Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute - A.C. 1090 (Schede di lettura e riferimenti normativi) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 71 | ||
Data: | 04/11/2008 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute A.C. 1090 |
Schede di lettura e riferimenti normativi |
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n. 71 |
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4 novembre 2008 |
Dipartimento giustizia
SIWEB
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File: gi0067.doc
INDICE
§ Contenuto della proposta di legge
§ Codice civile (artt. 11-42, 2423-2435-bis)
§ D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361. Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto (n. 17 dell'allegato 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59).
§ L. 24 novembre 2000, n. 340. Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999 (art. 32)
§ D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366.
Documentazione
§ Fondazione Camera dei Deputati, Seminario di studio per una riforma del diritto di associazioni e fondazioni, Roma, 19 e 20 gennaio 2005
La proposta di legge A.C. 1090, di iniziativa dell’on. Vietti, contiene la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica della disciplina delle associazioni e delle fondazioni riconosciute come persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute.
Tra i diritti costituzionalmente garantiti, particolare rilevo assume quello di libertà di associazione previsto dall’art. 18 Cost., disposizione collegata all’art. 2 che riconosce i diritti inviolabili dell'individuo, “anche nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità”.
La libertà di associazione postula, quindi, la creazione di formazioni sociali che coinvolgono una pluralità di persone, ovvero la creazione di enti, soggetti ad una particolare disciplina in relazione alla struttura o allo scopo che l’ente stesso si è dato.
Il fatto che enti diversi dalle persone fisiche godano di capacità giuridica e siano essi stessi considerati “persone” è ormai recepito in tutti gli ordinamenti giuridici.
La disciplina delle persone giuridiche è, in primo luogo, contenuta nel titolo II del libro I del codice civile (il titolo I è dedicato alle “persone fisiche”)[1].
In base alla disciplina codicistica tali enti possono dividersi in due grandi categorie:
- enti con personalità giuridica, complessi organizzati di persone e beni destinati ad uno scopo (lucrativo o meno) ai quali la legge – mediante il riconoscimento - attribuisce espressamente la qualifica di soggetti di diritto ovvero autonomo centro d’imputazione giuridica rispetto alle persone che la compongono (es. associazioni e fondazioni riconosciute, società, ecc.);
- gli enti di fatto, cioè complessi di soggetti che, pur possedendo gli stessi elementi delle persone giuridiche (persone, patrimonio e scopo), non hanno chiesto (o non hanno ottenuto) il formale riconoscimento nelle forme dettate dalla legge; l’assenza di riconoscimento non significa, tuttavia, che tali enti siano ignorati dall’ordinamento o che siano privi di soggettività giuridica.
La normativa del codice civile non offre una definizione degli enti associativi, limitandosi a disciplinarne la tipologia e le regole di funzionamento.
La distinzione tra le due indicate tipologie di enti è, in realtà, molto ridotta e, a parte il riconoscimento chiesto per l’acquisto della personalità giuridica, è per lo più circoscritta al rapporto tra il patrimonio dell'ente e il patrimonio delle persone che lo costituiscono. Negli enti-persone giuridiche, gli associati o coloro che hanno costituito l'ente non rispondono con il proprio patrimonio per le obbligazioni contratte dalla persona giuridica (autonomia patrimoniale perfetta, v. ultra); al contrario, negli enti privi di personalità giuridica non vi è vera e propria separazione tra il patrimonio degli associati e quello dell'ente (si parla in proposito di autonomia patrimoniale imperfetta), poiché gli associati rispondono in via sussidiaria con il proprio patrimonio per le obbligazioni contratte dall'ente.
Gli enti-persone giuridiche sono tradizionalmente distinti in pubblici e privati.
Gli enti pubblici si caratterizzano di volta in volta per il perseguimento di un interesse generale (ovvero per essere stati istituiti direttamente dallo Stato o da altri enti pubblici ovvero per essere sottoposti a controlli pubblici e godere di poteri d’imperio) ed in ogni caso, sono sottoposti a discipline pubblicistiche e non alle norme del codice civile; sono persone giuridiche pubbliche le regioni, le province, i comuni e gli enti pubblici riconosciuti.
Tra le persone giuridiche private particolare rilievo rivestono le società (art. 13), aventi lo scopo di esercitare attività economiche e che sono disciplinate dalle disposizioni contenute nel libro V del codice civile; gli altri enti privati si distinguono in relazione al riconoscimento: nell’ambito del citato titolo II, gli enti riconosciuti sono disciplinati dal capo II (associazioni e fondazioni, artt. 14-35); quelli non riconosciuti dal capo III (associazioni non riconosciute e comitati, artt. 36-42, per le quali, v. ultra).
Elementi costitutivi della persona giuridica sono:
- l’elemento personale (nel caso delle associazioni, una pluralità di persone);
- l’elemento materiale (un patrimonio, necessario al raggiungimento dello scopo)
- l’elemento teleologico (riferito appunto, alla finalità dell’azione della persona giuridica), che deve essere lecito e determinabile (secondo il criterio distintivo tradizionale, l’associazione si distingue dalla società in quanto priva di fine di lucro (culturale, ideale, altruistico).
I tre elementi indicati non sono però da soli sufficienti all’acquisto della personalità giuridica, per la quale occorre un ulteriore elemento formale: il riconoscimento.
