XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 29 settembre 2008

TESTO AGGIORNATO AL 20 OTTOBRE 2008

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'Italia è gravata da un debito pubblico assai rilevante, che rende difficili le politiche pubbliche finalizzate ad incrementare in modo significativo il sostegno sociale diretto;
le cause delle difficoltà di bilancio derivano anche dalle scelte spesso sbagliate di politica economica e sociale compiute nei decenni passati, scelte che hanno reso strutturali alcune criticità del nostro sistema Paese, tra cui il divario Nord-Sud, che deve essere superato;
in questo contesto si sono registrati livelli notevoli di disagio sociale che sono evidentemente sotto gli occhi di tutti e non possono essere ignorati;
tanto nel quinquennio 2001-2006, all'epoca del secondo Governo Berlusconi, quanto nei primi mesi di attività dell'attuale Governo di centrodestra, l'Esecutivo ha tempestivamente elaborato provvedimenti volti ad incidere concretamente ed efficacemente sulle debolezze economiche e sociali del Paese nella direzione di un miglioramento della competitività, della produttività e dell'efficienza, come presupposto indispensabile per distribuire risorse per il sostegno sociale;
nonostante il difficile quadro economico, infatti, il Governo ha costantemente profuso tutte le sue energie per raggiungere il duplice obiettivo di tenere in ordine i conti pubblici e di tutelare gli interessi presenti e futuri dei cittadini e del Paese, come dimostrato dal costante calo del tasso di disoccupazione, che nell'ultimo quinquennio ha interessato tutte le regioni italiane;
già all'indomani del suo insediamento, l'attuale Governo ha varato misure dirette al contenimento del carico fiscale delle famiglie, contenute nel decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, un provvedimento legislativo mirato anche al sostegno delle categorie sociali più deboli, con particolare attenzione alla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale (piano-casa), alla cancellazione dell'imposta comunale sugli immobili (dalla quale sono state escluse le abitazioni principali di lusso), alla detassazione degli straordinari e dei premi di produttività per i dipendenti del settore privato con un reddito non superiore ai trentamila euro;
pur prevedendo un aggravamento della congiuntura economica internazionale e il prodursi di conseguenti effetti negativi per il nostro Paese, il Governo ha mantenuto la promessa di «non mettere le mani in tasca agli italiani»;
la manovra finanziaria per il 2009, anticipata con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, infatti, ha definito - secondo un ragionevole equilibrio - gli interventi di risanamento e di riduzione della spesa corrente insieme con importanti misure di redistribuzione del reddito, fra le quali la cosiddetta social card, finanziata con un'imposta sugli extraredditi delle società petrolifere, delle banche e delle assicurazioni, che permetterà ai cittadini che versano in più gravi condizioni sociali di acquistare prodotti alimentari e di pagare le bollette;
sempre nell'ambito degli ausili alle categorie più disagiate, sono da rilevare anche le misure volte alla semplificazione e alla deregolamentazione del lavoro - senza diminuire le tutele - che favoriscono l'occupazione mediante un miglioramento degli aspetti burocratici e sanzionatori,

impegna il Governo:

a proseguire con coerenza nelle sopra citate politiche di contrasto alla povertà, già tracciate nel documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2011 e nella manovra di finanza pubblica per il 2009 (piano casa, social card, detassazione degli straordinari, abolizione dell'ici, rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, generale riduzione della pressione fiscale);
a destinare adeguate risorse, ricavate anche dai risparmi di spesa ottenuti da misure finalizzate al rigore economico, alla promozione di politiche di sostegno per le categorie maggiormente esposte al rischio di povertà, in particolare gli anziani, i portatori di handicap e le famiglie monoparentali, le famiglie monoreddito e quelle più numerose;
a promuovere, infine, politiche a sostegno dei giovani, volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l'accesso alla prima casa di abitazione, a contribuire alla piena e completa attuazione del diritto allo studio, ad adottare politiche occupazionali rivolte, in particolare, al primo inserimento lavorativo.
(1-00043)
«Barani, Laura Molteni, Iannaccone, Baldelli, Saltamartini, Di Virgilio, De Luca, De Nichilo Rizzoli, Girlanda, Lussana, Munerato, Rondini».

La Camera,
premesso che:
secondo l'ultimo rapporto dell'Istat sulla povertà, sono 2.623.000 le famiglie italiane in stato di povertà, pari a 7.537.000 persone e al 12,9 per cento della popolazione, di cui due terzi nel Sud;
nel Mezzogiorno, infatti, il reddito familiare è circa pari a tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord, a cui si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggior intensità della povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
è possibile individuare almeno quattro gruppi caratteristici di famiglie povere nel nostro Paese: le coppie anziane (circa il 33 per cento del totale delle famiglie povere), le donne anziane sole (circa il 20 per cento), le famiglie con persone in cerca di occupazione nel Mezzogiorno (circa l'8 per cento) e le famiglie con lavoratori a basso profilo professionale (quasi il 40 per cento);
a comportare un maggiore rischio di povertà è anzitutto l'allargamento familiare: avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8 per cento e nel Sud questo valore sale al 42,7 per cento. Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento;
questo dato nel corso degli anni ha mostrato una certa stabilità con un elemento di novità in più rispetto alle altre rilevazioni effettuate. Tale novità consisterebbe nel fatto che è aumentato il numero di famiglie «a rischio di povertà», di famiglie, cioè, che arrivano con difficoltà alla quarta settimana e sono costrette a indebitarsi e a ricorrere ai centri assistenziali, nonostante abbiano un lavoro e un reddito;
questi dati sono confermati dal rapporto annuale Istat 2007, per cui il 50 per cento dei nuclei familiari vive con meno di 1.900 euro al mese, il 15 per cento delle famiglie non arriva alla quarta settimana, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un'alimentazione adeguata, il 10,4 per cento un sufficiente riscaldamento per l'abitazione;
è cresciuta l'insicurezza delle famiglie italiane che temono di non essere in

grado di far fronte a eventi negativi, come, per esempio, un'improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare o l'instabilità del rapporto di lavoro o gli oneri finanziari sempre maggiori;
la crisi dei mutui subprime ha fatto crescere il numero di famiglie che si rendono insolventi nei confronti delle banche che hanno concesso loro il mutuo;
la diffusione del precariato fra le giovani generazioni rende questa categoria tra quelle a maggior rischio di povertà, rinviando le possibilità ed il desiderio di una vita in coppia e di procreare, con riflessi negativi sul tasso di natalità;
crescono le persone cadute nell'emarginazione senza neppure aver potuto sperimentare una vita lavorativa e familiare normale; persone con una traiettoria di mobilità discendente, contrassegnata dalla perdita del lavoro, dei legami familiari, della stabilità abitativa; persone senza famiglia che con l'avanzare degli anni si trovano senza sostegni; donne sole con bambini, prive del sostegno del coniuge o con compagni a loro volta colpiti dalla precarietà occupazionale, da malattie o inabilità o con genitori anziani da assistere; persone che subiscono a livello psicologico e relazionale i contraccolpi della disoccupazione o del fallimento e della cessazione di attività autonome;
i poveri e senza dimora sono tornati a essere visti come minaccia per la sicurezza, da allontanare e respingere dalle nostre città, specialmente quando appartengono a minoranze visibili e storicamente colpite dal pregiudizio, rom e sinti in primo luogo;
tra i processi che generano impoverimento dobbiamo considerare in modo articolato il fenomeno dell'immigrazione, tenendo conto che la relativa povertà iniziale rende gli extracomunitari flessibili, adattabili e sfruttabili nel lavoro nero e sommerso e in altra attività al limite della legalità. La riluttanza a concedere loro, per esempio, la cittadinanza italiana traduce istituzionalmente questa tensione tra integrazione economica ed esclusione sociale;
l'economia criminale in molte regioni del Sud trova nella povertà di alcuni territori la possibilità di poter disporre di una manovalanza a buon mercato per la propria attività;
analizzando nel dettaglio i livelli di spesa per interventi e servizi sociali a livello regionale, si registrano significativi divari, per cui, a fronte di un valore medio per abitante di poco superiore a 3 mila euro annui, permangono ampi divari territoriali di spesa sociale, con valori maggiori nelle regioni centro-settentrionali e minori in quelle meridionali, con punte di differenze pari a quasi 2 mila euro annui;
in uno Stato moderno la spesa sociale dovrebbe svolgere una funzione di perequazione delle differenze in termini di dotazione di servizi tra i territori, operando, in particolare, una redistribuzione delle risorse in base ai rischi specifici dei diversi comparti, quali la povertà, le condizioni di salute per la sanità, il disagio per l'assistenza sociale e l'investimento in capitale umano per l'istruzione;
fra i Paesi dell'Unione europea, l'Italia ha il primato negativo per quanto riguarda le cifre stanziate per il sostegno alle famiglie, destinando solo il 3,8 per cento della spesa sociale contro una media europea dell'8,2 per cento: una percentuale modesta che appare davvero risibile se paragonata alle quote pari al 10 per cento dei Paesi del Nord Europa e della Francia, senza contare che la spesa media nell'Unione europea per la famiglia è pari al 2 per cento del prodotto interno lordo, mentre in Italia è pari solo all'1 per cento;
questo perché il nostro modello di welfare si basa su squilibri interni evidenti, collocandosi leggermente al di sopra della media dei Paesi Ocse, ma presentando uno squilibrio in favore della spesa pensionistica, che costituisce oltre il 60 per cento della spesa sociale al netto dell'istruzione,

mentre la sanità rappresenta circa il 24 per cento, seguita dall'assistenza (8,1 per cento),

impegna il Governo:

a considerare la lotta alla povertà, tenendo conto della multidimensionalità del fenomeno e dei processi di impoverimento e non solo della povertà come esito, un obiettivo ordinario e non straordinario della politica del Paese;
nel ridisegnare il nuovo modello sociale, a dare rilievo all'aspetto culturale e valoriale delle scelte, a partire dal riconoscimento della centralità della persona, di una maggiore attenzione alla primaria difesa della vita e alla concreta valorizzazione del ruolo della famiglia e dei minori;
ad elaborare una nuova riqualificazione della spesa sociale, intervenendo soprattutto, d'intesa con gli enti locali e regionali, laddove gli squilibri territoriali sono maggiori;
a produrre la riorganizzazione in ogni ambito del servizio di sostegno economico all'inclusione sociale, con il superamento dell'erogazione dei sussidi e contributi una tantum e a pioggia;
a predisporre forme nuove di reddito d'accompagnamento sulla base di progetti personalizzati e di attenzione particolare ai minori, attraverso una rete di collaborazione con i servizi abitativi, con i servizi di inserimento al lavoro, di istruzione e formazione attiva sul territorio;
ad attivare forme sperimentali di concessione di microcrediti per sostenere forme di imprenditorialità sociale e forme di mutualità che aiutino a superare l'assistenzialismo per generare percorsi di promozione;
a mettere in atto azioni incisive di contrasto all'esclusione sociale e alla povertà con idonee azioni territoriali, a seconda della natura dei fenomeni di esclusione presenti nell'ambito territoriale;
a revisionare la struttura dell'Isee (indicatore della situazione economica equivalente), snellendone la procedura amministrativa per renderlo sempre più uno strumento di equità volto a stabilire le priorità di accesso al sistema locale dei servizi, in ogni ambito territoriale sociale;
a valorizzare, nei progetti e nelle azioni di inclusione, l'integrazione fra politiche sociali, politiche del lavoro, politiche per la formazione, politiche abitative e politiche della salute attraverso accordi locali e patti per l'inclusione sociale;
a contribuire all'attuazione di programmi di intervento a livello regionale e locale contro la vulnerabilità delle famiglie dovuta alla povertà, consistenti in azioni diversificate di sostegno al reddito, consumo responsabile e politiche abitative favorevoli;
a procedere in tempi rapidi ad una riforma degli ammortizzatori sociali, che allo stato attuale presenta criticità e strozzature.
(1-00044)
«Pezzotta, Vietti, Galletti, Delfino, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro».

La Camera,
premesso che:
secondo i dati Istat, nel nostro Paese risultano povere 2 milioni 623 mila famiglie, che rappresentano l'11,1 per cento delle famiglie residenti; si tratta di oltre 7 milioni e mezzo di persone, pari a circa il 13 per cento della popolazione, ma con un forte evidente squilibrio territoriale. Una povertà, infatti, per lo più diffusa nell'Italia meridionale e insulare, dove il 22,6 per cento delle famiglie residenti risulta sotto la linea di povertà e dove risiede ben il 65 per cento del totale delle famiglie povere italiane. Una povertà che assume, quindi, inevitabilmente, il carattere di fenomeno sociale;
se si considerano le famiglie numerose, la situazione al Sud diventa drammatica:

in questo caso le famiglie con tre o più figli minori considerate povere sfiorano il 50 per cento delle famiglie residenti, a dimostrazione del forte legame esistente tra povertà e dimensione familiare;
la soglia di povertà relativa, calcolata sulla spesa familiare per consumi, nel 2006 è stata fissata a circa 970 euro mensili per una famiglia di due persone;
il rapporto Istat sulla povertà relativa in Italia nel 2006 stima anche un altro dato importante: sono poco meno di due milioni le famiglie non povere, ma che sono tuttavia a rischio di indigenza (ossia quelle che si trovano appena sopra la soglia di povertà, in una condizione di incertezza economica tale per cui basterebbero interventi mirati, probabilmente anche minimi, per fare la differenza e far uscire queste persone da un'area di rischio);
il rapporto Eurispes 2005 parla della società dei tre terzi: «un terzo vive all'interno di una zona di sicuro disagio sociale e indigenza economica, un terzo appare assolutamente garantito e la fascia centrale (i ceti medi) vive in una condizione di instabilità e di precarietà». La stessa Caritas segnala come sempre più spesso i suoi «utenti» appartengano a classi sociali tradizionalmente lontane dalla fruizione dei servizi di assistenza dell'associazione;
le rilevazioni ufficiali e i dati statistici relativi alle persone in difficoltà, se consentono di delineare un quadro chiaro e significativo del problema, spesso non riescono ad intercettare una ben più vasta area di povertà materiale e di esclusione ufficiale;
la situazione di disagio sociale ed economico di una quota consistente di nuclei familiari, spesso conseguente alla mancanza di lavoro o all'insufficienza del reddito, si lega anche ad altre cause: difficoltà abitative, problemi di salute, il risiedere in aree del Paese sprovviste di determinati servizi di assistenza e di tutela dell'infanzia, la presenza di anziani con problemi di autosufficienza, la numerosità del nucleo familiare;
la sostanziale stabilità della povertà in questi ultimi anni indica, peraltro, la poca incisività delle politiche di contrasto che sono state adottate fin qui e la loro poca capacità di ridurne progressivamente le dimensioni;
siamo peraltro in presenza di una contrazione della classe media e di una riduzione delle pari opportunità di mobilità in salita tra le diverse classi sociali, che va vista con preoccupazione nel lungo periodo, in quanto può costituire un vulnus per la vita sociale e democratica del Paese;
l'Italia utilizza circa un quarto del prodotto interno lordo per la protezione sociale, in linea con alcuni Paesi europei, ma comunque inferiore a Belgio, Austria, Francia, Germania, Danimarca e Svezia. Delle risorse complessive stanziate per le politiche sociali, più della metà della spesa è destinata alle pensioni, un quarto per la voce «sanità» e meno del 12 per cento viene destinato alla voce «assistenza sociale»;
il principale strumento per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali è rappresentato dal fondo nazionale per le politiche sociali, le cui risorse sono stabilite annualmente dalla legge finanziaria. Sebbene però si sia avuto un incremento negli ultimi due anni, le risorse complessive assegnate al fondo nel 2007 risultano solo lievemente superiori a quelle stanziate nel 2001;
fattore casa, contrazione del welfare, precarizzazione del lavoro, riduzione del potere d'acquisto sono i principali fattori che favoriscono il processo di impoverimento e moltiplicano la vulnerabilità e l'incertezza, estendendole a fasce sociali fino a qualche anno fa relativamente al sicuro;
circa 2 milioni e mezzo di famiglie hanno un mutuo a carico per un esborso medio annuo di 5,5 mila euro (14 per

cento della propria spesa). Il 19 per cento delle famiglie in affitto spende, per l'affitto, 5 mila euro all'anno (18 per cento della spesa complessiva);
se circa l'80 per cento dei cittadini risultano proprietari di casa, l'emergenza abitativa continua a costituire una delle cause principali dello stato di povertà e di sofferenza per molta parte dei cittadini e delle famiglie con reddito medio-basso, ossia proprio quelle che hanno grandi difficoltà a pagare un affitto sul libero mercato, ma non sono così povere per poter avere diritto ad una casa popolare. Se si vuole intraprendere una politica efficace nei confronti dei ceti più deboli è indispensabile, quindi, proseguire e intensificare gli interventi a favore di chi deve pagare l'affitto e mettere in atto una vera politica per la casa;
altro fattore critico è certamente il lavoro, sia in relazione alla difficoltà di accedere al mercato del lavoro, che in relazione alla sua precarizzazione (ciò riguarda prevalentemente giovani e donne). Tutto questo può rappresentare un'ulteriore causa di sofferenza sociale ed economica per una fetta non piccola della popolazione. La disoccupazione, così come la sottoccupazione o la «malaoccupazione», costituiscono un problema che porta con sé pericoli crescenti di disgregazione sociale, di allargamento della fascia di povertà, di sovraccarico sulle famiglie;
secondo l'Istat circa il 45 per cento dei giovani fra i 25 e i 34 anni (quasi quattro milioni di persone) vive ancora con i genitori. Dato un tasso di occupazione dei giovani pari al 50-60 per cento, diventa ipotizzabile valutare che quasi due milioni di loro, pur avendo già trovato un lavoro, non abbia i mezzi per poter in autonomia andare a vivere fuori dalla famiglia. In questo scenario e con queste prospettive, si può anche spiegare il basso tasso di natalità italiano: molte famiglie scelgono di non fare un secondo o terzo figlio semplicemente perché non se lo possono permettere;
la stessa indagine sui bilanci familiari della Banca d'Italia riporta come la quota di individui poveri di reddito decresce sistematicamente rispetto all'età, ossia che il rischio di povertà sia superiore per i giovani rispetto agli anziani, mentre trent'anni fa la situazione era inversa. A conferma dei suddetti dati, anche il rapporto Eurispes 2008 parla di un aumento della povertà nel Paese e di una povertà sempre più «giovane». Al Nord, in un solo anno, le famiglie povere con a capo un giovane con meno di 35 anni sono passate dal 2,6 per cento del 2004 al 4,8 per cento del 2005, mentre al Sud si è verificato un aumento dal 23,5 per cento al 24,9 per cento;
l'altro anello debole è costituito dalle caratteristiche dell'occupazione femminile, ossia dalle maggiori difficoltà che ancora oggi una donna incontra nel mercato del lavoro;
nonostante la creazione tra il 2004 e il 2006 di un milione di posti di lavoro per le donne, il tasso di occupazione femminile, pari al 50,8 per cento nel 2006 (nel 2000 era al 48,4 per cento) pone l'Italia all'ultimo posto nella graduatoria europea del livello di attività;
in questo ambito è, quindi, indispensabile individuare efficaci politiche attive del lavoro che puntino a favorire la buona e stabile occupazione femminile nel nostro Paese. Per far ciò, dette politiche non possono non intrecciarsi inevitabilmente con le esigenze di cura della famiglia e, quindi, anche con un aumento dell'offerta qualitativa e quantitativa della scuola, del tempo pieno, dei servizi socio-educativi per l'infanzia;
l'assenza o l'insufficienza nell'offerta di questi servizi finiscono evidentemente per scoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, facendole rinunciare;
vanno, quindi, individuate e messe in campo azioni positive per la sperimentazione di forme di flessibilità dell'orario di lavoro, di part-time, di telelavoro, con

