Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||||
---|---|---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno - A.C. 5434 - Elementi per l'istruttoria legislativi | ||||
Riferimenti: |
| ||||
Serie: | Progetti di legge Numero: 685 | ||||
Data: | 18/09/2012 | ||||
Descrittori: |
| ||||
Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
18 settembre 2012 |
|
n. 685/0 |
Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno
A.C. 5434Elementi per l’istruttoria legislativa |
Numero del disegno di legge di ratifica |
5434 |
Titolo |
Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno |
Iniziativa |
Governativa |
Firma dell’Accordo |
New York, 2 dicembre 2004 |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli del disegno di legge di ratifica |
4 |
Date: |
|
presentazione alla Camera |
11 settembre 2012 |
assegnazione |
17 settembre 2012 |
Commissione competente |
III (Affari esteri) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V Bilancio, VI Finanze, IX Trasporti, X Attività produttive e XI Lavoro |
Oneri finanziari |
No |
Il disegno di legge A.C. 5434, presentato alla Camera l’11
settembre 2012 per iniziativa del
Governo, mira ad ottenere l’autorizzazione alla ratifica[1]
della Convenzione delle Nazioni Unite
sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New
York il 2 dicembre 2004. Il disegno di legge contiene inoltre norme di adeguamento
dell’ordinamento giuridico italiano atte a recepire le disposizioni della
Convenzione, la quale è frutto di lavori che risalgono al 1977, e quindi di una
lunga elaborazione conclusa il 2 dicembre 2004 con la risoluzione dell’Assemblea Generale ONU 59/38, che ha adottato il testo
della Convenzione. Attualmente
Precedentemente, il 16 maggio 1972, era stata
conclusa a Basilea, nell'ambito del Consiglio d'Europa,
L'ampia relazione introduttiva che accompagna il disegno di legge chiarisce come il recepimento della Convenzione nell’ordinamento italiano consentirà di porre rimedio ad una lacuna del medesimo in ordine proprio alle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni. Infatti in materia esiste il solo precedente della norma introdotta dal decreto-legge n. 63 del 2010 (la cui vigenza è stata prorogata al 31 dicembre 2012 dall’art. 7 del decreto legge n. 216/2011), che tuttavia si limita a prescrivere la sospensione di eventuali misure esecutive a carico di Stati esteri nelle more di procedimenti, che li riguardino, davanti a istanze giurisdizionali internazionali.
Pertanto l'Italia, nel settore delle immunità giurisdizionali degli Stati, ha agito finora su base consuetudinaria, ovvero sul piano del diritto internazionale generale, ove è riconosciuta l'immunità degli Stati stranieri in funzione del rispetto della loro sovranità.
La ratifica della Convenzione del 2004 sia suscettibile di ridurre notevolmente i margini di ambiguità interpretativa connaturati alla dimensione del diritto internazionale generale, consentendo un più certo quadro di riferimento, essenziale anche in considerazione del sempre maggiore coinvolgimento degli Stati e degli enti di diritto pubblico in attività commerciali e di tipo privatistico.
Passando al contenuto recipuo della Convenzione in esame, essa si compone di un breve preambolo e 33 articoli, raggruppati in sei parti.
La parte prima (articoli 1-4) ha funzione introduttiva: viene anzitutto fissato il campo d'applicazione della Convenzione in oggetto, ovvero l'immunità giurisdizionale di uno Stato e dei suoi beni dai tribunali di un altro Stato, e vengono fornite una serie di definizioni indispensabili per la corretta interpretazione della Convenzione. Rileva qui in particolare l'accezione ampia fornita al termine di Stato, che si applica anche alle componenti di uno Stato federale o alle suddivisioni politiche statali abilitate compiere atti di imperio, come anche all'espressione transazione commerciale, nella quale rientrano in effetti anche contratti di natura finanziaria e prestazioni di servizi. Vengono poi fissate una serie di salvaguardie dei privilegi e immunità conferiti in virtù del diritto internazionale alle missioni diplomatiche, ai consolati, alle rappresentanze presso le organizzazioni internazionali, ai capi di Stato, agli aeromobili o oggetti spaziali appartenenti a ogni singolo Stato. Infine, viene sancita la non retroattività della Convenzione in esame, che non si applica ad alcuna questione sollevata in un procedimento promosso prima dell'entrata in vigore tra gli Stati interessati della presente Convenzione.