Nell’ambito delle persone giuridiche private riconosciute, è possibile distinguere nelle associazioni una prevalenza dell’elemento personale (l’ente si costituisce in ragione di una pluralità di persone ed è continuamente sottoposto alle decisioni degli associati) mentre nelle fondazioni a prevalere è l’elemento patrimoniale (con la destinazione di un complesso di beni allo scopo definito dal fondatore).
Come accennato, caratteristica chiave delle persone giuridiche è la loro autonomia patrimoniale perfetta, in quanto il patrimonio dell’ente rimane nettamente distinto da quello dei suoi componenti. Ne deriva:
- che i beni della persona giuridica appartengono ad essa e non ai singoli associati;
- tra l’ente riconosciuto ed i suoi componenti possono costituirsi rapporti giuridici patrimoniali: il creditore di una persona giuridica non può, di regola, vantare le ragioni del suo credito nei confronti dei singoli associati;
- al contrario, il creditore del singolo associato non è anche creditore della persona giuridica e, in caso d’inadempienza, può rivalersi solo sul patrimonio del suo debitore, rimanendo intangibile quello sociale.
La disciplina delle associazioni non riconosciute e dei comitati[2] è contenuta nel capo III del titolo II del libro primo del codice (artt. da 36 a 42).
Nell'intenzione del legislatore del 1942, l'associazione non riconosciuta avrebbe dovuto dar veste giuridica a realtà minori e di scarsa importanza sociale (circoli sportivi, ricreativi ecc.); al contrario, essa oggi rappresenta la più usuale forma di presenza, nel nostro ordinamento, dei maggiori gruppi organizzati per fini non lucrativi: tali sono, infatti, i partiti politici, i sindacati, molte società sportive, non avendo richiesto il riconoscimento della personalità giuridica.
Essa è, quindi, relativa ad un fenomeno associativo molto conosciuto e frequente nel nostro ordinamento; tali organismi associativi costituiscono i cd. enti di fatto ovvero complessi organizzati di soggetti e di beni, diretti alla realizzazione di uno scopo non lucrativo, ma privi di personalità giuridica. Come accennato, infatti, l’esistenza di un’associazione non è necessariamente legata all’acquisto della personalità giuridica.
Con l’espressione “associazione non riconosciuta” s’intende, una collettività di persone organizzata per il raggiungimento di uno scopo comune - lecito e non segreto - che non ha richiesto (o ottenuto) il riconoscimento come persona giuridica.
Le caratteristiche strutturali delle associazioni non riconosciute sono comuni a quelli delle associazioni riconosciute; c’è, quindi,
- un’organizzazione;
- un elemento patrimoniale;
- lo scopo non di lucro;
- la struttura aperta del rapporto.
Anzitutto, il codice civile – in relazione all’organizzazione interna cioè ai rapporti degli associati fra loro, e all’amministrazione dei beni comuni - riconosce efficacia agli accordi intervenuti fra gli associati (art. 36). Anche tali enti hanno la loro fonte in un atto costitutivo e in uno statuto.
Sebbene il codice civile consenta di dare vita ad un’associazione non riconosciuta anche per mezzo di un semplice accordo verbale, nella maggioranza dei casi tali associazioni si costituiscono con un atto scritto (contratto di associazione) che consta di due componenti: l’atto costitutivo e lo statuto.
Accanto alla disciplina codicistica va considerato l’insieme, estremamente articolato, delle leggi speciali che sono state promulgate a partire dagli anni ’90, riguardanti soprattutto gli enti volti alla realizzazione di un fine pubblico o collettivo, privi di finalità lucrative, riconducibili al cd “terzo settore”.
Si ricordano, al riguardo, sinteticamente:
§ le organizzazioni di volontariato (legge 11 agosto 1991, n. 266). La legge definisce come attività di volontariato, quella prestata in maniera personale, spontanea e gratuita, e senza fini di lucro, quindi esclusivamente per fini di solidarietà; al singolo volontario, di conseguenza, possono essere solo rimborsate le spese sostenute nella sua attività, entro limiti stabiliti dalla sua associazione. L’organizzazione di volontariato, definita come un organismo liberamente costituito per svolgere le attività di volontariato, svolge la sua attività avvalendosi in modo prevalente di prestazioni volontarie e gratuite dei suoi membri. Alle regioni è demandata l’istituzione e la tenuta dei registri generali delle associazioni di volontariato. L’iscrizione all’albo è condizione necessaria per accedere ai benefici pubblici, alla stipula di convenzioni, alla concessione delle agevolazioni fiscali.
§ le cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n. 381) che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini e possono organizzarsi secondo due moduli distinti finalizzati rispettivamente:
- alla gestione di servizi socio-sanitari ed educativi
- allo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Tali enti sono destinatari di numerose disposizioni contenenti agevolazioni di natura fiscale. Le regioni istituiscono l'albo regionale delle cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con l'attività dei servizi socio-sanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di sviluppo della occupazione. Le stesse regioni adottano convenzioni-tipo per i rapporti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della regione, prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e l’applicazione delle norme contrattuali vigenti.
§ le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) Il decreto legislativo n. 460 del 1997 ha disposto il riordino della normativa degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. In particolare si definiscono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che, a fini di solidarietà sociale, svolgono attività in determinati settori, quali ad esempio l’assistenza sociale e socio-sanitaria e sanitaria, la beneficenza; l’istruzione, la formazione;lo sport dilettantistico. Sono inoltre considerate ONLUS (c.d. “Onlus di diritto”):
1) gli organismi di volontariato iscritti negli appositi registri;
2) le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49;
3) le cooperative sociali.