l'obiettivo di salvaguardare il diritto delle donne alle pari opportunità sul lavoro, il diritto alla progressione di carriera e, contestualmente, vanno realizzate misure a sostegno della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia;
un'inflazione al 4,1 per cento, ossia su valori che non si registravano dal 1996, si traduce inevitabilmente in una riduzione del potere d'acquisto, soprattutto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, con effetti evidenti in termini di aumento dei nuovi poveri e di maggior disagio sociale;
secondo l'ultima indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia, nel periodo 2000-2006, il reddito reale delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente è rimasto sostanzialmente lo stesso (+ 0,3 per cento); dato, peraltro, rafforzato dalla serie storica delle indagini sempre della Banca d'Italia, che ci conferma come la crescita praticamente vicina allo zero dei redditi reali dura ormai da circa dieci anni;
secondo il rapporto annuale Istat 2007, il 15 per cento delle famiglie non arriva alla quarta settimana, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un'alimentazione adeguata;
passaggio ineludibile, se si vuole realmente intervenire per sostenere e far recuperare potere d'acquisto ai lavoratori dipendenti, è iniziare ad operare la restituzione ai suddetti lavoratori e ai pensionati del fiscal drag, ossia di almeno una parte del maggior prelievo fiscale conseguente alla crescita monetaria ma non reale del proprio reddito a seguito dell'inflazione;
nell'ambito delle politiche di contrasto della povertà e del disagio, è indispensabile intervenire con interventi fiscali mirati nei confronti degli incapienti, ossia di quei circa 5 milioni di persone, di cui oltre la metà pensionati, che, proprio per il loro basso reddito, sono nell'impossibilità di godere di qualunque deduzione e/o detrazione. Già nel 2007, con il decreto-legge n. 159 del 2007, si era intervenuti a favore di questi soggetti, ma è evidente come sia indispensabile intervenire in modo strutturale;
risulta evidente che le politiche fiscali non possono soddisfare del tutto il bisogno di protezione sociale delle famiglie, ma è indispensabile che dette politiche debbano essere integrate con efficaci politiche dei servizi, nell'ambito dell'istruzione, della salute, del lavoro,

impegna il Governo:

a rafforzare le politiche di contrasto alla povertà e al disagio, incentivando programmi che sostengano progetti in favore dei cittadini più in difficoltà attraverso un piano nazionale di lotta alla povertà, che possa contare su risorse annuali certe, con il coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (locali, regionali, nazionale) e il contributo di soggetti pubblici o privati comunque operanti sul territorio, in grado di dare risposte efficaci alla molteplicità dei bisogni esistenti;
a ridurre le disparità territoriali nel settore dell'assistenza e dei servizi sociali nel nostro Paese, garantendo l'uniformità dei diritti essenziali su tutto il territorio nazionale;
a predisporre forme efficaci di monitoraggio e di controllo, al fine di verificare la qualità e la quantità dei servizi alla persona resi dagli enti locali, provvedendo eventualmente a subentrare, come previsto espressamente dall'articolo 120 della Costituzione, all'azione degli enti territoriali interessati, qualora inadempienti in materia di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni con riguardo ai diritti sociali;
ad incrementare una politica efficace di sostegno alla non autosufficienza, stanziando adeguate risorse finanziarie da integrare con cofinanziamenti degli enti territoriali interessati, attraverso un programma di sostegno alle famiglie e agli anziani, rafforzando l'assistenza domiciliare, anche attraverso la predisposizione di opportuni incentivi;

a prevedere interventi di riduzione dei costi dei servizi per le famiglie con un numero di figli superiore a tre;
ad aumentare le risorse a favore dello sviluppo del sistema dei servizi socio-educativi per l'infanzia, garantendone l'attuazione e l'uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, confermando il tempo pieno in ambito scolastico;
a sostenere politiche attive e incentivi mirati a favore di chi ha redditi bassi e discontinui e ad incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso misure a sostegno della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia, al fine di favorire il superamento delle famiglie monoreddito;
a introdurre nuove forme di sostegno per i lavori cosiddetti atipici;
ad individuare opportuni strumenti atti a favorire l'accesso al credito bancario, con particolare riguardo ai lavoratori atipici, finalizzato all'acquisto della prima casa, consentendo loro di avere maggiori certezze per poter costruire un proprio progetto di vita;
ad intervenire con risorse adeguate per il finanziamento di interventi per la riduzione del disagio abitativo;
a porre l'aumento del costo della vita tra le priorità assolute dell'azione del Governo e a mettere in atto un'efficace politica economica, in grado di contrastare un'inflazione in continua crescita che sta mettendo in crisi migliaia di famiglie italiane, che vedono ridursi pericolosamente il loro potere d'acquisto;
a predisporre interventi fiscali finalizzati a ridisegnare una curva redistributiva più favorevole ai redditi medio-bassi;
ad intervenire concretamente per tutelare quelle categorie più penalizzate da un'inflazione in costante crescita, quali i percettori di redditi da lavoro dipendente, i pensionati, le famiglie monoreddito, anche attraverso la restituzione del fiscal drag, con particolare riguardo ai contribuenti con più basso reddito;
a prevedere interventi strutturali di carattere fiscale per i cittadini incapienti;
a presentare all'Unione europea entro i termini previsti le relazioni strategiche nazionali sulla protezione sociale e l'inclusione sociale per il biennio 2008-2010 e a tradurre in piani e azioni nazionali gli obiettivi comuni previsti in materia di inclusione sociale, pensioni e cure sanitarie.
(1-00045)
«Palagiano, Mura, Borghesi, Donadi, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
lo sviluppo del turismo e la valorizzazione del patrimonio artistico rappresentano obiettivi strategici del Governo ed è basilare, per rendere il nostro Paese sempre più competitivo in ambito internazionale, promuovere iniziative concrete capaci di sviluppare il turismo soprattutto nelle regioni meridionali;
il mezzogiorno possiede beni artistici, archeologici e naturali ma anche tradizioni e prodotti enogastronomici che nel tempo hanno concorso al rafforzamento della presenza turistica con crescita costante e significativa di visitatori provenienti dall'Italia e dal mondo;
il turismo, quindi, rappresenta un settore strategico che va sostenuto anche per aprire ulteriori spazi di mercato e per contrastare la forte concorrenza dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo;
è necessario intraprendere ogni utile e innovativa iniziativa che possa supportare lo sviluppo del turismo anche come volano occupazionale;
è noto che le case da gioco rappresentano una concreta opportunità di sviluppo turistico ed in tale contesto la riapertura della casa da gioco di Taormina è un'opportunità da percorrere in tempi brevi;

in Italia sono quattro i comuni, tutti localizzati nel Nord, che beneficiano sia dal punto di vista delle presenze che di introiti economici della presenza di case da gioco;
nel Sud dell'Italia vi sono comuni con un'alta vocazione turistica nei quali la localizzazione di case da gioco rappresenterebbe un fattore di autonomia finanziaria per le amministrazioni comunali e regionali interessate e che certamente incrementerebbe gli investimenti e lo sviluppo produttivo dei territori interessati;
appare strategicamente importante recepire le richieste delle comunità locali le quali sostengono la proposta di apertura di case da gioco nelle regioni del Sud e in particolare la riapertura di quella di Taormina;
il Governo in data 23 luglio 2008, nell'Aula della Camera dei deputati, in sede di discussione del disegno di legge collegato alla legge finanziaria, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1386/252, con il quale si impegnava a prevedere un provvedimento legislativo che autorizzasse la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprire altre sale da gioco nelle maggiori regioni del sud;
la stessa Corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza 291 del 2001, affermando in maniera chiara ed inequivocabile che è ormai improrogabile un intervento legislativo in materia di natura organica che superi il sistema fino ad oggi utilizzato delle deroghe agli articoli da 718 a 722 del codice penale divenuto ormai incoerente rispetto al quadro costituzionale;
appare ad oggi anacronistico e non più giustificabile che le uniche case da gioco esistenti in Italia siano ubicate esclusivamente nel Nord del Paese;
è giunto il momento che il Governo dia seguito, in tempi brevi, agli impegni assunti in Parlamento anche per dare una risposta concreta alle richieste delle amministrazioni comunali, regionali e dei cittadini del Mezzogiorno;

impegna il Governo

ad assumere in tempi rapidi iniziative legislative volte per le ragioni sopra espresse, a consentire nei comuni e nelle Regioni ad alta vocazione turistica del Mezzogiorno l'apertura di case da gioco a partire dalla autorizzazione alla riapertura della casa da gioco di Taormina.
(1-00046)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Latteri, Belcastro, Iannaccone, Milo, Sardelli, Brugger».

Risoluzione in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 47 della Costituzione italiana afferma che la Repubblica «favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione»;
l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, (Testo unico delle imposte sui redditi) stabilisce che è possibile detrarre un importo pari al 19 per cento degli interessi passivi dei mutui stipulati per l'acquisto della prima casa;
tale aliquota del 19 per cento è stata fissata dall'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, contestualmente alla rimodulazione delle aliquote degli scaglioni Irpef, equiparando tale aliquota di detrazione all'aliquota prevista per il primo scaglione di reddito (18,50 + 0,50 quale addizionale regionale Irpef);
l'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 330, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 473, ha stabilito che la detrazione

possa agire su una cifra non superiore a 7 milioni di lire; importo che è stato convertito in euro 3.615,20;
il 4 ottobre 2007 la VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati, nel corso della XV Legislatura, ha approvato una risoluzione, presentata dall'on. Franco Ceccuzzi, (che impegnava il governo a «ad elevare da euro 3.615,20 ad euro 6.000 l'importo massimo su cui calcolare la detrazione relativa ad interessi ed oneri accessori» dei mutui prima casa;
la legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), recependo solo in parte i contenuti della risoluzione Ceccuzzi, ha elevato l'importo massimo di detraibilità portandolo da 3.615,20 a 4.000 euro: un innalzamento significativo, dal momento che tale cifra per oltre 10 anni è rimasta invariata, ma non ancora adeguata ai parametri attuali relativi al costo delle abitazioni, all'entità dei mutui contratti, all'inflazione reale ed al carovita;
attualmente l'aliquota prevista per il primo scaglione di reddito è fissata al 23 per cento (senza considerare le addizionali comunali e regionali);
si è verificata in Italia, negli ultimi anni, una crescita esponenziale dei mutui per l'acquisto della prima casa; occorre inoltre aggiungere che soltanto un quarto dei mutui è di tipologia «a tasso fisso», a fronte di una media europea del 50 per cento;
secondo indagini realizzate da organi di informazione, l'offerta di mutui ormai arriva a coprire anche il 100 per cento del costo di acquisto dell'abitazione, mentre la lunghezza media dei contratti è passata, rispetto al 1997, da 15 a 25 anni;
la Banca centrale europea, negli ultimi 2 anni e mezzo, ha aumentato per 9 volte il costo del denaro, passando dal 2 al 4,25 per cento;
i principali analisti internazionali prevedono che la Banca centrale europea aumenterà ulteriormente, nei prossimi mesi, il costo del denaro: secondo l'Isae (Istituto di studi e analisi economica) i tassi saliranno al 4,50 per cento entro il 2008;
nel mese di agosto 2008, secondo i dati resi noti dall'Abi (Associazione bancaria italiana) i tassi sui prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni sono saliti al 5,96 per cento, contro il 5,92 per cento di luglio ed il 5,84 per cento di giugno: un livello che riporta i tassi ai massimi dell'agosto 2002, confermando l'ascesa continua dei tassi di interesse;
secondo i dati resi noti dalla Banca d'Italia, a luglio 2008 il Taeg (il «tasso annuo effettivo globale») applicato per l'acquisto di abitazioni è risultato non solo in crescita per il quarto mese consecutivo, ma anche superiore alla soglia del 6 per cento (cifra mai toccata negli ultimi quattro anni), attestandosi al 6,07 per cento; anche il tasso di interesse di mercato per i mutui ultradecennali supera la soglia del 6 per cento attestandosi al 6,08 per cento; secondo la Banca d'Italia è inoltre aumentato il debito delle famiglie italiane: a luglio il totale dei prestiti alle famiglie è salito a 463,91 miliardi di euro (dai 460,80 di giugno), di cui 253,95 miliardi solo per mutui casa oltre i cinque anni; rispetto a luglio del 2007 lo stock di debito delle famiglie italiane è aumentato del 2,3 per cento, ma rispetto alla fine del 2004 la crescita dei prestiti erogati dal sistema risulta addirittura pari al 32 per cento;
secondo le associazioni del consumatori (Adusbef e Federconsumatori) il crack finanziario della Banca statunitense Lehman Brothers ha inciso sulla crescita dell'euribor (salito al 4,97 per cento); questo innalzamento comporta un aumento medio di circa 3.000 euro all'anno per le famiglie italiane che hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile;
secondo le associazioni dei consumatori, oltre 3,2 milioni di famiglie italiane hanno stipulato e continuano a pagare un mutuo che prevede una rata variabile;

secondo gli ultimi dati Istat, la spesa per l'abitazione rappresenta attualmente la voce più consistente dei bilanci familiari: il 26,7 per cento della spesa complessiva mensile;
secondo gli ultimi dati Istat, le rate medie dei mutui complessivi (tasso fisso e variabile) sono cresciute di circa l'8 per cento nell'ultimo anno, passando da 438 a 471 euro;
secondo un recente studio della Cgia di Mestre, l'indebitamento medio delle famiglie italiane (comprendente mutui per l'acquisto della casa, prestiti per l'acquisto di beni mobili, credito al consumo, finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili) ha raggiunto nel dicembre del 2007 15.765 euro; secondo tale indagine, in cinque anni, tra il primo gennaio 2002 e il 31 dicembre 2007, l'indebitamento delle famiglie è quasi raddoppiato registrando una crescita media del 93,28 per cento;
secondo i dati emersi dall' «European Outlook 2009» sul mercato immobiliare presentato nel mese di settembre 2008, entro l'anno «le compravendite di case saranno circa 700.000 con un calo, rispetto al 2007, del 13 per cento, mentre sul versante delle quotazioni è previsto un aumento medio del 2 per cento. La diminuzione delle compravendite (il primo semestre 2008 si è chiuso con una flessione degli scambi dell'8 per cento) - si legge nel rapporto - è un effetto dell'aumento del costo dei mutui cui va aggiunta la maggiore severità nell'erogare il credito alle famiglie per l'acquisto di una casa. Il calo si concentra soprattutto nella fascia di mercato medio-bassa (al di sotto dei 250.000 euro)»;
secondo quanto riportato da organi di informazione, è aumentato notevolmente, nei tribunali italiani, il numero di procedure esecutive immobiliari causate dalla incapacità, da parte dei contraenti, di far fronte all'aumento dell'importo economico della rata del mutuo;
nel mese di aprile 2008 Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, ha reso noto che in Italia «sono 110.000 le famiglie con problemi di insolvenza per il caro mutui e 420.000 quelle in difficoltà per un totale di 530.000 famiglie»;
secondo informazioni diffuse dall'Adusbef, che ha elaborato i dati forniti dalla Banca d'Italia e dalla Banca centrale europea, i mutui italiani sono mediamente più alti rispetto alla media dell'Unione europea;
l'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, varato dal Governo Prodi per rispondere alle difficoltà dei cittadini in seguito all'aumento delle rate dei mutui bancari, disciplina la portabilità gratuita del mutuo bancario;
il comma 1 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007 consente al debitore di trasferire il mutuo, l'apertura di credito o altri finanziamenti contratti con una banca, un istituto finanziario o un ente previdenziale ad altri intermediari bancari e finanziari o enti previdenziali;
il comma 2 del sopra citato articolo 8 stabilisce che tale trasferimento si attua mediante un atto di surrogazione per volontà del debitore; per effetto della surrogazione, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, reali e personali, al credito surrogato;
il comma 3 del sopra citato articolo 8 sancisce la nullità di ogni patto, anche posteriore, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio o la facoltà di surrogazione;
il comma 4-bis del sopra citato articolo 8 prevede che all'operazione di surrogazione non venga applicata né l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, né le imposte di cui all'articolo 15 dello stesso decreto: l'atto di surroga è quindi esente da imposte;

il comma 1 dell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 7 del 2007 vieta agli istituti assicurativi e bancari di addebitare al cliente le spese relative alla predisposizione, produzione, spedizione, o altre spese comunque denominate, relative alle comunicazioni di cui all'articolo 8 del medesimo decreto;
il comma 450 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) ribadisce e specifica i principi espressi dall'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007, introducendo, al medesimo articolo, un comma aggiuntivo (3-bis) che riporta testualmente: «La surrogazione di cui al comma 1 comporta il trasferimento del contratto di mutuo esistente, alle condizioni stipulate tra il cliente e la banca subentrante, con l'esclusione di penali o altri oneri di qualsiasi natura. Non possono essere imposte al cliente spese o commissioni per la concessione del nuovo mutuo, per l'istruttoria e per gli accertamenti catastali, che si svolgono secondo procedure di collaborazione interbancaria improntate a criteri di massima riduzione dei tempi, degli adempimenti e dei costi connessi»;
le associazioni dei consumatori hanno denunciato, fin dalla sua entrata in vigore, la mancata applicazione del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, nello specifico secondo Adusbef e Federconsumatori, alla prima metà dell'anno 2008, la mancata applicazione della legge sulla portabilità dei mutui ha coinvolto 150.000 famiglie e prodotto «un danno ai correntisti pari a 5,9 miliardi di euro» mentre da una recente indagine di Altroconsumo è emerso la mancata attuazione della portabilità gratuita dei mutui da parte del 95 per cento degli operatori bancari;
in sede di audizione informale resa presso le Commissioni V Bilancio e VI Finanze, i rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana hanno reso noto che soltanto centocinquantamila cittadini hanno utilizzato fino ad ora l'opzione di portabilità del mutuo;
il Ministro delle Finanze Giulio Tremonti ha sottolineato in numerose occasioni di essere «a favore della portabilità dei mutui», assicurando che «sarà cura del governo fare in modo che i costi siano azzerati, ossia che la portabilità sia gratuita»;
a seguito dell'indagine avviata il 18 maggio 2008 da Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust per verificare la corretta applicazione delle disposizioni introdotte in materia dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, nello scorso mese di agosto la stessa Antitrust ha sanzionato per 9 milioni e 680 mila euro 23 istituti bancari «per pratiche commerciali scorrette»; secondo l'Autorità «le banche hanno impedito o reso troppo onerosa per i consumatori già titolari di un mutuo la surrogazione del mutuo stesso»;
secondo quanto è emerso da fonti di informazione, su segnalazione delle associazioni dei consumatori, molti istituti di credito continuano a non rispettare le norme sulla portabilità gratuita chiedendo addirittura somme di denaro ai clienti (da 500 a 3.000 euro) per autorizzare la surroga;
l'articolo 3 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, contiene disposizioni per la rinegoziazione dei mutui prima casa, con l'obiettivo di promuovere politiche a sostegno dei cittadini che non riescono a far fronte all'aumento delle rate e del carovita;
il comma 1 del suddetto articolo 3 del decreto-legge prevede una convenzione fra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana per l'introduzione di criteri di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale;
il comma 2 del suddetto articolo 3 dispone inoltre che questa «rinegoziazione assicura la riduzione dell'importo delle rate del mutuo ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all'importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell'anno 2006";

il comma 3 del medesimo articolo 3 prevede che «la differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione» venga «addebitata su di un conto di finanziamento accessorio regolato al tasso che si ottiene in base all'Irs a dieci anni, alla data di rinegoziazione, maggiorabile fino ad un massimo di uno spread dello 0,50 annuo»;
il comma 7 del già citato articolo 3 dispone che «le banche e gli intermediari finanziari» che aderiscono alla convenzione devono formulare ai clienti interessati «la proposta di rinegoziazione entro tre mesi» dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93;
in data 19 giugno 2008 è stata firmata la convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'associazione bancaria italiana;
secondo quanto emerso dagli organi di informazione dalle denunce delle associazioni dei consumatori le finalità dell'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2008 sono risultate nulle ed addirittura controproducenti per i mutuatari;
secondo indagini rese note a mezzo stampa, infatti su un mutuo trentennale di 100.000 euro stipulato nel novembre 2005, applicando la convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana, il mutuo si allunga mediamente di 75 mesi per un importo del conto «accessorio» superiore a 57.000 euro;
da una simulazione realizzata dall'associazione Altroconsumo, emerge che la rinegoziazione legata alla suddetta convenzione può costare al cliente oltre 20.000 euro in più per un mutuo di 100.000 euro da pagare in anni;
secondo i dati elaborati dalle associazioni dei consumatori, i clienti che optano per la rinegoziazione legata alla convenzione rischiano «di pagare interessi aggiuntivi del 10-20 per cento»; l'accordo Abi-governo, sottolinea Adiconsum, «non prevede riduzioni del costo della rate e non modifica il mutuo da variabile a fisso»;
Altroconsumo ha presentato una denuncia alla Banca d'Italia e al Ministero dell'economia e delle finanze per sottolineare «l'assenza di trasparenza delle informazioni da parte di gruppi bancari a un milione e 200mila mutuatari italiani e per la mancata applicazione della» suddetta convenzione. L'associazione dei consumatori ha segnalato che nelle lettere che le banche stanno inviando ai propri clienti sulla rinegoziazione dei mutui «non c'è traccia del piano d'ammortamento dei mutui, mentre abbondano gli errori di calcolo e le omissioni, e non c'è corrispondenza tra quota capitale ancora da pagare e rata attuale»;

