Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Australia
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 44
Data: 17/01/2012
Descrittori:
AUSTRALIA     

Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

n. 44 – 17 gennaio 2012

Australia                              Bandiera Australia .gif - Small

 


Il quadro istituzionale

Superficie:7.682.400 km2 (61 % superficie agricola)

Popolazione: 21.510.000 abitanti

L’Australia è uno Stato federale, composto da sei Stati (New South Wales, Victoria, Queensland, South Australia, Western Australia, Tasmania) e facente parte del Commonwealth: il capo dello Stato è la regina Elisabetta II, rappresentata da un Governatore Generale.

Il Parlamento è bicamerale, composto da due camere: il Senato, camera alta, consta di 76 membri, 12 per ogni Stato, eletti tramite voto singolo trasferibile per un periodo di  sei anni (e rinnovato per metà ogni tre anni);  la Camera dei Rappresentanti è invece composta da 150 membri eletti per tre anni in collegi uninominali con voto alternativo (l’elettore può esprimere un ordine di preferenza tra i diversi candidati del suo collegio; per essere eletti è necessaria la maggioranza assoluta dei voti validi del collegio; se nessun candidato la ottiene con le prime preferenze, viene eliminato dal conteggio dei voti il candidato che ha ottenuto meno voti, per il conteggio vengono quindi utilizzate le seconde preferenze degli elettori che avevano scelto come prima preferenza questo candidato e così via). Ognuno degli Stati dell’Australia possiede un proprio governo, con un governatore e un parlamento bicamerale (con l’eccezione del Queensland che ha un parlamento monocamerale).

Il Governatore Generale nomina il Primo Ministro sulla base dei risultati elettorali.

 

Per “Freedom House”, l’Australia è uno Stato “libero” in possesso dello status di democrazia elettorale, mentre il Democracy Index 2011 dell’Economist Intelligence Unit classifica l’Australia come “democrazia piena” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”).

 

La situazione politica

Il capo dello Stato è la regina Elisabetta II, rappresentata dal Governatore Generale Quentin Bryce dal 2008.

Attuale primo ministro, dopo le elezioni dell’agosto 2010, è la leader del partito laburista Julia Gillard (n. 1961).

Tre sono i partiti che dominano la scena politica dell’Australia: il Partito Liberale (LP) e il partito Nazionale (NP), che sono i due partiti federati di centro-destra, mentre il centro-sinistra è rappresentato dal partito laburista (ALP).

Julia Gillard ha assunto l’incarico di Primo Ministro nel giugno del 2010, quando, nella competizione per la leadership interna al partito laburista, ha sconfitto il leader uscente Kevin Rudd.

Nelle elezioni federali del 21 Agosto 2010, però, né il partito laburista, sotto la guida della Gillard, né la coalizione del partito Liberale e del  partito Nazionale capeggiata dal leader dell’ opposizione Tony Abbott, sono riusciti ad ottenere la maggioranza. Così il governo laburista è sostenuto in Parlamento da un’esile maggioranza raggiunta con l’appoggio esterno di tre deputati indipendenti e dell’unico deputato dei verdi.

La esiguità della maggioranza e i contrasti interni al partito laburista (appaiono consistenti le voci che vedono l’ex-primo ministro Kevin Rudd di nuovo in corsa per la leadership del partito laburista in vista delle prossime elezioni del 2013), hanno reso instabile la situazione politica interna australiana. Nel dicembre 2011 il primo ministro Gillard ha proceduto ad un rimpasto di governo. Insieme, il 25 novembre, a seguito delle dimissioni dello speaker della Camera, il laburista Harry Jenkins, la Gillard non ha indicato come successore, come da prassi, un deputato laburista, bensì un deputato dell’opposizione, Peter Slipper, che ha accettato, sottraendo così di fatto un voto all’opposizione (lo Speaker per prassi non vota). Negli scorsi mesi, la vita politica interna australiana è stata caratterizzata dal dibattito sull’introduzione di una tassa sulle emissioni di Co2. L’Australia è infatti fortemente esposta alle conseguenze del cambiamento climatico e, insieme, risulta tra le maggiori produttrici mondiale di emissioni di Co2 pro-capite. Durante la campagna elettorale la Gillard aveva escluso l’introduzione di una simile tassazione, tuttavia questa è stata richiesta dai Verdi in cambio del sostegno al governo. La legge è stata approvata in via definitiva dal Senato australiano agli inizi di novembre 2011: nel testo approvato, a seguito delle modifiche richieste dalla Gillard, per evitare un aumento della tassazione sui proprietari di casa e al fine di introdurre sussidi compensativi per il settore energetico, la tassa riguarda solo le imprese ed appare relativamente bassa (23 dollari australiani, circa 24 dollari USA per tonnellata di emissione).