Agli enti che intendono qualificarsi come ONLUS sono posti i seguenti vincoli:
a)il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima e unitaria struttura;
b)l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle a esse direttamente connesse;
c)l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge n. 662/1996, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
d)l’obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
e)disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
f)l’uso, nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.
§ le associazioni di promozione sociale (legge 7 dicembre 2000, n. 383) Sono considerate associazioni di promozione sociale quelle riconosciute e non riconosciute, i movimenti e i gruppi purché svolgano attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza scopo di lucro e garantendo il rispetto della libertà degli associati. Si esclude espressamente che rientrino nella categoria i partiti politici, le organizzazioni sindacali e professionali; sono inoltre esclusi i circoli privati e le associazioni che pongano limitazioni con riferimento alle condizioni economiche degli associati o discriminazioni in relazione all’ammissione dei medesimi. Nel definire le modalità di costituzione delle associazioni di promozione sociale, la legge specifica il contenuto necessario minimo dello statuto: di particolare rilievo, l’espressa dichiarazione di assenza di fini di lucro, intesa come divieto di distribuzione degli utili tra gli associati, e l’obbligo di reinvestire in attività istituzionali staturiamente previste l’eventuale avanzo di gestione. Si dispone l’istituzione, presso il Ministero della solidarietà sociale, nella Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo e le formazioni Sociali, di un registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, inoltre, registri su scala regionale e provinciale. La legge individua, poi, una pluralità di agevolazioni per le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri e per i propri aderenti; questi ultimi, ad esempio, per poter espletare le attività istituzionali svolte anche in base alle convenzioni con enti pubblici, hanno diritto ad usufruire di forme di flessibilità nell’orario di lavoro.
§ gli istituti di patronato e di assistenza sociale. In relazione a tali istituti la legge 30 marzo 2001, n. 152 ha provveduto a riunificare la normativa vigente in materia.I punti qualificanti della riforma possono essere così individuati:
• conferma della natura di pubblica utilità delle funzioni svolte dagli istituti e della loro qualificazione come persone giuridiche private qualificati come persone giuridiche private;
• individuazione di criteri meno restrittivi per il riconoscimento;
• estensione delle attività di informazione, assistenza e tutela, fino ad allora svolte in ambito previdenziale, a qualsiasi tipo di prestazione - comprese quelle erogate dai fondi di previdenza complementare - in materia di sicurezza sociale, immigrazione ed emigrazione;
• possibilità di svolgere, senza scopo di lucro, ulteriori attività di informazione, servizio e assistenza tecnica nei confronti dei cittadini e, mediante convenzione, delle pubbliche amministrazioni;
§ le fondazioni bancarie. Sotto la spinta esercitata dal diritto comunitario, con la legge 30 luglio 1990, n. 218 si è operata, nell’ambito della riorganizzazione degli Istituti di credito e delle Casse di risparmio, una netta distinzione tra attività bancaria ed attività a carattere sociale e solidaristico. Si sono pertanto distinti i soggetti che esercitano l’una da quelli che praticano l’altra, ossia le fondazioni bancarie. Queste ultime, cessando di svolgere attività creditizia, raccolgono fondi da destinare al non profit, dismettendo, al contempo, la gestione dei pacchetti azionari di maggioranza nelle società bancarie. La scelta di utilizzare il modello “fondazione” si spiega per la necessità di creare un ente destinato a durare nel tempo e per l’esigenza di scinderlo dalla banca, dotandolo di un proprio patrimonio. Le Casse di Risparmio, quindi, hanno provveduto a conferire l'azienda bancaria ad una nuova apposita entità giuridica (Cassa di Risparmio Spa) per assumere la qualificazione di Ente conferente (poi denominato Fondazione) al quale sono state assegnate le finalità di interesse pubblico e di utilità sociale, già previste negli statuti delle Casse di risparmio. Il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 disciplina le fondazioni bancarie, chiarendone la natura e l’attività. Esse vengono definite come persone giuridiche private senza fine di lucro, che perseguono in via esclusiva scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Le fondazioni possono esercitare attività d’impresa, solo se ciò risulta strumentale al perseguimento dei fini statutari, mentre è loro preclusa l’attività creditizia nonché quella di finanziamento o sovvenzione di enti con scopo di lucro o di qualunque impresa, ad eccezione delle imprese strumentali e delle cooperative sociali. Per quanto riguarda l’assetto organizzativo, gli statuti delle fondazioni devono prevedere organi distinti per l’esercizio delle funzioni di indirizzo, di amministrazione e di controllo. Infine, il loro patrimonio deve essere vincolato al perseguimento degli scopi statutari.
Contenuto della proposta di legge
L’articolo 1 della proposta di legge A.C. 1090, contiene le disposizioni relative all’esercizio della delega al Governo, da esercitarsi entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
L’oggetto della delega, come specificato dal comma 1, concerne la riforma degli enti di cui al titolo II del libro I del codice civile, ossia delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute. In base a quanto stabilito nel medesimo comma 1, oggetto della delega è altresì la definizione di nuove norme di procedura civile al fine di garantire il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni del decreto legislativo 2003, n. 5, relativo ai procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia.
I decreti legislativi dovranno essere adottati in conformità con la normativa comunitaria e con i princìpi e criteri direttivi previsti dalla proposta di legge (comma 2).
