TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 118 di Mercoledì 21 gennaio 2009

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER FRONTEGGIARE LA CRISI ECONOMICA E FINANZIARIA IN ATTO

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi si sono manifestati in maniera evidente gli effetti di una crisi finanziaria che ha coinvolto e coinvolge la totalità dei Paesi occidentali, in particolare in quelli maggiormente industrializzati;
l'estensione di tale crisi dimostra ancora una volta come la globalizzazione non sia solo un'astrazione culturale, ma una realtà concreta capace di produrre effetti di breve, medio e lungo termine, riscontrabili nella vita quotidiana della maggioranza della popolazione mondiale;
in una fase come quella attuale, nella quale i confini e le dimensioni del mondo tradizionale, i suoi punti di riferimento sono in via di superamento, o comunque di profondo ripensamento, appare quanto mai necessario governare il cambiamento;
l'allargamento della dimensione dei mercati finanziari, l'acquisita consapevolezza degli effetti globali di determinate decisioni, la scomparsa di molti limiti ed ostacoli politici, il superamento della politica dei blocchi, la comparsa di un nuovo mondo senza frontiere non possono legittimare l'affermazione di un processo di deregolamentazione costante dei processi decisionali nei mercati finanziari;
proprio in una fase come quella contemporanea è necessario ragionare per individuare nuove forme di governo del cambiamento. L'idea della capacita di autoregolamentazione del mercato, della sua completa autosufficienza, è evidentemente poco percorribile, come dimostrano gli effetti di una crisi mondiale dovuta in parte anche a questa convinzione, che ha portato, tra le altre cose, alla creazione di speculazioni su vasta scala, cresciute proprio all'ombra dei mancati controlli, nonché alla creazione di strumenti finanziari dalla dubbia utilità o ancora di aree off shore svincolate da qualsiasi controllo, anzi create appositamente per questo fine;
la crisi che abbiamo di fronte non può essere considerata esclusivamente come un fenomeno finanziario, relegata esclusivamente all'ambito economico; appare, al contrario, come qualcosa di più profondo tanto da potersi definire una «crisi di sistema»;
le imprese del settore finanziario degli Stati Uniti hanno esportato in tutto il mondo i loro mutui tossici sotto forma di titoli garantiti da assets. Hanno esportato ovunque la loro filosofia del libero mercato deregolamentato, la cultura dell'irresponsabilità delle aziende multinazionali, delle stock options non trasparenti che favoriscono quel genere di pessima amministrazione che ha rivestito un ruolo di primo piano in questa crisi, come è accaduto per lo scandalo Enron di alcuni anni fa;
la crisi è oramai dilagata non solo in Europa ed in Giappone, ma anche nei Paesi emergenti e nei Paesi meno sviluppati;
dieci anni fa, all'epoca della crisi finanziaria in Asia, si dichiarò da più parti che occorreva riformare l'architettura finanziaria globale. È stato fatto poco o niente. Oggi potrebbe rendersi necessaria una nuova Bretton Woods. Le stesse organizzazioni oggi esistenti (Fondo monetario internazionale, Banca mondiale ed altre) hanno ammesso la necessità di procedere a riforme. Ma oggi, rispetto alla scorsa conferenza di Bretton Woods, il panorama globale è completamento diverso. Le dottrine veicolate dai vecchi organismi, in particolare dal Fondo monetario internazionale, si sono rivelate fallimentari non solo nei Paesi sottosviluppati, ma perfino nei Paesi d'origine del capitalismo attuale;
in presenza di libertà di movimenti di capitali, i problemi di stabilità finanziaria e di equilibrio macroeconomico mondiale non possono essere risolti a livello nazionale. A fronte di mercati internazionalizzati, il semplice coordinamento è insufficiente: bisogna passare ad un livello di governo sovranazionale. Questo è oltremodo difficile da conseguire a «livello mondo» e attribuire ad un organismo mondiale un ruolo di regolatore con poteri amministrativi è irrealistico, così come è irrealistico pensare ad un Tesoro mondiale, anche se c'è molto da fare sul piano della riforma del Fondo monetario internazionale e del rafforzamento delle sue capacità di sorveglianza sulla stabilità dei mercati finanziari e sul superamento degli squilibri macroeconomici globali. Tuttavia un passo avanti verso un più corretto processo di governance dell'economia globale può essere realizzato su scala europea;
finora la politica economica dell'Europa si era limitata all'indipendenza della Banca centrale europea, al patto di stabilità e all'uso del bilancio pubblico prevalentemente per la politica agricola comune. Tutto questo è largamente insufficiente, sia per finalità di crescita, sia per finalità anticrisi;
la risposta europea alla globalizzazione dei mercati e alla crisi finanziaria deve articolarsi in una serie di riforme economiche, che si affiancano a quelle politiche e che richiedono, entrambe, la disponibilità a consentire da parte degli Stati nazionali deleghe di sovranità indispensabili per tradurre in pratica obiettivi che appaiono condivisi;
l'attuale crisi finanziaria rende le esigenze di riforma ancora più pressanti, ma è anche l'occasione per attrarre entro la sfera dell'euro dei Paesi ora esterni (Svezia e Danimarca) che si sentono sicuri entro questa area valutaria. Sul fronte economico i terreni di riforma sono molteplici (riforma della Banca centrale europea e della politica di bilancio; armonizzazione fiscale; realizzazione di una politica energetica comune; realizzazione di una politica europea che, di fronte agli shock della globalizzazione, garantisca flessibilità del mercato del lavoro, ma anche sicurezza di reddito e occupazione);
in Europa l'autorità preposta al controllo della moneta risiede in un'istituzione sovranazionale, la Banca centrale europea; le autorità di regolazione preposte alla stabilità finanziaria operano a livello nazionale e, infine, le istituzioni che sovraintendono all'attribuzione alla collettività dei costi sociali dei salvataggi, i Tesori, rimangono istituzioni nazionali, mentre sarebbe opportuno un diverso assetto;
tanto più le banche e le assicurazioni operano a livello multinazionale, quanto più i singoli Stati dovrebbero trovare forme di regolazione comune e, soprattutto, non dovrebbero adottare misure prudenziali o di salvataggio in un'ottica nazionalistica;
il patto di stabilità ha svolto un'importante funzione nella fase della nascita dell'euro, soprattutto per finalità politiche. La rigidità con la quale è stato disegnato, tuttavia, ha impedito che gli obiettivi di Lisbona (fare dell'Europa un'economia della conoscenza) trovassero i necessari finanziamenti per essere realizzati. Oggi è richiesta una modifica sostanziale del patto;
l'affermazione di una politica economica ispirata ai principi del liberalismo non può coincidere con la rivendicazione di un abbassamento dei controlli e con l'aggiramento delle regole che governano i mercati. Al contrario, proprio nelle democrazie liberali più avanzate esistono regole ferree, intese come riferimenti costanti e collettivi, e controlli rigidi, affinché le regole vengano rispettate, il tutto nell'interesse della collettività;
in un sistema democratico liberale, le regole che disciplinano i mercati finanziari devono essere chiare e precise, un riferimento costante, non solo per gli operatori del settore;
i controlli appaiono necessari poiché i reati finanziari hanno effetti particolarmente odiosi perché colpiscono cittadini ignari, in massima parte piccoli risparmiatori;
per riuscire a governare il cambiamento si avverte la necessità di intervenire su diversi livelli. Da una parte è necessario affermare regole individuali più adeguate, puntuali e vincolanti rivolte al singolo operatore e cittadino, dall'altro è altresì fondamentale disegnare un nuovo sistema di regole di sistema: entrambe non possono essere ideate in senso esclusivamente punitivo, ma devono, però, essere riferimenti vincolanti per l'agire economico e sociale, necessario ad affermare il giusto livello di sicurezza;
negli Stati Uniti, patria del liberismo economico più avanzato, la pena per il reato di falso in bilancio, secondo quando stabilito dalla cosiddetta «legge Sarbanes-Oxley», è di 25 anni di carcere; in Italia il reato di falso in bilancio è stato depenalizzato;
l'Europa è impegnata da tempo alla formazione di un sistema di regole uniformi e coerenti che possano essere uno degli strumenti su cui basare il rilancio della competitività economica dell'intero continente, regole alle quali si intende affiancare, a tutela dell'interesse collettivo dei cittadini europei, gli opportuni controlli;
il nostro Paese non è stato immune nel recente passato da scandali legati ad illeciti di questo tipo (basti ricordare i casi Cirio, Parmalat o ancora quello dei bond argentini); contemporaneamente è stato caratterizzato da ripetuti interventi di deregolamentazione e di depenalizzazione;
oggi l'attuale Governo pare volersi muovere ancora in questa direzione. Infatti, nel disegno di legge di «Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali», proposto dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si ripropone, all'articolo 2, comma 4, lettera r), sostanzialmente lo stesso contenuto normativo e precettivo del cosiddetto emendamento «salva manager», presentato recentemente al Senato della Repubblica, ma poi venuto meno nel corso dell'iter parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 134 del 2008. Il dispositivo viene riproposto con un effetto addirittura più ampio, per il quale, per essere perseguiti penalmente per una cattiva gestione aziendale, è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento. Se invece è gestita da un commissario, non si potrà mettere sotto accusa chi ha determinato la crisi: non saranno, dunque, più perseguibili i reati di bancarotta compiuti dai dirigenti di società per le quali c'è stata la dichiarazione di insolvenza, non seguita, però, dal fallimento;
si sceglie, dunque, a quanto pare, ancora una volta la strada della deregolamentazione, dell'abbassamento del livello dei controlli. Eppure, al riguardo, pareva che il Ministro dell'economia e delle finanze si fosse espresso in maniera tanto chiara quanto contraria: «se si immagina che la linea del Governo sia quella espressa in un emendamento che prevede una riduzione della soglia penale per alcune attività di amministratori, si sbaglia: quello è un emendamento extra ordinem, fuori dalla logica di questo Governo. O va via, quell'emendamento, o va via il Ministro dell'economia»;
i Governi occidentali, incluso quello italiano, di fronte alla grave crisi dei mercati finanziari, sono intervenuti avendo a cuore, soprattutto, la stabilità del sistema del credito e di quello finanziario (interventi necessari anche se effettuati con delle modalità discutibili), mettendo a disposizione a tale fine ingenti risorse, senza ottenere dalle banche garanzie su un futuro comportamento più corretto, senza prevedere le dovute tutele per i risparmiatori, senza predisporre adeguate misure per il credito a favore della piccole e medie imprese, che, in particolare nel nostro Paese, rappresentano tanto parte del nostro apparato produttivo, e, più in generale, senza definire un quadro di interventi in grado di rilanciare l'economia sulla base di un nuovo modello di sviluppo;
infatti, questa crisi è in gran parte determinata dall'enorme squilibrio tra ricchi e poveri nella distribuzione del reddito venutasi a creare in questi decenni;
l'attuale crisi finanziaria sta provocando una vera e propria recessione anche nel nostro Paese;
già oggi si assiste ad un profondo peggioramento dell'economia reale, perché gli effetti della crisi si stanno propagando in tutto il sistema produttivo e dei servizi;
l'aumento vertiginoso della cassa integrazione ed il calo degli investimenti pongono come priorità il rilancio dell'economia, dell'occupazione e il sostegno ai redditi delle classi popolari;
lo Stato non si può limitare a fornire una sorta di ammortizzatore sociale solo agli istituti di credito in difficoltà;
il vero problema è rappresentato dalla riduzione dei consumi, con il rischio di una possibile deflazione, che rappresenta il male maggiore da combattere;
questo rischio deriva dall'intenso processo di redistribuzione dei redditi e della ricchezza, processo che analogamente a quanto accadde negli anni '20, che precedettero la depressione del 1929, ha lentamente ridotto uno dei volani dell'economia;
in Italia metà della ricchezza è posseduta dal 10 per cento delle famiglie;
una tale concentrazione di ricchezza favorisce la crescita degli investimenti speculativi e non produttivi, che generano bolle finanziarie, mentre il calo dei consumi determina una pericolosa crisi dell'economia;
l'indagine della Corte dei conti ha confermato l'effetto negativo delle norme sui cosiddetti «condoni Tremonti» dell'anno 2001 e seguenti, grazie alle quali molti evasori hanno potuto beneficiare degli effetti favorevoli della sanatoria, senza in realtà pagare neppure le somme, ampiamente scontate rispetto a quanto originariamente dovuto, che si erano impegnati a versare con la dichiarazione di condono. Le rate non pagate sono state stimate in 5,2 miliardi di euro, pari al 20 per cento delle entrate a suo tempo annunciate;
nei primi 9 mesi del 2008 il calo del gettito iva (-1,3 per cento) è stato pari a più di 6 volte rispetto al calo delle vendite (-0,2 per cento). L'evasione sta dunque di nuovo crescendo, perché c'è meno rigore nelle norme e nei controlli. L'evasione iva si tradurrà, con le dichiarazioni dei redditi a giugno 2009, in una corrispondente evasione di imposte dirette (irpef);
a ottobre 2008 le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) sono arrivate a quota 23 milioni;
nell'industria la sola cassa integrazione ordinaria è cresciuta a settembre 2008, rispetto al 2007, del 69 per cento;
in Lombardia sono 800 le aziende che hanno chiesto la cassa integrazione; nella provincia di Torino sono 260; il Nordest è in recessione;
alla crisi ormai consolidata del tessile, si aggiunge quella dell'auto, degli elettrodomestici, della chimica, della siderurgia e perfino dell'alimentare, un classico settore anticiclico;
i fondi per gli ammortizzatori sociali stanziati nel disegno di legge finanziaria per il 2009 sono pari a quelli del 2008 (480 milioni circa), con l'aggiunta di 150 milioni di euro finalizzati alla copertura della cassa integrazione in deroga, ossia quella destinata alle aziende che altrimenti non ne avrebbero diritto; si tratta di risorse da giudicare del tutto insufficienti;
sono a rischio almeno 200 mila posti di lavoro, nonché il lavoro di 300-400 mila precari, tra i quali 200 mila precari non stabilizzati della pubblica amministrazione;
molti altri lavoratori sono in queste settimane a rischio di licenziamento: lo testimonia l'aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione, mentre le figure del lavoro cosiddetto atipico (apprendisti, interinali, collaboratori ed altre) sono senza alcun sostegno al proprio reddito;
il Governo sembra insistere con provvedimenti generosi per le imprese e i redditi più alti, mentre ai lavoratori dipendenti e ai ceti più deboli concede solo elemosine e, soprattutto, non sembra avere ricette per la massa di nuovi disoccupati che si prevedono a breve,

impegna il Governo:

ad avviare un programma di lavori pubblici di immediata esecuzione, dando la priorità ad un piano triennale di 20 miliardi di euro per la messa in sicurezza, coibentazione e alimentazione con energie rinnovabili degli edifici scolastici;
a sostenere i processi di risparmio ed efficienza energetica nella produzione, nei trasporti e nel civile;
ad assumere iniziative normative volte a ripristinare le risorse tolte al Fondo per le aree sottoutilizzate;
a prevedere forme di agevolazione fiscale alle imprese che reinvestono i propri profitti;
ad assicurare la continuità dell'attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, e ad attivarsi affinché sia previsto che al fondo sia riconosciuta, ai fini dell'accordo di Basilea 2, la mitigazione di favore attribuita allo Stato («ponderazione zero»);
ad assumere iniziative normative volte a:
a) aumentare le somme a disposizione sia del fondo per la competitività e lo sviluppo (cosiddetto «fondo Bersani per industria 2015»), estendendone il campo di intervento anche alla produzione di autoveicoli ecologici ed alle misure per il risparmio energetico, sia del fondo per la finanza d'impresa;
b) innalzare, per il triennio 2009-2011, il tetto annuo per la compensazione automatica, da parte delle imprese, dei crediti d'imposta e contributivi da 516 mila euro a un milione di euro;
c) istituire un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti, per anticipare i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese;
d) procedere alla revisione degli studi di settore per le piccole e medie imprese al fine di adeguarli alle mutate condizioni di redditività;
e) a restituire il fiscal drag, cominciando dalla detassazione delle tredicesime dei lavoratori dipendenti e dei pensionati per un importo medio di 500 euro;
f) prevedere forme, ancorché limitate nel tempo, di sostegno al reddito per tutti i lavoratori che attualmente non ne hanno diritto (parasubordinati, associati in partecipazione con apporto di solo lavoro, lavoratori a termine, lavoratori non subordinati delle cooperative ed altri);
g) rivedere le norme che hanno precarizzato i rapporti di lavoro, valutando altresì programmi di stabilizzazione dei lavoratori precari;
ad utilizzare per la realizzazione di tali programmi i fondi che potranno derivare:
a) dal recupero, con procedure semplificate ed immediate, dei 5,2 miliardi di euro delle somme non pagate relative ai condoni dell'anno 2001 e seguenti;
b) dal ripristino delle norme antievasione abrogate da questo Governo, quali l'obbligo dell'elenco clienti e fornitori e le misure sulla tracciabilità dei compensi;
c) dall'utilizzo dei risparmi sugli interessi relativi al debito: nel 2009 scadranno titoli di Stato per un quinto del nostro debito. La crisi ha fatto scendere il loro rendimento di circa uno-due punti, a seconda delle scadenze. Alcuni economisti hanno calcolato che avremmo un risparmio di circa 3,8 miliardi di euro;
d) dal taglio dei costi e degli sprechi della politica, anche attraverso iniziative di riforma costituzionale volte a dimezzare il numero dei parlamentari e ad abolire le province, nonché attraverso la diminuzione del numero dei consiglieri delle municipalizzate e delle società partecipate dagli enti locali, la soppressione delle comunità montane, il taglio dei quattrocentomila stipendi o prebende e consulenze che ogni anno la politica distribuisce in Italia;
alla luce di tutto quanto esposto, ad intervenire per predisporre le specifiche iniziative, anche legislative, necessarie per allineare il nostro Paese allo standard di severità, con cui vengono disposte le regole e con cui sono applicate le sanzioni, che caratterizza gli altri Paesi europei ed occidentali rispetto ai reati finanziari;
ad adottare iniziative sul piano internazionale al fine di creare, coinvolgendo i Paesi emergenti e con l'obiettivo di riformare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, un sistema finanziario più stabile e più equo;
ad adoperarsi in sede di Unione europea al fine di ottenere una modifica del patto di stabilità, cominciando a sottrarre dalla definizione dei cosiddetti «parametri di Maastricht» gli investimenti (finanziati dagli Stati, insieme alla Banca europea per gli investimenti, con o senza la partecipazione dei privati) in grandi infrastrutture, in ricerca e sviluppo e in impianti per la produzione energetica (tradizionale e alternativa) e per il risparmio energetico.
(1-00073)
(Nuova formulazione) «Borghesi, Cambursano, Messina, Barbato, Piffari, Monai, Misiti, Favia, Cimadoro, Paladini, Porcino, Evangelisti, Donadi».
(3 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
il giorno 19 novembre 2008 è stata approvata dall'Assemblea la mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e sono state respinte le mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altre n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
la mozione approvata impegnava il Governo:
a) ad adottare ogni iniziativa in coerenza e unità d'intenti e d'azione con gli indirizzi espressi dall'Unione europea;
b) ad adottare tempestivamente i provvedimenti necessari ad attuare in Italia le decisioni comuni assunte in sede G20, Ecofin e Eurogruppo;
c) a dare rapida attuazione alle misure di sostegno al reddito dei meno abbienti, già approvate dal Parlamento, con particolare riferimento alla social card per sostenere, in particolare, le famiglie numerose e quelle con disabili e anziani non autosufficienti;
d) a tradurre in proposte operative e condivise - conclusa la consultazione in atto - le indicazioni del libro verde sul futuro del modello sociale, predisposto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
e) a rendere permanenti le misure di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie previste nel decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, contenente «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, con particolare riferimento alla soppressione dell'ici sulle prime abitazioni e alle agevolazioni fiscali per il lavoro straordinario e altre componenti del reddito da lavoro dipendente correlate ad aumenti di produttività;
f) a predisporre un provvedimento comprendente misure necessarie e urgenti di sostegno alle famiglie e alle imprese con l'obbiettivo di incrementare la crescita del prodotto interno lordo, fermi restando gli obiettivi di finanza pubblica;
g) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di alcune misure a favore delle imprese, quali:
1) disciplina dell'iva per cassa e rimborsi iva in tempi certi e accelerati;
2) nuove procedure di pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione che garantiscano tempi certi e accelerati;
3) parziale riduzione dell'irap, con priorità sulla base imponibile relativa al costo del lavoro, alla quale fare fronte attraverso un'equivalente riduzione dei sussidi alle imprese;
4) nuove misure di detassazione del reddito d'impresa e di lavoro autonomo reinvestito;
5) sterilizzazione degli studi di settore nei prossimi anni, ovvero rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese, tenuto conto che l'impatto dei nuovi studi sta diventando eccessivamente oneroso per i contribuenti: infatti, il numero dei soggetti non congrui è passato dal 15 per cento per l'anno fiscale 2006 all'attuale 50 per cento per l'anno fiscale 2007 e si stima che l'impatto della crisi economica in atto comporterà la non congruità al 70 per cento dei casi, con un insostenibile «shock fiscale» per le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale della nostra struttura produttiva;
h) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di misure a favore delle famiglie, quali:
1) misure che tengano conto - ferme restando le indicazioni contenute nel documento di programmazione economico finanziaria circa il tasso di inflazione programmato - di quanto potrà emergere dal tavolo del negoziato interconfederale per la definizione dei parametri a cui riferire il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni;
2) misure di rafforzamento del sistema degli ammortizzatori sociali, da realizzare anche potenziando l'impegno diretto delle parti sociali negli enti bilaterali; in tale ambito vanno valutati interventi specifici a favore delle forme di lavoro flessibile;
3) negoziazione con la grande distribuzione e con le principali categorie rappresentative degli esercenti commerciali per raggiungere accordi di contenimento e stabilizzazione dei prezzi di generi di prima necessità, come già realizzato in passato;
4) specifiche deduzioni fiscali a favore delle famiglie con figli;
5) incremento del maggiore potere d'acquisto realizzato attraverso la social card in favore degli anziani che costituiscono un nucleo familiare composto da una sola persona;
6) ulteriori strumenti a disposizione dei cittadini per la rinegoziazione dei mutui immobiliari;
7) misure per allineare la velocità di variazione dell'andamento dei prezzi al consumo dei combustibili per autotrazione in relazione alla variazione del prezzo delle materie prime;
8) accelerazione dell'implementazione del «piano casa», previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, attraverso la presentazione del previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri alla conferenza unificata;
i) a sollecitare l'Unione europea a predisporre strumenti finanziari adeguati a rendere più efficiente la raccolta dei capitali necessari alla realizzazione in tempi rapidi delle reti infrastrutturali europee;
l) a dare rapida attuazione alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica, concernenti la realizzazione dei progetti infrastrutturali già deliberati, in particolare nelle aree al Nord e al Sud del Paese, dove la carenza di infrastrutture costruisce un freno allo sviluppo e alla crescita;
m) ad assumere, attraverso il Comitato interministeriale per la programmazione economica, le necessarie delibere per la realizzazione delle infrastrutture previste nei diversi documenti di finanza pubblica e negli atti di indirizzo parlamentare già approvati;
il giorno 28 novembre 2008 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato che:
«il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 12,30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ed il Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, hanno illustrato al Consiglio il decreto-legge con il quale il Governo vara oggi misure a sostegno della famiglia, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa, ridisegnando in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
Alla luce della delicata congiuntura economica internazionale il Governo interviene con un pacchetto di rilevanti misure volte e direttamente ed indirettamente ad alleviare gli effetti negativi che l'attuale globale recessione economica provoca sulle famiglie e sui soggetti più bisognosi, ma anche sull'economia e sul mondo della produzione, si produrranno così ripercussioni positive sull'intera società civile.
Tra le misure: i cittadini residenti che compongono un nucleo familiare a basso reddito da lavoro dipendente o pensione o redditi assimilati riceveranno un bonus straordinario tra i duecento ed i mille euro, parametrato al numero dei componenti del nucleo familiare e a seconda che in famiglia vi siano portatori di handicap; i mutui per l'acquisto della prima casa non potranno superare il 4 per cento e, per i mutui già stipulati, lo Stato si accollerà l'eventuale parte eccedente, le tariffe vengono bloccate o ridotte per tutte le forniture abituali (fuorché l'acqua) fino al 31 dicembre 2009; a decorrere dal 1o gennaio 2009 le famiglie economicamente svantaggiate che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica avranno anche diritto alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale; in aiuto ai lavoratori pendolari sono bloccati i pedaggi autostradali e le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali. Viene inoltre previsto un prestito (a tasso particolarmente agevolato) alle famiglie nel cui ambito avvengano nuove nascite, al fine di sopportare le spese connesse alle esigenze dei primi anni di vita. A tali misure va aggiunto il beneficio della «carta acquisti» recentemente varato dal Governo.
Il decreto-legge vara anche una serie di importanti misure a sostegno dell'economia e dell'impresa: l'imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive vengono ridotte di tre punti percentuali; viene prorogata la detassazione dei salari di produttività con innalzamento da 30 a 35.000 euro del reddito massimo per beneficiare dell'aliquota agevolata e con innalzamento da 3 a 6.000 euro del salario di produttività agevolato fiscalmente. Il sostegno «in deroga » al reddito di coloro che perdono il lavoro sarà garantito dal nuovo Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, nel quale confluisce anche il Fondo occupazione per gli ammortizzatori in deroga, finanziato per un miliardo e 26 milioni di euro. La detassazione riguarderà anche i militari e le forze dell'ordine e di soccorso. L'iva verrà pagata al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Vengono inoltre ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese e viene prevista la revisione degli studi di settore, soprattutto in talune aree del Paese, per rimodulare gli indicatori di reddito agli effetti della congiuntura. Al fine di incentivare il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero viene previsto che siano fiscalmente imponibili solo per il dieci per cento.
Il decreto-legge concreta poi il deciso intendimento del Governo di accelerare le procedure per la realizzazione di opere, comprese quelle di messa in sicurezza delle scuole. Interventi a sostegno dei trasporti pubblici locali e delle ferrovie e ulteriori misure di lotta e contrasto all'evasione fiscale completano la manovra di sostegno all'economia»;
tale decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale» dà attuazione alla deliberazione della Camera dei deputati assunta il giorno 19 novembre 2008 con l'approvazione della mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e la contestuale reiezione delle mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altri n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
il giorno 3 dicembre 2008 si è tenuta presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulla comunicazione della Commissione europea al Consiglio europeo sul piano europeo di ripresa economica;
nel corso di tale audizione il Ministro dell'economia e delle finanze ha anche illustrato, su sollecitazione dei deputati intervenuti, il decreto-legge del 28 novembre 2008;
in particolare il Ministro dell'economia e delle finanze ha annunciato modifiche all'articolo 29 del suddetto decreto - in ordine ai commi da 6 a 11 concernenti le detrazioni ai fini dell'irpef relativa a specifici interventi finalizzati al risparmio energetico - così da rimuovere la retroattività delle norme e fare salvi i diritti quesiti per tutti i contribuenti che abbiano già avviato gli interventi previsti e le relative procedure di accesso alla detrazione fiscale nella misura del 55 per cento delle spese documentate,

impegna il Governo:

a dare attuazione agli orientamenti espressi dal Ministro dell'economia e delle finanze nell'audizione svoltasi il 3 dicembre 2008 presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati;
a valutare l'opportunità di ulteriori misure per dare attuazione alle deliberazioni della Camera dei deputati assunte il 19 novembre 2008 relative alla sterilizzazione degli studi di settore nei prossimi anni, ovvero rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese;
a valutare l'opportunità di rivisitare, per gli enti locali che rispettino il patto di stabilità interno e il cui stock di debito sia di lieve entità, i criteri del patto di stabilità esclusivamente in ordine agli investimenti, fatto salvo il rispetto dei parametri del patto di stabilità interno per quanto attiene la spesa corrente;
a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi di fiscalità di vantaggio per favorire investimenti nelle aree a minor sviluppo;
ad accelerare, ove occorra, attraverso l'adozione dei necessari atti amministrativi, l'implementazione delle norme che realizzano in Italia la cosiddetta «strategia di Lisbona», adottata dall'Unione Europea nel Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e volta a «fare dell'Unione Europea l'economia più competitiva del mondo», norme adottate con l'approvazione dei disegni di legge collegati alla legge finanziaria e derivanti dallo stralcio del disegno di legge n. 1441 presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 2 luglio 2008, recante «Misure per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
(1-00078)
«Stracquadanio, Bitonci, Iannaccone, Gioacchino Alfano, Aracu, Armosino, Catone, Ceroni, Corsaro, De Angelis, Franzoso, Girlanda, Laboccetta, Leo, Marinello, Marsilio, Moroni, Ravetto, Toccafondi, Traversa, Zorzato, Lanzarin, Polledri, Simonetti, Volpi, Baldelli, Speciale».
(5 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
la tempesta finanziaria che ha investito tutte le economie mondiali ha evidenziato l'inadeguatezza delle istituzioni economico-finanziarie internazionali e degli strumenti in loro possesso, nel fare fronte ad eventi con caratteristiche e peculiarità diverse rispetto al passato, che le hanno rese vulnerabili ed incapaci di dare risposte adeguate;
non sorprende, quindi, che da più parti sia stata sollevata la richiesta di una nuova Bretton Woods, che renda più agevole il superamento della crisi finanziaria in atto e, nel contempo, preveda un sistema di nuove regole economiche che realizzi un assetto funzionale ed equilibrato dell'economia internazionale;
con la Conferenza di Bretton Woods del 1944, quando la seconda guerra mondiale era ancora in corso, si vollero gettare le basi di una cooperazione economica che evitasse la ripetizione del ciclo di svalutazioni competitive che avevano contribuito alla grande depressione del 1929;
nel corso dell'incontro Nobels Colloquia, svoltosi a Trieste recentemente, è stato sottolineato da tutti i maggiori economisti che, nonostante il paragone con la crisi del 1929 non sia appropriato, siamo di fronte ad una crisi di sistema e che è svanita l'illusione che il capitalismo senza regole possa andare avanti all'infinito;
l'eccessiva fiducia nel mercato, gli eccessi della deregulation, gli abusi nell'uso delle stock options e la mancanza di strumenti di controllo hanno reso possibile agli operatori di indirizzarsi verso impieghi puramente speculativi, inondando il sistema di hedge funds, derivati tossici e quant'altro, fino all'esplosione della bolla di tali strumenti derivati e di altre forme di debito;
entrambi i modelli adottati fino al crack finanziario, quello statunistense (con capitali gestiti da una varietà di banche regolamentate, banche d'affari poco regolamentate e hedge fund in gran parte non regolamentati) e quello cinese (basato sulla creazione di fondi sovrani, attivamente impegnati a cercare partecipazioni strategiche in investimenti all'estero), si sono dimostrati incapaci di reggere l'urto della crisi e troppo vulnerabili a pressioni dettate dal panico;
il sistema di vigilanza americano non ha operato adeguatamente nella richiesta di requisiti adeguati a fronte di strumenti finanziari nuovi, per i quali sarebbe stato opportuno creare un mercato ad hoc con controlli periodici e dotato di segnali di allarme altamente sensibili;
poiché i salvataggi delle banche e di altre istituzioni finanziarie non sono stati, comunque, in grado di riportare la fiducia nei mercati, occorrono politiche economiche che evitino il passaggio da crisi finanziaria a crisi recessiva;
in Europa, l'euro ed i vincoli del patto di stabilità hanno frenato gli effetti della crisi, imponendo nel contempo una riduzione della spesa pubblica, mentre in questa fase recessiva sarebbero opportuni interventi di sostegno tradizionale (soprattutto opere pubbliche) accanto a quelli di tipo finanziario;
nel corso del G20 non è stato fatto nessun accenno al ruolo che i centri finanziari offshore (spesso sede legale degli hedge funds) hanno avuto nella crisi finanziaria, definendoli «giurisdizioni che non cooperano e non sono trasparenti» e considerandoli un problema da risolvere «nel medio termine»;
la diffusione di prodotti «tossici» è stata anche favorita dalle agenzie di rating, che hanno spesso operato in conflitto di interessi;
la crisi costituisce un'utile occasione per riaprire il dibattito sugli standard mondiali di valutazione delle attività finanziarie adottati dalle principali società contabili internazionali;
il fallimento degli accordi sugli scambi multilaterali del Doha round ha creato ulteriori preoccupazioni sul futuro dell'economia internazionale in presenza della contemporaneità della crisi finanziaria;
i principali partner europei, sia pur avendo a cuore maggiormente la stabilità dei loro sistemi bancari e creditizi, hanno investito ingenti risorse per il rilancio delle loro economie;
i principali indicatori economici confermano che in Italia gli effetti della crisi finanziaria, più che sul sistema bancario e creditizio, si stanno riversando sull'economia reale;
per fronteggiare questa crisi il Governo ha varato un pacchetto di misure, che, nelle intenzioni, mirerebbe a ridare un potere reale d'acquisto alle famiglie, sostenere lo sviluppo delle imprese e dare un impulso alle opere strutturali;
tuttavia, nonostante la gravità della crisi e a differenza di quanto fatto dagli altri Paesi europei, quello presentato dal Governo è un piano «minimalista», che vale circa 6,3 miliardi di euro e nel quale gli interventi previsti, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno una validità limitata al solo esercizio 2009. Infatti:
a) l'intervento per le famiglie è del tutto insoddisfacente, sia per la ridotta entità del contributo, sia per la limitata soglia massima di reddito che permette di accedere al contributo, una misura una tantum, quindi, valida solo per l'anno 2009;
b) quella sui mutui è una manovra tardiva, che sarebbe stata molto utile nel 2008, anno in cui i tassi sono stati crescenti e sono aumentate le rate dei mutui delle famiglie italiane, ed è una manovra che avrà un effetto molto limitato nel 2009;
c) la promessa di abbassare le tariffe appare un mero spot, in quanto le stesse tariffe dovrebbero scendere comunque nei prossimi mesi a causa del drastico calo del petrolio. E comunque, ancora una volta, si interviene solo in ambito assistenziale;
d) dalla riduzione degli acconti dell'ires e dell'irap vengono escluse inspiegabilmente le società di persone e gli imprenditori individuali, che costituiscono la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane;
e) la revisione degli studi di settore è una disposizione giusta, ma molto vaga e rimanda a futuri decreti attuativi del ministero dell'economia e delle finanze;
f) per quanto riguarda l'intervento nel capitale delle banche non sono stati ancora definiti i meccanismi che vincolerebbero i prestiti statali alla concessione di credito a famiglie ed imprese. È previsto un codice etico, ma non c'è nessun riferimento all'obbligo per le banche finanziate di procedere ad una decurtazione degli stipendi per manager e dirigenti;
g) di fatto il provvedimento del Governo rende quasi impossibile l'ottenimento dello sgravio fiscale del 55 per cento, previsto dalla normativa, per gli interventi di risparmio energetico messi in cantiere a partire dal 2009,

