Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Francia
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 58
Data: 12/11/2012
Descrittori:
FRANCIA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

n. 58 – 12 novembre 2012

Francia                             

 


Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo la Francia è una repubblica semipresidenziale, basata sulla costituzione della Quinta repubblica entrata in vigore nel 1958.

Il capo di Stato è il Presidente, eletto a suffragio universale diretto con un sistema maggioritario a doppio turno. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta al primo turno si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati, due settimane dopo il primo voto.L’età minima per la massima magistratura è di 23 anni; la candidatura deve essere sostenuta da almeno 500 firme di titolari di cariche elettive (parlamentari, consiglieri regionali e generali, sindaci) in almeno 30 dipartimenti o collettività d’Oltremare tra i quali non più di 50 eletti in un unico dipartimento.Ladurata delmandato presidenziale, rinnovabile una volta,è di cinque anni, conformemente a quanto stabilito dalla riforma costituzionale del 2000 che ha lo ha ridotto (prima era di sette anni) allineandolo alla durata della legislatura dell’Assemblea Nazionale in modo da ridurre i casi di coabitazione tra un presidente appartenente ad uno schieramento politico e una maggioranza dell'a Camera bassa di segno opposto.

Titolare del potere esecutivo, il Presidente nomina il Primo ministro e mette fine alle di lui funzioni su presentazione delle dimissioni del governo; il Presidente nomina, altresì gli altri membri dell’esecutivo, su avviso del Primo ministro. Il Capo dello Stato promulga le leggi; su proposta del Governo o di entrambe le Camere può sottoporre a referendum una legge o la ratifica di un trattato e, consultati il Primo ministro ed i Presidenti delle Camere, può sciogliere l’Assemblea nazionale.

Il potere legislativo è detenuto dal Parlamento bicamerale composto dall’ Assemblea Nazionale e Senato.

L’Assemblea Nazionale conta 577 deputati eletti a suffragio universale diretto per cinque anni con un sistema maggioritario uninominale a doppio turno. Risulta eletto al primo turno il candidato che raggiunga la maggioranza assoluta dei suffragi espressi, corrispondenti ad almeno ¼ degli elettori iscritti nella circoscrizione. Se nessun candidato risulta eletto al primo turno, una seconda tornata elettorale viene organizzata la settimana successiva, cui partecipano tutti i candidati che abbiano ottenuto il 12,5% dei suffragi, calcolato sugli aventi diritto al voto. Nel gennaio 2010 sono state ridisegnate 285 delle 577 circoscrizioni elettorali (pari al 44,7%) con la creazione di 11 circoscrizioni estere che permetteranno, per la prima volta nel voto legislativo del 10 e 17 giugno 2012, ai cittadini francesi all’estero di eleggere i propri deputati.

Il Senato conta, dalle ultime elezioni parziali del 25 settembre 2011, 348 membri eletti in forma indiretta con mandato di sei anni; la metà dei seggi viene rinnovata ogni tre anni. Le elezioni hanno luogo a suffragio universale indiretto essendo la scelta dei senatori attribuita a collegi elettorali formati dai titolari di cariche elettive negli enti territoriali.

Per Freedom House, la Francia è uno Stato “libero” in possesso dello status di democrazia elettorale; mentre il Democracy Index 2011 dell’Economist Intelligence Unit la classifica come “democrazia imperfetta” (flawed democracy) (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese).

 

La situazione politica

Le elezioni presidenziali e legislative del maggio e giugno 2012

Il 6 maggio 2012 il socialista François Hollande è stato eletto Presidente della Repubblica al secondo turno con il 51,62% dei suffragi, superando il Capo di Stato uscente, Nicolas Sarkozy (Union pour un mouvement populaire, UMP), cui è andato il 48,38% dei suffragi.

L’affluenza alle urne al ballottaggio ha fatto registrare l’80,34 per cento (era stata dell’83,97% nel secondo turno delle elezioni presidenziali del maggio 2007).

François Hollande (n. 1954), ex-allievo dell’ENA, uditore della Corte dei conti, è stato membro dello staff della Presidenza della Repubblica con Mitterand nel 1981 e quindi capo di gabinetto dei due portavoce del governo socialisti, Max Gallo e Roland Dumas; eletto deputato per la prima volta nel 1988 , nel 1997 è succeduto a Lionel Jospin, divenuto primo ministro, alla guida del partito socialista.