Con riferimento al rispetto delle previsioni di cui all’articolo 76 della Costituzione, si segnala che, nella proposta in esame, non risultano enunciati i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega relativa alla definizione di nuove norme di procedura civile.
Il comma 2 specifica altresì, che nell’esercizio della delega deve essere assicurato il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti.
Per quanto riguarda le modalità procedurali, il comma 3 prevede che i decreti legislativi siano adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e il comma 4 definisce le modalità di trasmissione degli schemi di decreti alle Camere ai fini dell'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari.
Il comma 5 conferisce al Governo la possibilità, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, di emanare disposizioni correttive e integrative.
L’articolo 2 detta i princìpi e criteri direttivi generali che devono conformare la nuova disciplina in materia di persone giuridiche e di associazioni non riconosciute.
§ In primo luogo viene definito il principio secondo cui il vincolo di non distribuzione degli utili e del patrimonio dell'ente deve essere disciplinato secondo princìpi di trasparenza e di tutela dell'affidamento dei terzi.
§ Ulteriore principio attiene all’ampliamento degli ambiti dell'autonomia statutaria.
§ Particolare rilevanza, nella sistematica complessiva della riforma, sembra assumere la distinzione tra enti volti alla realizzazione di un fine pubblico o collettivo e quelli caratterizzati dall'autodestinazione agli associati dell'attività svolta. La norma specifica che vanno compresi nella prima categoria gli enti che ricevono oblazioni o contributi dal pubblico o contributi pubblici; che si avvalgono continuativamente e in misura significativa di lavoro volontario; che hanno ottenuto liberalità per realizzare scopi di utilità pubblica o collettiva; che amministrano patrimoni lasciati o donati aventi una finalità diversa dallo scopo dell'ente; che svolgono attività di impresa esercitata al fine di realizzare scopi di utilità pubblica o collettiva.
§ Una previsione specifica riguarda l’esercizio dell’impresa che deve essere disciplinata in maniera tale da tutelare i terzi e le finalità dell'ente senza scopo di lucro.
Al riguardo, va ricordato il decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, recante la disciplina dell’impresa sociale, in attuazione della delega di cui alla legge 13 giugno 2005, n. 118. Il decreto ha fornito, anzitutto, la nozione di impresa di utilità sociale, che fa riferimento a quelle organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata di produzione e scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale. Sono escluse dal novero di impresa sociale le amministrazioni pubbliche di cui al TU sul pubblico impiego (D.Lgs 165/2001) e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi.
Il decreto legislativo stabilisce i settori nei quali i beni e servizi prodotti o scambiati possano essere considerati di utilità sociale. Si tratta, in particolare dei settori dell’ assistenza sociale, sanitaria e socio-sanitaria; dell’ educazione, istruzione e formazione; della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; della valorizzazione del patrimonio culturale; del turismo sociale; della formazione universitaria e post-universitaria; della ricerca ed erogazione di servizi culturali; della formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo; dei servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al 70 per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.
E’ poi stabilito che, indipendentemente dai propri settori di attività, possano essere considerate imprese sociali anche quelle che inseriscano nel loro organico una quota non inferiore al 30 per cento di lavoratori svantaggiati e disabili.
Il D.Lgs 155 stabilisce regole certe anche per quanto concerne il personale che viene impiegato nelle imprese sociali. E’ specificato inoltre che, salvo che per gli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose, nelle imprese non profit possono lavorare dei volontari a qualunque titolo, in misura, però, non superiore al 50 per cento.
Il provvedimento individua i requisiti che devono caratterizzare un’impresa sociale: costituzione con atto pubblico, che deve in particolare indicare l’assenza dello scopo di lucro e l’oggetto sociale dell’impresa; uso obbligatorio, nella denominazione, della locuzione “impresa sociale”; l’ottenimento di oltre il 70 per cento dei ricavi dalla sua attività principale (l’attività economica destinata alla realizzazione di interessi di utilità generale); l’incondizionato divieto di distribuzione di utili ed avanzi di gestione (che dovranno essere destinati allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio), la redazione del bilancio sociale e la previsione di forme di coinvolgimento e di partecipazione dei lavoratori e dei destinatari delle attività.
Oltre alla conferma delle agevolazioni fiscali in favore delle ONLUS che si trasformino in imprese sociali – peraltro sottoposte alla potestà ispettiva e sanzionatoria del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - un’ulteriore facilitazione riguarda la responsabilità patrimoniale: è, infatti, stabilito che “nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale il cui patrimonio è superiore a 20.000 euro, dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio”; se sopravvengono, però, delle perdite che provocano una diminuzione del patrimonio di oltre un terzo rispetto ai 20.000 euro di riferimento, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell'impresa.
In caso di insolvenza, le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa. Sia da tale disciplina che da quella sopraccitata relativa alla responsabilità patrimoniale sono esclusi gli enti ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.
§ Infine si demanda al Governo di definire, ove necessario, norme adeguate all'assetto organizzativo delle associazioni parallele e complesse.
L’articolo 3 detta i principi e criteri direttivi in relazione al procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica.
I punti essenziali della riforma attengono:
§ alla semplificazione del procedimento di costituzione nel rispetto dei principi di cui al DPR 361 del 2000[3].
