Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Il contenzioso tra Ungheria ed Unione europea sulle riforme politiche ungheresi
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 90
Data: 14/02/2012
Descrittori:
COMMISSIONE DELL' UNIONE EUROPEA   COSTITUZIONI
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA   UNGHERIA
UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

SIWEB

Casella di testo: Note di politica internazionalen. 90 14 febbraio 2012

Il contenzioso tra Ungheria ed Unione europea sulle riforme politiche ungheresi


 


Il 17 gennaio 2012 la Commissione europea ha avviato tre procedure di infrazione nei confronti dell’Ungheria, con riferimento a tre leggi approvate dal Parlamento ungherese nell’ambito del processo di riforme che ha già condotto all’approvazione, nell’aprile 2011, di una nuova Costituzione entrata in vigore lo scorso 1° gennaio. Si tratta in particolare delle leggi relative al nuovo ordinamento giudiziario; alla banca centrale e alla protezione dei dati personali.

Inoltre, il 19 gennaio 2012, il Commissario europeo per la società della comunicazione Neelie Kroes ha inviato una lettera al governo ungherese sulla situazione dei media ungheresi, dopo che già nel gennaio del 2011 la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione sulla nuova legge ungherese sui media, poi chiusasi a seguito dell’approvazione di alcune modifiche alla legge.

 

Sulla situazione politica ungherese cfr. Ungheria Scheda paese sintetica politico-parlamentare (10 gennaio 2012). Sulle riforme costituzionali approvate cfr. box sotto

 

La nuova Costituzione ungherese

Il nuovo testo della Costituzione sostituisce integralmente il testo della precedente Costituzione del 1949. L’Ungheria era infatti il solo paese a non aver adottato un nuovo testo costituzionale dopo il crollo del Comunismo, mantenendo la Costituzione del 1949 emendata in molte sue parti, a partire dal preambolo che, nella versione emendata nel 1989, specificava che la Costituzione sarebbe rimasta in vigore come “provvisoria fino all’adozione di una nuova Costituzione”.

Al riguardo si segnala che l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha deciso il 26 marzo 2011 di richiedere un parere sulla nuova Costituzione ungherese alla Commissione di Venezia per l’assistenza costituzionale del Consiglio d’Europa[1].

Nel suo parere del 18 giugno 2011, la Commissione di Venezia, in linea generale, pur apprezzando la decisione dell’Ungheria di adottare una nuova Costituzione, nell’ottica di consolidare l’Ungheria come Stato democratico basato sui principi della separazione dei poteri, della protezione dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto, ha lamentato che l’elaborazione e l’approvazione della nuova Costituzione siano state caratterizzate da “mancanza di trasparenza, scarso dialogo tra maggioranza e opposizione, opportunità insufficienti per un adeguato dibattito pubblico e tempi di approvazione estremamente ristretti”.

Tra le principali innovazioni inserite nel testo costituzionale si segnalano:

l’introduzione di un preambolo che, tra le altre cose, richiama le radici cristiane dello Stato ungherese (“siamo orgogliosi che il nostro re Santo Stefano abbia edificato il nostro Stato su fondamenta solide mille anni fa e abbia reso il nostro paese parte dell’Europa cristiana”).

Art. D delle Disposizioni fondamentali: viene introdotto il riferimento all’ideale dell’unità della nazione ungherese, anche per quanto concerne il “senso di responsabilità dell’Ungheria per il destino degli ungheresi che vivono fuori dai confini dell’Ungheria”.

Al riguardo, si segnala che il ministro degli esteri della Slovacchia, paese con una significativa minoranza ungherese, ha espresso il 12 aprile l’auspicio che l’Ungheria voglia rispettare gli impegni internazionali che, tra le altre cose, affidano la responsabilità per la tutela dei diritti dei componenti delle minoranze etniche agli Stati di residenza. Anche il parere della Commissione di Venezia evidenzia che un’interpretazione estensiva della disposizione potrebbe “danneggiare le relazioni interstatali e creare tensioni interetniche”.

