XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 7 luglio 2008

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la principale minaccia allo sviluppo di importanti settori della nostra economia, quali il tessile e l'abbigliamento, è rappresentata dall'imponente distribuzione, sul mercato internazionale, di prodotti contraffatti provenienti principalmente dal Sud Est asiatico;
tali merci, prodotte sia eludendo i controlli delle autorità competenti, sia violando le norme poste a garanzia della qualità, risultano, spesso, nocive per la salute e la sicurezza del consumatore inconsapevole, perché realizzate con materiali tossici e pericolosi;
la forte competitività sul mercato internazionale dei Paesi asiatici si basa sostanzialmente su costi di produzione irrisori, consentiti non solo dall'utilizzo di materie prime dannose ma economiche, ma anche dai livelli bassissimi dei salari, dallo sfruttamento del lavoro minorile, dalla violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori, dalle pessime condizioni dei luoghi di lavoro;
l'immissione sui mercati di importazione di beni e servizi a prezzi inferiori rispetto a quelli di vendita, o addirittura, a volte, di produzione, del medesimo prodotto sugli stessi mercati di origine, determina una perturbazione, che, basata sulla costante violazione delle leggi e delle norme a tutela dei lavoratori, altera il principio della libera concorrenza nel mercato e genera il fenomeno del dumping sociale;
a livello mondiale il giro di affari della contraffazione commerciale è valutato in 250 miliardi di dollari all'anno e, secondo le statistiche pubblicate nel luglio del 2002 dalla Commissione europea con la collaborazione delle autorità doganali, il mercato del falso è aumentato in Europa del 900 per cento rispetto al 1998;
la deviazione degli scambi commerciali e la distorsione della concorrenza provocano una perdita di fiducia degli operatori del mercato interno, con conseguente diminuzione degli investimenti;
molte delle imprese, non riuscendo a sostenere l'aggressiva pressione competitiva, hanno perso consistenti quote sui mercati internazionali e sono state costrette a chiudere o a delocalizzare le sedi di produzione, facendo registrare, a livello mondiale, una perdita di circa 200.000 posti di lavoro all'anno;
in Italia le stime parlano di circa 40 mila posti a rischio ogni anno e di una significativa perdita delle entrate fiscali;
il rischio di destabilizzazione del mercato del made in Italy è altissimo e l'immagine e l'economia del nostro Paese rischiano di essere fortemente danneggiate insieme alle piccole e medie imprese, che non riescono più a far fronte, da sole, alla pressante competizione del Sud Est asiatico;
già nel corso della XIV legislatura, le importanti misure adottate dal Governo Berlusconi a tutela del made in Italy, con la legge n. 273 del 2002, il decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, e le numerose disposizioni contenute nelle leggi finanziarie, non solo hanno rafforzato il sostegno all'export, all'internazionalizzazione delle imprese, alla tutela dei prodotti, ma hanno anche consentito, attraverso le norme di polizia giudiziaria e doganali, di contenere la produzione e di contrastare l'afflusso di prodotti contraffatti nel nostro Paese;
nel corso della XV legislatura sono state presentate diverse proposte di legge, tra le quali l'atto Camera n. 1448 Gianfranco Conte e l'atto Camera n. 1402 Raisi, recanti misure per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani e l'istituzione del marchio made in

Italy, che hanno riproposto la necessità di una normativa che regoli il marchio di origine a livello nazionale;
le lacune normative di molti altri Paesi, unite alle differenze esistenti tra gli stessi Paesi comunitari a livello di disposizioni sanzionatorie e norme poste a tutela di una concorrenza competitiva, alimentano la produzione di merci contraffatte, soprattutto nei Paesi che reprimono con minore vigore questo preoccupante fenomeno;
a livello comunitario il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione, con la quale non solo ha sollevato la necessità di tutelare i produttori europei, ma ha anche auspicato un intervento diretto della Commissione europea, volto a proibire l'immissione sul mercato europeo di prodotti pericolosi;
l'esigenza di garantire la conformità dei beni, provenienti dal Sud Est asiatico, alle norme poste a tutela dei consumatori è ormai forte e impellente;
l'intervento in tal senso del Parlamento europeo trova, tuttavia, notevoli ostacoli nella forte contrapposizione degli interessi in gioco tra Paesi produttori, che hanno bisogno di difendersi dall'aggressione del mercato asiatico, e i Paesi distributori, che, invece, traggono forti vantaggi da un'ampia distribuzione anche del prodotto contraffatto;
è oramai urgente e doverosa una normativa a livello comunitario che tuteli in maniera univoca l'ingegno, la qualità, l'innovazione e la ricerca di chi investe risorse, energie e fiducia nella produzione e distribuzione di beni e servizi,

impegna il Governo

a sostenere in sede comunitaria sia il diritto dei consumatori alla salute, sia quello dei produttori europei alla tutela dalle frodi commerciali, anche mediante l'introduzione dell'etichettatura di origine obbligatoria, e ad adottare, nei limiti delle proprie competenze, disposizioni volte a tutelare le produzioni italiane dalla concorrenza sleale, specialmente per i prodotti contraffatti o contenenti sostanze nocive per la salute, anche attraverso il rafforzamento dei controlli alle frontiere.
(1-00020)
«Raisi, Baldelli, Conte, Abrignani, Polidori, Bernardo, Vignali, Pelino, Mistrello Destro, Galati».

La Camera,
premesso che:
il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme e regolamenti, vincoli contrattuali, che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale dei prodotti di ogni genere;
contraffazione ed importazioni parallele costituiscono un giro d'affari enorme ed in continuo sviluppo, che alimenta, spesso senza saperlo, un'industria criminale, che sfrutta questo mercato per reinvestire nel traffico di droga e nello sfruttamento della prostituzione;
i danni prodotti dalla contraffazione sono molteplici: i nocumenti all'erario e alle aziende sono enormi, ma non sono solo le aziende a perderci. Ogni anno 12 mila posti di lavoro scompaiono solo in Italia e 250 mila è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, a causa della contraffazione, di cui 100 mila circa nella sola Unione europea;
si indebolisce ingiustamente la posizione di mercato dei legittimi produttori, si mette a rischio il settore della distribuzione autorizzata, si ingannano i consumatori e si abbassano gli standard di qualità, con un rischio notevole per la sicurezza, in quanto vengono immessi sul mercato articoli potenzialmente pericolosi;
i settori più colpiti sono quelli dell'abbigliamento e della pelletteria, ma

anche delle apparecchiature, della componentistica, degli elettrodomestici, dell'orologeria e così via;
è stato stimato che il giro d'affari di questo fenomeno si attesti oltre i 100 miliardi di dollari l'anno in tutto il mondo, pari al 5-6 per cento dell'intero commercio mondiale. Si passa dal 5 per cento dell'industria degli orologi, al 6 per cento dell'industria farmaceutica, al 10 per cento della profumeria, al 25 per cento dell'audiovideo e al 35 per cento del software;
oltre il 70 per cento circa della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal Sud Est asiatico: in testa la Cina, la Corea, la Thailandia e Taiwan. Il mancante 30 per cento circa dalla produzione mondiale di contraffazioni proviene dal bacino mediterraneo, dove il nostro Paese detiene il triste primato di Paese leader: seguono la Spagna, la Turchia, il Marocco;
in Cina, soprattutto, il fenomeno è in crescita e sta provocando conseguenze imprevedibili; le imprese cinesi che fabbricano prodotti contraffatti si sono allargate e hanno iniziato ad esportare anche in Russia, Birmania, Vietnam e America;
il preoccupante fenomeno colpisce indistintamente le aziende titolari di grandi marchi come le piccole aziende, che trovano nel prodotto contraffatto un temibile concorrente, per non parlare del fatto che dietro al commercio di questi prodotti si nascondono reati gravi, come lo sfruttamento minorile, le vendite senza licenza, l'evasione fiscale;
spesso accade che le aziende italiane intraprendano azione di risarcimento del danno per la contraffazione subita, ma la stessa non ha esito alcuno o, nel peggiore dei casi, non è nemmeno possibile intraprendere un'azione legale, poiché per l'ordinamento cinese la società che per prima deposita il marchio ne è titolare;
un altro paradosso è rappresentato dal fatto che spesso le imprese italiane che vorrebbero registrare il proprio marchio si trovano nell'impossibilità di farlo, perché questo è già stato registrato in maniera abusiva ed illegale da soggetti cinesi, a volte gli stessi distributori locali;
altre volte la contraffazione consiste nell'apposizione da parte di imprese cinesi di false indicazioni di provenienza, nell'imitazione del prodotto o del suo imballo;
l'industria della contraffazione in Cina ha un giro d'affari di oltre 16 miliardi di dollari l'anno, che costa alle aziende occidentali decine e decine di miliardi di dollari di mancate vendite;
molte aziende si preoccupano, altresì, del calo di immagine dovuto all'immissione sul mercato di imitazioni di pessima qualità dei loro prodotti;
diverse fonti confermano che si tratta di un fenomeno in espansione ed è incentrato sulla realizzazione e sulla vendita di beni di largo consumo;
tale fenomeno si verifica sia direttamente, con la violazione delle nostre frontiere, sia indirettamente, in quanto i prodotti, passando attraverso altri confini, poi giungono nel nostro mercato;
l'enormità e la capillarità delle attività di contraffazione in Cina rendono vani anche gli sforzi più cospicui delle singole imprese: tutto ciò a causa dell'insufficiente legislazione cinese in tema di marchi e brevetti;

