XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 9 ottobre 2008

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'immigrazione di bambini ed adolescenti stranieri nel nostro Paese ed il loro inserimento nelle strutture scolastiche, secondo i dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha assunto dimensioni notevoli e tali da incidere in maniera rilevante sulla normale attività di insegnamento-apprendimento;
la presenza degli alunni che usufruiscono del servizio è disomogenea territorialmente, etnicamente e culturalmente, con conseguente aggravamento dell'operatività del servizio stesso;
le cronache quotidiane segnalano l'insorgenza di forme, più o meno palesi, di un certo razzismo di ritorno con le sue ostilità, repulsioni e violenza;
attraverso ripetuti appelli Papa Benedetto XVI ha richiamato tutti ad un maggior rispetto della dignità della persona umana, all'accoglienza premurosa dei più deboli ed emarginati, alla tutela soprattutto delle giovani generazioni che spesso arrivano in Italia in età scolare, dopo essere stati oggetti di tratta nei Paesi di origine, privi dei loro genitori naturali e accompagnati da persone che li avviano all'accattonaggio o ad attività delinquenziali;
il compito di ordinare il flusso immigratorio con il necessario discernimento non è del sistema educativo, che non può essere caricato della responsabilità di separare gli allievi regolari dagli irregolari, avendo invece come sua specifica missione quella dell'istruzione e della formazione;
la sfida per l'educazione scolastica nel nostro Paese è costituita dalla valorizzazione del pluralismo, della diversità e del dialogo;
il progetto educativo - superando il transculturalismo che porta alla diffusione del potere del gruppo dominante e del multiculturalismo che induce ogni gruppo a rinchiudersi nel proprio particolare - deve assumere l'ottica della interculturalità che riconosce le specificità senza assolutizzarle, volgendole, anzi, al pieno inserimento dei minori nel contesto sociale,

impegna il Governo:

a fornire un quadro dettagliato ed aggiornato della situazione, indicando i punti di maggiore criticità;
a destinare adeguate risorse economiche agli istituti e agli enti locali che, per ragioni diverse, sono maggiormente esposti su questo fronte, affinché possano affrontare l'emergenza;
a progettare interventi di formazione in servizio dei docenti nelle zone a maggior densità di insediamenti migratori;
a sollecitare la circolazione delle «buone pratiche», che molte scuole hanno realizzato con ottimi risultati;
a prevedere un'equilibrata distribuzione degli alunni stranieri in modo da evitare il concentramento degli stessi in un'unica sede;
ad intensificare il collegamento con l'extrascuola e con le famiglie, dove si svolgono le esperienze più autentiche di vita, aiutando anche i genitori ad apprendere la lingua italiana;
a ripristinare le cosiddette «classi aperte» in maniera da consentire, senza eccessi, il raggruppamento di alunni bisognevoli di specifici interventi di insegnamento-apprendimento;
ad arricchire i curricula di contenuti che abbiano riferimento alle varietà culturali;

a preparare approcci nel settore linguistico integrati con le attività pratiche, differenziando, per il tramite della mediazione di un docente specializzato, i programmi a seconda delle esigenze degli alunni stranieri.
(1-00049)
«Capitanio Santolini, Ciocchetti, Vietti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
ricorrono quest'anno i 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che all'articolo 2, recita: «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione» e questa circostanza sollecita ulteriormente il nostro Paese ad attuare i principi in essa contenuti. Principi confermati dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 25 maggio 1991, n. 176, la quale, all'articolo 2, ribadisce: «gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica e sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza»;
ricorre anche il 60o anniversario della nostra Carta Costituzionale che, attraverso il lavoro, ricco di alti valori umani e sociali, dei padri costituenti, a metà di uno dei secoli più bui dell'occidente, seppe esprimere con forza che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge», ed il compito della Repubblica è «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (articolo 3) e «la scuola è aperta a tutti» (articolo 34). Il dettato costituzionale ebbe bisogno di tempo per affermarsi anche nella scuola e nella sua storia annovera una pietra miliare che la legge 517 del 1977, che sancì definitivamente il carattere inclusivo della scuola italiana aperta a tutti e di tutti insieme nella stessa scuola e nelle stesse classi, dapprima rivolto agli alunni con disabilità e via via rivolto agli alunni con cittadinanza non italiana;
per l'impegno educativo, professionale e civile di migliaia di docenti e del lavoro collegiale delle Istituzioni scolastiche autonome del Paese, si è, dunque, affermato un modello che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il MPI nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo La via italiana alla scuola interculturale che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace una scuola rivolta a tutti, che si svolge per tutti nelle stesse scuole e nelle stesse classi, che metta al centro ciascun alunno con la rete di tutte le sue relazioni e che si attua in una dimensione interculturale;
vista l'importanza della conoscenza della lingua italiana come elemento essenziale di questo modello, nella scorsa legislatura, nella seduta del 4 luglio 2007, la Camera ha votato la mozione 1-00175, che raccoglieva le istanze di ben nove mozioni presentate da altrettanti gruppi parlamentari, finalizzata ad impegnare congruenti risorse dedicate a questo tema: «la Camera... impegna il Governo: favorire iniziative da parte delle istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, organizzativa e didattica, finalizzate alla strutturazione di corsi o di attività che possano facilitare l'apprendimento della lingua italiana come lingua seconda, sulla base delle effettive esigenze degli alunni rilevate in sede di valutazione d'ingresso,

adottando anche tutte le possibili modalità organizzative e didattiche»;
per rispondere a tale impegno, pienamente condiviso, il Governo Prodi nell'autunno successivo ha predisposto un piano per l'insegnamento della lingua italiana come seconda lingua (L2) agli alunni di recente immigrazione;
detto Piano nazionale di insegnamento di italiano L2, è stato steso da linguisti esperti in L2, membri dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, che in passato, durante la XIV legislatura, avevano già seguito la formazione di oltre 700 docenti per renderli esperti in insegnamento dell'italiano L2;
le linee del Piano possono essere riassunte come di seguito:
viene evidenziato nell'analisi che vivere in una comunità ed insegnare in un contesto multiculturale e multilingue sta diventando un fatto consueto che investe in modo particolare le scuole. In classe capire ed essere capiti diventano sempre di più obiettivi pedagogici e condizioni di base per poter apprendere e insegnare nelle situazioni linguisticamente eterogenee. Il tema dell'insegnamento e apprendimento dell'italiano considerato come seconda lingua è dunque oggi cruciale nella scuola italiana e nei servizi educativi. La competenza nella nuova lingua da parte dei minori di nazionalità non italiana rappresenta un fattore positivo di inserimento e di integrazione; è la condizione di base per poter apprendere i contenuti disciplinari comuni; diventa un elemento di appartenenza alla società ospite ed un dato irrinunciabile per i percorsi di cittadinanza. La presenza di alunni stranieri è un dato ormai strutturale del nostro sistema scolastico. Nell'anno 2007-2008 nelle scuole italiane si è registrato il 6,4 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana, dieci anni fa (1997-1998) era lo 0,8 per cento. Gli alunni con cittadinanza non italiana che hanno frequentato le scuole statali e non statali del nostro Paese nell'anno scolastico 2006-2007 sono stati 574.133 (dieci anni fa erano poco più di 70 mila). Negli ultimi anni la crescita più significativa si è avvertita nell'istruzione secondaria di secondo grado (118.977 studenti, di cui circa l'80 per cento in istituti tecnici e professionali). L'arrivo di alunni non italiani non è stato omogeneo tra le diverse zone del paese come d'altronde è accaduto per la popolazione straniera in generale: su 100 alunni non italiani 90 frequentano le scuole del Centro-Nord e solo 10 quelle del Mezzogiorno. Oltre a ciò, in alcune scuole si registra una particolare concentrazione: in 896 istituzioni scolastiche si supera il 20 per cento di presenze di alunni stranieri, in 94 si supera il 40 per cento. La maggior parte di esse è concentrata nelle regioni del Nord. Tra le province con il maggior numero di scuole con significativa concentrazione troviamo Milano, Torino, Roma, Brescia, Verona. Però la maggior concentrazione di alunni con cittadinanza non italiana entrati per la prima volta nel sistema scolastico nazionale si ha soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, dove le percentuali superano sempre il valore nazionale (10 per cento). Nel Centro Nord, invece, le incidenze percentuali sono tutte inferiori ad esso, con l'eccezione del Lazio (12,9 per cento), la Valle d'Aosta (11,7 per cento) e il Friuli (10,7 per cento). Le nazioni maggiormente rappresentate sono l'Albania (14,84 per cento), la Romania (16,15 per cento) ed il Marocco (13,26 per cento). Da questi tre Paesi proviene il 44,27 per cento di tutti gli studenti stranieri;
alla complessità di questa situazione ed alle preoccupazioni che ne possono derivare la scuola italiana risponde con un proprio modello che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il MPI nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo La via italiana alla scuola interculturale che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace il «modello» italiano di integrazione;

una delle azioni principali del documento La via italiana all'intercultura, sopraccitato, e della circolare ministeriale, 1 marzo 2006, Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri è l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua agli studenti stranieri. Entrambi i documenti riconoscono che è una componente essenziale del processo di integrazione, condizione di base per capire ed essere capiti, per studiare ed ottenere un successo scolastico, per partecipare e sentirsi parte della comunità scolastica e non. La centralità di questa azione è confermata dalle leggi sull'immigrazione, n. 40 del 6 marzo 1998 e n. 189 del 30 luglio 2002;
il Piano nazionale di insegnamento di italiano L2 afferma che per mettere in atto azioni comuni il sistema scolastico e gli Enti locali sono chiamati oggi ad un impegno quotidiano di intervento mirato e di azioni specifiche. Essendo in atto nel Paese tante buone pratiche riguardo l'insegnamento dell'L2, si tratta in molti casi di consolidare percorsi virtuosi, modelli organizzativi e azioni positive, da tempo già realizzati e di creare-potenziare reti positive di collaborazione;
inoltre il Piano riconosce che la presenza di bambini e ragazzi stranieri e la necessità di rispondere in maniera efficace ai loro bisogni linguistici possono essere un'opportunità per tutta la scuola e lo è di fatto come lo riconoscono varie ricerche internazionali e la ricerca in corso dell'Università cattolica di Milano. Considerare l'insegnamento della nostra lingua con maggiore attenzione e cura, proponendo percorsi graduali e proposte didattiche di qualità per lo sviluppo della comunicazione e dello studio, può, dunque, avere una ricaduta positiva sull'educazione linguistica in generale;
il Piano operativo si concentra in una prima fase per dare risposta ai bisogni comunicativi e linguistici degli alunni stranieri di recente immigrazione inseriti nelle scuole di diverso ordine e grado, rilevati ed evidenziati dai docenti e dai dirigenti scolastici. Esso si richiama alla finalità di una piena integrazione interculturale che può attuarsi solo a partire dall'acquisizione della capacità di capire e di essere capiti; di comprendere e di esprimere contenuti e saperi comuni. La padronanza efficace e approfondita dell'italiano L2 diventa mezzo di comunicazione e di contatto interpersonale, da un lato, e lingua veicolare dell'apprendimento, dall'altro. Come già accennato più sopra, il piano nazionale si pone inoltre in continuità con i documenti sull'integrazione degli alunni stranieri e sull'educazione interculturale e costituisce un'azione prioritaria alla quale dare attenzione e continuità;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano seconda lingua - lingua di contatto e lingua veicolare dello studio e dell'apprendimento - si richiama ai criteri seguenti: è un progetto pilota, da sperimentare e monitorare durante l'anno scolastico 2007-2008 e 2008-2009 in alcune aree regionali di maggiore bisogno, per valutarne gli esiti e renderlo, nella seconda fase, progetto diffuso e da portare «a sistema»; è un intervento integrato (e non si pone dunque come azione separata da altre che Istituzioni scolastiche autonome svolgono) dal momento che accompagna l'inserimento scolastico degli alunni di cittadinanza nella classe ordinaria di pertinenza e che occupa solo una parte del monte-ore scolastico; pur nella definizione di linee progettuali comuni, ha carattere di territorialità e tiene conto delle situazioni locali di inserimento degli alunni non o poco italofoni, dei loro bisogni e del grado di scuola frequentato; in tal senso, il piano nazionale intende integrare e arricchire l'offerta formativa a carattere linguistico erogata dagli Enti locali, dall'associazionismo e dalle scuole; ha carattere di flessibilità e modularità e può quindi essere adattato alle esigenze degli alunni non italofoni inseriti e alle esigenze specifiche di un territorio e delle istituzioni scolastiche; è un piano che prevede azioni di sistema, monitoraggio, documentazione, e si compone di risorse economiche, di linee progettuali, di un sito dedicato, di attività

di monitoraggio dei risultati, di comunicazione degli esiti e dei materiali prodotti;
l'intervento di insegnamento dell'italiano come seconda lingua nella scuola comune previsto dal Piano, è, dal punto di vista didattico, specifico e in transizione. Specifico, perché esso si differenzia - nei tempi, metodi, obiettivi - sia rispetto all'insegnamento di una lingua straniera, sia a quello dell'italiano lingua materna. In transizione, perché ha una durata limitata e differenziata da caso a caso (anche se si notano naturalmente alcune regolarità e passaggi comuni nei tragitti di apprendimento). In tempi più o meno rapidi, l'alunno straniero si trova a seguire i contenuti del curricolo della classe in cui è inserito, potendo contare su forme protratte di facilitazione didattica. I destinatari del piano nazionale sono dunque gli alunni neoarrivati in Italia affatto o poco italofoni. Come avviene attualmente in altri Paesi europei, l'intervento specifico - e le risorse che ad esso afferiscono - devono essere indirizzate, non agli alunni stranieri in generale, ma a quella componente che esprime bisogni di tipo linguistico. Gran parte degli alunni di nazionalità non italiana presenti in Italia sono infatti nati in Italia o arrivati qui piccolissimi. Essi rappresentano ormai la «normalità» del volto delle nostre scuole, i futuri cittadini italiani a pieno titolo e non sono dunque destinatari di interventi specifici, ma di un'educazione interculturale diffusa rivolta a tutti gli alunni di tutta la scuola. (In Francia, ad esempio, le risorse e le iniziative specifiche vengono destinate agli ENAF (élèves nouveaux arrivants en France); in Gran Bretagna al NAEP (New Arrivals Excellence Programme);
gli alunni destinatari privilegiati del piano nazionale sono i bambini e i ragazzi giunti in Italia e inseriti nella scuola italiana da meno di due anni. Si può stimare che la loro presenza sia pari a circa il 15-20 per cento del numero totale di alunni stranieri. Essi sono inseriti, in particolare, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e l'annuale rapporto statistico realizzato dal Ministero evidenzia le località e le regioni in cui sono maggiormente presenti;
Un alunno non italofono attraversa, in genere, tre fasi nel suo percorso di apprendimento linguistico che il progetto nazionale deve sostenere e accompagnare in maniera efficace. Durante la prima fase (della durata di alcuni mesi), gli sforzi e l'attenzione privilegiata sono rivolti all'acquisizione della lingua per comunicare (ITALBASE): comprensione, produzione, lessico, strutture di base, tecniche di letto-scrittura in L2. Durante la seconda fase, la cosiddetta «fase ponte» (che può estendersi fino a tutto il primo anno di inserimento) continua e si amplia l'acquisizione della lingua per la comunicazione interpersonale di base e si inaugura l'apprendimento dei contenuti disciplinari comuni, a partire dalle materie a minor carattere «verbale», contando su strumenti mirati: glossari bilingui, testi semplificati e linguisticamente accessibili... (ITALSTUDIO). Nella terza fase, l'alunno straniero segue il curricolo comune ai pari e viene «sostenuto» da tutti i docenti della classe attraverso forme molteplici di facilitazione didattica e linguistica, iniziative di aiuto allo studio in orario scolastico ed extrascolastico. Il Piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano seconda lingua si propone di dare risposta soprattutto ai bisogni linguistici che si evidenziano nelle prime due fasi dell'acquisizione della nuova lingua;
per fare questo, attraverso un impianto modulare, l'offerta si compone di corsi diversi che dovranno essere definiti sulla base dei bisogni linguistici e dei percorsi di apprendimento degli allievi. Deve essere previsto un test d'ingresso e un test di fine di ciascuno dei percorsi e tutto ciò deve essere documentato e deve corredare il percorso scolastico degli allievi;
il piano nazionale si configura, dunque, come un intervento «integrato»: l'alunno segue il programma della classe di inserimento per una parte della giornata e frequenta il modulo di italiano L2 durante le ore in cui è previsto nella classe