Art. L delle Disposizioni fondamentali: viene introdotto il riferimento alla protezione del matrimonio tra uomo e donna e alla famiglia come base per la sopravvivenza della nazione.

Al riguardo, il parere della Commissione di Venezia sottolinea che la definizione del matrimonio rientra nell’esclusiva competenza dello Stato ungherese e pertanto la disposizione non appare pregiudicare comunque un riconoscimento giuridico delle unioni tra appartenenti allo stesso sesso (riconoscimento peraltro presente, a determinate condizioni,  nella legislazione ungherese fin dal 2009).

Art. II: viene inserita la previsione che “la vita del feto sarà protetta dal concepimento”.

Al riguardo, il parere della Commissione di Venezia richiama le preoccupazioni sollevate in ordine al fatto che tale disposizione potrebbe essere usata per l’adozione di una legislazione restrittiva in materia di aborto, fino a prefigurare un divieto totale di aborto anche in caso di seria minaccia alla salute della madre. In proposito la Commissione ricorda l’eterogeneità della legislazione in materia tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa, eterogeneità riconosciuta come legittima anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si osserva tuttavia che un divieto assoluto di aborto come quello sopra richiamato potrebbe contrastare con  il principio ricavabile  dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di un “corretto bilanciamento tra il rispetto per la vita privata degli interessati e i diritti di tutela del nascituro” (sentenza del 16 dicembre 2010, caso A, B, & C vs. Irlanda)

Art. IX: si afferma che l’Ungheria riconoscerà e difenderà la libertà e la diversità della stampa.

Al riguardo, il parere della Commissione di Venezia ritiene problematica la formulazione della libertà di stampa non come diritto individuale ma come obbligazione dello Stato.

Art. 24: l’articolo aumenta il numero dei componenti della Corte costituzionale da 11 a 15, ne aumenta il mandato da nove a dodici anni e prevede l’elezione del presidente della Corte da parte del Parlamento con una maggioranza dei due terzi anziché da parte della Corte medesima.

Al riguardo il parere della Commissione di Venezia ricorda che l’elezione del presidente della Corte costituzionale da parte di un organo politico è prevista da molte costituzioni; tuttavia l’elezione da parte della Corte medesima appare come una salvaguardia più forte dell’indipendenza della Corte. Con riferimento alla durata del mandato, il parere ritiene che sarebbe stato meglio specificare, a tutela dell’indipendenza della Corte, la non rieleggibilità dei giudici.

Art. 37: viene introdotto un livello massimo del debito pubblico, pari al 50 per cento del PIL e il divieto di modificare la legge di bilancio in modo da aumentare il debito dello Stato. L’articolo recepisce anche emendamenti alla Costituzione già approvati nel novembre 2010 e riguardanti le competenze della Corte costituzionale: in particolare si prevede che, fino a quando il rapporto tra debito e PIL superi il 50 per cento del PIL, la Corte nel valutare la costituzionalità delle leggi in materia economica e sociale possa assumere a parametro di giudizio unicamente le disposizioni costituzionali in materia di diritto alla libertà personale, alle libertà di coscienza, di pensiero, di religione, agli altri diritti connessi alla cittadinanza e non più quindi quelle relative ai diritti sociali

Al riguardo, il parere della Commissione di Venezia, riprendendo anche un precedente parere del marzo 2011, esprime il suo rincrescimento per le serie limitazioni delle competenze della Corte costituzionale, che creano l’impressione che l’obiettivo del rispetto del rapporto tra debito e PIL al 50 per cento possa essere considerato così importante da essere raggiunto anche con leggi incostituzionali.

