Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Siria: il quadro dei più recenti avvenimenti (15 febbraio 2012 - 8 maggio 2012) | ||
Serie: | Note di politica internazionale Numero: 98 | ||
Data: | 08/05/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
n.
98 – 9 maggio 2012
Siria:
il quadro dei più recenti avvenimenti
(15 febbraio 2012 – 8 maggio 2012)
Nuove misure repressive da parte del regime di Damasco
Nella seconda metà di febbraio è proseguita la repressione violenta di
ogni manifestazione di dissenso, con particolare accanimento contro le due
città centrali di Homs e Hama, ma senza trascurare la capitale e l’area
meridionale di Daraa. Frattanto è stata messa in campo un'intensa attività diplomatica intorno alla questione siriana, che
ha visto però sempre
Il regime di Assad il 15 febbraio ha annunciato che 11 giorni dopo si sarebbe svolto un referendum su un progetto di nuova Costituzione che prevedeva l'introduzione di un sistema multipartitico, dando corso alla soppressione del monopolio politico del partito Baath. Tuttavia, la nuova Costituzione vieta tanto i partiti costituiti su base religiosa, quanto quelli a base regionale: in tal modo sarebbero comunque esclusi dalla competizione politica sia i Fratelli musulmani che i partiti curdi.
Il progetto di Costituzione prevede inoltre l'elezione a suffragio universale diretto del presidente, per non più di due settennati. Da notare che il combinato disposto di altre previsioni del progetto costituzionale fa sì che il presidente possa essere soltanto di sesso maschile e di religione musulmana.
La giurisprudenza islamica viene posta alla base di tutte le norme del paese, e viene abolito qualsiasi riferimento al socialismo nell'organizzazione socio-economica del paese. La reazione occidentale è stata quella di considerare l'offerta del regime assolutamente tardiva e non credibile.
Il 16 febbraio l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato un progetto di risoluzione di condanna della repressione attuata dal regime siriano, oramai definita più volte anche dallo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite alla stregua di crimini contro l'umanità: il documento, presentato dall'Egitto a nome della Lega araba, ha ricevuto il voto contrario di soli 12 paesi, mentre 17 si sono astenuti.
Tra i contrari anche Russia e Cina, persistenti nel sostegno al regime di Assad, al di là di una dissociazione formale dagli aspetti più plateali della repressione.
Mentre
Il 22 febbraio un'inviata del Sunday Times ed un fotografo francese sono stati uccisi nel bombardamento dell'edificio in cui si trovavano nel quartiere Bab Amro di Homs, uno dei più martoriati dalla repressione. L'organizzazione Reporters sans frontières ha riferito del ferimento di altri due giornalisti occidentali, e ha accusato il regime di aver bombardato intenzionalmente la casa in cui si trovavano le due vittime, poiché era ampiamente risaputo che essa ospitava da tempo giornalisti stranieri.
Intanto Nazioni Unite e Lega araba hanno incaricato l'ex segretario dell'ONU Kofi Annan di intraprendere un'iniziativa diplomatica
a tutto campo per tentare di giungere alla cessazione delle ostilità in
Siria: anche
Il 26 febbraio si è svolto il previsto referendum costituzionale, con un'affluenza di poco superiore alla metà degli aventi diritto: il progetto è stato tuttavia approvato con una larghissima maggioranza da quasi il 90% dei partecipanti alla consultazione.
Inasprimento delle sanzioni da parte dell’UE ed avvio della mediazione Annan
Il 27 febbraio l'Unione europea ha varato il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro il regime di Assad, procedendo in particolare al congelamento delle attività finanziarie della Banca centrale siriana, nonché al divieto del commercio di metalli preziosi e di diamanti e all'interdizione dei voli merci effettuati da compagnie siriane; tali misure si aggiungono all'embargo sugli armamenti e all'embargo sulle importazioni ed esportazioni di petrolio siriano già in precedenza deliberati.
Alle 150 personalità ed entità della Siria già colpite dall'Unione europea congelandone i beni e bloccandone i visti di ingresso nel territorio dell'Unione sono stati aggiunti sette ministri del governo di Damasco.
Successivamente, la sanguinosa repressione ha nuovamente raggiunto con particolare accanimento la roccaforte di Bab Amro nella città di Homs, nella quale peraltro sono rimasti per giorni prigionieri due reporter francesi, dopo che il 22 febbraio due altri loro colleghi aveva perduto la vita sotto le bombe del regime.
