MOZIONI SULLA PREVENZIONE E CURA DEL CARCINOMA AL SENO
La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e alla durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro da un lato e il Sud e le Isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini ad un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,
impegna il Governo:
a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e ad avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
a predisporre, di conseguenza, un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
a monitorare con attenzione e continuità l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria, l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggior efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
ad adottare, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative opportune per superare le problematiche che a tutt'oggi impediscono la piena realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale per diminuire i costi sociali e i rischi di mortalità della malattia.
(1-00261) (Nuova formulazione) «Carlucci, Rivolta, Mura, Bocciardo, Centemero, Bertolini, Pelino, Goisis, Frassinetti, Di Virgilio, Biancofiore, Antonione, Moles, Palagiano, Misiti».
(28 ottobre 2009)
La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da un screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo le «linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia», approvate l'8 marzo 2001 dalla conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro, da un lato, e il Sud e le isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini a un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,
impegna il Governo:
a considerare il tumore al seno quale patologia sociale e il contrasto alla malattia quale priorità per la sanità pubblica;
a predisporre, di conseguenza, un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita e sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno e ad incentivare la creazione di unità di patologia mammaria (breast unit) presso la maggior parte delle aziende ospedaliere quale modello organizzativo che, pur nella definizione di un percorso terapeutico, ponga sempre al centro la donna e tutti gli aspetti che tale patologia comporta sulla vita della paziente;
a monitorare con attenzione e continuità nelle diverse regioni l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
a valutare l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino, rispetto alla situazione attuale, maggior efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno, specialmente per quelle regioni che adottino programmi di screening mammografico associato alla visita senologica, quale importante ed insostituibile momento di dialogo della donna con l'oncologo, specialista della patologia mammaria, per un giusto inquadramento del problema ed una corretta informazione sul carcinoma mammario;
ad adottare, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative opportune per superare le problematiche che a tutt'oggi impediscono la piena realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale per diminuire i costi sociali e i rischi di mortalità della malattia;
a definire, su proposta del comitato paritetico permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa sottoscritta il 23 marzo 2005 tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un termine ultimo nei confronti delle regioni inadempienti per la realizzazione di quanto già previsto negli attuali livelli essenziali di assistenza in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma mammario, applicando, in caso di permanenza dell'inadempimento, l'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
(1-00393) «Livia Turco, Lenzi, Ghizzoni, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Miotto, Murer, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini».
(22 giugno 2010)
La Camera,
premesso che:
il carcinoma mammario risulta essere la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile: il numero dei decessi per questa patologia si attesta tra i 12.000 e i 13.000 ogni anno e il fenomeno risulta ancora più drammatico se si considera che ogni anno vi sono tra i 33.000 e i 37.000 nuovi casi (circa 1 donna su 13);
grazie alla possibilità di ottenere diagnosi sempre più precoci in Italia, la patologia viene diagnosticata nel 30,4 per cento dei casi a donne con meno di 44 anni, nel 37,7 per cento a donne di età compresa tra i 45 ed i 64 anni e nel 18 per cento a donne di età maggiore di 65 anni. Entro i 65 anni nella popolazione femminile una diagnosi di tumore su tre è rappresentata da un carcinoma mammario;
