Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Romania | ||
Serie: | Schede Paese politico-parlamentare Numero: 26 | ||
Data: | 04/10/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
n. 26 (edizione
aggiornata) – 4 ottobre 2012
Romania
Il quadro istituzionale
Dal punto di vista della forma di governo, la
Romania è una Repubblica
semipresidenziale. In base alla nuova Costituzione del 2003, il Presidente
della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto con un sistema
elettorale a doppio turno (per essere eletti al primo turno è necessaria la
maggioranza assoluta dei voti) per non più di due mandati consecutivi di cinque
anni. Il Presidente nomina il primo ministro che però deve essere
confermato dal Parlamento. Il Presidente ha potere di veto sulle leggi
approvate dal Parlamento, veto che può essere superato con una maggioranza
parlamentare dei due terzi.
Il Parlamento è bicamerale: la Camera dei Deputati è composta da 315 membri e il Senato da 137 membri, in entrambi i casi eletti per quattro anni con un sistema elettorale misto basato su collegi uninominali e circoscrizioni plurinominali (alla Camera i seggi sono ripartiti proporzionalmente ai partiti che abbiano superato la soglia di sbarramento del cinque per cento dei voti, dando la priorità ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta nei collegi uninominali; diciotto seggi della Camera sono poi riservati alle minoranze etniche; al Senato vige lo stesso sistema elettorale, con diverse soglie di sbarramento per l’accesso alla ripartizione dei seggi: cinque per cento o tre seggi in collegi uninominali del Senato o sei seggi della Camera per i singoli partiti; otto per cento per le coalizioni tra due partiti; nove per cento per le coalizioni tra tre partiti; dieci per cento per le coalizioni tra quattro o più partiti).
Per “Freedom House 2012” la Romania è uno “Stato libero”, in possesso dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2011 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “democrazia difettosa” (flawed democracy) (cfr. infra “Indicatori internazionali del paese”). Per quel che concerne il rispetto in concreto delle libertà politiche e civili, fonti indipendenti rilevano come in Romania appaiano effettivamente tutelate le principali libertà di associazione e riunione; si registri un buon pluralismo nei media di comunicazione; non si segnalino restrizioni all’accesso nella rete Internet. Per quel che concerne la libertà religiosa, la Romania riconosce ben 18 comunità religiose (la Chiesa ortodossa rimane la comunità principale, influente anche in ambito politico). Per essere ufficialmente riconosciuta, qualsiasi religione deve avere un seguito di fedeli pari almeno allo 0,1 per cento della popolazione totale nazionale. Sul territorio romeno sono presenti anche altri piccoli gruppi religiosi non tradizionali: a questi è richiesto un “periodo di attesa” di dodici anni prima di poter essere ufficialmente riconosciuti.
La corruzione appare come un problema significativo del paese, come confermato dal peggioramento della posizione del paese nel transparency index, dove è passato dalla 69a posizione del 2010 alla 75a del 2011.
La situazione politica
L’attuale Presidente della Repubblica è Traian Basescu (n.1951), rieletto per il secondo mandato dal 2009 dopo aver vinto la prima volta nel 2004. Nelle elezioni del 22 novembre 2009 Basescu ha prevalso al secondo turno con il 50,3% dei voti, suscitando accuse di brogli da parte dello sfidante socialdemocratico, Mircea Geoana.
Primo ministro è il
socialdemocratico Victor Ponta (n.
1972), in carica dal 7 maggio 2012 alla guida di un esecutivo formato da
elementi dell’Unione social liberale
(USL aderente, al Parlamento europeo,
al gruppo del partito socialista europeo) e da tecnocrati. La compagine
governativa, l’ultima di una serie di maggioranze variamente articolate,
dovrebbe portare il paese alle elezioni legislative del prossimo 9 dicembre
2012, alle quali si presenta con prospettive di vittoria, continuando, nel
frattempo, la politica di riforme e risanamento richieste da FMI e UE e di cui
il premier ha affermato di voler correggere i tratti di ingiustizia sociale.