impegna il Governo:

per quanto riguarda il riordino della governance mondiale, ad adottare iniziative volte a:
a) favorire la realizzazione di riforme che colmino le carenze delle regolamentazioni e delle vigilanze finanziarie, evidenziate dalla crisi finanziaria, ed in particolare:
1) adottando iniziative per l'introduzione di norme che regolino efficacemente l'attività degli intermediari e dei mercati;
2) ridisegnando la struttura delle autorità di regolamentazione e vigilanza, troppo frammentate, poco armonizzate e scarsamente cooperanti tra loro;
b) sollecitare una rapida e stabile revisione dei criteri di valutazione degli elementi patrimoniali da parte delle società contabili, affinché sia sempre garantita l'indipendenza e l'oggettività, al fine di ridurre sia possibili spirali perverse, sia di evitare che i criteri possano essere modificati a seconda delle convenienze, danneggiando la credibilità dei bilanci;
c) sostenere la necessità di procedere ad una valutazione approfondita e all'adozione delle conseguenti misure, rispetto al ruolo svolto dai centri finanziari offshore nelle vicende che hanno portato alla situazione attuale;
per quanto riguarda le misure da adottare per contrastare la crisi in Italia, ad adottare iniziative volte a:
a) evitare la dispersione degli interventi, nell'intento di accontentare tutti (famiglie, imprese, lavoratori e banche), in considerazione dell'esiguità delle risorse impiegate, finalizzando gli interventi a favore delle famiglie, nell'ottica del rilancio dei consumi e della domanda interna;
b) prevedere misure di impulso agli investimenti delle piccole e medie imprese, a partire dal credito d'imposta o dalla detassazione degli utili reinvestiti in ricerca ed innovazione;
c) valutare l'opportunità di un piano di incentivi agli investimenti in efficienza energetica per le imprese;
d) programmare un piano di sostegno ai settori che maggiormente risentiranno della crisi;
e) progettare un piano per il rilancio delle opere nel Mezzogiorno d'Italia;
f) realizzare una vera e propria politica di incentivi allo sviluppo per il Sud e sollecitare iniziative volte a facilitare l'accesso al credito per le piccole e medie imprese in questa area del Paese;
g) assumere ulteriori iniziative normative volte a dare maggiore efficacia alle misure previste dal «pacchetto anti-crisi», in particolare per:
1) incentivare gli interventi di risparmio e di riqualificazione energetica degli edifici;
2) rendere permanenti le disposizioni riguardanti il principio del versamento dell'iva secondo criteri di «cassa» anziché di competenza, compatibilmente con la normativa europea;
3) estendere le misure fiscali agevolative anche ai soggetti che, allo stato, ne sono esclusi, in particolare a società di persone e imprenditori individuali;
h) prevedere nuove misure a sostegno delle famiglie che accenderanno mutui a partire dal 1o gennaio 2009, per i quali la manovra prevista non ha alcun effetto reale e considerato che il problema si potrà ripresentare nel 2010, quando la manovra non sarà più in vigore;
i) realizzare una vera politica per la famiglia e non di tipo assistenzialista, poiché in questo momento di difficoltà economica occorre avere il coraggio di investire sui nuclei familiari del ceto medio, che oggi soffrono maggiormente e che possono rilanciare i consumi, se sostenuti;
l) valutare l'opportunità di istituire un fondo per combattere la povertà e per sostenere i redditi da lavoro sotto la soglia di povertà;
m) prevedere maggiori fondi per gli ammortizzatori sociali ed estendere il sostegno a tutti i lavoratori atipici, soprattutto a quelli che hanno prestato l'attività in zone e settori dichiarati in «stato di crisi».
(1-00080)
«Vietti, Galletti, Tabacci, Buttiglione, Pezzotta, Occhiuto, Ciccanti, Volonté, Compagnon, Naro, Capitanio Santolini».
(10 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
la crisi economica globale sta assumendo proporzioni storiche. Indotta da un'iniqua distribuzione del reddito, ha portato larghi strati della popolazione a basso e medio reddito ad indebitarsi per sostenere il tenore di vita e il bene primario della casa. La crisi ha subito in seguito un pesante aggravamento a causa di atteggiamenti, in molti casi irresponsabili, di una finanza di speculazione che ha prodotto le pesanti e crescenti turbolenze sui mercati finanziari. La crisi americana dei mutui sub-prime ha costituito l'innesco che ha provocato un generale e rapidissimo deterioramento delle prospettive di crescita dell'economia;
in tale quadro, la crisi finanziaria globale ha investito alcune delle più grandi istituzioni finanziarie americane ed europee, per fronteggiare la quale Governi e autorità monetarie hanno assunto ampie iniziative, quali, ad esempio, massicce iniezioni di liquidità, riduzioni dei tassi di interesse, ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici;
data la dimensione e la diffusione dei soggetti coinvolti, la crisi sta generando una mancanza di fiducia, di cui si avvertono gli effetti: le condizioni di credito sono diventate sensibilmente più strette, si riducono i piani di investimento, i consumi si indeboliscono, sulle prospettive pesa una forte incertezza, con molte delle economie dell'Unione europea in recessione o sull'orlo della recessione;
previsioni negative sono previste da tutti i principali organismi internazionali: l'Ocse, nell'Economic outlook di novembre 2008, prevede per l'Italia, nel 2009, un tasso di crescita negativo del prodotto interno lordo reale dell'1 per cento, sensibilmente inferiore alla previsione formulata a giugno 2008 (+0,9 per cento);
peraltro, per il 2009 l'indicatore di crescita negativa, che nell'anno 2008 caratterizzava soltanto la situazione italiana, è ora riscontrabile in quasi tutte le economie avanzate: sempre l'Ocse stima una crescita di -0,6 per cento per l'area euro nel 2009;
segnali di ripresa sono previsti solo a partire dalla fine del 2010: in sostanza, la stabilizzazione dell'economia mondiale e la sua uscita dagli squilibri macroeconomici e macrofinanziari rischia di determinarsi attraverso una lunga e pericolosa crisi recessiva;
per scongiurare questo scenario, è opinione ormai dominante che sia necessario non soltanto l'intervento delle politiche monetarie e delle banche centrali nazionali, ma anche di adeguate politiche fiscali di segno anticiclico;
molti Paesi hanno già deciso, o stanno decidendo, di muoversi in questa direzione, mettendo in campo pacchetti di stimolo fiscale volti al sostegno temporaneo della domanda interna di consumi e di investimenti pubblici: fra essi, ad esempio, la Cina e la nuova amministrazione Usa;
l'Unione europea ha una duplice responsabilità in merito: da un lato deve evitare che la crisi recessiva si estenda e si approfondisca all'interno dei Paesi membri, con le sue deleterie conseguenze in termini di distruzione di posti di lavoro; dall'altro lato non può non fornire il suo contributo al processo di riaggiustamento mondiale, nell'ambito di una cooperazione internazionale al cui interno la stessa Unione europea è chiamata oggi ad esercitare un ruolo potenzialmente nuovo e di grande impegno;
per rispondere a questa situazione, la Commissione europea ha presentato il 26 novembre 2007 «Il piano europeo di ripresa economica». Esso identifica un insieme di misure volte al sostegno dell'economia reale e si fonda su due pilastri:
a) nell'immediato, un significativo rafforzamento del potere d'acquisto delle famiglie, attraverso la tempestiva adozione di un pacchetto fiscale dell'ammontare di 200 miliardi di euro (1,5 del prodotto interno lordo dell'Unione europea), 170 dei quali dovrebbero essere implementati dai Paesi membri e 30 dalla Commissione europea;
b) nel lungo periodo, il rafforzamento della competitività europea, grazie alla convergenza dei Governi su una serie di priorità comuni di azioni volte a favorire lo smart investment, nell'ambito della strategia di Lisbona;
la Commissione europea, nel proporre che gli Stati membri prevedano, nei bilanci nazionali per il 2009, incentivi finanziari pari complessivamente a 170 miliardi di euro, richiede che essi siano tempestivi (per poter sostenere rapidamente l'attività economica durante la fase di rallentamento della domanda), temporanei (per scongiurare un deterioramento permanente delle posizioni di bilancio), mirati ad aumento dell'occupazione, sostegno ad imprese e famiglie vittime di restrizioni creditizie, coordinati (così da moltiplicare l'impatto positivo e garantire la sostenibilità di bilancio a lungo termine) e che combinino strumenti di reddito e di spesa, mediante possibili interventi concernenti:
a) la spesa pubblica con impatto sulla domanda a breve termine;
b) garanzie e prestiti agevolati;
c) incentivi fiscali opportunamente strutturati;
d) la riduzione delle imposte e dei contributi sociali versati dai datori di lavoro al fine di contribuire al mantenimento e alla creazione dei posti di lavoro;
e) riduzioni temporanee dell'aliquota iva standard, per incentivare i consumi;
ad avviso della Commissione europea, la concomitanza eccezionale della crisi finanziaria e della recessione giustifica un'espansione di bilancio coordinata nell'Unione europea tale da causare in alcuni Stati membri un superamento del valore di riferimento del disavanzo (3 per cento del prodotto interno lordo);
il piano invita, inoltre, gli Stati membri ad incrementare gli investimenti in infrastrutture, nell'efficienza energetica degli edifici, nonché in materia di istruzione e di ricerca e sviluppo, al fine di stimolare la crescita la produttività. A proposito di infrastrutture, già il libro bianco di Jacques Delors prevedeva di creare un nuovo circuito di finanziamento dei progetti infrastrutturali di dimensione europea, tramite l'emissione di titoli pubblici dell'Unione europea (eurobonds), i quali avrebbero oggi, fra l'altro, il vantaggio di offrire sui mercati opportunità di investimento a lungo termine, aventi caratteristiche di basso rischio e di connessione all'economia reale, offendo così anche su questo versante un contributo alla costruzione di una nuova fase dell'economia mondiale non più dominata da spinte aventi prevalente natura speculativa e finanziaria;
i principali Paesi europei stanno operando in linea con il piano della Commissione europea. In Germania il Governo ha presentato nei mesi di ottobre e novembre 2008 una serie di misure rivolte a contrastare gli impatti negativi sull'economia legati alla crisi: tali misure sono, in particolare, rivolte ad incentivare gli investimenti, a ridurre il carico fiscale e contributivo sulle famiglie attraverso agevolazioni fiscali e sussidi per i figli a carico e la riduzione dei contributi sociali per le indennità di disoccupazione a favore delle famiglie e delle imprese. Nel Regno Unito il pre-budget report presentato il 24 novembre 2008 prevede un pacchetto di misure volto a sostenere, in particolare, i redditi, i consumi e gli investimenti. Il 28 novembre 2008 la Spagna ha approvato in Consiglio dei ministri un piano per stimolare l'economia e l'occupazione, con misure già operanti nel 2008, come gli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese per un totale di 16,5 miliardi di euro (deduzione sull'irpef di 400 euro a famiglia, maggiori deduzioni per figli a carico e la riduzione dell'ires), le misure per sostenere l'occupazione (deduzioni per le imprese che assumono disoccupati con figli a carico o lavoratrici e aumento dell'indennità di disoccupazione per coloro che intraprendono un'attività propria), la creazione di un fondo di 8 miliardi da destinare alla realizzazione di opere pubbliche e di un fondo di 3 miliardi per sostenere settori strategici dell'economia, una moratoria temporanea sul 50 per cento delle rate per i mutui contratti dai soggetti con redditi più bassi o disoccupati e l'introduzione di ulteriori deduzioni per i redditi fino a 33000 euro. In Francia il Governo ha annunciato diversi provvedimenti di sostegno all'economia reale, che prevedono la costituzione di una linea di credito di 22 miliardi per agevolare il finanziamento delle piccole e medie imprese, 100.000 contratti sovvenzionati aggiuntivi per impieghi presso enti locali e associazioni culturali e umanitarie, la realizzazione di 30.000 alloggi che era stata messa a rischio dalla crisi del settore immobiliare: un piano di interventi dall'ammontare di 175 miliardi in tre anni;
a fronte di questo massiccio intervento pubblico dei partner europei, il Governo italiano ha presentato un decreto-legge, il n. 185 del 2008, che, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, solo sulla carta prevede il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e non è in linea con le indicazioni della Commissione europea, perché non restituisce alla scuola le risorse tagliate nei mesi passati, rende inefficaci proprio quelle misure fiscali che maggiori effetti hanno sulla ricerca, sull'ambiente, sulla crescita e sull'occupazione, come la detrazione delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici e il credito d'imposta per la ricerca, riprogramma le risorse del quadro strategico nazionale per interventi infrastrutturali, senza prevedere nessun finanziamento addizionale e addirittura ciò avviene dopo l'improprio utilizzo nei mesi passati delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate per misure di dubbia utilità sociale ed economica;
le risorse del citato decreto-legge sono scarse e addirittura va segnalato come l'intervento di sostegno all'economia perseguito dal provvedimento rechi effetti migliorativi sui saldi di finanza pubblica, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, che in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, con evidenti effetti prociclici, contrariamente a quanto previsto dalle più elementari regole di politica economica: l'Italia è l'unico Paese europeo a rinunciare all'apporto delle politiche di bilancio al fine di attutire le conseguenze della crisi in atto;
il bonus per le famiglie, date le condizioni attuali ed attese dell'economia, è una misura utile ma assolutamente insufficiente, mentre sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia, sia per importo medio, sia per numero di famiglie interessate,

impegna il Governo:

coerentemente con le indicazioni della Commissione europea e con le azioni intraprese dalle principali economie europee, a rimodulare il percorso di raggiungimento del pareggio del bilancio, destinando le risorse liberate a misure di riduzione dell'imposizione fiscale sui redditi da lavoro e da pensione, attraverso l'innalzamento delle detrazioni fiscali, riduzione che tenga conto della presenza dei figli e che riconosca benefici anche agli incapienti e alle categorie sociali svantaggiate;
a procedere, in attesa della definitiva riforma degli ammortizzatori sociali, che li trasformi in uno strumento universalistico, ad un'estensione consistente degli ammortizzatori sociali a sostegno di tutte le persone che perdono il lavoro o che sono sospese dal lavoro, a prescindere dalle dimensioni dell'impresa, dalla forma contrattuale, dal settore di appartenenza;
a prevedere tempi certi e rapidi per i pagamenti dovuti dalla pubblica amministrazione alle imprese;
a presentare nelle sedi competenti misure finalizzate a creare un nuovo circuito di finanziamento dei progetti infrastrutturali di dimensione europea tramite l'emissione di titoli pubblici dell'Unione europea (eurobonds).
(1-00081)
«Baretta, Fluvi, Lulli, Damiano, Bersani, Letta, Colaninno, Ventura, Quartiani, Giachetti, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Benamati, Calearo Ciman, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».
(10 dicembre 2008)



MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE

La Camera,
premesso che:
si vive un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica. Ciò significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità;
è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
in interi territori cresce la determinazione femminile per la propria dignità e autonomia, si affermano anche nuove leadership: eppure, anzi proprio per questo, pressioni e rigurgiti fondamentalisti si manifestano con una virulenza inaudita e terribile;
un'oppressione maschilista e proprietaria, fatta di umiliazioni, molestie, minacce e violenze, fino ad arrivare allo stupro, all'omicidio, si consuma anche in Europa e nel nostro Paese nel silenzio delle case, delle famiglie, del circuito affettivo di molte donne e bambine. Con episodi cruenti riportati dalla cronaca con puntuale periodicità;
immagini recenti hanno scosso la coscienza dell'opinione pubblica, di istituzioni e Governi. Ci si riferisce: ai visi di Aisha Ibrahim Duhulow, lapidata a morte in Somalia a soli tredici anni il 27 ottobre 2008; ai volti sfigurati dall'acido delle studentesse di Kandahar, punite per la colpa di voler studiare; ma anche alla giovane italiana mutilata con l'acido dal marito; a Hina, uccisa perché voleva vivere la propria esistenza in assoluta autonomia e libertà; alle suore vittime del fanatismo indù nel Chhattisgarh, alle suore italiane rapite a Elwak, in Kenia; alle donne e alle bambine vittime degli stupri collettivi come arma per annichilire popoli interi; sono i racconti delle donne prigioniere del burka; delle giovani costrette alla pratica dell'infibulazione genitale; è la realtà delle bambine in Cina che non nasceranno mai perché bambine; sono le tragedie di Sara, Giovanna e altre come loro, uccise a seguito di un rifiuto amoroso; di Barbara, in attesa del terzo figlio, incinta di 8 mesi uccisa, dopo anni di maltrattamenti, da suo marito; sono i drammi di donne violate perché omosessuali; di giovani percosse e usate nel corpo perché più indifese in quanto portatrici di diverse abilità. Sono le innumerevoli storie di donne di diverse età e ceti sociali costrette all'inferno di una vita di paura e umiliazione, con esiti dolorosi sui propri bimbi, perché, come è noto, i figli che vedono la propria madre o sorella subire violenza subiscono a loro volta un trauma destinato quasi sempre ad accompagnare la loro esistenza;
le cifre parlano: secondo i dati Istat riferiti al 2006, sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
siamo posti dinanzi a un'emergenza talmente estesa e drammatica che le Nazioni Unite sono impegnate nell'introduzione di una fattispecie specifica di reato denominata «femminicidio»;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione per ragione di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, diritti sanciti nella Costituzione italiana, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui proprio quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, e nella Carta europea;
la giornata internazionale contro la violenza alle donne, voluta dalle Nazioni Unite, ha anche un significato culturale, di rendiconto e impegno programmatico dei Governi e delle istituzioni, nel quadro delle azioni per i diritti umani;
è auspicabile, inoltre, che siano al più presto approvate normative contro le molestie insistenti, la violenza e contro l'omofobia, così come contro la pedofilia, necessarie per dare solidità ad un Piano di azione che affronti il tema essenziale della prevenzione, dell'educazione civile, dell'informazione, della formazione, della tutela delle vittime, della certezza della pena, del coordinamento e riconoscimento di centri, associazioni e competenze indispensabili per Governi, regioni, province e città che ritengano centrali i temi della dignità e della sicurezza delle donne;
tale Piano d'azione è curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il ministero dell'interno e con gli altri ministeri interessati, in accordo con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, ed è mirato al sostegno di case rifugio, centri antiviolenza, associazioni femminili ed associazioni maschili di presa coscienza, di recupero, di campagne informative e formative, numeri verdi, misure a tutela delle vittime, recupero, appoggio, costruzione di azioni concrete di prevenzione,

impegna il Governo:

a presentare il Piano d'azione contro molestie e violenze di genere, motivate anche da ragioni di orientamento sessuale, di differenti abilità, di razza, di religione;
a prevedere adeguate risorse per il suddetto Piano d'azione, in particolare assicurando la disponibilità di risorse pari ad almeno 20 milioni di euro nel 2009, a 40 milioni di euro nel 2010 e a 60 milioni di euro nel 2011;
a sostenere l'Osservatorio pubblico nazionale del monitoraggio statistico mirato a molestie e violenze alle donne, istituito dalla legge finanziaria per il 2007;
a implementare i numeri telefonici di pubblica utilità uniti a campagne informative tradotte nelle lingue più diffuse;
a istituire, mediante urgenti iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni, presso i pronto soccorso medici sportelli per l'accoglienza delle donne maltrattate;
a sostenere corsi formativi per operatori della giustizia, delle forze dell'ordine, dei servizi sociosanitari;
a costruire campagne di educazione al rispetto della donna, della persona, a partire dalla scuola, a predisporre e a promuovere codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e più complessivamente per i linguaggi violenti e prevaricanti;
ad estendere la sfera di applicazione del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle donne vittime di maltrattamenti o abusi sessuali;
ad attuare il programma contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per la tutela delle vittime.
(1-00070)
«Pollastrini, Veltroni, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Bellanova, Bernardini, Braga, Brandolini, Calvisi, Capano, Marco Carra, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, Cuperlo, D'Antona, De Biasi, Farina Coscioni, Ferrari, Fiano, Gatti, Gnecchi, Graziano, Lenzi, Mantini, Mariani, Melis, Migliavacca, Motta, Murer, Narducci, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Samperi, Schirru, Servodio, Siragusa, Tidei, Trappolino, Livia Turco, Maurizio Turco, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Mastromauro, Mosca».
(25 novembre 2008)

La Camera,
premesso che,
il 27 aprile 1890, durante il suo intervento al circolo filosofico milanese, Anna Kuliscioff si chiedeva: «Come mai separare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall'ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio di un sesso o di una classe?»;
a più di cento anni di distanza questo interrogativo resta purtroppo attuale. Più attuale anche di quei movimenti che negli anni hanno lottato per ottenere il riconoscimento di un'effettiva pari dignità nella società;
la questione femminile è purtroppo questione irrisolta e segna il grado di inciviltà delle diverse società e collettività umane. Proprio la questione femminile è, infatti, un indice fondamentale su cui misurare l'effettivo grado di civiltà di ogni singola comunità. Oggi anche la questione femminile ha travalicato i confini dello Stato nazionale, anche questa si è globalizzata, dimostrando la sua presenza in forme ed intensità diverse ovunque;
da anni si discute di allargare i confini geografici e politici del modello occidentale, ci si confronta sulla legittimità di tale processo sulle sue modalità e proprio nella condizione di mortificazione in cui le donne sono costrette a vivere, molto spesso, in altri contesti e società, si trova un motivo per legittimare lo sforzo di «esportazione» dei valori e principi culturali dell'Occidente. Tra questi principi vi è certamente quello di parità tra uomo e donna, che, però, a dire il vero, non pare affatto del tutto realizzato, neanche nell'Occidente: si deve avere il coraggio intellettuale di ammetterlo;
ne «Il libro nero della donna» si racconta che in Iraq «quando una donna viene trovata viva dalla polizia, qualsiasi ferita o trauma abbia, viene sottoposta prima di tutto all'esame del suo utero e poi consegnata alla famiglia con un certificato che attesta la sua verginità o meno. Nel caso di deflorazione - non importa se ciò sia avvenuto con la violenza - viene assassinata dalla stessa famiglia, così l'onore del clan è preservato»;
ovunque si incontrano «donne torturate, lapidate e ripudiate per motivi religiosi; donne mutilate, vendute o costrette a prostituirsi per mantenere vivi usi e costumi tribali; donne costrette a misurarsi ogni giorno con una società costruita a misura d'uomo che le vede discriminate nel lavoro, nella famiglia, nella politica»;
la questione femminile resiste, però, come detto, anche in Occidente, anche nel nostro Paese, ed è un fenomeno culturale e sociale insieme, oltre che criminale: non si deve dimenticarlo se non si vuole ciclicamente tornare a rileggere dati e statistiche sempre molto simili tra loro;
per quanto riguarda la sua natura criminale basta ricordare alcuni dati della recente ricerca dell'Istat sul fenomeno. Sono 6 milioni 743 mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri solo negli ultimi 12 mesi: il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione 150 mila;
le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. Il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. Inoltre, le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner (67,1 per cento contro 52,9 per cento) anche negli ultimi 12 mesi (54 per cento contro 38,2 per cento). Il picco è raggiunto nel caso della violenza sessuale da partner attuale (91,1 per cento di violenza ripetuta);
sono le donne separate e divorziate a subire più violenze nel corso della vita: il 63,9 per cento, il doppio del dato medio. Valori superiori alla media emergono anche per le nubili, le laureate e le diplomate, le dirigenti, libere professioniste e imprenditrici, le direttive, quadro ed impiegate, le donne in cerca di occupazione, le studentesse, le donne con età compresa tra 25 e 44 anni;
alla violenza sessuale si affianca anche quella fisica e quella psicologica;
nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento;
ci si deve interrogare sul perché della mancata denunzia. Appurata, infatti, la sua natura criminale, proprio la mancata denuncia mette in evidenza anche la natura culturale del fenomeno. Molto spesso le donne che subiscono violenza non denunciano perché si sentono sole, perché temono di essere additate, provano vergogna, sono umiliate, perché non avvertono la protezione sociale della loro comunità. Non l'avvertono perché purtroppo non c'è. Non esiste nel nostro Paese, e non solo, una cultura affermata dell'emarginazione del violento, anzi spesso si indugia a considerare la violenza fisica sulla donna come fosse quasi naturale, in un certo modo comprensibile ed a volte addirittura giustificabile. Purtroppo anche molte donne continuano a darne una possibile giustificazione;
è necessario intervenire con forza e con convinzione perché si lanci nel Paese una campagna che tenda a fare del violento e della violenza sulle donne un motivo di emarginazione sociale. Colpevole ed emarginato deve sentirsi l'uomo che commette violenza, non la donna che la subisce. Intorno alle donne colpite deve manifestarsi un senso comune di sostegno e solidarietà: è necessario promuovere una battaglia culturale per costruire una rete di solidarietà diffusa tra i cittadini;
la violenza sulle donne è, però, anche fenomeno sociale. Nel 2007 meno di una donna su due tra quelle in età di lavoro (il 46,7 per cento, con un leggero aumento rispetto al 2006) risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a 27 Paesi: anche questa è violenza;
il motivo principale, sempre secondo un indagine dell'Istat del 2007, che impedisce alle donne di avere un secondo figlio è di carattere economico: una realtà questa umiliante per l'intero Paese, oltre che frustrante per le donne costrette a questa triste rinuncia; ben 4 donne su dieci hanno rinunciato ad un secondo parto per questo motivo. Anche questa è violenza;
altro motivo d'impedimento alle nascite è il lavoro: in particolare, le donne lavoratrici avvertono nettamente di trovarsi di fronte ad un'evidente costrizione che le obbliga a scegliere tra lavoro e maternità. Le dimensioni del fenomeno sono allarmanti: solo 8 padri su 100 vanno in congedo per paternità, mentre una madre su 5 lascia o perde il lavoro dopo la nascita del figlio. Anche questa è violenza. Su questa discriminazione sociale si salda quella culturale e si legittima quella criminale;
la violenza contro le donne è invisibile nella maggior parte dei Paesi. Le statistiche giudiziarie ne registrano solo una porzione piccolissima, perché le donne non la denunciano. Ciò porta a forti distorsioni nell'immaginario collettivo su che cosa è oggi la violenza contro le donne;
ad oltre 10 anni dagli ambiziosi obiettivi della Conferenza di Pechino, restano ancora pesantemente irrisolti nel mondo troppi, gravi problemi relativi all'uguaglianza, all'autonomia e alla piena affermazione del principio di pari opportunità nel mondo;
in Italia, per esempio, lo stereotipo dell'immigrato, estraneo, non conosciuto che violenta la donna italiana impera, ma non è questa la violenza maggioritaria contro le donne italiane. Se si considerano gli stupri avvenuti in Italia, il 69 per cento sono opera dei partner, mariti o fidanzati, solo il 6 per cento di estranei;
nel quadro generale del fenomeno vanno inserite anche le disposizioni relative alla violenza cosiddetta «di genere», dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell'autonomia e della libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni;
in quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l'universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza;
vanno incrementati gli sforzi, in particolare da parte dei Paesi più sviluppati, perché in ogni parte del mondo le donne possano godere pienamente delle loro libertà e dei diritti fondamentali;
occorre considerare che il genere influisce anche sulle diversità e sulle vulnerabilità legate ad altre differenze, quali razza/appartenenza etnica, classe sociale, età, disabilità, orientamento sessuale ed altre, spesso rafforzandole. Molte ricerche hanno messo in luce questo aspetto, ma a livello di statistiche ufficiali si è ancora molto indietro nella concettualizzazione e «operazionalizzazione» dei concetti;
la maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell'azione di organizzazioni e associazioni femminili, che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e suggeriscono un approccio multidimensionale, che non si limita alla repressione del reato, ma affronta in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema;
appare necessario intervenire, sanzionando, comunque, in maniera più severa atti di violenza contro le donne,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate al fine di un impegno generale di tutte le amministrazioni statali a realizzare interventi di informazione e di sensibilizzazione per concretizzare l'impegno di varare un piano d'azione nazionale di carattere complessivo contro la violenza sessuale e di genere, nonché per ragioni di orientamento sessuale;
a prevedere la definizione di linee guida per i programmi scolastici, in particolare quelli del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché interventi formativi, volti a rimuovere ogni forma di discriminazione (compresa quella relativa all'orientamento sessuale) e, in particolare, finalizzati a stigmatizzare ed emarginare ogni forma di violenza contro le donne, e ad attivare, di conseguenza, azioni di sensibilizzazione e di formazione rivolte ai docenti ed al personale scolastico;
a prevedere iniziative specifiche affinché la formazione del personale sanitario contempli lo sviluppo di apposite attività di sostegno per le donne vittime di violenza;
ad affidare all'Istat un monitoraggio costante del fenomeno della violenza e dei maltrattamenti, per comprenderne meglio le caratteristiche fondamentali e per individuare i soggetti più a rischio;
a valutare l'opportunità di proporre, nel caso di reati di violenza contro le donne, ipotesi di recidiva da applicarsi obbligatoriamente anche quando il fatto viene commesso da persone già condannate per analoghi reati, o comunque per reati caratterizzati da condotte persecutorie, anche nei confronti di vittime diverse.
(1-00083)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti; Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(11 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una sempre maggiore attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale, sia a livello dei singoli Governi;
attraverso l'attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui in questi giorni ricorre il sessantesimo anniversario dalla sua approvazione, è doveroso promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita. A questo fenomeno di carattere generale si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi a dettami religiosi fondamentalisti, come testimoniato anche da recenti fatti di sangue avvenuti nel nostro Paese e giustificati da preconcetti dogmatici ed integralisti inaccettabili;
le donne subiscono più forme di violenza. Gli atti di violenza, in specie quelli di natura sessuale, spesso sono preceduti da atti persecutori, che nel nostro ordinamento, ancora, non trovano alcuna sanzione;
secondo l'Osservatorio nazionale stalking, le persecuzioni - che hanno per vittime soprattutto donne - in un caso su due sono ad opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, ma possono essere compiute anche da conoscenti, colleghi o estranei: almeno il 20 per cento di italiani, soprattutto donne, ne sono stati vittime dal 2002 al 2007;
da una recente ricerca risulta che su trecento delitti commessi fra partner o ex partner l'88 per cento ha come vittime le donne e nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati, in quanto si verificano dopo un periodo più o meno lungo di molestie e persecuzioni;
secondo recenti dati Istat sono 6 milioni 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della loro vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri; il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner;
il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che si può definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata; nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
l'analisi del fenomeno della violenza intrafamiliare non può prescindere dal dedicare attenzione all'elevato numero di bambini che assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa vivere, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi. Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e la gravità di queste situazioni vengono spesso sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale del fenomeno, che sotto il profilo della necessità di adeguati interventi di tutela e cura;
un ulteriore aspetto, connesso a quello della violenza sulle donne, è lo sfruttamento delle stesse attraverso la prostituzione. Donne, spesso minorenni, asservite, ridotte in schiavitù. Donne vittime di tratta; segregate e private della loro libertà individuale; tenute in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica. I dati, infatti, riferiscono che in Italia le persone sottoposte a sfruttamento sessuale sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno,