impegna il Governo:

ad elaborare, anche nelle opportune sedi comunitarie, una concreta proposta che possa garantire una forte tutela rispetto a quanto illustrato;
a mantenere l'etichettatura obbligatoria, tutelando, altresì, i marchi non registrati, rafforzando in tal modo e con ogni ulteriore strumento utile, ivi compresa la revisione del codice delle proprietà industriali, la protezione contro il «parassitismo commerciale»;
ad adottare ogni idonea misura per proteggere i nostri prodotti nazionali e

implementare il controllo delle frontiere nazionali ed europee dall'ingresso di prodotti contraffatti, attivandosi anche presso gli organi competenti europei per garantire un'omogeneità di controlli;
ad assumere, in tale quadro, iniziative idonee a fronteggiare la concorrenza sleale subita dai prodotti italiani da parte dei produttori cinesi e non, che invadono il nostro mercato con una crescente quantità di beni contraffatti in spregio a qualsiasi normativa sui brevetti, ivi compreso un rafforzamento delle attività di indagine (anche sotto copertura), procedendo anche con sequestri preventivi;
ad assicurare, nel quadro della tutela dei marchi italiani, che le funzioni dell'Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, di cui si sta procedendo alla soppressione, siano affidate al Ministro competente, per essere delegate ad un Sottosegretario di Stato.
(1-00021)
«Polledri, Cota, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Brigandì, Buonanno, Callegari, Caparini, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Dozzo, Guido Dussin, Luciano Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Lussana, Maccanti, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Salvini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
gli articoli 153 e 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea puntano a tutelare gli interessi, la salute e la sicurezza dei consumatori tramite la promozione dell'apertura, dell'equità e della trasparenza del mercato interno;
la protezione dei consumatori, presupponendo norme commerciali trasparenti e coerenti, dovrebbe includere soprattutto l'indicazione di origine dei prodotti;
mentre alcuni tra i maggiori partner europei, come Stati Uniti, Canada e Giappone, hanno già introdotto il marchio di origine obbligatorio, in Europa non esiste alcuna norma che impone di indicare l'origine dei prodotti;
la proposta di regolamento del Consiglio, adottata dalla Commissione europea il 16 dicembre 2005, relativa all'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi, infatti, dovrà essere esaminata in sede di codecisione dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea;
il testo prevede l'introduzione di un sistema di marchio di origine obbligatorio per un certo numero di settori ed è applicabile esclusivamente alle merci importate che riporteranno, all'atto dell'importazione, il marchio «fabbricato in», con l'indicazione del loro Paese di origine, che potrà essere redatto in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell'Unione europea, in maniera tale da risultare facilmente comprensibile per i clienti finali dello Stato membro in cui le merci saranno commercializzate;
oltre alla citata proposta di regolamento, è da ricordare l'approvazione di una risoluzione del Parlamento europeo del luglio 2006 favorevole all'introduzione nell'Unione europea di un sistema obbligatorio di indicazione del Paese di origine per una serie di prodotti importati;
purtroppo gli ostacoli all'introduzione in Europa del marchio d'origine provengono dall'opposizione di una robusta minoranza di blocco, guidata da Gran Bretagna, Germania e Paesi scandinavi, che hanno delocalizzato le loro produzioni nei Paesi a basso costo di manodopera e

che non vogliono che i loro prodotti rechino il marchio del Paese in cui sono stati effettivamente realizzati;
il marchio d'origine consentirebbe, invece, ai consumatori europei di essere pienamente consapevoli del Paese d'origine dei prodotti che acquistano e, quindi, in grado di identificare tali prodotti e le norme sociali, ambientali e di sicurezza generalmente associate a tale Paese;
la crescente concorrenza di Paesi con economie emergenti, inoltre, che oltre al basso costo della manodopera possono sfruttare anche il vuoto legislativo in campo ambientale e sociale, riduce la competitività delle imprese italiane, gravate da oneri aggiuntivi connessi al rispetto di standard elevati in materia di tutela del lavoro e dell'ambiente;
a questa concorrenza asimmetrica, capace di creare turbative nei mercati internazionali, Paesi come la Cina uniscono un pesante sistema di contraffazione dei marchi;
oggi circa i due terzi dei prodotti contraffatti proviene, infatti, dalla Cina, seguita dalla Corea, dalla Thailandia e da Taiwan, mentre la quota restante proviene dal bacino mediterraneo, con in testa, purtroppo, proprio l'Italia;
secondo i dati dell'Oecd e della International chamber of commerce, «la contraffazione rappresenta tra il 5 ed il 7 per cento del commercio mondiale, con punte anche di oltre il 10 per cento per taluni prodotti (circa 250 miliardi di euro all'anno), ed è già responsabile della perdita di oltre 200 mila posti di lavoro in Europa» e «si sta espandendo dai prodotti della moda ad un'infinità di altri prodotti industriali, ivi inclusi quelli per la casa, con grave rischio per la salute dei consumatori»; «colpisce la produzione industriale ed artistica europea», «minaccia gli investimenti e l'innovazione», «ha conseguenze potenzialmente disastrose per le piccole imprese»;
purtroppo la contraffazione si sta estendendo anche al settore agroalimentare e rappresenta una minaccia sempre più preoccupante per le imprese, i consumatori e l'economia nel nostro Paese, mettendo drammaticamente in evidenza quanto la tutela e la protezione dei marchi di origine sia importante e quanto sia strategico affrontare i mercati internazionali con un piano finalizzato alla difesa delle produzioni nazionali di alta qualità;
la diffusione delle contraffazioni e delle frodi commerciali, in tutti i settori possibili, oltre a penalizzare le imprese europee, che tentano con mille sacrifici di restare in competizione sul mercato, con pesanti ricadute sul piano occupazionale, e creare seri rischi per la salute dei cittadini, determina un pesante danno erariale di cui i Governi dovrebbero tener conto,

impegna il Governo:

ad adottare le iniziative legislative più opportune al fine di tutelare il diritto dei consumatori a una corretta informazione in ordine ai prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, ma semilavorati grezzi realizzati interamente in Italia;
a valutare l'opportunità di riconsiderare la decisione adottata di sopprimere l'Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, che priverebbe il nostro Paese di un valido strumento di contrasto, dando al tempo stesso un segnale di resa nella lotta alla contraffazione;
ad adottare nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio ogni utile iniziativa che possa assicurare scambi commerciali sulla base della reciprocità nel rispetto delle più elementari norme sociali di sicurezza personale ed ambientale.
(1-00022)
«Anna Teresa Formisano, Vietti, Volontè, Pezzotta, Ruggeri, Ciccanti, Compagnon, Naro».

La Camera,
premesso che:
grave è l'instabilità politica in cui versa lo Zimbabwe a seguito di elezioni presidenziali svoltesi il 26 giugno 2008, senza che l'opposizione sia stata in grado di parteciparvi in conseguenza delle intimidazioni e aggressioni di cui i suoi esponenti sono stati fatti oggetto;
il partito del capo dell'opposizione, Morgan Tsvangirai, ha vinto le elezioni parlamentari del 29 marzo scorso con un ampio margine e tuttavia non sembra ipotizzabile riconoscere al capo dell'opposizione un ruolo di governo, considerate le violenze e le intimidazioni ordinate dal Presidente Mugabe;
va altresì considerata la gravissima situazione in cui viene a trovarsi, in particolare dal punto di vista alimentare e sanitario, la popolazione dello Zimbabwe cui l'Italia è legata da profondi e antichi sentimenti di amicizia e collaborazione;
la Presidenza francese ha dichiarato il 1° luglio 2008, che un Governo che non sia guidato dal partito vincitore delle elezioni parlamentari è da considerarsi illegittimo;
l'Unione europea dovrà, auspicabilmente, già al Consiglio dei ministri degli esteri in luglio, adottare iniziative politiche forti verso il regime di Mugabe, ad iniziare dalla riflessione sulla presenza degli Ambasciatori ad Harare;
sono condivisibili la linea adottata dal Governo e la decisione del Ministro degli affari esteri di richiamare in Italia per consultazioni l'Ambasciatore d'Italia ad Harare affinché fornisca personalmente informazioni ed elementi aggiornati circa l'evoluzione della situazione politica e lo stato dell'economia del Paese ed in particolare perché riferisca sulle necessità immediate della popolazione più gravemente colpita dall'attuale instabilità, per consentire che il nostro Paese possa urgentemente intervenire per alleviare la situazione;

