Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Abrogazione delle disposizioni concernenti il differimento dei colloqui del difensore con l'imputato sottoposto a custodia cautelare - A.C. 5481 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 5481/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 728
Data: 13/11/2012
Descrittori:
AVVOCATI E PROCURATORI   CUSTODIA CAUTELARE
IMPUTATI E INDIZIATI DI REATO   MISURE CAUTELARI E LIBERTA' PERSONALE DELL' IMPUTATO
Organi della Camera: II-Giustizia

13 novembre 2012

 

n. 728/0

 

Abrogazione delle disposizioni concernenti il differimento dei colloqui del difensore con l'imputato sottoposto a custodia cautelare

A.C. 5481

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

5481

Titolo

Abrogazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 104 del codice di procedura penale, concernenti il differimento dei colloqui del difensore con l'imputato sottoposto a custodia cautelare

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

27 settembre 2012

assegnazione

18 ottobre 2012

Commissione competente

II Commissione giustizia

Sede

Referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali

 


Quadro normativo e contenuto

La proposta di legge C. 5481 – che consta di due articoli - interviene sull’art. 104 del codice di procedura penale, dedicato ai colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare, per abrogare i commi 3 e 4, che consentono di differire l’esercizio del diritto dell’indagato di conferire con il proprio difensore.

Più specificamente, l'art. 104 c.p.p. riconosce al soggetto detenuto il diritto all'immediato colloquio con il difensore, senza necessità di alcuna autorizzazione. Logico corollario è il diritto del difensore di accesso al luogo di custodia riconosciuto dall'art. 36 disp. att.

Si dispone inoltre che tale diritto è immediatamente esercitabile. Per il sottoposto a custodia cautelare, il diritto di conferire con il difensore opera «fin dall'inizio dell'esecuzione della misura» (comma 1), mentre per l'arrestato o il fermato «subito dopo l'arresto o il fermo» (comma 2).

Proprio al fine di rendere effettivo l'esercizio di tale diritto, gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che eseguono il fermo o l'arresto o che eseguono l'ordinanza di custodia cautelare devono avvertire la persona che vi è sottoposta della facoltà di nominare un difensore di fiducia (artt. 293, 1° co. e 386, 2° co.), informando immediatamente l'avvocato eventualmente nominato ovvero quello designato d'ufficio.

Se la possibilità del colloquio immediato deve, dunque, ritenersi la regola, l’art. 104, comma 3, ha tuttavia previsto in casi specifici, e per la sola fase delle indagini preliminari, la possibilità di differire l'esercizio del diritto per un tempo non superiore a cinque giorni.

Tale termine massimo di dilazione è stato ridotto da sette a cinque giorni dalla legge n. 332 del 1995.

Alla dilazione - che deve costituire un'eccezione - si può ricorrere soltanto in presenza dei seguenti presupposti.

§         Innanzitutto, in base al comma 3, devono sussistere «specifiche ed eccezionali ragioni di cautela».

In merito la giurisprudenza ha sottolineato che i presupposti indicati nell'art. 104 non possono identificarsi con quelli previsti dall'art. 274 del codice di rito, che delinea le esigenze cautelari; altrimenti si giungerebbe alla conseguenza che ogni volta che sussistono le condizioni per l'applicazione delle misure coercitive si dovrebbe differire il colloquio. Evidentemente la norma, definendo specifiche ed eccezionali le ragioni di cautela, richiede un quid pluris rispetto alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 (Cass., Sez. I, 27.4.1992, Mistretta). Si è pertanto sottolineato che il differimento richiede «necessità fuori dal comune, attinenti allo svolgimento delle indagini che rischierebbero di subire uno sviamento o comunque un pregiudizio» per effetto del colloquio (Cass., Sez. II, 21.3.1990, Ghidini), come «l'esigenza di evitare la possibilità dell'impostazione di preordinate e comuni tesi difensive di comodo» (Cass., Sez. VI, 10.6.2003, Vinci; Cass., Sez. VI, 27.6.2001, D'Ambrogio; Cass., Sez. VI, 20.4.2001, P.M. in proc. Pignalosa).

§         Ulteriore presupposto è che la privazione della libertà personale si realizzi durante le indagini preliminari; in altri termini, nell'ipotesi di custodia cautelare disposta in altra fase del processo non è consentito disporre alcuna dilazione dell'esercizio del diritto al colloquio.

Per quanto riguarda l'autorità giudiziaria autorizzata a disporre il differimento, il comma 3 prevede che sia il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, mentre il comma 4 attribuisce al p.m. tale potere, nel caso di fermo o di arresto e fino al momento in cui l'arrestato o il fermato sia messo a disposizione del giudice (ovvero entro 48 ore dall’arresto, in base all’art. 390 c.p.p.); da ciò si ricava che il p.m. non può disporre una dilazione che superi il termine delle quarantotto ore dall'arresto o dal fermo.