Associazioni e fondazioni, prima del riconoscimento, devono dar luogo alla propria formale costituzione come ente giuridico. A differenza che per gli enti di fatto, la costituzione delle associazioni e delle fondazioni deve avvenire esclusivamente per atto pubblico (redatto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato a darvi pubblica fede); queste ultime possono costituirsi anche con testamento (art. 14 c.c ). Analoga forma solenne deve avere lo statuto.
In particolare, la costituzione di una fondazione si ha attraverso un doppio negozio giuridico: il negozio di fondazione (ossia l’atto unilaterale che contiene la volontà del fondatore a che sorga la fondazione) e l’atto di dotazione (che può essere inserito nello stesso negozio di fondazione ma che ha natura e contenuto diverso, e che opera l’attribuzione dei beni, a titolo gratuito, alla fondazione da costituire). Il notaio che interviene in sede di costituzione di una fondazione (per atto inter-vivos o per testamento) deve farne denuncia al prefetto entro 30 giorni (art. 3. disp. att. c.c.). L’art. 16 c.c. stabilisce il contenuto dell’atto costitutivo (che contiene gli elementi essenziali dell’ente) e dello statuto (che contiene le norme che regoleranno la vita dell’ente) individuando un oggetto necessario ed uno eventuale. Quello necessario riguarda l’indicazione del nome dell’ente, lo scopo, il patrimonio e la sede, nonché – se si tratta di associazione – la previsione di diritti, obblighi degli associati e condizioni di ammissione; se si tratta di fondazione, i criteri e le modalità di erogazione delle rendite. ll contenuto eventuale è, invece, relativo alle norme sull’estinzione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio e, per le fondazioni, anche quelle sulla loro trasformazione.
§ alla previsione di un sistema di riconoscimento analogo a quello dettato per le società, di cui all’articolo 32 della legge 24 novembre 2000, n. 340.
In passato, il riconoscimento consisteva in un atto amministrativo discrezionale concesso con DPR, dopo la riforma introdotta col DPR 361 del 2000, le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture.
La domanda di riconoscimento (cui è allegata copia autentica dell'atto costitutivo e dello statuto), sottoscritta dal fondatore ovvero da coloro ai quali è conferita la rappresentanza dell'ente, è presentata alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell'ente. Ai fini del riconoscimento è necessario che lo scopo della persona giuridica sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo (la consistenza del patrimonio deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda). Entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda il prefetto provvede all'iscrizione nel registro. Nel registro devono altresì essere iscritte le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della sede e l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli amministratori, con indicazione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza, le deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o accertano l'estinzione, il cognome e nome dei liquidatori e tutti gli altri atti e fatti la cui iscrizione è espressamente prevista da norme di legge o di regolamento.
Qualora la prefettura ravvisi ragioni ostative all'iscrizione ovvero la necessità di integrare la documentazione presentata, entro il termine dei 120 giorni ne dà motivata comunicazione ai richiedenti, i quali, nei successivi 30 giorni, possono presentare memorie e documenti. Se, nell'ulteriore termine di 30 giorni, il prefetto non comunica ai richiedenti il motivato diniego ovvero non provvede all'iscrizione, questa si intende negata. Il riconoscimento delle persone giuridiche private che operano nelle materie attribuite alla competenza delle regioni dal DPR n. 616 del 24 Luglio 1977 e le cui finalità statutarie si esauriscono nell'ambito di una sola regione, è determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso la regione.
Con riferimento alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 3, che richiama l’articolo 32 della legge n. 340 del 2000, si segnala che il citato articolo 32 modificava, in particolare, alcune disposizioni del codice civile (artt. 2330, 2332 e 2411 c.c.) che sono state successivamente riscritte dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6. Dalla formulazione della norma non appare dunque chiaro quali disposizioni devono essere considerate applicabili al caso di specie.
Si ricorda che le modalità per il riconoscimento delle società di capitali, cui sembra far riferimento il comma 1, lettera b), sono attualmente contenute nel Capo V , sezioni I, II e III, del Titolo V del Libro V del codice civile.
Ulteriore principio per l’esercizio della delega attiene alla definizione delle modalità del controllo notarile in sede di costituzione e di modifica dell’atto costitutivo.
Una significativa novità riguarda inoltre la necessità di collegare le limitazioni della responsabilità al rispetto di un adeguato rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della persona giuridica, anche in relazione alla stipula di polizze assicurative.
Infine si delega il Governo ad adottare una particolare disciplina per la responsabilità degli amministratori.
Gli amministratori – nominati dall’assemblea - sono gli organi deputati ad amministrare e gestire l’associazione ed assumono, solitamente, funzioni di rappresentanza. Nel caso che l’organo amministrativo sia collegiale, le decisioni sono deliberate secondo quanto stabilito dallo statuto; in mancanza, si decide a maggioranza; sull’operato degli amministratori, il controllo è operato dall’assemblea dell’associazione.
Per quanto riguarda la disciplina della responsabilità degli amministratori, essa è contenuta nell’art. 18 del codice civile. Gli amministratori sono responsabili solidalmente verso l'ente secondo le norme del mandato; devono quindi adempiere alle funzioni con la diligenza del buon padre di famiglia e sono tenuti al risarcimento dei danni causati all’ente per l’inadempimento dei doveri derivanti dalla propria carica (se l’incarico è gratuito, la responsabilità dell’amministratore è valutata con minor rigore). È però esente da responsabilità l’amministratore che non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso.