impegna il Governo

a mantenere la linea già avviata dal Ministro degli affari esteri con il richiamo per consultazioni dell'ambasciatore italiano, di monitoraggio dell'evoluzione della situazione politica, di attenzione alle esigenze della popolazione e di sostegno al rispetto dell'esito democratico delle elezioni parlamentari nel Paese.
(1-00023)
«Cicchitto, Cota, Antonione, Dozzo, Biancofiore, Guzzanti, Boniver, Nirenstein, Picchi, Lupi, Zacchera, Baldelli, La Malfa, Lunardi, Ruben, Pianetta, Repetti, Moroni».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE e BINDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per le politiche per i giovani. - Per sapere - premesso che:
in data 2 luglio 2008 all'interno delle pagine sportive del quotidiano La Sicilia è stata pubblicata una lettera dell'atleta Giusi Malato campionessa italiana di pallanuoto e già tecnico della squadra della squadra Catanese di serie A «Orizzonte Geymonat»;
la campionessa Giusi Malato denuncia pubblicamente di essere stata licenziata perché «colpevole» di maternità, cioé di aver dato alla luce suo figlio;

nella lettera l'atleta sostiene di aver deciso in accordo con i medici di sottoporsi al parto cesareo proprio per tenere fede agli impegni professionali;
Giusi Malato è un atleta che ha vinto da giocatrice 14 scudetti e 6 coppe dei campioni e che nell'ultimo anno di attività da allenatrice ha vinto scudetto e coppa dei campioni;
se le parole dell'atleta riportate nella lettera rispondono a verità ci troveremmo di fronte ad un gravissimo esempio di discriminazione adottato nei confronti di una donna, di una mamma, di una lavoratrice -:
se e quali iniziative il Governo e i ministri interrogati intendano attivare, sulla base delle prerogative attribuite, per verificare se davvero si è perpetrata una siffatta discriminazione ai danni dell'atleta Giusi Malato e se non intendano, partendo da questo episodio proseguire, sulla base delle risorse stanziate e dei progetti avviati con la finanziaria 2008, nel rafforzamento delle politiche a sostegno delle donne e della famiglia.
(3-00076)

Interrogazione a risposta scritta:

MINASSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il volontariato è riconosciuto a tutti gli effetti quale componente effettiva del sistema della Protezione Civile Nazionale, così come sancito dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225;
il suddetto volontariato garantisce interventi essenziali nell'ambito di calamità naturali e incendi boschivi, affiancandosi agli altri enti istituzionali ed operando con idonei automezzi, strumentazioni e dispositivi di protezione individuale, e sottoponendosi costantemente a corsi di formazione e visite mediche;
la stagione estiva ormai avviata è purtroppo sinonimo di terribili incendi boschivi che sempre più spesso determinano gravi rischi per la popolazione che si trova in prossimità delle aree colpite da tali calamità;
in modo particolare in Liguria ed in provincia di Imperia, le forze del volontariato, pur trovandosi spesso ad operare senza l'ausilio dei corpi istituzionali, riescono a garantire gli interventi di spegnimento nell'arco delle 24 ore, sopperendo di fatto alle carenze organiche di Corpo Forestale e Vigili del Fuoco;
il Ministero dei trasporti con nota n. 57014/08.03 del 14 giugno 2007 a firma dell'ingegner Sergio Dondolini, ha stabilito che l'uso dei dispositivi supplementari di emergenza composti da sirena e lampeggianti blu, di cui all'articolo 177 del Codice della Strada, debbano essere impiegati solo da soggetti pubblici, privando di fatto le tante Associazioni di volontariato regolarmente iscritte al Dipartimento della Protezione Civile e negli appositi registri regionali, che sono in possesso di veicoli omologati quali mezzi speciali antincendio, di intervenire in modo idoneo nelle situazioni di emergenza;
la citata circolare del Ministero dei trasporti evidenzia, quale giustificazione al provvedimento, la necessità di non creare confusioni negli interventi di emergenza, quasi a dire che la meritoria opera del volontariato sarebbe invece foriera di chissà quali incomprensioni;
lo stesso Dipartimento della Protezione Civile con nota n. DPC/VRE/0064312 del 29 ottobre 2007 a firma del direttore Agostino Miozzo ha chiaramente espresso la necessità di continuare a consentire alle organizzazioni di volontariato l'impiego dei dispositivi supplementari di emergenza composti da sirena e lampeggianti blu, a tutto vantaggio della salvaguardia della pubblica incolumità ed ha invitato le stesse associazioni a proseguire nell'impiego dei dispositivi di emergenza;

successivamente, il medesimo Dipartimento della Protezione Civile, con nota n. DPC/VRE/40701 del 18 giugno 2008, sempre a firma di Agostino Miozzo, è tornato sui suoi passi, invitando le associazioni ad applicare quanto stabilito nella sopra citata nota n. 57014/08.03 del 14 giugno 2007 del Ministero dei trasporti;
infine, con nota n. PG/2008/80193 del 12 giugno 2008, la Regione Liguria ha chiesto al Dipartimento della Protezione Civile di intervenire per una rapida soluzione della vicenda, stante i pericoli legati alla campagna antincendio boschivo;
la situazione sopra illustrata sta creando malumori e forti preoccupazioni nel mondo del volontariato, tali da mettere seriamente in discussione la partecipazione di molte associazioni volontaristiche alla campagna antincendio boschivo ormai avviata, con evidenti e gravi ripercussioni negative sulla salvaguardia del territorio, dell'ambiente e, non ultima, della pubblica incolumità -:
se il Governo sia a conoscenza di questa grave problematica che sta seriamente compromettendo la sicurezza e l'effettiva validità degli interventi di emergenza e soccorso compiuti dalle associazioni di volontariato di Protezione Civile e quale rapida soluzione il Governo intenda dare al problema, affinché tutte le Associazioni di volontariato della Protezione Civile riconosciute dal Dipartimento Nazionale e iscritte nei registri regionali, possano operare nel pieno delle loro possibilità e con i giusti margini di sicurezza per i volontari e la cittadinanza tutta, impiegando i dispositivi supplementari di emergenza di cui all'articolo 177 del Codice della Strada su tutti i mezzi loro intestati, regolarmente dotati di colori e insegne di istituto, così come già avviene per il Soccorso Alpino, associazione anch'essa composta da volontari.
(4-00552)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Cina è disumanamente divenuto normalità il disprezzo per la vita;
i bimbi appena nati giacciono morti sotto i bordi dei marciapiedi, nella totale indifferenza di coloro che transitano, nel corso di una giornata quotidianamente vissuta;
i turisti testimoniano questa ignominia con foto ed inchieste giornalistiche;
questi corpi fanno parte delle oltre 1000 piccole vittime appena nate ogni anno;
questi bambini sono le vittime della politica del Governo cinese, che pone il limite massimo di un solo figlio nelle città (due nelle zone rurali), con aborto obbligatorio in caso diverso;
il Governo della Cina ha imposto una politica di restrizione della natalità, ma i metodi usati causano orrore e sofferenza: i cittadini, per il terrore di essere scoperti dal Governo, uccidono o abbandonano i propri neonati;
ufficialmente, il Governo condanna l'uso della forza e della crudeltà per controllare le nascite, però, nella pratica quotidiana, gli incaricati del controllo subiscono tali pressioni allo scopo di limitare la natalità, che formano dei veri e propri «squadroni dell'aborto», che catturano le donne «illegalmente incinte» e le tengono in carcere finché non si rassegnano a sottoporsi all'aborto. In caso contrario, i figli «nati illegalmente» non hanno diritto alle cure mediche, all'istruzione, né ad alcuna altra assistenza sociale;
essendo di gran lunga preferito il figlio maschio, le bambine rappresentano le principali vittime della limitazione delle nascite;