 

Si sono successivamente svolte, il 10 e 17 giugno 2012, le elezioni legislative per l’elezione dei 577 deputati dell’Assemblea nazionale.

36 deputati sono risultati eletti al primo turno, (10 giugno) che ha visto un’affluenza alle urne pari al 57,23% (il più basso mai registrato in una elezione generale in Francia con una diminuzione di 3,2 punti percentuali rispetto al primo turno delle precedenti elezioni il 10 giugno 2007).

Il voto del primo turno ha premiato (29,3%) il partito socialista del nuovo Presidente François Hollande e le altre formazioni di sinistra cui si contrappone la formazione neo-gollista, l’UMP (27,12%), il principale partito di opposizione. Gli osservatori avevano rilevato come tali esiti confermassero nella sostanza la bipolarizzazione del paesaggio politico francese, in particolare a seguito della quasi totale scomparsa del centro, un tempo alleato della destra.

Quanto al Fronte nazionale, nonostante abbia ottenuto un punteggio molto più alto rispetto al 1° turno delle elezioni del ​​10 giugno 2007 (+ 9,48), non ha conquistato seggi al primo turno.

 

Il secondo turno delle elezioni legislative francesi (17 giugno) ha visto l’affermazione del Partito socialista e dei suoi stretti alleati.

Secondo i risultati definitivi diffusi dal Ministero dell'Interno e relativi all’intero processo elettorale, il PS ha ottenuto 280 seggi, i Diversi di sinistra 22, i radicali 12, per un totale di 314 seggi su 577 raccolti dai socialisti e dai loro stretti alleati, ampiamente oltre la maggioranza assoluta (che è a quota 289).

I Verdi hanno ottenuto 17 seggi e potranno formare un gruppo parlamentare (il minimo è 15 deputati), il Fronte di sinistra 10 seggi e gli indipendentisti della Martinica 2, per un totale della sinistra di 343 seggi.

Quanto allo schieramento di destra l'UMP ha raccolto 194 seggi, il Nuovo centro e i Diversi di centro 14, i Diversi di destra 15 e i radicali di centro 6, per un totale di 229 seggi per la destra.

L'estrema destra ha conquistato tre seggi, due dei quali per il Fronte nazionale.

Il MoDem di Francois Bayrou, 2 seggi.

I risultati complessivi delle elezioni legislative francesi del 10 e 17 giugno 2012 sono riassunti nella seguente tabella:

 

ELEZIONI LEGISLATIVE FRANCESI

10 e 17 giugno 2012

partito

seggi

 

PS

280

 

Diversi di sinistra

22

 

Radicali

12

 

Totale PS e apparentati

314

Verdi

17

 

Fronte di sinistra

10

 

Indip. Martinica

2

 

Totale sinistra

343

UMP

194

 

Nuovo centro/Diversi centro

14

 

Diversi di destra

15

 

Radicali di centro

6

 

Totale UMP e apparentati

229

Fronte nazionale

2

 

Altro estrema destra

1

 

MoDem

2

 

TOTALE

577

 

La situazione economica

Durante la campagna presidenziale, François Hollande aveva fortemente criticato la leadership “Merkozy” che secondo lui era troppo concentrata sulle misure di austerity e non aveva una vera legittimità di leadership (data comunque l’esigenza di dover coinvolgere altri stati membri e di rispettare il metodo comunitario). Hollande aveva più volte ribadito che il “Fiscal Pact” non rappresentava la soluzione ai problemi dell’Europa ed aveva annunciato la sua intenzione di rinegoziarlo e di proporre invece un “Growth Pact”, una nuova iniziativa incentrata sulla crescita a livello europeo. Tale nuova strategia di crescita si sarebbe dovuta basare su:

Ø     adozione degli eurobond;

Ø     un maggior coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti (Bei);

Ø     una tassa sulle transazioni finanziare per rinforzare il bilancio dell’Unione europea e sostenere nuove politiche industriali;

Ø     un’armonizzazione fiscale e sociale;

Ø     un nuovo “impeto democratico”.

In sintesi aveva parlato di un “fédéralisme de projets”.