Si ritiene, in dottrina, che la responsabilità degli amministratori si estenda anche nei confronti dei creditori dell’ente, per il pregiudizio arrecato trasgredendo ai doveri di conservazione dell’integrità del patrimonio. Non esistendo una norma analoga a quella di cui all’art. 2394 c.c. (relativa alla responsabilità verso i creditori sociali) dettata per le società di capitali, la responsabilità è fondata sull’art. 2043 c.c, ovvero quella extracontrattuale da fatto illecito (Galgano, Giampieri, Guerrera).
Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle associazioni (art. 22 c.c.) per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori. In mancanza di specifica previsione, per deliberare l’azione di responsabilità si ritiene sufficiente la maggioranza semplice dei presenti. L’assemblea ha comunque il potere esclusivo sia di rinunciare all’azione che di transigere sulla misura del risarcimento del danno da parte dell’amministratore. Anche se il bilancio viene approvato dall’assemblea, ciò non implica liberazione degli amministratori e non osta all’azione di responsabilità (Cass., sent. n. 2437 del 1962).
L’articolo 4 detta specifici principi per la regolamentazione delle associazioni riconosciute come persone giuridiche.
I principi a carattere generale (comma 1) attengono:
§ al riconoscimento di un’ ampia autonomia statutaria in relazione alle strutture organizzative, all'amministrazione e alla rappresentanza, ai procedimenti decisionali della associazione e agli strumenti di tutela degli interessi dei soci;
§ alla previsione di norme inderogabili in materia di competenze dell'assemblea, assegnando, per tali decisioni, un voto a ciascun socio, con riguardo a determinate deliberazioni.
L’assemblea è l’organo fondamentale dell’associazione, formato dall’intera collettività degli associati. Ad essa spettano le decisioni sull’esistenza, la disciplina e l’attività dell’ente; va convocata almeno una volta l’anno per l’approvazione del bilancio ovvero quando sia necessario o sia richiesto da un decimo degli associati (art. 20 c.c.).
Per la validità delle deliberazioni dell’assemblea (art. 21 c.c.) serve la maggioranza di voti e la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione la deliberazione è invece valida qualunque sia il numero degli intervenuti. Gli amministratori sono ovviamente privi del diritto di voto in sede di approvazione del bilancio e nelle delibere che riguardano la loro responsabilità. In ragione del rilievo delle decisioni, per modificare l'atto costitutivo e lo statuto e se in essi non è altrimenti disposto, è necessaria la presenza di almeno 3/4 degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Una maggioranza ancor più qualificata è necessaria per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio (almeno 3/4 degli associati).
Specifiche ipotesi di annullamento e sospensione delle deliberazioni assembleari sono dettate dall’art. 23 del codice civile.
Nell’ottica di tutelare i diritti dei terzi, nonché di graduare l’autonomia e i controlli, in base alla natura degli interessi coinvolti, specifici principi sono dettati per le associazioni che suscitano un affidamento in ordine alla realizzazione di un fine pubblico o collettivo con riguardo ai profili dell’amministrazione, del controllo e della posizione dei terzi.
In particolare, con riguardo all’amministrazione, essi attengono (comma 2):
§ all'articolazione delle competenze tra gli amministratori e l'assemblea dei soci; al riguardo sono specificamente individuate le competenze esclusive degli amministratori;
§ all'individuazione, da parte degli statuti, di alcuni requisiti relativi alla carica di amministratore;
§ al controllo sulla gestione e sulla contabilità;
§ alla redazione di un rendiconto economico, in conformità ai criteri di redazione del bilancio ex art. 2423 e ss.del codice civile (bilancio societario)
§ alla previsione, in caso di mancata osservanza degli obblighi sopra descritti della responsabilità personale e solidale di tutti gli amministratori e, in ogni caso, di quanti hanno agito per conto dell'associazione.
Con riferimento al controllo sono previste le seguenti novità (comma 4):
§ possibilità per qualificate minoranze di promuovere l'azione di responsabilità;
§ modalità di denuncia al tribunale di gravi irregolarità degli amministratori, da parte dell'organo di controllo o qualora questo non sia costituito, da parte dei singoli associati;
§ possibilità del tribunale, nei casi di gravi irregolarità nell’amministrazione di adottare anche provvedimenti atipici o cautelari;
§ valorizzazione della partecipazione personale degli associati.
Inoltre per quanto concerne la posizione dei terzi le previsioni innovative riguardano (comma 6):
§ la trasparenza dell'attività sociale anche mediante un rendiconto sulla missione sociale perseguita;
§ la possibilità per i soggetti non associati ed enti esponenziali di ottenere informazioni dagli amministratori, limitatamente all'attività connessa all'eterodestinazione dei risultati ;
§ le condizioni di ammissione degli associati;
§ la possibilità per gli enti esponenziali degli interessi perseguiti dall'associazione di esercitare un'azione di adempimento, definendone le condizioni tassative e i limiti, eventualmente concorrendo il consenso dell'autorità di controllo sul terzo settore.
Il legislatore ha previsto sin dal 1996 un’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, correntemente denominata “Authority del Terzo Settore” .
Si tratta essenzialmente di un organismo di controllo degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale chiamato ad operare sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze, istituito con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 settembre 2000, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 30 settembre 2000m n. 229.
Successivamente, con il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2001, n. 329 è stato adottato il regolamento dell’Agenzia, in base al quale, in data 8 marzo 2002, la stessa si è regolarmente insediata .
