrizioni della tabella di unificazione sopra richiamata.
Dispositivi antisdrucciolevoli di diversa morfologia che non sono al momento coperti da tale norma non possono essere certificati.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si legge in un articolo pubblicato dal quotidiano L'Eco di Bergamo del 19 maggio 2008, gli immigrati stranieri che trovano difficoltà nel superare gli esami per il conseguimento della patente di guida presso la Motorizzazione civile di Bergamo, hanno l'abitudine di sostenere la prova in Sicilia, l'unica regione italiana dove, anziché procedere con la prova per quiz utilizzata normalmente in tutto il Paese, è ancora possibile sostenere l'esame teorico con la formula orale, che sicuramente offre maggiori possibilità di successo;
dal medesimo articolo di stampa si apprende altresì che sostenere l'esame per la patente di guida in Sicilia è una "abitudine consolidata" soprattutto per gli stranieri che giungono nel nostro Paese sbarcando proprio sulle coste dell'isola, e che hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiato politico;
le suddette informazioni sono state fornite sulla base di testimonianze di immigrati residenti nelle regioni del Nord che hanno dichiarato di preferire di gran lunga spostarsi in Sicilia per sostenere e superare più agevolmente l'esame per la patente. La procedura è poi relativamente semplice: è sufficiente che lo straniero sia domiciliato, anche temporaneamente, nella provincia dove si vuole sostenere l'esame (per esempio da amici, parenti o centri di solidarietà), si iscriva all'autoscuola, faccia una domanda alla Motorizzazione, spiegando il problema della difficoltà linguistica e, ottenuta l'autorizzazione può sostenere regolarmente l'esame mediante colloquio orale;
come confermato anche da associazioni di autoscuole bergamasche, l'ostacolo principale che incontrano gli immigrati è infatti costituito dai quiz, da compilare attraverso un computer messo loro a disposizione, che spesso si trasformano in veri e propri "rebus" in quanto le traduzioni dall'italiano alla lingua madre dello straniero risultano essere a volte "contraddittorie" e, magari, pongono il quesito in modo diametralmente opposto rispetto alla domanda originale in italiano, inducendo in errore anche gli stranieri più preparati;
la differenza dei criteri sulla base dei quali si sostiene l'esame di guida, oltre che risultare iniqua per principio generale, potrebbe rappresentare un vero e proprio danno per lo sviluppo e la promozione di una solida cultura della sicurezza stradale -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suddetti e se corrispondono al vero, quali iniziative intenda intraprendere nelle sedi opportune al fine di risolvere la suesposta situazione di iniquità e di minaccia per la sicurezza stradale nel nostro Paese;
se non ritenga opportuno introdurre meccanismi nuovi che consentano agli stranieri di ottenere la patente di guida in maniera sicura e responsabile, avendo particolare cura della loro preparazione, tenendo conto delle diverse situazioni ambientali e territoriali da cui provengono;
quali siano le ragioni per cui in Sicilia, contrariamente al resto del Paese, sia possibile sostenere l'esame teorico per la patente di guida con la formula orale e non con il metodo dei quiz.
(4-00140)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La nuova procedura della prova teorica per il conseguimento della patente di guida delle categorie A e B è stata adottata per rendere la procedura d'esame più trasparente; essa prevede che i quiz vengano visualizzati su un
computer collegato con il centro elaborazioni dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non più proposti al candidato su un supporto cartaceo.
Tale sistema consente sia la generazione della scheda d'esame al momento dell'avvio della prova, scongiurando la possibilità che le domande d'esame possano essere conosciute in anticipo, sia l'immediata registrazione dell'esito dell'esame nel sistema in

formativo evitando ogni possibilità di contraffazione della scheda.
Inoltre, il sistema informatizzato per i candidati stranieri con difficoltà di comprensione del testo prevede l'ausilio della traduzione dei quiz nelle lingue ufficiali dell'Organizzazione delle Nazioni unite (ONU): inglese, francese, tedesco, spagnolo, arabo, russo, cinese.
Il sistema d'esame informatizzato attualmente è stato adottato in tutti gli Uffici provinciali della motorizzazione civile dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, negli Uffici delle Province autonome di Trento e Bolzano nonché della Regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia.
La Regione Sicilia non si è ancora adeguata alle disposizioni fornite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonostante la competenza in materia di esami e rilascio di patenti sia ascrivibile in maniera esclusiva allo Stato. Al riguardo sono stati chiesti chiarimenti al competente assessorato regionale ai trasporti e si è in attesa di una risposta.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

CIRIELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince da vari articoli di stampa, sembrerebbe che in costiera amalfitana, in provincia di Salerno, il traffico sulla strada statale Amalfitana sia stato nuovamente interrotto a causa di una frana verificatasi il giorno 14 settembre 2007;
in particolar modo, gli operai dell'ANAS installarono un muro con blocchi di cemento sulla sede interessata dalla frana in località Cevrano, a Furore, al confine con la città di Praiano, sul chilometro 23 della strada statale Amalfitana, in modo da evitare completamente il transito alle autovetture;
la situazione ha creato nuovamente un grave disagio ai cittadini residenti in costiera amalfitana, soprattutto per coloro che abitano a Praiano e Positano, che restano, per tanto, completamente isolati;
il problema delle frane lungo la strada statale Amalfitana si ripresenta costantemente nel tempo non solo nella località citata in premessa ma anche in altri punti della stessa strada;
il trasporto pubblico è sempre costretto a riorganizzare gli orari e a predisporre due fermate su entrambi i lati delle frane che si creano e coloro che fanno uso del servizio di trasporto pubblico sono costretti a percorrere un tratto di strada a piedi lungo più di due chilometri per giungere alla fermata successiva;
in particolare, quando si verificano le frane nella località citata in premessa, gli studenti delle scuole medie e superiori di Positano e di Praiano sono costretti a viaggiare via mare per raggiungere gli istituti con tutti gli evidenti disagi del caso;
il blocco del flusso turistico in costiera amalfitana, dovuto ai continui smottamenti dei costoni rocciosi, oltre ad essere causa di disagi per i cittadini residenti, provoca notevoli danni al comparto turistico ed economico della zona -:
se non ritenga opportuno predisporre un piano definitivo per la messa in sicurezza di tutta la strada statale Amalfitana che, sempre più spesso, è interessata da smottamenti dei costoni rocciosi che la sovrastano e che causano gravi danni e disagi alla popolazione residente in costiera amalfitana ed al settore economico e turistico.
(4-00675)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta relativi alla messa in sicurezza della statale 163 «Amalfitana» in località Furore.
L'ANAS S.p.A., nell'ambito delle competenze istituzionali, provvede sia al monitoraggio della statale in questione, ripetutamente interessata da eventi franosi dovuti alla morfologia dei luoghi, sia ad interdire tempestivamente il transito al verificarsi di tali eventi, interessando nel contempo gli enti

preposti alla difesa del suolo affinché provvedano a bonificare il costone roccioso sovrastante la statale.
Nell'anno in corso, la statale 163, tra il km. 22+800 e il km. 23+300, in località Furore, è stata interdetta al traffico a seguito dell'incendio del 15 agosto 2008 che ha interessato il costone sovrastante con conseguente caduta di detriti.
Il 18 agosto sono iniziati i lavori di protezione dell'area, affidati ad una ditta individuata dal Comune di Furore, sulla base di un progetto che era già stato finanziato dal Ministero dell'ambiente e dalla Protezione civile regionale, dando priorità di esecuzione a quelli relativi alla zona interessata dall'incendio.
Il sopralluogo effettuato al termine dei lavori, alla presenza del direttore dei lavori di consolidamento, del Sindaco di Furore, del dirigente della Protezione civile regionale, del funzionario del Genio civile di Salerno e del capo compartimento ANAS di Napoli, ha valutato che le operazioni di pulizia e disgaggio avevano ripristinato sul costone una situazione di stabilità.
I responsabili dei suddetti enti, ferma restando la necessità di proseguire i lavori previsti dal progetto finanziato dal Ministero dell'ambiente e dal Dipartimento della Protezione civile, hanno convenuto circa la possibilità della riapertura del tratto di strada interrotto.
Tale decisione è stata recepita dal capo compartimento ANAS di Napoli, che in data 26 agosto 2008 con ordinanza n. 157 del 2008, ha quindi disposto la riapertura al traffico veicolare del tratto di statale in questione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DE POLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'assegno sociale (articolo 3, commi 6 e 7, della legge n. 335 del 1995) è una prestazione di natura assistenziale che può competere ai cittadini italiani, o equiparati che hanno 65 anni di età, risiedono stabilmente in Italia e che hanno redditi inferiori ai limiti previsti dalla legge;
sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell'Unione europea, i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno, a partire dal 1° gennaio 2001 (articolo 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 - Messaggio INPS n. 47 del 2001);
l'Italia ha ottemperato alla direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, emanando con decreto legislativo n. 3 dell'8 gennaio 2007 le modifiche necessarie all'adeguamento della normativa agli obblighi comunitari. In particolare si è provveduto alla modifica dell'articolo 9 del testo unico sull'immigrazione, con cui si introduce il nuovo titolo di soggiorno, e all'introduzione di un nuovo articolo, l'articolo 9-bis, con cui si disciplina il riconoscimento del titolo medesimo rilasciato in altri Paesi CE;
per il nuovo titolo di soggiorno sono richiesti solo cinque anni di presenza regolare sul nostro territorio e non è necessario, come accadeva per il rilascio della vecchia carta, possedere un permesso di soggiorno per un motivo «che consenta un numero indeterminato di rinnovi», basterà un permesso di soggiorno di lunga durata (ad esempio per lavoro subordinato, anche a tempo determinato, per motivi familiari, autonomi);
sono stati definiti in sei mesi consecutivi e 10 mesi complessivi i termini massimi di assenza dal territorio nazionale entro i quali si può comunque aspirare allo status di soggiornante di lungo periodo;
si è riscontrato che molti lavoratori regolarmente chiedono il ricongiungimento dei genitori in Italia. I quali ottengono in un primo tempo il permesso di soggiorno temporaneo, poi quello definitivo. Nel compilare moduli e pratiche alla voce su come pensano di vivere, dichiarano «altri redditi»: cioè al loro sostentamento provvederanno i figli;

compiuti i 65 anni, possono chiedere e ottenere l'assegno sociale: sono privi di reddito (quello dei figli non è cumulabile), sono in possesso del permesso di soggiorno a tempo indeterminato. La condizione indispensabile che il cittadino straniero deve possedere per avere l'assegno sociale è che il cittadino straniero "risieda abitualmente in Italia". Non ci sono controlli relativi a tali rilasci in quanto non vi sono scambi di informazioni o meglio, i sistemi informatici tra comuni, INPS e Questura non sono collegati e pertanto non emergono le incongruenze dichiarate;
una volta ottenuto l'accredito su un conto corrente in banca o alla posta l'ultrasessantacinquenne extracomunitario (che non ha mai lavorato in Italia o ha lavorato per periodi minimi per i quali non si può sfociare in alcuna corresponsione di pensioni dallo Stato) o chi per lui, può intascare l'assegno mensile senza spostarsi dal Paese di nascita;
se i genitori "ricongiunti" sono tutti e due, la somma complessiva ogni anno è di circa 10 mila euro;
al 1° gennaio 2006 l'INPS ha registrato in pagamento a cittadini nati all'estero, circa 285 mila pensioni di tutte le categorie: vecchiaia, anzianità (in totale 112 mila), invalidità (20 mila), assegno sociale (18 mila), invalidità civile (34 mila), superstiti (99 mila). A percepire le prestazioni pensionistiche italiane in Italia sono 225.775 cittadini nati all'estero, comunitari e non, così ripartiti: 90.843 pensioni di vecchiaia (età media di 72,1 anni e importo medio mensile di 910 euro), 19.162 pensioni di invalidità (età media di 70,6 anni e importo medio mensile di 506 euro), 58.033 pensioni ai superstiti (età media di 72,6 anni e importo medio mensile di 400 euro) e, inoltre, 34.328 pensioni di invalidità civile e 18.409 assegni sociali. Le prestazioni pensionistiche totali relative a cittadini nati in Paesi da cui provengono i flussi migratori sono circa 100 mila -:
in che modo e con quali iniziative, anche normative, il Governo ha intenzione di ripristinare la titolarità del diritto ad usufruire delle prestazioni assistenziali ai cittadini italiani che spesso si vedono privati dei loro diritti a causa di fenomeni e di abusi ormai incontrollabili da parte di cittadini extracomunitari e neocomunitari che pesano gravemente sulla spesa pubblica del nostro Paese.
(4-00015)

