Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Turchia
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 2
Data: 21/11/2011
Descrittori:
TURCHIA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

n. 2 –  21  novembre  2011

Turchia                              Turkey

 


Il quadro istituzionale

  La Repubblica di Turchia è una repubblica parlamentare, negli ultimi anni interessata da un profondo processo di riforme costituzionali, come testimoniato da ultimo dal referendum del settembre 2010 (per dettagli cfr. infra). Come è noto, la peculiarità dell’assetto istituzionale turco è data dai significativi poteri di controllo sui partiti e sulla vita politica democratica da parte delle forze armate e della Corte costituzionale, a tutela del carattere laico e secolare dello Stato, come definito dal fondatore della Turchia moderna Kemal Ataturk (la Corte costituzionale può in particolare procedere allo scioglimento di partiti politici per contrasto con i principi costituzionali). Questo assetto appare entrato in crisi con le vittorie elettorali nel 2002 e nel 2007 del partito conservatore di ispirazione islamica AKP, nonché con le riforme richieste alla Turchia nell’ambito dei travagliati negoziati per l’adesione all’Unione europea. 

In questo contesto, in base alla riforma costituzionale approvata nel 2007, il Capo di Stato turco, il Presidente della Repubblica, sarà a partire dal 2014 (scadenza del mandato dell’attuale presidente) eletto a suffragio universale diretto, a doppio turno (con secondo turno di ballottaggio tra i due candidati più votati nel caso in cui nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno; art. 102 Cost.; l’attuale presidente, Abdullah Gül, è stato invece eletto, in base al sistema previgente dal Parlamento). La durata del mandato, rinnovabile una volta, è stato ridotto a cinque anni (art. 101 Cost; in precedenza sette).Il Presidente della Repubblica, provvede, in base all’art. 104 Cost., alla promulgazione delle leggi, ha facoltà di porre il veto sulle leggi approvate (veto superabile dalla riapprovazione parlamentare del medesimo testo), indice, ove lo ritenga necessario, il referendum sulle modifiche alla Costituzione, può sollevare direttamente questioni di legittimità  di leggi ed atti equiparati dinnanzi alla Corte costituzionale; nomina il presidente del Consiglio - solitamente il leader del principale partito - nomina i ministri, designati dal premier, presiede il Consiglio dei ministri o lo convoca nei casi ritenuti “necessari”. Il Consiglio dei ministri, rappresenta la seconda componente dell’esecutivo turco, deve avere la fiducia parlamentare (conferita a maggioranza semplice al momento dell’investitura del nuovo governo, mentre per respingere la questione di fiducia richiesta nel corso del mandato è necessaria la maggioranza assoluta).

Il potere legislativo è affidato al Parlamento unicamerale (Türkiye Büyük Millet Meclisi – TBMM: Grande Assemblea nazionale turca) composto da 550 membri il cui mandato, ai sensi di una riforma costituzionale del 2007, è stato ridotto da cinque a quattro anni. E’ stato confermato invece il sistema elettorale proporzionale (metodo D’Hondt), con voto di preferenza e soglia di sbarramento al 10 per cento. Si vota compiuti i 18 anni di età; il voto è obbligatorio. I poteri parlamentari afferiscono alle funzioni legislative e di controllo verso il Consiglio dei ministri e i singoli ministri; il Parlamento può delegare il Governo ad emanare decreti con forza di legge su materie precostituite.  Il Parlamento ratifica i trattati internazionali ed è titolare del potere di dichiarazione di guerra.

Per modificare la Costituzione è necessaria una doppia deliberazione parlamentare, la seconda della quale richiede una maggioranza di tre quinti. Se nella seconda deliberazione la maggioranza è inferiore ai due terzi le modifiche sono sottoposte a referendum; il Presidente della Repubblica può richiedere una nuova deliberazione parlamentare sulle modifiche e, in tal caso, anche se il Parlamento approva nuovamente le modifiche con una maggioranza di due terzi, il Presidente può richiedere l’indizione di un referendum sulle modifiche. Particolarmente significative sull’evoluzione della forma di Stato e di governo turco appaiono alcune modifiche da ultimo approvate con il referendum del 12 settembre 2010, qualila limitazione delle competenze dei tribunali militari esclusivamente alle infrazioni commesse dai militari nello svolgimento dei loro compiti e la riforma della Corte costituzionale (art. 146 Cost.), i membri della quale passano da undici a diciassette, tre dei quali selezionati dal parlamento, e gli altri dal presidente, tra i candidati prescelti dall’ordine indipendente dei magistrati (nell’assetto attuale i componenti della Corte erano tutti nominati dal Presidente, tra liste di candidati predisposte dalle alte Corti dello Stato e dal Consiglio di istruzione superiore).