Il 1º marzo fortunosamente i due reporter francesi hanno potuto raggiungere il Libano e mettersi in salvo, ma solo grazie all'aiuto di gruppi di ribelli al regime di Assad.
Il 2 marzo il vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea ha deciso un ulteriore inasprimento delle sanzioni mirate contro il regime siriano, riconoscendo altresì il Consiglio nazionale siriano come legittimo rappresentante del popolo, e dando il via a una raccolta di prove per l'incriminazione dei responsabili delle stragi dinanzi alla Corte penale internazionale.
Intanto la situazione a Bab Amro, nonostante le affermazioni del regime di
averne preso pieno possesso, si è mantenuta incerta, tanto che
Nonostante il proseguire degli sforzi a livello internazionale quantomeno per attenuare la tragica situazione della Siria, la repressione è proseguita anche nella settimana successiva, concentrandosi in particolare contro la città di Idlib.
Vi sono stati peraltro alcuni segnali di indebolimento del regime, quando l'8 marzo la televisione panaraba al Arabiya ha riportato notizie sulla diserzione di tre generali dell'esercito, che erano stati preceduti dall’ancor più importante abbandono del regime da parte del viceministro del petrolio Hussameddin, l'esponente di più alto grado a lasciare Assad dall'inizio delle proteste nel paese.
Il 10 marzo l'ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, inviato dall'ONU e dalla Lega araba per tentare di avviare una soluzione della questione siriana, si è recato a Damasco: qui lo stesso presidente Assad ha ribadito la versione ufficiale per cui la repressione in atto sarebbe occasionata esclusivamente dall'esistenza di gruppi armati e terroristi nel paese.
Sostegno alla difficile missione di Kofi Annan è stato ribadito al Cairo nelle stesse ore da una dichiarazione congiunta della Lega araba e della Russia, che sono tornate a chiedere la cessazione delle violenze da qualsiasi parte perpetrate, la possibilità di un controllo da parte di istituzioni neutrali ma al di fuori di qualsiasi influenza straniera in Siria, il libero accesso di aiuti umanitari alla popolazione nelle zone più martoriate.
Il giorno successivo Kofi Annan si è nuovamente incontrato con Assad, mentre l'offensiva delle forze di sicurezza siriane su Idlib si intensificava: alla fine del colloquio l'ex Segretario generale dell'ONU ha rilasciato una dichiarazione che esprimeva al tempo stesso la consapevolezza della grande difficoltà di giungere a una cessazione delle violenze nel paese ed un ottimismo di fondo basato sull’esistenza, secondo Kofi Annan, di una volontà di giungere alla pace.
Nella notte tra 11 e 12 marzo un nuovo atroce episodio di violenza si è consumato a Homs, ove intere famiglie sono state decimate, con un bilancio di una cinquantina di vittime, tra le quali molte donne e bambini.
Nel frattempo, alle Nazioni Unite, non ha registrato progressi un’ulteriore bozza di risoluzione, incentrata sull’esigenza di fare affluire aiuti umanitari urgenti alla popolazione siriana, e sulla quale è persistito lo scetticismo russo e cinese, i due paesi temendo sempre la ripetizione dello scenario libico di un anno fa. In questo contesto, nel quale oltre alla prosecuzione delle violenze contro i civili sarebbero stati ormai secondo le Nazioni Unite circa trentamila i siriani fuggiti nei paesi vicini e duecentomila gli sfollati interni; il regime, sulla base del referendum costituzionale di febbraio, ha indetto per il 7 maggio elezioni politiche, la cui regolarità è stata subito contestata dal Dipartimento di Stato USA.
Il 14 marzo anche il nostro Paese ha sospeso l’attività della propria rappresentanza diplomatica a Damasco, richiamandone in patria il personale, per motivi di sicurezza e per dimostrare la riprovazione italiana per le violenze perpetrate dal regime siriano.
Il 16 marzo il primo ministro turco Erdogan ha annunciato che il
proprio paese avrebbe valutato la possibilità di creare una zona-cuscinetto al
confine con
Il 18 marzo anche la città di Aleppo è stata toccata dall'ondata di attentati, quando un'autobomba è esplosa vicino a un ufficio dei servizi della sicurezza politica, provocando almeno due morti e una trentina di feriti.
Tutti questi attentati hanno nuovamente scatenato reciproche accuse fra il regime e gli oppositori, mentre la televisione e la stampa ufficiale del regime siriano hanno apertamente attaccato il Qatar e l'Arabia Saudita, bollati come responsabili di tutte le violenze in atto nel paese.