Risposta. - Preliminarmente occorre osservare che il fenomeno descritto dall'interrogante interessa gli stranieri sia extracomunitari che comunitari, nonché i cittadini italiani, i quali, divenuti titolari dell'assegno sociale, talvolta si recano per periodi più o meno prolungati all'estero.
Peraltro, recentemente il fenomeno in argomento risulta essersi ancor più acuito in relazione agli spostamenti effettuati dai familiari dei cittadini appartenenti a quei Paesi da poco entrati a far parte dell'Unione europea.
In vero, al fine di poter percepire l'assegno sociale, la residenza effettiva - al pari del requisito economico, della cittadinanza o, per i cittadini extracomunitari o comunitari, del possesso dell'idoneo titolo di soggiorno - rappresenta un elemento costitutivo del diritto.
Pertanto, l'Inps, oltre a provvedere all'accertamento in capo ai soggetti richiedenti del possesso dei requisiti anagrafici (65 anni) e reddituali (per il 2008 il reddito personale deve risultare inferiore ad euro 5.142,67 oppure, nel caso di soggetto coniugato, il reddito complessivo dei due coniugi deve essere inferiore a euro 10.285,34), provvede anche a verificare il titolo di soggiorno utile per ottenere il beneficio di cui si tratta.
Tale titolo è costituito dal permesso di soggiorno per lungo soggiornanti (già carta di soggiorno), per quanto riguarda gli stranieri extracomunitari, e dall'iscrizione anagrafica, per quanto attiene ai cittadini comunitari.
Nella fase istruttoria della domanda, l'Istituto provvede ad una attenta verifica della sussistenza di tutti i requisiti sopra menzionati, ponendo particolare attenzione, su quello della residenza e sulla circostanza che lo stesso requisito debba perfezionarsi attraverso la dimora effettiva, stabile ed

abituale in Italia, in quanto risulta essenziale il rapporto tra il soggetto richiedente e il luogo.
Peraltro, anche dopo aver riconosciuta la prestazione, l'Inps provvede nel corso del tempo alla costante verifica della persistenza dei summenzionati requisiti, rafforzando l'opera di accertamento qualora venga a conoscenza di fatti o situazioni circa un possibile venir meno della permanenza stabile in Italia.
In tali ipotesi, l'Istituto si attiva per realizzare le verifiche ed i controlli ritenuti più opportuni per riscontrare l'attualità di quanto a suo tempo dichiarato dal pensionato in sede di presentazione della domanda e interessando, nei casi in cui occorra, la polizia municipale e le altre Autorità competenti al fine di porre in essere le necessarie indagini (decreto legislativo n. 68/2001). E, se da queste dovesse emergere la carenza della residenza effettiva, salvo che per gravi motivi sanitari opportunamente documentati da parte dell'interessato, l'Istituto procede alla sospensione del beneficio, nonché, nel caso di ingiustificata permanenza all'estero, alla successiva revoca.
Di recente, l'Inps, con messaggio 4 giugno 2008, n. 012886, ha fornito ulteriori dettagliate indicazioni agli uffici periferici circa le verifiche da compiere al fine di monitorare costantemente la sussistenza dei più volte citati requisiti, con particolare riferimento proprio a quello della residenza.
Da ultimo occorre evidenziare come la questione è stata affrontata nel decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il quale all'articolo 20 prevede, tra l'altro, che gli assegni sociali di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, saranno corrisposti agli aventi diritto a condizione che questi ultimi abbiano soggiornato legalmente in via continuativa nel territorio nazionale per almeno dieci anni.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Eugenia Maria Roccella.

DI BIAGIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
per promuovere la migliore e più vasta diffusione dell'informazione radiotelevisiva offerta tramite i programmi Rai a favore delle collettività italiane residenti nei maggiori Paesi di emigrazione, la Convenzione fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Rai affida al Ministero degli affari esteri il ruolo di vigilanza sui programmi radiotelevisivi prodotti per l'estero;
l'interrogante fa presente che la programmazione di talune trasmissioni della Rai, rivolta agli utenti italiani residenti all'estero, continua ad essere oggetto di oscuramento nella fascia oraria antimeridiana, compresa tra le ore 9 e le ore 12 e relativamente ai maggiori eventi sportivi, in virtù della mancata acquisizione, da parte dell'azienda pubblica, dei diritti di diffusione all'estero dei programmi;
in particolare, in occasione delle partite del Campionato Europeo di calcio, la Rai ha oscurato all'estero la trasmissione delle stesse, pur consapevole della sentita attesa per l'evento da parte dei nostri connazionali e del loro forte orgoglio per la Nazionale di calcio italiana;
l'oscuramento della programmazione televisiva rivolta ai nostri connazionali comporta un deterioramento del diritto all'informazione, completa ed articolata, di ciascuno dei cittadini italiani residenti al di fuori dei confini nazionali;
compromettere l'accesso all'informazione dei cittadini italiani residenti all'estero, incide negativamente sulle dinamiche di valorizzazione della cultura italiana in terra straniera, poiché priva i nostri connazionali, le cui attività e le cui idee rappresentano una delle principali espressioni del made in Italy oltre confine, degli strumenti essenziali di informazione e di promozione -:
quali provvedimenti intenda adottare affinché i cittadini italiani residenti all'estero possano usufruire di un adeguato servizio informativo e affinché ciascun

italiano, indipendentemente dal luogo di residenza, possa godere appieno di un diritto così preminente quale quello di accedere liberamente e senza vincoli di alcuna natura, ad un'informazione totalmente completa ed articolata.
(4-00374)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In linea generale, si osserva che il problema dell'oscuramento all'estero di alcuni programmi televisivi per i quali la Rai non detiene i diritti di ritrasmissione è ben noto agli organi istituzionali, anche a seguito delle diffuse proteste che, da tempo, pervengono dai nostri connazionali residenti all'estero (in particolare in Europa).
Tale problematica coinvolge la politica commerciale della Rai ed il complesso dei contratti stipulati con i distributori dei diritti televisivi (in particolare per gli eventi sportivi). Quando, infatti, i diritti dei programmi (talvolta anche solo per una parte dei servizi contenuti negli stessi) vengono venduti a committenti all'estero, la trasmissione viene oscurata dalla Rai per evitare rivalse legali da parte degli acquirenti.
All'estero, non solo in Europa, la visione dei programmi trasmessi dalle emittenti italiane avviene normalmente via satellite e su questa piattaforma trasmissiva la copertura del segnale è strettamente legata a rapporti di tipo privatistico e spesso le emittenti italiane devono oscurare il segnale nelle aree per le quali non abbiano i rispettivi diritti.
Le società titolari, infatti, cedono i diritti territorio per territorio, garantendo l'esclusiva della trasmissione nell'ambito di acquisto ed escludendo, conseguentemente, la possibilità che siano inviati i corrispondenti segnali da parte di altre emittenti in quelle stesse località.
Negli ultimi anni, sono state innumerevoli le iniziative intraprese al riguardo dal mondo istituzionale e politico. In particolare, si evidenzia l'impegno del Ministero degli esteri, il quale oltre a relazionare puntualmente sulla problematica la Presidenza del Consiglio dei ministri attraverso il Rapporto annuale elaborato per il tramite dalla rete diplomatico-consolare, ha più volte sensibilizzato direttamente anche l'emittente pubblica nazionale, affinché, pur nei limiti dati dagli obblighi giuridici e dalle esigenze economiche aziendali, consideri opportunamente la pressante richiesta delle nostre collettività riguardo ad un fenomeno obiettivamente sentito anche se limitato nei suoi dati globali.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

DI PIETRO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sembra certo che la società Trenitalia S.p.A., delle Ferrovie dello Stato, abbia deciso, fra le altre, di chiudere la biglietteria della stazione di Termoli;
la biglietteria fa parte della società Trenitalia, divisione passeggeri, cioè della sezione che si occupa del traffico a media e lunga distanza;
con tale scelta il più rilevante centro turistico ed industriale molisano viene privato di un servizio importante poiché la cittadina di Termoli, oltre ad essere la porta della regione Molise, è un notevole centro ferroviario, aggregatore delle esigenze di trasporto della popolazione molisana;
sarebbe auspicabile che anche la regione Molise possa effettuare quelle scelte in materia di trasporto ferroviario che rappresentano necessità imprescindibili, servono a ridurre la dipendenza energetica e a sostenere lo sviluppo del traffico, così come è avvenuto in altre regioni d'Italia ed anche all'estero;
considerato quanto sopra esposto, sarebbe necessario e doveroso cercare di conservare i servizi già esistenti che facilitano l'accesso alla rete ferroviaria -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire e concordare con la Regione Molise la non chiusura della biglietteria

della stazione di Termoli affinché essa possa continuare a funzionare garantendo un servizio indispensabile ai cittadini molisani.
(4-00498)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Trenitalia sta attualmente definendo un progetto di razionalizzazione della propria rete di vendita finalizzata a riequilibrare il rapporto costi/ricavi che, per alcuni canali di vendita, si presenta oggi notevolmente sbilanciato, con perdite assolutamente insostenibili per l'Azienda (determinate da costi nettamente superiori agli introiti realizzati).
Per quanto concerne specificatamente la vendita diretta, quindi, sulla base del conto economico di ciascuna biglietteria saranno assunte le determinazioni conseguenti - circa il relativo mantenimento in servizio - nei tempi e con le modalità in corso di verifica.
Va, comunque, precisato che nell'ambito del medesimo programma, al fine di ampliare ulteriormente le possibilità di acquisto per la clientela, è previsto un notevole rafforzamento dei canali di vendita innovativi di tipo
self service, ma anche internet e mobile ticketing (dove già oggi è possibile comprare biglietti ferroviari con uno sconto), oltre che della rete di vendita indiretta (agenzie di viaggi e punti vendita esterni).
Con il nuovo schema di contratto di servizio cosiddetto «a catalogo» - che Trenitalia ha proposto alle Amministrazioni regionali e, quindi, anche alla Regione Molise - ciascuna Regione ha la possibilità di scegliere autonomamente ed acquistare anche i servizi che ritiene utili nelle stazioni del proprio territorio, tra cui quelli di biglietteria.
Va qui specificato che i servizi commerciali attinenti la vendita di biglietti nell'ambito delle stazioni ferroviarie rientrano tra le competenze attribuite alle Regioni.
Detti servizi sono erogati da Trenitalia congiuntamente per i treni prodotti in regime di autonomia commerciale e per quelli sottoposti a contribuzione statale. Allo stato, essi non sono oggetto di regolazione specifica con il contratto di servizio vigente.
Tuttavia, poiché è progressivamente emersa la criticità e la crucialità di tale aspetto, la questione della rete di vendita che comprende anche le agenzie di viaggio, il sito internet e la biglietteria telefonica, dovrà essere disciplinata nel contratto di servizio da predisporre a valle dell'indagine conoscitiva
ex articolo 2 comma 253 della legge finanziaria per il 2008.
Tra l'altro, nella proposta di assetto dei servizi di pubblica utilità presentata da questo Ministero alla fine dello scorso anno e della quale il Comitato per la programmazione economica ha preso atto nella seduta del 27 marzo 2008, tale aspetto è espressamente previsto come uno degli elementi da disciplinare nel contratto di servizio, dal punto di vista della capillarità, dell'accessibilità e degli orari di apertura al pubblico.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che -:
un elevato numero di precari dipendenti di Poste italiane ha fatto causa all'azienda denunciando l'illegalità dei loro contratti e chiedendo il riconoscimento del loro diritto al lavoro;
il 13 gennaio 2006 Poste italiane S.p.A. ed i sindacati della concertazione Cgl-Cisl-Uil-Cisal-Confsal-Ugl, hanno firmato un documento che prevede la sottoscrizione di un accordo che tende ad evitare la ulteriore prosecuzione di vicende giudiziarie;
tale accordo è rivolto ai 13.000 precari già riammessi in servizio ed ai 17.000 ancora fuori, ma che verrebbero inseriti in una graduatoria, su loro domanda, valida fino al 2009 e dalla quale Poste italiane si impegna ad attingere il personale;

l'accordo chiedeva, in cambio della stabilità per alcuni, l'azzeramento delle situazioni lavorative e giudiziarie e la sua sottoscrizione era aperta anche a tutti coloro che partecipavano alla lotta;
in relazione a quanto sopra esposto, 15 giovani ricorsisti molisani, dipendenti di Poste italiane, che avevano aderito all'accordo del 13 gennaio 2006, si sono visti recapitare la lettera di licenziamento di Poste italiane;
detti ricorsisti avevano ottenuto ragione nella causa di primo grado, ma avevano poi perso in appello in quanto la data della sentenza risultava essere successiva alla data prevista per l'adesione all'accordo, ma questo è accaduto solo perché la causa era stata rinviata d'ufficio, quindi il ritardo non c'è stato per colpa dei ricorsisti -:
se il Ministro, non ritenga opportuno intervenire per chiarire la situazione dei giovani ricorsisti di Poste italiane S.p.A. del Molise (che riguarda anche molti altri che hanno subito lo stesso trattamento) affinché sia riconosciuto il loro diritto e possano ottenere la stabilità del posto di lavoro.
(4-00501)