l'insegnamento di discipline a carattere prevalentemente verbale. L'intervento linguistico mirato è inoltre «a scalare»: più intensivo nella prima fase, meno intensivo nella fase seguente;
per definire in maniera più efficace e meno empirica i livelli degli apprendenti, gli stadi interlinguistici che essi attraversano e gli obiettivi di apprendimento riferiti alle diverse fasi, uno strumento utile, al quale il piano nazionale si richiama, è il Quadro comune europeo di riferimento per l'apprendimento delle lingue. Sulla base di questo documento e dell'esperienza condotta in questi anni, possono essere rivisti, diffusi e sperimentati: le descrizioni operative dei livelli A1-A2 (fase iniziale); A2-B1 (fase «ponte»); B2 (fase della facilitazione linguistica) riferite all'apprendimento dell'italiano L2 in situazione scolastica; le programmazioni differenziate per livello e ordine di scuola; i test di ingresso, i test da usare in itinere e i test finali;
il Piano si occupa anche degli strumenti e materiali didattici che in questi anni sono stati elaborati, diffusi e sperimentati in modo numeroso, destinati ad apprendenti di età, livello e classe di inserimento diverse e che si richiamano a impostazioni metodologiche differenti. Il Piano richiama in particolare per la fase iniziale materiali con approccio comunicativo; testi per la riflessione linguistica; strumenti per sviluppare e sostenere la letto-scrittura in L2; per la fase «ponte» testi semplificati di Storia, Geografia, Scienze destinati ad alunni inseriti in ordini di scuola diversi, anche multimediali e disponibili on-line. Indica che un ulteriore passo avanti può essere rappresentato dai materiali diffusi attraverso la RAI e dai percorsi di autoapprendimento, da realizzare e diffondere e da destinare destinati alle fasi di apprendento più avanzato e più autonomo. Inoltre è previsto che il piano di insegnamento-apprendimento dell'italiano promuova l'utilizzo degli strumenti e dei materiali didattici prodotti dalle stesse Autonomie scolastiche e, per fare questo, si doti di un sito dedicato che ospiti indicazioni, materiali, bibliografie, sitografie;
per ottimizzare le risorse economiche previste dal piano nazionale per l'insegnamento dell'italiano si propone di concentrare le risorse previste nei territori (Regioni e province) che hanno un consistente numero di alunni neoarrivati in Italia e di privilegiare, all'interno di questi territori provinciali, le scuole secondarie di primo e secondo grado, che richiedono oggi le attenzioni e gli impegni maggiori (nella scuola primaria, buona parte degli alunni stranieri è nata in Italia ed è italofona al momento dell'ingresso e i problemi legati all'apprendimento linguistico sono minori), inoltre di organizzare nelle scuole o nelle reti di scuole individuate moduli di apprendimento dell'italiano L2 in tempi diversi per un miglior utilizzo delle aule e delle risorse umane e per evitare frammentazioni degli interventi;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano seconda lingua prevede di avvalersi di personale interno alla scuola, ma, in mancanza di docenti qualificati disponibili, anche di operatori esterni. In particolare per i docenti interni vanno individuati gli insegnanti di italiano L2 fra coloro che hanno frequentato i corsi promossi in questi anni dalle università e dal Ministero; tra coloro che hanno seguito la formazione proposta dalle università collegate nei vari progetti riconosciuti dal Ministero e di tener conto anche dell'esperienza sul campo; per i docenti esterni ci si deve assicurare che siano laureati in lingue e formati sul tema;
il piano nazionale di italiano L2 prevede alcune linee pedagogiche e glottodidattiche comuni da condividere e diffondere (obiettivi, definizione dei livelli, metodi, materiali didattici, modalità di valutazione) e un'impostazione organizzativa e didattica da sperimentare e «modellizzare». Per fare questo indica la necessità di documentare il progetto pilota: (dati, caratteristiche dei frequentanti, docenti

impegnati, collaborazioni con altri enti ...); monitorare la qualità dell'intervento per portarlo a sistema e diffonderne i risultati: modalità organizzative, impianto didattico, strumenti e materiali, modalità di valutazione, esiti, prevedere e organizzare il monitoraggio;
nell'aprile 2008 vi è stato un primo impegno di finanziamento al piano dell'ordine di 5 milioni di euro;
sempre al fine di potenziare l'insegnamento di L2, in accordo con i sindacati, si era diversamente suddiviso il fondo per la dispersione scolastica e gli studenti stranieri dell'articolo 9 del Contratto Nazionale dei Docenti;
nella reciproca consapevolezza dell'imprescindibile lavoro di rete tra Istituzioni, durante il Governo Prodi era iniziato un percorso di confronto e di condivisione con ANCI, UPI e coordinamento degli Assessori Regionali all'Istruzione che sarebbe dovuto sfociare a breve in una intesa in sede di Conferenza unificata,

impegna il Governo:

a porre immediatamente in atto il Piano nazionale di insegnamento di italiano L2 agli studenti poco o non italofoni, a cui si fa riferimento in premessa, in particolare rivolgendolo agli studenti di recente immigrazione e utilizzando integralmente i fondi già dedicati e in premessa descritti;
a finanziare ulteriormente tale Piano mediante l'utilizzo delle risorse già giacenti presso il MIUR, o le sue articolazioni regionali, e destinate o destinabili alla realizzazione di progetti per il sostegno dell'apprendimento della lingua italiana e/o per l'integrazione degli alunni immigrati;
a fare si che l'attuazione del Piano, la sua valutazione, i necessari miglioramenti vengano seguiti da un comitato scientifico composto da membri esperti in insegnamento dell'italiano L2;
a proseguire il confronto con ANCI, UPI e Regioni italiane in vista di un comune impegno a favore di minori immigrati, da sancire in sede di Conferenza unificata.
(1-00050)
«De Torre, Soro, Sereni, Bressa, De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Pasquale, Froner, Ginefra, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Siragusa».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
da una indagine demoscopica realizzata per conto del Siab di VeronaFiere nel maggio 2007, risulta che, a fronte di una diminuzione del consumo generale del pane, è in atto un vero e proprio boom del consumo del pane fresco artigianale: gli italiani che dichiarano che in famiglia si acquista pane fresco artigianale sono il 96 per cento della popolazione: come a dire 47,9 milioni su un totale di quasi 50 milioni;
il pane è, altresì, presente all'attenzione generale per gli aumenti di prezzo, determinati principalmente dai notevoli aumenti riscontrati sui prezzi delle farine nel corso del 2007, imputabili alla decisione, da parte di alcuni Stati grandi produttori, di sottrarre i cereali all'uso primario dell'alimentazione ed alle correlate operazioni speculative su tali produzioni. A ciò si aggiungano i rilevanti costi oggettivi di aziende artigianali, come quelle dedite alla panificazione tradizionale dove incidono significativamente i costi del personale e dell'energia. Nonostante gli aumenti e le paure ancestrali che solleva nell'immaginario collettivo la paura della carenza del pane, il costo medio giornaliero pro-capite attuale è mediamene oggi di euro 0,25, il più basso, comunque tra tutti i prodotti alimentari;
i pani della tradizione agroalimentare italiana rappresentano un patrimonio

di vaste proporzioni, disseminato in tutte le realtà regionali e mediamente di qualità molto elevata, tale da costituire per tali realtà una risorsa importante per lo sviluppo locale;
un particolare impegno svolge in tale campo l'associazione nazionale città del pane, nata nel 2002 per riunire in una rete nazionale tutti i paesi e le città che trovano nel pane tipico un punto di forza della propria tradizione, cultura e attività, attraverso il loro riconoscimento e la diffusione della cultura del pane;
le associazioni espressione della «filiera» del pane cioè le associazioni dei panificatori e l'associazione città del pane pongono da tempo all'attenzione del Governo una serie di questioni:
1) la situazione di oggettiva incertezza per tutto il mondo della panificazione costituita dalla mancata attuazione del decreto Bersani nella parte che prevede l'emanazione di un regolamento per il riconoscimento e la tutela del pane fresco;
2) la mancata emanazione da parte del precedente Governo degli annunciati nuovi schemi di qualità certificata riconosciuti a livello nazionale e compatibili con la normativa comunitaria che avrebbero permesso - al fianco delle Dop, Igp e Stg - di offrire uno strumento di tutela e sviluppo anche per le altre produzioni agroalimentari italiane di qualità, come la Francia con il label rouge;
da tali soggetti viene altresì proposto di adottare da parte del Governo le seguenti misure:
1) valorizzare la produzione del pane italiano tradizionale con il lievito madre, sicuro distintivo di differenziazione dal pane presurgelato e sicuro elemento di qualità sostanziale;
2) creazione di un albo nazionale del pane, da istituire presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con l'intento di raccogliere e coordinare i dati (tipologia, processo produttivo e lavorativo, particolarità del pane, valore organolettico e alimentare) di tutti i pani d'Italia tipici, da elencarsi per Regioni-aree geografiche e produttive, con una scheda identificativa storica, culturale e alimentare, nel rispetto della filiera produttiva e degli standard produttivi relativi;
3) prevedere progetti con forme di incentivazione, a carattere regionale, per la salvaguardia e la riscoperta dei grani e delle farine tradizionali, abbinate ad uno studio sulle tipologie di frumento, reinserendo le specie autoctone e compatibili ai climi, prevedendo forme mirate di finanziamenti integrativi ai grani speciali destinati alla panificazione tradizionale;
4) individuare la filiera produttiva e la mappatura nazionale dei grani presenti nella tradizione italiana, con il coinvolgimento delle facoltà di agraria presenti in ambito regionale, attivando studi di agronomia applicata;
5) prevedere un più diretto coinvolgimento del sistema delle Camere di commercio nell'obiettivo di promuovere tutti i pani italiani tradizionali, quale guida reale dei processi di qualità, a supporto dei produttori e dei Comuni;
si ritiene che le osservazioni e le proposte indicate siano condivisibili in quanto dirette a salvaguardare un patrimonio quale quello agroalimentare, ancora in larga parte inespresso, ma di assoluto rilievo per il nostro Paese, anche dal punto di vista economico, essendo il secondo comparto, dopo il metalmeccanico, per entità del valore aggiunto, il quale contribuisce in modo determinante a definire l'immagine del made in Italy nel mondo, con crescenti sinergie con lo sviluppo turistico;

impegna il Governo:

a dare attuazione alle misure ed alle proposte in premessa analiticamente indicate e specificamente:
a) emanare in tempi brevi il regolamento per il riconoscimento e la tutela del pane fresco previsto espressamente dalla legge n. 248 del 2006 di conversione del «decreto Bersani»;

b) emanare nuovi schemi di qualità certificata riconosciuti a livello nazionale e compatibili con la normativa comunitaria per permettere - al fianco delle Dop, Igp e Stg - di offrire uno strumento di tutela e sviluppo anche per le altre produzioni agroalimentari italiane di qualità, come la Francia con il label rouge;
c) creare un albo nazionale del pane, presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con l'intento di raccogliere e coordinare i dati di tutti i pani tipici d'Italia;
d) realizzare progetti e forme di incentivazione per la salvaguardia e la riscoperta dei grani delle farine tradizionali, abbinate ad uno studio sulle tipologie di frumento, per reinserire le specie autoctone e compatibili ai climi, prevedendo forme mirate di finanziamenti integrativi ai grani speciali destinati alla panificazione tradizionale;
e) individuare la filiera produttiva e la mappatura nazionale dei grani presenti nella tradizione italiana, con il coinvolgimento del sistema universitario nazionale;
f) realizzare, attraverso appositi provvedimenti, un più diretto coinvolgimento del sistema delle Camere di commercio nell'attività di promozione dei pani italiani tradizionali, quale guida reale dei processi di qualità, a supporto dei produttori e dei Comuni.
(7-00056)
«Marinello, Romele, Gioacchino Alfano».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i rapporti con le regioni, per sapere - premesso che:
l'Ente Italiano della Montagna, ente pubblico di ricerca istituito a seguito della soppressione del precedente INM (ex IMONT) secondo un percorso di razionalizzazione degli enti pubblici, con particolare riferimento al ruolo di servizio per le istituzioni nazionali, regionali e locali deputate ad occuparsi di problemi e di iniziative rivolte alla montagna italiana;
il suddetto Ente è tuttora commissariato ed in attesa di attuazione dei dettami statutari conseguenti;
come agli interrogandi consta a seguito di nota loro inviata dal commissario dell'ente, richiamante il verbale n. 10/CR EIM del 2 settembre 2008, nel quale si dà contezza di quanto osservato dal Collegio dei Revisori riunitosi in quella data, il collegio dei Revisori dell'EIM ha richiamato l'attenzione delle Autorità e dei Ministri competenti, al fine di segnalare la condizione per la quale, in assenza di uno sblocco dei finanziamenti previsti dalle norme finanziarie e dagli impegni assunti dai Ministeri interessati (in particolare il Ministero dell'economia) l'Ente è prossimo alla paralisi operativa;
non è dato conoscere quali siano, allo stato, l'orientamento e le deliberazioni delle Autorità vigilanti, che, a giudizio dell'interrogante, dovrebbero affrontare le tematiche in discorso con la dovuta ponderazione -:
quali misure intenda il Governo assumere al fine di garantire il funzionamento dell'EIM, anzitutto provvedendo ad adottare le urgenti iniziative di competenza del governo medesimo in materia di finanziamento dell'Ente, a cominciare dagli impegni onerosi pregressi, che nessuna norma di legge finanziaria ha bloccato e che attendono di essere erogati.
(2-00171)
«Quartiani, Froner, Brandolini, Codurelli, Mariani, Vannucci».