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative dirette a modificare il comma 2 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e successive modificazioni, affinché l'annotazione di surrogazione venga richiesta al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell'atto di surrogazione per scrittura privata non autenticata ed a introdurre sanzioni a carico degli istituti di credito e degli intermediari finanziari per l'inosservanza delle norme sulla portabilità;
ad assumere le iniziative normative necessarie volte a elevare dal 19 al 23 per cento - aliquota Irpef prevista per il primo scaglione di reddito - la percentuale degli oneri ammessa in detrazione dall'imposta lorda; tale percentuale si applicherà agli interessi passivi e relativi oneri accessori in dipendenza di mutui contratti per l'acquisto e la costruzione della prima casa garantiti da ipoteca su immobili;
ad elevare da euro 4.000 a 6.000 euro l'importo massimo su cui calcolare la detrazione relativa ad interessi ed oneri accessori;

a riferire alla Camera dei deputati sul numero di cittadini che hanno utilizzato l'opzione di portabilità del mutuo, nonché sul numero di cittadini che hanno invece rinegoziato il proprio mutuo in base alla convenzione tra Ministero delle Finanze ed Abi stipulata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2008 e alla luce dei risultati del tutto controproducenti per i mutuatari - dal momento che l'allungamento del debito provoca un aumento dell'esposizione - quali iniziative intenda intraprendere per correggere radicalmente le norme contenute nel suddetto decreto-legge n. 93 del 2008.
(7-00045)«Ceccuzzi, Fluvi, Fogliardi, Strizzolo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
l'omicidio di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, avvenuto il 28 maggio 1980 a Milano, rappresentò una ferita gravissima per la personalità della vittima, studioso del movimento sindacale, protagonista nella battaglia per il rinnovamento della federazione della stampa, riformista vicino alle posizioni dell'allora Partito socialista;
nonostante l'arresto e la condanna degli esecutori materiali dell'assassinio, la dinamica della vicenda suscitò polemiche ancora oggi irrisolte tanto che Stefano Folli, allora direttore del Corriere della Sera, il 28 maggio del 2004 a Milano, in occasione della cerimonia di commemorazione di Tobagi affermò: «Noi pensiamo che si debba approfondire la vicenda in tutti i suoi aspetti e nello stesso momento noi rispettiamo le acquisizioni fatte dalla magistratura, che ha fatto indagini in tutte le direzioni. Ma riteniamo che non si tratti di una storia che possa considerarsi completamente chiusa»;
la questione se Tobagi potesse essere salvato e se vi fossero responsabilità nel non avere impedito il suo omicidio pur essendo noti, sei mesi prima dell'atto criminoso, sia gli esecutori che il loro progetto criminale, fu sollevata nel 1983 dall'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi che rese nota una informativa dei carabinieri di Milano, la cui autenticità venne confermata dall'allora Ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro;
nel 2003 il giornalista Renzo Magosso, amico di Walter Tobagi, pubblicò il libro «Le Carte di Moro - Perché Tobagi» in cui per la prima volta l'ex sottufficiale dell'antiterrorismo Dario Covolo rivelava di essere stato l'autore dell'informativa che aveva scatenato enormi polemiche, aggiungendo di avere riferito ai suoi superiori anche i nomi dei terroristi che sei mesi dopo compirono il delitto;
in una successiva intervista pubblicata dal settimanale Gente, il 17 giugno 2004, il Covolo confermava a Renzo Magosso quella grave circostanza dichiarando di averla presentata ai suoi superiori, capitano Umberto Bonaventura e capitano Alessandro Ruffino;
il generale Ruffino e la sorella del defunto generale Bonaventura hanno presentato querela per diffamazione nei confronti del direttore del settimanale Umberto Brindani e dell'autore dell'intervista Renzo Magosso e di Dario Covolo;
il processo svoltosi presso il Tribunale di Monza si è concluso il 20 settembre 2007 con la condanna di Magosso e Brindani rispettivamente a 1.000 euro di multa e, in solido, un risarcimento di 240.000 euro alle parti civili, per aver scritto quanto loro riferito in ordine all'omicidio Tobagi da Dario Covolo malgrado

durante il dibattimento lo stesso Covolo abbia confermato parola per parola quanto riportato nell'articolo, ovvero che aveva ricevuto con mesi di anticipo da Rocco Ricciardi, varesino, informatore e confidente, i nomi di chi poi uccise Tobagi, e ne riferì ai suoi superiori e nonostante che nel corso del dibattimento Covolo abbia additato in aula il generale in pensione Alessandro Ruffino, querelante, con queste parole: «Ebbi una discussione con Ruffino poche ore dopo il delitto Tobagi, gli dissi che gli avevo dato i nomi in anticipo e che non aveva fatto nulla per salvare il giornalista». A queste parole non hanno replicato né il generale, né gli avvocati di parte civile;
Magosso, nella sua deposizione, ha riferito come l'allora direttore del Corriere della Sera Franco Bella lo avesse informato di un colloquio col generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, durante il quale l'ufficiale dava notizia dell'indagine sul figlio di un alto dirigente della Rizzoli-Corriere della Sera, cioè su Marco Barbone. Di Bella incaricava Magosso di trovare conferma del fatto e allo scopo Magosso ebbe un successivo colloquio con l'allora capitano Umberto Bonaventura che gli rivelò che «la fonte sui nomi degli assassini era sicura e proveniva da Varese». Si trattava di Rocco Ricciardi, informatore dei carabinieri e noto come «il postino» residente proprio a Varese. A conferma dei fatti, Magosso ha prodotto in aula i testi di due suoi articoli pubblicati sul quotidiano l'Occhio, datati 26 e 27 settembre 1980, nei quali si faceva riferimento a «Varese» per le indagini, si faceva il nome di Marco Barbone come assassino di Tobagi, e si raccontavano retroscena emersi soltanto molto tempo più tardi negli atti dell'inchiesta giudiziaria;
Marco Barbone ammise la responsabilità dell'omicidio Tobagi soltanto il 5 ottobre, cioè dieci giorni dopo quegli articoli, e la sua confessione venne definita come «inaspettata», «del tutto spontanea», tale da «suscitare grande sorpresa negli inquirenti»;
l'onorevole Franco Corleone - sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001 - in un articolo apparso sul quotidiano Il Riformista il 10 luglio 2007, scrive: «Dopo 27 anni questa vicenda non è ancora storia ma rimane cronaca. Il 28 maggio, in occasione dell'anniversario, la morte di Tobagi è stata rievocata in tono rituale, mentre invece attende ancora giustizia. D'altronde, la ferita è aperta da tutti i punti di vista. Infatti, nel silenzio più assoluto, presso il Tribunale di Monza è in corso un nuovo processo. In realtà, il procedimento penale vede come imputato il giornalista Renzo Magosso, autore del volume "Le Carte di Moro - Perché Tobagi" querelato dal generale Ruffino e dalla sorella del generale Bonaventura»;
nell'articolo, Corleone fa riferimento ai volumi di Ugo Finetti, «Il caso Tobagi», di Paolo Franchi e Ugo Intini, «Le parole di piombo», di Daniele Bianchessi, «Walter Tobagi», e inoltre alle inchieste di Giovanni Minoli in alcune trasmissioni RAI de «La storia siamo noi», ai numerosi giornalisti che in questi anni «hanno riportato i nuovi elementi emersi dall'inchiesta di Magosso»;
«Magosso - osserva Corleone, nell'articolo del 10 luglio 2007 - è sotto processo per una intervista. La cosa ha dell'incredibile, eppure non suscita scandalo. La giurisprudenza della Cassazione è chiara sul punto, ma la solitudine di Magosso pone un problema politico [...] Renzo Magosso da imputato si è trasformato in accusatore. E questa sembra proprio la riprova che nella vicenda ci sia ancora moltissimo da chiarire»;
«Barbone - afferma inoltre Corleone nell'articolo citato - venne prontamente scarcerato, grazie alla collaborazione con i magistrati, che portò all'arresto di decine di suoi ex compagni. La sua ex fidanzata non venne neppure inquisita, nonostante avesse partecipato al progetto di sequestrare lo stesso Tobagi. Ora il processo contro il giornalista Magosso rischia di trasformarsi, al di là della volontà dei giudici, nella identificazione di un capro

espiatorio che sia di monito per chi volesse insistere nel non rassegnarsi a una verità di comodo»;
quest'ultimo grave interrogativo è ripreso da Corleone in un successivo articolo da egli firmato e pubblicato sempre su Il Riformista il 12 settembre 2007: «anche un cieco si accorgerebbe del fine oggettivamente intimidatorio di colpire anche simbolicamente un giornalista impegnato da anni nella ricerca della verità di una tragedia legata alla dolorosa storia d'Italia con l'imputazione di non aver garantito la completezza dell'informazione e l'oggettività dei riscontri»;
«Dario Covolo - afferma Corleone nell'articolo del 12 settembre 2007 - ha confermato che sulla base delle informazioni di Rocco Ricciardi, informatore e infiltrato nei gruppi dell'autonomia della zona di Varese, presentò al capitano Ruffino un primo appunto il 13 dicembre 1979 in cui si parlava di Tobagi. Nella relazione consegnata ai suoi superiori, il carabiniere riferisce che, secondo Ricciardi, vi era un progetto di attentato contro il giornalista, che doveva avvenire vicino alla casa di Tobagi (come quasi sei mesi dopo effettivamente avvenne);
«l'informativa di "Ciondolo" (alias Dario Covolo, ndr) - continua Corleone - specifica che Tobagi era "vecchio obiettivo delle Fcc (Formazioni comuniste combattenti, ndr)". E in effetti lo stesso Ricciardi assieme ad altri militanti delle Fcc (tra cui Caterina Rosenzweig), nel febbraio 1978 aveva effettuato un tentativo di sequestro di Tobagi, in quel caso fallito. Covolo - aggiunge Corleone - non si limita a confermare il contenuto dell'appunto reso noto nel dicembre 1983 da alcuni deputati socialisti e confermato nella sua veridicità dall'allora Ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro - il quale, il 19 dicembre 1983, confermava l'esistenza di una nota "redatta da un sottufficiale dell'Arma il 13 dicembre 1979" e affermava: "Va rilevato che l'attività dell'Arma dei carabinieri in tutte le vicende surriferite è attività di polizia giudiziaria che implica, come tale, il dovere di riferire in via esclusiva all'autorità giudiziaria, dalla quale dipende" - che innescò una violenta polemica tra l'Avanti!, il quotidiano del Psi, e la Procura di Milano e Bettino Craxi, all'epoca Presidente del Consiglio dei ministri»;
Covolo, scrive Corleone, aggiunge: «Ci sono degli appunti successivi a questo, dove si fa nome e cognome di quelli che devono ammazzare. Mi si fa il nome e si dice: "guarda che il gruppo che sta operando dovrebbe essere la Caterina (Rosenzweig, ndr) e il suo fidanzato, il suo convivente Barbone Marco". Non mi si fanno i nomi degli altri però quei nomi vengono fatti in successivi appunti». «La conclusione di questa parte della deposizione - osserva Corleone - è drammatica: io non so onestamente cosa venne fatto. "Io so che a un certo punto ebbi un grosso diverbio con il capitano Ruffino quando ammazzarono Tobagi, da solo nel suo ufficio [...] per questa relazione, su questo proposito»;
nel corso della deposizione, riferisce Corleone nell'articolo del 12 settembre 2007, su domanda del pubblico ministero di Monza, Covolo conferma le frasi virgolettate presenti nell'intervista di Magosso, sopra citata: «Nessuna incertezza nel riconoscere le affermazioni come proprie e implicitamente la correttezza del giornalista»;
«dopo aver ricevuto una ovvia risposta negativa alla domanda sul fatto che fossero state fatte fotocopie dei rapporti successivi a quello citato, il pm, dottor Pepè - scrive Corleone - dimenticando che il processo è per querela contro un giornalista per avere pubblicato una intervista di una persona protagonista dei fatti, si impegna impropriamente nel cercare di incrinare la credibilità del teste, contrapponendo alle dichiarazioni di Covolo, ribadite e rafforzate in aula pochi minuti prima, quelle processuali di Rocco Ricciardi e di Barbone che negano rispettivamente di avere fatto i nomi e di avere ipotizzato l'omicidio prima del 28 marzo 1980. Covolo sarcasticamente ha chiesto di

essere messo a confronto» ed ha rivendicato la sua ricostruzione «indipendentemente dalle versioni dei colpevoli di gravi delitti e il diritto a dire la sua verità»;
fra gli aspetti, egualmente gravi, dei fatti e delle responsabilità che hanno preceduto e determinato l'assassinio di Walter Tobagi, appare più che motivata, secondo Corleone e ad avviso dell'interpellante, una maggiore attenzione del ruolo di Ricciardi, infiltrato e confidente, la cui collaborazione «prosegue nel tempo, anche dopo l'omicidio Tobagi»;
su questi fatti, nella XIV e XV legislatura sono stati presentati e svolti atti di sindacato ispettivo da parte dei deputati Boato, Biondi, Bielli, Intini, Pisapia (interpellanza n. 2-01009 del 10 dicembre 2003), Boato (interrogazione a risposta immediata del 15 giugno 2004), Boato (interpellanza urgente n. 2-01222 dell'8 luglio 2004), Boato e Buemi (interpellanza n. 2-00721 del 17 settembre 2007), Buemi (interrogazione a risposta scritta n. 4-05760 del 26 novembre 2007);
tutto ciò premesso, come dato ulteriore e grave di novità, si ritiene di dover aggiungere che, in attesa del processo d'appello nel procedimento contro i giornalisti Renzo Magosso e Umberto Brindani, è iniziato sempre presso il Tribunale di Monza lo stralcio del processo contro Dario Covolo. Nel corso dell'udienza del 16 gennaio 2008 è stato interrogato, come teste, il generale Niccolò Bozzo, all'epoca dei fatti diretto collaboratore del generale Dalla Chiesa;
il generale Bozzo ha presentato, ed è stato messo agli atti, un documento riservato che era stato preparato proprio dal generale Bonaventura. Nel dattiloscritto venivano date indicazioni al generale Bozzo per fornire, se interrogato dalla magistratura, la versione «concordata» sulle indagini e anche in relazione alle dichiarazioni dell'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, che stavano provocando forti polemiche;
in particolare, si raccomandava a Bozzo di rispondere, se interrogato al riguardo, che Barbone avesse confessato spontaneamente senza che su di lui vi fossero prove di alcun genere circa l'omicidio Tobagi, che (a Bozzo) «non risulta sia stato promesso al Barbone altro che sicurezza per lui ed i familiari, ed interessamento per il varo di una legislazione più incisiva in favore dei dissociati» e, a riguardo alla notizia resa nota sull'esistenza di una informativa che annunciava l'attentato a Tobagi, «non è vero che nel dicembre del '79 i CC ebbero a ricevere una notizia di fonte confidenziale secondo cui si stava preparando un'azione contro Tobagi. Nel dicembre '79 fonti confidenziali segnalarono ai CC di Milano che un'organizzazione eversiva, diversa da quella che sarebbe risultata in seguito essere la "28 marzo" e senza contatti con quelli che ne risultavano membri, stava preparando un'azione da compiersi a Milano»;
va specificato che, nella stessa nota per Bozzo, Bonaventura chiariva che Barbone aveva precisi legami con le Formazioni comuniste combattenti e con Guerriglia Rossa e che lo stesso Barbone, in uno dei suoi interrogatori, aveva già fatto i nomi, come appartenenti al suo gruppo, di personaggi legati alle Fcc come Teresa Zoni (nome che compariva nella famosa informativa resa nota da Scalfaro), Paolo Morandini, con lui in Guerriglia Rossa e perfino lo stesso Rocco Ricciardi;
la nota di Bonaventura con le indicazioni per il generale Bozzo prosegue: «La fonte ipotizzava che l'obiettivo dell'azione potesse essere il giornalista Tobagi, ritenuto obiettivo storico dell'Autonomia, tanto che sia le Fcc e i Reparti comunisti erano stati trovati in possesso di schede che lo riguardavano»; in realtà - ed è ora universalmente noto - la vera informativa, successivamente resa pubblica dall'allora ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro recitava testualmente: «Il gruppo sta operando in via Solari», quindi riferiva che si trattava di un gruppo «già operativo» e non di mera ipotesi informativa, considerando anche che Tobagi abitava proprio in via Solari;

un altro paragrafo dell'appunto di Bonaventura per dare al generale Bozzo il «suggerimento» di fornire risposte concordate, specifica: «Il diretto interessato (Tobagi) non fu informato per varie ragioni: sostanzialmente perché la notizia di fonte confidenziale non era direttamente a lui riferita in quanto il suo nome era stato fatto solo in via di ipotesi. Pertanto non lo si voleva allarmare ulteriormente»; al riguardo, dagli atti del processo contro Magosso risulta invece che il generale Ruffino, nella sua deposizione ha ribadito che Tobagi era stato avvertito in merito a questa informativa;
e ancora, nella nota di Bonaventura si raccomanda al generale Bozzo di tenere presente che «Immediatamente dopo l'omicidio fu attivata la fonte confidenziale la quale escluse che l'organizzazione cui si era riferita potesse essere coinvolta nell'omicidio, in ordine al quale non fu in grado di fornire alcuna notizia»; al riguardo è nota, perché depositata anche agli atti del processo contro Magosso, la dichiarazione spontanea resa nel 1985 da Rocco Ricciardi il quale, invece, ammette: «Per parte mia mi impegnai nella ricerca di notizie sulla 28 marzo. In proposito riuscii a riferire ai carabinieri una sola voce: Marchettini mi aveva detto che un tale Manfredi (uno dei killer di Tobagi) che conoscevo personalmente, parlando in un bar con il Franzetti, alla presenza di Marchettini stesso, aveva lasciato vagamente ad intendere che aveva rapporti con la 28 marzo. I CC, sempre durante l'estate, identificarono questo Manfredi per Manfredi Di Stefano ed io ne riconobbi la foto»;
nell'appunto riservato di Bonaventura, inoltre, si afferma che «in data 5 giugno 1980 (una settimana dopo l'omicidio) iniziano pedinamenti Barbone (a tale data risale anche la prima relazione di servizio)»; e, sempre nel documento Bonaventura, è attestato che in data 11 giugno 1980, vale a dire meno di due settimane dopo l'omicidio Tobagi, «viene ufficialmente richiesta alla Procura una serie di intercettazioni sulle utente di Rosenzweig-Barbone, Morandini, Montanari Silvana e Mari Stefano»; inoltre, nella medesima data viene richiesta una perizia calligrafica su Barbone;
in tutta evidenza viene quindi smentita la versione ufficiale, anche della Procura milanese, secondo la quale la collaborazione giudiziaria di Barbone sia da ritenersi eccezionale, inaspettata e spontanea (tanto da avergli guadagnato eccezionali benefici giudiziari ed evitato pesanti condanne), essendo avvenuta solo il 5 ottobre, vale a dire dopo ben 4 mesi dalla data di inizio dei pedinamenti e controlli a suo carico quale sospetto per l'omicidio Tobagi; eppure, ancora nel 1983, con un comunicato stampa del 17 dicembre la Procura della Repubblica di Milano affermava: «Del tutto destituita di fondamento e in netta antitesi con le risultanze processuali è quindi l'ipotesi che gli investigatori, e tanto meno i magistrati, disponessero di elementi di prova, di indizi o di notizie confidenziali a carico del Barbone in ordine all'omicidio Tobagi, prima della spontanea confessione dello stesso»; il documento Bonaventura, ora finalmente reso noto, dice esattamente il contrario, dato che già in data 11 giugno 1980, quasi 4 mesi prima della collaborazione giudiziaria del Barbone, era stata richiesta alla Procura milanese l'autorizzazione a intercettare le utenze del Barbone stesso in relazione all'omicidio Tobagi;
l'appunto riservato di Bonaventura si conclude con una raccomandazione più che esplicita: «Pericoloso rivelare quale fosse l'organizzazione di cui la fonte parlava e pericoloso rispondere ad altre domande sul punto, in quanto si correrebbe il rischio di rivelare indirettamente l'identità della fonte, che è ancora attiva»;
d'altra parte Fabrizio Calvi, autore del volume «Ragazzi di buona famiglia - la brigata 28 marzo e l'omicidio Tobagi» recentemente pubblicato, esprime stupore per la mancata riapertura dell'inchiesta da parte del Tribunale di Monza;
sia le dichiarazioni dell'ex sottufficiale dell'antiterrorismo Dario Covolo, rese

prima nell'intervista a Renzo Magosso e poi davanti al Tribunale di Monza, sia quelle più recenti del generale Bozzo, possono essere facilmente riscontrate attraverso gli «atti interni» del nucleo operativo CC relativo agli anni 1979-80, a cui si riferiscono il fascicolo personale di Dario Covolo e di quelli intestati a Caterina Rosenzweig, Marco Barbone e Paolo Morandini custoditi presso gli archivi dell'allora sezione antiterrorismo, ora ROS, della Legione dei Carabinieri di Milano di via Moscova, documentazione che dovrebbe essere in copia negli uffici dell'ex Sisde e anche presso il Comando generale dell'Arma a Roma in viale Romania -:
nel pieno rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura e a prescindere dall'esito dei processi in corso, quali iniziative i Ministri interrogati intendano eventualmente assumere a tutela del diritto dei cittadini a essere informati e a conoscere la verità su uno dei più inquietanti casi degli anni terribili della storia d'Italia;
in particolare, se i Ministri interrogati intendano fornire elementi al riguardo, adottando ogni misura di loro competenza per riscontrare i riferimenti espliciti e inequivocabili fatti da testi e imputati davanti al tribunale di Monza, sopra riportati e - ad avviso degli interpellanti - colpevolmente trascurati, a partire dal contenuto delle informative secondo le quali si sarebbe saputo in anticipo di mesi i nomi dei terroristi che stavano progettando l'attentato a Tobagi e che poi effettivamente l'uccisero, per finire al contenuto del documento presentato dal generale Bozzo davanti al Tribunale di Monza nella udienza del 16 aprile scorso secondo il quale gli sarebbero state date dai suoi superiori indicazioni per fornire, se interrogato dalla magistratura, la versione «concordata» sulle indagini, adottando ogni provvedimento conseguente.
(2-00144)
«Zamparutti, Bernardini, Maurizio Turco, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci».