Risposta. - Per quanto di competenza, preliminarmente deve osservarsi che, ai sensi del decreto legislativo 261 del 1999, la sfera operativa-gestionale appartiene all'esclusiva autonomia societaria di Poste italiane, cui spetta l'individuazione sul territorio degli Uffici postali, del numero degli sportelli, delle modalità e delle risorse necessarie per soddisfare la domanda di servizi in misura tale da garantire sia il mantenimento dell'equilibrio economico finanziario che il rispetto degli obblighi connessi alla fornitura del servizio postale universale. All'Autorità di regolamentazione spetta, invece, il compito di vigilare affinché siano in ogni caso rispettati gli obblighi connessi allo svolgimento del servizio universale.
In relazione all'interrogazione in esame, Poste italiane Spa ha evidenziato che l'Accordo sindacale del 13 gennaio 2006, citato dall'interrogante, finalizzato a stabilire un quadro occupazionale chiaro e definito, ha affrontato in maniera risolutiva il problema del contenzioso derivante dall'utilizzo dei contratti a tempo determinato, intervenuti nel periodo 1998-2005.
In particolare l'accordo in parola ha individuato due fattispecie di risorse umane.
La prima ha interessato coloro che avevano operato in Azienda con contratto a tempo determinato nel citato arco temporale e che prestavano servizio in ragione di un provvedimento giudiziale favorevole non ancora passato in giudicato: a questi, previa rinuncia alla lite entro 60 giorni dalla sottoscrizione dell'Accordo, è stata offerta la stabilizzazione del rapporto di lavoro.
La seconda fattispecie considerava invece le risorse che avevano operato con contratto a tempo determinato nel periodo 1o luglio 1997-31 dicembre 2005 ma che non erano impiegate in Azienda al momento della sottoscrizione dell'Accordo, a prescindere dal caso se avessero o meno un contenzioso in corso con la Società.
Agli appartenenti a questa seconda fattispecie è stata proposta la possibilità, a fronte della rinuncia alla lite, di essere inseriti in una graduatoria dalla quale si è attinto e si attingerà, sino al mese di luglio 2009, per il fabbisogno di personale, in via temporanea o definitiva, necessario alle attività di recapito e delle operazioni logistiche. L'accettazione doveva avvenire entro il 15 maggio 2006.
Ciò premesso, la concessionaria ha dichiarato che il personale non stabilizzato nel rapporto di lavoro al quale fa riferimento l'interrogante, non si trovava in azienda in quanto il dispositivo favorevole è intervenuto dopo il 13 gennaio 2006, e pur avendo la possibilità di aderire al percorso determinato per la seconda tipologia di risorse umane individuata ai sensi del punto 2 del citato Accordo, non vi ha aderito.
Poste italiane fa presente, inoltre, che alcune di tali risorse, chiamate alla riammissione in servizio, non si sono presentate e, a seguito dell'esperito procedimento disciplinare,

sono state licenziate per assenza arbitraria dal luogo di lavoro; sempre per questi ultimi, è intervenuta una sentenza di appello a favore dell'Azienda che conferma l'insussistenza del rivendicato contratto a tempo determinato.
Infine, per le restanti unità, in possesso di dispositivo
ante Accordo del 13 gennaio 2006 che hanno presentato istanza di riammissione, Poste italiane è in attesa della sentenza di appello non ancora intervenuta.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia Agi, il 9 aprile 2008 ha riportato la seguente notizia: «tumori: Mario Negri, farmaci non sperimentati abbastanza. Alcuni farmaci anticancro hanno ottenuto la licenza alla commercializzazione prima che si concludesse la fase naturale della sperimentazione, che consente anche di studiare gli eventuali effetti collaterali a lungo termine»;
è l'allarme lanciato da uno studio italiano condotto dall'Istituto Mario Negri e pubblicato sulla rivista Annals of oncology, che ha analizzato 25 studi clinici, che sono stati fermati in anticipo tra il 1997 e il 2007. Troppo in anticipo, secondo l'Istituto, senza cioè che venissero certificati gli impatti a lungo termine. Mentre per le case farmaceutiche, che si difendono dall'accusa, concludere in anticipo lo studio su un farmaco «significa salvare più vite». Fatto sta che, secondo la ricerca, dei 25 studi scelti casualmente, 14 erano stati stoppati nel corso degli ultimi tre anni. E di questi, 11 sono stati utilizzati a sostegno delle domande di autorizzazione all'immissione in commercio;
una strategia, attacca il capo dei ricercatori Giovanni Aplone, che ha consentito alle case farmaceutiche di immettere più rapidamente i prodotti sul mercato avvalendosi di risultati clinici intermedi, quindi necessariamente non definitivi;
questo malgrado «i dati sulla efficacia e sui potenziali effetti collaterali possano essere incompleti interrompendo un test in anticipo». Anche perché, ha spiegato, interrompere un trial ai primi risultati positivi può non dare garanzie, visto che questi ultimi potrebbero anche essere casuali. Il team ha rilevato che la durata media di uno studio clinico è stata di 30 mesi, quando l'impatto a lungo termine può essere valutato solo negli anni;
secondo i ricercatori occorre una regolamentazione necessaria per considerare lo stop precoce a uno studio clinico nel momento in cui si prendono decisioni sulle licenze. Magari attraverso un comitato di controllo indipendente. Tanto più che secondo il professor Stuart Pocock, esperto di statistica medica presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, il problema non esiste solo per i farmaci anticancro, ma per tutti i tipi di trattamenti;
«prima di arrestare precocemente un trial - sottolinea Pocock - c'è bisogno di prove oltre ogni ragionevole dubbio.» -:
se sia a conoscenza dei fatti, se essi corrispondano a realtà e, nell'eventualità positiva, quali misure urgenti intenda predisporre per dare soluzione al caso in oggetto.
(4-00025)

Risposta. - Il tema dell'interruzione precoce degli studi clinici è oggetto, a livello internazionale, di un acceso dibattito che coinvolge sia i ricercatori sia le diverse agenzie regolatorie del farmaco.
Anche l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) partecipa alla discussione attualmente in corso con un contributo di natura scientifica: infatti, tra gli autori dell'articolo citato nell'interrogazione parlamentare in esame ve ne sono due che afferiscono all'Aifa stessa.
Gli obiettivi dello studio richiamato nell'atto sono stati quelli di documentare il fenomeno degli studi interrotti per eccesso

di beneficio in oncologia, e di valutare la frequenza con cui gli stessi sono usati per scopi registrativi, sia presso l'European medicines agency (Emea) sia presso la Food and drug administration (Fda).
La metodologia che riguarda la conduzione degli studi clinici è ben documentata e regolata a livello europeo da parte dell'Emea; peraltro, durante lo svolgimento di uno studio clinico vengono pianificate e condotte una serie di analisi statistiche (analisi
ad interim) in grado di fornire informazioni preliminari circa la tossicità e l'efficacia del farmaco, sulla base delle quali il Comitato indipendente di valutazione dei dati intermedi può determinare la chiusura anticipata del relativo studio.
Anche l'uso degli studi clinici interrotti prematuramente a fini registrativi è un fenomeno conosciuto e regolamentato sia dall'Emea che dall'Fda.
A livello europeo, inoltre, esistono tipi specifici di autorizzazioni alla commercializzazione - quali
conditional approval o under exceptional circumstances - riservate ai farmaci utilizzati per patologie senza speranza di cura; in queste situazioni particolari è consentita la commercializzazione di farmaci per i quali il profilo beneficio-rischio è considerato ancora non sufficientemente provato, e che, pertanto, nel periodo successivo alla loro immissione in commercio, vengono tenuti sotto «stretto controllo».
Al fine della tutela dei pazienti, l'azienda produttrice è obbligata a presentare dati aggiuntivi che confermino l'efficacia e la sicurezza dei medicinali, in mancanza dei quali l'autorizzazione decade.
In aggiunta a quanto previsto dall'Emea, in Italia sono operative ulteriori misure volte a garantire, da un lato, l'accesso ai farmaci più innovativi per patologie incurabili, dall'altro la massima tutela dei pazienti.
Si segnalano quelle il cui ruolo è particolarmente rilevante:
1) il Registro dei farmaci oncologici. I nuovi farmaci che presentano un «debito informativo» di efficacia e sicurezza vengono inseriti all'interno di questo programma di sorveglianza
post-marketing. Per ogni prescrizione vengono verificati i criteri di eleggibilità (ovvero che i pazienti presentino le condizioni cliniche per cui il farmaco è approvato) e viene effettuato un follow up, per verificare la risposta dei soggetti e l'eventuale insorgenza di reazioni avverse. Si garantisce così l'uso appropriato del farmaco nella pratica clinica e l'acquisizione di informazioni aggiuntive sul profilo beneficio-rischio;
2) il Registro delle sperimentazioni cliniche. Attraverso questo registro, che ricomprende tutte le sperimentazioni cliniche (nazionali ed internazionali) in corso in Italia, è possibile monitorare i farmaci che sono attualmente in sperimentazione, e le relative problematiche di efficacia e sicurezza. Il Registro consente inoltre di conoscere «in tempo reale» tutte le sperimentazioni che vengono interrotte precocemente - per un eccesso di beneficio o di rischio - e di poter effettuare tutte le verifiche ritenute necessarie sulla qualità degli studi condotti;
3) il Programma per la ricerca indipendente. L'obiettivo di questo programma è quello di stimolare la ricerca in settori i quali, pur rilevanti per la pratica clinica, presentano «aree grigie» di conoscenza, necessitando di approfondimenti ulteriori. Molti dei 151 studi finanziati nei primi 3 anni di attività del Programma sono mirati a verificare il profilo beneficio-rischio dei farmaci, con particolare attenzione agli esiti clinici rilevanti e al
follow up, a lungo termine, relativo sia all'efficacia che alla sicurezza.

I risultati degli studi possono essere utilizzati a fini regolatori per garantire un uso più sicuro ed appropriato dei farmaci.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Ferruccio Fazio.

FAVA, CROSIO, TORAZZI, GIBELLI, BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 14 dicembre 2008 è prevista l'apertura del nuovo ponte ferroviario tra Ostiglia

e Revere e la contemporanea dismissione del ponte attuale e della stazione ferroviaria;
il progetto fa parte del raddoppio della linea ferroviaria Verona-Bologna;
i lavori di realizzazione del nuovo ponte stano procedendo con celerità e pertanto permettono l'attivazione della prima linea entro dicembre 2008 e della seconda linea entro la metà dell'anno 2009;
il vecchio ponte potrebbe essere utilizzato per potenziare le infrastrutture viarie, realizzando un doppio senso di marcia in combinazione con il ponte stradale esistente;
i comuni di Ostiglia e Revere si stanno interessando per trovare una soluzione tra RFI e ANAS;
RFI sembra disponibile a cedere il vecchio ponte ferroviario all'ANAS, tuttavia occorrono risorse finanziarie per poter adeguare il manufatto alle nuove norme di sicurezza e trasformarlo in sede stradale -:
se il Ministro, per quanto di propria competenza, intenda intervenire presso l'ANAS, per individuare le risorse finanziarie occorrenti e per accelerare l'identificazione delle soluzioni tecniche adeguate alla trasformazione in sede stradale del vecchio ponte ferroviario dismesso tra Ostiglia e Revere.
(4-00792)