Art. 39-40: viene prevista la necessità di una legge organica (“cardinale”) approvata a maggioranza qualificata dei due terzi per le leggi concernenti le proprietà statali, il debito pubblico e le pensioni; leggi organiche sono previste nel testo anche per altre materie, come la politica giudiziaria (art. 25); il Consiglio del bilancio (art. 44); le forze armate (art. 45); le forze di polizia (art. 46); i diritti delle nazionalità (art. XXIX); la legislazione familiare (art. L).

Al riguardo, il parere della Commissione di Venezia raccomanda la limitazione dei settori nei quali prevedere leggi organiche a quelli per i quali risulti effettivamente opportuna una maggioranza dei due terzi. In particolare, il parere sottolinea che in alcuni casi, come quello della disciplina del potere giudiziario, sarebbe risultato opportuno una più precisa disciplina costituzionale; in altri casi, invece, come la legislazione familiare o quella pensionistica dovrebbe essere lasciate alla legislazione ordinaria e al normale confronto tra maggioranza e opposizione. Il trasferimento di numerose competenze a leggi da approvare con la maggioranza dei due terzi rischierebbe di consentire all’attuale maggioranza politica ungherese (che raggiunge tale soglia cfr. infra¸paragrafo “La situazione politica interna”) di consolidare le proprie preferenze politiche nell’ordine legale-costituzionale del paese, facendo perdere significato alle future elezioni, nel caso queste non determinassero nuove maggioranze parlamentari così ampie.

Art. 41: il mandato del governatore della Banca centrale, nominato dal Presidente della Repubblica, è elevato da sei a nove anni.

E’ stato successivamente approvato, il 30 dicembre 2011, dal Parlamento ungherese un disegno di  legge organica in materia di organizzazione della Banca centrale. Al riguardo cfr. infra.

Art. 43: è costituito un Consiglio del bilancio, composto dal governatore della banca centrale, dal presidente della Corte dei conti e da un Presidente nominato per sei anni dal Presidente della Repubblica, che, tra le altre cose, ha un potere di veto sulle modifiche parlamentari alla legge di bilancio, al fine di verificare il rispetto del divieto di aumentare con la legge di bilancio il debito pubblico.

Al riguardo, il parere della Corte costituzionale rileva che il ruolo preminente attribuito al Consiglio di bilancio nell’approvazione del bilancio solleva preoccupazioni alle luce del suo potenziale impatto sul funzionamento della democrazia.

 

In particolare:

 

-        la nuova legge sull’ordinamento giudiziario prevede l’abbassamento dell’età per il pensionamento obbligatorio dei magistrati da 70 a 62 anni. Al riguardo, la Commissione europea ha rilevato che la discriminazione sul luogo di lavoro basata sull’età appare contrastare con la direttiva 2000/78/CE. In particolare, in base alla direttiva e al diritto dell’Unione, un cambiamento nell’età per il pensionamento obbligatorio deve essere sorretta da una forte giustificazione, che non appare, allo stato, ravvisabile nel contesto ungherese, dove, peraltro, per gli altri dipendenti pubblici l’età per il pensionamento è stata elevato a 65 anni;

-        la nuova legge organica in materia di organizzazione della Banca centrale, tra le altre cose, prevede l’ampliamento del numero dei membri del consiglio monetario con la possibilità di nominare ulteriori vicegovernatori della banca e la possibilità di fondere la banca centrale con l’autorità di vigilanza finanziaria, creando una nuova autorità nella quale il governatore della banca centrale ungherese assumerebbe l’incarico di vicepresidente. Si prevede inoltre che un ministro possa partecipare alle riunioni della nuova autorità e che l’ordine del giorno delle riunioni di vertice della Banca centrale debba essere trasmesso al governo. La Banca centrale europea in un parere emesso il 22 dicembre 2011 ha ritenuto tali modifiche non compatibili con i requisiti di indipendenza previsti dai Trattati dell’Unione europea per le banche centrali nazionali e i loro governatori; tali preoccupazioni appaiono condivise dalla Commissione europea che ha sollevato dubbi anche sulla compatibilità con i requisiti di indipendenza della banca centrale delle disposizioni della legge in materia di remunerazione e rapporto di impiego del personale della banca (e in particolare la previsione di un tetto alle retribuzioni dei dipendenti della banca);

