FASCICOLI DI SEDUTA
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A.C. 4940-B
EMENDAMENTI
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato).

Relatori: GIOVANELLI (per la I Commissione) e SAGLIA (per la X Commissione).

N. 1.

Seduta del 3 aprile 2012

ART. 44.
(Semplificazioni in materia di interventi di lieve entità).

  Al comma 1, dopo la parola: precisare aggiungere le seguenti: e rideterminare.
44. 2. Pastore.

  Al comma 1, dopo la parola: precisare aggiungere le seguenti: ed ampliare.
44. 1. Meroni.

ART. 47.
(Agenda digitale italiana).

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole da: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fino alla fine del comma con le seguenti: i servizi di accesso all'ingrosso di rete fissa devono essere offerti agli operatori concorrenti in maniera disaggregata in modo che gli stessi operatori non debbano pagare per servizi non richiesti e si possa creare un regime concorrenziale anche per i servizi accessori. In particolare, il prezzo del servizio di accesso all'ingrosso di rete fissa deve indicare separatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea e il costo delle attività accessorie quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva. Con riferimento alle attività accessorie, deve essere garantito agli operatori richiedenti anche di poter acquisire tali servizi da imprese terze di comprovata esperienza che operano sotto la vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in un regime di concorrenza.
47. 1. Bragantini.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con le seguenti: il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
47. 3. Reguzzoni.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con le seguenti: il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.
47. 4. Fava.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con le seguenti: il Ministro dello sviluppo economico.
47. 2. Torazzi.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: dieci giorni.
47. 5. Maggioni.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: venti giorni.
47. 6. Desiderati.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: trenta giorni.
47. 7. D'Amico.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: quaranta giorni.
47. 8. Crosio.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: cinquanta giorni.
47. 9. Cavallotto.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: sessanta giorni.
47. 10. Simonetti.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: settanta giorni.
47. 11. Fabi.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: ottanta giorni.
47. 12. Consiglio.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: novanta giorni.
47. 13. Montagnoli.

  Al comma 2-quater, alinea, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: cento giorni.
47. 14. Comaroli.

  Al comma 2-quater, alinea, dopo le parole: come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 aggiungere le seguenti: , sentite le competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro venti giorni.
47. 15. Fugatti.

  Al comma 2-quater, alinea, dopo le parole: come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 aggiungere le seguenti: , sentite le competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro trenta giorni.
47. 16. Forcolin. 

  Al comma 2-quater, lettera a), sostituire la parola: prezzi con la seguente: costi.
47. 17. Negro.

ART. 62.
(Abrogazioni).

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è inserito il seguente:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse del fondo della protezione civile, di cui al comma 1, dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, con la legge di stabilità di ciascun anno, si assicura la continuità degli interventi di competenza del fondo della protezione civile, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
62. 3. Paolini.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è inserito il seguente:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse dei fondo della protezione civile, di cui al comma 1, dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, il fondo della protezione civile è integrato, per l'anno 2012, della somma corrispondente al valore delle entrate derivanti dall'alienazione dei beni di proprietà dell’ex Presidente della Libia in Italia; per gli anni successivi, con la legge di stabilità di ciascun anno, si assicura la continuità degli interventi di competenza del fondo della protezione civile, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
62. 4. Pini.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono inseriti i seguenti:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse del fondo della protezione civile, di cui al comma 1 dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, il fondo della protezione civile è integrato annualmente, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso le somme provenienti dal comma 5-ter.2.
  5-ter.2. Al comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni, dopo la lettera c-bis), è aggiunta le seguente:
   “ c-ter) sistema bancario e sistema assicurativo ”.».
62. 5. Di Vizia.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è inserito il seguente:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse del fondo delta protezione civile, di cui al comma 1, dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, il fondo della protezione civile è integrato, per l'anno 2012, attraverso i risparmi ottenuti con la riduzione delle dotazioni organiche del personale della pubblica amministrazione di cui all'articolo 33, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; per gli anni successivi, con la legge di stabilità di ciascun anno, si assicura la continuità degli interventi di competenza del fondo della protezione civile, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
62. 6. Munerato.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono inseriti i seguenti:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse del fondo della protezione civile, di cui al comma 1 dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n, 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, il fondo della protezione civile è integrato annualmente, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso le somme provenienti dal comma 5-ter.2.
  5-ter.2. Al comma 4, lettera b-bis), dell'articolo 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, la parola: «80» è sostituita dalla seguente: «160».
62. 7. Isidori.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
  262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 62, aggiungere il seguente:
  Art. 62.1. – 1. Dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è inserito il seguente:
  «5-ter.1. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, il Presidente della Regione interessata dagli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), provvede a valere sulle risorse del fondo della protezione civile, di cui al comma 1, dell'articolo 6, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. A tal fine, il fondo della protezione civile è integrato, per l'anno 2012, attraverso le entrate derivanti dalla vendita delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre; per gli anni successivi, con la legge di stabilità di ciascun anno, si assicura la continuità degli interventi di competenza del fondo della protezione civile, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
62. 30. Bonino.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
   262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.
*62. 1. Borghesi, Favia, Cimadoro, Mura, Donadi, Palagiano, Piffari.

  Al comma 1, tabella A, dopo la voce n. 262, aggiungere la seguente:
   262-bis, legge n. 225 del 24 febbraio 1992, istituzione del servizio nazionale della protezione civile, comma 5-quinquies dell'articolo 5.
*62. 2. Fedriga.

A.C. 4940-B
ORDINI DEL GIORNO
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo (approvato dalla Camera e modificato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 3 aprile 2012

   La Camera,
   premesso che:
    il gruppo Alcoa (Aluminum Company of America, 59.000 dipendenti nel mondo, 21 miliardi di dollari di fatturato nel 2010) nel 1996 acquista la società italiana a partecipazione statale ALUMIX (del gruppo EFIM, una delle holding delle partecipazioni statali di allora) aggiudicandosi due stabilimenti, tra cui quello di Portovesme in Sardegna che consuma circa un quinto del totale dell'elettricità sarda;
    un decreto ministeriale per rendere possibile l'acquisizione del 96 stabilisce il diritto dei due stabilimenti a ricevere dall'Enel una tariffa agevolata per le forniture di energia elettrica con conseguente fissazione di un prezzo per Portovesme molto più basso di quello praticato alla generalità degli altri impianti industriali;
    dal 1999, con l'inizio della liberalizzazione del mercato elettrico, la tariffa sottocosto di Alcoa entra tra gli oneri generali del sistema. Viene cioè introdotto un sovrapprezzo in tutte le bollette per compensare lo sconto che prima l'Enel direttamente, poi la Cassa Conguaglio, devono praticare ad Alcoa;

    nel 2004 con il DPCM del 6 febbraio la tariffa (in scadenza a fine 2005 e che dal 2000 è stata nel frattempo un po’ aumentata fino alla soglia dell'equivalente di 40 lire al kWh rispetto alle originali 36 circa) è prorogata fino a giugno 2007, ma anche estesa a tutte le forniture di energia elettrica destinate alla produzione di alluminio, piombo, argento e zinco (ma solo per impianti già esistenti) situati in territori insulari caratterizzati da collegamenti assenti o insufficienti alle reti nazionali. In altri termini il Governo rende meno specifico il trattamento, pur mantenendo il vantaggio mirato a grandi produzioni metallurgiche energivore in aree insulari;
    nel 2005, una delibera dell'Autorità per l'Energia introduce un legame tra l'incremento annuo della suddetta tariffa agevolata e quella dei prezzi medi elettrici all'ingrosso, pur con un tetto al 4 per cento. Sembra l'avvisaglia della fine del trattamento estraneo a un mercato nel frattempo più che avviato. Invece lo stesso anno una legge proroga la tariffa Alcoa fino a fine 2010, e prevedibilmente la Commissione UE (2006/C 2 14/03) avvia un'indagine per definire se si tratta di aiuto di Stato poiché la tariffa:
     costituisce un vantaggio economico;
     minaccia di alterare la concorrenza;
     incide sugli scambi intracomunitari dei prodotti dalle aziende beneficiarie;
    e soprattutto, secondo la Commissione, si può parlare di aiuto di Stato perché la decisione di concedere questo vantaggio è delle autorità e prevede un trasferimento di risorse pubbliche sotto forma di un prelievo parafiscale;
    nel frattempo la Commissione europea assume un approccio negoziale e ammette la tariffa Alcoa transitoriamente, purché in Italia si attui un programma di intensificazione della concorrenza elettrica, attraverso l'obbligo di alcuni operatori ancora dominanti, in particolare nelle isole, di cedere ad altri un po’ della capacità delle loro centrali elettriche ma dichiara anche la tariffa di favore come un «aiuto di Stato», e con una decisione di fine 2009 condanna le società beneficiarie a restituirlo; si tratta di circa 300 milioni in un solo anno come calcolati dal Governo italiano, mentre per tutti i quindici anni di sussidi vi sono stime che parlano di quasi 2 miliardi (pari a 1 milione a testa a 2000 disoccupati),

impegna il Governo

a riscuotere tempestivamente le somme dovute da Alcoa in base alla decisione della Commissione UE di fine 2009 e ad impiegarle per politiche di welfare alla persona e investimenti in formazione ed infrastrutture affinché all'uscita degli investitori da industrie di base energivore corrispondano le condizioni più favorevoli possibile alla nascita di aziende con reali prospettive di redditività e rispettose di un ambiente di rara bellezza, fattore di sviluppo su cui nessuno può competere con l'Italia.
9/4940/1. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco.

   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4-bis dell'articolo 4 del decreto in esame demanda ad un decreto del Ministro della Salute, previo accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la definizione del periodo minimo di validità dell'attestato di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, in relazione alle diverse «malattie croniche e invalidanti» e alla possibilità di miglioramento, valutata in base alle evidenze scientifiche; il comma 4-bis si riferisce a «malattie croniche e invalidanti» ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 («Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni»);
    l'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, si riferisce però a «malattie croniche o invalidanti»;
    a sua volta, il decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, emanato in attuazione del citato articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, reca nel titolo la dizione «malattie croniche e invalidanti»;
    all'interno dello stesso decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, nell'elenco delle condizioni e malattie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo e relative prestazioni, ci si riferisce a «malattie croniche o invalidanti»;
    in quattro disposizioni normative (di cui due nello stesso decreto) sono riportate quattro diciture diverse;
    è evidente come in questo caso l'individuazione della esatta congiunzione («e» od «o») non rileva solo ai fini della correttezza formale delle norme in questione, ma riguarda il diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza;
    è evidente come la scelta della congiunzione si rifletta sull'ambito di applicazione delle disposizioni in esame;
    infatti se le malattie croniche possono essere – ma non sempre – invalidanti, non è comunque necessariamente vero il contrario;
    è quindi opportuno che la dicitura riportata dal decreto-legge in esame sia modificata in «malattie croniche o invalidanti»,

impegna il Governo

ad adottare le urgenti e necessarie iniziative normative per modificare la dicitura «malattie croniche e invalidanti» in «malattie croniche o invalidanti» al fine di individuare l'esatto ambito di applicazione delle disposizioni citate e fare finalmente chiarezza nella normativa di riferimento dando così certezza alle migliaia di persone interessate dalle malattie in questione.
9/4940/2. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 interviene in materia di scadenza dei documenti di identità e di riconoscimento;
    in base alla normativa vigente gli immigrati residenti in Italia possono ottenere una carta d'identità italiana della durata di dieci anni nonostante siano titolari di un permesso di soggiorno di più breve durata;
    la disciplina appena descritta complica per le forze dell'ordine il riscontro della regolarità del soggiorno delle persone sottoposte a controllo, che possono esibire una carta d'identità valida anche se non più titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità;
    la semplificazione amministrativa si realizza anche agevolando e rendendo meno farraginosa l'opera di quanti operano al servizio dello Stato e più in generale della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a rendere più agevoli e di immediato riscontro i controlli sulla regolarità dei titoli di soggiorno degli immigrati, collegando la durata della carta d'identità rilasciata all'immigrato e delle relative iscrizioni anagrafiche all'effettiva durata del permesso di soggiorno.
9/4940/3. D'Amico, Bragantini, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Meroni.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17, al comma 4-quinquies aggiunto durante l'esame presso la Camera dei deputati, ha previsto che con decreto del Ministro dell'interno siano individuate le modalità per l'acquisizione d'ufficio di certificati necessari per procedimenti attinenti a lavoratori o studenti stranieri;
    il processo di «decertificazione» che viene previsto per i lavoratori stranieri rischia di realizzare una discriminazione a danno di quelli italiani, per i quali invece, come risulterebbe anche dalla recente circolare 47/2012 dell'Inps, continua ad essere in vigore l'obbligo di fornire la documentazione necessaria ad istruire il procedimento amministrativo, anche se già in possesso di altre amministrazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche di carattere interpretativo, volte ad estendere anche ai procedimenti amministrativi coinvolgenti lavoratori italiani le disposizioni citate in premessa sull'acquisizione d'ufficio dei certificati.
9/4940/4. Meroni.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame interviene in materia di semplificazioni e sviluppo;
    a dispetto tuttavia degli intenti dichiarati, il provvedimento nel suo complesso complica la vita quotidiana dei cittadini e delle imprese;
    sono introdotte norme che peggiorano la qualità della legislazione e appaiono incapaci di semplificare le procedure per cittadini e imprese e di rilanciare l'economia;
    si introducono interventi che gioveranno ben poco alle famiglie e alle piccole e medie imprese ed anzi lasciano prefigurare ulteriori complicazioni laddove ad esempio si procede alla digitalizzazione capillare senza tener conto dell'effettivo livello di alfabetizzazione informatica della popolazione,