Ponta è il terzo primo ministro a guidare la Romania in meno di sei mesi; il suo
governo a guida USL - alleanza nata a inizio 2011 dall’unione tra il Partito
socialdemocratico dello stesso premier, il Partito nazionale liberale PNL di Crin
Antonescu e il Partito conservatore di Daniel Constantin - ha sostituito l’Esecutivo di centro-destra guidato da
Mihai-Razvan Ungureanu (n. 1968). Già
a capo del SIE (Servizio di Informazione esterna) e Ministro degli esteri fra
il 2004 e il 2007, Ungureanu è stato affossato da un voto di sfiducia; la
mozione contraria al suo governo, presentata dall’opposizione allora guidata
dall’USL, e votata dal parlamento il 27 aprile 2012, denunciava irregolarità nell'utilizzo
di fondi pubblici e l'inefficacia del programma di privatizzazione.
Ungureanu, a sua volta, era succeduto nel febbraio 2012, al primo ministro Emil Boc, che guidava una coalizione tra Partito liberaldemocratico (PDL; aderente al Parlamento europeo al
gruppo del partito popolare europeo) e Unione
democratica degli ungheresi di Romania (UDMR; anch’esso aderente al
Parlamento europeo al gruppo del partito popolare europeo); il premier Boc si
era dimesso (6 febbraio) dopo le violente proteste contro il suo governo
divampate a seguito dei drastici tagli alla spesa pubblica effettuati nell’ambito
del piano di risanamento economico.
Va rammentato che la Romania, pesantemente colpita dalla crisi economica e
finanziaria internazionale (PIL 2009:
-7,5),ha concluso nel marzo
2011 un secondo accordo con l’FMI per un credito precauzionale di 5 miliardi di
euro; un primo piano di austerità concordato col Fondo nel 2009 e sfociato in
un prestito di 20 miliardi di euro, aveva costretto Bucarest, tra il resto, a ridurre
del 25% i salari del settore pubblico e a congelare le pensioni.
Il leader liberaldemocratico Boc era già stato alla guida di una precedente
compagine governativa, sostenuta da una differente coalizione composta dal PDL del
premier e dal Partito socialdemocratico PSD; tale coalizione si era sciolta il
2 ottobre 2009, alla vigilia delle elezioni presidenziali del 22 novembre, a
seguito delle dimissioni di tutti i ministri PSD rassegnate in solidarietà con il
vicepremier e ministro dell'interno, il socialdemocratico Dan Nica, revocato dal capo dello stato, Traian Basescu, suproposta
del premier Boc. La revoca dell’incarico al vicepremier è stata riconnessa
dagli osservatori alle affermazioni di quest’ultimo circa la possibilità che il
Pdl si preparasse ad una gestione irregolare delle imminenti elezioni
presidenziali.
Tale quadro di instabilità di governo deve essere ricollegato ai rapporti di
forza determinati dalle elezioni legislative del 2008. In tali elezioni[1], infatti, il PDL ha ottenuto 115 seggi
(32,4 per cento dei voti) alla Camera
e 51 seggi (33,6 per cento dei voti)
al Senato; il PSD 114 seggi
(nonostante il 33,1 per cento dei voti) alla Camera e 49 (nonostante
il 34,2 per cento dei voti) al Senato;
terzo partito è il partito nazionale liberale (aderente al Parlamento europeo
al gruppo dell’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa) con 65 seggi
(e il 18,6 per cento dei voti) alla Camera e 28 seggi (e il 18,7 per cento dei
voti al Senato); l’Unione degli ungheresi di Romania ha ottenuto 22 seggi (6,2
per cento dei voti) alla Camera e 9 seggi (6,4 per cento) al Senato.