Risposta. - In riferimento alle interrogazioni in oggetto, di analogo argomenta, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'ipotesi di destinare il ponte ferroviario Ostiglia-Revere a viabilità stradale richiede una preliminare descrizione delle caratteristiche tecniche dei manufatti.
In territorio del Comune di Ostiglia (Mantova), la statale n. 12 «dell'Abetone e del Brennero» e la linea ferroviaria Bologna-Verona attraversano, parallele ed accostate, il corso del fiume Po su un ponte in acciaio, costruito nel 1949, formato da 7 campate di luce di 73 metri ciascuna.
La lunghezza complessiva del viadotto è di 511 metri; il ponte stradale e quello ferroviario hanno in comune le pile e le spalle. Sia il manufatto stradale che quello ferroviario sono costituiti da travi reticolari collegate tra loro dai traversi d'impalcato e dalle controventature inferiori ed entrambi i viadotti sono dei tipo a via inferiore.
Nel caso del viadotto stradale, l'interasse tra travi reticolari è di 6,70 metri mentre la sede stradale è realizzata su una soletta costituita da elementi prefabbricati e da 2 corsie di larghezza 2,50 metri ciascuna. Il viadotto stradale è affiancato da una passerella pedonale di larghezza 1,55 metri realizzata a sbalzo.
In ragione del notevole traffico quotidianamente in transito lungo la strada statale n. 12, composto in percentuale ragguardevole da veicoli commerciali di grosse dimensioni, l'attraversamento stradale del fiume Po costituisce una strozzatura che costringe il flusso ai rallentamento comportando la formazione di code, incolonnamenti e soste.
Per quanto riguarda il manufatto ferroviario, l'interasse fra le travi reticolari è di 1,50 metri, la larghezza netta dei portali è di 4,50 metri.
La struttura del viadotto ferroviario risulta idonea a sostenere i sovraccarichi stradali ed i nuovi carichi permanenti (soletta in cemento armato, nuove longherine, pavimentazioni ecc,).
Occorrerà prevedere la protezione delle travi principali onde evitare urti di automezzi, installando barriere laterali (tipo
new jersey in acciaio).
Peraltro, anche effettuate le modifiche necessarie, sarebbe possibile realizzare una sola corsia di marcia della larghezza di 3,50 metri; tale configurazione non consentirebbe il sorpasso di un mezzo fermo e/o in avaria sul ponte e non si ritiene opportuna quindi la realizzazione della trasformazione descritta.
Si potrebbe, invece, previa verifica statica delle fondazioni, delle pile e delle spalle, realizzare un nuovo unico impalcato di larghezza circa 12 metri che risolverebbe i problemi attuali di transitabilità.
Tale intervento, tuttavia, non rientra nei programmi ANAS approvati e finanziati e occorrerebbe individuare un finanziamento

ad hoc a fronte di una previsione di spesa che potrà scaturire solo a seguito della stesura di un progetto, almeno di livello preliminare.
Peraltro, nella Convenzione generale n. 14 del 2 marzo 1992 relativa al raddoppio della linea Bologna-Verona, stipulata tra Ferrovie dello Stato, ANAS S.p.A., Provincia di Mantova e Comune di Ostiglia, non viene fatto alcun riferimento all'eventuale trasferimento di proprietà delle travate dell'attuale ponte ferroviario sul Po.
Allo stato, non risulta intervenuto alcun accordo di cessione né sussistono accordi relativi alle altre aree che saranno dismesse con l'attivazione del nuovo tracciato della linea in variante.
Tuttavia Rete Ferroviaria Italiana conferma la propria disponibilità a cedere le travate metalliche dell'attuale ponte sul Po che dopo l'attivazione del raddoppio della linea Bologna-Verona non risulterà più strumentale all'esercizio ferroviario.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GREGORIO FONTANA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
venerdì 25 luglio 2008 il traghetto Bithia, della flotta Tirrenia, è salpato da Genova per raggiungere Olbia;
la signora Cristina Sassudelli, imbarcata nel traghetto, la mattina seguente ha denunciato di essersi svegliata completamente coperta da zecche che avevano fatto un nido sotto la sua poltrona in prima classe;
secondo quanto diffuso da agenzie di stampa, il caso del traghetto Bithia non sarebbe isolato in quanto, lo scorso 3 luglio, a bordo di un altro traghetto della flotta Tirrenia, si sarebbe verificata una situazione analoga -:
se risulta richiedere tutti i chiarimenti, alla società Tirrenia di Navigazione S.p.A., su quanto accaduto lo scorso 26 luglio a bordo del traghetto Bithia;
quali iniziative il Ministro intenda assumere, con i poteri che gli sono propri, e quali doverosi controlli saranno effettuati presso le società di navigazione navali, impegnate ad assicurare il collegamento con le isole italiane, ed in particolare presso la società Tirrenia di Navigazione S.p.A., per evitare il ripetersi di tali accadimenti al fine di assicurare, specie nella stagione turistica, doverose condizioni di igiene e pulizia.
(4-00865)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, da notizie acquisite attraverso un'istruttoria espletata nei confronti della Società Tirrenia, si comunica quanto segue.
Secondo quanto riferito dalla stessa Società in merito all'assistenza fornita a bordo dell'unità «Bithia» alla passeggera Signora Sassudelli Cristina, residente a Treviglio (Bergamo) che aveva lamentato la presenza di insetti nella sala poltrone dalla stessa occupata, si fa presente che non appena la Signora Sassudelli aveva informato il Commissario di bordo dell'evento predetto immediatamente quest'ultimo ne metteva al corrente anche il Comandante della nave.
Il Comandante Gennaro Coppola, riferisce la Tirrenia, annotava sul giornale nautica del M/t «Bithia» del 26 luglio 2008 che subito si procedeva a far visitare dal medico di bordo la predetta passeggera, il quale certificava di aver visitato la Signora Sassudelli e di aver riscontrato la presenza di zecche nella persona e di non aver riscontrato morsi o lesioni dovute agli stessi insetti e che tale parassita era presente anche nella poltrona dove la signora era stata seduta. A quel punto, riferisce ancora il Comandante, per tranquillizzare la signora le era stata messa a disposizione la cabina cosiddetta disponibile n. 13, dove aveva potuto effettuare una doccia e liberarsi di tutti gli indumenti che venivano raccolti e sigillati per essere poi lavati e disinfestati.
Inoltre il Comandante del «Bithia» riferisce di aver dato disposizione di chiudere immediatamente la sala poltrone di 1a classe ed effettuare un primo intervento con i prodotti disponibili a bordo (VIRKON). Di

ciò veniva informato il Direttore esercizio flotta della Tirrenia Comandante Pasquale Lubrano, che comunicava al Comando di bordo della «Bithia» di avere tempestivamente programmato un intervento straordinario della Ditta Eurorat all'arrivo in serata a Genova.
Altresì, riferisce il Comando di bordo del «Bithia», durante la sosta nello scalo di Genova, la ditta Eurorat provvedeva a disinfestare la sala poltrone di 1a classe spruzzando con nebulizzatore il prodotto Permetrina e di aver dato disposizione che la sala poltrone anzidetta rimanesse interdetta all'utilizzo fino al successivo 31 luglio 2008.
La società Tirrenia ha inoltre comunicato di aver programmato, oltre agli interventi periodici e di
routine, interventi di carattere massivo durante il periodo di sosta delle navi (tra cui anche la «Bithia»), approfittando della mancanza di equipaggio o altre persone nei locali di bordo, per lavori manutentivi consistenti nel trattamento degli ambienti con specifici gas letali per gli insetti.
Si rappresenta, infine, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso la propria Direzione generale per il trasporto marittimo, fluviale e lacuale, è incaricata della vigilanza sugli
standard di qualità a bordo delle unità della flotta Tirrenia e opera in questo senso anche secondo quanto contemplato dalla Carta dei servizi della società Tirrenia, approvata da questa amministrazione nell'anno 2006.
Tuttavia, a partire dall'anno 2007, l'espletamento ordinario di tale attività ispettiva è impedita a causa della mancanza dei fondi necessari allo svolgimento di missioni di servizio fuori sede da parte del personale preposto. Tali fondi sono versati dalle compagnie di navigazione sui capitoli di entrata del bilancio dello Stato ai fini della successiva riassegnazione sui capitoli di spesa di questo Ministero da parte del Ministero dell'economia e delle finanze; nel 2007 la riassegnazione dei fondi è avvenuta solo nel corso del mese di dicembre con conseguente impossibilità di espletare la prevista attività di vigilanza e perdita della disponibilità dei fondi stessi, andati in economia il 31 dicembre 2007.
Per l'anno in corso, avuta notizia dell'avvenuto pagamento da parte delle società di navigazione, si è provveduto, in data 3 aprile 2008, a richiedere la riassegnazione dei fondi sul competente capitolo di bilancio al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ormai da oltre dieci anni il comune di Sarmato (provincia di Piacenza) ha richiesto (nota protocollo n. 1417 del 22 dicembre 1992) all'ufficio operativo di Piacenza del Magistrato per il Po la sdemanializzazione del Rio Corniolo, nel tratto compreso tra la strada statale 10 e la via Sacchello;
nella risposta resa in data 22 settembre 1997 all'atto di sindacato ispettivo n. 4-07902 a firma dell'interrogante, il Ministro Costa sostenne che il Magistrato per il Po di Parma era in attesa di ricevere il parere in ordine alla sdemanializzazione, predetta del servizio provinciale della difesa del suolo di Piacenza, essendo il tratto da sdemanializzare di competenza regionale;
nella predetta risposta si leggeva, altresì, che il Magistrato per il Po di Parma avrebbe potuto effettuare il previsto sopralluogo, e quindi emettere il provvedimento di sdemanializzazione dell'area che qui interessa, solo dopo l'acquisizione del parere dell'Autorità di bacino del fiume Po -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere per fare in modo che la sdemanializzazione di che trattasi possa avere finalmente luogo, atteso che il lungo termine di tempo intercorso dall'avvio della pratica (oltre dieci anni) non costituisce certamente titolo di merito per gli uffici interessati.
(4-01025)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede notizie in merito alla definizione della procedura di sdemanializzazione di un tratto del Rio Corniolo, avviata nel 1992 su istanza del Comune di Sarmato (Piacenza), l'Agenzia del demanio ha fatto presente quanto segue.
L'istanza di sdemanializzazione inoltrata dal Comune di Sarmato al Magistrato per il Po - Ufficio operativo di Piacenza, è stata trasmessa per competenza alla filiale Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, dell'Agenzia del demanio, il 15 marzo 2004.
La competente filiale ha quindi provveduto (con foglio n. 6148 del 13 aprile 2004) a richiedere il parere tecnico in merito all'opportunità di procedere alla sdemanializzazione alla Regione Emilia Romagna - Servizio tecnico bacini Trebbia e Taro che, con nota del 3 ottobre 2005, ha rilasciato il nulla osta idraulico e il relativo parere favorevole.
L'Agenzia del demanio, considerata la limitata estensione delle aree oggetto della richiesta di sclassifica (401 mq), ed avendo rilevato l'esistenza di ulteriori tratti intubati del Rio Corniolo a monte e a valle delle predette aree, dei quali non era nota l'esatta ubicazione, ha provveduto, in data 28 settembre 2006 a chiedere alla Regione Emilia Romagna - Servizio tecnico bacini Trebbia e Taro - sede di Piacenza e al Comune di Sarmato di effettuare un sopralluogo congiunto nella zona, finalizzato a fornire le indicazioni per l'identificazione catastale delle ulteriori aree ritenute, sdemanializzabili.
A seguito di detto sopralluogo congiunto, effettuato il 18 aprile 2008, l'Agenzia del demanio, con nota del 23 giugno 2008, ha chiesto al Servizio tecnico bacini affluenti del Po il rilascio del nulla osta idraulico per la sclassifica dell'intera area sdemanializzabile.
L'Agenzia del demanio assicura che non appena avrà ricevuto il nulla osta idraulico alla sclassifica, sollecitato in data 2 settembre 2008, provvederà a formulare una proposta di sdemanializzazione unica per l'intero tratto ritenuto sclassificabile.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Luigi Casero.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Calendasco (Piacenza), e precisamente in località Puglia-Cascina Turriò, vi è un terreno di origine alluvionale estromesso dall'alveo fluviale per il quale i signori Antonio Zaffignani, Giovanni Zaffignani e Giuseppe Zaffignani hanno formulato istanza in data 1° agosto 1983, essendo privati frontisti del terreno menzionato, onde ottenere l'emissione formale del provvedimento di delimitazione dell'alveo del fiume Trebbia - sinistra orografica - ai sensi e per gli effetti degli articoli 93 e 94 del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523;
il magistrato per il Po di Parma, previo espletamento dell'istruttoria dovuta, ha emesso il 13 dicembre 1983 il decreto n. 14320 di delimitazione dell'alveo di piena ordinaria del fiume Trebbia nella sinistra orografica relativo alla località che qui interessa, stabilendo la nuova linea di sponda e di fatto estromettendo dall'alveo medesimo un insieme di terreni di origine alluvionale di quota altimetrica non soggiacente ai flussi idrici di piena ordinaria;
il Magistrato per il Po - ufficio operativo di Piacenza - con relazione prot. 201 del 28 aprile 1984, ha analizzato nel merito le cause di formazione-emersione dei terreni alluvionali estromessi dall'alveo del fiume Trebbia con il precitato decreto n. 14320 del 1983, all'uopo affermando che essi terreni (in zona posta al fronte dei terreni già di proprietà privata di cui ai mappali 12, 14, 22 e 25 del foglio 29 del nuovo catasto terreni del Comune censuario di Calendasco-Piacenza) erano la conseguenza della naturale evoluzione fluviale e, quindi, nei limiti di quanto previsto all'articolo 941 del codice civile;
Antonio Zaffignani, Giovanni Zaffignani e Giuseppe Zaffignani con separate istanze rivolte in data 5 maggio 1984 all'Intendenza di finanza di Piacenza