in particolare, si segnala che il 15 per cento dei tumori al seno viene diagnosticato durante la gravidanza probabilmente per l'innalzamento dell'età media della prima gravidanza (tra i 34 e i 38 anni); ma probabilmente anche perché l'82 per cento dei tumori del seno sono sensibili all'azione degli estrogeni, che aumentano notevolmente durante la gravidanza. In questa ipotesi, la maternità in età avanzata rappresenta un fattore di rischio, eppure questa è la tendenza che si va affermando nei Paesi occidentali, in cui matrimonio e maternità negli ultimi anni si sono spostati in avanti di circa 10 anni;
purtroppo, a quasi 20 anni dall'avvio dei programmi biennali di screening per la diagnosi precoce del tumore al seno, poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto riceve l'invito a sottoporsi alla mammografia, per cui circa 3 milioni di italiane restano escluse da questa importante azione di prevenzione. Inoltre, la percentuale di donne che accedono ai controlli periodici è fortemente squilibrata fra il Nord e il Centro da un lato, dove varia tra il 70 e l'80 per cento, e il Sud e le Isole dall'altro, dove si supera di poco il 25 per cento. La mancata adesione ai programmi di screening comporta un ritardo nella diagnosi e diminuisce le chance della terapia, che oggi può portare alla guarigione in un numero crescente di casi;
recenti rilevazioni dell'Associazione italiana registro tumori (Airtum) mostrano che la mortalità per il tumore alla mammella è in diminuzione rispetto a quella osservata nel 1970; ma questo dato deve tener conto delle modalità specifiche con cui viene calcolato questo indice. Perché come spiega il segretario nazionale dell'Airtum, Eugenio Paci, se è vero che nel 1970 morivano 24 donne ogni 100.000 e oggi ne muoiono più di 37, la ragione in parte sta nel fatto che oggi la popolazione italiana è più vecchia di quella di quarant'anni fa e il tumore al seno colpisce maggiormente le donne in età avanzata. Di fatto, accade che l'incremento della popolazione anziana fa aumentare il numero assoluto di donne che si ammalano, ma quando con un artificio statistico (standardizzazione dei tassi) si cancella l'effetto dovuto all'invecchiamento, sembra che oggi le donne muoiono meno di 40 anni fa;
una recente indagine ha stimato i costi del tumore al seno tra i 30.000 ed i 35.000 euro, a seconda della gravità e delle complicanze che presenta; la stima include costi diretti di tipo medico-sanitario, circa l'80 per cento, e costi indiretti circa il 20 per cento, che spesso comportano una riduzione del reddito familiare dovuto alle mutate condizioni lavorative della donna affetta da tumore. In ogni caso, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità di vita complessiva di tutto il nucleo familiare. Non si può, infatti, ignorare che questo tipo di tumore colpisce in genere donne che, oltre al loro lavoro professionale, si fanno carico della famiglia e della gestione della casa;
poiché negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», diventa utile affiancare allo screening mammografico anche lo screening genetico nelle persone giovani, in cui sussistano dei fattori di familiarità, in quanto questi geni rivelano un significativo rischio di sviluppare tale neoplasia;
il 29 aprile 2010 la conferenza Stato-regioni ha sottoscritto l'intesa sul piano nazionale della prevenzione 2010-2012; tale intesa prevede che le regioni si impegnino ad adottare, entro il 30 settembre 2010, il piano regionale di prevenzione per la realizzazione degli interventi previsti dal piano nazionale della prevenzione;
in base a detto piano, le regioni e le province autonome sono chiamate ad adattare obiettivi e finalità del piano nazionale della prevenzione alle proprie realtà locali, elaborando un piano regionale per i prossimi 3 anni. Per permettere un intenso scambio di conoscenze e di esperienze fra i numerosi tecnici che da anni lavorano e agiscono sul tema e sui servizi di prevenzione, è stato predisposto un supporto alla progettazione e alla valutazione dei documenti dei piani regionali: «Supporto al piano nazionale della prevenzione e alla formazione per responsabili e operatori impegnati nei progetti dei piani regionali di prevenzione 2009-2011»;
l'intento del piano è quello di attivare, entro la fine del 2010, una comunità di tecnici, esperti, dirigenti del servizio sanitario provenienti da tutto il territorio nazionale, che, grazie alla condivisione di conoscenze ed esperienze su questa piattaforma, permetta alle singole regioni di mettere a punto dei piani di prevenzione centrati sul cittadino, solidi dal punto di vista metodologico ed efficaci rispetto agli obiettivi fissati;
