Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Indonesia
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 24
Data: 16/12/2011
Descrittori:
INDONESIA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 24 Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

16 dicembre 2011

Indonesia                              Bandiera Indonesia - Bandiera Indonesiana


 


Il quadro istituzionale

La Repubblica di Indonesia, resasi indipendente dall’Olanda nel 1945, è, dal 2002, una repubblica presidenziale. Il Presidente della Repubblica è anche capo del governo ed è eletto per cinque anni con un sistema elettorale a doppio turno (risulta eletto al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti; le prime elezioni presidenziali dirette si sono svolte nel 2004). Non sono previsti limiti alla rieleggibilità. Possono presentare candidati per la presidenza della Repubblica i partiti che abbiano ottenuto il 25 per cento dei voti nelle ultime elezioni o detengano il 20 per cento dei seggi complessivi in Parlamento. Il Parlamento è, dal 2004, bicamerale. La Camera dei rappresentanti (Dewan Perwakilan Rakyat), è composta, dalle ultime elezioni del 2009, da 560 membri (in precedenza 550) eletti per cinque anni con sistema proporzionale, con soglia di sbarramento al 2,5 percento, e voto di preferenza in liste aperte (le liste devono essere composte da almeno il 30 per cento di candidati donne). IlConsiglio dei Rappresentanti Regionali (Dewan Perwakilan Daerah), responsabile per la promozione e il monitoraggio delle leggi relative all’autonomia regionale, è composto da 132 membri, eletti nelle circoscrizioni plurinominali corrispondenti alle differenti provincie (ciascuna provincia elegge al massimo 4 membri), per cinque anni attraverso un voto singolo non trasferibile (ciascun elettore può scegliere un solo candidato, risultano eletti i candidati con più voti). A partire dall’anno 2001, è iniziato in Indonesia un processo di decentramento amministrativo per assicurare la fornitura dei principali servizi statali: attualmente sono presenti 30 provincie, 2 regioni speciali e lo speciale distretto della capitale Jakarta.

Per Freedom House, l’Indonesia è uno “Stato libero”, in possesso dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “democrazia difettosa” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”). Per quel che concerne l’esercizio concreto delle libertà politiche e civili, le libertà di associazione, di riunione e di manifestazione del pensiero appaiono, secondo fonti indipendenti, tutelate nella pratica, con restrizioni nelle aree teatro di conflitti etnici o religiosi. Anche la libertà di stampa risulta effettiva e l’Indonesia vanta una stampa indipendente e vivace; tuttavia l’esercizio di tale libertà appare limitato da alcune restrizioni legali: in particolare, la disciplina severa delle licenze per l’apertura di stazioni radio-televisive costringe alcuni operatori del settore ad operare illegalmente. Risulterebbe poi accertato il ricorso a pratiche di autocensura da parte dei giornalisti per evitare rischi di azione legale (l’articolo 311 del codice penale del 2007 punisce la diffamazione a mezzo stampa con la reclusione per quattro anni; tuttavia, con alcune recenti sentenze, appare affermarsi in sede giurisdizionale un indirizzo maggiormente garantista nei confronti dei giornalisti). Nel 2008 la legge sulle informazioni e le transazioni elettroniche ha esteso ai contenuti diffusi on line e via Internet la disciplina restrittiva in materia di diffamazione, criminalizzando la distribuzione e la diffusione d’informazioni o documentazione contrari alle norme morali dell’Indonesia. La Repubblica indonesiana riconosce ufficialmente sei religioni: l’Islam (cui appartiene la maggioranza della popolazione), il Protestantesimo, il Cattolicesimo, l’Induismo, il Buddhismo e il Confucianesimo. L’Ateismo è proibito dalla legge, così come sono previsti provvedimenti contro la blasfemia e risulta difficile per gli appartenenti alle altre religioni ottenere i documenti di identità. Negli ultimi anni, il Governo ha fallito nel prendere misure efficaci per porre rimedio ai continui atti d’intolleranza religiosa. In seguito alla messa al bando, nel 2008, della setta islamica Ahmadiyya (con 400000 seguaci) sono accaduti numerosi episodi di violenza; costanti sono anche gli scontri tra le fazioni cristiane e musulmane.

Infine, secondo osservatori indipendenti, la corruzione continua a essere problema endemico e diffuso in Indonesia. Nel settembre 2010, inoltre, il Parlamento ha approvato un provvedimento legislativo che potrebbe indebolire l’autorità della Commissione speciale per l’eradicazione della corruzione e la connessa attività giudiziaria. L’approvazione ha fatto seguito allo scoppio di uno scandalo dai contorni non chiariti che ha coinvolto i vertici della Commissione, ma che, secondo i critici, sarebbe stato il risultato di una manovra volta a screditarne l’operato.

La situazione politica e sociale

L’attuale Presidente della Repubblica è Susilo Bambang Yudhoyono (n. 1949), rieletto per il suo secondo mandato nel luglio 2009.

Yudhoyono è leader del Partito Democratico, da lui fondato nel 2009, a seguito di una scissione dal partito democratico indonesiano-battaglia (PDI-P) di Megawati Sukarnoputri. nelle ultime elezioni legislative del 2009 il partito democratico ha ottenuto 148 seggi. Il secondo partito per importanza in Indonesia è il partito Golkar (già partito egemone durante la dittatura di Suharto), con 106 seggi; 94 sono i rappresentanti del PDI-P (Partai Demokrasi Indonesia Perjuangan), terza forza politica del Paese. Tutti questi partiti risultano di orientano non confessionale, mentre il partito della giustizia e della prosperità, di orientamento islamico, ha ottenuto 57 seggi. Insieme al partito democratico di Yudhoyono compone la coalizione di governo anche il partito Golkar. 