impegna il Governo:

ad inserire, nel prossimo ordine del giorno degli incontri con la Consulta islamica, la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti, anche a partire da tutti gli ordini di scuole, dato che il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un problema culturale che investe l'intero Paese, soprattutto in ragione del fenomeno migratorio, che comporta la presenza nella nostra società di culture portatrici di valori profondamente diversificati rispetto alle nostre tradizioni;
a potenziare la rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazioni e violenze;
a promuovere interventi per la videosorveglianza dei luoghi pubblici maggiormente a rischio per l'incolumità e la sicurezza delle persone;
a proseguire il programma diretto a contrastare il fenomeno della prostituzione su strada e il suo sfruttamento attuato dalla criminalità organizzata, anche di matrice straniera, attraverso la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, onde tutelare la dignità e i valori della persona umana e, soprattutto, della donna e prevenire le cause di diffuso allarme per la sicurezza e l'ordine pubblico;
a ritenere prioritarie le iniziative legislative contro gli atti persecutori contro la violenza sessuale e contro la prostituzione;
a monitorare il fenomeno della violenza sulle donne, anche sotto forma di atti persecutori, e della violenza perpetrata in presenza di minori;
a fornire un adeguato supporto informativo, psicologico e giuridico alle donne vittime di violenza e di tratta mediante i numeri telefonici di pubblica utilità;
a porre in essere azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
a sostenere campagne di informazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne e, in particolare, a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, anche attraverso i siti istituzionali e il servizio di radio-diffusione pubblico nazionale.
(1-00085)
«Cicchitto, Cota, Iannaccone, Lussana, Carlucci, Saltamartini, Bertolini, Bernini, Sbai, Paglia, Pelino, Maria Rosaria Rossi, Mistrello Destro, De Camillis, Di Centa, De Nichilo Rizzoli, Polidori, Calabria, Aprea, Centemero, Lehner, Angela Napoli, Barbieri, Iapicca, Di Virgilio, Nizzi, Milanato, Aracri, Barani, Torrisi, Franzoso, Valentini, Vincenzo Antonio Fontana, Divella, Zacchera, Pugliese, Giulio Marini, Ventucci, Bergamini, Germanà, Raisi, Di Cagno Abbrescia, Bernardo, Lo Presti, Vella, Antonino Foti, Lainati, Piso, De Corato, Castiello, Cosenza, Angeli, Scalera, Catanoso, Barbaro».
(11 dicembre 2008)



MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, dal 1993 ha istituito il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili;
il tema del 3 dicembre 2008 sarà «la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: dignità e giustizia per tutti noi». «La dignità e la giustizia - si legge nella nota delle Nazioni Unite - sono principi universali e consolidati e fin dalla sua nascita l'Onu ha stabilito che la dignità e i diritti inalienabili e uguali per tutti i membri del consorzio umano fossero alla base della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Il 2008, poi, è un anno particolarmente significativo per il movimento internazionale dei diritti umani, alla luce dell'entrata in vigore, il 3 maggio scorso, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, uno strumento legale concretamente vincolante per tutti gli Stati a far sì che essi promuovano e tutelino i diritti delle persone con disabilità». A tutt'oggi sono 37 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione; l'Italia non ha ancora ratificato la Convenzione;
fin dal 17 giugno 2008 è stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge Atto Camera n. 1311 di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, a firma di deputati appartenenti sia alla maggioranza che all'opposizione parlamentare;
il Governo il 28 novembre 2008 ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità nella seduta del Consiglio dei ministri;

la parità delle opportunità è l'obiettivo della strategia a lungo termine dell'Unione europea riguardante la disabilità, che intende garantire la dignità e il rispetto della persona disabile, la sua autonomia e la sua partecipazione alla vita civile, politica del Paese, per una «vita indipendente»; le azioni dell'Unione europea, permettendo ai disabili di sfruttare le loro capacità e di partecipare alla vita della società e all'attività economica, contribuiscono a rafforzare i comuni valori economici e sociali su cui essa si fonda;
la strategia dell'Unione europea si basa su tre pilastri:
a) la legislazione e le iniziative miranti a combattere la discriminazione, che garantiscono i diritti individuali;
b) l'eliminazione degli ostacoli di natura ambientale che impediscono ai disabili di sfruttare le loro capacità;
c) la considerazione dell'aspetto della disabilità in tutte le politiche comunitarie, che promuove l'inclusione attiva dei disabili;
il piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili, che la Commissione europea ha istituito per dare un seguito coerente all'anno europeo dei disabili nell'Europa allargata, costituisce un quadro dinamico per l'elaborazione di una strategia europea della disabilità; in un contesto economico e sociale in mutazione, come quello dell'Unione europea, è indispensabile prendere in considerazione in maniera strutturata la questione della disabilità. In questo campo le iniziative sono principalmente di competenza degli Stati membri, ma le politiche e le azioni dell'Unione europea hanno molteplici incidenze sulla situazione dei disabili e, consapevole di questo, il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di tenere pienamente conto del piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili nell'elaborazione delle loro politiche per i disabili;
nella situazione demografica attuale, il potenziale economico delle persone disabili e il contributo che esse possono dare alla crescita economica e all'occupazione devono essere meglio sfruttati, sulla base dell'agenda sociale 2005-2010. Inoltre, nell'ambito del rilancio della strategia di Lisbona, la comunicazione invita gli Stati membri a promuovere l'inclusione dei disabili nei loro futuri programmi di riforma per la crescita e l'occupazione. Questa comunicazione è anche la prima delle relazioni dell'Unione europea sulla situazione generale delle persone disabili, che la Commissione europea si è impegnata a pubblicare ogni due anni in occasione della Giornata europea delle persone disabili;
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità che vivono in famiglia sono circa 2 milioni 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia; considerando anche le 190.134 persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800 mila persone con disabilità;
rispetto al passato, in cui i soggetti con difficoltà fisiche o psichiche erano privi di tutela, non riconosciuti i loro diritti e in condizione di isolamento e di istituzionalizzazione, nel nostro Paese si è ormai di fronte ad un presente che non pone più in discussione il diritto, per i disabili, ad essere parte reale della vita sociale, a possedere tutte le opportunità di qualunque altro cittadino, a richiedere, volere e pretendere la piena integrazione quale elemento costituente la qualità della vita di tutti;
tale processo d'integrazione non si manifesta in modo spontaneo ed automatico, ma richiede un impegno attivo e permanente affinché le affermazioni, le annunciazioni di principio non rimangano lettera morta, ma si traducano in atti concreti, e la cultura dell'integrazione della persona disabile sfoci nel diritto reale ed esigibile della stessa persona disabile ad «essere parte» a pieno titolo del mondo sociale, scolastico, sportivo, lavorativo;
tutto questo è un processo che non ha termine, ma si snoda nel tempo e nell'evoluzione, non sempre lineare e non ugualmente diffusa su tutto il territorio nazionale, della concezione che ha portato dal rifiutare (nascondere, segregare) al riabilitare, dal riabilitare all'inserire, dall'inserire all'integrare la persona disabile all'interno della società;
il mondo della disabilità ha vissuto in Italia negli ultimi trentacinque anni profonde trasformazioni. È, infatti, a partire dagli anni '70 che prende corpo un'importante azione di rinnovamento di servizi ed interventi, che coincide con la prima fase del decentramento delle competenze dallo Stato alle regioni. La costruzione di una rete di servizi sul territorio, in attuazione delle prime leggi regionali, prende poi ulteriormente slancio dopo la riforma sanitaria del 1978, con la costituzione delle unità sanitarie locali. Si manifesta in questa fase un approccio innovativo al problema, non finalizzato più al ricovero, all'istituzionalizzazione o comunque a delineare percorsi paralleli o speciali, ma, al contrario, teso a costruire una rete di sostegno e di opportunità per la persona disabile e la sua famiglia, per rendere possibile e facilitare il processo d'integrazione. Fu, però, la legge n. 104, approvata nel 1992 dopo un lungo confronto parlamentare, a delineare per la prima volta nel nostro ordinamento un quadro organico di norme che fissavano principi ed indirizzi in tutti i campi della vita sociale per la prevenzione e la riabilitazione, l'accesso ai diversi gradi di istruzione e formazione, il lavoro, la mobilità, la fruizione delle strutture sportive turistiche e ricreative, l'accesso alle informazioni e alla comunicazione, il sostegno alle famiglie, il servizio di aiuto alla persona, residenzialità. Il nuovo quadro legislativo ha consentito poi a regioni, aziende sanitarie locali, enti locali di predisporre tutta una serie di servizi per migliorare l'assistenza sanitaria e sociale, l'autonomia e l'integrazione della persona disabile, il sostegno al nucleo familiare, attraverso l'assistenza domiciliare, l'aiuto personale. Solo con un'azione certosina di sensibilizzazione dell'opinione pubblica parallela a rivendicazioni ben precise si è potuto arrivare a un complesso di norme (legge n. 517 del 1977 sulla piena integrazione scolastica dei bambini disabili, prescindendo dalle difficoltà di apprendimento e da tutte le altre eventuali difficoltà derivanti dalla loro disabilità, legge n. 13 del 1989 sull'eliminazione delle barriere architettoniche, legge n. 104 del 1992, legge quadro sull'assistenza, legge n. 68 del 1998 sul collocamento obbligatorio), che nel loro insieme hanno creato un complesso sistema di tutele della persona disabile; tale azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica per un'integrazione reale e piena dei disabili nella nostra società non può che essere sempre in continuo divenire, come in continuo divenire è la nostra stessa società,

impegna il Governo:

a presentare alle Camere nel più breve tempo possibile un disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, che è stata aperta alla firma a New York il 30 marzo 2007 ed è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione (3 maggio 2008), visto che l'Italia ha provveduto ad apportare la sua firma già dal 30 marzo 2007;
ad adottare, nel più breve tempo possibile, tutte le misure atte alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, al fine di avere su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi che fissi i livelli essenziali delle prestazioni sociali sia quantitativamente che quantitativamente omogenei in tutto il Paese, nonché al reperimento di risorse finanziarie adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, al fine di poter garantire reali opportunità di inserimento sociale delle persone disabili;
a sviluppare ed a promuovere un'azione di programma per le politiche dell'handicap, attraverso tutti gli elementi ritenuti necessari, affinché all'interno della nostra società si sviluppi una reale e concreta cultura volta al superamento delle problematiche dell'integrazione delle persone disabili, anche mediante:
a) l'inserimento, per rendere più efficace la lotta contro le barriere architettoniche, nei programmi delle scuole medie superiori tecniche, quali geometri e tecnici per l'edilizia, nonché nei corsi di laurea universitari, quali ingegneria civile e ambientale, scienze dell'architettura, scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale, scienze e tecniche dell'edilizia, lo studio dell'universal design, inteso come progettazione di un ambiente «accessibile» sicuro, confortevole e qualitativamente migliore per tutti i potenziali utilizzatori;
b) il potenziamento dei corsi di formazione e specializzazione degli insegnanti, attraverso la definizione di qualificati percorsi universitari, a partire dalla formazione di base, non solo per gli insegnanti di sostegno ma anche di quelli curricolari, con il coinvolgimento pieno delle facoltà di scienze dell'educazione e del sistema universitario nel suo complesso, tenendo come punto di riferimento i diversi bisogni educativi specifici conseguenti alle diverse tipologie di disabilità;
c) la definizione di corretti strumenti di valutazione e verifica degli interventi educativi, didattici ed organizzativi messi in atto dalle singole scuole, avendo cura poi di prevedere standard adeguati a valutare i processi di insegnamento ed apprendimento, i risultati raggiunti sul piano individuale e collettivo, in quanto il processo di integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap deve ormai essere considerato come uno dei fattori di qualità del piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica;
d) la piena attuazione dell'integrazione scolastica degli oltre centonovantamila studenti disabili presenti nelle scuole italiane attraverso la realizzazione di un progetto di vita di presa in carico integrata dell'alunno disabile da parte di tutti gli insegnanti che interagiscono con lui, nonché assegnazione delle ore di sostegno sulla base delle «effettive esigenze» dell'alunno disabile, soprattutto per i gravi, assicurandone anche la continuità didattica tra alunno ed insegnante di sostegno;
e) azioni volte a sensibilizzare le imprese circa le opportunità offerte dalla legge n. 68 del 1999 sul collocamento dei lavoratori disabili, anche ripristinando l'obbligatorietà della certificazione di ottemperanza sul rispetto delle norme della legge n. 68 del 1999 rilasciata dai centri dell'impiego alle imprese che vogliono partecipare ad appalti pubblici;
f) l'istituzione, presso il ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di un Osservatorio nazionale per i diritti dei disabili con compiti di monitoraggio, studio, ricerca, documentazione e formulazione di proposte, in merito alla corretta applicazione della legge n. 68 del 1999, nonché di ogni altro aspetto inerente l'occupazione dei lavoratori disabili, sugli interventi previdenziali e assistenziali, onde porre le basi per il loro adeguamento, sulla rete sanitaria e assistenziale regionale e la sua adeguatezza nel rispetto dei livelli essenziali, ponendo così le basi per un quadro informativo completo sulla condizione di vita delle persone con disabilità, elemento preliminare e necessario per qualsiasi intervento legislativo;
g) l'emanazione di linee guida per orientare le diverse amministrazioni nei vari aspetti applicativi e progettuali, nonché per ottenere un riordino delle provvidenze economiche, attualmente del tutto inadeguate;
h) la garanzia di adeguate risorse finanziarie alla legge n. 13 del 1989 sull'abbattimento delle barriere architettoniche, nonché la concessione di mutui agli enti locali per finanziare programmi di abbattimento delle barriere architettoniche;
i) il potenziamento della rete telematica di comunicazione, per rendere sempre più possibile il contatto con mille realtà socio-professionali, legate sia alla rete dei servizi, di cui hanno più immediato bisogno, sia a forme sociali di tempo libero;
ad adottare una politica efficace di sostegno alla non autosufficienza e alla vita indipendente, attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate atte ad integrare i cofinanziamenti degli enti territoriali interessati, nonché attraverso un programma di intervento diretto a favore delle famiglie e degli anziani con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, con il sostegno economico alle famiglie per cura e assistenza, con la prevenzione, il contrasto e la riabilitazione degli stati di non autosufficienza, con la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali, affinché si possa realizzare su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi anche con l'aiuto ed il sostegno del cosiddetto «terzo settore» e con la creazione di cooperative in cui tutti, persone disabili e non possano, ognuno secondo le loro capacità, trovare la propria dimensione lavorativa ed umana;
a predisporre linee guida nazionali atte a delineare programmi di integrazione e di presa in carico del disabile grave, in particolar modo nel momento in cui viene a mancare il supporto del nucleo familiare, il cosiddetto «dopo di noi», anche attraverso una politica di interventi in materia di solidarietà sociale con la creazione di comunità alloggio, a carattere familiare, case-famiglie, piccoli gruppi in appartamento gestiti attraverso la supervisione e il controllo delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni familiari affinché le persone disabili gravi o gravissimi dopo la perdita dei loro familiari possano trovare assistenza ed accoglienza.
(1-00071)
(Nuova formulazione) «Livia Turco, Argentin, Binetti, Boffa, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Calvisi, Schirru, Madia, Ghizzoni, Coscia, Rossa, Pes, Strizzolo, Motta, Bellanova, Rampi, Codurelli, Gnecchi, Cenni, Ginefra, Mattesini, Gatti, Pollastrini, Concia, Siragusa».
(25 novembre 2008)