Interrogazioni a risposta scritta:

MILO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri n. 3566 sono state dettate disposizioni «urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio della città di Napoli» fissando il termine di scadenza dello stato di emergenza alla data del 31 dicembre 2008 con la nomina di un commissario delegato nella figura del Sindaco di Napoli;
tale provvedimento rispondeva all'esigenza di fronteggiare «la situazione emergenziale in atto nella città di Napoli, relativa al traffico ed alla mobilità» caratterizzante negativamente la qualità della vita, le relazioni sociali ed economiche dei cittadini per i suoi riflessi indotti;
risultava necessario ed urgente predisporre e realizzare un programma di interventi infrastrutturali capaci di garantire un miglioramento significativo e rapido della situazione in atto e favorire il ripristino delle normali condizioni di vita;
con nota del Comune di Napoli del 30 gennaio 2007, sono stati analiticamente individuati gli interventi necessari per il superamento del contesto critico in rassegna, con l'indicazione specifica della relativa copertura finanziaria;
inoltre per realizzare tale programma entro i termini di scadenza dello stato emergenziale il commissario delegato, è stato autorizzato a derogare a gran parte delle disposizioni dettate in materia di lavori pubblici, urbanistica, appalti di servizi e forniture;
attesa la natura complessa delle problematiche del traffico e della mobilità, l'ordinanza ha posto l'accento sulla necessità di procedere a tempi brevi alla:
a) realizzazione di parcheggi, anche a tariffa;
b) alla verifica e integrazione del piano parcheggi al fine di limitare l'accesso dei veicoli all'interno del perimetro urbano, recante l'individuazione delle aree; alla definizione urgente delle progettazioni e la successiva realizzazione di parcheggi pertinenziali, a rotazione, sostitutivi e di scambio;
c) all'ampliamento e alla riqualificazione di parcheggi già esistenti, consentendone l'acquisizione in diritto di superficie o comunque la disponibilità, anche a privati, anche favorendo la sperimentazione di nuove forme di integrazione fra parcheggi di scambio e zone commerciali al fine di incentivare l'intervento di capitali privati nella realizzazione dei predetti parcheggi;
d) alla realizzazione di parcheggi nell'ambito del centro abitato, al fine di ridurre la sosta dei veicoli sul sedime stradale procedendo prioritariamente con quelli già individuati dalla vigente pianificazione del comune di Napoli e provvedendo ove ritenuto necessario alla modifica della pianificazione stessa, individuando:
1) specifiche aree della città caratterizzate da particolare interesse storico e/o paesaggistico o aventi particolari caratteristiche geomorfologiche, urbanistiche ed edilizie che comportano limitazioni alla realizzazione di parcheggi pertinenziali;
2) siti alternativi da assoggettare al vincolo di pertinenzialità, anche in deroga alle distanze attualmente previste dalla vigente pianificazione di settore;
3) strutture preesistenti da destinare a parcheggio, prevedendo interventi di sostituzione edilizia e/o delocalizzazione delle funzioni ivi svolte, anche prevedendo nuove costruzioni;
allo stato è dato registrare un mancato rispetto delle prerogative dell'OPCM 3566, con il mancato avvio di un percorso di iniziative assunte nel rispetto della vigente pianificazione comunale, ispirate da una modifica della stessa programmazione

in deroga, capace di fornire puntuali risposte a tutte le diverse esigenze prospettate nella citata ordinanza;
si constata la sola approvazione di qualche progettazione isolata su iniziativa di alcuni privati, in assenza, secondo l'interrogante, di una concreta integrazione del piano parcheggi, e connessa realizzazione di strutture pertinenziali, a rotazione, sostitutivi e di scambio;
analogamente nulla è stato programmato né avviato, in tema di iniziativa privata su suolo pubblico, con il ricorso alla finanza di progetto, restando tutto inalterato in questi 15 mesi di commissariamento, acuendosi quei punti di crisi del territorio, per la mancata attivazione di iniziative atte a frenare l'afflusso veicolare nei principali nodi del nostro sistema cittadino;
alla data del 31 dicembre 2008 scade il termine dello stato di emergenza fissato dall'Ordinanza 3566 senza accertare alcun beneficio della circolazione stradale, né la realizzazione di interventi infrastrutturali -:
quali iniziative abbia intenzione di assumere al fine di conoscere, a seguito dell'adozione dell'ordinanza 3566, quale programma sia stato adottato dal commissario delegato al riguardo e quali deroghe siano state disposte rispetto alla pianificazione esistente e quali iniziative intenda adottare per conoscere lo stato di attuazione sul territorio del Comune di Napoli, del sistema parcheggi nelle diverse forme ad iniziativa privata su suolo privato, pubblico su suolo pubblico e integrato con il ricorso alla finanza di progetto.
(4-01287)

MURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Ministro degli affari esteri onorevole Franco Frattini, come riportato da molteplici fonti di stampa e come confermato da lui stesso in diverse interviste anche televisive ha trascorso le sue ferie estive alle Maldive;
durante il periodo di ferie del Ministro degli affari esteri è scoppiata, in data 8 agosto, la guerra che ha contrapposto gli Stati di Russia e Georgia;
il Ministro degli affari esteri ha ritenuto non necessario interrompere il suo periodo di ferie per partecipare di persona alla riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea svoltasi a Bruxelles in data 13 agosto e che aveva all'ordine del giorno la crisi russo-georgiana, affidando la rappresentanza del governo italiano al Sottosegretario di Stato onorevole Enzo Scotti -:
se il ministro degli Affari Esteri, onorevole Franco Frattini, nei viaggi di andata e/o di ritorno dalle Maldive, in occasione delle sue ferie estive, abbia utilizzato un aereo di Stato, per la precisione un Falcon appartenente al 31o stormo dell'Aeronautica Militare.
(4-01293)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nella giornata di martedì 7 ottobre in località Vallarano nel comune di Coreno Ausonio, provincia di Frosinone, una vecchia cava di 15 mila metri quadrati è stata sottoposta a sequestro dalle autorità giudiziarie a seguito di alcuni controlli che hanno portato alla luce l'utilizzo come discarica abusiva di rifiuti solidi urbani e speciali provenienti dalla limitrofa Campania;
nello specifico il titolare dell'appezzamento di terreno possedeva l'autorizzazione a scaricare materiale lavorativo, mentre le indagini hanno portato al blocco di dieci camion che trasportavano carichi di rifiuti solidi urbani e speciali non autorizzati;

sulla vicenda è stata aperta un'inchiesta da parte della magistratura competente per accertare eventuali intromissioni della criminalità organizzata nel processo della gestione dello smaltimento dei rifiuti, come più volte tra l'altro denunciato da alcuni amministratori che operano nei comuni della zona, e disposto accertamenti chimico-tossicologici su diversi campioni di terra prelevati nel sito in questione per verificare se vi sia stata contaminazione ambientale;
a quanto si apprende da notizie diffuse dagli organi di stampa, dai primi risultati pervenuti sui campioni esaminati sarebbero state ritrovate tracce di sostanze tossiche e nocive per la salute del territorio e della popolazione residente nell'area interessata;
la discarica in questione venne fatta già oggetto nell'agosto 2007 di analogo provvedimento di sequestro della durata di sei mesi da parte dei carabinieri della compagnia di Pontecorvo e dei NOE di Roma che accertarono irregolarità nella gestione dei rifiuti, rilevando già allora la presenza di materiali non autorizzati;
la vicenda costituisce un fatto gravissimo e pone un ulteriore elemento di forte preoccupazione sull'efficienza nel sistema dei controlli da effettuare sul trasporto dei rifiuti provenienti dalle regioni in cui è in atto l'emergenza;
quale sia la reale provenienza dei rifiuti sequestrati e in particolare se sia stata riscontrata la presenza di sostanze tossiche;
se non intenda attivare tutte le iniziative in suo potere per scongiurare il ripetersi di tali fenomeni, in particolar modo prevedendo un adeguato sistema di monitoraggio e controllo sul trasporto dei rifiuti e quali tempi si prevedano per l'avvio delle necessarie attività di bonifica dell'area interessa al fine di tranquillizzare la popolazione residente locale.
(2-00167) «Anna Teresa Formisano».

Interrogazione a risposta scritta:

PATARINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la nota questione ambientale dell'area tarantina, che registra un triste primato europeo in materia di inquinamento, sta determinando nuovi danni, come evidenziato alcuni giorni fa da una trasmissione televisiva che ha posto all'attenzione nazionale il caso recente dell'accertamento di tracce significative di diossina nei terreni agricoli di una vasta area e, conseguentemente, nel latte prodotto dai locali allevamenti, determinando l'ordine di abbattimento di oltre mille capi ovini (per il cui risarcimento la Regione Puglia ha previsto la somma di 160,00 euro, assolutamente insufficienti a coprire i danni) ed un colpo mortale all'intero settore agro-alimentare del territorio;
rispetto a tale situazione, la popolazione sta rapidamente perdendo ogni residua fiducia nelle Istituzioni, organizzandosi in comitati spontanei che hanno formulato una richiesta di referendum consultivo sulla chiusura, totale o parziale, dell'ILVA ed hanno su di essa anche conseguito un importante successo in sede giudiziaria, con una sentenza del TAR Lecce che ha ordinato al Comune di Taranto di dar corso, entro novanta giorni, agli atti propedeutici per l'attuazione di tale Referendum, condannandolo anche al pagamento delle spese di giudizio;
l'unico progetto organico di risanamento ambientale dell'area in questione risale ai precedenti governi di centro-destra nazionale e regionale che, in sinergia con le Amministrazioni locali pro-tempore e con la grande maggioranza delle forze sociali, definirono con l'ILVA un accordo di programma che comportava oneri consistenti sia per il privato che per il pubblico;
quegli impegni, parzialmente onorati dal privato, sono stati invece, completamente disattesi dalla pubblica amministra- zione,

che, con i governi successivi ha irresponsabilmente stornato i 56 milioni di euro all'epoca stanziati, dopo aver perduto anche i 25 milioni disponibili per il risanamento del Mar Piccolo;
i danni ambientali per il territorio non derivano soltanto dal suddetto insediamento siderurgico, ma da un apparato industriale (raffineria, cementir, eccetera), contenente anche altri significativi fattori di inquinamento -:
quali concrete iniziative voglia adottare, per affrontare, in maniera determinata e con intenti risolutivi, l'annosa questione, che molto impropriamente viene definita con il generico e abusato termine di «emergenza» e, che in realtà, rappresenta una grave e pericolosa patologia, con la quale è costretta a fare i conti la comunità jonica anche con pesanti costi di vite umane.
(4-01292)

TESTO AGGIORNATO AL 10 OTTOBRE 2008

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il Consiglio Comunale di Bari nella seduta notturna del 3 ottobre 2008, a seguito di una lunga discussione sul riequilibrio di bilancio, ha approvato inaspettatamente, senza che gli stessi Consiglieri comunali ne fossero preventivamente messi a conoscenza, una variante urbanistica di rilevante importanza nonostante il quorum per la votazione fosse di dubbia validità;
la predetta variante era prevista all'interno della delibera avente per oggetto «Ratifica di varianti al Piano Regolatore Generale su indicazione del Provveditore interregionale alle Opere Pubbliche ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994, per cambio di destinazione d'uso da abitazioni, ad uffici pubblici di un immobile situato in via Beltrani n. 2»;
la predetta delibera in data 6 ottobre 2008, è stata successivamente annullata in quanto verificata l'effettiva mancanza del numero legale necessario per l'approvazione dell'importante provvedimento, in considerazione che si tratta di una variante urbanistica che trasforma un'area destinata al verde di quartiere in suolo edificabile, è stata posta all'ordine del giorno per il prossimo 13 ottobre;
il provvedimento interessato fa riferimento ad una procedura, indetta secondo le regole che disciplinano le opere d'interesse pubblico, finalizzato alla realizzazione della nuova sede dell'Agenzia regionale del Demanio di Bari;
a giudizio dell'interpellante sembrerebbe che l'immobile sia stato individuato, al termine di un avviso pubblico datato nel 2007 e che oltre ad essere stato abbandonato da diversi anni, è situato così come l'intera area limitrofa, in una zona destinata per il verde del quartiere come previsto tra l'altro, dal presente piano regolatore;
appare importante evidenziare inoltre che l'area interessata risulta essere confinante con la fascia ferroviaria oggetto di rinegoziazione del nodo ferroviario che prevede la «liberazione» dai binari del tratto comprendente la stazione Centrale di Bari e quella della frazione di San Giorgio e che rientra inoltre in un'area ad alta densità urbanistica che peraltro soffre l'evidente assenza di adeguate aree destinate a verde di quartiere;
inoltre la procedura prevista ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 18 aprile 1994, n. 383 concernente «Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale», in questo caso sembrerebbe riconducibile ad una vendita futura in cui un proponente, in questo caso un soggetto privato, manifesta interesse a perfezionare un contratto con la pubblica

amministrazione e che pertanto necessita di un approfondimento più consistente;
l'area interessata, come si evince dalla documentazione tecnica, non risulta inoltre di proprietà del Demanio, ma di un'impresa privata, che tra l'altro non figura in nessuno degli atti messi a disposizione dell'amministrazione pubblica;
inoltre gli standard urbanistici previsti sembrerebbero non risultare satisfattivi nei riguardi delle esigenze previste dalle disposizioni previste dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 e dalla legge 24 marzo 1989, n. 122 legge Tognoli, inspiegabilmente non richiamati nel provvedimento di delibera, con il conseguente rischio pertanto che si destinerebbe un ufficio pubblico di notevole importanza in una zona con evidenti problematiche di parcheggi, oltre all'assenza di aree di verde i cui livelli minimi sarebbero garantiti come anomali «tetti giardino»;
da notizie pubblicate da alcuni quotidiani inoltre, la delibera interessata, sebbene sia stata dichiarata nulla come precedentemente esposto, manifesta evidenti dubbi di legittimità con il rischio di conseguenti ricorsi amministrativi;
appare inoltre importante evidenziare come l'intera procedura non sembrerebbe essere assistita da una adeguata indagine di mercato, né è dato a conoscenza se nell'avviso pubblicato nel 2007, fosse prevista la possibilità di presentare offerte anche per coloro che non disponessero di immobili con determinate caratteristiche urbanistiche;
conseguentemente tale condizione, se non prevista, non assicurerebbe un'adeguata pubblicizzazione dell'iniziativa, rischiando di apparire come una procedura «chiusa» -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto i Ministri interpellati ad adottare in maniera accelerata la procedura per la realizzazione della nuova sede dell'Agenzia regionale del demanio di Bari esposta in premessa, nei riguardi dell'immobile precedentemente riportato;
se risulti quali siano altresì le motivazioni per le quali non sia stata esperita una procedura diversa, finalizzata a garantire una partecipazione più ampia, nonché una maggiore facoltà nella scelta di altri concorrenti in considerazione di aree aventi caratteristiche simili a quella prescelta, ovvero prevedendo la possibilità di proporre variazioni urbanistiche;
se tale possibilità di accedere alle procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994, sia stata contemplata nell'avviso pubblico di cui si fa riferimento negli atti amministrativi e se rispondesse ai requisiti di completa e assoluta trasparenza e pubblicità;
quali siano le motivazioni a presidio dell'individuazione di un immobile situato in una zona molto trafficata e peraltro a ridosso del tracciato ferroviario con prevedibili e conseguenti disagi derivanti da tale scelta sia per coloro che abitano nelle vicinanze, che per gli stessi dipendenti del demanio;
quali siano stati inoltre i criteri che hanno indotto l'Agenzia del demanio-filiale Puglia a considerare adeguato alle proprie esigenze in ordine anche alla dimensione un immobile avente le caratteristiche suesposte;
quali siano stati i costi complessivi di tale operazione, in considerazione dell'acquisizione dell'area, nonché dei relativi lavori di ristrutturazione e se non convengano invece che una più corretta gestione non avrebbe suggerito un percorso differente da quello intrapreso;
se non ritengano, infine, opportuno in considerazione di quanto esposto in premessa, valutare l'opportunità di effettuare, per quanto di propria competenza, un approfondimento più accurato della procedura di aggiudicazione per una più completa ed adeguata valutazione delle scelte operate, dando al comune di Bari tempestiva comunicazione di tale necessità di approfondimento affinché lo stesso comune possa sospendere l'adozione della delibera.
(2-00170) «Di Cagno Abbrescia, Distaso, Sisto, Divella».