impegna il Governo

a prendere coscienza della situazione sul territorio e delle piccole realtà del tessuto produttivo e del mondo artigiano ed a progettare la propria azione politica raccogliendo le esigenze e le preoccupazioni dei cittadini per procedere a vere effettive semplificazioni e alla sburocratizzazione degli oneri che gravano sulle imprese di piccole dimensioni.
9/4940/5. Allasia.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo, interviene in materia di residenza;
    i tempi previsti per l'adempimento dei necessari controlli da parte dei competenti uffici comunali sulla sussistenza dei requisiti di iscrizione e variazione anagrafica non garantiscono un effettivo controllo contro le residenze fittizie,

impegna il Governo

ad assicurare in ogni caso i necessari controlli in materia di verifica delle necessarie condizioni per la fissazione ed il cambio di residenza, mediante un adeguato coinvolgimento delle autonomie locali in sede di adozione del regolamento di cui al comma 5 dell'articolo 5, in materia di cambio di residenza in tempo reale.
9/4940/6. Volpi.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame interviene in materia di semplificazioni e sviluppo;
    tra le misure introdotte, l'articolo 5 reca modifiche della tempistica e delle modalità per l'effettuazione dei cambi di residenza;
    tale norma prevede la decorrenza delle iscrizioni relative ad alcune dichiarazioni anagrafiche, tra cui i trasferimenti di residenza da altro comune o dall'estero o all'estero, da effettuare in due giorni lavorativi, dalla data delle stesse dichiarazioni;
    in particolare, il comma 3 del citato articolo stabilisce che l'ufficiale d'anagrafe nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni effettua le iscrizioni, previa comunicazione al comune di provenienza;
    la disposizione dispone che la richiesta del soggetto interessato possa essere resa personalmente all'ufficiale dell'anagrafe o via fax o attraverso modalità informatiche certificate;
    la nuova tempistica introdotta appare impraticabile, soprattutto in molte realtà comunali, se si pensa ai necessari adempimenti cui debbono provvedere gli uffici comunali nei tempi attualmente previsti nei casi di richiesta di iscrizione anagrafica da parte di soggetti senza fissa dimora o di cittadini stranieri, comunitari o extracomunitari, per i quali è necessario raccogliere informazioni di pubblica sicurezza da parte della polizia locale e relative anche ai requisiti di alloggio;
    gli uffici d'anagrafe di molti comuni incontreranno notevoli difficoltà pratiche nell'assolvere a tali adempimenti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 5, anche al fine di adottare ulteriori iniziative normative, volte a rivedere la tempistica introdotta per la decorrenza delle iscrizioni relative alle dichiarazioni anagrafiche, stabilendo l'obbligo per l'ufficiale d'anagrafe di provvedere all'iscrizione nei trenta giorni successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cambio di residenza, anziché nel termine irrealistico dei soli due giorni lavorativi successivi alla presentazione della domanda previsto dal testo del Governo, che di fatto rende impossibile per gli uffici comunali e la polizia locale effettuare i necessari controlli di pubblica sicurezza.
9/4940/7. Bragantini.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame interviene in materia di semplificazioni e sviluppo;
    l'articolo 61, in particolare, detta norme transitorie e disposizioni in materia di atti amministrativi sottoposti a intesa;
    i commi 3 e 4 dell'articolo citato prevedono una disciplina sostitutiva in caso di mancato raggiungimento dell'intesa con le Regioni quando l'intesa stessa è richiesta per l'adozione di atti amministrativi dello Stato;
    tali disposizioni dispongono che, fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, nel caso non sia raggiunta l'intesa richiesta con una o più Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Governo possa deliberare ugualmente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine previsto per la sua adozione, motivandone l'adozione per gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali, ovvero per evitare un grave danno all'erario;
    sono evidenti, tuttavia, le implicazioni che possono derivare dalla possibilità riconosciuta in capo al Governo, nel momento in cui risulti disatteso il principio costituzionale di leale collaborazione fra Stato, Regioni ed enti locali;
    proprio sulla base del quadro costituzionale, delineato in particolare dai principi di cui agli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, e dell'ambito ampio e spesso troppo ambiguo della potestà legislativa concorrente e della conseguente potestà regolamentare tra i diversi livelli di governo, la norma appare di dubbia legittimità;
    invero, nel quadro costituzionale che emerge dalla riforma del Titolo V, attuata con la legge costituzionale «La Loggia» n. 3 del 2001, i principi di leale cooperazione e di sussidiarietà, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale (sentenza n. 303 del 2003), trovano nell'intesa e nell'accordo con le Regioni interessate strumenti fondamentali, che in determinate fattispecie hanno valore di strumenti di vera codecisione, e non di mera partecipazione, presupponendo il potere decisionale dei soggetti partecipanti alla definizione della materia di interesse comune;
    in particolare, la Corte ha escluso la legittimità di discipline che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, contengano la «drastica previsione della decisività della volontà di una sola parte», affermando, al contrario, la necessità che il contenuto dell'atto sia frutto di una codecisione paritaria e indicando, altresì, la necessità di prevedere, in caso di dissenso, idonee procedure per consentire lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare le divergenze,

impegna il Governo

a valutare la portata delle disposizioni introdotte e a considerare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative, volte ad eliminare dal testo del provvedimento la modifica proposta, alla luce della giurisprudenza costituzionale che ha evidenziato il significato dinamico dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione in tema di intese, stigmatizzando fattispecie normative nelle quali è stato configurato l'effetto della mancata intesa in termini di rigido superamento.
9/4940/8. Stefani.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, attraverso la istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, si pone l'obiettivo di ridurre i tempi di definizione delle controversie che vedono coinvolte le società;
    suscita perplessità la delineata distribuzione geografica delle sezioni specializzate in materia di impresa, limitata ad un numero individuato principalmente tra i tribunali e corti d'appello aventi sede in capoluoghi di distretto così da provocare forti disagi per l'utenza;
    con l'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, il Governo è stato delegato a procedere alla riorganizzazione della geografia giudiziaria, attraverso la riduzione del numero degli uffici giudiziari e la razionalizzazione dei relativi assetti territoriali;
    la delega sopra richiamata prevede la possibilità di procedere alla soppressione o alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale;
    tali sedi giudiziarie hanno una funzione importante nella distribuzione della geografia giudiziaria nel territorio nazionale e la loro presenza rappresenta un rilevante valore per le comunità dove sono dislocate;
    il loro accorpamento con sedi giudiziarie più grandi, lungi dal realizzare un'accelerazione del processo e la conseguente riduzione dei tempi del processo stesso, determinerebbe solo un intasamento delle sedi giudiziarie di maggiori dimensioni, anche in ragione delle difficoltà derivanti dal nuovo assetto delle sezioni specializzate in materia di impresa;
    mantenere l'attuale geografia assicurerebbe un effetto deflattivo per le sedi giudiziarie di maggiori dimensioni già inflazionate;
    pur non disconoscendo la necessità di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, si ritiene tuttavia necessaria una rimodulazione non traumatica degli attuali uffici giudiziari, al fine di scongiurare conseguenze che potrebbero risultare controproducenti e dannose per la tenuta del sistema giustizia e per la presenza capillare del servizio sul territorio come presidio di legalità, sicurezza e di tutela dei diritti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di conseguire gli obiettivi di risparmio ed efficienza, nell'ambito del più ampio progetto di riordino delle circoscrizioni giudiziarie e nell'ambito della istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, attraverso il mantenimento di quelle sedi di tribunale con un bacino di utenza non inferiore alle 300mila unità al fine di attuare una equilibrata redistribuzione degli uffici giudiziari.
9/4940/9. Nicola Molteni.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, interviene sul decreto legislativo n. 168 del 2003 che ha istituito sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia, modificandone la denominazione in «sezioni specializzate in materia di impresa»;
    il comma 1-bis all'articolo 1 del decreto legislativo n. 168 – istituisce nuove sezioni specializzate in tutti i tribunali e corti d'appello con sede nei capoluoghi di regione che finora ne erano sprovvisti nonché, in quanto sede di Corte d'appello, presso il tribunale e la Corte d'appello di Brescia, mentre la competenza per il territorio della Valle d'Aosta è attribuita dal citato comma 1-bis al tribunale e alla Corte d'appello di Torino;
    tale disciplina istituiva delle sezioni specializzate risulta essere del tutto irrazionale e presenta forti criticità sotto il profilo applicativo, in quanto non si è tenuto conto delle conseguenze sul funzionamento degli uffici giudiziari e delle peculiarità delle diverse realtà territoriali del Paese, con la conseguenza di determinare gravi disfunzioni per l'amministrazione della giustizia che andranno a ripercuotersi direttamente a danno delle imprese e dei cittadini;
    l'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, ha delegato il Governo ad adottare entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, si sarebbe dovuto procedere alla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa solo successivamente all'attuazione della delega di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n. 148, prima della costituzione delle sezioni specializzate di impresa, anche al fine di consentire una equa ridistribuzione dell'organico che verrà effettuata in occasione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie in attuazione della delega di cui alla citata legge n. 148 del 2011.
9/4940/10. Follegot.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, contiene misure finalizzate all'incremento del numero dei notai, al rafforzamento della concorrenza nei distretti e volte garantire il buon andamento della funzione;
    lo scopo di tali disposizioni è quello di potenziare il servizio per gli utenti, introdurre una maggiore concorrenza nel settore, migliorare la qualità delle prestazioni e promuovere il contenimento dei costi che oggi gravano sui cittadini,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa affinché nella determinazione delle tariffe notarili si tenga conto della necessità di tutelare i diritti dei cittadini e delle imprese nella difficile congiuntura economica in atto promuovendo la trasparenza delle tariffe dei notai attraverso iniziative idonee ad assicurare la pubblicazione nei siti internet dei Consigli del notariato di dettagliate tabelle contenenti le tariffe dei notai residenti con l'indicazione atto per atto del prezzo delle singole prestazioni.
9/4940/11. Isidori.