Il 19 marzo è giunta a Damasco una squadra di cinque esperti nominati dall'emissario speciale dell'ONU e della Lega araba per la crisi siriana, Kofi Annan, con l'obiettivo di esaminare congiuntamente con le autorità di governo siriane la possibilità di applicare alcune delle proposte elaborate dall'ex segretario generale delle Nazioni Unite. Altro personale ONU si trovava già dal giorno precedente in Siria per una valutazione sul campo della situazione umanitaria.
Il 19 marzo il leader del gruppo liberaldemocratico al Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, citando fonti
dell'opposizione siriana, ha affermato che forze speciali della Russia
avrebbero scaricato nel porto siriano di Tartus armi destinate al regime:
Verhofstadt ha chiesto un'indagine da parte dell'ONU, poiché tale condotta,
qualora appurata, renderebbe
Quasi facendo seguito alle aspre critiche all'atteggiamento del governo siriano da parte della Russia, pronunciate dal ministro degli esteri Lavrov il 20 marzo, il giorno successivo il Consiglio di sicurezza dell'ONU approvava una dichiarazione - con il concorso della Russia della Cina, che stavolta non si opponevano all’adozione del documento - nella quale si richiedeva a Damasco di attuare prontamente le proposte dell'inviato dell'ONU e della Lega araba Kofi Annan. Tali proposte comprendono il ritiro delle forze militari dalle città e il rilascio di tutti coloro che siano stati arbitrariamente arrestati.
Naturalmente la dichiarazione del Consiglio di sicurezza non equivale a una risoluzione, e purtuttavia, come ha notato lo stesso Ministro degli esteri francese Juppé, si è delineata una certa evoluzione della posizione russa, in rapporto al fatto che il regime siriano appariva impermeabile a qualunque iniziativa internazionale. Ciò è dimostrato dal fatto che il giorno dopo la dichiarazione del Consiglio di sicurezza, dunque il 22 marzo, vi è stata un’intensificazione delle violenze, con un bilancio non inferiore a 70 morti.
Tra l'altro è stato impedito anche a centinaia di famiglie che cercavano di abbandonare il territorio siriano per entrare in Giordania di lasciare il paese, costringendole ad accamparsi a ridosso della frontiera siro-giordana. La presa di posizione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata comunque criticata da esponenti del Consiglio nazionale siriano, poiché è stata giudicata troppo blanda.
Il 23 marzo l'Unione europea ha adottato ulteriori misure sanzionatorie nei confronti di esponenti del regime siriano e di entità del paese, portando complessivamente a 126 il numero degli individui e a 41 il numero delle entità da esse toccati. L'ultima tornata di sanzioni ha riguardato quattro donne al vertice del potere siriano, ovvero la first lady, la madre del presidente Assad, nonché una sorella maggiore e una cognata di questi. Le ultime sanzioni hanno colpito anche il Ministro dell'elettricità, il ministro dell'amministrazione locale, alcuni sottosegretari e un imprenditore siriano. Due sono state invece le società toccate dalle nuove misure restrittive.
Il 23 marzo è peraltro coinciso anche con un nuovo venerdì di protesta, al termine del quale si sono contate 32 vittime, per lo più nella città di Homs. Il 24 marzo i bombardamenti delle forze governative su diverse città sono proseguiti, provocando almeno 20 morti, e tutto ciò ad onta del proseguire dell'iniziativa di Kofi Annan, che si è recato a Mosca il 25 marzo, e a Pechino il 27 marzo.
L’acutizzazione dello scontro militare
La crisi siriana è sembrata dunque sempre più precipitare in una dimensione di scontro militare, come testimonia anche la decisione di creare un Consiglio militare nel quale dovrebbero confluire tutte le truppe dei disertori.
La successiva settimana, apertasi con le speranze suscitate dal convergere della Russia e della Cina a favore del piano di Kofi Annan per la cessazione delle violenze nel paese, e soprattutto dall'annuncio del governo siriano (27 marzo) dell'accettazione del piano; si è poi dipanata con il consueto elenco quotidiano di scontri e di vittime, senza sostanziali progressi verso il cessate il fuoco.