Compito dell’Authority è garantire, anche con emissione di pareri obbligatori e vincolanti, l'uniforme applicazione della normativa sui requisiti soggettivi e sull'ambito di operatività degli enti non profit.
L’Authority è investita dei più ampi poteri di indirizzo, promozione e ispezione, al fine di assicurare l’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di terzo settore; essa, inoltre, può irrogare sanzioni a fronte delle violazione alle disposizioni contenute nella normativa fiscale del terzo settore. Ha, altresì, il compito di assicurare la tutela da abusi da parte di enti che svolgono attività di raccolta di fondi e di sollecitazione della fede pubblica attraverso l'impiego dei mezzi di comunicazione.
L’Authority può formulare proposte di modifica della normativa vigente ed è tenuta inoltre a presentare al Parlamento apposita relazione annuale.
Per tutte le associazioni riconosciute in materia di diritti degli associati, la delega deve essere attuata in modo da garantire (comma 3):
§ la partecipazione degli associati alle deliberazioni assembleari;
§ il diritto di informazione individuale di ciascun associato;
§ la possibilità di esercitare azioni dell’associazione di responsabilità nei confronti degli amministratori per minoranze qualificate;
§ il recesso nel caso di modificazione sostanziale dello scopo dell’associazione o di trasformazione eterogenea.
Il recesso e l’esclusione dall’associazione sono disciplinati dall’art. 24 del codice, che stabilisce alcuni specifici principi:
- l’intrasmissibilità della qualità di associato (salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto);
- la possibilità di recesso dall’associazione (se l’associato non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato); la relativa dichiarazione va comunicata per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell'anno in corso, purché sia fatta almeno tre mesi prima;
- la possibilità di esclusione dall’associazione (da parte della sola assemblea) solo in presenza di gravi motivi; la delibera è impugnabile davanti al tribunale entro sei mesi dalla notifica della decisione d’esclusione:
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di appartenere all'associazione, non possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto sul patrimonio dell'associazione.
Per quanto concerne i principi relativi alle deliberazioni assembleari e consiliari, essi attengono alla convocazione dell'assemblea e al voto in forma semplificata,nonché ai i vizi delle deliberazioni assembleari e consiliari (comma 5).
Infine, in relazione alla disciplina del fondo comune delle associazioni riconosciute sono previste (comma 7):
§ l'esclusione di qualsiasi diritto patrimoniale degli associati nei casi di esclusione, di recesso e scioglimento dell'associazione;
§ la destinazione dei beni che residuano dalla liquidazione a finalità analoghe a quelle dell'associazione, qualora non sia stato previsto diversamente dallo statuto;
§ una disciplina del fondo patrimoniale nel caso di scissione dell'associazione;
§ l'obbligo per gli amministratori e per i liquidatori di assicurare la destinazione dei fondi agli scopi che hanno determinato l'oblazione, il finanziamento o la liberalità.
L’art. 27 c.c. stabilisce che la persona giuridica si estingue, oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto (cause convenzionali), quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile (cause legali).
Le associazioni si estinguono, inoltre, quando tutti gli associati sono venuti a mancare.
Altre non menzionate cause di estinzione sono la delibera assembleare di scioglimento,(almeno ¾ degli associati), lo scadere del termine di durata (ove previsto), la dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo e la revoca del decreto di riconoscimento.
Dopo la riforma introdotta col DPR 361/2000, non spetta all’autorità governativa dichiarare estinta la persona giuridica ma la prefettura (ovvero la regione o la provincia autonoma) competente accerta, su istanza di qualunque interessato o anche d'ufficio, l'esistenza di una delle cause di estinzione previste dall'articolo 27 del codice civile e dà comunicazione della dichiarazione di estinzione agli amministratori e al presidente del tribunale ai fini della nomina dei commissari liquidatori da parte di quest’ultimo (i liquidatori sono nominati dall’assemblea – con i voti di almeno ¾ degli associati - se lo scioglimento è deliberato da quest’ultima), prevista dall’all'articolo 11 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Appreso del provvedimento di estinzione della persona giuridica (o il provvedimento con cui l'autorità, per legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o appena è stata adottata dall'assemblea la deliberazione di scioglimento dell'associazione medesima), agli amministratori è imposto il divieto di nuove operazioni (art. 29).
Estinta la persona giuridica o disposto lo scioglimento dell’associazione, si procede alla liquidazione del patrimonio, disciplinata in misura dettagliata dagli artt. 11 e ss. disp. att. c.c.. (art. 30 c.c.). Chiusa la liquidazione, il presidente del tribunale provvede che ne sia data comunicazione ai competenti uffici per la conseguente cancellazione dell'ente dal registro delle persone giuridiche (art. 20, disp. att. c.c.).
L’articolo 5 detta i principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina relativa alle associazioni non riconosciute.
In generale le nuove norme devono prevedere “una forma residuale e generale dell'esercizio collettivo di un'attività non societaria”;
La norma di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 5, sembra delegare al Governo una riforma organica di tutte le forme di esercizio associativo di attività che non sia riconducibile a quella tipica delle società. Con riferimento a tale disposizione appare opportuno determinare con maggiore precisione il principio cui il Governo deve attenersi.
Inoltre si conferma la disciplina vigente della responsabilità per le obbligazioni assunte, conferendo al Governo la possibilità di definire ulteriormente la responsabilità per le obbligazioni nascenti da fatto illecito.