La Camera,
premesso che:
nel luglio del 1993 è stato istituito, dalla Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili, che ha grande rilevanza sociale e che si rivolge ad un pubblico ampio e variegato non solo di persone diversamente abili, ma anche di famiglie, di operatori, di professionisti che operano nel sociale e di gente comune sensibile alle tematiche connesse alla disabilità;
a livello europeo è stata una grande dimostrazione di solidarietà e di sensibilità al problema della disabilità, anche alla luce del fatto che un europeo su dieci è affetto da un handicap più o meno pronunciato; la collettività ha preso coscienza di quanto sia necessario che la comunità internazionale riconosca la specificità delle persone disabili e che esse possano pienamente usufruire dei diritti di ogni cittadino e assumere liberamente e senza condizionamenti le loro decisioni;
rimane forte la necessità di procedere con decisione alla loro migliore integrazione nella società; in questa direzione dall'aprile 2006, il Consiglio d'Europa ha adottato un piano d'azione per le persone disabili (2006-2015), con l'intento di tutelare e garantire la partecipazione alla vita politica, pubblica e culturale, l'educazione, l'informazione e la comunicazione, l'impiego, l'accesso agli edifici e ai trasporti delle persone con disabilità;
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ci sono in Europa 37 milioni di persone con disabilità, pari al 10 per cento della popolazione complessiva e al 14 per cento della popolazione con età compresa tra i 16 e i 64 anni, tutto ciò a testimonianza del fatto che il problema della disabilità non investe solo il disabile e la famiglia di appartenenza, ma l'intera collettività;
il 3 maggio 2008 è stata una data importante per i 650 milioni di disabili di tutto il mondo; è, infatti, entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 da 192 Paesi e già ratificata da 20 Stati;
l'Italia ha firmato la Convenzione il 30 marzo 2007; solo nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione siglata nel 2006 a New York;
a causa della mancanza, nel documento, di un divieto esplicito sull'aborto, la Santa Sede non ha firmato la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, pur avendo partecipato attivamente alla stesura del testo;
l'obiettivo della Convenzione è quello di promuovere e garantire alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti nei diversi ambiti: vita, salute, lavoro, istruzione, mobilità, manifestazione del pensiero, partecipazione alla vita sociale e politica; la Convenzione acquista valore legale e vincolante solo per i Paesi che l'hanno ratificata e che dovranno adeguare la loro legislazione interna ai dettami dei 50 articoli della Convenzione;
i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite riconoscono la dignità il valore e i diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
le persone con disabilità tendono a restare disoccupate per un tempo due volte più lungo delle altre; il 42 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato un anno per trovare lavoro, mentre il 27 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato più di due anni per trovare lavoro; è una penalizzazione che anche nel contesto economico attuale risulta doppiamente immotivata perché ignora il contributo aggiuntivo alla crescita e all'occupazione che le persone con disabilità potrebbero fornire nel contesto europeo;
tutto ciò accade nonostante gli «Stati parti» della Convenzione abbiano riconosciuto il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò comprende il diritto all'opportunità di essere autosufficienti attraverso il lavoro che scelgono liberamente nel mercato del lavoro, finalizzato all'inclusione e all'accessibilità all'occupazione delle persone con disabilità;
la Convenzione prevede un impegno a garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro anche per coloro che hanno acquisito una disabilità nell'esercizio della propria attività, prendendo a tal fine appropriate iniziative anche legislative;
i presidenti dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti e del Consiglio italiano dei disabili per i rapporti con l'Unione europea hanno evidenziato l'importanza della Convenzione, che «non è più concepita con il concetto di assistenza ma con quello del riconoscimento dei diritti umani»;
in occasione dell'anno europeo delle pari opportunità è stato ulteriormente rafforzato l'impegno dell'Unione europea verso i disabili e la loro non discriminazione, che si realizza, innanzitutto, con il potenziamento di un quadro giuridico europeo mirato a contrastare qualsiasi forma di discriminazione, anche nel lavoro;
il suddetto impegno si deve concretizzare in un forte sostegno dell'Unione europea alle pratiche innovative e alle nuove tecnologie per assicurare ai disabili il pieno esercizio dei diritti;
questo quadro culturale e politico costituisce un'opportunità importante per sostenere il lavoro effettuato a livello locale da tutti gli operatori professionali e dalle strutture operanti al servizio dei disabili;
nel nostro Paese, per ciò che riguarda la situazione delle persone con disabilità, sono state varate molte leggi che hanno fatto da apripista in Europa e nel mondo, ma che non hanno trovato completa applicazione a causa della mancanza di adeguate risorse;
negli anni è stato possibile valorizzare il mondo della disabilità, attraverso un'attenta e continua opera di sensibilizzazione con l'approvazione di norme specifiche che hanno permesso di poter garantire diritti essenziali, come l'integrazione scolastica dei bambini disabili (legge n. 517 del 1977), l'abbattimento delle barriere architettoniche (legge n. 13 del 1989), il collocamento nel mondo del lavoro (legge n. 68 del 1999);
questo percorso si è realizzato soprattutto grazie al lavoro delle famiglie e di molteplici associazioni non-profit, che si sono battute perché i bambini disabili avessero pari diritti e dignità nella scuola, nella formazione e nel lavoro;
l'Italia con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha definito un quadro legislativo ampio e di grande qualità per il riconoscimento dei diritti e la tutela delle persone disabili;
in questa direzione sono già state ulteriormente emanate diverse disposizioni legislative, quali quelle che regolamentano la disciplina dei permessi per l'assistenza ai portatori di handicap (legge n. 53 del 2000), successivamente modificata con il decreto legislativo n. 151 del 2001, e la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge n. 328 del 2000);
le politiche economiche dell'attuale Governo a causa dei tagli indiscriminati al settore del welfare rischiano di determinare ricadute gravi e immediate sulle vite delle persone con disabilità e dei loro familiari;
l'allarme diffuso in tal senso è rivolto soprattutto al settore della scuola, dove il prospettato aumento del numero degli alunni per classe e la riduzione del numero dei docenti potrebbe ridurre la qualità dell'integrazione scolastica;
la centralità della famiglia nell'assistenza delle persone con disabilità è un dato consolidato che merita la massima considerazione con l'adozione di misure adeguate e in grado di conciliare lavoro, attività domestica e assistenza ai familiari dei portatori di handicap;
attualmente sono state presentate diverse iniziative legislative e sono all'esame in sede referente alla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati le proposte di legge n. 82 e abbinate in materia di norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili, che prevedono, per i lavoratori che prestano assistenza e cura a familiari disabili, la possibilità di maturare anticipatamente il diritto al trattamento pensionistico o di fruire di altri benefici, quali congedi o aspettative;
in Assemblea alla Camera dei deputati sono stati presentati e accolti dal Governo diversi ordini del giorno mirati a promuovere un sempre più efficace riconoscimento dei diritti dei disabili e per sollecitare l'adozione di misure in linea con le politiche nazionali e comunitarie,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative volte ad adeguare in tempi brevi, così come previsto dal disegno di legge di ratifica (approvato il 28 novembre 2008 dal Consiglio dei ministri) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata nel 2006, la legislazione nazionale ai dettami della Convenzione, attuando misure a tutela delle persone disabili e abolendo le disposizioni legislative e le pratiche discriminatorie;
a garantire l'applicazione effettiva della legislazione europea relativa alla disabilità nei suoi numerosi aspetti: dalla lotta contro la discriminazione sul lavoro all'integrazione e alla protezione sociale, alla sanità e ai bisogni di lungo termine;
a rispettare le ragioni della mancata sottoscrizione della Convenzione da parte della Santa Sede di fronte al rischio di legittimazione dell'aborto che i sottoscrittori respingono;
a disporre misure urgenti finalizzate all'attuazione del «piano dell'Unione europea» a favore della disabilità con i seguenti obiettivi:
a) migliorare l'accessibilità al mercato del lavoro;
b) migliorare l'accessibilità dei beni, dei servizi e della infrastrutture;
c) rinforzare la capacità di analisi della Commissione, al fine di sostenere l'accessibilità, soprattutto finanziandone gli studi;
d) completare il quadro legislativo comunitario in materia di protezione contro le discriminazioni;
a ottimizzare e accrescere la disponibilità delle risorse pubbliche per migliorare la qualità di vita e l'inclusione sociale delle persone con disabilità, riconoscendone la sua centralità;
ad incentivare e investire sulla promozione e sull'attività di centri onlus, perché capaci di dare un sostegno concreto alle famiglie che affrontano ogni giorno innumerevoli difficoltà, sia nella vita sociale che nel mondo del lavoro;
a dare ulteriore e piena applicazione alla legge n. 104 del 1992, che, a distanza di anni dalla sua approvazione, presenta ancora molte carenze applicative;
ad adottare ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla legge quadro n. 328 del 2000 per ciò che concerne i livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come più volte richiesto anche dalle associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei disabili.
(1-00079)
«Delfino, Vietti, Capitanio Santolini, Poli, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Volontè, Ciccanti, Naro, Buttiglione, Compagnon».
(9 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari dell'Istat del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità sono circa 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione che vive in famiglia; considerando anche le oltre 190 mila persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni e 800 mila persone con disabilità;
si ricorda che le persone con disabilità possono essere ricondotte ai seguenti profili: disabilità sensoriali (vista, udito), disabilità motorie e disabilità psichiche o cognitive; spesso per caratterizzare le persone con varie disabilità concomitanti si usa introdurre una quarta categoria, quella delle disabilità multiple;
di questi, circa 221 mila non possono muoversi dal letto e oltre 520 mila non possono uscire di casa. La disabilità riguarda prevalentemente le persone di 60 anni e più: risulta disabile il 17 per cento degli ultrasessantenni (2 milioni 57 mila individui) e il 37,7 per cento delle persone di 75 anni e più;
il 31,9 per cento delle persone con disabilità vive da sola e la gran parte di queste persone sono costituite da donne anziane vedove;
per quanto riguarda la realtà scolastica, la percentuale degli studenti diversamente abili è dell'1,6 per cento;
le famiglie che devono affrontare quotidianamente i bisogni e i disagi che derivano dalla presenza di un disabile sono circa l'11,5 per cento delle famiglie italiane;
la famiglia rappresenta uno dei punti di riferimento essenziali per le persone con disabilità: infatti, il 68,2 per cento degli aiuti ricevuti provengono da parenti più o meno stretti. In generale, gli aiuti più frequenti che queste persone ricevono sono legati alle faccende domestiche (32,1 per cento di tutti gli aiuti) e all'assistenza ad adulti e bambini (28,2 per cento), mentre sono molto meno frequenti quelli di carattere economico (4,4 per cento);
una sfida importante per una società evoluta e per un sistema di welfare adeguato è quella di creare le condizioni culturali e ambientali affinché le persone con disabilità raggiungano la piena partecipazione sociale. Un concetto, quest'ultimo, che coinvolge numerosi aspetti come, per esempio, quelli legati alla formazione, all'integrazione lavorativa, alla mobilità, alla possibilità di avere relazioni interpersonali e una soddisfacente partecipazione alla vita sociale;
la normativa attualmente in vigore nel nostro Paese nei riguardi del problema della disabilità, e per conseguenza le scelte operative che vengono quotidianamente effettuate dalle amministrazioni centrali e locali, tendono o dovrebbero tendere a realizzare i seguenti principi fondamentali:
a) principio della non discriminazione;
b) principio delle pari opportunità;
c) principio delle maggiori gravità;
d) principio della concreta inclusione;
la reale, costante, fattiva applicazione di tali principi nel contesto sociale incontra tuttavia - come possono testimoniare i disabili stessi e coloro che a diverso titolo, ma per comune finalità, sono quotidianamente coinvolti ed impegnati nel settore della disabilità (familiari, cooperative e operatori sociali, associazioni di volontariato ed altri) - una serie di difficoltà, di ritardi, di vincoli burocratici, di carenze di risorse finanziarie e spesso, forse cosa ancora più grave, di ostacoli e pregiudizi derivanti da riserve di ordine culturale;
la necessità di garantire a tutti i cittadini pari opportunità e dignità sociale è un obbligo sancito dalla nostra Carta costituzionale, la quale, all'articolo 3, ricorda come «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
un ruolo importante deve essere svolto dall'assistenza domiciliare integrata, che rappresenta un servizio sanitario di fondamentale importanza, soprattutto in una società come quella italiana, in cui il processo di invecchiamento della popolazione è molto evidente;
si assiste all'incremento delle strutture per l'assistenza semiresidenziale e residenziale, che svolgono un ruolo importante sia nel favorire il processo di deospedalizzazione, sia nel garantire una risposta alla domanda sanitaria proveniente da persone non autosufficienti o con gravi problemi di salute;
secondo l'Istat, nel periodo 2005-2006 si è assistito ad un potenziamento di questi servizi: i posti letto nelle strutture per l'assistenza residenziale sono passati da circa 170 mila nel 2005 a circa 181 mila nel 2006, con un incremento pari al 6 per cento in un solo anno; negli stessi anni i posti per l'assistenza semiresidenziale sono passati da 36 mila a 38 mila, corrispondente anche in questo caso a una variazione del 6 per cento;
in questi ultimi anni è fortunatamente aumentata a livello internazionale una sensibilità e una volontà sempre più condivisa circa la necessità di garantire una società senza esclusi, che offra pari opportunità, rimuovendo a tal fine tutte quelle barriere (sociali, ambientali, culturali, architettoniche ed altre) che impediscono o frenano l'integrazione e la piena partecipazione alla società di molti cittadini, quali sono, per esempio, i diversamente abili e gli anziani. Anche se a questa maggiore sensibilità e consapevolezza non sempre sono seguiti azioni concrete e conseguenti impegni finanziari;
la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e firmata dal precedente Governo italiano il 30 marzo 2007, non è ancora stata ratificata dal nostro Paese;
la Convenzione rappresenta un importante risultato e pone tra i suoi principi ispiratori la necessità che le persone con disabilità possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri cittadini, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti, promuovendo e assicurando il pieno e uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. Conseguentemente gli Stati membri si impegnano ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura che si rendano necessarie per realizzare i diritti riconosciuti dalla Convenzione;
per quanto riguarda le politiche di assistenza del nostro Paese, il fondo nazionale per le politiche sociali (le cui risorse sono ripartite annualmente con decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) rappresenta il più importante strumento per il finanziamento dei servizi sociali e degli interventi di solidarietà sociale;
in questo contesto le iniziative nell'ambito delle politiche sociali messe finora in campo dal Governo risultano del tutto insoddisfacenti;
il disegno di legge finanziaria per il 2009, la prima di questa legislatura, stanzia per il fondo per le politiche sociali 1.311.605.000 euro per il 2009 e, per il 2010 e 2011, rispettivamente 1.030.000.000 e 920.000.000 euro, con un'evidente vistosissima diminuzione. Si ricorda, infatti, che l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi assegnava per il 2008, per il medesimo fondo, 1.582.815.000 euro;
il decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, all'articolo 40, ha abrogato il previsto obbligo per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili;
i tagli alle risorse per il comparto scuola e gli interveti di razionalizzazione sul personale, previsti principalmente con il decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, rischiano di coinvolgere gli insegnanti di sostegno, con effetti negativi anche nei confronti delle categorie più deboli della popolazione, quali i ragazzi con disabilità;
il disegno di legge delega presentato dal Governo in materia di lavoro, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, prevede una modifica alla legge n. 104 del 1992 in materia di permessi per i soggetti portatori di handicap grave, prevedendo la quantificazione dei permessi per assistere i parenti disabili in 18 ore mensili e la restrizione al coniuge, ai parenti ed agli affini entro il secondo grado della platea di soggetti che possono fruire dei permessi per assistere il portatore di handicap;
le stesse risorse per le non autosufficienze sono del tutto inadeguate. Si ricorda che la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza. Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono, infatti, sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465) ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e 200 per il 2009. Il 2009 è, quindi, l'ultimo anno in cui risulta rifinanziato il suddetto fondo;
il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, ha istituito il nomenclatore tariffario delle protesi. Esso consiste in un elenco di ausilii protesici che il servizio sanitario nazionale eroga ai cittadini disabili aventi diritto. Lo stesso decreto ministeriale stabiliva che il nomenclatore dovesse essere aggiornato al massimo una volta ogni tre anni, al fine di mantenerlo efficiente e al passo con i progressi della tecnica. Ad oggi, però, tale disposizione è stata completamente disattesa e il nomenclatore è rimasto invariato rispetto a quello elaborato nel 1999. Tale mancato aggiornamento ha fortemente compromesso l'utilità assistenziale di questo strumento, costringendo, di fatto, i cittadini disabili a sostenere il costo di ausilii più moderni e tecnologicamente avanzati che non figurano all'interno del nomenclatore,