La parte seconda (articoli 5-9) comprende principi di carattere generale, a partire dalle modalità di attuazione dell'immunità degli Stati, che viene conseguita da uno Stato che si astiene dall’esercitare la sua giurisdizione contro un altro Stato, vigilando sul rispetto di tale decisione da parte dei propri tribunali. Viene precisato che si considera promosso un procedimento contro un altro Stato quando quest'ultimo sia citato come parte del procedimento, o il procedimento stesso sia di fatto finalizzato pregiudicarne beni, diritti, interessi o attività.
Viene poi stabilito che uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale qualora abbia dato esplicito consenso all'esercizio della giurisdizione di un particolare tribunale nei riguardi di una certa materia o causa, e ciò sia mediante accordo internazionale, sia mediante contratto scritto o dichiarazione o comunicazione scritta inoltrata nell'ambito di un determinato procedimento al tribunale interessato. Non è tuttavia considerato consenso all’esercizio della giurisdizione l'accordo generico sull'applicazione della legge dello Stato di residenza.
Vengono poi stabilito gli effetti della partecipazione di uno Stato a un procedimento giudiziario: in particolare, uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale se ha attivato esso medesimo il procedimento, ovvero vi è intervenuto o ha assunto in esso una qualsiasi posizione sul merito delle questioni in giudizio. A questa norma generale vengono poi eccettuati diversi profili: anzitutto, è stabilito che non possa considerarsi consenso il fatto che uno Stato intervenga nel procedimento solo per invocare l’immunità da esso, o per far valere un diritto o un interesse verso un bene in causa nel procedimento. Inoltre, non è considerata consenso di uno Stato all'esercizio della giurisdizione del tribunale dell'altro Stato la presenza in un procedimento di un proprio rappresentante quale teste, e nemmeno la non comparizione in un procedimento. Infine, in nessun caso l'immunità giurisdizionale verrà riconosciuta ad uno Stato da un tribunale in riferimento a una domanda riconvenzionale da esso presentata, o mirante a sfavorirlo.
La parte terza (articoli 10-17) riguarda in linea di massima i procedimenti in cui gli Stati non possono invocare l'immunità, a partire dal caso di transazioni commerciali di uno Stato con una persona fisica o giuridica straniera - salvo diverso accordo tra le parti o transazioni commerciali dirette tra Stati. Inoltre, salvo diverse intese tra gli Stati interessati, non si potrà invocare l’immunità giurisdizionale in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra uno Stato e una persona fisica impiegata interamente o in parte sul territorio dell'altro Stato.
Vi sono però al proposito numerose eccezioni, le principali delle quali sono l'appartenenza della persona interessata alla sfera delle immunità diplomatiche, o il carattere di assoluta necessità, per la sicurezza dello Stato, del licenziamento dell’impiegato in questione.
Ugualmente, salvo diverse intese tra gli Stati interessati, l’immunità giurisdizionale non potrà essere invocata da uno Stato in un procedimento che riguardi una riparazione pecuniaria per il decesso o la lesione dell’integrità fisica di una persona, ovvero in caso di danni o perdita di un bene materiale, imputabili ad atti od omissioni attribuibili allo Stato, verificatesi del tutto o in parte sul territorio dello Stato di appartenenza dei tribunali e in presenza dell'autore.
In generale, poi, e sempre che gli Stati interessati non abbiano diversamente concordato, uno Stato non potrà invocare l'immunità giurisdizionale in ordine a diritti e obblighi relativi ad un bene immobiliare situato su territorio dello Stato del foro, così come a beni mobiliari o immobiliari derivati da una successione o da una donazione, e nemmeno a diritti o interessi dello Stato nell'amministrazione dei beni di un fallimento, derivanti dalla cessazione di una società o inclusi in un trust.
L’immunità giurisdizionale non potrà essere invocata nemmeno rispetto alla determinazione del diritto di uno Stato a brevetti, disegni industriali, ragioni sociali, marchi di fabbrica o diritti d'autore, e ogni altra forma di proprietà intellettuale o industriale che siano protetti giuridicamente dallo Stato del foro (ancora una volta, sempre che gli Stati interessati non abbiano diversamente convenuto).
Uno Stato non potrà altresì invocare l’immunità giurisdizionale in un procedimento concernente la sua partecipazione in una società o in un gruppo, se tale società o gruppo comprendono parti diverse da Stati o organizzazioni internazionali, e sono costituiti conformemente alla legislazione dello Stato del foro, ovvero vi hanno la propria sede sociale oppure il principale luogo di attività: anche qui tuttavia vige l'eccezione di diversi accordi tra gli Stati interessati, o tra le parti alla controversia.