  La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, prevede che, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista sia determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante e che con decreto del Ministro della giustizia sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe;
    nel procedimento con cui vengono stabiliti con decreto ministeriale i parametri per la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale nonché dei parametri per determinare oneri e contribuzioni alle casse professionali ed agli archivi si dovrebbe prevedere che siano sentiti i Consigli nazionali delle professioni interessate, i quali possono fornire, per la competenza ed esperienza maturata nella materia, un contributo rilevante;
    le legittime aspettative dei mondo forense che invoca la Riforma dell'ordinamento forense attraverso approfondite consultazioni o confronti con gli organismi di rappresentanza istituzionale e politica, sono andate deluse dalle decisioni di questo Governo che ha ritenuto di procedere con provvedimenti di liberalizzazione selvaggia nel deliberato intento di ridurre la funzione costituzionale dell'avvocato e comprimendo lo stesso diritto del cittadino alla difesa, mentre sarebbe stato auspicabile procedere in via prioritaria alla conclusione della riforma della professione forense e in tale sede valutare le opportune modifiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di voler interpellare i Consigli nazionali delle professioni interessate, quali rappresentanze maggiormente qualificate per la competenza ed esperienza maturata nella materia a fornire un contributo rilevante, al fine della adozione da parte del Ministro competente dei parametri ivi previsti nonché al fine della approvazione del disegno organico e razionale di riforma dell'ordinamento forense.
9/4940/12. Lussana.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene norme di semplificazione in materia di appalti pubblici, soprattutto ai fini della verifica del possesso dei requisiti da parte delle imprese per partecipare alle gare, apportando modifiche al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006;
    il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, con l'articolo 4, comma 2, lettere f), g), l), m) e dd), ha introdotto una serie di semplificazioni in materia di appalti di lavori prevedendo, in particolare, che i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possano essere affidati dalle stazioni appaltanti attraverso procedura negoziata, con invito rivolto ad almeno dieci soggetti, per lavori di importo pari o superiore a 500,000 euro, e ad almeno cinque soggetti, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro;
    ai fini della garanzia della trasparenza e della correttezza delle operazioni, la norma limita l'utilizzo del subappalto e prevede procedure di pubblicità a posteriori all'aggiudicazione;
inoltre è stata rialzata la soglia per la procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori, passando da 1 milione di euro a un milione e cinquecentomila euro;
    la concorrenzialità viene quindi sempre garantita ma in un ambito locale ristretto, evitando la partecipazione alle gare di piccoli lavori delle imprese maggiori, che ovviamente spiazzerebbero la concorrenza dei piccoli appaltatori che spesso costituiscono la linfa economica delle comunità locali;
    peraltro, tale procedura evita gli accordi nascosti tra le imprese, impedendo loro a pilotare gli appalti della pubblica amministrazione;
    le semplificazioni introdotte con il citato decreto-legge n. 70 del 2011 hanno dato quindi nuovo impulso allo sviluppo delle aziende locali, permettendo alle amministrazioni aggiudicatrici ad invitare alle gare di appalto imprese pulite, conosciute nel territorio, che hanno già dimostrato in passato la propria operatività e capacità tecnica, e garantendo, nel contempo, il coinvolgimento ciclico delle imprese locali,

impegna il Governo

sulla base dei risultati raggiunti con l'entrata in vigore delle semplificazioni introdotte con il decreto-legge in esame e di quelle introdotte con il decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, ad adottare le opportune iniziative, dirette a semplificare ulteriormente le procedure per l'affidamento degli appalti pubblici di importo inferiore alle soglie comunitarie.
9/4940/13. Paolini.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame si pone il preciso scopo di semplificare e sviluppare il tessuto economico nazionale, allo scopo di favorire la competitività delle imprese, intervenendo nei nodi del sistema paese che rendono difficoltosa la dinamica economica, produttiva ed imprenditoriale nel suo complesso;
    è doveroso in primo luogo intervenire laddove è la pubblica amministrazione a rappresentare un motivo di impedimento e rallentamento dello sviluppo economico, a causa di una burocrazia asfissiante, spesso non coerente, sempre più freno e mai volano della attività imprenditoriale;
    ogni volta che la pubblica amministrazione deve obbligatoriamente pronunciarsi su una richiesta da parte del mondo economico, i tempi di risposta sono imprevedibili nella loro durata e spesso incomprensibili quando oppongono dei dinieghi non motivati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di interventi normativi volti a prevedere l'obbligo per tutti i livelli della Pubblica Amministrazione di pronunciarsi tramite forme di dissenso costruttivo per i casi di provvedimenti sfavorevoli, in modo che sia onere della PA indicare al cittadino quali siano le integrazioni e correzioni da apportare per poter ottenere il provvedimento favorevole.
9/4940/14. Dozzo.

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto in conversione nasce con l'obiettivo, che ne giustifica l'urgenza, di semplificare il sistema di riferimento delle attività economiche nazionali, allo scopo di favorire la competitività delle imprese, intervenendo nel nodi del sistema paese che rendono difficoltosa l'attività economica, produttiva ed imprenditoriale nel suo complesso;
    tra i principali colli di bottiglia che strozzano l'attività delle imprese la burocrazia della pubblica amministrazione è certamente quella più grave, perché spesso la necessità di tutelare legittimi diritti ed interessi si trasforma in un dilazionamento senza fine dei tempi di rilascio delle autorizzazioni, che scoraggia soprattutto gli investitori e gli imprenditori onesti;
    la necessità di coinvolgere nel rilascio di documenti autorizzativi una molteplicità di amministrazioni nella conferenza dei servizi dovrebbe favorire la sintesi delle posizioni e un'interlocuzione unitaria e più agevole con le imprese, ma nella realtà l'impossibilità di ricomporre le posizioni finisce con il paralizzare la conferenza stessa,

impegna il Governo

   a prevedere che, all'esito dei lavori della conferenza dei servizi, e in ogni caso scaduti i termini previsti per il rilascio delle autorizzazioni richieste, l'amministrazione procedente, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza;
   a stabilire che la mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento siano valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato.
9/4940/15. Giancarlo Giorgetti.

  La Camera,
   apprezzando l'impegno dimostrato dal Governo nel promuovere un'azione di semplificazione normativa e nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione, che si sviluppa nel solco della continuità con l'esecutivo in carica fino allo scorso mese di novembre;
   sottolineando tuttavia, la legittima preoccupazione che radicali interventi di semplificazione nella produzione della certificazione antimafia possano creare delle vulnerabilità nella difficile azione di contrasto alla criminalità organizzata,

impegna il Governo

ad introdurre norme sempre più efficaci anche sotto il profilo della certificazione antimafia, in modo da ridurre ulteriormente le occasioni di infiltrazione della mafia nella gestione degli appalti e comunque nelle attività economiche legali.
9/4940/16. Gidoni.

  La Camera,
   apprezzando l'impegno dimostrato dal Governo nel promuovere un'azione di semplificazione normativa e nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione, che si sviluppa nel solco della continuità con l'esecutivo in carica fino allo scorso mese di novembre;
   la disponibilità dimostrata dai Governo nel rendere più flessibili alcune disposizioni che rischiavano di rendere altrimenti più complesse le procedure per l'ottenimento del porto d'armi a finalità di caccia e tiro a segno, nonché per la produzione dei materiali esplodenti;
   evidenziando l'opportunità di proteggere anche con normative più adeguate gli interessi delle imprese che fabbricano armi e munizioni per uso caccia e tiro a segno;

impegna il Governo

a dare pronta attuazione alle misure prefigurate nel provvedimento all'esame della Camera e predisporre ulteriori interventi di semplificazione nella stessa direzione, anche aprendo un tavolo di concertazione con le imprese interessate.
9/4940/17. Molgora.

  La Camera,
   apprezzando l'impegno dimostrata dal Governo nel promuovere un'azione di semplificazione normativa e nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione, che peraltro si sviluppa nel solco della continuità con l'esecutivo in carica fino allo scorso mese di novembre;
   riconoscendo la rilevanza dell'interesse ad accelerare le dismissioni della parte di patrimonio immobiliare della Difesa non più utile alle esigenze istituzionali ed addestrative delle Forze Annate;
   sottolineando tuttavia, il grande valore artistico, culturale ed ambientale di parte importante del patrimonio immobiliare della Difesa, che merita di essere tutelato anche per le future generazioni;
   ribadendo che in talune circostanze l'interesse congiunturale al risanamento economico e finanziario deve cedere rispetto alla considerazione dell'interesse permanente alla conservazione del patrimonio storico, culturale, paesaggistico e naturalistico del Paese;

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative necessarie a prevenire che dalla semplificazione delle procedure di dismissione concernenti il patrimonio immobiliare della Difesa possa derivare un nocumento permanente ai beni culturali, artistici, paesaggistici e naturalistici del Paese.
9/4940/18. Chiappori.

  La Camera,
   premesso che:
    esaminato negativamente il provvedimento in titolo;
    alla luce della grave crisi economica finanziaria internazionale e della urgente ed impellente necessità di dover ridurre le spese pubbliche, il decreto-legge 78/2010 ha previsto delle riduzioni nei trasferimenti erariali per gli enti locali i quali, congiuntamente anche alla successiva Legge di stabilità per l'anno 2012, devono oggi rimodulare, all'interno dei rispettivi bilanci, sia le voci di spesa di parte capitale e legate al rispetto del Patto di stabilità interno, sia le voci di spesa di parte corrente, tra le quali anche quelle relative alle spese di personale;
    la Legge di stabilità 2012, ai commi 102 e 103 dell'articolo 4 della legge n. 183/2011, prevede come a partire dal 1o gennaio 2012 l'applicazione agli enti locali dello stesso tetto previsto per le assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e con contratti di collaborazione coordinata e continuativa da parte delle amministrazioni dello Stato e delle regioni dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, fissando tale tetto nel 50 per cento della spesa sostenuta allo stesso titolo nell'anno 2009, precisando altresì come tale tetto debba essere esteso anche alle altre tipologie di assunzioni flessibili, quali i contratti di somministrazione, il lavoro accessorio e i contratti di formazione e lavoro, e comprendendo in tale limite anche le assunzioni ex articoli 110 e 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
    la legge n. 14 del 2012, di conversione del decreto cosiddetto mille proroghe, prevede l'esclusione di tali disposizioni per le assunzioni a tempo determinato dei vigili urbani e del personale educativo e docente degli enti locali e che gli enti locali, in virtù del carattere di principio della disposizione, possono derogare al tetto di spesa fissato dall'articolo 9 comma 28 del di n. 78 del 2010, da una parte per le assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa e dall'altra per i contratti di somministrazione, il lavoro accessorio, i contratti di formazione e lavoro e gli altri rapporti formativi;
    tale deroga non può tuttavia operare né per aumentare la soglia massima della spesa consentita, né per introdurre eccezioni, ma per prevedere che il tetto del 50 per cento di quanto speso nel 2009 sia calcolato in modo unitario sul totale di queste voci e non in modo segmentato per singole voci e/o per i due blocchi previsti dalla disposizione legislativa;
    sono numerosi i comuni, come il Comune di Arcole (Verona), che pur ravvisando un'attuale incidenza delle spese di personale pari al 28,5 per cento del totale delle spese correnti e con un rapporto di un dipendente pubblico ogni trecento abitanti, non possono, in deroga ai limiti sulle assunzioni stabiliti dalla normativa vigente, procedere alla stabilizzazione di contratti di formazione lavoro per l'assunzione a tempo indeterminato di due dipendenti e alla contestuale proroga di alcuni contratti a tempo determinato per assicurare il funzionamento di alcuni servizi comunali;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una revisione della normativa, in ragione delle difficoltà dei Comuni nell'assicurare il pieno e corretto svolgimento dei servizi ai cittadini, considerando, all'interno delle disposizioni previste, anche il rapporto tra il numero dei dipendenti pubblici e il numero di abitanti, tale da consentire a quelle amministrazioni che evidenziassero un rapporto efficiente, a procedere regolarmente alle sostituzioni per anzianità di servizio.
9/4940/19. Negro.

  La Camera,
    attestato come il Governo, con il Decreto Legge n. 201 del 2011 riguardante «disposizioni urgenti disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti annovera, all'interno delle misure finalizzate, la re introduzione dell'imposta immobiliare sulla prima casa (ex ICI) congiuntamente alla rivalutazione delle rendite catastali, alla cui rivalutazione viene altresì applicato un moltiplicatore, anticipando così di due anni, rispetto a quanto preventivamente previsto dal Decreto sul Federalismo municipale, l'introduzione della medesima IMU che, tuttavia, rispetto alla versione del decreto legislativo n. 23 del 2011, escludeva dalla sua applicazione sua applicazione gli edifici di prima abitazione;
    valutato che il tributo dell'IMU sulle prime abitazioni risulterà molto più oneroso per le famiglie dove vivono persone disabili o non autosufficienti, in ragione del fatto che queste famiglie sostengono spese molto maggiori rispetto alle altre famiglie dovute alla cura e alla necessaria assistenza per la salute dei propri famigliari disabili;
    stimato come le attuali detrazioni sulla prima abitazione, indipendentemente dalla condizione fisica dei famigliari che risiedono nell'abitazione, ammontino a 200 per ciascuna famiglia e a 50 euro per ciascun figlio, fino ad un massimo di otto figli, che risulti appartenente al nucleo famigliare e con una età inferiore ai 26 anni, per un comporto complessivo di 600 euro, e che tali risorse, a valere esclusivamente sulle risorse spettanti al Comune, non tengano nella dovuta considerazione quelle realtà famigliari che avrebbero certamente più necessità di avere delle riduzioni d'imposta, così che tali detrazioni, oggi giorno, non appaiono sufficienti per poter sgravare gli oneri derivanti dall'applicazione del tributo sulle famiglie con a carico figli o parenti non autosufficienti;
    considerato che l'Assemblea della Camera, già lo scorso dicembre, nel corso dell'esame agli ordini del giorno al Decreto-Legge n. 201 del 2011, aveva impegnato il Governo, approvando un ordine del giorno a firma della sottoscritta, a considerare la necessità di risolvere tale problematicità prevedendo una detrazione ad hoc per i soggetti disabili o non autosufficienti, e che tale questione era stata nuovamente riproposta al Governo, non più tardi di due settimane fa, allorché nel corso dell'esame degli ordini del giorno sul Decreto in materia di semplificazioni, si impegnava il Governo, con l'approvazione di un ordine del giorno a firma dell'Onorevole Marco Rondini, a considerare che tali detrazioni sulla prima abitazione, per il biennio, 2012-2013, fossero ridotte del 50 per cento e fino alla completa concorrenza per ciascun figlio disabile grave non autosufficiente, così come individuato ai sensi della legge n. 104 del 1992, attraverso l'utilizzo di risorse dello Stato e derivanti da tagli alla spesa pubblica,

impegna il Governo

a dare immediatamente seguito agli impegni precedentemente assunti, prevedendo altresì, in ragione dell'elevata importanza sociale che tale disposizione prevede, che questa venga applicata anche per gli esercizi successivi al 2013, allorché l'imposta municipale unica supererà la fase sperimentale entrando nella fase a regime.
9/4940/20. Martini.

