XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 25 settembre 2008

TESTO AGGIORNATO AL 29 OTTOBRE 2008

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni gli indicatori monetari e non monetari dell'Istat e di Eurostat mostrano che povertà e disuguaglianza continuano a essere un problema molto rilevante in Italia. Tra i Paesi dell'Europa dei quindici, la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei, con un livello di disuguaglianza più elevato e una situazione di gravità della povertà più marcata. In Italia, secondo l'Istat, le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila, mentre gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila;
il nostro Paese è caratterizzato da disuguaglianze non trascurabili nelle opportunità di mobilità sociale, che contribuiscono al permanere di un elevato livello di disuguaglianza anche in termini di reddito. Secondo l'Istat, al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità sociale è piuttosto rigido. La classe di origine influisce in misura rilevante e limita la possibilità di movimento all'interno dello spazio sociale. I figli della classe operaia urbana hanno una probabilità più bassa di spostarsi nella classe superiore rispetto a quella di mantenere inalterata la propria posizione e anche rispetto a quella che hanno i figli della classe superiore di rimanere nella classe di origine;
il rapporto fra la quota di reddito totale percepito dal 20 per cento più ricco della popolazione e quella del 20 per cento più povero è superiore alla media europea, con un valore di 5 e mezzo che, tra i Paesi dell'Europa dei quindici, è più basso solo di quello di Grecia e Portogallo. In Danimarca è meno di 3 e mezzo;
la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il reddito delle famiglie è pari a circa tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord e dove vive il 75,3 per cento delle famiglie povere. Nel Sud e nelle isole il 22,6 per cento delle famiglie è povero, contro appena il 5,2 per cento del Nord; ad una più ampia diffusione del fenomeno nelle regioni meridionali si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggiore intensità di povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
le famiglie numerose, di cinque o più persone, sono un segmento particolarmente esposto al rischio di povertà. Il 24,3

per cento di queste famiglie è povero e tale quota raggiunge il 37,5 per cento nel Mezzogiorno;
in Italia, a differenza del resto dell'Europa, la povertà riguarda in modo particolare i minori. Secondo l'Istat, gli individui con meno di 18 anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e 728 mila (il 17,1 per cento). Il 72 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, dove risiede «solamente» il 40 per cento del totale dei minori; al contrario, nel Nord, dove risiede il 42 per cento dei minori, vive appena il 16,5 per cento dei minori poveri. Particolarmente critica, e in peggioramento nel corso degli anni, è la situazione delle famiglie con 3 o più minori, che sono povere nel 30,2 per cento dei casi;
la povertà femminile si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole. In entrambi i casi i valori dell'incidenza di povertà sono superiori alla media, rispettivamente il 14 per cento e il 12,9 per cento;
le famiglie anziane continuano ad avere livelli di povertà superiori alla media. È povero il 13 per cento delle famiglie con un componente anziano e il 15,3 per cento delle famiglie con due anziani o più. Gli anziani poveri ammontano complessivamente a 1 milione e 600 mila individui;
oltre alla grave situazione delle famiglie con persona di riferimento disoccupata, che presentano un'incidenza di povertà del 28,2 per cento, difficoltà economiche marcate cominciano ad interessare sempre più spesso anche le famiglie in cui sono presenti persone inserite nel mercato del lavoro, soprattutto se il reddito è uno solo, se si tratta di un lavoratore con un basso titolo di studio e/o profilo professionale precario e in famiglia sono presenti figli minori. Se in famiglia c'è una sola persona che lavora, la povertà colpisce il 21 per cento delle coppie con due figli; il 32,4 per cento di quelle con tre o più; il 18 per cento di quelle con membri aggregati. È povero il 19,8 per cento delle famiglie in cui l'unico occupato in famiglia è un operaio o assimilato, collaboratori coordinati e continuativi o collaboratore occasionale, ma tale quota sale al 22,9 per cento se si tratta di una famiglia con membri aggregati, al 33,3 per cento se questa situazione riguarda una coppia con due figli, e ben al 43,4 per cento se la famiglia è composta da una coppia con tre o più figli;
1 milione 546 mila giovani tra i 18 e i 34 anni sono poveri. In particolare, è povero il 13,1 per cento dei giovani che vivono come figli nella famiglia di origine, ma tale quota aumenta al 22,6 per cento se i figli sono tre o più. È povero il 12,3 per cento dei giovani, persona di riferimento della famiglia o coniuge, ma si arriva al 50,9 per cento se vive in coppia con tre o più figli. Il dato, seppure meno critico di quello che si rileva per i minori, presenta un trend in crescita e, dunque, non va sottovalutato;
il quadro appare particolarmente critico se si considera che, secondo l'Istat, alla fine del 2006, poco più di 1 milione di famiglie dichiara di non aver avuto denaro per comprare il cibo, quasi 2 milioni e mezzo per pagare spese mediche, 1 milione e 700 mila per il trasporto, 2 milioni e 800 mila per le tasse e 4 milioni per l'acquisto di vestiti. Inoltre, quasi 3 milioni e mezzo di famiglie riferiscono di arrivare con molta difficoltà a fine mese, 6 milioni e 800 mila famiglie non riescono a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare;
la condizione economica delle famiglie è fortemente legata a quella dell'occupazione delle donne che rappresenta un vero e proprio «antidoto» alla povertà. Va quindi segnalata la preoccupante situazione dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno che ha visto tra il 2004 e il 2006 un consistente aumento di non forze di lavoro «scoraggiate», oltre a livelli elevati di disoccupazione. In questa ripartizione l'occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni si attesta solo sul 31,1 per cento;

a fronte di questa grave situazione, nel 2005 la spesa sociale in percentuale del prodotto interno lordo raggiunge in Italia un valore solo del 26,4 per cento, contro il 27,8 per cento dell'Europa dei quindici, situandosi molto al di sotto di quella sostenuta da Paesi come la Svezia (32 per cento ) e la Francia (31,5 per cento). Alla funzione «famiglia e infanzia» è destinato appena l'1,1 per cento del prodotto interno lordo (il 2,2 per cento nell'Europa dei quindici; il 3 per cento in Svezia), ai disabili l'1,5 per cento (il 2,1 per cento nell'Europa dei quindici; il 4,8 per cento in Svezia), alla «disoccupazione - politiche di reinserimento» lo 0,7 per cento (l'1,7 per cento nell'Europa dei quindici e l'1,9 per cento in Svezia) e all'esclusione sociale e le politiche abitative appena lo 0,1 per cento (0,9 per cento nell'Europa dei quindici; l'1,2 per cento in Svezia);
nell'ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i Welfare States hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito. Nonostante le notevoli differenze che contraddistinguono i provvedimenti nei vari Paesi, l'idea centrale è quella di proteggere tutti i cittadini dalla povertà estrema. Tra i Paesi europei solo Italia, Ungheria e Grecia non hanno ancora introdotto sistemi di reddito minimo;
individuare le misure di contrasto della povertà, intervenendo ex post sul reddito guadagnato oppure ex ante per prevenire le condizioni di povertà, è sicuramente un'operazione complessa, poiché tutte le politiche sociali ed economiche potrebbero dovere essere prese in considerazione;
il problema della disuguaglianza impatta fortemente su altri aspetti fondamentali del vivere e le condizioni di salute sono tra le più importanti. Politiche sui determinanti della salute e contro povertà ed esclusione sociale sono fondamentali per il miglioramento del benessere psicofisico della popolazione; i dati del rapporto Istat sulla salute mostrano che, scendendo lungo la scala sociale e passando da Nord a Sud, aumenta lo svantaggio degli individui e che i poveri del Sud versano in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del Nord. A fronte di questo, l'attuale organizzazione dei livelli di assistenza del sistema sembra in grado di rispondere ai bisogni fondamentali e, dunque, è indispensabile che non venga diminuita, anzi venga aumentata la sensibilità dei livelli di assistenza ai maggiori bisogni delle persone più svantaggiate;
il problema della disuguaglianza riguarda anche l'accesso alle nuove tecnologie; i dati Istat mostrano che tale accesso è minore per i ragazzi delle classi sociali più basse e del Mezzogiorno, poiché l'alfabetizzazione avviene ancora quasi esclusivamente all'interno della famiglia ed è appannaggio di quelle più abbienti. È fondamentale, dunque, che la scuola sia messa in condizioni di agire per riequilibrare la situazione, garantendo un'alfabetizzazione per tutti,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi indicati sono:
a) creare una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione;
b) promuovere la qualità dell'occupazione, della politica sociale e delle relazioni industriali, consentendo, quindi, il miglioramento del capitale umano e sociale;
c) adeguare i sistemi di protezione sociale alle esigenze attuali, basandosi sulla solidarietà e potenziandone il ruolo di fattore produttivo;
d) tenere conto del «costo dell'assenza di politiche sociali»;
a prevenire e combattere tutte le forme di povertà, incidendo su alcuni aspetti strutturali del nostro Paese, attraverso

la buona e piena occupazione femminile, l'adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, l'elaborazione di politiche di conciliazione tra lavoro nel mercato e responsabilità di cura per donne e uomini, l'accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, l'adozione di misure per prevenire, rallentare, prendere in carico la non autosufficienza attraverso la piena, concreta e reale attuazione del fondo, una politica della casa a partire dagli affitti;
a promuovere un piano nazionale integrato di lotta a tutte le forme di povertà, articolato nei seguenti punti:
a) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione ed integrazione con risorse economiche adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità per l'inserimento sociale, al fine di assicurare ad ogni famiglia, che non disponga di un reddito superiore alla soglia di povertà, così come definita dalla norma, la possibilità di esigere un'erogazione monetaria transitoria di integrazione del proprio reddito, attraverso un reddito di «solidarietà attiva» o un «reddito minimo d'inserimento», da conseguire attraverso un'imposta negativa, che sostituisca i trasferimenti monetari definiti a livello locale per incrementare la rete integrata dei servizi;
b) previsione del vincolo di tale reddito di «solidarietà attiva» o «reddito minimo d'inserimento» a misure d'inserimento sociale e lavorativo da articolarsi in una serie di azioni, quali la fuoriuscita da situazioni di illegalità, percorsi di superamento dalle dipendenze, completamento dell'istruzione scolastica e professionale, assunzione di oneri di cura familiare, percorsi di inserimento lavorativo;
c) promozione del diritto alla salute dei gruppi più vulnerabili, tramite le seguenti misure urgenti:
1) l'emanazione del decreto sui livelli essenziali d'assistenza da parte del Governo, garantendo in modo particolare la continuità assistenziale alle persone non autosufficienti e in situazione di disabilità, il nomenclatore delle protesi degli ausili, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare, il potenziamento dell'attività di screening e di prevenzione rivolta in modo particolare ai gruppi più vulnerabili;
2) la promozione attraverso gli obiettivi del piano sanitario nazionale delle case della salute e della medicina d'iniziativa, per coinvolgere attivamente le persone più fragili nella rete dei servizi, andando loro incontro nei loro luoghi di vita e di lavoro;
3) la promozione delle iniziative per la salute dei migranti e per la prevenzione delle malattie della povertà, anche attraverso il potenziamento del Centro nazionale per la salute dei migranti presso il San Gallicano;
d) contrasto della povertà minorile e blocco della trasmissione intergenerazionale della povertà attraverso un adeguato sostegno al reddito delle famiglie, con la promozione dell'occupazione e misure economiche quali la dote fiscale per i figli e lo sviluppo di una rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia a partire dal rifinanziamento della legge n. 285 del 1998, «Disposizioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza», sperimentando nelle zone con un alto tasso di dispersione scolastica il «patto educativo» con i genitori, anche attraverso un incentivo economico dato ai genitori e collegato alla frequenza dei ragazzi a scuola;
e) sostegno all'impegno degli enti locali per favorire il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per promuovere le attività ludiche, di accoglienza e di accompagnamento dei bambini e dei ragazzi per evitare la solitudine, l'abbandono ed anche per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia dei genitori;
f) prevenzione dello scivolamento nella povertà dei cittadini presenti nella

«fascia di vulnerabilità» attraverso la creazione del «punto unico di accesso» alla rete integrata dei servizi, per consentire la presa in carico della persona, accompagnandola nell'utilizzo appropriato ai servizi ed alle prestazioni sociali, con particolare riguardo agli obiettivi di:
1) sostenere l'occupazione;
2) sostenere locazioni ed interessi passivi sulla prima casa, anche attraverso l'istituzione di un fondo per l'affitto da destinare in particolare ai giovani;
3) sollevare dall'indebitamento e promuovere il microcredito e prestito d'onore, con specifica attenzione alle donne;
4) potenziare l'assistenza domiciliare agli anziani;
5) promuovere con gli enti locali il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per servizi di sostegno all'autonomia degli anziani;
g) creazione di un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, attraverso il rifinanziamento dell'articolo 28 della legge n. 328 del 2000, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in grave emarginazione, di contrastare il disagio nelle periferie urbane e di migliorare il percorso e l'accoglienza umanitaria dei migranti alle frontiere, soprattutto marittime;
h) superamento delle discriminazioni nei confronti dei migranti, consentendo, in particolare, l'accesso all'assegno sociale ed all'edilizia popolare ai migranti residenti nel nostro Paese da cinque anni;
a riferire in Parlamento sul Rapporto annuale sulla strategia nazionale per la protezione sociale e l'inclusione sociale previsto dalla strategia di Lisbona e che il Governo stesso deve trasmettere a Bruxelles entro il 30 settembre 2008;
a promuovere ogni anno una tavola rotonda sull'inclusione sociale, analoga a quella europea, con il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali e gli attori sociali.
(1-00041)
«Livia Turco, Letta, Soro, Sereni, Bressa, Giachetti, Quartiani, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Lucà, Madia, Bellanova, Schirru, Codurelli, Baretta, Rampi, Samperi, Ceccuzzi, Sarubbi, De Biasi, Ferranti, Zampa, Lovelli».