In tale quadro di instabilità, il 6 luglio 2012 il Parlamento in seduta comune ha
approvato[2] (con 256 voti a favore e 114 contrari) la
domanda di destituzione del
Presidente Traian Basescu presentata dall’alleanza di governo USL, con l’accusa
di violazione della Costituzione per essersi attribuito prerogative riservate
al Primo ministro, di aver infranto il criterio della separazione dei poteri e
l’indipendenza dell’ordine giudiziario e di aver minato la democrazia con
l’imposizione di misure d’austerità che hanno impoverito la popolazione.
Il referendum
celebrato il 29 luglio 2012,
necessario, ai sensi della Costituzione, per confermare la decisione
parlamentare, è stato dichiarato nullo
per mancato raggiungimento del quorum
del 50%+1 degli aventi diritto. L’imprescindibilità del raggiungimento del quorum, previsto dalla legge elettorale
del 2010, era stata ribadita dalla Corte costituzionale che, alla vigilia del
referendum, aveva annullato un provvedimento dell’Esecutivo volto ad abolirlo. Alla
consultazione referendaria ha preso parte solo il 46% degli aventi diritto,
l’87,5% dei quali ha votato “sì” alla destituzione di Basescu. Come è noto,
Basescu era già stato sospeso dalle funzioni di Capo dello Stato da una
maggioranza di centro-sinistra nel 2007, sospensione anche in quel caso non
confermata dall’esito referendario.
L’iniziativa dell’impeachment è stata interpretata dagli osservatori come il
punto culminante della contesa tra presidente, il cui mandato non ulteriormente
rinnovabile scade nel 2014, e il primo ministro socialdemocratico Victor Ponta.
Tale iniziativa - è stato rilevato - si colloca nell’ambito dell'offensiva
della USL per tornare al pieno potere dopo quattro anni di ferreo dominio del
Partito democratico liberale (PDL) vicino al presidente.
Molti analisti hanno criticato il governo Ponta che, all’inizio di luglio, ha
revocato, oltre a titolari di cariche apicali nell’Amministrazione, anche i
presidenti delle due assemblee parlamentari; questa decisione è stata criticata
non solo dall’opposizione PDL (di cui entrambi i Presidenti sono membri) ma anche da numerosi
giuristi come pure dagli Usa e dalla Commissione europea. Inoltre, con una
decisione d’emergenza il governo è intervenuto anche a ridurre le prerogative
della Corte costituzionale; il provvedimento ha indotto i giudici, che hanno denunciato
con forza l’”attacco senza precedenti” subito
dalla Corte, a rivolgersi alla Commissione di Venezia (l’organismo consultivo
del Consiglio d’Europa in materia di democrazia, diritti umani e primato
del diritto) ed alla Conferenza
Europea delle Corti Costituzionali.
Il dissidio istituzionale ha destato preoccupazione in Europa e negli Usa, dal momento che la Romania è membro sia dell’Ue (dal 2007) sia dell’Alleanza Atlantica (dal 2004).In proposito va rammentato che il paese sta cercando di consolidare la sua integrazione nel sistema di alleanza occidentale, come testimoniato anche dall’adesione, pur non appartenendo ancora la Romania all’area dell’Euro, al patto “Euro-plus” varato dal Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011.
Indicatori internazionali sul paese[3]:
Libertà politiche e civili: Stato “libero” (Freedom House 2012); democrazia difettosa (Economist 2011 )
Indice della libertà di stampa: 47 su 179 (Reporters sans frontières)
Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); situazione di rispetto in concreto (USA)
Corruzione percepita: 75 su 182 (Transparency International 2011)
Variazione PIL 2011:+2,5 per cento
Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, IFES-Election Guide, Fondazione Robert Schuman.
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File: es1224paese.doc
[1] Si veda Elezioni parlamentari e presidenziali nel mondo n. 23 del 9 dicembre 2008.
[2] L’articolo 95 della Costituzione rumena prevede che il Capo dello Stato può essere destituito durante il mandato con un voto a maggioranza di Camera e Senato in seduca comune “se commette atti gravi che violano le disposizioni della Costituzione”. Se approvata, la proposta di destituzione deve essere sottoposta entro 30 giorni a referendum confermativo.
[3] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).