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro per i rapporti con le regioni, per sapere - premesso che:
in data 6 settembre 2008 il quotidiano locale Corriere del Giorno, alla pagina 17, riportava con grande risalto un'intervista fatta dal capo redattore, dottor Michele Cristella, al signor Antonello Montaruli, vice coordinatore di «Progetto Comune» (Movimento civico presente con propria lista alle elezioni amministrative del 2007 nel Comune di Castellaneta (Taranto);
nella citata intervista (dal titolo in grande: «Il depuratore inquinante» e dal sottotitolo: «Denuncia di Antonello Montaruli, di Progetto Comune. A Castellaneta Marina le acque depurate male, sversate in un canale dello Stornara e Tara, sfociano nel Lato, poi nel Mare»), scaturita a seguito di una denuncia fatta dal Montaruli al comando della Polizia Provinciale sul cattivo funzionamento del depuratore, intervistato ed intervistatore presentavano un quadro allarmante della situazione, chiamando pesantemente in causa il gestore del depuratore, gli organi preposti al controllo (ASL e ARPA) e il comune di Castellaneta, con accuse ben precise e circostanziate, come parzialmente di seguito riportato: «Montaruli ... ho preso due contenitori sterili, li ho riempiti e li ho fatti analizzare per vedere il quantitativo di ossigeno contenessero;
Cristella: Perché l'ossigeno?
Montaruli: i depuratori sono regolamentati dal decreto legislativo 152/2006, tabella 3, allegato 5, i valori da controllare sono parecchi, io ho chiesto un controllo solo batteriologico, perché dove l'ossigeno è alto, lì c'è fermentazione.

Cristella: E allora cosa ha trovato?
Montaruli: che l'ossigeno da dover essere 40, secondo il decreto legislativo 152/2006, è 120, tre volte più alto. Ma non basta all'analisi quelle acque son risultate piene di Entorococchi e Eschericichia Coli.
Cristella: Traduco io: puppù.
Montaruli: Esatto.
Cristella: Aggiungo: chi si fa il bagno nei pressi della foce del fiume Lato se lo fa in una quasi latrina.
Montaruli: diciamo tra coliformi fecali...»;
tali pesanti denunce, com'era prevedibile, hanno destato grandissime preoccupazioni tra i cittadini e gli operatori turistici che, oltre a vedere ridursi di colpo le presenze nell'ultimo scorcio di una stagione balneare che, dato il permanere del bel tempo, prometteva di durare più a lungo degli anni passati, temono un forte calo per il prossimo anno;
fino a questo momento, a parte alcune notizie rassicuranti fornite informalmente per telefono al sottoscritto, primo firmatario dell'interpellanza, nessuno dei soggetti (Gestore del depuratore, responsabili dell'ASL e dell'ARPA, Sindaco di Castellaneta) cui erano state rivolte le accuse di inadempienza, ha ritenuto di smentire quanto riportato in quell'intervista, nessuno di loro si è preoccupato di rendere pubblica la documentazione tecnica necessaria per dimostrare la regolare funzionalità del depuratore «incriminato», dimostrando l'infondatezza delle accuse, difendendo la propria immagine e il ruolo istituzionale ricoperto e utilizzando tutti i mezzi consentiti per evitare che argomenti così delicati come quelli relativi alla salute dei cittadini, possano essere strumentalizzati in maniera scandalistica per speculazioni di tipo politico -:
di quali elementi dispongano i ministri interrogati con riferimento al monitoraggio delle acque di balneazione nell'area interessata;
se non ritenga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare indispensabile disporre un'ispezione dei carabinieri del nucleo operativo ecologico per appurare quanto indicato in premessa anche a tutela della salute pubblica;
se non ritenga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di assumere ogni iniziativa di com-petenza per fare fronte al grave danno ambientale cagionato.
(2-00145)
«Patarino, Divella, Sbai, Franzoso, Lamorte, Di Virgilio, Bellotti, Consolo, Catanoso, Saglia, Raisi, Caldoro, De Angelis, Lazzari, Valducci, Porcu, Cristaldi, Castellani, De Corato, Lisi, Scapagnini, Ciccioli, Saltamartini, Scelli, Nola, Proietti Cosimi, Beccalossi, Landolfi, Biava, Dima, Angela Napoli, Bocciardo, Garofalo, Barani, De Luca».

Interrogazione a risposta orale:

OLIVERIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la magistratura ha posto sotto sequestro 18 siti inquinati nei pressi di Crotone ed in altri importanti centri della provincia, utilizzati come luoghi di smaltimento illegale di materiali tossici e pericolosi;
scuole e abitazioni sarebbero state costruite con materiali contenenti arsenico, zinco, amianto, mercurio che rappresentavano gli scarti delle industrie non solo locali ma anche provenienti da fuori regione;
le piaghe dell'industrializzazione crotonese sono visibili e piagano nella salute i cittadini;
non pochi sono i casi di malattie, tipo asbestosi, molto probabilmente legate all'esposizione a tali materiali tossici, come l'amianto;

il processo di reindustrializzazione non ha prodotto gli effetti sperati con il reinserimento occupazionale dei lavoratori espulsi dai processi di riconversione dovuti alle dismissioni della presenza dell'industria pesante ed in particolar modo dell'Eni dal territorio crotonese;
oltre alla beffa del lavoro mancato vi è il danno ambientale che porta ad essere Crotone una delle città più inquinate del paese;
esiste il programma di recupero e bonifica del territorio previsto per legge;
sono state stanziate dal precedente governo Prodi rilevanti risorse per proseguire nell'attività di bonifica e recupero ambientale dei siti crotonesi;
l'emergere di queste notizie pone con ancora più drammatica urgenza la necessità di procedere nell'azione di bonifica -:
se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per accelerare l'azione di bonifica e se non ritenga opportuno convocare al più presto il tavolo ministeriale, con Regione Provincia e comuni interessati, per affrontare l'emergenza inquinamento di Crotone anche alla luce delle sconvolgenti notizie apparse sugli organi d'informazione.
(3-00151)

Interrogazione a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel rapporto sulle presenze della criminalità organizzata a Roma e nel Lazio, redatto dall'Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità, è emersa una estesa e crescente infiltrazione della camorra e della 'ndrangheta nel tessuto economico e sociale dell'area del sud pontino;
in alcuni comuni della provincia di Latina - come peraltro riportato dalla stampa - sono state disposte commissioni di accesso e ne è stato richiesto il commissariamento; da informative dei carabinieri e da indagini delle Forze dell'ordine risultano infiltrazioni e condizionamenti nel tessuto politico o amministrativo locale da parte delle organizzazioni criminali. Si registra, inoltre, un alto numero di beni immobili sequestrati negli ultimi anni per violazioni gravi di norme ed autorizzazioni preposte alla tutela del territorio e riconducibili a pregiudicati provenienti dalla Campania o dalla Calabria;
in questa «area di infiltrazione», che molte indagini lasciano intuire essere connotata da «una forte stabilità intercosche», i settori di intervento della criminalità organizzata sono, tra gli altri: il mercato ortofrutticolo di Fondi, molte aziende di distribuzione di prodotti ortofrutticoli e agroalimentari, appalti per infrastrutture ed edilizia, «aggressione ai settore delle agenzie portuali e turistiche, considerate strategiche anche per altri traffici»;
da recenti inchieste giornalistiche nazionali, come quella comparsa il 28 agosto per il settimanale L'Espresso dal titolo «Circeo connection» o per il settimanale Left il 19 settembre dal titolo «Il crimine e l'attesa», e da ripetuti resoconti giornalistici locali risaltano denunce e filoni di indagini individuanti delitti contro la pubblica amministrazione con il concorso pesante di politici e funzionari delle amministrazioni locali;
il Presidente della Provincia di Latina Armando Cusani ha dichiarato senza che risulti alcun riscontro formale, in una intervista al quotidiano La Provincia di Latina il 31 agosto 2008, di avere l'avallo del Ministro Stefania Prestigiacomo e del Ministro Sandro Bondi per una serie di interventi di «riqualificazione» del Lago di Sabaudia (detto Lago di Paola) consistenti in un fondamentale snaturamento della sua realtà di parco naturale e sito archeologico;

il Lago di Sabaudia è il centro del Parco nazionale del Circeo e l'Ente del parco ha più volte espresso contrarietà a ipotesi di alterazione strutturale del suo territorio, del lago e del suo micro-ambiente, continuando a preservarlo dai molteplici tentativi di speculazione e di trasformazione della zona in canale portuale;
le predette aree, tanto di proprietà privata, quanto di proprietà pubblica, sono comunque del tutto inviolabili come ribadito nel Piano territoriale paesistico;
nel Piano territoriale paesistico - ambito territoriale n. 13 - in vigore viene, infatti, riconosciuta l'inviolabilità dell'area in quanto zona sottoposta a vincolo totale. In particolare, dall'articolo 20 di tale testo normativo si evince come il Parco razionale del Circeo sia «l'unico Parco Nazionale costiero esistente in Italia e che le sue zone umide (Laghi di Sabaudia, Monaci, Caprolace)» sono definite di «importanza internazionale» in base all'accordo di Rasmar del 2 febbraio 1971. Da tale condizione ne deriva che l'area in questione, per l'appunto, è sottoposta a vincolo idrogeologico, archeologico, è zona SIC (Sito di interesse comunitario;
vincolato quindi dall'UE) e ZPS (zona a protezione speciale). Tutti vincoli che gli enti preposti, in primo luogo il Parco nazionale del Circeo, sono tenuti a far rispettare -:
se non intendano chiarire la posizione dei Ministeri anche con riferimento a dichiarazioni di amministratori locali e promuovere azioni di verifica e controllo sull'opportunità dei progetti e delle scelte provenienti dalle amministrazioni locali coinvolte anche nella strategia di riqualificazione del Lago;
come intendano far rispettare le leggi che regolamentano e preservano le riserve naturali e archeologiche;
se e come, infine, non ritengano necessario intervenire a ogni livello per sostenere il rispetto di principi di democrazia, di trasparenza e di legalità, principi che paiono abbondantemente pregiudicati, in un contesto territoriale assai condizionato da interessi criminali provenienti da altre zone e spaventosamente insinuatisi nella gestione politica delle amministrazioni locali.
(4-01172)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI, FONTANELLI, VENTURA, NACCARATO, GIACOMELLI, MIOTTO, GHIZZONI, MARIANI, GATTI, FRONER e TOCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 2009 ricorre il quarto centenario delle prime osservazioni astronomiche con un cannocchiale, che consentirono a Galileo Galilei di verificare, attraverso fondamentali scoperte scientifiche (quali la natura montuosa della Luna, i quattro satelliti di Giove e stelle prima sconosciute), la validità del sistema copernicano;
raccogliendo anche le sollecitazioni delle istituzioni culturali e scientifiche italiane e l'appello rivolto dall'Unione astronomica internazionale al nostro Paese, il 2009 è stato scelto come anno dedicato alla celebrazione degli studi della vita e delle opere dello studioso pisano che ha inciso in maniera decisiva sul cambiamento del pensiero e della vita degli uomini, come scienziato, ma anche come filosofo e letterato;
Galileo Galilei è considerato da molti il padre del pensiero scientifico moderno, un personaggio al quale la cultura scientifica deve moltissimo. Per la sua modernità, la sua grandezza e la straordinaria importanza delle sue scoperte Galilei è uno degli italiani più noti e celebrati al mondo;
la vita di Galileo Galilei si è snodata fra tre importantissime città d'arte e di cultura: Pisa, Firenze e Padova, che sono individuate quali sedi principali delle iniziative legate all'anno di Galileo;

con decreto ministeriale del 27 aprile 2006 è stato istituito il «Comitato Nazionale per le celebrazioni del IV centenario dell'invenzione del cannocchiale di Galileo Galilei», presieduto dal professor Edoardo Vesentini, al quale è affidato il compito di individuare e di organizzare tutti gli eventi dell'anno galileiano che avrà formalmente inizio nel gennaio del 2009;
si deve considerare, altresì, che le celebrazioni per l'anno galileiano oltre ad essere un fondamentale tributo ad uno dei maggiori personaggi della cultura e della scienza italiana, potranno rappresentare un'importante occasione per sviluppare eventi di interesse internazionale ed il relativo indotto sia di carattere culturale e scientifico sia di promozione turistica;
nella seduta della Camera del 15 dicembre 2007 il Governo ha accolto come raccomandazione un o.d.g. che impegnava l'esecutivo a individuare un «contributo straordinario volto a sostenere le iniziative dell'anniversario» -:
quali azioni il Ministro per i beni e le attività culturali, vista l'imminenza della scadenza, abbia già intrapreso o intenda intraprendere per coordinare, promuovere e organizzare gli eventi legati all'anno galileiano, interessando anche il Comitato preposto, le Regioni e le istituzioni locali coinvolte, i Ministeri interessati dall'evento e quali fondi abbia disposto per gestire le attività connesse.
(4-01168)

ROSATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
fra il 1941 e l'8 settembre del 1943, il regime fascista e l'esercito italiano misero in atto un sistema di campi di concentramento in cui furono internati decine di migliaia di civili jugoslavi, tra sloveni, croati, serbi e montenegrini;
nella provincia di Udine (allora Trieste), sorse anche il campo di concentramento di Visco;
secondo una recente ricostruzione storica, a Visco furono internate tra le 3 e 4 mila persone, rastrellate a colpi di lanciafiamme;
nel lager furono rinchiusi anche 120 bambini e molte donne;
il lager sorgeva su una superficie di 130 mila metri quadrati, nella ex caserma Borgo Piave;
per chi arriva a Visco è impossibile trovare questo luogo. Nessun cartello, nessuna insegna indicano il lager;
ai bordi del paese - come scrive il Corriere della Sera del 17 settembre 2008 - il civico 32 di via Borgo Piave oggi è un cancello automatico, un accesso vietato, un tavolo della Coca Cola e l'insegna «Protezione civile - sede comunale» e dove una volta c'erano le baracche dei deportati, ora si addestrano i cani da valanga;
le camere, le cucine, la cappella versano in uno stato di degrado e abbandono;
dalla Liberazione al 1996, il campo di Visco è stato impiegato dall'esercito italiano che vi ha tenuto carri armati;
l'area è poi tornata al comune di Visco e ora la Giunta comunale di centrodestra è in procinto di cederla a un mobilificio o a qualche imprenditore del mattone;
il luogo viene visitato ogni anno da moltissimi cittadini dell'est Europa che, evidentemente, hanno avuto parenti e/o amici internati nel lager;
molti storici e molte personalità della cultura nazionale ed europea si stanno attivando per evitare che questo luogo della memoria diventi oggetto di speculazione edilizia. Recentemente anche lo scrittore sloveno Boris Pahor, da molti indicato come prossimo premio Nobel per la letteratura, è intervenuto augurandosi che «la Soprintendenza vincoli tutta l'area, scongiurando in tutti i modi vendite inconsulte. La salvaguardia di queste memorie - ha aggiunto Pahor - ha una valenza che va oltre il dato nazionale» -:

se il ministro non intenda intervenire per scongiurare eventuali speculazioni sull'area dove sorgeva il lager di Visco e se non intenda agire per trasformare l'area semi abbandonata del campo in un vero e proprio «museo del confine», proprio per ricordare alle future generazioni i disastri prodotti dalla pulizia etnica.
(4-01173)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, LULLI, MELIS, MARROCU, FADDA, PES e CALVISI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la notizia appresa sui quotidiani regionali sardi nei giorni scorsi, che le sperimentazioni sull'aereo senza pilota Sky X avrebbero lasciato l'Ogliastra e la Sardegna a favore della Puglia ha registrato notevoli preoccupazioni;
la realizzazione di una pista di volo a Monte Cardiga è la pregiudiziale, insieme all'autorizzazione di un corridoio di volo con Decimomannu, per la messa in rete dei quattro poligoni sperimentali della Sardegna. Una struttura unica in Italia, adatta per le sperimentazioni sia militari che civili di grande rilevanza, possibili grazie alla disponibilità di un territorio esteso per dodicimila ettari, più un ampio braccio di mare sulla costa orientale. Il «quadrilatero sardo» sarebbe l'unico in grado di contrastare le mire egemoniche del Metadistretto dell'Aerospazio recentemente costituito da Alenia-Finmeccanica con le Regioni di Piemonte, Campania e Puglia, le Università e 300 imprese locali. Alla realizzazione della pista di volo a Monte Cardiga è collegato anche il progetto di un Centro per la sperimentazione ambientale di rilevanza europea. La nascita del Polo Aerospaziale rappresenta, quindi, per alcuni territori sardi, l'unica possibilità di un futuro industriale;
il Ministero della difesa ha ribadito il via libera alla nuova pista di volo del Poligono. Ma le sperimentazioni sui velivoli Sky e Neuron dipendono dall'accordo fra vertici militari e Finmeccanica;
la realizzazione dell'opera, fondamentale per le sperimentazioni aerospaziali, sia militari che civili, è appunto legata all'esito delle trattative in corso con Finmeccanica riguardo alla ripartizione dei costi e delle modalità di utilizzo della pista sperimentale da parte di entrambi i contraenti;
le modalità dell'accordo prefigurerebbero, su scala ridotta, le caratteristiche di quella new company tra soggetto pubblico e industrie private auspicata dalla Nato per il potenziamento del Poligono;
anche la sperimentazione sui due prototipi di aereo senza pilota (Sky X e Neuron), che vede in primo piano il gruppo italiano Alenia-Finmeccanica, è frutto di una collaborazione europea. Solo che l'Italia investe appena il 4 per cento nel settore della ricerca aerospaziale, a fronte del 13 per cento della Francia e all'11 per cento di Germania e Gran Bretagna. Per colmare questo divario è stato costituito recentemente il Metadistretto italiano dell'Aerospazio tra le Regioni Piemonte, Puglia e Calabria;
la Sardegna è stata tagliata fuori, nonostante rappresenti con il Poligono del Salto di Quirra (da collegare all'aeroporto militare di Decimo tramite un corridoio aereo) il quarto vertice naturale del sistema, indispensabile per chiudere il quadrilatero delle sperimentazioni più impegnative made in Italy. Salvo ricorrere a costose trasferte presso i poligoni del Nord Europa. Sindacato, forze politiche e amministratori dell'Ogliastra sono ora impegnati per recuperare al territorio un ruolo adeguato in un contesto di tecnologia avanzata del valore prossimo ai 5 miliardi di euro;
per quanto riguarda la realizzazione della pista di volo a Monte Cardiga, si sta lavorando ad una bozza d'accordo con