La Camera,
premesso che:
l'attuale discussione sul tema della morte cerebrale e della collegata attività dei trapianti di organo ha richiamato l'attenzione sulla validità dei criteri di Harvard del 1969. Storicamente la definizione della morte cerebrale è stata proposta dalla Harvard Medical School, nell'estate del 1968, pochi mesi dopo il primo trapianto di cuore (dicembre 1967). L'Università di Harvard si assunse la responsabilità di una «ridefinizione» del concetto di morte per aprire la strada ai trapianti di cuore, che per ottenere un effettivo successo dell'intervento prevedono che il cuore dell'espiantato batta ancora. In Italia, la «svolta» fu segnata dalla legge 29 dicembre 1993, n. 578, che all'articolo 1 recita: «La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo». Fra le condizioni cliniche da considerare per formulare la diagnosi della morte cerebrale è specificato che l'esame elettroencefalografico deve essere «piatto»;
diventa quindi di primaria importanza garantire la qualità tecnica dell'esame e stabilire a chi competa realizzarlo. Nel corso degli anni la comunità scientifica internazionale ha precisato sempre meglio le caratteristiche che deve avere questo esame secondo l'evoluzione tecnologica e ha definito i requisiti che deve possedere il personale addetto alla procedura: un tecnico qualificato ed esperto di registrazione in reparti di rianimazione ed un medico qualificato, ed esperto di EEG, come riportato nelle linee guida della Federazione internazionale delle società di EEG e neurofisiologia clinica del 1983. Tale criterio è stato adottato anche in Italia, sia pure con qualche lacuna fra le varie Regioni;
nel 1994, a seguito della legge 29 dicembre 1993, n. 578, il Ministero della sanità con apposito decreto del 22 agosto 1994, n. 582, ha definito il regolamento attuativo, che stabilisce: «L'esecuzione delle indagini elettroencefolografiche deve essere effettuata da tecnici di neurofisiopatologia sotto supervisione medica. In mancanza di tale figura professionale, in via transitoria e ad esaurimento e sempre sotto supervisione medica, l'esecuzione può essere affidata a tecnici e/o infermieri professionali adeguatamente formati a svolgere tali mansioni»;
la possibilità di affidare l'esame EEG anche all'infermiere, nella eventuale mancanza di tecnici, venne ulteriormente specificata dal Consiglio superore di sanità, che in risposta alla specifica richiesta e proposta di chiarimento formulata congiuntamente dalla Associazione italiana dei medici di Neurofisiopatologia (AITN), dalla Federazione infermieri professionali IPASVI e dalla Società italiana dei medici di neurofisiologia clinica (SINC), il 17 gennaio 1996 espresse il seguente parere: «Il Consiglio Superiore di Sanità ritiene che ai fini dell'accertamento di morte

cerebrale, siano da considerare adeguatamente formati a svolgere attività di registrazione EEG sotto supervisione medica, in assenza di tecnici di Neurofisiopatologia o di tecnici di EEG, in via transitoria e ad esaurimento, gli infermieri che alla data del 15 marzo 1995, abbiano svolto tale attività per almeno tre anni, in via continuativa a tempo pieno e in strutture specifiche, previo parere favorevole del dirigente della struttura; che pertanto, non siano necessarie né l'attivazione di corsi di aggiornamento professionale obbligatorio né la creazione di un elenco speciale». Anche se in modo lento, diverse aziende sanitarie, hanno applicato la direttiva sostituendo gli infermieri;
nel 2006-2007, nella elaborazione del nuovo regolamento ministeriale per l'accertamento della morte cerebrale, il Consiglio superiore di sanità, il 23 ottobre 2007 ha espresso parere favorevole al nuovo regolamento che stabilisce l'affidamento dell'EEG al tecnico di neurofisiopatologia escludendo definitivamente l'infermiere. Il decreto, emanato l'11 aprile 2008 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2008, entra in vigore dal 27 giugno 2008. In aperto contrasto con questo decreto, il 20 giugno 2008, il Centro regionale trapianti del Piemonte ha avvisato i vari centri che diversamente da quanto stabilito dal decreto ministeriale dell'11 aprile 2008, era possibile continuare ad affidare l'EEG agli infermieri e che «l'eventuale rifiuto da parte del Neurologo e/o dell'Infermiere professionale ad effettuare l'accertamento della morte può senz'altro configurare come omissione di atti di ufficio». A conferma di tale tesi segue il 24 giugno la circolare del Centro nazionale trapianti indirizzata a tutti i Centri regionali;
la motivazione addotta dal CNT per tale decisione è il timore di mettere in difficoltà l'attività dell'accertamento della morte cerebrale nelle strutture sanitarie in cui operano infermieri al posto dei tecnici, a causa della loro mancanza sul mercato del lavoro. Ma tale carenza viene esclusa da parte della Società italiana dei medici di neurofisiologia clinica che, con nota del 10 luglio indirizzata al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, evidenzia che sono circa 150 gli infermieri addetti all'accertamento di morte cerebrale che possono essere immediatamente sostituiti da 200 tecnici laureati da 16 università. Peraltro tali tecnici hanno partecipato già a procedure concorsuali indetti da parte delle Regioni;
data la rilevanza di questo esame al fine di accertare la morte del paziente, appare evidente che, soprattutto nell'interesse primario del cittadino, la registrazione di un elettroencefalogramma debba rientrare nell'ambito di esclusiva competenza del tecnico di neurofisiopatologia al quale tale prestazione è esplicitamente affidata ex lege e che di essa è pienamente responsabile dal punto di vista della correttezza esecutiva. Appare del tutto evidente che almeno sotto il profilo della perfetta e compiuta esecuzione dell'EEG non possano e non debbano sussistere dubbi di alcun genere sul suo risultato e di questo si fa garante in scienza e coscienza il tecnico di NFP, appositamente formato, tecnicamente e scientificamente aggiornato. Quest'ultimo infatti è l'unico professionista con un percorso formativo specifico sulle metodiche diagnostiche neurofisiologiche utilizzate per la diagnosi dell'accertamento della morte cerebrale;
pur essendo stato attualmente rimesso in discussione da parte di alcuni esperti il concetto di morte cerebrale, preso atto che comunque ancora oggi la comunità scientifica conferma la validità dei criteri di Harvard, resta il problema che non tutte le strutture sanitarie ne applicano rigorosamente le indicazioni che sono state periodicamente aggiornate, perfezionate e recepite nella legislazione italiana. Ne deriva che - soprattutto nell'interesse primario del cittadino - in base alle normative vigenti, l'accertamento strumentale della morte cerebrale non possa trovare adeguato fondamento se non su di una attenta e scrupolosa loro osservanza. È inoltre consequenziale il dedurre che il mancato rispetto dei parametri, delle metodologie,

degli accorgimenti e delle indicazioni relative alle specifiche figure professionali da coinvolgere in tale processo potrebbe configurare anche la mancata legittimazione dell'affermazione di avvenuto decesso, così esponendo i responsabili della struttura a possibili - e non certo secondarie - conseguenze penali in riferimento alla cessazione di trattamenti di sostegno vitale,

impegna il Governo:

a garantire l'integrale ed univoco rispetto della normativa vigente;
ad assumere iniziative normative dirette a obbligare tutte le aziende sanitarie ad affidare in esclusiva al tecnico di neuroflsiopatologia le metodiche previste dal rispettivo profilo professionale, in particolare l'EEG, con cui si certifica lo stato di morte cerebrale;
a inserire la deroga al blocco delle assunzioni, oltre che agli infermieri, anche ai tecnici di neurofisiopatologia che devono sostituirli in applicazione del decreto ministeriale 11 aprile 2008.
(1-00042)
«Binetti, Livia Turco, Bobba, Barani, Mosella, Palumbo, Di Virgilio, D'Incecco, Renato Farina, Vignali, Servodio, Lusetti, Bossa, Carella, Causi, Bocci, Volontè, Cavallaro, Castagnetti, Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Duilio, Bosi, Sbrollini, Ria, Polledri, Pedoto, Grassi, Pelino, Enzo Carra».

Risoluzioni in Commissione:

La XI Commissione,
premesso che:
per contrastare il ricorso al lavoro precario e irregolare, la circolare del Ministero del lavoro Damiano n. 17 del 2006 del giugno del 2006, precisando i requisiti essenziali per i co.co.co. impiegati in attività in bound nei call center, aveva consentito la stabilizzazione di circa 24 mila addetti, trasformandone i contratti in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
con una successiva circolare, la n. 8 del 2008 del 31 marzo 2008, lo stesso Ministro ha precisato i requisiti e le condizioni di un'eventuale stabilizzazione degli outbound quegli operatori, cioè, che svolgono per conto terzi vendite per telefono o effettuano ricerche di mercato, chi cioè in un call center svolge un lavoro attivo, non di rimessa;
secondo il ministero, tuttavia, «l'esperienza ispettiva ha frequentemente evidenziato l'assenza degli elementi che contraddistinguono una prestazione genuinamente autonoma per le attività out bound» e dunque «la prestazione non può essere qualificata autonoma qualora si riscontri anche una sola delle seguenti criticità»: a) il progetto non individui la specifica campagna; b) la prestazione includa, anche parzialmente, attività in bound; c) non ci sia possibilità per l'operatore di gestire quantità e collocazione temporale della prestazione; d) le concrete modalità di effettuazione della prestazione siano vincolate all'utilizzo di sistemi informatici che non consentono l'autodeterminazione dei ritmi lavorativi; e) la postazione non sia dotata del break per interrompere la prestazione; f) il committente eserciti un potere direttivo o disciplinare nei confronti dell'operatore; «ove ci sia una o più di tali modalità di svolgimento, il rapporto va sempre e comunque ricondotto nell'ambito della subordinazione»;
nonostante la non contrarietà di sindacati e imprese all'azione di stabilizzazione, i circa 30 mila precari dei call center restano, tuttora, in attesa di una regolarizzazione;
secondo la SLC-CGIL «si sono bloccate le ispezioni nelle aziende e i grandi committenti, imprese di telecomunicazione, televisive, multi-utility e via di seguito, dopo aver alzato i prezzi delle commesse adeguandoli al nuovo costo del

lavoro, hanno ricominciato con le gare a ribasso. Inoltre il tavolo presso il Ministero del lavoro con le parti sociali, che avrebbe dovuto riunirsi a cadenze fisse, non si è mai riunito»;
nelle gare a ribasso il costo del lavoro è quello che subisce le maggiori contrazioni e quindi si tende a risparmiare su tale costo;
la circolare, non essendo stata ritirata o modificata, risulta tuttora in vigore e quindi le imprese che non vi si adeguano rischiano sanzioni;
ad aggravare la situazione dei 30 mila lavoratori si è aggiunta una decisione del Garante della privacy che ha messo ulteriori e rigidi paletti alle attività di telemarketing;
secondo la normativa vigente, infatti, tutti i data base (compresi gli elenchi telefonici) antecedenti all'agosto del 2005 possono essere usati a scopi di telemarketing a patto che gli utenti siano stati informati entro il 2005, in un regime di silenzio-assenso in cui il cittadino per non essere preso di mira dalle telefonate doveva farne espressa richiesta. Dal 2005 è, invece, necessario il consenso scritto;
il provvedimento, che ha colpito tre aziende specializzate nella vendita di dati a fini di telemarketing (Ammiro Partners, Consodata e Telextra) colpevoli di aver commercializzato numeri di telefono senza il consenso dei titolari, potrebbe portare alla chiusura delle stesse aziende e la perdita di lavoro per la maggior parte degli addetti a prescindere quindi da ogni sviluppo riguardante la loro regolarizzazione;
la stabilizzazione dei lavoratori precari è una problematica che investe non solo il settore in oggetto, in quanto la diffusione delle collaborazioni coordinate e continuative, molto spesso utilizzate in modo illegittimo ed indiscriminato, è un fenomeno che tocca tutti i settori produttivi per gli indubbi vantaggi economici che produce in capo ai datori di lavoro,

impegna il Governo:

a rilanciare al più presto il metodo della concertazione con le parti sociali per affrontare compiutamente la normativa vigente e gli accordi sindacali intervenuti per la stabilizzazione;
a sollecitare un impegno formale da parte dei committenti affinché sia bandita la pratica delle gare al massimo ribasso ed in ogni caso ad assegnare attività solo a chi ha lavoratori subordinati e rispetta le norme del CCNL e della legge n.626 del 1994 (legge sulla salute e sicurezza);
a prevedere idonee soluzioni che consentano alle aziende che operano nel settore di poter svolgere la loro attività nel rispetto delle direttive emanate dal Garante della privacy sulle attività di telemarketing;
ad assumere ogni iniziativa volta a risolvere in tempi rapidi la drammatica situazione in cui versano i 30 mila precari dei call center.
(7-00043)«Delfino, Poli».

La XI Commissione,
premesso che:
è venuto a scadenza il termine per avvalersi delle procedure, introdotte con la Finanziaria 2007, per la stabilizzazione e la conversione in lavoro dipendente a progetto non conformi alle disposizioni di legge;
tale termine, già prorogato una prima volta durante il 2007 era stato poi esteso (dall'aprile dello scorso anno al 30 settembre) con il decreto-legge n. 248 del 2007 (detto «milleproroghe») quasi in concomitanza con l'emanazione, da parte dell'allora Ministro del lavoro, della Circolare n. 8/2008 che preannunciava - mediante l'avvio di una massiccia e drastica campagna ispettiva - un intervento rigoroso sulle collaborazioni coordinate e continuative;

in particolare non sfuggiva, già allora, la correlazione fra i due provvedimenti. Le linee guida indirizzate agli organi ispettivi contenute nella circolare citata sul lavoro a progetto e l'iniziativa contenuta nel decreto «milleproroghe» furono espressione coerente di una intera stagione legislativa caratterizzata da una sequenza di annunci a effetto, poi ridimensionati, nei fatti, dai comportamenti pratici. Prima, appunto, la minaccia di sanzioni pesanti quanto rigorose. Poi lo spiraglio di un percorso graduale di regolarizzazione, realizzabile previo accordo con i sindacati. Con l'approssimarsi dei termini ultimi concessi dal decreto «milleproroghe» si sono poi via via alimentati i richiami rivolte alle imprese - tutte, quindi anche quelle in linea con le indicazioni normative e ministeriali - ad affrettarsi a stabilizzare i contratti con i collaboratori a progetto;
richiami provenienti non solo dalle organizzazioni sindacali, che sin dalla proroga dei termini hanno drasticamente prospettato alle imprese - indipendentemente dall'indagine di merito sulla genuinità dei contratti - l'alternativa fra conversione dei contratti e pesanti sanzioni; ma altresì - a stretto giro - da parte degli organi ispettivi particolarmente impegnati ad intraprendere accertamenti (in molti casi rimasti sospesi o comunque non portati a termine in tempi ragionevoli) ed a notificare verbali prima della scadenza ultima fissata dal decreto «milleproroghe»;
a subire gli effetti di tale linea di condotta sono stati, in primo luogo, i gruppi imprenditoriali più grossi. Ne sono un esempio le imprese del settore dei call center, che sono state costrette alla conversione in lavoro dipendente di tutte le collaborazioni a progetto: ciò, peraltro, anche quando i datori di lavoro si erano attenuti alla legge ed alle istruzioni operative che lo stesso ministro Damiano aveva diramato con la circolare del 2006 in materia di operatori out-bound;
gli stessi lavoratori coinvolti nei processi di stabilizzazione, a ben vedere, sono risultati in gran parte penalizzati. Molti di loro, pur se da tempo presenti in azienda, si sono visti convertire, tramite l'accordo sindacale, il contratto a progetto in un semplice apprendistato oppure in contratti di lavoro a tempo parziale a 20/25 ore settimanali - talvolta con avvicendamenti di orari lavorativi particolarmente scomodi per gli stessi lavoratori - e, in taluni casi, persino in forme di lavoro intermittente o in contratti di inserimento;
lo stesso Ministero del lavoro, con una nota del 2007, ha riconosciuto come molti di questi accordi sindacali di stabilizzazione avessero in realtà dilatato i tempi della regolarizzazione oltre i limiti di legge consentendo addirittura, in taluni casi, la pacifica prosecuzione nella modalità a progetto di prestazioni in-bound che pure avrebbero dovuto essere ritenute di lavoro dipendente;
vi sono stati sicuramente dei vantaggi per quei datori di lavoro, e non sono certo pochi, che per lungo tempo hanno invece fatto un utilizzo abusivo delle collaborazioni a progetto. Datori che hanno sfruttato i lavoratori e danneggiato le imprese concorrenti, ma che - anche a seguito di accertamenti degli organi ispettivi - hanno potuto ripiegare, con l'accordo sindacale, aderendo alla sanatoria, con tanto di incentivo contributivo coperto da chi le leggi le ha invece rispettate;
nel bilancio va infine considerata l'incidenza, sul già pesante e lento contenzioso dei nostri organi di giustizia, che deriverà dai verbali sbrigativamente notificati dagli organi ispettivi alle imprese che avevano fatto un corretto ricorso alle collaborazioni a progetto e che pertanto si troveranno costrette ad adire gli organi competenti per potersi difendere;
la lotta alle collaborazioni coordinate e continuative illegittime non può essere efficacemente attuata rivolgendosi, indiscriminatamente e senza affrontare il merito, a tutte le imprese che utilizzano tale forma di rapporto di lavoro prevista dall'ordinamento. Né - come hanno fatto le ultime circolari del precedente Governo