Con l’elezione nel 2004 di Yudhoyono, succeduto alla presidente Megawati Sukarnoputri (figlia del leader dell’indipendenza indonesiana, Sukarno), si è compiuta la prima alternanza pacifica al governo della storia indonesiana, a suggello del processo di transizione alla democrazia apertosi nel 1998 quando le proteste di piazza, associate anche alle conseguenze della crisi finanziaria asiatica del 1997, costrinsero alle dimissioni il generale Suharto, al potere, insieme al suo partito Golkar, dal  1968.  Nell’ambito di questa transizione, che ha visto alla carica di presidente dapprima (1998-1999) il vicepresidente di Suharto, Bacharrudin Habibie, quindi Abdurrahman Wahid, di orientamento islamico (1999-2001) e poi, a seguito delle dimissioni di Wahid a causa di accuse di corruzione, la già ricordata Sukarnoputri (2001-2004), l’Indonesia ha anche concesso, a seguito del referendum del 1999 e delle pressioni della comunità internazionale  che inviò nel medesimo anno una missione militare, l’indipendenza di Timor Est, ex-colonia portoghese invasa dall’Indonesia nel 1975.

Le tensioni separatiste ed interreligiose (in particolare tra cristiani e musulmani) rappresentano tuttora uno dei temi fondamentali nell’agenda politica indonesiana, mentre prosegue l’attuazione dell’accordo di pace raggiunto nell’agosto del 2005 con il movimento separatista della regione di Aceh. Altra regione sottoposta a tensioni separatiste, che hanno conosciuto una recrudescenza nel corso del 2011, è quella di Papua, al confine con la Papua Nuova Guinea. Nel 2002 l’Indonesia ha poi subito un significativo attacco terroristico da parte di un gruppo locale legato ad Al Qa’ida, nella città turistica di Bali, che provocò circa 200 morti. Da allora, è stata ripetutamente segnalata l’attività di gruppi qaedisti in Indonesia. Nel giugno 2011, inoltre, un leader religioso islamico, Abu Bakar Bashir, è stato condannato da un tribunale indonesiano per legami con gruppi terroristici. Da ultimo, nel settembre 2011 violenze tra cristiani e musulmani (con 8 morti e 70 feriti) sono scoppiate ad Ambon, capitale della provincia delle isole Maluku, a seguito di voci su un tassista musulmano torturato ed ucciso da appartenenti alla minoranza cristiana, mentre il 25 settembre un attentato suicida è avvenuto a Sukarata nell’isola di Giava (un morto, l’attentatore, e 27 feriti). In relazione a questi episodi, polemiche sono in corso in Indonesia anche con riferimento all’atteggiamento delle forze di polizia e dei tribunali che sarebbe apparso in alcuni casi accondiscendente con elementi estremisti musulmani, anche in conseguenza di innovazioni legislative sostenute da partiti religiosi sostenitori del presidente Yudhoyono.   

Con riferimento ad una serie di dati socio-economici assumibili come possibile parametro interpretativo del contesto indonesiano si segnala che l’Indonesia ha una popolazione complessiva di 232 milioni di persone; il tasso di crescita del PIL nel 2010 è stato del 6,1 per cento, mentre il PIL pro-capite è di 4.300 dollari. Il tasso di disoccupazione, nel medesimo anno, è del 7,1 per cento, mentre il 44 per cento della popolazione vive in agglomerati urbani; il tasso di scolarizzazione primaria è del 90,4 per cento (maschile: 94 per cento; femminile: 86,8 per cento). Infine, il 13,3 per cento della popolazione complessiva vive sotto la soglia di povertà. L’Indonesia, per le sue ingenti risorse forestali e naturali, risulta avere un ruolo strategico anche nella lotta contro il cambiamento climatico. Nello scorso maggio, il governo indonesiano ha varato un piano per un valore di un miliardo di dollari volto a fermare la deforestazione e a ridurre le emissioni di gas serra, che prevede, tra le altre cose, una moratoria di due anni sui nuovi permessi di sfruttamento delle aree forestali. Il piano è stato criticato come insufficiente da alcune associazioni ambientaliste.

 

 


 


 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: Stato “libero” (Freedom House); democrazia difettosa  (Economist)

Indice della libertà di stampa: 100 su 178

Libertà religiosa: limitazioni alla libertà religiosa (ACS); limitazioni e provvedimenti governativi, episodi di intolleranza religiosa  (USA)

Libertà di Internet: “filtraggio” selettivo in materia politica e sostanziale in materia sociale

Libertà economica: Stato “prevalentemente non libero” (116 su 179)

Corruzione percepita: 110 su 178

Variazione PIL 2010: + 6,1 per cento

Accordo di pace in conflitto armato interno (Aceh); significativi episodi di terrorismo

 

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, Economist Intelligence Unit, International Institute for Strategic Studies, Strategic Survey 2010.

 

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: es0989paese.doc



[1]    Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della Libertà di Internet secondo OpenNet Initiative; la condizione della libertà economica secondo l’Indice della libertà economica dell’Heritage Foundation; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla note esplicative presente nel dossier Analisi dei rischi globali. Indicatori internazionali e quadri previsionali (documentazione e ricerche 29 luglio 2011) e nella nota Le elezioni programmate nel periodo settembre-dicembre 2011 (9 settembre 2011).