secondo i dati delle statistiche ufficiali, il 97,5 per cento degli aborti è rappresentato da feti femminili;
il risultato è un forte squilibrio di proporzioni fra popolazione maschile e femminile;
milioni di uomini non possono sposarsi, da ciò consegue il traffico di donne;
l'aborto selezionato per sesso sarebbe proibito dalla legge, però è prassi comune corrompere gli addetti per ottenere un'ecografia dalla quale conoscere il sesso del nascituro;
nella XV Legislatura la presente interrogazione è stata presentata al Senato (Atto Senato n. 4-03410 del 26 febbraio 2008) rivolta al Ministro degli affari esteri, ma essa non ha ricevuto risposta -:
quali iniziative abbia assunto il Governo italiano, al cospetto di queste notizie disumane, sia nei confronti del Governo cinese che alle Nazioni Unite;
se, in occasione delle prossime Olimpiadi, non intenda denunciare alla comunità internazionale questo genocidio di bambini e questa violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'uomo, assumendo idonee iniziative come quella per la «moratoria sulla pena di morte».
(4-00559)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è in atto il tentativo di realizzare a Saline Joniche (RC) una centrale a carbone, di oltre 1.200 Mw, da parte dell'impresa svizzera Sei SpA, che avrebbe acquistato a tal fine dalla SIPI una parte dell'area dove sorgeva l'ex Liquichimica, nel comune di Montebello Jonico (RC);
per la realizzazione della centrale sarebbe stata impegnata una iniziale ingente cifra di un miliardo di euro, cui si aggiungerebbero 500 milioni di euro di investimento per le infrastrutture, più 1, 7 milioni di euro all'anno per i costi di esercizio;
il progetto, datato luglio 2007, appare decisamente superficiale;
nel 1974 il Ministero dell'Ambiente aveva bloccato la produzione e la commercializzazione di bioproteine per il rischio di agenti cancerogeni e negli anni 80, dopo il fallimento della Liquichimica, l'impianto fu acquistato dall'Enichem;
nel 1997 il Consorzio Sipi (Saline Ioniche Progetto Integrato), costituito da imprenditori locali, ha rilevato all'asta gli impianti e i terreni ex Enichem con l'obiettivo di rottamare il ferro e l'acciaio degli impianti e rivendere il terreno; ma tutto rimane inalterato;
nel 2006 la Sei SpA ha acquistato il terreno con l'obiettivo di valorizzare l'area industriale realizzando una centrale;
e non distante da Montebello Jonico ci sono le officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie, il cui sito è stato chiuso anni fa e, dalle indagini dei magistrati reggini, è emerso che era diventato obiettivo delle cosche mafiose per realizzarvi in centro commerciale;
nello scorso mese di maggio la giornalista della Rai, Flavia Marimpetri, inviata a Saline per un servizio su l'area ex Liquichimica, è stata boicottata dai responsabili locali della Sei o della Sipi (dico Sei o Sipi perché non è ancora del tutto chiara la definizione della proprietà), tanto da definire «vergognosi» i comportamenti riservategli, a testimonianza degli interessi «nascosti» di quelle industrie, certamente contrari al bene comune;
l'area su cui gravano gli interessi della Sei e della Sipi è da anni fonte di speculazione;
le Istituzioni locali e regionale, naturalmente, si sono espresse contro la realizzazione

della centrale a carbone, che andrebbe a rovinare uno dei pezzi più belli della costa reggina calabrese e che potrebbe riscattarsi diventando polo turistico - culturale - naturalistico;
la costruzione della centrale a carbone, del tutto inutile, risulterebbe distruttiva del territorio ed inquinante;
d'altra parte il Governo nazionale per far fronte alla crisi energetica ha ufficialmente mostrato interesse verso il nucleare ed appare davvero non conciliabile la scelta della Sei per la centrale a carbone -:
quali urgenti iniziative intendano attuare per verificare i rapporti tra le Società Sei e Sipe ed individuare i reali proprietari dell'area ex Liquichimica di Saline Joniche;
se non ritengano necessario verificare cosa stia accadendo nel riavvio della procedura di vendita delle Officine Grandi Riparazioni di saline da parte delle Ferrovie dello Stato;
quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di impedire lo scempio della costruzione della centrale a carbone nell'area ex Liquichinica di Saline, anche al fine di assecondare giustamente le posizioni delle locali Istituzioni e dell'intero Consiglio regionale calabrese.
(4-00560)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel decreto-legge 27 maggio 2008 n. 93 recante «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», all'articolo 5-bis, comma 278, si predispone un consistente ridimensionamento degli stanziamenti in materia di edilizia penitenziaria, che passano dai 70 milioni di euro, previsti dalla legge finanziaria n. 244 del 2007 per il triennio 2008/2010 finalizzati all'adeguamento infrastrutturale degli edifici esistenti e la realizzazione di quelli nuovi, agli appena 15 milioni per il medesimo periodo;
l'effetto prodotto dall'indulto per il quale la popolazione carceraria si è ridotta di circa il 33 per cento, passando da 60.000 detenuti a 38.000 nel 2006, è in netto ridimensionamento. Nel 2007, infatti, erano già tornati a 47.000 ed oggi si aggirano intorno ai 54.794;
valutazioni di massima, che tengono in considerazione il trend di crescita della popolazione carceraria, inducono a ritenere realistica una previsione di un ritorno a breve alla situazione di emergenza che aveva reso necessario, ma non ineluttabile o condivisibile, l'indulto;
nell'articolo del quotidiano La Repubblica del 25 giugno 2008 si legge che nel carcere «a custodia attenuata» di Empoli, di oltre mille metri quadrati, sono presenti appena 4 detenute a fronte di 22 agenti penitenziari e 6 dipendenti ministeriali;
le istituzioni competenti hanno espresso la volontà di non trasformare la struttura in una ordinaria casa di reclusione e di mantenerne la destinazione attuale di Centro diagnostico terapeutico, al fine di preservare l'originario fine sociale di recupero e reinserimento sotteso alla creazione della stessa -:
se e come il Governo intenda intervenire su tali situazioni che, per pur partendo da intenti filantropico-educativi, rischiano di essere portate all'attenzione dell'opinione pubblica come massima espressione di spreco, e quali criteri saranno applicati per distinguere l'indispensabile dal superfluo.
(4-00551)

CICCANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel sistema giudiziario italiano, la giustizia civile è da svariati anni in uno stato di cronica emergenza. I tempi medi

per la conclusione di un processo civile sono decisamente irragionevoli e ciò impone una rivisitazione dell'intero sistema procedurale, che deve essere semplificato per ridurre al minimo i tempi della giustizia;
tale semplificazione potrebbe partire dalla previsione di un rito unico semplificato, per tutti i procedimenti civili (societario, del lavoro, etc. ...), minimizzando il numero delle udienze attualmente necessarie per giungere a conclusioni. Le parti potrebbero, sin dal primo scritto difensivo (ricorso), sottoporre al giudice le prove di cui intendono avvalersi e la prima udienza dovrebbe essere fissata dal Magistrato, contestualmente all'ordinanza che ammette i mezzi di prova; allo stesso modo, al termine dell'istruttoria, si potrebbe evitare il rinvio della causa per fissare una udienza per la precisazione delle conclusioni, giacché le parti potrebbero essere invitate a concludere subito, nel corso della stessa udienza in cui si è conclusa la fase istruttoria;
sarebbe anche opportuno prevedere espressamente che le sentenze possano essere emesse in forma sintetica, senza la necessità di riepilogare l'intera vicenda processuale, che può darsi per acquisita;
anche la motivazione può essere espressa in forma sintetica, come generalmente accade in caso di emissione di ordinanze ammissive dei mezzi di prova o in quelle sentenze che vengono rese direttamente in udienza, a seguito di discussione orale;
nell'ottica di snellire il carico dei procedimenti, si potrebbe prevedere l'arbitrato obbligatorio per le cause di natura strettamente tecnica (ad es.: cause per il riconoscimento di responsabilità medica) e per quelle cause in cui l'impianto motivazionale poggerebbe essenzialmente sulle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio;
nella XV Legislatura la presente interrogazione è stata presentata al Senato (Atto Senato n. 4-03416 del 26 febbraio 2008) rivolta al Ministro della giustizia, ma essa non ha ricevuto risposta -:
se non s'intenda intervenire per la modifica del codice di procedura civile, al fine di semplificare ed accelerare lo svolgimento dei processi civili.
(4-00557)

PEZZOTTA e VIETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione sindacale Autonoma polizia Penitenziaria denuncia una situazione molto preoccupante della Polizia Penitenziaria di alcuni istituti del Piemonte e della Valle d'Aosta;
in particolare, in Piemonte, la casa di reclusione di Alessandria «San Michele» è stata recentemente teatro di tre aggressioni nel giro di tre giorni a danno di alcuni agenti con l'aggravante che il Direttore si è rilevato da fonti sindacali rappresentanti la polizia penitenziaria del tutto incapace nel gestire la situazione;
nell'Istituto penitenziario di Aosta si registra una situazione interna piuttosto delicata. Il direttore infatti - sempre a giudizio dei sindacati di categoria - non riesce a risolvere varie situazioni di conflittualità dovute a situazioni personali, lasciando il personale senza direttive precise e costringendolo ad una sorta di totale anarchia;
in generale le difficoltà e i disagi derivano da numerosi problemi quali la mancata retribuzione delle missioni da circa cinque mesi, costringendo il personale ad inticipare di tasca propria le spese per i servizi istituzionali; sempre da cinque mesi non vengono distribuiti i buoni pasto; gli attuali mezzi blindati così come le auto protette sono ormai obsoleti e inefficienti, non dotati di climatizzazione provocando notevoli disagi per il personale addetto;
la legge sulla sicurezza sul lavoro, la n. 626 del 1994, in alcuni istituti risulta del tutto inapplicata, come presso la casa

circondariale di Alessandria dove anziché installare climatizzatori, come prevede la legge, sono stati installati termoconvertitori del tutto illegali perché nocivi alla salute;
a rendere ancora più grave una situazione già di per sé difficile è la totale inerzia ed immobilismo di alcuni dirigenti penitenziari e del provveditore regionale che per adesso si sono mostrati del tutto disinteressati alla questione -:
quali misure intenda intraprendere per accertare innanzitutto eventuali responsabilità di tali dirigenti e porre fine ad una situazione di malessere che di giorno in giorno si fa sempre più difficile da gestire.
(4-00561)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Bari, «Karol Wojtila», insieme agli altri aeroporti pugliesi, concorre in maniera considerevole, al processo di crescita economica e sociale della Puglia;
nonostante esso rappresenti uno degli strumenti cardine per lo sviluppo economico della regione e uno degli scali aeroportuali più importanti del sud d'Italia, oggi, i collegamenti del predetto aeroporto con l'hinterland e soprattutto con la città di Bari sono molto esigui e dopo le ore 19.00 sono addirittura inesistenti -:
quali provvedimenti, nell'ambito delle proprie competenze, il ministro interrogato intenda adottare al fine di incrementare e rendere più efficienti i collegamenti con il predetto aeroporto, anche attivandosi perché l'Enac convochi una conferenza di servizi con le autorità locali.
(4-00550)

BELLOTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tempi inchieste della magistratura inquirente su T-red e Photored hanno sollevato il velo, su una problematica che investe un numero sempre maggiore di Comuni italiani e che deve porre seri quesiti circa l'utilizzo indiscriminato dell'elettronica nei rilevamenti delle infrazioni stradali e sul sistema, in molti casi poco trasparente, di gestione ditale strumentazione e delle conseguenti irrogazioni di sanzioni amministrative;
ferma restando la necessità della prevenzione e della necessità di incrementare le misure volte a garantire la sicurezza stradale, è lecito interrogarsi su quali siano i mezzi più adatti per perseguire tali scopi e quelli che, al contrario, sono soltanto degli escamotage per rimpinguare le casse dissestate di molti enti locali;
è indubbio che l'utilizzo sempre più intenso di dispositivi elettronici di rilevamento della velocità e delle infrazioni semaforiche generino tensioni tra automobilisti e Pubblica Amministrazione, dato che questi vengono percepiti come balzelli impropri in alcuni casi difficilmente ricollegabili ad una reale prevenzione degli incidenti sulla strada;
le statistiche, peraltro, non consentirebbero di collegare logicamente l'utilizzo di sistemi elettronici di rilevamento e il numero d'incidenti, dato che la mera rilevazione di un'infrazione non ha nulla a che fare con la prevenzione;
è necessario anche ribadire che una violazione occasionale può non essere la dimostrazione di un comportamento illecito sistematico;
soglie di tolleranza, segnalazioni preventive, camuffamento degli strumenti di rilevazione sono elementi che sono spesso lasciati all'arbitrio dagli stessi enti locali;
gli strumenti, sia fissi che mobili, spuntano ovunque a ritmo forsennato e gli automobilisti si stanno attrezzando con

sistemi di navigazione gps per localizzare durante la marcia le postazioni autorizzate dalle Prefetture;
è intollerabile che l'interesse delle amministrazioni locali sia più forte per la loro conservazione e funzionamento - arrivando addirittura ad arricchire società private, a cui devolvono anche oltre il 30 per cento dell'intero importo delle sanzioni incassate - anziché al miglioramento della viabilità;
una semplice distrazione può rivelarsi fatale e la sanzione si abbatte sul malcapitato automobilista, con tanto di sanzioni (decurtazione punti) accessorie sulla patente di guida, che provocano spesso danni significativi, soprattutto per quanti lavorano con l'auto o non hanno un tenore di vita elevato;
andrebbe rilevato inoltre che le sanzioni suddette vanno a colpire in modo maggiore le fasce di popolazione che non godono di alto reddito dato che proprio per queste alcune contravvenzioni possono incidere in modo drammatico sul bilancio familiare;
unica speranza è poi il ricorso all'Ufficio del Giudice di Pace con le differenze interpretative e di valutazione che vanno a fomentare un clima di arbitrarietà del diritto e un senso di ostilità verso la Pubblica Amministrazione che viene percepita come ente prevaricatore;
uno sforzo corale per recuperare maggiore serenità e senso civico, da un lato, e più attenzione e sensibilità nei confronti dei cittadini - utenti della strada, limitando l'accanimento e gli abusi si costruisce innanzitutto tramite l'informazione e con una sanzione volta ad educare e non solo a punire;
l'idea di un grande fratello volto a sanzionare ogni disattenzione vale certo meno, ai fini della sicurezza stradale, rispetto ad un'opera di dissuasione che faccia comprendere come sia in primo luogo nell'interesse del conducente rispettare le norme del codice della strada;
gli strumenti di rilevazione delle infrazioni, secondo una convinzione profonda dell'interrogante, dovrebbero essere segnalati adeguatamente ed univocamente in modo da costringere ad un comportamento virtuoso e al rispetto dei limiti di velocità e delle segnalazioni semaforiche, non certo per l'unico scopo di sanzionare di nascosto dei comportamenti illeciti -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non sia intenzione dell'Esecutivo mettere in atto misure di propria competenza per prevedere l'istallazione sugli impianti semaforici dei dispositivi «contasecondi» abbinati ad una allungamento dei tempi del giallo ad almeno 8/10;
se sia intenzione dell'Esecutivo attivarsi affinché i Comuni forniscano informazioni chiare e trasparenti agli automobilisti, anche a mezzo appositi siti internet e quotidiani locali, sulla dislocazione dei mezzi autorizzati al rilevamento in postazione fissa e mobile delle infrazioni al codice della strada ed indicazione delle giornate ed orari in cui vengono svolti i controlli;
se il Governo voglia assumere iniziative normative volte a:
a) prevedere che le Pubbliche Amministrazioni possano utilizzare le dette apparecchiature solo nel caso ne detengano la proprietà, affidando a ditte esterne autorizzate il solo controllo annuale della funzionalità strumentale, in modo da evitarne la manomissione per massimizzare il profitto derivante dalle contravvenzioni;
b) imporre la gestione diretta (redazione e notifica) dei verbali di contestazione da parte di personale autorizzato dalle Amministrazioni Locali;
c) stabilire regole chiare per consentire trasparenza e concertazione, anche con le associazioni dei consumatori e polizia locale, nell'utilizzo dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative alle finalità di cui all'articolo 208 codice della strada.
(4-00556)

DIVELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'obbligo di indossare il casco protettivo, sia per minorenni che maggiorenni allorquando conducano o siano trasportati su ciclomotori e/o motocicli ha fatto si che centinaia di vite umane fossero salvate e che numerosi cittadini non divenissero invalidi;
tuttavia, il numero di vite umane sacrificate all'asfalto tra i ciclomotoristi e motociclisti è ancora alto, tanto che dall'ultimo rapporto diffuso dall'Istat con riferimento all'anno 2005 emerge che ogni giorno in Italia si verificano in media 256 incidenti stradali in cui rimane coinvolto almeno un veicolo a due ruote che causano la morte di 5 persone e il ferimento di altre 295;
dai dati diffusi dall'Istat emerge che sempre nell'anno 2005 i morti e i feriti per incidente stradale in cui risulta presente almeno un veicolo a due ruote costituiscono rispettivamente il 34 per cento del totale dei morti e dei feriti complessivi in incidenti stradali;
dai dati diffusi dall'Istat emerge altresì che, nell'anno 2005, la percentuale dei conducenti dei veicoli a due ruote deceduti è stata pari al 43,7 per cento del totale dei conducenti morti in incidenti stradali e che la percentuale dei conducenti rimasti feriti in incidenti in cui è presente almeno un veicolo a due ruote è stata pari al 40,0 per cento del totale dei conducenti feriti in incidenti stradali;
nonostante nel periodo 2000-2006 nel territorio nazionale si sia registrato un decremento del 7,2 per cento del numero di incidenti stradali, del 7,5 per cento di feriti e del 19,7 per cento di decessi in incidenti stradali, appare improbabile che l'Italia possa raggiungere l'obbiettivo fissato dall'Unione europea nel Libro Bianco del 13 settembre 2001, ovvero di dimezzare entro il 2010 il numero di morti sulle strade, atteso che il nostro paese con 100 morti per incidenti stradali ogni milione di abitanti registra ancora un tasso praticamente doppio rispetto a Paesi quali Gran Bretagna, Olanda e Svezia che si attestano a 50 decessi per milione di abitanti;
il divieto della importazione e produzione per la commercializzazione sul territorio nazionale di caschi protettivi non omologabili, quali i DGM, ha fatto sì che fosse garantita maggiore sicurezza per i conducenti di ciclomotori e/o motocicli ed eventuali trasportati;
la normativa vigente nulla dispone con riferimento al tempo trascorso il quale un casco protettivo non può oltre considerarsi affidabile, nonostante, come noto, alcune parti di esso quali il polistirolo della calotta interna siano soggette a decadimento;
non fa chiarezza né soddisfa il fatto che talune aziende che producono e commercializzano caschi li garantiscano per 5 anni dalla data di acquisto, raccomandando comunque vivamente gli acquirenti affinché a tutela della loro sicurezza trascorso suddetto tempo prendano in considerazione la possibilità di acquistare un nuovo casco, poiché, spiegano le stesse aziende, particolari fattori ambientali, uso improprio del prodotto, urti accidentali, normale usura dell'interno e dell'esterno e coinvolgimento in incidenti seppure di lievi entità, potrebbero influire in misura rilevante sulle caratteristiche meccaniche-fisiche del prodotto pregiudicandone le sue proprietà;
appare imprudente e contraddittorio sostenere iniziative rivolte a diffondere un maggiore rispetto dei Codice della strada, mobilitare gli Agenti delle Forze dell'Ordine affinché la loro presenza sulle strade induca gli utenti all'osservanza delle normative prescritte e ad essere più prudenti, e al contempo, consentire a chiunque conduca un ciclomotore e/o motociclo di poter indossare caschi protettivi dotati di accessori per telefonia mobile quali auricolari e bluetooth che consentono di rispondere e terminare una chiamata mentre si è alla guida del veicolo premendo un