Nulla infatti è stato attuato del piano, a cominciare dal ritiro delle truppe e delle armi pesanti dai centri abitati della Siria e dalla parziale tregua quotidiana per consentire la fornitura di aiuti umanitari laddove necessario. Profondo scetticismo era stato del resto espresso dagli oppositori siriani riuniti a Istanbul, ove il 28 marzo sono riusciti a convergere su un itinerario mirante all’instaurazione di un governo transitorio dopo l'auspicata fine del regime di Assad. Gli oppositori hanno inoltre ribadito che il Consiglio nazionale siriano va considerato l'interlocutore ufficiale e formale del popolo siriano. L'unico neo sulla riunione è stata la parziale defezione di alcuni elementi curdi, scontenti per la mancanza di prospettive di autonomia nel futuro assetto della Siria.
Il vertice della Lega araba, che per la prima volta in 22 anni si è svolto nella capitale irachena Baghdad (29 marzo), ha rilanciato l'esortazione alla Siria ad applicare immediatamente il piano Annan, constatando l'assoluta inerzia di fatto del regime di Assad nel dare seguito a quanto a parole accettato il 27 marzo.
Tuttavia, Damasco non ha preso troppo sul serio quanto uscito dalla riunione di Baghdad, anche perché ufficialmente sospesa dalla Lega araba. Va del resto rilevato che anche da parte dei ribelli si pone un ostacolo non irrilevante all'attuazione del piano, poiché anche questi ultimi non intendono deporre le armi prima che a farlo sia il regime siriano, ritirando i blindati e le armi pesanti dalle principali città.
Il 1º aprile si è svolta a Istanbul la seconda Conferenza degli amici della Siria, cui hanno preso parte circa 80 paesi, che ha chiesto con forza di indicare una data ultimativa al regime siriano per l'applicazione del piano formalmente accettato. In particolare, il segretario generale della Lega araba, al Arabi, ha esortato le Nazioni Unite ad adottare misure severe contro il regime di Assad, non escluse quelle previste dal VII capitolo della Carta dell'ONU, che riguarda gli interventi armati a difesa della pace.
Nonostante questa presa di
posizione, nel complesso
La difficile attuazione del Piano Annan
La data del 10 aprile, entro la quale secondo l'inviato speciale
dell'ONU e della Lega araba Kofi Annan il governo siriano si sarebbe impegnato
a ritirare le truppe dalle città e a cessare dalla repressione, è divenuta il terreno di scontro con il
regime di Assad nell’ultima settimana: infatti
Successivamente il regime di Assad ha manifestato la tendenza ad un’ulteriore dilazione del termine, considerando la mancanza di qualunque impegno delle forze di opposizione a cessare a loro volta dai combattimenti, che, si ricorda, il regime di Damasco ha costantemente richiamato quale vera causa della repressione.
L'atteggiamento della Siria ha
preso corpo nonostante le esortazioni di Kofi Annan e dell'attuale Segretario
generale dell'ONU a cessare immediatamente ogni violenza, e nonostante la seconda
Dichiarazione del Consiglio di sicurezza
dell'ONU del 5 aprile, nella quale si ribadisce il pieno sostegno all'opera
di Kofi Annan, con l'obiettivo di favorire l'accesso degli ormai indispensabili
aiuti umanitari in Siria e avviare un processo di transizione politica verso un
regime pluralistico nel paese.
Nei giorni successivi la repressione e i combattimenti sono proseguiti, mentre da parte dell'opposizione armata siriana è emerso progressivamente un impegno ad aderire alla cessazione delle ostilità entro il 12 aprile, accompagnato però dalla minaccia di riprendere immediatamente i combattimenti in caso di inosservanza del cessate il fuoco da parte del regime di Assad.
Ulteriori difficoltà sono emerse poi del coinvolgimento indiretto dei paesi confinanti, anzitutto della Turchia, che ha visto salire in modo esponenziale il numero di profughi provenienti dalla Siria, e il cui campo di Kilis è stato più volte attinto dal fuoco delle truppe governative siriane impegnate a scoraggiare l'esodo dei profughi o a fronteggiare oppositori armati - naturalmente ciò ha suscitato forti proteste da parte del governo di Ankara.
Anche nel Nord del Libano il fuoco delle forze di sicurezza siriane ha provocato la morte di un cameraman della televisione libanese e il ferimento di due suoi colleghi, nelle stesse ore in cui due siriani e due turchi venivano feriti nel campo profughi di Kilis. La pericolosità delle tensioni turco-siriane è tanto maggiore alla luce delle accuse che Damasco rivolge alla Turchia, ma anche all’Arabia saudita e al Qatar, di sostenere attivamente e di addestrare i gruppi armati operanti nel paese.