- si possono penalizzare specifiche attività produttive inserendo, in maniera non certo coerente con la legge, una presunzione di illegittimità tout court per le collaborazioni a progetto di quei settori,

impegna il Governo:

alla puntuale applicazione della legge n. 30 del 2003, tenendo presente che nessuna attività lavorativa è di per sé inidonea a essere configurata come collaborazione e distinguendo fra chi applica in modo rigoroso la legge e chi pone in essere comportamenti elusivi;
a dare certezza ai rapporti di lavoro, tramite le procedure di certificazione dei contratti, a garanzia non solo delle imprese, ma soprattutto dei lavoratori, che possono testare, tramite questo strumento, la serietà dei loro datori di lavoro e l'effettivo rispetto, nei loro riguardi, della legge.
(7-00044) «Cazzola, Pelino, Baldelli, Di Biagio, Fedriga, Antonino Foti».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
l'8 Agosto 2008 in Friuli Venezia-Giulia, sulle zone litoranee di Grado, Lignano e del golfo di Trieste, si è abbattuto un tornado che ha provocato la morte di due turisti norvegesi e ingenti danni a persone e cose: decine di feriti, scoperchiamento dei tetti degli edifici, sradicamento di alberi, rovina di automobili, natanti e camper di incolpevoli turisti;
la Regione Friuli Venezia-Giulia ha chiesto la dichiarazione di calamità naturale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 per i Comuni colpiti di Aquileia, Carlino, Duino Aurisina, Fiumicello, Grado, Latisana (ove il locale ospedale ha dovuto chiudere quattro sale operatorie e sgomberare il reparto di ostetricia-ginecologia a causa della distruzione del tetto), Lignano Sabbiadoro, Marano Lagunare, Monfalcone, Muzzana, Palazzolo, Precenicco, Ronchis, Staranzano, Terzo di Aquileia, San Canzian, Torviscosa, Trieste;
il Dipartimento nazionale della Protezione Civile pare abbia predisposto lo schema dell'ordinanza prevista dall'articolo 5 della citata legge prevedendo la necessità di una copertura finanziaria, richiesta al Ministero dell'Economia e delle Finanze, di 30 milioni di euro;
nondimeno, la predetta copertura finanziaria per 30 milioni di euro, pare che non tenga conto dei danni subiti dai privati ai loro beni mobili registrati;
andrebbe, invece, garantita l'uguaglianza dei cittadini che, nei casi di calamità naturale, anche nel recente passato hanno beneficiato di contributi per il ristoro di tali specifici danni: così in Friuli Venezia-Giulia per i danni dell'alluvione del 29 agosto 2003 nella zona Canal del Ferro-Valcanale (vds. legge reg. FVG n. 1/2005), o come occorso in altre Regioni (per esempio, nell'alluvione del 14-17 settembre 2006 in Liguria, eccetera);
è opportuno di tutelare l'immagine turistica delle importanti località balneari colpite, che sono meta di sempre maggiori flussi turistici internazionali -:
quando e come si intenda provvedere alla copertura finanziaria necessaria per l'emanazione dell'ordinanza dichiarativa dello stato di calamità naturale per il tornado dell'8 agosto 2008;
se non si ritenga di dover garantire, eventualmente d'intesa con la Regione

FVG, un indennizzo soddisfacente a favore dei privati anche per i danni ai loro beni mobili registrati.
(2-00139) «Monai».

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DIFESA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
con grande clamore mediatico nelle settimane passate il Governo ha fatto approvare e poi attuato il provvedimento con cui si dispiegano militari per le strade delle città italiane;
ciò per sottolineare che la sicurezza è un tema che sta molto a cuore all'attuale maggioranza;
senonché il provvedimento si è mostrato - come al solito nelle cose di questo Governo - tutto di battage e propaganda e per nulla di sostanza;
già domenica 31 agosto 2008, l'assalto al treno dei tifosi del Napoli che rientravano dalla trasferta romana ha mostrato come delinquenti di ogni sorta quando decidono di impadronirsi delle strade lo fanno, Governo Berlusconi o non;
il 16 settembre 2008 a Milano è stato ucciso il giovane Abdul da due baristi; pochi giorni dopo la camorra ha ucciso varie persone a Castelvolturno, alcune immigrate e un italiano davanti al suo negozio;
a Roma, in pochi giorni, sono successi due inquietanti episodi: un giovane italiano è entrato nella chiesa di Santa Marcella, a San Saba e ha aggredito il parroco, pugnalandolo;
il 24 settembre 2008 un'anziana ha aggredito armata di coltello un automobilista ed è stata trattenuta al commissariato per gli accertamenti di rito. Data l'età avanzata non andrà in carcere ma - in generale - anche questo episodio contribuisce a spiegare perché il 15 settembre 2008 il Censis abbia presentato per World Social Summit in corso in questi giorni un rapporto da cui si evince che proprio la Roma amministrata da un sedicente «sindaco sceriffo» continui - nonostante tutto - a mostrare paura e ansia e a provare come sin qui il Governo non abbia inciso sul problema in alcun modo;
d'altronde il Governo non ha alcuna seria e lungimirante strategia contro la criminalità: si occupa dei processi del Presidente del Consiglio e - si apprende oggi - del ministro Matteoli; vuole togliere alla polizia e alla magistratura il potere d'indagare con l'unico vero strumento efficace (le intercettazioni); toglie risorse ai commissariati e intimidisce i giudici più professionali ed esposti;
peraltro, il Governo non capisce che spesso la minaccia per la sicurezza delle persone viene anche dal lavoro (3 morti al giorno, una media indegna di un paese civile), dalla circolazione stradale e talora dalla vita domestica;
il 6 agosto 2008 a Rieti è stato arrestato un uomo che picchiava sistematicamente moglie e figlia;
il 19 settembre 2008 in Calabria Francesco Manti, 53enne, ha ucciso la moglie Orsola Nicolò di 11 anni più giovane con otto colpi di pistola, davanti agli occhi della figlia di 9 anni, in casa insieme alla sorella più grande;
il 21 settembre 2008 la vittima del delitto in famiglia è stato un uomo, Salvatore Casisi, 33 anni, con piccoli precedenti per rapina. L'ha ucciso la sua ex convivente, Lucia Cavalli, 35 anni, operaia disoccupata;
a fronte di tutto questo, il Governo è immobile, impotente, afasico o - più semplicemente - disinteressato;

un sottosegretario (l'onorevole Cosentino) è stato chiamato in causa da un collaboratore di giustizia per intese con la camorra, tanto che il ministro ombra dell'interno, l'onorevole Minniti ne ha chiesto le dimissioni;
ad avviso dell'interpellante le regioni del sud, vasta parte delle quali non sono sotto il controllo dello Stato, avrebbero bisogno di concrete azioni repressive e preventive per catturare i noti capiclan, che indisturbati spadroneggiano nella provincia di Napoli e in quella di Caserta;
solo il ministro dell'interno sembra intuire sia pure, ad avviso dell'interpellante, senza la dovuta coerenza e nell'ambito di un'alleanza politica esiziale per il suo partito, che il pericolo per il cittadino non viene combattuto con la dovuta convinzione ed efficacia: proprio il 24 settembre 2008 egli ha parlato di una «guerra civile», riferendosi alla lotta dello Stato contro la camorra in Campania -:
per quale motivo non condivida l'opinione del suo collega di Governo;
per quale motivo non abbia condiviso l'opinione precedentemente espressa dallo stesso ministro dell'interno per cui a sostenere i disordini e i saccheggi dei treni il 31 agosto 2008 vi fosse la camorra;
se non creda che invece di discutere di come limitare le intercettazioni telefoniche non sia il caso di esaminare modi e forme per attribuire poteri di prevenzione anche a determinati e qualificati corpi armati, con facoltà anche di stendere - a determinate condizioni - verbali di polizia giudiziaria;
se, altrimenti, non creda che la sua permanenza nell'Esecutivo sia incompatibile con quella del Ministro dell'interno.
(2-00141) «Evangelisti».

TESTO AGGIORNATO AL 29 SETTEMBRE 2008

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
diversi finanzieri hanno ricevuto dai Reparti tecnici logistici amministrativi della Guardia di finanza comunicazione di un procedimento amministrativo che prevede il recupero di somme corrisposte a titolo di compenso del lavoro straordinario per il periodo relativo agli anni 1996-2000;
nel 2003 diversi Tribunali amministrativi regionali avevano invece riconosciuto loro tali somme come pagamento di straordinari effettuati;
nel 2005 il Ministero dell'economia si è appellato al Consiglio di Stato, che con tre sentenze ha accolto il ricorso e ha rovesciato la decisione dei Tar;
l'ultima sentenza del Consiglio di Stato ha deciso infine che per gli straordinari sopradetti i finanzieri non hanno diritto ai compensi ricevuti, che dovrebbero quindi restituire, ma hanno diritto a commutare le ore di straordinario non pagato in riposi compensativi;
le prestazioni di servizio oltre il normale orario di lavoro non vengono certo rese «spontaneamente» dal singolo dipendente in una istituzione organizzata gerarchicamente bensì sulla base di ordini ricevuti -:
se la situazione venuta a determinarsi abbia coinvolto personale della Guardia di finanza impiegato in settori limitati e specifici, ed in tal caso di quali uffici si tratti, o, invece, la generalità degli appartenenti al Corpo;
se non siano riscontrabili nella situazione venutasi a determinare responsabilità riconducibili ad un'opinabile applicazione dei criteri di impiego del personale o ad individuati settori nella catena di comando;

per quale ragione non sono state in tempo utile intraprese iniziative per programmare nel tempo i riposi compensativi;
come infine si intenda assicurare al personale, cui sono state ordinate prestazioni oltre il normale orario di lavoro, le compensazioni consentite dalla normativa in vigore.
(5-00369)

Interrogazione a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 16 settembre 2008 si è tenuta in Ancona una riunione inerente l'evoluzione della nuova rete logistica Poste Marche;
alla presenza dei massimi responsabili aziendali regionali è stata illustrata la nuova struttura meccanizzata del CMP di Ancona dove, a partire dal gennaio 2009, confluiranno tutte le lavorazioni dei CPO di Ascoli Piceno, Pesaro e Macerata;
tale riorganizzazione creerà eccedenze di personale nei tre centri che saranno trasferite ad Ancona CMP ed applicate su tre turni;
per quanto concerne il CPO di Ascoli Piceno, dove resteranno come lavorazioni l'ufficio UNEP - accettazioni grandi utenti città, operatori trasporto e progetto di video codifica - si avrà una applicazione di 46 unità su 61, con la creazione di 15 eccedenze da mobilitare;
la nuova organizzazione prevede la perdita delle lavorazioni a favore del CMP di Ancona, dislocato a 140 chilometri da Ascoli Piceno e raggiungibile con trasporto su gomma, in condizione di normalità, in non meno di un'ora e quaranta minuti;
l'efficienza e la sicurezza del servizio postale, nonché la qualità ed il raggiungimento degli standard, in presenza di una liberalizzazione che porterà una concorrenza organizzata ed agguerrita, saranno gravemente pregiudicate da tale ristrutturazione, non giustificabile per quanto riguarda il recupero personale ed i costi;
il personale applicato, circa 68 unità, di cui 35 nuovi posti di lavoro, determinati dalle riammissioni giudiziarie, importanti per un territorio che ha visto dislocare tutte le proprie strutture, con gravi ricadute occupazionali per l'intera popolazione, è oggi interessata da un processo di mobilità che, se malauguratamente portato avanti da Poste italiane, vedrebbe tante persone rinunciare perché impossibilitate, con uno stipendio di 600-1000 euro al mese, a percorrere con il proprio mezzo 220 chilometri per raggiungere il posto di lavoro, in qualsiasi momento della giornata, essendo applicate su tre turni;
le organizzazioni sindacali hanno fatto presente che le unità in eccedenza sono leggermente inferiori e che, comunque, stanti le carenze in altri settori, meritano una ricollocazione in ambito provinciale;
tale processo di riorganizzazione, noto dal lontano 2001, colpisce ingiustamente lavoratori a cui non è stata mai concessa la possibilità di partecipare a processi di mobilità verso la sportelleria, mobilità in uscita verso altre province e regioni, perché lo scopo primario aziendale è stato quello di utilizzare le risorse applicate fino alla chiusura delle lavorazioni, per poi mandarle in mobilità;
nel contempo, in questi anni sono state avviate dal recapito verso la sportelleria circa 100 unità, senza mai concedere tale possibilità ai lavoratori del CPO, pur essendo perdenti posto;
gli stessi applicati (14 part-time, inidonei, sordomuti, legge 104) aventi un'età non vicina alla pensione (gran parte cinquantenni) non possono e non debbono essere trasferiti a 120 chilometri ma, stante il numero limitato ed il fabbisogno del territorio provinciale, trovare una giusta collocazione in loco;
nella XV Legislatura analoga interrogazione è stata presentata al Senato (Atto Senato n. 4-01627 del 27 marzo 2007)

rivolta ai Ministri delle comunicazioni e del lavoro e della previdenza sociale, ma la stessa non ha ricevuto risposta -:
se non ritenga necessario ed urgente disporre affinché gli eventuali esuberi siano collocati nell'ambito della Provincia di Ascoli Piceno e siano previste, sempre ad Ascoli Piceno, altre tipologie di lavorazione in modo da poter impiegare in loco il personale in eccedenza.
(4-01156)