hanno chiesto l'accatastamento a proprio nome dei terreni di origine alluvionale, di formazione naturale, emersi a fronte dei terreni già censiti, ai sensi dell'articolo 941 del codice civile;
Giuseppe Zaffignani è deceduto e il terreno di cui al mappale 12 del foglio 29 di cui sopra è ora di proprietà di Giovanni Zaffignani;
Antonio Zaffignani è deceduto e il terreno di cui al mappale 22 del foglio 29 di cui sopra è ora di proprietà dei di lui figli Giovanni, Rosa Pia e Tiziana;
a distanza di ben 22 anni dall'avvio dell'azione per il formale riconoscimento dell'intervenuta cessione ipso iure dei nuovi terreni alluvionali alla proprietà privata frontista, azione più sopra esposta, nessun provvedimento formale di riconoscimento della proprietà nel senso auspicato risulta emesso;
in data 11 aprile 2005, Giovanni Zaffignani (nato a Calendasco, Piacenza, il 17 giugno 1950 ed ivi residente, Rosa Pia Zaffignani (nata a Calendasco, Piacenza il 23 agosto 1954 e residente a Piacenza) e Tiziana Zaffignani (nata a Calendasco, Piacenza, il 26 febbraio 1956 e residente a Rottofreno, Piacenza), hanno presentato istanza all'Agenzia del demanio - Direzione centrale area operativa di Roma - e alla filiale dell'Emilia-Romagna - ufficio di Piacenza affinché il procedimento già in essere per il riconoscimento della cessione dei terreni alluvionali formatisi successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo la riva sinistra del fiume Trebbia, e che dall'alveo di piena ordinaria del medesimo sono stati estromessi (decreto del magistrato per il Po di Parma n. 14320 del 1983) sia portato a conclusione in tempi brevi, con conseguente intestazione dei terreni che qui interessano a loro stessi -:
se e quando verrà definita detta annosa pratica, il cui iter burocratico appare quanto meno tortuoso, e comunque cosa osti alla positiva definizione della stessa.
(4-01026)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede notizie in merito alla definizione della procedura di riconoscimento, in capo alla proprietà dei signori Zaffignani, privati frontisti, di un terreno di origine alluvionale sito nel comune di Calendasco (Piacenza) estromesso dall'alveo del fiume Trebbia, a seguito della nuova delimitazione intervenuta con decreto del Magistrato per il Po di Parma n. 14329 del 13 dicembre 1983.
Al riguardo, l'Agenzia del demanio, in via preliminare, ha osservato che la procedura di nuova delimitazione d'alveo ed il conseguente riconoscimento della proprietà del terreno così estromesso ai privati richiedenti, ai sensi dell'articolo 941 del codice civile, consta di diverse fasi.
La prima di dette fasi prevede l'istruttoria da parte del Magistrato per il Po di Parma, e si conclude, ricorrendone i presupposti, con l'emanazione del decreto di delimitazione ed estromissione, cui consegue l'individuazione al Catasto terreni delle aree estromesse e l'intestazione delle stesse in capo al demanio dello Stato.
La successiva procedura, finalizzata all'accatastamento dei terreni estromessi a favore della proprietà privata frontista, normalmente attivata dai soggetti interessati con specifica istanza inoltrata all'Amministrazione finanziaria, prevede la verifica della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 941 e seguenti del codice civile. Detta verifica, fino all'anno 2003, rientrava nelle competenze del Magistrato per il Po di Parma, successivamente a tale data, per effetto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, rientra nelle competenze della Regione Emilia Romagna - Servizio tecnico bacini Trebbia e Taro.
Tale attività, in caso di riconoscimento parziale o totale dei presupposti sopraindicati, si conclude con l'emanazione del parere di competenza dell'organo a ciò deputato reso all'Agenzia del demanio, che lo inoltra all'Avvocatura dello Stato per il rituale parere, propedeutico all'emanazione del decreto di riconoscimento di proprietà a favore dei frontisti per accessione ai sensi dell'articolo 941 codice civile.


Tutto ciò premesso, l'Agenzia del demanio ha fatto presente che, a seguito delle istanze di accessione
ex articolo 941 del codice civile dei terreni posti di fronte alla loro proprietà avanzate separatamente dai signori Zaffignani in data 5 maggio 1984 e dell'accertamento da parte del Magistrato per il Po di Parma - Ufficio operativo di Piacenza, della formazione degli stessi per le cause naturali di cui al citato articolo, il predetto Ufficio operativo, relativamente a tali aree, ha rilasciato, con successiva nota n. 946 del 13 giugno 1986, il consueto nulla osta al riconoscimento della proprietà in capo ai privati frontisti aventi diritto che abbiano prodotto regolare istanza.
Pertanto, l'allora Ufficio del territorio di Piacenza aveva interessato l'Avvocatura dello Stato per il necessario parere in linea legale con la nota n. 55179 del 13 giugno 2000, riscontrata con una richiesta di chiarimenti, successivamente forniti con foglio n. 74528 del 3 agosto 2000.
A seguito di una precedente interrogazione parlamentare presentata dall'interrogante (n. 4-15324 del 21 giugno 2005) la competente filiale Emilia Romagna dell'Agenzia del demanio ha sollecitato, con nota n. 16826 del 21 luglio 2005, l'espressione del richiesto parere all'Avvocatura, non ancora pervenuto.
La predetta filiale ha comunicato che, non appena ricevuto il richiesto parere dall'Avvocatura (sollecitato con foglio n. 11117 del 13 luglio 2006 e, nuovamente, il 18 settembre 2008), tutta la documentazione verrà trasmessa alla Direzione area operativa dell'Agenzia per il seguito di competenza finalizzato all'emanazione del decreto di riconoscimento di proprietà a favore dei frontisti.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Luigi Casero.

GARAVINI, NARDUCCI e GIANNI FARINA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da anni, e in modo sempre più generalizzato, si manifesta la protesta degli italiani residenti in Europa per il sistematico criptaggio dei programmi sportivi trasmessi dai canali della RAI;
questo disagio si è riacceso in occasione dello svolgimento dei campionati europei di calcio che, svolgendosi in aree dove è forte l'insediamento degli italiani, hanno fatto da catalizzatore dell'interesse verso la nostra nazionale da parte di un'opinione più ampia di quella solitamente attenta agli avvenimenti calcistici;
la comunicazione sportiva rappresenta un incisivo strumento di collegamento con le nostre realtà all'estero e un veicolo di coesione delle stesse e di consolidamento dei rapporti con il nostro Paese, in particolare per le nuove generazioni, quelle più esposte al rischio del distacco;
è evidente l'interesse dell'Italia ad integrare sempre più strettamente l'offerta culturale verso le generazioni d'origine con politiche della comunicazione che valorizzino i tratti del modello di vita italiano, che ha un forte richiamo verso i giovani;
non si è perseguita finora, con sufficiente determinazione, una soluzione concreta del problema, nonostante le numerose sollecitazioni pervenute dalle nostre comunità e dalle loro istanze di rappresentanza (Comites, Cgie) -:
se non intenda promuovere la costituzione di un tavolo di confronto, composto da rappresentanti della RAI, componenti di alcune associazioni, valutando anche l'opportunità di un contributo degli stessi eletti nella Circoscrizione estero, rappresentanti del Cgie, esperti, per esaminare in tempi brevi le condizioni finanziarie e organizzative che possano consentire alla RAI di superare il sistema di criptaggio, anche attraverso sistemi già collaudati in altri Paesi europei, ad esempio la Svizzera, come quello di una card di decriptaggio.
(4-00346)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In linea generale, si osserva che il problema dell'oscuramento all'estero di alcuni programmi televisivi per i quali la Rai non detiene i diritti di ritrasmissione è ben noto agli organi istituzionali, anche a seguito delle diffuse proteste che, da tempo, pervengono dai nostri connazionali residenti all'estero (in particolare in Europa).
Tale problematica coinvolge la politica commerciale della Rai ed il complesso dei contratti stipulati con i distributori dei diritti televisivi (in particolare per gli eventi sportivi). Quando, infatti, i diritti dei programmi (talvolta anche solo per una parte dei servizi contenuti negli stessi) vengono venduti a committenti all'estero, la trasmissione viene oscurata dalla Rai per evitare rivalse legali da parte degli acquirenti.
All'estero, non solo in Europa, la visione dei programmi trasmessi dalle emittenti italiane avviene normalmente via satellite e su questa piattaforma trasmissiva la copertura del segnale è strettamente legata a rapporti di tipo privatistico e spesso le emittenti italiane devono oscurare il segnale nelle aree per le quali non abbiano i rispettivi diritti.
Le società titolari, infatti, cedono i diritti territorio per territorio, garantendo l'esclusiva della trasmissione nell'ambito di acquisto ed escludendo, conseguentemente, la possibilità che siano inviati i corrispondenti segnali da parte di altre emittenti in quelle stesse località.
Negli ultimi anni, sono state innumerevoli le iniziative intraprese al riguardo dal mondo istituzionale e politico. In particolare, si evidenzia l'impegno del Ministero degli esteri, il quale oltre a relazionare puntualmente sulla problematica la Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso il Rapporto annuale elaborato per il tramite dalla rete diplomatico-consolare, ha più volte sensibilizzato direttamente anche l'emittente pubblica nazionale, affinché, pur nei limiti dati dagli obblighi giuridici e dalle esigenze economiche aziendali, consideri opportunamente la pressante richiesta delle nostre collettività riguardo ad un fenomeno obiettivamente sentito anche se limitato nei suoi dati globali.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

GIACHETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Rai, Radiotelevisione Italiana, è titolare dei diritti di trasmissione esclusivi per l'Italia dei prossimi Campionati Europei di Calcio, che ha deciso di trasmettere "in chiaro" per tutti i cittadini del nostro Paese;
la trasmissione di tale evento avverrà per la prima volta, secondo quanto annunciato dalla stessa Rai, anche in modalità digitale in Alta Definizione;
l'attuale penetrazione sul totale delle famiglie-tv italiane dei televisori compatibili con l'Alta Definizione, secondo stime industriali, è di circa 4 milioni di unità;
per usufruire del digitale in Alta Definizione attualmente è necessario disporre di un televisore HD-Ready collegato ad un decoder digitale esterno;
il diritto, ribadito dalla Comunità Europea, della neutralità tecnologica, stabilisce che ogni cittadino è libero di scegliere le modalità e la piattaforma tecnologica da utilizzare per effettuare il passaggio al digitale;
grazie a tale diritto, molte centinaia di migliaia d'italiani si sono dotati di apparati di ricezione per la tv digitale ad Alta definizione nelle modalità trasmissive oggi in essere: Satellitare (Sky), IpTv (Fastweb, Telecom, Tiscali);
allo stato dell'arte praticamente nessun cittadino possiede decoder atti a ricevere l'Alta Definizione in digitale terrestre ed inoltre sono pochissimi gli italiani che hanno un decoder Dtt-hd integrato nel televisore;

l'articolo 26 del Contratto di Servizio 2007-2009 tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai Radiotelevisione italiana recante il titolo "Neutralità tecnologica" impegna la concessionaria del Servizio Pubblico "a realizzare la cessione gratuita, e senza costi aggiuntivi per l'utente, della propria programmazione di servizio pubblico sulle diverse piattaforme distributive, compatibilmente con i diritti dei terzi e fatti salvi gli specifici accordi commerciali";
l'articolo 28 del medesimo Contratto recante il titolo "Ricerca e Innovazione" impegna la concessionaria del Servizio Pubblico, al fine di promuovere l'evoluzione tecnica e lo sviluppo industriale del Paese, a sperimentare la diffusione di contenuti radiotelevisivi mediante l'uso di nuove tecnologie trasmissive quali, tra le altre, l'Alta Definizione, nel rispetto dei principi di parità di trattamento e non discriminazione;
la Rai dispone di tre diversi multiplex satellitari in grado di garantire la capacità necessaria a diffondere anche attraverso questo mezzo l'Alta Definizione;
i broadcast IPTV sono già in grado di trasmettere il segnale RAI Hd "in chiaro" ai propri abbonati come già avviene per i canali tradizionali;
la Rai, contravvenendo a quel contratto di servizio recentemente firmato, ha invece deciso che la diffusione degli Europei in HD avverrà esclusivamente attraverso la tecnologia Digitale terrestre e solo in cinque aree: Milano, Roma, Torino, Sardegna e Valle d'Aosta;
la diffusione non può essere considerata sperimentale, perché proprio il direttore generale Cappon ha dichiarato nella conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa che questa è da considerarsi molto più di una semplice sperimentazione, bensì come una significativa "prova d'orchestra HD" generale a favore dello sviluppo della tv digitale nel nostro Paese. Ancora, il presidente di RAI way Francesco De Domenico ha dichiarato "tanto più se si pensa che, dopo gli Europei di Calcio, proseguiremo ancora con l'alta definizione via Dtt, utilizzandola anche per altri eventi sportivi (tra cui, per esempio, i Mondiali di Ciclismo che si terranno nel mese di settembre a Varese), fino a proporre, nel 2009, regolari trasmissioni HDTV nelle aree italiane all digital, come previsto dal piano industriale aziendale";
questa scelta, come denunciato anche dall'associazione consumatori Adiconsum, penalizza e discrimina fortemente i cittadini italiani che già sono passati alla ricezione televisiva in digitale in Alta definizione, cittadini che peraltro pagano TUTTI regolarmente il canone;
i decoder digitali terrestri HD, necessari per la ricezione del servizio diffuso dalla Rai, sono disponibili solo adesso e in quantità non superiori alle "poche migliaia", come si evince dalle dichiarazioni degli stessi distributori raccolte dal quotidiano Il Sole 24 Ore nell'articolo "Goal in Alta Definizione per pochi" pubblicato il 2 giugno 2008 a pagina 9;
tali apparecchi, il cui costo è intorno ai 180 euro, non rispondono alle caratteristiche raccomandate dal consorzio DGTVi, non essendo dotate di middleware per la tv interattiva (MHP) o di sistema di accesso condizionato, elementi necessari per fruire con lo stesso apparecchio delle diverse offerte di tv a pagamento disponibili nel nostro Paese -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire la fruibilità dei prossimi Campionati Europei di Calcio in Alta Definizione su tutte le piattaforme digitali, nel rispetto dei principi di neutralità tecnologica, di parità di trattamento e di non discriminazione sanciti dal contratto di servizio.
(4-00259)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta anche sulla base di notizie acquisite presso la Rai.
In primo luogo occorre evidenziare che, in merito alla trasmissione dei campionati