 

Dopo le elezioni tuttavia il nuovo Presidente si è trovato costretto ad accettare un compromesso. La Germania aveva infatti chiarito che non ci sarebbe stato alcun “Growth Pact” se la Francia non avesse accettato il “Fiscal Pact”. Al Consiglio di giugno, Hollande – insieme a Monti e Rajoy – aveva ottenuto alcune misure orientate alla crescita (per un totale di 120 miliardi di euro, ovvero l’1% circa del Pil europeo) che includevano un incremento della capacità di prestito della Bei (60 miliardi di euro), l’avvio di una prima sperimentazione di “project bonds” (ovvero l’emissione di titoli per circa 5 miliardi di euro finalizzati al finanziamento di progetti infrastrutturali), oltre che l’erogazione di fondi strutturali non ancora utilizzati per circa 55 miliardi di euro. Aveva anche ottenuto che misure specifiche, miranti a fornire possibili risposte alla crisi bancaria (come ad esempio un fondo di assicurazione dei depositi nell’ambito dell’“unione bancaria”, il fondo di ricapitalizzazione e la supervisione comune a livello europeo) e alla crisi fiscale (l’“unione fiscale” comprendente una più agevole attivazione dello European Financial Stability Facility (EFSF) e dello European Stability Mechanism (ESM), oltre che una riflessione, seppur a lungo termine, sugli eurobond), fossero ulteriormente analizzate nell’ambito del rapporto del “Group of 4” atteso per dicembre 2012.

In cambio, Hollande aveva dovuto accettare che la Francia avviasse il processo di ratifica del “Fiscal Pact” senza apportare alcuna modifica. Ciò ha dato l’impressione che François Hollande stia in realtà tornando a dare priorità all’asse franco-tedesco, che aveva caratterizzato il periodo del “Merkozy”.

Il Fiscal pact è stato infine ratificato dall’Assemblea Nazionale il con 477 voti favorevoli e 70 contrati e dal Senato con 306 voti a favore e 32 contrari. E’ da sottolineare che i consensi della Gauche al Fiscal Pact nell’Assemblea Nazionale si sono fermati a soli 282 voti, senza ottenere dunque autonomamente la maggioranza assoluta di 289.

 

Rimane comunque un dibattito aperto tra la Germania e la Francia in merito, soprattutto, agli eurobond e all’unione politica. La Germania afferma che l’unione politica rappresenta una precondizione per garantire l’impegno degli stati a rispettare le regole oltre che una questione di legittimità democratica; solo dopo sarebbe possibile ipotizzare una mutualizzazione del debito.

Hollande sostiene invece che l’unione politica non risulta essere per i cittadini logica e accettabile senza la solidarietà, di cui si ha estremamente bisogno da subito.

Con specifico riferimento agli eurobond, la Francia tiene aperte tutte le opzioni (come gli “eurobills”’ o il “redemption fund”). Thomas Philippon, che ha presentato la proposta sugli “eurobills” sta adesso lavorando nel Gabinetto di Pierre Moscovici. Tuttavia la Francia considera il “redemption fund” la soluzione più accettabile per la Germania sia per motivi politici sia per il fatto che si tratta di una proposta presentata inizialmente in Germania.

Per affrontare tali questioni, Pierre Moscovici e Wolfgang Schaüble hanno creato un tavolo di lavoro bilaterale sulla crisi del debito dell’Eurozona, che si occuperà nello specifico non solo di questioni tecniche come l’implementazione delle decisioni sulla Grecia e la Spagna, ma anche di questioni più ampie come la supervisione bancaria, l’unione bancaria e l’integrazione europea.

È interessante notare, che la Francia non è ancora membro formale del gruppo creato da Guido Westerwelle, il ministro degli Esteri tedesco, sul futuro dell’Europa. Tuttavia, la Francia potrebbe associarsi al gruppo in seguito.

Il quadro macroeconomico

Hollande non si aspettava che la situazione economica sarebbe tanto peggiorata anche in Francia. Un aumento della disoccupazione era scontato e atteso (il tasso di disoccupazione ha adesso raggiunto il 9,7% e dovrebbe aumentare anche nei prossimi mesi). Dopo una sostanziale stagnazione nel 2012, il Pil non dovrebbe crescere di molto nel 2013 (+0,8% secondo il Fondo Monetario Internazionale). Ciò significa che il Governo dovrà trovare nuove entrate fiscali o procedere a dei tagli di spesa per raggiungere l’obiettivo di deficit (3% nel 2013, dopo il previsto 4,5% nel 2012). Tuttavia queste misure di “austerity” potrebbero ulteriormente minare il potenziale di crescita francese, rendendo quindi ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi di deficit. Con un rapporto debito su Pil ormai vicino al 90%, per Hollande si prospettano delle decisioni molto dure da prendere.