il Sottosegretario Roccella, in risposta all'interrogazione n. 5-02359, a firma Nunzio Francesco Testa e inerente ai programmi di screening mammografici, ha dichiarato che era in corso di definizione il nuovo piano nazionale della prevenzione 2010-2012, che prevede, tra gli obiettivi prioritari, la possibilità di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il gap esistente fra le diverse aree del Paese, e consente il contenimento della spesa sanitaria, con una sempre maggiore razionalizzazione delle risorse,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte ad abbassare l'età in cui è garantito il primo screening mammografico, portandola dai 50 anni attualmente previsti ai 40 anni, per offrire una copertura diagnostica precoce ed efficace anche alle donne più giovani, in cui il carcinoma della mammella sembra decisamente in aumento;
a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il Paese, eliminando le sempre più evidenti discrepanze tra le regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia, istituendo una banca dati dalla quale si possa rilevare la concreta omogeneizzazione della prevenzione sull'intero territorio, considerando la patologia inquadrata all'interno dei livelli essenziali di assistenza;
a migliorare l'andamento dei programmi di screening mammografico, attribuendo al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza il compito di monitorare con continuità e attenzione i differenti costi e le molteplici modalità organizzative, promuovendo l'omogeneità dell'estensione in tutte le differenti realtà regionali;
a convocare tempestivamente un tavolo di confronto tra Governo e rappresentanti delle regioni, finalizzato a monitorare le regioni che sono in ritardo nell'attuazione dei programmi di screening e a fissare insieme un percorso che le porti ad allinearsi ai livelli nazionali entro i prossimi 3 anni;
a monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e l'esatto adempimento degli obblighi del servizio sanitario, promuovendo, con il coinvolgimento delle regioni, campagne informative atte a favorire attivamente l'accesso allo screening, informando le donne sull'importanza di eseguire una mammografia ogni due anni;
ad assicurare opportuni livelli di qualità nel settore della prevenzione, grazie alla formazione degli operatori e allo sviluppo di adeguati programmi di educazione sanitaria, così come raccomandato dalle linee guida europee;
a garantire la tempestiva attuazione del piano nazionale della prevenzione 2010-2012, così come sottoscritto in sede di conferenza Stato-regioni il 29 aprile 2010, assicurando il rispetto dei termini previsti.
(1-00396) «Binetti, Nunzio Francesco Testa, Vietti, De Poli, Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Mondello, Volontè, Rao, Ciccanti, Naro, Compagnon, Occhiuto, Ciocchetti».
(23 giugno 2010)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
NUCARA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa, poi verificate in loco, risulta che nel porto di Gioia Tauro manca l'ufficio ispettivo veterinario e che il pesce in arrivo, in particolare il tonno acquistato e utilizzato da ditte per la conservazione dello stesso, proprio in virtù della mancanza dell'ufficio che ha in carico l'ispezione di tale prodotto alimentare, deve fare il giro d'Italia per arrivare a destinazione dell'industria conserviera che è ubicata a pochi chilometri dal porto di Gioia Tauro;
le industrie in Calabria non sono molte, per non dire che non esistono, e, in virtù della chiusura dell'ufficio in questione per inadeguatezza dello stesso, secondo la comunicazione dell'Unione europea, da oltre 7 mesi il porto di Gioia Tauro «sconta questo handicap». Altre questioni riguardano i raccordi ferroviari già realizzati ma inutilizzati per mancanza di autorizzazione da parte di Rete ferroviaria italiana -:
quali iniziative intenda prendere il Governo per una maggiore e migliore utilizzazione di questa importante infrastruttura e, in particolare, se il Ministro interrogato non ritenga, considerato che i locali dell'ufficio ispettivo veterinario sono stati ristrutturati secondo normativa, di concedere, se fosse possibile, almeno un'autorizzazione provvisoria, dalla quale potrebbe scaturire una migliore funzionalità del porto, e maggiori benefici per le industrie conserviere del tonno, che ovviamente aumenterebbero la loro competitività sui mercati nazionali e internazionali.