Ai sensi dell’art. 37 del codice civile, i beni comuni costituiscono il fondo comune dell'associazione, costituito dai contributi degli associati e dai beni mobili o immobili acquistati con tali contributi. Il fondo comune risulta, dunque, di comproprietà degli associati ma, diversamente dalla generale comunione, nessuno degli associati può chiederne la divisione, neppure in caso di recesso dall'associazione.
In origine, la possibilità per l’associazione non riconosciuta di acquistare beni immobili e mobili registrati era contestata; il dubbio è stato risolto con la legge 27 febbraio 1985, n. 52, la quale, modificando gli articoli 2659 e 2839 cod. civ., ha ammesso che l’intestazione di proprietà immobiliari possa essere effettuata anche a favore di associazioni non riconosciute . Inoltre, fino alla legge 22 giugno 2000, n. 192, a tali associazioni (come ai comitati, v. infra) era preclusa la possibilità di ricevere donazioni (art. 786 c.c.) o lasciti testamentari (art. 600 c.c.), a meno che non richiedessero, entro un anno, il riconoscimento della personalità giuridica. La legge del 2000 ha abrogato gli articoli 600 e 786 ed ha novellato l’art. 473, imponendo ora anche agli enti non riconosciuti di accettare le eredità loro devolute con il beneficio d’inventario.
Per effetto del fondo comune, l’associazione non riconosciuta ha una autonomia patrimoniale, in quanto il fondo serve a soddisfare le pretese dei creditori dell'associazione (e non dei creditori dei singoli associati); come in precedenza accennato, tale autonomia è però imperfetta perché delle obbligazioni dell'associazione rispondono anche, personalmente e solidalmente, coloro che hanno agito in suo nome e per suo conto (in pratica, gli amministratori, ovvero le persone designate dall'atto costitutivo, art. 38 c.c.).
Disposizioni specifiche riguardano le associazioni non riconosciute che suscitano un affidamento in ordine alla realizzazione di un fine pubblico o collettivo.
In particolare si prevede l'applicazione delle disposizioni dettate per le associazioni riconosciute con medesime caratteristiche e le conseguenze della mancata osservanza delle stesse. Inoltre si specifica che deve essere regolata la responsabilità degli amministratori per l'amministrazione e per la destinazione dei fondi.
L’articolo 6, comma 1, detta princìpi e criteri direttivi generali per l’esercizio dell'impresa da parte delle associazioni e delle fondazioni.
Per le associazioni riconosciute e per le fondazioni, le novità attengono alla valorizzazione dell'attività imprenditoriale, ad una più puntuale definizione degli assetti organizzativi, all’applicazione dello statuto dell'imprenditore commerciale, alla previsione di obblighi di contabilità separata, per la gestione sociale e quella imprenditoriale; alla previsione un controllo della contabilità distinto dal controllo sull'amministrazione.
Si ricorda, in particolare, che nelle fondazioni, penetranti poteri sostitutivi e di controllo sono attribuiti alla prefettura come ufficio territoriale del Governo (ovvero alla regione o alla Provincia autonoma), dagli artt. 25 e 26 del codice civile.
La prefettura esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori.
La prefettura può, inoltre, disporre ex art. 26 c.c. il coordinamento dell'attività di più fondazioni ovvero l’unificazione della loro amministrazione, rispettando, per quanto è possibile, la volontà del fondatore.
Il comma 2 contiene principi specifici per gli enti che suscitano un affidamento in ordine alla realizzazione di un fine pubblico o collettivo, stabilendo la necessità di definire un limite all'esercizio di imprese non direttamente strumentali e alle partecipazioni nelle società che svolgono attività non strumentali.
Per le sole associazioni non riconosciute, il comma 3 precisa che occorre definire la responsabilità per le obbligazioni sociali in caso di insolvenza dell'associazione.
[1] Per un’analisi ulteriore delle norme del codice civile, si rinvia al commento del contenuto della proposta di legge
[2] Con l’espressione “comitato” s’intende, invece, un gruppo di persone che, attraverso un’aggregazione di mezzi materiali, si propone il raggiungimento di uno scopo altruistico, generalmente nell’interesse pubblico, e a tal fine cerca contributi per mezzo di pubbliche sottoscrizioni o inviti a offrire. Quando il comitato non mira al riconoscimento della personalità giuridica, la costituzione può avvenire anche senza formalità, verbalmente.
La disciplina dei comitati (non riconosciuti) è contenuta negli articoli da 39 a 42 del codice civile, ai sensi dei quali non sussiste mai una responsabilità del comitato come tale, ma dei suoi componenti.
In particolare:
- gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili, sia verso i sottoscrittori sia verso i destinatari delle offerte, personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato (art. 40);
- se sono state assunte obbligazioni verso terzi, di queste rispondono personalmente e solidalmente tutti i componenti del comitato (e non i soli amministratori, come nel caso delle associazioni non riconosciute);
- i sottoscrittori sono tenuti soltanto ad effettuare le oblazioni promesse (art. 41).
Se i fondi raccolti sono insufficienti o lo scopo non si può attuare o, raggiunto lo scopo, vi è un residuo di fondi, sulla devoluzione dei beni (se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione) provvede l’autorità governativa (art. 42).
[3] DPR 10 febbraio 2000, n. 361, Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto (n. 17 dell'allegato 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59).