europei di calcio in modalità digitale in alta definizione, la Rai ha precisato di non aver trasmesso tale evento sportivo in alta definizione sul satellite in chiaro, in quanto i diritti di diffusione sono limitati al territorio italiano mentre il satellite copre un'area ben più vasta e, pertanto, sarebbe stato necessario codificare il segnale.
Al riguardo la Rai, infatti, è attualmente impegnata nella realizzazione di una piattaforma satellitare gratuita, con un sistema di criptaggio diverso da quello della televisione a pagamento via satellite, in modo da rispettare l'obbligo della neutralità tecnologica, così come disposto dall'articolo 26 del Contratto di servizio 2007-2009, il quale prevede l'impegno della Rai a realizzare la cessione gratuita della propria programmazione di servizio pubblico su diverse piattaforme.
La trasmissione sulla piattaforma a pagamento, ovviamente, non è una soluzione all'esigenza della neutralità tecnologica poiché subordinerebbe la fruizione di un programma di servizio pubblico alla sottoscrizione di un abbonamento a pagamento a vantaggio terzi.
La Rai utilizza tre
trasponder satellitari a 13 Est per i suoi servizi di diffusione televisiva via satellite e non sono disponibili risorse di trasmissione sufficienti per l'alta definizione (almeno 12 Mbit/s) su questi mezzi, in quanto l'alimentazione dei trasmettitori interessati dalla diffusione del canale HD è stata realizzata con collegamenti in ponte radio e/o fibra ottica.
In proposito, si precisa che i
trasponder a 13 Est servono anche per l'alimentazione della rete digitale terrestre e fungono da riserva per l'alimentazione della rete terrestre analogica, rendendo impraticabile qualsiasi ipotesi di chiusura, anche parziale, dei segnali.
Si evidenzia, inoltre, che il parco ricevitori via satellite funziona basandosi su
standard MPEG-2 e, risulta, pertanto, inadatto alla ricezione del segnale trasmesso dalla Rai.
La trasmissione degli Europei di calcio da parte della Rai è, infatti, avvenuta in MPEG-4,
standard tecnologico che consente una migliore qualità di trasmissione e di ricezione nonché una consistente riduzione di spazio in trasmissione.
Tale
standard MPEG-4, inoltre, è comunemente adottato dai broadcaster europei per la trasmissione dell'alta definizione.
Alcuni operatori telefonici che offrono ai propri clienti servizi Video su IP hanno dotato i propri abbonati di
set-top box cosiddetti «ibridi» con ricevitori interni sia IP che DTT; in tal caso gli utenti residenti nelle aree servite dal segnale HD hanno la possibilità di ricevere via antenna terrestre il segnale stesso.
Le scelte di posizionamento di mercato per i
set-top box sono fatte dai singoli produttori in funzione delle loro strategie industriali; la Rai non opera in modalità integrata verticalmente (come ad esempio Sky Italia). I set-top box sono di proprietà degli utenti che li acquistano scegliendoli liberamente, in base alle proprie esigenze, tra quelli distribuiti in commercio.
Riguardo a quanto affermato circa il costo e le caratteristiche tecniche di tali apparecchi, la Rai ha precisato che almeno un modello tra quelli venduti aveva il bollino di conformità DGTVI ed il prezzo per i
set-top box HD varia tra i 149 e i 249 euro.
Per ciò che riguarda gli incontri dei campionati europei di calcio, la Rai, infine, precisa che il segnale di Rai Uno in definizione
standard 4:3 è stato trasmesso comunque sul satellite con codifica NDS, mentre Rai Uno sul mux A del digitale terrestre è stata trasmessa in formato panoramico 16:9 e con un'elevata qualità dell'immagine.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

GRIMOLDI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata del 2008 l'Italia avrà riconosciuto un ruolo di primo piano nell'ambito delle manifestazioni sportive di rilevanza nazionale e mondiale;

il Paese ospiterà in particolare quattro campionati mondiali di ciclismo che culmineranno con la manifestazione sportiva mondiale del ciclismo su strada a Varese nel mese di settembre prossimo;
lo svolgimento dei campionati mondiali di ciclismo a Varese rappresenta una vetrina importante non solo per la città e per la regione Lombardia, ma serve anche a conferire un'immagine di lustro a livello mondiale di tutto il Paese;
l'importanza della realizzazione di un simile evento sportivo è stata riconosciuta, già in passato, con la legge finanziaria per il 2006 è già stata autorizzata la spesa annua di 2 milioni di euro per quindici anni per l'organizzazione e l'adeguamento degli impianti dedicati allo svolgimento dei campionati mondiali di ciclismo del 2008;
nel programma delle emissioni per il 2008 la Consulta per l'emissione delle carte-valori postali e la filatelia non ha tuttavia ritenuto di inserire tra gli eventi destinati a diventare valori i campionati mondiali di ciclismo su strada a Varese;
nell'integrazione del programma per il 2008, approvata dalla Consulta lo scorso 17 dicembre, mentre sono previste le emissioni di valori dedicati alla celebre canzone Nel blu dipinto di blu oppure alla storia di Roma antica e alla pasta all'amatriciana, non viene fatto invece alcun riferimento ai valori dedicati ai campionati mondiali di ciclismo del 2008;
l'emissione del francobollo dedicato ai campionati mondiali di ciclismo su strada a Varese risulta invece prevista nel programma per 2008 della Repubblica di San Marino che dovrebbe emetterlo per il prossimo mese di agosto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi che hanno portato alla decisione di non inserire nell'integrazione del programma delle emissioni di valori per il 2008 i campionati mondiali di ciclismo su strada a Varese e quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché venga apportata un'integrazione al programma delle emissioni delle carte-valori postali e la filatelia per l'anno 2008 che preveda un valore dedicato ai campionati mondiali di ciclismo su strada a Varese.
(4-00411)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame e da notizie assunte presso la competente direzione, della scrivente Amministrazione, si rappresenta quanto segue.
Il Ministro Scajola, con nota del 31 luglio 2008, integrando il programma filatelico per l'anno in corso, ha disposto l'emissione del francobollo dedicato ai Campionati del mondo di ciclismo su strada che si svolgeranno a Varese nel mese di settembre 2008.
Tale emissione, come tutte le emissioni filateliche celebrative e commemorative, è stata autorizzata con decreto del Presidente della Repubblica in data 4 agosto 2008.
L'emissione filatelica dedicata a questi campionati è stata disposta in considerazione della popolarità che il ciclismo riveste anche alla luce dei successi conseguiti in passato da grandissimi professionisti, successi che hanno, segnato momenti significativi della storia del nostro Paese.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Paolo Romani.

LAMORTE, PROIETTI COSIMI, PISO, DIVELLA, TAGLIALATELA, PERINA, BELLOTTI, LABOCCETTA, CRISTALDI, BIANCONI, MIGLIORI, POLIDORI, MOFFA, DE CORATO, LAFFRANCO, DIMA, PORCU, PATARINO e TRAVERSA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Inpdap è orientato a valutare, nella seconda quota di pensione prevista dall'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 503 del 1992, gli emolumenti professionali costituiti dai diritti ed onorari percepiti dagli avvocati dipendenti dagli enti locali, appartenenti ai ruoli professionali delle avvocature istituite ai sensi di legge, percepiti a seguito

di sentenza favorevole con condanna delle controparti e conseguente recupero o liquidazione a carico dell'amministrazione in caso di compensazione delle spese;
a sostegno della predetta interpretazione, l'istituto di previdenza ritiene che i suddetti emolumenti non rivestirebbero quelle caratteristiche di fissità, continuità e corrispettività che sono, invece, richieste dagli articoli 15 e 16 della legge n. 1077 del 1959, ai fini della valutabilità, per i destinatari del sistema di calcolo retributivo, nella quota di pensione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 503 del 1992 (quota A di pensione);
tale interpretazione non appare rispondente ad una corretta valutazione, in quanto tali emolumenti se corrisposti continuativamente, per un lungo periodo di tempo, in base a norme contrattuali e regolamentari ed in attuazione di una specifica previsione di spesa contenuta in un apposito capitolo di bilancio, hanno la stessa natura retributiva delle altre voci che concorrono a formare la prima quota di pensione;
l'Inpdap non ha neppure valutato che i caratteri della fissità, continuità e corrispettività di tali emolumenti discendono dalla circostanza che trattasi di compensi percepiti in quanto correlati, ai sensi della legge professionale, all'attività forense e, dunque, alla funzione propria degli avvocati;
l'indirizzo interpretativo espresso dall'Inpdap contrasta con una consolidata ed inequivocabile giurisprudenza amministrativa e contabile che ha considerato i compensi professionali percepiti dagli avvocati operanti all'interno delle avvocature istituite dagli enti locali non solo retribuzione a tutti gli effetti, ma li ha espressamente qualificati come emolumenti fissi, continuativi e privi di qualsivoglia carattere di aleatorietà;
l'Inpdap ha riconosciuto gli onorari nella prima quota di pensione ad alcuni avvocati del Comune di Roma (poi anche di Milano), a seguito di una decisione, intervenuta alla fine degli anni ottanta, del Consiglio di Stato che sanciva l'obbligo per le amministrazioni di computare le quote per le competenze ed onorari nella retribuzione annua contributiva, aspetto, questo, che non riguarda il computo nella prima quota di pensione, determinando, con una giustificazione solo apparente, una evidente disparità di trattamento -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario, al fine di evitare ogni dubbio interpretativo e ogni diversità di trattamento, assumere iniziative normative volte a stabilire che i compensi professionali percepiti dagli avvocati delle avvocature interne degli enti locali, cui si applica il sistema di calcolo retributivo, concorrano a formare la prima quota di pensione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 503 del 1992.
(4-00214)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la pensionabilità degli emolumenti professionali costituiti da diritti e onorari percepiti dagli avvocati delle avvocature interne agli enti locali, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente e in via generale, deve osservarsi come, per il pubblico impiego, il principio della omnicomprensiva assoggettabilità a contribuzione di tutti gli emolumenti percepiti in dipendenza del rapporto di lavoro sia stato sancito solo con la legge n. 335 del 1995, che ha esteso anche a tale categoria di personale l'applicazione dell'articolo 12 della legge n. 153 del 1969.
Ed è proprio in virtù di tale cesura, nonché all'introduzione a far tempo dal 1o gennaio 1996 del sistema contributivo, che ai fini della quantificazione dell'importo della pensione si è reso necessario il calcolo
pro quota, consistente nella somma dei diversi «segmenti» contributivi, in base alla normativa tempo per tempo vigente.
Da ciò discende che ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile, con riferimento agli emolumenti ascrivibili alla «quota A», trovano applicazione disposizioni diverse e più stringenti.