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la disciplina contenuta nella legge delega 2 agosto 2004, n. 210, e nel decreto legislativo di attuazione 20 giugno 2005, n. 122, in tema di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, che è stata approvata dal Parlamento con il concorso unanime di tutte le forze politiche e che allinea l'Italia agli altri Paesi europei già dotati di una legislazione in materia, ha introdotto l'obbligo per il costruttore di rilasciare al futuro acquirente una fideiussione pari all'anticipo incassato o da incassare per l'acquisto della casa, a garanzia, in caso di fallimento o di situazione di crisi, della restituzione delle somme e di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi prima del trasferimento della proprietà o di ogni altro diritto reale di godimento sull'immobile da costruire;
l'articolo 12 del citato decreto legislativo ha istituito un Fondo di solidarietà per le vittime dei fallimenti immobiliari avvenuti nel periodo compreso tra il 1993 e il 2005, gestito dalla Consap - Concessionaria di servizi assicurativi Spa e alimentato con il contributo obbligatorio a carico dei costruttori nella misura stabilita annualmente, con decreto del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il limite massimo del cinque per mille dell'importo complessivo di ciascuna fideiussione;
a tre anni dall'introduzione della disciplina sulla tutela degli acquirenti di immobili da costruire, risulta un livello medio di applicazione su tutto il territorio nazionale pari al 20 per cento;
come emerge da un recente rapporto sullo stato di attuazione della legge realizzato, sulla base dei dati ufficiali della Consap, da Scenari Immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche che analizza i mercati immobiliari, la normativa risulta largamente disapplicata soprattutto nelle regioni del centro-sud e nelle isole, mentre in quelle del nord il tasso di applicazione non supera il 40 per cento;
il rapporto 2007 di Assocond-Conafi (Coordinamento nazionale delle vittime fallimentari immobiliari dell'Associazione italiana condomini), basato sul comportamento tenuto rispetto alla disciplina da cooperative, imprese e investitori a livello nazionale, evidenzia il dato più allarmante: nel periodo 2005-2006 solo l'11,5 per cento delle iniziative edilizie ha rispettato l'obbligo fideiussorio, nel 2007 solo il 15 per cento, con punte del 25 per cento al Nord;
dalle proiezioni condotte da Assocond-Conafi risulta che se la legge fosse applicata al 70 per cento ci sarebbe un flusso annuale di contributi verso il Fondo di circa 80 milioni di euro;
ad oggi, invece, dopo tre anni di applicazione della legge, il Fondo registra una giacenza di 20 milioni;
ne consegue che, sotto il profilo della possibilità di indennizzare le vittime dei fallimenti precedenti alla data di entrata in vigore di queste disposizioni, l'effetto sarà del tutto insignificante, visto che le famiglie vittime che hanno formulato istanza di indennizzo al Fondo sono ad oggi 12.086 e che l'importo richiesto per indennizzi ammonta ad euro 1.007.698.200;
sotto il profilo dell'attuazione del sistema di tutele previsto in favore degli attuali acquirenti ed in vista di future ed eventuali situazioni di crisi, la scarsa applicazione delle norme contenute nella legge n. 210 del 2004 e nel decreto legislativo n. 122 del 2005 si mescola pericolosamente con un contesto in cui tutti gli analisti del settore hanno rilevato un evidente rallentamento della domanda di nuove costruzioni e un allungamento dei tempi occorrenti per la vendita delle unità

immobiliari costruite, dal momento che il mercato immobiliare è oggi in recessione con il rischio per alcuni operatori immobiliari di incorrere in situazioni di crisi;
secondo Assocond-Conafi e le associazioni dei consumatori la disapplicazione della normativa sarebbe frutto sia della insufficienza del sistema sanzionatorio della legge nei confronti di coloro che non sottoscrivono la fideiussione, sia della assenza di una adeguata informazione/comunicazione sul nuovo sistema di tutele per gli acquirenti di immobili da costruire;
l'articolo 15, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122, attribuisce alla Consap il compito di assumere iniziative informative, a carico del Fondo, idonee a garantire l'effettiva fruizione dei benefici previsti nel decreto da parte degli acquirenti;
la Consap aveva predisposto una campagna informativa da svolgersi a mezzo di televisione e radiofonia e atta a rendere i cittadini più consapevoli dei propri diritti, ma il progetto risulta bloccato dal Ministero dell'economia e delle finanze che ha richiesto una valutazione dei benefici associati alla campagna informativa, senza tener conto che una maggiore applicazione della normativa si tradurrebbe immediatamente in maggiori introiti -:
per quale motivo il Ministero non dia corso alla campagna informativa predisposta dalla Consap;
quali interventi il Ministero intenda porre in essere per consentire agli acquirenti di essere adeguatamente informati sui diritti e sulle tutele previste in loro favore dalla normativa vigente;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a modificare l'impianto sanzionatorio della legge al fine di evitare che la mancanza di adeguate sanzioni nei confronti degli acquirenti possa danneggiare ulteriormente gli acquirenti.
(3-00173)

Interrogazione a risposta scritta:

FRANZOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
per il Comune di Taranto è stato dichiarato il dissesto in data 17 ottobre 2006 e la giunta comunale, con propria delibera ha adottato la modalità semplificata ai sensi dell'articolo 258 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; l'articolo 40, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha prorogato al 31 dicembre 2008 il termine per l'effettuazione di pagamenti a valere sul contributo statale di 150 milioni di euro previsto dall'articolo 24, comma 1, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159;
tale ultima disposizione ha altresì fissato al 31 dicembre 2008 il termine per l'effettuazione dei pagamenti delle transazioni che saranno definite dall'organo straordinario di liquidazione mantenendo invece fermo al 31 dicembre 2007 il termine per l'effettuazione di pagamenti per le transazioni avvenute entro il 31 dicembre 2007;
ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, le somme non utilizzate per l'effettuazione dei pagamenti entro il termine del 31 dicembre 2007 sono riversate al bilancio dello Stato con imputazione ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata;
con il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, in via di conversione, i pagamenti da effettuarsi entro il termine del 31 dicembre 2007 sono quelli afferenti le transazioni avvenute entro il medesimo 31 dicembre 2007 con esclusione quindi delle somme di cui al comma 1 dell'articolo 24 che rientrano, giusto il disposto del comma 3, tra le risorse finanziarie messe a disposizione dal Comune per le transazioni che saranno definite dall'Organo

straordinario di liquidazione e che dovranno essere liquidate entro il 31 dicembre 2008 -:
se, a parere del Ministro interrogato, con la lettera b), comma 10, articolo 5, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, sia soppresso solo quanto previsto dalla lettera b), comma 3-bis, articolo 40 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito dalla legge 21 febbraio 2008, n. 31 e non, invece, di fatto, quanto previsto dal comma 3 del medesimo articolo 40 del decreto-legge n. 248.
(4-01291)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

LIBÈ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo il comma 1 dell'articolo 23 del codice della strada, lungo le strade o in vista di esse è vietato collocare insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l'efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l'attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione; in ogni caso, detti impianti non devono costituire ostacolo o, comunque, impedimento alla circolazione delle persone invalide. Sono, altresì, vietati i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari rifrangenti, nonché le sorgenti e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento. Sulle isole di traffico delle intersezioni canalizzate è vietata la posa di qualunque installazione diversa dalla prescritta segnaletica;
secondo il comma 7 dell'articolo 23 del codice della strada è vietata qualsiasi forma di pubblicità lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi. Su dette strade è consentita la pubblicità nelle aree di servizio o di parcheggio solo se autorizzata dall'ente proprietario e sempre che non sia visibile dalle stesse. Sono consentiti i cartelli indicanti servizi o indicazioni agli utenti purché autorizzati dall'ente proprietario delle strade. Sono altresì consentite le insegne di esercizio, con esclusione dei cartelli e delle insegne pubblicitarie e altri mezzi pubblicitari, purché autorizzate dall'ente proprietario della strada ed entro i limiti e alle condizioni stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
secondo il comma 13-bis dell'articolo 23 del codice della strada, in caso di collocazione di cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1, l'ente proprietario della strada diffida l'autore della violazione e il proprietario o il possessore del suolo privato, nei modi di legge, a rimuovere il mezzo pubblicitario a loro spese entro e non oltre dieci giorni dalla data di comunicazione dell'atto. Decorso il suddetto termine, l'ente proprietario provvede ad effettuare la rimozione del mezzo pubblicitario e alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell'autore della violazione e, in via tra loro solidale, del proprietario o possessore del suolo. Chiunque vìola le prescrizioni indicate al presente comma e al comma 7 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 4.000 a euro 16.000; nel caso in cui non sia possibile individuare l'autore della violazione, alla stessa sanzione amministrativa è soggetto chi utilizza gli spazi pubblicitari privi di autorizzazione;
secondo il comma 13-quater dell'articolo 23 del codice della strada nel caso in cui l'installazione dei cartelli, delle insegne di esercizio o di altri mezzi pubblicitari

sia realizzata su suolo demaniale ovvero rientrante nel patrimonio degli enti proprietari delle strade, o nel caso in cui la loro ubicazione lungo le strade e le fasce di pertinenza costituisca pericolo per la circolazione, in quanto in contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento, l'ente proprietario esegue senza indugio la rimozione del mezzo pubblicitario. Successivamente alla stessa, l'ente proprietario trasmette la nota delle spese sostenute al prefetto, che emette ordinanza-ingiunzione di pagamento. Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo ai sensi di legge;
l'abusivismo pubblicitario oltre a deturpare il paesaggio danneggia la sicurezza dell'automobilista e l'aumento dei sinistri automobilistici legati alla distrazione ne è una dura prova;
vengono inoltre evase le tasse di concessione pubblicitaria e i contributi spettanti a Comuni, Province e Regioni di competenza nonché allo Stato tramite l'ANAS -:
quali siano le verifiche effettuate e le iniziative adottate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sull'effettivo rispetto del codice della strada visto che le contestazioni dovrebbero essere applicate nel rispetto dell'articolo 23 del codice della strada e tutti i riscontri ispettivi devono essere incisivi, sia da parte della Guardia di finanza per quanto concerne gli illeciti tributari, sia da parte della Procura della Repubblica per il riscontro di eventuali reati.
(3-00172)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARGIOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 18 settembre 2008 il sottosegretario di Stato Giuseppe Maria Reina, in risposta ad una interpellanza urgente - primo firmatario Margiotta - relativa alla chiusura del ponte di Picerno, ha affermato che «il 19 luglio 2008, in corrispondenza della campata n. 8 dell'impalcato della carreggiata in direzione Sicignano, si è manifestato un avvallamento, risultato pari a 11,5 centimetri»;
appare grave che l'ANAS abbia evidenziato l'esistenza del problema solo quando la situazione è ormai irrimediabile;
è evidente che la crisi sia determinata, tra l'altro, dall'assoluta carenza di manutenzione di una struttura complessa, in cemento armato precompresso, molto alta, soggetta nei mesi invernali a neve e ghiaccio, al passaggio frequente di mezzi pesanti, spazzaneve ed all'azione corrosiva del sale;
vi è il fondato timore che altri manufatti della rete gestita dall'ANAS in Basilicata possano trovarsi nelle medesime condizioni -:
quali azioni di monitoraggio, controllo, manutenzione delle opere d'arte, ed in particolare dei viadotti, di propria competenza stia compiendo l'ANAS in Basilicata, e quali programmi futuri abbia approntato in tale direzione allo scopo di evitare il ripetersi dei medesimi problemi.
(5-00431)

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi mesi vari enti locali hanno installato lungo lo stradario di competenza degli speciali tabelloni luminosi in grado di rilevare e di segnalare in tempo reale le velocità dei veicoli in transito;
tali apparecchi, pur non muniti di autovelox, sono in grado di indicare visivamente la velocità mantenuta, l'eventuale sanzione comminabile in fatto di perdita di punti sulla patente di guida, nonché l'appello a rallentare la marcia;
l'iniziativa è volta a ridurre il numero di sinistri, tant'è che da una prima statistica

sul campo sembrerebbe che tali dispositivi producano un certo effetto deterrente sui conducenti di veicoli a motore;
gli enti locali interessati all'acquisto dei dispositivi hanno espresso la loro preoccupazione dopo che il Ministero interrogato avrebbe manifestato un orientamento volto allo smantellamento di tali display perché non regolamentari;
i timori maggiori si richiamano soprattutto alle conseguenze che l'installazione di questi congegni potrebbe comportare in caso di sinistri asseritamente correlati (o comunque agevolati) alla distrazione cagionata nei conducenti -:
quale sia l'orientamento del Ministero interrogato rispetto all'impiego da parte di Comuni, Province e Regioni di speciali rilevatori ottici di velocità atti a ridurre il numero di sinistri e se effettivamente tali indicatori luminosi siano da considerarsi illegittimi in quanto non espressamente previsti dal vigente codice della strada (in particolare, dall'articolo 45 del codice della strada e dall'articolo 192 e seguenti del regolamento di attuazione);
in caso di risposta affermativa al precedente quesito, quali giudizi dia del fatto che, pur essendone astrattamente vietata e sanzionata la produzione, tali apparecchiature elettroniche possano essere regolarmente reperite, acquistate e installate da parte della pubblica amministrazione;
sempre in caso di risposta affermativa al primo quesito, se, alla luce di quanto contemplato al comma quinto dall'articolo 77 del regolamento di esecuzione del codice della strada (che testualmente afferma «è vietato l'uso di segnali diversi a quelli previsti nel presente regolamento, salvo quanto... autorizzato dal Ministero»), sia possibile ipotizzare un'autorizzazione straordinaria degli stessi rilevatori di velocità in questione o se, piuttosto, tale eventualità debba necessariamente riconnettersi ad un provvedimento legislativo volto alla previa modifica e del codice della strada e del relativo regolamento attuativo.
(4-01283)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
da qualche giorno oltre 100 extracomunitari originari di vari stati africani sono ospitati in località Altipiani di Arcinazzo, segnatamente nel centro di accoglienza allestito presso l'Hotel «Il Caminetto» di Trevi nel Lazio (Frosinone);
la struttura - fino a pochi giorni fa un albergo - è situata proprio nel centro della località turistica e, a quanto è dato di sapere, è gestita in regime di convenzione dalla Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, con sede in Roma, piazza S. Giovanni in Laterano. La convenzione vedrebbe coinvolti a diverso titolo il Ministero dell'interno ed il Comune di Trevi nel Lazio, nel cui territorio ricade una parte della località degli Altipiani di Arcinazzo;
secondo quanto si apprende gli ospiti dovrebbero risiedere stabilmente all'interno della predetta struttura alberghiera per circa 3 mesi, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiati politici;
il numero degli ospiti extracomunitari ha quasi raddoppiato la popolazione residente;
i residenti della zona non hanno ricevuto alcuna preventiva comunicazione dell'apertura del centro di accoglienza né alcuna adeguata informazione intorno ai rifugiati, né risulta che la questione sia stata previamente discussa all'interno del Consiglio comunale di Trevi nel Lazio.