   La Camera,
   considerato che il sistema economico rappresentato dalle piccole e medie imprese costituisce il fulcro dell'intera economia italiana, costituendo oltre il 95 per cento del sistema imprenditoriale, impiegando circa l'80 per cento degli addetti totali e generando oltre il 70 per cento del valore aggiunto complessivo;
   valutato come il Paese si trova oggigiorno in un drammatico momento di restrizione del credito per le imprese, aggravato dal fatto che l'attuale erogazione ha altresì raggiunto costi altissimi, soprattutto per le piccole e medie imprese, e che la stessa restrizione comporta un aumento dei margini di interesse;
   ricordato che anche nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni si registrano gravissimi problematicità, derivanti dal fatto che gli enti locali, gravati dai stringenti vincoli del patto di stabilità, hanno dovuto allungare incredibilmente i tempi dei pagamenti delle forniture, appesantendo così a posizione finanziaria delle piccole e medie imprese, molte delle quali lavorano quotidianamente per il settore pubblico;
   preso atto che solo negli ultimi tre anni, trenta imprenditori veneti, vittime della crisi economica e incapaci di riscuotere i loro crediti dalla PA e sopraffatti dalla vergogna derivante dal fatto di non riuscire a pagare i propri debiti, si sono suicidati, e che tale fenomeno sta assumendo una deriva assolutamente incontrollabile;
   attestato come il fenomeno in Veneto ha anche una fortissima valenza sociale, allorché nel tessuto economico veneto, costituito per lo più da aziende di ridotte dimensioni, l'azienda è, di fatto, un'estensione del nucleo famigliare, allorché il 60 per cento degli imprenditori del Nordest sono ex operai, divenuti nel tempo imprenditori in proprio e che hanno cercato i loro dipendenti nella comunità locale, così che, negli anni e nel territorio, si è venuto a costituire un patto sociale fortissimo, nel quale, oltre alle difficoltà economiche, si aggiunge un obbligo morale,

impegna il Governo

ad intervenire celermente al fine di ridurre i tempi dei pagamenti dello Stato, degli enti locali e delle aziende pubbliche, favorendo altresì linee di credito a basso costo per quelle imprese che vantano crediti verso la pubblica amministrazione garantiti direttamente dallo Stato, e costituire altresì un Fondo di Garanzia apposito, con risorse a valere sullo Stato, da utilizzarsi per sostenere il credito delle PMI.
9/4940/21. Forcolin.

   La Camera,
   valutato come l'attuale crisi economica, manifestatasi a livello globale, soprattutto negli ultimi anni tre anni, e che ha investito tutti Paesi d'Europa, ha avuto pesanti ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano;
   ricordato che il Decreto Legge 25 Giugno 2008, n. 112 ex articolo 81, comma 32, in considerazione delle straordinarie tensioni cui sono sottoposti i prezzi dei generi alimentari e il costo delle bollette energetiche, nonché il costo per la fornitura di gas da privati, al fine di soccorrere le fasce deboli di popolazione in stato di particolare bisogno e su domanda di queste, aveva per primo introdotto la carta acquisti;
   evidenziato come la stessa carta acquisti, come prevista dai citato Decreto Legge, è concessa ai residenti di cittadinanza italiana, ovvero ai cittadini italiani regolarmente iscritti all'anagrafe comunale, che versano in condizione di maggior disagio economico, si configura come una carta acquisti utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche il cui valore è pari a 40 euro mensili, successivamente incrementati con due successivi decreti ministeriali, e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili;
   valutato come le persone che ne hanno diritto sono i cittadini italiani regolarmente iscritto all'Anagrafe della Popolazione Residente (l'Anagrafe comunale), suddivisi in due distinte tipologie, ovvero gli anziani tra i 65-69 anni con redditi o pensione fino a 6.000 euro l'anno ovvero gli anziani oltre i 70 anni con una soglia di reddito fino a 8.000 euro, e le famiglie con figli sotto i 3 anni, con un indicatore ISEE di 6.000 euro;
   constatato che il decreto-legge 5/2012 ha previsto l'articolo 60, ai commi 1-4, prevede l'avvio di una sperimentazione nei comuni con più di 250.000 abitanti, per favorire la diffusione della carta acquisti, tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno, tra le quali anche al fine di valutarne la possibile generalizzazione come strumento di contrasto alla povertà assoluta;
   considerato che entro novanta giorni dalla entrata in vigore dello stesso decreto-legge, in un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti alcuni aspetti riguardanti i criteri di identificazione dei beneficiari per il tramite dei comuni e l'ammontare della disponibilità sulle singole carte acquisto, sulla base del nucleo familiare e del costo della vita nei comuni coinvolti dalla sperimentazione,

impegna il Governo

a considerare come indice di priorità, all'interno dell'apposito Decreto interministeriale che definirà i criteri per la identificazione dei beneficiari, il criterio del numero di persone non autosufficienti, così come individuati ai sensi della legge 104/1992, appartenente a ciascun nucleo famigliare ovvero prevedendo un aumento del 50 per cento della soglia massima di reddito o pensione entro cui si ha diritto alla carta acquisti per ciascuna persona disabile grave non autosufficienti presente nel nucleo famigliare stesso.
9/4940/22. Pastore.

   La Camera,
   preso atto che la difficile situazione economica sta gravando, in particolare, in Europa, dove, anche a causa della debolezza dell'euro, tutti i settori economici stanno attraversando una situazione di grave recessione, tra i quali anche il settore del commercio e dell'autotrasporto;
   considerato che in Italia la crisi è ulteriormente acuita dalla riduzione della domanda dei consumi provocata sia dalla crisi internazionale, sia dai recenti provvedimenti governativi che hanno determinato un aumento della pressione fiscale, sia sul lavoro dipendente che sul lavoro autonomo;
   valutato come nelle ultime settimane il prezzo dei derivati del petrolio, benzina e gasolio, è aumentato in modo considerevole in tutto il territorio nazionale raggiungendo e superando, in alcuni casi, la cifra record di 1,90 euro al litro, e che tale aumento sta determinando una drastica riduzione dei consumi, un consistente aumento del costo delle materie prime e un forte irrigidimento del mercato dell'autotrasporto, già duramente provato, peraltro, dalla crisi che da diversi mesi ha colpito il settore;
   considerato che il prezzo dei carburanti risente pesantemente delle accise, pari oggi ad oltre settanta centesimi di euro ogni litro e tra le quali figurano ancora le accise sulla guerra in Abissinia del 1935, la missione in Libano del 1983 o, da ultimo, gli 8 centesimi stabiliti dal Decreto «Salva-Italia», e che l'IVA venga calcolata considerando non il prezzo industriale della benzina, ma quello risultante dalle somme delle accise,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti per consentire un monitoraggio più attento del prezzo dei carburanti adottando, al contempo, le opportune iniziative al fine di calmierare il prezzo dei carburanti attraverso riduzioni della spesa pubblica.
9/4940/23. Simonetti.

   La Camera,
   visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 7 settembre 2010, Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 38 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge 133 del 2008, in base al quale viene riordinata e semplificata la disciplina degli sportelli unici per le attività produttive (SUAP), i quali rappresentano il punto d'accesso per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale;
   considerato che il legislatore è intervenuto a più riprese al fine di semplificare ulteriormente la normativa sullo sportello unico e compensare le lacune e le difficoltà operative relative a tale strumento, tale da informatizzare quanto più possibile la procedura di comunicazione, e che il SUAP non sia ancora entrato pienamente in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, soprattutto nei comuni, di dimensione inferiore, dove la informatizzazione tra gli enti ha limitato l'applicazione degli adempimenti;
   valutato come, anche a seguito di tali difficoltà applicative, è stato emanato il medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010 al fine di riscriverne la disciplina e affidando le funzioni del SUAP, laddove non ancora costituito, alle camere di commercio territorialmente competenti, così sopperire alle carenze informatiche, anche parziali, dei comuni;
   stimato come solo attraverso una completa informatizzazione sarà possibile velocizzare ulteriormente tutte le fasi necessarie per procedere all'avvio di un'impresa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di semplificare ulteriormente la procedura di SUAP, coordinandola con i diversi attori coinvolti, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di verifiche da parte delle diverse amministrazioni, e favorendo l'informatizzazione fine di velocizzare il processo informativo così da rendere operativa l'impresa nel tempo più breve possibile.
9/4940/24. Comaroli.

   La Camera,
   preso atto della difficile situazione nella quale si ritrovano numerosi enti locali, in virtù della grave crisi economica internazionale che ha notevolmente ridotto le risorse a disposizione, sia economiche che umane, a favore degli enti medesimi, determinando la conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
   ricordato come, proprio a causa della gravità della situazione, gli enti locali, in ragione della medesima crisi oltre che dei stringenti vincoli adottati a livello europeo in materia di indebitamento pubblico e delle conseguenti riduzioni dei trasferimenti erariali, hanno dovuto rivedere completamente la loro pianificazione economica e finanziaria;
   valutato come all'interno delle diverse disposizioni emanate nel corso degli ultimi mesi, il Decreto Legge 201/2011, noto come «decreto salva italia», all'articolo 13, comma 7, stabilisce come il fondo sperimentale di riequilibrio, e il fondo perequativo, istituiti dal decreto legislativo n. 23 del 2011, subiscano delle variazioni «in ragione delle differenze del gettito stimato ad aliquota di base derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo» e altresì come all'articolo 28, comma 7, del medesimo disposto, venga ordinato come «Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13, del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai Comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di ulteriori 1.450 milioni di euro per gli anni 2012 e successivi», indicando, al successivo comma 9, come la riduzione prevista operi in proporzione alla distribuzione territoriale dell'imposta municipale propria sperimentale di cui all'articolo 13 del medesimo articolo 13;
   considerato che le normative introdotte dal provvedimento rivedono completamente le precedenti disposizioni previste dal Decreto sul Federalismo Municipale, apportando, al contempo, profonde riduzioni al fondo di riequilibrio sulla base di una metodologia non chiara e che, oltre a rendere di difficile comprensione il disposto normativo, rende di fatto impossibile per gli enti locali quantificare con precisione l'importo della riduzione prevista;
   valutato che il Decreto inerente l'alimentazione ed il riparto del fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 7 dell'articolo 2 del Decreto legislativo 14 Marzo 2011, n.23 per l'anno 2012, prevede che, ai sensi del medesimo articolo, il fondo varia in ragione delle differenze del gettito stimato dell'imposta municipale propria (IMU) ad aliquota di base e che, in caso di in capienza, ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue;
   ricordato come la quantificazione degli effetti finanziari connessi all'attribuzione della nuova imposta ed alle corrispondenti compensazioni sul fondo sperimentale di riequilibrio per il 2012 avviene sulla base di dati previsionali per cui necessita di una verifica successiva, sulla base delle informazioni sul gettito effettivamente realizzato, desumibili anche in corso d'anno, attraverso l'analisi dei versamenti dell'acconto, in considerazione dell'obbligatorietà del versamento disposta dall'articolo 13, comma 12, del citato decreto legge n. 201 del 2011;
   considerato che sebbene i dati concernenti l'imposta municipale propria anno 2012, risultanti dalle comunicazioni in data 22 e 24 febbraio 2012 ed elaborati dal dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze necessariamente in via previsionale, atteso che trattasi di una nuova imposta, sembrano attestare, ad una prima analisi, seppur parziale e momentanea, come la maggioranza dei comuni che dovranno rendere all'erario delle risorse, in quanto si presume incasseranno un gettito maggiore di IMU di quello che invece avrebbero conseguito dai trasferimenti erariali, si trovano principalmente, tra le altre, in Lombardia, Liguria, Toscana, Veneto e Piemonte;
   valutato come l'accordo raggiunto in Conferenza Stato-Città del 1o Marzo prevede la possibilità di rivedere la quantificazione del fondo a partire dal prossimo mese di Luglio, allorché saranno disponibili dati più aggiornati sul gettito IMU, mentre ad Ottobre sarà operato il conguaglio sulla base delle stime di distribuzione di Luglio aggiornate;
   considerato che senza dati e risorse certe, la predisposizione dei bilanci previsionali 2012 per i comuni diventa di estrema difficoltà, anche in ragione del fatto che al termine della loro approvazione, fissato, dopo l'intervento normativo del Decreto «Mille-proroghe» al 30 Giugno, mancano ormai soltanto poche settimane,