Sempre che gli Stati interessati, poi, non abbiano diversamente convenuto, è preclusa ad uno Stato la possibilità di invocare l'immunità giurisdizionale nei confronti di navi di cui esso sia proprietario o esercente, qualora durante il fatto che ha dato luogo all'azione legale la nave non fosse utilizzata a scopo di servizio pubblico, bensì commerciale.
Se in un procedimento sorge la questione del carattere di servizio pubblico o, al contrario commerciale, di una nave o di un carico di cui uno stato sia proprietario o esercente, sarà sufficiente un'attestazione firmata da un rappresentante diplomatico o da altra autorità competente dello Stato interessato a dare prova dell'effettivo carattere della nave o del carico in questione.
Infine, in riferimento a uno Stato che concordi con una persona fisica o giuridica straniera di sottoporre ad arbitrato alcuni aspetti contestati relativi a una transazione commerciale, tale Stato non potrà invocare l'immunità giurisdizionale in un procedimento che concerna la validità, l'interpretazione, l'applicazione o la procedura dell'arbitrato, nonché la conferma o l'annullamento del lodo arbitrale.
La parte quarta (articoli 18-21) riguarda l'immunità degli Stati nei confronti di eventuali misure esecutive scaturite da un procedimento innanzi ad un tribunale. E’ anzitutto previsto non potersi procedere, prima della sentenza, ad alcuna misura di pignoramento o sequestro contro i beni di uno Stato, in relazione ad un procedimento davanti al tribunale di un altro Stato, a meno che lo Stato interessato non vi abbia esplicitamente consentito - tramite un accordo internazionale, ovvero un patto d'arbitrato, un contratto scritto, una dichiarazione o una comunicazione al tribunale -, e non abbia riservato alcuni beni all'adempimento della richiesta oggetto della controversia.
Posteriormente alla sentenza, del pari, non si potrà procedere ad alcuna azione esecutiva nei confronti dei beni di uno Stato, a seguito di un procedimento giudiziario che lo abbia coinvolto, se non alle condizioni prima richiamate, e con la clausola aggiuntiva che lo Stato interessato abbia stabilito non essere i beni interessati specificamente utilizzati o destinati a scopi di servizio pubblico.
Viene comunque escluso il passaggio automatico tra il consenso che uno Stato abbia accordato all'esercizio della giurisdizione nei suoi confronti e il consenso da parte di detto Stato a subire misure di carattere esecutivo, per le quali si dovrà reiterare l'esplicitazione del consenso stesso. Tra i beni ritenuti essenziali agli scopi di servizio pubblico perseguiti da uno Stato rientrano in generale i conti bancari destinati al funzionamento delle rappresentanze internazionali e diplomatiche di uno Stato, i beni a carattere militare, i beni della Banca centrale, i beni facenti parte del patrimonio culturale dello Stato o di esposizioni a carattere scientifico, culturale o storico.
La parte quinta (articoli 22-24) riporta disposizioni varie, a partire dalle modalità di notifica degli atti di citazione e dall'eventualità di agire contro uno Stato in contumacia. Vengono poi fissati privilegi e immunità nel corso di un procedimento davanti a un tribunale: in particolare, nel caso in cui uno Stato rifiuti di conformarsi a una decisione del tribunale di un altro Stato relativa a una certa fase del procedimento, a tale stato non sarà inflitta alcuna multa o altra penalità. Inoltre, se uno Stato è parte convenuta in un procedimento davanti al tribunale di un altro Stato, esso non sarà tenuto a fornire alcuna fidejussione né a costituire depositi a garanzia del pagamento di spese e costi del procedimento.
Infine, la parte
sesta (articoli 25-33) reca le disposizioni finali della Convenzione, a
partire da una clausola di salvaguardia
dei diritti e obblighi degli Stati Parti
della Convenzione in esame nei confronti di accordi internazionali per essi
vigenti su materie analoghe all'oggetto della Convenzione medesima. Inoltre è
previsto che per la soluzione di
eventuali controversie gli Stati Parti si impegnano a perseguirla mediante
negoziato, ma in difetto di successo si potrà adire l'arbitrato internazionale
e finanche
È inoltre stabilito che
Ai sensi dell'articolo 25 della Convenzione in esame, costituisce parte integrante della stessa un allegato volto a chiarire la portata di alcune delle disposizioni della Convenzione, con particolare riguardo al termine “immunità” menzionato nell'articolo 10, agli “interessi in materia di sicurezza” dello Stato datore di lavoro di cui all'articolo 11, al termine “determinazione” dei diritti protetti di cui agli articoli 13 e 14, all'espressione “transazione commerciale” di cui all'articolo 17 e al termine “ente” utilizzato nell'articolo 19.