La situazione politica interna

L’attuale Presidente della Repubblica è Abdullah Gül (n. 1950), esponente dell’AKP,mentre Presidente del Consiglioè il leader del medesimo partito Recep Tayyip Erdogan (n. 1954).

Nelle ultime elezioni parlamentari del 2011, l’AKP ha confermato una solida maggioranza parlamentare: il suo gruppo parlamentare attualmente conta 326 seggi; il principale partito di opposizione, il CHP di ispirazione laica e kemalista, moderatamente progressista, ha 112 seggi; consistente in parlamento anche la presenza dell’MHP partito nazionalista di destra, con  71 seggi. Sono risultati eletti anche 36 candidati indipendenti, in maggioranza ricollegabili al partito curdo Bdp.

Tra i principali temi dell’agenda politica turca merita qui sinteticamente ricordare:

- il processo di riforme politiche del paese: al centro della vita politica turca vi è, sin dal 2002, il programma del primo ministro Erdogan volto a superare le istituzioni della “democrazia protetta” turca (in particolare il ruolo di “supervisione” su Parlamento e Governo esercitato da forze armate e Corte costituzionale), nonché la rigida esclusione della religione islamica dalla vita pubblica turca (come testimoniato ad esempio dalle limitazioni all’uso del velo nelle università e negli uffici pubblici); i critici di tale programma hanno denunciato i rischi di una deriva islamista, nonché lo stile di governo eccessivamente accentratore ed insofferente delle critiche di Erdogan. La situazione ha determinato momenti di tensione nel 2007, in occasione delle elezioni del presidente della Repubblica, per la forte opposizione della Corte costituzionale e delle forze armate all’elezione di un esponente dell’AKP come Gül; ciò ha provocato elezioni politiche anticipate che hanno rafforzato la maggioranza dell’AKP, consentendo l’elezione di Gül e l’avvio del processo di riforme costituzionali sopra richiamato. Ancora nel 2008 è stato richiesto alla Corte costituzionale, per attività antisecolari, lo scioglimento dell’AKP, richiesta che la Corte ha respinto di misura; nello stesso anno è stata però dichiarata l’incostituzionalità della legge che aboliva il divieto di velo islamico nelle università. Ad aumentare la tensione dal gennaio 2008 concorrono le inchieste giudiziarie su tentativi di colpo di stato volti a rimuovere dal governo l’AKP, la più significativa delle quali è quella diretta contro la c.d. organizzazione Ergenekon; a queste si sono aggiunte nel 2009 le inchieste per reati di natura fiscale contro Aydin Dogan, a capo del principale gruppo editoriale del paese, di orientamento laico ed avverso ad Erdogan; dopo le elezioni del 2011 è stato rilanciato il processo di redazione di una nuova Costituzione;