impegna il Governo

  a rivedere con assoluta priorità e prima del termine stabilito, la corretta quantificazione del fondo di riequilibrio, così da permettere agli enti locali di poter determinare con precisazione l'esatto importo del fondo medesimo spettante per poter così predisporre celermente all'approvazione dei bilanci preventivi 2012.
9/4940/25. Bitonci.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 49, comma 1, lettera b), modificativo dell'articolo 6 della legge n. 240 del 2010, elimina la possibilità di affidare ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti del ruolo ad esaurimento, ai tecnici laureati che hanno svolto tre anni di insegnamento, e ai professori incaricati stabilizzati, compiti di tutorato e di didattica integrativa;
    il comma 3 del medesimo articolo 6 della legge n. 240 del 2010, fissa il limite massimo di ore che i ricercatori di ruolo devono riservare annualmente «a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a prevedere il coordinamento delle disposizioni previste rispettivamente ai commi 1, lettera b), e 3 del medesimo articolo 6 della legge n. 240 del 2010.
9/4940/26. Cavallotto, Goisis, Grimoldi, Rivolta.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 31 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, abroga i commi 313, 314 e 315 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
    in particolare il suddetto comma 313 ha introdotto il metodo della peer review (revisione dei pari), stanziando una percentuale del dieci per cento del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), di cui all'articolo 1 comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, destinandola a progetti di ricercatori di età inferiore a 40 anni, operanti a qualunque titolo in attività di ricerca e per l'appunto valutati, secondo il metodo della valutazione tra pari, da un comitato ad hoc;
   il predetto comitato è composto da ricercatori, di nazionalità italiana o straniera, in maggioranza di età inferiore ai quaranta anni e riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l'impact factor (indice assegnato in base al numero di citazioni in riviste importanti) ed il citation index, che operano presso istituzioni ed enti di ricerca (per il 50 per cento non italiani), e svolgono attività nei settori disciplinari relativi alla ricerca scientifica e tecnologica;
   nell'ambito della ricerca scientifica, la valutazione tra pari, o revisione dei pari, indica in pratica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l'idoneità alla pubblicazione su riviste specializzate o, nel caso dei progetti, al finanziamento;
   si tratta di uno strumento per la selezione dei progetti basato su rigore, competenza, indipendenza intellettuale e assenza di ogni conflitto di interesse;
   nel corso della discussione all'altro ramo del Parlamento è stato chiesto il ripristino delle norme abrogate, ottenendo il diniego del Governo, la cui motivazione risiederebbe nell'impossibilità tecnica di adottare il meccanismo in parola, a causa dell'indisponibilità di revisori giovani, sia in Italia sia all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare, anche operando, per quanto di propria competenza, sostenendo l'approvazione di adeguate proposte di iniziativa parlamentare, il sistema internazionale della peer review, prevedendo l'istituzione di un «Albo aperto» a valutatori italiani e stranieri che operino per «aree specifiche di ricerca», sia per avere una valutazione comparativa dei diversi progetti nell'ambito dello stesso filone di ricerca (riportando l'intero procedimento di valutazione dei progetti stessi a procedure standard internazionali, e nel contempo accelerandone la loro assegnazione), sia per orientare la scelta verso aree che sono considerate, a livello mondiale, molto promettenti.
9/4940/27. Grimoldi, Goisis, Cavallotto, Rivolta.

   La Camera,
   l'articolo 53 del disegno di legge in titolo prevede l'approvazione da parte del CIPE di un «Piano nazionale di edilizia scolastica» entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto;
   nelle more dell'approvazione del suddetto Piano, è previsto altresì un «Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici», nonché l'adozione di misure per il miglioramento dell'efficienza degli usi finali di energia negli edifici adibiti a istituzioni scolastiche, università ed enti di ricerca sulla base di linee guida che dovranno essere predisposte entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto;
   la norma in commento demanda, inoltre, a un decreto interministeriale la definizione delle norme tecniche-quadro con gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica, allo scopo di adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di impiego degli edifici scolastici;
   il Piano nazionale di edilizia scolastica è approvato dal CIPE, con il coinvolgimento dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e finanze e dell'ambiente in fase di proposta, nonché previa intesa in sede di Conferenza unificata e degli enti locali (che indicano le rispettive esigenze);
   il complesso iter del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici è stato inaugurato con la legge finanziaria 2003 (articolo 80, comma 21, della legge n. 289 del 2002) ed articolato in due stralci (approvati con delibere CIPE rispettivamente nel 2004 e nel 2006), cui si aggiunge un terzo programma stralcio non ancora sottoposto al CIPE;
   nelle more dell'adozione del citato terzo programma stralcio, la legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 239 della legge n. 191 del 2009) ha introdotto alcune norme procedurali finalizzate a garantire condizioni di massima celerità nella realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, prevedendo, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari, l'individuazione di interventi «di immediata realizzabilità fino all'importo complessivo di 300 milioni di euro»;
   la predetta «risoluzione», approvata in data 2 agosto 2011, è citata dall'articolo 30 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto «salva Italia»), che ne dispone l'attuazione entro il 12 gennaio 2012;
   anche l'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008, è intervenuto in materia, prevedendo, l'assegnazione da parte del CIPE una quota del Fondo aree sottoutilizzate (FAS) al Fondo infrastrutture di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008. Ciò è avvenuto nel 2009, allorquando il CIPE ha assegnato al Fondo infrastrutture 1 miliardo di euro da destinare al Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici;
   la successiva delibera del 13 maggio 2010 (rettificata dalla delibera 67/2010) ha assegnato la prima quota parte (pari a 358,42 milioni) per il «piano straordinario stralcio», da erogare secondo «secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse FAS».;
   il decreto-legge 201 del 2011 ha introdotto due disposizioni relative alla sicurezza degli edifici scolastici: una prima (all'articolo 25, comma 1-bis, prevede che le somme precedentemente non impegnate per la realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole fossero destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato; una seconda disposizione (all'articolo 30, comma 5-bis) sull'attuazione degli interventi «di immediata realizzabilità», che comprende anche l'adozione degli atti necessari all'erogazione delle risorse del Fondo per Io Sviluppo e la Coesione (FSC), destinate alle medesime finalità ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012);
   l'articolo 33, commi 2 e 3, della legge n. 183 del 2011 ha previsto poi che le risorse del FSC vengano assegnate dal CIPE con indicazione delle relative quote annuali e che a tale fondo venga assegnata una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, ”da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese sulla base di titoli giuridici perfezionati alla data del 30 settembre 2011, già previsti nell'ambito dei programmi nazionali per il periodo 2007-2013;
   nel corso della seduta del 20 gennaio 2012, secondo quanto riporta il Governo medesimo, il CIPE ha deliberato l'assegnazione di 300 milioni di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
   considerata la scarsità di risorse statali rispetto alle reali necessità derivanti dagli interventi per la messa in sicurezza delle scuole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che i fondi stanziati a tale fine dagli enti locali siano esclusi dal patto di stabilità.
9/4940/28. Goisis, Cavallotto, Rivolta, Grimoldi.

   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto di lavoro del personale scolastico (dirigenti, docenti/ATA) ha natura privatistica e contrattuale;
    la competenza legislativa in materia di disciplina dei rapporti individuali e collettivi anche del personale scolastico, così come del personale alle dipendenze della pubblica amministrazione in genere, è dello Stato in via esclusiva ai sensi della lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione (ordinamento civile: Corte costituzionale, sentenza n. 50 del 2005) e la legge statale che attualmente regola tali rapporti è il decreto legislativo n. 165 del 2001;
    il decreto legislativo n. 165 del 2001 costituisce la base normativa del trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni per quanto riguarda il personale e tale base normativa non può essere modificata se non con legge statale. Il decreto legislativo dispone, infatti, che la contrattazione collettiva determini:
     a) il trattamento economico e normativo del personale (articoli 2, comma 3, 45 e 51, comma 1): esso non può essere determinato unilateralmente dal datore di lavoro pubblico;
     b) il sistema contrattuale: quanti e quali debbano essere i livelli di contrattazione; quante e quali siano le materie affidate alla contrattazione integrativa; quale debba essere il rapporto tra i differenti livelli; quale debba essere la durata del contratto eccetera (articolo 40, comma 3). Ogni eventuale variazione dell'assetto contrattuale, introdotto perché ritenuto in ipotesi più congruo con il nuovo assetto istituzionale, deve essere concordata con le organizzazioni sindacali in sede di contrattazione collettiva;
     c) i diritti e le relazioni sindacali. A questo proposito occorre sottolineare che sul piano delle relazioni contrattuali attualmente il potere di impartire indirizzi all'Agenzia per la rappresentanza regionale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) nella sua attività contrattuale nazionale – per il sistema scolastico – è esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (articolo 41, comma 2) e agli stessi soggetti spetta esprimere parere favorevole sull'ipotesi d'accordo raggiunta dall'ARAN e dai sindacati ammessi alla trattativa.
    l'insegnante – caso unico in tutto il pubblico impiego – si trova ancora accomunato con tutto il personale dipendente della scuola – compresi gli ausiliari;
    tale scelta di tipo politico ha determinato un’«anomalia» organizzativa costituita dall'istituzione della rappresentanza sindacale unitaria (RSU) eletta in ogni istituzione scolastica, dove l'insegnante può essere rappresentato da personale non docente che nulla ha a che fare con la sua professione e che ha titolo per definire in via pattizia aspetti specifici dell'attività professionale docente dei quali non sempre ha conoscenza e competenza;
    considerato che l'organismo negoziale (RSU) in ambito organizzativo non gode di alcuna autonomia o discrezionalità contrattuale né gestionale, dato che il dirigente scolastico attualmente non ha il potere di assumere il personale, ma dipende dalle norme amministrative stabilite dal Ministro competente, sia per quanto attiene alla gestione del bilancio, sia relativamente all'organico, nonché al governo del personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere il superamento del comparto unico della scuola attraverso nuove disposizioni legislative che stabiliscano l'articolazione di detto comparto in aree contrattuali separate, funzionali al riconoscimento delle rispettive e specifiche professionalità.
9/4940/29. Rivolta, Goisis, Cavallotto, Grimoldi.

   La Camera,
   esaminato il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo;
   tenuto conto che gli ultimi provvedimenti di urgenza proposti dal Governo al Parlamento hanno apportato una serie di modifiche, di carattere sostanziale, al codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, spesso intervenendo anche sullo stesso argomento con decreti-legge diversi; si citano ad esempio gli argomenti delle terre e rocce da scavo e terre da riporto o i dragaggi portuali e le relative competenze di autorizzazione per la movimentazione dei sedimenti;
   la legge 15 dicembre 2004, n. 308, che ha attribuito la delega al Governo per l'emanazione del Codice dell'ambiente aveva addirittura previsto il doppio passaggio dal Parlamento dello schema del relativo decreto legislativo, attribuendo un ruolo importante al Parlamento ai fini della stesura definitiva delle norme ambientali,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per riferire comunque in Parlamento prima dell'emanazione di decreti di attuazione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recanti integrazioni e modifiche alle disposizioni applicative del codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
9/4940/30. Lanzarin.

   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi provvedimenti di urgenza proposti dal Governo al Parlamento hanno apportato una serie di modifiche, di carattere sostanziale, al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, spesso intervenendo anche sullo stesso argomento o su argomenti similari con decreti-legge diversi,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per riferire comunque in Parlamento prima dell'emanazione di decreti di attuazione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recanti integrazioni e modifiche alle disposizioni applicative del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
9/4940/31. Dussin.