(3-01150)
(29 giugno 2010)
CAPITANIO SANTOLINI, BINETTI, ANNA TERESA FORMISANO, MONDELLO, DELFINO, POLI, VIETTI, VOLONTÈ, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, RAO, GALLETTI, LIBÈ, OCCHIUTO, MEREU e CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assenza ormai dal 2004 - data dell'ultimo piano per l'infanzia approvato dal Governo - di un orientamento nazionale delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza rende sempre più urgente la necessità di definire, nell'ambito della concertazione istituzionale con i vari livelli di governo e nel rispetto della sussidiarietà, un efficace strumento di riferimento;
la proposta di piano per l'infanzia e l'adolescenza presentata dall'Osservatorio nazionale nell'ottobre 2009 è frutto di lunghi mesi di lavori di gruppo, analisi e approfondimenti da parte di una grande pluralità di soggetti, ma ad oggi non è stato ancora approvato dal Governo e adottato;
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (organo sussidiario all'Assemblea generale dell'Onu), nell'ambito del lavoro di verifica del rispetto della Convenzione Onu da parte dei Paesi membri, nel febbraio 2010 ha indirizzato all'Italia un documento contenente numerose conclusioni e raccomandazioni, tra cui proprio l'adozione del nuovo piano nazionale;
il Sottosegretario Giovanardi ha ribadito nel corso dell'informativa presso il Senato della Repubblica il 22 aprile 2010 quanto già precedentemente annunciato alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, vale a dire la prossima approvazione dello schema di piano da parte dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, naturalmente tutto ciò si riferiva al mese d'aprile 2010;
il Governo si è impegnato, anche in occasione della Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, tenutasi a Napoli nel novembre 2009, a proseguire il percorso per l'adozione del piano, ma ad oltre sei mesi di distanza non è ancora iniziato l'iter di approvazione: non si conoscono i reali motivi per i quali continua a slittare l'avvio dell'iter di approvazione del piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza -:
quali iniziative urgenti intenda attuare per accelerare il processo di consultazione interna con i ministeri e di concertazione istituzionale con le regioni, al fine di convocare l'Osservatorio e procedere al più presto alla definizione di un piano nazionale d'azione per l'infanzia e l'adolescenza sulla base della proposta già presentata dall'Osservatorio nel 2009.
(3-01151)
(29 giugno 2010)
REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è dei giorni scorsi la notizia che secondo la Corte costituzionale è illegittima la norma che garantisce assegni di invalidità solo ai cittadini extracomunitari possessori di carta di soggiorno;
la vicenda trae spunto dalla causa di una rumena immigrata in Piemonte, che, in seguito ad un incidente, è divenuta invalida, con il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità in quanto comunitaria, e che ha chiesto anche gli arretrati, che si riferivano ad un periodo in cui la Romania non era ancora entrata nell'Unione europea;
la richiesta era stata bocciata proprio in virtù del disposto ex lege n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), che subordina appunto l'assegno sociale al possesso della carta di soggiorno; ma in appello la corte di Torino sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della citata legge n. 388 del 2000, nella parte in cui tale disposizione, nello stabilire che «ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno», subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese dell'assegno mensile di invalidità, ex articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili);
a parere dei giudici remittenti, infatti, il subordinare il diritto alle prestazioni previdenziali alla titolarità della carta di soggiorno, e quindi all'ulteriore requisito della permanenza di almeno cinque anni nel territorio dello Stato italiano, introdurrebbe una discriminazione dello straniero nei confronti del cittadino italiano, in contrasto con quanto stabilito, a livello internazionale, dall'articolo 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1952 e, a livello nazionale, dall'articolo 117 della Costituzione, ovvero la norma che obbliga lo Stato italiano a fare leggi, anche in materia di immigrazione, che rispettino l'ordinamento comunitario ed internazionale;
secondo la Corte costituzionale, dunque, come la Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte precisato, sebbene la Convenzione del 1952 non ponga in capo agli Stati membri alcun obbligo di adottare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello di prestazioni assistenziali, rispettando la scelta del legislatore nazionale, tuttavia se tali prestazioni sono istituite e concesse, la normativa che li prevede non dovrà essere discriminatoria in ottemperanza all'articolo 14 della Convenzione medesima;
tale interpretazione ha portato perciò la Corte costituzionale a dichiarare - sia pure apparentemente non all'unanimità e con una spaccatura a Palazzo della Consulta, come riportato dalle cronache dei giornali - l'illegittimità costituzionale del citato articolo 80, comma 19, della legge finanziaria per il 2001, affermando che è in gioco un «bisogno primario» dell'individuo, in quanto trattasi di «un'erogazione destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento atto ad assicurare la sopravvivenza»;
è innegabile che tale apertura pone l'Inps a reale rischio di tracollo ed è, altresì, evidente come la posizione dei giudici sia in controtendenza con le misure adottate dal Governo con la recente manovra, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, per ridurre la spesa in materia di invalidità -:
come il Governo intenda intervenire per risolvere la questione, atteso che si profila il rischio di gravissimi effetti sui conti pubblici, nonché di vanificare l'operato finora praticato in termini di verifiche e controlli sui trattamenti di invalidità e di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, al fine di «stanare» i cosiddetti falsi invalidi e contenere la crescita esponenziale della relativa spesa pensionistica.