Esortazioni a rispettare gli impegni per la cessazione delle ostilità sono nuovamente venute da Kofi Annan il 10 aprile, in occasione della visita in un campo profughi che ospita siriani nel sud della Turchia. Nelle stesse ore, tuttavia, il Ministro degli esteri siriano ha posto ulteriori condizioni all'espletamento del mandato della missione di osservatori, pretendendo anche di intervenire sulla composizione di essa, mentre le truppe governative provocavano la morte di un altro centinaio di persone.
L’11 aprile il governo siriano, dopo un trionfalistico annuncio sulla sconfitta dei “terroristi” e la ripresa totale di controllo del territorio, si è detto pronto ad attuare la tregua a partire dal giorno successivo, mantenendo peraltro le truppe pronte a nuovi interventi. In effetti nella giornata del 12 aprile, nonostante sporadici bombardamenti a Hama e Homs, il cessate il fuoco è stato sostanzialmente rispettato da entrambe le parti, come ha rilevato con moderata soddisfazione Kofi Annan.
L’evoluzione della
posizione russa e
La giornata del 12 aprile ha visto maturare a
Washington, durante la seconda giornata della riunione dei ministri degli
esteri del G8, un'evoluzione della
posizione russa, disponibile ad accettare nella sede del Consiglio di
sicurezza dell'ONU la discussione di una bozza di risoluzione per l'invio di
una missione di osservatori in Siria. Mentre la tregua veniva rispettata solo parzialmente, tanto che nelle
prime 36 ore le forze governative uccidevano una trentina di persone, al
Palazzo di Vetro
Il 14 aprile, infine, la bozza di risoluzione è stata approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza (Risoluzione 2042): il testo approvato prevede l'invio immediato di una missione esplorativa in Siria, composta da non più di trenta osservatori militari non armati, allo scopo di controllare il rispetto del cessate il fuoco, ma anche degli altri punti del piano di pace sottoposto ad Assad da Kofi Annan, con particolare riguardo al ritiro delle forze militari e degli armamenti pesanti dai centri abitati. Le autorità siriane sono inoltre invitate a consentire il libero accesso del personale umanitario a tutte le persone bisognose di assistenza, facilitandone l’operato.
La risoluzione contiene inoltre l’intendimento del Consiglio di Sicurezza, qualora le parti assicurino una cessazione duratura delle violenze, di dar vita immediatamente ad una vera e propria missione di monitoraggio dell’ONU in Siria. Il Segretario generale delle Nazioni Unite viene impegnato a riferire sull’attuazione della risoluzione 2042 entro e non oltre il 19 aprile 2012.
Va peraltro ricordato che nella stessa giornata del 14 aprile, secondo fonti dell'opposizione, vi sarebbero stati dieci morti tra i civili per mano delle forze di sicurezza del regime siriano.
Nella serata del 15 aprile sono arrivati a Damasco i primi osservatori dell'ONU, mentre il segretario generale Ban Ki-moon esprimeva preoccupazione per le violazioni della tregua, che avrebbero provocato nella giornata 13 vittime tra i civili. Peraltro il governo di Damasco ha messo in qualche modo le mani avanti, precisando di non essere in grado di garantire l'incolumità degli osservatori se il loro lavoro e i loro movimenti non avverranno in completo raccordo con le autorità del paese, e ribadendo inoltre di avere il diritto di non accettare eventualmente la nazionalità di alcuni degli osservatori.
A tale proposito il Consiglio nazionale siriano, per bocca di un suo esponente, ha esplicitamente accusato il regime di voler controllare tutti i movimenti della missione di osservatori, anche per mezzo della sezione speciale dei servizi di sicurezza che sarebbe stata creata già durante la missione di osservatori della Lega araba dei mesi scorsi.
Si conferma intanto che il regime siriano sta rispettando solo parzialmente la tregua in vigore dal 12 aprile, e anche nella giornata del 16 aprile vi sarebbero state una trentina di vittime, soprattutto nella regione di Idlib, ma anche con bombardamenti su Homs e incursioni delle forze di sicurezza nelle province di Hama e Daraa.
Pur dopo l'inizio della missione di osservatori dell'ONU, la situazione nel paese è rimasta difficile, con le Nazioni Unite che in diverse prese di posizione hanno fatto presente come la tregua sia stata rispettata solo parzialmente dal regime, il quale, dal canto suo, sempre appoggiato dalla Russia, ne addossa la responsabilità ai combattenti definiti terroristi.