impegna il Governo:

a promuovere politiche, in stretto coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (locali, regionali, nazionale) e con l'eventuale contributo di soggetti pubblici o privati comunque operanti sul territorio, che mirino ad estendere significativamente la rete di tutti quei servizi in grado di fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente;
ad incrementare sensibilmente le risorse destinate alle non autosufficienze, prevedendo a tal fine un impegno di spesa pluriennale e definito annualmente dalla legge finanziaria, come condizione necessaria per lo sviluppo di un sistema integrato dei servizi sociosanitari;
a favorire, con particolare riguardo alle persone con disabilità grave, forme di assistenza personale autogestita, al fine di potenziare e ampliare le modalità di realizzazione dell'attuale assistenza sanitaria, attraverso il finanziamento di un progetto assistenziale che consenta alla persona disabile di individuare direttamente uno o più assistenti specializzati per la sua cura;
a riconoscere la possibilità di una quota più elevata di trattamento in caso di reversibilità e la possibilità, limitatamente ai casi più gravi, di prepensionamento per i familiari di disabili;
ad incrementare, anche mediante ulteriori interventi, le risorse del fondo per le politiche sociali, attualmente del tutto insufficienti e in costante riduzione;
ad aggiornare quanto prima il nomenclatore tariffario delle protesi istituito dal decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per il sostegno concreto alla parità di accesso dei disabili e delle loro famiglie all'istruzione, incrementando a tal fine le risorse per il diritto allo studio, con particolare riguardo ai diversamente abili, anche attraverso il reclutamento di insegnanti di sostegno e di idonee figure professionali a supporto degli stessi;
ad adottare iniziative per la reintroduzione dell'obbligo, ora abrogato, per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili.
(1-00082)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Pifferi, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(10 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
il 3 dicembre 2008 si è tenuta la Giornata europea delle persone disabili, istituita nel 1993 dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite, che ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi della disabilità, di mobilitare il maggior sostegno possibile per la dignità, i diritti e il benessere delle persone diversamente abili e di accrescere la consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dall'integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale, come stabilito dal «Programma di azione mondiale per le persone disabili», adottato nel 1982 dall'Assemblea generale dell'Onu;
il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili, ha dichiarato: «Il motto della comunità internazionale dei disabili è: »Niente per noi senza di noi«». Una persona disabile dello Swaziland, che ha lottato per l'implementazione di politiche per i disabili nel suo Paese, ha affermato: «abbiamo bisogno di una vera integrazione per evitare di cadere nella stigmatizzazione»;
il Segretario Generale Ban Ki-Moon ha invitato «i Governi e tutti gli attori interessati ad assicurare che le persone con disabilità e le organizzazioni che li rappresentano siano parte integrante di ogni fase dello sviluppo. In questo modo, possiamo promuovere l'integrazione e aprire la strada ad un futuro migliore per tutti nella società»;
il Governo italiano ha prontamente accolto l'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite, approvando nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008 il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, firmata il 30 marzo 2007 a New York, e ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizione di particolare vulnerabilità, la Convenzione rappresenta, infatti, una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza e delle libertà e, in definitiva, nel processo di costruzione di una società per tutti;
il Governo italiano ha dato nuovo impulso alle politiche di inclusione per la disabilità e i principi di dignità e integrità della vita e della persona, prevedendo l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. L'Osservatorio nazionale rappresenta non solo una garanzia in più per l'applicazione pratica della Convenzione, ma anche un luogo dedicato alle persone con disabilità, alle loro famiglie e alle associazioni di rappresentanza, che assicuri il confronto costante con le istituzioni, dove esprimere le esigenze e definire insieme le risposte più adeguate;
scopo della Convenzione è, infatti, promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità;
i principi cui si ispira la Convenzione sono: il diritto alla vita, il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale - compresa la libertà di compiere le proprie scelte -, l'indipendenza delle persone, la non-discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione all'interno della società, il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, la parità di opportunità, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne, il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità;
l'indagine Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005 ha rilevato che in Italia le persone diversamente abili sono 2 milioni 609 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia e che ammette una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana; ma se si considerano in generale le persone che hanno manifestato un'apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni, la stima allora sale a 6 milioni 606 mila persone, pari al 12 per cento della popolazione, che vive in famiglia, di età superiore ai 6 anni;
dai dati provenienti dal sistema informativo del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la prevalenza di bambini con disabilità che frequentano la prima classe elementare è pari all'1,32 per cento. Inoltre, alcuni studi specifici stimano una prevalenza alla nascita di bambini con disabilità pari all'1 per cento. Se si ipotizza un trend lineare nell'aumento della prevalenza di disabilità da 0 a 6 anni e si considera come punto di partenza la prevalenza alla nascita dell'1 per cento e di arrivo la prevalenza a 6 anni dell'1,32 per cento, si può stimare, complessivamente, un numero di bambini con disabilità fra 0 e 5 anni pari a circa 42.460;
per quanto riguarda la stima delle persone diversamente abili che non vivono in famiglia ma nelle residenze socio-sanitarie, si può fare riferimento ai dati provenienti dalla rilevazione condotta su queste strutture, che indicano nel 2003 (ultimo anno disponibile) la presenza di 190.134 persone con disabilità o anziani non autosufficienti;
la presenza di disabilità è ovviamente correlata all'età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 18,7 per cento e raggiunge il 44,5 per cento (35,8 per cento per gli uomini e 48,9 per cento per le donne) tra le persone di 80 anni e più;
i tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: in rapporto al totale della popolazione le donne hanno un tasso di disabilità del 6,1 per cento, mentre gli uomini del 3,3 per cento. Tale fenomeno è determinato in buona parte dall'evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne;
la versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea, all'articolo 13 (ex articolo 6), condanna le discriminazioni fondate, fra l'altro, sull'handicap;
il documento COM (2000) 284 def. del 12 maggio 2000, «Verso un'Europa senza ostacoli per i disabili», ribadisce come, al fine di rafforzare le possibilità per i disabili di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita sociale, siano necessari il sostegno e la collaborazione dei pubblici poteri a tutti i livelli, del privato sociale, delle associazioni e delle famiglie delle persone con disabilità;
l'articolo 38 della Carta costituzionale sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale;
la legge 5 febbraio 1992, n. 104, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
la medesima legge impegna le istituzioni a prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
la legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», promuove l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone diversamente abili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
la legge 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», prevede che i comuni, nell'ambito delle risorse disponibili e d'intesa con le aziende sanitarie locali, predispongano, su richiesta degli interessati, progetti individuali per le persone disabili comprendenti la valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona, a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di esclusione sociale, i sostegni per il nucleo familiare;
la legge 21 maggio 1998, n. 162, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», sancisce che le regioni possono, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, programmare interventi di sostegno alla persona e familiare, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale;
se la persona disabile è destinataria per legge di una serie di tutele correlate alla sua condizione clinica, psichica e alle sue potenzialità residue, le istituzioni hanno l'inderogabile compito di porre il relativo nucleo familiare nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo, di cura e di socializzazione;
la condizione di disabilità non riguarda solo le persone che ne sono colpite e le loro famiglie, ma anche la comunità e le istituzioni, che devono operare in stretta collaborazione nei diversi livelli di responsabilità. In questo delicato settore è d'importanza fondamentale la valorizzazione della famiglia, che va aiutata con interventi mirati, in modo da favorire il processo di autonomia e di integrazione sociale del familiare diversamente abile;
è necessario prevedere un sistema di agevolazioni fiscali mirato ad aiutare le famiglie con persone diversamente abili, in particolare reintroducendo il disposto approvato con l'articolo 1, comma 349, lettera b), numero 3), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», che prevedeva, per il 2006, una deduzione fino a 1.820 euro per le spese pagate dal contribuente agli addetti (badanti) alla propria assistenza personale o a quella delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, e, se possibile, a prevedere agevolazioni più consistenti;
va garantito al disabile l'inserimento e l'integrazione nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano, infatti, alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via;
è evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati;
da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non si può parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Si deve sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie;
bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario, infatti, pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni, ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità;
un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo;
i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che il legislatore è chiamato a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti;
attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche. È necessario istituire il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nei livelli essenziali di assistenza, conferendo piena attuazione alle leggi n. 104 del 1992 e n. 162 del 1998;
il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile;
ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntuale verifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire nel concreto il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa e valorizzando capacità e potenzialità di queste persone, ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese;
ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza, al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione;
a predisporre tutti i previsti atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006, durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione A/RES/61/106;
a predisporre percorsi di inserimento lavorativo che consentono il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazioni professionali e sviluppo occupazionale;
a promuovere servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, consentendo, quindi, alle imprese di assolvere con più modalità all'obbligo del collocamento e sostenendone la realizzazione con apposite normative;
a potenziare e valorizzare le attività di formazione, coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato;
a coordinare maggiormente le organizzazioni del terzo settore che prevedono, nell'ambito delle loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili;
a favorire sempre più l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi, che meglio conducono i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro;

a prevedere l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie, capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressantemente richiesto in ordine al miglioramento delle condizioni di vita delle persone diversamente abili;
ad attuare un sistema integrato di interventi nei servizi sociali a favore delle persone non autosufficienti o diversamente abili, attraverso l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, quale organismo governativo preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità, ponendo attenzione alla sussidiarietà orizzontale.
(1-00084)
«Laura Molteni, Porcu, Paglia, Iannaccone, Barani, Di Virgilio, Saltamartini, Renato Farina, Cazzola, Di Biagio, Baldelli, Rondini, Reguzzoni, Rivolta, Polledri, Munerato».
(11 dicembre 2008)



MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE ALLA PRESENTAZIONE DELLE DIMISSIONI DA PARTE DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO NICOLA COSENTINO

La Camera,
premesso che:
l'onorevole avvocato Nicola Cosentino, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, è stato più volte indicato da diversi collaboratori di giustizia come fiancheggiatore o concorrente esterno in associazioni criminali di tipo mafioso;
il 30 settembre 2008 è stato acquisito agli atti dell'indagine denominata «Spartacus 3», condotta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli, un verbale di deposizione in cui il collaboratore di giustizia Domenico Frascogna ha affermato che l'onorevole Cosentino sarebbe stato il «postino dei messaggi» del boss camorrista Francesco Schiavone (si confronti M. Lillo, «Sistema Cosentino», in L'Espresso, 9 ottobre 2008);
tale dichiarazione va naturalmente ricollegata alle deposizioni rese più volte da diversi collaboratori di giustizia e, in particolare, da Carmine Schiavone, che già nel 2000 riferiva di presunti patti elettorali tra i casalesi e l'onorevole Cosentino, risalenti addirittura alle elezioni amministrative del 1982 (ibidem);
la chiamata in correità, per assurgere al rango di prova, dovrà essere corredata da riscontri individualizzanti e conseguentemente le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, in particolare da Domenico Frascogna, sull'onorevole Cosentino non possono di per sé sole dimostrarne la colpevolezza;
è tuttavia significativo che la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli abbia - secondo quanto si apprende dalla stampa - iniziato un procedimento penale nei confronti dell'onorevole Cosentino;
a prescindere dall'eventuale responsabilità penale dell'onorevole Cosentino, su cui farà piena luce la magistratura, è evidente come la sua permanenza nelle funzioni di Sottosegretario di Stato leda gravemente non solo il prestigio del Governo italiano, ma anche e soprattutto la dignità del Paese;
ragioni di opportunità e di precauzione dovrebbero indurre il Governo ad evitare che una persona sottoposta ad indagini per così gravi delitti, espressivi di una collusione tra politica e sodalizi criminosi, in attesa di dimostrare la sua piena innocenza, possa continuare ad esercitare le proprie funzioni di Governo, peraltro in un ruolo così delicato, concernente tra l'altro la funzionalità del Cipe,

impegna il Governo

ad invitare l'onorevole avvocato Nicola Cosentino a rassegnare le dimissioni da Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze.
(1-00054)
«Soro, Sereni, Bressa, Vietti, Donadi, Ciriello, Garavini».
(27 ottobre 2008)



INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, CAMBURSANO, CIMADORO, COSTANTINI, DI GIUSEPPE, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, GIULIETTI, MESSINA, MISITI, MURA, MONAI, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, PISICCHIO, PORCINO, PIFFARI, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI e ZAZZERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è di questi giorni la notizia che Renato Curcio, fondatore delle Brigate rosse, mai pentito né dissociato, si sia lamentato e abbia rivolto un appello teso ad ottenere dallo Stato italiano la pensione che gli è stata negata dall'Inps; tali affermazioni hanno giustamente scatenato l'indignazione dei parenti delle vittime del terrorismo, che hanno interpretato le sue parole come una richiesta dell'assegno mensile. Per fare un esempio, Lorenzo Conti, figlio di Lando, il sindaco fiorentino ucciso dai brigatisti, ha minacciato di chiedere asilo politico all'estero nel caso in cui lo Stato conceda a Curcio una pensione pagata dall'Inps;
la notizia si inserisce in un clima già teso: il 13 gennaio 2009, il Governo brasiliano ha, infatti, accordato lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti, membro di una delle tante formazioni clandestine terroriste dell'epoca, denominata «Proletari armati per il comunismo», e condannato per gli omicidi di Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria, avvenuto ad Udine il 6 giugno 1978, di Lino Sabbadin, avvenuto il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia), di Pierluigi Torregiani e, infine, per l'uccisione di Andrea Campagna, agente della digos, realizzata il 19 aprile 1979 a Milano;
la decisione del Governo brasiliano, oltre ad impedire che Cesare Battisti possa essere estradato in Italia per scontare la condanna che lo attende da anni, rappresenta un'offesa allo Stato italiano, ai suoi cittadini e alle vittime del terrorismo, poiché presuppone l'esistenza di discriminazioni o persecuzioni di natura politica mai attuate nei confronti di Cesare Battisti, il quale, come stabilisce la sentenza, è un pluriomicida;
la mancata estradizione di Cesare Battisti è, però, solo l'ultimo schiaffo subito dal nostro Paese, che, nell'estate del 2008, ha visto la decisione del Presidente Sarkozy di non dare applicazione al decreto del Governo francese del 3 giugno 2008, che autorizzava l'estradizione verso l'Italia di Marina Petrella, condannata all'ergastolo al processo Moro-ter nel 1988, in quanto coinvolta nel rapimento di Aldo Moro e condannata dalla corte d'assise di Roma il 6 marzo 1992 all'ergastolo per l'omicidio di un agente di polizia, per tentato sequestro e tentato omicidio, sequestro di un magistrato, per rapina a mano armata e per vari attentati; il Presidente francese ha deciso di non dare applicazione al decreto e di negare, dunque, l'estradizione, in virtù della «clausola umanitaria» prevista dalla convenzione sull'estradizione franco-italiana del 1957, a causa delle condizioni di salute della donna, nonostante il sistema di garanzie offerte dalla legge penale e penitenziaria italiana a favore dei condannati in gravi condizioni di salute risulti garantire la piena tutela di questi ultimi;
casi come quelli di Cesare Battisti e Marina Petrella e, quindi, decisioni irriguardose da parte di altri Stati nei confronti del diritto dello Stato italiano a vedere applicate le proprie leggi, oltre che fortemente lesive dei diritti delle vittime e dei superstiti del terrorismo, dimostrano, a parere degli interroganti, scarsa autorevolezza del Governo italiano, che si è mostrato inadeguato nelle relazioni diplomatiche fra Stati nel far rispettare gli accordi internazionali sulle estradizioni -:
quali siano gli strumenti giuridici e diplomatici che il Governo abbia inteso o intenda porre in essere, al fine di sollecitare il Governo del Brasile a revocare lo status di rifugiato politico concesso al terrorista Cesare Battisti, in modo da ottenere la sua estradizione, e come intenda porsi nei confronti del Governo francese circa le decisioni prese in merito alla situazione giudiziaria della brigatista Marina Petrella, riferendo tempestivamente al Parlamento sulle iniziative intraprese e sui risultati raggiunti. (3-00320)
(20 gennaio 2009)

CICCHITTO, BOCCHINO e DE CORATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 21 dicembre 2008, alle ore 18.30, un gruppo di ragazzi incappucciati, presumibilmente del centro sociale «La Pergola» di Milano, hanno steso sull'asfalto del centro cittadino, in via De Castillia, uno striscione con la scritta: «Alexis vive, sbirri maledetti». Poco dopo al centro della rotatoria di Largo De Benedetti, in prossimità della suddetta via, gli stessi incappucciati hanno incendiato alcuni copertoni d'auto, sbarrando la strada e bloccando il traffico cittadino;
il 3 gennaio 2009 aderenti dei centri sociali di Milano, infiltrati in un corteo di islamici pro Hamas, hanno sequestrato per ore il centro cittadino; hanno sfondato i cordoni delle forze dell'ordine insieme ai musulmani, concludendo il corteo senza autorizzazione in piazza Duomo; hanno incitato all'odio contro lo Stato di Israele e hanno pilotato la preghiera verso la Mecca avvenuta in piazza Duomo;
il 12 gennaio 2009 alcuni aderenti ai centri sociali, tra cui «La Panetteria okkupata», «Il Cantiere» e «La Pergola», si sono scontrati con le forze dell'ordine per impedire una manifestazione pro Israele al Teatro Strehler di Milano -:
quali iniziative intenda assumere con riferimento ai numerosi centri sociali presenti a Milano, che alimentano violenza, provocano disordini ed occupano abusivamente aree pubbliche o private, anche da svariati decenni, e in quali modi il Ministro interrogato intenda procedere contro questa situazione inaccettabile per ristabilire la legalità, visto che, ad avviso degli interroganti, i frequentatori di alcuni centri sociali sono alla perenne ricerca di occasioni per sobillare le piazze, come è accaduto anche di recente. (3-00321)
(20 gennaio 2009)

VIETTI, RAO, VOLONTÈ, MANNINO, TASSONE, CICCANTI, COMPAGNON e NARO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 19 gennaio 2008 da Il Messaggero e La Stampa, si registra un notevole incremento dei reati violenti commessi da minorenni, organizzati in baby gang, che prendono a modello le organizzazioni criminali, pur non essendo in grado di dosare, in ragione della loro sostanziale immaturità, le conseguenze dei propri atti da cui scaturiscono tragici epiloghi;
non è un caso se il 94 per cento degli adulti chiede interventi urgenti contro il teppismo minorile, come risulta da un sondaggio promosso dalla Confesercenti: è il bullismo la nuova ansia delle famiglie italiane, che lo mette in cima alle manifestazioni più preoccupanti dell'aggressività dei giovani, prima ancora della droga e dell'alcool;
ogni anno, infatti, sono circa 40 mila le azioni fuorilegge compiute da ragazzini, di cui 10 mila riguardano lesioni personali, atti di vandalismo e danni;
l'aumento della violenza dei minori emerge da tutti i rapporti dell'ultimo anno: Eurispes, Censis, Istat fotografano la stessa realtà; anche secondo la Società italiana di pediatria, il 72 per cento degli adolescenti dichiara di aver assistito ad atti di bullismo;
in particolare, nonostante la legge preveda l'arresto dai tre ai diciotto mesi per chiunque venga trovato in possesso di una lama più lunga di quattro dita, senza un giustificato motivo, risulta impressionante il numero di adolescenti che girano armati di coltello a scuola, nei bar e nelle discoteche;
è, infatti, facilissimo procurarsi queste armi in edicola, per strada, nei negozi di ferramenta, dove, qualora non raggiungano la lunghezza vietata, sono considerati dei semplici utensili;
il 14 luglio 2008, il Premier britannico Gordon Brown ha illustrato le nuove misure shock che intende adottare per sanare la piaga della criminalità giovanile in Inghilterra, dove nel 2008 circa 50 persone sono morte accoltellate a Londra per mano di minori: nelle aule saranno, infatti, mostrati dal prossimo anno filmati sulle ferite di armi da taglio;
anche in Italia occorre una presa di coscienza collettiva del pericoloso livello raggiunto dal fenomeno, divenuto oramai una vera e propria piaga sociale: il ripristino del rispetto dell'ordine e dell'autorità costituita da parte di tutti, in particolare dei giovani, deve essere al centro di una strategia governativa che sappia restituire loro prospettive ideali e pratiche positive -:
se non intenda, dopo aver effettuato un preciso monitoraggio sull'uso delle armi da taglio tra i giovani, promuovere, a titolo di prevenzione, una campagna di informazione sulla pericolosità delle stesse, intensificare i controlli dentro e fuori gli istituti scolastici, nonché adottare, di concerto con il Ministro della giustizia, in linea con gli altri Paesi europei, opportune ed urgenti iniziative al fine di sanzionare con pene adeguate alla pericolosità il porto abusivo delle suddette armi.
(3-00322)
(20 gennaio 2009)

IANNACCONE, LO MONTE, BELCASTRO, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO, MILO e SARDELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Fiat vive una pesantissima crisi e l'azienda ha previsto in tutti i suoi stabilimenti un uso massiccio ed esteso della cassa integrazione e l'allontanamento dei lavoratori con contratto a termine;
è improrogabile un sostegno forte e concreto da parte del Governo al settore auto, come già deciso in alcuni Paesi a livello internazionale, ma questo non può avvenire in assenza di garanzia sui livelli occupazionali e di mantenimento delle produzioni in Italia;
nel comune di Pratola Serra è ubicato uno degli stabilimenti Fiat in Campania e da notizie apparse sulla stampa sembrerebbe che la Fiat sia in procinto di spostare la produzione di motori dal citato stabilimento ad un suo stabilimento in Austria;
la decisione della Fiat, se confermata, è grave in quanto avviene contestualmente alla richiesta di aiuti e al massiccio ricorso alla cassa integrazione e ai licenziamenti e può provocare un ulteriore aggravamento della crisi in una provincia ed una regione che già subiscono i pesantissimi effetti della crisi economica e produttiva -:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di verificare la situazione produttiva degli stabilimenti Fiat ubicati nelle zone del Sud d'Italia e se non intenda subordinare la concessione di aiuti alla garanzia da parte dell'azienda del mantenimento dei posti di lavoro. (3-00323)
(20 gennaio 2009)

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 32 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha istituito a favore dei cittadini italiani che versano in condizione di maggior disagio economico una carta acquisti finalizzata primariamente all'acquisto di generi alimentari, la cosiddetta social card;
la social card dovrebbe funzionare come una normale carta di pagamento presso gli esercizi convenzionati, caricata, con oneri a carico dello Stato, con un importo mensile di 40 euro a partire dal mese di ottobre 2008;
i beneficiari della social card sono i cittadini meno abbienti, in particolare anziani sopra i 65 anni e bambini di età inferiore ai 3 anni (in questo caso il titolare della carta è il genitore), che siano in possesso di particolari requisiti; in totale il Governo ha stimato che saranno distribuite a 1 milione e 300 mila cittadini, con un onere a carico dello Stato pari a circa 450 milioni di euro;
numerosi organi di stampa, tra cui il quotidiano L'Arena di Verona, nei giorni scorsi hanno riportato la notizia di molti utenti, che, al momento di pagare, hanno riscontrato che la card era vuota: non risultavano, cioè, accreditate le somme stabilite;
gli stessi giornali hanno interpellato Poste italiane s.p.a., che ha fatto sapere di non essere responsabile del disguido, avendo svolto un mero servizio di informazione e raccolta delle pratiche, di invio al ministero e di distribuzione delle card;
tale disguido rischia, se non risolto al più presto, di vanificare l'obiettivo per cui lo strumento era nato: quello, cioè, di aiutare concretamente i cittadini più bisognosi;
dai dati pubblicati sul quotidiano la Repubblica e ripresi da Libero, ad oggi sono state distribuite circa 580 mila tessere, di cui il 16,8 per cento nelle regioni del Nord e l'83,2 per cento nelle regioni del Centro-Sud; analizzando i dati delle singole regioni risulterebbe che in Sicilia è stata distribuita una carta ogni 52 abitanti, mentre in Lombardia una ogni 434, in Campania una ogni 57, mentre in Trentino Alto Adige una ogni 897; dai primi dati diffusi sulla distribuzione delle social card emerge, quindi, una forte penalizzazione delle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud, conseguenza del fatto che non è stato preso in considerazione il diverso potere di acquisto nelle diverse aree del Paese; a fronte, infatti, del 37,3 per cento di famiglie in condizioni disagiate che risiedono al Nord, solo il 16,8 per cento delle carte prepagate sono state finora distribuite nelle medesime regioni;
la mancanza di dati ufficiali definitivi sulla distribuzione delle social card non consente di delineare un quadro chiaro sulla reale diffusione ed efficacia di questo strumento nelle diverse aree del Paese -:
quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere per assicurare una piena e rapida operatività delle carte prepagate, superando i segnalati disguidi, per i quali migliaia di cittadini italiani beneficiari della social card non hanno potuto utilizzare le somme a loro destinate, quando si concluderà la distribuzione delle carte e quali siano, ad oggi, i dati ufficiali sulle richieste nelle varie regioni italiane. (3-00324)
(20 gennaio 2009)

LANZILLOTTA, MARTELLA, BARETTA, META, SERENI, BRESSA, GIACHETTI, QUARTIANI, BERSANI, BOCCIA, CALVISI, CAPODICASA, CESARIO, DUILIO, GENOVESE, MARCHI, CESARE MARINI, MISIANI, NANNICINI, ANDREA ORLANDO, RUBINATO, VANNUCCI, VENTURA, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, ENZO CARRA, FIANO, GENTILONI SILVERI, LARATTA, LOVELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MELANDRI, MERLO, SARUBBI, TULLO e VELO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente di Cai Roberto Colaninno ha dichiarato: che dopo quattro anni dalla costituzione della società Cai scadrà l'accordo di lock up tra i soci italiani di Cai e, di conseguenza, potranno essere cedute ad Air France le rispettive quote, con l'effetto di trasferire ad Air France il controllo della società; che Air France dopo poche settimane dall'acquisizione da parte di Cai dell'Alitalia ha pagato ai soci privati per il 25 per cento delle azioni un prezzo maggiorato del 14 per cento (pari ad un importo di 40 milioni di euro), rispetto a quello pagato da Cai al commissario di Alitalia;
la rilevanza della circostanza e le modalità di gestione di tutta la vicenda della cessione della compagnia di bandiera, che hanno visto la diretta partecipazione e l'indirizzo dei massimi esponenti del Governo, fanno presupporre, ad avviso degli interroganti:
a) che l'Esecutivo fosse a conoscenza ed abbia autorizzato gli accordi tra Cai ed Air France, accettando, quindi, che l'italianità della compagnia, in nome della quale tutta l'operazione è stata condotta, possa venire meno nell'arco di un quinquennio;
b) che il sovrapprezzo pagato da Air France, configurando evidentemente un premio al venditore a fronte di particolari diritti riconosciuti all'acquirente, implichi che sin d'ora Air France godrà di particolari poteri nella gestione della società, ovvero che esiste già un'opzione di Air France per l'acquisizione del controllo della società;
c) che il fatto che il sovrapprezzo (cui evidentemente non corrisponde alcuna valorizzazione della società, non essendo essa ancora operativa al momento della cessione delle quote) non è stato pagato allo Stato italiano o alla gestione commissariale, bensì ai soci privati, possa configurare un indebito arricchimento da parte di questi ultimi e, al tempo stesso, un danno erariale per lo Stato italiano, che potrebbe essere accertato e sanzionato dalla Corte dei conti;
il Governo, onde evitare tale conseguenza, dovrebbe, a giudizio degli interroganti, intervenire direttamente o tramite il commissario Fantozzi nei confronti della Cai - che parrebbe aver violato il patto di non cessione di quote della società, originariamente annunciato sia dal Governo che dalla Cai - e pretendere che la cessione di parte delle azioni ad Air France sia negoziata direttamente dal Governo italiano e dal commissario dell'Alitalia, ciò sia al fine di verificare la corrispondenza dei piani di Air France con gli interessi nazionali coinvolti nella gestione della compagnia di bandiera, sia allo scopo di acquisire al bilancio pubblico il sovrapprezzo sulle azioni riconosciuto da Air France a Cai, sia, infine, per ottenere l'impegno a riversare allo Stato almeno una quota del capital gain che i soci italiani ricaveranno alla fine del quinquennio dalla cessione ad Air France delle azioni rimaste in loro possesso -:
quali azioni urgenti intenda assumere al fine di scongiurare le circostanze evidenziate in premessa, chiarendo, al contempo, la sua valutazione circa gli effetti finanziari per le casse dello Stato conseguiti con la procedura sin qui adottata.
(3-00325)
(20 gennaio 2009)