Inoltre dell'istituzione del centro non è riscontrabile notizia sul sito del Ministero dell'interno;
secondo quanto è dato di ricostruire in termini normativi agli interpellanti l'intervento potrebbe essere stato adottato nel quadro dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 2008 che consente al Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, anche avvalendosi dei Prefetti territorialmente competenti, di adottare tutti gli interventi necessari all'allestimento, all'ampliamento della disponibilità ricettiva, al miglioramento e alla manutenzione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303 (articolo 1);
gli Altipiani di Arcinazzo - conosciuti come la Svizzera del centro Italia - sono una ridente località turistica situata tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, le cui caratteristiche principali sono la bellezza del paesaggio ed il carattere incontaminato dell'ambiente. Tali caratteristiche hanno condotto negli anni allo sviluppo, nella località, di un vero e proprio centro abitato, composto in prevalenza di seconde case (ville, villini e appartamenti), ma con una presenza stabile di residenti (circa due-trecento). Tutta l'economia della zona ruota attorno al turismo, soprattutto estivo (d'estate gli abitanti arrivano a 25.000);
l'apertura del centro ha provocato una mobilitazione generale e massiccia sia da parte della popolazione residente sia da parte delle centinaia di proprietari di seconde case su tutto il comprensorio montano. Tale mobilitazione non è rivolta evidentemente contro le singole persone degli immigrati, che giungono in Italia da situazioni di indubbio disagio e sofferenza, e che come tali meritano aiuto e comprensione ma contro una scelta illogica di politica del territorio che penalizza drammaticamente - soprattutto per le proporzioni dell'iniziativa - una piccola realtà a spiccata vocazione turistica come quella degli Altipiani di Arcinazzo;
tali circostanze impongono, a tutela delle popolazioni interessate, alcuni chiarimenti urgenti e richiedono, ad avviso degli interpellanti, una ulteriore ed approfondita riflessione da parte delle autorità competenti - che auspicabilmente conduca ad un ripensamento della scelta - con particolare riferimento alle seguenti questioni: a) le conseguenze sull'economia e sul turismo; b) l'adeguatezza e l'idoneità delle strutture di accoglienza; c) la necessità di un adeguato coinvolgimento di tutti i comuni interessati; d) la sicurezza degli abitanti e delle abitazioni; e) l'impatto sulla struttura demografica del territorio:
a) Le conseguenze sull'economia e sul turismo. Ad avviso degli interpellanti appare assolutamente contrario a qualsiasi logica di sviluppo collocare un centro di accoglienza per extracomunítarí, a maggior ragione se di queste dimensioni, al centro di una località che trae la sua principale se non unica fonte di sussistenza dal turismo. Sarebbe, infatti, fatte le debite proporzioni, come collocare un centro di questo genere al centro di Cortina d'Ampezzo o di Taormina. Non può non sfuggire, infatti, che un centro di accoglienza siffatto rappresenta oggettivamente un disincentivo per turisti e vacanzieri e dunque indebolisce drammaticamente il tessuto socio economico locale. Ciò senza contare i riflessi sui prezzi delle case: già nei primi giorni di apertura del centro di accoglienza molti proprietari di «seconde case» hanno manifestato l'intenzione di voler lasciare per sempre il centro di villeggiatura;
b) L'adeguatezza e l'idoneità delle strutture di accoglienza. Il soggiorno all'interno della struttura ricettiva per un numero così elevato di persone e per un periodo di tempo significativo richiede che gli standards di sicurezza e di igiene del centro di accoglienza siano perfettamente conformi alle leggi e a tutta la normativa prevista in materia. La struttura in premessa, invece, secondo quanto riferito dai

residenti degli Altipiani di Arcinazzo, da diversi anni non subirebbe interventi né di tipo strutturale, né alcun tipo di adeguamento per quanto attiene alle norme sulla sicurezza. Ad avviso degli interpellanti la permanenza nel centro di accoglienza deve invece essere garantita nelle più ampie forme di tutela sia dal punto di vista igienico-sanitario sia dal punto di vista delle norme sulla sicurezza e ciò non solo a garanzia dei cittadini extracomunitari ma anche degli operatori che lavorano e lavoreranno all'interno della struttura;
c) la necessità di un adeguato coinvolgimento di tutti i comuni interessati. Dal punto di vista amministrativo il territorio della località - che si sviluppa, senza soluzioni di continuità, in un vasto pianoro circondato dai monti dell'Appennino - ricade nei confini di tre comuni, uno della provincia di Roma (Arcinazzo romano) e due della provincia di Frosinone (Trevi nel Lazio e Piglio), i cui nuclei urbani principali sono tutti e tre a distanza di alcuni chilometri dalla località turistica. I confini tra i tre comuni, all'interno dell'abitato degli Altipiani non sono minimamente percepibili, in quanto coincidono con semplici strade urbane. Alla luce di tale organizzazione territoriale il centro di accoglienza si situa lontano dal nucleo principale del comune che nominalmente lo ospita e al centro di un abitato che insiste nel territorio di altri due comuni che non hanno minimamente partecipato alla decisione e ne subiranno tuttavia tutte le possibili conseguenze negative, in particolare quella relativa alla sicura riduzione del flusso turistico. Non si può dunque ignorare - e non possono ignorarlo le competenti prefetture - che, al di là del dato formale, per il quale l'albergo interessato si situa nel perimetro del comune di Trevi, la sua trasformazione in centro di accoglienza impatta almeno nelle stesse dimensioni sulla popolazione residente e sul territorio di altri due comuni, i quali sono pertanto almeno altrettanto legittimati ad interloquire nella decisione;
d) La sicurezza degli abitanti e delle abitazioni. Non si può escludere che tra gli immigrati ospitati dal centro, visto il numero elevato degli stessi, possano figurare persone dedite alla delinquenza. Al riguardo va sottolineato che nell'abitato degli Altipiani di Arcinazzo non sussiste alcun presidio delle forze dell'ordine. Inoltre il carattere diffuso e rarefatto degli insediamenti (ville e villette mono o plurifamiliari, relativamente distanti tra loro) e spesso non abitate per la gran parte dell'anno rendono comunque difficile un adeguato controllo del territorio e possono favorire fenomeni di occupazione abusiva o di danneggiamento;
e) L'impatto sulla struttura demografica del territorio interessato. Secondo quanto è dato di apprendere, il soggiorno di questi cittadini extracomunitari agli Altipiani di Arcinazzo, avrebbe, almeno nelle intenzioni dei responsabili del Ministero dell'interno, sia uno scopo umanitario, visto che questi immigrati hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiati politici, sia uno scopo di inserimento nel tessuto sociale locale. Ebbene il centro - con una popolazione di circa 150 immigrati - impatta su un abitato con una popolazione stabile di circa due-trecento persone, alterando fortemente l'equilibrio demografico e sociale del territorio. Considerando oltretutto che sembrerebbe doverci essere un ricambio del gruppo di immigrati ogni tre mesi, questo significa che dovrebbe transitare in una comunità stabile di queste dimensioni un flusso di 600 persone l'anno;
preme a tal riguardo sottolineare come la legislazione vigente in tema di immigrazione, con riferimento ad istituti parzialmente diversi ma rivolti a soddisfare la medesima finalità, quali i centri di accoglienza comunali, laddove consente agli enti locali, ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, di prestare servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri, fissa

precisi parametri relativi alla proporzione tra la popolazione locale residente e il numero di immigrati da accogliere;
in particolare il decreto del Ministro dell'interno del 22 luglio 2008, emanato in attuazione della predetta norma di legge, stabilisce (articolo 5, comma 2) che «la ricettività dei servizi di accoglienza destinati alle categorie ordinarie e vulnerabili, (...), non deve essere inferiore a quindici posti né superiore a: a) quindici posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, con popolazione complessiva fino a 5.000 abitanti; b) venticinque posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, con una popolazione complessiva tra 5.001 e 40.000 abitanti; c) cinquanta posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, con una popolazione complessiva tra 40.001 e 250.000 abitanti; d) cinquanta posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, nel cui territorio è presente un centro di cui all'articolo 20 del decreto procedure e all'articolo 12 della legge 6 marzo 1998 n. 40; e) cento posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, con una popolazione complessiva tra 250.001 e 1.000.000 abitanti; f) centocinquanta posti nel caso di enti locali, singoli o consorziati, con una popolazione complessiva tra 1.000.001 e 2.000.000 abitanti; g) duecentocinquanta posti per i servizi degli enti locali, singoli o consorziati, con una popolazione superiore a 2.000.001 abitanti»;
i centri di accoglienza del tipo di quello che sembrerebbe essere stato istituito negli Altipiani di Arcinazzo in questione (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) attualmente esistenti, come risulta dal sito del Ministero dell'interno, sono situati in comuni di grandi dimensioni, senza spiccata vocazione turistica e certamente con una adeguata proporzione tra popolazione residente ed immigrati: si tratta, infatti, dei comuni di Caltanissetta (96 posti), Crotone (256 posti), Foggia (198 posti) Gorizia (150 posti), Milano (20 posti) Trapani (60 posti): tutti non paragonabili ai piccoli comuni di Trevi nel Lazio, Piglio e Arcinazzo Romano, su cui insiste la località degli Altipiani di Arcinazzo;
tutto ciò è coerente con la ratio delle norme sopra richiamate, che è quella - dettata anche dal buon senso - di accogliere persone immigrate bisognose senza sopraffare la popolazione locale. Tale logica e tale ragionevolezza non sembrano essere state seguite nel caso di specie -:
in base a quali motivazioni sia stata scelta la località degli Altipiani di Arcinazzo quale sito per il centro di accoglienza per extracomunitari e quale sia stato il procedimento amministrativo adottato per pervenire a tale decisione;
per quale motivo non si sia ritenuto opportuno informare e formare la popolazione residente relativamente alla nuova realtà che rappresenta una novità assoluta nel contesto sociale e culturale della zona e perché non siano stati interpellati gli altri due comuni (Arcinazzo Romano e Piglio) nel cui territorio - nei termini descritti in premessa - ricade l'abitato degli Altipiani di Arcinazzo;
se siano stati garantiti contributi di qualsiasi natura o importo al comune di Trevi, se siano state stipulate convenzioni e quali ne siano i termini;
quali siano i tempi di permanenza del centro di accoglienza nel territorio degli Altipiani di Arcinazzo e se sia vero che gli ospiti della struttura siano destinati ad avvicendarsi di tre mesi in tre mesi facendo sì che nell'arco di un anno transitino nell'abitato circa 600 immigrati;
se ed in che modo sia stato valutato l'impatto dell'operazione sull'economia del territorio ed il particolare sul turismo, che ne costituisce la principale risorsa;
se e quali valutazioni siano state effettuate relativamente all'impatto dell'iniziativa sulla popolazione stabilmente residente;
se e quali valutazioni siano state effettuate in ordine alla sicurezza degli

abitanti e degli immobili e quali misure si intendano comunque adottare per tutelare i medesimi;
se e quali valutazioni siano state fatte in ordine alla adeguatezza della struttura alberghiera destinata ad ospitare il centro e se non ritenga comunque necessario e urgente predisporre tutti gli accertamenti necessari per verificare se il centro di accoglienza «Il Caminetto» sito nel Comune di Trevi nel Lazio (Frosinone) sia in regola con tutte le norme igienico-sanitarie, e sulla sicurezza; in ogni caso se sia stato osservato per la struttura ogni altro adempimento di legge necessario ad ospitare i cittadini extracomunitari;
se siano stati sentiti i competenti Consigli territoriali per l'immigrazione, istituiti con il Dpcm del 18 dicembre 1999 e, in caso positivo quali siano state le loro valutazioni;
se la normativa vigente in materia di accoglienza degli immigrati e le relative direttive non impongano di distribuirli su tutto il territorio nazionale affinché le conseguenze di tale accoglienza ricadano, per quanto possibile, sulle comunità ospitanti in misura «proporzionale» alle proprie capacità di recezione e si distribuisca pertanto l'onere di tale accoglienza in modo equo sul territorio nazionale, senza pertanto caricare eccessivamente alcune località, di fatto «sacrificandole»;
se e come gli uffici competenti - che hanno individuato la località degli Altipiani di Arcinazzo per l'istituzione di un centro di accoglienza delle dimensioni sopra descritte - abbiano tenuto conto di queste esigenze di equità e di buon senso nelle loro determinazioni;
se, alla luce di tutti gli elementi esposti, non si ritenga di dover individuare sedi alternative per non compromettere in modo irreversibile l'economia e l'equilibrio demografico dell'intero comprensorio montano degli Altipiani di Arcinazzo.
(2-00172)
«Iannarilli, Cesa, Moffa, Lorenzin, Mariarosaria Rossi, Pili, Porcu, Simeoni, Proietti Cosimi, Piso, De Nichilo Rizzoli, Martinelli, Ceccacci Rubino, Carlucci, De Poli, Naro, Ciocchetti, Dionisi, Pionati, Cera, Compagnon, Rao, Mannucci, Conte, Iapicca, Vella, Giulio Marini, Castiello, Ventucci, Nizzi, Anna Teresa Formisano».

Interrogazione a risposta in Commissione:

AMICI, LIVIA TURCO e LO MORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie diffuse dagli organi di stampa (cfr., ex multis, L'Espresso, 23 settembre 2008) si apprende che circa 1.300.000 cittadini di Paesi non comunitari, aventi diritto al permesso di soggiorno secondo le norme vigenti, versano in condizione di irregolarità in ragione del ritardo e della eccessiva lunghezza dei procedimenti amministrativi necessari al rilascio del titolo di soggiorno;
si apprende infatti che, a causa del ritardo nello svolgimento dell'istruttoria e delle operazioni propedeutiche al rilascio del titolo di soggiorno, il Poligrafico dello Stato si è visto più volte costretto ad emettere documenti già scaduti, come peraltro può evincersi dalla comunicazione spedita il 27 giugno 2008, dal dirigente dell'Ufficio stranieri della Questura di Firenze al Comune di Scandicci, nella quale si documenta la condizione paradossale in cui versa una cittadina;
tale situazione di fatto priva cittadini stranieri del loro diritto alla permanenza sul territorio dello Stato e conseguentemente dei diritti sociali e in particolare del diritto al lavoro, relegandoli in una condizione di irregolarità nonostante essi abbiano pienamente rispettato la legge;
la suddetta condizione è peraltro aggravata dal fatto che, secondo quanto riportato dalla stampa, le competenti autorità

del Ministero dell'Interno sarebbero state informate di tali ritardi già dalla scorsa primavera;
desta inoltre perplessità la mancata ottemperanza alla direttiva emanata dal Ministro dell'interno in data 6 febbraio 2008, proprio al fine di risolvere i problemi connessi al ritardo nell'espletamento delle procedure amministrative necessarie al rilascio del titolo di soggiorno -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro in indirizzo intenda assumere al fine di risolvere, in conformità con la disciplina comunitaria e con il diritto internazionale rilevante in materia, la condizione esposta in premessa, assicurando ai cittadini stranieri che abbiano da essa subito pregiudizio, il pieno rispetto dei loro diritti e interessi legittimi, disponendo se del caso idonee forme di indennizzo al riguardo.
(5-00430)

Interrogazioni a risposta scritta:

CRISTALDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con nota prot. generale 52849 del 7 agosto 2008, il dirigente del settore polizia municipale del comune di Mazara del Vallo impartiva una precisa direttiva che, secondo l'interrogante, tendeva a spingere gli operatori della Polizia Municipale ad elevare contravvenzioni nei confronti dei cittadini non tanto per il rispetto che si deve al codice della strada quanto per consentire maggiori introiti alle casse comunali;
il dirigente nella nota citata scrive espressamente: «dai dati trasmessi dal competente ufficio, risulta che l'attività contravvenzionale al codice della strada nel periodo gennaio-luglio 2008 ha registrato una sensibile diminuzione rispetto a quella dello stesso periodo dell'anno 2007, sia per numero di contravvenzioni elevate, sia come importo complessivo dei relativi proventi»;
inoltre nella medesima nota si scrive «in merito non rispondendo quanto sopra alle previsioni e agli obiettivi prefissati, sia relativamente alle esigenze di polizia stradale, sia anche alla minore possibilità di impiego dei proventi contravvenzionali derivanti per l'anno in corso, è necessario che le SS. VV. espletino una maggiore intensificazione dei controlli con una più rigorosa applicazione dell'aspetto sanzionatorio previsto dal codice della strada»;
le sanzioni per la violazione del codice della strada non possono essere preventivamente programmate né nel numero né nelle somme ma devono restare nella logica sanzionatoria dando ai cittadini anche il «diritto di rispettare il codice della strada» e quindi di non dover pagare una contravvenzione a tutti i costi;
in caso contrario si finirebbe per costruire artificiosamente una sorta di nuova tassa per i cittadini che non sarebbero più soggetti a sanzioni in quanto trasgressori del codice della strada ma in quanto soggetti da «spremere» in favore della spesa del Comune che anziché procedere alla riduzione dei costi inventa, secondo l'interrogante, maggiori entrate in maniera alquanto originale ma in violazione dello spirito e della funzione vera della polizia municipale -:
se in considerazione della discutibile direttiva descritta in premessa non ritengano opportuno assicurare tramite il prefetto un attento vaglio dei probabili ricorsi che saranno proposti dai cittadini di Mazara del Vallo ai sensi dell'articolo 203 del codice della strada onde evitare un utilizzo improprio - per meri scopi di cassa - delle disposizioni concernenti la circolazione stradale;
quali azioni nell'ambito delle proprie competenze, ed in particolare quali iniziative normative il Governo intenda porre in essere per distinguere nettamente le due sfere di azione, quella sanzionatoria e quella impositiva nella materia indicata in premessa.
(4-01282)

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Emilia-Romagna risulta essere un'area ad incidenza rilevante sotto il profilo criminogeno a causa di molteplici fattori, tra cui il radicamento di boss che giunti in soggiorno obbligato hanno creato nella regione poli d'interesse propri nonché delle famiglie d'origine; la posizione geografica che offre diversificate opportunità di collegamento; l'attrattività di un mercato ed un sistema economico altamente produttivi;
la ramificata presenza di pregiudicati mafiosi dalle diverse matrici nazionali, in contatto con l'area d'origine e ben introdotti nel tessuto socio-economico della comunità ospitante, ha favorito il radicamento, negli ultimi quindici anni, della 'ndrangheta, la cui presenza è da ritenersi ancora la più significativa ed organizzata rendendosi referente in particolare nel settore delle estorsioni e del traffico e distribuzione di sostanze stupefacenti;
negli ultimi anni anche la camorra è risultata presente in modo diffuso, infatti sono ormai radicati i sodalizi legati al cosiddetto cartello dei «casalesi» che hanno esteso i propri interessi pressoché in tutte le province emiliano romagnole e nei settori economici ed imprenditoriali. Va sottolineato a riguardo come la malavita campana si sia spesso saldata operativamente a gruppi di narcotrafficanti albanesi;
elementi di novità, conseguenza anch'essi dei fenomeni migratori, sono da rilevarsi nella criminalità extracomunitaria che rispetto ai fenomeni di banditismo frammentato di qualche anno fa si presenta negli ultimi anni sempre più in modo efficiente, in particolare le organizzazioni di origine africana, albanese e dell'Est Europa hanno i propri interessi nello spaccio di stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione;
diverse operazioni di intelligence e di polizia, in particolare a Reggio Emilia, hanno evidenziato l'interesse di cellule riconducibili al terrorismo islamico per una regione in cui molte amministrazioni locali si sono dimostrate disponibili ad un'accoglienza senza controlli accurati -:
se abbia dati ed informazioni sui fenomeni di malavita introdottisi nella Regione Emilia Romagna quali quelli riportati in premessa e, se sì, quali siano;
ad ogni modo, quale sia il quadro complessivo della situazione, nonché quello delle politiche di contrasto a questi gravissimi contesti di criminalità migratoria.
(4-01286)

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, NARDUCCI e PORTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dopo l'uccisione in una faida della `ndrangheta di sei italiani il 15 agosto 2007 nella città tedesca di Duisburg, in data 12 dicembre 2007 è stato firmato un accordo tra l'Italia e la Germania contro la criminalità organizzata;
il suddetto accordo ha dato vita ad una task force bilaterale, che vede coinvolti l'Ufficio federale di polizia criminale (Bundeskriminalamt, BKA) tedesco e la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza, nonché specialisti della Direzione investigativa antimafia e della Direzione centrale antidroga italiani;
a tale task force è stato conferito l'incarico di analizzare i dati, le informazioni e gli indizi sulla presenza e le attività della criminalità organizzata in Germania e in particolare della `ndrangheta;
il capo della polizia criminale federale tedesca, Jórg Ziercke, ha recentemente segnalato la mancata fornitura, da parte dell'Italia, di dati ed informazioni attuali nonché di prove che permettano agli enti competenti tedeschi di individuare responsabili di reati e di avviare a loro carico dei procedimenti giuridici;
la mancanza di un'adeguata collaborazione bilaterale rappresenta una ragione

di impunità per pericolosi esponenti della criminalità organizzata operanti in Germania -:
quali iniziative il Ministro abbia messo in atto o intenda adottare, in collaborazione con il Ministro della difesa, per superare le remore finora evidenziate e per assicurare che la collaborazione tra i due Paesi contro la criminalità organizzata, oggetto dell'accordo del 12 dicembre 2007, possa perfezionarsi al più presto e sviluppare i suoi effetti positivi.
(4-01288)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
è notizia non smentita che dai bilanci dell'Università degli Studi di Siena sia emerso un disavanzo la cui entità, non ancora esattamente nota, si aggirerebbe oltre gli 80 milioni di euro;
un grosso capitolo del disavanzo risulterebbe essere costituito dal mancato trasferimento all'INPDAP dei contributi prelevati dagli stipendi dei dipendenti, la cui cifra si aggirerebbe intorno ai 50 milioni di euro, cui vanno aggiunti 30 milioni per penali ed interessi;
il citato disavanzo, di cui si sta già occupando la Guardia di finanza, mette a serio repentaglio il pagamento dello stipendio ai circa 1000 docenti e ai circa 1.340 dipendenti del personale non docente, in massima parte amministrativi;
già nel 2006 il Rettore dell'Università degli studi di Siena avrebbe stipulato un mutuo ventennale di 45 milioni di euro, destinati a coprire un altro disavanzo di 27 milioni di euro, ereditato dal precedente Rettore, determinando distorsioni con la legge che consente alle università di contrarre mutui esclusivamente per spese di investimento;
nonostante che il decreto-legge n. 112 del 2008, collegato alla legge finanziaria, preveda per il pubblico impiego il blocco di tutte le assunzioni, con riduzione del turn-over al 20 per cento per il triennio 2009-2011, l'Università degli studi di Siena nel luglio 2008, senza probabilmente averne la copertura finanziaria, avrebbe stabilizzato alcune centinaia di precari con entrata in servizio dal 1o ottobre 2008;
non è possibile che un disavanzo di tale entità si sia potuto realizzare nel solo anno 2008, risulterebbe evidente che l'origine del disavanzo stesso possa essere ricondotta ai bilanci degli anni passati, a partire dal 1994 -:
quali iniziative ispettive intendano assumere ciascuno secondo le proprie competenze, per verificare la reale entità del disavanzo, al fine di garantire il corretto funzionamento dell'Ateneo senese e il mantenimento dei posti di lavoro, nonché la salvaguardia dell'immagine e l'alto standard di professionalità e di alto livello formativo.
(3-00174)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ogni anno il MIUR pubblica un bando per il cofinanziamento di progetti di ricerca di interesse nazionale rivolto ai docenti universitari;
il bando PRIN 2007 (decreto ministeriale 18 settembre 2007 prot. n. 1175/ric/2007) all'articolo 5, comma 7, prevede che «Al termine della procedura di valutazione di tutti i progetti presentati, il Comitato, sulla base dei giudizi degli esperti redige una graduatoria generale di merito dei progetti, indicando il cofinanziamento

proposto per ciascuno di essi sulla base della congruità accertata» e che questa graduatoria venga pubblicata (articolo 5, comma 8);
all'interrogante risulta che la procedura di valutazione di cui sopra si sia conclusa il 21 luglio 2008, ma che alla pubblicazione dell'elenco dei progetti approvati secondo l'ordine alfabetico dei proponenti, non sia seguita la pubblicazione della graduatoria, ai sensi dell'articolo 5, comma 8, del decreto summenzionato, nonostante le sollecitazioni degli interessati;
la pubblicazione della graduatoria generale di merito dei progetti, oltre a costituire un dovere di trasparenza del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, è di grande interesse per la comunità scientifica -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda assumere gli opportuni provvedimenti volti all'immediata pubblicazione della graduatoria generale di merito relativa al bando PRIN 2007 sul sito del dicastero competente, al fine di adempiere alle disposizioni previste dal decreto ministeriale 18 settembre 2007 prot. n. 1175/ric/2007 e contestualmente rispondere alle esigenze della comunità scientifica.
(5-00429)

GINEFRA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con apposita Direttiva numero 26 del 19 febbraio 2008, il Ministro Fioroni aveva disposto la riorganizzazione degli Uffici Scolastici Regionali e a seguito di ciò, in attuazione dell'articolo 4 della predetta direttiva, il DG dell'USR Puglia, dottoressa Lucrezia Stellacci, in data 28 luglio 2008, ha deciso la ristrutturazione degli uffici e ha revocato, a partire dal 1° agosto 2008, gli incarichi di dirigente tecnico e dirigente amministrativo di seconda fascia disposti il 1° marzo 2007 in attuazione all'articolo 19 comma 5-bis E C. 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
contemporaneamente sono stati revocati determinati incarichi al personale dirigente con contratto a tempo indeterminato, sempre in fase di una riorganizzazione generale;
nello stesso mese di agosto, il DG della USR Puglia ha proceduto alla assegnazione dei nuovi incarichi del personale dirigente a tempo indeterminato e alla stipula di quattro nuovi contratti dirigenziali a tempo determinato;
tutti e tre i dirigenti tecnici con contratto a tempo determinato nominati in servizio dal 1o marzo 2007, sono stati congedati con un anticipo di 19 mesi, e a nessuno di loro è stato riproposto il contratto nonostante lo stesso fosse stato svolto neanche per metà della sua naturale durata pari a tre anni;
in alcuni casi era stato annunciato agli interessati che non ci sarebbero stati problemi per la nuova stipula del loro contratto dopo la riorganizzazione per cui ad alcuni di loro era in corso di attribuzione un nuovo incarico e preparato il relativo atto da firmare;
il giorno 11 agosto anche le nomine già date per scontate sono state «annullate» senza spiegazione alcuna;
due dirigenti hanno deciso di andare anticipatamente in pensione prima del primo agosto, dopo aver riconosciuto loro i benefici connessi alla funzione superiore;
per coloro che non hanno ricevuto il rinnovo del contratto ci sono state alcune gravi conseguenze relative ad un repentino ed inaspettato dimissionamento: non aver terminato l'incarico previsto di tre anni, avendo esercitato il loro ruolo solamente per 17 mesi anziché 36, aver perso la titolarità nella città dove esercitavano, aver perso la possibilità di trovare un'altra collocazione lavorativa in quanto solo pochi giorni prima erano state assegnate le altre sedi ai dirigenti scolastici vincitori di

concorso per cui anche eventuali soluzioni più vicine erano nel frattempo state occupate, aver ricevuto una nomina per un anno in una scuola della Provincia e di III fascia, praticamente retrocedendo di 15 anni nella propria carriera. In altri casi dirigenti con contratto a tempo indeterminato sono stati rimossi dalla loro sede e trasferiti a Bari;
situazioni analoghe si sono verificate in altri comuni della Regione Puglia: a Foggia il Dirigente Tecnico, con contratto a tempo indeterminato, che ha retto l'USP da una, il professor Mario Melino, è stato sollevato dall'incarico e trasferito a dirigere un Ufficio della USR a Bari ed è stato sostituito, con contratto a tempo determinato, dal dottor Di Sabato, funzionario C3 della stessa USP, e a suo tempo nominato dal Ministro Moratti a dirigere il provveditorato di Campobasso;
a Taranto la dirigente a tempo indeterminato dell'USP ionica, la dottoressa Anna Cammalleri, è stata trasferita a dirigere un Ufficio presso l'USR a Bari ed è stata sostituita, con contratto a tempo determinato, da un preside di scuola media, il professor Di Noi (S.M.S. Manduria);
a Brindisi la dottoressa Maria Elisa Basile, dirigente a tempo determinato dell'USP, è stata sollevata dall'incarico e ha chiesto di andare in pensione, sostituita dal professor Capobianco, preside del L.C. di Francavilla Fontana;
a Lecce il dottor Pastore, facente funzioni di Dirigente, è stato sostituito dalla dottoressa Rucco, direttrice didattica, già a suo tempo nominata dirigente tecnico dalla Moratti;
tutti e cinque i provveditorati pugliesi dal 1o settembre 2008 hanno cambiato la propria dirigenza (soltanto a Bari il dottor La Coppola è subentrato al dirigente andato in pensione): tra questi, tre (Brindisi, Lecce e Taranto) sono stati affidati a dirigenti scolastici appena nominati dirigenti tecnici, ma assegnati ad un ufficio amministrativo, un quarto è stato affidato a un funzionario (Foggia), mentre sono stati trasferiti gli unici dirigenti a tempo indeterminato che non risulta avessero ricevuto note di demerito per il lavoro svolto;
peraltro, uno dei dimissionati dirigeva da un anno, con incarico aggiuntivo, anche l'ufficio VII (Parità scolastica ed esami), ed era in procinto di assumere un ufficio anche nella nuova organizzazione dell'USR ma, nonostante le richieste del D.G., è stato anch'egli eliminato;
questa operazione non ha minimamente tenuto conto di merito, professionalità ed esigenze dell'ufficio, ma è sembrato trattarsi di un'operazione legata esclusivamente a scelte politiche, considerato che non sono state tenute in alcun conto né le proposte del D.G. né la funzionalità degli Uffici provinciali;
il congedo forzato e precoce dei tre dirigenti tecnici (d'Itollo, Sicolo e Volpe) e la loro sostituzione con colleghi inviati quali provveditori nei territori, lascia sguarnita la D.G. della Puglia di ispettori: dei sei in servizio fino al 1° agosto 2008, ne restano solo quattro, una a Taranto (professor Acierno), uno a Foggia (professor Vaira), e due a Bari (dottor Marzano e professor Melino), questi ultimi nominati entrambi dirigenti degli Uffici I e II della USR, e il primo di loro anche coordinatore degli ispettori medesimi -:
quali siano le ragioni che hanno ispirato tali provvedimenti, i criteri seguiti per le assegnazioni del personale dirigente e le verifiche effettuate per stabilire il possesso dei requisiti di legittimazione per tali assegnazioni, visto che finora quanto successo nella Regione Puglia è un caso unico ed isolato, dove peraltro non si è tenuto conto di una recente sentenza della Corte costituzionale (20 maggio 2008, n. 161) la quale ribadisce ciò che era stato già affermato nella sentenza n. 103 del 2007, e cioè che non possono essere sciolti prima della naturale scadenza incarichi dirigenziali anche non apicali.
(5-00433)