Finmeccanica che prevede a carico del Poligono l'esecuzione dei lavori di movimento terra affidato a uomini e mezzi del Genio Militare. Il Ministero della difesa ha ribadito per due volte quest'anno l'importanza primaria della striscia tattica polifunzionale a Monte Cardiga, respingendo le motivazioni del parere negativo pronunciato dal Comitato Paritetico. Il 24 aprile Arturo Parisi, Ministro della difesa del Governo Prodi, aveva dato il primo via libera alla realizzazione della pista. La decisione è stata ribadita il 25 luglio dal successore Ignazio La Russa con l'avvento del Governo Berlusconi -:
per saper se le notizie sopra riportate siano fondate e per conoscere la posizione del governo in ordine all'opportunità che il progetto possa comprendere anche la Regione Sardegna.
(5-00372)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

MINASSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ormai da tempo, un numero considerevole di operatori economici e tecnici di settore operanti nel territorio del Comune di Rovegno (Genova), lamentano accertamenti fiscali basati su studi di settore che non rispecchiano la reale potenzialità economica e non tengono conto della territorialità della valutazione;
infatti il Ministro Visco ha, a suo tempo, esteso l'obbligo dell'applicazione degli studi di settore anche ai Comuni montani con gli stessi parametri dei Comuni costieri;
questa situazione ha creato gravi problemi agli imprenditori, ai ristoratori e ai commercianti dei Comuni montani che rischiano, non potendo uniformarsi ai suddetti parametri, di chiudere le loro attività con grave danno per le popolazioni interessate, tenuto conto anche del fatto che, a parte la stagione estiva, per il resto dell'anno svolgono quasi una funzione di servizio sociale con scarsi guadagni;
numerosi privati e tecnici del settore hanno esposto proteste per la valutazione fiscale attribuita a beni fondiari oggetto di cessioni di proprietà per trasferimento o successione ereditaria, fondata su valori non realistici in rapporto al valore di mercato, anche alla luce di piani urbanistici inattuabili per necessità ambientali e di cooperazione;
per effetto della crescente crisi economica ed occupazionale che caratterizza l'entroterra, ed in particolare il territorio del Comune di Rovegno, è sensibilmente diminuita la popolazione complessiva residente, con un decremento che, dal dopoguerra, ha superato il 50 per cento e che, negli ultimi anni, ha subito una decisa accelerazione;
contestualmente, la composizione della popolazione residente nei Comuni montani è fortemente mutata negli ultimi anni, con un notevole aumento dell'età media della popolazione medesima (gli ultrasessantacinquenni raggiungono una quota del 35,20 per cento del totale);
la situazione di disagio descritta si è aggravata per la particolare condizione meteo-climatica di questo territorio Comunale, localizzato ad un'altezza compresa tra i 600 ed i 1.300 metri sul livello del mare, con i diversi centri disseminati su una superficie di oltre 20 kmq e generalmente privi di collegamento con trasporto pubblico;
l'economia locale è prevalentemente basata sul turismo, attività che nell'attuale fase di recessione economica è pesantemente penalizzata e ridotta ad un limitatissimo periodo, dovendo gli operatori, per essere competitivi, proporre prezzi inferiori a quelli medi degli anni 90/2000;
le aziende che tuttora agiscono sul locale mercato in presenza di situazioni oggettivamente sfavorevoli, si trovano in condizioni di squilibrio economico, e sono

destinate inevitabilmente alla cessazione dell'attività stessa, senza possibilità di subentro e con danno non solo economico ma di presidio per il territorio;
da ciò deriva una diminuzione dell'occupazione che porta un incremento dei trasferimenti verso zone costiere che, per la crisi economica latente, con sempre maggiore difficoltà riescono ad assorbire la collocazione lavorativa -:
se non ritenga appropriato prevedere l'adozione di adeguate misure di sostegno da attivare prontamente a beneficio dei territori non costieri;
se non ritenga conveniente invitare la competente Agenzia delle Entrate ad applicare, alle aziende localizzate nel territorio, la valutazione degli «Studi di settore» in modo congruo alle effettive potenzialità economiche del territorio montano, notoriamente dotato di cospicui svantaggi strutturali e di conseguenza considerare in modo oggettivo e slegato da indici di redditività previsti negli «Studi di settore» che non coincidono per il 50/60 per cento all'effettiva produttività delle aziende montane;
se non sia opportuno che la valutazione dei beni immobili oggetto di trasferimenti di proprietà sia predisposta dai competenti uffici Statali, basando le stime in funzione delle oggettive condizioni di mercato in atto e sentiti preventivamente gli organi e le associazioni di categoria.
(4-01160)

TOCCAFONDI, BONCIANI, MAZZONI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dalla risposta, - Prot. n. 2-11135/08, del 10 settembre 2008 - alla precedente interrogazione n. 4-00209, si prende atto che l'immobile «Centro delle Finanze» sito nel Comune di Scandicci, è stato ceduto nel dicembre 2003 dallo Stato alla società Fintecna, S.p.a., con autorizzazione intervenuta con decreto del 10 dicembre 2003 del Direttore generale del Dipartimento del tesoro;
ribadendo che il suddetto immobile denominato «Centro delle Finanze», è stato realizzato nella misura dell'85 per cento e che tale struttura consta di 28 mila metri quadrati di superficie, ed è rimasta inutilizzata e in totale stato di degrado - nonostante le pubbliche denunzie su stampa e trasmissioni televisive - e fatta oggetto di un accordo nel 2003 tra l'Agenzia del demanio ed il Comune di Scandicci che prevedeva la valorizzazione dell'area e dell'immobile e la sua cessione alla Fintecna S.p.a. con il versamento del 15 per cento del ricavato al comune;
dopo la vendita, Fintecna ha comunicato al Comune di Scandicci, la volontà di non pagare il 15 per cento e per questo si è aperta una vertenza non ancora risolta -:
se risulti come la società Fintecna abbia intenzione di valorizzare detto immobile; se sia intenzione della società attualmente proprietaria alienare lo stabile sul mercato privato, o cederlo a enti pubblici;
se risulti se Fintecna abbia richiesto cambio di «destinazione d'uso» dell'immobile al Comune di Scandicci, per la vendita, e in caso affermativo, quale nuova destinazione sia stata attribuita all'immobile;
se Fintecna, una volta venduto l'immobile, sia disposta a reinvestire una parte della somma ricavata sul territorio locale in opere pubbliche.
(4-01167)

TESTO AGGIORNATO AL 21 LUGLIO 2010

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la Magistratura onoraria da Magistratura complementare è in sostanza Magistratura

protagonista giacché i singoli Magistrati hanno avuto via via un appesantimento del carico di lavoro;
ormai la maggioranza dei Magistrati onorari, proprio per far fronte a tale carico, in sostanza, svolge tale lavoro a tempo pieno;
nonostante l'articolo 36 della Costituzione, vi è una grossa differenza remunerativa tra due lavori sostanzialmente identici; non solo, ma anche all'interno dell'ordinamento di tali Magistrati vi sono delle, se possibile, ancor maggiori incongruenze remunerative fra attività lavorativa e corrispondente remunerazione; ancora e peggio, codesto Ministero ha via via nel tempo, nonostante l'immutabilità della norma applicata, dato delle soluzioni che, pur partendo dalla stessa norma, pur proseguendo con lo stesso iter logico, addivengono a risultati interpretativi ben differenti;
in particolare si segnala che la norma (decreto legislativo 28 luglio 1999 n. 273 all'articolo 4) dice: «1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'indennità di lire 190.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno.
2. Ai vice procuratori onorari spetta un'indennità di lire 190.000 per ogni udienza in relazione alla quale è conferita la delega a norma dell'articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni. L'indennità è corrisposta per intero anche se la delega è conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell'udienza. Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno.
3. L'ammontare delle indennità previste dai commi 1 e 2 può essere adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal ministro di grazia e giustizia di concerto con il ministro del tesoro, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.
4. La spesa relativa graverà sul capitolo 1589 del bilancio del ministero di grazia e giustizia» -:
se intenda assumere iniziative normative dirette a regolamentare in via generale la Magistratura onoraria affinché abbia delle remunerazioni coerenti con l'articolo 36 della Costituzione;
se intenda dare all'interno dell'Ordinamento Giudiziario un proprio ruolo ben definito ove la magistratura onoraria possa lavorare con pari dignità rispetto alla Magistratura togata giacché, come dice la Costituzione, i Magistrati sono tutti uguali fra di loro e si distinguono solo per le funzioni, quindi la dignità della giurisdizione deve esser tutelata a ogni livello;
quale sia l'interpretazione più corretta fra la circolare 29 maggio 2007 e quella del 4 settembre 2008, tenendo conto che quest'ultima oltre ad apparire la meno coerente, provoca una diminuzione della remunerazione che già di per sé appare esigua, diminuzione che non è pensabile in nessun settore lavorativo pubblico e/o privato e addirittura non ha cittadinanza nell'ambito pensionistico.
(2-00143) «Brigandì, Stucchi».

Interrogazioni a risposta scritta:

COSTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 del decreto legislativo 273/89 dispone che l'indennità per i Vice procuratori onorari e Giudici Onorari di Tribunale - che ammonta a circa 74 euro netti - sia corrisposta «ad udienza», a prescindere dal numero di procedimenti trattati;
la circolare ministeriale n. 016.001.001.44 del 4 settembre 2008 della Direzione generale della giustizia civile, nelle premesse chiarisce che: «Conseguentemente dovrà corrispondersi la doppia indennità giornaliera nei casi di partecipazione ... ad un'udienza pubblica ed una per provvedimenti camerali»;

la stessa circolare dispone oltre del tutto incomprensibilmente che: «va considerata come unica l'udienza dibattimentale nel cui corso il giudice sia chiamato a provvedere con rito speciale (ad esempio giudizio abbreviato) ... ne deriva la corresponsione di una sola indennità»;
la citata circolare sovverte un'interpretazione assodata negli anni e recentemente ribadita da un'altra circolare ministeriale, la n. 016.001.001.44 del 29 maggio 2007, emessa sul quesito n. 184/06;
la magistratura onoraria nel nostro Paese non ha più un ruolo complementare e occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini;
la giurisdizione in Italia si caratterizza ormai da anni per la presenza determinante di oltre 10.000 magistrati onorari e secondo le stime del Ministero, circa il 70 per cento della giurisdizione sarebbe affidata a queste figure «non professionali»;
la disposizione della citata Circolare rischia di non sortire affatto l'effetto perseguito, cioè il contenimento della spesa per la magistratura onoraria: nel caso in cui un magistrato onorario non si dia disponibile a svolgere l'attività che non gli viene più retribuita, il Procuratore dovrà necessariamente delegare altro magistrato onorario che sarà pagato per il singolo incombente;
la Federazione nazionale magistrati onorari di tribunale (Federmot) ha annunciato un periodo di agitazione con astensione dalle udienze per il mese di ottobre -:
se il Ministro interrogato non intenda provvedere affinché la citata circolare Ministeriale n. 016.001.001.44 del 4 settembre 2008 sia revocata;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per garantire il normale funzionamento della giustizia civile e penale nei Tribunali e avanti i Giudici di pace, ove il ricorso alla magistratura onoraria è quotidiano.
(4-01157)

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2007, il Ministro della giustizia, in attuazione dell'accordo sindacale sulla mobilità del personale sottoscritto in data 27 marzo 2007 (assolutamente identico, nel contenuto, al precedente accordo del luglio 1998 al quale peraltro non è mai stata data esecuzione dal Ministero), ha indetto procedure di mobilità, dette interpelli, per la prima volta dopo sette anni;
queste procedure hanno riguardato solo il 44 per cento dei posti disponibili;
fra gennaio e febbraio del 2008, il Ministero ha provveduto alla pubblicazione delle graduatorie;
fra marzo e aprile del 2008, ha proceduto ad emettere i relativi decreti di trasferimento precisando che, come previsto dall'accordo sindacale sopra citato, sarebbero stati dichiarati esecutivi entro 6 mesi;
lo scorso 11 settembre il Ministero ha comunicato agli interessati che, a seguito dell'innovazione legislativa intervenuta per effetto dell'articolo 74, comma 1 del decreto-legge n. 112 del 2008, e del conseguente rifacimento delle piante organiche, si riteneva opportuno sospendere l'esecuzione dei decreti di trasferimento nonostante, in realtà, l'articolo in questione salvi espressamente le procedure in corso alla data della sua entrata in vigore -:
se e quando sarà data efficacia ai provvedimenti già notificati sui quali gli interessati avevano fatto legittimo affidamento.
(4-01159)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'inchiesta «Puma», condotta dalla DDA di Catanzaro ha visto coinvolti, tra gli altri, un consigliere regionale, oggi sospeso dalla carica, e Raffaele Vrenna, imprenditore, nel momento del coinvolgimento, presidente dell'Assindustria crotonese, vicepresidente della Confindustria Calabria e presidente del Crotone calcio;
le accuse in fase di indagine erano di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso e corruzione;
nella lunga requisitoria del processo, col rito abbreviato, scaturito dall'inchiesta «Puma», il Pm Pierpaolo Bruni ha denunziato le decisioni assunte: «Gip e Tribunale delle libertà di Catanzaro meno rigorosi coi colletti bianchi» (dove per «colletti bianchi» si fa riferimento, tra gli altri, proprio all'imprenditore Raffaele Vrenna);
nella requisitoria il Pm ha ricordato che Vrenna «era in ottimi rapporti con i personaggi della cosca»;
il Pm ha chiesto 10 anni di reclusione e la sentenza, emessa nel mese di giugno 2008, ha portato alla condanna di 4 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, dell'imprenditore Raffaele Vrenna;
l'imprenditore Vrenna, nel momento della condanna, era comproprietario con il fratello Giovanni della società «Sovreco SpA», con partecipazione diretta al capitale sociale di ben 6 società miste sparse in tutta la Calabria e con qualche legame anche in Campania, tutto nel settore di gestione dei rifiuti;
Vrenna non era nuovo ad interventi giudiziari: nel 2005 una delle sue ditte di smaltimento rifiuti, la Mida Srl, vincitrice dell'appalto di alcuni lavori presso l'Azienda sanitaria locale di Messina, era finita sotto un'inchiesta che aveva portato agli arresti domiciliari, per ben sei mesi, dell'imprenditore in questione; il procedimento penale era stato poi trasferito dalla Procura di Messina a quella di Crotone dove si è concluso con la piena assoluzione dell'imputato;
dopo la richiesta di condanna nel processo «Puma», l'imprenditore Vrenna si è autosospeso dalla carica di responsabile degli industriali crotonesi;
a seguito della condanna in primo grado, riportata dal Vrenna nel processo «Puma», il Prefetto di Crotone, nello scorso mese di agosto 2008, ha correttamente comunicato agli Enti calabresi che avevano il contratto con le ditte di smaltimento rifiuti di proprietà dell'imprenditore crotonese, che questi non era più in possesso dei requisiti per ottenere la certificazione antimafia;
dopo la comunicazione del Prefetto di Crotone, Raffaele Vrenna ha deciso di cedere tutte le sue quote di partecipazione nelle società «Sovreco», «Salvaguardia Ambientale», «Mida» e «Football Club Crotone»;
la Prefettura di Crotone ha disposto gli accertamenti sulla nuova composizione societaria della «Sovreco»; quale amministratore del suo patrimonio, Raffaele Vrenna ha indicato il commercialista Angelo Berlingeri, i beneficiari sono i suoi familiari, la moglie Patrizia (segretaria del Procuratore della Repubblica di Crotone, Franco Tricoli) e i due figli, quale garante ci sarebbe il fratello Giovanni;
successivamente alla cessione delle quote, si è subito parlato della nascita di una società «Trust» che gestisse in maniera separata il patrimonio senza venirne in possesso;
in seguito alla revoca della certificazione antimafia alle società dell'imprenditore Raffaele Vrenna, in data 8 agosto 2008, l'Ufficio del Commissario per il superamento della criticità ambientale in Calabria ha interrotto i rapporti con la società «Sovreco» di Crotone;

la citata revoca, di carattere emergenziale e dovuta secondo la normativa antimafia, è stata seguita da proteste dei sindaci dei Comuni calabresi presso i quali era stata destinata la ripartizione dei rifiuti solidi urbani solitamente inviati nella discarica di proprietà del Vrenna;
alla protesta dei sindaci si è unita quella del Governatore della Calabria, Agazio Loiero, il quale, peraltro, proprio ultimamente aveva invocato la proroga del decennale stato di emergenza ambientale in Calabria: proroga ottenuta fino al 31 dicembre 2008;
l'interrogante ha ritenuto davvero assurde le proteste di Sindaci e Governatore di fronte alla obbligata interruzione dei rapporti con un privato che aveva perso le prerogative previste dalla vigente legislazione antimafia;
il 12 agosto 2008, inspiegabilmente e, ad avviso dell'interrogante, aggirando la normativa antimafia, dopo un incontro con il presidente della Giunta regionale calabrese, Agazio Loiero, il Prefetto Goffredo Sottile, Commissario delegato per il superamento della criticità ambientale, ha riaperto l'impianto della società «Sovreco»;
il giorno successivo la stampa ha dato notizia che il Procuratore della Repubblica di Crotone, Franco Tricoli (la cui segretaria, Patrizia Comito, è moglie di Raffaele Vrenna), e che sarebbe andato in pensione dopo quattro giorni, avrebbe assunto la figura di «blind Trust», di fatto solo «Trust», del gruppo Vrenna;
il Procuratore della Repubblica di Crotone guidava ancora, in quel momento l'Ufficio presso il quale lavora il magistrato, Pierpaolo Bruni, Pm nel processo «Puma», contro l'imprenditore Raffaele Vrenna;
di fatto, il Procuratore Tricoli, in data 8 agosto 2008 ha inoltrato domanda di collocamento in pensione ed il 18 agosto 2008 è stato collocato in pensione ed ha assunto l'incarico di presidente del «trust» che il gruppo Vrenna ha inteso realizzare per sottrarsi alle conseguenze insite nella condanna a quattro anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa di Raffaele Vrenna;
ad avviso dell'interrogante appare anomala la scelta del Procuratore Tricoli nel lasciare l'Ufficio della Procura per assumere, senza soluzione di continuità, l'incarico di garante di una società che il suo stesso Ufficio ha messo al centro delle proprie indagini, fino ad ottenerne la condanna del maggiore azionista;
l'interrogante ritiene, altresì, di dover puntualizzare la stranezza dell'incarico assunto dall'ex Procuratore Tricoli, il quale ha avuto al suo fianco, come segretaria, la moglie di Raffaele Vrenna, affidataria di alcune quote, cedute dal marito, della società «Sovreco», ed ancora oggi rimasta quale cancelliere, all'interno della Procura di Crotone;
nella vicenda non può passare inosservata la dichiarazione dell'Antitrust sulla gestione dei rifiuti in Calabria; sul bollettino settimanale di metà agosto 2008 l'Antitrust ha parlato di «un'organizzazione non trasparente dei sistemi di gestione della raccolta differenziata, culminata nella costituzione di società a capitale misto pubblico-privato senza ricorso ad alcun tipo di gara come prescritto dalla legge»; la segnalazione dell'Antitrust ha, altresì, messo in evidenza come l'intero sistema di privativa posto in essere nella regione Calabria sia stato costituito in deroga alla normativa vigente a livello comunitario e nazionale e che la gestione, in concreto, di questo tipo di servizi, abbia dimostrato elementi di forti criticità, gravi inefficienze ed inadeguatezze;
un collaboratore di giustizia, proprio nell'ambito di un'inchiesta sulla cosca Vrenna-Bonaventura-Corigliano, avrebbe denunziato rapporti della 'ndrangheta crotonese con le istituzioni ed anche con rappresentanti della magistratura;
nei primi giorni del corrente mese di settembre 2008 i Carabinieri di Crotone,