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GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
da varie notizie di stampa, e in particolare della stampa bolognese, del 23 settembre 2008, emerge la notizia del ruolo «anomalo e politico» del garante dei detenuti nominato dalla Giunta comunale di Bologna;
la politica tradizionalmente seguita da molti enti locali a maggioranza di Sinistra, come il Comune di Bologna, interferisce, secondo l'interpellante, con pregiudiziali ideologiche in settori della vita nazionale con la creazione di figure politicamente orientate a svuotare i contenuti della legislazione nazionale che non rientrano negli schemi della sinistra locale;
in questo contesto non può non destare preoccupazione il Coordinamento da poco Costituito tra i garanti di alcune città d'Italia, che potrebbe configurarsi come organismo parallelo agli organi di Stato di fatto destabilizzante rispetto all'attuale legislazione;
va poi considerato che il suddetto organismo, nel caso di Bologna, non osserva, secondo l'interpellante, un profilo rigorosamente istituzionale, posto che svolge l'attività, con personale e fondi del Comune, secondo l'interpellante, per scopi prevalentemente politici e propagandistici;
sembrerebbe, per quanto risulta all'interpellante, che l'attività del suddetto garante si sovrapponga in settori essenziali, quali la dimensione carceraria e la struttura dei CPT, ai compiti propri dei ministeri competenti -:
se non ritengano di dover svolgere un'attenta attività di monitoraggio sulla diffusione di organismi quali quelli indicati in premessa e circa l'effettiva possibilità per tali organismi di operare senza improprie sovrapposizioni e interferenze con le competenze ministeriali riguardanti settori essenziali attinenti la dimensione carceraria e la struttura dei CPT;
se non ritengano, alla luce di tali verifiche, di promuovere iniziative normative volte a disciplinare la materia, salvaguardando le competenze ministeriali nei settori richiamati.
(2-00138) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 21 novembre 2003, il Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della giustizia bandiva un concorso pubblico per la copertura di 39 posti di psicologo, nell'area C, posizione economica C1;
tale concorso ha avuto espletamento tra novembre 2004 e aprile 2006;
il 15 settembre 2006, sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia, è stata pubblicata la graduatoria finale di tale concorso;
la finanziaria del 2007 aveva destinato, per le assunzioni da parte del DAP, 1,5 milioni di euro per l'anno 2008, 5 milioni di euro per l'anno 2009 e 10 milioni di euro per l'anno 2010;

nell'anno 2008, tali fondi sono stati utilizzati dal DAP per l'assunzione di contabili che avevano partecipato ad un concorso successivo rispetto a quello degli psicologi;
non essendo ancora stati assunti i vincitori del concorso, il DAP ha provveduto a stipulare circa 450 contratti di convenzione con altrettanti professionisti per sopperire alla carenza di psicologi, ciò con gli ovvii aggravi per l'amministrazione in termini finanziari;
nella prima decade di settembre la Direzione generale del personale e della formazione concorsi del personale del comparto ministeri del DAP, facente capo al Ministero della giustizia, ha inviato ai vincitori del concorso una lettera nella quale si comunica che, alla luce delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, concernente «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», gli atti relativi al concorso sono stati trasmessi al Ministero della salute -:
per quali ragioni l'iter di tale concorso pubblico si sia rivelato tanto lungo e complesso e perché, ancora oggi, i vincitori non abbiano certezze sul proprio futuro;
se sia intenzione del Governo quella di provvedere alla assunzione dei vincitori di tale concorso ed, eventualmente, in quali tempi e con quali modalità.
(4-01143)

BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella procedura iscritta al numero 244/87 del Registro Esecuzioni del Tribunale di Catanzaro, il giudice dell'esecuzione, dott. Giuseppe Valea, su concorde richiesta dei creditori e sulla base della relazione del Consulente Tecnico d'Ufficio, Ing. Gregorace, depositata il 18 gennaio 1996, disponeva, con provvedimento interamente manoscritto di suo pugno, la vendita all'incanto dell'immobile sito in Soverato, Via Chiariello n. 5, di cui allora era proprietario il Sig. Nicola Martelli, partendo dalla base d'asta di lire 401.500.000;
la vendita all'incanto, che sarebbe dovuta avvenire entro la fine del 1996, non venne mai eseguita e, nel frattempo, in data 29 novembre 1996, moriva il debitore esecutato Martelli Nicola, il quale, con testamento pubblico del 05 giugno 1995, registrato all'Ufficio del Registro il 17 marzo 1997 trasferiva mediante legato alla marchesa Enrichetta Lucifero il suo appartamento di Via Chiariello n. 5;
pertanto, a decorrere dal 29 novembre 1996, la Sig.ra Enrichetta Lucifero, ai sensi dell'articolo 649, comma 1 e 2 del codice civile, diveniva proprietaria dell'attico di cui al pignoramento;
con ordinanza del 21 novembre 1997, nonostante il testamento pubblico fosse noto in quanto già registrato, il giudice dell'esecuzione, dott. Valea, nominava il geometra Gregorio Rubino custode dei beni pignorati, il tutto senza aver integrato il contraddittorio nei confronti del legittimo proprietario del bene pignorato il quale peraltro, con la morte del debitore esecutato, era diventato anche il custode legale dell'appartamento in questione;
in data 21 aprile 1998 la Sig.ra Lucifero proponeva opposizione all'esecuzione del provvedimento del 21 novembre 1997 (nomina del custode giudiziario Rubino);
nonostante la predetta opposizione, in data 30 giugno 1998 il custode giudiziario nominato dal giudice dell'esecuzione prendeva possesso dell'attico di Via Chiariello n. 5;
il 18 febbraio 1999, il giudice dell'esecuzione, dott. Giuseppe Valea, senza nulla comunicare al legatario-proprietario e quindi violando il principio del contraddittorio, nominava impropriamente, non sussistendo i gravi motivi, un altro perito,

il geom. Giancarlo Sarcone, affinché lo stesso procedesse ad una seconda perizia sul bene pignorato;
il geometra Sarcone, in addirittura meno di un mese e senza averlo visionato, riuscì a depositare una relazione nella quale attribuiva all'appartamento in questione il valore di lire 289.100.000;
a questo punto l'avv. Annalisa Pisano, amica di famiglia e abituale frequentatrice del dott. Salvatore Curcio, magistrato appartenente alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, avanzava offerta d'acquisto del predetto attico «per persona da nominare», ciò ovviamente sulla base della somma indicata nella relazione depositata dal geometra Sarcone;
il giudice dell'esecuzione, dott. Valea, disattendendo dunque quanto da lui stesso stabilito ossia la vendita all'incanto dell'immobile di Via Chiariello n. 5 partendo dalla base d'asta di lire 401.500.000, disponeva, con provvedimento del giorno 1o luglio 1999, la vendita senza incanto dell'appartamento di proprietà della contessa Lucifero;
il 23 luglio 1999 l'immobile di proprietà della contessa Enrichetta Lucifero, che nel 1996 era stato valutato lire 401.500.000, veniva quindi venduto dal giudice dell'esecuzione, dott. Critelli, al collega Salvatore Curcio per la somma di lire 292.100.000;
a tal proposito, sentito come persona informata dei fatti, in data 18 novembre 1999 il dott. Giuseppe Valea disse che: «la diversità di valutazione ha comportato un'aggiudicazione dell'immobile ad un prezzo notevolmente inferiore a quello reale ... tale diversità ai sensi dell'articolo 586 del codice di procedura civile determina l'effetto della sospensione della vendita del bene nonostante l'aggiudicazione»;
nel caso di specie, però, nessuno intervenne per sospendere, ex articolo 586 del codice di procedura civile, la vendita del bene immobile ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, anzi, sempre secondo quanto sostenuto a verbale dal dott. Giuseppe Valea, furono proprio il Presidente del Tribunale di Catanzaro e il Procuratore della Repubblica ad insistere perché fosse emesso il provvedimento di assegnazione dell'attico di proprietà della contessa Lucifero al dott. Salvatore Curcio;
il 15 maggio 2000, con il decreto «trasferimento proprietà immobile» emesso nella procedura esecutiva «244/87 R.E. - N. 1093 Cron. - N. 388REP» dal giudice dell'esecuzione, dott. Gianfranco Gallo, l'immobile venne trasferito al dott. Salvatore Curcio nonostante il fatto che: a) la vendita sarebbe dovuta avvenire all'incanto, come disposto in un primo momento dal giudice dell'esecuzione, dott. Valea; b) fossero presenti due diverse stime; c) vi fosse l'obbligo di sospendere la vendita, ex articolo 586 del codice di procedura civile, essendo il prezzo offerto notevolmente inferiore a quello giusto;
peraltro in una vicenda analoga nella quale però non era coinvolto il magistrato Salvatore Curcio, il Tribunale di Catanzaro, nella procedura Nocita c/Scaramuzzino, sospese la vendita di un immobile già aggiudicato proprio sulla base del fatto che il prezzo offerto era notevolmente inferiore a quello giusto e ciò, essendo conosciuto in Calabria e a Catanzaro, ha suscitato e continua a suscitare tuttora notevole allarme sociale e diffidenza per la corretta amministrazione della giustizia;
nel frattempo, su denuncia depositata in data 12 agosto 1999 dalla Sig.ra Enrichetta Lucifero, a Salerno veniva aperto un procedimento penale a carico, tra gli altri, proprio dei magistrati Curcio e Valea per il reato di abuso d'ufficio;
il 25 gennaio 2001, il Giudice delle Indagini Preliminari di Salerno accoglieva la richiesta del pubblico ministero disponendo il sequestro dell'immobile acquistato dal dott. Curcio del quale veniva nominata custode proprio la contessa Lucifero;
dopo essere stati rinviati a giudizio, in data 13 dicembre 2006, il Tribunale di

Salerno, sez. II penale, assolveva i magistrati Curcio e Valea dal reato loro contestato disponendo, in data 18 gennaio 2007, il dissequestro dell'immobile di Via Chiariello n. 5 e la restituzione dello stesso al dott. Salvatore Curcio;
avverso la predetta sentenza hanno proposto appello sia la Procura della Repubblica che la Procura Generale -:
se con riferimento ai fatti di cui in premessa, anche a prescindere dall'esito che quel processo avrà, il Ministro della giustizia non intenda avvalersi della facoltà di avviare, intanto, indagini ispettive ed eventualmente, successivamente, promuovere un'azione disciplinare nei confronti del dott. Giuseppe Valea e del dott. Salvatore Curcio.
(4-01152)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con legge 4 agosto 2008, n. 136 è stato ratificato in via definitiva l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese fatto a Parigi il 12 marzo 2007, relativo all'attuazione di una gestione unificata del tunnel di Tenda e alla costruzione di un nuovo tunnel;
tale accordo prevede, tra l'altro, una gestione unificata del nuovo tunnel di Tenda e delega alla parte italiana la realizzazione del tunnel nonché delle vie di accesso;
tale infrastruttura, che collega la Provincia di Cuneo con il limitrofo Dipartimento francese delle Alpi Marittime, oltre che con il Ponente Ligure e che attualmente è del tutto inadeguata alle esigenze di sicurezza e mobilità delle regioni interessate, riveste una forte valenza economica e turistico-commerciale;
l'Anas, committente delegata alla realizzazione dell'opera per conto dei due Stati, si era impegnata a predisporre ed approvare i documenti per l'appalto, aggiornando contestualmente il programma definitivo per la Conferenza Intergovernativa che si doveva svolgere a fine settembre a Parigi;
il quadro economico-finanziario dell'opera, determinato nel 2006, prevedeva una spesa per un importo netto complessivo di 141,201 milioni di euro, dei quali 82,391 milioni, pari al 58,35 per cento, a carico dell'Italia: tale somma trova copertura per 54 milioni sulla legge n. 311 del 2004 (Legge Finanziaria 2005), successivamente integrata con 28,391 milioni nel contratto di programma 2007/2011;
l'Anas, come previsto dall'articolo 22 dell'Accordo Internazionale, ha provveduto a rideterminare gli importi sia in relazione alla rivalutazione dei prezzi che alle prescrizioni intervenute durante le fasi autorizzative: con il risultato che l'importo complessivo è lievitato a 213,8 milioni di euro, di cui 124,75 milioni per la parte italiana (42,36 milioni in più rispetto alle somme ad oggi stanziate). Questa evenienza è ampiamente contemplata nel citato articolo 22 del Trattato, che conferma i coefficienti di ripartizione dei costi tra i due Paesi (58,35 e 41,65 per cento, rispettivamente per l'Italia e per la Francia) anche in caso di aggiornamento di prezzi;
la seduta della Conferenza Intergovernativa prevista a Parigi per il 22 settembre 2008 è stata rinviata e risulterebbe che la responsabilità di tale rinvio faccia carico al Governo italiano, con evidente caduta di credibilità e di immagine dell'Italia in costante ritardo sulle decisioni operative relative alla costruzione di queste infrastrutture;
tale rinvio interrompe il percorso virtuoso avviato in questa nuova legislatura

con la sollecita ratifica da parte del Parlamento italiano dell'Accordo con la Francia e determina un ulteriore grave slittamento dell'iter di appalto dei lavori;
con l'ordine del giorno n. 9/1557/1 presentato dal primo firmatario del presente atto, il Governo si impegnava ad assicurare una puntuale e tempestiva attuazione dell'Accordo in oggetto e a promuovere un effettivo monitoraggio sui tempi e modalità di costruzione di questa infrastruttura -:
quali siano le ragioni che hanno portato al rinvio della Conferenza Intergovernativa prevista per il 22 settembre 2008 a Parigi, rinvio che appare ingiustificato considerato l'attivo lavoro che la Delegazione italiana ha da sempre svolto;
se siano stati adottati i necessari provvedimenti per garantire la piena disponibilità delle risorse finanziarie di spettanza italiana, lievitate, come già detto in premessa, di 42,36 milioni in più rispetto alle somme disponibili;
se, in attuazione all'ordine del giorno n. 9/1557/1 citato in premessa e accolto dal Governo, sia stata predisposta una prima puntuale informazione sull'attuazione dell'Accordo in oggetto, nonché il cronoprogramma dell'iter tecnico amministrativo per l'affidamento dei lavori.
(2-00140)«Delfino, Vietti».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
tra le opere infrastrutturali più importanti per il Ponente ligure è previsto il raddoppio a ponente della ferrovia;
tale opera continua ad essere soggetta a problemi e blocchi dei lavori, già nel mese di settembre del 2007 fu causa di un contenzioso tra Italferr RFI e Ferrovial, si bloccarono i lavori e furono messi in cassa integrazione molti lavoratori;
è di questi giorni un nuovo contenzioso tra le aziende che riporta nel dramma della Cassa integrazione decine di lavoratori e il dilatarsi dei tempi di consegna dell'opera a svantaggio del Ponente e di tutta la Liguria;
sarebbe opportuna una azione congiunta dei Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti per giungere ad una soluzione definitiva -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e quali iniziative intendano intraprendere per risolvere definitivamente la situazione.
(5-00367)