Venendo al merito della questione sollevata dall'interrogante, occorre evidenziare che l'articolo 15 della legge n. 1077 del 1959 definisce la retribuzione contributiva dei dipendenti degli Enti locali come la risultante degli emolumenti fissi e continuativi, o ricorrenti ogni anno che costituiscono la parte fondamentale della retribuzione corrisposta, ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dei contratti collettivi di lavoro, come remunerazione per la normale attività richiesta per il posto ricoperto.
L'emolumento in questione viene attribuito agli avvocati in attuazione dell'articolo 37 del Ccnl Comparto regioni ed autonomie locali area dirigenza - parte normativa 1998 del 2001 - che, a propria volta demanda ad un regolamento attuativo dell'Amministrazione di appartenenza le relative modalità di erogazione.
In base al medesimo articolo 37, l'Amministrazione deve anche valutare l'eventuale esclusione, totale o parziale degli interessati dalla retribuzione di risultato, con ciò stabilendo fra le due voci, poste in alternatività, un nesso diretto: e la retribuzione di risultato, secondo i principi ricavabili dai precedenti articoli 28 e 29 sembra rivestire natura meramente accessoria.
Pertanto, la Direzione generale per le politiche previdenziali ritiene fondato l'orientamento dell'Inpdap circa il carattere meramente eventuale dei compensi di che trattasi, in quanto essi dipendono dal numero e dall'esito delle controversie: per cui, se in ipotesi l'amministrazione dovesse risultare sempre soccombente e senza che vi sia alcun caso di compensazione delle spese, ovvero in caso di cessazione del contenzioso, nulla percepirebbero i legali.
Lo stesso Inpdap contesta poi la sussistenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, in quanto le pronunce adombrate dall'interrogante sarebbero numericamente esigue, nonché risalenti nel tempo (almeno le più significative: CdS VI 6 febbraio 1991, n. 68; 2 ottobre 1991, n. 614; A.P. n. 32 del 1994).
Inoltre, occorre evidenziare che le eventuali sentenze favorevoli ai ricorrenti fanno stato solo fra le parti, stante, altresì, il divieto di estensione in via amministrativa, per le PP.AA, dei giudicati sfavorevoli in materia di personale, recentemente riconfermato dalla legge n. 31 del 2008.
Per ciò che concerne, infine, la affermata disparità di trattamento che si verrebbe a realizzare rispetto agli avvocati dei comuni di Milano e Roma, l'Inpdap precisa di essersi limitato a valutare in quota A gli emolumenti in esame solo per coloro che hanno vinto il ricorso in attuazione del provvedimento giurisdizionale favorevole, ma non per coloro che non sono stati parti in giudizio.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

MISIANI e SANGA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 2008 lo stabilimento Bonduelle Italia Srl di San Paolo d'Argon (Bergamo) è stato devastato da un incendio che ha causato danni ingenti (valutati in circa 10 milioni di euro);
il 30 aprile 2008 l'azienda, ribadendo la propria indisponibilità ad avviare una richiesta di cassa integrazione straordinaria, ha esplicitato di chiedere la cassa integrazione ordinaria per i 140 lavoratori fino al 31 maggio prossimo, avviando a seguire la procedura di mobilità per i 50 lavoratori indicati come in esubero;
i 90 lavoratori destinati a rimanere in organico verrebbero ricollocati nel nuovo sito provvisorio di Lallio (Bergamo), mentre ai 50 in esubero, invece, resterebbe la possibilità (ma per 30) di un ricollocamento nello stabilimento campano di Battipaglia (Salerno);
la vicenda della Bonduelle non è legata ad una crisi aziendale (nel suo complesso, il Gruppo Bonduelle nei primi sei mesi dell'anno fiscale 2007/2008 ha

registrato un +25,3 per cento del fatturato e +12 per cento degli utili netti) ma meramente all'incendio dello stabilimento -:
se i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dello sviluppo economico non ritengano opportuno intervenire per garantire la tutela dei lavoratori considerati «in esubero» dalla Bonduelle Italia Srl.
(4-00111)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla situazione occupazionale della Bonduelle Italia Srl, acquisiti i necessari elementi informativi presso i competenti uffici dell'amministrazione, si rappresenta quanto segue.
Nel premettere che le parti sociali non hanno a tutt'oggi richiesto al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale della citata società, né è pervenuta alcun'altra segnalazione al riguardo, occorre far presente che l'ammortizzatore sociale costituito dal trattamento straordinario di integrazione salariale può essere concesso - per un periodo non superiore a dodici mesi - quando la situazione di crisi aziendale sia conseguente ad un evento improvviso e imprevisto, esterno alla gestione aziendale.
L'impresa in tal caso deve documentare l'imprevedibilità dell'evento causa della crisi, la rapidità con la quale l'evento ha prodotto gli effetti negativi e la completa autonomia dell'evento rispetto alle politiche di gestione aziendale.
Ai fini dell'approvazione del programma di crisi aziendale a causa della citata fattispecie, deve verificarsi la contestuale ricorrenza delle seguenti condizioni:
1) l'impresa deve presentare un piano di risanamento che, sul presupposto delle cause che hanno determinato la situazione di crisi aziendale, definisca le azioni intraprese, o da intraprendere, per il superamento delle difficoltà dell'impresa, distinte per ciascun settore di attività dell'impresa stessa, nonché per ciascuna unità aziendale interessata dall'intervento straordinario di integrazione salariale;
2) qualora l'impresa, nel corso dell'intervento di Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS), ovvero al termine dello stesso, preveda esuberi strutturali, deve presentare un piano di gestione degli stessi.

L'accertamento della direzione provinciale del lavoro di Bergamo, effettuato lo scorso 1o luglio a seguito dell'interrogazione in esame, ha rilevato che n. 91 lavoratori prima occupati presso lo stabilimento di San Paolo D'Argon risultano dal 1o luglio 2008 impiegati nello stabilimento di Lallio, che n. 30 lavoratori dovrebbero essere trasferiti a Battipaglia (Salerno) e che n. 15 lavoratori risultano in disponibilità della ditta.
La stessa direzione del lavoro ha anche avuto modo di appurare che presso gli stabilimenti di San Paolo D'Argon erano occupati anche lavoratori dipendenti della «Naturalmente s.a.r.l», oltre a lavoratori dipendenti della «Bonduelle Italia srl».
Infatti, il 30 giugno 2007 la società Bonduelle, in seguito alla procedura di fusione per unione da cui è nata la nuova società Bonduelle Italia srl, ha ceduto con contratto di affitto d'azienda le due unità produttive di San Paolo D'Argon e Battipaglia alla società agricola «Naturalmente» a r.l., con sede legale in San Paolo D'Argon ed alla medesima società è stato altresì ceduto il personale legato all'attività produttiva e gestionale dell'azienda medesima, che pertanto operava nello stabilimento di San Paolo D'Argon.
Nell'ambito dello stesso accertamento effettuato dalla DPL di Bergamo sono state assunte anche le dichiarazioni spontanee delle RSU, al fine di verificare la regolarità della procedura seguita in ordine al coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nella sospensione dell'attività lavorativa per cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO).
Dette rappresentanze hanno riferito che, dopo che i lavoratori sono stati collocati in CIGO sino al 31 maggio 2008, gli stessi sono rimasti nella disponibilità della ditta fino al 30 giugno 2008; e dal 1o luglio 2008 sono stati occupati presso la sede di Lallio.

Relativamente al periodo dal 31 maggio 2008 al 1o luglio 2008 i lavoratori interessati dalla CIGO sono stati messi in ferie dalla ditta, con comunicazione avvenuta a mezzo raccomandata.
In data 30 giugno 2008 presso la Confindustria di Bergamo i lavoratori, le rappresentanze sindacali e i rappresentanti datoriali hanno tenuto un incontro al fine di discutere della posizione dei 30 lavoratori che l'azienda sostiene essere in esubero e che la stessa azienda vorrebbe collocare presso la sede di Battipaglia con l'auspicio di un collocamento su base volontaria. La questione risulta comunque ancora in fase di trattazione.
Da ultimo, si fa presente che in data 30 giugno 2008 l'Inps ha approvato:
la domanda di integrazione salariale ordinaria relativa al periodo dal 3 marzo 2008 sino al 1o giugno 2008 (13 settimane) per i lavoratori dipendenti della «Naturalmente»;
nonché per il medesimo periodo la domanda di CIGO per n. 3 lavoratori impiegati della Bonduelle srl. Tuttavia, per questi ultimi lavoratori è stata presentata un ulteriore proroga sino al 2008, al fine di poter allestire un laboratorio di controllo qualità anche presso gli stabilimenti di Lallio dove gli stessi devono essere occupati con le medesime mansioni e qualifiche di inquadramento.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

MONAI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
uno dei cardini su cui poggia il diritto costituzionalmente garantito di difesa del cittadino è nella istituzione del gratuito patrocinio a favore dei non abbienti (articolo 24 della Costituzione);
per l'attività difensiva prestata in favore di imputati ammessi al gratuito patrocinio lo Stato è obbligato a sostenere i relativi oneri se liquidati secondo la legge (decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115);
l'effettività di tale diritto può rischiare di essere vanificata dall'eccessivo ritardo nella liquidazione dei crediti professionali liquidati, per i quali si registrano pendenze debitorie inaccettabili da parte dello Stato -:
come intenda procedere per garantire una maggior efficienza e tempestività nella liquidazione delle spese liquidate nel corso dei procedimenti giudiziari in cui è stato ammesso il gratuito patrocinio per i meno abbienti.
(4-00840)

Risposta. - In risposta all'interrogazione parlamentare in oggetto indicata si rappresenta quanto segue.
Il sistema di pagamento delle spese di giustizia, nel quale rientra anche il pagamento dei crediti professionali liquidati ai difensori degli imputati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, è disciplinato dall'articolo 21 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, legge 4 agosto 2006, n. 248.
Tale disposizione prevede che «al pagamento delle spese di giustizia si provvede secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di Contabilità generale dello Stato» escludendo espressamente il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, previsto dalla normativa previgente, fatte salve alcune eccezioni. La Direzione generale affari civili del Dipartimento affari di giustizia, pertanto, per quanto di propria competenza, al fine di assicurare il pagamento di tutte le spese di giustizia con le modalità previste dalle nuove disposizioni legislative, ha provveduto ad impartire le necessarie istruzioni agli uffici giudiziari con successive circolari, in data 12 luglio 2006, 28 luglio 2006, 19 settembre 2006, 5 ottobre 2006, 30 ottobre 2006, 13 dicembre 2006.
Si fa presente, tuttavia, che nonostante le iniziative poste in essere dalla predetta articolazione ministeriale, permane la difficoltà degli uffici giudiziari di provvedere celermente

al pagamento delle spese di giustizia, anche a causa della carenza di personale.
Si rileva, infine, che la liquidazione degli onorari e delle spese ai difensori degli imputati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, si effettua soltanto al termine di ciascuna fase o grado del processo.

Il Ministro della giustizia: Angelino Alfano.

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada A4 Venezia-Trieste costituisce una delle arterie principali del Nord-Est e uno dei tratti prioritari del Corridoio V;
l'infrastruttura è diventata negli anni obsoleta a causa dell'aumento del traffico, particolarmente di quello pesante che negli ultimi quattro anni è aumentato del 133 per cento;
a causa della sua obsolescenza sono venuti meno i requisiti di sicurezza per la circolazione. A riprova di ciò basti pensare all'alto numero di incidenti che si verificano soprattutto nella tratta San Donà di Piave-Quarto d'Altino;
non è pertanto più rinviabile la costruzione della terza corsia dell'intera tratta compresa tra Quarto d'Altino e Villesse, indispensabile al fine di ripristinare una adeguata capacità di trasporto dell'infrastruttura e i dovuti standard di sicurezza;
la concessionaria pubblica Autovie Venete è da tempo impegnata per la progettazione e costruzione della menzionata terza corsia, proponendo di realizzare l'intera tratta da Quarto d'Altino a Villesse;
il Cipe ha impiegato 28 mesi per il via libera al progetto preliminare avanzato della terza corsia, più del doppio del tempo necessario;
è necessario abbreviare tutte le procedure che consentano di arrivare quanto prima all'avvio dei lavori -:
se il Governo non ritenga necessario sostenere l'azione congiunta delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto attraverso la nomina di un commissario straordinario per accelerare la realizzazione della terza corsia dell'autostrada A4.
(4-00474)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 settembre 2008, recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto D'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse Gorizia», e pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 213 dell'11 settembre 2008, il Presidente della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia è stato nominato Commissario delegato per l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell'area interessata dalla realizzazione della terza corsia del tratto autostradale oggetto dell'ordinanza medesima.
L'ordinanza dispone altresì che il Commissario delegato provveda al compimento di tutte le iniziative finalizzate alla sollecita realizzazione delle opere in opere in parola e che possa adottare, in sostituzione dei soggetti competenti in via ordinaria, gli atti ed i provvedimenti occorrenti all'urgente realizzazione delle opere.
Per l'espletamento delle iniziative di cui all'ordinanza in parola, il Commissario delegato si avvale dell'opera di due soggetti attuatori designati rispettivamente dal Presidente della Regione Veneto e dal Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia cui affidare specifici settori di intervento nonché della concessionaria Autovie Venete S.p.A. per il supporto tecnico, operativo e logistico.