   La Camera,
   premesso che:
    risulta evidente e condivisa l'intenzione del Governo, ai fini della semplificazione dei procedimenti amministrativi, di attuare l'accorpamento delle autorizzazioni richieste dalla normativa nazionale e comunitaria vigente, anche ai fini del contenimento dei tempi e degli oneri a carico delle piccole e medie imprese;
    tenuto conto che il procedimento di valutazione d'impatto ambientale (VIA), per gli impianti e le opere sottoposti a tale procedimento ai sensi della normativa vigente, assicura un approccio globale sulla realizzabilità e sostenibilità ambientale degli interventi, nella scala del progetto definitivo, e ingloba l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), qualora richiesta della normativa vigente,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché i regolamenti e i decreti attuativi di semplificazione in materia ambientale, che prevedono l'accorpamento di autorizzazioni previste dalle disposizioni vigenti, assicurino che tutte le autorizzazioni in materia ambientale richieste ai fini dell'approvazione dei progetti definitivi siano inglobate nel procedimento di valutazione d'impatto ambientale (VIA), in tutti i casi di opere sottoposte a tale procedimento dalla normativa nazionale e comunitaria vigente.
9/4940/32. Alessandri.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene norme di semplificazione in materia ambientale per le piccole e medie imprese;
    il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009, recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, ha il nobile obiettivo di assicurare il controllo e la repressione delle attività illecite connesse con il ciclo di gestione e dello smaltimento dei rifiuti;
    tuttavia tale decreto ha creato difficoltà e preoccupazione tra gli operatori del settore sia per la previsione di costi eccessivi che penalizzerebbero sopratutto le piccole e medie imprese che costituiscono la maggioranza degli operatori interessati, sia per la rilevante confusione interpretativa, aggravata dal fatto che la violazione degli obblighi e delle prescrizioni è sanzionata oltre che civilmente anche penalmente;
    le ripetute proroghe dell'entrata in vigore del SISTRI sono rese necessarie, sia per le difficoltà dell'applicazione del sistema, sia per raggiungere intese interministeriali ed effettuare la dovuta concertazione con le imprese ai fini della semplificazione e della verifica tecnica delle componenti software e hardware, come previsto dall'articolo 6, commi 2, 3 e 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
    occorre una semplificazione del SISTRI, anche attraverso la soppressione di tutte le norme che si sono accavallate negli ultimi tre anni e l'attuazione di una semplificazione radicale del sistema, con esclusione dei rifiuti che non presentino criticità ambientali e dei soggetti che movimentano contenute quantità di rifiuti;
    sono all'esame dell'VIII Commissione numerose proposte di legge in materia di SISTRI,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative per sostenere, per quanto di propria competenza, la conclusione celere dell'esame delle proposte di legge richiamate nell'ultimo capoverso della premessa.
9/4940/33. Togni.

   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame, come licenziato dal Senato, non è più prevista l'abrogazione del comma 5-quinquies dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
    tale articolo prevede il reintegro del Fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora sia utilizzato per le calamità naturali, attraverso le entrate derivanti dall'aumento, fino a 5 centesimi per litro, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante;
    ultimamente sono intervenuti una serie di rincari dei carburanti che rendono insostenibili dai cittadini ulteriori incrementi delle accise, che indubbiamente incideranno anche sul prezzo finale dei prodotti in generale;
    secondo le rilevazioni di Staffetta Quotidiana la media ponderata nazionale dei prezzi della benzina in modalità servito è salita a l,883 euro/litro (+0,4 centesimi), quella del diesel a 1,782 euro/litro (+ 0,1 centesimi). Aumenti questi rilevanti se si tiene conto che la struttura del prezzo medio nazionale dei prodotti petroliferi risulta composta per oltre il 50 per cento di accise,

impegna il Governo

prima di procedere all'incremento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, ai fini del finanziamento di interventi conseguenti a danni da calamità naturali, ad adottare tutte le iniziative occorrenti dirette al reintegro del Fondo della protezione civile attraverso la legge di stabilità di ciascun anno e l'utilizzo di eventuali entrate di carattere straordinario.
9/4940/34. Fugatti.

   La Camera,
   premesso che:
    la formulazione dei dati contenuti nelle bollette dei servizi e forniture di energia elettrica, gas, acqua, telefonia ecc, risultano di difficile lettura per i cittadini e spesso provocano incomprensioni e disguidi, soprattutto per le persone anziane,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per emanare linee guida o circolari di indirizzo ai gestori dei servizi e forniture di energia elettrica gas, acqua, telefonia ecc, ai fini di una semplificazione della formulazione delle bollette, agevolandone la lettura per gli utenti.
9/4940/35. Polledri.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame reca modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante Codice della strada, al fine di semplificare alcune procedure amministrative;
    il comma 2 dell'articolo 97 del suddetto Codice prevede che la fabbricazione e la vendita delle targhe siano riservate allo Stato, che può affidarle con le modalità previste dal regolamento a specifici soggetti, di cui alla legge 8 agosto 1991, n. 264;
    consentire la fabbricazione e la vendita delle targhe dei ciclomotori ai soggetti riconosciuti dalla legge n. 264 del 1991 (che regola la consulenza automobilistica), con specifiche modalità previste dal regolamento di esecuzione del codice stradale stesso, non danneggerebbe in termini economici le entrate statali, ma liberalizzerebbe un settore che riguarda l'1 per cento del valore complessivo della produzione di targhe;
    in altri Paesi europei, questa attività è liberalizzata, mentre in Italia esiste ancora un monopolio in capo al Poligrafico dello Stato, che ostacola una riduzione dei costi delle targhe dei ciclomotori,

impegna il Governo

ad utilizzare gli appositi strumenti normativi al fine di liberalizzare la fabbricazione e la vendita delle targhe dei ciclomotori, creando quindi le condizioni per una riduzione dei costi a carico dei cittadini.
9/4940/36. Buonanno.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame prevede delle modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, Codice dalla strada;
    l'articolo 61 del suddetto codice dispone che gli autosnodati e filosnodati adibiti a servizio di linea per il trasporto di persone destinati a percorrere itinerari prestabiliti possono raggiungere la lunghezza massima di 18 metri;
    attualmente, in alcuni Stati europei quali Germania, Belgio, Romania e Svizzera già circolano veicoli di 24/25 metri di lunghezza;
    la possibilità per i soli filoveicoli di raggiungere una lunghezza superiore a quella attualmente consentita, permetterebbe, compatibilmente alle caratteristiche dei tracciati, una maggiore capacità di trasporto della linea di circa il 35 per cento;
    ai fini della sicurezza, a differenza degli autosnodati, l'autorizzazione alla circolazione dei filoveicoli su itinerari prestabiliti è subordinata al nulla osta della Direzione generale del trasporto pubblico locale e degli Uffici speciali trasporti ad impianti fissi;
    il miglioramento del servizio pubblico locale porterebbe benefici soprattutto alle città di medie e grandi dimensioni, che sono quotidianamente vittime del traffico veicolare,

impegna il Governo

ad intervenire, con gli appositi strumenti normativi, al fine di consentire la circolazione di filoveicoli di lunghezza fino a 24 metri, rispondendo alle esigenze di mobilità urbana e di diminuzione dell'inquinamento atmosferico.
9/4940/37. Montagnoli.

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 11 prevede delle modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, codice della strada;
    con circolare del Ministro dei trasporti 0982/4203/8 - A078 del 1o settembre 1981, è stata autorizzata, in via sperimentale, l'applicazione di un carrello elevatore sugli autoveicoli destinati al trasporto di cose, per il carico e lo scarico delle merci trasportate dagli stessi autoveicoli, in conformità a quanto previsto dall'articolo del Codice della strada in vigore al momento dell'emanazione della circolare ministeriale;
    l'allestimento in argomento, consistente nella sistemazione di un carrello elevatore sullo sbalzo posteriore di taluni veicoli è da ricondursi ad un carico trasportato a sbalzo;
    l'articolo 164 del Codice della strada attualmente in vigore, dispone, in merito alla sistemazione del carico sui veicoli, Cile un'eventuale sporgenza longitudinale posteriore del carico è ammessa, nei limiti prescritti, soltanto se trattasi di carico indivisibile, le cui dimensioni non ne consentono la sistemazione all'interno del contenitore di carico del veicolo;
    l'applicazione di un carrello elevatore è consentita attraverso l'omologazione, disciplinata da normativa comunitaria, in molti Paesi europei come Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda;
    la Commissione delle comunità europee, nella «Relazione sulla Normativa comunitaria sulle macchine», ha ritenuto che il settore delle macchine costituisca una parte importante del settore della meccanica ed è uno dei pilastri industriali dell'economia comunitaria;
    nell'ottica di un rinnovo degli automezzi nelle classi ecologiche Euro 5, molte imprese italiane che necessitano di veicoli dotati di carrelli elevatori, si stanno spostando nei Paesi europei dove tale omologazione è consentita,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le azioni necessarie, anche di carattere normativo, al fine di consentire nel nostro Paese, analogamente a quanto accade in altri Paesi europei, l'omologazione degli autoveicoli attrezzati con carrelli elevatori sullo sbalzo, così come consentito dalla normativa europea.
9/4940/38. Desiderati.

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 47, interviene con disposizioni volte, tra l'altro, a garantire la massima concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni;
    non è pensabile mettere in atto interventi di qualunque tipo nel settore delle telecomunicazioni senza che tali interventi siano accompagnati da una preliminare azione di mappatura delle reti di telecomunicazioni presenti sul territorio nazionale;
    la società Infratel Italia è una società controllata al 100 per cento da Invitalia, società pubblica controllata dal Ministero dello sviluppo economico, che ha il compito di attuare il Programma banda larga ed ottimizzare l'utilizzo delle risorse per evitare duplicazioni di investimenti;
    Infratel Italia prevede un'integrazione tra le infrastrutture di nuova realizzazione e quelle già esistenti, sia di operatori che di pubbliche amministrazioni locali, pertanto sembra impensabile che la suddetta società non abbia a disposizione una mappatura completa delle reti di telecomunicazioni esistenti;
    in data 29 marzo 2012, presso la IX Commissione della Camera, i rappresentanti di Infratel Italia SpA, in audizione sulle prospettive di realizzazione in Italia delle reti NGN, hanno riferito di avere solo dati parziali sulle reti attualmente presenti nel nostro Paese, riferiti esclusivamente alle zone in cui gli investimenti da parte degli operatori sono ritenuti non redditizi,

impegna il Governo:

   a predisporre ogni iniziativa necessaria affinché il Ministero dello sviluppo economico predisponga una mappatura dettagliata di tutte le reti di telecomunicazioni esistenti sul territorio nazionale, al fine di garantire interventi mirati nel settore, al fine di non disperdere l'eventuale utilizzo di risorse pubbliche;
   a prendere ogni iniziativa necessaria al fine di garantire che gli impegni assunti dagli operatori privati nel corso delle periodiche consultazioni pubbliche sui piani di investimento nella banda larga e ultra larga siano rispettati.
9/4940/39. Crosio.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 del decreto-legge in esame sopprime le norme che impongono la chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva;
    alcune norme di liberalizzazione dell'attività di panificazione sono contenute nel decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dove, all'articolo 4, è disciplinata la denominazione di «panificio», «pane fresco» e «pane conservato», per la valorizzazione del pane fresco italiano;
    l'attuazione della suddetta normativa è demandata ad un decreto ministeriale che non è stato ancora adottato;
    la denominazione di «pane fresco» permette, in particolare, di distinguere questo prodotto da altri tipi di pane, come quello confezionato o presurgelato e consente ai consumatori di riconoscere con chiarezza quando il pane è fresco e quando non lo è;
    il consumatore, in assenza di specifici obblighi di informazione, non è in grado di distinguere quando il prodotto è fresco o surgelato, ricevendo quindi indicazioni non chiare che recano soltanto confusione sulla qualità del pane acquistato;
    la mancanza di specifiche norme in materia mina un comparto composto da piccolissime imprese che danno lavoro a 400 mila addetti, indotto compreso, per un valore di circa 7 miliardi di euro l'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative per dare quanto prima attuazione alle misure contenute nel citato articolo 4, del decreto-legge n. 223 del 2006, a garanzia del diritto dei consumatori ad una corretta informazione e a tutela delle imprese che producono pane fresco italiano.
9/4940/40. Dal Lago.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24 del decreto-legge in esame reca una serie di novelle alle disposizioni del Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    la lettera f) del comma 1, in particolare, inserisce un comma 3-bis, all'articolo 228, del Codice relativo al contributo ambientale per il recupero dei pneumatici usati, istituito dal comma 2 del medesimo articolo 228;
    il nuovo comma 3-bis modifica il procedimento per la determinazione del suddetto contributo, facendo si che siano i produttori e gli importatori di pneumatici, e non più il Ministero dell'ambiente, a determinare annualmente l'ammontare del rispettivo contributo necessario per lo smaltimento dei pneumatici stessi;
    già oggi tante piccole aziende che operano nello smaltimento dei pneumatici sono tagliate fuori dal mercato, a causa delle tendenze monopolistiche messe in atto dai produttori e importatori di pneumatici, con conseguenze negative anche per i lavoratori;
    infatti, le modifiche normative, entrate in vigore il 9 giugno 2011, hanno permesso la costituzione di tre grandi consorzi delle più importanti case produttrici di pneumatici, denominati ECOPNEUS, ECOTYRE e GREENTYRE, che hanno nei fatti monopolizzato tutto il mercato e costretto gli operatori artigiani, che storicamente si sono occupati dello smaltimento di pneumatici fuori uso, a diventare terzisti dei nuovi consorzi, previo espletamento di gare;
    i criteri di selezione adottati nelle gare hanno praticamente escluso dal mercato tante piccole imprese che per anni hanno provveduto allo smaltimento dei pneumatici, creando una situazione che porterà alla chiusura di una gran parte delle aziende artigiane del settore;
    la modifica del codice dell'ambiente, introdotta con la lettera f) del comma 1 dell'articolo 24, attribuisce ulteriore autonomia ai citati consorzi, in merito alla determinazione dell'ammontare del relativo contributo ambientale, a carico degli acquirenti di pneumatici nuovi, permettendo anche l'eventuale rideterminazione del contributo nell'anno solare in corso,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché venga in ogni caso garantita la tutela delle piccole imprese che operano nello smaltimento dei pneumatici usati, permettendo così la continuazione dell'attività da queste svolta, anche a tutela dei lavoratori del settore.
9/4940/41. Torazzi.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14, comma 3, prevede che il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti volti a razionalizzare, semplificare e coordinare i controlli sulle imprese per promuoverne lo sviluppo e la competitività,

impegna il Governo

affinché, in sede di emanazione dei regolamenti di cui al comma 3 dell'articolo 14, sia garantita l'applicazione delle disposizioni previste dalle vigenti leggi anche per i controlli relativi alla tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale, nonché per quelli relativi all'igiene ambientale ed alimentare.
9/4940/42. Di Vizia.