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ai competenti dirigenti dell'Anas centrale e territoriale è stata più volte rappresentata la necessità di interventi di manutenzione straordinaria della strada statale Piceno-Aprutina, che collega la città di Ascoli Piceno con la città di Teramo;
all'uopo sono state svolte diverse manifestazioni di protesta da parte di cittadini, amministratori locali e parlamentari per richiamare l'attenzione del Governo e di codesto Ministero per prevedere interventi migliorativi della sede stradale, al fine di evitare disagi e pericolosità per l'utenza;
a tutt'oggi, nonostante dopo 10 anni di segnalazioni e proteste, nulla è stato fatto nella parte della strada ricadente nel territorio della provincia picena -:
quali interventi siano stati programmati nel tratto della strada statale Piceno-

Aprutina ricadente nel territorio piceno e con che cadenza temporale s'intendano realizzare;
quali interventi siano stati realizzati negli ultimi 10 anni;
se sia vero che al compartimento Anas di Ancona non sono mai state assegnate risorse per interventi su tale tratto di strada.
(4-01145)

BITONCI, MONTAGNOLI, LANZARIN, NEGRO, MUNERATO e BRAGANTINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
notizie provenienti dal territorio e dai rappresentanti dei lavoratori informano che Trenitalia Divisione Passeggeri Regionale intende chiudere il più importante impianto nazionale del materiale storico, il deposito Locomotive di Pistoia;
il Deposito Rotabili Storici di Pistoia è attualmente l'unico impianto di manutenzione dedicato ai rotabili del parco storico FS, che è tra i più numerosi e meglio conservati d'Europa. Tali rotabili sono quelli normalmente utilizzati per l'effettuazione dei treni storici nelle varie regioni. All'interno del deposito sono conservati stabilmente ad oggi: 10 locomotive a vapore; 4 littorine; 4 locomotive elettriche e circa 20 fra vetture e carri. In più vi sono i rotabili riparandi (in attesa di riparazione) provenienti dalle varie Direzioni Regionali. Inoltre, ed è la cosa più importante, vi sono custoditi molti pezzi di ricambio ed attrezzature necessarie per gli interventi di manutenzione speciale delle locomotive a vapore di tutta Italia, oltre alla documentazione tecnica inerente questa famiglia di rotabili oramai unici;
il deposito non deve essere confuso con un qualsiasi museo, infatti i rotabili ivi conservati sono normalmente utilizzati, per cui generano un introito che permette di pagare tutti gli oneri derivanti da questo particolare tipo di traffico. L'attività dei rotabili storici è intimamente legata a Pistoia tanto che anche da parte del territorio si guarda all'area del Deposito come ad una risorsa da sostenere e per la quale investire;
è noto l'interesse concorde sia della regione che della provincia nel fatto che si debba mantenere il deposito aperto;
sapendo che con lettera prot. 19883 del 1o aprile 2008 l'assessore all'urbanistica e al centro storico di Pistoia ha confermato che l'area del deposito è inserita nel piano regolatore della città come destinata ad «attività ferroviarie museali», il suo trasferimento vedrebbe la più netta contrarietà di tutta l'Amministrazione Comunale;
l'attività dei rotabili storici, dal lato costi ha un impatto minimo sia nei confronti dell'esercizio che della manutenzione. L'alienazione del sito significherebbe, ipso facto, la cessazione dell'attività dei rotabili storici di tutta la Divisione Passeggeri Regionale (Nazionale);
la soluzione alternativa-dilettantistica proposta da Trenitalia di trasferire le attività a Firenze Romito tecnicamente è impercorribile, per l'inadeguatezza del sito dovuta a: ristrettezza degli spazi; logistica problematica; rischio ambientale nel trasferire nel centro di Firenze locomotive a vapore con i conseguenti fumi di scarico; rischio ambientale dovuto allo stoccaggio del carbone, delle scorie, degli olii. In riferimento ai fumi delle locomotive sia a vapore che diesel si sono avuti interventi delle Agenzie preposte, già allertate dai cittadini residenti nei pressi del deposito di Firenze Romito;
Pistoia organizzativamente non è un normale impianto manutentivo, infatti vi operano stabilmente solo quattro agenti che si occupano di «tutto», dalle incombenze tecniche a quelle logistiche. Inoltre altro fattore fondamentale è che a Pistoia, nella manutenzione dei rotabili storici, cooperano volontari che garantiscono una presenza giornaliera di circa due unità. Tale presenza, prestata a titolo completamente gratuito, verrebbe a mancare qualora si dovesse lavorare a Firenze;

analizzando le voci di costo relative a pulizie, vigilanza, riscaldamento e illuminazione il bilancio è a favore comunque di Pistoia. Infatti la pulizia viene fatta dai volontari, compreso lo sfalcio dell'erba, e quindi è a costo zero. La vigilanza non occorre perché in tutti questi anni non ci sono mai stati episodi di vandalismo o furti tali da richiederla, per il momento è sufficiente la normale ronda della Polfer. Il riscaldamento dell'officina è disattivato dal 1994, ed in tutti questi anni i volontari non ne hanno sentito la mancanza, riducendo gli spazi riscaldati ai soli spogliatoi negli orari necessari. L'unica voce a carico è l'illuminazione che comunque viene utilizzata solo negli spazi dove di volta in volta si effettuano le lavorazioni;
in questi anni tutti gli interventi di manutenzione dell'impianto tipo la imbiancatura degli spogliatoi, la sostituzione dello scaldabagno ed altri interventi migliorativi della rimessa, sono stati effettuati grazie al contributo del volontariato con i fondi recuperati dall'attività di produzione delle varie pubblicazioni e gadget;
la nascita e lo sviluppo di Pistoia è la conseguenza di una convenzione che proprio l'ingegner Mauro Moretti ora A.D. Ferrovie dello Stato, firmò come capo ASA Trazione con l'allora capo ASA Trasporto Locale, per una gestione razionale dei rotabili del parco storico, svincolata dai treni ordinari e possibilmente autonoma;
l'attività è mantenuta in vita dall'operato di persone che tramite attività no profit delle associazioni a cui appartengono, lavorano alacremente a costo zero per mantenere in vita la tradizione e la cultura ferroviaria. Chiudere Pistoia, vorrebbe dire dismettere un'attività costruita con grandi sacrifici di Ferrovieri, di pensionati, di volontari e che adesso vive di linfa propria garantendo la continuità storica di cento anni del parco rotabili FS -:
se, essendo a conoscenza della situazione, quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, al fine di sollecitare Trenitalia Divisione Regionale per il mantenimento in essere del Deposito di Pistoia, tenendo conto che il nostro futuro è legato alla conoscenza del nostro passato, e in considerazione della rilevanza sociale che l'impianto di Pistoia e il suo servizio riveste in tutto il territorio nazionale.
(4-01146)

NEGRO, BRAGANTINI, LANZARIN, BITONCI, MONTAGNOLI e MUNERATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
notizie provenienti dal territorioinformano come Trenitalia Divisione Passeggeri Nazionale Internazionale stia realizzando con il cambio orario di dicembre 2008-2009 un totale sconvolgimento dell'offerta commerciale nella tratta Venezia-Milano;
risulta infatti che tutti i treni Intercity (tranne il primo in partenza da Venezia e l'ultimo in arrivo a Venezia) verranno trasformati in EurostarCity con ovvio aumento tariffario che non dovrà essere trattato con il Governo proprio per la natura del cambio dell'offerta commerciale monopolista;
tale offerta prevede la totale eliminazione della fermata di San Bonifacio, mentre in modo alternato delle fermate di Peschiera e Desenzano con grave aggravio nei collegamenti veloci dei residenti di queste città, che dovranno utilizzare solo i treni regionali;
tenendo conto inoltre che il servizio svolto in questa direttrice è un servizio ad altissima frequentazione ed ad evasione vicino allo zero per cento, e che risulta che tale modifica si discosta da quanto già risposto da Trenitalia nell'interrogazione a risposta scritta 4-00389 - «L'obiettivo del- la nuova organizzazione dei servizi operata da Trenitalia è, tra l'altro, quello di pervenire ad una più marcata differenziazione dei diversi prodotti, per cui i treni Eurostar devono svolgere la funzione di collegamenti veloci tra i grandi nodi metropolitani, gli Intercity devono assicurare i collegamenti tra i centri di dimensioni

intermedie, con caratteristiche differenti di servizio in termini di capillarità e tempi di percorrenza, demandando la mobilità di corto raggio ai servizi di trasporto regionale»;
i provvedimenti dell'orario futuro non sono di razionalizzazione. Riguardano treni effettuati in regime di mercato che si mantengono con i ricavi da traffico, e che presentavano un rapporto costi/ricavi notevolmente bilanciato, con entrate economiche di rilevante entità, determinate soprattutto dai relativi volumi di frequentazione;
esaminando un aumento medio a biglietto fra prima e seconda classe di circa 4 euro e che i treni interessati dovrebbero essere 18 con una frequentazione media di 900 passeggeri, si ipotizza che il rincaro/giorno sarà circa pari a 64.800,00 euro, totalmente a carico dell'utente a pari costi di produzione per Trenitalia;
di fatto viene imposta una nuova gabella ai cittadini Lombardi e Veneti che utilizzando questi servizi dovranno sborsare ancora soldi per avere un servizio quasi uguale, perché in realtà avrà delle fermate in meno;
i cittadini di San Bonifacio avranno un ulteriore disagio provocato da un ulteriore servizio soppresso -:
essendo a conoscenza della situazione e tenendo conto dell'enorme quantità di cittadini interessati, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere per scongiurare la nuova offerta commerciale per assicurare il diritto di mobilità di lunga percorrenza ai cittadini e pendolari dell'area Lombardo-Veneto, regioni che trainano l'economia del Paese.
(4-01147)

MONTAGNOLI, BITONCI, BRAGANTINI, NEGRO, MUNERATO e LANZARIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
notizie provenienti dal territorio e dai rappresentanti dei lavoratori informano che Trenitalia Divisione Passeggeri Regionale Direzione Veneto nei mesi di giugno luglio agosto e settembre 2008 ha creato ai nostri cittadini-utenti oltre al calvario prima, tra ritardi, sovraffollamento, sporcizia e aria condizionata a singhiozzo, anche il disagio della soppressione a singhiozzo dei treni;
risulta agli interroganti che siano stati soppressi mediamente circa 10 treni al giorno, con picchi in alcuni giorni di oltre 20 treni, per un totale di circa 1.000 treni al per il periodo estivo, oltre a quelli programmati d'orario;
tenendo conto che l'effettuazione dei treni si realizza con la presenza del materiale rotabile del macchinista e/o macchinisti e del capotreno, ci giunge voce che per decisone dirigenziale di produzione, la soppressione dei treni dovuta a carenza di personale è stata curata non in programmazione a breve, bensì dalla gestione operativa. Ci risulta siano stati soppressi treni con mancanza di macchinisti e presenza di materiale e capitreno, altri per mancanza di capitreno e presenza di macchinisti e materiale, infine per mancanza di materiale e presenza di macchinisti e capotreno;
conoscendo la «supermulta» di 2.657.510,65 euro, che è stata applicata a Trenitalia dalla Regione Veneto per i disservizi riscontrati nel corso del 2007 relativamente anche alla soppressione di treni nel trasporto pubblico locale. Cifra più alta che la società ferroviaria sia mai stata chiamata a pagare per queste inadempienze contrattuali. Pur sapendo che l'importo della sanzione pagata da Trenitalia è stata rigirata in indennizzo direttamente ai pendolari veneti, attraverso sconti sui prezzi degli abbonamenti, nella realtà aggrava il bilancio dell'azienda Trenitalia e quindi dell'azionista di maggioranza il Tesoro, e di fatto ritorna in pressione fiscale ai cittadini tutti;
esiste nella Direzione sopraccitata l'obiettivo della riduzione del lavoro

straordinario per il personale del Veneto, processo che ha contribuito a sopprimere i 1.000 treni, e creato disagi alla mobilità;
per non distribuire straordinario ai lavoratori veneti, sono stati trasferiti dalle regioni del sud alcuni agenti cui viene pagato oltre che la trasferta anche il soggiorno in albergo e garantito inoltre prestazioni in straordinario, ovviamente influenzando di molto il bilancio anche aziendale -:
se una accurata programmazione delle criticità potesse limitare i treni soppressi, e se siano stati valutati sul piano economico gli sperperi, compresa la futura supermulta del 2008 che la Regione sarà costretta a decretare, che vanno a gravare sempre sulle tasche dei concittadini veneti, che oltre alla beffa dei disagi devono anche subire gli ulteriori esborsi;
essendo a conoscenza della situazione, quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, d'intesa con la Regione Veneto, tenendo conto dell'enorme quantità di cittadini interessati dai disagi, al fine di sollecitare Trenitalia Trasporto Regionale Veneto a rivedere la propria organizzazione in maniera tale da eliminare questa dilettantesca gestione.
(4-01148)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte tra il 14 ed il 15 giugno ad Ugento (Lecce) è stato assassinato il consigliere provinciale e comunale dell'Italia dei Valori Giuseppe Basile nei pressi della sua abitazione;
l'omicidio particolarmente efferato era stato preannunciato da diverse minacce dirette al consigliere, noto per la determinazione nel salvaguardare i diritti dei cittadini e dell'ambiente;
Basile si è distinto per la costante attività di opposizione all'abusivismo e in difesa del territorio, e poco prima della tragedia risulta «sia riuscito a bloccare il tentativo di sbancamento avviato in una zona ad alto interesse paesaggistico nei pressi del convento della Madonna del Casale» (Gazzetta del Mezzogiorno di lunedì 16 giugno 2008);
sempre dalla stampa appare chiaro che le continue denunce politiche di Basile possano aver «dato fastidio a qualcuno» e sebbene le cause del delitto non siano ancora state chiarite, il sospetto è che possa trattarsi di «un sofisticato assassinio mafioso mascherato da omicidio rurale» (Gazzetta del Mezzogiorno di lunedì 16 giugno 2008), del resto un «intricato affare politico-amministrativo» non sarebbe fatto nuovo nella provincia di Lecce;
il parroco di Ugento Don Stefano Rocca in più occasioni anche attraverso la stampa ha chiesto verità giustizia sull'omicidio Basile e ha denunciato una cappa di omertà nel paese;
ad agosto nel corso della manifestazione nota come «Notte della Taranta» a Melpignano veniva rimosso dalle forze di polizia uno striscione in ricordo di Basile, cosa che si ripeteva alcune settimane dopo presso il comune di Ugento in occasione della visita del Prefetto, dottor Mario Tafaro. Anche in questa occasione il parroco Don Stefano Rocca ha fatto sentire la sua voce per l'ingiustificata rimozione di striscioni in ricordo di Basile;
dopo questi episodi il 10 settembre 2008 la stampa riportava la notizia di due lettere anonime, di cui una a sfondo minatorio, recapitate al parroco di Ugento, Don Stefano Rocca, ed in un garage abbandonato diversi volantini contenenti messaggi analoghi;
nella lettera veniva scritto «smettila di fare il protagonista, smettila di fare il politico leader, smettila di fare il sindaco

ombra, pensa a fare il parroco e alla formazione dei giovani», nel volantino raffigurante l'immagine della Madonna compariva la scritta «Don Stefano, conza mbrelli, ca è meiu» (Don Stefano, ripara gli ombrelli, che è meglio);
all'interrogante risulta che il 17 settembre, intorno alle ore 18.00, presso gli uffici della Questura di Lecce sarebbe giunta una telefonata al 113 contenente una espressa minaccia di morte, testualmente: «stasira ccitimu don stefano quidhu ca cunta mutu» (questa sera uccidiamo Don Stefano quello che parla troppo) -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa e se sì, quali provvedimenti urgenti intenda assumere al fine di impedire il ripetersi di fenomeni criminosi in provincia di Lecce.
(4-01139)

BRIGUGLIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 13 settembre 2008 il Sindaco del Comune di S. Angelo di Brolo (Messina), ha comunicato ai Capigruppo Consiliari di essere stato informato dal Prefetto di Messina dell'intenzione del Ministero dell'Interno di ubicare, nei locali della R.S.A. di Via Pantano Alto, un Centro di Accoglienza per stranieri extracomunitari;
è stato comunicato, altresì, che tale decisione era da considerarsi irrevocabile e che sarebbe stata messa in atto nel giro di pochi giorni, tanto che si era ufficiosamente a conoscenza di un sopralluogo, effettuato nella stessa data, da parte di funzionari della Questura di Messina;
i capigruppo hanno, immediatamente rilevato la necessità, che di fronte a una decisione importante e delicata come quella comunicata, venissero informati per tempo i cittadini e che gli stessi avrebbero dovuto avere tutte le necessarie garanzie e rassicurazioni;
l'edificio in questione è stato originariamente costruito (inizio anni 90) dal Ministero di grazia e giustizia al fine di destinarlo a nuova sede della Pretura; in seguito, con l'istituzione del Giudice unico, i locali, già arredati dal Comune di S. Angelo di Brolo, rimasero inutilizzati per qualche tempo;
nel 1994 la struttura fu interessata da un movimento franoso che ne pregiudicò la stabilità e la rese parzialmente inagibile;
in seguito, dietro interessamento dell'Amministrazione comunale pro-tempore, i locali fruirono ceduti parzialmente, dal Ministero di grazia e giustizia, all'A.S.L. n. 5 di Messina. Più precisamente, una piccola parte del Palazzo veniva destinata ad ufficio del Giudice di Pace, restando nelle disponibilità del sopramenzionato Ministero, mentre la parte rimanente, molto più ampia, veniva destinata a Residenza Sanitaria Assistita, dal canto suo, l'A.S.L si assumeva l'onere di provvedere al ripristino dei locali, mediante al costruzione di una nuova paratia a salvaguardia del fabbricato, nonché la ricostruzione della arte dell'edificio danneggiata dal movimento franoso;
in tutte le citate fasi, la realizzazione e la ristrutturazione dell'edificio gravò sulle tasche dei contribuenti, quasi 2 milioni di euro;
la comunità locale vide in tale soluzione una grande opportunità di sviluppo, sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista occupazionale, in quanto oltre ad essere prevista l'assunzione di circa venti lavoratori, l'istituzione di un punto di assistenza sanitaria avrebbe rappresentato un punto di riferimento per tutti i Comuni del comprensorio;
nel 2005 molte autorità, in pompa magna, procedettero all'inaugurazione della R.S.A., unitamente ai funzionari dell'A.S.L. ed ai responsabili della cooperativa che aveva ottenuto la gestione della struttura;
per motivi tuttora sconosciuti in tre anni la struttura non venne mai messa in funzione e nessuno degli utenti varcò mai i cancelli per fruire dei servizi;

più volte venne annunciata l'imminente apertura tanto che alcuni lavoratori furono adibiti alla struttura, anche se non è noto, né facilmente immaginabile, cosa facessero senza utenti da assistere;
sino ad arrivare all'ultima notizia dell'imminente apertura di un centro di accoglienza per cittadini extracomunitari, che sembra lasciare dubbi sul definitivo tramonto della struttura sanitaria;
fermo restando il principio di accoglienza nei confronti di cittadini extracomunitari, è innegabile che tali strutture possono comportare problemi di impatto sociale nonché di sicurezza pubblica, specie in presenza di iniziative improvvise e non preparate per tempo;
è in ogni caso discutibile che a un Comune, alle sue istituzioni ed ai suoi cittadini venga comunicata solo a posteriori una decisione già presa, senza che abbiano la possibilità di esprimere le proprie opinioni e le proprie considerazioni;
comunque appare inaccettabile che non venga assunta alcuna iniziativa tesa a spiegare ai cittadini cosa si intenda fare, come si intenda procedere, non vengano fornite le doverose giustificazione e assicurate le necessarie garanzie in ordine alla sicurezza pubblica;
al contrario, tali atteggiamenti, mirati a lasciare cittadini e istituzioni locali all'oscuro di tutto, alimentano dubbi e perplessità, lasciando intendere che tale decisione può essere foriera di svariate problematiche;
peraltro di prioritaria importanza sarebbe conoscere i motivi che hanno portato alla chiusura, anzi alla non apertura, della Residenza Sanitaria Assistita ed il perché una speranza di sviluppo socio-economico per il Paese, per i cittadini e per il comprensorio si sia trasformata in una scelta che desta incertezza e preoccupazione;
sarebbe utile sapere se, tale decisione nasca da una proposta della cooperativa che doveva gestire l'R.S.A. e che adesso dovrebbe gestire il Centro, al fine di rinunciare ad un contenzioso aperto con la locale A.S.L. -:
perché si sia deciso di convertire i locali interessati in Centro di Accoglienza per extracomunitari, senza che le Autorità locali ed i cittadini siano stati precedentemente informati;
se siano state comunicate alla comunità locale e alle istituzioni locali le attività previste in tale Centro di Accoglienza;
se consti al Ministro interrogato se tale decisione sia legata alla necessità di risolvere un contenzioso tra l'A.S.L. e la cooperativa incaricata della gestione del Centro;
se si sia tenuto conto delle implicazioni che può far nascere l'istituzione di una struttura di accoglienza nel centro urbano di una piccola comunità;
come si intenda garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in loco;
se la soluzione adottata sia definitiva o se non si ritenga di trovare una soluzione alternativa al più presto.
(4-01153)

MISIANI e SANGA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da una recente ricerca di fonte sindacale (UILPS) si apprende che la Provincia di Bergamo sarebbe ultima in Italia nel rapporto tra operatori della Polizia di Stato e popolazione residente;
questo dato appare decisamente preoccupante, alla luce di livelli di delittuosità in provincia e nel Comune capoluogo che - secondo i dati del Ministero dell'interno - non giustificano un sottodimensionamento così marcato della presenza delle forze dell'ordine rispetto alla media nazionale;
il tema del potenziamento della presenza delle forze dell'ordine è stato più volte sollevato in sede parlamentare e dalle Istituzioni locali;

il 18 maggio 2008, in un incontro con i deputati e i senatori bergamaschi il Sindaco di Bergamo Roberto Bruni ha chiesto con forza un «congruo aumento del personale a disposizione delle forze di polizia e di quelle dei carabinieri», sottolineando l'impegno dell'Amministrazione comunale sul fronte delle politiche di sicurezza urbana e auspicando l'impegno dei parlamentari affinché arrivino forze di polizia aggiuntiva e le spese del Comune per la Polizia locale vengano stralciate dal calcolo del Patto di stabilità interna;
il 23 luglio 2008 il Governo ha accolto un ordine del giorno (n. 9/01386/176) presentato dall'onorevole Gregorio Fontana che, con particolare riferimento alla Provincia di Bergamo, impegna l'esecutivo a destinare «aliquote adeguate di Forze dell'ordine, rapportate alla consistenza della popolazione ivi residente, e agli indici statistici di criminalità, al fine di contrastare con sempre maggiore efficacia i reati specie violenti ed accrescere così il livello di sicurezza dei cittadini» -:
quali iniziative intenda assumere, alla luce di quanto riportato in premessa, per riequilibrare l'organico delle forze di polizia, potenziandone la presenza nel territorio della Provincia di Bergamo e, in particolare, nella città di Bergamo.
(4-01154)

CICCANTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'incontro di calcio Pisa-Ascoli, giocato a Pisa il 6 ottobre 2007, sono stati arrestati dalla Polizia di Pisa, per violazione dell'articolo 3 del decreto-legge n. 8 dell'8 febbraio 2007, 9 ascolani facenti parte della tifoseria al seguito della squadra ospite e rilasciati, dopo un periodo di detenzione, il successivo 9 ottobre 2007;
agli stessi tifosi sono stati imputati reati, comportamenti e detenzione di armi improprie, che hanno legittimato l'Autorità Giudiziaria ad avallare le soluzioni proposte dalla locale Questura di Pisa;
da un accurato riesame dei fatti e dei verbali acquisiti dall'Autorità Giudiziaria, appaiono di tutta evidenza lacune, contraddizioni ed una rappresentazione delle circostanze equivocate a danno dei tifosi ascolani i quali - al contrario delle accuse - sono stati aggrediti dalla tifoseria locale;
tale aggressione è stata resa possibile a causa della sommarietà e dell'imperizia con la quale i responsabili della Questura di Pisa hanno gestito l'ordine pubblico, in particolar modo:
a) permettendo la congiunta defluizione delle opposte tifoserie, anziché scaglionarne i tempi per evitare l'oggettivo contatto, così come purtroppo è avvenuto;
b) inottemperando alle comuni regole di buon senso ed ai protocolli previsti per le scorte della tifoseria ospite, in quanto la colonna dei mezzi di trasporto degli ascolani è stata accompagnata all'uscita di Pisa con servizio d'ordine allocato in testa, senza nessuna scorta alla coda del corteo, dove un pulmino di 9 di tifosi ascolani - recante la scritta «Ascoli Piceno» e distaccatosi dalla colonna principale - è stato preso d'assalto dai tifosi locali;
lo stesso pulmino ed i 9 trasportati - una volta isolati e senza alcuna protezione - sono stati presi d'assalto e si sono difesi come hanno potuto, cercando prioritariamente una via di fuga verso l'autostrada, senza conoscere la viabilità del luogo e, solo dopo molto tempo, sono stati raggiunti da alcune pattuglie della Polizia che li hanno salvati da ben peggiori conseguenze;
pertanto, risulta all'interrogante del tutto ingiustificato l'arresto ed il periodo detentivo scontato, stante soprattutto l'incontestabile profilo morale delle persone interessate, che non hanno mai avuto problemi con le forze dell'ordine e con la giustizia, essendo tutti onesti lavoratori;
quanto sopra è contenuto nell'interrogazione presentata al Senato (Atto Senato n. 4-02868 del 12 ottobre 2007) nella

XV Legislatura, rivolta a codesto Ministero, ma la stessa non ha ricevuto risposta -:
se siano stati effettuati migliori accertamenti circa l'organizzazione dell'ordine pubblico in occasione della partita Pisa-Ascoli ed, in particolare, accertate le incongruenze evidenziate in premessa.
(4-01155)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto sta accadendo in queste ore a Bologna, in previsione della manifestazione di venerdì 26 settembre 2008 sulla scuola, per effetto di un clima che l'interrogante giudica di vero e proprio «terrorismo culturale» e di boicottaggio di disposizioni di legge liberamente deliberate dal Consiglio dei ministri e sottoposte al voto del Parlamento;
l'interrogante insiste sul termine «terrorismo culturale» perché a suo modo di vedere non può essere altrimenti definito un atteggiamento di falsificazione totale dei contenuti della legge in questione, con la demonizzazione del Ministro e delle sue intenzioni e l'invito a «boicottare» i suddetti provvedimenti con la distribuzione di volantini durante l'orario scolastico;
si fa poi riferimento in particolare alla preannunciata occupazione della scuola XXI aprile di Bologna con (si riporta il testo del comunicato degli occupanti) «due turni di occupazione compresa la notte» e coinvolgimento addirittura dei bambini ed alla esibizione di manifesti contro il Ministro della pubblica istruzione all'interno dello spazio scolastico;
al riguardo, nel presupposto che il dissenso su provvedimenti che non si condividono non può essere manifestato durante l'orario curriculare coinvolgendo bambini e giovani studenti con la deformazione dei contenuti dei principali provvedimenti come il maestro unico, il tempo pieno eccetera, si rileva che il docente è tenuto a un rapporto di lealtà con lo Stato e che in ogni caso nell'ambiente scolastico deve essere un educatore non un agitatore politico -:
quali provvedimenti intenda adottare il Governo per garantire l'applicazione di normative liberamente approvate dagli organi cui la Costituzione attribuisce tale potere ed il corretto comportamento di docenti che, pur nel legittimo dissenso, non possono compiere azioni che all'interrogante paiono violare impunemente la legge.
(5-00368)

Interrogazione a risposta scritta:

IANNACCONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 4 settembre 2007 si svolgevano presso le università italiane i test di accesso ai corsi di laurea alla facoltà di medicina e chirurgia;
subito dopo lo svolgimento della prova si viene a sapere, come confermato dallo stesso Ministero dell'istruzione, che i test di ammissione contenevano due domande errate;
furono presentati numerosi ricorsi per contestare gli errori e il provvedimento dell'allora ministro Mussi che aveva dichiarato valide le prove nonostante le due domande errate;
con la sentenza n. 5986/2008, in tema di prove di ammissione alla facoltà di medicina dell'Università di Roma-la Sapienza, il Tar del Lazio lo scorso 18 giugno ha accolto il ricorso presentato

dall'UdU (Unione degli universitari) annullando tutta la procedura concorsuale relativa ai test di ammissione dichiarando nulle le prove svolte alla predetta università e dichiarando illegittime le procedure con le quali furono elaborate le domande;
alla luce delle motivazioni esposte dal Tar del Lazio appare evidente che dovranno essere ripetute non solo le prove di ammissione che si erano illegittimamente svolte nell'ateneo romano, ma anche quelle effettuate in tutte le altre università italiane, essendo stati approntati i quiz in modo univoco a livello nazionale ed essendo pendenti numerosi altri ricorsi. In pratica, una volta che verranno discussi tutti gli altri ricorsi tuttora pendenti si rischia di dover annullare tutti i test svolti nell'anno 2007-2008;
dopo la sentenza del Tar del Lazio, il Governo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato -:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di modificare le procedure di accesso ad istituti universitari a numero chiuso prevedendo una graduale e completa abolizione di tale sistema in modo da garantire a tutti gli studenti, così come dispone il nostro ordinamento costituzionale, il diritto allo studio;
quali provvedimenti il Ministro interrogato, nelle more del ricorso al Consiglio di Stato, abbia intenzione di adottare al fine di superare la fase di incertezza che investe tutti gli studenti che lo scorso anno hanno partecipato ai test di ammissione e che si vedono dopo un anno ancora in attesa di sapere quale percorso formativo intraprendere e prevedendo eventualmente l'ammissione dei partecipanti ai test di selezione per la facoltà di medicina e chirurgia per l'anno accademico 2007/2008.
(4-01144)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Sealed Air è un azienda produttrice di imballaggi che opera ad Avigliana (Torino) dal 1976 ad oggi con ottimi risultati. Nell'azienda sono impiegate 42 persone che hanno contribuito a far sì che essa diventasse un fiore all'occhiello dell'eccellenza piemontese per la sua produttività, qualità e redditività;
i vertici dell'azienda hanno deciso di spostarla a Padova senza che ci fosse un reale motivo alla base. Infatti essa continua ad essere un'attività remunerativa e produttiva, non essendo assolutamente in deficit, e tale spostamento non comporterebbe un risparmio per l'azienda stessa;
bisogna poi sottolineare che la chiusura della fabbrica e la conseguente cassa integrazione per i 42 lavoratori causerebbe anche un ingente aggravio sulle casse dello Stato -:
quali provvedimenti ritengono di dover prendere i Ministri interrogati per ovviare a tale situazione.
(4-01141)

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Ufficio Europeo Brevetti (UEB) annovera tra i suoi dipendenti quasi 500 funzionari italiani, una parte dei quali ha maturato una posizione contributiva presso l'INPS o, in casi isolati, un ente previdenziale equivalente, in precedenti rapporti di lavoro dipendente in Italia, tuttavia per un numero di anni ben inferiore al minimo necessario per poter ottenere una pensione in Italia al raggiungimento dell'età pensionabile;

fino ad oggi lo Stato italiano non ha concesso la possibilità di trasferimento dei contributi previdenziali al fondo pensioni dell'UEB, al contrario della maggior parte dei 34 Stati aderenti all'Organizzazione Europea dei Brevetti, per cui tali contributi risultano totalmente persi per i funzionari che si trovano in questa situazione, poiché il codice legale dell'UEB prevede, ai fini della salvaguardia dei periodi contributivi precedenti per la corresponsione del proprio trattamento pensionistico, solamente il trasferimento al fondo pensioni dell'UEB dei contributi previdenziali versati ad altri enti prima dell'inizio dell'attività lavorativa all'UEB ed in nessun modo un riconoscimento degli anni lavorativi precedenti;
le proposte fatte dall'Italia all'UEB negli ultimi anni sono sempre state basate sul principio della totalizzazione (o pro-rata); tuttavia recentemente il dipartimento legale dell'UEB è giunto alla conclusione che un accordo basato sulla totalizzazione non è fattibile, perché sancirebbe una disparità di trattamento dei funzionari italiani nei confronti dei funzionari UEB di altre nazionalità che godono della possibilità di trasferimento;
l'Italia permette già da tempo il trasferimento dei contributi previdenziali per i funzionari italiani di altri oraganismi internazionali, come per esempio la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea, l'Istituto Universitario Europeo, l'EFDA;
recentemente alcune pronunce della Corte di Giustizia Europea in Lussemburgo, sono andate orientandosi verso una maggiore portabilità dei contributi previdenziali all'interno dell'Unione Europea, al fine di una maggiore tutela della libertà di movimento dei lavoratori;
la concessione del trasferimento dei contributi previdenziali dall'Italia all'UEB, se da un lato comporterebbe, secondo una stima fatta dall'Associazione dei Funzionari Italiani (AFI) dell'UEB, un versamento una tantum da parte dell'INPS di circa 5,5-6 milioni di euro, comunque ben inferiore a 10 milioni di euro, somma già rivalutata al 2008 secondo gli interessi in vigore, dall'altro consentirebbe all'INPS di cancellare le posizioni contributive dei funzionari interessati e quindi di eliminare ogni obbligo futuro nei loro confronti;
il trasferimento dei contributi previdenziali dall'Italia all'UEB verrebbe recuperato in futuro attraverso un ritorno di maggiori capitali verso l'Italia, grazie alla maggiorazione delle pensioni erogate dall'UEB ai funzionari interessati al raggiungimento dell'età pensionabile, ottenuta tramite i contributi trasferiti, poiché quasi tutti i funzionari italiani dell'UEB, in attività o in quiescenza, mantengono dei forti interessi in Italia;
il trasferimento dei contributi previdenziali dall'Italia all'UEB renderebbe più attraente l'assunzione di incarichi manageriali di alto livello presso l'UEB da parte dirigenti italiani del settore privato o della Pubblica Amministrazione, consentendo all'Italia di accrescere e valorizzare il proprio peso all'interno della struttura organizzativa europea;
sia il dipartimento legale dell'UEB sia l'AFI hanno espresso la loro disponibilità ad accettare un trasferimento dei contributi dilazionato in più anni, per esempio secondo classi di età, al fine di diluire su più anni il versamento da parte dell'INPS -:
quali provvedimenti intenda intraprendere al fine di colmare la suddetta situazione di vuoto legislativo che penalizza fortemente i funzionari italiani dell'UEB e di consentire il trasferimento dei contributi previdenziali dall'Italia verso l'UEB, se necessario attraverso una soluzione dilazionata in più anni.
(4-01149)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, ZUCCHI, FIORIO, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, LUSETTI, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
alcune aziende casearie cinesi hanno utilizzato per la produzione di latte e prodotti contenenti latte una sostanza chimica chiamata melanina di solito utilizzata per produrre plastica, colle e fertilizzanti al fine di far sembrare più alto il valore proteico del prodotto;
nelle quantità utilizzate dalle aziende cinesi, la melanina causa disturbi alla sfera riproduttiva, calcoli renali e patologie alla vescica che possono anche diventare tumori;
in particolare tale sostanza nociva è stata inserita in prodotti destinati alla prima infanzia e, in Cina, il latte contaminato ha già ucciso 4 neonati e contaminato 53.000 bambini di cui 13.000 sarebbero ricoverati ed un centinaio in gravi condizioni;
è dal 2002 che in tutta l'Unione Europea vige il divieto di importazione del latte e dei prodotti caseari cinesi;
resta alto il rischio «frode» connesso alle importazioni illegali dalla Cina e alle cosiddette «triangolazioni», cioè di un arrivo indiretto di un prodotto vietato da un altro Paese;
una rete di protezione a tutto campo è stata messa a punto dall'Italia per evitare che il latte cinese contaminato alla melanina possa arrivare sulle nostre tavole anche se le autorità preposte non nascondono il fatto che la sicurezza sulla provenienza dei derivati del latte non è assoluta;
in particolare il piano di protezione messo a punto dall'Italia prevede controlli a tappeto e sequestri mediante l'utilizzo di mille carabinieri che ispezioneranno i negozi alimentari cinesi ed etnici e anche i distributori che forniscono i ristoranti cinesi;
per accertare l'eventuale presenza di melanina sono già stati sequestrati notevoli quantità di prodotti potenzialmente nocivi in svariati negozi del nostro Paese;
il piano prevede anche controlli rafforzati dei container provenienti dalla Cina, dei pacchi postali e dei bagagli dei passeggeri;
gli importatori di merci cinesi dovranno inoltre essere dotati di una nuova certificazione messa a punto ad hoc per loro. Si tratta di un bollino di qualità che serve a garantire l'assenza negli alimenti di latte e derivati del latte di origine cinese;
la certificazione riguarda integratori alimentari, bevande ai cereali, salse piccanti di soia, biscotti e dolci, alimenti dietetici, caramelle, cioccolato, zuppe e lieviti;
nonostante tutte le azioni messe già in campo risulta oggettivamente complicato fare una stima del latte e dei suoi derivati che illegalmente, anche all'interno di prodotti semilavorati, potrebbero essere entrati in Italia direttamente o anche attraverso altri Paesi;
l'attività di controllo e sorveglianza al momento è limitata ai soli negozi etnici e che l'impiego delle forze di contrasto appare ancora non pienamente soddisfacente anche solo per tale compito;
resta il rischio dell'importazioni illegali e anche di quelle dei prodotti esteri dove, in effetti, la sicurezza sulla provenienza dei derivati del latte non è assoluta;

risulta impossibile affrontare un'emergenza di così ampia portata solo con strumenti di carattere nazionale -:
se il Governo non ritenga necessario estendere i controlli alimentari anche ai negozi e punti vendita non etnici e nei confronti dei marchi alimentari nazionali che producono e commercializzano prodotti potenzialmente a rischio;
quali iniziative il Governo intenda assumere in sede comunitaria al fine di pervenire ad una totale tracciabilità dei prodotti anche attraverso la creazione giuridica dell'etichettatura di provenienza di tutti i prodotti alimentari e delle materie prime affinché la sicurezza alimentare venga considerata un pilastro fondamentale per la tutela dei cittadini comunitari;
data l'espansione dei negozi e ristoranti etnici registrata negli ultimi periodi, se il personale del Nucleo AntiSofisticazioni (NAS) attualmente impegnato sia sufficiente per assicurare un capillare ed efficace controllo dell'intero territorio nazionale;
se il Governo intenda realizzare una campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul rischio di contaminazione dei prodotti alimentari da melanina, mediante spot o altro, per tutelare i consumatori e incentivarli ad un consumo consapevole e sicuro.
(5-00366)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCHIONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 16 giugno 2006 il costituendo consorzio Enerbio di Rimini ha presentato al Ministero per lo sviluppo economico la domanda di ammissione al contributo previsto dall'articolo 6, comma 1 del decreto dello stesso Ministero 29 luglio 2005, per l'iniziativa «Studio, progettazione, e prototipi di sistemi telecontrollati, per impianto di cogenerazione, sfruttamento biomasse derivate da produzioni zootecniche come principale strumento di profilassi diretta», per un importo complessivo di 5.576.000 euro;
il 29 dicembre 2006 è stata pubblicata con decreto ministeriale la graduatoria nella quale, dei 58 consorzi richiedenti, 30 (incluso il Consorzio Enerbio) sono stati ammessi alle agevolazioni con fondi riservati a zone 87.3.a e 87.3.c;
il 27 marzo 2007 è stato costituito formalmente il Consorzio Enerbio con le seguenti attribuzioni di quote:
20 per cento Italia Pegasus Institute spa;
8 per cento Kronos 2000 sas;
31 per cento Confor ASP srl;
21 per cento Sint Tecnologie srl;
20 per cento Newster srl;
le singole società hanno iniziato immediatamente ad operare nei limiti delle attribuzioni loro assegnate dal progetto;
l'agevolazione prevista consiste in:
un contributo massimo alla spesa pari al 10 per cento dei costi ammessi;
un finanziamento della Cassa depositi e prestiti pari all'81 per cento dei costi ammessi (tasso 0,5 per cento);
un finanziamento bancario pari al 9 per cento dei costi ammessi;
i due finanziamenti;
hanno pari durata (minimo 7, massimo 10 anni) comprensiva di preammortamento;
il preammortamento è pari al periodo di svolgimento del programma di ricerca che, nel caso del progetto Enerbio, è di 30 mesi;
richiedono garanzie paritetiche;

sono stipulati in un unico contratto e gestiti da un unico soggetto agente che, nel caso del Consorzio Enerbio è rappresentato da Centrobanca;
i rientri di capitale della quota di finanziamento bancario sono subordinati al rientro di almeno il 50 per cento di capitale della quota erogata con i fondi della Cassa depositi e prestiti;
la richiesta di «garanzie paritetiche» per i due finanziamenti ha però impedito l'accesso ai contributi non solo al Consorzio Enerbio, ma anche agli altri consorzi che chiedono di poter fornire garanzie pari al 40, 50 per cento dell'importo, considerando che i progetti a cui vengono assegnati i contributi sono già tutti partiti e la garanzia è in effetti già assicurata dal positivo procedere delle attività proposte -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per superare le difficoltà imposte dalla richiesta di garanzie paritetiche, al fine di rendere effettivamente fruibili i contributi disponibili ai soggetti ammessi alle citate agevolazioni.
(5-00365)

Interrogazioni a risposta scritta:

VICO, LUONGO, BURTONE e MARGIOTTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Val Basento, area industriale in provincia di Matera, tra Ferrandina e Pisticci, è nata negli anni '60 con la scoperta del metano, a seguito di ciò essa è divenuta un'importante area di insediamento di impianti per la produzione di fibre acriliche, poliestere e poliammidiche, che occupava 6.000-7.000 addetti tra lavoratori diretti ed indiretti;
nel 1963 furono avviate le prime attività, di tipo monosettoriale, essenzialmente della chimica di base; nel 1978 nella Val Basento risultavano occupate 4.935 unità, anche se l'interrogante non conosce se tutte risultassero occupate o quante di queste già fossero interessate agli ammortizzatori sociali, alla cassa integrazione;
la crisi profonda che ha investito la chimica di base, crisi che prosegue tuttora, ha coinvolto la Basilicata ed in particolare la Val Basento soprattutto perché in quest'area sono state allocate attività industriali la cui crisi era già nota;
nel 1981 si avviò il processo di riconversione industriale e reindustrializzazione derivante appunto dalla crisi della chimica di base, delle fibre chimiche, si iniziarono a chiudere gli impianti, si fece un massiccio ricorso alla cassa integrazione;
alla fine del 1987 maturò l'idea di un accordo di programma stipulato ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 64 del 1986 con il tentativo di costruire un approccio concreto, sistemico ai problemi della reindustrializzazione e dello sviluppo dell'area industriale;
l'accordo di programma, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 1987, coinvolse diversi soggetti: il Ministero del Mezzogiorno, il Ministero dell'industria, la regione Basilicata, il Consorzio Industriale di Matera, l'ENI;
l'accordo, modificato il 18 marzo del 1994, affidava all'ENI la realizzazione del processo di reindustrializzazione con l'obbligo di occupare, nell'area della Valle del Basento, 2.900 addetti diretti, mentre affidava al Consorzio la realizzazione del Parco Tecnologico della Valle del Basento; fu costituita una società di gestione dei servizi dell'area (40 per cento Enichem, 40 per cento Consorzio industriale, 20 per cento Finanziaria meridionale FIME), che successivamente ha cambiato l'assetto di partecipazione diventando l'attuale Tecnoparco;
nel 1999 dei 5.000 addetti del '78 e dei 3.000 addetti previsti nell'accordo di programma dell'87, rimanevano solo 1.881 unità, mentre negli anni tra il 2000 e il 2007 sono stati espulsi altri 600 lavoratori

raggiungendo in tal modo le 1.200 unità occupate, di cui 400 in mobilità o cassa integrazione;
le risorse finanziarie previste negli accordi di programma, '87-'94, per una parte non furono spese, mentre nel tempo sono state spese quelle relative all'infrastrutturazione e ad alcuni servizi, ma non quelle per favorire l'occupazione;
alla fine degli anni '90, con l'intesa istituzionale tra Regione Basilicata e Governo nazionale, si recuperarono i 212 miliardi di lire impegnati nel precedente accordo di programma ed una parte, pari a 109 miliardi, fu impegnata nel cosiddetto Bando Val Basento (27 iniziative ammesse ed una previsione occupazionale di circa 1.700 unità), che tuttavia non è riuscito a fermare l'emorragia occupazionale, nel periodo 2000-2007 permane infatti il saldo negativo, con 600 espulsi e 400 nuove assunzioni;
allo stato attuale ai 1.200 lavoratori rimasti dopo la crisi complessiva e perdurante della chimica si aggiungono le 400 unità impiegate con il bando Val Basento, con un saldo di poco più di 1.600 unità, di cui circa 600 a Ferrandina, circa 900 a Pisticci, 49 unità occupate a Calandra;
allo stato attuale esistono risorse finanziarie disponibili pari a 34 milioni di euro sul bando Val Basento, nel frattempo la chiusura delle aziende Nylstar2 e CFP, ha determinato oltre la perdita dei 600 citati lavoratori, anche una perdita di fatturato per Tecnoparco di oltre 9 milioni di euro, che si aggiungono ai 16 milioni di euro già persi come fatturato per la chiusura della Nistar1 e della International;
si aggravano in tal modo anche i costi dei servizi alle altre aziende insediate, determinando possibili difficoltà per Tecnoparco e per l'occupazione nell'area;
in quasi mezzo secolo la Val Basento è stata attraversata da processi di industrializzazione e soprattutto da processi di deindustrializzazione complessi che hanno determinato problemi sociali ed economici alle popolazioni locali, ma soprattutto hanno lasciato alle proprie spalle una situazione ambientale di inquinamento del suolo di enorme gravità;
il decreto del Ministero dell'ambiente del 26 febbraio 2003 ha infatti perimetrato tutta l'area della Val Basento, fatta eccezione per l'area nord del quartiere residenziale di Pisticci, prevedendo la caratterizzazione e la bonifica delle aree prima di qualunque attività edilizia;
il problema dell'inquinamento del suolo è solo agli inizi ed ha finora comportato un impegno di risorse finanziarie di 2,5 milioni di euro, ottenute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dopo che la regione Basilicata ha, insieme al Consorzio, iniziato delle attività;
gli accordi di programma e le varie intese non sono stati in grado di garantire un assetto industriale della Val Basento, le attività realizzate erano infatti prevalentemente di tipo manifatturiero o riguardavano processi produttivi slegati dal contesto, al di fuori di qualsiasi concetto di filiera produttiva;
in assenza di progetti e strategie, anche ambientali, il risultato attuale è un'area priva o quasi di iniziative industriali e a rischio di desertificazione, dove lavorano non più di 700 lavoratori una parte dei quali in CIGS;
la Regione Basilicata è impegnata su questa vertenza, ma intanto la chiusura delle attività è continuata, e la Val Basento si configura come una delle aree industriali in crisi alle quali è necessario porre nuova attenzione e per le quali è necessario pensare a progetti innovativi mirati e nuove risorse;
la Val Basento è uno specchio della difficoltà dell'industria italiana che il Governo intende superare con il programma Industria 2015 e di reindustrializzazione,

che stabilisce le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro -:
se e come il Ministro intenda inserire l'area della Val Basento nella discussione e tra gli impegni del programma del Governo ed in particolare se intenda impegnarsi con le società petrolifere multinazionali affinché nella definizione o rinegoziazione delle royalties derivanti dall'estrazione del petrolio si introduca l'impegno di dette società a intervenire direttamente o a sostenere l'insediamento di iniziative industriali compatibili con le strategie definite nel progetto di sviluppo del Governo.
(4-01140)

IANNACCONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane i cittadini di numerosi Comuni dell'Alta Irpinia (Andretta, Aquilonia, Bisaccia, Calitri, Guardia Lombardi, Lacedonia, Montella, Lioni, Vallata, eccetera) hanno segnalato alle loro amministrazioni comunali e comunità montane le pesanti riduzioni delle zone di recapito da voler dismettere nelle alte zone montane con altitudini oltre i 1.000 metri sul livello del mare;
la popolazione residente nei piccoli paesi di montagna è prevalentemente costituita da persone anziane, molto spesso non munite di automezzi. Il mancato servizio andrà ad alimentare una ricaduta occupazionale in una realtà già devastata dal degrado sociale, dalla disoccupazione giovanile in cui versa l'intero Mezzogiorno d'Italia;
le Poste Italiane, rappresentano, per i territori montani, risposte e servizi essenziali sia ai bisogni di una popolazione che ha già difficoltà a spostarsi, sia alle imprese che operano in questi territori fortemente disagiati;
la tutela e il rispetto dei cittadini e la valorizzazione dell'economia montana vanno perseguite con una politica che sappia coniugare i parametri Aziendali di gestione delle Poste con la necessità di mantenimento in forma capillare sul territorio dai servizi svolti dai bacini di corrispondenza recapito postali;
si ravvisa l'importanza di mantenere sul territorio un servizio pubblico efficiente e di garantire il ruolo sociale che questa impresa pubblica è chiamata a svolgere in tutte le zone d'Italia, in particolare in quelle meno favorite dalla concentrazione delle attività;
si evidenzia che se dovesse prevalere da parte di Poste Italiane una logica meramente aziendalistica, i piccoli comuni, che rappresentano il 72 per cento dei comuni italiani, potrebbero ritrovarsi senza servizio di recapito della corrispondenza pregiata, incrinando così il ruolo istituzionale svolto da Poste Italiane attraverso l'offerta di servizi essenziali;
il servizio postale su tutto il territorio nazionale, ormai da tempo, è in una situazione di grave crisi, ed è intenzione da parte di Poste Italiane di ridimensionare l'attività di recapito della corrispondenza di posta pregiata presso il bacino di Bisaccia e Lioni con il taglio delle zone di recapito che produrrà effetti devastanti e rilevanti con conseguenze occupazionali nell'intera provincia di Avellino. A denunciarlo sono le organizzazioni sindacali di categoria, le R.S.U. ed i lavoratori delle Poste Italiane, creando sconcerto e proteste da parte delle istituzioni locali;
i dati che vengono forniti sembrano attestare che in regioni di primaria importanza come la Campania, il sevizio ha raggiunto un livello per nulla soddisfacente per le esigenze dei cittadini;
la dirigenza stessa, ha giustificato la inefficienza esistente, tentando anche di attribuire ai dipendenti di Poste Italiane la responsabilità dei disagi denunciati dai cittadini in questi giorni. Tale scusante lascia perplessi, con riferimento alla serietà di coloro che hanno tentato di scaricare sui dipendenti del tutto estranei alle responsabilità di tali inefficenze;

l'amministrazione di Poste Italiane, nonostante il taglio delle zone che vuole portare a compimento, continua ad affidare il servizio di micrologistica su tutto il territorio Campano ad accollatari privati, a discapito dei dipendenti in forza alle Poste -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendono assumere per porre fine a questo stato di cose, migliorare il servizio ed eventualmente sanzionare per inefficienza la Società Poste Italiane qualora dovesse persistere tale decisione e se intendono intervenire utilizzando anche le collaborazioni previste dall'articolo 2 comma 303 della legge finanziaria per l'anno 2008 al fine di porre rimedio a tale vicenda.
(4-01142)

CALVISI, SCHIRRU, FADDA, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, MARROCU, MELIS e PES. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ha disposto, all'articolo 1, comma 461, la dismissione delle partecipazioni non strategiche dell'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.P.A. (ex «Sviluppo Italia») e, per quanto riguarda le società regionali, ha previsto che la dismissione possa avvenire anche tramite la loro cessione alle Regioni. La stessa disposizione ha fissato al 30 giugno 2008 il termine finale per il riordino delle partecipazioni della capogruppo; termine differito più volte, da ultimo al 31 dicembre 2008 (legge n. 31 del 2008 e legge n.129 del 2008);
il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (cosidetto decreto milleproroghe), all'articolo 28, prevedeva che al fine di salvaguardare l'equilibrio economico e finanziario delle società regionali, le società regionali continuassero a svolgere le attività previste dai contratti di servizio con l'Agenzia nazionale in materia di autoimpiego e autoimprenditorialità (di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000), vigenti all'atto del loro trasferimento alle regioni, fino al subentro di queste ultime nell'esercizio delle funzioni svolte dalla suddetta Agenzia in relazione a tali interventi;
per garantire la continuità nell'esercizio delle funzioni, l'articolo 28 disponeva, infine, che il Ministro dello sviluppo economico, con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce le modalità, i termini e le procedure per il graduale subentro delle regioni nelle funzioni svolte in materia di autoimpiego e autoimprenditorialità, che dovrà completarsi entro il 31 dicembre 2010;
ad oggi, il piano di riordino delle società regionali controllate dalla capogruppo è in una fase di stallo, in attesa di un provvedimento che definisca il passaggio degli strumenti, delle funzioni e delle risorse alle Regioni;
il Presidente della Conferenza Stato Regioni e delle Province Autonome con lettera del 15 maggio 2008 indirizzata al Ministro dello sviluppo economico, Onorevole Scajola, rilevava le difficoltà di diverse regioni a recepire le formulazioni del ministero relativamente agli aspetti di natura istituzionale e finanziaria criticando nel metodo e nel merito l'impianto proposto e invitando il Ministro al riavviare il confronto con le regioni al fine di individuare un chiaro percorso per mantenere in tutte le regioni del mezzogiorno l'operatività degli strumenti per l'autoimpiego e l'autoimprenditorialità;
nelle more del suddetto provvedimento, l'amministratore delegato di Invitalia (ex Sviluppo Italia) ha proceduto alla liquidazione di diverse società regionali (Sviluppo Italia Calabria, Sviluppo Italia Sardegna il 23 settembre 2008) operanti nel Mezzogiorno con la messa in mobilità e successivo licenziamento di centinaia di lavoratori e con il venir meno di importanti strumenti per l'occupazione (come le

forme di autoimpiego, previste dal decreto legislativo 185/2000) in quelle regioni -:
se sia a conoscenza del fatto che il processo di ristrutturazione della ex Sviluppo Italia oggi Invitalia, ha avuto ed ha ancora come unico obbiettivo la cancellazione delle strutture operanti nelle sedi regionali del mezzogiorno e la salvaguardia della struttura centrale, con compiti, funzioni e risorse che dovevano essere trasferiti alle regioni;
se sia al corrente della gravità degli atti unilaterali posti in essere dalla Società Invitalia (ex Sviluppo Italia) nei confronti della società regionale Sviluppo Italia Sardegna oggi liquidata, la quale con un organico esiguo di soli tredici dipendenti potrebbe continuare a gestire gli strumenti di politica attiva del lavoro e rappresentare un presidio efficace per le azioni di sviluppo poste in essere dal governo;
se sia al corrente del fatto che nella stessa Regione Sardegna presso l'area industriale di Porto Torres è stata realizzata da Sviluppo Italia Sardegna SPA, una importante infrastruttura per lo start-up imprenditoriale (cosidetto incubatore d'impresa) per la quale sono stati spesi circa 6 milioni di euro di soldi pubblici e che a tutt'oggi attende di essere messa al servizio delle imprese e del territorio sardo;
se sia al corrente che, al di là della nuova configurazione giuridica di Sviluppo Italia diventata Invitalia, che il mancato trasferimento di risorse alle regioni con gli strumenti previsti dal decreto legislativo 185 del 2000, titolo I e II (fondi per il lavoro autonomo e l'autoimprenditorialità) impedisce alle regioni di farsi carico dei problemi del personale, mediante anche collocazioni in enti, agenzie o società a partecipazione regionale (in Sardegna tali risorse permetterebbero il salvataggio di 13 posti di lavoro, non presentando la struttura problemi registrati in altre regioni del mezzogiorno, ma permettendo di salvaguardare importanti e qualificate professionalità e competenze);
se sia al corrente della gravità degli atti unilaterali posti in essere dalla società Invitalia (ex Sviluppo Italia) nei confronti delle società regionali;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di garantire, anche per le regioni del Mezzogiorno, l'operatività degli strumenti di politiche attive del lavoro, che oggi rischiano di scomparire in tali realtà territoriali.
(4-01150)

TULLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a Genova dal 1925 è presente la multinazionale Houghton Italia, società leader mondiale operante nel settore della cosiddetta «chimica verde»;
quella di Genova è sempre stata una sede produttiva, importante capitale di conoscenze e competenze in un campo di assoluta eccellenza per il futuro industriale italiano;
è in questi laboratori che sono stati studiati, progettati, prodotti olii derivati da fonti rinnovabili;
nel corso del 2007 il Gruppo Houghton è stato acquisito da una finanziaria americana che ha provveduto subito ad un cambio di strategia: razionalizzare il comparto produttivo con sede in Francia e altresì quello della ricerca e sviluppo con sede in Italia;
conseguenza diretta è stata l'avvio, nel mese di settembre, della procedura per la messa in mobilità di 50 dipendenti -:
se il ministro sia a conoscenza della situazione illustrata;
come intenda intervenire per salvaguardare una società all'avanguardia nel settore e per tutelare i lavoratori.
(4-01151)

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bertolini e altri 1-00029, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mistrello Destro.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Luciano Dussin n. 5-00351, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Volpi.

...

ERRATA CORRIGE

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi e altri n. 4-01124 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 54 del 24 settembre 2008. Alla pagina 1769, seconda colonna, dalla riga diciottesima alla riga diciannovesima deve leggersi: «se Fintecna abbia richiesto cambio di «destinazione», e non «se Fintecna o l'Agenzia del Demanio abbiano richiesto cambio di "destinazione», come stampato.

L'interrogazione a risposta in commissione Benamati ed altri n. 5-00364 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 54 del 24 settembre 2008. Alla pagina 1790, seconda colonna, alla ventisettesima riga, deve leggersi: «consorzio Cirten hanno sviluppato ampie e» e non «consorzio Arten hanno sviluppato ampie e» come stampato.