Quanto alle modalità, il comma 3 richiede che la dilazione del colloquio con il difensore sia disposta con decreto motivato. Il richiamo al comma precedente, contenuto nel comma 4, induce a ritenere che anche il provvedimento del p.m. debba presentare una motivazione (in questo senso Cass., Sez. I, 26.3.1992, Morreale).

L’articolo 1 della proposta di legge abroga i commi 3 e 4 dell’art. 104, eliminando tutte le eccezioni al diritto di conferire con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare o del fermo e dell’arresto.

L’articolo 2 prevede l’entrata in vigore della legge senza l’ordinaria vacatio legis.

Relazioni allegate

La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla sola relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

L’abrogazione di disposizioni contenute nel codice di procedura penale richiede un intervento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alla materia di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione (nella parte “giurisdizione e norme processuali”), ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nella relazione illustrativa della proposta di legge si afferma che l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 104 c.p.p. è finalizzata a garantire sempre e da subito, anche in occasione dell’applicazione della custodia cautelare, il rispetto dell’inviolabilità della difesa in ogni stato e grado del procedimento, sancito dall’art. 24 della Costituzione.

La Corte costituzionale non ha mai avuto modo di pronunciarsi sul differimento dei colloqui con il difensore nella fase delle indagini preliminari, in quanto la Corte di cassazione ha ritenuto «manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 104 cod. proc. pen. - per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione - nella parte in cui prevede che il Gip possa, su richiesta del P.M., dilazionare i colloqui tra l'imputato ristretto in custodia cautelare ed il suo difensore, atteso il limitato sacrificio del diritto dell'imputato medesimo in ragione del superiore interesse della giustizia. (La Corte ha peraltro ritenuto che tale previsione di ragionevole posticipazione dell'atto difensivo non collida neppure con la previsione in tema di giusto processo, né sia incompatibile con l'art. 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo)» (Cass., Sez. IV, sent. n. 15113 del 01-03-2006).

Compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in collaborazione con l’Avvocatura, Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)

Il profilo specifico del differimento del colloquio del detenuto con il suo difensore non risulta oggetto di pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo.

La materia più ampia, dei limiti alla facoltà di colloquio dei detenuti con il difensore, è potenzialmente valutabile sotto l’aspetto sia dell’art. 3 della Convenzione (divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti) sia dell’art. 6 (diritto a un equo processo, in particolare, sotto l’aspetto del diritto a poter preparare un’adeguata difesa) ed è stata oggetto di scrutinio da parte della CEDU.

L’orientamento della Corte è nel senso che entrambe le prerogative dei cittadini sono tutelate dalla Convenzione ma che ragioni imperative (compelling o impérieuses) di tutela di altri interessi, come la sicurezza e l’ordine pubblico e l’efficacia delle indagini penali, possono consentire un’interferenza e un sacrificio di tali diritti. Individuare quale sia il punto di corretto bilanciamento degli interessi in gioco è rimesso essenzialmente alla discrezionalità del legislatore nazionale, sull’esercizio della quale la Corte stessa si riserva di formulare il proprio giudizio in sede di ricorso.

Questi principi, con riferimento all’art. 3 CEDU, sono contenuti essenzialmente nelle sentenze Enea c. Italia del 2009 e Mole c. Italia del 2010, nelle quali era venuta in rilievo la compatibilità con la disposizione in esame del regime carcerario previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario (sotto questo aspetto, la Corte non ha ravvisato violazioni). 

Con più puntuale riferimento all’art. 6 CEDU, diverse pronunzie hanno affrontato il tema della legittimità della limitazione dei contatti con il difensore. Nella sentenza Lanz c. Austria del 2002, la Corte ha constatato la violazione dell’art. 6, comma 3 (diritto a poter preparare un’adeguata difesa), nel fatto che la limitazione della facoltà di colloquio era consistita nell’intercettazione dei colloqui tra detenuto e difensore. Nella sentenza Salduz c. Turchia del 2008, la Corte ha escluso che l’art. 6 conferisca al detenuto, in via assoluta, il diritto di conferire con il difensore fin dal momento del fermo o dell’arresto. Essa ha – sì – riconosciuto l’importanza del diritto a poter preparare la propria difesa sin da tale momento, specie in ragione della necessità di evitare che in una fase precoce del procedimento penale l’incolpato renda dichiarazioni a proprio carico, senza l’assistenza di un avvocato. Nondimeno la Corte ha sostenuto che il diritto al colloquio con il difensore può soffrire limitazioni per motivate ragioni. Di recente, tale orientamento è stato confermato nel caso Simons c. Belgio del 2012 (decisione d’irricevibilità).


 


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