pulsante all'uopo fissato e/o incorporato su una delle parti laterali del casco, il che impone che il conducente allontani una delle mani dal mezzo per portarla al capo, con conseguente rischio che distraendosi perda l'equilibrio;
numerose vite umane non si sarebbero perse se, a causa della loro scarsa visibilità sulla strada e/o talvolta sull'asfalto dopo accidentali cadute, i conducenti e/o i trasportati di ciclomotori e/o motocicli, non fossero stati travolti da altri veicoli;
da studi effettuati per determinare la superficie visiva di tutti i veicoli è emerso che l'area visiva dei ciclomotori e/o motocicli può essere di circa il 60-70 per cento inferiore a quella di un autoveicolo e che per aumentarne la visibilità sarebbe opportuno operare sul contrasto dei colori di giorno e sulla rifrangenza di notte -:
se i Ministri interrogati, ognuno nell'ambito delle rispettive competenze, non ritengano necessario ed urgente valutare la opportunità di avviare con sollecitudine giuste iniziative finalizzate a chiarire se i caschi protettivi per ciclomotoristi e motociclisti, in considerazione della natura e delle proprietà delle materie prime utilizzate per la loro costruzione, possano ritenersi affidabili a vita o come è ragionevole pensare solo per un determinato numero di anni dalla loro produzione;
in caso di risposta affermativa se ritengano eventualmente di imporre alle aziende che producono e commercializzano caschi sul territorio nazionale di indicare per quanti anni, a decorrere dalla data di produzione, il prodotto sia da considerarsi affidabile e sicuro per l'utilizzatore indipendentemente da eventuali fattori connessi al suo utilizzo;
se i Ministri interrogati, ognuno nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di scongiurare il rischio che l'utilizzo da parte dei conducenti di ciclomotori e/o motocicli di caschi protettivi dotati di dispositivi per telefonia mobile quali auricolari e bluetooth possa essere causa di incidenti stradali con conseguente perdita di vite umane, non ritengano necessario ed urgente valutare la opportunità di promuovere giuste iniziative legislative finalizzate a consentire l'utilizzo di suddetti caschi esclusivamente ad eventuali trasportati;
se i Ministri interrogati, ognuno nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di scongiurare il rischio di perdite di vite umane a causa della loro scarsa visibilità sulla strada allorquando viaggiano a bordo di ciclomotori e/o motocicli, non ritengano necessario ed urgente valutare la opportunità di promuovere giuste iniziative legislative finalizzate ad imporre sia per i conducenti che per i trasportati di detti veicoli l'obbligo di indossare caschi protettivi dotati di bande adesive di evidenziazione rifrangenti conformi alle specifiche tecniche di conformità contenute nel Regolamento ECE-ONU n. 22/05.
(4-00563)

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INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è un paese in cui il turismo rappresenta uno dei principali elementi di caratterizzazione territoriale ed economica. Il territorio del bacino euganeo è caratterizzato da una forte attrattività turistica che l'economia del settore termale con oltre i suoi 5.000 posti di lavoro garantisce;
la realtà termale andrebbe valorizzata, infatti da anni sul territorio veneto si sta lavorando per rilanciare le terme sulla base delle potenzialità in termini sanitari delle acque e dei fanghi attraverso la valorizzazione dei siti disponibili in una prospettiva turistico ambientale;
la scelta di Abano Terme nella caserma dell'ex 1o Roc dell'Aeronautica Militare come sede del Cie non si può

considerare una scelta ben ponderata. Un centro per clandestini non può considerarsi una risorsa ma un modo per far fronte ad un'emergenza. È davvero difficile comprendere come realtà che valorizzano la loro immagine attraverso risorse naturali e turistiche possano diventare sede di un centro di identificazione ed espulsione. Le conseguenze dal punto di vista turistico, immobiliare e urbanistico potrebbero essere disastrose;
inoltre il comune di Abano, sulla cittadella ex Aeronautica militare di via Roveri, ha progetti ambiziosi, la collocazione di un Cie vanificherebbe tutti i piani e creerebbe seri problemi di immagine. Infatti l'area è interessata dal passaggio della tangenziale e della metropolitana di superficie. Dista poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria, si trova in una posizione strategica per essere attrezzata come porta di ingresso della città -:
quali siano i criteri utilizzati nell'individuazione dei siti previsti dalla mappa dei nuovi Cie;
se siano previsti dei criteri di esclusione di zone particolarmente delicate sia dal punto di vista economico che naturalistico come sono le zone termali.
(4-00558)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 15-quinques, comma 10, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni - in relazione all'attività libero-professionale intramuraria - consente «in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino alla data, certificata dalla regione o dalla provincia autonoma, del completamento da parte dell'azienda sanitaria di appartenenza degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria e comunque entro il 31 luglio 2007, l'utilizzazione del proprio studio professionale». Si tratta della cosiddetta «intramoenia allargata»;
successivamente l'articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 120, ha prorogato il suddetto termine al 31 gennaio 2009;
con l'avvicinarsi di questa ulteriore scadenza il processo di «completamento da parte dell'azienda sanitaria di appartenenza degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria» è ancora molto lontano dal concludersi perché soprattutto nel Mezzogiorno gli enti locali non hanno ancora assunto - come invece loro esplicitamente ribadito anche dall'articolo 1, comma 1, della richiamata legge n. 120 del 2007 e prima ancora dall'articolo 22-bis, comma 2, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 - le iniziative idonee ad assicurare che presso le strutture del Servizio sanitario nazionale siano realizzati gli interventi di ristrutturazione edilizia necessari a rendere disponibili i locali destinati all'attività libero-professionale intramuraria;
da questa situazione discendono due gravi conseguenze da una parte in vaste aree del Paese l'intramoenia risulta materialmente impossibile da praticare perché i medici non sono nelle condizioni concrete (a livello di strutture e dotazioni) per farlo; dall'altra l'applicazione della previsione contenuta nel richiamato articolo 15-quinques, comma 10, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (cosiddetta «intramoenia allargata») conosce un'applicazione del tutto disomogenea;
in tale contesto si verificano situazioni di forte e grave disomogeneità nell'applicazione come quella che si registra nella Asl Bat, il cui direttore generale in

data 23 gennaio 2008 ha emanato la Deliberazione n. 110 che, all'articolo 21, comma 3, lettera d) riguardante la cosiddetta «intramoenia allargata», obbliga chi decida di ricorrere a quest'ultima, a effettuare tutte le operazioni necessarie precedenti e successive alla visita - dalla prenotazione al pagamento - presso i CUP e presso le farmacie causando così un inspiegabile disagio per i pazienti che devono affrontare code e spostamenti continui quando invece potrebbero benissimo effettuare quelle operazioni direttamente dal medico interessato, tanto più che quest'ultimo per effettuare tali visite utilizza attrezzature e strutture mediche private mentre i primi sono paganti in proprio;
il ministro interrogato, nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del Governo in materia di salute presso la XII Commissione permanente della Camera dei Deputati, ha esplicitamente posto forte attenzione proprio sul tema della libera professione intramuraria -:
quali iniziative ritenga di intraprendere per far sì che entro il 31 gennaio 2009 gli enti locali completino o quantomeno avviino in modo concreto gli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria rispettando così quanto dettato dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni;
se in ogni caso, a suo parere, in questa fase precedente il termine del 31 gennaio 2009 ci sia un problema di concreta applicazione della cosiddetta «intramoenia allargata» sul territorio nazionale e, in caso di risposta affermativa, quali urgenti iniziative ritenga opportune e urgenti per ovviare a questa situazione.
(5-00183)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sordità in Italia è regolata dalla legge n. 381 del 26 maggio 1970, la quale all'articolo 1, secondo comma, recita: «Agli effetti della presente legge si considera sordomuto il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio»;
con legge n. 95 del 2006 la predetta legge 381/70 veniva modificata nel senso che la parola «sordomuto» veniva sostituita con «sordo» e la parola «impedito» con «compromesso»;
le suddette disposizioni hanno causato, per l'uso di una terminologia impropria, diverse situazioni di disagio: l'interrogante, nel caso di specie, è stato sensibilizzato della problematica da un caro amico d'infanzia, divenuto sordo all'età di 11 anni e mezzo, 37 anni fa, il quale si è visto respingere per ben 3 volte dalla Commissione per l'accertamento del suo specifico handicap, la sordità totale bilaterale, ed è stato costretto a ricorrere presso il Tribunale civile di Rovigo, prima, e la Corte d'Appello poi, ed ora è in Cassazione per vedersi riconosciuto un handicap che ha da 37 anni, spendendo la cifra di 4.600 euro;
la legge richiamata afferma che è sordo: «...il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato...». L'età evolutiva, il legislatore l'ha posta dagli 0 ai 12 anni. Si chiede di porre l'attenzione sulla locuzione: «...che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato...» quindi se un sordo lo è diventato entro i 12 anni è legalmente sordo, ma se entro questi 12 anni ha imparato a parlare, non lo è più;
parrebbe evidente che, nel momento in cui si prevede che un bambino possa essere colpito da sordità entro i 12 anni,