su delega della Procura, hanno acquisito in Prefettura tutti gli atti antimafia relativi alle società di Vrenna -:
se il ministro della giustizia non ritenga di dover avviare un'adeguata indagine presso la procura di Crotone, che aveva a capo, fino al 16 agosto 2008, proprio il procuratore Tricoli, al fine di accertare, tra l'altro, se risultino negli anni iscritte in quella procura tutte le notizie di reato, quali siano le motivazioni che hanno portato il procuratore Tricoli a rimanere a capo della stessa Procura della Repubblica di Crotone per ben nove anni ed in che data il procuratore Tricoli abbia effettivamente accettato di diventare fiduciario della società del gruppo Vrenna;
se corrisponda al vero che il figlio del Procuratore Tricoli, avvocato, Luca Alberto Tricoli, sia stato legale della famiglia Vrenna o di altre società collegate alla stessa famiglia e in tal caso se tale patrocinio si sia svolto nel distretto nel quale esercita la propria attività il procuratore Tricoli;
quale sia la reale composizione societaria delle società del gruppo Vrenna, dopo la cessione delle quote da parte di Raffaele Vrenna;
se la signora Luisa Bifolco, madre dei fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna, sia proprietaria di azioni in qualche società dei figli;
se sia stata avviata qualche procedura di trasferimento dalla Procura di Crotone, per incompatibilità ambientale, della signora Comito Patrizia, moglie di Raffaele Vrenna e azionista delle società delle quali il marito era proprietario prima della condanna;
se non ritengano che le società di Raffaele Vrenna debbano essere sottoposte al sequestro, a norma delle leggi antimafia;
quali siano le motivazioni che hanno portato il Commissario per il superamento della criticità ambientale in Calabria a ripristinare i rapporti con la società «Sovreco» di Crotone, subito dopo la visita del Governatore calabrese, Agazio Loiero;
se, alla luce dell'ultima dichiarazione dell'Antitrust, non sia indispensabile ed urgente avviare un'adeguata indagine sulla gestione dei rifiuti in Calabria e sul relativo sistema di privativa posto in essere nella regione stessa.
(4-01174)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI, META, BRAGA e SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in attuazione di quanto previsto dalla disciplina di gestione delle ZTL (zone a traffico limitato) e ZRU (zone di rilevanza urbanistica), così come regolate dal nuovo codice della strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni e integrazioni, molte città, anche di medie dimensioni, hanno giustamente delimitato i propri centri urbani, limitandone l'accesso ai soli veicoli autorizzati, tra i quali risultano inclusi quelli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie o funzionali, in possesso dell'apposito contrassegno rilasciato ai sensi della legge n. 104 del 1992;
un numero sempre maggiore di Comuni si sta dotando di sistemi digitali per videosorvegliare i varchi di accesso alle ZTL che rilevano il numero di targa dei veicoli in transito e, se questo non è inserito nel database degli autorizzati all'accesso, automaticamente viene avviata la procedura per l'irrogazione della sanzione amministrativa, anche qualora risulti legittimamente esposto il citato contrassegno di cui alla legge 104/92;
i disabili che risiedono, o che accedono con regolarità in un Comune dotato di ZTL, ottengono l'iscrizione del numero di targa del loro veicolo nel sistema informatico

- e quindi non corrono il rischio di essere sanzionati - mentre altri, pur avendone titolo, quando attraversano la ZTL di un comune ove si transita in modo occasionale, per esigenze di lavoro o per il semplice esercizio del diritto alla mobilità, si vedono regolarmente recapitare una o più sanzioni, anche se, con altrettanta regolarità, la multa viene annullata a seguito di ricorso presso la Prefettura competente;
si ritiene pertanto indispensabile che si provveda affinché venga riconosciuto alle persone disabili di fruire di un diritto riconosciuto dalle leggi vigenti, quale quello di accedere nelle ZTL, senza costringerle a sopportare adempimenti burocratici non indifferenti e di una certa complessità -:
quali iniziative si intendano adottare, eventualmente anche integrando le attuali disposizioni del codice della strada, affinché le caratteristiche del contrassegno rilasciato ai sensi della legge 104/92 consentano la piena mobilità del veicolo della persona disabile all'interno delle ZTL istituite sull'intero territorio nazionale e che, di conseguenza, siano adeguati e uniformati i dispositivi digitali di controllo posti ai varchi di accesso.
(5-00371)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

CIRIELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince da articoli di stampa, sembrerebbe che, a Nocera Inferiore, sia stato perpetrato un atto vandalico nei confronti dell'ancora della storica corazzata «Littorio», posta davanti alla sede dell'Associazione nazionale Marinai d'Italia, in pieno centro cittadino;
in particolare, sembra che ignoti abbiano divelto la staffa alla quale era agganciata l'ancora della prestigiosa corazzata «Littorio», sradicandola dal muro e scaraventando a terra il pesantissimo monumento;
da quanto citato dagli organi di informazione, l'atto vandalico sarebbe stato compiuto da almeno tre individui e, pertanto, sembrerebbe premeditato in quanto non sarebbe stato facile per una sola persona compiere una simile operazione tenuto conto che l'ancora pesa diversi quintali;
l'ancora della corazzata «Littorio» è ubicata, da più di dieci anni, in un sito provvisorio e le varie amministrazioni comunali della città di Nocera Inferiore avrebbero previsto il suo utilizzo per costituire un monumento ai caduti del mare, da posizionare in piazza De Santi, ai piedi del convento di Sant'Antonio e di fronte alla piazza dedicata a Padre Gugliemo Salierno -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
se, tenuto conto che sembrerebbe evidente la matrice politica dell'atto vandalico, il locale commissariato della Polizia di Stato abbia avviato adeguate indagini in merito e, in caso contrario, quali provvedimenti intenda adottare anche per evitare che si possano verificare futuri e più gravi episodi di intolleranza politica;
se, considerato che il monumento è ubicato, da più di dieci anni, in un sito provvisorio, non ritenga opportuno intraprendere iniziative di propria competenza tese a sollecitare l'utilizzo dell'ancora per la costruzione del monumento ai caduti del mare ed il suo successivo posizionamento nella zona citata in premessa, già individuata dalle amministrazioni comunali succedutesi nella città di Nocera Inferiore.
(4-01158)

CAPARINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di cittadini di Palazzolo in provincia di Brescia ha denunciato al Prefetto di Brescia il combinato disposto dell'aumento degli atti di microcriminalità e con l'atteggiamento del comandante della locale stazione dei Carabinieri che «Disincentiva il cittadino nel denunziare tali reati finendo per assecondare i malviventi»;
i cittadini hanno raccolto numerose testimonianze riguardo ad episodi di mancato presidio del territorio, in particolar modo nelle ore serali/notturne, che consentono comportamenti lesivi della convivenza civile, dignità, decoro e rispetto delle leggi;
sono numerose le segnalazioni di uso dei luoghi pubblici come urinatoi, comportamento che obbliga tutte le mattine i residenti e gli esercenti a ripulire e disinfettare l'area antistante gli ingressi delle abitazioni o degli esercizi o delle attività;
nelle ore diurne gli esercenti hanno denunciato al Prefetto di Brescia la penalizzazione delle loro attività dovuta ad assemblamenti di persone ubriache e/o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti che con il loro comportamento intimoriscono ed allontanano sia i passanti che i clienti abituali costringendo, a lungo andare, al trasferimento o alla cessazione dell'attività dell'esercente. Oltretutto tali attività sono ulteriormente vessate da atti criminosi quali il danneggiamento e furto ai veicoli dei loro clienti;
a Palazzolo si sono verificati numerosi furti di auto e numerosi furti alle abitazioni di cittadini privati. Questi ultimi però non vengono denunciati per gli scarsi risultati ottenuti in denunce precedenti. Abitualmente nella stazione e negli oratori si verificano furti di biciclette e motocicli a danno soprattutto di bambini, studenti ed anziani;
i cittadini hanno denunciato al Prefetto l'incremento dello spaccio di sostanze stupefacenti fatto alla luce del sole e in luoghi pubblici, in ambienti frequentati anche dai minori;
recentemente i cittadini sono stati involontariamente coinvolti negli scontri tra bande armate di nazionalità straniera. La cronaca ha registrato una sparatoria tra extracomunitari con un morto ed un paio di feriti gravi;
per i cittadini la sola presenza delle forze dell'ordine rappresenterebbe un segnale di attenzione da parte delle istituzioni oltre che deterrente per i malintenzionati -:
quali azioni il ministro intenda intraprendere per garantire la sicurezza ai cittadini di Palazzolo.
(4-01166)

BERNARDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come constatato direttamente dall'interrogante nella visita di sindacato ispettivo del 5 luglio scorso, e dalle segnalazioni ricevute dall'Arci di Caltanissetta, decine di richiedenti asilo (in questi giorni almeno una settantina) sono costretti a vivere nei terreni adiacenti il Cpa/Cara/Cie di Pian del Lago in provincia di Caltanissetta;
i richiedenti asilo di cui sopra provengono soprattutto dall'Iraq e dall'Afghanistan, e sono arrivati in Italia, privi di qualsiasi mezzo di sostentamento, per cercare protezione internazionale;
ciò avviene in violazione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 140 del 2005 che, in attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo, sancisce il diritto all'accoglienza di tutti i richiedenti asilo privi di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per la salute e per il sostentamento proprio e dei propri familiari;
ad avviso dell'interrogante e dell'Arci di Caltanissetta si va ormai consolidando la prassi per la quale le Questure del nord

d'Italia, in particolare la frontiera aeroportuale di Milano e quelle portuali di Venezia e Ancona, inviano i richiedenti asilo verso le Questure del sud d'Italia (in particolare quella di Caltanissetta e quella di Crotone);
la quasi totalità dei richiedenti asilo che soggiornano da più di un mese all'esterno del Cpa di Pian del Lago (Caltanissetta) è giunta in Italia attraversando le frontiere sopraccitate senza che venisse data loro la possibilità di chiedere asilo; tutto ciò avviene in violazione della procedura amministrativa, prevista dalla «legge Martelli», così come modificata dalla legge n. 189 del 2002, secondo la quale «(...) ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato lo straniero che intende presentare domanda di asilo lo deve fare alla polizia di frontiera al momento dell'ingresso (...)»;
il diritto di chiedere asilo continua a esser violato, ad avviso dell'interrogante, anche una volta che i richiedenti arrivano a Caltanissetta dove, pur presentandosi spontaneamente agli uffici della Questura, ricevono esclusivamente un foglio con un appuntamento per regolarizzare la posizione sul territorio e non per procedere alla firma del modulo C3 e quindi alla formalizzazione della richiesta d'asilo;
nei casi in cui i richiedenti asilo sono «ospitati» nel Cara di Pian del Lago, il periodo massimo di trattenimento non supera mai il limite fissato a 35 giorni, ma nessuno dei richiedenti asilo riesce a finire la procedura d'asilo all'interno del centro, quindi tutti escono, dopo 35 giorni, ricevendo un permesso di soggiorno per richiesta di asilo della durata di 3 mesi e vengono lasciati per strada, esclusi da qualsiasi forma di trattamento e aiuto umanitario, persino quello alimentare e sanitario;
in particolare, nella giornata del 23 settembre scorso è accaduto che 12 persone, tutte di origine eritrea, di cui la metà donne e bambini, spaventate dall'idea di ritrovarsi in mezzo alla strada senza alcuna forma di sostentamento, si sono rifiutate di lasciare la struttura del centro e, per tutta risposta, sono state cacciate con la forza e, dopo aver passato la prima notte all'aperto, il 24 settembre, hanno accettato l'aiuto degli operatori dell'Arci di Caltanissetta che le hanno convinte a farsi comunque rilasciare dalla Questura il permesso di soggiorno per richiesta asilo di 3 mesi;
gli sbarchi a Lampedusa sono aumentati e con l'aumento degli stranieri richiedenti asilo politico o umanitario, il Centro di Pian del Lago, per rispondere alle emergenze del Centro per Stranieri dell'isola siciliana, si appresta a cacciare altre persone per le quali non è stato predisposto alcun piano di sostegno e accoglienza;
peraltro sul finire della scorsa legislatura, proprio al fine di garantire il pieno rispetto dei diritti dei richiedenti asilo, la Commissione De Mistura ha auspicato che per tutte le richieste di asilo possa presto giungersi ad una graduale sostituzione dell'attuale sistema dei centri di identificazione con il sistema Sprar (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati), l'unico capace di garantire una maggiore tutela per tutti coloro che avanzano domanda di asilo, oltre ad una più agile gestione ed un più efficace utilizzo delle risorse economiche destinate all'accoglienza degli stessi -:
se sia a conoscenza della drammatica situazione dei richiedenti asilo che vengono indirizzati al Cara di Pian del Lago in provincia di Caltanissetta;
se ritenga di dover urgentemente intervenire per ripristinare la legalità in merito alla palese violazione delle norme nazionali ed europee sui diritti dei richiedenti asilo privi «di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per la salute e per il sostentamento proprio e dei propri familiari»;
quali siano i motivi per i quali le Questure del Nord Italia inviino i richiedenti asilo verso le Questure del sud d'Italia contravvenendo alla normativa vigente

secondo la quale ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato lo straniero che intende presentare domanda di asilo lo deve fare alla polizia di frontiera al momento dell'ingresso;
se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di giungere, così come proposto dalla Commissione De Mistura, ad una riforma normativa che preveda un unico Sistema nazionale di accoglienza e protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati da collocarsi come evoluzione dell'attuale sistema di protezione (Sprar), in modo da garantire agli stessi adeguati percorsi di integrazione sociale nel nostro Paese.
(4-01169)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è ancora irrisolto il tragico omicidio del Consigliere provinciale e comunale dell'Italia dei Valori Giuseppe Basile, avvenuto il 15 giugno scorso ad Ugento (Lecce);
l'attività politica del Consigliere, le sue battaglie soprattutto sulle tematiche della speculazione edilizia e delle lottizzazioni probabilmente hanno «dato fastidio a qualcuno»;
circa tre anni fa Basile aveva trovato dei bossoli nella sua cassetta delle lettere e qualche mese prima di morire, davanti alla porta dell'abitazione, una testa di animale mozzata;
l'odio di qualcuno verso Basile è stato addirittura dichiarato sulle mura di Ugento, con scritte minacciose come «Basile devi morire», «Basile muori», «Basile sei nulla»;
dette scritte sono rimaste a tutti visibili per circa due anni e sono state rimosse solo qualche ora prima del funerale di Basile dall'amministrazione comunale;
dalla stampa risulta che alla Questura di Lecce siano stati interrogati cinque giovani sospettati di aver minacciato il consigliere ugentino con le ingiuriose scritte sui muri;
trattasi di ragazzi molto giovani ma tutti maggiorenni, «alcuni dei quali impegnati in movimenti politici e fra loro vi sarebbe anche il nipote di un amministratore di Ugento» (Nuovo Quotidiano di Puglia, 4 luglio 2008);
un articolo del 7 luglio 2008 pubblicato sul sito www.iltaccoditalia.info riporta le parole di uno degli autori delle scritte: «Le scritte sui muri sono nostre; ma non l'abbiamo ucciso noi»; lo avrebbero fatto per gioco, quasi per amicizia con il consigliere, del quale non condividevano l'orientamento politico. «Noi eravamo tesserati in AN; con Peppino ci facevamo scherzi a vicenda ma ci volevamo bene; non avremmo avuto motivi di ucciderlo» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti nella presente interrogazione, e se - fatti salvi gli accertamenti di competenza della magistratura - stia adeguatamente monitorando i potenziali problemi di ordine pubblico.
(4-01171)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

CRISTALDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere:
se sia a conoscenza della incresciosa situazione che si sta vivendo nell'isola di Marettimo, arcipelago delle Egadi in provincia di Trapani, dove non si sono trovati insegnanti per la scuola elementare, costringendo i genitori a condurre i propri figli in una scuola elementare della vicina Favignana;

se risponde a verità che il posto di insegnante a Marettimo sia stato rifiutato da numerosi insegnanti e se si ritenga legittimo tutto questo -:
quali ispezioni intenda disporre per l'accertamento dei fatti e per porre rimedio alla situazione.
(4-01161)

DI PIETRO, DI GIUSEPPE e DONADI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della pubblica istruzione, con D.D. del 22 novembre 2004 ha bandito un corso-concorso selettivo di formazione per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria e secondaria di primo grado, per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi, per un numero complessivo di 1.500 posti;
con le disposizioni ai sensi dell'articolo 1, comma 619, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si è stabilito di procedere «... alla nomina sui posti previsti dal bando di concorso ordinario a dirigente scolastico e, ove non sufficienti, sui posti vacanti e disponibili relativi agli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, dei candidati del citato concorso, compresi i candidati in possesso dei prescritti requisiti ammessi con riserva a seguito di provvedimento cautelare in sede giurisdizionale o amministrativa, che abbiano superato le prove di esame propedeutiche alla fase della formazione con la produzione da parte degli stessi di una relazione finale e il rilascio di un attestato positivo da parte del direttore del corso, senza effettuazione dell'esame finale previsto dal bando medesimo. Si procede, altresì, sui posti vacanti e disponibili a livello regionale relativi al medesimo periodo, alla nomina degli altri candidati che abbiano superato le prove di esame propedeutiche al corso di formazione del predetto concorso ma non vi abbiano partecipato perché non utilmentecollocatinelle relative graduatorie; questi ultimi devono partecipare con esito positivo ad un apposito corso intensivo di formazione, indetto dall'amministrazione con le medesime modalità di cui sopra»;
la stessa legge 27 dicembre 2006, n. 296 (articolo 1, comma 605) specifica che altre nomine su posti vacanti e disponibili, relative a concorsi riservati, potranno essere effettuate solo dopo le nomine relative al concorso ordinario, di cui al citato comma 619 («Sui posti vacanti e disponibili relativi agli anni scolastici 2007-2008, 2008-2009 e 2009-2010, una volta completate le nomine di cui al comma 619, si procede alla nomina dei candidati che abbiano partecipato alle prove concorsuali della procedura riservata»);
l'amministrazione ha espletato nel rispetto delle norme, che richiamavano espressamente il principio del merito per quanto attiene la formazione e la selezione dei candidati idonei ed impiegando per questo risorse finanziarie ed umane considerevoli;
si è proceduto ad effettuare le nomine sui posti disponibili che risultavano vacanti al 1o settembre 2007;
un'aliquota significativa di personale risulta ancora inserita nelle graduatorie di merito nelle rispettive Regioni di appartenenza in attesa di nomina -:
se il Ministro interrogato intenda procedere:
a) alla ricognizione dei posti vacanti e disponibili al 1o settembre 2008 su tutto il territorio nazionale ed attribuire gli stessi nel rispetto dei principi dettati dall'articolo 1, comma 619, della legge n. 296 del 2006, agli aventi diritto del corso-concorso ordinario D.D.G. 22 novembre 2004;
b) all'attuazione della interregionalità a domanda, sui posti rimasti vacanti in altra regione laddove risultino esaurite le graduatorie, eventualmente anche mediante stipula di contratti a tempo determinato

e l'istituto della mobilità con diritto di precedenza per il rientro nella regione di provenienza;
c) alla proroga dei termini di scadenza delle graduatorie di merito (1o e 2o settore) già pubblicate a luglio 2007 fino al completamento delle assunzioni di tutti gli aspiranti dirigenti scolastici ivi inclusi.
(4-01163)