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i mass-media hanno pubblicizzato ampiamente la vicenda relativa all'assegnazione di ben nove insegnanti nella classe prima della scuola primaria dell'Istituto comprensivo di Como-Albate, tra i quali non vi sarebbero docenti di sostegno;
in effetti, a fronte di una disponibilità più che sufficiente di docenti, nell'istituto scolastico in parola, la suddivisione delle maestre per classi si presuppone sia stata fatta addirittura per materie, in modo da fare ruotare le insegnanti, fino al paradosso di un organico effettivo di nove insegnanti per una sola classe, il cui costo complessivo sarebbe di circa 13 mila euro al mese;
la scuola primaria attuale prevede due tipologie organizzative:
a) il modello del «modulo»; dove tre o quattro insegnanti specialisti delle diverse aree disciplinari (linguistico-espressivo, socio-antropologico, scientifico-matematico, e delle educazioni) si distribuiscono su due o tre classi;
b) il modello del «tempo pieno» non modularizzato, in cui due insegnanti (uno per l'area umanistica e uno per l'area scientifica) hanno la responsabilità della classe alternando momenti con un solo insegnante, momenti di compresenza e momenti di attività laboratoriali trasversali, in ogni caso condotte nell'ambito della programmazione della classe;
i predetti modelli si fondano su alcuni principi sanciti dalla precedente riforma dei cicli del 1985. In particolare:
a) l'esigenza che i singoli maestri possano mettere in atto una specifica competenza culturale e professionale in un determinato ambito del sapere;
b) l'importanza del pluralismo educativo, ritenendo che il valore del confronto con pluralità di figure di riferimento (il padre e la madre; i genitori e i nonni; figure adulte esterne alla famiglia; il gruppo dei pari, diversi insegnanti) per lo sviluppo cognitivo e socio-affettivo del bambino sia fondamentale;
c) la necessità che vengano rispettati e sviluppati i diversi stili cognitivi dei bambini. La presenza di più insegnanti permetterebbe al bambino di riconoscersi in modelli cognitivi differenti e di ricevere proposte differenziate;
il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università prevede invece il ritorno all'insegnante unico (insegnante prevalente) su cui ricadrà l'intera responsabilità formativa della classe e l'insegnamento delle discipline di base, mentre le altre verranno affidate di volta in volta a diversi docenti specialistici;
questa organizzazione persegue l'obiettivo di offrire proposte educative globali e non frammentarie, richiamandosi anche a esperienze di maestri come Maria Montessori, Don Lorenzo Milani, Mario Lodi che hanno saputo raccogliere in sé competenze disciplinari trasversali, nonché intuizioni e competenze pedagogico-didattiche eccezionali;
l'analisi delle diverse realtà scolastiche mette in luce che ognuno di questi tre modelli didattici costituisce una scelta che non può essere semplicemente legata al numero degli insegnanti destinati a una classe, purché non si determinino anomalie, come nel caso di specie;
il decreto n. 275 del 1999 ha di fatto abolita la rigidità e l'unicità dei modelli organizzativi e quindi anche il modello dei 3 insegnanti su due classi;
dall'anno scolastico 2004/2005, inoltre, in virtù del decreto legislativo n. 59 del 2004 nel 73 per cento delle classi della scuola primaria è stata attivata la figura del tutor ed il 40 per cento di queste classi ha affidato questa figura ad un solo insegnante;

i vincoli di bilancio impongono attualmente inderogabili economie di spesa previste dalla legge n. 133 del 2008 e tendono a coniugare «riqualificazione della spesa pubblica e qualità»;
in quest'ottica, dunque, l'organizzazione del lavoro nel primo ciclo, ma in particolare nella scuola primaria, richiede una revisione dei criteri di assegnazione e di utilizzo dei docenti finalizzata ad ottimizzare le ore di insegnamento e quindi, di apprendimento degli studenti;
lo stesso Ministro dell'istruzione del precedente Governo di centro-sinistra ha osservato che le ore effettive medie di lezioni, orario discente, possono essere più elevate di quelle curriculari, se essi ricevono «ore di insegnamento frontale per sperimentazioni con un monte ore più esteso di quello ordinario, ovvero se, nella stessa ora di corso, sono previsti due insegnanti, col risultato che gli studenti ricevono di fatto due ore di insegnamento»;
in ogni caso nella scuola primaria le ore di insegnamento, in media il 18 per cento, hanno ecceduto l'orario strettamente curricolare a causa dell'elevata compresenza di docenti utilizzati per far fronte anche al tempo pieno;
in effetti un team «ragionevole» può prevedere una pluralità limitata nei primi anni: due docenti appunto nelle classi a tempo pieno, quasi a presidiare le due grandi aree della conoscenza, quella del quaderno a righe (le competenze logico-linguistico-espressive) e quella del quaderno a quadretti (le competenze logico-critico-matematiche), che via via si arricchiscono con l'intervento di altre figure, altre discipline, altre opportunità, secondo un'ipotesi organizzativa che interpreta e accompagna lo sviluppo del curricolo verticale, e che interagisce anche con la scuola secondaria di primo grado (non solo nella realtà degli istituti comprensivi);
nella scuola primaria, la richiesta di insegnanti supplementari per alcune discipline tecniche, riguarda generalmente il caso di studenti diversamente abili;
la dirigente scolastica dell'istituto comprensivo di Como-Albate, in virtù dell'autonomia scolastica, avrebbe organizzato la didattica della scuola spezzando le cattedre e assegnando un numero limitato di ore di lezione in ogni classe;
il riconoscimento con legge ordinaria prima ed in Costituzione poi dell'autonomia scolastica, non giustifica comunque le «citate anomalie» della scuola di Como-Albate;
il Provveditore agli studi di Como, pur dichiarando di non poter interferire, in assenza di rapporto gerarchico, nell'ambito dell'organizzazione e gestione delle risorse umane delle scuole della provincia di Como, la cui responsabilità ricadrebbe «esclusivamente» sui singoli dirigenti scolastici, si sarebbe adoperato per chiarire con la dirigente in parola la predetta «anomalia» -:
se, alla luce di quanto espresso nelle premesse, non ritenga opportuno intervenire per verificare se la discrezionalità del dirigente scolastico dell'istituto comprensivo Como-Albate, in ordine alla formazione dell'organico dei nove docenti nella classe prima sia stata esercitata nel rispetto del dettato normativo, e quindi sia priva di vizi di legittimità, in considerazione del relativo danno economico eventualmente arrecato all'Amministrazione interessata.
(5-00434)

TESTO AGGIORNATO AL 14 OTTOBRE 2008

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
le origini delle industrie Merloni risalgono quasi all'inizio del ventesimo secolo.

Siamo negli anni '30, nel 1954 nasce la società CoMeSa, con la quale inizia la produzione di bombole per GPL. Nel 1966 nasce la prima linea di elettrodomestici con il marchio Ariston. Due anni più tardi Antonio, uno dei quattro figli di Aristide, fonda ArDo (Arredamento Domestico), società destinata alla produzione di lavatrici per conto terzi, con sede nello stabilimento «Santa Maria», a Fabriano;
nel 1970, alla morte del fondatore Aristide, iniziano ristrutturazioni e cambiamenti all'interno della compagnia, che nel 1974 si divide in due gruppi distinti: Merloni Elettrodomestici gestita da tre dei fratelli, e Icem, detenuta al 100 per cento da Antonio Merloni. Quest'ultima si fonde prima con CoMeSa, diventando nel 1976 leader mondiale nella produzione di bombole per Gpl, poi con ArDo, assumendo nel 1989 il nome Antonio Merloni Srl;
il gruppo si specializza nella produzione del bianco per conto terzi: frigoriferi, congelatori e lavastoviglie (presso lo stabilimento di Gaifana, in Umbria); lavatrici a carica frontale e lavasciuga (nella sede produttiva di «S. Maria») e lavatrici a carica dall'alto e asciugatori (stabilimento del «Maragone», Fabriano). Negli anni '90 si delineano le strategie che porteranno la compagnia agli attuali livelli dimensionali e produttivi: l'azienda cambia la propria ragione sociale e si trasforma in Antonio Merloni SpA (1990) e avvia il processo di «europeizzazione», con l'acquisizione di società commerciali in Spagna (Newpol), Olanda (Frenko), Inghilterra (Servis Ltd). Anche le sedi produttive si moltiplicano: nel 1995 Antonio Merloni SpA acquisisce la società Tecnogas SpA, oggi azienda leader sul mercato italiano per la produzione e commercializzazione, con marchio proprio, di forni e cucine. Con quest'investimento nel mondo della cottura la gamma di prodotti offerti dall'Azienda si completa;
nel 2000 Antonio Merloni SpA acquisisce il gruppo Asko, leader nella commercializzazione di elettrodomestici alto di gamma nel nord Europa. Il gruppo possiede filiali anche negli Stati Uniti e in Australia e marchi che consentono di posizionare il prodotto offerto nel segmento alto del mercato;
nel 2002 l'Antonio Merloni SpA raggiunge il quinto posto in Europa nella produzione di elettrodomestici. Per adeguarsi alle nuove esigenze del mercato e alla crescente competitività nel 2005 l'Azienda avvia un importante progetto di ripensamento strategico ed organizzativo della società creando una struttura di marketing centralizzata. L'obiettivo dell'Antonio Merloni è consolidarsi sui vari mercati affermando la presenza dello storico marchio ARDO, già ben posizionato a livello internazionale e ora pronto a conquistare il mercato italiano;
siamo di fronte ad una delle aziende storiche del panorama imprenditoriale italiano, uno di quelli che può essere definito un patrimonio nazionale;
attualmente l'azienda di Antonio Merloni occupa, nel bacino Fabriano - Sassoferrato - Gaifana circa 3000 operai ed opera nel terzismo;
l'azienda è in crisi da tempo, ma, nell'ultimo periodo la situazione è precipitata e non è ancora stato presentato un Piano Industriale (fortemente richiesto dai sindacati da luglio), mentre gli stabilimenti vengono chiusi. Oggi ci sono 1000 persone in cassa integrazione;
gli stabilimenti di Fabriano (Santa Maria e Marangone) producono a giorni alterni;
è una grande crisi finanziaria che si sta ripercuotendo in maniera drammatica nel tessuto sociale di Fabriano e della Regione tutta. Oltre all'azienda Merloni è interessato un indotto su cui si basa l'economia locale;
la società fabrianese e marchigiana ha vissuto su questa economia: a Fabriano e nell'hinterland non sono mai esistiti problemi occupazionali ed è una terra che ha accolto lavoratori da tutta Italia, soprattutto dalle Regioni del Sud;

un operaio di 3o livello (la maggior parte degli operai) percepisce uno stipendio che varia dalle 950 ai 1.100 euro al mese con un massimale di anzianità che non va mai oltre i 1.200 euro. La mobilità, la cassa integrazione garantiscono una mensilità di 720 euro al mese. Le famiglie vivono di questo lavoro;
il primo di ottobre era stato convocato un incontro tra i rappresentanti dell'azienda i Presidenti delle regioni Marche, Umbria, Emilia Romagna con il Ministro Scajola, incontro rinviato su richiesta del CDA dell'azienda;
non si comprendono le ragioni di tale rinvio che se potrebbe garantire l'Azienda, non garantisce di certo i lavoratori che sono da tempo in una situazione inaccettabile;
a quanto si apprende Mediobanca, advisor dell'azienda, avrebbe trovato 3-4 potenziali investitori;
attualmente appaiono possibili due ipotesi: la prima è quella di un Concordato Preventivo vale a dire negoziazione con i fornitori per il pagamento dei debito. Ipotesi che però non pare garantire i lavoratori, perché in questo caso la priorità dell'azienda sarebbe fare cassa. Il Concordato prevede la Cassa Integrazione fino al 16 gennaio 2010, poi la mobilità;
l'altra ipotesi, fortemente richiesta anche dai Governatori delle Marche dell'Umbria, sarebbe l'applicazione della legge Marzano, capace di garantire benefici a sostegno dei lavoratori;
la Regione Marche ha chiesto al Governo anche di rafforzare la tutela per i lavoratori dell'indotto con la previsione di un fondo adeguato di ammortizzatori sociali in deroga per le esigenze delle piccole imprese del distretto che andrebbe ad aggiungersi a quello già operante ed attivato dalla Regione;
quali strumenti intenda adottare, ed in quali tempi, per arrivare ad una soluzione che garantisca non solo gli interessi dell'azienda ma anche quelli dei lavoratori in particolare salvaguardando i livelli occupazionali dell'azienda, e se in questa logica non ritenga opportuno attivarsi affinché possa essere applicata alla fattispecie così come richiesto da più parti la cosidetta legge Marzano.
(2-00173) «Di Pietro, Donadi, Favia».

Interrogazione a risposta scritta:

LUCÀ. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Ditta FAPA commercializza fin dal 1943 sistemi di portaggio, diventando leader in Italia e in Europa del settore automotive e annoverando tra i maggiori clienti FIAT, IVECO, PEUGEOT e RENAULT;
nel 2005 viene acquisita dall'attuale proprietario Francesco Rossetti il quale, nel 2006, acquisisce anche l'azienda COLAPRICO, dove stabilisce la produzione della maggior parte dei prodotti;
al momento dell'acquisizione si sono susseguite numerose azioni di riduzione del personale, che ha portato ad un drastico ridimensionamento dell'organico, assestatosi su 24 unità;
nel mese di giugno 2008 compaiono i primi articoli sui più importanti quotidiani locali e nazionali che denunciano la grave situazione economica della FAPA s.p.a. e la conseguente agitazione dei lavoratori;
il 13 giugno scorso vengono consegnate ai lavoratori le lettere di cassa integrazione ordinaria, il cedolino del mese di maggio e la comunicazione di acconto di 500,00 euro;
dopo insistenti richieste da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, si è svolto il 25 giugno scorso un incontro, presso l'Unione Industriale, con la proprietà della FAPA, durante il quale è stato comunicato dall'azienda che sarebbero in corso trattative riservate con diversi soggetti, per una eventuale vendita

e/o ricapitalizzazione e per garantire il pagamento degli stipendi ai lavoratori, non percepiti da maggio 2008;
i lavoratori hanno richiesto, nel corso del mese di luglio 2008, l'accesso alla Cassa Integrazione Straordinaria per potersi ricollocare presso altre aziende e a tutt'oggi il Dott. Rossetti deve ancora fornire una risposta;
nel caso della FAPA s.p.a. l'Amministrazione Comunale ha convocato in più occasioni (7 e 17 Luglio) la proprietà che non si è mai presentata, così come non si è presentata nelle successive richieste di incontri (2 e 9 Settembre) da parte dell'Assessore al lavoro della Provincia di Torino e da parte della Regione Piemonte;
a tale proposito, il Comune di Beinasco ha richiesto, con lettera del 6 ottobre 2008 l'intervento del Prefetto di Torino per sollecitare la proprietà della FAPA a presentarsi alla prossima riunione da convocarsi urgentemente -:
se non ritengano opportuno e urgente avviare le necessarie procedure per chiarire lo stato delle trattative in corso per il salvataggio della FAPA, avviare il rilancio produttivo dell'azienda e garantire la salvaguardia dei posti di lavoro a rischio.
(4-01289)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanze:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
negli ultimi anni ampi territori agricoli, specie nel Mezzogiorno, sono stati colpiti da pesanti calamità naturali, con perdite della produzione e con danni alle strutture;
i produttori interessati, sono stati penalizzati, in maniera grave, e sono riusciti a fronteggiare le difficoltà grazie all'utilizzo dell'Istituto dell'assicurazione agricola;
l'assicurazione agricola agevolata è stata introdotta per ristabilire l'equa ripartizione dei costi dei danni provocati dalle calamità tra lo Stato e il singolo imprenditore, ed incentivare l'ampliamento delle tutele e dei soggetti tutelati con il riconoscimento di un contributo pubblico a parziale copertura dei costi assicurativi;
tale contributo, inizialmente pari al 50 per cento del costo del premio assicurativo, a partire dal 2001 è stato elevato all'80 per cento; anche in conseguenza di una più rigorosa applicazione dei criteri di accesso alle provvidenze in conto capitale ed ai finanziamenti a tasso agevolato, che non è più possibile riconoscere quando ad essere danneggiate sono colture colpite da eventi assicurabili;
adottando questa linea d'azione, il Governo non solo ha rispettato le norme comunitarie, ma ha orientato la Commissione europea ad adottare, a partire dal 2010, misure analoghe a sostegno della stipula delle assicurazioni agricole;
il Governo ha ora manifestato l'intenzione di azzerare il fondo per la solidarietà nazionale per la copertura del contributo pubblico destinato ai Consorzi di difesa, le associazioni fra produttori agricoli senza fini di lucro cui è delegata la gestione dei contributi per le polizze assicurative;
gli stessi Consorzi di difesa, inoltre, non hanno ancora ottenuto il trasferimento di 130 milioni di euro destinati alle polizze assicurative stipulate nell'anno scorso;
quali iniziative intenda adottare per ripristinare il fondo per la copertura del contributo destinato alle assicurazioni agricole agevolate.
(2-00168) «Burtone, Cardinale».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
le recenti scelte del Ministero delle Politiche Agricole di tagliare ai produttori

agricoli i premi sotto i 250,00 euro o la fissazione di un tetto minimo pari ad un ettaro di superfice;
le suddette decisioni in Italia penalizzano 600.000 aziende di piccole dimensioni, con un impatto sociale da non sottovalutare;
l'aiuto economico, anche se modesto, rimane un'integrazione al reddito importante soprattutto per le realtà produttive nelle aree svantaggiate;
le piccole attività agricole offrono un contributo rilevante per il mantenimento della produzione agricola, per la tutela e la salvaguardia dell'ambiente, per la conservazione del patrimonio rurale -:
quali iniziative intenda adottare per salvaguardare e rilanciare le attività agricole dei piccoli produttori.
(2-00169) «Cardinale, Burtone».