Il disegno di legge in esame si compone di quattro articoli. I primi due recano, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004.
L’articolo 3 mira a conformare l'ordinamento interno a pronunce della Corte internazionale di giustizia che escludono la sussistenza della giurisdizione civile relativamente a condotte adottate da uno Stato estero, posta la loro qualificazione in termini di atti «iure imperii».
A fronte dunque di una pronuncia della Corte che nega la giurisdizione del giudice civile nazionale nei confronti di altro Stato, il disegno di legge delinea due strade:
§ se la causa civile in Italia è ancora in corso, il comma 1 demanda al giudice adito davanti al quale pende la controversia di dichiarare, d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, il proprio difetto di giurisdizione;
§ se la causa civile è già conclusa e dunque si è già formato il giudicato civile, il comma 2 consente la revocazione della sentenza in deroga alle disposizioni generali del codice di procedura civile.
In merito l’analisi
tecnico normativa che accompagna il disegno di legge afferma che «Si tratta
di un intervento legislativo necessitato alla luce dell'interpretazione che la
stessa Corte internazionale dà dell'articolo 59 del proprio statuto, tale cioè
da comprendere, nelle condotte esecutive del decisum internazionale che lo Stato soccombente è tenuto ad
adottare, anche quelle volte a privare di effetti i provvedimenti giurisdizionali
nazionali, anche se divenuti irrevocabili, pronunciati rispetto a condotte
coperte dall'immunità statale dalla giurisdizione civile (in questo senso
confronta il paragrafo 137 della sentenza resa dalla Corte internazionale di
giustizia il 3 febbraio
La stessa relazione aggiunge che «La carenza in astratto del potere giurisdizionale nazionale, relativamente alle condotte in parola, giustifica sistematicamente il superamento del principio interno del giudicato. La decisione resa dal giudice nazionale è, difatti, non qualificabile quale provvedimento giurisdizionale perché adottata in carenza di potere».
Analiticamente, il comma 1 dispone per il caso in cui la sentenza della Corte internazionale intervenga quando il procedimento civile è ancora in corso e non si è dunque ancora formato un giudicato. La norma prevede che se è stata esclusa la giurisdizione civile dalla sentenza internazionale, il giudice nazionale adito deve, d’ufficio, rilevare il proprio difetto di giurisdizione. Il comma 1 specifica che il giudice deve procedere in tal senso anche se ha già, in precedenza, affermato la propria giurisdizione con provvedimento passato in giudicato.
La disposizione individua una procedura diversa rispetto a quella delineata dall’art. 11 della legge 218/1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), in base al quale «Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana». Il diritto internazionale privato consente al giudice di rilevare il difetto d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo, solo se il convenuto è contumace, la controversia riguarda beni immobili situati all’estero, «ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale».
Il comma 2 disciplina l’ipotesi in cui vi sia contrasto tra le sentenze nazionali passate in giudicato e le sentenze della Corte internazionale che negano la giurisdizione, anche se emesse successivamente; il disegno di legge consente l’impugnazione della sentenza nazionale per revocazione. Ai casi di revocazione previsti dall’art. 395 c.p.c. si aggiunge infatti (senza novellare il c.p.c.) l’ipotesi di revocazione per difetto di giurisdizione civile, che opera in deroga a quanto previsto dall’art. 396 c.p.c.
Si ricorda che la revocazione è un mezzo di impugnazione ammissibile soltanto per determinati motivi elencati tassativamente dalla legge.
I provvedimenti impugnabili sono le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado: per quelle di primo grado, scaduti i termini per l'appello, è possibile ricorrere solamente alla revocazione straordinaria; la revocazione non sospende i termini per il ricorso in Cassazione ma il giudice innanzi al quale è proposta, qualora ritenga non manifestamente infondata la domanda, può disporre la sospensione (art. 398 c.p.c.).