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTÈ. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Tar del Lazio, accogliendo le richieste di una danneggiata da vaccinazione e tracheostomizzata, ha sospeso i pagamenti degli arretrati decennali, per circa 35 milioni di euro, a 580 persone vittime di danni da vaccinazione obbligatoria, previsti dalla legge n. 229 del 29 ottobre 2005;
la causa della sospensione sarebbe l'assenza di una graduatoria di gravità delle condizioni degli aventi diritto, così come imposto dal Consiglio di Stato, che nell'aprile scorso annullò il decreto dell'ex ministro Livia Turco che regolava le liquidazioni degli indennizzi;
il decreto citato aveva creato gravissimo pregiudizio ai danneggiati da vaccinazione più gravemente colpiti, ai quali veniva negata ogni priorità, ed ai genitori dei deceduti che addirittura non venivano neanche menzionati;
la sospensione penalizzerà ovviamente coloro che speravano in una pronta liquidazione e ripartizione dei 30 milioni di euro disponibili ma la colpa è da addebitare all'amministrazione che, in una platea di danneggiati di varie gravità, non doveva procedere ai pagamenti casualmente senza stilare una graduatoria -:
se non ritenga di adottare urgentemente gli atti necessari ad eliminare quanto rilevato dal Tar del Lazio, al fine di evitare una lunga ed ulteriore attesa, per le vittime di danni da vaccinazione obbligatoria.
(3-00149)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la chiusura dell'ospedale «San Giacomo», un significativo riferimento per una vasta area del territorio cittadino che copre il centro storico di Roma ed il territorio coperto dalla RMA, è stata predisposta all'indomani dell'approvazione della legge regionale n. 14 del 2008 relativa all'assestamento di bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio il cui maxiemendamento era a firma di Piero Marrazzo, commissario pro tempore per il risanamento finanziario della sanità laziale e il conseguimento degli obiettivi previsti dal piano di rientro del deficit;
in data 6 giugno 2007 è stato approvato il piano di riorganizzazione dell'ospedale San Giacomo, finalizzato alla riqualificazione complessiva del presidio, attraverso la razionalizzazione e lo sviluppo delle attività di degenza e ambulatoriali, definita per il medio periodo, fino alla realizzazione del complesso ospedaliero in zona Bufalotta, in aderenza alle indicazioni programmatiche della Regione Lazio;
l'ospedale San Giacomo gode di strutture e tecniche all'avanguardia, poiché negli ultimi 18 mesi sono stati ristrutturati, ed in parte ancora sono in fase di ristrutturazione, interi reparti e servizi quali il Centro di rianimazione, l'Unità Coronarica, il Reparto Nefrologia e Dialisi, Gastroenterologia, Farmacia, Ortopedia, Psichiatria e Neurologia, il laboratorio di analisi e i Day Hospital di Oncoematologia, per un costo complessivo di circa 15 milioni di euro;

la ristrutturazione del presidio ospedaliero «San Giacomo» ha comportato l'acquisto di attrezzature e strumentazioni mediche di eccellenza, oltre che la realizzazione di impianti speciali di condizionamento che tecnicamente non possono essere oggetto di ricollocazione in altre strutture ospedaliere essendo impianti realizzati ad hoc;
secondo il Documento di programmazione sanitaria regionale di riabilitazione, il Dipartimento di Emergenza Accettazioni dell'Ospedale San Giacomo si colloca ad oggi, ancora al livello 1 nell'area Roma centro-est, restando, di fatto, esente dalla graduale riformulazione al ribasso dei livelli, preambolo delle dinamiche di chiusura e ricollocazione delle strutture ospedaliere;
l'eventualità del trasferimento e dello smembramento dei reparti dell'Ospedale San Giacomo andrà ad intaccare il consolidato e profondo legame del personale medico sul territorio, presupposto fondamentale della corretta e costruttiva tutela della salute del cittadino;
in data 15 luglio 2008 è stato approvato l'organigramma delle unità operative complesse con la individuazione delle unità operative semplici dell'Ospedale San Giacomo, che costituisce il sostanziale adeguamento organizzativo delle strutture presenti nell'atto aziendale necessario per la funzionalità dei servizi;
la questione della gestione del trasferimento e riassorbimento del personale medico e assistenziale della suddetta struttura non ha visto il coinvolgimento attivo dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali e dei rappresentanti delle associazioni dei malati cronici, soprattutto i dializzati, da parte del Commissario e della Regione Lazio;
l'ipotesi di trasferimento di tutto il personale sanitario e delle divisioni del San Giacomo al nuovo Ospedale della zona Bufalotta, a cui fa riferimento la Giunta regionale, risulta al momento priva di riferimenti concreti, poiché non esiste ad oggi un progetto dello stesso;
non sono stati predisposti o formulati reali e concreti progetti alternativi al frazionamento delle strutture del San Giacomo;
emerge dal piano progettuale che la chiusura del suddetto ospedale e il suo successivo smembramento comporterà la realizzazione di un Ambulatorio di continuità, così come accaduto per il Presidio Nuovo Regina Margherita, che sarà operativo soltanto 12 ore al giorno, che occuperà una superficie di soli 500 mq, rispetto agli 860 mq preannunciati dal Commissario Marrazzo, che non sarà un Pronto Soccorso, né un posto di primo intervento, non potendo assicurare l'esecuzione tempestiva e completa degli accertamenti diagnostici e delle consulenze specialistiche garantite da un presidio ospedaliero;
è assolutamente necessario mantenere il presidio ospedaliero del San Giacomo completamente operativo, garantendo in questo modo la tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza con particolar attenzione ai malati cronici residenti nell'area, e affinché si possa tutelare e salvaguardare la professionalità virtuosa ed encomiabile degli operatori sanitari facenti capo da anni al Presidio del San Giacomo -:
se, nell'ambito delle competenze proprie del commissario ad acta, non si intenda valutare la compatibilità con i vincoli del piano di rientro di soluzioni organizzative diverse da quelle attualmente annunciate.
(5-00370)

Interrogazioni a risposta scritta:

SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Alicos è una società per il 60 per cento di proprietà di Almaviva e per il restante 40 per cento di proprietà di Alitalia, che fornisce servizi alla clientela;

in Sicilia, Alicos ha 1.500 dipendenti, mille dei quali svolgono attività di call-center per Alitalia;
ogni anno Alicos, che ha un volume d'affari complessivo di 22 milioni di euro, conta sette milioni di telefonate e prenotazioni per i passeggeri in partenza in Italia, Usa, Francia, Irlanda. Inoltre sono 500 mila i biglietti venduti ogni anno attraverso il call-center palermitano;
la crisi della compagnia di bandiera rischia di avere pesanti ripercussioni sui dipendenti del call-center in oggetto. Poiché, non rientrando l'azienda nel perimetro industriale, non se ne tiene conto nelle proposte nazionali;
sempre secondo agenzie di stampa, Alitalia avrebbe un debito con Alicos di diversi milioni di euro;
tale situazione di indebitamento, unita al preoccupante evolversi degli scenari legati al futuro della compagnia di bandiera, allarma i lavoratori di Alicos sulla continuità dell'azienda e sulle prospettive occupazionali -:
se non intenda, nell'ambito della trattativa sul futuro assetto societario di Alitalia, tenere in considerazione la questione del call-center Alicos la cui eventuale chiusura andrebbe ad aggravare una già difficile situazione occupazionale del territorio e priverebbe il Paese di un servizio utile e ben gestito.
(4-01164)

ARACRI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2007 è stato sottoscritto un accordo programmatico di risanamento della Fondazione Enasarco presso il Ministero del lavoro con l'obiettivo di porre rimedio alle criticità del bilancio attraverso provvedimenti tesi a ridurre le spese inutili, ad aumentare la resa del patrimonio e a rivedere in senso democratico il sistema di scelta degli amministratori da parte della categoria;
le pagine dei maggiori quotidiani riportano la decisone della Fondazione Enasarco di vendere l'intero patrimonio immobiliare per tentare di far fronte al gravissimo squilibrio finanziario evidenziato dal bilancio tecnico attuariale;
a fronte di tale critica situazione e degli impegni assunti in sede ministeriale ci si doveva attendere una netta inversione di tendenza tesa ad aumentare le entrate e ridurre drasticamente le spese;
il nuovo consiglio di amministrazione ha invece deciso un aumento generalizzato degli stipendi degli alti dirigenti, confermandoli anticipatamente per ulteriori 5 anni al di là dei deludenti risultati raggiunti nella precedente gestione ampiamente rilevabili dalla relazione dell'ex commissario straordinario Giovanni Pollastrini;
nonostante la precedente fallimentare esperienza è stato nuovamente appaltato per ben 4,5 milioni di euro in 3 anni il servizio di call center in favore della società Eutelia spa che avrebbe dovuto garantire 150 postazioni di ascolto che ad oggi non risulterebbero funzionanti come testimoniato dalle lamentele dell'utenza;
il dirigente responsabile della rassegna stampa è stato licenziato e, successivamente, riassunto con distacco per 2 anni a spese della Fondazione presso una onlus non avente alcun legame con l'Enasarco con conseguente affidamento all'esterno del servizio di rassegna stampa con ulteriori oneri;
allo stato c'è un sostanziale fermo delle attività di recupero crediti delle ingenti morosità dell'inquilinato, in particolare nei confronti delle società affittuarie del complesso «Due Torri di Bari» e «La Cascina», ma anche di associazioni sindacali o del Comune di Roma per il complessivo importo di 9 milioni di euro;
da oltre 6 anni non è a reddito un immobile di 8 piani sulla via Cristoforo Colombo in Roma (2255 metri quadri uso

ufficio + 931 metri quadri uso garage) per il quale è ipotizzabile un fitto pari a circa 750.000 euro annui;
numerosi immobili commerciali sarebbero locati a società immobiliari con esplicita possibilità di subaffitto a canoni maggiorati rispetto a quelli versati all'Enasarco (sarebbe il caso ad esempio degli immobili di via Nizza e via Primo Carnera, per i quali la Fondazione si sarebbe anticipatamente fatta carico di ingentissime spese di ristrutturazione);
il sistema degli appalti per i servizi difetta in trasparenza nell'aggiudicazione degli stessi, come si evincerebbe da un formale richiamo dell'Acer pervenuto con lettera del 1o aprile 2008;
non sono chiare le modalità per cui alla Fincor Spa - affidataria della gestione del comparto mobiliare - siano stati erogati compensi di milioni di euro senza che venissero raggiunti gli obiettivi concordati salvo poi arrivare a una risoluzione anticipata dell'appalto dietro corresponsione di un lauto compenso;
di recente i sindacati aziendali hanno più volte puntato il dito contro l'esternalizzazione dei servizi della Fondazione denunciandone gli altissimi costi e lamentando politiche clientelari nelle assunzioni, nei passaggi di qualifica e nell'inquadramento del personale;
andando a verificare le procedure di assunzione e selezione dei massimi dirigenti, si scopre che l'attuale direttore generale, Carlo Felice Maggi, proviene del caf Usarci così come l'ingegnere Gianluca Moretto che, assunto come consulente informatico, andò a sostituire il precedente dirigente informatico esonerato con motivazioni, per quanto risulta all'interrogante, non chiare e con l'esborso da parte della Fondazione di cifre assai consistenti a titolo di buonuscita;
successivamente la fondazione ha proceduto all'assunzione con la qualifica di quadro di Marco Verro, anch'egli proveniente dal caf Usarci e addetto alla segreteria del direttore generale;
tutti e tre i soggetti sopra indicati sarebbero stati soci di una società a responsabilità limitata operante nel settore informatico unitamente ad un professionista che oggi opera per la Sefima servizi immobiliari srl, cui sarebbero stati affidati dalla Fondazione vari incarichi di consulenza a trattativa privata;
ad oggi non risultano essere state approvate proposte di modificazione dello statuto tese a dare alla categoria la possibilità di eleggere direttamente gli amministratori come avviene nella stragrande maggioranza delle casse privatizzate e come previsto nell'accordo stipulato dalle parti sociali presso il ministero del lavoro -:
se il ministro voglia accertare quanto sopra evidenziato e in particolare:
a) verificare il rispetto della legge nella gestione delle procedure negoziali anche relative alle manutenzioni degli immobili e lo stato delle passività sopra denunciate verificando l'effettiva attivazione delle azioni legali e la tempestività nell'espletamento delle stesse;
b) verificare se il collegio sindacale abbia esaminato i risultati della gestione mobiliare che hanno provocato la risoluzione anticipata del contratto e se abbia individuato eventuali responsabilità da parte di chi era deputato a monitorare il raggiungimento degli obiettivi;
c) verificare se la procedura d'urgenza - che per legge presuppone la sussistenza di precisi presupposti - adottata per l'aggiudicazione dell'appalto alla società Eutelia spa sia stata regolare e se il funzionamento del contact center rispetti i termini contrattuali;
d) richiedere alla Fondazione l'adozione di una delibera che consenta agli iscritti di scegliere direttamente gli otto amministratori di parte agente attraverso regolari elezioni;
e) verificare che tra gli amministratori di parte agente non siano presenti soggetti estranei alla categoria che non vi

hanno titolo sulla base dello statuto vigente disponendone l'eventuale sostituzione.
(4-01170)

BOCCIARDO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comitato nazionale per la farmacovigilanza pediatrica «Giù le Mani dai Bambini» - il quale consorzia 200 enti tra pubblici e privati, incluse undici università e 15 ordini dei medici - ebbe a sollevare sugli organi di stampa il caso di genitori i quali - favorevoli all'uso indiscriminato di prodotti psicoattivi sui minori - qualificandosi come «psicologi» pur non essendo iscritti all'Albo professionale, in Emilia Romagna e non solo si aggirerebbero per le scuole organizzando corsi a genitori ed insegnanti per propagandare l'uso di metanfetamine e psicofarmaci per sedare bambini distratti ed agitati;
la Procura di Bologna, nella persona del PM Luigi Persico, aveva ritenuto di aprire un fascicolo contro ignoti per approfondire le circostanze in questione, dando poi la notizia di aver avanzato al GIP una richiesta di archiviazione, stante l'assenza di illeciti identificabili con chiarezza a carico delle persone di cui alla segnalazione del Comitato «Giù le Mani dai Bambini»;
pur procedendo verso l'archiviazione del fascicolo, il PM - secondo quanto confermato dallo stesso agli organi di stampa - ha ritenuto opportuno inviare un chiaro monito alle istituzioni scolastiche, e segnatamente alla Direzione Generale del Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca, sottolineando con una comunicazione scritta come in futuro ogni eventuale corso di informazione/formazione su temi afferenti problematiche di comportamento dei minori dovrà essere svolto esclusivamente in presenza di un medico specialista della struttura pubblica, a maggior garanzia delle stesse famiglie;
successivamente alla pubblicazione sui media dell'intenzione del PM di chiedere l'archiviazione del fascicolo, un genitore ha anonimamente fatto pervenire al Comitato «Giù le Mani dai Bambini» un nastro contenente la registrazione di una lunga telefonata tra il genitore stesso e la Presidente di una di tali associazioni attive per la promozione dell'uso di prodotti psicoattivi sui minori;
tale nastro, da una prima verifica peritale, risulta autentico, genuino e non frutto di manipolazione;
in tale registrazione, la sedicente esperta si fa chiamare «Dottore» dall'interlocutore e discute di «colleghi» dell'Ordine dei Medici, Ordine professionale al quale non risulta iscritta, parla di psicofarmaci con grande leggerezza e ne spiega gli effetti sul cervello dissertando di genetica e di diagnosi sui bimbi, di fatto invogliando il suo interlocutore ad adottare come terapia sui minori prodotti psicoattivi in quanto «stracollaudati ed utilissimi» e - secondo lei - «usati in passato anche da dentisti e pneumologi», e conferma sia di avere rapporti stretti con le scuole, dove spiega alle insegnanti «come trattare questi bambini difficili» e dove avrebbe rintracciato «fino a 6 bambini malati per ogni classe», ed anche di intercettare genitori a Bologna, Mantova, Ferrara, per convincerli all'uso di psicofarmaci sui bambini;
nella telefonata la sedicente psicologa/medica attacca duramente l'ASL di Bologna (centro di eccellenza della neuropsichiatria) accusata - a suo dire - «di non dare gli psicofarmaci ai bambini», e pure questa signora afferma di gestire un non meglio precisato centro di assistenza dove i bambini con disturbi del comportamento «possono essere portati durante la settimana per monitoraggio e per fare il lavoro che va fatto», sostituendosi quindi all'ASL che secondo lei «non garantisce i risultati» (dell'autorizzazione e del convenzionamento di tale presunto centro non vi è traccia alcuna);
sempre nel corso della telefonata la sedicente psicologa nomina l'ASL di San

Donà di Piave ed alcuni medici compiacenti di quella struttura in relazione a quello che appare come un grave illecito, ovvero il contrabbando dall'estero verso l'Italia - avvenuto fino a meno di due anni fa - di metanfetamine utilizzate poi per sedare bambini distratti ed agitati, quando nel nostro paese - in carenza di stringenti linee guida approvate solo quest'anno - l'uso di questi prodotti era tassativamente vietato, in quanto erano classificati nella stessa tabella di cocaina ed eroina;
come risulta da documenti ancora recentemente pubblicati su siti internet istituzionali, incluso il Comune di Bologna, questa signora si qualifica lei stessa come Psicologa senza esserlo e senza risultare negli elenchi del corrispondente albo professionale, la cui iscrizione è per legge dello Stato obbligatoria per l'esercizio di questa professione;
oltre all'associazione rappresentata da questa signora, in Italia ne operano almeno altre tre, che usano metodi analoghi, ponendo in essere strategie organizzate per convincere genitori ed insegnanti ad adottare molecole psicoattive per tentare di risolvere il disagio di comportamento dei minori anche in tenera età;
è giunta recentemente notizia che - probabilmente alla luce di tutto quanto sopra - la Magistratura di Bologna ha deciso di riaprire l'inchiesta che era in fase di archiviazione -:
se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda intraprendere iniziative per garantire l'immediato blocco in tutta Italia delle attività nella scuola di qualunque associazione di stampo privatistico che - sostituendosi di fatto al Servizio Sanitario Nazionale - propagandi direttamente od indirettamente l'uso di delicati prodotti psicoattivi sui minori con comportamenti problematici;
se il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali intenda assumere le necessarie ed urgenti iniziative di controllo circa l'eventuale erogazione dei farmaci descritti in premessa da parte dell'azienda sanitaria locale.
(4-01175)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 ottobre 2007 all'articolo 5 primo comma lettera D) prevede il divieto dell'utilizzo di munizioni a pallini di piombo all'interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi acquitrini, langhe e lagune nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne;
ciò sta creando enormi problemi nel mondo venatorio in quanto l'utilizzo di pallini di acciaio non è compatibile con gran parte dei fucili da caccia, non di ultima generazione (possono essere utilizzati solo fucili a 3 o 4 stelle con gli strozzatori);
il loro utilizzo crea le rigature delle canne e la loro deformazione oltre a generare pericolo per i cacciatori, in quanto i pallini di acciaio, essendo più leggeri di quelli di piombo, a contatto con l'acqua possono subire delle deviazioni anche di 90 gradi, colpendo così casualmente i cacciatori limitrofi;
tutto ciò è stato sperimentato anche in altri paesi del Nord Europa, ad esempio la Norvegia, che è ritornata nelle ZPS all'utilizzo dei pallini di piombo;
un'alternativa valida potrebbe essere l'utilizzo di munizioni a pallini di piombo nichelato che non creerebbero problemi per l'ambiente e per la fauna selvatica -:
se a parere dei Ministeri competenti sia possibile consentire l'utilizzo di munizioni