sarebbe naturale escludere che tale handicap insorto entro i 12 anni gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, dato che la sola sordità non preclude l'uso della parola;
il paradosso di cui sopra fa sì che moltissime persone sorde diventate sorde oltre i 12 anni, oppure che lo siano diventate entro i 12 anni ma che nel frattempo abbiano imparato il normale linguaggio, siano state dichiarate invalide civili con conseguente esclusione dai benefìci specifici previsti per quell'handicap, come la possibilità di poter usufruire del telefono digitale (DTS), l'indennità di comunicazione, l'esenzione dal pagamento della bolletta Telecom e del bollo auto, il regime di IVA agevolato su auto e apparecchi elettronici, il beneficio di decurtazione del pedaggio autostradale e del biglietto ferroviario;
la sordità in Italia sarebbe inoltre lasciata alla valutazione, nel più completo arbitrio, di Commissioni che devono applicare una legge contraddittoria, con la conseguenza che il riconoscimento della sordità in Italia non sarebbe uniforme nell'intero territorio nazionale, secondo il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, costituzionalmente garantito, ma si assisterebbe al triste spettacolo di persone sorde che non sono state riconosciute come tali pur essendolo, che sono costrette a rivolgersi al Tribunale Civile con tempi e costi onerosi e l'incertezza sul buon esito della causa;
parrebbe inoltre inopportuno e limitativo l'utilizzo del termine ricorrente di «sordomutismo», sia in diritto sia nella pratica comunicativa, in quanto alcune persone sorde possono utilizzare il linguaggio parlato: al giorno d'oggi ci sono svariate tecniche logopediche, ausili elettronici, protesi acustiche e l'impianto cocleare che fa tornare le persone sorde ad udire in maniera soddisfacente;
l'utilizzo di tali ausili, pur non risolvendo il danno oggettivo cui il sordo è sottoposto, potrebbero consentire l'utilizzo del linguaggio orale, senza per questo che le persone colpite da sordità non possano essere ritenute come tali;
appare chiaro, considerando ciò che è sopra esposto, che una applicazione rigorosa della legge n. 381 del 1970, potrebbe portare la persona affetta di sordità, per essere considerata come tale, o a rinunciare di potersi avvalere del linguaggio parlato o a simulare di non poterlo utilizzare: ciò porterebbe all'increscioso paradosso che per riconoscere legalmente una persona come sorda, le si chiederebbe pure di divenire muta;
in Italia, come in tutto il mondo, l'approccio comunicativo ed educazionale alla sordità ha due scuole di pensiero: i fautori del linguaggio mimico-gestuale e i fautori della moderna rieducazione con moderni ausili e professionisti capaci come logopediste, audiologi, ORL eccetera;
per la maggior parte delle persone non colpite da handicap che non conoscono a fondo la realtà dei fatti e per il comune intendere il sordo è colui che parla a gesti, ma al giorno d'oggi, invece, ci sarebbero svariati casi di bambini e adulti con l'impianto cocleare, i quali, rieducati dai professionisti sopra citati acquisiscono una buona capacità di parlare normalmente;
in parecchi casi, se non con continue insistenze da parte dei genitori, questi bambini e persone adulte verrebbero respinti dalle Commissioni per l'accertamento della sordità, in ossequio alla legge n. 381 del 1970 in quanto parlano e dimostrano quindi che l'handicap che li ha colpiti non ha loro compromesso l'apprendimento del linguaggio parlato;
le domande presentate da persone che usano i gesti verrebbero, al contrario, per la maggior parte accolte facendo profilare una disparità di trattamento, in quanto per entrambe le persone l'oggetto da valutare è il danno, l'handicap della sordità;
la predetta legge sarebbe inoltre l'unica, in Italia e in Europa, a porre un

limite temporale alla sfortuna previsto al limite dei 12 anni;
vi sarebbe inoltre un'ulteriore diseguaglianza rispetto alla tipologia dell'handicap da cui si è colpiti: appare evidente, infatti che per il riconoscimento, ad esempio, della cecità non è posto alcun limite temporale per un riconoscimento da parte delle Asl, così come non vi è alcun limite temporale per il riconoscimento della normale invalidità civile;
ai fini della disparità di trattamento vale la pena rilevare che non è previsto dalla legge che una persona divenuta cieca o invalida civile non sia riconosciuta legalmente dalle Asl perché non lo diventa entro i 12 anni di età;
se l'handicap della sordità è un handicap sensoriale, come lo è la cecità, non si vedrebbe la ragione per cui la definizione di sordità non ripercorra quella della cecità, la quale (legge n. 138 del 34 aprile 2001) appare all'interrogante più appropriata: «Ai fini della presente legge si definiscono ciechi totali coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi»;
si profilerebbe, inoltre, secondo il dettato della legge e della pratica dell'amministrazione, un iniquo trattamento verso i cittadini affetti da sordità totale che, per il solo fatto di saper comunicare verbalmente o di essere stati colpiti dall'handicap in età superiore ai 12 anni, come il caso in ispecie, si vedrebbero esclusi dai benefìci stabiliti dalla legge n. 381 del 26 maggio 1970 -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure di propria competenza il Governo intenda adottare per consentire il riconoscimento della sordità anche ai cittadini che, pur essendone colpiti, sono in grado di comunicare verbalmente o abbiano subìto tale danno in età superiore ai 12 anni;
se l'Esecutivo ritenga di poter intervenire per adeguare la legge n. 381 del 26 maggio 1970 alle mutate esigenze dei tempi ed ai progressi della tecnica medica;
se sia intenzione del Ministro cui l'interrogante si rivolge determinare dei criteri oggettivi ed univoci per consentire un eguale trattamento da parte delle Asl verso i cittadini colpiti da sordità.
(4-00553)

DI CATERINA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il settore veterinario dell'Asl Napoli 2, in seguito alle consuete attività di monitoraggio svolte lungo le coste campane, ha riscontrato la presenza della tossina prodotta dall'alga «Ostreopsis ovata» sia a Napoli, nelle località di Nisida, Gaiola e Rocce verdi, sia a Bacoli e a Traiano in provincia di Salerno, nelle località, rispettivamente, di Capo Miseno e di Praiano;
in base a quanto risulta da un documento emesso dalla Regione Campania in data 26 giugno 2008, la tossina sarebbe, tuttavia, stata rintracciata solo «nei molluschi bivalvi, ricci di mare e granchi in particolari punti della costa non destinati alla raccolta per uso commerciale», mentre lo stesso documento attesta «l'assoluta innocuità dei molluschi prodotti nelle aree appositamente classificate e commercializzati secondo i canali leciti», ed evidenzia che «il rischio è legato esclusivamente alla raccolta a livello amatoriale per autoconsumo»;
nello stesso documento si legge che, quindi, «si è ritenuto di fornire direttive alle Associazioni sanitarie locali di utilizzare la forma ritenuta più appropriata per informare l'utenza sulla potenziale pericolosità connessa al consumo a livello amatoriale per autoconsumo dei prodotti in questione»;
nel frattempo, il sindaco di Bacoli ha disposto che «nelle more di più approfonditi accertamenti ad opera della competente Asl Napoli 1, a tutela della salute pubblica e privata, si invita la cittadinanza ad astenersi, in via del tutto precauzionale,

dal consumo dei prodotti ittici indicati nel documento emesso dall'azienda sanitaria»;
la Asl Napoli 2, intanto, ha sottolineato che «non si tratta di una situazione di pericolo bensì di rischio, e, pertanto, non è stato predisposto il divieto di pesca»;
va ricordato, tuttavia, che nell'estate del 2006, a Genova, undici bagnanti furono ricoverati in ospedale dopo aver respirato le tossine emesse dalla «Ostreopsis ovata» -:
se il Ministro non ritenga, avvalendosi delle competenti strutture, di assumere le iniziative idonee ad accertare la presenza dell'alga «Ostreopsis ovata» nelle acque della Campania, al fine di circoscrivere le aree interessate dalla presenza dell'alga e, quindi, evitare un aumento della concentrazione dell'alga tossica che risulterebbe dannosa anche per i bagnanti oltre che per gli operatori della pesca.
(4-00555)

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RIFORME PER IL FEDERALISMO

Interrogazione a risposta scritta:

LANZILLOTTA e MARANTELLI. - Al Ministro delle riforme per il federalismo. - Per sapere - premesso che -:
l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità di attribuire, alle Regioni che lo richiedano, ulteriori funzioni sulla base di una specifica intesa;
la Regione Lombardia ha approvato dal 2007 un documento per avviare il confronto con il Governo ai fini del raggiungimento della predetta intesa;
nella passata legislatura era stato insediato un tavolo presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal presidente della Regione Lombardia in vista di addivenire ad un'intesa per il trasferimento di ulteriori funzioni della Lombardia -:
se il Governo, essendo ormai trascorsi oltre due mesi dal suo insediamento ed avendo più volte indicato l'attuazione del federalismo come propria priorità politica, abbia insediato il tavolo di confronto Regione Lombardia-Governo;
in caso negativo, se tale inerzia sia dovuta a una pregiudiziale e persistente ostilità nei confronti dell'iniziativa della Presidenza della Regione Lombardia.
(4-00564)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

IANNARILLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società V.D.C. Technologies di Anagni ha attivato una procedura di CIGS per riconversione e ristrutturazione in data 9 maggio 2005 ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000 per un periodo di 24 mesi e per un numero massimo di 1.440 lavoratori;
in data 28 marzo 2007, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è svolta una riunione nel corso della quale si sono verificati gli stati di avanzamento dei piani di riconversione e se ne è constatata la coerenza rispetto agli impegni assunti;
in data 11 aprile 2007 l'azienda ha richiesto la proroga del trattamento di CIGS per ulteriori 12 mesi, proroga autorizzata con scadenza 6 maggio 2008;
in data 26 luglio 2007, in sede di Ministero dello sviluppo economico, si è sottoscritto il Contratto di Programma finalizzato a sostenere il piano industriale di VDC Technologies;
in data 1o aprile 2008 il succitato Contratto di Programma è stato dichiarato esigile dal Ministero dello Sviluppo Economico a seguito dell'ispezione istruttoria eseguita da esperto all'uopo designato;

in data 9 aprile 2008 l'azienda ha avanzato richiesta di proroga complessa del periodo di CIGS;
in data 20 giugno 2008, in sede di Ministero dello Sviluppo Economico, si è svolta una riunione in cui l'azienda ha informato le parti circa l'impossibilità di proseguire nell'attuazione del piano industriale a causa delle mutate condizioni di mercato e, soprattutto, a causa del venir meno di alcuni presupposti tecnico-produttivi alla base del piano industriale stesso;
in data 23 giugno 2008, presso la sede della Regione Lazio, è stato firmato un verbale di accordo in cui l'azienda, accogliendo l'invito del Governo a non mettere in atto iniziative unilaterali che possano compromettere i rapporti tra le parti e minacciare i livelli occupazionali, si impegna a richiedere la proroga per ulteriori 12 mesi del trattamento di CIGS;
in seguito alle gravissime dichiarazioni della Direzione aziendale della VDC Technologies i dipendenti, preoccupati per il proprio futuro lavorativo, stanno organizzando manifestazioni di piazza eclatanti;
prima che la situazione degeneri e prima che le dichiarazioni della proprietà indiana trasformino l'allarmismo in vero e proprio problema sociale ingovernabile, stante la già precaria situazione economica e occupazionale del territorio della provincia di Frosinone -:
se sia a conoscenza della gravità delle comunicazioni riportate, dalla Direzione aziendale della VDC Technologies, in sede di incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico in data 20 giugno 2008;
se non intraveda l'opportunità di farsi garante, quale responsabile del Ministero dello sviluppo economico, presso i lavoratori di Anagni e non ritenga opportuno intraprendere ogni iniziativa volta a far recedere la Direzione aziendale della VDC Technologies dalle scelte comunicate nell'incontro del 20 giugno 2008;
se non ritenga opportuno, infine, intraprendere ogni possibile iniziativa nei confronti del Governo indiano, utile a segnalare il grave comportamento della Direzione aziendale della VDC Technologies, comportamento che svilisce l'immagine della stessa Nazione nel mondo (nella fattispecie, in Italia).
(4-00554)

DIVELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
con legge regionale 1o gennaio 2003, n. 11, la Regione Puglia ha disciplinato l'esercizio dell'attività commerciale, gli indirizzi di programmazione della rete distributiva e gli interventi volti alla qualificazione e allo sviluppo del commercio;
con successiva legge regionale 7 maggio 2008, n. 5, la Regione Puglia ha modificato e integrato la legge regionale n. 11/2003;
l'articolo 5 della citata legge regionale n. 11/2003 classifica le strutture commerciali e, al comma 2, lettera d), individua i settori merceologici non alimentari a basso impatto urbanistico nei seguenti settori: 50.1) commercio autoveicoli; 52.46.3) articoli igienico sanitari; 52.46.4) materiali per l'edilizia; 52.46.5) materiali termoidraulici; 52.46.6) macchine, attrezzature e prodotti per l'agricoltura e il giardinaggio; 52.48.8) natanti e accessori, nel caso in cui siano commercializzati solo i prodotti di cui al presente settore;
per questi settori definiti a basso impatto urbanistico la legge regionale stabilisce che la superficie di vendita dell'esercizio sia calcolata nella misura di 1/10o della superficie di vendita come definita dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
l'articolo 5 della citata legge regionale n. 5/2008 ha modificato e integrato l'articolo 5 della legge regionale n. 11/2003 confermando l'elenco dei settori merceologici cosiddetto a basso impatto urbanistico con l'aggiunta dei seguenti ulteriori

settori: commercio di ferramenta, vernici, vetro piano; e commercio di materiale elettrico;
sebbene il cosiddetto impatto urbanistico del settore merceologico 52.44 («mobili ed articoli per l'illuminazione») sia di portata largamente inferiore rispetto a quello esercitato dagli altri settori inclusi nell'elenco, l'articolo 5 della legge n. 5/2008 ha escluso dall'elenco delle categorie a basso impatto urbanistico quest'ultimo settore con evidente contraddittorietà, errata valutazione, illogicità manifesta;
la citata legge regionale n. 5/2008 è carente di qualsiasi analisi o considerazione sui presupposti che determinano il basso impatto urbanistico;
né tanto meno nelle suddette leggi regionali è individuato e descritto un metodo di valutazione dell'impatto urbanistico;
orientamenti puntuali e precisi sono disciplinati dalle leggi sul commercio di altre regioni. Ad esempio con estrema linearità l'articolo 2, comma 4, della legge regionale 7 gennaio 2000, n. 1, della Regione Campania afferma: «La superficie di vendita degli esercizi commerciali che trattano esclusivamente merci ingombranti delle quali il venditore non è in grado di effettuare la consegna immediata, come auto, mobili ed elettrodomestici, legnami e materiali per l'edilizia, è limitata alla dimensione massima degli esercizi di vicinato attribuendo la restante superficie a magazzino, deposito o superficie espositiva (...)»;
l'impatto urbanistico è oggettivamente determinato dal rapporto che intercorre tra quantità di utenti e dimensione della superficie espositiva;
nel settore dei mobili, relativo a merce ingombrante, gli spazi espositivi sono necessariamente più ampi rispetto ad altri settori, quindi ne discende che il rapporto tra quantità di utenti e dimensione della superficie espositiva resti molto basso con un impatto urbanistico nettamente inferiore;
è notoriamente acquisito che i settori commerciali di vendita di mobili e di veicoli, per la notevole dimensione della merce che trattano, sono quelli a più basso impatto urbanistico;
il minor impatto urbanistico del settore dei mobili si registra decisamente inferiore rispetto a molti settori inseriti nell'elenco delle due leggi regionali pugliesi sopra citate e, in particolare, rispetto ai seguenti settori: ferramenta, materiale elettrico, commercio al dettaglio di parti o accessori per autoveicoli, materiali per l'edilizia, articoli igienico sanitari;
l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248, recita: «Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi comprese la somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni» poi indicati nel seguito dello stesso articolo;
al contrario la legge regionale n. 5/2008 introduce gravi limitazioni al funzionamento dinamico del mercato del «mobile e dell'imbottito», traducendosi in una barriera all'entrata a tutto vantaggio delle imprese già operanti determinando una forte diminuzione nella nascita di nuovi operatori;
a causa delle limitazioni introdotte dall'ordinamento regionale sono «ferme» le licenze per l'apertura di nuove attività commerciali in un clima di contingentamento e di cristallizzazione degli assetti concorrenziali, circostanza che ha causato

un forte rallentamento del mercato con grave perdita di concorrenzialità e rilancio economico e occupazionale;
la legge regionale n. 5/2008 è antitetica ad ogni logica di libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e di uniforme funzionamento del mercato italiano in quanto determina condizioni di accessibilità all'acquisto dei prodotti del settore del mobile diverse (non uniformi) dal resto del territorio nazionale -:
se i Ministri interrogati ravvedano un contrasto tra la legge della Regione Puglia n. 5/2008 e la legge n. 248/2006 in riferimento alla esclusione del settore «mobili ed articoli per l'illuminazione» dall'elenco dei settori a basso impatto urbanistico e non intendano pertanto impugnare la medesima legge ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione anche per il pieno rispetto del principio di concorrenza sancito dal Trattato di Roma, dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato.
(4-00562)

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Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Mecacci e Zacchera n. 7-00021, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2008, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Siragusa, Motta, Vernetti, Leoluca Orlando.