In base all’art. 395 c.p.c., le sentenze possono essere impugnate per revocazione:
a) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno alle altre. Per aversi dolo revocatorio non basta una qualsiasi violazione dell'obbligo di comportarsi in giudizio con lealtà o probità, ma occorre un raggiro diretto e idoneo a paralizzare la difesa avversaria e a impedire al giudice l'accertamento della verità;
b) se si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza. Per aversi revocazione, comunque, la prova dichiarata falsa deve aver inciso in modo notevole sulla decisione del giudice;
c) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto avverso. Documento decisivo è quello idoneo a fornire elementi i quali, se esaminati prima, avrebbero potuto indurre a diversa decisione;
d) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Si tratta di un errore di percezione, di una svista del giudice nella consultazione degli atti del processo, relativo a un punto decisivo della controversia;
e) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di cosa giudicata (cioè quando si fa presente al giudice l'esistenza della precedente sentenza);
f) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
La c.d. revocazione ordinaria può essere proposta per i motivi di cui alla lettera d) ed e), motivi evidenti, rilevabili anche solo sulla base della sentenza. È un'impugnazione 'rescindente' in quanto se il giudice riconosce i motivi per cui è stata proposta, deve annullare la sentenza viziata e pronunciarne una nuova; dev'essere proposta entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza o 1 anno dalla sua pubblicazione e impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
La c.d. revocazione straordinaria può essere proposta per i motivi di cui alle lettere a), b), c) ed f), che sono esterni alla sentenza e dipendono dalla scoperta di fatti non conosciuti precedentemente. Per questo motivo, può essere proposta entro 30 giorni, che non decorrono dalla notificazione della sentenza ma dal momento in cui si viene a conoscenza del fatto per il quale può essere richiesta; così, può essere proposta anche contro una sentenza passata in giudicato (art. 396 c.p.c.).
Quanto al procedimento, la revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, indicando, a pena di inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o delle falsità o del recupero dei documenti; in corso di causa non possono dedursi nuovi motivi e la citazione dev'essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale (art. 398 c.p.c.).
Se è proposta davanti al tribunale o alla corte d'appello, la citazione dev'essere depositata, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dalla notificazione, nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata; le altre parti devono costituirsi nello stesso modo, mediante deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni (art. 399 c.p.c.).
La parte che propone la revocazione può chiedere al giudice la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata. Il giudice può dichiarare con sentenza l'inammissibilità (mancata indicazione del motivo) o l'improcedibilità della domanda o il rigetto della stessa per infondatezza dei motivi; se invece ritiene fondati i motivi, pronuncia la revocazione e decide il merito della causa se non occorre ulteriore istruzione, disponendo altresì per la restituzione di ciò che fu conseguito con la sentenza revocata (art. 402 c.p.c.). Qualora, invece, se per la decisione del merito della causa ritenga di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia con sentenza la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti al giudice istruttore. La sentenza pronunciata non può essere impugnata ancora per revocazione, ma con i mezzi ai quali era originariamente soggetta prima di questa (art. 403 c.p.c.).
La sentenza della Corte internazionale può dunque travolgere un giudicato civile nazionale e può farlo anche a distanza di molti anni dalla pronuncia del giudice italiano.
Le problematiche connesse al superamento del giudicato
interno sono note al Governo che, nell’analisi
tecnico normativa, evidenzia alcuni precedenti relativi a decisioni della
Corte europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, la recente sentenza della Corte costituzionale n. 113
del 2011, con la quale
Si rileva che il comma 2 non indica termini e modalità per la proposizione della domanda di revocazione per difetto di giurisdizione civile.
L’articolo 4, infine, dispone l’entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Oltre alla relazione introduttiva, il disegno di legge è corredato di una Analisi tecnico-normativa (ATN). L’Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR), non accompagna invece il disegno di legge, come emerge da esplicita dichiarazione di esclusione del 21 maggio 2012, motivata dall’inesistenza di oneri per la finanza pubblica a seguito dell’adesione italiana alla Convenzione.
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri |
( 066760-4172 – *st_affari_esteri@camera.it |
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: es1211_0.doc
[1] Si rileva peraltro come, essendo decorso il 17 gennaio 2007 il termine per la sottoscrizione della Convenzione, il recepimento nel nostro ordinamento sembra configurarsi più come adesione che come ratifica propriamente detta: nel caso dell’adesione, infatti, l’autorizzazione parlamentare precede l’atto di impegno del nostro Paese nei confronti delle controparti pattizie.