   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame, come licenziato dal Senato, non è più prevista l'abrogazione del comma 5-quinquies dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
    tale articolo prevede il reintegro del fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora sia utilizzato per le calamità naturali, attraverso le entrate derivanti dall'aumento, fino a 5 centesimi per litro, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante;
    appare del tutto inappropriata la scelta di finanziare le calamità naturali con l'incremento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina a carico di tutti i cittadini, i quali verrebbero in questo modo doppiamente beffati, non solo perché colpiti direttamente o indirettamente dall'evento calamitoso, ma anche perché costretti a pagare una nuova tassa;
    è necessario che il Governo si adoperi per trovare un'altra copertura per rimpinguare il fondo della protezione civile senza incidere sulle accise, il cui ulteriore incremento sarebbe insostenibile per i cittadini anche alla luce dei continui rincari dei carburanti;
    secondo le rilevazioni di Staffetta Quotidiana la media ponderata nazionale dei prezzi della benzina in modalità servito è salita a 1,883 euro/litro (+0,4 centesimi) quella del diesel a 1,782 euro/litro (+0,1 centesimi). Aumenti questi rilevanti se si tiene conto che la struttura del prezzo medio nazionale dei prodotti petroliferi risulta composta per oltre il 50 per cento di accise;
    una soluzione potrebbe essere quella di provvedere all'integrazione delle risorse del suddetto fondo con i risparmi derivanti dal processo di ottimizzazione della produttività del lavoro avviato con la riforma del sistema della pubblica amministrazione voluta dall’ex Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative occorrenti dirette al reintegro del fondo della protezione civile con le risorse provenienti dai risparmi ottenuti con la riduzione delle dotazioni organiche del personale della pubblica amministrazione di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
9/4940/43. Vanalli.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame sostiene lo sviluppo del sistema economico del Paese attraverso la riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese;
    la complessità e i costi della burocrazia per le imprese sono infatti una delle prime cause dello svantaggio competitivo dell'Italia nel contesto europeo ed internazionale. La Commissione europea ha infatti stimato per l'Italia un'incidenza dei costi amministrativi derivanti dai diversi livelli di governo pari al 4,6 per cento del PIL, che equivale a un costo complessivo di circa 70 miliardi l'anno;
    nell'attuate fase economica il peso degli oneri amministrativi è ancora più intollerabile per le imprese, specie per quelle di più piccole dimensioni;
    molte istanze provenienti dal mondo delle imprese sono state tuttavia disattese dal Governo,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di semplificazione per le imprese fino a cinque dipendenti attraverso una maggiore riduzione degli oneri che attualmente gravano su di esse, con particolare riferimento agli adempimenti in materia di antincendio, anti-infortunistica e di tutela della privacy.
9/4940/44. Maggioni.

   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-quater dell'articolo 47 prevede misure per favorire la concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative ai fini della informazione del Parlamento in via preventiva sulle misure che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni individua in ordine all'apertura del mercato dei servizi di accesso di rete fissa.
9/4940/45. Fava.

   La Camera,
   valutate, in particolare, le principali novità per le piccole e medie imprese in materia di semplificazione amministrativa e di snellimenti burocratici;
   ricordato che le aziende per sopravvivere alla crisi, essere competitive e salvaguardare la base occupazionale, necessitano anche e soprattutto di incentivi ed abbattimento del costo del lavoro;
   considerato che un irrigidimento della flessibilità in entrata ed un contemporaneo ampliamento della flessibilità in uscita non creano nuovi posti di lavoro, ma piuttosto licenziamenti facili e sommerso,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di allentare la tensione sociale creatasi intorno alla riforma del mercato del lavoro in corso di emanazione, puntando sulla riduzione del costo del lavoro e l'ampliamento della tutela reddituale per i soggetti inoccupati/disoccupati, lasciando inalterata la tutela reale ex articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
9/4940/46. Fedriga.

   La Camera,
   preso atto della disposizione di cui all'articolo 4, comma 2-bis, volta a riconoscere al contrassegno auto per handicap validità su tutto il territorio nazionale;
   considerato necessario contrastare il fenomeno dei pass fasulli, o scaduti, ovvero donati;
   ritenuto che la verifica fiscale possa rappresentare un forte deterrente per l'esercito di automobilisti che utilizzano falsi permessi di invalidità per parcheggiare,

impegna il Governo

ad adottare, nelle more di attuazione del provvedimento, atti di propria competenza finalizzati a prevedere che le infrazioni accertate dai vigili urbani siano accompagnate da segnalazioni agli Uffici del Tesoro.
9/4940/47. Munerato.

   La Camera,
   preso atto degli obiettivi che il provvedimento in esame intende perseguire e ritenendo che un processo di sburocratizzazione possa aiutare la competitività delle nostre aziende,

impegna il Governo

ad adottare, nelle more di attuazione del provvedimento, iniziative volte ad una revisione delle norme che consentono l'utilizzo, ad avviso del presentatore, spregiudicato delle cooperative nei processi produttivi.
9/4940/48. Bonino.

   La Camera,
   premesso che:
    vanno considerate con particolare riguardo le norme relative alle procedure per il diritto all'astensione anticipata di maternità;
    ricordato che, secondo l'ultimo rapporto Istat sulla natalità per il biennio 2009/2010, nel 2010 sono nati 15mila bambini in meno rispetto ai dodici mesi precedenti, con un calo demografico che non si registrava dal 1995;
    rilevato che l'arresto della crescita demografica è conseguenza della crisi economica del paese, che per le coppie ha significato stipendi insufficienti e sfiducia generale;
    evidenziata pertanto la necessità di incentivare le strutture socio-sanitarie per il sostegno alla maternità ed alla paternità,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative a tutela e sostegno della maternità e paternità, anche attraverso la rimozione di ostacoli materiali e sociali.
9/4940/49. Reguzzoni.

   La Camera,
   premesso che:
    da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa il sindacato dei pensionati, negli ultimi giorni , ha evidenziato la palese ingiustizia che potrebbe scaturire dall'applicazione dell'IMU introdotta ex articolo 13, decreto-legge n. 201 del 2011 cosiddetto decreto «Salva Italia», qualora non venisse specificato che l'aliquota più bassa si applichi all'abitazione principale e alle abitazioni assimilate all'abitazione principale;
    il comma 2 ex articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, infatti, definisce abitazione principale l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente;
    all'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito nella Legge 24 luglio 2008, n. 126, che aveva stabilito, a decorrere dall'anno 2008, l'esclusione dall'ICI dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, era precisato che «per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal Comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto»;
    l'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, stabilisce che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente – che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale – ed i suoi familiari dimorano abitualmente e che, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 173, lettera b), della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, si identifica, salvo prova contraria, con quella di residenza anagrafica;
    per quanto riguarda, invece, le fattispecie degli immobili assimilati all'abitazione principale, l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito nella Legge 24 luglio 2008, n. 126 rinviava alle assimilazioni effettuate dai singoli Comuni con regolamento o delibera comunale vigenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
    questa disposizione deve essere letta in combinato disposto con altre norme vigenti in materia, che con essa vanno ad interferire. Il riferimento corre, in primo luogo, all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che attribuisce ai Comuni la potestà di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, negando tale potestà esclusivamente per quanto attiene all'individuazione e alla definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi, dell'aliquota massima dei singoli tributi, e dispone che, per quanto non regolamentato, si applicano le disposizioni di legge vigenti;
    la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 93 del 2008 si coordinava perfettamente con il disposto dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, laddove prevedeva, appunto, l'esclusione dall'ICI – oltre che delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale secondo la definizione ai sensi del decreto legislativo n. 504 del 1992 – delle unità immobiliari che i Comuni, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, abbiano inteso equiparare alle stesse;
    l'unico limite, che il legislatore del 2008 poneva ai Comuni per il riconoscimento dell'assimilazione, consisteva nella necessità che la stessa fosse effettuata con regolamento o delibera comunale vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 93 del 2008;
    la norma contenuta nell'articolo l, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2008 deve poi coordinarsi anche con le ipotesi di assimilazione espressamente previste da alcune disposizioni di legge già vigenti in materia. Si tratta, innanzi tutto, dell'articolo 3, comma 56, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, che permette al Comune di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. Si tratta, altresì, dell'articolo 59, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che attribuisce ai Comuni la possibilità di considerare abitazioni principali – con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta od anche della detrazione per queste previste – quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela;
    tassare l'abitazione principale è profondamente ingiusto perché significa colpire un bene primario incidendo due volte sul frutto del lavoro e del risparmio in netta violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 53 che sancisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva secondo il criterio della progressività. Ancor più iniquo è non considerare abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata,

impegna il Governo

ad emanare una propria circolare e ad adottare comunque ulteriori iniziative al fine di specificare in modo incontrovertibile che nella applicazione della tassazione IMU, sia considerata abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata.
9/4940/50. Rondini.

   La Camera,
   premesso che:
    tassare l'abitazione principale è profondamente ingiusto perché significa colpire un bene primario incidendo due volte sul frutto del lavoro e del risparmio in netta violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 53 che sancisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva secondo il criterio della progressività. Ancor più iniquo è non considerare abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata;
    in merito alla detrazione Imu, per ogni figlio residente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale è necessario chiarire la sua applicabilità anche per i padri separati, «i nuovi poveri», costretti a lasciare l'abitazione familiare, che debbono trovarsi un nuovo alloggio. Una nuova casa nella quale potranno, sia pure temporaneamente e a seconda dei casi, accogliere i loro figli. Considerato, infatti, che la legge 54/2006 non prevede, in caso di divorzio, la doppia residenza dei figli, questi genitori sarebbero esclusi dalla predetta detrazione IMU;
    la questione separazioni è veramente delicata, e ha una rilevante valenza sociale. La separazione, infatti, oltre ad essere il fallimento di un progetto di vita, assume caratteri di natura finanziaria . Il coniuge che deve, a seguito dell'ordinanza di separazione del tribunale, lasciare la casa coniugale di proprietà, corrispondere un assegno di mantenimento e pagare un affitto per quella dove alloggerà, in particolar modo in un periodo di crisi come quello che sta attraversando il nostro Paese, si trova ad affrontare una condizione economica estremamente difficile;

impegna il Governo:

ad emanare una propria circolare al fine di chiarire l'applicabilità delle detrazioni IMU per i figli a carico anche ai genitori separati che si trovino nelle condizioni di cui in premessa.
9/4940/51. Laura Molteni.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legge in esame ha introdotto la sperimentazione per un anno per i Comuni più grandi (con oltre 250mila abitanti) della nuova «social card» per cittadini comunitari e extracomunitari titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo in condizioni di indigenza; la congiuntura economica internazionale che ha investito anche il nostro Paese impone interventi volti a tutelare il potere d'acquisto delle famiglie;
    la famiglia rappresenta il primo ammortizzatore sociale,in quanto assolvendo ai suoi compiti, quali l'educazione dei figli, la presa in carico delle persone anziane e la tendenza al risparmio garantisce il funzionamento del sistema sociale anche nei periodi di crisi economica;
    il principio di eguaglianza enunciato ex articolo 3 della Costituzione presuppone pari trattamento dei diritti che scaturiscono da situazioni di fatto assimilabili e diverso trattamento di situazioni di fatto non sovrapponibili;
    la giurisprudenza costituzionale ha chiaramente sancito che le prestazioni di assistenza sociale debbono essere garantite anche ai cittadini extracomunitari;
    gli interventi di sostegno economico alla famiglia come previsti dal combinato disposto di cui agli articoli 29 e 31 della Costituzione non possono essere annoverati tra le prestazioni di assistenza sociale;
    la denatalità in Europa, e soprattutto in Italia, è ormai una emergenza. Entro il 2025 i primi Paesi europei – Italia, Spagna, Germania, Grecia – potrebbero sperimentare l'implosione demografica, ovvero la diminuzione effettiva della popolazione;
    attualmente l'Europa ha un tasso di fecondità medio di 1,4 figli per donna quando il livello di sostituzione – ossia il livello che permette di mantenere l'equilibrio – è di 2,1. L'evoluzione della percentuale di popolazione giovanile sul totale: nel 1950 si attestava su una percentuale del 26,2 per cento della popolazione europea al di sotto dei 15 anni, nel 1975 al 23,7 per cento, nel 2000 si sono ridotti al 17,5 per cento;
    il nostro paese deve essere da esempio nell'elaborare una linea politica di invito alla vita e operare per garantire tutte le condizioni utili ad una crescita della società incentrata sui valori di un umanesimo diffuso. Occorre, quindi, rimodulare l'azione politica sui valori fondanti della vita e della persona umana;

impegna il Governo

a farsi promotore di politiche dirette al sostegno e alla tutela della famiglia e al contrasto del fenomeno della denatalità.
9/4940/52. Fabi.