 

Il rischio bancario

I paesi dell’Eurozona al momento maggiormente esposti alla crisi si sono dovuti confrontare con i rischi legati al circolo vizioso tra la crisi del debito sovrano e la crisi bancaria. Il timore è che questo si avveri presto anche in Francia il cui sistema bancario risulta molto esposto ai rischi derivanti dai titoli pubblici di altri paesi europei, a iniziare dall’Italia nei confronti della quale le 4 maggiori banche francesi detengono titoli pubblici per un valore complessivo pari a circa 33 miliardi di euro. Altri timori riguardano anche i debiti delle famiglie e delle imprese. Il governo francese ha recentemente annunciato che dovrà probabilmente salvare il Credit Immobilier de France data la difficoltà di quest’ultimo a provvedere al proprio rifinanziamento dopo il recente “downgrading” del suo rating.

 

La competitività

La Francia si è caratterizzata per anni per l’aspro dibattito interno in merito alla competitività della sua economia. Il tema della “deindustrializzazione” ha infatti assunto un ruolo centrale nel dibattito politico: la quota del settore industriale è crollata di oltre il 5% negli ultimi 10 anni. La crisi economica ha reso questo trend ancora più evidente, al punto che ormai il settore industriale contribuisce solo al 12,6% del Pil francese e al 13% della disoccupazione. Sia gli esperti che i politici risultano in disaccordo tra di loro in merito al fatto che questo fenomeno abbia contributo o meno al crescente costo del lavoro e ad altri fattori (per esempio il basso numero di imprese di medie dimensioni con un’adeguata propensione all’esportazione). In termini più precisi, mentre l’andamento delle retribuzioni sembra essere stato in linea con l’andamento della produttività dell’intera economia francese, il settore manifatturiero sembra invece essersi discostato. Il costo per unità di lavoro (ovvero il rapporto tra la remunerazione del lavoratore e la produttività) è aumentato del 19,4% nell’industria manifatturiera francese nel periodo 2000-2010. Al contrario in Germania, dove la quota di Pil del settore manifatturiero è rimasta costante nello stesso periodo, si è registrata una riduzione del 3,7%.

Questo dibattito sta avendo importanti ripercussioni anche in merito alla riforma del sistema fiscale. Se infatti da un lato Hollande ha già escluso un aumento dell’Iva (che pensa possa avere un impatto negativo sui meno abbienti), il suo governo sta valutando l’aumento della Csg (Contribution sociale généralisé – gli oneri sociali pagati dai lavoratori) che potrebbe lasciare dunque spazio a una riduzione degli oneri a carico dei datori di lavoro.

 

Con l’aggravarsi della crisi economica, François Hollande dovrà prendere decisioni molto dure che con ogni probabilità risulteranno impopolari. Da qualche tempo sembra infatti preparare l’opinione pubblica insistendo ripetutamente sulla gravità della crisi. Inoltre, dopo aver inizialmente puntato ad un cambio di stile nella governance e di priorità in campo economico rispetto all’era “Merkozy”, sembra adesso voler tornare verso una stretta collaborazione con la Germania. Ciò potrebbe generare l’impressione che la situazione sia tornata esattamente dove si trovava prima dell’elezione di Hollande. In ogni caso, le prospettive sempre più negative per l’economia francese e quella europea più in generale impongono cambiamenti radicali rispetto al passato. Proprio di ciò si sta occupando il gruppo guidato da Herman Van Rompuy e il gruppo franco-tedesco guidato da Moscovici e da Schaüble. Hollande sa quali sono le opzioni disponibili e ha già indicato le proprie preferenze (sebbene permangano coni d’ombra sul versante più propriamente politico). Ma sa anche che sono necessari continui sforzi per convincere sia i propri cittadini che i partner europei, senza peraltro alcuna assicurazione di successo data l’incertezza dell’attuale contesto politico ed economico.

 

 


 

 

 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: Stato “libero” (Freedom House); democrazia imperfetta (flawed democracy) (Economist)

Indice della libertà di stampa: 38 su 179

Libertà di Internet: no evidence of filtering

Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); generale rispetto nella pratica (USA)

Corruzione percepita: 25 su 182

Libertà economica: Stato moderately free (67 su 179)

PIL (outlook aprile 2012): +2%

 

 


 



[1]   Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla fondazione Heritage la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alle note esplicative presenti nel dossier Analisi dei rischi globali. Indicatori internazionali e quadri previsionali (29 luglio 2011)e nella nota Le elezioni programmate nel periodo settembre-dicembre 2011 (9 settembre 2011).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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