Il Commissario delegato provvede, anche in deroga alle previsioni della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica di approvazione del progetto preliminare n. 13 del 18 marzo 2005, a dettare le prescrizioni necessarie alla più sollecita progettazione e realizzazione delle opere.
Lo stesso Commissario provvede altresì all'approvazione del progetto definitivo che sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici comportando dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. Ciò in deroga all'articolo 98, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, salva l'applicazione dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 anche prima dell'espletamento delle procedure espropriative che si svolgeranno con i termini di legge ridotti della metà.
Il Commissario delegato acquisisce, ai fini dell'approvazione del progetto definitivo dell'opera, le proposte e le osservazioni degli enti gestori dei servizi interferenti convocando, ove necessario, apposita Conferenza dei servizi che dovrà comunque concludersi entro trenta giorni dalla sua apertura.
Ai fini di assicurare il rispetto dei termini di scadenza dello stato di emergenza, il Commissario delegato predispone entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza in parola sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, i cronoprogrammi delle attività da porre in essere, articolati in relazione alle diverse tipologie di azione e cadenzati per trimestri successivi e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria.
Quanto disposto dall'ordinanza, di cui si sono rappresentati i punti essenziali, costituisce uno strumento idoneo ed efficace per accelerare la costruzione della terza corsia dell'autostrada A4 così come richiesto nell'atto cui si risponde.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2004 e seguenti sono stati posti in mobilità seicentodue lavoratori dipendenti della Congregazione religiosa Suore Ancelle della Divina Provvidenza-Opera don Uva Onlus, struttura operante nel settore dell'assistenza sanitaria come residuo manicomiale ecclesiastico con tre istituti ubicati nelle regioni Puglia e Basilicata,
tale provvedimento è stato adottato sulla base di una sorta di autocertificazione contenuta in una nota indirizzata all'INPS, in data 6 febbraio 2004, con la quale la presidente e legale rappresentante dell'ente ha comunicato all'amministrazione previdenziale di "trovarsi nelle condizioni previste dall'articolo 44, commi 9-bis e 9-ter, della legge 326/03, che ha sostituito il precedente articolo 41 della legge 289/02;
condizione perché ciò avvenga è l'emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico il quale, accertando la necessità di una amministrazione straordinaria dell'ente - nel caso in questione la Congregazione religiosa Suore Ancelle della Divina Provvidenza-Opera don Uva Onlus -, nomina dei commissari per la gestione dell'ente interessato dalla crisi economica;
analogamente l'indennità di mobilità in favore dell'ente interessato - nel caso in questione la Congregazione religiosa Suore Ancelle della Divina Provvidenza-Opera don Uva Onlus - deve essere predisposta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con ulteriore apposito decreto;
nel caso in esame non sembra essere stata seguita la procedura di legge, poiché non sono stati emanati i due decreti sostituiti

come detto all'inizio, da un'autocertificazione mediante la quale la Congregazione attesta di essere in possesso dei requisiti legali per ricevere la particolare forma di ammortizzatore sociale -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati;
se corrisponda, al vero che tra i seicentodue lavoratori dipendenti licenziati, solo uno di essi, tra l'altro sindacalista, ha rigettato il verbale di accordo stipulato il 16 ottobre 2003 tra le parti sociali e, conseguentemente, non ha richiesto con propria autocertificazione l'aiuto di Stato richiesto da tutti gli altri lavoratori licenziati ed erogato dall'INPS perché, da esso sindacalista, ritenuto illegale e fraudolento, anche in forza del decreto legislativo n. 110 del 2004 con il quale si è invalidata la procedura di licenziamento;
con quali fondi sia stata finanziata la mobilità dei dipendenti dell'ente ecclesiastico-onlus, finanziamento effettuato oltretutto in aperta violazione delle normative comunitarie che vietano l'erogazione di qualsiasi forma di aiuto di Stato in favore di enti non lucrativi;
se e quali iniziative di competenza intendano prendere per ripristinare la legalità dell'operato posto in essere dai rappresentanti della Congregazione religiosa Suore Ancelle della Divina Provvidenza-Opera don Uva Onlus.
(4-00080)

Risposta. - La Congregazione ancelle della Divina Provvidenza - «Opera Don Uva» - è un ente ecclesiastico di natura privatistica, ente non commerciale, civilmente riconosciuto, ONLUS, operante dal 1926 in Puglia, Basilicata e Lazio, in ambito sanitario e socio-assistenziale in particolare in favore di portatori di Handicap mentale e fisico e di malati psichiatrici.
L'Ente in questione è stato interessato al problema del superamento e della riconversione degli ospedali psichiatrici che ha provocato un grave problema occupazionale di rilevante impatto sociale.
Nel mese di ottobre 2002 l'Ente ha avviato la procedura di licenziamento collettivo di n. 814 dipendenti, successivamente revocata a seguito delle tensioni sociali provocate dagli stessi dipendenti privi di qualsiasi tutela economica (ammortizzatori sociali).
Successivamente, nel mese di agosto 2003, lo stesso Ente - trovandosi ancora in una situazione di crisi aziendale, per il superamento della quale era stato predisposto uno specifico piano industriale per gli anni 2004-2007 - ha avviato la procedura di licenziamento collettivo di n. 626 dipendenti, conclusasi con un verbale di accordo sindacale del 16 ottobre 2003 e l'accordo per il licenziamento di n. 602 unità.
In caso di licenziamento al personale della Congregazione è stata applicata la normativa sotto illustrata.
In particolare:

a) l'articolo 41, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria per il 2003) estende le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5, 6, 7 e 8 del decreto-legge 11 giugno 2002, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2002, n. 172 «ai lavoratori licenziati da enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento CE n. 1260 del 1999 del Consiglio del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, nel limite massimo di 700 unità». E tra i lavoratori individuati dalla norma rientrano i lavoratori della Congregazione;
b) Il richiamato articolo 1, comma 5, del decreto-legge 11 giugno 2002, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2002, n. 172, prevede il riconoscimento di «un trattamento pari all'80 per cento dell'importo massimo dell'indennità di mobilità, così come previsto dalle vigenti disposizioni, comprensivo della contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti» a favore di «lavoratori licenziati da aziende operanti nel settore della sanità privata, con un organico superiore alle 1.500 unità lavorative, assoggettate alla procedura di amministrazione

straordinaria con cessazione dell'esercizio d'impresa e operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento CE n. 1260 del 1999 del Consiglio del 21 giugno 1999». I successivi commi 6, 7 e 8 dell'articolo 1 in argomento regolano le attività volte alla ricollocazione e riqualificazione professionale dei lavoratori beneficiari del suddetto trattamento.

Risulta evidente che il richiamo all'articolo 1 del decreto-legge n. 108 del 2002, convertito dalla legge n. 172 del 2002, effettuato dall'articolo 41, comma 7, della legge n. 289 del 2002 è operato nei confronti del trattamento assistenziale da erogare ai lavoratori licenziati rispettivamente dagli enti e dalle imprese che si trovano nelle diverse situazioni contemplate dalle norme in questione, e in particolare:
di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, nel primo caso (decreto-legge n. 108 del 2002, convertito dalla legge n. 172 del 2002, articolo 1, comma 1 e seguenti);
di assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria con cessazione dell'esercizio d'impresa, nel secondo caso (legge n. 289 del 2002, articolo 41, comma 7).

Pertanto al fine del riconoscimento del beneficio di cui si tratta non è richiesto dalla norma che l'impresa che ha proceduto al licenziamento dei lavoratori beneficiari sia sottoposta, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, alla procedura di amministrazione straordinaria.
Peraltro occorre precisare che il successivo articolo 44, comma 9-
bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha parzialmente modificato il succitato articolo 41, ampliando di 350 unità il numero dei lavoratori licenziati dai medesimi enti individuati dal comma 7 dello stesso articolo, ai quali è riconosciuto il medesimo trattamento di cui all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 108 del 2002.
È altresì opportuno precisare che il trattamento in parola non può essere configurato come aiuto di stato, trattandosi di un trattamento assistenziale che viene riconosciuto direttamente a lavoratori disoccupati a seguito di licenziamento, e non alle imprese.
Si fa presente che l'erogazione del trattamento è di competenza dell'INPS sulla base della richiesta diretta dei lavoratori interessati e che, a quanto consta, solo il personale licenziato dall'Ente Congregazione ancelle della Divina Provvidenza ha avanzato richiesta di accesso al beneficio.
La normativa non richiede che il trattamento in parola venga erogato attraverso le procedure relative alla concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, cioè con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la normativa che regola la sostituzione temporanea fino a 30 giorni/anno del responsabile tecnico di un centro di revisioni veicoli (Decreto Ministeriale 30 aprile 2003 - decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 - articolo 240 regolamento di esecuzione del codice della strada) prevede che in caso di assenza temporanea o di impedimento del responsabile tecnico è ammessa la sostituzione dello stesso per un periodo non superiore a trenta giorni l'anno con persona che abbia superato apposito corso di formazione oppure da un dipendente dell'impresa autorizzata che sia in possesso da almeno tre anni della qualifica professionale di operaio specializzato o operaio specializzato provetto;
secondo l'interpretazione dell'amministrazione provinciale del Verbano Cusio Ossola, però, un dipendente di un'officina

e ricopre la qualifica di operaio qualificato da oltre 15 anni, che ha acquisito il solo attestato di «frequenza e profitto» rilasciato da una agenzia di formazione secondo lo standard formativo regionale (corso preventivamente autorizzato dal settore formazione dell'amministrazione provinciale) superando quindi il corso di formazione, non risulterebbe idoneo a ricoprire la carica di responsabile tecnico temporaneo per i trenta giorni l'anno;
si evidenzia che in Piemonte l'attestato di «frequenza e profitto» è titolo essenziale per l'iscrizione agli esami di idoneità per responsabile tecnico «permanente» (365 giorni anno) ma che per potervi accedere il candidato deve essere in possesso anche di idoneo diploma di scuola media superiore e di tutti gli altri requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992;
in sostanza, secondo l'interpretazione della citata amministrazione provinciale non esiste distinzione tra i requisiti del responsabile tecnico «permanente» (decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992) e del «sostituto temporaneo» (decreto ministeriale 30 aprile 2003);
se questa interpretazione fosse corretta e confermata da codesto Ministero, molti centri di revisione del settore artigianato, costituiti dal solo titolare e da dipendenti qualificati in possesso del solo attestato di superamento del corso di formazione ma non di diploma, nel caso di temporanea assenza del titolare (per ferie, malattia, infortunio, eccetera) si troverebbero nella condizione di sospendere l'attività non potendo delegare temporaneamente ai propri dipendenti la responsabilità della gestione del centro stesso -:
se codesto Ministero non ritenga di dover chiarire quali debbano essere i requisiti che deve possedere il responsabile tecnico temporaneo, in quanto in base alla deliberazione del 12 giugno 2003 - schema di accordo concernente le modalità di organizzazione dei corsi di formazione per i responsabili tecnici di operazioni di revisione periodica dei veicoli a motore, da adottarsi ai sensi dell'articolo 240, comma 1, lettera h) del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n. 495, - non è così chiara infatti l'eventuale distinzione dei requisiti tra responsabile tecnico «temporaneo» e responsabile tecnico «permanente» nei centri di revisione, con conseguente diversa interpretazione della normativa da parte delle varie amministrazioni provinciali.
(4-00785)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 30 aprile 2003, si prevede all'articolo 1, comma 1, che «in caso di temporanea assenza od impedimento del responsabile tecnico delle operazioni di revisione periodica dei veicoli a motore, il responsabile stesso può essere sostituito, per un periodo non superiore a trenta giorni l'anno da:

a) persona che abbia superato il corso di formazione di cui all'articolo 240, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992; ovvero
b) persona dipendente dal titolare dell'autorizzazione provinciale, all'esercizio dell'attività di revisione che sia in possesso, da almeno tre anni, di una delle seguenti qualifiche professionali:
1) operaio specializzato (contratto metalmeccanici imprese artigiane);
2) operaio specializzato provetto (contratto terzo livello commercio).

Inoltre il comma 2, dello stesso articolo recita: «il titolare dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di revisione propone istanza alla Provincia, indicando il requisito tra quelli previsti al comma 1, posseduto dal sostituto».
Alla luce della suddetta norma non pare siano previste discrezionalità da parte della Provincia di subordinare l'autorizzazione al sostituto del responsabile tecnico in virtù di

requisiti diversi o maggiori da quelli enunciati dalla norma medesima.
Il dipendente dal titolare dell'autorizzazione provinciale all'esercizio dell'attività di revisione, in possesso da almeno tre anni della qualifica di operaio specializzato o specializzato provetto, è a tutto titolo legittimato a ricoprire la funzione di sostituto del responsabile tecnico.
Quanto sopra si ritiene essere in linea con lo spirito della norma che, nel prevedere la possibilità di sostituzione temporanea del responsabile tecnico, pone attenzione sul fatto che tale figura possegga comunque la necessaria capacità tecnica, dimostrata o in virtù del superamento di apposito corso di formazione, ovvero in virtù di adeguata esperienza sul campo (persona dipendente dal titolare dell'autorizzazione provinciale) ed adeguata capacità professionale.
In sostanza, l'interpretazione offerta dall'Amministrazione provinciale di Verbano Cusio Ossola nel chiedere ulteriori requisiti per il sostituto del responsabile tecnico, quali idoneo titolo di studio come previsto all'articolo 240 del decreto del Presidente della Repubblica 495 del 1992 (Regolamento di attuazione del codice della strada), appare porsi restrittivamente rispetto alla vigente normativa e non in linea con le finalità del legislatore.
Alla luce di quanto sopra, la competente struttura ministeriale sta valutando l'opportunità di intervenire direttamente con l'amministrazione provinciale in argomento fornendo un'interpretazione della materia
de qua nel senso autentico indicato dal legislatore.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.