(3-01152)
(29 giugno 2010)
BALDELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
affinché il Paese riprenda un robusto processo di crescita è necessario creare i presupposti per stimolare anche lo sviluppo del Mezzogiorno mediante una nuova e straordinaria capacità di attrazione di investimenti;
per promuovere nuovi investimenti non è necessario solo un diverso regime fiscale, ma, soprattutto, un sistema di incentivi normativi capaci di favorirli e di espandere la base occupazionale;
tutte le parti sociali - ad eccezione della Cgil - hanno sottoscritto nel gennaio del 2009 un nuovo assetto contrattuale e di relazioni industriali, nel quale la dimensione aziendale e territoriale assume una specifica centralità e nel quale è prevista la possibilità di deroghe al sistema definito, al fine di promuovere l'occupazione;
la Fiat ha presentato un nuovo programma di investimenti per il rilancio globale dell'azienda, offrendo la disponibilità a localizzare nello stabilimento di Pomigliano d'Arco la produzione della Panda, oggi prodotta in Polonia, con un investimento di circa 700 milioni di euro, a fronte di un recupero di produttività e dell'abbattimento di comportamenti viziosi, che da sempre caratterizzano quello stabilimento, e di condizioni di carattere straordinario di per sé non generalizzabili derivanti dall'esistenza dell'alternativa polacca;
quattro organizzazioni sindacali su cinque - con la sola eccezione della Fiom Cgil - hanno sottoscritto l'accordo contrattuale, che nelle condizioni date si presentava come il più adatto a consentire che quell'investimento avesse luogo e nello stesso tempo assicurava anche un vantaggio salariale per alcune delle figure professionali dello stabilimento;
tale accordo è stato sottoposto a referendum e il 63 per cento dei lavoratori di quello stabilimento - ha votato quasi il 96 per cento degli aventi diritto - ha approvato quell'intesa, garantendo appunto le condizioni affinché l'investimento della Fiat abbia luogo -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per consentire l'esito positivo di questa vicenda.
(3-01153)
(29 giugno 2010)
DONADI, DI PIETRO, EVANGELISTI, BORGHESI, MESSINA e DI STANISLAO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il 18 giugno 2010 il deputato Aldo Brancher, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il federalismo, è stato nominato Ministro per la sussidiarietà e il decentramento;
ad avviso degli interroganti, la sopra indicata nomina, a tutti gli effetti una promozione, mina la salvaguardia dell'onore e del prestigio delle istituzioni - trattasi di carica di piena rappresentanza politica - in quanto caduta su una persona attualmente imputata nel processo inerente al tentativo di scalata alla Banca Antonveneta da parte della Banca popolare italiana, già Banca popolare di Lodi, e che, negli anni passati, è stata condannata in primo grado ed in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Partito socialista italiano, reati poi caduti in forza, rispettivamente, della depenalizzazione e della riduzione dei termini di prescrizione introdotte dal Governo Berlusconi II;
oltre all'inopportunità, ad avviso degli interroganti, l'inusitato passaggio dall'incarico di Sottosegretario a Ministro desta ancora maggiori perplessità, ove si guardi alle funzioni cui egli è chiamato o, meglio, sarebbe chiamato, a fronte della perdurante incertezza nell'attribuzione della delega e del suo contenuto, incertezza non inusuale, ma che in questo caso, ad avviso degli interroganti, assurge ad emblema dell'immotivata istituzione del nuovo ministero, le cui funzioni rischiano di intrecciarsi con quelle di altri dicasteri e competenze già consolidati, di confondersi con quelle del Ministro per i rapporti con le regioni, del Ministro per le riforme per il federalismo, del Ministro per la semplificazione normativa - con i quali il neo Ministro già lavorava a strettissimo contatto dalla sua posizione di Sottosegretario con delega per il federalismo - e del Ministro per l'attuazione del programma di Governo, oltre che di coincidere con quelle già esercitate in qualità di Sottosegretario;