- il dibattito sulla collocazione internazionale del paese: i negoziati per l’adesione all’Unione europea, aperti, dopo una lunga attesa della Turchia, nel 2005, hanno visto la sospensione già l’anno successivo dei più importanti capitoli negoziali a causa dei contenzioso tra Turchia e Cipro (dal 2004 membro dell’Unione europea); allo stato solo il capitolo negoziale in materia di Scienza e Ricerca risulta provvisoriamente chiuso (il 9 novembre 2011 la Commissione europea ha pubblicato il suo ultimo progress report sul negoziato: tra i segnali positivi è indicato il processo di riforme costituzionali turche; tra i segnali negativi la tutela dei diritti delle minoranze e i progressi limitati nel campo della libertà di espressione con riferimento alla tutela dei giornalisti, nonché il persistente contenzioso con Cipro). Nel settembre 2011 un esponente governativo turco ha paventato la sospensione delle relazioni con l’Unione europea in occasione dell’assunzione della presidenza semestrale da parte di Cipro nel secondo semestre 2012. Insieme, il ministro degli esteri turco Davutoglu ha sviluppato una dottrina di politica estera volta a potenziare relazioni amichevoli con tutti i vicini del paese, compresi Siria e Iran; tale politica appare ora messa in discussione dagli eventi della “primavera araba”. In particolare, dopo alcuni tentativi di mediazione, la Turchia ha preso una posizione molto dura nei confronti del regime di Bashar Assad, ospitando anche ad Istanbul incontri della dissidenza siriana che ha lì costituito un consiglio nazionale transitorio. Parallelamente, tuttavia, il ruolo, anche come possibile modello politico, della Turchia nei paesi interessati dalle proteste appare crescente, come testimoniato anche dal recente viaggio di Erdogan in Egitto e Libia. Nell’ambito della politica di relazioni amichevoli con i vicini rientra anche il tentativo in corso di superamento dello storico contrasto con l’Armenia. Suscettibili di notevoli conseguenze appaiono anche le prese di posizione turche contrarie alla politica di Israele (in precedenza saldo alleato della Turchia), assunte in particolare in occasione dell’attacco israeliano alla cosiddetta “Freedom Flottilla” nel giugno 2010 (tra gli organizzatori della quale vi era peraltro un’organizzazione turca); nel settembre 2011 la rivelazione dei contenuti del rapporto ONU sull’incidente della “Freedom Flottilla” che ha accusato le forze israeliane per l’uso della forza, riconoscendo nel contempo la legittimità del blocco navale su Gaza, e il conseguente rifiuto israeliano di fornire scuse ufficiali alla Turchia hanno comportato una rottura nelle relazioni diplomatiche e di cooperazione militare tra Turchia e Israele. I contenziosi in corso con Israele e Cipro si saldano nella forte critica rivolta dalla Turchia ai progetti israelo-ciprioti di esplorazione congiunta dei giacimenti di gas scoperti in acque contese tra Israele, Cipro e Libano. Nel mese di settembre la Turchia ha annunciato l’invio di navi militari nelle acque antistanti la parte settentrionale di Cipro controllata dai turco-ciprioti a difesa dei diritti di questi ultimi nello sfruttamento delle risorse naturali;

- il ruolo economico del paese: la Turchia sta rafforzando il proprio ruolo nell’economia globale, come testimoniato dalla sua partecipazione al G20: Diciassettesima economia mondiale, dopo la recessione del 2009, ha conosciuto una notevole crescita nel 2010 (oltre l’8 per cento): recentemente la banca centrale ha avviato una revisione della politica di bassi tassi d’interesse posta in essere in funzione anti-crisi, attuando un rialzo dei tassi medesimi allo scopo di contenere l’inflazione e il deficit della bilancia commerciale;

- la questione curda: negli ultimi anni il PKK ha alternato cessate il fuoco unilaterali e ripresa delle azioni, mentre il governo turco ha oscillato tra repressione e iniziative riformatrici. In particolare, nel 2009 il Governo ha lanciato “l’iniziativa democratica” nei confronti delle popolazioni curde, che ha incluso la facoltà per i partiti curdi di svolgere la propria propaganda nella lingua locale, l’apertura del canale televisivo statale in lingua curda e l’abrogazione del divieto di trasmissione televisive private nella medesima lingua. Una ripresa di questa politica era prevista nel programma elettorale dell’AKP per le elezioni del giugno scorso. Tuttavia dall’estate sono ripresi con notevole intensità gli attacchi del PKK, attacchi che hanno condotto nell’agosto scorso, ad azioni militari turche contro le basi del PKK in Iraq. Nel frattempo, il partito curdo BDP, nonostante il risultato positivo nelle elezioni del 2011, sta boicottando i lavori parlamentari per protesta contro la decisione della magistratura che ha rifiutato il rilascio di sei appartenenti al partito detenuti nelle prigioni turche ed eletti in Parlamento. Alla fine del 2010, inoltre, la magistratura ha aperto un procedimento contro il partito che potrebbe condurre allo scioglimento dello stesso, come già avvenuto per il precedente partito filo-turco DTP sciolto nel 2009.

 


 

 

 

 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: Stato “parzialmente libero” (Freedom House); regime ibrido  (Economist)

Indice della libertà di stampa: 138 su 178

Libertà di Internet: parziale filtraggio alla rete

Libertà religiosa: limitazioni alla libertà religiosa (ACS); restrizioni da parte delle istituzioni (USA)

Corruzione percepita: 56 su 178

Libertà economica: Stato moderatamente libero (67 su 178)

Variazione PIL: 2009: -4,6 per cento; 2010:  + 8,2 per cento (stima)

 

 

Fonti: Fondazione Schuman, Economist Intelligence Unit ViewsWire, International Crisis Group, Agenzie di stampa

 

 



[1]  Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alle note esplicative presenti nel dossier Analisi dei rischi globali. Indicatori internazionali e quadri previsionali (29 luglio 2011)e nella nota Le elezioni programmate nel periodo settembre-dicembre 2011 (9 settembre 2011).