   La Camera,
   preso atto della necessità di procedere alla semplificazione degli adempimenti amministrativi al fine di alleggerire gli oneri e i vincoli a carico delle aziende e dei cittadini;
   ritenute tuttavia insufficienti ed inadeguate le misure introdotte, specie quelle rivolte agli operatori del comparto agricolo, soggetti di rilevanza strategica non solo per l'attività economica svolta ma anche per quella di presidio e tutela del territorio rurale indispensabile alla conservazione e al ripristino ambientale;
   considerato in particolare che, con riferimento all'attività faunistico venatoria, il suo mancato riconoscimento come attività connessa a quella agricola, limita fortemente l'operato di molte aziende agricole presenti sul territorio in forma singola o associata sotto forma di consorzi, che svolgono la duplice funzione di imprenditori agricoli e concessionari di aziende faunistico venatorie o che, pur non essendo imprenditori agricoli, svolgono comunque attività che non possono essere definite senza fini di lucro, come stabilisce l'articolo 16, comma 1, lett. a) della legge n. 157 del 1992 ai fini della determinazione di attività faunistico-venatoria;
   posto che, la tutela ambientale e l'attività faunistico venatoria sono oggi strettamente correlate all'attività agricola in virtù del ruolo multifunzionale ad essa attribuita anche dalla Politica Agricola Comune, per cui sarebbe opportuno valorizzare il ruolo che gli imprenditori agricoli possono svolgere in termini di servizi ambientali a favore dello sviluppo delle aree rurali;

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative volte a rivedere la disciplina stabilita dalla legge n. 157 del 1992 relativamente all'inquadramento giuridico delle aziende faunistico venatorie in quanto, sebbene esse svolgano prevalentemente un'attività di tutela ambientale senza scopo di lucro e nell'interesse pubblico, hanno sviluppato nel tempo attività e servizi che possono essere ricondotti, in quanto attività connesse, alla definizione di impresa agricola di cui all'articolo 2135 del codice civile.
9/4940/53. Fogliato.

   La Camera,
   preso atto della necessità di procedere alla semplificazione degli adempimenti amministrativi al fine di alleggerire gli oneri e i vincoli a carico delle aziende e dei cittadini;
   ritenute tuttavia insufficienti ed inadeguate le misure introdotte, specie quelle volte a semplificare i numerosi adempimenti burocratici previsti a carico degli imprenditori agricoli;
   visto in particolare che, con riferimento alla disciplina in materia di emissioni in atmosfera di allevamenti, il decreto legislativo 152/2006 stabilisce che non siano sottoposti ad autorizzazione gli impianti effettuati in ambiente non confinato, vale a dire allevamenti il cui ciclo produttivo non preveda il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali, e dispone inoltre deroghe specifiche per gli allevamenti effettuati in ambiente confinato adottando come criterio di riferimento il numero dei capi allevati, la categoria di animali e la tipologia di allevamento;
   in considerazione del ridotto potenziale inquinante degli allevamenti, con riferimento alle emissioni in atmosfera, sarebbe molto utile una riduzione dell'impatto numerico delle autorizzazioni previste, attraverso una revisione dei parametri di riferimento quali il numero di capi allevati, la categoria animale e la tipologia di stabulazione, facendole coincidere, in linea di massima, con quelle previste per le aziende già sottoposte ad Autorizzazione Integrata Ambientale AIA.

impegna il Governo:

a rivedere la normativa prevista in materia di emissioni in atmosfera di allevamenti al fine di estendere le categorie di allevamenti esonerati dall'obbligo di autorizzazione.
9/4940/54. Rainieri.

   La Camera,
   considerata necessità di procedere alla semplificazione degli adempimenti amministrativi al fine di alleggerire gli oneri e i vincoli a carico delle aziende e dei cittadini e contribuire quindi a rilanciare lo sviluppo e la crescita, specie nei settori strategici quali il comparto primario;
   visto che l'attuale crisi economica colpisce particolarmente il settore agricolo, già danneggiato dall'aumento dei costi di produzione, dalla fluttuazione dei prezzi, dalla instabilità dei mercati e dalla speculazione internazionale sulle materie prime;
   considerato che l'estensione dell'imposta municipale propria ai fabbricati rurali, sia ad uso abitativo che strumentale, e la rivalutazione dei terreni agricoli fino al 60 per cento del valore, ai fini del calcolo della base imponibile, disposte dal decreto legge 201/2011, convertito con modificazioni, dalla legge 214/2011, si traduce in un incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori con ricadute devastanti sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore che vede a rischio sopravvivenza molte piccole aziende agricole;
   preso atto della contrarietà manifestata dal mondo agricolo e dalle forze politiche in merito alla nuova tassazione degli immobili rurali che, inopportunamente penalizza un settore ad alta patrimonializzazione ma a bassa redditività, e che andrebbe invece favorito in quanto componente strategica, con oltre 240 prodotti DOP e IGP, della crescita economica del Paese,

impegna il Governo:

a valutare con urgenza la necessità di escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi ed essenziale alla ripresa economica nazionale.
9/4940/55. Callegari.

   La Camera,
   premesso che:
    l'IVA è un'imposta sui consumi con caratteristiche di un tributo «plurifase» applicato sul valore aggiunto che normalmente grava sul consumatore finale (contribuente di fatto), anche se adempimenti contabili e versamento all'Erario competono e gravano sui consumatori intermedi, titolari di partita IVA (contribuente di diritto). L'imposta viene quindi pagata in tutti i passaggi intermedi nella misura corrispondente all'incremento che il bene o il servizio subisce;
    il criterio di applicazione dell'Iva «plurifase» è quello generalmente utilizzato in Italia in armonia alle direttive dell'Unione europea in materia;
    nei settore dell'Editoria il pagamento dell'IVA spetta ad un solo soggetto, l'editore, restando valido il fatto che il consumatore finale sarà quello cui l'imposta farà carico;
    nel commercio di prodotti editoriali la cessione soggetta ad IVA si realizza tra editore e consumatore finale, mentre i soggetti intermedi non sono né giuridicamente, né fiscalmente parti della compravendita;
    l'aliquota ridotta del 4 per cento è prevista per giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici (anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti; sono esclusi i giornali e i periodici pornografici e i cataloghi diversi da quelli di informazione libraria), edizioni musicali a stampa, carte geografiche (compresi i globi stampati), atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e carta occorrente per la stampa degli stessi, materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica;
    in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 313 del 1997, ferma restando l'eventuale aliquota ridotta prevista dalla Tabella, il regime speciale è applicabile a condizione che i prodotti ceduti siano classificabili in una delle categorie di prodotti editoriali «stampati» (necessità del supporto cartaceo), abbiano il prezzo di vendita in copertina (o in un allegato contenente anche il titolo dell'opera e l'indicazione dell'editore), siano giornali quotidiani, periodici, libri, relativi supporti integrativi o cataloghi;
    con il diffondersi della tecnologia di nuova generazione che permette di poter comprare e leggere libri, anche su supporti diversi da quello cartaceo (tablet, smartphone etc.),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di uniformare all'aliquota del 4 per cento tutti i libri anche se fissati su supporto diverso da quello cartaceo e distribuiti attraverso piattaforma telematica.
9/4940/56. Caparini.

   La Camera,
   premesso che:
    un'azienda, come anche un ente pubblico, investe ingenti risorse per pubblicizzare i propri prodotti dovendosi preoccupare soprattutto della scelta dei mezzi pubblicitari sui quali veicolare il proprio messaggio. Per ottimizzare questa funzione è indispensabile analizzare tutte le informazioni e le caratteristiche dei mezzi;
    attualmente c’è una sperequazione enorme e ingiustificata tra le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione;
    l'attuale normativa prevede che il 15 per cento della pubblicità degli enti pubblici venga destinata a radio e tv locali insieme, e ben il 50 per cento alla carta stampata;
    pertanto è necessario riequilibrare gli obblighi di investimento pubblicitario degli enti pubblici tra Tv e radio locali e mezzi stampa, in maniera proporzionale ai contatti giornalieri che i mezzi – tv e radio locali e carta stampata – assicurano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione, portando, ad esempio, al 35 per cento la percentuale di TV e radio locali ed al 30 per cento la percentuale per la carta stampata.
9/4940/57. Consiglio.

   La Camera,
   premesso che:
    il Tiro a segno, come quasi tutte le attività sportive, trae le sue origini dalla pratica militare;
    esempio letterari di Tiro a segno si hanno nell'Odissea, nella leggenda di Robin Hood ed in quella di Guglielmo Tell;
    attualmente tiro a segno indica l'attività di tiro ad un bersaglio di carta o elettronico, con armi da fuoco o ad aria, distinguendosi così dalle discipline del tiro a volo e del tiro con l'arco ed è presente come disciplina olimpica;
    le prime società di tiro a segno a scopi militari vennero costituite in Italia a seguito del Regio Decreto 1o aprile 1861 che stanziava un contributo dello Stato a loro favore. La prima gara nazionale si svolse a Torino dal 21 al 27 giugno 1863;
    l'emissione dei certificati di idoneità al maneggio delle armi è compito delle Sezioni di Tiro a Segno Nazionale. Sotto la propria responsabilità, il Presidente rilascia il certificato comprovando che il Socio candidato è idoneo al maneggio delle armi avendo superato il corso di lezioni di tiro;
    il comma 6 dell'articolo 8 della legge 18 aprile 1975, n. 110 recante «Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi» stabilisce che coloro che nei dieci anni antecedenti alla presentazione della prima istanza hanno prestato servizio militare nelle Forze armate o in uno dei Corpi armati dello Stato ovvero abbiano appartenuto ai ruoli del personale civile della pubblica sicurezza in qualità di funzionari o che esibiscano certificato d'idoneità al maneggio delle armi rilasciato dalla competente sezione della Federazione del tiro a segno nazionale devono sottoporsi all'accertamento tecnico soltanto per l'esercizio delle attività di fabbricazione, riparazione o commercio di armi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire anche il titolare di licenza di campo di tiro o poligono privato, autorizzato ai sensi dell'articolo 57 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, tra coloro che possono rilasciare il certificato d'idoneità al maneggio delle armi.
9/4940/58. Pini.

   La Camera,
   premesso che:
    i Consorzi di Bonifica sono enti pubblici economici di natura privatistica, che coordina interventi pubblici e controlla l'attività dei privati sulla bonifica del territorio di competenza per la sicurezza idraulica, la gestione delle acque destinate all'irrigazione, la tutela del patrimonio ambientale, la difesa del suolo; le competenze in tema di bonifica, prima statale, sono state attribuite alle Regioni con un primo parziale decentramento attuato nel 1972 ad opera del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11, concernente la materia dell'agricoltura e foreste, della caccia e della pesca nelle acque Interne;
    successivamente il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 attuò ulteriore trasferimento di competenze dallo Stato e dai molteplici enti pubblici operanti nei vari settori e a vario livello, alle Regioni e agli Enti locali, stabilendo una ricomposizione-trasformazione decentrata di funzioni pubbliche;
    nel 2001 è stata approvata la riforma al titolo V della Costituzione che ha ampliato le competenze regionali; i Consorzi di Bonifica sono oggi sottoposti ad un controllo regionale,

impegna il Governo

ad individuare in accordo con le Regioni e le Province autonome un percorso normativo che preveda, senza aggravio impositivo per i cittadini, l'assorbimento nella fiscalità generale delle stesse, delle spese relative al funzionamento dei Consorzi di Bonifica.
9/4940/59. Stucchi.