Il 19 aprile il Segretario generale dell'ONU ha denunciato il proseguire delle violenze da parte delle forze del regime e il mancato ritiro delle truppe e degli armamenti dalle città, mentre non vi è stato alcun rilascio di prigionieri e si continuano a denunciare abusi contro di essi. Anche l'accesso di aiuti umanitari risulta tuttora problematico. Da parte dei combattenti contro il regime di Assad sono state rivolte nella stessa giornata esortazioni a compiere operazioni militari mirate in appoggio alle azioni dei ribelli.
La seconda Risoluzione sulla Siria e la missione UNSMIS
Il 21 aprile il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una seconda Risoluzione sulla Siria (la n. 2043), la cui urgenza era stata particolarmente sostenuta dalla Russia, votando all'unanimità l’invio di un contingente di non più di trecento osservatori militari disarmati, oltre alla necessaria componente civile.
La missione deliberata (UNSMIS – United Nations Supervision Mission in Syria), guidata dal generale norvegese Robert Monod, della durata iniziale di 90 giorni e sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo d'intesa con il governo siriano, sarà soggetta ad una frequente (15 giorni) periodica valutazione da parte del Segretario generale dell'ONU che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto - finora solo parziale - del cessate il fuoco.
Il Consiglio dei ministri ha autorizzato, l’8 maggio scorso, la partecipazione all’UNSMIS di militari italiani, nel ruolo di “osservatori delle Nazioni Unite”, non armati, fino ad un massimo di 17 unità.
Gli attivisti dei comitati di coordinamento che si oppongono in Siria al regime non hanno nascosto la loro delusione, sostenendo che la missione fallirà il proprio obiettivo, in quanto insufficiente a coprire il vasto territorio siriano, e si risolverà solo in un’ulteriore concessione di tempo al regime di Assad.
La nuova risoluzione ha inoltre
aperto il problema di trovare l'accordo con
Ultimi sviluppi
Il 26 aprile
vi è stata, tra l’altro, l’uccisione di 11 bambini nel bombardamento di un
palazzo a Hama – ma il governo ha attribuito l’esplosione all’attività di
terroristi che preparavano ordigni -, nelle stesse ore in cui
Quando il 30 aprile diverse esplosioni hanno colpito la città nordoccidentale di Idlib, solo da un mese ritornata sotto il controllo del regime di Assad, il governo ha avuto buon gioco nell’attribuire la morte di non meno di otto persone ai “terroristi”. Gli oppositori hanno tuttavia rigettato ogni responsabilità sulle autorità siriane, accusate di organizzare attentati – come alcuni episodi recenti dimostrano – per poter presentarsi quali vittime del terrorismo agli occhi della Comunità internazionale. Del resto anche l’arrivo degli osservatori della Lega araba nello scorso dicembre era stato accompagnato, sempre secondo gli oppositori, da una serie di attentati.
Il 3 maggio sono stati gli studenti universitari di Aleppo, solo da poco tempo unitisi alla contestazione del regime siriano, ad essere vittime della repressione, con una massiccia irruzione delle forze di sicurezza nei dormitori del campus, danneggiando suppellettili, procedendo ad arresti e - secondo quanto riferito – uccidendo due dei giovani ospiti del campus. Nel contempo si è diffusa la notizia dell’arresto di due figli del noto dissidente Fayez Sara, fondatore della Lega dei giornalisti siriani. Il portavoce della UNSMIS ha in effetti rilevato che non vi era ancora il completo rispetto del cessate il fuoco.
Nemmeno le elezioni politiche del 7 maggio hanno segnato una ricomposizione dei contrasti: piuttosto, esse sono state boicottate anche da forze di opposizione moderata non colpite finora dalla repressione, in quanto giudicate solo un’operazione cosmetica del regime, il cui controllo sul Parlamento – già di per sé scarsamente incidente sulla vita politica siriana – non viene meno per la sola fine del monopolio politico del Partito Baath, giacché esso continuerà a designare oltre la metà dei deputati su base corporativa, mentre il divieto della formazione di partiti a sfondo etnico o confessionale ha reso possibile solo la presentazione di liste di candidati indipendenti piuttosto omogenei tra loro. Inutile dire che le elezioni sono state bollate alla stregua di una farsa dalle opposizioni più radicali.
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File: es1123inf