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, CENNI, AGOSTINI, FIORIO, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 8 settembre, a Bruxelles, la Commissione europea ha autorizzato l'immissione sul mercato Ue della soia Ogm denominata A2704-12, prodotta dall'azienda tedesca Bayer CropScience AGe, - sviluppata per fornire tolleranza agli erbicidi a base di glufosinato - e destinata soprattutto all'alimentazione animale;
l'autorizzazione consente l'importazione e la trasformazione del prodotto geneticamente modificato restando preclusa la coltivazione sul suolo dei Paesi membri;
la decisione della Commissione di concedere l'autorizzazione anche in questa ultima occasione non tiene conto delle perplessità e contrarietà da parte degli Stati membri, dei comitati di regolamentazione, e del Consiglio dei ministri Ue emerse nelle riunioni del luglio scorso per decidere sul merito della questione e che non hanno trovato una soluzione condivisa mancando una maggioranza qualificata sia a favore che contro il provvedimento di autorizzazione;
di fronte a tale esito la normativa comunitaria in materia di immissione sul mercato di nuovi prodotti ogm dispone che sia la Commissione europea ad avere la potestà di negare o autorizzare il procedimento, senza più consultare gli Stati membri;
la Commissione ha dunque concesso l'autorizzazione l'8 settembre scorso;
l'autorizzazione sarà valida per dieci anni, e comporta l'etichettatura obbligatoria di tutti gli alimenti che contengano la soia ogm A2704-12 in misura superiore allo 0,9 per cento;
si ritiene molto grave che la Commissione europea continui ad approvare prodotti geneticamente modificati contro la volontà dei cittadini comunitari, che più volte si sono espressi contro gli ogm;
secondo le affermazioni della Commissione europea l'approvazione per l'immissione in commercio di questa varietà di soia è stata determinata per facilitare la gestione di un problema sorto negli ultimi mesi e riguardante la possibile contaminazione dei mangimi transgenici per animali importati nell'Ue con ogm coltivati nei Paesi d'origine (soprattutto in America) ma non ancora autorizzati nell'Ue;
per gestire un problema di possibile contaminazione dei mangimi transgenici si passa dalla tolleranza zero per qualunque contaminazione da ogm non autorizzati ad un ribaltamento totale dell'attuale approccio europeo in materia;
le motivazioni con cui la Commissione ha giustificato la propria decisione contiene un messaggio di grande debolezza politica dell'Europa che non sembra in grado di orientare le scelte del mercato in armonia con la volontà, i principi e le

aspettative dei propri cittadini-consumatori che più volte si sono espressi contro le colture transgeniche;
il Governo italiano nonostante i proclami di difesa delle produzioni agroalimentari tipiche e di qualità e delle biodiversità mostra delle profonde contraddizioni interne sul tema degli ogm non prendendo alcuna iniziativa riguardo la decisione della Commissione europea;
il Governo italiano attraverso il decreto-legge 27 maggio 2008 n. 93 ha tagliato completamente gli stanziamenti del precedente Ministro sulla ricerca, sulle biotecnologie e sul sostegno alle filiere ogm free;
anche se la soia ogm A2704-12 è destinata principalmente all'alimentazione animale non esiste alcuna sicurezza che essa non possa finire anche nei prodotti per l'alimentazione umana in virtù della mancata adozione di misure specifiche per scongiurare la contaminazione;
risulta violato il principio di precauzione che è un elemento integrante dei trattati comunitari che, al contrario, andrebbe affermato con forza ed in ogni sede per difendere la nostra agricoltura di qualità e la salute dei consumatori in mancanza di dati empirici certi;
risulta opportuno e oltremodo necessario implementare la ricerca italiana in materia di ogm al fine di comprendere le effettive potenzialità del settore per l'uomo e l'ambiente e poter valutare i potenziali effetti sulla salute umana e sull'ambiente;
al contrario di quanto sarebbe necessario le risorse per la ricerca nel campo delle biotecnologie sono state drasticamente ridotte e il Governo non sembra intenzionato a tale investimento per il futuro -:
quale sia la posizione del Ministro interrogato in merito alla diffusione nel territorio europeo di prodotti ogm e, più in generale, sulla questione delle biotecnologie applicate al settore agricolo ed alimentare;
come il Governo intenda gestire il via libera comunitario alla soia Bayer scongiurando il pericolo di ricadute negative sulla qualità delle carni italiane, sulle nostre esportazioni e sulla salute dei cittadini i quali devono essere giustamente informati su come sono stati nutriti gli animali di cui acquistano le carni;
quali strumenti e quali misure il Ministro ritenga di adottare affinché i consumatori sappiano con certezza se la carne acquistata proviene o meno da animali nutriti con mangimi transgenici;
quali misure e risorse il Governo intenda dedicare alla ricerca sull'ingegneria genetica;
se il Ministro intenda riprendere il lavoro avviato, e concertare con le regioni indirizzi e scelte in materia di coesistenza vista la competenza che la Corte costituzionale ha riconosciuto in questa materia alle Regioni stesse.
(5-00432)

Interrogazione a risposta scritta:

SANGA e MISIANI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la presenza di cinghiali, in particolare sul territorio della Val Cavallina e del Sebino, in provincia di Bergamo, è diventata motivo di grande preoccupazione per i cittadini, le famiglie, gli agricoltori;
da ormai quindici anni, l'Assessorato alla Caccia della Provincia di Bergamo ha programmato una serie di interventi di abbattimento con la collaborazione dei cacciatori nell'ambito della stagione venatoria;
motivi di ordine pubblico hanno portato i Sindaci dei Comuni interessati ad emanare apposite ordinanze di abbattimento;
la Prefettura di Bergamo è più volte intervenuta;

nel corso dell'anno 2008, gli agenti della polizia provinciale di Bergamo hanno abbattuto sessanta cinghiali al di fuori della stagione venatoria;
la Provincia ha chiesto al Corpo forestale di partecipare alle operazioni di abbattimento per tutelare l'incolumità pubblica;
il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato, nel corso di specifici incontri, fra questi il «tavolo verde» insediato presso la Provincia, ha dichiarato di non poter collaborare secondo quanto richiesto dalla Provincia stessa per l'abbattimento dei cinghiali, a causa dell'esiguità dell'organico, della mancanza di armi idonee e della indisponibilità di personale preparato per queste operazioni -:
quali risorse e iniziative possano mettere in atto per consentire al Corpo forestale dello Stato di collaborare pienamente alle operazioni in corso di abbattimento dei cinghiali, a tutela della sicurezza dei cittadini e a salvaguardia dell'attività delle imprese agricole.
(4-01290)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

CASTAGNETTI e MARCHI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi il Ministro stesso ha ripetutamente enunciato con vigore il proprio intendimento di attivare nelle amministrazioni pubbliche un sistema retributivo capace di commisurare significativamente le retribuzioni alla quantità e qualità del lavoro svolto dai singoli uffici e dai singoli dipendenti;
in sconcertante contrasto con tale intendimento, l'articolo 67 del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n. 133 del 2008, ha drasticamente ridotto gli incentivi speciali destinati ai dipendenti dell'Inps e delle Agenzie delle entrate: si tratta di incentivi legati alla produzione e in particolare a obiettivi via via sempre più avanzati e impegnativi, finanziati mediante un fondo alimentato in riferimento al recupero dell'evasione contributiva per l'Inps, al recupero dell'evasione fiscale per l'Agenzia delle entrate;
ancora in contrasto con l'intendimento enunciato dal Ministro, l'articolo 61-bis, comma 8, del citato decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n. 133 del 2008, ha ridotto drasticamente l'incentivo per l'attività di progettazione e direzione lavori dal già assai ridotto valore del 2 per cento lordo allo 0,50 per cento, col risultato di scoraggiare la disponibilità per tali attività dei dipendenti pubblici con professionalità elevate, costringendo le amministrazioni a fare ricorso ad assai più costose collaborazioni di liberi professionisti esterni -:
come si spieghi la contraddizione tra gli intendimenti enunciati e le misure adottate;
se, inoltre, egli non ritenga, viceversa, necessario intervenire per ripristinare e semmai potenziare le suddette forme di retribuzione incentivante.
(4-01285)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella Provincia di Lecce si identifica un'area ad elevata specializzazione del settore «tessile, abbigliamento e calzaturiero» (TAC) individuata dalla Regione

Puglia nei Comuni compresi nella zonizzazione dei progetti integrati territoriali (PIT) n. 9;
suddetta area è incentrata su alcune aziende motrici del comparto produttivo TAC che a causa di alcuni fattori, quali le recenti crisi congiunturali, la concorrenza dei paesi in via di sviluppo ed il ritardo nelle strategie di riposizionamento di mercato, hanno provocato una grave situazione di crisi aziendale, portando una perdita cospicua di posti di lavoro;
causa la crisi del settore, l'azienda Filanto SpA ha dovuto procedere ad una ristrutturazione e riorganizzazione che ha portato conseguenze molto rilevanti sull'espulsione di manodopera con il conseguente ricorso agli ammortizzatori sociali;
nell'ultimo trimestre del 2007 tale crisi, che in termini occupazionali investe n. 340 lavoratori, è stata oggetto di attenzione da parte del Governo, della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, delle Organizzazioni Sindacali nazionali e territoriali di settore, della Confindustria di Lecce;
si è dato avvio a forme di concertazione utili a ricercare soluzioni per il rilancio industriale ed occupazionale dell'area interessata, ricorrendo a strumenti per l'attivazione di nuovi investimenti produttivi finalizzati alla riqualificazione e ricollocazione di tutti i lavoratori interessati ai processi di esubero;
il 21 dicembre 2007 data la portata della crisi occupazionale del comparto TAC nel territorio salentino è stato sottoscritto presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale un accordo intercorso tra le parti aziendali e sindacali nel quale per gli aspetti occupazionali si è ricorso all'impiego della Cassa Integrazione straordinaria;
il 5 marzo 2008 è stato istituito su iniziativa del Governo, un apposito tavolo tecnico istituzionale di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico con la partecipazione della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, dell'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'Impresa, della Confindustria di Lecce, delle rappresentanze sindacali territoriali e di categoria con la volontà di definire la procedura utile a determinare un accordo di programma atto a favorire valide iniziative in grado di sostenere la reindustrializzazione dell'area ed il reimpiego degli esuberi della Filanto;
il 1o aprile 2008 presso il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Puglia d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, la Provincia di Lecce, il Comune di Casarano, l'Agenzia Nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa e Confindustria Lecce hanno sottoscritto l'accordo di programma per l'attuazione coordinata dell'intervento nell'area di crisi industriale, ad elevata specializzazione nel settore del tessile, abbigliamento e calzaturiero del PIT n. 9 Territorio Salentino-Leccese;
l'accordo di programma sottoscritto all'articolo 1 dispone che lo stesso è finalizzato alla salvaguardia dell'attività industriale e occupazionale nell'area PIT n. 9. All'articolo 8, inoltre, il Ministero dello sviluppo economico al fine di assicurare quanto previsto nell'articolo 1 si impegna ad assicurare l'avvio di un tavolo di coordinamento tecnico-amministrativo;
all'articolo 5, comma 1, lettera b) il Ministero dello sviluppo economico ha disposto che «concorrerà nel limite massimo del 50 per cento delle risorse pubbliche previste da presente Accordo, gli adempimenti finanziari di propria competenza con riferimento alle risorse, pari a complessivi venti milioni di euro a valere sulle disponibilità relative alla legge 80, articolo 11, comma 9 ed agli strumenti normativi di competenza del Mise finanziabili con le risorse del PON 2007-2013 Ricerca e Competitività e del Programma Attuativo FAS Nazionale Ricerca e Competitività - Mezzogiorno e Centro Nord»;
il 3 ottobre 2008 le organizzazioni sindacali con i lavoratori hanno manifestato

presso la Prefettura di Lecce denunciando che a tutt'oggi non si è ancora proceduto a dare avvio ad alcun tavolo tecnico-amministrativo, con la spiacevole e drammatica conseguenza che i 340 lavoratori in esubero della Filanto rischiano di perdere il posto di lavoro -:
se il Ministro non ritenga di intervenire convocando rapidamente il tavolo di coordinamento tecnico-amministrativo così da tutelare l'avvenire di 340 lavoratori e delle loro rispettive famiglie e contribuire al rilancio dell'intero comparto tessile, abbigliamento e calzaturiero che ha rappresentato uno dei nodi principali dello sviluppo economico dell'intera provincia di Lecce.
(4-01284)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Livia Turco e altri n. 1-00041, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lovelli.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Rubinato ed altri n. 4-01273, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Murer, Livia Turco, Maran, Pedoto, D'Antona, Mogherini Rebesani, Arturo Mario Luigi Parisi, Recchia, Marchioni, Mattesini, Lo Moro, De Biasi, Calearo Ciman, Sbrollini, Testa Federico, Martella, Merloni, Pes, Schirru, Rossa, Rosato, Lenzi, Bellanova, Vannucci, Naccarato, Minniti, Fontanelli, Froner, Miotto, De Torre, Dal Moro, Veltroni, Franceschini, Mastromauro, Colombo, Viola, Rossomando, Binetti, Baretta, Fluvi, Bressa, Villecco Calipari, Ferranti.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori: interpellanza urgente Franzoso n. 2-00076 del 1o luglio 2008.

Interpellanza urgente Tassone n. 2-00165 del 7 ottobre 2008.