-        la legge sull’istituzione di una nuova agenzia nazionale sulla protezione dei dati personali, entrata in vigore il 1° gennaio 2012, ha comportato la cessazione dalla carica anticipata del precedente Commissario per la protezione dei dati, nominato nel 2008 con un incarico di sei anni. Inoltre la nuova legge appare contemplare la possibilità che il presidente della nuova agenzia venga dimissionato dal primo ministro o dal Presidente della Repubblica. La Commissione europea ha espresso la preoccupazione che tali previsioni risultino incompatibili con i requisiti di indipendenza degli organismi preposti alla protezione dei dati personali previsti, dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dalla Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea e dalla direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati personali.

 

Il primo ministro ungherese Orban, a seguito dell’apertura delle procedure di infrazione, ha annunciato l’intenzione di apportare modifiche alle leggi sopra richiamate. In base a notizie di stampa, si starebbe ipotizzando di sopprimere la previsione della partecipazione di un membro del governo alle riunioni dell’autorità monetaria centrale; di sopprimere la possibilità per il primo ministro di chiedere le dimissioni del presidente dell’agenzia nazionale per la protezione dei dati personali e di concedere delle deroghe al limite di 62 anni per il pensionamento dei magistrati.

 

Con riferimento invece alla legge dei media, nel corso di un’audizione alla Commissione libertà civili del Parlamento europeo del 9 febbraio 2012 il Commissario Kroes, con riferimento alla lettera inviata al governo ungherese, ha citato come preoccupante la recente perdita della licenza per alcune frequenze da parte di una radio di opposizione. Klubradio, ed ha inoltre ricordato che nel dicembre scorso la Corte costituzionale ungherese aveva indicato la nuova legge sui media come causa di una restrizione della libertà di stampa. La legge sui media approvata dal Parlamento ungherese il 21 dicembre 2010 era stata oggetto di contestazione da parte della Commissione europea in particolare con riferimento agli ampi e discrezionali poteri attribuiti al consiglio dei media, di nomina governativa. Tale consiglio aveva infatti il potere di imporre sanzioni pesanti ai media, sia della carta stampata, sia televisivi sia on line in caso di incitamento all’odio, di discriminazione, di “informazione non bilanciata” o di “offese alla dignità umana”. A seguito della richiesta di modifiche da parte della Commissione europea, il 7 marzo il Parlamento ungherese ha approvato alcune modifiche alla legge in particolare volte ad escludere i blog dall’ambito di applicazione della legge. Inoltre le fattispecie perseguibili in base alla legge sono state meglio definite con riferimento all’incitamento all’odio e alla discriminazione, ma permane la previsione di sanzioni in caso di offese alla dignità umana o alla pubblica moralità. L’entità delle sanzioni è stata comunque ridotta.

 

 

Giovedì 9 febbraio la Commissione libertà civili del Parlamento europeo ha aperto un ciclo di audizioni sulla situazione ungherese.

 

 

 

Fonti: Library of Congress – Global Legal Monitor; Agence Europe

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: es1036inf.doc



[1]La Commissione europea per la democrazia attraverso la legge del Consiglio d’Europa, meglio nota come “Commissione di Venezia”, è un’istituzione consultiva del Consiglio in materia costituzionale, composta da esperti designati per quattro anni dagli Stati membri, nata con lo scopo di fornire assistenza costituzionale agli Stati che lo richiedano. Dal 2002 la partecipazione alla Commissione è aperta anche a Stati non membri del Consiglio d’Europa (tra questi si segnalano Cile, Perù, Brasile, Marocco, Tunisia, Algeria, Israele, Corea del Sud).