da pallini di piombo nichelato al posto dei pallini di acciaio e se fattibile di impartire direttive a tutte le regioni per il recepimento della possibilità di utilizzare i pallini di piombo nichelato.
(4-01165)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente) è sempre stato contraddistinto, tra gli Enti di Ricerca Nazionali, dalla disponibilità di grandi impianti e laboratori pesanti come lo dimostrano le strutture presenti nei Centri che possiede in tutto il territorio italiano (Casaccia, Frascati, Brasimone, Trisaia, Saluggia) caratterizzati tutti da grandi impianti per la ricerca tecnologia;
in particolare il Centro del Brasimone, sorto per ospitare un reattore nucleare sperimentale denominato PEC, possiede una delle maggiori concentrazioni di infrastrutture, impianti e laboratori in Italia. In questo Centro sono stati spesi negli anni 80 circa 2.000 miliardi di Lire per la costruzione del reattore sperimentale Pec e molte centinaia di miliardi di Lire per la costruzione delle infrastrutture, degli impianti e laboratori di sperimentazione sorti a supporto della progettazione del reattore stesso nell'ambito del programma Reattori Veloci portato avanti insieme ai francesi del CEA;
attualmente queste risorse, insieme alle competenze presenti, sono impegnate in ricerche a supporto dei principali programmi mondiali sui reattori a fissione di IV generazione e sui reattori dimostrativi a fusione (ITER e DEMO);
già da alcuni anni il mancato turn over del personale ha continuamente ridotto le risorse umane presenti che attualmente risultano costituite da poco più di 90 dipendenti, cioè circa un terzo di quelli presenti negli anni 80;
la situazione è resa critica dalla mancata sostituzione del personale, tanto da rendere problematico lo svolgimento delle attività, che rischiano così di essere annullate rendendo inoltre inutilizzabile un cospicuo patrimonio di impianti, infrastrutture e laboratori;
oltre a tutto ciò il Centro del Brasimone è parte fondamentale del sistema della ricerca della Regione Emilia-Romagna, completando ed integrando le risorse presenti negli altri centri ENEA in regione (Bologna e Faenza);
tenendo conto che gli indirizzi programmatici del nuovo Governo si differenziano in modo sostanziale da quelli del Governo precedente in materia di energia, compresa l'affermata necessità di tornare a sviluppare il Nucleare, e che, come già detto, il Centro Brasimone ha le infrastrutture, gli impianti ed i laboratori adatti a supportare le ricerche dei reattori di III+ e IV generazione sembrerebbe ovvio utilizzare queste risorse destinandovi fondi e nuovo personale, sfruttando al meglio gli ingenti investimenti che il paese ha fatto nel passato;
va tenuto conto che la scelta di rivalorizzare il Centro Brasimone rappresenta anche un grande aiuto economico per le popolazioni che vivono nel territorio montano circostante, tanto da essere visto dal punto di vista occupazionale come una media azienda -:
se intenda fornire chiarimenti riguardo la situazione descritta e quali azioni il Governo e l'Ente intendano intraprendere per rilanciare e rafforzare le attività del Centro del Brasimone per il quale negli anni 80 erano stati spesi 2.000 miliardi di Lire per la costruzione dell'impianto sperimentale PEC e altre infrastrutture.
(2-00142) «Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTÈ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha riconosciuto che il mercato della produzione e della commercializzazione dei pannelli truciolati grezzi e nobilitati è caratterizzato da scambi internazionali, quantomeno tra paesi limitrofi, valicano pertanto la tesi che la dimensione geografica di questo mercato supera i limiti ed i confini nazionali degli Stati membri dell'UE;
con una recente decisione infatti, la Commissione ha autorizzato, nel settembre 2007, l'acquisizione, da parte del Gruppo Kronospan, del Gruppo Constantia, entrambi attivi nel mercato dei pannelli truciolati grezzi;
nella «decisione Kronospan», la Commissione ha stabilito che l'ambito del mercato deve essere individuato tenendo presente la distanza esistente tra gli impianti di produzione di pannelli ed i clienti, indipendentemente dai confini dei singoli Stati in esso compresi;
conseguentemente interpretazioni diverse, o comunque restrittive, limiterebbero la possibilità di operazioni di concentrazione tra imprese nazionali e rischierebbero di produrre effetti negativi molto gravi sul piano economico, rendendo più difficile il consolidamento del mercato, tramite operazioni di fusione ed acquisizione tra imprese nazionali, con conseguente asimmetria e perdita di competitività a livello europeo ed internazionale -:
se non ritenga opportuno adottare urgenti provvedimenti che liberino il campo da interpretazioni e o decisioni in contrasto con quelle assunte dalla Commissione europea con la citata decisione, anche in ossequio del principio di leale cooperazione (articolo 10 trattato CE) che impone agli Stati membri dell'Unione e alle loro amministrazioni, di non adottare misure che contrastino con le finalità di mantenimento del mercato unico europeo.
(3-00150)

Interrogazione a risposta scritta:

MANNINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
alcune aziende industriali hanno presentato programmi di investimenti per ammodernamento, ottenendo le agevolazioni previste dalla normativa vigente per le imprese che creano tessuto produttivo e nuova occupazione nelle aree depresse del Paese;
le stesse hanno terminato gli investimenti negli anni scorsi ed hanno definito come anno di entrata a regime l'intero 2008;
le stesse, in sede di presentazione della domanda, avevano dichiarato di voler aderire alla certificazione ambientale e di impegnarsi ad incrementare l'occupazione di un determinato numero di unità lavorative annue;
le stesse aziende, però, a causa della congiuntura sfavorevole del mercato internazionale e nazionale, si trovano allo stato attuale nell'impossibilità di assumere tutte le unità lavorative inizialmente programmate, anzi a breve termine saranno costrette a richiedere la cassa integrazione guadagni -:
quali iniziative intenda adottare a favore di tali aziende che, pur avendo ottenuto i finanziamenti agevolati previsti dalle leggi vigenti a fronte, tra l'altro, dell'impegno ad aumentare il numero dei dipendenti e pur avendo realizzato i previsti programmi di investimento, sono impossibilitate a dare corso al previsto incremento del carico occupazionale a causa dello stato di crisi economica internazionale e nazionale. Sarebbe necessaria una moratoria dell'impegno ad assumere mano d'opera rinviandolo al momento di superamento dell'attuale crisi economica.
(4-01162)

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Livia Turco ed altri n. 1-00041, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baretta.

Ritiro di una firma da una mozione.

Alla mozione Livia Turco ed altri n. 1-00041, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2008 è stata ritirata la firma del deputato Farina Coscioni.

...

ERRATA CORRIGE

L'interrogazione a risposta scritta Bellanova n. 4-01068 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 52 del 18 settembre 2008. Alla pagina 1699, seconda colonna, dalla diciassettesima alla diciannovesima riga, deve leggersi: «BELLANOVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:» e non «BELLANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:», come stampato.

Si ripubblica il testo della mozione Livia Turco e altri n. 1-00041, già pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 55 del 25 settembre 2008.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni gli indicatori monetari e non monetari dell'Istat e di Eurostat mostrano che povertà e disuguaglianza continuano a essere un problema molto rilevante in Italia. Tra i Paesi dell'Europa dei quindici, la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei, con un livello di disuguaglianza più elevato e una situazione di gravità della povertà più marcata. In Italia, secondo l'Istat, le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila, mentre gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila;
il nostro Paese è caratterizzato da disuguaglianze non trascurabili nelle opportunità di mobilità sociale, che contribuiscono al permanere di un elevato livello di disuguaglianza anche in termini di reddito. Secondo l'Istat, al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità sociale è piuttosto rigido. La classe di origine influisce in misura rilevante e limita la possibilità di movimento all'interno dello spazio sociale. I figli della classe operaia urbana hanno una probabilità più bassa di spostarsi nella classe superiore rispetto a quella di mantenere inalterata la propria posizione e anche rispetto a quella che hanno i figli della classe superiore di rimanere nella classe di origine;
il rapporto fra la quota di reddito totale percepito dal 20 per cento più ricco della popolazione e quella del 20 per cento più povero è superiore alla media europea, con un valore di 5 e mezzo che, tra i Paesi dell'Europa dei quindici, è più basso solo di quello di Grecia e Portogallo. In Danimarca è meno di 3 e mezzo;
la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il reddito delle famiglie è pari a circa tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord e dove vive il 75,3 per cento delle famiglie povere. Nel Sud e nelle isole il 22,6 per cento delle famiglie è povero, contro appena il 5,2 per cento del Nord; ad una più ampia diffusione del fenomeno nelle regioni meridionali si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggiore intensità di povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
le famiglie numerose, di cinque o più persone, sono un segmento particolarmente esposto al rischio di povertà. Il 24,3

per cento di queste famiglie è povero e tale quota raggiunge il 37,5 per cento nel Mezzogiorno;
in Italia, a differenza del resto dell'Europa, la povertà riguarda in modo particolare i minori. Secondo l'Istat, gli individui con meno di 18 anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e 728 mila (il 17,1 per cento). Il 72 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, dove risiede «solamente» il 40 per cento del totale dei minori; al contrario, nel Nord, dove risiede il 42 per cento dei minori, vive appena il 16,5 per cento dei minori poveri. Particolarmente critica, e in peggioramento nel corso degli anni, è la situazione delle famiglie con 3 o più minori, che sono povere nel 30,2 per cento dei casi;
la povertà femminile si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole. In entrambi i casi i valori dell'incidenza di povertà sono superiori alla media, rispettivamente il 14 per cento e il 12,9 per cento;
le famiglie anziane continuano ad avere livelli di povertà superiori alla media. È povero il 13 per cento delle famiglie con un componente anziano e il 15,3 per cento delle famiglie con due anziani o più. Gli anziani poveri ammontano complessivamente a 1 milione e 600 mila individui;
oltre alla grave situazione delle famiglie con persona di riferimento disoccupata, che presentano un'incidenza di povertà del 28,2 per cento, difficoltà economiche marcate cominciano ad interessare sempre più spesso anche le famiglie in cui sono presenti persone inserite nel mercato del lavoro, soprattutto se il reddito è uno solo, se si tratta di un lavoratore con un basso titolo di studio e/o profilo professionale precario e in famiglia sono presenti figli minori. Se in famiglia c'è una sola persona che lavora, la povertà colpisce il 21 per cento delle coppie con due figli; il 32,4 per cento di quelle con tre o più; il 18 per cento di quelle con membri aggregati. È povero il 19,8 per cento delle famiglie in cui l'unico occupato in famiglia è un operaio o assimilato, collaboratori coordinati e continuativi o collaboratore occasionale, ma tale quota sale al 22,9 per cento se si tratta di una famiglia con membri aggregati, al 33,3 per cento se questa situazione riguarda una coppia con due figli, e ben al 43,4 per cento se la famiglia è composta da una coppia con tre o più figli;
1 milione 546 mila giovani tra i 18 e i 34 anni sono poveri. In particolare, è povero il 13,1 per cento dei giovani che vivono come figli nella famiglia di origine, ma tale quota aumenta al 22,6 per cento se i figli sono tre o più. È povero il 12,3 per cento dei giovani, persona di riferimento della famiglia o coniuge, ma si arriva al 50,9 per cento se vive in coppia con tre o più figli. Il dato, seppure meno critico di quello che si rileva per i minori, presenta un trend in crescita e, dunque, non va sottovalutato;
il quadro appare particolarmente critico se si considera che, secondo l'Istat, alla fine del 2006, poco più di 1 milione di famiglie dichiara di non aver avuto denaro per comprare il cibo, quasi 2 milioni e mezzo per pagare spese mediche, 1 milione e 700 mila per il trasporto, 2 milioni e 800 mila per le tasse e 4 milioni per l'acquisto di vestiti. Inoltre, quasi 3 milioni e mezzo di famiglie riferiscono di arrivare con molta difficoltà a fine mese, 6 milioni e 800 mila famiglie non riescono a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare;
la condizione economica delle famiglie è fortemente legata a quella dell'occupazione delle donne che rappresenta un vero e proprio «antidoto» alla povertà. Va quindi segnalata la preoccupante situazione dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno che ha visto tra il 2004 e il 2006 un consistente aumento di non forze di lavoro «scoraggiate», oltre a livelli elevati di disoccupazione. In questa ripartizione l'occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni si attesta solo sul 31,1 per cento;

a fronte di questa grave situazione, nel 2005 la spesa sociale in percentuale del prodotto interno lordo raggiunge in Italia un valore solo del 26,4 per cento, contro il 27,8 per cento dell'Europa dei quindici, situandosi molto al di sotto di quella sostenuta da Paesi come la Svezia (32 per cento ) e la Francia (31,5 per cento). Alla funzione «famiglia e infanzia» è destinato appena l'1,1 per cento del prodotto interno lordo (il 2,2 per cento nell'Europa dei quindici; il 3 per cento in Svezia), ai disabili l'1,5 per cento (il 2,1 per cento nell'Europa dei quindici; il 4,8 per cento in Svezia), alla «disoccupazione - politiche di reinserimento» lo 0,7 per cento (l'1,7 per cento nell'Europa dei quindici e l'1,9 per cento in Svezia) e all'esclusione sociale e le politiche abitative appena lo 0,1 per cento (0,9 per cento nell'Europa dei quindici; l'1,2 per cento in Svezia);
nell'ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i Welfare States hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito. Nonostante le notevoli differenze che contraddistinguono i provvedimenti nei vari Paesi, l'idea centrale è quella di proteggere tutti i cittadini dalla povertà estrema. Tra i Paesi europei solo Italia, Ungheria e Grecia non hanno ancora introdotto sistemi di reddito minimo;
individuare le misure di contrasto della povertà, intervenendo ex post sul reddito guadagnato oppure ex ante per prevenire le condizioni di povertà, è sicuramente un'operazione complessa, poiché tutte le politiche sociali ed economiche potrebbero dovere essere prese in considerazione;
il problema della disuguaglianza impatta fortemente su altri aspetti fondamentali del vivere e le condizioni di salute sono tra le più importanti. Politiche sui determinanti della salute e contro povertà ed esclusione sociale sono fondamentali per il miglioramento del benessere psicofisico della popolazione; i dati del rapporto Istat sulla salute mostrano che, scendendo lungo la scala sociale e passando da Nord a Sud, aumenta lo svantaggio degli individui e che i poveri del Sud versano in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del Nord. A fronte di questo, l'attuale organizzazione dei livelli di assistenza del sistema sembra in grado di rispondere ai bisogni fondamentali e, dunque, è indispensabile che non venga diminuita, anzi venga aumentata la sensibilità dei livelli di assistenza ai maggiori bisogni delle persone più svantaggiate;
il problema della disuguaglianza riguarda anche l'accesso alle nuove tecnologie; i dati Istat mostrano che tale accesso è minore per i ragazzi delle classi sociali più basse e del Mezzogiorno, poiché l'alfabetizzazione avviene ancora quasi esclusivamente all'interno della famiglia ed è appannaggio di quelle più abbienti. È fondamentale, dunque, che la scuola sia messa in condizioni di agire per riequilibrare la situazione, garantendo un'alfabetizzazione per tutti,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi indicati sono:
a) creare una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione;
b) promuovere la qualità dell'occupazione, della politica sociale e delle relazioni industriali, consentendo, quindi, il miglioramento del capitale umano e sociale;
c) adeguare i sistemi di protezione sociale alle esigenze attuali, basandosi sulla solidarietà e potenziandone il ruolo di fattore produttivo;
d) tenere conto del «costo dell'assenza di politiche sociali»;
a prevenire e combattere tutte le forme di povertà, incidendo su alcuni aspetti strutturali del nostro Paese, attraverso

la buona e piena occupazione femminile, l'adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, l'elaborazione di politiche di conciliazione tra lavoro nel mercato e responsabilità di cura per donne e uomini, l'accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, l'adozione di misure per prevenire, rallentare, prendere in carico la non autosufficienza attraverso la piena, concreta e reale attuazione del fondo, una politica della casa a partire dagli affitti;
a promuovere un piano nazionale integrato di lotta a tutte le forme di povertà, articolato nei seguenti punti:
a) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione ed integrazione con risorse economiche adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità per l'inserimento sociale, al fine di assicurare ad ogni famiglia, che non disponga di un reddito superiore alla soglia di povertà, così come definita dalla norma, la possibilità di esigere un'erogazione monetaria transitoria di integrazione del proprio reddito, attraverso un reddito di «solidarietà attiva» o un «reddito minimo d'inserimento», da conseguire attraverso un'imposta negativa, che sostituisca i trasferimenti monetari definiti a livello locale per incrementare la rete integrata dei servizi;
b) previsione del vincolo di tale reddito di «solidarietà attiva» o «reddito minimo d'inserimento» a misure d'inserimento sociale e lavorativo da articolarsi in una serie di azioni, quali la fuoriuscita da situazioni di illegalità, percorsi di superamento dalle dipendenze, completamento dell'istruzione scolastica e professionale, assunzione di oneri di cura familiare, percorsi di inserimento lavorativo;
c) promozione del diritto alla salute dei gruppi più vulnerabili, tramite le seguenti misure urgenti:
1) l'emanazione del decreto sui livelli essenziali d'assistenza da parte del Governo, garantendo in modo particolare la continuità assistenziale alle persone non autosufficienti e in situazione di disabilità, il nomenclatore delle protesi degli ausili, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare, il potenziamento dell'attività di screening e di prevenzione rivolta in modo particolare ai gruppi più vulnerabili;
2) la promozione attraverso gli obiettivi del piano sanitario nazionale delle case della salute e della medicina d'iniziativa, per coinvolgere attivamente le persone più fragili nella rete dei servizi, andando loro incontro nei loro luoghi di vita e di lavoro;
3) la promozione delle iniziative per la salute dei migranti e per la prevenzione delle malattie della povertà, anche attraverso il potenziamento del Centro nazionale per la salute dei migranti presso il San Gallicano;
d) contrasto della povertà minorile e blocco della trasmissione intergenerazionale della povertà attraverso un adeguato sostegno al reddito delle famiglie, con la promozione dell'occupazione e misure economiche quali la dote fiscale per i figli e lo sviluppo di una rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia a partire dal rifinanziamento della legge n. 285 del 1998, «Disposizioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza», sperimentando nelle zone con un alto tasso di dispersione scolastica il «patto educativo» con i genitori, anche attraverso un incentivo economico dato ai genitori e collegato alla frequenza dei ragazzi a scuola;
e) sostegno all'impegno degli enti locali per favorire il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per promuovere le attività ludiche, di accoglienza e di accompagnamento dei bambini e dei ragazzi per evitare la solitudine, l'abbandono ed anche per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia dei genitori;
f) prevenzione dello scivolamento nella povertà dei cittadini presenti nella

«fascia di vulnerabilità» attraverso la creazione del «punto unico di accesso» alla rete integrata dei servizi, per consentire la presa in carico della persona, accompagnandola nell'utilizzo appropriato ai servizi ed alle prestazioni sociali, con particolare riguardo agli obiettivi di:
1) sostenere l'occupazione;
2) sostenere locazioni ed interessi passivi sulla prima casa, anche attraverso l'istituzione di un fondo per l'affitto da destinare in particolare ai giovani;
3) sollevare dall'indebitamento e promuovere il microcredito e prestito d'onore, con specifica attenzione alle donne;
4) potenziare l'assistenza domiciliare agli anziani;
5) promuovere con gli enti locali il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per servizi di sostegno all'autonomia degli anziani;
g) creazione di un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, attraverso il rifinanziamento dell'articolo 28 della legge n. 328 del 2000, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in grave emarginazione, di contrastare il disagio nelle periferie urbane e di migliorare il percorso e l'accoglienza umanitaria dei migranti alle frontiere, soprattutto marittime;
h) superamento delle discriminazioni nei confronti dei migranti, consentendo, in particolare, l'accesso all'assegno sociale ed all'edilizia popolare ai migranti residenti nel nostro Paese da cinque anni;
a riferire in Parlamento sul Rapporto annuale sulla strategia nazionale per la protezione sociale e l'inclusione sociale previsto dalla strategia di Lisbona e che il Governo stesso deve trasmettere a Bruxelles entro il 30 settembre 2008;
a promuovere ogni anno una tavola rotonda sull'inclusione sociale, analoga a quella europea, con il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali e gli attori sociali.
(1-00041)
«Livia Turco, Letta, Soro, Sereni, Bressa, Giachetti, Quartiani, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Lucà, Madia, Bellanova, Schirru, Codurelli».

L'interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-01156 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 55 del 25 settembre 2008. Alla pagina 1820, prima colonna, alla riga quarta, deve leggersi: «se non ritenga necessario ed urgente disporre» e non «se non ritenga necessario ed urgente», come stampato.