Economia

L’economia australiana sta attraversando una fase espansiva, trainata dalla situazione globale di alti prezzi delle materie prime di cui l’Australia abbonda (l’Australia ha un consistente settore minerario) e dagli alti investimenti nelle costruzioni, dovute alle esigenze di ricostruzione dopo le alluvioni di fine 2010 ed inizio 2011. Nell’ultima parte del 2011 si sono registrati però dei segnali di rallentamento, dovuti alla domanda calante da parte dell’Unione europea ed anche da parte della Cina (dove pure si sta registrando un rallentamento della crescita). Tuttavia, se il quadro economico globale non peggiorerà sensibilmente, l’Economist Intelligence Unit prevede una crescita dell’1,6 per cento nel 2011 e del 2,8 per cento nel 2012 (soprattutto grazie agli investimenti nel settore minerario).

Politica estera

La politica estera dell’Australia appare caratterizzarsi negli ultimi mesi per il confronto con l’emergente potenza globale cinese: la Cina è divenuta nel 2009 il primo partner commerciale dell’Australia. In questo confronto, l’Australia sembra voler bilanciare lo stretto legame economico con la Cina sia con iniziative economiche multilaterali sia con il rafforzamento della cooperazione militare con gli USA con funzioni di contenimento della Cina nell’area del Pacifico.  Con riferimento al primo aspetto, l’Australia sostiene la creazione di un’area di libero scambio pan-pacifica, la Trans-Pacific Partnership, i cui negoziati stanno attualmente coinvolgendo Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Malaysia, Brunei, Vietnam, Perù, USA e Cile e che presto potrebbe interessare anche il Giappone. Sono poi in corso negoziati per il raggiungimento di accordi bilaterali di libero scambio, oltre che con la Cina, anche con il Giappone, l’India, la Malaysia e la Corea del Sud. Con riferimento al secondo aspetto, la visita in Australia del presidente USA Obama a metà novembre, è stata caratterizzata dall’annuncio della creazione di una base USA in Australia con l’arrivo di circa 250 marines (la base dovrebbe raggiungere 2.500 unità entro il 2016). Secondo le dichiarazioni rilasciate dal segretario di Stato USA Clinton, l’intenzione è quella di promuovere un’ampia alleanza indo-pacifica che, oltre a USA e Australia, dovrebbe coinvolgere anche l’India. Le relazioni tra India e Australia sono attualmente rese difficili dal bando australiano all’esportazione di uranio nei paesi che non hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione nucleare, come, appunto, l’India; tuttavia il primo ministro Gillard ha annunciato l’intenzione di eliminare, con riferimento all’India, tale bando. La cooperazione tra India e Australia potrebbe peraltro conoscere nei prossimi anni significativi sviluppi dal punto di vista economico, in considerazione del fatto che il previsto aumento della popolazione urbana indiana potrebbe comportare l’esigenza di investimenti infrastrutturali cui l’Australia potrebbe far fronte.

Rappresentanti del governo cinese hanno criticato sia i negoziati per la Trans-Pacific Partnership, che attualmente escludono la Cina, sia gli accordi militari tra USA e Australia. Anche l’Indonesia ha criticato l’accordo militare tra USA e Australia, anche se le relazioni tra Australia e Indonesia appaiono migliorate dopo il raggiungimento a novembre di un accordo sulla sicurezza alimentare che prevede un sostegno australiano alla produttività agricola (a seguito dell’accordo, l’Indonesia dovrebbe far cadere le proprie riserve sull’adesione all’accordo di libero scambio tra gli Stati ASEAN e l’Australia e la Nuova Zelanda motivate proprio con il rischio di danneggiare l’agricoltura indonesiana).

 


 

Indicatori internazionali sul paese1:

Libertà politiche e civili: “Stato libero” (Freedom House); “democrazia piena” (2011: 6 su 167; 2010: 6 su 167 Economist),

Indice della libertà di stampa: 18  su 178

Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); generale rispetto della libertà religiosa, (USA)

Corruzione percepita: 2011: 8 su 183; 2010: 8  su 178

Libertà economica: Stato “libero” (2011: 3 su 179)

Variazione PIL:  2011: + 1,6 per cento

 

Fonti: IFES, Freedom House, Human Rights Watch, Statesman’s Yearbook 2011, Economist Intelligence Unit ViewsWire

 

 

 

 

1    Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla fondazione Heritage la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alle note esplicative presenti nel dossier  dossier Analisi dei rischi globali. Indicatori internazionali e quadri previsionali (documentazione e ricerche 29 luglio 2011) e nella nota Le elezioni programmate nel periodo settembre-dicembre 2011 (9 settembre 2011).

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

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File: es1015paese.doc