nei giorni scorsi la notizia dell'imminente udienza del processo «Antonveneta», in cui avrebbe dovuto comparire il Sottosegretario Brancher, rinviata a causa di impegni istituzionali e fissata da ultimo per il 26 giugno 2010, ad avviso degli interroganti ha gettato più di un'ombra sulle ragioni della sua repentina promozione a Ministro;
il decorso degli eventi successivi - da ultimo il tentativo di avvalersi tempestivamente del legittimo impedimento - ad avviso degli interroganti pone un grave pregiudizio sulla figura del neo Ministro, che è apparso più reattivo ad un uso pretestuoso e personale delle istituzioni e delle loro prerogative che a servire il Paese;
negli ultimi giorni della campagna elettorale del 2008, il candidato Silvio Berlusconi ha dichiarato ai telespettatori che «nel Governo del Popolo della libertà ci saranno dodici ministri e 4 di questi saranno donne»: in un percorso appena biennale, i Ministri sono via via aumentati fino a raggiungere l'attuale compagine di 24;
il 16 giugno 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ha ribadito, nel suo intervento all'assemblea di Confcommercio, di «voler dimezzare coloro che vivono di politica»;
a fronte del persistente dibattito sulla riduzione dei costi della politica sulla finanza pubblica e del rilevante interesse che esso riveste in particolare oggi, davanti ai grandi sacrifici richiesti ai cittadini per fronteggiare la grave crisi economica, l'istituzione di un nuovo ministero, ad avviso degli interroganti privo di natura e attività specifiche, e la promozione del Sottosegretario Brancher risultano, ad avviso degli interroganti, come uno schiaffo ai milioni di italiani per bene, inficiano le proposizioni di risparmio in ordine ai costi della finanza pubblica e di efficacia ed efficienza delle istituzioni pubbliche e determinano un'immotivata duplicazione di strutture e di costi per i cittadini -:
quali siano le reali ragioni della promozione alla carica di Ministro del Sottosegretario Brancher.
(3-01154)
(29 giugno 2010)
FRANCESCHINI, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, GIACHETTI, QUARTIANI, AMICI, BOCCIA, LENZI e ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 18 giugno 2010 l'onorevole Aldo Brancher è stato nominato Ministro senza portafoglio;
il comunicato del Consiglio dei ministri del 18 giugno 2010 rende noto che «il Presidente Berlusconi ha informato il Consiglio delle sue intenzioni di conferire al neoministro Brancher la delega per tutti gli adempimenti relativi alla pratica e concreta attuazione del Federalismo amministrativo e fiscale. Il Consiglio ha condiviso l'iniziativa e gli ha espresso le più vive felicitazioni ed auguri»;
per lo svolgimento di questa delega sono già in carica il Ministro per le riforme per il federalismo Bossi, il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli e il Ministro per i rapporti con le regioni Fitto;
sul sito internet del Governo italiano il Ministro Brancher è diventato Ministro per la sussidiarietà e il decentramento, ma, a dieci giorni dalla nomina del Ministro, non è ancora noto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui allo stesso sono attribuite funzioni specifiche;
pur in carenza di attribuzione specifica di deleghe, l'onorevole Brancher ha chiesto, salva successiva rinuncia, di far valere l'esercizio della sua attività di Ministro, ai sensi della legge n. 51 del 2010, come legittimo impedimento a comparire fino al mese di ottobre 2010 alle udienze di un processo che lo vede imputato, con l'esplicita motivazione di dover procedere ad organizzare un nuovo ministero;
a fronte di questa nomina, che appare inutile ed inopportuna, desta stupore e preoccupazione il fatto che il ministero dello sviluppo economico, a quasi due mesi dalle dimissioni dell'onorevole Scajola, sia ancora privo di un Ministro pienamente responsabile del dicastero -:
quali siano le reali motivazioni che hanno portato alla nomina del Ministro senza portafoglio onorevole Aldo Brancher.
(3-01155)
(29 giugno 2010)